Skip to main content

Full text of "Gli insetti: loro organizzazione, sviluppo, abitudini e rapporti coll 'uomo"

See other formats


GLI     INSETTI 

loro  organizzazione,  sviluppo,   abitudini  e  rapporti  coli' nonni 


I 


ANTONIO    BERLESE 

Direttore  della  H.   Stazione  d'Entomologia  agraria  di   Firenze 


GLI    INSETTI 

loro  organizzazione,  sviluppo,  abitudini 
e  rapporti  coll'uomo 


VOLUME    SECONDO 

VITA  E  COSTUMI 

con  particolare  riguardo  agli  insetti  praticamente  interessanti 

Cini  895  incisioni  intercalate  nel  testo  e  7  tavole  fuori  testo 


Società    Editrice    Libraria 

*       *       MILANO     -    VIA     AUSONIO,     22        ^        * 

1925 


PROPRIETÀ    LETTERARIA 


Milano   1925.  —  Tip.   Società  Editrice  Libraria 


INDICE    DELLE    MATERIE 


Cap.  I.  —  GLI  AFFINI  DEGLI  INSETTI pag.        I 

Onicofori 3 

Aracni  di     „  4 

(Pentastomidi,  pag.  5.  —  Acari,  pag.  10.  —  Rapporti  gli  fra  Acari  e  gli  Insetti, 
pag.  25.  —  Alcune  interessanti  specie  di  Acari,  pag.  28.  —  Astigmati,  pag.  30.  — 
Sarcoptidi  vermiformi,  pag.  30.  —  Eriofidi  o  Fitoptidi,  pag.  30.  —  Demodicidi, 
pag.  35.  —  Sarcoptidi  psorici  o  dermicoli,  pag.  39.  —  Sarcoptidi  avicoli  od  Anal- 
gesidi.  pag.  53.  —  Sarcoptidi  liberi  o  detriticoli  (Tiroglifidi),  pag.  55.  —  Cripto- 
stigmati,  pag.  62.  —  Eterostigmati,  pag.  63.  —  Mesostigmati  I  (Gamasidae), 
pag.  67.  —  Mesostigmati  II  (Ixodidae),  pag.  74.  —  Prostigmati,  pag.  93.  —  Fa- 
langidi  od  Opilionidi,  pag.  100.  —  Pseudoscorpioni  o  Clternetidi,  pag.  101.  —  So- 
li/ughi,  pag.  102.  —  Aranciài,  pag.  105.  —  Palpigradi,  pag.  127.  —  Pedi-polpi, 
pag.    127.   —  Scorpioni,  pag.    128). 

MlBIAPODI     „  131 

(Diplopodi,  pag.  133.  —  Sinfili  e  Pauropodi,  pag.    136.   —  Chilopodi,  pag.  136.  — 
Mirientomi,  pag.   139). 
Bibliografia  relativa  ai  detti  Artropodi »       140 

Cap.  IL  —  L'ANTICHITÀ  DEGLI  INSETTI    »       152 

Era  paleozoica »       155 

(Siluriano  e  Decumani),  pag.  155.  —  Carbonifero,  pag.  156.  —  Paleodittiotteri, 
pag.  156.  —  Differenziazione  verso  gli  Ordini  attuali,  pag.  158.  —  Protoortotteri, 
pag.  158.  —  Protoblattoidi.  pag.  159.  —  Blattoidi,  pag.  160.  —  Protodonati, 
pag.  160.  —  Protefemeridi,  pag.  161.  —  Megasecopteri,  pag.  161.  —  Reculoidi. 
Adentomoidi,  Apalopteroidi,  Mixotermitoidi,  pag.  162.  —  Permiano,  pag.  162.  — 
Plecotteri.  pag,  163.  —  Protoemitteri.  pag.  163.  —  Paleoemitteri,  pag.  164.  — 
Conclusioni   circa  la  fauna   entomologica   dell'Era   paleozoica,   pag.    164). 

Era  mesozok' a »        1 65 

(Triassico,  pag.  165.  —  Coleotteri,  pag.  166.  — Neorotteii,  pag.  166.  —  Lìassico, 
pag.  166.  —  Odonati,  pag.  167.  —  Ortotteri,  pag.  167.  —  Rincoti,  pag.  168.  — 
Coleotteri,  pag.  168.  — Neurotteri,  pag.  168.  —  Megalotteri,  pag.  169.  —  Ditteri, 
pag.  169.  —  Giurassico,  pag.  169.  —  Ortotteri,  pag.  170.  —  Odonati,  pag.  170.  — 
Plecotteri.  pag.  170.  —  Rincoti,  pag.  171.  —  Neurotteri,  pag.  171.  —  Lepidotteri, 
pag.  171.  —  Ditteri,  pag.  173.  —  Coleotteri,  pag.  173.  —  Imenotteri,  pag.  173.  — 
Cretaceo,   pag.   173). 

Era  CENOZOif  a »        174 

(Ortotteri,  pag.  175.  —  Psocidi  e  Termitidi.  pag.  176.  —  Tisanotten.  pag.  176.  — 
Perlarii,  pag.  176.  —  Plecotteri,  pag.  176.  —  Odonati,  pag.  176.  —  Embioidi, 
pag.  176.  —  Rincoti,  pag.  176.  —  Apterigoti,  pag.  176.  —  Neurotteri,  pag.  177.  — 
Coleotteri,  pag.   177.  —  Strepsitteri,  pag.   177.  —  Imenotteri,  pag.   177). 

Era  quarternaria »       179 

Conclusione »       180 

(Prospetto  ilei  principali  gruppi  di  Insetti,  dalla  loro  apparsa  sulla  Terra,  fina  all'epoca 
attuale,  pag.   181). 
Bibliografia  relativa  agli  Insetti  fossili      »       182 

Cap.  III.  —  CLASSIFICAZIONE  DEGLI  INSETTI »       189 

Sottoclasse  Apterigoti     192 

{Apterigoti,  pag.   192.  —  Tisanuri,  pag.   192.  —  Collemboli,   pag.   192). 


/ 


;  v  r-i 


INDICE    DELLE    MATERIE 


Sottoclasse  Ptebigoti  »       192 

(Ordine  Ortotteri,  pag.  192.  —  Ordine  Pseudoneurotteri,  pag.  192.  —  Ordine  Fi- 
sapodi,  pag.  193.  —  Ordine  Emittori,  pag.  193.  —  Ordine  Neurotteri,  pag.  193.  — 
Ordine  Lepidotteri,  pag.  193.  —  Ordine  Imenotteri,  pag.  193.  —  Ordine  Coleotteri, 
pag.   194.  —   Ordine  Ditteri,  pag.  194). 

Breve  storia  del    Sistema »       194 

Bibliografia  relativa    alla  classificazione  degli  Insetti »       205 

Cap.  IV.  —  LE  ETÀ  GIOVANILI  DEGLI  INSETTI]  »       207 

Le  uova  degli   Insetti ■ »       208 

(Varie  maniere  di  uova,  pag.  208.  —  Aggruppamenti  d'uova,  pag.  213.  —  Insetti 
vivipari,  pag.  217.  — ■  Schiusura  della  larva,  pag.  217.  —  Rivestimento  del  neonato 
pag.  219). 

Larva »      219 

(Diverse  maniere  di  Larve  olo metaboliche,  pag.  221.  —  Larve  melolontoidi,  pag.  221. 

—  Larve  cruciformi  pag.    222.  —  Larve  ciclopiformi,  pag.  222). 

Differenze  tra  Larva  e  Adulto »       223 

(Capo  ed  appendici  cefaliche,  pag.  225.  —  Organi  boccali,  pag.  227.  —  Tronco  e  sue 
appendici,  pag.  230.  —  Costumi  delle  larve  olometaboliche,  pag.  237.  —  Nutri- 
zione, pag.  237.  —  Durata  della  vita  larvale,  pag.  242.  —  Aumento  della  larva, 
pag.  243.  —  Mute,    pag.  244.  — ■  Mezzi  di  difesa  della  larva,  pag.  246). 

La  Ninfa   olometabolica »      256 

(Particolari  appendici    di  alcune  ninfe,  pag.  259). 

Varie  maniere  di  metamorfosi »      260 

(Origine  della  Olometabolìa,  pag.  262.  —  Ametabolìa,  pag.  265.  —  Emimetabolìa, 
pag.  266.  —  Olometabolìa,  pag.  267.  —  Transizione  dalla  Emimetabolla  alla  Olo- 
metabolìa.  Neometabolla,  pag.  268.  —  Punti  di  corrispondenza  fra  le  varie  maniere 
di  metabolìa,  pag.  270.  —  Confronto  fra  le  varie  maniere  di  larve  olometabole  ed 
i  corrispondenti  momenti  embrionali  degli  emimetaboli,  pag.  270.  —  Ipermeta- 
morfosi,  pag.  279.  —  Neotenìa  e  suoi  effetti,  pag.  283). 

La  Ninfosi     >       288 

(Caratteristiche  della  ninfosi,  pag.  290.  —  Ipotesi  sulla  natura  e  sulle  cause  della 
ninfosi,  pag.  291.  —  Cause  determinanti  la  metamorfosi,  pag.  293.  —  Teoria  fa- 
gocitarla.—  Teoria  della  crisi  genitale. — Teoria  asfittica,  pag.  293.  — Teoria  del- 
l'arresto fisiologico,  pag.  294.  —  Teoria  della  autofagia,  pag.  294.  —  Come  la  larva  si 
prepara  alla  ninfosi,  pag.  295.  —  Dischi  imaginali,  pag.  296.  —  Importanza  del 
tessuto  adiposo  larvale.  Depositi  di  sostanza  nutritiva,  pag.  298.  — Formazione  della 
seta,  pag.  299.  —  Istolisi  dei  tessut;  larvali,  pag.  299.  —  Amebociti,  pag.  300.  — 
Islogenesi,  pag.  301.  —  Fisiologia  della  ninfa,  pag.  304.  —  Respirazione,  pag.  305. 

—  Ossidasi,  Circolazione,  pag.  306). 

Ripari  della  ntnfa  durante  la  metamorfosi »  307 

(Ninfe  anoiche,  pag.  309.  — ■  Ninfe  emioiche,  pag.  312.  —  Ninfe  evoiche,  pag.  312.  — 
Pupa  e  pupario,  pag.  313.  —  Ninfe  e  Crisalidi  protette,  pag.  314). 

Bibliografia  relativa  agli  stadi  giovanili  degli  Insetti   »       327 

Cap.  V.     L'ADULTO   E  GLI  ATTI  PER  LA    CONSERVAZIONE   DELLA    SPECIE. .        »       335 
Sfarfallamento >       337 

(Epoche  dello  sfarfallamento,  pag.  345.  —  Subimago  delle  Efemere,  pag.  346.    — 

Definitivo  assestamento  dell'adulto,  pag.  346.  —  Sostanze  escrementizie  espulse  dal- 

l'adulto,  pag.  349). 
Maturanza  sessuale »       350 

(Neotenia,  pag.  351.  —  Adresìa,   pag.   351.  —   Iperadresìa,   pag.  352.  —  Atelia, 

pag.  352.  —  Pedogenesi,  pag.  353). 
Funzioni  speciali  dell'adulto »      355 

(Partenogenesi,  pag.  356.  —  Partenogenesi  accidentale,  pag.  357.  —  Partenogenesi 

normale,  pag.  359.  —  Parten.  norm.  occasionale,  pag.  359.  — ■  Parten.  ciclica  od 

Eteropartenogenesi,  pag.  361.  —  Partenogenesi  cicl.  regolare,  pag.  362.  —  Parten. 

cicl.  irregolare,  pag.  366). 
Gamogenesi    »       369 

(Qamogenesi  negli  Insetti,  pag.  371.  —  Ragioni  della  riproduzione  per  via  gametica 

o  sessuale,  pag.  372). 

I    DUE    SESSI    DEGLI   INSETTI    E   LE     DIVERSE    FUNZIONI    SESSUALI       »  374 

(O meomorfismo  sessuale  ed  Eteromorfismo,  pag.  375.  —  Dimorfismo  sessuali . 
pag.  375.  —  Cause  primarie  intrinseche  di  divergenza  morfo  ogica  fra  i  due  sessi, 
pag.  377.  —  Cause  estrinseche  di  divergenza  frrt  i  due  sessi,  pag.  378.  —  Uffici  e 
variabilità  della  femmina,  pag.  381.  - —  Uffici  e  variabilità  del  maschio,  pag.  384. 
—  Graduatoria  nelln  importanza  degli  organi  e  delle  funzioni  sessuali,  pag.  386. 

—  Graduatoria  degli  organi  per  la  loro  età,  pag.  386.  —  Percorso  del  regresso  invo- 
lutivo, pag.  386.  —  La  ragione  del  dimorfismo  sessuale,   pag.   388). 


INDICE    DELLE    MATERIE 


CARATTERI    SESSUALI  SECONDARI      1  388 

(Statura,  pag.  3SS.  —  Dimegetismo  sessuale,  pag.  388.  —  Ornamentazione,  pag.  390. 

—  Ornamentazione  cromatica.  Dicromismo  sessuale,  pag.  391.  —  Ornamenta- 
zione plastica  e  Dimorfismo  sessuale,  pag.  393.  —  Eutelìa  (od  Eumorfismo),  pag.  394. 

—  Atelìa  (od  Atelismo),  pag.  395.  —  IpertelU  (o  Ipermorfismo),  pag.  395.  —  Ipe- 
ratella,  pag.  397.  — ■  Altre  differenze  sessuali  secondarie,  pag.  417.  —  Regime  ali- 
mentare. Difagìa,  pag.  417.  —  Dioplismo,  Pungiglioni,  pag.  418). 

Polimorfismo >       419 

(Polimorfismo  individuale,  pag.  421.  —  Eteromisla,  pag.  421.  —  Variazioni  da  indi- 
viduo ad  individuo,  pag.  422.  —  Gradi  della  variazione,  pag.  423.  —  Variazioni 
in  rapporto  ai  sessi,  pag.  424.  —  Cause  del  polimorfismo  individuale  (da  individuo 
ad  individjo),  pag.  427.  —  Influenza  della  nutrizione,  pag.  428.  —  Influenza  della 
nutrizione  sulla  determinazione  del  sesso,  pag.  430.  —  Variabilità,  Evoluzione, 
Ipertelìa,  Ateli:,  pag.  431.  —  Iperatelìa,  pag.  433.  —  Atelìa,  pag.  433.  —  Mege- 
tismo,  pug.  437). 

Polimorfismo  collettivo    »       440 

(Polimorfismo  di  stagione  od  Oramorfismo,  pag.  441.  —  Polimorfismo  di  casta  0  Po- 
tifilìa,  pag.  445.  —  Polifilia  non  sociale,  pag.  446.  —  Origine,  e  significato  della  Poli- 
fìlìa  non  sociale,  pag.  448.  —  Ciclo  normale,  pag.  449.  —  Ciclo  ipernomico,  pag.  450. 

—  Cicli  catanomici.  pag.  451.  —  Ipoeiclo  omeofilico,  bisessuale,  pag.  451.  —  Ipic. 
omeof.  ciclopartenogenico,  pag.  452.  —  Cicli  catanomici  polifilici,  pag.  452.  — 
Ipociclo  polifilico  a  maschi  eutelici,  pag.  452.  —  Ipoc.  polif.  a  maschi  polimorfici, 
pag.  453.  —  Ipoc.  polif.  a  maschi  atelici,  pag.  453.  —  Cicli  disitici  e  cicli  eteroici, 
pag.  453.  —  Ciclo  disitico,  pag.  453.  —  Cicli  eteroici,  pag.  454.  —  Ciclo  eteroico 
annuale,  pag.  454.  —  Ciclo  eter.  biennale,  pag.  455.  —  Ciclo  incompleto,  pag.  456. 
- —  Significato  ed  effetto  della  eteroichìa  e  polisitìa  pel  vantaggio  della  »pecie, 
pag.  461). 

Varietà   »  463 

(Variazioni  individuili,  pag.  464.  —  Mostruosità,  pag.  464.  —  Oinandromorfismo, 
pag.  465.  —  Aberrazioni,  pag  466.  —  Genìe,  pag.  467.  —  Razze,  pag.  468.  —  R  izze 
locali,  pag.  469.  —  Razze  eterobiiche  ed  eterogeniche,  pag.  469.  —  Specie,  pag.  470. 

—  Specie  morfologiche,  pag.  470.  —  Specie  biologiche,  pag.  470.  —  Variazione  della 
specie,  pag.  470). 

Gli  amori  degli  insetti    »       473 

(Segnalazione  e  richiamo,  pag.  474.  —  Segnalazioni  a  mezzo  di  odori,  pag.  475.  — 
Segnalazioni  a  mezzo  di  suoni,  pag.  478.  —  Stridulazione  dei  Grilli  e  delle  Locuste, 
pag.  478.  —  Apparati  di  stridulazione  in  altri  Insetti,  pag.  481.  —  Il  «  Canto  »  delle 
Cicale,  pag.  482.  —  Luminosità,  pag.  483.  —  Preliminari  dell' accoppiamento, 
pag.  486.  —  Profumi,  487.  —  Precopula  ed  organi  relativi,  pag.  489.  —  Accoppia- 
mento, pag.  491.  —  Spermatofori,  pag.  491.  —  Varie  maniere  di  accoppiamento, 
pag.  495.  —  Speciali  maniere  di  accoppiamento,  pag.  498.  — ■  Accopp.  delle  Libel- 
lule, pag.  499.  —  Accoppiamenti  singoli  e  multipli,  pag.  500.  —  Il  ti  segno  »  dell'ac- 
coppiamento,   pag.  502.  —  Pervertimento  sessuale,  pag.  503). 

Determinazione  del  sesso  »       503 

La  prolificazione    »       504 

(Varie  maniere  di  riproduzione,  pag.  505.  —  Insetti  vivipari,  pag.  505.  —  Insetti 
ninfogeni,  pag.  506.  —  Insetti  prosopogeni.  pag.  507.  —  Insetti  ovovivipari, 
pag.  508.  —  Insetti  ovipari,  pag.  508.  —  Poligenesi,  pag.  509.  —  Periodo  di  incu- 
bazione, pag.  510.  —  Diversi  ambienti  dove  sono  deposte  le  uova,  pag.  510.  — 
Ovoposizione,  pag.  511.  —  Ootassi,  pag.  512.  —  Nidi  d'uova,  pag.  514.  —  Nidi 
d'uova  entro  corpi  resistenti,  pag.  517.  —  Ovoposizione  entro  terra,  pag.  517.  — 
Ovoposizione  entro  i  legnami  secchi  e  verdi,  pag.  519.  —  Ovop.  entro  foglie,  fiori, 
frutti,  pag.  523.  —  Preparazione  del  nido  coll'aiuto  di  altri  organi  oltre  ai  perige- 
nitali,  pag.  525.  —  Nidi  pedotrofici,  pag.  527.  —  Nidificazione  dei  Lamellicorni 
coprofagi,  pag.  531.  —  Imenotteri  solitarii,  pag.  538.  —  Modo  di  approvvigiona- 
mento del  nido  negli  Imenotteri  predatori,  pag.  540.  —  Paralizzazione  della  preda, 
suo  trasporto  nel  nido  dal  predatore  e  deposizione  dell'uovo  sulla  vittima,  pag.  545. 

—  Guasto  della  vittima,  pag.  546.  —  Trasporto  della  preda  nel  nido  del  predatore. 
pag.  548.  —  Deposizione  dell'uovo,  pag.  549.  — Nidificazione,  pag.  551.  — Nidi 
cavità  accidentali,  pag.  551.  —  Nidific.  in  cavità  scavate  dalla  madre  stessa,  in 
terra,  nei  vecchi  muri,  nei  legnami,  ecc.,  pag.  554.  —  Nidi  scavati  nei  legnami, 
pag.  558.  —  Nidi  composti  di  celle  allogate  in  cavità  accidentali,  pag.  559.  —  Co. 
struzioni  accessorie,  pag.  562.  —  Nidi  in  muratura,  pag.  564). 

Diffusione  della  specie £68 

(Migrazioni,  pag.  571.  —  Migrazioni  di  forme  giovani,  pag.  572.  —  Migrazioni 
di  adulti,  pag.   573.  —  Agglomerazioni,  pag.  575). 

Bibliografia  relativa  alle  funzioni  speciali  dell'adulto     »       576 


mi  INDICE    DELLE    MATERIE 

Cap.  VI.  —  L'INDIVIDUO  NEGLI  ATTI  PER  LA  PROPRIA    CONSERVAZIONE  ..        »       590 

Funzioni  del  sistema  nervoso »       591 

Sensi  e  percezioni    ' »        ivi 

(Tatto,  pag.  592.  —  Gusto  ed  odorato,  pag.  595.  —  Udito,  pag.  599.  —  Vista,  pag.  600. 

—  Percezione  dei  colori,  pag.  602.  —  Pevcez.  dei  movimenti,  pag.  603.  —  Percez. 
delle  forme,  pag.  603.  —  Visione  a  distanza,  pag.  604.  —  Diottrica  e  formazione 
delle  immagini,  pag.  605.  —  Visione  a  mezzo  degli  ocelli  od  occhi  semplici,  pag.  609. 

—  Altri  sensi,    pag.    610.    —   Funzioni    del    sistema    nervoso    centrale,    pag.  611. 

—  Catena  ganglionare  nervosa,  pag.  613.  —  Rapporti  dei  gangli  della  catena  ven- 
trale fra  loro,  pag.  613.  —  Sistema  nervoso  viscerale,  pag.  (il 4). 

Istinto  ed  intelligenza    »       615 

Locomozione  e  movimento    »       626 

(Forza   muscolare,  pag.  628). 
Locomozione    »       628 

(Locomozione  terrestre,  pag.  628.  —  Locomozione  acquatica,  pag.   631). 
Volo »       632 

(//    1  motore  »  della  macchina  volante  «Insetto»,  pag.  635. —  La  macchina  volante 
Libellula  »,  pag.  635.  —  Ala,  pag.  639.  —  Endoscheletro,  Apodemi,  pag.  640.  — 

Capi  ed  assi  dei  movimenti  articolari,  pag.  640.  —  Movimenti  dei  Noti,  pag.  641.  — 

Movim.  dell'ala  nel  suo  insieme,  pag.  642.  —  Movim.  delle  parti  dell'ala,  pag.  642. 

-  Muscoli  motori  delle  ali,  pag.  643.  —  Meccanica  del  movimento  alare,  pag.  644. 

—  Meccanica  del  volo  nel  tipo  «Libellula  »,  pag.  646.  —  Azione  complessiva  delle 
ali  nella  «  Libellula  ».  pag.  646.  —  La  macchina  volante  tipo  a  Mosca  »,  pag.  646.  — 
Acridio,  pag.  650.  —  Mosca,  pag.  653.  —  Movimenti  dell'ala  nel  volo,  pag.  656.  — 
Sollevamento,  pag.  657.  —  Movimenti  dell'ala  nel  volo,  658.  —  Differenza  fra  il  tipo 
»  Libellula  »  ed  il  tipo  «  Mosca  »  nel  movimenti!  delle  ali,  pag.  665.  —  Posizione  del- 
l'Insetto nel  volo,  pag.  666.  —  Chiusura   dell'ala,  pag.  668). 

Nutrizione     »        669 

(Respirazione,  pag.  670.  —  Movimenti  di  apertura  e  chiusura  degli  stigmi,  pag.  671. 

—  Chimica  della  respirazione,  pag.  672.  —  Respirazione  acquatica,    pag.    673.   - 
Respirazione  branchiale,  pag.  677.  —  Resistenza  all'asfissia,  pag.  677.  —  Dige- 
stione, pag.  678.  —  Digestione  interna,  pag.  679.  —  Assunzione  del  cibo,  pag.  679. 

-  Ulteriore  triturazione  degli  alimenti  solidi  nel  tubo  digerente,  pag.  682.  —  Di- 
gestione ed  assorbimento  intestinale,  pag.  682.  —  Processi  chimici  nella  digestione, 
pag.  687.  —  Assorbimento,  pag.  689.  —  Particolare  adattamento  del  tubo  dige- 
rente negli  Emitteri  Omotteri,  pag.  691.  —  Speciali  processi  digestivi  in  taluni  In- 
setti, pag.  691.  —  Assorbimento  diretto  dell'azoto  e  del  carbonio,  pag.  692.  — 
Circolazione,  pag.  692.  —  Sistema  circolatorio,  pag.  693.  —  Fuido  circolante, 
pag.  698.  —  Attività  fagocitica  degli  amebociti,  pag.  699. —  Resistenza  al  dissan- 
guamento, pag.  701.  —  Riserve,  pag.  701.  —  Escrezioni  plastica,  pag.  702.  —  Vasi 
malphigiani,  pag.  703.  —  Secrezioni  speciali,  pag.  704.    -  ('uhm-  animale,  pag.  707). 

Autofilassi »        708 

(Proti  -inm  .  pag.  708.  —  Tegumenti,  pag.  709.  —  Mimetismo  fanerico,  pag.  709.  — 
Rivestimenti  secondari,  pag.  711.  —  Ripari  difficilmente  accessibili,  pag.  712.  — 
Difesa,  pag.  714.  —  Fuga,  pag.  714.  —  Arrotolamento  ed  appallottolamento, 
pag.  715.  —  Crittismo,  pag.  716.  —  Crittismo  mimetico,  pag.  716.  —  Necromi- 
mismo.  pag.717.  —  Mimetismo  dittico,  pag.  717.  —  Omocromismo,  pag.  717.  — 
Omeomorfismo,  pag.  730.  —  Foberismo,  pig.  734.  —  Difesa  attiva,  pag.  735.  — 
Secrezioni  difensive,  pag.  736.  —  Organi  veleniferi  e  sostanze  velenose,  pag.  737. 

—  Organi  (e  fluidi)  difensivi  in  via  secondaria,  pag.  737.  —  Autolinforrea,  pag.  738. 

—  Offesa,  pag.  740.  —  Autotamia,  pag.  740. — Autotomia  ed  AutospasGi.  pag.  742. 

—  Autofagia,  pag.  744.  —  Rigenerazione,  pag.  744.  —  Sonno  e  letargo,  pag.  749.  — 
Atti  oziosi,  pag.  754). 

Vitalità  degli   Insetti »       757 

(Effetti  della  decapitazione,  pag.  758.  —  Effetti  di  altre  lesioni,  pan.  760.  —  Resi- 
stenza .il  digiuno,  pag. -761.  —  Resistenza  agli  agenti  chimici,  pag.  761.  —  Resi- 
stenza agli  agenti    risici,  pag.  763.  —  Resistenza  all'asfissia,  pag.  765). 

Longevità   degli  Insetti 765 

La  fine    dell'individuo     »       768 

(La   morte,   pag.    769.  —  Agonia,   pag.  770.  —  La  morte,  pag.   771). 

Bibliografia  relativa   alle  funzioni  fisiologiche  degli  Insetti    »       772 

Cap.  VII.  —  LE  SOCIETÀ    »  798 

Associazioni    di  individui  omogenei    »  799 

Colonie    ' »  800 

Società     »  800 

(Polifilia  sociale,  pag.  802.  —  Caratteristiche  morali  delle  Società  degli  Insetti, 
p.   803). 

l'i  i-i  divfrsi    di  Società     »  804 


INDICI-:     DELLE    MATERIE 


Vespe  sociali    806 

(Pulitina  ilelle  Vespe  sociali,  png.  so".  Vespaio,  png.  812.  —  Diverse  maniere  di 
vespai,  pag.  813). 

Atidei  sociali      »       821 

(Bombai*,  pag.  821.  —  Melvpona,  pag.  823). 

Lk  Ari     »       825 

(L'olitili  i   delle  Api,   pag.   828). 

Le  Formiche »       831 

(Polifilla  delle  Formiche,  pag.  831.  —  Maschio,  pag.  833.  —  Femmina,  pag.  *:i4. 
Operaio,  pag.  834.  —  Caratteristiche  individuali,  pag.  837.  —  Regime,  pag.  841.  — 
Nozze,  pag.  842.  —  Fondazione  del  formicaio,  pag.  843.  Larve,  loro  allevamento, 
pag.  845.  —  //  Formicaio,  png.  846.  —  Cambiamento  di  domicilio,  pag.  852.  — 
Rapporti  fra  piò  formicai,  pag.  853.  —  Nidi  composti,  pag.  853.  —  Plesobiosi; 
Lestobiosi,  Xenobiosi,  Parassitismo  sociale,  pag.  854.  — Dulosi,  pag.  856.  — Formiche 
ni.  Ili  tur,  pag.  857.  —  Formiche  nomadi,  pag.  859.  — ■  Formicai  artificiali,  pag.  861. 
—  Rapporti  Ira  le  Formiche  e.  gli  altri  organismi,  pag.  863.  —  Relazioni  tra  Formiche 
e  piante,  pag.  863.  —  Piante  mirmecofile,  pag.  865.  —  Animali  mirmecofili,  pag.  865). 

Le  Termiti »       865 

(Polifilìa  delle  Termiti,  pag.  867.  —  Gli  Alati,  pag.  868.  —  Sessuati  di  sostituzione, 
pag.  S09.  —  Odi  Atteri,  pag.  870.  —  Sviluppo  delle  singole  caste  e  loro  differenzia- 
zione, pag.  873.  —  Uffici  delle  diserse  caste,  pag.  876.  —  Origine  della  poliBlia, 
pag.  879.  —  Diffusioni  della  specie,  pag.  880.  — La  vita  della  colonia,  pag.  882.  —  Re- 
dime, pag.  884.  —  Provviste,  pag.  884.  —  Coltura  di  funghi,  pag.  88o.  —  Prepara- 
zione  del  materiale  per  le  costruzioni,  pag.  886.  —  II  Termitaio,  pag.  886.  —  Di 
verse  maniere  di  termitai  e  loro  classificazione,  pag.  889.  —  Animali  t  rmitofili, 
pag.  890). 

Bibliografia  relativa  alle  Società  degli  Insetti   »       897 

Indice  alfabetico  delle  figure  contenute    net  testo  e  nelle   tavole »       923 

Indice  dei  nomi  sistematici,   biologici,  ecologici,  ecc «       931 

Supplemento  alla  bibliografia  dei    singoli  capitoli   »       957 

Indice  alfabetico  degli  autori    citati  nella  bibliografia  dei  singoli  capitoli       »       979 
Errata  corrige '       99 1 


CAPITOLO  I. 

GLI  AFFINI  DEGLI  INSETTI 


L  PEGNO  animale,  cioè  l'insieme  delle  specie  animali 
viventi  nella  presente  o  nelle  passate  epoche  geologiche 
è,  dagli  zoologi,  diviso  in  due  grandi  sottoregni,  dei 
Protozoi  l'uno,  dei  Metazoi  l'altro. 

Appunto  in  questa  ultima  sezione,  che  la  sistema- 
tica frammenta  in  parecchi  Tipi,  viene  collocato  quello 
vastissimo  degli  Artropodi,  al  quale  gli  Insetti  appar- 
tengono. 

Per  verità,  come  più  diffusamente  esporremo  in  se- 
guito, l'odierno  Tipo  degli  Artropodi  corrisponde  a  quella 
grande  Classe  degli  Insetti,  la  quale,  secondo  il  concetto  linneano,  seguito  dalla 
maggior  parte  dei  sistematici  fino  a  circa  la  metà  del  decorso  secolo,  abbracciava 
l'insieme  di  tutti  quegli  animali  che  hanno  il  corpo  diviso  in  articoli  o  segmenti 
e  che  possiedono  inoltre  arti  articolati.  Si  tratta  adunque  degli  Entomuta  di  Ari- 
stotile, cioè  degli  Inserta  dei  naturalisti  posteriori. 

Il  carattere  desunto  dalla  presenza  di  arti  articolati  distingue  gli  Artropodi 
dagli  Annulosi  od  Anellidi,  che  dire  si  vogliano,  nei  quali  pure  il  corpo  è  diviso 
in  segmenti,  ma  fanno  difetto  le  membra  articolate. 

A  questo  carattere  distintivo  altri  si  aggiungono  di  non  minore,  anzi  di  mag- 
gior rilievo,  ma  essi  si  riferiscono  ad  organi  interni.  Di  questi  non  è  il  caso 
di  intrattenersi  qui,  nel  presente  volume,  dove  non  si  fa  luogo  a  notizie  morfo- 
logiche più  minute  e  dove  conviene  accontentarsi,  quanto  alla  parte  dell'anatomia, 
solo  a  ciò  che  può  essere  veduto  nella  sola  considerazione  delle  parti  esterne 
dell'animale  ed  anche  per  quel  tanto  che  è  strettamente  necessario  alla  chiara 
intelligenza  dei  suoi  modi  di  vita  o  per  giudicarne  della  sua  più  opportuna  po- 
sizione nel  sistema  zoologico. 

Senonchè  i  rapporti  di  parentela  tra  gli  Artropodi  e  gli  Annulosi  sono  cer- 
tamente molto  stretti  ed  anzi  si  conoscono  forme  viventi,  come  sono  quelle  ap- 
punto di  cui  si  compone  il  gruppo  degli  Onicofori,  le  quali  stanno  a  mezza  via 
fra  l'uno  e  l'altro  Tipo,  e  se  possiedono  arti,  così  da  dover  esser  ascritti,  per 
quanto  non  soverchiamente  bene,  al  Tipo  degli  Artropodi,  mostrano  anche  parti- 
colarità anatomiche    di  grande  rilievo,  per  le  quali  convengono  cogli  Annulosi. 

Intanto  però,  il  Tipo  degli  Artropodi,  oltre  ad  alcune  classi  che  evidentemente 
stanno  assai  bene  insieme  e  per  le  quali  si  può  ammettere,  come  si  ammette  vo- 
lentieri, una  comune  origine  da  forme  attualmente    scomparse,  comprende  ancora 

A.  l'.tiii.i ■-!■-,  Oli  Insetti,  II.  —  1. 


CAPITOLO    PRIMO 


altri  gruppi,  oltre  gli  Onicofori,  pei    quali   le    affluita    colle    classi  più  alte  solo 
tuttavia  molto  discusse  ed  incerte. 

Infatti  il  Tipo  degli  Artropodi  è  generalmente  suddiviso  nelle  seguenti  classi, 
alcune  delle  quali  si  raggruppano  insieme  in  sezioni  maggiori,  conforme  appa- 
risce dalla  seguente  tabella: 

Classe  1.*  Onicofori  (Prototracheati) 

2.a  Pautopodi 

3.a  Tardigradi 

4.a  Crostacei 

5.a  Merostomi  )  Chelicerati 

6.a  Aracnidi 

7.a  Miriapodi    I 

.  ,  x       .  .  ',  Antennati 

8.a  Insetti 


Ora,  gli  Onicofori,  i  Pantopodi  ed  i  Tardigradi  sono  appunto  quei  gruppi  pei 
quali  i  rapporti  di  parentela  cogli  altri  sono  meno  manifesti,  e  tuttavia  sog- 
getti a  seri  dubbi  e  molte  discussioni. 

Ma  i  Chelicerati  e  gli  Antenuati  sono,  molto  credibilmente,  derivati  da  an- 
tichi Crostacei,  ora  scomparsi,  ohe  i  naturalisti  comprendono  nella  sottoclasse  dei 
Paleocaridi,  rappresentata  dai  Trilobiti. 

Questa  comune  origine  importa  un  grailo  di  parentela  o  di  affinità  che  tut- 
tavia si  può  rilevare  col  confronto  delle  forme  viventi,  nei  loro  caratteri  morfo- 
logici e  talora  anche  nello  sviluppo,  ma  essa  è,  certo,  più  stretta  fra  gli  Insetti 
ed  i  Miriapodi,  che  non  fra  quelli  ed  i  Chelicerati  ed  i  Crostacei. 

Intanto,  secondo  una  classificazione  che  pure  è  accusata  di  artificialità,  tutti 
gli  Artropodi  si  dividono  in  due  grandi  sezioni,  a  seconda  del  modo  di  respira- 
zione, se  essa  cioè  è  per  branchie  (od  acquatica),  oppure  per  trachee   (o  terrestre). 

Così,  fra  i  Branchiati  si  debbono  annoverare  i  Crostacei,  Merostomi  e  Pan- 
topodi e  fra  i  Tracheati  gli  Aracnidi,  i  Miriapodi  e  gli  Insetti. 

Quanto  agli  Onicofori,  essendo  essi  forniti  di  trachee,  certo  dovrebbero,  in 
così  fatto  sistema,  essere  riuniti  all'ultimo  gruppo,  quello  cioè  dei  Tracheati,  e 
pei  Tardigradi  poi  nulla  si  può  affermare  perchè  la  maniera  di  respirazione  loro 
è  quella  cutanea,  cioè  senza  particolari  organi  specializzati  alla  funzione  respira- 
toria. Si  tratta  però,  per  questi  Tardigradi,  di  forme  acquatiche  o  viventi  in  am- 
bienti molto  umidi. 

Questa  suddivisione  del  Tipo,  per  quanto  certo  se  non  del  tutto  artificiale 
assai  meno  naturale  dell'altra,  pure  praticamente  ci  giova  e  ne  terremo  conto  qui, 
dove,  oltre  ai  criteri  strettamente  scientifici,  è  d'uopo  far  posto  ancora  ad  altri 
più  ovvi  ed  alla  mano,  nella  trattazione  della  materia. 

Ci  asterremo  quindi  dal  menzionare  particolarmente,  in  questo  libro  tutte  le 
forme  acquatiche  e  perciò  non  terremo  parola  dei  Pantopodi,  dei  Tardigradi,  dei 
Crostacei  e  dei  Merostomi,  per  quanto  la  stretta  parentela  di  questi  ultimi  con 
alcuni  Aracnidi,  cioè  cogli  Scorpioni,  sia  assolutamente  bene  netta  e  ci  occupe- 
remo invece  delle  forme  terrestri  esclusivamente,  cioè  a  respirazione  tracheale, 
pur  sorvolando  molto  brevemente  sui  gruppi  i  cui  rapporti  biologici  cogli  Insetti 
sono  nulli  o  trascurabili,  né  altro  interesse  pratico  richiama  la  nostra  attenzione. 

Converrà  invece  accennare  con  minore  concisione  a  quelle  forme  di  Artro- 
podi terrestri  che,  sia  per  la  loro  ingerenza  nella  vita  degli  Insetti,  sia  per  quella 
che  possono  avere  coll'Uomo,  meritano  di  essere  fatti  conoscere  in  particolar  modo. 


lil.I    AFFINI    DEGLI    INSRTTI 


Oni  cof  or  i. 

Non  è  il  caso  di  spendere  molte  parole  intorno  a  questa  singolare  classe  di 
Artropodi,  che  mostra  così  granili  affinità  cogli  Annulosi,  ai  quali  sino  a  poco  tempo 
fa  era  aggregata. 

L'importanza  del  gruppo  è  certo  grandissima  pei  sistematici  e  pei  morfologi, 
ma  in  pratica,  questi  Peripatus,  che  da  soli  compongono    la    classe,    non  interes- 
sano per  nulla  e  non  se  ne  farebbe  qui  cenno  se  non  giovasse  conoscere  le  forme 
che    sono    conside- 
rate   come    l'anello 
intermedio    fra    gli 
Annulosi  e  gli  Ar- 
tropodi, cioè  fra  due 
tipi  vicini. 

I  Peripatus , 
che  sono  animali 
grandetti,  come  ap- 
parisce dalla  flg.  1, 
in  cui  il  P.  capensis 
è  rappresentato 
nelle  dimensioni  na- 
turali, hanno  tutto  l'aspetto  di  un  Bruco,  col  corpo  così  molle  e  colle  zampe  car- 
nose, ma  recano  all'innanzi  del  capo  due  appendici  articolate  a  guisa  di  antenne. 

La  parte  anteriore  del  corpo,  o  testa  che  sia,  non  è  bene  distinta  dal  rima- 
nente e  porta  tre  paia  di  appendici,  cioè  le  antenne  già    accennate,    le    mascelle 


Fig.  1.  —  Peripatus  capensis  in  grandezza   naturale  (da  Sedgwick). 


Fig.  2.  —  Parti  di  un  Peripatus. 

A,  Estremo  posteriorer  dal  ventre  di  P.  Novac  Zealandiae  (g,  apertura  genitale;  a.  ano);  B,  Estremo  anteriore  del 
corpo,  dal  ventre,  di  P.  capensis-,  T,  testa;  ant,  antenne;  orp.  palpi  orali;  Fv  primo  paio  di  zampe;  0,  Zampa  di 
nn  Peripatus  (P.  capensis)  vista  dal  ventre;  D,  la  stessa  dal  dorso    (da  Sedgwick). 


e  le  papille  orali  ;  inoltre  un  paio  di  occhi  semplici  e  la  bocca  in  forma  di  foro 
rotondo,  situata  nella  faccia  inferiore  della  regione  cefalica  (fig.  2,  B). 

Sulla  faccia  ventrale  del  rimanente  del  corpo  stanno  anche  parecchie  paia 
i  piedi  conici,  brevi,  carnosi,  marcati  di  molte  pliche  e  rugosità  trasverse  se  non 
veramente  segmentati  e  terminati  da  un  piede  claviforme  con  uncini  (due)  apicali. 

11  numero  di  queste  appendici  varia  nelle  singole  specie  :  ad  es.  :  ve  ne  sono 
diciasette  paia  nel  P.  capensis;  diciotto    nel  P.  bal/ouri;  da    29  a  34    nel  P.  ed- 


CAPITOLO    PRIMO 


icardsi.  In  talune  specie  il  maschio  ha  minor  numero  di  zampe  della  femmina  ri- 
spettiva. 

Il  corpo  è  tutto  impresso  di    pliche  trasversali,  che  ricordano  la    segmenta- 
zione degli  Annellidi. 

Il  genere  è  stato  fondato  dal  Guildiug  noi  1829,  su  esemplari  di  S.  Vincenzo  nelle  Antille. 
Egli  considerò  questi  animiti]  per  Molluschi. 

In  seguito,  su  individui  avuti  da  altre  parti  della  regione  neotropical6,  gli  zoologici  ascris- 
sero questi  Peiipatu?  agli   Annellidi  od  ai  Miriapodi. 

Nel  1874  il  Moseley,  avendo  scoperto  la  presenza  di  trachee  quali  organi  respiratori  in  tali 
forme,  le  annoverò  fra  gli  Artropodi,  dove  sembrano  meglio  a  posto,  secondo  la  più  comune  opi- 
nione dei  naturalisti. 

Più  tardi  si  scopersero  parecchie  altre  specie  in  varie  regioni  nell'emisfero  australe  e  nella 
zona  tropicale  ed  ora  si  sa  che  i  Peripatm  si  trovano  nel  Sud-Africa,  Nuova  Zelanda,  Australia, 
Sud  america,  Indie  occidentali.  Se  no  conoscono  qualche  decina  di  specie,  tutte  configurate  sul 
tipo  indicato  e  poco  o  non  bene  diverse  fra  loro. 

Vivono,  questi  animali,  nei  boschi  umidi,  generalmente  predando  altri  animali  minori,  su  cui, 
per  arrestarli,  spruzzano  un  particolare  umore  glutinoso,  che  viene  segregato  da  speciali  ghiandole 
sboccanti  nel  secondo  paio  di  appendici  orali. 

La  maggior  parte  delle  specie  sono  vivipare.  In  quelle  americane  le  uova  sono  molto  piccole 
e  l'embrione  si  svolge  nel  corpo  della  madre,  a  spese  di  una  specie  di  placenta  che  vi  si  forma. 


Aracnidi . 

In  confronto  cogli  altri  Artropodi  terrestri,  che  conosceremo  più  innanzi,  gli 
Aracnidi  mostrano  un  corpo  diviso  in  due  sole  regioni  bene  distinte  e  cioè  in 
un  capotorace  o  prosoma,  recante  gli  arti  periboccali  ed  ambulatori  ed  in  un  addome, 
che  generalmente  nell'adulto  non  porta  membra  e  può  essere  diviso  in  segmenti 
distinti. 

In  talune  forme,  come  ad  es.  in  parecchi  Acari,  il  capotorace  può  essere  più 
o  meno  confuso  coll'addome  in  un  tutto  unico,  che  prende  il  nome  di  tronco:  in 
altri  casi  invece  la  distinzione  fra  le  due  regioni  riesce  assai  bene  marcata  anche 
da  una  notevole  costrizione,  come  è  ad  es.  nei  comuni  Eagni  ed  in  altre  forme 
vicine. 

Quanto  al  numero  delle  appendici  ambulatone  pertinenti  al  capotorace,  nessun 
dubbio  cade  circa  gli  arti  ambulatori,  che  si  vedono  essere  sempre  in  numero  di 
quattro  paia,  salvo  in  forme  giovanili  di  qualche  grappo,  ad  es.  degli  Acari,  ma 
non  altrettanto  facile  è  definire  il  numero  delle  appendici  periboccali  che  spette- 
rebbero strettamente  alla  regione  cefalica  e  sul  quale  tuttavia  è  aperta  la  discus- 
sione. 

A  me  non  sembra  che  si  possa  ammetterne  meno  di  tre  paia,  cioè  i  elidiceli, 
i  palpi  e  le  mascelle  ;  ma  qualche  autore,  sopratutto  per  desiderio  di  ricondurre 
tutti  gli  Artropodi  ad  un  tipo  comune  di  armatura  boccale,  ne  indica  anche 
più,  sebbene  lo  sforzo  non  sembri  approdare  ad  esito  felice. 

Altri  autori  riducono  invece  a  sole  due  paia  gli  organi  boccali,  cioè  ai  soli 
cheliceri  ed  ai  palpi,  ai  quali,  come  loro  pezzi  basali,  ascrivono  le  mascelle.  Certo 
queste  due  paia  di  arti  sono  le  più  vistose,  ma  a  proposito  degli  Acari  non  si 
mancherà  di  mettere  bene  in  luce  la  composizione  dell'insieme  di  pezzi  circum- 
orali,  che  compongono  ciò  che  generalmente  si  indica  per  rostro. 

I  cheliceri  (o  mandibole)  sono  pezzi  composti  generalmente  di  due  articoli  e 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


rappresentano  i  piò  appariscenti  organi  della  bocca,  variamente  conformati  a  se- 
conda del  diverso  regime  e  talora  in  rapporto  anche  con  ghiandole  velenifere. 

I  palpi  stanno  sui  lati  dell'armatura  boccale  e  comunemente  si  vedono  divisi 
in  più  articoli,  essi  pure  assai  diversamente  configurati  in  relazione  coi  partico- 
lari costumi  dell'animale  e  con  funzioni  varie  non  solo  rispetto  alla  nutrizione, 
ma  anche,  talora,  alla  riproduzione,  come  ne  danno  classico  esempio  gli  Araneidi, 
oppure  alla  locomozione,  il  quale  caso  è  più  raro,  anzi  rappresentato  solo  dai 
Palpigradi. 

Quanto  alle  mascelle,  rappresentino  esse  o  meno  un  vero  paio  distinto  di  arti, 
si  vedono  molto  sviluppate  e  complicate  in  taluni  gruppi,  sebbene  più  difficili  a 
riconoscersi  in  altri  e  prendono  parte  efficace  ed  esclusiva  nelle  funzioni  di 
nutrizione. 

Così,  in  generale,  negli  Aracnidi  non  è  chiara  una  distinzione  fra  una  regione 
strettamente  cefalica  e  quella  esclusivamente  toracale,  ciò  che  invece  apparisce 
così  bene  negli  Insetti.  Anche  nei  Solifughi,  pei  quali  si  accenna  ad  un  capo 
distinto,  devesi  invece  convenire  che  esso  è  annesso  alla  prima  sezione,  nella 
quale  si  vede  distinto  il  torace. 

Quanto  all'addome,  si  è  detto  che  esso  può  essere  più  o  meno  distintamente 
articolato  o  non  diviso  affatto  in  segmenti  definibili.  Talora  sono  manifeste  due 
regioni  addominali  diverse,  cioè  una  più  larga  anteriore  (addome  propriamente 
detto)  ed  una  più  ristretta  posteriore,  volgarmente  detta  coda,  più  propriamente 
postaddome,  come  apparisce  ad  es.  negli  Scorpioni,  in  taluni  Pedipalpi  e  nei 
Palpigradi.  In  taluni  casi  l'addome  è  unito  al  capotorace  per  stretto  peduncolo,  in 
altri,  piti  comunemente,  è  sessile,  cioè  saldato  al  capotorace  per  larga  base. 

La  respirazione  avviene  per  sacchi  polmonari  o  polmoni,  come  brevemente  si 
dicono,  e  per  trachee  ed  il  loro  studio  offre  eccellenti  caratteri  per  l'esatta  deli- 
mitazione dei  vari  gruppi. 

Secondo  le  più  recenti  ed  accreditate  proposte,  la  classe  degli  Aracnidi  può 
essere  divisa  in  sottordini  nel  seguente  modo: 


.Sottoclasse  Cteidofori 


Sottoclasse   Lipocteni 


ordine    . 

Scorpioni 

ordine    . 

Araneidi 

Polmonari 

»        . 

Pedipalpi 

»        .     . 

Palpigradi 

ordine    . 

Solifughi 

»        • 

Pseudoscorpiom 

Tracheati 

» 

Opilionidi 

» 

Acari 

» 

Pentastomidi  ') 

Pentastomidi. 

Se  gli  animali  di  questo    gruppo,  che  sono  anche  detti  Linguatulidi,  appar- 
tengono realmente  agli  Artropodi,  noi    possiamo  considerarli  come  il  più  vistoso 


')  Per  qualche  autore  i  Pentastomidi,  pur  aggregandosi  agli  Aracnidi,  formano  gruppo  a  aé. 
Non  si  può  ricorrere  all'esame  degli  organi  respiratori  per  giudicare  della  esatta  posizione  siste- 
malica  perchè  essi  mancano.  Noi  qui  li  avvicineremo  agli  Acari,  ritenendoli  forme  per  lo  mono 
affini,  degenerate  per  parassitismo. 


CAPITOLO    PRIMO 


esempio,  fra  i  Tracheali,  di  estrema  involuzione  per  opera  del  parassitismo,  così 
avanzato  nella  riduzione  degli  organi  della  vita  di  relazione  da  dare  all'animale 
l'aspetto  esterno  di  un  essere  molto  inferiore,  addirittura  di  un  verme. 

E  tra  i  Vermi  infatti  sono  stati  per  luugo  tempo  collocati  questi  Linguatulidi. 
dei  quali  il  più  comune  in  Europa,  quello  che  vive 
allo  stato  adulto  parassita  nel  Cane,  è  noto  fino  dal 
secolo  decimottavo,  e  sempre  considerato  per  una  Tenia 
o  qualche  cosa  di  molto  vicino  alle  Tenie,  fino  a  che, 
per  opera  del  Leuckart,  non  si  riconobbero  i  legami  di 
parentela  fra  le  forme  larvali  parassite  in  organi  vari 
di  animali  diversi  e  la  Linguatula  adulta  delle  cavità 
nasali  del  Cane. 

Con  ciò  si  venne  ad  assodare  che  la  forma  larvale 
schiusa  dall'uovo  possiede  due  paia  di  arti  (ngg.  3  e 
5  B)  rudimentali  bensì,  ma  così  fatti  che  giustificano 
l'annessione  del  gruppo  agli  Artropodi,  separandolo 
completamente  dai  Vermi. 

Sono  così  affermate,  se  non  troppo  evidenti,  af- 
finità cogli  Aracnidi  e  più  che  mai  cogli  Acari. 


Fig.  3.  —  Una  larva 
di  Linguatulide. 


Porocephalus    pruboscitlens)  forte* 
mente   ingrandita  e  supina   (da 

Shipley).  ke    g^rja(;ure)    più    ghe    segmentazioni,    trasverse    del    corpo 

nella  terza  larva  o  ninfa  che  sia  e  nell'adulto,  fanno  riportare 
queste  Liuguatule  [accanto  ai  Demodex  ed  essendo,  specialmente  negli  Btadi  giovanili,  tuttavia 
manifesti  solo  due  paia  di  arti,  pare  a  taluno  che  possano  rammentare  gli  Eriofidi,  che  non  ne 
hanno  di  più  per  tutta  la  vita.  Pure,  se  vi  ha  parentela  reale  fra 
gli  Acari  e  le  Linguatule,  converrà  richiamarsi  a  certi  speciali 
Acari  abitanti  delle  cavità  nasali,  appartenenti  a;  Mesostigmati  della 
famiglia  Pteroptidi  (o  costituenti  famiglia  a  sé  dei  Rinonissidi)  dei 
quali  si  conoscono  più  specie,  parassite  di  Mammiferi  ed  Uccelli. 

La  striatura  della  pelle  è  carattere  comune  fra  gli  Acari  e  se 
l'addome  è  allungato  come  nei  Vermiformi,  la  striatura  della  cute 
dell'addome  è  trasversa,  come  appunto  si  vede  in  questi  ultimi. 

La  tendenza  ad  allungamento  in  modo  insolito  dell'addome  nei 
Rinonissidi,  dovuta  all'ambiente,  è  manifestata  sopratutto  Aa\V Hala- 
raehne  attenuata  Banks,  disegnata  più  avanti,  mentre  un  più  avan- 
zato grado  di  parassitismo  può  benissimo  condurre  ad  un  allunga- 
mento maggiore  oltreché  alla  perdita  degli  arti. 

Quanto  al  volume  notevole  che  i  Linguatulidi  mostrano  in 
coufronto  degli  Acari  attuali,  questo  può  essere  attribuito  alla 
necessità  di  produrre  un  gran  numero  di  uova  (fino  a  mezzo  milione 
per  taltme  specie  di  Linguatule),  in  rapporto  colle  complicatissime 
migrazioni  che  conducono  ad  una  enorme  perdita  di  individui,  seuza 
del  quale  spediente  la  specie  non  si  conserverebbe. 

Questa  necessaria  meravigliosa  fecondità,  si  vede  importare 
sempre  l'aumento  di  statura,  almeno  della  femmina.  Così  ad  es.  :  si 
potrà  notare  (per  non  uscire  dal  gruppo  degli  Acari)  che  degli 
Eterostigmati,  molte  specie,  ad  es.  dei  generi  l'arsopolipus,  Podapo- 
lipus,  Pediculoides,  hauno  femine  di  grandezza  veramente    insolita   e 

colossale  rispetto  ai  maschi  e  sopratutto  rispetto  ai  generi  affini  (Tarsouemus,  Pigmephorus)  od 
a  forme  dello  stesso  genere,  ma  non  parassite  e  quindi  senza  necessità  di  produrre  un  grandissimo 
numero  d'uova. 

Nei  Pediculoides  liberi,  che  fanno  solo  poche  uova  e  ne  hanno  mature  contemporaneamente 
non  più  d'una  o  due  nel  ventre,  la  statura  anche  della  femina,  è  piccolissima,  non  supera,  ad 
es.   i    mm.  0,40,  mentre  per  le  speoie  parassite,  l'addome  delle  femmine  ovigere  può  raggiungere 


Fig.  4.  —  Porocephalus  an- 
nidatile Baird.  Circa  2/3 
della  gr.  nat. 

J,  porzione  anteriore  del  corpo 
dal  ventre,  ingrandita  (da  Shi- 
pley). 


GLI    AFFIXI    DKOI.I    INSETTI 


ambe  il  millimetro  di  diametro,  con  una  enorme  sproporzione  rispetto  al  rimanente   corpo  (vedi 
figura  riportata  piti  avanti  del    Pedicul.   ventriconun. 

Si  può  dunque  ammettere  che  i  Linguatnlidi  provengono  da  Acari  enormemente  ingrossati 
per  le  necessità  della  conservazione  della  specie  a  mezzo  di  disseminazione  di  una  sterminata 
quantità  d'uova  e  profondamente  involuti  negli  organi  di  relazione,  in  grazia  di  uu  parassitismo 
di  antica  data  ed  alto  grado. 

Il  grappo  delle  Linguatule  o  dei  Pentastomidi  che  dir  si  vogliano,  si  con* 
sidera  generalmente  come  un  sottordine  degli  Aracnidi.  Si  trutta  di  animali  vera- 
mente vermifórmi,  senza  arti  allo  stato  adulto,  recanti  solo  due  paia  di  uncini 
nella  parte  anteriore  del  corpo,  sulla  faccia  ventrale,  ai  lati  della  bocca,  che  è  una 
semplice  apertura  rotonda,  piccolissima,  inerme. 

Lo  sviluppo  postembrionale  di  queste  forme  è  complicato  con  migrazioni 
complesse. 

Gli  adulti  albergano  nelle  cavità  nasali,  seni  frontali,  trachee  e  vie  ai  pol- 
moni di  Carnivori,  Coccodrilli,  Serpenti,  raramente  in  Lucertole,  Uccelli  e  Pesci. 

Le  uova  vengono  espulse,  col  muco  nasale  o  dalla  bocca  degli  animali  suddetti 
ospitanti  l'adulto  e  rimangono  sulle  erbe,  bene  protette  dal  muco  stesso,  che  si 
raccoglie  e  dissecca  intorno.  Così  possono  rimanere  vivaci  per  parecchi  mesi. 

Se  ingerite  colle  erbe  nello  stomaco  di  altri  animali,  quivi  rimangono  libero, 
sciogliendosi  l'involucro  dell'uovo  nel  succo  stomacale  e  se  ne  sorte  la  prima  larva, 
di  forma  generalmente  ovale  (figg.  3,  5  li)  con  due  paia  di  arti  molto  brevi,  con- 
siderati per  zampe  ed  un  apparecchio  perforatore  situato  nella  parte  anteriore 
del  corpo,  al  lato  ventrale.  Con  tale  ordigno  le  larve  perforano  le  pareti  stoma- 
cali e  penetrano  nei  visceri  di  questo  primo  ospite,  ordinariamente  nel  fegato, 
nel  mesentere  o  nei  polmoni  e  quivi  incistidano,  si  trasformano  in  ninfa  o  seconda 
larva,  perdendo  quella  specie  di  rostro  ed  i  rudimenti  di  zampe.  Questa  seconda 
larva  è  immobile,  avvoltolata  su  se  stessa  a  spira,  non  mostra  traccia  di  segmenti 
(fig.  5  0). 

Dopo  qualche  tempo  anche  questa  seconda  larva,  o  ninfa  prima  che  dir  si 
voglia,  si  trasforma  sul  posto,  per  successive  mute,  in  seconda  ninfa  (fig.  5  D),  che 
molto  somiglia  all'adulto  e  che  essa  pure  incistida  ed  attende  di  essere  intro- 
dotta coi  visceri  dell'ospite  entro  lo  stomaco  dell'animale  in  cui  potrà  raggiungere 
lo  stadio  ultimo,  penetrando  nelle  vie  aeree  del  nuovo  ospite,  definitivo. 

Linguatula  rhinaria  (Pilger)  (fig.  5).    —    È  la  specie  piti  nota  e  da  maggior  tempo. 

L'adulto  vive  nelle  cavità  nasali  del  Cane  e  d'altri  carnivori  e  non  vi  è  raro. 
Ha  forma  di  foglia  lanceolata,  molto  allungata,  colla  metà  posteriore  del  corpo 
assottigliata  ed  all'innanzi  ottusa.  Tutta  la  superfìcie  del  dorso  e  del  ventre  è 
impressa  di  solchi  trasversi,  di  guisa  che  l'animale  sembra  segmentato  e  questi 
pseudo-annelli  sono  in  numero  di  circa  90.  La  parte  anteriore  del  corpo,  però, 
non  è  marcata  di  solchi,  ina  liscia,  e  sul  ventre  reca  i  quattro  uncini  (ultimi  ru- 
dimenti degli  arti)  ai  lati  della  bocca.  11  colorito  è  bianco  sporco. 

Il  maschio  è  alquanto  più  piccolo  della  femmina;  questa  (fig.  5  E)  misura  da  8 
a  10  centimetri  di  lunghezza,  su  8  o  10  min.  di  larghezza  massima;  il  maschio 
è  lungo  da  18  a  20  mm.  e  largo  all'innanzi  3  mm.;  nella  regione  più  ristretta 
del  corpo  non  più  di  mezzo  millimetro.  Le  uova  (A)  sono  ovoidi  e  lunghe  circa 
mm.  0,90;   larghe  mm.  0,70. 

La  forma  adulta  è  stata  per  la  prima  volta  avvertita  dal  Weisborg  nel  1763,  nei  seni  fron- 
tali d'un  Cane  e  di  poi  dal  Chabert,  nel  1787,  egualmente  nel  Cane  e  nel  Cavallo. 


CAPITOLO    PRIMO 


£ 


In  seguito  le  osservazioni  si  moltiplicano  come  le  indicazioni  di  ospiti  vari.  Grève  trovò  la 
Linguatula  adulta  nelle  fosse  nasali  di  un  Mulo,  ad  Oldenburg  (1818);  Bremser  nel  Lupo,  a  Vienna 
(1824)  e  cosi  Colin,  ad  Auxerre  (1824)  e  Mirain,  a  Wilua  (1836);  Brukmuller,  in  Austria,  nella 
Capra;  sembra  anche  nella  Pecora  da  parte  del  Rhind,  in  Scozia;  nel  Cavallo,  oltreché  dal  Chabert 
sopracitato,  anche  dal  Leblanc,  in  Francia  e  da  Rose,  in  Inghilterra  e  finalmente  anche  nell'Uomo 
da  Landon,  in  Germania,  nel  1878. 

Prima  dei  classici  studi  del  Leuckart  su  questo  parassita,  esso  era  ritenuto  un  Verme,  non 
troppo  dissimile  dalle  Tenie. 

Il  Wrisber"  lo  ritenne  corno  una  specie  di  Sanguisuga,  di  cui  ha  bene  le  apparenze  e  Chabert 

lo  considerò  per  una  Tenia,  chiaman- 
dola Taenia  lanceolata  o  Verme  rinario. 
Pilger  adotta  il  nome  di  Taenia  rhinaria, 
che  poi  Kudolphi  modificò  in  Priono- 
derma  rhinariiim  e  quindi  in  Polystoma 
taenioides,  ed  infine  Pentasioma  (o  Pen- 
tastomnm) taenioides,  nome  con  cui  da 
molti  Autori  anche  attualmente  è  ricor- 
dato. Cuvier  adottò  il  nome  di  Prio- 
nodernta  lanceolatum,  ma  dopo  che  il 
I.amarck  propose  di  chiamare  il  paras- 
sita Lì»  gn  aitila  taenioides  si  attenne  a 
questo  ultimo  nome. 

La  sinonimia,  del  resto,  è  complicata 
anche  per  tutti  i  nomi  con  cui  è  stata 
designata  la  forma  giovanile,  che  cor- 
risponde alla  seconda  ninfa  e  che  molti 
osservatori  incontravano  nei  visceri  di 
animali  diversi,  senza  che  se  ne  cono- 
scessero ancora  i  rapporti  biologici  col 
parassita  delle  fosse  nasali  più  antica- 
mente noto,  cioè  la  forma  definitiva. 

Lo  stadio  giovanile  (fig.  5  D)    era 
conosciuto     fino     dal    1789,    incontrato 
dal  Abilgaard  alla  superficie  del  fegato 
di  un  Cane,  dal  Flormann    in  una  Ca- 
pra d'America;   dal  Fròlich  nel  polmone 
di  una  Lepre,  Nel  1S11  questo  parassita 
fu  rinvenuto  dal  Legallois  nel  polmone 
di  una  Cavia;  nel  1829  dal  Creplin  nel 
fegato  di  un  Gatto;  nel  1825  dall'Her- 
mann   nel  polmone   di    Bue;    nel    1838 
dal  Dujardin    nello  stesso  organo  della 
Cavia  e  dall'Otto  nel  Riccio. 
Si  consideravano  per  forme  diverse  fra  loro  tutti  questi    parassiti  ed  il  Rudolphi    ne  creò  il 
genere  Pentastomnm,  cou  più  specie,   P.  denticulalum  Rud.     fu  detto  quello  della    Capra;    P.  ser- 
ratimi Fròlich  quello  della  Lepre  e  P.  emarginatimi  Rud.  quello  della  Cavia.  Ma  il  Diesing,  dietro 
uno  studio  comparativo,  riconobbe  l'identità  di  queste  forme,  che  furono  così  riunite  tutte  sotto 
l'unico  nome  di   P.  denticulatum  Rud. 

Uopo  ciò  il  Pentastomnm  in  discorso  si  riscontrò  più  volte  in  animali  diversi  e  sempre  negli 
organi  viscerali,  come  Coniglio,  Pecora  (gangli  mesenterici),  Cavallo,  Oromedario,  Antilope,  Daino, 
Topo,  ecc,   in  varie  regioni   d'Europa. 

Né  l'Uomo  ne  va  esente,  poiché  si  conoscono  parecchi  casi  di  inquinamento  da  parte  di 
questo  parassita,  dal  quale  si  sono  trovati  invasi  il  fegato,  i  reni,  il  tessuto  congiuntivo  sotto- 
mucoso  dell'intestino  gracile,  ecc. 

La  frequenza  dei  casi  d'inquinamento  nell'Uomo  dipende  dalle  occasioni  di  contatto  dell'Uomo 
stosso  col  Cane.  Klebes  e  Zaeslin  trovarono  nn  caso  su  900  autopsie  e  due  su  1914.  Laenger  ri- 


Fig.  5.  —  Linguatula  taenioides. 

A,  novo  (ingr.  circa  160  volte)  contenente  un  embrione;  B,  em- 
orione  acaiiforme,  molto  ingrand.;  O,  ninfa  o  pupa  di  9  set- 
timane, molto  ingrand.  ;  D,  Lrni/uatula  o  Pentastomnm  den- 
ticulatum, forma  invanite  della  L.  taenioides,  ingrandita 
IO  volte;  E.  Linguatula  taenioides  femmina  adulta  in  gran- 
dezza naturale  (da  Lcul.mt). 


01,1    AFFINI    DEGLI    INSKl  I  I 


scontrò  un  caso  di  parassitiz/.azioue  su  -100  dissezioni.  Non  sembrava  però  gli  ospiti  ne  avessero 
risentito  nocumento. 

Invece,  nelle  Pecore,  dove  paro  ohe  più  frequentemente  si  trovino  tali  parassiti,  essi  inva- 
dendo specialmente  i  gangli  mesenterici  (dai  quali  poi  possono  sortire  per  raggiungere  altri  or- 
gani viscerali)  inducono  serie  alterazioni  ai  gangli  atessi,  che  riescono  inetti  al  loro  ufficio,  cosi 
che  le  Pecore  all'ette  appaiono  meno  bene  nutrite  e  predisposte  alla  cachessia. 

I  rapporti  genetici  dei  Pentastomum  eolla  Liti  guattite  sono  stati  primamente  constatati  e  messi 
in  vista  dal  Leuekart.  eolle  sue  meravigliose  ricerche,  sia  provocando  lo  sviluppo  della  Lingua- 
tuia  nel  Cane,  somministrando  a  questo  carnivoro  i  visceri  di  animali  inquinati  da  Pentastomi, 
sia  determinando  la  pentastnmiasi  col  far  ingerire  a  Conigli  uova  di  Linguatula  espulse  dal  Caue. 

La  Linguatula  adulta  si  trova,  come  è  stato  avvertito,  più  specialmente  nel 
Cane,  nelle  cavità  nasali,  dove  rimane  attaccata  alle  mucose  mercè  i  suoi  piccoli 
uncini  anteriori,  ina  si  è  rinvenuta  ancora,  nelle  stesse  condizioni  nel  Cavallo. 
Mulo.  Montone,  Capra  ed  anche  nell'Uomo. 

Gli  effetti  della  sua  presenza  non  sono  per  l'ospite  veramente  gravi,  se  non 
quando,  come  rarissimamente  è  avvenuto,  spostandosi  dal  luogo  di  dimora  abituale 
e  guadagnando  le  vie  aeree,  ed  ostruendole  ha  provocato  l'asfissia,  ciò  che  nel 
Cane  si  è  visto  accadere. 

In  generale  la  presenza  della  Linguatula  adulta  nel  Canee  manifestata  da  sternuti  frequenti, 
specialmente  a  respirazione  più  attiva,  ad  es.  dopo  una  corsa.  Talora  gli  animali  si  arrestano 
ansando,  procurano  di  raccoglier  aria  con  movimenti  respiratori  molto  ampi,  aprono  la  bocca  e 
si  sforzano  di  deglutire.  Anche  il  sonno  è  spesso  interrotto  da  perturbazioni  respiratorie.  In  ta- 
luni casi  il  Caue  sembra  minacciato  d'asfissia,  porta  le  gambe  al  muso  come  per  sbarazzare  le 
narici   da   un   impedimento  alla  respirazione.   Poi  sopraggiungono  periodi  di    tranquillità. 

Cogli  sternuti  sono  espulse  violentemente  le  uova  iu  gran  numero,  talora  anche  gli  adulti 
stessi. 

La  permanenza  del  parassita  nelle  cavità  nasali  del  Cane  può  durare  molto  a  lungo,  talora 
anche  quindici  mesi.  Alla  fine  poi  l'incomodo  ospite  è  espulso  e  non  rimaue  seria  conseguenza 
pel  Cane  che  ne  è  stato  affetto. 

11  gruppo  comprende  pochi  generi,  anzi,  per  qualche  Autore  un  sol  genere  con  più  sottoge- 
neri; per  altri  si  ammettono  tre  generi  distinti,  cioè  Linguatula,  col  corpo  piatto,  orli  del  corpo 
creuulati  e  cavita  viscerale  che  manda  diverticoli  tino  agli  orli  del  corpo  stesso;  Porocephalus 
Humboldt,  col  corpo  cilindrico,  senza  diverticoli  della  cavità  viscerale  e.  Reighardia  Ward,  che 
non   presentano  anuulazioni,  cogli  uncini  e  l'armatura  boccale  poco  sviluppati. 

Quanto  al  genere  Pentastomum  esso  comprende  stadi  immaturi,  precisamente  la  seconda  ninfa 
di   Linguatula  e  perciò  si  deve  considerare  per  sinonimo  di  questo    genere. 

si  conoscono  una  trentina  di  specie  dei  tre  generi  e  tra  queste  non  di  tutte  sono  noti  i  rap- 
porti di  parentela,  sicché  può  essere  che  molte,  iudicate  ora  per  distinte,  appartengano  ad  un'u- 
nica specie,   come  suoi  diversi  stadi. 

Fra  la  Linguatula  cito,  oltre  alla  specie  del  Cane,  una  L.  reeurvata  Diesing  dell'Onza;  L.  sub- 
triquetra  Dies.  del  Caimano,  probabilmente  l'adulto  di  L.  pusilla  Dies.  dell'intestino  di  alcuni 
pesci. 

Fra  i  Porocephalus  si  incontrano  forme  viventi  allo  stato  adulto  specialmente  nelle  cavità 
nasali  ili  Serpenti  ed  altri  Rettili  e  le  cui  uova  sono  espulse  traverso  l'intestino  dell'ospite.  Al- 
cuni trovansi  anche  nelle  vie  aeree  di  Uccelli. 

11  P.  annulatus  Baird  (tìg.  4)  si  trova,  allo  stato  adulto,  nei  polmoni  del  Cobra  egiziano 
(.V«/«  haje)  ed  allo  stato  giovanile  nei  visceri  di  una  specie  di  Porphyrio.  Il  P.  armìlìatim  Wyrnau 
adulto  si  trova  nei  polmoni  di  certi  Pitoni  africani,  e  la  forma  immatura  nei  visceri  di  Scimmie 
ed  anche  dell'Uomo  t'generalmente  dei  Negri).  11  P.  crotali  Humb.  in  polmoni,  oltreché  di  Ret- 
tili,  anche  del   Leone,   del  Leopardo,   ecc.;   il   P.   lari  Mègu.   nei  sacchi   aerei  dei  Gabbiani,  ecc. 

La  fteighardia  sp.  fu  trovata  nei  sacchi  aerei  di  Gabbiano  e  della  comune  Rondine  marina 
del  Nord-America. 

A    BEBLEBB.   —   Oli  Insetti,  II.  —  2. 


10  CAPITOLO    PRIMO 


Acari. 

Per  qualche  autore  gli  Acari  costituiscono  una  classe  a  sé  fra  gli  Artropodi 
od  almeno  una  sottoclasse  e  non  mancano  ragioni  buone,  desunte  specialmente 
dalla  embriologia  oltreché  dalla  morfologia,  a  sostegno  di  questa  tesi,  ma  per  la 
maggioranza  dei  sistematici  gli  Acari  vanno  ascritti  alla  classe  degli  Aracnidi, 
coi  quali  convengono  fondamentalmente. 

Qui  io  mi  attengo  a  quest'ultimo  modo  di  vedere,  sopratutto  per  desiderio 
di  semplificazione,  così  come  non  seguirò  un  troppo  sensibile  frazionamento  in 
ordini  della  classe  degli  Insetti  allorquando  ne  esporrò  il  sistema  più  innanzi. 
Intanto  però  è  certo  che  questo  non  ristretto  gruppo  di  Artropodi  merita 
di  essere  per  noi  qui  conosciuto  con  maggiore  larghezza  di  quanto  si  sia  fatto 
per  tutti  gli  altri,  fra  cui  sono  collocati  gli  Insetti,  perchè  questi  hanno  cogli 
Acari  stessi  molto  stretti  rapporti  di  convivenza,  di  concorrenza,  di  parassitismo 
ed  altri  ancora  più  singolari  e  degni  di  nota,  così  che  se  ne  dovrà  trattare  molto 
di  frequente,  in  particolar  modo  a  proposito  degli  Insetti  sociali,  che  accolgono 
nella  propria  società  un  gran  numero  di  specie  di  Acari,  con  vari  uffici  talora, 
sempre  con  rapporti  curiosi  e  degni  di  attenzione. 

Il  parassitismo  poi,  che  molte  specie  di  Acari  esercitano  su  taluni  Insetti, 
spesso  con  effetti  rilevanti,  anche  pratici,  deve  pure  essere  accennato,  perchè  la 
storia  degli  Insetti  stessi  non  riesca  manchevole  e  così  pure  certe  comuni  e  cu- 
riose abitudini,  per  cui  gli  Insetti  riescono  inconsciamente  i  più  attivi  diffondi- 
tori degli  Acari,  che  si  servono  degli  Artropodi  più  voluminosi  come  di  un  rapido 
veicolo  per  dislocazioni  a  grandi  distanze. 

Questi  ed  altri  rapporti  intimi  fra  gli  Insetti  e  gli  Acari,  rapporti  che  non 
si  riscontrano  con  altri  Artropodi,  fanno  sì  che  per  noi  convenga  conoscere  più 
minutamente,  sebbene  in  modo  tuttavia  sommario,  anche  questi  piccoli  esseri,  i 
quali  hanno  così  grande  parte  colla  vita  degli  Insetti  medesimi. 

E  giacche  pur  conviene,  per  quanto  si  è  detto,  trattare  del  gruppo  degli 
Acari  con  non  troppa  brevità,  cade  acconcio  di  accennare  anche  a  molte  forme, 
le  quali  risiedono  in  questo  ordine  e  che  possono  richiamare  la  nostra  attenzione 
per  ciò  che  la  loro  presenza  è  causa  di  particolari  effetti,  sempre  più  o  meno 
molesti,  alle  piante,  ai  prodotti  agrari  ed  agli  animali  domestici,  come  più  in  ge- 
nerale all'economia  tutta  della  natura,  per  quanto  essa  interessa  più  direttamente 
noi  stessi. 

Giacché  si  è  accennato  e  si  accennerà  più  diffusamente  anche  per  gli  altri  Ar- 
tropodi terrestri  a  quelle  forme  che  più  ci  interessano  praticamente,  sebbene  non 
si  tratti  veramente  di  Insetti  propriamente  detti,  cioè  di  Esapodi,  così  converrà 
conoscere  anche  qua  non  pochi  Acari  che  meritano  la  nostra  attenzione  per 
un  qualche  effetto  pratico  determinato  dalla  loro  esistenza. 

Qui  tanto  più  volentieri  io  ne  parlo  inquantochè  non  si  trovano  scritti  po- 
polari che  ne  trattino  particolarmente,  come  converrebbe,  sebbene  delle  forme 
moleste  agli  animali  domestici  sia  detto  abbastanza  in  trattati  di  veterinaria  e 
di  quelli  agrarii  ne  abbia  detto  io  di  proposito  in  due  occasioni.  Ma  di  tante  altre 
specie  domestiche  od  altrimenti  viventi,  con  effetti  per  noi  sensibili  non  è  fatta 
speciale  menzione  se  non  sommariamente  e  con  notizie  disperse  per  entro  libri 
d'indole  più  generale  e  non  facili  ad  aversi. 

Accenneremo  dunque  agli  Acari  agrari,  cioè  diventi  a  spese  delle  piante 
utili  o  frequenti  su  queste  in  difesa  delle  stesse,  agli  Acari  parassiti  dell'Uomo 
e  degli  auin  ali  domestici,  a  quelli  che  vivono  con  noi  a  detrimento  delle  sostanze 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


11 


Fig.  6.  —  Tre  maniere  di  rostri  di  Acari  :  A,  C  visti  dal  dorso  ; 


alimentari  e  di  altri  prodotti  industriali  utili  e  segneremo  la  posizione  sistematica 
di  tutti  gli  altri,  il  cui  commercio  cogli  Insetti  verrà  volta  a  volta  ricordato  ed 
illustrato  trattando  dei  singoli  Insetti  stessi. 

Il  nome  di  questi  piccoli  esseri  deriva  dal  greco  mpixla;,  che  significa  minimo, 
indivisibile,  poiché  Aristotile,  che  ne  usò  primamente,  aveva  di  mira  il  piccolissimo 
acaro  domestico  del  formaggio  e  di  altre  derrate  alimentari,  il  quale  animaletto 
è  veramente  ineschino,  non  oltrepassando  il  mezzo  millimetro,  cioè  con  una  statura 
da  alienarsi  appena    ad    occhio    nudo,  se  non  si  rende  sensibile  col   movimento. 

Ma  non  tutte  le  specie  del  gruppo  hanno  tali  esigue  dimensioni,  poiché  le 
Zecche,  ad  es., 
che  pur  sono 
Acari,  giun- 
gono, se  ripie- 
ne di  sangue, 
alla  statura  di 
un  mezzano 
fagiuolo  o  me- 
glio di  un  se- 
me di  ricino  e 
nei  paesi  caldi 
vivono  certi 
grossi  l'rom- 
bidii,  che  ar- 
rivano ad  una 
lunghezza,  del 
solo  corpo,  di 
circa  un  centi- 
metro e  mezzo. 

Ciò  non  ostante,  tale  nome,  per  quanto  improprio,  rimane  ormai  e  si  dà  a 
tutto  l'ordine.  Il  carattere  morfologico  più  in  vista  e  che  gli  zoologi  invocano 
per  distinguere  il  gruppo  fra  tutti  gli  altri  Aracnidi,  è  quello  del  corpo  non  bene 
diviso  in  sezioni  distinte,  o,  per  meglio  dire,  malamente  distinguibile  in  due  re- 
gioni, l'ima  anteriore,  di  poco  più  piccola  della  seguente,  che  può  essere  detta 
capotorace  o  prosoma,  ed  una  posteriore,  non  frammentata  in  segmenti,  che  è  l'ad- 
dome. Il  capotorace  realmente  risulta  dalla  fusione  del  capo  coi  segmenti  torà- 
cali,  mentre  l'addome  corrisponde  all'omonima  regione  degli  altri  Aracnidi.  Ad 
ogni  modo  è  certo  che  se  per  talune  specie  un  segno  divisorio  trasverso,  varia- 
mente sensibile,  può  intercorrere  fra  le  due  regioni  a  delimitarle  fra  loro,  in  altre 
specie  neppure  tale  linea  più  si  manifesta  ed  in  simile  caso  tutto  il  corpo  appa- 
risce come  un'unica  massa,  senza  traccia  di  frazionamento  o  segmentazione  esterna 
od  interna. 

Il  corpo  è  nudo,  oppure  coperto  di  peluria  variamente  foggiata  e  diversamente 
densa  o  semplicemente  con  qualche  setola  tattile  di  varia  struttura  e  lunghezza. 
Talora  le  setole  sul  tronco  sono  anche  più  lunghe  di  tutto  l'animale,  tal'altra 
elegantemente  conformate  a  piuma,  a  squame,  a  foglia,  ecc. 

La  cute  può  essere  molle,  o  rinforzata  da  placche  chitinose  dure  o  tutta  re- 
sistente; variamente  scolpita  o  liscia;  ornata  di  colori  diversi,  talora  brillanti,  che 
per  lo  più  sono  nel  gruppo  dei  gialli,  rossi,  bruni  e  neri  per  le  forme  terrestri  e 
qualcuna  delle  acquatiche,  oppure  verdi,  fino  alla  serie  dei  bleu,  in  molte  specie 
viventi  nelle  acque. 

All'innanzi  del  corpo  sta  il  rostro  (fig.  G),  cioè  un  complesso  di  organi  per  la  presa 


A,  di  Criptoatigniati  ed  Astigmati  ;  B,  di  Gamasidi  ;  C,  di  Tronibididi.  — p,  palpo 
diboia  o  chelicero;  m,  mascella;  l,  linguetta;  e,  corpo. 


B  dal  ventre. 

mdt  man- 


12 


CAPITOLO    PRIMO 


degli  alimenti,  fra  i  quali  organi  si  notano  principalmente  le  mandibole  (o  chelieeri) 
che  sono  pezzi  configurati  a  pinzetta,  oppure  a  stiletto,  o  terminati  da  un'unghia 
a  forma  di  ronca,  ecc.  Con  tali  organi  l'animale  dilacera  il  cibo.  Notansi  anche 
i  palpi,  che  sono  appendici  per  lo  più  cilindriche,  composte  di  più  articoli  (fino 
a  cinque),  di  varia  forma  e  dimensione  e  stanno  sui  lati  del  rostro.  Il  rimanente 
del  rostro  stesso,  che  è  un  complesso  di  piccoli  pezzi  sottostante  alle  mandibole, 
serve  alla  assunzione  del  cibo  liquido  o  solido  che  sia,  e  forma  l'ipostoma  o  l'in- 
sieme delle  mascelle,  che  dir  si  voglia.  Le  mandibole  talora  sono  retrattili  inte- 
ramente entro  il  corpo  e  composte  di  più  pezzi,  che  rientrano  l'uno  nell'altro 
come  i  tubi  di  un  cannocchiale,  sicché,  in  talune  specie  esse  sono,  qualora  tutte 

estroflesse,  anche 
più  lunghe  del  cor- 
po stesso. 

Le  zampe  varia- 
no di  numero  e 
possono  v a  r  i  a  r  e 
dallo  stadio  giova- 
nile (larva)  a  quello 
successivo.  Infatti 
nel  maggior  nume- 
ro di  casi  le  larve 
sono  esapode,  cioè 
hanno  solo  tre  paia 
di  piedi;  manca  il 
quarto,  cioè  il  poste- 
riore, che  nasce  più 
tardi,  in  seguito  ad 
una  muta. 

Le  zampe  stesse 
sono  fra  loro  pres- 
soché eguali,    divise    in   cinque  o  sei  segmenti  e  terminate  dall' ambulacro  od  or- 
gano di  adesione. 

Pure  talora  quelle  del  1.°  paio  e  più  raramente  qualche  altro  paio  mancano 
di  ambulacro.  Nel  primo  caso  (fig.  7)  le  zampe  sono  realmente  organi  sensoriali  ormai 
inetti  alla  locomozione;  negli  altri  casi,  cioè  quando  appartengono  ad  altre  paia. 
la  ragione  della  mancanza  dell'ambulacro  è  diversa  e  rappresenta  o  speciali  allat- 
tamenti locomotori  o  carattere  sessuale  secondario,  in  rapporto  coll'opera  di  ri- 
produzione. 

Tjn  intero  gruppo  di  Acari  minutissimi,  anzi  fra  i  più  piccoli,  cioè  gli  Erio- 
fidi  o  Fipoptidi,  che  hanno  importanza  pratica  notevole  perchè  vivono  sulle  piante, 
con  effetti  sensibili,  gode  di  sole  due  paia  di  zampe,  le  due  anteriori,  mentre 
le  quattro  posteriori  fanno  difetto  o  per  meglio  dire  sono  trasformate  in  setole 
e  ciò  in  tutte  le  età.  Qualche  minore  differenza  tra  le  diverse  paia  di  zampe 
si  può  avere  relativamente  alla  lunghezza  od  alla  grossezza,  e  spesso  tale  diver- 
sità è  in  rapporto  col  vario  sesso. 

Talora  su  qualche  paio  di  zampe,  generalmente  sul  secondo  paio,  stanno, 
nei  maschi  (ad  es.:  nel  gen.  Gamasus)  organi  stridulanti  composti  da  tubercoli 
sui  vari  segmenti,  i  quali  tubercoli  hanno  una  superficie  con  minutissime  strie  e, 
sfregati  l'uno  coll'altro,  determinano  uno  stridìo,  del  resto  insensibile  ai  nostri 
orecchi. 

G-li  ambulacri,  od  organi  di  adesione  terminali  delle  zampe,  sono  per  lo  più 


Fig.  7. 


Du  Acaro  dai  piedi  anteriori  lunghissimi 
Ingrandito. 


Litio/iodes  ìuolalorius  (L.). 


CH.I    Al'FINI    DEGLI    INSKTTI 


1.3 


dei  semplici  uncini,  in  numero  da  uno  a  quattro,  più  comunemente  due,  tra  i 
quali  spesso  è  tesa  una  membrana  lobata  o  ad  imbuto  (ventosa)  o  rimane  questa 
soltanto  senza  uncino  di  sorta  e  non  di  rado  portata  da  peduncolo  più  o  meno 
lungo.  Spesso  fra  gii  uncini  si  notano  altri  organi  di  adesione,  come  apparecchi 
foggiati  a  pettine  (pulvilli)  o  soltanto  peli  ricurvi  all'apice  (peli  di  adesione). 

Gli  Acari  respirano  semplicemente  per  la  cute  durante  il  periodo  larvale, 
più  tardi  possono  avere  organi  respiratori  speciali  in  forma  di  trachee  (presso  a 
poco  come  si  è  veduto  negli  Insetti)  cioè  di  sottili  tubuli  ramificati  in  tutto  il 
corpo  e  facenti  capo  a  stigmi,  ossia  aperture,  il  più  spesso  in  numero  di  due  e 
collocati  in  varie  regioni  del  corpo.  Anzi  la  diversa  posizione  di  tali  aperture  dà 
fondamento  ad  una  classificazione  degli 
Acari  in  sottordini. 

In  molti  casi  gli  stigmi  e  le  trachee 
mancano  anche  nelle  forme  adulte  di  ambo 
i  sessi  oppure  nel  solo  maschio.  Tale  modo 
di  respirazione  è  comune  anche  alle  forme 
acquaiole,  ad  Idrache  ed  Alacaridi  come  si 
chiamano,  a  seconda  che  vivono  nelle  acque 
dolci  o  nelle  marine. 

Sonvi  infatti  molti  generi  di  Acari  i 
quali  vivono  entro  l'acqua,  sebbene  alcuni 
di  essi,  allo  stato-  larvale,  godano  di  vita 
aerea,  precisamente  in  qualità  di  parassiti 
di  Insetti  che  hanuo  rapporti,  per  ragioni 
della  loro  esistenza,  coll'acqua.  Si  vedrà 
esempio  di  ciò  a  proposito  di  forme  paras- 
site delle  Libellule  (fig.  S),  e  d'altri  Insetti 
acquaioli  insieme  e  buoni  volatori.  Ora  questi 
Acari  d'acqua    si  può  riconoscere  che  sono 

forme  evidentemente  derivate  dalle  terrestri,  anzi  da  un  solo  sottordine  di  Acari 
terrestri,  che  sono  appunto  i  Troinbididi  e  ne  conservano,  oltreché  l'aspetto 
generale  e  l'identica  conformazione  degli  organi  principali, 
maniera  di  respirazione  per  mezzo  di  trachee,  soltanto  varia 
stigmi. 

Tra  queste  specie  acquaiole,  che  però,  allo  stato  adulto  non  potrebbero  vivere 
fuori  d'acqua,  al  quale  ambiente  sono  adattate  anche  per  la  speciale  armatura 
delle  zampe  del  3."  e  4.°  paio  atte  al  nuoto,  si  contano  forme  bellissime  per 
elegante  e  singolare  conformazione  del  corpo  (fig.  9  e  10),  come  pure  pei  colori  molto 
spesso  assai  brillanti.  Nei  nostri  fossati,  specialmente  dell'Italia  settentrionale  sono 
comuni  molte  e  belle  specie  di  Idracne,  come  in  mare,  sulle  alghe  specialmente 
occorrono  specie  formose  di  Alacaridi  e  se  ne  conosce  un  grande  numero. 

La  specie  più  voluminosa,  quasi  come  un  pisello,  sferoidale,  macchiata  di  rosso 
e  di  nero,  vivente  nelle  acque  dolci  è  la  Hydrachna  geographica  Muli.  (fig.  11),  la 
quale  però  non  pare  si  trovi  in  Italia,  mentre  non  è  rara  nell'Europa  nordica.  Un 
particolare  singolarissimo  acaro  acquatico,  che  è  comune  nei  nostri  stagni,  special- 
mente nell'Alta  Italia,  e  vive  camminando  sulla  mota  del  fondo  è  il  Limnoeares 
hoìosericeus  (D.  G.)  (tig.  12,  B)  tutto  rosso  scarlatto  e  che  a  prima  vista  si  confonde- 
rebbe volentieri  col  comune  Trombidio  degli  orti,  del  quale  ha  pure  le  dimensioni. 

Questa  strana  hlracna  ha  un  corpo  così  molle,  che  le  contrazioni  dei  muscoli 
lo  fanno  continuamente  deformare  nel  modo  più  curioso,  tantoché,  se  non  si  coglie 
un  momento  in  cui  l'animale  è  in  riposo,  non  è  possibile  farsi  un  concetto  giusto 
della  forma  del  suo  corpo. 


Fig.  8.  —  Larva  di  Hydrodroma  rubra  K. 
dal  dorso,  ingrandita,  parassita  di  Libellule, 
(dal  Kramev). 


anche    la    comune 
la   posizione  degli 


14 


CAPITOLO    PRIMO 


In  generale  poi  le  forme  giovanili  o  larve  (esapocle)  delle  Idracne  (fig.  8). 
ricordano  assai  bene  quelle  dei  Tombidi  terrestri  e  sono  perciò  molto  differenti  dalla 
forma  definitiva  adulta  (fig.  12,  A). 

Nell'acqua  tutti  questi  piccoli  esseri  vivono,  almeno  allo  stato  adulto,  predando 
animaletti  minori  e  nuotano  e  si  muovono  nel  loro  ambiente  con  grande  velocità, 
agitando  rapidamente  le  loro  zampe. 

Assai  più  vario  è  il  modo  ed  il  luogo  di  vita  degli  Acari  terrestri,  dei  quali 


Fig.  9.  —  Tre  bellissimi  Arrhenurus  ingranditi,  dal  dorso. 

A,  Eopolu»  tuberatus  Koeniche  (da  Koen.);    B,  Arrhenurus  maculator   (Unii.),  maschio   dal    dorso;    0,    A.  abbreviator 
Berlese,  maschio  supino  (da  Boriose). 


moltissimi  sono  parassiti  d'altri  animali  fra  gli  Artropodi  ed  i  Vertebrati  ed  altri 
godono  di  vita  libera.  Alcuni  poi  sono  parassiti  nello  stato  giovanile  e  liberi  di  poi. 

Fra  gli  Acari  liberi,  quelli  che  vivono  entro  terra,  fra  le  foglie  ed  altri  de- 
triti vegetali  putrescenti  ed  in  generale  dovunque  si  trova  sostanza  organica  in 
decomposizione  hanno  certamente  in  natura  una  importanza  pratica  grandissima, 
perchè  concorrono  al  rapido  disfacimento  della  sostanza  stessa  e  la  preparano 
sollecitamente  a  rientrare  nel  circolo  della  vita. 

La  piccolezza  di  questi  esseri,  che  possono  prendere  di  mira  i  più  esigui 
detriti  organici  per  nutrirsene  e  la  grande  prolificità  loro,  per  la  quale  in  pochi 


GLI    AFFINI    DRGLI    INSETTI 


15 


giorni  ima  sola  femmina  fonda,  collii  sua  figliolanza,  colonie  di  migliaia  e  migliaia 
di  individui,  fanno  sì  che  il  loro  ufficio  nell'economia  della  natura  è  prontamente 
seguito  così  presto,  come  né  la  decomposizione 
chimica  né  il  concorso  di  forme  maggiori,  come 
ad  es.:  di  altri  Artropodi  o  dei  Vermi  terrestri 
potrebbero  ottenere.  Stando  in  mezzo  fra  l'azione, 
lenta  nel  maggior  numero  dei  casi,  dei  micror- 
ganismi o  quella  non  sempre  presente  degli  ani- 
mali più  voluminosi,  l'attività  degli  Acari  alla 
modificazione  continua  dei  detriti  organici  e  delle 
sostanze  in  decomposizione  è  del  massimo  rilievo. 
Gli  animali  più  grossi  ed  in  confronto  degli 
Acari  possono  includersi  tra  i  maggiori  anche 
gli  Insetti,  praticano  in  grande  la  dispersione 
della  sostanza  organica  putrescente,  ma  non  insi- 
stono fino  agli  ultimi  detriti,  ai  quali  invece 
accorrono  gli  Acari  e  ne  ottengono  la  più  minuta 
distruzione. 

In  confronto  degli  Insetti  gli  Acari  sembre- 
rebbero in  isvantaggio  per  ciò  che  si  riferisce  a 
questo  ufficio,  giacche  la  piccolezza  loro  e  la 
mancanza  di  organi  di  volo  sono  certo  attitudini 
negative  a  trovarsi  prontamente  sul  posto  ove 
giace  sostanza  organica  morta.  Ma  la  maggior 
parte  degli  Acari  terricoli  o  viventi  fra  le  so- 
stanze putrescenti  godono  di  una  singolare  facoltà 
di  diffusione,  poiché  ricorrono  per  tale  opera  pre- 
cisamente ad  animali    di    maggior   volume   e  più 

facilmente  locomobili,  in  particolar  modo  agli  Insetti  stessi,  sui  quali  si  raccolgono 
come  su  comodo  e  rapido  veicolo,  per  essere  trasportati  ben  lungi,  sollecitamente,  a 

fondare  nuove  colonie. 

Per  esempio,  gli  Insetti  stercorari  portano 
sempre  sul  loro  dorso  Acari  stercorari  (fig.  13), 
i  quali  così  emigrano  dall'uno  all'altro  ambiente 
e  concorrono,  con  un  lavoro  più  minuto  e  dili- 
gente, alla  distruzione  della  sostanza  putrida, 
dopo  i  primo  e  più  sommario  attacco  da  parte 
degli  Insetti  stessi. 

Anzi,  gli  Acari,    per    questo    ufficio  sono 
dalla  natura  particolarmente  provvisti  di  espe- 
dienti, talora    molto  singolari.   Come    l'Insetto 
a  diffondere  la  specie  gode  di  poderosi  organi 
di  volo,  così  l'Acaro  è  fornito  di  organi  ade- 
sivi speciali  per  rimanere  molto  bene  aderente 
al  veicolo  e  talora  anzi,  mercè  una  muta,  as- 
sume  una   forma  od  un  tegumento  più  adatti 
ai    disagi    della   peregrinazione,    una    vera    e 
propria  veste  da  viaggio,  che  talora  dà  all'A- 
caro un  aspetto  diversissimo  da  quello  della  forma  sedentaria.  Per  queste  migra- 
zioni, nelle  quali  il  veicolo  è  rappresentato   da    Insetti    di  tutti   gli  ordini  e   più 
raramente  da  Miriapodi,  variamente  si  comportano  diverse  specie  di  Acari. 


Fig.  10.  —  Un  Alacaiide  (Balacartis 
humerosus  Troueas),  prono  :  ingran- 
dito (da  Tronessart). 


Fig.  11.  —  La  più  grossa  Idracna  europea, 
Hydrachna  tjeographica  Muli.  A  grandezza 
naturale. 


16 


CAPITOLO    riìIMO 


Taluni,  semplicemente  così  come  sono  allo  stato  libero,  senza  mutazioni  di 
sorta,  salgono  sull'Insetto  e  vi  si  attaccano  mercè  le  zampe  o  meglio  coll'aiuto 
delle  mandibole  foggiate  a  chela  (flg.  14),  colle  quali  stringono  tenacemente  i  peli 


A  B 

Fig.  12.  —  Due  Idracne  fra  le  maggiori  nostrali. 
A,  Hydrodroma  rubra  K.  ingrandita,  dal  dorso;  B.  Linnochares  holoserìceus  {D.  G.)  ingrandito,  dal  dorso.  A  grandezza 
naturale  (da  Berlese). 


sparsi  sul  corpo  dell'Insetto,  né  lo  abbandonano  se  non  quando  sono  certi  di  essere 

giunti  in  luogo  opportuno  alla    vita    della   colonia  che  si  promettono  di  fondare. 

Altri  hanno  organi  speciali  di  adesione,  in  forma  di  ventose  sul  ventre  e  con 

queste  aderiscono  assai 
tenacemente  alla  cute 
liscia  del  veicolo.  Altri 
ancora,  come  sono  le  Uro- 
pode,  emettono  dall'a- 
pertura anale  un  tenace 
e  grosso  filo  di  seta,  col 
quale  si  attaccano  forte- 
mente al  corpo  dell'In- 
setto (fig.  13)  e  non  se  ne 
liberano  che  giunti  a  de- 
stino. Altri  finalmente 
seguono  una  pratica  delle 
più  complesse. 

Quando  l' ambiente 
diviene  inadatto  alla  vita 
dell'Acaro,  nella  colonia 
sorgono,  per  metamorfosi, 
delle  forme  particolari  molto  ricche  di  organi  di  adesione  e  sprovviste  invece 
di  tubo  digerente  e  di  organi  boccali,  dal  momento  che  durante  il  viaggio 
non  devono  nutrirsi.  (Josì  preparate  queste  forme  migranti  assalgono  gli  Insetti 
od  altri  animali,  vi  si  fissano  e  si  fanno  trasportare  altrove,  in  altro  am- 
biente meno  ingrato,  dove    giunte,  discendono    dal  veicolo,  raggiungono  il  luogo 


Fig.  13.  —  Uu  piccolo  insetto  stercorario  (Onlophagus)  coperto  di  Acari 
viaggiatori  (ninfe  di  Uropoda).  Si  trovano  anche  delle  ninfe  di  Oa- 
masìis  coleoplralomm  (A).  Ingrandito. 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


17 


opportuno  a,  fondare  nuova  colonia,  si  mutano  nuovamente,  riprendendo  l'aspetto 
e  gli  organi  della  forma  sedentaria,  ringiovaniscono  anche  un  poco,  perchè  colla 
nuova  muta  guadagnano  uno  stato  più  giovanile  di  quello  del  quale  sono  partite 
e  Analmente,  divenute  adulte,  provvedono  alla  riproduzione  ed  all'inquinamento 
del  nuovo  ambiente.  Allorché  si  parlerà  di  Hypopus  e  di  forme  ipopiali,  trattando 
degli  Acari  che  albergano  sugli  Insetti,  sarà  il  caso  di  illustrare  anche  meglio 
questa   singolarissima   maniera  di  adattamento. 

Del  resto  le  forme  ipopiali  si  prestano  anche  a  conservare  in  posto,  sul 
corpo  dell'ospite,  alcune  specie  di  Acari 
che  vivono  sugli  Uccelli,  sulle  loro  piume 
e  che  potrebbero  disperdersi  durante  le 
mute  del  piumaggio.  In  molti  casi,  all'av- 
vicinarsi del  cambiamento  delle  penne, 
sorgono,  nella  colonia  di  Acari,  specialis- 
sime forme  del  tutto  diverse  dalle  nor- 
mali e  che  penetrano  e  si  trattengono 
entro  la  pelle  stessa  dell'ospite  per  poi, 
finita  la  muta,  sortirne,  riguadagnare  le 
penne,  trasformarsi  nella  forma  comune 
e  ricominciare  l'ordinario  ciclo  di  vita. 

La  presenza  quasi  costante  degli 
Acari  nei  più  svariati  ambienti  e  colle 
più  diverse  abitudini  di  vita  in  rapporto 
con  altri  animali  superiori  aveva  persuaso 
i  naturalisti  di  due  secoli  fa  ad  attri- 
buire a  questi  minuti  esseri  delle  attitu- 
dini molto  nefaste  e  si  incolpavano  gene- 
ralmente della  massima  parte  delle  ma- 
lattie, specialmente  delle  infettive. 

Già  prima  all'epoca  del  Vallisuieri, 
il  quale  è  Autore  di  una  teoria  parassi- 
taria speciale,  ad  esplicazione  di  molti 
fenomeni  morbosi,  si  ammetteva  comune- 
mente la  esistenza  di  vermicelli,  come  si  chiamavano,  quali  causa  primaria  di 
non  pochi  morbi  di  infezione  degli  animali  superiori  ed  il  Vallisnieri  ne  faceva 
la  sola  e  precipua  causa  di  certe  epizoozie  che  scoppiavano  tra  le  vaccine. 

In  certo  qual  modo  sono  così  preconizzati  i  microrganismi  eie  loro  attività, 
che  solo  molto  più  tardi,  per  opera  sopratutto  del  Pasteur,  sono  messi  in  luce 
e  dimostrati.  I  contemporanei  del  Vallisnieri  non  sono  mancati  di  affermare  i 
vermicelli  come  cosa  veduta,  nel  sangue  guasto  ed  in  organi  alterati  di  animali 
infetti  e  li  descrivono  anche,  perfino  indicando  bocca,  occhi  ed  altri  organi.  Tutto 
ciò  è  parto  di  fantasia  o  si  deve  attribuire  agli  imperfettissimi  strumenti  del 
tempo,  coi  quali  certo  non  era  possibile,  neppure  lontanamente,  distinguere  mi- 
crorganismi come  i  bacilli,  ecc.;  ma  il  ragionamento,  pel  quale  si  veniva  a  con- 
cludere l'esistenza  di  organismi  parassitari,  causa  precipua  dei  fenomeni  morbosi, 
correva  esattamente. 

Poco  di  poi,  quando  si  giunse  a  riscoprire  l'Acaro  della  scabbia,  del  resto 
assai  bene  descritto,  figurato  ed  illustrato  almeno  un  secolo  prima,  fra  gli  altri 
dal  nostro  Redi,  e  si  dovette  attribuire  all'Acaro  stesso  la  causa  prima  ed  unica 
della  malattia,  un  generale  sospetto   si    sparse  su  tutti  gli  Acari  e  non    manca- 

A.  Berlese,  Gli  Insetti,  II.  —  3. 


Fi£.  14.  —  Gamasiis  coleoptratorum  (L.).  Ninfa 
migrante  attaccata  ad  uu  pelo  del  corpo  di  un 
Insetto,  in  atto  di  l'arsi  trasportare.  Ingrandito. 


18 


CAPITOLO    PRIMO 


rono    patologi    che    li    tennero  responsabili  di    pressoché  tutte  le  manifestazioni 
morbose  degli  animali  superiori  e  dell'Uomo  stesso. 

Una  osservazione  mal  fatta,  nel  principio  del  secolo  decimonono,  incoraggiò 
notevolmente  questo  nuovo  modo  di  vedere. 


Fig.  15.  —  Mosca  domestica  con  un  parassita  vero  attaccato  alla  zampa 
anteriore  (Larva  di  Trombidium),  che  si  vede  più  ingrandito  a  fig.  18  ed 
un  acaro  viaggiatore  (Holostaspis  marginatile  Herm.)  attaccato  alla  zampa 
posteriore. 


Il  18  Termidoro  dell'anuo  2.°  delVa  Repubblica  il  chirurgo  Brasdov,  all'ospitale  militare  di 
Strasburgo,  sozionava  un  cervello  tolto  da  un  cranio,  che  aveva  subito  una  grave  frattura,  ma 
la  dura  madre  non  era  stata  toccata.  Allorché  i  due  emisferi  cerebrali  furono  separati  e  spostata 
la  dura  madre  si  vide  correre  sul  corpo  calloso  un  Acaro  grossetto,  che  dall'Hermann  fu  poi  de- 
scritto nel  1804,  sotto  il  nome  di  Acarim  marginatili.  Non  potendosi  spiegare  la  presenza  di  questo 
acaro  come  venuto  dal  di  fuori,    parve    necessario    ammettere    che  esso  si  trovasse  da  tempo  nel 

cervello  del  soggetto  e  si 
immaginò  tutta  una  teoria 
di  particolari  maniere  d'in- 
gresso e  permanenza  di 
Acari  negli  organi  interni 
di  animali  superiori  e  di 
circolazione  nell'ospite,  col 
sussidio  dei  vasi  sangui- 
gni. 

In  appoggio  alla  teoria 

l'Hermann    cita    non   solo 

il  caso  della    scabbia,    ma 

ancora  quello  ricordato  dal 

Lejenue,    chirurgo  del  re, 

caso     riferito    dal    Guille- 

meau,  dal    Mouffet    e    dal 

Gendron    di   Acari  viventi 

nella  cornea    dell'occhio  e 

che  si  toglievano  con  uno 

spillo  d'argento.  Altri  casi, 

come  quello  di  un  altro  Acaro    (Acarus  celiarla  Herm.)    vivente  nelle    cantine  eppure    dal  Lauth 

trovato  nel  1787  sulla    ghiandola  pituitaria    di  un  pazzo   morto  all'ospedale    e  quello    citato  dal 

Cornelius  Gemma,  che  in  un  cranio  di  femmina  si  erano    trovati  in  gran  numero  Acari  e  Cimici 

sembrarono  confermare  indiscutibilmente  le  accuse  che  si  rivolsero  allora  agli  Acari,  delle    quali 

più  tardi  invece  fu  fatta  colpa  a  microorganismi. 

Ora  si  può  giudicare  diversamente. 

Quello  che  fossero  gli  Acari  della  cornea  dell'occhio  nou  ò  possibile  affermare.  Certamente 
non  mi  consta  che  si  sia  riconosciuto  di  poi  qualche  Aracnide  colle  abitudini  sopracitate.  Ma  per 
quanto  riguarda  V Acarua  marginalità  e  VA.  celiarla  è  certo  che  il  primo  si  trova  non  di  rado  mi- 
grante, attaccato  colle  sue  mandibole,  alle  zampe  della  mosca  comune  (fig.  15).  Sono  l' Holostapia 
marginatali  e  talora  anche  V H.  badiali,  che  si  sanno  viventi  uei  letamai  e  frequenti  sugli  Insetti  ster- 
corari, in  attitudine  di  migrare  ed  anche,  sebbene  più  di  rado,  sulla  Mosca  comune,  che,  come  è 
noto,  si  svolge  nelle  coucimaie  e  di  là  sorte  all'aperto.  Appeua  la  mosca  giunge  in  ambiente  che 
l'acaro  può  credere  opportuno  a  fondarvi  una  colonia,  esso  lascia  l'ospite  ed  è  certo  stata  una 
mosca  domestica  ad  abbandonare  l'acaro  sul  cervello  che  si  stava  sezionando  nella  suddescritta 
occasione. 

Il  caso  riferito  dal  Lauth  si  deve  attribuire  al  Gamassas  lunaria,  egualmente  delle  concimaie, 
la  cui  forma  migrante  (dall'Hermann,  per  la  somiglianza  confuso  collocarti»  cellaris)  si  attacca  ad 
un   moscerino  che  frequenta  le  case. 

Quanto  riporta  il  Gemma  è  vero,  ma  uou  si  tratta  di  Acari,  bensì  di  vere  e  proprie  Cimici 
dei  letti  e  sono  molti  i  casi  ricordati  di  questi  Insetti  penetrati  entro  il  crauio  d'uomini,  traverso 
il  naso,  e  colà  moltiplicatisi  grandemente. 

Ciò  nonostante  il  sospetto  di  una  causa  parassitaria  per  molte  malattie  contagiose,  sospetto 
come  si  sa  ora  ben  fondato,  la  piccolezza  degli  Acari,  la  loro  frequenza  dovunque  e  qualche  caso 


ui.i    AFFINI    DUOLI   INSETTI  19 


di  infezioni  dovute  veramente  all'opera  di  talune  forme  parassite,  come  l'Acaro  della  scabbia,  il 
VermanySBitt  gnllinae,  ecc.  diedero  origine  alla  teoria,  che  più  tardi  il  Raspali  accettò  ed  illustrò 
largamente,  che  fossero  gli  Àcari,  o  vermicelli  come  si  dicevano  allora,  gli  esseri  più  nefasti  in 
natura  e  causa  dei  più  svariati  morbi,  dai  cancri,  pestilenze,  dissenteria,  ecc.  e  questi  minuti  ani- 
maletti    subirono  per  molto  tempo  le  più   immeritate  accuse  e  furono  oggetto  di   un  vero  terrore. 

Per  la  verità  essi  non  sono  tutti  senza  colpa,  ma  di  gran  lunga  al  di  sotto  di  tutto  quanto 
venivano  gratificati  quasi   un   secolo  fa. 

Che  fra  gli  Acari  si  trovino  molte  specie  ectoparassite  di  animali  superiori  e  di  invertebrati 
non  vi  ha  dubbio  ed  è  anche  vero  che  spesso  la  loro  presenza  determina  serie  affezioni;  ma 
quanto  ad  endoparassitismo  non  si  conoscono  veramente  che  pochi  casi  soltanto,  bene  certi.  Ad 
esempio  il  Cytodileu  nudità  è  un  acaro  parassita  della  Gallina,  nella  cui  trachea  e  nelle  vie  aeree,  fino 
nei  canali  aerei  delle  ossa  si  può  riscontrare,  con  effetto  grave  anche  letale  per  l'ospite.  Così  anche 
il  Laminosioptes  cysticola  raggiunge  il  tessuto  sottocutaneo  nella  Gallina  ed  altri  Uccelli  di   cortile. 

Contuttociò  taluu  autore  non  manca  di  ricordare  qualche  caso,  molto  incerto  e  discutibile, 
da  riferirsi  anche  all'Uomo. 

Infine  diro  che  il  Banks,  nel  1901,  trovò  che  acari  della  famiglia  dei  Gamasidi  arrivano  nelle 
Scimmie  (Indie  orientali)  ad  incistidare  persino  nei  polmoni.  Essi  appartengono  allo  stesso  gruppo 
di  (incili  che  abitano  le  fosse  nasali  nelle  Foche  (Halaraahiie)  odi  taluni  uccelli,  ad  es.:  dell'Oca 
domestica   (Kiuonissidi). 

Già  il  Linneo  tratta  di  un  Acarus  dysentcriae,  che  si  sarebbe  trovato  abbondante  nelle  feci 
di  persone  affette  da  dissenteria,  e  l'Autore  non  sa  trovarvi  differenza  in  confronto  di  quello 
della  scabbia,  di  quello  della  farina  e  d'altri.  L'Orsolato,  nel  1861,  afferma  di  aver  trovato  in 
gran  numero  Acari,  di  un  aspetto  particolare,  in  deiezioni  di  un  malato  di  dissenteria.  La  figura 
data  da  questo  Autore  dimostra  trattarsi  di  un  Tiroglifìde,  di  quelli  che  vivono  sulle  derrate 
alimentari  stantìe  ed  io  ho  dubbio  che  qui  si  nasconda  qualche  errore  di  osservazione. 

Intanto,  più  recentemente  (1897)  al  Giappone  si  è  trovato  un  acaro,  del  quale  si  dico  che 
viva  nel  rene  dell'Uomo,  determinando  una  speciale  ematotibrinuria  e  fu  denominato  Nephrophagns 
tanguinariu».  L'Oudemaus  ritiene  trattarsi  d'un  Tarsonemide.  Anche  dal  Brasile  si  hanno  notizie 
di  Acari  usciti  dalla  vescica,  in  compagnia  di  Filarie  ed  ancor  d'Acari,  in  un  caso,  trovati  nella 
linfa  estratta  dallo  scroto  di  persona  affetta  da  elefantiasi.  Finalmente  il  Blanchard  illustra  bene 
un  Acaro  nuovo  (Hiatigasley  spermaticus)  trovato  vivente,  in  grande  quantità,  nel  liquido  conte- 
nuto in  una  cisti  dell'epididimo,  in  una  persona  che  aveva  soggiornato  nelle  Indie  inglesi. 

Più  numerosa  certamente  è  la  schiera  degli  Acari  che  possono  molestare 
l'Uomo  con  abitudini  di  ectoparassiti,  sia  accidentali,  sia  tutto  affatto  particolari 
del  re  della  natura  e  suoi  propri.  Questi  ultimi,  a  dir  vero,  non  sono  che  due 
specie,  l'Acaro  della  scabbia  e  quello  dei  follicoli,  ma  degli  altri,  che  all'occa- 
sione si  possono  servire  dell'Uomo  per  trarne  nutrimento,  con  danno  o  molestia 
dell'ospite,  il  numero  è  assai  maggiore  e,  senza  contare  le  Zecche,  di  cui  quasi 
tutte  le  specie  non  disdegnano  di  parassitizzare  anche  il  più  alto  degli 
animali,  si  possono  ben  noverare  almeno  un'altra  decina  di  forme,  che  all'oc- 
correnza si  nutrono  del  suo  sangue  o  dei  suoi  umori.  Cito,  oltre  alle  Zecche 
anzidette,  due  o  tre  specie  di  Argas,  almeno  tre  specie  di  Trombidium  allo 
stato  larvale  (Leptus),  il  pidocchio  pollino  (Dermanyssus  galUnae),  il  Pedictdoides 
rentricosus,  un  JDermatophagus  e  Dermatophagoides,  che  accompagnano  in  talune 
località  l'Acaro  della  scabbia,  ecc. 

Degli  altri  Mammiferi,  fra  i  marini,  nelle  Foche  si  sono  trovati  Acari,  già 
citati,  viventi  nelle  l'osse  nasali  ed  appartengono  al  gruppo  dei  Gamasidi  ;  ma 
nei  Cetacei,  Sirenidi  e  Pinnipedi  non  si  sono  peranco  riscontrate  malattie  cu- 
tanee dipendenti  da  Acari,  come  sono  invece  comuni  fra  i  mammiferi  terrestri. 
Infatti  alcune  forme  particolari  di  Acaro  dei  follicoli  (Demodex)  si  incontrano 
sul  Cane,  sul  Gatto,  sulla  Capra,  sul  Maiale,  sul  Montone  e  sul  Bue,  Cavallo, 
Volpe,  Pipistrelli  e  non  sempre  inoffensive,  come   è  quella  occorrente  sull'Uomo, 


20  CAPITOLO    PRIMO 


perchè  nel  Bue,  nel  Cane,  ad  es.,  possono  determinare  delle  assai  gravi  infezioni 
cutanee,  e  non  indifferenti  nemmeno  nel  Maiale  e  nella  Capra. 

Molte  forme  di  Sarcoptidi  psorici,  che  cioè  determinano  varie  specie  di 
rogna,  aggrediscono,  oltre  all'Uomo,  ancora  parecchi  Mammiferi  di  quasi  tutti  i 
gruppi,  particolarmente  fra  gli  Ungulati  ed  i  Carnivori.  Ad  es.:  specie  del  vero 
genere  Sarcoptes  si  sono  incontrate  sul  Cavallo,  Asino,  Mulo,  Cammello,  Drome- 
dario, Lama,  Giraffa,  Antilopi  e  Gazzelle,  Capra,  Pecora,  Bue,  Elefante,  Cane 
Lupo,  Volpe,  Iena,  Furetto,  Gatto,  Leone,  ecc.  Più  raramente  si  trovano  su 
Roditori,  Insettivori  e  Chirotteri,  come  sulla  Lepre,  Coniglio,  Capibara,  Wombat, 
Topi  diversi,  Riccio,  Pipistrelli  in  genere. 

Oltre  ai  veri  Sarcoptes,  anche  forme  affini  di  generi  diversi,  come  Psoroptes, 
Ghorioptes,  Notoedrus,  Otodectes,  Caparinia,  Chelrocoptes,  possono  determinare  molte 
serie  malattie  della  cute,  confinate  a  particolari  regioni  del  corpo  o  diffuse  a 
guisa  di  rogna  con  caratteri  speciali.  I  Roditori,  Insettivori  e  Chirotteri  sono 
anche  molestati  da  altri  Acari  del  gruppo  dei  Gamasidi,  molto  maggiori  dei 
Sarcoptidi,  e  viventi  del  sangue  delle  vittime.  Si  avvicinano  al  Pidocchio  pollino 
o  Dermanyssus  gallinae  già  ricordato,  ma  appartengono  a  generi  diversi,  cioè 
Ijiiognaihus,  Laelaps,  Haemogamasus,  Myonyssus,  Pteroptus,  ecc.  A  questi  si  aggiun- 
gono anche  le  larve  di  Trombidium  o  Leptus,  che  si  vogliano  dire,  le  quali  ag- 
grediscono anche  l'Uomo,  ma  non  si  incontrano  sugli  altri  Mammiferi  già  citati. 
Per  qualche  specie  e  particolarmente  pei  Chirotteri  si  debbono  ricordare  anche 
delle  Zecche  tutto  affatto  esclusive  a  taluni  ospiti. 

Gli  Uccelli  sono  pure  vittime  di  particolari  Zecche,  le  quali,  specialmente 
nello  stato  giovanile,  li  aggrediscono,  sopratutto  infiggendosi  nel  capo  dell'ospite, 
attorno  all'orecchio.  Sui  Piccioni  vive  comune  ed  abbondante  un  grosso  Argas 
(A.  rejìexus),  specie  di  zecca  piatta  ed  ovata,  e  talora  dall'ospite  abituale  si  reca 
ad  aggredire  anche  l'Uomo.  Ma  oltre  a  questi  Acari  più  grossi,  gli  Uccelli  ne 
albergano  una  sterminata  quantità  di  specie  e  talora  ne  hanno  ripiene  le  penne. 
Si  possono  trovare  sugli  Uccelli  varie  specie  di  Leptus  che,  se  abbondanti,  de- 
terminano rossore  ed  infiammazione  della  pelle,  specialmente  del  ventre,  ma  più 
comuni  sono,  nel  piumaggio  dell'ospite,  Acari  del  gruppo  dei  Sarcoptidi,  meno 
frequenti  i  Gamasidi  e  qualche  Trombidide  speciale,  inteso  alla  caccia  partico- 
larmente dei  Sarcoptidi. 

Un  vero  mondo  di  piccoli  esseri,  ai  quali  vanno  aggiunte  non  poche  specie 
di  Insetti,  sopratutto  del  gruppo  dei  Mallofagi,  che  non  mancauo  mai  e  talora 
anche  qualche  Dittero  o  qualche  altro  insetto  d'altro  ordine. 

Gli  Uccelli  sono  infatti  una  collezione  circolante  di  parecchie  specie  di  Ar- 
tropodi, parassiti  in  vario  grado  e  con  diverso  danno  dell'ospite,  predatori  dei 
parassiti,  ecc.  Restringendoci  per  ora  agli  Acari,  dirò  che  i  Gamasidi  apparten- 
gono ai  già  citati  generi  Dermanyssus  e  Leiognathus,  ma  più  che  sul  corpo  degli 
Uccelli  stanno  nei  loro  nidi  o  negli  ambienti  ove  riparano  nella  notte  ed  in  questo 
tempo  salgono  sull'ospite  per  suggerne  il  sangue. 

Comunissimi  sono  invece  i  Sarcoptidi  ed  appartengono  a  due  distinti  gruppi, 
quello  cioè  dei  parassiti  veri,  nutrentisi  di  umore  circolante  della  vittima,  e 
quello  dei  Pterofagi,  che  si  limitano  a  rodere  le  penne  o  lambire  la  sostanza 
grassa  di  cui  esse  sono  spalmate.  Questi  fanno  meno  danno  e,  per  quanto  nume- 
rosi, non  provocano  malattie  cutanee  o  più  interne  all'ospite,  come  fanno  invece  i 
precedenti,  che  appartengono  sopratutto  ai  generi  Cnemidoeoptes,  Laminosioptes, 
(  'ytodites. 

I  Pterofagi  invece,  od  Analgesidi,  come  si  dicono,  vivono  sulle  penne  nel 
modo  citato,  alcuni   sulle    remiganti,  altre  sulle  tettrici,  più  rari  sulle    timoniere, 


GLI    AFFINI     DEGLI    INSETTI 


21 


Fig.  16.  —  Alcuni  Sarcoptidi  avicoli  (Analgesidi)  maschi. 

.1  Falciger  rostratus  (Bacon.)  dei  Colombi,  dal  dorso,  gli  altri  tatti  supini:  B.  Bdellorynchus  pohimorphxis  Tronesa.  delle 
Anatre  ;  C,  Anabjet  clavipet  Beri,  delle  Silvie;  Z>,  Thecarthra  semaphora  Xroness.  della  Sterna  hirundo  ;  E,  Frc/nnn 
anatìia  (K.)  delle  Anatre. 


22 


CAPITOLO    PRIMO 


alcune  forme  entro  il  caule  stesso  delle  penne  maggiori,  e  vivono  in  colonie  nu- 
merose, spesso  pressoché  immobili.  Si  contano  uno  straordinario  numero  di  ge- 
neri e  di  specie.  Ad  es.,  sugli  Uccelli  italiani  non  sono  meno  di  150  le  specie 
finora  citate  e  vanno  in  molti  generi,  tra  i  quali  i  principali  sono  :  Pteroliclms, 
Freyana,  Pteronyssw,  Megninia,  Analges,  Pterocolus,  Proctophyllodes  ecc. 

Si  notano,  per  questi  esseri,  forme  talora  molto  singolari  (fig.  16),  con  uno 
spiccato  dimorfismo  sessuale,  che  si  manifesta  col  diverso  sviluppo  delle  zampe, 
le  quali  talora,  nel  maschio,  sono,  per  certe  paia  grossissime  e  molto  diversamente 
conformate  da  quelle  della  femmina,  che  è  diversa  anche  per  la  forma  dell'ad- 
dome, nei  maschi  generalmente  terminante  con  una  configurazione  molto  com- 
plicata, con  appendici  varie,  talora  eleganti,  ecc.  Talora,  nei  maschi,  si  nota  una 

singolare  asimmetria  delle  parti,  molto  spiccata 
sopratutto  negli  arti  e  costante  per  ciascuna  specie. 
Questi  e  gli  altri  Sarcoptidi  sono,  sul  posto, 
insidiati  da  altri  Acari  predatori,  specialmente 
Cheiletidi,  ad  es.  Cheyletiella  heteropalpa  Mégn.  co- 
mune sui  passeracei  nostrali  (fig.  17),  che,  natural- 
mente, albergano  in  tutti  gli  stati  sul  corpo  del- 
l'uccello. Anche  gli  Analgesidi  riparati  entro  il  culmo 
delle  penne  maggiori  sono  decimati  da  particolari 
Cheiletidi,  lunghi  e  configurati  opportunamente  per 
la  vita  entro  lo  stesso  ambiente.  Trovansi  Acari 
con  abitudini  intermedie  fra  gli  abitatori  delle 
piume  e  quelli  che  sulla  cute  determinano  stati 
patologici.  Tali  Acari,  non  psoroptici,  né  pterofagi? 
vivono  sulla  cute,  però  al  suo  esterno,  e  si  nutrono 
dei  detriti,  delle  desquamazioni  di  questa. 
Le  specie  parassite  dei  più  comuni  animali  domestici  nostrali  possono  rilevarsi 
dal  seguente  quadro  (pag.  23),  nel  quale  gli  Acari  sono  aggruppati  secondo  le  prin- 
cipali sezioni  dell'ordine,  conforme  si  dirà  poi.  Si  escludono  dal  quadro  stesso 
le  Zecche,  perchè  queste  non  sono  parassiti  speciali  e  solo  è  annoverato  VArgas 
reflexus,  che  attacca  particolarmente  i  Piccioni.  Si  escludono  anche  i  Sarcoptidi 
Analgesidi  perchè  senza  interesse  pratico  e  quelli  Gliricoli  (Listroforidi)  perchè 
viventi  sui  Mammiferi  a  spese  del  pelo,  senza  però  danno  sensibile  dell'ospite. 
Le  forme  veramente  nocive  agli  animali  domestici  sono  le  seguenti  (vedi  Tabella 
a  pagina  seguente). 

Oltre  a  ciò  si  sa  che  qualche  specie  di  zecca  è  l'agente  di  diffusione  di 
speciali  malattie  contagiose  e  questo  è  appunto  il  caso  del  Rhipicephalus  (Boo- 
philus)  anmdatus  Say  (e  R.  (B.)  bovis),  che  diffonde  i  microrganismi  della  febbre 
del  Texas,  ematuria  dei  bovini,  non  soltanto  in  America,  ma  ancora  in  Europa, 
Australia,  ed  altre  regioni  del  globo.  Questo,  del  resto,  non  è  il  solo  acaro  dif- 
fonditore di  malattie  parassitarie,  poiché,  come  esso  propaga,  coWHyalomma 
aegyptium  la  Babesia  bovis,  si  attribuisce  alle  Zecche  nostrali  più  comuni,  Ixodes 
ricinus  ed  I.  hexagonus,  la  diffusione  della  Babesia  canis.  Gli  Argasini  si  riten- 
gono pegli  agenti  propagatori  degli  Spirocheti.  VArgas  persicus  diffonde  la  febbre 
ricorrente.  In  altro  gruppo  di  Acari,  cioè  fra  i  Trombididi,  uno  speciale  Leptus 
propaga,  al  Giappone,  una  particolare  malattia  infettiva,  colà  denominata  Kedani. 
Più  lungamente  di  tutto  ciò  terrò  parola  allorché  dirò  specialmente  degli  Ixodidi 
e  dei  Trombididi.  Anche  in  Italia,  particolarmente  attorno  a  Eoma  e  nelle  isole, 
la  malattia  è  comune. 

Ma  non  sono  questi  i  soli  casi  di  organismi  inferiori  diffusi  per  opera  degli 


Fig.  17.  —  Un  Cheiletide  predatore 
di  Acari  avicoli  (Cheyleliella  hete- 
ropalpa Mègli.)  supino,  ingrandito 
(da  Berlese). 


lil.I    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


23 


fri 


s  ^ 


e 

a 

®  .- 

3 

K 

CD     ^ 

>     © 

3 

ns  w 

a 

-     X 

s 


a 

-.1 


s 


C3 
MI 


a 

a 


<  o 


.2  o 
a   a 


o  *d 


3  S 


sB    5j        2    3 


o  -a 

"S   ° 

O     43 


?  2  9 


W  Z;  Oh 


'=  3    w- 
e-  e-  » 

(»  ce    « 

£  1)   4? 

Ja  «     Bh 

e.  a.  o 

o  g  S 


C3  g  .3 

°  » 

B  B  « 

S  O  « 

—  —  — 


-  ~      - 

-  -      - 


*  •  « 


3  S   *    O. 


43     +3 

a.  — 

3    O 


c3    » 

x  — 


— 
o 


.a  t- 


— 
9   i 


©   ©  ^ 

43     43       3 


.Z     -     -     /. 

co    O    3    © 

°  "d  •d  •£ 
•2  B  B  "§ 

B       ©       ©     43 

c8  a  a  >> 
J  U  O  O 


J5 

3 

3 


Oh 
O 


O 

— 


a 


SI 


3 

3 

a  cs 

■■Z, 

©   - 

1> 

■s 

3 

a 

a 

,9  k 

.2- 

V.    3 

M   J 

M  ° 

ut? 

©   £ 

©  • 

3& 

3    .■ 

3    > 

"d  !S 

©    co 

a    . 

a  - 

a  S 

5    S> 


O 

a 

o 


3 
C3 


te 


o 


3 


.So 

tr  *d 

^     CO 


3 


c8 


cs  2 

a  a 

s  ■§ 

O  r. 


O 


24  CAPITOLO    PRIMO 


Acari.  Come  questi  profittano  di  forme  più  voluminose  per  giungere  più  sol 
lecitamente  ed  a  maggiore  distanza,  così  esseri  anche  inferiori  agli  Aracnidi, 
come  sono  ad  es.  minuti  Vermi,  Anguillule,  ecc.,  albergando  dentro  e  fuori  degli 
Acari  e  se  ne  servono  come  di  più  rapidi  veicoli.  Gli  Acari  poi  viventi  nelle 
sostanze  in  decomposizione  sono  anche  attivi  diffusori  di  spore  di  funghi  e  di 
altri  bassi  vegetali. 

Una  piccola  schiera  di  Acari  planticoli  può  essere  accusata  di  molestia  e 
di  danno  alle  piante  in  genere  e  quindi  anche  alle  coltivate. 

Oltre  a  quei  Fitoptidi,  ai  quali  si  è  accennato  e  tutti  viventi  a  spese  dei 
vegetali,  ma  di  cui  una  o  due  specie  sono  seriamente  nocive  perchè  attaccano 
piante  molto  utili,  con  gran  danno,  è  certo  che  Acari  alquanto  più  voluminosi, 
come  sono  tutti  quelli  della  famiglia  dei  Tetranichidi,  riescono  molto  nocivi  alla 
vegetazione,  perchè  su  gran  numero  di  piante  e  fra  queste  su  molte  delle  colti- 
vate, anche  fra  le  più  utili,  essi  si  sviluppano  in  così  numerose  colonie,  da  pro- 
durre affezioni  gravi  e  che  diffìcilmente  si  combattono.  Basti  l'esempio  del 
Tetranychus  telar ius  e  dei  danni  che  esso  reca  alla  Vite  ed  a  molte  altre  piante 
coltivate. 

Fra  gli  Acari  nocivi  si  possono  anche  annoverare  quelli  che  albergano  sulle 
derrate  alimentari  e,  moltiplicandosi  enormemente  e  con  molta  rapidità,  finiscono 
per  distruggerle  affatto,  se  non  intervenga  riparo.  In  questo  gruppo  dunque  sta 
tutta  una  serie  di  Acari,  che  sono  defluiti  per  domestici  ed  abbondano  nei  ma- 
gazzini di  derrate  e  nelle  case,  dove  vivono  a  spese  della  farina,  del  formaggio, 
delle  carni  e  delle  frutta  secche,  ecc.  e  sono  sempre  mescolati  ad  altri  Acari 
loro  predatori,  che  vivono  in  mezzo  alle  colonie  di  quelli  detriticoli,  come  si  di- 
cono, per  cibarsene  e  questi  attivi  predatori  sono  il  precipuo  freno  alla  molti- 
plicazione eccessiva  di  quelli  nocivi. 

Ma  gli  Acari,  i  quali  si  trovano  a  vivere  entro  le  sostanze  putrescenti,  si 
possono  considerare  per  forme  utili  nella  economia  della  natura.  Ne  ho  già  ac- 
cennato e  sono  in  grandissimo  numero  di  specie  di  tutti  i  sottordini. 

Le  concimaie,  ad  es.,  hanno  una  particolare  fauna  di  Acari,  i  quali  vivono 
nella  costante  alta  temperatura  della  putrescenza  ed,  al  solito,  vi  sono  mescolate 
alle  specie  coprofaghe  anche  molte  altre  predatrici,  che  vivono  a  spese  delle  prime 
e  queste,  colla  enorme  fertilità,  provvedono  alla  propria  specie  ed  alla  nutrizione 
dei  molti  predatori  loro  ;  e  quando  l'ambiente  più  non  si  presta  alla  vita  delle 
une  e  delle  altre,  tutte  insieme  emigrano,  col  concorso  di  Artropodi  più  volumi- 
nosi e  più  rapidi.  Queste  specie  coprofìle  vengono  poi  portate  sui  campi  e  si 
disperdono  nel  terreno,  dove  concorrono,  con  quelle  abitudinarie  del  terreno,  alla 
distruzione  della  sostanza  organica  morta  ed  alla  diffusione  dei  microrganismi  del 
terreno,  necessari  alla  vita  dei  vegetali.  Si  può  sospettare  che  i  concimi  chimici 
non  eguaglino  la  potenza  fecondante  di  quelli  naturali,  tra  l'altro,  perchè  non 
albergano  né  microrganismi,  né  questi  piccoli  animali  che  diffondono  così  attiva- 
mente e  vastamente  i  microrganismi  stessi,  senza  i  quali  il  terreno  è  sterile. 

Gli  Acari  viventi  entro  terra  e  che  si  nutrono  di  radici  morte  e  decompo- 
nentisi,  di  tuberi,  di  funghi  sotterranei,  ecc.  come  quelli  che  in  gran  numero 
stanno  tra  i  detriti  vegetali  che  marciscono,  e  quelli  che  ancora  vivono  fra  i 
muschi,  i  licheni,  ecc.  a  fior  di  terra  e  sono  moltissime  specie  di  tutti  i  gruppi, 
certamente  hanno  una  grande  influenza  nella  rapida  formazione  dell'humus  e  nel 
continuo  movimento  della  vita  entro  il  terreno  vegetale. 

In  una  palata  di  terra  umida  con  detriti  organici  può  essere  che  non  si 
trovi  insetto  di  sorta  od  altro  animale  di  una  certa  dimensione,  ma  è  impossi- 
bile non  incontrare  grandissimo  numero  di  Acari.  Sono    questi    principalmente  i 


GLI    AFFINI    DK.OI.I    INSETTI 


semoventi,  che  di  continuo  rimescolano,  in  seno  alla  terra,  anche  alla  profondità 
di   parecchie  decine  di  centimetri,  tutto  quanto  vive  nel  terreno. 

Ilo  trovato,  ad  esempio,  in  nidi  di  topo  campagnuolo,  composti,  come  è  noto, 
di  foglie  secche  e  nascosti  profondamente  entro  terra,  uno  o  due  Miriapodi, 
qualche  porcellino  terrestre,  nessun  insetto,  ma  una  enorme  quantità  di  Acari,  da 
ascriversi  ad  almeno  una  cinquantina  di  specie  e  questa  massa  di  attivi  lavora- 
tori riducono  presto  tutta  la   sostanza  morta  in  detriti  impalpabili. 

inoltre  si  hanno  continui  spostamenti  in  senso  verticale,  nel  seno  del  ter- 
reno, per  parte  degli  Acari  terricoli,  i  quali,  dopo  le  pioggie  risalgono,  raggiun- 
gono anche  la  superficie  e  su  quella,  se  umida,  si  muovono  in  tutti  i  sensi  ed 
in  lunghe  peregrinazioni,  per  rientrare  sotto  la  superficie,  mano  mano  che  l'umi- 
dità ambiente  scema,  sino  a  raggiungere  profondità  considerevoli,  specialmente 
in  estate. 

Tutte  le  quisquilie  organiche  dipendenti  dagli  animali  sotterranei,  composte 
dei  loro  escrementi,  residui  del  pasto,  dei  loro  stessi  cadaveri,  sono  presto  ri- 
dotte in  detriti  minutissimi  e  disperse,  sopratutto  per  l'opera  assidua  di  gran 
numero  di  specie  di  Acari. 

Rapporti  degli  Acari  cogli  Insetti.  —  Xoi  dobbiamo  insistere  sopratutto  nel  cono- 
scere gli  intimi  rapporti  fra  gli  Acari  e  gli  Insetti,  i  quali  rapporti  sono  tali 
come  non  ne  esistono,  cogli  Insetti  stessi,  da  parte  di  nessun  altro  gruppo  di 
animali. 

Cogli  Acari  gli  Insetti  hanno  relazioni  continue  di  convivenza,  di  commen- 
salismo, di  parassitismo,  oltre  a  quelli  già  ricordati  per  la  diffusione  degli  Acari 
stessi  ed  altri  molto  singolari,  che  possono  richiamarsi  ad  una  vera  e  propria 
simbiosi,  per  cui  certi  Insetti  sociali,  specialmente  Termiti  e  Formiche,  danno 
nutrimento  ed  alloggio  a  molte  specie  di  Acari,  per  averne  in  cambio  particolari 
servigi  o  semplicemente,  a  quel  che  sembra,  solo  diletto,  come  noi  ne  ritraiamo 
da  parecchi  animali  che  nutriamo  nelle  nostre  abitazioni. 

Dei  rapporti  di  commensalismo  è  inutile  dire  troppo,  avendo  già  accennato 
al  fatto  che  i  medesimi  ambienti  possono  albergare  animali  diversi  e  perciò  non 
di  rado,  anzi  frequentemente,  ad  es.  per  le  forme  coprofile,  per  quelle  delle  so- 
stanze iu  decomposizione,  planticole,  ecc.  Acari  ed  Insetti  si  trovano  conviventi 
e  commensali  nella  stessa  dimora  ed  alla  stessa  mensa,  gli  Acari  colFnfficio,  direi 
quasi,  di  una  più  minuta  e  diligente  dispersione  della  sostanza  nutritiva. 

Invece,  molto  interessanti,  non  solo  dal  lato  della  vita  degli  Insetti,  ma  an- 
cora da  quello  pratico,  secondo  il  nostro  punto  di  vista,  sono  i  rapporti  di  pa- 
rassitismo, cioè  le  maniere  e  gli  effetti  coi  quali  taluni  Acari  vivono  per  davvero 
parassiticamente  a  spese  degli  Insetti,  cioè  sul  loro  stesso  corpo  e  dei  loro 
stessi  umori. 

Anche  in  questo  caso,  del  resto,  come  si  è  già  veduto  pel  parassitismo  a 
carico  degli  Uccelli  e  dei  Mammiferi,  si  notano  non  solo  Acari  veramente  parassiti 
degli  Insetti,  i  quali,  nutrendosi  degli  umori  loro  circolanti  sono  di  molestia  e 
di  danno  all'ospite,  non  di  rado  fino  ad  ucciderlo,  ma  altre  specie  che  vivono  sul 
corpo  degli  Insetti  solo  per  raccogliervi  umori  trasudanti  e  ne  curano  così  la 
pulizia,  forse  con  vantaggio  più  che  con  nocumento  dell'ospite.  Questi,  che  così 
fanno,  sono  appunto  gli  Acari  della  famiglia  Canestrinidae,  i  quali,  anche  per  la 
conformazione  generale,  sono  da  avvicinarsi  appunto  a  quegli  Analgesidi  che  si 
sono  detti  vivere  sulle  penne  degli  Uccelli,  nutrendosi  di  quel  grasso  che  le 
spalma,  senza  però  serio  danno  dell'animale  che   li  alberga. 

a    Bruì  ess,  OH  Inveiti.  II.  —  4. 


26 


CAPITOLO    PRIMO 


Fig.  18.  —  Un  Leptus  (larva  di  Trombidide)  comune  pa- 
rassita di  vari  Insetti  ;  molto  ingrandito,  dal  ventre 
(da  Berlese). 


Molte  specie  di  Coleotteri  hanno  colonie  di  Canestrinidi  celate  sotto  le  elitre, 
sul  dorso  dell'addome  o  sul  petto  e  questi  Acari  vivono  colà  in  vario  numero, 
con  uova,  giovani  ed  adulti,  né  si  allontanano  altrimenti  dall'ospite. 

I  Coleotteri  medesimi,  specialmente  gli  Scarabei  stercorari,  hanno  per  lo  più 

sotto  le  elitre  anche  altri  Acari  più 
grossi,  del  gruppo  dei  Gamasidi 
(Copriphis  e  generi  affini),  i  quali, 
probabilmente,  si  nutrono,  se  non 
anche  di  secreti  dell'ospite,  della 
sostanza  che  esso  frequenta  e  di 
cui  rimane  il  più  spesso  molto  im- 
brattato. 

Ma  le  vere  forme  parassite  non 
sono  in  gran  numero  ed  apparten- 
gono alle  più  alte  famiglie  dei  Pro- 
stigmati,  cioè  ai  Trombididi  ed 
Eritreidi  ed  al  singolare  sottordine 
degli  Eterostigmati. 

I  primi    corrispondono  e  si  ac- 
costano  a  quei  Leptus  che  si  è  già 
avvertito  trovarsi   allo  stato  paras- 
sitario anche  sull'Uomo,  oltreché  su  altri  animali  superiori. 

Per  fissare  le  idee  rammenterò  il  comune  Trombidium,  quella  specie  di  ragno 
rosso,  come  volgarmente  si  dice,  lungo  poco  meno  di  mezzo  centimetro  e  che  si 
vede  sulle  piante,  sui  tronchi  degli  alberi  specialmente  o  sulla  terra,  sopratutto 
in  primavera.  Esso  è  VAUothrom- 
bium  fuliginosum  (Herm.)  (fig.  19). 

Le  larve  esapode  di  questo 
Acaro  (fig.  18)  e  di  molte  forme 
affini,  che  sono  numerose,  vivono 
come  veri  parassiti  su  altri  animali, 
infiggendo  il  loro  rostro  entro  la 
cute  e,  mercè  il  singolarissimo  or- 
gano di  succhiamento  che  si  diffonde 
con  tanti  rami,  quasi  una  radice 
entro  il  corpo  della  vittima,  ne  sot- 
traggono gli  umori  a  proprio  pro- 
fitto. Sono  di  colur  rosso  scarlatto 
vivissimo,  lunghe  fino  ad  oltre  un 
millimetro  e  si  trovano  comune- 
mente su  molti  Insetti.  Ad  es., 
sollevando  le  ali  superiori  delle 
cavallette,  specialmente  degli  Acri- 


Fig.  19.  —  Il  comune  Trombidio  degli  orti.  Allo- 
thrombium  fuliginosun  (Herm.),  dal  dorso,  in- 
grandito (da  Berlese). 


didi,  o  delle  Marititi,  non  è  difficile 

riscontrare  in  gran  numero  questi  piccoli  corpiciattoli,  del  più  vivace  scarlatto, 
aderenti  alle  nervature  delle  ali  inferiori.  Questi  sono  quei  Leptus  o  larve  di 
Trombidium  di  cui  ho  fatto  cenno  più  volte  e  sono  veri  parassiti.  Se  ne  incontrano 
anche  sugli  Aracnidi,  ad  es.  Falangidi,  sugli  Afidi  o  pidocchi  delle  piante  ed  in 
generale  su  moltissime  specie  di  Insetti,  non  escluse  le  Zanzare  e  le  Mosche  do- 
mestiche (fig.  15).  Sulle  Libellule,  lungo  le  nervature  delle  ali,  se  ne  trovano 
spesso,  egualmente  rosse  e  di  forma  sferoidale,  ma  più    piccoli    (fig.    S).    Questi 


Ot.I    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


sono  larve  di  Idracne  od  Acari  d'acqua  dolce  che  si  vogliano  dire.  Tutti  questi 
sono  veri  parassiti  e  molto  molesti  e  pericolosi  all'ospite,  sopratutto  per  la  sta- 
tura  loro  in  confronto  di  quella  dell'ospite  medesimo. 

Fra  gli  Eterostigmati  o  Tarsonemidi,  come  anche  sono  detti,  si  contano  però 
i  parassiti  i  più  gravemente  pericolosi  degli  Insetti,  inquantochè  alcune  specie 
possono  giungere,  aggredendo  in  numero  sufficiente  l'ospite,  ad  ucciderlo.  In 
modo  speciale  le  larve  molli  di  parecchi  gruppi,  sopratutto  Lepidotteri,  Coleotteri 
ed  Imenotteri,  sono  attaccate  da  Tarsonemidi,  i  quali  si  moltiplicano  in  così  gran 
numero  addosso  alla  vittima  da  finirla  spesso  in  breve  tempo.  Sotto  questo  punto 
di  vista  alcuni  Tarsonemidi  riescono  utili  allorché  si  sviluppano  abbastanza  a 
danno  di  Insetti  nocivi  e  non  è  mancato  chi  ha  proposto  di  trarne  profitto  ap- 
punto come  mezzo  di  lotta  naturale  contro  alcuni  Insetti  molto  dannosi  ;  ad  es. 
il  Curculionide  del  Cotone  in  America  (Anthonomus  grandis)  sebbene,  in  pratica, 
le  speranze  si  sieno  poi  vedute  riescire  vane. 

I  più  miti  tra  i  Tarsonemidi  insetticoli  si  accontentano  di  starsene  alla  base 
delle  ali  o  lungo  le  nervature  e  quivi  succhiano  il  sangue  della  vittima,  senza 
però  comprometterla  troppo.  Cos'i  fanno  i  Podapoìipus,  Tarsopolipus,  ecc.,  che 
vivono  su  Coleotteri  ed  Ortotteri.  Ma  i  più  feroci,  come  sono  i  Pediculoides. 
hanno  abitudini  più  disastrose  per  l'ospite.  Essi  attaccano  in  gran  numero  le 
giovani  larve,  come  si  è  detto,  e  le  succhiano  con  tanta  avidità  da  ridurle  presto 
a  morte.  In  questi  casi  le  femmine  dell'Acaro  ingrossano  enormemente  ed  in 
modo  paradossale  il  loro  addome,  così  che  questo  ne  riesce  una  sfera,  che  po- 
trebbe contenere  parecchie  decine  di  volte  il  rimanente  corpo  e  contiene  intanto 
un  enorme  numero  di  figlioli,  i  quali,  entro  il  ventre  materno  stesso,  acquistano 
uno  stato  di  evoluzione  molto  avanzata.  Le  femmine  perfette,  appena  uscite  di 
muta  sono  piccolissime  e  solo  dopo  la  fecondazione  e  quando  succhiano  gli  In- 
setti acquistano  lo  straordinario  volume  del  corpo  che  si  è  citato. 

Ora  accade  anche  che  tutti  questi  Acari,  particolarmente  le  femmine  pubere, 
ad  addome  cioè  non  peranco  turgido,  si  trovino  in  qualche  ambiente  in  così  gran 
numero  da  doversene  migrare  per  deficienza  di  cibo  sufficiente  ed  allora  si  river- 
sano su  quel  che  incontrano  e  se  ciò  capita  all'Uomo  non  mancano  di  tentarlo 
coi  loro  rostri  e  determinano  sulla  sua  cute  delle  irritazioni  assai  vive  e  moleste. 
Questo  è  il  caso  del  Pediculoides  rentricosus.  che  vive  a  spese  delle  larve  di  Insetti 
del  grano  nei  granai  (Calandra,  Tiguuole)  e,  distrutte  queste,  quando  si  rimuove 
il  grano  e  lo  si  trasporta  nei  sacchi,  invade  gli  operai  e  ne  induce  una  irritazione 
cutanea  molto  viva.  Ciò  può  accadere  anche  pel  riso,  ecc. 

Adunque  il  Pediculoides  rentricosus  e  specie  affini  è  veramente  un  nostro  ausi- 
liario e  lo  si  incontra  attivo  sopratutto  a  spese  delle  larve  metaboliche  e  molli 
viventi  nei  legni  marci  o  cariati,  come  sono  quelle  di  vari  Coleotteri,  Cecidomie, 
Imenotteri,  ecc. 

I  rapporti  simbiotici  tra  Acari  ed  Insetti  sono  tra  i  più  singolari  ed  in  con- 
fronto noi  perdiamo  il  vanto  di  essere  i  soli  animali  sulla  terra  a  prodigare  le 
cure  ed  affezione  ad  altri  esseri  di  specie  diversa,  così  come  noi  accogliamo 
e  nutriamo  amorevolmente  nelle  nostre  abitazioni  i  nostri  animali  domestici.  Anzi 
non  potremo  mai  dimostrare  l'esistenza  di  animali  incapaci  di  vivere  da  se,  senza 
l'aiuto  nostro  e  della  nostra  ospitalità,  mentre  io  credo  che  tutti  i  nostri  domestici 
guadagnerebbero  ed  acquisterebbero  di  benessere  a  non  trovarsi  in  rapporti  col 
l'uomo. 

Pel  caso  degli  Insetti  invece  e  dei  loro  animali  domestici,  che  sono  almeno 
dieci  volte  più  numerosi  dei  nostri,  la  cosa  è  diversa.  La  domesticità,  in  questo 
caso,  è  così  antica  ed  ha  avuto  effetti  così  profondi  sullo   stesso    organismo,   che 


CAPITOLO    PRIMO 


ue  è  stato  l'oggetto,  da  modificarlo,  nel  maggior  numero  dei  casi,  alterandone  più 
o  meno  la  sua  struttura,  così  che  esso,  oggi,  non  potrebbe  più  affatto  vivere 
senza  il  soccorso  dei  suoi  amici,  clie  lo  accolgono  in  casa  loro  e  lo  nutrono  e 
proteggono. 

Questo  che  io  dico  vale  non  solo  a  proposito  degli  Acari,  ma  ancora  di 
molti  altri  Artropodi  e  specialmente  di  altri  Insetti,  che  vivono  in  un  vero  stato 
di  simbiosi,  cioè  di  vita  in  comune,  nella  quale  ciascuna  specie  è  necessaria  alla 
vita  delle  altre  con  cui  convive. 

Per  compenso  alcune  specie  di  Acari  rendono  dei  servigi  reali  all'ospite,  dal 
quale,  hanno  nutrimento  ed  alloggio  e  ciò  si  vedrà  specialmente  allorché,  trat- 
tando degli  Insetti  sociali,  converrà  mettere  in  evidenza  tutti  questi  atti  singo- 
lari ed  i  rapporti  fra  le  specie  conviventi  e  la  ragione  di  alcune  modificazioni 
morfologiche  di  specie  che  attualmente  si  trovano  solo  nella  vita  in  comune,  alla 
quale  si  è  accennato,  ma  sono  evidentemente  derivate  da  specie  tuttavia  libere 
e.  diremo  così,  selvatiche,  nella  stessa  maniera  che,  per  molte  delle  nostre  specie 
animali  domestiche,  noi  possiamo  anche  oggi  indicare  sicuramente  la  forma  pri- 
mitiva selvaggia,  tuttavia  vivente  in  libertà. 

Riprenderemo  adunque  questo  argomento  allorché  entreremo  a  discorrere  degli 
Insetti  sociali  e  dei  loro  ospiti. 

Alcune  Interessanti  gpecie  di  Acari.  —  È  il  caso  di  conoscere  più  davvicino  qualche  specie  del 
gruppo,  la  quale  o  pei  suoi  effetti  nella  nostra  economia ,  cioè  pei  suoi  rapporti  con  noi,  co 
nostri  auimali  domestici,  piante  agrarie,  prodotti  agrari  od  industriali  ecc.  o  per  altro  merita 
di  essere  ricordata  qui,  mentre  per  le  specie  eutomofile  si  potrà  trattarne  di  volta  in  volta, 
allorché  si  farà  menzione  dell'insetto  col  quale  l'Acaro  ha  qualche  rapporto  di  esistenza. 

Per  comprenderci  meglio  allorché  a  ciascuna  specie  si  assegnerà  il  suo  posto  nel  sistema  è  ne- 
cessario accennare  brevissimamente  alla  suddivisione  sistematica  del  gruppo  degli  Acari. 

L'ordine  si  sciude  in  pili  sottordini,  che  sono  (a  cominciare  dalle  più  basse  forme  e  salendo 
alle  più  elevate): 

I.  Astigmata  (od  auche  Cryptostigmata  della  1."  Sezione).  Mancano  in  ambedue  i  sessi  ed  in 
tutte  le  età  di  ogaui  respiratori.  Generalmente  piccoli  o  piccolissimi,  da  poco  più  di  un  decimo 
di  millimetro  (Vermiformia)  a  poco  più  di  un  millimetro  (grossi  Analgesidi).  Tegumento  il  più 
spesso  molle,  incolore,  più  duro  e  oolorato  in  giallo  o  rossastro  solo  nelle  specie  avicole  del 
gruppo  di  Analgesidi.  Lunghi  o  lunghissimi  peli  bì  trovano  spesso  sul  corpo  e  sugli  arti.  Zampe 
terminate  da  uua  uughia  o  da  una  ventosa  o  da  unghia  e  ventosa  insieme.  Mancano  gli  occhi. 
Le  larvo  'esapode)  sono  simili  all'adulto.  Può  esistere  una  ninfa  ipopiale  (forma  di  viaggio,  di- 
versa dall'adulto). 

Questo  sottordine  si  può  dividere  in  due  grandi  sezioni  dei  Vermiformia,  colle  famiglie  Erio- 
phydae  o  Fitoptidi  delle  piante  e  Demodiddae  od  Acari  dei  follicoli  cutanei  dell'uomo  e  degli  ani- 
mali domestici. 

Lo  seconda  sezione  sarebbe  dei  Sareoptiformia  e  comprende  parecchie  famiglie,  delle  quali  lo 
principali  sono  le  seguenti:  Sarcoptidae  (psorici);  Epidermoptidae  (epidermicoli  non  psorici);  Anal- 
gesidae  (pterofagi)  ;  Listi-oforidae  (gliricoli  o  pilicoli);  Tyroglyphidae  (detriticoli,  liberi). 

II.  Cryptostigmata.  —  Aperture  tracheali  negli  adulti  nascoste  alla  base  delle  zampe.  Sta- 
tura minima  superiore  a  quella  dei  precedenti,  dei  quali  però  non  sono  maggiori  o  di  poco.  Te- 
gumento duro,  il  più  spesso  bruno  o  nero.  Peli  lunghi  solo  alla  parte  anteriore  del  corpo.  Cute 
generalmente  glabra.  Mancano  gli  occhi.  Zampe  terminate  da  una  a  tre  unghie,  senza  ventosa. 
Larve  (esapode)  poco  dissimili  o  conformi  all'adulto.  Non  esiste  ninfa  ipopiale.  Si  trovano  nel 
terreno,  in  luoghi  umidi,  fra  le  borraccine,  foglie  e  detriti  vegetali  putrescenti,  mai  nelle  conci- 
maie, uè  mai  parassiti  o  viaggiatori  d'altri  animali,  raramente,  viventi  a  danno  delle  piante. 
Parecchie  famìglie,  delle  quali  basti  accennare  le  maggiori,  cioè  Hoplophoridre,  Notliridae,  Ori 
batidae. 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI  29 


III.  Heterostigmata  o  Tarsonemidi. 

Acari  sempre  minutissimi,  non  mai  lunghi  oltre  il  mezzo  millimetro  (forme  non  ovigere),  di- 
versamente respiranti  a  seconda  del  sesso,  giacché  lo  femmine  adulte  hanno  stigmi  (nella  parte 
anteriore  del  corpo,  alla  hase  del  rostro)  i  maschi  ne  sono  sempre  sprovvisti  Questi  sono  diversi 
per  forma  dalle  femmine  rispettive  Mancano  gli  occhi.  Tegumento  molle,  colori  pallidi.  Manca 
la  ninfa  ipopiale.  Larve  esapode,  quando  esistono,  per  forme  non  diverse  dai  rispettivi  adulti. 
Poche  famiglie,  delle  quali,  le  più  importanti  sono  :     Disparipedidae,    Tarsonemidae,   Pediouloididae. 

IV.  MjsSOSTIGMATA.  Organi  stigmatici  in  numero  di  imo  per  lato,  situati  sul  fianco  del  corpo, 
al  ventre,  tra  le  zampe  e  l'orlo  laterale.  Specie  che  possono  giungere  alle  dimensioni  massime 
assegnate  al  gruppo  degli  Acari,  cioè  anche  a  circa  un  millimetro  e  mezzo  nelle  femmine  piene 
d'uova  e  di  sangue  succhiato  (Ixodidae).  Tegumenti  duri  o  durissimi,  gialli,  color  mattone  tino 
al  bruno  marrone,  nudi  o  vestiti  da  peli  semplici  di  varia  lunghezza.  Esistono  gli  occhi  o  man- 
cano. Zampe  terminate  da  due  unghie  e  da  ventosa.  Larve  il  più  spesso  esapodo  e  di  rado  dis- 
simili dal  rispettivo  adulto.   Mancano   forine  ipopiali. 

Si  può  dividere    il  sottordine  in  due  sezioni  cioè:   Alesostiymata  I.  o  Gamasina. 

Statura  non  oltre  i  5  mill.  di  lunghezza  del  tronco.  Stigmi  non  collocati  più  indietro  dello 
spazio  tra  l'inserzione  del  3.°  e  del  4."  paio  di  zampe.  Lahhro  inferiore  non  conformato  a  radula. 
Molte  famiglie,  delle  quali  le  precipue  sono  le  seguenti:  Dcrmanyssidae,  Laeìaptidae,  Gama- 
sidae,  Pteroptidae,  Celaenopsicìae,  Antennophoridae,  Uropodidae.  Questi  Acari  vivono  negli  ambienti 
più  disparati;  alcuni  sono  parassiti  di  Vertebrati,  altri  vivono  liberi  nel  terreno,  nelle  concimaie, 
sulle  piante,  nelle  case,  ecc.  e  molti  sono  ospiti  di  Insetti  solitari  o  sociali.  Il  gruppo  è  pra- 
ticamente dei  più   importanti. 

L'altro  gruppo,  dei  Mesostigmata  II.  od  Ixodina,  comprende  le  Zecche  ed  ha  per  caratteri  : 
Statura  molto  maggiore,  fino  al  limite  indicato  più  su.  Stigmi  collocati  dietro  le  zampe  del  4.° 
paio.  Esistono  (il  più  spesso)  gli  occhi.  Labbro  inferiore  conformato  a  radula,  cioè  armato  di 
denti  fitti  ed  in  serie  regolari,  rivolti  all'indietro.  Due  famiglie:  Ixodidae,  Argasidae.  Sono  pa- 
rassiti di  Vertebrati,  specialmente  Mammiferi. 

V.  Prostigmata.  Statura  da  poco  meno  di  mezzo  millimetro  fino  a  15  mill.,  quindi  fra  le 
massime.  Organi  respiratori!  negli  adulti  aperti  ai  lati  del  rostro  o  sopra  il  rostro  stesso  (nelle 
forme  acquaiole  si  aprono  al  ventre,  nell'addome).  Tegumenti  molli,  talora  coperti  da  fitta  peluria 
di  appendici  variamente  foggiate  ;  colori  vivaci  dal  giallo  al  rosso  vivo  (raramente  bruui), 
nelle  forme  terrestri,  ed  in  molte  acquaiole,  oppure  gialli,  verdi,  azzurri,  ecc.  in  altre  che  fre- 
quentano le  acque.  Larve  esapode,  talora  diverse  per  conformazione  del  corpo  dagli  adulti  rispet- 
tivi. Due  o  quattro  occhi  sempre  presenti.  Zampe  terminate  da  due  a  quattro  unghie,  spesso 
con  pulvillo  fra  queste,  mai  con  ventosa.  Mancano  ninfe  ipopiali.  Due  sezioni  distinte,  cioè: 
Hydrophila  colle  famigie  principali  di  Halacaridm  ed  Bydrachnidae.  Le  prime  vivono  nelle  acque 
marine,  le  seconde  in  quelle  dolci. 

L'altra  sezione  è  dei  Terreetria  e  comprende  molto  famiglie,  tra  le  quali  le  più  importanti 
sono:  Eupodidat,  Bdellidae,  Tetranychidae,  Cheyletidae,  Actinedidae,  Erythraeidac,  Trombididae,  Cae- 
culidae,  Nicoletiellidae. 

VI.  Notostigmata.  Aspetto  di  Opiliouidi.  Statura  mezzana  o  piccola.  Cheliceri  a  tenaglia. 
Stigmi  numerosi  aperti  sul  dorso.  A  questo  gruppo  appartiene  la  famiglia  Eucaridae. 

Il  quadro  della  classificazione  degli  Acari  apparisce  dal  seguente  prospetto  : 


Ordine    ACARI. 

Sezione  |  Fami   lie  .    Eriophyidae  ;   Demodicidae. 

Sottordine  I         \       Vermiformia        I 

AStlginata         |       Sezione  II         (  Famiglie:    Sarcoptidae  ;     Epidvrmopiidae  ;     Listrophoridae  ; 
Sarcoptiformia      (  Analgesidae  ;  Canestrinidae  ;  Ttyroglyphidae. 

Sottordine  II  Famiglie:  Boplophorìdae:  Nolhrìdae;  Damoddae:  Tegeocranidae:  Leiotomidae; 

CryptOStigmata   |  Pterogasterinae. 


30 


CAPITOLO    PRIMO 


Sottordi 


I     Famiglie:   Tarsonemidae ;  Dispari pedidae  ;  Pediouloididae. 

Heterostigmata  I 


Sottordine  IV 

Mesostigmata 


Sottordine  V 

Prostigmata 


(  Famiglie:  Dermanyssidae  :  Laelaptidae  ;  Ptcroptidae ;  (iti- 
Sezione  1  aidae  ;  Celaenopsidae  ;  Heteroeerconidae ;  Zer- 
Gamasina  conìdae;    Antennophoridae ;     Uropodidae  ;    Ho- 

I  lothyridae;   Spelaeorhynchidae. 

Sezione  II         <  „      ...  ,     ...           ,         -, 

.,                 '    b  animile:  Ixodidar  ;    Argasiaat. 

'           ,            |    Famiglie:  Bydrachnidae  :    Halacaridae. 

Hydracarina        I             °  3 


Sezione  II 
Trombidiaa 


Famiglie:  Eupodidae  ;  Bdellidac;  Alichidae:  Actinedidae  ; 
Raphignatìdae;  Cheyletidae;  Erythraeidae;  Trom- 
bididae  ;  Hoplopidae  ;  Nicoletiellidae. 


Sottordine  VI       i   Famiglie  :  Eucaridae. 


Astigmati. 

Sabcoptidi  vermiformi.  —  Si  è  già  avvertito  che  comprendono  due  grandi 
gruppi,  quello  degli  Eriofidi  o  Fitoptidi  e  quello  dei  Demodicidi. 

Eriofidi  (o  Fitoptidi).  —  Già  da  gran  tempo  antichi  naturalisti  hanno  men- 
zionato e  descritto  particolari  alterazioni  della  superficie  fogliare  di  parecchie 
piante  senza  bene  intuirne  la  causa. 


Il  Malpighi  (1679)  nel  suo  trattato  «  De  variis  plantarum  tumoribus  et  excrescentis  (in 
Anatome  plantarum,  pars  altera,  Londiui)  »  fa  cenno  di  alcune  speciali  alterazioni,  che,  solo  re- 
centemente si  è  riconosciuto  doversi  attribuire  a  Fitoptidi,  rientrando  cos'i  nel  gruppo  degli  Aca- 
rocecidi,  come  si  definiscono  oggidì  appunto  siffatte  alterazioni  da  attribuirsi  alla  presenza  di 
Acari  ed  all'opera  loro  sui  tessuti  vegetali. 

Senza  conoscerne  la  causa  precipua  o  misconoscendola,  ne  hanno  trattato  molti  autori  fra  i 
più  vecchi,  oltre  al  Malpighi  succitato,  come  ad  es.  :  il  Pollini,  nel  1824,  il  Turpin  1833,  il 
Wallroth  nello  stesso  anno,  ecc. 

Nel  1834  però,  il  Fée,  parlando  delle  produzioni  epidermoidali  delle  foglie  di  Acero  e  di 
Tiglio,  produzioni  che  egli  chiamava  Phyllerium.  Erineum,  descrisse  anche  i  Fitopti,  che  vi  tro- 
vava per  entro  e  la  descrizione  è  veramente  esatta,  per  quanto  l'Autore  ritenga  si  tratti  di  forme 
larvali  di  altri  Acari.  «  Ces  larves,  —  egli  dice  —  que  nous  avons  vues  vivantes  daus  les  Eri- 
neum  acerinum  et  tiliaceum,  ont  una  allure  corame  eiubarrassée  ;  elles  difl'erent  un  peu  dans  les 
deux  espèces  d'erineuni  que  nous  venons  de  noraraer  ». 

Nel  1850  Th.  v.  Siebold  denominava  Erioplu/es  gli  Acari  sopracitati,  frequenti  negli  Erineum 
di  piante  diverse  ed  il  Dnjardin,  un  anno  dopo,  non  conoscendo  il  lavoro  del  Siebold,  li  chiamava 
PkylopluH  ed  avendo  osservato  entro  il  loro  corpo  delle  uova  concluse  non  trattarsi  di  larve  ma 
di  adulti,  non  ostante  il  numero  dei  piedi  che  è  di  due  anziché  quattro  paia.  Il  Dujardin  stesso 
afferma  poi  che  tali  Acari  erano  stati  veduti  anche  prima  d'allora  dal  Dugès  e  perfino  dal 
Réaumur  e  dal  Turpin;  il  certo  è  che  l'Hartig,  mi  1834,  aveva  osservato  dei  Fitoptidi  nelle 
galle  dell'Abete. 

Nel  1864  il  LandoÌ8  descrive  il  Pliytoptus  vitis  e  lo  incolpa  delle  produzioni  patologiche 
delle   foglie. 

Hi  qui  in  poi  sono  illustrate  gran  numero  di  specie  di  Fitoptidi,  specificamente  distinti. 
producenti  alterazioni  varie  su  piante  le  più  diverse  e  così  la  famiglia,  per  gli  studi  del  Frauen- 
feld  (1865),  del  Rose  (1866),  del  Thomas  (1869-1890),  del  Low  (1874),  del  Canestrini,  del  Nalepa. 


GLI   AFFINI    DEGLI    INSETTI  31 


<lel  Massalongo,  e  di  moltissimi  altri  si  è  arricchita  ora  di  un  enorme  numero  di  specie,  molto 
bene  distinte  fra  loro  e  viventi  ognuna  su  determinata  pianta,  con  effetti  speciali,  cioè  produ- 
zioni varie  di  galle,  semplici  erinei,  ecc.  sulla  pagina  t'oliare  più  che  altrove. 

I  generi  in  cui  i  Fitoptidi  tutti  si  distribuiscono  non  sono  troppo  numerosi, 
da  nove  a  dieci  ed  i  principali,  cioè  i  più  ricchi  di  specie  iinora  note  possono 
considerarsi  gli  Eriophyes,  Phyihcoptes,  Anthocoptes,  Epitrimerus,  ecc.  Quanto  al 
nome  Phytoptus  esso  è  dimenticato,  come  sinonimo  di  Eriophyes,  che  lo  precede  di 
un  anno. 

Secondo  il  Massalongo,  le  alterazioni  che  i  Filoptidi  producono  sulle  piante, 
costanti  per  ciascuna  specie  di  Acaro  e  di  pianta  e  per  l'organo  della  pianta 
stessa  attaccato,  sono  le  seguenti: 

I.  Deformazioni  delle  gemme,  dei    fiori  ed  infiorescenze    e  dell'apice  dei  ger- 
mogli ; 
II.  Deformazione  dei  frutti; 

III.  Escrescenze  o  nodosità   gemmiformi  del  parenchima  corticale; 

IV.  Increspature  della  lamina  delle  foglie; 

V.  Reflessione  od  inflessione  del  margine  della  lamina  delle  foglie; 
VI.  Alterazione  della  forma  generale  delle  foglie; 
VII.  Erinosi,  di  due  maniere,  cioè: 

a)  Phyllerium.   Tricomi    subcilindrici    o    compressi,    non    rigonfiati    all'e- 

stremità; 

b)  Erineum.  Tricomi  clavati  o  variamente  rigonfiati  all'apice. 
Vili.  Galle  vescicolari  ed  analoghe  produzioni; 

IX.  Galle  prodotte  per  ipertrofia  delle  ghiandole  delle  foglie; 
X.  Il  vaiuolo  delle  foglie. 

L'effetto  pratico  di  parecchi  di  questi  Acari  non  è  certo  trascurabile. 

Per  esempio,  il  Kirchner  (1863)  riferisce  che  nei  dintorni  di  Kaplitz,  in  Boemia,  un  boschetto 
di  Noccioli,  di  800  a  1000  piante  fu  talmente  danneggiato  dall'  Eriophyes  pseudogallarum,  che  vi  è 
frequente,  da  non  dare  in  quell'anno  alcun  frutto  e  perdita  parziale  di  tale  raccolto  si  ha  egual- 
mente nell'Italia  meridionale,  assai  spesso. 

Murray  riporta  un  esempio  di  deformazioni  alle  infiorescenze  del  Taxus  boccata,  nel  giardino 
della  Hortic.  R.  Soc.  del  South  Kensingtou,  nel  1874.  Anche  i  danni  furono  molto  rilevanti.  Così  è 
avvenuto  che  le  gemme  di  Popitiits  tremula,  in  Austria,  sono  state  spesso  alterate  d:M' Eriophyes populi, 
cosi  da  condurre  le  piante  al  disseccamento.  Anche  il  Fitopto  della  Vite  riesce,  in  qualche  an- 
nata ed  in  talune  località,  non  poco  gravemente  nocivo  e  più  ancora  accade  di  quello  del    Pero. 

Per  effetto  delle  puntare  di  questi  Acari  infatti,  praticate  sulla  epidermide 
fogliare,  questa  variamente  si  altera,  sia  dando  origine  a  produzioni  piliformi 
patologiche  fra  le  quali  la  colonia  di  Acari  si  nasconde,  sia  determinando  tutta 
la  lamina  fogliare  a  contorcersi  variamente,  originando  così  ricettacoli,  in  cui  gli 
animali  trovano  poi  comodissimo  riparo. 

Basta  esaminare  in  estate  ed  autunno  le  foglie  delle  più  comuni  specie  di 
salice,  per  vederle  più  o  meno  granite  di  tubercoli  sferoidali  rossi  scarlatti,  grandi 
poco  più  di  un  grano  di  miglio,  talora  confluenti,  specialmente  sul  margine  delle 
foglie.  Ecco  una  galla  operata  da  un  Fitoptide  e  sezionandola  si  vede  all'interno 
rivestita  da  fitta  peluria  e  tutta  piena  dei  detti  Acari  "a  diverso  grado  di  svi- 
luppo e  delle  loro  uova. 


32 


CAPITOLO    PRIMO 


[1  maggior  danno  avviene  quando  i  Fitoptidi  aggrediscono  le  gemme,  perchè 
in  tal  caso  la  fogliazione  della  pianta  è  compromessa. 

Occorre  un  buon  microscopio  per  rintracciare  e  rilevare  i  caratteri  dei  Fitoptidi  e  si  può  far 
ciò  portando  nel  campo  dello  strumento  V Erìneum  o  la  Galla  sezionata  o  frammenti  della  gemma,ecc. 
in  cui  si  suppone  che  sieno  celati  gli  Acari.  Essi  sono  piccolissimi,  ma  si  manifestano  bene  ad 
un  ingrandimento  anche  di  meno  d'un   centinaio  di  diametri. 

Coll'aiuto  di  ingrandimenti  piìl  forti,  ad  es.  di  500  diametri,  ne  apparisce  bene  la  esterna 
configurazione  ed  i  seguenti  caratteri  morfologici. 


Fig.  20.  —  Erinosi  della  Vite,  prodotta  dall' Eriophi/es  vilis.  In  alto,  a  destra,  foglia  in  parte  disseccata  per 
effetto  dell'acaro  ;  in  basso,  foglia  giovane,  veduta  dalla  pagina  superiore,  mostrante  i  caratteristici 
rilievi  ;  a  sinistra,  foglia  più  grande,   veduta  dalla  pagina  inferiore.   Grandezza  naturale. 


Caratteri  dei  fitoptidi.  —  Il  corpo  è  allungatissimo,  vermiforme;  si  va  assottigliando 
verso  la  estremità  posteriore  ed  è  tutto,  di  traverso,  striato  da  linee  fittissime,  le  quali  maucano 
solo  su  una  piccola  porzione  anteriore  (capororace)  ed  una  anche  più  piccola  posteriore.  Tegu- 
mento molle,   delicatissimo;   nessun  colore  o  macchia  colorata  sul  corpo. 

Nella  parte  dorsale  del  capotorace  sta  uno  scudo  (fig.  21)  triangolare,  liscio  o  marcato  da 
rughe  variamente  disposte.  Quattro  zampe,  site  nella  parte  anteriore  del  corpo,  dal  lato  ventrale, 
che  sono  terminate  da  un'unghia  e  da  un  pulvillo  plumiforme.  Eostro  piccolo,  atto  a  succhiare, 
situato  nella  parte  anteriore  del  corpo,  con  palpi  brevi,  semplici,  composti  di  tre  articoli,  mandi- 
bole aghiformi.  Mancano  organi  respiratori  e  gli  occhi. 


Ori    AFFINI    DEGÙ    INSETTI 


33 


Nei   Fitoptidi   i  sessi  sono  distinti;   il  maschio  differisce  poco  dalla  rispettiva  femmina.  Nello 
sviluppo  postembrionale  subiscono  due  mute.   Le  forme  giovani'  non  sono  dissimili  dall'adulto. 

Le  specie  si   distinguono  bene    l'ima  dall'altra    per  le  dimensioni,  le    proporzioni  del  corpo, 
la  scultura  dello  scudo  sul     capotorace,   ecc.     ed  a    riconoscerle  giova    ancora  la    specie,  vegetale 
ospite,   nonché  la   diversa  maniera  di  alterazione  dei   tessuti   vegetali,  che  varia  anche  per  singole 
forme      diverse      vi- 
venti    sulla     stessa 
pianta. 

Accenno  qui  ad 
alcuni  Fitoptidi  tra 
i  più  nocivi  a  piante 
utili. 


Eriophyes  vitis 
Landois.  —  Sco- 
perto dal  Landois 
nel  1864  ed  illu- 
strato sotto  il 
nome  di  l'hi/to- 
2>tus    ritis   e   con 


Fig.  21. 

scudo, 


£  C 

—  Capotoraci,  dal  dorso,  di  Fitoptidi,    per  mostrare  la  striatura  dello 


Molto  ingranditi.  A,  di  Eriophyes  vitis  ;    B,  di  Eriophyes  pyri; 
gallarum  (da  Nalepa). 


C,  di  Eriophyes  covyli- 


tal  nome  ancora  dal  Briosi  (1875),  dal  Nalepa  (1889),    dal    Canestrini  (1892),  ecc. 

Ha  il  corpo  cilindrico,  gradatamente  assottigliato  verso  l'estremità  posteriore. 

Lo  scado  dorsale  cefalotoracico  (fig.  21  A)  mostra  una  stria  longitudinale  mediana, 

pressoché  rettilinea  ed  ai  suoi  lati  parecchie  strie  più  sottili,  molto  fitte,  pressoché 

parallele.  La  femmina  è  lunga  circa  mm.  0,20. 

Questo  Fitoptide,  produce  dei  Jillerii 
(fig.  20,  22)  sulla  pagina  inferiore  delle  foglie  di 
Vite,  che  determinano  un  corrispondente  rialzo 
sulla  pagina  superiore. 

I  Fillerii  od  ammassi  di  peli  (tricomi)  si 
vedono  dapprima  di  un  bel  bianco  argenteo;  in- 
vecchiando diventando  gialli  e  finalmente  di 
color  rosso-bruno. 

Gli  Acari,  specialmente  quando  il  fillerio  è 
giovane,  si  trovano  sparsi  fra  i  tricomi  (fig.  22). 
Questi  sono  lunghi,  compressi,  subcilindrici,  sem- 
plici o,  talvolta,  con  qualche  breve  ramificazione  ; 
sono  fortemente  ripiegati  o  contorti,  ottusi  al- 
l'estremità e  nel  loro  insieme  hanno  l'aspetto  di 
un  feltro. 

Questa  alterazione   è   nota   sotto  il   nome  di 
Brinosi  o  Fitoptosi  e  non   sempre  è  del  tutto  in- 
nocua e  non  si  può  evitare,    qualora   in    una   lo- 
calità mostri  di  svilupparsi  troppo  intensamente, 
se    non    togliendo    e   distruggendo    quelle    foglie 
giovani,  via  via  che  sorgono,  le  quali  si  mostrano 
affette  dalla  infezione. 
Si  ritiene  che  i  Fitopti    della   Vite  passino  l'inverno    nella   gemma  stessa  o 
sotto  la  corteccia    della  pianta.  Il  Canestrini,  a  metà  gennaio,  trovò  molti  Fitopti 
entro  gemme  di  giovani    tralci  di    vite.  Appena  appaiono  le    foglie,    per    quanto 
giovanissime,  si  riscontra  alla  loro  pagina  inferiore  VFrineum. 


Fig.  22.  —  Sezione  di  una  foglia  di  Vite 
in  corrispondenza  i\e\V JZrineum  pro- 
dotto dall'  Eriophyes  ritis,  mostrante  i 
peli  alterati  (e)  e  fra  questi  gli  Acari 
(a)  e  loro  uova  (o).  La  lamica  fogliare 
è  indicata  in  /.  Ingrandito  (da  Rit- 
zema  Bos). 


A.  Berlfse,   Gli  Inulti,  II.  —  5. 


34 


CAPITOLO    PRIMO 


Sulla  Vite,  del  resto,  per  quauto  meno  nocive  del  Fitopto  ora  ricordatOj  trovansi  anche  altre 
due  specie,  recentemente  descritte  dal  Nalepa,  delle  quali  una  (Phylloeoptès  vitis)  è  ricordata  dal 
Chodatam  come  nociva  alle  Viti  in  Svizzera,  perchè  ne  deforma  li-  gemme.  L'altra  (Epitrimerua 
rilh)  dell'Europa  centrale  produce  un  particolare  annerimento  delle  foglie  di  vite. 

Eriophyes  piri  (Pagenst.).  -  Descritto  per  la  prima  volta  dal  Pagensteclier 
nel  1S57;  più  recentemente  dal  Canestrini,  Nalepa,  ecc.  L'Eriueum  che  esso  produce  è 
stato  però  illustrato  molto  spesso  da  parecchi  fitopatologi,  perchè  in  realtà  l'altera- 
zione è  talora  molto  nociva  al 
vegetale.  Ne  è  attaccato  il  Pero, 
il  Melo  e  qualche  altra  pianta  (ad 
es.  :  Sorbus  aria;  8.  aucuparia; 
S.  torminalis;  Cotoneaster  rulgaris; 
Amelanchier  vulgaris).  Si  trova  in 
Europa  e  nel  Nord-America,  do- 
vunque cogli  stessi  effetti. 

È  una  delle  specie  più  allun- 
gate (fig.  23  A),  cioè  circa  sei 
volte  più  lungo  che  largo.  Lo 
scudo  dorsale  (fig.  21  B)  è  per- 
corso da  molte  strie  longitudinali, 
di  cui  le  tre  di  mezzo  sono  più 
distinte,  mentre  le  marginali  sono 
Atte  e  sottilissime.  La  femmina 
è  lunga  fino  a  mm.  0,25. 

Mano  a  mano  che  le  tenere 
foglioline  del  Pero  si  spiegano, 
presentano  delle  piccolissime 
galle  lenticolari,  appena  spor- 
genti dalle  due  pagine  fogliari, 
di  colore  giallognolo  e  però,  seb- 
bene piccole,  bene  distinte  nel 
campo  verde  tenero  della  lamina. 

Più  tardi   la   colorazione   di 

questo  Erineum  diviene  rossiccia 

23  E),  allora  fuoriescono  gli  Eriofidi. 

spesso,    molto  largamente    inquinate  da  tale  alterazione 

Lo  sviluppo    di  questi  Erineum    è    stato 


Fig.  23.  —  A,  Eriophyes  piri  (Pgst.)  visto  dal  ventre,  molto 
ingrandito  (da  Nalepa). 

B  Foglia  di  Pero  beue  spiegata,  con  galle  numerose  e  con- 
fluenti, annerite,  prodotte  dall'  E.  piri.  Grandezza  natu- 
rale (da  Kirchner). 


e  finalmente  bruna  (fig. 

Le  foglie  sono  così, 
e  la  pianta  ne  soffre  non   leggermente 
bene  studiato  e  descritto  dal  Berlese  A.  N.  fino  dal  1S92. 

Il  Del  Guercio  riconobbe  specialmente  l'efficacia  di  emulsioni  saponose  di  poli- 
sulfuri  (non  oltre  il  5  700,  all'  1 70)  di  sapone  nell'acqua,  oppure  di  una  miscela  di 
sapone  e  zolfo  (1  °/0,  3  °/0)  sospesa  nell'acqua,  ripetuta  qualche  volta  dalla  apparsa 
delle  foglie  in  poi  fino  a  che  gli  Erineum  sono  anneriti,  od  in  altri  termini  nello 
intervallo  compreso  fra  le  due  fogliazioni. 

Eriophyes  coryligallarum  (Targ.j.  —  Già  il  Vallot,  nel  1836,  descriveva  un  Avarus 
pseudogallarum  nelle  gemme  deformate  del  Nocciolo,  ma  il  Targioni  vi  distingueva 
due  specie,  ad  una  delle  quali  assegnò  il  nome  sovraiudicato,  ascrivendolo  ai 
Phytoptus. 

L'acaro  fu  poi  illustrato  dal  Canestrini  e  dal  Nalepa,  il  quale,  senza  ragione 
plausibile,  lo  ribattezzò  per  Eriophyes  avellanae. 


(ÌLI    AFFINI    DKGI.I    INMiril 


Lo  scudo  dorsale  cefalotoracico  (fig.  21  G)  mostra  parecchie  strie  longitu- 
dinali   non  molto  fitte  ed  ondulate.  La  femmina  è  lunga  fino  a  mm.  0,2(1. 

Le  ferule  e  le  appendici  interne  delle  gemme  del  Nocciolo,  punte  nei  tessuti 
epidermoidali  da  questo  Acaro,  si  ipertrofizzano,  mutando  spesso  di  colore,  mentre 
inducono  nelle  gemme  infette  un  ingrossamento  che  le  deforma  e  ne  accresce  di 
parecchie  volte  il  volume  normale  (fig.  24  B). 

La  specie  è  talora  molto  nociva, 
comi  n'omettendo  seriamente  la  fo- 
gliazione e  la  fruttificazione  del 
Nocoiuolo. 

Si  può  tentare  una  difesa  ricor- 
rendo a  qualche  irrorazione  delle 
miscele  già  proposte  contro  la 
specie  precedente. 


Di  grandissimo  numero  di  altre  specie 
viventi  a  spese  di  piante  diverse,  anche 
fra  li-  cui  ti  vate  si  pnò  tralasciare  di  tener 
conto  ([iti.  mentre  chi  ne  volesse  avere 
notizia  può  ricorrere,  per  autori  nostrali, 
ai  lavori  del  Massalongo,  per  quanto  ri- 
guarda le  "alterazioni  del  vegetale  ed  a 
quelli  del  Canestrini  per  la  conoscenza 
della  specie  parassita.  Non  giova  farne 
menzione  qui  perche  si  tratta  in  generale 
di  forme  mai  o  di  rado  seriamente  nocive. 


Demodicidi.  —  È  stato  ben 
grande  il  rumore  sollevato  verso  la 
metà  del  decorso  secolo  da  una  molto 
singolare  scoperta,  dovuta  ad  un 
medico  di  Berlino,  appunto  il  Simon, 
il  quale,  nel  1S42.  faceva  palese  al 
mondo  scientifico  che  entro  la  pelle 
dell'Uomo  albergava  comunemente 
un  Acaro,  allo  stato  di  parassita, 
del  quale  animaletto  non  ancora  si 
erano  avveduti  i  naturalisti  ed  i 
medici. 

Difatti  non  poteva  esser  piccola  la  meraviglia  degli  studiosi,  dovendo  con- 
venire che  in  un  soggetto  cosi  vessato  dagli  anatomisti,  dai  medici,  dai  chirurgi,  a 
tanti  anni  dalla  scoperta  del  microscopio  e  delle  prime  minute  indagini  micro- 
grafiche,  si  trovava  frequente  e  numeroso  un  acaro  e  di  dimensioni  non  trascu- 
rabili, perchè  giunge  ad  un  terzo  di  millimetro.  Tuttavia  bisognava  arrendersi 
alla  evidenza. 

Il  Simon  aveva  incontrato  abbondante  il  parassita  in  pustole  di  un  uomo 
affetto  di  acne  sebacea,  le  quali  erano  il  prodotto  di  infiammazione  di  uno  o  più 
bulbi  piliferi  e  nel  grasso  che  racchiudevano,  derivato  dalle  ghiandole  sebacee  che 
si  aprono  nei  detti  follicoli,  se  ne  stava  appunto,  numeroso,  il  parassita  in  discorso. 
Dietro  consiglio  dell'Erichson,  dottissimo  entomologo,  il  Simon  considerò  gli  ani- 
maletti per  Acari  e  denominò  la  specie  Acarus  tolliculorum.  Anche  1'  Henle,  di 
Zurigo,  aveva  contemporaneamente  trovato  il  piccolo  Acaro  nei  follicoli  pilosi  del 


Fig.  24.  —  A,  Eriophyes  coryliyallarum  (Targ.  Tozz.) 
visto  dal  dorso  ;  molto  ingrandito  (da  Nalepa). 

B,  Ramo  di  Corylus  avellana,  con  semma  a  diverso 
grado  di  alterazione  (a)  e  gemme  (o,  e)  non  alterate 
dall' Eriophyes.  Grandezza  naturale  (Targ.  Tozz). 


36 


CAPITOLO    PIUMO 


condotto  uditivo  esterno  dell'uomo,  ma  era    rimasto    in  dubbio    sulla    natura  dei 
corpicciuoli  che  aveva  sott'occhio  (tig.  25). 

Come  è  ben  facile  immaginare  gran  numero  di  osservatori  si  sono  dati  su- 
bito, appresa  la  notizia,  alla  ricerca  del  parassita  e  lo  si  trovò  infatti  comune 
nella  massima  parte  degli  individui,  anche  non  producendo  stato  patologico  di 
sorta  alcuna,  come  è  il  caso  di  gran  lunga  più  frequente. 

Ne  riuscirono  anche  nomi  dati  all'acaro  molto  numerosi,  con  una  sinonimia  complessa.  Ad 
esempio  Owen  (1843)  lo  chiamò  Demodex  folliculorum,  con  una  etimologia 
del  nome  generico  tuttavia  discussa  ').  Miescer  lo  denomina  Maerogaster 
plalypus;  Erasmo  Wilson,  Enwzoon  folliculorum,  e  di  poi  Steatozoon  ;  Ger- 
vais,  Simonea  folliculorum,  nome  che  gli  autori  francesi  hanno  spesso 
adottato.  Ne  hanno  trattato  gran  numero  di  naturalisti,  che  ne  stabilirono 
la  storia  naturale,  fra  i  quali  giova  citare  Erdt,  Wald,  Wedl,  Gruby, 
Leydig,  Kuchenmeister,  Biirensprug,  Valentin,  von  Siebold,  Remak,  Me" 
gniu,  ecc. 

Soltanto  più  tardi  si  sono  scoperte  altre  forme  molto 
simili  a  quella  rilevata  nell'Uomo,  egualmente  viventi  nelle 
ghiandole  sebacee  cutanee  e  parassite  di  Mammiferi,  specialmente 
fra  i  domestici.  Così  attualmente  si  riconoscono  parecchie 
forme  abbastanza  distinte. 

Secondo  la  massima  parte  degli  Autori  la  specie  sarebbe 
unica,  cioè  il  D.  folliculorum  e  tutte  le  altre  degli  altri  animali 
si  dovrebbero  considerare  per  semplici  varietà  di  quella  umana. 

Le  differenze  specifiche,  fra  le  diverse  forme  di  Demodex,  quella  cioè 
dell'Uomo  in  confronto  delle  altre  scoperte  su  animali  diversi,  risiede 
sopratutto  nelle  dimensioni  e  proporzioni. 

Che  si  tratti  di  specie  distinte  sembra  tuttavia  potersi  desumere  dal 
fatto  che  non  è  stato  possibile  ottenere  la  trasmissibilità  dell'infezione 
dall'uno  all'altro  ospite.  Almeno  le  esperienze  fatte  (ad  esempio  tra  il 
cane  e  l'uomo)  e  riuscite  di  esito  negativo,  per  quanto  forse  meno  dimo- 
strative, non  sono  state  contradette,  sebbene  dell'argomento  si  sieno 
occupati  più  studiosi,  come  il  Gruby  fin  dal  1845,  Neiss  ed  Haubner, 
Lafosse  e  Eaillet,   Coruevin,  Pennetier,  Zurn,  Saint-Cyr,  ecc. 


Fig.  25.  —  L'Acaro 
dei  follicoli  (Demo- 
dex folliculorum 
O  w  .  )  dell'  uomo, 
ingrandito,  dal  ven- 
tre. 


CARATTERI  dei  Demodicidi.  —  Rostro  corto,  trapezoidale,  con  mandibole  (cheliceri)  stili- 
tonni,  appiattiti,  collocati  nella  regione  dorsale  del  rostro,  fra  i  palpi;  mascelle  stiliformi,  ven- 
trali, corte,  comprendenti  una  tenue  linguetta  stiliforme.  Palpi  con  articoli  (tre)  non  bene  de- 
finiti, all'apice  con  parecchie  spinette,  visibili  dal  lato  ventrale,  essendo  i  palpi  stessi  pie- 
gati all'ingin.  Una  lamina  trasparente,  a  guisa  di  epistoma  ricopre  tutto  il  rostro  ed  i  palpi  al 
dorso.  Cefalotorace  anteriormente  non  striato  di  traverso,  ma  con  sottilissime  linee  longitudinali, 
di  poi  con  solchi  trasversi  come  l'addome.  Quattro  paia  di  zampe,  tutte  fra  loro  eguali,  conti- 
gue, corte,  coniche,  divise  in  ciuque  articoli,  decrescenti  in  larghezza,  ma  quasi  eguali  fra  loro 
in  lunghezza;  l'ultimo,  anulare,  reca  due  unghie  robuste.  Epimeri  costituiti  da  due  liste  chitiuose 
lineari,  percorrenti  tutto  lo  sterno  nella  linea  mediana  e  più  o  meno  fuse  fra  di  loro  qua  e  là 
iu  una  lista  unica.   Da  questa  procedono  bracci  lineari   trasversi,  che  si   intercalano  frale   zampe. 


')  La  piti  generalmente  ammessa  fa  derivare  la  parola  demodex  da  5èm^  (=  corpo)  e  -).': 
(=  teredine,  tarlo).  Il  Mègnin  ritiene  iuvece  probabile  l'etimologia  seguente:  <J*jpos  (=  corpo)  ; 
Sr.sM  (=  mordo).  Senonchè  in  greco  il  verbo  è  5à<vw  e  di  mordace  si  dice  Sritnxós,  d'onde  decticm 
per  un  Ortottero,  pterodectcs,  otodectes,  ecc.,  per  altri  Acari.  La  etimologia  più  probabile  è,  secondo 
la   mia  opinione,   da  3»ftò;    che  significa  grasso,   adipe  e  Shi  (tarlo). 


GLI    AFFINI    DKQI.I    INSKTTI 


37 


Il  primo  va  sopra  le  zampe  del  1.°  paio,  l'ultimo  dietro  quello  del  4.°  ed  è  più  corto  di  tutti 
(ti-.  26). 

Addome  allungato,  striato  di  traverso,  tutto  sino  all'estremo  apicale  posteriore.  Esso  reca  la 
apertura  sessuale  femminile  al  ventre,  immediatamente  dietro  gli  ultimi  epimeri,  ed  è  in  forma 
di  fessura  longitudinale.  Nei  maschi  detta  apertura  è  all'estremo  ventrale  dell'addome,  immedia- 
tamente sopra  l'ano. 

Ovipari.  Dalle  uova  (lig.  28  A)  sorte  una  larva  esapoda  (B),  le  cui  zampe  sono  rappresen- 
tate da  tre  paia    di  tubercoli  ed 

anche    gli     organi     boccali    sono  (ot 

rudimentali.  In  seguito  ad  una 
muta  la  larva  diviene  ninfa  otto- 
poda,  però  auche  il  4.°  paio  di 
zampe  è  tuttavia  in  forma  di 
tubercolo  (C).  Avviene  una  se- 
conda muta  e  la  nuova  ninfa  è 
simile  all'adulto,  solo  manca  della 
apertura  sessuale,  che  viene  di 
poi  in  seguito  ad  un  terzo  ed 
ultimo   esuviamento. 

Demodex  folliculorura  (Siili.) 
(tig.  25)  var.  hominis.  —  Fem- 
mina lunga  mm.  0,3S;  ma- 
schio 0,30  su  mm.  0,04  a 
0,05  di  larghezza.  La  lun- 
ghezza del  rostro  e  del 
capotorace  presi  insieme 
raggiunge  circa  un  terzo  di 
quella  di  tutto  il  corpo.  Le 
uova  sono  cordiformi  o  fu- 
siformi, lunghe  mm.  0,06 
a  0,08,  per  millimetri  0,04 
a  0,05  di  larghezza. 

Questa  è  la  forma  vi- 
vente nell'Uomo,  che  si  trova 
più  comunemente  nei  fol- 
licoli   sebacei    della    faccia, 

specialmente  attorno  al  naso,  ma  anche  in  altre  parti  del  corpo.  È  molto  facile 
averne  visione,  basta  raschiare  con  un  coltelletto,  comprimendo  leggermente  la 
pelle,  attorno  al  naso  ed  esaminarne,  disponendolo,  con  una  leggiera  pressione 
fra  due  vetri,  con  una  goccia  d'acqua  o  di  glicerina,  il  grasso  così  ottenuto.  I 
Demodex  appaiono  come  corpi  brunastri,  allungati,  pressoché  immobili. 

Il  Grubi  calcola  a  circa  il  05  °/0,  gli  individui  che  albergano  il  Demodex. 
A  me  la  percentuale  risulterebbe  anche  più  forte.  Nell'Uomo  questo  Acaro  è  abi- 
tualmente innocuo. 

Demodex  folliculorum  var.  canis  (detto  anche  D.  caninus).  —  Scoperto  dal 
Topping  nel  1843,  descritto  dal  Tulk.  Più  piccolo  del  precedente,  la  femmina  in- 
fatti misura  da  mm.  0,25  a  0,30  su  0,045  di  larghezza  ed  il  maschio  da  mm.  0,220 
a  0,25.  La  lunghezza  del  rostro  e  capotorace  insieme  presi  è  alquanto  inferiore 
alla  metà  della  lunghezza  totale.  Le  uova  sono  fusiformi,  da  mm.  0,07  di  lun- 
ghezza a  mm.  0,09,  per  0,025  di  larghezza. 

Vive  sul  Cane  e  con  effetti  non  di  rado  molto  gravi,  determinando  la  rogna 


Fig.  26.  —  Particolarità  dell'Acaro  dei  follicoli  dell'Uomo.  A,  parte 
anteriore  del  corpo,  dal  ventre;  B,  dal  dorso;   C,  rostro,  dal  ventre. 

m,  maudibole;  mx.  mascelle  ;  p,  palpi.  Fortissimo  ingrandimento. 


:;.s 


CAPITOLO    PRIMO 


follicolare,  alla  quale  vanno  soggetti  i  Cani,  specialmente  in  vecchiaia.  Il  soggetto 
si  copre  di  pustole,  che  cominciano  dal  capo  e  si  diffondono  al  rimanente  corpo; 
si  manifesta  una  depilazione  più  o  meno  intensa.  Il  Cane  alletto  da  questa  malattia 
è  tormentato  da  un  prurito  insopportabile,  perde  l'appetito,  dimagra  e  lentamente 
si  avvia  al  marasma  ed  alla  morte. 

È  difficilissimo  il  combattere  la  malattia,  che  assai  raramente  (sembra  si  co- 
nosca un  solo  caso,  citato  dal  Weiss)  guarisce  spontaneamente. 

All'esame  microscopico  si  vedono  i  follicoli  dei  peli,  che  sono  anormalmente 

dilatati,  ripieni  di  Demo 
dex  in  tutte  le  età.  Se 
ne  sono  contati  sino  a 
duecento  per  follicolo. 

Demoil  e  \  folliculorum 
var.  bovis  (Stiles).  —  In 
Europa  non  sembra  che 
questa  forma,  vivente  sul 
Bue,  riesca  in  alcun  modo 
nocivaedè  poco  frequente, 
perchè  se  il  Taxon,  fin 
dal  1878,  aveva  trovato 
individui  di  un  Demodex 
nella  pelle  di  una  Vacca, 
e  Ziirn  e  Claus  avevano 
confermato  l'esistenza  di 
un  Demodex  nel  Bue, 
pure  i  casi  si  sono  ri- 
scontrati molto  rari  e 
sempre  senza  gravità  al- 
cuna. 

Ma    non    dovunque 
sembra  che  le  cose  pro- 
cedano  egualmente.    In  - 
fatti  si  hanno  notizie  dal 
Congo    di    gravi    infezioni    cutanee,    manifestantisi    in  grossi  tumori,  dovute  alla 
presenza  di  un  Demodex  entro  le  ghiandole  sebacee  del  Bue. 

I  campioni  che  se  ne  sono  avuti  mostrano  dilatazioni  (fig.  27)  invero  straordi- 
narie delle  ghiandole  stesse,  il  cui  diametro  diventa  persino  di  oltre  tre  milli- 
metri e  sono  tutte  ripiene  stipate  da  miriadi  di  Demodex,  in  tutte  le  età.  Si 
comprende  che  l'insieme  di  queste  ghiandole,  così  distese  e  rigonfie,  si  manifesta 
all'esterno  con  tumori  vistosi.  La  malattia  è  affermata  veramente  grave  e  diffusa. 
Questo  Demodex  sembra  affine  al  D.  caprae.  Certo  differisce  da  quello  del- 
l'Uomo pel  rostro  più  stretto  e  per  l'addome  meno  lungo,  come  pure  per  la  sta- 
tura minore.  Infatti  esso  misura  mm.  0,20  a  0,25  di  lunghezza  per  0,05  di  lar- 
ghezza massima.  Il  rostro  ed  il  torace  presi  insieme  eguagliano  quasi  la  metà 
della  lunghezza  di  tutto  il  corpo. 


Pig.  27.  —  Porzione  della  pelle  (in  sezione)  di  Bue  del  Congo,  inqui- 
nata da  Demodex  bovis.  Si  vedono  le  ghiandole  enormemente  dila- 
tate e  contenenti  grandissimo  numero  di  Acari.  Molto  ingrandita, 
da  fotografia. 


Demodex  folliculorum  var.  phylloides.  —  Così  chiamato  dal  Csokor,  che  lo 
scoperse  nel  1878.  Altri  autori  lo  indicano  col  nome  di  D.  follìculi  var. 
suìs,  perchè  vive  sul  Maiale.  Lungo  al  massimo  mm.  0,21  a  0,2<!  ;  largo  da  mm.  0,000 
a  0,006.  Rostro  molto  grande.  Lunghezza  del  rostro  e  del  capotorace  presi  in- 
sieme eguale  a  quella  dell'addome,  che  termina  molto  acuto  (fig.   28). 


GLI    AFFINI    DKIil.I    INSKTTI 


39 


La  forma  differisce  dagli  affini  per  la  notevole  larghezza  e  per  l'addome  po- 
steriormente molto  acuto,  così  che  l'animale  ha  il  contorno  di  una  foglia  d'Alloro. 
Sul  Porco  determina  una  affezione  ulcero-pustolosa.  Si  manifesta  per  tumori  cu- 
tanei, varianti  di  grossezza  da  quella  di  un  grano  di  miglio  a  quella  di  una  no- 
cella, diffusi  specialmente  sul  grugno,  sul  collo,  parte  inferiore  del  petto,  ventre 
e  sui  fianchi.  1  tumori  aumentano  di  volume  e  si  trasformano  finalmente  in  grossi 
ascessi. 


Fig.  28.  —  Demodes  phylloidcs  Csokor,  del  Maiale. 

A,  uovo;  3,  prima  larva:  C,  ninfa  nella  spoglia  pre- 
cedente ;  D,  adulto  dal  dorso  ;  molto  ingranditi  (da 
Csokor). 


Meno  importanti  praticamente  e  più  rari  sono  il  l).   follicnl.  var.  caprae,  per  la  prima  volta 
osservato  dal  Niederhoeusem  sulla  Capra,  dove  determina  delle  pustole  di  grossezza  variabile,  nella 
regione  delle  costole  e  dei  fianchi;  il  D.  follicnl. 
var.  01I8  riscontrato    sulla  Pecora  ;   il   D.  follicnl. 
var.  coti    del    Gatto;    ed    altre    forme  trovate  su 
alni  Mammiferi,  come  si  è  già  detto. 

SARCOPTIDI  PSORICI  O  DERMI- 
COLI.  —  Si  tratta  di  due  famiglie  (Sar- 
coptidi,  Epidermoptidi)  secondo  la  clas- 
sificazione da  me  proposta  in  altra  occa- 
sione. 

Le  due  famiglie  differiscono  fra  loro 
perchè  nella  prima  non  si  nota  sensibile 
dimorfismo  sessuale  nella  forma  del  corpo, 
mentre  negli  Epidermoptidi  il  dimorfismo 
è  spiccatissimo  e  si  accosta  a  quello  così 
notevole    degli    Analgesidi.    Nell'una    e 

nell'altra  famiglia  si  trovano  specie  determinanti  affezioni  cutauee  sui  Mammiferi 
ed  Uccelli,  ma  più  gravi  sono  certamente  quelle  prodotte  dalle  specie  della  prima 
famiglia. 

Sarcoptidi  psorici.  —  I  Sarcoptidi  psorici  sono  parassiti  di  Vertebrati  a 
sangue  caldo  e  sui  Mammiferi  danno  origine  alla  Rogna  (sarcoptica),  di  solito 
anche  più  grave  che  non  negli  Uccelli.  La  pelle  dell'ospite  è  profondamente  e 
gravemente  intaccata.  Anche  l'Uomo  è  vittima  di  una  particolare  specie.  I  carat- 
teri della  famiglia  sono  i  seguenti: 

Corpo  rotondato  o  leggermente  ovale.  Cute  molle,  non  rinforzata  al  dorso  da  scudi  duri, 
rostro  con  mandibole  terminate  da  cbela,  palpi  brevi  di  tre  articoli.  Nel  solo  genere  Cytodites 
l'insieme  degli  organi  boccali  forma  un  tubulo  cilindrico,  aperto  all'apice.  Zampe  del  1.°  e  2.° 
paio  sempre  fornite  di  organi  adesivi,  le  altre  fornite  di  detti  organi  o  terminate  da  lunga  se- 
tola. Gli  organi  in  discorso  sono  ventose  con  lungo  peduncolo  e  con  un  tenuissimo  uncinetto  nella 
membrana,  sorgenti  dall'apice  del  tarso,  dal  quale  sporge  assai  spesso  un'unghia  breve  e  robusta. 

Mancano  i  dischi  copulatori  nel  maschio,  eccetto  che  in  due  specie  di  Cnemidocoples  e 
quelli  genitali  in  ambedue  i  sessi.  Talora  i  sessi  sono  diversi  nella  statura  e  nella  armatura 
delle  zampe  del  3.°  e  4.°  paio,  non  però  nella  forma  del  corpo.    Ovipari,  ovovivipari  o  vivipari. 

Ecco  l'elenco  dei  generi  pertinenti  a  questa  famiglia  e  finora  noti:  Cylodìtes  (Mègnin,  1870); 
Laminosioptea  (Mègnin,  1880);  Nototdrus  (Railliet  et  Lucet,  1893);  Sarcoptes  (Latreille,  1806):  Cne- 
midocoptes (Fiirstemberg,    1870). 

Gen.  Sarcoptes  Latreille.  —  Il  tipo  del  genere  è  l'Acaro  della  scabbia  del- 
l'Uomo. Gli  autori  propendono  a  considerare  per  semplici  varietà  di  un'unica  specie, 
che  sarebbe  rappresentata  tipicamente  dal  parassita  dell'Uomo,  tutte  le  altre  forme, 
molto  simili,  del  resto,  che  si  incontrano  su  gran  numero  di  altri  Mammiferi, 
con    effetti  analoghi  a  quelli  che  l'Acaro  induce  nell'Uomo. 


40  cai-itolo   rumo 


Se  si  tratti  di  specie  diverso  o  ili  semplici  varietà  di  una  specie  sola  <>  tuttavia  dubliio  ed 
i-  questa  una  questione  che  non  può  tanto  facilmente  ossero  risoluta,  iilnuMio  col  solo  esame  dei 
caratteri   morfologici   esterni  e  tenuto  conto   delle   abitudini. 

11  «erto  si  i' intanto  che  il  precipuo  carattere  differenziale  e  soltanto  il  diverso  ospite.  Il  Mc- 

guin  vuole  ammettere  che  anche  nelle  dimensioni  Ira  le  singole  torme  si  possono  trovare  buone 
differenze  spcoilichc,  ma  ciò,  se  e  valevole  per  taluna  t'orma,  (die,  molto  piocola  o  molto  grande 
iu  confronto  delle  altre  se  ne  può  distinguere  agevolmente,  non  vale  però  por  la  maggior  parte, 
('osi  ad  es.,  a  me.  no  credo  ad  altri,  e  riesoito  possibile  distinguere  luorfologioamente  il  Saroopte 
dell' tomo  da  lincilo  del  Cane,  eppure  e  noto  che  questo  ultimo,  che  nel  Cane  determina  tuia 
affezione  cosi  ribelle  alle  cure.  sull'Uomo  invece  non  attecchisce  all'atto  o  solo  momentanea- 
mente. 

Ad   Ogni   modo  il    Mègnin    ritiene  che   la    grandezza   della   specie   sia    in    rapporto   collo  spessore 

dilla  cute  dell'ospite  e  perciò  i  Paoli  i  deruii  albergherebbero  le -speoi e  più  voluminose;  verrebbero 
in  seguito  ì  Carnivori,  poi  i  Ruminanti,  quindi  i  Roditori,  ecc. 

I.a  scala  decrescente  per  le  dimensioni,  secondo  il  Mègnin  stesso,  sarebbe  (per  le  specie  piil 
comuni)  la  seguente:  tuie,  equi,  htj>ì,  oaprae,  cornei»,  orti,  hydrochoei'i,  hominis. 

Secondo  le  misure  date  da  altri  però  non  con  tanta  precisione  correrebbero  le  cose  ed  intanto, 
certamente,  il  Maiale  oltre  al  Sarcoptes  sui»  che  e  ben  grande  (la  femmina  raggiungo  un  massimo 
di  min.  ",50),  alberga  anche  un  Sniropten  parrnlus,  la  cui  femmina  non  supera  e  forse  non  rag- 
giunge i  min.  0,30,  cioè  o  la  piti  piocola  forma  conosciuta. 

Il  contagio  fra  animali  di  specie  diverse,  pur  ciascuno  per  suo  conto  soggetto 
ad  essere  attaccato  da  suo  speciale  Saroopte,  non  è  riescito  nuora,  in  linea  gene- 
rale, sempre  con  effetto  e  perciò  si  può  ammettere  che  le  diverse  forine  sieno 
realmente  specie  diverse,  per  quanto  morfologicamente  simili  od  eguali. 

Tutti  i  Sareoptes  presentano  i  seguenti  caratteri,  per  cui  il  genere  al  quale 
spettano  si  differenzia  dagli  affini  : 

Corpo  rotondeggiante  in  ambedue  i  sessi.  Felle  del  dorso  (tig.  29  C)  stirata  di  traverso 
fuorché  nella  parte  di  mezzo  del  dorso  stesso  ove  ò  coperta  di  rilievi  conici,  alti,  acuti  e  brevi 
spine  robuste  rivolte  all'indietro.  Di  queste  spine  tre  iu  ciascun  lato  si  trovano  nella  regione 
scapolare,  cioè  poco  più  su  della  linea  mediana  trasversa  del  corpo,  sui  fianchi  e  sono  dette 
dal  Canestrini  spine  srapolari;  altre  sette  poi  si  trovano,  egualmente  in  ciascun  lato,  nella  metà 
posteriore  del  dorso  e  sono  dette  dallo  stesso  Autore  spiiic  iliache.  Manca  ogni  traccia  (anche  al 
dorso)  di  solco  toraoo-addominale.  Maschio  (tig.  •_'!•  />'),  di  quasi  meta  più  piccolo  della  femmina, 
ooll' organo  copulatore  fra  le  zampe  del  I."  paio,  protetto  all'innanzi  da  un  ceroine  ohitìnoso 
a  ferro  di  cavallo,  detto  epiandrio.  Le  quattro  zampe  posteriori  nella  femmina  e  solo  quelle  del 
ter/o  paio  nel  maschio  terminate  da  lunga  setola,  senza  ambulacro;  le  altre  con  ventosa  por-  ' 
tata  da  iiu  lungo  peduncolo.  Apertura  anale  anche  nel  maschio  situata  al  ventre,  verso  l'estremo 
posteriore. 

Sarcoptes  scabiei  (l>e  Geer)  (rtg.  29).  —  Dal  Canestrini,  che  seguiremo  nel  ripor- 
tare le  dimensioni  delle  varie  specie  di  Sarcoptes;  a  questo  IS.  scabiei  sono  asse- 
gnate le  dimensioni  seguenti:  Maschio  lungo  nini.  0.20  a  0,24;  largo  min.  0,15  a 
0,20.   Femmina  lunga  mm.  0,30  a  0,45;  larga  nini.  O.L'5  a  0.35. 

Questo  è  l'Acaro  che  produce  la  scabbia  più  comune  nell'Uomo  e  da  individuo 
ad  individuo  e  assai  facilmente  trasmissibile,  ma  non  dall'Uomo  ad  altri  animali, 
come  il  Delafond  e  il   Bourgnignon   hanno  dimostrato. 

Sion  e  d'ora  certamente  la  sooperta  ilell'Aoaro  determinante  la  malattia  (die  i  Greci  chiama- 
vano Twoz  ed  i  Latini  Scabìes,  parole  ambedue  che  si  richiamano  a  verbi  corrispondenti  al  no- 
stro .trattari,  eerto  iu  causa  del  precipuo  fenomeno  più  saliente  dell'affezione,  (lucilo  di  prurito 
insopportabile,  che  sembra  determinato  dalla  secrezione  salivare  dei  pioooli  animaletti.  Questi. 
con  tale  eccitante,   richiamano  india   pan.-   offesa   gli   umori   dell'ospite,  dei  quali  si   nutrono. 


(ÌLI    AFFINI    DKcil.I    INSETTI 


41 


Fig.  29.  —  Acaro  della  Rogna,  Sarcoptes  scabiei  (L.)  dell' Uomo,  fortemente  ingrandito. 
A,  femmina  dal  ventre;  B,  maschio  dal  ventre;  C,  femmina  dal  dorso  (da  Robin). 


A.  Bkbi.ese,  Oli  Insetti,  II.  —  «. 


42  CAPITOLO    PRIMO 


Già  Avenzoar,  nel  deciinosecondo  secolo  (1072-1161)  accenna  ad  una  speciale  malattia  cau- 
sata da  un  piccolissimo  animale.  «  Oriuntur  —  egli  dice  —  aliqui  in  corpore  sub  cuti  exterius 
pediculi  parvunculi  qui  cum  excoriatur  cutis,  exeunt  auimalia  viva  tain  parvuncula  quod  vis 
possint  videri  ».  Più  tardi  vari  autori  fanno  cenno,  più  o  meno  distintamente,  dell'Acaro  della 
scabbia,  come  causa  della  malattia  o  come  suo  sintomo.  Così,  ad  es.,  Ingrassias,  Ioubert,  Gabu- 
cinus,  ecc. 

Aldovraudi,  nel  1596,  avverte  che  il  Pedicello  o  Sciro,  sta  fra  la  pelle  e  l'epidermide  ;  iufetta 
sopratutto  i  piedi  e  le  mani,  scavando  gallerie  sinuose  e  formando  vescicole  non  suppuranti.  Se 
queste  si  rompono  ne  sortono  animali  cosi  piccoli  cbe  per  vederli  occorrono  eccellenti  occhi  ed 
una  viva  luce. 

Ambroise  Pare  (1664)  dice:  «  Les  cirons  sont  petits  animaux  cachés  dans  le  cuir,  dans  lequel 
ils  se  tralneut,  rampent  et  le  rongent  petit  à  petit,  excitant  une  fascheuse  demangeaison  et  gra- 
telle... Ces  cirons  doivent  se  tirer  avec  espingles  et  aiguilles  ».  Moutì'et  (1634)  indica  il  punto 
preciso  dove  debbousi  cercare  gli  Acari  della  scabbia  nell'Uomo,  cioè  non  nelle  pustole  stesse, 
ma  accanto.  Hantpmanu  (1657)  dà  un  non  troppo  buon  diseguo  dell'Acaro,  che  è  figurato  meglio 
più  tardi  (1682)  dal  Muller.  Ne  tratta  auche  il  Haffeurefter  nel  1657. 

Ma  è  al  Redi  che  spetta  veramente  il  merito  di  aver  attribuito  all'Acaro  o  Pellicello  la 
vera  ed  unica  causa  della  rogna,  negando,  anche  per  questo  piccolo  animale,  la  generazione 
spontanea.  Pegli  antichi,  la  causa  della  malattia  è  nel  sangue  del  soggetto  «  tenendo  essi 
(antichi^  per  fermo,  che  il  male  della  rogna  nascesse  dall'abbondanza  dell'umor  melaucolico 
lussureggiante  nel  sangue,  si  sa  la  gran  farragine  di  medicamenti  interni  che  davano  per  bocca 
ai  poveri  rognosi,  prima  di  veuire  al  proprio  rimedio  della  rogna,  cioè  a  dire  alle  unzioni  ». 
E  dopo  aver  descritto  l'acaro  ed  i  suoi  efletti  nella  pelle  umana  conclude:  «  da  tutto  ciò  si 
raccoglie  che  la  rogna  è  un  male,  che  non  dipende  da  vizio  alcuno  interno  degli  umori,  uè  dal 
sangue,  ma  che  l'unica  cagione  di  essa  sono  i  pelliccili.  Che  però  a  volerla  ben  medicare,  e 
levarla  presto  da  dosso  a  quegli,  che  l'hanno,  l'unico  e  vero  rimedio  si  è  quello  di  ammazzare 
i  pelliccili...  ed  i  tanti  medicamenti  interni,  che  dai  medici  sono  dati  ai  rognosi  per  bocca,  non 
servono  assolutamente  a  nulla  e  non  son  buoni  propriamente  altro  che  a  far  ingrassare  lo 
speziale  ». 

Iu  questa  lettera,  in  data  15  gennaio  1710,  al  sig.  Diacinto  Cestoni,  e  ad  Antonio  Vallis- 
nieri,  il  Redi  si  confessa  autore  dell'articolo  precedente,  nel  quale  illustrò  con  buone  ligure 
l'acaro  della  scabbia,  ne  scoperse  e  figurò  le  uova,  e  tutto  indicò  egregiamente.  L'articolo  pub- 
blicato sotto  il  pseudonimo  di  Giovancosimo  Bonomo  è  datato  da  Livorno,  18  luglio  1687,  ed  è 
intitolato  «  Osservazioni  intorno  ai  pellicelli  del  corpo  umano  ».  Ciò  valga  per  quegli  scrittori 
che,  non  conoscendo  il  vero  Autore  celato  sotto  il  detto  pseudonimo,  attribuiscono  ad  un  perso- 
naggio immaginario  le  belle  osservazioni  che  spettano  al  Redi. 

Ma  dopo  queste  cosi  precise  notizie  intorno  all'Acaro  della  scabbia,  anche  come  agente 
della  malattia,  ò  singolare  il  vedere  come  nel  secolo  XVIII,  si  inizia  una  confusione  ed  una 
serie  di  dubitazioni,  per  le  quali  tutta  la  questione,  ormai  ben  chiara,  subisce  una  marcia  re- 
trograda. 

Linneo  (1734)  uon  distingue  l'Acaro  della  scabbia  da  quello  del  formaggio  od  Acaro  dome- 
stico, di  cui  non  sarebbe  che  una  varietà;  Nylander  (1757),  allievo  di  Linneo,  mette  in  dubbio 
che  la  causa  della  malattia  sia  appuuto  l'Acaro.  Segue  una  polemica  vivace  in  seno  ai  patologi 
su  questo  proposito.  Per  alcuni,  tra  i  quali  si  possono  citare  l'Avelin,  Sauvages,  Casal,  De  Ger, 
Wichmann,  Walz,  Gohier,  Saint  Didier,  ecc.,  la  scabbia  è  una  conseguenza  del  parassitismo  del- 
l'acaro; per  altri,  che  dimenticando  le  più  vecchie  scoperte  e  sopratutto  l' affermazione  del 
Mouffet  cercavano,  Beuza  trovarlo,  l'Acaro  nelle  stesse  pustule  (come  erroneamente  aveva  inse- 
gnato il  Pinel),  la  malattia  dipendeva  da  assorbimento  cutaneo,  per  parte  dell'ospite,  delle 
sostanze  escretive   dell'acaro. 

Galèe,  nel  1812,  pubblicò  una  assai  interessante  memoria  sull'argomento  e  non  solo  diede  buone 
figure  dell'animaletto,  ma,  con  esperienze  opportune,  inoculando  a  sé  ed  ai  propri  figli  la  ma- 
lattia, semplicemente  col  mettere  sulle  mani  il  Sarcopte,  dimostrò  la  natura  parassitaria  della 
scabbia. 

Ma  l'incredulità  riebbe  il  sopravvento,  sino  al  punto  che  il  Raspail  dichiarò  non  avere  il 
Galès  rappresentato  nelle  sue  figure  altro  che  l'Acaro  del  formaggio  ! 

Si  era  ormai    accettato    per  cosa  sicura  e  ben  ferma   che  non  esisteva  un  acaro  speciale  de- 


GLI    AI'KIXI    [>K(iLI    INSETTI  43 


terminante  la  rogna,  allorché  il  13  agosto  1834  Francesco  Renucci,  di  nazione  Corso  e  studente 
medicina  a  Parigi,  sentendo,  nell'ospitale  di  Saint-Louis,  alla  lozione  doll'Alihert  negare  l'esi- 
tenza  dall'Acaro,  propose  di  mostrarlo,  seduta  stante,  ricorrendo  al  mezzo  veduto  praticare  dallo 
'emminette  del  suo  paese,  che  tolgono  dal  l'ondo  della  galleria  il  Sarcopte  merco  uno  apillo.  L'A- 
caro venne  cosi  subito  alla  luce,  con  grande  meraviglia  dei  presenti.  Vi  furono  tuttavia  degli 
increduli,  senonchè,  qualche  giorno  dopo,  cioè  il  20  agosto,  nelle  sale  del  dott.  Emery,  che 
aveva  raccolto  alla  dimostrazione  un  gran  numero  di  osservatori,  tra  i  quali  Alibert,  Lugol, 
Miqitel,  Nicod,  Voisenet,  ecc..  il  dott.  Albin  Gras  estraeva  dalla  cute  di  rognosi  parecchi  acari, 
che  furono  osservati  al  microscopio  e  lo  stesso  Raspali  dovette  riconoscere  pertinenti  alla 
specie  indicata  dal  De  Geer,  cioè  all' ^4 canta  scaiiei  o  Sarcoptes  scdbiei  degli  entomologi  pre- 
cedenti. 

Alla  fine  si  convenne  non  solo  nella  esistenza  di  questo  parassita,  ma  ancora  della  giustezza 
delle  osservazioni  dei  vecchissimi   medici  ed  entomologi. 

I  lavori  più  recenti,  cioè  posteriori  alla  dimostrazione  del  Renucci,  si  riferiscono  sopratutto 
alla  morfologia  del  Sarcopte  ed  al  trattamento  curativo  della  malattia,  in  base  alle  cognizioni 
di  storia  naturale.  Tra  i  più  importanti  lavori  meritano  di  essere  citati  quelli  del  Renucci  stesso 
(1835),  Albin  Gras  (1834),  Aubó  (1836);  Raspail,  Eichstadt,  Lanqnetin,  Robin,  ecc.,  e  per  la 
rogna  degli  animali  gli  scritti  di  Gurlt  ed  Hertwig  (1844)  ;  Gerlach  (1857);  Fiirstemberg  (1861); 
Robin  (1869):  Delafond  e  Bourguiguon  (1862)  e  più  recenti  e  con  particolare  menzione  si  deb- 
bono ricordare  i  lavori  del  Mègnin,   più  volte  citato. 

Il  primo  sintomo  della  scabbia  è  manifestato  da  un  forte  ed  insopportabile 
prurito,  più  comunemente  sulle  mani,  o  sui  piedi,  fra  le  dita  e  più  forte  durante 
la  notte  che  non  di  giorno.  Appaiono,  nel  punto  offeso,  delle  piccole  vescicole  o 
pustole,  la  cui  base  è  formata  da  una  porzione  del  derma  leggermente  tumefatta 
e  la  cui  sommità  acuminata  presenta  spesso  una  tinta  bruniccia,  dipendente  dalla 
sottigliezza  dell'epidermide  coprente  la  pustola  che  lascia  trasparire  l'interno  di 
questa.  La  pustola  è  ripiena  di  una  sierosità  e  ne  procede  un  cuniculo  (sillon  dei 
francesi)  cioè  una  stretta  galleria,  spesso  tortuosa,  variabilmente  lunga,  sempre 
però  pochi  millimetri,  in  fondo  alla  quale,  in  un  punto  che  si  può  riconoscere 
anche  all'esterno  per  un  ^piccolissimo  sollevamento  dell'epidermide  e  talora  per  una 
assai  piccola  macchiolina  puntiforme,  brunastra,  se  ne  sta  l'Acaro  e  si  può  di 
quivi  toglierlo  mercè  uno  spillo  acuto,  rompendo  la  pellicola  che  lo  ricopre. 

Nel  cunicolo,  oltre  alla  femmina,  se  ne  stanno  le  uova  e  forme  giovanili. 
L'Acaro  può  correre  abbastanza  velocemente  sulla  pelle  della  vittima  e  passando 
dall'uno  all'altro  ospite  determina  la  contagiosità  della  malattia. 

Sarcoptes  scabiel  crustosae  Fiirst.  —  Il  Canestrini  col  Fiirstemberg  ed  il  Railliet  ammettono 
uno  speciale  Sarcoptes  determinante  sull'Uomo  la  scabbia  così  detta  norvegiea.  A  giudicare 
dal  maschio  la  specie  sarebbe  più  piccola  della  precedente.  Nella  femmina  le  squame  dorsali  sono 
ottuse  e  non  lasciano  sul  dorso  spazi  vuoti  come  nel  S.  scdbiei .  Inoltre  le  spine  iliache  sono 
lunghe,  puntute  e  leggermente  curve,  anziché  brevi,  ottuse  e  dritte  come  nella  specie  precedente. 
Nel  maschio  le  branche  laterali  dell' epiandrio  si  fondono  bene  cogli  epimeri  posteriori,  ciò  che 
non  si  vede  nell'Acaro  della  scabbia  comune.  Le  dimensioni  (dal  Canestrini)  sono  le  seguenti: 
femmina  lunga  mm.  0,41;  larga  0,34.  Maschio  lungo  min.  0,17;  largo  0,15. 

II  Mègnin  ha  trovato  questa  forma  sul  Lupo,  determinante  una  speciale  rogna  e  Railliet  af- 
ferma di  aver  trovato  una  forma  molto  affine  su  un  Cane  affetto  da  rogna  crostosa. 

Con  effetti  analoghi  ai  già  citati,  cioè  con  produzione  di  rogna  sarcoptica  su 
diversi  Mammiferi,  si  conoscono  altre  specie  o  varietà  che  sieno  di  Sarcoptes,  tra 
le  quali,  quelle  che  aggrediscono  gli  animali  domestici  e  ben  note  ai  veterinari 
sono  le  seguenti,  per  le  quali  tutte  può  valere,  quanto  ai  caratteri  morfologici, 
la  figura  sovraesposta  della  forma  vivente  sull'Uomo  (fig.  29). 


44  CAPITOLO    PRIMO 


Sarcoptes  canis  (Gerlack).  —  Molto  simile  al  8.  scabiei,  anche  nelle  dimensioni. 
Non  attecchisce  sull'Uomo  se  non  del  tutto  transitoriamente;  non  attecchisce  affatto 
su  altri  animali. 

Sarcoptes  equi  (Gerlach).  —  Alquanto  più  grande  del  8.  scabiei,  cioè:  Fem- 
mina lunga  nini.  0,45  a  0,50;  larga  0,31  a  0,37,  Maschio  lungo  mm.  0,22  a 
0,28;  largo  0,15  a  0,20.  La  presenza  dell'Acaro  sul  Cavallo  determina  piccole 
zone  depilate  arrotondate,  in  varie  parti  del  corpo  dell'ospite.  Questa  è  la  rogna 
più  grave  del  Cavallo,  assai  più  delle  altre  dipendenti  da  Psoroptes  e  Chorioptes, 
che  conosceremo  tra  breve. 

La  scabbia  del  Cavallo  si  trasmette  facilmente  all'Asino,  al  Malo  ed  anche 
all'Uomo,  ma  in  quest'ultimo  non  dura  a  lungo. 

Sarcoptes  suis  (Gerlach).  —  Più  rotondeggiante  delle  altre  specie.  Spine 
iliache  lunghe,  sottili,  appuntite.  Nel  maschio  le  branche  dell'epiandrio  sono  sal- 
date agli  epimeri  posteriori.  Femmina  lunga  mm.  0,35  a  0,50  ;  larga  0,29  a  0,39. 
Maschio  lungo  mm.  0,25  a  0,35,  largo  0,19  a  0,30. 

La  rogna  del  Maiale  è  trasmissibile  anche  all'Uomo. 

Sarcoptes  parvulus  (Canestr).  —  Specie  istituita  da  Canestrini  per  una  forma  trovata  dal  Guzzoni 
nel  1877,  nel  condotto  uditivo  esterno  del    Maiale.  Il  Mègnin  ne  fa  un  cenno  senza  denominare 
la  specie  che  sarebbe  la    più    piccola    del  genere.  Femmina  lunga  mm.  0,288  ;  larga   0,216.    Ma- 
schio lungo  mm.  0,168;  largo  0,128. 

Sarcoptes  caprae  (Fùrst.).  —  Femmina  lunga  mm.  0,345;  larga  0,342.  Maschio 
lungo  mm.  0.243  ;  largo  0,188.  Sulla  Capra,  trasmissibile  alla  Pecora  ed 
al  Cavallo.  Il  Perroncito  afferma  che  si  trasmette  ed  alligna  anche  sull'Uomo, 
colla  stessa  intensità  come  pel  S.  scabiei. 

Sarcoptes  ovis  (Mègn.).  —  Femmina  lunga  mm.  0,314;  larga  0,300.  Maschio 
lungo  mm.  0,220;  largo  0,100. 

Non  frequente.  Il  Mégnin  afferma  che  si  può  trasmettere  alla  Capra,  al  Cane 
ed  anche  all'Uomo.  Intorno  alla  trasmissione  a  quest'ultimo  però  il  Railliet  fa 
qualche  riserva. 

Sarcoptes  dromedarii  (Gerv.).  —  Le  dimensioni  date  dal  Canestrini  si  riferi- 
scono ad  una  femmina  immatura.  Secondo  gli  esemplari  che  possiedo  io  le  di 
mensioni  stesse  sarebbero  presso  a  poco  conformi  a  quelle  che  ne  dà  il  Mègnin, 
cioè:  Femmina  lunga  mm.  0,44;  larga  0,33.  Maschio  lungo  mm.  0,28;  largo  0,24. 
La  specie  vive  sul  Dromedario,  Cammello,  Lama,  nonché  sulla  Giraffa,  Antilope 
bubaìus.  È  molto  comune  e  molto  nociva  nei  nostri  possedimenti  d'Africa  (Etiopia), 
specialmente  perchè  diffusa  sul  Lama. 

Sarcoptes  praecox  (Can.).  —  Descritto  primamente  dal  Neumann  sotto  il  nome 
di  8.  cunieuli.  La  scabbia  è  assai  contagiosa  da  Coniglio  a  Coniglio,  ma  non 
si  trasmette  ad  altri  animali  né  all'Uomo.  Le  dimensioni  sono  presso  a  poco  quelle 
del  <S'.  scabiei. 

Notoedrus  cati  (Hering.).  —  Il  genere  Notoedrus,  istituito  dal  Railliet  nel  1893, 
comprende  tre  specie;  la  indicata  che  vive  sul  Gatto;  una  seconda  (N.  cunieuli, 
(lerlach)  vivente  sul  Coniglio,  che  produce  una  scabbia  pochissimo  contagiosa 
anche  da  Coniglio  a  Coniglio,  e    non   trasmissibile  al    Cane,  al  Gatto,    ai    Topi; 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


45 


un  terzo  poi  vivente  sui  Topi  domestici  e   campagnuoli,  Arvicole  ecc.,  sui    quali 
produce  una  scabbia  benigna,  alle  orecchie  ed  altrove. 

I  Xotoedrus  si  distinguono    dai    Sarcoptes,  coi  quali  convengono  in  tutti    gli 


Fig.  30.  —  Notoedrus  cati  (Hering)  molto  iugrandito. 
A,   D,  femmina  (prona  e  supina);  Bt  C,  maschio  (stipino  e  prono)  (da  Boriose), 


altri  caratteri  morfologici,  solo  perchè  l'apertura  anale  è,  anche  nel  maschio,  col- 
locata decisamente  al  dorso. 

Il  N.  cati  (fig.  30)  ha  le  seguenti  dimensioni:  Femmina  lunga  mui.  0.215 
a  0,230;  larga  mm.  0,165  a  0,175.  Maschio  lungo  mm.  0,145  a  0,150;  largo  0.120 
a  0,125.  Quello  del  Coniglio  ha  dimensioni  corrispondenti  ed  è  in  tutto  molto 
simile  al  presente;  quello  dei  Topi  è  alquanto  maggiore  ed  anche  un  poco  diverbi >. 


46 


CAPITOLO    PRIMO 


La  scabbia  che  produce  il  F.  cati  sul  Gatto  è  assai  grave,  pressoché  incu- 
rabile e  conduce  alla  morte  dell'ospite,  come  io  ho  veduto  più  volte.  Il  parassita 
invade  la  testa  e  determina  larghe  croste,  resistenti,  su  tutta  la  superficie  del  capo. 

Le  specie  seguenti  spettano  a  tre  generi,  che  sono  particolari  esclusivamente 
degli  Uccelli. 

Cnemidocoptes  mutans  (Robin).  —  Il  genere  Cnemidocoptes  si  distingue  dai  due 
precedenti  perchè  nel  maschio  e  nelle  forme  giovani  di  ambedue  i  sessi  tutte 
le  zampe  sono  terminate  da  ventosa  peduncolata  e  nella  femmina  adulta  invece 
tali  ventose  mancano  su  tutte  le  zampe,  le  quali  sono  terminate  con  una  robusta 


Kig.  31.  —  Due  Cnemidocoptes  delle  Galline,  molto  ingranditi. 
A,  0.  gallmat  Kob.,  femmina  dal  dorso;   B,  O.  mutans  Rob.  femm.  supina;  O,  0.  muta.™  maschio  supino  (da  Boriose). 


unghia  tarsale,  Il  dorso  non  presenta  spine  o  tubercoli,  ma  sul  capotorace  un 
robusto  scudo  chitinoso  rettangolare.  L'ano  è  terminale.  Mancano  i  dischi  copu- 
latori  del  maschio  in  una  specie,  ma  si  trovano  nel  Cri.  columbae  e  nel  Cri.  gallinae. 
Il  corpo  delle  femmine  è  talora  più  largo  che  lungo,  sempre  rotondeggiante. 

Nel  Cnemidocoptes  mutans  (Robin)  (fig.  31  B,  C)  il  corpo  delle  femmine  è  pres- 
soché discoidale,  terminato  da  due  sole  setole  lunghe;  nel  maschio  è  appena  più 
stretto,  leggermente  bilobo.  Mancano  in  questo  sesso,  per  questa  specie,  i  dischi 
copulatori.  Femmina  lunga  min.  0,45;  maschio  lungo  mm.  0,21. 

Questo  Acaro  attacca  le  Galline  ed  anche  altri  Uccelli  allevati  assieme  al- 
l'ospite preferito.  Si  è  trovato  anche  sui  Passeracei.  In  tutti  i  casi  vive  sulle 
zampe,  sulle  quali  determina  incrostazioni  talora  vistose.  È  ovoviviparo.  Si  me- 
dicano facilmente  i  soggetti  affetti  togliendo  tutte  le  croste  e  lavando  con  sostanze 
insetticide. 

La  specie  è  nota  da  molto  tempo  e  spesso  confusa  colla  seguente.  Ha  ricevuto  nomi  diversi, 
ad  es.  Sarcopte*  mutans  (Robin,  Reynal  et  Lanquetin,  Mègnin,  Perroncito,  Railliet,  ecc.);  Bar- 
copta  anaoanthei  (Delafond  et  Bourguignon);  Cnemidocoptes  viviparus  (Fiirstemberg);  Dermatoryktes 
fossor  (Ehlers).  Col  nome  intestato  è  illustrato  da  Canestrini,  Berlese  ed  altri. 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


47 


Coemidocoptes  gallinae  (Railliet).  —  La  femmina  è  più  larga  che  lunga,  eoa 
otto  setole  mediocri  nell'estremo  posteriore  del  corpo.  Il  maschio,  molto  più 
piccolo,  ha  forma  pentagonale,  ristretto  di  dietro  e  porta  due  ventose  copulatrici 
(dischi  al  ventre).  Femmina  lunga  fino  a  mm.  0,40;   maschio  nini.  0,22  (fig.  31  A). 

La  specie  vive  sulle  Galline,  sul  loro  corpo,  determinando  la  caduta  parziale 
o  totale  delle  piume.  Si  trasmette  facilmente  da  un  Pollo  all'altro.  Somiglia  molto 
al  seguente,  dal  quale  però  è  distinto  per  una  statura  maggiore  e  per  qualche 
altro  carattere. 

Cnemidocoptes  columbae  (Railliet).  —  La  femmina,  pressoché  tanto  larga  che 
lunga  porta  due  lunghissime    setole    all'estremo    posteriore    del    corpo,    oltre    a 


Fi».  32.  —  Cnemidocoptes  columbae  Raill.  dei  Colombi,   molto  ingrandito. 
A,  B  femina  prona  e  supina  ;  P,  maschio  supino  (da  Berlase). 


quattro  piccolissime;    è  lunga  mm.  0,30.  Il  maschio  ha  le  ventose  copulatrici  ed 
è  lungo  mm.  0,17  (fig.  32). 

Vive  sui  Colombi,  alla  base  delle  piume,  che  si  rompono  a  livello  della  pelle, 
producendo  così  delle  zone  del  tutto  denudate  di  penne.  Il  Railliet  lo  chiamò 
primamente  Sarcoptes  laevis  var.  columbae. 

Laminosloptes  cystlcola  (Vizioli)  (fig.  33).  —  E  la  sola  specie  del  genere  finora  nota.  I  sessi  si 
somigliano.  Le  ventose  peduncolate  delle  due  prime  paia  di  zampe  sono  caduche.  Vivono  questi 
Acari  entro  la  pelle  delle  Galline,    determinando  speciali,  piccole  escrescenze;  sono  poco  molesti. 

Cytodites  nudus  (Vizioli).  —  Sola  specie  del  genere  finora  nota.  L'insieme  dei 
pezzi  boccali  forma  un  tubulo  corto.  Corpo  ovale,  nudo,  simile  in  ambedue  i  sessi. 
Tutte  le  zampe  terminate  da  ventosa  con  breve  peduncolo,  glabre.  Ovoviviparo. 
Ambedue  i  sessi  lunghi  circa  mezzo  millimetro.  Vive  nelle  vie  aeree  dei  Gallinacei. 
Talora,  sebbene  di  rado,  si  moltiplica  al  punto  da  determinare  una  grave  irri- 
tazione con  fenomeni  asfittici  (fig.  34). 

Anche  questa  specie  ha  ricevuto  uomi  diversi,  come  Cytodites  glaber  e  Cytoleichus  sarcoptoides 
(Mèguin);  Sarcoptes  gerìachi  (Rivolta);   Sarcoptes  nudità  (Vizioli),  ecc. 


48 


CAPITOLO    PRIMO 


Epidermoptidi  (Sarcoptidi  dermicoli).  —  La  seconda    famiglia    dei    Sarcoptidi 
abbraccia  specie  viventi  parassiticamente  su  Mammiferi  od  Uccelli  e  di  cui  talune 

determinano,  sui  primi,  affezioni,  in  qualche  caso  abba 
stanza  gravi,  sebbene  non  così  come  per  la  specie  della 
famiglia  precedente  si  è  veduto  accadere. 

Ricorderemo    perciò    qui    le    forme    più    gravemente 
parassite  degli  animali  domestici. 

I  caratteri  del  gruppo  sono  qui  infrascritti: 

Corpo  nelle  femmine  rotondo  od  ovale,  nei  maschi  il  più  spesso 
diversamente  foggiato,  sopratutto  nell'estremo  posteriore  dell'ad- 
dome, che  quivi  può  essere  bilobo,  fornito  di  appendici  foliiformi, 
ecc.  Pelle  del  dorso  rinforzata  da  almeno  uno  scudo  sul  capotorace. 
Rostro  più  grande  che  nella  famiglia  precedente,  ma  egualmente 
armato. 

Esistono  i  dischi  copulatori  nel  maschio;  mancano  i  dischi  ge- 
nitali in  ambo  i  sessi. 

I  generi  di  questa  famiglia  finora  noti  sono  i  seguenti: 
Caparinia  (Canestrini,   1894);  Psoroptes  (Gervais,   1841);  Psoralaes 
(Trouessart,  1896),  Hicrolichns  (Trouess.  et  Neumaun,  1887)  ;  Hetero- 
psonis  (id.);    Paehilichus  (Canestrini,    1894);  Rivoltano  (id.);    Epìder- 
moptes  (Rivolta,  1876);  Dermation  (Trouess.  et  Neum.,  1888). 

Fra  gli  Epidermoptidi  le  specie  che  meritano  di 
cysiicoia (Vizioiì),  dai  ventre  essere  ricordate,  come  determinanti  affezioni,  talora  ab- 
moito  ingrandito   (dai  Me-      bastanza  gravi?  agli  aniluali  domestici,  sono  le  seguenti  : 


Fig.    33.      —     Lamìnosioptes 


Otodectes  cynotis  (Hering).  —  Il  genere  è  istituito  con  buon  fon- 
damento dal  Canestrini.  È  bene  distinto  dai  Psoroptes  e  Chorioptes  per  l'armatura  delle  zampe 
nei  due  sessi. 

Infatti  negli  Otodectes  il  maschio  ha  ventose  ambulacrali  su  tutte  le  zampe  e  la  femmina  solo 
sulle  quattro  anteriori;  le  altre  sono  terminate  da   setole.  La 
specie  ha  le  seguenti  dimensioni:  femmina  lunga  mm.'  0,530; 
maschio  0,400. 

Vive  nel  padiglione  dell'orecchio  e  nel  condotto  uditivo 
esterno  del  Cane  e  del  Gatto,  dove  si  nutre  del  cerume.  Non 
produce  alterazioni  cutanee,  ma  eccita  un  prurito  così  vivo 
che  le  vittime  hanno  veri  accessi  di  frenesia  e  si  feriscono, 
grattando  violentemente,  le  orecchie.  Gli  autori  ne  trattano,  al 
solito  usando  nomi  vari,  come  Sarcoptes  cynotis  (Hering)  ; 
Chorioptes  ecaudatus  (Mègnin);  Symbiotes  ecaudatus  (Perroncito); 
Chorioptes  auricularum  (Railliet).  ecc. 

Psoroptes  equi  (Gerì.)  e  Ps.  bovis  (Gerì.).  —  Non 
ho  trovato  differenze  morfologiche  e  piccolissime  di 
statura  fra  le  due  specie,  perciò  ne  tratto  insieme. 
Il  genere,  oltre  ai  caratteri  della  famiglia  ricordati 
più  su,  si  distingue  dagli  affini,  ad  es:  dal  gen. 
Chorioptes,  perchè  la   femmina    porta    ambulacri    a 

ventosa  su  tutti  i  piedi,  all'infuori  di  quelli  del  terzo  paio,  che  sono,  invece,  ter- 
minati de  setole  Le  ventose  hanno  un  lungo  peduncolo  diviso  in  più  articoli.  Il 
maschio  è  molto  diverso  dalla  femmina  ed  ha  l'addome  posteriormente  bilobo; 
ciascun  lobo  reca   tre    setole  lunghissime,  eguali  fra  loro  e  più   lunghe    di    tutto 


Fig.  34.  —  Cytodites  nudus  (Vizioli); 
maschio  supino,  ingrandito  (da 
Mègniu). 


GLI    AFFINI    DEGLI    lNM'.rn 


49 


l'animale:  sempre  in  questo  sesso  il  1."  paio  (li  zampe  è  brevissimo,  appena 
lungo  (pianto  metà  di  quelle  del  3.°  paio.  11  P.  bovi*  ba  le  seguenti  dimensioni: 
femmina  lunga  min.  0,62  :  maschio  lungo  tuui.  0,55.  Quanto  al  /'.  equi  esso  sembra 
alquanto  maggiore.  Le  misure  da  me  raccolte  souo:  femmina  lunga  mm.  0,G0  a 
0.70.  larga  mm.  0,40  a  0.50:  maschio  lungo  nini.  0.50  a  0,58;  largo  min.  0.30  a  0,39. 
11  Psoroptes  ri/ni  vive  sul  Cavallo,  sull'Asino  e  Mulo,  né  attecchisce  su  altri 
animali,  come  Buoi,  Pecore.  Maiali.  Cani,  Gatti,  uè  sull'Uomo.  Esso  è  causa  della 
scabbia  cosi  detta  psoroptiea.  che  è  però  meno  grave  di  quella  sarcoptica,  perchè  il 
Psoroptes  non    scava  cunicoli  nella  pelle,  come   fauno  i   ISarcoptes,  ma  punge  dal- 


Fig.  35.  —  Psoroptes  hovis  (Gerì.)  molto  ingranditi. 
.1.  muschio;  B,  femmina,  supini  (da  Beilesr). 


l'esterno,  provoca  la  formazione  di  una  piccola  pustola,  che  poi  si  rompe  ed  il 
contenuto  stravasato  secca,  dando  origine  ad  una  crosta.  Siccome  gli  Acari  vivono 
tutti  insieme,  così  le  croste  si  fondono  in  una  massa  unica,  che  si  estende  gra- 
datamente e  regolarmente  sulla  superficie  del  corpo.  Le  parti  preferite  e  prime 
attaccate  sono  quelle  coperte  di  crini,  come  la  sommità  del  collo,  sotto  la  cri- 
niera o  la  base  della  coda,  ma  ancora  il  garrese;  poi  si  estende  altrove.  La  diagnosi 
ne  è  facilissima  perchè  sotto  le  croste  si  trovano  ammucchiati  in  gran  numero 
gli    Acari   in   tutte  le  età. 

La  specie  e  stata  illustrata  da  tempo.  La  malattia  primamente  segnalata  dal  Lonting, 
verso  la  metà  del  secolo  decimonono;  la  prima  figura  dell'Acaro  e  data  da  Goliier  e  Saint  Didier 
nel  1813;  di  poi  da  Bosc  nel  1816;  da  Raspail  nel  1833;  Hertwig  ed  Hering  nel  1835;  Gervais 
nel  1841:  Dujanlin  nel  1843;  Gerlach  nel  1857,  ecc.  Al  solito  l'Acaro  ebbe  nomi  diversi;  ed  es., 
Dermatodeotes  equi  (Gerlach)  ;  Dermatokoptes  communi»  (Piirsteiub.);  Psoroptes  longirostris  var.  eqni 
(Mègniu  :    Psoroptes  communio  var.  equi  (Railliet,  ecc.). 

Il   l'soroptes  bovis  (tìg.  35)  ha  costumi    analoghi  ed  esso  pure  preferisce    (nel 
Bue)  la   parte  superiore  del  collo,  il  garrese  e  sopratutto  la  base  della  coda. 

B.   Bi  BLESE,  Oli  Infetti,  li.  —  7. 


50 


CAPITOLO    PHIMO 


Psoroptes  ovis  ((Ieri.).  —  Differisce  «lai  precedenti  sopratutto  perchè  il 
maschio  reca  cinque  setole  su  ciascuno  dei  coni  addominali  posteriori,  delle  quali 
due,  molto  lunghe,  per  quanto  meno  del  corpo  dell'Acaro,  sono  fra  di  loro  eguali 
ed  altre  tre  sono  cortissime.  La  statura  è  maggiore,  cioè:  femmina  lunga  mm.  0,75; 
maschio  mm.   0,60. 

Vive  sulla  Pecora,  sta  sulle  parti  coperte  di  lana,  come  sulla  groppa,  dorso, 
reni  e  collo,  provocando  depilazioni  più  0  meno  estese.  Aggredisce  anche  la 
(  'apra. 


Psoroptes  cunlculi,  Mègli, 
sul   Coniglio. 


Molto  affine  al  precedente,  al  quale  somiglia  morfologicamente.  Vive 


Fig.  36.  —  Chorioptes  equi  (Hering)  supini, 
maschio:     ]-!,     fumraina,     ingranditi      (da     Berlese). 


Chorioptes  equi  (Hering)  e  C.  bovis  (Gerì.).  —  Il  genere  è  stato  istituito  dal 
(lervais.  Si  distingue  dal  precedente  perchè  nella  femmina  si  trovano  ventose  ani- 
bulacrali  solo  agli  arti  del  primo  e  secondo  paio  ;  gli  altri  sono  terminati  da 
setole  (fig.  36). 

Dagli  Otodectes  poi  differisce  perchè  il  maschio  ha  l'addome  posteriormente 
bilobo.  Le  tino  specie  del  genere  qui  indicato  non  differenziano  morfologicamente 
tra  loro,  neppure  per  la  statura  ;  sembrano  però  diverse,  essendo  riesciti  vani  i 
tentativi  del  Gerlach  e  d'altri  di  comunicare  al  Bue  la  scabbia  corioptica  con 
Acari  tolti  dal  Cavallo.  Il  maschio  ha  l'addome  terminato  da  due  brevi  coni, 
ciascuno  dei  quali  reca  internamente  due  lunghe  setole  semplici  e  due  lunghe 
appendici  a  forma  di  foglia  lanceolata,  molto  allungata,  trasparenti.  Femmina  lunga 
mm.  0,38;  maschio  min.  0.31  a  0,30.  Determina  la  scabbia  del  piede,  perchè 
quest'Acaro,  a  differenza  del  Psoroptes,  attacca  le  estremità,  però  non  entro  la 
pelle  ma  all'esterno,  in  ciò  affatto  come  si  comportano  i  Psoroptes.  Nel  Bue  invece 
è  attaccata  di   preferenza    la  base  della  coda,  di  dove  il  male  si  estende,   poco  a 


i;u  affini  ni'un.i   ixsktti 


51 


poco,  sulla  groppa,  sui  reni  e  sul  dorso.  La  scabbia  corioptica  o  simbiotica,  come 
è  detta,  <■.  del  resto,  assai  benigna.  Sembra  che  la  forma  del  Cavallo  o  sue  va- 
rietà si  sia  trovata  anche  sulla  Capra  (Vii.  caprai',  Del.  et  Bonrg.),  sulla  Pecora 
(Ch.  ovis,  Ziirn)  e  sul  Coniglio  (Ch.  ouniculi,  Ziìrn),  con  etì'etti  poco  gravi. 

appunto  il  Ch.  vini,  rumi'  il  ]iiìi  cornane,  ha  ricevuto  numi  diversi,  cioè  Sarcoptes  equi  (He- 
rin«r);  Symbiotes  (•</«/'  (Gerlach,  ecc.);  ChorìopU»  tpathiferus  (Mèguin);  Chorioptes  fymbiotes  di  vari 
autori. 

La  forma  del  Bue  è  stata  anche  chiamata  Dermatophagw  bovili  da  Fustemberg. 

(ili   Epidermoptini    avicoli   formano  veramente  un   passaggio  agli   Analgesini, 


Fig.  37.  —  Kpidermoples  bilobalus  (ltivolta)  ingrandito. 
A,  maschio  supino;  S,  femmina  prona  (da  Berlese). 


dai  quali  differiscono,  più  che  morfologicamente,  pel  genere  di  vita,  inquantochè 
essi  sono,  come  è  stato  avvertito,  veramente  dermicoli  anziché  plumicoli.  Qualche 
specie  è  però  abbastanza  incomoda  all'ospite,  come  appunto  può  essere  detto  della 


Epidermoptes  bilobatus  (Itiv.)  produce  una  particolare  scabbia  sui  Polli,  pun- 
gendone la  pelle  e  provocando  iperemie  e  tutnefazioncelle.  Questa  scabbia 
epidermoptica  è  stata  bene  descritta  dal  Rivolta  (1876)  e  dal  Capanni  (ISSO).  La 
malattia  non  è  senza  conseguenze.  Infatti  dopo  il  rossore  e  le  piccole  tumefazioni 
anzidette  sopravvengono  minute  pustule,  come  effetto  della  puntura  dell'Acaro. 
Gli  animali  affetti  diventano  magri,  a  poco  a  poco  perdono  l'appetito;  la  cresta 
ed  i   bargigli  si  fanno  pallidi,  tinche  poi  muoiono  marasmatici. 

La  malattia  è  contagiosa  ed  interi  pollai  ne  possono  essere  infetti.  Tutte  le 
parti  coperte  di  piume  possono  essere  attaccate. 

L' Epidermoptes  bilobatus  è  lungo  min.  0.27  (fig.  37). 


52 


CAPITOLO    PHIMO 


Altre  specie  di  generi   vari  riscontransi  su   Uccelli  diversi,  ma  non  è  il  caso 
di  tenerne  conto  qui. 

Sarcoptidi  pilicoli  o  GLiHicOLi  (Listroforìdi).  —  Nella  famiglia  dei  LUtroforidì  si  annoverano 

Acari  molto  singolari,  viventi  sui  piccoli  mammiferi  (Roditori,  Chirotteri),  una  specie  auche  sugli 
Uccelli,   senza  evidente   molestia   o  danno    dell'ospite.   Essi  hanno   gli   arti   di   talune  paia,  oppure 


Fig.  38.  —  Tre  Sarcoptidi  gliricoli  o  Listroforìdi, 

.1,  maschio  prono  del  Listrophorus  gibbus  Pag.  del  Coniglio  :  B,  LabiAocarpns  megalonyx  Trt.  di  un  Pipistrello  nostrale 
(Rhynolophu»  fernimequimim),  sn  un  pelo  dell'ospite;  C,  Myocnptet  tenax  Mieli,  dei  Topi  campagnnoh  ed  Arvicole, 
su  un  pelo  dell'ospite.  Ingranditi  (da  Berlese). 


il  rostro  conformati  in  modo  da  poter  abbracciare  fortemente  i  peli  dell'animale  sn  cui  vivono 
(fig.  38). 

I  maschi  sono  diversi  dalla  femmina,  specialmente  per  la  particolare  armatura  dell'estremo 
addome,  talora  molto  accidentata.  Con  queste  forme  è  sempre  mescolato  qualche  Acaro  loro 
predatore,  come,  del  reato,  si  trova  anche  sugli  Uccelli  ai  dauni  degli  Epidermoptidi  ed  Anal- 
gesidi. 

Questi  predatori  appartengono  alla  famiglia  dei  Cheiletidi,  fra  i  Prostigiiiati  e  sono  ricono- 
scibili per  l'enorme  sviluppo  dei  palpi  terminati  da  unghia  robusta  e  lunga,  in  modo  che  l'un 
palpo,  opponendosi  all'altro,  forma  una  pinza  o  chela  molto  efficace  'fig.  45).  La  CheyìeUella 
heteropalpa  (Mègn.)  (fig.   17)  e  qualche  altra  specie  affine  forma,  sulla  pelle  degli  Uccelli,  dei  pie- 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


53 


eoli  nidi  coperti  ili  ti  1  ì  sericei,  sotto  cui  si  trovano  questi  Ai-ari  in  tutte  le  t'orine,  colle  uova 
ecc.  K  facile  riscontrare  dei  Passeracei,  specialmente,  sui  quali,  denudati  delle  penne,  si  vedono 
delle  minute  chiazze  bianco  sericee,  non  più  ampie  di  uno  o  due  millimetri  ili  diametro,  che 
sono  appunto  i  nidi  in  discorso. 

SaRCOPTIDI   AVICOLI   OD    A.NAI.GESIDI.    —   Nella  grande  famiglia   di   Analgesidi,    nella  quale  si 
annoverano  tante  specie  singolari  per  la   forma  del  corpo,  sopratutto  nei  maschi,   giacché  in  questo 


Fig.  39.  —  Acuro  dei  Gallinacei  domestici  ;  Ategniuia  ctilùlatis  (R.  et  M.)  supina. 
A,  maschio;  B,  femmina;  ingranditi  (da  Berlese). 


gruppo  il  dimorfismo  sessuale  è  spiccatissimo,  uou  si  incontrano  specie  che  meritino  partico- 
lare menzione  per  effetti  piatici  degni  di  nota. 

Per  quello  che  riguarda  le  diversità  fra  maschio  e  femmina,  dirò  che  nei  maschi  ordinaria- 
mente l'addome,  nella  sua  regione  posteriore,  è  molto  variamente  accidentato  ed  ornato  di  ap- 
pendici varie.  Anche  qualche  paio  di  zampe,  ad  es.,  il  3.°  in  Analges,  Pteronyssus,  Megninia,  ecc., 
può  essere  assai  più  sviluppato  di  tutti  gli  altri.  Invece  nella  femmina  il  corpo  è  generalmente 
ovale  e  rotondato  di  dietro  e  le  zampe  fra  loro  di  eguale  grossezza.  Le  femmine  di  tutti  i  ge- 
neri si  somigliano  molto  fra  loro.  Tutti  questi  Acari  sono,  come  ai  è  già  avvertito,  pressoché 
innocui  per  l'ospite.  Tra  quelli  che  occorrono  sugli  Uccelli  domestici,  converrà  ricordare  la  Megni- 
nia cubitali8  (Mègn.)  (fig.  39),  molto  comune  specialmente  sui  Fagiani,  ma  anche  sugli  altri  Gal- 
linacei; la  Freyana  unatina  (Koch)  di  varie  specie  di  Anatre;  la  F.  anserina,  Trouess.  et  Mègn., 
delle  Oche;  il  Bdellorynchus  polgmorphus  Trouess.  di  Anatre  diverse;  il  Falciger  rostratus  (Buchh.) 
dei  Colombi,  ecc.  Sono  tutti  Acari  molto  piccoli,  i  quali  non  raggiungono  od  a  mala  pena  il  mil- 
limetro di  lunghezza  e  tale  statura  massima  appartiene  solo  a  poche  specie  (tìg.   16). 

Chi  voglia  averne  idea  guardi  contro  la  luce  le  penne  remiganti  di  qualche  uccello,  ad  es., 
Rondini,    Rondoni,    Corvi,    Allodole,    Fringuelli,  ecc.  Vedrà  fra  le  barbe   dei  minutissimi    punti 


54 


CAPITOLI)    PRIMO 


opachi  immobili,  ordinati  sulle  barbe  stesse  e  piti  vicini  al  caule.  Li  tolga  delicatamente  con 
uno  spillo  e  riconoscerà  trattarsi  di  Acari,  in  tale  caso  probabilmente  dei  generi  Pterolichus,  Pte- 
rocolus,   Proctophyllodes,  ecc.  Troverà  mescolati  maschi  e  femmine  e  giovani  di  tutte  le  età. 

I  più  strani  Acari  di  questo  gruppo,  avuto  riguardo  all'enorme  sviluppo  del  terzo  paio  di 
zampe  nel  maschio,  sono  gli  Analges.  La  specie  più  anticamente  nota  e  citata  con  meraviglia 
dei  naturalisti,  appunto  pegli  enormi  piedi  del  maschio  è  VA,  passerinus  L>.  G.  di  molti  passeracei, 
specialmente  del  gen.  Fringilla  ed  affini.  Questi  vivono  sulle  penne  del  capo.  Si  veda  a  fig.  16  C, 
come  è  conformato  il  maschio  di  una  specie  comune  sulle  Sylvia  nostrali. 

Altre    forme    non    meno    paradossali   per    l'ornamentazione    e  conformazione    dell'addome  nei 

maschi    sono    indicate    nella    stessa 
figura  16. 

Quanto  alle  femmine,  ripeto, 
esse  sono  molto  semplici  e  simili 
fra  loro,  ma  assai  diverse  dai  ri- 
spettivi maschi   (vedi  fig.   39,   B). 

SARCOPTID1      1NSETTICOLI 

o  Canestrinidi.  —  Si  pos- 
sono richiamare  presso  a  poco 
agli  Epidermoptidi  come  loro 
affini  talune  specie  di  Sarcop- 
tidi,  le  quali  si  trovano  su 
diversi  Coleotteri  e  stanno 
sulla  pelle  dell'ospite,  sempre 
sull'adulto,  probabilmente  nu- 
trendosi de'  suoi  umori  trasu- 
dati, senza  però  recargli  danno 
sensibile.  Sono  Acari  che  ri- 
cordano gli  Analgesidi  e  gli 
Epidermoptidi.  sopratutto  pel  dimorfismo  sessuale  generalmente  molto  spiccato, 
almeno  nei  gen.  Canestrinia  e  Ganestriniella.  Se  ne  può  aver  idea  ricercandone  la 
specie  più  comune  che  è  la  Canestrinia  blaptis  (Canestrini  e  Berlese)  (fig.  40) 
vivente  in  colonie  sul  petto  delle  Blaps.  Mettendo  sul  portaoggetti  quanto  con  un 
ago  si  può  togliere  dal  prosterno  di  tali  Insetti,  allorché  vi  si  vede  una  macchia 
biancastra  rappresentante  appunto  la  colonia  degli  Acari,  appaiono  tutti  gli  stati 
della  specie  in  discorso.  Altre  forme  congeneri  vivono  sotto  le  elitre  di  Coleotteri 
vari  nostrali  e  forestieri. 

Tra  le  specie  nostrali  si  possono  ricordare  le  seguenti,  oltre  la  C.  blaptis  citata:  C.  provriisti 
Berlese  sul  (Procmstes  coriaceus);  C.  dorcicola  Beri.,  sul  (Dorcus  parallelopipedus)  ;  C.  rotnnda 
Beri,  sul  (Pentodon  panciata»);  C.  cerambici»  Cauestr.  sul  {Cerambyx  litro*);  C.  giardi  Trouess.  (su 
Chrysomela  :   C.   carabicola  Beri,  (su   Carabo»);   C.  procera  Beri,  (su   Procerus). 

Tra  le  esotiche  ricorderemo  C.  microdisca,  Beri.;  C.  sjievtanda,  Beri.;  C.  nepalensi»,  Beri.; 
(su  Dorai»  ili  Giava);  C.  remigali*  Beri,  (su  Morica  planata  dell'Africa);  C.  negleeta  Beri,  e  C. 
tramiUria  Beri,  (su  Saaraboeu»  centanni»  dell'Africa);  C.  manicata  Beri,  (sulla  Doryphora  tessellata 
dell'Africa)  nonché  una   Megacaneetrinia  (M.  mucronati   Frag.;  su  "E  Carabide  d'Africa. 

Il  genere  Cane»triniella  Berlese,  differisce  dal  precedente  perchè  i  maschi  sono  sprovvisti  di 
ambulacri  a  ventosa  nel  3.°  e  4.°  paio  di  zampe.  Duo  belle  specie  esotiche  si  conoscono,  viventi 
sulle   Batocera  delle  Indie,  Giava,  ecc.,  cioè:   C.  togata  Beri.  (fig.    11)  e  C.  amplexan»  Beri. 

Il  genere  Coleopterophagus  Beri,  differisce  dai  precedenti  perchè  manca  il  dimorfismo  sessuale 
ed   il   maschio  non  ha  neppure  i  dischi  copulatoli. 

La  specie  nostrale  e  il  C.  megninii  Beri.,  che  qualche  volta  si  trova  sotto  le  elitre  della  Ce- 
tonia  metallica.   Qualche  altra  specie  esotica  è  nota,  vivente  su  Lamellicorni. 

Finalmente  diremo  che    col  gen.   Coleoglyphns    Beri.,  comprendente   due  o  tre  specie  esotiche 


Fig.  40.  —  Canestrinia  blaptis   C.  et  B.    maschio    prono,    molto 
ingrandito  (da  Berlese). 


GLI    AKKIN'I    DEGLI    INSETTI 


grandi,   viventi  su  Lamellicorni  specialmente,   i  Canestrinidi  passano  nei    Tiroglifldi,    perchè    in 
realtà  il  genere  può  rientrare    bene  in    quest'ultima  famiglia.  Si  comprende  cosi  che  i  Canestri- 


A  B 

Pig.  41  —  Caneslriniella  logala  Beri,  parassita  di  Cerambicidi  (Baloeera)  ilelle  Indie. 
A,  maschio;  II.  femmina,  proni,  ingraniìiti. 


nidi,    torme    ormai  multo  differenziate,  derivano  dai  Tiroglifldi  liberi,  adattati  alla  vita  semipa- 
rassitaria su   Coleotteri. 

Il  più  aberrante  fra  i  Sarcoptidi  iusetticoli  e  certo  non  appartenente  alla  famiglia  Canestri- 
nidi  è  il  Linocoptes  cocoinellae  Seop.  (fig.  42),  che 
si  riscontra  non  di  rado  sulla  Lina  pupilli,  sotto 
le  elitre.  Esso  e  veramente  un  Acaro  strano,  da 
non  sapersi  a  quale  famiglia  ascrivere,  se  non 
sta  vicino  agli  His'iostoma,  che  sono  Tiroglifldi 
liberi,  del  tutto  singolari  per  struttura  speciale. 
Questo  è  il  quadro  dei  Sarcoptidi  viventi  in 
tutte  le  età  loro  sugli  Insetti. 

Sarcoptidi  liberi  o  detriticoli 
(Tiiìoglifidi).  —  Più  particolare  men- 
zione meritano  gli  Acari  di  questo 
gruppo,  tanto  più  clie  vi  si  trova  com- 
presa quella  forma,  la  quale  Ita  dato  il 
nome  a  tutto  l'ordine  e  di  cui  parla  Ari- 
stotele. 

Aristotele,  adunque,  scrive  che  anche 
nella  cera  si  generano  animaletti,  ma 
così  piccoli  che  appena  si  possono  vedere 
e  perciò  sono  detti  x'.xpzìot. 

Veramente  però  se  la  cera  è  scevra 
da  altre  sostanze  che  sono  negli  alveari, 
non  è  appetita  dagli  Acari  domestici,  ma 

è  credibile    che  quella    tale  cera,    che  si  faceva  allora  e    tuttavia  si    fa,  greggia, 
potesse  benissimo  nutrire  delle  colonie   di   Acari  domestici. 

Certamente  nei  nidi  di  altri  Apidei,  come  Xyìocopa,  Chalichodoma,  Megachile,  ecc. 


Fig.  42.  —  Linocoptes  coccinellae  (Scop.)  maschio, 
prono,  molto  ingrandito  (da  Berlese). 


56 


CAPITOLO    1MMMO 


a  spese  della  sostanza  ivi  accumulata  a  nutrimento  delle  larve,  albergano  Acari 
speciali,  come  vedremo,  le  cui  forme  migranti  si  trovano  appunto  sugli  Insetti 
adulti  delle  specie  indicate.  Ma  nelle  case,  chi  voglia  trovare  qualcuno  degli 
Acari  domestici  di  questo  gruppo,  li  cercherà    nei  detriti  del  formaggio,  special- 


Fig.  43. 


Un  Histiostoma:  A,  femmina  veduta  dui  dorso;  B,  maschio  supino  molto  ingrandito 
(da  Berlese). 


mente  se  conservato  da  tempo  o  se  va  in  polvere  per  carie  (flg.  48;  ;  nella  farina  o 
prodotti  alimentari  a  base  di  farina,  che  in  luogo  non  troppo  asciutto  sieno  rimasti 

per  gran  tempo  e  così  sulle  carni,  sulle  frutta,  sui 
funghi  secchi,  ecc.  Quivi  si  incontrano  tre  o  quattro 
specie  di  Acari  domestici,  fra  i  (piali  i  più  comuni 
sono  i  Tyroglyphus  siro  (L.)  e  T.  longior  (Gervais) 
biancastri,  lucidi,  ovali,  irti  di  peli  lunghi  quanto 
e  più  del  corpo  e  senza  differenze  più  cospicue  fra 
i  due  sessi.  Comune  è  anche  VAleurobius  farinae 
(D.  G.)  od  Acaro  della  farina  propriamente  detto, 
ovale  allungato,  bianco,  colle  zampe  rosee.  Il  ma- 
schio è  più  piccolo  della  femmina  e  molto  diverso, 
perchè  le  sue  zampe  del  1.°  paio  sono  molto  più 
grosse  delle  altre  ed  armate  di  un  robusto  sprone 
conico  nel  loro  primo  articolo,  alla  faccia  inferiore. 
Particolarmente  sulle  frutta  secche  ed  abban- 
donate a  sé  da  tempo  vive  in  numerose  colonie  il 
Carpoglyphus  passularum  (Fumouze  et  Robin),  che 
si  conosce  perchè  non  ha  che  quattro  lunghi  peli 
all'estremo  posteriore  del  corpo,  sebbene  nel  resto  somigli  ai  Tyroglyphus. 

Probabilmente  l'owa/Js&J  di  Aristotele  è  uno  dei  quattro  succitati  (flg.  46  I),  G, 
A,  B,  E). 

Ma  nella  polvere  delle  case,  cioè  in  ambiente  alquanto  più  asciutto  e  rara- 
mente in  colonie,  si  incontra  VAcarus  domesticus  degli  autori,  che  è  poi  il  Gly- 
cyphagus  domesticus  (1).  G.),  come  si  chiama  correttamente  oggidì  (tìg.  46  F.) 


Fig.  44.  —  Un  Tiroglifide  dei  detriti 
di  fieno  ;  Glycyfthagus  canestrinii 
Arni,  molto  ingrandito,  prono  (da 
Berlese). 


GLI    AFE  INI     HKGI.I     IN-1    I   I  I 


57 


Olyeyphagus  significa  mangiatore  di  cose  dolci,  ma  l'Acaro  si  addatta  a  tutto, 
a  detriti  di  ogni  sostanza  organica.  Esso  corre  velocemente,  non  è,  cioè,  cosi  pigro 
come  quelli  delle  specie  succitate,  che  sono  pingui,  obesi  e  si  muovono  malvolen- 
tieri. 11  Olycyphagus  domesticus  e  le  sue  forme  vicine,  che  vivono  nei  detriti  di 
fieno,  sono  molto  agili  e  veloci.  Alla  lente  appaiono  irti  di  lunghissimi  peli,  più 
lunghi  anche  dell'animale  e  sono  di  colore  bianco.  Si  distinguono  dai  Tyroglyphus 
perchè  hanno  le  zampe  coll'ultimo  articolo  sottilissimo  e  terminato  da  una  pic- 
colissima borsetta  sferica, 
anziché  da  un'unghia  ro- 
busta, come  è  in  tutti  gli 
altri  domestici  già  citati. 

Questi  sono  i  prin- 
cipali Acari  del  gruppo 
dei  Sarcoptidi,  che  si  tro- 
vano sulle  sostanze  ali- 
mentari (fig.  46)  ma  essi 
sono  cacciati  attivamente 
da  altri  Acari  predatori, 
ad  es.  del  gruppo  dei 
Gamasidi  {Laelaps  margi- 
natila; L.  casalis,  ecc.)  e 
più  frequentemente,  anzi 
sempre .  d  a  particolari 
Cheyletus,  dei  quali  si  è 
già  descritta  la  poderosa 
armatura   boccale. 

Nelle  case  i  Vheyletus 
più  comuni  sono  il  Ch. 
eruditus  (Schrank),  che  ha 
ricevuto  tale  specioso  no- 
me   perchè    non    è    raro 

nella  polvere  delle  biblioteche,  dove  vive  predando  attivamente  gli  Acari  tiro- 
glitidi  che  rodono  i  vecchi  volumi  (fig.  45  A)  ed  il  Ch.  doctus  del  Berlese,  che 
somiglia  molto  al  precedente.  Questi  sono  bianchi  ed  hanno  le  zampe  anteriori 
brevi.  Si  trova  inoltre  il  bellissimo  Cheyletus  renustissimus  (Koch),  di  colore 
giallo  ranciato  e  colle  zampe  anteriori  lunghissime.  Questo  però  è  più  comune 
nei   detriti  di  fieno. 

Anche  questi  predatori,  allorché  vogliono  migrare,  si  attaccano  a  qualche 
insetto  domestico  e  si  fanno  così  portare  altrove.  Questi  piccoli  difensori  di  quanto 
noi  procuriamo  di  conservare  per  nostro  nutrimento  o  per  altro,  non  impediscono 
però  l'attività  malefica  degli  Acari  che,  lasciati  fare,  presto  compiono  la  loro  opera 
rovinosa. 

I  collezionisti  di  Insetti  sanno  benissimo,  ad  es.,  che  le  loro  raccolte  sono 
minacciate  seriamente  da  una  specie  di  carie,  che  manda  i  loro  preziosi  esemplari 
tutti  in  polvere.  Anche  in  questo  caso  si  tratta  di  un  Acaro  speciale,  la  Monie- 
zitlht  entomophaga  (Laboulb.)  più  piccola  del  Tyroph.  siro,  alla  quale  potrebbe 
essere  somigliata  se  non  avesse  peli  sul  corpo  molto  più  corti. 

Questo  Acaro,  nelle  collezioni  entomologiche,  compie  o  prepara  l'opera  distrut- 
trice degli  Anthrenus.  qualora  manchino  le  debite  precauzioni  di  conservazione. 

Xei  detriti  e  nella  polvere  che  si  trova  sotto  il  fieno  e  le  altre  erbe  secche, 
conservate,  alberga  una  fauna  acarologica  speciale,  con  parecchi  Olycyphagus,  alcuni 

A.  Bekt.fse.  Gii  Inselli,  II.  —  8. 


Fig.  45.  —  Due  Cheiletidi  ad  enormi  palpi. 

A,  Cheyletus  er-uditus  (Scbr.)  delle  case;    B,  Cheyletus  vorax  Oudem.,    maschio, 
dal  dorso,  ingranditi  (da  Berlese  e  da  Oudemans). 


58  CAPITOLO    PRIMO 


dei  quali  bellissimi,  sebbene  molto  piccoli,  perchè  hanno  il  corpo  coperto  di  lunghi 
ed  eleganti  peli  a  ino'  di  piuma  (fig.  44)  come  i  Oh/c.  plumifer  Koch,  Glyc.  canestrinii 
Arm.,  od  a  guisa  di  foglia  lanceolata  {Gì.  palmifer  Founi.  et.  Rob.).  Anche  nei 
nidi  di  piccoli  Mammiferi,  sotterra  (Talpa,  Topi  campagnoli,  Arvicole,  Sorex,  ecc.) 
dove  sono  accumulate  foglie  secche,  sostanze  escrementizie,  ecc.  albergano  colonie 
di  speciali  Sarcoptidi,  che  somigliano  ai  domestici  ricordati  e  di  cui  le  forme 
migranti  si  trovano  fra  il  pelo  dei  mammiferi  abitatori  del  nido. 

In  generale  tutti  questi  Acari,  con  molti  affini,  che  vivono  nelle  sostanze 
organiche  putrescenti,  ad  es.  quelli  del  genere  Histiostoma  (fig.  43),  che  albergano 
in  colonie  numerosissime  nelle  sostanze  animali  o  vegetali  che  si  decompongono; 
oppure  i  Tyrogl.  mycophagus,  Mégn.;  T.  krameri,  Beri.;  Rhyzoglyphus  ech  inopus, 
Claparède,  che  si  trovano  particolarmente  sui  funghi,  patate  o  radici  guaste  in 
genere,  entro  terra  o  fuori  di  terra,  danno  origine  a  forme  ipopiali,  cioè  migranti, 
con  reste  particolare  da  viaggio  e  tutti  questi  Hypopus,  come  sono  detti,  od  anche 
Trichotarsus,  Homopus,  ecc.  si  trovano,  talora  in  gran  numero,  su  parecchie 
specie  di  animali,  ma  particolarmente  sugli  Insetti. 

È  questo  un  capitolo  curioso  di  storia  naturale,  che  merita  realmente  una  più 
ampia  illustrazione. 

Già  si  è  detta  la  ragione  di  esistenza  di  queste  speciali  forme  migranti,  che 
spettano  alla  famiglia  dei  Sarcoptidi  esclusivamente. 

Ora,  il  confronto  di  alcune  figure,  cioè  delle  specie  rappresentate  a  fig.  46 
nelle  loro  forme  sedentarie  colle  corrispondenti  indicate  a  fig.  47,  che  sono  le 
migranti  od  ipopiali,  fa  vedere  di  quanto  è  mutata  la  veste  nell'un  caso  in  con- 
fronto dell'altro. 

Si  è  già  avvertito  che  Vhypopus  si  forma  dentro  una  ninfa  e  di  poi,  mutan- 
dosi, dà  origine  ad  altra  ninfa,  che  finisce  poi  per  divenire  adulto. 

UHypopus,  come  è  detta  tale  forma,  può  assumere  caratteri  diversi,  pei  quali 
i  più  vecchi  entomologi  (che  non  conoscevano  così  fatte  curiose  trasformazioni, 
la  cui  scoperta  è  dovuta  al  Mègnin)  avevano  creato  diversi  generi  distinti,  come 
ad,  es.  Tricodactylus,  nome  che  fu  poi  mutato  in  Trichotarsus,  per  un  inquilino 
molto  comune  della  Xylocopa  violacea;  homopus,  per  certe  forme  che  si  incon- 
trano specialmente  sui  Mammiferi,  Anoetus  per  altri,  ecc. 

Le  differenze  consistono  sopratutto  nella  armatura  delle  zampe  e  nel  numero 
e  configurazione  delle  ventose  di  adesione,  che  si  trovano  al  ventre,  presso  l'estremo 
posteriore  del  corpo.  Questi  viaggiatori,  infatti,  hanno  un  sistema  di  ventose,  che 
appaiono  nella  detta  regione  ventrale,  in  forma  di  dischi  a  zone  concentriche,  di 
varia  grandezza  e  diverso  numero.  Con  tali  ventose  circolari  essi  aderiscono  tena- 
cemente alla  cute  liscia  dell'animale  che  li  porta,  generalmente  un  Insetto  od  un 
Miriapodo. 

Le  forme  che  si  trovano  sui  Mammiferi  servono  a  diffondere  le  specie  alle 
quali  appartengono  e  che  vivono  nei  nidi  e  cubicoli  dei  Mammiferi  stessi.  Questi 
Acari,  in  tali  casi,  recano  non  già  ventose,  ma  il  corpo  loro,  nella  parte  anteriore  è  così 
conformato  da  abbracciare  strettamente  un  pelo  dell'ospite,  porta  cioè  dei  rilievi 
rotondeggianti,  con  cute  striata  di  traverso,  tra  i  quali,  esattamente  come  fra  le 
due  branche  di  una  morsa,  può  essere  stretto  il  pelo  del  mammifero  ospite  (fig.  47  ('). 

Le  forme  ipopiali  più  comuni  e  più  degne  di  nota,  che  si  possono  incontrare 
sugli  Insetti,  sono  le  segnenti  : 

Il  Trichotarsus  xylocopae  (Duf.;,  che  si  trova  in  gran  numero  in  ciascun  lato 
del  torace,  sotto  le  ali  della  Xylocopa  violacea,  l'Ape  taglialegno  a  tutti  ben  nota. 
Ha  unghie  poderose  alle  tre  paia  di  zampe  anteriori  e  l'ultimo  paio  termina  con 
lunga  setola  (fig.  47  A). 


GLI    AFFINI    DKGLI    INSETTI 


59 


Pig.  46.  —  I  priucipali  Sarcoptidi  domestici  nostrali  (torme  sedentarie). 

.1.  maschio  :  B,  femmina  deWAleurobius  farinae  (D.  G.)  supini,  egualmente  ingranditi  ;  C,  Tyroglyphus  longìor  Kob. 
D,  T.  siro  iLinn.)  proni;  E,  Carpoglyphxis  passvlarum  (Hering)  maschio  supino;  F,  Olycyphagus  domeeHctu  (D.  G.) 
prono.  Molto  ingranditi  (da  Berlese) 


60 


CAPITOLO    l'RIMO 


L'adulto  vive    in    gran    numero    nei  nidi  della    Xylocopa  stessa.    Molte   altre 
specie  congeneri  si  trovano  su  altre   Xylocopa  esotiche  e  gli  adulti  nei  loro  nidi. 

L'Hypopus  spini- 
tarsus  (llerm.).  si 
incontra  sugli  adulti 
di  vari  Lainellicorni, 
specialmente  copro- 
fagi, sotto  le  elitre. 
L'adulto  è  il  Ttjro- 
glyphus  mycophagus 
del  Mègnin.  che  è 
il  più  grosso  tiro- 
glifide  nostrale  e 
vive  di  funghi,  pa- 
tate putrescenti,  ecc. 
Un  Hypopus  si- 
mile al  precedente  si 
rinviene  su  Coleot- 
teri che  vivono 
entro  terra  allo  stato 
larvale  e  gli  Iusetti 
in  discorso  lo  por- 
tano con  sé  da  dentro 
terra.  Appartiene  al 
Rhyzoglyph us  echino- 
pus,  che  conoscere- 
mo meglio  perchè 
molto  attivo  di- 
struttore delle  ra- 
di ci ,  bu  Ibi ,  ecc.  morti 
e  che  imputridi- 
scono sotto  la  su- 
perfìcie del  suolo. 

L' Hypopus  Tcra- 
meri  (Beri.),  di  color 
rosso  mattone,  si 
trova  spesso  in  così 
gran  numero  ad- 
dosso alle  Formiche 
da  ricoprire  tutto  il 
capo  ed  il  torace, 
con  molestia  dell'in- 
setto, che  tenta  in- 
vano di  liberarsene 
coll'aiuto  delle  zam- 
pe anteriori.  Questo 
hypopus    dà    origine 

al  Tyroglyphus  krameri  illustrato  dal  Berlese  e  vivente  negli    stessi  ambienti  del 

precedente. 

L'Hypopus  mnscarum  (Liun.),  che  corrisponde  àWAearus  muscarum  degli  antichi 

autori,  si  può  vedere  talora  alla  base  dell'addome,  al  dorso,  sulla  Cyrtoneura  sta- 


Fig.  47. 


C  D 

Principali  Hypopus  (forme  migranti)  di  Sarcoptidi  detriticoli. 


A,  del  Trichotarsus  xylocopae  (Dut'.l  :  B,  AeW Aleurobius  farina?  (D.  G.)  :  0,  &M' Homo- 
pus  talpae  (K)  ;   D,  di  un  Bistiostoma.  Tutti  supini,  molto  ingranditi  (da  Berlese). 


GLI    AFFINI    DKGI.l    IXM-:  I  I  1 


61 


bulini*,  mosca  ohe  esce  dui 
letamai  e  che  si  incontra 
nelle  case.  Questo  hypopus 
ha  le  zampe  dell'ulti  ino 
paio  terminate  <1  a  una 
lunghissima  setola  ed  è 
citato  anche  dai  natura 
listi  più  vecchi.  Spetta 
alVHistiostoma  muscarum 
descritto  dal  Berlese. 

L'  Hypopus  julorum 
(Koch)  occorre  su  gran 
numero  di  Insetti,  che 
frequentane  le  concimaie 
ed  altre  sostanze  putre- 
scenti ed  ancora  si  rin- 
viene su  Miriapodi,  su 
altri  Acari,  ecc.,  si  può 
dire  su  qualunque  Ar- 
tropode terrestre,  che  gli 
venga  a  portata.  Spetta 
a  specie  del  genere  Hi- 
stiostoma,  che,  come  si  è 
detto,  vivono  in  colonie 
sterminate  nelle  decompo- 
sizioni (fig   47  D). 


Fig.  48.  —  Come  apparisce  al  microscopio  la  polvere  di  formaggio 
cariato.  Si  tratta  di  colonie  del  Tyrofflt/phiis  longior  Gerv.  ;  uova 
giovani  e  adulti. 


lutine  VHomopus  tal- 
pae  (Kraiu.)  (fig.  47  6'), 
che  si  incontra  su  piccoli 
Mammiferi  viventi  sot- 
terra,  ecc. 

La  forma  i  p  o  p  i  a  1  e 
delV  Aleurobius  farinae  si 
può  trovare  su  Insetti  ed 
altri  Artropodi  domestici 
(fig.  47  B). 

Anche  i  Qlycypluujus 
danno  origine  a  partico- 
lari hypopus. 

Khizoglyphus  echinopus 
(Rob.).  —  Eecentemente 
è  stata  richiamata  1'  at- 
tenzione degli  entomologi 
agrari  su  un  Tirogliride 
sotterraneo,  il  Rhizogly- 
plius  echinopus  (Kob.),  che 
da  tempo  si  sapeva  vi- 
vente sotterra,  sulle  so- 
stanze vegetali  in  decom- 
posizione e  che  da  poco  si  è  accusato  di  concorrere  colla  Fillossera  alla  distruzione 
delle  radici  di  Vite  (fig.  49). 


Fig,  49.  —  Maschi  di  Rhvsoglyphus    echinopus    (Rob.),  supini 
A,  omeomorto  :  li,  eteromorfo  ida  Berlese). 


62 


CAPITOLO    PRIMO 


Il  RMzoglyphus  in  discorso,  come  tutte  le  specie  congeneri,  ha  infatti  abi- 
tudini di  vita  sotterranea  e  si  incontra  in  gran  numero,  come  %si  è  avvertito,  su 
radici,  tuberi,  bulbi,  funghi,  ecc.  che  marciscono  sotterra  o  sopra  terra. 

È  degno  di  nota  pei  suoi  maschi  polimorfi.  Esistono  così  due  maniere  di 
maschi.  Gli  uni  (omeomorfi)  non  troppo  dissimili  dalle  femmine,  colle  zampe  tutte 
fra  loro  di  eguale  sviluppo  e  terminate  da  robusta  unghia,  con  traccia  di  ventosa 
membranacea  alla  base;  altri  (eteromorfi)  hanno  il  terzo  paio  di  zampe  più  volu- 
minoso delle  altre  e  terminato  solo  da  assai  grossa  unghia  senza  ventosa  (fig.  49) 


Fig.  50.  —  I  più  comuni  Criptostigmati  nostrali  (A,  B,  C,  E  planticoli  ;  D,  F  musuicoli). 

A,  Nothrui  bicarinatits,  K.  ;   B.  Oribatula  plantivaga.  Beri.  ;  C,  Neoh'odes  Iheleproctu?  (Herm.)  ;  D,  Pkthìracarus  lentulux 
(Koch)  aperto;  E.  Sphaerozetee  orbicularis,  (Kochl  :  F,  Hoploderm»  carinoti»»  (Kocli). 

Tutti  molto  ingranditi.  Le  figg.    D,  F  sono  vedute  di  lato  ;  le  altre  prone  (da  Berlese). 

Per  quello  che  riguarda  il  danno  alle  Viti  però,  è  da  ritenersi  che  esso  sia 
molto  limitato,  se  non  nullo,  per  parte  dell'Acaro.  Certo  esso  distrugge  i  tubercoli 
radicali  prodotti  dalla  Fillossera  e  può  essere  anche  che,  trovandosi  a  rodere, 
intacchi  ancora  del  tessuto  vivo,  ma  il  regime  di  vita  è  veramente  necrofilo,  cioè 
a  spese  di  tessuti  morti  e  senza  l'opera  della  Fillossera,  che  prepara  le  prime  alte- 
razioni e  la  conseguente  decomposizione  dei  caratteristici  tubercoli,  l'Acaro  non 
sarebbe  affatto  nocivo. 

Questi  sono  gli  Acari  del  gruppo  degli  xVstigmati,  che  meritano  speciale 
menzione  pei  loro  rapporti  cogli  Insetti,  cogli  animali  domestici,  colle  piante  col- 
tivate, i  prodotti  agrari  e  coll'Uomo  stesso  direttamente. 


Criptostigmati. 

Nel  sottordine  dei  Criptostigmati  stanno  tutte  forme  libere,  nessuna  parassita 
d'altri  animali  e  nessuna  in  alcun  modo  seriamente  nociva. 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


63 


Qualche  volta  si  iucoutra  sugli  alberi  e  particolarmente  sulle  conifere,  io  estate,  qualche 
specie  molto  abbondante.  Cito  ad  es.:  tra  le  piti  ovvie,  il  Peloribates  humeralù  (Kooh),  di  cui  le 
forme  giovani  si  trovano  d'inverno  annidate  nelle  screpolature  della  scorza  dell'Olivo  e  d'altre 
piante,  il  Nòthru»  bioarìnatus  Kocb  ;  il  Neoliodes  Iheleprovtue  (Herut.)  e  qualche  altro  (fig.  50). 

È  singolare  che  sugli  agrumi  è  stata  segnalata,  in  Sicilia,  una  Orìbatula  plantivaga  Beri,  e 
nella  Nuova  Zelanda  ed  in  Australia  una  specie  affine,  la   0.  caudata  (Mich.). 

Trovansi  sulle  dette  piante  in  granile  numero  di  esemplari,  ma  apparentemente  senza  mo- 
lestia del   vegetale. 

Eterostigmati. 

Il  sottordine  degli  Eterostigmati  comprende,  invece,  talune  specie  che  meri 
tano  di  essere  ricordate,  perchè  veri  parassiti  degli  Insetti  ed  altre  nocive  alle 
piante  od  ai  prodotti  agrari. 


Fig.  51.  —  Un   Dispurìpes  (D.  claviger  Paoli). 
A,  femmina  ingrandita;  B,  maschio  (del  D.  bombi    Mich.)  molto  ingrandito;  supini  (da  Paoli). 

Le  forme  libere  degli  Eterostigmati  appartengono  a  vari  generi,  ad  es.  :  Disparipes  (tìg.  51), 
ed  affini  (di  cui  qualche  volta  si  incontrano  specie  migranti  sugli  Insetti,  ad  es.  :  il  D.  bombi, 
che  ricorre  sui  Bombus  ma  anche  su  formiche),  e  le  cui  femmine  sono  molto  singolari  per  una 
enorme  espansione  anteriore  del  capotorace,  ricoprente  tutti  gli  organi;  Pugmephoius,  con  qualche 
specie  insetticola  e  Tarsonemus.  Tra  questi  ultimi  alcune  specie  sono  da  considerarsi  come  nocive 
ai  cereali,  ad  es.  :  il   T.  oryzae  Targ. 

Le  specie  della  famiglia  più  degne  di  considerazione  appartengono  ai  generi 
Tarsopolipus,  Podapolipus,  Pediculoides  e  sono  parassiti  di  Insetti,  ma  ancora,  una 
specie  appartenente  all'ultimo  dei  tre  generi  indicati  è  seriamente  pericolosa  anche 
per  l'Uomo,  sebbene  la  sua  attività  sia  soltanto  momentanea,  a  danno  delle 
persone  che  vengono  incidentalmente  a  contatto  coli' Acaro  in  discorso. 


I  Tarsopolipus  (genere  istituito  recentemente  dal  Berlese)  rappresentano  forme  intermedie  fra 
i  Tarsonemus  liberi  ed  i  Podapolipus  molto  degenerati  dal  parassitismo.  Infatti  nei  Tarsopolipus, 
nei  quali  gli  effetti  riduttivi  del  parassitismo  sono  meno  inoltrati,  le  femmine  conservano  ancora 


tu 


CAPITOLO    PRIMO 


una  forimi  del  corpo  ricordante  i  Tarsonemm,  ma  hanno  perduto  le  zampe  del  4.°  paio.  Nei  Po- 
dapolipus  le  femmine  adulte  hanno  più  o  meno  ridotte  tutte  le  paia  di  zampe  ed  il  corpo  è  a 
forma  di  borsa  ed  assai  grande  per  contenere  ima  enorme  massa  di  uova.  Quanto  ai  masclii,  sia 
detto  una  volta  per  sempre,  elle  essi  sono  presso  a  poco  dello  stesso  aspetto  in  tutti  i  generi 
della  famiglia  e  sono  molto  diversi  dalle  femmine,  ne  sui  maschi  stessi  ha  influito  in  alcun 
modo  il  parassitismo,  dovendo  essi  muoversi  sopratutto  per  la  ricerca  della  femmina  (fig.  51,  B). 
Nei  Podapoìlpits  qualche  specie  è  realmente  degna  di  nota  perchè  aggredisce  animali  nocivi. 
Già  il  Berlese  ha  descritto  un  P.  grami,  che  vive  sul  Pachytilut  migratoriu»,  il  famigerato  Acridio 
migratorio,  e  ne  occupa   in  colonie  numerose  le  ali,  ma  non  vi  è  molto  frequente. 

Nel   1906  il   Prof.   Lahille  descriveva  un  Acaro,   che    riconosceva    molto  molesto  alla  terrihile 

Langusta  dell'America  del  Sud,  cioè 
l'Acridide  noto  sotto  il  nome  di  Schi- 
stocerca  paraeusis  Burnì.  L'Autore  rico- 
nosceva molto  giustamente  trattarsi  di 
un  Podapolipus  ed  anzi  di  una  specie 
nuova,  elle  benignamente  mi  volle  de- 
dicata, chiamandola  Podapolipus  berlesei 
(fig.   52). 

Questa  specie  apparisce  diversa 
dalle  altre  precedentemente  conosciute 
sopratutto  per  la  conformazione  della 
femmina  adulta,  che  ha  il  corpo  coperto 
di  squame  trasverse,  un  solo  paio  di 
brevi  zampe  (anteriori)  sotto  il  rostro, 
al  ventre  e  due  processi,  uno  per  lato, 
conici,  carnosi  comprendenti  fra  loro 
il  rostro.  È  lunga  fino  a  nini.  1,10  e 
larga  min.  0,80.  Le  ninfe  ed  i  maschi, 
pur  avendo  l'aspetto  e  la  grandezza 
consueta  nelle  specie  del  genere,  mo- 
strano pure  qualche  differenza  in  con- 
fronto delle  altre  già  note. 

Il  Lahille  riscontrò  una  percentuale 
molto  forte  di  Langosta  parassitizzate 
ed  in  località  varie  della  Repubblica 
Argentina,  cioè  una  percentuale  fino  a 
78  °/0.  Egli  riconobbe  che  gli  Insetti 
così  aggrediti  e  nei  quali  si  trovano 
abbondanti  colonie  del  parassita  sulla  pelle  del  collo  tra  il  capo  cioè  ed  il  protorace  (fig.  52,  A), 
si  mostrano  seriamente  malati  e  poco  attivi  e  che  converrebbe  quindi  tentare  una  più  ampia 
diffusione  dell'Acaro  ai  danni  della  Lnngosta,  che  costituisce,  per  quelle  regioni  del  Sud  America, 
il  piìi  grave  flagello  dell'agricoltura. 


Fig.  52.  —  Podapolipus  berlrsei  Lahille,  parassita  della  Lan- 
gosta del  Sud-America. 

A,  capo  e  collo  dell' Aeridide,  ingranditi  per  mostrare  in  a  le  fem- 
mine adulte  degli  Acari  ;  B,  la  femmina  adulta  ormai  apoda,  in- 
grandita :   0,  la  ninfa  molto  più  fortemente  ingrandita  (da  Lahille). 


Ma  assai  più  efficaci  ai  danni  di  molte  specie  di  Insetti  sono  gli  Acari  Ete- 
rostigmati,  che  rientrano  nel  genere  Pediculoides  e  ciò  perchè  questi  veramente 
conducono  a  morte  la  vittima  e  si  sviluppano  in  così  gran  numero  da  distrug- 
gere completamente  enormi  quantità  di  Insetti  durante  il  loro  stato  larvale. 

Il  Pediculoides  ventricosus  (Newp.)  già  menzionato  si  può  incontrare  dove  si 
trovano  minute  larve  di  Insetti  diversi  e  gli  Entomologi  conoscevano  da  tempo 
la  specie  perchè  non  di  rado  si  sviluppava  a  danno  dei  loro  allevamenti,  come 
già  ebbero  a  lamentare  il  Newport  ed  il  Lichtestein,  il  quale  fu  costretto  ad  ab 
bandonare  le  colture  ili  Imenotteri,  che  seguiva  a  scopo  di  studio,  perchè  i  Pe- 
diculoides distruggevano  in  breve  tempo  tutte  le  larve  (fig.  53). 

Ma  il  fatto  pel  (piale  molto  più  si  è  messo  in  vista  questo  Acaro  si  riferisce 
alle  sue  aggressioni  all'Uomo,  allorché  si  è  trovato  in  fortuito  contatto  con  nu- 
merosi  individui  del  Pediculoides. 


AFFINI    DEGLI    INSKTTI 


65 


La  larve  di  Calandra  granaria,  delle  diverse  Tignole  del  grano  e  d'altri  In- 
setti viventi  nei  granai,  sono  spessissimo  decimate  dal  Pediculoides,  che  si  svi- 
luppa in  enorme  quantità  e,  succhiando  le  larve  stesse,  presto  le  conduce  a  morte. 
Cosi  si  può  trovare  anche  nei  depositi  di  granone,  di  riso  ecc.  ed  allorquando 
gli  operai  maneggiano  o  trasportano  questi  semi  o  qualche  persona  si  trattiene 
ricino  ai  depositi  di  cereali  così  inquinati,  gli  acari  si  diffondono  sulla  pelle 
umana  e  pungendola  determinano  pruriti,  arrossamenti  ed  infine  una  dermatosi. 
passeggiera  bensì  ma  non  senza  molta  molestia  e  che  può  essere  confusa  colla 
Bcabbia. 

La  malattia,  che  in  Toscana  si  elice  dei  moscione  o  della  gaita  porcina  è  rappresentata  da  una 
eruzione  eritnatoso-vescicolare  (e  in  qualche 
caso  vesoico-pustulosa)  a  chiazze  multiple, 
piii  o  meno  continenti,  senza  figurazione 
speciale,  che  comincia,  generalmente,  al 
collo,  all'arto  superiore  e  si  diffonde  al 
viso,   al   tronco  ed  altrove  (figg.   54,   55). 

Il  soggetto  è  tormentato  da  prurito  e 
cociore  intenso,  grande  inquietudine  e 
talora  febbri  siuo  a  40°.  In  Francia  (di- 
partimento dello  Gironda)  i  mugnai,  che 
conoscono  per  diverse  esperienze  gli  effetti 
dell'Acaro,  chiamano  la  malattia  febbre  de1 
<ira  n  n. 

Questi  oasi  sono  frequentissimi  e  pri 
inamente  illustrati  da  A.  Lagreze-Fossot 
nel  1851,  di  poi  da  moltissimi  naturalisti 
e  medici,  tra  i  quali  ricorderò  il  Webster 
Laboulhene  e  Mègnin,  Targioni-Tozzetti, 
Geber,  Blanchard,  Mouiez,  Bruker,  Kobiu, 
Karpelles,  Kaposi,  Besnier,  Braun  Nouffert, 
Lesser,  Sberna,  ecc.  e  sopratutti  Enzio 
Reuter,  che  ha  fatto  dell'Acaro  in  discorso 
e  di  altre  forme  affini  degli  studi  vera- 
mente  mirabili   sotto  ogni   riguardo. 


Fig.  53.  —  Pediculoides  venlricosus   (Newp.). 

grandito. 
A,  femmina  pubera  dal  dorso;  B,  femmina  ovigera  dal    ventre: 

C,  maschio  supino  (da  Berlese). 


Il  P.  rentricosm  mostra  il  ro- 
stro del  maschio  (fig.  53,  0)  con- 
formato   esattamente    come     quello 

delle  femmine.  In  ambedue  i  sessi  gli  arti  anteriori  sono  forniti  di  unghia  del 
tutto  sessile.  La  femmina  non  ovigera  (fig.  53,  A)  è  di  forma  ovale  allungata, 
termina  acuta  e  mostra  sul  dorso,  dopo  il  capotorace,  cinque  scudetti  rettan- 
golari, che  definiscono  altrettanti  segmenti  addominali.  In  tale  stato  i  lunga  rum. 
0,25  (maschio  mm.  0,23).  Ma,  allorché  cominciano  a  formarsi  e  crescere  le  uova 
nel  suo  addome,  l'ultimo  segmento  dell'addome  stesso  si  dilata  enormemente  in 
tuia  sfera  di  color  giallo  paglierno.  del  diametro  di  oltre  mezzo  millimetro  (mm.  0,65) 
che  dà  un  aspetto  molto  singolare  all'Acaro;  somiglia  esso  così  veramente  ad 
un  fiasco  (B).  Ad  occhio  nudo  non  apparisce  che  questa  parte  sferica  e  si  vede 
addosso  a  larve  di  Insetti  diversi,  che  sembrano  avere  sul  corpo  tante  vescichette 
giallastre.  Sono  invece  femmine  di  Pediculoides  così  deformate  ed,  attaccando  esse 
in  gran  numero  le  vittime,  presto  le  conducono  a  morte. 

La  specie  è  molto  rapidamente  prolifica,  perchè  nascono  addirittura  ninfe, 
quindi  L'incremento  degli  individui  è  rapidissimo  e  le  generazioni  sono  in  numero 
rilevante  entro  brevissimo  tempo. 


A.  BBRLB8B,  Oli  Insetti,  II. 


66 


CAPITOLO    PRIMO 


Fig.  54.  —  Lesioni  caudate  <ial  Pedìculoides  ventricosua  sulla 
pelle  di  un  uomo  (da  Webster). 


Ho  raccolto  nei  granai 
gran  quantità  di  una  polvere 
minuta  delicatissima,  la  quale 
è  tutta  esclusivamente  com- 
posta di  corpi  di  questi  Acari. 

Si  comprende  l'effetto  utile 
di  questo  Acaro  nella  distru- 
zione di  Insetti  del  grano  nei 
granai  e  sul  cainpo  e  d'altri 
all'aperto  e  si  deve  annoverare 
veramente  fra  le  forme  a  noi 
molto  vantaggiose. 

Anche  questo  acaro,  perche  stu- 
diato da  molti,  ha  ricevuto  nomi 
diversi,  ad  es.  :  Heteropus  ventrìcoavs 
(Newport  1850)  ;  Acanta  tritici  (La- 
greze-Fossot  e  Montane,  1851):  Phy- 
aogaater  larcaritm  (Lichtestein,  1868); 
l'i  lìiniloides  tritici  (Targioni-Tozzetti, 
1878);  Sphaerogynaveiitricosa  (Laboul- 
bene  e  Mègnin,  1885);  Tamonemua 
monoiigniciilosus  (Blanchard). 

Infine  dirò  che  precisamente  la 
femmina  di  questo  Pedìculoides,  non 
ovigera,  è  illustrata  con  una  grande 
figura  nell'Opera  del  Brehm  (molto 
erroneamente),  sotto  il  nome  di  larva 
di  Oribatide  ! 
meaemirìnae  (R.  Can.)  differisce  dal  precedente  perchè  i 

■ 


Un'altra  specie  di  Pedìculoides,  il  I 
maschi  hanno   il  rostro    trasformato 
in  una  papilla  clavata  con  peli,  un 
organo  cioè  tattile. 

Inoltre  le  zampe  anteriori  sono 
provviste  di  unghia,  che  ha  un  lungo 
peduncolo.  La  specie  meno  grande 
fa  strage  fra  le  larve  di  Cecidomie 
e  d'altri  Ditteri  litofagi.  Ricordo  di 
aver  veduto  vaste  infezioni  di  I)i- 
pìosia  oleisvga,  molto  decimate  dal- 
l'Acaro in   discorso. 

Nei  culmi  d'Orzo,  sul  campo,  si 
è  trovato  un'Acaro  da  avvicinarsi  a 
qualcuna  delle  due  specie  sopracitate, 
forse  alla  prima  e  fu  creduto  causa 
di  particolare  nialsania  dell'  Orzo 
stesso.  Contuttoeiò  io  inclino  a  cre- 
dere che  il  malanno  della  pianta  si 
debba  richiamare  ad  Insetti  e  che 
l'Acaro  rappresenti  un  nostro  ausi- 
liario, precisamente  distruttore  degli 
Insetti  così  nocivi.  11  caso  corri 
sponderebbe  a  quello  così  ben  illu 
strato  dal  Webster  pel  grano  sul 
campo,  dove   un  insetto  nocivo  è  combattuto  dal     Pedìculoides  veiitrieosus.  Intanto  l'Acaro  trovato 


Fig.  55.  —  Lesioni    causati'    dal    Pedìculoides    rcidricosus     sulla 
pelle  umana.  Grandezza  naturale  (da  Webster). 


GLI    Ahi  INI    DKGL1    IN-K  I  1  I 


67 


nell'Orzo  è  oi tato  oon  nomi  diversi  da  parecchi  autori,  ad  es.:   Chritoptea  monounguiouloana  ed  anche 

Ai-ara  *  hordii  (Geber,  1  fS 7 '. » ,  issi):  Tuisnnemua  uncinatila  (Flenuning,  1884);  Tarsonemue  intectua 
(Karpelles,  1885)  e  probabilmente  6  lo  stesso  che  già  l'Amerling,  fino  dal  1861,  aveva  accusali. 
di  gravi  ilaiuii  al  grano,  nei  dintorni  di  Praga  e  definito  cui  nomi  di  Siteroptea  e  Theriamoptea. 
Questa  questione  è  ancora  indefinita. 

Anelli-   pel   Riso  si   ha  qualche  osservazione  analoga. 

Già  il  Targioui-Tozzetti  ne  faceva  cenno  nel  1873,  avvertendo  che  la  malattia  detta  Bian- 
óhella  iltl  riso,  che  talora  si  manifesta  nell'Alta  Italia,  era,  dal  Negri,  in  una  pubblicazione  di 
([nel  tempo,  attribuita  all'opera  tli  un  Acaro,  che  il  Targioni  anche  figura  e  che  si  vede  essere 
una  femmina  di  Taraonem.ua.  Che  si  tratti  di  Tarsonemue  in  questo  caso  è  certo,  perchè  io  stesso 
ho  veduto  le  preparazioni  che  si  conservano  presso  questa  R.  sta/ione,  ina  che  l'Acaro  sia  causa 
della  malattia  e  che  fabbrichi  quei  minuti  lili  sericei  che  riempiono  il  cnlnio  della  graminacea, 
ciò  e  per  me  molto  discutibile.  Può  trattarsi  di  un  caso  di  parassitismo  sul  genere  di  quello  del 
Pedicnloides,  in  qnesto  caso  a  spese  di  qualche  insetto  dannoso  al  Riso  e  determinante  la  malattia 
detta  lii,tnch<  Ila.  oppure  e  un  semplice  easi>  di  convivenza,  come  avviene  per  altro  Taraonenma, 
il  /'.  i'uxi  fan.  et  Beri.,  che  si  trova  tra  le  due  pagine  fogliari  del  Buxna  aempertirena,  in  quelle 
nicchie  che  vi  scava  la   nota,  connine  Diplosis  buxi. 


Mesostigmati. 


Wesostigmati  1  (Gamasidae).  —  Fra  i  Mesostigmati.  che  coni  pongono  il  quarto 
sottordine,  si  trovano  molte  specie  degne  della  massima  attenzione  nostra  per 
molti  riguardi.  Vi  incontriamo  intatti  parassiti  molto  temibili  dell'Uomo  e  degli 
animali  domestici,  agenti  diffonditori  di  infezioni  gravi:  forme  nocive  alle  piante 
coltivate  e  parassiti,  commensali  e 
conviventi  di  Insetti. 

11  grappo  dei  Gamasini  è  com- 
posto di  forme  più  piccole  di  quelle 
degli  Issodini  e  con  abitudini  del  tutto 
diverse. 

Due  intere  famiglie  di  Gamasidi  si 
compongono  di  parassiti  sangui  sughi 
di  Vertebrati.  Sono  queste  i  Derma- 
nissidi ed  i  Pteroptidi,  ma  si  trovano 
Acari    con    abitudini    conformi    anche 

in    altre  famiglie,  ad   es.  :    fra    i    Lela-         ,J'  J&flK    \,    "^ \i-M i!,  0!jBT^\  * 
ptidi  ed  i  Gamasiili. 

I  Dermanissidi  sono  certo  i  più  bassi  e  si 
vedono  essere  derivati  dai  l.elaptidi  per  adat- 
tamento alla  vita  parassitaria.  Per  tal  modo 
di  vita,  le  mandibole,  specialmente  nella  fem- 
mina, sono  divenute  stiliformi,  (tìg.  56  A)  cioè 
atte  ad  incidere  la  pelle  dell'ospite:  il  corpo 
e  riescilo  piii  distensibile,  per  poter  accogliere 
molto  cibo,  cioè  sangue  tolto  alla  vittima,  ed 
il  tegumento  meno  resistente,  trattandosi  di 
minore  necessità  di  protezione  efficace. 

Contanti  Dermanissidi  siigli  Uccelli,  sui  Mammiferi  e  sui  Rettili.  11  più  noto  è  il  Dermanyasns 
gallinae  iRedi)  o  pidocchio  pollino,  che  vive  nei  pollai  e  di  notte  aggredisce  i  Gallinacei,  non 
pero  i  Palmipedi.  Si  nasconde  nelle  fessure  del  muro  e  piti  del  legname  e  vi  si  trova  in  tutti 
gli  stati  ed  in  numero  grandissimo.  I  Gallinacei  domestici  ed  i  Colombi  ne  sono  gravemente  tor- 
mentati e  quasi  sempre  anche  i  Canarini,   specialmente,     che   finiscono  per  morirne,   fra    gli     Uc- 


Fiu.  ."iti.  —   Dermanyssiis  gallinae    (Redi)    dal    dorso, 
femmina  ingrandita. 

A,   Apice  della  in  indiliola    dulia    femmioa    molto   ingrandito 
(da    llt-rleee). 


68 


CAPITOLO   ritmo 


celli  che  si  tengono  in  gabbia.  Anche  in  questo  caso  gli  Acari  sono  nascosti  nelle  fessure  ilei 
legno  delle  gabbie  stesse  entro  le  cannuccie  su  cui  posano  gli  Uccelli,  ecc. 

Di  notte,  come  si  è  (letto,  sortono  dai  nascondigli  e  salgono  sulla  vittima.  Specialmente  le 
femmine  si  rimpinzano  di  sangue  in  modo  da  triplicare  e  più  di  volume  e  quindi  si  lasciano  ca- 
dere per  riguadagnare  il  rifugio  diurno. 

È  facile  però  liberare  gli  ambienti  dove  si  tengono  gli  Uccelli  domestici  da  siffatto  paras- 
sita. Basta  ricorrere  ad  una  buona  incatramatura  dei  muri  e  degli  attrezzi  del  pollaio,  usando 
catrame  fluido  od  olio  di  catrame,  distribuendolo  diligentemente  con  un  pennello,  specialmente 
nelle  fessure  od  anfrattuosita  delle  pareti,  del  pavimento,  dei  legni,  ecc. 

Per  le  gabbie  degli  Uccelli  è  sufficiente  una  passata  di  colore  ad  olio  allungato  nell'acqua 
di  ragia  e  procurando  che  penetri  in   tutte  le  fessure. 


Fig.  57.    —  Lophoptes  patavinus  Megn.,  (femmina)  della  Gallina  padovana. 
A,  dal  dorao;  B,  dal  ventre;  senza  zampe,  ingrandito  (dal  Mègnin). 


Il  Dtìrmanyssus  gallinae  (ùg.  56),  di  color  bianco  giallastro,  se  digiuno,  oppure 
di  color  rosso  sanguigno  o  violaceo  bruno  se  di  recente  pasciuto,  è  di  forma  ovale. 
La  femmina  è,  lunga  da  min.  0,75  (digiuna)  ad  un  niill.  ed  oltre,  se  turgida  di 
sangue.  11  maschio  è  appena  più  piccolo.  Altre  specie  distinte  vivono  sulle  Ron- 
dini e  sui  Passeri. 

È  citato  dagli  Autori  qualche  raro  caso  di  intenso  parassitismo  di  questo 
Acaro  anche  sull'Uomo.  Maucano  però  recenti  osservazioni  in  proposito. 

È  stato  descritto  dal  Mègnin  anche  un  Lophoptes  patavinus  (tìg.  57;  assai 
simile  al  Dermanyssus  gallinae  e.  che  si  trovò  molto  molesto  alle  Galline  pado- 
vane. Deve  essere  affine  ai  Leiognathus. 

Il  genere  Leiognathus  differisce  dal  precedente  perchè  anche  nelle  femmine  la  chela  della  man- 
dibola è  a  due  dita  anziché  stiliforme.  Si  trovano  specie  di  questo  genere  particolarmente  sui 
piccoli  Mammiferi  (Pipistrelli,  Talpa,  Topi  domestici  e  campaguuoli),  su  qualche  Uccello  e  per- 
sino su  Lucertole. 

Sembra  che  VOphionyseus  natrici»  dal  Mègnin   trovato    sulla    Biscia    d'acqua    nostrale  non  si 


GLI    Al'l'INI    DKUI.I    INSETTI 


69 


Fig.  58.  —  Pterojjtus  vesperlilionis  Duf. 
mascbìu,    dal    dorso,     ingramìito    (da    Berleae). 


possa  distinguere  genericamente    dai    Leiognaihus,    Vivono  tutti  questi  oome  i    Dermanysant,     Cioè 
succhiando  il  sangue  dell'ospite,   ma  uè  sono  meno  ingordi. 

Un'altra  famiglia,  composta  di  specie,  le  quali  vivono  parassiticamente  ò  quella  dei  Pteroptidi, 
la  cui  specie  più  anticamente  nota  è  il  Pceroptiis  veapertilionis  (Duf.),  un  piccolo  Acaro  romboi- 
dale, con  enormi  zampe  grosse  e  lunghe.  Tutti  i  l'teio- 
ptus  e  qualche  genere  affine  vivono  sui  Pipistrelli. 
Sano  vivipari  e  la  larva  è  ottopoda  (fig.  58).  Wi  jj»."5) 

Probabilmente  a  questa  famiglia  va  ascritto 
il  yen.  Greenia  Ondemans,  che  mostra  uno  dei 
più  curiosi  casi  di  simbiosi.  Questa  avviene 
tra  l'Acaro  ed  alcune  specie  del  genere  Xylocopa, 
esotiche.  Si  conoscono  già  quattro  o  cinque 
specie  di  Greenia  (fig.  60);  la  più  comune  e  la 
più  voluminosa  (fino  a  quasi  4  inill.  di  lun- 
ghezza) è  la  G.  perkimi  Oudem. 

Di  questi  Acari  si  trovano  tre  o  quattro, 
talora  anche  più,  individui    femmine  (i  maschi 
non  si  conoscono  o  non  esistono)  nascosti   be- 
nissimo entro  una  apposita  borsa  membranosa, 
che  occupa  tutto  lo  spazio  interno  del   1.°  se- 
gmento addominale    della    Xylocopa    adulta    e 
rimane    un    piccolo    pertugio    sul  dorso,    nella 
regione    del    peduncolo,    pel    quale    gli    Acari 
possono  fuoriuscire  se  vogliono.  Questa  è  una 
cameretta  entro  il  corpo  dell'insetto,  fatta  ap- 
positamente dagli  Acari  di  questo  genere  (fig.  59,  60).  Che    fanno  essi  colà  e  di 
che  si  nutrono?    Può    essere  che  mangino    il    polline    che    in   quella  regione  del 
corpo  molto  spesso  abbonda  fra  i  peli   dell'insetto  o  che  divorino  i  molti  Tricho- 
tarsus,  che  non  mancano  quasi  mai,  appunto  ai  lati  del  corsaletto  delle  Xilocope. 

Il  certo  è  che  per 
taluna  specie  di 
questi  Insetti 
che  hanno  la  bor- 
sa, le  Green i e 
non  mancano  mai 
di  trovarvisi  en- 
tro. 

Nella  stessa  fa- 
miglia, o  meglio  in 
famiglia  a  sé,  che 
il  Trouessart  propo- 
ne di  chiamare  lìhy- 
nonysaìdae,  si  può 
comprendere  il  ge- 
li e  r  e  Haìafaclme  . 
molto  singolare  e  molto  modificato  dalla  ordinaria  figura  dei  Gamasidi  per  effetto  del  parassitismo. 
Le  forme  giovani  sono  esapode.  La  specie  da  maggior  tempo  conosciuta  è  V  Haìaraclme  haliehoeri 
(Allmann,  1847),  che  vive  nelle  narici  della  Foca  Balichoerun.  È  un  Acaro  molto  voluminoso, 
perchè  misura  circa  tre  mill.  di  lunghezza  allo  stato  adulte.  Altra  specie  di  Halarachne,  la 
H.  attenuata  è  stata  receutemente  descritta  dal  Banks  e  si  è  trovata  nelle  narici  di  una  giovani- 
Foca  a  S.  Paul  (Islanda).  Essa  è  molto  singolarmente  formata,  perchè  ha  la  figura  di  una  lunga 


Fig.  59.  —  Sezione  di  una  Xylocopa  esotica  mostrante  la  borsa  addominale 
con  entro  vari  individui  di  Greenia,  Ingrandita. 


70 


CAPITOLO    PRIMO 


clava,  con  tutta  la  parte  posteriore   dell'addome,  che  è  molto  lunga,   assai  assottigliata    in    con- 
fronto della  parte  anteriore  del  corpo.  Misura  4  mill.  di  lunghezza  (fig.  61). 

Nelle   fosse  nasali  di  Uccelli  di  varie  specio  albergano  diversi  Acari,  da  ascriversi    a    questo 

gruppo,  alcuni  dei  quali  voluminosi,  certo  lunghi  oltre 
tre  millimetri,  come  sono  il  Bhynonyesus  nìtzschi  (Giebel) 
delle  fosse  nasali  del  Succiacapre  (Caprimidgus  europaeus); 
una  specie  più  piccola  vivente  sul  Strepeilas  interpres.  mentre 
altre  si  trovano  nelle  fosse  nasali  dei  Polli,  Piccioni,  Oca 
domestica,  Cuculo  e  di  molti  altri  Uccelli  ;  la  Somatericola 
ìevinseni  Tràgardh,  che  vive  nelle  fosse  nasali  della  So- 
materia  mollissima  in  Groelandia.  Alcune  specie  erano  già 
note  fino  dal  1871  (Nitzsch  e  Giebel)  e  dal  1882  (Weber  e 
Ziirn),  ma  più  recentemente  ne  ha  trattato  il  Troues- 
sart  colla  ordinaria  diligenza  e  competenza. 

Il  Trouessart  illustra  specialmente  lo  Slernostomum 
rkiiiolethnim,  che  è  una  specie  molto  più  voluminosa  del 
Dermani/ssus  gallinae  e  vive  nelle  fosse  nasali  dell'Oca  do- 
mestica. L'Autore  dice  che  questi  Acari  e  gli  affini  sono 
molto  più  avidi  di  sangue  che  non  i  Dermanissi  e  che  se 
ne  impinzano  straordinariamente.  Essi  possono  provocare 
seri  disturbi  all'ospite  (fig.   62). 

Finalmente  ricorderò  che  in  questa  famiglia  stanno 
dei  veri  e  propri  parassiti  degli  Insetti,  nutreutisi  a  spese 
della  vittime,  come  sono  le  specie  appartenenti  al  genere 
Berlesia,  esotiche  e  trovate  su  Ortotteri  e  Lepidotteri. 


Fig.  60.  —  Greenia  afkeni  Oudeui. 
Femmina  dal  dorso,  ingrandita  (da  Berlese) 


La  famiglia  dei  Lelapticli  riceve  il  nome  da  un  genere  (Laelaps),  di  cui  le 
specie  sono  parassite  su 
Mammiferi,  particolarmente 
Roditori,  ma  comprende  un 
grandissimo  numero  di  ge- 
neri con  moltissime  specie, 
le  quali  hanno  abitudini 
delle  più  variate. 

I  più  piccoli  della  fa- 
miglia, generalmente  a  te- 
gumento molle  ed  incoloro, 
si  trovano  sulle  piante  e 
predano  gli  Acari  planticoli. 
Basterà  citare  i  generi  Seiu- 
lus,  Iphidulus  con  qualche 
specie,  ad  es.  S.  vepallidìis 
Koch,  che  è  la  più  comune. 

Vi  sono  poi,  nella  stessa 
famiglia,  una  quantità  di 
specie  ad  es.  :  dei  generi 
Seius,  Ameroseius,  Iphis, 
Laelaps  e  sottogeneri,  Po- 
docinum  ecc.  viventi  n  e  i 
muschi  o  fra  le  sostauze 
vegetali    putrescenti    e    sono    tutti    predatori    di    Artropodi    più    piccoli. 

Alcune  forme  però  si  incontrano  sugli  Insetti,  negli    stessi    rapporti  che    si 
sono  già  citati  per  le  Canestrinia,  ad  es.:  molte  specie    del    genero     Vopriphis 


A 

Fig.  61 
A,  H.  halichoeri  (Alni.)       B 


Due   Haìarachne. 

attenuata  Bancks,  dal  dorso,  ingrandite. 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


71 


Ooprolaelaps,  che  si  trovano  sotto  le  elitre  o  sul  ventre  di    Coleotteri    coprofagi 
adulti   e  possono  esservene  più  specie  su  un  solo  Insetto. 

Altri  vivono  nei  formicai  e  nei  nidi  di  Termiti  eduna  specie  anche  negli  al- 
veari (Iphis  alvearhts  Berlese,  tìg.  (13).  Questi  convivono  cogli  Insetti  sociali  e 
né  sono  molestati,  né  molestano  i  loro  ospiti,  ai  quali  certo  rendono  speciali  ser- 
vizi in   cambio  di  alloggio,  nutrimento  e  difesa. 


Pìg.  62.   —  Sttriinstoititati   rhynolt'thrttm  (Trouess.).    Parassita  nelle  fosse  nasali  dell'Oca  domestica 
Femmina  ingrandita.  A,  Supina;  3,  prona  senza  zampe. 


Queste  specie  saranno  conosciute  più  innanzi  assieme  a  quelle  di  altre  famiglie  di  Mesostig- 
mati,  allorché  si  verrà  a  discorrere  degli  Artropodi  mirmecofili  e  termitofili,  che  sono  certo  qualche 
centinaio  di  specie  ed  il  luogo  di  trattarne  è  appunto  a  proposito  degli  Insetti  sociali  e  loro 
abitubini. 

Per  ora   basti  sapere  che  parecchi  generi  affini   ai  Laelaps,  come  pure  la  singolare  Xeobe^ìesia 
eguitans,  tutti  appartenenti  alla  famiglia    Lelaptidi,    sono  co- 
muni  ed  abbondanti   nei  nidi  di    Formiche  e  Termiti,  in  tutto 
il  mondo. 

Qualche  specie  è  parassita  dei  Topi  domestici 
e  campagnuoli,  ad  es.  :  dei  generi  M i/o  ni/ ss  uh  e  Lae- 
laps. Sui  Topi  domesti  sono  comuni  il  Laelaps  agilin 
Koch  e  X.  echidninuH  Beri.  (flg.  64).  Questo  è  il 
doppio  più  grande  dell'altro,  ovale,  di  color  rosso 
mattone  e  lungo  circa  un  millimetro.  Esso  succhia 
il  sangue  dell'ospite  ed  assicura  così  la  evoluzione 
di  un  microrganismo,  un  Leueocitozoo,  cioè  VHepa- 
tozoon  pernicioHum  Miiller.  parassita  dei  Topi  e  che 
è  causa  talora  di  epidemie  mortali  fra  questi  Ro- 
ditori, come  è  avvenuto  a  Washington  dei  topi 
bianchi  allevati  nei  laboratori  dell'Ospitale  di  marina. 


Fig.    63.    —  Un    commensale    delle 

Api  {Iphis  alvearius  Beri.) 

Femmina    dal  dorso,     molto     ngrandita 
(da  Herleso 


I  leucociti  parassitizzati  contengono  dei  corpuscoli,  che  hanno  il  significato  di  gameti.  Si 
congiungono  nello  stomaco  del  Laelaps  e  danno  origine  ad  oocineti  e  zigoti.  Questi  traversano 
la  parete  gastrica  e  guadagnano  gli  organi  dell'Acaro,  al  quale  non  sembrano  troppo  nocivi,  e 
vi  continuano  il  loro  sviluppo  sporogonico.   Il  Topo,  dando  la  caccia  ai    suoi    Acari     parassiti  ed 


CAPITOLO    PRIMO 


ingoiandoli,  introduce  nel  proprio  tubo  digestivo  gli  sporozoiti.  Questi  penetrano  nella  mucosa 
intestinale  del  Topo,  cadono  in  una  vena  che  li  porta  al  fegato.  Quivi  infestano  le  cellule  epa- 
tiche e  vi  si  moltiplicano  per  schisogonia.  I  gameti,  che  finalmente  ne  nascono,  cadono  nel  sangue 
e  penetrano  nei  grossi  leucociti    mononucleari. 

Ecco  uno  dei  pochi  casi  noti  di  trasmissione  di  agenti  patogeni  ai  Vertebrati  per  mezzo  di 
Acari   del  gruppo  dei   Gamasidi. 

Nella  famiglia  Gamasidi  stanno  forme,  nelle  quali  i  maschi  mostrano  un  deciso  dimorfismo 
sessuale  rispetto  alle  femmine,  non  soltanto  per  l'armatura  delle  mandibole,  ciò  che  è  anche  in 
altre  famiglie,  ma  per  lo  sviluppo  ed  armatura  delle  zampe,  specialmente  del  secondo  paio,  che 
sono  provviste  di  tubercoli,  spine,  sproni  e  molto  più  grosse  delle  altre.  Ho  mostrato  altrove 
che  quivi   appunto  risiedono  nei  maschi  organi   stridulanti  molto  delicati. 


Fig.  64.  —  Laelaps  echidninus  Beri.    Femmina  molto  ingrandita. 
A,  dal  dorso;  B.  dal  ventre,  nò  zampe  nò  rostro  (da  Berlese). 


La  maggior  parte  degli  Acari  di  questa  famiglia  vive  allo  stato  libero,  nelle  sostanze,  spe- 
cialmente vegetali,  in  decomposizione,  nelle  concimaie,  ecc.,  dando  una  attivissima  caccia  agli  Ar- 
tropodi minori  o  meno  hene  armati.  Sono  tutti  agili,  veloci,  bene  corazzati  ed  attivissimi.  In  ge- 
nerale sono  rivestiti  di  pelle  dura,  colorata  di  giallo-rossastro  o  rosso  bruno. 


Moltissime  specie  si  incontrano  sugli  Insetti  in  atto  di  migrare.  La  più  co- 
mune sugli  Insetti  coprofagi  specialmente  è  il  Gamasus  coleoptratorum  (L.)  (fìg.  14), 
di  cui  l'adulto,  meno  bene  corazzato,  vive  nelle  concimaie  in  gran  numero,  e  la  ninfa 
che  è  rivestita  di  placche  dure,  giallo-ranciate,  si  trova,  in  numero,  talora  grandis- 
simo, su  molte  specie  di  Insetti  coprofagi,  ad  es.  sui  Geotrupes,  ecc.,  al  ventre  e 
vi  sta  attaccata  mercè  le  mandibole,  stringendo  un  pelo  fra  le  chele,  ma,  mole- 
stato, se  ne  fugge  rapidissimamente. 


Sotto  il  nome  di  G-amasus  coleoptratorum  però,  i  più  vecchi  entomologi  comprendevano  tutti 
i  Gamasiui  insetticoli,  cioè  una  grande  quantità  di  generi  e  specie. 

Alcune  forme  del  gen.  Haemogamasus  Berlese  sono  veramente  parassiti  di  Topi,  specialmente 
campagnuoli,  di  cui  succhiano  il  sangue,  comportandosi  come  i  Laelaps,  ai  quali  somigliano 
molto  nell'aspetto. 

Le  specie  più  grosse  della  famiglia  appartengono  al  gen.  Megalolaelaps  Berlese,  e  raggiun- 
gono persino  i   quattro  millimetri  di  lunghezza.   Si   incontrano  anche  sui  Coleotteri  coprofragi. 


GLI    AFFINI    DKtil.l    INSETTI 


73 


A  questa  famiglia  appartengono  gran  numero  di  specie  pertinenti  al  gen.  Bolostanpis  Koleuati 
(iìg.  65),  fra  le  quali  .*i  annovera  quel  H.  marginatila  (llerin.),  di  cui  si  è  già  detto  pel  rumore 
olii-  destò  la  sua  presenza  sul  cervello,  che  si  stava  sezionando,  di  un  soldato  morto  per  ferite  al 
capo.   Auelie  gli    Boloatatpia  si   attaccano  agli   Insetti,   specialmente  coprofagi,   per  viaggiare. 

Due  specie  giallo-ranciate,  cioè  B.  vernali*  Beri,  ed  B.  Risentii  Beri,  si  incontrano  ad  es.  :  sul- 
V  Athtiicti*  semipiinclaln*  comune  sulle  nostre  spiaggie.  È  molto  probabile  che  questi  Acari,  con  molti 
attilli,  si  lascino  rinchiudere  nei  nidi  degli  Insetti  stercorari,  dove  trovano  lauto  cibo  negli  abbon- 
danti depositi  che  gli  Insetti  suddetti  fanno  a  nutrimento  delle  loro  larve  e  di  poi,  trattenendosi 
sulle  ninfe,  escano  all'aperto  coll'adulto,  per  diffondere  la  specie. 

Cosi  tanno  anche  alcuni  Laclaps,  che  si  incontrano  non  solo  sugli  adulti  di  Coleotteri  scara- 
bei di  come  Oryotes,  Phjillognatliu*.  Pentodon,  Polyplujlla,  ma  anche  sulle  loro  larve.  Sono  Acari 
sotterranei,  che  per  migrare 
guadagnano  le  larve  degli  Insetti 
suddetti  e  si  nascondono  fra  le 
pieghe  della  cute,  poi  si  lasciano 
rinchiudere  nel  bozzolo  ed  al" 
loivhè  ne  riesce  l'adulto,  si  ar- 
rampicano su  questo,  in  attesa 
che  esso  esca  e  formi  il  nido 
entro  terra,  per  guadagnare  al- 
trove un  nuovo  campo  di  azione 
nel  sottosuolo. 

Alcune  forme  di  questa  fa- 
miglia e  spettanti  al  gen.  Hydro- 
gamaeus  Berlese,  vivono  sulle 
rive  del  mare,  sotto  le  alghe 
gettate  sulla  spiaggia  e  non  te- 
mouo  di  essere  inondate  dall'ac- 
qua. 

La  famiglia  degli  An- 
tennoforidi  comprende  spe- 
cie viventi  sempre  sii  altri 
Artropodi  (Insetti  e  Miria- 
podi)  ma  non  in  qualità  di 
parassiti,  bensì  di  scorri- 
dori sulla  pelle    dell'ospite, 

in  cerca  di  nutrimento,  che  può  derivare  dall'ambiente  o  dall'ospite  stesso.  Come 
questi  si  comportano  anche  gli  Eterozerconidi,  che  hanno  grosse  ventose  al 
ventre  per  aderire  all'ospite,  generalmente  un  Miriapodo.  Conosceremo  più  davvi- 
cino  gli  Antennophorus,  che  sono  Acari  grassetti,  molto  amici  delle  Formiche, 
dalle  quali  sono  amorosamente  nutriti  e  portati  in  giro  sul  proprio  corpo,  gene- 
ralmente sul  capo,  come  per  noi  si  fa  con  qualche  nostro  animale  domestico, 
die  ci   rechiamo  volentieri  in  braccio. 

Finalmente,  nella  grande  famiglia  degli  (Tropodidi  comprendente  specie  ta- 
lora assai  elegantemente  scolpite  ed  ornate  di  peli,  creste,  ecc.  si  trovano  molte 
specie  Mirmecoflle  e  Termitoflle,  di  cui  le  principali  conosceremo  in  seguito.  Altre 
emigrano  a  mezzo  degli  Insetti,  mercè  una  loro  forma  ninfale,  che  può  emettere 
un  filo  di  seta  dall'ano  (d'onde  il  nome  di  Uropoda),  oppure  una  semplice  papilla 
di  adesione  (Uroseius,   Dinychus)  (flg.  60). 

Le  ninfe  di  Uropode  cosi  peduncolate  (flg.  CO  B)  non  sono  mancate  di  eccitare 
molto  la  curiosità  degli  entomologi  più  vecchi,  che  ne  facevano  meraviglie  poiché 
consideravano  queste  forme  per  parassite  degli  Insetti,  trovandosi  esse  talora  in 
grandissimo  numero  sugli  Insetti,  specialmente  Coprofagi  (flg.  13),    e    ritenevano 


A  B 

Fig.  65.  —  Bolostaspis  badius  K.,  femmina  ingrandita. 
A,  supiua  ;  B,  senza  zampe  (da  Berlese). 


A.    BSBLBSR,    Gli    Insetti,   II. 


71 


CAPITOLO    PRIMO 


che  per  mezzo    del  filamento    di  adesione  il    succo  dall'ospite  passasse  nel  corpo 

dell'Acaro. 

La  meraviglia  poi  aumentava  a  dismisura  qualora  si  rinvenivano    più    Uro- 

pode    in  catena,  l'ima  col  filamento  aderente  al  corpo  di  altra  e   la    prima  della 

serie    fissata    tenacemente 
all'Insetto. 

Si  diceva  niente  meno 
che  cosi  il  fluido  succhiato 
dalla  vittima  circolava  tra- 
verso tutti  gli  Acari  della 
serie  ! 

Singolare  concezione  ! 
Quelli  però  erano  i  tempi, 
e  durarono  molto  anche  di 
poi,  nei  quali  si  credeva  che 
l'Acaro  non  avesse  organi 
speciali  interni  e  t'osse  un 
semplice  sacco  ripieno  di  una 
sostanza  mucillagginosa. 

A  B 

La  famiglia  più  alta  è  com- 
posta di  Gamasidi,  che,  per  la 
loro  dimensione  e  configurazione 
si  scambierebbero  volentieri  con 
Falangidi  (giacché  il  solo  tronco 
raggiunge  i  5  mill.  di  lunghezza)  ; 
è  quella  cioè  degli  Olotiridi,  col  genere  Holothymt  Gervais,  che  comprende  poche  specie  di 
grande  statura  e  viventi  nelle  regioni  equatoriali. 

L' Holothyrus  coccinella  Gerv.  delle  isole  del  mare  delle  Indie  si  rende  molesto  perchè  emi- 
nentemente irritante  per  contatto,  probabilmente  alla  stessa  maniera  e  per  lo  stesso  principio  at- 
tivo della  Cantaride  (fig.  67). 

Nell'Isola  Maurizio  è  noto  assai  bene  col 
nome  di  Tonille-Canards  ed  in  certe  località  è 
comunissimo  nei  muschi  e  sotto  le  pietre.  Colà 
non  sì  possono  allevare  Oche  ed  Anatre  perchè 
si  avvelenano  ingerendo  tali  Acari  ed  anche  gli 
Uomini  che  tocchino  imprudentemente  simili 
bestiole  o  peggio,  se  colle  mani  poi  si  toccano 
mucose  della  bocca  degli  occhi  ecc.  provocano, 
su  queste  delicate  epidermidi  specialmente,  gravi 
irritazioni. 

Ciò  fa  rammentare  le  intossicazioni  per  in- 
gestione dei  giovani  getti  di  Jtriplex,  cibo  co- 
mune frai  Cinesi  poveri,  fenomeno  che  si  conosce 

col  nome    di   Atriplexismo    ed    è    dovuto    ad    un  Fig    67    ._  Soiolh;/rus  coccinella  (Gerv.). 

Acaro  giallastro,  che  vive  sulla  detta  pianta.  A,  grandezza  naturale. 


Fig.  66.  —  Due  stati  giovanili  di  un  Uiopudide  (allibano  romana 
G.  R.  Can.). 

A,  ninfa  eteromorfa,  dal  dorso;  B,  ninfa  omeomorfa  (viaggiatrice),  dal 
ventre,  col  filo  di  seta  anale  (mancano  le  zampe  a  destra  per  mostrare  le 
fosse  pedali).  Ingrandite  (da  Berlese). 


Mesostigmati  II  (Ijcodidae).  —  Dal  lato  pratico  certamente  il  massimo  inte- 
resse fra  tutti  gli  Acari  è  quello  che  si  deve  agii  lssodini,  vasto  gruppo,  ric- 
chissimo di  specie  diffuse  in  tutto  il  mondo  e  da  raggrupparsi  in  due  grandi  fa- 
miglie, degli  Argasidi  e  degli  Ixodidi,  ciascuna  comprendente  un  grandissimo  nu- 
mero di  specie,  tutte  parassite  di  Vertebrati  terrestri,  specialmente  «lei  superiori. 

Si  tratta  anche  di  Acari  dalle  dimensioni  massime  e  che  si  comportano  tutti 


C.M    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


75 


secondo  una  maniera  <li  vita  conforme.  Essi  sono  tutti  succhiatori  di  sangue, 
almeno  per  un  sesso  eil  in  certe  epoche  della  loro  vita  ed  a  tale  ufficio  hanno 
particolarmente  configurato  il  rostro. 

Interessa  conoscere  questi  animali  anche  perchè  tra  essi,  come  si  è  già  av- 
vertito, si  trovano  i  veicoli  di  speciali  malattie  delle  vittime,  talora  molto  gravi 
0  mortali  addirittura. 

La  bibliografia  io  proposito  è  ricchissima  e,  del  resto,  si  tratta  di  Artropodi 
ben  conosciuti  tino  dalla  più  remota  antichità,  appunto  per  la  frequenza  loro,  ai 
danni   di  animali  domestici  se  non  particolarmente  dell'Uomo. 

Il  rostro  (tig.  tìS).  è  collocato  nella  parte  anteriore  del  corpo;  negli  Issodidi  e  nelle  larve  di 
Argasidi,  addirittura  nella  faccia  ventrale,  più  o  meno  discosto  dall'orlo  anteriore  del  corpo  degli 
Argasidi  ninfe  ed  adulti.  Esso  si  compone  essenzialmente  di  quattro  parti,  cioè  di  un  pezzo  basale, 
che  sostiene  tutti  gli  altri,  di  un  paio  di  cheliceri  o  mandibole,  dorsali;  due  palpi,  uno  in  ciascun 


Fig.  88.  —  Rostro  di  Issodide  (Boophilits  annulalus  Say.) 

A,  ila!  d>rso  ;  B.  dal  ventre,  «,  soudo  dorsale;  br,  base  del  rostro  ;  m.  mandibole;  7,  loro  guaina;  p,  palpi 

(da  Salinoli  e  Stiles). 


lato  e  dualmente  dell'ipostenia,  un  pezzo  impari,  derivato  dalla  fusione  più  o  meno  accentuata 
di  due  pezzi  longitudinali  e  che  occupa  la  regione  inferiore,  cioè  ventrale  del  rostro. 

La  porzione  basale  (capitolo,  testa  di  taluni  autori)  è  larga,  ma  corta,  trapezoidale  e  porta, 
nelle  femmine,  sul  dorso,  una,  o  più  spesso  due  aree  porose,  cioè  zone  ovali  con  molti  minutissimi 
pertugi.  Si  tratta  di  un  organo  del  senso.  Su  questo  pezzo  basale  sono  piantati  i  palpi  sui  lati 
e  l'ipostoma  nella  regione  ventrale. 

I  palpi  sono  due  pezzi  laterali.  Negli  Issodidi  sono  laminiformi  o  meglio  a  cucchiaio,  scavati 
internamente  per  accoglierei  cheliceri,  composti  di  4  articoli;  ma  l'ultimo  è  molto  breve,  tenta- 
coliforme  e  sta  alla  faccia  inferiore  del  palpo.  Negli  Argasidi  invece,  i  palpi  sono  composti  di 
4  articoli,  e  questi  hanno  forma  cilindroconica  e  sono  fra  loro  eguali.  I  palpi  non  penetrano 
nella  pelle  della  vittima  all'atto  del  succhiamento. 

I  cheliceri  sono  al  lato  dorsale  sopra  l'ipostoma,  col  quale  sembrano  saldati,  il  che  nou  è. 
Sou<>  due,  indipendenti  abbastanza  l'uno  dall'altro,  bacilliformi  e  terminano  con  una  specie  di 
chela  a  due  dita,  le  qnali  però,  pur  essendo  a  forma  di  ronca,  sono  ambedue  incurvate  dalla 
stessa  parte  e  recano  dentelli. 

Le  mandibole  sono  rivestite  da  una  guaina  membranosa  nella  parte  loro  verso  la  base. 

L'ipostoma  è  coperto,  alla  sua  faccia  ventrale,  da  numerose  serie  di  dentelli  robusti,  tutti 
rivolti  all' indietro.  Ciò  per  assicurare  la  aderenza  del  rostro  nella  ferita  della  vittima.  Del  resto 
anche  le  mandibole,  talora  i  palpi,  nonché  la  base  del  rostro  in  qualche  specie  di  Issodide,  sono 
provvisti  di  deuti  acuti,  voltati  all'iudietro  o  talora  anche  il  primo  articolo  delle  zampe,  special- 
mente del  1.°  paio.  Lo  scopo  di  tale  armatura  è  sempre  lo  stesso,  rendere  difficile  la  remozione 
dell'Acaro  dalla  pelle  della  vittima. 

II  corpo  degli  Issodidi  è  più  o  meno  convesso,  quello  degli  Argasidi,  invece,  piano  od  esca- 
vai., (se  vuoti)  e  nei  primi  esso  è  provvisto  di  uno  scudo  chitinoso,  duro,  nella  parte  anteriore  del 


76 


CAPITOLO    PRIMO 


dorso  nelle  femmine,  rimanendo  poi  la  massima  parte  del  dorso  coperta  di  pelle  molle;  nei  maschi 
lo  scudo  è  maggiore  ed  abbraccia  quasi  tutto  il  dorso,  inoltre  in  questo  eeseo  si  trovano  anche 
scudi  centrali  più  o  meno  estesi  sul  ventre  (ijorìcs)  o  limitati  ai  lati  dell'ano  (Byalomma,  ecc.). 
Così  il  corpo  nelle  femmine  si  può  distendere  enormemente  per  sangue  succhiato  e  per  uova  con- 
tenute, ciò  che  non  deve  né  potrebbe  accadere  dei  maschi  (tìg.  69). 

Le  zampe  sono  più  o  meno  lunghe,  ad  articoli  subeguali  fra  loro,  né  differiscono  quelle  di 
un  paio  dalle  altre  e  tutte  sono  terminate  da  due  rubuste  unghie,  con  piccola  membrana  roton- 
deggiaute  alla  base  e  sotto  a  quelle.  Nei  tarsi  del  1.°  paio,  al  dorso,  trovasi  uno  speciale  organo 
del  senso  (organo  di  Haller)  cioè  una  fossetta  rivestita  di  minuti  e  fitti  peli. 

Gli  stigmi  (fig.  69  J,  «),  che  si  trovano  solo  nelle  forme  adulte,  sono  collocati  dietro  le  zampe 
del  4.°  paio,  al  ventre,  su  scudetto  rotondeggiante,  sul  quale,  attorno  alla  apertura  respiratoria,  si 

vedono  scolpiti  numerosi  fori, 
facenti  l'insieme  della  piastra 
un  crivello.  Si  tratta  di  or- 
gano sensorio  speciale. 

I  maschi  non  sono 
parassiti,  raramente  si 
trova  qualche  poco  di 
sangue  nel  loro  ventre, 
essi  non  pensano  che  alla 
riproduzione  della  specie. 
L'atto  a  compimento  delle 
nozze  si  effettua  con  par- 
ticolarità assai  singolari, 
dopo  il  quale  atto  il  ma- 
schio cade  al  suolo  e 
muore  in  breve.  La  fem- 
mina ha  diverso  destino. 
Essa  si  riempie  di  sangue 
della  vittima,  per  poter  portare  le  uova  che  ha  nel  ventre  a  buona  inaturanza. 
L'animale  si  rigonfia,  raggiungendo  un  volume  da  cinque  a  venti  volte  mag- 
giore che  non  è  allo  stato  di  digiuno,  poi  si  stacca  spontaneamente  dalla  vit- 
tima e  cade  al  suolo.  Quivi  cerca  un  luogo  riparato,  sotto  qualche  pietra  o  nelle 
fessure  delle  muraglie,  ecc.  e  depone  le  sue  uova,  che  possono  essere  in  numero 
da  10(10  a  4000  ;  il  più  spesso  da  2500  a  3000.  Mégniu  contò  fino  a  12.000  uova 
deposte  da  una  sola  femmina  di  Hyalomma  aegyptium;  altri,  per  la  stessa  specie, 
ne  hanno  contate  8500  a  10.000.  La  deposizione  dura  da  cinque  a  dieci  giorni, 
dopo  di  che  la  femmina  è  divenuta  floscia  e  vuota  e  muore  dopo  quattro  o 
cinque  giorni. 

Dopo  la  deposizione  l'uovo  si  arrotondisce  e  rigonfia,  cosicché  la  massa  totale 
delle  uova  è  molto  più  voluminosa  della  femmina  da,  cui  è  uscita.  Le  uova,  che 
sono  sferoidali,  generalmente  misurano  da  mm.  0,40  a  min.  0,50. 

Le  prime  larve  schiudono  circa  tre  settimane  dopo  la  deposizione  delle  uova, 
in  estate,  ma  in  autunno  ritardano  di  più,  fino  a  tre  mesi  e,  se  deposte  nel  tardo 
autunno,  probabilmente  svernano  e  non  schiudono  che  a  primavera. 

Le  larve  hanno  solo  tre  paia  di  piedi,  nel  resto  somigliano  abbastanza  al- 
l'adulto. In  una  specie  di  Argaside,  V Ornithodoros  moubata,  la  larva  non  schiude; 
rimane  nel  guscio,  vi  si  trasforma  e  ne  esce  invece  la  ninfa  ottopoda. 

La  larva  si  arrampica  sulle  erbe  ed  attende  il  passaggio  di  qualche  animale 
da  potersi  attaccare  per  succhiarne  il  sangue.  Al  capo  di  B.  Speranza  il  Loun- 
sbury  ha  contato  fino  2250  larve  di  Boophilus  decoìoratus  all'estremità  di  un  solo 


Fig.  69. 


Armatura  ventrale  di  due  Zecche  maschi. 
A,   di  Ixodes  ;  B,  Rhipicephalus. 


lil.I    Al  FINI    DKG1.I    INSETTI 


77 


Fig.  70.  —  Una  zecca  degli  Uccelli. 
lxodes  avisugus.   Beri. 
Femmina  ingrandita  (da  Berlese). 


filo  d'erba.   Rimasero  là,  viventi  per  ben  tre  mesi.   Possono  infatti  questi  animali 
vivere  assai  a  lungo  senza  cibarsi. 

In  jieiierale  le  prime  vittime  di  questi  Acari  allo  stato  di  larva   sono  piccoli 
Mammiferi.   Uccelli  0  Rettili. 

Cominciano    a    succhiare  sangue  e  crescono;  entro  tre  o  quattro  giorni  issi 
sono  cresciuti  abbastanza  e  cessano  di  nutrirsi;  ordi- 
nariamente allora  si  staccano  dall'ospite  per  seguire 
la  evoluzione  allo  stato  libero. 

11  tegumento  della  larva  si  solleva,  si  strappa 
alla  base  del  rostro  e  lungo  i  fianchi  e  sorte  la 
ninfa,  da  (5  a  10  giorni  dopo  che  la  larva  si  è 
riempita  di  sangue.  S'ella  ninfa  le  zampe  sono  in 
numero  di  otto;  è  apparso  il  4.°  paio.  Si  tratta 
veramente  di  una  Protoninfa  o  Neoninfa  (secondo 
Lahille)  incapace  di  succhiare  il  sangue  e  soltanto 
dopo  qualche  giorno  essa  acquista  tale  facoltà. 

È  provveduta  di  due  stigmi  e  di  trachee,  so- 
miglia insomma  moltissimo  alla  femmina  adulta, 
manca  però  di  apertura  sessuale  esterna  e  delle 
aree  porose.  Perciò  se  ne  riconosce  il  suo  stato 
giovanile. 

Dopo  sei  giorni  circa  essa  è  cresciuta  abba- 
stanza e  diviene  Deutoninfa,    che   può  abbandonare 

l'ospite  e  cadere  a  terra.  Due  o  tre  giorni  dopo,  con  una  muta  simile  alla  prece- 
dente,   essa   diviene  adulta,  ed  allora  soltanto  se  ne  può  distinguere  il  sesso. 
Quanto  all'adulto,  è  da  notarsi  che,  specialmente  negli  Ixodidi,  la  differenza 

di  statura  e  di  peso 
fra  i  due  sessi  è 
sempre  molto  rile- 
vante, molto  più. 
poi,  allorché  il  ma- 
schio è  messo  a 
confronto  colla  ri- 
spettiva femmina 
ripiena  di  sangue. 

Xella  femmina 
infatti,  il  tegumento 
dell'addome,  essen- 
do molto  elastico, 
allorché  i  ciechi  in- 
testinali sono  pieni 
di  sangue  succhiato, 
la  distensione  del- 
l' addome  stesso  è 
massima  e  perciò  il 
volume  ed  il  peso  dell'animale,  in  confronto  dello  stato  digiuno,  sono  grandissimi. 
Ad  esempio,  neWIrodes  ricinus  il  maschio  pesa  gr.  0,000  appena,  mentre  la 
femmina  raggiunge  i  gr.  0.24  ed  anche  0,30,  viene  cioè  a  pesare  da  40  a  50  volte 
più  <lel  maschio.  Quando  poi  la  femmina  è  ripiena  di  sangue,  il  suo  peso  è  accre- 
sciuto assai  più.  Ad  es.  nell' Omithodoros  moubata,  essa  aumenta  dieci  volte  di 
peso;    in   altra    specie    l'aumento  è  molto  maggiore;    ad  es.  da  25  a  30   volte  e 


Boophillts  annulalus  S;ty. 


A  sinistra  la  femmina  ripiena  di  sangue  e  supina  ;    a  destra  il  maschio  supino.    Ingran- 
dite. A,  A  grandezza  naturale  (da  Xenmann). 


78  CAPITOLO    PRIMO 


nell' Hyalovima  aegyptium,    la    nostra    più    comune   e    grossa  zecca,    il  peso  della 
femmina  nello  stato  di  ripienezza  è  di  ben  142  volte  maggiore  che  non  a  digiuno. 

I  maschi  non  sembrano  vivere  parassiticamente  del  sangue  delle  vittime. 
Essi  si  trovano  su  Vertebrati  diversi  a  sangue  caldo  e  freddo,  ma  vi  si  aggirano 
in  cerca  delle  rispettive  femmine  o  dopo  averle  abbandonate,  compiuta  per  loro 
parte  l'opera  riproduttiva. 

Quanto  alla  durata  dell'esistenza  delle  Zecche  in  generale,  può  essere  detto 
che  essa  varia  a  seconda  dei  climi,  oltreché  della  specie.  Vi  ha  chi  ammette 
possibili,  in  certe  condizioni,  fino  a  tre  generazioni  nell'annata,  ma  un  calcolo 
più  rigoroso  allunga  la  durata  dell'esistenza  delle  Zecche  fino  a  circa  cinque 
mesi,  cosi  che  non  più  d'una  potrebbe  essere  la  generazione  nell'anno,  tenuto 
calcolo  del  periodo  di  riposo  invernale. 

Alcune  Zecche  compiono  su  uno  stesso  ospite  le  fasi  della  loro  vita,  dall'uovo 
in  poi,  ma  in  altri  casi,  come  si  è  già  avvertito,  lo  sviluppo  postembrionale  è 
accompagnato  da  migrazioni. 

È  incredibile  il  numero  di  individui  con  cui  qualche  specie  aggredisce  le 
sue  vittime.  Basta  gettare  un'occhiata  sulla  nitida  fotograna  (fig.  72)  di  parte  della 
pelle  di  un  Bue,  pubblicata  da  Salmon  e  Stiles  nella  loro  bella  opera  sugli  Issodini 
degli  Stati  Uniti,  per  vedere  con  quale  intensità  ne  può  essere  ricoperta  la  pelle 
dell'ospite.  Si  tratta  di  migliaia  di  parassiti  di  tutte  le  età  (individui  del  Boophiltis 
annulatus)  fitti  stipati  gli  uni  contro  gli  altri.  Così  essi  sottraggono  una  consi- 
derevole quantità  di  sangue  e  possiamo  calcolarla  a  circa  mezzo  centimetro  cubo 
per  ciascuna  femmina  adulta  del  parassita.  Questo  è  un  vero  dissanguamento,  assai 
grave  per  l'ospite,  anche  non  tenuto  calcolo  del  pericolo  serio  di  particolari  infe- 
zioni, che  le  Zecche  possono  comunicare  e  diffondere  nel  sangue  delle  loie  vittime. 

È  singolare  il  vedere  come  le  Zecche  sentono  la  presenza,  anche  ad  una 
certa  distanza,  di  qualche  animale  a  sangue  caldo  su  cui  possano  praticare  il 
definitivo  grande  pasto;    dopo    il    quale  sono  pronte  alla  deposizione  delle  uova. 

Nelle  località  molto  infestate  dalle  Zecche,  le  femmine  stanno  sulle  piante, 
generalmente  sui  piccoli  arbusti  e  ferme  sull'estremità  di  una  foglia,  agitano 
all'aria  le  zampe  anteriori,  nelle  quali  sono  gli  organi  sensoriali  atti  a  riconoscere 
l'avvicinarsi  della  vittima  attesa.  Se  questa  si  trova  a  qualche  metro  di  distanza, 
le  Zecche  scendono  rapidamente  dal  loro  osservatorio  o  se  ne  lasciano  cadere  a 
terra  e,  correndo  velocemente,  raggiungono  l'ospite. 

In  località  dove  esse  abbondano,  trattenendosi  per  qualche  minuto  in  uno 
spazio  di  terreno  nudo,  circondato  da  arbusti  è  facile  vedere  le  Zecche  venire  a 
noi  da  tutte  le  parti,  correndo  rapidamente  e  traversando  lo  spazio  di  terreno 
senza  piante,  agitando  di  continuo  nella  corsa  le  zampe  anteriori. 

Le  femmine,  che  si  fissano  sull'ospite,  sono  talora  fecondate,  iva  spesso  recano 
con  sé  aderente  al  ventre  il  piccolo  maschietto  o  lo  accolgono  di  poi  mentre 
sono  col  loro  rostro  piantate  saldamente  nella  cute  della  vittima  e  non  la  abban- 
donano affatto  per  provvedere  col  maschio  loro  all'opera  riproduttiva.  Dopo 
qualche  giorno  dacché  la  Zeccha  adulta  ha  succhiato  il  sangue  essa  abbandona 
spontaneamente  l'ospite,  sul  quale  è  rimasta  tanto  tempo  senza  provocare  prurito 
così  da  manifestare  la  sua  presenza. 

È  molto  frequente  il  caso,  e  lo  hanno  sperimentato  tutti  i  cacciatori  e  le  altre  persone,  che 
hanno  avuto  occasione  di  frequentare  le  macchie  od  i  boschi  in  località  dove  le  Zecche  sono 
comuni,  di  trovarsene  taluna  bene  infitta  nella  pelle,  al  centro  di  una  lunga  zona  fortemente 
iperemica,  senza  che  alcuna  sensibile  molestia  della  parte  ne  avesse  per  lo  innanzi  manifestata 
la  presenza. 


GLI    AFFINI    DKGLI    INSETTI 


79 


Evidentemente  dalle  enormi  ghiandole  salivari  del  parassita  sono  emesse  sostanze  capaci  di 
attutire  il  doloro,  che  dovrebbe  esser  ben  sensibile,  di  un  rostro  di  dimensioni  considerevoli,  che 
si   infigge  profondamente  nei  tessuti  cutanei. 

Sono  questo    speciali    sostanze    che  determinano    l'iperemia,    l'afflusso  di  sangue  alla  parte 


Fig.  72.   —  Porzione  «li  pelle  di  Bue  invasa  dal  Boophilus  annulatus  Say. 
Grandezza  naturale  (da  Salinoti  e  Stiles). 


otfesa,  ma  ancora  possono  indurre    particolari    intossicazioni,     all' infuori  di  immissioni  di   germi 
patogeni,  che  pure  avviene  in  determinati  casi,  come  si  avvertirà. 

Nel  togliere  il  parassita  dalla  cute  dell'ospite  è  necessaria  una  certa  precauzione,  per  non 
incorrere  nel  caso  di  lasciare  dentro  alla  pelle  il  rostro  della  Zecca,  che  resiste  mercè  i  dentelli 
numerosi  rivolti  all'indietro,  di  cui  si  è  già  detto.  La  presenza  di  tale  corpo  estraneo,  qualora 
si  strappi   senza  più   l'Acaro  e  ne  venga  via  il  tronco  ma  non  il  rostro,  può  condurre  a  qualcuno 


SO  CAPITOLO    PRIMO 


di  quegli    effetti,    talora    pericolosi,  determinati    dalla    presenza    di  corpi  eterogenei  nei  tessuti 
viventi. 

Conviene  ricorrere  all'uso  dell'olio  o  del  petrolio,  coi  quali  liquidi  si  intride  il  molesto 
parassita,  che  poi,  sentendosi  soffocare,  abbandona  da  sé,  con  tutto  il  suo  rostro,  la  pelle  offesa. 
Questa,   nell'Uomo,  può  conservare  per  settimane  l'edema  già  avvertito. 

Le  Zecche  sono  animali  che  raggiungono  la  massima  loro  attività  durante 
la  stagione  calda;  così  nelle  regioni  temperate  esse  sono  da  temersi  solo  nell'estate 
o  nel  principio  d'autunno.  Di  poi,  collo  scemare  della  temperatura,  diminuisce 
anche  la  loro  attività,  che  cessa  del  tutto  a  stagione  fredda,  quando  la  maggior 
parte  delle  femmine  muore  e  solo  ne  sopravvive  qualcuna,  che  sverna  già  fecon- 
data o  rimangono  da  un  anno  all'altro  le  uova  bene  riparate,  per  ridare,  la  larva 
nella  seguente  stagione  meno  rigida. 

In  natura  le  Zecche  sono  poco  attivamente  combattute  da  altri  animali,  sebbene  Uccelli, 
Rettili  ed  Insetti  ne  facciano  loro  preda  in  qualche  caso.  Si  sa  che  alcuni  Uccelli,  come  la 
Bufaga  africana  del  Sud-Africa,  aggirandosi  fra  le  mandrie  erranti  di  animali  domestici,  nelle 
praterìe  divora  addosso  agli  animali  stessi,  oltreché  Insetti  parassiti,  anche  le  Zecche;  così  pure 
fanno,  al  Texas,   il   Quiscalcns  major  macriirns  e  nella  Luigiana  il   Ti/rammts  ecc. 

I  Rettili  del  gruppo  dei  Sauri  distruggono  grande  quantità  di  Zecche.  È  ben  noto  il  curioso 
esempio  verificatosi  alla  Giamaica,  dove,  per  l'introduzione  fatta  nel  1872  di  un  Berpestes  per 
distruggere  i  Rettili,  questi  infatti  furono  grandemente  ridotti  di  numero,  ma  crebbero  eccessi- 
vamente le  Zecche,  cosicché  non  solo  il  bestiame  ma  ancora  l'Uomo  e  gli  stessi  Uerpestes  ausi- 
liari finivano  per  esserne  seriamente  incomodati  e  questo  ultimo  mammifero  divenne  a  sua  volta 
più  raro. 

Tra  gli  Insetti,  che  attaccano  e  distruggono  le  Zecche,  ricorderò  il  Phonergates  bicoloripcs 
Stai,  un  Reduvide  che  all'Angola  uccide  V Ornithodoros  mouhata,  perforandolo  col  suo  rostro  per 
succhiare  il  sangue  di  cui  è  ripieno.  Nell'Africa  tropicale  questo  stesso  Argaside  è  preso  di  mira 
dalle  Formiche  e  dai  Topi.  Questi  divorano  gran  numero  di  tali  Acari  adulti  e  le  Formiche  ne 
tolgono  via  le  uova  e  le  larve. 

Dutton  e  Todd  riferiscono  di  aver  veduto  più  di  duecento  giovani  del  detto  Acaro  predati 
dalle  Formiche  in  una  sola  notte.  Lo  stesso  fa  un'altra  Formica,  la  Solenopsis  geminata  (Fabr.), 
per  un'altra  Zecca  degli  Stati  Uniti  meridionali.  Anche  i  Roditori  distruggono  gran  numero  di 
Zecche. 

Particolari  parassiti  del  gruppo  del  Calciditi  sono  stati  recentemente  scoperti,  i  quali  agi- 
scono come  attivi  endofagi  di  parecchie  specie  di  Zecche.  Cito  ad  es.  Vlxodiphagus  lexaniis 
How.   endofago  della   Haemaphyaalis  leporis  palustris,  ecc. 

Gli  Argasidi  si  comportano,  quanto  al  modo  di  vita,  alquanto  diversamente 
dalle  Zecche  propriamente  dette,  cioè  dagli  Ixodidi. 

Essi  non  solo  l'aspetto  ma  ancora  le  caratteristiche  abitudini  notturne  hanno 
delle  Cimici.  Infatti,  per  quanto  ciechi  come  sono  la  maggior  parte  delle  specie 
del  gruppo,  questi  Acari  percepiscono  bene  la  luce  e  la  sfuggono.  Durante  il 
giorno  si  nascondono  nelle  fessure  delle  muraglie,  dei  legnami,  sotto  le  pietre,  ecc. 
e  di  notte  escono  per  aggredire  le  loro  vittime  e  succhiarne  il  sangue,  riempien- 
dosene il  corpo,  ciò  che  fanno  in  poche  ore.  Di  poi  abbandonano  il  pasto  e  si 
ritirano  nuovamente  al  luogo  oscuro,  per  digerire  in  quiete.  Dopo  ciascun  pasto 
le  femmine  depongono  un  certo  numero  d'uova  e  subiscono  una  muta.  In  seguito, 
compiuta  la  digestione,  l'Acaro  ritorna  in  cerca  di  nuovo  cibo.  Cosi  la  esistenza 
di  questi  Acari  non  si  compie  nel  giro  di  pochi  mesi,  come  avviene  pegli  Ixodidi, 
ma  può  prolungarsi  per  più  anni,  tanto  più  che  queste  forme,  come  si  dirà,  sono 
resistenti  al  digiuno  in  modo  incredibile. 

Si  sono  vedute  femmine  di   Ornithodoros  mouhata  mutare  6  volte  in  25  mesi 


GLI    AFFINI    DKllI.I    INSKTT1 


81 


ed  altre  sul)ire  da  (i  a  0  muto  in  un  anno,    ciò    a  seconda  del  numero  dei  pasti 
compiuti. 

La  resistenza  al  digiuno  degli  Ixodidi  in  generale  è  notoria,  ed  è  veramente 
mirabile,   perchè  può  prolungarsi   per  anni. 

Lonnsbury  ha  veduti)  vivere  per  circa  rie  mesi  Ir  larve  seliinse  dall'uovo  di  Boopliilus  deco- 
loratua,  senza,  prendere  nutrimento  di  sorta  ed  al  Lahille  le  larve  di  recente  nate  del  Boophilus 
cumulatile  sono  vissute  ben  206  giorni  senza  cibo,  ed  una  femmina  ha  potuto  vivere  126  giorni 
Bonza  prendere  né  acqua  ne  nutrimento.  Ma  gli  Argasidi  sono  anche  pia  resistenti  e  senza 
confronto. 

Secondo  Laboulbéne  l'Argo*  reflexus  infestava  ancora  una  piccionaia  dopo  sei  anni  dacché 
era  stata  abbandonata  dai  Piccioni.  Io  ho  trovato  viventi  uno  sterminato  numero  di  individui 
della  stessa  specie  in  una  soffitta,  nella  quale  erano  stati  allevati  i  Piccioni  sei  anni  innanzi. 

Ho  conservato  vivente  una  femmina  di  questa  specie  per  sette  anni  di  seguito,  senza  nutri- 
mento di  sorta,  ed  all'inizio  dell'esperienza  essa  era  affatto  digiuna.  Mègnin  e  Laboulbéne  rac- 
contano di  aver  trovato  una  scatola  contenente  un  certo  numero  di  Argas  persimi  ed  Ornithodoros 
thalozani,  dimenticata  da  quattro  anni.  Le  femmine  avevano  deposto  lo  uova,  le  larve  nate  nella 
Beatola,  le  ninfe  ed  i  maschi  erano  morti,  ma  un  certo  numero  di  ninfe  aveva  sopravvissuto  e 
divenute  femmine  erano  state  fecondate  e  si  trovavano  in  perfetta  salute  e  pronte  a  pungere. 

Le  punture  degli  Ixodidi  riescono  più  o  meno  gravemente  dannose  alle  vit- 
time, in  conseguenza  di  tre  fatti,  cioè:  anzitutto  per  la  sottrazione  di  sangue: 
in  secondo  luogo  per  gli  effetti  del  secreto  delle  ghiandole  salivari  del  parassita  ; 
in  terzo  luogo  per  la  possibile  immissione  di  germi  patogeni  vari,  talora  deter- 
minanti  morbi  pericolosissimi  o  mortali  per  la  vittima. 

Si  è  già  accennato  agli  effetti  dell'esaurimento  del  sangue  e  della  immissione 
di  saliva,  ma  quanto  al  possibile  inquinamento  con  agenti  patogeni  convien  dire 
che  da  questo  punto  di  vista  gli  Acari  di  questo  sottordine  riescono  quanto  mai 
detestabili. 

La  loro  importanza  pratica  è  grandemente  cresciuta  dopoché  Smith  e  Kilborne 
mostrarono,  nel  1S93,  la  parte  che  nella  propagazione  delle  babesiosi  (febbre  del 
Texas.  Ematuria  dei  bovini,  ecc.)  ha  una  specie  di  Issodide  nell'America  del  Nord. 

Richiamata  così  l'attenzione  dei  naturalisti  su  questi  Acari,  anche  da  questo 
punto  di  vista,  vennero  alla  luce  altri  fatti  consimili  a  carico  di  parecchie  specie. 
sia  di  Argasini  che  di  Issodini,  e  più  ne  verranno  da  poiché  questi  studi  sono 
affatto  recenti. 

Si  tratterà,  di  volta  in  volta,  parlando  delle  specie  più  importanti  per  la 
nocevolezza  loro  e  pel  pericolo  che  rappresentano,  anche  delle  singole  forme 
patogene,  che  questi  Acari  diffondono,  secondo  quanto  finora  è  noto. 

Per  ora  basti  sapere  che  può  essere  detto  brevemente  ed  in  linea  generale 
che  gli  Argasini  trasmettono  più  comunemente  le  infezioni  dovute  a  Spirochaete, 
(spirochetosi)  e  gli  Issodini  quelle  dovute  a  Babesia  (babesiosi). 

Questi  microorganismi  patogeni,  del  certo,  vivono  parassiticamente  non  solo 
negli  animali  superiori  presi  di  mira  dagli  Issodidi,  ma  ancora  in  questi,  senonchè 
gli  effetti  patogeni  negli  Acari  non  sono  ben  noti,  mentre  assai  bene  sono  stati 
studiati  quelli  sugli  animali  superiori,  tra  cui  non  si  esclude  l'Uomo  stesso. 

fili  Spirocheti  (tig.  73)  sono  organismi  unicellulari,  che  da  taluni  Autori  sono  avvicinati  ai 
Flagellati  fra  i  Protozoi,  da  altri  ai  Batteri.  Essi  non  mostrano  nucleo  differenziato,  sono  allun- 
gati, convoluti  a  spira  e  si  muovono  con  movimento  elicoidale.  Vi  sono  forme  così  piccolo  che 
appena  si  scorgono  mercè  i  più  forti  ingrandimenti,  altre  maggiori  misurano  fino  a  0,20  mm. 
L'importanza  pratica  di  questi  parassiti  è  grandissima  ed  ognuno  di  leggieri  crederà  ciò  peusando 

A.  BkKLKSB,   (ili   fuselli,  II.   —  11. 


82 


CAPITOLO    PRIMO 


che  alcuni    dei  piti    gravi    morbi    (come  ad  es.  la  Sifilide,    causata  dalla  Spirochete  pallida]    sono 
dovuti  alla  presenza  di  questi  microorganismi  nelle  ulceri,  nel  tessuto  e  nel  sangue    dell'ospite. 

Fra  le  Spirochete  molte  forme  viventi  alla  superfìcie  della  pelle 
di  animali  diversi  od  in  cavità  del  corpo,  possono  essere  innocue  o 
quasi,  ma  altre,  quelle  che  vivono  nelle  ulceri,  nei  tessuti  e  nel 
sangue  eontano  le  più  pericolose  forme.  Ne  vedremo  esempi  ed  anche 
del  modo  di  diffusione  a  mezzo  di  Acari  parassiti. 

Le  Bahesia,  che  gli  Autori  ascrivono  ai  Protozoi  binucleati, 
accanto  ai 
Plasmodium, 
che  conosce- 
remo a  suo 
luogo,  sono 
parassiti  del 
sangue  di 
Vertebrati  e 
degli  organi 
interni  di  Ar- 
tropodi, ge- 
parassiti    non 


Fig.  73.  —  Spirochaete  dut- 
toni. 

A.  libera:  B.  in  un  novo  infetto 
«li  Ornithodoros  moubata.  For- 
tissimo ingrano,  (ila  Dotlein). 


neralmente  Zecche.  Sono 
pigmeutati  delle  emazie  dei  Mammiferi. 
La  B.  canis,  che  è  la  meglio  conosciuta, 
mostra  ancora  stadi  liberi  nel  plasma 
del  sangue,  i  quali  somigliano  a  Tri- 
panosomi e  si  considerano  per  gameti 
(fig.  74).  Nell'ospite  intermedio,  cioè  nelle 
Zecche  questi  parassiti  non  danno  ori- 
gine a  cisti  di  moltiplicazione,  come  fanno  invece  i  Plasmodi  nelle  Zanzare.  Le  Babesie  sono 
spesso  causa  di  malattie  molto  gravi  e  talora  mortali  di  grossi  Mammiferi  domestici. 


Fig.   74.    —  Babesia  eanìs  vari  stati. 

.1,  stadio    ameboide    nell'emazia;    B,    divisione    di    questo    stadio; 

C.  infezione  di  una  emazia  con  gran  numero  di  parassiti  piriformi; 

D,  E,    stadi    interpretati    come    Microgameti  ;    F,    Macrogamete. 
Molto  ingrand,  (da  Kinoshita). 


Classificazione  degli  Issodidi.    —  Trattandosi  di  un  gruppo  di  tanto  rilievo  pratico  ritengo  op- 
portuno esporre  brevemente  come  esso  si  ripartisca  in   sezioni  minori  e  finalmente  in   generi. 
Ecco  la  tabella,   che  riporto  dal   Blanchard  con   qualche  variazione. 

—  Rostro  infero.  Mancalo  scudo  dorsale.  Gli  ambulacri  non  hanno  ventose   Famiglia     Argaslda  . 

—  Rostro  terminale.  Esiste  uno  scudo  dorsale.  Gli  ambulacri  sono  for- 

niti di  ventose    ..........  »  Ixodidac, 

Gli  Argasidi  comprendono  duo  generi  cioè: 

—  Corpo  piatto  a  margini  sottili  ;     le  «lue  l'accie  separate  per  sutura, 

mancano  solchi  ventrali    profondi.    Mancano  gli  occhi.     Pelle 

rugosa        ...........         Genere     Argas. 

—  Corpo  e  margini  ispessiti,    senza    sutura.    Mancano  solchi  ventrali 

profondi.  Esistono  (talora)  gli  occhi.  Pelle  verrucosa       .         .  »  Ornithodoros. 


Gli  Issodidi  abbracciano  tre  sottofamiglie  (e  dodici  generi)  che.  sono  : 

1.  —  Maschi  rivestiti  di  scudi  su  tutta  la  faccia  ventrale 

2.  —  Maschi  provveduti  di  scudi  adanali 

3.  —  Maschi  senza  scudi  ventrali  .  .  .... 


Sottofam.   Ixodioae. 

»  Rhipicephalioae. 

Amhlyoirimìnae. 


I  generi  della  sottofamiglia  Issodini  sono  tre  :  Ixodes,  Escatocephalus  e  Ceratixodes.  Nel 
primo  i  palpi  sono  scavati  alla  loro  faccia  interna  in  ambedue  i  sessi.   I  peritremi  sono  ovalari. 

Nel  genere  Escatocephalus  i  palpi  sono  claviformi  e  nel  maschio  non  sono  scavati  sulla  faccia 
interna;  nella  femmina  claviformi  e  piatti.  Peritremi  circolari;  zampe  ordinariamente  molto 
lunghe.  11  genere  comprende  forme  parassite  di  Chirotteri  e  perciò  dal  nostro  punto  di  vista 
meno  interessanti,  così  che  non  ce  ne  occuperemo  altrimenti. 


GLI     AFFINI     KKIÌLI    INsr  I  l  I 


83 


Nei  Ceratixodes  i  palpi  sono  lunghi,  appuntiti  a  cono  nel  maschio,  rigonfiati  all'estemità  e 
leggermente  oanalicolati  alla  faooia  interna  nelle  femmine,  Peritrema  circolare.  Solco  anale  nullo 
nelle  femmine. 

La  sottofamiglia  dei  Ripioefalini  comprendo  5  generi,  le  cui  differenze  risultano  dalla 
leguente  tabella  : 

1.  —   Peritremi  auboiroolari.     Mancano    l'estoni    all'orlo  posteriore  del 

corpo.  Angoli  postero-dorsali  della  testa  non  prolungati  in  spina  2 

—  Peritremi  a  t'onna  di  virgola.   Esistono  festoni  al  margine  posteriore 

del  corpo    ...........  3 

2.  —  .Solco    anale     nella    femmina,     mancante.     Palpi     corti     e  grossi; 

l'orlo  interno  del  1.*  articolo  portante  tutto  al  più  una  se- 
tola ;  quello  del  2.°  articolo  tutto  al  più  due  o  tre  setole. 
Due  paia  di  scudi   ventrali  nel   maschio   ..... 

—  Solco  auale  nella  femmina  presente;   zampe  normali   nella  femmina  : 

cogli  articoli  3-5  molto  dilatati  nel  maschio    .... 
S.   —   Angoli   postero-dorsali   della  testa  non   prolungati    in    punta  spi- 
niforme     Un    solco    amile    nella    femmina.   Due  paia  di  scudi 
ventrali  nel  maschio,  rinforzati  da  piccoli  scudi  accessori 

—  Angoli  postero-dorsali  della  testa  prolungati  in  punta  spiniforme.  Un 

solco  anale  nella  femmina  ....... 

4.  —  Un  paio  di  scudi  ventrali  nel  maschio.  Articolo  1.°  e  2."  del 
palpo  recanti  al  loro  margine  infero-interno  una  serie  di  al- 
meno 5  a  7  setole.      ......... 

—  Due  paia  di  scudi  ventrali   nel   maschio    rappresentati  da  delle  su- 

perlici  salienti,  un  poco  chitinizzate  posteriormente.  Anche 
il."  segmento  delle  zampe)  del  1."  e  1.°  paio  annate  di  due 
forti  spine  nei   due  sessi    ........ 


Genere     Boophilus. 
*  Margaropus. 

»  Hyalomma. 


Rtaipiceptaalus. 


Rbipicentor. 


La  sottofamiglia  Ambliommiui  comprende  quattro  generi,  cioè  : 

.  —   Rostro  lungo.         .......... 

—  Rostro  corto        ........... 

2.  —  Esistono    occhi.     Anche    del  4.°  paio    nel    maschio    appena    più 

grandi   delle  altre        ......... 

—  Occhi   mancanti.   Articolo  2.°  dei  palpi  non  saliente  all'indietro 

3.  —  Esistono  occhi.  Anche  4.°  paio  nel  maschio  molto  sviluppate     . 

—  .Mancano  gli  occhi.    Articolo  2.°  dei  palpi  saliente  all'indietro 


Amblyomma. 
Aponomma. 
Uermacentor. 
Haemaphysalis. 


Le  specie  della  sottofamiglia  degli  Argasini,  che  succhiano  il  sangue  di 
Vertebrati  diversi,  ma  ancora,  all'occasione,  dell'Uomo,  sono  parecchie.  Di  quelle 
più  comuni  o  che  diffondono  ancora  speciali  malattie  parassitarie  più  particolar- 
mente si  dirà,  come  delle  più  pericolose,  delle  altre  basti  un  breve  cenno,  mentre 
delle  specie  che  praticamente  non  hanno  interesse  non  si  farà  menzione. 

Argas  reflexus  (Fabr.).  È  specie    nostrale,  conosciuta  da  grandissimo  tempo 

e  descritta  da  molti  autori.  Corrisponde  aWAcarus  reflerus,  A.  marginatole  del 
Fabricius,  al  Rhynchoprion  columbae  dell'Hermann,  ecc.  Essendo  comune  nei 
colombai  è  noto  anche  con  nomi  comuni,  come  Zecca  dei  Colombi,  Taubenzecke, 
Pigeon   Tìck. 

Questo  grande  Acaro,  che  per  la  sua  forma  ovale  e  pel  corpo  molto  depresso, 
laminare,  se  digiuno,  è  facilmente,  dal  volgo  scambiato  colla  Cimice  dei  letti, 
sebbene  di  color  grigiastro  pallido,  ha  il  corpo  non  puntato  anteriormente  e  cogli 
orli  laterali  convessi  (non  rettilinei),  rivestiti  di  cute  rugosa,  più  lungo  che  largo, 
piatto,    rivestito    di    rugosità    molto  manifeste,    notevolmente    più    stretto    all'in- 


84  CAPITOLO    PRIMO 


nanzi  che  all'indietro,  generalmente  scavato  sul  dorso,  cioè  cogli  orli  rilevati.  Il 
maschio  è  appena  più  piccolo  (lungo  5  inni.,  largo  3)  della  femmina,  la  quale,  se 
digiuna,  è  lunga  5  mm.  e  larga  3;  se  ripiena  di  sangue  misura  fino  a  6  ad 
8  mm.  per  4  di  larghezza. 

Questa  specie  è  la  più  comune  in  Europa  (Francia,  Inghilterra,  Italia,  Ger- 
mania, Rumenia,  Sud  della  Russia).  Si  trova  anche  in  Algeria,  Stati  Uniti  meri- 
dionali, (Columbia.  Una  varietà  (var.  magnus  Neum.)  vive  nella  Patagonia  ed 
Equatore. 

Vive  a  spese  dei  Piccioni,  più  raramente  attacca  i  Polli  e  l'Uomo.  Di  giorno 
l'Acaro  sta  nascosto  entro  le  fessure  dei  legni  e  dei  muri  nelle  colombaie  e  solo 
di  notte  ne  sorte  per  aggredire  le  sue  vittime.  Col  corpo  così  piatto  come  è  allo 
stato  di  digiuno  l'animale  può  penetrare  nelle  più  strette  fessure  e  celarvisi. 
Punge  i  giovani  Piccioni,  specialmente  al  collo  e  al  ventre  e  può  causare  una 
estesa  mortalità  nelle  piccionaie.  Non  ne  vanno  immuni  nemmeno  i  Piccioni 
adulti,  sebbene  sieno  meno  molestati  dei  giovani.  Anche  le  persone  che  hanno 
rapporti  di  contatto  coi  Piccioni  o  stanno  prossime  a  piccionaie  infette  sono 
fatte  oggetto  dalla  puntura  di  questo  Argas  e  non  sempre  senza  pericolo  perchè 
può  essere  trasmesso  qualche  germe  infettivo.  Sembra  che  in  Columbia  la  specie 
possa  inoculare  all'Uomo  una  spirochetosi  analoga,  se  non  identica,  alla  nostra 
febbre  ricorrente  (Blanchard). 

Ai  polli  l'Acaro,  oltre  ad  effetti  gravi  per  esaurimento  di  sangue,  può  inocu- 
lare anche  la  ISpirochaeta  gallinarum  (secondo  Schellack).  L'attitudine  contagiosa 
dell'Acaro  può  sussistere  anche  dopo  65  giorni  dacché  esso  si  è  infettato  su  un 
pollo  malato.  La  spirochetosi  dei  polli,  che  infierisce  soltanto  in  estate  e  non 
durante  l'inverno,  può  fare  delle  stragi  grandissime  nei  pollai.  A  Cipro,  secondo 
Williamson,  il  morbo  portò  ad  una  mortalità  dell'80  al  90  °/0. 

Il  Blanchard  sospetta  che  la  spirochetosi  umana  sia  diffusa,  a  Bagota,  anche 
da  questo  Acaro  oltreché  dall' Ornithodoros  turicata  (Alf.  Dùg.). 

I  casi  di  ambienti  domestici  infestati  dall'  Argas  reflexus,  perchè  già  adibiti  a  piccionaia 
oppure  perchè  vicini  ad  allevamenti  di  Piccioni  sono  più  frequenti  che  non  si  creda.  Io  stesso 
sono  stato  chiamato  a  distruggere  gli  Argas  con  irrorazioni,  sotto  buona  pressione,  di  emulsioni 
d'olio  di  catrame  al  5  °|0.  Gli  Argas  scacciati  dal  grave  odore  fuorusci va.no  dai  loro  nascondigli 
e  vagavano  sulle  pareti  dell'ambiente  dove  fu  facile  raggiungerli  col  medesimo  liquido  insetticida 
od  ucciderli  meccanicamente.  Sui  muri  si  può  procedere  ad  una  diligente  stuccatura  delle  fessure. 

La  presenza  di  Argas  viventi  può  durare  molto  a  lungo,  anche  dopo  che  le  vittime  sono 
state  rimosse.  Infatti  l'Acaro  è  molto  resistente  al  digiuno.  Ne  ho  tenuto  vivente,  come  ho  già 
avvertito,  uno  adulto  per  sette  anni  entro  un  tubetto  di  vetro  e  non  morì  di  inedia,  bensì 
perchè  un  giorno  lo  dimenticai,  inavvertitamente,  sul  tavolo  di  lavoro,  sotto  i  raggi  del  sole  e 
ne  fu  in  breve  disseccato. 

Perciò  lo  stato  di  infezione  degli  ambienti  già  adibiti  a  piccionaia  può  durare  anche  per  più 
anni  con  molestia  e  pericolo  delle  persone  che  abitassero  nelle  stanze  vicine  dove  l'Argas  trova 
modo  di  penetrare  e  di  nutrirsi  a  spese  delle  persone.  L'aspetto  dell'Acaro  e  molto  simile  a 
quello  indicato  a  fig.  75  (A.  persiciis)  salvochè  VA.  reflexus  è  quasi  sempre  concavo  al  dorso 
anziché  convesso. 

Argas  persicus  (Ficher  v.  Waldheim)  (fig.  75).  —  Primamente  descritto  nel  1823, 
di  poi  da  molti  altri  autori  col  nome  indicato  e  forse  dal  Guérin  Méneville  (1844) 
con  quello  di  R.  mauritianus. 

Questo  Argas,  di  color  giallo  terra,  se  non  ripieno  di  sangue  (nel  quale 
ultimo  caso  assume  una  tinta  violacea)  è  lungo  da  4-5  mm.  e  largo  da  2,5  a 
3  mm.  (maschio).  La  femmina  fecondata  e  piena  di  sangue  è  lunga  da  7  a  10  mm. 


GLI  AFFINI  DEGLI  INSETTI 


85 


e  larga  5  a  <>.  Piana  o  Leggermente  concava  nello  stato  di  digiuno,  è  turgida  e 
convessa  in  quello  di  reptazione.  Il  corpo  ovale,  allungato,  a  margini  laterali 
convessi,  più  stretto  all'innanzi  che  di  dietro,  mostra,  lungo  tutti  gli  orli,  al 
dorso,  delle  placchette  rettangolari  contigue  e,  sul  dorso,  gran  numero  di  fossette 
rotondeggianti,  nelle  quali  la  cute  è  liscia,  circondata  da  pelle  marcata  di  rughe 
complicate,  le  quali  fossette  sono  simmetriche  sui  duo  lati  e  portano  un  piccolis- 
simo pelo  centrale. 

È  specie  che  gode  triste  fama  poiché  passa  per  molto  pericolosa  anche  al- 
l'Uomo, non  tanto  agli  indigeni  dei  luoghi  da  essa  abitati,  che  sono  il  Nord  della 
Persia,  specialmente  Miàneh  e  regioni  vicine,  quanto  dai  viaggiatori  che,  non 
accostumati  per  una  specie  di  vaccinazione  alle  conseguenze  della  puntura  del- 
l'Acaro, ne  risentono  effetti  più  o  meno  gravi  e  non  di  rado  anche  mortali. 


Fig.  75.  —  Argas  persietts,  ingrandito  circa  8  volte. 
A,  dal  ventre;  B,  dal  dorso  (da  Bodein). 


Del  resto,  la  Persia,  dove  l'Acaro  è  noto  con  nomi  speciali  come  Cimice  di  Miàneh  ,  Guerib- 
gite:  o  Garib-gnez  ;  ilalleh  ;  Bh-ibguez  (quest'ultimo  nome  significa  mordente  di  notte)  non  è  la 
sola  località  ove  la  specie  si  incontra,  poiché  si  trova  ancora  in  China  (Pekino)  ;  Turkestan  ; 
Russia;  Asia  Minore;  Egitto;  Algeria;  Sudan;  Nubia  ;  Isola  Maurizio  e  del  Capo.  Una  sua 
varietà,  distinta  dal  Neumann  col  nome  di  A.  persicus  var.  firmatili  si  trova  in  Algeria,  Nell'Africa 
australe  questo  Argas  è  noto  coi  nomi  volgari  di  Aumpan;   Tampa n  :    Wand  Luis. 

Gli  effetti  disastrosi  delle  sue  punture  sopracitati  non  sembrano  potersi 
attribuire  soltanto  all'avvelenamento,  ma  vanno  riferiti  piuttosto  ad  una  malattia 
infettiva,  che  non  si  esita  di  richiamare  a  spirochetosi,  per  quanto  manchino 
tuttavia  prove  dirette  della  cosa. 

Certo  però  questo  Argas,  in  regioni  diverse,  specialmente  in  Algeria  e  nel- 
l'Africa australe,  propaga  una  particolare  epizoozia  nei  Gallinacei,  dal  Bevan 
attribuita  alla  Spirochaete  gallinarum. 


Non  sembra  invece  dimostrata  la  trasmissione  per  mezzo  di  questo  Acaro  di  un  parassita 
delle  emazie,  da  avvicinarsi  alle  Babesia  od  alle  Leismannia,  tra  i  Gallinacei,  al  Sudan,  secondo 
vorrebbe  il   Balfour. 


86 


CAPITOLO    PRIMO 


Argas  miniatus  Koch.  —  È  specie  notissima  e  descritta  da  gran  numero  di 
naturalisti,  anche  sotto  nomi  diversi,  oltre  a  quello  che  nel  1844  ebbe  dal  Koch 
ed  è  soprariferito.  Sembra  che  il  De  Geer  la  denominasse  Acarus  nigua.  Certa- 
mente corrisponde  aXVArgas  americanus  del  Packard  e  d'altri,  all'  ^ì.  sanchezi 
del  Dugés,  ecc.,  allM.  radiatus  del  Kailliet  ed  è  noto  coi  nomi  volgari  Ghicken 
Tick;  Foni  Tiek ;  Adobe  Tick. 

La  specie  è  estesa  al  sud  degli  Stati  Uniti  (Texas,  Arizona,  Florida);  Cali- 
fornia; Messico;  Piccole  Autille  (Antigua);  Guyana  inglese;  sud  dell'Australia 
(probabilmente  importata  dal  Nord-America). 

È  questo  un  Argas  molto  alfine  alPJL.  persicus  F.  v.  W.,  anzi  il  Xeumann 
riunì  insieme  le  due  specie.  Tuttavia  il  Blanchard,  con  altri,  afferma  le  due 
specie  essere  decisamente  distinte,  sebbene  molto  affini.  L'aspetto  generale  intanto 
è  quello  dell'  A.  persicus  e  le  differenze  specifiche  si  devono  rintracciare  in  carat- 
teri minuti. 


Fig.  76.  —  Oriìitliodoros  moubata,  ingrandito  circa  6  diametri. 
A,  prono;  B,  supino  (da  Doflein). 


L'Acaro,  che  si  incontra  raramente  sui  Mammiferi,  attacca  in  tutte  le  età 
gli  Uccelli,  specialmente  Gallinacei  selvaggi  o  domestici,  come  i  Polli,  Tacchini. 
Pernici.  Vive  nei  pollai,  a  spese  particolarmente  del  giovani  Gallinacei  ed  è 
l'agente  di  trasmissione  della  temuta  Spirochaete  gallinarum,  per  cui  provoca  tra 
i  volatili  una  mortalità  spesso  molto  elevata. 

I  mezzi  di  distruzione  sono  quelli  già  indicati  per  VA.  reflexus. 

Il  Blanchard  accenna  alla  straordinaria  resistenza  di  questo  Acaro,  non  solo  alla  inedia,  per 
cui  la  larva  e  la  ninfa  possono  vivere  più  mesi  senza  cibo  e  l'adulto  si  è  veduto  vivere  fino  a 
sei  anni  in  recipiente  di  vetro  chiuso,  ma  ancora  ad  agenti  tossici  assai  potenti,  come  sono,  ad 
esempio,  i  vapori  di  acido  cianidrico,  nei  quali  l'Acaro  ha  resistito  due  ore,  come  è  vissuto  per 
mesi  entro  scatole  riempite  di  fiori  di  zolfo.  Con  tuttociò  esso  cede  facilmente  ad  insetticidi 
liquidi  come  il  petrolio,  l'olio  di  catrame,  ecc. 


Ornithodoros  moubata  (Murray)  (fig.  76).  —  Dal  1877,  nel  quale  anno  il  Murray 
descrisse  la  specie  sotto  il  nome  di  Argas  moubata,  moltissimi  autori  hanno 
illustrato  questo  Acaro  e  talora  con  nomi  diversi  da  quello  riferito,  non  di  rado 
confondendolo  coll'O.  savignyi  (Audouin). 


GLI    AFFINI    DEGLI    INM   ITI  87 


È  mia  specie  fra  le  maggiori,  poiché  la  femmina  misura  da  7  ad  11,5  min., 
secondo  lo  stato  di  reptazione.  Il  corpo  è  ovale,  con  una  leggiera  strozzatura 
verso  il  mezzo;  la  cute  è  coperta  di  grosse  placche  rotondaggianti.  Il  colore  è 
bruno  nerastro  al  dorso,  più  chiaro  al  ventre.  Il  rostro  e  le  zampe  di  un  giallo 
pallido.  Queste  ultime  Inumo  fino  a  tre  rilievi  conici  sulla  parto  dorsale  di 
ciascun  articolo  dal  terzo  in  poi.  Non  possiede  occhi.  La  larva  rimane  inclusa 
nell'uovo,  da  cui  sguscia  la  ninfa.  La  specie  è  molto  diffusa  in  Africa,  dall'Egitto 
al  Transvaal  e  dall'Oceano  indiano  all'Atlantico.  Si  trova  al  Soudan,,  Ouganda, 
Congo.  Angola,  nel  bacino  dello  Zambese  e  nella  regione  dei  grandi  laghi. 

Questo  Acaro,  dei  più  temibili,  era  già  noto  al  Livingstone.  Abbonda  nelle 
case  degli  indigeni,  nella  polvere.  Aggredisce  di  notte  e  solo  le  persone  addor- 
mentate. Mentre  succhia  emette  in  gran  copia  dalle  ghiandole  cutanee,  special- 
mente per  il  1.°  e  li.0  paio  di  zampe,  un  liquido  chiaro.  La  puntura  è  molto 
dolorosa  e  ne  rimane,  sulla  cute  della  vittima,  un  cerchio  di  color  cinereo-violaceo 
di  ardesia  di  dieci  millimetri  di  larghezza  e  bianco  al  centro  e  vi  si  forma  rapi- 
damente una  crosta. 

Il  pericolo  principale  è  rappresentato  dal  fatto  che  questo  Argaside  è  l'agente 
di  trasmissione  della  Spirochaete  duttoni  determinante  la  febbre  delle  Zecche  o 
77(7.  fever  dei  patologi,  come  riconobbe  primamente  il  parassitologo  inglese 
I.  Ewerett  Dutton,  che  soccombette  presisamente  a  questa  spirochetosi. 

Secondo  E.  Koch  e  Carter,  le  Spirochete  si  accumulano  negli  ovari  della 
femmina  dell'Acaro  e  di  là  passano  nelle  uova  che  essa  depone  e  sembra  vi  si 
moltiplichino,  così  che  i  neonati  sono  capaci  di  diffondere  l'infezione  (fig.  73). 

Anche  la  Spirochete  gallinarum,  secondo  Fiilleborn  e  M.  Martin,  può  essere 
propagata  fra  i  Polli  da  questo  stesso  Acaro,  e  l'Acaro  conserva  la  facoltà  tras- 
mettitrice  dell'infezione  anche  dopo  103  giorni  da  che  ha  succhiato  il  sangue 
di   un   Uccello  malato. 

Sono  invece  infondati  i  sospetti  di  trasmissione,  da  parte  di  questo  Ornitodoro,  della  Filaria 
prestaus  e  del   Trypanosoma  gambieiise. 

Questo  Acaro  è  designato  dagli  indigeni  delle  regioni  dove  è  diffuso  con  nomi  vari,  così 
ad  es.  si  chiama:  Bifitndikala  a  Leopoldville;  Kibu  uell'Ougauda  ;  Kimputu  nella  parte  orientale 
dello  Stato  del  Congo;  Momjaia  a  Popokabata  ;  Ochihopio  all'Angola;  Papasi,  Bimpusi,  ecc. 
altrove. 

Ornithodoros  savignyi  (Audouìa,  1827).  —  Distinto  dal  precedente,  al  quale  somiglia,  sopratutto 
perché  possiede  gli  occhi.  Diffuso  in  Nubia  ed  Abissinia  sin  verso  il  sud  ovest  dell'Africa;  dal 
Mar  Rosso  fino  alle  Indie. 

A  torto  il  Blanchard  ritiene  come  identico  a  questa  specie  V  Jrgas  conicrps  Canestrini,  trovato 
assieme  all'J.  reflexus  nei  nidi  di  Colombi  a  Venezia.  Più  verosimilmeute  si  deve,  invece,  come 
ha  fatto  il  Xeuniauu,  considerare  VA.  coniceps  sinonimo  dell'  Ornithodoros  talaie  Guér.  Mén.,  di 
cui  si  farà  cenno  più  sotto. 

Ornithodoros  turicata  (Alf.  Dugèsì.  —  Manca  d'occhi.  Il  corpo  è  di  color  giallo  terreo;  le 
zampe  più  chiare.  Il  dorso  è  rilevato  in  un  alto  margine,  di  cui  la  cute  ha  la  stessa  struttura 
del  rimanente  tronco.  Tarsi  con  tre  tubercoli  dorsali  rilevati.  La  femmina  misura  da  5  a  7  mill. 
di  lunghezza  per  3  a  +,5  di   larghezza. 

Questa  specie  abita  nel  Messico  (Guauajato).  Aggredisce  il  Maiale  e  l'Uomo.  Il  Blanchard 
ritiene,  che  questo  Argaside  in  Colombia  diffonda  la  spirochetosi   umana. 

Ornithodoros  megninii  (Alf.  Dugès,  1883).  —  È  specie  comune  al  Messico,  dove  è  noto  col  nome 
di  Pinolia  ;  si  trova  anche  negli  Stati  Uniti  del  sud.  Si  introduce  e  si  fissa  nelle  orecchie  del 
bestiame,  come  pure  sul  Cavallo,  Asino,  Cane,  Montone,  sulle  Tartarughe  terrestri  ed  auche  sul- 


88 


CAPITOLO    PRIMO 


l'Uomo,  sul  quale  ultimo  si  è  trovato  più  volte  al  Texas  ed  al  Messico,  nel  condotto  uditivo 
esterno,  provocando  dolori  assai  vivi  e  prolungati.  Sembra  si  trovi  anche  nell'America  del  Sud, 
sul  Llaina. 

Ornllhodoros  pavimentosus  (Nenmann,  1901).  —  Specie  simile  all'O.  aavignyi.  Vive  nel  sud 
Africa,  nella  polvere,  nei  luoghi  dove  le  carovane  si  arrestano.  Attacca  i  viaggiatori  e  li  punge 
attivamente  allorché  si  sdraiano  a  terra. 

L'Ornithodoros  tbolozani  (Lahoulbéne  et  Mègnin,  1882)  vive  in  Persia,  dove  è  noto  col  nome 
volgare  di  Kéné,  ed  anche  nel  Caucaso  ;  si  trova  nei  pollai  e  sul  Cammello  e  Montone. 

L'Ornithodoros  talaje  (Guerin  Meneville,  1845),  che  si  trova  nell'America  tropicale,  nelle  isole 
Hawai,  come  in  quelle  vicine  alla  Colonia  del  Capo  e  nell'Oceano  indiano,  si  è  rinvenuto  auche 
a  Venezia  ( Argas  coniceps  Canestrini),  sui  Colombi.  È  anche  sospettato  di  propagare  malattie  pa- 
rassitarie. 

La  famiglia  degli  Ixodidi  è  suddivisa, 
come  ho  accennato,  in  parecchie  sottofamiglie, 
in  tutte  le  quali  si  incontrano  specie  prati- 
camente importanti. 

Nella  sottofamiglia  degli  Ixodini  si 
trovano  grandissimo  numero  di  specie  ap- 
partenenti al  genere  Ixodes  (una  trentina 
circa)  e  pochissime,  come  pure  di  scarso  o 
nullo  rilievo  pratico  negli  altri  due  generi. 
La  caratteristica  degli  Ixodes  è  quella 
di  vivere  indifferentemente  su  ospiti  i  più 
diversi  e  perciò  molte  specie  possono  riuscire 
nocive  o  moleste  agli  animali  domestici  ed 
all'Uomo  stesso.  Noi  qui  però  non  citeremo 
che  le  due  Europee  più  ovvie  e  di  cui  una, 
anzi,  è  accusata,  a  ragione,  di  diffondere  gravi 
agenti  patogeni  in  animali  domestici.  Il  genere  è  rappresentato  in  tutto  il  mondo. 

Ixodes  ricinus  (Linné)  (tìg.  77).  —  È  la  specie  più  comune  sui  Cani  e  su  pa- 
recchi altri  animali  domestici,  perciò  più  volte  descritta  e  citata  da  autori  vari, 
anche  con  nomi  diversi,  tra  i  quali  più  comunemente  per  Ixodes  reduvius  La 
femmina,  a  digiuno,  misura  4  mill.  di  lunghezza  su  tre  di  larghezza  ;  allorché  è 
turgida  raggiunge  i  10  ali  millim.  di  lunghezza  su  6  a  7  di  larghezza.  .11  ma- 
schio è  molto  più  piccolo,  cioè  lungo  non  oltre  2,5  mill. 

È  comune  in  tutta  Europa,  Algeria,  Tunisia,  Arabia,  Giappone,  Stati  Uniti, 
Capo. 

La  larva  e  la  ninfa  si  trovano  sui  piccoli  Vertebrati  (Mammiferi,  Uccelli,  Eet- 
tili).  L'adulto  si  incontra  su  alcune  specie  di  Uccelli  e  su  molti  Mammiferi  fra  i 
maggiori  (Montone,  Capra,  Bue.  Cavallo.  Cane,  Gatto,  Riccio  ed  ancora  sull'Uomo). 
Talora  penetra  sotto  la  pelle. 

Questo  Ixodes  propaga  la  babesiosi  bovina  e  canina,  almeno  in  Europa.  Se- 
condo G.  Martin  non  sarebbe  capace  di  diffondere  i  Tripanosomi. 

Secondo  Schandinn  l'Emosporidio  della  Lucertola  (C'aryoìyssus  lacertarum)  si  svolge  nel  tubo 
digerente  dell' Ixndrs,  passa  traverso  le  uova  uella  nuova  generazione  e  di  qui  ad  altre  Lu- 
certole. 

Ixodes  hexagonns  (Leach,  181r>).  —  E  una  specie  molto  affine  alla  precedente  e  con  altitudini  con- 
formi. Essa  pure  trasmette  la  Bàbesia  canis.  Trovasi  in  Europa  e  negli  Stati  Uniti,  non  meno  co- 
mune del   /.   ricinus. 


Fig.  77.  —  Ixodes  ricinus  (Linné). 

A,  maschio  ;    B,  femmina,  supini,  ingranditi 
(da  Berlese). 


OLI    AFFISI    DEGLI    INS1   ili 


MI 


La  sottofamiglia  dei  Eipicefalini  comprende  parecchi  generi,  molto  ricchi  di 
specie.  11  tipo  è  il  Rhipicephalus  sanguinella  (Latr.),  che  è  comune  anche  in  Europa. 
La  maggior  parie  pero  delle  specie  sono  afrioane  e  molte,  cosa  ormai  dimostrata, 
diffondono  la   Babesia  parva  e  la  B.  cani*. 

L'infezione  deve  avvenire  per  puntura  della  ninfa  o  dell'adulto  perchè  non 
passa  attraverso  l'uovo.  Le  larve  non  sono  mai  suscettibili  d'infettare. 

Rhipicephalus  sanguineus  (Latr.)  (fig.  78).  —  È  la  specie  più  comune  nelle  nostre 
macchie,  specialmente  lungo  il  littorale  mediterraneo  ed  infesta  in  grandissimo 
numero  i   Mammiferi  domestici  oltreché  molti   selvatici. 

La  femmina  può  raggiungere,  se  ripiena,  gli  11  udii,  di  lunghezza,  su  7  di  lar- 
ghezza. Il  maschio  è  lungo  al  massimo  mill.  3,35  e  largo  circa  due  mill.  Talora 
porta  una  appendice  conica  all'estremità  posteriore  ed  è  tutto  di  colore  marrone, 
lucente  al  dorso  e  sulle,  zampe. 

Di  tale  colore  sono  lo 
scudo  dorsale,  rostro  e  zampe 
della  femmina,  mentre  il  ri- 
manente corpo  è  di  un  colore 
grigiastro  oscuro. 

La  specie  è  cosmopolita. 
Ne  è  aggredito  anche  l'Uomo. 
Nocard,  Balfour  e  Cristophers 
accusano  questo  Acaro  di  es- 
sere l'agente  trasmettitore  della 
Babesia  canis  in  Europa  come 
iu  Africa  ed  alle  Indie.  È 
anche  affermato  che  esso  pro- 
paga i  1  Leucocytozoon  canis. 
E.  Koch  ascrive  a  questo  Is- 
sode  anche  la  diffusione   della 

Babesia  parva  nell'Africa  del  sud,  ma  può  esservi  confusione  con  qualche  Rhipi- 
cephalus affine,  ad  es.  Rh.   appendiculatus. 

Molte  altre  specie  di  Rhipicephalus  in  diverse  regioni  del  globo  diffondono  la 
Babesia  parva  del  Bue  (febbre  littorale)  e  sono  le  seguenti: 


Fig.  78.  —  Rhipicephalus  sanguinili»  Latr. 
A,  maschio  prono  ;    7>\  femmina  digiuna,  prona.  Ingranditi  (da  Berlese). 


Rhipicephalus  appendiculalus  Neum;  Comunissimo  nell'Africa  australe  sui   Ruminanti  domèstici 
e  selvaggi.  Trasmette  la  Babesia  parrà,  ma  non  la  B.  mutane. 

Uh.   capensis  C.  L.  Koch.  Dal  Sudan  al  Capo,  su  Ruminanti  e  su  Sauri i. 

Rh.   t  irrisi  Neum.  Comunissimo  nell'Africa  orientale  tedesca,  fino  al  Capo,  sui  Mammiferi  do- 
mestici  e  selvaggi.  Trasmette  anche  la  Babesia  equi, 

Rh.   nilens  Neum.  dell'Africa  subequatoriale. 

Rh.   simus  C.   L.   Koch   diffuso  in  tutta  l'Africa  su  gran  numero  di  Mammiferi.  Trovasi  anche  alle 
Indie,   Turkestan  orientale,   Borneo. 

Il  Rhipicephalus  bursa  Canestrini  e  Fauzago  (fig.  79)  trovasi  anche  ne)  mezzogiorno  d'Europa, 
oltreché  in  tutta  l'Africa,  nelle  Indie  e  nell'Arcipelago  di  Bismarch  ecc.  In  Italia  lungo  il  litto- 
rale mediterraneo  è  comune  qualche  volta  anche  più  del  Eli.  sanguineus,  col  quale  si  trova  me 
scolatu  sugli  stessi  ospiti  ed  a  cui,  del  resto,  è  molto  simile.  Secondo  Molas  questa  specie  in 
Rumenta  diffonde  la   babesiosi  del  Montone  o  oarceag. 


Boophilus  annulatus  Say  (fig.  71).  -  -  Di  questa  specie,  descritta  nel  1821  dal 
Say  e  che  ha  così  triste  fama  perchè  nel  nuovo  come  nel  vecchio  mondo  propaga 
l'ematuria  dei  bovini,  hanno  trattato  gran  numero   d'autori    sia   d'America.  d'Eu- 

A.   Bf.rlf.se.    (ili   Infetti,  TI.  —  12. 


90 


CAPITOLO    PRIMI) 


ropa,  d'Australia,  come  del  Capo  di  Buona  Speranza.  Anche  i  nomi  imposti  a 
questa  specie  sono  molti,  àaAVLxodes  annulatus  con  cui  fu  primamente  descritto 
dal  Say;  Haemaphysalis  rosea  del  Koch  ;  Ixodes  bovis  del  Riley  ;  Bhipieephalus 
ealoaratus  del  Binila;  Eh.  annulatus  di  molti  autori;  Margaropus  annulatus,  ecc. 

La  specie  del  genere,  che  si  distingue  dall'affine  Rhipicephalus    pei  caratteri 

sopraindicati,  è  rappresentata  da  molte  varietà,  con  distribuzione  geografica  diversa. 

Il   maschio  è  lungo  da  2,15  a  2,35   mill.   su   1,30  di  larghezza  e  nella   forma 

tipica  non  ha  l'addome  prolungato,  nell'orlo 
posteriore,  in  tubercolo  conico.  La  femmina 
raggiunge  fino  i  13  mill.  di  lunghezza  per  7,5 
di  larghezza. 

È  specie  cosmopolita.  La  forma  tipica  è 
diffusa  agli  Stati  Uniti,  dove  propaga  la  febbre 
del  Texas  (Babesia  bovis)  ed  ancora  al  Messico 
ed  a  Cuba. 

Aggredisce  il  Bue  ed  il  Cavallo  e  compie 
tutte  le  fasi  della  sua  vita  sullo  stesso  ospite 
e  diffonde  sopratutto  la  Babesia  bovis,  che  si 
trova  costantemente  nelle  regioni  dove  si  in- 
contra questo  Acaro.  Diffonde  anche  la  Babesia 
parva;  ciò  però  è  meno  bene  dimostrato. 

Fig.  79.  —   Una    comune    Zecca,    Bhipiee- 
phalus   bursa,    maschio,     ingrandito,  dal  T  „  . 

dorso  (da  Berlese).  La  val'-  '"'S^'1''»»8  Neum.  si  e  trovata  a  Buenos  Aires. 

La  var.  eaiulatus  Neum.,  di  cui  il  maschio  presenta 
un  tubercolo  conico  prominente  dall'orlo  posteriore  del 
corpo,  vive  al  Giappone  e  si  attacca  al  Cavallo. 

La  var.  calcaratus  Binda  si  trova  nel  Caucaso,  Africa  del  Nord,  Egitto,  Marocco,  .Sahara, 
Senegal,  Congo.  In  Europa  è  stata  trovata  in  Italia,  specialmeute  nei  dintorni  di  Roma.  Sar- 
degna, ecc.  ;  iu  Francia,   in  Germania  ed    altrove. 

La  var.  microplus  Canestr.  trovasi  alle  Antille,  America  centrale  e  Repubblica  Argentina 
Australia,  Nuova  Guinea,  Malesia,   Filippine,    Birmania,   India,  Ceylon,   Africa  del  Sud. 

La  Febbre  del  Texas  o  delle  Zecche  (Tick  fever)  come  è  anche  detta,  Tristeza,  come  si  chiama 
nel  Sud  America,  oppure  Emoglobinnria  episootica  od  anche  Ematinuria 
(volgarmente,  in  Italia  :  piscia  sangue)  è  malattia  infettiva  dei  Bovini 
e  dipende  dalla  Babesia  boris,  ematozoo  detto  anche  Pirosoma  o  Piro- 
plasma bigeminum,  Babesia  bigtmina.  Non  ancora  è  ben  noto  tutto  il 
ciclo  di  sviluppo,  ma  si  presenta  con  corpuscoli  globulari  o  piriformi, 
per  lo  più  appaiati  e  contenuti  nel  globulo  rosso  del  sangue,  che  ne 
può  essere  inquinato  nella  proporzione  del  40  al  90  °/0,  come  si  osserva 
in  animali  morti  per  questa  malattia  allo  stato  acuto. 

Il  parassita  distrugge  le  emazie,  i  cui  resti  formano  degli  emboli 
ed  ostruiscono  i  capillari,  provocando  accidenti  vari.  Oltre  a  ciò,  se  la 
malattia  ha  decorso  acuto,  la  morte   può    avvenire   in  poche  ore,  come 

in  pochi  giorni,  dal  momento  in  che  la  febbre  è  apparsa.  Se  gli  animali  non  muoiono,  la  con- 
valescenza è  lunga  e  spesso  con  ricadute  pericolose.  Nei  casi  a  decorso  più  lento  del  morbo 
(febbre  benigna  o  subacuta)  la  malattia  si  potrebbe  dire  anche  cronica  ed  è  con  effetti  molto  meno 
gravi  che  nell'altro  caso.  In  Italia  questo  morbo  fu  osservato  in  Sardegna  dal  Manca,  fino  dal  1750. 

Il  Metaxa  lo  riconobbe  nell'agro  romano  e  ne  trattò  egregiamente  nel  1836.  Di  poi  ne  trat- 
tarono Carlo  Lessona  (1852);  Saufelice  e  Loi  (1895);  Bastianelli  (1896);  Dionisi  (1897);  Celli  e 
Santori  (1897);  Oreste  (1892);  Perroucito  (1890);   Padovani  (1897-98);  Nosotti,  (1898),    ecc. 

Alcune  cifre  desunte  da  quanto  si  è  veduto  accadere  da  noi  possono  dimostrare  la  gravità 
della    enzoozia. 

Gli  animali  di  recente  importazione  in  una  località  infetta  sono  i  più  colpiti.  Possono  mo- 
rirne tino  all'80  o  90  0/o.  Nell'Agro  romano  ed  altrove  intere  mandre  svizzere  furono  completa- 
mente distrutte.   In   Sardegna  un  solo  proprietario  ebbe  800  capi   bovini  morti. 


Fig.  80.  -  Babesia  bovis 
entro  una  emazia  (da 
Dotlein). 


lil.I    AFFINI    DEGLI    INsl:  1  l  1 


91 


La  oara  preventiva  col  chinino,  iniziata  al  primo  oaso  constatato  in  una  località,  ha  dato 
eccellenti  risultati.  Bisogna  inoltre  ourare  la  distruzione  dvlle  Zecche  nelle  stalle,  come  sul  corpo 
delle  bovine. 

Boophilus  decoloratus  (lvocli).  —  Affine  al  precedente.  Trovasi  in  tutta  l'Africa  equatoriale  e 
meridionale,  dove  ò  l'unico  rappresentante  del  genere.  Esiste  ancora  nelle  isole  vicine  (Capo  verde, 
Maurizio,    Riunione,   Madagascar).   Sulla  costa  orientale  e  mescolato  al    /»'.   anmilaliis. 


Fig.   81.  —  Hyalomma  aeijyptium  (Liuné). 
A.,  maschio  prono:  B,  ano  ventre:  C,  femmina  digiuna  e  prona.  Ingrandito  (da  Berleae). 


Trovasi  su  Mammiferi  diversi,  cioè  Bue,  Capra,  Cavallo,  Cane.  Nell'Africa  del  Sud  trasmette 
al  Bue  la  Spirochaete  theileri  e  la  Babesia  bor'ts.  Non  sembra  atto  a  propagare  la  B.  parva  e  la 
B.   mutali*  al  Bue,  né  la  B.  equi  al  Cavallo,  come  non  diffonde  le  diverse  ti  ipanosomosi  animali. 


Il  genere  Hyalomma  comprende  poclie  specie,  in  generale  però  assai  volumi- 
nose.  La  forma  tipica  del  genere  e  comunissima  anche  da  noi  è  la  seguente: 

Hyalomma  aegyptium  (Linné)  (fig.  81)  conosciuto  da    grandissimo    tempo    e    de- 
scritto da  molti  autori  spesso  con  nomi  diversi,  che  si  richiameranno  più  innanzi. 


92  CAPITOLO    PRIMO 


È  la  più  grossa  specie  fra  le  Zecche  nostrali,  poiché  il  maschio  misura  da  li  a 
7  mill.  di  lunghezza  su  3,5  a  5  di  larghezza.  La  femmina,  che  allo  stato  digiuno 
è  lunga  solo  7  mill.  e  larga  3,5  può  giungere,  allorché  è  ripiena,  tino  a  20  mill. 
ili  lunghezza,  per  18  di  larghezza. 

Questa  specie  è  stata  introdotta  in  Europa  ed  altrove,  nelle  più  diverse  re- 
gioni, dai  paesi  caldi.  Si  estende  nel  Nord  dell'Africa,  come  anche  al  Capo,  Se- 
negal, Arabia,  Asia  Minore,  Persia.  Afganistan,  Turkestan.  India.  Mongolia  ed 
anche  a  Pechino.   Inoltre  Brasile,  Oruadalupa,  Trinità. 

In  Europa  trovasi  nella  parte  meridionale.  È  comunissima  in  Italia,  special- 
mente nella  centrale,  meridionale  ed  isole,  più  che  mai  lungo  il  littorale  medi- 
terraneo. 

Attacca  il  Bue,  Cavallo.  Mulo,  Asino.  Montone,  Cane,  Cammello,  Drome- 
dario e  si  trova  spesso  anche  sull'Uomo  e  con  efletti  temibili,  conforme  ha  mo- 
strato il  Roucisvalle  (1891)  per  qualche  caso. 

Esso  può  trasmettere  la  Babesia  bovis,  ma  non  quella  del  Cavallo.  Skinner, 
basandosi  sul  fatto  che  questo  Acaro  si  incontra  nei  paesi  dove  infierisce  la  peste, 
vorrebbe  anche  renderlo  responsabile  della  diffusione  di  questa  terribile  ma- 
lattia. 

Sono  ricordate  dagli  autori  parecchie  varietà  della  specie  tipica,  come,  ad  es.:  var.  drome- 
dari» Kocli  di  Siria  ed  Egitto;  var.  lusitanicum  Koch  del  Portogallo;  var.  impressi/m  Kocli  del 
Senegal. 

La  specie,  come  ho  detto,  descritta  e  ricordata  più  volte  per  regioni  diverse  e  da  molti 
autori  ha  una  complicata  sinonimia.  Eccola:  Acarus  aegypiius  Linné,  ecc.:  A,  liispanus  Eabr.  ;  Cy- 
norhaestes  aegyptius  Hertn.;  Ixodes  camelinus  Fischer  v.  Wald.  ;  /.  fabricii  Aud. ;  T.  sarignyi  Gerv.  ; 
Hyalomma  anatólìum,  B.  dromedari'*,  H.  excavatnm,  H.  grommi,  B.  hispanum,  B.  impressimi,  H.  lusita- 
nicum, B.  marginatimi,  H.  rufipes,  B.  triincatum  Koch;  I.  gracilenti!*  Lucas  ;  I.  africanui  Mègn.; 
B.  dentatimi  C.  et  F.  ;   B.  eornuger  Murray;  /.  algerieusis  Mègnin.  ;   B.  ntrieulus    Berlese,  ecc. 

Nella  sottofamiglia  Ambliommini  ricorderò  i  generi  Amblijommu  ed  Aponomma  con  un  gran- 
dissimo numero  di  specie,   particolarmente  pel  primo  genere,  pero  extraeuropee. 

L'Ambi,  americanum  (Linné)  dell'America,  dagli  Stati  Uniti  al  Brasile  attacca  il  Bue  oltreché 
diversi  animali  ed  anche  l'Uomo.  Non  si  sa  che  diffonda  malattie. 

VA.  cayennense  Koch  trovasi  nel  Sud  degli  Stati  Uniti,  Brasile,  Cuba,  Giammaica,  Trinità. 
È  la  specie  nota,  con  altre,  sotto  il  nome  volgare  di  Gai-rapata  nell'America  centrale.  Le  sue 
abitudini  sono  conformi  a  quelle  della  specie  precedente. 

L'Ambi,  hebraeimi  Koch,  dell'Africa  (Sudan,  a  Zanzibar  ed  al  Capo),  vivente  su  molti  Mam- 
miferi anche  selvaggi  e  sull'Uomo.  Non  trasmette  la  Babesia  bovis,  bensì,  secondo  Theiler  la  lieart- 
water  al   Montone,   Capra  e  Bue. 

Il  genere  Dermacentor  abbraccia  parecchie  specie  esotiche  ed  una  che  si  trova  anche  in  Italia 

comune. 

Fra  le  esotiche  inerita  menzione  il  D.  occidentali*  Marx  delle  Montagne  Rocciose,  vivente  sul 
Bue,  Cavallo,  Montone,  Cervo  e  sull'Uomo.  È  accusato  di  diffondere  la  febbre  maculala  delle 
montagne  rocciose  (Rocky  Mountain  spotted  fever),  che  infierisce  sugli  abitanti  delle  località  dove 
l'Acaro  è  presente.  L'etiologia  del  morbo  è,  del  resto,  molto  oscura  tuttavia. 

Dermacentor  reticulatus  (Fabr.)  (fig.  82)  che  trovasi  hi  Francia,  Portogallo,  Uumenia,  Caucaso, 
Persia,  Turkestan,  Siberia,  Giappone  e  forse  nel  Sud-ovest  degli  Stati  Uniti.  Si  è  incontrato 
anche  in  Italia,  specialmente  nella  settentrionale.  Si  attacca  al  Cane,  Bue,  Montone,  Capra,  Cervo, 
Porco  ed  anche  all'Uomo.   In  Europa  esso  diffonde  la  Babesia  canis. 

È  un  bellissimo  Acaro  a  tegumenti  molto  resistenti,  piatto,  marmorato  di  bruno  e  di  vena- 
ture aurulente. 

Nel  genere.  Baemapltysalis  si  conta  un  enorme  numero  di  specie,  per  la  massima  parte  esotiche 
e  tra  queste  molte  che  attaccano  gli  animali  domestici  e  taluna  aneli.-  l'Uomo.    Una  sola  però,  la 


GI.l    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


!CÌ 


//.  IkicIiì  (Ami.)  è  conosciuta  oggi  come  diffouditrice  di  Babesia  santa,  in  Italia  ed  al  Capo  di 
Buona  Speranza,  ma  solo  allo  stato  adulto.  Si  sappone  audio  che  al  Giappone  essa  trasmetta  al 
Bue  la  />.  parva. 


La  specie  è  diffusa  in 
tutta  l'Africa  e  vive  sul  Cane, 
Gatto,  Leone,  Leopardo,  Vi- 
verra, eco.  Una  varietà  (nn- 
stralis),  che  si  trova  a  Su- 
matra, si  incontra  sulla  Tigre; 
in  Australia  ed  al  Giappone 
sul  Cavallo. 

Pare  che  anche  V H.  pun- 
ctata  Can.  et  Fanz.  cosmopo- 
lita e  che  vive  allo  stato 
adulto  su  molti  Mammiferi 
ed  allo  stato  di  ninfa  sui 
Rettili  sia  capace,  secondo 
Stookmaun,  di  trasmettere  la 
Batista   bovis. 


Fig.  82.   —  Dennacentor  reiiculatus  (Fabr.),  femmina. 
A,  dal  dorso;  B,  ventre.  Ingrandito  (da  Berlese). 


Questi  sono  i  prin- 
cipali Acari  di  questo 
gruppo,  che  meritavano  di  essere  citati  per  la  loro  importanza  pratica 


Prostigmati. 

Il  penultimo  grande  sottordine  degli  Acari  è  quello  dei  Prostigmati,  da 
dividersi  in  Acquatici  (Idracnidi  ed  Alacaridi)  e  Terrestri.  Dei  primi  si  è  già 
detto  abbastanza  e  si  è  anche  accennato  che  le  larve  di  talune  specie  si  tro- 
vano su  Insetti  che  frequentano  le  acque,  come  ed  es.  lungo  le  nervature  delle 
ali  di  Libellule,  oppure  sul  petto  di  Ditiscidi,  sulle  zampe  di  Eanatre  ed  altri 
Binitteri  acquaioli.  Quivi  spiccano  per  la  loro  tinta  rossa  vivissima  ed  anche 
spesso  per  le  dimensioni,  perchè  non  di  rado  queste  larve  sono  grandette  e  rag- 
giungono talora  il  millimetro  di  lunghezza. 

Ala  fra  i  Prostigmati  terrestri  si  trovano  parecchie  specie  degne  di  nota, 
perchè  nocive  alle  piante  od  altrimenti  moleste  all'Uomo  e  ad  altri  animali. 

Si  contano  però  nel  gruppo  attivissimi  predatori  di  altri  Acari  minori  od 
altri  Artropodi,  mentre  può  esser  detto  che  mancano  forme  viventi  nelle  sostanze 
putrescenti  animali  o  vegetali,  a  spese  di  queste. 

Tutto  il  gruppo  infatti  è  composto  di  divoratori  di  sostanza  organica  vivente 
e  quindi  non  può  essere  diviso  che  in  parassiti  di  animali  o  di  piante  ed  in  pre- 
datori. 


I  parassiti  delle  piante,  come  ancora  attivamente  semoventi  conservano  la  caratteristica  con- 
figurazione particolare  alle  specie  del  sottordine,  ma  quelli  che  vivono  sugli  animali  hanno  per- 
duto, più  o  meno  marcatamente,  l'aspetto  comune  anzidetto,  ciò  per  involuzione  degli  organi  lo- 
comotori, sviluppo  maggiore  del  tronco,  ecc.  ed  anche  il  colore  vivace  (più  comunemente  rosso) 
che  appartiene  alla  maggior  parte  delle  forme  planticole  0   libere. 

Si  può  audare  dai  Paorergates  parassiti  dei  Topi,  per  le  Alyobia,  forme  parassite  di  piccoli 
Mammiferi  ed  ancora  poco  involute,  fino  ai  Sareopteriis,  che  sono  parassiti  di  Uccelli,  special- 
mente Passeraeei  e  molto  ridotti  negli  organi  loro  locomotori,  i  quali  sono  ancora  abbastanza 
evoluti  solo  nelle  forme  migratorie,  ma  in  parte  assenti  o  piccolissimi  ed  abortivi  nelle  forme 
sedentarie  delle  medesime  speci». 


94 


CAPITOLO    PRIMO 


Gli  Acari  del  sottordine  Prostigmati  parassiti  delle  piante    spettano    per   la 
quasi  totalità  ad  una  sola  famiglia,  quella  cioè  dei  Raflgnatidi  o   Tetranichidi,  e 


di  questi  si  tratterà  più  diffusamente. 


Fig.  83.  —  Tydaeus  foliorum  (Scbr.) 
molto  ingrandito,  prono  (da  Bei- 
lese). 


Gli  Autori   non  mancano  di  ascrivere  ai  parassiti  delle  piante  ancho  talune    specie    del    ge- 
nere  Tydaeus  e  quindi   il   più  comune    T.   foliorum  (Sdir.)   (fig.   83),    che     è    un    acaro  piccolissimo 

(lungo  min.  0,40)  bianco  o  bianco  giallastro,  agile;  cammina 
con  un  caratteristico  tremolìo,  e  si  trova  in  colonie  numerose 
lungo  la  nervatura  nella  pagina  inferiore  delle  foglie  di  piante 
le  più  diverse,  specialmente  di  quelle  molto  facilmente  aggre- 
dite da  Cocciniglie  ed  altri  piccoli  Insetti  litofagi.  Questo 
Tydaeus  appartiene,  con  molte  altre  specie,  alla  famiglia 
Eupodidi,  ma  non  si  nutre  veramente  di  succili  vegetali  cir- 
colanti, bensì  di  detriti  vari,  muffe,  spoglie  di  Insetti  morti, 
specialmente  Cocciniglie,  die  stanno  sulle  foglie.  Perciò  non 
è  minimamente  nocivo.  Gli  altri  Acari  della  famiglia  sono 
tutti  eccellenti  predatori. 

Però,  a  carico  di  un  altra  specie  di  Eupodide  sono  stati 
sollevati  vivi  lamenti  da  parte  di  qualche  agricoltore  e  si  è 
accusato  così  il  Penlhaleus  haematopus  Koch  di  danni  non 
lievi  alla  vegetazione  in  qualche  caso,  specialmente  sulle  Lat- 
tughe ed  altri  ortaggi. 

Questo  PentkaUus  è  un  bell'auimale,  dalle  lunghe   zampe 
rosse   scarlatte,    dal    corpo    nero    di    velluto,    lungo    (il    solo 
tronco)    poco    più     di    mezzo    millimetro.     È    molto    agile    e 
veloce  e  comunemente  sta  nei  muschi  o  sul   nudo  terreno,  generalmente  del  tutto  innocuo. 

Ma  nella  famiglia  suddetta  dei  Eafignatidi  o  Tetranichidi  si  trovano  molte 
specie  gravemente  nocive  alla  vegetazione,  per 
l'enorme  incremento  di  individui  che  raggiungono 
a  tutte  spese  delle  piante,  fra  cui  molte  di  coltivate. 
Il  più  noto  Acaro  è  il  Tetranychus  telarius  (L.), 
che  ha  un'area  di  diffusione  molto  estesa  sul  globo, 
ritengo  tutta  la  zona  temperata  In  America  ed 
altrove  si  trovano  specie  affini,  che  si  comportano 
come  le  congeneri  del  vecchio  mondo. 

Veramente  le  forme  nostrali  più  comuni  sono 
almeno  tre,  cioè,  oltre  al  citato,  il  T.  pilosus  0.  et  F. 
ed  il  T.  latus  C.  et  F.  Questi  due  ultimi  però, 
sebbene  in  taluni  casi  si  trovino  molto  diffusi,  spe- 
cialmente il  primo  dei  due,  nelle  serre,  pure,  in 
generale,  sono  assai  meno  comuni  del  T.  telarius,  che, 
da  solo,  si  può  dire,  sostiene  tutto  il  peso  della 
cattiva  rinomanza  della  specie. 

Era  ben  noto  anche  agli  Entomologi  più  vecchi, 
appunto  per  le  sue  abitudini  moleste  seriamente 
alle  piante. 


Fig.  81.  —  L'Acaro  fitofago  più  te- 
mibile. Tetra» ychas  telarius  (L.), 
femmina  ingrandita,  vista  dal  dorso 
(da  Berlese). 


Tetranychus  telarius  (L.)  (fig.  84).  -  È  un  acaro  piccolo,  appena  più  lungo  di 
mezzo  millimetro  (min.  0,600  di  lunghezza)  di  color  rosso  bruno  sui  due  lati  del 
corpo,  rosso  nel  mezzo,  coi  piedi  e  rostro  di  color  roseo  o  rosso  giallo.  E  ovale, 
tutto  irto  di  peli  (lunghi  quanto  metà  della  larghezza  del  tronco)  sparsi  sul  dorso 
e    peli    lunghi    ed    abbondanti    sono    anche  sulle   zampe.  Le  larve  sono  esapode, 


GLI  AFFINI  DEGLI  INSK.III 


95 


rosee  e  si  trovano  colle  uova  e  con  tutti    gli    altri    stadi    sulle    foglie    di  piante 
diverse. 

Mercè  le  mandibole  armate  di  lungo  ed  acutissimo  stiletto,  l'Acaro  punge  le 
foglie  e  ne  succhia  l'umore.  Inoltre  le  colonie  di  questo  Acaro  sono  protette  da 
sottili  tele  di  seta  o  meglio  di  fili  sparsi,  formanti  una  trama  sulla  pagina  infe- 
riore della  lamiera  fogliare  e  così  si  riparano  dall'aggressione  di  nemici  vari. 
D'inverno  parecchie  femmine  sopravvivono  e  si  trovano  nascoste  sotto  le  cor- 
teccie;  in  tale  epoca  esse  sono  di  colore  rosso  ranciato. 


L'Acaro  è  nocivo  molto  alla  vegetazione  sia  degli  alberi  d'alto  fasto,   come  ad  es.  il    Tiglio, 
però  a  foglia  larga,     sia    e    più    ancora    agli 
ortaggi. 

Non  è  facile  combattere  questo  animaletto 
all'aperto  ed  io  confesso  di  non  esservi  mai 
riuscito  con  abbastanza  soddisfacimento.  Ciò 
dipende  dalla  resistenza  dell'Acaro  a  molti 
agenti  tossici,  alla  protezione  delle  tele  sericee 
ed  alla  sua  residenza  alla  pagina  inferiore 
delle  foglie,  come  pure  alle  dimensioni  delle 
piante  attaccate. 

Xon  vi  possono  essere  cbe  le  polveri 
(zolfo,  calce  viva,  ecc.)  cbe  forse  praticamente 
si  possano  raccomandare,  non  certo  gli  inset- 
ticidi liquidi,  a  meno  cbe  non  si  tratti  di 
difendere  ortaggi  o  piante  nane  e  cbe  consen- 
tano le  spese  di  mano  d'opera  e  di  insetti- 
cida, che  sono  rilevauti,  perchè  le  irrorazioni 
vanno  fatte  con  cura,  pazienza  e  con  una  certa 
abbondanza  di  liquido  insetticida. 

Nelle  serre  la  difesa  è  più  facile  perchè  in 
ambiente  chiuso  si  può  ricorrere  utilmente 
alle  fumigazioni  di  tabacco,  ecc.  L'Acaro  è 
preda  di  piccoli  Coccinellidi  dei  generi  .R/ii/- 
zobius,  Scymnus,  ecc. 

La  specie  ha  ricevuto  nomi  diversi,  dei  quali  ricordo  solo  i  seguenti:  T.  Hntearius  (Dufour 
ed  altri);  Dittigmatus  pilosus  (Donnadieu);  T.  teiuiipes,  T,  tiliarius,  T.  ulmi,  T.  maior,  ecc.  di 
altri   autori. 


Fig.  85.  —    Tetra» yehopsis    horrida    (C.  et  F.)    vista 
dal  dorso,  ingrandita  (da  Berlese). 


11  Tetranychus  pilosus  Can.  et  Fanz.  è  molto  simile  in  tutto;  differisce  però  pel  colorito  rosso- 
bruno  più  vivace  e  pei  peli  del  dorso  molto  più  robusti,  tutti  fra  loro  pressoché  d'eguale  lun- 
ghezza e  sorgenti  da  grossi   tubercoli. 


Il  Tetranychus  latus  Can.  et  Fanz.  è  invece  col  corpo  più  corto,  quasi  tanto  largo  che  lungo, 
peli  cortissimi,  appena  visibili  e  le  zampe  molto  più  lunghe  e  sottili  che  non  nelle  specie  prece- 
denti e  con   peli   radi  e  cortissimi. 

Meno  frequenti  assai  sono  da  noi  il   T.   minimus  Targ.  ;  il  T.  gibbosus  Can.  e  qualche  altro. 

Nell'aftine  genere  Tetranychopais  sta  la  T.  horrida  (C.  et  F.),  che  è  un  bellissimo  Tetranichide 
con  alte  e  robuste  setole  cilindriche  sul  dorso,  sorgenti  da  tubercoli  molto  elevati  e  col  dorso 
pianeggiante.  È  di  colore  verdastro,  macchiato  di  bruno  ed  ha  dimensioni  da  paragonarsi  a  quelle 
del  Tetranychus  telarius  ed  abitudini  conformi.  Vive  su  molte  piante  ed  è  nociva  (tìg.  85). 

Nel  genere  Bryobia  stanno  Acari  caratterizzati  dall'addome  depresso  o  scavato,  glabro,  rugoso 
e  dal  capotorace  anteriormente  provvisto  di  una  lamina  trasparente  intagliata  a  quattro  dentelli, 
su  ciascuno  dei  quali  sta  una  appendice  a  forma  di  ventaglio  mezzo  aperto.  Appendici  consimili 
sono  qua  e  là  sul  corpo,  molto  piccole,  appena  visibili.  Da  noi  si  trovano  due  o  tre  specie;  la 
più  comune  è  la  B.  praetiosa  (fig.  86),  bruna  o  nera  sull'addome,  rossa  sul  capotorace,  grandetta 


96 


CAPITOLO    PRIMO 


Fig.  86.  —   Bfi/obia  praeliosa  (K.).  In- 
grandita, prona  (ila  Berlese). 


,poco  più  di  mezzo  millimetro),  ".olle  zampe  anteriori   lunghissime  e  tutte  poi   mule  e  rosse.  Lenta; 
si  trova  su   molte  piante,  comunissima  poi  sull'Edera. 

È  specie  poco  nociva,  ma  nel  genere  sta  una  B.  patenti*,   della   quale  gli    Americani    hanno 

molto  da  lamentarsi,   perchè  assai   nociva    a    piante  varie, 
specialmente  nelle  praterie. 

Meno  temibili  e  di  effetto  trascurabile  sono  certi  mi- 
nuti Tetranichidi,  rossi  scarlatti,  pigri  e  non  abbondanti, 
che  pure  si  trovano 
sulle  piante  in  qualità 
di  loro  parassiti  ed  ap- 
partengono ai  generi  Te" 
nuipaìpus  (Donuadieu) 
(fig.  87).  Xeophylìobiiis 
Kerlese,  ecc.  Pare  si 
debba  anche  ad  un  Tc- 
nuipalpns  una  speciale 
malattia  di  frutti  di 
Agrumi,  cioè  una  specie 
di  crosta  biancastra  che 
li  ricopre  in  parte  e  li 
deturpa. 

Tutti  gli  altri  Pro- 
8tigmati  sono  predatori 
e  qualcuno  parassita  di 
Vertebrati. 

Così,  ad  esempio  gli 
Eupterygosoma  vivono  parassiticamente,  in  tutti  gli  stati, sui  Sau- 
riani.  Sul  comune  nostro Pìatydactylus  manritamem  se  ne  trovano 
tre  specie  spettanti  al  sottogenere  Gekobia  e  la  più  comune  è  la 
G.  lutasti  Mègn .  ed  altre  su  altre  Lucertole  esotiche  ad  es.  del  ge- 
nere Agama.  Questi  Acari  in  generale  sono  rossi  scarlatti  e  di 
forma  singolare,  cioè  estesi  trasversalmente,  più  larghi  che  lunghi 
per  offrire  minor  parte  del  corpo  non  protetto  dalle  squame, 
dell'ospite,  tra  le  quali  si  insinuano  e  permangono  tìssi  (fig.  88). 

Sulle  piaute,  a  predare  Acari  ed  altri  Artropodi  minori  si  trova  comune  da  noi  l'Jctineda 
vitis  (fig.  89  D),  bello  Acaro  rosso  cinnabarino,  globuloso,  non  più  lungo  di  un  millimetro,  coi  piedi 
lunghi,  estesi  trasversalmente  e  corre  sulle  erbe  e  sulle  foglie  con  movimenti  vorticosi  e  velo- 
cissimi. Sotto  le  pietre  ed  altrove,  in  luoghi  più 
umidi  occorrono  le  Bdella  (fig.  89  C',  dal  lungo 
rostro  conico  e  sottile  e  dai  lunghissimi  palpi 
che  sembrano  antenne.  Nelle  case,  nei  magazzini, 
granai,  fienili,  ecc.  riuvengonsi  i  Cheyletut  e  ge- 
neri affini,  alcune  specie  fornite  di  palpi  enormi, 
che  formano  un  forcipe  più  voluminoso  del  ri- 
manente corpo.  Sulla  nuda  terra  dei  cahipi  o  fra 
le  erbe  occorrono  varie  specie  di  Eritreidi,  Acari 
di  questo  gruppo  più  voluminosi  e  le  cui  larve, 
come  (inelle  dei  Trombididi  sono  diverse  molto 
dall'adulto  e  parassite  di  Artropodi,  in  tutto 
dunque  da  assomigliarsi  appunto  a  (pici  Leptu» 
che  conosceremo  tosto. 

Il  più    anticamente  noto  è  l' Erythraèns  pha- 

langioides  (De  Geer),  dalle  lunghe  zampe,  il  corpo 

pressoché  tanto   largo  che  lungo  o  che  misura  circa  due  mill.   Sui  muri    od  altrove  sulla  terra  in 

estate  si  rinviene  comune  V Achorolophut  quUqniliarvm  (Herm.)  (fig.  89  A)  di  un  rosso  cinnabrino 

vivacissimo  e  le  cui  larve  sono  parassite  degli  Afidi  e  su  questi  Insetti  si  vedono  benissimo  perchè 


Fig.  87.  —  Un  magnifico  Tetra- 
nichide  planticolo  (Tenuipalpits 
palmatìts  Donn.).  Dal  dorso, 
ingrandito  (da  Berlese). 


Fig.  88.  —  Gekobia  neumanni  Bei].,  parassita  di 
Agama  colonorum  dell'Africa.  Ingrandita,  dal 
dorso. 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


97 


spicca  assai  il  colore  loro  roseo  di  cinabro  su  quello  verde  o  bruno  dell'ospite.  Queste  larve 
stanno  attaccate  al  corpo  od  alle  zampe  della  vittima  e  la  succhiano  avidamente.  Del  resto  aggre- 
discono anche  altri  Insetti. 


Ma,  dal  lato  pratico, 
la  famiglia  più  impor- 
tante è  quella  dei  Troni  - 
bididi,  in  cui  si  trovano 
anche  forme  grandissime, 
come  ad  es.  il  Trombiti  inni 
tinctorium  (L.),  che  può 
raggiungere  il  centimetro 
e  mezzo  di  lunghezza,  e, 
con  due  o  tre  specie  affini, 
è  diffuso  a  tutta  la  zona 
tropicale  e  subtropicale. 
È  comunissimo  ad  es.  a 
Massaua,  dove  talora  tap- 
pezza le  brulle  arene,  che 
da  lungi  si  vedono  larga- 
mente chiazzate  di  rosso 
vivo  per  le  agglomera- 
ziono  di  tali  Acari.  Gli 
indigeni,  in  talune  località, 
se  ne  servono  per  ritrarne 
un  bel  colore  rosso  di 
cinabro  molto  persistente. 

1  rappresentanti  più 
comuni  da  noi  sono  VAl- 
loth  rombium  fuliginosum 
(Herni.)  (fig.  19),  che  si 
trova  comune  in  prima- 
vera sulle  piante,  a  cam- 
minare   sui  tronchi,  sulle  pietre,  ecc 


Fig.  89.  —  I  principali  Acari  planticoli  nostrali,  predatori  di  altri 
Acari  fltofagi. 

A,  Achorolophus  qutiquiliarum  (Herm.)  ;  B,  Iphididus  plumiger  (C  et  F.)  : 
O,  Bdella  longirostris  (Herm.)  ;  D,  Actineda  viti»  (Schr.).  Quello  indioato 
con  Sèmi  Gamaside,  gli  altri  sono  Prostigmati.  Dal  dorso,  ingranditi  (da 
Boriose) . 


e  che  a  primavera  inoltrata  ripara  sotto  le 
pietre  per  deporre  dei  mucchietti  di  uova 
rotonde,  rosse.  È  lungo  da  tre  a  quattro 
millimetri,  vellutato,  di  color  scarlatto 
traente  al  rosso  mattone,  non  troppo 
agile  ne  veloce.  È  attivo  divoratore  di 
Insetti  minori  e  specialmente  delle  uova 
ad  es.  di  Afidi,  di  Cocciniglie,  ecc.  Sotto 
questo  punto  di  vista  si  può  considerare 
per  un  animale  utile. 

Nel  Nord  d'Italia  e  nella  rimanente 
Europa  centrale  e  settentrionale,  è  anche 
comune,  nella  medesima  stagione  special- 
mente, il  Sericothrombium  holoserieeum 
(L.)  (fig.  90),  che  è  più  largo  e  più  tar- 
chiato del  precedente  e  di  colore 
rosso  cinabrino  vivacissimo. 
Del   resto,  l'antico  genere  Trombidium,  che  io  ho  recentemente  diviso  in  più 


Fig.    90.    —    Sericothrombium    holoserieeum    (L.)' 
da!  dorso,  ingrandito  (da  Beilese). 


A.  Beklesk,  Gli  Insetti,  II.  —  13. 


98 


CAPITOLO    PRIMO 


generi,  è  molto  ricco  di  specie  diffuse  in  tutto  il  mondo,  dalle  regioni  più  fredde 
alle  tropicali  e  tutte  hanno  abitudini  pressoché  conformi. 

L'interesse  pratico  è  destato  sopra  tutto  dalla  attivività  delle    loro   larve,  le 
quali  sono  parassite  di  altri  Artropodi  e  di  Vertebrati  e  talora  con  effetti  pato- 
logici molto  serii. 

Queste  larve ,  munite 
di  soli  sei  piedi  e  tutte  di 
color  rosso  vivo  (fig.  18). 
hanno  una  organizzazione 
molto  complicata  e  sono 
differentissime  fra  loro,  a 
seconda  che  appartengono 
ad  un  genere  piuttosto  che 
ad  altro,  ma  anche  diversi- 
ficano assai  dai  rispettivi 
adulti,  coi  quali  non  hanno 
somiglianza  morfologica  ve- 
runa. Le  figure  riportate 
(18,  19)  ne  possono  fare 
testimonianza. 

Ordunque  queste  larve, 
a  partire  da  appena  nate, 
debbono  vivere  parassitica- 
mente, succhiando  gli  umori 
di  qualche  altro  animale 
superiore  e  per  far  ciò,  in- 
fisse che  sieno  col  loro  rostro 
traverso  la  pelle  della  vit- 
tima, si  servono  di  un  sin- 
golare specialissimo  organo, 
che  contengono  nel  loro  ro- 
stro e  che  risulta  da  un 
insieme  di  appendici  a  cute 
sottilissima,  che  si  diramano 
a  guisa  di  radici  e  penetrano 
nei  tessuti  dell'ospite  molto 
profondamente  e  succhiano 
gli  umori  così  come  appunto 
le  radici  fanno  nel  terreno. 
Tali  organi  si  incontra- 
no, collo  stesso  effetto  ed 
apparenza  anche  in  Crosta- 
cei parassiti,  ad  es.  del  ge- 
nere Sacculina,  che  succhiano  altri  Crostacei  appunto  diramando  per  tutti  gli  or- 
gani della  vittima  un  così  fatto  apparato  austorio  radiciforme. 

Si  souo  fatti  ljuoni  studi  da  parte  di  qualche  Autore  e  più  recentemente  del  Trouessart,  bu 
questo  modo  di  succhiamento  delle  larve  di  Trombididi. 

Primieramente  Guddeu  (1871)  ha  descritto  l'organo  di  fissazione  del  Leptus  nella  pelle  umana  : 
di  poi  Jourdain  ha  fatto  le  medesime  ricerche  per  gli  stessi  Acari  fissati  nella  cute  di  Mammi- 
feri e  di  Artropodi. 

Per  questi  ultimi  egli  riconobbe  l'apparecchio  radiciforme  o  stornato  rizico,  come  egli  lo  chiama. 
da  assomigliarsi,   conforme  si  è  già  detto,  a  quello  delle  Sacculina  (fig.   91). 


Fig.  91.  —  Come  un  Leptus  (larva  di  Trombidide)  dirama  il  suo  or- 
gano rizomorfo  nei  tessuti  di  un  Artropodo  per  succhiarlo. 

C,  l'Acaro  visto  di  lato  col  rostro  infìsso  e  l'organo  (&)  ancora  poco  ramifi- 
cato ;  A,  rostro  dell'Acaro  coll'organo  b  appena  visibile;  lì,  lo  stesso  col- 
l'organo  pia  potratto  ;  7>,  lo  stesso  coll'organo  radicitornie  molto  espanso  e 
ramificato;  a  cute  della  vittima  (da  Flògel). 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


99 


Fig.  92.  —  Un  Leptus  ossia  una  larva 
di  Trombidide  (Trombidium  poriceps 
Oudem.),  parassita  ambe  dell'Uomo, 
ingrandito,    dal  dorso  (da  Oudemans). 


Però,  il  Trouessart,  che  studiò  l'argomento  (1897)  avverte  che  nei  Vertebrati  il  Leptus  intro- 
duce la  lingua  entro  la  pelle  della  vittima  e  questa  lingua  è  un  lunghissimo  tubulo  esile  e  ci- 
lindrico, sporgente  fra  i  cheliceri.  Attorno  alla  lingua  si 
forma  un  tubulo  cilindrico,  in  grazia  degli  essudati  pro- 
vocati dalla  ferita  e  rassodati.  Così  la  lingua  dell'Acaro 
agisce  come  stantuffo  entro  un  cilindro,  che  penetra  ab- 
bastanza profondamente,  cioè  presso  a  poco  quanto  l'Acaro 
è  lungo,   entro   i   tessuti  dell'ospite 

Il  Trouessart  non  ha  veduto,  nel  caso  di  parassitismo 
sui  Vertebrati,  l'apparecchio  stomatorizico,  ma  è  credibile 
che  esso  appartenga  alle  specie  che  infestano  gli  Artro- 
podi, oppure  soltanto  in  questi  venga  emesso  da  parte 
delle  larve  di   Trombidium. 

Certo  è  che  la  puntura  dei  Leptus  (dai  Fran- 
cesi detti  Eoiii/rt  automnal,  Autat,  Yendanyeur,  ecc.) 
è  molto  più  dolorosa  di  quella  della  Zanzara. 
Essa  produce  prurito  forte,  insopportabile,  che 
obbliga  il  paziente  a  grattarsi  di  continuo  e  pro- 
voca insonnie  delle  più  penose.  Intanto  il  paziente, 
grattandosi,  provoca  la  formazione  di  piaghe, 
che,  anche  dopo  guarite,  lasciano  cicatrici  colorate 
visibili  anche  dopo  quindici  a  diciotto  mesi. 

Sono  attaccati  dal  Leptus  (fig.  92)  oltreché  l'Uomo  anche   alcuni  animali  do- 
mestici,   sebbene  non  troppo  spesso;    ad  es.   il  Cane,    il  Gatto  e  si  crede  ancora 

il  Bue  nonché  le  Galline. 

Sull'Uomo  il  parassita  invade  di 
preferenza  gli  arti  inferiori,  arrestan- 
dosi alla  cintura. 

Sui  Cani  da  caccia  questo  caso  di  paras- 
sitismo è  abbastanza  frequente  ed  i  Leptus  si 
fissano  sopratutto  sulle  zampe,  al  ventre  ed 
alla  testa  ed  il  Cane  se  ne  risente  molto  in 
causa  di   un   vivo  prurito. 

Contuttociò  questa  infezione  è  di  poca 
gravità  perchè  di  per  se  passeggiera.  Si  può 
togliere  facilmente  con  semplici  frizioni  di 
glicerina  benzinata. 

Il  Rouget,  che  è  parassita  frequente  del- 
l'Uomo in  Francia  ed  altrove  nell'Europa 
centrale  non  so  che  si  comporti  egualmente 
in  Italia,  eppure  le  specie  nostrali  di  Trom- 
bidi uni  corrispondono  a  quelle  della  rimanente 
Europa,  in  modo  particolare  della  centrale. 
Ho  sempre  trovato  comunissimi  i  Leptus  di 
varie  specie  qui  da  noi  su  piccoli  Mammiferi, 
Uccelli,  Artropodi  diversi,  ma  non  mi  è  mai 
accaduto  di  seutire  che  ne  sieno  stati  aggre- 
diti Uomini  o  Mammiferi  domestici. 

La  famiglia  dei  Caecuiidi,  rappesentata 
dal  solo  genere  Caeculus,  con  parecchie  specie. 
di  cui  la  più  comune  da  noi  è  il  C.  echinipes  Duf.  (fig.  93),  segna  un  passaggio  dagli  Acari  agli 
Opilionidi.  Le  specie  del  genere  Caeculus  sono  grandette  (circa  2  mill.  di  lunghezza  pel  solo 
corpo  i  e  tutte  coperte  di  cute  e  di  scudi  resistenti  e  bruni  o  neri.  Le  zampe,  specialmente  le 
anteriori  sono  molto  spinose.  Sono  predatori,   vivono  sul  terreno,  sui  muri,  in  luoghi  asciutti. 


Fig.  93. 


Caeculus  echinipes  Duf.,  dal  dorso. 
Ingrandito  (da  Beilese). 


100 


CAPITOLO   PRIMO 


Nel  sottordine  dei  Notosiigmata  non  si  conoscono  che  pochissime  specie,  senza  alcun  interesse 
pratico 

Falangidi  od  Opilionidi. 

Questi  Aracnidi,  rappresentati  presso  di  noi  da  parecchie  specie,  alcune  delle 
quali  molto  comuni  d'estate  e  d'autunno,  sulle  erbe  dei  prati  o  sulle  roccie  e  che 
attirano  l'attenzione  per  le  loro  zampe  lunghissime  ed    esilissime  attorno    ad  un 

/ 


Fig.  94.  —  Due  Falangidi;    A,  il  comune  Phalangium  opilio  L.  ;  B,  un  Gonyleptes.  Grand,  natur. 


corpo  piccolo  e  rotondeggiante,  non    hanno    veramente  alcun    interesse  pratico  e 
perciò  se  ne  può  discorrere  assai  brevemente. 

Si  avvicinano  agli  Acari,  dei  quali  però,  come  dagli  altri  ordini  di  Arac- 
nidi più  alti,  si  differenziano  per  caratteri 
importanti,  che  si  possono  così  riassumere: 

Tracheati.  Le  trachee  procedono  da  due  stigmi 
situati  presso  le  anche  del  4.°  paio,  sui  lati  del 
1.°  arco  ventrale.  Addome  sessile  ed  unito  per  tutta 
la  sua  larghezza  al  capotoraee.  Ovipari  ;  non  su- 
biscono metamorfosi.  Addome  con  sensibile  segmen- 
tazione. Un  paio  di  ghiandole  odorifere  che  si  apre 
sul  torace.  Due  occhi  semplici.  Cheliceri  tri-artico- 
lati; i  due  ultimi  articoli  formano  una  pinzetta. 
Palpi  non  chelati.  Mancano  (od  esistono  assai  di 
rado)  organi  per  secernere  e  filare  la  seta. 


Fig.  9S.  —    Trogulus  Iricarinatus,  ingrandito 
(da  Berlese). 


Le  principali  famiglie  comprendenti 
specie  nostrali,  sono  le  seguenti:  Sironidae,  Phalangodesidae,  Phalangiidae,  Ischi- 
ropsaìidae,  Nemastomidae,   Trogulidae. 

Il  Phalangium  opilio  L.,  che  è  il  più  frequentemente  citato  dagli  autori  come 
il  più  ovvio  rappresentante  dell'ordine  in  Europa  ed  altrove,  è  assai  frequente 
anche  da  noi  e  basti  questo  esempio  del  gruppo  (fig.  9-4,  ^1). 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI  101 


Alcune  forme  esotiche  sono  molto  strane  e  di  singolare  aspetto,  come  ad  es. 
quelle  che  appartengono  al  genere  Gonyìeptes  ed  affini,  di  una  specie  del  quale 
diamo  figura  (fig.  94,  B). 

I  Trogidus  (fig.  95)  sono  i  Falangidi  più  vicini  agli  Acari. 


Pseudoscorpioni  o  Chernetidi. 

Non  è  raro  il  caso  di  incontrare,  anche  negli  ambienti  domestici,  nella  pol- 
vere dei  magazzini,  nei  musei  ed  altrove,  certi  piccoli  animaletti,  non  più  lunghi 
di  mezzo  centimetro,  i  quali  somigliano  a  piccoli  scorpioncini,  con  questa  diffe- 
renza più  saliente,  che  essi  mancano  di  coda,  come  volgarmente  si  dice,  o  post- 
addome,  come  conviene  dire  più  correttamente.  La  somiglianza  deriva,  quanto  al- 
l'aspetto d'insieme,  dai  palpi  allungati  e  terminati  da  una  pinza,  che  sono 
caratteristici  nei  nostri  Scorpioni. 

Ecco  perchè  questi  piccoli  Aracnidi  sono  stati  anche  detti  Pseudoscorpioni  o 
falsi  Scorpioni,  e  come  si  sono  meritato  il  nome  ancora  di  Cheliferi,  per  aver 
essi,  come  si  è  detto,  i  palpi  terminati  da  una  chela. 

In  realtà  però,  tranne  la  somiglianza  accennata,  non  hanno  nulla  a  che  ve- 
dere cogli  Scorpioni,  dai  quali,  per  la  struttura  loro,  sono  infatti  diversissimi. 

Questi  Chernetidi  sono  predatori  di  altri  Artropodi  minori  o  di  piccoli 
Vermi  e  quelle  specie  che  si  incontrano  nelle  case,  come  ad  es.  Chelifer  cancroides, 
(fig.  96,  A)  la  specie  più  anticamente  nota,  gli  Obisium,  il  Cheiridium  museorum 
Leach  (fig.  96  B),  ecc.,  danno  attiva  caccia  ad  Acari  e  a  minuti  Insetti  domestici. 

Altre  specie  vivono  nelle  sostanze  in  decomposizione,  nelle  concimaie,  nelle 
borraccine,  sulle  piante,  tutte  coi  medesimi  istinti. 

Per  emigrare  qualche  forma  profitta  degli  Insetti  maggiori,  come  appunto  si 
è  veduto  che  fanno  molti  Acari.  Ad  es.  non  è  raro  il  caso  di  trovare  qualche 
Mosca  domestica  con  uno  di  questi  Chernetidi  (Chemes  nodosus  K.)  attaccato  alle 
zampe,  in  atto  di  farsi  trasportare  dall'una  all'altra  concimaia,  dove  comune- 
mente la  specie  vive  a  spese  di  Acari  e  Podure  che  ivi  abbondano. 

Molte  osservazioni  consimili,  anche  per  parecchie  altre  specie  di  Chernetidi 
d'Europa,  d'America  e  d'Australia,  sono  state  fatte  e  si  sono  trovati  questi  ani- 
mali aderenti  non  solo  a  Ditteri  diversi,  ma  ancora  a  Coleotteri  (sotto  le  elitre 
ed  altrove)  e  perfino  a  Falangidi. 

Ho  trovato,  sotto  le  elitre  di  un  grosso  Cerambicide  della  Piata  (Sterno - 
dontis  damicomis  F.)  un  centinaio  circa  di  grossi  Cheliferi,  che  ivi  se  ne  stavano 
raccolti,  bene  protetti  e  nascosti,  per  farsi  trasportare  con  tutta  sicurezza  e  ra- 
pidità. 

Questi  Aracnidi  hanno  un  modo  molto  curioso  di  comportarsi  per  fuggire  il 
pericolo.  Essi,  se  toccati,  corrono  all'indietro  velocissimamente,  coi  grandi  palpi 
sollevati  in  atto  di  esplorare  l'ambiente. 

Tra  le  specie  più  ovvie  da  noi  citerò  il  Chemes  nodosus  sopradetto,  la  cui 
femmina,  d'inverno,  si  vede  onusta  delle  proprie  uova,  che  porta  in  un  mucchietto 
sul  ventre;  il  Chelifer  cancroides  L.,  che  spesso  si  rinviene  negli  alveari,  dove  vive 
dei  detriti  e  predando  insettini  ed  Acari  che  frequentano  tali  ambienti  ed  an- 
cora il  Cheiridium  museorum  Leach,  che  è  specie  molto  comune  dove  si  conservano 
collezioni  zoologiche  o  nelle  biblioteche  e  si  trova  colà  per  dare  attiva  caccia  a 
piccoli  Artropodi  molesti  alle  collezioni  ed  ai  libri. 


102 


CAPITOLO    PRIMO 


Si  tratta  adunque,  in  tali  casi,  di  forine  utili,  ma  la  loro  azione  è  troppo 
scarsa  per  riescire  efficace  sensibilmente,  perchè  mai  si  moltiplicano  in  grande 
numero,  quale  si  converrebbe  ad  una  seria  difesa  di  ciò  che  amiamo  con- 
servare. 

I  caratteri  morfologici  del  piccolo  gruppo  così  si  compendiano: 

Respirazione  per  trachee.  Addome  segmentato,  con  quattro  stigmi,  sessile,  riunito  al  torace 
per  tutta  la  sua  lunghezza.  Segmenti  del  torace  confluenti  o  solo  distinti  con  un  solco.  Postad- 
dome  nullo.  Cheliceri  e  mascelle  grandi,  multiarticolati,  terminati  da  robusta  pinza  a  chela. 
Zampe  tutte  eguali  fra  loro.  Occhi  nulli  oppure  in  numero  di  due  o  di  quattro. 


Fig.  96.  —  Cheliferi  comuni  nelle  case,  molto  ingranditi. 

A.  Ohelì/er  cancroides  L.  ;  B,  Oheiridium  museorum  Leach  (da  Canestrini).  La  grandezza  naturale  è  rappresentata  dalla 
lineetta  accanto. 

Una  sola  famiglia  (Cheliferidae)  con  non  molti  generi,  appena  una  diecina  di 
nostrali  e  poche  specie  compongono  questo  ordine,  che,  dal  lato  morfologico  e  più 
da  quello  embriologico  è,  invece,  molto  interessante. 


Solifughi. 

Sotto  il  nome  di  Phalanga,  nella  regione  del  Caucaso  ed  in  tutta  la  Russia 
meridionale  si  designa  ancora,  come  per  testimonianza  di  Ebano  anche  antica- 
mente, si  designa,  dico,  uno  speciale  Aracnidi,  che,  a  prima  giunta,  richiama  un 
grosso  Eagno  e  che  in  scienza  si  conosce  sotto  il  nome  di  Galeodes.  Le  specie 
europee  sono  due,  il   G.  araneoides  del  Pallas  ed  il  G.  graeous. 

Questi  Aracnidi  però  sono  ben  diversi  dai  Eagni  propriamente  detti,  ed  as- 
sieme ad  altre  forme  vicine  compongono  il  gruppo  dei  Solifughi,  i  quali  tutti 
hanno  una  ben  triste  rinomanza,  come  di  animali  molto  pericolosi  e  da  temersi 
grandemente. 

La  conformazione  di  questi  Artropodi  è  così  fatta,  che  i  più  vecchi  autori 
hanno  creduto  di  trovarla  intermedia  fra  gli  Aracnidi  e  gli  Insetti,  ai  quali  ul- 
timi si  sono  accostati  sopratutto  pel  carattere  del  corpo  diviso  in  anelli  ben 
chiaramente  e  di  una  regione  anteriore  bene  riconoscibile  e  distinta,  considerata 
per  testa. 


GLI    Al.'1'I.NI    DKGI.I    INSETTI 


103 


Per  verità  la  segmentazione  dell'addome  è  ben  chiara  e  così  pure  quella 
del  torace,  ma  quanto  alla  presenza  di  una  testa  distinta,  su  ciò  bisogna  fare 
delle  riserve,  perchè  in  realtà,  la  porzione  anteriore  del  corpo,  che  può  essere 
paragonata  al  capo,  risulta  dalla  fusione  di  una  porzione  veramente  cefalica  con 
una  toracale. 

Infatti  il  prosoma  o  capotorace  che  dire  si  voglia,  è  diviso  in  quattro  seg- 
menti, di  cui  i  tre  posteriori,  esclusivamente  toracali,  recano  ciascuno  un  paio- 
di  zampe  ambulatone  e  la  porzione  anteriore,  risultando  dalla  fusione  del  primo 
segmento  toracale  con 
quelli  cefalici,  reca  un 
paio  di  arti,  che  però 
non  servono  a  cammi- 
nare e  sono,  come  i 
palpi,  privi  di  unghie 
e  come  questi  rappre- 
sentano organi  di  tatto. 
Questo  segmento  porta 
inoltre  gli  organi  boc- 
cali ed  anche  un  paio 
d'occhi  ben  grandi  e 
situati  su  un  rilievo  tu- 
bercoliforme  comune. 

L'addome  è  diviso 
in  9-10  segmenti  liberi. 

In  confronto  degli 
altri  Aracnidi  questi 
Soli  fughi  presentano  i 
seguenti  caratteri  : 


Aracnidi  tracheati  coi 
tre  ultimi  segmenti  del 
prosoma  e  coll'addome  se- 
gmentati. Il  primo  se- 
gmento del  prosoma  è  fuso 
colla  regione  cefalica.  Cbe- 
liceri  molto  sviluppati  e 
terminati  da  pinza.  Palpi 
non  terminati  da  unghia. 


Fig.  97. 


A  B 

Un  Solifugo  (Galeodes  araneoides  Pallas). 


A,  dal  dorso  e  metà  circa  della  grandezza  naturale;  B,  dal  ventre,  senza  zampe,  in 
grandezza  naturale;  a,  b,  orifizi  degli  organi  respiratori  toracali  ed  addominali 
(da  Blanchard). 


La  mala  fama  che  circonda  questi  Aracnidi  non  dipende  solo  dalla  loro  fe- 
rocia, che  è  davvero  impressionante,  poiché  essi  assalgono,  uccidono  e  divorano 
in  breve  tempo  animali  molto  più  di  loro  voluminosi  e  che  sembrerebbero  non 
dover  troppo  temere  dalle  loro  aggressioni,  ma  anche  si  è  sempre  creduto  fer- 
mamente alla  grandissima  velenosità  di  questi  predatori. 

Questa  tuttavia  non  è  dimostrata,  anzi  è  molto  discussa.  Certamente  però  è 
assai  bene  provato  il  coraggio  e  la  voracità  di  questi  Solifughi. 

Interessanti  osservazioni  sulla  loro  struttura  ha  fatto  recentemente  il  Ber- 
nard e  cosi  è  apparsa  discutibile  la  natura  della  ghiandola,  che  fu  interpretata 
per  velenifera  ed  altri  crede  semplicemente  repugnatoria  ed  anche  la  vera  sede 
del  veleno,  se  questo  esiste. 

Non  meno  degne  di  curiosità  sono  le  notizie  che  sui  costumi  di  specie  in- 
diane, ha  fatto  il  capitano  Hutton,  fin  dal  1843,  su  un  Galeodes,  probabilmente 
il  G.  fatalis  Herbst. 


104  CAPITOLO    PRIMO 


Il  nutrimento  abituale  consiste  di  Insetti  d'ogni  specie,  cbe  questi  Aracnidi 
non  solo  succhiano,  ma  sbranano  completamente. 

Si  sono  visti  aggredire  Lucertole,  molto  più  grosse  di  loro,  aflerrarle  alla 
nuca  ed  in  breve  tempo  non  lasciarne  che  le  ossa,  così  pure  uccidere  e  divorare 
un  piccolo  Topo  muschiato,  un  Pipistrello,  un  Passero  e  finalmente  lottare  con 
vantaggio  contro  uno  Scorpione  assai  grande. 

Questi  animali  lottano  e  si  divorano  fra  loro.  La  femmina  però  mostra  grande 
affezione  alla  sua  prole,  come  del  resto  accade  generalmente  degli  Aracnidi. 

Si  vide  una  femmina  del  G.  fatali»  scavare  in  terra  una  galleria  e  deporvi 
una  cinquantina  d'uova,  che  essa  vegliava  assiduamente.  Dopo  14  giorni  avvenne 
la  schiusura  dei  giovani  che,  fino  alla  loro  prima  muta,  cioè  per  tre  settimane, 
rimasero  immobili  e  di  poi  essi  cominciarono  a  correre  e  crescere  senza  però 
prendere  cibo  di  sorta. 

Questo  accrescimento,  che  si  osserva  ìd  parecchi  Aracnidi,  pur  non  assumendo  essi  alcun  cibo, 
non  è  affatto  incomprensibile,  quando  si  pensi  alle  loro  funzioni  digestive. 

In  generale  gli  Aracnidi  hanno  grandissimi  animassi  ghiandolari,  circondanti  il  piccolo  tubo 
digerente,  i  quali  sono  composti  di  cellule,  che  fungono  ciascuna  come  magazzino  di  sostanze 
nutritive,  specialmente  albuminoidi  e  quindi  lentamente  le  digeriscono,  scaricando  pòi  i  prodotti 
di  digestione  nell'intestino. 

Così  accade  che  l'animale  può  crescere,  senza  mangiare,  anche  per  molto  tempo  dopo  l'u- 
scita dall'uovo,  perchè  contiene  nelle  dette  ghiandole  gran  parte  del  tuorlo  dell'uovo  da  cui  è 
derivato. 

Inoltre,  qualora  questi  Artropodi  possano  fare  un  abbondante  pasto,  essi  poi  a  spese  delle 
sostanze  immagazzinate,  vivono  lungamente  in  un  digiuno,  che  non  è  se  non  apparente,  poiché 
senza  che  nuovo  cibo  venga  assunto  dal  di  fuori,  essi  utilizzano  quello  che  conservano  entro 
di  sé. 

Di  tale  guisa  si  sono  veduti  Issodi  nascere  e  di  poi  crescere  per  tutta  la  loro  vita  senza 
nutrirsi  e  si  è  già  detto  che  gli  Argas  possono  vivere  per  più  anni  senza  mangiare,  e  negli 
Aracnidi  è  facile  constatare  dei  digiuni  che  possono  prolungarsi  per  parecchi  mesi,  prima  di 
giungere  alla  morte  dell'animale,  il  quale  se  non  perisce  però  sa  bene  rifarsi  largamente  della 
lunga  astinenza  alla  prima  occasione. 

In  questo  gruppo  si  contano  parecchie  specie  di  dimensioni  vistose,  come 
sono  appunto  i  Galeodes. 

Rappresentanti  dell'ordine  si  trovano  largamente  diffusi  sul  globo,  sebbene 
le  specie  non  siano  molte  numerose,  tutte  però  appartengono  a  regioni  temperate 
o  moderatamente  calde. 

In  Europa  se  ne  trovano  ìd  Spagna  e  Portogallo,  Grecia,  Eussia  meridio- 
nale; in  Africa  nella  parte  settentrionale  ed  al  Capo;  in  Asia;  in  America  set- 
tentrionale e  meridionale.  Non  se  ne  conoscono  rappresentanti  per  l'Australia  ed 
il  Madagascar. 

In  Spagna  e  Portogallo  si  trova  una  specie  pertinente  al  genere  Gluvia  (G. 
dorsali»  o  striolata)  e  nella  Russia  meridionale,  Caucaso,  Grecia,  ecc.,  esistono 
le  due  specie  di  Galeodes  ricordate,  e  che  gli  abitanti  di  quelle  regioni  chiamano 
Phalanga,  conforme  si  è  avvertito. 

Intorno  alle  abitudini  di  queste  ultime  forme  europee  il  Pallas  narra  cose 
mirabili  ed  afferma  che  il  Galeode,  comune  nelle  steppe  della  Eussia  e  nei  paesi 
dei  Calmucchi  e  dei  Chirghisi,  ha  una  fama  delle  più  paurose,  tanto  che  sono 
abbandonate  le  località  dove  questi  Aracnidi  sono  frequenti,  perchè  temuti  non 
meno  degli  Scorpioni  e  reputati  velenosissimi.  Essi  ferirebbero  al  ventre  i  Cam- 
nielli  ed  i  Montoni,  allorché  questi  animali  si  sdraiano  sulla  nuda  terra. 


(ILI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


105 


Vi  ha  tutto  un  curioso  ricettario  per  medicare  le  ferite  ed  evitare  gli  ef- 
fetti del  morso  di  questi  Aracnidi,  che  molto  spesso  feriscono  anche  l'Uomo. 

I  Galeodi  stanno  di  giorno  ritirati  sotto  le  pietre  od  altrove  in  luoghi  oscuri 
e  non  sortono  che  di  notte;  aggrediscono  la  preda  con  un  balzo  e  la  trafiggono 
colle  loro  mandibole. 

II  gruppo  si  divide  in  tre  famiglie,  cioè:  Galeodidae,  Solpugidae,  Hexiso- 
podidae. 

Araneidi. 

Aracne,  giovane  lidia,  figlia  di  un  tintore  di  Colofone  osò  sfidare  Minerva  a 
chi  ricamasse  meglio.  La  dea,  vinta  nel  concorso,  si  vendicò  distruggendo  l'o- 
pera della  rivale,  che  per  disperazione  si  impiccò  e  fu  poi  da  Minerva  stessa, 
trasformata  in  Eagno. 

Dalla  protagonista  di  questa  favola  intanto  è  venuto  il  nome  a  tutta  la 
classe  degli  Aracnidi,  per  quanto  le  forme  così  bene  note  per  la  loro  attitudine 
a  fabbricare  le  tele  meravigliose,  si  restringano  al  solo,  gruppo  degli  Araneidi  o 
Eagni  propriamente  detti,  ed  anche  a  non  molti  fra  questi,  pur  essendo  quasi 
generale  la  facoltà  di  emettere  fili  di  seta,  colla  quale  si  aiutano  grandemente 
in  molte  circostanze  della  loro  esistenza. 

^Nonostante  questa  attitudine,  per  cui  molte  specie,  tra  le  più  ovvie,  si  richia- 
mano alla  ammirazione  nostra,  i  Eagni  hanno  invece  conquistato  una  non  buona 
rinomanza,  come  di  esseri  detestabili  e  da  temersi,  perchè  velenosi  o  grande- 
mente pericolosi  per  altre  non  bene  definite  ragioni. 

Tutto  ciò  abbastanza  immeritatamente,  perchè  se  è  vero  che  taluna  specie, 
anche  nostrale,  può  mordere  con  qualche  effetto  spiacevole  anche  per  l'Uomo,  è 
pur  vero  che  tale  morso  è  di  gran  lunga  meno  doloroso  e  pericoloso  di  quello 
dell'Ape,  pel  quale  insetto   invece  da  parte  nostra  non  si    ha  che  viva  simpatia. 

Anche  i  Eagni,  col  muover  guerra  ad  una  quantità  di  lusetti,  in  qualche 
modo  molesti  o  spiacevoli  dovrebbero  invece  essere  considerati  come  forme  utili, 
senza  preoccupazioni  di  sorta  per  le  loro  facoltà  velenifere,  che  sono  trascurabili 
o  nulle  per  noi,  nella  maggior  parte  dei  casi,  mentre  invece  hanno  una  reale 
energica  efficacia  per  animali  minori,  come  possono  essere    altri    Artropodi,  ecc. 

Le  forme  europee  d'altronde,  se  se  ne  tolga  la  Malmignatta  e  la  Tarantola, 
di  così  terribile  ed  esageratamente  cattiva  fama,  sono  anche  per  l'Uomo  senza 
pericoli  di  sorta,  poiché  è  troppo  resistente  la  nostra  epidermide  alle  loro  deboli 
mandibole  e  se  pure  fosse  perforata  tutto  il  male  si  ridurrebbe  ad  un  insignifi- 
cante dolore,  senza  ulteriori  conseguenze. 

Noi  dunque  più  equamente  faremo  considerando  gli  Araneidi  come  forme 
utili  in  generale  e  con  non  piccola  .nfluenza,  talora,  nella  economia  agraria  spe- 
cialmente, come  attivissime  distruttrici  di  specie  nocive. 

Potremo  riferire  qualche  esempio,  dal  quale  apparirà  evidente  il  non  pic- 
colo aiuto,  per  quanto  ignorato,  che  danno  certe  specie  di  Eagni  all'agricoltore, 
liberandolo  da  Insetti  seriamente  pericolosi. 

I  Eagni  domestici  poi,  prendono  di  mira  specialmente  le  Mosche  delle 
case  e  basterebbe  questo  solo  merito  per  aver  diritto  alla  nostra  gratitudine, 
certo  non  meno,  anzi  molto  più,  a  mio  giudizio  degli  Uccelli,  ad  es.,  dei  quali 
si  decanta  così  male  a  proposito  l'effetto  utile  in  agricoltura,  o  dei  Eospi  e 
delle    Lucertole,    che    trovano    oggidì    tanti    paladini,    per  quanto  non     possano 

A.  Bbri.kse,  Gli  Inietti,  IT.  —  14. 


106 


CAPITOLO    PRIMO 


vantare  come  gli  Uccelli  in  loro  vantaggio  almeno  l'aspetto  elegante  e  punto 
disgustoso. 

I  Eagni  compongono  un  vasto  gruppo,  con  rappresentanti  in  tutte  le  regioni 
del  globo  dove  gli  Artropodi  vivono. 

Essi  possono  essere  distinti  fra  gli  altri  Aracnidi  dai  seguenti  caratteri: 


Fig.  98.  —  Mascella 
(eh)  e  palpi  (pp)  colla 
ghiandola  velenifera 
(gì)  in  Lycosa  laren- 
tula. 


Respirazione  per  trachee  e  sacchi  polmonari.  Cefalotorace  bene  distinto 
dall'addome,  che  è  attaccato  al  cefalotorace  stesso  mercè  un  esile  pedun- 
colo. Ambedue  queste  regioni  del  corpo  non  sono  divise  in  segmenti 
distinti.  Cheliceri  non  terminati  da  pinzetta,  bensì  da  unghia  perforata 
dall'orifizio  della  ghiandola  velenifera.  Palpi,  nel  maschio,  modificati  par- 
ticolarmente per  l'opera  di  riproduzione.  Addome  fornito  di  papille-filiere. 

Molte  particolarità  appartengono  alla  struttura  dei  Eagni, 
le  quali  meritano  di  essere  conosciute  anche  perchè  si  riferi- 
scono ad  effetti  di  interesse  pratico. 

Le  mandibole  o  cheliceri  sono  composte  di  due  articoli, 
il  basale  grosso  e  cilindrico  ;  l'apicale  conico,  allungato,  ter- 
minato a  punta  e  resistente.  Questo  è  un  vero  organo  perfo- 
rante. Esso  poi  è  traversato  da  un  tubulo  esile,  che  rappre- 
senta il  condotto  di  scarico  di  una  ghiandola  piriforme  (fig.  98  gì), 
contenuta  nel  capotorace  e  che  secerne  il  veleno.  Lo  sbocco 
di  tale  ghiandola  è  all'apice  stesso  dell'unghia  suddetta,  cioè  del  pezzo  apicale 
della  mandibola. 

Siccome  l'una  contro  l'altra  le  due  mandibole  fanno  insieme  una  tenaglia, 
che  può  stringere  gli  oggetti  fra  i  suoi 
pezzi  terminali  od  unghie  che  dire  si  vo- 
gliano, così  accade  che  il  Eagno,  per  mor- 
dere, stringa  l'oggetto  fra  le  sue  mandibole 
e,  penetrando  l'unghia,  introduca  contempo- 
raneamente anche  il  veleno. 

Questa  immissione  del  veleno  è  volon- 
taria e  dipende  da  contrazione  della  tunica 
muscolare  periferica  della  ghiandola  vele  - 
nifera. 

In  riposo  l'unghia  stessa  è  ripiegata 
(fig.  99)  sul  pezzo  basale,  esattamente  come 
la  lama  di  un  coltello  a  serramanico  contro 
il  manico  stesso.  Il  veleno  contiene  Varac- 
nolisina,  come  principio  attivo  e  mostra 
gli  stessi  effetti  negli  animali  in  cui  è  ino- 
culato, del  veleno  delle  Vipere. 

Questi  effetti  del  veleno  dei  Eagni, 
particolarmente    nella    credenza    popolare, 

sono  stati  molto  esagerati,  sopratutto  per  quanto  riguarda  animali    voluminosi  e 
lo  stesso  Uomo. 

Il  volgo  crede  fermamente  alla  seria  pericolosità  di  tutti  i  Eagni  e  teme 
questi  animaletti,  avendone  spesso  un  vero  ribrezzo. 

Non  pochi  studiosi  della  natura,  tra  i  quali  cito  De  Geer,  Clerck,  Wal- 
kenaer,  Dugès  si  sono  fatti  mordere  dai  più  grossi  Eagni  nostrali,  appunto  per 
riconoscere  l'effetto  delle  punture,  ma  non  ne  hanno  mai  risentito  altro    se    non 


Fig.  99.  —  Capo  veduto  dall'innanzi  di  Epeira 
diadema  coi  cheliceri  e  gli  otto  occhi.  Ingran- 
dito (da  Roesel). 


GLI    AFFINI    DKGLI    INSKTTI 


107 


quello  che  avrebbe  provocato  la  puntura  di  un  sottile  spillo,  senza  altre  conse 
guenze  più  gravi. 

Non  sembra  però  potersi  escludere  in  modo  reciso  che  qualche  specie  di- 
Ragno,  particolarmente  fra  i  Licosidi  e  Terididi  e  che  conosceremo  tosto,  sia  da 
temersi  più  seriamente,  almeno  secondo  il  parere  di  parecchie  testimonianze, 
oltreché  della  tradizione,  mentre  però  tali  conclusioni  sono  da  altri  decisamente 
negate    e  trattate  di  superstiziose. 

È  singolare  come  a  tutto  oggi    rimanga  controversa  una    tale  questione    ed 
anche  oggidì  si  trovano  persone  degnissime  di  fede,  anche  fra  i  medici,  le  quali 
affermano,  con  molti  casi  a  titolo  di  esempio,  la  seria  velenosità  della  Tarantola 
da  noi  e    della    Malmignatta,    precisamente 
quando  altre  esperienze,  eseguite    da    altre 
persone  non  meno  oculate  e  diligenti,  giun- 
gono a  concludere  per    l'assoluta    innocuità 
del  morso  di  tali  Eagni. 

Non  pare  neppure  che  si  possa  trovare 
e  scegliere  una  via  di  mezzo  fra  la  inno- 
cuità affermata  da  taluno  e  l'effetto  gravis- 
simo e  talora  letale  accertato  da  altri, 
perfino  sull'Uomo. 

Tuttavia  si  può  intanto  ritenere,  che 
certi  fenomeni  attribuiti  al  morso  della 
Tarantola  (Lycosa  tarentula  L.),  dei  quali 
trattò  a  lungo  il  nostro  Aldovrandi  (e  di 
poi  Baglivi  e  moltissimi  altri),  siano  piut- 
tosto da  attribuirsi  a  fenomeni  isterici. 

Il  Ragno  (flg.  100),  che  ha  preso  il 
nome  da  Taranto,  giacché  è  comune  nel- 
l'Italia meridionale,  è  accusato  di  determi- 
nare, colla  sua  puntura,  uno  stato  morboso 

speciale,  che  può  condurre  alla  morte  e  che,  per  essere  curato,  richiede  l'inter- 
vento della  musica,  per  cui  il  paziente  si  abbandoni  ad  una  danza  frenetica  (la 
Tarantella)  finché,  perdute  le  forze,  cada  sfinito  in  un  lago  di  sudore. 

Questa  cura  diviene  necessaria  ogni  anno,  occorrendo  l'anniversario  della 
puntura  e  può  durare  anche  per  tutta  la  vita  tale  stato  morboso.  Senza  l'intervento 
di  così  fatto  rimedio,  o  se  avvengono  incidenti  speciali,  ad  es.  che  la  musica  si  inter- 
rompa nel  più  bello  della  danza,  od  altri  simili,  il  paziente  muore.  Cotali  effetti 
però  non  si  avverano  certamente  nelle  altre  regioni  d'Europa  e  d'Africa,  nelle 
quali  pure  si  trova  la  Tarantola  di  Puglia,  né  si  avvera  per  le  specie  affini.  Ma 
per  converso,  esperienze  dirette  negano  qualsiasi  effetto  sensibile  seriamente  al 
morso  della  Tarantola.  Anche  persone  fattesi  mordere  per  prova  dalla  Tarantola 
di  Puglia,  non  hanno  avuto  conseguenza  di  sorta  dal  morso,  se  non  qualche 
poco  di  bruciore,  non  troppo  diverso  da  quello  che  si  può  risentire  dalla  puntura 
di  uno  spillo.  Cito  fra  gli  sperimentatori,  nel  detto  senso,  Leon  Dufour,  Giuseppe 
Erker,  ecc.  Essi  invece  riconobbero  la  efficacia  mortale  del  morso  di  questa  Ta- 
rantola rispetto  ad  Insetti  diversi. 


Fig.  100.  —  La  tarantola  {Lycosa  tarentula  L  ). 
in  grandezza  naturale. 


11  Fabre  riconobbe  la  morte  di  un  giovane  Passero  in  tre  giorni  e  di  mia  Talpa  in  36  ore 
dalla  puntura  di  una  Tarantola.  Le  Api  e  le  Vespe,  quando  morse  nel  collo,  muoiono  pressoché 
immediatamente  e  quivi  appunto  il  Ragno  di  preferenza  le  colpisce,  mentre  se  ricevono  il 
morso  in  altra  parte  del  corpo,  ad  es.   nell'addome,  possono  vivere  per  parecchie  ore. 


108  CAPITOLO    PRIMO 


Più  singolare  è  quanto  si  riferisce  a  Bagni  della  famiglia  dei  Teridiidi  e 
più  precisamente  alle  Malmignatte. 

Anche  per  questi,  del  resto,  non  mancano  sperimentatori  che,  fattisi  mordere 
essi  stessi,  non  hanno  avuto  da  tale  puntura  effetto  nocevole  alcuno.  La  comune 
Malmignatta  (flg.  101),  nostrale  è  stata  l'oggetto  di  queste  prove.  Anche  recente- 
mente il  Bordas,  che  ha  ripetuto  tale  esperienza,  non  ne  ha  avuto  danno. 

D'altro  canto  però  impressiona  il  fatto  che  in  regioni  del  globo  lontanissime 
fra  loro  e  diversissime,  si  incontrano  le  stesse  affermazioni  rispetto  a  specie  di- 
verse di  Malmignatte  e  tutte  queste  affermazioni  accennano  a  fenomeni  morbosi 
analoghi  sull'Uomo,  e  tutti  gravissimi,  fino  alla  morte.  Ciò  induce  un  terrore 
grandissimo  di  tali  Ragni  in  località  le  più  disparate,  appunto  come  da  noi  è 
temuto  il  Bagno  volterrano,  cioè  la  comune  Malmignatta  (Latrodectes  13-  guttatus 
Bossi). 

Così,  ad  es.,  nel  Madagascar,  nella  Nuova  Zelanda,  in  Algeria,  nelle  Indie 
orientali  ed  in  America  del  Nord  trovansi  specie  diverse 
di  Malmignatte  (Latrodectes),  tutte  di  dimensioni  mediocri 
eppure  grandemente  temute.  Al  Madagascar  due  specie 
sono  conosciute  coi  nomi  volgari  dati  loro  dagli  indigeni, 
di  Menavodi  e   Vancoho. 

Quest'ultimo  è  il  più  pericoloso.  Affermasi,  da  persone 
degne  di  fede,  che  il  morso    di    questi    animali    produca 
uno  stato  di  sincope,  che  può    durare   anche   due  giorni. 
L'effetto  disastroso    si    può  evitare  in  parte   provocando 
_.„,,.,         r     ,,  ,    .  nel  ferito  un'attiva  traspirazione. 

Fig.  101.  —  La  Malmignatta 

(Latrodectes    13-  guttatus  La  specie  della  Nuova    Zelanda    (Latrodectes   scelio), 

Rosei)  in  grandezza  naturale.      ilKiicata  dagli  indigeni  col  nome  di  Katipo,  sebbene  non 
più    grossa    di    un    pisello,    pure    darebbe    conseguenze 
disastrose  col  suo  morso,  cioè  dolori  vivi    per    tutto    il    corpo,    generale  abbatti- 
mento, ecc.  ;    malanni    questi    da    curarsi  con  difficoltà  ed    in    molto  tempo.   G-li 
indigeni  hanno  perciò,  di  tale  Bagno,  un  grandissimo,  giustificato  timore. 

Il  Latrodectes  mactans  Fabr.  è  la  specie  americana,  di  cui  si  dicono  pessime 
cose  quanto  agli  effetti  del  suo  morso.  Sono  citati  casi  avvenuti  nella  Carolina 
del  nord  e  sembrano  bene  accertati,  di  persone  morte  in  conseguenza  di  tali 
punture.  Un  operaio,  morso  circa  alle  ore  otto  e  mezzo  del  mattino,  moriva  fra  le 
dieci  e  le  undici  ore  di  notte.  In  un  altro  caso  l'individuo  morsicato  si  salvò 
dopo    lunghissime    cure   e  molto  a  stento. 

Quanto  alla  Malmignatta  nostra,  secondo  la  credenza  comune  e  secondo 
anche  affermazioni  di  persone  di  scienza,  come  ad  es.  il  Dr.  Graells,  incaricato 
nel  1S33  dalla  B.  Accademia  di  Medicina  e  Chirurgia  di  Barcellona  di  studiare 
gli  effetti  del  morso  di  questo  Bagno,  sembrerebbe  che  questi  sieno  veramente 
assai  gravi,  dal  gonfiore  della  parte  ferita  al  dolore  estendentesi  all'arto  e  spesso 
a  tutto  il  corpo;  convulsioni  seguite  da  grande  prostrazione  e  collasso.  La  gua- 
rigione si  ottenne  coll'aiuto  di  una  abbondante  traspirazione. 

Affermazioni  conformi  sono  fatte  da  molti  altri  autori  degni  di  fede,  come 
Cauro,  Boccone,    Keisler,  Lambotte,  ecc. 

Per  l'opposto  il  Lucas,  che  in  più  occasioni  si  fece  mordere  dal  Latrodectes, 
non  ne  ebbe   alcun  effetto  morboso. 

Il  Bordas,  come  si  è  detto,  che  studiò  recentemente,  colla  consueta  diligenza  . 
le    ghiandole  velenifere  ed  il  veleno  della   Malmignatta,    conclude    che    punture 
fattesi  fare  da  Malmignatte  sulle  dita,  non  produssero  che  una  leggera  zona  in- 
fiammatoria, seguita  da  un  piccolo   gonfiamento  rossastro,  accompagnato  da  forte 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


109 


prurito  e  da  fenomeni  locali  senza  carattere  di  gravità.  Il  tntto  scomparve  dopo 
qualche  giorno,  senza  alcun  trattamento. 

Invece  sulle  Mosche,  Stafilini,  Carabi,  Grilli,  Locustidi    ed    altri    Insetti    la 
puntura  produce  una    specie  di  paralisi,  seguita  da    morte  a  breve   distanza. 

Anche  il  Phidippus  morsitans  del  gruppo  degli  Artidi  e  fra  i  più  voluminosi, 
è  considerato  come  capace  di  sensibili  effetti  velenosi  col  suo  morso  e  si  può 
dire  accertato,  che  qualche 
specie,  anche  non  vistosa  per 
dimensioni,  come  il  nostrale 
Chiracanthium  punctorium  Vil- 
lers.  può  produrre  nell'Uomo 
disordini  nervosi  col  suo  ve- 
leno. 

Intanto  non  si  hanno  pre- 
cise o  sufficienti  notizie  sul 
grado  di  velenosità  dei  mag- 
giori fra  i  Ragui,  cioè  di  quelle 
grosse  Mygale,  che  se  fossero 
venefiche  in  proporzione  delle 
loro  dimensioni,  sarebbero  dav- 


vero   temibilissime  anche  per 
l'Uomo. 


Fig.  102.  —  Filiere  di  Ragno  (Epeira). 
A,  aperte;  B,  chiuse.  Emettono  il  filo.  Ingrana.  Da  Roesel. 


Un'altra  particolarità  morfologica  degli  Araneidi,  in  rapporto  con  una  fun- 
zione caratteristica,  cioè  la  filatura  della  seta,  si  è  la  presenza  di  organi  appo- 
siti per  tale  ufficio,  ossia  delle  così  dette  filiere. 

I  Ragni  presentano,  al  ventre,  appena  al  disopra  dell'ano,  un  insieme  di  ri- 
lievi conici,  papilliformi,  che  sono  appunto  le  così  dette  filiere  (fig.  102).  Tali  ri- 
lievi sono  abitualmente  in  numero  di  sei,  cioè  un  paio  anteriore,  uno  posteriore 

ed  uno  mediano;  però,  in  causa  di 
riduzione  di  un  paio  o  di  un  altro, 
essi  possono  trovarsi  in  minor  nu- 
mero, cioè  di  quattro  od  anche  di 
due. 

Tali  papille  presentano  anche 
pseudoarticolazioni  e  sono  mobili 
abbastanza.  Talora  qualche  paio  è 
notevolmente  lungo  e  sporge  come 
due  codette  dall'estremo  posteriore 
dell'addome  :  però,  in  tale  caso, 
queste  papille  non  hanno  più  l'ufficio  di  organi  per  la  filatura  della  seta. 

Le  papille  sono,  specialmente  nell'articolo  terminale,  ricoperte  fittamente  di 
appendici  coniche,  sottili,  rigide  e  troncate,  abbastanza  simili  a  peli,  le  quali 
sono  tubuli,  da  cui  esce  il  filo  di  seta.  Se  ne  conta  gran  numero,  ad  es.  400  in 
Epeira  diadema;  300  in  Tegenaria  domestica;  100  in  Segestria  senoculata,  ecc.  Da 
ciascuno  di  questi  tubuli  esce  il  sottilissimo  filo  di  seta,  e  tutti  insieme  questi 
fili  esilissimi,  formano  un  filo  unico,  di  cui  il  Ragno  fa  così  grande  uso  nella 
sua  vita. 

Oltre  a  questo  insieme  d'organi,  taluni  Ragni  possiedono  anche  il  così  detto 
crivello,  cioè  una  duplice  piastra,  formante  un  insieme  ovale  allungato,  collocata 
al  ventre,  al  disopra  delle  papille  e  tutta  fittamente  perforata,  appunto  come  un 


Fig.  103.  —  Estremità  della  zampa  4."  paio  di  un  Ragno 
col  ealmistro  (da  Warbuiton). 


110 


CAPITOLO    PRIMO 


Fig.  104.  —  L'estre- 
mità della  zampa  'li 
un  Raguo.  Ingran- 
dita. 


crivello.  Si  tratta  sempre  di  un  organo  per  la  filatura  della  seta  ed  i  Ragni  che 
lo  possiedono  hanno  anche  il  pettine  o  calmislro  (fig.  103),  alle  zampe  dell'ultimo 
paio,  sul  penultimo  segmento  al  dorso.  Questo  calmistro  è  composto  di  una  serie 
di  spinette  disposte  regolarmente  su  una  linea  longitudinale,  formanti  una  specie 
di  pettine  e  serve  a  cardare  la  seta  e  disporla  in  matassa  a  fili  paralleli,  mano 
mano  che  esce  dagli  organi  filanti. 

Simon,  in  vista  della  presenza  o  mancanza  del  crivello,  divide  appunto  i 
Eagni  in  Gribeìlati  ed  Ecribellati. 

Anche  gli  organi  di  adesione  collocati  all'estremità  delle 
zampe  sono  molto  elegantemente  conformati  e  con  una  certa 
complicanza  (fig.  104). 

Infatti  essi  consistono  principalmente  in  due  unghie    fal- 
ciformi, il  cui  orlo  inferiore  però  è  armato  di  dentelli  a   guisa 
di  pettine  (solo  in  talune  specie  di  Avicularidi  le  unghie  sono 
semplici).    Oltre    a    ciò,    in    molti   casi,    l'apice  del  segmento 
estremo,  sotto  le  unghie,  porta  un  ciuffo  di  peli,  detto  scopula 
oppure    peli    piumati    od    anche    una  unghietta,  minore    delle 
principali,  ma  egualmente  conformata.  Certo  totali  organi  pet- 
tini formi  hanno  l'ufficio  di  cardare  i    fili    sericei,  per   disporli 
ordinatamente  in  serie. 
Speciale  menzione  merita  anche  il  palpo  del  maschio  adulto,  il  quale  organo, 
come  sarà  avvertito,  è  specialmente  conformato  in  modo  spesso    complicatissimo, 
per  intervenire  nell'opera  della  riproduzione  (fig.   105). 

Invece,  per  le  femmine  e  per  le  forme  giovani  della  serie  maschile,  il  palpo 
stesso  è  semplice,  cilindrico,  cogli  ultimi  articoli  non  diversi  dai  precedenti  e  nel 
maschio  assume  la  peculiare  struttura  solo  all'ultima  muta,  allorché  l'individuo 
diviene  adulto. 

Gli  occhi  nei  Ragni  sono  semplici,  cioè  di  una 
sola  cornea  e  distribuiti  sulla  parte  anteriore  del 
capotorace.  Essi  sono  generalmente  in  numero  di 
otto  (fig.  99)  ;  talora  però  il  loro  numero  è  ridotto 
a  sei,  raramente  a  due  ed  in  qualche  specie  caver- 
nicola mancano  del  tutto  (Anthrobia  mammuthica  ; 
Stelita  taenaria;  Hadites  tegenarioides).  La  disposi- 
zione degli  occhi  stessi,  il  numero,  ecc.,  sono  eccel- 
lenti caratteri  sistematici. 

Quanto  alla  forma  dei  Ragni,  cioè  alle  varia- 
zioni dal  tipo  fondamentale,  che  ognuno  ha  in  mente, 
bisogna  convenire  che  essa  è  mutabile  assai,  più 
che  altro  per  l'addome,  che  può  avere  le  forme  più 
diverse,  da  lineare,  convoluto  a  globoso,  breve, 
con  spine  a  processi  lunghissimi,  ecc.  come  si   può 

vedere  da  alcuni  esempi  recati  dalle  figg.  100-108.  Così  pure   il   Capotorace   può 
variare,  specialmente  per  la  regione  oculare  spesso  elevata  in  cono  più  o  meno  lungo. 

Le  abitudini  dei  Ragni,  per  quanto  riguarda  gli  ambienti  in  cui  vivono, 
sono  abbastanza  variate,  poiché,  mentre  alcuni  abitano  sotterra  od  altrove  bene 
nascosti  in  recessi  bui  durante  il  giorno,  altri  invece  vivono  alla  grande  aria, 
sulle  piante,  sopra  terra,  ecc.  Qualche  specie  frequenta  le  acque,  nelle  quali  anche 
può  immergersi  senza  bagnarsi,  portando  seco  sul  corpo  un  sottile  velo  d'aria. 

Questi  animali  non  vivono  ordinariamente  in  colonie  od  in  società,  ma   soli- 


Fig.  105.  —  Schema  dell'organo  pal- 
pale. 

T,  'tarso;  A,  alveolo;  H,  ematodoca-, 
B,  bulbo  ;  R,  ricettacolo  del  seme  ;  a, 
suo  orifizio;  S.  stilo  (da  WarbnrtoD). 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


111 


tari,  neppure  i  maschi  stanno  colle  loro  femmine,  poiché  ne  verrebbero  presto 
uccisi  e  divorati.  Si  hanno  rari  esempi  di  forme  che  si  raccolgono  a  vivere 
in  colonie  numerose  e  questi  esempi  riguardano  forme  esotiche,  come  quelle 
specie  che  incontrò  il  Livingstone  nell'Africa  del  sud,  di  cui  i  nidi  sono  avvici- 
nati così  l'uno  all'altro,  da  formare  un  tessuto  ininterrotto  di  seta  sul  tronco 
intero  di  un  albero.  Anche  Darwin  parla  di  un  Eagno  incontrato  a  Santa  Baiada 
(La  Piata),  i  cui  nidi  verticali,  discosti  una  sessantina  di  centimetri  l'uno  dal- 
l'altro, sono  però  riuniti  da  fili  in  comune  e  vi  stanno  insieme  molti  individui 
di  questo  grosso  Araneide.  Egualmente  il  Simon  descrive  qualche  specie  gregaria 
del  Venezuela. 


Fi».  106,  Ragni  esotici  di  forme  strane.  Ingranditi  (la  grandezza  natur.  è  indicata  dalla  linea  accanto'. 

A,  Trithaena  triatspidata   Blanc.  ;  B,  Oastercantha  doride  Sira.  ;    O,  Acrosoma  horrida  Tacz.  ;  D,  Acrosoma  maronica 
Tacz.  t  E,  Acrosoma  oblonga  Tacz.  ;  -F,  Acrosoma  luctuosa  Tacz.  (da  Taczanowski  e  da  Simon). 


Tele  e  nidi.  —  Si  è  detto  che  la  caratteristica  principale  dei  Eagni  è  quella 
di  filare  della  seta,  che  viene. emessa  dalla  parte  posteriore  del  ventre.  Con  tale 
seta  le  femmine  di  tutte  le  specie  avvolgono  e  riparano  le  loro  uova  ed  inoltre 
molte  specie  fabbricano  le  tele,  più  o  meno  complicate,  mediante  le  quali  si  pro- 
curano la  preda. 

Non  tutte  le  specie  di  Eagni  ricorrono  a  questo  mezzo  per  provvedere  al 
proprio  sostentamento.  Ve  ne  ha  gran  numero  che  meritano  il  titolo  di  vaga- 
bondi, i  quali,  senza  dimora  fissa,  si  aggirano  continuamente  in  cerca  di  preda, 
che  sanno  catturare  di  sorpresa,  uccidono  subito  e  succhiano  senza  più. 

Ma  quelli  che  costruiscono  tele  molto  bene  architettate,  hanno  attratto  da 
lungo  tempo  l'attenzione  nostra  e  già  Aristotile  distingueva  tre  specie  di  Eagni. 
appunto  per  la  diversa  maniera  di  costruzione  della  ragnatela. 


112 


CAPITOLO    PRIMO 


La  seta  si  trova  negli  organi  sericipari  dell'animale  allo  stato    di    sostanza 
fluido-gommosa,  appunto  come  è  nelle  ghiandole  sericipare  degli  Insetti,  ed    ap- 
pena emessa  traverso  le  filiere  allo  stato  di  filo,  si  solidifica  all'aria.  Il   filo  non 
si  forma  però  se  non  per  stiramento,  sia  praticato  dal  Eagno  colle  zampe,  sia  fis- 
sando  la  gocciola  ad  un  punto  ed  allontanando- 
sene di  poi. 

Così,  quando  l'animale  vuole  discendere  a 
terra  se  sia  da  questa  discosto,  fissa  una  gocciola 
di  seta  sull'oggetto  ove  si  trova  e  di  poi  si 
abbandona  nel  vuoto  (fig.  109).  Pel  suo  peso 
esso  discende  ed  intanto  il  filo  si  svolge  fuori- 
uscendo dal  suo  ventre.  Se  il  Eagno  si  vuole 
arrestare  può  farlo  a  suo  piacimento,  poiché  è 
in  suo  potere  di  intercettare  l'uscita  della  seta 
ed  in  tale  caso  l'animale  può  rimanere  sospeso 
in  aria,  attaccato  al  sottile  filo  di  seta.  Il  filo 
poi  può  essere  rotto  dal  Eagno  stesso,  stringendo 
e  sfregando  l'una  contro  l'altra  le  sue  filiere. 

Questa    facoltà    sericipara    ha     grandissimo 

gioco    nella    vita    e    nelle    abitudini    del  Eagno, 

poiché  non  solo  i  nidi,  i  sacchi  per  le  uova  e  le 

tele    sono   fabbricati  di  seta,  ma  ancora  i  Eagni 

buoni    filatori    non    muovono  passo,  si  può  dire 

senza  assicurarsi  prima  che  qualche    filo   li   trattenga  in   luoghi  di  dove  possono 

facilmente    cadere,    o    li   accompagni  nelle  loro  peregrinazioni  per  aver  pronto  e 

facile  il  ritorno  al  punto  di  partenza. 

I  Eagni,  allorché  vogliono  traversare  un  largo  spazio  nell'aria  senza  discen- 
dere a  terra,  e  guadagnare  pedestremente    il    punto  desiderato,    il    che    sarebbe 


Fig.  107. 


—  Gasteracantha  arcuata  Fabr. 
Grandezza  naturale. 


Fig.  108.  —  Profili    di    Ragni    per    mostrare   strane    forme   di    addome. 
A,  Argyrodes  paradoxug  :  B,  Arianne»  Jlagellum;  C,  Stegosoma  testudo. 


viaggio  lungo  e  disagevole,  oppure  vogliano  tendere  i  fili  maestri  su  cui  poi  co- 
strurre  le  loro  tele,  usano  un  metodo  semplice  e  molto  opportuno.  Essi  lasciano 
andare  un  filo  liberamente  nell'aria  e  questo,  se  l'aria  è  mossa,  sventola  in  giro, 
fino  a  che  viene  casualmente  a  toccare  un  oggetto  discosto  e,  mercè  il  potere 
adesivo  di  cui  è  fornito,  vi  si  fissa  tenacemente.  Subito  il  Eagno  ne  tenta  la 
resistenza,  tirandolo  colle  zampe  e  se  questa  è  sufficiente  a  sopportare  il  suo 
peso,  il  Eagno  vi  si  avventura  sopra,    curando    intanto    di    emettere  altro  filo  a 


Berlese  -  Voi.  II. 


Tav.  I. 


$0m  ■ 


m 


w 


Due  Aracnidi  fra  i  più  grossi 
indezza  infunile). 

/    l'na  ir.  roZi    |  1/"    '.  ■'"  ri)  elei   Brasile. 
?     Ono    Scorpione    [Pandinus    a/ri  ai 

var.  iinprrator)  ùi   Africa. 


Milano  -  Società   Editrice  Libraria. 


GLI    AFFINI    OBOLI    INSETTI 


113 


rinforzo    del    primo    e  così    raggiunge  il  punto  di   adesione  del    primo  filo  e  vi 
attacca  il  secondo. 

Si  sono  veduti  così  fuggirsi  dei  Ragni  da  pezzi  di  legno  galeggianti  nel 
centro  di  vasi  pieni  di  acqua.  Persuasosi  il  Ragno  che  non  vi  aveva  modo  al- 
trimenti di  traversare  il  piccolo  lago,  ricor- 
reva all'impiego  di  fili,  da  lasciar  volanti, 
liberi  con  un  capo  nell'aria,  ed  allorquando 
avevano  fatto  presa,  per  quelli  se  ne  fuggiva 
rapidamente. 

Del  resto  il  Ragno  sa  esplorare  anche 
la  direzione  del  vento,  appunto  per  cono- 
scere se  l'aria  è  mossa  abbastanza  da  poter 
far  sventolare  i  suoi  fili. 

Una  simile  esplorazione  è  della  massima 
importanza  per  l'animale,  ed  esso  la  pratica 
standosene  su  un  punto  elevato,  mercè  le 
zampe  anteriori,  che  tiene  sollevate  quanto 
più  può,  mentre  il  rimanente  corpo  è  fermo 
e  percepisce  i  moti  dell'aria  ambiente. 

Le  tele  dei  Ragni  si  possono  distin- 
guere in  regolari  ed  irregolari,  cioè  in  quelle 
che,  per  ciascuna  specie,  hanno  egual  forma 
e  distribuzione  dei  nli  ed  assumono  una  con- 
figurazione più  o  meno  geometrica;  le  altre 
variano  a  seconda  delle  condizioni  del  sito 
ove  sono  costruite  e  si  possono  piuttosto 
paragonare  a  tessuti  di  seta  disposti  senza 
ordine  costante  e  definibile  geometricamente. 


Fig.  109.  —  Epeira  veduta  dal  ventre,  che 
discende  sospesa  al  suo  filo.  Grand,  natur. 
(da  Roesel). 


Certo  le  tele  regolari,  nelle  quali  le  nostre  Epeire  e  tutti  i  Ragni  della  stessa  famiglia  si 
mostrano  maestre,  sono  state  quelle  che  fin  dall'antico  più  hanno  eccitato  la  nostra  ammira- 
zione e  la  cui  costruzione  è  stata  piti  accuratamente  sorvegliata  e  descritta. 

Le  Epeire  fanno  una  tela  circolare,  sospesa  e  distesa  nell'aria,  fra  le  piante  o  nelle  case 
ed  è  stata  bene  seguita  la  costruzione  della  tela  che  fa  la  comune  Epeira  diadema  (Limi.),  il  grosso 

Ragno  ad  addome  grosso,  globoso-conico,  e  variegato 
di  varie  tinte,  che  si  incontra  comune  nei  campi  come 
nelle  nostre  case  (tig.  110). 

Anzitutto  si  tratta  di  disporre  il  filo  orizzontale 
maestro  e  per  far  ciò  l'animale  ricorre  a  quell'espe- 
diente che  sopra  si  è  ricordato.  Può  anche  il  Ragno 
sospendersi  esso  stesso  all'estremità  di  un  filo  più  o 
meno  lungo,  che  penzola  così  verticale  e,  mosso  dal 
vento  qua  e  là  questo  pendolo  naturale,  accade  che  il 
Ragno  finisca  per  toccare  qualche  oggetto  circostante, 
su  cui  subito  si  fissa. 

Così   si  mette  il  primo  capo  e    questo    filo    è    teso 

in  tal  modo  fra  due  oggetti  a  distanza  varia,  da  pochi 

decimetri     a    qualche  metro,    a    seconda    dell'ambiente 

in    cui     il     Ragno  lavora.  Tutto  il  rimanente  dell'opera  varia  naturalmente  a  seconda  dei   punti 

circostanti  a  cui  l'animale  può  fissare  gli  altri  fili   principali  che  debbono  reggere  tutto  il  tessuto, 

i  quali  peni  debbono  essere  almeno  tre  fissi,  meglio  poi  se  sono  in  maggior  numero. 

Comunque  condotto  il  filo  orizzontale  maestro,  esso  è  sufficientemente  rinforzato  dal   Ragno 

A.  BgRLESE,   Gli   Insetti,  II    —  15. 


Fig.  110.  —   Epeira  diadema  (L.). 
Femmina  in  grandezza  natur.    (da  Roesel). 


114 


CAPITOLO    PRIMO 


B 

C 


O  9Q»0  OG>9QO  0°  OOQOOOGCiQO 


Fig.  111. 


Diversi    staili    di    formazione  dei  globuli 


viscosi  sul  filo  (da  Warbmton). 


con  altri  (ili  aggiuntivi  e  tutta  questa  prima  sottile  fuue  è  tesa  a  sufficienza  perchè  possa  sop- 
portare la  tela  che  vi  sarà  fabbricata  sotto. 

Si  tratta  ora  di  trovare  un  terzo  punto  d'appoggio.  Per  fare  ciò  l'Epeira  attacca  una  goc- 
ciola di  seta  al  filo  maestro  e  si  abbandona  nel  vuoto,  scendendo  così  e  formando  un  pendolo 
col  suo  filo,  che  gli  esce  dall'addome  quanto  occorre.  In  tal  modo,  il  più  spesso  passivamente, 
per  opera  dell'aria  mossa  circostante,   il  Ragno    guadagna  qualche    oggetto    sottostante    e    quivi 

fissato  il  capo,  il  filo  principale  è  trovato  e 
con  esso  il  terzo  punto  di  appoggio.  Bisogna 
ora  istituire  l'altro  lato  del  triangolo,  ciò  che 
l'animale  fa  rimontando  lungo  il  filo  verti- 
cale, fino  al  capo  maestro  e  correndo  su  questo, 
mentre  intanto  un  filo  esce  dal  ventre,  e 
fissando  poi  questo  nuovo  filo  ad  un  punto 
prestabilito  di  quello  orizzontale  maestro. 
Ecco  fatto  il  quadro  su  cui  la  tela  può  essere 
costrutta. 

Ora  il  Ragno  tira  un  filo  diagonalmente  ; 
nel  nostro  caso  si  tratta  di  una  mediana  del  triangolo  e  dal  punto  di  mezzo  di  questa  mediana, 
come  centro,  il  Ragno  poi  fa  partire  tanti  fili  raggianti,  che  vanno  ai  tre  fili  principali,  che 
limitano  il  triangolo.  Per  condurre  ciascuno  di  questi  raggi  l'auimale  deve,  ogui  volta,  partirsi 
dal  centro,  percorrendo  il  raggio  precedentemente  disposto. 

Tutto  l' insieme  del  quadro  primitivo  e  dei  raggi  è  fatto  di  fili  di  seta  secchi,  cioè  non  ri- 
coperti di  una  sostanza  glutinosa  e  vischiosa  speciale,  che  è  segregata  da  certe  particolari 
ghiandole. 

Ma  il  rimanente  della  tela,  che  è  fatto  di  fili  sottili  e  girati  spiralmente  attorno  al  centro, 
è  la  parte  destinata  a  trattenere    gli  Insetti,    che  vi  battono 
contro    e    vi  si    invischiano  colle  loro  ali,  mercè  la  sostanza 
appiccicaticcia  suddetta. 

Il  Ragno  dunque,  partendosi  dal  centro,  si  muove  spiral- 
mente attorno  ad  esso  e  così  conduce  un  solo  lungo  filo,  che 
attacca  via  via  ed  incolla  sui  raggi,  mano  mano  che  li  in- 
contra, fino  all'ultimo  giro  della  spira,  che  rappresenta  il 
limite  circolare  estremo  della  tela. 

Guardando  al  microscopio  tale  filo  lo  si  vede  asperso 
della  sostanza  glutinosa.  Dapprima,  appena  il  filo  è  sortito 
dal  ventre  del  Raguo,  la  sostanza  stessa  vi  è  distribuita  sopra 
pressoché  uniformemente;  poi  essa  si  raccoglie  adagio  adagio 
in  tante  goccioline  (fig.  Ili)  pressoché  equidistanti  fra  loro, 
che  formano  come  tanti  piccoli  nodi  attorno  al  filo  e  sono 
molto  numerosi,  tanto  che  sono  stati  calcolati  a  circa  120,000 
in  una  sola  tela. 

Dopo  ciò  la  ragnatela  è  finita,  ma  l'Epeira  vi  aggiunge 
ancora  due  o  tre  fili  che,  bene  tesi,  vanno  dal  centro  della 
tela  al  luogo  dove  il  Ragno  si  tiene  nascosto  e  sono  come 
fili  telegrafici,  che,  vibrando,  allorché  un  Insetto  batte  nella 
tela,  vi  si  impiglia  e  la  scuote  cogli  sforzi  che  fa  per  liberar- 
sene, avvertono  il  predatore  della  cattura. 

11  Kagno  sta  nascosto,    come    si    disse,    accanto  alla  sua 
ragnatela,  cou  essa  in    rapporto  immediato,  oppure  vi  sta  nel  centro,  dove  c'i 
secchi  apposta  perchè  vi  possa  stare  sopra  comodamente  il  costruttore. 

Non  va  obliato  un  tratto  molto  singolare,  ricordato  dal  Ninni,  che  lo  constato  de  visti,  il 
quale  dimostra  quanto  possa  soccorrere  una  speciale  ingegnosità,  oltre  al  naturale  istinto,  in 
questi  animali,  per  trarre  profitto  da  spedienti  vari  in  condizioni  anormali  per  la  costruzione 
di  una  tela. 

Una  Epeira  diadema  intendeva  di  costrurre  una  tela  sotto  una  tettoia,  tra  lo  sporto  di 
quella  ed  il  muro  della  facciata.  Ma  quivi  non  erano  possibili  che  due  punti  di  appoggio,  quello 


Fig.  112.  —  Argìope  brunnicki  Sci. 
iu  grandezza  naturale. 


una  trama  di  fili 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI  115 


sullo  sporto  della  tettoia  e  l'altro  al  muro.  L'Epeira  legò  con  un  suo  filo  un  piccolo  sasso  e,  fis- 
sato l'altro  capo  dei  filo  alla  tettoia,  abbastanza  discosto  dal  muro,  su  questo  pendolo  trovò  il 
terzo  punto  di  appoggio  e  per  quanto  la  tela  fosse  molto  oscillante  al  vento,  pure  fu  costrutta 
benissimo  e  servì  allo  scopo. 

l'u  notevole  costume  è  illustrato  dal  Vinson  per  un  Ragno  dell'Isola  Maurizio  {Epeira  mau- 
rìtìu),  che  costruisce  le  sue  tele  poco  dissimili  da  quelle  delle  nostre  comuni  Epeire,  ma  che 
limilo  nel  centro  un  grosso  filo  bianchissimo,  avvolto  a  zig-zag  e  di  cui  non  si  conosceva 
lo  scopo.  Esso  serve  a  legare  solidamente  le  grosse  prede  recalcitranti,  perchè  se  nella  tela  cade 
una  Mosca,  il  Ragno  la  avvolge  semplicemente  con  pochi  fili  leggeri,  ma  se  vi  batte  entro  un 
animale  più  grosso,  ed  il  Vinson  ha  veduto  appunto  tutta  l'azione  a  proposito  di  una  grossa 
Cavalletta,  caduta  nella  rete,  il  Ragno  usa  del  grosso  filo  per  avvolgere  solidamente  e  con 
grande  prestezza  l'insetto,  che  non  potrebbe  essere  trattenuto  dalle  esili  maglie  della  rete.  In 
modo  simile  operano  certi  Ragni  dell'America  del  nord,  come  V Argiope  cophinaria  Cook,  nelle 
cui  tele  il  filo  spirale  è  piegato  a  zig-zag  tra  due  raggi  vicini. 

Del  resto  un  bel  nastro  di  un  bianco  argenteo,  fatto  di  fili  sericei  molto  fitti  e  steso  per 
lungo  tratto  fra  due  raggi  della  tela,  a  suo 
ornamento  o  per  altra  ragione,  si  trova  anche 
nella  ragnatela  della  nostra  bellissima  Ar- 
giope biuiiiiicki  Sci.  (tìg.  112).  Tale  ornameu- 
tazione  è  visibile  anche  in  una  ragnatela 
orizzontale  e  discoidale  fatta  da  specie  del 
genere    Uìoborus  (fig.  113). 

Allorché    la   malaugurata  vittima 
è  venuta    a    dar    dentro  nella  tela,  il 

Ragno    Vi    Si    precipita    addosso   rapida-       Fig.  113.    -    Tela    orizzontale    di     rìoborus   con    fili 
°  ,  ,  „  ,.,     ,  rinforzati  (da  M.  Cook). 

mente,  la    morde  colle  sue  mandibole, 
così    che   essa  muore  immediatamente 

e  dopo  avvoltata  strettamente  in  più  fili,  in  guisa  che  anche  se  fosse  viva  non 
potrebbe  dare  un  crollo,  la  trasporta  nel  suo  covo  e  la  succhia  a  suo  agio, 
quando  però  la  fame  non  spinga  il  Eagno  ad  una  manovra  più  sollecita,  come  è 
quella  di  succhiare  l'insetto  uccidendolo  senza  legarlo  altrimenti  e  senza  traspor- 
tarlo fuori  della  tela.  I  cadaveri  poi  delle  vittime  sono  gettati  a  terra. 

Qualora  però  l'insetto  impigliatosi  nella  tela  sia  di  dimensioni  rilevanti  e 
pericoloso  ad  accostarsi,  come  è  il  caso  di  molti  Imenotteri,  allora  la  cattura  è 
opera  difficile  e  da  farsi  con  molta  prudenza  da  parte  del  Ragno.  Sono  impie- 
gati più  fili  di  seta,  che  vengono  da  distanza  lanciati  sull'animale  che  si  dibatte, 
fino  a  legarlo  strettamente  ed  impedirne  ogni  movimento.  Se  però  l'insetto  cat- 
turato è  troppo  voluminoso  e  troppo  si  agita  con  pericolo  di  tutto  l'edificio  o  se 
il  Ragno  non  è  troppo  affamato  e  non  vuol  darsi  la  pena  del  lungo  lavoro  per 
immobilizzare  la  preda,  allora  il  Ragno  stesso,  recidendo  i  fili  attorno  all'animale 
impigliato,  ne  facilita  la  fuga. 

Le  tele  sono  fatte  tanto  dai  maschi  come  dalle  femmine,  in  generale  però  i 
maschi  sono  meno  egregi  costruttori  o  amano  piuttosto  il  vagabondaggio  in  cerca 
delle  rispettive  femmine. 

Per  talune  specie  la  tela,  anziché  circolare,  è  formata  da  un  settore  più  o  meno  ampio  di 
cerchio.  Così  è  ad  es.  per  gli  Syptiotes,  la  cui  tela  potrebbe  essere  paragonata  ad  un  settore 
equivalente  ad  una  quinta  o  sesta  parte  della  tela  di  una  comune  Epeira  e  per  di  più,  da' 
centro  del  settore  procede  un  filo  ben  teso,  all'estremità  del  quale  se  ne  sta  il  Ragno,  celato 
sorto  una  foglia  od  altro  riparo  e  dallo  scotimento  del  filo  stesso,  allorché  la  tela  tutta  è  agi- 
tar .1  per  esservisi  impigliato  dentro  un  qualche  animale,  il  Ragno  è  avvertito  della  cattura  ed  ac- 
corre tosto. 

Le  tele  di  alcune  specie  di  Ragni  sono  orizzontali,  anziché  verticali    come    quelle    ora    de- 


116 


CAPITOLO    PRIMO 


scritte  e  spesso  complicate  con  particolari  costruzioni.  Merita  ad  es.  particolare  menzione  la  tela 
della  Argiope  basilica  del  Texas,  così  detta  perchè  questo  Ragno,  entro  una  trama  conica  di  fili 
radi,  costruisce  uua  rete  a  cupola  molto  regolare  e  caratteristica  (fig.  114). 

Singolari  sono  anche  le  tele  costrutte  dalla 
Spilassma  artifex  Sim.  del  Venezuela,  della  quale  il 
Simon  ha  dato  eccellenti  figure  e  descrizioni  (fig.  115). 
Esse  tele  sono  orizzontali  e  circolari  e  nel  loro  centro 
portano  una  camera  fusiforme,  diretta  verticalineute, 
che  in  parte  sporge  sotto  la  tela  ed  in  parte  sopra, 
ed  essendo  sospesa  con  un  filo  verticale,  fissato  in 
alto,  regge  tutta  la  tela.  In  tale  camera  di  fitto 
tessuto  sericeo  sta  nascosto  il  Ragno  colle  uova  e 
coi  piccoli  nati  di  recente. 


Fig.  114.   —  Tela  della  Argiope    basilica  Cook 
(da  Cook). 


Molte  specie  di  Ragni  però  costruiscono 
tele  irregolari,  cioè  con  fili  intrecciati  in 
tutti  i  sensi,  più  o  meno  fittamente  ed  in 
guisa  da  formare    un    tessuto    senza  forma 


determinata.  Così  sono,  ad  es.,  le  tele  che  si 
veggono  lungo  le  siepi  molto  comunemente 
e  più  appariscono  al  mattino  per  tempo, 
quando  sono  coperte  di  rugiada.  Le  più 
ovvie  e  maggiori  spettano  a  Ragui  del  gen. 
Hnyphia,  comuni  in  Europa.  Generalmente  il  Ragno  sta  sotto  la  rete,  col  ventre 
all'insù  e  gli  insetti  cadono  sulla  tela  dopo  aver  inciampato  ed  essersi  dibattuti 
contro  i  fili  sparsi,  tesi  irregolar- 
mente al  di  sopra  della  tela 
stessa. 

Molti  altri  Ragni  si  accon- 
tentano di  costrurre  i  loro  ag- 
guati anche  senza  la  tela  sotto- 
stante orizzontale,  cioè  semplice- 
mente con  fili  tesi  irregolar- 
mente in  tutte  le  direzioni,  per 
entro  a  qualche  pianta  o  cespu- 
glio. Così  fanno  alcune  specie  del 
genere  Theridion. 

Tele  piane  e  con  un  tubulo 
dove  ripara  il  Ragno,  sono  fab- 
bricate da  specie  dei  generi  Age- 
lena,  ad  es.  A.  labi/rintica,  che  fa 
le  sue  ragnatele  sui  margini  dei 
fossati  e  nelle  siepi. 

Della  stessa  maniera,  si  pos- 
sono dire  le  tele  dei  grossi  Ragni 
domestici,  spettanti  al  genere 
Tegenaria  (T.  domestica  L.),  che 
le  costruiscono  negli  angoli  dei 
locali  meno  frequentati  ed  ognuno 
le    ha    presenti,    come    pure    il 

grosso  Ragno  nero,  velloso,  colle  zampe  molto  lunghe,    oggetto    di    non    piccolo 
terrore  alle  persone  che  non  ne  conoscono  la  sua  innocuità.  Entro  i  loro  naseon- 


Fig.  115.  —  Tela  e  tubo  di  abitazione  della  Spilasma  arti/ex 
Sim.  ridotto  di  un  terzo.  B,  spaccato  del  tubo  mostrante  il 
mucchietto  di  uova  ed  i  piccoli  ragui  (da  Simon). 


GLI    AFFINI    DUOLI    INSETTI 


117 


digli  tabulari  i  Ragni  stanno  in  agguato  (lìg.  116),  pronti  a  precipitare  sull'Insetto, 
che,  caduto  nella  rete  e  dibattendosi,  avverte  così  l'Araenide  che  una  preda  è  a 
sua  portata. 

Ma  non  minore  ammirazione  delle  tele  destano  nell'osservatore  i  nidi  dei 
Eagni,  siano  essi  loro  dimore  oppure  costruzioni  varie  a  difesa  della  loro  prole. 

Le  più  curiose  dimore  sono  quelle  che  appartengono  ai  Ragni  della  famiglia 
Avioulariidi,  i  quali  generalmente  sono  ad  attività  notturna  e  durante  il  giorno 
stanno  celati  entro  i  loro  nascondigli. 

Questi  sono  cunicoli  molto  complessi,  scavati  nel  terreno,  mercè    le    mandi- 
bole, le  quali  in  questi  Ra- 
gni   sono    particolarmente 
foggiate  appunto    a    questo 
scopo. 

Si  tratta  di  gallerie 
cilindriche,  che  penetrano 
perpendicolarmente  o  con 
forte  angolo  nel  terreno  e 
così  larghe  che  il  Ragno  vi 
si  può  rigirare  per  entro. 
Le  pareti  sono  accurata- 
mente tappezzate  di  seta  e 
l'orifizio  è  chiuso  da  un  oper- 
colo discoidale,  che  si  adatta 
esattamente  al  foro  d' in- 
gresso ed  è  articolato  in 
modo  da  potersi  alzare  ed 
abbassare.  Tale  opercolo 
(fig.  118,  G),  può  essere  trat- 
tenuto dall'interno  salda- 
mente dal  Ragno,  mercè  le 
sue  zampe  anteriori. 

L'opercolo  è  fatto  di 
strati  alternati  di  seta  e 
granuli  terrei  ed  è  molto 
resistente. 

Xei  nidi  di  talune  spe- 
cie si  trova  anche  un  altro  opercolo  interno  e  situato  sul  percorso    del  cunicolo, 
di  guisa  che  questo  è  diviso  in  due  camere. 

Il  Simon  illustrò  alcuni  bellissimi  esempi  di  nidi  molto  complessi,  dovuti  a 
Ragni  di  questa  famiglia,  come  sono  quelli  ad  es.  dei  generi  Pachyloscelis,  Sto- 
this,  Idiops,  Psalistops,  Rhytidieolus,  ecc.,  che    sono   tutte  specie    del   Venezuela. 

Il  Bhytidicolus  structor  Sim.  fa  nidi  di  tre  camere,  la  prima  eia  terza  ovale,  quella  dimezzo 
cilindrica.  Gli  opercoli  della  prima  e  della  terza  si  aprono  dall'esterno  e  quello  della  camera  di 
mezzo  dall'interno  (fig.   117). 

La  femmina  depone  le  uova  nella  prima  camera,  di  cui  chiude  all'interno  i  due  opercoli  e 
le  uova  stesse  sono  avvolte  da  un  fitto  tessuto  di  seta,  e  questo  bozzoletto  allungato  è  sospeso 
alle  pareti  della  camera  come  un'amaca. 

Qualche  specie  fa  una  galleria  ad  arco,  che  affiora  alla  superficie  del  terreuo  con  due  aper- 
ture, ambedue  chiuse  da  opercolo  (Slothh  «xtitta  Sim.)  mentre  altre  specie  dello  stesso  genere 
S.  caenobita),  si  contentano  di  una  camera  a  forma  di  fiasco  e  con  un  solo  opercolo  (fig.  118,  A). 
Comune  è  una  maniera  di  gallerie  fatte    ad    Y  con    un    ramo    di    ingresso,  chiuso  da  opercolo  e 


Fig.  116.   —  11  ragno  domestico  (Tegenaria  domestica  L.)    nella  sua 
diinora  in  fondo  alla  sua  tela.  Debolmente  ingrandito. 


118 


CAPITOLO    TRIMO 


l'altro,    ascendente,  che  giunge  solo  alla  superficie  del  terreno,  ma  non  è  pervio.  C'osi    fauno  le 
Cteniza,  le  Nemesia,  Atypus,  ecc. 

Questi  generi  comprendono  specie    anche    europee,  particolarmente  dell'Europa  meridionale, 
come  ad  es.,  la  Cteniza  fodiens  Valck.,  la  Nemesia  suffusa  Sav.,  V Atypus  sulzeri  Lati'.,  ecc. 

Anche  molte  specie  del  genere  Lycosa,  in 


ffi 


cui  è  notevole  la  famigerata  Tarantola  (L.  ta- 
ri» tuia  L.),  scavano  gallerie  entro  terra  e 
talora  ne  elevano  gli  orli  all'  orifizio  con 
costruzioni  in  terra  o  con  pezzetti  di  legno, 
ecc.  (fig.  120),  così  da  formare  dei  cilindri 
vuoti  sollevati  sopra  il  piano.  Così  partico- 
larmente fanno  le  specie  più  voluminose, 
mentre  le  più  piccole  non  praticano  costruzioni 
o  gallerie  di  sorta. 

Singolare  è  anche  il  nido  del  Cyrtauchenius 
eìongatus  (Sim.)  del  Marocco,  il  quale  non 
solo  scava  un  cunicolo  perpeudicolarmente 
nel  suolo  e  lo  riveste  di  seta,  ma  il  rivesti- 
mento fuoriesce  di  terra  una  decina  di  centi- 
metri circa  e  si  espande  ad  imbuto,  sostenuto 
dalle  erbe  adiacenti,  così  che  somiglia  ad  un 
fungo  (fig.  119). 

Un  Ragno  molto  degno  di  osservazione 
per  le  sue  curiose  abitudini,  frequenta  le 
acque,  nelle  quali  si  può  immergere  e  si  im- 
merge anzi  di  frequente  e  rimane  sott'acqua 
a  suo  piacimento.  È  comune  nei  nostri  fossati. 
Intendo  parlare  della  Argyroneta  aquatica  L., 
che  rappresento  a  fig.  122.  Questo  Ragno  non 
respira  diversamento  dagli  altri,  che  sono 
affatto  aerei,  ma  può  vivere  sott'acqua  perche,  attorno  al  suo  corpo,  in  virtù  della  peluria  fitta 
che  lo  ri  copre,  rimane  aderente  un  velo  d'aria  e  con  questo,  a  guisa  di  palombaro,  il  Ragno  va 
sott'acqua,  senza  difficoltà  per  la  respirazione.  Si  vede  così  come  tutto  argentato  e  da  ciò  ritrae 
il  suo  nome. 


Fig.  117.  —  Nido  di  Rhylidicolus  struclor  Sim.  Spao- 
j   cato;  ridotto  di  un  terzo  (da  Simon). 


Fig.  118.  —  Nidi  di  Ragni  del  Venezuola. 

A,  Spaccato  del  nido  di    Slothis  eoenobita  Sim.  ;    B,  Nido  di  Pseudidiops  opifex  Sim.  su  un  pezzo  di  ramo;  0,  opercolo 
aperto  del  nido  di  Pachylotcelit  scalops  Sim.  ridotto  di  circa  un  terzo  (da  Simon). 


Ora  V  Argyroneta  fabbrica  anche  il  suo  nido  sott'acqua,  costruendo  una  cupola  di  seta  ap- 
pena sotto  la  superficie,  a  ridosso  di  qualche  corpo  galleggiante  e  di  poi  vi  porta  dell'aria,  che 
trascina  seco  in  bolle  e  trattiene  aderente  al  suo  corpo  coll'aiuto  delle  zampe  posteriori  in  cia- 
scuna sommersione  e  di  poi  lascia  libera  sotto  la  cupola  di  seta,  dove  rimane.  Così,  mercè  ripe- 
tute operazioni,  il  Ragno  accumula  una  grossa  bolla  d'aria,  trattenuta  dalla  cuffia  di  seta  e 
quivi  può  disporre  le  sue  uova. 


GLI    AKKIXI    DEGLI    INSETTI 


119 


La  seta  ha  inoltre  largo  impiego  nella  fabbricazione  dei  nidi  in  cui  vengono  riparate  le  uova. 
Questi  bonoli  contenenti  uova  hanno  t'orma  eostante  per    ciascuna    specie    e    caratteristica. 
Ad  es.  quello  della  comune  Epeira  diadema  è  sferoidale,   a    guisa  di 
batuffolo    di  seta  gialla:     altri  sono  variamente   foggiati  (fig.   121)  e 
per  lo  più  nascosti   in  ripari  bene  scelti  oppure  esposti  liberamente 
sulle  tele  stesse  o  sulle  piaute  od  altrove. 

Talora  i  bozzoli  sono  numerosi,  come  avviene  per  due  specie 
di  Epeire  d'America  (del  genere  Cyclosa),  che  fanno  tiuo  a  quattor- 
dici  bozzoli,   tutti  ordinatamente  legati  ad  un  filo. 

Il  modo  di  costruzione  è  presso  a  poco  lo  stesso  per  tutte  le 
specie.  È  tessuto  prima  uno  strato  piano,  sul  quale  o  sotto  il  quale 
sono  deposte  le  uova,  che  poi  vengono  ricoperte  da  altri  strati  di 
seta  ed  al  bozzolo  è  data  la  forma  speciale. 

I  Licosidi,  dei  quali 
molte  specie  sono  anche 
da  noi,  fanno  un  bozzolo 
sferico,  composto  di  due 
calotte  saldate  assieme , 
secondo  una  linea  equato- 
riale. Le  femmine  portano 
con      sé     continuamente 

questi  bozzoli  appesi  al  ventre  e  ne  hanno  grande  cura 
e  mostrano  una  vera  e  propria  disperazione  se  essi 
vengono  loro  tolti  (fig.  125). 

Anche  il  nostro  comune  Ragno  a  zampe  lunghe 
ed  esilissime,  che  si  vede  nelle  case  (Pholcus),  porta 
sul  ventre  il  suo  bozzolo  d'  uova,  a  guisa  di  un 
piccolo  sacchetto  biancastro  (fig.  123). 


Fig.  119.  —  Tubulo  di  Oyr- 
tauchenius  elongatus  (Sim. 
(da  Cook). 


Fig.  120.  —  Torretta  di  Lyeosa  carolinensi. 
(da  Cook). 


Xon  facile  a  spiegarsi,  sopratutto  per  le  nostre  incomplete  cognizioni  sui 
costumi  dei  Ragui,  sulle  cause  nemiche  alle  singole  specie,  ecc.,  è  la  diversità 
grandissima  nel  numero  d'uova  che  i  Ragni 
depongono  nel  loro  follicolo,  diversità,  dico, 
da  specie  a  specie. 

Mentre  i  maggiori  Ragni  possono  in- 
cludere fino  a  .3000  uova  in  ciascun  bozzolo 
(Theraphosa  ìeblondi),  altre  non  ne  mettono 
più  di  due  (Oonops  pulcher).  Nel  bozzolo 
della  Synagetes  pietà  non  sono  più  di  tre 
nova;  sei  in  quello  della  Ero  fureata;  da 
due  a  cinque  ne  mette  la  Anthrobia  mam- 
mouthica  delle  caverne  d'America,  ecc. 

I  numeri  più  elevati  invece  vanno  alle 
migliaia,  a  cominciare  dalle  parecchie  centi- 
naia (600  uova)  della  nostra  grossa  Epeira 
diadema,  che  fa  fino  a  sei  bozzoli,  come  dell'i/. 
quadrata;  E.  narbonensis  ;  alle  1150  fino 
a  2200  della  Argiope  cophinaria  e  ad  un  nu- 
mero anche  maggiore  per  le  grosse  Avicularie. 
Si  è  tentato  di  utilizzare  la  seta  dei 
Ragni,  ma  se  ciò  potrebbe  essere   possibile 

per  talune  specie  esotiche,  le  quali  emettono  fili  molto  più  grossi  e  robusti  delle 
nostrali,  non  è  riuscito  pratico  invece  per  le  specie  da  noi  più  ovvie. 


Fig.  121. 


Vari  follicoli  d'uova. 


A ,  di  Theridion  pollens  {i  diam.)  ;  B,  di  Agroeca 
bruniteci  (grandezza  naturale)  ;  O,  di  Ero  fureata 
(4  di  ara.)  (da  Warburton). 


120 


CAPITOLO    I'ItIMO 


A        E 


La  seta,  di  cui  sono  protette  le  uova,  è  più  robusta  e  più  facilmente  filabile 

di  quella  delle  tele. 

In  modo  vario  si  compor- 
tano i  Eagni  neonati,  che 
sono  molto  simili  od  identici 
all'adulto  ed  hanno  le  mede- 
sime abitudini  o  le  acquistano 
presto. 

In  generale,  per  parecchi 
giorni  dalla  schiusa,  i  piccoli 
ragù  etti  non  prendono  cibo;  è 
loro  sufficiente  la  provvista  che 
si  portano  dall'uovo  nel  loro 
intestino,  e  per  lo  più  vivono 
gregarii,  come  si  può  vedere 
dal  comune  esempio  dei  neo- 
nati della  Epeira  diadema, 
che  sono  tutti  riuniti  nel  fol- 
licolo, che  conteneva  le  uova, 
da  cui  sono  usciti  e  non  ne 
scappano  se  non  molestati  ;  nel 
quale  caso  si  vedono  dispersi 
in  tutti  i  sensi  sui  fili  che  reg- 
gono il  follicolo  o  su  fili  che 
essi  stessi  emettono  abbando- 
nandosi verso  terra  (fig.  124). 
Tutto  ciò  descrisse  bene  il  Redi. 
Per  alcune  specie,  come 
è  pei  Licosidi,  i  neonati,  usciti 

Fig.  122.  —  L'Argyroneta  aquatica  L.,    in    grandezza   naturale.    ,jaj     follicolo     d'uova,     CÙe      la 

a,  ii  ano  nido.  madre  in  tutte    le    sue  escur- 

sioni porta  con  sé  al  ventre  o 
fra  le  mandibole,  si  recano  sul  dorso  della  madre  stessa,  e  là  rimangono  fermi  e 


Fig.  123.  —  Pholcus  phalavgioidee  (L.)  delle  case,  che  trasporta  il  suo  mucchietto  d'uova. 
Ingrandito  circa  tre  volte  (da  Blaukwall). 


sono  trasportati    così    in    giro,    per    circa  una  settimana,  finché,  abbastanza  cre- 
sciuti, provvedono  a  se  e  si  disperdono. 


GLI    AI-FINI    DBOLI    INSETTI 


121 


Quelli  che  fabbricano  tele,  nei  primi  giorni  di  indipendenza,  costruiscono  le 
loro  ragnatele  le  une  poco  discoste  dalle  altre.  Xei  primi  tempi  però,  mentre  i 
ragnolini  sono  tuttavia  gregari,  non  è  una  pratica  infrequente  quella  del  canni- 
balismo, ed  è  così  che  di  tanti  schiusi  solo  pochissimi,  il  più  spesso,  riescono  ad 
incamminarsi   verso  la  maturanza. 

I  giovani  Ragni  hanno,  in  generale,  molta  attrazione  per  veri  e  propri 
viaggi  aerei,  che  essi  compiono  portati  via  dal  vento,  coll'aiuto  di  fili  di  seta, 
che  emettono  dal  ventre  e  che   servono    come 

una  leggiera  matassa  atta  a  sollevarsi  nell'at- 
mosfera mossa.  Anche  i  Eagni  terricoli,  come 
sono  i  Licosidi.  sentono  questo  bisogno  nella 
prima  giovinezza. 

II  ragnolino  che  vuol  fare  l'areonauta, 
profitta  di  una  giornata  ventosa;  sale  su  un 
punto  eminente  e  colà,  alzando  l'addome  e 
distendendo  le  zampe,  reggendosi  cioè  sulla 
punta  dei  piedi  (tìg.  126),  emette  dei  fili  dal- 
l'estremità posteriore  del  corpo,  i  quali  fili, 
allorché  sieno  in  volume  sufficiente,  portati 
via  dal  vento,  trascinano  con  sé  anche  il  pic- 
colo Eagno,  che  viaggia  a  caso  e  finisce  per 
cadere  a  distanza  dal  luogo  di  partenza.  È 
questo  un  buon  mezzo  di  diffusione  della 
specie  e  non  è  a  credersi  che  i  voli  riescano 
corti;  talora  superano  molti  chilometri.  Darwin 
vide  arrivare  così,  sulla  nave  a  60  miglia  dalla  costa  una 
quantità  di  piccoli  Eagni  rossastri. 

Questi  fili  vaganti,  con  tutti  quelli  di  tele  strappate 
dal  vento,  portati  nell'aria,  sono  ben  noti  col  nomignolo  di 
fili  della  Vergine,  fili  di  Maria,  fili  della  Madonna,  fili 
d'Autunno  ed  hanno  molto  preoccupato  i  naturalisti  di  due 
secoli  fa  per  conoscerne  l'origine.  Può  essere  però  che  vi 
siano  anche  compresi  i  sottilissimi  fili  di  quell'Acaro,  che 
abbiamo  già  conosciuto  sotto  il  nome  di  Tetranico  tessitore. 

Oltre  al  cannibalismo  suaccennato,  sonovi  altre  cause 
avverse,  che  moderano  la  moltiplicazione  dei  Eagni,  alcuni 
dei  quali,  essendo  fecondissimi,  come  si  è  già  veduto,  sareb- 
bero in  numero  eccessivo  specialmente  rispetto  agli  altri 
che  si  sono  indicati  per  migliaia  di  volte  meno  fecondi. 

I  Eagui,  per  quanto  bene  armati  di  temibilissimi  or- 
gani di  offesa  e  difesa,  temibilissimi  dico  per  altri   animali 

della  loro  stessa  statura  o  di  poco  maggiori,  pure  sono  insidiati,  depredati, 
distrutti  da  molti  animali,  anche  di  minor  volume,  ma  più  sagaci  e  meglio  armati 
e  che  attivissimamente  ne  fanno  caccia. 

Anzitutto  vi  sono  Vespe  del  gruppo  degli  Icneumonidi,  che  conosceremo 
bene  più  innanzi,  da  poiché  hanno  una  importanza  pratica  grandissima  nella 
economia  della  natura,  che  depongono  le  loro  uova  entro  i  follicoli  dei  Eagni  e 
le  larve,  che  ne  nascono,  vivono  a  spese  delle  uova  stesse,  che  distruggono  com- 
pletamente. Ben  inteso  però  che  le  uova  di  Eagno  non  debbono  essere  perauco 
schiuse,  perchè  altrimenti  avviene  il  caso  inverso,  che,  cioè,  i  giovani  Eagni  di- 
vorino la  larva  dell' Icueumonide. 


Fig.  124.  —  Un  nido  di 
Upeira  diadema  mentre 
stanno  nascendone  i  pic- 
coli. Grandezza  uatur. 
(da  Roesel). 


A.  Bbrlkse,   Gli  Intetti,  li.  —  16 


122 


CAPITOLO    PRIMO 


Fig.  125.  —  Dolomedes  mirabilia  col  9uo  mucchietto  di  uova. 
Ingrandito  oirca  due  volte  (da  Blankwall). 


Talora  le  uova  sono  distrutte  da  altri  Eagni,  ciò  che  avviene  ad  es.  per  le 
Clubiona. 

Quando  poi  i  Ragni  sono  schiusi  allora  sono  insidiati  non  solo  da  altri 
Eagni  di  altra  specie,  se  non  della  propria,  ma  da  molti  Insetti. 

Altri  Icneumonidi  de- 
pongono le  loro  uova  sul 
corpo  del  Ragno  e  le  larve 
che  ne  nascono,  penetrano 
sotto  la  pelle  dell'ospite  ed 
in  breve  ne  divorano  gli 
organi  interni  ed  uccidono 
la  vittima,  che  non  vi  può 
fare  alcun  riparo. 

Quanto  ad  endoparas- 
siti i  Eagni  sono  anche  ag- 
grediti spesso  da  vermi  del 
gen.   Gordius. 

Ma  i  più  terribili  di- 
voratori di  Bagni  sono 
parecchie  specie  predatrici 
fra  gli  Insetti. 

Molte    Vespe,    partico- 
larmente della  famiglia  delle 
Sfegidi,  nutrono  i  loro  pic- 
coli di  Eagni,  che  catturano    e    trasportano    nei    nidi  dopo    averli    immobilizzati 
con  una  puntura  nei  centri  nervosi. 

È  questo  uno  dei  più  interessanti  capitoli  nella  storia  degli  Artropodi  e  ne 
sarà  trattato  colla  larghezza  che  ne  conviene,  allorché  si  parlerà  di  queste  me- 
ravigliose Vespe  cacciatrici  e  delle  loro  abitudini. 

Le  Formiche  distruggono  gran  numero  di  Eagni,  sia  che 
li  incontrino  sulla  terra  o  sulle  piante  ed  essi  non  se  ne  sal- 
vano, in  questo  ultimo  caso,  se  non  lasciandosi  cadere  dal 
ramo,  sospesi  ad  un  filo,  sul  quale  le  Formiche  non  si  avven- 
turano. 

Tutti  gli  Insetti  predatori  divorano  volentieri  i  Bagni, 
che  non  sempre  possono  difendersi,  ad  es.  contro  la  dura  co- 
razza dei  Coleotteri. 

Anche  Eettili,  Uccelli  e  Mammiferi,  in  certi  casi,  non 
disdegnano  nutrirsi  di  Eagni,  ma  la  loro  azione  è  certo  meno 
efficace  di  quella  degli  Insetti  alla  distruzione  di  questi 
Aracnidi. 

Per  sfuggire  ai  nemici,  come  pure  per  ingannare  la 
preda,  così  che  essa  possa  essere  aocostata  facilmente,  moltis- 
simi Eagni  godono  di  colorazioni  protettive  o  di  forme  mime- 
tiche, per  le  quali  cioè  somigliano  ad  animali  o  corpi  diversi 
meno  paurosi  per  le  vittime  prese  di  mira.  I  casi  di  colora- 
zione protettiva,  per  cui  il  Eagno  si  uniforma  alla  tinta  prevalente  intorno  a  se 
e  così  sfugge  ai  nemici  suoi  od  è  accostato  più  facilmente  dalle  sue  vittime,  allorché 
se  ne  sta  in  agguato,  sono  molto  frequenti,  anche  fra  le  specie  nostrali  ed 
ognuno  ha  veduto  Bagni  di  tinte  verdi,  che  frequentano  le  erbe,  altri  screziati 
di  colori  grigi,  che  si  trovano  sul  terreno,  sulle  corteccie  degli  alberi,  ecc.,  dove 
riesce  così  diffìcile  scorgerli  quando  non  si  muovano. 


Fig.  126.  —  Giovane 
Ragno  che  si  accinge 
ad  un  viaggio  aereo 
Ingrand.  (da  Enier- 
ton). 


SU    AFFINI    DEGLI    INSETTI  t23 


Ne  vedremo  un  bell'esempio  a  proposito  «li  un  Ragno  nostrale,  che  preda 
le  Api,  attendendole  nei  fiori,  dove  è  nascosto  fra  i  petali  e  per  la  sua  tinta 
non  è  facilmente  visibile. 

Colorazioni  particolari  di  Ragni  che  frequentano  una  data  pianta  e  ne  imi- 
tano esattamente  i  fiori,  sono  citate  comunemente  dagli  autori. 

Quanto  alle  forme  mimetiche,  sono  comuni  anche  da  noi  alcune  specie  di 
Ragni,  che  per  la  loro  forma  somigliano  le  Formiche  (fig.  127)  e  sono  parecchie. 
La  somiglianza  è  non  solo  nella  forma  del  corpo  e  nel  colorito  bruno,  ma  an- 
cora nel  fatto  che  tali  Ragni  usano  tre  sole  paia  di  zampe  per  camminare  ed 
un  paio  anteriore  simula  i  movimenti  delle  antenne  dell'insetto. 

Gli  autori  citano  il  caso  di  un  Ragno  di    Giava  (Ornitltoscatoides  decipienu), 
che,  supino  su  un  piccolo  letto  di   seta  su    una  foglia,  imita  assolutamente  bene 
gli  escrementi    di    Uccelli,    dei    quali    vanno    in    traccia 
certe  Farfalle.  Queste,    ingannate,    vanno    a    posarsi    sul 
Ragno,  che  le  afferra  senza  più. 

I  naturalisti  hanno  trovato  argomento  di  ammira- 
zione, a  proposito  dei  Ragni,  in  quanto  concerne  i  loro 
amori.  Infatti  si  tratta  di  abitudini  spesso  molto  singo- 
lari, compreso  anche  l'atto  ultimo,  pel  quale,  dal  concorso 
dei  due  sessi,  è  assicurata  la  conservazione  della  specie. 

L'umor  fecondante  è  portato  dal  maschio  nelle  vie 
sessuali  femminili,  non  direttamente,  ma  a  mezzo  dei 
palpi  del  maschio  stesso. 

Questi    sono    particolarmente    conformati    a    ciò  nel      Fig.  127.  —  Un  Eagno  ohe 

......  -..  somiglia    ad    una  Formica. 

loro  apice  e  sono  talora  complicatissimi,  come  pure  diversa        salticus  formicariua  (L.) 
ne  è  la  fabbrica  da  specie  a  specie,    tanto  che  lo  studio         DaI  kdo™°'  insrandit0  (da 
di  questo  intricato  organo  palpale,  offre,  caratteri   diagno- 
stici eccellenti  per  la  distinzione  delle  specie  (fig.  105). 

II  maschio  adunque,  raccoglie  nell'organo  suddetto  del  palpo  l'umor  semi- 
nale, che  ha  messo  prima  all'esterno  dall'orifizio  che  è  sul  ventre  e  tutti  gli  atti 
di  corteggiamento  verso  la  femmina,  talora  complessi  e  singolari,  hanno  per 
iscopo  di  far  sì  che  la  femmina  si  lasci  accostare  abbastanza  perchè  l'apice  del 
palpo  mascolino  venga  a  contatto  colle  vie  sessuali  femminee  e  l'umor  fecondante, 
contenuto  in  speciali  spermatofori,  che  sono  occlusi  nel  palpo  del  maschio,  trovi 
la  strada  a  cui  è  destinato  per  raggiungere  le  uova. 

Ma  questa  operazione  non  è  per  nulla  scevra  di  difficoltà,  perchè  non  basta 
vincere  la  ritrosia  della  femmina,  è  necessario,  in  quasi  tutti  i  casi,  che  il  ma- 
schio sia  molto  guardingo,  se  non  vuole  cader  vittima  della  femmina  stessa  ed 
esserne  prontamente  divorato,  non  appena  compiuta  la  funzione  sessuale  se  non 
anche  prima. 

Perchè  le  femmine,  generalmente  molto  più  voluminose  dei  maschi,  non  di- 
sdegnano nutrirsene  anche  in  occasione  delle  nozze,  quando  essi  non  siano  abba- 
stanza solleciti  a  fuggirsene. 

Certi  maschi  (ad  es.  dei  generi  Argiope,  N^ephila)  non  raggiungono  che  la 
millesima  parte  del  volume  della  femmina,  hanno  quindi  tutte  le  ragioni  per  te- 
merne seriamente. 

Non  però  le  femmine  di  tutte  le  specie  sembrano  così  feroci,  perchè  in  ta- 
luni casi,  come  ad  es.  fra  le  Lini/ pitia,  maschi  e  femmine,  all'epoca  degli  amori, 
vivono  insieme,  e  non  sembra  che  i  maschi  dei  Licosidi  abbiano  troppo  a  temere 
dai  rappresentanti  dell'altro  sesso.  Ad  ogni  modo  però  non  è  mai  senza  un  serio 
pericolo  di  vita  pel  minore  fra  i  due  sessi,  che   le  nozze  si  compiono. 


12 1 


CAPITOLO    PRIMO 


Fig,  128.  —  Ma6chi  in  atto  di  danzare    dinanzi  alle  rispettive  femmine. 
A,  di  Astia  vittata;  B,  di  Icius  mitrante  (da  Peckam). 


È  quindi  naturale  che  i  preliminari  molto  spesso  siano  laboriosi,  desiderando 
il  maschio  entrare  nelle  grazie  della  rispettiva  femmina,  quanto  più  sicuramente 
per  sé  è  possibile. 

Per  molte  specie  gli  atti  di  corteggiamento  e  di  seduzione,  sono  molto  va- 
riati e  complessi,  ed  i  maschi  mettono  sotto  gli  occhi  delle  loro  femmine,  molto 

in  vista,  tutte  le  attrat- 
tive che  derivano  dagli 
ornamenti  di  colorazione 
del  loro  corpo  ed  anche 
taluni  corteggiano  a 
lungo  la  femmina,  dan- 
zandole intorno  con  mo- 
vimenti vorticosi  viva- 
cissimi, che  sembrano 
irresistibili... 

Nella  famiglia  degù 
Atti  di  stanno  specie  eso- 
tiche, tropicali  di  mera- 
vigliosa bellezza  per  tinte 
smaglianti  ed  i  maschi 
sono  sempre  più  riccamente  ornati  delle  rispettive  femmine  e  di  tale  loro  van- 
taggio sanno    trar  profitto  nell'opera  di  seduzione. 

Così  descrive  il  Peckharn  la  danza  di  un  Ragno  d'America,  V  Mabrocettum  pulex  Hentz,  di- 
nanzi alla  sua  femmina. 

«  Giunto  a  quattro  pollici  da  essa  si  arrestò  e  di  poi  cominciò  la  più  meravigliosa  esecuzione 
che  un  maschio  innamorato  possa  offrire  ad  una  femmina  ammirata.  Essa  lo  guardava  amorosa- 
mente, cambiando  di  tempo  in  tempo  la  sua  posizione, 
così  da  vederlo  sempre.  Il  maschio,  avanzava  l'intero 
corpo  da  un  lato  col  raddrizzare  le  sue  zampe;  lo 
abbassava  col  piegare  le  due  prime  paia  di  piedi,  so- 
stenendosi or  qua  or  là  sugli  arti,  fino  quasi  a  perdere 
l'equilibrio.  Molte  volte  esso  girava  da  una  parte  al- 
l'altra, mentre  la  femmina  lo  fissava,  evidentemente 
ammirando  la  grazia  delle  sue  movenze. 

«  Tali  mosse  si  sono  ripetute  per  ben  centoundici 
giri,  eseguiti  dall'ardente  maschio  attorno  alla  femmina, 
alla  quale  egli  si  accosta  girando  sempre  più  vivace- 
mente fino  a  raggiungerla  in  un  rapidissimo  vortice, 
Di  nuovo  il  maschio  indietreggia  e  ricomincia  le  sue 
evoluzioni  semicircolari,  col  corpo  diretto  all'insù  e  la 
femmina,  tutta  eccitata,  abbassa  la  testa  ed  alza  il  suo 
corpo,  così  che  esso  è  quasi  verticale.  I  due  individui 
si  accostano  e  le  nozze  si  compiono  ».  Fig.  129.  —  Un  maschio  in  attitudine  stri- 

dulante.     Chilobrachys      stridularla,     (da 
Wood  Mason). 

Molte  altre  specie  hanno  abitudini  ana- 
loghe e  noi  qui  riportiamo  le  figure  di  due 
maschi  in  atto  di  danzare  al  cospetto  delle  loro  femmine  (fig.  128). 

Per  richiamare  le  femmine  rispettive,  taluni  maschi  godono  di  organi  stri- 
dulanti in  forma  di  radule,  come  è  appunto  pel  Chilobrachys  stridulans,  di  cui 
riproduciamo  la  figura  (fig.  129)  e  per  qualche  altra  specie.  Durante  lo  stridìo  i 
maschi  si  dispongono  in  una  speciale  posizione. 

Non  sono  però  stati  trovati  ancora  organi  uditivi  specializzati  nei  Ragni. 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


125 


si  riferiscono  da  più  testimoni  fatti  che  indurrebbero  a  credere  esistere  nei  Ragni  non  solo 
un  organo  dell'udito  atto  a  funzionare  bene,  ma  ancora  spiccata  attrazione  per  la  musica. 

si  narrano  parecchi  casi  di  Ragni  visibilmente  attratti  e  molto  vivamente,  dai  suoni  di 
strumenti  diversi,  particolarmente  a  corda,  come  sono  il  violino,  violoncello,  ecc.,  ma  anche  da 
altri. 

I  fatti  sembrano  troppo  bene  accertati  per  poterli  mettere  in  dubbio,  ma  quanto  alla  na- 
tura vera  di  questa  attrazione,  se  veramente  è  un  fatto,  non  è  lecito  tuttavia  pronunziarsi. 

Gli  Araneidi  sono  divisi  in  oltre  una  trentina  di  famiglie,  nelle  quali  tutte 
si  notano  specie  molto  interessanti,  alcune  anche  dal  lato  pratico  o  perchè  ovvie. 
Essi  sono  distribuiti  in  tutto  il  mondo,  ma  le  specie  più  voluminose  ed  anche 
più  singolari  per  forma  del  corpo,  colori,  ecc.,  si  incontrano  nelle  regioni  calde. 


Fig.  130.  —  11  Ragno  d'acqua.  Argyroneta  aquatica  (L.)  ingrandito  circa  il  doppio  (da  Blankwall). 


Per  la  classificazione  si  tiene  conto  del  numero  di  sacchi  polmonari,  se  sono  due  (Dipneu- 
moìti)  o  quattro  (Tetrapneumoni);  del  numero  e  disposizione  degli  occhi;  della  presenza  o  man- 
canza del  cribrello  e  del  calmistro  ;  del  numero  di  unghie  nell'estremità  delle  zampe,  ecc.  Va- 
riano grandemente  anche  le  abitudini  nelle  diverse  famiglie. 

Accennerò  brevemente  alle  più  interessanti  specie. 

Nella  famiglia  Aricnlarìidi  si  trovano  le  maggiori  forme  e  sono  in  gran  parte  esotiche.  In 
Europa,  nella  regione  mediterranea,  si  rinvengono  alcune  poche  specie  appartenenti  ai  generi 
Vienila,   Nemesia,  Atypiis,  delle  cui  escavazioni   sotterranee  si  è  già  detto. 

Ma  alcune  specie  tropicali  o  subtropicali,  specialmente  del  genere  Avicitlaria,  Mygale  ed  affini, 
sono  di  dimensioni  enormi  come  è  ad  es.  della  AI.  javannensis  Walken.  di  Giara,  che  misura 
8  ceut.  dall'orlo  anteriore  del  capotorace  all'estremo  addome  e  presso  a  poco  delle  stesse  dimen- 
sioni è  la  AI.  ui-sina  Koch  del  Sud  America.  Un  poco  più  piccole  sono  la  AI.  avicularia  Limi, 
egualmente  del  Sud  America,  la  AI.  biondi  Latr.  della  stessa  località,  ecc. 

È  affermato  da  più  autori  che  questi  grossi  Ragni  predano  non  solo  Insetti  ed  altri  Artro- 
podi, ma  ancora  i  piccoli  Uccelli,  specialmente  i  Colibrì,  li  uccidono  col  loro  morso  e  ne  suc- 
chiano gli  umori.  Per  le  loro  dimensioni  questi  Araneidi  possono  bene  essere   atti  a  ciò. 

Nella  famiglia  Drassidi  si  contano  moltissime  specie  nostrali  e  tra  queste  quel  Ckeiraean- 
tkiitm  punctorium  Villers,  di  piccole  dimensioni,  eppure  con  effetti  del  suo  veleno  non  trascurabili 
anche  per  l'Uomo. 

La  famiglia  dei  Folcidi  contiene  il  Pholcus  phalangioides  Fuessl.,  che  si  trova  nelle  case,  agli 
angoli  delle  muraglie,  molto  comunemente  e  se  ne  è  già  accennato,  come  pure  alla  Tegenaria 
domestica  L.,  che  appartiene  agli  Agelenidi. 


126 


CAPITOLO    PRIMO 


Fig.  131.  —  Una  mosca  in  pericolo,    insidiata  da  un  Sallicus 
pronto  a  lanciarsi  sulla  preda. 


Moltissime  specie  nostrali,  assai  importanti  per  molti  riguardi,  sono  nella  famiglia  Teri- 
diidi  e  fra  queste  appunto  quei  Latrodectes,  che  hanno  così  eattiva  fama  in  tutto  il  mondo,  se- 
condo si  e  detto. 

Singolare,  per  forma  dell'addome,  ornato  di  tre  punte  ai  tre  angoli  è  la  Trithaena  tricuspi- 
data  Sim.  del  Sud  America,  nonché  taluue  specie  di  vari  generi  esotici  mirabili  per  la  conforma- 
zione del  capotorace,  nel  quale  la  re- 
gione oculifera  <■  variamente  sollevata 
in  rilievi  tubercoliformi  o  corniformi 
sul  restante  dorso. 

Ma  la  famiglia  che  comprende  le 
pili  singolari  e  belle  specie  si  è  quella 
ricchissima  degli  Epeiridi,  di  cui  il 
rappresentante  nostrale  più  noto  e  più 
ovvio  è  la  Epeira  diadema  L.,  il  co- 
mune Ragno  dei  giardini  e  di  cui  si  è 
descritta  la  costruzione  della  tela.  Molte 
altre  belle  specie  del  genere  sono  anche 
nostrali.  In  Italia  ed  altre  regioni  del 
Sud  Europa  si  incontrano  le  Argiope, 
come  la  nostra  bellissima  A.  brunnicki 
coll'addome  a  fascie  alternate  di  colore 
giallo,  bianco  argenteo  e  nero  (fig.  112) 
e  le  zampe  zonate  di  nero.  Fa  tele 
rotonde,  bellissime,  nelle  siepi. 
Il  genere  Gasteracantha,  tutto  di  forme  esotiche,  è  meraviglioso  per  le  spine  o  meglio  pro- 
cessi conici,  acuti,  duri,  talora  lunghissimi,  di  cui  è  rivestito  l'addome.  Ne  dò  alcuni  esempi 
(figure  106,   107). 

I  Tomisidi,  famiglia  ricchissima  di  oltre  110  generi,  sono  rappresentati  in  tutto  il  mondo  e 
moltissime  specie  sono  nostrali.   Curioso  è  il  loro  modo  di     camminare;  stanno    colle    zampe    di- 
stese   lateralmente    e    camminano    cosi  bene  verso  l'innanzi, 
come  di    lato  o  all'indietro.  Sono,  in  generale,  forme  caccia- 
trici,  che  attendono  la  preda  nascoste  in  agguati  o  la  scovano 
ed  aggrediscono  (fig.   132). 

In  generale  non  [emettono  che  radi  e  disordinati  fili, 
anziché  una  vera  tela.  Si  incontrano  sui  muri,  sui  tronchi 
d'albero,  sulla  terra  o  sulle  piante  in  agguato  od  in  atto  di 
cacciare. 

Tra  gli  Agelenidi  troviamo  la  Argyroneta  aquatica  L.  (fi- 
gura 130),  di  cui  si  è  detto,  che  frequenta  le  acque  e  vi  si  può 
immergere  portando  seco  la  provvista  di  aria  .  Anche  la 
Tegenaria  domestica   L.   appartiene  a  questo  gruppo. 

I  Licosidi  abbracciano  vari  generi,  comprendenti  grosse 
specie,  anche  quelle  del  genere  Lycosa  (colla  Lijcosa  tarentula 
nostrale),  assai  ricco  di  forme,  specialmente  nella  regione 
mediterranea. 

Finalmente  fra  gli  Attidi  o  Salticidi  che  dire  si  vogliano, 
trovatisi  Ragni  vagabondi,  non  facenti  tela  e  che  vivono  cac- 
ciando e  predando  insetti,  sui  quali,  dopo  essersi  con  prudenza  avvicinati,  si  lanciano  con  un  salto. 
L'esempio  più  comune  è  rappresentato  da  noi  dal  Salticus  scenicits  L.,  che  vediamo  insidiare 
le  Mosche  delle  case,  con  molta  astuzia  (fig.  131).  Questo  Ragno  sa  accostarsi  all'insetto,  celan- 
dosi opportunamente  fino  ad  una  certa  distanza,  e  di  poi  con  un  balzo  salta  sopra  la  preda  e 
subito  la  ferisce  ed  uccide. 

Qualche  specie  della  famiglia  gode  di  forme  mimetiche,  per   cui  somiglia  a  Formiche 


Fig-  132.  —  Un  ragno  vagabondo, 
Thomìsus  cambrìdgii,  ingrandito, 
dal  dorso  (da  Blanlrwall). 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


127 


Palpigradi. 

Dotti  anche  MicroteUfonidi.  È  questo  un  ordine  circoscritto    a    sole    pochis- 
sime forme,  costituenti  il  genere  Eoenenia,  delle  quali  la  prima  specie   fatta  co- 
noscere agli  studiosi  è  la  E.  mirabilia  (fig.  133),  scoperta 
dal    Grassi    in    Sicilia,    ma    che   si  trova  anche  in  altri 
luoghi,  specialmente  meridionali. 

Si  tratta  di  piccolissimi  Aracnidi,  che  si  aggirano 
intorno  al  millimetro  di  lunghezza,  bianchi,  molli,  deli- 
catissimi e  molto  rari.  Si  rinvengono  nell'humus,  tra  le 
foglie  secche,  ecc. 

La  loro  importanza  pratica  è  affatto  nulla,  mentre 
invece  sono  forme  interessantissime  dal  lato  puramente 
zoologico  e  morfologico. 


Fig.  134.  —  Phrynns  pattasti   Latr. ,  dal  dorso,  in  grandezza  natur. 
(da  Blanchard). 


Fig.  133.  —  Koenenia  mira- 
bilia Grassi,  molto  ingran- 
dita (da  Hansen). 


Pedipalpi. 

Questo  ordine  com- 
prende forme  non  di 
rado  molto  voluminose 
e  proprie  delle  regioni, 
calde.  Sono  caratteriz- 
zati dalle  zampe  an- 
teriori allungate,  an- 
tenniformi,  coll'ultimo 
articolo  sottilissimo, 
flagelliforme,  tattile. 
Cheliceri  e  pedipalpi 
non  terminati  da  chela. 
Addome    diviso  in  se- 


gmenti distinti  ed  attaccato  con  larga  base  al  prosoma.  Respirano  per  polmoni. 
L'ordine  è  diviso  in  due  famiglie,  cioè  dei  Telifonidi  e  dei  Frinidi. 


Nei  Telifonidi  (Telyphonidae)  l'addome  si  allunga  in  una  sottile  coda  articolata.  I  paini  sono 
ini. usti  e  lunghi  quanto  il  capotorace,  sono  terminati  da  un'unghia  forte  ed  acuta. 

I  Telyphonus  (di  cui  alcune  specie  sono  dell'Asia  tropicale,  altre  del  Messico)  sono  temuti 
pel  loro  morso,  che  praticano  colle  mandibole  non  diversamente  da  quello  che  fanno  i  Ragni. 

In  generale  le  specie  sono  piuttosto  voluminose;  alcune  grandi  anche  molto  più  della  nostra 


128 


CAPITOLO    PRIMO 


figura  (fig.  135).    Ad    ea.     il    Teìyphonus  yiganteua    Koch    del  Messico  è  lungo  (senza  i  palpi)  cin. 

da  7  ad  8,  dal  vertice  del  capotorace  all'apice  della  coda. 

Nei  Frinidi  (Phrynidae)  (fig.  131)  l'ad- 
dome è  ristretto  alla  base,  quasi  peduncolato, 
uia  non  si  prolunga  in  coda  ed  è  composto  di 
11  articoli;  i  palpi  sono  grandissimi,  termi- 
nati da  unghia.  Il  capotorace  è  reniforme, 
largo  trasversalmente.  Anche  questi  sono 
Aracnidi  di  dimensioni  discrete  ;  alcune  specie 
anzi  piuttosto  grandi. 


Scorpioni. 


Si  è  già  avvertito  che  questo  or- 
dine è  il  solo  della  sottoclasse  Cteido- 
fori  o  porta  pettine,  che  si  distingue 
dagli  altri  Aracnidi  per  caratteri  mor- 
fologici di  grande  rilievo,  e  per  non 
piccole  affinità  coi  Merostomi,  a  cui 
si  è  già  accennato. 

Il  corpo  degli  Scorpioni  si  com- 
pone qui  pure  di  prosoma  e  di  ad- 
dome, ma  quest'ultima  regione  risulta 
dall'addome  propriamente  detto,  largo 
e  composto  di  sette  segmenti  e  del 
postaddome  (o  coda),  che  è  diviso  in 
sei  segmenti,  di  cui  l'ultimo  sferoidale, 
terminato  da  un'unghia  acuta,  legger- 
mente curvata.  Questo  ultimo  articolo 
contiene  una  doppia  ghiandola  vele- 
nifera, che  inette  all'esterno  traverso 
l'unghia  suddetta,  la  quale  è  dunque 
perforata  per  lungo  e  presso  l'apice 
mostra  due  piccoli  fori,  pei  quali  geme 
il  veleno.  Anche  questa  ghiandola  velenifera,  come  quella  dei  Eagni,  è  circondata 
da  una  tunica  muscolare  che,  contraendosi,  determina  la  eiaculazione  del  liquido 
velenoso  (fig.  137). 

1  cheliceri  sono  divisi  in  tre  articoli  e  terminati  da  chela;  essi  si  vedono 
sporgere  disotto  l'orlo  anteriore  del  prosoma  o  capotorace. 

I  palpi  sono  grandissimi  e,  col  loro  ultimo  articolo  foggiato  a  chela  robusta 
e  più  grosso  degli  altri,  danno  il  caratteristico  aspetto  allo  Scorpione.  Le  zampe 
sono  di  grandezza  crescente  dal  primo  all'ultimo  paio,  semplici,  terminate  da 
due  unghie. 

Su  quell'articolo  dell'addome  che  si  conta  per  secondo,  vedonsi,  al  ventre,  i 
caratteristici  pettini  (fig.  136  p),  cioè  due  appendici,  inclinate  all'indietro  ed  al- 
l'esterno, coll'orlo  inferiore  intagliato  in  tanti  denti  ordinati,  così  che  il  nome  di 
pettini  è  veramente  giustificato. 

Al  ventre  poi,  dal  3.°  al  6.°  articolo  dell'addome,  veggonsi,  sui  lati,  le  fes- 
sure (fig.  136  s),  che  portano  nei  sacchi  polmonari,  e  sono  quattro  paia. 


Fig.  135.  —  Thelyphonus  caudatus  (Linn.),  dal  dorso, 
in  grandezza  natur.  (da  Blanchard). 


lìl.I    AFFINI     DEGLI     INSETTI 


129 


Fig.    136.    —    Uno    Scorpione    velluto    dal 
ventre;  pì  pettini;  s,  stigmi    (ila  Emery). 


Sul  capotorace  trovansi  due  grandi  ocelli,  situati  accosto  alla  linea  mediana 
longitudinale.  Inoltre,  presso  il  margine  del  capotorace,  trovansi  generalmente 
altri  occhi  (da  due  a  cinque   per  Iato)  più   piccoli. 

Gli  Scorpioni  sono  diffusi  nelle  regioni  calde,  o    nei    paesi    più    ealdi    delle 
regioni  temperate.  Così  ad  es.  in  Europa,  essi 
non  salgono  oltre  il  45.°  grado    di    latitudine 
nord. 

Nei  paesi  subtropicali  o  tropicali  si  tro- 
vano inoltre  le  specie  più  voluminose  e  peri 
colose.  alcune  delle  quali  raggiungono  o  su- 
perano una  quindicina  di  centimetri,  dall'orlo 
anteriore  del  capotorace  all'apice  della  coda. 
Si  comprende  che  questi  grossi  animali  vele- 
niferi sono  impressionanti  e  del  resto  la  loro 
puntura  è  veramente  pericolosa  anche  per 
l'Uomo;   mortale  poi  per  animali  minori. 

Sono  tutte  forme  predatrici,  che  si  na- 
scondono volentieri  nelle  fessure  dei  muri, 
sotto  le  pietre,  ecc.,  durante  il  giorno  e  vanno 
a  caccia  specialmente  di  notte.  Predano  e  si 
nutrono  di  ogni  specie  di  Insetti,  Ragni,  ecc., 
che  possono  afferrare  colle  loro  tenaglie  ed 
uccidere  subito,  iniettando  nel  corpo  della 
vittima  il  veleno  contenuto  nell'ultimo  articolo 

della  coda.  Neppure  si  risparmiano  fra  loro.    Essi  succhiano  la  preda  o  la  sbra- 
nano e  divorano. 

Gli  Scorpioni  sono  vivipari.  1  piccoli,  di  colore  molto  pallido,  somigliano  in 
tutto  ai  genitori.  Essi,  per  qualche    giorno    dopo    nati,    stanno    tutti    sul    dorso 

della  madre  e  vi  si  trattengono  tena- 
cemente. Di  poi  si  disperdono  ed 
ognuno  provvede  alla  propria  esistenza. 
Subiscono  parecchie  mute,  cioè  sem- 
plici esuviamenti  senza  modificazione 
sensibile  dei  loro  organi  esterni. 

La  triste  fama  e  paurosa  che 
godono  gli  Scorpioni  di  animali  temi- 
bili e  detestabili,  non  è  troppo  giusti- 
ficata per  le  forme  nostrali,  ma  assai 
meglio  per  le  grosse  specie  tropicali  o 
subtropicali,  la  cui  puntura  può  essere 
seriamente  pericolosa  ed  anche  mortale. 
L'efficacia    del    veleno    varia  non    sol- 

Fig.  137 .  -  Estremo    articolo    caudale    mostrante    le       ^^   coHe  dimensionj  (lello    Scorpione, 

"hmulole  velenifere  di  Scorpione.  * 

,1. ..li  loto  e  separatane  nna:  B,  vednte  di  sopra.  Ingrandito       ma    ancora    Col    Clima    e    colla     tempera- 
la ,  Bianchard).  tuv&  ambiente,  essendo  esso  più  attivo 

quando  e  dove  è  più   caldo. 
È  singolare  che  alle  punture  degli  Scorpioni  sembra  sia  possibile  una  specie 
di  adattamento,  per  cui  esse  fanno  maggior  effetto  nella    prima    volta    che    non 
nelle  successive  e  sempre  in  grado  minore,  fino  a  che  non  ne  rimani'  che  quello 
meccanico  della  semplice  ferita. 

Cos'i  avviene  che    i    cacciatori  di  Scorpioni,  conforme    ricorda    il     Redi,     la 


A     BBRLE8B,  (ili  Insetti,  li.  —  17. 


130 


CAPITOLO    PRIMO 


quale  professione  una  volta  era  praticata  piuttosto  largamente,  poiché  gii  usi  a 
cui  si  facevano  servire  gii  Scorpioni,  specialmente  in  medicina  erano  moltissimi, 
quanto,  del  resto,  senza  fondamento  serio,  per  togliere  questi  animali  dai  sac- 
chetti in  cui  li  portavano,  vi  introducevano  le  mani  senza  scrupolo  alcuno  e  li 
toglievano  a  manate.  Del  resto  la  puntura  dei  nostrali  Scorpioni  comuni,  dico  di 
quelli  italiani,  che  appartengono  al  genere  Buscorpius,  è  assai  poco  pericolosa. 

Ma  fra  le  specie  europee  si  annovera  i  Buthus  europaeus  (o  B.  occitanus  di 
altri  autori),  pressoché  cosmopolita,  spettante  all'Europa  meridionale,  cioè  Spagna, 
Grecia,  ecc.,  che  si  trova  anche  nel  mezzodì  della  Francia,  anzi  vi  è  comune, 
ma  che,  cosa  stranissima,  non  si  incontra,  ripeto,  da  noi,  e  questo  Scorpione  è 
molto  più  grosso  degli  Euscorpius  suddetti  ed  anche  la  sua  puntura  è  seriamente 
pericolosa. 

Molti  sono  i  naturalisti  che  hanno  fatto  diligenti  esperienze  col    veleno    di 

questi  Buthus  e.  d'altri  Scorpioni 
e  ne  hanno  avuto  risultati  che 
dimostrano  l'attività  grandissima 
del  veleno  sugli  Artropodi,  ma 
ancora  su  Vertebrati  anche  di  non 
piccolo  volume,  mentre  invece 
non  sembra  altrettanto  efficace 
contro  i  Pesci  ed  i  Molluschi. 
Anche  il  nostro  Redi  ha  eseguito 
innumerevoli  esperienze  e  molto 
scrupolose  col  veleno  di  un 
grosso  Scorpione  africano  e  ne 
ha  dimostrato  la  grande  veleno- 
sità, specialmente  rispetto  ad 
animali  non  troppo  voluminosi. 

Il  veleno  degli  Scorpioni  è 
liquido  e  solubile  nell'acqua,  in- 
solubile invece  nell'alcool  assoluto  e  nell'etere.  Secondo  Toyeux,  una  goccia  di  tale 
liquido,  sia  pure  allungato  in  acqua,  iniettato  sotto  la  cute  di  un  Coniglio,  lo 
uccide  rapidamente.  Anche  gli  Uccelli  ne  muoiono  in  poco  tempo.  La  stessa  quantità 
uccide  da  sette  ad  otto  Rane.  La  massima  efficacia  si  manifesta  negli  Artropodi, 
perchè  la  centesima  parte  di  una  gpccia  basta  per  uccidere  un  Granchio,  anche  ben 
grande  e  così  pure  Mosche,  Ragni  ed  Insetti  sono  come  fulminati  dalla  puntura 
dello  Scorpione.  Un  (Jane,  che  subì  per  quattro  volte  la  puntura  del  Buthus 
europaeus  L.,  dopo  gonfiamento  locale,  vomiti,  convulsioni,  morì  in  cinque  ore. 
Una  puntura  dello  stesso  Scorpione  sul  pollice  di  un  Uomo  determinò  il  gonfia 
mento  del  braccio,  che  divenne  grosso  quanto  la  gamba;  seguirono  convulsioni, 
delirio,  vomiti  frequenti  e  sincope.  Le  condizioni  migliorarono  dopo  cinque 
giorni,  ma  occorse  molto  tempo  alla  guarigione  completa. 

In  generale  ad  un  periodo  di  eccitamento  nell'individuo  ferito  dallo  Scor- 
pione, segue  un  accesso  di  depressione.  Il  veleno  agisce  sul  cervello  ed  in  un 
modo  da  potersi  paragonare  all'azione  del  «  Curaro  ». 

L'ordine  si  divide  in  parecchie  famiglie,  cioè:  Butidi,  Scorpionidi,  Cherilidi. 
Cactidi,  Veiovidi,   Botriuridi. 

Le  specie  europee  appartengono  alla  prima  ed  alla  quarta  famiglia.  Nella 
prima  si  novera  il  Buthus  europaeus  L.,  già  citato  (Isometrus  europaeus  di  altri 
autori)  e  molte  altre  specie  esotiche. 

La  seconda  famiglia  comprende  specie  d'Africa,  Asia  e  di  America;  la  terza 


Fig.   138.  —  Uno   Scorpione    comune    {Enseorpìus  flaricaiidis 
Degeer)  debolmente  ingrandito,  dal  dorso. 


GM    AFFINI    DF.GLI    INSETTI  131 


forme  orientali;  la  quinta  specie  Indiane  e  la  sesta  forme  Australiane  e  Sud- 
americane. 

Nella  quarta  famiglia  stanno  i  generi  Euscorpius,  con  tre  specie  o  quattro 
nostrali  (E.  flavicaudis  De  Geer;  E.  italious  Herbst;  E.  fanzagoi  Sim. ;  E.  carpa- 
thieus  L.,  molto  simili  fra  di  loro  e  che  si  distinguono  Pumi  dall'altra  solo  per 
minute  particolarità.  La  più  comune  è  VE.  flavicaudis  De  Geer  (flg.  138).  Anche 
il  gen.  Belisarius  (con  forme  completamente  cieche  e  delle  grotte)  appartiene  ad 
altre  parti  d'Europa;  ad  es.  il  Belisarius  xambeui  E.  Sim.  è  dei  Pirenei. 

Fra  le  maggiori  specie  va  ricordato  lo  Scorpio  imperator  dell'Africa  centrale 
che  può  essere  lungo  fino  a  20  centim. 


M  i  r  i  a  p  o  d  i . 

Fra  tutti  gli  Artropodi,  le  forme  meno  discoste  dagli  Insetti  sono  appunto 
i  Miriapodi,  i  quali  ritraggono  il  loro  nome  dal  numero  grandissimo  di  piedi 
posseduti  da  talune  specie,  che  se  non  sono  precisamente  diecimila,  come  vor- 
rebbe indicare  la  etimologia  del  nome  stesso,  possono  raggiungere  però  la  non 
Trascurabile  cifra  di  anche  un  centocinquanta  paia,  sebbene  nonostante  un  così 
grande  numero  di  appendici  locomotorie,  i  Miriapodi,  in  generale,  siano  animali 
poto  proclivi  al  moto  e  lenti,  toltene  poche  specie,  tra  le  quali  giova  notare  la 
comune  Scutigera  delle  nostre  case,  che  è  invece  velocissima,  sebbene  non  così 
ricca   di   piedi   tino  al  numero  sopracitato. 

Il  gruppo  è  interessante  appunto  per  le  ricordate  affinità  cogli  Insetti,  che 
sono  tali  da  far  sì  che  alcune  forme  del  gruppo  dei  Sintìli  sieno  state  conside- 
rate, se  non  come  un  auello  ili  passaggio  fra  i  Miriapodi  e  gli  Insetti,  come 
qualche  cosa  di  simile  ad  un  un  ceppo  comune,  dalle  cui  branche  divergenti  poi 
si  sono  incamminate  le  due  classi  suddette  di  Artropodi. 

Certo  si  è  però  che  il  gruppo  dei  Mirientomi  o  Proturi,  come  si  dicono, 
recentemente  messo  in  luce,  mostra  insieme  caratteri  degli  Insetti  più  bassi  ed 
altri  dei  Miriapodi,  non  potendosi  però  accordare  bene  né  cogli  uni  nò  cogli 
altri  e  lasciando  molto  incerto  il  sistematico  sulla  loro  precisa  posizione,  che  in- 
tanto cade  fra  le  due  classi. 

La  forma  generale  del  corpo,  comune  fra  i  Miriapodi,  è  quella  allungata  assai, 
tranne  che  pel  gruppo  dei  Glomeridi,  dove  invece  essa  è  raccolta  così  che  questi 
animali  ricordano  molto  quei  comuni  Porcellini  terrestri,  a  tutti  ben  noti,  che 
sono  invece  dei  veri  Crostacei. 

Il  corpo  dei  Miriapodi  è  diviso  in  segmenti  numerosi  ed  omonimi,  cioè  tutti 
eguali  fra  loro,  ad  eccezione  del  primo  e  di  un  riiccolo  numero  fra  gli  estremi  e 
questo  numero  corrisponde,  in  certo  modo,  a  quello  dei  piedi,  poiché  per  ogni 
anello  si  conta  un  paio  di  zampe  (Chilopodi,  Sin/ili,  ecc.)  o  due  (Diplopodi),,  a 
seconda  che  il  segmento  è  o  meno  composto  di  un  solo  anello  o  di  due  fusi  as- 
sieme. 

Anche  nei  Diplopodi  però  i  tre  primi  segmenti  del  corpo  (toracali)  hanno 
ciascuno  un  solo  paio  di  zampe. 

Sempre  dillereuziato  è  il  capo,  il  quale  molto  somiglia  a  quello  degli  In- 
setti e  sta  alla  parte  anteriore  del  corpo,  munito  di  ben  visibili  antenne,  talora 
notevolmente  lunghe  e  degli  organi  boccali. 

Talora  l'estremo  corpo  (Chilopodi,  Sinfili)  porta  due  veri  e  propri  cerei, 
che  sono  variamente  foggiati,  non  di  rado  somigliando  a  zampe  ambulatone  essi 


132 


CAPITOLO    PRIMO 


pure  o  costituenti  insieme  un  forcipe,  oppure  conservando  l'aspetto  di  organi 
sensoriali  antenniformi. 

La  respirazione,  se  affidata  ad  organi  speciali,  è  sempre  per  trachee  dipen- 
denti da  stigmi,  che,  in  numero  vario,  a  seconda  di  quello  dei  segmenti  del 
corpo,  si  trovano  aperti  sui  lati  del  tronco,  di  dove  procedono  tubuli  aeri  feri 
negli  organi  tutti  del  corpo. 

Nella  Scutigera  però  i  fori  respiratori  sono  sul  dorso  dei  segmenti,  nel 
mezzo  dello  scudo  dorsale  e  ciascuno  comunica  con  ciuffi  di  tubi  aerei. 

I  più  vecchi  autori  sono  stati  in  dubbio  circa  la  posizione  sistematica  dei 
Miriapodi,  alcuni  volendo  aggregarli  ai  Crostacei,  sia  per  la  somiglianza  dei  Glo- 
meridi  con  quei  Porcellini  sopracitati,  sia  perchè  nei  Diplopodi  il  tegumento  è 
arricchito  di  sali  calcarei,  che  lo  rendono  fragile  e  ricorda  così  quello  dei  Cro- 
stacei, nei  quali  la  presenza  dei  detti  minerali  nello  scheletro  è  di  regola. 

II  Leach  però,  molto  giustamente,  separò  per  primo  i  Miriapodi  dagli  altri 
gruppi  di  Artropodi,  facendone  una  classe  a  sé. 

Gli  arti,  per  la  forma  dei  loro  segmenti,  sono  meno  differenziati  che  non  quelli 
degli  Insetti. 

Quanto  all'apparato  boccale,  esso  si  compone  del  labbro  superiore,  delle 
mandibole,  delle  mascelle  e  del  labbro  inferiore,  però  si  notano  rilevanti  diffe- 
renze fra  i  vari  gruppi  di  Miriapodi. 

Infatti  nei  Diplopodi,  Pauropodi  e  Sinfili  le  mascelle  sono  fuse  col  labbro 
inferiore  in  un  pezzo  che  prende  il  nome  di  ipostoma  o  gnatochilario  e  non  esi- 
stono palpi,  uè  mascellari,  uè  labiali  bene  distinti,  né  entra  a  far  parte  della 
bocca  alcun  paio  di  zampe. 

Nei  Chilopodi  il  labbro  inferiore  è  distinto  dalle  mascelle  e  reca  due  bei 
palpi  articolati;  inoltre  il  primo  paio  di  zampe  è  trasformato  in  piedi-mascelle. 
Nei  Mirientomi  le  mascelle  hanno  palpi  e  sono  distinte  dal  labbro  inferiore, 
che  porta  esso  pure  palpi,  mentre  nessun  paio  di  zampe  viene  a  far  parte  della 
bocca. 

I  piedi-mascelle  dei  Chilopodi  sono  composti  di  più  articoli  ;  i  pezzi  basali  fusi 
assieme,  formano  una  specie  di  labbro  mobile  dietro  la  bocca  e  sono  traversati, 
nell'ultimo  articolo  foggiato  ad  unghia,  dal  condotto  di  una  ghiandola  velenifera, 
che  mette  all'esterno  per  un  foro  esistente  nell'apice  stesso  dell'unghia  (fig.  139,  B). 

L'insieme  di  questi  piedi-mascelle  forma  dunque  una  tenaglia  entro  cui  l'og- 
getto afferrato  viene  stretto  e  contemporaneamente  vi  si  inietta  il  veleno. 

Questa  del  veleno,  il  quale  manca  negli  altri  gruppi  all'infuori  dei  Chilo- 
podi,  non  è  la  sola  secrezione  vistosa  dei  Miriapodi,  poiché  è  noto  che  i  comuni 
Julus  o  Centogambe,  sono  molto  puzzolenti,  cioè  emettono  una  sostanza  liquida, 
fetida,  che  loro  esce  da  forellini  minuti,  aperti  ciascuno  su  ogni  articolo  del 
corpo  (meno  alcuni  primi  e  gli  ultimi);  è  noto  inoltre  che  certi  Geophilus.  se 
molestati,  emettono  da  ciascun  segmento  al  ventre,  una  gocciola  di  sostanza 
rossa,  fetida,  ecc.  Il  Geofilo  elettrico  dà  fuori  una  secrezione  luminosa  molto 
appariscente  nel  buio,  ecc. 

Gli  occhi  dei  Miriapodi  sono  semplici  ed  aggregati  in  vario  numero  sul 
capo.  Quelli  della  Scutigera  sono  invece  composti  alla  guisa  degli  occhi  degli 
Insetti. 

Speciali  organi  dei  sensi  si  trovano  disseminati  sul  corpo  dei  Miriapodi.  Ad 
es.  sul  capo  dei  Diplopodi,  si  osserva  il  così  detto  organo  del  Tomòswary;  nelle 
antenne  dei  Pauropodi  vedonsi  particolari  organi  sensorii  in  forma  di  papille  sfe- 
roidali, ecc. 

In  generale  i  Miriapodi  sono  ovipari.  Lo  sviluppo  avviene  senza  vere  meta- 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


133 


mortosi,  ma  i  giovani  nascono  con  un  numero  di  segmenti  minore  che  non  sia 
quello  degli  adulti  rispettivi,  ed  il  numero  degli  articoli  cresce  particolarmente 
ad  ogni  esuviamento.  Questo  è  il  carattere  per  cui  i  Mirientomi  non  possono 
essere  riuniti  agli  Insetti,  come  taluno  autore  vorrebbe. 

Alcuni  Miriapodi  sono  di  dimensioni  veramente  piccolissime,  come  si  osser- 
vami ad  es.  nei  Pauropodi,  dove  la  misura  media  del  corpo  si  aggira  intorno  al 
millimetro,  mentre  altri,  specialmente  fra 
gli  esotici,  nei  gruppi  dei  Diplopodi  e 
Ctiilopodi,  raggiungono  dimensioni  vera- 
mente vistose,  fino  a  molto  oltre  i  venti 
centimetri. 

Tutti  questi  animali  vivono  in  am- 
bienti piuttosto  umidi,  sotto  le  pietre, 
sotterra,  fra  le  foglie  marcie,  ecc.  e 
mentre  i  Diplopodi  in  generale  si  pos- 
sono dire  non  predatori,  ma  viventi  piut- 
tosto di  sostanze  vegetali  vive  o  putre- 
scenti, invece  fra  i  Cliilopodi  si  incon- 
trano attivi  e  temibili  predatori,  temi- 
bili, dico  per  altri  Artropodi  e  Vermi, 
che  assalgono  ed  uccidono  mercè  il  ve- 
leno dei  loro   piedi-mascelle. 

Ma  le  Scolopendre,  che  sono  i  mag- 
giori Cbilopodi,  sono  da  temersi  anche 
per  parte  nostra,  siano  quelle  europee, 
il  cui  morso  può  recare  la  febbre  per 
qualche  giorno  anche  all'Uomo,  sieno 
quelle  forestiere,  di  cui  taluna  raggiunge 
perfino  i  25  centimetri  di  lunghezza,  ed 
è  davvero  un  animale  pericoloso  se,  come 
si  afferma,  col  suo  morso,  può  condurre 
alla  morte  l'Uomo  stesso. 

Si  comprende  che  mentre  fra  i  pre- 
datori si  potrebbe  citare  qualche  forma 
da  ritenersi  utile,  invece,  fra  i  Diplopodi 
può  essere  annoverata  qualche  specie 
agrariamente  nociva,  perchè  attacca  spe- 
cialmente le  piante  al  loro  nascere. 

Divideremo,  cogli  autori  più  accre- 
ditati, la  classe  dei  Miriapodi  nei  seguenti 
sottordini  : 

Diplopodi;   Chilopodi;  Sintìli;  Pauropodi;   Mirientomi 


Fig.  139.  —   Scolopendra  cingidata. 

A,  capo  e  pi  imi  segmenti  del  corpo  visti  dal  disotto; 
Fin.  piedi-mascelle;  IT,  mandibole;  P.  palpi.  —  B,  ì 
piedi -mascelle  separati  dal  resto.  Ingrandito. 


Diplopodi. 


Questo  ordine,  di  cui  si  hanno  ovvi  esempi  nei    Centogambe  comuni  e    che 
racchiude  le  seguenti  principali  famiglie:  Polyxenidae ;  Glomeri&ae;  Polydesmidae; 


Ghordeumididae  ; 

dicati. 


Julidate;    Polyzonidae,   è    distinto  dai    caratteri    qui    sotto    in- 


134 


CAPITOLO    1MÌIMO 


Corj)»  cilindrico  o  depresso,  composto  di  numero  variabile  di  segmenti,  ciascuno  recante 
(all' infuori  degli  anteriori  e  degli  apicali)  due  paia  di  zampe.  Antenne  di  7  od  8  articoli.  Man- 
cano i  piedi-mascelle.  Non  veleniferi.  Alcuni  si  avvolgono  a  spira  se  molestati  od  in  pericolo, 
altri  a  pallottola. 

Nella  famiglia  Pob/xenidae  sono  compresi  piccoli  animali    (i    nostri    rappresentanti    maggiori 

non  superano  i  5  millimetri  di  lunghezza), 
tardi,  con  ciuffi  di  peli  molto  ornati  sui 
lati  ed  attorno  alla  testa  e  peli  partico- 
larissimi in  due  scope,  all'estremo  poste- 
riore del  corpo.  Sono  predatori  di  altri 
Artropodi  minori. 

Le  specie  più  comuni  da  noi 
sono  il  Poìyxenus  lagurus  (L.)  ed 
il  Lophoproctus  lucidus  (Oliai.)  (fi- 
gura 140). 

Il  primo  è  più  comune  del  se- 
condo nell'Italia  settentrionale.  Vi- 
vono sotto  le  pietre  o  sotto  le  cor 
tecce  delle  piante,  sui  tronchi  delle 
quali  il  P.  lagurus  si  trova  durante 
la  calda  stagione.  Si  è  creduto  che 
il  P.  lagurus  ci  potesse  essere  utile 
come  distruttore  della  Fillossera,  ma  se  pure   il  piccolo    Miriapodo    all'occasione 
può  divorare  un  individuo  o  due  del  pericoloso  Omottero,  è  addirittura    assurdo 
attendersene  il  benché  minimo  vantaggio 

La  famiglia  dei  G-lomeridi  è  composta  di  forme  a  corpo  breve,  scmicilin- 
drico,  che  possono  arrotolarsi  a  pallottola  come  i  comuni  Porcellini  di  terra,  ai 
quali  somigliano.  Molte  forme  esotiche  raggiungono  grandi 
dimensioni,  anche  5  a  0  centim.  di  lunghezza,  ma  le 
nostrali,  appartenenti  ai  generi  Glomeris,  Gervaìsia  sono 
molto  più  piccole;  le  prime  sono  più  lunghe  di  un  cen- 
timetro e  le  altre  anche  più  piccole,  non  arrivano  a  4 
inill.  Vivono  sotto  le  pietre,  si  appallottolano  se  impau- 
rite; non  hanno  importanza  pratica  di  sorta  e  non  sono 
nemmeno  molto  comuni  dovunque  (lìg.  141). 

I  Polidesmidi  (fig.  142)  e  molti  Gordeumidi  hanno  il 
corpo  cilindrico,  ma  che  sembra  pianeggiante  per  espan- 
sioni carini  formi  dei  segmenti,  sui  lati.  Il  numero  degli 
anelli  del  loro  corpo  è  modesto,  circa  di  una  ventina 
nella  prima  famiglia  e  di  una  trentina  nella  seconda.    Si 


Fig.  110.    —   Due  Polixeuidi    nostrali,    ingranditi    ili    ima 
decimi  di  diametri  e  proni  (da  Berlese). 

A,  Poìyxenus  lagwrus  (L.)  ;  B,  Lophojìroctus  lucidus  (l'imi  ). 


b'ig.  111.  —  Glomeris  con- 
nexa  Koch,  var.  lunato- 
sìguala  Costa.  luiiraudita 
circa  de]  doppio  (da  Berlese). 


tratta  di  forme  vegetariane  con  poco  interesse  pratico,  e 

viventi  sotto  le  pietre,  nelle  sostanze  vegetali  putrescenti, 

ecc.,  ma  talora  anche  a  danno  di  piante  coltivate,  poiché  ne    attaccano  le  radici. 

La  specie  nostrale  più  comune  è  il  Polydesmus  cowplanatus  (L.),  che  può  arrivare 

ai  due  cent,  circa  di  lunghezza  o  poco  più. 


Il  Del  Guercio  attribuisce  al  P.  oomplanatus  e  ad  un  Strougylosoma,  che  appartiene  alla  stessa 
famiglia,  nonché  a  specie  di  Craspedosoma,  che  spettano  alla  famiglia  dei  Cordeumidi,  danni  non 
indifferenti  ai  prati  di  Loiessa  del  Ferrarese  ed  ai  campi  di  Grano  delle  provinole  di  Ferrara, 
Parma,  Piacenza  e  Modena. 

I  danni,   come  quelli  delle  larve  di   Elateridi,   sono  portati  nella  regione  del  colletto    o  nodo 


GLI    Ali  INI    DEG1  1    INSET1  I 


135 


:ill:i 


viralo,  dove  questi  Miriapodi  Beavano  un  solco  lungo  l'aase  longitudinale  del  l'usto  e  limitato 
parte  dell'asse  olorofillato  contenuto  nel  terreno. 

Entro  terra  o  fuori  di  terra,  gli  animaletti  passano  «la 
una  all'altra  pianta  e  man  mano  che,  coll'aumento  della 
pianta  stessa,  i  tesanti  si  fauno  più  consistenti,  dallo  stelo 
dei  cereali  vernini  i  Miriapodi  passano  a  quelli  estivi,  come 
il  Panico,  il  Miglio  ed  il  Granturco  e,  verso  il  giugno  sulle 
l'i le  radici  della  Carota,  della  Pastinaca,  della  Barbabie- 
tola,  dal   (avolo  e  di   altre  piante. 

11  Del  Guercio,  da  cui  togliamo  queste  Dotizie,  consiglia 
l'uso  di  Bolfosali  alcalini  o  di  solfuro  di  carbonio,  trasfor- 
mato in  solfocarbonato  di  potassa  e  di  calce,  alla  dose  dal  3 
al  5  °  ,,  nell'acqua  e  spargendo  delle  soluzioni  col  mezzo  delle 
pompe  a   grande   lavoro  per  le  piante  erbacee. 

L'Autore  calcola  a  circa  60  lire,  fra  tutto,  la  spesa  per 
mezzo  ettaro  ad  un  ettaro  di  terreno,  spesa,  che  non  è  grave 
pensando  die  questi  Miriapodi  generalmente  invadono  ristrette 
zone  di  terreno.  Anche  tra  i  Brachyde.smus,  Diplopodi  che  molto 
somigliano  ai  Poìydesmus,  qualche  specie  avrebbe  attitudini 
dannose  alle  piante,   conformi  alle  citate. 

Quanto  ai  Craspedosoma  essi  sono  accusati  di  attaccare  i 
chicchi  di   Grano  seminati  allorché  cominciano  a  germogliare. 

Fig.  142.  —  Un  Poìydesmus  (P.  di- 
•,,    , ,       ..  ,.    ,  .  smylus    Berlese)    ingrandito    circa 

.Molte  forme  esotiche  sono  assai  più  grandi.  In        4  volte  e  prono  (da  Beriese). 
condizione  di  timore,  questi    animali    si    avvolgono 
su  sé  stessi  a  spira. 

Dei  Polizonidi  non  vale  la  pena  di  tener  parola,  poiché  presentano  interesse 

solo  pegli  zoologi,  ma  nella  famiglia  degli  Julidi 
si  incontrano  molte  forme,  che  meritano  di  essere 
ricordate  per  la  loro  frequenza  e  perchè  alcune 
sono  accusate  di  danni  alla  vegetazione  in  par- 
ticolari condizioni. 

Gli  scrittori  di  Entomologia  agraria,  hanno 
da  tempo  rivolto  le  loro  accuse  al  Blaniulus 
guttulatus  Bosc.  del  quale  si  dice  che  danneggia 
gravemente  piante  diverse,  ma  in  modo  particolare 
le  Fragole  (fig.  144). 


L'animale  si  cela  sotto  le  foglie  morte  e  nel  concime 
attorno  alle  piantine  e  su  queste  sale  per  corroderne  i 
frutti,  nei  quali  penetra  dalla  base,  allorché  sono  maturi 
e  non  di  rado  il  consumatore  mangia  col  frutto  questo  suo 
baco.  In  mancanza  d'altro  questi  Midi  offendono  le 
piante  erbacee,  conforme  si  è  veduto  fare  da  parte  dei 
Polisdemidi   ricordati  e  si  combattono  come  questi. 

Qualche  specie  di  Juìus  fra  i  comuni  Centogambe,  è 
considerata  come  nociva  a  piante  diverse,  di  cui  roderebbe 
le  radici. 

Ho  avuto  però  occasione  di  constatare  io  stesso  che 
non  di  rado  il  Paehvjulus  flaripes  (K.),  là  dove  è  numeroso, 
come  talora  avviene  in  località  dell'Italia  centrale  e  me- 
ridionale, dove  la  specie  è  diffusa,  può  riuscire  seriamente 
nocivo  alle  seminagioni,  specialmente  di  leguminose  e 
cereali,  rodendo  i  semi  allorché  germogliano  e  le  tenere  piantine  da  qualche  giorno  sortite  di 
terra. 


Fig.   143.  —   Tre  Julidi  cornimi. 

A.  Pachyjuhu  varine  (F.)  :  B,  Juh/s  sabu- 
Insu*  iL.i.  f.  altro  Julus  avvolto  a  epira. 
Tatto  in  grandezza  naturale. 


136 


CAPITOLO    PRIMO 


Le  nostrali  specie  di  luridi  (fig.  143)  più  comuni  e  piti  grosse  appartengono  al  genere Pachyjalns. 
Nell'Italia  settentrionale  è  molto  comune  il  P.  varimi  (Fabr.),  clie  si  trova  talora  anche  sulle 
piante,  nei  grappoli  d'uva  matura,  ecc.,  tutto  nero  di  pece  e  coi  piedi 
neri  ;  giunge  a  9  era.  di  lunghezza.  Il  /'.  oenologus  Beri.,  di  colere  traente 
al  sanguigno,  molto  scuro,  quasi  nero  e  coi  piedi  di  color  vinoso,  lungo 
fino  a  85  mill,  e  vivente  nell'Italia  centrale  e  meridionale  ;  il  I'.  flaripes 
(K.),  bruno  al  dorso,  giallo-bruno  al  ventre,  coi  piedi  pallidi,  lungo  fino 
a  90  mill.  e  che  si  trova  nell'Italia  centrale  e  meridionale,  ecc. 

Nel  genere  Jiiìns  propriamente  detto,  va  ricordato  il  J.  satulosus  L., 
di  colore  bruno,  listato  di  due  linee  rosse  longitudinali  sul  dorso;  lungo 
fino  a  45  mill.,  di  tutta  Italia  e  comune  nel  resto  d'Europa;  l'J.  cavannae 
Beri.,  che  somiglia  al  precedente,  ma  le  liste  dorsali  sono  piii  discoste 
fra  loro  e  piti   pallide. 

Sonovi  poi  altri  generi  nostrali,  ad  es.  Ophjiiliis,  Diplojulus,  Brachy- 
jiilus  da  me  istituiti  per  forme  minori  e  con   molte  specie  nostrali. 

Fra  le  esotiche  si  hanno  forme  grandissime,  appartenenti  a  gran 
numero  di  generi,  ad  es.  Spirobolus,  Spirostreptus ,  ecc.,  in  cui  si  trovano  forme  colossali,  che 
raggiungono  e  superano  i  25  cent,  di  lunghezza. 


Fig.  144.  —  Blaniulus 
f/utlnlalits  (Bosc). 
1  in  grandezza  na- 
turale; 2  ingrandito 
(da  Del  Guercio). 


Sinfili  e   Pauropodi. 


I  due  ordini  comprendono  forme  minute,  delle  quali  le  maggiori   pertinenti  al  primo  gruppo 
superano  di   poco  il  mezzo  centimetro  e  sono  rappresentate  da  noi  special- 
mente dal   genere  Scolopendicììa  (fig.  145). 

Si  tratta  di  animali  molto  interessanti  dal  lato  morfologico  e  da  quello 
dei  rapporti  filogenetici  cogli  Insetti,  ma  praticamente  di  nessun  rilievo. 
Vivono  sotto  le  pietre,  nei  detriti  vegetali,  sul  terreno,  ecc.,  assieme  ai 
Pauropodi.  Questi  sono  anche  piti  piccoli,  cioè  poco  più  lunghi  di  un 
millimetro  (le  specie  maggiori);  taluni  più  piccoli  ancora.  Essi  pure 
biauchi  o  leggermente  colorati  ;   non   hanno  importanza  pratica. 


Fig.  145.  —  Scolopen- 
drella  immaeulata 
Newj».  molto  ingran- 
dita (circa  8  diain.  ) 
(da  Berlese). 


Chilopodi. 

Sollevando  le.  pietre  nei  campi,  negli  orti,  ecc.,  si  mette 
alla  scoperto  una  fauna  speciale,  talora  molto  ricca  e  molto 
rappresentata,  specialmente  se  il  terreno  circostante  è  fresco 
ed  erboso. 

A  limitarsi  agli  Artropodi  non  sarà  difficile  vedere  aggo- 
mitolata su  sé  stessa  e  svolgersi  lentamente  per  poi  fuggirsene 
con  velocità  qualche  grossa  Scolopendra  dalla  tinta  gialla, 
con  sfumature  olivastre  o  bluastre  sul  dorso.  Ciò  accade  molto  spesso,  se  tale 
ricerca  si  fa  nell'Italia  centrale  e  nella  meridionale.  Si  troverà  anche  qualche 
Julus,  qualche  altro  Miriapodo,  parecchie  specie  di  Insetti,  ma  quasi  costante- 
mente poi  certi  altri  Miriapodi,  aventi  tutto  l'aspetto  di  piccole  Scolopendre, 
però  di  colore  rosso  mattone  e  che  non  stanno  avvoltolati,  ma  sempre  stesi  e 
fuggono  velocissimamente  appena  la  pietra  si  è  sollevata. 

Questi  sono  i  Lithobiut  cioè  animali  viventi  sotto  le  pietre,  secondo  la  eti- 
mologia, ma  che  si  trovano  anche,  sebbene  più  raramente,  sotto  le  foglie  marce, 
nelle  borraccine,  ecc.  (fi"-.  146). 

Non  sarà  poi  difficile  che  si  trovi  nello  stesso  ambiente  qualche  Geofilide, 
cioè  qualche  cosa  come  una  lunghissima  Scolopendra,  di  color  giallo  più  o  meno 


Berlese  -  Voi.  11. 


Tav.   11. 


Tre  Miriapodi  fra  i  più  grossi 
(grandezza  naturale). 

/     Scolopendra  subftpinipcs  delle  Indie. 

2    SpirogtrepUa  indvt  del   Brasile. 

.v    1  "ii  Glomerideo  [Sphaerotherium)  di  ifrica, 


Milano  -  Società  Editrice   Libraria. 


GLI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


137 


Fig.  146.  —  Lithobius  im- 
jiressus  K.,  ingrandito  circa 
una  volta  e  mezza  ;  prono 
(da  Berlese). 


intenso,  con  piedi  numerosissimi,  ma  anche  brevissimi,  avvoltolato  replicata- 
mente  su  sé  stesso  e  che  si  svolge  con  grande  lentezza  uè  fugge  mai  troppo 
velocemente  (fig.   147). 

Non  è  poi  infrequente  il  caso  di  incontrare  nelle 
nostre  abitazioni  la  Scutigera  coleoptrata  Latr.  (fig.  149), 
dalle  lunghe  zampe  e  dalle  lunghissime  antenne,  grigia, 
cogli  arti  distesi  sul  piano,  corrente  con  grandissima  velo- 
cità sulle  muraglie. 

Ecco  i  principali  rappresentanti  e  più  comuni  dei 
Chilopodi,  i  quali  si  dividono  in  parecchie  famiglie  e 
siano  per  noi  ricordate  le  principali,  cioè;  Geophilidae ; 
Lithobiidae  ;  Scolopendridae  ;   Scutigeridae. 

I  caratteri  morfologici  dei  Chilopodi  si  possono 
così  riassumere  brevemente  : 

Corpo  depresso,  composto  di  un  numero  variabile  di  segmenti, 
ciascuno  dei  quali  porta  un  solo  paio  di  piedi.  Autenne  lunghe  di 
un  numero  variabile,  talora  grandissimo,  di  articoli,  non  meno  di  12. 
Piedi  del  primo  paio  trasformati  in  organi  di  presa,  al  servizio 
della  bocca.  Veleniferi. 

Tra  i  Geofilidi,  che  contano  molti  generi  e  molte  specie  anche 
nostrali  e  che  vivono  entro  terra  anche  profondamente,  ricorderemo 
il   Geophihis    electricus    (L.),    che    emette    una    secrezione  luminosa, 

per  cui  l'animale  brilla  di  una  fosforescenza  speciale  e  gli  Himantarium,  che  sono  i  più  volu- 
minosi Geofilidi,  dei  quali  da  noi  si  trovano  due  specie  comuni,    VH.  gabiielin  (L.)  e  VH.  rugu- 

ìosum  Koch.  Il  primo  arriva  a  190  mill.  di  lunghezza  ed 
ha  fino  a  173  paia  di  zampe  ;  il  secondo,  che  molto  gli 
somiglia,  giunge  a  120  millimetri  ed  ha  fino  a  100  paia 
di  zampe  (fig.   147). 

Questi  animali  predano  Vermi  ed  Insetti  molli.  Assal- 
gono perfino  i  grossi  Lombrichi  di  terra,  sui  quali  si 
avvolgono  a  spira,  senza  però  stringerli  come  risano  fare 
i  Serpenti,  ed  intanto  li  teuagliano  coi  loro  piedi  mascel- 
lari, li  mordono,  iniettando  il  veleno,  fino  a  che  riescono 
ad  ucciderli. 

I  Geofilidi  sono  accusati  di  danni  alle  radici  di  piante, 
come  Patate,  Carote,  ecc. 

Secondo  Kirby,  questi  animali,  se  in  gran  numero, 
fanno  morire  le  Leguminose,  forando  di  gallerie  in  tutti  i 
sensi  le  radici,  aiutati  in  ciò  dai  Polydesmua  e  da  Insetti 
e  Verini  diversi. 

I  Litobidi,  che  contano  grandissimo  numero 
di  specie  e  di  generi  distribuiti  in  tutto  il  mondo, 
non  hanno  importanza  pratica  di  sorta.  Le  specie 
maggiori  da  noi,  come  il  L.  montanus  K.,  sono 
presso  a  poco  della  grandezza  indicata  nella 
fig.  146,  che  però  rappresenta  altra  specie  al- 
quanto ingrandita.  I  più  piccoli  si  aggirano  in 
torno  al  centimetro  di  lunghezza. 

Nella  famiglia  degli  Scolopendridi  si  trovano 
i  massimi  rappresentanti  di  tutto  l'ordine.  Le  specie  più  voluminose  e  temibili 
pel  loro  morso  si  rinvengono  nei  paesi    caldi.  Da  noi  sono  comuni  alcune  poche 


Fin.  147.  —  Un  Geofilide:  Rimantarium 
rugnlosiim  Koch.,  in  grandezza  natu- 
rale (da  Berlese). 


A.  Berlese. 


ali  Insetti,  II.  —  18. 


138 


caputolo  pimio 


specie,  delle  quali  la  più  ovvia,  specialmente  nell'Italia  meridionale,  è  la  Scolo- 
pendra cingulata  L.  ed  un'altra  forma,  propria  delle  Isole  (Sicilia,  Sardegna,  ecc.), 
che  però  si  scosta  alquanto  dalle  Scolopendre  vere,  di  cui  ha  tutto  l'aspetto,  è 
il  Plutonium  zwierleiini  Gav.  e  sta,  come  la  8.  cingulata,  di  cui  ha  le  dimen- 
sioni, sotto  le  pietre  (fig.  148). 

La  Scolopendra  cingulata  L.  o  S.  morsitans  degli  autori,  è  la  specie  più  comune 

nel  Sud-Europa,  conni - 
nissima  poi  nell'  Italia 
meridionale.  Non  si  può 
quasi  levar  pietra  nei 
campi,  che  sotto  non  vi 
si  trovi  qualche  esem- 
plare di  questa  specie. 
Si  tratta,  come  delle  for- 
me congeneri  ed  affini, 
di  un  animale  notturno, 
che  di  giorno  rimane  così 
nascosto  e  di  notte  va  a 
caccia  di  Insetti,  Arac- 
nidi e  Vermi,  che  afferra 
tra  le  zampe,  avvolgeu- 
dovisi  attorno  e  tratte 
nendo  la  preda  mercè  i 
piedi  posteriori,  che  sono 
robustissimi  ed  armati 
di  forti  aculei,  mentre 
intanto  la  morde  coi  piedi 
mascelle  ed  iniettandovi 
il  veleno  la  uccide  in 
brevissimo  tempo,  per 
divorarla  poi  con  comodo. 
Il  veleno  non  è  certo 
meno  attivo  di  quello 
dello  Scorpione  nostrale 
anzi  assai  di  più,  ed  è 
molto  pericoloso  lasciarsi 
mordere  da  questo  im- 
pressionante animale, 
poiché  se  ne   può  avere, 

oltreché  gonfiore  della  parte  e  vivo  dolore,  anche  qualche  accesso  febbrile. 

Il  colorito  della  Se.  cingulata  è  giallo    con  sfumature  verdastre    dorsali.    Le 

nostre  Se.  dalmatica  K.  e  Se.  clavipes  K.  sono  invece  di  colore  olivastro. 

Il  Plutonium  zwierleinii,  descritto  dal  Oavanna,  ma  forse  già  noto  al  Costa, 

è  di  coloro  giallo  ranciato. 

Si  è  già  detto  che  alcune  specie  esotiche    di  Scolopendre,  specialmente  delle 

Indie,  raggiungono  dimensioni  veramente  colossali  e  sono  molto  pericolose  anche 

all'Uomo. 

Sulle  Scolopendre,  nonostauto  tutta  la  loro  terribilità,  si  avventurano  speciali  Acari  del 
gruppo  dei  Ganiasidi,  che  uè  percorrono  continuamente  tutto  il  corpo  e  non  souo  veramente 
troppo  piccoli. 


Fig.  148.  —  Le  due  massime  Scolopendre    nostrali    in   arandezza  uatur. 
A,  Scolopendra  cingulata  Latr.  ;  B,  Plutonium  zwierleinii  Cav. 


e; LI    AFFINI    DEGLI    INSETTI 


139 


Sulla  Scolopendra  nostrale  è  comune  illParantennulua  scolopendrarum  Bori.,  come  sulla  Scolo- 
pendra inbspinipe»  Leaoh  ili  Giava,  si  trova  abbondante  il  Disco;irmi,  miràbili»  Beri,  e  su  Scolo- 
pendre   e  grossi   Inlidi  {Spirottreptus)  di  Giava,  si   trova  anche  l' Heterozercon   audax  Beri. 

Tutti  questi  Acari  vivono  o  di  qualche  essudato  dei  detti  Miriapodi  o  dei  detriti  od  avanzi 
delle   loro  prede. 


La  Scutigera  coleoptrata  L.  (Se.  araneoidès,  Cermatia  variegata,  araneoides,  ecc., 
degli  autori),  che  ha  parecchi  nomi  volgari  e 
la  cui  presenza  in  Italia  è  creduta  dal  popo- 
lino un  avviso  di  una  prossima  buona  ventura 
(perciò  in  talune  regioni  si  chiama  comunemente 
Fortuna)  è  diffusa  in  Europa  ed  altrove,  nel 
Nord-Africa,  Asia.  ecc..  mentre  altre  specie  si 
rinvengono  in  altre  parti  del  globo. 

È  un  animale  prevalentemente  notturno  e 
che  di  notte  appunto  dà  la  caccia  agli  Insetti 
domestici  e  particolarmente  alle  Mosche  co- 
muni. È  velocissimo  e  perde  con  tutta  facilita, 
specialmente  quando  si  afferra,  le  zampe, 
sopratutto  le  posteriori,  che  sono  lunghissime. 
Forse  si  tratta  di  un  caso  di  autotomia  o  per- 
dita spontanea  degli  arti  in  momento  di  peri- 
colo. 

Questo  Miriapodo  è  morfologicamente 
molto  interessante  per  molti  caratteri  e  par- 
ticolarità, mediante  le  quali  si  accosta  agli 
Insetti.  È  lungo  circa  3  eentim.  non  computate 
le  zampe  e  le  antenne.  Il  colorito  è  pallido, 
con  tre  liste  longitudinali  più   brune  (flg.  149). 


Mirientomi. 

Questi  singolari  esseri  minutissimi,  giacche  i  mag- 
giori giungono  a  circa  un  millimetro  e  mezzo,  hanno 
insieme  i  caratteri  degli  Insetti  più  bassi  e  dei  Miria- 
podi, ai  quali  certo  si  avvicinano  perchè  nello  sviluppo 
postembriouale  aumenta  il  numero  dei  loro  segmenti 
addominali  da  9  a  Ili;  perchè  possiedono  tre  o  quattro 
paia  di  arti  addominali,  sia  pure  allo  stato  rudimen- 
tale, ecc. 

L'aspetto  però  e  gli  organi  boccali  si  avvicinano  a 
quelli  degli  Insetti  e  possiedono  tre  paia  di  arti 
toracici,  ma  il  luogo  dell'apertura  sessuale  è  diverso. 

Le  specie  nostrali,  che  sono  una  dozzina  circa  finora  trovate  in  Italia,  mentre  qualcuna  si 
è  rinvenuta  in  altre  parti  d'Europa  e  nell'America  del  nord,  si  dividono  in  due  famiglie,  a  se- 
conda che  hanno  stigmi   e  trachee  (Eosentoniidae),  o   che  ne  mancano  ( Acerentomidaé). 

In  queste  famiglie  mancano  affatto  le  antenne,  ma  in  un  genere  esotico  (Protapteron)  delle 
Indie,  le  antenne  si  trovano  e  sono  lunghe,  cilindriche,  multiarticolate.  In  questo  genere  ancora 
i  piedi  addominali  sommano  a  quattro  paia,  mentre  negli  altri  generi  delle  due  famiglie  no- 
strali, i  detti  arti  sono  in  numero  di  tre  paia  soltanto.  Sempre  però  ne  sono  forniti  i  soli  seg- 
menti anteriori  dell'addome. 

Questi  animali  hanno  anche  ghiandole  repuguatorie  all'estremo  addome. 


Fig.  14il.  —  La  Scutigera  coleoptrata  (L.) 
delle  case.  Leggermente  ingrandita  (da 
Berlese). 


140 


CAPITOLO    PRIMO 


Le  larve,   molto  simili  all'adulto,  nascono  con  9  segmenti  addominali.  Nelle  successive  mute 

il  numero  aumenta  per  ciascuna  muta  di  uno,  fino  a  rag- 
giungere i  12  segmenti.  Così  ho  trovato  io,  che  ho  pub- 
blicato una  grossa  monografia  di   questo  ordine. 

Vivono  tutti  entro  il  terriccio  ;  fra  le  borraccine  o  le 
foglie  marce  o  sotterra  e  sembra  sieno  predatori  di 
animali  minori.  Sono  lenti,  portano  le  zampe  anteriori 
sollevate  ed  in  atto  raptatorio,  come  fanno  le  Mantis 
(fig.   150). 

Per  alcuni  autori  il  gruppo  forma  un  sottordine  (Pro- 
turi) di  Insetti  fra  gli  Apterigoti.  Come  ripeto,  queste 
forme,  certo  molto  interessanti  morfologicamente  e  dal 
lato  sistematico,  non  hanno,   che  si  sappia  finora,,  alcuna  importanza  pratica. 

Questi,  cogli  Aracnidi  e  le  altre  forme  ricordate  in  precedenza,  sono  gli 
Artropodi  tracheati  affini  degli  Insetti,  che  conveniva  conoscere  abbastanza  prima 
di  iniziare  lo  studio  della  vita  degli  Insetti  propriamente  detti  e  sopratutto 
delle  specie  le  quali,  dal  punto  di  vista  pratico,  hanno  per  noi  un  sensibile 
interesse. 


Fig.    150.   —   Un   Mirientomo  (Acereti- 
tomon),  molto  ingrandito  (da  Berlese) 


Bibliografia. 

Opere  zoologiche  sugli  Artropodi  in  generale,  dove  è  trattato  degli  Aracnidi 
e  dei  Miriapodi,   oltre  che  degli  Insetti. 


Albin  E.,  Insectorum  Angliae  Naturalis  Historia,  etc.  Loudini,  1731. 

Aldovrandus  U.,  De  animalibus  insectis  libri  septem.  Bononiae,   1602. 

Audouin  J.  V.,  Iconographie  des  Anelides,  Crust.,  Arachn.  et  Myriapodes.  Paris,   1829. 

Berlesk  A.,    Acari,    Myriopoda   et    Scorpiones    hucusque    in    Italia    reperta.    Con    1200  tavole. 

Patavii,  1882-1902. 
BrebihSON,  Catalogue  des  Aracnides,    des    Myriapodes    et    des    Ineectes  Aptères  que  l'on    trouve 

dans  le  département  du  Calvados.  Meni.  Soc.  Linn.  de  Normandie,  1826-27. 
Costa  O.  G.  et  A.,     Fauna  del  Regno  di  Napoli,    Napoli,  1829-66.    Aracnidi  (per  O.  G.  C'osta); 

Monografia  degli  Aracnidi  del  Regno  di  Napoli.  Napoli,  1835. 
Cuvier  G.,  Le  Règne  Animai,  distribué  d'après  sou  organiBation,  pour  servir  de  base  à  l'histoire 

naturelle  des  animaux  et  d'introduction  a  l'anatomie    comparée,   3  Voli.    (Tome  III,  Conte- 

nent  les  Crustacées,  les  Arachnides  et  les  Insectes,  par  M.  Latreille.   Paris,  1817). 
_   _  Nouv.  (2. e),    Ed.  5  Voli.     (Tome  IV)  ;     Crustacés,    Arachnides    et  partie    des  Insectes,  par 

P.  A.  Latreille.  Paris,  1829,  Voi.  IV. 
De  Geer,  Ch.,  Mémoires  pour  servir  à  l'Histoire  des  Insectes,  7  Voi.  Stockholm,  1772-1778. 

—  —  De.,  Genera  et  species  insectorum,  Lipsiae,  1783. 
Dictionnaire  classique  d'Histoire  naturelle.  Paris,   1822-31. 

—  —  noveau    d'Histoire    naturelle    applique    aus    arts,    principalement     à     l'agriculture     et    à 

l'economie  rurale  et  domestique  ;    par    mie    société  des  naturalistes  et  d'agriculteurs. 
1802-4. 

—  —  pittoresque  d'Histoire  naturelle  et  des  phénomènes  de  la  nature,  par  une  société  des  natu- 

ralistes sous  la  direction  de  E.  Guérin  Meneville,   1833-39. 

—  —  universel  d'Histoire  naturelle,    résumant    et  coinplétant    tous    les    faits    présentés  par  les 

encyclopédies  ec.  ec.  Dirige  par  Ch.  d'Orbigny.  Paris,  1840-48. 
Encyclopédie  nióthodique  ou  par  ordre  de  matières  ;   par  une  société    de    geus    des    lettres,  de 

savants  et  d'artistes.  Histoire  nat.,  10  Tomes.   Paris,   1789-1811. 
Ersch  et  Grdber,  Fncyclopadie,   Ser.  I,  Bd.  I,  1818. 
Exploration    scientifique    de    l'Algerie    pendant    les    années,    1840,    41,    42    (Anim.    art.     par 

H.  Lucas),  1845  49. 
Fabricius  J.  C,  Genera  Insectorum  eorumque  characteres  natur.  sec.  numerum,  figuram,  situin 

et  proportionem.  Chilonii,   1776. 

—  —  Mantissa  Iusectorum  sistens  eorum  species  nuper  detectas.  Hofniae,  1787. 


BIBLIOGRAFIA  141 


Fabricivs  J.   C,  Speeies  Insectorum,  Hamburg!,   1781.  2  vola.,  8vo. 

—  —  Systema    Entomologiae,    sistens    Insectorum    classes,     ordines,    genera,    speeies,     adioctis 

synonyinis,  locis,  descriptionibus,  observationibus.  Flensburgi,   1775. 

—  —   Entomologia  sistematica   emendata  et  anota,    secundum    classes,    ordines,   genera,   speeies; 

adjectis  synonymis,   locis,   observationibus,  descriptionibus.   Hofniae,   1793. 

—  —  Supplementum  Entomologiae  systematioae.   Hofniae,  1798. 

—  —  Nomenelator  eutoinologicus  emendat.   Lipsiae.   1797. 

—  —  Supplementum  eutoniologiae  systeniaticae.   Hafniae,  1798. 

-  —  Fauna  Groenlandica,  By  eternati  ce  sistens  animalia  Groeulandiae  occidentalis  liactenus  inda- 
gata. Hofniae  et  Lipsiae,   1780. 

Faune  Francaise,  ou  histoire  naturelle  generale  et  partienlière  des  atninanx,  qui  se  trouvent  eri 
Franco,  par  M.  M.  P.  Viellot,  A.  G.  Desmarest,  H.  Duerotay,  De  Blainville  Audinet-Serville, 
Lepelletier  de  Saint-Fargeai:  et  C.  A.  Walekenaer. 

Fickert,  C,  Myriopoden  und  Araclmiden  vom  Kamine  des  Eiesengebirges  (Inaugurai  Disser- 
tations),   Kreslan,   1N75. 

Gay  C,     Historia  fisica  y  politica  de  Chile,   Zoologia.   Paris,   1849, 

Geoffroy  E.  L.,  Histoire  abrégée  des  Insectes.   Paris,   1764. 

Gùnther  A  ,   Ieonographie  du  Régne  Animai  de  G.  Cuvier.   7  Voli.,  Paris  18291844. 

Hagen  H.  A.,  Bibliotheca  Entomologica.  Die  Litteratur  iiber  das  ganze  Gebiet  der  Entomologie 
bis.  z.  J.,   1862.   Leipzig,  1862,  2  voi. 

Karsch  F.,  Westafrikanisohe  Mvriapoden  und  Araohniden.  Giebel's  Zeitschr.  f.  ges.  Naturw.,  LII, 
1879. 

—  —  Araclmiden   und  Myriopoden   Mikronesiens.   Herliner  entomol.   Zeitschr.   XXV,   1881. 

—  —  Chinesisehe  Myriopoden  und  Aracliniden,  Berliner  entom.  Zeitschr.  XXV,  1881. 

Koch  C.,  L.,   Deutschlands  Crustaceen,  Myriopoden  und  Araclmiden.  Ehi   Beitrag  zar  deutschen 

Fauna.   Herausgegeben  von   Herricli  Schaeffer,  40  Hill.,   1835-1841. 
Koch  L..   Zur  Araclmiden  und  Myriopoden  Fauna    Siid-Europas.  Verhaudlungen  der  K.  K.  Zool. 

hot.   Gesellsehaft  in   Wien,   XVII   Bd.,   1867. 

—  —    Iapanische    Araclmiden     und     Miriopodeu.    Verhandl.     d.     Zool.-Botau.,     Gesellsch.    Wien  : 

XXVII,  1887. 
LiAMARCK  J.   B..   Système  des  animaux  sans  vertèbres.   Paris,   1801. 

—  —  Histoire  naturelle  des  animaux   sans  vertèbres.    Paris,   1818. 

Lankester  E.   Rat,  The  strneture  and  classification  of  the  Arthropoda.  Quart.  Journ.  Micr.   Sci., 

N.  Ser.,  Voi.   XLV1I,  1904. 
Latreili.e  P.  A.,  Préeis  des  caractères  géuériques  des  Insectes.  Paris,  1796. 

—  —  Histoire    naturelle    des    Crustacées  et    des    Insectes,    III    et    VII.  Paris  (Anno  X  et.  XII  i. 

1802-1*04. 
—  Genera  crustaceorum  et  insectorum.   Paris  et  Argentorati,   1806-09. 

—  —  Arachnides  du   Régne  Animai  de  Cuvier,    nd.  C'uvier,    Le  Kégne  Animai,   Nouv.   Ed.,  1810. 

—  —   Considérations  générales  sur  l'ordre  nature!    des  animaux  eomposant  les  classes    des   Cru- 

stacées, des  Arachnides  et  des  Insectes.  Paris,  1810. 

—  —  Faniilles  naturelles  du   Régne  Animai,  exposées  snecintement  et  dans  un  ordre  analytique, 

avec  l'indication   de  leurs  genres.   Paris,   1825. 

—  —   Cours  d'Entomologie,   ou  de  l'histoire  naturelle  des  Crustacées,  des  Arachnides,  des  Myrio- 

podes  et  des  Iosectes,    à    l'nsage    des    élèves    de  Fècole  du  Musée  d'histoire  naturelle,  etc. 

Paris,  1831. 
Leach  W.  E.,  A  tabular  view    of  the  exterual  C'haracteres    of    four    Classes    of  Animals,   wicu 

Linné  arranged  under  Iiisecta  (Arrangement  of  the  Crustacea).  Trans    Linu.  Soc.   Lond.  XI, 

part.   2,   London,   1815. 
Linnaecs  C,  Systema  Naturae  sive  regna  tria  naturae,  systematice  proposita  per  classes,  ordines, 

genera,  et  speeies,  Editio  I.  Lugduni  Batavoruin,  1735. 

—  —  Animalia  per  Sueciam   obseivata.   Acta  litteraria  et  Scientiarum  Sueciae,  Voi.   IV,   1742. 

—  —  Fauna   Suecica,  sistens  animalia  Sueciae  regni  :  Mammalia,  Aves,  Amphibia,  Pisces,  Insecta, 

Vermes,  distribute  per  classes,  ordiues,  genera,  speeies.  Ed.  I.  Stockholmiae,  1746;  Ed.  II, 
1761. 

—  —  Amoenitates  academicae,   etc,  IV,  Erlangae,   1785. 

Linné,   Gmelin,  Systema  naturae.  Editio  XIII.  Lipsiae,  I,  pars.  5,   1788. 

Lucas  H.,  Histoire  Xaturelle  des  Articulés  de  l'Algerie.  (Insectes,  Aracnides,  Crustacés,  Myria- 
podes,  Hexapodes,  etc  ).  Paris,  1845-9. 

—  —  Histoire  Naturelle  des  Crustacés,  des  Arachnides  et  des  Myriopodes,  précédée  de  l'histoire 

naturelle  des  Annélides  par  M.  le  Cmte  de  Castelnau,  Paris,  1850. 
Moufi'et  J.,    Insectorum  sive  minimorum  animalium   tlieatrum.   Londini,   1634. 
Miller  O.  F.,  Fauna  Insectorum  Fridrichsdalina.  Hafniae,  1764. 

—  —    Zoologiae  danicae  prodronms.   Hafniae,   1776. 

Murray    A.,     Economie    entomologv.  South    Kensington    Museum   Science    handbooks.    London, 

1877. 
Packard  A.  S.,  Guide  to  the  study  of  Insects  and  a  treatise  on  those  Injurious    and  Beneficiai 

to  crops.  New  York,   1888. 

—  —  A  Text  Book  of  Entomology  ineluding  the  Auatomy,    Physiology,    Embryology   and  Meta- 

morphoses  of  Insects,   1903. 


142 


CAPITOLO    PRIMO 


Panzer  C.  F.,  W.,  Faunae  insectorum  Gerinaniae  initia.  Fortgesetzt  von  Herricli  Sch-iffer. 
Aracbniden  von  C.  L.   Kooh  bearbeitet,  1793-1844. 

—  —  D.  Jacobi  Chriatiani  Schafferi  Ioonuin  Insectorum  circa  Ratisbouani  iudigeuoruni  enuuieratio 

systematica.  Erlangen,   1004. 
Pktagna  V.,  Specimen  insectorum  ulterioris  Calabriae.  Neapoli,   1786. 

—  —  Inatitutiouea  entomologicae.  Neapoli,  2  Voi.,   1792. 

Pocock  E.  I.,  Contributions    to    olir    knowledge    of   the    Arthropod    Fauna  of  tbe  West  Indies, 

P,  III;  Diplopoda  and  Malacopoda.  Journ.  Linu.  Soc.   London,  Zool.,  Voi.  24,  1894. 
Poda  N.,  Insecta  Musei  Graecensis.  Graecii,  1761. 
Rai  I.  Methodus  insectorum,  seu  insecta  in  metliodum  aliqualem  digesta,  1705. 

—  —   Historia  insectorum.   Loudini,   1710. 

Reacmur.  Mémoires  pour  servir  à  l'histoire  dea  Insectea.  Paria  1734-42,   6  voli. 
Redi  F.,  Esperienze  intorno  alla  generazione  degli  Insetti.   Firenze,   1688. 

—  —  Experinienta  circa  generationem  Inaectorum.  Amstelodami,   1671. 

Riley  C.  V.,  On  the  Insecta,  Aracn.  and  Myriap.  of  West-Africa.  Washington,  1893. 

Risso  A.,   Hiat.    nat.  dea   principalea  productiona  de  l'Europe  meridionale,  V,  Paria  et  Strasab 

1826. 
Ròmer  J.  J.,  Genera  Inaectorum  Linnaei  et    Fabricii  iconbus    illustrata.    Vitoduri    Helvetiorum 

1789. 
Rossi  P.,  Fauna  Etnisca,    aistena    iusecta    quae    in    provinciis    Fiorentina    et  Pisana  praesertim 

collegit,  2  Voi.,  Liburni,  1790  ;   Helmstadii,  1807. 

—  —  Mantissa  insectorum,   exhibens  apeciea  nuperin  Etrnria  collectaa,  adjectis  Faunae  Etruscae 

inlustrationibua  et  additiotiibua,   Pisia,   1794. 
Savigny  I.  C,  Mémoire  aur  lea  Animaux  sana  vertèbrea,  Paria,  1816. 
Schaeffer  I.  C,  Iconea  insectorum  circa  Ratisbonam  indigenorum.   Regensburg,   1767-69. 

—  —   Elemeuta  Eutomologiae,   1780. 

Schrank  F.   v..  P.,   Enumeratio  insectorum  Auatriae  indigenorum.  Auguatae  Viudelicorum,  1781. 

Scopoli  I.  A.,  Entomologia  carniolica.   Vindobonae,  1763. 

Stecker  A.,    Myriopoden    uud    Aracbniden    Tripolitaniens.     Mittheil.    d.    afrikan    Gesellsch.  in 

Deutschl.,  II,   Berlin,    1879. 
Villers  C,  Caroli  Linnaei    Entomologia,  Faunae  Suecicae  de8criptionibua  aucta.  Lugduni,  1789. 
Valckenaer  C.  A.  et  Gervais  P..  Histoire  naturelle  dea  Inaectea  Aptères,  IV  Voi.,  1837-41-47. 
-   —  De  la  Faune  Parisienne,  Insectes,  ou  Histoire  abrégée  dea  inaectea  des  environa  de  Paria 

Paris,  An.  XI,   1802. 

Opere  di  zoologia  agraria,   medica  e  di  parassitologia,  che  trattano  anche 
degli  Artropodi  parassiti. 

Blanchard  R.,  Traité  de  Zoologie  medicale.   Paris,   1890. 

-  Malad.  parasit.,    paras.  animaux,    paras.  végét.  à  l'exclus.    dea  bactér.  Traité  de    pathol. 

gén.  de  Ch.  Blanchard,  T.  II,  Paris,  1895. 
Brandt  et  Ratzeburg,  Medizinische  Zoologie.   Berlin,  1833. 
Brain  M.,  Die  Tierischen  Parasite»  des  Menscben  ;  2  edit.  Wiirzburg,  1908. 
Cobbold  T.,    Human    parasi  tea,  a  manual  of  reference  to  ali  the  knuwn  apeciea  of  eutozoa  and 

ectozoa.  London,   1882. 
Kuciikxmeister  F.   et  ZiiiìN  F.   A.,   Die  Parasiten   des   Meuacbeu,   2.   Autlage.   Leipzig,  1888. 
Leuckart  R.,  Die  menachlichen  Parasiten  and  die  von  ihnen  berriilirenden  Krankheiten.  Leipzig, 

I,   1863;  II,   1876. 
Moniez  R.,  Traité  de  Parasitologie  animale  et  vegetale  appliquée  a  la  médecine.  Paris,  1896. 
Neumanx  L.  G.,  Traité  des    maladies    parasitaires    non  microbieunea  des  animaux  domestiques. 

Paris,   2.a  Edit.,   1892;   Edit.   inglese,   Londra,   1905. 
Neveu-Le.maire  M.,  Précis  de  parasitologie  humaine,  paraaites  végétaux  et  animaux;    3."'  Edit. 

Paris,  1905. 
Perroncito  E.,   I   parassiti  dell'Uomo  e  degli  animali   utili.   Milano,   1882. 
Raii.i.iet  A..  Traité  do  zoologie  medicale  et  agricole,   2.a  edit.  Paris,   1895. 
Stii.es  Ch.  W.  et  Hassai.l  A.,  Index-catalogne  of  medicai  and  veterinari  Zoology.  Washington, 

1902. 

Principali  Opere  speciali,  relative  ai  diversi  gruppi  di  Artropodi. 
I.  Onicofori. 

Balfour  F.  M.,  On  certain  points  in  the  Anatomy  of  Peripatus  capensis.  Proceed.  Cambridge, 
Philos.  Soc.  Ili;  Archiv.  zool.  esperimenti.  Vili  (Carus,  Zool.  Anzeiger  II,  Nr.  31),   1879. 

Balfour  (and  Lankester),  The  anatomy  and  Development  of  l'eri  putii*  capensis.  Quart.  Journal 
Microse.  Soc.  XXIII  (et  Journ.  R.  Mioroso.   Soc,  2  ser.  Ili),    1883. 

Bouvier,  Monographie  des  Onichopbores.  Ann.  Se.  nat.,  9.a  Ser.,  T.  II,   1905;  T.  V,  1907. 


BIBLIOGRAFIA  148 


Camkhaxo  L.    Onicoibri    raccolti    nel     Darien  dal  Dr.  E.  Festa.  Bull.  Mus.  Zool.  Anat.  C'omp., 
Turino,   1896. 

—  -    Nuova  spedo  di  Peripatus  del  l'Ecuador.  Atti   K.  Accad.,  Torino,   voi.  XXXIII,  1898. 

—  —  Nuova  specie  di   Peripatus  di  Bolivia.  Ann.   Mus.   t'iv.  di  Genova,   1897. 
Ernst  A.,  Some  remarks  on   Peripatus  Edwardaii.  Nature,  XXII],  1881. 

Fjlkcter   1.  I.,  A  viviparous  Australian   Peripatus.  Proc.  Linn.  Soc,  X.  S.   Wales,   1893. 

GeRVAIS   1'..    Sur  Ics  geure  Péripate.   Lanrant,   Ann.   d.   l'Anatomie,  II,   1838. 

Grav  .1.    E.,  On  the  genus   Peripatus  Guild.  Zoolog.,  Misceli  of  Gray,   London,   1831. 

Grubk   A.,   l'clicr  Peripatus  capeusis  n.  sp.  Jahresber.  d.  schles.  Gesellsch.  XLIII,  Breslau,  1865. 

Gt"iLDiX(ì  L.,  Au  account  of  a  new  genns  of    Mollusca    (Peripatus  inliformis).    Zoolog.    Journal, 

II.  1826. 
HUTTON   E.   W.,   On    Periputu*    Xovae-Zealandiae.     Ann.   and.    Mag.    of  Nat.   Hist,  4,   ser.   XVIII, 

(XIX,   XX),   1876. 

—  —   On   Peripatus.  Ibid.   5.   sec.   I,   187^. 

Mii.m'.  EDWARDS  IL.  Note  sur  le  Péripate  juliforme.  Ann.  sci.  nat.  2,  sér.  XVIII,   1842. 
MORITZ  C.,    Noch    einige    Worte    iiber     Peripatus   Guild.    Wiegm.    Arch.    fiir  Naturgesch.,  V.   2, 

1839. 
MoSELEY   li.   X.,  On  the  Structure  and  Oevelopement  of  Peripatus  capeusis.  Proceed.    Boy.    Soc. 

London,    XXII,     1873  1874.    Philos.    Transact.     Boy.    Soc.    of   London,    CLXIV,    1874-1875, 

(1873-75). 

—  —  Notes    on    the    Species    of   Peripatus    timi    especially    on  those  of  Cayenne  and  the  West- 

Indies,   Ann.   and  Magas.   of  Nat.    Hist..   5,   sér.   Ili,   1880. 
Packard  A.   S.,  Note  on  a  Peripatus  from  the  Jsthmus  of  Panama.  Amer.  Naturai.,  XVII,  1883. 
Peteks  W.   C.   H.,   Ueber  die   Arteu   von   Peripatus  und  iiber  die  Variation  der  Fusszahl  bei  Perip. 

capeusis.   Sitzungsber.  der  Gesellsch.  naturf.  Ereuude,  Berlin,  Nr.  L',  und.  Nr.  10,   1880. 
Sììnger,     l'ntersuchungen     iiber    Peripatus  capeusis    und    Peripatus    Leuekarti.    Verhandlungen    d. 

Moskauer  Naturforseher-Versammlung.  Abth.  Zool.  Moskau  (1870-71),   1869. 
WlEGMANN   E.   A..     Einige   Bemerkungen   iiber  Guilding's    Peripatus.    Arehiv    f.   XTaturgesch.,  III, 

1,   1837. 

II.  Penlastomidi. 

AxSARlUS  et  Adgeoanus,   De  verme  admirando  per  nares  egresso.  Ravenuae,   1610. 

Beseden*  P.  I.   (van),  Recherches  sur  l'orgauis.    et    le    développement  des  Linguatules.  Meni,  d. 

l'Acad.  de  Brux.,  3  Ser.,  Zool.,  XI,  1849. 
Cobbold,  Recherches    sur    la  Petitastome    téuioide    des    cavités    nasales    du  chien,    et  nouvelles 

observatious  sur   les  échanges  de  ce  ver  entre  les  caruassiers  et  les  herbivores.     Bull,     de  la 

Soc.   imp.   et  centr.   de  méd.   vet.,   1862. 
Diesixg,  Monographie  der  Gattung  Pentastomum.     Ann.  d.  Wiener   Museums  der  Naturgeschicte, 

1836. 
Letckart  R.,  Démonstration,     par    voie    expérimeutale,    de  l'ideutité  spécifique  du  Pentastomum 

denticulatum  e  du  Pentastomum   taenioides ;    avec  une    Note  sur  quelques  Pentastomes,  par  M. 

van  Beueden.  Bull.  Acad.  Boy.  Belg.,  T.  II,  2  Ser.,   1857. 

—  —  Bau  und  Entwickluug  der  Peutastomen.  Leipzig  und  Heidelberg,   1860. 
Lohrmaxx,   Untersuchungen   iiber  den  anat.   Bau  der  Peiitastonien.   Arch.   f.  Naturgesch.,   1889. 
MlRAH,   Pentastomum   taenioides.  Nova  Acta  Acad.  Leop.  Car.,  XVII,  2,   1835. 

Ràtz  S.  (von),    Active    migration    of   Pentastomum    denticulatum.   Journ.    R.   Micr.  Soc,  London, 

1892. 
Rudolphi,  Entozoorum  Historia  natnralis,   1809. 

Schubaert,  Ueber  die  Enfrwicklung  d.   Pent.   taenioides.  Zeitschr.  f.  wiss.  Zool.,  IV,   1853. 
Shipley  A.  E.,  An  attemp  to  Revise  the  family  «  Linguatulidae  ».  Archives  de   Parasitologie,  1, 

1898. 
Stii.ks  C.   W.,     Bau    und     Entwicklungeschicte    von    Pentastomum  proioscìdeum  Rud.   Zeitschr.   f. 

wiss.   Zool.,   T.   52,    1891.   Contiene  Bibliografia  completa. 
Welch  F.  H.,  The  presence  of  an  eneysted   Echinorhynchus  in  Man.  The  Lancet,  II,  1872. 
Zexkki:.   l'eber  eineu  neuen  thierischen   Parasiten  des  Menschen  (Pent.  denticulatum).   Zeitschr.  f. 

rat.   Med.,   1854. 

III.  Acari. 

Ali.max.v  G.,  Description  of   a    new    genus    and    species    of    tracheary   Arachnidaus  (Halarachne 

Ealichoeri).   Ann.  of  nat.   hist.,   Voi.  20,  1817. 
Aictoi-O  (i)')  G.,  DoWArgas  reflexus  Latr.  parassita  dell'Uomo.  Mem.  Accad.,  Bologna,  1898,  1900. 
AkiaUI.t  St.,   Étude    d'hygiene     urbaine.     Uu    nouvel    Acarien    parasite    accidentel    de  l'honinie 

(Tetranychus).  Zool.  centi  ali. 1.,   7,  Ihg.,   1900. 
Baei.z  E.  et  Kawakaini,     Das  japonische    Fluss  —   oder    Ueberschwemmungsfieber,    eiue    acute 

Infectionskrankheit.   Virchow"s  Arehiv,  LXXVIII,   1879. 


144  CAPITOLO    PRIMO 


Banks  N.,  A  new  genus  of  endoparass.  Acar.  — ■  Geneesk.  Tijdsckr.  v.  Nederl.  Indie,  Deel  41,  1901. 

—  —  A  Revision  on  the  Ixodidea,    or    Ticks    of    the    United  States.  U.  S.  Departra.  of   Agric. 

Bureau  of  Eutouiol.  Ser.  N.   15  (1908). 
Behlese  A.,  Acari,  Myriopoda  et  Scorpiones  hucn8<[iie  iu  Italia  reperta.  Con   1200  tavole,  1882- 
1902.  Ordo  Prostigmata  ;  Ordo  Mesostigmata  ;  Ordo  Cryptostigmata,  1,  II,  Patavii. 
-  Indagini  sulle  metamorfosi  di  alcuni  Acari  insetticoli.  Atti  R.  Istituto  Veneto  di  Se.  Lett. 
Arti,  Voi.  VIII,  1881. 

—  —  Acari  dannosi  alle  piante  coltivate,   Padova,   1886. 

—  —  Gli  Acari  agrari.  Riv.  di  Patol.  veget.,  voi.  VI,  p.   1-65;  voi.  VII,  p.  312  344;  voi.   Vili, 

p.  227-297  (1897,  1899,   1900). 
Berlese  A.  N.,    La    Fitoptosi  del  Pero.   Struttura    e    sviluppo  degli  Acarocecidii  del  Pero.  Riv. 

Patolog.  Vegetale,  voi.  I,  1892. 
Bogdanoff  A.,  Deux  Acariens  (Sarcoptidae)  trouvé  par  M.  Schéiéinetewsky    sur    l'homme.    Bull. 

Soc.  imp.  natur.   Moscou,  T.  37,  1864. 
Bonomo  G.  C,  Osservazioni  intorno  a'  Pellicelli  del  corpo  umano.    Lettera  a  P.  Redi.  Livorno, 

18  luglio  1687. 

—  —  Epistola  tradotta  in  latino  da  F.  Lanzoni.   Livorno,  1687.  Anche  in  Ephem.  Acad.  Natur. 

Curios.,   1691. 
Boiìy  S.  Vincent,    Note    sur    une    espèce    d'Acaride  qui  vit  sur  le  corps  humain.  Feruss.   Bull. 
Se.  Nat.,  Tom.  2,   1824. 

—  —  Sur  un  nouveau  genre  A'Acaridien    sorti    du  corps  d'une  femme.    Ann.  Se.  Nat.  Tom.  15, 

1828. 
Bosciiulte,  Argas  reflexus  ala  Parasit  ali  Meuschen.  Arch.  f.  patii.  Anat.  u.  Phys.,  18  Bd.  1860. 
Bouchard  Cu.,  Sur  des  nouveaux    parasites    de    la  peau   humaine.   Gazette  hebdom.  d.  Méd.  et 

Chir.,  p.  385,  1867. 
Bourguignon  H.,  Traité  entomologique  et  pathologique    de    la    gale  de  l'homme.  Meni.  l'Acad. 

d.   Se.  de  l'Inst.  imp.  de  Frante.  Se.  mathem.  phys.,  Tom.  XII  (1854). 
Brucher  E.  A.,  Monographie  de  Pedlculoìdes  veiitricosus,    Newp.    et    théorie    des    pièces  buccales 

des  Acariens.  Bull.  Scienti!',  de  la  France  et  de  la  Belgique.  Tom.  XXXV,  p.  355-442  (1900). 
Bruzei.ius    R.  M.,     Beschreibung    ofwer    Hydrachnider,    som    forekomma    iuom    Skaue.     Akad. 

Afhandl.    Lund-Berling,   1854. 
Canestrini  G.,  Prospetto    dell'Acarofauna    italiana.    Atti    Soc.    Veneto-trentina    di    Se.     Natur. 

Padova,  1885-1892. 

—  —  Ricerche  intorno  ai  Fitoptidi.  Atti  Soc.  Veneto-trentina  di  Se.  nat.,   voi.  XII,  1890. 
Canestrini  G.,  Fanzago  F.,  Intorno  agli  Acari  italiani. 

Canestrini  R.,    Kramkr  P.,     Acariua.     Demodicidae    und    Sarcoptidae.    Das    Tierreich,     Liefer  7, 

Berlin,  1899. 
Caparini,  Di  una  nuova  forma  di  rogna  nei  polli.  Bullett.   Veterinario,   1880. 
Cestoni  D.,  Lettera  al  Sig.  Antonio  Vallisnieri    intorno   ai  Pellicelli  della  Rogna,  etc.  Livorno, 

15  Genuaio  1710. 
CSOKOR  I.,   Ileber  Haarsackmilben    und    cine    neue    Varietiit  derselben   bei  Schweinen;     D"modex 

phyiloides.  Verh.  d.  k.  k.   Zool.  hot.  Ges.,  Wien.,  Bd.   XXIX,   1879. 
Delafond  O.  et  Bourguignon  H.,    Traité    pratique    d'Entomologie    et  de  Pathologie  coinparées 

de  la  Psore  ou  gale  de  l'homme  et  des  animaux  domestiques.    Meni.  Acad.  Se.  de  l'Inst.  de 

France,  Tom.  XVI,  1862. 
Donnadie'J  R.   L.,  Recherches  pour  servir  a  l'histoire  des  Tetranyques.  Lyon  et  Paris,  1875. 
Dugès  A.,  Deuxième  Mémoiie  sur  l'ordre  des  Acariens.  Ann.  Se.  nat.,  Ser.  2,  Zool.  T.  I,  1834. 

—  —  Recherches  sur  l'ordre    des    Acariens.    Troisième    Mémoiie.    Ann.    Se.    nat.,    Ser.  2,  Zool. 

Tom.  II,   1834. 
Dugés  Ai.fr.,  Piqùre  du  Turicata  (Argas  turieata).  C.  Rend.  d.  la  Soc.  de  Biologie  (8),  II,  1885. 
Douitz  W.,    Ueber  afi'ikanische    Zecken.  Sitz.  Ber.  Gesellseh.  Naturf.    Freunde,    Berlin,     Nr.  5, 

1906. 
Dutton  I.  E.  et  Todd  I.  L.,  The  nature  of  Tick  Fever  in  the  Eastern  part  of  the   Congo  Free 

State,  etc.  Brit.   Med.  Jouru,   1905,  li. 
Fischf.r  (de  Wai.dheim)  G.,    Notice  sur  l'Argas  de  Perse  décrit  par  les  voyageurs  sous  le    nom 

de  punaise  vénimense  de  Mianah  (Argas  persicus).  Mém.  Soc.  Nat.   Moscou,  voi.  6,  1823. 
Fuller  C,  The  bovine  Tick  Fever  (Ixodes  boris  Riley).    Agric.    Gaz.  N.  S.  Wales,  voi.  7.   1896. 
Fììrstenberg  M.  H.   F.,  Die  Kriitzinilben  der  Meuschen  und  Thiere.  Leipzig,   1861. 
Galés,  Essai  sur  le  diagnostic  de  la  Gale,    sur    ses    causes    et    sur    les   counaissauces  médicales 

pratiques  à  déduire  des  vraies  notions  de  cette  maladie.    Théses    de  la  Facultè  de  Médecine 

de  Paris,   1812. 
George  C.  F.,     On    the    *  Blyborotigu  Tick  »    (Argas    Fischer')).    Journ.    Quekett.    Micr.     Club. 

voi.  4,   1874. 
Gerlach  A.  C,  Kriitze  und  Rande.  Berlin,   1857. 
GERSTRaCKER  A.,   Argas  reflexus  ein  neuer  Parasit  d.    Meuschen.  Arch.    f.    path.    Anat.    u.  Phys. 

19  Ihg.,   1860. 

GlBEHT  I.  M.,  'L'Argas  reflexus  et  son  parasitisme  chez  l'Homme.  Bordeaux,  1896. 

Girard  M.,  Note  sur  les  Acariens  qui  se  nourrissent  de    végétaux    vivants.    Journ.    Soc.    ceutr. 

d'iiorticult.  de  France,  Ser.  3,  Tom.  2,   1871. 
Gras  A.,  Recherches  sur  l'Acarus  ou  Sarcopte  de  la  Gale  de  l'Homme.   Paris,  1834. 


BIBLIOGRAFIA  145 

Green  E.,     Kemarckable     Weapong    of   Defence    (Helothyma  coccinella    Gerv.).    Nature,     voi.    47. 

Nr.   1209. 
GRIJNS  G.  et  I.   DK  Haax.,  Acarid.  als   Endoparass.  Geneesk.  Tijdsch.  v.  Nederl.,  Iudie,  Deel  41, 

1901. 
GUDDEN,   l'eher  fine  Invasimi  v.   Zepttts  autumnalis.    Ardi,  f.     Patb.  Anat.    a.    Physiol.,  52.   Bd., 

1871. 
GuzzoNl   M..  Sull'Acariasi   (Symbiotes  eoaudatns)  del  condotto  uditivo  esterno  e  sul    pneumoderma 

degli   animali  domestici.   Milano,    1877. 
Haan   1.  (DB)  ci   Grijns  G.,   Eine  neue  endoparasitiire  Acaride  (Pneumonyssus  limicola).  Centratiti. 

f.  Paraa    a.  Inf.,  XXX.   1901. 
Hallkr  li.,   Die  Milben  ala  Paraaiten  der  Wirbelloaenthiere,  iusbesonderc der  Arthropoden.  Halle, 

1880. 
Hermann  I.   E..  Mémoire  Aptérologique.  Strassbourg,   1804. 
HKRING  E.,   Die  Kratzmilben    der    Thiere     und    eiuige  verwandte   Arten    uach  eigenen   l'ntersu- 

chungen  beschrieben,   1835. 
Etjntbr  W.   D.  et  Hookbr  W.   A.,  The  norfch  american    Fever  Tick.  U.  S.  Dep.  of  Agric.  Bur. 

of  Bntoinol.,   Bullet,   Nr.   72.   1907. 
ItziGSOHN   H.,   Patb.   Bagatellen,   Psora  derinanyssica.  Ardi,  f.   path.  anat.,  XV,   1858. 
Koeii  C.   L.,   Deutschlands  Crustaceen,   Myriapoden  und  Araehniden.   Regensburg,   1835-1841. 

—  —   Systcmatische  Uebersicbt  iiber  die  Ordnung  der  Zecken.  Areb.  f.  Natnrg,  Jabrg.  10,  1844. 
KOSSEL   11.,   Weber  A.,   SCHtiTZ  et  MiESSNER,  l'ber  die  Hlimoglobinnrie  der  Kinder  in  Deutscbland. 

Ai b.  aus  deni  kais.  Gesuiidbeitsainte.   Bd.  XX.  H.   1,   1903. 
RAMER    P.     Beitriige    z.     Naturgesehicbte    d.     Hydracliuiden.     Ardi.    f.    Natiirgesch.,     41     Ibg., 
Bd.  1,  1875. 

—  —  Beitriige  zur  Naturgescbicbte  der  Milbeu.  Aron.   f.  Naturg.  Jabrg.  XLII,   Bd.   1,   1876. 
LaBOCLBÈnb  A.  et  Mégnin  P.,     Mémoire  sur  les  Argas    de    Perse.    Journ.    de    l'Anat.  et  de  la, 

Physiol..   issi". 

—  —   Mémoire  sur  le  Sphaerogyna   ventricolo  Xewp.  Jouni.de  l'Anat.  et  de  la  Physiol.,  T.     XXI 

1SS5. 
LaHII.le  E.,   Coutributiou   à  Pétude  des  Ixodidés  de  la  Eép.  Argentine.    Ann.     il.     Ministerio   de 
Agric.  Section  Zooteelm.,  ete.,   Buenos  Ayres,   1905. 

—  —  Un  enemigo  de  la  Langoata  {Podapolipus  berlesei  Lab.).     Boletiu    del     Ministerio   de  Agric. 

Buenos  Ayres,    1906,   p.   96. 
Landois  H.,  Eine  Milbe  (Phytoptns  riti*  n.  sp.)  als  Ursache  des  Trauben-Misswachses.     Zeitschr. 

f.   wias.   Zool.,  Bd.  XIV,   1864. 
Leonardi  G..  Storia  naturale  degli  Acari  insettieoli.   Bull.  Soo.  Entoin.  ital.,   1900. 
Locnsbdry  C  P.,  Trasmiasion  of  Afrioau  C'oast   Fever.  Cape  of  Good  Hop.  Dep,  of  Agric,  1904. 
MARCHAl,  P.,  Les  l'arsonemiin  des  Graminéea.  Deaor.  d'une  eapèce  nouv.  viv.   sur  PAvoine.   Bull. 

Soc.   Entom.,  Franee.  1902. 
MÉGNIN   P..   Sur   la   position   Zoologique  et   le  róle  des     Acariens    parasites    connus    sous    le    noni 

à'Mypopus,   Homopus  et  Trichodactylus.   C.  R.  Acad.   Sci..  T.  LXXVII,  2,   1873. 

—  —  Mémoire  si-  les  Hypopus.  Journ.  de  l'Anat.   et  de  la  Physiol.,  T.   X.   1S74. 

—  —  Note  sur  la  faculté  q'ont  certains  Acariens,   avec  mi    sans  bouebe.   de  vivre  sans  noiiriture 

pendant     des     phases    entières    de    leur  existence  et  mérue  pendant  tout  leur  vie.  Journ.  de 
l'Anat.    n    de   la    Physiol.,    T.    X,    1876. 

—  —   Monographie  de  la  tribù  des  Sarcòptidea  psoriques,  qui    comprend  tona  les  Acariens  de  la 

Gale  de  l'Homme  et   des  animaux.   Eev.  et   Mag.  de  Zool.,  Ser.  3,   1S77. 

—  —  Mémoire  sur  le  Demodex  follicnlorum   Owen.    Journ.  de  l'Anat.  et  de  la  Physiol..  T.  XIII, 

1877. 

—  —   Les   Acariens    parasites    du    tissu    eellulaiie    et     des    réservoires  aériens  chez  les  Oiseaux. 

Journ.   de  l'Anat.   et   de  la  Physiol  .   T.    XV,    1879. 

—  —   Les   Parasites  et  les  Maladies  parasitaires.    Paris,    ISSO. 

—  —  Un  acariasi  speciale  aux  Poules  de  Padone.  Comptes  rend.  Soc.  de  biol.,   Ili,   1891. 

—  —   Les  parasites  articulés  chez  l'Homme  et  les  animaux   ntiles.   Paris,   1895. 
— .  —    Fu   Acariens  d  aligere  a  x  de  l'ile   Maurice   {Holoihyrus  coccinella  Gerv.). 
Michael  A.   D..   British  Oribatidae.  London,   1884-1888. 

The  Progress  and  present   State  ofour  knowledge  of  the  Acari.    Presidente  Adress.  Journ. 

tinnì    the    Royal    Micr.    Soc.    London,    1894, 

—  —  Oribatidae.  Daa  Tierreich,   3  Lief.,    Berlin,   1898. 

—  —   British   Tyroglyphidae.  London,   1901-1903. 

MlYACBE  11  et  Scriba  L,  Nephropliagu»  sangumarius  ein  nener  menschlicher  Parasi t  in  Uroge- 
nitalapparat.   Mitth.   aus  d.   med.    Facult.   d,    Kais  japan   Univ.   Tokio,    1894. 

Moniez  IL,  Histoire  naturelle  du  Tydaeva  molestus,  àoarien  qui  s'attache  à  l'Homme.  Eev.  biol. 
du    Nord    de   la   Franee,    VI,    1891. 

—  —   Sur  Ics  differente  Acariens  qui   s'attacheut   a   Phomnie  et  qui    ont   recu   le  noni   de   Roùget. 

Revne  biol.   Nord   Franee,   7  Année. 
Motas,   Sur  le  r6le  des  Tiques  daus  le  développement    de    la    Piroplasma    orine  (Carceag).    C.  R. 

Soo.    Biol..   T.    LV,   1903. 
MilLLER    li.    F.,    Hydrachtiae  quas   in   aqnis    Daniae    paliistrilius  detexit,  descripsit,  pingi   et   tabulis 

aeneia  incidi  curavit  O.  F.  Mailer.   Lipsiae,   1781. 

A.  Bbblkse,  Gli  Insetti,  II.    —  19. 


146  CAPITOLO    PRIMO 


Nai.kpa  A.,  Beitrage  zur  Systematik  dei-  Phytopten.     Sitz.    Ber.  K.    Akad.  Wiss.  Math.  naturw. 
CI.   Bd.   XCVUI,   AMh.   I,   1889. 

—  —  Beitrage    zur    Kenntniss    der    Phyllocoptiden.    Nova    Aota    Leop.    Carol.    D.    Akad.  Nat. 

Bd.  LXI,  1894. 

—  —  Eriophyidae  (Phyioptidae).  Das  Tierreicli.  Liei'.  4,  Acariden,  Berlin,   1898. 
Neuman  C.  ì .,  Ohi  Sveriges  Hydracbnider.  Kgl.  Sv.   Vet.  Akad.  Handl.,  Bd.  XVII,  1880. 
Netjmann  G.,   Revision   de  la   famille  dea  Ixodidés.   Meni.   Soc.   Zool.   Franee,   1896-901. 
Note  sur  les  Isodidés,  VI.  Arch.  d.  Parasitol .,   Bd.  XII,   1908. 

Newstead  R.  On    the    pathogenic    Ticks    concerned  in  the  Distribution  of  Disease  in  Man,  etc. 

Brit.  Med.  Joum.,   1905,  II,  1905. 
Nicolkt  H.,  Histoire  natnrelle  des  Acariens  qui  se  trouvent  aux  environs  de  Paris.  Archives  du 

Museum,   T.   VII,   1854. 
Nylander  I.   C,   Exanthemata  viva.   Amoenitates  Academkae,   V,   1757. 

Nosotti  1.,  Sull'Ematinuria  dei  Bovini  e  sulla  Malaria  del  bestiame  nell'agro  romano.  Roma,  1898. 
Nutai.i.  G.  H.  F.  et  Warburton  C,  Tieks.  A  Monograpb.  of  the  Ixodidea.    Part.  I.  The  Arga- 

sidae,   Cambridge,   1908. 
OuDEMANS  A.   C,   Kevision  des  Chélétinés.   Meni.   Soc.   Zool.   Franee,   T.   XIX,    1906. 

—  —   Die  bis  jetzt    bekannten    Larven    von    Thrombidiidae    und    Erythraeidae,    mit    besonderer 

Berucksichtigurjg  der  i'iir  den  Merischen  schiid  lichen  Arten.  Zool.  Jahrbiich,   1912. 
Pknzig  O.   et    Chiaiìrera    C,     Contributo  alla    conoscenza   delle  piante    acaroiile.    «Malpighia», 

anno  XVII,   1903. 
Piersig   B.,   Dentschlands  Hydracbniden.   Zoologica.   Bd.  IX,   H.   22,   Stuttgart,   1897-1900. 
Piersig  R.  et  Lohmann  H.,    Hydracnidae  urid    Halacaridae.    Das    Tierreich,     Lief.     13,   Acarina, 

Berlin,  1901. 
Raspail  F.  V.  et  Aubé,  Considerations  géncrales   sur  la  Gale  et  l'insecte  qui  la  produit,  Pario, 

1836. 
Renucci  S.  F.,  Thèse  inaugurale  sur  la  découverte    de    l'insecte  qui  produit  la  contagion  de  la 

Gale  du   Prurigo  et  du   Phylacia.   Paris,    1835. 
Reuter  E.,   Zur  Morphologie  und  Ontogenie  der  Acariden  mit  besonderer  Beriicksichtigung  von 

Pedieulop8Ìs  yraminum  (E.  Reut.).  Acta  Societatis  Se.  Fenn.,  T.  XXXVI,  Nr.  4,   1909. 
Robin  Oh.  et  Mégnin  P.,    Mémoire    sur    les  Sarcoptides  plumicoles.  Journ.  de  l'Anat.  et  de  la 

Physiol.,  T.  IX,   1873. 
Robin  Uh.  et  Rouykr,  Eruption  cutan.  due  a  l'Acarns  du  blé.  C.   Rend.  Soc.  Biol.,  Paris,  IV, 

1867. 
Ronsikyai.lk  M.,  Sui  fenomeni  morbosi  prodotti  nell'Uomo  da  un  Ixodide  denominato  Hyalomma 

aegyptinm  L.  Boll.  Acc.  Gioenia  di  Se.   natur.   in  Catania,  XVII,   1891. 
Rovelli  G.  e  Grassi  G.   B.,    Di    un    singolare    Acaride    l'odapolipus  mondiiiis  n.  sp.  Bull.  Soc. 

Entom.   Itili.   Anno  XX,   1N88. 
Salmon  D.  E.  et  Stii.es  C.  W.,    The  Cattle  Ticks  (Ixodidea)   of  the  United  States.   17:  th  Ann. 

Rep.   of  Bureau  of  Anim.   Industry   f.   the  year,   1900,   Washington. 
Sberna  S.,   Dermatosi  accidentale    da    Acari    della  Tignuola  del  grano    (Pediculoide*  rentrioesui). 

Giorn.   it.   delle  malattie  veneree  e  della  pelle,   1,   Milano,   1909. 
Schmidt  A.,     Die    Zeckenkrankheit    der    Rinder  (Haemoglobinaemia    ixodioplasmatica    bouni)  in 

Deutsch.   Englisch.     Ostafrika   und   Uganda.   Soud.,     Abdr.   Arch.    f.   wissensch.   u.   pakt.  Tier- 

heilkunde,   Bd.   XXX,   Berlin,    1904. 
Simon  G.,     Ueber    eine    in  den  kranken   und   normalen   Haarsiicken   des  Menschen   lebende  Milbe. 

Muller's  Archiv.   f.   Anat.   u.   Physiol.   Jahrg.,   1842. 
Tanaka  K.,  Ueber  Aetiol.  u.  Pathol.  der  Kedani-Krankli.  Centralblatt  f.  Bacteriologie,  Parasitol., 

u.   Infect.,   XXVI,   1899. 

—  —  Ueber  meine  japanische  Kedani-Krankh.   Ibidem,  XLII,   1906. 

Trììgììrdh  I.,   Pimeloiia  apoda  nov,  gen.    u.    spec.     eine    auf    Coleopteren  parasitierende  fusslose 

Sarcoptidae.  Zool.  Anz.,  Bd.  XXV,  Nr.  680,   1902. 
Trotessart  E..     Revue    synoptique    de    la  Famille  des  Baìaearidae.     Bull.   Scient.   de  Franee  et 

Belgique,   1889. 
-   —   Considerations  gfnérales  sur  la  olassification  des  Acariens  suivies  d'un  essai  de  classification 

nonvelle.   Rev.   Sci.   Nat.   de  l'Ouest.   1892. 

—  —  Note  sur  un   Acarieu    parasite    des    fosses    nasales    de    l'Oie    domestique.    Rev.   d.   Se.  nat. 

appi,  pubbl.  )).  la  Soc.  nat.  d'acclimatation,  N.  9,   1895. 

—  —  Note    sur    Porgane    de    fixation     et    de    succimi     du     Rouget    (larve  de  Trontbidiiim).    Bull. 

Soc.   Entom.  de  Franee,   1897.   Zool.   Centralbl.,  5  Ihg.,   1897. 

—  —  Sur  la  piqùre  du   Rouget.  Arch.  de  parasit.,   T.   II,   1899. 

—  —  Endoparassitisme  accidente!  chez  l'Homme  d'une  espèce  de  Sarcoptide  détriticole    (Hielie- 

gatler  spermaticus).  Arch.   de  Parasitologie,    1902. 
Vizioli  F.,  Acari  esistenti  sotto  la  cute  ed  in  mezzo  ai  muscoli  nei  polli.  Bull.  Accad.  Aspiranti 

naturalisti.  Napoli,  1864. 
Wagner  A.,   Uber  das   Work  v.  Dermanystus  «riunì  beim  Menschen.   Inaug.   Diss.  Greifswald,  1873. 


BIBLIOGRAFIA  147 


IV.  Altri  Aracnidi. 

Albin  E..  A  imi  mal  history  of  Spiders,  and  other  ourious  Iuseots.   Loudon.   1736. 

Ai  ih ii  in  s..    Description  tlo  l'Egypte,   Aracnides.   Paris,  1825-27. 

A.DSSBRER   A.,    Die    Araohniden    Tirols  nacb    ihrer    horizontaleu     und    verticale!)    Verbreitung    I. 

VerhaDdluugen  der  zoologisch  botanischeu  Gesellsohafl  in  Wienn.  Bd.  XVII,  1867. 
Bai.zan   L.,  Chemetidae  nonnullae  sud  americauae.   Asnneion,  Paraguay,   1887. 

Revisione  dei    Paeudosoorpioui    del    Bacino    del    Parane  e  Paraguay.    Ann.    Museo    Civico, 

voi.   IX.  Genova,   1890. 

—  —  Chernetea  de  Venezuela.  Ann.  Soc.  Entomol.   Franco,   voi.  LX,   1891. 

Banks  X.,    The   Nemastomatidae  and   Trogulidae  of  the  United  States.   Psyche,   voi.   7,  1894. 

Bl  '  K   L.,  Les  Aracnides  de  Belgique.   Annales  du  Musée  rovai  d'histoire    naturelles  de  Belgique, 

T.   X,    Bruxelles,    1882. 
BerGSOE  V.,  Jagttagelser  om  den  Italienske  Tarantel  og  Bidrag  til  Tarautismens    historie  Mid- 

deloldeien  og  nyere.  Tid.  Naturk.  Tidskrifr.  3,  Eaekke,  Bd.  Ili,  1865. 
BiRii.A  A,,  Zur  Kenntniss  der  russischen   Galeodiden.  Horae  Entomol.  Kossicae,  1893. 
BlaCKwal  J.,     A  catalogne  of  British  spiders  includine  remarks  ou   their    structure,    functions, 

oeconomy  and  systematic  arrangement.   Annales  and    Mag.  of  Nat.   Hist.    2  Ser.,    Voli.  VII, 

Vili  (1851),  IX,   X  (1852). 

—  —  Naturai  history    of    the    Spiders    (Aranci)    of    Great-Britain     and    Ireland.    Two  volumes. 

Loudon,    Bay   Society  Jol.   with  29  coloured  plates,    1861-1864. 
Bolivar  [.,  Enumeracion   de    Aranéidos    y    Acaridos   de    Espiata.    Anales  d.  Soc.  espandi.  Hist. 

nat.,  T.  4,  1875. 
Canestrini  G,,  Intorno  agli  Aracnidi  dell'ordine  Araneina  osservati  nel  Veneto  e  uel    Trentino. 

Commentario  della   Fauna,   Flora  e  Gea   nel    Veneto  e  nel  Trentino,   Fase.   2,    1867. 

—  —   Enumerazione  degli   Aracnidi  dell'ordine  Araneina  osservati  nel   Veneto  (ibid.),    1868. 

—  —  Araneidi   italiani.    Atti  della  Società  italiana  di   Scienze  naturali,    Voi.   XI,   fas.   Ili,   1868. 
CANESTRINI   G.   e   Pavesi   P.,    Araneidi  italiani.    Atti    della    Società  italiana  di  Scienze  naturali. 

Voi.    XI,    fase.    Ili,    1868. 

—  —  Catalogo  sistematico  degli  Araneidi   italiani.    Archivio    per    la    Zoologia,     l'Anatomia   e  la 

Fisiologia,  Ser.  II,   Voi.  II,   1870. 
Clerck  C,  Aranei  suecici.   Stockholmiae,  1757. 
Costa  A..   Sugli  effetti  del  veleno  dello  Scorpione  tunisino  (Buthus  Umetanus)  nell'Uomo.   Rendic. 

Acead.    Se.    l'is.    Napoli,    1893. 
Dofour  L.,     Oliservations    sur    la    Tarentule  (LyiMsa   taran tuia),  avec  la  ligure  de  cette  arauéide 

Ann.   So.   nat.   2   Ser..   Zo:d.,  T.   Ili,   1835. 
F.u.i.i'x  C.   1.  lì..  Genera  Araueidum  Sueciae.  Lundae,  1823. 
FanzaGO    F.,   Sugli   Scorpioni  italiani.   Soc.   Veneto-Trent.   di  Se.   nat.,    1872. 
Graells  M.   de   la   Paz.   Notice  sur  divers  faits  qui  contirnient  la  propriété  venimeuse  du   Latro- 

dectus  uni  Ini  il/ natili  Walckenaer.  Ann.  de  la  Soc.  Entom.  de  Franco,  T.  XI,  ls42. 
Grassi   B.,   I   progenitori  dei   Miriapodi  o  degli  Insetti.   Memoria  V.  Intorno  ad  un  nuovo  Aracnide 

artrogastro  [Koenenia  mi  rulli  li*).    Bull.   Soc.    Entom.   ital.,   anno  XVIII,   1886. 
Hah.n  C.   \\\.   Mouographia  Arauearum.   Monographie  iler  Spinnen.  8  Hefte.  Niirnberg,  1820-1836. 

—  —    Description   and   ligures  of  the  Araneidcs  of  the   united  States.     Boston  Journal  of  Naturai 

History,   1842-1850. 
Hahn   C.    \V.,    and    K.OCH   C.   L.,    Dio    Arachniden,   uach  der    Natur    abgebildet   und  beschrieben. 

16   Voli..   Niirnberg.    1831-1818. 
Hansen  H.   !..  Organa  and   Characters  in  different  Orders  of  Arachnids.    Entomol.  Meddel.   udg. 

af  Entomol.    Foren.,    Bd.    IV,    1893. 

—  —  Ou  six  species  of  Koenenia,     with     Kemarks  ou    the    Order  Palpigradi.  Eutomol.    Tidsckr. 

Iahrg.   XXII,   1902. 
Hansen   H.  I.  et  Sorensen  W.,     The    Order     Palpigradi  Thor.    (Koenenia  mirabili*)  und  its  Rela- 

tionship  to  the  other  Arachnida.   Entomol.  Tidskr.  Iahrg.  XVIII,   1898. 
Hentz  N.   M..   (in   North-American   Spiders.     Sillimam     American    Journal    of  Sciences    and  Arts. 

Voi.   XXI,   1832. 

—  —  Descriptions  ami  ligure  of  the  Spiders  of  the  United  States.  Boston  Journ.  N.   Histor 

1842-50. 

—  —   ami  Si  UDDKR  S.    H.   Supplement  to  the   descriptions    and     ligures  of  the  Araneides    of  the 

United  stale-,  by  Nicholas  Marcellus  Hentz.  Edited  by  S.  H.  Soudder.  Proced.  of  the  Bostou 

Soc.  of  Nat.    History,   Voi.   XI,    1868. 
Herman  <>.,   Magyarorszàg  póki  faunaja  (Ungarns  Spinnenfauna)  Irta  a  k.  m.  természettndomauyi 

tarsulat  megbizàsàlml.    Harom   Kdtet,   lo   Konyomatu   ta'blàval.    Budapest,   1876-1879. 
Holmbbrg  E.  L.,  Arachnidos  de  la  Pampa  meridional  y  de  la  Patagonia   septeuirional.     Buenos 

Ayres,   1881. 
Karsch  F.,   Diaguoses  Arachnoidarum  Iaponiae.    Berlin.    Entom.    Zeitschr.,   25    Bd.,    1882. 
Keyserung,  Graf   E.,   Die  Spinnen   Amerikas.    Epeiridae.   NUrberg,    1892. 
KOCH   C.   L.,   Die  Arachniden.    fide   Haliti   .uni   Koeli,    Die  Arachniden,   1835-1811. 
Uebersicht     dea     Arachuideu-Syatems.     5    Hfte.     Niirnberg.      1837  1850     (Ufi.      1:     1837; 

Hfr.  :.  :    1850). 


148  CAPITOLO    PRIMO 


Koch  L.,  Beitrag  zur  Kenntniss  der  Arachnidenfauna  Tirols  (Zeitschrift  des  Ferdinandeums 
far  Tirol  und   VorarJberg.  3  Tolge,  14  Heft.),  1869. 

-  Beitrag  zur  Kenutnisa  d.  Arachnidenfauna,  Tirols.    2  Abbandlung.    (Zeitschrift  des  Ferdi- 
nandeuins  fiir  Tirol   und  Vorarlberg,   3.   Folge,    17.  Heft.).    1872. 

—  Beitriige  zur  Kenntniss  der  Arachnidenfauna  Galiziens.  Jahrbuch  de  k.   k.   gelehrten  Geaell- 
seliaft  in   Krakau,    1870. 

-    Die  Arachnideu  Australiena  nach  der  Natur  heachrieben  und  abgebildet.  Niiruberg,  1871-72. 

—  —  Aegyptische  und  Abyssinische  Arachniden  gesammelt  von  Herrn  C.  Jickeli,  Nfiraberg,  1875. 

\  erzeichnisK  dei  bei  Niiruberg  bis  jetzt  beobacliteten  Arachuiden  und  Acariden.  Abhandlungen 
der  naturhistoriscben  Gesellschaft  zu   Niimberg.   6.   Bd.,   (1878),   1877. 

Kolknati  F.  A.,  Beitriige  z.  Kenntniss  d.  Arachniden.  Sitzber.  Math.  naturw.  CI..  40  Bd.. 
1800. 

Kraepki.in  K.,  Revision  der  Scorpioner.  Beiheft  z.  Jahrb.  d.  Hamburg.   Wiaa.  Aust.,  1893. 

-  K'evision  der  Taranti/Urini  Fabr.  (l'hn/ìiiden  Lati-.).  Abhdl.  aus  d.  Gel),  d.  Naturw.   Hamburg, 
13.    Bd.,   1905. 

Lambottk  H.,   Xotice  sur  le  Thóridion  malmignatte.   Bulletina  de  L'Académie  Royale  des  Scienee9 

et  Belles-Lettres  de  Bruxelles,   Année   1837.   T.   IV,   1838. 
Lankkster  E.   Ray.,   The   Striieture  and  Classification    of   the    Arachuida.    Quart.     Journ.     Micr. 

Sei.  N.  Ser.,  Voi.  XLVLU,  1904. 
Latkeiu.e  P.  A.,   Vues  généralea  sur  les    Aranéides  à  quatre  pneumobranchea    mi    quadripulmo- 

naires,  Buiviea  d'une  notice  de  quelques    aspèces  de  Mygales    inédites  et,    de  l'habitatiou   de 

celle    qu'on    nomine    n ididans.    Nouvellea    Annalea    du    Mus  uni    d'Histoire    naturelle.  T.  I, 

1832. 
Listbr  M.,  Historiae  animalium  Angliae  tres  tractatus.   Londini.  1678. 
Lucas  11.,  Note  sur  le  Catrodectus  ma  Imi  irmi  tu».    Ann.    de    la    Soc.  Ent.   de   Franco,    2  Sér.  T.  I, 

Bull.,   1843. 

—  —  Latrodectus  martias  trouvé  en   France  (ibid.   Bull.).   1847. 

—  —  Note  sur  l'espéce  Lairodecttia  martini  (ibid.,  2  Sér.,  T.   VI.  Bull.),   1848. 
Maiìtyx  Th.,  Aranei  or  a  naturai  liistory  of  Spiders.  London,  1793. 

Mahmocchi  F.,  Memoria  sopra  il   Ragno    rosso    dell'agro    Volterrano.     (Atti     dell'Accademia    dei 

Fisiocritici  di  Siena,   T.   Vili,   1800. 
Menge  A.,   Preussische  Spinnen.   Schriften  der  Xatnrforscbenden   Gesellschaft  zu  Danzig,    1S66-79. 
Moniez  R.,   A  propoa  des  publicationa    récentes    sur    le    faux     parasitisme    des    Chernetides    sur 

differente  Arthropodea.   Revae  Biolog.  d.  Nord  de  la  France,   1893. 
MOTSCIIOULSKY   V.,     Note  sur  deus     Araigncea    venimenses    de  la  Russie  meridionale  qu'on   croit 

etre  le  Tchina  des  Kiolmouks.   Bull,  de  la  Soc.  Imp.   di  Natur.  de  Moscou,  T.  XXII,  Année 

1849. 
Ninni  A.  P.,  Catalogo  degli  Araneidi  Trevigiani.  Venezia  1809. 
— .  —  Indice  alfabetico  sinonimico    e   sistematico    degli    Aracnidi    Veneti     dell'ordine    Araneina, 

Parte  prima.   Venezia,   1870. 
Ohleht  E.,   Die  Araneiden  oder  echten   Spinnen  der   Provinz   Preussen.   Leipzig,    1867. 
Oza.nam  Ch.  Etude  sur  le  venin  des  Arachnidea  et  son  emploi    en    Thérapeutique,  suivie  d'une 

dissertation   sur  le  Tarentisme  et   le  Tigretier.   Paris,    1856. 
Pavesi   P.,   Catalogo  sistematico  dei   Ragni  del   Cantone  Ticino  con  la  loro  distribuzione  orizzon- 
tale e  verticale  e  cenni  sulla  Araneologia  elvetica.   Genova,    Estratto  dagli   Annali  del   Museo 

Civico  di  Storia  Nat.,  Voi.  IV,   1873. 
Pbtrdnkkvitch   A.,   A   Synonimic  Index  Catalogne  of  Spiders  of  XT.,  C.  and  S.  America  with  ali 

adiacent  Ialanda,  Greenland,  Bermuda,    West  Indies,  Terra   del  fuego,  Galopagos,  etc.     Bull. 

of  the  Museum  of  Nat.   Hiat.  New  York,   Voi.  XXIX,  1911.  Molto  ricca  la  bibliografia  per  le 

suddette  località. 
POCOCK   R.   I.,   Les  nioeurs  des  Scorpions.   Revue  Scientif.,   T.   32,   1893. 

—  —  Furter    Notes    and    observations    upon    the     Instincts    of    some    common   English  Spiders. 

Nature,   voi.   49,   1893. 

-  Scorpions  and  their  geograpbical  diatribntion.  Naturai  Science,  voi.  4,   1894. 

—  Musical  Boxes  in  Spiders.  Naturai  Science,  voi.  VI,   1895. 

Puga-Borxe  E.,  El   Lairodechis  formidaiilis  de  Chile.  Actes  Soc.  Scientif.  Chili,   1892. 

Raikem  A.,   Recherches,  observations  et  expériencea    sur    le    Theridion   malmignatte    de  Volterra 

et  bui1  les  efiets  de  sa  morsure.   Ann.   d.   Sciences  Nat  ,   2   Sér..   T.   XI,   1839, 
RucivKR  A.,  Further  observations  on   Koenenia.   Zool.  Iahrb.   Abt.  f.  Syst.,   Bd.  XVIII,  1903. 
Schongast  C.  A..  Eukurek  Peraarum  morsumque  Tarantulae.  Lipsiae,   1668. 
Simun   E.,  Hiatoire  naturelle  des  Araignées  (Aranéides).  Paris,   1864.  2.'"'  ediz.,  Paris.   1892. 

—  —  Les  Arachnidea  de  France.  Tome  I-VII.  Avec  planches.   Paris,  1874-1884. 

-    —   Xotice  sur  les  Aranéides  cavernicoles  et  bypogées;   Ann.  Soc.  Entom.    France,  5  Sér..  T.  II, 
1872. 

—  —  Etudes  arachnologiques.     VII    Révision    des    espéces    européennes  du  gtoupe    de  la  Lycosa 

tarentula  Rossi.  Anuales  Soc.  entom,  de  France,  Tome  VI.   1876. 

—  Etudes  aracnologiquea  24   Méin.   Avicularìdae.  Ann.  Soc.  Entom.  France,   voi.  61,   1893. 
Stavei.ey  E.   F.,   British  Spiders:    au   introdnetion  to  the  study  of  the  Aranei d  of  Great  Britain 

and   Ireland.   London,   1866. 
Sundevall  C.  J.,  Specimen  aoademicum  genera  Araneidum   Sueciae  exliibens.   Lundae,   1823. 


BIBLIOGRAFIA  149 


Sl'NDKVAU.   C.    .1.,    Conspeclus    Arachnicluiu.    Dissertai  io  accademica.    I.onilini   Gothorum,   1833. 
Taczanowszky    L.,     Lea    Aranéides    de    la    Guyane    Francaise.    Borae    Sooietatia  Eutomologicae 

Rossicae  Vili,  IX,   X,   1872-73. 
THORKLL  i'.   Recensii)  critica  Araneariini   sueoioarum,  quas  deseri  psem  ut   Clerokius,   Linnaeus,    De 

Geertis.  Nova  Aefca  Regiae  Sooietatis  Scientiarum     LTpaalienaia,    Sér.  3,    Voi.  II,    l'ars  Prior., 

L856. 
Thorell  T.,  Oh  Europea»  Spider,   l'art.  I   Review  of  the  European  Genera  of  Spidera,  preceded 

hv   some  olisci  vai  ions  on   Zoological  Nomenclature.   LTpaala,    1809  1870. 

—  —   Remarka  mi  Synonyms  ni'  Envopean  Spideia.   Upsala,   1870-73. 

—  On  the  Classifica!  ion  on  Scorpions.   Ann.  and   Magaz.  ni'  Xatur.  Ilist..    1876. 

—  —  Etudea  acorpiologiquea.  Milan,   1877. 

Toti   I,..   Memoria    fisico-medica    sopra    il   Falangio  o  Ragno  venefico  dell'agro  Volterrano.    Atti 

dell'Accademia  dei   l'isiocritiei  di  Siena,  T.   VII,   1794. 
Waxckknaer  C.  A.,  Tableau  des  Aranéidea.   Paris,   1805. 

—  —   llisioiic  Naturelle  des  Aranéides,   Paris  et  Strasbourg,    1806-1808. 

-  —  Mémoire  sur  une  nouvelle  classificatimi    des    Aranéides.     Ann.  de  la  Soc.  Ent.  de  Franco, 

T.   II,   1833. 
Wjbed  C.  M.,  A   l'reliuiinarv  aynopais  of  the  Harvest  Spiders  (Phalangiidae)  of  Mississipi.   Psyche. 

Voi.  6,  Imi::. 
Wbissendborn  B.,   Beitrage  zur  Pbylogenie  der  Araclmiden.  Jen.  Zeitachr.  f.   Xaturw.,  Bd.  XX, 

18S7. 

Westring  N.,   Araneae  Suecicae  deacriptae.  Gothoburgi,   1861. 

Whkkler  W.   M.,   A  aingnlar  Arachnid  [Koenenia    mirabili*    Grassi)    oconrring    In    Texas.    Amer. 
Natur.,  Voi.  XXXIV,  Nr.  407,   1900. 

V.  Miriapodi. 

Ba.CHEI.ier  L.,   La  Scolopendre  et  sa.    piqftre.  Des    accidents    qu'elle    determino    chez    l'Homme. 

Paria,  1887. 
BEKLESE  A.,   Studi   critici  sulla  sistematica    dei     Chilognati    conservati    nella  raccolta  del  Museo 

zoologico  d.   R.   Università  di  Padova.   Parte   I.   Julidae.  Atti   d.   R.   Istituto  Veueto,   1884. 

—  —  Jnlidi  del  Museo  di  Firenze.   Bullett.  Soc.  Entomol.  ital.  Anno  XVIII,   1886. 

Boi.lman  Ch.  H.,  The    Myriapoda    of   North    America.    Unit.    Stat.    Nat.     Mus.    Bull.,    Nr.    Iti, 

Washington,   1893. 
Borrk  A.,   Tentameli   catalogi  Gloiiieridamiu   hucnsque    descriptaruin.     Ann.     Soc.    Entom.   Belg., 

T.  28,   1884. 
Brandt  J.  F.,  Teiitaininnin  quorundam  uionographicoruni    Insecta   Myriapoda  Chilognata  Latre- 

illii  spectantium.   Bullet.  de  la  Soc.  Imp.  des  Natnraliatea  de  Moscou,  VI.   Paris,   1833. 

—  —  Generis  luli  specierum  ennnieratio.    Bull,   scientif.   d.   l'Acad.   Petersb.,    VIII.   (1844),   1840. 

Keniai(|iies   iM;nérales  sur  l'ordre  des     Insectes    Myriapodes.    Bull,    scientif.     d.   l'Acad.   St. 
Pétersb,  VII.,   1840. 

-  Recueil  de  mémoires  relatifa  a  l'ordre  des  Insectes   Myriapodes.    Extrait  du   Bull,    scientif. 
d.  l'Acad,     Imper.    d.     Sci.    de  St.  Pétersb.,  T.  V,   VI,   VII,   Vili  et  IX.    St.     Pétersburg 
Leipsig,  1841. 

Bròlemann  H.   W.,  Miriapodes  cavernicoles.   Soc.  Entom.   Franco}  1900,  1902. 

Castelli  li..  Note  intorno  un  caso  di   presenza  di  Geofili  nelle  cavità    nasali    dell'Uomo.  Giorn. 

R.    Accad.    di    Med.   di   Torino,    XXXII,    1884. 
Cavanxa  G.,  Nuovo  genere  (Plutoninm)  e  nuova  specie  (P.   Zwierleivi)  di  Scolopendridi.    Bull.  d. 

Soc.   Ent.   ital.,   XIII,   Firenze,   T.   I,    1881. 
Daday   E.,   Myriopoda  regni   Hungaiiae.   Budapest,   1889. 
Decerfs  X..  Observation    sur    une  Scolopendre    rendue   vivante  par  le  nez.  Compt.  rend.   Acad. 

Se,   XIX,   1844. 
Dnsois  R.,  Les  Myriapodes  lumineux.   Rev.  Scient.,  XXXIX,   1884. 
DrjGÈS  A,,   Sur  Ics   uioeurs  d'une  grande  eapèce  de   Scolopendre   niexicaine.  C.  R.  Soc.   Ent.   Belg. 

XXXI,   1887. 
Fanzaiìo  F.,  1   Chilopodi   italiani.   Padova.  Atti  d.  Se.   Ven.-Treut.,  Ili,   fase.  I,   1874. 

—  —  I  Chilognati   italiani.   Padova.   Atti  d.   Se.    Ven.-Trent.   Ili,   fase.   2,   1874. 

-  —  Sopra  alcuni   Miriapodi  cavernicoli  della  Francia,  e.  della  Spagna.    Roma.    Reale    Acad.  dei 

Lincei,   ser.   3,   Meni.   d.   Classe  di  se.    tis.    mat.   e  nat.,   I,   1877. 
Pedrizzi  G.,   Miriapodi  del  Trentino.     I    Chilognati.    Annuario    d.    Soc.     dei    Natur.    in   Modena, 

ser.   2,   XI,   1877. 

Miriapodi   del   Trentino,   II.   I   Chilopodi.    Ibid.    XII.    1878. 

l'<>\- 1  aixe,     Un    nouvel  ennemi  de  la    Vigne:     Bìaninlus    g  attuici  tus,    Compt.    Rend.    Accad.    Se. 

Paria,  T.   117,  1893. 
Cadeau  de  Kerville,   Les  Mvriopodes  de  la  Normandie.  Bull.  Soc.  Amia.  d.  Se.  nat    d    Rouen. 

1884  85-87  -89. 
GazaGnaire   1'.,  La  phoaphoreacenoe  cdiez  les  Myriapodes.  Bull.  Soc.   Ent.  d.  Franco,  1888-1890. 
Geer  C.  De,  Observations  sur  les  Millepedea.    Académie  de  scieuces  de  Paris,    I-III,    1764-1760 


150  CAPITOLO    PRIMO 


Gervais  P.,  Etudes  pour  servir  a  l'histoire  nat.  des  Myriap.  Ann.  sci.  nat.,  2  ser.,  VII,  PI.  IV, 
1837. 

—  —  Sur  la  Soolopendrella   notacantha    et    plusieus    autr.     aniui.    Myriop.  Eevue,  zool.  p.   1.  Soc. 

Cuviér,  II,  1839. 
Myriapodes.  In.   Walckeuaer,  Hist.   natur.  des  Iusectos.  Aptéres,  IV,  Paris  (Suite  6,  Buffoni 

1847 
Giard  A.,   Note  sur  l'existence  tempor.   de  Myriapodes  dans  Ics  fossés  nasales  de  l'Houiine.   Bull. 

scientif.  dépt.  du  Nord,   1880. 
Goeldi  E.,  Os  Myriapodos  do  Brazil.   Boi.  Mus.   Paraeuse.  Voi.  I,  1895. 

Haasb  E.,  Sohlesiens  Chilopoden,    I,   Chilop.   Auauiorphota.   Inaugurai   Dissert.,   Breslau,   1880. 
Sehlesiens  Chilopoden,    II.     Chilop.  Epimorpha.    Zeitschr.   f.   Entomologie,  Neue  Folge,  8. 

Hel't.   Breslau,    1881. 
—  Beitrag  znr  Pbylogenie  und  Ontogenie  dei'  Chilopoden.   Zeitschr.  f.  Eutomol.,  Neue  Folge, 

8,   Heft.  Breslau.   1881. 
Sehlesiens  Diplopoden.  Zeitschr.  Ent.   Breslau,   1886. 

—  —  Die    indisch-australischen    Myriopodeu,    I,     Chilopoden.     Ber.    d.    Kòn.    zool.   u.    anthrop. 

ethnogr.   Mus.,   Dresden,   1886. 
Henninger  et   Elvkrt.,  Disputati»  sisteus  Millipedas.  Argentorati,   1711. 
Humhert  A.,  Essai  sur  les  Myriapodes  de  Ceylan.    Meni.     Soc.    de  Phys.  et  Hist.  nat.,  Genève. 

XVIII,  1865. 
_  Myriapodes    des    environs    de    Genève.    (Ouevre  postume).    Meni.  Soc.  de  Phys.  et  d'Hist. 

Nat.  de  Genève,  T.  XXXII,   1894. 
Kenvon  ¥.  C,  Morphol.  and  elassific.  of  the  Pauropoda,   with  notes  of  the  Diplopoda,  1895. 
KOCH  C.  L.,  System  dei-  Myriapoden.  Regensburg,   1847. 

—  —  Die  Myriapoden.    Gehen    nach    der    Natur.     abgebildet  und  beschrieben,    I  und  II.     Mit., 

119  color.   Tafeln,   Halle,    1863. 
Kohbracsch  E.,  Gattungeu  und  Arten  der  Scolopeudriden.    Archiv   f.  Naturgesch.    v.  Troschel, 

XLVII,   1881. 
Kraepelin  K.,   Kevisiou  der  Scolopeudriden.    Hamburg,   1903. 
Latzel  R.,   Die  Myriopodeu  d.   Ostterr.    Ungar.   Monarchie.   Wieu,   1880-1884. 
_   Beitrag  zur  Myriopodeu  Kenntnis  Oesterreich   Uugarns  und  Serbiens.  Verh.   d.   zool.  botan. 

Gesellscb.,  Wien,  XXXII,   1882. 
Lubbock.  On  Paiiropus,  a  new  type  of  Centipede.  Trans.  Liiin.  Soc.   London,  XXA'I,  PI.  X.  1867. 
LucaS  H.,   Myriapodes  du  Gabon.   Tbomsou's  Archives  entoni.,   II  (Voyage  a u  Gabon),   1858. 
_  —  Note  sur  les  dégàts  causès    au     Phaseoltis     vulgaris     par    la    présence  eu   grand   nonibre    du 

Blaniulus  guttitlatut.  Ann.   Soc.   eutom.    France,  4   sér.,  I,   Paris,    1861. 
Mattozo  F.  Santos.,  Les    Myriapodes    d'Afrique    au    Muséum    de    Lisbone.    Journ.    Se.    Matb. 

Phys.  e  Nat.  Lisboa.  Nr.  31,   1882. 
Meinert  Z.,  Daumarks  Scolopendrer  og  Lithobier.  Naturb  Tidsskrift  of  Schiodte,  1868. 

—  —  Danmarks  Chilognater.   Naturk  Tidsskrift  of  Schiodte,   1868-69. 

_  _  Myriapoda  musaei   Havnieusis,    Bidrag    til    Myriapodernes    Morphologie    og  Systematik,  I, 

Geophili.  Naturk.  Tidsskr.  3,  R.,  VII,  1870-71. 
Myriapoda  musaei  Havnieusis,    Bidrag,  etc,   II,   Lithobiiui.    Naturh.   Tidsskr,    3,   R.   VIII, 

1872-73.  .      . 

Newport  G.,  A  List  of  the  Species  of  Myriapoda,     order   Chilopoda,    contameli   in   the  Cabiuets, 

of  the  Brit.  Mus.   with  synoutic  descriptious    etc.  Aun.  and  Mag.  Nat.  Hist.  first.,  ser.  XIII, 

1844. 
Mouograph  of  the  class  Myriapoda,  order  Chilopoda,   with  descript,  on   the  general  arran- 
gement of  the  Articulata.   Trans.   Limi.   Soc.   Lond.,   XIX,  PI.  XXXIII  a  XL,  1845. 
Newport  G.  and  Grat    J.     F.,    Catalogue    of   the    Myriapoda    iu    the  Collectiou    of    the    Brit. 

Mus.,   I,   Chilopoda.   London,    1856. 
Packard  A.  S..  Myriapoda  from  Colorado.    Ann.    Report.  of   the  St.  Geol.   and  Geogr.   Surv.  of 

the   ferrit.,   Washington,   1874,   1873. 
Pokath  C.  O.'   Myriopoda  Africae    australis  in  museo  regio  Holmiensi  asservata,     Pars  I,  Chilo- 
poda.  Ofvers.    \etensk.   Akad.   Forh.   Nr.   9,   XXVIII,   1871. 
Myriopoda  Africae  australis,   etc,    Pars,   IL     Diplopoda.   Ofvers.   Veteusk.   Akad.   Forhaudl, 

XXIX.   Nr.   5,   Stockh.,   1873,    1872. 
Porter  C.  E.   Introducion   al  estudio  de  Ios  Myriopodos.   Santiago  de  Chile,   1908. 
Rooms,  Observation  d'accidents  morbides  produits  per  la  présence  de  Myriapodes  chez  un  jeune 

garcon.   Ardi.    Méd.    lielges.    XXVIII,    1885. 
Rosickì-  F.,     Die    Myriopoden    Bohmeus.    Ardi.   d.   natiirw.   Laiidesdiirehforsclnmg    vou   Bohmeu, 

III.  4.  Abth.   Pr'ag,   1876. 
Say  Tu.,  Description  of  the  Myriapoda  of  the  Unit.   States.  Journ.  Acad.  Nat.  Sci.  ffiiladelplua, 

first  ser.   II,  part.   I.   1821. 
SAUSSURE  H.,   Essai  d'une  faune  de   Myriap.   du  Mexicjue  avec  la  description  de  quelques  especes 

des    auti-es    parties    de    l'Amerique,     Genève.   Deuxieme  mém  des     «  Mémoires  pour  servir  à 

l'Hist.    natur.    du  Mexique  des  Autilles  et  des  Etats  Unis  »,   FI.  I-VII.  Mém.  Soc.  Phys.  d. 

Hist.  nat.  Genève,  XV,  1860. 
Saussure  H.  de  et  Humbert  A.,    Etudes    sur  les    Myriapodes.   Mission  scienti!,    au  Mexique  et 

daus  l'Amér.   centrale.   Zoo!.,   VI,   2   sect.,    Paris,   PI.    1-6.    1872. 


BIBLIOGRAFIA  151 


SOOUTETTKN,  Hómicranie  due  à  la  prósence  d'une  Scolopendre   dans  les  sinus  frontaux.  Comptes 

rendus  dea  travaux  de  l'Accad.  d.  Se.  Med.   de  Metz,   1827. 
SbbaSTIANY,   Piqùre  de  la  Scolopendre  mordante.  Gazette  des  Hdpitaux,   1870. 
Silvestri  F.,  I  Diplopodi.  Ann.  Museo  Civico.  Genova,  1896. 

—  —  Ordo  Panropoda  :  in   Berlese,   Ac.   Mir.   Scorp.   irai.   Portici,    1902. 

—  —  Classis  Ilìplopoda  ;   in   Berlcse,  Ac.   Mir.   Scorp.   ital.,   1903. 

Siici. ié   II..   Appareil   venimeux  et  venin   de  la  Scolopendre.   Montpellier,   1885. 
Stuxberg  A  ,  Bidrag  till  Skandinaviens  Myriopodólogi.  I.  Sveriges  Chilognather.  Òfversigt.  K. 
Vetensk  Akad.   Fiirhandl,,   XXVII,   Nr.   8,   Stokliolin,   1870. 

—  —  Bidrag  till  Skadinaviens  Myriopodólogi,    II.    Sveriges    Chilopoder.  Ofvers  Veteuska  Akad. 

Forhandl.   XXVIII,   Nr.   4.   Stokhnlm,.    1871. 

—  —  Genera    et    specie»    Lithobioidarum.    Ofvers    Vetensk.    Akad.    Forhandl,    XXXII,    Nr.    3. 

Stokholm,  1875. 
Tòmosvàry  O.  E.,    Beitrag    zur  Kenntnis    der    Mvriopoden   Ungarns,    I,   Die  Chilopoden.   Carne. 

Zool.   Anzeig.   Nr.   71,   1880. 
Underwood  L.,  The  North  American  Myriapoda.  Entomologica  Amer.,  1885. 

—  —  The  Scolopendridae  of  the  United  States.   Entomologica  Amer.,   1887. 

Verhoeff  C,     Diplopoderj  Kheinprussiens.    Verhandl.  d.    Naturhist.    Verein    d.    preuss.    Rheinl. 

53.   Iahrg,   1896. 
Wood  H.  C,  On  the  Chilopoda  of  North-America    vith  a  Catalogue  of  ali  the  specimens  in  the 

collection  of  the    Smithsonian    Institution.    Journal    Acad.    Nat.    Sci.    Philad.    new    ser.  V, 

Philadelphia,   1863. 

—  —  The  Myriapoda  of  North-America  Transact.    Amer.    Philos.    Soc.  new,  sér.  XIII,  Philadel- 

phia,  1869. 

VI.  Mirlentoml. 

Berlese  A.,  Nuovi  Acerentomidi.   Redia,  Firenze,  1908. 

—  —  Monografia  dei  Myricntomata.  Redia,  Firenze,   1909. 

Bòrner.  Die  Phylogenetische  Bedeutung  der  Protara.  Biol.  Zentralbl.,  XXX,   1910. 
Prell,   Beitrage  z.   Kenntn.   d.   Proturen.   Zoolog.   Anzeig.,   Bd.   XXXVIII,   1911. 
Rimsky-Korsakow,  Ueber  die  systematische  Stellung  der  Protura.  Zool.  Anz.,  XXXVI,    1911. 
Schepotikff,  Studien  iiber    niedere  Insekten  (ProUipieron   iiidicum).   Zool.  Jarb.  Abt.  f.   System., 

XXVIII,   1909. 
Silvestri, -Descrizione  di  un  nuovo  genere  di  Insetti  Apterigoti.  Boll.  Lab.  Zool.  Portici,   1907. 


CAPITOLO  II. 

L'ANTICHITÀ  DEGLI  INSETTI 


GRANDI  archivi  dove  in  pagine  eterne  è  scritta  la 
storia  degli  organismi  che  hanno  popolato  il  globo  in 
tutti  i  tempi  ;  gli  strati  che  compongono  la  crosta  ter- 
restre e  conservano  le  traccie  ed  i  testimoni  della  vita 
attraverso  le  migliaia  di  secoli  dalla  sua  prima  manife- 
stazione al  momento  attuale  ci  dicono  che  specie  di  In- 
setti più  o  meno  somiglianti  alle  attuali  hanno,  da  tempi 
remotissimi,  abitato  sul  nostro  pianeta  e  le  loro  vestigia 
sono  impresse  indelebilmente  nelle  roccie,  come  interi 
corpi  e  ben  conservati  si  custodiscono  nell'ambra,  nel 
copale  ed  altrove  ed  illuminano  lo  studioso  circa  l'origine  di  queste  meravigliose 
forme  attualmente  viventi. 

Ma  se  altri  animali  dotati  di  scheletro  più  resistente  ed  impregnato  di  sali 
minerali  hanno  potuto  lasciare  le  traccie  loro  più  abbondanti,  complete  e  più  di- 
mostrative, come  sono  ad  es.  tutti  quei  Molluschi,  Brachiopodi,  Trilobiti,  ecc. 
che  formano  la  più  numerosa  falange  in  appoggio  della  Paleontologia,  pure  anche 
degli  Insetti,  rappresentati  da  parti  loro  e  spesso  da  interi  e  ben  conservati  corpi 
(come  sono  quelli  compresi  nell'Ambra  e  nel  Copale)  non  scarse  né  poco  carat- 
teristiche traccie  si  sono  conservate  nei  vari  strati. 

Né  solo  Insetti  adulti  si  trovano  a  testimoniare  della  presenza  di  questi 
Bsapodi  nelle  varie  epoche,  ma,  ancora  le  loro  forme  giovanili  o  i  follicoli  delle 
uova  od  i  bozzoli  ed  altre  protezioni  di  larve  e  di  ninfe  od  anche  parti  di  piante 
colle  speciali  alterazioni  dovute  ad  insetti  diversi. 

Certamente  il  maggior  numero  dei  resti  di  Insetti,  che  sono  finora  stati  fatti 
oggetto  di  studio,  si  riferiscono  alle  ali,  di  cui  la  speciale  disposizione  delle  ner- 
vature offre  caratteri  sicurissimi  diagnostici  e  di  confronto  colle  vicine  forme 
attuali. 

Perciò  appunto  questo  studio  pterografico,  dal  quale  anche  per  gli  Insetti 
attualmente  viventi,  in  particolar  modo  di  taluni  ordini,  così  grande  ed  eccellente 
messe  di  precise  indicazioni  si  hanno,  del  più  grande  rilievo  alla  definizione  dei 
generi  e  delle  specie,  è  seguito  col  massimo  interesse  e  scrupolo  da  parte  degli 
studiosi  delle  forme  fossili  di  Esapodi. 

Non  e  però  da    credere    che  a  questo  solo  si  restringa  il  materiale  paleoen- 


l'antichità    DEGÙ   INSETTI  153 


tomologico,  mentre  si  sono  trovati  resti  numerosi  e  bellissimi  anche  ili  molte 
altre  parti  del  corpo  ed  impressioni  ottime  in  roccie  diverse  particolarmente 
del   periodo  carbonifero. 

Cosi  si  hanno  zampe  posteriori  e  parti  di  ali,  anche  col  caratteristico  organo 
stridulante  di  Locnstidi  primitivi;  ed  avanzi,  con  ovopositori  e  lunghe  antenne 
setiformi  di    Elcanidi,  che  si  considerano  per  progenitori  degli  attuali  Locnstidi. 

Di  un  antenato  dei  presenti  Eincoti,  cioè  delV Eugereon  si  hanno  mirabili 
impronte  dell'organo  boccale  tutto.  Nel  Carbonifero  si  sono  rinvenuti  Esapodi  da 
considerarsi  come  capostipiti  degli  attuali  Ortotteri  e  mostrano  le  zampe  poste- 
riori saltatone.  Avanzi  antichissimi  di  Insetti,  forse  i  più  vecchi,  come  sono  i 
Paleodittiotteri  si  hanno  in  bellissime  impronte,  che  mostrano  espansioni  aliformi 
anche  del  protorace,  ecc. 

Per  tutte  le  epoche  geologiche  si  trovano  campioni  di  Esapodi  rappresentati 
da  vestigia,  molto  dimostrative  ed  addirittura  preziose  per  la  storia  delle  migliaia 
di   secoli,  di  questo  grande  gruppo  così  numeroso  attualmente. 

Certo,  confrontando  il  materiale  di  specie  fossili  conosciute  tino  ad  ora,  che 
non  sommano  ad  8000,  delle  quali  900  sono  del  periodo  Paleozoico,  circa  1000 
del  Mezozoieo  e  poco  meno  di  6000  del  Cenozoico,  con  quello  sterminato  oggi 
vivente,  che  sono  parecchie  decine  di  migliai;!,  esso  può  sembrare  scarso,  ma  a 
questo  proposito  giova  tener  presenti  alcuni  fatti. 

Anzitutto  le  specie  attuali  sono  così  numerose  in  grazia  del  diligentissimo 
studio  differenziale  che  può  essere  fatto  solo  su  numerosi  e  ben  conservati  indi- 
vidui e  molte  volte  le  differenze  specifiche  sono  tenuissime,  sebbene  di  valore 
indubbio,  ma  non  tali  certo  che  potessero  essere  riconoscibili  in  detriti  pietrifi- 
cati od  in  individui  da  studiarsi  traverso  l'ambra.  Inoltre  moltissime  forme  delle 
più  alte  fra  gli  Insetti  appartengono  ad  epoca  recentissima  od  alla  attuale,  come 
sono  gli  Acrididi,  i  Lepidotteri,  i  Coleotteri,  gii  Imenotteri  parassiti,  i  Ditteri 
ciclorafi,  ecc. 

Quello  che  più  interessa,  nell'ambito  della  Paleontologia,  si  è  il  mettere  in 
vista  forme  diverse  fra  loro  più  che  specificamente  a  ciò  che  il  graduale  progresso 
da  specie  geologiche  alle  attuali  ed  i  rapporti  genetici  fra  queste  appaia  nel 
miglior  rilievo. 

Ora  ciò  è  fatto    già    molto    largamente    col  sussidio  delle  forme  sinora  note 
fra  le  paleoentomologiche    perchè    coll'aiuto    dei  frammenti  a  nostra  disposizione 
attualmente  si  possa    disporre    un  quadro  abbastanza  completo  della  fauna  ento 
mologica  di  tutti  i  tempi,  rappresentata  ben  inteso  nelle  sue  linee  generali. 

Le  località,  che  hanno  dato  buona  o  discreta  n  esse  di  materiale  paleoento- 
mologico non  sono  finora  molto  numerose  né  egualmente  essa  è  abbondante  per 
ciascun  periodo  geologico  ;  vi  sono  tuttavia,  nell'un  senso  e  nell'altro,  non  poche 
lacune.  Ad  esempio  del  periodo  triassico  e  cretaceo  ben  pochi  sono  i  rappresen- 
tanti di  Esapodi  messi  in  vista  finora.  Al  contrario,  alcuni  sedimenti  sono  straor- 
dinariamente ricchi  di  rappresentanti  del  gruppo. 

Tale  diversa  ricchezza  dipende  dalla  diversa  capacità  di  conservazione  per 
parte  dell'ambiente,  degli  avanzi  di  questi  Artropodi. 

La  mancanza  di  determinate  forine  in  un  tempo,  le  quali  però  si  trovano 
nel  precedente  e  nel  successivo,  giustifica  il  pensiero  che  essa  deficienza  si  debba 
attribuire  alla  natura  dei  sedimenti  non  atti  alla  conservazione  delle  traccio  di 
Insetti. 

Perciò  ancora  allorché  una  forma  particolarmente  specializzata  si  vede  ap- 
parire d'un  tratto  senza  alcuna  predecessione  che  quasi  la  prepari,  questa  si  deve 
logicamente  ammettere    per    esistita  e  non    ancora  trovata  o  per  insufficienza  di 

A.  Berlese.  Oli  insetti,  II.  —  20. 


154  CAPITOLO   SECONDO 


ricerche  o  per  inettitudine  degli  strati  precedenti  ad  una  sufficiente  conservazione 
dei  resti  di  simili  organismi.  Tutto  sommato  non  sembra  doversi  giudicare  per 
molto  scarso  il  materiale  paleoentomologico  finora  a  nostra  disposizione.  Esso  è 
tale,  perlomeno,  da  poter  concorrere  molto  efficacemente  ad  una  storia  degli  Esa- 
podi traverso  le  epoche  passate. 

È  risultato,"  fra  l'altro,  che  il  pensiero  di  poter  includere  anche  le  specie 
d'altre  età,  scomparse  ora,  negli  stessi  ordini  che  attualmente  compongono  la 
grande  Classe  non  è  da  seguirsi  e  gli  Autori  più  vecchi,  che  a  tale  modo  di  ve- 
dere si  attenevano,  si  trovavano  \nì\  spesso  nel  pericolo  di  ingenerar  confusioni 
più  che  altro. 

I  gruppi  attuali  sono  stati  preceduti  da  altri  con  caratteri  diversi  e  perciò 
oggidì  sembra  più  opportuno,  anziché  tentare  di  far  entrare  a  forza  le  antiche 
forme  nei  gruppi  attuali,  il  raccoglierle  in  ordini,  famiglie  e  generi  a  sé  e  pro- 
cedere ad  un  paragone,  come  delle  specie  così  anche  degli  aggruppamenti  di 
forme  fossili,  coi  corrispondenti  d'oggidì,  i  quali  si  può  credere  che  da  quelli  sieno 
proceduti. 

Da  quando  l'ambra  fu  ricercata  come  sostanza  preziosa  e  d'ornamento  e  quindi  attrasse  l'at- 
tenzione anche  per  le  sue  note  qualità  elettriche,  fu  rilevata  la  presenza,  molto  frequente,  di 
Insetti  ed  altri  piccoli  animaletti,  compresi  nel  corpo  dell'ambra  stessa  e  ciò  non  è  mancato  di 
destare  la  viva  curiosità  degli  osservatori  di   cose  naturali. 

Molto  spesso  tra  gli  scrittori  antichi  è  fatta  menzione  di  Mosche,  Formiche  ed  altri  piccoli 
animali,   che  si   vedono  iìicorporati  nell'ambra   e  già  l'Aurifaber  ne  parla  fino  dal   1551. 

Una  dissertazione  speciale  in  proposito  fa  l'Aldovrandi,  in  due  classiche  opere  (1638  e  1648). 
Di  Mìiacas    majores    et   minore»,  culices,  crabrone»,    ape»,  tineas,    blatta*,    formica»,   locustas    incluse 

nell'ambra  fa   cenno  l'Hartmann,   poco  di  poi   (1677 

e  1699).  Anche  lo  Scheuchzer,  trattando  di  parecchi 
fossili  del  Monte  Bolca  e  di  Oeningen,  accenna  anche 
ad  Insetti  compresi  nell'ambra  e  ne  discorre  anche 
il  Mercati  (1717).  Anche  il  Vallisnieri  parla  di  Hu- 
scas,  culices,  araneas,  formica»  volante»,  scolopendra» 
alia/ine  ammalia,  che  sono  nell'ambra  e  ciò  a  pro- 
posito di  certi  fossili  di  Turingia  (1715).  Del  resto, 
ili  scarabaei  et  papiliones  trovati  nell'ambra  in 
Westrogothia  fa  menzione  anche  il  Brousell  (1729). 
11  Sendelius  (1742)  ricorda  diversi  insetti  dell'ambra 
ed  anche  di  una  falsa  ambra  che  viene  dall'  Africa 
e  che  lieve  essere  il  Copale. 

Appartengono  al    secolo    successivo    accurati    e 
Fig.   151.    -  Un   Dittero  dell'Ambra    .1-1    Bai-       cospicui    lavori    sugli    Insetti    fossili,   a  principiare 
tic»,  come  apparisce  per  trasparenza,   lugran-       da  quello  di  Brulle  (1839),  che  [primamente  fece  ri- 
dite circa  3  diam.  levare    l'importanza  di    questi    per    gli  studi  geolo- 
gici, mentre  il    Germar  (1839),    coutinua    gli    studi 
sugli  Insetti  fossili  degli  schisti    litografici  di  Solenhofen,  studi    del    resto    iniziati    già    nel  se- 
colo XVIII  e  proseguiti  di   poi  dall'Hagen,  dal   Vou     Heiden,     dal    Goldenberg,     dal    Giebel,    dal 
Deichmiiller  e  dall'Oppenheim   (dal   1866  al   1888). 

Importanti  sono  i  lavori  dell'Heer,  apparsi  intorno  alla  metà  del  secolo  scorso,  pei  quali  lo 
studio  degli  Insetti  fossili  ricevette  grande  impulso.  L'Heer  illustrò  circa  mille  forme  di  Oeningen 
in  Baviera,  di  Radoboj  in  Croazia,  di  Aix  in  Francia,  dell'Argovia  in  Svizzera,  di  Madera,  della 
Groenlandia,  ecc.  Sono  meritevoli  di  considerazione  le  sue  induzioni  circa  i  modi  di  vita  di  questi 
esseri,  i  loro  rapporti  coi  fiori  contemporanei,  i  confronti  colle  forme  attuali  nonché  sul  clima 
delle  antiche  epoche  geologiche. 

È  dello  stesso  tempo  la  classica  opera  del   Berendt  sugli  Insetti  dell'ambra. 
Parecchi  autori  trattano  degli  Insetti  fossili,  particolarmente  del  terreno  Carbonifero,  trovati 
in  Inghilterra. 


I.  ANTICHITÀ    DEGLI    INSETTI  155 


I  più  notevoli  progressi  della  paleoentomologia  si  devono  al  Brongniart,  in  Francia,  ed  allo 
Scudder,  negli  Stati  l"  ni  ti  d'America.  Essi,  in  gran  numero  di  scritti,  illustrarono  la  fauna  ento- 
mologica ili  epoche  di\erse  e  di   varie  Idealità,  specialmente  dell'epoca  carbonifera  dei  loro  paesi. 

L'opera  di  questi  autori  è  continuata  in  America  dal  Cockerell  ed  in  Francia  dal  Meunier. 
il   finale  ultimo  sopratutto  ba  rivolto  le  sue  ricerche  agli   Insetti  dell'Ambra  baltica  e  del  Copale. 

Finalmente  l'Handliraoh,  in  Austria,  prese  in  esame  gli  Insetti  fossili  di  tutti  i  tempi  e  di 
tutte  le  località,  pubblicando  in  proposito  molti  e  voluminosi  lavori,  nei  quali  le  considerazioni 
d'indole  generale  e  sintetica  sono  ampiamente  svolte. 

Noi  seguiremo  molto  davvicino  precisamente  le  opere  di  questo  Autore,  nella  redazioni'  ilei 
presente  capitolo. 

Del  resto  lo  studio  degli  Insetti  fossili  non  si  è  limitato  alle  regioni  d'Europa  già  citate, 
ma  per  molte  altre  esso  è  stato  felicemente  seguito.  Cosi,  oltre  ai  lavori  dell' Heer  per  la  Groen- 
landia, del  Meunier  per  l'Africa  già  ricordati  conviene  tener  presenti  quelli  dell' Eichwald  1 1864), 
del  Hrauer,  del  Redtenbacher  e  del  Gangelbauer  (1889)  per  le  formazioni  giuresi  della  Siberia 
orientale;  del  Murray  (18(50)  e  dell'Hislop  (1862)  per  l'India  centrale;  dell'Etheridge  e  dell'Oliti' 
(1890)  per  l'Australia  i  Nuova  Galles  del   Sud). 

Quanto  all'Italia  gli  studi  di  Paleoentomologta  sono  meno  ricchi  in  causa  della  scarsità  di 
avanzi  fossili  di  Insetti.  Tuttavia  debbonsi  ricordare,  colla  dovuta  lode,  i  lavori  dell'Omboni,  del 
Capellini,  del  Rebel,  del  Bosniaska  sugli  Insetti  terziarii  delle  provincie  di  Pisa  e  di  Livorno; 
del  Canavari  su  quelli  permiani  del  Monte  Pisano  :  del  Sismonda  e  del  Sordelli  pegli  Insetti 
terziari  del  Piemonte  e  della  Lombardia  ;  del  Gandhi  e  Strozzi  sui  travertini  toscani  ;  del  Mas- 
salongo  sugli  Insetti  terziari  del  Vicentino  e  del  Veronese  e  del  Senigalliese,  sui  quali  ultimi 
aveva   lavorato  anche  il  Procaccini-Ricci. 

Già  nel  1838  il  Guériu-Meneville  aveva  studiato  gli  Insetti  dell'Ambra  siciliana  ed  a  questo 
proposito  giova  ricordare  una  lettera  pubblica  del  nostro  Rondani  (1840),  colla  quale  vengono 
emendate  alcune  determinazioni  dell'Autore  francese.  Gli  Insetti  dell'Ambra  siciliana  sono  stati, 
più  recentemente,  studiati  anche  dal  Malfatti,  dal  Tosi  e  dall'Emery;  il  primo  dei  quali  aveva 
anche  fatto  ricerche  sugli    Insetti    dei    tripoli  di  Mondaino,  presi  in  esame    anche    dal    Cecconi. 

II  Ponzi  studiò  le  forme  plioceniche  del  Monte  Vaticano  ed  il  Pampaloni  rinvenne  alcuni 
minutissimi  Insetti  nel  Disodile  di  Melili i  in  Sicilia. 


Era    Paleozoica. 

Siluriano  e   Devoniano. 

Il  Brongniart,  nel  1885  descrisse  una  Paleoblitttina  douvillei  del  Siluriano 
medio  di  Iurques  in  Francia  e  nel  1892  il  Moberg  illustrò  un  Proiocimex  silurieus 
degli  scliisti  a  G-raptolitì  di  Killeroed  in  Svezia. 

Queste  due  forme  sembrarono  da  considerarsi  pei  più  antichi  insetti  cono- 
sciuti. Senonchè.  in  seguito,  esaminati  con  maggior  diligenza  i  campioni,  si  dovette 
convenire  che  se  il  primo  poteva  riferirsi  a  frammento  di  Trilobite,  il  secondo 
sembrava  non   potersi  neppure  considerare  per  avanzo  di  cosa  organizzata. 

Per  ora  adunque  all'antichissimo  Siluriano  non  possono  essere  attribuiti  veri 
e  propri  Esapodi,  mentre  si  hanno  invece  avanzi  da  attribuirsi  sicuramente  a 
Scorpioni. 

Quanto  al  Devoniano,  generalmente  sono  ascritti  a  questo  strato  numerosi 
avanzi  di  veri  Esapodi,  trovati  negli  schisti  di  Sant  John  nella  Nuova  Brunswick 
e  questa  opinione  è  molto  frequentemente  espressa  nei  testi  di  Entomologia  e  di 
Paleontologia. 

Ma  i  detti  sciasti,  che  da  taluno  autore  sono  stati  perfino  attribuiti  al  Silu- 
riano, si  riconosce  invece  che  appartengono  al  Carbonifero.  Perciò  neppure  pel 
Devoniano  si  conoscono  ora  forme  fossili  di  Insetti. 


156 


CAPITOLO    SECONDO 


Carbonifero. 

A  questo  periodo  appartengono  veramente  i  più  vecchi  Insetti  conosciuti  e 
se  ne  hanno  numerosissime  vestigia. 

Non  già  nel  Carbonifero  inferiore  (Oulm)  per  quanto  sieno  stati  attribuiti  a 
questo  strato  quei  Kuhn  Eiifer  o  Coleotteri  del  Culm,  i  quali  si  conservano  a 
Berlino  ed  a  Tiibingen,  ma  che  ora  non  si  ritengono  neppure  per  resti  di  Ar- 
tropodi e  del  resto  i  Coleotteri  sono  assai  tardivi  a  comparire  nelle  epoche 
geologiche. 

I  veri  Insetti  appaiono,  per  la  prima  volta,  in  quella  porzione  di  Antracitifero 
che  dai  tedeschi  viene  detta  unteres  Obercarbon  e  si  rinvengono  oramai  molto 
numerosi  ed  in  molte  località  dell'Europa  (in  particolar  modo  Inghilterra,  Francia 
Germania)  nonché  nell'America  settentrionale,  (specialmente  Mazon  Creek,  nel- 
Plllinois). 

Compaiono,   per  verità,  forme  da  ascriversi  a  gruppi  ormai  tutti  estinti,  all'in- 


JP 


Pig.  152.   —  Un  Paleodiottern.  Stenodiclya  lutala  Brongn. 
A,  figaro  schematica  (iìal  Brongniart)  :  B.  la  stessa  ricnst.nuta  {da  Handlirseh). 


fuori  dei  Blattoidi,  dei  quali  si  hanno  molti  rappresentanti  anche  oggidì,  ma  in 
molti  ili  questi  gruppi  si  possono  veramente  riconoscere  caratteri  pei  quali  essi 
possono  considerarsi  come  i  capostipiti,  ormai  scomparsi,  di  parecchi  gruppi 
attuali. 

Non  certamente  gli  Insetti  del  Carbonifero  debbono  considerarsi  per  le  prime 
forme  apparse  sulla  faccia  del  globo,  sebbene  di  precedenti,  come  ripeto  non  si 
abbia  oggi  sicuro  vestigio.  Tuttavia  in  questo  periodo  si  trovano  i  resti  di  forme 
da  ascriversi  ad  un  notevole  gruppo,  quello  cioè  dei  Paleodittiotteri  (Palaeodi- 
cty opterà),. che,  per  ora  almeno,  sono  le  più  primitive  conosciute. 


Paleodittiotteri.  —  Tale  nome  fu  primamente  usato  dallo  Seudder  per  indicare 
tutti  gli  Insetti  del  periodo  carbonifero.  Ma  l'Handlirseh  ne  ha  fatto  più  ordini, 
limitando  quindi  la  primitiva  estensione  del  gruppo  come  era  intesa  dallo  Seudder. 

(ili  avanzi  che  si  hanno  di  Insetti  di  questo  gruppo  sono,  come  ho  avvertito, 
numerosissimi  ed  appartengono  ai  depositi  carboniferi  dell'Europa  (Inghilterra, 
Francia,  Germania,   Belgio)  e  dell'America  del  Nord. 


I.  ANTICHITÀ    HKOI.1    INSETTI 


157 


Fig.   153.  —  Lycocercus  yoldenbertjì  Brongn.,  figura  schematica 
{'lai  Brougniart). 

Paleodittiottero  con    appendici    (gonapotìsi  ?)    all'estremità   dell'addome. 


In  linea  generale  si  hanno  solo  porzioni  di  ali,  ma  qualche  volta  anche  pezzi 
piii  o  meno  vistosi  del  corpo.  Perciò  lo  studio  di  queste  forme  ha  potuto  essere 
abbastanza  sodili  staceli  te. 

Si  ritiene  che  i  Paleodittiotteri  (tìgg.  1512-154)  avessero  il  capo  grosso,  roton- 
dato e  fornito  ili  antenne  semplici,  brevi  anzichenò,  tutte  composte  di  articoli  omo- 
nomi.  Gli  occhi,  bene  svilup- 
pati, erano  composti  e  l'appa- 
rato boccale  atto  alla  mastica- 
zione. Nel  torace  i  due  ultimi 
segmenti  recavano  ali  e  non 
troppo  diversificavano  fra  loro 
e  col  precedente.  Questo,  cioè 
il  protorace,  recava  espansioni 
aliformi,  le    (piali     sono    state 


considerate  per  organi  di  volo 
rudimentali.  Quanto  alle  ali 
del  pterotorace  esse  erano  tutte 
e  quattro  fra  loro  eguali  e  for- 
nite di  una  nervatura  molto 
semplificata,  secondo,  cioè,  un 
tipo  molto  primitivo.  Queste 
ali  stavano  sempre  distese  la- 
teralmente,    non    sembra    che 

fossero  molto  mobili  sul  segmento  toracale,  al  quale  si  univano  per  larga  base. 
Le  zampe  erano  eguali  fra  di  loro,  robuste,  atte  alla  corsa  e  terminate  da  tarso 
con  pochi  articoli;  esse  erano  in  numero  di  tre  paia.  L'addome  era  sessile,  di 
varia  lunghezza,  diviso  in  undici  articoli,  eoll'articolo  estremo  non  ridotto  e  for- 
nito di  cerei  multiarticolati,  spesso    presenti    oltreché    nella    forma    adulta  anche 

nelle  giovanili.  In  talune  forme,  al  lato  ventrale 
dei  segmenti  8.°  o  9.°  si  trovavano  anche  appendici, 
da  paragonarsi  alle  gonapotìsi  di  molte  specie 
attuali  (fig.   153). 

Non  di  rado  si  scorgono  delle  appendici 
particolari,  uscenti  da  espansioni  pleurali  nei 
segmenti  dell'addome  e  che  sono  state  considerate 
per  tracheobranchie.  il  che  indicherebbe,  per 
queste  forme,  una  vita  anfibia  probabilmente  nelle 
frequenti  paludi  disseminate  nelle  ricche  foreste  e 
lussureggianti,  proprie  del   periodo  carbonifero. 

Branchie  anche  allo  stato  adulto  in  parecchi 
Paleodittiotteri  devono  aver  esistito  anche  all'e- 
stremità dell'addome,  ad  un  dipresso  come  attual- 
mente nelle  larve  di  Effemeridi,  che  sono  appunto 
insetti  Antibiotici,  come  anche  i  Perlarii  e  gli 
(•donati,  essi  pure  affini  a  questi  antichissimi 
Paleodittiotteri,  che  sono  caratteristici  del  periodo 
carbonifero,  nella  quale  epoca  dovevano  essere  abbondantissimi. 

Si  tratta  di  Insetti,  alcuni  dei  quali  raggiungevano  dimensioni  veramente 
enormi  e  del  tutto  inusitate  attualmente.  Ad  es. :  le  ali  del  Megaptilus  blanchardi 
(Brongn.)  misuravano  l(i  cent,  di  lunghezza;  12  quelle  del  Rypermergethes  schucherti 
Handl.;  9  quelle  delle  Paolia  vetusta  Smith,  ma  nientemeno  che  36  cent,  di  aper- 
tura d'ali  aveva  V Archeoptilus  yaullei  Menu. 


Fig.  154  —  Un  Paleoditiottero  Euble- 
ptus  danielsi  Mandi.  Ricostruito  (da 
Haiidlirsch). 


158 


CAPITOLO    SECONDO 


Anche  il  Titanophasma  fayoli  Brongn.,  il  cui  corpo  è  lungo  260  uiill.,  è  forse 
esso  pure  un  Paleodittiottero. 

Si  ritiene  che  Insetti  così  voluminosi,    più  che  volare  bene  come  gli  attuali 

nostri  Odonati,  facessero  dei  voletti  corti 
e  faticosamente,  per  passare  d'uno  in  altro 
stagno. 

L'ordine  è  stato  diviso  in  ben  22  fa- 
miglie, nelle  quali  si  contano  specie  molto 
importanti,  perchè  considerate  come  caposti- 
piti di  gruppi  attuali. 

Fra  le  forme  fossili,  appartenenti  a 
questo  ordine,  si 
possono  ricordare  la 
Litltomantis  carbo- 
naria  Woodw.  fre- 
quentemente citata 
nei  testi  di  Ento- 
mologia, perchè  sul 
prò  torace  reca  due 
grandi  espansioni 
aliformi,  percorse 
da  rilievi  simulanti 
nervature. 


Fig.  155.  —  Un  Protortottero  Dieconeura   al- 
enata Scucili.  Ricostrutta  (da  Handlirsch). 


Anche  la  Xenoneura  antiquonum  Scudder,  che  per 
molto  tempo  si  ritenne  il  più  antico  insetto  fornito  di 
organo  stridulante  (sebbene  di  poi  si  sia  riconosciuto 
che  le  pliche  speciali  che  avevano  fatto  credere  a  tale 
organo  sono  invece  dovute  a  sovrapposizioni  di  parti) 
si  può  ritenere  che  appartenga  all'ordine  dei  Paleodit- 
tiotteri. 


Fig.  156.  —  Un  Protortottero 
alter  i-ante.  Gerarus  longi- 
collis  Haudl.  ricostrutto  (da 
Haudlirsch). 


Differenziazione  verso  gli  ordini  attuali.  —  In  questo  grappo 
si  trovano  parecchie  forme  che  segnano  un  passaggio 
verso  ordini  più  recenti,  a  partire  da  quelli  più  antichi. 

Cosi  i  Protortotteri,  di  cui  si  conoscono  una  quarantina  di  specie,  da  riunirsi 
in  varie  famiglie  e  che  si  trovano  nelle  stesse  località  dei  Paleodittiotteri,  rap- 
presentano forme  transitorie  verso  gli  attuali  Ortotteri  (flgg.  155-158). 

Questi  Protortotteri  avevano  ali  maggior- 
mente differenziate   e,  durante  il  riposo,  si  ri- 
piegavano sull'addome;   le  anteriori  hanno  già 
qualche  maggiore  complicanza    nella    nervula- 
zione  e  questa,  nelle  posteriori,  mostra  già  un 
campo  anale    limitato    da    una    piega    e  talora 
piccolo,   ma    altre  volte   piuttosto   grande.    La 
testa  è  grossa,    fornita  di    robuste    mandibole 
e  di    antenne    esili  e  lunghe.   Il  corpo  è  piut- 
tosto tozzo,  con  protorace  robusto  o,  in  talune 
specie,    molto    allungato    ed  in   qualche  forma 
con   espansioni  laterali    corrispondenti  a  quelle  già   avvertite  per    alcuni    Paleo- 
dittiotteri. Però  tali  espansioni  non  si  sviluppano  ulteriormente  ed  anzi   tendono 
a  scomparire;    certo   non  se  ne  ha  esempio    nelle    specie    successive.  Cominciano 


Fig.  157.  —  Un  protortotteri»  GyropJUaébia 
longìrollis  Handl.,  figura  schematica  (da 
Handlirsch). 


1    \\  il.  imi  i    iiKui.l    i\'m:i  11 


t59 


ad  apparire,  in    talune    torme,  le    zampe  posteriori  saltatone,  cioè  più  robuste  e 
più  lunghe    delle    altre,  per    quanto    invece  in  molte  altre  specie  tutte  le  zampe 
sieno  fra  loro  di  sviluppo  conforme.    Man- 
cano (inora  gli  organi    stridulanti. 

I  Protobialtoidei  t'orinano  un  altro  ordine, 
messo  come  anello  fra  i  Paleodittiotteri  ed 
i  Bluttoidei,  che  appaiono  per  la  prima  volta 
nello  stesso  periodo 
carbonifero  e  si  conser- 
vano traverso  tutte  le 
epoche  Ano  alla  attuale. 
Vi  ha  chi  ritiene 
che  i  Protoblattoidei 
rappresentino  coi,  Blat- 
toidei,  due  rami  proce- 
denti da  un  unico  sti- 
pite piuttosto  che  es- 
sere essi  stessi  i  pro- 
genitori dei  Blattoidei. 

Ancbe  dei  Protoblattoidi  si  conoscono  una  quarantina 
di  specie,  distribuite  in  diverse  famiglie,  che  sembra  doversi 
considerare  rispettivamente  i  progenitori  dei  Blattidi,  dei 
Fasmidi  e  dei  Locustidi  attuali  (flgg.  159,  160). 

Tutti  i  Protoblattoidi  presentano  un  capo  tozzo,  sebbene 
non  così  come  negli  attuali  Blattidi;  ali  ripiegate  in  riposo  sull'addome,  le  ante- 


Fig.  158.  —  Un  Protortottero  a  zampe  poste- 
riori robuste;  Oedischia  williamsoni  Brongn. 
ricostrutta  (da  Haudlirseh). 


Fig.  15y.  —  Un  Proto  - 
blattoide.  Eucaenus  at- 
tenuai us  Haudl.  (dal 
Handlirseh). 


non  con  campo  anale  ristretto,  traversato  da    vene    arcuate    ed  oblique  verso  il 


Fig.  160. 


Due  Protoblattoidi.    A,   Eucaenus  ovalis  Seudder  ;   B,  Protophasma  damasi  BrODgn., 
ricostrutti  (da  Haudlirsch). 


margine  posteriore;  il  protorace  largo  ma  non  così  espanso  come  è  negli  attuali 
Blattidi. 

Nella  famiglia  Oryctoblattinidae  si  trovano  specie,  le  quali,  pei  caratteri 
delle  ali,  ricordano  i  Mantidi  attuali,  di  guisa  che  si  può  dubitare  ne  siano  i 
progenitori. 


160 


CAPITOLO    SECONDO 


Alla  famiglia  Protophasmidae  appartiene  il  Protophasma  dumosi,  illustrato  dal 
Brongniart  nel  1878,  quale  precursore  dei  Fasmidi  attuali  non  bene  allora  dal- 
l'Autore completato  e  ricostruito;  più  tardi,  dallo  stesso  Brongniart,  messo  nell'or- 
dine dei  Neurotteri,  colla  Lithomantis  e  quindi  nuovamente  considerato  per  un 
Ortottero.  È  nn  vero  Protoblattoideo,  come  quel  Protascalaphus  o  Stenoneura  fayoli 

dello  stesso  Brongniart,  da  lui  ritenuto  un  Proto- 
mirmileonide.  cioè  un  capostipite  di  Neurotteri  e  di 
poi  un   Protofasmide. 

Finiscono,  col  Permiano,  i  Protortotteri  e  Proto- 
blattoidi,  anzi  in  questo  periodo  sono  essi  rappre- 
sentati, a  quel  che  se  ne  sa  per  ora,  da  una  sola 
specie. 


Fi».  161.  —  Una  delle  più  antiche 
e  primitive  forme  di  Blattoidi  ge- 
nuini. Aplithoroblallina  johnsoni 
Woodw.,  ricostrutta  (da  rian- 
darseli). 


Blattoidi.  —  Si  è  già  detto  che  tino    dal  Carbo- 
nifero   si  hanno  resti  di  veri  Ortotteri  e  più  preci- 
samente di   Blattoidi,  la  quale  famiglia  vive  tuttodì. 
L'Handlirsch  infatti  ritiene    che  veramente  si  tratti 
della  stessa  famiglia,  mentre  lo  Scudder    vuole    in- 
trodurre in  una    famiglia    distinta    (Protoblattariae) 
le    forme  fossili  e  ciò  dietro  speciali   considerazioni 
della  nervulazione  delle  ali,  modo  dì  vedere  questo 
che  non  è  condiviso  dalla  maggioranza  degli  autori. 
Certo  è  che  anche  i    Blattoidei    antichi,    come 
gli  attuali,  deponevano   le  loro  uova  in  ooteche,  che 
si  sono  trovate  fossili  nel  Carbonifero. 
Si  conoscono    11  famiglie,  comprendenti    470  specie  fossili  e  sono  molto  ab- 
bondanti nei  depositi  di  Conemaugii  (America  del  Nord)  e  di  Ottweiler  (Germania); 
appartengono  alla  parte  più  alta  del  Carbonifero  (Ouraliano  e  Stefaniano). 

Le  due  famiglie  degli  Archimylacridae  e  ilei  Mylacridae  presentano  molto 
interesse,  la  prima  perchè  numerosissima  di  specie  finora  note,  la  seconda  perchè 
vi  si  sono  osservate  forme  decisamente  mimetiche  con  foglie  di 
Felci,  fra  le  quali  certamente  vivevano.  L'esempio  più  dimostra- 
tivo è  rappresentato  dalla  Pieri  domylacris  paradoxa  Handl.  della 
famiglia  Pteridomylacridae,  le  cui  ali  sono  così  somiglianti  alle 
fronde  di  talune  Felci  da  lasciare  spesso  dubbio  se  si  tratti  di 
una  cosa  o  dell'altra. 

I  Blattoidei  sicuramente  erano  forme  terrestri,  in  tutte  le 
età  e  le  forme  ninfali  presentavano  foderi  di  ali  presso  a  poco 
così  come  è  nelle  nostre  Blatte,  sebbene  meno  rivolte  all'indietro. 


Pig.  162.  -  Blaltoi- 
dea  earri  Sehuch. 
niufa  (dal  Scbu- 
ohert), 


Protodonati.  —  Anche  fra  i  Paleodittiotteri  e  gli  Odonati  at- 
tuali sta  un  ordine,  che  trovasi  nel  Carbonifero,  rappresentato 
per  ora  da  poche  specie,  non  più  di  nove  e  chiamasi  dei  Pro- 
todonati. Non  convengono  coi  Paleodittiotteri,  per  ciò  che  la  ner- 
vatura delle  ali  è  più  differenziata,  ma  nemmeno  cogli  Odonati, 
poiché  mancano  del  pterostigma. 

Poco  si  può  argomentare  della  struttura  di  questi  Insetti  in  base  agli  scarsi 
ed  insufficienti  resti  che  se  ne  hanno  finora,  sembra  però  potersi  dire,  con  sicu- 
rezza, che  si  tratta  di  forme  anfibie,  le  cui  ali  erano  distese  orizzontalmente  e  che 
raggiungevano  dimensioni  colossali.  Infatti  le  ali  di  alcune  specie  di  Meganeura 
(ad  es.  :  M.  monyi  Brongn.,  M.  brongninrti  Handl.)  raggiungevano  i  30  centim.  di 
lunghezza.  Sono  questi  dunque  i  più  voluminosi  insetti  fossili  conosciuti. 


ANTICHITÀ    ttKGLI    INSKl'II 


161 


Protefemeridi  il  .  —  Questo  gruppo,  secondo  il  concetto  dell'Hamllirsch,  e  finora 


Fig.   163.   —  AH  anteriore  e  posteriore  di   Mer/aneura,  impiccolite,  figura  schematica  (dal  Handlirsch). 


rappresentato  da  una  sola  specie  (fig. 
mentry  in  Francia. 

Tale  forma  presenta  caratteri 
intermedi  fra  i  Paleodittiotteri  e 
gli  attuali  Efemeridi.  Le  ali  in  nu- 
mero di  quattro  sono  tutte  fra  loro 
eguali  e  per  la  nervatura  in  gene- 
rale corrispondono  ai  Paleodittiot- 
teri. ma  hanno  dei  caratteri  speciali 
di  quelle  degli  Efemeroidi  attuali 
Inoltre  la  torma  fossile  possedeva 
un  prolungamento  filiforme  dell' 11.0 
tergite  appunto  come  si  vede  essere 
in  aluni  Efemeroidi  odierni.  I  seg- 
menti del  torace  e  dell'addome 
erano  omonomi  e  rispettivamente 
eguali  fra  di  loro  e  gli  occhi  com- 
posti piccoli  come  nei  Paleodittiot- 
teri. 


164)  trovata  nello  Stefaniano  tipico  a  Oom- 


Fig.    161.    —    Uu    Protoefemeride.     Triplosoba    nnìchella 
Brongu.,  ricostruita  (dal  Handlirsch). 


SI 


Megasecopteri.   -    Per  Brongniart 
tratta  di  una  famiglia  da  ascriversi  ai  Neurotteri,    ma    per  l'Handlirsch,  che 


(1)  Con  tale  nome  il  Brongniart.  che  primo  ne  usò,  indicava  talune  forme  appartenenti  ai 
Paleodittiotteri,  come  Homaloiieiira,  con  cerei  lunghi  fino  a  10  centim.  ed  ali,  invece,  poco  più 
lunghe  di  3  centim.  Qui  noi  usiamo  tale  parola  secondo  il  significato  molto  diverso  attribuitole 
dall'Handlirsch. 


A.  Bbrlese,  Oli  Inietti,  li.  —  21. 


162 


CAPITOLO    SECONDO 


ritiene  anche  gli  odierni  Neurotteri  come  un  complesso  di  più  ordini,  i  Megase- 
copteri  costituiscono  un  vero  ordine  a  sé,  da  dividersi  in  cinque  famiglie,  com- 
prendenti 21   specie  fino  ad  ora  conosciute  (tìg.   105). 

Questi  sembrano  i  precursori    degli  odierni  Panorpati  e  derivano  dai  Paleo- 

dittiotteri.  Le  nervature  delle  ali  scemano 
di  numero  e  si  dispongono  più  ordinata- 
mente a  quelle  longitudinali,  le  quali  pure 
diminuiscono  di  numero  e  si  accostano  più 
strettamente  fra  di  loro.  La  testa  è  cordi- 
forme;  il  protorace  piccolo  eie  quattro  ali. 
indipendenti  L'ima  dall'altra,  nel  riposo  se 
ne  stanno  distese  orizzontalmente.  Addome 
composto  di  segmenti  omonomi,  provvisto 
di  due  lunghi  cerei.  La  piti  gran  parte  delle 
specie  si  è  trovata  a  St.  Etienne,  in  Francia, 
Questi  Megasecotteri  erano  Insetti  etero- 
metaboli, come  si  è  riconosciuto  in  seguito 
al  ritrovamento  di  una  ninfa,  che  presen- 
tava i  caratteristici  foderi  delle  ali,  diver- 
genti ai  lati  del  torace. 


Fig.    165.    —    Un    Megasecoptero.    Miscoptera 
woodwardi  Handl., ricostrutta  (da  Haudlirsch). 


Reculoidi,  Adentomoidi,  Apalopteroidi  e  Mixo- 
termitoidi.  —  Sono  questi  altri  gruppi  minori, 
ma  anche  meno  bene  noti,  perchè  fondati 
su  poche  specie  e  su  scarso  e  mal  conser- 
vato materiale. 


Concludendo,  per  quanto  si  riferisce  al  periodo 
Carbonifero,  noi  vediamo  che  in  questo  gli  Insetti 
sono  primamente  rappresentati  e  con  sicurezza  dai 
Paleodittiotteri. 

Inoltre,  accanto  a  questo  maggiore  gruppo 
trovansi  parecchi  ordini  oggidì  scomparsi  e  che  sono 
intermedi  fra  i  Paleodittiotteri  e  gli  attuali  Ortot- 
teri Blattoidi,  Odonati,  Efemeridi  e  Panorpati. 

Tutti  questi  ordini  intermedi  però  non  sono 
rappresentati  attualmente,  uè  alcuno  degli  attuali 
esiste  già  nel  periodo  Carbonifero. 

Fanno  eccezione  i  soli  Blattoidi  i  quali,  com- 
parsi già  nel  periodo  Carbonifero,  appunto  si  con- 
servano fino  all'epoca  attuale. 


Fig.  16»i.  —  Un   Adentoiuoide  :  Ha- 

denlomum      americanum    Handl-, 
ricostrutta  (da  Handlirscb). 


Permiano. 


Il  terreno  Permiano  è  molto  meno  ricco  di  avanzi  fossili  di  Insetti  di  quello 
che  non  si  sia  veduto  essere  stato  il  Carbonifero  ;  potrebbe  dunque  ritenersi  che 
la  fauna  fosse  realmente  meno  abbondante. 

Il  fatto  principale  di  questo  periodo  è  la  mancanza  dei  Paleodittiotteri.  Nel 
Permiano  fluiscono  quegli  Ordini  precursori  degli  attuali  che  furono  i  Protobìat- 
ioidi,  i  Protodonati  ecc.,  mentre  continuano  i  Blattoidi  e  se  ne  conoscono  circa 
120  specie,  in  massima  parte  spettanti  alla  famiglia  Archimylacridae.  Sono  questi 


L'ANTICHITÀ    lil'.IJLI    INSETTI 


163 


i  soli  Insetti  fossili  dell'epoca    paleozoica  che   si  sieno  trovati  in  Italia,  cioè  sul 
Monte  Pisano,  dal  Canavari. 

Gli  Archimilacridi  del  Permiano  sono  però  meglio  differenziati  che  non  quelli 
del  Carbonifero. 

Oltre. alla  detta  famiglia,  nel  Permiano  trovansi  rappre- 
sentanti anclif  di  quella  dei  Mantoidei,  come  si  argomenta 
da  due  ali  che  l'IIandlirscli  trovò  nel  Permiano  superiore 
di  Russia  per  le  quali  egli  istituì  il  genere  Palaeomantis. 
Non  se  ne  sono  trovate  le  zampe  e  perciò  è  dubbio  se  esse 
sieno  sul  genere  di  quelle  delle  nostre  Mantidi,  cioè  rapta- 
torie  (ben  inteso  quelle  del    1."  paio). 

I  Protodonati  non  sono  più  che  scarsamente  rappre- 
sentati e  se  ne  conosce  una  sola  specie  del  Permiano  infe- 
riore di  Franconia,  le  cui  ali  misuravano  almeno  10  centim. 
di  lunghezza,  ma  se  ne  hanno  solo  incompleti  resti. 

II  Permiano  è  poi  contrassegnato  tlall'apparsa  di  nuovi 
tipi  molto  importanti  di  insetti,  i  quali  rappresentano  i  più 
vicini  progenitori  di  gruppi  attuali. 


Pig,  167.  —  Un  Efeme- 
nii<le:  Phlhnrhis  rossi- 
cus  Haiull.  larva,  rico- 
strutta (da  Handliraeh). 


Plecotteri.  —  Con  tutta  probabilità  dai  Protoefemeroidi 
del  precedente  periodo  derivano  i  primi  Plecotteri  che  si 
rinvengono  in  questo  Permiano  (inferiore  di  Russia)  e  pre- 
sentano già  i  caratteri  del  gruppo,  quale,  è  attualmente.  Se  ne 
conoscono  solo  tre  forme  larvali  con  branchie  all'estremo  addome  ed  un  brano  d'ala. 

L'Handlirsch  ascrive,  con  dubbio,  ai  Perlarii  un  insetto,  la  cui  impronta  è  stata 

trovata  negli  stessi  terreni. 

Protoemitteri.  —  Ma  i 
resti  più  interessanti  in 
questo  periodo  sono  quelli 
bellissimi  di  un  insetto  sco- 
perto dal  Dohrn  nel  1866  e 
descritto  col  nome  di  Eu- 
gereon  bocciane/ 1.  trovato 
nel  Permiano  inferiore  di 
Germania  (Abenteuerhutte). 
L'impronta  e  la  controim- 
pronta  sono  davvero  bellis- 
sime e  comprendono  la  mag- 
gior parte  del  corpo  dell'in- 
setto, che  doveva  avere  circa 
75  mill.  di  lunghezza.  Si 
tratta  del  primo  insetto  suc- 
chiatore che  si  conosca  e 
non  può  cadere  dubbio  su 
questa  particolarità,  inquan- 
tochè  l' impronta  meravi- 
gliosa del  rostro  mette  in 
rilievo  così  bene  tutte  le  parti  del  rostro  stesso,  come  potrebbe  fare  il  più  dili- 
gente notomista  con  un  insetto  fresco. 

L'insieme  dei  pezzi  boccali  forma  un  lungo  rostro,  che  nell'esemplare  fossile 


Kit;.  168.  —  Impronta  dell'  Bugereon    boekingi  Dourn, 
grandezza  naturale  (da  Handlirsch). 


ìeesocbè    in 


164 


CAPITOLO  SRmynn 


è  diretto  all'innanzi  e  sporge  dalla  parte  anteriore  del  capo,  ina  è  probabile  che 
in  natura  esso  fosse  diretto  lungo  il  ventre  o  più  o  meno  obliquo,  come  è  attual- 
mente degli  Emittori. 

Pel  labbro  superiore  allungato,  interiormente  scanalato  e  diviso  in  segmenti, 
per  le  quattro  appendici  sottili,  stiliformi  e  da  considerarsi  per  mandibole  e  per 
mascelle,  dobbiamo  convenire  della  grande  affinità  fra  questo  modo  di  apparato 
boccale  e  quello  degli  attuali  Einitteri.  Ma  la  diversità  notevole  consiste  nel  labbro 
inferiore.  Infatti,  mentre  negli  Emitteri  odierni,  esso,  come  è  noto,  è  rappresen- 
tato da  un  pezzo  unico,  allungato  e  segmentato  in  maggiore  o  minor  numero  di 
articoli,  invece,  in  questo  Eugereon,  esso  risulta  composto  di  due  pezzi  longitudi- 
nali, indipendenti  l'uno  dall'altro,  fatti 
di  5  o  forse  (5  articoli. 

Questo  sarebbe  il  secondo  paio  di 
mascelle  tuttavia  distinte,  il  quale  poi, 
negli  attuali  Emitteri  è,  invece,  unico, 
ossia  le  due  metà  sono  assieme  fuse 
pel  lungo. 

Non  si  può  però  eliminare  total- 
mente il  dubbio  che  non  si  possa 
trattare  anche  di  un  paio  di  palpi  (la- 
biali) cosi  allungati  come  appunto  si 
vedono  nei  maschi  dei  Cnlicidi  attuali, 
fra  i  Ditteri. 

Nel  resto  P Eugereon  mostra  una 
testa  piccola,  libera;  occhi  composti- 
laterali,  di  mediocre  grossezza;  zampe 
anteriori  con  tarsi  di  due  articoli. 

Le  affinità  di  questo  Insetto  cogli 
Emitteri  odierni  non  è  stata  sempre  ri- 
conosciuta ed  esso  fu  anche  classificato 
fra  gii  Ortotteri  (Mantoidei)  o  fra  i 
Paleodittiotteri  :  ma  la  stuttura  dell'ap- 
parato boccale  è  decisiva  per  una  netta 
separazione  da  tali  gruppi  e  se  i  pezzi  pari  suddescritti  rappresentano  veramente 
il  labbro  inferiore,  non  si  può  non  ammettere  la  parentela  cogli  attuali  Emitteri. 


ig.  169.  —  Eugereon  boekingì  Dohm,  figura  schema- 
tica del  rostro  (da  Hamlliiacb). 


Paleoemitteri.  —  L'Handlirsch  ritiene  che  certi  avanzi  di  ali,  trovati  nei  gia- 
cimenti permiani  di  Russia  e  che  dimostrano  di  essere  appartenuti  ad  Insetti 
certo  molto  affini  agii  attuali  Emitteri,  dimostrino  l'esistenza  di  un  gruppo  disceso 
dai  Protoemitteri  e  precursore  degli  Omotteri  o  degli  Eterotteri  della  presente 
epoca.  Uno  dei  detti  avanzi  pare  mostri  che  una  metà  dell'ala  sia  stata  forte- 
mente coriacea  e  l'altra  metà  membranosa;  ambedue  però  recano  una  nervulazione, 
che  ricorda  quella  degli  Omotteri  del  giorno  d'oggi. 


Conclusioni  circa  la  fauna  entomologica  dell'era  paleozoica.  —  Riassumendo  il  già 
detto  si  conclude  che  i  primi  Insetti  compaiono  nel  Carbonifero  ed  il  più  antico 
gruppo  è  quello  dei  Paleodittiotteri,  tutti  masticatori  e  con  dimensioni  grandi  o 
gigantesche.  Anche  le  specie  più  piccole  di  allora  avevano  statura  superiore  a 
quella  mezzana  degli  Insetti  attuali.  Non  si  può  ammettere  che  siano  esistiti 
Insetti  piccoli,  sfuggiti  per  le  loro  dimensioni  alle  ricerche  dei  Paleontologi,  perchè 
si  conoscono  specie  organiche  (ad  es.  i  Graptoliti),  che  sono  organismi  molto  più 


[.'antichità   dkci.i   insetti  165 


piccoli  ed  hanno  lasciati'  evidentissime  Vestigia  di  se,  molto  bene  note  e  stu- 
diate. 

Durante  l'epoca  paleozoica  compaiono  anche  ordini  di  transizione  tra  i  Pa- 
leodittiotteri  e  gli  attuali  ordini,  che  però  non  si  presenteranno  se  non  nell'era 
mesozoica. 

Questi  ordini  intermedi,  ora  del  tutto  scomparsi,  preludono  alla  apparizione 
degli  Odonati,  degli  Efemeridi,  dei  Panorpati,  degli  Ortotteri  e  dei  Eincoti.  Gli 
Insetti  con  apparato  succhiatore  si  presentano  por  la  prima  volta  solo  nel  periodo 
Permiano. 

In  generale  gli  ordini   primitivi  erano  composti  di  Insetti  antibiotici. 

Quanto  a  resti  tossili  di  Ti  san  uri,  Collemboli,  Fulgoridi,  Coleotteri,  che  si 
ritenne  da  taluno  essere  stati  trovati  nell'Epoca  paleozoica,  è  dimostrato  ora, 
dopo  esame  più  diligente,  trattarsi  invece  di  Insetti  da  ascriversi  a  qualcuno 
degli  ordini  già  ricordati,  oppure  a  gruppi  di  altri  Artropodi. 

La  statura  gigantesca,  che  attualmente  appartiene  solo  a  forme  tropicali,  sembra 
concorrere  a  sostegno  della  ipotesi  che  durante  l'epoca  paleozoica  la  temperatura 
del  globo  fosse  assai  più  calda  della  attuale  e  dovunque  egualmente  senza  sensi- 
bili variazioni  nelle  stagioni.  Si  può  anche  ritenere  che  gli  Insetti  siano  prima- 
mente apparsi  nelle  terre  continentali,  che  durante  l'epoca  paleozoica  si  estendevano 
dall'Europa  all'America  settentrionale,  per  l'Asia,  ecc.,  poiché  i  Paleodittiotteri 
hanno  seminato  i  loro  resti  su  una  larga  area  dell'Europa,  dell'Asia  e  dell'Ame- 
rica  settentrionale. 


Èra    Mesozoica. 

Triassico. 

Il  periodo  Triassico  è  caratterizzato  dalla  grande  scarsezza  di  resti  di  Insetti 
e  dalla  apparsa  delle  prime  forme  a  metamorfosi  completa. 

I  depositi  triassici  hanno  le  caratteristiche  di  strati  formatisi  in  .mari  pro- 
fondi e  predominano  i  calcari,  i  quali  anche  hanno  per  lo  più  subito  così  profonde 
alterazioni  che  malamente  possono  esservisi  conservate  le.  traccie  di  organismi 
come  gli   Insetti. 

D'altro  canto  però  si  osserva,  che  pur  rinvenendo  depositi  ricchi  di  resti 
vegetali  molto  bene  conservati,  non  vi  si  trovano  per  lo  mezzo  traccie  di  Insetti 
e  ciò  deve  fai  supporre  che  questi  fossero  realmente  meno  abbondanti  che  non 
erano  in   precedenza. 

Certo  del  Trias  non  si  conoscono  che  21  specie  entomologiche,  quando  del 
Carbonifero  ne  sono  note  non  meno  di  750. 

Può  adunque  essere  che  speciali  condizioni  di  ambiente,  per  nulla  favorevoli 
alla  vita  della  fauna  entomologica  prima  esistente,  abbiano  indotto  in  questa  larghe 
distruzioni  di  specie  e  la  modificazione  di  altre  per  adattarsi  a  nuove  maniere 
di   vita. 

L'intervento  dell'olometabolismo,  messo  in  rapporto  colla  ipotesi  di  un'epoca 
glaciale  permiana,  la  quale  sembra  molto  probabile,  almeno  per  l'emisfero  australe, 
dà  credito  alla  congettura  che  questa  particolare  maniera  di  sviluppo  postembrio- 
nale  stia  in  rapporto  colle  diverse  temperature  nelle  varie  stagioni,  per  cui  gli 
olometaboli,  durante  il  riposo  ninfale,  non  risentono  bisogno  di  nutrimento  appunto 
allorquando  anche  la  vegetazione,  per  la  fredda  stagione,  è  in  riposo. 

L'epoca  glaciale    permiana    può    aver  concorso  efficacemente  alla  distruzione 


166  CAPITOLO    SECONDO 


della  maggior  parte  delle  forme  entomatiche  paleozoiche,  obbligando  le  rimanenti 
a  radicali  modificazioni  di  struttura  e  di  modo  d'esistenza  per  poter  sopravvivere. 

Ma  la  scarsezza  di  resti  fossili  di  Insetti  nel  periodo  Triassico  deve  anche 
dipendere  da  altre  circostanze,  per  le  quali  i  resti  di  molte  forme  non  sono  a 
noi  potuti  pervenire. 

Infatti  grandi  lacune  caratterizzano  questo  periodo,  e  che  tali  lacune  esistano 
non  può  cader  dubbio. 

Infatti,  nel  periodo  successivo,  cioè  nel  Liassico,  noi  troviamo  riccamente  rap- 
presentati ordini  già  esistenti  nell'epoca  paleozoica  o  derivati  senza  dubbio  da 
quelli  e  pure  nel  Trias  non  ne  è  rimasto  traccia.  In  tale  caso  è  evidente  la  scom- 
parsa delle  traccie  di  tali  forme  transitorie,  mentre  non  è  ammissibile  la  man- 
canza delle  forme  stesse. 

Certamente  nel  periodo  Triassico  sono  vissuti  Perlari,  Plecotteri,  Blattoidi, 
Mantoidi  e  progenitori  di  Emitteri  e  devono  essere  apparsi  i  veri  Odonati  ed  i 
veri  Ortotteri  saltatori  (Locustoidi)  e  forse  anche  Embioidi,  Panorpati  e  Neurot- 
teri  nello  stretto  senso,  poiché  tutti  questi  gruppi  appariranno  nel  Lias  con  molta 
abbondanza  di  specie. 

Intanto  è  certa  la  presenza  nel  Trias  di  due  ordini  a  metamorfosi  completa 
e  più  precisamente  dei  Coleotteri  e  dei  Megalotteri. 

Coleotteri.  —  Dei  Coleotteri  si  conoscono  gli  avanzi  di  19  specie,  ma  sono 
rappresentati  da  elitre  e  protoraci  e  tali  parti  non  sono  sufficienti  per  riconoscere 
le  famiglie  alle  quali  appartengono  le  specie,  così  che  non  si  può  dire  quali  di 
esse  sieno  le  prime  apparse;  occorrerebbe  vedere  le  antenne  od  i  tarsi  per  saperne 
di  più. 

Inoltre  non  tutte  queste  specie  appartengono  al  Trias,  perchè  parecchie  sono 
di  giacimenti  dell' Ivfralias,  cioè  della  base  del  Lias  in  senso  largo;  altre  specie 
dal  De  Lapparant  sono  attribuite  al  Eetico. 

Neurotteri.  —  Ai  Neurotteri  (in  senso  largo)  devono  ascriversi  i  Megalotteri 
rappresentati  da  due  sole  specie  trovate  nell'Arenaria  variegata  (Bunter  Sandstein) 
di  Gòdewitz  in  Germania.  Non  se  ne  conosce  che  un'ala  per  ciascuna  e  la  ner- 
vatura di  queste  ali  non  si  può  riferire  nò  ai  Cauliodidi,  né  ai  Sialidi  attuali;  si 
avvicinerebbe  a  quella  dei  primi,  ma  conserva  caratteri  più  primitivi,  per  cui 
ricorda  quella  dei  Paleodittiotteri. 


Liassico. 

Non  così  povero  di  Insetti  fossili  è  questo  periodo,  ma  anzi  molto  ricco, 
specialmente  in  confronto  del  periodo  Triassico  precedente.  Esso  è  caratterizzato 
dalla  sicura  apparsa  di  taluni  ordini,  che  anche  attualmente  si  conservano,  cioè 
gli  Odonati,  i  Ditteri,  gli  Eterotteri  ed  Omotteri  come  pure  di  importanti  famiglie 
quali  i  Locustoidi,  Mantoidi,  Friganoidi,  Panorpati,  ecc.  Mentre  continuano  a 
trovarsi  i  Blattoidi  ed  i  Coleotteri  nonché  quei  Megalotteri  di  cui  si  sono  vedute 
le  scarse  vestigia  fin  dal  precedente  periodo.  Nel  Lias  si  sono  trovate  oltre 
360  specie  di  Insetti,  particolarmente  in  Inghilterra.  Germania  (specialmente  nel 
Mecklenburg).  in  Svizzera,  nell'Argovia  (1)  ed  in  Austria  a  Pechgraben  e  sono 
tutti  del  Lias  inferiore. 


(1)  Le  marne  nere  fossilifere  ili   Argovia   purtroppo  nelle  collezioni  si   guastano    rapidamente 
perchè  contengono  pirite,  che  all'aria  si  altera  e  rende  i  pezzi  friabili. 


l'antichità  degù  insetti  167 


Odonati.  —  Appaiono  in  questo  periodo  i  veri  Odonati;  in  generale  però  ap 
partengono  a  famiglie  oggidì  non  esistenti,  meno  una  specie  che  può  essere  rife- 
rita ai   Qomphidae  (Anisotteri)  vivente  anche  ora. 

Le  altre  16  specie  hanno  caratteri  di  transizione  fra  gli  Zigotteri  e  gli  Ani- 
sotteri che  appariranno  più  tardi,  in  guisa  che  l'Handlirsch  ne  fa  un  sottordine 
a  sé  degli  Aniswsigotteri. 

Mancano  le  forme  intermedie  tra  i  Protodonati  del  periodo  Paleozoico  e  gli 
odonati  Massici;  forse  nel  Triassico  devono  essere  esistite  quelle  più  vicine  ai 
Protodonati,  per  le  quali  si  arriva  gradatamente  agli  Auisozigotteri  del  Liassico  e 
di  qui  agli  Odonati   veri  dello  stesso  periodo. 

1  caratteri  si  desumono  particolarmente  dalla  nervatura  delle  ali,  che  è  diversa 
in  confronto  a  quella  delle  specie  attuali.  Inoltre  gli  occhi  grandi  e  sessili  non 
erano  riuniti  fra  loro  al  vertice,  ina  sempre  separati.  Torace  ed  addome  più  o 
meno  gracili  e  quest'ultimo  con  cerei  talora  semplicemente  tubercoliformi  od  a 
forma  di  uncini  (come  nei  Calopterigidi)  od  anche  foliiformi,  grandi  come  si  ve- 
dono in  molti  Anisotteri.  Le  ali,  nel  riposo,  erano  portate  come  fanno  le  odierne 
Libellule  o  come  i  Galopterigidi  e  le  zampe  erano  corte  e  robuste  oppure  lunghe 
e  gracili. 

Xeedham  -propone  di  dividere  gli  Odonati  del  Lias  in  due  famiglie  degli 
Stenojìtbidi  e  degli  Etemflebidi,  i  primi  progenitori  degli  Anisotteri,  i  secondi  dei 
Zigotteri. 

Vive  ora  una  specie  al  Giappone,  la  Palaeopìilebia  superstes  illustrata  dal 
Selys  de  Longchamp,  che  può  considerarsi  per  l'ultimo  rappresentante  superstite 
degli  Anisozigotteri.  Essa  ha  il  corpo  e  la  testa  come  i  Gonfidi  ed  i  caratteri 
delle  ali  come  nei  Calopterigidi. 

Un  gruppo  degli  Archizigotteri,  così  detto  dall'Handlirsch,  è  rappresentato 
da  un  Protomyrmileon  dal  Geinitz  già  creduto  un  Neurottero  progenitore  degli 
attuali  Formicaleoni.  Si  tratta  invece  di  un  Odonato  e  l'errore  è  scusabile  data 
la  scarsità  degli  avanzi  trovati,  che  sono  due  soltanto  e  molto  incompleti.  I  ca- 
ratteri sono  in  gran  parte  quelli  degli  Agrionidi,  ma  l'organizzazione  in  generale 
è  molto  più  primitiva  e  può  essere  si  tratti  di  una  forma  intermedia  fra  i  Pro- 
todonati e  gli  Agrionidi  attuali  o  qualche  cosa  di  affine  a  questi,  che  però  non 
si  è  conservato  fino  ad  ora. 

Ortotteri.  —  I  Blattoidi  continuano  anche  in  questo  periodo  e  del  Lias  si 
conoscono  19  specie,  da  ascriversi  alla  famiglia  Mesoblattinidi,  già  rappresentata 
nel  Carbonifero,  ma  mentre  in  questo  terreno  i  Blattoidi  rappresentano  il  93  °/0 
degli   Insetti  fossili  e  nel  Permiano  l'S5  %.  invece  nel  Lias  non  sono  più  del  (J  °/0. 

Appaiono  per  la  prima  volta  gli  Ortotteri  saltatori  e  sono  rappresentati  da 
45  specie  di  Loeustoidci.  Un  fatto  è  degno  di  nota,  che  cioè  non  si  trovano  in 
questo  periodo  rappresentanti  di  Acrididi.  Ora,  se  si  considera  che  attualmente 
gli  Acrididi  sono  numerosi  quanto  i  Locustidi  e  nell'epoca  terziaria  si  trovano 
tossili  dell'uno  e  dell'altro  gruppo  in  egual  misura  (ciò  che  depone  sulla  conser- 
vabilità  allo  stato  fossile  anche  degli  Acrididi  non  meno  che  dei  Locustidi)  devesi 
ammettere  che  gli  Acrididi  non  fossero  ancora  apparsi  nel  Lias. 

1  Locustidi  di  questo  periodo  sono  aggruppati  in  tre  famiglie,  cioè  degli 
Eìcanidi,  Locustopsidi  e   Grillidi,  ma  al  presente  solo  l'ultima  ancora  si  conserva. 

La  prima  famiglia  era  più  numerosa.  Questi  Insetti  avevano  antenne,  zampe 
posteriori  ed  ovopositore  lungo  come  negli  attuali  Locustidi,  ma  diversificano  pei 
la  nervulazione  delle  ali  tuttavia  con  caratteri  primitivi,  da  avvicinarsi  a  quella 
degli  Acrididi  ed  inoltre  mancavano  di  organo  stridulante.  Le  ali.  per  la  più 
parte,  sono  macchiettate. 


168 


CAPITOLO    SECONDO 


L'unico  genere  della  famiglia  e  quello  degli  Elcana,  con  39  specie  finora  note, 
dapprima  ritenute  per  Panorpati,  poi  per  Efemeridi,  Sialidi,  Termitidi  e  poi  dal- 
l'Haudlirsch  considerati  per  Ortotteri  (fig.    170). 

Questo  Autore  aggruppa  5  specie  nella  famiglia  dei  Locustopsidi,  basandosi 
sulla  speciale  nervulazione  delle  ali. 

I  G-rillidi  appaiono  per  la  prima  volta  nel  Lias  superiore  (di  Meckleuburg) 
e  mostrano  già  una  nervatura  delle  ali  simile  a  quella  del  gen.  Gryllus  attuale, 
sebbene  alquanto  più  regolare.  I  maschi  possedevano  organi  stridulanti  nelle  ali. 
Sono  dunque  i  Grillidi  del  Lias  i  primi  Insetti  forniti  di  organi  atti  a  produrre 
dei  suoni. 

Quanto  ai  progenitori  dei  Mantoidi  si  è  già  veduto  che  nel  Permiano  alcune 
forme  sembrerebbero  potersi  attribuire  tale  significato  e  nel  Lias  di  Meckleuburg 

si  sono  trovati   ali    di  Insetti  classificati 
fra  i  Locustidi    o   fra    i    Neurotteri,    ma 
che  non  stanno  bene  in  alcuno  dei  detti 
gruppi  e  somigliano  piuttosto  agli  Orie- 
toblattini  fra  i  Protoblattoidi    paleozoici, 
che  si  dissero  probabili  capostipiti  degli 
attuali  Mantoidi.  Cosiffatte  ali  si  possono 
dunque    attribuire  a    progenitori    comuni 
dei  Mantoidi  e  dei  Blattoidi  e  si  dividono 
in    particolari    famiglie    (Aglidi,    Geinit- 
zidi)  di  cui  non  rimane  attualmente  alcun 
rappresentante. 
Rincoti.  —  Mentre  nel  Permiano  non  si  trovavano  che  Protoemitteri  (Eugereou) 
con  caratteri  intermedii  fra  gli  Omotteri  e  gli  Eterotteri  odierni,  invece,  nel  pe- 
riodo Liassico  si  trovano  veri  Eincoti  da  ascriversi  all'uno  od  all'altro  dei  detti 
gruppi. 

Veramente  allora  gli  Omotteri  erano  rdù  numerosi  degli  Eterotteri,  mentre 
oggidì  avviene  il  contrario.  Infatti  del  Lias  sono  conosciute  23  specie  di  Omot- 
teri e  7  di  Eterotteri,  i  quali  ultimi  non  si  possono  però  distinguere  in  Gimuo- 
cerati  e  Criptocerati,  come  gli  Insetti  attuali  di  questo  ordine.  Le  forme  Massiche 
probabilmente  rappresentano  il  comune  ceppo  di  origine.  Esse  infatti  non  possono 
essere  classificate  in  alcuna  delle  attuali  famiglie,  sebbene  ne  sembrino  i  proge- 
nitori, perchè  presentano  caratteri  più  primitivi,  come  si  può  desumere  dagli 
avanzi  di  ali  e  di  frammenti  del  corpo  (pronoti,  scutelli,  pezzi  pleurali  dell'ad- 
dome, ecc.).  Si  trovano  specie  con  caratteri  dei  Cimicidi,  Pentatomidi  e  Coreidi. 
Invece  gli  Omotteri  possono  essere  riferiti  a  famiglie  alcune  delle  quali  esi- 
stono tuttavia,  come  ad  es.:  i  Fulgoridi,  Jassidi,  mentre  altre  sono  assolutamente 
estinte  sebbene  presentino  qualche  carattere  dei  Psillidi  e  dei  Cercopidi. 
Veniamo  ora  agli  Insetti  a  metamorfosi  completa. 

Coleotteri.  —  Anzitutto  i  Coleotteri,  già  comparsi  nel  Trias,  continuano  qui  e 
si  conoscono  136  specie  del  Lias,  cioè  il  37  °/0  circa  di  tutti  gli  Insetti  di  questo 
periodo.  Per  le  ragioni  già  dette  non  è  possibile  determinare  le  famiglie  alle  quali 
questi  Insetti  dovrebbero  essere  ascritti. 


Elcana  genilzi  Heer. 


Un  Elcaoide  liassico  con  espansioni    fogliformi  alle  tibie 
posteriori,  ricostruito  (da  Handlirech). 


Neurotteri.  —  I  veri  Neurotteri  compaiono  per  la  prima  volta  nel  Lias  supe- 
riore e  se  ne  hanno  13  specie  con  una  nervulazione  delle  ali  molto  primitiva  e 
che  si  può  far  procedere  da  quella  dei  Paleodittiotteri.  Per  ora  non  si  conoscono 
che  ali,  che  però  somigliano  molto  a  quelle  degli  attuali  Emerobiidi.  L'Handlirsch 


L'ANTICHITÀ     DUOLI     INSKTTI 


1«» 


intanto  li  raocoglie  tutti  uella  famiglia  Proemerobiidi  progenitrice  degli  Emero- 
biidi  odierni.  Si  può  credere  che  si  trattasse  di  forme  anfibiotiche  viventi,  allo 
stato  di  larva,  nell'acqua. 

I  Megalotteri,  di  cui  si  è  visto  qualche  traccia  nel  Trias  ed  i  Plecotteri,  che 
compaiono  già  nel  Permiano,  mancano  nel  Lias;  probabilmente  erano  dunque 
molto  rari. 

Egualmente  nel  Lias  compaiono  i  Panorpati  ed  i  Friganoidei,  molto  più  simili 
fra  loro  che  non  lo  sieno  attualmente,  il  che  depone  in  favore  dell'ipotesi  di  una 
origine  comune. 

Le  15  specie  di  Panorpati  fossili  finora  note  non  possono  rientrare  in  alcuna 
delle  famiglie  odierne  e  ne  costituiscono  una  distinta  (Ortoflebiidi  dell'Handlirsch) 
probabilmente  progenitrice  di  tutte  le 
attuali.  Dei  Friganoidi  si  conoscono  L3 
specie  ed  essi  pure  si  raggruppano  in  una 
sola  famiglia  i  Neorotauliidi)  capostipite 
di   tutte  le  odierne. 


Fig.  171.  —    Un    Protoemerobide,    Prùkemerobins 
prodromus  Handl.,  ricostruito  (da  Handliiscb). 


Ditteri.  —  In  questo  periodo  si  pre- 
sentano i  primi  Ditteri  e  sono  tutti  Orto- 
rafi  Xematoceri.  Si  conoscono  13  specie, 
da  riunirsi  in  4  famiglie,  di  cui  tre  senza 
rappresentanti  al  dì  d'oggi  ed  una,  quella 
dei  Bibionidi,<sìie  esiste  anche  attualmente. 

Si  è  trovata  infatti  un'ala  nel  Lias 
di    Mecklenburg,    che    è    molto    simile  a 

quelle  degli  Insetti  del  gen.  Plecia,  del  quale  si  trovano  avanzi  numerosi  già  nel 
periodo  terziario. 

Così  altri  Ditteri  si  rinvengono  pei  quali  è  d'uopo  istituire  famiglie  distinte 
dalle  attuali,  ma  delle  quali  ultime  si  possono  considerare  come  i  precursori. 

Così  ad  es.  si  è  trovata  un'ala  che  ricorda  quella  dei  Lobogaster,  che  appar- 
tengono alla  fam.  Rifidi,  ma  per  caratteri  più  primitivi  l'insetto  che  aveva  tale 
ala  si  deve  ascrivere  a  famiglia  distinta  dei  Protoritidi:  così  per  specie  affini  ai 
Pticopteridi  si  fa  la  famiglia  Fopticopteridi. 

Si  sono  anche  trovati  Ditteri,  simili  ai  Tipulidi  del  giorno  d'oggi  per  la  ner- 
vatura delle  ali,  ma  con  addome  largo,  anziché  bacilliforme  come  è  nelle  specie 
attuali.  Se  ne  è  fatta  la  famiglia  degli  Architipulidi. 

Xon  ancora  sono  presenti  gli  Imenotteri  ed  i  Lepidotteri.  Gli  avanzi  che  si 
ascrissero  a  questi  Insetti  si  è  visto  di  poi  che  invece  non  vi  hanno  che  vedere. 


Giurassico. 

In  Inghilterra  in  più  depositi,  che  si  richiamano  alle  diverse  epoche  del  pe- 
riodo Giurese  o  Giurassico  che  dire  si  voglia,  nonché  in  Spagna  e  Siberia  (Oolite 
superiore)  come  pure,  meglio  e  più  che  altrove  nei  celeberrimi  calcari  di  Solnhofen, 
in  Baviera,  dove  i  fossili  in  genere  ed  anche  taluni  insetti  sono  meravigliosamente 
conservati,  in  tutti  questi  depositi  trovansi  numerosi  gli  avanzi  di  Insetti,  così 
che  questi  sembrano  dover  essere  stati  molto  più  abbondanti  che  non  nel  prece- 
dente periodo. 


A.  Bbrlksk.  Oli  Insetti    II    —  22. 


170 


CAPITOLO    SECONDO 


Ortotteri.  —  Continuano  gli  Elcanidi  ed  i  Locustopsidi  e  Grillidi.  Compaiono 
però  anche  i  primi  Locustidi  veri.  Gli  Elcanidi  mostrano,  nelle  zampe  posteriori 
saltatone,  certe  espansioni   foliiformi,  quali  si  trovano  anche  oggidì  in  Locustidi 
che  frequentano  le  acque  ed  il  fango  molle.  Si  può  quindi  supporre  per  questi  Elca- 
nidi una  maniera  di  vita  analoga. 
Appariscono  i  primi  Fasmidi, 
che  sembra  dovessero  vivere  cor- 
rendo    sull'acqua,    come     attual- 
mente    fanno    i    Prisopus     della 
stessa    famiglia    ed  i  Gerris    fra 
gli  Eterotteri. 

Ciò  s'argomenta  dallo  studio 
della  singolare  Ghr esmoda  obscura 
descritta  dal  Gennai  (Schisti  di 
Solenhofen)  e  introdotta  succes- 
sivamente in  più  ordini,  ma  alla 
fine  rimasta  nei  Fasmidi,  i  quali 
dunque  sembrano  essere  discesi 
dagli  Elcanidi  (flg.  1T2). 

Dei  Blattoidi  si  contano  in 
questo  periodo  54  specie,  da  ascri- 
versi ai  Poroblattinidi,  Mesoblat- 
tinidi  e  Diecoblattinidi,  che  esi- 
stevano già  nel    Paleozoico. 

Non  abbondanti  si  mostrano 
i  Perlari,    di    cui    si    hanno  solo 
due  giovani,  trovati  nel  Dogger  di  Siberia.  Questi  mostrano  evidenti  le  branchie 
esterne. 


Pig.  172.  —  Chresmoda  obscnra  Gerii),  (dal  Handlirscb). 


-'  >■  J-" " 


Odonati.  —  Di    questi   Insetti    aumenta  il  numero.  (Ili  Anisozigotteri  sono  in 
diminuzione  e  non  se    ne    conoscono  più  che  9  specie,  da  distribuirsi  in  almeno 
3  famiglie.  Aumentano  invece  gli  Anisotteri  e  se  ne  hanno  più  specie,  da  intro- 
dursi in  due  famiglie,  cioè  Gonfidi  (ancora 
esistente)  e  l'altra  degli  Eschnididi  (Han- 
dlirsch)  estintasi.  A  questa  famiglia  appar- 
tiene la  Cymatophlebia  longiàlatà  (fig.  173) 
del  Germar,  già  introdotta  nei  generi  Li- 
bellula Aeschna,  Afiax, Peialia,  Gynacantha. 
In   questo  ultimo  genere  le  femmine  pos- 
sedevano un  lungo  ovopositore. 

Si  trovano  i  primi  Zigotteri  e  se  ne 
conoscono  9  specie,  che  ricordano  i  Ca- 
lopterigidi  e  gli  Agrionidi  attuali  e  rap- 
presentano veri  e  proprii  Epallagidi. 

Fig.  173.  —  Cymatophlebia  (oìtgialata  Miiust.  Giura 
n.  .     .  t        i  r>  i    i    t\-  di  Baviera  (d;i  Zitte]  ). 

Plecotten.   —   Le  16  specie  del  Giura  ' 

sono  rappresentate  da  avanzi  così  in  cat- 
tivo stato  da  non  potersi  esattamente  classificare.  Alcune  forme  sembrano  doversi 
avvicinare    ai    Protefemeridi    del  Paleozoico,  perchè  hanno    le    ali    anteriori   e  le 
posteriori  di  eguale  sviluppo;  ma  altre  hanno  maggiori  le  ali  del  1.°  paio,  come 
è  nelle  forme  attuali. 


I.  ANTICHITÀ    DEGLI    INSETTI 


171 


Rincoti.  —  Si  conosconono  6  Gimnocerati  (fig.  176)  e  7  Criptocerati,  molto 
simili  alle  forme  attuali.  Questi  ultimi  spettano  alle  famiglie  dei  Xepidi,  Belosto- 
midi  (fig-.  175),  Xaueoridi,  Notonectìdi  e   Corixidì,  che  sono  tutte  viventi. 

Veramente  i  Kepidi  ili  questo  periodo  dovrebbero  considerarsi  come  forme 
di  passaggio    verso  i  Belosto- 


midi  ed  i  Xaueoridi,  perchè 
non  presentano  i  tubi  respira- 
tori all'estremo  addome,  che 
sono  caratteristici  delle  forme 
attualmente  viventi. 

Gli  Omotteri  sono  bene 
rappresentati.  Si  trova  perfino 
il  primo  Afide,  sebbene  di  or- 
ganizzazione abbastanza  pri- 
mitiva: si  è  trovato  nel  Pur- 
beck  inglese. 

(Wi  altri  appartengono  in 
gran  parte  ai  Fulgoridi,  fa- 
miglia tuttavia  esistente. 

(Ili  Insetti  a  metamorfosi 
completa  sono  molto  abbon- 
dantemente rappresentati  ed  è 
nel  periodo  Giurassico  appunto 
che  appaiono  i  primi  Imenotteri 
ed  primi  Lepidotteri,  mentre  si 
arricchiscono  gli  altri   Ordini. 


Fig.  174.  —  Tarsophlebia  eximia  Hagen,  del  calcare  di  SolnhofeD, 
cou  caratteri  degli  Anisopteri  e  degli  Zigotteri.  Ricostrutta  (da 
Haudlirscb). 


Neurotteri.  —  Se  ne  conoscono  oltre  20  specie,  delle  quali  9  spettano  ai  Proe- 
merobiidi  «die  già  esistevano  nel  Lias;  gli  altri  possono  rientrare  in  tre  famiglie 
ora  scomparse. 

La  Kalligramma  haeckelii  Walther  (fig.  177)  era  una  forma  gigantesca,  perchè 
le  sue  ali  anteriori  misuravano  ben 
122  millimetri  e  quelle  posteriori 
100  mill.  di  lunghezza;  il  corpo  era 
lungo  7  cent.  Tale  insetto  fu  trovato 
negli  schisti  litografici  di  Solnhofen 
ed  è  fra  i  meglio  conservati. 

I  Panorpati  sono  io.  regresso; 
essi  sono  raj  «presentati  da  due  soli 
(  >rtoflebini. 

Dei  Friganidi,  sebbene  si  rin- 
vengano nuove  forme,  pure  essi  sono 
ancora  poco  abbondanti. 


Pie.  Ii5.  — 


Mesobelosio mum  dc- 
perdilum  Gemi.,  del  calcare  di 
Bavi.-r'.  ricostratto  (da  Hau- 
dlirsch). 


Fig.  176.  —  Arehegoei- 
mex  f/t'inilzi  Handl. 
(da  Handlirsch). 


Lepidotteri.  —   Ma  ecco  apparire 
l'aurora  dei   Lepidotteri,  in   questo  periodo   Giurese  e   se    ne  hanno   12  specie,  da 
ascriversi  alla  famiglia  Paleontinidi,  che  è  rappresentata  solo  nel  Giura. 

Queste  sono  le  prime  origini  accertate  del  bello  e  ricchissimo  ordine  delle 
Fattali.',  sebbene  si  debba  supporre  che  i  veri  progenitori  del  gruppo  sieno  anche 
anteriori,  dappoiché  le  forme  del  Giurassico  sono  orinai  notevolmente  specializzate. 

Circa   la   posizione    sistematica    degli    Insetti,  i  cui  avanzi     sono    ascritti    ai 


172 


CAPITOLO    SKCONDO 


Lepidotteri  non  è  stata  piccola  discussione,  perchè  alcuni  autori  non  ammettevano 
che  potessero  essere  vissuti  Lepidotteri,  cioè  forme  che  si  nutrono  del  nettare 
dei  fiori,  in  un  tempo  in  cui  non  esistevano  piante  fiorifere,  essendo  la  flora  tut- 
tavia composta  solo  di  Crittogame  e  (limnosperme,  mentre  le  prime  scarsissime 
Monocotiledoni  si  trovano  solo  sul  finire  del  piano  Kimmeridgiano  (in  Portogallo). 


Fig.  177.         Kalligramma  haeckeìi  Walter,  circa  metà  della  grandezza  naturale. 
Ricostrutto  (da  Hundlirseh). 


Ora  però,  messo  da  parte  questo  preconcetto  e  considerato  d'altra  parte  che  anche 
attualmente  molte  specie  di  Lepidotteri  si  trovano,  che  non  si  nutrono  di  nettare 
(ad  es.:  le  specie  australiane  dei  generi  Pelora,  Apoda,  Doratiophora,  ed  anche 
negli  Ophideres  di  Australia  e  di  Africa  la  tromba  sempre  rigida  e  distesa  serve 

a  forare  le  frutta,  come  banani,  aranci,  per 
ritrarne  il  succo)  si  ritiene  si  tratti  real- 
mente di  Lepidotteri  non  troppo  diversi 
dagli  attuali,  sebbene  con  abitudini  d'altra 
maniera  di  quelle  più  comuni  alle  odierne 
Farfalle. 


t£%m 


Nel  1864  il  Westvood  illustrò  alcuni  frammenti 
di  ala  trovati  nel  Purbeck  inglese  e  li  ascrisse  a  Le- 
pidotteri. Così  pure  nel  1873  il  Butler  descrisse 
un'ala  di  Farfalla  del  Dogger  di  Stonesfield  in 
Inghilterra  ed  intitolò  la  specie  Paleo  ntina  oolitica. 
Del  Dogger  della  Siberia  orientale  sono  due  forme 
illustrate  dall'Oppenheim  nel  1885  (tig.   178). 


Fig.    178.    —  Ali    di    un    Lepidottero  :    Paleo- 
cosshs  jurassicus  Oppen.  (da  Oppenheim). 


La  nervatura  delle    ali    somiglia  molto 
alla  distribuzione  delle  trachee  nelle  ali  di 
ninfe  di  Lepidotteri  odierni. 
Le  ali  anteriori  erano  grandi  assai  più  delle   posteriori  ed  a  contorno  trian- 
golare e  nei  resti  fossili  si  vedono  ancora  le  traccie  delle    squame    da  cui  erano 
ricoperte.  Il  corpo  era  breve  e  tozzo. 


l    A\  in  III  l  \    DKGLI    INSETTI 


173 


Ditteri.  —  Gli  Ortorafi  Neniatoceri  si  sono  veduti  apparire  nel  precedente  pe- 
riodo; proseguono  nel  (lima  colla  famiglia  dei  Bibionidi  e  come  nuove  compaiono 
le  famiglie  dei  Mieetofilidi,  Psioodidi,  e  Tipulidi; 
ina  in  questo  periodo  cominciano  a  trovarsi 
ancora  i  Brachiceri,  rappresentati  da  una  sola 
t'orma,  clic  appartiene  alla  famiglia  tuttavia 
vivente  dei  Neme&trinidi. 


Coleotteri.  —  Se  ne  conoscono  140  specie  di 
diffìcile  aggruppamento  in  famiglie,  sebbene 
sembri  di  potervi  riconoscere  dei  Carabiiii. 
degli  Idrofilidi,  Elateridi,  Buprestidi  e  forse 
Crisomelidi,  Ditiscidi  ed  altri;  con  maggior 
dubbio  poi  Curculionidi  e  Lamellicornidi. 


Imenotteri.  —   In  questo  terreno  Giurassico 
cominciano  a  presentarsi  gli  Imenotteri. 

Il    Deiclimiiller,  nel    1SS6,    dimostrò    che 
certi    resti  di  Insetti  trovati  negli    schisti    di 

Solnhofen    e    dallo    Schròter    (1784),    dallo  Schlotheim    (1S20),   e    dal  Weyenberg 
(1869)  considerati  per  farfalle;   dall'Hagen  (1862) "per  Belostomidi  e  dall'Oppenheim 


Fig.  179.  —  Un  Lepidottero  Eocicada  la- 
meerei  Hanill.,  del  calcare  di  Solnhofen, 
ricostrutto  (da  Handlirsch). 


(1885)  per  forme  affini  ai 
Siricidi,  sono  veramente  da 
ascriversi  a  quest'  ultimo 
gruppo,  sebbene  per  la  ner- 
vatura delle  ali  ne  sieno  un 
poco  discosti  e  meno  evoluti. 
La  configurazione  generale 
del  corpo  e  l'armatura  del- 
l'estremo addome  ricordano 
bene  i  Siricidi,  ma  non  con- 
vengono completamente,  di 
guisa  che  è  bene  farne  una 
famiglia  a  sé,  che  è  quella 


Fig.  180.  —  Pseutìisirex  sp., 
ricostrutto  (da  Handlirsch). 


appunto  d  e  i  Protosiricidi. 
Se  ne  conoscono  15  specie. 
Pare  che  si  abbiano  di 
questo  periodo  anche  dei 
Pimplidi,  adunque  forme  pa- 
rassite e  per  tale  si  ritiene 
una  specie  ritrovata  in  Spa- 
gna (Sierra  di  Montsech  in 
Catalogna)  col  capo  gros- 
setto,  verticale;  antenne 
lunghe  e  filiformi;  coscie 
grosse,  z  a  ni  p  e  lunghette  ; 
addome  sessile  con  un  ovo- 


positore lungo  quasi  il  doppio  del  corpo.  Le  ali  giungono  quasi  all'estremo  addome. 
Si  può  ritenere  che  tale  forma  segni  il   passaggio  fra  i  Siricidi  e  gli  Icneu- 

monidi.  Per  l'Handlirsch  questo  Insetto 
è  tipo  di  famiglia  a  sé  degli  Efialtitidi. 
La  presenza  in  questo  periodo  di  un 
così  alto  Imenottero  tenderebbe  a  far 
supporre  che  l'ordine  fosse  rappresentato 
assai  prima,  ad  es.  nel  Giura  inferiore 
se  non  nel  Lias  (fig.   181). 


Fig.   181. 


Cretaceo. 

Con  questo  periodo  si  compie  l'epoca 
Mesozoica  e  come  al  suo  inizio  (Trias)  si 
è  dovuto  lamentare    una   grande  scarsità 
di  Insetti  fossili,  tale  da  indurre  una  vera  lacuna  nelle  cognizioni  paleoentomolo- 
giche, così  altrettanto  può  deplorarsi  per  questo  ultimo  periodo  della  medesima  epoca. 


K/)hi(tìliles  jurassicus  Memi, 
(ila  Meunier). 


174  Capitolo  secondo 


Tranne  che  pel  grappo  ilei  Coleotteri,  del  quale  si  noverano  24  specie,  che 
però  non  si  possono  ascrivere  a  famiglie,  tutto  il  rimanente  materiale  si  riduce 
a  ben  poca  cosa. 

Un  solo  esemplare  di  Blattoide  trovato  nell'America  settentrionale;  un  Odo- 
nato  (Aeschnidiide)  nell'Australia:  un'ala  di  Omottero,  da  riferirsi  alla  famiglia 
Cicadidi  nel  Belgio  e  oltre  a  ciò  solo  astucci  di  Friganidi,  formazioni  da  rite- 
nersi per  galle  di  Imenotteri  (un  esemplare  in  Boemia);  foglie  erose  sui  lati  come 
fanno  le  larve  di  Tentredinidi  o  le  Megachile  ;  foglie  con  gallerie  di  larve  mina- 
trici  e  foglie  di  Eucalyptux  con  produzioni  ritenute  galle  di  Coccidi  e  poco  più. 
Come  si   vede  un  assai  scarso  materiale. 

Col  Cretaceo  finisce  Péra  Mesozoica. 

In  questa  principiano  ad  apparire  i  primi  Insetti  olometaboli,  cioè  i  Coleotteri, 
di  cui  si  trovano  avanzi  nel  Trias  e  nei  periodi  successivi  di  questa  èra  meso- 
zoica si  presentano  tutte  le  altre  forme  a  metamorfosi  completa,  cioè  Jfeurotteri. 
Pahorpati,  Friganoidi,  Ditteri,  Imenotteri  e  Lepidotteri:  in  generale  però  diversi 
dai  presenti,  così  da  non  poter  essere  tutti  inclusi  nelle  odierne  famiglie,  ma 
molte  di  queste  péro  hanno  la  loro  origine  precisamente  in  questa  epoca. 

11  quadro  generale  della  fauna  entomologica  del  giorno  d'oggi  è  adunque 
tracciato  nelle  sue  grandi  linee  fino  dall'epoca  mesozoica,  sebbene  sia  credibile  che 
la  quasi  totale  mancanza  di  Angiosperme  e  quindi  di  fiori,  dovesse  indurre  serie 
differenze  morfologiche  e  biologiche  negli  Insetti  di  allora,  in  confronto  degli  attuali. 

L'Australia  però,  la  cui  flora  e  fauna  conservano  alcune  caratteristiche  me- 
sozoiche, possiede  tuttavia  Insetti,  come  alcuni  Lepidotteri  e  Xeurotteri  (Lima- 
codidi  e  Psicodidi),  che  hanno  molta  somiglianza  colle  forme  Giuresi  (Farfalle  e 
Proemerobiidi).  È  poi  degna  di  menzione  la  Palaeopklaèbia  sn/jerstes  del  Giappone, 
che  si  avverti   già   essere  un   vero  avanzo  di  quella  remotissima  epoca. 

Colpisce  ancora  il  fatto  della  grandissima  diminuzione  della  statura  negli 
Insetti,  a  passare  dall'era  paleozoica  alla  mesozoica,  nella  quale  ultima  essi  sem- 
brano avere  dimensioni   medie  anche  minori   che  non  sieno  nelle  specie  attuali. 

I  Paleontologi  mettono  tale  riduzione  in  rapporto  con  una  diminuzione  della 
temperatura  ambiente,  la  quale  ipotesi  semina  ancora  appoggiata  dalla  assenza 
di  formazioni  coralline  Massiche  nel  nostro  emisfero.  La  temperatura  sarebbe  poi 
aumentata  nel  periodo  Giurassico  ed  in  questo  ricompaiono  le  formazioni  corallino 
e  la  statura  degli  Insetti  aumenta  notevolmente. 


Èra   Cenozoica. 

Il  materiale  fossile  spettante  a  questa  èra  è  molto  abbondante,  poiché  si  an- 
noverano 6000  specie  di  Insetti  conosciute  e  si  sono  ottenuti  da  località  diver- 
sissime. 

La  caratteristica  della  fauna  entomologica  terziaria  si  è  di  assomigliare  gran- 
demente alla  attuale. 

Per  verità  nessuna  delle  specie  terziarie  e  oggi  sopravvissuta,  ma  tutte  le 
famiglie  di  quell'epoca  sono  oggidì  rappresentate,  sebbene,  per  deficienza  di  ma- 
teriale, non  si  possa  dire  l'inverso. 

Si  vede  però  che  diversa  e  da  quel  tempo  ad  oggi  la  ricchezza  di  specie 
nei  singoli  ordini;  inquautochè  alcuni  tra  i  più  abbondanti  di  specie  oggi,  ne 
contavano  poche  nell'era  terziaria,    come    si    può    dire,  ad  es.    dei    Lepidotteri  e 


L'ANTICHITÀ    DEGLI    INSETTI  175 


forse  ciano    anche    scarsi  i  Lamellioorni,  i   Ditteri  Ciclorati.  tutti    gruppi    oggidì 
straordinariamente  ricchi  di  specie. 

È  da  notarsi  ancora  la  granile  somiglianza  della  tanna  entomologica  di  Europa 
con  quella  dell'America  settentrionale,  durante  l'Epoca  terziaria. 

Una  notevolissima  parte  di  tutto  il  materiale  palcoentomologico  dell'era 
cenozoioa  è  offerto  dagli   Insetti  contenuti  nell'ambra. 

Si  sa  fìir  questa  sostanza  e  il  prodotto  resinoso  fossilizzato  delle  piante  del- 
l'epoca e  mentre  si  trovava  tuttavia  allo  stato  molle  si  sono,  in  questa  massa 
vischiosa,  impigliati  Insetti  ed  altri  Artropodi  numerosissimi  e  così  ne  è  pervenuta 
a  noi  una  eccellente  collezione,  con  esemplari  perfettissimamente  conservati,  non 
diversamente  dal  come  si  mantengono  nelle  nostre  raccolte  i  piccoli  Artropodi 
che  includiamo  in    Balsamo  del  Canada. 

Questi  animali  inclusi  nell'ambra  si  studiano  per  trasparenza  ed  il  più  delle 
volte  mostrano  assai  bene  tutti  i  loro  particolari  anche  più  minuti. 

E  così  che  si  sono  potute  riconoscere  e  descrivere  minute  forme  di  Acari, 
di  Ti  san  uri  e  Gollemboli  e  perfino  di  uno  Strepsittero  nonché  di  una  quantità  di 
piccolissime  forme  degli  ordini  già  veduti,  che  altrimenti  sarebbe  stato  molto  dif- 
ficile studiare  bene,  se  non  riconoscere,  nei  fossili  pietrificati. 

Anche  in  Italia  si  sono  trovate  moltissime  specie  di  Insetti  appartenenti  a 
questa  èra.  particolarmente  nel  Vicentino  (Monte  Bolca,  Novale  dell'Eocene 
medio;  Ohiavon  e  Salcedo  dell'Oligocene)  in  Sicilia  (Melilli  e  diverse  località 
dove  irovasi  l'ambra,  spettanti  al  Miocene  medio)  ;  nelle  vicinanze  di  Roma  (Va- 
ticano e  Parcareccia  del  Plioceni)  :  varie  località  della  provincia  di  Pisa  e  di 
Livorno,  da  riferirsi  al  Miocene  superiore,  con  quelle  delle  Marche  (Sinigalia, 
Ancona),  della  Lombardia  (Montescano)  e  del  Piemonte  (Guarene,  e  di  Sicilia 
(G-irgenti),  che  spettano  tutte  alla  formazione  gessozoltìfera. 

Adunque  non  e  più  in  questa  epoca  granile  scarsezza  di  Insetti  fossili  in 
Italia,  mentre  per  le  epoche  precedenti  essi  non  sono  rappresentati  che  dai  pochi 
del  Permiano  di  Monte  Pisano,  come  si  è  avvertito. 

Oltre  all'Italia  si  hanno  abbondantissimi  Insetti  fossili  dell'era  cenozoica 
trovati  in  Erancia  (Aix  in  Provenza);  in  Germania  (Oeningen  in  Baviera,  nel- 
l'Ambra, ecc.)  e  sono  questi  depositi  interessantissimi  sotto  molti  aspetti;  in 
Svizzera.  Inghilterra  (Dorset  ed  altrove),  in  Croazia  (Radoboj);  in  Groenlandia; 
in  Siberia;  nell'India  centrale  (Nagpur);  in  America  (Elorissant  nel  Colorado, 
Columbia  inglese,  Alaska)  ed  in  Australia  (Nuova  Galles  del  Sud,  Nuova  Inghil- 
terra, ecc.  . 

L'assisa  inferiore  (Miocene  superiore)  di  Oeningen  in  Baviera,  detto  anche  Strato  ari  Insetti 
è  composto  ili  circa  250  straterelli,  nei  quali  si  riconoscono  per/ino  le  successive  stagioni.  Intatti 
nella  Melassa  si  incontrano  foglietti  che  contengono  liori  di  Canfora  e  così  indicano  la  prima- 
vera; poi  frutti  di  Olmo  e  di  Pioppo,  testimoni  della  estate  e  quindi  frutti  di  Canfora  e  ili 
Diospyros  die  indicano  l'avvicinarsi   dell'autunno. 

L'Oligocene  ed  il  Miocene  sono  gli  strati  che  più  abbondano  di  avanzi  di 
Insetti. 

Le  Ambre  del  Baltico  appartengono  all'Oligocene  inferiore  e  quelle  di  Sicilia 
al  Miocene  medio. 

Ortotteri.  —  Aumentano  i  gruppi  e  le  specie  in  questi  ed  appaiono  i  rappre- 
sentanti di  nuove  famiglie.  Infatti  oltre  agli  antichissimi  Blattidi  ed  ai  meno 
vecchi  Mantidi,  Fasmidi,  Locustidi.  Grillidi,  ecc.  antecedenti,  che  nella  era 
cenozoica  si  accrescono  di  specie,  si  aggiungono  gii  Acrididi,  i  Tridattilidi  ed  i 
Orillotalpini  nell'Oligocene  e  finalmente  i  Labiduri  nell'Eocene. 


176 


CAPITOLO    SECONDO 


Psocidi  e  Termitidi  compaiono  nell'Oligocene. 

Tisanotteri.   —   Così    pure    in    questo   ultimo    periodo   appariscono    ambedue  i 
sottordini  (Terebranti  e  Tubuliferi)  dei  Tisanotteri  o  Fisapodi  che  dire  si  vogliano. 


Perlari. 

tualmente. 


Questi  erano   molto    abbondanti,    anche  più  che  non  lo  sieno  at- 


Plecotteri.  —   Invece  i  Plecotteri    si    trovano  in    manifesta  decadenza,  poicbè 
sono  rappresentati  da  sole  17  specie. 


Odonati.   —  L'ultimo    rappresentante    degli   Anisozigotteri  fossili  si  è  trovato 

nell'Oligocene  medio  di  Ba- 
viera ed  invece  crescono  i 
gruppi  più  differenziati,  cioè 
gli  Zigotteri  contano  29  spe- 
cie; gli  Anisotteri  56  (dei 
quali  9  sono  Gomfidi,  10  E- 
schuidi,  37  Libellulidi).  I 
Plecotteri  scemano  perchè 
nel  Terziario  sono  rappre- 
sentati da  solo  17  specie. 

Embioidi.  —  Anche  que- 
sto gruppo  è  già  presente 
nell'Oligocene.  Infatti,  nel- 
l'Ambra del  Baltico  si  è 
trovato  conservato  un  rap- 
presentante del  gruppo,  cioè 
la  Oligotoma  antiqua  Pictet. 
È  da  ritenersi  che  gli  Em- 
bioidi sieno  di  data  più 
antica,  ma  allora,  come  sempre,  essi  sieno  stati  rappresentati  da  poche  forine. 


Pig,  182.  —  Un  Emittero  eterottero  del  Miocene  di  Westf'alia 
(ingrandito  circa  due  volte). 


Rincoti.  —  Si  conoscono  700  specie  di  questo  ordine,  delle  quali  400  sono 
Eterotteri.  La  proporzione  adunque  rispetto  agli  Omotteri  è  di  poco  inferiore  di 
quella  odierna. 

Nel  Giura  Oriptoceratidi  e  Gimnoceratidi  erano  presso  a  poco  egualmente 
numerosi;  nel  Terziario  però  i  primi  sono  circa  10  volte  più  numerosi  dei  se- 
condi, in  questo  periodo  tutte  le  famiglie  (meno  le  povere  di  specie)  sono  rap- 
presentate. 

Nel  periodo  cenozoico  i  più  numerosi  fra  gli  Omotteri  sono  i  Cercopidi,  che 
raggiunsero  l'apogeo  nel  Miocene.  Abbondano  assai  anche  gli  Afidi  ed  i  Ooccidi 
e  ciò  si  spiega  pensando  che  questi  insetti  vivono  in  colonie  di  moltissimi 
individui. 

Apterigoti.  —  Alcuni  Tisanuri  e  Oollemboli  si  sono  trovati  nell'Ambra  del 
Baltico  e  quivi  appaiono  per  la  prima  volta.  Dei  primi  si  conoscono  15  specie 
di  Machilis  ;  9  di  Lepisma  e  generi  afflili.  Di  Collemboli  7  specie  di  Arthropleona. 
che  non  si  possono  bene  determinare  e  3  di  Symphipleona  non  troppo  discoste 
dal  gen.  Sminthurus  attuale. 


L'ANTICHITÀ    DEGLI     INSETTI 


177 


Neurotteri.  —  Sempre  scarsi  sono  i  Megalotteri,  che  così  si  vedono  inai   aver 
assunto  notevole    incremento.  Nell'Oligocene  compaiono  per  la  prima  volta  i  Ra- 
fidioidei.  cbe  nel  periodio  terziario  furono  numerosissimi  molto  più  d'ora.  I  Neurot- 
teri   veri    sono    nella  misura  in  cui  tuttavia  si  conservano, 
sebbene    più    abbondanti    fossero    nel    Mesozoico.    Anche  i 
Pauorpati  scemano,  mentre  i  Friganoidi  sono  tuttavia  nume- 
rosi ed  il  loro  numero  comincia  a  scemare  solo  più  tardi. 

Nell'oligocene  di  Alvernia  gli  astucci  larvali  di  questi 
Insetti  sono  così  abbondanti  da  formare  strati  dello  spessore 
di  2  a  3  metri  del  così  detto  calcare  a  indusi  (ftg.   183). 

Lepidotteri. 
—  Sono  tut- 
tavia scarsi 
e  se  ne  tro- 
vano pochi 
tanto  nel- 
1  '  Ambra 
quanto    nei 

terreni  sedimentari,  nei  quali,  tra 
molti  altri  Insetti,  rare  si  incon- 
trano le  Farfalle.  Si  deve  dunque 
ammettere  che  solo  in  epoca  più 
recente  questi  insetti  hanno  au- 
mentato grandemente  di  numero. 
Intanto  le  famiglie  dell'epoca  terziaria,  corrispondenti  alle  attuali,  sono  le  seguenti: 
Papilionidi,  Pieridi,  Licenidi,  Ninfalidi,  Esperidi,  Sfingidi,  Tineidi,  Tortricidi, 
Psicidi,  Piralidi,  Arctiidi,  Geometridi,  e  forse  anche  Sesiidi,  Zigenidi,  Litosidi.  In 
tutto  però  si  conoscono  una  ottantina  di  specie 
appena. 


Pig.  183.  —  Astucci  di 
Friganoidi  del  Calcare 
a  incitisi  di  Alvernia 
(da  Lyell). 


Fig.  184.  —    Vanessa  pluto  Heer    del 
di  Croazia  (da  Heer). 


Miocene    inferiore 


Coleotteri.  —  Quasi  2000  specie  di  Coleot- 
teri si  conoscono  appartenenti  al  Terziario, 
che  è  come  dire  1/80  circa  delle  specie  cono- 
sciute viventi  attualmente.  Quasi  tutte  le  fa- 
miglie odierne,  ricche  di  specie,  sono  rappre- 
sentate in  quell'epoca,  eccettuatane  quella  dei 
Brentidi,  che  oggi  conta  900  specie,  circa  e  non 
si  trova  nel  periodo  Terziario.  Può  essere  che 
allora  questa  famiglia  non  esistesse.  Pochi 
rappresentanti  anche  dei  Tenebnonidi  e  dei 
Lamellicorni  si  hanno  di  quel  periodo,  mentre 
le  famiglie  che  contano  maggior  numero  di 
forme  fossili  di  quell'  epoca,  finora  trovate, 
sono  quelle  dei  Carabidi,  Cicindelidi,  Stafili- 
nidi,  Pseìafidi,  Buprestidi,  Anobiidi,  Idrofilidi, 
Ooccinellidi,  Crisomelidi  e  Cureulionidi. 


J'  C    '«^/"i 


*.k*'    .""I  '       (■" 
■■•/   ■■  •    )    A  \ 


Fig.  185.  —   Doritiles  bosniaski  Rebel 

(da  Kebel). 

Farfalla  miocenica  di  Gabbro. 


Strepsitteri.   —  Si  è  già   avvertito  che    una  specie    di    questo  gruppo  (Mengea 
tertiaria  Menge)  è  stata  trovata  nell'Ambra  del  Baltico. 


Imenotteri.  —  Si  può  ritenere  che  già  nel  Cretaceo   esistessero  condizioni  fa- 

A.  Bkrlesb,  Oli  Insetti,  II.  —  23. 


178 


CAPITOLO   SECONDO 


vorevoli  all'incremento  degli  Imenotteri  perchè  questi  sono  molto  abbondanti  fino 
dal  Terziario  inferiore.  Anche  per  questo  ordine  tutte  le  attuali  famiglie  ricche 
di  specie  sono  rappresentate  nel  Cenozoico;  non  si  trovano  quelle  più  scarse  di 
specie  come  i  Pelecinidi,  Trigonalidi,  Agriotipidi,  ma  non  può  dirsi  che  non  esi- 
stessero. Anche  dei  Tinnidi,  che  ora  contano  circa  400  specie,  non  si  hanno  rap- 
presentanti terziari,  ma  queste  forme,  anche  oggidì,  appartengono  esclusivamente 

alla  fauna  Australiana,  della  Malesia  e  dell'America 

meridionale,  di  guisa  che  se   sin  d'allora  essi  erano 

limitati  all'Emisfero  australe  non  se  ne  può   trovar 

campioni  nel  nostro. 

Abbondantissimi    sono    i     Formicidi,    ciò     che 

lascia    supporre    la    vita    gregaria  di  questi  insetti 

fino  da  quel  tempo. 

Nell'Oligocene  e  nel  Miocene  sono  molto  comuni 

gii  Imenotteri  parassiti,    già  benissimo  differenziati 

ai  diversi  loro  adattamenti. 


9. 


Fig.  186.    —    Coleotteri    dell'Oligo- 
cene di  Provenza. 

a,     Uipporhinus     heeri;     b,     Triphillus 
heeri;  e,  Hyl<8inus  facilis  (ila  Zitiel). 


Ditteri.  —  Del  Terziario  si  conoscono  quasi  1500 
specie  fossili  di  questo  ordine.    Anche    per    questo 
ordine  vale  l'osservazione  già  fatta  per  tutti  i  pre- 
cedenti della  rappresentanza  cioè,  nel    detto  periodo,  di  tutte  le  odierne  famiglie 
alquanto  numerose  di  specie.  Mancano  però  i  Pupipari. 

Dopo  i  primi  Ortorafi  Nematoceri  del  Lias  ed  i  Brachiceri  del  Giura,  nel 
Terziario,  oltre  ai  Nemaioceri  alquanto  più  numerosi  dei  Brachiceri,  cominciano 
ad  apparire  i  Ciclorafi  che,  rispetto  agii  altri,  giungono  ad  una  percentuale  di 
quasi  metà  dell'odierna. 


In  conclusione  il  grande  mutamento  della 
fauna  entomologica  cenozoica  in  confronto  di 
quella  mesozoica  può  essere  attribuito  alla 
rapida  diffusione  delle  piante  Angiosperme  dal 
Cretaceo  in  poi,  cioè  al  grande  cambiamento 
che  subisce  la  flora  del  Globo. 

I  rapporti  degli  Insetti  colle  piante  sono 
così  stretti  che  qualsiasi  variazione  nel  regno 
vegetale  deve  avere  una  adeguata  ripercussione 
in  quello  degli  Esapodi. 

Gli  Acrididi,  che  appaiono  appunto  nel 
Terziario  sono  eminentemente  fitofjigi  e  non  si 
nutrono  abitualmente  di  Conifere:  i  Fasmoidei 


Fig.  187.  — ilelyponorychtes  Buccini  Tosi. 
Apideo  dell'umbra  di  Sicilia  (da  Tosi). 


sono  in  generale  adattati  al  mimetismo  colle 
Angiosperme,  sebbene  la  forma  bacillare  comune 
a  molti  risulti  fino  dal  Giurassico. 

I  Lepidotteri  adulti  sono,  per  la  massima  parte,  tìorisugi  e  cominciano  ad 
apparire  tali  fino  dall'inizio  del  periodo  Terziario,  ed  aumenta  il  loro  numero 
perchè  le  larve  sono  per  la  massima  parti  divoratrici  di  foglie  di  Angiosperme. 
Così  su  queste  piante  vivono  quasi  tutti  i  Tisanotteri  ed  eccone  infatti  i  rappre- 
sentanti nel  periodo  cenozoico.  Fra  i  Ditteri  Nematoccri  compaiono  numerosissimi 
i  Cecidomidi  galligeni,  adattati  alle  Angiosperme  e  ciò  fino  dal  Lias,  mentre  nel 
periodo  Terziario  appariscono  tutti  quelli  che  allo  stato  adulto  praticano  i  fiori 
delle  medesime    piante  e  quelli    che    nello    stato    di  larva  si  nutrono  dei  tessuti 


l'antichità  dkgi.i  insktti  179 

delle  Angiosperme.  Così  ]>ure  si  presentano  tutti  quei  Coleotteri  che  si  nutrono 
delle  dette  piante  e  quegli  Imenotteri  che  ne  succhiano  i  fiori  o  che  vi  determi- 
nano galle,  ecc. 

Se  per  gli  insetti  delle  ere  paleozoica  e  mesozoica  sembra  indifferente  la 
maniera  di  flora,  invece,  per  quelli  cenozoici  è  certo  del  massimo  rilievo  la  flora 
stessa  ed  ha  la  massima  influenza  sulla  fauna  entomologica. 

Anche  indirettamente,  a  mezzo  cioè  degli  animali  superiori  (Mammiferi, 
Uccelli)  che  si  modificarono  particolarmente  nel  periodo  terziario,  appunto  in  rap- 
porto alle  mutate  condizioni  floristiche,  gli  insetti  ne  hanno  risentito  influenza 
con  speciali  adattamenti,  quali  sono  quelli  dei  Parassiti,  dei  Coprofagi,  ecc. 

Adunque  nel  terziario  appaiono  i  più  alti  tipi  di  Insetti,  altamente  differen- 
ziati, nonché  i  Sociali,  che  sono  la  più  elevata  espressione  del  gruppo,  cioè  ap- 
punto gli  Apidei,  i  Formicidei  ed  i  Termitidei  e  tutto  il  complesso  delle  famiglie 
di  Insetti  concorda  con  quello  dell'epoca  attuale. 


Èra    Quaternaria. 

Questo  è  l'ultimo  periodo  geologico,  quello  cioè  che  raccorda  il  Terziario 
coll'attuale. 

Le  caratteristiche  del  periodo  quaternario  rispetto  alla  fauna  entomologica 
del  globo  possono  essere  brevemente  espresse  affermando  la  somiglianza  della 
tanna  d'allora  colla  attuale,  mentre  esse  non  diversificano  già  per  famiglie,  il 
quale  caso  è  rarissimo,  ma  solo  per  generi  e  per  specie  di  Insetti. 

Le  Argille,  le  Marne,  gli  Schisti  quaternari  di  molte  regioni  dell'Europa  e 
dell'America  contengono  resti  di  Insetti.  In  Italia  se  ne  trovano  uelle  Marne  e 
nei  Tufi  calcarei  di  molte  località  di  Lombardia  (Lagozza,  Moria,  Leffe,  Grone, 
Pianico)  e  del  Piemonte  (Re). 

Oltre  a  ciò  si  ha  nel  Quaternario  ancora  una  formazione  analoga  all'Ambra, 
cioè  il  Copale,  che  è  esso  pure  una  antica  resina  colata  dalle  piante,  con  entravi 
numerosi  avanzi  di  Artropodi  impigliativi  e  conservati  perfettamente. 

Per  verità  il  Copale  è  molto  recente.  Esso  conta  solo  poche  migliaia  di  anni, 
anzi,  secondo  l'Hagerdou,  non  oltre  due  o  tremila  anni. 

Tale  sostanza  si  trova  in  varie  parti  dell'Africa  (Benguela,  Guinea,  Zanzibar, 
Madagascar)  ed  ancora  in  America  (Brasile). 

Se  ne  fa  ora  attiva  ricerca  a  scopo  industriale,  per  cui  gli  Insetti  che  vi  sono 
contenuti  vanno  miseramente  dispersi,  ma  il  Meunier  e  l'Hagedorn  hanno  potuto 
studiare  parecchie  centinaia  di  detti  fossili. 

Gli  Insetti  dei  sedimenti  quaternari  non  sono  molto  abbondanti:  ciò  può 
essere  spiegato  sia  con  una  diminuzione  reale  del  loro  numero  in  confronto  dei 
periodi  antecedenti,  sia  colla  influenza  del  clima  ambiente  di  quell'epoca. 

Certo  i  sedimenti  quaternari,  composti  di  ghiaie  e  sabbie  grossolane,  male 
si  prestano  a  conservare  avanzi  fossili  in  genere  e  molto  meno  di  Insetti.  Non  si_ 
può  d'altronde  dimenticare  il  complesso  delle  epoche  glaciali  seguite  durante  il 
Quaternario,  che,  secondo  i  geologi,  furono  da  quattro  a  cinque  ed  in  conseguenza 
gran  parte  dell'Europa  e  dell'America  settentrionale  rimasero  coperte  di  ghiaccio. 

Questo  stato  di  cose  deve  aver  certo  impoverito  la  fauna  entomologica  in 
dette  regioni  e  ricacciati  gli  Insetti  più  verso  i  tropici. 

Come  altra  conseguenza  probabile  di  tali  gravi  variazioni  nel  clima  di  buona 
parte  del  Globo,  si    ha  non  solo    un    principio  di    olometabolia,  anche  in  gruppi 


180  CAPITOLO    SKCONDO 


primitivamente  eterometaboli,  ad  es.:  Tisanotteri,  Coccidei,  Afididei,  Aleurodidi, 
Psillidi,  ma  ancora,  probabilmente  la  prima  causa  della  divergenza  delle  dne 
faune  Europea  e  Nord-Americana,  le  quali,  conformi  nel  periodo  Cenozoico,  non 
lo  sono  più  nel  Quaternario,  allorché  gli  Insetti,  dopo  sospinti  verso  l'Equatore 
durante  le  epoche  glaciali,  sono  ritornati  ad  invadere  i  continenti,  appena  tornò 
il  clima  temperato  che  perdura  tuttora. 


Conclusione. 

Gli  Insetti  sono  apparsi  sicuramente  sul  Globo,  come  forme  a  sé  perfetta- 
mente definite  e  distinte  dagli  altri  Artropodi  che  li  hanno  preceduti,  durante  il 
periodo  carbonifero. 

Queste  prime  forme  presentavano  due  grandi  caratteristiche,  l'una  un  insieme, 
morfologico  con  caratteri  primitivi  e  di  specie  prevalentemente  predatrici  ;  l'altra 
della  enorme  statura;  in  rapporto  probabilmente  colla  elevata  e  pressoché  costante 
temperatura  del  clima  di  quell'epoca. 

La  prima  grande  causa  di  importanti  variazioni  nel  gruppo  degli  Insetti  è 
dovuta  alla  modificazione  del  clima  dopo  il  periodo  Carbonifero,  cioè  al  forte  ab- 
bassamento di  temperatura,  forse  una  vera  e  propria  epoca  glaciale,  verificatasi 
durante  il  periodo  Permiano. 

La  fauna  paleoentomologica,  profondamente  diversa  ormai  dalla  prima  apparsa 
sul  Globo,  si  evolve  dando  origine  a  molti  principali  gruppi,  del  tutto  ancestrali, 
da  cui.  per  gradi  molti,  si  potrà  giungere  a  parecchie  delle  famiglie  attuali. 

La  seconda  grande  causa  di  nuove  e  notevolissime  variazioni  fra  gli  Insetti 
dell'epoca  mesozoica  si  è  la  modificazione  della  flora  colla  apparsa  delle  Angio- 
sperme,  avvenuta  durante  l'Era  mesozoica  e  la  loro  larghissima  diffusione  nel- 
l'era Cenozoica.  Con  ciò  gli  Insetti,  pei  loro  ordini  e  per  le  loro  famiglie,  si  avvi- 
cinano molto  alla  fauna  attuale. 

Finalmente  la  terza  causa  di  perturbazione  nelll'uniforme  progresso  e  diffu- 
sione delle  forme  entomatiche  sulla  Terra  è  data  dall'epoca  glaciale  quaternaria, 
la  quale  ha  dovuto  avere  certamente  effetti  importanti,  non  solo  per  variazioni 
morfologiche,  ma  per  la  distribuzione  geografica  ecc. 

Dall'epoca  mesozoica  e  più  ancora  dalla  cenozoica  la  maggior  parte  degli 
Insetti,  oltre  a  differenziazioni  grandissime,  presentano  il  carattere  di  forme  la 
cui  esistenza  è  strettamente  collegata  a  quella  delle  Piante  in  generale  e  delle 
Angiosperme  in  particolare. 


Prospetto  dei  principali  gruppi  di  Insetti  dalla  loro  apparsa  sulla  Terra 

fino  all'epoca  attuale. 


Èra  paleozoica 


Èra  mesozoica 


Èra  ce-  'Èra  qua- 
nozoica      ternaria 


o  c   ° 

•D    = 

©  w  a 


5  o  O 
.2  £S 


53" 

04 


Paleodittiotteri   . 

Protoblattoidi 

Blattoidi 

Mantoidi 

Protortotteri 

Ortotteii  saltatori 

Fasmoidi 

Acrìdidi.     Giillotalpidi 
Labidurìdi 

Isotteri  (Termiti) 

Corrodenti  (Psoeidi)  . 

Embioidi     . 

Tisanotteri  . 

Protodonati 

Odonati  (Anisozig.)   ■ 

Odonati  (Anisot.) 

Odonati  (Archizig  )    . 

Odonati  (Zìgotterìl 

Frotoefenieridi    . 

Plecotteri    . 

Perla  ri 

Protoemitteri 

Paleoemitteri 

Emittori 

Megasecotteri 

Neuxotteii  (Megalotteii) 

Panorpati    . 

Friganoidi  . 

Nenrotteri  (Proenierobiidi 

Neoxotteri    8.  str.  (Rafidi 
oidei) 

Ditteri    (Ortorafi    Nemato 
ceri) .... 

Ditteri    (Ortorari ,    Brachi 
ceii) .... 

Ditteri  (Ciclorati) 

Coleotteri 

Strepsitteri. 

Lepidotteri  . 

Imenotteri     (Efialti  tidi 
Pseudusi  rie  itti) 

Imenotteri  (altri  gruppi) 

Tisannri 

Collemboli   . 


182  CAPITOLO    8KC0ND0 


Bibliografia 

relativa    agli    Insetti    fossili. 

Agnus  M.,  Palaeoblattina  douvillei,  con  sideree  d'abord  corame  un  Insecte  est  uiie  pointe  cenale 

de    Trilobite.  (Compt.   Rend  Ao.   Se,   T.   CXXXVIII,   190J). 
Aldrovandus  U.,    De    animalibus    insectis    libri    septem    onni    singuloruin     iconibus    ad  vivnm 

expressis.   Kononiae  1638   (cap.   8,   De  Velini  bus  in  lapidibus). 
-   —  Musaeum  metallicuni  in  libros  IV,  distributuui.  Kononiae,  1648.  (Capitolo  18.0  «De  succino, 

SeU    l'I'  ri  I  ii  »). 

Ai.len  H.  A.,    An    Insect    from    the    Coal-iueasures    of    South   Wales  (Geol.  Magaz.     n    s.  Vili 

1901).  ' 

Alte  M.,  Das  Insekten-Leben  der  Vorwelt.  Eine  Studie,  gegriindet  anf  die  noch   erbaltenen  und 

bereits  wissenschaftlieh  erforschten  Reste  jener  Epoche  un  ter  gleichzertiger  Beriicksichtigung 

der  Existenzbedingiiugen.  (Dr.  O.   Krauchers,    Eutomologisches  Jahrbuch.,   19  pag.,  Leinzi<* 

1904). 
Aurifaher  A.,  Succini  historia,  oder  Bericht  woher  der  Agt-oder  Bornstein  urspriinglich  komme, 

in   4.°,   Konigsberg,   1551. 
Bahgagli  P.,  Di  tre  opuscoli  sugli  Insetti  fossili  e    sulle    formazioni    inglesi    e    straniere   nelle 

quali  sono  stati   scoperti    avanzi    d'Insetti,    pubblicati  da  H.   Goss.    (Bull.   d.  Soc.  Eutoniol. 

ital.,   Anno  XII.   Firenze,   1880). 

-  Un  nuovo  lavoro  del  socio  Sig.  Herbert  Goss  «  Di  alcuni  insetti  scoperti  recentemente  in 
roccie  carboniferi',  e  siluriane  ».  (Bull.  d.  Soc.  Entomol.  ital.,  Anno  XVIII.  Firenze,   1886). 

Bassi   C.   A.,    Memorie  intorno  allo  studio  degli  Insetti  fossili    in  genere  (Atti  riun.  scienz.   ital. 

III.  Firenze,  1841). 
Burundi   G.  C,,    Die    ini    Bernstein    befindlichen    organischen    reste  der  Vorwelt,    gesauimelt  in 

Verbindung    mit    mehreren    bearbeitet    und    herausgegeheu  vou   Dr.   G.  C     Berendt      Berlin 

1845-1856. 
Bode  A.   von,  Orthoptera  und  Neuroptera    aus    dem    oberen  Lias  von  Braunschweig  (Jahrb.  der 

k.   preuss.  geol.   Landesanst.,   1904.   Bd.   XXV,   Heft.  2.°.   Berlin,   1905). 
Bosniaska   S.,  dk,  La  formazione  gessoso  soltìfera  e  il  secondo  piano  mediterraneo  in  Italia  (Atti 

Soc.  tose.  se.  nat.  II,  Processi  verbali,  90-100.  Pisa,   1880). 
BkaUKU   F.,   Ansichten   «ber  die  palaozoischen  Insecten  und  deren  Deutung.   (Ann.   k.    k.  naturh. 

Hofmus,  I,  pag.   87-126,   taf.   7,   8.   Wieu,   1886). 
Brauku  F.,  Redtenbacher  J.  und  Gangei.is.uer  L.,  Fossile  Insecten  aus  der  Jnraformation  Ost 

Sibiriens  (Móni.  Ac.    Imper.   d.   Se.  d.   St.   Petersbourg.    VII  sér.   Tome  XXXVI,   N.   15,   1889. 

22  pag.,  2  Tav.). 
Brodi  E  P.   B.,  Notice  on  the  discovery  of  the  remains  of  inseets  in  the  Lias  of  Gloucestershire, 

with    some    remarks    on   the  lower  member  of  tliis  formation  (Proc.   geol.  soc.     London     IV, 

14-16.   London,   1842-43). 

-  A  history  of  the  fossil  inseets  in  the  secondary  rocks  of  England,  accompanied  by  a 
partictilar  account  of  the  sfrata  in  wich  they  occur,  and  of  the  circumstances  counected 
with  their  preservation.  8.°,  London,  1845.  130  pag.,   11  tav. 

-  'l'Iie  distribution  and  correi ation  of  fossil  insectes  and  the  supposed  occurrence  of  Lepi- 
doptera  and  Arachnidae  in  British  and  foreign  strata,  chiefly  in  the  secondary  rocks.  (Ann. 
rep.  Warw.   nat.  hist.  arch.  soc.  Warwick,  1873).  —  Id.  id.  con  aggiunte  (Ibidem,  1874). 

-  Eo-sil  Lepidoptera  (Ann.  rep.  proc.  Warw.  nat.  ardi,   field  Club.,  Warwick,  1877). 

On  the  character,  variety,  and  distribution  of  the  fossil  inseets  in  the  palaeozoic,  meso- 
zoici, and  cainozoic  periods  ;  with  an  account  of  the  more  recent  discoveries  iu  this  branch 
of  palaeontology  up  to  the  present  day,   Warwick,   1890. 

Bromei.l  Magnus,  Lithographiae  svecanae  continuatio.  Specimem  II,  Sectio  IL  De  animalibus 
fossilibus,  illorumque  variis  partibus  petrificatis.  Caput  primum.  De  lapidibus  insectiferis  et 
tubulis  vermicularibus.  Articulus  prinms.  De  lapidibus  insectiferis  scanicis  et  gothicis  (Acta 
liter.  Sveciae.   Voi.   II.   Upsaliae  et  Stockholmiae,  1729.). 

Brongniart  Ch.  .).  E.,  Note  sur  un  uouveaii  geme  d'orthoptère  fossile  de  la  famille  des  Phas- 
mieiis,  provenent  des  terrains  suprahouillers  de  Commentry  (Allier)  (Piotophasma  dumosi) 
(Ann.  se.  nat.  (6),  zool.,  toni.  VII,  art.  1.  Paris,   1878). 

Kicherches  pour  servir  a  l'histoire  des  Insectes  fossile».  Les  byinenoptéres  fossiles. 
Fase.    1,   8.°.   Paris,   1881. 

-  Note  complementaire  sur  le  Titanophasma  fayoli  et  sur  le  Protophasma  dumasìi  et  wood- 
wardii  (Bull.  soc.  ent.   Frauce.   Paris,   1883). 

-  A  perca  sur  les  insectes  fossiles  eu  general  et  observations  sur  qnelques  insectes  des  ter- 
rains houillers  de  Commentry  (Allier,   Frauce),   (Le  Naturaliste,   5.   Paris,   1883). 

-  Sur  un  nouvel  insecte  fossile  des  terrains  carboniferes  de  Commentry  (Allier)  et  sur  la 
faune  entomologique  du  terraiu  houiller  (Bull.  soe.  g«5ol.  Frauce  (3),  11.   Paris,  1883. 


iirnuoGitAFiA  183 


Bkongniart  Cu.  .1.  E.,  La  présence  d'artioulés  dana  les  terraina  siluriena  (Unii.  d.  seances 
Si)c.  ent.   Plance.  Paris,   1884. 

—  —  Sur  la  décou  verte  d'une  einpreinte  d'insecte  dana  les  grès  siluricns  de  Jargoes  (Calvados1) 

(Compie*  rendila,    1C,    116l-t>.~>.    Paris,   1885). 

—  —  Les    ìnsectea    fossilea    (Ics  (errai na  primaires.    Coup  d'oeil  rapido  sur  la    fanne    entoraolo- 

giiiue  dea  terrains  paléozoìques  (uveo  5  pi.).  —  Bulletin  de  la  Soc.  dea  Amia  des  seiences 
naturclles  de  Rouen.   1885.  I.  semestre. 

—  —  Coup  d'oeil  rapide  sur  la  faune  eutomologique  dea  terrains  paléozoìques  (Ann.  géol.  univ., 

Voi.   V.  Paris,  1889). 

-  —  Les  Inseeies  de  l'epoque  carbonifere  (Compt.   Rend.   Acad.  So.   Paris,   T.   CXVII1,   1894). 

—  —  Hitude    sur    la    nervulation    des    Inseotes    appliquée  a  la    desoription  des  Insectes  fossiles 

paléozoTquoa  (Ann.   Soc     Kilt.    Franco,    189+). 
Bruks  Ch.  T.,    The    parasite;    Hymenoptera  of  Florissant  (Colorado)    (Bull    Mus.    Comp.    Zool.. 

T.  IV,  125,  88  lig.  nel  testo' e  1   tav.  Cambridge,  Mass.,   1910). 
Brulle  A.,     Sur    le    gisemeut,    des    Insectes     fossiles    et    sur    les    seeonrs    qne    l'étnde    de    ces 

animuiix   peut  fornir  à   la  geologie.   Thèse  pour  le  doctorat  és  sciences.   Paris,   1839. 
Brydon'k   P.,   A  tour  tlirongh  Sicily  and   Malta,   in   a  series  of  lettera  to  William   Beekford    Esq.. 

of  Somerly  in   Suffolk.   A  new  edition.   2   voi.   in  8.°.   London,   1776. 
CaNAVAKI   M.,     Insetti  <lel   carbonifero  di   S.   Lorenzo  nel  Monte    Pisano.    (Proc.   verb.  della  Soc. 

toscana  di  Se.  nat.  in   Pisa,  Voi.   Vili,   1892). 
Capki.i.i.ni  G.,    Notizie    geologiche    e    paleontologiche    sui  gessi  di  Castellina  marittima.   (Nuovo 

Cimento,   Voi.   XII.   Pisa.   1860). 

—  —   Pesci  ed  Insetti  fossili  nella  formazione  gessosa  del  Bolognese    (Gazz.   dell'Emilia,   N.   141, 

1869). 

—  —   La   formazione  gessosa  di  Castellina  marittima  ed  i   suoi  fossili    (Mem.   della  R.   Acc.  delle 

Scienze  dell'Ist.   di    Bologna,   Strie  III,   'l'omo    IV,    1874). 

—  —   Il   calcate  di  Leitha,   il   sarmatiano  e  gli   strali  a  congerie  nei  Monti  di   Livorno,   di   Castel 

lina  marittima,  di  Miemo  e  di  Monte  Cai  ini.  Considerazioni  geologiche  e  paleontologiche 
(Alti   Accad.   Lincei  (3),   meni,   classe  se.  fis.,   II.    Roma,    1878). 

—  —  Gli    strati    a    congerie  o  la  formazione    gessoso    sol  ti  fera    nella    provincia    di    Piaa   e  nei 

dintorni   di   Livorno  (Atti  Accad.   Lincei   (3),   meni.   se.   fis.,   V.    Roma,   1880). 
Ckccoxi   G.,    Sphodnis  Capellina,   nuova  specie  di  Coleottero  fossile  dei  tripoli  di  Mondaino.   Con 

1    tav.    in    fot.    Bologna,    1892. 
Cockkuki.l  T.   I).   A.,     The   fossi  1   Fauna  and  Flora  of  the  Florissant  (Colorado)   Shalls.   (Univer. 

of  Color.   Stud.,   Voi.  III.   Boulder,    1906). 

—  —    Possi  1  Hymenoptera  from  Florissant  (Colorado)  (Mus.  of  Comp.   Zool.,  Voi.  L,  N.  2.  Cam- 

bridge,  Mass.,   1906). 

—  —   Possi]  Diagonflies  from  Florissant    (Colorado)    (Bull.  Amer.  Mus.  Nat.   Hist.,  Voi.  XXIII. 

New  York.   1907). 

-  —   Foa-il   Osmylidae  (Nenropfera)  in   America  (Canad.   Entomol.,   Voi.   XI.   Londres,   1908). 

—  —   Fossi I   Insects  irom   Florissant  (Colorado)   (Bull.   Amer.    Mus.   Nat.   Hist.,   Voi.   XXIV.     New 

York,   1908). 

—  —  Fossi!   Ceicopidae  (Homnptera)  (Bull.  Wisconsin  Nat.  Hist.  Soc,  voi.  1-2,  aprii,  1908). 

—  —  Descri ptiou    of    Tertiary    Insects    (American    Journal    of    Science.     Voi.   XXVII,   XXVIII. 

1908,    19i,9). 

—  —  Descripiion  of  Hymenoptera  from   Baltic  Amber  (Schrift    der   Phys.  Oekon   Ges.,    I.  Jahrg. 

il.    1.    Konigsherg,   1909). 
— ■   —    'l'Iie   Uipterous   Family  Nemeairiitidae  (Trans.   Amer.   Ent.   Soc,   voi.   XXXIV). 
Cuhtis  Jiihn,  Observations  npon  a  collcction  of  fossi  1  insects  discovered  near   Aix  in   Provence. 

in   the  Biimmer  of  1828  hv   R.  J.  Murchison   and   Charles  Lyell,jr.   (Ldiinb.  new.  pili],  journ., 

VII,  293  297.  pi.  6,   Edinburgh.   1829). 
Dawsiin  Si  le  J.   W.,   On   some  remai  ns  ot   palaeozoic  insects  recently    discovered    in  Nova    Scotia 

and   New    Brunswick  (Canad.   nat.    [n.    s.],    111.    Montreal,    1867). 

—  Aeadian  geoloyy,  Xlie  geologica!  slrncture.  organie  remaina,  and  minerai  resonrees  of 
Nova  Scotia,  New  Brunswick  and  Prince  Edward  Island,  2.a  edition  revised  and  enlar- 
ged,  eie    London,    1868. 

—  —  S'ipplement  to  the  second   editimi   of  Aeadian   geology,     coutaining    additional     faets    as   to 

the  geologieal  strnc  tu  re,  fossil  remaius,  and  minerai  reaources  of  Nova  Scotia,  New  Bruns- 
wick,  and    Prince    Kdwad  Island     London,   1878. 

The   oldest.  kimwii    insects  (Nature,    XXIV,   48Ì-484.    London,    1881). 

DEiciiuhu.K.it  .1.  V.,  Possile  Insecten  aiis  den  Uiatunieenscliiefer  von  Kntschlin  bei  Bilin,  Bohmen 
(Nova  nota  leop.   carni,   denlsch.   Akad.   Naturi'.,   XI. II     Halle,    1881). 

—  —  Die  Insekten    ans   dem   litographiselien    Sehiefer  ini  drosdener  Museum    (Mitt,  aus  dein  k. 

min.   geni,   nnd  praehist.   Mus.   in    Dresden,   VI    lleft.   Caasel,    1886). 
Doui.'N'   A  ,   Eugxveon  boevkiiigi,  eine    neue    lusectenforiu     aus    dem    Todtliegenden     (Palaeontogr.. 
XIII,  Caasel,   1866). 

—  —    Eiificreon     boeckivgi     nnd     die     Genealogie    der    Arthropoden   (Stettin.    entom.     Zeitschr., 

XXVIII.   Stett  n.    1867). 

Zur   Kenntnia  der  lii8ecten  in    der  primarformationen  (Palaeontogr.,   XVI,   129-134,     taf.   8. 

Caasel,    1867). 


184  CAPITOLO    SECONDO 


Eichwald  E.  D',    Sur    un  terrai u   jurasaique  à  poissons  et  insectes  d'eau  douce    de    la    Sibèria 

orientali'  (Bull.   soc.  geol.   France  (II),   XXI.   Paria,    1864). 
Emery  C,   Le  formiche  dell'ambra  siciliana  nel  museo  mineralogico    dell'Università  di   Bologna. 

Meni.   d.   K.   Acc.   delle  Scienze  dell'Istituto  di   Bologna,   Serie   V,   Tomo  I.   1891). 
—  —  Deux  fourmia  de  l'ambre  do  la  Baltique  (Bull.  Soc.  Ent.  de  France,  N.   13.     Paris,   1905). 
Enderlein  (!.,  Zur  Kenntnis  friìbjiirassicher  Copeognaten   und    Coniopterygiden,    uud    iiber  da» 

Sehicksal  der  Arcbipsylliden.   (Zool.   Anz.,   Bd.   XXXIV,   N.  26). 
Etheridgk  jr.  K.  aud  Olifk  A.  S.,    The  Mesozoic    and    Tertiary    Inaects    of  New  South  Wales 

(Meui.  geol.  Survey  N.  S.  Wales.   Palaeout.,  N.  7.  Sidney,  1890,   12  p.,  2  tav.). 
Forster  B.,      Vorlaufige    Mittheilung    iiber   die    Insekteu    des    «  plattigeu    Steinmergels  »     von 

Brunstatt    (MittU.   d.   Coinm.   f.   d.   geol.   Landeaunters.   von     Elsass-Lotbr.,    Bd.  II,    Heft.   1. 

Strassburg,   1889). 
Fritsch  A.,  Fauna  der  Steinkohlen formati on    Bobmens    (Arcbiv    naturw.  landesdurcbf.  Biibmen. 

Bd.   2,   Abth.   2.°.   Prag,   1874). 

-  Fauna  der  Gaskoble  und    der    Kalksteine    der    Permformation     Bobmens,     Bd.   I,  Heft.   1, 
Prag,    1879. 

-  —  Fossile  Artkropoden   aus  der  Steinkohlen   und   Kreideformation     Bobmens    (Mojs.   u.   Neum. 

Beitr.  palaont.  osterr.  ung.   VVieu,  1882). 
Gab  es  scbou   wabreud  der  Steiukobleuzeit  Scbmetterlinge  ?  (Kosinos,    5.   Leipzig,   1879). 
Ganmn  Ch.  Th,  et  Strozzi  C.,  Coutributious    à    la    flore    fossile  italienue.  Travertins  toscans, 

(NouveauX  niémoires  de  la  Soc.   helvetique,   Voi.  XVIII.   ZUricb,   1860). 
Geinmtz  F.    K.,     Der  Jura  von    Dobbertin    in     Meklenbmg    und    seine    Versteiuerungen   (Zeitsch. 

deutscb.  geol.   Gesellscb,   XXXII,   510-535.   Berlin,   1880). 

-  Die  Blattinen  aus  der  unteren  Dyaa  von  Weissig  bei    Pillnitz    (Nova    acta  k.  leop.  carol. 
deutscheu  Akad.   Naturf.,   XL1,   2.°,  N.   7.   Halle,   1880). 

Germar  E.   F.,  Die  versteinerten  Insecten  Solenbofens  (Nova  Acta  Caes.  Leop.  Carol.  Nat.  Cur.. 

Voi.  XIX,  P.  I.  Vratislaviae  et  Bonuae.  1839). 
Giaro  Ali-reo,     Un    papillon   daus  la  bouille  ;    note    de    M.   Prudbomme  de  Borre  (Bull,  scient. 

hist.  et  litt.  dén.  Nord,   VII,   121  127.   Lille,    1875). 
GlEBEL  C.  G.,     Geologische    Uebersicht    der    vorweltlicben  Insecten   (Zeitschr.   gesamnt.   naturw. 

Berlin,    1856). 

-  —  Die  Insecten   und  Spinneu   der  Vorwelt,   mit  atater  Beriicksichtigung  der  lebenden   Insecten 

uud  Spinneu     (Fauna  der  Vorwelt  mit  atater  Beriìekaichtigung  der  lebenden   filiere,  2.  Bd., 
Gliedertbiere  :   I  Abt.   Insecte;:  und   Spinneu.   8.°.   Leipzig,   1856. 
Goldenberg   F.,   Fauna  saraepontana  fossili»  :   Die  fossileu  Tbiere  aus  der  Steinkohlenformation. 

Saarbrucken,   I   Heft,   1875;   li  Heft,   1.N77. 
Goss  H.,  Introduotory  papera  on  fossil  eutomology. 

N.   1.  On   the  importance  of  an  acquaintance  with   the   subject  ;   its  bearing  on  the  question 

of  the  evolution   of  insects  and  the  evidence  it  afiorda  of  the  autiquity    of  their    family 

types  (En'om.   montili,   niag.,   XV,   1-5.   London,  1878). 
N.   2.   The  comparative  age  of  the  existing    orders    of    insects,     and    the   sequence    in    wich 

they  apparead  on  the  geological  bori/on  (Ibidem,  XV,  52  56.  London,   1878). 
N.   3.    l'alaeozoìc  Urne.    On    the    insecta    of  the  Devouian  period  and    the    animai  and  pianta 

with   which  they  weie  correlated  (Ibidem,  XV,  124-127.  London,  1878). 
N.   4.   l'alaeozoìc  tinte.    On    the    insecta    of    the    Carboniferons    period  and    the    animai,  etc. 

(Ibidem,   XV,    169-173.    London,    1879). 
N.  5.   Palaeozoic  tinte.    On  the  insecta  of  the    Perniiau     period,  etc.    (Ibidem,    XV,    226-228. 

London,   1879). 
N.  6.  Mesozoic  tinte.    On    the    insecta    of    the  Triassic  period,  etc.     (Ibidem,    XV,    245-246. 

London,   1879). 
N.   7,   p.   1.'.    Mesozoic  Urne.     Ou   the  iusecta  of  the  jurassic  period,    etc.   (Ibidem,   XVI,  7-10. 

London,    1979). 
N.   7,   p.   2.*.   Mesozoic  tinte.     On    the    insecta    of    the   jurassic    period,    etc.     (Ibidem,     XVI, 

25-29.   London,   1879). 
N.  8.  Mesozoic  lime.    On    the    insecta    of   the    cretaceous  period,  etc.    (Ibidem,    XVI,  58-60. 

London,   1879). 
N.   9.   Caenozoic  tinte.    On   the     insecta    of    the    eocene    period,    etc.    (Ibidem,    XVI,    124-128. 

London,    1879). 
N.   10.   Caenozoic  tinte.     Ou     the  insecta  of  the  miocene    period,  etc.    (Ibidem,   XVI,    176-181. 

London,  1880). 
N.   11.    Caenozoic  lime.     On     the     insecta    of    the    post    terziary    or    quaternary  period,     etc, 

(Ibidem,   XVI,   198-201.  London,   1880). 
Goss  H.,  Three  papera  on  fossil  insects  and  the  British  and  foreign  formatious  in  which  insect 
remaiiiB  bave  been  deteoted. 
N.  I.   The  insect  fauna  of  the  recent    and    tertiary     perioda    (Proc.     geol.     assoc,    V,    N.   6, 

p.   282-343.   London,   1878). 
N.  2.  The  insect  fauna  of  the  secondary    or    mesozoic    period    (Ibidem,    VI,    N.   3,   116  150. 

London,   1878). 
N.  3.  The  insect  fauna  of  the  priuiary  or    palaeozoic    period    (Ibidem,    VI,    N.    6,    271-300. 

London,   1880). 


BIBLIOGRAFIA  185 


Goss  H.,  Oli  some  recently  discovered  Insocta  from  Carboni ferous  and  Silurian  roks.  (Proceedings 

of  the  Geologists'  Association,  Voi.  JX,  N,  3.   London,   1885). 
Grinnki.i.  F.,     Quaternari    Myriopod*    and    Insects    of    California    (Univ.     of    California    publi- 

cations  :   Bull,  of  the  Dipart  of  Geology.,  Voi.  5,  N.  12.    Berkeley,   1908). 
Guéiun-Mknkvili.k   F.,   Note  sur  Ics  insectes  trouvés    dans    l'auibre  de  .Sitile   (Révue  zoolog.   de 

l'aunee   1838,   Tomo  I.   Paris  1840). 
Hagkudrn   M.,   Fossile   Borkenkiifer  (l)eutsch.  ent.   Zeitschr.).   Pag.   269-261.   Berlin,   1907). 
Hagkn   H.   A.,    On     amber  in   Nortb  America  (Proc.   Bost.  soc.   nat.   bist.,   XVI,   296-301.   Boston. 

1874). 

—  -      Fossil   insects  of  the  Dacota  group  (Nature,   XXV,   265-266.   London,   1882). 

-  — ■  Insekten     in     siziliauischen     Beinstein     in     oxforder  Museum  (Stett.    entom.   Zeit.,   XXIII, 

512-514.   Stettin,   1862). 

—  —  Die  Neuroptera  des  litographisehe  Schiefers  in  Bayern  (Paliiontogr.,  Bd.   XV,   1866). 

—  The  Devonian  Insects  of  New  Brunswick.     (Bull,    of    the    Mus.  of    Comparative    Zool.  at 
Harward  College,   Voi.   VIII,   N.   14.  Cambridge  (Mass.),   1881). 

—  —  Die  fossilen  Libellen  Europa»  (Stett.  entom.  Zeit.,   Bd.  9.  Stettin,  1848). 
Handlirscii  A.,     Ueber    das    Originai  Esemplar    des    Euyereon    boeckingi    Dohm    (Verhandl.  der 

k.  k.  zool.  hot.  Gesellsch.   Wien,   1902). 

-  Ueber  die  Insekten  der  Vorwelt  unii  ihre  Beziehungen  zu  den  Pflauzen  (Verhandl.  der 
k.  k.  zool.  bot.  Gesellsch.,  Wien,   1904). 

-  Les  insectes  houillers  de  la  Belgiiiue  (Meni.  d.  Musée  R.  d'hist.  nat.  d,  Belgique,  III, 
1904). 

—  —  Revision   of  American  Paleozoic  Insects  (Proced.   U.  S.  Nat.   Mus.,  Voi.  XXIX,   pag.  661-820 

e  109  rig.   intercalate.   Washington.   1906). 

—  —  Die  fossilen  Insekten   und  die  Phylogenie  der  rezeuten   Formen  ;   ein   Handbucb  fiir  Paliion- 

tologen  und  Zoologen.    Un   volume  di  testo  e  uno  di   tavole.   Leipzig,    1908. 

—  —   Ueber  die  fossilen  Insekten   aita  dem   uiittleren  Obercarbou   der  Kouigreichs  Sachsen   (Mitt. 

geol.   Gesellsch.   Wien,   1909). 

—  —   Ueber  die  Iusektenreste  aus  dem   Trias   Frankens.    (Abh.    Naturh.   Ges.,   XVIII.    Niimberg, 

1910). 

—  Die  Bedeutung  der  fossilen  Insekten  fiir  die  Geologie  (Mitt.  der  Geol.  Gesellsch.  Wien, 
III,  1910). 

-  —  Fossile  Wespennester    (Ber.    der  Senckenberg.  Naturforsch.  Gesellsch.    in    Frankfurt    a  M. 

1910). 

Ueber  fossile  Insekten   (I.   Congrés  internat.   d'Entomologie.   Bruxelles,   1910  [1911]). 

Hartmann"  Ph.  J.,     Succiueta  Buccini  prussici  historia  et  demoustratio.    Berolini,   1699;  48  pag. 

in  4.".   —  Idem   (Pliil.   trans.,  XXI.  London,   1699). 
Heer  O.,   Ueber  fossile  Ameisen   (Mittheil.  naturf.   Gesellsch,  I,   Ziirich,   1848). 

—  —  Die  Insektenfauna  der  tertiar  Gebilde  von  Oeningen  und  Radoboj  in  Croatien.  I  Theil,  Kiifer. 

(Neue  denkschr.  allg.  sehweiz.  Gesellsch.  f.  Wissensch.,  Vili.  Neuchatel,  1N47).  II  Tlieil. 
Heuschrechen.  Florfliegen,  Aderfliiger,  Schmetterlinge  unii  Fliegen.  (Ìbidem,  XI,  Ziirich, 
1850).   III.  Theil,   Rhyncoten  (Ibidem,   XIII.   Ziirich,   1853). 

—  Ueber  die  fossilen  Pnanzen  von  Aix  in  der  Provence  (Vierteljahrsscbr.  naturf.  Gesellsch. 
Ziirich,   I,   1-40,   taf.   1,   2.   Ziirich,   1856). 

—  —   Ueber    die    fossilen   Insekten     von    St.    Jorge    in   Madeira    (Xeue  Denkschr.   allg.   schweiz. 

Gesellsch.   gesammt.   Naturw.,   XV,   art.    2.   Ziirich,   1857). 

—  —  Beitrage    zur    Insektenfauna    Oeningeus  ;     Coleoptera     (Natuurk.  verhand.  boli,    maatsch. 

wetensk.   (II)   16,    1-90.   Haarlem,   1862). 

—  Ueber  die  fossilen  Kakerlaken  (Vierteljahrsscbr.  nat.  Gesellsch.,  Bd.  9,  H.  4.  Ziirich. 
1864). 

—  —  Die  Urwelt  der  Schweiz,   Ziirich,   1865. 

Id.  Id  Zweite  neugearbeitete  und  verniehrte  Aurlage.  Ziirich,   1879. 

-  —  Ueber  die  fossilen   Insekten   Gronlands  (Flora  foss.  glèni.,   II.   Ziirich,   1883). 

Hbydkn  C.   vox,     Fossile    Insekten  aus  der  rheinischen  Brauukohle  (Palaeontogr.,   Vili,  Cassel, 
1859). 

-  Carl  und  Lucas  VON,     Fossile    Insekten   aus  der  Brauukohle  von     Salzhausen     (Palaeontogr., 

XIV.   Cassel,    1865). 
HlSLOF  S.,    Siippleiuent.il     note    on     the  plantbearing  sandstones  of  centrai  India    (Quart.  journ. 
geol.  soc.   Loud..  XVIII,   1.°.   London,   1862). 

-  On  the  age  of  the  fossili  ferous  tliin  bedded  sandatone  aud  coal  of  Nàgpur,  India  (Quart. 
journ.    geol.    soc.    Loud.,    XVII,    1  ".    London,    1861). 

Hisi.oi'  S.   and   Huntkr   R'.,     On   the  geology  aud   fossils  of  the  neighborhood  of  Nagpur,   Central 

India  (Quart.  journ.   geol.   soc.   London,   Voi.   XI,    1854). 
Hopk  G.   F.,    Descrizione    ili    alcune    specie    di    Insetti     fossili    (con  nota  di  A.  Costa).     (Annali 

dell'Aocad.  degli  aspiranti  naturalisti.   Napoli,   1847). 
Ittiologia   vero ibi  museo  Bozziano  ora  annesso  a  quello  del  Conte  Giovanbatta  Gnzola  e  di 

altri  gabinetti  di  fossili    veronesi   con    la   versione  latina.   Verona,    1796,   323  pag.,  76   tav. 
Kocn  F.  C.   L.    unii    Bkrkndt    G.    C,   Die  ini  Bernsteiii    betìndliclien    Crustaceen,    Myriapoden, 

Arai'hniden     und    Apteren   dir    Vorwelt    (Bereudt,    Bernst,   betindl.     org.   vorw.,   1,    1.   Berlin, 

1854  i. 


A.  BKBl-Esit,  Oli  insetti,   II.  —  54. 


186 


CAPITOLO   8KCONDO 


LACOE  R.  D.  List  of  palaeozoic  fossil  insects  of  the  United  States  and  Canada,  alphabefically 
arrauged,  giving  ìiuuies  of  authors,  geologica]  age,  loeality  of  occurrence,  and  place  of  pre- 
servatici!, witli  referenei'8  to  the  piiucipal  bibliography  of  tuo  suhject  (Wilkes  Barre,  Pa.-. 
1883,   21   pp.   Pubb.   Wyom.   hist.   geol.   sue,   N.   5). 

Lapocue  G.  db,  Carabes  de  la  tourbe  des  alluvions  anciennes  a.  Elepkas  primigeniut  (Cainpinien'i 
de  Soignies  (Belgique)   (Ann.   Sue.   Ent.   Belg.,    Bruxelles,    1903). 

Lesley  J.  ['.,  Àn  dictiouary  of  the  fossi  la  of  Pennsylvania  and  neighboring  States  named  in 
the  reports  and  catalogues  of  the  survey  (Voi.  I,  A-M;.  Harrisburg,  1889  <Geol.  surv.  Perni, 
rep.   P4). 

Malfatti  G.,  Osservazioni  sopra  alcuni  insetti  fossili  dell'ambra  e  del  copalo  (Atti  Soc.  ital. 
se.   nat.,   XXI,    181-195.   Milano,   1878). 

Bibliografia  degli  Insetti  fossili  italiani  finora    conosciuti    (Atti  Soc.   ital.  se.  nat.,  XXIV 

89-100.   Milano,    1881). 

Due  piccoli    imenotteri    fossili    nell'ambra    siciliana    (Atti    R.    Acc.    dei    Lincei,    Serie  3, 

Voi.   V.   Transunti.   Roma,   1881). 

MaSSAi.ongo  A.   B.,    Sopra  un   nuovo  genere  di   Pandanee  fossili  della  provincia    veronese  (Mem 
Acc.  agric.   Ver.,  XXIX,  187-207.  Verona,  J854). 

—  —    Monografia  delle  Nereidi   tossili,   pag.   35.   in  8,   tav.   6.   Verona,   1855. 

Sopra  due  larve  fossili  di  Libellula,  ecc.  (Studi  paleontologici.  Verona,  1856). 

Prodromo  di   un'entomologia  fossile  del  M.   Bolca    (Studii  paleontologici  pubblicati  da  Om- 

boni.   Verona,   1856). 
e  Scaiìauelli  Giuseppe,  Studii  sulla  flora  fossile  e  geologia  stratigrafica  del    Senigalliese 

(pag.   506,   tav.   45.  Imola,   1859). 
ICeducott  H.   B.     und    Blani-ord   \V.  T„     A  maimal  of  the  geology  of  India  ;  chiefly  compiled 

frolli   the  observationa  of  the  geological  survey  ;     published    by  order  of   the    goveriiUient  of 

ludia.   Calcutta,   1879. 
Mercati   Michael,  Michaelis  Mercati  Samminiatensis  Metallotheca ;  opus  posthumum,  au  e  tori  tate 

et  niunilicentia  Clenientis  XI   P.   M.  e  tenebri»    iu    lueein    eductum  ;    opera    auteiu    e  studio 

Joanuis  Marine  Laucisii,  archiatri   pontificii  illnstratum.   Koniae,  1717). 
Meunier  F.,   Les  Crcydomydae  de  l'Ambre  de  la  Baltique  (Marcellia.  Rivista  intern.    di    Cecid., 

Voi.   V,   fase.  III,   19021. 
Les  CulU-idae  de    l'Ambre    (Revue    scieut.    du     Burbonuais    et    du    Centre    de    la    France 

Voi.  XV,   1902). 
Monografie  des  Cect/domydae,   Stiantine,   Mycetophiiidae    et  Cliironomidie    de     l'ambre  de    la 

Biillique    (Ann.    Soc.     scient.,    t.    XXVIII,     2.a  partie,    1  voi.    de    261   pag.     et  16  PI.     lilh. 

Bruxelles,   1904). 
Monographie  des  Psycodidae  de  l'ambre  de  la  Baltiche    (Ann.  Mus.  Nat.  Hungarici,  t.  III. 

Budapest,    1905). 

—  —   Les  Asilidae  de  l'ambre  do  la  Baltique    (Bull.   Soc.  Ent.   de  France,  N.   2.   Paris,  1906). 
MonograpUie  des  Tipulìdae    et    des    DixUtae    de  l'ambre    de    la   Baltique    (Ann.   Se.  Natur. 

Zoo!.,   T.   IV.    Paris,    1906). 
Mnuographie  des  Dolicltopodidae  de  l'ambre  de  la  Baltique  (Le  Naturaliste,  Paris,  1907-08). 

—  —   Monographie  des  Empidat    de  l'ambre    de    la     Baltique    (Ann.  des  Sciences  nat.,  9."  sèrie, 

T.    VII.    Paris,   1908). 

—  —  Monographie  der  Leptiden  und    der    Phoiiden   des  Bernsteins    (Jalirb.  k.  Pr.  geol.  Land. 

Bd.   XXX,   Hel't.  I.    Berlin,   1909). 

—  —  Ueber  einige  Dipteren  und    eine    Grabwespe  (Hym.)    ans    der    untermiocanen     Brautikohle 

voti  Tiiriiiuli  (Rheiupreiissen)    (Jahrh    d.  k.   Preiiss.  geni.  Landesansf.   Berlin,  1909). 

—  —  Coiilribution    a    la    faune    des    Diptere»    du    Oopal  léce  ut  de  Zanzibar,  de  Madagascar  et 

d'Accra.   (Ann.   Soc.   Scient.   Bruxelles,   lnl0). 

—  —   Les   Coniopttrui/idae  du   Copal    recent    de    Madagascar    (Bull.   Soc.   Ent.   de    France.     Paris, 

1910i. 
Nmiveniii  Paléodictyoptères    du    Houiller    de    Commentry    (France)    (Bull.    Soc.    Ent.  de 

Praline.   Paris,    ìy  i  0). 
Moherg  .lini.   Cult.,    Om  en   Hemipter  frati   Sveriges  nndre  Graptolitskiffer    (Geolog.  Forening.  i 

Stock  boi  m    l'oiliaudligiir.    Bd.    14,    121-124,   con    Mg.   Stokhotm,   1892). 
Murray  A.,    Notes    on    some    fossil    insects  freni  Nàgpur  (tjuart.  journ.  geol.  soe.  Lond.,    XVI 

London,   1860). 
Olfers  W.    M.,     Uie  Ur-Itisekten   Thvsanura  und  Collembola  ini   Bernsteiii  (Scbrift.  der   Physik., 

Oekon.  UeselLcb.,  XLVIII.   ICoiiigsherg,    1907) 
Omikini   G..     Di   alcuni    Insetti    fossili   del   Veneto    ,Atti  del   li.   Istituto  veneto  di  scienze,    lettere 

ed  ani:  tomo  IV,  serie  VI,   188(>i. 
Oppenheim  P.,     Die  Abnen   iinserer  Schtnetterliiige  in    der  Sccundar  und  Tertiiirperiode  (Berlin. 

entomolog.  Zeitscbr.,   Bd.  XXIX.   Berlin,   1885). 

—  —    Die    lnsecteinvelt    des    lithographischen    Schiefors  in    Bayern.  (Palaentographica,  XXXIV. 

Stuttgart,   188^. 

—  —   Jurassise.be   Insect.enreste   und   ihre  Deiitung  (Neues  Jabrl.   fiir  Min.   Geol.    und   Pai.   Iahfg. 

1891,    1    Bd.   Stuttgart.,    1891). 
OSTEX   SACKKN   C.   R.    VOX,     Mmiogrnplis  of  the  Diptera  of  North  America.   Part  4.  Ou  the  North 
American  Tipulidae.  8.°.   Washington,   1869,   p.   345,   tav.  4. 


Miir.ionRAHiA  187 


Oustai.kt  E.,  Recherclies  sur  les  insectes  fossiles  des  terrains  tertiairos  de  la  Fra  ri  ce  :   Première 

partie.  Insectes  fossiles  de  l'Auvergne  (Ann.  Se.  Reni.,  II  art.  3,  p.   1  178.   Paris,   1S70). 
Pampai.oni   L.,    I  resii  organici  del  Diaodile  di  Melilli  in  Sicilia,  (Palaeontographia  italica    Vili 

121-130,  2  tav.   Pisa.  1902). 
Paoli   lì.,    Rivista  degli  Insetti  fossili   (Redia,    Voi,    IX,    fase.   I.   Firenze,    1913).   [N.  K.  Il  capitolo 

sulla  antichità,  degli   Insetti  del     presente    volume  è  preso  quasi   ad  ìiteram  da  questo  lavoro 

del   Paoli]. 
Pax   F.,   Einige  fossile  Inseckten  aus  den   Karpathen    (Zeitscbr.     f.     wiaseusch.     Insektenbiolo"-ic 

IV,   1908). 
Pictkt  DB  la  Rivk  E.  J.,  Conaidérations  generale»  sur  lea  tlébria  organiqnea  qui  ont  été  trouvóa 

dans  l'ambre  et  eii   particulier  sur  lea    inseets  (Ardi,   se.   phys.   nat.,   II,   p.   5-16.   Genève  et 

Paris,   184  6). 
Ponzi  G.,  Lavori  degli  Insetti  nelle  ligniti  del  Monte  Vaticano  (Atti  R.  Acc.  dei  Lincei    Ser.  Il 

Tomo  III,   pag.   375  377.   Roma,   1876). 
■ —  —   I  fossili  del  Monte  Vaticano  (Atti  R.  Acc.  Lincei,  Serie  II,   Voi,  III,  p.  925  959    tav.  1-3. 

Roma,   ]876). 
Procaccini  Ricci  V.,    Lettera  prima  sulle  tìlliti  sinigalliesi  (Nuov.  ami.  se.   nat.,  I,  p.  190  213. 

Bologna,  183S). 

Lettera  sugli  entomoliti  delle    gessaje   senigalliesi   (Nuov.  ann.  se.  nat  ,  anno  4.°,  t.  VII. 

Bologna,   1842). 
Rebki.  H.,  Fossile  Lepidopteren  aus  der  Miocànforniation  von   Gabbro    (Sitzungsb.    der  k.  Akad. 

der  WisBenaohaften  in   Wien;  Matbem.     naturw.  CI.,   Bd.  CVII,    Abth.  I,    Inli,   1898,  Wien. 
Rris   M.,   Die  Binnenfauna  der  Fiscbscbiefer  in  Transbaikalien  (Redi  géol.  min.  eli.  de  fer,  liv.  29, 

6  pag.,   5  tav.   St.    Petersbourg,   1910). 
Rondani  C  ,    Reniarques    sur    la    note    de     Mr.   Guérin    Ménéville.    Lettre   sur    les    Insectes    de 

succili.   (Révue  zool.  de  l'année  1840,  Tome  III.   Paris,    1840). 
Scarabklli  G.   F.,  Geografia  stratigrafica  del  Senigalliese.  Imola,   1859. 

—  —   Monografia  della   Provincia  di   Forlì.   Forlì,    1880. 

Scheuchzkr  J.  ,J.,   Museum  diluviatami  quod  possidet  .1.   J.   S.   16.°.  Tigni  i,    17  Iti). 

-  Herbarium  diluvianum  ;   editio  novissima  duplo  aiictior.   Lugduni   Batavorum.    1723. 
Schlf.ciite.nkaHL  D.   von,   Physopoden  ans  dem   Biaunkolilengebirge  von  Rott  ani   Siebengebirge 

(Zeitscbr.   f.   Naturw.   Halle.   LX.   1887,  551-592,   con   3  tav.). 

—  —   Ueber  das  Vorkommen   fossiler   «   Ruckeuschwimmer  >    (Notonecten)   in   Braniikolilengebirge 

von   Rott  (Zeitscbr.   f.   Naturw.   Halle.   65.   Bd.,   141-113). 

—  Mittlieilnngen  iiber  die  in  der  mineralogiseben  Sammlung  aufberwahrten  Originale  zu 
Germar's  *  Insekten  in  Bernstein  enigeseblossen  »  mit  Iìiicksiclit  auf  Giebel's  Fauna  der 
Vorwelt,  (Zeitscbr.  f.  Ges.  Naturw.   Halle,  LXI,  473-493,  Berlin,   1888). 

Scuddk.i;  S.   H.,    The  fossil  Inseets  of  North   America  (Geol.   mag..   5,    172  177,   216  222.  London. 
1868). 

-  Fossil  Insectes  from  the  Rocky   Mountains  (Amer.   nat.,    \  I,   665-668.   Salem,   1872). 

-  Fossil   Butterflies  (Meni.    Amer.   Assoc.   adv.   se,   I.   p.   99,   pi.  3.   Salem,    1875). 

-  The  Inseets  of  the  tertiary   beds  at  Quesnel     (Biitish     Columbia)    (Kep.   progr.   geol.   Surv. 
Chi.,    1X75-1876.   Montreal,   1877) 

—  —   Au  account  of  some  Inseets  of  uniisual   interest  from  the  tertiary     rocks  of  Colorado    and 

Wyoming  (Bull.   U.  S.  gel.  geogr.  Surv.   terr.,  VI,  519  543.   Washington,   lx7x). 

-  The    fossil    Inseets    collected  in   1X77   by  Mr.  G.   M.     Dawaon,   in   the  interior    of    Britisli 
Columbia  (Rep.  progr.  geol.  Surv.   Can.,  Ì877-1878,   B.   176-186.  Montreal,   1X79). 

-  The  early  types  of  Inseets  :     or  the  origin   and  seqnence  of  Insect  life  in   ]>alaeozoic  times 
(Meni.   Boston  soc.   nat.   hist.,    Ili,   13  21.   Boston,   1879). 

—  —   Palaozoic  cokroaches  ;    a    complete  revision    of  the   speeies  of  both  worlds,  with  an  essay 

toward  their  classification  (Meni.   Boat.   Soc.  nat.  hist.,  Ili,  23-134.   Boston,   1879). 

—  —  The  devonian   Inseets  of  New-Brunswich   (Anniv.  Meni.  Boat.  Soc.  nat.  hist.   scient.   papers, 

art   [3].   Boston,   1880   [1881]l. 

—  The  Carboniferous  hexapod  Inseets  of  Great  Britain  (Ilarv.  univ.  bull.,  Il,  175.  Cam- 
bridge.  1881). 

—  Older  fossil   Inseets  west  of  the   Mississipì     (Proc.   Bost.   soc.   nat.   hist..   22,   58-60.   Boston, 
1883). 

—  New  genera  and  specie»  of  fossil  cockroaehes,  from  the  older  American  rocks  (Proc.  acad. 
nat    se.  Philad.,  1885,  34-39.  Philadelphìa,   1X85). 

—  -     Notes  on   mesozoies  cockroaehes  (Pio,eed.   Ac.  nat.  seiences.   Philadelphìa,   1885,   P.   II). 

—  —   Syoteinatic  review  of  our  present  knowledge  of    fossil  Inseets,    including    Myriapods    and 

Arachnids  (Bull.    L7.   S.   Geol.   Surv..   N'.   31.    Washington,   1886). 
-  —   Winged  Inseets  from  a  paleontological  point  of  view  or  the  geologigal   history    of  Inseets 
•  Meni.    Bost.  aoc.   nat.   hist',    III,   353-358.   Boston.   1885). 

-  Palaeodictyoptera  :    or  the  affinities  and   classification  of  Paleozoic  Hexapoda  (Meni.   Bost. 
soc.  nat.  hist.,   Ili,   29-32.   Boston,   1885). 

—  —  Cockroaehes     from     the    Carboniferous     Period  (Proced.   Bost.   soc.  nat.   hist.,   Voi.   XXIII, 

P.  Ili,  1887  (1888)  357). 

—  —  The  tertiary  Inseets  of  North  America  (Report   of  the   U.  S.   geological   Snrvey,   Voi.   XIII. 

Washington,  1890,   734  pag.,  28  tav.,  1  carta  e  3  fig.  nel  testo). 


188  CAPITOLO    SECONDO 


Sccdder  S.   H.,  The  fossil  Butterflies  of  Florissant  (Ann.  rep.  U.  S.  geol.  Survey,  Vili,  434-474. 
Washington,   1889  [1890]). 

—  —  The    Insects    of   the    triassic    beds    at  Fairplay,    Colo    (Meni.     Bost.     soc.    nat.  hist.,   l\  . 

475-472.   Boston,   1890). 

—  —  A  classeil  and  annotated  bibliography  of    fossil     insects    (Bull,   of  the   U.   S.   Geol.   Survey, 

N.  69,  Washington,   1830). 

—  —  The    fossil    of   North    America,    with    notes    ou    some   European   species,   2   vols,   4.°.   New 

York,   1890,  voi.   I,   pag.   455,   tav.   35  ;   voi.   II,   pag.   734.   tav.   28). 

-  —  Some  Insects  of  special  interest  froni  Florissant,     Colorado,     and     otlier  points  in   the  ter- 

tiaries  of  Colorado  and  Utah   (Bull.   U.   S.   geol.   survey,   N.   93.   Washington,   1892  . 

—  —  Insects    fauna    of   the    Rhode    Island    Coal    Field    (Bull.  Uuit.  St.  Geol.  Survey,  N.  101. 

Washington,  1893). 

-  -^-   Insecta  («  in  C.   A.   Zittel.   Palaeozoologie  »  diverse  edizioni). 

-  —  Tertiary   Rhyncophorous  Coleoptera  of  the   United     States    (Monographs  of  the  U.   S.  geol. 

Survey,  XXI.  Washington,   1893). 

—  —  The  Miocene  Insect-Fauna  of  Oeningen  (Baden)  (Geolog.   Magaz.  dee.  4.',  Voi.  II,  N.  36!', 

1895). 

—  —  Revision  of  the  American  fossil  Cockroaches,   with   descriptions  of  new   forms  (Bull.    U.  S. 

Geol.   Surv.,   N.   124.   Washington,   1895). 

—  —  Adephagons    and    Clavicorn    Coleoptera    from     the    tertiary     deposits    at  Florissant,  Colo- 

rado, ecc.   (U.   S.   Geol.   Survey.   XL.   Washington,    1900). 
Seixauds  E.  H.,   A  Study  of  the  structure  of  palaeozoic  Cockroakes,     with    descriptions  of  new 
forms  from  the  Coal-Measures.   (Amer.   Journ.   of  Se,   XVIII,   1904). 

—  —  Cokroaches  of  the  Kansas  Perniimi    (with   23   PI.)     (Univ.    Geol.     Surv.     Kansas,    Voi.   IX. 

Topeka,  1908). 
Sendel  Natiianiel,  Historia  succinorum  corpora  aliena  involvcntium  et  naturae  opere  pictorum 

et  caelatorum  ex  regiis  Augustorum  cimeliis    Dresdae   conditis  aeri   insculptorum  conscripta. 

Lipsiae,    1742. 
Serres  M.   de,     Géognosie    des    terrains     tertiaires,     ou     tableau   des    principaux    auimaux    inver- 

tebrés  des  terrains  marins  tertiaires  de  la  Franca.   Montpellier,   Paris,    1829. 
SlSMONDA   E.,     Matériaux    pour    servir  à  la  paleontologie  du   terrain   tertiaire  du   Pii'mont  (Meni. 

R.  Acc.   Se.   di  Torino,   Ser.  II,   Voi.   XXII,   391-471.  Torino.    1865). 
Snellen     van     Vollenhoven,   S.   C,     Eugereon    boeckingi    (Verslag    alg.     vergad.   nederl.   entoni. 

Vereen..   XXII,   13  's  Gravenhnge,   1867). 
Sordei.i.i   F.,     Note  sopra  alcuni     Insetti    fossili     di     Lombardia     (Bull.     soc.    entom.    Ital.,   XIV, 

224-235.   Firenze.   1882). 
Stoehi:   Emilio,     Notizie    preliminari    sulle  piante  ed  Insetti   fossili   della  formazione  solfifera  in 

Sicilia  (Boll,   del  R.   Com.   geologico  d'Italia.   Ruma,    1875.   N.   8  e  9). 
Tellhohn   O.   von.   Insectenfrass  in  der  Braunkohle  der  Mark   Brandenburg  (Jahrb.  d.  kgl.  preuss. 

geol.   Landesanst.   u.   Berg.   akad.   Berlin  f.   d.  .].,   1893.   Abhandl,   II.   Berlin.    1894). 
Tosi  A.,   Nuovo  genere  di  Apiario  fossile  nell'ambra  di   Sicilia  (Rivista  italiana  di   Paleontologia. 

Anno  II  fl896),   fase.  6.°). 
Vachal  M.  .1.,    Sur    les    abeilles    (Apidae)    de  la    période   glaciaire  (Bull.  Soc.  Ent.  de  Fraine. 

N.   8.   Paris,   1906). 
Vallisneri  Antonio,  Istoria  del  camaleonte  affricano  e  di  vari  animali  d'Italia.  Venezia,  1715. 
Verri  A.,   Le  Friganea  nei  tufi  dell'Italia  centrale  (Boll.  Soc.  Geol.  Ital.,  IX,  469). 
Weyknbkrgh  H.,     Sur    les    insects    fossiles    du    calcaire    lithographique    de    la    Baviere  qui  se 

trouveut  an  musée  Teyler   (Arch.   Mus.   Teyler,   T.   II.   Harlem,   1869). 

—  —  Énumération  systématique  des  espèces  qui    forment  la  faune  eutomologiqiie    de  la  période 

mésozoiqne    de    la    Bavière    (Perirtd.     zoóloj.,    org.    soc.    entom,    argeut.,  I,  87-106.  Buenos 
Ayres,    1874). 

—  —   Varia  zoologica  et  palaeontologica  (Periodico  zoolójco,   org.   soc.   entom.  argeut.,  I,  77-111, 

lam.   2,3.   Buenos  Ayres,   1874). 
Westwood  J.   O.,     Contributious    to    fossil     Entomology     (Quarterly     Journal    of  the  Geological 
Society  of  London,  X,  378-396.   London,   1854). 

—  —  On  a  remarkable   fossil    orthopterous    Insect,    from   the  coal  measures  of  Scotland  (Quart. 

Journ.   Geol.   Soc.,  XXXII,   London,   18761. 
Zans  R.,   Coleoptera  Longicornia  ans  der    BerendtBchen  Bernsteinsanimlung  (Sitzunsber.  Gesollscb. 
Naturf.  Fr.,  N.   10.   Berlin,  1905). 

—  —   Ueber  Coleoptera  Lamellicornia    aus    dem  baltischen     Bernstein    (Sitzungsb.  Gesells.  Naturf, 

Fr.,   N.   18-19.   Berlin,    1905). 


CAPITOLO  III. 

CLASSIFICAZIONE  DEGLI  INSETTI 


ON  è  il  caso  di  addentrarsi  troppo  nella  sistematica 
degli  Insetti  ed  ingolfarsi  nel  dedalo  delle  classifica- 
zioni, sia  perchè,  data  l'indole  e  lo  scopo  del  presente 
libro,  sarebbe  fuor  di  luogo  una  larga  parte  fatta  al 
sistema,  sia  perchè  questo  è,  più  dei  fatti,  variabile  e 
soggetto  a  discussione. 

Tuttavia,  giacché  più  innanzi  avremo  spesso,  come 
del  resto  si  è  avuto  nel  precedente  volume,  occasione 

/^-i__ j  "--^es-<  \f        '!•  accennare  ai  vari  gruppi,  specialmente  ai  maggiori, 

^S^P  fes^l»^-^»  ^     così  conviene  conoscere  almeno  questi  e    come  e  dove 
stanno  nel  sistema  ed  a  (piale  titolo. 

Ma  non  andremo  oltre  le  più  grandi  sezioni  ed  appena  accenneremo,  colla 
sola  citazione  del  nome,  alle  molte  famiglie  in  cui  ciascun  ordine  di  Insetti  si  divide. 
Fra  le  troppo  semplici  classificazioni  dei  primi  entomologi,  i  quali  non  am- 
mettevano, col  Linneo  (poiché  è  inutile  partire  di  più  lontano),  che  pochi  ordini 
di  Insetti  e  quelle  troppo  frazionate,  recentissime,  che  enumerano  circa  una  tren- 
tina di  tali  maggiori  suddivisioni,  credo  bene  scelta  una  via  di  mezzo,  per  la 
quale  agli  ordini  stessi  è  lasciata  (piasi  interamente  la  primitiva  dignità,  sebbene 
essi  sieno  cresciuti  di  numero,  in  confronto  dei  più  vecchi  sistemi. 

Tutta  questa  così  grande  disparità  di  opinioni  dipende  da  una  diversa  inter- 
pretazione del  valore  dei  caratteri  differenziali  tra  i  gruppi  e  dal  fatto  che  mentre 
certi  ordini  sono  delimitati  con  assoluta  precisione  (ades.  quello  dei  Lepidotteri, 
quello  degli  Imenotteri,  ecc.)  e  non  è  possibile  trovarsi  di  fronte  a  forme  essenzial- 
mente aberranti,  altri  invece  hanno  confini  meno  certi  e  si  raccordano  facilmente 
con  tipi  alquanto  discosti. 

Ne  risultano  così  degli  ordini,  i  quali  sono  poveri  di  specie  e  per  di  più  de- 
finiti per  caratteri,  intorno  al  valore  dei  quali  è  lecito  avere  una  opinione  a  modo 
proprio. 

Questi  gruppetti  noi  annetteremo,  in  jualità  di  sottordini,  ai  gruppi  mag- 
giori, quando  ciò  possa  essere  fatto  senza  soverchio  sforzo  e  senza  offesa  al  cri- 
terio generale  che  informa  il  giudizio  sul  valore  dei  singoli  caratteri. 

Cosi  ad  esempio,  non  è  irrazionale,  il  comprendere  l'ordine  degli  Afanitteri  fra  i  Ditteri,  da 
poiché  pei  caratteri  del  rostro  e  delle  metamorfosi  vi  stanno  bene  e  solo  se  ne  distinguono  per 
qualche  altro  particolare  di  minor  conto;  lo  stesso  dicasi  dei  Mallo fagi  rispetto  ai  Pseudoneurot- 


190  CAPITOLO   TERZO 


teri  od  agli  Ortotteri,  come  pure  lo  stesso  può  essere  detto  per  tutti  quei  gruppetti  nei  quali  si 
fraziona  il  piccolo  ordine  dei  Pseudonenrotteri  ed  anche  quello  dei  Neurotteri  stessi,  che  per 
certi  autori,  tra  l'uuo  e  l'altro  fanno  quasi  una  diecina  di  piccoli  ordini,  con  non  poco  imgombro 
e  che,  con  piccolo  sforzo,  si  possono  radunare  in  due  ordini  soltanto,  con  vantaggio  almeno 
della  semplicità. 

I  caratteri  invocati  ad  una  naturale  divisione  degli  Insetti  in  ordini,  si  ri- 
feriscono sopratatto  agli  organi  boccali  ed  alle  ali  delle  forme  adulte;  in  terzo 
luogo  alle  metamorfosi. 

I  caratteri  che  si  desumono  dalle  ali  non  sono  tuttavia  sempre  molto  certi, 
sebbene  per  taluni  ordini  il  numero  e  la  fabrica  degli  organi  di  volo  siano  as- 
solutamente tipici,  poiché,  ad  es.,  i  Ditteri  sieno  bene  contrassegnati  dalla  pre- 
senza di  non  più  di  un  paio  di  ali  ;  i  Coleotteri  dal  paio  superiore  fortemente 
cbitinizzato;  i  Lepidotteri  dalle  ali  coperte  di  squame  generalmente  colorate,  ecc. 
Pur  tuttavia  in  ciascun  ordine  si  trovano  frequenti  le  forme  attere  e  queste 
vaDno  messe  a  loro  posto  in  considerazione  di  altri  caratteri,  presi  da  altri  or- 
gani o  dalle  metamorfosi  ed  inoltre  col  sussidio  dei  soli  organi  di  volo,  si  sa- 
rebbe molto  incerti  del  dove  introdurre  molte  famiglie  di  Ortotteri,  Neurotteri, 
Pseudonenrotteri,  ecc. 

Così  pure,  se  non  esistessero  le  suddette  forme  attere  in  ogni  ordine,  il  ca- 
rattere negativo  della  mancanza  di  ali  sarebbe  eccellente  per  delimitare  il  più 
basso  ordine  degli  Insetti,  cioè  gli  Apterigoti  da  tutti  gli  altri. 

Anche  il  numero  delle  ali  non  è  carattere  sicuro,  non  tanto  perchè,  per  riduzione,  molto 
spesso  rimane  un  solo  paio  di  ali  (molti  Coleotteri  che  non  volano  non  hanno  più  le  ali  mem- 
branose; i  Ripitteri  hauuo  sviluppate  le  sole  ali  del  secondo  paio,  ecc.);  ma  perchè  talora  il 
paio  posteriore  è  riunito  a  quello  anteriore  e  la  lamina  alare  è  veramente  unica  (Cloeon  e  forme 
affini),  oppure,  in  ordine  che  non  è  certo  quello  dei  Ditteri  e  dove  tutte  le  altre  specie  hanno 
quattro  ali  vi  possono  essere  interi  gruppi  veramente  con  due  sole  ali,  del  tutto  alla  stessa  guisa 
dei  Ditteri.  Cosi  è  dei  Coccidi  (maschi). 

Quanto  a  ciò  che  insegnano  i  varii  stadi  precedenti  quello  di  adulto  e  la 
maniera  di  passaggio  dell'uno  nel  successivo,  cioè  le  metamorfosi,  è  questo  certa- 
mente un  carattere  di  assai  .maggior  rilievo  e  perspicuità,  ma  anche  qui  fa  capolino 
qualche  incertezza  a  proposito  di  qualche  gruppo.  Ad  esempio  ciò  accade  nei  casi 
di  Ipermetamorfosi,  ma  ancor  più  perché,  realmente,  talora  certi  Insetti,  che,  senza 
nessun  dubbio  appartengono  ad  un  ordine  specificato  da  una  data  maniera  di  me- 
tamorfosi e  nel  gruppo  stesso  vi  hanno  strettissimi  parenti,  aberrano  poi  singo- 
larmente, seguendo  una  maniera  di  metamorfosi  diametralmente  opposta.  Vedasi 
il  classico  esempio  dei  Coccidi,  che  sono  senza  dubbio  da  comprendersi  fra  gli 
Omotteri  ed  intanto,  mentre  questi  si  trasformano  secondo  metamorfosi  incom- 
pleta, i  Coccidi  seguono  una  maniera  di  trasformazione  che  non  si  riconduce 
bene  a  quest'ultima  maniera.  E  non  è  questo  dei  Coccidi  il  'solo  esempio  per 
tale  caso. 

Minor  numero  di  eccezioni  o  nessuno  affatto  soffre  la  divisione  in  tre  grandi 
gruppi  almeno,  che  può  essere  fatta  dietro  considerazione  della  maniera  di  organi 
boccali.  Essi  cioè  sono  decisamente  succhiatori  o  masticatori  o  lambenti  in  cia- 
scuna graude  sezione  e  solo  negli  Apterigoti  varia  alquanto  il  grado  di  attitudine 
loro  ad  uno  ufficio  piuttosto  che  all'altro.  Però,  questo  carattere  non  farebbe  che 
dividere  gli  Insetti  in  tre  grandi  sezioni  e  permetterebbe  dei  raggruppamenti  in- 
naturali, come  ad  es.  degli  Emitteri  coi  Ditteri  o  dei  Coleotteri  cogli  Ortotteri  ecc. 

Lo  studio  dei  caratteri  desunti  da  questo  particolarità  insieme,  cioè  degli  or- 
gani di  volo,   di  quelli  boccali  (dell'adulto)  e  delle  metamorfosi,  permette  nomper- 


CLASSIFICAZIONE    DEGÙ    INSETTI 


191 


tanto  una  naturale  classificazione  in  Ordini,  cioè  gruppi  maggiori,  mentre  in  taluni 
di  questi,  l'esame  di  caratteri  pure  importanti  ma  alquanto  meno  dei  tre  indicati 
Bara  molto  opportuno,  per  delimitare  sezioni  minori,  cioè  sottordini,  là  dove  l'ag- 
gruppamento è  di  forme  alquanto  eterogenee.  Ecco  di  quale  maniera  ciascuno  dei 
tre  gruppi  di  caratteri  suindicati  divide  la  grande  classe  degli  Insetti: 

Considerata  la  diversa  maniera  di  ali,  gli  Insetti  si  raggruppano  così  : 


Ali 


Costauteinente  mancanti  in  tutto  il  gruppo  ed  in  tutte  le  età  degli  individui 


Ali  mancanti    solo 
in  via  eccezionale 

(riduzione  secon- 
daria) 

Pterigoti 


Due  sole  ali 


Esistono  le  sole  anteriori 


I  Esistono  le  sole  posteriori 


Quattro 
ali 


Apterigoti 

Iìitleri 

li ip  il  Ieri 

(Sottord.  di 

Coleotteri) 

Coleotteri 
Eterotleri 

prima  metà (Sottord.  di 

Emilleri) 
Tutte  coperte  di    squame    ordi- 
natamente disposte  ....  Lepidotteri 

Ortotteri 

Pseiiiìoiienrotteri 

Fimpodi 

Neiirotteri 

Omotteri 

(Sottord.  di 

Emilleri) 

Imenotteri 

In  relazione  alle  metamorfosi  gli  Insetti  si  dividono  nei  due  grandi    gruppi 

seguenti: 

I    Apterigoti 

I'sendoneiirotteri 
Metamorfosi   incompleta         _  . 

'  Ortotteri 

(o  nulla)  ...         ,. 

Iisnpodi 

Emitleri 


Le  anteriori*  Ali  anteriori  tutte  di  consistenza 

almeno]        cornea 

per  metal   Ali  anteriori  cornee   nella    sola 
cornee 


T  n  1 1  e  le 
q  11  a  ttro 
ali  mem- 
branose 


Senza  squame  (eccezionalmente 
con  squame  sparse  disordina 
tamente  e  rade) 


Metamorfosi  completa 


Neiirotteri 

Lepidotteri 

Ditteri 

Coleotteri 

Imenotteri 


La  maniera  di  apparato  boccale  separa,  fra  gli  Insetti,  le  tre  grandi  sezioni 
seguenti  : 

|   Apterigoti  (in  parte) 
|    Ortotteri 
Apparato  boccale  masticatore   j    Pneiidoiieiirotleri 

|  Neiirotteri 
Coleotteri 


Apparato  boccale  lambente .   .   .  Imenotteri 

I    Fisapodi 

Apparato  boccale  succhiatore    [ 

Lepidotteri 

I    Ditteri 


192  CAPITOLO    TERZO 


Tenuto  calcolo  delle  predette  variazioni,  risulta  il  seguente  sistema,  nel  quale 
dò  i  caratteri  dei  gruppi  maggiori,  che  dispongo  secondo  il  loro  livello  nel  sistema, 
stesso,  dai  più  bassi  ai  più  elevati. 

Sottoclasse  Apterigoti. 

Nessuna  metamorfosi.  Ali  sempre  mancanti  di  regola.  Esistono  appendici   ance- 
strali (locomotorie)  nell'addome  anche  delle  forme  adulte. 
Un  solo  ordine. 

l.°  Ordine  Apterigoti  (Apterigota).  Coi  caratteri  della  sottoclasse,  indicati. 
Il  gruppo  si  divide  nei  due  seguenti  sottordini: 

Tisanuri  {Thysanura),  addome  composto  di  11  segmenti,  colle  seguenti  fa- 
miglie :  Lepismidae  ;  lapygidae  ;   Gampodeidae. 

Colleraboli  (Collembola),  addome  composto  di  soli  sei  segmenti,  colle  seguenti 
famiglie:  Aphoruridae  ;  Poduridae  ;  Entomobryidae;  Sminthuridae ;  Papiriidae  (1). 

Sottoclasse  Pterigoti. 

Metamorfosi  complete  od  incomplete.  Ali  di  regola  presenti  nell'adulto,  mancanti 
solo  eccezionalmente,  per  involuzione.    Non    esistono   appendici  ancestrali  nell'adulto. 

A  questa  grande  sezione  appartengono  tutti  gli  altri  Insetti  e  vanno  divisi 
nei  diversi  ordini,  che  qui  si  enumerano. 

2.°  Ordine  Ortotteri  (Orthoptera).  Quattro  ali;  le  anteriori  generalmente 
più  resistenti  e  meno  larghe  delle  posteriori.  Metamorfosi  incomplete.  Apparato  boc- 
cale masticatore. 

Corrodenti  (Corrodentia),  con  due  suddivisioni  cioè  dei  Copeognati,  colle  famiglie 
Psocidae;  Atroposidae;  e  l'altra  divisione  dei  Mallofagi,  colle  famiglie  Philopteridae  ; 
Trichodectidae;   Liotheidae ;  Gyropidae. 

Ortotteri  veri  (Orthoptera  genuina),  colle  famiglie:  Forficulidae ;  Blattidae; 
Phasmidae;  M ariti dae  ;  Acridiidae  ;   Locustidae  ;   Gryllidae. 

3.°  Ordine  Psetjdoneurotteri  (Pseudoneuroptera).  Quattro  ali,  generalmente 
eguali  fra  di  loro  o  le  anteriori  maggiori  di  quelle  del  2.°  paio.  Metamorfosi  in- 
complete. Apparato  boccale  masticatore. 

11  gruppo  così  inteso  è  veramente  molto  artificiale,  perchè  comprende  le  Ter- 
miti, le  Bmbie,  le  Efemere,  le  Perle,  le  Libellule,  ecc.,  per  le  quali  forme  gli 
autori,  non  senza  molta  ragione,  hanno  fatto  degli  ordini  o  dei  sottordini  a  sé, 
rispettivamente  degli  Isotteri,  degli  Embiidi,  dei  Plecotteri,  dei  Perlarii.  degli 
Odonati,  ed  anche  per  taluno  il  gruppo  dei  Mallofagi  e  quello  ancora  degli 
Anopluri,  (il  quale  ultimo  noi  aggregheremo  ai  Rincori),  rientrerebbero  come  sot- 
t'ordini  nel  gruppo  dei  Corrodenti  assieme,  adunque,  ai  Psocidi.  Le  ragioni  di 
opportunità  sovraesposte  ci  consigliano  a  rimettere  in  onore  questo  ordine  dei  Pseudo- 
neurotteri,  intendendolo  come  si  è  fatto  e  suddividendolo  nei  sottordini  seguenti  : 

Isotteri  (Tsoptera),  vita  aerea  durante  tutti  gli  stadi  anche  giovanili  ;  colle 
famiglie  Embiidae;   Termitidae. 

Anfibiotici  (Amphibiotila),  vita  acquatica  negli  stadi  di  larva  e  di  ninfa  ;  da 
dividersi  in  tre  gruppi  cioè: 


(1)  Pel  sottordine  dei  Mirientomi  o  Proturi,  che  sono  da  taluno  ascritti  agli  Insetti  in  questa 
sottoclasse,  vedi  quanto  ho  detto  a  pag.  139  del  presente  volume. 


il   OSSIFICAZIONE    DEGLI    INSETTI  193 

Perlarii  (Perlaria)  ;  colla   famiglia:  Perii  da  e 

Odonati  (Odonata);  colle  famiglie:  Galopterygidae ;  Agrionidae;  Libellulidae ; 
Aeschnidae;   Gomphidae. 

Efemeridi  (JEphemerida),  colla  famiglia:  Ephemeridae. 

3.°  Ordine  Pisapodi  (Physapoda).  Quattro  ali  membranose,  con  .strettissima 
lamina  e  larga  frangia  di  peli  lunghi.  Metamorfosi  incompleta.  Apparato  boccale 
Succhiatore,    '/ampi    terminate  da  ampolle  di  adesione,  esertili. 

11  grappo,  detto  anche  dei  Tisanotteri,  comprende  le  seguenti  famiglie,  rag- 
gruppate in  due  sottordini  : 

Tubuliferi  [Tubulìfera),  addome  terminato,  nelle  femmine,  da  un  tubulo. 
Famiglia  unica    Phlaeothripidae. 

Terebranti  (Terebrantia),  addome  terminato,  nelle  femmine,  da  una  sega. 
Famiglie:  Aeolothripidae  ;    Thripidae. 

4.°  Ordine  Emitteri  (Eemiptera)  Quattro  ali;  le  anteriori  membranose  od 
in  parte  cornee.  Metamorfosi  incomplete.  Apparato  boccale  succhiatore. 

Si   divida  l'ordine  in   tre  sottordini,  cioè  : 

Anopluri  (Anopltira),  parassiti  di  Mammiferi.  Sempre  atteri.  Colla  sola  famiglia  : 
Pediculidae. 

Omotteri  (Homoptera).  Liberi.  Ali  anteriori  tutte  membranose.  Colle  seguenti 
famiglie:  Coeeidae  :  Aleurodidae  ;  Aphididae  ;  Psyllidae;  lassidae  ;  Cercopidae  : 
Scaridae  ;  Fulgoridae;   Membracidae  ;   Cicadidae. 

Eterotteri  (Heteroptera).  Ali  anteriori  colla  metà  basale  cornea;  membranose 
nella  parte  apicale.  Colle  famiglie:  Gorixidae  ;  Notonectidae ;  Naucoridae;  Nepidae; 
Saldidae;  Capsidae ;  Cimicidae  ;  Bedviidae  ;  Tingidae;  Pyrrhochoridae  ;  Coreidae; 
Pentatomidae. 

•">."  Ordine  Xeurotteri.  (N^eur  opterà).  Quattro  ali  membranose.  Metamorfosi 
complete.    Apparato  boccale  masticatore. 

Due  sottordini  cioè: 

Planipenni  (Planipennia).  Ali  posteriori  conformate  e  grandi  presso  a  poco  come 
le  anteriori.  Colle  famiglie:  Mantispidae ;  Raphidiidae ;  Panorpidae ;  Sialidae  ; 
Goniopterygidae  ;  Myrmileonidae  ;  Hemerobiidac  ;   Ghrysopidae. 

Tricotieri  (Trìchoptera).  Ali  posteriori  più  ampie  delle  anteriori  e  pieghettate 
per  lungo  per  poter  essere  raccolte  sotte  le  precedenti  allo  stato  di  riposo. 
Comprende  le  seguenti  famiglie:  Phryganeidae;  Limnophilidae ;  Sericostomatidae ; 
Leptoceridae  ;  Hi/dropsychidae  ;  Rhi/acophilidae  ;   Hydroptilidae. 

G.°  Ordine  Lepidotteri  (Lepidoptera).  Quattro  ali  membranose,  coperte  di 
squame  disposti    ordinatamente.  Metamorfosi  complete.  Apparato  boccale  succhiatore. 

Due  sottordini  : 

Ropaloceri  {Rhopalocera).  Ali,  in  riposo,  elevate  perpendicolarmente  sul  corpo, 
combaciane  fra  loro  colla  pagina  superiore.  Colle  famiglie  seguenti:  Nymphalidae ; 
Lycaenidae  ;   Pieridae  :  Papilionidae  :   Hesperidae. 

Eteroceri  (Heterocera).  Ali  in  riposo  ricoprenti  il  corpo  a  guisa  di  un  tetto. 
Comprende  numerose  famiglie,  cioè:  Micropterygidae;  Tineidae ;  Tortricidae  ;  Ahi- 
eitidae  ;  Pterophoridae  ;  Pyralidae;  Uraniidae  ;  Noctuidae ;  Geometridae ;  Arctiidae  : 
Lasiocampìdae  ;  Drepanidae ;  Hepialidae  ;  Gossidae  ;  Psyckidae;  Zygenidae  ;  Se 
siidae;   Notodontidae  ;  Sphingidae  ;   Bombycidae  ;  Saturniidae. 

7.°  Ordine  Imenotteri  (Hymenoptera).  Quattro  ali  membranose,  nude.  Meta- 
morfosi complete.    Apparata  boreale  lambente. 

A    BSRLB8E,  Gli  Insetti,  II.  —  25. 


194  CAPITOLO    TERZO 


Due  sottordini  : 

Terebranti  (Terebrantia),  larve  fornite  di  zampe.  Comprende  le  seguenti  famiglie: 
Tentredinidae  ;   Siricidae. 

Aculeati  (Aculeata).  Larve  apode.  Comprende  le  famiglie  seguenti:  Cynipidae  ; 
Chalcididae  ;  Icneumonidae  ;  Braconidae  ;  Evanidae;  Chrysididae;  Formicidae  ; 
Sphaegidae  ;  Pompilidae  ;  ScoHidae  ;   Vespidae;   Apidae. 

8.°  Ordine  Coleotteri  (Coleottero).  Ali  superiori  cornee,  formanti  insieme 
un  astuccio  a  protezione  delle  inferiori.  Metamorfosi  complete.  Apparato  bocoale  ma- 
sticatore. 

Due  sottordini: 

Ripitteri  (Ripiptera),  femmine  vermiformi,  apode.  Maschi  con  ali  anteriori 
ridotte,   abortive  ;  posteriori  molto  ampie.  Colla  sola  famiglia  :  Stylopidae. 

Coleotteri  veri  (Coleoptera  genuina),  femmine  conformate  presso  a  poco  come  i 
maschi.  Ali  anteriori  più  o  meno  sviluppate,  ricoprenti  le  inferiori.  Colle  seguenti 
famiglie:  Cerambycidae  ;  Chrysomelidae ;  Bruchidae;  Scolytidae;  Curculionidae  ;  Con- 
tharidae;  Oedemeridae;  Pyrochroidae  ;  Cistelidae;  Tenebrionidae ;  Lucanidae;  Scara- 
boeidae;  Buprestidae;  Elateridae ;  Cleridae;  Malacodermidae ;  Bostrichidae ;  Derme- 
stidae;  Coccinellidae ;  Histeridae;  Staphylinidae ;  Silphidae:  Qyrinidae  ;  Hydrophi- 
lidae;  Dytiscidae;  Carabidae;  Cicindelidae. 

9."  Ordine  Ditteri  (Diptera).  Due  sole  ali  (le  anteriori).  Metamorfosi  com- 
plete.  Apparato  boccale  succhiatore. 

Da  dividersi  nei  seguenti  sottordini: 

Afanitteri  (Aphaniptera),  atteri,  parassiti  (allo  stato  adulto)  di  Mammiferi 
od  Uccelli.  Colla  sola  famiglia  :  Pulicidae. 

Ditteri  veri  (Diptera  genuiina),  alati  (normalmente).  Generalmente  liberi. 

Questo  gruppo  si  diville  in  tre  sezioni,  ciascuna  con  parecchie  famiglie,  cioè  : 

Nematoceri,  colle  famiglie:  Psychodidae  ;  Blephat  oceridae  :  Micetophilidae  ;  Ceci- 
domyidae;    Culicidae;  Chironomidae ;  Tipulidae;  Bibionidae  ;  Simuliidae. 

Brachiceri.  Colle  famiglie:  Stratiomydae;  Leptidae;  Tabanidae;  Nemestrinidm  : 
Bombyliidae;  Asilidae;  Empidae;  Dolichopidae;  Platypezidae  ;  Conopidae;  Syrphidai  ; 
Muscidae  ;  Anthomiidae ;  Tachinìdae;  ìSarcophagidae  ;   Oestridae. 

Pnpipari.  Colle  famiglie  :  Hippoboscidae ;  Braulidae;  Nycteribiidae. 


Breve  storia  del  sistema. 

Nel  volume  precedente,  nel  capitolo  I,  che  si  riferisce  alla  Storia  dell'Entomologia,  ho  già 
accennato  ad  alcuni  fra  i  più  antichi  tentativi  di  classificazione  degli  Insetti  nel  gruppo  degli 
Invertebrati,  debbo  richiamarli  brevemente  qui.  prima  di  esporre  i  meno  vecchi  sistemi  ed  i  più 
recenti. 

Aristotile  inseriva  gli  insetti  (èVro/ia)  nel  suo  gruppo  degli  anema,  cioè  animali  senza  sangue, 
insieme  coi  Cefalopodi,  altri  Molluschi  ed  i  Crostacei,  ma  bene  distinti  dagli  Apoda  o  Vermi. 
Il  gruppo  degli  Entoma  di  Aristotile  corrispondeva,  in  certo  modo,  a  quello  attuale  degli  Ar- 
tropodi terrestri,  perchè  comprendeva  gli  Aracnidi  ed  i  Miriapodi. 

Bisogna  giungere  all'ALDOVRANDi  (1522-1605)  per  trovare  un  nuovo  sistema,  che  meriti  la 
pena  di  essere  ricordato.  Questo  Autore  comprende  nel  gruppo  degli  Insetti  anche  i  Vermi  e  lo 
divide  in  Terrestri  ed  Acquatici,  cioè: 


rl.v.-isIt'ICAZlONK    DKGLI    INSKTTI 


195 


Insetti 


Terrestri   od  aerei 


Ali 


Acquatici 


Anelitri    (Insetti     senza 
astucci) 


Coleotteri  o  vaginipenni 


I  Insetti  con  zampe 
Non   ali      Insetti    senza    zan 


Vermi 


zampe    o 


Quadripeuni   (Insetti 
con  4  ali) 


Bipenni  (Insetti    con 
2  ali) 


I  Crostacei  sono  disposti  fra  gli  animali  acquatici  e  senza  sangue.  Le  Api  sono  in  prima 
linea  fra  i  quadripenni  senza  elitre,  insieme  alle  Farfalle  ed  alle  Cicale. 

Fra  gli  Insetti  con  due  ali  e  senza  elitre  sono  noverati  la  Mosca,  l'Estro,  l'Asilo  terrestre, 
le  Zanzare.  1  vaginipenni,  nome  che  corrisponde  a  quello  di  Coleotteri,  comprende  questi  e 
gli  Ortotteri.  Fra  gli  Insetti  senza  ali  e  con  zampe  sono  collocati  la  Formica,  la  Cimice,  il  Pi- 
docchio, la  Pulce,  la  Scolopendra,  il  Porcellino  terrestre,  l'Iulo,  ecc.  Le  larve  degli  Insetti,  le 
Tignuole,  ecc.  sono  associate  ai  Verini. 

Poco  diverso  e  di  poco  migliore  è  il  sistema  proposto  dall'IoNSTON  (1603-1671),  che,  nella 
sua  Enciclopedia  zoologica,  divise  gli  Insetti  in  due  categorie,  cioè  dei  terrestri  e  degli  acquatici. 
Nei  primi  distinse  tre  gruppi  cioè:  insetti  con  piedi  ed  ali;  insetti  atteri  ma  con  piedi  ed 
insetti  senza  ali  e  senza  piedi.  Quelli  della  prima  categoria  sono  suddivisi  in  due  gruppi,  a 
seconda  che  hanno  elitre  o  no.  Nel  primo  gruppo  stanno  le  Cavallette  ed  i  Coleotteri  e  nel 
secondo  Api,  Libellule,  Cimici,  Farfalle  e  Mosche  (fra  queste  qualche  Icneumonide).  La  seconda 
categoria,  cioè  atteri  con  piedi,  comprende  Formiche,  Scorpioni,  Ragni  ed  anche  i  Bruchi. 

Fra  gli  Insetti  acquatici  poi  stanno  rappresentanti  di  tutti  gli  Invertebrati  ed  anche  i  Ca- 
vallucci mariui  (Hijìpocampus),  ecc. 

Meno  lodabile  è  il  sistema  adottato  dal  Mouffet  (m.  1599). 

Giovanni  Swammerdan  (1637-1680)  aveva  fatto  ben  rilevare  la  diversa  maniera  di  metamor- 
fosi degli  Insetti,  che  egli  distingueva  nelle  tre  maniere  delle  quali  poi  il  Ray  per  primo  ha  te- 
nuto molto  conto  in  una  repartizioue  naturale  della  classe. 

Giovanni  Ray  (1628-1705)  nell'opera  postuma  (1710),  mette  a  profitto  per  la  prima  volta  le 
differenze  circa  la  maniera  di  metamorfosi,  per  suddividere  in  gruppi  gli  Insetti.  Difatti  egli  se- 
para i  Metamorphola  (forme  soggette  a  metamorfosi)  dagli  Ametamorphota  (senza  metamorfosi). 
Questi  ultimi  sono  distinti  in  apodi  e  con  piedi  e  tra  gli  apodi  sono  noverati  i  Lombrici,  gli 
Ascaridi,  le  Sanguisughe;  sono  adunque  i  Vermi  e  più  specialmente  gli  Anellidi. 

Fra  quelli  con  piedi  si  distinguono  Insetti  con  sei  piedi  od  Esapodi;  con  otto  piedi  od  Ot- 
topodi; quelli  che  ne  hanno  da  quattordici  a  trenta  e  finalmente  quelli  che  ne  possiedono  un 
maggior  numero  e  sono  i  Polipodi. 

Gli  Esapodi  sono  terrestri,  come  le  Cimici;  il  Pidocchio;  il  Ricino  (larva,  Aracuide);  la 
Pulce,  ecc.,  oppure  sono  acquatici  e  tra  questi  è  noverato  anche  qualche  Crostaceo. 

Gli  Ottapodi  possiedono  una  coda,  come  lo  Scorpione,  o  ne  souo  privi,  come  i  Ragni,  i  Ri- 
cini òttapodi  (adulti),   gli  Acari,  ecc.  Questi  adunque  corrispondono  agli  odierni  Aracnidi. 

Gli  insetti  con  14  a  30  zampe  corrispondono  alla  attuale  classe  dei  Crostacei,  ed  i  Polipodi 
a  quella  dei  Miriapodi,  coll'aggiunta  di  qualche  verme  del  gruppo  delle  Nereidi. 

La  suddivisione  degli  Insetti  a  metamorfosi  si  appoggia  a  criteri  indicati  già  dallo  Swam- 
merdam  ed  è  la  seguente: 

Insetti  a  metamorfosi  incompleta  (più  esattamente  lo  Swammerdam,  il  Ray  ed  altri  seguaci 
la  dicono  mezzo  completa),  cioè  che  nello  stato  di  larve  e  ninfe  si  nutrono  e  muovono  come  gli 
adulti  rispettivi,  dai  quali  differiscono  solo  per  mancanza  di  ali.  Vi  stanno  le  Libellule;  le  Ci- 
mici selvatiche,  gli  altri  Emitteri,  gli  Ortotteri  e  le  Efemere. 


196 


CAPITOLO    TERZO 


Insetti  a  metamorfosi  completa,  la  cui  ninfa  però  non  sta  in  un  involucro  formato  dalla 
stessa  pelle  della  larva.  Qui  sono  compresi  i  Vagiuipenni  o  Coleotteri;  gli  Anelitri  con  quattro 
ali  farinose,  cioè  i  Lepidotteri;  gli  Anelitri  con  ali  membranose,  sia  in  numero  di  quattro  od  in 
numero  di  due,  cioè  gli  Imenotteri;  parecchi  Neurotteri;  ed  alcuni  Ditteri. 

Bay  a  questo  punto  mostra  il  metodo  proposto  dal  Willughby  (che  ha  dato  la  trama  anche 
per  tutto  il  rimanente  del  sistema  qui  indicato)  per  dividere  le  larve  con  fodero  di  Friganee. 

Finalmente  vengono  gli  Insetti  a  metamorfosi   completa,   nei  quali  le  ninfe  sono  in     un  boz- 
zolo fatto  dalla  pelle  stessa  della  larva,  cioè  quelli  che  ora  souo  indicati  per  Ditteri  ciclorafi,  per 
quanto  pare  che  il  Ray  vi  annetta  qualche  C'inipide  (Imenotteri). 
Geoffrov  (1762)  così  divide  gli  Insetti: 

l.a  Classe:  Coleotteri.  Ali  coperte  dagli  astucci  (elitre);  bocca  armata  di  mascelle  duro. 
Divisa  in  tre  ordini,  cioè  di  quelli  con  antenne  a  clava;  antenne  filiformi  ed  auteune  seri- 
formi. 

i'.a  Classe:  Emittori.  Ali  superiori  in  parte  cornee  (mezzi  astucci);  bocca  armata  di  una 
tromba  acuta,   piegata  per  di  sotto  lungo  il  corpo. 

Questa  Classe  è  divisa  in  due  ordini,  secondo  la  posizione  della  tromba,  cioè  a  rostro  in- 
curvato posto  sopra  la  testa  od  a  rostro  posto  sul  petto. 

3."  Classe:  Tetratteri,  con  ali  farinose  (coperte  di  squame). 
Sono  gli  odierni  Lepidotteri.  Questa  Classe  e  le  tre  seguenti  non  sono    suddivise  in  ordini. 
4.a  Classe:   Tetratteri,   con  ali   nude  (comprende  gli    ordini    degli     Imenotteri,   Xeurotteri  e 
Pseudoueurotteri,  come  si  intendono  oggidì). 
5.a  Classe  :  Ditteri  (due  ali). 

6.a  Classe:  Atteri.  Questa  comprende,  oltre  agli  Insetti  senza  ali  di  parecchi  ordini,  ancora 
i  rimanenti  Artropodi. 

A  Geoffrov  si  deve  la  suddivisione  dei  Coleotteri  in  gruppi  a  seconda  del  numero  dei  tarsi. 
Cotale  divisione  è  usata  anche  al  giorno  d'oggi. 

Schaeffer  (1766)  non  migliora  certamente  il  sistema  proposto  dal  Geoffroy,  per  quanto  nelle 
liuee  generali  vi  si  accosti,  come  apparisce  dal  seguente  quadro  : 


Con  quat- 
tro ali 


Insetti  alati   l 


Le  superiori  tutte 
dure,  cornee  Co- 
leotteri 


Elitre  più  lunghe  del- 
la metà  dell'ad- 
dome      Coleottero-ilacroiteri 


Elitre  più  brevi  della 
metà  dell'addome   . 


Coleottero-Ma  rotteri 


Le  superiori  membra- 
nose solo  nella  loro 

estremità  apicale Coleottero- Imenotteri 

od  Emittori 


Tutte  membranose 


Coperte  di  una    pol- 
vere di  squamette   .      Imenotteri,    Lepidotteri 

Nude Imenotteri,   Ginnotteri 


Conducali Dithri 


Insetti  senza  ali 


Atteri. 


Il  gruppo  dei  Coleottero-microthri  comprende  gli  Stafiliui,  le  Meloe,  Necidali  e  le  Forficnle. 
Quello  dei  Coleottero-macrotteri  è  suddivisa  in  quattro  ordini,  secondo  il  numero  degli  articoli 
tarsali. 

Del  resto,  questo  stesso  carattere  è  impiegato  anche  per  frazionare  le  altre  classi,  di  cui  la 
terza  corrisponde  agli  odierni  Emittori  Eterotteri. 

La  quinta  classe  comprende  gli  Ortotteri  di  Olivier,  gli  Imenotteri  e  gli  Omotteri  e  l'ul- 
tima ha  la  stessa  portata  assegnatale  dal  Geoffroy. 

Questo  perdere  di  vista  caratteri  importanti  già  recati  innanzi  da    altri,     come  sono    ad  es. 


CLASSIFICAZIONE    DEGLI    INSETTI 


197 


quelli  desunti  dalle  metamorfosi  e  dalla  maniera  di  organi  boccali,  per  attenersi  alla  sola  strut- 
tura delle  ali  è  causa  dell'artificiosità  del  sistema  e  tale  appunto  può  essere  fatto  anche  al  Fa- 
brioius,  die  si  appoggia  ai   soli  caratteri  desunti  dalla  diversa  fabrica  degli  organi  boccali. 

Questo  indirizzo  unilaterale  è  seguito  generalmente  dagli  entomologi  della  seconda  metà  del 
secolo  XVII. 

Carlo  DE  Geer,  nelle  sue  Mémoires  poiir  servir  a  V  Hiiioire  des  Insectes  (1752-1778)  presenta 
la  convenienza  di  istituire  un  maggior  numero  di  sezioni.  E  per  vero  egli  suddivide  gli  Insetti  in 
tanti  gruppi,  ehe  per  numero  e  significato  corrispondono,  con  notevole  precisione,  a  quelli  molti 
che  i  più  recenti  autori  propongono.  Infatti,  il  suo  sistema  comprende  quattordici  classi,  delle 
quali  la  prima  (Lepidotteri),  la  quarta  (Imenotteri),  la  settima  (Ortotteri),  l'ottava  (Coleotteri), 
la  nona  (Ditteri)  hanno  lo  stesso  valore  attribuito  loro  anche  attualmente.  Ma  il  De  Geer  fa 
anche  \in  gruppo  a  se  della  Pulce,  che  corrisponderebbe  agli  Afanitteri  d'oggi  ed  inoltre  le 
divisioni  quinta  o  sesta,  valgono  esattamente  per  gli  Omotteri  ed  Eterotteri  come  souo  intesi  ora, 
mentre  la  seconda  e  la  terza  insieme  compongono  quel  gruppo  dei  Neurotteri,  nel  quale,  con 
tanto  errore,  anche  in  libri  recentissimi  si  vede  conservato  il  pensiero  Linneano  di  compren- 
dervi forme  a  metamorfosi  completa  ed  incompleta,  purché  abbiano  un  apparato  boccale  masti- 
catore ed  ali  membranose,  nude. 

Quanto  agli  Atteri,  cioè  agli  Insetti  senza  ali  ed  a  tutti  i  rimanenti  Artropodi,  il  De  Geer 
ne  fa  tre  sezioni,  che  sono  appunto  la  12. a,  13.a,  14. a,  ma  solo  nella  prima  stanno  gli  Esapodi  e 
le  altre  comprendono  Aracnidi,  Miri  apodi,  Crostacei. 

Carlo  Linneo  nel  1735  pubblicò  la  prima  edizione  del  Systema  Naturae  e  già  ventitré  anni 
dopo  vedeva  la  luce  l'edizione  decima. 


Ecco   il   suo  sistema  : 


Le  superiori 


Quattro   ali 


Tutte     crostacee    (chiti- 

nose,  dure) Coleotteri 

Per  metà  crostacee  (chi- 
tinose,  dure,  la  metà 
apicale  membranosa) !..     Emitteri 

Coperte  di   squame    im- 

bricate Lepidotteri 


Tutte    e     quattro 


Membranose  nude 


Coli'  estremo     addome 

non  fornito  di  aculeo  .     Neurotteri 


C'oli' estremo     addome 

fornito  di  aculeo  .      .     Imenotteri 


Due  ali.  Bilancieri  iu  luogo  delle  ali  posteriori Ditteri 

Maucano  le  ali  e  le  elitre Atteri 


Come  si  vede  il  sistema  è  lo    stesso    già    proposto    dal    Geoft'roy    (Hist.  Abrege'e  des  Insedi  s 
Paris  1762)  coi  medesimi     difetti,   solo  qui  gli   Imenotti  sono    distinti  dai  Neurotteri,     ma   non   è 
tenuto  conto  alcuno  delle  metamorfosi  nò  dell'apparato  boccale.  Perciò  nel  gruppo  degli  Emitteri 
sono  compresi  gli  Ortotteri  ed  in  quello  dei  Neurotteri  anche  gli  attuali  Pseudoneurotteri. 

Certamente  però  Linneo  non  perdette  di  vista  la  diversa  maniera  di  apparato  boccale  se  non 
pegli  Emitteri  e  pegli  Atteri,  dove,  nella  prima  sezione,  che  sono  tutti  Esapodi,  mette  insieme  i 
generi  Lepismu,  Podura,   Termes,  Pediculus,   l'iilex. 

Il  sistema  di  PabriCIUS  i  1775),  che  è  svolto  uel  Systema  Entomologiae,  è  fondato  esclusiva- 
mente sulla  fabrica  degli  organi  boriali,  pecca  perciò  solo  notevolmente,  ma  anche  pel  fatto  che 
le  principali  sezioni  non  souo  basate  sulle  maggiori  cardinali  differenze  uegli  organi  della  bocca, 
quali  souo  gli  adattamenti  diversi  a  cibo  solido  o  liquido,  ma  sii  differenze  più  che  secondarie  e 
talune  ancora  difficilmente  apprezzabili  od  errate. 


198  CAPITOLO    TERZO 


Vedasi  infatti  : 

Ordine  1.°  Mascella  nuda,  Ubera Eleutherata 

»  2.°  Mascella  coperta  da  una  galea  ottusa (lionata 

»  3.°  Mascella  unita  al  labbro  inferiore Synistata 

»  4.°  Non  mascella  inferiore Agonata 

»  5.°  Mascella  inferiore  sovente  armata  di  un'unghia  .     .  Unogata 

»  6.°  Una  lingua  a  epira Glossata 

»  7.°  Un  rostro;  guaina  articolata Eyngota 

»  8.°  Una  tromba  che  succhia;  guaina  non  articolata      .  Antliata 

Gli  Eleuterati  corrispondono  ai  Coleotteri;  gli  Ulonati  agli  Ortotteri;  i  Smistati  ai  Neurotteri 
cou  alcuni  Pseudoneurotteri,  Imenotteri,  Tisanuri  e  qualche  crostaceo  ;  gli  Agonati  comprendono 
alcuni  crostacei  e  gli  scorpioni;  gli  Unogati  alcuni  Pseudoneurotteri,  gli  Aracnidi  e  i  Miriapodi 
(in  parte);  i  Glossati  corrispondono  ai  Lepidotteri;  i  Ringoti  agli  Emittori  insieme  alla  Pulce  e 
ai  Tisanotteri;  gli  Antliati  comprendono  i  Ditteri,  gli  Auopluri  odierni,  i  Mallofagi  e  parecchi 
Aracnidi  e  Crostacei. 

Questa  classificazione  è  modificata,  con  intenzione  di  migliorarla,  avendone  così  grande  bisogno, 
da  una  seconda  edizione  nella  Entomologia  Systematica  (1792)  e  vi  sono  aggiunti  gli  ordini  dei 
Piezata  (Imenotteri);   Odonata  (Libellulidi);  Mitosata  (Miriapodi  ed  Isopodi  fra  i  Crostacei). 

In  un  Supplemento  (1798)  Fabricius  fa  un  ordine  per  gli  Aselli  terrestri  ed  i  Monocoli,  che 
chiama  Poligonata  e  dei  EUistagnala,  che  corrisponderebbero  ai  Decapodi  ;  fra  i  Crostacei  forma 
due  sezioni. 

Il  sistema,  fino  dalla  sua  apparsa,  incontrava  poco  favore  e  ragionevoli  critiche  né  troppi 
seguaci. 

Olivier  (1789)  ammetteva  i  seguenti  ordini:  1.°  Lepidotteri;  2.°  Neurotteri  ;  3.°  Imenotteri  ; 
4.°  Emitteri;  5.°  Ortotteri;  6.°  Coleotteri;  7.°  Ditteri;  8.»  Atteri. 

In  generale  questi  ordini  hanno  il  significato  loro  attribuito  anche  oggidì,  compresi  i  Neu- 
rotteri, che  abbracciano  le  forme  a  metamorfosi  incompleta  e  gli  Ortotteri  che  corrispondono  ai 
soli  Ortotteri  genuini  odierni,  ai  Blattoidei  e  Mantoidei,  essendo  i  Forficulidi  compresi  fra  i  Co- 
leotteri, mentre  negli  Atteri,  oltre  al  gen.  Pediculus  (Anopluri,  Mallofagi)  stanno  anche  Aracnidi, 
Crostacei,  Miriapodi. 

L'Olivier  tiene  conto,  felicemente,  della  fabriea  delle  ali  e  di  quella  degli  organi  della  bocca. 

Non  diversamente  fa  il  Latreille  (Preci*  d.  char.  gén.  d.  Ins.,  1795),  per  quanto  riguarda  gli 
esapodi  e  gli  ordini,  che  egli  ammette  sono  quelli  indicati  dall'Olivier,  con  questo  però  che  egli 
aggiunge  l'ordine  dei  Tisanura  e  dei  Parasita,  mentre  toglie  e  separa  in  quattro  ordini  distinti 
gli  Artropodi  non  esapodi. 

Per  Cuvikr  (1805)  (Lecons,  ecc.,  Tom.  Ili)  tutti  gli  Artropodi  si  suddividono  in  nove  ordini, 
ed  il  primo,  degli  Atteri  con  mascelle  (Gnathoptères),  comprende  Aracnidi,  Crostacei,  Miriapodi  e 
taluni  esapodi,  cioè  Poduridi,  Fortìcule  e  Zecche  allo  stato  di  larva  (quando  hanno  solo  sei  paia 
di  zampe).  L'ultimo  ordine  è  quello  degli  Atteri,  che  sono  sprovvisti  di  mascelle,  cioè  con  appa- 
rato boccale  succhiatore  e  quivi  stanno  le  Pulci,  i  Pidocchi  e  molti  Acari  (Aracnidi).  Gli  altri 
ordini  sono  esattamente  quelli  di  Olivier  (dei  veri  esapodi). 

Lamarck  (1801)  stacca  in  ordini  a  sé  i  Crostacei  e  gli  Aracnidi,  per  quanto  fra  questi  ul- 
timi disponga  i  Poduridi  ed  i  Pidocchi  (assieme  alle  Scolopendre)  e  gli  altri  ordini,  di  veri  esa- 
podi,, corrispondono  a  quelli  del  Latreille.  Successivamente  (1816)  il  medesimo  Autore  inverte  la 
serie  degli  ordini,  pone  gli  Strepsitteri  fra  i  Ditteri,  come  sezione  (Ripidotteri)  ;  in  altri  ordini 
introduce  delle  suddivisioni,  come  quella  di  Mentonales  e  Frontales  con  cui  distingue  gli  Omot- 
teri  dagli  Eterotteri,  la  Sez.  Corridori  fra  gli  Ortotteri,  nella  quale  include  Blattoidi  e  Forficu- 
lidi, seguendo  in  ciò  le  proposte  del  Kirliy  (1813).  Del  resto  oltre  queste  lodevoli  innovazioni  altre 
l'Autore  ne  reca  meno  buone,  come  la  riunione  dei  Tisanuri  ai  Miriapodi,  nella  divisione  Arachnides 
cruttaeéennes  e  Mallofagi  e  Pediculidi  in  quella  detta  Arachnides  acaridìennes ;  queste  due  divi- 
sioni egli  le  riunisce  in  un  gruppo  col  nome  di  Arachnides  antennés  trachéales. 

Le  idee  del  Ray  e  dello  Swammerdam  sono  riprese  dal  Leach  (1817),  che  divide  appunto  gli 
Insetti  in  due  sottoclassi,  cioè  degli  Ametabolia  e  dei  Metabolia,  sebbene  poi  gli  Insetti  sieno  di- 
stribuiti nei  due  gruppi  non  lodevolmente,   perchè  nel  primo  sono  solo  i  Tisanuri  e  gli  Anopluri 


i  i  OSSIFICAZIONE   DEGLI   INSETTI  199 


(comprendenti,  questi  ultimi,  i  Mallofagi  ed  i  Pediculini)  e  gli  altri  Insetti  tutti  sono  messi  fra 
metabolici  e  suddivisi  secondo  la  diversa  maniera  dell'apparato  boccale. 

Certo  il  Leach  intendeva  per  Ametaboli  solo  le  forme  senza  metamorfosi  affatto,  i  cui  indi- 
vidui cioè  sono  in  tutte  le  età  sempre  egualmente  configurati.  Ad  ogni  modo  spetta  al  Leach  il 
merito  di  aver  oiroosoritto  esattamente  la   classe,   limitandola  ai  soli  Esapodi. 

Di  minor  rilievo  sono  le  modificazioni  apportate  dal  Nitzsch  (1818)  a  questa  classificazione. 

Non  inerita  cenno,  se  non  per  la  sua  stranezza,  il  singolare  sistema  ciclico  o  quinario  pro- 
posto dal  Mac  Leay  per  un'inopportuno  desiderio  di  simmetria,  pel  quale  fra  gli  Apteru,  sono 
ricollocati  i  Crostacei  e  gli  Aracuidi  con  tutti  gli  Ametaboli  e  degli  altri  Insetti,  eotto  il  nome 
di  Plilola  sono  fatte  due  sezioni  (Manilio  uhi  la  ed  Haustellata)  ciascuna  suddisa,  non  troppo  bene, 
in  cinque  ordini. 

Ben  altra  cosa  è  la  classificazione  proposta  dal  Latreili.k  (1831),  sebbene  non  vi  si  tenga  conto 
delle  metamorfosi,  ma,  più  che  altro  si  fondi  sui  caratteri  desunti  dalle  ali. 

Sono  distinti  gli  Atteri,  che  comprendevano  gli  attuali  Apterigoti  ed  inoltre  i  Mallofagi  e 
Pediculidi  (Paraxsili),  nonché  i  Pulicidi  (Siphonatteri)  e  per  confronto  gli  Alati  sono  divisi  in 
Elythroptera  e  (lymnoptera;  nel  primo  stanno  i  Coleotteri,  gli  Ortotteri,  i  Dermatteri  egli  Emit- 
tori; negli  altri  i  Neurotteri  (e  Pseudoneurotteri),  gli  Imenotteri,  i  Lepidotteri,  gli  Strepsitteri 
ed  i  Ditteri. 

Da  tale  sistema  non  troppo  si  scostano  il  Wkstwood  (1831)  ed  il  Brulle  (1832),  ma  molto 
più  invece  il  Xkwman  (1834),  più  che  altro  per  desiderio  di  novità  e  non  è  il  caso  di  dirne  di 
più,  come  nemmeno  del  tentativo  lodevole  del  Burmeister  (1835-38),  il  quale,  se  non  sempre 
felicemente,  trae  profitto  intanto  dei  caratteri  desunti  dalle  metamorfosi,  dall'apparato  boccale 
ed  insieme  dalle  ali.  Così  non  va  ricordato  neppure  il  sistema  di  Brulle  e  LuCAS  (1840),  che  tol- 
gono dal  novero  degli  Insetti  gli  Apterigoti,  i  Mallofagi  ed  i  Pediculidi,  per  introdurli  fra  i 
Crostacei. 

Cito  la  classificazione  dell' Agazziz  (1851),  che  si  fonda  su  dati  embriologici,  ossia  sull'apparato 
boccale  della  larve  in  confronto  di  quello  degli  adulti,  ma  non  mi  sembra  con  pensiero  felice. 

Si  deve  al  Braier  (1857)  la  separazione  dei  Perlari  e  Plecotteri  ed  Odonati  (Pseudoneurotteri) 
dai  Neurotteri  e  la  loro  aggregazione  agli  Ortotteri. 

Per  Gerstaecher  (1863)  gli  Ortotteri  vanno  divisi  in  sette  sott' ordini,  cioè  Orlhoptera  socialia 
(Termiti);  genuina  (gli  Ortotteri  veri  attuali  senza  i  Forficulidi  ;  Dermaptera  (Fortìculidi);  Corro- 
<irntia  (Embiidi  e  Psocidi);  Amphìbiotiea  (Pseudoneurotteri);  Physopoda  (Tisanotteri);  Thysanitra 
(Apterigoti). 

I  Neurotteri  sono  divisi  in  tre  sottordini  :  Pìanipennia  (Neurotteridei  e  Panorpati)  ;  Trichoptera 
(Friganoidi);  Strepsiptera.  I  Ditteri  si  suddividono  in  D.  genuina;  Pupipara:  Aphaniptera  e  negli 
Emitteri  sono  compresi  i  Mallofagi  e   Pediculini. 

Come  si  vede  molte  di  queste  divisioni,  sono  poco  variate  di  significato  o  tali  e  quali  riman- 
gono tuttavia  nel  sistema,  dal  quale  il  Dana  (1864)  troppo  si  discosta. 

Fino  ad  ora  non  si  era  mai  pensato  a  tener  conto  di  considerazioni  d'indole  filogenetica, 
in  base  alle  teorie  evoluzioniste,  le  quali  appunto  dopo  questo  tempo  cominciano  a  farsi  strada 
e  servono  di  base  a  non  pochi  sistemi  relativi  ai  due  regni  organici. 

Così  I'Haeckel  (1866)  in  Generelle  Morphologie,  abbozza  un  albero  genealogico  degli  In- 
setti, nel  quale  è  tenuto  conto  di  quanti  più  caratteri  è  possibile  e,  facendo  discendere  gli  Esa- 
podi attuali  da  Zoepodi  (Crostacei),  ammettendo  ipoteticamente  forme  tracheate  intermediarie, 
delle  quali  è  rimasto  rappresentante  nei  Peripatus,  Bono  gli  ordini  disposti  secondo  una  distri- 
buzione che  dovrebbe  rappresentare  precisamente  l'ordine  evolutivo  dei  singoli  gruppi. 

Gli  Architteri  o  Pseudoneurotteri  sono  dall'Haeckel  considerati  come  le  più  antiche  forme 
dalle  quali  poi  sono  derivate  tutte  le  altre,  dagli  Architteri  (che  comprendono  gli  Anfibioti,  i 
Tisauuri,  i  Tisanotteri  e  le  Termiti)  sarebbero  discesi  i  Neurotteri  (Planipenni,  Friganoidi  e 
strepitteri)  e  gli  Ortotteri.  Da  questi  sarebbero  derivati  i  Coleotteri.  Ma  i  Neurotteri  avrebbero 
anche  dato  origine  agli  Imenotteri  ed  ai  Lepidotteri,  mentre  gli  Emitteri  sarebbero  i  progeni- 
tori dei  Ditteri. 

Come  si  vede  I'Haeckel  invoca  le  metamorfosi  per  distinguere  i  singoli  ordini,  ma  non  fa 
discendere  tutti  gli  olometaboli  da  un  solo  comune  capostipite,  bensì  ciascun  gruppo  da  altro 
eterometabolo,  come  una  sua  maggiore  differenziazione. 


200  CAHTOLO    TKRZO 


Gli  Iu-setti  sono  poi  divisi  dal  Dohrx  (1870)  in  E-.-tobìastici  (Ortotteri,  Efenieridi,  Poduridi, 
Friganidi,  Coleotteri,  Ditteri)  ed  in  Endoblastici  (Lepidotteri,  Rincoti,  Mallofagi,  Odouati,  Fisa- 
podi,  Imenotteri)  a  seconda  di  certi  speciali  comportamenti  dell'embrione  nel  suo  sviluppo,  con- 
forme si  è  già  avvertito  nel  I  volume  della  presente    opera. 

Tornando  ai  sistemi  con  base  filogenetica  inerita  di  essere  ricordato  il  tentativo  del  Mayer 
(1876),  dove  è  tenuto  accuratamente  contojdi  tutti  i  caratteri,  ma  è  fatta  anche  larga  parte  alla 
immaginazione  e  le  conclusioni  non  convengono  troppo  spesso  coi  dati  morfologici  e  con  quelli 
paleontologici. 

Il  Mayer  immagina  un  ipotetico  Verme  non  segmentato  e  attraverso  ad  altri  Vermi  segmen- 
tati giunge  ad  un  Protracheas,  ad  un  Archentomon  che  dà  i  Tisanuri  ed  un  Proti  iitomon,  che  sarebbe 
il  capostipite  di  tutti  gli  attuali  ordiui,  dei  quali  però  solo  i  Ditteri  ed  i  Coleotteri  sarebbero 
derivati  direttamente,  gli  altri  invece  traverso  altri  progenitori  egualmente  immaginati  per  l'oc- 
casione. 

Della  proposta  del  Meinert  (1880)  di  dividere  gli  Insetti  in  due  gruppi  a  seconda  che  hanno 
organi  boccali  fissi,  articolati  e  gli  altri  che  li  posseggono  non  articolati,  protrattili,  non  paruii 
sia  da  discorrere  ulteriormente. 

Il  Packard,  in  un  primo  tentativo,  già  nel  1863,  non  molto  diversamente  dall'Agazziz, 
basandosi  più  che  altro  sulle  metamorfosi,  includeva  nella  Classe  degli  Insetti  anche  gli  Arac- 
nidi ed  i  Miriapodi.  Gli  Esapodi  li  suddivise  in  Metabola  (Imenotteri,  Lepidotteri,  Ditteri!  ed 
H-eterometabola,  in  cui  disponeva  i  Coleotteri,  gli  Emittori,  gli  Ortotteri  ed  i  Neurottéri,  i  quali 
ultimi  comprendevano  anche  i  Corrodenti,  i  Pseudoneurotteri  e  gli  Apterigoti. 

Questo  sistema,  di  cui  appaiono  tosto  i  difetti,  fu  modificato  dallo  stesso  autore  nel  1883 
(Syst,  poni.  Orthopt.);  si  sono  lasciati  da  parte  gli  Aracnidi  ed  i  Miriapodi  ed  a  capostipite 
degli  Insetti  sono  messi  i  Tisanuri  e  sono  divisi  in  cinque  Sopraordini,  di  cui:  il  primo  Euglossata, 
comprende  gli  Ordini  degli  Imenotteri,  Lepidotteri  e  Ditteri  (questi  ultimi  suddivisi  nei  Sottor- 
dine Ditteri  genuini,  Afanitteri  e  Pupipari)  ;  il  secondo  Superordine  è  degli  Mlytkrophora,  col  solo 
ordine  dei  Coleotteri,  suddiviso  nei  sottordini  di  Coleotteri  genuini  e  Strepsitteri  ;  il  Superordine 
degli  Eiirhynchota,  col  solo  ordine  degli  Emitteri,  distinti  nei  sottordini  di  Omotteri,  Eterotteri. 
Fisapodi,  Mallofagi;  il  Superordine  dei  Phyìoptera  cogli  ordini  dei  Neurottéri  (sottordine  Tri- 
chotteri  e  Planipenni):  Pseudoneurotteri  (separati  negli  ordini  degli  Odonati,  Efemeridi,  Platit- 
teri)  e  quindi  gli  Ortotteri  ed  i  Dermatteri.  Finalmente  il  Superordine  dei  Synaptera  comprende 
l'ordine  dei  Tisanuri,  divisi  in  Cinuri,  Sìnfili  e   Collemboli. 

Come  si  vede  i  Siufili,  gruppo  che  comprende  le  Scolopendrella  e  sono  veri  Miriapodi,  ven- 
gono,  dall'Autore  introdotti  fra  gli   Insetti  ed   intercalati  fra  due  sottordiui   di  Apterigoti. 

Ma  un  più  grave  appunto  può  essere  fatto  al  Packard  poiché,  discorrendo  della  origine  pro- 
filetica  degli  Esapodi  e  secondo  l'albero  genealogico  del  gruppo,  egli  fa  derivare  alcuni  ordini 
da  diverso  origini  e  per  convergenza. 

Così,  ad  es.,  gli  Emitteri  proverrebbero  dai  Pseudoneurotteri  e  più  precisamente  dai  Pso- 
cidi  ed  insieme  dagli  Ortotteri  ed  i  Mallofagi,  che  precederebbero  i  Psocidi,  avrebbero  perduto 
le  ali  in  grazia  della  vita  parassitaria  e  di  poi  le  avrebbero  nuovamente  riacquistate,  procedi- 
mento questo  non  ammesso  nelle  leggi  filogenetiche.  Anche  i  Lepidotteri  deriverebbero  in  parte 
dai  Ditteri  ed  in  parte  direttamente  dai  Tricotteri.   Simile  modo  di  vedere  non  è  accettabile. 

Di  un  tentativo  del  Schoch  (1884)  di  classificazione  basata  sulla  più  o  meno  completa  fu- 
sione degli  anelli  toracali,  proposta  ohe  pure  non  è  del  tutto  da  biasimarsi  anche  in  rapporto  a 
considerazioni  filogenetiche,   non  sarà  però  il  caso  di  dire   ulteriormente. 

Il  Kolbe  (1884-85)  cercò  di  ricostruire  la  filogenia  degli  Insetti,  supponendo  che  gli  ordini 
più  alti  derivassero  da  un  lato  dai  Neurottéri  e  Pseudoneurotteri  e  dall'altro  dagli  Ortotteri, 
Fortìculidi  e  Tisauuri. 

Dal  primo  gruppo  sarebbero  discesi  gli  Imenotteri,  i  Lepidotteri  e  i  Ditteri;  dall'altro  gli 
Emitteri  ed  i   Coleotteri. 

Il  Bracer  (1885)  invece,  parte  dal  concetto  assai  più  verisimile  che  gli  ordini  attuali  deri- 
vino non  già  gli  uni  dagli  altri,  sibbene  quelli  più  affini  fra  loro,  da  una  comune  forma  primi- 
tiva. Egli  riunisce  i  più  bassi  Insetti,  Àtteri  (Tisanuri  e  Collemboli)  in  una  sola  Classe,  degli 
Apterygogenea,  da  contrapporsi  all'altra  dei  Pterygogenea,  che  comprende  tutti  gli  altri  (che  hanno 
le  ali,  salvo  alcune  forme  regredite).  Queste  due  classi  deriverebbero  da  un  comune  progenitore, 
dal  quale  si  sarebbero  dirfereuziate  in  diversi  sensi,   dando  origine  agli    ordini    attuali.     Questi, 


CLASSIFICAZIONE    DEGLI    INSETTI  201 


pei  Pterygogenea  dall'Autore  sono  ammessi  in  numero  di  16  e  oioè:  Dermatteri;  Effemeridi;  Odo- 
nati;  Plecotteri;  Ortotteri  genuini;  Corrodenti;  Tisanotteri;  Riueoti.  Questi  otto  ordini  sono 
eterometaboli;  gli  altri  invece  olometaboli  e  oioè:  Neurotteri;  Panorpati;  Triootteri;  Lepidotteri; 
Ditteri;   Sifonatteri;  Coleotteri;  Imenotteri. 

Questa  classificazione  e  le  idee  che  la  informano  souo  le  più  comunemente  adottate  dagli 
autori. 

L'EMERY  (1886)  prese  a  liase  di  una  repartizione  in  gruppi  dei  diversi  ordini  la  struttura 
dell'ovario,  dividendo  cosi  la  classe  in  Insetti  oloistici  e  meroistici  e  di  poi  tenendo  conto  delle 
metamorfosi. 

Sono  da  ricordarsi,  per  lodevoli  studi  su  questioni  speciali  I'Osborn  (1892),  che  ritiene  i 
Pediculidi  derivati  da  un  ramo  estinto  degli  Emittori  ed  i  Mallofagi  dai  Psocidi;  il  Nassoxow 
(189'-'),  che  ritiene  gli  Strepsitteri  discesi  direttamente  dai  Progenitori  di  tutti  i  Pterigoti.  ma 
dopo  gli  Ortotteri,  i  Pseudoneurotteri  ed  i  Neurotteri. 

Non  si  può  invece  lodare  lo  Smith  né  quando  (1896),  senza  base  di  sorta,  ritenendo  come 
un  solo  paio  le  quattro  setole  mascillo-mandibolari  degli  Emitteri,  li  considera  quindi  come  diver- 
sissimi da  tutti  gli  altri  Pterigoti;  né  quando  (1897)  divide  gli  Insetti  prendendo  a  base  del 
sistema  nou  solo  l'apparato  boccale  ma  ancora  la  struttura  e  maggiore  o  minore  mobilità  del 
protoni  e  t-. 

L'Haf.ckkl,  nel  1896,  a  30  auni  dunque  di  distanza  dalla  sua  prima  proposta  di  classifica- 
zione degli  Insetti,  ne  mette  innanzi  altra,  basata,  più  che  altro,  sulla  maniera  di  apparto  boccale 
pei  Pterigoti  ed  è  la  seguente: 

Apterigoti  divisi  in  Archinsetti  (Campodeidae,  Iapygidae);  Tisanuri  (Machilidae,  Lepismidae). 
Mordenti  divisi   in   Architteri  (Pseudoneurotteri,  Corrodenti)  ;   Ortotteri;   Neurotteri;   Strepsit- 
teri:  e  oleotteri. 

Lambenti  :  Imenotteri. 

Pungenti  divisi    in     Emitteri     (inclusi    i    Fisapodi  e    gli    Anopluri)  ;     Phthiratteri   (Anopluri); 
Ditteri  (eselusi  gli  Atanitteri);  Sifonatteri  (iAfanitteri). 
Sorbenti   divisi  in  Triootteri  (Friganeidi)  ;   Lepidotteri. 

Secondo  l'albero  genealogico  costruito  dallo  stesso  Autore,  in  base  a  queste  sue  idee,  un 
Archentomon  avrebbe  dato  origine  da  un  lato  agli  Apterigoti  e  dall'altro  ad  un  Profeti tomon,  da 
cui,   per  rami  diversi,   sarebbero  sorti  tutti   i   Pterigoti. 

Lo  Sharp  (1899)  divise  gli  Insetti  secondo  la  diversa  fabrica  delle  ali,  considerate  da  un 
punto  di  vista  particolare  e  ne  fece  quattro  gruppi  maggiori,  cioè:  Apterygota,  insetti  privi  di 
ali  ab  initio  ;  Anapterygota,  insetti  privi  di  ali  per  involuzione  (Mallofagi,  Anopluri,  Sifonatteri): 
Exopterygota,  insetti  con  espansioni  alari  sempre  esterne  (Ortotteri,  Perlidi,  Psocidi,  Teimitidi, 
Embiidi,  Efemeridi,  Odonati,  Tisanotteri,  Emitteri);  Endopterygota,  insetti  con  ali  che  si  svilup- 
pano nell'interno  (Neurotteri,  Tricotteri,  Lepidotteri,  Coleotteri,  Strepsitteri,  Ditteri,  Imenotteri). 
Il  sistema,  tranne  i  nomi  diversi  delle  due  ultime  divisioni,  corrisponde  a  quello  che  si  fonda 
sopratutto  sulla  maniera  di  metamorfosi,  e  non  peccherebbe  se  non  per  quel  secondo  gruppo,  nel 
quale  possono  entrare  forme  disparatissime  ed  un  sesso  attero  pei  involuzione  quando  l'altro  è 
alato  e  viene  a  collocarsi  in  altro  gruppo. 

Il  LaMkkre  (1900)  espone  un  sistema,  illustrandolo  con  particolari  suoi  modi  di  vedere,  del 
quale  è  bene  dare  un  breve  cenno.  Egli  pone  gli  Olometaboli  in  netta  contrapposizione  cogli 
Aruetaboli  ed  Eterometaboli  e  li  considera  come  gruppo  monofiletico,  che  comprende  Neurotteri, 
Coleotteri,  Ditteri  ed  Imenotteri.  Gli  Strepsitteri  sarebbero  l'ultimo  termine  di  Coleotteri  ed  i 
Pulicidi  deriverebbero  dagli  Stafilinidi,  poiché  le  antenne  di  11  articoli  non  lasciano  all'Autore 
alcun  dubbio  sulla  parentela  di  questi  due  gruppi.  1  Ditteri  discenderebbero  non  dagli  Emitteri. 
come  riteneva  Haeckkl,  ma.  insieme  ai  Lepidotteri,  da  nn  ramo  di  Neurotteri  più  specializzato. 
Anche  i  Coleotteri  e  gli  Imenotteri  discenderebbero  dai  Neurotteri.  Gli  Antibiotici  poi  non  sa- 
rebbero i  più  bassi  insetti,  ma,  giudicando  dal  gran  numero  di  vasi  malpighiaui.  sarebbero  anzi 
i  più   evoluti. 

L'origine  della  olometabolia  è  spiegata  coli' ammettere  che  larve  ametabole  di  insetti  si 
abituassero  a  vivere  scavando  gallerie  nel  legno,  ove  sarebbero  state  di  impiccio  gli  astucci  alari, 
perciò  il  più  vecchio  insetto  olometabolo  sarebbe  stato  un  neurottero,  la  cui  larva  rodeva  il 
legno  e  le  primitive  forme  larvali  degli  Olometaboli  san'bbei  o  state  cruciformi,  mentre  quelle 
campodeiformi  sarebbero  tali   divenute  per  successiva  formazione. 

A.  Beklese,  Gli  Inietti,  II.  —  26. 


202  CAPITOLO    TERZO 


Le  metamorfosi  degli  Antibiotici  sarebbero  adattamento  alla  vita  acquatica,  quelle  delle  Cicale 
alla  vita  sotterranea,  quelle  dei  Coccidi  alla  vita  ectoparassitica  sulle  piante  e  quelle  degli  Olo- 
metaboli  alla  vita  nelle  parti  interne  delle  piante. 

Tutta  questa  teoria  manca  però  di  seri  dati  di  fatto  in  appoggio. 

Il  Kolbe  (1901)  sostiene  che  i  Coleotteri  ed  i  Dermatteri  sieno  derivati  da  speciali  Psocidi 
con  elitre  dure,  come  quelli  singolarissimi  che  si  trovano  nell'Ambra;  ma  l'apparato  boccale  dei 
Coleotteri  è  di  tipo  assai  più  primitivo  che  non  quello  dei  Psocidi,  e  l'Autore  non  pensa  ai  cerei 
ed  alla  gran  placca  auale  dei  Dermatteri. 

L'Exderlern  invece  (1908)  pone  alla  base  dell'albero  genealogico  degli  insetti  i  Corrodenti, 
che  divide  in  Isotteri  (Embidi  e  Termiti),  Copeognati  e  Mallofagi.  Dagli  Isotteri  sarebbero  di- 
scesi gli  Ortotteri,  divisi  in  Omoneuri  (Blattidi  e  Mantidi)  ed  Eteroueuri  (Fasmidi  e  Saltatori). 
I  Corrodenti  poi  deriverebbero  direttamente  da  Campodea.  Non  si  può  ammettere  che  esseri  cosi 
bassi  e  di  tipo  primitivo  come  gli  Ortotteri  siano  discesi  da  forme  assai  più  evolute  come  sono 
i  Corrodenti. 

Di  assai  maggior  considerazione  è  degna  la  classificazione  del  Bòrner  (1904),  fondata  su 
molti  caratteri  anatomici,  embriologici  e  biologici. 

Questo  Autore  divide  tutta  la  Classe  degli  Esapodi  in  Pterigoti  ed  Apterigoti  e  ciascuna 
sottoclasse  poi  suddivide  nel  mopo  seguente  : 

Subclassis  Apterygota.  —  Ordo  I.  Tliysauura  (corrispondente  ai  Thysanura  ectotropha  Grassi).  — 
Subordo  1.°  Archeoguatha,  con  parti  boccali  di  conformazione  primitiva,  specialmente  per 
le  tre  paia  seguenti  alle  mandibole  (Fani.  Machilidae) .  Sub.  2.°  Zygentoma,  anello  di 
congiunzione  fra  gli  Apterigoti  ed  i  Pterigoti,  specialmente  Machilis  e  Diplura  (Fani. 
Lepiamidae). 
Ordo  II.   Diplura  (corrispondente  ai  Thysanura  entotropha  del  Grassi).  —  Sub.  l.°  Rhabdura 

(Fani.   Projapytjidae,  Campodeidac);   Sub.  2.°  Dicellura  (Fam.  Japygidae). 
Ordo    III.    Collembola.    —    Subordo    1.°   Arthropleona    (Fam.    Achorutidae,    Entomooryidae); 
Sub.  2.°  Symphypleona  (Fam.  Neelidae,   Sminthuridae). 
Subclassis  Pterygota  (1.°  Gli  Hemimet.abola).   —  Sectio  l.a  Amphibiotica. 

Ordo  IV.  Odonata  Fabr.  (Fam.  Agrionidae,  Libellulidae,  Aeschnidae). 
Ordo   V.  Agnatha  (Fam.  Ephemeridae). 

Sectio  2.a  Diplomerata  (=   Orthoptera). 
Ordo  VI.   Dermaptera.  —  Subordo    I.°   Eudermaptera   (molte  Famiglie);  Sub.  2.°  Dermoder- 

maptera  (Fam.  Hemimeridae). 
Ordo  VII.  Plecoptera  (Fam.  Perlidae). 
Ordo  Vili.  Isoptera.    —    Subordo  1.°   Oligoneura  (Fani.  Embiidae);  Sub.  2.°  Socialia  (Fam. 

Termitidae). 
Ordo  IX.    Orthoptera.    —    Subordo    1.°     Gressoria    (=    Phasmoidea);    Sub.    2.°    Oothecaria 
(=  Blattoidea  et  Mantoidea)  ;  Sub.  3.°  Saltatoria.  Ognuno  di  questi  sottordini  con  molte 
Famiglie. 

Sectio  3.a  Acercaria  ;  Subsectio  1."  Haplognatha. 
Ordo  X.  Corrodentia.  —  Subordo  1.°  Copeognatha  ;  Sub.  2.°  Mallophaga.  Ambedue  con  diverse 
famiglie. 

Subsectio  2.a  Condylognatha. 
Ordo  XI  Thysanoptera  (Superfamiliae  :  Terebrantia,  Tubulifera). 

Ordo  XII.  Rhyucota.  —  Sudordo  1.°  Aucheuorrhyncha  (:=   Homoptera)  (colle  Superfamiliae: 
Cicadina,  Psilliua,  Andina,    ciascuna    con  diverse  famiglie)  ;    Sub.  2."  Sandalorrhyncba 
(colla  Fam.  Corixidae)  ;  Sub.  3.°  Heteroptera  (colle  Superfam.  dei  Gymnocerata  e  Crypte- 
cerata)  ;  Sub.  i.°  Conorrhyncha  (colla  Fam.  Thaumatoxenidae). 
Subsectio  3."  Lipognatha. 
Ordo  XIII.  Siphunculata  (colla  Fam.   Pediculidae). 

Stctio  4.a  Cercophora  (gli  Olometabola). 
Ordo  XIV.  Mecaptera  (Fam.  Panorpatae). 

Ordo  XV.  Diptera,  con  molte  famiglie  divise  nei  due  sottordini  di  Orthorrapha  e  Cyclorrapha. 
Ordo  XVI.  Suctoria  (=  Siphonaptera)  (colle  Famiglie  Pulicidae,  Sarcopsyllidae). 
Ordo  XVII.   Hymeuoptera  (coi  sottordini  Symphita,  Apocrita;  ciascuno  con  molte  Famiglie). 
Sectio  5.a  Proctanura. 


CLASSIFICAZIONE    DEGLI    INSETTI  203 


Orilo  XVIII.  Neuroptera.  —  Subordo  1.°  Eunnenognatha  (colla  Fani.  Sialidae)  :  Sub.  2."  Me- 

galoptera  (con  diverse  Famiglie). 
Orilo  XIX.  Triclioptera  (con  diverse  Famiglie). 
Ordo  XX.  Lepidoptera.   —  Subordo  1.°  Stemmatoncopoda;  Sub.  2.°  Harmoucopoda  (ambedue 

cou  diverse  Famiglie). 
Ordo  XXI.  Coleoptera  (coi  tre  sottordini  Adephaga;   Heturophaga;  Kliyucophora;  oguuno  con 

parecchie  Famiglie). 
Ordo  XXII.  Strepsitera. 

Questa  Classificazione,  che    pure  fu    oggetto  di  qualche  critica  da  parte  dell'HANDLlRSCH,  è 
però  quella  che  ora  si  segue  dalla  maggior  parte  degli  entomologi. 

Cosi  fra  le  più  recenti  e  certo  lodabili  merita  di  essere  ricordata  la  seguente  classificazione, 
per  la  quale  è  bene  citare  anche  i  caratteri  dei  singoli  ordini. 

I.  II.  Comstock  ed  Anna    Botsford  Comstock   (A.   Marmai  l'or  the   Study  of  Inserta,    1907) 
adottano  la  seguente  classificazione,  già  proposta  in  precedente  lavoro  (1895j. 
Ordini  degli  Esapodi  : 

1.°  Atteri,  ametaboli.  Addome    con    arti    rudimentali.  Organi  boccali  retratti  nella  cavità 
della  bocca       ...............         Tisanuri 

2."  Ali  membranose  cou    delicata    reticolazione;    anteriori  più  grandi  delle  posteriori,  che 

talora  mancano.  Organi  boccali  (nell'adulto)  rudimentali.  Metamorfosi  incompleta    .         Efemeridi 

3.°  Quattro  ali  membranose  cou  fitta  reticolazione,  le  anteriori  grandi  come  le  posteriori. 

Organi  boccali  masticatori.  Metamorfosi  incompleta        .......         Ottonati 

4.°  Quattro  ali  membranose,  con  non  molte  nervature;  le  posteriori  più  grandi  delle  ante- 
riori e  piegate  per  lungo  in  riposo.  Organi  boccali  masticatori  (spesso  poco  sviluppati).  Metamor- 
fosi incompleta         ............(  Perlidi)  Plecotteri 

5.°  Insetti  sociali  cou     individui    distinti    in    caste.    Forme   alate   con  4  ali  membranose, 
subeguali,  cou  poche  nervature.  Organi  boccali  masticatori.  Metamorfosi  incompl.     (Termiti)  Isotter 
6.°  Forme  alate  con  quattro  ali  membranose,  con  poche  venature;  le  anteriori  più  grandi 
delle  posteriori.    Organi  boccali  masticatori.  Metamorfosi  incomplete         .         (Psocidi)  Corrodenti 
7.°  Atteri.  Organi  boccali  masticatori.  Metamorfosi  incompleta.  Parassiti  di  Uccelli  o  Mam- 
miferi     ................         Mallofagi 

8.°  Quattro  ali,  le  anteriori  piccole,  cornee,  coprono    le  inferiori    membranose,    reticolate, 
piegate  in  riposo.  Cerci  robusti  formanti  forcipe.  Apparato  boccale  masticatore.  Metamorfosi  in- 
complete       ............         (Fortìculidi)  Euplessotteri 

9.°  Quattro  ali,  il  paio  anteriore  più  piccolo  (e  più  coriaceo)  del  posteriore,  che  è  piegato 
a  ventaglio  in  riposo.  Organi  boccali  masticatori.  Metamorfosi  incomplete  .         .         .         Ortotteri 
10.°  Quattro  ali  strette  e  con  larghe  frangio  di  peli.  Organi  boccali  succhiatori.  Tarsi  ter- 
minati da  organo  adesivo  a  forma  di  ampolla  retrattile.  Metamorfosi  incomplete         .         Fisapodi 
11.0  Quattro  ali;  in  alcuni  le  anteriori  sono  cornee  alla  base  e  membranose  nel  terzo  api- 
cale:  in    altri    tutte    e    quattro    membranose.    Organi    boccali    succhiatori.    Metamorfosi  incom- 
plete ..........         (Eterotteri,  Omotteri,  Pediculidi)  Emitteri 

12.  '  Quattro  ali    membranose  con    ricca  venatura.  Testa  non  prolungata  in  rostro.  Organi 
boccali  masticatori.  Metamorfosi  completa  .........         Neurotteri 

13.°  Quattro  ali  membranose  non  molto  ricche  di  vene.  Capo  prolungato  in  rostro,  al  cui 

apice  souo  gli  organi  boccali  masticatori.  Metamorfosi  completa      .  .         (Panorpati)  Mecotterl 

14.°  Quattro  ali  membranose,  con  non  troppo  ricca  nervulazione.  Organi   boccali  rudiuien- 

tari.  Metamorfosi  complete.  Larve  e  ninfe  aquatiche  ....         (Friganee)  Tricotterl 

15.°  Quattro  ali  membranose  coperte  di  fitte  squame  imbrieate.  Organi  boccali  succhiatori. 
Metamorfosi  completa  .............         Lepidotteri 

16.°  Due  ali  (al    mesotorace).    Metatorace  con  bilancieri.  Organi  boccali  succhiauti.  Meta- 
morfosi completa         ..............         Ditteri 

17.°  Atteri.  Organi  boccali  Buccinanti.  Metamorfosi  completa  .         (i'ulicidi)  Sifonatteri 

18.°  Quattro  ali.  Le  anteriori    cornee,  formanti    astuccio  per  riparare  le  inferiori  membra- 
nose. Organi  boccali  masticatori.  Metamorfosi  complete      ......         Coleotteri 

(Comprende  il  gen.  Xenos  ed  affini,   uella  famiglia  Meloidi,    ma  non  è  maggiormente  distinto). 
19.°  Quattro  ali,  membranose    con    poche    vene,    le    posteriori  più  piccole  delle  anteriori. 
Organi  boccali  per  masticare  e  succhiare.    Addome  delle  femmine  generalmente  con  organo  pun- 
gente o  terebrante.   Metamorfosi  completa  .........         Imenotteri 


204  CAPITOLO    TERZO 


Finalmente  I'Hasdlirsch  (1908),  tenendo  il  massimo  conto  anche  dei  dati  paleologici,  divide 
gli  insetti  in  Classi  e  queste  in  ordini,  secondo  il  seguente  sclienia: 

I  Classe.  Collembola. 

l.°  Ordine.  Arthropleoua  (Acliorutidae,  Entomobryidae). 

2."         »         Sympliypleona  (Sminthuridae,  Megalotlioracidae). 

II  Classe.  Campodeoidea. 

l.°  Ordine.  Diccllura  (Japygidae,  Projapygidae). 
2.°         »  Khabdura  (Campodeidae). 

Ili  Classe.  Thysanura. 

1."  Ordine.  Machiloidea. 
2.°         »  Lepisnioidea. 

3.°         >         Gastrotheoidea. 

IV  Classe.  Pterigogenea. 

I  Sottoclasse.  Orthopteroidea. 

1."  Ordine.  Orthoptera. 

1."  Sottord.  Loc.istoidea  (LocuBtidae,  Gryllidae,  Gryllotalpidae,  Trydactylidae). 

2.°         »         Acridioidea. 
2.°  Ordine.  Phasmoidea  (Phasuiidae,  Phylliidae). 

3.°         »         Dermaptera  (r=  Euplexoptera,  =   Eudermaptera)  (Forficulidae). 
4.°         »         Diploglossata  (Hemimeridae). 
5.°         »         Thysanoptera  (=  Physopoda). 

l.°  Sottordine.  Terebrantia  (Aeolothripidae,  Thripidae). 

2.°  »  Tubulifera  (Phloeothripidae). 

II  Sottoclasse.  Blattaeformia. 

l.°  Ordine.  Mantoidea  (Mantidae). 

2.°         »         Blattoidea  (molte  famiglie). 

3.°         »         Isoptera  (Termitidae). 

4.°         »         Corrodentia  (=  Copeognata)  (Psocidae). 

5.°         »         Mallopbaga. 

l.°  Sottordine.  Amblycera  (Gyropidae,  Liotheidael. 

2."  »  Ischnocera  (Tricodectidae,  Philopteridae). 

6.°  Ordine.  Sipbuncnlata  (=  Pseudorhyucota,  Auoplura)  (Pediculidae). 
Ili  Sottoclasse.  Hymenopteroidea. 
l.°  Ordine.  Hymenoptera. 

l.°  Sottordine.  Sympbyta  (Tenthredinidae,  Siricidae). 

2.°  »  Apocrifa  (tutte  le  altre  famiglie). 

IV  Sottoclasse.  Coleopteroidea. 

l.°  Ordine.  Coleoptera. 

l.°  Sottordine.  Adepbaga  (molte  famiglie). 

2.°  »  Polyphaga  (molte  famiglie). 

2.°  Ordine.  Strepsiptera  (Stylopidae). 

V  Sottoclasse.  Embidaria. 

l.°  Ordine.  Embioidea  (=  Oligoneura,  Adenopoda)  (Embiidae). 

VI  Sottoclasse.  Perloidea. 

l.°  Ordine.  Perlariae  (Perlidae). 
VII.  Sottoclasse.  Libelluloidea. 
l.°  Ordine.  Odonaia. 

l.°  Sottordine.  Anisozygoptera  (Neopalaeoplilebidae). 
2.°  »  Zygoptera  (Calopterygidae,  Agrionidae). 

3."  »  Anisoptera  (Gomphidae,  Aeschnidae,  Libellnlidae). 

Vili.  Sottoclasse.  Ephemeroidea. 

l.°  Ordine.  Plectoptera  (=  Agnatha)  (Epbemeridae). 


BIBLIOGRAFIA  205 


IX  Sottoclasse.  Neuropteroiden. 

l.°  Online.  Megaloptera  (=  Emmenognatha  p.  p.)  (Chauliodidae,  Sialidae). 

2.°        »        Raphidioidea  (z=  Emmenognatha  p.  ]>.)  (Raphidiidae). 

3.°  >  Neuroptera  (=  Megaloptera)  (Dilaridae,  Ostnylidae,  Polystocchotidae, 
Sisyridae,  Nymphesidae,  Hemerobidae  (Berothinae,  Heinerobinae, 
Psycoptinae),  Coniopterygidae,  Chrysopidae,  Mantispidae,  Neurop- 
teridae,  Myrmeleonidae  (Myrmeleoninae,  Ascalaphinae). 

X  Sottoclasse.  Panorpoidea, 

l.°  Ordine.  Panorpatae  (Bittacusidae,  Panorpidae,  Meropidae,  Boreidae). 
2.°         •>         Pbryganoidea  (=  Trichoptera)  (molte  famiglie). 
3.°         »         Lepidoptera  (molte  famiglie).. 
4.°  »         Diptera. 

1."  Sottordine.   Orthorrapha  (molte  famiglie). 

2.°  »  Cyclorrapha   (molte  famiglie). 

5."  Ordine.  Snctoria  (Pulicidae). 

XI  Sottoclasse.  Hemipteroidea. 

1."  Ordine.  Hemiptera  (=  Heteroptera). 

i.°  Sottordine.  Gymuocerata. 

2."  »  Cryptocerata. 

2.°  Ordine.  Homoptera. 

I."  Sottordine.  Auchenorhyncha. 

2.°  »  Psylloidea. 

3.°  »  Aleurodoidea. 

4."  »  Aphidoidea. 

.5.°  »  Coccoidea. 

In  tutto  sono  35  ordini,  numero  questo  che,  se  non  è  veramente   eccessivo,  non  è  però  tale 
che  non  possa  essere  giudicato  molto  rilevante. 

Crediamo  che  qui  possa  arrestarsi  il  breve  prospetto  della  storia  della  Clas  - 
sifìcazione  degli  Insetti  fino  a  tempi  recentissimi. 


Bibliografia 

relativa  alla  classificazione  degli  Insetti. 

Gli  Autori  citati  nella  Bibliografia  del  primo  capitolo  (Linneo,  Mouffet,  Swammerdam,  De  Oeer. 
Fabricius,  Latreille,  Lamarck,  ecc.)  non  sono  qui  ricordati. 

Agassiz    L.,    The    Classification    of   Insects    from    embryological    data.    Smithsonian    Contr.    II, 

Washington,  1851. 
Aristoteles,  Historia  animalium. 

Bòrnep.  C,   Zur  Systematik  der  Hexapodeu.  Zoolog.  Anz.,  Bd.  XXVII,  n.  16,  17,  1904. 
Brauer  F.,  Neuroptera  austriaca,  Wien,  1857. 
Betrachtung  iiber  die  Verwandlung  der  Insekten  imSinne  der  Desceudenz-Theorie  Verhandl. 

I.  K.  K.  Zool.-bot  Gesell.,  Wien,  Bd.  XIX,  1869. 
—  _  Systematich-Zoologische  Studien.  Sitzunsher    Kais.  Akad.  d.  Wissensch.,  Wien,  Bd.  XCI, 

1885. 
Brulle  A.,  Introduction  à  l'bistoire  naturelle  dea  Insects,  Paris,   1840. 
Burmeister  H.  C.  C,  Handbuch  der  Entomologie,   Berlin,  1832-1855. 
Clairville  De  I.,  Entomologie  helvétique  ou  catalogus  des  Insectes  (Coleopteres)  de  la  Suisse, 

Znrigh,  1798  et  1806. 


206  CAPITOLO    TERZO 


Cuvter  6.,  Lecons  d'anatomie  comparée,  Paris,   1800-1805. 

Dumeril  A.  M.  C,  Traité  éléinentaire  d'histoire  naturelle,  Paris,  an  XII  (1804). 
Enderlein  G.,  Ueber  die  Morphologie,  Gruppierung  und  svstematische  Stellung  der  Corrodentien 
Zool.  Auz.,  Bd.  XXVI,  n.  698,  699  —  1903. 

—  —  Ueber  die  Klassitikatiou  der  Stephanideu  (Leipzig,  Zool.  Anzeiger,  1905). 
Folsom  I.  W.,  Entomology,  Philadelphia,  1906. 

Gerstaecker  A.,  Artbropoden  :  in  Handbuch  d.   Zoologie  v.  C.  H.  Peters,  Leipzig,  1863. 
Grote  A.  R.,  On  A.  recent  speculation  as  to  rank  in  Insects  (Canad.  Eutoni.,  Voi.    14,  p.  134- 

135,  1882). 
Hakckel  E.,  Generelle  Morpbologie  der  Organismen,  Berlin,  1866. 

—  —  Systeinatische  Phylogenie,  Berlin,  1896. 

Handlirsch  A.,  Die  Fossilen  Insekten,  Leipzig,  1908,  VII  abschmitt  (Chronologische  Uebersicht 

der  Wictingsten  Systeme  uud  Stammbaume  der  rezenten  Insekten,  p.   1193). 
Kingsley  I.  S.,  Tbe    Classitìcation    of  the  Arthropoda.    Amer.    Natur.,  1893-1894,    etc.    Estr.  in 

Journ.  of  Micr.  Soc.,   London,  1894   (iruportante),   p.   321. 
Kirby  W.,    Strepsiptera    a  new  order  of  Insects  proposed.  etc.  Trans.  Lini).  Soc,  Lond.,  1813. 
Kirby  uud  Spence,  Introduction  to  Entomology,  etc,  3  voi.,  London,  1815-28. 
Kolbe  H.,  Natlirlicbes    System    der    carnivoren    C'oleoptera  (Deutsche  Entom.  Zeitschr.,  24  Bd., 

1880,  p.  258-280). 
Lameere  A.,  La  raison  d'otre  des  metamorpboses  chez  les  Insectes,  Ann.  Soc.  Entom.  Belgique, 

voi.  XLIII,  1899. 
Mac  Leay  \V.  S.,  Horae  entomologicae,  or  essais  on  tbe  annulose  animals,  London,  1819. 
Mayer  P.,  Ueber  Ontogenie  and  Pbylogenie  der  Insekten,  Jen.  Zeitschr.  f.  Naturwissens.,  Bd.,  X, 

1876. 
Meinert  F.,  Sur  la    conformation    de    la    tète  et  sur  l'interpretation  des  orgaues  buccaux  chez 

les  Insectes,  ainsi  que  sur  la  systematique  de  cet  ordre,  Entom.  Tidsskr.,  1880. 
Nassonow  N.,  Position  des    Strepsipteres    dans  le  système,  selon  les  données  du  developpement 

postembryou  et  de  l'Anatomie.  Varsovie,  1892. 
Newman  E.,  Attenyted  Division  British  Insects  into  Naturai  Orders  (Familien),  Entomol.  Magaz., 

1834,  II. 
Nitzsch  C.  L.,  Die  Familien  uud  Gattungen  der  Tbierinsecten  (Insecta  epizoica).  Germars  Magaz. 

Entomol.,  1818. 
Olivier,  Encyclopedie  methodique,  IV,  1789. 
Packard  A.,  The  Systematic  position  of  the  Orthoptera  in  relation  to  the  other  orders  of  Insects 

(Third  Rep.  of.  the  United  States  Entomol.  Commiss.,  1883). 

—  —  On  the  classitìcation  of  the  Tracheate  Arthropoda,  in  :  Zool.  Auz.,  16  Ihg.  N.  423,  p.  271- 

275,  Abstr.  in  Journ.  R.  Micr.  Soc.  London,  1893,  P.   5,  p.  620-621. 
Retzius  A.  I.,  Caroli  De  Geer    genera    et    species    insectorum    et  generalissimi  auetoris  scripsit 

extraxit,  digessit  latine  etc,  Lipsiae,  1783. 
Schoch  G.,  Ueber  die  Gruppirung  der  Insecten-Orduuugen  (Mittb.  Schweiz  Ent.  Ges  Schaffhausen. 

7  Bd.,  1884,  ]>.   34  361. 
Sharp  D.,  Some  Points  in  the  Classification  of  Insecta  Hexapoda  (Proc.  4  Iuternatiou.  Congr.  2, 

p.  246,  249,  1899). 
Shipley  A.  E.,  The  Orders  of  Insects.  Zool.  Anz.,  27  Bd.,  p.  259-262,   1904. 
Smith  J.  B.,  A  contribution  toward  a  Knoiivlegde  of  tbe  mouth-parts  of  certain  Insects,  Trans. 

Amer.  Pbilos.  Soc,  voi.  XX,  1896. 

—  —  Ueber  die  Eiutbeilung  der  Insekten  Boise,  15,  Ilig.,  u.  4,  n.  5,  p.  26-27. 
Sulzer  J.  H.,  Die  Kenntzeichen  der  Iusecten,  Ziirich,  1761. 

Swinton  A.  H.,  A  phvsiological  arrangement  of  Insects  (Canad.  Entom.,  voi.  14,  pag.  111-113, 
1882). 

Tutt  J.  W.,  An  Attempi  to  correlate  tbe  results  arrived  at  in  recent  Papere  on  the  Classifi- 
cation of  Lepidoptera.  Trans.  Ent.  Soc,  London,  p.  343,   1895. 

Westwood  I.  O.,  An  Introduction  to  the  modem  Classifications  of  Insects,  London,  1838-40. 


CAPITOLO  IV. 

LE  ETÀ  GIOVANILI  DEGLI  INSETTI 


ARA  tempo  e  luogo  più  innanzi  a  trattare  con  suffi- 
ciente larghezza  delle  varie  maniere  di  riproduzione 
proprie  degli  Insetti  e  ciò  quando  si  discorrerà  del- 
l'adulto ;  allora  converrà  esporre  quanto  riguarda  i  modi, 
coi  quali  essi  provvedono  alla  conservazione  della 
specie. 

Per  ora  gioverà  affermare,  intanto,  che  la  maniera 
di  riproduzione  propria  degli  Insetti  è  quella  per  via 
sessuale,  la  più  comune  fra  gli  animali.  Con  tutto  ciò 
non  sempre  è  necessario  l'intervento  dei  due  sessi  per 
ottenere  la  formazione  di  individui  nuovi,  ed  in  molti  casi  la  sola  femmina 
basta  allo  scopo,  figliando  per  partenogenesi,  come  si  dice,  cioè  generando  allo 
stato  di  verginità,  per  tradurre  letteralmente  la  voce  di  origine  greca.  Anche 
di  ciò  sarà  trattato  più  innanzi. 

In  tutti  i  casi  però  la  madre  mette  al  mondo  uova,  che  hanno  bisogno  di 
un  periodo  d'incubazione  per  schiudere,  oppure  schiudono  senz'altro  ;  od  anche 
il  neonato  è  una  forma  libera  semovente,  però  in  uno  stadio  giovanile,  che  è 
detto  larva,  od  in  uno  più  avanzato,  che  spetta  al  secondo  periodo  (ninfale),  alla 
pupa  propriamente  detta. 

Ecco  quattro  maniere  di  generazione,  che  sono  dette  rispettivamente  per 
oviparità,  per  ovoviviparità,  per  viviparità  e  finalmente  per  pupiparità,  maniera 
quest'ultima  ristretta  ad  un  solo  gruppo  fra  i  Ditteri. 

Quando  si  voglia  distinguere  la  pupiparità  in  confronto  della  viviparità,  è  evidente  che  a 
quest'ultima  voce  occorre  dare  un  significato  più  ristretto  e  definito,  quello  cioè,  ohe  sarebbe 
indicato  più  esattamente  dalla  parola  larviparità,  cioè  parto  di  forme  nel  pieno  stadio  semovente 
della  vita  dell'insetto.  Però,  come  ho  già  detto,  il  caso  della  pupiparità  è  così  limitato,  che  si 
può  benissimo  sottintendere  non  se  ne  voglia  dire  quando  non  se  ne  fa  speciale  menzione  a 
proposito  di  forme  vivipare. 

Conviene  ora  conoscere  davvicino  tutte  queste  forme  giovanili,  traverso  le 
quali  passano  gli  Insetti  prima  di  raggiungere  lo  stadio  di  adulto  od  imagine, 
nel  quale  possono  riprodursi  e  che  è  il  definitivo. 


208  CAPITOLO    QUARTO 


Converrà  poi  vedere  quali  singolari  processi  intimi  di  trasformazione  av- 
vengono nell'organismo  dell'insetto,  nel  traversare  questi  stati,  e  quali  sono  gli 
atti  coi  quali  la  trasformazione  si  accompagna,  specialmente  nelle  forme  a  meta- 
morfosi completa;  un  insieme  di  fatti  e  di  particolarità  questo,  che  rappresenta 
uno  dei  più  curiosi  ed  interessanti  capitoli  nella  storia,  degli  Insetti. 


Le  uova  degli  Insetti. 

Noi  abbiamo  già  conosciuto  intimamente,  non  solo  i  fenomeni  che  si  svol- 
gono negli  organi  materni  e  che  conducono  alla  formazione  dell'uovo,  alla  sua 
maturanza  ossia  alla  attitudine  a  svolgersi,  ma  abbiamo  ancora  veduto  come 
avviene  devoluzione  dell'embrione  entro  l'uovo  stesso  (voi.  I,  Oogenesi,  pag.  926 
e  segg.  e  pag.  49  e  seg.).  Abbiamo  anche  accennato  brevissimamente  ad  alcuni 
aspetti  delle  uova  medesime;  sarà  però  utile  che  se  ne  tratti  qui  con  maggiore 
diffusione. 

Varie  maniere  di  uova.  —  Oltre  alla  forma  diversissima,  che  hanno  le  uova 
delle  singole  specie,  aggiunge  varietà  molto  spesso  la  speciale  fabrica  di  appen- 
dici diverse,  di  sculture  del  corion,  di  rivestimenti  speciali,  ecc. 

Vi  sono  uova  nude,  cioè  nelle  quali  il    corion  è  senz'altro    a    contatto    del- 
l'ambiente, altre  invece  ricoperte  da  una  teca  speciale  che  le  difende  anche  meglio- 
La  graude  maggioranza  ha  forma  sferoidale  od  ovale  o  più  o  meno  a  focaccia» 
ma  talune  sono  cilindriche  o  coniche,  discoidali  per  notevole  schiacciamento,  pri- 
smatiche, ecc. 

Vi  sono  uova  di  forma  molto  curiosa,  inquantochè  sono  fornite  di  un  pe- 
duncolo filiforme  più  o  meno  lungo,  talora  lunghissimo  quattro  o  cinque  volte 
più  del  diametro  maggiore  dell'uovo  stesso  (uova  peduncolate). 

Nella  maggioranza  delle  uova,  allorché  viene  rotto  il  corio  dalla  giovane  larva, 
questo  subisce  una  spaccatura  semplice  e  senza  direzione  definita,  ma  in  altri 
casi  la  rottura  è  secondo  una  zona,  per  cui  una  calotta  del  guscio  si  stacca  dal 
rimanente. 

Talora  si  tratta  di  un  vero  e  proprio  opercolo  (uova  opercolate),  che  si  ri- 
muove per  la  pressione  interna  della  larva  nascente,  come  il  coperchio  di 
un  vaso. 

Altre  volte,  sebbene  più  di  rado,  è  veraineute  un  tappo  che  si  stacca,  spinto 
dal  di  dentro  al  momento  opportuno,  esattamente  come  avviene  per  una  bottiglia. 
Il  tappo  è  tenuto  in  posto  da  una  ripiegatura  del  guscio  dispostavi  sopra,  che 
si  frange  allorché  questo  turacciolo  viene  premuto  dal  di  dentro. 

Molta  varietà  dà  alle  uova  la  scultura  del  corio,  che  frequentemente  è  or- 
nato di  impressioni  o  rilievi,  in  maniera  talora  molto  elegante. 

Si  tratta  a  volte  di  costole  salienti,  longitudinali  o  trasverse,  oppure  di  una 
reticolazione  a  poligoni,  spesso  regolari  o  di  particolari  punteggiature,  o  di  rilievi 
a  brevi  punte  (uova  aciculate)  o  di  appendici  più  lunghette,  molto  ornamentali, 
che  possono  essere  anche  limitate  a  zone  o  ad  aree  speciali.  Di  tali  produzioni 
spesso  è  ornata  la  regione  micropilare  in  modo  elegante. 

Talune  uova,  che  sono  parzialmente  introdotte  in  sostanze  molli,  a  ciò  non  vi 
si  immergano  del  tutto,  con  pericolo  di  asfissia,  hanno  opportune  appendici,  che 
le  arrestano  ad  un  dato  punto  entro  la  massa  in  cui  stanno,  così  che  non  pos- 
sano penetrarvi  di  più. 


I  I      1  T\    GIOVANILI    DK.GI.I    INSETTI 


209 


lei  maggior  numero  ilei  casi  le  uova  sono  ricoperte  di  una  materia  appicci- 
caticela, con  cui  aderiscono  ai  corpi  su  cui  la  madre  le  depone;  altra  volta  in- 
vece, specialmente  se  debbono  galleggiare,  sono  rivestite  di  sostanze  che  l'acqua 
non  può  bagnare,  per  cui  esse  rimangono  a  galla. 

Intatti  tutte  le  uova  debbono  essere    in    contatto  dell'aria,  perchè  respirano 
di  continuo.  D'altro  canto,  quelle  da  cui  nasceranno  larve  acquaiole  sono  per  lo 


Fig.  188.  —  Varie  maniere  di  uova  iti  Insetti  a  diverso  iugrandiniento. 

A,  di  f'opidyras  gloveri  (Lepid.);  B,  D.  R,  di  altri  Lepidotteri;  O,  di  Ludryas  grata  (Lepid.)  ;  E.  di  Platyphyllum 
eoncavum  (Ortott.):  Ft  di  Podisus  spi»o«U8;  O,  di  Triphleps  insidiosus  (Emitt.);  H.  di  Ohrysopa  (Neurott.)  :  I,  di 
Ohryaocoris  festa-iella  (Lepid.):  L,  di  Presostemum  subidatum  (Eniitt.):  M,  di  Bruchophagus  funebris  (Imen.  Calcid.): 
V,  di  Eurytana  (Imen.  Calcid.):  T,  Mosca  coniane  ;  P,  di  Scatophaga  (Ditt.);  Q,  di  Polygonia  interrogationis 
(Lepid.);  S,  di  altro  Dittero.  Da  varii  autori. 


più  a  contatto  coll'acqua  o  così  vicine  all'elemento  liquido,  che  la  larva  lo  possa 
raggiungere  senz'altro,  o  col  più  breve  tragitto  od  indugio.  Si  comprende  che 
nei  casi  di  contatto  coll'acqua  esse  devono  aver  modo  di  non  restare  sommerse 
od  almeno  senza  una  scorta  d'aria  attorno. 

Talora  il  problema  è  risolto  per  via  di  ovoviviparità,  per  cui  le  uova,  coll'em- 
brione  maturo  ormai,  allorché  cadono  nell'acqua,  subito  si  rompono  e  la  larvet- 
tina  ne  esce  senz'altro  vispa  ed  attiva. 

Quanto  alle  dimensioni,  si  comprende  che  la  prima  causa  influente  è  la 
statura  materna;  ma  grandissima  varietà  si  può  avere  rispetto  alla  proporzione 
delle  uova  verso  la  madre. 

A.  Berlese,  Gli  Inietti,  II.  —  27. 


210 


CAPITOLO    QUARTO 


Può  esser  detto  che  le  uova  sono  proporzionatamente  tanto  più  piccole 
quanto  più  immaturo  è  lo  stato  della  larva  che  ne  schiude  e  quanto  maggiore 
è  il  numero,  entro  il  corpo  materno,  di  esse  nova  a  pari  grado  di  matu- 
ranza. 

Infine  è  da  considerarsi  il  diverso  modo  di  aggruppamento  delle  uova,  se 
siano  cioè  deposte  isolate  e  sparse  senza  ordine  prestabilito  o  se  riunite  insieme 
in  vario  modo. 

Ancora  devesi  dire  che  in  non  pochi  casi  le  uova  stesse,  riunite  in  gruppo, 
sono  poi  tutte  assieme  protette  da  un  comune  involucro,  che  prende  il  nome  di 
ooteca,  il  quale  si  compone  di  sostanze  varie  e  si  presenta  con  aspetti  mol- 
teplici. 

Svariatissimi  poi  sono  gli  ambienti  in  cui  le  uova  sono  deposte;  per  lo  più 
in  rapporto  col  modo  di  vita  della  larva  ed  anche  assai  variati  i  modi  con  che 
la  femmina  provvede  alla  loro  sicurezza;  ma  di  questi  ultimi  fatti  è  più  oppor- 
tuno parlare  a  proposito  dell'adulto,  come  conclusione  di  tutto  quell'insieme  di 
atti,  che  ha  per  iscopo  la  conservazione  della  specie. 


Fig.  189.  —  Uova  di  Clitre,  ecc.  diverse,  nude  o  coperte  dalla  scatoconca* 

A,  di  Gryptocephalus  bipunctatus,  senza  Bcatoconca  ;    i>,  di  Gryptoc.  aur e o lue  ;    C,  dì  Ctitra  4-punctata;  D,  di  Olytra 
longìpes  coperti  dalla  scatoconea  ;  E,  di  Oryptoc.  bipunct.  solo  in  parte  coperto  di  scatoconca.  Da  Fabre. 


Le  uova  nude,  cioè  senza  particolare  involucro  per  ognuna  di  esse,  fatto  d'altra  materia, 
rappresentano  il  caso  più  comune,  ma  si  conoscono  dei  bellissimi  esempi  di  uova,  invece,  pro- 
tette,  almeno  parzialmente,   da  speciali  teche. 

Il  caso  classico  è  mostrato  da  Crisomelidi,  fra  i  Coleotteri,  ed  è  illustrato  col  solito  garbo 
dal  Fabre  (fig.  189). 

Le  Clitre  partoriscono  uova  a  corio  liscio,  rotondeggianti,  che  sono  contenute  in  uu  invo- 
lucro, talora  scolpito  molto  elegantemente  e  bruno.  Esso  è  fatto  di  materia  fecale  della  madre, 
mescolato  ad  una  speciale  secrezione,  la  quale  sostanza  è  deposta  attorno  all'uovo,  mentre  esso 
si  trattiene  in  una  specie  di  cloaca,  ove  mettono  capo  insieme  il  condotto  sessuale  e  rettale 
materni  ed  anche  particolari  ghiandole.  Mescolate  alle  uova  fuori  uscite,  cosi  coperte  dall'involucro 
che  il  Lewillon  chiama  xcatoconca,  se  ne  trovano  altre  nude  o  con  involucro  incompleto,  come 
si  vede  nell'annessa  figura  189,  E. 

Il  Lewillon  ha  mostrato  che  la  sostanza  della  scatoconca  non  si  comporta  di  fronte  ai  rea- 
genti,  come  la  chitina;   ne  è  dunque  diversa. 

Per  la  maggioranza  delle  Clitre  le  uova  sono  isolate  e  lasciate  liberamente  cadere  alla  ven- 
tura, per  altra  specie,  come  è  la  C.  ìaxicornis,  che  fa  delle  scatoconche  bellissime,  a  zone  rile- 
vate di  traverso  e  con  una  specie  di  opercolo,  sempre  aperto  però,  alla  bocca,  esse  sono  aggrup- 
pate in  mazzetti,  ciascuna  con  un  pednncoletto  speciale  (fig.  190).  Alle  volte  queste  scatoconche 
servono  anche  di  prima  base  alla  formazione  del  follicolo,  in  cui  viene  a  celarsi  la  larva  tino 
alla  ninfosi. 


t.K    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


211 


In  generale  là  forma  dell'uovo  ò  rotondeggiante  o  più  o  meno  ovale,  ma  altre  volte,  come 
si  è  detto,   si  possono  vedere  le  forme   le   più  disparate  e  strane. 

Si  sono  indicate  già  nel  primo  volume  le  singolarissime  uova  cilindriche  od  anche  prisma- 
tiche, che  appartengono  a  Fasmidi  fra  gli  Ortotteri  e  qui  uè  ricordiamo  la  figura  (voi.  I,  flg.  1262). 

Monne  volte  l'uovo  è  rotondeggiante  bensì,  ma  schiacciato  più  o  meuo  ad  un  lato,  in  modo 
da  rappresentare  tutti  i  gradi,  da  una  forma  subsferoidale,  fino  ad  una  placentoide  assai  poco 
alta.  Queste  gradazioni  tutte  si  possouo  vedere  nei  Lepidotteri  ed  ancora  la  depressione  su  ambo 
le  l'accie  dell'uovo,  la  quale  può  giungere  cosi  innanzi  da  essere  l'uovo  stesso  quasi  laminare  e 
con  contorno  ovale,  come  si  vede  in  più  specie  di  Locustidi  ed  altri  Ortotteri  saltatori 
(fig.  188,   E). 

Talvolta,  pur  avendo  da  un  lato  una  depressione   che  serve  di  base  all'uovo  stesso,  esso    si 
innalza  a  guisa  di  cono  o  cou  una  forma  ogivale,  puntuto  più  o   meno  all'apice    e    questa    ma- 
niera d'uova   si    vede    in    molti    Lepidotteri    ed    iu    parecchi 
Coleotteri,  specialmente  tra  i  Crisomelidi  e  Coccinellidi. 

Non  rare  sono  le  uova  cilindriche  allatto  ed  anche  tronco- 
coniche, talora  anche  più  larghe  in  alto  che  non  in  basso, 
terminate  quindi,  anche  sopra,  da  faccia  piana.  Così  veg- 
gonsi  in  qualche  Lepidottero  ed  anche  fra  gli  Eterotteri. 

La  più  curiosa  maniera  d'uova,  quanto  alla  forma,  è 
quella  delle  peduncolate,  cioè  rotondeggianti,  ma  fornite  da 
un  capo  di  un  lungo  o  lunghissimo  filamento,  il  quale  è  un 
vero  peduncolo  allorché  aderisce,  ad  un  corpo  e  regge  così  tutto 
l'uovo  eretto  o  sospeso  (Chrt/sopa  fra  i  Neurotteri)  (fig.  188,  H) 
oppure  è  una  semplice  appendice  senza  scopo  evidente, 
allorché  l'uovo  riposa  altrimenti  sul  corpo,  sul  quale  è  stato 
deposto,  come  si  vede  accadere  per  le  uova  peduncolate  di 
Imenotteri  eudofagi  e  di  Cinipidi  (fig.   188,  M,  N). 

Questa  cosi  strana  parvenza  delle  uova  di  Emerobidi  è 
tale  che  qualche  naturalista,  vedendo  queste  produzioni  così 
erette  a  perpendicolo  sulle  foglie  o  sui  rametti  delle  piante, 
le    ha  scambiate  per  inicromiceti,  cioè  per  funghi  e  per  tali  denominati  e  descritti  (fig.  195,  L). 

Dna  brevissima  appendicela  peduncoliforme  si  vede  in  uova  di  insetti  diversi  parassiti  di 
mammiferi,  perchè  con  tale  peduncolo  i  peli  sono  strettamente  abbracciati  e  così  sono  fissate  e 
bene  aderenti  le  uova  di  Ditteri,  le  cui  larve  sono  eudoparassite  e  quelle  di  Anopluri  e  Mallofagi, 
che  vivono  in  tutti  gli  stati  sul  loro  ospite  (fig.   198). 

Per  ciò  che  riguarda  la  scultura  del  corion  bisogua  convenire  che  essa,  talora,  è  somma- 
mente elegante.  Perchè  se  moltissime  uova  sono  levigate  o  semplicemente  marcate  di  minuta 
punteggiatura,  in  altri  casi  molto  più  complesso  è  il  disegno  a  rilievo  del  gusoio.  Una  più  mo- 
desta  modificazione  della  scultura  a  punti  rilevati  si  è  quella  di  acicule,  che  rivestono  tutto 
l'uovo  e  lo  fanno  sembrare  spinosetto.  Questo  si  vede,  fra  l'altro,  nelle  uova  di  qualche  Cal- 
cidite  (fig.  188,  .V). 

Ma  rilievi  più  vistosi  possouo  essere  in  forma  di  appoudici  cilindriche  od  anche  arboriformi, 
in  questo  caso  però  circoscritte  a  zone  determinate,  come  si  vede  ad  esempio  nelle  due  uova  qui 
figurate,  l'una  pertinente  ad  un  Eterottero  e  l'altra  ad  una  Farfalla  (fig.   188  /,  L). 

Più  comuni  invece  sono  rilievi  costoliformi,  che  percorrono  tutto  il  guscio  di  uova  sferoi- 
dali o  coniche,  secondo  meridiani,  e,  meno  spesso,  secondo  paralleli;  in  tale  caso  però  i  rilievi 
sono  più  fitti,  meno  sensibili  cioè  e  nell'insieme  simulano  una  striatura  piuttosto  che  altro. 
■Questo  vedesi  iu  uova  di  Lepidotteri  (fig.  188,   Q).. 

Ma  talora,  anziché  di  rilievi  si  tratta  di  vere  incisioni,  secondo  meridiani  ed  allora  l'uovo 
assnme  più  o  meuo  l'aspetto  di  un  popone  o  di  un  arancio  sbucciato,  dove  si  vedono  nettamente 
distinti  gli  spicchi. 

La  scultura  più  comune  del  guscio  e  quella  a  poligoni,  sieuo  essi  a  contorno  rilevato  (caso 
più  frequente)  od  impresso.  Ne  portiamo  qualche  esempio  e  se  ne  possono  dedurre  da  grandis- 
simo numero  di   uova,  fra  tutti  gli  ordini  di   Insetti. 

Del  colorito  delle  uova  non  molto  ò  da  dirsi,  per  quanto  si  possa  affermare  che  non  sono 
frequenti  i  colori  vistosi,  ma  i  più  comuni  sono  pallidi,  dal  bianco  al  giallo  anche  acceso  e  vi- 
vace,  al  rauoione,   ecc.   Meuo  frequenti  sono  i  colori  bruni. 


Fig.  190.  —  Uova  a  mazzo  «ìi  Clijtra 
taxìcornìs.  Da  Fahre. 


212 


CAPITOLO    QUARTO 


Fig.  191.  —  Un  uovo 
con  opercolo  .stac- 
cabile (di  Ledi  nix 
cephalotes).    Da   E- 

DJlcll. 


Il  più  bel  caso  è  dato  dalle  uova  a  riflessi  madreperlacei  o  metallici,  talora  splendidissime, 
come  sono  di  parecchie  specie  di  Eterotteri  e  di  Lepidotteri,  che  sembrano  veramente  piccole  e 
bellissime  perle. 

Circa  al  modo  di  rottura  del  guscio  qualche  cosa  si  è  già    detto.  In  taluni  casi,    nei    quali 
l'insetto  rinchiuso  nell'uovo  rode  il  guscio  per  sortirne,  non  può   esservi    una    speciale  maniera 
di    rottura  ;  ma  in  altri  casi  il    processò  è  diverso,    perchè  la  rottura  del 
guscio  avviene  secondo  determinate  linee  di  minore  resistenza. 

Si  hanno  dei  veri  opercoli  (fig.   191)    più   o  meno  a  calotta    sferoidale 
o  piani,    e    questi    si    staccano  dal   rimanente   (che  resta  in  sito  come  un 
elegante  vasetto)  per  una  interna  pressione  dipendente  dal  nascituro. 
Questo  è  caso  assai  ovvio. 

Le  uova  di  Mosche  comuni,  anche  di  quella  domestica  e  di  quella 
della  carne,  sono  longitudinalmente  spaccate  da  una  fessura,  che  ne  per- 
corre tutta  una  faccia  (fig.  188,  0,  T),  la  quale  però  è  tenuta  chiudi  da 
una  stretta  lingua  della  stessa  natura  ed  aspetto  del  guscio  ed  è 
questa  linguetta  che  viene  spostata  al  momento  della  schiusa,  in  modo 
che  così  rimane  libera  la  fessura,  da  cui  la  larva  possa  sfuggire. 

Il  più  singolare    processo    è  quello    che    fanno    vedere   certe    uova  di 
Emitteri,    recentemente    descritte  e  che  meritano  davvero  una  particolare 
menzione  ;    se    ne    è    brevemente    accennato.    Si    tratta    di    cilindri    lun- 
ghetti, i  quali    sono    chiusi    all'estremo    superiore    da  un    tappo  del  tutto 
simile  per  forma,  salvochè  elegantemente  scolpito  ed  ornato,  ai  tappi  delle 
bottiglie    di    sciampagna.    Questi   turaccioli    poi    sono  tenuti  in  posto    da    una  calotta  membra- 
uosa,  che  procede  dal  corio  del  cilindro  e  si  chiude  a  campana  sul  tappo  medesimo,  esattamente 
come  per    le  bottiglie  di  vino  scelto  fanno  le  capsule  di  stagnola  (fig.   192,  B). 

Allorché  la  larva  vuole  schiudere,   essa  comprime  e  spinge  il  tappo  dal  di  sotto;  la   capsula 
si  rompe  per  spaccature   longitudinali  e  cosi,  traverso  le  strettoie,  poco   resistenti  del    resto,  di 
questi  brindilli  della  capsula, 
il  tappo  è  gettato  all'esterno. 
Vedasi  tutto  ciò  nelle  an- 
nesse figure  192,  193. 

Vi  sono  uova  che,  come 
ho  detto,  non  debbono  im- 
mergersi in  sostanze  molli, 
su  cui  sono  deposte,  se  non 
per  un  certo  limite.  Queste 
uova  hanno  dello  alette,  che 
le  reggono,  impedendo  cosi  la 
immersione  totale,  mentre  ri- 
mane all'aria  una  parte  di 
dove  può  avvenire  la  respi- 
razione. 

Ricorderò  due  esempi 
classici,  già  benissimo  illu- 
strati dal  Reaumur  e  che 
appartengono  ad  insetti  co- 
muni (figg.   188,  P,   194). 

Certe  mosche  grassette, 
pelose  assai,  gialle    o    brune, 

che  frequentano  gli  escrementi  umani,  perchè  colà  vivono  le  loro  larve,  vi  depongono  alla 
superficie  certe  uova  cilindriche,  lunghe  fino  a  due  o  tre  millimetri,  le  quali  sono  per  grau 
parte  immerse,  ma  sporgono  all'esterno  con  un  capo  e  questo  è  fiancheggiato  da  due  eleganti 
alette  triangolari.  Questa  parte  sporgente  è  bianchissima  e  perciò  spicca  assai  sulla  tinta  della 
sostanza  su  cui  posa  od  è  tutta  molto  elegantemente  scolpita  di  aree  rilevate  esagonali  (fig.  194). 
Altre  mosche  viventi  nelle  sostanze,  specialmente  vegetali,  putrescenti,  fanno  uova  candide, 
le  quali  giacciono,  invece,  per  lungo  tempo  sulla  massa  putrida,  ma  ne  stanno    fuori    con    una 


«-        1 

f^T  ^^/^~v 

"•';:'..v\;''| 

!.■'''''"''       1 

;    '■■!■'          « 

\ 

1 

Fig.  192.  —  Le  singolari  uova  di  nu  Emittero  Reduvide  di  specie  ignota 
<U  America. 

A,  rancebietto  di  uova  iu  parte  chioso    (le  prime  due  serie)    con    altre   schiuse; 
/•".  il  tappo  ebe  le  chiude.  Da  Sharp. 


li:    l:i\    GIOVANUJ    DKGLI    INSETTI 


213 


figura    precedente 
condo  Sharp. 


Maniera    di    schiuaura    della   uova    a 
Figura    semisehematica,    se- 


faooia,  perchè  questa  è  fiancheggiata  da  due  alette  rettangolari  disposte  sui  fianchi  dell'uovo 
(che  è  cilindrico  e  liscio)  per  tutta  la  sua  Lunghezza.  Tanto  le  alette  uella  parte  rivolta  all'aria, 
quanto  la  faccia  dell'uovo  compresavi,  sono  elegantissimamente  reticolate,  con  rilievi  a  contorno 

esagonale  regolare  (lig.  ISIS,  S)  e  la  l'accia   all'aria e  percorsa  da  una  carena  rilevata  longitudinale. 

Nel  primo  caso,  quello  descritto    delle    mosche  coprotìle,    la    larva    esce  dal    capo  opposto  a 
quello     libero    ed    è    così    subito     nell'ambiente 
che    le    conviene;     nel  secondo    caso    essa    sorte 
dalla   l'accia  inferiore,  ottenendo  lo  stesso  effetto. 

Si  è  detto  che  l'uovo,  il  più  spesso,  ò  circon- 
dato da  speciali  sostanze  con  scopi  diversi  oltre 
quello  semplicemente  con  ufficio  di  farlo  aderire 
ai  corpi,  su  cui  è  deposto,  così  che  non  li  ab- 
bandoni facilmente  e  cada  altrove  lontano  dal- 
l'ambiente opportuno  alla  vita  del  neonato. 

Così  le  uova  di  certi  Ditteri,  anche  delle 
comuni  zanzare,  galleggiano  perchè  rivestite  di 
una  sostanza,  la  quale  impedisce  che  l'acqua  le 
possa  bagnare  (fig.  195,  /). 

Aggruppamenti  di  uova.  —  I»  generale 
le  nova  sono  deposte  isolatamente  solo 
per  quei  casi  pei  quali  l'ambiente  non  Fis-  193- 
possa  nutrire  che  una  sola  larva,  come 
è  ad  es.  per  quegli  Imenotteri  pei  quali 
ciascuna   larva    schiude    e  vive  fino  allo 

sfarfallamento  entro  una  cameretta  speciale  e  tutta  per  sé,  o  quelle,  che  per  es- 
sere endofaghe  e  viventi  ciascuna  in  un  solo  ospite,  non  debbono  avere  altri 
concorrenti,  o  quelle  ancora  che  vivono  una  per  ciascuna  galla,  che  loro  cresce 
all'intorno,  o  le  altre  di  certi  Coleotteri  coprofagi,  che  preparano  attorno  a  cia- 
scun uovo  il  nutrimento  entro  una  stanza  propria,  o  quelle  parimenti  che 
vivono  solitarie  entro  le  frutta,  dove  non  più  che  una  deve  esservi,  ecc. 

Ma  allorché  l'ambiente  è 
suscettibile  di  nutrire  più  larve 
insieme,  non  c'è  ragione  che 
la  femmina,  da  poiché  sta 
deponendo,  non  ne  profitti  per 
collocare  quante  più  uova  le 
vien  fatto. 

In  tale  caso  le  uova  pos- 
sono essere  o  disposte  a  caso 
l'ima  rispetto   alle  altre  o  ac- 
costate ed  a  contatto,  facendo 
così    dei    caratteristici    muc- 
ch  ietti,  nei  quali  le  uova  sono 
però  libere  in  presenza    del    mondo  esterno,    oppure    tutte  insieme  sono  protette 
da  speciali  ripari  di  varia    natura,  che  possono  essere    definiti   tutti  per  ooteche, 
prendendo  tale  voce  in  senso  largo. 

Dei  semplici  aggruppamenti  liberi  non  giova  dire  molto,    avvertendo    tutto 
al  più  che  essi  sono  caratteristici  per  talune  specie  di  insetti. 


***&& 


Fig.  194. 


Uova  di  Scalophaga  immerse  in  escrementi  umani. 
Da  Reaumur. 


Così  gli  eleganti  cumuli  d'uova  brune  o  nere,  i  quali,  concavi  un  poco  a  guisa  di  barchette, 
galleggiano  sull'acqua  stagnante  (fig.  195,  /)  (e  basta  lasciare  all'aperto  di  estate  uu  vaso 
purché  ampio  abbastanza,  con  acqua  per  vederne  dopo  qualche  giorno),   le  quali  masse  apparten- 


214 


CAPITOLO    QUARTO 


gemo  alle  comuni  Zanzare,  sono  ben  note  a  tutti  e  differiscono  molto  dalle  masse  a  catenelle 
delle  uova  di  Anofeli  o  quelle  a  mucchietto  disposto  attorno  ad  un  fuscello  (flg.  195,  C),  che 
spettano  ai  Tabauidi  e  questo  per  citare  alcuni  Ditteri  a  larva  acquaiola. 

Le  Farfalle  mettono  generalmente  le  uova  l'uua  accanto  all'altra,  su  una  più  o  meno  estesa 


Fig.  195.  —  Varie  maniere  di  deposizione  di  uova. 

A,  Oviaacchi  entro  le  foglie  cod  larve  nascenti  di  Schizocenis  privatile  (Iiuen.  Tentredine!),  da  Marlatt  ;  B,  anello  sub- 
acqueo di  uova  di  un  Friganide  specie  sconosciuta,  da  Needhani  ;  0,  muocbiet.ti  di  uova  di  Tabanus  quatuornotatus 
(Ditteri),  da  Lecaillon  ;  D,  di  Qallerucella  calmarientis  (Coleott.),  da  Felt  ;  E,  nastri  subacquei  di  uova  di  Tetra- 
goneuria  (Libellul.),  da  Needbani;  F,  di  Bombyx  neustria  (Lepid  ),  da  Ratzeburg  ;  G,  anello  d'uova  attorno  ai 
rami  di  Oltiiocampa  americana,  da  Riley  ;  H,  estremo  addome  di  larva  di  Tipula  con  novo  di  Imenottero  parassita 
(Eucoila,  Cinip.)  aderente  (iu  0),  da  Keilin  ;  L,  uova  di  Chrysopa  su  una  foglia. 


superficie  delle  foglie  o  dei  rami  di  piante  diverse,  ma  iu  taluni  casi  la  disposizione  è  caratte- 
ristica, come,  ad  es.,  quella  ad  anello  o  manicotto  propria  quasi  esclusivamente  di  taluni  Boin- 
bicidi,  come  Bombyx  neustria  (tìg.   195,  F,   G)  ed  affini. 

Vi  sono  uova,  che  stanno  assieme  riunite  per  mezzo  di  una  sostanza  di  aspetto  gelatinoso  e 
fanno  così  degli  ammassi  di  varia  forma.  Tali  ammassi  d'uova  si  vedono  nelle  acque  (tìg.  195,  B,  E: 
196),  immersivi  ma  sospesi,  quasi  alla  superficie,  a  qualche  corpo  subacqueo  e  così  sono  quelli  iu 
forma  di  lungo  nastro,  comuni  in  tutte  le  nostre  acque  stagnanti,  che  appartengono  a  Ditteri 
del  genere   Chironomus. 


LE    ETÀ    GIOVANILI    DK(iI.I    INSETTI 


215 


Fig.  196.   —  Nastri    e    masse    d'uova  sub- 
acquee di  Chiroitonius  (Ditt.). 

At  di  C/i.  dorsaiis-,  B,  filamenti  elastici  conte- 
ntiti nel  nastro;  G.  D,  di  altre  specie  di 
Chiron.  :  E,  disposizione  delle  nova  nella 
massa  gelatinosa.  Da  Aliali. 


Negli  ammassi  filiformi  tatti  dalla  nostra  piti  comune  specie,  inclusi  nella  sostanza  gelati- 
nosa sono  anche  nastri  di  natura  elastica  (fig.  196,  lì).  Tali  produzioni  furono  dette  nidamentnm 
dal  Robin,  che  bene  le  descrisse  (1866).  Altre  specie  dello  stesso  genere  depongono  le  uova  in 
masse  fioccose  (fig.  196,   C),    arrotondate  o  piriformi,    ma  che  nou  contengono  filamenti  elastici. 

Anche  alcune  Efemere  mettono  le  uova  circondate 
da  sostanza  gelatinosa,  ma  esse  sono  in  un  solo  strato 
e  la  massa  ha  forma  varia:  rotondeggiante,  a  focaccia, 
ecc.  Tali  agglomeramene  (fig.  195  />',  E)  di  uova  sono 
fuori  d'acqua,  affidati  a  corpi  diversi.  Così  pure  fa 
qualche  Friganea  e  qualche  specie  di  Lepidottero  ac- 
quaiolo (Botie  potamogalis). 

In  questi  casi,  nella  massa  trasparentissima  sono 
immerse  uova  brunastre  o  rosse  ed  il  tutto  è  così  pel- 
lucido olie  tali  uova  si  prestano  benissimo  allo  studio 
della  evoluzione  dell'embrione,  come  già  primamente 
fece    il  Balbiani. 

Taluni  Insetti,  che  mettono  le  loro  uova  nell'interno 
di  tessuti  vegetali  non  di  rado  le  dispongono  secondo 
un  dato  ordine,  spesso  caratteristico. 

In  tali  casi  il  tessuto  della  pianta  è  variamente 
inciso  e  nelle  ferite  così  praticate  sono  deposte  le 
uova,  non  di  rado  anche  assicuratevi  più  tenacemente 
mercè  una  qualche  sostanza  appiccicaticela. 

Parecchi  Ortotteri  fra  i  Locustidi  ed  i  Grillidi,  come  i  Cicadari    fra  gli    Emitteri,  ecc.    de- 
pongono così  le  loro  uova  a  varia  profondità,  entro    i    rametti    di    piante    diverse,  sia    nascoste 
addirittura  entro  il  midollo,    sia    più  o  meno    sporgenti  all'esterno  (fig.  197).    Di  consimili  casi 
pero,  come  di  particolari  nidi  d'uova  protetti  da  terra,  ecc.,  i  quali  casi  si  riferiscono,  in  gran 
parte,  ad  Insetti  litofagi  e  taluni  economicamente    nocivi,    sarà  il  caso  di 
dire  più  largamente  in  appresso,  allorché  si  tratterà  delle  specie  che  inte- 
ressano le  nostre  culture. 

Altra  maniera  di  disposi- 
zione delle  uova,  tutto  allatto 
particolare  alle  specie  paras- 
site di  Mammiferi  o  di  Uccelli 
è  quella  per  cui  le  uova 
stesse  sono  tenacemente  (is- 
sate al  pelo  od  alla  barba  di 
penna  dell'ospite. 

Tn  generale,  in  casi  si- 
mili, sia  che  essi  si  riferi- 
scano a  Ditteri  (fig.  198)  op- 
pure a  Mallofagi  od  a  Pedi- 
culini.  il  sistema  di  adesione 
dell'uovo  e  sempre  lo  stesso; 
cioè,  oltre  ad  un  glutine 
speciale,  anche  ad  una  parti- 
colare espansione  del  corio, 
per  la  quale  l'uovo  da  un  capo 
abbraccia  il  pelo  o  la  barba 
di  penna  e  vi  aderisce  stret- 
tamente. 
Vere  e  proprie  ooteche  solide,  costituite  da  una  speciale  secrezione  dell'addome  delle  fem- 
mine, entro  i  quali  ripari  stanno  molto  bene  difese  le  uova,  sono  prodotte  da  Ortotteri  e  da 
qualche  Coleottero  (figg.   199-202). 

Ve  ne  ha  di  più  specie.  In  taluni  oasi   la  sostanza  fluida  segregata  attorno  all'ammasso  delle 
uova    incolla  anche  della  terra  circostante    allorché    la  deposizione  avviene  entro    il    terreno)  e 


Fig.   19 


Jticroce/ìtrttx  reti- 
nervis  (Ortott.)  in 
sito.  Da  Rilev. 


Fig.  198.  —  Uova  di   Bi/poderma  lineata  (Ditt.). 

a,  su  pelo  dell'ospite;  b-d,  isolate. 
Dall' Insect  Life. 


216 


CAPITOLO   QUARTO 


B 


Fig.  199.  —  Ooteca  con  uova  di  Hydrophilus. 

A,  aperta;  S,  chiusa.  Da  Miall. 


cosi  ne  riesce  una  specie  di  sacco  allungato,  resistente,    liscio  all'interno    e    scabroso   da    grani 
terrosi  al  di  fuori,  entro  il  quale  le  uova  sono  ordinatamente  disposte  di  traverso  od  oblique,  le 

uno  sulle  altre.  Così  è  fatto  il  follicolo 
o  cannello  d'uova  di   Acrididi   (fig.   202, 
A).  Ma  se  la  ooteca  è  fabbricata  in  piena 
aria,    o     nel 
corpo     stesso 
della    madre, 
allora  assume 
altra  parven- 
za. 

Le  ooteche 
costrutte  fuo- 
ri del  corpo 
materno,  co- 
me sono  ad 
es.  quelle  di 
Mantidi  fra 
gli  Ortotteri 
e  di  Cassididi  fra  i  Coleotteri,  essendo  deposta  la  sostanza  mano  mano 
sulle  uova  che  escono  e  quivi  da  fluida  divenendo  resistente,  sono 
fatte  di  piùloggie,  strettamente  addossate  le  une  alle  altre  e  formanti 
un  tutto  unico  a  configurazione  costante  per  ciascuna  specie.  Le  ooteche 
della  comune  Mantide  sono  state  bene  studiate  da  più  autori.  Esse  si 
trovano  sulle  pietre  o  sui  rami  di  arbusti  e  vi  aderiscono  molto  tena- 
cemente. Hanno  forma  ovale,  e  mostrano  una  striatura  di  traverso. 
Nell'interno  si  trovano  una  ventina  di  logge  mediane,  dove  sono  le 
uova  e  queste  loggie  piene,  sono  fiancheggiate  da  altre  vuote,  più 
piccole  e  a  struttura  irregolarmente  vacuolare.  Iu  ciascuna  loggia  piena  Fig.  200.  —  Ooteca  di  Man- 
sono  da  8  a  10  uova,  in  basso,  ed  in  alto  si  trovano  delle  lamine  ^^"da'oni^oTtono" 
arcuate,  addossate  strettamente  l'una  all'altra.  Queste  ooteche  pos-  neonati.  Da  Roesel. 
sono  raggiungere  dimensioni  molto  vistose,  come  sono  quelle,  ad 
es.,  della  nostra  comune  Mantis  religiosa  (fig.  200). 

Invece  le  ooteche  fabbricate  nel  corpo  della  madre  sono    foggiate  ad  astuccio.  Ne    sono    ot- 
timo e  comune  esempio  quelle  della  nostrale,  pur    troppo  ovvia,   Blatta    delle    case    (reriplaneta 


Fig.  20].  —  Ooteche  diverse. 

A,  di  Aspidomorpha  puncticosa  (Cassidide  africano)  su  una  foglia;    B,  sezione  della   stessa,  Da  Sharp;  G,  sezione  traa- 
versa  di  ooteca  di   Mantide  dell'Australia  (Insect  Li/e). 


orientalis).  Esse  (fig.  202,  B,  C,  D),  sono  dure,  resistenti,  brune,  ovato-cilindriche,  con  una 
costola  rilevata,  longitudinale  su  una  faccia.  Entro  vi  si  trovano  le  uova  ordinatamente  disposte 
di  traverso  in  due  strati,  secondo  le  due  faccio  maggiori  della  ooteca  e  sono  divisi  da  una 
parete,  che  forma  due  loggie  nella  capsula;  in  ciascuna  loggia  dunque  le  uova  sono  in  un  solo 
strato.  Le  femmiue  si  portano  per  qualche  tempo  simili  astucci  attaccati  all'estremo  del  loro 
ddome,  poi  li  abbandonano. 


I.K    ETÀ    GIOVANILI    DEGÙ    INSETTI 


217 


si  tua 


Le  outeche  di  Blatta  sono  composto  ili  una  sostanza  speciale,  che,  allorquando  si  trova 
fluida  nelle  aliandole,  è  solubile  nella  potassa,  ma  diviene  insolubile  a  contatto  dell'aria.  Essa 
è  ritenuta  per  una   mescolanza  di  ohitiua  e   piccoli   cristalli  di  ossalato  di   calce. 

Durante  la  formazione  dell'ooteca  l'uovo,  che  da  un  ovario  passa  nella  cloaca 
questa  al  lato  opposto,   se    viene    dall'ovario  di  destra 
esso  va  a  siuistra  e  viceversa;  cosi  avviene  alternativa- 
mente. 

L'ooteca,  nella  vagina  della  comune  Blatta  delle 
case  {P.  orientalis)  rimane  disposta  verticalmente:  ma 
nelle  piccole  Blatte,  che  da  noi  si  trovano  nei  campi 
(Blatta  germanica)  tale  astuccio  si  rivolge  e  si  dispone 
orizzontalmente,  coll'orlo  crenulato  rivolto  sul  lato 
destro  della  madre.  In  quest'ultima  specie  la  ooteca 
racchiude  da  28  .a  58  uova  (vedi  Duchamp  1879;  Kadyi 
1879  ;   Wheeler  1889,  ecc.). 

Tua  maniera  speciale  di  protezione  delle  uova  si  è 
quella  che  usano  certe  Farfalle  della  famiglia  dei  Bom- 
bicidi,  come  ad  es.,  le  comuni  Ocneria  dispai-  e  la  Por- 
thesia  ehrysorraea,  le  Orgya,  ecc.  La  femmina  ha  molto 
pelo  sull'estremo  addome,  facilmente  caduco  e  mano 
mano  che  depone  le  uova  le  ricopre  anche  con  questi 
peli,  che  le  si  staccano  dal  corpo.  Si  ha  cosi  un  cusci- 
netto di  forma  varia,  ovale  per  la  Ocneria,  allungato 
più  o  meno  per  l'altre  Farfalle,  di  color  giallo  terreo  o 
giallo-oro  e  colà  le  uova  stanno  molto  bene  riparate. 


Fig.  202.  —  Ooteche  diverse. 


A.  Cannello  d'uova  di  Stauronotus  marocchanus 
(Ortott.};  B,  di  Periplaneta  orientalis  vieto 
dal  di  sopra:  C,  lo  atesso  di  lato;  D,  lo 
stesso  aperto  (da  Henneguy). 


Insetti  vivipari. 

La  viviparità  iiou  è  molto  frequente  fra  gli  Insetti,  pure  se  ne  hanno  casi  in 
quasi  tutti  gli  ordini.  Il  più  conosciuto  è  quello  degli  Aridi.  Ti  sono  anche  Efemere 
vivipare.  Ma  ancora  tra  gli  olometaboli  si  citano  parecchi  Ditteri,  a  cominciare 
da  quei  Pupipari,  eli  cui  più  volte  si  è  già  detto.  Inoltre  parecchie  specie,  ad  es.. 
dei  generi  Musca,  Authomyia,  Sarcophaga,  Tachina,  Glossina,  Denia,  Mito- 
gromma,  ecc.,  sono  egualmente  vivipare. 

Fra  i  Coleotteri  è  notevole  il  fatto  segnalato  dallo  Schiodte  (1856)  di  Sta- 
nimi del  Brasile,  appartenenti  ai  generi  Corotocha  e  Spirachtha,  che  sono  paras- 
siti nei  nidi  di  Termiti  e  le  cui  uova  si  sviluppano  entro  il  corpo  della  fem- 
mina, nell'ovidutto  e  le  larve  possono  nutrirsi,  per  un  certo  tempo,  di  una  spe- 
ciale secrezione,  che  geme  dalle  pareti  delle  vie  genitali.  Si  conoscono  anche 
Crisomelidi  vivipari. 

Il  caso  più  curioso  è  quello  di  una  Farfalla  vivipara,  vivente  in  Australia, 
citata  dallo  Scott,  il  quale  fece  partorire  dei  bruchi  vivi,  comprimendo  l'addome 
della  madre. 


Schiusura  della   larva. 

I  fenomeni,  che  accompagnano  la  schiusura  dell'uovo  del  giovane  insetto  non 
sono  stati  largamente  studiati,  eppure  certo  vi  sarebbe  messe  buona  di  fatti  sin- 
golari relativi  ai  modi  speciali  di  praticare  questa  funzione. 

I  due  fatti  più  rilevanti,  che  si  notano  in  questo  momento,  sono  l'uno  la 
maniera  particolare,  che  e  seguita  da  certe  larve  per  rompere  il  guscio  dell'uovo 
e  venirsene  alla  luce,  l'altra  della  presenza  di   un  involucro,  che  riveste  in  certi 

A.   BKELB3E,   Oli   Inietti,  II.  —  28. 


218 


CAPITOLO   QUARTO 


casi  le  larve  stesse  subito  dopo  la  loro  schiusura  e  deve  essere  immediatamente 

abbandonato. 

Fra  le  larve,  le  quali  non  rodono  il  guscio  dell'uovo,  conforme  si  è  avvertito, 
alcune  se  ne  trovano  provvedute  di  speciali  ordigni  tran- 
sitori, duri,  in  modo  da  poter  determinare  1»  frattura 
del  corio  o  si  servono  di  qualche  altro  mezzo  per  otte 
nere  lo  stesso  scopo. 

Processi  cintinosi,  duri,  si  sono  rilevati  in  larve  di  parecchi 
ordini,  come  ad  es.  in  <juelle  di  Eterotteri  (Zaddach  per  Pentatoma 
bacearum,  ed  Heymons  per  Palomena  dissimiliti)  (fig.  203).  Si  tratta 
di  un  pezzo  rigido,  a  forma  di  àncora  e  con  un  dente  sporgente  al- 
l'innanzi,  il  quale  si  vede  nella  regione  della  nuca  dell'insetto.  Con- 
simili ordigni  si  sono  trovati,  altrove  situati,  anche  su  altri  insetti,  tra 
i  quali  si  può  citare  la  Phryganaea  grandis,  VOsmylas   maculatila,  ecc. 


Fig.  203.  —  Organo  larvale  per 
rompere  il  guscio  dell'uovo 
in  un  Pentatomide  (Emitt.). 

A,  embrione  di  lato  di  Palomena 
di8gimilis,  mostrante  in  a  l'or- 
gano ;  B,  organo  veduto  di 
faccia.  Da  Heymons. 


Fig.  204.  —  Larva  di  Pulce  del  Gatto   mostrante    in   a  l'organo 
per  rompere  il  guscio  dell'uovo.  Da  Kiinchel. 


Nelle  Forficule,    secondo    Heymons,    trovasi  una  spina  rigida    piantata    sul   capo,  fra  gli    occhi. 

Così    pure    Wheeler    ha    riconosciuto    tre    paia   di  spine  sul  torace  della  larva  di    Doryphora,  le 

quali  servono  appunto  a  rompere  il  guscio  dell'uovo.  Sul  capo  della 
larva  di  Pulce  (fig.  204)  trovasi  un  pezzo  ovale,  resistente,  situato 
nel  mezzo  della  fronte  ed  all' innanzi  fornito  di  punta  acuta.  Anche 
questo  organo  è  transitorio  e  se  ne  va  colla  prima  muta. 


Fig.  205.  —  Ampolla  cervi- 
cale (a)  nello  larva  di  Sla»- 
ronotus  marocchonus  (Or- 
tottero). Da  Kiinchel. 


Un  mezzo  affatto  diverso 
è  quello  di  comprimere  l'osta- 
colo mercè  una  parte  del 
corpo  appositamente  rigonfia- 
ta, da  assomigliarsi  a  quello 
che  le  Mosche  impiegano  per 
sortire  dal  pupario  e  farsi 
strada  fra  oggetti  resistenti, 
cioè  l'ampolla  frontale,  che  si 
conoscerà  a  suo  luogo.  . 

11  Kiinkel  illustra  benissimo  l'ampolla  cervicale,  cioè  un  rigonfiamento  estemporaneo,  che  ». 
vede  nelle  larve  nascenti  di  Acrididi  ed  è  prodotto  dalla  membrana  del  dorso  del  collo,  com- 
pressa da  sangue,  a  volontà  dell'insetto  (fig.  205,  206). 


Fi„  906  —  Schiusura  delle  larve  di  Stauronolus  maroechanus  dal  can- 
nello d'uova.  Le  larve  sono  ancora  avvolte  nella  membrana  amnio- 
tica. Da  Kiinchel. 


LE    KTÀ    GIOVANILI    DEGLI   INSETTI 


219 


Con  questo  mezzo  non  solo  la  larva  esce  dal  guscio  dell'uovo,  ma,     cogli    sforzi    riuniti    di 
piil  neonati,    viene  rimosso  anche  l'opercolo,  che  chiude  l'oo- 
teca  e  di  quivi  gli  insettucci  se  ne  possono  sortire. 


Rivestimento  del  neonato.  —  Parecchie  specie  na- 
scono avvolte  in  una  membrana  amniotica  esilissima 
e  debbono  liberarsene  tosto,  il  che  avviene  per 
rottura  della  pellicola  secondo  una  linea  dorsale  e 
conseguente  esuviamento  della  larvetta. 

Ciò  si  vede  in  neonati  di  Ortotteri  nonché  di 
Pseudoneurotteri. 


Fig.  207.  —  Larva  di  Stauronoius 
marocchaiius,  neonata,  che  getta 
la  membrana  amniotica.  Da  Kiin- 
ohel. 


In  quest'ultimo  caso,    ad  es.   negli  Odonati   (fig.  208)    la 
larva,    tuttavia    rivestita  di  detta  membranella,    fuoriesce  dal 

nido  dove  sono  state  deposte  le  uova,  in  vicinanza  dell'acqua  e  cade    in    questo    elemento,  dove 
avviene  il  rigetto  della  spoglia,  che  rimane  a  galla,  secondo  si  vede  dall'annessa  figura. 


AB  C 

Fig.  208.  —  Scliiusura  del  Laestes  viridi*  (Libellul.). 

A,  embrione  che  fuoriesce  dall'uovo;  B,  ancora  rivestito  dalla  membrana  amniotica;  C,  caduto  nell'acqua  si  libera  della 
membrana.  Da  Pierre. 

Gli  Acrididi,  secondo  Kiinckel,  (fig.  207),  allorché  nascono  cosi  avvolti  in  questa  veste 
provvisoria,  non  possono  saltare,  perchè  impediti  nei  loro  movimenti.  Non  acquistano  tale  facoltà 
se  non  dopo  l'esuviamento,  che  è  il  primo  della  serie. 


Larva. 

La  parola  latina  significa  veramente  maschera  ed  è  giustificata  per  le  forme 
giovanili  degli  Insetti  a  metamorfosi  completa,  inquantochè  veramente  questo 
primo  stadio  non  rappresenta  certo  il  vero  aspetto  dell'insetto  definitivo. 

Come  si  vedrà  a  proposito  delle  intime  mutazioni,  che  nell'organismo  dell'in- 
setto importa  la  ninfosi,  cioè  che  avvengono  negli  olometaboli  diarante  il  periodo 
ninfale,  si  può  ammettere  che  gli  organi  dell'adulto  vengano  veramente  a  for- 
marsi,   grado   grado,    entro    la    veste    larvale  e  questa  li  celi,  ormai    molto  bene 


220 


CAPITOLO    QUARTO 


definiti,  specialmente  nei  suoi  ultimi  momenti,    li    mascheri    cioè  a  chi  li  guardi 
superficialmente. 

Per  gli  altri  insetti,  cioè  per  quelli  a  metamorfosi  incompleta,  non  esiste 
uno  stadio  postembrionale,  che  corrisponda  alla  larva  degli  olometaboli.  Possono 
tuttavia  ben  trovarsi  differenze  nella  generale  forma  del  corpo  e  quindi  nell'a- 
spetto, anche  molto  rilevanti,  fra  lo  stadio  definitivo  e  quelli  giovanili,  oltreché 
nella  mancanza  di  ali  in  questi  ultimi,  ma  tali  differenze  non  sono  mai  così  vi- 
stose come  in  generale  appaiono  negli  insetti  a  metamorfosi  completa  e,  del 
resto,  anche  tutto  il  processo  di  formazione  degli  organi  immaginali  è  radical- 
mente diverso. 

Adunque,  mentre  non  è  soverchia  improprietà  il  chiamare  Larva,  in  senso 
lato,  lo  stadio  precedente  quello  ninfale,  anche  parlando  di  insetti  emimetaboli 
ed  ametaboli,  sarebbe  però  bene  riserbare  in  modo  particolare  tale  denomina- 
zione al  periodo  seguente  quello  embrionale  per  gli   insetti  metabolici. 

Quanto  agli  Insetti  emimetaboli  ed  ametaboli  si  potrebbe  ricorrere  ad  altra 
voce  di  significato  conforme,  però  diversa,  come  ad  es.  alla  parola  greca  Fro- 
sopon  o  Prosopide  e  ciò  per  non  creare  confusione,  trattandosi  per  verità  di  cose 
diversissime,  come  sono  appunto  il  primo  stadio  postembrionale  degli  Insetti 
olometaboli  in  confronto  di  quelli  di  tutti  gli  altri. 

Veniamo  ora  a  parlare  delle  larve  strettamente  dette,  cioè  dello  stato  che 
segue  immediatamente  all'uovo  nel  ciclo  evolutivo  dell'insetto  a  metamorfosi 
completa. 

Differenze  di  aspetto  notevoli  non  si  rilevano  soltanto  tra  lo  stadio  larvale 
e  quello  immaginale  nella  stessa  specie,  ma,  talora  molto  diverse  sono  fra  loro 
le  larve  di  specie  anche  abbastanza  affini  ed  insieme  comprese  in  un  gruppo 
non  troppo  ampio.  Ciò  dipende  da  influenze  varie,  dovute  a  speciale  maniera  di 
esistenza  e  ad  altre  necessità,  cui  è  sottoposta  la  larva,  che  vi  si  sottrae  anche 
meno  facilmente  dell'adulto  suo,  da  poiché  è  generalmente  molto  più  poveramente 
dotata  di  organi  e  facoltà  locomotorie. 

Questa  diversa  attitudine  alla  locomozione,  di  cui  godono  larve  di  Insetti 
diversi  rappresenta  la  precipua  influenza  sulla  configurazione  generale  del  corpo 
e  sullo  sviluppo  degli  arti  ed  è  anche  più  efficace  di  quello  che  non  sia  il  di- 
verso elemento  ambiente.  Così,  ad  es.,  si  potranno  rilevare  assai  più  appariscenti 
differenze  tra  due  larve  a  vita  aerea,  ma  che  abbiano  tutto  affatto  diversa  ma- 
niera di  procurarsi  il  cibo  (abbenchè  questo  sia  fondamentalmente  lo  stesso)  che 
non  tra  forme  aeree  ed  acquaiole,  ma  però  con  abitudini  conformi  circa  il  modo 
di  ottenere  ciò  che  è  il  precipuo  scopo   della  vita  larvale,    ossia    il    nutrimento. 

Un  esempio  servirà  a  chiarire  il  concetto. 

Larve  di  -Cieindelidi,  Carabidi,  C'occinellidi,  Enierobiidi,  come  i  Triunguìini  dei  Meloidi, 
tutte  forme  a  vita  aerea,  souo  molto  similmente  configurate  alle  larve  aquaiole  di  Ditiscidi, 
Idrotilidi,  Perlidi,  Odonati,  ecc.,  e  ciò  in  causa  di  una  maniera  di  vita  per  cui  è  necessario  un 
efficace  sistema  locomotorio. 

Per  converso  del  tutto  simili  fra  loro,  colla  caratteristica  di  una  estrema  riduzione  (fino  a 
scomparsa  totale)  degli  organi  locomotori,  souo  larve  pertinenti  ai  gruppi  i  più  disparati,  ma 
le  quali  tutte  vivono  in  condizioni  tali  da  non  richiedere  solleciti  e  frequenti  spostamenti  di 
luogo,  standosene  in  ambienti  ove  il  cibo  abbonda  o  facilmente  si  trova.  Apode  sono  sempre  le 
larve  parassite  viventi  nell'interno  di  altri  animali  o  cbe  comunque  continuamente  giacciono 
immerse  nella  sostauza  di  cui  si  cibano,  o  quelle  cbe  sono  nutrite  dagli  adulti  della  loro 
specie,  ecc.,  e  queste  hanno  tutte  l'impronta  di  una  grande  semplificazione  e  riduzione  del  si- 
stema tegumentare-schelctrico,  mostrano  cioè  un  generale  aspetto,  adnnqne,  elmintoide. 


LE    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI  221 


Tra  queste  ultime  pigrissime  larve  e  le  attivissime  citate  in  precedenza,  sta 
tutta  una  serie  intermedia  di  forme  con  organi  locomotori  a  diverso  grado  di 
sviluppo,  da  semplici  rigonfiamenti  mammellonari,  a  zampe  articolate  e  robuste 
e  tutti  questi  gradi  sono  imposta  appunto  da  diverse  necessità  per  la  ricerca  del 
cibo  o  per  altro  che  costringa  alla  locomozione  in  misura  varia. 

Può  anzi  accadere  che.  durante  il  periodo  larvale  in  una  stessa  specie, 
queste  necessità  vadano  soggette  a  mutamento  rilevante  ed  in  un  dato  momento 
la  maniera  di  vita  richieda  buoni  organi  di  locomozione  ed  un  sistema  schele- 
trico e  muscolare  atto  alla  loro  funzione,  mentre  in  altro  periodo  venga  meno 
tale  necessità.  In  questi  casi,  non  troppo  frequenti,  ma  molto  dimostrativi,  si 
hanno  due  o  più  maniere  di  larve  e  quelle  agili  corrisponderanno,  nel  loro  in- 
sieme, al  tipo  di  quelle  attive  predatrici,  che  prime  si  sono  citate,  le  altre  in- 
vece incorreranno  più  o  meno  verso  quell'aspetto  elmintoide  o  di  verme,  che  si 
è  detto  proprio  alle  forme  sedentarie  e  poco  attive.  Due  diversi  aspetti  adunque 
in  uno  stesso  periodo  larvale  ed  è  questo  il  caso  rappresentato  dalle  così  dette 
i  per  metamorfosi,  che  conosceremo  meglio  tra  breve. 

Intanto  è  da  rilevarsi  un  fatto  ben  notevole,  che,  cioè,  tutte  le  diverse  ma- 
niere di  larve,  comunque  configurate,  richiamano,  pel  loro  generale  aspetto,  forme 
di  loro  più  basse  gerarchicamente  nella  scala  zoologica.  Ben  inteso  che  questo 
si  riferisce  solo  alla  facies,  dirò  così,  cioè  al  complesso  degli  organi  esterni  e 
dell'insieme  del  corpo,  perchè  quando  si  parla  di  larve  vermiformi  o  di  quelle 
tisanuriformi,  sarebbe  grosso  fallo  il  voler  ricercare  affinità  fra  i  Vermi  od  i 
Tisanuri  e  queste  larve,  oltre  al  semplice  generale  aspetto. 

Intanto  però,  per  cose  che  esporrò  più  innanzi,  si  vedrà  che  simili  appellativi  sono  vera- 
mente un  male  appropriato  richiamo,  che  si  fa  anche  allorquando  si  parla  di  larve  tisanuriformi, 
oltreché  di   vermiformi  od  elmintoidi,  che  dire  si  vogliano. 


Diverse  maniere  di  larve  olometaboliche. 

Tenuto  conto  delle  cose  sovra  esposte  gli  autori  dividono  le  larve  degli  In- 
setti olometabolici  in  più  gruppi,  che  indicano  con  nomi  particolari.  Però,  sul 
numero  e  sull'estensione  di  questi  gruppi  non  è  raggiunto  l'accordo,  poiché  si 
ammettono  due,  tre,  quattro  gruppi  distinti. 

Per  mio  conto  io  ritengo  che  almeno  tre  distinte  maniere  di  larve  si  pos- 
sauo  indicare,  sia  pure  trovando  anche  forme  intermedie,  le  quali  collegano  fra 
loro  queste  repartizioni,  così  troveremo  le  larve  melolontoidi,  le  cruciformi  e  le 
ciclopiformi,  come  tipi  precipui,  lasciando  le  elmintoidi  o  vermiformi  come  secon- 
darie maniere  di  adattamento,  da  richiamarsi  però  ad  uno  od  all'altro  dei  due 
primi  gruppi, 

Larve  melolontoidi  (tig.  209).  —  Sono  dette  più  impropriamente  Campodei formi  od  anche  Tisa- 
nuriformi, perchè  alcune  di  esse,  pel  loro  aspetto,  ricordano  certe  forme  di  Tisanuri,  ad  es.  del 
genere  Campodra  o  Machilis  od  altre  simili. 

.Sono  caratterizzate  dall'alto  grado  di  evoluzione.  Possiedono  (tipicamente)  tre  paia  di  ro- 
buste zampe  toraciche,  mancano  però  totalmente  delle  addominali  o  false. 

Le  loro  antenne  sono  più  o  meno  lunghette,  l'apparato  boccale  bene  sviluppato.  Notasi  spesso 
una  sensibile  differenziazione  fra  gli  anelli  del  tronco  e  su  questi  si  incontrano,  nelle  forme  li- 
bere sopratutto,  frequentemente,  parti  dure,  bene  chitinose. 

Appartengono  a  questo  gruppo  le  larve  di  tutti  i  Coleotteri  e  Strepsitteri  e  degli  Emerobidi 
fra  i  Neurotteri  nonché  dei  (Joccidei  fra  gli  Omotteri.  Le  forme  apode  non  rappresentano  che 
una   maniera  di   adattamento  e  quindi  di  variazione  secondaria  dal   tipo. 


222 


CAPITOLO    QUARTO 


Larve  cruciformi  (fig.  210),  cioè  a  forma  di  Bruco  (.Eruca)  delle  farfalle,  al  quale  possono 
richiamarsi,  perchè  hanno  tre  paia  di  zampe  vere  poco  robuste  e  zampe  addominali  (false)  in 
vario  numero;  antenne  rudimentali  ;  il  corpo  è  sempre  rivestito  di  cute  molle,  o  tutto  al 
più  col  dorso,  in  parte  almeno  del  protorace  alquanto  più  chitinoso.  Non  vi  ha  differenza 
alcuna  fra  i  vari  somiti. 

Come  variazioni  secondarie  di  questo  tipo  si  possono  citare  le    larve  vermiformi  più  o  meno 


Fig.  209.  —  Varie  maniere  di  Larve  melolontoUli  (di  Coleotteri). 

A.,  di  Laniellicornide  (Xylotrupes  gideon)  ;  B,  di  Boatrichide  {Bostr.  putiUui)  da  Ratzebnrg  ;  O.  di  Cassidide  (Cassida 
rubiginosa),  da  Elditt.  ;  D,  di  Ceranibicide  (Euchroma  columbica)  da  Packard;  E,  di  Cebrionide  (Cebrio  gìgas)  ■ 
F,  di  Carabide  (  Oarabus  violacene)  ;  G,  di  Silfide  (Silpha  obscura)  :  H,  di  Seidmenide  (Schidmaemts  tarsalus)  '■ 
I,  di  Cicindelide  (Cicindela  hybrìdo).  Le  tigare  A,  EI  soao  prese  dallo  Schiódle. 


completamente  apode,  e  collocate  ad  un  grado  di  evoluzione  intermedio  tra  le  eruciformi  tipiche 
(le  quali  sono  rappresentate  dai   Bruchi  e  dai   Falsibruclii)   e  le  melolontoidi. 

Questo  stadio  intermedio  a  diversi  gradi  fr  occupato  dalle  larve  degli  Imenotteri,  all' infuori 
dei  Tentredinei,  da  quelle  dei  Ditteri  e  dei  Neurotteri  all'infuori  degli  Emerobidi. 

Larve  clclopiformi  (fig.  211).  —  Sono  state  cosi  denominate  dal  Ganin,  che  per  primo  le 
descrisse  (1869)  per  Imenotteri  (Braconidi)  parassiti,  del  genere  Pìalygaster.  Si  sono  poi  ricono- 
sciute in  molti  altri  gruppi  di  Imenotteri  endofagi. 

Il  nome  che  esse  hanno  ricevuto  deriva  appunto  dalla  somiglianza  che  talune  almeno  fra 
esse  hanno,  quanto  a  generale  configurazione  del  corpo,  con  certi  minuti  Crostacei,  pertinenti 
all'antico  genere  Cyclops. 


LE    KTÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


223 


Queste  larve  infatti  hanno,  generalmente, 
quale,  appaiono,  al  ventre,  i  rudimenti 
delle  antenne,  nonché  due  enormi  mandi- 
bole, formanti  assieme  un  robusto  forcipe. 
Alla  base  del  capotorace  spesso  esiste  un 
paio  di  appendici.  La  metà  posteriore  del 
corpo  è  molto  più  sottile,  indivisa  o  divisa 
in  scarso  numero  di  segmenti  (ad  es.  in  5) 
e  termina  per  lo  più  con  prolungamenti 
forniti  di  ramuli  o  spinette. 

Queste  prime  larve  si  trasformano  in 
altre  (seconde)  diiferentissime  e  cbe  rien- 
trano tra  quelle  che  si  sono  definite  per 
elmintoidi.   La  differenza  non  è  solo  nella   con 


molto  dilatata  la  parte  anteriore  del  corpo,  nella 


Fig.  210.  —  Larva  Eruoiforme  (di  Bombi/*  mori). 

figurazione  generale  del  corpo  e  nella  presenza  od 
assenza  delle  enormi  mandibole,  ma 
interessa  anche  gli  organi  interni, 
perchè  solo  col  passaggio  da  prima  a 
seconda  larva  queste  forme  giovanili 
acquistano  un  apparato  respiratorio 
ed  uno  vascolare,  nonché  una  ben 
definita  catena  nervosa  e  si  com- 
pleta il  sistema  digerente. 


Fig.  211.  —  Larve  Ciclopiformi  di  Calciditi. 
di  Trickacis  remulus;  B,  di  Teleas  ovulorum,  da  Ayers. 


Differenze  tra  larva 
ed  adulto. 

Abbiamo  esposto  nel  voi.  I, 
a  pag.  39,  una  figura  schema- 
tica per  mostrare  la  disposi- 
zione degli  organi  in  un  insetto 
adulto.  Intendasi  però  del 
gruppo  dei  Pterigoti. 

Ora  molto  meno  agevol- 
mente si  potrebbe  richiamare  ad  un  tipo  comune  e  costante  la  organizzazione 
delle  larve  olometaboliche;  ma,  quando  ciò  potesse  essere  fatto,  si  troverebbero 
difterepze  di  organizzazione  fondamentali  in  confronto  di  quella  degli  adulti. 

Vi  sono  Infatti  alcuni  organi  ed  alcune  disposizioni,  che  appartengono  alle 
sole  forme  giovanili  degli  Insetti  metabolici,  e  non  si  incontrano  mai  nelle  ri- 
spettive forme  sessuate  e  neppure  in  alcuno  stadio  postembrionale  di  eterometaboli. 
Questa  diversa  maniera  di  rispondere  ad  influenze  analoghe  da  parte  delle 
forme  giovanili  in  confronto  dei  rispettivi  adulti  è  argomento  di  meraviglia  in- 
quantochè  non  facilmente  si  spiegano  talune  attitudini,  che  spettano  esclusiva- 
mente ad  un  periodo  della  esistenza  di  una  specie,  importando  anche  particola- 
rissime e  talora  vistose  disposizioni  di  organi,  e  non  si  conservano  altrimenti 
nelle  forme  successive,  le  quali  pur  risentono  delle  medesime  influenze. 

In  tutti  i  casi  la  organizzazione  della  larva,  anche  colle  sue  complicanze,  si 
richiama  ad  un  minore  grado  di  evoluzione,  che  non  sia  quello  dell'adulto,  il 
quale  solo  in  grazia  di  processi  involutivi  può  accostarsi  nella  sua  organizzazione 
a  quella  larvale. 

Gli  organi  larvali  però,  non  sono  sempre  rappresentanti  di  vari  gradi  di 
evoluzione  verso  quelli  dell'adulto  rispettivo;  in  molti    casi,    anzi  nella    maggio- 


224 


CAPITOLO    QUARTO 


rauza  dei  casi,  gli  organi  stessi  sono  propri  esclusivamente  del  periodo  giovanile 
e  con  questo  periscono,  senza  traccia  e  riscontro  alcuno  nello  stadio  sessuato. 
La  larva,  tipicamente  è  più  allungata  che  non  l'adulto  e  sia  per  la  deficienza 
di  ali  nonché  per  la  debolezza  degli  arti  locomotori,  i  segmenti  in  cui  il  corpo 
è  diviso  poco  sono  diversi  fra  di  loro,  si  avvicinano  cioè  maggiormente  a  quella 
uniformità  (omonomia),  che  è  caratteristica  delle  forme  più  basse  o  degenerate. 
Si  comprende  che  minore  è  la  differenziazione  tra  gli  anelli  toracali  e  gli 
addominali,  quanto  maggiore   è  la  riduzione  degli  arti    ambulatori  del    torace    e 

finalmente  è  nulla  allor- 
ché, come  nelle  larve  ver- 
miformi, tali  arti  fanno 
difetto. 

Per  tali  larve  l'unica 
differenziazione  fra  le 
varie  regioni  del  corpo 
è  quella  che  esiste  fra  il 
capo  e  l'insieme  dei  seg- 
menti successivi,  cioè  il 
tronco. 

Adunque  il  più  alto 
grado  di  differenziazione 
tra  torace  ed  addome  noi 
riscontreremo  nelle  larve 
melolontoidi  e  più  che 
mai  in  quelle  attive  cam- 
mina trici  ;  in  minor  grado 
od  assai  scarso  in  quelle 
cruciformi  (tanto  meno 
se  fornite  di  appendici 
locomotorie  addominali) 
e  finalmente  nullo  affatto 
nelle  vermiformi,  e  uelle 
ciclopiformi.  Oltre  a  ciò, 
in  generale,  la  consistenza 
dei  tegumenti  è  molto 
meno  rilevante  nelle  larve  che  non  negli  adulti  e  quelle,  anzi,  molto  spesso  sono 
molli  affatto. 

Le  conseguenze  di  tale  stato  di  cose  sono  secondo  un  duplice  effetto. 
Anzitutto  è  meno  variata  e  meno  complicata  la  forma  dei  singoli  anelli  e  con- 
seguentemente dell'insieme  del  corpo;  in  secondo  luogo,  mancando  robusti  pezzi 
di  attacco  ai  muscoli,  mancano  anche  fasci  muscolari  poderosi  e  tutta  la  musco- 
latura è  composta  di  esili  fascetti,  numerosissimi,  con  effetto  multiplo  e  quindi 
poco  preciso.  Perciò  anche  l'incesso  e  tutti  i  movimenti  del  tronco  non  possono 
essere  che  lenti  ed  indecisi.  Così  avviene  che  fra  le  larve  metaboliche  il  mas- 
simo numero  è  rappresentato  da  forme  vegetariane  o  lignivore  o  comunque  vi- 
venti in  ambiente,  nel  quale  è  a  breve  portata  e  facilmente  accessibile  il  cibo. 
Più  scarse  sono  invece  le  forme  predatrici  di  altri  animali  e  queste  per  lo  più 
vivono  fra  le  vittime,  in  guisa  da  non  dover  troppo  spostarsi  per  incontrare  hi 
preda,  come  sono  le  larve  di  Ditteri,  di  Xeurotteri  e  di  (Joccinellidi,  viventi  a  spesi- 
di  Afidi  e  Cocciniglie  e  che  stanno  nelle  colonie  stesse  di  queste  loro  vittime. 
Oppure  si  tratta  di  forme  acquaiole  (fig.  213),  le  quali,  stando  così  nell'acqua. 


A  B 

Fig.  212.  —  Due  belle  larve  predatrici  ili  Coleotteri. 
A,  di  Stenus  bipuiictatus,  da  Sciòdte;     i>,    di  Oalerita  lecontei. 


I.K    STA    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


225 


hanno  di  molto  diminuito  il  peso  del  loro  corpo  e  possono,  per  entro  alle  acque, 
nuotare  e  guizzare  rapidamente. 

In  altri  casi  esse  sono  per  vero  forine  oacciatrioi  in  piena  aria  ed  allora. 
quando  i  loro  tegumenti  non  sieno  abbastanza  resistenti  (così  come  sono,  invici', 
nelle  larve  di  Carabidi,  ecc.)  si  tratta  di  forme  sedentarie,  che  vivono  riparate  e 
raggiungono  la  preda  per  agguato,  come  si  vedono  fare  le  larve  di  Formicaleoni, 
quelle  di  Cicindele  (fig.  236),  ecc. 

Da  ciò  deriva  anche  tutto  un  altro  ordine  di  cose,  l'intervento  cioè  materno 
per  preparare  alla  progenie  di  larve  molli,  incapacissime  di  procurarsi  la  preda, 
costituita  da  altri  animali  meglio  semoventi,  appunto  un  adeguato  cibo,  sufficiente 
per  tutta  la  vita  della  larva. 

Ed  ecco  le  singolari  abitudini,  che  conosceremo  in 
seguito,  di  molti  imenotteri  per  formare  depositi  di  carne 
viva  e  sempre  fresca,  di  cui  possano  nutrirsi  le  loro  larve. 

In  generale  può  anche  essere  detto  che  la  parte  più 
ardua  nella  ricerca  dell'ambiente  opportuno  alla  vita  delle 
larve,  sieno  esse  olometaboliche  o  no,  è  affidata  alla 
madre',  la  quale,  fornita  di  eccellenti  organi  di  locomo- 
zione e  talora  anche  atta  a  vivere  così  bene  in  terra 
come  in  aria  ed  in  acqua,  e  provveduta  ancora  di  finis- 
simi organi  del  senso,  trova  con  facilità  l'ambiente  op- 
portuno per  la  propria  prole  e  quivi  affida  la  sua  figli  uo- 
lanza,  così  che  i  giovani  pochissima  fatica  e  poca  attività 
debbono  impiegare  alla  ricerca  di  quanto  loro  conviene 
per  vivere  e  compiere  il  loro  ciclo  larvale. 

Si  comprende  ancora  che  le  larve  olometaboliche, 
così  poco  atte  a  lunghi  tragitti  per  virtù  propria  e 
meno  ancora  quelle  del  tutto  sedentarie  non  possono  aver 
parte  nella  diffusione  attiva  della  specie  e  che  vi  possono 

contribuire,  in  generale,  solo  per  incidenza  e  del  tutto  passivamente,  portate  in 
giro  cioè  da  altre  forze,  che  non  sieno  le  proprie  così  scarse;  la  maggior  parte  in 
tale  ufficio  è,  invece,  riserbata  all'adulto. 

Ben  raramente  infatti  accade  che  gli  adulti  sieno  meno  locomobili  delle  loro 
larve  e  in  questo  ordine  di  fatti  non  si  possono  registrare  che  rarissimi  casi  di 
parassitismo  (ad  es.  fra  gii  Stilopidi,  fra  i  Ooccidi,  ecc.),  pel  quale  le  femmine 
hanno  perduto  gli  organi  locomotori  e  la  diffusione  della  specie  è  affidata  alle 
larve,  che  li  hanno  invece  buonissimi  (tranne  le  ali)  ed  attivamente  o  passiva- 
mente si  incaricano  di  conquistare  nuovi  ambienti. 

Si  può  dunque,  fino  ad  un  certo  punto,  stabilire  una  legge,  per  la  quale  il 
grado  di  locomobilità  è  inversamente  proporzionale  tra  le  larve  e  i  rispettivi 
adulti:  alla  quale  regola  mostreranno  qualche  eccezione  le  forme  parassite  (pren- 
dendo questa  parola  in  senso  larghissimo,  fino  al  commensalismo),  la  cui  migra- 
zione è  passiva  quasi  sempre;  quello  a  vita  anfibia,  non  potendo  le  larve,  che 
sono  acquaiole,  dedicarsi  alla  ricerca  di  nuovi  ambienti  per  sé  opportuni,  senza 
uscire  all'aria,  dove  perirebbero,  come  ancora  qualche  altra  eccezione,  non  di 
grnppo  ma  per  singola  specie,  potrà  essere  rilevata,  dipendente  da  particolarissime 
condizioni  al  di  fuori  «Iella  comune  regola. 


Fig.  213.  —  Larva    apoda  ili 
Dittevo(Culex).  DaHowanl. 


Capo  ed  appendici  cefaliche.  —  Si  è  già  notato,  nel  voi.  I.  a  pagg.  104  e  seg., 
che  talune  larve  olometaboliche  presentano  un  capo  piccolo  od  incompleto  od 
anche  retrattile  (fig.  214)  entro  i  primi  anelli  toracali.    Nel  caso    in    cui  il  capo 


A.   BBELESE,   Gli  Insetti,  li.  —  29. 


226 


CAPITOLO    QUARTO 


Fin.  214.  —  Testa  estroflessa  (.1)  e  ritirata 
■  lei  tutto  (B)  di  larva  ili  Dicranota  bimacu- 
lata  (Ditteri).  Da  Miall. 


si  è  definito  per  piccolo  si  deve  intendere  che  esso  non  è  capace  delle  masse 
cerebrali,  le  quali  sono  perciò  spostate  molto  addentro  nei  segmenti  del  torace. 
Queste  sono  particolarità,  che  non  si  riscontrano  mai  negli  Insetti  adulti, 
neppure  in  quelli  profondamente  degenerati  per  parassitismo.  Anzi,  meno  raris- 
sime eccezioni,  il  capo  è,  nelle  forme  sessuate,  sempre  ben  distinto,  in  grazia  di 
un  collo,  dal  rimanente  tronco. 

Adunque  la  deficienza  del  collo,  la  riduzione  del  cranio  e  la  possibile  retra- 
zione del  capo  entro  i  primi  articoli  del  torace,  come  pure  il  suddetto  spostamento 
delle  masse  nervose  cefaliche  sono  particolarità  che,  fra  gli  olometaboli,  spettano 
alle  sole  larve  e  rappresentano  un  grado  di  involuzione,  al    quale  mai   giungono 

gli  adulti. 

Un'altra  vistosa  differenza  può  essere 
rilevata  per  quanto  riguarda  speciali  appen- 
dici, sieno  esse  pertinenti  al  capo,  od  anche 
al  tronco. 

Per  ciò  che  riguarda  il  capo  si  osserva 
intanto    che    nelle    larve    meglio  evolute  si 
vedono  bene  sviluppate  le  antenne  e,"  meno 
che    nelle    forme    viventi    in    ambiente    del 
tutto  buio,  anche  gli  organi  visivi.  Quanto 
poi  agli  organi  boccali,    da   poi  che  il  pre- 
cipuo  ufficio  della  larva  è  quello  di  soppe- 
rire   ai    bisogni    della    propria    esistenza    e 
preparare    ricchi    depositi  nutritivi  nel  suo 
corpo,    per  affrontare  il  digiuno    durante  lo 
stato  ninfale  e  talora  anche    oltre,    si    com- 
prende che  gli  organi  della  bocca,  per  effi- 
cacia nulla  debbono  avere  di  meno    che    quelli   dell'adulto.  Talora  anzi  essi  pos- 
sono essere  ridotti  nella  forma    sessuata,   mai    però  nella  larva,  altrimenti  questa 
non  compirebbe  certo  il  suo  ciclo  evolutivo. 

Le  differenze  tra  le  larve  e  gli  adulti  consistono  adunque  tanto  nel  grado 
di  sviluppo  degli  organi  sensori,  quanto  nella  presenza  di  alcuni  organi  speciali, 
che  spettano  alla  larva,  ma  non  si  riscontrano  altrimenti  nella  forma  definitiva. 
Però,  per  quella  riduzione  degli  organi  di  relazione  di  cui  si  è  veduto 
esempio  a  proposito  degli  arti  locomotori,  sono  meno  riccamente  costruiti  anche 
gli  organi  sensoriali. 

Infatti,  le  antenne  (e  ciò  si  dica  ugualmente  anche  per  le  forme  giovani 
degli  insetti  a  metamorfosi  incompleta)  sono  meno  sviluppate  che  non  quelle 
delle  forme  adulte  ed  in  non  pochi  casi  del  tutto  rudimentali,  se  non  mancanti. 
Al  solito  le  larve  Melotontoidi  sono,  anche  in  questo,  meglio  provvedute  di 
quelle  Eruciformi,  mentre  le  vermiformi  sono  generalmente  con  antenne  tuberco- 
liformi  e  sprovvedute  di  occhi  (vedi  voi.  I,  pag.  115  e  segg.),  e  sono  anche 
meno  evolute  nelle  Ciclopifonni. 

Quanto  agli  organi  della  vista  si  è  già  avvertito  che  le  larve  viventi  entro 
ambienti  bui,  come  sono  quelle  entro  terra  o  dentro  i  legni  o  nei  semi  od  altrove  al 
riparo  della  luce,  sono  del  tutto  cieche.  Lo  sono  del  resto  anche  molte  altre,  le 
(inali  vivono  ove  il  buio  non  è  assoluto  o  dove  pure  ha  luce.  Così,  ad  es.  sono 
cicche  le  larve  dei  Ditteri  eiclorafi,  nonché  quelle  della  maggior  parte  degli 
Imenotteri  (eccettuati  i  Tentredinei)  sebbene  tali  forme  non  vivano  sempre  del 
tutto  all'oscuro,  come  tanno  invece  le  larve  di  molti  Coleotteri  (Buprestidi,  Ce- 
brionidi,  Tenebrionidi,  Eucnemidi,  e  molti  fra  i  Curculionidi,  Cerambicidi,  Tene 
brionidi,  Isteridi,  Lamellicornidi,  Ptinidi,  Anobiidi,  Tomicidi,  ecc.). 


I.K    EIA    GIOVANILI    DBCI.I    INSETTI 


l'I' 7 


Non  ostante  la  assoluta  mancanza  ili  organi  visivi  specializzati,  pure  molte 
di  queste  larve  si  sono  mostrate  sensibili  alla  luce. 

Un  primo  passo  verso  organi  della  vista  veri  e  propri  è  segnato  da  certe 
macchie  «li  pigmento  bruno  distribuite  su  diversi  segmenti  del  corpo,  ed  in  rap- 
porto con  terminazioni  nervose,  come  si  incontrano  ad  es.,  su  parecchie  larve  di 
Ceoidoraidi  ed  altri  Ortorarì  (Gorethra.  Cui  ex,  Chironomus,  Simulium  ecc.)  e  clic 
ricordano    gli  occhi  rudimentali,  che  si  osservano  su  animali  inferiori  (fig.  215). 

Finalmente  si  hanno  veri  e  propri  organi  visivi  bene  costituiti,  ma  questi,  nelle 
larve  olometaboliche,  che  li  possiedono,  sono  sempre  ocelli  ossia  occhi  semplici 
od  archeommi,  che  dire  si  vogliano  (vedi  voi.  I,  pagg.  6*57  e  segg.),  perchè  il  regno 
dell'occhio  composto  si  inizia  solo  col  principio  della  ninfosi  (Eoninfa)  o  collo  stato 
corrispondente  (Prosopon)  degli  emimetaboli.  In  tutti  i  casi  gli  ocelli,  nelle  larve 
metaboliche,  non  si  trovano  mai  nel  mezzo 
del  capo,  ma  sui  suoi  lati  e  sono  in  numero 
variabile,  talora  riuniti  in  un  gruppo  (larve 
di  Tentredinei.  dove  si  trovano  lino  a  5  ocelli 
insieme)  o  più  comunemente  abbastanza  disgre- 
gati. V- 


Fig.  215.  —  Capo,  dal  dorso,  di  larva  di 
Simuli  uni  (Ditteri)  con  autenne,  frangia 
laterali  e  macchie  oculari.  Da   Aliati. 


In  ocello  per  lato  si  trova  in  larve  di  Tricotteri 
e  di  parecchi  Coleotteri  (Lampiridi,  Drillidi.  Licidi, 
Teleforidi,  taluni  Crittofagidi,  Cerambioidi  e  Cnrcu- 
liouidi)  ;  due  in  larve  di  altri  Coleotteri  (Birridi, 
Mclandiidi,  Edemeridi,  Tenebrionidi,  Nitidulidi,  Ela- 
teridi  ed  alcuni  Lamellicoruidi)  ;  tre  in  molti  altri 
Coleotteri     (Cerambicidi,     Teuebrionidi,     Coccinellidi); 

quattro,  sempre  nello  stesso  ordine  dei  Coleotteri,  in  larve  di  Cicindelidi,  molti  Stafilinidi, 
Pirocroidi,  alcuni  Crisomelidi  e  Coccinellidi  ;  cinque  nelle  larve  di  moltissimi  Lepidotteri  nonché 
in  altre  di  Coleotteri  delle  famiglie:  deridi,  Cisidi,  Colidiidi,  Micetofagidi,  Eteroceridi, 
Parnidi,  Lagriidi,  molti  Birridi  e  qualche  Cerambieide  ;  sei  nella  maggior  parte  dei  Lepidotteri 
nonché  iu  Neurotteri  del  gen.  Staiti  ed  in  molti  Coleotteri  delle  famiglie  :  Carabidi,  Ditiscidi. 
Girinidi,  Cifonidi,  Erotilidi  e  nella  maggior  parte  degli  Idrofilidi,  Dermestidi,  Crisomelidi;  sette 
cnelli  <i  trovano  in  larve  di  qualche  Neurottero,  ad  es.  dei  gen.  Jìaphidia,  Bittacns  e  finalmente 
venti   nella  maggior  parte  delle  larve  di   altri   Neurotteri  dei   generi   l'unorpa  e   Boreiis. 


Nelle  forme  larvali  degli  Insetti  a  metamorfosi  completa  mancano  sempre  gli 
occhi  composti  (voi.  I.  pp.  111.  112  e  o52-0(i7),  i  (piali  sono  un  carattere  esclu- 
sivo degli  adulti  degli  Insetti  metabolici  e  di  tutti  gli  stadi  dei  Pterigoti 
emimetaboli. 

Altre  appendici  cefaliche,  non  pertinenti  all'insieme  degli  organi  boccali  e  che 
non  trovano  riscontro  negli  adulti,  sono  quei  lobi  ciliati  (Mg.  215)  che  si  vedono 
ai  lati  del  capo  in  parecchie  larve  acquaiole  di  Ditteri  e  servono  a  determinare, 
colla  vibrazione  rapida  della  frangia  di  cigli,  una  corrente  d'acqua  verso  la  bocca 
della  larva,  per  la  quale  corrente  vengono  portati  nella  bocca  stessa  frammenti 
organici   e  organismi   piccolissimi,   di   cui   la  larva  si  nutre. 

Se  ne  è  parlato  a  pagg.  122.  123  del  I  volume.  Queste  appendici  (che  con 
dubbio,  del  resto,  si   possono  considerare  come  organi  a  se)  scompaiono  nella  muta. 


Organi  boccali.  —  Gli  Insetti  a  metamorfosi  incompleta  e  gli  emimetaboli  mo- 
strano molta  somiglianza  (pianto  ad  armatura  boccale  tra  larva  ed  adulto  rispet- 
tivo, anzi  nel  massimo  numero  dei  casi  una  vera  identità.  Di  questi  Insetti  pero 
di  presente  non  ci  occupiamo,  dappoiché,  a    parer    nostro,  le  trasformazioni,  che 


228 


CAPITOLO    QUARTO 


sono  rappresentate  dalle  metamorfosi  complete,  sono  fenomeni  differentissimi 
dalle  mutazioni,  su  scala  assai  più  modesta,  che  si  verificano  nei  casi  di  emime- 
tabolia  ed  ametabolia.  Per  questa  fondamentale  diversità  devesi  discorrerne 
saparatamente  e  per  ora  non  ci  occupiamo,  come  nelle  pagine  precedenti  già  si 
è  fatto,  se  non  di  ciò  che  riguarda  gli  Insetti  a  metamorfosi  completa. 

In  questi  adunque  l'apparato  boccale  della  larva    è    sempre    masticatore,    o, 


Fig.  216.  —  Capi  ed  orgaui  boccali  di  larve  diverse. 

A,  di  larva  Erucifornie  (Gossits)    veduta  dal  di  dietro;    B,  di  altro    braco  visto   di  faccia;     C,    di   larva    Melolontoide 

[Acilius,  Coleott.);  D,    di  larva  Ernciforme  sob-apoda  (Sire*).  Da  vari  autori. 
A,  a,  antenne;  Md,  m,  mandibole;  Mx,  mx,  mascelle;  pmt  palpo  mascellare;  Li,  li,  labbro   inferiore;  pi,  palpo  labiale; 

O,  ocelli. 


meglio,  esso,  pur  talora  avendo  ufficio  alquanto  diverso  dalla  vera  macinazione 
del  cibo,  tuttavia  si  compone  di  pezzi,  che  si  riportano  assai  più  agevolmente  a 
quelli  masticatori  o  comunque  dilaceranti  e  tritanti,  che  non  agli  altri  veramente 
di  succiamento,  dei  quali  si  vedono  esempi  così  cospicui  sopratutto  nei  Ditteri 
e  Lepidotteri  adulti. 

Evidentemente  questi  e  gli  altri  tipi  di  apparato  boccale  succhiatore  fra  gli 
emimetaboli  (Emitteri,  ecc.)  rappresentano  un  tipo  evoluto,  profondamente  diffe- 
renziato dal  masticatore,  che  devesi  considerare  per  primitivo  e  ciò  in  base  a 
quanto  si  è  veduto  mostrare  assai  bene  la  paleoentomologia  e  per  quanto  ancora 
fanno  vedere  le  larve  olometaboliche.  Queste  senza  dubbio  rappresentano  uno 
stato  del  tutto  primitivo,  traverso  il  quale  passa  ogni  insetto  olometabolico, 
comunque  organizzato  nella  sua  veste  definitiva. 

Ora  le  variazioni  nella  conformazione  e  struttura    delle    parti    boccali    delle 


I   I       1    I    \     .;l<i\    VMM      1.1   .11.1     IXSKTTI 


229 


kuv«>  olometaboliche  sono  entro  un  àmbito  molto  ristretto  e  tale  che  non  tra- 
scende mai  troppo  al  di  fuori  del  tipico  apparato  boccale  masticatore,  come  si  è 
già  conosciuto  a  suo  luogo  (voi.  I,  pagg.  143,  144  ed  altrove).  Si  è  dunque  colà 
avvertito  clic  l'apparato  boccale  masticatore  tipico  si  compone  di  tre  paia  di 
pezzi,  che  sono:  Le  mandibole,  le  mascelle  (del  1.°  paio)  ed  il  labbro  inferiore  o  ma- 
scelle «lei  2.°  paio.  Il  primo  paio  specialmente  rappresenta  la  più  robusta  coppia 
di  organi  masticanti  e  non  reca  palpi,  mentre  le  due  altre  paia  hanno  ciascuno 
due   palpi  (mascellari  e  labiali). 

Ora,  questo  tipo  (tìg.  216)  è  conservato  precisamente  così  nella  massima 
parte  delle  larve  olometaboliche,  salvo  riduzioni,  ad  es.  degli  organi  sensoriali 
p eriboccali,  per  quei  processi  involutivi  che  si  sono  veduti  dipendere  da  minori 
necessità  della  larva.  Esso  però  è  abbastanza  profondamente  alterato  per  quelle 
forme,  che,  vivendo  di  cibo  molle,  commisto  a  molta  parte  liquida,  debbono  avere 
organi  meglio  adatti  a  questa  speciale  maniera  di  nutri- 
zione In  tali  forme,  però  sempre  si  presenta,  oltre  ad  un 
insieme  di  organi  boccali  atti  a  sorbire  la  parte  liquida 
od  il  cibo  molto  diluito,  anche  qualche  organo  capace  di 
dilacerare  sostanze  resistenti  e  trasformarle  in  quella 
massa  fluida,  che  è  richiesta  dal  particolare  modo  di 
vita  della  larva. 


Fig.  217.  —  Capo  et]  organi 
boccali  di  larva  acefala  «li 
Dittero  ciclorafo  (Piop/ii/a 
easei).  Da  Alessandrini. 


Questa  particolare  maniera  di  apparato  boccale  si  può  vedere 
ad  es.  in  molte  larve  di  Ditteri  ciclorati  (tìg.  217),  come  sono  i 
comuni  Bermi  della  carne  che  marcisce  ed  esse  debbono,  infatti, 
ridurre  a  poltiglia,  dilacerando  i  tessuti,  la  carne  stessa,  per  in- 
gerirne il  fluido  cosi  derivato  per  questo  lavoro  meccanico  e  per 
effetto  della  putrefazione.  Co-ì  pure  sono  armate  altre  forme  affini, 
che  si  nutrono  dei  visceri   viventi  di  altri   insetti,    ma    ne    debbono 

prima  incidere  la  pelle  (ad  es.  larve  di  Sirfidi,  Tabanidi,  ecc.)  o  quelle  degli  Imenotteri  endofagi 
(specialmente  il  primio  stadio  ciclopiforme),  che  dilacerano  gli  organi  interni  delle  loro  vittime 
e  di  questi  ed  insieme  dei  succhi  circolanti  si  nutrono. 

In  tali  casi  solo  un  paio  di  organi  boccali  mantiene  la  tipica  consistenza  ed  è  foggiato  ad 
uncino  attissimo  alla  dilacerazione  (tìg.  211)  e  tutto  il  rimanente  degli  organi  stessi  è  ridotto 
od  è  del  tutto  irreperibile  e  costituice  un  complesso  orale  destinato  alla  assunzione  di  sostanze  fluide. 


Ma  le  larve  che  debbono  rodere  corpi  duri,  come  sono  quelle  dei  Lepidot- 
teri, della  massima  parte  dei  Coleotteri,  di  Xeurotteri,  di  molti  Imenotteri,  spe- 
cialmente Tendredinei  e  Siricidi,  hanno  il  loro  apparato  boccale  completo,  se- 
condo il  tipo  masticatore  indicato,  sebbene  gli  organi  tutti  sieno  generalmente 
meno  vistosi  che  non  nelle  forme  adulte  né  giammai  presentino  quelle  secondarie 
variazioni,  che  non  sempre  dipendono  dalla  necessità  della  nutrizione,  ma  anzi, 
nel  maggior  numero  dei  casi,  da  influenze  diverse  e  non  sempre  facili  a  ricono- 
scersi, variazioni  che  talora  si  palesano  con  modificazioni  vistosissime. 

Per  esempio,  mai  si  potranno  trovare  nelle  larve  mandibole  così  straordi- 
nariamente sviluppate  come  fanno  vedere  i  maschi  dei  Cervi  volanti  e  molti 
altri  Insetti. 

Così  ancora,  il  capo,  il  quale  negli  adulti  può  assumere  forme  le  più  discoste 
dal  tipo  semplice  larvale,  in  grazia  di  complicazioni  dovute  a  scopi  i  più  sva- 
riati, o  per  molta  parte  per  influenza  della  sessualità,  si  vede,  nelle  larve,  se- 
condo la  più  semplice  espressione,  cioè  di  calotta  sferoidale,  racchiudente  le 
masse  muscolari  motrici  degli  arti  della  bocca  e  quei  modesti  gangli  cerebrali 
che  spettano  a  tale  giovanissima  età.  Assai  di  rado  il  capo  reca  appendici  o 
sculture  vistosi  e  di  più  difficile  interpretazione   quanto  ad  ufficio. 


230  CAPITOLO    QUARTO 


Come  si  sono  viste  essere  ridotte  assai  di  volume  le  antenne,  così,  analoga- 
mente, uno  scarso  sviluppo  acquistano  i  palpi  e  piccoli  sono,  del  resto,  anche  le 
mascelle  ed  il  labbro  inferiore,  mentre  possono  essere  più  lorti  le  mandibole, 
specialmente  nelle  forme  predatrici,  che  debbono  afferrare  bene  e  trattenere  la 
vittima  ed  in  quelle  ancora  che  rodono  corpi  molto   resistenti. 

Speciali  tipi  di  organi  boccali.  —  È  beue  ricordare  qui  una  particolare  struttura  <li  organi 
boccali,  che  non  trova  mai  riscontro  negli  adulti  e,  tra  le  larve,  si  limita  ad  alcune  predatrici,  per- 
tinenti a  Neurotteri  e    Coleotteri. 

Così  le  larve  di  Formicaleoni  e  delle  affine  Crisope,  fra  i  Neurotteri,  che  vivono  afferrando 
e  succhiando  insetti  diversi  hanno  mandibole  grandissime  e  foggiate  a  falce,  acutissime.  Lungo  il 
loro  margine  interno  esse  hanno  una  doccia,  che  le  percorre  dalla  base  all'apice  ed  allorché  a  questo 

orlo  interno  si  addossa  la  mascella,  che  è  molto  allungata,  la 
doccia  diventa  un  vero  e  proprio  canaletto,  aperto  in  bocca 
da  un  lato  ed  all'apice  delle  mandibole  dall'altro.  Per  tale 
cauale  scorre  il  sangue  succhiato  dalle  vittime. 

Una  disposizione  analoga  si  vede  in  quelle  terribili  larve 
di  Dytiscus  (fig.  218),  che  non  temono  di  aggredire  anche 
vertebrati  di  assai  più  voluminosi  e  ne  hanno  facilmente 
ragione. 

In    confronto    dei    rispettivi    adulti    l'apparato 
Kig.  L'is.  _  Testa  nella  larva  di     boccale    varia,    non  fosse    altro    che    per  le  dimen- 

Schìéd."*   VÌS,a   dal    Vent'e'    °a     sioni>  ma  in  taluni  casi  ljer  radicali  differenze. 

Infatti  si  hanno  larve  masticatrici,  che  riescono 
adulti  egualmente  provveduti  di  apparato  boccale 
masticatore,  e  tali  sieno  i  Coleotteri  e  molti  Xeurotteri,  ma  se  ne  hanno  altre 
ugualmente  masticatrici,  che  allo  stato  adulto  assumono  un  apparato  boccale  lam- 
bente, come  si  vede  degli  Imenotteri,  oppure  succhiatore,  come  accade  dei 
Ditteri,  specialmente  Ortorafl  e  dei  Lepidotteri,  che  mostrano  il  più  classico 
esempio  di  tali  variazioni  da  giovane  ad  adulto. 

11  Brauer,  dietro  considerazione  degli  organi  boccali  delle  larve,  in  comparazione  a  quelli 
degli  adulti,  divide  tutti  gli  Insetti  in  tre  gruppi,  che  egli  chiama  con  speciali  denominazioni,  cioè: 

I.  Insetti  menoritiohi,  con  apparato  boccale  succhiatore  tanto   nelle  larve  che    negli    adulti 
(Rincori)  ; 

II.  Institi  in  mi  o<j  unti,   con   apparato  boccale   masticatore    tanto  nella  larva    che    nell'adulti! 
(Ortotteri,  Odonati,  Neurotteri,   Panorpati,   Efeniei idi,  Tricotteri,  Coleotteri  ed  alcuni  Imenotteri  : 

III.  Insetti  metagnati,  nei  quali  le  larve  sono  masticatrici  e  gli  adulti  invece  succhiatori  o 
lambenti  (Ditteri,   Sifonatteri,  Lepidotteri,   e  gli   altri  Imenotteri). 

Come  si  vede  gli  Insetti  metabolici   appartengono  solo   ai  due   ultimi    gruppi. 

Tronco  e  sue  appendici.  —  Xella  rimanente  parte  del  tronco  le  appendici  sono 
locomotorie  oppure  respiratorie  (per  talune  forme  acquaiole)  ed  anche  in  ciò  si 
rilevano  fondamentali  differenze  fra   larve  metaboliche  e  adulti. 

Si  è  già  abbastanza  trattato  di  cosifatte  appendici  nel  voi.  I,  al  quale  ri- 
mando il  lettore  (pagg.  284-289  per  le  appendici  in  rapporto  colla  locomozione  e 
pagg.  809811,  824,  836  per  quelle  riferentisi  alla  respirazione). 

Appendici  locomotorie.  -  Brevemente  riassumendo  quanto  è  colà  illu- 
strato anche  con  numerose  figure,  si  rileva  che  le  appendici  esclusivamente  lar- 
vali, spettanti  al  solo  tronco,  riferentisi  alla  locomozione  sono  di  più  specie  e  si 
possono  così  elencare:  zampe  (vere  &Jalt>ei;  tubercoli  ventrali  carnosi  armati  o 
no,  rappresentanti  rudimenti  di  zampe;  tubercoli  dorsali  callosi;  propulsori  (nel- 


LE    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


1>31 


l'estremo  addome);  speciali  organi  per  determinare  particolari  modi  di  locomozione 
all'infuori  dei  precedentemente  citati. 

Le  zampe  delle  larve  metaboliche  si  distinguono  in 
toracali  o  rere,  le  quali  appartengono  al  torace  e  rappre- 
sentano impostazioni  transitorie  di  quelle  dell'adulto,  del- 
le quali  sono  omologhe,  nonché  in  addominali  o  false, 
e  queste,  nei  Pterigoti  adulti  non  trovano  corrispondenza. 

Esempi  vistosi  di  zampe  false  (flg.  219)  accompagnate 
da  quelle  vere  sono  offerti  dalle  larve  delle  Farfalle 
(Brachi)  e  da  quelle  dei  Tentredinei  fra  gli  Imenotteri; 
ma  sono  meno  frequenti  presso  altri  gruppi  e  non  cosi 
bene  conformate  come  nelle  suddette  forme  giovanili. 

Le  false  zampe,  che  si  trovano  per  paia  in  numero 
vario  su  determinati  segmenti  addominali,  sono  brevi 
rilievi  conici,  carnosi,  non  retrattili,  con  o  senza  una 
corona  di  organi  adesivi,  in  forma  di  uncinetti,  lungo 
l'orlo  della  superficie  rotondeggiante  con  cui  sono  termi- 
nate. Tali  appendici  non  sono  articolate,  cioè  non  si 
veggono  essere  divise  in  articoli  distinti. 

Per  converso  le  zampe  vere  sono  benissimo  articolate, 
dure  e  terminano  con  una  unghia.  Ora,  da  un  tronco  privo 
al  ventre  di  qualsiasi  appendice  locomotoria,  come  si 
vede  in  moltissime  larve  apode,  così  dette  appunto  perchè 
mancanti  di  qualsiasi  specie  di  zampe,  ed  in    moltissime 

altre,    che    pure    hanno  le  zampe  vere  soltanto,  e  in  quella  altre  larve  che  sono 
fornite  di  zampe  false    benissimo  conformate,  come  quelle    dei    Bruchi    succitate, 


A  B 

Fig.  219.  —  Larve  cruciformi 
mostranti  le  false  zampe. 

A,  di  Lepidottero;     B,  di   Ten- 
tredine©. 


Fig.  220.   —  Larve  con  rudimenti  di  false  zampe  ed  una  apoda  (D). 
.1.  di  Mnsca:   /;,  ili  Oecidomido;  C,  di  Cionus  fraxini  (Coleott.  Coroni.);  D,  Calabrone.  Da  vari  autori 


sia    tutta    una    serie    di    protuberanze  più  o  meno  vistose  e  complicate,  le  quali 
segnano  altrettanti   passaggi   graduali  dall'una  all'altra  conformazione. 

In  questi  casi  si  tratta  di  veri  rilievi  carnosi  (fig.  220),  estroflettibili  per  lo 
più,  talora  muniti  di  uncinetti,  quali  organi  adesivi,  o  bagnati  di  un  liquido 
vischioso  allo  stesso  scopo. 


232 


CAPITOLO   QUARTO 


Per  tali  larve,  come  ancora  per  quelle  apode,  ina  che  però  eoa  molta  atti- 
vità si  locomuovono,  sia  per  cercare  il  cibo  come  per  rinvenire  un  ambiente  op 
portano  per  compiervi  al  sicuro  la  loro  trasformazione  in  ninfa,  l'incesso  dell'in- 
setto è  tutto  affatto  speciale. 


Fig.  221.  —  Incesso  di  larva  cruci- 
forme con  false  zampe  (bruco). 
Vari  momenti  da  1  in  5. 


Fig.  222.  —  Incesso  di  larva  eruci  • 
forme  apoda  (larva  di  Mosca)  col- 
l'aiuto  delle  mandibole. 


I  bruchi  e  i  falsi  bruchi  (coinè  souo  detti  le  larve  di  Tentrediueii  procedono  (fig.  221)  sol- 
levando ad  arco  successivamente  i  diversi  tratti  del  loro  corpo 
a  cominciare  dalla  parte  posteriore,  che  per  prima  si  porta 
in  avanti  e  serve  d'appoggio  a  tutto  il  successivo  spostamento 
del  tronco,  fino  alla  regione  anteriore,  che  è  l'ultima  a  solle- 
varsi ed  a  fissarsi  più  innanzi.  Il  corpo  del  bruco  è  così  per- 
corso da  un  movimento  a  guisa  d'onda,  che  procede  dalla 
parte  posteriore  alla  anteriore. 

Le  larve  apode  di  Ciclorafi,  invece,  le  quali  si  servono 
dei  loro  poderosi  uncini  boccali  per  punto  di  attacco  a  de- 
terminare una  trazione  sul  rimanente  corpo,  incedono  (fi- 
gura 222),  sia  nella  ma- 
niera dei  bruchi,  ed  in 
questo  caso  poco  ufficio 
hanno  i  detti  uncinetti 
della  bocca,  sia  servendosi 
di  questi  ed  in  tale  caso 
la  prima  a  spostarsi  è  la 
parte  anteriore  del  loro 
corpo,  il  quale  dapprima 
si  allunga,  si  fissa  cogli 
uncini  boccali  alle  scabro- 
sità della  superficie,  quindi 
si  contrae  energicamente, 
in  guisa  da  spostarsi  tutto 
in  avanti,  non  senza  quel  movimento  d'onda  già  veduto  pei  bruchi,  ma  questa  volta  in  senso 
inverso,  cioè  dall'innanzi  all'iudietro. 

Però  se  queste  larve  procedono  su  superficie  liscia,     su    cui    gli    uncini  boccali  non  possano 
aver  presa,  allora   si    servono    esclusivamente  della  maniera  ricordata  per  i  bruchi,  col  concorso 

del  liquido  in  cui   sono  ordinariamente     involte    e    che  deter- 
mina una  efficace  adesione. 

I  bruchi  nelle  Geometre  (fig.  22IJ),  tra  le  farfalle,  detti 
appunto  misurini  o  compatti,  pel  loro  specialissimo  modo  di 
incesso,  poiché  mancano  di  falsi  piedi  in  mezzo  al  tronco  e 
giacché  i  piedi  veri,  torneali,  come  in  tutti  i  bruchi  e  falsi 
bruchi  non  sono  atti  al  cammino,  spostano  all'iuuanzi  la 
parte  posteriore  del  corpo  e  con  questa  si  fissano,  sollevando 
ad  arco  molto  stretto  il  tronco  stesso.  .Successivamente  si  stac- 
cano dalla  superficie  colla  parte  anteriore  e  la  recano  all'in» 
nauzi.  Tutto  ciò  avviene  con  una  parvenza  come  di  compasso, 
che  si  apra  e  chiuda  successivamente,  donde  il  nome  volgare 
dato  a  questi  bruchi. 

Ma  quelle  larve  meloloutoidi,    le    quali  hanno  zampe  to- 
rneali atte    al    cammino,     procedono    diversamente,   certo  mai 
con  quel  movimento  ondulato,   che    spetta  alle    cruciformi  ed 
alle  apode  loro  derivate. 
In  taluni  casi  le  larve  melolontoidi,  oltre  alle  zampe  toracali  possiedono  anche    altro    appa- 
rato nella  regione  posteriore  del  corpo,  atto  a  far  punto  di  appoggio  per    la   spinta    all'innanzi 
del  corpo  stesso,  ma  non  a  sostenerlo,  se  tutto  si    sollevasse  dalla   superficie,  come    avviene  pei 
misurini  suddetti. 


Fig-  223.  —  Incesso  di  larva  di  Geo 
metra;  da  A  in  C. 


I.E    KÌX    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


•_<:;:, 


Queste  larve  (fig.  224  A)  spostano  all'iunanzi  primieramente  la  parte  posteriore  del  corpo  e 
la  fissano  alla  superficie  mercè  il  propulsore,  come  è  detto  l'organo  speciale  di  adesione,  Poi, 
facendo  t'orza  su  questo,  mentre  eolle  zampe  (vere)  non  abbandonano  la  snperfioie  su  cui  si 
muovono,  ma  vi  procedono  coli' aiuto  dei  piedi,  non  diversamente  da  tutti  gli  Insetti  che  non 
hanno  se  non  questi  arti,  intanto,  distendendo  a  forza  l'arco  dell'addome,  puntando  cosi  sul  pro- 
pulsore, aiutano  assai  bene  il  debole  lavoro  delle  zampe  e  spingono  più  rapidamente  il  corpo  in 
avanti. 

Finalmente,  le  larve  di  questo  gruppo,  che  non  hanno  alcun  organo  addominale  in  aiuto 
della   locomozione  e  solo  si  servouo  delle  zampe  toraciche,   procedono  più  o  meno  rapidamente,   a 


Fig.  224.  —  Il  propulsore  ed  il  suo  impiego  per  la  larva  di   Lampi/ri». 
A,  usato  per  l'incesso  ;  li,  per  la  pulitura  del  corpo. 


seconda  della  maggiore  o  minore  robustezza  degli  arti  e  il  loro  modo  di  locomozione  non  pre- 
senta alcunché  di  speciale. 

Fra  queste  forme  se  ne  trovauo  però  talune,  come  sono  le  larve  di  Lamellicorui  e  Pettinicorni 
che,  pur  avendo  discrete  zampe  toraciche,  qualora  siano  messe  in  una  superficie  all'aperto,  non 
si  servono  delle  zampe  toracali  per  procedere,  né  si  dispongono  sul  ventre  per  ciò,  ma  si  arro- 
vesciano sul  dorso  e,  con  movimenti  ondulati  del  corpo,  aiutandosi  con  innumerevoli  spinetti'  e 
corti  peli  rigidi  rivestenti  il  dorso,  procedono  su  questo,  col  ventre  in  aria  e  non  troppo  lenta- 
mente. È  però  vero  che  il  trovarsi  cosi  scoperte  su  una  superficie  non  è  cosa  normale  per  queste 
larve,  che  vivono  entro  terra  o  nei  legni  marci,  ma  sempre  in  cunicoli.  Certo  pero,  anche  in 
questi  sono  le  successive  contrazioni  e  distensioni  dei  segmenti  del  tronco 
che  determinano  il  progresso  all'innanzi,  più  che  le  zampe  toracali,  che 
probabilmente  non  hauno  ufficio  negli  spostamenti  dell'insetto  da  luogo 
a  luogo. 

Nel  gruppo,  infine,  delle  larve  apode  del  tutto  fig.  225)  se  ne  trovano 
moltissime,  le  quali  non  si  locomuovono  affatto  e  non  saprebbero  farlo  in 
alcun  modo,  come  si  riconosce  allorché  dal  loro  abituale  ambiente  si 
portano  sul  piano  ed  esse  hanno  pure  tutto  il  desiderio  di  fuggirsene.  Tutti 
i  loro  movimeuti,  anche  in  tali  casi,  si  riducono  a  delle  contorsioni  scom- 
poste,  quanto  inutili  e  nulla  più,  e  lo  stesso  accade  non  solo  per  larve 
assolutamente  apode,  ma  anche  per  altre  che  pure  hanno  zampe  toracali, 
ma  non  se  ne  sanno  servire  per  l'incesso  né  trovano  modo  di  spostare 
con  esse  il  loro  pingue  corpo.  Tutte  queste  larve  non  hanno  evidente- 
mente Insogno  di  mutare    ambiente    per    le    necessita  della  loro    esistenza. 

esse  sono  nate  e  vivono  per  tutto  il  periodo  larvale  in  mezzo  al  nutrimento  che  richiedono, 
oppure,  come  avviene  per  le  larve  degli  Insetti  sociali  metabolici,  sono  nutrite  direttamente 
dai  rispettivi   adulti. 

Siauo  esempio  di  questo  estremo  grado  di  riduzione  degli  organi  locomotori,  quelle  così 
dette  uova  ili  formica,  ben  note  e  che  sono  cosi  indicate  pel  loro  aspetto  e  per  la  loro  quasi  im- 
mobilità, le  quali  noti  sono  altrimenti  uova,  ma  le  larve  stesse  delle  formiche  e  possono  vivere 
senza  facoltà  alcuna  di  locomuoversi  e  pur  con  pochissima  anche  di  solo  muoversi,  perchè  ad 
esse  provvede  benissimo  la  sollecitudine  dei  rispettivi   adulti. 

Ilo  parlato  più  su  di  Propulsori.  Questi  sono  organi  addominali  esclusivi 
ili  larve  metaboliche  e  ristretti  a  poche  specie,  ma  molto  diversi  tra  loro  .intinto 
a  struttura.  Si  incontrano  in  larve  di  Coleotteri  specialmente,  ma  anche  di 
di  qualche  Neurottero. 

A.    BKKLBSI  i,  II.   —  30. 


Mg. 225.  —  Tipo  della 
larva  apoda  di  Ime- 
notteri aculeati.  Ita 
Ratzeburg. 


234 


CAPITOLO    QUARTO 


I  più  semplici  sono  rappresentati  da  una  vescicola  estroflettibile  da  un  tubulo  Glutinoso,  che 
si  trova  Dell'estremo  addome,  o  dal  retto  stesso,  che  un  poco  fuori  esce  all'occorrenza.  Cosi  è  per 
le  larve  di  Elateridi  (Coleotteri).  Tale  vescica,  per  un  suo  umore,  è  adesiva  abbastanza. 

I  più  complicati  si  trovano  nelle  larve  di  Lampiridi  è  sono  rappresentati  da  una  grande 
frangia  di  tubuli  molli,  vermiformi,  coperti  elegantemente  di  minutissime  spinette,  i  quali  sono 
estroflettibili  tutti  insieme  e  singolarmente,  arrovesciandosi  come  si  può  fare  per  le  dita  di  un 
guanto.  Un  liquido  può  essere  spinto  a  forza  in  tali  tuboli  e  li  fa  sortire  all'esterno,  i  quali  si 
diffondono  sul  corpo  ove  posa  l'insetto,  con  un  aspetto  come  di  un  pennello  o  meglio  come  una 
massa  di  tentacoli  minutissimi,   vermiformi,   bianchi  e  quivi  tenacemente    aderiscono. 

Trovansi  consimili  organi,   sebbene  non   così   ricchi  come  per  le  larve  di  Lampiridi,  anche  iu 

quelle  di  Carabidi,  Stafilinidi,  Crisomelidi.  Nei  Lampiridi 
essi  servono,  per  testimonianza  del  Targioni,  assai  bene  anche 
come  organi  di  pulizia,  perchè  le  larve,  ripiegaudo  l'estremo 
addome  verso  le  parti  del  loro  corpo  collocate  più  innanzi, 
se  ne  servono  a  guisa  di   striglia  per  tergere,  e  rassettare  la 


loro    cute    (fig.   224,  li).     (Per    questi    organi 
struttura  vedi  voi.  I,  pp.  287,    288). 


per    la    loro 


Un  curioso  modo  di  spostarsi  per  entro  le  loro 
gallerie  scavate  nel  legno  mostrano  le  larve  di 
Cerambicidi  (fig,  226),  delle  quali  anche  specie 
grossissime  sono  da  noi  comuni,  come  quel  Cerambyx 
cerdo,  clie  è  fra  tutti  i  nostrali  il  più  voluminoso 
e  si  incontra  comunissimo,  d'estate,  nei  boschi,  spe- 
cialmente di  Quercie  e  vola  assai  bene. 

Le  larve  di  questi  Insetti  sono  apode  affatto, 
ma  moltissime  presentano  delle  vistose  callosità  sui 
segmenti  addominali  e  non  solo  al  ventre,  ma  aucora 
al  dorso.  Ora  è  appunto  appoggiandosi  a  queste 
asperità,  che  si  impegnano  ed  aderiscono  alla  super- 
ficie scabrosa  del  legno  eroso,  che  l'animale  può 
spingersi  all'innanzi,  mercè  contrazioni  e  successive  distensioni  degli  anelli 
addominali.  Le  protuberanze  ventrali  hanno  una  muscolatura  omologa  affatto  a 
quella  delle  false  zampe  dei  bruchi  e  delle  larve  di  Tentredinei,  ma  il  singolare 
è  che  (come  ho  mostrato  nel  I  volume,  pag.  421)  anche  le  protuberanze  dorsali 
sono  iu  ciò  affatto  omologhe  delle  zampe  addominali.  Ecco  delle  larve  ben  sin- 
golari, con    rudimenti  di  arti  anche  sul  dorso  ! 


Fig.  226.  —  Larve uieloloutoidi.  apode 
di  Cerambioidi,  mostranti  i  tuber- 
coli dorsali  e  ventrali. 

A,  di  faccia;  (Xylorhìza  venosa)  da  Lu- 
caa:  L,  l'eiambyx  di  lato,  da  Kolbe. 


Del  resto  simili  tubercoli  (fig.  227)  in  uumero  vario,  talora  terminati  da  spinette  rigide,  si 
trovano  al  ventre  od  anche  al  dorso  di  molte  altre  larve,  sia  che  vivano  in  gallerie  quanto 
all'esterno.  Qui  aggiungo  auche  le  figure  di  larve  lignicole  di  Edemere,  come  ad  es.  è  quella 
di  Asolerà  caerulea,  che  qui  riporto,  con  sei  paia  di  tubercoli  dorsali  e  tre  ventrali,  ilei  tutto 
podiformi,  almeno  questi  ultimi.  Produzioni  omologhe  trovatisi  in  generi  affini,  come  Nacerdes, 
Melandri/a,  Hypulus,  Abdera  ecc. 

Molto  singolari  sono  i  tubercoli  ventrali,  in  numero  di  otto  paia,  che  si  veggono  al  ventre 
di  larve  di   Colasjris,  tra  i  Crisomelidi  e  sono  terminati  da  peli. 

Finalmente  ricorderò  la  singolare  larva  di  Lencaspis  (fig.  228),  Imeuottero  entomofago,  de- 
scritta dal  Fabre,  la  quale  possiede  ben  undici  paia  di  tubercoli  ventrali,  tre  pel  torace  ed  otto 
per  l'addome  e  sono  tutti  uguali  fra  loro  e  terminati  da  un  pelo  rigido.  Su  questi  lunghi  tram- 
poli la  larva  può  camminare  alla  meglio. 


Uno  speciale  modo  di  locomozione  è  quello  che  usano  certe  larve  di  Ditteri 
di  specie  diverse,  cioè  col  praticare  dei  grandi  salti,  pur  non  avendo  zampe. 


LK    KT  \    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


235 


Ciò  avviene  con  un  meccanismo  speciale.  La  larva  si  attacca  coi  suoi  un- 
cini boccali,  volgendosi  ad  arco,  ad  opportuni  pezzi  cintinosi  duri  dell'estremo 
addome,  poi  fa  t'orza  e  quindi  scatta  come  una  molla.  Xe  sia  esempio  il  comune 
verme  del  Formaggio  (Piophila  casei,  fig.  229).  Le  larve  di  Cecidomie  non  usano 
le  mandibole  a  ciò,  bensì  la  spatola  sternale. 

Appendici  RESPIRATORIE.  —  Lungamente  ne  ho  trattato  nel  I  volume,  alle 
pagine  indicate  ed  è  bene  che  chi  desidera  sapere  abbastanza  di  tali  organi  con- 
sulti quanto  colà  è  scritto  ed  illustrato  con  figure. 


<ie< 


te 


£& 


if-t 


Fig.  227.  —  Larve  di  ordini  diversi  con  tubercoli  ambulatori  in  numero  ed  ubicazione  varii. 

A.  di  Eiiemeride  (Arciera  coerulea)  da  Schiodte  ;  B,  di  Cnsomelide  (C'olaspis)  da  Riley  :  C,  di  Ditteri)  [Dicranota  biuta- 
culata),  da  Miall  :  D.  di  Tabanide  (d,  sua  sezione  trasversa)  ;  E,  di  Neurottero  (Panorpa  klugi),  da  Miyake  ;  F,  dì 
Leptide  (ignoto)  da  Iohannsen. 

Volendo  brevemente  riassumere  quello  che  in  tale  occasione  è  stato  esposto 
si  può  dire  che  in  molte  forme  larvali,  anche  di  quelle  a  metamorfosi  incompleta 
si  osservano  appendici  transitorie  sul  tronco,  site  in  regioni  varie  e  le  quali  non 
trovano,  se  non  in  rarissimi  casi,  riscontro  nell'adulto  e  sono  destinate  ad  una 
speciale  maniera  di  respirazione,    perchè  appartengono    tutte   a    forme  acquaiole. 


Infatti  si  possono  riscontrare  in  larve  di  Ditteri,  di  Lepidotteri,  di  Neurotteri,  di  Coleotteri 
fra  gli  Insetti  olometaholici  e,  come  ho  detto,  anche  in  forme  giovanili  di  parecchi  Insetti  a 
metamorfosi  incompleta. 

Si  tratta  di  appendici  di  forma  variabile,  in  generale  a  guisa  di  tuboli  in  ciuffi  od  isolati. 
sporgenti  dai  segmenti  del  torace  e  dell'addome,  composti  di  una  esilissima  pellicola,  attraverso 
la  quale  .•  dunque  facile  lo  scambio  dei  gas  dall'acqua  ambiente  all'interno  del  corpo  dell'insetto, 
detto  che  si  richiamano  a  branchie,  allorquando  detti  tubuli  non  contengono  trachee  o 
queste  non  appartengono  ad  un  sistema  aperto  col  mondo  esterno,  oppure  a  psevcìuiranchie  Be, 
invece,  dette  appendici  sono  percorse  internamente  da  rami  tracheali,  pertinenti  ad  un  sistema 
aperto. 

■Si  trovano  branchie  in  talune  forme  di  Ditteri,  come  ad  es.  nelle  larve  di  Chironomus  e  forse 
in  qualche  larva  di  Coleottero,   ma  sono  esempi   rari. 


236 


CAPITOLO    QUARTO 


Invece  più  comuni  sono  le  pseudobranchie,  e  se  ne  trovano  in  larve  di  Lepidotteri,  Neurot- 
teri,   Coleotteri,  sul  torace  oltreché   sull'addome. 

Ne  sia  esempio  le  larve  di  Paraponyx  (Lepi- 
dotteri), dove  sono  a  ciuffo,  disposte  su  ciascun 
lato  di  ogni  segmento  del  tronco  ed  anche  in 
A  centro  tua  e  Nymphila  nello  stesso  ordine. 

Fra    i    Coleotteri    le    larve    di     Gyrinus,    di  fr~lCX 


Fig.  228.  —  Curioso  moilo  di  usate  dei  tubercoli  pili- 
feri ventrali  da  parte  di  una  larva  (primaria)  di 
Ilnenottero  (Leucaspis  gigas).   Da  Fabre. 


Fig.  229.  —  Larva  di  Piophila  casei  (Dit- 
teri) che  salta;  in  Ce  imminente  lo  scatto. 
Da  Alessandrini. 


Hydrocharis,  di  Pelobius,   Cnemidotus  e  di  molti  altri  Insetti   acquaioli    di    questo    ordine,   ad  es 
delle  famiglie    Cyphonìdae,  Flmidae,  ecc.,    sono    fornite  di  pseudobranchie  filiformi,  per  lo 'più    a 
ciuffo  e  limitate  all'addome  od 
anche   presenti  nel  torace.  «^  A.P' 

Pei  Ditteri  tali  disposi- 
zioni sono  più  rare  e  meno 
vistose.  Giova  tuttavia  ricor- 
dare i  ciuffi  ventrali  di  pseu- 
dobranchie nelle  singolari 
larve  di  Blepharoceridae  (voi.  I, 
fig.  1062),  o  le  appendici  di- 
gitiformi,  che  possono  essere 
emesse  dall'  apertura  anale 
dalle  larve  di  Eristalis.  il 
cosidetto  verme  a  coda  di  topo 
del  Réauniur,  comunissimo 
nelle   acque  marcie,   eco. 

Molte  larve  di  Neurotteri 
e  di  Tricotteri  hanno  pseu- 
dobranchie, per  lo  più  fili- 
formi, talora  con  pseudoarti- 
colazioni, come  sono  quelle  di 
Sisyra,  di  Siaìis  ecc.  laterali 
o  ventrali.  Le  Friganee  mo- 
strano, allo  stato  di  larva 
(tig.230J),tre  tubercoli  conici, 
molto  alti,  alla  base  del  to- 
race e  sono  pieni  di  trachee 
finissime.  Si  considerano  per 
organi  respiratori.  Le  Hy- 
dropsiche  hanno  pseudo-bran- 
chie a  ciuffo. 

Talora  le  pseudobranchie 
si  incontrano  anche  nel  pe- 
riodo ninfale  od  in  questo 
solamente  (Rhyacophilidae,  By- 
droptylidae),  e  più  di  rado  per- 
sistono anche  nell'adulto,  come  si  è  veduto  (voi.  I,  p.  833)  in  talliti  genere  di  Perlidi  (Perla, 
Ptefonarcys) . 


B 


Fig.  231'. 


Larve  diverse  con  processi  respiratori  addominali 
(Pseudobranchie). 


A,  di  Friganea  :    />'.  di  Sialis  lutarla  (ambedue  Neurotteri)  ;     0,  di  Paraponyx 
striolata  (Lepid.)  ;  D,  di  Pelobius  hermani  (Coleott.). 


LE    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSKTTI 


237 


Si  è  detto  che  le  pseudobranchie  sono  comuni  anche  nelle  forine  giovani  di 
Insetti  a  metamorfosi  incompleta.  Ciò  si  richiama  ad  una  serie  di  organi  larvali, 
i   quali   subiscono  modificazione  nelle  successive  mute,  fino  all'adulto,  in  questi  In- 
setti, particolarmente  allorché,  colla  diversa  età,  cambia 
anche  fondamentalmente  la  maniera  di  vita. 

Di  ciò,  sarà  quindi  il  caso  di  parlare  trattando  delle 
mute  nelle  torme  ametabole  ed  emimetabole,  le  quali  mute 
rappresentano  una  condizione  di  cose  diversissima  da 
quelle  metamorfosi  complete,  che.  appunto  perla  vastità 
delle  modificazioni,  che  importano  nell'organismo  dell'in- 
setto, sono  oggetto  di  più  viva  meraviglia  e  presentano 
fenomeni  più  complessi. 


Vig.  231.  —  Larva  acqua- 
iola di  Aulonogyrus  stria- 
his  mostrante  i  processi 
respiratori  addominali.  Da 
Schiodte. 


Costumi  delle  larve  olometaboliche. 

La  larva  degli  Insetti  a  metamorfosi  completa  rap- 
presenta uno  stato  embrionale  libero,  con  ufficio  esclusivo 
di  completare  in  sé  quei  depositi  di  sostanza  nutritiva, 
i  quali  non  ha  potuto  avere  dall'uovo  e  che  le  permet- 
tano di  giungere  allo  stadio  definitivo. 

Tutto  ciò  sarà  benissimo  fatto  vedere  in  seguito, 
allorché  si  tratterà  più  particolareggiatamente  delle 
modificazioni  di  organi  e  tessuti,  che  avvengono  du- 
rante la  ninfosi.  In  fine  poi  della  sua  esistenza  la  larva  deve  ancora,  general- 
mente, trovar  modo  di  mettersi  in  condizioni  opportune,  per  trascorrere,  senza  pe- 
ricolo e  nella  quiete,  il  periodo  ninfale,  riparandosi,  al  caso,  in  modo  efficace. 
In  confronto  dell'adulto  adunque  le  larve  si  vedono  esenti  da  due  grandi  cause 
di  atti  molti  e  complessi,  cioè  quelli  che,  riguardano  la  conservazione  e  (salvo 
cii si  speciali)  la  diffusione  della  specie. 

Xegli  adulti,  anzi,  in  generale,  è  sensibilmente  minore  e  talora  nullo  affatto 
tutto  tjuel  complesso  d'azioni  intese  alla  assunzione  del  cibo,  perchè  l'adulto  non 
ha  le  perdite  che  incontra  la  larva  colle  numerose  mute  e  non  deve  costituire 
in  se  deposito  alcuno  di  sostanza  nutritiva. 


Nutrizione.   —  Di   tale  guisa  avviene  che  la   quantità  di  cibo  ingerita    e    dige- 
rita da  una  larva  durante  tutta  la  sua  esistenza  può  essere  veramente  sbalordi- 
tici, particolarmente  per  le  forme  vegetariane,  che  debbono  elaborare  una  massa 
eiiorine  di  sostanza  per  ritrarvi  la  quantità   di  albuminoidi  di  cui    vanno    preci 
imamente  in  cerca. 

■La  caratteristica  adunque  della  larva  metabolica  e  il  formidabile  appetito, 
per  cui  quasi  mai  l'insetto  si  arresta  dal  divorare,  quando  non  vi  sia  costretto 
da  circostanze  al  di  fuori  della  propria  volontà. 

Ma  se  nulla  impedisce  questa,  e  se  il  cibo  è  nutriente,  come  accade  pei  car- 
nivori, tutte  le  funzioni  digestive  si  seguono  con  tale  rapidità  meravigliosa,  che 
la  larva  aumenta  di  volume  e  di  peso  in  modo  incredibile. 


Il  Redi,  parlando  delle  larve  delle  mosche  viventi  nelle  carni  putrefatte,  ci  fa  noto  che  e  quei 
primi  bachi  veduti  il  giorno  avanti,  erau  cresciuti  di   grandezza  al  doppio:   ma   quello,    che   piii 


238  CAPITOLO    QUAKTO 


mi  sembrò  pieno  di  meraviglia,  si  fu,  che  il  seguente  giorno  arrivarono  a  tal  grandezza,  che 
ciascuno  di  loro  pesava  intorno  a  sette  grani;  e  pure  il  giorno  avanti  ne  sarebbero  andati  da 
venticinque  a  trenta  al  grano  »  che  è  poi  quanto  dire  un  aumento  di  duecento  volte  il  proprio 
peso  in  sole  ventiquattr'ore.  E  quanto  al  tempo  impiegato  a  distruggere  tutta  la  carne  loro  ap- 
prestata, dice  il  Redi,  di  siffatti  bruchi  che  «  in  un  batter  d'occhio,  finiron  di  divorare  tutta 
quanta  la  carne  dei  pesci,  avendo  lasciate  le  lische,  e  l'ossa  così  bianche  e  pulite,  che  parevano 
tanti  scheletri  usciti  dalla  mano  del  più  diligente  Notomista  d'Europa  *>. 

Questa  è  ben  altra  voracità  che  non  mostrano  le  larve  vegetariane,  sebbene  esse  pure  siano 
state  citate  come  esempi  mirabili. 

Già  Malpighi  aveva  osservato  che  il  Filugello  mangia  in  un  giorno  tanta  foglia  per  un  peso 
uguale  al  suo  proprio.  Secondo  Dandolo  l'aumento  del  Baco  da  seta,  dalla  nascita  al  momento 
in  che  va  a  filare,  crescita  cioè  in  volume  e  peso,  è  indicato  dalla  seguente  tabella  e  vale  per 
Bachi  di  razza  grande,  di  cui  vanno  472  bozzoli  per  chilo. 


Lntighezza  Peso  Giorni 

Alla  schiusura  3  mm.        p.   =  Ogr.,000472    , 

,      5  giorni 
Alla  uscita  della  1.»  muta  8  mm.       p.   X       15  muta  dol10  5"6  giorni 

^      4   giorni 
,  2.a     »  15   mm.        p.    X        94  »  ■•  9  giorni 

f      6  giorni 
»  3.a     »  28  mm.        p.   X      400  »  »        15  giorni 

»  4.a     »  40  mm.       p.   X  1628 

(    10  giorni 
Al  momento  di  filare  il  bozzolo       80  rara.        p.   X   7760  '  >  »        32  giorni 

Lyonnet  calcolò  che  un  bruco  del  comune  rodilegno  (Comu  cositi»),  al  momento  della  sua  tra- 
sformazione in  crisalide,  pesa  almeno  72.000  volte  più  che  non  alla  nascita.  È  vero  però  ohe 
questo  insetto  non  impiega  mai  meno  di  due  anni  nel  suo  ciclo  larvale.  Anche  la  quantità  di  cibo 
che  divora  una  larva  giornalmeute  è  davvero  meravigliosa. 

Il  Réaumur  aveva  già  veduto  che  i  bruchi  di  Cavolaia,  in  24  ore  divoravano  tanta  foglia  di 
cavolo  per  un  peso  doppio  di  quello  del  loro  corpo  ed  in  questo  tempo  essi  erano  cresciuti  di 
un  decimo  del  peso  precedente. 

11  Dandolo  sopralodato  (1813),  con  esperimenti  precisi,  dimostrò  che  un  Baco  da  seta,  dalla 
nascita  a  quando  sta  per  filare  consuma  circa  13  gr.  33  di  foglia,  cioè  un  peso  pari  a  60.000 
volte  quello  del  bacolino  stesso   neonato. 

Ma  la  larva  del  Ditisco  è  così  ingorda  che  può  aumentare  da  60  a  100  volte  il  proprio  peso 
con  un  solo  pasto! 

Natura  del  cibo.  —  Quanto  alle  sostanze  di  cui  le  larve  oloinetabole  si 
nutrono,  possiamo  dire  che  esse  vivono  di  cibo  assai  più  variato  che  non  gli 
adulti.  Intendo  dire  che  questi  ultimi  non  fanno  loro  nutrimento  di  parecchie 
sostanze,  le  quali  invece  sono,  il  cibo  preferito  di  talune  larve. 

Gli  adulti,  sono,  più  che  altro  vegetariani,  cibandosi  di  foglie  e  frutta  di 
piante,  o  frugivori;  molti  poi  sono  carnivori,  ed  eccellenti  predatori,  ecc. 

Ma  delle  larve,  troveremo  molte  nutrientesi  non  solo  delle  suddette  sostanze, 
ma  di  humus,  di  radici,  di  legno  fresco  e  secco,  ed  ancora  di  sostanza  cornea. 
l>eli.  lana,  ecc.;  di  cera  e  perfino  di  petrolio! 

Alcune  larve,  che  vivouo  sotterra,  come  sono  quelle  di  taluni  Lamellicorni,  si  nutrono  vera- 
mente anche  di   terriccio,   come  si  può  giudicare  bene    dalla    natura  degli  escrementi  loro.   Questi 


I.K    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


iì:;h 


si  vedono  composti  di  terra  ormai  esaurita  di  tutte  le  sostanze  organiche  che  conteneva.  Ora, 
nessun  insetto  adulto,  ohe  si  sappia,  si  nutre  ili  tale  sostanza,  cosi  ingombrante  e  tanto  povera 
ili  nutrimento  pegli  animali. 

]■'.  deguo  di  nota  ohe  \  i  sono  Insetti,  i  quali  possono  nutrirsi  di  cibi  contenenti  principii 
fortemente  venefici  non  solo  agli  animali  superiori,  ma  anche  alla  grande  maggioranza  o  quasi 
totalità  degli  altri   Insetti. 

Vi  sono  piante,  le  quali  contengono  un  lattice  eminentemente  caustico  e  ne  hanno  in  abbon- 
danza. Con  tutto  ciò  esse  nutrono  taluni  Insetti,  che  ne  rodono  il  fogliame  senza  danno  alcuno  : 
anzi  è  questo    il    loro    cibo    esclusivo.     Ma   sin    qui,   franandosi    di    rapporti    fra    l'insetto    e    la 
pianta,  che  sono  secolari,  si  pensa  subito,  con  ragioue, 
ad  uno  dei   tanti   casi  di  adattamento,   clie  non   può  tare 
si  cessiva  meraviglia. 

Lo  stesso  dicasi  per  parecchie  specie  di  Insetti,  che 
vivono  a  spese  della  pianta  di  Tabacco  in  erba,  sia 
come  loro  speciali  parassiti  (Thrips,  Aleurod€s)}  sia  inci- 
dentalmente, come  ades.  larve  di  Klateridi,  che  si  nutrono 
delle  radici  e  larve  di  Farfalle  (Agrotis,  Sphinx,  ecc.)  che 
rodono   il   fogliame. 

Anche  pili  singolare  apparisce  il  fatto  di  Insetti  che 
si  possono  nutrire,  senza  danno  di  sorta,  di  tabacco 
secco  e  queste  sono  specie  che  vivono  abitualmente  di 
altre  foglie  secche  o  resti  vegetali  non  contenenti  un 
così   potente  veleno  come  è  la  nicotina. 

Le  foglie  disseccate  di  tabacco,  conservate  nei  magaz- 
zini e  perfino  i  sigari  e  le  sigarette  sono  spesso  perforati 
da  larve  di  Xyletinits  serricornis.  Questo  colà  vivono 
tutta  la  loro  esistenza  fino  all'adulto,  nutrendosi  benis- 
simo della  costola  legnosa  delle  foglie  stesse,  che  pur 
contiene,  come  il  tabacco  pronto  per  fumo,  ed  anche  in 
grado  maggiore,  una  ben  forte  dose  di  nicotina  (fi- 
gura 232). 

Le  larve,  le  quali  vivono  di  legno  verde  o  secco,  e 
sono  parecchie,  sia  di  Lepidotteri  che  di  Coleotteri 
sopratutto,  oltre  ad  avere  un  poderoso  organo  masti- 
catore, dispongono  di  fermenti  tali,  nel  loro  stomaco, 
capaci  di  alterare  il  legno,  tanto  da  ritrarne  un  suffi- 
ciente nutrimento. 

Ma  non  è  facile  comprendere  come  certe  larve  di  taluni  Insetti  possano  e  trovino  utile  rodere 
persino  i  metalli  ed  altre  nutrirsi  e  vivere  in  ambiente  cos'i  attivo  insetticida  come  è  il  petrolio. 

Molte  volte  è  avvenuto  che  palle  di  piombo,  nelle  loro  cartuccie,  si  trovassero  traversate  da 
grossi  fori  ed  anche  nelle  gallerie  contenessero  gli  Insetti  scavatori,  in  generale  larve  di  Siri- 
cidi  (Imenotteri),  che  sono  abitualmente  roditori  di  legno  o  di  Cerambicidi,  ad  es.,  del  genere 
Callidium  o  di  Bostrichidi  (Coleotteri).  Però  tale  lavoro  è  qualche  volta  compiuto  anche  dagli 
adulti,   che  si  trovino  impediti   nella  loro  via  da  qualche  ostacolo  di  piombo. 

Palle  di  fucile  perforate  da  Insetti,  sono  state  da  ufficiali  presentate  ad  accademie  scienti- 
fiche, nel  1844,  nel  1857,  1861,  ecc.,  e  persino  lastre  dello  stesso  metallo  fece  vedere  l'Audouin 
nel  1S33,  forate  in  più  luoghi.  Queste  lastre  appartenevano  al  tetto  di  un  fabbricato.  Pare 
che  un  lavoro  simile,  nel  1844,  fosse  comune,  a  dauno  dei  tetti,  perchè  le  popolazioni  se  ne 
impensierivano   seriamente. 

Nel  1840  il  signor  Du  Boys  mostrò  delle  impronte  tipografiche,  le  quali,  come  è  noto,  sono 
di  una  lega  durissima,  perforate  da  numerosi  buchi,  di  circa  4  mill.  di  diametro  su  quattordici  di 
profondità.  Tali  gallerie  erano  state  fatte  da  larve  di  Bostrichidi.  Infine  fu  riconosciuta  sperimen- 
talmente la  facoltà,  che  hanno  i  Callidium,  di  perforare  lamine  di  piombo,  quando  ciò  loro 
convenga. 

Del  tutto  recentemente  si  sono  verificati  altri  casi  simili,  ed  io  riporto  figure  tolte  da  gior- 
nali scientifici  nord-americani,   che  illustrano  questi   fatti  (lig.   233). 


Fig.  232.  —  Sigarette  bucate  ed  erose  da 
larve  di  Xi/letinus  serricornis.  Da  Ho- 
ward. 


240 


CAPITOLO    QUARTO 


Fig.  233.  —  Erosioui  nel  piombo  fatte  da  larve  di  Insetti. 
(Instcl   Life) 


Le  ricerche,  che  si  sono  fatte  |ier  rintracciare  il  metallo  nell'organismo  dell'insetto,  che  lo 
aveva  eroso,  hanno  provato  che  il  piombo  non  si  trova  se  non  nel  tubo  digerente.  Adunque,  coinè 
del  resto  è  ben  credibile,  gli  Insetti  che  compiono  colali  lavori  non  lo  fanno  per  nutrirsi,  ma  per 
caso,  incontrando  il  metallo  dopo  il  legno  delle  casse,  o  la  carta  di  cui,  ad  esempio,  erauo  av- 
volte le  cartuccie,  per  procedere  nella  loro  galleria.  Il  certo  si  é  però  che  questi  fatti  dimostrano 
una  potenza  veramente  insolita  negli  organi  masticatori  di  queste  larve  che,  pel  loro  aspetto  e 
la  mollezza   della   loro  pelle,   sembrerebbero   tr.tt'altro  che  adatte  a  simile  opera. 

Nel  tulio  digerente  di  Coleotteri  Xilofagi  si  trova  una  diastasi,  la  xylanasi,  che  discioglie  la 
xylane.  Sc min  Seiller  (1905)  si  mette  in  evidenza  questo  principio  attivo,  prendendo  tubi  di- 
gerenti di  larve  dì  Phymatodes  variabilis  e  facendoli  a  brani  in  un  poco  d'acqua  e  di  cloroformio 
e  collocando  il   tutto  in   una  stufa  a  38°,   con   uu   grammo  di   xylane.   Si  ottiene  un  liquido  che   da 

le  reazioni    caratteristiche    dei    pen- 
tosi. 

Già  Lyonnet  e  più  recentemente 
Henseval  avevano  rilevato  che  la 
larva  del  Cossnx  cossus,  già  menzio- 
nata e  che  vive  di  legno  verde,  ri- 
getta dalla  bocca  una  secrezione, 
che  esercita  un'azione  corrosiva  sul 
legno  e  permette  alle  mandibole  di 
attaccarlo  con  maggior  facilità. 

Anche  la  presenza  di  celluiosi 
capaci  di  digerire  il  cellulosio  sembra 
comune  negli   Insetti. 

Kunckel  e  Bugnion   suppongono 

che  parecchi  Insetti  viventi  di  umori 

vegetali,   iniettino   nei    tessuti  della 

pianta  dei  succhi  capaci   di  iniziare 

la    digestione    dell'amido  ed   intanto  anche  intaccare   le  pareti  di  cellulosa  delle  cellule   vegetali. 

Vi  sono  inoltre  parecchie  larve,   che  vivono  a  spese    di  sostanza    cornea,   cioè  rodendo  i  peli 

delle  pellicole  o   la  lana  dei  tessuti  e  persino  le  corna  di   Ruminanti.    Ognuno    sa    come  bisogna 

difendere  le  pelliccerie  dai  tarli   ed   i   panni  dalle  tignole,   specialmente  in  estate. 

Ora  anche  questi  Insetti  hanno  facoltà  di  segregare,  nel  loro  tubo  digerente,  sostanze  capaci 
di  disciogliere  la  cheratina,   di  cui   principalmente  si  compone  il  loro  cibo. 

Sitowski,  a  proposito  della  Tinnì  biseliella,  una  delle  tignole  dei  panni,  ritiene  che  il  fer- 
mento digestivo,  capace  di  sciogliere  la  cheratina,  sia  del  gruppo  delle  tripsine  e  possa  trasfor- 
mare la  cheratina  in   una  albuminosi.    Egli  però   non   è  giunto  ad  isolare  il  principio  attivo. 

È  noto  che  gli  alveari  vanno  soggetti  all'attacco  di  speciali  Tignole,  che  possono  mandare  a 
male  in  breve  tempo  la  colonia  di  Api,  poiché  ne  intaccano  e  distruggono  i  favi.  La  Galleria 
melimi  Ila  e  stata  studiata,  sotto  il  rapporto  della  digestione,  da  Métalnikoff  (1907),  che  però  non 
potè  trovare,  nell'intestino  di  detto  bruco,  alcun  fermento  atto  a  sciogliere  la  cera.  Questa,  se- 
condo il  detto  Autore,  sarebbe  semplicemente  emulsionata  nell'intestino  e  la  sua  digestione  non 
avrebbe  luogo  che  nel  sangue,   in   grazia  dei   fermenti  segregati  dagli  amebociti. 

Intanto  però  la  cera  è  necessaria  alla  nutrizione  di  queste  Tignole;  esse  poi  trovano  le  altre 
sostanze  azotate  ed  idrati  di  carbonio,  di  cui  hanno  bisogno  per  vivere,  nelle  impurità  dei  favi. 
Ter  terminare  mi  questo  argomento  dei  cibi  strani  a  cui  ricorrono  le  larve,  dirò  del  caso  singo- 
lare  già  ricordato,   di   larve  viventi  entro  il   petrolio  grezzo  e  nutrentesi  di  così  fatto  liquido. 

1  valorosi  entomologi  nord-americani  hanno  richiamato  l'attenzione  su  una  larva  di  Efrifide 
i  Ditteri),  la  (piale  si  trova,  vivente  in  grandissimo  ninnerò,  nelle  polle  di  petrolio  grezzo,  cos) 
comuni  nella  regione  petrolifera  della  California.  Specialmente  Howard  (1899)  ed  Hagen  (1879, 
1912)   hanno   illustrato  questa  singolare   larva,   descrivendone  le  paradossali  abitudini. 

Si  ritiene  che  essa  viva  di  detriti  organici,  che  può  trovare  in  quell'ambiente.  L'incredibile 
pero  si  e  che  in  un  liquido,  il  quale  e  considerato  efficacissimo  insetticida  anelie  a  dosi  molto 
diluite,  possa  vivere  e  prosperare,  continuamente  immersovi,  un  insetto  ed  anche  di  cute  molle 
e   non    nelle   soluzioni   diluite,    ina   addirittura   nella   sostanza   pura. 

La  specie,   illustrata  dagli   Americani,  si  chiama   Pailopa  petrolei  ;  fu  descritta  dal  Coquillet  ed 


li:    i:  ri    i;i,.\  asmi    i.i:i;i  i    [NSET1 1 


241 


appartiene  : •  •  1  un  genere,  ls  L'">  specie  vivono  bensì  in  ambienti  liquidi,  ma  non  così  fuori  di 
ogui  verisiniiglianza.  si  comprende  oome  allorché  il  Compère,  per  primo,  scoperse  ed  indicò 
questi   insetti  e  te  loro  abitudini,  incontrasse  la  generale  incredulità. 

SIMBIOSI  NUTRITIVA.  —  In  onte  condizioni  le  larve  sembra  che  ricorrano  ad  una  alleanza 
con  altri  organismi  inferiori,  che  le  aiuti  :i  ridurre  il  cibo  in  condizioni  da  essere  utilmente  e 
presto  ingerito.  Si  possono  citate  due  esempi,  ambedue  pertinenti  al  gruppo  dei  Mnscidi  ed  uno 
riguarda  torme  carnivore,  L'altro  vegetariane.  Si  ritiene  che  i  baciti  della  carne  putrescente 
accelerino  la  decomposizione  della  carne  stessa  disseminando  speciali   microorganismi,  che  danno 


Fig.  2'M.  —  Larve  che  praticano  la  digestione  all'esterno. 
A.  di  Ditisco,  da  Schiódte;  11,  di  Falpares  libelluloidts  (Neiir.).  da  Braner  :  0,  di  Chrysopa  Tamburi  (Neur.),  da  Froggatt. 

appunto  questo  effetto.  Si  ritiene  però,  secondo  altro  avviso,  che  la  più  rapida  innegabile  pu- 
trefazione delle  carni  in  presenza  di  larve  di  mosca  sia  dovuta  ad  un  succo  speciale  delle  ghian- 
dole salivari  delle  larve  stesse,  che  abbia  questo  potere  dissolvente. 

Il  caso  delle  forme  vegetariane  si  riferisce  al  classico  esempio  della  Mosca  delle  olive,  la 
quale  può  vivere  solo  perchè  in  alleanza  con  un  microrganismo  dell'olivo,  il  Bacillus  oleae.  Questo 
bacillo  determina  non  solo  sulla  pianta  speciali  alterazioni  dei  rami,  ma  ancora,  nella  galleria 
che  la  larva  scava  entro  la  polpa  delle  olive,  dà  origine  ad  un  marciume  delle  pareti  della  gal- 
leria stessa,  con  che  la  larva  non  teme  di  essere  stretta  fra  tessuti  di  cicatrizzazione  e  si  nutre 
appunto  del  succo  prodotto  dalla  polpa  putrescente  per  opera  di  tali  bacteri.  Questi  sono  accu- 
ratamente disseminati  dalla  madre  ad  ogni  deposizione  d'uovo,  nella  ferita,  assieme  all'uovo 
stesso. 

Questo  bello,  caso  di  simbiosi,  notevole  anche  dal  lato  pratico,  sarà  bene  illustrato  più 
innanzi. 

Speciale  .maniera  di  assunzione  del  cibo  in  talune  larve.  —  È  da  ricordarsi  qui  il 
caso  indicato  di  digestione  esterna,  come  è  detta  dagli  autori,  al  quale,  del  resto  possono,  tino 
ad  un  certo  pnnto,  essere  anche  riattaccati  i  citati  casi  delle  larve  viventi  nelle  carni  in  putre- 
fazione e  quello  di  quei  parassiti  di  piante,  dei  quali  si  e  detto  che  sembrano  esercitare  colla 
loro  saliva   un'azione  dissolvente  sui  tessuti  vegetali. 

Il  più  bel  caso  di  digestione  fuori  degli  organi  a  ciò  adatti  è,  fornito  dalle  larve  dei  Ditisci 
e  da  quelle  dei  Formicaleoni  e  generi    affini  (fig.  234). 

i.i  struttura  della  loro  bocca  .■  stata  descritta  già  nel  voi.  I  a  pag.  131.  Le  mandibole,  se 
non   si. no   perforate     per    lungo,    come     si    riteneva    dapprima,    possono   però    comporre  un   tubulo 


A.  BERLB6E.  —   Gii   Insetti,   II.   —  31. 


242  CAPITOf.O   QUARTO 


col  concorso  di  altri  pezzi  boccali,  die  loro  si  addossano.  Il  certo  è  che  traverso  questo  canaletto 
decorre  un  liquido  fortemente  digestivo,  che  le  larve  stesse  iniettano  nella  preda  dopo  averla 
stretta  fra  le  acutissime  maudibole  e  ferita  così. 

La  larva  non  abbandona  affatto  la  preda,  che  si  dibatte  furiosamente  e  che  può  essere  anche 
molto  piti  voluminosa  e  forte  dell'aggressore,  come  avviene  di  Salainaudriue  ed  altri  Batraci  o 
Pesci,  che  sono  aggrediti  e  vinti  dal  terribile  insetto. 

Il  succo  iniettato  decompone  e  digerisce  gli  organi  della  vittima,  con  rapidità  incredibile  e 
li  riduce  in  liquido,  che  poi  viene  lentamente  assorbito  dalla  larva,  traverso  la  stessa  via  seguita 
dal  fluido  digestivo. 

Qualche  momento  dopo  che  una  preda  trasparente,  come  una  larva  di  Dittero  acquatico,  è 
stata  ferita  dal  Ditisco,  si  vede  ad  un  tratto  un  liquido  nero  invadere  gli  organi  e  fra  questi 
diffondersi;  la  vittima  è  allora  come  colpita  da  stupore;  si  agita  un  poco  e  quindi  rimane 
immobile,  morta.  Si  vedono  in  seguito  rapidamente  i  suoi  tessuti  modificarsi,  il  tessuto  adiposo 
in  modo  particolare  fonde  letteralmente.  Tosto  la  larva  di  Ditisco  aspira  il  liquido,  che  ha 
iniettato  ed  una  corrente  intensa  si  dirige  verso  le  mandibole.  Dopo  poco  la  manovra  rico- 
mincia e  così  gli  organi  della  preda  souo  mano  mauo  disciolti  ed  aspirati,  finché  non  rimane 
che  la  pelle  e  le  altre  parti  dure  inattaccabili.  È  indispensabile  la  presenza  di  un  involucro, 
come  una  pelle  indigeribile  perchè  il  fenomeno  possa  accadere  normalmente. 

Si  può  così  nutrire  per  artificio  le  larve  di  Ditisco  offrendo  loro  tuorlo  d'uovo  o  brani  di 
carne  entro  un  involucro  di  gomma  elastica.  È  così  che  questo  insetto  si  rimpinza  nella  misura 
già  ricordata  e  tanto  da  correre  pericolo  di  asfissiare,  uou  potendo  più  risalire  a  galla  a  prender 
aria.  Fortunatamente  per  esso  il  principio  di  asfissia  determina  il  vomito,  pel  quale  la  razione 
ingoiata  vieue  ridotta  a  più  ragionevoli  proporzioni. 

Non  diversamente  si  nutrono  quelle  voracissime  e  formidabili  larve  di  Formicaleone  e  di 
Chrysopa  e  generi  affini,  che  hanno  un  eguale  meccanismo  boccale. 

Resistenza  al  digiuno.  —  In  misura  molto  varia  le  larve  resistono  al  digiuno 
e  questo  a  seconda  dei  depositi  nutritivi,  che  hanno  ormai  accomodati  nel  loro 
tessuto  adiposo. 

Allorché  sarà  detto  della  ninfosi,  si  mostrerà  come  l'ufficio  precipuo  della 
larva  sia  quello  di  immagazzinare,  nel  proprio  panicolo  adiposo,  sostanze  plastiche 
pei  momenti  in  cui  occorrerà  molto  materiale  di   ricostruzione. 

Siccome  molte  larve  iniziano  prestissimo  tale  deposito,  così  avviene  che 
queste  sono  più  resistenti  al  digiuno  d'altre,  che  non  hanno  siffatte  provviste. 

Berlese  riferisce  di  una  larva  di  Saperda  populnea  (Coleotteri)  vissuta  a  digiuno  più  di  due 
mesi  prima  di  trasformarsi  in  ninfa;  Valéry  Mayet  ha  conservato  per  due  anni  e  mezzo  una 
larva  di    Triahodes  amnios  in  digiuno  assoluto,  uè  dopo  questo  tempo  era  morta. 

Se  le  larve  sono  sottopposte  all'astinenza  poco  prima  di  mutarsi  in  ninfa. 
avviene  generalmente  che  esse  anticipano  la  metamorfosi,  ma  gli  adulti,  che  ne 
nascono,  sono  più  piccoli  del    normale. 

Sono  atte  a  sostenere  più  facilmente  il  digiuno  quelle  rare  forme  larvali  che 
hanno  per  ufficio  la  diSusione  passiva  della  specie,  come  accade  ad  es.  pei 
Triungulini  dei  Meloidi,  che  stanno  per  più  giorni  aderenti  ai  peli  di  altri  In- 
setti che  li  trasportano. 

Parata  della  vita  larvale.  —  Più  innanzi,  a  proposito  della  ninfosi,  si  esporranno 
le  ragioni  per  cui  la  maniera  di  nutrizione  influisce  sulla  maggiore  o  minore 
durata  della  vita  larvale. 

Per  ora  basti  sapere  che,  in  linea  generale,  più  rapido  è  il  ciclo  della  esi- 
stenza della  larva  quanto  più  sostanzioso  ed  abbondante  è  il  cibo  di  cui  può 
disporre. 

Di  tale  guisa  lo  larve  carnivore  sono  più  sollecite  a  compiere  questo  tratto  della  loro  esi- 
stenza giovanile  che  non  le  vegetariane.   Ma  fra  queste  ultime  le  più  sollecite  sono  le  frugivore, 


LE    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI  l'43 

di  poi  quelle  viventi  ili  parti  verdi,  fresche  delle  piante  ed  intine,  più  tarde,  le  lignivore,  che 
hanno  a  che  fare  con  un  cibo  poco  sostanzioso  e  faticoso  ad  assumersi.  Queste  sono  tanto  tarde 
a  diventar  ninfe  quanto  quelle  viventi  di  terriccio. 

Fra  le  carnivore  poi  le  piii  rapide  e  quindi  le  più  sollecite  fra  tutte  a  sbrigarsi  del  loro 
tirocinio  larvale  sono  quelle  che  vivono  nella  carne  putrescente  e  non  fauno  che  nutrirsene 
senza  posa  alcuna,   dalla  nascita  alla   trasformazione. 

Altrettanto  o  poco  meno  rapidamente  si  comportano  le  larve  endo-parassite,  che  divorano 
internamente  altri  insetti.  Ma  più  tarde  procedono  le  cacciatrici,  perchè  la  loro  buona  volontà 
e  ostacolata  spesso  dalla  scarsezza  di  preda  e  questa  richiede  sempre  tempo  e  lavoro  per  otte- 
nerla, anzi,  in  proporzione  della  facilità  di  averla  a  portata  della  bocca  procede  la  cortezza 
della  vita  larvale. 

Così  ad  es.  le  larve  di  Sirridi,  che  sono  Ditteri  predatori  di  Afidi  e  vivono  sempre  in  mezzo 
alle  oolonie  delle  vittime,  atterrandole  e  succhiandole  senza  posa,  impiegano  a  diventar  ninfe 
pochissimo  tempo,  assai  meno  che  non  le  larve  di  Carabidi  o  di  Stafilini,  che  da  buone  e  vere 
cacciatrici  vanno  alla  ventura  a  cercare  la  preda  in  ambienti  diversi. 

Questa  regola  generale  però  subisce  varie  eccezioni,  che  dipendono  da  altre 
condizioni  di  esistenza. 

Anzitutto  fanno  divario  le  larve  degli  Insetti  sociali,  perchè  hanno  dagli 
adulti,  che  le  curano,  speciale  nutrimento,  combinato  in  modo  da  influire  molto 
sullo  sviluppo  che  debbono  seguire,  il  quale  è  regolato  secondo  precisi  criteri. 

Ma,  altre  volte,  la  causa  è  diversa  e  dipende  da  condizioni  multiple,  né 
sempre  agevoli  a  riconoscersi;  in  generale  però  con  rapporti  verso  la  maniera  di 
ciclo  d'esistenza,  che  la  specie  deve  immutabilmente  seguire. 

i  '"-i,  ad  es.  di  due  specie  affini  ed  agevolmente  viventi  di  sostanze  simili,  l'una  compie  il 
ciclo  larvale  in  assai  più  tempo  che  non  l'altra,  perchè  quest'ultima  passa  l'inverno  in  uno  stadio 
che  non  è  quello  larvale,   mentre  la  prima  incarica  la  larva  di   passare  essa  la    cattiva  stagione. 

Cosi,  giustamente  FHenueguy  confronta  fra  loro  due  Farfalle  molto  strettamente  parenti, 
cioè  la  Porthesiit  chrysorraea,  che  schiude  dalle  uova  in  autunno,  sverna  allo  stato  di  larva  ed 
incrisalida  nella  successiva  primavera,  contro  la  Ocneria  dispar  o  altre  specie  affini,  che  nascono 
ed  incrisalidano   nella  stessa  stagione. 

Qui  però  intercede  un  periodo  di  sosta,  durante  il  quale  la  larva  non  si  nutre,  che  è  appunto 
quello    invernale. 

Ma  per  tutte  le  ragioni  la  diversità  suesposte  della  durata  della  vita  larvale 
fra  i  vari  Insetti  è  davvero  grandissima,  giacché  i  più  veloci  (Mosche)  non  im- 
piegano più  di  6  a  7  giorni,  mentre  pei  più  tardivi  si  calcola  ad  anni,  fin  quasi 
ad  una  ventina,  come  deve  esseri-  avvenuto  di  quel  Buprestide  (Coleotteri),  che 
dal  Marsham  tu  veduto  sortire  nel  1810  da  un  mobile  conservato  in  un  ufficio 
fin  dal  17SS  o  1789. 

Ecco  alcuni  dati,  oltre  i  citati:  La  durata  della  vita  della  larva  è,  per  l'Ape,  di  ><,10  e  13 
giorni,  secondo  i  sessi;  per  VArgynnis  paphia  (Farfalle)  da  14  a  15  giorni;  pel  Baco  da  seta  di 
35  giorni.  Questi  sono  divoratori  di  foglie  verdi;  pel  Cosaus  lossus  da  2  a  3  anni;  pel  Lucajma 
cercai  Cervo  volante),  da  4  a  5  anni;  questi  due  sono  divoratori  di  legno;  per  la  Melolontha 
valgaris,  il  comune  maggiolino,  come  è  ben  noto,  la  vita  larvale  è  di  3  anni  a  4,  e  questa 
specie   vive  sotterra. 

Nelle  forme  non  olometabole  troviamo  poi  una  Cicala  (C.  tredecitn  d'America),  che  vive  entro 
terra  allo  stato  di  larva  ben  tredici  anni,  mentre  una  sua  affine  (C.  septendedm)  ne  vive  di- 
ciassette. 

Aumento  della  larva.  —  L'insetto  olometabolo  ha  tutto  il  suo  incremento  solo 
durante  la  vita  larvale.  Una  volta  iniziatosi  il  lavoro  di  metamorfosi  nessun 
ulteriore  accrescimento  avviene,  in  via  normale,  se  non  apparente.  In  ciò  ancora 


244 


CAPITOLO    QUARTO 


gli  insetti  di  questo  gruppo  differiseouo  dagli  emimetaboli,  poiché  in  questi 
ultimi  avviene  certamente  un  accrescimento  vero  e  continuo  da  larva  allo  stato 
definitivo. 

La  maggior  statura,  che  assumouo  certi  adulti  rispetto  alle  ninfe,  non  è  che 
apparente  e  dovuta  alla  distensione  di  sacchi  aerei,  talora  grandissimi,  cbe  sono 
nella  forma  definitiva. 

L'esempio  classico  è  dato  dai  Pupipari  (Ditteri),  i  quali  partoriscono  una  specie  di  uovo, 
che  è  poi  uu  pupario  e  da  questo  nasce,  naturalmente  senza  cbe  esso  cresca  altrimenti,  una 
forma  sessuata.  Esposta  la  cosa  in  tale  forma  parrebbe  di  dover  convenire  che  il  contenente  è 
sempre  eguale  per  dimensioni  al  contenuto,  il  cbe  è  assurdo.  Avviene  intanto  che  l'adulto  fem- 
mina è  sempre  almeno  il  doppio  più  voluminoso  del  pupario,  da  cui  è  sorto  ed  al  quale  dà  ori- 
gine, 'l'atto  il  segreto  del  fatto  misterioso,  cbe  sarebbe  altrimenti  incomprensibile,  da  poiché  è 
eerto  che  nessun  aumento  reale  di  statura  interviene  (e  del  resto  nessuna  nutrizione  è  accaduta 
per  parte  dell'insetto  una  volta  uscito  da!  ventre  materno  prima  dello  sfarfallamento)  sta  ap- 
punto nella  dilatazione  dei  sacchi  aerei,  talora  enormi,  che  sono  entro  il  corpo  dell'adulto  (vedi 
voi.   I,   pag.   817). 

Bene  il  Redi,  a  [proposito  delle  mosche  sgusciate  dai  pupari,  e  raffateonatesi  tutte  dichiara 
che  «impossibile  parea  come  in  quel  piccolo  guscio  fossero  mai  potute  capire».  A  ragione 
dunque  questo  nostro  filosofo  rimprovera  al  Chircher  di  far  crescere  di  statura  le  mosche  già 
colle  ali  «  imperocché  —  egli  dice  —  le  mosche  tutte,  i  moscherini,  le  zanzare,  e  le  farfalle, 
per  quanto  mille  volte  ho  veduto,  scappano  fuora  del  loro  uovo  —  (crisalide)  —  di  quella,  stessa 
grandezza,   la  quale  conservano  tutto  il  tempo  di  loro  vita  ». 

Ben  più  grande  è  la  meraviglia  di  chi  confronta  un  Formicaleone  adulto  od  una  Chrytopa 
colla  piccola  larva  da  cui  è  uscito  e  di  cui  è  da  tre  a  quattro  volte  piti  lungo  ed  ancor  consi- 
dera il  piccolissimo  bozzolo  sferico,  da  cui  l'alato  è  sfarfallato. 

In  queste  specie  però  grandissimo  gioco  ha  certamente  il  complesso  dei  sacchi  aerei,  alcuni 
dei  quali  sono  veramente  enormi,  sicché  l'insetto  è  quasi  una  bolla  d'aria  allungata,  ma  è 
anche  fuor  di  dubbio  che  uu  aumento  reale  di  statura  da  larva  ad  adulto  si  è  avuto,  come  ha 
dimostrato  Berlese  appunto  pel  Formicaleone,  nei  suoi  scritti  sulla  ninfosi  (1901).  Le  cause  ed 
il  modo  di  tale  aumento  di  statura  non  sono  facilmente  immaginabili. 

Mute.  —  Per  mute  s'intendono  quei  cambiamenti  di  pelle  cbe  intercedono, 
più  o  meno  numerosi,  nello  stato  di  larva  o  di  ninfa  e  che  non  importano  alcun 
rilevante  cambiamento  di  forma  o  di  organizzazione.  Sono  semplicemente  esuria- 
menti  per  abbandonare  una  spoglia  insufficiente  ormai,  per  ragioni  diverse,  all'a- 
nimale ed  assumerne  una  nuova  più  adatta.  Gli  adulti  mai  vanno  soggetti  a 
simile  vicenda,  bensì  l'embrione. 

Quantunque  il  fenomeno  si  corrisponda  abbastanza  nelle  forme  a  metamorfosi 
complete  od  incomplete  o  nulle,  pure  qui,  mentre  si  tratta  degli  stati  giovanili 
olometabolici  converrà  non  tener  parola  «li  quelli  emimetaboli,  della  loro  orga- 
nizzazione e  vicende,  delle  quali  cose  tutte  parleremo  subito  dopo  discorso  di 
ciò  che  si  riferisce  ai  momenti  larvali  e  ninfali  nella  olometabolia,  essendo  questo 
fenomeno,  come  si  vede,  diversissimo  dall'altro  semplice  decorso  dello  sviluppo 
emimetabolo. 

Tutte  le  larve  mutano  la  cuticola  loro  un  certo  numero  di  volte  e  non 
soltanto  quella  degli  organi  esterni,  ma  ancora  tutto  quanto  è  rivestimento  clii- 
tinoso  di  origine  ectodermale,  anche  se  appartiene  ad  organi  interni. 

Così  se  ne  viene  l'intima  dell'intestino  anteriore  e  posteriore  e  quella  delle 
trachee.  Dopo  ciascuna  muta  l'animale  ha  nuovo  impulso  a  rapida  crescenza  di 
statura. 

.Meccanismo  delle  mute.  —  Esso  è  iniziato  dal  distacco  della  cuticola 
vecchia  dallo  strato  ipodermico  sottostante  ed  a  ciò  concorre  un  liquido  segregato 


Mi    RTA    GIOVANILI    HKiil.I    INSKTT! 


245 


dalle  ghiandole  delle  mute  (voi.  1.  pag.  792),  che  viene  ad  intercalarsi  appunto 
fra  l'assisa  cellulare  e  la  cuticola,  e  l'opera  è  aiutata  dalla  contrazione  dello 
strato  ipodermale,  determinata  da  quella  della  membrana  basale,  in  obbedienza 
alla  sua  elasticità. 


La  presenza  ili  questo  liquido  non  basterebbe  però  a  determinare  il  distacco  sufficiente  della 
outioola  vecchia  da  quegli  9trati  di  nuova  formazione, 
che  si  vanno  costruendo  colla  secrezione  dell'epi- 
dermide: e  necessaria  una  violenta  e  subitanea 
contrazione  di  questa,  in  modo  ebe  aumenti  lo 
spazio  tra  le  cellule  ipodermali  e  la  cuticola  da 
rigettarsi.  A  ciò  provvede  l'elasticità  della  mem- 
brana basale,  su  cui  le  cellule  ipodermali  sono  tutte 
fissate.  Per  tale  elasticità,  allorché  scemi  ad  un  tratto 
il  volume  degli  organi  interni,  il  che  avviene 
sopratutto  per  svuotamento  dell'intestino,  la  mem- 
brana basale  si  contrae,  trascina  seco  l'ipodermide, 
che  maggiormente  si  distacca  dalla  cuticola  vecchia 
e  può  allora  formarsi  la  nuova,  senza  pericolo  che 
questa  venga  ad  incollarsi  alla    precedente. 

Tutto  questo  processo  è  dimostrato  dal  Berlese 
(1901),  mentre  l'ufficio  delle  ghiandole  delle  mute  è 
stato  primamente  illustrato  dal  Verson  (1891). 

Ecco  come  esso  avviene,  ordinatamente  esposto. 

Anzitutto  le  cellule  delle  mute,  ad  un  dato 
momento  entrano  in  fuuzione,  dopo  un  tempo  di 
riposo.  La  loro  secrezione,  non  potendo  traversare 
la  cuticola  poiché  le  ghiandole  non  hanno  rap- 
porti coll'esterno,  si  stravasa  fra  l'ipodermide  e  la 
cuticola  stessa,  determinando  così  il  distacco  dello 
strato  cellulare  dalla  spoglia  chitinosa  (tìg.  235,  B). 

In  secondo  luogo  l'intestino  si  vuota  tutto  e 
rapidamente,  la  membrana  basale,  che  non  è  più 
distesa  a  forza,  diminuisce  di  superficie  e,  così  con- 
traendosi, determina  anche  la  contrazione  od  ag- 
grinzimento  dello  strato  ipodermale.  Di  tale  maniera 
le  cellule  ipodermiche,  discoste  ormai  dalla  cuticola 
abbandonata,  possono  segregare  la  sostanza  fluida, 
che  determina  la  formazione  di  uno  strato  cuticolare 
nuovo  (C). 

Da  questo  momento  si  hanno  due  pelli  (l>),  la 
vecchia  grinzosa  e  la  nuova  alquanto  distesa,  e  tra 
queste  intercalato  un  liquido  speciale. 

Non  resta  più  che  rompere  l'involucro  estenui 
ormai   inutile. 


Fig.  235.  —  Sezioni  sagittali  schematiche  'li 
mia  larva,  per  mostrare  la  meccanica  della 
unita,  coll'intervento  della  membrana  basale 
e  della  vuotatura  dell'intestino. 


A.  Intestino  {In)  ancora  pieno  e  l'ipoderma  (ip)  e 
ancora  adeiente  alla  pelle;  B,  come  sopra;  ma 
l'ipoderma  comincia  a  staccarsi  dalla  chic;  C,  l'in- 
testino è  vuoto,  la  membrana  basale  (udì)  si  con- 
tiae  e  così  si  accentua  il  distacco  dell'ipoderma 
dalla  cute;  comincia  la  secrezione  della  nuova 
pelle  (se)  ;  D,  come  sopra,  ma  la  secrezione  si  è 
raccolta  t'ormando  la  cute  nuova  (cn),  mentre  la 
vecchia  (cv)  è  prossima  a  rompersi  ;  ijm,  ghiandole 
della  muta. 


La   rottura    della    spoglia    avviene    per 
ogni    forma,    sempre    nel     medesimo    luogo 

e  secondo  determinate  linee,  che  corrispondono  a  punti  di  minore  resistenza, 
ed  è  resa  facile  dallo  stato  di  disseccamento  speciale  dell'involucro  vecchio.  Tale 
rottura  è  ottenuta  dall'insetto  mercè  movimenti  bruschi  e  contrazioni  opportune. 
Traverso  lo  spacco  l'animale  si  fa  strada  dapprima  col  capo,  poi  col  resto,  finche 
fuoriesce. 

Colla  cuticola  esterna  viene  trascinato  anche  il  rivestimento  ectodermico  degli 
organi  succitati,  che  forma  un  tutto  continuo  colla  pellicola   avvolgente  l'insetto. 


246  CAPITOLO   QUARTO 


Questo  è  il  caso  più  comune,  ma  per  altre  specie  la  pelle  si  rompe  al  ventre,  o 
come  pegli  imenotteri  sociali  avviene  entro  le  loro  celle,  essa  va  in  frammenti 
diversi,  che  talora  rimangono  per  certo  tempo  ancora  aderenti  agii  organi  di  re- 
cente usciti. 

Causa  delle  mute.  —  L'opinione  più  vecchia  è  quella  che  l'esuviamento 
sia  determinato  da  necessità  di  crescita  dell'animale,  che,  non  potendo  più  capire 
nella  primitiva  vecchia  spoglia,  come  troppo  stretta,  la  abbandona,  essendosene 
prima  procurata  una  nuova,  come  un  giovanetto  che  non  cape  più  nei  suoi  panni. 

Però  il  Pantel  (189S)  non  ammette  questa  sola  ed  esclusiva  ragione  perchè 
certo  la  cuticola,  molto  estensibile  come  è,  potrebbe  molto  più  a  lungo  servire 
di  quello  che  non  si  vegga  accadere.  Egli  ritiene  che  la  caduta  della  spoglia 
vecchia  sia  causata  da  necessità  di  esistenza,  le  quali  determinano  la  formazione 
di  organi  ectodermici  nuovi,    che  debbono  pur  avere  la  loro  cuticola  protettrice. 

Però  anche  questo  modo  di  vedere,  che  non  soffre  difficoltà  allorché  tali 
organi  nuovi  veramente  debbono  presentarsi,  non  spiega  certe  mute,  che  non 
dipendono  né  dalla  necessità  dell'accrescimento,  né  da  queste  altre  di  variazioni 
morfologiche. 

Per  esempio  il  Lowne  ha  constatato  che  la  giovane  larva  di  mosca  della 
carne,  subisce  una  muta  due  ore  dopo  la  sua  schiusura,  cioè  quando  né  è  au- 
mentata di  volume  né  appare  diversa  dalla  forma  neonata. 

Per  molti  casi,  come  pure  per  quel  tale  involucro  del  tutto  transitorio  che 
riveste  di  passaggio  l'adulto  di  recente  schiuso  di  certi  pseudo-neurotteri,  non  è 
bene  palese  la  ragione  della  necessità  della  muta,  e  su  ciò  converrà  ancora 
indagare. 

Tutte  le  larve  olometabole  subiscono  un  vario  numero  di  esuviamenti  prima  di  trasformarsi 
in  ninfa;  cosi  i  Lepidotteri  per  lo  più  quattro  volte,  ma  possono  andare  sino  a  dieci  (Phyirarolia 
isabella,  secondo  Dyar),  e  talora  con  divario  dall' un  sesso  all'altro.  Ad  es.,  secondo  Riley,  nel- 
VOrgyia  leucostigma  i  maschi  hanno  5  mute  e  le  femmine  1;  nella  <>.  antiqua,  secondo  Dyar.  i 
maschi  avrebbero  6  mute  e  le  femmine  7. 

Secondo  Milne  Edward  i  bruchi  delle  farfalle,  che  svernano,  hanno  maggior  numero  di  mute 
che  non  quelli  a  sviluppo  estivo;  per  couveiso  nelle  specie  a  larga  distribuzione  geografica,  i 
bruchi  mutano  più  spesso  nelle  regioni  calde  che  non  nelle   fredde. 

fra  gli  Imenotteri  si  sa  che  i  Pecchioni,  lo  Api  e  le  Vespe  mutano  almeno  8  volte  prima 
di  riescire  adulti. 

Dei  Coleotteri  si  sa  poco.  Tuttavia,  oltre  i  casi  di  ipermetamorfosi,per  cui,  ad  esempio,  una 
Meloe  muta  5  volte,  negli  altri  a  sviluppo  normale,  possono  pur  riscontrarsi  esuviamenti  in  nu- 
mero rilevante.  Secondo  Riley  il  Dermextes  vidpinus  ha  sette  esuviamenti,  mentre  il  Plnjlonomus 
punctatu»  ne  ha  tre  soltanto. 

I  Ditteri  si  riteneva  che  non  subissero  mute  durante  il  periodo  larvale,  ma  Leuckart  (1861); 
Weismaun  (1864)  e  Kunekel  (1875),  hauno  provato  il  contrario.  Le  larve  di  Mosca  domestica 
subiscono  tre  mute  (Packard)  e  cosi  pure  quelle  di  Estridi  (Brauer),  mentre,  secondo  Miall.  quelle 
di  Corethra  hanno  quattro  esuviamenti  e  quelle  di   Chironomus  forse  anche  più. 

In  molti  casi,  oltre  a  modificazioni  veramente  morfologiche,  che  si  verificano 
in  seguito  ad  una  muta,  come  sono,  ad  es.  quelle  già  ricordate,  di  apparsa  di 
zampe  in  qualche  bruco,  di  peli,  di  spine,  ecc..  come  vide  il  Pantel  nella  terza 
larva  di  qualche  Dittero,  avviene  anche  una  variazione  di  tinta,  per  macchie,  ecc. 
diverse  da  quelle  degli  stati  precedenti. 

Mezzi  di  difesa  della  larva.  —  Questo  essere,  ordinariamente  molle  e  mal  destro, 
non  abbastanza  agile  per  sottrarsi  ai  propri  nemici  con  una  pronta  fuga,  sarebbe 
davvero  molto  esposto  alle  aggressioni  di  predatori  diversi,  tanto  più  che  riesce 
certo  un  cibo  molto  sostanzioso  e  ricercato. 


LE    KTÀ   GIOVANILI    DKGL1    INSETTI  247 


Ora,  a  parte  la  difesa  che  la  specie  crea  a  se  più  che  altro  sopperendo  col 
numero  di  individui  alle  perdite  che  incontra  per  via  nella  loro  schiera,  è  certo 
che  gli  individui  stessi  reagiscono  in  qualche  modo  di  fronte  al    pericolo. 

Quella  scarsa  agilità,  che  sopra  ho  ricordato,  non  appartiene  intanto  alle 
larve  viventi  libere  nell'acqua,  perchè  quivi  il  loro  peso  è  quasi  scomparso  o 
tolto  via  del  tutto  e  quindi  i  movimenti  di  un  essere,  anche  mediocremente 
pronto  ad  agitarsi  o  non  bene  fornito  di  arti  adeguati,  possono  essere  molto  effi- 
caci alla  locomozione,  il  che  non  accadrebbe  in  terra,  dove  occorre  trascinarsi 
dietro  tutto  intero  il  peso  del  corpo. 

Anzi  le  larve  olometabole  acquatiche  sono  per  lo  più  apode,  a  meno  che  non 
si  tratti  di  specie  predatrici,  perchè  allora  molte  di  esse  hanno  robusti  piedi  in 
servizio  della  presa  delle  vittime,  ed  il  movimento  di  traslazione  entro  l'acqua 
si  fa  per  contorsioni  del  corpo  tutto  ed  è  talora  rapidissimo. 

Per  poche  specie  soltanto  adunque,  fra  quelle  a  vita  area,  può  essere  facile 
sottrarsi  fuggendo  al  pericolo  ;  per  la  maggioranza  delle  altre,  quando  non  è 
messa  in  pratica  una  supina  rassegnazione  al  destino,  i  mezzi  di  difesa  sono  di 
altra   natura. 

Essi  possono  essere  di   tre   maniere  : 

1.°  Dipendenti  da  protezione  per  parte  delle  rispettive  forme  adulte. 

2.°  Dovuti  a  protezione  per  opera  dell'ambiente. 

3.°  Mezzi  di  difesa  propri  della    larva  esclusivamente. 

Protezione  da  parte  degli  adulti.  —  L'effetto  di  proteggere  la  prole 
è  raggiunto  al  grado  massimo  dagli  insetti  sociali,  pei  quali  le  l'orme  adulte  pen- 
sano esse  ad  allevare  e  difendere  le  larve.  Così  è  delle  Api,  Vespe,  Formiche. 

Per  questi  insetti  adunque  la  forma  giovanile  può  liberarsi  da  ogni  organo 
protettore  od  atto  ad  una  locomozione  quale  si  voglia  e  ridursi  a  veri  sacchi 
digerenti  e  nulla  più,  se  non  cogli  organi  ancora  destinati  a  cooperare  alla  for- 
mazione del  bozzolo  per  la  ninfosi.  Anche  questa  ultima  funzione  però  è  molto 
ridotta  nelle  specie  le  quali  compiono  la  loro  esistenza  larvale  in  nicchie,  che 
di  poi  divengono  anche  i  ripari  per  la  trasformazione  in  ninfa,  salvo  a  comple- 
tarli  in  qualche  modo. 

Allo  stesso  livello  di  sviluppo  organico  sono  le  larve  di  quelle  altre  specie, 
le  quali  non  hanno  dai  genitori  una  continua  assistenza,  ma  però  sono,  fino  dal 
principio,  occluse  in  un  ambiente  bene  riparato,  di  dove  non  debbono  uscire  se 
non  allo  stato  adulto  e  dove  sono  nate  e  quivi  hanno  a  portata  delle  loro  man- 
dibole la  sostanza  nutritiva  in  misura  sufficiente.  Ecco  per  questo  gruppo  molte 
specie  di  Vespe  solitarie,  tutte  le  forme  endofaghe  e  le  larve  che  vivono  entro 
un  solo  seme.  Così  fatti  insetti  formano  passaggio  verso  quella  maniera  di  larve, 
che   hanno  per  protezione  l'ambiente  stesso  in  cui  vivono.  Le  loro  larve  sono  apode. 

Ambienti:  protettore.  —  Di  qui  si  passa  alle  specie,  le  cui  larve  vivono 
in  condizioni  da  essere  senza  più  difese  abbastanza  dall'ambiente  stesso  in  cui 
vivono,  non  trovandosi  esse  libere  all'aria  aperta  ed  esposte  così  a  facili  at- 
tacchi. 

Metto  in  questo  gruppo  le  larve,  che  vivono  immerse  nelle  sostanze  in  pu- 
trefazione e  le  altre  che  si  celano  per  tutta  la  loro  esistenza  giovanile  entro 
terra  od  entro  i  legnami,  in  gallerie,   nelle  foglie,  nelle   frutta,  ecc. 

Per  tutte  queste  il  tegumento  è  generalmente  molle,  che    non    è    necessaria 
loro  la  difesa  ili  corazze:   ma  «li   queste  larve  quelle  che  vivono  in  ambiente  tra 
versabile  con  facilità,  anche  se  possono  seguire  lunghi  tragitti,  sono  apode,  come 


248 


CAPITOLO    QUARTO 


ad  <js.  quelle  dei  Ditteri  eiclorati  in  genere.  Ma  le  altre  che  stanno  entro 
gallerie,  che  si  scavano  in  mezzi  poco  facilmente  permeabili,  ed  in  questi  vi 
debbono  percorrere  spazi  non  brevi,  se  non  hanno  vere  zampe,  possono  però 
avere  qualche  cosa  che  le  rappresenti,  così  si  vede  accadere  alle  larve  sotter- 
ranee di  Scarabei,  a  quelle  lignicole  di  Xilofagidi.  Cerambicidi.  Elateridi  ed  affini 
fra  i  Coleotteri,  C'ossidi  fra  le  Farfalle.  Tignole,  ecc. 

E  bensì  vero  però  cbe  anche  questi  ambienti.  co>ì  diffìcili  art  essere  violati  per  parte  di  ne- 
mici delle  larve  cbe  vi  si  nascondono,  non  sono  sufficiente  schermo  all'aggressione  degli  Imenot- 
teri endofagi. 

Difese  da  parte  delle  larve  stesse. 
—  Ripari  protettori.  —  Qui  si  notano  svaria- 
fissimi  modi  a  cui  le  larve  ricorrono,  allorché 
debbono  starsene  all'aperto  alla  mercè  di  tutti 
i  nemici  loro,  per  difendersi  alla  meglio,  e  si 
tratta  d'ora  in  poi  di  larve  tutte  discreta- 
mente od  anche  bene  fornite  di  organi  loco- 
motori. Questi  mezzi  difensori  possono  distin- 
guersi in  più  categorie. 

Vi  sono  ad  es.  gli  agguati-difese,  pei  quali 
ci  si  avvicina  al  modo  di  riparo  protettore  più 
su  indicato.  Trovansi  cioè  larve  molli,  che 
predano  altri  Insetti  liberamente  vaganti,  però 
esse  stanno  nascoste  in  un  agguato,  che  è 
intanto  per  loro  anche  una  protezione. 


; 


Fi".  236. Larva  di  Cicindela  in  agguato.  Così   fanno  le   larve  di  Formicaleoni,  cbe  si  celano 

entro  sabbia  e  sporgono  colle  sole  mandibole  aperte 
nel  fondo  dell'imbuto  scavato  nella  stessa  materia: 
così  praticano  le  larve  di  Cicindela  (fig.  236),  cbe  vivono  in  gallerie  praticate  nel  midollo  di 
qualche  piccolo  tronco  rotto  a  fior  di  terra  e  solo  col  capo  affiorano  o  quasi  dalla  loro  gal- 
leria, in  attesa  cbe  qualche  sfortunato  insettuccio  venga  a  portata  delle  loro  mandibole  pron- 
tissime ad  atterrare  la  preda. 

Ma  le  larve,  che  veramente  abbandonano  ogni  nascondiglio  ed  accettano  al- 
l'aperto la  battaglia  per  l'esistenza,  si  difendono  col  riparare  il  loro  corpo  molle 
di  integumenti  di  natura  la  più  diversa,  quando  non  siano  per  sé  stesse  suffi- 
cientemente corazzate. 

In  questo  ultimo  caso  trovansi  le  larve  predatrici  attive  pertinenti  a  vari  ordini,  come  si 
vede  nei  Carabidi,  Stafìlinidi,  ecc.,  fra  i  Coleotteri  o  cbe,  pur  non  essendo  cacciatrici,  hanno 
pero  abitudini  randagie,  per  la  necessità  del  loro  nutrimento  non  facile  a  trovarsi  (Lampiridi, 
Silfidi,  ecc.). 

Quando  la  cuticola  chitinosa  non  è  sufficiente  alla  protezione  del  corpo,  è 
necessario  ricorrere  ad  altro  e  così  vediamo  in  pratica  i  più  svariati  espedienti 
per  mettere  attorno  al  corpo  molle  una  salvaguardia  efficace. 

Così  si  hanno  larve,  le  quali  vivono  entro  bozzoli  da  loro  stesse  fabbricati 
e  che  si  trascinano  sempre  dietro  ed   in  cui   incrisalidano  a  loro  tempo. 


Di   tale  maniera  praticano  forme  diversissime  e  collocate   in   gruppi  disparati. 
Si. novi   i   Kellissimi   astucci,   come  si  dicono,   costruiti   dalle  larve  di    Friganeidi  (Neurotteri), 
che  vivono  nelle  acque  dolci,   dove  abbonda  la  vegetazione.   Si    tratta  di    ciliudri,   comunemente 


I.K    KTA    GIOVANILI    DEGÙ    INSETTI 


249 


di  due  "  tre  centimetri  di    lunghezza,  chiusi  ad  un  lato  come  sacchetti  tli  seta  finissima  ed  al- 
l'esterno vi  sono  Baldamente  attaccati,  mercè  la  Beta  i leaima,  corpi  diversi  fra  quelli  che    l'in- 
cetto incontra  sott'acqua.  Ad  es.  pezzetti  di  legno  tagliati  di  una  determinata  lunghezza,  fram- 
menti   ili    foglie  e  d'alghe,    piccoli 
sassi,  od  anche,  caso  più  frequente, 
gran    numero    di    piccole   conchiglie 
«Ielle  chiocciolette    più    ovvie    nelle 
aeque  dolci  (figg.  237,  238 1. 

La  meraviglia  per  siffatte  co- 
struzioni annienta  poi  se  si  osserva 
che  tutti  questi  corpi  non  sono  di- 
sposti a  raso,  ma  secondo  una  ele- 
fante regola,  perchè,  ad  es.  i  pez- 
zetti cilindrici  di  legno,  si  vedono 
in  questi  foderi  di  Friganee  disposti 
di  traverso  sullo  strato  di  seta,  e 
fra  di  loro  fanno  l'angolo  dell'esa- 
gono regolare,  cos'i  che  questa  figura 
geometrica,  tanto  comune  nelle  co- 
struzioni degli  Insetti  ed  anche  nella 
loro  struttura,  rappresenta  la  se- 
zione trasversa  dell'astuccio  con  in- 
scrittovi il  cerchio  formato  dal  sacco 
di  seta. 

Entro  a  questo  sta  la  larva  con 
tutto  l'addome  ed  ha  dei  tuhercoli 
gonfiabili  a  volontà,  ehe  le  impedi- 
scono di  sortire  dal  guscio,  se  non 
è  a  cii>  disposta.  Essa  sporge,  a 
volontà  col  torace  dalle  lunghe 
zampe  e  col  capo  e  sono  queste 
due  parti  protette  da  pelle  più 
dura.  Iu  caso  di  pericolo  l'insetto  si 
ritrae  tutto  entro  il  suo  astuccio  e 
non  presenta  all'aggressore  che  le 
sue  robuste  mandibole,  proprio  al- 
l' ingresso  del  fodero  stesso.  In 
questo,  alla  fine,   incrisalida,  dopo  averne  turato  la   bocca  con   tessuto  di  seta. 

Tali  astucci  sono  comunissimi  nei  nostri   fossati.   Per  altre  specie  vicine,   come  sono    le  He- 
licopsyche,  l'astuccio  è  fatto  a  spira  e  simula  così  bene  una  chiocciola  che  per  tale  fu  scambiato 

e  una  specie  del  Tennessee  (fig.  238)  è  stata  prima- 
mente descritta  appunto  per  un  Mollusco  (Vallata  are- 
liìfera).  È  un  astuccio  di  seta,  tutto  coperto  di  piccoli 
rani  di  sabbia  e  girato  a  spira,  appunto  come  una 
comune  chiocciola. 

Un   mezzo  conforme   usano    certe  Farfalle   della  fa- 
miglia   dei    Psichidi    (rig.    239)    ed    esse    pure     hanno 
astucci   analoghi  a  quelli  descritti,  salvochè,  trattandosi 
di    specie  viventi    all'aria,    i  loro  foderi  sono  ricoperti 
di  detriti  vegetali,  come  pezzetti  di  paglia  o  di  legno, 
foglie    secche,  ecc.    e    ve    ne  sono    di   grandetti    anche 
più  centimetri. 
si  vedono  questi  astucci  muoversi  e  spostarsi  sulle  piante  o  sui  muri  per  effetto  della  larva 
che  vi  sta  dentro,  la  quale  invece  non  troppo  si    vede,   perchè    sporge    col    capo    e    col    torace, 
servendosi  dei  soli  piedi  toracali  per  procedere  lentamente  e  con  fatica  (fig.   240).  Anche    queste 
specie  incrisalidano  nitro  il  loro  astuccio  chiuso    alla    bocca   ed  in  quel  punto  fissato  ai  muri  o 


Fig.  237.   —  Foderi  protettori  di  larve  di  Friganee 
diverse  (Neurott.). 

A,  rivestita  di  chiocciolette  e  pezzetti  di  legno:  E,  di  sole  chioccio- 
lette :  Bt  D,  di  grani  di  sabbia  ;  C,  un  mazzetto  di  foderi.  Da 
KiiDchel.  Grandezza  naturale  o  pnco  ingranditi. 


Fig.  2;>s.  —  Foderi  a  forma  di  chiocciola 
fatti  dalla  larva  di  Helìcopsyehe  shutle- 
wortfii.  Da  Kiinchel. 


A.  Berlk.sk.   G  ■    / 


250 


CAPITOLO   QUARTO 


sulle  piaute.  Egualmente  in  questa  famiglia,  come  in  quella  delle  Friganee,  si  trovano  specie,  le  cui 
larve  fabbricano  un  fodero  a  chiocciola  del  tutto  simile  a  quello  delle  Eelicopsyche  sopradescritto 
e  non  è  raro  vederne  campioni  sulle  nostre  muraglie. 

Alcune  specie  di  'figliuole  si  comportano  presso  a  poco  alla  Btessa  guisa,  come  fa  ad  es.  la 


Fig.  239.   —  Foderi  protettori  di  larve  di  Psichidi  (Lepid.)  diversi. 
A,  B,  di  Psyche  gramineHa-,  C,  di  Ts.  quadrawjularis  :  D,  di  altra  specie.  Grandezza  naturale. 


Tignola  dei  panni.  Il  Réaumur  ha  bene  ed  a  lungo  descritto  le  abitudini  di  questa  specie,  allo 
stato  di  larva.  Essa  si  forma  un  fodero  di  seta  (fig.  241),  a  cui  attacca  tenacemente  i  peli  della 
stoffa,  che  rode  e  con  questo  addosso  se  ne  va  in  giro.    L'insetto   poi  allunga    il  suo  fodero  via 

via  che  la  statura  sua  aumenta,  attaccando  peli  all'una  ed 
all'altra  estremità,  che  sono  ambedue  aperte  e,  per  allargarlo, 
quando  occorra,  lo  incide  per  lungo,  di  sopra  e  di  sotto  e 
nelle  spaccature  inserisce  altri  peli  collegati   con  seta. 

In  modo  analogo  si  comportano  certe    larve    di    Farfalle 
predatrici    di    altri  Insetti  e  sono  molto  singolari.  Non  fanno 
divario  se  non    perchè,   al 
bozzolo  di  seta  che  sempre 
trascinano  dietro  ed  in  cui 
alla  fine  incrisalidano,  ag- 
giungono,   a    rinforzo,  gli 
avanzi    degli    insetti    da 
loro  stesse    divorati.    Cosi 
pratica    ad    es.   la  Erastria 
scitula  (fig.    242),    lepidot- 
tero che  vive  divorando  le 
Cocciniglie    (più    comune- 
mente     Lecanium     oline 
o    Ceropìastes    rusci)    e    coi 
corpi    vuoti   delle  sue  vit- 
time   rinforza    all'  esterno 
il  suo  bozzoletto.  Tali  pro- 
duzioni si  trovano  frequenti 
sugli  alberi  molto  attaccati 
dalle  dette  Cocciniglie. 
Anche  quei  Crisomelidi,  che  abbiamo  più  su  citato,  dei  generi    Cli/tra  ed  affini,   vivono  entro 
un  bozzoletto  durante  tutto  lo  stato  larvale  e  se  lo  trascinano  dietro,    esattamente  come  fanno  le 
Friganee  od  i  Psicidi  (fig.  240,  jB). 


Fig.  240.  —  Larve  che  trascinano  i 
loro  foderi. 

A,  di  Psicuide  (Lepid.);    13,  di  Coscino- 
ptera  dominicana  (Coleott.;,  da  Riley. 


Fig.  241.  —  La    larva    di    Tignuola 
dei  panni  nel  suo  fodero. 


A,    in    grandezza    naturale    sul 
i>,  ingrandita.   Da  Koesel. 


panno  ; 


LE    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


251 


Gallerie  PROTKTTK.  —  Questo  è  uu  caso  meno  frequente,  ina  pure  se  ne  hanno  esempi  fra 
certe  Tignuole.  La  maniera  di  protezione  consiste  in  ciò  che  le  larve  viventi  entro  determinate 
sostanze  ed  a  spese  di  queste  si  scavano  nelle  stesse  delle 
gallerie,  talora  lunghissime,  le  quali  esse  rivestono  con  fitto 
tessuto  di  seta  e  là  dentro  stanno  beue  al  riparo,  non  spor- 
gendone che  quando  si  sentono  al  sicuro,  per  rodere  e  nutrirsi 
della  sostanza  ingoiata  ed  allungare  intanto  la  galleria  me- 
desima. 

Questo  è  un  mezzo,  che  si  vede  messo  bene  in  pratica 
dalle  Tignuole  degli  alveari  (Galleria),  le  quali  di  tal  guisa 
possono  sfuggire  alla  vendetta  delle  terribili  Api,  di  cui  non 
temono  cosi  adatto  il  pungiglione.  Le  Api  non  hanno  riparo 
alcuno  .(Mitro  la  totale  rovina  del  loro  alveare,  allorché  le 
Tignuole  vi  siono  penetrate.  Esse  infatti  rodono  i  favi, 
nutrendosi  della  cera  e  li  riducono  tosto  in  una  massa  di 
detriti  mescolati  dei  loro  escrementi  e  di  un  intricato  viluppo 
di  fili  di  seta.  Le  Api  debbono  finire  col  cedere  il  posto  a 
questo   flagello  della  loro  colonia. 


Fig.  242.  —  Bozzoli  larvali  di  Era- 
stria  stilala  (Lepid.)  da  Kouzaud. 


Fig.  243.  —  Spaccato  del  nido  in  comune  fatto  dalle 
larve  giovanissime  di  Euproctis  chri/sorraea  colle 
hirve  (a)  in  grandezza  naturale. 


Ripari  vari.   —  Diverse    altre    maniere    di    riparo   usate 

dalle    larve    molli,    specialmente    da    Bruchi,    per  sfuggire  ai 

molti  nemici  possono    essere    ricordate,    senza   che    accada  di 

noverarle  in  taluna  di  quelle  già  indicate  come  tipiche,    ma    pur    esse    ancora    molto    efficaci   e 

singolari. 

Taluni  Bruchi,  ed  es.,  mercè  i  fili  di  seta  di  cui  possono  disporre  durante  la  loro  esistenza, 

si  costruiscono  ripari  nelle  sostanze  stesse  in 
cui  vivono  e  di  cui  si  nutrono,  profittando 
anche  dei  detriti  di  queste,  a  rinforzo  della 
loro  stanza.  Così  fa  ad  es.  la  Tignola  del  grano 
(fig.  244) ,  nonché  molte  floricole,  ecc. 

Talune  specie  di  llicrolepidotteri  accar- 
tocciano le  foglie  delle  piante  su  cui  vivono 
e  le  trattengono  cosi  convolute  mercè  fili  di 
seta  (fig.  245,  A),  perciò  appunto  questi 
Insetti  hanno  meritato  il  nome  di  Tortrici. 

Merita  di  essere  ricordato  l'elegante  pro- 
tezione di  seta  che  si  fabbrica  la  linea  harisella 

(fig.  245,  li).  Il  bruco  fabbrica  su  una  foglia  una  vera  e  propria  amaca,  sospesa  per  quattro  fili  esili 

a  due  robusti  e  paralleli,   che  costringono  la  foglia   con   un  lieve  accartocciamento  longitudinale. 

Sottn  l'amaca,  che  è  fissata  immobilmente  anche  alla  foglia  mercè  altri  quattro  fili  inferiori,  sta 

uno  straterello  di  seta,  a  guisa  di  tappeto  soffice. 

Del  resto,  circa   le  varie  maniere  di  protezione  consimili  si  pò 

tranno   citare    anche    altri  esempi  allorché  saranno  più  diffusamente 

illustrate  le  specie  economicamente  interessanti. 


ìsidi  in  comune.  —  Da  questa  maniera  di  prote- 
zione delle  larve  a  (niella  per  cui  esse  formano  ima  casa 
in  comune  è  breve  il  tratto.  Vi  sono  parecchie  specie 
ed  anche  «li  statura  cospicua,  le  cui  larve  riparano  in 
comune  entro  grandi  nidi  filati  di  seta  densa  e  robusta 
e  quivi  stanno  al  sicuro,  non  sortendo  che  a  tempo 
opportuno  per  cibarsi  (fig.  243). 


Fig.  244.  —  Il  riparo  di  seta 
con  chicchi  di  grano,  in  cui 
si  nasconde  la  larva  di  Ti- 
gnola del  grano. 


Di  tali  nidi  si  dovrà  trattare  a  lungo,  a  proposito  di  specie  nocive  all'agricoltura,    e  perciò 
rimetterò  ad  allora  una  più  ampia  descrizione  di  queste  loro  costruzioni. 


252 


CAPITOLO    QUARTO 


Impiego  di  sostanze  protettrici  di  varia  natura.    —   Vi    sono    larve 
predatrici,  che  vivono  a  spese  di  Insetti  e  delle  spoglie  di  questi,  dopo   succhia- 


J 


Fig.  245.  —  Ripari  di  larve  di  Tignole  sulle  foglie. 

A,  foglia  accartocciata  e  saldata  eoo  fili  di  seta,  dalla  larva  di  Tortrix  viridana,  da  iloeael  ;    B,  hartlac  fatto  dalla  larva 
di  linea  harisclla-,  da  Pierre.  . 

tili,  si  ricoprono  il  dorso  per  proteggersi.    Tali    spoglie    sono    tenute    abbastanza 
aderenti  e  proteggono  la  molle  larva,  che 
vi    si   ritrae   sotto   e  si  cela   quando   sia 
intimorita. 


Fig.  246.  —  Larva  «li  Chrysopa  (Neurott.)  protetta 
dalle  spoglie  degli  Afilli  succhiati. 


B 


Fig.  L'47.  —  Larve  (di  Coleotteri)  protette 
dai  loro  escrementi  (Blepharda  rhois). 

A,  in  grandezza  naturale:  T>.  larva,  dal  dorso, 
denudata  della  massa  protett.  Da  Riley. 


Cosi  fanno  lo  larve  di  Chrysopa  (fig.  246),  il  bel  Neurotterino,  che  vive  succhiando  enorme 
quantità  di  Afidi,  le  cui  spoglie  esso  reca  poi  sul  dorso  e  porta  continuamente  in  giro,  non  libe- 
randosene che  all'atto  di  filare  il  bozzoletto. 


LE   ETÀ   GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


253 


Un  mezzo  abbastanza  comune,  a  cui  fanno  ricorso  certe  larve  di  taluni  Coleotteri  e  di  Dit- 
teri 01  turati ,  .•  quello  per  cui  la  larva  utilizza  i  propri 
escrementi  per  farsene  un  cuscinetto  protettore  sul  dorso, 
l'alo  maniera  è  seguita  dalle  larve  di  Cassida  (fig.  248),  di 
Crioceris,  ecc.  fra  i  Coleotteri.  Le  prime  hanno  il  corpo  ter- 
minato con  apposite  appendici  atte  al  lavoro  di  fiottare 
sul  dorso  la  materia  escrementizia.  Ma  quivi  essa  vi  è  accu- 
mulata  disoidi  natameli  ti-. 

Invece  talune  larve  di  ilycetophila  (Ditteri  ortorari),  come 
ad  es.  la  M.  ancyliformans  Holmgr.,  acconciano  la  materia  del 
genere  indicato,  che  si  dispongono  sul  dorso,  in  modo  che  essa 
assume  forme  definite  di  un  cappuccio  od  una  conchiglia,  di 
guisa  ohe  tutto  l'animale  somiglia  davvero  un  pinolo  Mollusco 
fig.   249). 

Una  maniera  di  protezione  veramente  strana  è 
lineila  impiegata  dalla  larva  di  Galliroa  limacina 
Retz.,  elie  profitta  di  una  secrezione  liquida,  che 
rimane  raccolta  al  di  sotto  della  sua  pelle  e  la  ri- 
gonfia. Ciò  a  differenza  degli  altri  Tcntredinei.  che 
hanno  larve  nude  o  che  per  difendersi  ricorrono 
ad  altri  mezzi,  come  dirò. 


Infatti  la  larva  di  Calliroa,  che  è  facile  vedere  sulla 
foglia  di  Pero,  in  estate,  ritrae  il  suo  nome  specifico  dal 
tatto  che  somiglia  a  una  piccola  lumachetta,  sia  per  la  forma, 
come  per  la  tinta  bruna,  come  pure  per  l'aspetto  viscido  che 
presenta  (Mg.   250,  J). 

Invece  è  una  larva  come  tutte  le  altre  della  famiglia, 
salvochè,  allorquando  muta  la  pelle,  non  rigetta  la  vecchia 
spoglia,  anzi  tra  questa  e  la  nuova,  al  dor-.o,  viene  ad  accu- 
mularsi un  liquido,  forse  lo  stesso  liquido  delle  mute,  di  cui 
si  è  discorso  più  innanzi,  che  colà  rimane  per  non  avvenuta 
rottura  della  pelle  da  rigettarsi.  Tutto  questo  involucro  però 
viene  abbandonato  dalla  larva  immediatamente  prima  di  in- 
ternarsi in   terra  per  incrisalidare  (fig.   250,  B,  C). 


B 


Fig.  248.   —  Due    larve    di    Cassida 

(Coleott.)    eolla    massa   protettrice 
di  escrementi. 

A,  Laccoptera  excavata,  colla  massa  di 
escrementi  e  delle  spoglie  larvali  nel- 
l'estrema coda,  non  rovesciata  sul  dor- 
so ;  da  Muir  e  Sharp  ;  B,  di  Cassida 
aurichalcea,  ristaiti  lato,  per  mostrare 
come  si  dispone  sul  dorso  la  sostanza 
protettrice;  da  Harris. 


Organi  di  difesa.  —  A  parte  quelli  della  bocca,  coi  quali  più  o  meno  efficacemente  le  larve 
si  possono  difendere,   e  che,   in  taluni  casi,   come  ad   es.   per  le  robuste  mandibole  delle  larve  di 

Carabidi  e  predatori  affini  sono  certo  armi  pericolose,  si 
possono  trovare  altri  organi  speciali,  intesi  allo  stesso  scopo. 
Cito  per  prova-  le  iode  retrattili  dell'estremo  addome  in 
parecchi  bruchi,  come  ad  es.  iu  quelli  di  Harpyia,  Dicranura 
(fig.  251,  256),  Platypteryx,  Dryopteris.  Tali  organi  rappresen- 
tano le  due  estreme  false  zampe  addominali,  cosi  modificate  a 
guisa  di  flagello,  che  è  protrattile  e  retrattile.  Con  tale 
organo  questi  bruchi  si  discacciano  di  torno  gli  Imenotteri 
parassiti,  che  volessero  aggredirli  per  inquinarli  delle  loro 
uova. 


Fig.  249.  —    Larva    di    Myeetophila 
man*  (Ditt.),  colla  massa 
di  escrementi  sul  dorso.  Da  Holm- 
gren. 


Secrezioni  speciali.  —  Si  è  a  lungo  discorso 

nel  voi.  I,  a  pag'.  52(i  e  segg.  di  secrezioni  speciali 

di  parecchie    larve   di   tutti    gli    ordini,    colle  quali 

secrezioni  esse  procurano  di  allontanare  i  loro  nemici  e    cosi   pure  si  è  discorso, 

a  pag.  504,  dei  peli  urticanti  di  parecchie  larve,    specialmente    di  Lepidotteri,   e 

dei  loro  effetti,  veramente  temibili  anche  per  animali  superiori. 


254 


CAPITOLO    QUARTO 


Tanto  le  secrezioni  che  questi  peli  ad  effetto  caustico    sono    davvero    mezzi 

ottimi  per  la  difesa  della  larva  e  le  forme 
che  ne  sono  provvedute  soqo  schivate 
da  predatori  anche  voraci,  come  ad  es. 
gli  Uccelli. 


Kig.  250.  —  Larva  di  Calliroa  limacina. 

A,  in  grandezza  naturale  su  una  foglia;  J>,  in- 
grandita e  nuda;  C,  ingrandita  e  coperta  dalla 
massa  viscida  protettrice  (Insect  Li/e). 


^^ 


Fig.  251.  —  Bruco  di   Dicranvra  vinitìa    colle    code 
estrotiesse.  Grandezza  naturale. 


Molti  bruchi,   se  impauriti, 


Fig.  252.  —  Larve  protette  ila  ani- 
massi cerosi. 

A,  di  Coleottero  (Cryptoìafmvs  montru- 
zieri);  B,  di  Iruen.  Tentredineo  (.Sa- 
lattària  caryat).  Da  Froggatt  ;  da 
Packard. 


si  avvoltolano  su  se  stessi  a  spira,  celando  il  capo  ed  il  ventre  ; 
così  fanno  anche  alcuni  falsi  bruchi,  ossia  le  larve  dei  Teu- 
tredinei.  Che  tale  abitudine  sia  seguita  da  quelle  specie, 
che  sono  rivestite  di  peli  urticanti  si  comprende  e  se  ne 
intende  anche  la  ragione,  pensando  al  Eiccio  od  all'Istrice, 
ma  che  lo  stesso  facciano  forme  del  tutto  nude  è  meno 
agevole  a  spiegarsi.  Si  potrebbe  supporre  si  trattasse  di  abi- 
tudine rimasta  anche  dopo  la  scomparsa  di  peli,  giacché  può 
essere  che  molte  specie  sieno,  come  il  baco  da  seta,  divenute 
glabre  per  adattamento,  ma  se  ciò  vale  pei  bruchi,  non  serve 
pei    falsi   bruchi. 

È  certo  però  che  queste  larve  così  arrotolate,  cadono 
intanto  tosto  a  terra,  se  sono  sulle  piante  e  di  poi  ruzzo- 
lano facilmente  entro  qualche  anfrattuosita,  dove  sono  piìi 
riparate. 

In  questo  gruppo  delle  difese  per  via  di  secre- 
zione conviene  mettere  anche  la  formazione  di  ciuffi 
cerosi  (fig.  252),  che  è  prodotta  non  solo  da  parecchi 
adulti,  ma  anche  da  larve  ed  in  buon  dato,  sia  di 
Tentredinei,  come  si  è  già  fatto  vedere  nel  voi.  I 
(pag.  501),  sia  da  altre  di  Coleotteri  del  gruppo 
dei  Crisomelidi  e  Coccinellidi  (fig.  252.  A). 


Le  larve  di  Tentredinei  (falsi  bruchi)  come  si  è  già  detto 
nel  I  voi.  (pag.  526,  528),  hanno  ghiandole  repugnatorie  dor- 
sali ed  altre  molto  efficaci,  sul  ventre,  tra  le  false  zampe. 

A  toccare  questi  insetti,  essi,  rimanendo  attaccati  alla 
foglia  mercè  le  zampe  vere,  rivoltano    in  su  quasi  tutto  l'addome,  facendo  uno   stretto  arco    col 


I.K    ETÀ    GIOVANILI    HKliI.1    INSETTI 


255 


dorso.  Dal    ventre    iutauto    vengono  eetroliessi  certi  sacchi  cilindrici  e   lunghetti,   che  sporgono 
fra    le  false  zampe  («)  e  sono  uno  per  ciascuno  dei  segmenti  che  li  portano.    C'erto  di  colà  deve 
sortire  il  liquido    speciale    capace    di    allontanare     il    pericolo 
di   una  aggressione  (lig.   253). 

La  larva  di  Agelaalica  alni  (Crisomelide)  emette  da  tuber- 
coletti  del  dorso  un  Liquido  di  ignota  natura,  con  forte 
odore  di  mandorlo  amare,  e  la  Lina  populi  (della  stessa  fa- 
miglia) espelle  un  liquore  con  odore  particolare  e  che  potrebbe 
essere  acido  salicilico.  Anche  la  larva  di  Stafllino  (Coleotteri) 
ha  ghiandole  repugnatorie  su  tutto  il  corpo,  ecc. 

In  larve  di  Tricotteri  si  trovano  ghiandole  sul  petto  nel 
primo  articolo  del  torace,  nonché  tra  il  capo  ed  il  protorace 
in  molti  Bruchi. 

Il  liquido  eiaculato  a  distanza  da  tale  ghiandola  per  parte 
della  Dicranura  cimila  è  molto  caustico;  il  lancio  può  giun- 
gere a  60  centimetri  e  più  di  distanza.  Per  altri  Bruchi 
(tig  254),  si  è  trovato  che  questo  fluido  contiene  acido  clori- 
drico abbastanza  concentrato. 

Qui  va  ricordato  anche  l'Osmeteriam,  cosi  detto,  dei 
Bruchi  di  Fayilio  (tìg.  255),  cioè  quel  processo  biforcato,  di 
color  ranciato,  che  fuoriesce  all'  improvviso  di  dietro  la 
nuca  di  questi  bruchi,  se  bì  molestano  e  tramanda  uno  speciale 
odore  poco  gradevole. 

Borse  ghiandolari  estroflettibili  si  trovano  ancora  sul 
dorso  di  parecchie  specie  di  Bruchi,  ad  es.  delle  comuni  Li- 
cene  e  sempre  col  medesimo  ufficio. 

Circa  i  peli  urticanti,  giacché  se  ne  dovrà  dire,  quanto  agii  effetti,  a  proposito    di    talune 
specie  di  interesse  agrario,  taceremo    per    ora,    mentre    chi    desidera  conoscerne    abbastanza    la 


Fig.  253.  —  Larve  di  Tentredine! 
{Nemadfs  varus)  in  attitudine  di- 
fensiva. Grandezza  naturale.  Da 
Ratzeburg. 


*&/">?&>. 


*&&-' 


Fig,  254.  —  Larva  di  Cossus  cosans  che  eiacula  il  liquido  difensivo. 
Grand,  natili*.,  da  Roesel. 


struttura  ed  il   modo  di     azione  può     leggere  quanto  se  no  è    scritto    nel   I   volume,   al  luogo  ri- 
cordato. 

Mimetismo.  —  Con  tale  voce,  come  è  noto,  si 
definisce  il  caso  di  somiglianza,  quanto  all'aspetto, 
di  una  forma  ad  un'altra  discosta  molto,  sistemati- 
camente o  ad  un  oggetto,  'per  la  quale  imitazione 
la  forma  stessa  goda  un  qualche  beneficio  di  fronte 
alle  cause  avverse,  da  cui  è  minacciata. 

Per  esempio  una  Mosca,  che  è  del  tutto  inerme, 
qualóra  somigli  molto  ad  un'Ape  o  ad  una  Vespa,  è 
maggiormente  rispettata  dai  predatori  che  se  non 
avesse  tale  vesta  ingannatrice. 

Così  pure  animali,  che  hanno  il  medesimo  colore 
degli  oggetti  che  li  circondano,  sfuggono  all'occhio  con  tutta  facilità,  come  la 
Lepre  candida  sulle  nevi  o  quella  grigiastra,  nostrale,  sul   terreno  brullo. 

in  altri  casi  non  soltanto    il    colore  ma  anche  l'aspetto  degli  oggetti    circo- 


Fig.  255.  —  Larva  di  Pnpilio  che 
estrofìette  V  Osmeterium.  Grand, 
natur. 


256 


C  IPITOLO   QUARTO 


stanti  è  imitato  dall'animale,  in  modo  talora  sorprendente  e  questo  certo  aiuta  a 
sfuggire  molti  pericoli. 

Ora,  casi  di  mimetismo  fra  le  forme  larvali  olometabole  si  riscontrano  cer- 
tamente e  per  quello  che  riguarda  la  forma,  come  pure  pei  colori,  ecc.,  ma  non 
sono  cosi  numerosi,  a  gran  pezza,  quanto  quelli  che  si  riferiscono  alle  forme 
adulte. 

Dovendosene  trattare  appunto  quando  si  dirà  dell'adulto  e  convenendo  al- 
lora ciò  fare  con  larghezza  sufficiente,  non  pare  il  momento  dire  ora  separatamente 
dei  pochi  casi  che  riguardano  le  larve  e  questi  invece  si  indicheranno  assieme 
a  quelli  degli  adulti. 

Aspetti  terrificanti.  —  Anche  di 
questo  argomento  si  può  avere  più  materia 
trattandone  a  proposito  degli  adulti  e  delle 
forme  emimetabole,  ma  qualche  caso  tipico, 
che  si  richiama  alle  larve,  è  bene  sia  rammen- 
tato qui. 

In  generale  sono  i  Bruchi  che,  se  impau- 
riti, possono  disporsi  col  loro  corpo  in  modo 
da  presentare  un  aspetto  inusitato  e  che  può 
benissimo  impensierire  l'avversario. 

A  questo  proposito  giova  ricordare  i 
bruchi  della  Dicraimra  vintila,  di  così  straor- 
dinario aspetto  o  quelli  della  Harpyia  (fig.  256), 
ecc.,  che  sono  anche  più  insoliti  ed,  in  certo 
modo,  anche  paurosi. 


Kit;.  2ó6.  —  L;irva  di    Harpyia  fatji  in  atti- 
tudine terrificante.  Granii,  natur. 


La  Ninfa  olometabolica. 


11  secondo  stadio,  traverso  il  quale  debbono  passare  gli  Insetti  olometaboli, 
per  raggiungere  finalmente  l'età  adulta,  prende  il  nome  di  Ninfa.  Parimenti  così 
sono  chiamati  anche  gii  stadi  precedenti  l'adulto  negli  Insetti  a  metamorfosi  in- 
completa, ma  in  tali  casi  la  distinzione  fra  tutte  le  forme  decorrenti  dall'uovo 
all'adulto  non  è  così  netta  e  contrassegnata  ila  radicali  differenze  morfologiche  e 
biologiche  come  lo  è,  invece,  negli   Insetti  a  metamorfosi  completa. 

Di  questi  adunque  seguiteremo  a  parlare,  riserbando  a  più  tardi  le  cose  che 
si  riferiscono  agii  stati  giovanili  degli  Insetti  a  metamorfosi  incompleta  o  nulla. 

La  ninfa  olometabolica  rappresenta  uno  stadio  di  quiete  per  le  funzioni  di 
relazione  e  di  nutrizione,  i  cui  rispettivi  organi,  appunto  durante  questo  periodo, 
vanno  soggetti  alle  più  radicali  modificazioni. 

Adunque  la  ninfa  ne  si  locomuove  né  si  nutre  di  alimenti  plastici,  e  per 
queste  caratteristiche  essa  differisce  essenzialmente  da  qualsiasi  stadio  delle 
specie  emimetabole. 

Il  significato  di  così  singolare  forma  ed  i  fenomeni  complessi,  che  avven- 
gono sotto  questo  ultimo  involucro  transitorio  dell'insetto,  perchè  poi  tutto 
l'organismo  assuma  parvenze,  strutture,  abitudini  ditferentissime  dalle  precedenti, 
saranno  posti  in   vista  trattando  del  processo  così  meraviglioso  della  ninfosi. 

Per  ora  basti  il  conoscere,  nelle  sue  apparenze  esteriori,  questa  ninfa  e  ri- 
levarne le  più  vistose  differenze  nei  maggiori  gruppi  di   Insetti. 

La  spoglia  larvale,  ad  un  dato  momento,  cioè  allorquando  la  larva  ha  rag- 
giunto la  sua  maturanza,  è  rotta  ed  abbandonata,   fuoriuscendone    un    nuovo  es- 


I.K    KTA    GIOVANILI    l'I  CI  I     INSKTTI 


257 


Fig.  257.  —  Larva  (.4)  e  ninfa 
(B)  o  pupario  di  un  Dittero 
Ciclorafo  (Dacus).  Da  Bei- 
lese. 


più  0 


sere  diversissimo  dal  precedente  ;  oppure  essa  spoglia  si  conserva,  anzi  si  indurisce 
e  la  nuova  forma  si  modella  per  suo  conto  entro  il  riparo  della  pelle  stessa  della 
larva,  che  non  verrà  squarciata  se  non  dall'adulto. 

Ecco  due  fondamentalmente  diversi  modi  di  formazione  della  ninfa,  in  rap- 
porto allo  stadio  precedente. 

1  Ditteri  ciclorafl,  come  sono  ad  es.  le  Mosche,  se- 
guono precisamente  il  più  sollecito  modo  di  procurare  alla 
molle  ninfa  un  buon  riparo,  utilizzando,  nel  tempo  stesso, 
la  pelle  della  larva,  che  viene  a  costituire,  come  ho  detto, 
quell'involucro  difensivo  che  chiamasi  pupario  (fig.  257, 
258),  in  grazia  del  suo  speciale  aspetto.  Pupe  si  dicono 
infatti  più  specialmente  queste  ninfe  di  Ditteri,  che  non 
mostrano  altra  scultura  all'esterno  se  non  quella  di  solchi 
trasversi,  paralleli.  È  questo  particolare  aspetto,  che  ha 
valso  loro  il  nome  suddetto,  perchè  appunto  pupe  si 
chiamavano  presso  i  romani  dell'antichità  quelle  figure 
umane  di  legno,  cartone  o  cera,  ricoperte  o  fasciate  di 
bende,  che  le  giovinette,  toccando  la  pubertà,  consacra- 
vano a  Venere.  Questi  pupari,  adunque,  non  fanno  vedere 
segno  di  altri  organi  di  spettanza  dell'adulto,  ne  possono 
farlo  non  essendo  altro  se  non  la  pelle  larvale  indurita 
e  distesa;  essi  conservano  invece  l'aspetto  della  larva  da  cui  provengono 
meno  raccorciata  e  raccolta  in  sé. 

Ma  tutte  le  altre  maniere  di  ninfa  si  formano,  come  ho  detto,  colla  rottura 
(al  dorso)  e  l'abbandono  della  pelle  della  larva,  la  quale  rimane  secca  e  grinzosa 
accanto  al  nuovo  essere  sgusciatone. 

Questo  però  ha  due  aspetti  fondamentalmente  diversi  e  tali  per  cui  fa  ve- 
dere subito  se  appartenga,  cioè,  ai  Lepidotteri,  od  a  qualcuno  degli  altri  fra  i 
Ditteri  non  cicloraft  surricordati  od  ai  Coleotteri,  o  ai  Neurotteri  od  Imenotteri. 

Infatti  la  cuticola  ninfale,  nuovamente  venuta 
all'aperto  dopo  l'abbandono  dell'involucro  larvale, 
può  rimanere  nello  stato  di  esilissima  membra- 
nella,  che  avvolga  tutti  gli  organi  così  abbozzati 
del  futuro  adulto,  come  si  disegnano  nelle  ninfe,  ma 
appunto  per  la  sua  esilità,  tale  involucro  non  li 
tenga  immobilmente  quasi  incollati,  come  si  vede 
invece  accadere  nelle  ninfe  dei  Lepidotteri.  Così 
gli  arti  sembrano  liberi,  cioè  non  aderenti  al  tronco 
e  possono,  con  agevolezza,  esserne  scostati,  senza 
che  l'animale  ne  soffra.  Inoltre,  queste  ninfe  sono 
bianche  o  di  colore  molto  pallido  e  molli,  delicate, 
né  acquistano  colore  più  intenso  e  maggiore  consi- 
stenza se  non  quando,  sotto  la  tenuissima  e  pellu- 
cida cuticola  propria  della  ninfa,  viene  a  formarsi 
e  ad  acquistare  la  consistenza  definitiva  il  tegu- 
mento che  appartiene  all'adulto.  Questa  è  la  così 
detta  ninfa  libera  del  Linneo  e  d'altri   autori  (fig.  259  A,  260). 

Invece,  pei  Lepidotteri,  la  cosa  procede  ben  diversamente.  In  questi,  la 
pelle  ninfale,  dapprima,  cioè  appena  sgusciata  la  ninfa  di  dentro  alla  larva,  è 
molle  e  bianca  o  debolmente  colorata  di  una    tinta  giallognola,  ma  rapidamente, 

A.  Beklese,  Gli  Insetti.  II.  —  33. 


Fig!  258.  —  larva  (A)  e  ninfa  (B) 
nel  pupario  di  Stratiomys  chamoe- 
leon.  Da  Swanimei daui  e  ila  Reau- 
mur. 


2f.8 


CAPITOLO    Q0ARTO 


per  effetto  dell'aria,  la  pelle  della  ninfa  acquista  durezza    notevole    e    tinta    più 

carica,  sia  grigia  o  rossastra,  rosso-bruna  o  marrone. 

Gli  arti  e  le  forme  dell'adulto,  sono  bensì  delineati    e    scolpiti    nella    detta 

pelle,  con  una  disposizione 
raccolta,  non  diversa  da  quanto 
si  vede  essere  nelle  ninfe  pre- 
cedentemente descritte,  m  a, 
rappresentando  solo  impres- 
sioni della  cuticola  larvale 
indivisibile,  non  possono  i 
rudimenti  degli  arti  essere 
comunque  scostati  dal  tronco, 
e  quello  che  avviene  sotto  il 
detto  invoglio  non  apparisce 
altrimenti,  né  per  variazione 
di  colore,  né  per  aumento  di 
consistenza,  né  per  altro  che 
appartenga  al  tegumento  del- 
l'adulto, il  quale,  sotto  il 
grosso  involucro  ninfale  uou 
si  vede  affatto. 

Così   accade    che    mentre 

delle    ninfe     precedentemente 

un    informe    groviglio    della 

tutta    la    spoglia 

una    parte    (ante- 


B 


Fig.  259.  —  Ninfa  Ubera  (A)  dì  Neurottero  (Panorpa),  daBrauer; 
e  Ninfa  oblecta  o  Crisalide  {B,  C)  di  Lepidottero  (Cochylis). 
B,  vista  dal  dorso;   C,  dal   ventre  (da    Fulmek). 


descritte  alla    sortita    dell'adulto    non    rimane    che 
tenuissima  spoglia  ninfale,  nelle    ninfe  di  Lepidotteri    invece 
rimane   coi    suoi    primitivi  aspetti,  salvo  che  se  ne  è  staccata 
ro-ventrale)  a  permettere  l'esito  della  forma  definitiva. 

Parecchi  autori,  col  Lin- 
neo, chiamano  obtecta,  ossia 
coperta,  questa  maniera  di 
ninfa,  che  è  propria  delle  Far- 
falle (fig.  259,  B,  G). 

Molti  Ditteri  ortorafi  hanno 
una  ninfa  (fig.  261),  che  non  si  ac- 
corda con  quella  libera  pel  fatto  che 
gli  arti  sono  incollati,  per  così  dire, 
fra  loro,  mercè  una  sostanza  solu- 
bile in  alcool,  ma  non  convengono 
però  neppure  esattamente  coi  Lepi- 
dotteri, nei  quali  la  crisalide  ha  il 
suo  guscio  speciale  duro  e  rive- 
stente insieme  tutti  gli  arti  ed  il 
tronco. 


Fig.  260. 


Ninfe  libere  di  Insetti  d'ordini  diversi. 


A.  di  Coleottero  (Cerambyx);  <la  Ratzburg  ;  B,  di  Ilittero  ciciorafo 
{Mosca  domestica);  da  Hewitt  ;  C',  it,  di  Imenottori  (G,  Vespa; 
da  Katzebarg  ;  D,  Icnenmonide). 


Quanto  alle  pupe  dei  Dit- 
teri   ciclorafi,     sopradescritte, 

quello  che  ne  rimane  (fig.  262),  al  sortire  dell'adulto  è,  come  si  può  ben  credere, 
la  spoglia  larvale,  che  contiene  dilacerata  e  aggrovigliata  la  sottilissima  cuticola 
della  ninfa,  la  quale  era  totalmente  nascosta  nel  pupario,  come  in  un  bozzolo, 
ma  non  differiva  essenzialmente  da  quelle  ninfe  di  Coleotteri,  Imenotteri  e 
Xeurotteri,  che  più  sopra  si  sono  descritte. 


LE    K'I'A    GIOVANILI    DEGLI    [N8ETTI 


259 


Come  queste  dei  Ditteri  si  dicono  pupe,  per  ciò  che  ho  sopra  detto,  così 
anche  le  ninfe  dei  Lepidotteri  o  Farfalle,  che  dire  si  vogliano,  hanno  nome  spe- 
ciale e  lo  meritano  essendo  così  diverse  e 
particolarmente  costituite  in  confronto  di 
quelle  altre  dei  Coleotteri,  Imenotteri,  ecc. 
Adunque  le  ninfe  delle  Farfalle  si 
dicono  Crisalidi  od  anche  Aurelie,  da  poiché 
alcune  hanno  delle  macchie  a  riflessi  dorati 
od  argentati  sul  loro  corpo,  i  quali  sono 
dovuti  ad  aria  interposta  fra  i  diversi 
strati  della  cuticola,  tanto  è  vero  che  scom- 
paiono se   la   ninfa  sia  posta  nel   vuoto. 


Kig.  261.  —  Ninfa  di 
Dittero  Onorato 
[Tintila  flavicatis) 
veduta  di  faccia.  Da 
loliann-en. 


Fig.  262.  —  Pupario 
di  Mosca  domestica 
dopo  sortitone  l'in- 
setto adulto.  Da 
Hewitt. 


Particolari  appendici  di  alcune  ninfe.  —  I 
casi  della  presenza  di  appendici  speciali 
nella  ninfa,  di  cui  poi  non  sia  traccia  nel- 
l'adulto, non  sono  frequenti  e  si  richia- 
mano, più  che  altro,  ad  organi  in  rapporto 
con  maniere  speciali  di  respirazione. 
Infatti,  talune  ninfe  acquaiole  respirano  l'aria  stando  immerse  nell'acqua,  e 
ciò  mercè  tubuli,  che,  come  usano  i   nostri  palombari,    giungono    alla    superfìcie 

del  liquido    (fig.   L!63,  B),   oppure  veramente    per   fraugie 

\  pseudobranchiali,     da    assomigliarsi    ad    analoghi   organi 

veduti  già  nelle  larve. 


I  Simulium,  che  sono  Ditteri  viventi  rielle  acque  durante  le 
ita  giovanili,  costruiscono,  quando  debbono  mutarsi  in  ninfa, 
una  specie  di  bozzoletto  incompleto,  entro  il  quale  la  ninfa  sta 
allogata,  sporgendone  solo  colla  parte  anteriore  del  corpo,  che  reca 
le  sopradette  frangio  pseudobranchiali,  colle  quali  respira  perchè 
sono  in  comunicazione  coi  grossi  tronchi  tracheali,  che  procedono 
dal  torace  nel  rimanente  tronco. 

Ma  altre  ninfe 
di  Ditteri  orto- 
rari,  come  sono 
ad  es.  quelle  del 
gen.  Phicoptera  e 
di  altri  Tipulidi, 
possono  discen- 
dere profonda- 
mente nell'acqua 
e  starsene  a  ri- 
poso anche  sul 
fondo  dello  sta- 
gno, se  non  trop- 
po basso,  p  u  i' 
rimanendo  in 
contatto  coli'  a- 
ria,  poiché  han- 
no un  lunghis- 
simo tubulo,  per- 
corso    d a     un  a 


Fig.  283.  —  Larva  (A)  col- 
l'estiemo  addomi-  allungato 
in  tubulo  e  Ninfa  (7?)  col 
tubulo  toracico  impari  iMBit- 
tacomorpha  /tavipes.i^ tt . ). 
Da  Pachard. 


Fig.  264.  —  Ninfe  di  Ditteri   con  processi    respiratori 
toracali. 

A    di   Vroiophila,  dal  dorso   (da  Berlese)  :    B,  di  Otilex,    da 
Rashke.  (a)  suo  cornetto  stigmatico. 


grossi  trachea  nel  suo  interno,  il  quale  affiora  alla  superficie  dell'acqua  con  un  bottone 
chiuso  da  sottilissima  membranella.  Traverso  questa  passa  l'aria  e  raggiunge,  pel  tubulo,  le 
grosse  trachee  toracali  dell'insetto. 


260 


CAPITOLO    QUARTO 


-' 


;> 


E   veramente   una  disposizione  quale  usano     i     palombari     e     neppur  questa  volta,     da    parte 

nostra  si   è  trovato  cosa  nuova,  che  non   fosse  già  in   natura    e    si    vedrà,  conoscendo  più    davvi- 

cino  questo  mirabile  gruppo  zoologico,  che  sono  gli  Insetti,   come  molte  e  molte  altre    volte    il 

fatto  si   ripeta,   mentre  molti   altri   vantaggi  di   organizzazione  e  di    espedienti  di  vita,   che  sono 

propri   agli   Insetti   e   vi  sono  perfetti,    sono  tuttavia    desiderati   invano  da 

noi,   che  ci  sforziamo  di   ottenerli  per  artificio. 

Anche  la  struttura  di  questo  lungo  tubulo  aerifero  è  meravigliosa, 
perchè  il  delicato  ramo  tracheale  è  circondato  e  protetto  da  un  involucro 
leggiero,  che,  a  guisa  di  rete,  lo  avvolge  tutto  ed  è  flessibile  ed  elastico. 
Il  tubulo  è  impari,  ma  alla  sua  base  nasce  anche  un  breve  processo  a 
guisa  di  cornetto,  che  rappresenta  una  riduzione  abortiva  del  tubulo  del- 
l'altro lato  del  corpo,  giacché  anche  tale  disposizione,  per  quella  grandis- 
sima simmetria  che  è  nelle  parti  del  corpo  degli  Insetti,  dovrebbe  essere 
duplice. 

Infatti,  nelle  ninfe  di  Zanzare  e  generi  affini,  come  sono  i  Corethra, 
ecc.,  che  sono  cosi  sterminatamente  numerose  nelle  nostre  acque  stagnanti 
e  tanto  comuni,  che  si  vedono  apparire  in  qualsiasi  acqua  lasciata  per 
qualche  giorno  in  un  orto;  in  queste  ninfe,  dico,  i  cornetti  respiratori 
sono  due  e  procedono  dal  dorso  del  torace,  ma  essi  sono  cortissimi,  a  forma 
di  imbuto,   e  tagliati   obliquamente  nella  parte  libera  (fig.   261,   B). 

La  loro  posizione  è  tale  che  allorquando  la  ninfa,  che  è  più  leggera 
dell'acqua  e  perciò  affiora  passivamente,  si  trova  col  suo  dorso  quasi  al 
pelo  dell'acqua,  le  aperture  dei  cornetti  vi  sono  già  ed  essendo  coperte 
di  sostanza  grassa  vengono  a  galla  e  così  l'aria  può  penetrarvi  fino  al  corpo 
dell'insetto.  Qualora  poi  questo  si  immerga,  l'aria  non  fuoriesce  dalla 
strettissima  apertura  dei  cornetti  uè  l'acqua  può,  per  conseguenza,  inva- 
dere le  trachee. 

Nei  Chironomus  (fisi.  265)  l'organo  respiratorio  ed  il  processo  sono  analoghi, 
specie    si    tratta    di  cornetti  come  i  descritti,  per  altre  invece,  di  ciuffi  di 


Fig.  265.  —  Ninfa  ili 
Chironomus  col  ciuf- 
fo di  appendici  re- 
spiratorie (Si). 


salvochè    in    talune 


tubuli   esilissimi,   contenenti   trachee. 

Sempre  agli  organi  ninfali  transitori  possono  essere  ascritti  quei  peli  rigidi, 
spinette  ed  altre  accidentalità  consimili,  che  orlano  i  segmenti  addominali  in 
molte  crisalidi  ed  in  talune  ninfe  di  Ditteri  ortorafi,  specialmente  quelle  che  su- 
biscono la  metamorfosi  in  ambienti  di  sostanza  resistente  e  debbono  percorrere 
delle  gallerie  scavatevi  preceden temente  dalla  larva  o  dalla  stessa  ninfa,  per  riu- 
scire all'esterno  all'atto   dello    sfarfallamento. 

A  far  ciò  questi  Insetti  non  si  aiutano,  quando  sono  ninfe,  se  non  con  movimenti  di  con- 
trazione ed  estensione  dell'addome.  Necessitano  perciò  queste  serie  di  spinette  ed  organi  ana- 
loghi, per  impedire  il  regresso  del  segmento  e  permettere  il  solo  progresso,  puntando  le  dette 
spine  contro  la  parete  dura  circostante  ed  essendo  rivolte  solo  all'indietro. 

Finalmente  si  può  ricordare  il  così  detto  or  emaster,  cioè  uno  speciale  apparecchio  di  fissa- 
zione, di  cui  godono  alcune  crisalidi  e  che  si  trova  all'estremo  loro  corpo,  mediante  il  quale 
esse  possono  rimanere  sospese  e  molto  bene  aderenti   a  qualche  corpo  che  offra  resistenza. 

Se  ne  dirà  di  più  a  proposito  dei  modi  speciali  di  prepararsi  alla  ninfosi,  che  sono  seguiti 
da  diverse  larve. 


Varie  maniere  di  metamorfosi. 


Se  vi  ha  un  fatto  che  apparisca  strano  al  giudizio  di  chi  ragionevolmente 
cerca  l'uniformità  od  almeno  l'analogia  morfologica  e  biologica  tra  specie  pertinenti 
ad  un  medesimo  gruppo,  una  corrispondenza  almeno  nelle  maggiori  linee,  questo 
è  appunto  il  constatare  la  diversa  maniera  di  sviluppo  postembrionale  fra  i  vari 
Insetti. 


VE    ETÀ    GIOVANILI    m:.;u    inskiti  261 


Infatti  alcuni  si  svolgono  secondo  una  serie  di  mutamenti  per  nulla  radicali 
e  solo  aumentano  di  volume,  senza  modificazione  morfologica  alcuna  delle  parti 
loro  interne  ed  esterne  (all'infuori  delle  sessuali)  (ametaboli  od  a  metamorfosi 
nulla);  altri  invece,  col  crescere,  acquistano  ali  e  talora  assumono  anche  aspetti 
diversi  dai  primitivi,  senza  però  incorrere  in  un  periodo  di  inattività  locomotrice 
e  digestiva  (emimetaboli  od  a  metamorfosi  incompleta);  altri  infine  subiscono  muta- 
menti vistosissimi,  che  avvengono  appunto  coll'intermezzo  di  un  periodo  di  immobi- 
lità e  di  astinenza  dal  cibo  e  sono  quelli  a  metamorfosi  completa  od  olometaboli. 

La  difficoltà  di  una  buona  esplicazione  aumenta  poi  per  le  variazioni  che 
accadono  nei  singoli  gruppi  minori,  poiché,  ad  es.,  mentre  una  parte  degli  Oinot- 
teri  seguono  metamorfosi  incomplete,  cioè  traversano  uno  stadio  ninfale  non 
immobile,  invece  i  Coccidi  ed  altri  affini  hanno  appunto  una  ninfa  immobile  e  con 
tutti  i  caratteri  della  corrispondente  forma  degli    Insetti  a  metamorfosi   completa. 

Così  accade  egualmente  ai  Tisanotteri,  che  pure  sono  senza  dubbio  forme 
emimetabole. 

D'altro  canto  non  leggiero  ostacolo  ad  una  buona  omologizzazione  di  questi 
fenomeni  portano  i  modi  speciali  di  metamorfosi  dei  Pupipari  ed  ancora  i  feno- 
meni  di  Ipermetamorfosi,  che  conosceremo  a   suo  luogo. 

Questo  è  quanto  non  è  mancato  di  affaticare  la  mente  degli  entomologi,  sia 
per  rintracciare  le  ragioni  delle  metamorfosi,  sia  della  diversità  così  vistosa  di 
tali   fenomeni  nello  stesso  gruppo. 

Ma  tutta  questa  varietà  nella  maniera  di  sviluppo  postembrionale,  perderà 
molto  della  sua  mirabilità  quando  si  pensi  che  appartiene  ad  un  gruppo  di  ani- 
mali così  mutabili  nei  loro  caratteri  morfologici  che  si  mostrano  talora  con  gran- 
dissimo numero  di  specie  distinte  a  rispondere  alle  esigenze  di  condizioni  am- 
bienti  simili  od  identiche. 

Per  esempio,  sulle  stesse  spiaggie  nostre,  coi  medesimi  costumi,  noi  vediamo  almeno  quattro 
specie  di  Atheucua;  parecchie  specie  di  Cetonia  vivono  degli  stessi  fiori,  nel  medesimo  tempo;  un 
notevole  numero  di  Mosche  si  nutre  egualissimamente  delle  sostanze  putrescenti,  in  maniera  del 
tutto  conforme,  ecc. 

Per  converso,  specie  tra  loro  somigliantissime  par  caratteri  morfologici,  così  che  per  questi 
soltanto  non  possono  certo  essere  distinte  fra  loro,  vivon»  in  ambienti  diversi  e  per  questo  solo 
carattere  si  possono  fra  loro  distinguere,  souo,  cioè,  delle  specie  biologiche.  Basti  l'esempio  di 
parecchi  Aspidioht*  fra  i  Coccidi,  parassiti  su  piante  diversissime,  senza  che  una  specie  possa  vi- 
vere egualmente  bene  sugli   altri  ospiti   ed  intanto  sono  morfologicamente  non  dissimili. 

o 

Di  presente  noi  dobbiamo  indagare  la  ragione  delle  metamorfosi  e  quella 
ancora  della  grande  varietà   del  fenomeno. 

Per  giungere  a  questo  conviene  intanto  rilevare  alcune  necessità  della  esi- 
stenza e  come  gli   Insetti  vi  rispondano,  secondo  la  enorme  versatilità  loro. 

Vediamo  innanzi  tutto  in  quali  modi  gli  Insetti  provvedono  alle  perdite  di 
individui  che  ogni  specie  subisce  durante  il  suo  cammino  da  uovo  ad  adulto 
procreante  ed  i  perduti  sono  in  numero  maggiore  o  minore  a  seconda  delle  cause 
avverse  alla  loro  esistenza,  che  incontrano  per  via. 

Il  modo  più  usitato  si  è  quello  di  gettare  sul  terreno  di  lotta  un  maggior 
numero  di  individui,  il  quale  caso,  a  scopo  di  brevità  potrà  essere  detto  di  l'oli- 
genìa  (sostituita  in  rari  casi  dalla  Poliembrionìa).  Vedremo  quali  influenze  importa 
nella  organizzazione  e  nei  costumi  della  specie. 

Altro  espediente  è  quello  di  abbreviare,  quanto  più  è  possibile,  il  ciclo  di 
esistenza  dalla  schiusura  dell'uovo  della  forma  giovane,  fino  alla  maturanza  ses- 
suale della  femmina. 


262  CAPITOLO    QUARTO 


Tale  scopo  si  raggiunge  in  più  modi,  cioè  sia  coll'accorciamento  della  vita  larvale, 
il  quale  però  non  può  avvenire  che  per  circostanze  di  ambiente  e  non  dipendenti 
da  attività  della  specie.    È  questo  un  caso  che  potremo  chiamare  di  Tachipedìa. 

Si  raggiunge  però  ancora  colla  anticipata  maturanza  sessuale  in  confronto 
degli  altri  organi  (Neotenìa),  cioè  la  forma  è  generante  prima  di  essere  definiti- 
vamente matura  e  può  riprodursi  in  uno  stato  da  considerarsi  per  ninfale  (o,  più 
raramente  assai,  larvale  -  Pedogenesi). 

Un  efficace  modo  di  evitare  perdite  eccessive  di  individui,  sebbene  più  raro, 
è  luche  quello  della  riunione  in  società,  per  cui  la  famiglia  si  protegge  con  ri- 
pari molto  opportuni,  difende  la  figliolanza,  ecc.  ed  il  mezzo  è  tanto  efficace  che, 
allorquando  si  trova  anche  addizionato  di  altri  non  meno  validi  mezzi  di  protezione 
della  specie,  come  sono  ad  es.  la  notevole  fecondità,  può  la  specie  stessa  permettersi 
il  lusso  di  produrre  una  enorme  maggioranza  o  la  quasi  totalità  di  forme  neutre. 

Questo  per  confronto  di  altri  mezzi,  pei  quali  invece  è  soppressa  la  costante 
necessità  di  un  sesso  (l'elemento  fecondatore),  per  aver  solo  femmine  cioè  forme 
riproduttrici.  Questi  casi  non  sono  comuni,  ma  pure  se  ne  conoscono  e  bene  con- 
statati, come  ad  es.  di  qualche  Imenottero  (Calciditi,  Tentredinei,  Cinipedi)  e  di 
qualche  Cocciniglia,  ecc.  (Partenogenesi  telitoca  ed  Eteropartenogenesi).  La  non  ne- 
cessità del  maschio  poi  è  comune  e  si  rapporta  ai  casi  di  parto  verginale  (  Parte- 
nogenesi in  generale). 

Ecco  i  coefficienti  della  fecondità  della  specie,  poiché  essi  determinano  il  nu- 
mero delle  generazioni  e  quello  degli  individui  generanti  per  ciascuna  d'esse. 
Non  si  parla  qui  dei  mezzi  che  gl'individui  mettono  in  pratica  per  salvare  sé 
stessi,  con  che  contribuiscono  alla  conservazione  anche  della  specie. 

Tutti  questi  diversi  espedienti,  che  la  specie  può  mettere  in  atto  per  soprav- 
vivere nel  turbine  della  grande,  continua  lotta  per  l'esistenza,  complicati  anche 
dalle  esigenze  della  sua  diffusione,  mentre  dimostrano  quanto  fiera  è  la  lotta 
stessa  per  questi  piccoli  esseri,  debbono  anche  persuadere  altrui  che,  praticati 
da  parte  di  forme  cosi  pronte  ai  mezzi  più  disparati  per  rispondere  a  stimoli 
analoghi,  importano  una  tale  varietà  di  abitudini  e  di  modi  di  esistenza  e  di 
organizzazione,  che  fanno  davvero  faticare  la  mente  di  chi  voglia  ricondurli  a 
tipi  e  ad  origini  comuni  o  simili. 

Questa  biologia  comparata,  per  questi  così  versatili  ed  adattabili  animali, 
rappresenta  veramente  un  lavoro  arduo  pel  filosofo  naturalista. 

Gli  effetti  poi  che  queste  diverse  maniere  di  esistenza  e  di  lotta  per  la 
stessa  hanno  sui  modi  di  metamorfosi  sono  rilevanti,  però  importano  variazioni 
che  trascendono,  come  è  ben  facile  comprendere,  dall'ambito  delle  singole  specie 
ed  anche  dei  generi,  ma  si  possono  manifestare  da  famiglia  a  famiglia,  meglio 
da  sottordine  a  sottordine  o  da  ordine  ad  ordine. 

Le  maggiori  differenze,  che  sono  quelle  già  indicate  tra  ametaboli,  emimeta- 
boli ed  olometaboli,  abbracciano  più  gruppi,  secondo  si  è  già  indicato  per  la 
classificazione  degli  Insetti. 

Ora,  quale  è  la  causa  di  così  fatte  differenze,  che  sembrano,  a  prima  vista 
veramente  cardinali:'  Quali  rapporti  hanno  esse  rispetto  a  tutte  quelle  varie  ma- 
niere di  espedienti,  che  ho  sopra  citati,  con  cui  gli  Insetti  provvedono  alla  con- 
servazione della  specie? 

Origine  della  Olometabolia. 

Si  è  già  vedute  che  durante  l'èra  paleozoica  il  primo  ceppo  degli  Insetti  e 
la   prima  divergenza  dei   rami  maestri,     poco    influenzata  ancora  da!  clima  e  dal- 


I.K    ETÀ    GIOVANILI    DKGI.]    INSETTI  261! 

l'ambiente  di  vita  uniformi  o  poco  variati,  importano  la  scarsezza  e  poca  diver- 
sila delle  forme  e  delle  maniere  di   vita  in  quel  tempo. 

Si  tratta  di  predatori,  per  lo  più  antibiotici  e  tutti  a  metamorfosi   incompleta. 

Solo  nell'era  mesozoica,  e  più  precisamente  nel  Trias  si  cominciano  ad  in- 
contrare specie  olometabole  (Coleotteri  e  Neurotteri)  e. più  tardi,  nel  Liassico 
e  nel  Giurese  appaiono  molti  altri  gruppi  di  Insetti  a  metamorfosi  completa. 

È  cosa  certa  quindi  che  la  olometabolia,  la  quale  da  altro  non  dipende  alla 
fine,  se  non  da  una  prematura  schiusa  della  larva,  o,  in  altri  termini,  da  un  periodo 
embrionale  accorciato,  rappresenta  una  maniera  secondaria  di  evoluzione,  dovuta 
a  nuove  esigenze  di  vita,    mentre  la  tipica  originaria  è  quella  per  emimetabolia. 

Ma  la  causa  vera,  che  ha  determinato  un  così  vistoso  effetto,  quale  è  quello  di 
abbreviare  di  tanto  il  periodo  embrionale,  provocando  tutti  quei  complessi  fenomeni 
di  ninfosi,  che  non  trovano  riscontro  buono  in  alcuna  fase  della  evoluzione  onto- 
genica  degli  altri  Insetti  non  è  palese  e  le  ipotesi  in  proposito  non  sono  persuasive. 

Per  esempio  non  si  può  ammettere  coli'  Handlirsch  che  la  causa  determinante  sia  stata  un'epoca 
glaciale,  per  ciò  che  le  ninfe  rappresentano  uno  stadio  di  riposo  opportunissimo  a  superare  i 
periodi  di  bassa  temperatura.  Anzitutto  il  fenomeno  della  apparsa  di  questa  ninfa  immobile  non 
è  stato  generale  a  tutti  gli  Insetti;  in  secondo  luogo  esso  è  comune  a  forme  attualmente  nor- 
diche come  ad  altre  equatoriali;  infine  la  ninfa  non  è  la  forma  abitualmente  svernante;  assai 
più  sono  gli  Insetti,   che  traversano  la  stagione  fredda  allo  stato  d'uovo  o  di  adulto. 

Il  Packard  ritiene  essere  stato  uno  dei  principali  fattori  della  metamorfosi  la  selezione  na- 
turale, per  ciò  che  i  primitivi  Insetti  hanno  dovuto  fuggirsene  nell'aria,  acquistando  così  le  ali, 
per  non  soccombere  alle  aggressioni  di  quelli  che  camminano  sulla  terra.  Finalmente,  col- 
l'acquisto  delle  ali  e  colla  complicanza  delle  metamorfosi  l'insetto  è  divenuto  un  animale  favo- 
rito in  natura  ed   ha  potuto  moltiplicare  in  grandissimo  numero  di   forme. 

Molte  cose  potrebbero  osservarsi  intorno  a  questo  modo  di  vedere,  ma  ne  quauto  è  più  su 
riferito  ne  quello  che  ancora  vi  aggiunge  il  Packard  serve  a  dare  una  risposta  alla  precisa  do- 
manda che  tutti  gli  entomologi  si  sono  rivolti. 

Anche  il  Lameere  (1899),  che  si  è  occupato  di  proposito  dell'argomento,  deve,  alla  fine  rico- 
noscere che  attualmente  la  interpretazione  definitiva  della  origine  delle  metamorfosi  degli  Insetti 
non  può  essere  data. 

Con  tutto  ciò  però  il  Lameere,  dietro  considerazioni  sulla  struttura  delle  larve  primitive, 
ritieue  che  l'olometabolismo  sia  dovuto  alla  penetrazione  dell'insetto  entro  il  tessuto  vegetale, 
alla  conseguente  riduzione  degli  organi  di  relazione,  per  cui  la  nuova  forma  veniva  ad  acquistare 
l'aspetto  più  connine  alle  larve  metaboliche,  cioè  anello  cruciforme  o  vermiforme  (il  campodeiforme 
sarebbe  un  caso  di  adattamento  successivo)  e  finalmente  la  ninfa  sarebbe  stata  una  necessità  per 
riaccomodare,  in  uno  stato  di  assoluto  riposo,  il  corpo,  in  modo  da  riacquistare  le  perdite  sof- 
ferte negli  organi  di  riduzione,   per  ottenerli  al  grado  alto  che  raggiungono  nell'adulto. 

Questa  ipotesi  è  stata  combattuta  con  argomenti  diversi  e  non  male.  Per  mio  conto  io  os- 
servo che  il  Lameere  dà  troppo  rilievo  alla  parvenza  esteriore  della  larva  e  non  tiene  conto  del 
fatto  che,  considerata  al  suo  giusto  valore,  la  larva  non  è  la  forma  più  o  meno  allungata  e  ver- 
miforme e  cogli  arti  più  o  meno  evoluti,  ma  quella  forma  in  cui  non  è  che  in  via  di  evoluzione 
affatto  embrionale  la  maggior  parte  degli  organi  immaginali  e  che  quindi  deve  subire  una  serie 
di  processi  regressivi  e  di  distruzione  di  organi  giovanili  e  costituzione  di   un  complesso    nuovo. 

La  ninfa  metabolica  è  il  periodo  in  cui  avviene  questo  complesso  fenomeno  e  questa  è  la 
vera  essenza  della  olometabolia.  Ora  nelle  forme  ametabole  ed  emimetabole,  non  vi  ha  mai,  né 
durante  la  vita  embrionale  né  nel  periodo  postembrionale  un  simile  momento  di  vera  distruzione 
di   un  organismo  e  ricostituzione  di   uno  nuovo. 

La  ninfa  metabolica  è  una  necessaria  conseguenza  dello  stato  immaturo  della  forma  larvale, 
ma  è  appunto  la  ragiono  di  questa  precoce  schiusa  dall'uovo  che  si  ricerca  e  non  quella  di  un 
adattamento  ad  una  speciale  maniera  di   esistenza. 

Non  mi  sembra  che  troppo  diversa  cosa  sarebbe  l'affermazione  di  chi  sostenesse,  dietro  con- 
siderazione di-Ile  Linguatule,  che  gli  Anellidi  sono  derivati  da  tali  Artropodi,  in  seguito  ad 
adattamento. 


264  CAPITOLO    QUARTO 


Il  Lubbock  (1873),  prudentemente,  trattando  della  origine  delle  metamorfosi  si  limita  però  ad 
esporre  dei  fatti  anziché  a  proporre  una  teoria.   Egli   infatti  dice: 

1.°  «  Le  metamorfosi  provengono  da  ciò  che  alcuni  animali  non  sortono  dall'uovo  in  uno 
stato  di  completo  sviluppo: 

2."  «  La  forma  della  larva  dell'insetto  dipende  molto  dalle  condizioni  nelle  quali  essa  vive. 
Le  forze  esterne  che  agiscono  su  essa  differiscono  da  quelle  che  si  esercitano  sulla  forma  adulta. 
Così  i  cambiamenti  che  subisce  il  giovane  souo  determinati  dai  suoi  bisogni  immediati,  piuttosto 
che  dalla  sua  forma  finale; 

3.°  «  Le  metamorfosi  possono  adunque  dividersi  in  due  classi,  quelle  di  sviluppo  e  quelle 
di  adattamento; 

4.°  «La  subitaneità  apparente  dei  cambiamenti,  che  subiscono  gli  Insetti  proviene  in  gran 
parte  dalla  durezza  della  loro  pelle.  Questa  durezza  si  oppone  ad  una  alterazione  graduale  della 
forma;  ma  essa  è  necessaria  perchè  è  sua  mercè  che  i  muscoli  trovano  un  appoggio  sufficiente. 

5.°  «L'immobilità  della  ninfa  o  crisalide  risulta  dalla  rapidità  delle  trasformazioni,  che  vi 
si  effettuano  ». 

Non  è  il  caso  di  discutere  queste  affermazioni,  che  non  hanno  a  che  vedere  col  problema 
propostoci,  solo  si  pnò  dire  che,  a  parte  molte  cose,  le  quali  potrebbero  esser  recate  innanzi  rela- 
tive alle  proposizioni  l.a,  2.a.  riesce  mal  comprensibile  la  3.a,  perchè  certo  il  fenomeno  delle 
metamorfosi  è  di  tale  rilievo  fisiologico  e  morfologico,  nel  ciclo  evolutivo  di  interi  ordini,  da  non 
poter  esser  certo  scambiato  con  uno  ristretto  fenomeno  di  adattamento  in  certi  casi;  ma  fa  più 
meraviglia  che  il  Lubbock  attribuisca  alla  durezza  dei  tegumenti  la  subitaneità  dei  cambiamenti 
nell'organizzazione  degli  Insetti,  quando  le  metamorfosi  complete,  che  sono  le  piìl  improvvise, 
sono  invece  l'appannaggio  delle  forme  a  cute  molle  negli  stadi  di  larva  e  ninfa  e  solo  i  Lepi- 
dotteri,  colle  loro  crisalidi   fanno  eccezione. 

Per  Miall  (1895)  la  metamorfosi  degli  Insetti  è  resa  necessaria  dai  bisogni  della  dissemina- 
zione della  specie,  che  richiede  la  presenza  di  ali  e  tale  fenomeno  deve  avvicinarsi  alle  meta- 
morfosi degli  Anfibi  anuri,  perchè  nell'uu  caso  e  nell'altro  esso  avviene  alla  fine  del  periodo  di 
accrescimento.  Ma  lo  stesso  Miall  avverte  che  lo  sviluppo  delle  ali  non  può  essere  la  sola  causa 
delle  metamorfosi,  perchè  vi  sono  degli  Insetti  alati  senza  metamorfosi  ed  io  aggiungerei  che  il 
ravvicinamento  cogli  Anuri,  forme  attere,  non  solo  ma  tra  le  meno  migranti,  è  invocato  assai  male 
a  proposito,  anche  perche  le  loro  metamorfosi  non  cadono  per  nulla  alla  fine  dell'accrescimento. 
L'Autore  conclude  che  è  insomma  difficile  indagare  le  cause  delle  metamorfosi. 

Per  mio  conto  io  pure  mi  trovo  in  tale  pensiero,  che  sia  prudente,  cioè,  per 
ora,  attendere  altri  dati  e  lumi  dalla  Paleoentomologia  prima  di  proporre  qualche 
ipotesi  intorno  a  questo  argomento.  Sono  dello  stesso  avviso  dell'  Henneguy,  il 
quale,  in  fine  del  suo  bel  volume  sugli  Insetti   (pag.  604),  così  si  esprime: 

«  Nessuna  delle  ipotesi  emesse  tino  ad  ora  per  ispiegare  l'origine  della  me- 
tamorfosi mi  sembra  risolvere  questo  problema,  la  cui  soluzione,  come  quella  di 
ogni  questione  relativa  alla  filogenia,  non  potrà  esser  data  che  da  uno  studio 
approfondito  dei  documenti  forniti  dalla  paleontologia.  Questi  documenti,  man- 
cando assolutamente  pegli  stadi  larvali  degli  Insetti,  è  da  temersi  che  non  sa- 
remo per  molto  tempo  ancora  certi  su  questo  punto  così  interessante  della  eoi  - 
briologia  generale  ». 

Tuttavia  non  conviene  trascurare  quelle  poche  cose  che  pure  sono  in  nostro  possesso  e  ten- 
tare di  coordinarle  alla   meglio,   per  vedere  almeno  come  esse  figurino  di   fronte  al  problema. 

Certamente  il  non  conoscere  le  larve  e  le  ninfe  di  quei  primi  Olometaboli,  che  appaiono  nel 
Trias  per  la  prima  volta  e  una  deplorevole  difficoltà,  ma  si  può  ammettere  che  quei  Coleotteri 
e  quei  Neurotterì  fossero  realmente  olometaboli,  certo  non  conviene  pensare  altrimenti. 

In  pari  tempo  sembra  assodato,  conforme  a  quanto  si  dice  a  pag.  165  del  presente  volume, 
che  il  periodo  Triassico,  cioè  la  nuova  èra  dopo  l'epoca  glaciale  Permiana,  è  caratterizzato  dalla 
grande  scarsezza  di  resti  d'Insetti,  che  da  un  750  specie,  quali  si  conoscono  nel  Carbonifero, 
sono  rappresentati  nel  Permiano  da  solo  una  ventina  finora  note.  Si  è  anche  detto  che  tale  scar- 
sezza non   è  solo  nelle  nostre  cognizioni,  poiché,  pur  ammettendo  che  in  generale  i  terreni  triassici 


I.U    ETÀ    GIOVANILI    DKGL1    INSKTTI  26.r) 


non  siano  i  meglio  adatti  alla  conservazione  di  fossili,  tuttavia  in  taluni  di  essi  si  sono  pure 
l'inverniti  abbondanti  resti  vegetali  benissimo  conservati,  ma  tra  questi  non  sono  traccio  di  In- 
setti, così  che  e  da  credere  clie  questi  fossero  allora  realmente  piti  rari  che  non  nei  periodi  pre- 
cedenti. 

Si  e  già  avvertito  ancora  che,  probabilmente,  le  speciali  condizioni  di  ambiente,  non  favorevoli 
alla  fauna  entomologica  esistente,  ne  abbiano  detcrminata  la  rovina  e  scomparsa,  provocando 
l'olometabolismo,  come  un  modo  di  fronteggiare  la  temperatura  dell'epoca  glaciale  permiana,  ap- 
punto secondo  il  pensiero  dell'  Handlirscli  (che  si  è  mostrato  però  essere  assai  discutibile)  che 
la   ninfa  olometabolica  rappresenti    una    fonila   a  ciò  più   adatta. 

Che  l'olometabolismo  sia  stato  una  necessità  durante  il  periodo  Triassico  noi  dobbiamo  am- 
mettere senza  piti,  giacché  cose  non  necessarie  in  natura  non  esistono,  come  dobbiamo  d'altro 
canto  ammettere  che  molte  delle  forme  dell'epoca  paleozoica  abbiano  potuto  resistere,  con  meno 
profonde   modificazioni   per  adattamento,  alle  nuove  diversissime  condizioni  di  ambiente. 

Questo  rendeva  necessario,  ma  anche  permetteva,  agli  Insetti  la  nuova  maniera  di  vita  rap- 
presentata dall'olometabolismo  e  gli  Insetti  non  sono  esseri  da  non  profittare  senz'altro  di  con- 
dizioni  favorevoli   alla  loro  esistenza  e  da  non  adattarvisi   subito. 

Le  condizioni  più  difficili  di  vita  hanno  obbligato  gli  Insetti  a  ricorrere  ad  uno  di  quei 
tanti  mezzi  di  adattamento  a  cui  sopra  abbiamo  accennato,  ad  elevare  cioè  la  misura  della  fe- 
condità, per  gettare  nella  lotta  un  maggior  numero  di  individui  e  sopperire  così  ad  una  deci- 
inazione  più   larga. 

Quale  è  la  natura  di  queste  condizioni  avverse,  che  hanno  costretto  gli  Insetti  all'olometa- 
bolismo  e  quali  sono  insieme  le  favorevoli,   che  lo  hanno  permesso? 

Questo  è  il  problema  e  solo  futuri  studi   paleontologici  vi  possono  rispondere. 

Non  sembra  che  si  possa  errare  di  troppo  accogliendo  una  ipotesi  a  termini  molto  lati,  per 
la  quale  si  supponga  che  profonde  modificazioni  nella  temperatura  e  nella  fiora  terrestre,  più 
che  altro,  abbiano  offerto  agli  Insetti  nuovi  modi  di  esistenza,  purché  pagati  a  prezzo  di  mag- 
giori difficoltà,  cioè  di  maggior  numero  di  vite,  alla  quale  esigenza,  in  natura,  è  sempre  risposto 
colla,  maggiore  condiscendenza,  perchè  il  grado  di  fertilità  è  il  fenomeno  più  facilmente  e  pron- 
tamente variabile  ed  è,  ripeto,  il  più  ovvio  mezzo,  a  cui  la  natura  mette  mano  per  fronteggiare 
subito  nuove,   improvvise  esigenze. 

Tutti  gli  altri  adattamenti  sono  più  lenti  nel  loro  sviluppo  e  non  potrebbero  avere  un  ef- 
fetto pronto  quanto  quello  del  sacrificio  di   migliaia  di  esistenze. 

Noi  eleviamo  inni  sviscerati  alla  natura,  allo  spettacolo  dei  milioni  d'esseri  viventi,  ma  non 
pensiamo  ai  miliardi  che  la  natura  stessa  uccide,  per  un  effetto  che  ci  sembra  molto  facile  ad 
ottenersi  senza   tanta   ecatombe. 

Certo  riesce  incomprensibile  al  nostro  intelletto  come  una  Tenia  sia  condannata  a  non  aver 
altro  modo  di  compiere  il  suo  sviluppo  se  non  migrando  da  ospite  ad  ospite  e  per  via  disse- 
minando milioni  di   morti  della  sua  figliolanza. 

Ametabolia.  —  L'assenza  di  ogni  maniera  «li  trasformazione  durante  il  pas- 
saggio  da  larva  ad  adulto,  riducendosi  i  mutamenti  ai  soli  esuviamenti  in  vario 
numero,  spetta  essenzialmente  agli  Apterigoti. 

Vi  ha  però  una  ametabolia  acquisita,  la  quale  si  verifica  ogni  qualvolta,  per 
Insetti  a  metamorfosi  incompleta,  lo  stadio  definitivo  ha  perduto  le  caratteristiche 
della  t'orma  adulta,  fra  le  quali  certamente  la  più  vistosa  è  la  presenza  d'ali. 

Adunque  molte  specie  attere  non  subiscono  metamorfosi  di  sorta  per  tutta 
la  loro  esistenza  e,  senza  l'esame  degli  organi  sessuali,  non  si  può  giudicare  se 
si  tratti  di   adulti  o  di   giovani. 

In  tale  caso  incorrono  gli  Anopltiri  ed  i  Mallofagi.  molti  Ortotteri  ed  al- 
cuni Pseudoneurotteri  ;  atteri  Termiti,  nonché  alcuni  Emitteri  (fig.  206). 

Per  questi  casi,  come  tali  insetti,  pur  essendo  senza  ali  non  vengono  ragio- 
nevolmente ascritti  più  ormai  al  gruppo  degli  Atteri  (che  sono  gli  odierni  Apte- 
rigoti) cosi  le  loro  trasformazioni  non  si  devono  definire  per  ametaboliche,  ma 
per  emimetabole,  come  quelle  di  tutti  i  loro  affini,  alati  allo  stato  adulto. 

A.  Heklese,  Gli  Insetti,   II.  —  34. 


266 


CAPITOLO    QUARTO 


Questa  distinzione  netta  fra  la  vera  Ametaboiia  e  (niella  che  si  disse  acquisita  (Paeudoame- 
tabolia)  non  riguarda  solo  la  esterna  conformazione  degli  organismi,  nel  qual  caso  essa  non  [po- 
trebbe essere  difesa  bene,   ma  si  fonda  su   un  diversissimo    modo  di  sviluppo  e  di  organizzazione 

fra  gli  Ainetaboli  veri  (Apterigoti)  ed  i  Pseu- 
doametaboli,  che  appartengono  ai  Pterigoti. 
Tutto  ciò  sarà  veduto  meglio  in  appresso. 


Questa    maniera 
esercita    sulle   se- 


Fiv.  266.  —  Esetapi  di  Ametaboiia  acquisita  o  Psendo- 
ametabolia. 

A,  Psocide   (Pachytroctes  brunneus  \  da  Ribaga) ;    B,  Mallo* 
lago  {Lìpeurus  hyaUnus;  da  Neuman). 


Emimetabolia.     — 

di    metamorfosi    si 
gnenti  forme: 

Una  larva  (Prosopon).  la  quale  è 
sempre  sprovveduta  di  appendici  am- 
bulatone addominali,  possiede,  invece, 
tre  paia  di  zampe  toraciche  non  troppo 
dissimili  da  quelle  corrispondenti  del- 
l'adulto. I  segmenti  toracali  sono  piti 
o  meno  differenziati  fra  loro  e,  cioè 
per  quel  tanto  che  è  chiesto  dalla 
loro  funzione  rispetto  alle  zampe  ed 
alla  deficienza  d'ali. 

Per  ciò  la  larva    somiglia   (il  più 
spesso)  molto  sensibilmente  all'adulto, 
salvo  modificazioni  morfologiche  secon- 
darie, dipendenti  da  speciale  adattamento  e  salvo  le  differenze  che  derivano  agli 

anelli  toracali  per  la  detta  deficienza  di  ali. 

Si  comprende  adunque  che  le  maggiori  differenze  tra  larva  ed  adulto  rispet- 
tivo si  troveranno  in  quelle  specie    per  le  quali    V habitat  è  diverso  da  larva  ad 

adulto  e  questo  possiede  le  ali. 

Questo  è  appunto  il  caso  degli    Odonati    (fig.  267)  e    di  molti  altri  Pseudo- 

neurotteri,  pei  quali   la  larva    è  acquaiola  e  l'adulto  terrestre  e  ben  fornito  d'ali, 

oppure  quei  Cicadari,  fra  gli  Omotteri,  le  cui 

larve  vivono  entro  terra  e  l'adulto  è  libero, 

volante  all'aperto. 

Per  converso    differenze    minime  e  più 

che  altro    di    statura   intercederanno   fra  le 

larve    e    l'adulto    rispettivo  di    specie,    che 

vivono    nel    medesimo   ambiente    e    per    le 

quali      l'adulto     è    attero.     In    tali    casi  si 

giunge  a  quella  ametaboiia  acquisita  o  pseu- 

doametabolia,  della  quale  più  sopra  si  è  detto 


Fig.  267.  —  Una  ninfa  di  Eterometabolo 
IPseudo-neurottero)  (Libellulide,  Ephiteca). 
L'adulto  è  uua  Libellula.  Da  Cabot. 


e  se  ne  sono  recati  esempi. 

La  coudizione  intermedia  è  rappresen- 
tata da    forme   con    identico    habitat    per  le 
larve  come  pegli  stadi  successivi  fino  all'a- 
dulto, poiché  in  questo  caso  le   sole  differenze  dipendono    dalla    presenza    di  ali 
nello  stadio  definitivo  e  talora  nello  sviluppo  dei  sessuali  esterni. 

Ed  ecco  il  bello  esempio  degli  Ortotteri,  alati  allo  stato  adulto  pei  quali  le 
differenze  intercedenti  fra  le  singole  forme,  da  larva  in  poi  sono,  così  deboli  che 
per  essi  è  stata  proposta  la  parola  paurometabolia  (fig.  26S). 

Adunque  la  Emimetabolia  così  può  essere   distinta: 

1.°  Pseudoametabolia.  —  Pediculini,    Mallofagi  ;    specie  attere  fra  gli  Emi- 
metaboli, come  Embidi,  Termitidi,  Psocidi,  Ortotteri,  Tisanotteri,   Emitteri. 


LE    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


267 


2.°   Paurometaboìia.  —  Specie  alate  di  Ortotteri,  Tisanotteri,    Eniitteri    Ete- 
romeri, Omotteri  a  vita  sempre  all'aperto. 

3.°  Eterometaboiia.    -   Pseudoneurotteri    antibiotici,    Omotteri    a  larve  sot- 
terranee. 

La  sola  eccezione  a  quanto  sopra  si  e  esposto  è  rappresentata  dai  Coccidi, 
che  debbono  essere  ascritti  accanto  agli  olometaboli,  come  è  dimostrato  dalle 
metamorfosi  della  serie  maschile.  Quanto  a  ciò  che  fanno  vedere  le  femmine, 
sarà  bene  spiegato  più  innanzi  come  va  inteso  il  loro  ciclo  evolutivo  abbreviato. 
Certo  questi  Omotteri  mostrano  il  passaggio  dalla  emiinetabolia  alla  olometabolia 
classica. 

Xinfa.  —  La  larva,  mutata  la  pelle  per  un  certo  numero  di  volte,  acquista 
più  o  meno  rapidamente  i  rudimenti  delle  ali  ed  allora  si  appella  ninfa.  Questo 
è  lo  stadio  che  precede  l'adulto. 


Fig.  268.  —  Esempio  di  Paurometaholia  in  un  Ortottero  (Caloptenus  ilalicue). 
A,  larva  (ingrandita);     JS.  ninfa  (grandezza  naturale);     C,  adulto  (grandezza  naturale).  Da  Berieae. 


Ordinariamente  fra  la  ninfa  e  la  forma  alata  non  intercedono  altri  esuvia- 
menti,  ma  qualche  eccezione  è  pur  nota,  sebbene  rarissima. 

Le  differenze  tra  ninfa  e  larva  non  sono  solo  di  dimensione,  che,  progre- 
dendo, è  aumentata,  ma  si  richiamano  anche  alla  presenza  dei  rudimenti  delle 
ali,  che  importa  una  più  accentuata  differenziazione  dei  segmenti  toracali  verso 
quella  definitiva  dell'adulto. 

Anche  per  la  ninfa  valgono  le  diverse  maniere  di  emimetabolia,  che  si  sono 
già  indicate  per  la  larva,  dipendenti  dalle  medesime  cause,  in  ciò  solo  differen- 
ziando dal  primo  stato,  in  quanto  che  la  ninfa  assume  un  aspetto  più  simile  a 
quello  dell'adulto  nei  casi  di  Paurometaboìia,  una  parvenza,  insomma  che  ha  in- 
sieme dello  stato  larvale  e  di  quello  definitivo. 

La  ninfa  di  questi  emimetaboli,  come  la  larva,  si  locomuove  e  si  nutre. 

In  taluni  casi  però  essa  è  poco  mobile  o  si  sposta  assai  mal  volontieri  e 
con  molta  pena  e  disagio,  se  molestata,  ed  in  ciò  si  vede  un  avvicinamento  verso 
la  olometabolia  (alcuni  Coccidi,  Tisanotteri  ecc.). 


Olometabolia.  —  Mentre  le  precedenti  maniere  di  metamorfosi,  per  le  non  pro- 
fonde né  subitanee  modificazioni  che  inducono  nell'organismo  dell'insetto,  meri- 
tano il  titolo  più  mite  di  Trasformazioni,  invece  le  altre,  che  si  compiono  secondo 
la  Olometabolia  si  sono  appropriate  quello  di  Metamorfosi,  come  di  un  grado  di 
mutazione  più  radicale,  cioè  la  metamorfosi  completa  degli  autori  più  vecchi. 

Questa  è  caratterizzata,  come  ho  detto,  da  uno  stadio  di  ninfa  immobile.  Ma 
se  si  vuole  bene  intendere  tutto  il  processo  e  trarne  dei  paralleli  col  ciclo  vitale 
seguito  nella  emimetabolia,  è  pur  bisogno  una  maggiore  esattezza  nel  distinguere 
i  diversi  momenti  della  vita  post  embrionale  dell'insetto  olometabolo. 

La  larva  compie  il  suo  ciclo    esattamente    nel  momento  in  cui  perde  la  sua 


268 


CAPITOLO    QIAKTO 


Fig.  269.  —  Due  momenti  della  nin- 
losi  iu  Tentredinei. 

A,  Inizio.  La  larva  è  ormai  immobile  e 
sotto  la  pelle  nasconde  la  Eoninfa  ; 
B,  ninfa  Tra  i  e  £  sta  la  Proninfa. 
Da  Ratzeburg. 


locoinobilità  (fig.  2G9,  A).  Tuttavia    essa    iion    ha    ancora   gettata  la  spoglia  lar- 
vale, ma  sotto  a  questa    sono    già   avvenuti  così  profondi  mutamenti  nella  orga- 
nizzazione dell'insetto,  che  esso  non  è  più  da  richia- 
marsi alla  larva  esattamente,  tanto  è    vero    che  gli 
organi  di  locomozione  sono  ormai  inerti. 

Da  questo  preciso  momento,  che  pur  precede 
la  proninfa  libera  (fig.  270,  A)  e  che  potrebbe  essere 
indicato  colla  voce  Eoninfa  (aurora  dello  stadio  nin- 
fale), si  inizia  il  secondo  periodo  della  vita  postem- 
brionale  dell'olonietabolo,  cioè  quello  in  cui  cessano 
le  funzioni  di  locomozione  e  di  nutrizione,  ossia  vera- 
mente lo  stadio  di  Ninfa. 

Ora,  questo  momento,  così  fugacemente  tran- 
sitorio, di  Eoninfa,  corrisponde  esattamente  a  quello 
in  cui  il  Prosopon  degli  emimetaboli  schiude  dal- 
l'uovo a  vita  libera. 
Segue  lo  stato  di  Proninfa,  pel  quale  ormai  la  spoglia  larvale  è  caduta,  ma 
gli  arti  tutti  non  hanno  ancora  assunto  quello 
sviluppo,  che  acquisteranno  per  gradi,  senza 
ulteriori  esuviamenti,  in  breve  tempo,  fino  a 
raggiungere  la  misura  definitiva,  che  conser- 
vano durante  tutto  il  rimanente  stadio  ninfale 
(fig.  270,  B). 

Adunque,    così    può    essere    suddiviso    il 
periodo  ninfale  degli  olometaboli  : 

1.°  Eoninfa,  tuttavia  celata  nella  spoglia 
della  larva,  che  però  né  si  nutre  uè  si  loco- 
muove  più  (fig.  27)  ; 

2."  Prouinfa,  che  principia  dal  momento 
in  cui  la  veste  della  larva  è   rigettata  e  che, 

ordinariamente     senza 
ulteriori    esuviamenti, 
(fig.  270,  A)  si    modi 
fica  in 

3.°  Ninfa,  la  quale  continua  fino  alla  trasformazione 
in  adulto  (figg.  260,  261,  270,  B). 

Tutti  questi  periodi  sono  caratterizzati  da  un  conti- 
nuo lavorìo  intimo  di  modificazioni  dell'organismo,  che,  nel 
loro  insieme,  costituiscono  il  processo  tanto  mirabile  della 
ninfosi  e  non  appartengono  alle  altre  maniere  di  trasfor- 
mazioni precedentemente  citate. 

Se  ne  discorrerà  colla  dovuta  larghezza  più  in- 
nanzi. 


Fig.  270.  —   I  due  stadi    liberi    della    ninfa 

olometabola. 
A,  Proninfa;  B,  Ninfa  (Calliphora) .  Da  Lowne. 


Fig.  271.  —  Eoninfa  di  Hy- 
ponomeuta  veduta  dal  ven- 
tre. (Tre  giorni  dopo  che  la 
larva  è  inclusa  nel  bozzolo). 
Ingrand. 


Transizione  dalla  Emimetabolìa  alla  Olometabolìa.  Neometabolia. 
—  Hanno  sempre  destato  grande  interesse  fra  gli  entomo- 
logi, le  metamorfosi  di  taluni  insetti,  le  quali  mostrano  un 
deciso  passaggio   dalla  Emimetabolìa   alla  Olometabolìa. 
Se  ne  può  avere  esempio  di  diverso  grado  fra   i  Tisanotteri,    e,  meglio    che 
mai,  fra  gli  Omotteri,  più  specialmente  Coccidei. 

In  molti  Tisanotteri    la    ninfa  si  locomuove  mal  volentieri  ed  ha   qualche  arto,  come  le  an- 
tenne, paralizzato  (fig.  272  B).  In  tutto  il  resto  le  differenze  da  larva,  ninfa,  ad  adulto  sono  cosV 


LK    ETÀ    GIOVANILI    DKGU    INSKTT1 


2o9 


modeste  che  si  può  bene  parlare  di  metamorfosi    incompleta,    come    sempre  hanno  alleluiato  gli 
autori. 

Ma  nei  Coccidei  si  vede  cosa  mirabile.  È  però 
d'uopo  considerare  i  soli  maschi,  perchè  le  fem- 
mine si  arrestano  nel  loro  sviluppo  ad  uno  stadio 
corrispondente  al  larvale,  né  vanno  oltre.  I  maschi 
però  subiscono  una  metamorfosi,  che  rientra  nella 
vera  olometabolia. 

Infatti  da  una  larva  (fig.  273  A)  oligopoda 
si  passa,  per  esuviamento,  ad  un  altra  larva  apoda 
(B).  Questa  forma  non  può  essere  considerata  per 
eoninfa  perche  possiede  un  buon  appaiato  boccale 
e  se  ne  serve  per  nutrirsi.  Alla  larva  apoda  spgue, 
dopo  esuviamento,  una  Proniufa  (C)  molle  e  con 
arti  rudimentali.  Questa,  senza  ulteriore  muta,  di- 
viene Ninfa  (D,  E)  cogli  arti  alquanto  più  sviluppati, 
alla  quale  lilialmente  segue  l'adulto,  alato  general- 
mente. Ora  avviene  che  mentre  nel  gruppo  di  Dia- 
spiti  esiste  la  larva  apoda  e  gli  stadi  ninfali  suc- 
cessivi sono  assolutamente  immobili,  invece,  per 
altri  gruppi,  ad  es.  pei  Cocciti,  manca  la  larva 
apoda  e  la  Proninfa  si  muta  in  Ninfa  in  seguito  ad 
esuviamento;  però  tanto  la  Proniufa  che  la  Ninfa 
possono  locomuoversi,  se  vengono  stimolate,  sebbene 
si  spostino  con  molta  pena  e  lentezza. 

Adunque  i  Coccidei  mostrano  vera- 
mente un  passaggio  dalla  Eterometabolia 
alla  Olometabolia,  la  quale  maniera  di 
metamorfosi  può  essere  detta  per  Neo- 
metabolia. 

Ora  nei  Coccidei  stessi  abbiamo  forme 
e  Neometabolia  tipica    (Coccidi,  etc.)  e  così  pure    in    altri    Omotteri    (Cicadari)  e 


Fig.  27*2.    —    Metamorfosi    di    uu    Tisauottero 
(Lùnothrips  poaphagus). 

A  ,  larva  ;    /.'.  ninfa  ;  O,  maschio  adulto  ;  /),  femmina 
adulta.  Ingrand.  Da  Binda. 


Fig.  273.  —  Metamorfosi  complete  di  Coccideo  (Diaspite)  ;  serie  maschile. 

A.  prima  larva  dal  ventre;     B,  larva  seconda  apoda  dal  ventre;     O,  proninfa  (sapioa)  ;     D,  ninfa  prona; 
snpina.  Molto  iogr.  Da  Berlese. 


E,   la  stessa 


nei  Tisauotteri,  mentre,  per  gradi    si  passa  finalmente    alla   Olometabolia  vera  e 
propria,  come  è  rappresentata  dai  Diaspini,  ben  inteso  nella  serie  maschile. 


270  CAPITOLO   QUARTO 


Punti  di  corrispondenza  fra  le  varie  maniere  di  metabolia. 

Non  è  tanto  il  riconoscere  le  divergenze  tra  le  metamorfosi  complete  e  le 
incomplete  o  nulle  cbe  abbia  importato  molta  fatica  all'osservatore  e  ciò  è  ben 
credibile,  quanto  il  rintracciare,  invece,  i  punti  di  contatto,  cioè  le  omologie  ed 
analogie. 

Non  si  poteva  infatti,  né  si  può  ammettere,  che  animali  pertinenti  ad  una 
medesima  classe  e  morfologicamente  tanto  simili  debbano  poi  differire  così  reci- 
samente in  fondamentali  maniere  di  sviluppo  e  con  effetti  così  sensibili  anche 
dal  lato  morfologico. 

Intanto  però,  a  prima  giunta,  la  metamorfosi  completa  sembra  procedimento 
diversissimo  affatto  da  tutte  le  altre  maniere  e  non  appare  facile  l'omologare 
questi  vari  modi  di  sviluppo  postembrionale. 

La  difficoltà  deriva,  più  che  altro,  dalla  confusione,  che  la  non  precisa  defi- 
nizione dello  stadio  con  cui  si  inizia  la  vita  postembrionale  induce  in  tutto  il 
paragone. 

Si  è  sempre  infatti  chiamato  larva  ogni  forma  appena  schiusa  dall'uovo, 
quasiché  il  momento  preciso  della  rottura  del  corion  fosse  matematicamente  co- 
stante a  segnare  invariabilmente  sempre  lo  stesso  momento  di  sviluppo  per  tutti 

gii  Insetti. 

Questo  però  non  è  per  nessun  gruppo  di  animali.  Anche  per  specie  fra  loro 
molto  vicine  il  momento  di  schiusura  dell'embrione,  rispetto  al  suo  stato  di  evo- 
luzione, è  diversissimo. 

Ora,  data  la  variabilità  circa  il  momento  di  schiusura  del  neonato,  la  quale 
è  grandissima  negli  Insetti,  è  evidente  che  non  possono  i  diversi  stadi  postem- 
brionali,  nei  diversi  gruppi,  essere  paragonati  fra  loro,  se  non  si  tiene  conto,  per 
la  comparazione,  anche  di  taluni  embrionali.  Si  dovrà  convenire  che  ad  es.  lo 
stato  larvale  di  un  gruppo  corrisponde  ad  uno  stadio  tuttavia  embrionale  di 
altro,  come  il  pulcino  di  un  Passeraceo  corrisponde  ad  un  momento  della  vita 
del  pulcino  di  un  Gallinaceo,  che  quest'ultimo  percorre  entro  l'uovo. 

Confronto  tra  le  diverse  maniere  di  larve  olometabole  ed  i  corrispondenti  momenti  em- 
brionali degli  emimetaboli.  —  Richiamiamoci  alla  storia  dello  sviluppo  degli  Insetti, 
che  si  è  fatta  già  nel  voi.  I,  da  pag.  46  in  avanti. 

Quivi  si  è  detto  che  l'ammasso  di  elementi  cellulari  distribuiti  in  più  strati 
addossati  l'uno  all'altro  e  raccolti  secondo  una  striscia  longitudinale  sulla  faccia 
ventrale  dell'uovo,  costituiscono  la  così  detta  stria  germinativa,  di  dove  prende- 
ranno origine  gii  organi  della  larva;  mentre  tutto  il  rimanente  di  sostanza,  che 
riempie  l'uovo  e  che  intanto  si  trova  verso  la  faccia  dorsale  dell'uovo  stesso, 
costituisce  il  tuorlo,  che  servirà  alla  nutrizione  dell'embrione. 

Ora  dall'inizio  della  segmentazione  fino  alla  apparsa  dei  primi  rudimenti  delle 
appendici  della  bocca  e  locomotorie,  si  può  ammettere  che  decorra  una  l.a  fase 
dello  sviluppo  embrionale  e  questa  per    tutti  gii  Insetti  si  fa  semine  entro  l'uovo. 

La  2."  fase  si  inizia  coll'apparsa  dei  rudimenti  delle  appendici,  sia  pertinenti 
al  capo  che  quelle  che  spettano  al  torace.  In  tale  tempo  l'addome  non  è  ancora 
segmentato  o  non  è  sempre  troppo  bene  diviso  in  segmenti,  almeno  nel  suo  estremo 
posteriore  e  generalmente  non  reca  traccia  di  appendice  alcuna  (stadio  Protopo  - 
diale).  La  condizione  di  segmentazione  o  meno  dell'addome  è  pure  importante. 
Sappiamo    che    vi    sono    embrioni,  in    cui    lo    sviluppo  avviene  per    macrosomiti, 


I.K    KTÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI  271 

che  poi  si  suddividono  in  microsomiti.  Certo  il  ninnerò  tipico  di  12  segmenti 
addominali  non  si  vede  ab  initio  nell'embrione,  dove  esso  è  molto  minore.  Adunque 

potremo  avere  un  embrione  Protopodo  oligomero  (flg.  '274,  1),  che  precede  lo 
stadio  di  Protopodo  polimero.  Nel  primo  l'addome  è  tuttavia,  indiviso  o  con  tracce 
di  pochi  segmenti;  noi  secondo  esso  ha  raggiunto  il  numero  di  segmenti,  che 
conserverà  anche  nella  larva. 

La  3.a  fase  è  caratterizzata  dalla  decisa  apparsa  di  appendici  (pleuropodi  del 
Wheeler)  su  ciascun  segmento  dell'addome  (stadio  Polipodìale)  (tìg.  274,  2). 

Nella  4.a  fase  le  dette  appendici  addominali  sono  scomparse,  mentre  quelle 
torneali  lianno  acquistato  maggiore  sviluppo  (stadio  OMgopodiale)  (flg.  274,  3). 
La  regressione  anche  delle  appendici  toracali  e  talora  di  quelle  della  bocca  de- 
rivata da  speciale  maniera  di  adattamento  della  futura  larva,  è  un  fenomeno  se- 
condario di  scarso  interesse  nella  questione  generale. 

Questa  4.a  fase  può  condurre  sino  ad  una  forma  con  discreto  differenziamento 
del  tronco  nelle  due  regioni  di  torace  ed  addome  e  dei  segmenti  toracali  l'uno 
dall'altro,  la  quale  però  merita  essere  contrassegnata  a  sé,  quasi  come  una  5."  fase, 
da  definirsi  nettamente.  Il  fatto  saliente,  in  tale  momento,  è  la  eteronomia  sopra 
ricordata.  Tale  ultima  fase  degli  eterometaboli  rappresenta  il  Prosopon  (tìg.  274,  4) 
e  schiude  dall'uovo. 

Queste  fasi  si  notano  tutte  nello  sviluppo  embrionale  degli  Eterometaboli 
(ma  non  tutte  in  quello  degli  Olometaboli).  Esse  non  rappresentano  però  delle 
pause  a  cui  l'embrione  stesso  momentaneamente  si  arresti  nel  suo  svolgimento, 
il  quale,  come  si  sa,  è  continuo,  ma  dal  momento  che  ciascuna  d'esse  può  trovare 
un  corrispondente  stadio  larvale  (Olometabolo)  tra  quelli  tipici,  che  si  sono  ricordati 
più  innanzi,  così  è  bene  definire  in  qualche  modo  anche  i  momenti  embrionali 
che  vi  corrispondono.  Ora,  come  per  l'embrione  tra  l'uno  e  l'altro  dei  detti  mo- 
menti intercedono  stati  infiniti  nella  evoluzione  continua,  così  lo  stesso  è  per  le 
larve,  di  cui  abbiamo  infinite  varietà,  entro  quei  più  generali  tipi,  che  si  sono 
indicati.  Per  queste  ultime  però  si  possono  manifestare  processi  involutivi,  che 
non  si  riscontrano  generalmente  nell'embrione.  Ad  es.,  una  riduzione  di  sviluppo 
negli  organi  boccali  o  negli  arti  toracali  mai  si  vede  nell'embrione,  che  anzi 
questi  membri  procedono  in  continuo  incremento.  Così  non  accade  delle  larve, 
ohe  possono  ridurre  i  detti  loro  orgaui,  da  uno  sviluppo  maggiore  ad  altro 
minore  od  alla  loro  scomparsa,  in  virtù  di  speciali  adattamenti. 

Cosi  ad  es.,  gli  organi  boccali  delle  prime  larve  di  Imenotteri  endofagi  (Oielopiformi)  sono 
più  robusti  che  non  quelli  delle  seconde  larve  e  lo  stesso  dicasi  degli  arti  e  dell'apparato 
boccale  nel  passaggio  da  Triungulino  (prima  larva  di  Meloidi)  a  quello  di  seconda  larva,  ecc., 
e  vedansi  ancora  i  bei  casi  di  ipemetamorfosi  da  una  larva  con  forti  piedi  toracali,  come  è  mo- 
strato ad  es.  dallo  sviluppo  dei  Bruchila  fra  i  Coleotteri,  la  riduzione  degli  arti  nella  seconda 
larva  di  Diaspiti  (tìg.  27S),   B),  etc.   eet. 

Di  tale  maniera  noi  abbiamo  delle  condizioni  larvali,  che,  per  la  involuzione 
di  certi  organi,  non  possono  trovare  riscontro  con  qualche  corrispondente  momento 
embrionale  e  sarebbero  di  difficile  confronto  coll'embrione  e  colle  larve  affini,  se 
non  se  ne  conoscesse  la  evoluzione  o  meglio  la  involuzione  loro. 

In  tale  condizione  sono  tutte  le  larve  apode  e  le  microcefale  e  quelle  ancora 
con  organi  boccali  ridottissimi.  Ora  la  forma  apoda  larvale  (la  quale,  alla  line 
dovrebbe  corrispondere  alla  vermiforme  od  elmintoide  degli  autori,  se  pure  si  sa 
bene  cosa  si  sia  voluto  indicare  con  tale  nome)  questa  forma,  dico,  che  non  ha 
riscontro  coll'embrione,  almeno  dallo  stadio  protopodo  in  poi,  è  di  puro  adatta- 
mento e  non  conviene  farne  un  tipo,  appunto  per  la  sua  secondarietà.  Essa  si  deve 
richiamare  a  taluno  degli  altri  tipi  di  larve  ciclopiformi,  cruciformi,  melolontoidi 
sopraindicati,  come  una  secondaria  modificazione. 


272 


CAPITOLO    CH'AUTO 


Conviene  però  rilevare  che  non  sempre  è  evidente  il  rapporto  fra  lo  stato 
apodo  e  quello  fornito  di  piedi  tipico,  da  cui  una  larva  deriva;  non  è  palese, 
ripeto,  se  non  allorquando  nello  sviluppo  embrionale  della  larva  stessa  si  rico- 
nosce lo  stadio  tipico  precedente,  da  cui  essa  è  derivata. 


Ad  es.  le  larve  apode  di  Coleotteri,  sono  da  considerarsi  come  un  adattamento  successivo 
della  larva  Melolontoide  tipica,  poiché  nello  sviluppo  embrionale  e  postembrionale  esse  oltrepas- 
sano lo  stadio  oligopodo  e  dopo  questo  soltanto  divengono  apode. 

Per  queste  e  per  altre  ragioni  le  larve  apode  degli  Imenotteri  (non  però  le  C'iclopiformi)  si 
devono  ritenere  per  derivate  immediatamente  dalle  Eruciformi  ed  intermedie  fra  queste  e  le 
Melolontoidi.  Lo  stesso  dicansi  per  quelle  dei  Ditteri  tutti,  che  sono  più  o  meno  vicine  alle 
Eruciformi. 

Abbiamo  dunque  forme  senza  piedi,  da  intercalarsi  tra  le  Oiclopiformi  e  le 
Eruciformi,  altre  tra  queste  e  le  Melolontoidi  ed  altre  posteriori  alle  Melolontoidi, 
tra  queste  cioè  e  la  Proninfa. 

Ora,  se  si  volesse  disporre  in  una  tabella,  per  la  oinologizzazione,  i  diversi  mo- 
menti embrionali  suddetti  e  le  corrispondenti  maniere  di  larve  olometabole,  si 
avrebbe  il  seguente  prospetto  : 

ETEROMETABOLI. 


Fasi  embrionali 


Fasi  postembrionali 

5  6 


Protopollo    Polipodo    Oligopodo 
I  I  I 


Prosopou 


\& 


Ninfa 


Alato 


Ci  dopi  forni  e  Eruciiom»e  Melolontoide 


Niufit 


Fasi     postembrionali. 
OLOMETABOLI. 

Fig.  274.  —  Comparazione  fra  gli  stadi    embrionali  e  postembrionali  degli    Eterometaboli    coi  corrispondenti 

postembrionali  degli  Olometaboli. 


In  generale  tutti  ammettono  che  la  larva  olometabola  rappresenti  un  arresto 
ad  uno  stadio  embrionale,  che  è  invece  oltrepassato  dalle  forme  emimetabole.   Io 


l.K    Hi    GIOV  imi.i    DKG1  I     INSK'l  I  I 


273 


chiamerei  volentieri  Progenesi  t;ile  fenomeno  «li  nascita  anticipata,  pei  quanto 
sappia  che  questa  voce  usasi  anche  in  altro  senso  {Progenesi  larvale  per  Pedo- 
genesi), pel  quale  però  potrebbe  essere  meglio  usata  la  parola  Progenia  quando 
non  sembrasse  conveniente  di  serbare  l'antica  panila  di  Pedogenesi,  che  va  bene 
ed   è   una    sola. 

Per  comprendere  tutte  le  diverse  maniere  di  larve    olometabole,     la    ragione 
delle    metamorfosi,    il    significato     di     parecchie    forme  in  apparenza   primitive    o 
regredite,  ecc.,  ed  infine  procedere  razionalmente  in  questa  ontogenesi  comparata 
è    pur    necessario     ammettere 
non  solo  l'intervento,   ma  rile- 
vare   l'influenza    della    Proge- 
nesi ed  insieme  della  Neotenia. 

Noi  dobbiamo  ammettere 
che  l'insetto,  partendosi  dalla 
primitiva  emimetabolia.  dove 
poteva  risentire  l'effetto  della 
neotenia,  ma  non  quello  della 
progenesi,  sia  venuto  man 
mano  anticipando  l'epoca  della 
origine  della  vita  postembrio- 
naie.  Inoltre  è  fuori  di  dubbio 
che  gli  Insetti,  in  progresso 
di  tempo,  hanno  ognor  più 
anticipato  l'epoca  della  schiu- 
sura dell'uovo,  riuscendo  così, 
di  mano  in  mano,  le  loro  larve 
corrispondenti  a  stadi  ognor 
più  giovanili  dell'  embrione. 
sino  a  quelle  larve  ciclopiformi 
di  quasi  tutti  gii  Imenotteri 
endofagi,  che  corrispondono 
evidentemente  allo  stadio  pro- 
topodo  embrionale. 

Tutto  questo  non  solo  è 
chiarissimo  dalla  evoluzione 
dei    vari  gruppi    d'Insetti  olo- 

metaboli.  ma  è  anche  pienamente  giustificato  (od  almeno  non  è  sinora  contrad- 
detto) dalla    paleoentomologia,  secondo  quanto  si  è  esposto  nel  secondo  capitolo. 


Fig.  275.  —  Larve  olometabole  a  piedi  ridotti  od  apode  affatto, 
A  -  D,  derivate  evidentemente  Ha  cruciformi  (di  Lepidotteri  e 
di  Tentredinei)  ;   E,  derivata  da  Melolontoide  (Coleotteri). 

A,  di  Limacodes  tertudo  (da  Cfaapman);  V>,  di  Frodoxus  cinercus,  da 
Riley;  0,  di  Frentez  columba  da  Rìley;  />,  di  uu  Tencreriiueo  di 
Australia  (da  Froggatt)  ;  li,  di  Cnrculionide. 


Vediamo  infatti  :  Nell'era  paleozoica  non  esistono  ohe  Insetti  eterometaboli,  tali  sono  tutti 
cpielli  che  si  conoscono  di  tale  periodo,  anche  i  Megasecopteri,  di  cui  furono  trovate  le  ninfe 
(pag.   161.  162). 

L'olometabolia  compare  per  la  prima  volta  nel  Triassico,  precisamente  coi  Coleotteri  e  coi 
Neurotteri.  I  primi  hanno  larve  melolou toidi ,  e  cosi  pure  molti  dei  secondi. 

Ora,  la  larva  melolontoide  corrisponde  all'ultimo  momento  nella  vita  embrionale  degli  emi- 
metaboli. 

Beco  adunque  il  primo  passo  nella  progenesi  ed  esso  è  tale  da  importare  la  necessita  delle 
i"  tamorfosi  complete,  le  quali  sempre  intercedono  per  tutte  le  specie,  che,  nella  vita  loro  post- 
embrionale,  debbono  traversare  il  tratto  die  precede  immediatamente  quello  stadio  di  proninfa, 
che  <■  comune  a  tutti  gli  Insetti. 

Ma  ned  Lias  si  trovano  ormai  gli  Omotteri,  alcuni  dei  quali,  attualmente  viventi,  mostrano 
una  maniera  di   metamorfosi  veramente  completa,     come     sono     ad     es.     i     maschi     dei   Coccidei   e 


■     i  tutti,  li.  —  35. 


741' 


CAPITOLO    QUARTO 


qualche  altro.  Le  larve  di  questi  Insetti  Bono  però  evidentemente  da  inscriversi  tra  le  melolon. 
toidi,  o  meglio,  giacche  il  paragone  può  sembrare  ardito  per  l'idea  che  noi  abbiamo  della  spe- 
ciale larva  dei  Lamellicorni,  si  deve  dire  ohe  le  larve  degli  Omotteri  corrispondono  allo  stato 
oligopodo  dell'embrione. 

Nello  stesso  Lias  compaiono  Neurotteri  (Proemerobiidi),  Fnganoidi,  Pauorpati,  Ditteri  (Or- 
torati, Nematoceri).  Per  questi  gruppi  sarà  facile  mostrare  che  le  larve  di  Neurotteri  emerobiidi 
debbono  ascriversi  tuttavia  alle  Melolontoidi,  mentre  quelle  degli  altri  Insetti  succitati  discendono 
anche  più  giù,  per  incorrere  in  uno  stadio,  che  corrisponde  ad  un  momento  intermedio  fra 
quello  oligopodo  e  quello  polipodo  dell'embrione. 

Soltanto  nel  Giurassico  appaiono  i  Lepidotteri  e  gli  Imenotteri  con  una  famiglia  dei  Proto- 
siricidi  e,   con  dubbio,  con   quella  degli  Icneumonidi. 

Ora,  gli  Imenotteri  attuali,  all'iufuori  dei  Tentredinei,  hanno  larve  da  omologarsi  ad  un 
momento  embrionale  intermedio  tra  l'oligopodo  ed  il  polipodo,  ma  i  Lepidotteri  presentano,  coi 
Tentredinei,  il  tipo  classico  della  larva  cruciforme,  cioè  dello  stadio  polipodo,  e  che  esistessero 
larve  di  Tentredinei  in  questo  momento  sembra  dimostrato  dalla  maniera  d'erosioni  riscontrate 
sulle  foglie. 

Una  ulteriore  anticipazione  di  nascita  porta  alla  larva  ciclopiforme  degli  Imenotteri  eudo- 
fagi,  corrispondente  allo  stadio  protopodo  embrionale. 

Finalmente,  soltanto  nell'era  cenozoica  compaiono  per  la  prima  volta  gli  Apterigoti,  cioè 
C'ollemboli  e  Tisanuri,  i  quali,  per  tutta  la  loro  esistenza,  corrispondono  a  momenti  embrionali 
che  precedono  anche  il  polipodo,  cioè  pei  Tisanuri  si  accostano  più  a  quest'ultimo,  pei  Collem- 
boli,  invece,  convengono  appuntino  collo  stadio  protopodo,  che  è  il  primo  da  noi  considerato,  fra 
quelli  che  trovano  corrispondenti  tra  le  forme  che  vivono  di  vita  extraovica. 


Rifacciamo  il  cammino  inverso  da    quello    seguito    dalla    olometabolia  nello 
svolgersi    traverso  le  epoche   geologiche  e  ve- 
diamo più  davvicino  gli  argomenti,  oggi  stesso 
constatabili,  a  favore  della  nostra  tesi. 

Stadio  protopodo  (od  aroheopodo).  — 
Nell'embrione  (tìg.  276, 
277,  A)  esso  è    carat- 
\SiL~s J  terizzato  dalle  seguenti 

^M  '  ^f  condizioni     morfologi- 

che :  1.°  Più  o  meno 
incompleta  segmenta- 
zione della  regione 
addominale:  2.°  Non 
sono  ancora  impostati 
uè  le  trachee  né  gli 
stigmi  ;  3.°  Il  tubo 
digerente  è  molto  in- 
completo; 4.°  Il  sistc 
ma  nervoso  è  tuttavia 
rudimentale  e  sono 
impostate  solo  le  masse 
ganglionari,  disgregate 
secondo  una  maniera 
molto  primitiva.  Questo  per  la  parte  negativa;  per  quella  positiva  invece:  5.° 
Discretamente  avanzate  sono  le  appendici  cefaliche  e  toracali;  6.°  L'orifizio  boccale 
e  quello  anale  sono  aperti  ed  è  iniziata  la  formazione  dello  Stomodeo  e  del 
Proctodeo;  7.°  Le  cellule  sessuali  sono  già  da  tempo  presenti,  come  coetanee 
od  antecedenti    anche  alla  formazione  del  blastoderma. 

Larva   Ciclopiforme.   —  Il  Marchall  giustamente  dice  :   «  Uno  dei  tratti  d'orga- 
nizzazione, il   piii   importante  della  larva  Ciclopiforme,  risiede  nello  stato  embrio- 


Fiff.  27(>.  —  Embrione  allo 
stadio  protopodo  oligomero 
(Manlis,  da  VinUjines)  con 
soli  4  macrnsomiti  ;  lettere 
ciniie  a  fig.  L'77;  lt.  t3,  no- 
miti toracali. 


Fig.  277.  —  A,  embrione  protopodo  oligo- 
mero  (Xiphidium  cnsiferum,  da  Wheeler) 
eoa  un  solo  grande  macrosomite  addomi- 
nale paragonato  ad  un  corrispondente 
stadio  larvale  B,  ciclopiforme  (di  Pìnli/- 
gasltr  herricki,  da  Knla^in)  con  addome 
indiviso;  T,  testa;  Te,  torace;  A,  ad- 
dome; o,  bocca;  An,  antenne;  M,  man- 
dibole: Mi,  mascelle;  Zt-Z3,  z;tmpe. 


LE    V.l\    GIOVANILI    inceli. I    INSETTI 


Kig.  278.  —  Due  larve  ciclopifornii. 

A,  la  tipica  con  addome  di  pochi  maerosomiti, 
secondo  Marcimi]  ;  li.  di  parassita  di  Oecido- 
uni, a  lì/cnidìs  con  molti  niicrosomiti.  Da  Mar 
diali. 


naie  ed  incompleto  della  regione  addominale  ».  Infatti  si  vede  chiaramente  qui 
trattarsi  d'una  divisione  macrosomitioa  (voi.  I,  pagg.  68  e  segg.)  come  è  in  talune 
larve,  con  tendenza  a  divenire  microsomitica,  come  è  per  altre. 

E  per  vero,  prendendo  due  termini  estremi  della  segmentazione  dell'addome  in  larve  Ciclo- 
pi formi,  comi'  sono  ad  es.  quella  illustrata  dal  Kulagiu  per  prima  larva  del  Plaiygasier  herriki 
(lig.  277  lì),  nella  quale  l'addome  stesso  è  indiviso  (o  ne 
è  distinto  tutto  al  piii  il  primo  segmento)  e,  d'altro 
canto  la  prima  larva  d'Imenottero  parassita  di  Cecido- 
mi/ia  lycnidis,  illustrata  dal  Marchall  (fig.  278,  lì),  che 
presenta  almeno  sette  segmenti  addominali,  si  ba  una 
serie  molto  ricca  e  quasi  completa. 

Il  primo  caso  può  essere  riportato  ad  uno  stadio 
embrionale  come  quello  che  tolgo  dallo  sviluppo  del- 
Xijili'uiium  ensiferum,  fig.  277,  A);  l'altro  corrisponde  al- 
l'embrione,  ad  addome  quasi  tutto  segmentato. 

Ora,  in  mezzo  vi  sono  gradi  molti  con  vario  numero 
di  segmenti  addominali  e  tra  questi  anche  quel  tipo 
di  larva  prima  di  Platigasteridi  illustrata  dal  Marchall 
(fig.  278,  A),  che  avrebbe,  secondo  questo  Autore,  6 
anelli  addominali  (compresa  la  forca)  o  che,  computando 
i  due  primi  per  anelli  toracici,  come  sembra  verisimile 
da  poi  che  il  torace  si  differenzia  prima,  avrebbe  quattro 
segmenti  addominali,  cioè  corrisponderebbe  ad  uno  stadio 
bene  indicato  dal  Viallaues  per  l'embrione  di  Manti»  re- 
ligiosa (fig.  276). 

Si  possono  avere  adunque  tanto  per  le  larve  Oiclopiformi  che  per  l'embrione, 
vini  sottostadi,  a  seconda  del  numero  di  microsomiti  in  cui  l'addome  è  diviso   e 

così  potrà  essere  detto,  come  si  è  già 
avvertito,  oligomero  allorché  l'addome 
stesso  non  è  altrimenti  segmentato  ; 
polimero,  invece,  allorquando  la  divi- 
sione microsomitica  è  già  molto  avan- 
zata o  totale. 

Quanto  al  resto  della  organizza- 
zione si  vede  che  le  larve  Oiclo- 
piformi mancano  d'apparato  respirato 
rio,  hanno  molto  incompleto  il  tubo 
digerente  e,  quanto  al  sistema  nervoso, 
esso  è  tuttavia  disgregato.  Per  tutti  i 
caratteri  negativi  adunque  queste  larve 
convengono  coll'embrione  protopodo,  di 
cui  si  è  detto.  Ma  vi  ha  di  più.  Per 
ciò  che  riguarda  gli  arti  toracici  essi 
sono  bene  accennati  nell'embrione, 
sempre  in  questo  momento,  ma  pel- 
le larve  Ciclopiformi,  nel  maggior  numero  dei  casi  solo  il  primo  paio  è  evi- 
dente. 

Questa  però  è  una  variazione  secondaria  e  noi  troviamo  bellissimo  esempio  di 
tutti  e  tre  gli  arti  toracici  sviluppati  (sebbene  tuttavia  indivisi)  nella  larva  Oiclopi- 
forme  di  un  Cimbicide,  che  per  essere  adattato  a  vita  entomofaga,  ha  una  tale 
larva  prima.  Esso  è  illustrato  dal  Keilin  e  De  la  Baume  Pluvinel  ed  è  la 
Eucoila  keilini  (fig.  279.  .4). 


Fig.  279.  —  Le  due  larve  di   Eucoila  keiUni. 
(prima)  ciclopiforme  :    B,  (seconda)  cruciforme  apoda,   di- 
versamente ingrandite.  Da  Keilin  e  l)e  la  F.aume  Plnvinel. 


l'Tii 


CAPITOLO   Ql    IRTO 


A  B 

V\g.  '280.  —  Apterigoti-C'ollemboli,  Poduride 

{Isotoma). 
A,  dal  ventre,  da  Haase;    7»',  di  lato,  d»  Schott. 


Adunque  la  larva  Ciclopiforme  è  il  più  immaturo  stato  che  esista  fra  i 
Pterigoti  e  si  richiama  allo  stato  protopodo  dell'embrione  di  tutti  gli  altri  Insetti, 
che  non  hanno  siffatta  larva. 

Apterigoti.  Venendo  ora  agli  Apterigoti  troviamo  che  la  loro  organizzazione 
corrisponde  esattamente    a    quella    delle    larve    Oiclopiformi,    salvo    che  il  tubo 

digerente  è  messo  in  condizioni  di  funzionare 
ed  il  sistema  nervoso  è  meglio  collegato,  seb- 
bene sempre  mantenga  il  carattere  embrio- 
nale, che  spetta  anche  alle  larve  Oiclopiformi. 
Ora,  gli  Apterigoti,  come  le  dette  prime 
larve  degli  Imenotteri  parassiti,  si  svolgono 
secondo  lo  speciale  modo  di  segmentazione  ca- 
ratterizzato dalla  assenza  totale  del  tuorlo  nu- 
tritivo o  da  un  tuorlo  poco  abbondante.  In 
tale  caso  la  segmentazione  è  totale,  come  in 
certi  Crostacei. 

Ciò  è  constatato  da  grandissimo  numero 
di  autori,  sia  per  lo  sviluppo  di  Imenotteri  en- 
dofagi,  sia  per  quello  di  Apterigoti. 

<  )ra,  se  si  confrontano  i  Oollemboli  (flg.  2S0) 
collo  stato  protopodo  dell'embrione  si  vede  che 
essi  corrispondono  ad  un  momento  della  vita 
embrionale  in  cui  l'addome  non  è  ancora  tutto 
segmentato  e  corrispondono  anche  con  quelle 
delle  larve  Oiclopiformi,  che  non  hanno  se  non 
un  certo  numero  di  microsomiti;  nou  sarebbero  troppo  discosti  adunque  dal  tipo 
della  prima  larva  di  Platygaster  descritta  dal  Marchall, 
come  ho  detto.  Essi  non  hanuo  ancora  il  sistema  tracheale. 
Non  do  troppa  importanza,  in  questo  paragone,  alla 
jurca  dei  Oollemboli,  che  ha  un  corrispondente  in  quella 
con  cui  è  terminato  l'addome  della  massima  parte  delle 
larve  Oiclopiformi,  ma  è  un  fatto  che  questa  consonanza 
di  caratteri  non  può  non  impressionare. 

Quanto  ai  Tisanuri  (fig.  1381)  essi  non  possono  essere 
paragonati  se  non  a  stadi  tra  il  protopodo  ed  il  polipodo 
embrionali,  cioè  appena  più  su  dei  Oollemboli,  ma  non 
ancora  decisamente  da  richiamarsi  allo  stato  polipodo  vero, 
dove  starebbero  invece  così  bene  le.  Scolopendrella. 

Essi  mostrano  però  un  sistema  tracheale,  sebbene  tut- 
tavia molto  primitivo.  Oon  ciò  si  veggono  essere  molto  vi- 
cini al  secondo  stadio  embrionale. 

Per  chi  volesse  mettere  qui  i  Proturi  o  Mirientomi,  i  quali  io  lascerei  di 
lato  colle  Scolopendrelle,  potrebbe  pensare  che  essi  nascessero,  non  avendo  ancora 
raggiunto  l'ultimo  limite  della  segmentazione  addominale  e  che  nou  raggiunges- 
sero questa  se  non  nello  stadio  adulto.  Difatti  la  suddivisione  microsomitica 
procede  dall'innanzi  all'indietro. 

I  Tisanuri  però  nascono  col  numero  definitivo  di  uriti,  quindi  sono  vicinis- 
simi al  momento  polipodo  dell'embrione.  Essi  hanno,  in  taluni  casi,  anche  il 
primo  paio  di  arti  addominali  discretamente  sviluppati,  ma  non  è  certo  che  il  rima- 
nente delle  appendici  ancestrali  sia  da  omologarsi  alle  false  zampe.  Anzi,  a  mio 
giudizio,    tale    omologia    non    si    pnò    fare    e    ne    ho  dette   le  ragioni  nel    primo 


Fig.  281.  —  Apterigoto-Tisa- 
nwo(Campodea)  mostrante 
l'addomediviso  in  11  uriti 
e  con  vescicole  e  stili  su 
ciascun  segmento. 


l.K    IMA    GIOVANILI     KKlill     INSKTTI 


277 


volume,  quando  non  bastasse  il  vedere  forme  ohe,  come  le  Soolopendrelle,  hanno 
zampe    ed  appendici  ancestrali    insieme.    Nello    sviluppo    embrionale    di    qualche 
Collembolo  (Anutida)    si    vedono  rudimenti  da  ascriversi 
a  dette   appendici    e    che  scompaiono  o  si  modificano  in 
altri  organi,  che  spettano  a  questo  gruppo. 

Stadio  polipodo.  Veniamo  a  quella  fase  dello  svi 
luppo  embrionale  che.    col   Pakard,  può  essere  detto  em- 
brione polipodo. 

È  caratterizzato  dalla  evoluzione  avvenuta  del  si- 
stema tracheale  e  dalla  presenza  di  arti  in  tutti  (tipica- 
mente) i  segmenti  dell'addome,  che  è  ormai  esattamente 
diviso  nel  numero  definitivo  di  articoli.  Tutti  gli  altri 
sistemi    sono  notevolmente  progrediti. 

Ora  questa  fase  non  è  stata  né  può  essere  ricono- 
sciuta pegli  Apterigoti  e  pegli  Imenotteri  a  larva  Oi- 
clopiforme;  i  primi  perchè  non  vi  arrivano  neppure 
nella  vita  postembrionale ;  i  secondi  perchè  appunto 
fuori  dell'uovo  traversano  questo  periodo. 

Ma  l'embrione  polipodo  (tlg.  282.  L'.s:;.  lì,  (!)  e  stato 
riscontrato  nel  ciclo  di  sviluppo  embrionale  di  tutti  gli 
altri   Insetti. 


Fig.  282.  —  Kmbrioue  poli- 
podo di  Eterometabolo  (,\'ì- 
phidium  ensiferum)  suc- 
cessivo a  277,  A  . 


:t,  :t.s,  impostazioni  (ielle  zampe 
toracali  ;  za^-za^,  di  quelle  ad- 
dominali. D:i   Wheeler. 


Ad  esempio   in    Lepidotteri    [Sphins,    Bombyx    mori,    Gastropacha 

qtiercifolia,   Pieri»,  ecc.  da  Kowalevsky,  Tichomiroff,  Graber)  ;  Coleot- 
teri   (Melolontha,      Heloe,     Hydrophiliis,    Clithra,    ecc.     da    Korschelt, 

Nusbanm,   Heider,  Graber,  ecc.);   Imenotteri  {Apis,    Chaliohodoma,  Tentredinei,  ecc.    da.  Biitschli, 

Carriere,  ecc.):  Ditteri  (specialmente  Pupipari),  da   Prato,  ecc. 

hi  furine  emimetabole  si  sono  vedute  le 
appendici  addominali  ed  assai  bene  studiate 
ni  Ortotteri  (Gryllotalpa,  Oecavtkus,  Stenobo- 
lltru*,  Munì  in.  Blatta,  Phyllodromia,  ecc.,  da 
Rathke,  Ayers,  Wheeler,  Graber,  ecc.);  Emit- 
tori tZaitha,   Cica  da,  ecc.  da  Weeler,  ecc.). 

liei  significato  e  permanenza  di  questi 
pseudopodi  e  della  loro  omologia  colle  false 
zampe  di  parecchie  forme  larvali  olometabole 
si  è  già  discusso  altrove  (voi.  I,  pag.  283). 
Quello  che  certamente  avviene  è  la  loro  di- 
sparizione definitiva  in  parecchie  forme  anche 
di  larve  olometabole,  sicché  queste,  come 
sono  le  Melolontoidi  e  le  Vermiformi,  debbono 
collocarsi  ad  un  gradino  più  alto  delle  Eru- 
ciformi  vere,  le  quali  conservino  o  meno  i 
pleuropodi,  ottenendone  le  zampe  false  larvali. 
E  certo  che  intanto  corrispondono,  per  questo 
carattere  appunto,  allo  stadio  polipodiale 
e  quindi  precedono  di  poco  quello  seguente, 
in  cui  le  zampe  addominali  sono  definitiva- 
mente scomparse. 
I    Ditteri,  specialmente  gli  <  irrorati,  coinè   pare  alcuni  Neorotteri,  mostrano  di     avere  larve, 

le  (inali   stanno   fra   lo   stato   polipodo  ed  il  successivo,   come  si   e  detto. 

Infatti,   i   rudimenti   di   false   zampe,  di  cui  abbiamo  dato  largo  esempio,  tolto  sopratutto   dai 

Ciclorafj,    e  quelle  protuberanze  che  si  vedono  anche  nelle  larve  dei   Ciclorafi,    non    possono  non 

deporre  a   lavori-  di  questa  tesi. 


Pig.  283.  —  Stadi  embrionali  di  Coleotteri. 

.1.  protopodo    polimero;     B,    polipodo    di  Hydrophilus,     da 

Heider:    O,  polipodo    di    Melolontha,  da   Korselielt    ed 
Heider.  Lettere  come  a  figura  282. 


278 


CAPITOLO    QUARTO 


Per  quel  che  riguarda  i  Pupipari  si  dovrebbe  credere  cbe  la  loro  maniera  di  comportarsi, 
al  momento  di  schiusura  dell'uovo,  fosse  del  tutto  diversa  da  quella  degli  altri  Ditteri,  perchè 
si  vedono  in  realtà  i  Pupipari  mettere  alla  luce  un  uovo,  ohe  è  veramente  un  pupario  e  schiu- 
derne senz'altro  l'adulto.  Ma  la  diversità  non  è  che  apparente. 

Infatti  è  dentro  all'utero  che  la  larva  schiude  dall'uovo  ed  allorquando  essa  nasce  è  in  uno 
stadio  non  diverso  da  quello  dei  Ditteri  Ciclorati.  Nell'utero  stesso  peri),  nutrendosi  di  secrezione 
venuta  dal  maschio  e  più  esattamente  dello  sperma  maschile,  per  un  accoppiamento  successivo, 
la  larva  procede  nel    suo    sviluppo,  fino  allo  stadio  ultimo  di  proninfa,  entro  la  spoglia  larvale 

(pupario). 

Adunque  è  un  caso  questo  da  assomigliarsi  a  lineili  d'endofagia  e  perciò  la  larva  può  essere 
ed  è  infatti  immaturissiina  nei  suoi  organi  di  relazione  e  si  comporta  veramente  come  un  em- 
brione,  che  procede  nel  suo  sviluppo  anche  oltre  quanto  fanno  gli  emimetaboli. 

Stadio    oligopodo.  —  E  caratterizzato  nell'embrione  dalla  scomparsa  delle 
appendici  addominali  ;   permangono,  anzi  aumentano  di  sviluppo,  quelle  toraciche. 

A  questo  momento  corrisponde  la  larva  Melolontoide 
degli  autori,  che  per  n'itila  differisce  dalla  Campo- 
deiforme  o  Tisanuriforme,  che  da  altri  si  è  voluta 
distinta,  perchè  una  variata  gradazione'  nelle  di- 
mensioni degli  arti  non  è  mancata  di  suggerire 
molte  altre  distinzioni,  delle  quali  però  nessuno  può 
dare  i  limiti  precisi,  come  non  era  stato  bene  detto 
il  carattere  della  larva  in  questo  stadio.  Ma  se  ci  si 
riferisce  al  momento  corrispondente  del  ciclo  em- 
brionale è  con  tutta  esattezza  che  si  circoscrive 
questa  larva,  così  elevata  fra  tutte  le  olometabole. 
Anche  le  antenne  sono  bene  sviluppate  e  l'ani- 
male tutto  può    essere    talora    agile,    robusto  e  ben 

»\^    ""Sà^ZZ— - — 1  atto  a  Predare. 

Vi  sono  anche  qui  forme  apode,  che  però  non 
rappresentano  per  nulla  uno  stadio  più  avanzato 
verso  la  proninfa,  ma  semplicemente  un  caso  di 
involuzione,  derivato  dalla  comodità  di  vita.  Alcune, 
come  quelle  di  parecchi  Coleotteri,  non  hanno 
zampe  dalla  schiusura  dall'uovo,  altre  divengono  apode  dopo  una  muta,  come 
sono  quelle  ad  es.,  che  sono  dette  prima  ninfa  in  talune  Cocciniglie  (Dia- 
spiti,  flg.  273,  B)  o  negli  Aleurodidi  od  altre  che  si  trovano  abbastanza  comuni 
fra  i  Coleotteri  (Meloidi,  flg.  286,  Bruchus,  flg.  284,  Carabidi).  Anche  questo  ul- 
timo stadio  secondario  nulla  però  ha  a  che  vedere  colla  proninfa,  la  quale,  anche 
nei  Diaspiti,  viene  di  poi,  conforme  fanno  vedere  i  maschi  (flg.  273)  ed  in  quasi 
tutte  le  altre  Cocciniglie,  non  diversamente  dagli  altri  Omotteri,  nessuno  stadio 
apodo  intercede  fra  la  larva  e  la  proninfa. 

Dopo  lo  stadio  oligopodo  si  inizia  necessariamente  la  metamorfosi  completa 
(Eoninfa)  per  le  specie,  le  quali  lo  oltrepassano  vivendo  fuori  dell'uovo,  anche 
se  per  brèvissimo  tempo  e  con  tenui  modificazioni  nella  loro  organizzazione,  come 
succede  di  parecchie  specie  a  matnranza  sessuale,  che  segua,  anche  a  breve 
distanza,   a  questa  fase  larvale. 

Per  le  specie  a  metamorfosi  incompleta  si  ha  invece  la  schiusura  dell'uovo, 
che  avviene  con  una  forma  (Prosopon)  caratterizzata  dalla  presenza  di  occhi 
composti,  che  mai,  pritna  d'ora,  si  erano  veduti  nelle  larve  olometabole  e  nei 
corrispondenti  stadi  embrionali  delle  olometabole. 

Eoninfa.  —  Nella  serie  postembrionale  degli  Olometaboli.  l'ultima  forma,  la 


Fig.  2K4.    —  Prima  larva  ili  Bruchus 
fubae  :  a,  sua  zampa.  Da  Lintner. 


r.K    K'[  \    GIOVANILI    ni  i. l.l    INSETTI  -7!) 

quale  precede  immediatamente  il  periodo  di  ninfosi  è  di  somma  importanza,  per 
quanto  non  si  possa  definire  per  caratteri  morfologici  esterni,  essendo  essa  tut- 
tavia avvolta   nella  spoglia    larvale. 

Questo  momento  è  però  segnato  da  caratteristiche  biologiche,  cioè  dall'ar- 
resto delle  l'unzioni  di  nutrizione  e  di  locomozione.  Per  le  prime  esso  arresto 
succede  (in  generale)  dopo  una  abbondante  evacuazione  del  tubo  digerente;  per 
le  seconde  esso  avviene  accompagnato  però  spesso  da  un  accorciamento  di  tutto 
il  corpo  e  dalla  retrazione  totale  delle  false  zampe,  quando  esistono  (tìg.  20!).  A- 
292,  A).  Non  è  però  staccata  la  pelle  larvale  dalla  sottostante  nuova  forma,  il 
che  avviene  solo  nella  Proniufa;  ma  ne  è  iniziato  il  processo. 

i  Ira,  questo  momento  fugace  (fig.  271),  col  quale  si  chiude  il  periodo  larvale  nelle 
forme  olometabole,  corrisponde  esattamente  con  quello  della  schiusura  dell'uovo 
del  Prosopon  o  larva  degli  emimetaboli. 

Adunque,  per  la  Ortogenesi  o  nascita  normale,  così  detta  perchè  è  la  ma- 
niera seguita  dagli  Insetti,  che  primi  sono  apparsi  sul  globo  e  da  cui  procedono 
tutte  le  forme  attuali,  è  caratteristica  la  schiusura  dall'uovo  di  una  forma,  che 
corrisponde  esattamente  a  quella,  che  negli  olometaboli,  invece,  chiude  il  primo 
periodo  postembrionale.  In  questo  caso  la  nascita  è  stata  anticipata  più 
o  meno,  si  è  verificata  cioè  quella  Progenesi,  che  richiede  necessariamente  la 
ninfosi. 

Riassumendo  il  fin  qui  detto  a  proposito  dei  momenti  di  schiusura  della 
larva  negli  Insetti  olometaboli  e  negli  auietaboli  (veri)  si  può  dire  che: 

1.°  Tra  gli  Apterigoti,  i  Collemboli  e  fra  i  Pterigoti  le  larve  Ciclopiformi 
rappresentano  la  schiusura  più  precoce,  corrispondente  allo  stadio  protopodo  oli- 
gomero dell'embrione.  I  Tisanuri  nascono  in  uno  stadio  (protopodo  polimero),  che 
più  si  avvicina  a  quello  Polipodo,  ma  non  lo  raggiungono. 

2.°  I  Tentredinei  ed  i  Lepidotteri  hanno  larve  da  richiamarsi  allo  stadio 
polipodo  nella  serie  embrionale.  ìJon  si  conoscono  forme  sessuate,  che  si  arrestino 
a  questo  stadio,  come  neppure  in  quello  successivo  di  larva  oligopoda  o  Melo- 
lontoide. 

3.°  Gli  altri  Imenotteri,  con  larve  apode  per  involuzione,  possono  richia- 
marsi a  questo  stesso  periodo  o  poco  oltre,  che  è  invece  raggiunto,  dopo  una 
muta  dalle  larve  Ciclopiformi. 

Parecchi  Xeurotteri  (in  senso  largo)  non  però  gli  Emerobidi,  allorché  schiu- 
dono possono  omologarsi  allo  stadio  polipodo  o  poco  oltre  e  così  pure  tutti  i 
Ditteri. 

4.°  I  Coleotteri,  gli  Emerobidi  fra  i  Neurotteri,  ed  alcum  Omotteri  (ad  es. 
•  uccidi)  hanno  larve  che  convengono  esattamente  collo  stadio  oligopolio,  anche 
se  apode  per  adattamento. 

Tutto  ciò  apparisce  dalla  annessa  tabella  (pag.  280),  la  quale  mostra  ancora  i 
momenti  d'arresto  per  neotenia  di  parecchie  forme  di  ordini  diversi. 

Ipermetamorfosi.  —  Con  tale  voce  è  indicata  dagli  autori  una  serie  di  speciali 
maniere  di  evoluzione  postembrionale.  per  le  quali  il  numero  delle  forme  prece- 
denti lo  stato  ninfale  è  superiore  a  quello  indicato  come  tipo  pegli  olometaboli, 
cioè  larva,  proninfa,  ninfa. 

Si  intende  che  questi  Insetti  ipermetamorfici  sono  olometaboli  e  presentano 
questo  fenomeno  solo  come  una  secondaria    maniera  di   adattamento. 

È  perciò  necessario  distinguere  subito  due  diverse  e  fondamentali  maniere 
di  ipermetamorfosi. 

Ipeioietamokfosi  veba.  --  In  un  caso,  quello  mostrato  dagli  Imenotteri  a 
larva    Ciclopi  forine,  si  vede  che  si   tratta  di  due  forme  larvali  precedenti   la  prò- 


280 


CAPITOLO    TKRZO 


STATI  EMBRIONALI 


STATI  POSTEMBRIONALI 


1.  2. 

PHOTO  PO DO 


3. 


4. 
PKOSllPON 


a)  oligomero  P0LIP0D0  0ZIG0P0D0         EU 


'))  ■polimero 


PIION1NFA       NINFA 


E0N1NFA 


NB.   —  Il  segno  £  indica  la  nascita;  il    segno   ^  le  varie  tappe  durante  lo  sviluppo 
embrionale;    il    segno    <Mn    indica  la  forma  matura  sessualmente. 


post- 


LK    KTÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


281 


ninfa,  ciascuna  delle  quali  corrisponde  ad  una  distinta  fase  embrionale,  fra  quelle 
die  abbiamo  indicato,  cioè  la  prima,  larva  o  Ciclopi  forme  si  richiama,  senza 
dubbio,  alla  fase  protopodiale  dell'embrione;  la  seconda  a  quella  oligopodiale 
ridotta  allo  stato  apodo  (fig.  270). 

Beco  quanto  avviene.  Gli  Imenotteri  endofagi,  almeno  per  la  maggior  parte  dei  minori, 
mettono  nel  corpo  delle  vittime  delle  uova,  dalle  quali  sorge  una  larva  oiclopiforme.  Talora 
avviene  un  fenomeno  molto  singolare,  quello  della  poliumbrionia,  di  cui  si  è  discorso  nell'altro 
volume  e  «li   cui  ci  occuperemo  altrove. 

Ad  ogni  modo,  da  queste  uova,  nelle  quali  il  tuorlo  di  nutrizione  e  nullo  u  scarsissimo  e 
che  si  svolgono  per  segmentazione  totale,  la  larva  sorge  immaturissima,  in  uno  stadio  da  ri- 
chiamarsi, come  si  è  detto,  a  quello  protopodo  dell'embrione.  Questa  larva  ciclopiforme,  che  si 
è  già  abbastanza  descritta,  solo  dopo  una  muta  raggiunge  un  notevole  grado  di  perfezionamento, 
diviene  cioè  la  larva  apoda  degli  Imenotteri,  colle  sue  caratteristiche,  delle  quali  si  è  detto 
quanto  conviene. 

Ecco  dunque  il  caso  di  vera  ipermetamorfosi,  riguardante  cioè  la  presenza  di  due  distinti 
stati   larvali   viventi   fuor  dell'uovo,   da   richiamarsi   a  due  diversi   momenti     embrionali,  durante  il 


Fig.  285.  —  Polimorfosi  della   Epicaiita  Dittata  (Coleottero). 

A,  prima  larva  o  Trìungulino  molto  ingranò1.;     B,  seconda  larva  (Caraboide)  meno  ingrand.:     0,  terza  larva  (coartata); 
D,  qnarta  larva  (Scarabeoide)  ;  E,  ninfa.  Da  Riley. 


primo  periodo  giovanile,  ciò  che  non  si  vede  all'atto  in  tutti  gli  altri  Insetti,  giacche  per  quelli 
a  larva  polipoda  il  momento  oorrispondeute  all'embrione  oligopodo  e  traversato,  come  si  è 
riferito,  fugacissimamente,  poco  prima  dello  stadio  di  eoninfa. 

Polimorfosi  o  ipermetamorfosi  spuria.  —  Questo  caso  è  più  comune  del 
precedente,  che  si  limita  ai  soli  Imenotteri  endofagi  e  ne  differisce  perchè  la  vita 
larvale  attiva  si  compie  in  un  solo  stadio,  corrispondente  con  un  solo  momento 
della  vita  embrionale  degli  emimetaboli. 

Tatti  questi  altri  casi  di  ipermetamorfosi,  che  io  chiamerei  Polimorfosi,  poiché  in  realtà  non 
si  discosta  molto  dal  semplice  poliformismo,  si  iniziano  con  una  larva  (da  richiamarsi  ad  una  fase 
embrionale  degli  eterometaboli)  e  tutta  la  mutazione  d'aspetto,  che  può  talora  essere  vistosa, 
si  restringe  a  modificazioni  del  sistema  Locomotorio  e  talora  degli  organi   boccali. 

Per  le  larve  meloloutoidi  noi  vediamo,  in  generale,  modificazioni  dei  detti  sistemi  secondo 
mia  vera  involuzione,  sia  ione  fino  all'apodismo,  ma  non  per  questo  la  larva  seconda  viene  n 
trovarsi  in   uuo  stadio  successivo  a  quello  in  cui  è  sorta. 

La   detta  riduzione  degli   arti   e  dovuta   ad    una     mancata     necessità    degli     stessi   giacche,    in 

A.  Bkrlese,  tìli  lineili,  II.  —  36. 


28! 


CAPITOLO    QUARTO 


La  prima  larva  dei  Meloidi    e 


generale,  si  passa  da  un  periodo  di  attività  looomotoria  molto  accentuata  e  talora  anche  in  soc- 
corso della  diffusione  della  specie,  ad  altro  periodo  di  più  sedentari  costumi,  come  souo  permessi 
sia  da  comodità  di  cibo  sostanzioso  ad  immediata  vicinanza,  sin  da  ricchi  depositi  di  sostanza 
molto  nutritiva,   ormai  ottenuti  nello  stadio  di   vita  precedente. 

Si  tratta  infatti  sempre  di  Insetti  parassiti  o  quasi,  viventi  in  cibo  abbondante  a  portata  delle 
mandibole,  quaudo,  con  alcune  peregrinazioni  durante  il  primo  stadio  larvale,  sieno  riusciti  a 
procurarsi  il  desiderato  ambiente.  In  tale  categoria  rientrano  alcuni  Coleotteri,  come  Carabidi 
dei  gen.     Libia,     Britchus,     Meloidi,    nonché    Strepsitteri,    Ripiforidi  e  taluni  Neurotteri,    come 

sono  le  Mantispe. 

detta  Triungulino  (fig.  285,  A;  286)  per  ciò  che  mostra  tre 
unghie  all'apice  di  ciascun  tarso.  Essenzialmente  peri) 
essa  non  differisce  da  quella  tipica  dei  Carabidi,  se  non 
pel  fatto  che  è  piccolissima  (da  1  a   2  mill.). 

Essa  è  destinata  a  migrare  più  che  altro  passivamente, 
portata  in  giro  e  nei  propri  nidi   da  qualche  altro  Insetto. 

I  triungulini  ili  < 'attillai  in  e  Mtìòe  si  introducono  nelle 
celle  di  Imenotteri,  quelli  di  Epicanto-  e  di  Mylabrìs  pene- 
trano  nelle  ootecbe  degli  Acrididi.  Queste  larvette  sono 
anche  provviste  di  robusti  organi  per  rodere  gli  opercoli 
dei  favi  o  l'involucro  delle  ooteche. 

Nel  miele  così  raggiunto  o  nella  poltiglia  ottenuta 
dalla  rottura  delle  uova  dei  detti  Ortotteri,  può  nutrirsi 
con  tutto  comodo  ed  a  sazietà  la  seconda  larva,  che  deriva 
per   esuviamento  dal  Triungulino. 

In  queste  circostanze  è  necessaria  una  larva  di  buon 
appetito  e  che  assimili  prontamente.  Perciò  aumenta  il 
corpo  e  scemano  gli  arti,  come  supeflui.  Questa  larva 
eseguisce  cosi  bene  il  suo  compito,  che  aumenta  di  volume 
in  modo  incredibile  rispetto  a  quello  ohe  era  nell'età  di 
Triungulino,  cioè  da  1  a  2  niill.  di  lunghezza  in  questo 
stato,  raggiunge  i  due  centimetri  alla  fine  del  periodo 
successivo. 

In  questo  la  larva  ha  l'aspetto  di  quella  dei  Lamelli- 
corni  e  subisce  altre  due  mute,  traversando  uno  stato 
di  quiete,  che  può  prolungarsi  anche  un  anno  e  riuscendo 
poi  una  specie  di  proninfa,  non  dissimile  dalla  seconda 
larva,  per  trasformarsi  poi,  finalmente,  in  ninfa  (fig.  285). 

Che    il    Triungulino.     per    quanto  di  statura  minima, 

debba  ascriversi  ad  una  vera  larva  oligopoda,  è  dimostrato 

non  solo    dall'alto    grado    di    evoluzione  di  tutti  gli  altri 

sistemi  oltre  al  respiratorio,  che  è  tra  gli  ultimi  a  perfezionarsi,  ma  ancora  dal  fatto  che    nel  suo 

sviluppo  entro  l'uovo  (Melbe,    sec.  Nusbaum)  il  Triungulino    ha    traversato  già    la    fase    polipo- 

diale. 

Qualche  Carabide,  ad  es.  la  Lelia  ."capillari*,  mostra  una  ipermetamorfosi  ridotta.  La  prima 
larva  ò  Caraboide  esattamente;  essa  si  impingua  divorando  ninfe  di  GaUrucella  ealmarìentis  e 
si  trasforma  poi  in  una  larva  con  piedi  ed  organi  boccali  ridottissimi,  la  quale,  già  ben  pasciuta, 
non  si  nutre  altrimenti  ed  attende  nella  quiete  del  suo  follicolo  serico  a  trasformarsi  in  proninfa. 

Il  Riley  ha  mostrato  che  la.  prima  larva  del  Brnéhus  fàbae  ha  sei  lunghe  zampe  (fig.  284), 
le  quali  perde  subito,  in  seguito  ad  una  muta,  per  acquistare  l'aspetto  caratteristico  delle  larve 
apode  del  gruppo. 

Le  Mantispe  (Mantispa,  Symphronti),  hanno  |,ure  due  maniere  di  larve.  La  prima,  cam. 
podeiforme,  raggiunge  l'ambiente  che  le  darà  il  cibo  (nei  nidi  di  Ragni  o  di  Vespe),  vi  si  im- 
pingua e  di  poi  muta,  assumendo  diverso  aspetto,  con  arti  ridotti,  divenendo  cioè  Melolontoide. 
Così  essendo,  rimane  quieta,  senza  nutrirsi  e  di  poi  si  trasforma  in  una  specie  di  ninfa,  che  per,, 
si   loeomuove  e  questa,  mutando,  dà  finalmente  l'adulto. 

(ili   Strepsitteri  e   i    Ripiforidi     seguono     mia   specie    di     ipermetamorfosi.   che   pero  non   ,■  che 


Fig,  2x6.  —  11  Triungulino  (di  Can- 
taride) dal  dorso,  molto  ingrandito. 
Da  Beanregard. 


II.     1    1   *     i.HHIMII     1  •  l'.l .  1 . 1     I  Vs|.   I  I  I 


383 


molti"  ridotta  a  secondo  un  tipo  alquanto  speciale.  Le  loro  prime  larve  sono  molto  simili  ai 
Triungnlini.  Quanto  al  resto  delle  metamorfosi  esse  non  sono  così  accentuate  che  meriti  di 
riferirne  qui,   mentre  se  ne  dirà  a   proposito  ili  intesti   interessantissimi  insetti. 

Quanto  alle  specie  oon  larve  cruciformi,  si  sono  già  ricordate  (voi.  I,  pag.  285,  nota)  va- 
riazioni nel  numero  di  zampe  durante  lo 
stadio  larvale  di  parecchi  Bruchi  di  molte 
Nottue,  che,  dopo  la  terza  muta,  le 
acquistano  anche  sul  terzo  e  quarto  seg- 
mento addominali. 

K.  questo  1111  caso  di  ipeiinetamorfosi 
in  grado  minimo,  ma  che  pur  conveniva 
rammentare. 

Finalmente  si  possono  registrare  casi 
di  pseudoiper metamorfosi,  che  avvengono 
anche  fra  le  larve  oiclopiformi.  I/Ayers 
illustra  infatti  due  forme  larvali  succes- 
sive, sempre  nell'ambito  delle  ciclopifonni, 
per  una  specie  di  Teleas  e  di  queste  la  prima 
è  del  tutto  sprovvista  di  organi  locomobili, 
anche  rudimentali.  Ne  diamo  qui  il  di- 
segno  (fig.  287,  A)  tolto  dal  detto  Autore 
e  si  veda  come  tutto  l'animale  è  organiz- 
zato ancor  più  primitivamente  dello  stadio 
successivo  (jB),  che  si  è  già  figurato  altrove. 

Tra  gli  emimetaboli  non  è  evidentemente  ipermetauiorfosi  se  non  si  trova  la  metamorfosi. 
Tuttavia  si  deve  ricordare  una  specie  di  forma  intermedia  (subimago)  fra  ninfa  ed  adulto  che 
si   riscontra  nelle   Efemere.   Se  ne  dirà  più   avanti. 


Kig.  287.  —   Due    stadi    successivi    di    larva  oiolopi- 
fnrine  ili   Teleas:  A,  primo;  B,  secondo,  ila  Ayers. 


Neotenia  e  suoi  effetti. 


Le    cose    cbe    si  riferiscono    allo    stadio    definitivo    degli     Insetti     dovranno 
essere  esposte  in  altro  luogo,  molto  più  innanzi,    quando  cioè    occorrerà  trattare 

appunto    dell'adulto   e    delle  sue  attività,  spe- 
cialmente sessuali. 

Però  non  sarebbe  completo,  io  credo,  lo 
studio  delle  metamorfosi  dell'insetto  se  non  si 
conoscesse  subito  questo  periodo  definitivo,  al 
quale  riesce  la.  metamorfosi,  per  quel  tanto 
almeno  che  ha  rapporti  e  può  essere  con- 
frontato cogli  stadi  precedenti. 

Veniamo  dunque  alla  forma,  che  sorge 
dall'ultima  muta. 

L'insetto  tipico  del  gruppo  dei  Pterigoti 
e  rappresentato  da  una  forma  alata  allo  stato 
adulto,  cioè  allorquando  ha  maturi  in  sé  gli 
organi  sessuali.  Però  questa  condizione  di  cose 
non  è  sempre  seguita. 

Vi  possono  essere    adulti,    cioè  forme  ma- 
ture sessualmente,   nelle  quali    le    ali  mancano 
o  sono  incomplete. 
Come  vanno  intese  queste  divergenze  dalla  conformazione  tipica  .' 
Due  sono  le  spiegazioni  che  se  ne  danno  ed  a  due  cause  si  attribuisce  l'ef- 
fetto, in  un  grado  maggiore  o  minore,  talora  a  seconda  della  diversa  inclinazione 
di  chi  argomenta  in  proposito. 


B 


l'iK-  288.  —  Esempio  di  dimorfismo  sessuale 
per  neot.enia,  eoi  maschio  alato  e  la  fem- 
mina allo  stato  ili  eoiiinfa.  tn  un  Emime- 
tabolo-Blaltario  (Peritphaerìa  etylifera  l. 
Da  Brunner. 


284 


CAPITOLO    QUARTO 


Si  può  ammettere  infatti    che    si    tratti    di    conseguenze  di  un  processo    di 

involuzione,  la  quale  si  sia 
esercitata  sugli  organi  del 
volo,  per  non  uso  o  per  altro  ; 
oppure  si  può  ammettere  che 
le  forme  così  anomale  rappre- 
sentino un  arresto  nella  evo- 
luzione di  quei  tali  organi, 
dovuto  a  neotenia. 

È  da  ritenersi  che  con- 
venga restringere  il  più  pos- 
sibile il  campo  lasciato  agli 
effetti  del  non  uso,  ecc.  ed  alla 
conseguente  involuzione  e  lo 
si  limiti  esclusivamente  a  quei 
casi  nei  quali  si  vede  con 
tutta  chiarezza  che  l'animale, 
in  processo  di  sviluppo,  ritorna 
addietro,  dopo  aver  raggiunto 
con  tutta  evidenza  un  limite 
di  evoluzione  superiore. 

Gli    altri    casi    sarà     più 


A 

Fig.  289.  —  Esempio  come  sopra    (fig.  precedente)  ma  in  un  olo- 
metaholo  (Coleottero)  {Lampyris). 

.4,  femmina  adulta:    B,   maschio;    C,  larva.  Da  Packard. 


prudente  ascrivere  ad  una  maturanza  precoce  dei  sessuali,  che  anticipi  più 
meno  su  quello  di  completa  evolu- 
zione degli  altri  organi  e  sistemi  di 
organi,  specialmente  di  quelli  perti- 
nenti alla  locomozione,  ciò  che  si 
indica    appunto  colla  voce:  Neotenia. 

Per  quanto  riguarda  i  Pterigoti 
si  hanno  esempi  rarissimi  di  pre- 
cocità sessuale,  che  coincida  con  stadi 
della  vita  dell'embrione  emimetabolo. 

La  neotenia  si  può  manifestare 
sia  su  ambedue  i  sessi,  oppure  sulla 
femmina.  Questi  due  sono  i  casi  più 
frequenti  e  se  ne  trovano  esempi  in 
tutti  i  gruppi  di  insetti.  Più  raro 
assai  èil  caso  di  neotenia  esercitataselo 
solo  sesso  maschile  ed  il  più  noto,  ma 
non  unico,  è  quello  degli  Imenotteri, 
che  intervengono  nella  fecondazione 
del  Fico  (fig.  '290),  di  cui  sono  esempi 
da  noi  le  Blastophnga.  In  talune  forme, 
che  appartengono  ad  insetti  sociali,  la 
neotenia  si  può  manifestare  anche  su 
neutri,  cioè  adulti  ad  organi  sessuali 
rudimentali. 


Fig.  290.  —  Esempio  di  dimorfismo  sessuale  per  neo- 
tenia,  col  maschio  attero  e  la  femmina  alata  (Ime- 
notteri del  Caprifico,   Pleislorìontes  imperiaìis). 

A,  una  delle  due  forme    maschili    prona:    B,  la  femmina  dì 
lato.  Da  Froggatt. 


Nou  conosco,  pei  Pterigoti,  se  non  le 
Cocciniglie,  come  esempi  di  adulti  che  pos- 
sano  essere  richiamati  a  stadi   della   vita    dell'embrione  degli   emimetaboli,   poiché  anche  le    feui 


r.R    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


285 


</^*^m 


mine  di  Xenos  e  generi  affini,  olle  sembrano  del  tutto  vermiformi,  subiscono  veramente  un  pro- 
eesso  regressivo,  in  seguito  .ili 'ultima  muta, 
e  le  femmine  cosi  dette  larveformi  di  alcuni 
Lepidotteri  (fig.  292,  .-1 1  corrispondono  invece 
ad  uno  stadio  da  paragonarsi  alla  eoninfa. 
piuttosto  che  alla  larva  polipoda. 

Ad  uno  stadio  che  si  deve  richiamare  a 
quello  di  larva  oligopoda  si  e  detto  che  si  ar- 
restano le  femmine  delle  Cocciniglie  e  non 
mi   pare  di  conoscere  altri   esempi. 

Ad  uno  stadio  poi  oorrispondente  alla 
Koninfa  o  poco  più  si  fermano  parecchi  sessuati 
di  gruppi  diversissimi.  Cito  gli  Afanitteri  (Puli- 
eidi)  d'ambo  i  sessi;  nonché  un  sol  sesso  di 
molti  gruppi  di  Insetti  a  metamorfosi  com- 
pleta, come  Mutillidi.  Bìastophaga,  tìg.  290, 
eil   altri    Imenotteri   in   buon    dato. 

Fra  i  Ditteri  cito  alcuni  Pnpipari,  tìg.  291 
(Nyeteribia,  Braula,  Melophagus),  parecchie  Ce- 
cidomie, qualche  Mirmeoofilo,  ecc. 

Dei    Lepidotteri  vanno  ricordate  le  femmine,  cosi  dette  larveformi,  di  cui  sopra  si  è  discorso 


Fig.  291.  —  Dittero  pupiparo,  sessuato  allo  stato  ili 
Eoninfa  (Peniciìlirììa  leachi)  (Parassita  di  Pipistrelli). 
Da  Kolenati. 


J  m  v 


F"]£.  292.   —  Insetti  oloraetaboli  ed  emimetaboli  sessuati  prematuramente:  J-l\  Lepidotteri. 

femmina  di  Thiridopteriz  ephemeraeformis  arrestata  allo  stadio  di  eoninfa  {a,  nel  sno  follicolo  ;  h,  in  ninfosi),  da 
Banks;  B,  femm.  allo  stadio  di  Proninfa  (Hibernia  de/oliaria),  da  Rstzeburg;  C,  Idem  {Oryya  leucostigma),  da 
Howard;  D.  femmina  allo  stadio  di  ninfa  (Cheimatobia  brumata)  ;  E,  Eteromero  ;  maschio  allo  stato  di  ninfa  di 
Aphelocheirtts  montadoni,  da  Ussinj;  F,  Ortottero  Riattano  femmina  allo  stato  di  ninfa  (Parali  or  metica  tumulosa), 
da  Brnnner;  0,  Coleottero  egualmente  emittero  (Ptati/psi/ltus  castori»)  da  Ganglabauer. 


Lo  stadio  di  prò  ninfa  è  quello    definitivo     per    molti    Insetti,    cito    soltanto    le  femmine  «li 
Lampyris  (fig.   289). 


286  CAPITOLO    QUA  HI" 


Comunissimi  poi  sono  i  casi  di  arresto  di  uno  od  ambedue  i  sessi  allo  stadio  di  ninfa. 

Venendo  agli  emimetaboli  moltissime  sono  le  specie,  che  si  arrestano  nello  sviluppo  allo 
stadio  della  loro  larva,  quello  che,  come  si  è  detto,  corrisponde  alla  eoninfa    degli   olometaboli. 

Cito  molti  Emittori,  Fisapodi  ed  Ortotteri  ;  Psocidi,  Embidi,  come  pure  tutti  gli  Auopluri 
ed   i   Mallofagi  (fig.   366). 

Tutte  le  anzidette  forme  possono  dirsi  attere. 

Maggiore  poi  è  il  numero  di  specie,  per  le  quali  l'arresto  di  sviluppo  cade 
in  un  momento  da  richiamarsi  allo  stadio  ninfale.  Sono  queste  le  forme  emittere 
e  si  trovano  iu  tutti  gli  ordini,  mentre  le  forme  attere,  egualmente  ovvie  in  tutti 
gli  ordini,  sono  quelle  precedentemente  ricordate  e  che  non  mostrano  neppure 
i  rudimenti  di  ali.  Le  forme  emittere  si  sono  evidentemente  arrestate  a  diverse 
età  della  ninfa. 

Venendo  agli  Apterigoti  è  certo  che,  almeno  i  Tisanuri,  per  tutti  i  periodi 
di  loro  esistenza  si  richiamano  ad  uno  stadio  embrionale,  che  si  aggira,  senza 
raggiungerlo  però,  intorno  a  quello  polipodiale  dell'embrione  e  quivi  si  sono  ar- 
restati. I  •Jollemboli  sono  ancora  più  immaturi,  quasi  in  corrispondenza  allo  stadio 
protopodiale,  dove,  conforme  si  vede  nelle  larve  Ciclopiforrai  degli  Imenotteri  en- 
dofagi,  non  sempre  l'addome  ha  raggiunto  il  completo  numero  di  segmenti. 

In  generale  si  ammette  che  gli  Apterigoti  rappresentino  i  piti  bassi  Insetti  e  vi  ha  chi  pensa 
che  segnino  l'anello  di  passaggio  fra  i   Miriapodi  ed  i   Pterigoti. 

Che  vi  siano  state  delle  forme,  nei  primordi  degli  artropodi  terrestri  sulla  faccia  della  terra, 
le  i|iiali  abbiano  dato  origine  agli  attuali  Insetti,  partendosi  da  un  ceppo  comune  con  quello 
che  ha  originato  i  Miriapodi.  se  non  procedendo  direttamente  da  questi  ultimi,  può  darsi,  ma 
questo  comune  ceppo  non  sono  certo  stati  gli  Apterigoti  attuali,  comparsi  molto  tardivamente  e 
dopo  gli  olometaboli. 

La  espressione  di  Insetti  bassi  adunque  va  intesa  nel  senso  che  si  tratta  di  forme,  le  quali 
si  arrestano,  nel  loro  sviluppo  definitivo,  ad  uno  stadio  che  è  transitorio  pegli  altri  ed  anche 
molto  basso  nella  scala  della  evoluzione  dell'embrione. 

Importanza  della  neotenia  a  vantaggio  della  specie.  -  Quale  in- 
fluenza ha  la  neotenia  a  vantaggio  della  specie?  Quali  le  sue  cause?  Ecco  domande, 
rispondendo  alle  quali  si  può  ottenere  molta  luce  sulla  ragione  di  tante  e  così 
diverse  variazioni,  che  gli  Insetti  offrono  nella  loro  organizzazione,  di  fronte 
al  tipo  comune  del  gruppo. 

In  causa  della  deficienza  degli  organi  di  locomozione  la  specie  perde  di 
mobilità  e  quindi  di  facilità  di  diffusione  a  distanza,  di  comodità  pei  due  sessi 
d'incontrarsi  e  di  poi  (per  la  femmina)  della  ricerca  dell'ambiente  per  riporvi  le 
uova  e  di  quello  opportuno  per  la  nutrizione    dell'individuo. 

È  necessario  che  tutto  ciò  possa  essere  ottenuto  per  altra  via  e  quando  così 
accada  allora  la  specie  può  trascurare  la  primitiva  sua  facilità  di  locomozione,  il  che 
fa  sempre  volentieri  perchè,  alla  fine,  la  specie  fa  come  gli  individui,  risparmia 
quanto  tjìù  può  di  energia  e  non  desidera  di  ottenere  con  dieci  quello  che  può 
avere  con  uno. 

Il  vantaggio  è  rappresentato  dal  risparmio  di  un  certo  numero  di  sessuati 
(forme  adunque  preziose  assai  più  dei  giovani),  i  quali  cadrebbero  nel  tragitto 
più  lungo,  ebe  dovrebbero  seguire  tino  alla  maturanza  degli  organi  locomotori  : 
inoltre  dal  maggior  numero  di  generazioni,  che  possono  avvenire  nell'annata,  in 
grazia  di  questo  accorciamento  di  evoluzione,  poiché  tutto  il  materiale  che  an- 
drebbe alla  formazione  di  buoni  organi  di  volo  e  loro  muscoli,  col  tempo  e  la 
perdita  che  una  tale  trasformazione  richiede,  va  invece  subito  utilizzato,   pressoché 


il     BTÌ    >.i"\  ivim    DEGLI    INSETTI  2X7 


bruto,  quasi  tutto  alla  formazione  dei  tuorli.  Infatti  non  è  tanto    il    compimento 

degli  organi  che  si  faccia  attendere,  quanto,  iti  generale  la  sufficienza  dei  tuorli 
delle  uova. 

Non  si  creda  che  siano  di  poco  effetto,  in  vantaggio  o  danno  della  specie,  le 
condizioni  suesposte. 

Ecco  un  esempio. 

Le  Mosche,  in  generale,  impiegano  tanti  giorni  a  schiudere  dall'uovo,  fino  allo  sfarfallamento 
dell'adulto,  quanti  poi  impiega  la  femmina  di  questo  ad  attendere  la  maturanza  delle  uova.  Ciò 
vuol  dire  che  il  numero  di  generazioni  di  Mosche  sarebbe  raddoppiato  se  questi  Insetti  potessero 
Sortire  dal  loro  pupario  colle  nova  pronte  ad  esser  deposte  ed  inoltre,  in  quei  parecchi  giorni  di 
Peregrinazioni  continue  ohe  l'adulto  fa  per  procurarsi  l'esistenza  e  per  trovare  il  maschio,  onnie 
per  rintracciare  ove  preparare  la  sua  figliolanza,  la  massima  parte  degli  Insetti  cadono  vittime 
di  insidie. 

Basterebbe     anticipare    ili     qualche    giorno  la  maturanza 
delle  nova  della  mosca  perchè  la  terra  tutta   ne  fosse  ricoperta  """"""N*  o~-"*""" 

in  pochi  mesi  !  \         V^i  / 

Adunque,   per  questo  caso,   la    enorme     rapidità  del    ciclo  \       f!"!Ì       J 

giovanile,     la  grande  fecondità,  la  somma    facilità  di  provve-  \. — 3E~^ 

dere  alla  propria  esistenza  od  alla    propagazione,    tutti    van-  tn"'-. " \, \ 

tairsii  considerabilissimi,  di  cui  godono  le  Mosche,   sono  bilan-  /  /]'■'■    '''wv\\ 

ciati  dal  solo  fatto  della   ritardata  maturanza    sessuale,   dovuta  I  JcililH^J       \ 

al   grande  dispendio  por  la  formazione,   nella   ninfa,   della   più  "  |f  pì!.'  liiii'y 

eccellente  macchina  volante    che  si  conosca.  \  teiWiiy    ì 

Ricorriamo  al  caso  inverso    e  quivi  troviamo  la  massima  \  fa-w     / 

parte  delle    forme    sedentarie,    sopratutto    di  parassiti,  sieno  fcj 

ili  animali  che  di  vegetali  e    più  quelli  che  questi.  Ncotenici  jjl 

souo  in  abbondanza  i  carnivori,  che  non  debbano  faticare  fig.  l'93.  —  Femmina  'ueotenica  di 
molto  al   ritrovamento    del    cibo  e     che,     in   pari  tempo,   nep-  Dittero     (Soiaride,      Peyerinhoffia 

,   ,,,       ,.  sumeri-aura,  Schmitt).     Ingr.  ;    da 

pure    debbano    molto  peregrinare  per  la  ricerca  dell'ambiente  Schmitz. 

atto  alla  nutrizione  della  prole. 

In  tutti  questi  casi  la  facile  vita  e  l'abbondanza  del  nutrimento  allo  stato  di  larva  consen- 
tono il  precoce  sviluppo  dei  genitali,  in  tempo  in  che  gli  organi  di  locomozione  sono  maturi  e  si 
evitano  cosi  quei  detrimenti,  che  ho  ricordato  più  su  a  proposito  delle  Mosche. 

Quanto  alla  causa  della  neotenia  essa  è  già  in  parte  adombrata  dal  sopra- 
detto. 

È  da  credersi  che  la  misura  del  cibo  e  la  sua  natura,  se  più  o  meno  ricca 
di  sostanze  nutrienti  intìuiscauo  assai  sullo  sviluppo,  quanto  ad  epoca,  degli  or- 
gani e  dei  prodotti  sessuali.   Intendasi  però  sempre  per  la  medesima  specie 

Voglio  dire  che  in  condizioni  favorevoli  di  nutrizione  gli  individui  si  tro- 
vano eccitati  ad  una  maturanza  sessuale  precoce,  la  quale,  per  la  stessa  specie 
può  essere  allontanata  tino  a  coincidere  collo  sviluppo  di  buoni  organi  di  volo, 
se  le  condizioni  stesse  di  vengono  meno  fortunate,  oppure  se  le  riserve  di  so- 
stanza nutritiva,  che  si  sono  fatte  durante  il  periodo  larvale,  vengono  distratte 
in  parte  alla  costruzione  dell'organismo  volante.  È  un  conflitto  fra  quello  che 
l'individuo  richiede  per  sé,  a  buona  formazione  dei  suoi  organi  locomotori,  se- 
condo il  tipo,  e  quello  che  domandano  i  sessuali  in  prò  della  specie.  Se  la  richiesta, 
diro  cosi,  dipendente  da  necessità  e  meno  viva  in  un  senso,  si  guadagna  nel- 
l'altro e  viceversa. 

Allorché  per  la  migrazione  (diffusione  a  distanza),  per  la  ricerca  dell'altro 
sesso,  per  quella  del  cibo  e  di  ambiente  opportuno  alla  prole,  è  necessità  di 
buoni  organi  locomotori,  allora  ne  scapita  la  rapidità  di  sviluppo  dei  sessuali, 
mentre  che.   per  le  specie  sedentarie  0   pur  le   generazioni   tali   in  una  data  specie. 


288 


CAPITOLO    QUABTO 


per  la  vicinanza  dei  due  sessi  o  per  la  nessuna  necessità  di  fecondazione  (forme 
partenogeniche),  per  la  comodità  del  cibo  a  portata  non  è  indispensabile  un  poderoso 
apparecchio  locomotore,  l'organismo,  da  buon  amministratore,  ritira  la  spesa  in 
quel  senso  ed  è  più  generoso  all'incremento  degli  organi  e  dei  prodotti  sessuali. 

In  tale  caso  accade  di  frequente  che  il  sistema  locomotorio  rimanga  imperfetto  totalmente 
(Diaipiti,  femmine  di  Ripitteri,  ecc.)  od  almeno  nelle  ali,  che  sono  la  più  ampia  maniera  di 
locomozione. 

Nel  caso  inverso  possiamo  avere  un  ritardo  nella  maturanza  sessuale,  come  è  quello  avvertito 
delle  Mosche  ed  il  peggio  accade  poi  quando,  con  materiale  insudiciente,  occorre  provvedere  ad 
una  grande  richiesta  del  sistema  locomotorio.  In  tale  caso  ne  risentono  i  sessuali,  che  rimangono 
immaturi  (Ape  operaia)  e  se  neppur  questa  richiesta  e  viva  ed  ancor  più  limitati  i  mezzi  di 
cui  l'organismo  dispone,  allora  si  ha  il  caso  delle  forme  attere,  arrestatesi  allo  stato  di  eoninfa 
o  di  proniufa  e  per  lo  più  immature  anche  sessualmente,  come  avviene  dei  neutri  di  taluni 
Insetti  sociali  (Formiche,  Termiti).  Si  comprende  che  questo  stato  è  possibile  solo  nelle  sooietà. 

Lo  studio  delle  specie  parassite,  delle  sessualmente  dimorfe  e  delle  polimorfe,  in  compara- 
zione colle  altre  sta  a  dimostrare  quanto  si  è  detto. 


La  ninfosi. 

Il  meraviglioso  fenomeno  della  metamorfosi,  pel  quale  una  creatura  alata, 
insigne  per  forme,  colori  ed  abitudini  sorge  da  un  modesto  essere  vermiforme  e 
non  di  rado  poco  attraente,  e  nella  nuova  veste  smagliante  vive  e  brilla  tanto 
diversamente  dalla  stia  prima  oscura  età,  non  ba  mancato  di  impressionare  for- 
temente, in  ogni  tempo,  la  mente  umana. 

Fino  dalla  più  remota  antichità  il  fenomeno  stesso  è  non  soltanto  ricono- 
sciuto, ma  fatto  argomento  di  ammirazione  e  di  singolari  argomentazioni  filo- 
sofiche. 

Pei  G-reci  la  parola  Psiche  {1>»xi)  significa  ad  un  tempo  Farfalla  ed  Anima, 
per  quella  corrispondenza,  che  si  voleva  trovare  fra  il  destino  dell'uomo  e  la  vita 
di  questi  piccoli  esseri. 

Non  vedete  voi  che  noi  siam  vermi 
Nati   a  formar  l'angelica  farfalla? 

Oanta  il  poeta  per  quel  concetto  pel  quale  la. vita,  la  morte  ed  il  risveglio 
altrove  dell'uomo  trovavano  riscontro  nella  vita  larvale,  nel  letargo  e  nel  trion- 
fale risveglio  della  farfalla. 

«  Come  la  larva  strisciante,  l'uomo  si  trascina  sulla  terra,  come  la  ninfa  im- 
mobile, l'uomo  dorme  nella  tomba:  come  l'amante  dei  fiori,  insetto  ad  ali  d'oro 
e  d'azzurro,  l'uomo  rinasce  alla  vita  nell'immortalità  dell'anima  ». 

Ma,  pur  non  volendo  spaziare  cosi  liberamente  a  volo  nei  campi  del  fanta- 
stico e  trattenendoci,  con  più  modestia  e  prudenza,  alle  meno  ardite  concezioni 
ed  argomentazioni  del  filosofo  naturale,  è  fuori  di  dubbio  che,  pur  sempre,  il  fe- 
nomeno della  ninfosi  riesce    tra   i    più  mirabili   e  graziosi,    che  sieno    in  natura. 

Esso  ha  eccitato  sempre  la  curiosità  degli  osservatori  di  cose  naturali,  da 
quelli  che,  più  anticamente,  si  sono  appagati  della  semplice  constatazione  del 
fatto  singolare,  fino  ai  più  recenti  investigatori,  che  hanno  sviscerato  il  feno- 
meno in  tutti  i  suoi   più   minuti   particolari,  mostrandone  il  singolare  processo,  la 


r.K  !■•  i\   li. .\  ami.i   i>ki;i  i   i\-i  i  1 1 


289 


complessità  ed  ottenendo  dati   in  appoggio  dell'antica,   geniale  interpretazione  di 
un   fatto  cotanto  singolare. 

Perche,  conforme  altra  volta  si  è  avvertito,  già  Aristotile,  ricordando  bene 
il  processo  della  ninfosi,  ne  dava  poi  anche  una  ragione,  che  è  veramente  la 
giusta. 


«  Le  farfalle  provengono  —  così  egli  dice  —  da  bruchi.  Essi  sono  dapprima  non  piti  grandi 
di  un  grano  di  miglio;  in  seguito  sono  piccoli  vermi,  ohe,  in  capo  a  tre  giorni  appaiono  come 
piccoli  bruchi.  Quando  questi  bruchi  hanno  acquistato  il  loro  accrescimento  definitivo,  perdono 
i  movimenti  e  cangiano  di  forma.  Si 
chiamano  allora  crisalidi.  Esse  sono  av- 
volte in  astuccio  chiuso.  Però  quando 
si  toccano  >i  agitano.  Le  crisalidi  sono 
chiuse  in  celle  fatte  di  una  materia 
simile  ai  fili  di  ragno.  Esse  uon  hanno 
né  bocca  né  altre  parti  di. tinte.  Poco 
tempo  dopo  l'astuccio  si  rompe  e  ne 
sorte  un  animale  volante,  che  noi  chia- 
miamo farfalla.  Ne]  suo  primo  stato 
esso  mangia  ed  espelle  escrementi;  di- 
venuto crisalide  esso  non  mangia  più 
nulla.  La  stessa  cosa  è  di  tutti  gli  ani- 
mali che  provengono  da  vermi  »  (Hist. 
anim.,  lib.   V,  cap.   XVIII  . 

La  siùegazione  del  fenomeno, 
ohe  Aristotile  propone  molto  bene 
è  la  seguente: 

«  Col  tempo  tutti  gli  em- 
brioni, che  hanno  formato  le  larve 
Uniscono  per  diventare  una  specie 
di  uova.  L'inviluppo  che  li  rive- 
ste indurisce  e  durante  tutto 
questo  periodo  essi  sono  immobili. 
Ciò  può  essere  benissimo  veduto 

nelle  larve  di  Api,  Vespe  e  nei  Bruchi.  Si  può  dire  che  la  natura  ha  fatto,  in  certo 
modo,  una  specie  di  uovo  prematuramente,  cotanto  esso  è  imperfetto  e  che  la  larva 

non  è  che  un  uovo,  ma  destinato  a  crescer  ancor  molto L'uovo  ingrandisce  e 

prende  nutrimento.  Ano  a  che  sia  divenuto  un  uovo  completo.  Quando  l'inviluppo 
della  larva  si  6  disseccato,  l'animale  sorte  rompendolo,  come  sortirebbe  da  un 
uovo;  esso  è  allora  tutto  formato,  esso  è  alla  sua  terza  metamorfosi». 

Ora  si  vedrà  come,  seguendo  appunto  questo  concetto  e  traendone  ancora 
gli  evidenti  corollari,  sulla  scorta  delle  più  recenti  diligentissime  investigazioni. 
che  lo  dimostrano  verissimo,  si  possa  dare  una  limpida  ed  uniforme  spiegazione 
di  tutti  intesti  fenomeni  di  trasformazioni,  per  tutti  gli  Insetti,  il  che  sarebbe 
arduo  od  impossibile  fare  non  convenendo  nella  geniale  interpretazione  aristote- 
lica  del   fenomeno. 

Ma  del  come  avvenga  cosi  grande  mutamento  da  bruco  a  farfalla  non  si 
ebbe  pensiero  scevro  da  errore  se  non   in   tempi  del  tutto  recenti. 

I  più  antichi  filosofi  ritenevano  infatti  una  mutazione  così  radicale  farsi  su 
bitamente,  come  si  favoleggiava  nella  mitologia  ad  es.  di  Atteone  trasformato 
in  cervo  dalla  vendetta  di   Diana,  o  di   Aracne  in  ragno  per  Quella  di    Minerva. 

A.  Bkklese,  Oli  Insetti,  ti. 


Kig.  294.  —  Metamorfosi    completa.  I  tre  stadi  di  una  Far- 
falla. A,  larva;  B,  ninfa;  0,  adulto  ( Deitephilo  elpenor). 

A,  ridotto  di  un  terzo;  B.  0,  grandezza  naturale. 


290  CAPITOLO   QUARTO 


Non  è  che  più  tardi  assai,  pegli  studi  del  Redi,  del  Vallisnieri,  dello  Swani- 
niordaui  e  del  Leuwenhoeck,  che  prende  piede  l'ipotesi  della  conservazione  della 
individualità  traverso  tutte  le  metamorfosi. 


Caratteristiche  della  ninfosi. 

L'insieme  dei  fenomeni  tìsico -chimici,  istologici,  organo  plastici,  ecc.,  pei 
quali  entro  la  spoglia  della  ninfa  si  compie  la  mirabile  formazione  dell'insetto 
adulto  olometabolico,  è  compreso  sotto  il  vocabolo  di  ninfosi. 

Tali  fenomeni  però  si  iniziano  negli  ultimi  momenti  dello  stadio  larvale,  o 
meglio,  in  questo  momento  essi  cominciano  ad  assumere  una  improvvisa  vi- 
vacità. 

Essi,  per  meglio  dire,  non  hanno  mai  cessato  di  avverarsi  dalla  schiusa  del- 
l'uovo in  poi,  durante  tutto  lo  stadio  larvale,  ma,  in  questo  tempo,  si  sono  svolti 
con  molta  lentezza  e  tutto  affatto  in  linea  secondaria  fra  la  intensa  attività  delle 
funzioni  vitali  e  di  accrescimento  della  larva.  Soltanto  allorché  questa  perisce  in 
tutti  i  suoi  organi  transitori  e  solo  vive  in  quelli  rudimentali,  che  spettano  al  fu- 
turo adulto,  le  funzioni  e.  le  attività  di  questi  ultimi  prendono  energicamente  il 
sopravvento  e,  dalla  line  dello  stadio  larvale  fino  ai  primi  momenti  di  quello  del- 
l'adulto, si  svolgono  con  vivacissima  intensità,  sotto  l'involucro  protettore  e  nel- 
l'apparente letargo  funzionale  della  ninfa. 

Bisogna  richiamarci  alle  ragioni  del  processo  per  intendere  questo  nei  suoi 
particolari  e  nei  suoi  effetti. 

Si  è  già  detto  che  la  necessità,  per  parte  dell'adulto,  di  accrescere  il  nu- 
mero di  uova,  per  sopperire  con  più  ricca  figliolanza  alle  maggiori  esigenze  della 
vita,  importa  la  necessità  di  una  riduzione  delle  uova  stesse  nel  loro  volume,  non 
potendo  la  madre  accrescere  soverchiamente  quello  del  proprio  addome  e 
trovar  modo  di  sopperire  al  deposito  di  così  grande  quantità  di  sostanza  ela- 
borata per  formare  tuorli  sufficienti  ad  un  maggior  numero  di  uova. 

Tale  pratica,  col  ritardare  la  maturanza  delle  uova  e  coll'accrescere  così  i  bi- 
sogni della  madre,  aumenterebbe  anche  a  dismisura  la  somma  delle  cause  avverse 
alla  gua  esistenza,  aggiungendo  quindi  difficoltà  alla  conservazione  della  specie, 
precisamente  quando  queste  sono  già  sensibili  oltre  il  limite  di  compatibilità 
colla  esistenza  della  specie  stessa. 

La  madre  adunque  deve  produrre  un  maggior  numero  d'uova  nel  medesimo 
tempo  e  contenerle  nello  stesso  spazio,  riducendo  così  per  ciascuna  il  volume 
del  tuorlo  stesso. 

Con  ciò  si  hanno  effetti  multipli  oltre  alla  statura  minore  che  le  larve  degli 
olometaboli  hanno  in  confronto  dei  loro  rispettivi  adulti,  paragonata  alla  pro- 
porzione, che  generalmente  si  nota  fra  gli  emimetaboli. 

Questi  effetti  sono  i  seguenti,  nei  quali  appunto  consiste  il  fenomeno  della 
olometabolia: 

1.°  Lo  svolgimento  dell'embrione  viene  interrotto  quando  ancora  sono  ap- 
pena accennate  qua  e  là  impostazioni  di  organi  definitivi,  prima  che  la  sua  or- 
ganizzazione sia  tale  da  corrispondere  fondamentalmente  (cioè  quanto  a  tipo)  a 
quella  dell'adulto,  salvo  minor  grado  di  perfezionamento  dovuto  alla  immaturanza 
di  alcuni  sistemi  ed  organi. 

2.°  Queste  prime  impostazioni  ili  organi  definitivi  (dischi  immaginali, 
istoblasti),  non  essendo  collegate  non  compongono  sistemi  atti  ad  una  pro- 
ficua funzione,  quindi  l'embrione,  che  così   nascesse,  quando  non    si  trovasse    in 


LE    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI  291 


condizioni  di  protezione,  comodità  di  cibo,  ecc.  specialissime  (Pupipari),  sarebbe 
incapace  di  provvedere  a  se. 

3.°  Si  forma  quindi  un  provvisorio  adattamento  e  collegamento  delle  im- 
postazioni embrionali  primitive,  mercè  elementi  istologici  particolari  (larvali  pro- 
priamente detti)  così  che  gli  organi,  completati  alla  meglio,  possono  compiere  le 
funzioni   della  vita  postembrionale. 

4.°  Gli  organi  larvali  così  derivati  sono  più  o  meno  diversamente  fabbri- 
cati e  con  funzioni  quindi  diverse  da  quello  che  avrebbero  avuto  ed  avranno  gli 
organi  corrispondenti,  derivati  dalle  prime  impostazioni  embrionali  suddette. 

5.°  Di  qui  diversità  grandissima  di  aspetto,  struttura,  organizzazione,  abi- 
tudini e  maniere  di  vita  della  forma  larvale  così  raffazzonata,  da  quelle  dei  ri- 
spettivi adulti. 

ti.0  Può  intervenire  la  formazione  di  organi  speciali  del  tutto  spettanti 
alla  larva  e  senza  corrispondenza  nell'adulto. 

7.°  I  soli  organi  riproduttori,  che  non  hanno  funzione  nella  larva,  non  ri- 
sentono il  bisogno  di  alcun  provvisorio  aggiustamento  per  la  possibilità  della 
vita  extraovica,  e  quindi  essi  rimangono  senza  transitorie  snpercostruzioni. 

8.°  La  larva  immagazzina  la  sostanza  occorrente  alla  formazione  in  sé  del 
nuovo  tuorlo,  il  quale,  questa  volta  sarà  in  proporzione  tale  da  dare  senza  più 
l'adulto  nelle  sue  dimensioni.  Questo  è  l'unico  ufficio  della  vita  larvale. 

9.°  Ottenuto  questo  scopo  l'insieme  degli  organi  e  tessuti  esclusivamente 
larvali  muore,  avendo  compiuto  il    suo  ciclo  d'esistenza. 

10.°  Avviene  un  disfacimento  di  questi  organi  e  tessuti  (Istolisi),  dopo  del 
quale,  entro  la  spoglia  della  ninfa  si  trova  il  tuorlo  nuovamente  ottenuto;  nonché 
il  complesso  delle  prime  impostazioni  embrionali.  Siamo  dunque  allo  stadio  ricor- 
dato ai  numeri  1.°  e  2  °.  La  sostanza  derivata  dalla  distruzione  degli  organi  lar- 
vali non  va  perduta,  ma  concorre  ad  arricchire  il  nuovo  tuorlo  suddetto. 

11."  Le  prime  impostazioni  (dischi  immaginali)  acquistano  una  improvvisa 
grande  energia  di  accrescimento,  riprendono  lo  svolgimento  interrotto  e  comple- 
tino la  forma  definitiva,  a  spese  del  nuovo  tuorlo.  Questa  formazione  nuova  di 
organi  e  tessuti,  in  seno  alla  ninfa,  dicesi  fotogenesi. 

12.°  Gli  organi  riproduttori  compiono  la  loro  evoluzione  e  l'individuo, 
ormai  adulto,  si  libera  dalla  spoglia   ninfale  {Sfar  fedi  amento). 


Ipotesi  sulla  natura  e  sulle  cause  della  ninfosi. 

Gli  anticlii  ammettevano  senz'altro  la  nascita  di  un  nuovo  essere,  da  altro  diversissimo,  per 
inni  di  ([nei  subitanei  mutamenti,  di  cui  avevano  testimonio  nelle  loro  credenze  mitologiche. 
Anzi  è  probabile  che  l'idea  della  metamorfosi,  capace  di  trasformare  un  uomo  in  un  animale  e 
viceversa  sia  venuta  dalla  osservazione  del  bruco  e  della  farfalla,  nonché  della  ninfa,  cioè  due 
esseri  differentissimi,  sorti  successivamente,  d'improvviso  dal  primitivo  stesso  individuo  e  non  è 
improbabile  ancora  che  questo  fatto  abbia  servito  di   base  alla  credenza  nella  metempsicosi. 

Si  e  visto  però  con   quanto  fine   intuito  Aristotile  si  apponeva  alla  ipotesi  giusta. 

Il  fatto  della  individualità  unica,  che  si  conserva  traverso  le  metamorfosi,  è  confermato  dalle 
osservazioni  del  Redi,  del  Vallisnieri,  dello  Swammerdam  e  del  Leuwenhoeck,  i  quali  furono  i 
primi  a  voler  vedere  più  addentro  in  tutta  questa  complicata  successione  di  aspetti  diver- 
sissimi. 

Réaumur,  per  primo,  accertò  che,  recidendo  una  o  più  zampe  toraciche  ad  un  bruco,  la  far- 
falla che  ne  riesce  risulta  monca  dei  membri  corrispondenti. 

Ma  le  ipotesi   piti   vecchie,   dopo  quella  cosi   sagace  di  Aristotile,   sono  però  del  tutto  errate. 

Swammerdam   riteneva   che  sotto    la     pelle  della     larva  si   trovasse  quella  della  ninfa    ed    in 


292 


CAPITOLO    QUARTO 


questa  quella  dell'adulto,  come  tante  vesti  sovrapposte  l'una  sull'altra,  addosso  ad  uno  stesso 
individuo,  ed  alla  guisa  che  vedonsi  fare  gli  acrobati  nei  circlii,  al  momento  buono  questi  invo- 
lucri fossero  rotti  e  ne  schiudesse  la  nuova  forma  nascosta. 

Lo  Swammerdam  andò    auche    più    in   là,  pensando  che  la  farfalla    fosse  già    tutta    formata 
nell'uovo. 

Questa     ipotesi     del    semplice  sviluppo    di    parti   preesistenti,   alla  quale  inclinava  anche    il 
Réaumur,  fu  accolta  per  buonissima  tino  ai  classici  studi  del    Weismann  (1864)  sulla  ninfosi  dei 
muscidi  e  che  furono  il  fondamento  di  tutte  le  altre  accurate  e  molteplici  ricerche  di  poi. 
Parecchi  autori   però,  prima  di   lui,   avevano  osservato  e  studiato  i  dischi  immaginali. 
Il  Lyouuet  (1762),  nel   Cossus  ligitiperda,  riconobbe,  nel  2.c  e  3.°  segmento  del  tronco,  quattro 
masse  bianche  contenute  nel  grasso,  ciascuna  riunita  alla  pelle  da  una  profonda  piega  «  che  essa 
aveva  fatta»  e  non  potè  venire  a  capo  di  comprenderne  il  significato,  però  egli  ritenne  che  po- 
teva trattarsi  di   «  principii  d'ali  »   dell'adulto,   e  le  stesse  cose  vide 
l'Hérold  (1815)  nel  bruco  di  Cavolaia. 

Nel  1819  Lachat  e  Audouin  descrivono  certe  «  placche  »,  come 
essi  le  chiamarono,  collocate  in  tre  paia  sui  grossi  tronchi  tracheali 
di  una  larva  di  Dittero  (Conops)  endofaga  dei  Pecchioni  (Bombusf. 
Newport  (1841)  concluse,  per  certe  sue  sperienze  analoghe  a 
quelle  del  Réaumur  sugli  effetti  della  amputazione  delle  zampe  dei 
bruchi,  che  le  zampe  nell'adulto  si  riproducono  so  non  è  stato 
asportato  il  loro  rudimento  assieme  al  corrispondente  arto  della 
giovane  larva. 

11  Dufour  (1845)  considerò  per  corpi  gavglionoidi  facenti  parte 
dell'apparecchio  sensitivo  ed  in  rapporto  col  sistema  nervoso,  come 
altrettanti  gangli  speciali,  certi  animassi  cellulari  trovati  nella  testa 
e  nel  torace  delle  larve  di  uua  mosca  (Sarcophaga  hemorroidalis),  e 
di  questa  opinione  è  pure  lo  Scheiber  (1860).  che  studiò  le  larve 
di  Estridi. 

Fu  il  Weismann,  che,  come  ripeto,  colla  scoperta  dei  dischi 
immaginali  (i  corpi  ganglionoidi  del  Dufour,  le  placche,  ecc.  degli 
altri  autori)  e  l'attribuzione  loro  del  vero  significato  ed  ufficio; 
colla  rivelazione  del  fenomeno  dell'JsfoHsi',  voce  da  lui  stesso  pri- 
mamente usata,  e  quello  di  ricostruzione  dei  tessuti  nuovi  coll'in 
tervento  anche  delle  sferule  di  granuli  (Korekenkugeln),  per  quanto 
si  poteva  fare  una  settantina  d'auni  fa  circa,  deliueò  esattamente 
tutto  il  processo  della  ninfosi. 

Kunckel  d'Herculais  (1875)  a  proposito  delle  larve  di  Volucelle 
(Ditteri)  descrive    quattordici    paia    di   dischi  immaginali,  che  egli 
chiama  istoblasti  e    ne  riconosce   la  origine  ipodermale  (fig.   295). 
Il    Gauin  (1876)     riconosce     che    quanto  proviene    dalla  distruzione  degli   organi   larvali  non 
entra  nella  composizione  degli  organi   nuovi. 

Viallanes  (1881)  non  solo  studiò  molto  diligentemente  i  dischi  immaginali  pel  loro  numero, 
posizione  e  scopo,  ma,  ancora  i  fenomeni  di  istogenesi,  per  quanto  la  conclusione  cui  egli  ar- 
riva, convenendo  in  ciò  col  Weismann,  dì  una  formazione  libera  delle  cellule,  non  sia  am- 
missibile. 

HKowalewsky  (1885  e  1887)  pubblicò  lavori  sulla  metamorfosi  delle  Mosche,  i  quali  mena- 
rono grandissimo  rumore,  per  ciò  che  riconobbe  l'intervento  della  fagocitosi  nella  distruzione  dei 
muscoli  larvali,  così  come  il  Metschnikoff  la  aveva  rilevata  a  proposito  della  istolisi  dei  muscoli 
nella  coda  dei  Girini,  allorché  questi  animali  perdono  tale  organo  per  assumere  l'aspetto  de- 
finitivo   della   Rana. 

11  Kowalewski  riconobbe  la  detta  ingerenza  dei-  globuli  sanguigni  (amebociti,  leucociti) 
anche  nella  ninfosi  della  Mosca  e  vide  che  quivi  aggrediscono  frammenti  di  muscoli,  che  inglo- 
bano e  distruggono. 

Sono  queste  le  sfere  di  granuli  già  vedute  dal  Weismann.  L'Autore  ammette  anche  la  succes- 
siva distruzione  del  corpo  adiposo  della  larva  per  via  fagocitica.  I  prodotti  della  digestione  dei 
olobuli  sanguigni  passano  poi  nel  plasma  e  servono  alla  nutrizione  dei  tessuti,  che  si  vanno 
nuovamente  formando. 


Kig.  295.  —  Dischi  imagi- 
nali  Della  larva  di  Volu- 
cella,  secondo  Kìinckel 
d'Herculais. 

a,  delle  antenne;  o,  dell'occhio 
composto;  z,  z,  z,  delle  zampe; 
allt  a?t,  delle  ali  ;  a1-^3  degli 
organi    genitali  esterni. 


I.K    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI  293 


Vini  Rees  (1888)  conviene  nelle  conclusioni  del  Kowalewskv,  quanto  ai  fenomeni  di  fagoci- 
tosi, ma,  oltre  a  ciò,   fa  nascere  i  globuli  sanguigni  dell'adulto  dal  tessuto  adiposo  larvale. 

Berlese  (IStOO)  nega  la  fagocitosi  e  dà  altra  esplicazione  della  istolisi.  Così  gli  studiosi  tu 
questo  argomento  si  dividono  in  due  campi:  per  gli  uni  fondamento  di  tutto  il  fenomeno  istoli- 
tioo  è  l'intervento  dei  globuli  .sanguigni,  che  realmente  divorano  i  frammenti  dei  tessuti  larvali 
destinati  a  scomparire;  per  gli  altri  i  detti  amebociti  non  intervengono  se  non  dopo  avve- 
nuta una  speciale  degenerazione  dei  tessuti  morti  e  non  hanno  ufficio  fagocitico  propriamente 
detto. 

Sono  poi  sorte  non  poche  teorie  ad  esplicazione  di  tutto  il  processo  di  ninfosi  o  di  singoli 
fenomeni  secondari  e  ciò  per  opera  della  maggior  parte  dei  molti  studiosi,  che  si  sono  occupati 
del  diffìcile  e  complesso  argomento,  cioè  il  De  Bruyne,  il  Korotneff,  il  Karawaiew,  l'Anglas,  il 
Terre,  il  Perez,   il   Bataillon,  ecc. 

Cause  determinanti  la  metamorfosi.  —  Dopoché  più  profondamente  si  studiarono 
le  modificazioni,  che  avvengono  entro  la  spoglia  della  ninfa  oloinetahola,  si  sono 
messe  avanti  ipotesi  e  teorie  per  ispiegare  le  ragioni  del  fatto,  quali  cioè  sieno 
le  cause  che  determinano  il  processo  della  ninfosi. 

Teoria  fagocitarla.  —  Ammesso  il  fagocitiamo  da  patte  degli  amebociti  o  corpuscoli  del  sangue 
degli  Insetti,  che  dire  si  vogliano,  sulla  quale  affermazione  converrà  discutere,  i  partigiani  del 
fagocitiamo  stesso  sono  giunti  perfino  a,  far  dipendere  tutto  il  fenomeno  da  una  attività  più 
energica  in  senso  fagocitico,  che  si  sviluppa  negli  amebociti,  per  la  quale  essi  si  sentono  forte- 
mente inclinati  a  dare  addosso  e  distruggere  gli  organi   larvali. 

Si  obbietta  però  che  aucora  uou  è  apiegata  la  ragione  di  questo  improvviso  riaveglio  di 
attività  fagocitica,  e  ricercarne  la  causa  vale  tanto  quanto  indagare  quella  della  ninfosi  e  inoltre 
il  processo  fagocitico  ai  mostra  solo  nei  Ditteri  ciclorafi  (oltreché  nei  Crostacei  parassiti,  nelle 
larve  urodele  di  Ascidie)  ;  negli  altri  Insetti  la  distruzione  dei  tessuti  larvali  avviene  per  de- 
composizione. E  poi  perchè  gli  amebociti  svolgerebbero  la  loro  attività  distruttrice  su  alcuni 
tessuti  e  non  su  altri? 

Teoria  della  crisi  genitale.  —  Secondo  il  Perez  la  causa  della  metamorfosi  sarebbe  la  prolife- 
razione dei  dischi  immaginali  in  seguito  a  nutrizione  eccessiva  della  larva.  Ne  verrebbe  la  for- 
mazione di  sostanze,  che,  cadendo  nell'interno  dell'organismo  ninfale,  stimolerebbero  alcuni  tes- 
suti, avvelenandone  altri  e  cos'i  i  leucociti  interverrebbero  a  distruggere  l'organismo  larvale, 
mentre  va  formandosi  quello  adulto.  Sarebbe  la  proliferazione  delle  cellule  genitali  la  causa  de- 
terminante l'incremento  dei  dischi  imaginali. 

«La  metamorfosi  è  dunque  una  crisi  di  maturità  genitale».  A  questa  teoria,  completamente 
campata  in  aria  e  che  non  spiega  nulla,  si  potrebbe  obbiettare  intanto  che  quel  che  si  cerca  e 
appunto  la  causa  di  questa  crisi   genitale. 

Inoltre  vi  sono  parecchi  fatti,  che  contraddicono  subito  la  teoria  del  Perez.  Il  Bataillon, 
dopo  aver  rilevato  la  somma  di  ipotesi  accumulate  in  questa  teoria,  fa  vedere  che  nelle  formiche 
neutre  la  ninfosi  avviene  egualmente  bene  per  quanto  le  gonadi  (cellule  sessuali)  non  si  muo- 
vano affatto  verso  una  maturauza,   che  è  loro  sempre  negata. 

Lo  stesso  avviene  in  certe  Stìngi  (Lepidotteri)  della  generazione  autunnale,  le  cui  ghiandole 
genitali  rimangono  atrofiche,  ma  le  metamorfosi  avvengono  a  puntino,  come  per  la  generazione 
precedente. 

Teoria  asfittica.  —  La  teoria  sorge  dagli  studi  di  Bataillon  sulle  metamorfosi  dei  Batraci.  dei 
Pesci   e  del   Baco  da  seta,  e  le  esperienze  di   Terre  su   diversi   Insetti  olometaboli. 

Riconósciuto  che  nella  ninfa  scema  la  quantità  di  acido  carbonico  emesso,  in  rapporto  al- 
l'ossigeno inspirato  si  conclude  che  avviene  fissazioni;  dell'anidride  carbonica  nell'organismo  e 
quindi  asfissia  di  alcuni  organi,   che  cosi   muoiono  e  si  dissolvono. 

A  questa  teoria  si  può  obbiettare  che  l'asfissia  entra  in  giuoco  tardi  e  più  precisamente 
non  durante  il  periodo  istolitieo,  il  cui  colmo  accade  durante  lo  stadio  di  proninfa,  ma  in  quello 
istogenetico,   dove  parrebbe  che    dovesse  invece  essere  richiesto  molto  ossigeno. 

Il  fatto  bene  accertato  della  fissazione  dell'acido  carbonico  durante  la  ninfosi  non  ha  pro- 
babilmente rapporti  colla  fine  dei  tessuti  larvali,  è  richiesto  da  altre  necessità  nella  chimica 
delle  sostanze,   che  si  modificano  nell'interno  della  ninfa. 


294  CAPITOLO   QUARTO 


Teoria  dell'arresto  fisiologico.  —  Appartiene  all'Anglas  e  si  accosta  molto  alla  verisiniiglianz;i. 
L'Autore,  riconosciuto  che  il  fenomeno  non  può  essere  esclusivamente  attribuito  alla  asfissia,  ri- 
leva che  i  tessuti  e  gli  organi  larvali  sono  stanchi  del  lavoro  compiuto.  D'altronde  essi  hanno 
cessato  di  funzionare  e  ciò  non  può  non   avere  una  importanza  considerevole. 

«  Allorché  la  larva  ha  accumulato  delle  riserve  sufficienti  —  scrive  l'Anglas  —  le  ghian- 
dole della  seta  segregano;  il  risultato  ne  è  l'imprigionamento  in  un  bozzolo  e  la  conseguenza 
l'immobilità  e  la  separazione  dall'esterno.  I  muscoli,  come  il  tubo  digerente,  sono  ridotti  alla 
inazione;   ora  sono  essi  che  presentano  delle  vere  metamorfosi. 

«Che  è  avvenuto?  In  seguito  all'arresto  della  funzione,  l'equilibrio  chimico  instabile  delle 
reazioni  vitali  è  distrutto,  il  tessuto  inattivo  è  colpito  di  morte,  definitivamente.  Da  quel  mo- 
mento esso  è  una  sostanza  inerte,  ma  eminentemente  assimilabile  dai  tessuti  vicini  ed  il  riassor- 
bimento segue  dappresso  la  regressione  chimica. 

«Così  nei  Vertebrati  allorché  la  mucosa  dello  stomaco  si  necrosa  in  qualche  punto,  il  succo 
gastrico  delle  cellule  vicine  attacca,  ulcera  e  dissolve  gli  elementi  stessi  che  lo  segregavano 
prima.  Si  può  dire  che  avvengono  fatti  simili  tutte  le  volte  che  un  riassorbimento  si  fa  nel 
tessuto  necrosato». 

A  questa  opinione  inclina  lo  Janet  (1909),  quando  opina  che,  durante  la  ninfosi,  per  eause 
•ìon  precisate  il  fluido  cavitario  negli  Insetti  assuma  attività  digestive,  per  secrezioni  di  tutti 
gli  organi  di  succhi  contenenti  diastasi  speciali,  atte  a  distruggere  i  tessuti  morti  larvali. 

Teoria  della  autofagia.  —  Il  sovraesposto  modo  di  vedere  dell'Anglas  (1903)  si 
accosta  a  quello  già  messo  avanti  da  me  due  anni  prima  ed  al  quale  oggi 
pure,  anche  in  seguito  a  molti  altri  lavori  apparsi  sull'argomento,  sottoscrivo 
pienamente. 

Gli  organi  ed  i  tessuti  esclusivamente  larvali,  quelli  che  sono  detti  transi- 
tori, che  permettono  all'embrione  immaturo  la  vita  libera,  periscono  tutti  alla  fine 
della  vita  larvale,  per  quella  stessa  ragione  per  cui  ogni  organo  ed  ogni  orga- 
nismo muoiono  allorché  è  compiuto  il  ciclo  della  loro  esistenza. 

ÌSTon  si  sono  inventate  teorie  speciali  per  spiegare  l'arresto  di  sviluppo,  la 
morte,  la  regressione  ed  il  riassorbimento  finale  di  tanti  organi  e  tessuti,  sia  du- 
rante la  vita  embrionale  (involucri  dell'embrione;  micropilo  nell'Anurida,  cellule 
vitelline,  ecc.)  o  nell'adulto  (cellule  vitellogene,  ecc.),  che  non  sembra  del  caso 
proporne  pel  fenomeno  della  istolisi,  il  quale  non  differisce  dai  citati  se  non  per 
la  maggiore  ampiezza. 

Tra  gli  organi  larvali  che  periscono  è  sempre  anche  il  mesointestino,  sia 
nella  sua  parete  muscolare  che  in  quella  epiteliare. 

È  da  notarsi  che  il  mesointestino  nelle  larve  è  sempre  pieno  e  le  sue  pareti 
epiteliare  e  muscolare  periscono  appunto  mentre  esso  è  inturgidito  da  una  grande 
ultima  ingestione  di  cibo. 

Le  pareti  ormai  morte  di  questo  organo  non  possono  altrimenti  impedire  la 
fuoriuscita  del  contenuto  stesso,  il  quale,  infatti,  colla  sua  parte  fluida  stravasa 
nella  cavità  viscerale  e  questa  parte  fluida  contiene  tuttavia  in  buon  dato  i 
succhi  digerenti  assieme  a  cibo  più  o  meno  bene  digerito. 

Che  avviene  in  tali  circostanze?  Avviene  appunto  la  digestione  dei  tessuti 
morti,  i  quali  si  disfanno,  trasformandosi  in  una  poltiglia,  che  è  tosto  utilizzata 
per  le  nuove  costruzioni  (imaginali)  assieme  ai  depositi  albuminoidi  formatisi 
durante  il  periodo  larvale. 

L'ufficio  degli  amebociti  in  questo  momento  non  è  diverso  dal  consueto,  il 
quale,  secondo  me,  è  sempre  quello  di  portare  attorno  nell'organismo  le  sostanze 
plastiche  ormai  elaborate,  a  nutrizione  dei  tessuti  e  riportarne  quelle  escretive, 
per  recarle  agli  organi  ove  possono  essere  fissate  e  trattenute.  Io  nego  facoltà 
digestiva  agli  amebociti  e  quindi  non  si  tratta  in  alcun  caso  di  /agia,  ma  seni- 


li:    Kl\    GIOVANILI    DUOLI    INSKTTI  295 


liliceinente  ili  inglobamento  di  sostanze  ormai  morte  ed  elaborate  e  ciò  per  com- 
piere il  loro  dislocamento. 

Questa  teoria  è  combattuta  dal  Perez,  il  piti  convinto  fagocitista,  con  argomenti,  però, 
poco  seri. 

Egli  mette  in  dubbio  (1904)  anzitutto  lo  stravasamento  del  contenuto  dell'intestino  nella 
cavità  viscerale,  cosa  che  ognuno  può  vedere  «  benissimo  »  in  sezioni  di  piano  o  trasverse,  ad  es. 
di  larve  di  mosca,  che  cessano  di  nutrirsi,  e  del  resto  tutti  gli  autori,  che  si  sono  occupati 
delle  vicende  del  tubo  digerente  da  larva  a  ninfa  hanno  constatato.  In  secondo  luogo  mette  in 
dubbio,  senza  dimostrarlo,  quando  gli  sarehbe  stato  facile  veder  meglio,  che  il  contenuto  stesso 
stravasato  non  ha  facoltà  digestiva,  quando  non  si  può  nemmeno  supporre  che  sia  altrimenti. 
In  terzo  luogo  egli  si  schiera  contro  tutti  non  ammettendo  una  alterazione  dei  muscoli 
morti  all'iufuori  dell'azione  fagocitica.  In  quarto  luogo  egli  oppone  che  è  incomprensibile  il 
fatto  della  distruzione  non  simultanea  dei  muscoli  larvali,  mentre  ciò  dipende  dalla  non  simul- 
taneità della  morte,  da  tutti  riconosciuta  e  non  vede  intanto  che  l'obbiezione  potrebbe  essere 
altrettanto  rivolta  a  carico  degli  amebociti,  che  attendono  tempi  diversi  per  svolgere  la  loro 
azione. 

Molte  più  difficoltà,  invece  ed  incongruenze  incontra  la  ipotesi  fagocitarla,  ne  valgono  a 
sostenerla  le  non  probanti  osservazioni  del  Perez  sulla  endodigestione  dei  frammenti  muscolari 
nell'interno  dei  leucociti   (loc.   cit.). 

La  teoria  fagocitica  non  spiega  perchè  alcuni  tessuti  sieno  attaccati  ed  altri  no,  mentre  un 
elemento  divoratore  così  attivo  dovrebbe  aggredire  anche  tessuti  vivi  e  gli  stessi  corpuscoli  san- 
guigni dovrebbero  divorarsi  fra  di  loro. 

Si  vede  una  facoltà  elettiva  verso  gli  organi  e  gli  elementi  da  distruggersi  ed  ormai  morti, 
con  che  si  deve  ammettere  subito  che  l'azione  degli  amebociti  si  esercita  solo  verso  tessuti  chi- 
micamente in  condizioni  speciali;  è  già  un  bel  passo  questo  verso  il  convenire  che  tale  chimica 
alterazione  si  richiama  ai  consueti  processi  di  decomposizione  e  quindi  di  peptonizzazioue  degli 
albuminoidi.  Valgano  a  questo  proposito  i  begli  studi  dell'Enriquez  (1901)  e  di  molti  altri 
di   poi. 

D'altro  canto  la  dissimiglianza  dei  modi  di  agire  degli  amebociti  nei  diversi  gruppi  di  in- 
setti dovrebbe  pur  dare  da   pensare. 

Non  sono  che  i  dolorati,  i  quali  mostrino  questa  fagocitosi  e  per  tutti  gli  altri  Insetti  '  i 
tessuti  morti  si  scompongono  in  poltiglia,  senza  che  vi  intervengano  amebociti.  Per  tali  casi 
però  i  fagocitisti  ammettono  una  secrezione  di  sostanze  digerenti  dagli  amebociti,  le  quali  get- 
tate nell'organismo,  vanno  ad  attaccare  a  distanza  gli  organi  morti,  per  provocarne  la  digestione. 
Questo  processo  è  detto  di  liocitosi  dall'Anglas  e  si  accosta  alla  teoria  della  autodigestione,  col 
si. lo  divario  che  mentre  io  attribuisco  questo  fenomeno  al  succo  stravasato  del  tubo  digerente, 
l'Anglas  lo  vuole  ascrivere  ai    leucociti  od  a    molti    altri    organi  vivaci,  destinati  all'adulto. 

A  parte  molte  altre  considerazioni,  che  verranno  esposte  a  proposito  della  istolisi,  è  certo  che  si 
deve  attribuire  agli  amebociti  una  attività  enorme  giudicandoli  capaci  di  segregare  in  poche  ore 
(che  poche  ne  decorrono  durante  il  disfacimento  delle  masse  muscolari  larvali  in  taluni  insetti) 
una  così  grande  quantità  di  succo  digestivo,  senza  loro  modificazione  alcuna  apparente,  capace 
di  disgregare  e  di  peptonizzare,  con  tanta  rapidità,  una  così  grande  massa  di  sostanza  proteica. 
Non  si  comprende  come  questi  amebociti  perdano  poco  dopo  questaloro  facoltà  digestiva  e,  d'al- 
tronde, non   l'abbiano  mai  avuta  prima    d'allora. 

Un  fatto  di  tanta  estensione  e  così  improvviso,  come  è  quello  della  rapida  distruzione  di 
grandi  masse  di  tessuti,  non  può  essere  attribuito  che  a  qualche  altro  grande  fatto  egualmente 
subitaneo  ed  unico  nella  vita  dell'insetto,  quale  è  appunto  lo  stravasamento  istantaneo,  nella 
cavità  viscerale,   del   contenuto  del   mesenteron. 

D'altronde  vi  sono  le  prove  e  le  osservazioni  dirette  in  appoggio  di  questa  teoria  e  sono 
inconfutabili. 

Come   la   larva  si   prepara  alla  ninfosi. 

Se  a  noi  sembra  che  la  metamorfosi  accada  del    tutto  improvvisamente,  con 
un  passaggio  in  pochi  minuti  dall'una  t'orma  alla  successiva,  non  è  però  da  ere- 


29t> 


CAPITOLO    QUARTO 


dere  che  realmente  le  cose  avvengano  con  tanta  subitaneità,  mentre    è   solo    l'e- 
steriore apparenza,  che  subisce  questa  rapida  mutazione. 

I    processi    complicati,  che  avvengono  entro  l'involucro  ninfale,    hanno    una 
preparazione  durante  il  periodo  di  larva. 

Questa  preparazione  si  esplica  principalmente  in  tre    sensi,  cioè: 
1.°  coll'incremento  continuato  dei  dischi  imaginali; 

2.°  colla  raccolta  e  con- 
servazione di  sostanze  nutritive 
in  buon  dato,  specialmente 
albuminoidi,  per  rifare  il  tuorlo 
nuovo  e  sopperire  alle  neces- 
sità della  costruzione  dell'a- 
dulto; 

3.°  colla  segregazione 
di  sostanze  capaci  di  concor- 
rere alla  formazione  dei  ripari, 
in  cui  la  larva  dovrà  celarsi, 
per  passare  al  sicuro  lo  sca- 
broso periodo  ninfale. 

Mentre  i  primi  due  ordini 
di  fatti  sono  costanti  per  tutte 
le  larve  metaboliche,  l'ultimo 
può  non  essere  seguito  da  ta- 
lune, quelle  cioè  che,  per  tra- 
sformarsi, non  ricorrono  a  ri- 
pari appositi  costruiti  col  con 
corso  di  loro  speciali  secre- 
zioni. 

Dischi  imaginali.  —  Se  ne 
è  già  tenuto  parola  a  propo- 
sito della  storia  della  loro 
scoperta.  Si  tratta  di  invagi- 
nazioni di  tessuto  ectoderniico 
eil  in  rapporto  coll'ipoderma 
dell'insetto,  le  quali,  crescendo, 
sono  destinate  a  dare  origine  a 
parti  dello  scheletro  dell'a- 
dulto. Evidentemente  sono  più 
vistose,  perchè  più  o  meno 
come     antenne,    zampe,    ali, 


Kig.  290.  —  Schema  della  disposizione  dei  dischi  imaginali  nella 
larva  A,  nella  ninfa  B,  C,  D  di  mosca.  Non  sono  rappre- 
sentati i  dischi  imaginali  delle  ali.  Sezioni  logitud.  mediane. 
at,  disco  delle  antenne;  as,  degli  occhi:  z^-z^,  delle  zampe; 
*,  della  proboscide.  Inoltre  p,  faringe  ;  J«,  intestino  ante- 
riore ;  N,  sistema  nervoso;  ve,  vescicola  cefalica.  Da  Van 
Rees,  figura  accomodata  da  Korschelt  ed  Heider. 

allungate,    quelle    che    daranno    origine    agli    arti, 
gonapofisi. 


Un  fatto  notevole  però  e  il  seguente,  clic  cioè,  queste  ripiegature  sacciformi  sono  bensì  com- 
poste di  uno  strato  di  cellule,  che  diverranno  le  ipodermali,  destinate  cioè  alla  secrezione  dello 
strato  ehitinoso,  ossia  della  spoglia  dura  dell'insetto,  ma  entro  questo  saccolo  si  trovano,  molto 
precocemente,  altri  elementi  non  ordinati,  con  parvenza  di  cellule  più  o  meno  allungate  e  colà 
ammassate,   le  quali  daranno  origine  alla  parte  muscolare  dell'arto   (miociti). 

Circa  alla  natura  ed  origine  di  queste  cellule,  che  annidano  entro  il  saccolo  ectoderniico, 
che  costituisce  il  disco  immaginale  si  sono  presentate  diverse  ipotesi.  Per  alcuni  autori  esse  sono 
egualmente  di  origine  ectodermale  e  derivano  da  sfaldamento  dello  strato  più  esterno  (Ganin, 
Viallanes,  Van  Rees,  Lowne)  coli' intervento  o  meno  dei  leucociti.  Altri  autori  invece  conside- 
rano questi  ammassi  cellulari  come  mesodermali  (Kowalevsky,  Karawaiew,  Berlese,  Perez,  Hen- 
neguy)  e  ritengono  che  sieno  tuttavia  di   origine  embrionale. 


LE    KlA    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


297 


Quanto  al  ninnerò  dei  dischi  imaginali,  secondo  il  KiincUel  d'Hercnlais,  se  ne  trovano 
quattordici,  come  si  e  dello,  nelle  larve  di  Yolucella.  Questi  danno  origine  ai  seguenti  organi 
dell'adulto:  un  paio,  ohe  età  sui  gangli  oerebroidi,  formerà  gli  occhi;  un  paio  le  antenne  ;  un  paio 
il  dorso  del  protorace  e  gli  stigmi   ninfali;  un  paio  per  ciascuno  dei  segmenti  del  pterotorace  e 


Pie.  297.  —  Sviluppo  dei  dinchi  imaginali  sempre  estrotiessi  Da  A 
a  D  l'arto  aumenta  di  lunghezza  e  gli  elementi  mesenehimatici 
(o)  aumentano  di  numero  e  si  ordinano  per  fare  i  muscoli,  ecc. 


Fig.  298.  —  Due  dischi  imaginali 
introflessi  od  endogeni.  Si  ve- 
dono circondati dallasottile  niem- 
branella  esodermica  larvale. 


questi  sono  uno  per  le  ali  (mesotorace),  tre  paia  per  le  zampe  ed  i  pezzi  sternali  corrispondenti 
ed  infine  due  paia  di  piccoli  istoblasti  pei  pezzi  boccali. 

Questi  dischi  si  formano  là  dove  decorrono  nervi  e  trachee  in  rapporto  colla  pelle  o  meglio 
nervi  e  trachee  concorrono  colà  dove  si  devono  svolgere  a  suo  tempo  gli   arti  dell'adulto. 

Il  tempo  dell'apparsa  dei  dischi  iruagiuali  varia  non 
solo  a  seconda  dell'insetto,  ma  ancora  secondo  l'arto  al  quale 
daranno  origine. 

Così  talora  si  notano  fino  dall'embrione  nell'uovo,  come 
sono  per  le  Mosche  e  pei  dischi  alari  nei  Lepidotteri  : 
molti  altri,  specialmente  quelli  che  daranno  originenon 
ad  arti  ma  a  porzioni  tegumentali,  appaiono  molto  più 
tardi  e  non  hanno  la  caratteristica  forma  di  sacchetto 
attaccato  al  resto  dello  strato  cuticolare  per  sottile  pedun- 
colo, come  pure  non  godono  di  quel  rivestimento  mesen- 
chimatico  speciale  di  cui  si  è  già  detto. 

Secondo  Berlese,  durante  lo  stadio  larvale  non  solo 
aumenta  di  qualche  poco  la  parte  ectodermica  del  disco 
invaginale,  ma  ancora  quella  mesodermale  e  ciò  per  un 
continuato  incremento   numerico  dei  miociti. 

Vi  sarebbe  un  continuo  concorso  di  questi  element i,  i 
quali  deriverebbero,  durante  tutta  la  vita  della  larva,  ma 

con  maggiore  intensità  nel  periodo  delle  mute,  dai  nuclei  dei  muscoli  larvali,  per  proliferazione 
ibi   nuclei   stessi. 

I  dischi  imaginali   poi  ricevono  un  subitaneo  impulso  evolutivo   all'approssimarsi    della    fine 
della   vita   larvale,   cioè  della   ninfosi. 

Di  ciò  e  del  successivo  loro  svolgersi  si  parlerà  dicendo  della  vita  ninfale. 


Fig.  299.  —  Dischi  imaginali  in  una 
crisalide  di  Farfalla,  tolto  l'invo- 
lucro della  crisalide.  Testa  e  to- 
race. Da  Packard. 


A.  BBKLSSE,  Gii  Insetti,  II. 


• 


298 


CAPITOLO    QUARTO 


Importanza  del  tessuto  adiposo  larvale.   Depositi  di   sostanza  nutritiva. 


Fig.  300.  —  Cellula  adiposa 
di  larva  di  Calliphora  con- 
tenente solo  grasso  in  goc- 
ciole (nei  vacuoli  v).  Da 
Berlese. 


Il  tessuto  adiposo  delle  larve  ha  un  ufficio  dei    più    importanti,    in  quanto 
concerne  la  preparazione  della  larva  stessa  alla    metamorfosi,    perchè    funge    da 
magazzino  ove  si  depositano,  grado,  grado,  le  sostanze  albuminoidi,  che  l'insetto 
ritrae  dal  cibo    e,  dipoi,  le  cellule  adipose  agiscono  anche  nel  senso  che  elabo- 
rano la  detta    sostanza,    per    rimetterla  in  circolo  pronta 
alla  nutrizione  dei  tessuti.  Perciò  il  Berlese    chiama  Tro- 
fociti  queste  cellule  adipose. 

Esse  si  trovano  riunite  in  falde  od  in  ammassi  at- 
torno agli  organi  viscerali  e  si  mantengono  aggregate  così 
fino  all'inizio  della  metamorfosi,  nel  qual  tempo,  si  stac- 
cano l'una  dall'altra  e  divengono  indipendenti,  libere 
cioè  nella  cavità  viscerale  o  tra  gli  organi  dell'insetto. 
Esse  anche  aumentano  di  volume  col  crescere  della 
larva  (fig.  300). 

Ora  è  da  notarsi  che,  mentre  in  principio  queste 
cellule  non  contengono  entro  il  loro  citoplasma  se  non 
guttule  di  sostanza  grassa  (voi.  I,  pag.  797),  in  epoca 
più  o  meno  avanzata  della  vita  della  larva  esse  iniziano 
il  deposito  di  sostanze  albuminoidi.  per  approntare  il 
nuovo  tuorlo  ed  allorché  tale  deposito  sarà  sufficiente,  al- 
lora soltanto  la  larva  cesserà  di  nutrirsi  e  sarà  matura   alla  trasformazione. 

Naturalmente  la  rapidità  di  formazione  di  questo  deposito  dipende    da    cir- 
costanze varie,  cioè    anzitutto    dalla    natura  stessa 
del  nutrimento,  di  cui  si  ciba  la  larva,  più  o  meno 
ricco  di  sostanze  protei- 
che, e  così  pure  influi- 
scono altre  circostanze, 
cioè  il  maggiore  o  mi- 
nore   grado    di  serici - 
parità.     Infatti     an- 
che   a    formare    il  de- 
posito   di    sera     nelle 
J&*®**  *y,*.r  ghiandole       sericipare 

f*  --  *  "";*.*' 1^--; occorrono  sostanze  azo- 
tate, che  quindi  ven- 
gono sottratte  alla  de- 
posizione nelle  cellule 
adipose. 


Fig.  301.  —  Cellula  adiposa  in  ninfa 
di  Calliphora  contenente  inclu- 
sioni albuminoidi  (a-a)  a  vario  gra- 
do di  digestione.  Da  Henneguy. 


Fig.  302.  —  Porzione  di  cellula  adi- 
posa di  Cyrtoneura  all'inizio  della 
ninfosi,  mostraute  i  pseudonuclei 
entro  i  globuli  albuminoidi.  A, 
porzione  del  citoplasma:  N,  nu- 
cleo. Da  Berlese. 


Questi  depositi     appa- 
iono    in    guisa    di   sferette 
incolore,  molto  rifrangenti   la  luce    e    convengono  appieno,  anche  nell'aspetto,   coi  granuli  albu- 
minoidi,  che  si  contengono  entro  il  tuorlo  delle   uova  degli   Insetti   stessi. 

Nei  processi,  che  questi  grauuli  subiscono  dinante  l'opera  della  digestione  loro,  che  avviene 
in  seno  alla  cellula  adiposa  (e  secondo  il  Berlese  per  virtù  di  enzimi,  che  procedono  dallo  stesso 
nucleo),  avviene  che  essi  presentino  delle  parti  centrali,  che  possono  essere  colorate  da  quelle 
tinture,  che  si  usano  in  microscopia  e  servono  a  rilevare  la  cromatina.  Così  questi  granuli  hanno 
un  lontano  aspetto  con  elementi  cellulari  (iig.  301,  a)  e  per  tali  sono  stati  scambiati  dal 
Viallanes  e  dal   Rees. 


I.K    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI  299 


Le  Formiche  presentano  tali  depositi  albuminoidi  nelle  cellule  grasse  lino  da  uno  stadio 
giovanissimo  della  larva,  ma  tali  Insetti,  per  la  qualità  specialissima  del  cibo,  non  vanno  messi 
nel  confronto  die  segue. 

Le  larve  più  atte  ad  avere  rapidamente  un  buon  deposito  albuminoide  nel  loro  grasso  sono 
quelle  elle  vivono  entro  la  carne  putrida  o  fresca  e  ne  abbiano  a  sufficienza. 

Perciò  in  queste  larve  la  deposizione  degli  albuminoidi  comincia  molto  tardivamente  e  del 
tutto  in  prossimità  delle  metamorfosi,  ma  si  compie  in  brevissimo  tempo,  da  computarsi  ad  ore, 
meglio  eh.'  a   giorni. 

Seguono  le  predatrici,  ma  queste  possono  andar  soggette  a  digiuni  involontari,  secondo  le 
circostanze  della  loro  caccia  e  perciò  hanno  per  tempo  depositi  albuminoidi  nel  tessuto  adiposo, 
clie  loro  permettano  di  trascorrere  senza  danno  i  periodi  di  inanizione.  In  generale  tutte  le 
larve  a  deposizione  precoce  di  riserve  proteiche  nel  loro  adipe  possono  resistere  a  lunghi 
digiuni. 

Ne  viene  la  seguente  scala  relativa  alla  rapidità  dello  sviluppo  larvale,  per  cui  si  procede 
dalle  forme  a  ciclo  più  rapido  verso  quelle  che  più  ritardano  e  tale  diversità  di  tempo  è,  con- 
forme si  disse,  in  rapporto  colla  ricchezza  in  albuminoidi  del  cibo  di  cui  la  larva  può  di- 
sporre. 

La  più  breve  durata  della  vita  della  larva  appartiene  ai  Sarcofagi  (Ditteri)  ;  seguono  i  pa- 
rassiti ed  i  predatori:  quindi  i  vegetariani  a  nutrimento  fresco  (Imenotteri  sociali,  Lepidotteri, 
Coleotteri,  Tentredinei,  Ditteri);  di  poi  i  vegetariani  a  nutrimento  secco,  ma  ricco  di  albumi- 
noidi (Coleotteri  dei  cereali);  per  ultimo  quelle  larve  che  vivono  di  cibo  aecco  e  molto  esausto, 
come  sono  i   Xilofagi,   i   Funicoli,   eco. 

Formazione  della  seta.  —  Sull'argomento  si  è  detto  parecchio  nel  voi.  I,  da  pag.  517  e  segg. 
Nel  presente  volume  se  ne  riparlerà  a  proposito  dell'impiego  della  seta  nella  formazione  dei  ri- 
pari, ecc.,  da  parte  della  larva  che  si  dispone  a  trasformarsi  in  ninfa. 


Istolisi  dei    tessuti    larvali. 

La  larva  ha  cessati)  di  nutrirsi  :  essa  ha  gettato  all'esterno  il  contenuto 
inutile  dell'intestino.  Le  forme  come  gli  Imenotteri  e  qualche  Xeurottero,  per  le 
quali,  allo  stato  di  larva  non  esiste  comunicazione  tra  il  mesointestino  ed  il 
postintestino.  aprono  in  questo  momento  la  via  e  di  là  si  sbarazzano  di  tutto  quanto 
avevano  accumulato  nel  mesenteron  durante  la  vita  larvale. 

In  un  momento,  che  precede  di  poco  o  coincide  collo  stadio  fugace  di  pro- 
ninfa si  iniziano  i  fenomeni  di  istolisi,  per  la  quale  tutti  i  tessuti  esclusivi  della 
larva  e  che  non  troverebbero  impiego  nell'adulto  vengono  distrutti.  In  generale 
si  tratta  di  organi  e  tessuti  di  origine  mesodermale,  ma  non  sempre  si  salvano 
tutti   quelli  di  origine  ectodermale. 

Però  l'ipoderma,  il  sistema  nervoso,  gli  epiteli  del  prointestino  e  del  meso- 
intestino. come  pure  gli  immaturi  organi  sessuali  e  loro  sbocchi;  gli  enociti  o 
cellule  escretive,  non  vanno  soggetti  a  distruzione  ed  in  taluni  casi  nemmeno  il 
tessuto  adiposo.  Così  pure  si  salvano  parecchi  muscoli,  i  quali,  con  leggiera  mo- 
dificazione di  dimensioni,  ecc.,  permangono  anche  nella  forma  sessuata. 

Ma  parecchi  altri  muscoli,  l'epitelio  del  mesenteron,  ghiandole  speciali  come 
le  salivari,  talora  anche  il  tessuto  adiposo  ecc.  periscono  e  si  dissolvono,  dando 
origine   a  sostanze  plastiche,  da   utilizzarsi  nella  ricostruzione  dell'adulto. 

Tra  i  primi  tessuti,  che  se  ne  vanno,  è  l'epitelio  del  mesenteron,  che  cade  nel  lume  del  me- 
sointestino stesso  e  la  massa  delle  cellule,  trasformandosi  in  poltiglia  avvolta  in  peritrofiche, 
costituisce  un  corpo  giallo  (da  non  confondersi  coll'omonimo,  che  si  trova  nel  corpo  di  Emittori 
ed  è  tutt'altra  cosai,  che  lentamente  si  dissolve  e  viene  riassorbito.  Però,  a  ridosso  della  mem- 
brana propria,  rimangono  in  posto  vivacissime  le  cellule  matricoli  o  di   sostituzione    (voi.    I,    pa- 


300 


CAPITOLO    QUARTO 


gina  741  e  segg.),  le  quali  anzi  aumentano  di  volume,  anche  a  spese  della  sostanza  derivata  dalla 
distruzione  dell'epitelio  larvale  e,  adagio  adagio,  distribuendosi  sulla  tunica  propria,  che  permane, 
giungono  a  costituire  l'epitelio  del   ìnesenteron   imaginale. 

I  vasi  malpighiani  e  le  ghiandole  salivari,  quando  scompaiono  durante  la  ninfosi,  come  è  il 
caso,  ad  es.  delle  ghiandole  sericipare  degli  Imenotteri  e  dei  Lepidotteri,  Neurotteri,  ecc..  si 
vedono  spappolarsi  nella  loro  massa,  nella  quale  sono  compresi  i  loro  grandi  nuclei  in  via  di 
disfacimento  e  sono  tutti  contornati  da  amebooiti,  che  asportano,  per  recarla  altrove,  la  sostanza 
fluida,  che  deriva  da  questa  decomposizione  dei  detti  organi.  Quivi  mai  si  vedono  amebociti  che 
contengano  frammenti  dell'organo  in  dissoluzione. 

Il  più  energico  processo  ili  di- 
struzione si  manifesta  a  spese  dei  mu- 
scoli larvali  destinati  a  scomparire. 
Si  hanno  due  diverse  maniere  di  pro- 
cedimento, l'ima,  la  più  comune  senza 
intervento  di  amebociti,  o,  per  meglio 
dire  senza  che,  questi  corpuscoli  si 
vedano  inglobare  frammenti  solidi  di 
muscoli  :  l'altra  invece  coll'ingloba- 
mento,  da  parte  degli  amebociti,  di 
piccoli  pezzi  del  muscolo  in  dissolu- 
zione. Questa  maniera  è  più  rara  assai 
e  si  limita  a  muscoli  delle  larve  di 
Ditteri  ciclorafl  (flg.  303)  e,  meno  vi- 
stosamente, anche  a  qualche  altro  in- 
setto, ad  es.  fra    i  Lepidotteri. 

Anche  in  questo  secondo  caso 
però  il  muscolo  è  già  in  avanzato  processo  di  dissoluzione  e  di  frammentazione 
allorché  intervengono  gli    amebociti.    Ciò    è  riconosciuto  da  tutti   gli  autori. 

Dove  invece  la  discussione  è  tuttavia  aperta  si  è  sul  modo  come  considerare 
la  natura  dell'intervento  degli  amebociti,  specialmente  nei  casi  in  cui  si  vedono 
tali  elementi  inglobare  frammenti  di  muscoli,  se  cioè  si  tratti  di  vero  fagociti- 
sino  o  semplicemente  di  un  lavoro  inteso  al  solo  trasporto  di  materiale,  che  si 
altera  da  sé. 

Su  questo  argomento  si  discuterà  tosto,  essendo  il  fenomeno  di  cardinale 
importanza  nella  ninfosi.  Per  ora  vediamo  il  seguito  di    tutto  questo  lavoro. 

Il  plasma  derivato  dallo  spappolamento  degli  organi  larvali  transitori  si 
mescola  a  quello  venuto  dall'ultima  ingestione  di  cibo  ed  è  assorbito  dalle  cel- 
lule adipose,  per  essere  dentro  alle  stesse  elaborato  completamente.  Si  vedono 
queste  cellule  espandersi  quasi  con  brevi  prolungamenti  entro  la  massa  del  tiuido 
ed  assorbirlo  entro  il  proprio  citoplasma,  dove  si  modella  in  gocciole  rotondeg- 
gianti, per  subire  di  poi  ulteriori  processi  digestivi,  conforme  si  è  detto.  In  con- 
seguenza di  tali  processi  il  fluido  stesso  è  peptouizzato  ed  in  tale  condizione 
fuoriesce  dalla  cellula  adiposa,  per  circolare  fra  gli  organi,  come  materiale  da  es- 
sere subito  utilizzato  alle  nuove  costruzioni. 

Da  tutto  questo  lavoro  digestivo  rimangono  dei  prodotti  escretivi,  in  forma 
di  sferette  di  arati,  che  vengono  espulse  dalla  cellula  adiposa. 


Kig.  303.  —  Rapida  dissoluzione  dei  muscoli  larvali 
col  concorso  di  Amebociti  (Fagociti)  in  pupa  di 
Callìphora,  a.  Amebociti  carichi  di  frammenti  mu- 
scolari (sarcoliti);  b,  fibre  del  muscolo,  che  si  dis- 
solvono; e,  oariociti  cioè  amebociti  che  hanno  in- 
globato anche  il  nucleo  muscolare.  Da  Bei-lese. 


Amebociti.  —  Berlese  ritiene  che  i  globuli  bianchi  del  sangue  dei  Vertebrati,  del  tutto  come 
gli  amebociti  degli  Invertebrati  abbiano  ufficio  di  trasportare  sostanze  proteiche  ormai  elaborate 
e  recarle  agli  organi  per  loro  nutrizione,  riportandone  prodotti  escretivi.  I  fagocitisti  invece 
sostengono  che  questi  corpuscoli  abbiano   ufficio  di   inglobare  e  digerire  sostanza  viva    e    quindi 


LE    un    GIOÌ  ami  I    DEGLI    INSETTI  301 

;inche  microorganismi:  ciò  allo  scopo  di  liberarne  l'organismo  al  finale  appartengono.  Nel  caso 
poi  (li  distinzione  di  qualche  organo,  come  è.  sempre  nelle  metamorfosi  vere,  gli  amebociti  avreb- 
bero ufficio  di  distruggere  essi  gli  organi  condannati  e  digerirne  la  massa,  per  utilizzarne  la 
sostanza  ohe  ne  deriva. 

Il  caso  delle  metamorfosi  dei  Musi-idi  e  sembrato  molto  a  proposito  a  sostegno  della  teoria 
fogocitica. 

Ma  il  fatto  di  inglobamento  di  pezzi  tuttavia  solidi  né  basta  a  dimostrare  che  essi  poi  ven- 
gano digeriti  dallo  stesso  amebocito  (la  quale  è  la  vera  condizione  della  fagocitosi),  né  è  gene- 
rale a  tutti  gli  insetti,  anzi  è  ristrettissimo  a  rari  casi,  come  si  è  detto,  i  quali  possono  anche 
dipendere  dalla  natura  stessa  del  muscolo  o  dello  stroma  muscolare  più  resistente  e  dalle  esi- 
genze di  maggiore  rapidità  nelle  funzioni  della  ninfosi,  in  forme  che  la  compiono  in  brevissimo 
tempo. 

Certo  il  Perez,  che  è  il  fagocitista  per  eccellenza  tanto  da  sostenere  anche  ora  che  persino 
le  cellule  adipose  finiscono  sotto  l'aggressione  degli  amebociti,  porta  dati  in  favore  della  dige- 
*tione  intracellulare  in  seno  agli  stessi  amebociti,  ma  sono  dati  suscettibili  di  discussione. 

D'altronde  il  sopralodato  Autore  non  sempre  trova  modo  di  accrescere  fiducia  alle  proprie 
affermazioni,  poiché  non  è  a  ciò  mezzo  buono  quello  di  modificare,  a  tutto  comodo  della  sua  tisi 
e  contro  la  verità,  perfino  le  figure  date  da  altri  e  disegnate  dopo  visto,  rivisto,  e  da  molti,  l'og- 
getto   in   discorso. 

A  tutto  oggi  io  non  ho  incontrato  alcun  persuasivo  argomento  capace  di  modificare  il  mio 
pensiero  di  allora  ed  indurmi  ad  ammettere  la  vera  fagocitosi,  come  la  vogliono  coloro  che  ne 
sono  i  propugnatori. 

Su  questo  argomento  però,  che  ci  condurrebbe  troppo  fuori  del  nostro  compito  attuale,  è 
bene  soprassedere,  in  attesa  di  nuovi   e  più  dimostrativi   risultati. 


istogenesi. 

Il  periodo,  nel  quale  entro  la  ninfa  vengono  a  costruirsi  organi  nuovi  non  è 
distinto,  quanto  a  tempo,  da  quello  della  istolisi  degli  organi  transitori,  ma  per 
un  certo  tempo  i  due  processi  sono  contemporanei. 

Bisogna  distinguere  gli  organi  ed  i  tessuti,  i  quali  non  hanno  d'uopo  che  di 
accrescimento  o  di  modificazioni  poco  vistose  per  riuscire  al  loro  stato  definitivo, 
in  confronto  di  quelli  che  debbono  essere  costruiti  ex  novo. 

Fra  i  primi  si  annoveri  tutto  lo  strato  ipodermale,  coi  processi  a  cui  dà  ori- 
gine, ad  es..  gli  arti,  che  sono  già  impostati  nei  dischi  imaginali;  il  sistema 
nervoso,  gli  organi  sessuali,  l'intestino  anteriore  ed  il  posteriore,  il  tessuto  adi- 
poso, in  molti  casi  e  qualche  muscolo,  nonché  gli  enociti. 

Tra  i  secondi  l'epitelio  del  mesointestino,  molti  muscoli  ed  in  taluni  il  tes- 
suto adiposo  imaginale,  almeno  in  parte. 

Pegli  organi  iscritti  nel  primo  gruppo  la  modificazione,  che  quasi  sempre 
consiste  in  un  aumento  di  volume  e  diverso  adattamento,  avviene  semplicemente 
per  una  rapida  proliferazione,  il  più  spesso  per  via  oariocinetica,  degli  elementi 
cellulari,  di  cui  essi  sono  composti.  Così  si  vede  aumentare  straordinariamente 
lo  strato  ipodermico  dei  dischi  immaginali,  le  masse  ganglionari,  ecc. 

Pegli  organi  da  rifarsi  del  tutto  il  procedimento  è  diverso  e  non  può  esporsi 
così  brevemente,  né  in  generale;  conviene  considerare  caso  per  caso. 

Dell'epitelio  del  mesenteron  si  è  già  detto  che  deriva  dagli  isolotti  di  ceìhtlt  di  sostituzione, 
ma  cade  discussione  circa  la  natura  e  l'origiue  di  tali  elementi.  Per  taluni  essi  sono  elementi 
embrionali,  che  rinnovano  di  continuo  l'epitelio  del  mesenteron,  per  altri  essi  sono  da  conside- 
rarsi per  elementi  di  immigrazione,  cioè  veri  leucociti  o,  secondo  altra  opinione,  elementi  di- 
stinti (splacnooitiì. 

Essi,   in  ogni   caso,    hanno  dei    periodi  di    attività  moltiplicativa  subitanea  e    considerevole, 


302 


CAPITOLO    QUARTO 


come  avviene  appunto  durante  la  ninfosi.  In  simili  casi  l'epitelio  è  rinnovato  tutto  contempo™- 
usamente  (vedi,  pel  resto,  voi.  I,  pag.   741-741). 

Veniamo  alla  costruzione  dei  muscoli   nuovi  o  miogenesi,  che  dire  si  voglia. 
È  questo   un   argomento  anche  più  discusso  e  controverso  della  stessa  miolisi. 
Su   un   punto,   però,   tutti  gli  Autori  convengono,  ed  esso  è  che  altra  maniera  di  incremento 
seguono  i     muscoli  larvali,  che,  con  poche    modificazioni  debbono  conservarsi  nello  stesso  luogo 
anche  nell'adulto,   altro  modo  tengono  quelli  esclusivi  dell'adulto,   che    devono    essere    fabricati 
tutti  tx  nolo  e  con  ubicazione  nuova. 

Ma  a  questo  soltanto  si  limita  il  comune  consenso,  perchè,  quanto  al  modo  con  cui  il  fatto 
avviene  è  diametrale  il   divario. 

Premetto  che  qui  ed  altrove  nella  istolisi  ed  istogenesi  si  tratta  di  fenomeni  molto  complessi 
e  difficili  assai   a  studiarsi  e,  d'altro  canto,   il   modo  come  essi  si  presentano  è  tale,  pei    diversi 

gruppi  di  insetti,  che  la  massima 
difficoltà  si  trova  ad  omologare 
le  conclusioni  singole,  talora 
certo  apparentemente  molto  di- 
verse fra  loro. 

Non  vi  ha  dubbio  che  se  si 
studia  un  solo  insetto  e  di  qui 
si  intende  trarre  delle  conclu- 
sioni generali,  si  può  giungere, 
come  fa  il  Breed  (1903),  che  vide 
il  solo  torace  di  un  solo  co- 
leottero, a  dubitare  perfino 
delle  osservazioni  (non  dico 
delle  ipotesi)  d'altri,  su  tut- 
t'altri   animali. 

Il  lavoro  analitico  è  facile, 
ma  allorché  si  debbono  coordi- 
nare tutti  i  fatti  raccolti  per 
metterli  assieme  entro  una  dot- 
trina, che  tutti  li  possa  com- 
prendere, allora  si  vede  di  quanta 
difficoltà  sia  il  lavoro  e  come  si 
debba  forzatamente  ricorrere  ad  ipotesi,  che,  vedute  dal  breve  spiraglio  di  limitate  osservazioni, 
non   sembrano  le  più  plausibili. 

Chi  studia  il  Coleottero  soltanto  dichiarerà  in  errore  colui  che  all'erma  gli  amebociti  in- 
globare frammenti  di  muscolo  ed  in  buon  dato:  chi  si  limita  allo  studio  dei  Muscidi  non  dubi- 
terà minimamente  della  più  chiara  tangibile  fagocitosi  e  sosterrà  che  il  grasso  larvale  non  per- 
mane nell'adulto,  ciò  che  gli  sarebbe  negato  da  chi  studiasse  tutti  gli  altri  insetti,  meno  i 
Muscidi. 

Ciò,  ben  inteso,  all'infuori  di  preconcetti,  dei  quali  non  pare  che  tutti  possano  o  vogliano 
liberarsi. 

Ritornando  all'argomento,  i  modi  di  vedere  circa  l'accrescimento,  con  indirizzo  verso  l'inda- 
gine, del  muscolo,  che  deve  conservarsi,  e  ritenuto  avvenire,  come  ho  detto,  in  due  modi  del 
tutto  diversi. 

Alcuni  autori  ammettono  che  i  nuclei  larvali,  grandissimi,  si  frammentino  in  posto,  in  nu- 
mero maggiore  o  minore  di  nuclei  piccolissimi  e  questi  sieno  gli  imaginali,  che  poi,  diffon- 
dendosi sul  muscolo  stesso,  raggiungano  la  loro  ubicazione  definitiva;  questo  mentre  la  parte 
contrattile  aumenta  di   volume  per  suo  conto. 

Altri,  vedendo  questi  piccoli  nuclei  sul  muscolo  assieme  ai  maggiori  larvali  e  ciò  anche  non 
nel  periodo  di  ninfosi  credono  che  essi  siano  colà  pervenuti  dallo  strato  mesenchimatico,  che  ri- 
veste all'interno  i  dischi  imaginali  (tìg.  297,  a).  Intanto  però  i  nuclei  larvali  degenererebbero  e 
poi  verrebbero  distrutti.  Tale  modo  di  vedere  ammette  dunque  un  viaggio  dai  dischi  imaginali 
ai    dirti    muscoli   (centripeto). 

Io,   che   mi  schiero  eoi   primi,   penso  invece  che  esista  una  migrazione  in  senso  inverso,  cioè 


Fig.  304.  —  Come  si  dissolvono  i  muscoli  (fibre  muscolari  del  retto) 
in  un  Lepidottero,  Hyponomeuta  inalinclla  ninfa  di  tre  giorni, 
»>),  muscoli  eoi  suoi  nuclei;  a,  che  proliferano  (a,)  dando  origine 
a  sarcociti  liberi  b  e  6h  molto  diversi  dai  veri  amebociti  l.  Da 
Bei-lese. 


LE    K1A    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


:  03 


i  nuclei  (o  meglio  elementi    cellulari)    prodotti   dai    larvali  migrino,  centrifugamente,   verso  gli 
imaginali   durante  tutta   la  vita  larvale,   ma    piti  energicamente  nelle  mute. 

Nell'uno  o  nell'altro  senso  può  essere  interpretato  il  fatto  della  presenza,  in  vicinanza  del 
muscolo  «li  questi  iniocili  liberi,  ma  non  a  favore  della  seconda  tesi  è  il  fatto  (assieme  ad  altri), 
che  il  loro  numero  nei  dischi  imaginali  annienta  nel  periodo  di  tali  migrazioni,  anziché 
scemare. 

Maggiori  divergenze  nascono  a  proposito  della  origine  degli  elementi  muscolari  nei  muscoli 
propri  dell'adulto.  Per  questi  io  ho  ammesso  l'intervento  degli  elementi  larvali,  ossia  staccatisi 
dal  nucleo  muscolare  larvale  per  sua  proliferazione,  come  nel  caso  sovraesposto,  sia  per  molti- 
plicazione endogena  della  cellula  medesima,  dopo  il  suo  distacco  da  muscoli  larvali  in  pieno  dis- 
facimento. 

Questo  ultimo  caso  ho  ammesso  possibile  anche  per  frammenti  muscolari  già  inglobati  da 
amebociti,   come  avviene  nei   Muscidi. 

Per  me,  adunque,    il  così  detto  nucleo  muscolare  non   perirebbe  altrimenti,   neppure  apparte- 
nendo ad  un   muscolo  destinato  a  scomparire  e  che  scompare   infatti, 
la  cui   sostanza   contrattile,   insomma  se  ne   va  distrutta. 

Per  altri  invece  queste  apparenze  di  moltiplicazione  nucleare, 
come  io  le  ho  ritenute,  rappresenterebbero  veri  e  propri  stati  di  ca- 
riolisi,  cioè  disfacimento  del  nucleo  stesso. 

La  differenza  fondamentale  fra  questi  modi  di  vedete  sta  dunque 
sulla  persistenza  o  meno  del  nucleo  muscolare  larvale,  comunque 
modificato,  anche  nella  vita  imaginale. 

Comunque  derivino  i  miociti  dell'adulto,  il  certo  sì  è  che,  ad 
un  dato  momento  della  vita  della  ninfa,  nelle  regioni  ove  debbono 
formarsi  muscoli  nuovi,  si  vedono  ammassarsi  in  numero  sterminato 
elementi  cellulari  piccolissimi,  fusiformi  (fig.  305  a),  che  sono  appunto 
i    miociti    e    si  distinguono  abbastanza  bene  dagli  amebociti   veri. 

Quivi  questi  elementi  si  ordinano  in  colonne,  disposte  secondo 
la  direzione  delle  fibre  del  futuro  muscolo  e  tra  queste  serie  di 
miociti  viene  a  collocarsi  molto  fluido  granuloso,  un  plasma  cioè  per 
la  formazione  della  sostanza  contrattile.  Ciò  si  vede  a  fig.  .320, 
pag.  472  del  voi.   I. 

Quanto  al  tessuto  adiposo  esso,  nella  maggioranza  degli  Insetti,  si  conserva  da  larva  ad 
adulto,  e,  dopo  aver  assunto,  durante  la  ninfosi,  le  funzioni  di  trofocita  sopraricordate,  ritorna, 
nell'adulto,  al  suo  abituale  ufficio,  che  è  quello  sopratutto  di  immagazzinare  sostanze  grasse  ed 
alla  consueta  disposizione  in  brani,  ritornando  le  singole  cellule  a   ricollegarsi   fra  loro. 

In  rari  casi,  come  si  è  quello  dei  Muscidi,  si  ha  invece  la  distruzione  delle  cellule  adipose 
larvali  nei  primi  giorni  della  vita  dell'adulto  e  la  formazione  di  un  tessuto  grasso  imaginale 
(tig.   307),   che  si  inizia  già  negli   ultimi  staili   della   vita  ninfale. 

Il  tessuto  grasso  della  larva  perisce  per  esaurimento  del  suo  contenuto  e  finalmente  dello 
stesso  citoplasma  e  del   nucleo. 

Il  Perez  non  perde  l'occasione  di  attribuire  anche  questa  distruzione  ai  fagociti,  ma  in 
realtà  questo  non  è  affatto.  Le  cellule  adipose  si  esauriscono  per  proprio  conto,  o  col  concorso 
delle  nuove  cellule  grasse  imaginali,  che  si  addossano  strettamente  alle  larvali,  e  ne  ricavano  il 
contenuto  per  via  osmotica.  Anche  questo  fatto  e  negato  dal  Perez,  per  poter  lasciale  ai  fu- 
ijucitì  tutto  il  merito  di   tale  distruzione,  ma  anche  questa    volta   egli  non  è  nel   vero. 

Sorge   poi   viva  discussione  circa  la  origine  degli   elementi   adiposi   imaginali. 

Il  Supino  li  fa  derivare  da  elementi  meseuebima*  ici  vaganti.  Il  Perez  lo  loda  in  mio  con- 
fronto poiché  nega  la  origine,  che  io  ho  attribuita  al  detto  tessuto,  ma  lo  rimprovera  di  aver 
pensato  a  tali  elementi,  che  sono  invece  nuociti  in  cerca  della  loro  sede  definitiva  ed  ascrive 
agli  elementi  mesenchimatici  dei  dischi  imaginali  la  prima  origine  del  tessuto  adiposo 
larvale. 

Questi  elementi  si  troverebbero  solo  nei  Muscidi  ed  abbastanza  bene  differenziati  dai  mio- 
citi e  sarebbero  mescolati  ad  altri  di  oiìl;i stodermale,  che  darebbero  poi  le  cellule  binu- 
cleate (fig.  306,  e)  mescolate  alle  adipose  nel  glasso  imaginale,  le  quali  pel  Perez  sono  enociti 
dell'adulto. 


Fig.  305.  —  Sarcociti  o  ed 
amebociti  b  carichi  di  detriti 
muscolari  o  meuo,  nella 
composizione  di  un  muscolo 
imaginale.  Da  Berlese. 


304 


CAPITOLO    QUABTO 


Per  questi  deve  il  Perez  pensare  ad  una  origine  diversa  che  non  pegli  altri  Insetti,  nei  quali 
ni'  enociti  né  tessuto  adiposo  larvale  subiscono  istolisi  nella  ninfa. 

Quivi  essi  deriverebbero  per  gemmazione  dai  larvali,    nei    Muscidi     invece  sorgerebbero  nei 
diselli  imaginali   a  contatto    immediato  dell'ipoderma. 

Il  Berlese  ba  opinione  diversa,  facendo  sor- 
gere i  primi  brindelli  adiposi  dell'adulto  da  nu- 
clei muscolari  larvali  tardivamente  liberi  o  tut- 
tavia aggregati  a  frammenti  muscolari  (tìg.  303,  e). 
Avverrebbe  una  moltiplicazione  endogena  e  la 
disposizione  in  colonnette  dei  nuovi  elementi  cellu- 
lari, le  quali  colonnette  (fig.  306)  risulterebbero 
composte  di  elementi  binucleati  (gii  elementi  ima- 
ginali del  Perez)  e  da  altre  cellule  mono- 
nucleate,  che  sarebbero  le  vere  adipose.  Tutti 
questi  elementi  sono  di  origine  comuue  per 
che  le  colonnette  sono  rivestite  da  una  membra- 
nella,  in  cui  tutti  gii  elementi  suddetti  sono  pri- 
mitivamente inclusi  ed  entro  la  quale  si  trovano 
tuttavia  disseminate  sferule  di  granuli,  cioè  ame- 
bociti con  frammenti  muscolari  e  nuclei  mu- 
scolari larvali. 

Per  sostenere  la  sua  tesi  il  Perez  è  costretto 
a  negare  questa  comune  membranella  e  giunge 
perfino  a  correggere  una  mia  ligula  (la  figura 
che  qui  è  riportata  in  306,  A)  adattandola  al  suo 
modo  di  vedere,  cioè  togliendo  la  detta  membrana 
comune    che  è  di  serio  ostacolo  alla  sua  tesi. 

Questo  non  è  buon  modo  di  discussione 
perchè  la  detta  membrana  esiste  e  con  me  l'hanno 
veduta  eccellenti  osservatori  ed  ognuno  la  può 
vedere.  Il  Perez  farebbe  cosa  equa  dubitando, 
quando  gii  cada  acconcio,  delle  teorie  e  delle  ipotesi,  non  della  esattezza  di  fatti  agevolmente 
riconoscibili  anche  da  modesto  osservatore. 

Ecco  altro  argomento  di  ulteriori  ricerche. 
In  conclusione,  a  proposito  di  taluni  processi  intimi  della 
ninfosi,  souo  tuttavia  molte  incertezze,  argomenti  di  dubbi 
e  di  ipotesi  diverse,  e  cade  acconcia  tuttavia  la  raccomanda- 
zione dell' Anglars  di  ritornare  su  questi  studi  «  all'infuori 
di  qualsiasi  idea  preconcetta,  perchè  un  fatto  bene  osservato 
importa  sempre  il  suo  insegnamento  e  sussiste  in  mezzo  al- 
l'incessante evoluzione  delle  teorie  ». 


Kig.  30fi.  —  Inizio  del  tessuto  adiposo  dell'adulti! 
nella  ninfa  avanzata  di  Calliphora  A,  colon- 
netta derivata  da  due  sferule  di  granuli;  B, 
■la  una  sola;  C,  idem;  D,  stenda  di  granuli 
che  inizia  la  evoluzione  e  espelle  i  sai-coliti  ; 
E,  altra  sferula  di  granuli  già  risolta  in  cellule; 
i>',  cariolito  in  cui  il  nucleo  muscolare  larvale 
è  già  suddiviso  in  tre  nuclei;  a,  nuclei  musco 
lari  larvali;  b,  cellule  adipose  imaginali;  d, 
sarcoliti.  Da  Berlese. 


Fisiologia  della   ninfa. 


Fig.  307.  —  Sezione  mostrante  il 
tessuto  grasso  larvale  (Gì)  e  quello 
invaginale  insieme  Gì  in  adulto 
prossimo  a  schiudere  di  Calli- 
phora, Si  vede  la  cuticola  C(,  e 
l'ipoderma  (Ip.);  umiche  la  base 
di  un  pelo  (p).  Da  Berlese. 


Si  è  creduto  per  molto  tempo  che  lo  stato  di 
ninla  (oloinetabola)  rappresentasse  una  condizione  di 
riposo  di  tutte  le  funzioni. 

In  realtà  però,  oltre  all'attivissimo  lavorio  intimo,  del  quale  si  è  dato  un 
cenno  precedentemente,  nella  ninfa  si  compiono  le  funzioni  principali,  che  sono 
necessarie  alla  vita;  la  sola  funzione  di  nutrizione  plastica  è  fatta  senza  il  con- 
corso dell'ambiente,  ma  a  spese,  come  si  è  veduto,  delle  riserve  accumulate  entro 
il  corpo. 

Ma,  per  quanto  ha  riguardo  alla  respirazione  ed  alla  circolazione,  queste  fun- 
zioni si  compiono,  anzi,  attivamente. 


I.K    KT\    GIOVANILI    DKGL1    INSKTTI  305 


Intanto,  il  passaggio  da  larva  a  ninfa  ha  portato,  nell'organismo,  una  dimi- 
nuzione di  peso,  dovuta  sia  all'essersi  vuotato  l'intestino  di  materia  inutile,  sia 
alla  filatura  del  bozzolo,  in   quelle  specie  che   lo   tanno. 

Per  esempio,  sooomlo  Dandolo,  il  peso  medio  di  un  Baco  da  seta  maturo  è  di  gr.  3,60  (razza 
assai  grande,  di  cui  v'hanno  35960  uova  per  oncia  di  25  gr.  e  che  dà  472  bozzoli  al  chilo).  Il  boz- 
zolo (pieno)  pesa  gr.  2,t8;  la  crisalide  gr.  1,48.  Sicché  nel  passaggio  da  larva  a  ninfa  l'insetto 
ha  perduto  gr.    1,48,  cioè  presso  a  poco  quanto  pesa   la  crisalide  stessa. 

La  perdita  aumenta  durante  la  ninfosi,  ma  è  in  misura  minore;  la  farfalla  perde  poi  molto 
per  l'emissione  del  liquido,   che   avviene  all'uscita  del    bozzolo. 

Respirazione.  —   La  presenza  del   fenomeno  era    stata  riconosciuta    già    speri 
mentalmente  dal  lìéaumur,  per  le    crisalidi,  cioè    non    solo    la    fuoriuscita  dagli 
stigmi  di  piccole  bolle  d'aria  in  crisalidi   immerse     in    liquido,   ma  ancora  di   va- 
pore acqueo. 

Secondo  le  osservazioni  di  Regnault  e  Keiset  (1849),  di  Bert  (1885),  e  piò 
recentemente  del  Luciani  e  Lo  Monaco  (1893),  del  Bataillon  nello  stesso  anno,  ecc. 
pel  Baco  da  seta,  si  hanno  variazioni  nell'intensità  di  emissione  di  acido  carbo- 
nico. I  due  autori  italiani  hanno  trovato  che  un  chilogrammo  di  crisalidi  pro- 
duce ogni  ora  da    gr.  0,1261  a  0,3692  di  acido  carbonico. 

Nei  primi  quattro  giorni  della  ninfosi  l'attività  respiratoria  è  minore:  segue 
un  periodo  di  sette  giorni,  di  respirazione  più  attiva,  seguito  da  una  nuova  fase 
di  ribasso  nell'attività  della  funzione,  di  due  giorni  e  mezzo,  e  finalmente  un 
nuovo  rialzo,  che  dura  altri  due  giorni  e   mezzo. 

CO 
Anche  notevoli  variazioni  subisce  il    rapporto  -pr-2,  cioè  fra  l'ossigeno  assor- 
bito e  l'acido  carbonico  espulso;  esso  rapporto    è  eguale    ad   1  durante    la    fila- 
tura; poi  aumenta  l'emissione    di    acido  carbonico,  mentre  l'assorbimento  dell'os- 
sigeno   rimane    pressoché    in    misura    invariata,  cioè    il    quoziente  -— -=  scende  a 

0,5(1;  poi  si  rialza,  per  riabbassarsi  nuovamente,  finché  nel  giorno  eli  schiusa  esso 
risale  tanto  da  giungere  a  1,50. 

La  scarsa  eliminazione  di  CO,  durante  il  vero  periodo  di  ninfosi  ha  suggerito 
al  Bataillon,  che  ha  studiato  il  fenomeno  con  molta  cura,  la  sua  teoria  della 
asfissia  come  causa  della  ninfosi,  della  quale  si  è  già  detto. 

Il  Terre  (1898)  riconobbe  che  i  fenomeni  succitati  possono  considerarsi  per 
comuni  alle  ninfe  di   tutti  gli  altri  ordini  di   Insetti. 

Il  Levrat  (1899)  mostrò  che  in  una  farfalla  a  metamorfosi  lenta  basta  va- 
riare la  temperatura  ambiente  perchè  muti  nello  stesso  senso  la  curva  di  respi- 
razione e  le  curve  si  corrispondono  mirabilmente;  solo,  allorché  la  farfalla  è 
formata  sotto  la  spoglia  ninfale,  la  quantità  di  CO,  eliminata  aumenta  brusca- 
mente all'infuori  della  influenza  della  temperatura. 

La  luce  e  l'oscurità  non  hanno,  invece,  influenza  sul  fenomeno.  Insieme  allo 
studio  della  funzione  di  respirazione  è  d'uopo  rilevare  anche  le  trasformazioni 
chimiche  delle  sostanze  immagazzinate  dalla  larva,  le  quali  si  alterano  nella  nin- 
fosi e  che  sono  poi  quelle  che  forniscono  il  calore  e  la  materia  al  lavoro  della 
ninfosi. 

Nelle  cellule  adipose  si  trovano  sostanze  grasse,  albuminoidi  e  glicogene. 
Claudio  Bernard  (1879)  trovava  tanto  glicogene  nelle  larve  di  mosca  da  para- 
gonarle a  sarchi  ripieni  di  questa  sostanza,  che  riconobbe  raccolta  sopratutto 
nelle  cellule  adipose. 

Secondo  Bataillon  e  Couvreur  (1892),   Vaney  e  Maignon  (1906)  nel  Baco  da 

A.  Beulese,  Oli  Inietti,   II. 


306  CAPITOLO    QUARTO 


seta  si  constata  un  subitaneo  aumento  nella  formazione  del  glicogeno  all'inizio 
della  filatura  ed  il  maximum  cade  alla  fuoriuscita  della  crisalide  dalla  spoglia 
della  larva:  in  tale  momento  se  ne  trova  gr.  1,60  per  100  di  tessuto  ed  in  tale 
tempo  la  quantità  accumulata  è  almeno  doppia  che  all'epoca  della  filatura.  Segue 
una  rapida  caduta,  quindi  una  lenta  e  progressiva  diminuzione  e.  di  poi  nuovo 
rapido  ribasso  poco  prima  dello  sfarfallamento. 

Confrontando  questo  andamento  del  glicogeno,  con  quello  della  quantità  di 
grasso  contenuto  nelle  cellule  larvali  negli  ultimi  momenti  della  larva  ed  all'i- 
nizio della  ninfosi,  nonché  coll'andamento  della  espirazione  di  0O2  il  Couvreur 
(1895)  conclude  che  il  glicogeno  deve   formarsi  a  spese  del  grasso  larvale. 

Il  glicogeno  è  in  parte  o  tutto  trasformato  in  zucchero  durante  la  metamor- 
fosi ;  secondo  C.  Bernard,  Bataillou  e  Couvreur  (1892)  la  proporzione  dell'uno 
sarebbe  inversa  a  quella  dell'altro,  che  avrebbe  il  suo  massimo  tre  o  quattro 
giorni  prima  della  schiusa  dell'adulto,  per  poi  scemare  rapidamente.  Bataillon  at- 
tribuisce questa  rilevante  formazione  di  zucchero  ad  una  specie  di  iperglicemia 
prodotta  dall'asfissia  per  accumulo  di  COy 

Per  Vaney  e  Maignon  (1906)  non  così  netta  è  la  proporzione  tra  glicogene 
e  glucosio,  quindi  la  teoria  del  Bataillon  non  sarebbe  sostenibile. 

Vaney  e  Maignon  concludono  che  nel  Baco  da  seta,  durante  la  filatura,  si  ha 
formazione  attivissima  di  glicogene  e  albumine  solubili;  quanto  al  grasso  esso 
va  scemando  fino  all'adulto. 

Questi  risultati,  a  base  di  indagini  chimiche,  convengono  perfettamente  colle 
conclusioni  delle  osservazioni  istologiche  citate  più  inuaDzi. 

Ossidasi.  —  Trovasi  nel  sangue  delle  larve  di  Mosca,  secondo  il  Dewitz,  una  ossidasi  analoga 
alla  tirosiuasi,  la  quale,  agendo  su  una  sostanza  croniogena,  determina  il  colore  rosso  o  rosso- 
bruno  del  pupario.  Secondo  l'Autore  questo  principio  ha  grande  parte  nella  ninfosi,  poiché  gli 
agenti  che  neutralizzando  la  tirosiuasi  ritardano  la  colorazione  della  pupa  hanno  eguale  influenza 
sulla  trasformazione  della  larva  in   pupa. 

Circolazione.  —  Uopo  le  osservazioni  di  Kiiuckel  d'Herculais  (188-1),  il  quale 
riconobbe  nelle  larve  di  Volucella,  che  le  pulsazioni  del  cuore  durante  la  ninfosi 
non  si  arrestano  che  per  un  brevissimo  periodo,  cioè  mentre  l'organo  subisce 
talune  modificazioni  istologiche,  sono  venute  le  singolari  constatazioni  del  Ba- 
taillon (1893). 

Egli  ha  riconosciuto,  pel  Baco  da  seta,  che  nella  larva  libera  l'onda  sanguigna 
decorre  dall'indietro  all'avariti,  invece,  al  terzo  giorno  di  filatura  si  producono 
inversioni  periodiche  dell'onda  stessa. 

Cioè,  per  cinque  minuti  l'onda  corre  normalmente  (dall'indietro  all'innauzi), 
poi  per  mezz'ora  va  inversamente,  quindi  di  nuovo  è  normale,  ecc.  e  così  perio- 
dicamente. Dalla  fine  della  filatura  poi  sino  allo  sfarfallamento  la  circolazione  è 
dapprima  come  si  è  detto,  alternante  nei  due  sensi,  poi  indifferente,  cioè  spinta 
all'innauzi  ed  insieme  all'indietro  per  contrazioni  della  parte  mediana  del  cuore 
e  questo  per  poche  ore  prima  e  dopo  la  ninfosi;  durante  la  vita  ninfale  la  cir- 
colazione è  inversa  e  finalmente  ritorna   normale  allo  sfarfallamento. 

Infine  dirò  che  se  le  ninfe  si  mostrano,  in  generale,  più  resistenti  al  freddo 
che.  non  le  larve,  esse  però  sembrano  più   sensibili  ai   gas  tossici. 


LE    B'I'l    cilnVANII.I    DK.OM    INSBTTI 


■M1 


Ripari  della  ninfa  durante  la  metamorfosi. 

Anche  la  trasformazione  liliale  degli  insetti  a  metamorfosi  incompleta  o 
nulla,  quella  cioè  per  cui  si  ha  l'adulto,  non  differisce  gran  fatto,  quanto  a  pro- 
cedimento, da  tutti  gii  esuviamenti  per  lo  innanzi  seguiti  (tìg.  308)  e  non  avviene 
per  nulla  durante  uno  stato  di  riposo  o  letargo,  di  quiete,  cioè,  per  quanto  si  rife- 
risce alla-  locomozione  ed  alla  presa  degli  alimenti.  In  tale  circostanza  l'insetto  a 
metamorfosi  incompleta  si  contenta  di  trovare  un  sito  ed  una  posizione  convenienti 
per  questa  breve  e  transitoria  funzione,  per  cui,  rotta  e  rigettata  la  spoglia  lar- 
vale, ne  fuoriesce  l'adulto.    Il   transito  fra  i  due  stadi  semoventi  è  di  brevissima 


Fig.  3P8.  —  Sfarfallamento  di  un  Ortottero  (Scìiisiocerca  peregrina)  dalla  sua  ninfa. 
Successivi    momenti    da   A    a    C  (Il    seguito    a   fig.    351).    Grand,    natur.,    da    Kiinchel  d'Herculais. 


durata  anche  per  le  forme  che,  come  le  Libellule  (fig.  309)  ed  altre  specie  a  larve 
acquaiole,  mutano  di  ambiente,  ad  es. :  dall'acqua  o  dall'interno  del  terreno  passano 
nell'aria  (fig.  310),  con  aspetti  e  talora  con  funzioni  diversissime. 

Invece,  la  vera  metamorfosi,  che  spetta  agli  insetti  olometaboli,  richiedendo, 
come  si  è  detto,  un  perìodo  più  o  meno  lungo,  talora  lunghissimo,  di  riposo, 
cioè  una  coudizione  di  impossibilita  di  difesa  alcuna  da  parte  della  ninfa,  di 
fronte  sopratutto  ad  aggressioni  di  predatori  e  parassiti  diversi  od  altri  acci- 
denti, che  possono  sempre  intervenire,  importa  la  necessità  che  la  larva  si  pre- 
munisca abbastanza,  nel  suo  momento  estremo  di  vita  larvale,  per  traversare 
senza  danno  o  pericolo  il  periodo  successivo,   fino  allo  sfarfallamento. 

Di  qui,  mentre  per  minor  numero  di  insetti  la  ninfosi  si  compie  libera- 
mente, senza  preoccnpazione  alcuna,  invece,  per  la  maggioranza  delle  torme  olo- 
metabole  lo  studio  di  ninfa  è  protetto  e  riparato  con  mezzi  diversi  e  talora  etli 


308 


CAPITOLO  QUARTO 


cacissinii,  sopratutto  se  si  tratta  di  ninfe  molli  e  quindi    facilissimamente  vulne- 
rabili, e  che  sono  cibo  molto  desiderato  a  predatori  diversi. 


Pia  309  —  Sfarfallamento  di  una  grossa  Libellula  (Aeschna).  A,  inizio  della  fuoriuscita  dell'adulto  ;  B,  C, 
due  successivi  momenti;  D,  l'insetto  è  uscito  del  tutto  dalla  spoglia  ninfale  e  sta  distendendo  le  ali. 
Grand,  natnr.  Da  Roesel. 


Lo  stesso  avviene  anche  nei  casi  di  quelle  metamorfosi,  le  quali  si  sono 
vedute  rappresentare*  un  anello  tra  le  complete  ed  in- 
complete (neometabolia)  e  che,  ad  ogni  modo,  si  effet- 
tuano con  una  ninfa  mal  volentieri  locomobile  od  im- 
pedita più  o    meno  negli  arti. 

Adunque,  trattando  dei  ripari  protettori  della 
ninfa  noi  ci  occuperemo  solo  dei  casi  di  olometabolia 
e  neometabolia,  non  considerando  gli  altri,  che  non 
richiedono  speciali  procedimenti. 

Per  non  ricorrere  a  circonlocuzioni  si  potrebbero 
chiamare  ninfe  anoiche  (non  formanti  una  cella)  quelle 
che,  abbandonata  completamente  la  spoglia  larvale, 
espongono  nude  sé  stesse  al  mondo  esterno  e  non  si 
affidano,  tutto  al  più,  se  non  alla  difesa  che  può  offrire 
la  cute  ninfale,  più  o  meno  indurita  e  resistente 
Chiameremo  invece  eroiche  (che  formano  comunque  una  cella)  le  ninfe,  le 
quali  sono  riparate  entro   una  cella  di   varia  natura  e  complessità,  riparo    questo 


Kig.  310.  —  Come  sfarfalla  la 
comune  Cicala  (Cieada  ple.heia). 
Grand,  natnr. 


l.K     KTA     CIDVANII.I     DKGL1     INHKTTI 


S09 


creato  dalla  larva,  come  si  è  detto  e  die   può  essere  di  natura  ed  aspetto  diver- 
sissimi. 

Si  potranno  però  trovare  forme  intermedie  tra  i  due  vasti  gruppi  e  saranno 
quelle  ninfe,  le  quali  rimangono  solo  in  parte  riparate  dalla  spoglia  larvale,  che 
pero,  rotta  in  qualche  punto,  espone  più  o  meno  la  ninfa  tuttavia  parzialmente 
inclusa  [emioiche). 


Ninfe   anoiche. 


L'esempio  della   maniera  più  deficiente  in    fatto  di  difesa  della  ninfa  è  dato 
da  qualche  Coleottero.  Cito  per  prova  la   Qallerucella  calmariensis,  così  nociva  al- 


D 


F 


Fig.  311.  —  Incrisalidameli to  di  una  Farfalla  diurna  d'America  (Ausonia  phlexippits).  A,  Bruco  pronto  per 
la  metamorfosi;  B,  inizio  della  spaccatura  del  dorso;  C,  comincia  a  fuoruscire  la  crisalide;  1),  è  mag- 
giormente fuoriuscita;  E,  appena  libera  della  spoglia  ninfale;  F,  come  è  nell'aspetto  definitivo.  Grand, 
nat.  Da  Folsoin. 


l'Olmo.  Le  larve  mature,  in  giugno,  scendono  o  si  lasciano  cadere  a  piedi  del- 
l'albero e  quivi  ammassate  incrisalidano.  Le  ninfe,  gialle,  molli,  sono  del  tutto 
scoperte,  senza  riparo  alcuno. 

Questo  caso  non  è  però  frequente,  poiché  un  riparo  qualsiasi,  anche  se  par- 
ziale, od  insufficiente,  oppure  una  cuticola  duretta  difendono  l'insetto  in  questo 
stadio,  in  tutti  gli  altri  casi   ili  ninfe  anoiche  od  emioiche. 

Tuttavia  vi  possiamo  aggiungere  anche  le    larve  di  parecchi  Ditteri  ortorafi 


H10 


CAPITOLO    QOAHTO 


Fig.  lil 2-  —  Esempi  ili  varie  forme  di  eremasler  in  Crisalidi 
ili  Lepidotteri  notturni.  Ingrand.  Da  Roesel. 


che  vivono  nelle  acque,  come  Zanzare  e  orme  affini,  le  cui  ninfe  sono  libere  a 
fior  d'acqua.  Esse  però  possono  sfuggire  a  qualche  pericolo,  perchè  tuttavia  molto 
mobili  e  veloci  al  nuoto,  entro  il  loro  ambiente.  È  questo  il  solo  caso  di  ninfe 
olometabole  locomo  venti  si. 

Le  crisalidi  di  quasi  tutte  le  Farfalle  diurne  sono  anoiche,  mentre  le  notturne 
fanno  vedere  tutte  le  gradazioni  di  ripari,  dai  più  semplici  e  poveri  ai  più  com- 
plessi e  ricchi.  Ma  le  larve  di  Lepidotteri  diurni,  per  tutto  rifugio  cercano,  al- 
lorché stanno  per    incrisalidare,    un  recesso  fuor    di    mano,  o  sulla  stessa  pianta 

su  cui  sono  vissute  o  nelle  vici- 
nanze, negli  angoli  rientranti  dei 
muri,  nelle  anfrattuosita  delle 
roccie,  nei  tronchi,  ecc.,  e  quivi 
si  arrestano,  per  compiere  la 
loro  trasformazione,  per  la  quale 
si  fissano  coll'estremo  loro  corpo 
al  iiunto  di  appoggio  ed  alcune 
si  lasciano  poi  penzolare  col  capo 
all'ingiù  (Vanesse,  ecc.).  Tali 
crisalidi  si  dicono  .sospese  (fi- 
gura 311). 
Altre  invece  si  circondano  di  un  filo  sericeo  attorno  al  corpo,  a  guisa  di  cin- 
tura fissata  al  sostegno  e.  rigettata  la  spoglia  larvale,  quivi  rimangono  in  posi- 
zione orizzontale  o  colla  regione  cefalica  più  alta  della  posteriore.  Queste  sono 
le  crisalidi  dette  succinte 
(fig.  314,  III;  315'. 

Come  in  tutti  gli 
altri  Lepidotteri  anche 
pei  diurni  interviene,  du- 
rante l'incrisalidamento, 
una  produzione  di  seta, 
che  dipende  dalle  ghian- 
dole salivari  ed  esce  per 
la  filiera,  che  appartiene 
agli  organi  boccali  (vedi 
voi.  I,  pag.  517-òliO). 
Nei  Lepidotteri  diurni 
però  la  produzione  della 
seta  è  quasi  insignificante 

e  si  riduce  a  quella  cintura,  che  abbraccia  le  ninfe  succinte  ed  a  pocbi  fili  serici,  che 
fanno  un  breve  strato  nel  punto  ove  la  crisalide  fisserà  il  suo  estremo  posteriore 
anche  nel  caso  delle  ninfe  sospese. 


A  B  C 

Fig.  313.  —  Formazione  dei  eremasler  in  Vanessa  urtìeae,  secondo 
Kiincliel  d'Hereulais.  A,  parte  posteriore  di  nn  bruco  sospeso  pel- 
le zampe  anali  (dal  ventre);  B,  l'apparato  sospensore  della  ninfa 
dalla  faccia  dorsale;  C,  di  lato.   Ingrand. 


Il  Réaumur  ha  molto  bene  e  diffusamente  descritto  la  singolare  maniera  ili  agire,  che  usano 
le  crisalidi  sospese  per  rissare  l'estremo  loro  corpo  al  punto  di  sospensione,  senza  cadere  dalla 
spoglia  larvale,   che  ormai   è  rotta  per  lungo. 

L'illustre  osservatore,  vide  bene  come  (ad  es.  nelle  Vanesse)  la  larva,  filato  nn  piccolo  cu- 
scinetto sericeo,  a  questo  si  attacchi  mercè  le  false  zampe  anali  e  gli  uncini,  che  le  orlano  e  di 
poi  si  lasci  penzolare. 

Rottasi  quindi  la  spoglia  della  larva,  secondo  una  fessura  nella  linea  mediana  del  dorso,  ne 
fuoriesce  in  parte  la  crisalide,  dapprima  colla  regione  anteriore  del  corpo  e  quindi  mettendo 
fuori  anche  l'estremo  posteriore,  che  termina  in  nn  prolungamento  ornato  all'apice  di  piccoli 
uncini   (lig.   312),   con   questo  raggiunge   il   cuscinetto  di  lili   di   seta  e   vi  si   impiglia   tenacemente. 


I.K    Kll    QIOA   \Nll.I    DEGLI    INSKTTJ 


SU 


Fig.  314.  —  Crema 8 ter  dì  crisalidi    ili    farfalle  diurne  se- 
condo Packard. 

I,    ili    Danaig;    li,  dì    Paphia  :    111.    Crisalide    di    Tata* 
Basata  col  cingolo  di  seta;  x.  placca  iettale;  e.  crem^ster. 


Ciò  fatto  la  crisalide,  mercè  movimenti   oscillatoli  del    corpo,   Unisce  per  liberarsi  completamente 

«Iella  spoglia  larvale  e  fuoriuscirne  del  tutto. 

Iviinckel  d'Herculais  (1880)  considera  l'appendice  conica  dell'estremo  addome  di  queste  cri- 
salidi come  risultante  da  un  ravvicinamento,  più  o  meno  stretto  o  da  fusione  di  un  paio  di  arti 
addominali,  da  omologarsi  a  quelli  della  larva  (tig.    313) 

Kiley  (18801  aggiunge  altre  osservazioni    su   questo    argomento  e  non    consente   esattamente 
nella  omologia   di  questo  apparato  sospen- 
sore delle    crisalidi  (Cremaste!-)  colle  zampe 
anali   della    larva. 

Il  bruco  —  egli  dice  —  poco  prima 
ili  trasformarsi  attacca  ad  un  corpo  estra- 
neo, al  quale  esso  vuol  sospendersi,  un 
piccolo  ammasso  di  seta.  Esso  si  fissa  a 
questo  ammasso  per  mezzo  dolle  zampe 
anali,  mercè  i  loro  uncini,  poi  muta.  I 
legamenti  chitinosi,  che  risultano  dalla  muta 
delle  trachee  del  nono  paio  di  stigmi  e 
dell'intestino  posteriore  e  la  parte  della 
(ielle,  che  contorna  l'ano  e  le  zampe  anali 
costituiscono  un  apparato  sospensore,  nel- 
l'interno del  quale  non  vi  ha  più  tessuto  vivo.  Mentre  le  zampe  anali,  staccate  dal  loro  invi- 
luppo chitinoso,  si  atrofizzano,  la  placca  anale,  situata  al  di  sopra  dell'ano  si  copre  di  uncini, 
si  fissa  a  lato  dell'apparato  di  sospensione  di  origine  larvale  e  si  allunga  per  formare  una  ap- 
pendice conica,  terminata  da  un  piccolo  rigonfiamento  coperto  di  uncini  (tìg.  314),  che  è  il  ere- 
master.  Alla  sua  base  si  trovano,  allo  stato  atrofico,  le  parti  contenute  nel  legamento  sospensore 

larvale.  L'apparecchio  di  sospensione  della  crisalide 
deriverebbe  dunque  dalla  placca  anale  e  si  sostitui- 
rebbe gradualmente  a  quello  del  bruco,  il  quale  pro- 
verrebbe dalle  zampe  anali  e  dallo  parti  chitinose, 
che  fanno  parte  dell'ultima  muta. 

La  maniera  poi  di  cingersi  il  corpo  con  un  fa- 
scetto  di  fili  sericei  è  descritta  minutamente  dal 
Kéaumur  per  la  Pieris  brassicae,  cioè  la  Cavolaia  mag- 
giore. Il  bruco  (fig.  315)  tre  giorni  prima  di  trasfor- 
marsi in  crisalide,  tappezza  di  un  tessuto  sericeo  il 
piano  al  quale  vuol  fissarsi  e  vi  si  salda  cogli  uncini 
delle  zarupe  posteriori.  Di  poi,  rivolgendo  il  capo 
fino  accanto  alla  zampa  falsa  del  primo  paio,  fissa 
un  filo,  che  trae  per  sopra  il  corpo,  ripiegando  il 
capo  ed  i  tre  primi  anelli  del  tronco,  dorso  contro 
dorso  del  restante  corpo  e  così,  roteando  verso  l'al- 
tro lato,  fissa  il  filo  sericeo  appunto  accanto 
all'altra  prima  zampa  falsa.  Ripete  questa  operazione 
più  volte  fino  a  che  la  cintura  sia  robusta  abbastanza. 
Dopo  ciò  e  dopo  un  periodo  di  due  o  tre  giorni  di  ri- 
poso avvieni-  la  rottura  ed  il  rigetto  della  spoglia  larvale  e  la  crisalide  rimane  fissata  per  l'e- 
stremo posteriore  e  per  la  ciutura  al  piano  scelto.  Così  fanno  le  Pieridi,  i  Papilionidi,  ecc., 
mentre  invece  le  Vanesse  e  le  Niufalidi   hanno  crisalidi   sospese. 

Alle  ninfe  sospese  possono  essere  paragonate  anche  quelle  di  taluni  Imenotteri  eudofagi,  ad 
es.  del  genere  Ciatotecus  (tig.  Siti),  le  quali  si  vedono  fissate  per  l'estremo  addome  ad  una  foglia 
e  sono  generalmente  numerose,  disposte  a  cerchio,  erette  sulla  pagina  superiore  della  foglia 
stessa,  nere,  lucenti,  lunghe  qualche  millimetro.  Dipendono  da  larve  eudofaghe  di  bruchi,  dai 
quali  sono  fuoriuscite  per  incrisalidare  senza  più  all'esterno.  Qualche  volta  rimane  in  sito  la 
spoglia  vuota  del  bruco,  ma  il  più  spesso  essa  secca,  cade  e  così  questo  curioso  anello  di  ninfe 
(già  veduto  dal   Réaumur)   rimane   isolato  e  scoperto. 


Fig.  315.  —  Come  il  Bruco  delia  comune 
Cavolaia  (Pieris  brassicae)  si  cinge  (A)  il 
filo  di  seta  attorno  al  corpo;  B,  Bruco  ormai 
fissato  e  che  attende,  ad  incrisalidare;  C, 
crisalide  in  sito. 


312 


CAPITOLO    QUARTO 


Ninfe  emioiche. 

Molto  similmente  alle  crisalidi  sospese  si  comportano  quelle  ninfe  emioiche, 
le  quali  conservano  attorno  a  sé  la  spoglia  larvale  disseccata,    rotta  però    lungo 

il  dorso  ed  aperta  così  che 
sotto  apparisce,  più  o  meno 
ampiamente,  la  ninfa.  Se  ne 
hanno  begli  esempi  in  Coleot- 
teri delle  famiglie  dei  Coeci- 
nellidi  e  dei  Crisomelidi  (fi- 
gura 317).  con  tutte  le  grada- 
zioni circa  alla  retrazione  della 
spoglia  larvale  verso  l'estremo 
posteriore  della  ninfa,  cioè  di 
esposizione  della  ninfa  stessa. 
Per  questi  insetti  però  la 
adesione  della  larva  è  fatta 
per  mezzo  di  un  liquido  col- 
loso, che  dissecca  all'aria  e 
che  la  larva  emette  prima  di 
incollarsi  così,  e  sospendersi 
col  capo  all'ingiù. 

Tali    ninfe    sono    comuni 
sulle    piante    invase    da  Afidi 
o  da  Cocciniglie,  che  sono  l'or- 
dinario cibo  della  maggior  parte  dei  Cocciuellidi,  o  sui    vegetali  ove  vivono  alcune 
specie  di    Crisomelidi  e  quivi  sono  attaccate,  più  che  altro,  sulle  foglie  (fig.  317). 


Fi, 


.  316.  —  Ninfe  di  Imenotteri)  endofago  (Crulolicus)  fuori- 
uscite dalla  vittima  (Bruco)  e  fissatesi  sulla  foglia  attorno 
al  bruco  morto.  A,  foglia  colle  dette  ninfe  in  posto  (il 
cadavere  della  vittima  è  caduto)  in  grand,  uatur.  ;  B,  C, 
le  dette  ninfe  ingrandite.  Da  Howard. 


Ninfe  evoiche. 

Ma  il  gruppo  delle  ninfe,  che  si  riparano  in  modo  vario  e  talora  efficacissimo 
è  il  più  numeroso  e  le  maniere  di  difesa  sono  molto  svariate,  così  che  converrà 
dirne  con  maggiore  lar- 
ghezza, trovandosi  an- 
che quivi  esempi  non 
solo  importanti  dal  lato 
pratico,  ma  curiosi  an- 
che e  mirabili  per  sin- 
golarità di  mezzi,  a  cui 
alcune  specie  fanno  ri- 
corso, per  ottenere  un 
buon  rifugio  durante 
il  periodo  critico  del 
riposo  ninfale. 

Una  prima  divi- 
sione fondamentale,  in 
seno  alle  ninfe  evoiche, 
deve  farsi  riguardo 
alla  parte,  che  prende 
nella  protezione  della 
ninfa  la  pelle  larvale. 


Fig.  317.    —   Larva    (A)  e    ninfe    (B, 
eiuioica  (B)  con    graduale    passag 


C)  di    Cocciuellidi.     Esempio  di  ninfa 
;io  fino  alla    completamente  nuda  (C) 


«li  Adulta  bipunciata. 
Nord -americani. 


A,  B,    Chìlocoru»    simills.  Ingrana.    Dagli  autori 


I.K    BXÀ    GIOVANILI     DKiil.l     INSETTI 


313 


Fig.  318.  —  Tre  pupari  ili  Dit- 
teri ciclorafi;  A,  di  ErislalU  ; 
B,  di  Pipiza  radicati* ;  C,  di 
Bacca  lugens  (Sirfide),  quest'ul- 
timo è  ingrandito  più  degli  altri. 


Pupa  e  pupario.  —  Si  è  già  avvertito  che  un  intero  gruppo  di  Ditteri,  cioè  i 
Ciclorafi  ed  i  Pupipari,  profittano  appunto  della  pelle  della  larva  per  t'arsene  un 
ben  resistente  e  comodo  bozzolo,  in  cui  si  cela  la  ninfa  molle  e  delicata.  Il 
procedimento  è  semplicissimo.  La  larva,  giunta  a  maturanza,  si  raccoglie  su  sé 
stessa,  assumendo  la  forma  ovale  più  o  meno  allungata,  talora  in  guisa  di  goc- 
ciola o  di  pera,  come  è  nei  Sirti  «li.  oppure  ancor 
più  lunga,  come  negli  Stratiomys,  ecc.,  che  avrà 
poi  la  pupa.  Dopo  di  ciò  avviene  una  abbondante 
secrezione  cutanea,  per  la  quale  la  pelle  larvale  di- 
venta più  spessa  e,  disseccando  la  secrezione,  rimane 
immobilmente  fissata  nella  forma  definitiva.  Insieme, 
anche  avviene,  il  più  spesso,  una  mutazione  di 
tinta,  per  cui  questo  involucro  protettore  assume 
colorazione  sempre  più  intensa,  dal  bianco  della 
larva  passando,  pel  giallo  ocra  e  pel  rosso  mattone, 
ad  una  tinta,  che,  spesse  volte,  è  addirittura  mar- 
rone oscura  o  bruna. 

Queste  modificazioni  del  colorito,  della  consi- 
stenza, ecc.,  dell'involucro  avvengono  in  pochi  mi- 
nuti. Anche  le  traccie  delle  divisioni  fra  gli  anelli 
si  attenuano  ed,  insomma,  questo  involucro,  che 
non  è  altro  se  non  la  pelle  larvale,  finisce  per 
riescire  molto  diverso,  per  forma,  lucentezza,  resi- 
stenza, colore,  ecc.,    dalla  larva  da  cui  è  proceduto 

e  tanto  diverso  che  non  si  potrebbe  riconoscerne  la  origine.  Esso  prende  il  nome 
di  pupario  (fig.  318),  voce  che  si  deve  usare  pel  solo  involucro,  mentre  il  complesso 
della  forma  si  chiama   pupa,  giacché    non  sarebbe  possibile  distinguere    l'insetto 

inclusovi    dalle    comuni  ninfe,  ad   es.  di  Imenotteri  o  di 
Coleotteri. 

La  resili  razione,  da  parte  dell'insetto  contenuto  nel 
pupario,  che  ad  un  esame  superficiale  sembra  perfettamente 
chiuso,  si  effettua  per  le  l'orme  a  vita  larvale  aerea,  per 
aperture  molto  bene  dissimulate.  Ma  per  le  specie  ac 
quaiole,  come  sono  ad  es.  gli  Straliomi/s,  le  Eristalis,  ecc., 
o  per  altre  che  vivono  entro  liquidi  diversi,  come  sono  ad 
es.  le  Drosofile,  di  cui  una  specie,  la  D.  cellaris  è  notissima, 
perchè  abbonda  sui  tini  in  fermentazione,  le  aperture 
di  comunicazione  dall'interno  pupario  coll'aria  ambiente 
sono  molto  prossime  e  si  trovano  al  punto  stesso  ove 
si  aprivano  gli  stigmi  della  larva.  Le  stesse  aperture  re- 
spiratorie larvali  continuano  tuttavia  a  funzionare,  salvo 
che  nel  pupario  non  immettono  in  un  sistema  tracheale, 
ma  comunicano  senza  più  col  vano  interno  del  pupario 
medesimo  (fig.  319). 

Alcuni  processi  speciali,  che  nella  larva  circondavano 
l'orifizio  respiratorio,  destinati  ad  impedire  l'ingresso  dell'acqua  nelle  vie  aeree 
della  larva  ed  a  sostenere  l'insetto,  aprendosi  sul  pelo  dell'acqua  stessa,  si 
conservano  anche  nella  ninfa,  salvochè  quivi  non  sono  mobili,  cosi  da  potersi 
chiudere  ed  aprire  a  volontà  dell'insetto,  ma  ormai  solidificati  nell'insieme  morto 
del  pupario.  Ne  ho  detto  a  pagg.  824   826  del  voi.    I. 


fig.  319.  —  Pupario  di  Dio 
sopii  ila  mostrante  in  Si  i 
pornetti  respiratori  cor- 
rispondenti agli  stigmi  an- 
teriori larvali.  Ingranò*.  Da 
Berlese. 


A.    lÌKKi.KSE     —    6li    Insrtti,    II. 


314 


CAPITOLO    1)1  AUKJ 


Per  esempio,  negli  Stratlomya  e  nelle  E  ristali*,  si  tratta  di  una  corona  di  peli  cigliati,  elio 
circondano  il  foro  aperto  sull'estremo  caudale  della  larva.  Tali  cigli  possono  raccogliersi  in  uno 
stretto  mazzetto  od  aprirsi  a  guisa  di  stella,  come  farebbe  un  fiore  di  margherita.  Essi  sono 
spalmati  di  sostanza  grassa,  clic  respinge  l'acqua.  Allorché  sono  raccolti  a  fascio  la  larva  può 
immergersi  entro  l'acqua  ed  essi  chiudono  l'apertura  stigmatica.  Ma  allorquando  l'insetto  sale, 
pel  suo  peso,  ed  affiora  coli' estremo  posteriore  del  corpo,  il  fase-etto  di  peli  cigliati,  giunto  fuori 
d'acqua  si  apre  e  l'acqua  stessa  non  può  bagnarlo.  Così  è  stabilita  subito  la  comunicazione 
coll'aria,  che  può  penetrare  traverso  gli  stigmi  situati  nel  centro  della  rosa  o  stella  fatta  dai 
detti  cigli  (fig.  320). 

Allorché  la  spoglia  larvale  diviene  pupario,  la  rosa  di  cigli  e  sempre  aperta  e  cosi  rimane 
immobilmente  fissata  ed  a  fior  d'acqua,  restando  anche  lìbero  il  transito  all'aria  traverso  il  foro 
centrale. 

Altre  larve,  come  ad  es.  ([nelle  di  DrosopMta  suaccennate,  che  pur  vivono  entro  liquidi, 
hanno  stigmi  torneali  situati  all'apice  di  un  cornetto  retrattile  e  protrattile.  Avvicinandosi  la 
ninfosi,   la  larva   affiora,   allungando  questi   processi  stigmatici,   che  poi  induriscono  col  rimanenfe 

della  spoglia  larvale  e  così  la  pupa  apparisce  fornita  di 
due  cornetti  anteriori,  con  processi  ramificati  apicali,  che 
sono,   probabilmente,   i   primi   tratti  delle  trachee. 

Merce  questi  espedienti  avviene  che  tali  pupe  di 
larve  acquaiole  possono  continuare  a  rimanersene  entro  il 
liquido  in  cui  sono  vissute  e  solo  l'adulto  saprà  fuo- 
riuscire dal  pupario,  senza  bagnarsi,  per  godere  di  vita 
totalmente  aerea. 


Fig.  320.  —  Corona  caudale  per  la 
respirazione  della  larva  di  Stratiomys. 
Da  Schwammerdam. 


Fra  le  pupe,  del  resto,  si  trovano  alcune 
specie,  che  sono  del  tutto  libere  nell'aria,  come 
ad  es.  quelle  già  indicate  di  Sirtidi,  che  si  ve- 
dono attaccate  per  l'estremo  caudale  alle  toglie 
delle  piante,  su  cui  abbondano  gli  Afidi.  Ma 
molte  altre  si  celano  anche  entro  qualche  altro 
involucro  riparatore,  in  ambiente  scelto  dalla  larva 
nel  suo  estremo  momento  di  vita  in  quello  stadio. 
Così  moltissimi  Ditteri  ciclorati  abbandonano  l'ambiente  in  cui  sono  vissuti 
allo  stato  di  larva,  per  guadagnarne  altro,  in  cui  nascondersi  durante  la  ninfosi. 

Le  mosche  della  carne,  assai  di  rado,  se  non  impedite,  si  trasformano  in  ninfa  entro  le 
carni  ove  sono  vissute,  ma  raggiungono  il  terreno  e,  nella  terra,  più  o  meno  profondamente  si 
celano.  Così  fanno  pure  quelle  che  sono  vissute  parassiticamente  entro  il  corpo  di  altri  animali, 
come  nelle  cavità  nasali  o  nello  stomaco  o  sotto  la  pelle  di  Mammiferi,  o  le  altre  molte,  che 
allo  stato  di  endofagi  hanno  divorato  gli  organi  interni  di  qualche  insetto  o  quelle  ancora,  che 
hanno  avuto  per  cibo  e  dimora  la  polpa  delle  frutta,  sebbene  per  taluna  di  queste  possa  acca- 
dere eccezioue. 


Ninfe  e  Crisalidi  protette.  —  Il  maggior  numero  però  di  ninfe  e  di  crisalidi  si 
trovano  più  o  meno  bene  riparate  e  nascoste,  per  passare,  senza  immediato  pe- 
ricolo da  parte  di  intemperie  o  di  aggressioni,  il  difficile  periodo  critico. 

Salvo  innumerevoli  gradazioni,  si  possono  distinguere  due  fondamentali  tipi 
di  difesa  della  ninfa,  quelli  cioè  che  dipendono  dal  solo  ambiente  e  quelli  che 
derivauo  da  protezioni   create  dalla  stessa   larva  con  mezzi  suoi. 

Si  troveranno  poi  esempi  misti,  in  cui  l'una  e  l'altra  maniera  di  difesa  sono 
combinate  e  con  gradazioni  senza,  fine,  nella  misura  del  concorso  dell'una  o  del- 
l'altra. 

Non  è  comune  l'esempio  di  larve,  le  quali  prima  di  trasformarsi  in  ninfa, 
pur  trovandosi  riparate  in  ambiente  sicuro,  nulla  facciano  per  adattarsene  un 
vano,  ove  poter  con  agio  rimanere  durante  la  ninfosi. 


I.K    1    I  \    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


315 


t~_ 


Pig.  321.  —  La  ninfa  del  muschio  del  Cervo  volante 
{Lucanus  cernia)  nel  suo  bozzolo  ili  terra  compressa 
e  jjlnthiata.  Grand,  oatiir.  Da  Roesel. 


Per  poco  die  sia  il    lavoro  di  adattamento  della  cella  a    ciò  scelta,  è  certo 
che  qualche  cosa  la  larva  fa  sempre  per  renderla  opportuna  al  nuovo  ufficio. 

Vi   sono  però  larve,   le  quali   non  concorrono  con  alcuna   secrezione  speciale  a 
tale    adattamento      della     nicchia 
ninfale,    mentre    altre     vi     danno 
una   parte  grandissima,  con   mezzi 
a    ciò  solo  destinati. 

Ma   anche  in  assenza   di    se 
erezioni     con     questo     solo     scopo 
avviene,  da    parte  della  larva,   al- 
meno    un     lavoro     meccanico     di 
adattamento   dell 'ani  hi  e  lite. 

Così,  ad  esempio,  non  poche 
larve  di  insetti  viventi  entro 
terra  e  che  quivi  incrisalidano, 
giunte  al  termine  del  ciclo  larvale, 
colla  semplice  compressione  delle 
pareti  di  una  parte  della  galleria  scavata,  allargano  una  cameretta  ovale  o  ro- 
tondeggiante,  a  superficie  interna  liscia  e  più  indurita  e  debbono  ostruire  la  gal- 
leria almeno  da  un  lato  per  creare  la  stanza  chiusa,  che  sarà  la  loro  cella  nin- 
fale. Così  fatino  molti  Co- 
leotteri ed  insetti  di 
qualche,  altro  ordine  a 
larve  sotterranee  (fig.321, 
322,   323). 

A  questo  stesso 
gruppo  si  debbono  ascri- 
vere le  ninfe  di  taluni 
Imenotteri  endofagi  della 
famiglia  dei  Calciditi  (e 
ne  sia  esempio  la  ben 
nota  Prospaltella  della 
Diaspis  pento gona),  che 
stanno  entro  la  pelle  della 
vittima  senzaalt.ro  riparo 
di  propria  formazione, 
ma  il  detto  involucro  e 
più  ancora  gli  scudi  della 
coccinigla  uccisa  sono 
difesa  sufficiente  all'in- 
setto (fig.  324). 

Qui  pure  vanno  in 
dieate  le  ninfe  di  taluni 
Coleotteri  (Milabridi,  Cur- 


% 


?'i 


>  % 


■■'■"■&U 


-  ì'~ 


Fig.  322 


culionidi,     ecc.),    che     si 


—  Crisalide  di   ÌJacrosiUt    carolina    (Sfingide)  nel  suo  follicolo 
sotterraneo.  Metà  della  grand,  natur.   Da  Howard. 

trovano  occluse  nell'am- 
biente (semi),  in  cui  sono  vissute  allo  stato  di  larva,  minimamente  modificato  e 
quindi  anche  la  maggior  parte  delle  larve  abitatrici  delle  galle,  che  nulla  ag- 
giungono ili  proprio  a  quanto  altri  agenti  hanno  preparato  intorno  a  loro,  per  nu- 
trimento e  difesa,  e  moltissimi  altri  esempi  consimili  si  potrebbero  citare  di  pro- 
tezione della  ninfa,  dovuta  al  solo  ambiente,  senza  intervento  alcuno  di  produzioni 
od    altro    lavoro   da   parte   della    larva. 


311» 


CAPITOLO   QUARTO 


A  H 

Fig.  323.  —  Bozzoli  di  terra  della  Stìnge  sud- 
detti!, da  cui  è  uscita  la  farfalla;  A,  in- 
tero; B,  spaccato.  Meta  della  granii. 
natur    Da  Howard. 


In  modo  analogo  si  comportano  talune  larve,  che  vivono  a  spese  del  paren- 
chima delle  foglie  (qualche,  Gecidomide  ed  altri  Ditteri,  Microlepidotteri)  che 
dal  fondo  della  galleria  scavata  si  tagliano  fuori  una  nicchia,  la  quale  risulta 
dalle  sole  due  pagine  della  foglia  e  da  un  tappo  di  detriti,  che  impedisce  l'ac- 
cesso alla  cella  ninfale  dal  lume  della  galleria. 

Così   pure    fanno  parecchie    larve  di  Coleotteri  o  di   Lepidotteri,  che  vivono 

entro  il  legno  e  per  le  quali  tutto  il  la- 
voro a  preparazione  della  nicchia  ninfale 
si  riduce  ad  un  allargamento  della  galleria 
nel  punto  scelto  ed  alla  costruzione  di  un 
tramezzo  (o  due  se  la  parte  scelta  non  è 
al  limite  del  cunicolo),  di  detriti  legnosi. 

Quasi  sempre  però  questi  diaframmi 
sono  fatti  più  resistenti  per  virtù  di 
un  liquido  agglutinante,  che  viene  se- 
gregato dalle  ghiandole  salivari  della 
larva  (fig.  326). 

Tali  ghiandole  infatti    hanno  grandis- 
sima   parte    nella    costruzione    del    riparo 
per  la  ninfa,  mentre   per  sole  poche  specie 
tale    funzione  è    invece  devoluta  a  ghian- 
dole,   che   emettono    il    loro    segreto    dalla    apertura     anale.    Di    ciò    sarà  detto 
più  ampiamente  in  appresso. 

La  secrezione  delle  ghiandole  salivari  è  delle  più  variate  anche,  anzi   sopra- 
tutto, nelle  larve  delle   specie  olometabole.    Si  va  da  un 
semplice  liquido,  più  o  meno  agglutinante  fino  alla,  com- 
plessa sostanza,  che  forma  il   filo  ili   seta. 

Follicoli  ninfali  a  pareti  più  resistenti  e  per  le  quali 
è  evidente  l'intervento  di  una  saliva  molto  agglutinante 
ed  in  abbondanza,  si  vedono  pure  fatti  da  larve  sotterranee 
o  viventi  nei  detriti  di  legno  marcio,  od  in  quello  verde 
od  in  altro,  come  sono  ad  es  le  larve  di  molti  Lamelli- 
corni  e  Pettinioorni,  ecc.,  fra  i  Coleotteri,  di  alcuni  Lepi- 
dotteri (ad  esempio  l'roce.ssionarie,  ecc.,  figg.  321-323),  di 
JSTeurotteri,  ecc.  Per  tutti  questi  si  può  in  realtà  isolare 
dall'ambiente  una  specie  di  bozzolo  di  forma  definita,  il 
quale  si  vede  composto  di  detriti  prestati  dall'ambiente 
stesso,  incollati  fra  loro  tenacemente.  La  parete  è  du- 
retta,  resistente  e,  se  rotta,  mostra  la  faccia  interna 
liscia  e  bene  compatta.  Con  tutto  ciò  non  si  può  ri- 
conoscere una  forma  definita  alla  sostanza  glutinanto 
che,  probabilmente,  è  dovuta  alla  saliva  più  che  ad  altre  secrezioni  della 
larva. 

Invece,  in  molti  casi,  specialmente  per  parte  di  Lepidotteri,  la  sostanza  col- 
legante  i  detriti  o,  se  vuoi,  frammenti  maggiori,  ad  es.  di  foglie  secche  od  altro, 
è  perfettamente  riconoscibile  come  filo  di  seta.  Si  tratta  adunque  dei  primi  ru- 
dimenti di  un  vero  bozzolo  sericeo.  Vedi  ad  es.  le  celle  ninfali  dei  Lepidotteri 
rodilegno  entro  i  legnami  stessi  (tìg.  326)  o  di  moltissimi  altri,  specialmente  fra 
gli  Bteroceri  (tìg.  325),  che  si  contentano  di  affidare  la  sicurezza  del  loro  prossimo 
stadio  di  crisalide  semplicemente  a  grovigli  di  foglie  secche,  più  o  meno  bene 
egati  assieme  da  pochi   fili   di   seta  (Sfingidi,  Nottue,  ecc.). 


Fig.  324.  —  Esempio  di  nu 
Iuieuottero  eudofugo  (Pros- 
paltella  berlesi),  ohe  incri- 
salida entro  la  vittima 
(Diaspis  pentagona)  la  cui 
pelle  gli  serve  di  riparo. 
Molto  ingr;  Da  Berlese. 


LK    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


317 


La  combinazione  di  fili  di  seta  e    frammenti    diversi    tolti  all'ambiente  può 
dare  origine    a   follicoli  molto 
complessi     e     talora     mirabili 
per    l'industria    con    cui    sono 
esegniti. 


(ito  alcuni  esempi,  ma  essi  sono 
innumerevoli.  Moltissime  larve  mi- 
natrici  fra  i  Microlepidotteri,  cioè 
viventi  nel  parenchima  delle  foglie, 
a  crescenza  larvale  compiuta,  in- 
cidono una  porzione  delle  due  pagine 
fogliari  in  cui  si  trovano  e,  riunite 
assieme  lungo  gli  orli  le  due  por- 
zioni così  staccate  totalmente  od  in 
parte,  ne  ottengono  un  follicolo 
piatto  e  dovunque  chiuso,  in  cui 
incrisalidano  (tìg.  327). 

Un  esempio  cospicuo  >■  recato  dal 


Fig.  325.  —  Crisalide  riparata  solo  da  pochi  fili  di  seta 
(Liinantliria  dispai).  Grand,  uatur.  Da  Berlese. 


Réauinur  e  rappresenta  certo  un  grado  massimo  di  com- 
plicanza di  lavoro  per  la  costruzione  del  riparo  nin- 
fale, combinando  corpi  estranei,  collegati  con  liquidi 
di   secrezione  della  larva. 

11  Bruco  della  Falerni  dille  cortecce  (fig.  328) 
forma,  su  un  rametto,  due  lamine  triangolari,  fatte 
di  pezzetti  di  corteccia  rettangolari,  saldati  assieme 
con  fili  di  seta,  esattamente  come  i  muratori  fanno 
per  rizzare  un  muro.  Queste  due  ali  ai  lati  del 
ramoscello  sono  poi  accostate  l'una  all'altra  e  ne 
risulta  un  cartoccio  aperto,  il  quale  poi,  chiuso 
alle  due  estremità,  verrà  a  formare  il  follicolo  de- 
siderato. 

È  qui  il  caso  di  ricordare  anche  un  altro  sin- 
golare   mezzo,  che     taluni   bruchi    adoperano    a  rin- 


Fig.  326.  —  Crisalide  di  Cossus  cossus,  nel  suo 
bozzolo  ed  in  sito  alla  estremità  della  gal- 
leria erosa  dalla  larva.  Grand,  natur.  Da 
Rntzelmig. 

forzo  dei  follicoli  sericei,  che  essi  costrui- 
scono per  incrisalidarvi.  Intendo  parlare 
di  bruchi  pelosi,  i  quali  impiegano  la 
fitta  e  lunga  peluria,  di  cui  sono  rivestiti, 
per  rinforzare  il  bozzolo  di  seta,  che  pre- 
parano. Il  Réaumur  lungamente  descrive 
il  modo  di  lavorare  del  bellissimo  bruco 
della  Acronycta  aceris  (fig.  329),  che,  fatto 
un  semplice  strato  di  seta,  il  quale  forma  la 

parte  esterna  del  bozzolo,  si  strappa,  mercè  le  mandibole,  ci u fri  dei  lunghi  peli  gialli,  di  cui  è 
rivestito  e  li  dispone  sulla  parete  interna  e  vi  distribuisce  i  peli,  che  attacca  e  copre  in  parte 
con  nuova  seta  filata.  Così  il  bruco  nel  bozzolo  rimane  completamente  denudato. 

Il   bruco   della   Arctia  caja   (tig.  33(1 1  si   recide  invece,   mene   le   mandibole,   i   peli   di   cui   è  co- 


Fig.  327.  —  Bozzolo  di  Microlepidottero  minatore,  fatto 
delle  due  pugine  della  foglia,  tagliate  in  forma 
elittica.  A,  foglia  da  cui  è  stata  recisa  la  porzione: 
B,  il  bruco,  che  si  trae  dietro  il  bozzolo  ;  C,  la 
ninfa,  che  è  fuoriuscita  dal  bozzolo  e  sta  per  sfar- 
fallare. Da  Roesel. 


318 


0  IPtTOI.O    QtTAUTO 


w 


perto  e  li  impiega  egualmente.  Un'altra  specie  di  bruco  villoso  usa  vin  altro  modo.  Fatto  un  fol- 
licolo di  seta  rada,  passa  traverso  le 
maglie  la  peluria,  di  cui  è  rivestito  e, 
impigliati  cosi  i  peli,  con  movimenti 
vari  del  corpo  se  li  strappa  e  ve  li  la- 
scia   afferrati  nel  tessuto    serie* di 

poco  o  punto  sporgenti  all'esterno, 
mentre  lo  sono  molto  internamente, 
ma  il  Iliaco  li  acquatta  e  fissa  mercè 
fili  di  seta  e  cosi  la  parete  interna 
resta  levigata  e  morbida. 

È  pure  degna  di  menzione  la 
maniera  con  cui  certi  bruchi  rinforzano 
all'esterno  il  loro  bozzolo  mercè  piccoli 
granelli  di  terra,  il  Kcuiiuiur,  per  la 
Cuculila  verbaaci,  descrive  il  modo  di 
agire  in  presenza  di  uno  strappo 
fatto  appositamente  al  bozzolo,  tolto 
di  terra  non  ancora  ultimato.  L' insetto, 
fuoriuscendo  in  parte  dal  buco  trovò, 
ed  afferrò  colle  mandibole  un  granellino 

di  terra,  che    depositò    entro  il  bozzolo  e    ripete  l'operazione  abbastanza  finché  conob'ie  di  aver 

raccolto  sufficiente  materiale,  che  poi  dispose 


C 

Fig.  32X.  —  Costruzione  del  bozzolo  della  Falena  delle  cor- 
teccie,  secondo  Kéaiimur.  Iugr.  circa  4  iliani.  A,  le  due 
ali  sono  ancora  aperte;  B,  chiuse;  C,  il  bozzolo  termi- 
nato e  veduto  di  fianco. 


dall'interno,  granello  per  granello,  su  un 
tessuto  di  seta,  molto  lassa,  tirato  previamente 
sull'apertura,  battendo  col  capo  per  dare  la 
necessaria  forma  e  consistenza,  alla  parete. 
L'ultima  stretta  apertura  rimasta,  per  la 
'1  nule  l'insetto  non  poteva  più  passare,  fu 
turata  con  un  ultimo  granello  terroso,  che, 
spinto  dall'interno,  fu  fatto  passare  traverso 
i  fili  di  seta  e  chiuse  del  tutto  l'ultima  breccia 
(fig.   331). 

Con  simili  mezzi  ì  bruchi,  i  quali  incri- 
salidano entro  terra,  ottengono  un  bozzolo 
morbidissimo  all'interno,  perchè  tappezzato 
di  delicato  tessuto  di  seta  e  robusto  nel  com- 
plesso per  l'aggiunta  di  uno  strato  di  granelli 
di  terra  tenacemente  fissati  fra  loro  ed  al  folli- 
colo, mercè  fili  di  seta  elle  fortemente  li  legano 
(fig.   231.   /»>). 

Taluni   brucili,   oltre  al   tessuto  di   seta  con  cui   fanno   il   bozzolo,  distribuiscono  sulla    parete 


Fig.  329.  —  Bruco  di  Acronyeia  aceris.  A,  pros- 
simo ad  incrisalidare  ;  B,  come  si  trova,  ormai 
nudo,  nel  suo  bozzolo.  Grami,  uatur. 


È 


MI 


y 


"'"■''  '• 

: 

Fig.   330.   —   Il  bruco  (A)  della  Arotia  oaja,  die  si  accinge  ad  incrisalidare  (B).  Grand,  natur.   Da   Kcauiiiiir. 


1.1      K  I  »    GIOVANILI     iiki.i.i     [NSK  I  I  I 


319 


interna    di    questo  una  sostanza  secreta  dall'ano,    che  dispongono   in  strato  uniforme,  mercè    il 
capo.  Tale  sostanza  dissecca  tosto  all'aria  e  diviene  anche  pulverulenta. 


Fig.  331.  —  A.  Bruco  ili  Nottua  ilei  Verbasco  {Cuculila  verbasci),  che 
riveste  di  piccoli  sassi  il  proprio  bozzolo  e  ne  tura  l'ultima  apertura. 
Grand,  natur.;  B,  spaccato  del  bozzolo  di  Cuculila  umbratica. 
Grami,  natur.  Da  Koesel. 


La  parte  riserbata  a 
produzioni  tolte  dall'am- 
biente va  scemando,  come 
è  facile  comprendere, 
quanto  più  si  accresce 
quella,  invece,  che.  spetta 
alla  larva.  Si  intende  an- 
cora che  se  quest'ultima 
non  è  solida  o  non  as- 
sume rapidamente  lo  stato 
di  solidità,  sebbene  emes- 
sa liquida,  non  può  ser- 
vire bene  alla  formazione 

di  uno  strato  abbastanza  resistente  e  spesso,  da  garantire  la  sicurezza  dell'insetto 
occlusovi. 

In  tali  condizioni  non  vi  può   essere    di    meglio  della  seta    filata,    sostanza 

cioè  fuoriuscente  fluida, 
cne  rassoda  tosto  all'aria 
e  che,  modellata  in  fili 
esili,  non  resistenti  ed 
elastici,  può  formare  be- 
nissimo uno  strato  assai 
tenace,  al  quale  dà  con- 
sistenza la  stessa  natura 
del  filo  e  quella  di  so- 
stanze interstiziali,  che 
possono  essere  usate  a 
riunire  e  fondere  in  un 
tutto  unico  il  tessuto  se- 
riceo. 

Di  seta  sono  rivestiti 
corpi  duri,  nei  quali  è 
vissuta  la  larva,  per  pre- 
parare alla  ninfa  una  ca- 
meretta dalle  pareti  sof- 
fici e  resistenti.  Così  le 
Tignole  ed  altri  insetti 
viventi  nei  semi  in  ge- 
nere fanno  del  seme 
stesso  la  propria  cella 
ninfale. 

A  questo  stesso 
gruppo  si  possono  ascri- 
vere parecchi  Imenotteri 
(fig.  333),  che,  vissuti 
durante  la  vita  larvale  in  una  cella  scoperta,  filano  un  opercolo  di  seta  al- 
l'atto di  trasformarsi  in  ninfa  ed  anche  molte  Tignole  ed  altri  Lepidotteri,  che 
allo  stato  di   larva   stanno  entro  grovigli     sericei,     od    in    foglie  accartocciate  od 


Fig.  332.  —  Costruzione  del  bozzolo  ila  parte  del  bruco  di  un  Microle- 
pidottero americano  (Bucculalrìx  pomifoliella).  A,  il  bruco  fila  la 
prima  porzione  del  bozzolo  ;  B,  è  iniziata  la  seconda  porzione  più 
breve,  complementare  ;  C,  tutto  il  bozzolo  è  filato  e  le  due  parti 
congiunte;  D,  bozzolo  terminato,  rivestito  dalla  sostanza  cementale; 
E.  alcuni  bozzoli  in  sito,  meno  ingranditi  ;  F,  disposizione  del  filo 
nella  trama  del  bozzolo,   tngraml.   Da  Slingedaud  e  Flescber. 


320 


CAPITOLO    QUARTO 


altro  simile  riparo  e  quivi,  con  poco  lavoro  di  adattamento,  rimangono   anche  pel 
periodo  successivo. 

Secrezioni  d'altra  natura,   salivari  o  da  ghiandole  che  si   scaricano  nel  retto 
non  sono  altrettanto  comode  ed  efficaci  allo  scopo  e  non  servono    mai    da    sole, 
cioè  senza  la  trama  di  seta  o  senza  il  concorso  di  detriti  derivati  dall'ambiente. 
Un'altra  sostanza,  che,    quantunque  assai    scarsamente    in  confronto    sopra- 
tutto   della    seta,    è    pure  usata 
da  qualche  insetto  per  la  costru- 
zione di   un    follicolo  riparatore, 
è  la  cera  od  una  cera-resina,  in 
somma  un  composto  solubile    in 
alcool  o  negli  idrocarburi. 

Ma  la  cera  ha   degli  incon- 
venienti, come  la  sua  impermea 
bilità    ai    gas,    la     impossibilità 
di    modellarla    se    non   di  getto, 
la  fragilità,  ecc.   ed  è  perciò  che 
gli     scarsi     esempi    di     follicoli 
esclusivamente  cerosi  (maschi  di 
Cocciniglie,  fig.  334)  fanno  vedere 
che  per  dar  luogo  alla  possibilità 
di  respirazione   da  parte  dell'in- 
setto occluso,  è  necessario  che  il  follicolo  stesso  presenti    una  più  o  meno  estesa 
soluzione  di  continuità,  ciò  che  non  è  necessario  per  quelli  a  trama  serica    o  con 
detriti  agglutinati. 

In  generale  la  cera  ha  ufficio  diverso  e  se  uè  è    già    detto  anche  nel  1  vo- 


Fit 


333.  —  Esempio  di  ninfe  incluse  in  celle  operoolate. 
Parte  di  favo  di  Calabrone.  Grand,  natur. 


Fig 


334 

per  tra 


Foli  k 
epareu 


ili  oerosi    di    maschi  di  Cocciniglie.  A,  B,  di  diaspiti   ( Diaspis  pentagono):  in    B,  si  vede 
la  ninfa;  C,  di  Lecanite  (Pulvinaria);  D,  di  Lecauiodiaspite  [Pollinw).  In  grand. 


lume,  nei  follicoli  poi,  quando  si  trova  è  accompagnata  da  altre  prodazioni,  che 
formano  la  precipua   massa  del  bozzolo  e  non  vi    è  che  per  complemento. 

Adunque  la  sostanza  ottima  per  la  costruzione  dei  bozzoli,  a  protezione  della 
ninfa,  è  la  seta  ed  essa  ha  larghissimo  impiego  presso  gli  insetti  di  tutti  gli  or- 
dini, primi  però  i  Lepidotteri,  quindi  negli  Imenotteri,  di  poi  nei  Neurotteri, 
meno  ancora  nei  Coleotteri,  pochissimo  nei   Ditteri. 

Ho  detto  che  la  parte  serbata  alla  seta  coll'aumentare  induce  la  diminu- 
zione di  quella  che  rimane  a  produzioni  derivate  dall'ambiente.  Così  bozzoli 
ormai  riccamente  costrutti     di    seta    sono    tutto    al    più  parzialmente  protetti  da 


LE    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI    INSETTI 


321 


Fi». 


335.  —  Bozzolo    sericeo    di    una  Nottua,    protetto  ria  foglie  ili 
salice  fissate  al  bozzolo  stesso.  Grami,  natur.   Ha  Koesel. 


foglie  secche  (fìgg.  335,  33(5)  ad  immediato  contatto  col  bozzolo,  ma  non  è  una  con- 
dizione necessaria.  Oppure,  la  parte  che  aderisce  ad  una  superficie  rigida,  le- 
gno, roccia,  ecc.,  è  meno 
spessa  e  resistente  di  tutto 
il  resto  del  bozzolo  libero. 
Ma  nei  casi  di  alto  po- 
tere sericiparo,  come  è  ad 
es.  di  molti  Bombicidi,  fra 
i  Lepidotteri,  come  pure  di 
qualche  Imenottero  e  di 
Neurottero,  il  bozzolo  è  li- 
bero, in  ogni  sua  parte 
egualmente  spesso  e  resi- 
stente e  solo  una  atmosfera 

di  tìli  sericei  radi  lo  difende,   mentii'  anche  lo  sostiene  sai  corpi,  sui   quali   è  stato 

costrutto. 

Questa  è  la  più  ricca  ma- 
niera di  bozzoli,  che  raggiungono 
la  perfezione  nel  comune  Baco 
da  seta.  Fra  questi  bozzoli  però 
quelli  di  qualche,  specie  di  Bom- 
bicide  hanno  da  un  lato  un  foro 
per  l'uscita  dell'adulto,  foro  ce- 
lato e  condizionato  in  modo  che 
non  permette  l'ingresso,  mentre 
non  impedisce  l'egresso  dell'in- 
setto. Così  si  vede  nelle  Saturnie 
(flg.  337)  e  generi  affini.  In  altri 
casi,  e  ne  sia  esempio  il  Baco  da 
seta,  il  bozzolo  è  totalmente  chiuso 
e  dovunque  di  uniforme  spes- 
sore e  struttura. 

Una  certa  diversità  però  fra 
la  struttura  della  parete  interna, 
sua  levigatezza,  compattezza,  ecc. 
e  quella  esteriore  in  bozzoli  to- 
talmente di  seta,  si  manifesta 
sempre  in  grido  vario,  ma  talora 
è  così  accentuata  che  addirittura 
si  può  dire  il  follicolo  essere  co- 
strutto di  due  diflerentissime  pa- 
reti, l'una  dentro  l'altra  e  la  più 
interna  a  trama  fittissima  o  quasi 
omogenea,  la  più  esterna  a  lar- 
ghe maglie  di  seta,  formanti  un 
grosso  e  robusto  reticolato.  Così 
è  ad  es.  pei  bozzoli  di  molti  Ime 
notteri  Tentretlinei  e  ne  sia 
esempio  la  comune  Hylotoma 
rosae,  che  incrisalida  sotterra. 
Talune  specie  di  larve,  specialmente  di  Farfalle  costituiscono  un  riparo  sericeo 

A.  Berlebe,  Oli  Insetti,  II.  —  41. 


Kig.  336.  —  Bozzolo  di  Aniheraea  pernyi  su  una  foglia  ili 
Quercia,  fissato  anche  col  suo  peduncolo  al  ramo.  Grand, 
natur. 


322 


CAPITOLO    QUARTO 


Fig.  337. 


'■•■-  •';:"'!■'&'■---'- 


Spaccato  del  bozzolo  di  Saturnia  pyri 
Grand,  natur.  Da  Roesel. 


/ 


comune,  entro  il  quale  incrisalidano  tutte  insieme.  Il  più  bello  esempio  è  certa  - 
mente  quello  offerto  da  un  Bombicide,  Eucheira  sociali»  (fig.  338). 

11  comune  nido,  ben  grande,    ha  fori  d'ingresso  ed    egresso  per  le    larve  e 

finalmente  per  gli  adulti, 
che  sfarfallano  nel  suo  in- 
terno. 

Una  particolarissima  e 
del  resto  rara  maniera  di 
bozzolo  è  quella  fatta  da 
una  secrezione  speciale  della 
:<uperficie  cutanea  di  tutto  il 
corpo;  la  sostanza  fuoriesce 
liquida  dalla  pelle  della 
larva  e  si  rassoda  e  se  ne 
stacca  di  poi,  riuscendo  mo- 
dellata in  forma  ovale.  Ne 
viene  un  bozzolo  trasparente 
e  resistente  che,  per  la  viscosità  della  sostanza  quando  ancora  allo  stato  fluido, 
resta  aderente  ai  corpi  su  cui  si  è  formato.  Tale  maniera  si  vede  praticata 
ad  es.  :  dalle  larve  di  un  (Jurculionide. 
il  Gionus  fraxini  e  da  qualche  altro  in- 
setto. 

È  il  momento  qui  di  considerare  l'o- 
rigine delle  produzioni  speciali  della  larva, 
destinate  alla  formazione  del  follicolo  pro- 
tettore della  ninfa. 

Per  la  cera  si  è  già  esposto  altrove  che 
essa  fuoriesce  da  ghiandole  sparse  nel 
corpo  (vedi  voi.  I,  pag.  497  e  segg.). 

Ma  le  sostanze  glutinanti  ed  anche  la 
seta  possono  derivare  o  da  ghiandole  cu- 
tanee senza  ubicazione  precisa  sul  corpo 
dell'insetto,  come  è  anche  il  caso  citato 
del  Gionus  od  anche  da  ghiandole  maggiori, 
che  immettono  nell'intestino  estremo  ante- 
riore oppure  nel  retto,  di  guisa  che  il  prò 
dotto  fuoriesce  dalla  bocca  in  un  caso,  dal- 
l'apertura anale  nell'altro. 

Per  le  ghiandole  sericipare  cutanee, 
delle  quali  abbiamo  esempio  solo  nei  Dia 
spiti  fra  le  Cocciniglie,  ho  detto  abbastanza 
nel  voi.  I  a  pag.  505,  506;  delle  ghiandole 
sericipare  aprentisi  nella  bocca,  si  è  pure 
discorso  nel  detto  volume,  a  pag.  517  e 
segg.,  dove  pure  si  parla  della  seta  e  della 
sua  natura. 

Resta  a  trattare  delle  ghiandole  sericipare  con  sbocco  rettale,  poiché 
di  altre  secrezioni  con  eguale,  fuoriuscita  e  con  ufficio  nella  costruzione  del 
bozzolo  a  tutt'oggi  non  si  hanno  che  vaghe  indicazioni,  senza  studio  preciso 
alcuno. 


../ 


Fig.  338.  —  Bozzolo  comune  a  più  bruchi,  so- 
speso per  il  peduncolo  ai  rami  della  pianta 
ospite,  di  Eucheira  socialis.  Due  terzi  della 
grand,  natur.  Da  Quajat. 


I.K    BTÌ    GIOVANILI    DICCI. I    INSETTI  323 

Di  tali  ghiandole  dell'intestino  posteriore,  di  cui  si  ha  così  bello  esempio  nei 
Neurotteri,  parlo  ora,  non  avendone  detto  nel   I  volume,  allorché  era   tempo  (1). 

Già  nel  1901,  Del  mio  lavoro  Osservazioni  in  fenomeni  che  avvengono  durante  la  ninfosi  degli 
iìis<tti  metabolici,  a  pag.  298  avevo  accennato  alla  particolarità  che  presentano  le  larve  «li  Chry- 
sopa  •■  Myrmileon,  divisa  probabilmente  anche  da  altri  Neurotteri,  di  avere  per  sede  dell'organo 
sericiparo  l'intestino  posteriore,  cosa  già  veduta  e  benissimo  illustrata  dal  Meinert,  fin  dal  1889 
[Conlrio.  à  l'Anat.  dei  Fourmilions;  in  Overs.  Danske  Videnek.'SeUlc  Forhandl.  KySbenkaven,  1889, 
pag.  43-66,  con  due  tav.).  Avevo  detto  che  in  dette  larve  l'intestino  retto  funge  da  borsa  per 
contenere  la  seta  ed  i  vasi  nialpighiani  sono  trasformati   in  ghiandole  sericipare. 

È  noto  ancora  che  le  dette  larve  non  usano  questa  parte  dell'intestino  all'ufficio  più 
cornane,  al  quale  essa  è  chiamata  nella  grandissima  maggioranza  degli  insetti,  cioè  all'opera 
della  digestione  ed  anzi  queste  larve  uou  emettono  gli  escrementi,  che  rimangono  compresi  entro 
il  mesenteron   per  tutta  la  vita  larvale  e  ninfale,   tino  alla  schiusa  dell'adulto. 

Adunque  l'organo  sericiparo  è  costituito  da  tutto  l'intestino  posteriore,  colle  sue  ghiandole 
annesse  e  la  filiera  risiede  nella  stessa  apertura  anale,  mentre 
gli  ultimi  auelli  addominali  possono  essere  protrasi  in  ma- 
niera da  formare  un  lungo  tubulo  estemporaneo  e  che  si  vede 
in  attività  durante  la  filatura  del  bozzolo.  Questo  mostra  an- 
cora una  volta  la  adattabilità  somma  degli  organi  in  questo 
mirabile  gruppo  degli  Insetti. 

Allorché  la  larva  di  Formicaleone  o  di  Chrysopa  si  di- 
spone a  filare  il  bozzolo  (e  tutto  ciò  si  vede  bene  in  quest'ul- 
timo genere,  che  fa  i  bozzoletti  all'aperto,  sulle  muraglie  6 
sui  tronchi  degli  alberi,  mentre  i  Formicaleoni  incrisalidano 
nella  sabbia  e  perciò  sono  nascosti  ai  nostri  occhi),  tirati 
alcuni  fili  di  sostegno  del  futuro  bozzolo  fra  corpi  resistenti,  ^ig  339  _  Larva  di  Chri/sopa 
si     avvoltola  su  se  stessa  ad   arco  ed  inizia  la  costruzione  del  (Neurott.),    che  sta   filando    il    suo 

„  ,,.     ,  .  _         .    ,  ...    .      ,   .  .  ,   ,  bozzolo,   lngraud.  circa  8  volte, 

follicolo  sericeo.   Con    tale   artificio  del    piegamento  ad   arco  del 

corpo  e  coi  continui  spostamenti  del   corpo  stesso  accade  che 

il  follicolo  non  solo  riesce  sferico,  ma  anche  molto  piccolo,  a  giudicare  dall'insetto  che  vi  sta  den- 
tro, ed  ancor  più  da  quello  che  ne  uscirà.  Il  movimento  oscillatorio  dell'estremo  addome,  prolun- 
gato, come  si  è  detto,  in  un  sottile  cono,  movimento  per  cui  è  distribuito  e  disposto  equamente 
il  filo  di  seta,  è  rapidissimo  e  si  direbbe  che  la  larva  dipinge  internamente  il  suo  bozzolo,  di- 
stribuendo la  seta  come   il  pittore  fa  della  tinta  (tig.   339). 

I  Formicaleoni,  che,  come  si  è  detto,  fanno  il  bozzolo  entro  la  sabbia,  in  fondo  al  loro  ag- 
guato, ove  sono  vissuti  allo  stato  di  larva,  agglutinano  allo  strato  esterno  del  follicolo  stesso 
anche  molti  granelli  della  sabbia  medesima  (fig.   369,  li,   C). 

Anche  qualche  Coleottero,  come  ad  es.  le  Lebie,  fra  i  Carabidi,  filano  il  bozzolo  sericeo 
dall'estremo  anale,  ma  tale  bozzolo  ha  pareti  rade,  cioè  composte  di    un  reticolato  molto  lasso. 

È  da  credersi  che,  conoscendo  meglio  le  abitudini  di  molte  altre  larve  di  insetti  olometaboli, 
si   incontrino  altri  esempi  di  sericiparità  anale,   oltre  ai  già  noti. 

Una  specialissima  maniera  di  follicolo  sericeo,  alla  cui  costruzione  concor- 
rono altri  corpi  di  origine  estrinseca  alla  larva  è  quello  di  molti  predatori  e 
parassiti,  che  chiamano  a  tale  ufficio  anche  le  spoglie  delle  vittime.  Così  queste, 
dopo  aver  servito  al  nutrimento  della  larva  coi  loro  visceri,  concorrono  alla  pro- 
tezione della  ninfa  colla  loro  pelle  e  tutto  è  in  tal  modo  utilizzato. 


(1)  Ciò  per  una  singolare  dimenticanza,  che  spero  non  sia  accompagnata  da  troppe  simili.  A 
pag.  550,  a  proposito  delle  Ghiandole  sericipare  (linea  6),  avevo  detto  che  di  quelle  in  rapporto 
coll'intestiuo  posteriore,  in  larve  di  Neurotteri  e  di  qualche  Coleottero,  avrei  trattato  più  innanzi 
uel  capitolo  relativo  al  tubo  digerente.  Evidentemente  ini  è  sfuggito  il  ricordo  di  tale  pro- 
messa, ed  è  cosi  rimasta  nel   I   volume  questa  spiacevole  lacuna,  che  sarà  riempita  qui. 


324 


CAPITOLO   QUARTO 


In  qualche  caso  di  tale  maniera  si  comportano  anche  i  predatori,  ma  si 
comprende  che  questi,  locomovendosi,  non  possono  profittare  delle  spoglie  delle 
vittime  se  non  le  recano  con  sé  e  quindi  tali  spoglie  debbono  permanere  per  un 
certo  tempo  anche  sul  corpo  della  larva  predatrice,  di  guisa    che    ne    va    fatto 

cenno  a  proposito  di  quei  bozzoli  che  pree- 
sistono allo  stato  ninfale  e  che  io  chiamerò 
preninfali,  cioè,  dopo  aver  servito  di  riparo 
alle  larve,  con  lievi  modificazioni  o  semplice 
chiusura  dell'orifizio  da  cui  la  larva  poteva 
fuoruscire  in  parte,  diventano  la  nicchia  im- 
mobile pel  riposo  della  ninfa. 

Invece,  le  larve  che  si   nutrono  di  insetti 
accumulati   nel  loro  nido,  che  cioè  non  si  spo- 
stano da  dove  sono    nate,    possono    profittare 
delle  spoglie    delle    vittime,  per    fortificare  il 
bozzolo,    in    cui     si  chiuderanno    pei    trasfor- 
marsi. 
1   più  ovvi  esempi  sono  poi  dati  da  insetti  endofagi    i  quali,  vuotata  comple- 
tamente la  loro  vittima,  rimangono  ad  incrisalidare  in  posto  ed  hanno  così,  sotto- 
mano, la  spoglia  della  vittima  stessa,  di  cui  possono  profittare. 


Fig.  340.  —  Esempio  di  bozzolo,  dato  dal 
massimo  dei  nostri  Imenotteri  (Scolta 
ruflfrom),  protetto  in  parte  dalla  pelle 
della  vittima,  the  è  la  larva  del  Rinoce- 
ronte (Oryctes  nasicorni*).  Grand,  natur. 
Da  Passerini. 


Cito  alcuni  esempi  di  questa  maniera  di  follicoli. 

Per  insetti  eotofogi  basti  ricordare  la  comune  Scolia  rufifrom,  il  nostro  più  grosso  iiuenot- 
tero,  la  cui  larva  vive  nutrendosi  della  larva  di  Oryctes  nasicorni:,  e  di  poi,  vuotatala  completa- 
mente d'ogni  organo  interno,  costruisce  un  grosso  boz- 
zolo di  seta,  a  cui  è  tenacemente  addossata  da  un  lato 
la  pelle  della  larva  vittima  (fi- 
gura  340).  » 

Tra  gli  endofagi  si  possono 
ricordare  molti  belli  esempi,  a 
cominciare  da  quel  Aniìaetus  ebe- 
iiinus,  un  Inienottero  che  vive 
nella  larva  di  Pieri*  brassicae,  e 
non  la  lascia  giungere  se  non 
a  metà  della  sua  crescenza.  Fi- 
nito di  vuotarla  fa  il  suo  bozzolo, 
di  seta  impastata  con  altra  so- 
stanza e  variegato  a  zone  pallide 
e  nere,  entro  la  pelle  dell'ospite 
e  vi  trasparisce,  perché  la  pelle 
stessa  è  ormai  esilissima  e  pellu- 
cida. Così  questo  bozzoletto,  col 
capo  della  larva  ospite  da  un  lato,  si  vede  basato  sulle  foglie  di  cavolo  od  altrove  (fi- 
gura 342 1.  i 

La  fig.  341  mostra  im  altro  esempio,  nel  quale  però  la  spoglia  della  larva  non  abbraccia  se 
non  una  parte  del  bozzolo  dell'endofago. 

Persino  una  specie  che  vive  entro  Coleotteri  adulti  (fig.  343),  morto  l'ospite,  che  rimane 
sui  suoi  piedi  fermo  al  sostegno,  fila  il  bozzolo  tra  questo  e  il  veutre  della  vittima  che  cosi 
protegge,  quasi  a  covo,   il  suo  uccisore. 

Analogamente  si  comporta  un  altro  endofago,  che  fa  un  curioso  bozzolo  tronco-conico  o  me- 
glio a  forma  di  cappello  e  la  parte  superiore  del  follicolo  è  protetta  dalla'  spoglia  della  vittima, 
che  è  un  Afide,  che  ivi  rimane  a  testimonio  della  sua  sorte  (fig.  344). 


Fig.  341.  —  Bozzolo  di  un  grosso  Imenot - 
tero endofago  (Pimpla  conquisilo!-), coperto 
in  parte  dalla  pelle  del  bruco  vittima. 
Grand,  natur.  da  Howaid. 


Fig.  342.  —  11  bozzolo 
ìleìV  Anilaslus  ebeni- 
iiiis,  Imenottero  en- 
dofago ;  de.~  bruco 
della  Cavolaia,  della 
cui  pelle  è  rivestito 
il  bozzolo  stesso. 
Ingrand.   2   diam. 


LK    ETÀ    GIOVANILI    DKGI.I    INSETTI 


325 


Una  speciale  maniera  di  bozzoli  è  quella  in  cui  entra,  come  parte  precipua. 
la  spoglia  stessa  dell'insetto,  rigettata  nelle  mute.  Se  ne  ba  esempio  nei  Diaspiri, 
tra  le  Cocciniglie. 

Però  qui  è  da  notarsi  che  tale  follicolo 
può  solo  con  dubbio  e  restrizione  essere 
omologato  a  quello  che  fanno  le  larve  alla 
fine  della  loro  esistenza,  perchè  pel  maschio  la 
forma  che  fabbrica  il  bozzolo  non  è  quella 
che  precede  immediatamente  la  ninfa  e  per  la 
femmina  non  si  può  provare  che  la  forma  ge- 
nerante sia  l'ultima  di  quelle,  che,  nel  loro  in- 
sieme, costituiscono  il  periodo  larvale.  È  più 
prudente  ascrivere  il  follicolo  dei  Diaspiti  al 
gruppo  degli  involucri  protettori  delle  larve. 
Per  la  serie  maschile,  questo  è  certo,  come 
pure  pel  follicolo  femminile,  pel  periodo  in  cui  esso  reca  la  sola  spoglia  larvale. 


Kit;.  343.  — Cocoinellìde  d'America  (Megillu 
maculala)  uccisa  dalla  larva  endofaga  di 
un  Iuienottero  (Homalotns  obscuriis),  che 
ba  filato  il  bozzolo  sotto  la  vittima. 
Iugrand,  circa  4  diam.  Da  Howard. 


Fig.  344.  —  Afide  ucciso  e  vuotato  da  uu  Iuienottero 
parassita,  che  poi  è  sortito  dalla  Bua  vittima  ed  ha 
filato  sotto  a  questa,  un  bozzolo,  al  quale  la  spoglia 
dell'afide  serve  tuttavia  da  riparo.  Ingrand.  Da 
Howard. 


Bozzoli  di  origine  preninfale.  —  Si  è  già  accennato  che  molte  specie  usano  pro- 
teggersi, allo  stato  di  larva,  da  in. 
volucri  di  natura  ed  origine  diversa 
e  se  ne  sono  recati  vistosi  esempi 
a  proposito  di  Lepidotteri  (sopra- 
tutto Psichidi,  Tineidi),  di  Neurot 
teri  (Friganeidi),  ecc. 

In  tali  casi  il  bozzolo  della 
ninfa  è  già  preparato  purché  venga 
chiuso  l'orifizio  di  comunicazione 
col  l'ambiente  esterno  o,  se  si  tratta 
di  una  lunga  galleria  coperta,  venga 
isolata  mercè  diaframmi  una  por- 
zione, nella  galleria  stessa,  capace 
di  fungere  da  cella  per  lo  stadio 
ninfale. 

Cotali  bozzoli,    in  generale    ri- 
saltano composti  da  uno    strato  in- 
terno,   dipendente  da  secrezioni  della  larva,  per    lo    più    di    tessuto    sericeo,  ed 

uno  esterno,  resultante  da  detriti  provvedati  dall'ambiente. 
Questi  sono,  come  è  facile  credere,  della  natura 

la  più  diversa  e  non  mancano  esempi  di  predatori, 

che    rivestono  il  loro    bozzolo    colle    spoglie    delle 

vittime  (fig.  345),  come  è,  ad  es.,  di  quella  Erastria 

scitula,  una  delle  pochissime  Farfalle  predatrici,  di  cui 

si  è  detto  innanzi  (vedi  pag.  251,  fig.  242    del   pre- 
sente volume). 

Una  divisione  fra  queste  maniere  di    involucri 

protettori  può  essere  fatta  a  seconda  che    si  tratta 

di    bozzoli  mobili,    che    la    larva    stessa    trasporta 

con  sé,  come  la  Chiocciola  la  sua  nicchia,  oppure  di 

gallerie    coperte,    scavate    nella    sostanza    medesima 

larva  o  che  di  là  procedono  e  quindi  fisse  assieme  al 

ri  vate. 


Fig.  345.  —  Bozzolo  di  un  Lepidot 
tero  divoratore  (allo  stato  di  larva) 
di  una  grossa  cocciniglia  della 
Lacca  (Gaecardia  madayascarien  - 
sis),  che  porta  attaccate  (6)  le  spo- 
glie della  vittima.  Ingraud.  3  diam. 
Da  Targioni. 


che    dà    nutrimento     alla 
corpo  dal  quale  sono  de- 


326 


CAPITOLO    QUAKTO 


Per  le  prime,  agli  esempi  già  ricordati  (pag.    249  e  seg.)  si  può 
aggiungere  quellodi  taluni  t'olii  coli,  nei  quali  hanno    parte     persino 

gli  involucri     dell'uovo,     come  è 


Fig.  346.  —  Bozzoli  «li  Coleotteri 
Crisomelidi.  A,  di  Cryptocephalug; 
15,  di  di  Clytra  (ìonr/tpes).  I  boz- 
zoli sono  composti  di  argilla  agglu- 
tinata da  un  mastice  speciale. 
Ingranditi.  Da  Palire. 


Fig.  347.  —  Bozzolo  aperto 
di  Psichide  {Chaliodes  ju- 
nodi)  per  mostrare  il  bozzolo 
interno.  Grand,  natur.  Da 
Fuller. 


della     scatoconca  pei  Crisomelidi 

del  genere    Clytra    ed    affini,     in 

cui  l'inizio  del   follicolo,     che    la 

larva  trae  con  sé,  può  essere  dato 

dal      detto     involucro     dell'uovo 

(fig.   346). 

I  Psichidi,    Tineidi   ed     altri 

Lepidotteri,    come    i     Friganidi, 

allorché    sono    giunti      alla    line 

della  vita  larvale,  fissano    il   loro 

follicolo    ad     un     corpo    estraneo 

per    la    parte    ove    è    l'apertura 

e  colla  chiusura,  a  mezzo  di  seta, 

dell'apertura    stessa,     ottengono 

anche  la    tenace    adesione  al   so- 
stegno (fig.   347). 

Anche  delle  gallerie  coperte 

fatte  da  parecchie  larve,  specialmente  di  Le- 
pidotteri, si  è  detto  abbastanza  (pag.  251). 
Qui  aggiungo  un  hello  esempio  di  un  Mi- 
crolepidottero (che  mi  riesce  dubbio  nella 
determinazione  poiché  non  ne  possiedo  l'a- 
dulto), le  cui  larve  furono  trovate  aver  lar- 
gamente eroso  un  corno  di  Bue,  da  tempo 
abbandonato  sul  terreno,  in  Somalia,  e  che, 
giunte  a  maturatila,  hanno  costrutto  robu- 
stissime gallerie  di  seta  all'interno,  di  terra 
al  di  fuori,  procedenti  dal  corno  stesso  ove 
erano  vissute.  Tali  gallerie,  addossate  e  te- 
nacemente strette  1'  una  all'  altra,  formano 
una  massa  compatta  ed  al  punto  opposto  a 
lineilo  di  partenza  stanno,  all'orifizio  <li  ogni 
singola  galleria,  le  spoglie  della  ninfa,  es- 
sendosene volati  via  gli  adulti  (fig.  348). 
È  questo  anche  un  bello  esempio  di  insetti, 
che  si  cibano  di  sostanza  cornea,  da  ag- 
giungersi a  quelli  indicati  in  precedenza 
(pag.  240). 


Si  deve  coneludere  che  una  delle 
più  vive  preoccupazioni  della  massima 
parte  delle  larve  ole-metaboliche  si  è 
quella  di  provvedere  alla  sicurezza  pro- 
pria nel  futuro  e  critico  stadio  di  ninfa, 
e  le  larve  stesse  si  preparano  agli  atti 
relativi  assai  per  tempo,  durante  il 
periodo  giovanile. 

In  molti   casi    i    mezzi    protettori 
raggiungono  una  complicanza  ed     una 
efficacia  notevolissimi;    in  molti  altri  l'ambiente  stesso  è    sufficiente    allo    scopo, 
in  altri  rarissimi  la  sorte  della  ninfa  mula  e  mal  difesa  è  lasciata  al  caso. 


Fig.  348.  —  Corno  di  Bue  trovato  giacente  sul  terreno 
in  Somalia  (race.  Prof.  6.  Paoli),  eroso  da  larve 
di  Lepidotteri,  che  hanno  fatto  poi  gallerie  di  terra 
e  seta,  dalle  estremità'  delle  quali  è  uscito  l'adulto. 
Metà  della  grand,   natur. 


T.K    ETÀ    GIOVANILI    DEGLI     INSETTI 


327 


Tutte  le  diverse  maniere  di   ninfe  (olometabole),    possono     essere  distribuite, 
in    rapporto    al  modo    di     protezione  loro,    secondo  la  seguente    tabella  : 


Ninfe  anoiciik 


molli 


I    non   locomobili    —   es.  :    Gallerucella. 

\  locomobili  —  es.  :  Zanzare,  Chironomidi,  ecc. 


resistenti  ,r 

,„  .     ....  I   sospese  —  es.:    Vanesse,  ecc. 

(Crisalidi  .  ,  „.     ...  '  „     ...      ... 

v,.  »necxnle  —  es.  :  Piendi,   Papuiouidi,   ecc. 

diurne)  '  '         ■ 


Ninfe   EMIOICHE.   —  Es.  :   Coccinellidi,   qualche  Crisomelidi'. 


Ninfe  kvoichk  i 


Pupe  —  es.  :  Ditteri  Ciclorafi  e  Pupipari. 

È  conservato  l'involucro  riparatore  della  larva  —  bozzolo  preuiu- 
fale  —  es.  :   Psicbidi,   qualche  Tineide,   Friganidi,  ecc. 

Il  riparo  è  dato  dal  solo  ambiente,  senza  lavorazione 
ulteriore  —  es.  :  molti  iusetti  terricoli  o  lignicoli; 
qualche  eudofago. 

Senza  intervento  di  seta  —  es.  :   qualche  in- 
setto sotterraneo  o  lignicolo. 

|    Bozzoli    di    seta    ed  altre  materie 


Ninfe  e  Cri- 
salidi. È  ab- 
bandonata 
la  spoglia 
larvale 


Bozzolo 
fatto 
I    esclusi-    I 
vamente  ' 


La    larva 


per   la 
ninfa 


aggiunge 

lavoro 
alla  pre- 
parazioue 
del    boz- 
zolo 


Con  in- 
tervento 
di  seta 


estranee  —  es.  :   molti   insetti. 

|   Filatura  anale    —    es.  : 

„         ..  qualche  Neurottero, 

I         qualche    Coleottero. 

Filatura  orale    —    es.  : 

molti   Lepidotteri, 

Neurotteri,   ecc. 


di  sola 

seta 


Bibliografia. 

relativa  agli  stadi  giovanili  degli   insetti. 
a)  Uova. 


Bkllaii  M.  e  Quajat  E.,  Influenza  dell'ossigeno  e  dell'aria  compressa  sullo  schiudimento 
intempestivo  delle  uova  di  filugello  (Atti  d.  R.  Ist.  Veneto  di  se,  lettere  ed  arti,  tomo  IX, 
disp.   Ili,   pag.   155-156,   Venezia   1897-1898). 

Brandt  A.,  Vergleichende  Untersuchungen  iiber  dio  Eiroliren  und  die  Eier  der  Insekten  (Boll, 
della  Soc.  Imp.  degli  Amici  delle  Scienze  nat.  ecc.,  (in  lingua  russa),  Moskau,  voi.  XXII,  1876). 

—  —  Ueber  das  Ei  und  seine  Bildungsstiitte,  Leipzig  1878. 

Dvak  H.    e    Rolla  P.,     The  egg  and  youug  larva  of    Culex    perturbala    (Proc.    ent.    Soc.     Wa- 
shington,  VI,   pag.   218,   1904). 
Gerard,   Notes  on    the  eggs  and     larve    of   an   unknown  Dragon  fly    (Amer.    Eutom.,  pag.   174, 

ISSO). 
Giraclt  A.   A..  Standards  of  the  number  of  eggs  laid  by  Insects  (Entomologica!  News,    voi.  25, 

n.  7,  pag.  296,  Philadelpbia  1914). 
GkenaCHBR  H.,   Beitrage  zur  Kenntnis  de*  Eies  der  Ephemeriden    (Zeitschr.     f.  wiss.   Zool.,  18, 

pag.  °5,  1869). 
Hkli.ins  .1.,  On  the  variation  of  the  sizes  of  the  Lepidopterous  eggs  laid    by    the    sanie   female 

and  other  notes  (Ent.   Montili.   Mag.,   voi.   L9,   pag,  208-210,  1882). 
Kku-Haw  J.   B.,    .Muir  F..  Oh   the  egg-case*  and  eaily  stages  of    some    South  China    Cassididae 

(London   Trans.    Entom.   Soc,   1907.    1    Fig.). 
Korschblt  E.,  Ueber  einige  interessante   Vorgange  bei    der  Bildung  dei-  Insekteneier  (Zeitschr. 

f.   wiss.   Zool,  45,  pag.   327,  1887). 

—  —   Oeber  die   Bildung  des  Chorions,  dei  Micropylen  und  Chorioiianhiinge  bei  den  Insekteneieru 

(Nova  Acta  Acid.  Leopold.  Carol.,  51,  pag.  85,  1887). 


328  CAPITOLO    QUARTO 


Luciani  L.,  Sulla  vita  latente  degli  ovuli  del    baco  da  seta    durante    l'ibernazione    (Bull.    Soc. 
entom.  Ital.,  voi.  17,  pag.  71,  1885). 

—  —  Ancora  sulla  ibernazione  degli  ovuli  del  baco  da  seta    (Bull.  Soc.    entom.    Ital.,    voi.  17, 

1881). 
Luciani  L.,  Piutti  A.,  Sui  fenomeni  respiratori  delle  uova  del     Bombice    del  Gelso    (Bull.   Soc. 

eut.  Ital.,  anno  XX,    pag.  67-112,  t.  XIV,  1888;  Atti  R.  Acc,  dei  Georgotìli,  Firenze   1889; 

Archiv.  Ital.  Biol.,  t.  IX,  pag.  319,  1888). 
Muller  F.,  Die  Eier  der  Haarfliiger  (Ent.  Nacbr.,  14.  Jabrg.,  pag.  259-261,  1888). 
Nep.dham  J.  G.,  The  eggs  of  Benaoua  and  their  hatohing  (Entom.  News,   18,  pag.   113,   1907). 
Quajat  E.,   Ricerche  sui    prodotti     di     respirazione  nella  larva    e  nelle    uova    del     Bombice     del 

gelso.  Con  una  tav.  (Boll.   Menu.  Bach.,  serie  III,   Padova,  anni  1895,  1897,    1898). 
Riley  C.  V.,  Ou  the  curious  eggmass  of  Corydalus  cornvtua    (Proced.  Amer.   Ass.    Adv.    Se,  25 

pag.  275,  1876). 
Slater  F.  W.,  The  egg-carrying  habit  of  Zaitha  (Amer.  Nat.,  33,  pag.  931,   1899). 
Tichomiroff  A.,  Chemische  Studien  iiber  die    Entwicklung  der    Insekteneier  (Zeitschr.   f.    phy 

siol.  Chemie,  Bd.  IX,   1885). 
_   —  Sullo  sviluppo  delle  uova  del  Bombice  del  Gelso  sotto   l'influenza    dell'eccitazione  mecca 

nica  e  chimica  (Boll.  Mens.   Bach.,  serie  II,  anno  III,  pag.   145-151,  Padova  1885-1886). 
Verson  E.,  La  composizione  chimica  dei  gnsci  delle  uova  del   baco  da  seta  (Boll.  Mens.   Bach. 

serie  II,  Padova,  anno  1884). 

—  —  Dei  canali  aeriferi  che  attraversano  nel  filugello  il    guscio  dell'uovo.  Con  una  tav.  (Boll 

Mens.     Bach.,    serie    II,  Padova,  anno  1892,    e    Le    Staz.  Sper.  Agr.    Ital.,  XXIV,    Modena 
1893. 

—  —  Il  guscio  dell'uovo  bombicino  e  le  impronte  che  esso  reca  alla  superficie  esterna  (Ann.  R 

Staz.   Bac,   XXXVIII,   Padova   1911). 
Vlacovicii  G.   P.,  Sul    guscio    delle    uova    proprio    al    Bombice    del    Gelso    (Boll.  Mens.  Bach, 
serie  II,  Padova,  anno  1894). 


b)  Larve. 

Alessandrini  G.,  Studi  ed  esperienze    sulle    larve    della     Piophila    casei  (Vermi   del    formaggio) 

(Archiv.  de  Parasit.,  Voi.  13,  pag.  337-382,   Paris  1908-1909). 
Ayers  H.,  On  the  developmeut  of  Oecanlus  nivens  and    its  parasite    Teleas    (Mem.     Boston    Soc. 

Nat.  Hist.,  t.  III.  1884). 
Bengtson  S.,  Studier  ófver  Insektlarver.  (I.  Kungl.   fysiol.  Sallsk.   i  Lund.  Handlingar,  N.  F.,   8, 

1897). 
Boisduval,  Rambur  et  Graslin,   Collection   iconographique  et  historique  des  Chenilles,    ou  de- 

scription  et  figures  des  Chenilles  d'Europe,  ecc.,  Paris  1832. 
Boeving  A.,  Naturai  hi  story  of  the  larvae  of  Donaciinae    (Internationale  Revue,  voi.  IV,  pag.   1, 

Biol.  Supplem.,  1910). 
Brauer  F.,  BeitrSge  zur  Keuntnis  des    iuueren   Baues  und    der  Verwandlung    der    Neuropteren 

(Verhdl.  zool.-bot.  Ver.  Wien.,  Bd.  IV,   1854,  Bd.  V,   1855). 

—  —  Beitrage  zur  Keuntnis  der  Panorpiden  Larveu  (Verhd.  d.  K.  k.  zool.-bot.  Gesellsch.  Wien., 

Bd.  XIII,  1863). 

_  _  Beitrag  zur  Kenntnis  der  Verwandlung  der  Mantispiden  Gattung  Symphrasis  Hg.  (Zool. 
Anz.,   Bd.   X,   1887). 

Buckner  P.,  Ueber  Belastuugsteile  und  Aupassnng  bei  Larvengehiiusen  von  Trichopteren  (Zeit- 
schr.  f.   wiss.  Insekt.-Biol.,  Bd.  I,   pag.  374,   1905). 

—  —  Ueber  den  Wert  des  Spiralbaues  bei  einigen  Tricopterenlarven  (Ibid.,   II,   pag.   358,   1906). 
Bugnion  E.,    Recherche.H  sur    le    developpement  postembryounaire,  l'anatomie  et    les  moeurs  de 

l'Encyrtus  fascicola*  (Recueil  zool.  Suisse,  voi.  V,  1891). 
Carlet  G.,   Sur  le  mode  de  locomotiou  des  Chenilles  (Compt.  Rend.,  Tome  106,  pag.  1737-1740, 

1888). 
Chapuis  et  Candèzb,  Catalogue  des  larves  des  Coléoptères,  etc.    (Mém.     Soc.  Scienc.    de  Liège, 

voi.  VIII,  1853). 
de  Pkyerimiioi'F  P.,   La   larve  des  insectes  Metabola  et  les    idóes  de  Fr.  Brauer    (Feuille  Jeun. 

Naturai.   (4),   Ann.   34,   pag.   21-26,   41-45,   1903-1904). 
DEWITZ  J.,   Untersuchiingen   iiber  die  Verwandlung  der  Insektenlarven.    (Sunto  di   K.    Escherich, 

Allg.   Zeitschr.   f.   Entom.,   Bd.   8,   Nr.   1,   pag.    18-19). 
Dimmock  A.  K.,   Variable  number  of  molta  in  Insects  (Psyche,  voi.  5,  pag.  28-29,   1888). 
Dimmock  <i.  and  KnaB   F  .     Early    stages    of    Caràbidae.    (Springfield.    Mass.     Bull.    Mus.     Nat. 

Hist.,  pag.  55.   1901,). 
U'Orchymont  A.,  Coutribution  a  l'étude  des  larves  Hydrophilides  (avec  23  fig.)  (Ann.  de  Biolog. 

lacustre,  T.   VI,   fase.   2-3,   pag.    173-174,    Bruxelles  1913). 
Duponciiel  P.  A.  J.,  Iconographie  et  histoire  naturelle  des  Chenilles,  ecc.,  Tome   I  Diurnes,  II 

Nocturnes,   Paris  1849. 
Forbes  W.,  The  aquatic  caterpillars  of  Lake  Qninsigamond  (Pavone,  Boston  Mass.,  17,  pag.  219, 

1910). 


BIBLIOGRAFIA  329 


Gill  T.,  The  larva  of  Iusects  un  intercalated  stage  (Proc.   Ent.  Soc.    Washington,  voi.  II,  1892, 

pag.  304). 
Grubk  A.   E.,   Beschreibuug  eiuer  auli'allenden    an    Siisswasserschwaminen    lebeudeu  Larven    (>St- 

syra)  (Wiegrnanu's  Archiv  f.  Naturgesch.,  Bd.  IX.   1843). 
Guyot  .).,  Contribution  à  l'étude  des  larves  des  Gastrophiles    (Oestrides)    parasites  de  l'estouiac 

du  Cheval   (Arch.  Parasit.,  Paris,  Tome  IV,  pag.  169-221,   1901,. 
Hagen,  H.  A.,  Ueber  Phryguuidengehiiuse  (Stettiuer  Ent.  Ztg.,  Bd.  25,   pag.   113,   1864). 
Imms  A.   !>.,  On  the  larvai  and  pnpal  stages  of  Anopheles  maoulipennis  Meigen    (The  Journal    of 

Hygiene,  voi.  VII,  Cambridge  1907,   pag.  291-318,  con  tav.). 
Johannsen  O.,   Acquatic  Nematocerous  Diptera.  II.    Chironomidae    (New  York     State    Mus.,    86, 

Eutom.  23,   1905). 
Keilin  D.,   Recherehes  sur    la    morphologie    larvaire    des  Diptères    du    geure  Phora.  Avec  4  pi. 

(Bull.  Si-,  de    la  France    et    de    la  Belgique,    ser.   VII,    t.  XLIV,  fas.   1,    pag.  27-89,  Paris 

1911). 
Keilin  D.  et  de  la  Baumk    Plovinel  G.,    Foruies  larvaires  et  biologie  d'un  Cyuipide  ontomo- 

phage,   Eueoila  Keiliiii  Kietì'er  (Bull.   Se.  de  la  France  et  de  la  Belgique,  ser.  VII,  t.  XLVII, 

fas.   1,  pag.  88104,   Paris  1913.   2  Tav.). 
KRONE  E.,   Ueber  die  bisher    unbekannten  ersten  Stiinde  einiger  Microlepidopteren  (Wieu.    Jah- 

resb.  Entomol.   Ver.,  pag.   11,   1905). 
Kunckel  d'Herculais  J. ,  Observations  sur  l'hypermétamorphose  ou    hypnodie  chez  les  Cautha- 

ridiens.  La  phase  dite    de    pseudo-chrysalide,  considérée    cornine    phénornène    d'enkystement 

(C.  R.  Acad.  d.  Se,  t.  CXVIII;  Annales  de  la  Soc.  entom.  de  France,  t.   LXIII,   1894). 
—  —  Les  Diptères  parasites  des  Aoridiens  :  les     Bombylides;  Hypnodie  larvaire  et  métamorphose 

avec  stade  d'éclosiou  et  de  repo»  (C.  R.  Acad.  d.  Se,  t.  CXVIII,  1894). 
Lauterborn   i;..   Zar  Kenutnis  der  Chironomidenlarven  (Zool.  Anz.,  29.,  pag.  208,  Leipzig  1905). 
Lécaillon  A.,  Sur  les  rapporta  de  la  larve  et  de  la  nymphe  du  Consin  (Culex  pipiens  L.)  avec 

le  milieu  anibiant  (Bull.  Soc.  Philomath.,     Paris,    Tome  I,    pag.  125-130,    1900). 
Lksne  P.,  Contribution  à  l'étude  des  premiers  états  des  Gyrinides.  Avec  1  fig.  (Bull.  Soc.  Entom. 

France,  1902,  Nr.  4,  pag.   85-88). 
Leuckart    R.,    Die    Larvenzustande    der    Musciden    (Arch.     f.    Naturges.,    27    Jahrg.,    Bd.     1, 

pag.   60-62,   Berlin   1861). 
Luciani  L.,  Lo  Monaco  D.,  Sui    fenomeni    respiratori    delle    larve  del    Baco  da    seta    (Atti  R. 

Accad.  dei  Georgonli,  voi.  XVIII,  fase.  3,  1895;  Archiv.     ital.    Biol.,    t.  XIII,pag.  424-433, 

1895.  Con  tav.). 
Martin-  F.,  Zur  Entwicklungsgeschichte  des  polyembryonalen  Chalcidiers    Ageniaepis    (Encyrtus) 

fusoioollii    Daini.  (Zeits.  uviss.  Zool.,  pag.  69,  2  Tav.  e    8  Fig.,  Leipzig  1914,. 
Maurice  Ch.,  Des  larves  aquatiques  dans    les    dihVrents  groupes  de  Lepidoptères  (Bull.  Scient. 

Départ.   Nord.,  4  Au.,  pag.   115-120,  1881). 
Meixert  F.,  De  eucephale  Myggelarver.   Sur   les    larves  encéphales    des  Diptères.  Leurs  nioeurs 

et   leurs  métamorphoses  (Dauske  Vid.  Selsk.   Skrift.    Kjòbenhavn  (6),    Bd.  3,    pag.   373-475, 

1886). 
MlGER  1'..   Mémoire  sur  les  larves  d'iusectes  coléoptères  aquatiques.  I.  Mém.  sur  le  grand  Hydro- 

phile  (Ann.  du  Mus.  d'Hist.  nat.,   14,  pag.  441,   1809). 
NigmaNN     M.,    Beobachtungeu     an     ini    Wasser    lebeuden    Schmetterlingsraupen    (Zool.    Jahrb., 

pag.  617,   1892). 
Oudemans  J.  T.,    Falter  aus  castrirten  Raupen,  wie  sie  augsehen  und  wie  sich  beuehmen  (Zool. 

.lahrb.  Spengel.  Abth.  Syst.,  Bd.  XII,  1898). 
Pachako  A.  S.,  bescription  of  the  larvae  of  injurious  forest  Iusects  (Third  Report  of  U.  S.  Eu- 

tomological  Conimissiou,    1883). 
Pantel  J.,  Recherches  sur  les  Diptères  à  larves  eutoinobies  — II:  Les  enveloppes  de  l'oeuf  avec 

leurs  dépendances,  les  dégàts  indireets  du  parasitisine,  av.  pi.   1-7    et  26  fig.  (Cellule,  T.  29, 

fas.  I,  pag.  5-289,  Louvain  1913). 
Perris  E.,  Larves  de  Coléoptères  (Ann.  de  la  Soc.  Linnéeuue  de  Lyon,  T.  XXII,  Paris  1876). 
Pictet  A.,Influence  des  changements  de  nourriture  sur  les  Cheuilles  et  sur  la  formation  du  sexe 

de  leurs  papillons  (C.   R.  Soc.  Physiq.  H.  N.  Genève,    fase.    20,  pag.  66-69,   1902)  (uota  pre- 
ventiva). 
^  —  L'iuflueuce  des  changements  de  nourriture  des  cheuilles  sur    le    développeinent    de     leurs 

papillons  (Arch.   Se.  phys.  nat.,  T.   14,   pag.  537-540  et  C.  R.,  85  SesB.,  Soc.  helv.  Se.  nat., 

pag.   165-166.  Actes  Soc.   helv.,  pag.   78,   An.    1902). 
Piepers  M.  C,  Ueber  die  Farlie  und  den  Polyinorphismus    der    Sphiugideu-Raupeu   (Tijd.  Ent., 

Deel.  40  pag.  27,   1897). 
PLATNIKOW  W..   Sull'esuviamento  degli   Insetti  (Diario  dell'XI    adunanza  dei   naturalisti   e  medici 

russi   in   Pietroburgo,   1901.   In   lingua  russa). 
Prati    11.   S.,  Beitrage  zur  Kenutnis  der    Pupipareu  (Die    Larve    von    Helophagua    ovinus)  (Arch. 

Naturg.,  An.  59,  pag.  151,   1893). 
Redtenbacher  J.,  Uebersicht  der  Myrmeleonideularven  (Denkschrift.  math-naturwiss.  CI.  k.  Akad. 

Wiss.  Wien.,  Bd.  XLVIII,   1884). 
Schiodte  .1.  G.,    De    inetamorphosi  Eleutheratorum.   Bidrag    til    Insekternes    Udviklingshistorie 

(Kroyer'a  Naturhist.  Tidsskrift.   Kjòbenhavn.,  12  parti  con  88  Tav.,   1862-1883). 
Sii.tala  A.  .1.,  Trichopterenlarven  in  nicbtselhstvorfertigten  Gehausen.  (Allg.  Zeitsch.  f.  Entom. 
9,   pag.    147,   1904). 


A.  Beblese,  Oli  Insetti,  II.  —  42. 


33U  CAPITOLO    QUARTO 


Siltala  A.  J.,  Ueber  die  postetnbryonale  Eutwicklung  der  Trichoptereularven  (Zool.  Jahrb.  Sup- 

plem.,  IX,  pag.  309,  1907). 
Struck  R.,  Liibeckische  Trichopteren  und  die  Gehiiuse  ihrer  Larven   und  Puppen.  (Das  Museuui 

zn  Liibeck,  Liibeck  1900). 

—  —  Beitriige    zur  Keuntnis   der  Trichoptereularven  (Mitt.  geogr.  Gesellschaft  zu  Liibeck,  XVII, 

1903). 
Urkch  F.,  Résultat  d'aualyses  chiiniques  de  la  uourriture  et  dea  excrérnents  de    la    chéuille  du 

lanista   nrticae  (C.   R.  Trav.,   79.   Sess.  Soc.   Helv.   Se.  N.,   pag.   162,   1896). 
Vbrson  E.,  Intorno  all'umore  che  determina    il    distacco  della  spoglia  nelle  mute    degli    insetti 

(Ann.  Staz.  bacol.,  Padova  1902,  voi.  XXX,  pag.   17-32). 

—  —  Contribuzione  a  un  più  esatto  concetto  delle  mute   e  delle  ghiandole  esuviali  nel  JS.  mori 

(con  2  tav.)  (Zeitschr.  f.  wiss.   Zool.,  XCVII,  Leipzig  1910). 
Wesenberg  Lund  C.  (von).  Biologische  Studieu  iiber  netzspiunende  Trichopterenlarven  (Intern. 

Revue  der  Gesain.  Hydrob.     und  Hydrog.,    Leipzig  1911,    pag.  1-64    con  6  Tav.  e.   S  Figg. 

nel  testo). 
-   —  Wohnungeu  und  Gehiiusebau  der  Siisswasserinsekten  (Fortschr.  der  Naturwiss.  Forschung, 

Bd.  IX,  pag.  1-132,   Wien-Berlin,   1913). 
Willem  V.,  Larves  de  Chironomides  vivant  dans  des  feuilles  (Bull.  Acad.  roy.,    Bruxelles  1908, 

pag.  697). 
Zavrel  J.,  Beitriige  zur  Kenutuis  der  Dipteren-Larven  (Entom.  Zeitschr.  Prag.,  3,   1909). 

c)  Ninfe. 

Ball  Fu.,  Notes  sur  Pellet  de  la  temperature  sur  les  chrysalides  (Ann.  Soc.  Entom.  Belg.,  T.  45, 
XII,  pag.  385-388,  1901). 

Baudermann  F.,  Einfluss  natiirlicher  Kiilteauf  Entwickluug  von  Scbmetterlings-Puppen  (Entom. 
Zeitschr..  21  Jahrg.,  pag.  59,  Stuttgart,  19071. 

Brauer  F.,  Beschreibung  der  Verwandlungsgeschichte  der  Mantispa  styriaca,  und  Betrachtung 
iiber  die  sogeuannte  Hypermetamorpbose  Fabre's.  (Verh.  d.  zool.  bot.  Ges.  Wieu.,Bd.  XIX. 
pag.   831,  tav.  12,  1869). 

Berlese  A.,  Intorno  alle  metamorfosi  degli  insetti  (Redia,  voi.  IX,  fase.  II,  pag.  121-136,  Fi- 
renze   1913). 

Brunelli  G.,  Sul  significato  della  metamorfosi  negli  insetti  (Rivista  Ital.  di  Se.  Nat.,  Nr.  7-8, 
pag.   100-106,  Siena,   1902. 

—  —  La  metamorfosi  degli  insetti  e  la  filogenesi    dei    Coleotteri    (Riv.    ital.    di    Scienze  Nat., 

Anno  24,  Nr.  5-6,  Siena  1904). 
Cacsard  M.,  Sur  le  róle  de  l'air  dans  la  dernière  urne  des  uymphes  aquatiques  (Bull.  Soc.  Ent. 

France,  pag.   258,  1890). 
Chapman  Th.  A.,  On  a  Lepidopterous   pupa    (Mioropteryx  purpurella)    with    functionally    activc 

mandibles  (Trans.  Ent.  Soc.  London,  pag.  255,  1893). 

—  —  Notes  on  Pupae  (Orneodcs,  Epermenia,   Chrynocorye  and   Pteropliorus)  (Trans.  Ent.  Soc.  Lon- 

don, pag.   129-147,  T.  6-7,  1896). 

—  —  On  the  Pupal  suspension  of  Thais  (Trans.  Entom.  Soc.  London,   1905,   16   Ug.). 
Chobaut  A.,  Sur  les  moeurs  et  les  métamorphoses  de  V Emenadia  flabellata  F.   pour  servir  a  Phi- 

stoire  biologique  des    Rhipiphorides  (Compt.   Reud.,   Tome  112,   pag.   350-353,   1891). 
Davison  J.,  On  the  iufluences  of  some   couditions  on  the  metamorphosis  of  the  Blow-rly  (Musca 

vomitoria)  (Journ.  Anat.  Phys.,  London,  voi.   19,  pag.   150-165,   1885). 
Deegener  P.,   Die  Metamorphose  der  Insekten,   Leipzig  und    Berlin;   Teubuer  1909. 

—  —  Wesen  und  Bedeutung  der  Metamorphose  bei  Insekten.   Theod.  Thomas,     Leipzig  1910. 
De  Mei.iere  J.  C.  H.,   Ueber  die  Metamorphose  von  Callomya  amorini  Meig.  (Tijdsohr.  v.  Entom., 

Deel.  43,  pag.  223-231    Tav.  13  s'Gravenhage  1901). 
Dbwitz  .1.,   Recherches  expérimentales  sur  la  metamorphose  des  Iusectes  (C.  R.  Soc.  Biol.,  Paris, 

T.   54,   Nr.   2,   pag.   44-45). 
Dofour  L.,  Méinoires  sur  les  métamorphoses  de    plusieurs  larves  fongiformes  appartenant  a  des 

Diptères  (Ann.  d.  Se.  Nat.  Zoolog.,  s.   II,   t.   12.  pag.   1-60,  1839). 

—  —   Recherches  sur  les  métamorphoses  du  genie   l'horn,    et    descriptiou   de    deux  espèces  nou- 

velles  de  ces  Diptères,  avec  fig.  (Meni,  de  la  Soc.  Roy.  des  Sciences  de  l'agric.  et  des  arts  de 

Lille,  pag.  414-J24,  21  fig.,   1840). 
DUGÈS,   Metamorphose  du   Cybister  fimbriolattu  (Ann.   Soc.   eutom.    Belgique,   19,   pag.  26,   1884). 
Edwards  W.  H.,  On    the    pupation    of    the    Nymphalidae  (Entomol.     Montbly    Magaz.,  voi.     15, 

pag.  220-226,   1879). 
Eichklbaum     F.,     Kiiferlarveu     und    Kàferpuppen     aus     Deutsch-Ostafrika    (fine),    con     1    Fig. 

(Zeitschr.  f.  wiss.  Insektei.biol.,   Bd.  9,   lift.   4-5,  pag.  114,  Berlin  1913). 
Fabrk  M.,  Mémoire  sur  l' hy permétamorphose  et  les  moeurs  des    Méloi'des  (Ann.     Se.    Nat.,  S.  4, 

T.  7,   1857). 
_   _.  Nouvelles  observatious  sur  l'hypermétamorphose  et  les  moeurs  des  Méloides  (Ibidem,  T.  9, 

1858). 
Gbkcke  G.,   Ueber  die  Metamorphose  nacktfliigeliger  Ceratopogon-Axten  (Verbandl.  d.  Vereins    f. 

naturw.   Unterhaltnug,  Hamburg,   <t,  (mg.    1,   1878). 


BIBLIOGRAFI  \  331 


GiaRD  A.,  Lea  idécs  de  Lamarok  sur  la  métamorphose  (('.  R.  Sue.  Biol.,  Paris,  T.  55,  Nr.  I, 
pag.  8-9,  1903). 

—  —  Transformatioii  et.  métamorphose  (C.   R.  Sue.   Biol.,  Oct.  1897). 
Gokdart  .Ioli.,  Metamorphosis  et  aistoria  naturali*  [nsentorum.  Parte  II,  1667. 

Gunthk.r  E.,  Ueber  dio  l'uppo  von  Kydrophilua  picena,  CybiBter  Iloeaelii  und  Dytiaona  (Berlin,  en- 
tom. Zeitsoh.,    Ili,   pag.   12,  1900).' 

Han'dmrsch  A.,  Die  Métamorphose  zweier  Artcn  der  Gattung  Anaoharia  (Verli.  zool.-bot.  Gea. 
Wien,  235  237,  Tav.   VII,  fig.  1-1,  Jahrg.  1886). 

—  —  Einige  interessante  Kapitel  der  Pallio-Entomologie    (Ibiden,  1910). 

Hkvmons  K.,   Die  versohiedeuen  Formen  der  Inseotenmetamorphose  und  ihre  Bedentung  ira  Ver- 

^leicli  zur  Métamorphose  anderer  Arthropoden  (Ergehniss  u.  Fortschritte  der  Zoologie,   Bd.  I, 

1907.  pag.   137   188). 
Kafka   K.   L.,   Ueber  den  Ursprung  der    Metamorphoseu,     (Kraneheifs  Entom.    Jahrb.,    3    .Ihg. , 

1894,   pag.  114-11S). 
Kivi;   V.  O.     Phosphoresoent    [nseets,    fcheir    metamorphoaea    (Amer.    Natnr.,     Philadelphia  1878, 

t.  XII,  Nr.  6,  pag.  354). 
Klapalkk  P.     Métamorphose  der  Trichopteren  I.  (Arcluv     d.     Naturw.  Landesdurchfnrschung  v. 

Bóhmen.Bd.   VI,  Nr.  5,   1888).   II.   (Ibidem,   Bd.   Vili,  Nr.  6,   1893). 
KiixcKEi.  d'Hkrculais  •!.,  Observations  sur  les  moeurs  et    métamorphoses  dn   Gymnoaorna  rotitn- 

datum  L.  diptere  de  la   famille  dea  Muscides    (An.    Soo.   Entom.    France,  (5),  T.  9,  pag.  349, 

1880). 
X)es   mouveineijts  dn  coenr  chez  les  insectes  pendant  la   métamorphose  (Compt.   Rend.   Acad. 

d.  So.  Tome  99,   pag.   151-153,  1884). 
Mécanisme  physiologique  de  l'éclosion  dea  mnes    et    de    la  métamorphose  chez  les  Insectes 

orthoptères  de  la   famille  dea  Acridides  (0,   R.  Acad,  d.  Se,  T.  CX;  Ann.  de  la  Soc.  entom. 

de   France,   VI  Sér.,  T.   X,   1890). 
LÀ  K.u'MK  W.     Ueber  die  Métamorphose    der  Ephemerideu    (Sitzungsb.  Gea.   naturf.  Fr.    Berlin, 

pag.   137,   1909). 
Lamkere  A..   La  raison  d'ètre  dea  metamorphoaea  chez  les  Insectes  (Ann.  Soc.  Ent.  Belg.,  Tome  43, 

pag.  619-636). 
_   La  paleontologie  et  lea    métamorphoses    des    insectes    (Ann.     Soc.    Entom.     Belg.,    T.    52, 

pag.   127-147,   10  figg.,  Bruxelles  1908). 
Lichtenstkin  .1      Sur  Ica  métamorphoses  de  la  Cautharide  (Li/tta    veaioatorìa  Fabr.)  (Compt.  remi. 

Acad.  Se.,  Paris  1879,  T.  88,  pag.  1089-1092). 
Métamorphose  du  l'nceron  dea  gallea  lignenaes  dn   Peuplier  noir  rempliif/na  buraariua  (C.  R. 

Acad.  d.  Se,  T.  XC,   1880). 
Lììbben  A.     ThrypticHa  amaragdinua  Gerst.  und  seine  Lebensgesohichte.   Beitrag  zur  Doliohopiden- 

metamòrphose  (.lena,  Zool.  Jahrb.,  1908,   14  pag.,  con  1  tav.  e  6  fig.  nel  testo). 
Lubbock  J.     Origin  and  métamorphoses  of  Inseeta.  (Nature  (in   hook   forni),    1873,    1*74). 
I.i  CIANI  L.     Lo  Monaco  D.,   Sui  fenomeni  respiratori   della  crisalide  del  Bombice  del  Gelso.  Ri- 

cerche "preliminari  (Bull.  Soc.  Ent.  Ital.,  Anno  25,   pag.   12,   1893;  Atti  R.  Accad.  dei  Geor- 

gofili,   1893,  e  Archivea  Ital.  Biol.,  T.   XIX,  pag.  274,   1893). 
Lyoxft  P      Recherches  sur  l'anatomie  et    les  métamorphoses    de    différentes  espèces    d' Inaectea, 

ouvr.  posthume,   publié  par  W.    W.   de  Haan,   P.    107-112,    PI.   II,   Paris  1832. 
Merian  M.   Sibylla,    Diasertatio    de    generatione    et    metamorphosibns    InseOtorum    Surinamen- 

oiuui,  etc,  Hagae  Coni.,   1726. 
Miall  L.   C,   Tranaformationa  of  Insects  (Natine,   1895). 
Nkedham  Jam.  li.,  A   probable  new  type    of    Hypermetamorphosis.   Con    5    fig.     (Psyche,     voi.  9 

Nr.   316,  pag.    375-378). 
Perez  Cu.,  Lea  idées  de  Lamarck  sur  les  causes  de  la  métamorphose  chez    les    Insectes    (C.  R. 

Soc.  Biol-,  Paris,  T.  54,  No.  37,  pag.   1528-1529,  1903). 
Pekhier  ErJM.     Développement,  métamorphose  et  tachigenèse  (C.  R.  Soc.  de  Biol.,  aér.  X,  t.  V, 

1898). 
Poui.ton  E.   B.,  Notea  in   1885  upon  Lepidopterous  larvae  and  pupae,    moluding  an  account  on 

the  Iosa  of  weight  in    the  freahly-forrned    Lepidopterous  pupae  (Trans.     Ent.    Soc,    London 
1886).  *  ■ 

Poyarkoff  E.,  Essai  d'une  théorie  de  la  nympho  des  insectes  holométaboles  (Ardi,  de  zool.  expe- 

rimentale  et   generale,  T.  54,  Fas.  8,  Paris  1914,  e  Horae  Soc.  Entom.    Ross.,  T.  XLI,  Nr.  1, 
Petro°rad     1914    (in    russo  e  con  riassunto    in  francese). 
Regnard  P.,  Sur  l'activité  vitale  des  Chrysalides  (C.  R.  Soo.  Biol.,  Paris  (9>,  Tome  I,   pag.  57-bO 

Schindler  A.  K.,  Die  Métamorphose    der    Inaekten  (Zeitschr.  Naturw.,   Bd.     (5,    pag.     341-dob, 

1903). 
Schmidt    O.,    Métamorphose    und    Anatomie    des    mannliohen  Aapidiotua    Nerii    (Ardi.    Naturg., 

Jahrg.  51,  pag.   169-200,   1885).  . 

Schreiner  J.     Lebenaweiae  und  Métamorphose  des  Rebenschneiders  oder  grosskophgen    /.wietiel- 

hornkafers    (Lethrua    apterua    Laxm.)     (Horae     Soc.     Entom.     Ross.,    St.    Petersburg,     1906, 

12  pag.). 
Sii.t\la  A.,  Ueber  die  Métamorphose  einiger  Phryganeiden  und   Limnophiliden    (Acta    Soc.     prò 

Fauna  et  Flora  Fenuioa,  voi.  XXI,  pag.   1,  Nr.  4,  1902). 
Beobachtungen  iiber  die  Oekologie  der    Trichoptereupuppe    (Zeitschr.    t.     wiss.     lnsekten- 

biologie,  II,  pag.    88,  1906). 


332  CAPITOLO    QUARTO 


Silvknius  A.  J.,  Ueber  die  Metamorphose  einiger   Hydropsychiden  II.  (Helsingfors  Acta  Soc.  p 
Fauna  et  FI.  Fenn.,  1903,  14  pag.). 

-  Ueber  die  Metamorphose  einiger  Pbryganideu   nnd    Limnophiliden    III.  (Helsingfors,    Acta 
Soc.  p.  Fauna  et  FI.   Fenn.   1904,   74  pag.). 

-    —  Ueber  die  Metamorphose  einiger  Hydroptiliden  (Helsingfors,    Acta  Soc.     p    Fauna    et    FI. 
Fenn.,   1904,   38  pag.). 

-  Beitriige  zur  Metamorphose  der  Trichopteren   (Helsingfors,   Acta  Soc.   prò  F    et  FI.   Fenn  , 
1905,  168   pag.). 

Silvestri  F.,  Contribuzione  alla  conoscenza  della  metamorfosi    e  dei  costumi  della  Lebin  scnpu- 

laria    Fourc.    con    descrizione  dell'apparato    sericiparo    della    larva    (Firenze,    Redia,    1904, 

17  pag.). 
Sinéty  R.  de,   La  mue  chez    les    Phasmes  du  genie    Leptynia    (Bull.    Soc.  Entom.  France,   1900 

Nr.   11,  pag.  228-229). 
Thienemann  A.,   Biologie  der  Trichopterenpuppe  (Zool.  Jalirb.,  Abt.  Syst.,  Bd.  XXII    (Dissert), 

1907). 
—  —   Chironomidenmetaniorphosen   in   Kieffer  und  Thinemanns.-Neue  und  bekannte  C'hironomiden 

(Zeitschr.   f.  wiss.  Insektenbiol.,  4,  1908). 
Tutt  ,1.    W.,   Pupal  development  and     colour    of  imago     (Entom.     Record.,     voi.  4,     Nr.     12,     pa- 
gina 311-315). 
Ulmer  G.,  Ueber  die  Metamorphose  der  Trichopteren  (Abh.  Nat.   Ver.   Hamburg,   Bd.  18,  Nr.  3, 

154  pag.,   1903). 
Van  Bemmelen  J.   F.,  Die  Phylogetietische  Bedeutung  der  Puppenzeichnung  bei    den    Rhopalo- 

ceren  und  ihre  Beziehungen  zn  derjenigen  der  Raupen  und  Imagines  (Verhandl.  d.  deutsch. 

Zool.   Gessell.,   zìi   Bremen   XXIII  Jahr.   13-15,   pag.    106-117,   Berlin   1913). 
Vayssière  A.,  Sur  la  metamorphose  du   ProsopUtoma  (Compt.     rend.   Ac.  Se,  Paris  1880,   T.  90, 

pag.  1370-1371). 
Vood  T.   \V.,  Remarks  on  the  coloration  of    Cbrvsalides    (Proced.    Ent.    Soc,  London,    sit      II 

voi.  II,  1867). 
Weismanx  A.,  Die  metamorphose  von   Corethra  plamicornis  (Zeitsclir     f     wiss.    Zool.      Bd     XVI, 

1866). 
Xambeu  Cap.    V.,  Moeurs  et  métamorphoses  d'Insectes  (Aunales  de  la  Soc.  Linnéenne  de  Lyon, 

voi.   38."  (1891).   39.°  (1892),   40.°  (1893),   41.°  (1894),   42.°  (1895),     43.»    (1896),     44."    (1897), 

45.»  (1898),   46»  (1899),   48.°  (1901),   49.°  (1902),   50.°    .19031,   51. °     (1904),     52.°    (1905),     54." 

(1907),  56.°  (1909),  57.°  (1910),  59.u  (1912),    60.°  (1913). 


d)  Bozzoli. 

Anderlini  F.,  Struttura  del  filo  serico  (Boll.  Mens.  Bach.,  Ser.  II,   Padova,  anno  1887). 

André  E.,  rJevage  des  vers-à-soie  sauvages  (Libr.  Gustave  Ficker,  Paris  1907). 

Bateson  W.,  Oh  variation  in   the  colour    of    cocoons,    pupae,  and  larvae:     further    experiments 

(Trans.  Ent.  Soc,  London  1892,  pag.  205-214). 
Bi.anc  L.,  Etnde  sur  la  sécrétion  de  la  soie  et  la  structure    du     briu    et    de    la    bave   dans    le 

Bombyx  mori,   Lyon   1889. 
Df.maison  L.,  Sur  les  cocons  à  Clirysalides  multiples  (Bull.  Soc.  entom.  France,  1908,  pag.  65-66, 

Paris  1908). 
Dewitz  H.,  Ueber  springende  Insectencocons    (Sitzungsber.    Ges.    naturi'.  Freunde,   Berlin   1S79, 

pag.  31). 
Fauvel  A.,    Les  séricigèues  sauvages  de  la  Chine,  Paris  1895. 
Hellins  J.,  On  the  colouring  matter,  etc.  of  cocoons  of    some  of  the    silk-spinning  Lepidoptera 

(Entom.   Month.   Mag.,  voi.  18,  1881,   pag.  260-261). 
Laker  A.,  The  cocooVi  of  Hyàropìnlus  piceus    and   Hydrobitis  fuseipes  (Entomologist.,   14    pag.  82, 

1881,. 
Osborne  J.  A.,  On  the  cocoons  formed  by   Hypera  rumici!  and    its    parasites,    and   donna  scro- 

phulariae  (Eutom.   Monthly  Mag.,   voi.   16,'  pag.   181,   1879). 
Paasch,     Ueber    springende    Insectencocons    (Sitzungsber.    Ges.    naturf.    Freunde      Berlin  1879, 

pag.  81-82). 
Qua.iat  E.,    Dei    bozzoli    più    pregevoli    che    preparano     i    Lepidotteri     setit'eri    (Padova     1904, 

710  pag.,  50  tav.). 
Kiley  C.  V.,  On  the  larva  and  some  peculiarities  of  the  cocoou  of  Sphecins  speciosus  (Proc.  Ent. 

Soc,  Washington   1892,   voi.  2,  pag.   170-172). 
Urech  F.,  Sur  l'action  du  froid  et  de  la  chaleur  sur  les  cocons  de  Vanessa  (C.  R.  Trav.   80  Sess. 

Soc.  Helv.  So.  N.,   1897,  pag.  52-54,  1898). 


BIBLIOGRAFIA  333 


e)  Ninfosi. 

Angi.as  .].,  Sur  l'histolyse  et  l'histogénèse  <lu  tube  digestif  des  Hymenoptères  pendant  la  méta- 
morphose (C.   E.   Soo.   Biol  ,   Paris,   (10),  Tome  V,   1898). 

—  —  Sur  l'histogénèse  des  muscles  imaginaux  des  Hymenoptères  (C.   R.  Soc.  Biol.,  Paris,  (11), 

T.    1,  pag.  947-949,   1899). 

—  _  Sur  l'histolyse  et  l'histogénèse  des  mnscles    des    Hymenoptères  pendant    la  métamorphose 

(C.   R.  Soc.   Biologie,  25  nov.  et  2  dee.  ;   Bull.  Soc.  Entomologique  de  arance,   1899). 
_  —  Observations  sur  les  métamorphoses  iuiternes  de  la  (inope  et  de  l'Abeille  (Bull.  Se.  France 
Belg.,  Tome  34,  pag.  363-473,   1901). 

—  —   Le»  phénomènes  des  métamorphoses  interne»,   1  voi.  (Coli.  Scientia,  Nr.  17),  Paris  1902. 
Bataii.i.on   E.,  Sur  le  determiniamo  physiologique  de  la  métamorphose  chez  le  ver  à  soie  (Compt. 

Rend.,  Tome  115,  pag    61-64,  1892). 

—  —  La  métamorphose  du   Ver  à  soie  et  le  détermiuisme  évolntif  (Bull.  se.  France  et  Belgique, 

T.   XXV,   1893). 

Le  prohlème  des  métamorphoses    (C.  R.  Soc.    Biol.,  Paris,   1900,  Tome  52,    pag.  244-247). 

Berlkse  Ant.,   Considerazioni  sulla    fagocitosi    negli     insetti     metabolici     (Zool.    Anz.,     Bd.     23, 

Xr.  622,  pag.   441-449,   1900). 

—  —  Osservazioni  su   fenomeni  che  avvengono  durante  la  ninfosi  degli  insetti  metabolici.  Parte  I, 

Tessuto  adiposo.  Parte  II,  Tessuto  muscolare  (Miociti).  Con  100  fig.  nel  testo  e  8  tav.  (Riv. 
Patol.  Veget.  Berlese,  voi.  8,  nr.  1,  pag.  1-155,  1899;  voi.  9,  nr.  6-12,  pag.  177-344; 
1900,   voi.    10,   nr.   1-4,   pag.   1-108,   109-120,    1901). 

—  —  Vorgange  welche  wahrend  der    Nymphosis  der  metabolischen  Insecten    vorkommen     (Zool. 

Anz..  Bd.  24,  Nr,  651,  pag.  515-521,   1901). 
Boas,   Einige    Berne rkungen    iilier    die    Métamorphose    der    Insekten    (Zool.    Jahrb.    Abt.    Syst., 

Bd.  XII,   1899). 
Brkkd  R.  S.,  The  Changes  which  occur  in  the  Mnscles  of  a  Beetle,   Thymahis  marginieollis  Cheor., 

during Metaniorphosis  (Bull.  Mus.  Comp.  Zool.  at  Harward  College,   voi.  40  (7),  pag.   315-382, 

1903.   Con   7  Tav.). 
BitiiCKE  E.,  Der  Gaswechsel    der  Schmetterlingspuppen   (Ardi.    Anat.     Physiol.     phys.     Abt.,  pa- 
gine 204-218,  3  fig.,  Leipzig  1909). 
Casagrande  D.,   Sulle  trasformazioni  che  subisce  il  sistema  digerente  dei     Lepidotteri,   passando 

dallo  stato  larvale     a     «niello    d'insetto  perfetto  (Ball.   Soc.   Entom.   Ital.,   voi.    19,   1887). 
Couvrbdr  E.,  Sur  la  trausformation  de  la  graisse  en  glycogène  chez    le    ver  a  soie    pendant    la 

métamorphose  (C.  R.  Soc.   Biol.,  Paris,  (10),  T.   2,  Nr.  35,  pag.  796-798). 
De  Bhuyne  C-,  Recherches  au  sujet  de  l'iutervention  de  la  phagocytose  dans  le  développement  des 

Invertébrés  (Arehives  de  Biologie,  T.   XV,    1898). 
Deegkner   P.,   Entwicklung  des  Darmkanals  der  Insekten   wahrend  der  Métamorphose    1.     Cybi- 

Kter  Roeseli  (Zool.  Jahrb.,   20,  S.  499,   1904).    II:   Malacotoma  eastrentis  L.  (Zool.  Jahrb.,  Jena, 

1908,    138   pag.   con  5  tav.  e  fig.). 
Dewitz  .1.,  Recherches  experimentales  sur  la  métamorphose  des  Insectes.    Sur  l'action    des    en- 

zymes  (oxydasesi  dans  la  métamorphose  des  Iusectes  (C.   R.   Soc.   Biologie,   1902). 
Dubois  R.,  Couvrbdr  E.,  Sur  la  fixation     possible  du    carbone   par    les  Chrysalides  (Ann.    Soc. 

Linn.  de  Lyon,  1906,  pag.  227-231). 
Giard  A.,  La  métamorphose  est-elle  une  crise  de  maturité  genitale?  (Bull.  Soc.   Entom.  France, 

pag.   54-57,   1900). 
Sur  le  détermiuisme  de  la  métamorphose  (C.  R.  Soc.  Biol.,  Paris,  Tome  52,  pag.  131-134, 

1900). 
Gonin  J.,  Recherches  sur  la  métamorphose  des  Lépidoptères    (De    la    formation    des    appendices 

imaginaux  dans  la  cheuille  du    Pieiis  brassicae).    Avec    5    pls.     (Bull.    Soc.    Vaud.  Se.   Nat. 

(3),  voi.  36,  Nr.  115,  pag.  89-139,  1894). 
Henneguy  F.,  Le  corps  adipeux    des    Muscides  pendant   l'histolyse    (C.    R.    Acad.    Se,    Paris, 

T.  131,  n.  22,  pag.  908-910,  Paris  1900). 
Heymons  R,,   (Jeber  Fliigelbilduug   bei    der  Larve    von     Tenebria   molitor  (Sitzber.     Ges.     naturi'. 

Fremute,  Berlin,  Nr.  8,  pag.   142-144,   1896). 
—  Die  verschiedenen  Formen  der  Insektenmetamorphose  und    ilire  Bedeutung    im    Vergleich 

zur    Métamorphose    anderer    Arthropoden     (Ergebn.   Fortschr.     Zool.,     Bd.    1,    pag.  137-188, 

1907). 
.Ianet  E.,   Ilistolyse,  sans  phagocytose,  des  mnscles  vibrai eurs  du  voi,  chez  les  reines  des  Fonrmis 

(C.  R.  Ac.  d.  Se.  T.   144.   p.   393,  anno  1907). 
Karawaiew   W.,   Die  naehembryonale    Entwicklung    von     Lasius  flavus    (Zeitschr.     f.    w.    Zool., 

Bd.  XLIV,  1898). 

—  —  Ueber  Anatomie  und  Métamorphose    des    Darmkanals    der    Larve    von    Anobiiim    paniceum 

(Biol.  Centralblatt.,   Bd.  IX,  1899). 
Koi.be  H.,   Ueber  vorsehnelle  Entwicklung  von  Puppen  und  Imago-Organen  bei  Raupen  von  Le- 
pidopteren  (Dcndrolimus  ij'diì  L.)  (Sitzber.  Ges.  naturf.  Freunde,  Berlin  1902,   pag.   158-166). 


334  CAPITOLO   QUARTO 


KoROTNKFF  A.,  Hystolyse  und  Histogenese  des  Muskelgewebes    bei     der    Métamorphose    der  In- 

sekten  (Biol.  Centralblatt.,  Bd.  XII,  1892). 
KoWAi.KwsiiY  A.,  Beitrage  zur  Kenntuis  der  nachembryoualen  Entwicklung  der  Musciden.  1  Tbeil. 

(Zeit.  Wiss.  Z.,  Bd.  45,  pag.  542-594,  T.  26-30,   1887). 
Landois  H.,   Beitriige  zar  Entwicklungsgeschiclite  der  Schinetterlingsfiiigel    in    der     Raupe    und 

Puppe  (Zeitschr.  f.  wiss.  Zool.,  Bd.  XXI,  pag.  305-316,   1871). 
Lindkn  M.  (von),  Die  Assimilationstatigkeit   liei  Schnietterlings-Piippen.  con   14  Figg.  nel  testo 

e  3  Tav.,   Veit  e  C'omp.,  Leipzig  1912. 
Lììbben  H.,  Ueber  die  innere  Métamorphose  der    Tricliopteren  (Respirationssystem,  Geschlechts- 

driisen  und  Daini)  (Zool.  Jabrb.,  Abtb.  Morph.,  Bd.  24,  pag.  71-128,  T.  11-13  (48),  Jena  1907). 
Mercier  L.,  Les  processus  phagooytaires   pendant  la  métamorphoee  des    Insectes    (Paris,    Arcli. 

Zool.  exp.,   1906,   151  pag.). 
Metalnikoff  S.,     Zur    Verwandlung    dei     Insekten    (Biologisches  Centralblatt.,     Bd.    27,     1907, 

pag.   396-405,  con  fig.). 
Mktschmkof  E.,   Untersuchungen  iiber  die  intracellulare  Verdaunng  bei   wirbellosen  Thieren  (Arb. 

Z.   Iust.   Wien.,    Uà.    5,   pag.    141-168,   1882). 
Neediiam  J.  G.,  Some  General  Features  of   the  Metamorphosis  of   the  Flag  Weevil     Mononyóhus 

Vitlpeculms  Fabr.   (Biol,   Bull.,   Boston,   1900,   voi.    1,   pag.    179-191). 
Nf.rtzei.   W.,  Zur  Kenntniss  der  Hystolyse  (Arcli.  f.  patii.  Anat.,   Bd.  GLI,  pag.  7-22.   1897). 
Pére/.  ('..  Études  sur    la    métamorphose  des  insectes    (Bull.    Se.     France    et    Belgique,    Nr.  37, 

pag.   195-427,  pls.  3,  fig.  32,  Paris  1903). 

—  —  Les  phéuomènes  histologiques    de    la  métamorphose    chez    les    insectes    (C.   R.  Soc.   Biol., 

T.  68,  pag.   167-168,  Paris  1910). 

-  Signitìeation  phylétique  de  la  nymphe  chez  les  insectes  métaboles  (Bull.  Se.   de  la  France 

et  Belgique,   T.   44,   pag.   221-234,   Paris   1910). 
Picard  F.,  Le  róle  de  la  déshydratation  dans    la  métamorphose  A'Ocneria  dispar.  (Feuille  .leune 

Natur.,    Ann.  35,  pag.  186-187,  Paris  1905). 
Pratt  H.S.,   Imaginal  discs  in   Insects.   With   1 1  figg.  (Psycbe,  voi.   8,  Nr.   250,  pag.  15-20,  1897). 

—  —  The  Enibryonic  History  of  Imaginal  Discs    in    Melophagus  oviiitis  L.,    etc.    (Proced.     Bost. 

Soc.   Nat.    Hist.,   voi.  29   (13),  pag.   241-272,   1900.   Uon   7  tav.). 

Rkes  .1.,  Beitrage  zur  Kenntniss  der  inneren  Métamorphose  von  Mnsca  vomilorìa  (Zool.  .labri). 
Abili,    f.   Anat.   n.   Ontog.,   Bd.   Ili,   1888). 

Rengei,  C,  Ueber  die  Verauderungen  des  Darmepithels  bei  Tenebria  molitor  wiihrend  der  Méta- 
morphose.  con    1   Tav.   (Zeitschr.  f.   wiss.   Zool.,   Bd.   62,   Hft.   1). 

Ross  E.  A.  L.,  Die  postembryonale  Entwicklung  des  Darmkanals  bei  den  Trichopteren  (Anatolia 
laevis  Ferr.)  (Jena  Zool.  Jabrb.,  1908,   96  pag.,   con  4  tav.). 

Terre  L.,  Sur  les  troubles  physiologiques  qui  accompaguent  la  métamorphose  des  Insectes  holo- 
métabolieus  (C.   R.   Soc.    Biol.,   Paris  (10),  Tome  5,   pag.   955,   1898). 

—  —  Contribution  à  l'étude  de    l'histolyse  et     de    l'histogénèse  dn    tissn    musculaire  chez     l'A- 

beille  (Bull.  Soc.   Ent.  France,   1899,  pag.   351-352  (nota  preventiva);  Ibidem    pag.  896-898, 

1900). 
Urech  F.,   Deterinination  du  poids  des  Chrysalides  de  Lépidoptères  pendant   leur  transformation 

(Ardi.  Se.  phys.  et  nat.,  Genève  (4),  T.  12,  Nr.   11,  pag.  503-504). 
Vanky  C,   Contribution  à  l'étude  des  phéuomènes  de  métamorphose  chez    les    Diptères     (C.     R. 

Acad.  Se,  Paris  1900,  T.  131,   Nr.   19,  pag.  750-761). 

—  —  et  Maigkon  F.,  Vaiiatious  subies  par  le  giocose,  le  glycogène,  la  graisse  et  les  albumines 

solubles  au  cours  des  métamorphoses  du  ver  à-soie  (C.   R.  Acad.  Se,  T.   140,   pag.   1192  1195, 
Paris  1905). 
Yerson  E.,   La  formazione  delle  ali   nella    larva  del   Bombyx  viari    (Pubi.     R.     Staz.    Bacol.,     Pa- 
dova 1890). 

—  —  La  evoluzione  del  tubo  intestinale  nel  filugello    (Atti    Ist.  Veneto  Se,  Tomo  8,  pag.  917, 

1897;  Ibidem,  Tomo  9,  pag.   1273  (2  tav.),  1898;    Rie    Anat.    R.  Staz.  Bae,  X    e    XI,    Pa- 
dova 1897-1898). 

—  —  La  evoluzione  postembrionale  degli  arti  cefalici  e  toracali   nel  filugello  (Atti  R.   Ist.  Ven. 

S.   L.    A.,     T.   XLIII,     p.    II,    Anno   1903-1904,    e    Ann.     R.   Staz.   Bae,   voi.   XXXI,    Padova 
1903). 
Viallanes  H.,  Sur   l'histolyse  des  muscles  de  la    larve  durant    le  développement  post-embryon- 
naire  de  Diptères  (Compt.  rend.,   Voi.  92,  pag.  416-418,  1881). 

—  —  Recherches  sur  l'histologie  des  Insectes  et  sur  les  phénomènes  histologiques  qui  accompa- 

gnent  le  développement    postembryonnaire  de  ces  animaux.  Thèse  de  la  Faculté  des  Sciences 

de  Paris  (Ann.   Soc.  Nat.   de   France,   Zool.,   T.   LIV,   1882.    NTr.    1;    sunto    Bull.   Soc.     Entom. 

[tal.,  voi.   15,   1883). 
Wein'i.aud  E.,  Ueber  die  Stoffumsetzungen  wiihrend  der  Métamorphose    der    Fleischfliege  (Calli- 

phora  vomilorìa)  (Zeit.  Biol.   (2),   Bd.   29,   pag.    186-231,   1905). 
Weismann     A.,     Die     nachembryonale     Entwicklung    der     Musciden     nach     Beobachtnngen,     ai) 

Musco,  vomitarla  und  Sarcophaga  cavitaria    (Zeitschr.     f.    wiss.   Zool.,     Bd.   XIV    e     XVI,    1864- 

1866). 


CAPITOLO   V. 

L'ADULTO 

E 

GLI  ATTI  PER  LA  CONSERVAZIONE  DELLA  SPECIE 


OTTA  la  spoglia  ninfale  appare  Analmente  l'insetto 
adulto,  l'insigne  esempio  della  più  ricca  e  bella  orga- 
nizzazione che  sia  in  natura. 

Il  suo  precipuo  scopo  è  il  compimento  di  quegli 
atti,  che  conducono  alla  riproduzione  e  come  forma 
racchiudente  in  sé,  maturi  ormai,  i  germi  di  nuove  ge- 
nerazioni a  perpetuazione  della  specie,  sfuggito  ad 
innumerevoli  insidie,  che  ne  hanno  decimato  i  fra- 
telli nella  lunga  via  percorsa,  l'adulto  è  in  possesso 
dei  più  efficaci  mezzi  di  conservazione  del  proprio  in- 
dividuo, come  pure  alla  ricerca  ed  al  contatto  dei  due 
sessi,  alla  produzione  di  nuovi  individui  in  ambienti  opportuni  alla  loro  esi- 
stenza, alla  conservazione  insomma  anche  della  specie  sul  globo. 

La  identità  del  periodo  del  ciclo  evolutivo  dell'insetto,  rappresentato  dallo 
stato  di  adulto,  il  quale  periodo  è  identico  per  tutte  le  specie,  cioè  dalla  matu- 
ranza  dei  prodotti  sessuali  alla  morte  ;  la  minore  difformità  nel  regime  degli 
adulti  in  confronto  di  quella  delle  larve,  le  cui  maniere  di  esistenza  sono  senza 
confronto  grandemente  più  variate,  inducono  per  la  forma  adulta  una  maggiore 
uniformità  di  tipo  quanto  ad  organizzazione. 

Chi  volesse  indicare  con  una  figura  le  caratteristiche  dell'insetto  adulto  lo 
potrebbe  fare  segnando  una  t'orma  a  quattro  ali,  con  lunghe  antenne,  con  sei 
zampe  bene  sviluppate,  con  evidente  separazione  del  corpo  nelle  tre  precipue 
regioni,  sopratutto  della  prima  dalla  seconda,  e  colle  tre  fondamentali  paia  di 
organi  boccali,  con  occhi  semplici  e  con  quelli  composti,  ed  infine  cogli  ultimi 
anelli  addominali  trasformati  in  organi  esterni  di  riproduzione,  (figg.  349,  350).  A 
tale  tipo  si  potrebbero  condurre  gli  adulti  di  tutti  gli  insetti,  non  curando  le 
forme  aberranti  per  adattamenti  speciali,  che  sono  eccezioni  e  non  regola  (né 
di  qui  vanno  esclusi  gli  Apterigoti,  dei  quali  si  è  detto  come  possano  essere 
sospettati  per  forme   neoteniche). 

Ma  non  altrettanto  bene  potrebbe  essere  indicato  un  tipo,  che  abbracciasse 
tutte  le  forme  larvali,  giacché  per  la  diversità  del  periodo  nella  giovinezza  della 
specie,  che  esse  rappresentano,  come  si  è  mostrato,  ed  ancora  per  la  molto  mag- 
giore varietà  di  modi  e  di  ambienti  di  vita,  troppo  disparati  sono  il  grado  di  evo- 
luzione, l'aspetto,  l'insieme  della  organizzazione  loro,  come  i  particolari. 


336 


CAPITOLO    QUINTO 


fi  tìff 

-V  •■  '      ■■'  $  /  /  ■* 


^      |*« 


l-ig    319.    -  Insetto  adulto  veduto  dal   dorso,  mostrante  le  varie  parti  ohe  sono  più  frequentemente 
richiamate  nelle  descrizioni.  Figura  schematica. 


"""«oi^,,, 


Fig.  350.   —  Come  la  precedente,   ma  dal  ventre. 


L'ADULTO    k    01.1    aiti    PKH    IA    CONSKRVAZIONK    i •  i : I , I . a    sj-i:<  ik 


337 


Il  tipo  di  adulto,  che  abbiamo  indicato,  non  subisce  variazioni  se  non  nel  nu- 
mero delle  ali,  da  due  paia  ad  uno,  non  meno,  mentre  tutte  le  altre  modifica- 
zioni degli  arti  e  degli  organi  sensoriali  sono  affatto  secondarie  e  non  intaccano 
la  unicità  del  tipo  indicato. 

Nel  presente  capitolo  converrà  conoscere  ancor  più  intorno  alla  organizza- 
zione di  questa  mirabile 
forma  alata,  per  quanto 
ha  rapporto  colle  sue  spe- 
ciali funzioni,  giacché  di 
tutto  il  resto  si  è  larga- 
niente  trattato  nel  primo 
volume,  nonché  a  modi  di 
vita,  che  spettano  esclu- 
sivamente a  questo  mo- 
mento della  esistenza  del- 
l'insetto e  più  a  quegli 
atti,  che  sono  in  rapporto 
coll'opera  della  riprodu- 
zione. Questi  non  trovano 
riscontro  con  altri  delle 
età  precedenti,  mentre 
per  quelli  intesi  alla  con- 
servazione dell'individuo, 
potrà  essere  detto  tenendo 
presenti  anche  gli  stadi 
larvali,  poiché  tali  atti 
sono  comuni  a  tutte  le 
età,  quanto  è  comune  la 
cura  che  li  determina. 


Sfarfallamento. 

Con  tale  voce  sia  in- 
dicato l'insieme  degli  atti 
e  delle  condizioni,  che 
accompagnano  la  fuoriu- 
scita dell'adulto  di  den- 
tro agli  involucri  ninfali. 
Pegli  insetti  eterometa- 
boli ed  ametaboli  il  pro- 
cesso non  differisce  trop- 
po notevolmente  da  quelli 
seguiti  pei  precedenti  esu- 

viamenti,  fatta  però  qualche  restrizione  per  le  specie  che  da  ninfa  ad  adulto 
mutano  di  ambiente.  Si  comprende  che  per  questi  la  variazione  di  struttura  e  di 
aspetto,  come  pure  di  talune  funzioni  è  tale  da  poter  indurre  una  più  complessa 
opera  nella  muta  da  ninfa  ad  adulto.  Ma  per  paurometaboli  non  si  trova  diffe- 
renza fondamentale  sensibile    in    confronto  degli  esuviamenti. 

Ben  altra  cosa  è  per  le  specie  olometabole  ed  è  di    queste  che    ci    occupe- 
remo particolarmente,  anche  da  questo  punto  di  vista. 

A.  Berlkse,  Oli  Inietti.  II.  —  43. 


Fig.  351.  —  Schislocerca  peregrina,  sfarfallamento.  Seguito  della  fi- 
gura 308.  A,  l'adulto  è  quasi  tutto  fuoriuscito  e  si  dispone  col  capo 
all'ingiù  ;  B,  l'adulto  ha  abbandonato  ormai  la  spoglia  ninfale  e  si 
mette  in  posizione  per  distendere  completamente  le  ali.  Grand, 
natur.  Da  Kiinckel  d'Herculais. 


338 


Capitolo  quinto 


Gli    atti,    che    appartengono    allo    sfarfallamento,    sono  essenzialmente  due. 


Cioè 


fuoriuscita    di 


1.°  Rottura  della  spoglia  ninfale    per    opera    dell'adulto    e 
questo  dalla  detta  spoglia. 

'2.°  Fuoriuscita  dell'adulto  dalla  camera  nin- 
fale. 

Uno  di  questi  atti  però,"il  secondo,  può  essere 
anche  abolito  se    la  ninfa  è  tra  le  anoiche  ;  ma  al- 
lorquando essa  è  bene  riparata  da  un  involucro,  che 
la  avvolga  è  d'uopo  che  l'adulto  fuoriuscente    si  li- 
beri dalla  spoglia  larvale  e  dall'ambiente  protettore. 
Seguono  alcuni    più  semplici    atti,    mediante  i 
quali    il    corpo  della  forma  di  recente  uscita    all'a- 
perto   nonché  le  sue    membra  acquistano    l'aspetto, 
la  tinta,  la  disposizione  definitiva,  diversa  da  quella 
che  l'insetto,  pur  completo   in  tutte    le    sue    parti, 
aveva  alla    fine  del    periodo  ninfale,  mentre,  costretto  in  spazio  strettissimo,  era 
trattenuto  ancora  nella  spoglia,  che  fu  sua  ultima  maschera. 

La  maniera  di  rottura  della  pelle  della  ninfa  e  presso  a  poco  identica  per 
tutti  gli  insetti,  salvo  secondarie  variazioni. 

La  spaccatura  del  torace  al  dorso,  secondo  una  linea  longitudinale  mediana, 
avviene  sempre  e  per  tutti  gli  insetti,  non  solo  olometaboli,  ma  anche  pegli  altri 
(fig.  352).  Le  variazioni  si  manifestano  a  proposito  delle  fenditure,  che  interessano 
la    regione  anteriore  del  corpo,  od  altre  altrove. 

L'addome  rimane  più  o  meno  spaccato,    quasi    sempre,  però,  affatto  integro. 


Fig.  352.  —  Spoglia  della  ninfa  di 
Cicala  (Cicada  plebleia)  come  si 
trova  sui  tronchi  degli  alberi  o  sui 
in  estate.  Grand,  natnr. 


Il  Réaumur  descrive,  colla  consueta  diligenza,  la  maniera,  secondo  la  quale  si  fende  la  dura 
pelle  delle  crisalidi.  Se  ne  staccano  quattro  pezzi,  cioè  l'addome  tutto  intero,  una  parte  antero- 
ventrale,  cordiforme,  che  abbraccia  la  modellatura  del  capo,  delle  antenne  e  delle  zampe  (il 
Réaumur  chiama  petto  questa  placca)  e  di  poi  due  metà  simmetriche,  destra  e  sinistra  di  un 
grande  pezzo,  che  risulta  dalla  fusione  della  rispettiva  metà  degli  scudi  dorsali  del  torace  e  dal- 
l'annesso fodero  delle  ali. 

Adunque  le  fenditure  sono  le  seguenti:  Prima  una 
longitudinale  mediana  dorsale,  che  percorre  tutto  il 
torace,  di  poi  due  laterali,  cioè  che  dall'apice  po- 
steriore della  spaccatura  predetta  discendono  pei  fianchi 
lungo  il  confine  tra  i  foderi  alari  e  l'addome,  per 
congiungersi  al  ventre,  all'apice  del  petto;  finalmente 
tutto  il  contorno  della  placca  detta  petto,  che  cosi  si 
stacca  dal  torace  (fig.  353). 

Traverso  questa  larga  apertura  lasciata  da  tutti 
questi  pezzi,  che  vengono  spostati  e  rimossi,  passa  l'in- 
setto, mentre  rigetta  verso  l'estremo  posteriore,  con 
movimenti  dell'addome,  l'involucro  ninfale,  che  difende 
questa  regione  (fig.  354). 


Fig.  353.  —  Linee  di  spaccatura  della  cri- 
salide nelle  farfalle.  La  rottura  avviene 
secondo  le  linee  nere  più  grossette. 


Altre  ninfe  a  cute  resistente,  come  sono  quelle  ancora  della  massima  parte 
degli  Ortorafi  fra  i  Ditteri,  si  aprono  egualmente  come  per  le  crisalidi,  lungo 
il  dorso  del  torace  ma  non  con  altre  spaccature,  almeno  così  decisamente  come 
accade   per  le  Farfalle. 

Le  ninfe  di  tutti  gli  altri  insetti  sono  molli  e  perciò  è  meno  facilmente  vi- 
sibile il  modo  <e  la  disposizione  delle  fenditure  della  pelle  ninfale.  Questa  poi, 
quando  è  così  sottile,  viene  tutta  rigettata  ed  abbandonata  in  un  groviglio  entro 
il  riparo,    che  ha  servito  di  camera  durante  la  ninfosi. 


L'ADULTO    K    GLI    ai  i  I    IKK    l  \    C'ONSKRVAZIONK    iu;kka    SPECIl  339 

La  ragione  meccanica  della  rottura  dell'involucro  ninfale  non  è  stata  bene 
studiata  nella  granile  maggioranza  degli  insetti;  in  generale  si  è  attribuita  a 
movimenti  dell'adulto  tuttavia  chiuso  nel  suo  involucro,  nel  momento  in  cui  la 
spoglia  ninfale  è  divenuta  secca  e  fragile,  da  morbida  ed  elastica  che  era  per 
lo  innanzi. 

A  proposito  di  insetti  eterometaboli,  come  sono  le  Libellule,  Jousset  de 
Bellesme  (1877)  ha  bensì  veduto  l'influenza,  che  assume  l'aria  immagazzinata  nel 
tubo  digestivo  della  ninfa  prossima  allo  sfarfallamento.  L'aria  accumulata,  in 
quantità  da  distendere  l'intestino,  determina  una  pressione  sugli  altri  organi  e 
sul  sangue,  in  guisa  da  indurre  la  rottura  della  spoglia  ninfale  ed  in  pari 
tempo,  continuando  la  detta  pressione,  obbligare  l'addome  e  le  ali  a  distendersi 
per  afflusso  del  sangue.  Constatazioni  analoghe  ha  fatto  il  Kunckel  d'Herculais 
per  Ortotteri. 

Ma  gli  insetti  olometaboli  non  possono,  probabilmente,  introdurre  in  se, 
quando  sono  allo  stato  di    ninfa,    una    quantità    d'aria    quale    occorrerebbe  allo 


Fig.  354.  —  Spoglia  della  crisalide  di  C088118  cossus,  da  cui  è  uscita  la  farfalla.  La  detta  spoglia  rimane  in 
parte  fuoriuscita  dal  bozzolo,  fatto  di  seta  rinforzata  all'esterno  da  detriti  legnosi.  Grand,  uatur. 
Da  Katzeburg. 

scopo.  Debbono  essere  d'altra  natura  le  cause  determinanti  la  rottura  dell'invo- 
lucro ninfale  e  queste  cause,  specialmente  nelle  ninfe  a  pelle  resistente,  come 
sono  nelle  Farfalle  e  nella  maggior  parte  degli  Ortoratì,  debbono  essere  abba- 
stanza poderose  e  quindi  apprezzabili  altrimenti  che  nei  loro  effetti. 

Più  variata  e  meglio  conosciuta  è  la  maniera  di  fuoriuscita  dell'adulto  dal 
riparo,  che  l'ambiente  o  lo  stesso  insetto  hanno  fornito  alla  ninfa  per  sua  pro- 
tezione. 

11  meccanismo  di  tale  schiusura  importa  atti  tanto  più  complessi  e  lavoro 
tanto  maggiore  .quanto  più  forte  è  la  resistenza,  che  le  pareti  della  camera  ninfale 
oppongono  agli  sforzi  dell'insetto  e  meno  efficaci  i  mezzi,  di  cui  esso  dispone  per 
rompere  la  sua  prigione  e  volarsene  liberamente. 

Degni  di  rilievo  sono  gli  spedienti,  che  impiegano  quegli  insetti,  i  quali  deb- 
bono dall'ambiente  liquido,  in  cui  sono  vissuti  per  tutto  il  periodo  ninfale,  pas- 
sare in  quello  aereo,  nel  quale  solo  possono  vivere;  essi  sono  costretti  cioè  ad  evi- 
tare con  cura  il  pericolo  di  affogare. 

In  generale  è  la  larva  che  abbandona  il  liquido  elemento,  quando  è  pros- 
sima alla  ninfosi  e  guadagna  un  ambiente  umido  bensì,  ma  non  tanto  che  vi 
possa  annegare  durante  la  ninfosi  stessa  e  di  poi  allo  stato  di  adulto  e  cosi  essa 
provvede  ad  evitare  ogni  pericolo  al  suo  futuro  stadio  ultimo  (fig.  355). 

Ma  talune  specie,  ad  es.  della  famiglia  dei  Culicidi  (le  comuni  Zanzare),  ed 
affini,  vivono,  come  si  è  detto,  anche  per  tutta  la  vita  ninfale  immerse  nel- 
l'acqua e  l'adulto  deve  sortire  dal  guscio  della  ninfa  senza  toccare  l'acqua  stessa, 
tanto  da  bagnarsi  ed  annegarvi.  Questi  insetti  risolvono  molto  bene  il  problema. 


340 


CAPITOLO    QUINTO 


Il  Réaumur  ci  dà  notizia  particolareggiata  del  modo  che  segue    la  Zanzara  adulta,  allorché 

sfarfalla. 


■ 


Fig.  355.  —  Il  Ditisco  ooniune  (Dytìscus  marginalia).  In  mezzo  il  maschio 
adulto,  a  sinistra  la  larva  nell'acqua;  a  destra  la  ninfa  nella  sua  nicchia 
entro  terra.  Grand,  natur.  Da  Taschenberg. 


dulto  col  capo  e  col  torace.  La 
spoglia  della  ninfa  galleggia  e 
l'adulto  ne  fuoriesce  sempre 
più,  traverso  l'apertura  indi- 
cata, finché  è  quasi  tutto  al- 
l'esterno, però  coll'estremo 
addome,  cogli  apici  delle  ali  e 
delle  zampe  tuttavia  prigio- 
nieri entro  la  spoglia  ninfale. 

[u  tale  momento  la  Zan- 
zara è  eretta  quasi  a  perpen- 
dicolo sulla  spoglia  ninfale 
galleggiante,  che  il  Réaumur 
giustamente  paragona  ad  una 
barchetta  e  la  Zanzara  fuo- 
riuscente al  suo  albero  a  vela. 
Infatti,  se  l'aria  è  mossa, 
tutto  questo  sistema  naviga 
benissimo. 

Il  pericolo  sta  in  un  colpo 
di  vento  forte,  che  arrovesci 
di  fianco  il  galleggiante  e  la 
Zanzara  venga  a  cadere  così 
sull'acqua  ;  in  tale  caso  è 
irremissibilmente  perduta. 
Dopo  pochi  secondi  l'insetto 
ha  liberato  le  zampe  e  con 
queste,  inclinatosi  sul  livello 
dell'acqua,  posa  bene  ormai 
sul  liquido,  uè  i  piedi  vi  si 
immergono.  In  tale  momento 
non  ha  che  da  estrarre  l'apice 
dell'addome;  già  le  ali  sono 
libere  e  si  allungano  ed  asciu- 


La  ninfa  (fig.  356), 
allorché  è  prossima  alla 
muta  fa  vedere,  traverso 
la  sua  pelle  semitraspa- 
rente l'adultoocclusovi. 
La  sua  uscita  si  inizia 
con  una  distensione  del 
corpo,  che,  curvo  a  C, 
come  stava  per  lo  in- 
nanzi, si  allunga  sulla 
superficie  dell'  acqua, 
dalla  quale  sporge  col 
dorso  del  torace.  Av- 
viene la  fenditura  della 
pelle  ninfale,  secondo 
la  linea  longitudinale 
mediana  dorsale  del  to- 
race etesso  e  di  qui  co- 
mincia a   sporgere  l'a- 


Fig.  356.  —  Come  sfarfalla  la  Zanzara.  In  basso  la  ninfa  che  affiora 
coi  cornetti  respiratori  dorsali  ;  a  sinistra  una  Zanzara,  che  è  in 
buona  parte  fuoriuscita  dalla  spoglia  ninfale  galleggiante  ;  a  destra 
la  Zanzara  uscita  quasi  del  tutto.   Ingrana,  circa  16  diam. 


gano  all'aria.   Finalmente  la  Zanzara  spicca  il  volo.  Tutto  ciò  si  vede  bene  dalla  annessa  fig.  356. 


L'ADULTO    E    (il.I    ATTI    l'ER    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPELTE 


341 


Venendo  ai  casi  in  cui  l'involucro  riparatore  della  ninfa  è  consistente,  in 
generale  si  osserva  che  spesso  il  modo  di  fuoriuscita  è  già  preparato  ed  avviato 
dalla  stessa  larva,  prima  di  incrisalidare.  In  altri  casi,  invece,  è  affidato  solo  al- 
l'adulto, fornito  spesso  di  mezzi  a  ciò  adatti,  il  compito  di  liberarsi  dalla  pri- 
gione della  ninfa. 

Se  l'adulto  ha  un  buon  apparato  masticatore,  è  di  questo  die  si  serve  per 
intaccare  e  rompere  le  pareti  della  camera  in  cui  è  occluso,  e  ciò  vediamo  prati- 
cato sopratutto  dai  Coleotteri,  dagli  Imenotteri,  da  qualche  Neurottero.  I  Coleot- 
teri si  servono  anche  delle  zampe  anteriori  al  detto  scopo.  Tutti  questi  insetti  a 
ninfa  molle  attendono  nel  bozzolo 
qualche  tempo  dopo  rigettata  la 
spoglia  ninfale,  sino  a  che  i  loro 
arti  hanno  acquistato  la  resi  - 
stenza  sufficiente  a  rompere  la  pa- 
rete più  o  meno  dura  del  bozzolo. 

Ter  le  specie  provviste  di 
organi  boccali  succhiatori,  come 
sono  ad  es.  i  Ditteri  ed  i  Le- 
pidotteri, i  procedimenti  per  usci- 
re dai  bozzoli  o  da  altri  invo- 
lucri protettori  della  ninfa  sono 
più  variati  e  taluni  anche  singo- 
lari. 

Fra  i  procedimenti  pei  quali 
vi  ha  una  preparazione  da  parte 
della  larva  o  nella  struttura  stessa 
dell'involucro,  è  da  notarsi  anzi- 
tutto il  modo  di  rottura  del  pu- 
pario, adunque  per  tutti  i  Dit- 
teri Ciclorafi.  Questi  anzi  sono 
così  detti  appunto  in  grazia  della 
speciale  maniera  secondo  la  quale 
si  rompe  il  pupario  stesso,  men- 
tre nei  Ditteri  Ortorafi  la  spac- 
catura della  spoglia  ninfale  av- 
viene per  linea  diritta  dorsale, 
come  è  di  consueto  in  tutte  le  ninfe  (fig.  357 


Fig.  357.  —  Sfarfallameli to  di  uu  Dittero  Ortorafo  (Tipula 
infuscata),  che  esce  di  terra.  A.  la  ninfa  in  parte  fuori- 
uscita, che  si  dispone  allo  sfarfallamento;  B,  inizio  dello 
sfarfallamento;  C,  sua  fine.  Ingraud.  3  diam.  Da  Hyslop. 


Si  vede  a  questo  proposito  che  differenziando  i  Ciclorafi  dagli  Ortorafi,  si  confrontauo  fra 
loro  cose  ben  differenti,  cioè  la  spoglia  veramente  della  ninfa  (Ortorafi)  con  quella  della  larva 
(Ciclorafi  |.  ossia  col  bozzolo.  Ad  ogni  modo,  all'osservatore,  che  considera  tali  maniere  di  schiusura 
solo  dal  punto  di  vista  sistematico,  senza  andare  troppo  oltre,  questa  molto  diversa  maniera  di 
apertura,  dalla  quale  sguscia  l'adulto  è  buon  carattere  differenziale  e  sufficiente  per  distinguere 
in  due  grandi  gruppi  l'ordine  dei  Ditteri,  mettendo  i  Pupipari  ed  i  Ciclorafi  da  uu  Iato  e  gli 
Ortorafi  dall'altro. 

Più  esatta  sarebbe  una  nomenclatura  che  ricordasse  la  formazione  di  un  pupario  pegli  uni 
ed  indicasse  l'assenza  di  tale  maniera  di  protezione  pegli  altri. 


Nei  Ciclorafi  adunque,  come  nei  Pupipari.  la  spoglia  larvale  disseccata  e  che 
ha  costituito  il  pupario,  si  spezza,  secondo  una  linea  annidare,  ad  un  quarto  circa 
della  sua  lunghezza,  nella  regione  anteriore  (fig.  262).  Di    qui  fuoriesce  l'adulto. 

E  singolare  il  processo  di  rottura  del  pupario,  cioè  il    meccanismo  di  forza- 


342 


CAPITOMI    QUINTO 


mento  pel  quale  è  fatto  saltare  questo  opercolo,  da  parte  di  insetti  che  non  pos- 
sono servirsi  degli  organi  boccali  (che  sono  per  succhiare)  e  mancano  di  corpi 
atti  ad  intaccare  comunque  il  duro  guscio. 

Ha  gioco  essenziale  in  questo  lavoro  la    così    detta  ampolla  cefalica. 
Chiunque  abbia  veduto  schiudere  una  Mosca  adulta  ha  osservato  la  facoltà 

dell'insetto,  nei  suoi  pri- 
mi momenti  di  vita  al- 
l'aperto ,  di  prolungare 
ed  ingrossare  la  parte 
anteriore  del  capo,  cioè 
la  fronte,  in  una  rilevante 
protuberanza,  che  dà  un 
aspetto  ben  singolare  alla 

Fi»    35K.  —  Testa  di  Mosca  «li  recente  sfarfallata,  per    mostrare 

l'ampolla  cefalica,  in  cui  si  eleva  la  fronte.  testa  dell'insetto    fig.358). 


Kiinckel  d'Herculais  (1875)  riconobbe,  nella  schiusura  delle  Volucelle,  ohe  il  gonfiamento  della 
ampolla  frontale  è  dovuto  non  ad  immissione  e  compressione  d'aria,  come  si  riteneva  per  lo  in- 
nanzi ma  del  liquido  cavitario,  il  quale  è  spinto  nella  testa  da  contrazione  dei  muscoli  toracali 
e  la  pressione  non  è  diminuita  dalla  elasticità  delle  trachee,  che,  in  quei  primi  momenti  di  vita 
dell'adulto,  non  sono  ancora  aperte  all'alia. 

L'ampolla  frontale  avrebbe  anche  l'ufficio  di  immagazzinare  il  sangue  mentre  il  torace  e 
l'addome  sono  fortemente  costretti  dai  muscoli 
loro  e  con  tale  diminuzione  di  volume  è  per- 
messo al  corpo  di  uscire  traverso  strette  aper- 
ture del  pupario  o  lasciate  in  corpi  estranei,  in 
cui  il  pupario  stesso  sia  contenuto. 

Infatti  molti  Ciclorafi,  che  incrisalidano 
nel  terreno,  debbono  uscirne  ed  a  ciò  si  ser- 
vono opportunamente  dell'ampolla  frontale  e 
di  questo  artifizio  dello  spostamento  del  li- 
quido cavitario,  con  alternative  di  ingrossa- 
menti e  restrizioni  delle  parti  del  corpo.  Il 
regresso  poi  è  impedito  dai  peli  rigidi,  che 
rivestono  il  corpo  stesso  e  che  sono  diretti 
all'indietro,  mercè  questi  l'insetto  non  può 
retrocedere,  una  volta  avanzatosi  in  un  senso. 

Altri  insetti,  anche  del  gruppo  dei  Dit- 
teri, invece  della  ampolla  frontale  possiedono 
dei  rilievi  spiniformi,  collocati  sulla  anteriore 
regione  del  capo  ed  essi  sono  rigidi  ed  atti 
ad  incidere  e  dilacerare  il  corpo  resistente,  che 
impedirebbe  l'uscita  all'adulto.  Così  pure  in  ~ 
qualche  Imenotteri),  ad  es.  nel  Bhopalum  pe- 
dicellatum,  si  è  notato  che  la  ninfa  possiede 
due  tubercoli  acuti,  che  sporgono  fra  gli 
occhi. 

Il  Kiinckel  d'Herculais  (1894)  sopralodato,  fa  conoscere  il  modo  praticato  dalla  ninfa  di  un 
Bombilide  (Ditteri)  parassita  nelle  noteche  di  Acrididi,   per  romperne  la  dura  parete  (tìg.   359). 

La  ninfa  stessa,  che  è  a  tegumento  resistente,  si  innalza  nello  stretto  lume  della  ooteca, 
puntellandosi  merce  le  spine  robuste,  che  ornano  i  segmenti  addominali.  Giunta  a  contatto  del- 
l'opercolo della  ooteca,  fermandosi  saldamente  mercè  le  dette  spine,  colpisce  con  reiterati  movi- 
menti rapidissimi  di  va  e  vieni  l'opercolo  stesso  e  lo  intacca  colle  spine  robuste  di  cui  è  ar- 
mata la  sua  regione  cefalica.  Così  ottiene  la  rottura  del  diafragma.  Dall'apertura  fuoriesce  in 
parte    e  colà  attende  qualche  giorno  prima  di  sfarfallare. 

Altre  ninfe  di  Anthrax,    che    sono    parassiti    eudofagi  di    Bruchi,  sortono    cosi  dalla    crisa- 


359.  —  Ninfa  di  Bombilide  (Dittero:  Anthrax 
fenestrata),  che  fuoriesce  dalla  ooteca  di  un  Aoiidide 
dopo  aver  divorato  le  uova.  Giuoco  delle  spine 
frontali.  Circa  3  diaiu.  d'ingrand.  Da  Kiinckel 
d'Herculais. 


AIMW.Hi    K    GLI    All'I    PER    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE 


343 


lide  della  vittima,  rompendo  questa  nella   regione  antero-ventrale  (fig.  360).  Sperimentalmente  si 
sono  vedute  di  tali  ninfe  praticare  in   breve  tempo  un   t'oro  ovale  in   un   foglio  di  carta. 


•ÌG1)  e  di  Lepidotteri  immerse  nel 


Lo  stesso  accade  per  larve  di  Ditteri  (tig. 
terreno,  da  cai  debbono  uscire  in  parte  od 
almeno  accostarsi  alla  superfìcie  perchè  l'a- 
dulto trovi  facile  e  pronto  il  modo  di  uscita  al- 
l'aperto (ftg.  3  57). 


In  tale  caso  la  ninfa  si  incarica  di  percorrere  essa, 
perchè  protetta  da  cute  resistente,  il  tratto  che  la  se- 
para dalla  superficie.  In  generale  essa  ha  gli  anelli  ad- 
dominali rivestiti  di  setole  o  spine  rigide  e  dure,  ri- 
volte all'indietro,  come  si  è  visto  essere  negli  Anthrax 
e  col  medesimo  procedimento  ne  profitta  per  spingersi 
all'insti,  mentre  la  regione  anteriore  del  suo  corpo, 
fortificata  o  meno    da  rilievi    duri,    si  può  far    strada 

agevolmente    e  senza  danno  traverso  il  terreno  od  altri  corpi     resistenti     (crisalidi  di  Bucculalrix, 
Talaeporia,   Thyridopterys,  Sesia,  ecc.). 


Fig.  360.  —  Ninfa  di  Dittero  endofago  (An- 
thrax), ohe  schiude  dalla  crisalide  di  una 
grossa  Farfalla  notturna,  che  fu  sua  vit- 
tima. Grand,  uatur.  Dagli  autori  Nord- 
americani. 


Anche  le  ninfe  a  cute  resistente  e  le  crisalidi,  che  si  trovano  in  gallerie  sca- 
vate entro  i  legnami  oppure  costrutte  dalla  stessa  larva,  conforme  gli  esempi  che 
si  sono  recati,  si  portano,  all'avvicinarsi  dello  sfarfallamento,  in  prossimità  di  un 
punto  prestabilito  per  la  schiusa  ed  allorquando  questa  avviene,  la  ninfa  è  già 
in  parte  fuoriuscita,  di  modo  che  tutta  l'opera  si  compie  all'aperto  (fig.  354,  363). 
Questo  accade  di  regola  pei  Lepidotteri,  cioè  per  insetti,  che  avrebbero  danno 
irrepabile  nella  lor  bella  vesta  se  dovessero  avventurarne  la  integrità  in  contatti 

e  sfregamenti  con  corpi 
duri. 

Tali  e    non  più    sono 
i  movimenti  di  traslazione 
della     ninfa     olometabola, 
oltre  quanto    si    è    accen- 
nato per  le  forme    acqua- 
iole di  taluni  Ortorafi,  ma 
si   conosce  qualche  caso  in 
cui  i  movimenti  oscillatori 
dell'addome    sono  così  vi- 
vaci ed  energici  da  deter- 
minare un  ben  rapido  spo- 
stamento della  ninfa,  come 
è,  ad  es.,    della    crisalide 
dell' Hepialus  humuli,  entro 
il  suo  bozzolo. 
Le  crisalidi  di  Micropteryx  (piccole  farfalle  a  colori  metallici,  che  sembrano  potersi  conside- 
rare come  forme  intermedie  tra  i  Tricotteri  ed  i  Lepidotteri  e  le  cui  larve  apode  sono  minatrici 
delle  foglie)  si  trovano  entro  un  piccolo  bozzolo  filato  nel  terreno.  Tali     ninfe    godono    di    una 
grande  mobilità,   perchè  la  testa  e  gli  arti  non   sono  aderenti  al  corpo  come  in  tutte  le  altre  cri- 
salidi ed  è  così  che  queste  forme,  pur  non    nutrendosi,  continuano  a    condurre  una  vita  attiva, 
come  allo  stato  di  larva. 

Le  crisalidi  hanno  due  forti  mandibole,  di  cui  si  servono  per  rompere  il  bozzolo.  Tali  man- 
dibole sono  appendici  speciali  e  transitorie  di  queste  crisalidi,  senza  corrispondenza  con  organi 
omologhi  dell'adulto  e  sono  mosse  non   già  da  muscoli,  poiché  questi  mancano  affatto,  ma  secondo 


Flg.  361.  —  Ninfe  sotterranee  con  armatura  cefalica  di  Ditteri  Tipulidi. 
A,  di  Eriocera  longicornis,  di  fianco;  K,  la  stessa  (femm.)  di  faccia; 
G,  'li  E.  fulionensis,  di  faccia;  D.  di  E  spinosa  di  faccia.  Ingrand. 
Da  Lloyd. 


344 


CAPITOLO   QUINTO 


Fig.  362.  —  Ninfa  di  Microp- 
teryx  purpuriella  veduta 
dal  ventre  per  mostrare  le 
robuste  mandibole  {iitd)  ed 
i  palpi  mascellari  (mxp). 
Da  Packard. 


Fig.  363.  —  Spoglia  di  crisalide  maschile  di  Thyridopteryx 
ephemeraeformis  (Psicide),  da  cui  è  uscito  l'adulto. 
Alquanto  ingrand.  Da  Howard. 


altro  processo.  Il  C'hapmauii  (1893)  ritiene  che  tali    mandibole  sieno  mosse  da  pressione  interna 
del   liquido  cavitario,  secondo  un   processo  corrispondente  a  quello  che    determina   l'estroflessione 

della  ampolla  frontale  nei  Muscidi.  Con  tale'inezzo  non  solo  è  rotto 
il  bozzolo,  ma  la  crisalide  può  farsi  strada  traverso  il  terreno 
(fig.  362). 

Final  - 
niente  sono 
da  conside- 
rare i  modi 
di  fuoriu- 
scita dell'a- 
dulto d  a 
bozzoli  a 
pareti  resi- 
stenti,come 
sono  quelli 
formati  di 
più  strati  di 
seta  so- 
vrapposti e 
fra  loro  in- 
collati mercè  una  salda  speciale,  i  bozzoli  cioè  più  perfezionati  dei  quali  è  tipo 
quello  dei  Bombicidi. 

Si  notano  subito  tre  maniere  distinte.  In  un  caso  è  una  porzione  stessa  del 
bozzolo  che  si  stacca,  come  fanno  vedere  ad  es.  i  bozzoletti  rotondi  della    Chry- 
sopa  (fig.  364  A)  fra  i  Neurotteri  e  dei  generi  affini,  come  pure  in  qualche  Le- 
pidottero   (fig.    364    B)   ed 
Imenottero  (fig.  365).  In  que- 
sti è  veramente  una  calotta 
sferoidale    che    viene   stac- 
cata. 

In  altri  casi,  conforme 
si  è  detto,  il  bozzolo  ha  una 
apertura  ben  oelata  e  ripa- 
rata, ma  suscettibile  di  es- 
sere forzata  agevolmente 
dall'adulto  che  vuole  uscire, 
come  si  vede  appunto  acca- 
dere della  Saturnia  e  generi 
affini  ;  oppure  l'apertura  è 
preformata  nel  bozzolo  ma 
i  suoi  orli  sono  ripiegati 
ostruendola  provvisoria- 
mente (figg.  366,  338). 

Ma  il  bozzolo  tipico, 
quello  del  baco  da  seta  è 
tutto  chiuso  affatto  ed  in  tal  caso  l'adulto,  che  vuol  uscirne,  non  avendo  organi 
atti  ad  erodere  la  parete  della  sua  prigione  o  comunque  forzarla  per  via  mecca- 
nica, ricorre  allo  spediente  di  rammollirne  le  pareti,  sciogliendo  anche  il  glutine 
che  impasta  l'uno  all'altro  i  fili,  per  avere  facile  opera  nel  forzamento  di  questo 
punto  così  indebolito. 


B 

Fig  364.  —  Due  bozzoli  oper- 
oolati.  A,  di  Chrysojya 
(molto  ingrand.)  ;  B,  di 
Lagoa  opercularìs.  Ingr. 
Da  autori  Americani. 


Fig.  365.  —  Bozzoli  peuduli  d'un 
Imeuottero  endofago.  Meteorus 
hyphrantiae.  Iugrand.   Da  Smith. 


L'ADULTO    1C    GLI    ATTI    TER    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE  3)5 


La  Farfalla  si  libera  dalla  spoglia  di  ninfa  nell'interno  del  bozzolo  e  viene  così  a  riescile 
col  capo  ad  uno  dei  suoi  poli.  Dalla  bocca  essa  ometto  qualche  goccia  di  un  liquido  molto  al- 
calino, che  iutacoa  e  scioglie  il  cemento,  che  agglutina  i  (ili  di  seta.  Dopo  ciò,  per  movimenti 
reiterati  di  va  e  vieni  del  capo  e  per  lo  sfregamento  che  gli  occhi  pratioauo  su  questo  punto 
rammollito,  la  parete  finisce  per  cedere  e  formarsi  una  apertura,  traverso  la  quale  passa  la  far- 
falla.  11  tìlo  di  seta  non  e  però  rotto  ed    il    bozzolo  può  essere  ancora  utilizzato  nell'industria. 

Il  Packard  afferma  anche  l'esisteuza,  negli  adulti  di  taluni  Bombicidi,  di  gquamette  ohiti- 
nose  omerali,  prossime  ai  putagi  e  che  avrebbero  lo  scopo  di  collaborare  alla  rottura  del  bozzolo. 

Epoche  dello  sfarfallamento.  —  Si  potrebbe  stabilire  per  molti  insetti  non  solo 
un  calendario  delle  epoche  di  schiusa  dei  loro  adulti,  ma  addirittura  un  orario, 
tanto  preciso  e  costante  è  il  momento  di   loro  uscita. 

Vi  sono  però  variazioni  grandissime  tra  i  diversi  insetti,  non  solo  quanto 
all'epoca  dello  sfarfallamento,  ma  ancora  per  altre  circostanze  che  lo  accompa- 
gnano. 

Così  ad  es.  molti  Coleotteri,  che  passano  entro  terra  il  periodo  ninfale,  sono 
già  adulti  in  autunno,  ma  per    la    maggior  parte  escono 
solo  nella  primavera  successiva. 

La  massima  parte  però  degli  insetti,  dopo  un  periodo 
ninfale,  che  ha  avuto  durata  diversa,  da  pochi  giorni  ad 
anni,  come  si  è  detto,  allorché  sono  adulti  sfarfallano 
e  guadagnano    senza  più    l'ambiente    libero     a    cui  sono     Fig.  366.  -  Bozzolo  dei  Le- 

y-  .-  pidottero   divoratore    della 

Cnianiau.  Gascavdia  madagaacarien- 

Le  epoche  di  apparsa  delle   forme  sessuate  sono  per        sia  già  ricordato  a  fig.  346, 

,    .  ,  .:„_„    „  ...:„„„„    „^,«  per  mostrale  la  maniera  ili 

ciascuna  specie  determinate,  con  maggiore  o  minore  com-        ripiegamento  degli  orli  dei- 
porto,    in   taluni  casi  COl  limite    di   pochi  giorni.  l'apertura,  a  sua  provviso- 
.           .          ,.                           ,.                ...           j-jj.  ria  ostruzione.  Da  Targioni. 

Le  specie  viventi  a  spese  di  vegetali  o  di  deter- 
minati organi  o  parti  del  vegetale  compaiono    in  epoche 

risse,  salvo  leggere  anticipazioni  o  ritardi.  Non  sempre  è  così,  invece,  per  quegli 
insetti  che  vivono  endofagi  a  spese  d'altri  insetti,  in  generale  però  l'epoca  dell'ap- 
parsa dell'adulto  parassita  è  subordinata  a  quella  della  specie  che  ne  fa  le  spese. 

È  mirabile  questa  armonia  fra  l'epoca  di  maturanza  dell'ambiente  destinato 
alla  esistenza  di  una  data  specie  di  insetto  e  l'apparsa  di  quest'ultimo.  Non  di 
frequente  accade  che  tale  consonanza  venga  meno. 

Per  ciò  che  riguarda  lo  sviluppo  del  vegetale  è  certo  che  le  vicende  me- 
teoriche, specialmente  durante  l'invernata,  hanno  una  influenza  notevole  sull'e- 
poca dei  suoi  determinati  incrementi  e  perciò  ne  debbono  avere  sugli  insetti 
chiamati  a  concordare  esattamente  coll'audamento  della  vegetazione,  da  cui  di- 
pendono. 

In  generale  però  sullo  sviluppo  di  insetti  bene  riparati  entro  ambienti  chiusi, 
poco  sensibili  agli  eccessi  della  temperatura,  i  freddi  invernali  non  hanno  in- 
fluenza apprezzabile  sull'epoca  dello  sfarfallamento,  che  deve  accadere  nella  sta- 
gione più  mite,  successiva. 

Ma  è  singolare  che  talune  specie  acquaiuole  non  siano  influite  dalle  diverse 
temperature  invernali,  così  differenti  nelle  varie  annate. 

Per  esempio  le  Ettmere  schiudono  con  grande  precisione  ogni  anno  nella 
stessa  epoca  d'estate,  comunque  fredda  sia  stata  l'invernata.  -Ciò  è  stato  notato 
tino  dai  più  vecchi    osservatori. 

È  stato  anche  rilevato,  per  talune  specie  di  insetti,  un  determinato  orario 
di  schiusura,  come,  ad  es.,  dalle  ore  5  alle  S  antim.  pel  Bombyx  mori;  al  levar 
del  sole  per  la  Macroglossa  oenotereae;  a  mezzodì  per  lo  Smerinthus  tiiiae  e  dalle 
16  alle  19  per  la  Acheronlia  atropos. 

Del  resto  le  belle  giornate,  specialmente  quelle  che  vengono  di  seguito  ad 
una  pioggia,  sono  le  più  indicate  per  numerose  schiuse  di  adulti. 

A.  Bf.BI.kse,   Oli  inulti,   li.  —   44. 


346  CAPITOLO    QUINTO 


Subimago  delle  Efemere.  —  Coi  detti  procedimenti  o  con  altri  analoghi,  che  pos- 
sono essere  ricondotti  ai  tipi  indicati  fuoriesce  l'adulto  dagli  involucri  che  lo 
hanno  difeso  nello  stadio  precedente,  o  che  costituivano  la  pelle  stessa  della 
ninfa. 

In  generale,  adunque,  anzi  per  la  quasi  totalità  degli  insetti,  l'esuviamento 
da  ninfa  ad  adulto  è  l'ultimo  e  definitivo  della  serie  più  o  meno  lunga  percorsa 
dall'uovo  in  poi. 

Ma  si  riconoscono  casi  in  cui  l'adulto,  che  esce  dalla  ninfa,  è  ancora  av- 
volto da  un  involucro  che  tuttavia  riveste  gli  organi  della  forma  definitiva. 

Alcuni  Efemeridi  infatti,  così    praticano. 

Già  lo  Swainmerdam  ed  il  Réaumur,  e  più  recentemente  il  Lubbock,  avevano  osservato 
questa  ulteriore  muta  dell'adulto,  dopo  uscito  dalla  ninfa.  Questa,  all'atto  dello  sfarfallamento, 
nuota  alla  superficie  dell'acqua,  la  pelle  del  suo  dorso  si  rompe,  ne  esce  l'alato,  che  se  ne  va  a 
volo.  Ma  esso  è  tutto  rivestito,  su  tutti  i  suoi  organi,  da  una  sottilissima  membrana,  cbe  si  mo- 
della esattamente  su  tutte  le  parti  del  corpo  e  sulle  appendici. 

Dopo  pochi  istanti  di  volo  l'insetto  si  ferma  su  un  oggetto  qualunque  e  si  libera  dell'in- 
voglio, che  conserva  esattamente  la  forma  dell'adulto,  da  cui  è  stato  abbandonato,  sebbene 
appaia  più  piccolo  e  più  corto,  specialmente  nelle  appendici. 

È  detto  Subimago  questo  stato  cosi  rapidamente  transitorio  della  Efemera,  che  segue  imine- 
diamente  a  quello  ninfale. 


Definitivo  assestamento  dell'adulto. 

L'insetto,  che  è  appena  sfarfallato,  non  ha  tuttavia  l'aspetto  classico  della 
specie  alla  quale  appartiene,  ma  ne  differisce  per  proporzioni  di  parti,  per  du- 
rezza e  colore  dell'integumento,  ecc. 

11  Redi,  colla  consueta  eleganza,  nota  come  la  Mosca  verde-dorata  (Lucilia), 
che  esce  dal  pupario,  è  ben  diversa  dalla  bella  creatura,  a  colori  smaglianti,  a 
tutti  ben  nota. 

«  ....  In  capo  agli  otto  giorni  —  egli  dice  —  da  ogni  ovo  di  color  rossigno  — 
(pupario)  — ,  rompendo  il  guscio,  scappava  fuori  una  mosca  di  color  cenerognolo, 
torpida,  sbalordita,  e  per  così  dire,  abbozzata,  e  non  ben  finita  di  farsi,  con  l'ale 
non  ancora  spiegate,  che  poi,  nello  spazio  di  un  mezzo  quarto  d'ora,  cominciando 
a  spiegarsi,  si  dilatavano  alla  giusta  misura  di  quel  corpicello,  che  anch'esso  in 
quel  tempo  s'era  ridotto  alla  conveniente,  e  naturale  simmetria  delle  parti;  e 
quasi  tutto  raffazzonatosi,  avendo  lasciato  quello  smorto  colore  di  cenere,  si  era 
vestito  di  un  verde  vivissimo,  e  maravigliosamente  brillante;  ed  il  corpo  tutto 
erasi  così  dilatato  e  cresciuto,  che  impossibile  parea  il  poter  credere,  come  in 
quel  piccolo  guscio  fosse  mai  potuto  capire  ». 

Ecco  esposto  brevemente,  efficacemente  ed  in  ottimo  stile  l'insieme  del  pro- 
cedimento per  cui  l'insetto  assume  la  definitiva  parvenza,  ben  diversa  da  quella 
con  che  si  presenta  alla  sua  uscita  dall'involucro  ninfale  (fig.  367). 

Si  notano  adunque  tre  distinte  serie  di  modificazioni;  l'una  riguardante  le 
proporzioni  delle  tre  diverse  regioni  del  corpo;  l'altra  la  configurazione  degli 
arti  e  più  specialmente  delle  ali  ed  infine  il  colorito. 

Aumento  di  statura.  -  -  Come  l'embrione  è  costretto  (fig.  368)  entro  i  suoi  in- 
volucri, in  modo  che  tutto  lo  spazio  è  tanto  bene  utilizzato,  che,  fuoriuscitone 
il  neonato,  non  si  saprebbe  più  come  farvelo  capire  senza  suo  danno,  così  ed 
assai  più  la  spoglia  ninfale  costringe  l'adulto  dell'insetto  che,  uscitone  una  volta, 
in  niun  modo  potrebbe  essere  ricostretto  in  quello  spazio. 


L'ADULTO    E    GLI    ATTI    l'Eli  LA    CONSKKVAZIONE    DELLA    SPECIE 


347 


Fig.  367.  —  Mosca  appena 
sfarfallata  e  che  mostra  an- 
cora le  ali  rattrappite,  l'ad- 
dome non  dilatato  e  la  te- 
sta prolungata  nell'ampolla 
cefalica.  Ingrand. 


A  B 

Fig.  368.  —  Embrione  maturo  di 
Acridile  entro  l'uovo.  A,  di 
lato;  B,  di  faccia.  Ingrand. 
Dagli  autori  Nord-Americani. 


In  questo  ultimo  caso  l'aumento,  spesso  enorme,  di  statura  da  adulto  appena 
sfarfallato  a  ciò  che  si  vede  essere  pochi  minuti  di  poi,  è  costante,  sopratutto 
pel  gioco  che  prende  in  questa  distensione  il  sistema  aereo,  che  compenetra  tutto 
l'organismo. 

Specialmente  gli  insetti,  che  hanno  grandi  e  numerosi  sacchi  aerei,  oltre  al- 
l'insieme dei  tubi  tracheali,  appena  fuoriusciti  dall'in-    . 
voglio  ninfale,    gonfiano    di    aria    i  detti  sacchi     e  ne 

viene  una  distensione  di  tutto 
il  corpo  ed  un  aumento  della 
statura,  che,  come  ben  si  com- 
prende, è  tanto  maggiore 
quanto  più  capace  è  il  sistema 
dei  sacchi  aerei   suddetti. 

Ad  esempio,    se   si  para- 
gona l'adulto  di  una    Crisopa 
o    di  un  Formicaleone  col  mi- 
nuscolo bozzoletto  da  cui  esso 
è  uscito,    non  vi  ha  chi,    non 
conoscendo  il  processo    di  di- 
stensione, non    meravigli    che 
tanto   corpo     sia    potuto    mai 
capire  entro  così  piccolo  spazio 
(fig.  369). 
È  bensì  vero  che  i  suddetti  ÌSTeurotteri  sono  molto  vuoti  al  loro  interno,  come 
si  può  giudicare  da  una  sezione,  la  quale  fa  vedere  che  grande  parte  di    spazio 
prende  il  solo  enorme  sacco  aereo,  in  cui  è  dilatata  la  ingluvie  e  che  va  dal  capo 
all'estremo  addome. 

Adunque  il  primo  e  più  energico  atto  da  parte  dell'adulto  appena  sfarfallato 
si  è  quello  di  introdurre  quanto  più  può  aria  nel  suo  corpo,  ed  a  questo  scopo 
non  soltanto  concorrono  i  sacchi  aerei  anzidetti 
(vedi  voi.  I,  pag.  817),  ma  ancora  la  prima  parte 
almeno  dell'intestino,  cioè  quella  ingluvie  in  cui  è 
dilatato  l'esofago.  Ciò  è  dimostrato  dall'esempio  re- 
cato dei  detti  Neurotteri,  ma  è  credibile  che  sia 
così  anche  per  molti  altri  insetti,  ad  es.  per  le  Mo- 
sche, le  quali  dilatano  enormemente  il  loro  addome, 
certo  coll'aiuto  dei  grandi  sacchi  aerei,  che  sono 
alla  base  dello  stesso  dal  lato  del  dorso  (voi.  I, 
fig.  1025),  ma  ancora  per  aria  che  si  accumula  nel- 
l'ingluvie, la  quale  è  alla  base  dell'addome  stesso,  ma 
dal  lato  ventrale. 

Questa  interna  pressione  si  esercita  sugli  altri 
organi  e  sopratutto  sul  liquido  circolante,  il  quale, 
dovunque  spingendosi,  distende  lo  strato  cutaneo 
quanto  e  dovunque  è  possibile,  dando  così  alle 
membra  ed  alle  diverse  parti    del  corpo  la  forma  e  le  proporzioni  definitive. 

Adunque,  nei  primi  momenti  di  vita  estraninfale  dell'adulto  la  distensione 
dello  strato  cutaneo,  compreso  il  cuticolare  chitinoso,  è  possibile,  ma  tale  facoltà 
è  di  breve  durata. 

Infatti,  nei  primi  istanti  sopraccennati  la  cuticola  è  molle  ed  estensibile  ed 
è  probabile  che  in  questo  tempo  essa  non  risulti    di    natura  chimicamente    con- 


Fig,  369.  —  Formicaleone  comune. 
A,  adulto;  B,  suo  bozzolo  aperto 
contenente  la  ninfa;  C,  la  ninfa 
che  fuoriesce  per  sfarfallare;  D, 
la  larva  come  è  quando  si  trova 
aucora  nel  bozzolo.  Grand,  nat. 
Da  Roesel. 


348 


CAPITOLO    QUINTO 


forine  a  quella    che    avrà  poco  dopo,  non  appena  si  sia  fatta  sentire    l'influenza 
dell'aria. 


Si  è  già  accennato,  a  pag.  464  e  seg.  del  I  volume,  alla  probabilità  di  uu  intervento  di 
azoto  a  modificare  chimicamente  lo  strato  cuticolare  dell'insetto,  così  che  da  una  sostanza  pa- 
ragonabile alla  cellulosa  si  avrebbe,  per  nitrificazione,  la  chitina.  Tale  processo  può  benissimo 
avvenire  per  concorso  dell'aria  oltreché  di  sostanze  azotate  escrementizie,  provenienti  dall'orga- 
nismo. È  quindi  ammissibile  che  l'adulto  neonato  sia  rivestito  di  una  cuticola  da  richiamarsi  al 
solo  derma,  cioè  non  azotata,  quindi  non  di  vera  chitina,  perciò  molle,  estensibile,  ecc.,  ma  che, 
per  assorbimento  d'aria  dopo  la  fuoriuscita  dall'iuvolucro  ninfale    e  per  improvvisa  imbibizione 

di  sostanze  escrementizie  azotate, 
essa  acquisti  i  caratteri  chimici 
e  fisici  della  chitina,  almeno  nel 
suo  strato  superficiale  (epider- 
mide), con  che  la  cute  perde- 
rebbe quella  mollezza,  estensibi- 
lità, ecc.  dei  primi  momenti,  per 
divenire  rigida,  fragile,  secca, 
per  così  dire,  inestensibile,  come 
è  sempre  di  poi,  e  ciò,  ripeto, 
per  intervento  di  azoto  negli 
strati  superficiali,  durante  i  primi 
istanti  di  vita  extraninfale.  Su 
tale  argomento  non  mi  consta 
ohe  sieno  state  fatte  ricerche, 
le  quali,  del  resto,  non  sarebbero 
troppo  difficili. 


Fig.  370.  —  Lymanthrìa  dispai-.  Sfarfallamento.  A,  adulto  femmina 
che  comincia  ad  uscire  dalla  crisalide  (dal  dorso);  B,  adulto  ma- 
schio, che  è  già  fuoriuscito  col  capo  e  col  torace  (dal  dorso)  ; 
C,  adulto  maschio  fuoriuscito  del  tutto  e  che  inizia  la  disten- 
sione delle  ali;  D,  lo  stesso  colle  ali  più  distese;  E,  nello  stato 
definitivo  e  ad  ali  aperte.  Gr.  nat. 


Distensione  delle  ali.  — 
Comunque  avvenga,  certo 
l'eftetto  ultimo  è  la  pre- 
senza di  uno  strato  chiti- 
noso  duro ,  né  altrimenti 
estensibile,  che  riveste  l'a- 
dulto, dopo  pochi  momenti 
dallo   sfarfallamento. 

Perciò  l'insetto  appena 
libero  dall'invoglio    ninfale 
ed   uscito  all'aperto  in  am- 
biente aereo  (nessun  adulto    schiude    nell'acqua),    mogio    e    balordo,  secondo    la 
efficace  espressione  del  Redi,  provvede  a  raffazzonarsi  tutto  ed  a  questo  solo  at- 
tende per  allora. 

Una  parte  precipua  in  tale  opera  è  data  alle  ali.  È  della  massima  impor- 
tanza che  tali  organi  siano  subito  distesi  e  ridotti  alla  definitiva  loro  forma,  e 
ciò  senza  indugio,  perchè,  se  intercedesse  troppo  ritardo  a  ciò,  le  ali  mai  più  si 
distenderebbero  nel  modo  e  nella  misura  convenienti. 

In  generale,  alla  distensione  delle  ali  concorrono  due  forze  e  sono  la  pres- 
sione interna  del  liquido  circolante,  alla  quale  si  è  accennato  ed  il  peso  stesso 
dell'organo  e  del  detto  liquido,  che  esso  contiene. 

Perciò  è  cura  dell'insetto  di  mettersi  in  posizione  tale,  nei  primi  momenti 
da  che  è  schiuso,  che  le  ali  possano  [tendere  verticalmente  e  ciò  per  aiutare  la 
penetrazione  del  liquido  circolante  verso  l'estremità  dell'ala  opposta  alla  sua  in- 
serzione, così  che  ne  avvenga  completa  la  distensione. 


[/ADULTO  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie  349 


Occorre  adunque  ohe  l'insetto  si  collochi  esso  stesso  in  posizione  verticale, 
però  col  capo  in  alto  e  di  tale  maniera  le  sue  ali,  man  mano  che  si  allungano, 
pendono  parallelamente   al  oorpo  (figg.  309,  351,  370). 

Se  si  impedisce  all'adulto,  di  recente  schiuso,  di  assumere  tale  posizione,  le 
ali  rimangono,  generalmente,  più  o  meno  grinzose  e  convolute. 

Vi  sono  però  molti  insetti,  specialmente  Coleotteri,  che  possono  allungare  a 
perfezione  le  loro  ali  anche  rimanendo  in  tutt'altra  posizione  e  sia  pure  anche 
verticalmente  ma  col  capo  all'ingiù,  ed  in  tale  caso  essi  profittano  di  tale  fa- 
coltà per  compiere  anche  questo  ultimo  lavoro  in  ambiente  riparato,  come  è  quello 
in  cui  hanno  traversato  lo  stadio  ninfale.  Essi  escono  all'aperto  del  tutto  pronti 
alle  altre  loro  funzioni,  a  cui  sono  destinati. 

Colori.  —  Non  vi  sono  che  i  Lepidotteri,  i  quali  fuoriescano  dalla  crisalide 
rivestiti  delle  stesse  tinte,  che  avranno  per  sempre  di  poi.  Però  il  caso  delle 
Farfalle  fa  eccezione  alla  regola,  per  ciò  che  il  colorito,  di  cui  sono  adorne  di- 
pende, come  si  ò  già  accennato  nel  volume  precedente,  da  depositi  urici,  che 
vengono  abbandonati  nell'interno  stesso  della 
squama  abbastanza  per  tempo  avanti  allo 
sfarfallamento.  Pegli  altri  insetti,  nella  grande 
maggioranza,  il  colorito  specifico  è  assunto  o 
compiuto  solo  a  sfarfallamento  avvenuto  e  si 
fa  nell'aria,  intendo  dire  dopo  il  rigetto  della 

1  "    .  Fig.  371.  —  Formazione    delle  uiacohie    in 

spoglia  ninfale,  poiché  non  è  necessaria  anche        Uu  Coleottero  (Oisomeiide)  dopo  sfarfal- 
la fuoriuscita    dai    ripari    in    cui    la    ninfa  è        lato-  Da  Fol90m- 
stata  nascosta  (fig.  371). 

La  differenza,  che  si  è  già  ricordata  nel  precedente  volume  (pagg.  483-486) 
fra  i  colori  dipendenti  da  pigmenti  diversi  e  quelli  che  si  possono  definire  per 
ottici,  inqnantochè  non  sono  che  parvenze  dovute  a  giochi  di  luce  negli  strati 
cuticolari,  si  mantiene  abbastanza  anche  rispetto  al  modo  ed  al  tempo  di  loro 
apparizione  nel  tegumento  dell'insetto. 

Si  può  dire  infatti,  che  i  colori  ottici  appaiono  più  presto  perchè  sono  ma- 
nifesti in  tutto  il  loro  splendore  non  appena  è  cessata  ogni  modificazione  chi- 
mico-fisica nello  strato  cuticolare,  cioè  è  compiuta  l'opera  per  la  quale  questo 
strato  assume  i  caratteri  definitivi. 

Invece  i  colori,  che  dipendono  da  pigmenti,  possono  apparire  anche  più  tar- 
divamente e  con  progresso  più  lento  di  quello  della  consolidazione  dello  strato 
cuticolare,  specialmente  se  si  tratta  di  pigmenti  da  depositarsi  nello  strato  ipo 
dermale  anziché  nella  massa  stessa  chitinosa. 

Sostanze  escrementizie  espulse  dall'adulto.  —  Molte  larve,  come  sono  ad  es.  quelle 
degli  Imenotteri  aculeati,  non  espellono  escrementi  dall'apertura  anale  durante  il 
periodo  di  larva.  Ciò  avviene  perchè  è  interrotta  la  comunicazione  tra  intestino 
medio  e  posteriore.  Solo  all'atto  della  trasformazione  in  ninfa  si  apre  lo  sfintere 
pilorico  e  tutto  il  contenuto  del  mesenteron,  accumulatovi  durante  la  vita  lar- 
vale passa  nell'intestino  posteriore  e  di  là  nel  retto,  di  dove  è  facilmente 
espulso. 

Ciò  può  essere  giustificato  pensando  che  .  tali  larve  vivono,  quasi  tutte,  in 
ambienti  chiusi  e  limitatissimi  di  spazio,  talora  appena  sufficiente  per  capire  a 
disagio  l'insetto.  Si  comprende  che  un  accumulo  di  escrementi  immediatamente 
attorno  alla  larva,  in  tali  condizioni,  non  potrebbe  non  essere  pericoloso  per  ef- 
fetto di  decomposizione,  mentre  non  sembra  esserlo  pel  breve  periodo  della  vita 
di  ninfa. 

Meno  bene  si  spiega,  con  ragionamento  analogo,  il  fatto  che  in  talune  specie, 


350  CAPITOLO    QUINTO 


che  sono  libere  allo  stato  di  larva,  come  ad  es.  i  Formicaleoni,  le  Ghrysopa  e 
generi  affini,  gli  escrementi  non  vengono  mai  espulsi  dalla  larva  e  neppure 
dalla  ninfa,  mentre  non  fuoriescono  dall'intestino  se  non  nell'adulto  di  recente 
schiuso. 

Per  questi  insetti  però  giova  ricordare  che  l'intestino  posteriore  funge  da 
organo  sericiparo,  anzi,  nel  retto  appunto,  è  accumulata  la  seta  durante  la  vita 
di  larva.  La  fuoriuscita  degli  escrementi,  in  tali  condizioni,  importerebbe  la  perdita 
della  sostanza  serica  accumulata  via  via. 

I  Formicaleoni,  le  Ghrysopa  e  generi  affini  mantengono,  nel  loro  mesenteron, 
per  tutta  la  vita  di  larva  e  di  ninfa,  un  grosso  ammasso  di  sostanza  escremen- 
tizia, aggomitolata  entro  più  strati  di  tuniche  peritrofiche,  staccatesi  a  più  riprese. 
Tale  bolo  viene  rigettato  dall'apertura  anale,  dopo  poco  tempo  da  che  l'adulto  è 
sorto. 

I  Lepidotteri  mostrano  il  più  accentuato  esempio  di  sostanza  escretiva,  di- 
pendente dall'intimo,  lungo  lavoro  di  istolisi  ed  istogenesi,  avvenuto  durante  il 
periodo  ninfale,  che  viene  espulsa  all'atto  dello  sfarfallamento. 

In  tale  caso  si  tratta  di  un  abbondante  liquido  denso,  torbido,  per  lo  più 
di  colore  rossastro  o  rosso  (è  stato  perfino  scambiato  per  sangue,  a  proposito  di 
talune  specie  ed  ha  provocato  non  poca  superstiziosa  paura  in  certi  casi  di 
schiuse  simultanee  e  numerose  di  talune  farfalle),  che  viene  eiaculato  dai  Lepi- 
dotteri, da  poco  sfarfallati,  sia  nel  bozzolo  che  all'esterno  e  contieue  una  grande 
quantità  di  arati  di  ammoniaca. 

Per  la  maggioranza  degli  altri  insetti  tale  vistosa  fuoriuscita,  tutta  insieme, 
di  prodotti  escretivi,  all'atto  dello  sfarfallamento  non  si  verifica  ed  è  quindi  da 
credere  ohe  i  prodotti  stessi,  che  pur  debbono  essere  abbondanti  nell'intestino, 
vengano  emessi  di  poi,  a  poco  a  poco  e  probabilmente  con  quelli  derivanti  dal- 
l'attività digestiva. 

L'adulto,  dopo  tali  atti  di  assestamento  del  proprio  corpo,  finito  ed  accomo- 
dato a  perfezione,   è  pronto  ormai  alle  speciali  fuuzioni,  alle  quali  è  destinato. 


Maturanza  sessuale. 


Abbiamo  discusso  in  precedenza  sui  fatti  di  maturanza  sessuale  anticipata 
{neotema)  e  ne  abbiamo  esposto  le  ragioni  e  la  natura. 

Converrà  qui  discorrere  più  a  lungo  della  condizione  che  specializza  l'adulto, 
ma  secondo  altro  punto  di  vista. 

L'adulto  infatti  è  caratterizzato  dagli  organi  sessuali  pronti  ad  ogni  loro 
funzione.  Tale  stato  di  completo  sviluppo  sessuale  può  coincidere  o  meno  con 
quello  del  sistema  locomotorio  (1)  e  perciò  si  possono  avere  i    seguenti  casi: 

1.°  Sono  maturi  gli  organi  sessuali  ed  i  loro  prodotti  prima  del  completo 
sviluppo  del  sistema  locomotorio  (Neotenìa-Pedogenesi). 


(1)  Cosi  dicasi  per  brevità,  tua  intendasi  die  l'incompleto  sviluppo  del  detto  sistema  ri- 
spetto al  tipo  di  Insetto  adulto,  cioè  fornito  anche  di  ali,  importa  deficienza  anche  in  molti 
altri  sistemi,  cioè  un  insieme  di  organi,  funzioni  ed  aspetto  generale  giovanile.  Quindi,  al- 
lorché si  accenna  allo  stato  del  sistema  locomotorio  intendasi  anche  a  quello  del  tutto  coetaneo 
di   tutti  gli  altri  organi  e  sistemi,   meno  che  dei   genitali. 


L'ADULTO    E    GLI    ATTI    I'Klt    LA    t'ONSKRVAZIONK    DF.LI.A    SPECIE 


361 


li.0  Sono  maturi  affatto  contemporaneamente  il  sistema  locomotorio    e    gli 
organi  sessuali  e  loro  prodotti  (caso  più  comune,  Adresìa). 

3.°  È  perfettamente  sviluppato    il    sistema    locomotorio    con  anticipazione 
sugli  organi  sessuali  o  loro  prodotti  (Iper adresìa). 

4.°  Sono  immaturi  tanto  il  sistema  locomotorio  che  quello  sessuale  (Atelìa). 
Neotenia.  -  A  proposito  di  precocità  sessuale  è  necessario  distinguere  i  casi 
dove  essa  è  di  regola,  cioè  neotenici  veramente,  da  quelli  in  cui  è  affatto  acci- 
dentale e  si  comprendono  sotto  il  nome  di  Pedogenesi  e  di  cui  diremo  più  innanzi. 
Della  neotenia  noi  abbiamo  altrove  già  recato  esempi  vari  e  mostrato  come 
l'arresto  dello  sviluppo  generale  dell'insetto,  meno  che  del  sistema  suo  ri- 
produttore, possa  accadere  ad  uno  solo  dei  due  sessi  o  ad  ambedue.  Si  hanno 
dunque  i  tre  seguenti  casi  : 

1.°  Neotenia  del  solo  maschio  (Androneia,  caso  molto  raro); 

2.°  della  sola  femmina  (Ginoneia,   frequente)  ; 

3.°  di  ambedue  i  sessi  a  pari  grado  o  poco  diverso  (Anfineia,    anche    più 
frequente). 

Rispetto  poi  alla  diversa  età  giovanile,  alla  quale  è  avvenuto  l'arresto  di 
tutto  l'organismo  meno  che  del  sistema  genitale,  si  hanno  gradi  vari  ed  esempi 
multipli,  che  possono  essere  rappresentati,  almeno  i  principali,  nella  seguente 
tabella  : 


Condizione 
neotenic-a 

Stadio 
Protopodiale 

Stadio 
Polipodiale 

Stadio 
Archeopodiale 

Stadio  eoninfale 

(Eoninfa,  Prosopon 

fino  a  Proninfa) 

Stadio 
Ninlalo 

Androneia  . 

Blastophaga 

Qinoneia 

Coccidei 

Alcune  Geome- 
tre ;  alcuni 
Ditteri     com- 
mensali; Lam- 
pyrit,  ecc.,    a 
femmine  atte- 
re,   ma    bene 
distinto  il  cor- 
po   nelle    sue 
tre  sezioni. 

Specie  di  pa- 
recchi ordini 
colle  femmi- 
ne ad  ali  più 
o    meno    ri- 
dotte. 

Anfineia 

Apterigoti 

Afani  tterif 
Forse     pel 
carattere 
della     non 
evidente  di- 
stinzionedel 
corpo    nelle 
tre     sezioni 
questo  grup- 
po  va   piut- 
tosto in  que- 
sta   rubrica 
anziché  nel- 
la seguente. 

Alcuni    Pu- 
pipari  (Brau- 
la,    Nycterì- 
b  i  a,    Me  lo- 
phagus).   Ano- 
pluri,   Mallo- 
fagi  (gli  Atteri 
di     Latreille, 
meno  gli  Ap- 
terigoti).   At- 
teri, però  col 
corpo  ben  di- 
stinto   nelle 
sue     tre      re- 
gioni. 

Specie  di  pa- 
recchi ordi- 
ni con    am- 
bedue i  sessi 
emitt  eri, 
cioè    ad    ali 
più  o   meno 
ridotte. 

Adresia.  —  Il  secondo  caso,  cioè  di  maturanza  simultanea  di  tutti  gli  organi 
e  sistemi  è  di  gran  lunga  il  più  comune  fra  gli  Insetti  e  non  giova  insistere  ulte- 
riormente. L'insetto,  in  generale,  appena  sfarfallato  può  provvedere  alla  perpetua- 
zione della  specie  ed  a  questo  ufficio,  infatti,  precipuamente  attende. 


352  CAPITOLO    QUINTO 


Si  dovrebbe  però  fare  una  distinzione  fra  le  specie,  le  quali,  appena  adulte, 
hanno  pronti  insieme  tutti  i  prodòtti  sessuali  e  questi  emettono  in  una  sola 
volta,  continuatamente,  senza  interruzioni  (ne  sieno  esempio  i  Lepidotteri)  e 
quelle  altre,  invece,  le  quali,  dopo  una  prima  emissione  di  prodotti  sessuali  pronti 
all'atto  dello  sfarfallamento,  hanno  alternative  di  riposo  sessuale,  nel  qual  tempo 
maturano  altri  germi,  e  di  successive  emissioni,  di  guisa  che  la  deposizione  delle 
uova  (e  talora  anche  l'attività  copulativa  da  parte  del  maschio)  si  ripetono  ad 
intervalli  di  tempo  dipendenti  da  periodi  intercalati  da  immaturanza  dei  pro- 
dotti sessuali. 

Una  tale  differenza  non  può  non  avere  effetti  notabili  sia  rispetto  al  be- 
nessere  della  specie,  sia  per  quanto  riguarda  noi,  se  si  tratta  di  forme  pratica- 
mente interessanti. 

Iperadresìa.  —  Anche  per  questa  maniera  di  maturità  sessuale,  rispetto  a  quella 
degli  altri  organi  e  specialmente  del  sistema  locomotorio,  può  farsi  la  distinzione 
a  cui  abbiamo  accennato  più  su  e  prevedere  gli  stessi  efletti  anche  dal  lato  eco- 
nomico. 

In  generale  il  ritardo  alla  maturanza  dei  prodotti  sessuali  dipende  dalla  ne- 
cessità di  accumulare  il  molto  materiale  occorrente  per  la  formazione  dei  tuorli 
delle  uova,  combinata  colla  insufficiente  capacità  addominale  delle  femmine,  che 
non  permette  un  simultaneo  accumulo  di  molte  uova.  Quanto  al  maschio  esso 
non  può  non  comportarsi  all'unisono  colla  sua  femmina,  per  quanto  la  presenza 
ed  il  funzionamento  della  spermoteca,  cioè  del  ripostiglio  ove  le  femmine  con- 
servano il  seme  maschile  serve  di  buon  correttivo  a  rendere  non  strettamente 
necessaria  sempre  questa  consonanza  di  funzioni  tra  i  due  sessi. 

Il  più  accentuato  esempio  di  maturanza  dei  prodotti  femminili  regolata  ad 
intervalli  è  dato  dai  Pupipari  fra  i  Ditteri  e  se  ne  comprende  agevolmente  la  ra- 
gione, che  è  la  stessa  anche  per  le  specie  che  fanno  uova  grandissime,  poiché 
uno  solo  se  ne  contiene,  volta  a  volta,  nell'addome. 

Si  comprende  che  queste  forme  a  deposizione  d'uova  protratta  per  molto 
tempo  debbono  avere  eccellenti  gli  organi  ed  i  mezzi  alla  conservazione  dell'in- 
dividuo, qualora  le  comodità  di  esistenza  dovute  a  commensalismo  o  parassi- 
tismo non  sieno  tali  da  rendere  inutile  la  perfezione  degli  organi  di  locomozione. 
Invece,  le  specie  che  compiono  tutta  in  una  volta  la  loro  opera  sessuale  e  non 
appena  altrepassato  il  periodo  di  ninfa,  possono  avere  anche  incompleto  o  deficiente 
del  tutto  perfino  il  sistema  digerente,  come  destinato  solo  alla  conservazione  del- 
l'individuo, pur  rimanendo  eccellenti  tutti  gli  altri  organi,  che  concorrono  alla 
buona  riuscita  del  lavoro  di  conservazione  della  specie. 

Atelìa,  —  Possono  essere  incompleti  il  sistema  locomotorio  (mancanza  di  ali) 
e  quello  sessuale.  Abbiamo  così  molte  forme  neutre,  esistenti  però  solo  nelle  so- 
cietà, da  poiché  da  sé  non  potrebbero  perpetuare  individui  simili. 

Per  le  forme  neutre  in  generale  (anche  le  alate)  o  per  meglio  dire  a  sistema 
sessuale  non  sviluppato  dopo  fuoriuscite  dal  periodo  di  ninfa  non  vi  ha  più 
possibilità  di  interveuire  nell'opera  riproduttiva.  L'insetto  così  rimane,  come  è 
fuoriuscito  dalla  spoglia  di  ninfa  e  non  vi  ha  mai  più  alcun  progresso  ulteriore  di 
organo  alcuno,  se  non  quelle  secondarie  variazioni,  che  sopra  si  sono  vedute 
accadere  subito  dopo  lo  sfarfallamento  e  che  sono  più  di  adattamento  che  d'altro. 

Si  comprende  come  questi  arresti  di  sviluppo,  maturauze  ad  epoche  diverse, 
rapporti  tra  sistemi  di  organi,  ecc.,  contribuiscano  efficacemente  a  portare,  nella 
classe  degli  Insetti,  quella  enorme  varietà  di  forme,  la  quale  è  caratteristica  ed 
esclusiva  del  vasto  gruppo. 


L'ADULTO    e    GLI     VII!    PBK    LA    CONSKRVAT.10NK    DELLA    SPKC1K 


153 


Pedogenesi. 

Della  Pedogeuesi  si  discorre  qui  e  non  accanto  alla  Neotenia  poiché  vera- 
mente si  tratta  di  fenomeno  tutto  affatto  diversi»  dalla  vera  e  normale  riprodu- 
zione sessuale. 

È  una  maniera  del  tutto  di  eccezione,  per  cui  un  sistema  di  organi,  anor- 
malmente, giunge  a  funzioni,  che  gli  sono  riserbate  molto  più  tardi,  in  via  di 
regola. 

È  appunto  il  fatto  di  questa  anormalità,  che  sconsiglia  dal  considerare  il 
fenomeno  dilla  pedogenesi  alla  stessa  stregua  di  quelli  assolutamente  di  regola, 
che  si  comprendono  nella  vera  e  propria  partenogenesi,  cioè  parto  di  femmina 
adulta  senza  il  concorso  del  maschio. 

Certo  che  anche  a  proposito  della  partenogenesi  la  femmina  può  rappresentare 
uno  stadio  giovanile  ossia  incompleto  rispetto  agli  altri  sistemi,  specialmente  al 
locomotorio,  ma  il  genitale  è  sempre  ormai  completamente  sviluppato,  tutto  affatto 
come  in  quale  si  voglia  altra  forma  anche  alata.  La  conseguenza  di  ciò  è  questa, 
che  mentre  nelle  forme  partenogenetiche  veramente  (nel  senso  stretto  della  pa- 
rolai il  parto  avviene  in  via  tutto  affatto  normale,  essendo  perfetto  il  sistema  ses- 
suale femminile,  nei  casi,  invece,  di  Pedogenesi,  avviene  bensì  l'incremento  delle 
uova,  la  loro  maturanza  e  lo  sviluppo  dell'embrione,  come  accadrebbe  appunto 
nel  corpo  dell'adulto,  ma,  non  essendo  tutto  il  sistema  genitale  completo  e  per- 
fetto nelle  sue  parti  non  può  avvenire  l'uscita,  del  neonato  altrimenti  che  per 
morte  della  larva- madre  e  dilacerazione  del  suo  involucro  materno. 

Più  razionalmente  si  potrebbe  confrontare  la  Pedogenesi  colla  Endofagia,  non 
intercorrendo  tra  i  due  fenomeni  clie  la  differenza  che  intercede  per  l'origine  dei 
germi  che  si  sviluppano.  Nell'un  caso  (endofagia)  sono  uova  dipendenti  da  specie 
diverse,  che  si  svolgono  nel  corpo  della  vittima  ed  in  taluni  casi  anzi  moltipli- 
cano per  germinogonia,  nell'altro  sono  le  uova  della  stessa  specie,  destinate  ad 
evoluzione  più  tardiva,  che  si  sviluppano  anormalmente  anzitempo,  ma  alla  fine, 
rispetto  all'organismo  materno,  non  si  comportano  diversamente  dai  veri  e  propri 
parassiti  endofagi. 

Alla  Pedogenesi  si  è  già  accennato  brevissimamente  nel  primo  volume  a 
pag.  947. 

Il  fenomeno  singolarissimo  consiste  in  ciò,  che  in  una  forma  veramente  lar- 
vale, destinata  normalmente  a  divenire  adulto,  nel  modo  consueto,  si  sviluppano 
le  uova  immaturissime,  contenute  negli  abbozzi  degli  ovari,  e  finiscono  per  dare 
embrioni  e  larve  simili  alla  madre,  che  perisce  per  lasciar  libera  questa  precoce 
figliolanza. 

Il  fatto  è  stato  veduto  e  riconosciuto  esattamente  dapprima  in  larve  di  Dit- 
teri del  genere  Miastor  (fig.  371). 

Nel  1862  Nicola  Wagner  riconobbe  il  fatto  della  maturazione  precoce  degli  ovari  e  delle 
uova  in  larve  e  ninfe  di  Cecidouiidi,  le  quali  così  si  possono  riprodurre  prima  di  essere  giunte 
allo  stato  adulto.  Egli  ritenne  che  la  figliolanza  si  nutrisse  a  spese  del  grasso  materno,  deter- 
minando, alla  fine,  la  morte  della  madre  stessa,  con  che  le  giovani  larve  venivano  messe  in 
libertà. 

De  Filippi  confermò  il  fenomeno  e  cosi  pure  von  Baer,  nel  seguente  anno,  ambedue  sui  ma- 
teriali stessi  del   naturalista  russo. 

Anche  Meinert  (1864  i   riconobbe   il   fatto  e  chiamò   Miastor  metraìoas  la  specie  del  Wagner. 

Nel   1864   Pagenstecker  constatò  fatti   identici   in  altra  specie  e  riconobbe  lo  sviluppo  a  spese 

A.  Beklese,  Gii  Inietti,  11.  —  45. 


354 


CAPITOLO    QUINTO 


di  vere  uova.  Gauin  (1865)  riconobbe  la  presenza  di  ovaia  pari  e  Lenckart  mostrò  cbe  le  ovaia 
stesse  si  frammentano  in  piccoli  gruppi  di  cellule,  che  nuotano  liberamente  nella  cavità  del 
corpo.  Metchnikoft"  (1866)  poi  segui  lo  sviluppo  delle  piccole  larve  a  spese  delle  uova    ovariche. 


Fig.  372.  —  Esempio  di  Pa- 
togenesi. La  larva  di  Mìa- 
sior,  che  contiene  cinque 
giovani  larvette.  Ingrana. 
Da  Pagensteeker. 


La  Pedogenesi  vera  e  propria,  limitata  al  fenomeno 
suaccennato,  trova  una  via  di  passaggio  alla  parteno- 
genesi strettamente  detta,  mediante  il  parto  di  uova 
capaci  di  svilupparsi,  cbe  possono  fare,  anormalmente, 
le  ninfe  di  specie  del  genere  Ghironomus  (Oh.  Urinimi), 
secondo  quanto  riconobbe  il  Grimm,  nel  1870.  A.  Schnei- 
der  (1885)  constatò  la  partenogenesi  nell'adulto  della 
stessa  specie  ed  ecco  in  qual  modo  da  fenomeni,  che  si 
rannodano  piuttosto  coi  casi  di  riproduzione  larvale, 
quali  si  conoscono  ad  es.  per  le  larve  di  Trematodi  colla 
formazione  di  Badie  entro  le  Sporocisti,  ecc.,  si  passa 
alla  vera  e  propria  partenogenesi,  di  cui  gli  esempi  più 
numerosi  si  trovano  fra  gli    Insetti. 

È  stato  ascritto  alla    stessa    serie  di    fatti,    cioè    di 
vera    Pedogenesi,  anche    la  riproduzione  partenogenetica 
delle  femmine    attere    «li    Afldidi.  Per  queste  però,  come 
pei    Ooecidei,  non   mi  sembra  che  si  possa    uscire    dalla 
vera    partenogenesi  associata    alla    neotenia.    La    compli- 
canza, per  opera    del  polimorfismo,    riscontrandosi    negli     Afidi,    anche     femmine 
alate  non  può  influire   sulla  detta  inter- 
pretazione del   fatto. 

Ripeto  che  tanto  per  la  neotenia 
quanto  per  la  pedogenesi  si  tratta  sempre 
di  parto  per  opera  di  una  forma  larvale 
o  che  si  è  arrestata  nel  suo  sviluppo 
allo  stadio  di  larva,  ma  la  differenza  sta 
nella  normalità  o  meno  del  fatto  e  nel 
conseguente  parto  regolare  o  meno,  che 
conduce  nell'un  caso  alla  distruzione  della 
madre,  quando  si  tratta  di  vera  pedoge- 
nesi, il  che  non  accade  nei  casi  di  vera 
neotenia,  poiché  questi  sono  ormai  dive- 
nuti normali. 

A 

Fig.  373.  —  Esempio  del  massimo  grado  di  diver- 
genza sessuale.  La  femmina  è  involuta  rispetto 
alla  sua  larva.  Dimorfismo  sessuale  degli  Sti- 
lopidi  (Xcnos  vesparuvt) :  A,  addome  di  Vespa 
(Polistes  gallica)  contenente  la  femmina  di 
Xenos,  che  sporge  col  solo  eapotorace  tra  i 
segmenti  addominali  dell'ospite  (Ingr.  4diam.); 
B,  maschio  dal  dorso  (6  diam.);  C,  femmina 
dal  ventre  (8  diam.);  a,  aperture  per  la  fuo- 
riuscita delle  larve. 


Una  vera  maniera  di  passaggio  tra  l'ima  e 
l'altra  serie  di  fenomeni  può  essere  rappresentata 
dal  modo  di  riproduzione  delle  femmine  di  Stilo- 
pidi.  È  questo  un  caso  unico  e  singolarissimo 
del  resto  non  ancora  bene  studiato  e  definitiva- 
mente deciso. 

Le  femmine  di  Stilopidi  sono  larveformi  ve- 
ramente.  Anzi  può    qui   parlarsi    di    involuzione, 

inquantochè  la  femmina  è  molto  diversa  dalla  larva  da  cui  procede,  essa  è  apoda  e  vermiforme, 
mentre  la  larva  è  una  vera  e  propria  larva  oligopoda,  come  si    vede   in   tutti   i   Coleotteri. 

Questo  è  un  caso  di   polimorfosi    regressiva,   uno  dei    pochissimi  di  vera  involuzione  anziché 
di   arresto  di   sviluppo. 

Comunque  sia  è  certo  che,   nella  femmina  cosi   regredita,  si  sviluppano  le  uova  con  una  fram- 
mentazione dell'ovario,   non     dissimile    da    lineila   ricordata  pel     caso     tipico    di     pedogeuesi  dei 


L'ADULTO    K    GLI    Al'll    l'Kl;    l.A    CONSKRVAZIONK    DKLLA    SPKCII  355 

Mia$tor  ed  ad  un  dato  momento  gli  embrioni  e  lo  larve  sono  liberi  e  fluttuanti  nella  cavita  del 
corpo. 

Dalla  vera  pedogenesi  pero  il  modo  di  riprodursi  degli  Stilopidi  differisce  essenzialmente 
pel  fatto  clic  la  fuoriuscita  delle  larve  si  effettua  per  vie  proprie  e  non  per  rottura  del  corpo 
materno. 

Ma  il  singolare  è  in  ciò,  che  tali  vie  non  sono  il  consueto  ovidutto,  apreutesi  nell'estremo 
addome,  interessante  gli  urosterniti  dal  7."  al  9.°,  come  è  in  tutti  gli  altri  insetti,  bensì  in  ster- 
iliti molto  precedenti  e  persino  torneali  e  sono  quattro  aperture,  con  quattro  condotti  distinti- 
Di  qui  fuoriescono  le  larve  senza  danno  materno  (vedi  voi.   1,  pag.  $66). 

Tutti  questi  fatti  di  maturanza  sessuale  precoce  possono  adunque  essere 
così  classificati: 

1.°  Maternità  della  larva  non  accompagnata  da  completamento  del  sistema 
genitale  anche  nelle  sue  vie  di  fuoriuscita  dei  prodotti  sessuali  «lei  neonati.  Con- 
seguente distruzione  della  madre  all'atto  del  parto  (Pedogenesi  vera). 

2.°  Maternità  della  larva  accompagnata  da  vie  anormali  di  uscita  delle 
larve:  non  consegue  la  distruzione  della  madre  per  l'atto  del  parto  (Emipedo- 
genesi). 

3."  Maternità  della  larva  (o  della  ninfa)  con  vie  di  fuoriuscita  delle  uova 
o  delle  larve  del  tutto  normale  {Neotema). 

Nel  primo  caso  l'intervento  del  maschio  è  sempre  escluso:  nel  secondo  esso 
deve  esistere,  dal  momento  che  sono  presenti  e  molto  attivi  i  maschi,  sebbene 
non  sia  palese  il  modo  di  funzionamento  loro  in  concorso  all'opera  riprodut- 
tiva (1). 

Nel  terzo  caso  l'intervento  del  maschio  è  di  regola,  ma  può  manifestarsi 
anche  la  partenogenesi  vera  e  propria  senza  che  tali  fatti  abbiano  correlazione 
od  influenza  verso  quelli  dipendenti  dalla  neotenia. 

A  proposito  della  Partenogenesi  ricorderemo  il  caso  dei  maschi,  i  quali  si  formano  nej;li  lu- 
gani sessuali  femminili,  uè  mai  di  là  fuoriescono,  pur  compiendo  entro  il  corpo  materno  la  fe- 
condazione della  madre  stessa,  come  si  aflerma  (Mouiez)  avvenga  ad  es.  del  Lecanittm  hesperidum. 


Funzioni  speciali  dell'adulto. 

L'opera  di  riproduzione  (all'iufuori   del  sopracitato,  rarissimo  caso  di  Pedoge- 
nesi vera)  è  riserbata  tutta  iutera  alla  forma  adulta,  anzi  ne  è  sua  caratteristica, 


(1)  Come  agisca  il  maschio  negli  Stilopidi  a  fecondazione  della  femmina  è  un  mistero  per 
coloro  ohe  considerano  quale  parte  anteriore  del  corpo  quella  che  sporge  libera  dal  corpo  della 
vittima,  della  quale  opinione  sono  il  Siebold  (1870)  ed  il  Nassonoff  (1894)  ed  il  Pierce  e  coi  quali 
mi  schiero  io  stesso,  che  ho  studiato  l'anatomia  di  queste  femmine  ed  ho  veduto  la  massa  cere- 
brale sopraesofagea  e  la  sottoesofagea  in  quella  specie  di  capo  (capotorace  sec.  Pierce),  che 
sporge  dall'addome  delle  Polisles  e  spetta  alle  femmine  di  Xenos  uesparum.  Meiuert  (1896)  pensa, 
invece,  che  tale  regione  rappresenti  l'estremo  addome  ed  afferma  l'accoppiamento  per  di  là.  È  un 
fatto  che  tale  posizione  della  femmina,  se  fosse  la  reale,  semplificherebbe  anche  il  problema 
della  sua  nutrizione,  altrimenti  difficile  a  spiegarsi  col  modo  di  vedere  del  Siebold  e  del  Nas- 
sonoff, ma  è  certo,  per  me  pure,  d'altra  parte,  che  la  regione  esposta  dalla  femmina  del  Xenoi 
l'anteriore  e  quindi  rimangono  da  studiarsi  e  discutersi  il  problema  della  sua  fecondazione  e  della 
nutrizione. 


356  CAPITOLO    QUINTO 


poiché  per  adulto  si  intende  appunto  lo  stadio  in  cui  l'insetto  è  atto  a  com- 
piere quegli  atti  e  quelle  funzioni,  che  hanno  per  i scopo  la  produzione  di  nuovi 
individui. 

Adunque  caratteristica  dell'adulto  è  la  funzione  di  riproduzione  e,  per  con- 
seguenza, tutto  quell'insieme  di  atti  che  la  accompagnano,  pur  non  avendovi 
parte  essenziale. 


Partenogenesi. 

Non  sempre  tuttavia  a  tale  funzione  è  necessario  l'intervento  di  ambedue  i 
sessi,  inquantochè  per  molti  insetti,  ed  in  particolari  condizioni,  può  avvenire  la 
riproduzione  senza  il  concorso  del  maschio;  la  femmina  può.  cioè,  partorire  uova 
capaci  di  svilupparsi  anche  senza  che  esse  siano  state  previamente  fecondate  da 
parte  dell'altro    sesso. 

Prima  adunque  di  parlare  del  fenomeno  più  complesso,  quale  è  quello  della 
riproduzione,  conviene  dire  di  questo  processo  semplificato  ed  abbreviato,  per  cui 
non  si  richiede  in  antecedenza  l'atto  dell'accoppiamento.  Vedremo  poi  le  fun- 
zioni, per  le  quali  ambedue  i  sessi  sono  in  gioco,  come  necessari. 

Della  natura  intima  della  partenogenesi  e  delle  varie  ipotesi  recate  innanzi 
da  diversi  autori  per  spiegare  il  fenomeno,  si  è  già  detto  a  pag.  946  e  segg. 
del  voi.  I.  Qui  conviene  invece  considerare  il  fatto  come  si  presenta  ed  indicarne 
le  diverse    modalità. 

Il  fatto  della  riproduzione  partenogenetica  fu  già  intraveduto  da  Aristotile  a  proposito 
delle  Api,  con  interpretazione  poco  diversa  dal  vero.  Nel  1667  Goedart  ottenne  delle  uova  fe- 
conde da  una  femmina  di  ih-ijijia  leucostigma  (Lepidott.),  cbe  non  aveva  subito  alcun  accoppia- 
mento e  cosi  pure  Blanchard  ed  Hannemaun  (16H6|  vennero  alla,  conclusione  cbe  i  Ragni  fossero 
ermafroditi,  avendo  ottenuto,  per  quattro  anni  di  seguito,  delle  uova  feconde,  capaci  di  svilup- 
parsi benissimo,  da  uno  stos9o  Ragno  femmina,  cbe  non  aveva  mai  avuto  contatto  col  mascbio. 
Ancbo  l'Albrecbt  (1706)  affermò  di  aver  veduto  sviluppare  delle  uova  di  Farfalle  non  fecondate. 
Finalmente  Bonnet  (1745)  studiò  e  descrisse  colla  massima  cura  il  fenomeno  della  partenogenesi 
negli  Afidi  vivipari  della  Quercia,  dimostrando  cbe  ad  una  serie  di  generazioni  estive  per  via 
di  viviparità  e  sempre  senza  il  concorso  del  mascbio,  veniva  a  seguire  una  riproduzione  autun- 
nale per  uova  e  questa  seguente  ad  un  accopppiameuto.  De  Geer  coufermò  il  fatto  ed  ottenne 
ben  undici  generazioni  partenogenetiche  successive  e  Kyber  potè  allevare  per  quattro  anni  di 
fila  VAphls  dianthi,   senza  che  mai  nell'opera  riproduttiva  fosse   intervenuto  il  maschio. 

Réaumur  non  volle  mai  ammettere  la  verità  del  fenomeno;  egli  lo  negava  a  Constant  de 
Castellet,  cbe  gli  riferiva  di  aver  veduto  sviluppare  uova  di  Baco  da  seta  non  fecondate:  Ex 
nìhilo  iiihiì  fit  affermava  il  Réaumur  e  negò  di  credere  a  sé  stesso  in  presenza  della  partenogenesi 
di  certi  Psichidi  (Lepidott.),  ammettendo  come  dovuti  ad  ermafroditismo  i  fatti  inconfutabili 
ebe  mostravano  gli   Alidi. 

Altre  osservazioni  fecero  palese  la  partenogenesi  in  taluni  Crostacei,  ma  il  più  efficace 
esempio  fu  quello  dell'Ape,  studiato  benissimo  da  Dzierzon  (1845),  da  Siebold  e  da  Leuckart, 
per  le  quali  ricerche,  fu  chiaramente  messa  in  luce  la  partenogenesi  nell'Ape  ed  il  fatto  che  da 
uova  fecondate  nascono   maschi. 

I  più  vecchi  autori  designavano  colle  frasi  ■•  ludna  sine  ooitu»,  «generazione  solitaria»,  «ri- 
produzione  verginale  »   questi   fatti,   pei  quali  l'Owen   (1849)   creò  il   nome  di  partenogenesi. 

Il  fenomeno  si  presenta  con  modalità  molto  diverse  nei  vari  insetti  in  cui 
si  palesa,  poiché  dalle  uova  non  fecondate  possono  sorgere  individui  simili  alla 
madre  o  meno;  maschi  oppure  femmine,  od  indifferentemente  l'uno  o  l'altro  sesso- 
Inoltre,  il  concorso  del  maschio,  alternato  colle  riproduzioni  partenogenetiche,  può 


l'adulto  e  gli  atti  I'KR  la  conskkvazione  della  specie  357 

essere  regolare,   cioè  a  determinati  intervalli,  o  meno.  In  conclusione,  si  possono 
distinguere  le  seguenti   maniere  di  partenogenesi,   che  qui  si  espongono. 
Abbiamo  così  (1)  : 

Partenogenesi   accidentale  (Ticoparteaoffenexi  di   Heuuegny). 

|  Occasionale  (Caìropartenogeneni). 

Partenogenesi   normale  ,.  ,  (  Irregolare. 

Ciclica  (Ciclopttrteitoqenesi)  {  _ 
1  \         *  (  Regolare. 

Un'altra  distinzione  fra  i  due  modi  di  partenogenesi  riguarda  il  sesso,  che 
si  ottiene  dalle  uova  non  fecondate  in  confronto  delle  altre,  e  si  hanno  i  tre  se- 
guenti casi  : 

1.°  Da  uova  non  fecondate  nascono  maschi    (mentre    le  femmine  derivano 
da  uova  fecondate)  [ArrenotochAa,    Siebold). 

2.°  Da  uova  non  fecondate  nascono  femmine  (e  dalle  altre  maschi)    (Teli- 
tochìa,  Siebold). 

3."  Da    uova    non    fecondate  nascono    indifferentemente  ambedue    i    sessi 
(Anfitocìùa). 

Vediamo  ora  paratamente  e  con  esempi  ciascuna  di  queste  diverse  maniere 
di  partenogenesi  ed  i  vari  effetti,  che  ne  conseguono. 

Partenogenesi  accidentale  (Ticopartenogenesi).  -  -  Il  fatto  consiste  in  ciò  che  le 
femmine  di  una  specie,  la  quale  si  riproduce  ordinariamente  per  via  bisessuale, 
ed  i  cui  maschi  sono  sempre  comuni,  possono,  in  via  anormale,  dare  origine  ad 
uova  capaci  di  svilupparsi  anche  se  previamente  non  fecondate. 

Da  tali  uova  possono  nascere  indifferentemente  ambedue  i  sessi  e  le  fem- 
mine così  ottenute  possono  talora  riprodursi  egualmente  per  via  partenogenetica, 
anche  per  più  generazioni.  In  taluni  casi  però  le  uova  non  fecondate  non  por- 
tano a  completo  sviluppo  l'embrione,  o  le  larve  che  uè  schiudono  mostrano  ca- 
ratteri mostruosi. 

Il  fenomeno  della  partenogenesi  accidentale  si  è  osservato  più  che  altro  fra 
i  Lepidotteri,  con  casi  non  rari,  mentre  è  assai  meno  frequente  in  altri  gruppi 
di  insetti  o  vi  è  discutibile. 

Dopo  la  più  vecchia  osservazione  del  Constant  de  Castellefc  (1795)  sopracitato,  a  proposito 
di  nova  del  Baco  da  seta,  che  aveva  segnalato  al  Réaumur,  come  si  è  detto,  lo  sviluppo  di  uova 
non  fecondate,  sono  venute  le  osservazioni  del  Siebold  (1856),  del  Barthéleuiy  (1859)  e  più  tardi 
di  molti  altri  a  confermare  il  fatto. 

Le  uova  non  fecondate  del  Baco  da  seta,  si  comportano  nello  sviluppo  dell'embrione  diver- 
samente da  quelle,  che  hanno  subito  gli  ottetti  dello  spermatozoo,  e  la  differenza  si  appalesa 
anche  a  proposito  delle  caratteristiche  variazioni  di  tinta  dell'uovo,  le  quali  sono. ben  note,  ma 
nell'uovo  non  fecondato  si  manifestano  e  succedono  con  molto  maggiore  lentezza.  Lo  sviluppo 
dell'embrione,  in  tale  caso,  si  arresta  ad  un'epoca  più  o  meno  avanzata;  può  giungere  perfino  a 
dare  un  bacolino,  ma  in  generale  esso  muore  prima  di  schiudere,  non  avendo  la  forza  di  rodere 
il  guscio  dell'uovo. 

Siebold  e  Schmidt  hanno  però  osservato,  in  un  caso,  l'uscita  di  bacolini  da  uova  non  fecon- 
date e  che  avevano  passato  l'inverno. 

Barthéleuiy  ha  mostrato  che  da  uova  non   fecondate  di   razze  univoltine,    si    svolge    un  em- 


(1)  Questa  classificazione  delle  diverse  maniere  di  partenogenesi,  differisce  alquanto  da  quelle 
finora  presentate  da  altri  autori,  le  quali  ini  sono  sembrate  meno  ordinate  per  ragioni  che  si 
esporranno  alla  fine  del  presente  discorso  su  questo  modo  di  riproduzione. 


358  CAPITOLO   QUINTO 


brione,  che  però  muore  ai  freddi  invernali,  mentre  dalle  razze  Involtine  e  polivoltine  si  può  avere 
persino  la  nascita  di  larve  capaci  di  continuare  a  svilupparsi.  Infatti  Jourdau  (1861),  da 
58,000  uova  non  fecondate  di  razze  univoltine,  ottenne,  dopo  incubazione,  29  schiuse,  mentre  con 
9,000  uova  di  razze  polivoltine,  egualmente  non  fecondate,  si  ebbero  530  schiuse,  dopo  17  giorni 
dalla  deposizione. 

Ma  Maillot  e  Verson  mettono  in  dubbio  tali  risultati  e  quest'ultimo  Autore  nega  di  aver 
mai  ottenuto  una  sola  schiusa  di  un  baco  da  seta  da  milioni  d'uova  non  fecondate,  messi  in  in- 
cubazione e  ciò  tanto  per  le  razze  univoltine  che  per  le  polivoltine.  Ma  l'ultimo  dei  due  autori 
ottenne,  nel  1889,  coll'impiego  della  elettricità,  su  uova  non  fecondate,  che  in  alcune  di  esse  si 
iniziasse  lo  sviluppo  dell'embrione  non   meno  bene  che  nelle  feconde. 

Ed  infatti  anche  il  Nussbaum  (1898)  su  1102  uova  non  fecondate,  osservò  solo  22  casi  di 
inizio  di  formazione  dell'embrione  non  seguito  però  da  alcuna  «chiusura. 

Tichomiroft'  (1886)  ammette  la  partenogenesi  del  baco  da  seta,  come  un  fatto  incontestabile 
ma  lo  sviluppo  non   passa  troppo  oltre  la  formazione  dei   primi   involucri  embrionali. 

Il  Quaiat  (1901),  ricorrendo  all'impiego  dell'ossigeno,  di  alte  temperature,  dell'acido  solfo- 
rico, dell'acido  cloridrico,  acido  carbonico,  elettricità,  ottenne  da  poche  uova  non  fecondate  il 
completo  ciclo  embrionale.    Però  il   bacolino  non  ebbe  lo  forza  di  rompere  il   guscio  dell'uovo. 

Anche  altre  specie  di  Bombi  cidi  hanno  mostrato  casi  di  partenogenesi  eccezionale,  come  ad 
es.  la  Gaatropacha  pò  tato  ria;  Epitema  coeruleoeephala  (Beruouilli,  1772):  Gastropatia pini  (Suckow, 
1828);  Sphinx  ligustri  (Treviranus,  1832),  Smerinthiia  pupilli  (Nordmann,  Brown,  Della  Torre); 
Arctia  caja  (Lecoq,   1856);  Bombyx  poiijphoemiis  (Curtis);   Bombyx  quercu»  (Plieninger),  ecc. 

La  Limanthria  dispar  è  stata  studiata,  sotto  questo  punto  di  vista,  da  Carlier  (1838)  e  da 
Weijenberg  (1870).  Il  primo  ottenne  tre  successive  generazioni  partenogenetiche,  constatando  che 
le  due  prime  si  componevano  di  maschi  e  femmine,  ma  della  terza  non  ebbe  che  maschi.  Il  se- 
condo Autore  ebbe  egualmente  tre  generazioni.  Impedendo  la  fecondazione  a  60  femminelle  ebbe 
poche  uova,  cioè  appena  quante  ne  fa  una  sola  femmina  in  condizioni  normali  ;  ne  riuscirono 
50  brucili,  di  cui  soli  27  diedero  Farfalle  e  tra  queste  14  femmine.  Queste,  rimaste  vergini,  det- 
tero molte  più  uova  che  non  nel  primo  caso  e  molte  più  Farfalle,  dove  i  maschi  erano  quante  le 
femmine.  Alla  terza  generazione  le  uova,  auche  più  numerose,  non  schiusero  altrimenti. 

Una  Lasiocampa  pini,  secondo  il  Gossens  (1876),  non  fecondata,  dette  dapprima  uova  sterili 
e  di   poi   uova  che  si   svilupparono. 

Quanto  ad  insetti  d'altri  ordini  si  è  già  detto  che  la  Partenogenesi  accidentale  vi  è  più 
rara.  Cosi  poi  Coleotteri  si  cita  il  solo  caso  della  Gastrophysa  raphani,  ricordato  da  Osborne  (1879), 
nel  quale  su  800  a  900  uova  non  fecondate,  avute  da  una  sola  femmina,  un  embrione  si  svolse 
fino  quasi  alla  schiusura.  In  altri   casi    si  ottennero  larve  mostruose. 

Altri  esempi  si  possono  desumere  dagli  Imenotteri,  tra  i  quali  ne  troveremo  di  ottimi,  rife- 
ritisi alla  partenogenesi  normale.  Se  ne  possono  citare  fra  i  Tentrediuei,  per  quanto  sia  difficile, 
il  più  spesso,  distinguerli  dalla  partenogenesi  normale. 

Secondo  le  osservazioni  di  Osborne,  Cameron,  Siebold  sulle  Zaraea,  Nematus  ventricosus,  ecc. 
si  sono  avute  anche  per  più  generazioni  schiusure  di  ambedue  i  sessi  da  uova  non  fecondate. 
Lo  stesso  è  avvenuto  per  Imenotteri  endofagi,  come  pel  Pan  inai  a  glaucopterus  e  pel  comune  Pte- 
romaìus  puparum  (sec.  Siebold  pel  primo  e  Adler  pel  secondo).  In  questo  ultimo  caso  però  su 
circa  306  maschi  si  sono  avute  solo  9  femmine. 

Si  citano  anche  casi  di  sviluppi,  da  uova  partenogenetiche,  di  Cecidoiuidi  e  Musca  sp.  e  di 
Tisauotteri  (Heliothrips  dracenae  sec.  Jordan,   1888). 


In  conclusione  la  partenogenesi  accidentale  è  un  fenomeno  abbastanza  ri- 
stretto e  probabilmente  possibile  al  solo  scopo  di  impedire  la  fine  di  una  specie 
in  determinate  condizioni,  quando  per  avventura  vengano  a  mancare  i  maschi, 
od  a  permettere  la  sua  diffusione  in  ambienti  nuovi,  dove  non  sia  giunta  a  per- 
venire che  una  sola  femmina  non  fecondata,  od  una  larva,  da  cui  sia  uscito  un 
individuo  di  questo  sesso. 

È  però  necessario  il  sollecito  ritorno  alla  maniera  di  riproduzione  regolare, 
cioè  per  via  bisessuale,  a  volere  che  la  colonia  si  conservi  ed  ecco  la  schiusura 


I.'AITI. lo    I'.    (i[.I    Ali  I    PER    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE  359 


di  ambedue  i  sessi  da  uova  non  fecondate  ed    il    ripristinamento  della  moltipli- 
cazione col  concorso  dell'accoppiamento. 

(ili  esempi  recati  autorizzano  infatti  a  dichiarare  per  anfltochica  la  parteno- 
genesi accidentale. 

Partenogenesi  normale.  —  Per  questi  casi  l'intervento  della  partenogenesi  fra 
generazioni  per  via  sessuale,  ordinaria  è  regolare,  perchè  necessario  alla  conser- 
vazione della  specie.  Meutre  per  la  partenogenesi  accidentale  i  casi  di  riprodu- 
zione senza  il  concorso  del  maschio  sono  sporadici,  del  tutto  eccezionali  e  non 
solo  non  necessari  al  buono  stato  della  specie,  ma,  se  continuati  da  soli  condur- 
rebbero a  sua  rovina  od  estinzione,  invece,  per  la  partenogenesi  normale  l'inter- 
vento della  riproduzione  senza  il  concorso  del  maschio  è  necessario  alla  conser- 
vazione della  specie,  sia  per  produrre  un  determinato  sesso,  sia  per  dare  origine 
a  generazioni  speciali,  con  uffici  di  importanza  grandissima  o  addirittura  indi- 
spensabili al  benessere  della  specie  ed  alla  esplicazione  di  tutte  le  sue    attività. 

Si  vedono  delinearsi  dunque  subito  due  diverse  maniere  di  partenogenesi 
normale,  l'ima,  cioè,  determinante  la  produzione  di  un  sesso  viene  ad  influire 
nelle  generazioni  che  avvengono  per  via  bisessuale,  l'altra,  invece,  che  origina 
addirittura  generazioni  a  sé,  distinte,  le  quali  non  hanno  ingerenza  alcuna  in 
quelle  che  avvengono  previa  fecondazione,  non  hanno  rapporti,  cioè,  se  non  di 
origine,  poiché  l'ima  maniera  di  generazioni  dipende  dall'altra,  come  derivatane. 

Abbiamo  dunque  una  partenogenesi  normale  occasionale,  che  sarà  la  prima 
delle  due  dette  maniere,  ed  una  partenogenesi  ciclica,  che  comprende  l'altro 
modo. 

Partenogenesi  normale  occasionale.  —  Avviene  il  fatto  seguente.  La 
femmina  di  una  specie  a  riproduzione  ordinariamente  bisessuale  può  emettere 
uova  non  fecondate  e  suscettibili  di  svilupparsi  dando  origine  ad  individui  di 
un  sesso  determinato,  diverso  (sempre  1)  da  quello  che  proviene  da  uova  fecondate. 

Questa  maniera  di  riproduzione  differisce  dalla  partenogenesi  accidentale,  di 
cui  si  è  detto  più  su,  per  questo  carattere  essenziale,  che,  cioè,  essa  è  necessaria 
alla  perpetuazione  della  specie,  dando  origine  ad  un  sol  sesso,  che  poi  deve  con- 
correre nella  riproduzione  bisessuale  e  che  non  può  sorgere  altrimenti. 

Possono  darsi    adunque  due  casi  distinti. 

Nel  primo  caso  dalle  uova  non  fecondate  nascono  maschi  e  da  quelle  che 
hanno  accolto  lo  spermatozoo  sorgono  femmine.  È  evidente  che  in  tale  condizione 
mai  si  potrebbe  avere  la  persistenza  della  specie  qualora  mancasse  la  parteno- 
genesi e  conseguentemente  il  sesso  che  ne  deriva,  ma  è  necessaria  anche  la  ri- 
produzione per  via  bisessuale. 

Nel  secondo  caso,  cioè  che  dalle  uova  non  fecondate  sorgano  solo  femmine, 
mentre  la  partenogenesi  è  strettamente  necessaria,  non  lo  è  altrettanto  la  ripro- 
duzione bisessuale,  a  meno  che  dalla  deficienza  di  fecondazione  continuata  troppo 
non  sia  per  venire  danno  alla  robustezza  e  prolificità  della  specie.  Ecco  qui  la 
possibilità   di  specie  con  maschi  rari  o  addirittura  mancanti. 

Quindi  il  caso  tipico  di  vera  partenogenesi  normale  occasionale  è  quello 
rappresentato  dalla  arrenotochia,  cioè  di  produzione  di  maschi  soltanto  per  via 
partenogenetica,  perchè  gli  altri  di  telitochia  si  accostano  o  rientrano  in  quelli 
di  partenogenesi  ciclica  irregolare. 

Esempi  di  partenogenesi  normale  oecasionah.  —  L'esempio  classico  è  mostrato  dall'Ape.  Ognuno 
sa  che  nelle  società  di  <|iiesti  insetti  sono  presenti  tre  forme,  cioè  :  femmina  generante  (Re- 
gina): tnaMclii  (Fuchi)  e  femmine  non  generanti  per  insufficienza  degli    organi    genitali.    Ora    i 


360  CAPITOLO   QUINTO 


maschi  appunto  derivano  da  uova  non  fecondate,  mentre  le  femmine  provengono  da  uova  che 
hanno  subito  l'influenza  dello  spermatozoo. 

Si  è  avvertito  che  già  Aristotile  aveva  intuito  la  partenogenesi  per  l'Ape;  però  solo  dal  se- 
colo decimottavo  cominciano  osservazioni  esatte,  che  hanno  condotto  alla  buona  conoscenza  del 
feuomeno.  Swamnierdam  mostrò  che  il  Re  delle  Api,  come  lo  chiama  Aristotile,  è  invece  una  fem- 
mina, ma,  non  aveudo  potuto  constatare  l'accoppiamento,  egli  ne  ammetteva  la  fecondazione  per 
via  di  una  aura  seminalis,  con  azione  a  distanza,  ciò  che  Huber,  mercè  esperienza,  dimostrò  non 
vero.  Neppure  Réaumur  giunse  a  vedere  l'accoppiamento,  pur  chiudendo  insieme  maschi  e  re- 
gine. Mouft'et,  per  primo,  suppose  un  accoppiamento  fuori  dell'alveare,  il  che  fu  constatato  per 
la  prima  volta  dall'Huber,  nel  giugno  del  1788. 

Si  deve  alla  signorina  J urino  (1814)  la  prova  che  le  operaie  non  sono  che  femmine  sessual- 
mente incomplete.  Finalmente,  come  si  disse,  Dzierzon,  Berlepseh,  Leuckart,  Siebold  (1845-56; 
constatarono  il  fatto  della  partenogenesi  arrenotoca  dell'Ape  e  mostrarono  che  varia  il  sesso  a 
seconda  della  ampiezza  della  cellula  in  cui  l'uovo  è  deposto.  Si  riconobbe  che  da  regina  non 
fecondata  o  che  abbia  esaurita  la  provvista  di  sperma  non  nascono  che  maschi;  che  negli  in- 
croci tra  razze  diverse  di  Api,  i  maschi  appartengono  sempre  a  quella  della  regina,  mentre  le 
operaie  sono  dei  meticci  (1);  che  le  operaie  possono  eccezionalmente  ovificare,  ma  non  accoppiarsi 
e  ciò  per  la  strettezza  della  vagina  e  così  non  producono  che  maschi.  Sembra  potersi  credere  che 
dipenda  dalla  volontà  della  regina,  più  che  da  influenza  meccanica  della  cella  più  o  meno  ri- 
stretta e  quindi  più  o  meno  coartante  l'addome  della  regina  all'atto  della  deposizione  dell'uovo, 
la  determinazione  del  sesso  dell'uovo  stesso,  che,  se  fecondato  al  suo  passaggio  traverso  la  va- 
gina da  spermatozoi  fuoriusciti  dalla  spermoteca  per  sua  costrizione  voluta  dalla  madre,  «là  una 
femmina,  mentre  produce  un  maschio  se  tale  compressione  e  conseguente  fecondazione  non  av- 
vengono. 

Anche  in  altre  specie  di  Imenotteri  sociali,  come  i  Bombus,  Vespa,  Polistes,  Formiche  e 
taluni  Imenotteri  aculeati  solitari  è  stata  constatata  la  partenogenesi  arrenotoca,  come  per 
le  Api. 

Nelle  Vespe  non  è  palese  il  polimorfismo,  così  spiccato  invece  nelle  Api,  cioè  la  differenza 
tra  operaie  e  femmine  fecondate  non  è  molto  vistosa.  Le  operaie  muoiono  alla  fine  dell'autunno, 
mentre  le  femmine  svernano  e  rinnovano  il  nido  nella  successiva  primavera.  La  femmina  fonda- 
trice è  da  considerarsi  per  la  regina  della  nuova  colonia  e  si  può  anche  riconoscere  non  difficil- 
mente in   mezzo  a  tutta  la  sua  progenitura. 

Le  Polistes  si  comportano  come  le  Vespe,  salvochè  possono  essere  più  femmine  a  partecipare 
alla  fondazione  del  nido. 

Quanto  ad  altri  Imenotteri,  sono  state  studiate  le  Melipona,  insetti  sociali,  che  danno  miele. 
La  M.  scutellaria,  utilizzata  al  Messico  per  questo  scopo,  ha  nei  suoi  nidi  maschi,  operaie  e  molte 
regine,  cioè  femmine  fecondate. 

Quanto  alle  Formiche,  insetti  eminentemeute  polimorfici,  bisogna  convenire  che  non  è  an- 
cora molto  bene  nota  l'influenza  e  l'estensione  della  partenogenesi  nella  loro  società,  così  bene 
studiata  invece  sotto  altri  punti  di  vista. 

Ecco  i  più  vari  esempi  di  partenogenesi  normale  occasionale  per  arreno- 
tochìa,  e,  come  si  vede,   essi  sono  limitati  ad  Imenotteri  ed  a  forme  sociali. 

Gli  esempi  di  questo  modo  di  partenogenesi,  ma,  invece,  per  telitocliìa,  cioè 
con  produzione  di  femmine  dalle  uova  non  fecondate  e  di  maschi  dalle  altre, 
cioè  secondo  una  maniera  del  tutto  inversa  negli  effetti  a  quella  degli  Imenot- 
teri sociali  precedentemente  descritta,  viene  a  raccordarsi  a  quella  partenogenesi 
ciclica  irregolare,  che  sopra  abbiamo  ricordato. 

Si  vedrà  infatti  in  appresso  che  per  talune  specie  di  Fasmidi,  ad  es.  alla  Leptynia  hispanica 
i  maschi  sono  rarissimi.  Per  converso  la  Leptynia  attenuata  ha  maschi  numerosi.  Tuttavia  le 
femmine  possono  partorire  uova  non  fecondate,  dalle  quali  però  nascono  solo  femmine  (Sinety, 
1900). 


(1)  Recenti  esperienze  di    Perez  impugnano    l'assolutismo  di    questa  affermazione,  però  esse 
stesse  sono  discutibili  per  altri  riguardi. 


I.  ADULTO    K   GLI    ATTI    l'KI;    I.A    CONSERVAZIONE    DICLLA    SPECIE 


361 


Adunque,  meutre  la  partenogenesi  normale  arrenotoca  rimane  a  sé  e  senza 
gradi  di  transizione  ad  alcun'altra  maniera  fra  le  ricordate,  invece  quella  teli- 
toea  si  raccorda,  per  gradi,    alla  ciclica  irregolare. 

D'altro  canto  la  partenogenesi  accidentale,  che  è  sempre  anfltoca,  viene  ad 
incorrere  nella  ciclica  regolare,  in  cui  appunto  ad  un  dato  momento  sorgono  am- 
bedue i  sessi  per  via  partenogenetica. 


Rg.  374.  —  Principali  forme  della  Fillossera  della  Vite  (Phylloxera  vastatrix)  fortemente  ingrandite.  1."  Se- 
rie attera  radicicola:  i  a,  novo;  1  b,  larva  prona;  1  e,  ninfa  prona;  1  d,  femmina  adulta  supina.  —  2."  serie 
della  forma  alata:  £  a, 'larva;  2  b,  ninfa;  2  e,  femmina  alata  supiua  ;  2  d,  femmina  alata  prona. — 
3,  femmina  attera  della  serie  gallieola.  — 4."  serie  sessuata:  4 a,  uovo  d'inverno;  4  b,  maschio; 
4  e,  femmina  atteri  (dal  C'ormi). 


Partenogenesi  ciclica  od  Eteropartenogenesi.  —  Questa  maniera  ili 
partenogenesi  ha  carattere  di  costanza  e  si  manifesta  non  colla  sola  produzione  di 
un  solo  sesso,  ma  con  quella  ancora  di  ambedue.  Si  hanno  però  due  casi  diversi. 
Nel  primo  caso  la  mancanza  di  fecondazione  partorisce  femmine,  almeno  preva- 
lentemente. Tale  caso  viene  a  raccordarsi  in  modo  non  distinguibile  agevolmente 
con  quelli  di  telitochia  occasionale  sopradescritti.  In  ciò  consiste  la  partenogenesi 
ciclica  irregolare. 

A.  Berlbsk.  —  Oli  Imetti,  TI.  —  16. 


362  CAPITOLO   QUIVI  o 


Nel  secondo  caso  ad  una  serie  di  generazioni  telitoche  partenogenetiche  suc- 
cede una  generazione  anfitoca,  cioè  dopo  una  serie  di  femmine,  per  più  genera- 
zioni riproducentesi  per  partogenesi,  segue  l'apparsa  di  ambedue  i  sessi  (destinati 
ad  accoppiarsi),  sorti  però   ambedue  per  partenogenesi. 

Partenogenesi  ciclica  regolare.  —  Comprende  il  secondo  dei  casi  so- 
praccennati. 

Se  ne  hanno  esempi  classici  in  diversi  ordini  di  insetti,  come  fra  gli  Einit- 
teri  Omotteri  (Afidi,  Chermes,  Phylloxera),  gli  Imenotteri  (Cinipecìi).  In  generale 
il  fenomeno  è  accompagnato  da  differenze  sessuali  secondarie,  cioè  i  maschi,  che 
appaiono  nelle  determinate  generazioni,  sono  differenti  dalle  rispettive  femmine. 
Ecco  i  più  salienti  esempi  di  questa  maniera  di  partenogenesi. 

Riproduzione  dei  Cinipidi.  —  I  Cinipidi  o  Gallinsetti  come  li  disse  il  Réaumur,  sono  Ime- 
notteri, i  quali  vivono  a  spese  dei  vegetali  e  per  lo  più  sulle  piante  determinano  la  formazione 
di  speciali  produzioni  patologiche,  le  quali  sono  comunemente  note  col  nome  di  Galle,  Bitor- 
zoli, ecc.,  o  più  correttamente  Ceeidii.  Si  conoscerà  questa  loro  attitudine  nei  suoi  effetti  più 
innanzi,  per  ora  conviene  limitarsi  al  modo  di  riproduzione  degli  Insetti  in  discorso. 

Le  parti  del  vegetale  offese  possono  essere  le  più  diverse,  come  foglie,  fiori,  gemme,  ramo- 
scelli, radici,    ecc. 

Per  molto  tempo  si  sono  attribuite  le  diverse  maniere  di  galle  a  differenti  specie  di  tali 
Cinipidi  e    per  molte  di  queste  specie  non  si  conoscevano  che  le  femmine. 

Così  Leon  Dufour  (1841;  su  200  individui  di  Diplolepis  gallae-tinctoriae  ottenuti  da  alleva- 
mento, non  ebbe  neppure  uu  maschio  ed  Hartig  (1843),  su  9  a  10  mila  esemplari  di  Cynips  di- 
vini, non  trovò  che  femmine  e  così  neppure  un  maschio  in  3  o  4  mila  individui  di  C.  folli. 
Questo  autore  indicava  ben  28  specie  di  Cynips  con  maschio  ignoto.  Osten  Sacken  (1861)  ri- 
teneva che  i  maschi  di  parecchie  specie  si  sviluppassero  da  galle  di  forma  diversa  da  quella  da 
cui  uscivano  le  rispettive  femmine. 

Walsh  (1864),  ammetteva  un  dimorfismo  unisessuale,  cioè  fra  le  femmine  di  una  stessa 
specie,  avendo  veduto  sortire  ambedue  i  sessi  della  Cynips  spongifica  e  femmine  di  C.  adattata, 
da  galle  apparentemente  identiche.  Bassett  (1873)  ritenne  che  tutti  i  Cinipidi,  fino  ad  allora 
noti  solo  per  le  loro  femmine,  potevano  svilupparsi  in  ambedue  i  sessi  a  determinate  epoche  e 
ciò  avendo  veduto  da  una  specie  di  galle  delle  foglie  di  Quercia  sortire,  in  giugno,  maschi  e 
femmine  ed  altre  galle  situate  all'estremità  dei  rami  e  produrre,  alla  line  dell'estate  dell'anno  ap- 
presso,  femmine  simili   alle  precedenti,   ma  molto  più  voluminose. 

Questi  ed  altri  pareri  diversi  occupavano  la  mente  degli  entomologi,  allorché  intervennero 
le  esperienze  dell'Adler  (1877),  condotte  scrupolosissimamente  con  culture  pure,  cioè  su  piccole 
piante  di  Quercia  riconosciute  previamente  immuni  da  qualsiasi  puntura  di  Cinipidi  e  protette 
da  ripari  di  garza  o  di  vetro,  sulle  quali  egli  faceva  deporre  le  uova  a  determinate  specie  di 
Cinipidi  e  ne  seguiva  poi  diligentemente  lo  sviluppo. 

Avvenne  così  che  da  deposizioni  d'uova  di  Neuroterus  nacquero  individui  di  specie  diversa,  i 
quali  anzi  spettavano  a  specie  collocate  in  genere  molto  differente,  cioè  di  Spathegasler. 

Il  lavoro  dell'Adler,  apparso  nel  1881,  è  il  risultato  di  una  lunga  serie  di  ricerche  speri- 
mentali, condotte  su  ben  19  specie  di  Cinipidi  a  due  generazioni  e  che  danno  38  differenti  ma- 
niere di  galle,  le  quali,  per  lo  innanzi,  erano  attribuite  ad  altrettante  diverse  specie  di  Ci- 
nipidi. 

Eccone  tre  esempi  fra  i  più  vistosi. 

Neuroterus  fumipennis  Hart.  e  Neuroterus  tricolor  Hart.  —  Sulla  Quercia,  in  autunno,  si  trovano 
sulle  foglie  certe  piccole  galle  a  forma  di  lenticchia  (fig.  375  J)  biancastre,  leggermente  concave, 
coriacee  e  villosette  ;  passano  l'inverno  a  terra  colle  foglie  che  vi  cadono.  In  maggio  ne  sorte 
una  Cynips  con  ali  sfumate  di  bruno,  che  e  un  Neuroterus  fumipennis  femmiua  partenogenetica. 
Tali  femmine  pungono  le  gemme  prossime  a  schiudere  e  vi  depongono  le  loro  uova.  Se  ne  svi- 
luppano delle  galle  alla  pagina  inferiore  delle  foglie,  ma  tali  galle  sono  molto  diverse  da  quelle 
che  si  sono  indicate  già  come  formate  alla  fine  d'autunno,  poiché  si  mostrano  più  voluminose 
(fig.   375  B),   sferoidali,  biancastre,   molli   e  molto    sucoose. 


l'adulto   b  <;m   atti   PER   LA  CONSERVAZIONE   della   SPECIE 


363 


In  luglio  ne  sortono  maschi  e    femmine,  alati,    diversi    però    molto  nell'aspetto  dalle  prece- 
denti femmine  e  perciò  ascritti  a  tutt' altra    specie,  oioè  allo  Xcuroterus   tricolor.   Avviene  l'accop- 


?*v_i  \\y  w..;  ■■"■  _v 


A  B 

Fig.  375.  —  A,  Galle  di  Neuroterus  fumipennis  Hart  ;  B,  di  Neuroterus  tricolor  Hart.    (grand,  naturale). 

piamento,  le  femmine  pungono  le  foglie  in  agosto  e  vi   producono    le    galle    lenticolari    da    cui, 
nell'anno  seguente,  sortiranno  le  femmine  partenogenetiche  già  accennate. 


Fig.  376.  —  A.  Galle  (in  grandezza  naturale)  di  Dryophanta  t'olii  Liun.  ;  B,  idem  di  Dryophantha  taschenbergi, 
Schl.  (gr.  uat.);  C,  una  di  queste  ultime  ingrandita. 


Dryophanta  foia  Limi,  e  Dryophanta  taschenbergi  Schl.  —  Altre  due  forme  della  Quercia.  In 
luglio  si  trovano  alla  faccia  inferiore  delle  foglie  certe  galle  grosse  e  rotonde  come  ciliegie  (fi- 
gura 376  A),  gialle  o  giallo-rossastre,  che  in  ottobre  però  Bono  brune.  In  gennaio  o  febbraio  ne 


;w4 


CAPITOLO    QUINTO 


sorte  un  Cinipide,  che  è  una  femniiua  partenogenetica,  la  Dryophanta  folti.  Questa  punge  le  gemme, 
che  si  trasformano  in  una  galla  violacea  (fig.  376  B,  C),  piccola,  che  compare  in  aprile.  In  mag- 
gio ne  sortono  maschi  e  femmine  diversissimi  dalla  forma  precedente  e  perciò  ascritti  allo  Dryo- 
phanta tasohenbergi,  le  cui  femmine  pungono  le  foglie  facendovi  sviluppare  in  luglio  le  galle  a 
forma  di  ciliegia,  da  cui  si  sono  prese  le  mosse. 

Trigonaspis  renimi  Gir.  e  Trigonaspis  megaptera  Panz.  —  La  femmina  partenogenetica  (renum) 
è  piccolissima,  non  piìl  lunga  di  un  millimetro  e  mezzo  ed  è  provveduta  d'ali.  Essa  nasce  in 
dicenihre  o  gennaio  da  galle  autunnali,  piccole  (fig.  377  A),  raggruppate  alla  pagina  inferiore 
delle  foglie  di  Quercia,  lungo  le  nervature.  L'insetto  passa  nella  galla  non  solo  l'inverno,  ma 
ancora  tutto  l'anno  seguente,  cioè  quindici  a  sedici  mesi  e  talora  non  schiude  ohe  al  terzo  anno. 
La  T.  renimi  punge  le  gemme,  specialmente  le  avventizie  dei  vecchi  tronchi  e  produce  piccole 
galle  (fig.  377  B)  rossastre,  che  maturano  in  maggio.  Gli  insetti    che    ne    sortono  sono  maschi  e 

femmine,  alati  ambedue,  lunghi  circaé  mill. 
Sono  stati  definiti  col  nome  di  T.  magaptera. 
Secondo  l'Adler,  altre  specie  di  Tri- 
gonaspis hanno  per  forma  sessuata  specie 
introdotte  nel  genere  Teras;  le  Aphilotrix 
sono  le  forme  partenogenetiche  di  cui  gli 
Andriscus  sono  i  sessuati  ecc. 

L'Adler  stesso    fa    rilevare    differenze 
anche  negli   organi  sessuali    esterni    delle 
femmine  sessuate  o  partenogenetiche  della 
medesima  specie,  variando  essi  a    seconda 
del  diverso   organo    da    pungere.    Quanto 
agli  organi  intorni  tra  le  due  maniere    di 
femmine,  non  corre  diversità  apprezzabile. 
Si  trova  perfino  la  spermoteca  anche  nelle 
femmine  partenogenetiche,  dove,  però,  essa 
non  funziona,  come  ben  si  comprende.  Que- 
ste ultime  forme  depongono,    in  generale, 
un  maggior  numero  di  uova  delle  sessuate. 
Tali  esempi,  cogli  altri  che  si  porteranno  di  seguito,  mettono  in  rilievo  ancora  dei  tipici  casi 
di  polimorfismo,  ed  ognun  vede  di  quanto  aiuto  sia  questa    facoltà,  o  l'altra  di  maniere  diverse 
di  riproduzione    in  ambienti  variati,  alla  conservazione  della  specie,  conforme  quanto  si  è  affer- 
mato in  precedenza. 

Riproduzione  degli  Afidi.  —  Questi  bassi  Omotteri  mostrano  esempi  veramente  meravigliosi 
di  partenogenesi  ciclica  regolare,  combinata  con  un  complesso  polimorfismo  e  talora  con  migra- 
zioni da  un  ospite  vegetale  ad  altro  tutto  diverso  o  da  uno  ad  altro  organo  di  una  medesima 
pianta. 

Un  complesso  cioè  di  fatti,  mediante  i  quali  le  specie,  ordinariamente  fra  le  più  combattute 
in  natura  e  le  meno  difese,  i  cui  individui  sono  vittime  predestinate  e  senza  protezione  alcuna 
di  fronte  ad  innumerevoli  ed  accaniti  nemici,  possono  pur  resistere  non  solo,  ma  fiorire  esube- 
rantemente in  determinate  condizioni  ed  epoche,  per  rientrare  in  più  modesta  esistenza  durante 
le  epoche  più  difficili  ed  ardue  da  superarsi. 

Senza  dubbio  gli  Afidi  stanno  a  mostrare  uno  dei  più  chiari  esempi  di  deprezzamento  della 
vita  dell'individuo,  prodigalmeute  sacrificata  a  salvazione  e  progresso  della  specie.  Questa  cioè 
si  mantiene  e  prospera  senza  fare  che  pochissimo  assegnamento,  per  questo  scopo,  sulla  sanità 
dei  singoli  individui,  ma  basandosi  piuttosto  sulla  esuberante  e  rapida  fertilità,  sempre  pronta, 
in  circostanze  le  più  variate,  in  modo  da  apporre  così  una  energica  reazione  e  difesa  di  fronte 
alla  attività  distruttiva  di  tante  cause  avverse. 

Dovendo  qui  insistere  soltanto  su  esempi  di  partenogenesi  ciclica,  si  passeranno  molto  rapi- 
damente tutti  gli  altri  fatti  di  polimorfismo  e  di  migrazioni,  pei  quali  sarà  da  dirsi  abbastanza 
altrove,  a  luogo  più  appropriato. 

Dopo  le  osservazioni  classiche  del  Bonnet,  alle  quali  si  è  accennato,  sono  venute  moltissime 
altre  di  Réaumur,  De  Geer,  Kyber,  Kaltembach,  Koch,  Bouché,  Von  Heyden,  Newport,  Balbiani, 
Lichteusteim,  Horvfarth,  Kessler,  Weed,  Cholodlcovsky,  Mordwilko,  Del  Guercio  ecc.,  a  chiarire 
il  singolare  ciclo  di  sviluppo  degli  Alidi  e  l'intervento  della  partenogenesi  (fig.  378). 


Fig.  377.  —  A,  Galle  di  Trigonaspis  renum  Gir.  (gr.  nat.); 
B,  di  T.  maga/itera  Pauz.  (gr.  uat.). 


l'adulto  k  gli  atti  per  la  conservazione  DELLA  SPECIE 


365 


Quanto  agli  Afidi  propriamente  detti  (Atidiui),  in  primavera,  sulle  piante  compaiono  Afidi  esclu- 
sivamente  atteri,  che  sono    femmine  agame,  destinate  cioè  a  riprodursi  per  via  partenogenetica. 

Dopo  un  certo  numero  di  esuviamenti  (ordinariamente  quattro)  esse  sono  mature  e  pronte 
all'opera  riproduttiva.  Si  vedono  allora  queste  femmine  partorire  a  dei  piccoli  Afidi,  che  fuorie- 
scono dall'estremo  addome  della  madre.  Questi  neonati  hanno  gli  arti  raccolti  sul  corpo;  essi 
sono  altrettante  femmine  agame  esse  pure,  le  quali  continueranno  a  moltiplicare  nel  medesimo 
modo.  Così  si  hanno  parecchie  generazioni  partenogenetiche  durante  la  primavera  e  l'estate. 

Ma  se  si  osservano  famiglie  ormai  uumeroso  di  Afidi,  si  notano,  frammiste  alle  femmine 
attere  sopradescritte,  anche  altre  fornite  di  quattro  ali  e  spesso  diverse,  anche  per  colorito  e 
per  altro,  dalle  agame.  Tali  forme  alate  sono  schiuse  da  ninfe,  che  presentano  i  rudimenti  delle 


Kig.  378.  —  Varie  forme  d'Afide  {Aphis  maidia-radicis  Forbes)  molto  ingrandite  e  viste  dal  dorso.  /,  Fem 
mina  alata  vivipara;  S,  Femmina  attera  vivipara;  3,  Femmina  attera  ovipara;  4,  Maschio  alato; 
5,  Maschio  attero  (dagli  Autori  N. -Amerio.). 


ali.  È  compito  di  questi  iusetti  alati  il  diffondere  la  specie,  cioè  sono  forme  emigranti  destinate 
ad  abbandonare  la  pianta  ove  sono  nate,  per  recarsi  altrove  a  fondare  nuove  colonie.  Anche 
queste  femmine  sono  partenogenetiche  e  vivipare  e  danno  origine  a  femmine  agame,  che  ripetono 
la  serie  da  cui  abbiamo  preso  le  mosse. 

Queste  migranti  sono  qualche  volta  cosi  numerose  da  formare  dei  grandissimi  sciami  e  molti 
naturalisti  li  hanno  ricordati,  ad  es.  il  Mowen  (1834)  e  Gaudry  (1847)  ed  altri,  affermarono  di 
aver  veduto  delle  vere  nuvole  di  tali  insetti,  capaci  perfino  di  oscurare  la  luce  del  sole  e,  ca- 
dendo poi  a  terra,  formarvi  uno  strato  spesso  come  la  neve. 

Si  ammette  generalmente  che  l'apparsa  di  questi  alati  dipenda  da  un  più  scarso  nutrimento 
offerto  alla  colonia  da  parte  della  pianta,  poiché  si  vede  che  allorquando  questa,  nel  punto  ove 
è  la  colonia,  comincia  a  scemare  di  esuberanza,  allora  scompaiono  le  femmine  agame  attere  e  sono 
sostituite  dalle  alate.  Questo  fatto  ancora  viene  in  appoggio  di  quanto  si  è  detto  altrove  a 
spiegazione  della  neotenia,  la  quale  si  è  resa  possibile  da  abbondanza  di  nutrimento  e  conse- 
guente comodità  di  esistenza  da  parte  degli  individui.  Con  lo  scemare  invece  ditale  abbondanza, 
lo  sviluppo  dell'individuo  è  più  lento  e  dà  tempo  al  sistema  locomotorio  di  essere  pronto 
insieme  a  quello  sessuale. 

Ma  in  autunno  una  ultima  generazione  agama  mette  al  mondo  individui  molto  divergi  da 
quelli  che  si  sono  avuti  durante  il  periodo  primaverile  estivo.  Tali  nuovi  individui,  general- 
mente alati,  sono  alcuni  femmine  ed  altri  maschi.  Ecco  per    la  prima  volta  presentarsi  dei  ma- 


3lit>  CAPITOLO    QUINTO 


schi  nella  famiglia,  che  fino  ad  allora  era  proceduta  senza  il  concorso  di  questo  sesso.  Dirò  qui 
che  taluue  specie  hanno  maschi  atteri  ed  altri  alati,  come  sono  ad  es.  il  Chailophoms  populi,  il 
C.  aeerii,  l'Aphis  mali,  ecc. 

Queste  ultime  femmine,  che  appaiono  assieme  ai  maschi,  non  sono  partenogenetiche,  uia,  per 
dare  figliolanza,  debbono  prima  subire  l'accoppiamento  e  non  sono  più  vivipare,  ma  ovipare. 
Ecco  adunque  mutata  la  maniera  di  riproduzione  da  partenogeuica  in  bisessuale,  da  vivipara  in 
ovipara. 

Queste  tardive  femmine  depongono  le  uova,  che  sono  destinate  a  passare  l'inverno  e  peroiò 
sono  dette  nova  d'inverno. 

Anche  l'organo  del  vegetale  ove  l'uovo  è  deposto,  varia  a  seconda  della  natura  del  vegetale 
stesso,  che  cioè,  se  è  a  foglie  persistenti,  riceve  le  uova  dell'afide  nella  gemma,  se,  invece,  è  a 
foglia  caduca  allora  la  madre  ovipara  mette  le  uova  sui  rami  od  altrove  riparate,  quando  non 
le  affida  ad  altra  pianta. 

Passato  l'inverno,  nell'anno  seguente,  all'inizio  della  primavera,  le  uova  schiudono  per  dare 
origine  a  quella  prima  femmina  agama,  dalla  quale  si  inizia  tutta  la  colonia,  conforme  si  è  de- 
scritto e  che  prende  perciò  il  nome  di  madre  fondatrice. 

Ecco  adunque  un  esempio  classico  di  regolare  alternanza  di  generazioni  agame,  cioè  per  via 
partenogenetica,  con  altre  sessuate,  a  riproduzione  previo  accoppiamento. 

Di  secondarie  variazioni  a  questa  generale  regola  di  sviluppo  degli  Alidi,  della  influenza 
della  nutrizione  rispetto  alla  natura  delle  forme  riproduttrici,  delle  varie  e  complicate  migra- 
zioni tra  diverse  specie  di  vegetali,  che  alcuni  Afidi  compiono,  come  pure  di  casi  di  polimorfismo 
anche  più  complicato,  sarà  occasione  di  dire  più  diffusamente  altrove,  non  dovendosi  qui  se  non 
mostrare  degli  esempi  di  partenogenesi  e  della  maniera  del  suo  intervento  nel  ciclo  biologico  di 
talune   specie. 

Un  classico  esempio  è  dato  anche  dalla  Fillossera  (Afidi  Fillosserini)  (fig.  374)  e  presenta  qualche 
variante  di  fronte  a  quello  tipico  or  ora  illustrato  degli  Afidi  in  generale.  Però  della  Fillossera 
sarà  luogo  di  dire  ampiamente  altrove,  ed  allora  esporremo  tutto  quanto  si  riferisce  alla  maniera 
di  vita  di  questo  così  pernicioso  insetto.  Ora  basti  il  sapere  che  anche  per  tale  Omottero  ha  larga 
parte  la  riproduzione  per  via  partenogenetica  e  si  alterna  con  quella  bisessuale. 

Una  maggior  complicanza,  per  migrazioni  e  per  numero  di  forme  diverse  di  una  medesima, 
specie,  mostrano  i  Chermes,  (Afidi  Chermesiui)  Omotteri  vicini  alla  Fillossera  e  viventi  ordinaria 
mente  sulle  Conifere.  Anche  per  questi  interviene  la  partenogenesi  ad  epoche  e  con  forme  de- 
terminate e    si    alterna  colla  riproduzione  previo  accoppiamento. 

Anche  questo  caso  però  sarà  esposto  più  opportunamente  altrove,  come  esempio  di  compli- 
cato polimorfismo  e  di  migrazioni  dall'uno  ad  altro  ospite,  secondo  un  andamento  regolare  e 
costante. 

Partenogenesi  ciclica  irregolare.  —  Essa  consiste  in  ciò  che  l'intervento 
dell'elemento  fecondante  cioè,  in  altri  termini,  della  riproduzione  per  via  bises- 
suale, non  cade  regolarmente  ad  epoche  ed  in  condizioni  costanti,  ma  interviene 
saltuariamente  in  mezzo  ad  una  serie  di  generazioni  per  via  partenogenetica, 
serie  variabilissima  nella  sua  durata. 

Anzi  possono  citarsi  casi  nei  quali  il  maschio  non  è  perauco  noto,  tanta  è 
la  sua  rarità,  e  per  cui  fino  ad  ora  si  potrebbe  dire  che  esso  manca  affatto,  di 
maniera  che  la  specie  si  può  affermare  rappresentata  soltanto  da  individui  femmine 
e,  naturalmente,   partenogenetiche. 

È  bensì  vero  che  col  procedere  dello  studio  di  queste  specie  a  maschi  sco- 
nosciuti, ne  scema  il  numero  perchè  si  viene  a  scoprire  questo  sesso  così  scar- 
samente rappresentato,  ma  non  è  meno  vero  che  per  taluni  insetti,  a  tutt'oggi, 
non  si   conoscono  i  maschi. 

Cosi  lo  Stein  (1883)  enumera  i  seguenti  Imenotteri  Tentredinei,  fra  le  specie  a  maschi 
ignoti:  Dineura  verna,  Nematus  gallicoìa,  BUnnocampa  albipes,  Bl.  ephippinm,  Bl.  fuscipennis,  Ho- 
plocampu  brevis,   Eriocatnpa  ovaia,  E.   luteola,   Poeciloìtoma  pulveralum.   Cosi    pure    l'Adler    ricorda 


l'adulto  k  gli  atti  pkr  la  CONSERVAZIONE  della  specie  367 

quattro  specie  di  Cinipidi  della  Quercia,  ohe  sarebbero  nelle  medesime  condizioni  e  cioè:  Jphi- 
lothrix  seninolatioiiig,    I.  marginalia,  A.  quadrilineatiis,  A.  albopunclatus. 

Fra  i  Calcididi  pressoché  interi  generi  sono  a  maschio  ignoto  e  tra  questi  ricordo  le  Pro- 
tpalttlla.  lo  ho  veduto  decine  di  migliaia  di  femmine  di  /'.  berlesei  senza  trovarvi  mai  fram- 
mezzo alcun   maschio. 

Anche  di  certe  Cocciniglie,  come  ad  es,  il  Lecanium  htsprr'ulitm,  nessuno  ha  mai  veduto  il 
maschio  e,  se  non  è  esatta  la  osservazione  del  Moniez,  che  afferma  la  presenza  di  maschi  entro 
il  corpo  delle  madri  e  mai  fuoriuscenti,  osservazione  non  perauco  controllata,  si  devono  ascrivere 
anche  questi   Oiuotteri  fra  quelli   a  maschi   ignoti. 

Perfino  fra  i  Coleotteri  si  troverebbero  specie  a  riproduzione  costantemente  partenogenetica 
e  ciò  per  la  deficienza  del  maschio  o  per  la  sua  impotenza  alla  riproduzione.  L'esempio  è  offerto 
dall' AriWns  (Ilrviniiix'   riti*,   il   comune   Ecrivain  o   Gribouri  dei   Francesi. 


Gli  entomologi  non  ammettono  la  mancanza  vera  ed  assoluta  del  sesso  ma- 
scolino per  le  specie  per  le  quali  esso  è  tuttavia  ignoto  e  ciò  in  base  a  conside- 
razioni d'indole  generale.  È  però  da  tener  presente  cbe  tali  vedute,  clie  spesso 
hanno  natura  di  ipotesi  e  di  teorie,  si  vedono  soffrire  quotidianamente  gravi 
strappi  e  diminuzioni,  mentre  a  tutto  oggi  sta  il  fatto  della  assenza  di  queste 
forme  maschili,  che,  secondo  le  teorie,  sono  indispensabili  o  prima  o  poi  alla  sa- 
lute e  buon  progresso  della  specie. 

In  generale,  ad  es.,  si  ammette  come  necessario  ad  evitare  un  progressivo 
impoverimento  della  specie,  l'intervento  della  riproduzione  per  via  bisessuale 
nella  serie  delle  generazioni  partenogenetiche,  affermando  che  la  partenogenesi 
conduce  gradualmente  alla  sterilità  ed  è  necessario  l'intervento  dello  sperma- 
tozoo, sia  pure  a  periodi  rari  e  remoti,  per  ridonare  alla  fertilità  specifica  tutta 
la  sua  efficacia. 

Per  vero  io  stesso  e  molti  con  me  hanno  veduto  che  altre  cause  all'infuori 
della  prolungata  riproduzione  per  via  partenogenetica,  conducono  ad  una  ridu- 
zione della  fertilità  della  specie.  Si  è  riconosciuto  che  tale  influenza  è  data  piut- 
tosto da  altre  condizioni  di  ambiente  e  sopratutto  da  quelle  di  nutrizione,  an- 
ziché dalla  presenza  o  frequenza  dell'intervento  maschile. 

Per  mio  conto,  nel  giro  di  parecchi  anni,  ho  considerato  molte  e  molte  ge- 
nerazioni di  Prospaltella  berlesei  senza  mai  poter  notare  una  regolare  e  continua 
diminuzione  di  fertilità,  così  da  dover  dubitare,  che  senza  un  agente  rinnovatore 
della  energia  riproduttrice  la  specie  sia  destinata  a  fine  più  o  meno  remota.  Ho 
notato  invece,  che  il  numero  delle  uova  dipende  solo  dalle  dimensioni  della  madre 
e  queste  sono  coordinate  a  quelle  dell'ospite. 

Ad  esempio,  gli  individui  della  Prospaltella.  che  schiudono  in  regioni  meridionali  del  nostro 
paese  o  quelli  che  provengono  da  Diaspis  pcnlagona  viventi  su  varietà  selezionate, "assai  gentili,  di 
gelso,  sono  molto  più  voluminose  e  prolifiche  di  quelle  delle  località  più  fredde  e  che  derivano 
da  Diaspis  viventi  su   varietà  selvatiche  della  detta  pianta. 

Ma  ciò  dipende  dal  fatto  che  in  quei  casi  privilegiati  anche  le  Diaspis  ospiti  sono  molto 
più  voluminose  ed  a  sviluppo  ricco  e  generoso. 

Queste,  che  sono  condizioni  di  nutrizione,  anche  più  di  altre  sono  influentissiine  sul  grado 
di  fertilità  della  specie,  mentre  non  è  apprezzabile  altra  influenza,  cioè  che  possa  attribuirsi  al 
maucante  intervento  dell'elemento  fecondatore  maschile. 

Quanto  al  caso  citato  del  Bromius  od  Eumolpiis  vilis  esso  è  stato  lungamente  discusso.  La 
specie  è  comunissima  ed  attacca  le  viti  in  Europa  e  Nord-Africa  e  reca  anzi  danni  rilevanti.  Or- 
bene, fra  migliaia  e  migliaia  di  femmine  non  si  trovano  maschi  o  se  si  incontrano  essi  sono  ra- 
rissimi e  coi  sessuali  immaturi,  cioè  inetti  alla  fecondazione.  Nessuno  mai  ha  trovato  maschi 
giunti  al   loro  completo  ed   utile    sviluppo  sessuale. 


368  CAPITOLO    QUINTO 


Più  attendibili  e  meno  soggetti  a  discussione  sono  i  casi  nei  quali  i  maschi 
intervengono  di  tratto  in  tratto  a  portare  il  loro  contributo  sessuale,  fra  le  ge- 
nerazioni partenogenetiche  di  femmine. 

In  tale  caso  il  loro  intervento  determina  spesso  la  produzione  del  sesso  ma- 
scolino su  più  vasta  scala,  ma  non  è  dimostrato  che  per  ottenere  il  maschio  sia 
sempre  necessaria  la  fecondazione,  cioè  che  tutte  queste  specie  a  maschi  rari  e 
che  appaiono  irregolarmente  ad  intervalli  e  condizioni  diversissime,  si  riprodu- 
cano per  partenogenesi  telitoca,  cioè  da  uova  non  fecondate  non  nascano  che 
femmine. 

In  generale  accade  od  è  lecito  supporre  che  accada  l'apparsa  improvvisa  di 
qualche  maschio  anche  da  uova  non  fecondate  e  che  abitualmente  danno  fem- 
mine, e  ciò  dipenda  da  circostanze  di  ambiente. 

Tale  maschio  poi  determinerebbe  la  produzione  di  altri  individui  dello  stesso 
sesso,  da  uova  fecondate,  fino  a  che,  grado  a  grado,  la  riproduzione  tornerebbe 
ad  essere  totalmente  partenogenica  per  estinzione  della  serie  di  figliolanza  ma- 
schile. 

Vi  sono  infatti  casi  in  cui  i  maschi  di  talune  specie  sono  notoriamente  ra- 
rissimi e  tali  si  conservano  generalmente,  ma  ad  un  tratto  od  in  condizioni  che 
debbono  essere  speciali,  essi  appaiono  abbondantissimi,  per  un  numero  maggiore 
o  minore  di  generazioni,  di  poi  scemano  e  ritornano  alla  consueta  rarità. 

Siccome  per  queste  specie  devesi  ammettere  la  partenogenesi  telitoca,  altri- 
menti non  potrebbero  conservarsi,  così  questi  improvvisi  larghi  incrementi  di  mas- 
chi non  si  possono  spiegare  se  non  colla  produzione  del  sesso  maschile  in  se- 
guito a  fecondazione.  Quanto  poi  al  primo  maschio  autore  di  tutta  la  serie  dello 
stesso  sesso,  esso  può  prodursi  per  via  partenogenetica  come  non  essere  altro 
che  un  rappresentante  di  serie  maschili  altrove  sviluppatesi  e  casualmente  inter- 
venuto fra  la  colonia  partenogenetica. 

Ad  ogni  modo  la  partenogenesi  ciclica  irregolare  deve  avvicinarsi,  logica- 
mente a  quella  che  da  taluno  autore  è  detta  normale  costante,  cioè  per  mancanza 
costante  del  maschio,  secondo  i  casi  suaccennati  e  quest'ultima  sarà  realmente 
distinta  dalla  ciclica  irregolare,  a  presenza  del  maschio  rara  ed  in  circostanze 
variate,  solo  quando  sarà  dimostrato  che  realmente  vi  sono  specie,  per  le  quali  il 
maschio  sicuramente  più  non  esiste. 

Esempi  di  partenogenesi  ciclica  irregolare.  —  Fra  gli  Ortotteri  molte  specie  di  Fasmidi  sono 
segnalate  per  una  grande  scarsità  di  maschi.  Ad  es.  su  1000  femmine  di  Leptynia  (Bacillut)  hi- 
spanica,  secondo  il  Pantel,  difficilmente  si  trova  un  maschio  ed  analogamente  è  pel  comune  Ba- 
cillii8  gallicns. 

Von  Brumi  (1898)  ottenne  dalla  Enrycnema  herculeana  ben  tre  generazioni  successive,  senza 
intervento  di  maschi,  ma  gli  individui  scemavano   di  statura  e  di  vigoria. 

Anche  la  Saga  serrata,  il  nostro  più  grosso  locustide  è  rappreseutato  quasi  da  sole  femmine, 
perchè  il  maschio  è  dovunque  estremamente  raro. 

Cosi  pure  i  Coccidei,  fra  gli  Emittori  Eterotteri,  presentano  casi  di  grandissima  rarità  del 
maschio    rispettivo. 

Tali  fatti  sono  frequenti  specialmente  nella  tribù  dei  Lecaniti.  Ad  es.,  del  comune  Lecanium 
(Saissetia)  oleae  si  è  conosciuto  per  molto  tempo  soltanto  la  femmina  e  si  consideravano  i  maschi 
per  non  esistenti.  Recentemente  gli  entomologi  Nord-Americani  hanno  pienamente  illustrato  que- 
sto sesso,  trovato  nel  nuovo  mondo,  ed  io  stesso  ne  ho  incontrato  i  primi  stadi  presso  di  noi,  ma 
sono  sempre  rarissimi  esempi. 

Vedasi  che  anche  il  caso  sopra  ricordato  del  Bromnis  vitù,  può  ricondursi  a  questa  categoria 
o  per  meglio  dire,  forma  un  anello  di  passaggio  fra  le  specie  a  maschi  rarissimi,  il  cui  intervento 
è  irregolarmente  ciclico  e  quello  per  le  quali  i  inasohi  stessi  sono  tuttavia  ignorati. 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


369 


Noi  1904  il  Dott.  Eibaga  dimostrò  sperimentalmente  la  partenogenesi  telitoca  occasionale  in 
taluno  specie  di  Psooidi,  oioò  uell' Eetopsocus  briggsi  M.  Laol.  var.  meridionali*  Eib.  e  ritenne  che 
il   fenomeno  potesse  considerarsi  comune  anche  ad  altre  specie   del  gruppo. 

Molti  altri  esempi  potrebbero  essere  ricordati  qui,  ma  è  da  notarsi  che  in  taluni  oasi  non  è 
che  i  maschi  sieno  veramente  rari,  piuttosto  essi  si  svolgono  in  condizioni,  ambienti  e  stagioni 
diverse  da  quelle  in  cui  abbondano  e  fioriscono  le  rispettive  femmine,  e  perciò,  considerando 
solo  queste,  si  rileva  una  enorme  sproporzione  numerica  di  individui  dei  due  sessi.  Cosi  è  ac- 
caduto ad  es.  che  per  molto  tempo  certe  Cocciniglie  (Ceroplastes  rusoi,  Gueriniella  serratulae,  ecc.) 
si  sono  ritenute  specie  con  maschi  estremamente  rari,  se  nou  ignoti,  mentre  invece  i  rappresen- 
tanti di  questo  sesso,  in  determinate  epoche  e  circostanze,  sono  abbondantissimi,  anche  assai  più 
che  le   femmine  rispettive. 

Da  tutti  i  casi  sovraesposti  ed  ordinati  secondo  la  loro  diversa  maniera, 
tenuto  anche  calcolo  del  sesso  derivante  al  seguito  della  partenogenesi,  i  fenomeni 
che  si  riferiscono  a  questa  maniera  di  riproduzione  possono  essere  siuotticamente 
esposti  anche  nella  seguente  tabella,  nella  quale  sono  meglio  messe  in  vista  le 
affinità  fra  i   diversi  modi  di  partenogenesi  ed  i  loro  effetti: 

Partenogenesi  arrenotoca.   —   Esempio:   Imenotteri  sociali. 

|  Occasionale.  Esempi:  qualche  Ortottero  e   qualche  Omottero. 

Ciclica  irregolare.  Esempi:   taluui  Coccidei;  parecchi  Fasmidi  ed  altri 

Partenogenesi  lehtoca  .„,,.-,  ■     ™  ,       •   r,  i-     t  i  • 

I         Ortotteri.    Taluni  Imenotteri.  Taluni  Copeognati.  Insetti  a  maschi 

ignoti. 
I  Occasionale.  Esempi:  molti  Lepidotteri;    Bromius  vitis,    eco.    (sempre 
anfitoca). 
Partenogenesi  anfitoca  (  cic]ica  rego]are  od  alternante.  Esempi:    Cinipidi;  Afidi  ed  altri   bassi 

|         Omotteri  (alternata  di  telitoca  ed  anfitoca). 

Gamogenesi. 

Le  due  uniche  maniere  ben  distinte  di  riproduzione  degli  organismi  tutti 
sono  l'ima  per  via  agamica,  l'altra  per  via  sessuale. 

Ed  ecco  in  che  consiste  questa  essenziale  differenza. 

Ciascun  organismo  risulta  o  di  un'unica  massa  protoplasmatica  o  cellula    che  dire  si  voglia 
(organismi  unicellulari  o  protisti)  o  di  un  complesso  di  più    cellule 
di   natura    diversa    (isloni    od   organismi    pluricellulari;  metafiti   pel 
regno  vegetale,  metazoi  per  quello  animale). 

Nel  primo  caso,  cioè  dei  protisti,  non  esiste,  come  ben  si  com- 
prende, un  vero  periodo  embrionale,  perchè  la  cellula  che  li  rap- 
presenta, per  moltiplicare,  non  fa  che  scindersi  e  ciascun  elemento, 
così  venutone,  non  ha  che  ad  accrescersi  senza  mutare  altrimenti 
o  variando  pochissimo  di  forma,  per  divenire  Bimile  al  genitore  ed 
atto,  alla  Bua  volta  ed  a  suo  tempo,  a  ripetere  il  fenomeno  ripro- 
duttivo. Fig-  ?79-  -  Un<?.  d,ei„  pri°" 

,,,..,  -    -,  stadi  embrionali   dello  avi- 

Ma  negli    organismi    pluricellulari  esiste  veramente  un  periodo         )nppo  fl|   Moìna  (Croetaoeo 

embrionale,    quello    cioè    durante  il  cui     percorso,    l'elemento  geni-  branchiopode)    che    mostra 

tale  sorto,  come  pegli  organismi  unicellulari,  per  semplice  scissione         "J»    ^«J™»    ^"pro- 
da un  genitore  conforme,  dà  origine  ad  elementi  di  natura  diversa,  dotto  le    cellule   somatiche 
dei     quali     si    circonda  (fig.   379)  e  che  gli    sono    necessari    alle    sue  es.  Da  Grobben. 
funzioni  di  esistenza  e  di  riproduzione  e  finisce    così   per  creare  un 

istone    capace  di  vivere  a  sé,  coi  propri  mezzi,  del  tutto    indipendentemente  da  quelli  preparati 
od  offerti  dall'organismo  genitore. 

Ora  nell'una  o  nell'altra  condizione  di  cose,  possono  verificarsi  due  ben  distinte  maniere  di 
fenomeni. 

A.  Bkrlesk,  Oli  Inietti,  II.  —  47. 


370 


CAPITOLO   QUINTO 


Nel  caso  più  seni  [ilice  la  cellula  genitale  rimane  immutata  nella  sua  intima  struttura  e 
composizione  traverso  tutte  le  generazioni  (riproduzione  agamica);  nell'altro,  più  complesso,  si 
alternano  invece  due  diversi  modi  di  moltiplicazione,  l'nna,  come  la  precedente  (agamica),  ma 
per  l'altra  la  cellula  genitale  perde  una  parte  di  sé,  diviene  incompleta  (fenomeni  detti  di  ma- 
turazione), inetta  quindi  a  riprodurre  un  nuovo  organismo  e  per  ottenere  questo  scopo  deve  ri- 
costituirsi, colla  fusione  assieme  ad  altro  elemento  genitale,  rimasto  egualmente  incompleto,  pel 
medesimo  procedimento.  È  questa  la  riproduzione  per  via  gametica  o  gestuale,  che  dire  si 
voglia. 

Infatti,  pei  Protisti,  l'elemento  genitale  incompleto  si  dice  gamete,  pegli  organismi  pluri- 
cellulari, invece,  ciascuna  delle  due  cellule  genitali  incomplete  snbisce  ulteriori  processi,  com- 
plicati di  evoluzione,  dopo  i  quali  si  hanno  due  maniere  distintissime  di  elementi  genitali,  gli 
uni  di  sesso  femmineo  (ovuli),  gli  altri  di  sesso  mascolino  (spermatozoi)  e  solo  colla  fusione  d'uno 
di  un  sesso,  con  uno  dell'altro,  si  può  ricostituire  la  cellula  completa  (ovulo  fecondato)  suscetti- 
bile di  ricostituire  tutto  l'insieme  pluricellulare  od  istone  che  dire  si  voglia.  Questa  è  la  ripro- 
duzione per  via  sessuale. 

Tutto  ciò  è  molto  diffusamente  esposto  nel  volume  I,  là  dove  si  tratta  della  spermiogenesi 
(pag.  903)  e  della  oogenesi  (pag.  926)  e  del  procedimento  parallelo  (pag.  949)  dei  due  fenomeni. 

Ordunque  l'elemento  genitale  (fig.  379,  ex)  è  veramente  immortale  anche  traverso  gli  orga- 
nismi più  complessi,  non  meno  di  quello  che  sia  un  protista,  poiché  quivi  e  là  si  suddivide 
ininterrottameute  nelle  generazioni,  mentre  tutti  gli  altri  elementi  cellulari,  che  compongono 
gli  istomi  (elementi  tornatici,  fig.  379  cs),  pur  riproducendosi  durante  tutto  il  periodo  in  cui 
l'organismo  vive,  periscono  con  questo  e  devono,  di  volta  in  volta,  derivare  la  loro  origine  nel- 
l'embrione, per  proliferazione   non   di  elementi  della  loro  stessa     natura,    ma  di    quello   genitale. 

Questo  ultimo  adunque  e  veramente  il  creatore  di  tutto  l'organismo,  lo  informa  e  lo  presiede. 

Le  diverse  maniere  di   riproduzione  e  di  ontogenesi  sono  adunque  le  seguenti: 

(  protistica; 

a)  agamica     {   . 

'  (   istonica; 

i    protistica: 

b)  gametica    !    .   . 

'  °  (    istouica. 

Soma.  —  Si  è  detto  che  negli  organismi  pluricellulari  od  istoni  si  distinguono  due  maniere 
di  elementi   fondamentalmente  diversi,   cioè  i  genitali,  che  non  ripetono  altra  origine    se  nou  da 

elementi  d'egual  natura  ed  origine,  ed  un  complesso  d'altri  varia- 
mente differenziati,  a  seconda  della  finalità  loro,  derivati  prima- 
mente da  proliferazione  del  primitivo  genitale,  ma  di  po'  per 
diretta  moltiplicazione  da  elementi  omonimi  e  questi,  che  nel  loro 
insieme  costituiscono  il  soma  (corpo),  si  definiscono  per  somatici. 

Negli  organismi  pluricellulari  l'elemento  genitale  sempre  si  cir- 
conda del  soma,  sia  esso  elemento  completo  ossia  direttamente 
riproducibile  (quindi  per  via  agamica)  o  per  via  gametica,  più 
correttamente  detta  sessuale  quando  si  riferisce  agli  istomi. 

Gli  organismi  unicellulari,  qualunque  sia  il  grado  di  differen- 
ziazione intima  del  protoplasma  cellulare  ad  uffici  diversi,  non 
hanno  mai,   come  ben  si  comprende   un  soma. 

Questa  è  la  differenza  esseuziale  tra  i  due  vasti  gruppi  di 
organismi  che  popolano   il  globo. 

Si  e  detto  più  su  che  per  tutti  gli  organismi  pluricellulari  la 
riproduzione  è  alternante,  cioè  una'  cellula  genitale  completa  ri- 
produce, per  via  agamica,  elementi  simili  a  sé  e  questo  per  un  certo  tempo  (fig.  380),  ma  a 
tale  maniera  di  riproduzione  succede,  di  regola,  una  serie  di  atti  moltiplicativi,  nei  quali  la 
cellula  genitale  di  un  sesso  (maschile)  egualmente  dimezzata,  deve  raggiungere  l'altra  del- 
l'altro sesso  per  confondersi  con  essa  e  riprodurre  l'elemento  completo,  il  solo  atto  a  ridare  un 
organismo  simile  ai  genitori.  Questo  processo  di  ripristin amento  della  cellula  genitale  completa, 
pel  concorso  di  due  incomplete  di  sesso  diverso,  costituisce  precisamente  il  fenomeno  della 
fecondazione. 

Adunque,  per  tutti  gli  organismi  pluricellulari  od  istomi  che  dire  si  vogliano,  come  esiste 
una  alternanza  di  elementi  sessuali  completi  ed  incompleti,  così  esiste  pure  una  alternanza  di 
funzioni,  cioè  di  riproduzione  per  via  agamica  e  per  via  sessuale. 


Fig.  380.  —  Ulteriore  stadio 
embrionale  della  Moina. 
La  cellula  unica  genitale, 
ha  figliato  molte  altre  cel- 
lule genitali. 


[.' ADULTO    E    liLI    ALTI     PER    I.A    COXSKKVAZIOXK     IlKLI.A    SPKCIK 


371 


Tale  duplice  funzione  si  può  riscontrare  anche  in  protisti,  che  alternano  la  riproduzione 
agamica  alla  gamotioa,  ma  in  molti  altri  quest'ultima  non  è  stata  riconosciuta,  mentre  essa  esiste, 
per  regola,  nei  pluricellulari,  quantunque  talora  sia.  di  applicazione  molto  rada  fra  lniighi§8ime 
serie  di   riproduzioni   agamiche. 

Stando  cosi  le  cose,  giacché  negli  istomi  la  cellula  genitale,  completa  od  incompleta,  si  riveste 
sempre  del  suo  speciale  soma,  è  logico  ammettere  la  esistenza  alternata  di  un  agamosoma  o  soma 
dell'elemento  genitale  agamico  (completo)  e  di  un  gamosoma  o  soma  dell'elemento  genitale  ses- 
suale (incompleto).  In  questo  ultimo  caso  si  avranno  due  distinte  maniere  di  gamosomi,  diversi 
cioè  pel  sesso  loro,  cioè  maschili  e  femminili,  a  seconda  del  sesso  della  cellula  genitale,  che  li 
presiede  e  che  li   ha  determinati  . 

Ben  inteso  che  i  due  sessi  possono  trovarsi  insieme  riuniti  in  uno  stesso  individuo  (erma- 
frodito), come  distinti   in  due  individui  diversi. 

Ma  e  da  rilevarsi  ancora  che  mentre  in  taluni  casi  i  due  somi  successivi  (agamosoma  e  ga- 
mosoma) sono  fra  loro  ben  distinti  nel  tempo  e  nello  spazio,  cioè  il  gamosoma  succede  ad  epoca 
determinata  e  chiaramente  riconoscibile  al  primo  e,  formandosi  su  questo,  se  ne  differenzia  net- 
tamente nella  vita  postembrionale,  in  altri  casi  il  gamosoma  imposta  alcuni  suoi  organi  molto 
prematuramente,  già  nell'embrione,  frammezzo  a  quelli  strettamente  agamosomatici,  sebbene  non 
acquisti  il  suo  completo  sviluppo  se  non  assai  più  tardi,  ordinariamente  durante  la  vita 
postembrionale. 

Tutto  ciò  è  riassunto  ed  esemplificato  nella  seguente  tabella: 


Organismi 
unicellulari 
(asomatici) 


Organismi 

pluricellulari 

od   istoni 

(somatici) 


Una    sola  maniera  di  riproduzione  (agamica).  Alcuni  Protisti. 
Due     maniere    di    riproduzione     alternate     (agamica    e    gametica).   Alcuni 
Protisti. 

|  Gamosoma  non  suscettibile  di 
vivere    indipendentemente 
dall'agamosoma.   Piante. 
Gamosoma,    che  può    vivere 
indipendentemente   dall'a- 
gamosoma:  Plat elminti,  Ce- 
lenterati, ecc.  (1). 
[   due    somi     sono  precocemente  confusi.     La 
massima  parte   degli  animali    metazoi. 


I  due   somi 

sono  distinti 

fra  loro 


Agamosoma:  parti  non  gem- 
mifere delle  Piante. 

Gamosoma  Fiori.  Protallo,  ecc. 

Agamosoma:  Cisticerco,  Redia, 
Polipo  idroide,  ecc. 

Gamosoma:  Proglottide,  Di- 
stoma,  Medusa,  ecc. 

A  sessi  riuuiti:    Ermafroditi. 
A  sessi  distinti  :  Unisessuali. 


Gamogenesi   negli  Insetti. 

Gli  Insetti  sono  organismi  somatici  a  somi  confusi  ed  a  sessi  distinti.  Il 
grado  di  precocità  della  fusione  dei  due  somi  però,  come  ben  si  comprende,  è 
molto  diverso  nei  singoli  gruppi,  rispetto  alla  fine  della  vita  embrionale  e  l'inizio 
di  quella  postembrionale,  ma  solo  perchè  varia  tale  epoca. 

Infatti,  ad  es.,  mentre  negli  Insetti  a  metamorfosi  completa  il  più  spesso  non 
si  scorge  traccia  apparente,  almeno  esterna,  di  organi  imaginali  nella  larva  e  sembra 
che  questa  possa  essere  definita  veramente  per  un  agamosoma  puro,  invece,  in  quelli 
a  metamorfosi  incompleta,  già  all'inizio  della  vita  postembrionale  sono  impostati 
i  rudimenti  di  organi  che  spettano  sicuramente  al  gamosoma,  come  sono  i  genitali 
esterni.  Ciò  non  fa  che  confermare  quanto  più  sopra  si  è  esposto  nel  confronto 
fra  stadi  embrionali  degli  insetti  eterometaboli  ed  embrionali  degli  olometaboli. 

Inoltre  si  vede    che  il  caso    della    pedogenesi  sopraricordato,  rarissimo  negli 


1  A  questo  gruppo,  pel  qnale  si  citano  solo  le  forme,  in  cui  il  modo  di  riproduzione  indi- 
cato è  il  normale,  possono  però  ricondursi  i  casi,  da  considerarsi  per  eccezionali,  di  pedogeneti 
fra  gli  Insetti. 


372  CAPITOLO    QUINTO 


insetti  e  del  tutto  accidentale,  può  essere  paragonato  al  tipico  e  normale  di  aga- 
mogenesi  dei  Plateliuinti,  Celenterati,  ecc.  (1). 

Il  fenomeno  della  Poliembrionia,  invece,  non  trova  riscontro  se  non  nella 
riprodnzione  agamica  protistica,  cioè  la  più  semplice  che  si  conosca  fra  gli  or- 
ganismi tutti. 

Gli  Insetti  adunque  sono,  normalmente,  forme  a  riproduzione  sessuale  ed  a 
sessi  distinti,  ma  mostrano  esempi,  sebbene  rarissimi,  anche  di  maniere  di  ri- 
produzione, che  possono  richiamarsi  alla  agamica  protistica  ed  a  quella  istonica. 

Si  possono  invece  defluire  per  animali  a  somi  distinti  gli  Insetti  olometaboli, 
intendendosi  però  che  la  riproduzione  presso  le  forme  agamosomatiche  non  è  che 
accidentale  e  molto  rara. 

Dal  fin  qui  esposto  risulta  che  negli  Insetti  i  modi  di  riproduzione  agame- 
tica  sono  per  Poliembrionia  e  per  Pedogenesi,  e  questi  due  modi  rappresentano 
eccezioni  rarissime  fra  i  modi  più  comuni,  che  sono  quelli  per  via  sessuale,  sia 
essa  per  Partenogenesi  o  per  Gamogenesi  (2). 


Ragioni  della  riproduzione  per  via  farnetica  e  sessuale. 

La  più  attiva  energia,  che  agita  gli  organismi  sulla  faccia  del  globo  è  do- 
vuta precisamente  alla  bisessualità  ed  alla  legge  dell'incrocio. 

Meno  potente,  per  quanto  efficacissima,  è  la  necessità  della  ricerca  del  nu- 
trimento e  della  consevazione  propria.  In  questi  ultimi  casi  le  funzioni  sono  tutte 
intese  alla  conservazione  dell'individuo  e  solo  indirettamente  riguardano  il  van- 
taggio della  specie.  Perciò,  da  poiché  gli  individui,  nella  economia  della  natura, 
non  hanuo  che  ben  poco  valore  per  sé,  e  solo  per  quanto  concorrono  alla 
conservazione  della  specie,  che  è  il  supremo  interesse  della  organicità  tutta,  è 
chiaro  che  le  funzioni  sessuali  e  le  leggi,  che  vi  si  riferiscono,  sono  di  rilievo 
massimo  e  cardinale,  mentre  quelle  nutritive  (presa  la  parola  in  senso  latissimo) 
non  rappresentano  che  un  grado  secondario  di  dignità  nell'ordinamento  della  vita 
sul  globo. 

Non  vi  ha  dubbio  che,  tolti  di  mezzo  questi  due  grandi  ed  imperiosi  stimoli, 
quando  cioè  la    moltiplicazione  degli    individui    fosse  limitata  alla    sola  maniera 


(1)  Non  però  omologato,  poiché  la  somiglianza  non  è  che  apparente  e  più  che  altro  per  la 
finalità,   anziché  pel  processo. 

Infatti  negli  esseri  agamici  veramente,  l'elemento  sessuale  non  è  differenziato  per  caratteri 
morfologici  (lai  somatici  e  molto  meno  poi  compreso  in  organi  speciali.  Invece,  nel  caso  di  Pe- 
dogenesi non  solo  gli  ovuli  sono  perfettamente  riconoscibili  ed  ormai  chiaramente  differenziati  e 
bene  evoluti,  ma  sono  compresi   in   veri  ovari. 

Il  fenomeno  della  Poliembrionia,  invece,  conviene  più  esattamente  con  quello  della  riprodu- 
zione agamica  protistica. 

(2)  La  natura  del  presente  libro  e  la  distribuzione  della  materia,  mi  consiglia  un  ordine 
alquauto  diverso  da  quello  che  sarebbe  stato  se  avessi  dovuto  seguire  la  distribuzione  dei  capi- 
toli del  volume  precedente.  Avrei  dovuto  trattare  separatamente  delle  funzioni  di  fecondazione, 
subordinandovi  le  notizie  relative  agli  stadi  degli  Insetti,  in  cui  dette  funzioni  accadono.  Ma, 
giacché  ho  preferito  trattare  ordinatamente  degli  stadi  stessi  e  dei  fenomeni  riferibili  a  ciascuno 
d'essi,  ho  dovuto  dire  della  Pedogenesi  a  proposito  dello  larve  e  della  riproduzione  sessuale 
trattando  degli  adulti,  come  della  Poliembrionia  discorrerò  a  proposito  delle  uova  ed  ovoposi- 
zione,  cioè  dell'estrema  funzione,  che  si  compie  nella  vita  dell'Insetto. 


l'adulto  e  gli  atti  pkr  la,  conservazione  della  specie  373 

agamica  e,  per  ciò  che  si  riferisce  alla  nutrizione,  le  sostanze  plastiche  potessero 
essere  assunte  ed  assimilate  direttamente  da  quell'atmosfera,  che  pure  concede 
l'ossigeno  e  dove  pure  azoto,  carbonio,  acqua,  ecc.  sono  in  abbondanza,  tutta 
l'organicità  si  ridurrebbe  alle  condizioni  del  regno  inorganico,  salvo  le  differenze 
nella  composizione  chimica. 

Lo  scopo  di  queste  necessità  trascende  oltre  l'umano  intelletto,  ma  gli  effetti 
ci  sono  evidenti.  Essi  si  palesano  colla  necessità  negli  organismi  tutti  di  un 
continuo  turbinio  sulla  taccia  della  terra,  anzitutto  per  quella  ricerca  d'amore, 
per  quella  bufera  che  mai  non  resta,  nella  quale  il  Poeta  vede  rapiti  gli  schiavi 
di  questa  massima  ed  universale  divinità. 

La  legge  dell'incrocio  ha  il  suo  fondamento  nella  differenziazione  e  nella  ma- 
turazione dell'elemento  sessuale,  quel  fenomeno  cioè  per  cui  esso  elemento  di- 
viene inetto,  perchè  perde  di  sé  e  si  scompleta,  alla  riproduzione  diretta  e  deve 
ricercare  fuori  dell'organismo,  di  cui  è  involto,  il  suo  complemento,  per  ridivenire 
atto  alla  formazione  di  nuovi  individui. 

Il  rimanente  soma,  cioè  quel  complesso  di  tessuti  e  di  organi,  nervi,  mu- 
scoli, ecc.,  null'altro  rappresenta  se  non  un  insieme  di  mezzi  atti  ad  ottenere, 
anzitutto,  l'effetto  sopraindicato. 

L'ima  metà  della  cellula  sessuale  ,  in  ultima  analisi,  dà  origine  ad  indi- 
vidui di  un  sesso,  l'altra  ad  altri  dell'altro  sesso  e  questi  ed  i  primi  debbono 
poi  rintracciarsi  e,  trovatisi,  compiere  una  serie  di  atti,  il  cui  risultato  si  è  il 
ripristinamento,  sia  liberamente  al  di  fuori  del  corpo  del  genitore,  o  sia  pure  in 
questo  {femmina)  (ma  però  sempre  in  cavità  aperta  nel  mondo  esterno)  della  cel- 
lula sessuale  completa,  la  quale  dà  origine  subito  ad  un  nuovo  organismo. 

Tutta  la  evoluzione,  adunque,  degli  organismi,  che,  partitisi  dalle  forme  più 
semplici  si  sono  innalzati  ai  più  alti  gradi  di  complessità,  non  dipende  da  altro 
se  non  da  sempre  più  diffìcili  condizioni,  create  da  ambienti  di  nuova  conquista, 
opposte  all'elemento  genitale  specifico  in  questa  ricerca  di  un  sesso  verso  l'altro 
e  della  necessità  conseguente  di  nuovi  mezzi  per  la  conservazione  degli  individui, 
traverso  le  sempre  maggiori  difficoltà  di  nuovi  e  più  complicati  modi  di  esistenza. 

Si  comprende  che,  alla  apparsa  della  vita  sul  globo,  i  primi  ad  essere  in- 
quinati sono  stati  gli  ambienti  più  facili,  tanto  meglio  se  la  legge  dell'incrocio 
non  si  faceva  ancora  sentire.  Ma  la  concorrenza  degli  individui  stessi  e  la  con- 
quista di  nuovi  ambienti  più  ardui  per  l'esistenza  degli  individui,  ed  insieme  la 
imposizione  dell'obbligo  dell'incrocio,  hanno  determinato,  necessariamente,  quella 
complicazione,  sempre  maggiore,  delle  organizzazioni,  che  si  definisce  per  processo 
di  evoluzione. 

Tutto  ciò  porta  a  concludere  che  la  obbligatorietà  dell'incrocio  è  la  precipua 
causa  della  circolazione  attiva  della  vita  sulla  terra  (1)  ed  essa  forse  è  imposta 
sopratutto  per  ciò  che,  oltre  che  pegli  effetti  secondari,  essa  induce  nella  orga- 
nizzazione degli  individui. 

Tali  effetti  sono  evidenti  a  chi  considera  le  molteplici  variazioni  individuali 
che  l'esistenza,  cioè  l'attrito  colle  condizioni  ambienti,  imprime  agli  organismi  e 
vede  sommarsi  o  smarrirsi  di  poi  questi  sottili  caratteri  acquisiti  nel  corso  di 
generazioni  successive. 

La  conquista  di  nuovi  ambienti  non  sarebbe  possibile  ad  una  specie  immil- 


li) Ecco  probabilmente  il  signilicato  del  mito.  Il  nostro  primo  padre  è  costretto  ad  abban- 
donare l'Eden,  il  luogo  di  pace  e  di  stazione,  per  peregrinare  sulla  terra  non  appena,  coll'ap- 
parsa  della  bisessualità,   è  messa  in  atto  l'opera  di  riproduzione  gametica. 


374  CAPITOLO    QUINTO 


tabile  e  le  variazioni  si  effettuano  nella  specie  stessa  traverso  gli  individui,  a 
mezzo  cioè  di  quelle  influenze,  che  Fattrito  coll'auibiente  determina  negli  indi- 
vidui e  che  poi,  nel  crogiuolo  della  moltiplicazione  incrociata,  si  sommano  fra 
loro  se  omonome,  si  elidono  se  eteronome,  come  nella  faccia  del  figlio  si  legge 
l'impronta  di  quella  d'ambedue  i  genitori,  ma  non  esclusivamente  uè  l'ima  né 
l'altra. 

La  specie  è  tanto  più  variabile  quanto  maggiore  è  la  sua  diffusione,  più  lo- 
comobili sono  i  suoi  individui  e  più  energico  l'impulso  all'incrocio  (1). 

Gli  Insetti,  cioè  il  gruppo  fra  tutti  gli  animali  di  gran  lunga  più  ricco  di 
specie,  è  dovunque  rappresentato  sulla  faccia  del  globo  da  individui  dotati  dei 
più  efficaci  mezzi  di  locomozione  ed  inoltre  è  il  più  ossequente  alla  legge  del- 
l'incrocio. 

Fra  gli  Insetti  tutti,  salvo  rarissime  eccezioni,  sono  colla  massima  cura  evi- 
tate le  nozze  consanguinee. 

Infatti  anche  gli  Insetti  sociali  e  quelli  che  vivono  in  colonie  in  un  ambiente 
assai  circoscritto,  come  sono  ad  es.  i  parassiti,  obbediscono  essi  pure  a  questa 
fondamentale  legge,  per  quanto  parrebbe  che  il  sottrarsene  sarebbe  comodissimo 
agli  individui  per  evitare  assai  gravi  cause  di  pericolo. 


I  due  sessi  negli  Insetti  e  le  diverse  funzioni  sessuali. 

Negli  Insetti  i  sessi  sono  sempre  distinti.  L'ermafroditismo  è,  di  regola, 
escluso.  Le  forme  dette  neutre,  perchè  inette  all'opera  riproduttiva  sono  in  realtà 
maschi  o  femmine  ad  organi  genitali  incompletamente  sviluppati,  e  sono  un  pro- 
dotto artificiale  delle  società. 

Quanto  alle  forme  partenogeniche,  esse  sono  veramente    femmine  ed    i    pro- 


(1)  Quauto  all'azione  dell'elemento  genitale  agamico,  si  sarebbe  tentati  di  ammettere  che, 
da  poiché  la  specie  mostra  una  tendenza  conservatrice,  manifesta  nei  fenomeni  dell'eredità  ed 
una  variabilità  egualmente  evidente,  due  tendenze,  come  si  vede,  antitetiche,  la  prima  potrebbe 
essere  attribuita  alla  agamicltà.  Noi  vediamo  infatti  che,  nella  maggioranza  di  organismi  a  somi 
distinti,  l'agamosoma  è  l'immobile  per  eccellenza  ed  il  meno  variabile.  Ben  dice  chi  afferma  che 
non  è  da  stupire  se  elementi  tigli,  due  metà  di  uno  stesso  intero,  svolgendosi  in  ambiente  iden- 
tico sono,  se  non  identici,  eerto  assai  simili  al  genitore  ed  è  cosi  che  le  cellule  genitali  figliate 
da  un'unica  cellula  conforme,  permanenti  e  svolgentesi  sotto  le  stesse  influenze,  non  possono 
non  essere  che  molto  simili  fra  loro  ed  alla  cellula  madre;  d'onde  poi  identità  o  quasi  dei  ri- 
spettivi somi. 

Ma  gli  elementi  sessuali,  colla  specializzazione  pel  loro  sesso  diverso  e  più  pei  caratteri  in- 
dividuali, che  i   rispettivi  gamosomi  assumono  dai   differenti  ambienti  in  cui  si  svolgono  e  vivono, 

non  possono   ritrarre  influenze  diverse    e     trasmetterne    gli     effetti  all'atto  dell'incrocio.     Il 

polline,  che  giunge  da  miglia  e  miglia  lontano,  deriva  da  ambiente  ben  diverso  dall'altro  in  cui 
feconda,  e  quello  porta  di  là  in  se  i  germi  di  caratteri  individuali  differenti.  Di  qui  ad  ascri- 
vere la  tendenza  centrifuga  della  variabilità  agli  elementi  genitali  gametici,  o  sessuali,  che  dire 
si  vogliano,   non  è  che  un  passo. 

E  come  nelle  Società  umane  il  progresso  è  attribuito  alle  idee  di  menti  libere  o  venute  di  fuori 
con  pensiero  nuovo,  perchè  forestiero,  contemperate  da  quelle  conservatrici  d'altra  gente  più  ra- 
dicata al  natio  suolo  ed  agli  usi  suoi,  redati  di  lunga  mano,  così  il  progresso  delle  specie  si 
potrebbe  attribuire  all'influenza  di  queste  due  distinte  maniere  di  elementi  genitali,  alla  loro 
collaborazione  ed  antitesi. 

Sempre  l'eterna  azione  e  reazione,   che  regolano  l'universo. 


I  '  uil'IlH    K    GLI    ATT]    PER    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPKCIK  375 

dotti  sessuali  loro,  sebbene  atti  a  riprodursi  senza  previa  fecondazione  estrinseca, 
pure  non  si  debbono  affatto  confondere  cogli  elementi  genitali  àgamici  veri  e 
propri. 

Omeomorfismo  sessuale  ed   Eteromorfismo. 

Anche  nella  elasse  degli  Insetti,  anzi  più  che  in  altre,  si  notano  bellissimi 
esempi  di  configurazione  vistosamente  diversa    Ira    i  due  sessi  allo  stato  adulto. 

A  parte  le  ditterenze  morfologiche  negli  organi  sessuali,  una  esatta  corri- 
spondenza nel  rimanente  degli  organi  esterni  e  nella  statura,  cioè  un  vero  Omeo- 
morfismo, non  è  il  caso  di   gran  lunga  più  comune  neppure  fra  gli   Insetti. 

Più  di  frequente  appaiono  differenze  di  vario  grado  e  natura  tra  l'uno  e 
l'altro  sesso  e  questo  è  il  caso  di  Eteromorfismo  sessuale.  Qualora  gli  individui 
di  ciascun  sesso  sieno  fra  loro  somiglianti,  si  avrà  il  Dimorfismo  sessuale,  ma  se 
anche  fra  gli  individui  pertinenti  al  medesimo  sesso  si  notano  differenze  sensi- 
bili (in  rapporto  a  funzioni  speciali  e  diverse  o  senza  apparente  ragione  fisiolo- 
gica) allora  è  veramente  il  caso  di  parlare  di  Polimorfismo. 

Talora  variano  gli  individui  pertinenti  ad  una  medesima  specie  nelle  varie 
generazioni  e  quindi  a  seconda  di  determinate  stagioni,  così  che  si  parla  di  un 
Polimorfismo  di  stagione,  come  si  tratta  di  Polimorfismo  sociale,  per  quei  casi  che 
spettano  alle  società  dove  sono,  nello  stesso  sesso,  individui  con  uffici  differenti. 


Dimorfismo  sessuale. 

Le  ragioni  del  Polimorfismo  non  strettamente  sessuale  ma  in  rapporto  a  fun- 
zioni diverse  è  spiegabile  colla  differenza  degli  scopi  ai  quali  sono  chiamati  gli 
individui  varii,  ma,  per  quanto  si  riferisce  a  dimorfismi  o  polimorfismi  esclusiva- 
mente sessuali,  la  spiegazione  di  tali  fatti  è  sembrata  alquanto  meno  ovvia  ed  è 
di  ciò  che  attualmente  devesi  discorrere  (mentre  pel  resto  sarà  luogo  più  tardi), 
ad  esplicazione  di  parvenze  talora  veramente  vistose  ed  impressionanti,  poiché 
non  può  non  interessare  la  nostra  ragione  l'enorme  diversità  di  aspetti,  di  sta- 
tura, di  colori,  che  intercorre,  in  molti  casi,  tra  il  maschio  e  la  femmina,  come 
pel  resto  degli  animali,  anche,  e  forse  più,  per  la  classe  degli  Insetti.  Ne  siano 
esempio  ovvio  certi  Coleotteri  Lamellicorni  o  Pettinicorni  od  altri,  pei  quali  il 
maschio  è  molto  più  appariscente  ed  armato  di  appendici,  sculture,  processi  di- 
versi che  non  la  rispettiva  femmina;  Farfalle  diversissime  nei  due  sessi  per 
statura,  colorazione,  ecc.,  e  più  ancora  per  riduzioni,  talora  sensibilissime  o  radi- 
cali affatto  nel  sistema  locomotorio  di  un  sesso  in  confronto  dell'altro,  quell'in- 
sieme di  fatti  già  accennati  nei  casi  di  neotenia  di  un  sesso,  ecc. 

L'insieme  di  queste  differenze,  delle  quali  lo  zoologo  tiene  il  massimo  conto 
nella  diagnostica  della  specie,  si  comprendono  colla  denominazione  di  caratteri 
sessuali  secondari,  intendendosi  che  primari  sono  quelli,  invece,  che  si  richiamano 
al  sistema  strettamente  sessuale  e  che  non  richiedono  esplicazione  alcuna,  da  poi 
che  si  riconoscono  necessariamente  inerenti  alla  diversità  della  funzione  sessuale 
primaria,  che  è  quella  della  copula  e  della  conseguente  figliazione. 

Vediamo  ora  questi  caratteri  sessuali   secondari. 

I  due  sessi  possono  differire: 

1.'    per   la   statura  {Dimegetismo); 
2.°  per  la  t'orma  [Dimorfismo)  ; 
3.°  pel  colorito  (Dicromismo); 


376  CAPITOLO    QUINTO 


•4.°  per  la  presenza,  sviluppo,  struttura,  ecc.  di  speciali  organi  aventi  rap- 
porto colla  ricerca  e  conquista  del  sesso; 

5.°  per  organi  speciali  di  difesa  ed  offesa; 

6.°  pel  grado  di  variabilità; 

7.°  pel  regime  alimentare. 
Da  ciò  si  comprende  che  i  due  sessi  possono  diflerire  fra  di  loro  in  misura 
diversa  e  con  discrepanze  non  solo  di  valore  specifico,  ma  di  genere,  di  famiglia 
e  financo  di  classe,  perchè  si  trovano  esempi  di  un  sesso  (femmine  degli  Stilo- 
pidi)  così  profondamente  involuto  e  regredito  che,  considerato  col  solo  occhio 
sistematico,  difficilmente  potrebbe  essere  ascritto  agli  Insetti,  ma  corrisponde  ad 
un  gradino  inferiore. 


Le  ragioni  di  queste  differenze  tra  i  due  sessi  non  hanno  mancato  di  dar  materia  a  medi- 
tazione da  parte  di  molti  studiosi  e  uè  sono  venute  diverse  teorie,  fra  le  quali  più  citate  e  di- 
scusse talune,  che  conviene  ricordare. 

Darwin  mette  in  prima  linea  l'influenza  di  due  fattori  principali,  l'uno  la  selezione  sessuale, 
l'altro  l'eredità.  Queste  influenze  agiscono  di  conserva  colla  Selezione  naturale,  che  determina  la 
variabilità  delle  specie.  Vi  ha  lotta  fra  i  maschi  perla  conquista  della  femmina;  il  meglio  prov- 
visto di  mezzi  di  seduzione  o  di  conquista  riesce  allo  scopo  e  trasmette  per  eredità  alla  sua  fi- 
gliolanza i  caratteri  suoi  individuali,  che  gli  hanno  permesso  il  trionfo  sessuale.  Di  qui  una  con- 
tinua selezione  del  sesso  mascolino  verso  un  tipo  sempre  maggiormente  differenziato,  per 
l'incremento  di  quei  caratteri,  che  determinano  la  vittoria  sulle  ritrosie  della  femmina  o  sulla 
concorrenza  degli  altri  maschi.  Ed  ecco  l'influenza  dell'eredità,  che  questa  volta  agisce  su  un 
sesso  soltanto. 

Questa  teoria  è  stata  energicamente  combattuta  da  molti  e  con  argomenti  gravi. 

Anzitutto  essa  ha  il  torto  di  avere  mia  portata  esplicativa  troppo  grande  ;  troppi  fatti  ve- 
ramente sono  piani,  con  tutta  facilità  coll'uso  di  tale  ipotesi. 

Inoltre  essa  non  considera  la  possibilità  di  alcuna  influenza  né  di  conseguente  effetto  per  le 
femmine,  le  cui  variazioni  si  rimettono  alle  ordinarie  leggi,  regolanti  tutta  la  organicità  e  di 
quelle  relative  alla  opera  riproduttiva  non  è  tenuto  il  conto  che  se  ne  fa  per  l'altro  sesso. 

D'altro  canto  vi  sono  troppi  fatti  in  diretto  contrasto  colla  teoria  della  scelta  sessuale  e 
sono  alla  portata  comune. 

Wallace  spiega  la  veste,  in  generale  meno  brillante,  delle  femmine  colla  necessità  ed  oppor- 
tunità di  sfuggire,  perchè  meno  vistose,  all'aggressione  dei  nemici,  specialmente  quando  le  cure 
della  maternità  obbligano  questo  sesso  a  minor  locomobilità. 

Quanto  alla  maggiore  ornamentazione  del  maschio,  essa  sarebbe  dovuta  alle  leggi  generali 
dell'accrescimento  e  dello  sviluppo  e  sarebbe  il  prodotto  naturale  della  sanità  e  del  vigore  so- 
vrabbondanti. 

Ma  per  Geddes  e  Thomson  le  cose  sarebbero  assolutamente  inverse  poiché:  «  Una  più  grande 
ricchezza  di  pigmento  ed  altri  tratti  caratteristici  mascolini,  devono  essere  interpretati  come 
espressioni  della  predominante  catabolica  (serie  involutiva  delle  trasformazioni  molecolari  interne 
del  protoplasma,  conducente  alla  disorganizzazione),  nella  costituzione  dei  maschi,  in  opposi- 
zione colla  predominanza  all'anabolismo  »  (serie  ascendente  sintetica,  costitutrice  dei  cangiamenti 
intraprotoplasuiatici,  che  conduce  alla  formazione  della  materia  vivente).  Come  si  vede  è  una 
teoria,  che  ha  bisogno  di  assai  maggior  numero  di  ipotesi  a  sua  esplicazione  e  di  fatti  a  sua 
conferma  di  quello  che  non  sia  il  problema  primario,   che    ne  dovrebbe  esserne   illuminato. 

Mirvart,  Rolf,  Mantegazza  ed  altri,  combattuta  con  buoni  argomenti  la  teoria  della  selezione 
sessuale,  spiegano  la  differenziazione  sessuale  secondaria  colla  costituzione  fisiologica  diversa  dal- 
l'uno all'altro  sesso. 

Per  mio  conto  io  sto  colla  grandissima  maggioranza,  alla  quale  sembra  che  ninna  di  queste 
teorie,  con  altre  che  si  potrebbero  ricordare,  sia  quietamente  accettabile  con  soddisfazione,  sia 
pure  mediocre.  Io  penso  che  convenga  intanto  mettere  in  rilievo,  ordinati,  i  più  evidenti  fat- 
tori generali,  che  debbono  avere  influenza  sulla  differenziazione  dei  sessi  e  misurarne,  se  è  pos- 
sibile, la  portata,  tenendo    presente    di    continuo,    però,    che    nell'ambito    delle    linee    generali 


L'ADULTO    E    GLI    ATTI    PEI!    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE  371 


regolanti  tutta  l'organicità,  ciasoun  sesso  (non  altrimenti  che  ciascun  individuo  o  ciascuna  specie) 
obbedisce  alle  necessità  dei  suoi  speciali  uftìoi  secondari  in  aiuto  al  primario,  che  è  quello 
strettamente  riproduttivo. 


Cause  primarie  intrinseche  di  divergenza  morfologica  fra  i  due  sessi. 

Si  è  detto  che  è  la  cellula  genitale  quella  cbe  informa  il  soma.  Perciò  le 
cellule  genitali  complete,  come  tutte  conformi  per  una  stessa  specie,  non  possono 
cbe  circondarsi  di  somi  (agamosomi)  del  tutto  fra  di  loro  consimili,  né  vi  può 
essere  alcuna  differenza  tra  l'uno  e  l'altro,  neppure  sessuale,  da  poiché  non  vi 
ha  sesso. 

Ma  allorché  la  cellula  genitale  si  incammina  per  la  sua  evoluzione  e  diffe- 
renziazione, secondo  un  determinato  sesso,  fino  al  compimento  dei  processi  matu- 
rativi, cioè  durante  il  passaggio  da  gonocito  a  spermatozoo  da  un  lato  e  da  gonocito 
ad  ovulo  dall'altro,  si  ha  una  continua  e  sempre  maggiore  divergenza  di  caratteri 
morfologici,  di  processi  evolutivi,  ecc.,  per  cui  di  più  in  più  si  differenziano  i 
due  elementi  sessuali  di  sesso  diverso. 

Corrispondentemente  di  più  in  più  divergono  anche  morfologicamente  i  ga- 
mosomi,  che  dipendono  dai  due  elementi  sessuali  differenti,  fino  a  quel  grado 
massimo  di  differenziazione,  che  corrisponde  alla  maturità  sessuale  dell'individuo, 
cioè  alla  maturauza  sessuale    degli  elementi  genitali. 

Dopo  questo  periodo,  che  dura  per  un  certo  tempo,  a  seconda  della  specie, 
allorché  si  incorre  nel  periodo  anagonico,  nel  quale  cioè  le  funzioni  sessuali  ces- 
sano, perchè  cessa  la  formazione  di  elementi  sessuali,  i  gamosomi,  pur  continuando 
a  vivere,  tendono  a  convergere  nei  loro  caratteri  morfologici,  cioè  tendono  ad 
attenuarsi,  se  non  a  scomparire  del  tutto,  le  differenze  sessuali  secondarie,  che 
hanno  avuto  il  loro  apogeo  nel  colmo  della  vigoria  sessuale. 

Gli  Insetti  non  concorrono,  generalmente,  in  questa  età  anagonica,  ma,  il 
più  spesso,  la  vita  loro  cessa  coll'attività  riproduttrice,  ad  ogni  modo  il  loro 
corpo  non  può  subire  variazioni  esterne  mai  più  dopo  l'ultima  metamorfosi  (1). 

Devesi  considerare  di  quanto  divergono  i  prodotti  sessuali  da  maschio  a 
femmina.  Xon  solo  tutta  l'evoluzione  dello  spermatozoo,  pur  svolgendosi  in  modo 
parallelo  a  quello  dell'ovulo,  è  però  notabilmente  diversa,  ma  ancora,  l'elemento 
femminile,  nel  suo  citoplasma  si  arricchisce  di  depositi  nutritivi  dell'embrione, 
che  non  hanno  minimamente  corrispondenti  in  quello  maschile.  Ne  vengono  così 
quelle  uova  che.  in  tutti  i  casi,  anche  di  estrema  riduzione  del  tuorlo  di  nutri- 
zione od  in  sua  assoluta  assenza,  sono  sempre  più  voluminose  dell'elemento  ma- 
schile, per  cui  il  numero  loro,  in  seno  alla  madre,  è  limitato  dalla  statura  dell'ec- 
cipiente, mentre  tale  limite  è  di  gran  lunga  meno  tiranno  pel  maschio. 


(1)  Non  ostante  ciò  si  può  avere  idea  di  ciò  che  avverrebbe  anche  pegli  insetti  qualora  il  soma 
continuasse  a  modificarsi  dopo  il  periodo  genetico,  notando  quanto  avviene  in  casi  di  castra- 
zione parassitaria,  cioè  di  distrazione  degli  organi  genitali  interni  operati  da  parassiti.  I  due 
sessi,  in  tale  caso,  si  svolgono  in  perfetta  agonicità. 

Perez  (1889)  ha  mostrato  che  le  Andrena  (Apidi)  femmine,  infettate  da  parassiti  del  geuere 
Stylops  perdono  l'istinto  sessuale  e  rivestono  i  caratteri  esterni  del  maschio.  Esse,  nella  condi- 
zione normale,  presentano  sulla  faccia  delle  piccole  macchie  gialle,  che  non  si  trovano  nei  maschi; 
tali  macchie  scompaiono  nelle  femmine  stilopizzate.  Le  zampe  posteriori  delle  femmine  stilopiz- 
zate  somigliano  a  quelle  dei  maschi  ed,  al  contrario,  i  maschi  stilopizzati  acquistano  delle 
spazzole  negli  stessi  arti.  Sono  adunque  invertiti  i  caratteri  sessuali. 
A,  Berlp.se,  Oli  Insetti.  IT.  —  48. 


378  CAPITOLO    QUINTO 


Quanto  alle  funzioni,  la  fondamentale  dell'ovulo  è  quella  di  attendere  ed 
accogliere  lo  spermatozoo,  essa  è,  dunque,  più  che  altro  passiva,  mentre,  invece, 
per  l'elemento  maschile,  essa  è  informata  alla  massima  attività,  cioè  di  ricerca 
dell'ovulo  per  via,  talora,  lunghissima  ed  ardua  e  di  penetrazione  nell'ovulo  stesso, 
per  energia  propria. 

I  due  gamosomi  dell'uno  e  dell'altro  sesso  muovono,  adunque,  da  punti  di 
partenza  del  tutto  diversi,  seguono  vie  di  sviluppo  e  con  finalità  difterenti  ;  non 
è  quindi  da  stupire  se  le  due  mete  ultime  sono,  anche  morfologicamente,  assai 
discoste. 

Cause  estrinseche  di  divergenza  fra  i  due  sessi. 

L'ambiente  agisce  sugli  individui,  sui  sessi  e  sulle  specie  determinando  (se- 
condo leggi  conformi  e  costanti)  particolari  variazioni,  in  risposta  a  corrispon- 
denti stimoli  ed  esigenze. 

A  parte  le  variazioni  individuali,  di  cui  non  è  il  caso  di  tener  conto  qui,  se 
non  per  quanto  sieno  il  tramite  per  cui  si  giunge  alle  altre,  vediamo  cosa  può 
essere  richiesto  dal  singolo  sesso  e  quanto  dalla  specie,  perche,  in  presenza  delle 
continue  variazioni  dell'ambiente  possa  non  risentirsene  la  specie  stessa,  per 
detrimento  degli  speciali  uffici  del  sesso. 

Due  serie  di  condizioni  ambienti  diverse  possono  accadere,  per  l'una  l'esi- 
stenza della  specie  è  facilitata,  per  l'altra  è  ostacolata.  La  variabilità  di  ogni 
cosa  al  mondo  e  quindi  anche  dell'ambiente  non  consente  una  perpetua  identica 
condizione  di  esistenza  alla  specie  o  di  funzioni  al  sesso,  è  quindi  necessario  in- 
correre nell'una  o  nell'altra  via. 

Le  condizioni  che  facilitano  l'esistenza  alla  specie  od  il  suo  compito  al  sesso 
permettono  una  riduzione  od  involuzione,  che  dire  si  voglia,  degli  organi  del  ga- 
mosoma,  una  semplificazione  insomma  del  gamosoma  stesso,  il  cui  scopo  non  è 
se  non  quello,  come  si  è  detto,  di  ottenere  all'elemento  sessuale  il  compimento 
del  suo  destino. 

Le  condizioni  opposte  invece,  cioè  in  aumento  delle  difficoltà  alla  esistenza 
della  specie  nelle  sue  funzioni  sessuali,  obbligano  la  specie  stessa  (quando  non 
la  conducono  a  fine),  alla  evoluzione,  per  fronteggiare  queste  nuove  difficoltà, 
oppure  ad  un  aumento  numerico  degli  individui  per  ottenere,  col  sacrificio  di 
molti,  il  buon  esito  di  una  certa  percentuale  di  fortunati,  compatibile  colla  esi- 
stenza della  specie  medesima. 

Anche  qui  si  vince  o  col  numero  o  col  maggior  valore  dei  combattenti.  In 
questo  secondo  caso  dovranno  intervenire  variazioni  morfologiche  in  senso  evo- 
lutivo; nel  primo  invece  ciò  non  è  necessario  ed  anzi  può  accadere  che  venga  a 
sacrificarsi  del  grado  di  evoluzione  per  una  più  rapida  ed  abbondante  produzione 
di  individui. 

La  femmina  è  quel  sesso  che  più  risente  da  tali  influenze  di  ambiente, 
perchè  è  nel  seno  suo  che  deve  variare  il  numero  di  esseri  da  gettare  sulla  bi- 
lancia o  la  rapidità  di  sviluppo  loro  e  deve  contemperare  queste  esigenze  impe- 
riose con  altre  pur  vive,  che  si  richiamano  ad  altri  uffici  sessuali  suoi,  come 
sono  quelli  di  concorrere  alla  fecondazione,  provvedere  alla  diffusione  della  specie 
ed  alla  figliazione  ed  alla  salute  della  prole,  oltre  alle  esigenze  individuali. 

Vi  è  quindi,  particolarmente  per  la  femmina,  un  grave  conflitto  di  necessità 
diverse,  per  rispondere  alle    quali    essa  assume  una  speciale  organizzazione,  che 
può    benissimo  essere  diversissima  da  quella  del  maschio,  il  quale    obbedisce    a 
tutt'altre  influenze. 
Specifichiamo  : 


l'adulto  k  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


379 


La  prima  più  pronta  e  più  semplice  maniera  di  rispondere  a  nuove  e  più 
gravi  esigenze  dell'esistenza  della  specie  è  quella  di  aumentare  la  prolificità. 

Ciò  non  richiede  costruzione  di  organi  ad  attività  nuove,  basta  un  aumento 
od  una  accelerazione  dell'attività  moltiplicatrice  degli  elementi  sessuali.  Nel  primo 
caso  è  gettata  nel  mondo  una  più  ricca  massa  di  individui,  nel  secondo  un  mag- 
gior numero  di  generazioni. 

Nel  primo  caso  o  aumentano  di  volume  gli  ovari  e  quindi  la  madre,  che  li 
contiene  (megetismo)  o  scema  il  tuorlo  delle  uova  e  ciò  conduce  alla  metabolia, 
come  si  è  altra  volta  esposto.  Nel  secondo  caso  la  maturanza  sessuale  precoce 
induce  la  neotenia. 

Quest'ultima  però,  che  torna  a  scapito  del  livello  evolutivo  della  femmina- 
non  può  manifestarsi  se  non  a  detrimento  delle  altre  funzioni  sessuali    ed    indi- 


Fig.  381.  —  Varii  stati  della  Diaspia  pentagona.  A,  larva    dal  ventre,    ingr.  circa  100  diam.  :  B,  femmina 
adulta  dal  ventre,  ingr.  circa  25  diam.  ;  0.  maschio  dal  dorso,  ingr.  circa  40  diam.  Da  Bei-lese. 

viduali  sovraccennate,  quando  cioè  per  le  prime  non  intervengano  altrimenti 
adeguati  compensi  e  le  seconde  sieno  consentite  da  facilitazioni  della  esistenza 
individuale. 


Cito  esempi  di  tutto  ciò. 

Una  femmina  alata  ed  in  tutto  costrutta  come  il  corrispondente  maschio,  ad  es.  un  Lepi- 
dottero vivente  a  spese  di  un  vegetale,  produce  un  determinato  numero  d'uova,  quante  bastano 
per  sopperire  alla  percentuale  di  mortalità  delle  forme  giovani,  secondo  una  misura  stabilita  da 
secoli. 

Interviene  un  fatto  nuovo,  ad  es.  l'adattamento  di  un  insetto  endofago  ad  inquinare  le 
larve  della  detta  farfalla.  L'adattamento  è  graduale  e  permette  alla  specie  vittima  di  correre  ai 
ripari,  per  conservare  la  sua  esistenza.  La  difesa  si  effettua  con  un  aumento  numerico  delle 
uova  in  seno  alla  madre,  cioè  colla  riduzione  del  tuorlo  loro  e  fuoriuscita  di  larve  ad  un  grado 
di  maggiore  immaturità,  o  coll'auniento  di  statura  della  madre  stessa. 

In  questo  caso  essa  perde  della  sua  locoiuobilità  e  deve  sopperire  il  maschio  ad  accrescere  la 
sua  d'altrettanto,  per  rispondere  allo  stimolo  d'amore  e  se  il  vegetale  ospite  per  coltura  intensiva 
o  per  altro  viene  ad  occupare  ininterrottamente  vaste  estensioni  di  terreno,  la  femmina,  anche 
perdendo  della  sua  facoltà  locomotrice,  può  rispondere  sempre  bene  alla  ricerca  dell'ambiente  adatto 
per  la  sua  prole.  Questi  espedienti  nuovi  finiscono  per  ristabilire  l'equilibrio  turbato,  ma  la 
feinmina  ha  subito  un  certo  grado  di  involuzione,  alla  quale  non  ha  risposto  il  maschio,  che 
ha  dovuto  invece  procedere  in  senso  evolutivo,  per  le  accresciute  esigenze  della  sua  parte  di  at- 
tività nella  funzione   dell'accoppiamento. 

Si  comprende  che  i  casi  di  massima  involuzione  della  femmina  sono  quelli  nei  quali  essa  è 
parassita,  quindi  ha  una  facile  esistenza  individuale,  uè  ha  d'uopo  di  organi  delicati  e  complessi 
a  questo  scopo,  inoltre  nou  prende  la  minima  parte  né  alla  ricerca  dell'altro  sesso,  per  ooncor- 


380 


CAPITOLO    QUINTO 


rere  all'accoppiamento,  lasciando  al  maschio  ogui  cura  in  questo  senso,  né  alla  ricerca  di  am- 
biente adatto  alla  prole,  essendoci  sempre  ad  immediato  contatto,  né  alla  diffusione  della  specie, 
lasciandone  il  carico  alle  larve. 

Esempi  in  questo  senso  sono  dati  dalle  Cocciniglie  (flg.  381)  e  dagli  Stilopidi  (fig.  373),  i 
cui  maschi  sono  eccellenti  volatori,  molto  complicatamente  orga- 
nizzati, mentre  le  femmine  rimangono  allo  stato  di  larva  o  addirit- 
tura ancor  più  regredite. 

Il  numero  delle  larve  poi  e  quindi  la  statura  della  madre,  è 
in  ragione  diretta  delle  difficoltà,  che  incontra  la  diffusione  della 
specie,  cioè  della  percentuale  di  mortalità  che,  nelle  larve  stesse 
inducono  le  peregrinazioni  a  tale  scopo.  Essa  è  molto  elevata  (flg.  382) 
nei  suddetti  parassiti  (per  le  Cocciniglie  le  larve  debbono  migrare 
passivameute  da  pianta  a  pianta  e,  se  cadono  a  terra,  sono  perdute, 
negli  Stilopidi,  da  nido  a  nido  degli  Imenotteri  ospiti).  Ma  in  altri, 
ad  es.  negli  ectoparassiti  degli  animali  superiori,  i  quali  ospiti  si 
incaricano  essi  stessi  di  agevolare  una  immigrazione  in  tutta  sicu- 
rezza dei  loro  parassiti,  venendo  fra  se  a  contatto  nei  nidi  od  altri- 
menti, si  manifestano  le  condizioni  ottime  di  esistenza  individuale 
non  solo,  ma  ancora  di  facile  adempimento  a  tutte  le  funzioni  ri- 
produttive per  ambedue  i  sessi,  cosi  che  ad  un  uniforme  e  nota- 
bile grado  di  involuzione  di  questi  può  corrispondere  anche  una 
modesta  misura  di  prolificità  ed  un  alto  grado  di  organizzazione  delle  forme  larvali,  cosi 
che  tra  queste  ed  i  genitori  interviene  più 
che  altro  la  differenza  di  statura  e  dal  lato 
morfologico  solo  per  quanto  si  riferisce  al  si- 
stema riproduttore.  Ciò  mostrano  Pediculini, 
i  Mallofagi,  i  Pupipari,  gli  Eterotteri  paras- 
siti, ecc.  (fig.    383). 


Fig.  382. — Cocciniglia  fem- 
mina (Chrysomphalus),  per 
mostrare  la  quantità  d'uova 
che  contiene  la  femmina 
adulta  (Ingrand). 


L'anticipazione  nell'epoca  di  schiu- 
sura  delle  larve  (origine  della  ìneta- 
bolia),  deve  essere  accompagnata  da 
opportuna  scelta  di  ambiente,  tanto 
più    efficacemente    protettivo,     quanto 

più   immatura   è   la   larva   all'atto    della      Fig.    383.  —    Insetti    a    modesta    prolificità.     A,    un 

sua  nascita,  poiché  essa  è  tanto  meno  Popip«m>  (ìtelophagus  ovinus);  B  un  Maliofago 

'    *  (Menopon).    Nel     ventre    è    indicato     1  uovo    (o) 

bene    organizzata    per    propria  difesa.  punteggiato  (Iugr). 

Oosì  si  giunge  a  quelle  immaturissime 

larve  ciclopiforini,  che    non    possono  esistere   se  non  allo   stato  di  endoparassiti, 

cioè  in  ambienti  molto  sicuri  e  queste  larve  rimettono  tutta  intera  la  cura  della 

difesa  propria  all'ospite  che  le  alberga  nel  suo  interno. 

Perciò,  molto  spesso,  un  più  accentuato  grado  di  olometabolia,  deve  essere 
accompagnato  da  un'alta  organizzazione  nella  femmina  e  non  ne  permette  la  in- 
voluzione, sopratutto  del  sistema  sensoriale  e  locomotorio.  Ecco  perchè  l'atte- 
rismo,  molto  diffuso  tra  gli  eterometaboli,  perchè  le  loro  larve  sono  ad  un  grado 
di  evoluzione  molto  alto,  lo  è  meno  nei  Coleotteri  ed  in  altri,  le  cui  larve  sono 
melolontoidi  (a  meno  che  non  si  tratti  di  parassiti,  di  cui  si  sono  citati  i  casi 
e  le  ragioni  di  involuzione);  è  poi  molto  meno  frequente,  se  non  raro,  nei  Lepi- 
dotteri, che  hanno  larve  cruciformi  o  polipodiali,  che  dire  si  vogliano,  come  in 
tutti  i  Ditteri,  se  non  parassiti  allo  stato  adulto  e  negli  Imenotteri,  ecc.,  che  deb- 
bono con  difficoltà  rintracciare  le  vittime  ove  deporre  le  loro  uova  al  sicuro  e 
provvedere  altrimenti  all'allevamento  della  prole. 

Tutti  questi  esempi,  con  altri  assai,  che  potrebbero  essere  recati  innanzi,  di- 


L'ADULTO    E    GLI    ATTI    l'KK    LA    CONSERVAZIONE    DKLLA    SPECIE  381 


mostrano  che  le  ragioni  di  più  scarsa  evoluzione  di  un  sesso  (ordinariamente 
della  femmina)  in  confronto  del  maschio,  non  possono  essere  spiegate  se  non  da 
leggi  generali  in  grado  vario  applicate,  caso  per  caso.  Esse  però  rappresentano  una 
condizione  di  cose  strettamente  necessaria  per  la  esistenza  di  ogni  singola  specie, 
vincolata  da  particolari  modi  di  vita  e  non  possono  essere  richiamate  a  movi- 
menti psichici,  come  sono  quelli  del  capriccio  femmineo,  od  a  catabolismi  di 
ancor  più  ardua  comprensibilità,  ecc. 

Vediamo  più  davvicino  quali  sono  veramente  gli  uffici  dell'uu  sesso  e  del- 
l'altro nell'opera  riproduttiva,  e  come  è  risposto  a  questi  obblighi,  in  relazione 
alle  altre  contingenze  e  necessità  dipendenti  dai  doveri  dell'individuo  verso  sé 
e  verso  la  specie. 

Uffici  e  variabilità  della  femmina.  —  In  natura  la  femmina  è  il  sesso  più  pre- 
zioso, il  più  accuratamente  protetto,  perchè  il  solo  strettamente  necessario.  I  suoi 
uffici  sono  i  seguenti  : 

1.°  concorrere  all'accoppiamento; 

2.°  figliare  e  provvedere  alla  sicurezza  e  buon  esito  della  prole; 

3.°  diffondere   la  specie. 

Il  solo  secondo  ufficio  spetta  esclusivamente  alla  femmina  e,  per  quanto  ri- 
guarda l'allevamento  della  prole,  negli  Insetti  non  vi  ha  mai  il  concorso  del 
maschio,  come  accade,  invece,  in  altri  animali.  Quando  però  necessità  più  im- 
periose, dipendenti  da  difficoltà  ambienti,  alle  quali  sopra  si  è  accennato,  obbli- 
gano l'organizzazione  della  femmina  ad  incamminarsi  sulla  via  della  involuzione, 
allora  essa  tende  a  scaricarsi  del  primo  suo  ufficio,  quello  cioè  di  concorrere  at- 
tivamente all'atto  della  copula,  lasciando  quanto  più  è  possibile  al  maschio  tutto 
il  lavoro  per  ciò,  ed  a  liberarsi  ancora  del  suo  terzo  ufficio,  chiamando  anche 
altre  forme,  cioè  le  giovanili  del  suo  sesso  od  altri  agenti  diversi,  in  aiuto  a 
tale  importante  ufficio. 

Vediamo  ordinatamente  tutto  ciò. 

L'insieme  di  atti  la  cui  finalità  è  la  copula,  fra  i  due  sessi,  cioè  il  contatto 
dei  due  diversi  elementi  sessuali  ha  modalità  parallele  pel  maschio  e  per  la 
femmina,  ed  essi  atti  sono  i  seguenti  : 

Ricerca  per  via  sensoriale,  cioè  percezione  a  distanza  d'uno  rispetto  al- 
l'altro degli  individui  di  sesso  diverso:  ricerca,  per  via  locomotoria,  fino  al  con- 
tatto del  maschio  colla  femmina:  atti  di  seduzione  (maschio)  e  di  provocazione 
(femmina),  per  eccitamento  alla  copnla  ed  infine  il  coito. 

Anche  nell'insieme  di  questi  atti  si  vede  che  il  gamosoma  non  è  veramente 
che  il  riflesso  dell'elemento  sessuale  che  lo  informa,  giacché,  come  lo  sperma- 
tozoo è  esso  che  si  addossa  tutta  la  parte  attiva  di  raggiungere  l'ovulo  per 
entro  le  vie  sessuali  femminee,  mentre  l'ovulo  stesso  attende  e  si  limita  ad  ac- 
cogliere in  sé  l'elemento  fecondatore,  così  il  maschio,  sopratutto,  si  addossa  la 
parte  attiva  nella  ricerca  della  femmina,  nella  sua  conquista  e  nell'accoppia- 
mento. 

La  femmina  si  limita  ad  atti  di  richiamo,  di  provocazione  e  nel  resto  ri- 
mane passiva. 

Perciò,  avendo  il  maschio  la  maggior  parte  nella  funzione  di  ricerca  per  via 
sensoriale  e  locomotoria,  è,  di  regola,  meglio  evoluto  della  femmina,  per  quanto 
riguarda  il  complesso  sensoriale  e  locomotorio  allo  scopo  e  tanto  più  quanto  più 
ardua  è  la  ricerca  e  minore  la  parte  che  vi  prende  la  femmina.  Ecco  perchè  a 
gradi  di  involuzione  di  quest'ultima,  dovuti  alle  esigenze  di  cui  sopra,  corri- 
spondono altrettanti  di  evoluzione  nel  maschio,  con  sempre  maggior  aumento  del 
dimorfismo  sessuale. 


382 


CAPITOLO    QUINTO 


Le  difficoltà  di  ricerca  della   femmina    sua,  da  parte    del    maschio 
grandemente   anche  in  omaggio  alla  obbligatorietà  dell'incrocio. 


variano 


Fig.  384.  —  Cocciniglia  sotterranea  (Micrococcus  eil- 
vettrii  Leon.)  per  mostrare  la  involuzione  anche 
del  maschio  (B  :  di  lato)  poco  dissimile  della  sua 
femmina  A,  Ingr.  da  Leonardi. 


Talora  (caso  estremo)  esse  sono  tolte  via  affatto,  quando  cioè  entrano  iu  gioco  agenti  esterni, 
che  hi     incaricano  essi    di    mettere  a  contatto    i    due  sessi,     i    quali  rimangono  passivi     in  tale 

opera.  In  simili  casi,  pur  avvenendo  il  più 
ampio  incrocio,  anche  l'elemento  maschile 
può  essere  del  tutto  sprovvisto  di  organi 
propri  di  locomozione. 

Questo  è  il  caso  mostrato  dalle  piante 
ohe,  aiutate  da  pronubi  di  varia  natura,  non 
hanno  d'uopo  d'altro,  ma  non  si  hanno 
esempi  corrispondenti  fra  gli  insetti,  nei 
quali    il   maschio  è  più  o  meno  semovente. 

Noi  casi  in  cui  colonie  diverse  di  insetti 
della  stessa  specie  possono  venire  a  contatto 
per  virtù  propria,  e  quindi  riesce  agevole  la 
mescolanza  degli  individui  sessuati  dall'una 
all'altra  colonia,  come  accade  pegli  ectoparas- 
siti sopracitati  di  altri  animali,  anche  il  ma- 
schio può  essere  ridotto  nei  suoi  mezzi  di 
ricerca  non  meno  della  rispettiva  femmina 
(fig.  384). 

Segue  il  caso  di  ambienti  ristretti,  ed 
abbastanza  confinati    entro    una    determinata 

zona  e  quindi  il  compito  del  maschio  è  molto  meno  arduo    a    trovare  la  femmina  sua  ed  è    cosi 

che  si  possono  avere  vari  gradi  di  riduzione  del  sistema  locomotorio  (fig.   385). 

Fauno  eccezione    le    società,    per  le    quali   l'ob- 
bligo dell'incrocio   (alla  qual  legge  i  maschi  di  una 

società  nou  possono  obbedire   col    penetrare,  perchè 

iu    sicuro    pericolo  di  morte,    entro    la  residenza  di 

altra  a  ricercare  la  femmina),    determina  la  pratica 

del    volo    nuziale,    che  avviene  simultaneamente  da 

parte  delle  singole  famiglie.  In  seno  a  queste  danze 

aeree    avviene  lo   scambio  fra  gli  individui  di  sesso 

diverso  e  di  diversa  famiglia. 

In  tali  casi  la  femmina  gode  delle  ali  e  per  questo 

solo  atto  (talora   perdendole  subito   dopo  la  copula). 

Tale  è  l'esclusivo  significato  del  curioso  fenomeno. 
Finalmente,    il    caso    più    arduo  è  quello  della 

ricerca    di  femmine    isolate  in  ambienti  discosti  ed, 

iu    tale    condizione,  la  femmina    può  essere  quanto 

mai  ridotta  nel    sistema    sensoriale    e    locomotorio, 

sempre  in  obbedienza  alle  necessità  per    la    couser- 

vazioue    della   specie    sopra  ricordate, ma  il  maschio 

è  più  che  mai  bene  provvisto  degli  organi  del  senso 

e  dei  locomotori  opportuni  a  tale  funzione. 


Fig.    385 


Insetto  presente  con  ambedue  i 
sessi  iu  ambienti  confinati.  E  la  nostra 
comune  Blatta  delle  case  (Periplaneta 
orienialis),  per  mostrare  la  riduzione  delle 
ali  anche  nel  maschio  (A)  sebbene  meno  che 
nella  femmina  (B).  Grand,  natur. 


Ecco  di  quale  maniera  la  femmina  tende 
a  lasciare  al  maschio  la  maggior  parte  nel 
detto  ufficio  e  come  riesce  allo  scopo. 

Quanto  al  secondo  ufficio  la  femmina,  come  si  è  detto,  è  la  sola  che  si  ri- 
serva la  scelta  dell'opportuno  collocamento  delle  uova.  Fra  gli  insetti  non  si 
contano  maschi  ostetrici,  cioè  che  si  incarichino  di  recare  su  di  sé  e  proteggere 
la  figliolanza. 


l'adulto  e  oli  atti  per  da  conservazione  della  specie  383 


L'importante  ufficio  richiede,  in  molti  casi,  la  eccellenza  del  sistema  senso- 
riale e  del  locomotorio,  per  la  ricerca  e  ritrovamento  dell'ambiente  il  meglio 
adatto  ad  accogliere  la  prole  ed  offrire  ad  essa  le  ottime  condizioni  di  esi- 
stenza. 

Si  comprende  che  il  grado  di  evoluzione  della  femmina,  per  questo  riguardo, 
è  in  ragione  diretta  delle  difficoltà  che  essa  incontra  per  tale  ricerca  ed  anche 
per  l'atto  stesso  della  conquista  dell'ambiente  opportuno. 

Forme  sedentarie,  che  nulla  più  hanno  da  fare  a  tale  scopo  se  non  figliare 
in  sito  ove  esse  stesse  sono  giunte  a  maturanza,  possono  essere  estremamente 
ridotte  nei  mezzi  di  ricerca,  quando  ciò  sia  imposto  da  altre  esigenze  della 
specie. 

Ma  le  forme  costrette  ad  inseguire  ambienti  diversi  da  quello  da  cui  sono 
schiuse  godono  iu  grado  vario  dell'insieme  d'organi  di  ricerca,  secondo  una  mi- 
sura di  evoluzione  perfezionata  alle  difficoltà  dell'atto.  Su  ciò  dovremo  ritornare, 
con  esempi,  allorché  si  dirà  di  questa  precipua  funzione  in  fine  del  capitolo 
presente. 

Per  ora  sia  sufficiente  l'accennare  alle  diverse  condizioni  atte  ad  indurre 
differenti  gradi  di  evoluzione  nella  organizzazione  della  femmina. 

Il  maschio,  ripeto,  non  si  risente  affatto  di  tutto  ciò;  la  sua  funzione  cor- 
rispondente è  quella  già  accennata  della  ricerca  della  femmina,  l'ambiente  op- 
portuno, cioè,  a  deporvi  i  suoi  particolari  prodotti  sessuali. 

Anche  a  proposito  della  diffusione  della  specie,  ufficio  di  tanto  rilievo  e  spet- 
tante al  sesso  femmineo,  si  dirà  ampiamente  più  avanti.  Per  ora  conviene  solo 
accennare  alle  maniere,  colle  quali  la  femmina  adulta  può  cansare  gli  incomodi 
ed  i  pericoli  di  tale  funzione,  lasciandone  ad  altre  forme  o  ad  altri  agenti  il 
carico  e  così  obbedire,  invece,  a  quelle  necessità,  non  meno  imperiose,  che  la 
costringono  alla  involuzione  degli  organi,  che  sarebbero  necessari  al  detto  ufficio, 
senza   che    questo  venga  altrimenti  compromesso. 

Gli  ectoparassiti  d'altri  animali,  come  si  è  detto,  sono  diffusi  passivamente 
dall'ospite  stesso  e  quelli  che  albergano  di  continuo  od  in  un  dato  momento 
della  loro  esistenza  in  ambienti  mobili  sono  trasportati  altrove  assieme  all'am- 
biente stesso,  da  agenti  casuali    e  ciechi. 

In  tali  condizioni  la  percentuale  di  individui,  che  vanno  perduti,  può  essere 
così  forte  da  influire  seriamente  sul  grado  di  prolificità  e  quindi  sulla  organiz- 
zazione della  femmina,  conforme  si  è  accennato.  Di  qui  condizioni  di  cose  di- 
verse e  da  considerarsi  caso  per  caso. 

In  generale  però  può  esser  detto  che,  oltre  agli  ausiliari  anzidetti,  la  fem- 
mina adulta  tende  ad  alleggerire  sé  stessa  dal  gravame  di  tale  importante  ufficio, 
chiamando  a  collaborarvi  le  forme  giovanili  del  suo  sesso,  quelle  forme,  cioè, 
che  nella  economia  della  natura  hanno  molto  minor  valore  e  possono  essere  ben 
più  prodigate  che  non  l'adulto,  il  custode,  cioè,  della  futura  figliolanza. 

Ne  viene  che  il  grado  di  evoluzione  della  femmina,  nel  suo  sistema  senso- 
riale e  locomotorio,  è,  in  questo  miraggio,  inversamente  proporzionale  alla  effi- 
cacia dell'aiuto,  che  può  ricevere  dalle  sue  forme  giovanili  nell'opera  di  diffusione 
della  specie. 

Più  specialmente  trattando  degli  Insetti,  può  esser  detto  che  se  le  larve 
sono  così  immature  e  quindi  così  mal  protette  da  non  potere,  senza  grave  peri- 
colo, esporsi  alle  vicende  di  estese  peregrinazioni  attive  ;  oppure  se  esse  larve 
si  trovano  confinate  in  ambienti  circoscritti,  da  cui  non  possono  uscire  se  non 
allo  stato  adulto,  assai  scarso  è  il  contributo  loro  nella  diffusione  della  specie  e 
deve  quindi  totalmente  soccorrere  la  femmina  adulta  coi  mezzi  propri,  ciò  che 
importa  la  conservazione  di  questi  stessi  mezzi  nella  loro  massima  efficienza. 


384  CAPITOLO    QUINTO 


Adunque,  giacché  gli  eterometaboli  sono  le  forme  a  larve  le  più  evolute,  come  si  è  altrove 
indicato,  quando  non  sieno  in  atto  necessità  gravi,  come  quelle  di  grandi  ed  estesissime  migra- 
zioni per  distanze  enormi  od  altre  da  esaminarsi  volta  a  volta  e  che  qui  non  possono  essere, 
perciò,  riassunte  con  vedute  generali,  per  questo  gruppo  sarà  più  agevole  la  riduzione  di  or- 
gani locomotori,  ad  es.  delle  ali,  che  ne  rappresentano  il  summum  ed  è  un  fatto  che  l'atterismo 
è  più  diffuso  tra  gli  eterometaboli  anziché  tra  le  specie  a  metamorfosi  completa. 

Fra  queste  poi,  quelle  a  larve  melolontoidi,  le  più  alte  cioè  fra  le  olometabole  e  le  meglio 
protette,  di  istinti  però  vagabondi  (ad  es.  Carabidi  fra  i  Coleotteri  ;  Coccidei  fra  gli  Omot- 
teri,  ecc.),  possono  permettere  alla  rispettiva  femmina  una  involuzione,  che  può  giungere  ad  un 
grado  sensibilissimo,  fino  allo  stato  neotenico  di  larva,  mantenuto  anche  per  la  femmina  (Coc- 
cidei). 

Ma  per  le  larve  pur  di  questo  gruppo,  seuonohè  di  abitudini  sedentarie  od  in  ambiente 
oonfinato  (sottosuolo,  stagni,  sostanze  in  decomposizione,  agguati  fissi,  interno  dei  legnami  ed 
altre  parti  di  piante,  nidi  in  comune,  ecc.)  e  che,  non  potendo,  quindi,  fuoriuscire  delle  loro 
sedi  senza  disagio  o  pericolo,  non  possono  concorrere  alla  diffusione  della  specie,  le  femmine  ri- 
spettive godono  delle  ali  (ad  es.  Zabrtia  fra  i  Carabidi;  Cicin'delidi,  Ditiscidi,  Idrofilidi,  Cerani- 
bicidi,  Bostrichidi  e  così  pure  gli  Imenotteri  ed  i  Ditteri,  ecc.). 

Scendendo  a  forme  con  larve  più  immature,  quali  sono  le  eruciformi  e  loro  derivate  apode, 
si  vede  che,  in  grazia  del  minore  assegnamento  che  si  può  fare  sul  loro  valore  quali  agenti 
diffusori,  sia  pel  minor  grado  di  locomobilità  che  di  protezione,  le  femmine  adulte  sono  alate 
ed  in  tutto  bene  evolute  e  più  adatte  al  volo  anche  lungo. 

I  Ropaloceri  ad  es.,  che,  non  vivendo  a  spese  di  piante  forestali,  non  incontrano  se  non 
esemplari  sparsi  delle  piante  ospiti  hanno  femmine  alate  e  ben  volanti,  mentre  molti  Eteroceri, 
specialmente  tra  i  forestali,  tendono  all'inerzia  o  sono  più  o  meno  regrediti  nel  sistema  alare, 
oltreché  nel  sensorio. 

Quanto  alle  specie  con  larve  ciclopiformi,  cioè  le  immaturissime  fra  tutte,  conviene  osser- 
vare che,  in  generale,  le  femmiue  sono  eccellenti  volatrici,  ma  le  larve  concorrono  beue  alla  dif- 
fusione della  specie,  perchè  passivamente  recate  in  giro  dalle  stesse  ospite  in  cui  vivono. 

Adunque,  anche  in  presenza  di  questo  più  grave  compito  della  femmina, 
essa  trova  modo  di  esimersene,  in  parte  almeno  ed  in  misura  varia,  per  poter 
così  rispondere  alle  altre  necessità  imposte  dalla  specie  per  la  propria  conserva- 
zione. 

Uffici  e  variabilità  del  maschio.  —  Tutt'altra  cosa  è  pel  maschio.  Il  suo  valore 
nella  economia  della  natura  è  secondario,  sia  perchè,  pel  minor  volume  dei  suoi 
elementi  sessuali,  esso  può  albergarne  assai  più  e  quindi  fecondare  molte  fem- 
mine, sia  perchè  non  sempre  è  strettamente  necessario,  come  è  dimostrato  dai 
casi  di   Partenogenesi. 

Perciò  esso,  quando  non  è  molto  più  raro  della  femmina,  è  il  sesso  più  prodi- 
gato ;  sono  cioè  lasciati  al  maschio  uffici  più  pericolosi,  sia  a  cercare  la  femmina,  sia 
a  lottare  per  conquistarla  o  per  difenderla  od  a  tutelare  la  famiglia  tutta.  Esso 
è  organizzato  appunto  in  vista  di  questi  suoi  speciali  uffici  e  cioè  più  riccamente 
per  la  ricerca  dell'altro  sesso;  più  fastosamente  per  conquistarlo,  più  solidamente 
per  lottare.  È  inutile  proporre  una  speciale  maniera  di  selezione  per  tutto  ciò 
quando  basta  quella  naturale,  che  modella  ogni  organismo,  in  armonia  alle  fun- 
zioni a  cui  è  destinato. 

L'ambiente  non  ha  sul  sesso  maschile  che  una  influenza  indiretta,  cioè  tra- 
verso la  femmina  sua;  ne  risente  cioè  gli  efletti  di  seconda  mano,  quindi  atte- 
nuati e  vi  risponde  a  suo  modo,  cioè  con  riguardo  alle  funzioni  proprie  del  suo 
sesso. 

Infatti  si  comprende  che,  ad  es.,  quelle  cause,  le  quali  determinano,  nella 
femmina,  una  riduzione  delle  facoltà  di  ricerca  dell'altro  sesso  a  scopo  di  accop- 
piamento (sensorio,  locomobilità),  ottengono  lo  scopo  inverso  pel  maschio,  poiché 
esso  deve  sopperire  alle  deficienze  dell'altro  sesso. 


L'ADULTO    E    GLI    ATTI    PEI!    LA    C'ONSEKVAZIONE    DELLA  SPECIE 


385 


Inoltre  il  maschio  non  riceve  che  ben  poca  o  nessuna  influenza  da  variazioni 
della  prolificità  derivate  da  cause  ambienti,  le  quali  si  sono  mostrate  avere  cosi 
grande  contraccolpo  nella  organizzazione  della  femmina. 

Perciò  il  sesso  maschile,  chiamato  ad  obbedire  ad  un  solo  ufficio,  quale  è 
quello  della  ricerca  e  conquista  della  femmina,  non  è  foggiato  che  per  ciò,  si 
evolve  tanto  più  quanto  più  arduo  diviene  il  suo  compito  e,  libero  d'ogni  altra 
influenza,  può  rappresentare,  il  più  spesso  e  meglio  dell'altro  sesso,  il  limite 
massimo  di  evoluzione  o  di  ornamentazione  al  quale  è  destinata  la  specie. 

Nei  casi  in  cui  esso  maschio  può  trovare  ausiliari  a  facilitargli  il  suo  com- 
pito, anche  in  rapporto  alla  obbligatorietà  dell'incrocio  (colonie  in  ambienti  ri- 
stretti o  semoventi  e  che  vengono  da  se  a  contatto  fra  loro,  come  accade  per 
gli  ectofagi,  più  volte  ricordati,  degli  altri  animali),  o  tale  obbligo  è  tolto  via 
per  impossibilità  materiale  di  obbedirvi  (fìg.  384),  anche  il  maschio  segue  una 
via  di  involuzione  neotenica,  come  è  dimostrato  dai  casi  di  atterismo  di  am- 
bedue i  sessi,  ecc. 


Mi  conviene  citare  qualche  classico  esempio  di  tutto  ciò. 

I  Coccidei,  gruppo   mirabile  perchè  molto  istruttivo  sotto   vari  punti  di    vista,    hanno    fem- 
mine arrestatesi  alla  condizione  di    larva  od    anche 
regredite  per  adattamento,  mentre  i  maschi  sono  ec- 
cellentemente    forniti    di  organi  del  senso,   ali,   ecc. 
Quelle  e  questi  sorgono  adulti  insieme. 

Non  si  può  comprendere,  dunque,  la  necessità 
di  siffatta  organizzazione  nel  maschio  se  non  si  am- 
metto la  imperiosità,  irresistibile,  della  legge  del- 
l'incrocio. I  maschi,  tutti  coetanei,  si  levano  in- 
sieme a  volo  per  sciami  e,  coll'aiuto  del  vento, 
emigrano  verso  altre  colonie.  Taluni  Coccidei  sot- 
terranei però,  hanno  maschi  atteri  essi  pure  sotter- 
ranei; in  tale  caso  lo  speciale  ambiente  obbliga 
alla  disobbedienza   alla   grande  legge. 

Negli  Stilopidi  il  dimorfismo  sessuale  è  anche 
più  accentuato  (iig.  373)  in  causa  di  un  più  avan- 
zato grado  di  involuzione  nella  femmina,  t  maschi 
sono  evolutissimi  ed  eccellenti  volatori.  Essi  sfar- 
fallano accanto  alle  rispettive  femmine,  ma  appena 
schiusi,  sono  ossessionati  da  un  irrefrenabile  sti- 
molo di  fuggirsene  lungi,  per  cui  a  me  non  ò  mai 
riescito  di  obbligarli  ad  accoppiarsi  colle  femmine 
sorelle. 

Gli    Afanitteri,  i    Mallofagi,  i  Pediculini,    ecc., 
hanno  maschi   involuti  quanto  le  femmine  rispettive, 
poiché  gli  ospiti    loro,  venendo  a  contatto,   permet- 
tono il  trapasso  diretto  dei    maschi  dall'una  all'altra  colonia  per  l'incrocio.  Ciò  dimostra  anche 
la  corrispondenza  degli  effetti  perle  due  funzioni  di  ricerca  della  femmina  da  parte  del  maschio, 
e  di  diffusione    della    specie  da  parte    della    femmina,    da  poiché  in  ambedue  i  casi  è  necessaria 
una  particolare  organizzazione  in  rapporto    diretto  colle  difficoltò  dell'impresa  (fìg.   386). 

Fiualmente,  nel  caso  assai  raro,  in  cui  il  maschio  non  è  costretto  ad  estese  peregrinazioni 
per  evitare  le  nozze  consanguinee,  in  ristretto  ambiente,  mentre  la  femmina  deve  abbandonare 
questo  per  migrare  a  distanza,  in  obbedienza  alle  necessità  della  diffusione  della  specie,  que- 
st'ultima è  alata,  mentre  il  maschio  è  attero.  Ciò  bì  vede  nelle  Blastofaghe,  che  abbandonai... 
il  siconio,  da  cui  sono  sorte  solo  dopo  essere  state  fecondate  ed  emigrano  talora  a  grandi  distanze 
per  trovare  ove  deporre  le  uova,  mentre  il  maschio  perisce  nell'ambiente  ove  è  nato,  compiuta 
ormai  colà  la  sua  funzione  precipua  (fìg.  390). 


Fig.  386.  —  Sarcopgylla  gallinacea.  I  ilue  sessi 
molto  ingranditi.  A,  maschio;  B,  femmina. 
(a)  antenna.  Dagli  autori  N.   Americani. 


A.  Bbrlbgb,  Gli  Insetti,  11- 


386  CAPITOLO   QUINTO 


11  tipo  della  specie.  —  Esposte  così  le  cause  intrinseche  ed  estrinseche 
di  divergenza  dei  caratteri  morfologici  in  un  sesso  in  confronto  dell'altro,  e  con- 
statato che,  in  molti  casi,  gli  effetti  sono  palesi,  talora  vistosissimi,  si  domanda 
quale  delle  due  forme,  se  cioè  la  più  evoluta  o  la  meno,  rappresenti  il  tipo  della 
specie,  quel  tipo,  cioè,  che  il  sistematico  prende  a  base  per  giudicare  della  esatta 
posizione  della  specie  stessa  nel  sistema. 

La  ricerca  non  è  inutile  ;  essa  non  lo  è  più  che  la  sistematica  stessa,  la 
quale,  come  ausiliaria  della  filogenia,  concorre  alla  conoscenza  della  storia  della 
organicità  sul  globo. 

Nei  casi  di  dimorfismo,  la  forma  meno  differenziata,  sia  che  debba  questo 
suo  stato  a  mancata  evoluzione  o  ad  un  regresso  involutivo,  dopo  raggiunto  un 
limite  più  alto,  non  può  rappresentare  certo  questo  limite,  uè  altrimenti  indi- 
carlo, se  non  per  ipotesi. 

Evidentemente  è  la  forma  più  differenziata  quella  che  indica  il  grado  di 
evoluzione  massimo,  raggiunto  da  una  data  specie  all'atto  del  nostro  esame  e 
tale  forma  deve  essere  presa  a  tipo  della  specie.  Per  l'altra,  arretrata  comunque, 
dovremo  considerare  quali  organi  si  trovano  in  istato  di  deficienza  rispetto  al 
tipo  della  specie  e  le  ragioni  di  ciò. 

Queste  si  sono  esposte  nelle  linee  loro  generali.  Vediamo  ora  quali  sono  gli 
organi  suscettibili  di  involuzione,  in  quale  misura  ed  in  quale  ordine  subiscono 
tale  regresso,  sopratutto  in  rapporto  alle  funzioni  sessuali,  cioè  per  la  conserva- 
zione della  specie. 

Graduatoria  nella  importanza  degli  organi  e  delle  funzioni  sessuali.  —  Rispetto  alla 
importanza  nell'opera  riproduttiva  le  funzioni  e  gli  organi,  procedendo  dal  meno 
al  più,  si  dispongono  nell'ordine  seguente: 

Funzioni  secondarie.  —  1°  Ricerca  da  parte  dell'adulto  di  opportuno  ec- 
cipiente dei  suoi  prodotti  sessuali: 

a)  per  via  sensoriale  ; 

b)  per  via  locomotoria. 

2.°  Reciproca  azione  dei  due  sessi  l'uno  verso  l'altro;  per  convenire  all'atto 
dell'accoppiamento  e  facilitarlo. 

Funzioni  primarie.   —   3.°  L'accoppiamento. 

4.°  Il  parto. 
Gli  organi  relativi  a  tali  funzioni  od  implicati  nell'opera  riproduttiva  sono  : 
Organi  secondari.  —  1.°  Complesso  ornamentale  (in  parte). 

2.°  Organi  di  seduzione,  provocazione,  ecc. 

3.°  Organi  utili  nella  precopula  (complesso  di  atti   che  decorrono  dal  con- 
tatto fra  i  due  sessi  fino  all'accoppiamento  vero). 

4.°  Organi  utili  per  la  segnalazione,  il  ritrovamento  e  l'incontro  fra  i  due 

sessi. 

Organi  primari.  —  5.°  Quelli    necessari  (strettamente)  alla   fecondazione    ed 

alla  riproduzione. 

Graduatoria  degli  organi  per  la  loro  età.  —  Alle  conclusioni,  che  si  trarranno  in 
seguito,  giova  considerare  anche  questa  graduatoria,  per  la  quale  ci  richiamiamo 
al  già  esposto  nel  voi.  I,  nel  capitolo  dell'Embriologia. 

Per  quanto  riguarda  gli  Insetti,  la  differenziazione  delle  regioni  del  corpo  e 
degli  organi  somatici,  si  fa,  a  spese  della  stria  germinativa,  nell'ordine  seguente: 
Capo;  antenne  ed  organi  boccali;  torace  e  zampe;  addome  nei  suoi  somiti,  gona- 
pofisi  ed  ocelli;  occhi  composti;  ali;  processi  ed  appendici  diverse  di  ornamenta- 
zione.   Segue  la  colorazione. 

Percorso  del  regresso  involutivo.  —  Occupiamoci  solo  della  involuzione,  che  tocca 


L'ADULTO    K    GLI    ATTI    PER    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE  387 

gli  organi  e  le  funzioni  di  riproduzione,  cioè  con  rapporto  alla  sola  conserva- 
zione della  specie,  lasciando  quanto  si  richiama  a  quella  dell'individuo,  poiché  la 
involuzione  degli  organi  e  delle  funzioni  di  nutrizione  (in  senso  largo)  e  di 
escrezione,  ha,  negli  Insetti,  assai  minor  rilievo  che  non  per  altri  gruppi.  Difatti 
anche  il  parassitismo  è  raramente  così  accentuato  fra  gli  Insetti  da  indurre 
serie  alterazioni  nei  detti  sistemi.  D'altronde  queste  riduzioni  sono  di  adattamento. 

Invece,  il  complesso  degli  organi  di  relazione,  per  quanto  si  riferisce  all'o- 
pera riproduttiva  e  gli  organi  e  funzioni  secondarie  a  tale  scopo,  possono  andare, 
parallelamente  a  questi  ultimi,  soggetti  a  notevole  grado  di  involuzione  che,  in 
tal  caso,  rappresenta  una  vera  condizione  neotenica  ed  è  di  ciò  che  ci  occupiamo  qui. 

In  questo  senso  l'andamento  della  riduzione  involutiva,  in  quella  serie  di 
organi  che  la  subisce,  si  fa  sempre  secondo  una  certa  norma  negli  organi 
presi  di  mira. 

Giova,  infatti,  notare  che  l'importanza  degli  organi  stessi  nelle  funzioni  ses- 
suali è  in  relazione  diretta  alla  età  loro,  mentre  il  grado  di  variabilità  è  nel 
rapporto  inverso.  Cioè  gli  organi  più  vecchi  sono  i  più  importanti  ed  i  meno 
soggetti  a  variazione  e  così,  grado  grado,  i  più  recenti  hanno  importanza  di  più 
in  più  secondaria  nella  funziono  cardinale  ed  aumentano  nel  grado  di  variabilità. 
In  altri  termini  il  processo  involutivo  (per  neotenia),  decorrendo  con  cammino 
del  tutto  inverso  a  quello  evolutivo,  si  inizia  a  spese  degli  organi  più  recenti 
nell'ontogenesi  e  meno  influenti  nella  funzione  principale  e  scende  via  via  fino 
ad  un  limite  molto  spiccato. 

Per  altri  organismi  la  involuzione  può  giungere  fino  ad  un  alto  grado  di 
riduzione  del  soma.  Per  gli  Insetti  però  essa  non  scende  se  non  ad  uno  stadio,  che 
può  richiamarsi  a  quello  Protopodo  dell'embrione  ovvero  sia  alla  larva  Ciclopi- 
forme  (Apterigoti)  o  poco  più  giù  (femmine  di  Stilopidi). 

L'andamento  involutivo  è  dunque  il  seguente:  dapprima  [1]  riduzione  della 
ornamentazione  cromatica:  quindi  [2]  di  quella  delle  appendici  ornamentali;  [3] 
in  seguito  delle  ali  (prima  dei  secondo  paio  e  poi  del  primo);  ancor  più  oltre  [4J 
degli  occhi  composti;  poscia  [5j  degli  ocelli;  delle  gonapofisi  [Gj  ;  della  differen- 
ziazione dell'addome  del  torace  [7];  di  poi  delle  zampe  [S]  ;  della  distinzione 
del  torace  stesso  dal  capo  [9]  e  quindi  degli  organi  boccali  [10]  e  delle  an- 
tenne (1).  Intendasi  sempre  della  riduzione  per  involuzione  neotenica. 

Eccone  esempi  secondo  la  numerazione  data:  fi)  dicromismi  sessuali  ;  [2]  dimorfismi  sessuali 
per  complicanza  di  appendici  (non  arti)  cefaliche  e  toraciche  in  moltissimi  Insetti.  Fino  a  qui 
ambedue  i  sessi  rimangono  nello  stato  di  adulto  tipico,  alato,  ecc.  (redi  pag.  272  del  presente 
volume,  fig.  27i,  n.  7),  cioè  eumorfico.  [3J  Forme  brachittere  ed  attere;  [4]  Afanitteri,  Pediculini 
e  Mallofagi;  forme  attere  di  parecchi  Omotteri  bassi.  In  questi  due  casi  le  forme  neoteniche  si 
richiamano  a  tutto  il  periodo  ninfale,  dalla  Eoninfa o  poco  più  giù  fino  alla  Ninfa  (vedi  figura 
citata,  n.  i,  5,  6).  [5]  Femmine  di  Diaspiti;  |0J  femmine  larveformi  ;  [7]  femmine  di  altri  Coc- 
cidei;  [S]  idem.  Fin  qui  le  forme  neoteniche  si  aggirano  intorno  alla  larva  melolontoide  (detta 
figura  n.  3).  19-10]  Femmine  di  Stilopidi.  È  raggiunto  ed  oltrepassato,  in  senso  involutivo,  In 
stadio  di  larva   Ciclopiforme  (vedi  figura  n.   1,  2). 


(1)  Bisogna  notare  che,  quanto  alla  involuzione  dell'insieme  ornamentale,  esso  deve  prece- 
dere, in  ciascuna  regione  del  corpo  quello  della  regione  stessa,  che  reca  le  accidentalità  orna- 
mentali. Non  si  può  trovare  esempio  d'un  capo  o  di  un  torace  mal  differenziati  e  pur  forniti 
di  caratteri  ornamentali,  ma  può  ben  trovarsi  un  capo  ornato  su  un  torace  mal  differenziato  e 
ridotto  nei  suoi  organi   anche  principali. 


::sx  CAPITOLO    QUINTO 


La  ragione  del  dimorfismo  sessuale  (intendasi  insieme  anche  del  dicroismo  e  di- 
megetismo).  —  A  conclusione  delle  cose  sovraesposte  può  essere  affermato  quanto 
segue: 

La  specie  segue  normalmente  una  via  evolutiva,  probabilmente  con  effetto 
di  conquistare  alla  vita  od  a  sé  nuovi  ambienti  e  nuove  condizioni  di  esistenza. 

Gli  organi  assunti  dalla  specie  nel  progresso  della  sua  evoluzione  (secondo 
un  decorso  riconoscibile  nell'ontogenesi),  (piando  si  determini,  per  necessità  nuove, 
la  corrente  inversa,  scendono  per  gradi  involutivi,  tipicamente  corrispondenti 
(salvo  la  direzione).  Però,  nel  regresso  involutivo,  scema  di  mano  in  mano  l'am- 
piezza della  variabilità  degli  organi  stessi,  via  via  che  dai  più  recentemente 
differenziati  si  ritorna  a  quelli  di  data  più  antica.  Coll'anzianità,  infatti,  i  ca- 
ratteri acquistano  di  importanza  e  di  stabilità. 

Perciò  le  più  ampie,  facili  e  frequenti  variazioni,  anche  fra  sessi,  avvengono 
nel  complesso  ornamentale  e  via  via  scema  l'estensione  e  la  frequenza  loro, 
quanto  più  si  discende  verso  l'organizzazione  fondamentale  e  dalle  funzioni  ses- 
suali di  importanza  secondarissima  si  procede  a  quelle  secondarie,  mentre  le  pri- 
marie non  soffrono  variazioni,  se  non  nei  casi  di  estrema  involuzione. 

Le  necessità  della  esistenza  delle  specie,  che  hanno  cotali  effetti,  si  fanno 
assai  diversamente  sentire  sui  due  sessi  ed  è  perciò  che  le  conseguenze  nella 
organizzazione  loro  possono  riescire  tanto  differenti. 

Tutti,  adunque,  i  fatti  di  dimorfismo  sessuale,  quando  non  esplicabili  con  ne- 
cessità funzionali  (nel  qual  caso  dipendono  da  necessità  di  adattamento)  si  ri- 
chiamano all'azione  della  neotenia. 

In  base  ai  concetti  generali  sovraesposti,  se  ne  troveranno  le  ragioni  spe- 
ciali, volta  a  volta,  in  ciascun  caso,  purché  si  ricerchi  non  la  ragione  della 
maggiore  evoluzione  od  ornamentazione  del  sesso  differenziato,  poiché  essa  si 
richiama  alle  leggi  che  regolano  la  evoluzione  della  specie,  giacché  la  forma  più 
differenziata  ne  é  il  tipo  ;  ma  si  indaghi,  in  base  alle  vedute  esposte,  la  causa 
della  mancata  evoluzione,  in  confronto  del  tipo,  della  forma  rimasta  arretrata. 


Caratteri  sessuali  secondari. 

Si  sono  già  enumerati,  in  precedenza,  i  caratteri  per  cui,  nei  casi  di  dimor- 
fismo sessuale  possono  fra  loro  differire  i  due  sessi. 

Conviene  ora  esaminare  più  davvicino  tali  divergenze,  dappoiché  si  è  cercato, 
nelle  pagine  precedenti,  di  darne  ragione. 


Statura. 

Dimegetismo  sessuale.  —  Si  riscontrano  negli  insetti,  oltre  a  molti,  anzi  più 
comuni  casi  di  Omomegetismo  (statura  eguale  nei  due  sessi)  anche  altri  in  cui 
il  maschio  é  più  voluminoso  della  femmina,  ed  altri  ancora  nei  quali  quest'ul- 
tima è  di  dimensioni  superiori,  talora  di  molto,  al  maschio  rispettivo. 

Questo  ultimo  caso  e,  tra  gli  Insetti,  il  più  comune,  fra  (nulli  di  dimege- 
tismo. 

Se   ne   hanno  due  casi   distinti: 

L.°  tutto    il  corpo  della   femmina  ed  anche  i  suoi  arti  sono  veramente  più 
voluminosi  che  non  quelli  del   maschio  rispettivo  (dimegetismo  vero)  (fig.  3S7). 

2."  il  solo  addome  é,  nella  femmina  (in  determinate  occasioni),  grandissimo, 


'adulto  k  gli  atti  per  la  conservazione  dku.a  specie 


isti 


assai  più  che  non  nell'altro  sesso,  mentre  il  rimanente  corpo  e  gli  arti  non 
sono  sensibilmente  0  di  poco  maggiori  che  non  nel  maschio  (dimegetismo  occasio- 
nai,-) (figg.  3SS,  389,  390). 


Fig.  387. 


B 

Fig.  388. 


Fig.  387.  —  Ipermegetismo  femminile.  Cocciniglia  (Pseudococcus  citvi)  maschio  (B)    e    femmina   (A)  ugual- 
mente ingranditi  (circa  13  diam.),  per  mostrare  la  differenza  di  statura.  Da  Berlese. 

Fig.  388.  —  Una  Termite  (Terni»  <acfeK8t,  per  mostrare  in  A  l'adulto  (femmina  o  maschio);  B,  la  femmina 
dopo  perdute  le  ali  e  coll'addome  rigonfiato  dalle  uova.  Iugr.  due  diam.  Da  Froggatt. 

Nel  secondo  caso  l'animale  acquista  una  tale  deformazione  solo  coll'aumento 

delle  uova  in  numero 
e  volume,  entro  il 
suo  addome  e  perciò 
l'insetto  perde  della 
primitiva  mobilità  e  si 
sforma  affatto,  poiché 
gonfia  più  o  meno 
nelle  regioni  del  corpo 
a  cute  cedevole.  Ciò 
è  tollerabile  in  forme 
sedentarie,  allorché, 
così  pregne,  sono  bene 
protette.  Ne  siano  e- 
sempio  le  Termiti,  di 
cui  è  classico  l'immane 
addome  della  femmina, 
pronta  ad  ovificare;  le 
Sarcopsylla  fra  gli  A- 
fanitteri  (fig.  3  89) 
come  pure  talune  (Joc- 


Fig.  389.  —  Sarcopsi/lla  pene- 
tran*.  A,  femmina  lihera  ;  B, 
femmina  ormai  fissata  nella 
pelle  dell'ospite  e  che  incomin- 
cia ad  ingrossare  nell'addome. 
Stesso  ingr.  Da  Tascheuberg. 


Fig.  390.  —  Cri/ptes  baccatus  Mask. 

a,  femmine  ormai  ingrossate:  &,  fol- 
licoli  maschili.  Ingrandito  dne  volte. 
Da  Froggatt. 


ciniglie,  fra  le  quali  è 
da  menzionarsi   lo  stranissimo   Gryptes    baccatus    Mask.  (fig.  390),    Lecanite    della 
Nuova  Zelanda  e   Australia. 


In  questa  curiosa  forma,  mentre  ambedue  i  sessi  derivano  da  larve  di  statura  presso  a  poco 
eguale,  i  maschi  non  superano  di  molto  i  due  o  ere  millimetri;  le  femmine  si  incardinano  a  di- 
mensioni molto  maggiori.  Allorché  poi  le  loro  uova  crescono  nel  loro  addome  di  numero  e  di 
grandezza,  la  pelle  ventrale  dell'addome  si  dilata  enormemente  e  cosi  l'insetto  tutto  viene  ad 
assumere  l'aspetto  sferoidale  e  le  dimensioni  di  un  grosso  pisello  (circa  8  millimetri  di  diametro), 
il  che  vuol  diro  un  volume  parecchie  decine  di  volte  più  elle  il  maschio,  né  più  e  manifesto 
agevolmente  arto  alcuno. 


390  CAPITOLO    QUINTO 


Nel  primo  caso,  invece,  la  locomobilità  può  soffrirne  più  o  meno,  ma  non  cosi 
gravemente. 

La  ragione  del  maggior  volume  delle  femmine  è  in  rapporto  stretto  colle 
necessità  della  riproduzione.  In  tale  caso,  se  essa  non  supera  per  grado  di  evo- 
luzione l'altro  sesso,  la  sua  statura  non  devesi  considerare  per  quella  tipica  della 
specie,  che  è  invece  indicata  dal  maschio,  secondo  i  criteri  sovraesposti. 

Si  è  già.  avvertito  che  ad  improvvise  e  più  accentuate  esigenze  della  specie  per  la  sua  con- 
servazione, è  risposto,  in  natura,  anzitutto  con  un  aumento  della  prolificità,  accrescendo  il  nu- 
mero di  uova.  Queste,  sopratutto  se  mantengono  il  volume  del  tuorlo  di  nutrizione,  determinano 
l'aumento  di  dimensioni  dell'addome  e  talora,  conseguentemente,  di  tutto  il  corpo  della  femmina, 
senza  involuzione  sensibile,  quando  non  sia  consentita  dalle  esigenze  della  diffusione  della  specie, 
ricerca  di  ambiente  adatto  per  la  prole,  ecc.,  cioè  non  si  possa  anticipare  la  maturanza  sessuale, 
il  che  importerebbe  uua  involuzione  di  altri  organi,  ecc. 

Invece,  nei  casi  in  cui  è  il  maschio  che  supera  la  femmina  sua  per  la  sta- 
tura, vedasi  che  tale  fatto  è  sempre  accompagnato  da  un  grado  maggiore  anche 
di  evoluzione  degli  organi  sensoriali,  locomotori,  talora  anche  ornamentali,  ecc., 
cioè  il  maschio  rappresenta  in  tutto  l'indice  del  massimo  grado  di  evoluzione 
e  di  ornamentazione  raggiunto  dalla  specie  attualmente  (1). 

Pel  maschio,  dunque,  la  maggiore  statura  non  è  affatto  in  rapporto  con  fun- 
zioni sessuali  di  nessun  grado. 

Esempi  classici  di  dimensioni  del  maschio  di  molto  superanti  quelli  della 
femmina  si    hanno  in  Coleotteri,  ad  es.  del    gruppo  dei  Pettiuicornidi  (flg.  391). 

Se  ne  tratterà  nuovamente  a  proposito  del  Polimorfismo. 


Ornamentazione. 

Gli  Insetti  sono  le  più  belle  creature  che  esistano  al  mondo,  senza  confronto 
possibile. 

Chi  non  ha  mai  veduto  e  considerato  davvicino,  con  attenzione  e  partita- 
mente  una  raccolta  di  insetti,  specialmente  esotici,  non  può  avere  un'idea  del 
limite  a  cui  giunge  la  bellezza  nel  regno  animale,  la  incredibile  varietà  di 
forme  elegantissime,  superbe,  meravigliose  ;  la  magnificenza  delle  tinte,  delle  iri  - 
descenze,  degli  ori,  dei  riflessi  metallici,  madreperlacei,  dei  velluti,  delle  pelliccie 
e  delle  sete,  donati  con  tanta  liberalità  a  questi  piccoli  esseri. 

Bisogna  convenire  che  l'ornamentazione,  cioè  quel  complesso  di  peculiarità, 
spesso  molto  vistose,  che  non  possono  essere  attribuite  a  funzioni  di  primaria 
importanza  nella  vita  dell'individuo  e  della  specie,  è  portata,  negli  insetti,  ad 
un  tal  grado  di  varietà  e  di  evoluzione,  che  non  può  essere  spiegata  se  non 
ammettendo  una  somma  di  energia  estetica,  una  prepotente  ed  esuberante  forza 
intima,  che  spinge  l'organismo  all'estremo  limite  di  incremento  di  tutto  quel  su- 
perfluo, che  torna  a  solo  abbellimento  del  corpo. 

Si  comprende  che  tale  complesso  d'organi,  di  appendici,  di  sculture,  di 
tinte,  ecc.,  come  non  strettamente  legate  a  necessità  particolari  di  esistenza  in- 


(1)  Si  possono  trovare  (ricercando  anche  fra  altri  animali,  oltre  agli  insetti)  specie  a  sessi 
omeomegetici  ed  a  femmina  più  evoluta:  eteromegetici  a  femmina  più  grande  e  più  differen- 
ziata od  a  maschio  più  piccolo  o  più  grande,  ma  più  evoluto;  mai  specie  dimegetiche  con  fem- 
mine più  piccole  e  più  differenziate  del  maschio  loro. 


l'adulto  e  gli  atti  pki:  la  conservazione  dulla  specie 


391 


Fig.  391.  — Esempi  di  ipermegetismo  maschile.  A,  fem- 
mina; B,  maschio  di  un  Lncanide.  Metopodontus 
ìilanchardi   Pariy.  Da  Planet.  Grandezza  naturale. 


dividuale  o  specifica,  subisce  molto  facilmente,  più  di  ogni  altro  particolare  mor- 
fologico, Fintiuenza  delle  condizioni  ambienti,  donde  una  così  grande  variabilità 
dall'una  all'altra  specie,  dall'uno  all'altro  sesso  come,  non  di  rado,  anche  fra  gli 
individui  di  un  sesso  medesimo. 

Noi  ci  occuperemo,  qui,  special- 
mente delle  differenze  sessuali,  che  ri- 
guardano questi  caratteri  ornamentali, 
citando,  però,  anche,  via  via,  quei  casi 
di  dimorfismo  sessuale  dipendenti  dal 
diverso  grado  neotenico  e  che  prece- 
dono, per  data,  gli  altri  puramente 
ornamentali,  ma  contribuiscono  con 
questi  efficacemente  a  creare  il  diverso, 
talora  diversissimo,  aspetto  dei  due 
sessi. 

Ornamentazione  cromatica.  Dicromismo 
sessuale.  —  Differenze  sessuali  secon- 
darie, talora  molto  appariscenti  e  di 
cui  si  è  tenuto  sempre  un  gran  conto, 
si  rilevano,  come  in  moltissimi  altri 
animali,  anche  negli  Insetti,  relative 
alla  diversa  coloritura. 

Non  sono  però  questi  casi  molto 
frequenti,  ma  ristretti  anzi  più  che 
altro  ai  Lepidotteri,  e  si  esporrà  più 
innanzi    la    ragione  di  ciò,  secondo  il 

nostro  pensiero.  Certo  che  differenze  sessuali  così  vistose,  come  mostrano  comuni 
ad  es.  gli  Uccelli,  non  si  riscontrano  spesso  fra  gli  Insetti,  per  quanto,  in  una  gara 
della  bellezza  e  splendore  della  vesta,  la  palma  resterebbe  senza  contrasto  a 
questi  ultimi. 

Citiamo    qualche    esempio    di  di- 
cromismo sessuale. 

Fra  i  Ditteri  i  casi  di  differente  colori- 
tura fra  i  due  sessi  sono  rari.  Pure  è  da 
ricordarsi  il  Bibio  hortitlanus,  di  cui  la  fem- 
mina ha  il  torace  di  color  rosso  bruno  e  l'ad- 
dome rosso  giallastro,  mentre  il  maschio  e 
tutto  nero. 

Anche     meno    comuni  ed  accentuati  sono 
gli  esempi  fra  gli  Emitteri  Eterotteri  e  fra  gli 
Omotteri  più  alti,  come  pure    negli  Ortotteri.  Tra  questi  si    cita    l'Oecanthus   nireiis    d'America. 
il  cui  maschio  è  bianco-avorio,  mentre  la  femmina  è  di   un  colore  bianco-grigiastro. 

Da  noi  il  Grillo  campestre  maschio  (fig.  392)  ha  una  bella  fascia  gialla  sulle  elitre  alla  loro 
lase,  e  queste,  nel  rimanente,  sono  molto  scure  e  nere,  mentre  nella  femmina  sono  tutte  grigie. 
Così  pure  molte  Locuste  (ad  cs.  L.  viridissima)  hanno  le  elitre  del  maschio  alla  base  rossastre, 
anziché  tutte  verdi,  come  sono  nelle  femmine. 

Nei  Libellulidi,  fra  i  Pseudoneurotteri,  meritano  di  essere  ricordati  alcuni  belli  esempi  di 
dicromismo  sessuale. 

Il  nostro  comune  Calopteryx  virgo  (tìg.  393)  (ed  altre  specie  affini),  che  frequenta  le  erbe 
lungo  le  acque  correnti,  è  ben  diversamente  colorato  nei   due  sessi. 

Mentre  la  femmina  è  di  color  verde-metallico  e  le  sue  ali  sono  trasparenti,  con  ima  legge- 
rissima, appena  sensibile  sfumatura  giallastra  uniforme,    invece    il  maschio    è    di    un    bel    bleu 


Fig.  392.  —  Lioyryllus  campestri!,  maschio  adulto 
in  grandezza  naturale.  Da  Berlese. 


392 


CAPITOLO    QUINTO 


metallico,  molto  intenso  e  di  simile  colore,  quasi  nero,  sono  dipinte  le  ali  pressoché  totalmente.  Nel- 
V Agrioii  miniasi  tali  colorazioni  sono  inverse.  Iu  forme  affini  (Hetaerina)  dell'America  setten- 
triouale  i  soli  maschi  hanno  una  bella  macchia  rossa  alla  base  di  ciascuna  ala. 

Nel  genere  Libellula  è  comune  la  differenza  di  colorito  nei  due  sessi  ;  essa  è  dovuta,  spesso, 
ad  una  speciale  secrezione  pulveruleuta,  bianco-grigia,  che  ricopre  tutto  il  corpo  del  maschio,  poco 
dopo  sfarfallato  e  non  si  manifesta  invece  nella  femmina,  che  rimane  del  suo  colore,  piìl  comu- 
nemeute  giallo-marrone.  Ciò  si  vede  iu  L.  depressa,  L.  fulva,  L.  cancellata,  L.  brunnea,  ecc.,  fra 
le  nostrali. 

In  altre  specie,  come  nelle  comuni  L.  sanguinea,  L.  flaveoìa,  L.  vulgata,  ecc.  la  femmina  è 
di   color  giallo,  mentre  il  maschio  è  tutto  dipinto  di  un   bel  rosso-minio. 

Anche  fra  gli  Anax,  Aeschna,  ecc.  sono  frequenti  le  colorazioni  diverse  nei  due  sessi,  spe- 
cialmente nell'addome,  la  cui  tinta  fondamentale  può  variare  da  gialla  o  verde  in  un  sesso,  a 
cerulea  nell'altro. 

Fra  gli  Imenotteri  si  possono  ricordare  moltissimi  casi  di  differenze  sessuali  secondarie,  re- 
lative al  colorito,  ma  esse,  in  generale,  non  sono  molto  vistose,  così  che  spesso  si  riducono,  più 
che  altro,  a  diverso  grado  di  intensità  di  tinte  o  maculazioni  aualoghe. 


Fig.  393. 


Calopteryx  splendens  nei  due  sessi,  per  mostrare  le  differenze  di  colorazione. 
A,  maschio;  B,  femmina.  Grandezza  naturale. 


Cosi,  ad  os.,  fra  gli  Icneumonidi  si  può  dire  che,  iu  generale,  i  maschi  sono  pih  chiari  delle 
rispettive  femmine,  mentre  nei  Tentredinei  accade  il  caso  inverso. 

Nel  Sirex  juvencus  il  maschio  è  striato  di  fascie  di  color  arancione,  invece  nella  femmina  tali 

fascie  sono  rosse. 

Nella  Scolìa  fiavifrons  la  femmina  mostra  macchie  giallo-rossastre  sulla  fronte  e  sullo  scu- 
tello,  laddove  nel  maschio  il  capo  ed  il  torace  sono  completamente  neri.  Anche  nelle  Mutille 
sono  frequenti  i  casi  di  dicromismo  sessuale. 

Tra  gli  Apidei  si  rileva  talora  qualche  notevole  differenza  di  colorazione  dal  maschio  alla 
femmina. 

Così  ad  es.  il  maschio  della  Antliophora  retina  e  di  color  bruno-giallastro,  mentre  la  fem- 
mina e  nera.  Nei  Bomba*  si  possono  rilevare  diversi  esempi.  Così  nel  B.  lapidaria  la  femmina 
e  l'operaia  sono  nere,  coi  segmenti  4-tì  dell'addome  aranciati,  mentre  il  maschio  è  giallo,  coi 
segmenti  4-7  addominali  rossi. 

Anche  fra  i  Coleotteri  si   trovano  esempi  scarsi,  in  generale  poco  vistosi,  di  colorazione  diversa 

fra  i  due  sessi. 

Si  ricordano  intanto  le  specie  del  genere  l'yrodes,  nelle  quali  tale  diversità  è  comune  ed 
appariscente,  essendo  i  maschi,  iu  generale,  più  rossi,  ma  meno  brillanti  delle  femmine  rispettive. 
Però  nel  P.  pulcherrimus  il  maschio  è  verde  dorato  e  la  femmina  è  colorita  magnificamente  in 
rosso  porpora.  Nel  genere  Esmeralda  la  colorazione  è  così  differeute  nei  due  sessi,  che  questi 
erano  stati  classificati  in  goueri  distinti.  Ad  es.  in  una  specie  il  maschio  e  la  femmina  sono  di 
un  bel  verde  lucente,  ma  il  maschio  è  di  color  rosso  sul  torace.  In  generale  in  questi  Longicorni 
le  femmine  sono  colorate  più  vistosamente  che   non   i  rispettivi  maschi. 


L'ADULTO    E    GLI    ATTI    l'Eli    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE  393 

Differenze  minori  si  osservano  in  Longioorni  ilei  generi  Leptura,  Rhagium,  come  pure  in 
altri  d'altri  gruppi,  ad  es.  Meloe,  Peritriohia,  Triohim,  Tiìus,  eoe.  Neil' Hoplia  eaerulea  il  maschio 
è  bleu  e  la  femmina  rossastra;  nulla  bellissima  Golopha  porteri,  cospicua  per  dimorfismo  sessuale 
spiccatissimo,  in  grazia  di  lunghe  corna  cefaliche  e  toraciche,  nonché  per  le  zampe  anteriori 
assai  più  grandi  nel  maschio  che  nou  nella  femmina,  si  nota  anche  differenza  di  colorito  fra  i 
due  sessi,  poiché  il  maschio  è  rosso-marrone  e  la  femmina  molto  più  oscura,  quasi  nera.  Cosi 
pure  il  Dynasles  hereules,  del  quale  si  è  figurato  il  maschio  nel  voi.  I,  pag.  33.  Questo  sesso  ha 
le  elitre  di  un  colore  grigio-chiaro,  mentre  la  femmina  è  molto  oscura. 

Ma  è  nelle  Farfalle  che,  come  ho  detto,  si  rilevano  i  piti  vistosi  e  frequenti  esempi  di  di- 
cromia  sessuale. 

Non  è  possibile  scendere  a  specificare  i  singoli  casi,  si  può  però  riassumere  nel  seguente 
modo  le  variazioni  in  tale  senso. 

In  primo  luogo  si  osserva  che  le  Farfalle  diurne  sono  molto  più  riccamente  dipinte  ed  a 
colori  vivaci  che  non  le  notturne  e  tra  queste  alcune,  che  volano  di  giorno  od  al  crepuscolo, 
conio  ad  es.  delle  famiglie  Zigenidi,  talune  Slìngidi,  Uranidi,  Satnrnidi,  ecc.  sono  splendida- 
mente ornate  non  meno  delle  diurne. 

Si  nota  ancora  che  la  faccia  inferiore  delle  ali  è  variegata  ed  ornata  meglio  nelle,  farfalle 
che  volano  di  giorno,  che  non  in  quelle,  che  rimangono  nascoste  in  tale  tempo  e  non  hanno, 
come  le  prime,  l'abitudine  di  tenere  rilevate  le  ali  durante  il  riposo  ed  esporne  cosi  all'altrui 
vista  la  bella  ornamentazione. 

Quanto  al  dicromismo  sessuale  si  può  ammettere  che  i  casi  più  evidenti  e  cospicui  appar- 
tengono ai  Ropaloceri,  ma  se  ne  contano  anche  parecchi  fra  quegli  Eteroceri,  specialmente,  che 
volano  di  giorno  od  al  crepuscolo,  mentre  sono  assai  più  rari  e  sensibili  in  poche  farfalle  vera- 
mente notturne.  Si  trovano  adunque,  in  grande  maggioranza,  farfalle  con  identica  ornamenta- 
zione cromatica  nei  due  sessi  ;  altre  in  cui  il  maschio  è  più  riccamente  e  bellamente  dipinto 
che  non  le  rispettive  femmine  ed  altre  ancora,  sebbene  in  minor  misura,  nelle  quali  invece  la 
coloritura  delle  ali  è  più   bella  e  più   brillante  nella  femmina. 

Queste  diverse  coudizioni  del  problema  ed  il  fatto  che,  quali  si  siano  lo  splendore  del  maschio, 
la  sua  assiduità,  l'intensità  del  suo  corteggiamento,  le  lotte  che  sostiene  coi  concorrenti  del 
medesimo  suo  sesso,  ecc.  non  si  vede  che  la  femmina  faccia  mai  atto  alcuno,  che  accenni  ad  una 
qualsiasi  scelta,  anzi  la  fortuna  del  maschio,  che  riesce  fra  tutti  ad  ottenere  l'amplesso,  sembra 
dipendere  da  tutt'altre  condizioni,  che  non  sieno  quelle  della  bellezza  od  integrità  della  sua 
veste,  tali  fatti,  dico,  non  sono  mancati  di  lasciare  abbastanza  perplessi  i  propugnatori  della 
scelta  sessuale,  a  cominciare  dallo  stesso  Darwin,  ad  attribuire  a  tale  influenza  l'attuale  splen- 
dida ornamentazione  di  taluni  maschi  e  le  differenze  sessuali   talora  sensibilissime. 

Ornamentazione  plastica  e  Dimorfismo  sessuale.  —  La  meraviglia  di  chi  esamina 
una  collezione  di  insetti  non  è  soltanto  eccitata  dal  numero  e  dalla  bellezza 
delle  forme  insigni  per  colorazioni  meravigliose  e  talora,  come  si  è  avvertito,  di- 
verse nei  due  sessi,  ma,  ancora  dai  molti  casi  di  differenze  notevolissime  nella 
l'orina  di  un  sesso  rispetto  all'altro,  dalla  presenza  di  organi  e  di  appendici  or- 
namentali, talora  vistosissime,  che  sono  in  un  sesso  e  di  cui  l'altro  è  sprovve- 
duto o  meno  bene  fornito,  insomma  da  un  complesso  di  differenze  sessuali  ri- 
guardanti la  forma,  che  comprendono  appunto  i  fatti  di  dimorfismo  sessuale. 

In  talune  specie  un  sesso,  il  più  spesso  la  femmina,  mostra  un  deciso  ar- 
resto di  sviluppo  per  la  assenza  o  conformazione  di  alcuni  organi,  mentre  il 
maschio  è  andato  assai  più  oltre  verso  il  tipo  completo  dell'insetto,  conforme  noi 
ce  lo  figuriamo. 

In  altri  casi  ambedue  i  sessi  sono  pur  giunti  ad  un  limite  di  buono  svi- 
luppo di  tutti  gli  organi  (eiimorfisino),  ma  un  sesso  eccede  sull'altro  per  ciò  che 
riguarda  la  ornamentazione  plastica  degli  organi  stessi. 

Infine,  in  molti  casi,  ambedue  i  sessi  hanno  raggiunto  un  grado  di  compli- 
canza ornamentale  plastica  altissimo  e  pari. 

Da  questo  maximum,  non  sempre  ottimo,  secondo  il    nostro  giudizio  superfi- 

A.  1ÌEKLESE,  Gii  insetti,  II.  —  50. 


394  CAPITOLO    QUINTO 


ciale,  al  vantaggio  della  specie,  talune  forme  bauno  seguito  una  linea  discen- 
dente, sia  verso  speciali  involuzioni  di'  determinati  organi,  richiesta  da  partico- 
lari modi  di  vita  e  permesse  dalle  condizioni  nuove  di  esistenza,  altri  hanno 
subito  un  vero  progresso  in  un  senso,  quello  della  maggiore  locomobilità  possi- 
bile ed  in  tale  caso  sono  venute  meno  quelle  complicanze  ornamentali,  cbe  non 
potevano  non  essere  di  impedimento   a  siffatto  scopo. 

In  tale  condizione  si  trovano  i  gruppi  più  alti  cioè  degli  Imenotteri  e  dei 
Ditteri,  i  quali  non  hanno  mai  raggiunto  complicanze  ornamentali  a  danno  della 
locomobilità  e  se  questa,  per  alcune  forme,  ne  soffre  è  solo  perchè  non  ne  è  ri- 
sentito più  così  vivamente  il  bisogno.  Ma  gli  altri  gruppi  tutti  seguono  più  ampia 
parabola  di  sviluppo,  che  va  al  maximum  delle  complicazioni  ornamentali,  di  dove 
taluni  discendono,  per  adattamento  ad  ambienti  più  facili. 

Tutto  ciò  importa  una  immensa  quantità  di  forme,  nelle  quali  è  necessaria 
qualche  regola  per  intenderne  la  ragione  e  per  averne  un  ordinamento  razionale 
ed  è  quanto  procureremo  di  esemplificare  qui,  a  proposito  del  dimorfismo  ses- 
suale e  più  innanzi  trattando  del  polimorfismo. 

Con  ciò  crediamo  che  sarà  possibile  presentare  al  lettore  un  quadro  ragionato  delle  innu- 
merevoli parvenze  sotto  le  quali  si  mostrano  gli  Insetti,  con  tanta  nostra  meraviglia  e  con  assai 
maggior  varietà,  cbe  non  appaia  in  qualsiasi  altra  classe  di  animali.  Una  ulteriore  causa  di  spe- 
ciali conformazioni,  talora  stranissime,  ci  verrà  offerta  da  adattamenti  a  speciali  funzioni  (aleìie 
ed  ipermorfismi  di  adattamento)  come  sono  date  dal  parassitismo,  ma  su  questo  argomento  discor- 
l-ereino  più  innanzi. 

Ora,  dunque,  a  proposito  del  dimorfismo  sessuale,  si  verranno  esponendo  gli  esempi  di  di- 
vergenza dell'un  sesso  dall'altro,  quanto  alla  organizzazione  esteriore,  oltre  a  ciò  cbe,  relativa- 
mente alla  colorazione  ed  alle  dimensioni,  si  è  già  esposto,  ma  ci  limiteremo  ai  casi,  nei  quali 
gli  individui,  nell'ambito  di  ciascuno  dei  due  sessi,  sono  sempre  seusibilmente  eguali  fra  di  loro 
sieno  essi  in  una  condizione  di  piti  arretrata  organizzazione  (atclia)  rispetto  al  tipo  completo^ 
ma  non  eccessivo  del  gruppo  (stato  questo  ultimo,  cbe  indicheremo  per  enmorfico),  oppure  si  tro- 
vino ambedue  in  quest'ultimo,  o  l'uno  sesso  e  l'altro  lo  abbiano  oltrepassato,  arricchendosi  di 
complicanze  ornamentali,  da  giudicarsi  per  superflue  e  solo  di  abbellimento  (ìpermorfismo). 

Invece  rimanderemo  a  quanto  si  dirà  a  proposito  del  polimorfismo,  tutti  quei  casi,  nei  quali, 
in  uno  od  in  ambedue  i  sessi  occorrouo  singoli  individui  fra  loro  vistosamente  differenti  per  or- 
ganizzazione, coloritura,  dimensioni,  sia  che  tali  differenze  si  manifestino  fra  individui  in  con- 
dizioni similari  di  esistenza  (stazione,  habitat,  regime,  ecc.),  od  in  condizioni  differenti. 

Converrà  però,  trattando  del  polimorfismo,  richiamarci  spesso  alle  cose  già  esposte  a  pro- 
posito del  dimorfismo  sessuale  e  ciò  perchè  questo  ultimo  fenomeno  non  è  veramente  che  un  caso 
particolare  nella  più  ampia  categoria  di  quelli  di  polimorfismo  ed  anche  perchè,  dato  l'ordine 
per  ciò  che  riguarda  la  esposizione  di  questi  fatti,  qui  seguito,  in  cui  si  è  dovuto  compiere  la 
illustrazione  di  quanto  si  riferisce  alle  parvenze,  attitudini,  ecc.  dell'adulto,  prima  di  entrare  a 
dire  di  ciò  che  appartiene  a  tutte  le  età  degli  Insetti,  in  comune,  è  convenuto  trattare  del  di- 
morfismo sessuale,  cioè  del  caso  speciale,  prima  del  polimorfismo,  che  è  caso  piti  vasto  e  ge- 
nerale. 

Abbiamo  intanto  accennato  a  tre  possibili  casi,  ai  quali  si  riporta  la  organizzazione  degli 
adulti  e  cioè  di  imperfezione  (atelia),  di  perfezione  (eutelia)  e  di  eccesso  (ipertelia). 

Eutelia  (od  Eumorfismo).  —  L'insetto  tipico  è  rappresentato  quale  si 
vede  nelle  figure  schematiche  349  e  350  e  ciò  per  ambedue  i  sessi.  Esso,  cioè,  ha 
raggiunto,  nell'omeomorfismo.  il  limite  necessario  per  la  completa  organizzazione, 
ma  nello  stesso  tempo  sufficiente  alla  esplicazione  di  tutte  le  sue  funzioni,  com- 
presa quella  del  più  alto  grado  di  locomobilità,  che  è  appunto  l'attitudine  al 
volo. 

Tale  stato  può  essere  detto  di  eutelia  (e  per  ciò  che  riguarda  solo  la  forma, 
i  amorfismo),  appunto  perchè  rappresenta  l'optimum  delle  condizioni  per  una  utile 
esplicazione  di  tutte  le  funzioni  dell'adulto,  secondo  il  tipo  della  classe. 


L'ADULTO    K   GLI    ATTI    I'EIt    I.A   CONSERVAZIONE    DELLA   SPECIE  395 

Il  tipo  eumorfico  è  rappresentato  in  tutti  gli  ordini,  anzi  in  taluni  più  alti  (Ditteri,  Ime- 
notteri) esso  è  esclusivo  o,   per  meglio  dire,   esso  non  è  oltrepassato  verso  l'ipermorfismo. 

Dal  tipo  eumorfico,  adunque,  conviene,  in  ciascun  gruppo,  prendere  le  mosse  per  giudicare 
del  cammino  involutivo  seguito  da  talune  forme,  in  grazia  di  speciali  adattamenti  in  rapporto 
alle  necessità  riproduttive  o  per  altre,  o  dell'ipermorfico  dovuto  a  minor  pressione  delle  esigenze 
della  vita. 

A  telia  (od  Atelismo).  —  Lasciamo  per  ora  l'atelia  (e  l'iperniorfismo)  di 
allatta  mento  e  richiamiamoci  al  già  detto  a  pag.  361,  a  proposito  delle  diverse 
maniere  di  neotenia,  per  mostrare  ordinatamente  i  singoli  casi  di  arresto  di 
sviluppo  d'uno  o  d'ambedue  i  sessi;  gli  esempi  cioè  di  Androneia.  che  si  richiama 
ad  incompleta  evoluzione  del  maschio  rispetto  alla  femmina  sua,  il  quale  caso  si 
è  avvertito  essere  molto  raro  ;  di  Ginoneia,  che  è  precisamente  la  coudizione  in- 
versa ed  è  comune  abbastanza  ;  nonché  quelli  di  Anflneia,  cioè  di  arrestato  svi- 
luppo in  ambedue  i  sessi,  poiché  né  il  maschio  ne  la  femmina  raggiungono 
la  condizione  di  attitudine  al  volo.  In  tali  casi  si  ha  un  omeomorfìsmo  in  di- 
fetto,  rispetto  alla  condizione  normale,  rappresentata  dall'insetto  tipico  cioè  effi- 
cacemente alato. 

Le  cause  dell'atelismo  negli  adulti,  in  un  sesso  od  in  ambedue,  sono  state  già  esposte  ed 
esemplificate  in  linea  generale,  già  in  precedenza,  ma  qui,  trattando  dei  singoli  gruppi,  se  ne 
potranno  citare  ordinatamente  ed  illustrare  altri  esempi,  da  richiamarsi  esclusivamente  a  neces- 
sità in  rapporto  alla  riproduzione  (conservazione  della  specie),  rimandando  ad  altro  tempo  la 
esposizione  della  influenza,  che.  speciali  condizioni  di  esistenza,  iu  rapporto  alla  conservazione 
dell'individuo,  determinano  nella  organizzazione  degli  Insetti  (cioè  ai  casi  di  atelia  per  adattamento). 

Casi  di  atelia  neotenica,  dipendenti  da  necessità  riproduttive,  si  hanno  in  tutti  gli  ordini  e 
sono  palesi  dal  confronto  col  tipo  eumorfico,  il  quale  è  sempre  esso  pure  rappresentato  da  altre 
specie  o  gruppi,  nello  stesso  ordine. 

Ipertelia  (o  Ipermokfismo).  —  Ma,  in  moltissimi  casi,  la  organizzazione 
dell'insetto  adulto  non  si  arresta  al  limite  strettamente  necessario,  cioè  al  com- 
pleto sviluppo  di  tutti  i  suoi  organi,  compresi  quelli  del  volo.  Molto  spesso,  in- 
fatti, si  rilevano  in  un  solo  sesso  od  in  ambedue,  speciali  configurazioni,  appen- 
dici, peculiarità  di  singole  regioni  del  corpo  o  degli  arti,  le  quali  non  mostrano 
evidente  ufficio  alcuno  e  si  debbono  perciò  annoverare  tutte  in  quel  gruppo,  che 
abbiamo  definito,  di  peculiarità  ornamentali. 

Queste  rappresentano  il  lusso  nell'organizzazione  dell'insetto,  la  quale  appa- 
risce in  eccesso  rispetto  allo  strettamente  necessario  a  tutte  le  esplicazioni  fun- 
zionali. 

Cosiffatte  complicanze,  che  noi  qui  comprendiamo  sotto  la  voce  ipertelia  od 
ipermorfismo,  sono  state  considerate  finora  solo  nei  casi  di  dimorfismo  sessuale 
e  si  sono  giudicate  come  aventi  scopo  di  seduzione  o  di  provocazione,  ma 
come  tali  non  possono  essere  dimostrate,  appunto  come  non  potrà  mai  essere 
ragionevolmente  sostenuto  che  la  barba  dell'uomo,  il  più  evidente  carattere 
sessuale  secondario  (quanto  inutile),  ha  scopo  alcuno,  nemmeno  in  rapporto  alla 
riproduzione. 

Sono  questi  casi  di  ipermorfismo  (ed  ipercromismo)  (1),  che  mostrano  vera- 
niente  il  cammino  della  specie  verso  una  meta  sua.  alla  quale  è  indirizzata,  oltre 
quanto  richiede  la  strétta  necessità  e  noi  possiamo  intanto  notarne  la  tappa  at- 


(1)  L'ornamentazione  cromatica  o  ipercromismo,  che  si  voglia  dire,  non  si  palesa  se  non  pa- 
rallelamente abbastanza  colla  ornamentazione  plastica.  Mei  casi  di  atelismo  anche  la  colorazione 
I-  molto  modesta,  generalmente  Essa  non  raggiunge  limiti  altissimi  e  meravigliosi  se  non  nelle 
specie  eumorfiche  e  più  ancora  nelle  ipermortiche.  Talora  anzi,  l'ornamentazione  in  eccesso  è 
esclusivamente  cromatica,  ciò  che  rende  bellissimi  certi  Insetti,  senza  impaccio  delle  loro  funzioni, 
specialmente  locomotrici. 


396 


CAPITOLO    QUINTO 


OME0M0RFISM0  SESSUALE 


DIMORFISMO  SESSUALE 


Vili 


IX 


Fig.  394.  —  Varie  forme  oiueouiorticlie  e  ilimorfiche;  ateliche,  ipenuorBcke  e  diruorficke  degli  insetti. 

Da  I  a  III  omeomorfisnio  sessuale  atelico;  IV,  omeomorf.  sessuale  eumorfico;  V,  oiueomorf.  sessuale  ipermorflco; 
VI  dimorfismo  sessuale  per  diverso  grado  neoteuico;  da  VII  a  IX,  dira.  sess.  per  stato  neotenico  di  un  sesso  ed  eu- 
morfico di  un  altro;  X.  dim.  sess.  per  stato  eumorfico  di  un  sesso  ed  ipermorflco  dell'altro  (vedi  pel  resto  spiegazione 
a  pagine  seguenti.  397,  398). 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  CONSERVAZIONK  della  specie  397 

tuale  e  misurarne  la  via  percorsa  in  confronto  di  quel  tipo  euinorflco,  al  quale 
altre  specie  affini,  od  un  sesso,  si  sono  arrestati  e  che  rappresenta  l'organizzazione 
strettamente  necessaria  al  benessere  della  specie. 

Se  non  si  ha  ben  presente  e  fermo  tutto  ciò  non  è  possibile  comprendere 
il  significato  vero  del  polimorfismo  e  neppure  quello  del  dimorfismo  sessuale,  né 
giudicare  correttamente  della  ragione  di  alcune  complicatissime  configurazioni 
che,  a  tutta  evidenza,  non  possono  concorrere  in  modo  alcuno  a  più  comoda  esi- 
stenza della  specie,  anzi  sembrano  talora  non  vantaggiose  a  ciò. 

Ad  ea.  se  si  paragonano  le  complicatissime  conformazioni  di  alcuni  Membracidi,  special- 
mente esotici,  dei  quali  si  è  dato  qualche  esempio  vistoso  nel  voi.  I  (pag.  207)  ed  altri  si  po- 
tranno recare  qui  (Kg.  402),  con  altri  moltissimi  che  pure  sarebbe  agevole  citare,  si  paragonano, 
dico,  col  semplice  tipo  dell'Omottero  Cicadario  (tìg.  401),  rappresentante  quanto  basta  alla  esi- 
stenza di  tali  Insetti,  si  vede  che  tutta  la  complicazione,  talora  enorme,  di  appendici  del  pro- 
noto  non  può  avere  altro  significato  che  di  ornamentazione,  e  può  svolgersi  in  grazia  della  enorme 
esuberanza  plastica,  che  appartiene  al  gruppo  degli  Insetti  ed  a  cui  si  è  più  volte  accennato 
anche   nel   I   volume. 

Si  arriva  a  tale  grado  di  ipermortìsmo,  cioè  di  varietà,  complessità  e  sviluppo  di  appendici, 
che  sembrano  piuttosto  un  impaccio  alla  locomobilità  dell'insetto  anziché  a  vantaggio  qualunque 
della  specie. 

Intanto  ne  risultano  forme  meravigliosamente  belle  e  quanto  mai  impressionanti.  Ne  gua- 
dagna in  estetica  il  teatro  della  creazione,  ma,  al  nostro  intelletto  utilitario,  il  fatto  rimane  in- 
comprensibile. Ad  ogni  modo  affermiamo  la  condizione  di  cose  ed  arrestiamoci,  anche  in  tal 
caso,  al  quia. 

Questo  ipermortìsmo  è  indice  di  una  ricca  condizione  di  esistenza,  non  però  troppo  facile, 
giacché  in  questo  ultimo  caso  si  manifesterebbe  l'atelia.  L'organismo  vive  bene  ed  è  ricco,  a 
condizione  però  di  nulla  perdere  della  sua  capacità  di  sfruttare  un  ambiente,  che  renda  bene, 
ma   non  agevolmente. 

Per  converso,  le  facilitazioni  nella  esistenza  individuale,  per  adattamenti  ad  ambienti  meno 
tiranni,  permettono  una  riduzione  della  locomobilità  e  degli  organi  a  ciò  destinati,  dapprima  delle 
ali,  quindi  delle  zampe,  ecc.,  ed  importano  altre  variazioni.  Cosi  avviene  che  in  tutti  i  gruppi 
si  hanno  forme,  nelle  quali  non  solo  ogni  parvenza  ornamentale  è  già  abolita  come  inutile,  ma 
ancora  ne  ha  sofferto  la  potenza  locomotoria,  e  perciò  souo  ormai  divenute  attere  od  emittere  od 
anche  altrimenti  involute.  Queste,  come  una  statua  che  abbia  sofferto  amputazioni  multiple, 
hanno  perduto  ogni  grazia  e  garbo  nell'insieme,  pur  conservando,  talora,  nei  particolari,  le 
vestigia  dell'antica  elegante  origine. 

Del  resto,   anche  più  ampiamente   tutto  ciò  sarà  svolto  e  mostrato  a  proposito  del  polimorfismo. 

Iperatelta.  —  Finalmente  si  dovranno  citare  esempi  singolarissimi  di 
forme,  le  quali  hanno  evidentemente  seguito  un  cammino  dapprima  verso  l'iper- 
morfismo,  in  seguito  verso  l'atelia  e  così  mostrano,  nella  loro  strana  configura- 
zione, le  traccie  di  una  organizzazione  ornamentale  eccessiva,  combinata  colla  ri- 
duzione susseguente  di  altri  organi.  Questo  cammino,  perchè  duplice,  come  tale 
avendo  richiesto  un  tempo  più  lungo,  non  appartiene  che  ai  gruppi  più  vecchi, 
cioè  al  solo  ordine  degli  Ortotteri. 

Mentre  l'insieme  di  questi  fatti  è  rappresentato  schematicamente  nella  fi- 
gura 394,  dove  sono  contrassegnati  i  singoli  tipi  di  omeomorfismo  e  dimorfismo 
sessuale,    vediamo,  gruppo  per  gruppo,  questa  varia  condizione  di  cose  (1  ». 


(1)  Spiegazione  della  fig.   394  : 

La  tìg.  394  mostra  tutte  le  possibili  forme  degli  adulti  fra  gli  Insetti  pterigoti  (meno  gli 
Stilopidi),  cioè  dallo  stato  neotenico  all'ipermorlico,  nei  casi  di  omeomorfismo  e  di  dimorfismo 
-•  sanale. 

Da  lai'  sono  considerati  i  casi  di  omeomorfismo;  da  VI  a  A"  quelli  di  dimorfismo,  nei 
quali    ultimi    F  è   la  femmina   ed   AI  il    maschio. 


398 


CAPITOLO   QUINTO 


Apterigoti.  —  Gli  Apterigoti  sono  tutti  omeomorfi,  atteri  affatto  e  non  mostrano  alcun  di 
mornsmo  sessuale. 


Fig.  395.  —  Esempi  della  conformazione  esterna  degli  Ortotteri  veri:  A,  atelismo  [Ephippigera  selìeri,  fem- 
mina, gr.  nat.);  B,  C,  iperatelismo  (B,  Cladonotus  latiramus  Hanc.  iugrand.;  C,  Cosmodents  erinaceus,  gr. 
nat.);  D,  iperniorfistno  in  ambedue  i  sessi  (Empnsa  gongylodes  L.  ridotta  a  metà);  E,  eumorfismo  (A- 
cridide,  Calìptamus  italicus,  Burnì.,  femm.,  grand,  nat.). 


Gli  Ortotteri  mostrano  esempi  classici  di  atelismo,  di  eumorfismo  e  di  iperatelismo.  I  primi 
ed  i  secondi  casi  occorrono  in  tutti  i  gruppi,  ma  non  sono  ipermorfici  i  Forficulidi  ed  in  grado 
scarso  gli  Acrididi,  fra  i  quali  si  contano  i  migliori  volatori  del  gruppo  (fig.  395). 


Si  vede  che  le  forme  comprese  in  ciascuna  delle  caselle  di  sinistra  corrispondono  alla  fem- 
mina (F)  iudicata  nella  successiva  casella  di  destra.  Inoltre  le  forme  comprese  nella  casella  / 
corrispondono  alle  due  F  delle  caselle  VI  e  VII  (stato  di  larva  meloloutoide);  le  i,  B  di  // 
convengono  con  F  di  Vili  (stato  di  eoninfa);  le  A,  B  di  III  con  F  di  IX  (stato  di  ninfa);  le 
A,  B  di  IV,  con  F  di  X  (stato  eumorfico)  eie  A,  B  di   V,  con  M  di  A"  (stato  ipermorfico). 

I,  stato  di  larva  meloloutoide  in  ambedue  i  sessi:  Coccideo  sotterraneo,  Micrococcus  tilvestris : 
A  maschio;  B  femmina;  //,  stato  di  eoninfa  nei  due  sessi  A  Myrmecophììa  ;  B  Afanittero  (Cleiio- 
cephalns)  ;  III,  stato  di  ninfa;  A  Cimcx  lectulariun ;  B  Meloe;  IV,  stato  eumorfico:  A  Pentodo»; 
B  Piaris;  V  stato  ipermorfico:  A  Memoraci  de  (Pyrgonota  bifoliata  Vestw.),  B,  Papllio  :  VI,  Coc- 
cideo Ceropuio  superbita;  VII,  Coccideo:  Ieerya  puichasei;  Vili,  Coleott.  Lampirid.:  Drilu?  Ila- 
veecent;    IX,    Coleott.  Cerambic.  :    Vesptrus  luridiis;  X,  Lepid.  Ropaloc.:  Papììio  dardanus. 


L'ADULTO    E    GLI    ATTI    l'Kl!    LA    CONSERVAZIONE    DELLA   SPICCIE 


399 


Fig.  396.  —  Grilli  de  (Platyblemiiim 
lusitanieui,  Serv.)  per  mostrare 
la  diversa  armatura  del  capo  nel 
maschio  B,  iu  confronto  della 
femiuioa  A.  Grand,  nat.  da  Brilli- 
ne!' v.  Wattenvyll. 


Bellissimi  esempi    di    iperniortìsmo  omeomorfico  o  dimorfico  mostrano  i  Fasmidi    ed    i    Man- 
tidi, piti  caramente  i  Locustidi  e    meno  i  Grillidi.  In  generale  il  fatto  si  manifesta  con  compli- 
canze ornamentali    in  forma  di  espansioni  laminari  sul  capo,  sul  pronoto  e  sulle  zampe  e  perfino 
nell'addome  (Empiisti-,  fig.  395,  D)  e  talora   in    peculiari  confor- 
mazioni delle  elitre.  Si  tratta  però  sempre  di  mediocri  volatori 
0  ili  forme  del   tutto  inette  al  volo. 

Si  possono  rilevare  anche  non  rari  casi  di  dimegetismo, 
con  eccesso  della  femmina  rispetto  al  maschio.  Nel  Caliptamut 
italious  il  maschio  è  di  un  buon  terzo  piti  piccolo  della  fem- 
mina enei  l'ampliatimi  canonicità  nostrale,  questa  proporzione  è 
uiche  più  esagerata  in  isvantaggio  del  maschio.  Quanto  al  di- 
morfismo sessuale  esso  si  palesa  non  solo  liei  vario  grado  di 
atterismo,  ma  ancora  per  quello  della  ornamentazione,  nei 
gruppi  indicati,  o  con  qualche  variazione  nel  numero  e  pro- 
porzione degli  articoli  delle  antenne. 

Classici  esempi  di  dimorfismo,  per  sviluppo  delle  ali,  si 
uotano  sopratutto  tra  i  Blattidi,  nei  Grillidi,  ecc.,  ed  in  molti 
I.ocustidi,  nei  quali  il  maschio  gode  di  rudimenti  di  elitre, 
per  produrre  uno  speciale  stridore,  carattere  questo  negato, 
generalmente,  alle  loro  femmine.  Dimorfismo  sessuale  per  di- 
verso sviluppo  di  appendici  (laminari  del  capo)  fanno  vedere 
taluni  Grillidi,  ad  es.  del  genere  Platyblemnus  (fig.  396). 

Nei  Forficulidi  invece  è  ovvio  un  dimorfismo  sessuale  nello  sviluppo  delle  estreme  appendici 
addominali,  facenti  il  forcipe  caratteristico  (v.  polimorf.)  e  quivi  si  vede  che,  nei  maschi,  esso  è 
generalmente   più  grande  che  non   nelle  femmine. 

Quanto  agli  esempi  di  iperatelismo,  bastino  quelli 
mostrati  da  Acrididi  (fig.  395,  B)  e  da  Locustidi  (fig.  395, 
''),  in  cui  si  vede  il  protorace  stranamente  arricchito  di 
appendici  ornamentali  senza  significato  apparente,  mentre 
la  atelia  si  manifesta  nell'abolizione  delle  ali.  Anche 
l'esempio  dei  Grillidi  (Platybleinnns)  già  citato  (fig.  396),  è 
caratteristico,  perchè  fa  vedere  il  capo  del  maschio  tuttavia 
ornato  di  appendice  ed  insieme  la  estrema  involuzione 
alare. 

Fra  i  Corrodenti  manca,  più  spesso,  ogni  esempio 
di  ipermortìsmo.  Solo  per  qualche  Mallofago  (Goniodes, 
Lipeurus)  si  può  rilevare  una  maggiore  complicanza  delle 
antenne  maschili  rispetto  al  comune  tipo  semplice  mo- 
strato dalle  femmine  (fig.  397).  Casi  di  differente  con- 
formazione dei  tarsi  nei  due  sessi  di  Mallofagi  è  fatto  ve- 
dere dai  Gyropus  (fig.  398).  Tutti  i  Mallofagi,  però,  sono 
atteri. 

Nei  Copeognati  si  hanno  esempi  di  atterismo  a  vario 
grado  in  ambedue  i  sessi  od  iu  uno  solo  "e  così  soltanto  si 
possono  rilevare  differenze  sessuali. 

Dei    Pseudoneurotteri    gli    Isotteri    sono    nel  caso  dei 

Copeognati  ;     ma    i    Termitidi    rappresentano    casi    classici 

di    Polimorfismo    sociale,    di  cui  si   dirà    a  suo  luogo.    In 

tutto    il    gruppo    dei  Pseudoneurotteri  non  è  palese  alcun 

caso  di  ipermorfismo,  se  per  tale  non  si  debba  considerare  quello  mostrato  da  taluni  Efemeridi, 

ad  es.   dai   Gloeon  (fig.  399),    i    cui    maschi    hanno  quattro    occhi  composti  anziché  due,  come  le 

femmine  e  come  la  grandissima  maggioranza    degli  Insetti. 

Xel  comune  Cloeon  diptemm,  il  maschio  (fig.  399,  V)  mostra  due  rilievi  fungiformi  sul  vertice 
del  capo,  e  questi  recano  sulla  superficie  un  occhio  composto,  differente  per  struttura,  colore, 
ecc.  da  quello  laterale,  che  spetta  anche  alla,  femmina  (fig.  A).  (Della  struttura,  vedi  voi.  I, 
pag.  663). 

Se  si  nota  che  nella  Blepharocera  (Ditteri)  due  maniere  di  occhi  composti  ben  distinti  si  vedono 


Fig.  397.  —Esempio  di  dimorfismo  ses- 
suale in  Mallofagi.  Goniorles  bicitspi- 
datus,  N.:  A,  testa  e  protorace  del 
mascliio  ;  B,  lesta  della  femmina 
(molto  ingranditi),  da  Piaget. 


100 


CAPITOLO   QUINTO 


iu  ambedue  i  sessi  (fig.  443)  e  ciò  si  raccorda  colla  diversa  maniera  di  faccette  negli  occhi  com- 
posti di  altri  Insetti  (alcuni  Tabauidi  e  Libellulidi)  si  dovrebbe 
concludere  che  si  tratta  di  un  vero  caso  di  ipermorfismo,  in  questi 
Efemeridi,  ristretto  al  solo  maschio,  e  perciò  causa  di  una  vistosa 
difl'ereuza  sessuale  secondaria,  ma  in  altri  Insetti  comune  ad  am- 
bedue i  sessi,  sebbene  non  cosi  ditt'erenziato  come  negli  Efemeridi 
sopradetti. 

Gli  Odonati  poi,  i  più  efficaci  volatori  del  gruppo,  non  mo- 
strano caratteri  sessuali  secondari,  se  non  pel  colorito  e  se  ne  è 
già  detto. 

Pei  Fisapodl  non  si  ha  esempio  di  ipermorfismo,  mentre  sono 
comuni  i  casi  di  atterismo  in  ambedue  i  sessi  od  in  uno  soltanto. 
Talora  si  notano  esempi  di  dimorfismo  sessuale  per  appendici  corni- 
culiformi,  di  cui  si  orna  qualche  segmento  dell'addome  nel  maschio 
(Megaloihrips,  Bacillothrips)  (tìg.  400). 

risi  che  gli  Andpi.uri  sono  tutti  atteri  affatto    ed  omeomortì,     né 


Fig.  398.  —  Altro  carattere 
sessuale  secondario  in  Mal- 
lofagi.  Tarsi  del  1.°  paio 
di  Gi/ropiiS  forficulalus, 
Neum.  A,  del  maschio  ;  B, 
della  femmina.  Da  Neu- 
niann. 


Venendo  agli  Emitteri,  rile 


mm, 


Fig.  399.  —  Teste,  vedute  di  faccia,  di  ambedue  i  sessi  di  Cloeon  diplerum.    molto  ingrandite.  A,  di  fen 
miua;  B,  di  maschio.  In  questo  ultimo  si  vedono  i  quattro  occhi  composti. 


mostrano  maniera  alcuna  di  differenza  sessuale  secondaria.  Invece,    tutta    la    scala  dall' atelismo 
all'iperomorfismo    e    dall'omeomortìsino  al   più  spiccato 
dimorfismo    è    mostrata,    con    esempi    molti  e  cospicui, 
negli  Eterotteri,  ma  ancor  più  negli  Omotteri. 

In  questi,  a  partire  dai  Coccidei,  pei  quali  le 
femmine  sono  arrestate  allo  stato  di  larva  mololon- 
toide  od  anche  ulteriormente  degenerate  (Diaspiti)  (fi- 
gura 381)  mentre  i  maschi  sono  per  lo  più  alati  benissimo 
e  di  struttura  complessa,  fino  ai  casi  di  alto  ipermor- 
fismo in  ambedue  i  sessi,  dimostrati  dai  Membracidi, 
è  tutta  una  serio  ininterrotta  di  forme,  secondo  tutti  gli 
esempi. 

Nei  Coccidei  sono  casi  di  Aulineia  a  vario  grado  di 
arretramento,  dai  Alicrococcus  (tìg.  394,  I),  iu  cui  i  ma- 
schi sono  larveformi  non  meno  delle  femmine,  ad  altri 
generi  di  Coccidei  (particolarmente  fra  i  sotterranei) 
con  capo  differenziato  ed  antenne  assai  più  sviluppate 
che  non  nella  rispettiva  femmina,  ma  atteri  affatto 
(Ceropulo)  (fig.  394,    FI). 

Cosi  è  pure  negli  Alkurodidi,  che  sono  però  eu- 
inorfici  e  tetratteri  in  ambedue  i  sessi,  non  si  rileva 
alcuna  differenza  sessuale  secondaria. 

In  questa  ultima  condizione  sono  pure  molti  altri 
Omotteri   della    famiglia    Psillidi,    Iassidi,    Cercopidi, 

Cicadidi,   se  ne  togli  quelle  differenze  sessuali,   che  derivano  dalla  presenza  di  organi    stridulanti 
nei  maschi. 


A  B 

Fig.  400.  —  Bacillnlìirips  lineari*  Buffa, 
molto  ingrandito.  A,  maschio;  B.  fem- 
mina.  Da  Buffa. 


l'adulto  k  gli  atti  per  i.a  conservazione  della  specie 


401 


Fig.  401.  —  Unii 
Cioadella  (En- 
tettix)  per  mo- 
strare il  tipo  en- 
morflco  dei  Ci- 
oadarii.  Ingran- 
dita circa  3  dia- 
metri. 


Il  tipo  eimiorfico  degli  Omotteri  è  rappresentato  (fig.  401)  dalle  comuni  Cicale    e    Cioadelle 
e  quivi  né  il  capo  uè  il  toraee  mostrano  ornamentazione  plastica  di   sorta. 

Ma  le  famiglie  dei  Fnlgoridi  e  sopratutto  dei  Membracidi  mostrano  uno 
degli   Ottimi  esempi   di   ipermornsmo  ili  egual  grado  in  ambedue  i  sessi. 

li  ii  j>  i  ìi  volte  si  sono  citate  molte  stranissime  forme  di  Membracidi, 
specialmente  esotici,  che  sono  fra  le  più  singolari  e  complicatamente  adorne 
di  appendici,  processi,  espansioni  laminari,  cbe  si  possano  vedere  negli  In- 
setti. In  questi  Omotteri  però,  mentre  il  capo  rimane  di  conformazione 
semplice,  è  il  pronoto  quello  che  si  orna,  in  modo  talora  vistosissimo.  Si 
vedano,  oltre  a  quelli  figurati  nel  voi.  I,  a  pag.  207,  anche  altre  forme,  che 
qui  si  mostrano  (fig.  402)  e  gran  numero  d'altre  potrebbero  essere  riportate, 
le  quali  tutto  fauno  vedere  una  conformazione  tale,  che  non  può  essere 
certamente  se  non  a  scapito  del  facile  volo,  che  è,  invece,  così  poderoso  e 
rapido  nelle  Cicale.  Nemmeno  nei  Membracidi  le  zampe  mostrano  complica- 
zione di  struttura,  ohe  possa  richiamarsi  alla  ornamentazione. 

Nei  Fnlgoridi,  invece,  è  il  capo  che  si  orna  con  prolungameli  coruiculi- 
formi  o  membranacei  e  talora  in  modo  molto  vistoso,  come  fauno  vedere  ad 
esempio  i  generi  Fulgora,  Phrictus,  Hothius  (fig.  403)  ed  affini  e  secondo  quanto 
si  è  figurato  a  pag.   109  del  voi.  I  e  qui  si  mostra  nelle  tavole. 

Per  concludere  gli    Omotteri  rappresentano     la    scala   più  ampia    di  variazioni    nella    forma 

dell'adulto,  poiché  si  procede 
da  uno  stato  corrispondente 
alla  larva  melolontoide,  fino 
al  più  spiccato  ipermornsmo, 
comune  ad  ambedue  i  sessi 
a  pari  grado. 

Quanto  agli  Eteromeri  de- 
vesi  convenire  che  questo 
ultimo  limite  estremo  è  anche 
raggiunto,  poiché  alcuni  ge- 
neri di  Tingidi,  Reduvidi  e 
Pentatomidi  sono  ornatissinii, 
ogni  oltre  credere,  di  appen- 
dici sul  capo,  sul  torace, 
sull'addome,  come  pure  sulle 
zampe.  In  tali  condizioni  però 
i  casi  di  dimorfismo  sessuale, 
per  minore  evoluzione  della 
femmina  non  sono  frequenti, 
ma  se  ne  hanno  esempi  vistosi 
(voi.  I,  fig.  217,  B,  C)  seb- 
bene rarissimi. 

Nei    Tingidi    sono  sopra- 
tutto larghe  espansioni  lami- 
nari del  torace  e  dell'addome  e  sono  ornatissimi,  talora,  di  reticolazioni,  sculture,  spine,  che  rendono 
l'animale  strano  e  bellissimo   (Thtgh,    Philonihochila, 
Pligllomorpha  (voi.   I,   figg.   21f>,   217  e  voi.   presente, 
fig.  404);  nei  Reduvidi   è    il  pronoto    cbe    si    eleva 
talora  in  creste  e  tubercoli  (Prionotus,  voi.  I,  fig.  214), 
ma  sopratutto  merita  di  essere  ricordata  l'ornamen- 
tazione   speciale    di    espansioni    foliari   (Anisosirli*. 
voi.     I,    fig.    228)  o  di  villosità  (Ptilocerits,  fig.   404, 
C  .  sulle  tibie  di  alcune    belle  specie,    o  particolari 
conformazioni  degli  arti,   che    impressionano   per  la 
loro  singolarità   e  sviluppo    (Boicottati,     Metapodint, 
voi.     I,     fig.   227,   presente  voi.,   fig.   404,  E). 

Tutto  ciò  insieme  ad   un  alto  grado  di  ornamentazione  cromatica  anche  nel  campo  dei  colon 
ottici  rende  queste  specie  meravigliosamente  belle  e  strane. 
A.  Bf.klese.  Gli  insetti,  II.  —  51. 


D 

Fig  402.  —  Esempi  di  ornamentazione  vistosa  del  pronoto.  Emitteri, 
Omotteri  esotici,  tutti  ingranditi  (o,  grand,  nat.).  A,  Bocidtitm glo- 
bulare; B,  Ctjphonia  furcata;  C,  Spongophortis  ballista  ;__  D,  i>pon- 
gophorus  ben'neli.  Da.  Millot  (vedi  anche  voi.  I,  pag.  20i)- 


Fig.  403.  —  Hotinuà  delesserli 
in  grandezza    naturale.   Da  Millot. 


402 


CAPITOLO    QUINTO 


Insomma  gli   Eterotteri   comprendono    specie    veramente  molto  ornate,   sebbene   il   dimorfismo 
sia  raro. 


UE  F 

Fig.  401.  —  Esempi  di  ipermorflsmo  negli    Emittori    Eterotteri.    A,  B,  espansioni    laminari    del  protorace 

e  dei  segmenti  addominali  ;  C,  E,  ornamentazioni    delle    zampe;  D,  del    protorace;    E,  del  protorace  e 
delle  zampe;  F,  del  solo  addome. 

A,  Phyllomorpha  alqUica,  ingrandita;  B,  Ph.  capicola,    Westw  ;    C.  Ptilocerut  futcus,    ingrand.;    D,  Diplo'jomphus  ca- 
ptisi Ho»,  ingrand.,  E,  Bolconeria  spinosa  in  grand,  nat.;  F,  Eulyes  tnelanopteraia  grand,  nat.  Da  diversi  Autori. 

Nel  singolarissimo  genere  Carcinocoris,  le  zampe  del  1.°  paio 
sono  ingrossate  e  terminate  a  chela,  come  quelle  di  un  Granchio 
(fig.  405),  ecc.  Talora  sono  i  segmenti  dell'addome  espansi  sui 
lati  in  larghe  lamine  (Pylomorpha,  Eulyes,  fig.  404,  A,  H,   F). 

I  Coreidi  e  Peutatomidi,  in  generale  .sono  omeomorfi  eumorlici  ; 
ma,  in  questo  ultimo  gruppo,  particolarmente  tra  le  specie  esotiche, 
si  notano  spesso  forme  con  prolungamenti  laterali  corniouliformi 
del  pronoto,  come  si  vede  ad  es.  aell'Edasa  bubalua  (voi.  I, 
fig.  215). 

Del  resto  comunissimi  sono  i  casi  di  atelismo  per  involuzione 
delle  ali  e  delle  emielitre,  siano  ambedue  i  sessi  omeomorfi  o  di- 
morti   per  questo  carattere. 

Intanto,  però,  bisogna  convenire  che,  quanto  al  dimorfismo  ses- 
suale, si  hanno  esempi  piuttosto  relativi  al  grado  di  evoluzione 
delle  ali  anziché  ad  altro  da  ascriversi  all'ornamentazione.  Tranne  pei 
casi  di  dimorfismo  per  atelia,  i  caratteri  sessuali   secondari  si  ridu- 


Fig.  405.  —  Esempio  di  or- 
namentazione del  protorace 
e  dei  segmenti  addominali 
ed  insieme  di  stranissima 
conformazione  delle  zampe 
anteriori  in  un  Emittero 
E  t erottero  (  Carcinocor is  ca- 
ousi,  ingrandito).  Da  Mil- 
lot. 


l'adulto  k  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


4  03 


cono  a  sculture,  impressioni,  assai  poco  cospicue,  in  qualche  segmento.  È  stato  però  da  noi  citato  un 
bello  esempio  a  proposito  AelV Elapheozygum  goeUei   Ivulilg.,   nel    voi.  I,  pag.  206,  fig.  217,  B,   V. 

Gli  Emitteri  acquaioli  (Idriicorisi)  sono    tutti  omeomortì   ed  eumorfici,  né  vi    hanno  vistosi 
esempi  di  dimorfismo  sessuale. 

Seguono  i  Neurotteri,  die  sono,  in  generale,  oineomorfi 
eumorfici,  e  pei  «piali  i  non  frequenti  casi  di  dimorfismo 
sessuale  si  riducono  a  qualche  diversità  nelle  dimensioni 
e  complicanze  delle  antenne.  Nei  Barena,  che  sono  atteri, 
il  maschio  ha  però  i  rudimenti  delle  ali  alquanto  più  sen- 
sibili che  non  nella  femmina  (fig.  406). 

Il  più  cospicuo  caso  di  dimorfismo  sessuale  ò  rap- 
presentato dal  grande  Corydalis  cornutus  d'America,  i  cui 
maschi  possiedono  lunghe  e  robuste  mandibole,  tre  volte 
piti  lunghe  della  testa,  mentre  nella  femmina  tali  organi 
sono  assai  piti  brevi  (tìg.  407). 

A     questo    proposito    non     posso    trattenermi  dal    ri- 
ferire le  testuali  parole  del  Girard  (1873-85;   Int.,  voi.    2.°,  pag.  508),  per  mostrare  il  pensiero 
di  mi  naturalista,  che  certo  fra  gli  entomologi  occupa  un    primissimo    posto  nella  pratica  e  co- 
noscenza buona  degli  insetti. 

«  Esiste  questa  notevole  circostanza,  che  la  differenza  sessuale,  cosi  marcata,  come   è   quella 

fornita  dalle  mandibole  in  questo  genere 


Fig.  406.  —  Broeus  hyemalis  L. 
femmina  ingrandita.     Da   Girard. 


(Corydalis),  non  apparisce  fin  dal  prin- 
cipio ;  il  fatto  che  gli  organi  sono  essen- 
zialmente gli  stessi  nella  larva,  nella 
ninfa  —  d'ambedue  i  sessi  —  e  nella 
femmina  adulta,  porta  una  prova  di 
più  in  appoggio  dell'opinione  che  la 
femmina  non  rappresenta  altro  se  non 
un  arresto  di  sviluppo  del  maschio  ». 

Finalmente  ricordo  il  genere  Ne- 
mura  (fig.  408)  il  quale,  per  le  ali  pos- 
teriori allungate  assai  ed  esili,  può 
esser  citato  come  un  esempio,  rarissimo 
se  non  unico,  di  iperniorfisino  e  ciò  in 
ambedue  i  sessi  e  ricorda,  lino  ad  un 
certo    punto,     la    corrispondente    com- 


Fig.  407.  F'S-  408- 

Fig,  407.  —  Corydalis  cornutus  L.  in   grandezza  uat.  A,   muschio;    B,    capo  e  protorace  della  femmina;  C, 

ninfa  supina.   Da  Riley. 
Fig.  408.  —  Esempio  di   conformazioni»  ornamentale  nelle  ali  posteriori  di  Neurotteri.  Nemura  halterata  V- 

(Asia  minore).  Granii,  nat.  Da  Girard. 

plicanza     di     molti      Lepidotteri,     aventi      le     ali     posteriori     più     o     meno     allungate     in     co- 
dette. 


404 


CAPITOLO    QUINTO 


I  Lepidotteri,  oltre  ai  numerosi  esempi  di  dicromismo  sessuale,  ai  quali  si  è  brevissimamente 
accennato  e  di  cui  si  dà  qui  qualche  esempio  (v.  tavole),  fra  moltissimi  che  potrebbero  ricordarsi, 
mostrano  bellissimi  casi  di  dimorfismo  sessuale  e  di  ipermorfismo,  secondo  una  scala  assai  ampia, 

poiché  nelle  Farfalle  si  può  andare 
dalle  femmine  arrestatesi  allo  stadio  di 
eoniufa  (dette  impropriamente  larve- 
formi),  di  cui  si  sono  citati  esempi  nei 
Psicbidi  e  nei  Geometridi  (figg.  292  A, 
409,  Ij  sino  a  femmine  ipermortiche 
(fig.  411),  come  sono  quelle  della  mag- 
gior parte  dei  Papilio,  di  altri  Ropa- 
loceri,  di  molti  Saturnidi,  ecc.,  di  cui 
si  dirà  tosto. 

Si  possono  citare  esempi  di  dimor- 
fismo sessuale  atelico  di  tutti  i  gradi 
per  incompleto  sviluppo  della  femmina 
(fig.  409),  dal  più  basso  limite  sopra 
indicato  fino  all'eumorfismo  in  que- 
st'ultimo sesso,  in  coufronto  dell'iper- 
mortismo  del  maschio  relativo,  come  è 
mostrato  dal  classico  esempio  del  Papilio 
dardanus  (vedi  tavole)  e  da  altre  specie 
di  Ropaloceri  affini. 

Per  converso,  nel  Papilio    memnon, 
le  cui     femmine    sono    polimorfiche,   si 
trovano   in   questo   sesso  appunto  forme 
ipermortiche  (con   codette   nelle  ali   po- 
steriori), mentre     il    maschio   è  rappre- 
sentato   da     una    sola  forma  eumortìca 
(vedi  polimorfismo  e  fig.   nelìe  tavole). 
Nei    Lepidotteri,     forme    aeree  per 
eccellenza,    nei    quali,    come    nei  Xeu- 
rotteri,  il  contatto    dell'adulto  col  ter- 
reno è  escluso  del    tutto,  l'ipermortìsmo    è    di    tutt'altra  maniera    che    non    pei    gruppi  fin  qui 
veduti  ed  anche  pei  Coleotteri,  che  considereremo  tosto,  in  cui  la  vita  terragnola,  assai  più  che 


Fig.  409.    —    Esempi   di    dimorfismo    sessuale    per    atelia   in 
femmine  di  Lepidotteri.  A,  femmine  ;  B,  maschi. 

I,  Atelia    con    arresto    allo   stato   di  Eoninfa    (Eterogynia  paradoxa 

Ramb.,  ingr.  due  diara.). 

II,  Atelia  con  arresto  allo  stato  di  Proninfa  (Eoarmia  plumitjeraria 
Hnlst.  ingrand.)   N.  America,  da  Coqnillet. 

Ili,  Atelia  con  arresto  allo  stato  di  Ninfa  {Cheimatobìa  brumata  L. 
ingrand.),  da  Ratzebnrg. 


A  B 

Kig.  410.  —  Esempio  di  eumorfismo  non  omeomorfico  in  ambedue  i  sessi  in  un  Lepidottero  (Limanthria 
dispai-  L.  grand,  nut.)  la  femmina  (A)  possiede  le  ali,  ma  vola  raramente  e  male;  il  maschio  (Bi  è  ottimo 
volatore.  L'esempio  mostra  anche  il  dicromismo  sessuale. 

aerea,  induce  ipermorfismi  in  forma  di  processi  vari  sul  capo,  sul  torace  e  sugli  arti,  mentre 
ne  sono  rigorosamente  escluse  le  ali  inferiori.  Invece,  nei  Lepidotteri,  sono  appunto  queste  ali, 
cbe  tendono,  nei  oasi  di  ipermorfismo,  ad  allungarsi  in  appendici  varie  e  multiple,  talora  in 
modo  molto  vistoso  (fig.  411). 

Non  si  può  non  accogliere  nella    mente   un    parallelo  tra  questa  maniera    di    ornamentazione 


I.  ADULTO    K    GLI    Al' II    PER    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE 


405 


e   quella  di  molti   Uccelli,   specialmente  esotici,   nei    quali   la    coda    o     lo     ali     sono  arricchite  di 
penne    vistoso    e    lunghissime,     che    danno,    ai     masclii    specialmente,     il     mirabile     ornamento, 


HI.  —  Esempi  di  iperinorfismo  per  conformazione  oruamentale  delle    ali  posteriori  in  Lepidotteri. 


A.  Elidanone  brachynra  Drury,  ridotta  a  mota;  B,  Syrmatia  dorilas  Cr.,  ridutta  di  nn  terzo;  C,  Papilio  coon  Fabr.,  ri- 
dotta qaasi  a  metà;  D,  Techla  aphnac,  ridotta  di  un  terzo;  E,  Urania  craesug,  ridotta  a  metà  ;  F,  Arctias  selene  L. 
ridotta  a  metà;  6,  Thymala  brachius  Hiib.,  ridotta  a  metà;  H,  Fapilio  philoxemus  Drurv,  ridotto  a  metà.  Da 
autori  diversi. 


certo  di  così  granile  effetto,  in  queste  bellissime  forme,  sopratutto  nel  volo.    I  più  vistosi  esempi 
ili  dimorfismo    sessuale    negli   uccelli,  o  di  iper- 
ìnortisino  in  genere,  non  si  riferiscono  a  corna  od 
altri  prolungamenti     del  capo,  ma  si  richiamano 
sopratutto  al  sistema  locomotorio  aereo 

Nei  Lepidotteri  è  più  frequentemente  il 
terzo  ramo  della  nervatura  mediana  quello  che 
si  prolunga  e  regge  l'appendice  caudiforme,  ma 
talora  anche  quelli  della  cubitale  (fig.  411,  G)  ed 
anche  gli  altri  della  mediana  stessa,  possono  essere 
più  o  meno  prolungati,  di  guisa  che,  in  talune 
specie,  ad  es.  V  Helicvpis  acis  Fabr.  (fig.  412), 
l'ala  posteriore  è  ornata  persino  di  sei  co- 
dette. 

Il  caso  di  una  sola  codetta  è  il  più  comuue 
non   solo   nei    Papilio,  ma  in    molti  altri   Ropalo- 
ceri;  segue,  per  frequenza,  il  caso  di  due  codette  per  ala,  di  cui  mostrano  esempio  il   nostro  co- 
ni me  Chat-use*  jasius,  con  altri  esotici  (fig.  411,  D)t  ecc. 

In  taluni  Eteroceri,  sopratutto  Bombicidi  e  Saturnidi,  le  ali  posteriori  sono  egualmente  al- 
lungate in  code,  talora  lunghissime  (fig.  411,  A,  F).  Nella  Endemone  brachynra  esse  talora  sono 
lunghe  quasi  il  doppio  della  apertura  d'ali. 


Fig.  412.  —  Helicopis  acis  V    del  Messico, 
in  grandezza  naturale.    Da  Hiibner. 


4  Oli 


CAPITOLO    QUINTO 


Le  ali  superiori  molto  più  di  rarlo  ed  assai  meno  vistosamente  fanno  vedere,  talora,  dei  pro- 
lungamenti brevi,  lungo  il  margine  esterno,  sopratutto  sostenuti  dagli  ultimi  rami  della  radiale 
o  dai  primi  della  cubitale  (1).   Con  ciò  le  ali  stesse  acquistano  una  speciale  smerlatura,   come  si 

vede  bene  ad  es.  nella    nostra    comune 
Vanessa  C  album  L.  (fig.  413). 

In  conclusione  i  Lepidotteri,  spe- 
cialmente Ropaloceri,  mostrano  tasi 
frequenti  e  belli  di  ipermorfismo. 
Questo  si  accentua  nelle  ali  posteriori, 
ebe  nella  Farfalla  tipo,  per  così  dire, 
sono  ad  orlo  posteriore  rotondato, 
(fig.  394,  IV,  B),  ma  l'indirizzo  orna- 
mentale tende  ad  arricchire  l'ala  stessa 
di  prolungamenti  a  forma  di  codette, 
più  o  meno  accentuati   e  numerosi. 

In  questo  ambito  si  svolge  anche 
il  dimorfismo  sessuale  nelle  specie 
eumorfiebe,  quando  esso  esiste,  poiché, 
in  talune  specie,  le  femmine,  più  spesso, 
rimangono  allo  stato  tipico  anzidetto, 
lasciando  al  maschio  solo  ogni  ulteriore 
complicanza  ed  ornamento. 

Tali  farfalle  iperuiorfiche  però 
sono  sempre  specie  non  eccellenti  vola- 
trici,  poiché  il  volo  rapido,  sostenuto, 
ottimo,  non  si  accorda  colla  presenza  di 
simili  appendici,  ma  le  ali  ottime  deb- 
bono essere  configurate  sul  tipo  semplice 
e  robusto,  rappresentato  dalle  Nottue  e 
più  dalle  Sfingidi,  che  sono  i  più  po- 
derosi volatori  fra  i  Lepidotteri. 
Gli  Eteroceri,  invece,  tra  cui  si  contano  i  più  efficaci  volatori  del    gruppo    delle    Farfalle, 

hanno  altra  maniera  di  ipermorfismo,  cioè  molti  di  loro,   specialmente 

fra    le  Nottue,  mostrano  il   torace,  al  dorso,    meravigliosamente  or- 
nato di   ciuffi   di  squame,  talora    più    o  meno  erettili,   che  lo  ornano 

in  modo  assai  vago  ed  elegante.  Ne  ho  già  dato  esempio  a  pag.   '209 

del  primo  volume  e  molti  altri  ancora  si   potrebbero  citare. 

Anche  qui  non  si  può  non  fare  un   parallelo  colle    forme  aeree, 

per    eccellenza,     tra    i     vertebrati,   che  sono    gli    Uccelli  e  ricordare 

tanti  o  così   impressionanti   esempi  di   ornamentazione  del  capo  e  del 

collo,  con  ciuffi  di  penne,     talora  vistosissimi,   cappucci,  ecc.,   quali 

si  vedono  in  molti  Uccelli,  specialmente  esotici,  che  nei  musei  ra; - 

presentano  una  così   grande  attrazione. 

Questo    è    veramente    ipermorfismo,     che  non   ha    ne  può  avere 

altro    scopo    all'infuori    di     una    insigne     ornamentazione,    anche    a 

scapito  della  facilità  e  comodità  dei  movimenti. 

Differenze  sessuali     secondarie    si     rilevano  nelle   Farfalle  anche 

a    proposito  delle  antenne    e    ciò    negli  Eteroceri,   o    nello  sviluppo 

delle  zampe  del  1.°  paio,  come  si  vede  in  alcuni  Ropaloceri.   In  taluni  casi   (Helieonia,   Charaxes, 

Morpho)  questi   arti  sono  più  sviluppati   nella  femmina  che  nel  maschio  ;   in  altri  generi,   invece, 


Fig.  413.  —  Esempi  ili  iperniorfiamo  anche  delle    ali 
anteriori  in  Lepidotteri. 

A,  Contorno  della  nostrale  Vanessa  C  album  L.  (grand,  nat.  ). 
lì,  Contorno  delhi  nostrale  Piatii  pteritx  Jalcida  Hiibn.  (graod.  nat.). 
C,  Protoyoniug  hypponas   F.  del  Brasile,    ridotta   di  circa   nn  terzo 
Da  Drurv. 


A  B 

Fig.  414.  —  Dimorfismo  ses- 
suale nelle  antenne  di  Le- 
pidotteri Eteroceri  (Satur- 
nidi,  Saturnia  pyri  L.).  A, 
antenna  di  femmina;  B,  an- 
tenna di  maschio,  ingran- 
dite. 


(1)  Nel  paragone  qui  istituito  con  Uccelli  singolarmente  ornati,  si  vede  che  anche  in  questi 
mirabili  signori  dell'aria,  le  ali  sono,  molto  meno  spesso,  ornate  di  penne  che  non  hanno  altro 
scopo  se  non  quello  dell'abbellimento,  in  confronto  della  coda,  che  è  l'organo  più  frequentemente 
arricchito  di  meraviglioso  e  strano  piumaggio. 

t)iò  dipende  dal  fatto  che  tale  organo  ha  molto  minore  importanza  ed  effetto  nel  volo  che 
non   le  ali. 


l'adulto  e  gli  atti  pur  la  conservazioni:  della  specie 


407 


(Callithaea,  Nymphalie)  si  dà  il  caso  inverso.  Nei  generi  Aryijnnis,  Helithaea,  Vanesia  ed  altri  le 
zampe  del  1.°  paio,  nel  maschio,  sono  coperte  da  lunghi  peli  ed  hanno  i  tarsi  nniarticolati, 
mentre  nelle  femmine  essi   sono  coperti  di  squame  e    composti  di  cinque  articoli. 

Più  appariscenti  sono  le  differenze  nelle  antenne.  In  generale  il  maschio  ha  tali  organi  più 
glandi  e  meglio  ricchi  di  appendici  clic  non  le  rispettive  femmine.  Specialmente  fra  i  Bombicidi, 
Saturnidi (fig.  414)  ed  affini  le  antenne  del  maschio  sono  conformate  a  bella  piuma,  mentre  quelle 
delle  femmine  hanno  i  rami  laterali  assai  più  brevi.  Nelle  Stingi  e  nelle  Nottue  le  femmine  mo- 
strano antenne  filiformi,  quando  i  maschi  le  hanno  seghettate,  o  creuulate,  eco.  Nelle  Galli  ria, 
fra  i  Microlepidotteri,  si  notano  differenze  anche  nei 
palpi  labiali,  che  sono  molto  maggiori  nella  femmina 
che  non  nel  relativo  maschio. 

Coleotteri.  —  Veniamo  all'ordino  dei  Coleotteri,  nel 
(piale  il  dimorfismo  sessuale  è  più  che  negli  altri  tutti 
rappresentato  e  con  mirabili  esempi,  specialmente  in 
alcune  famiglie. 

L'argomento  è  stato  svolto  con  molta  diffusione 
ed  acutezza  dal  Canterano  (1880),  al  cui  bel  libro  rimando 
il  lettore  desideroso  di   maggiori  particolari. 

I  Coleotteri  sono  Insetti  onieomorfìci;  meno  spesso 
omeomorfi  atelici;  eumorfici  oppure  dimortìci  con  un 
sesso  iperinortìco,  che  come  sempre,  più  spesso  è  il  ma- 
scolino. Non  si  conoscono  casi  di  ipermorfismo  in  am- 
bedue i  sessi  se  non,  pochissimo  accentuati,  forse 
nei  Cicindelidi,  Carabidi  ed  in  qualche  altro  gruppo, 
ma  sono  discutibili.  Perciò,  sebbene  tali  Insetti  abbiano 
un  campo  riservato  al  dimorfismo  sessuale,  che  va  dalla 
eoninfa  all'ipermortìsmo,  esso  è  meno  ampio,  come  si 
vede,  di  quello  che  non  sia,  invece,  negli  Omotteri 
e  nei  Lepidotteri. 

Fanno  eccezione  i  Ripitteri,  in  grazia  della  femmina 
degenerata  più  in  giù  della  stessa  larva  melolontoide, 
ma  i   Ripitteri   non   sono  ipermortìci. 

Adunque,  dopo  il  maximum  mostrato  dagli  Omotteri 
e  quello  pur  grandissimo  dei  Lepidotteri  nella  esten- 
sione del  dimorfismo  sessuale,  la  estensione  stessa  si 
abbrevia  nei  Coleotteri,  per  ridursi  ancor  più,  come 
vedremo,    nei  successivi  gruppi  più  alti  e  più  recenti. 

1  due  sessi  dei  Coleotteri  possono  essere  diversi 
per  statura,  per  varia  ornamentazione  plastica  del  capo, 
del  torace  e  degli  arti,   pochissimo    o  nulla    affatto  per 

l'addome,  se  uon  per  le  dimensioni  sue  e  giammai  per  la  fabrica  delle  ali  inferiori,  solo,  nel 
caso,   pel  diverso  lor  sviluppo. 

Del  dimegetismo,  come  del  dicromismo  sessuale  si  è  già  detto;  veniamo  alle  altre  differenze 
riferibili  strettamente  al  dimorfismo,  cioè  alla  forma. 

Per  ciò  che  riguarda  lo  stato  di  maturità  del  soma,  rilevasi  che  sono  sempre  le  femmine 
quelle  che  si  trovano  in  difetto,  nei  casi  di  dimorfismo;  il  maschio  è  il  più  evoluto  dei  due  sessi. 
.Si  hanno  casi  di  femmine  arrestatesi  allo  stato  di  eoninfa  (molti  Lampiridi)  (fig.  415,  I,  A)  o  di 
prouinfa  (Pachypus  cornutus  fra  i  Lamellicorni,  tìg.  415,  II,  A).  La  femmina  di  quest'ultimo  Co- 
leottero vive  sempre  nascosta  in  buchi  scavatisi  a  piedi  degli  alberi,  di  dove  non  sorte  mai. 

Più  frequenti  sono  i  casi  di  femmina  niufeforme,  cioè  con  rudimenti  di  elitre,  ad  es.  alcuni 
Cebrionidi,  le  cui  femmine,  più  grosse  dei  maschi,  sono  sprovvedute  di  ali  ed  hanno  le  elitre  ac- 
corciate; queste  femmine  vivono  sempre  sotterra,  mentre  è  il  maschio,  che  ne  va  in  corca  ed  il 
Graells  (1851)  descrive  benissimo  le  abitudini  del  Cebrio  carrenoi.  Nelle  stesse  condizioni  sono  i 
Vetperaa  fra  i  Longicorni,  fig.  294,  IX,  taluni  Lampiridi,  ecc.  Si  tratta  sempre  di  femmine  se- 
dentarie ed  a  vita  sotterranea. 

In  questa  coudizione  atelica  si  hanno  comunissimi  casi  di  omeomortismo  sessuale,   ad   es.   di 


Fig.  415.  —  I  più  bassi  gradi  di  atelia 
nei  Coleotteri  (femmine). 

I.  Lampiridi   neotenici.    A,    femmina  allo    stato 

di  eoninfa  {Lampv  ig  noctiluca);  B,  maschio 
allo  statodi  ninfa(P/iospftae«us  haemipterus). 

II,  Lamellicorne  colla  femmina  allo  stato  di  pro- 
ninfa {Pachi/pus  cornutus  F.)T  tatti  ingran- 
diti. 


408 


CAPITOLO    QUINTO 


A  B 

Fig.  416.  —  I  due    sessi    del    Dytiscus    latiseimus  L,    iu    gran 
dezza  naturale.  A,  femmina;  B,  maschio. 


perdita  o  riduzione  delle  ali  con  inettitudine  al  volo  (la  massima  parte  dèi  Carabidi,  dei  Tene- 
brionidi,  molti  Cnrculionidi,  Ptinidi,  Coleotteri  cavernicoli  e  quelli  vivesti  nei  nidi  di  Formiche 

e  di  Termiti  e  molti  altri,  mentre 
le  elitre  rimaugono  a  difesa  del- 
l'addome), oppure  anche  le  elitre 
sono  più  o  meno  ridotte  (Meliie, 
fig.  394,  III,  li  ;  Atelestus,  ecc.). 
l'iti  raramente  per  atelia  anche  il 
maschio  è  brachittero,  mentre  la 
femmina  è  attera  (Phosphaenus  Iute- 
mipterus;     figura  415,  /,  B). 

Più  comunemente  i  Coleotteri 
sono  omeomortì  ed  eumortici,  e  di- 
screti  o  buoni   volatori. 

Ma  in  molte  famiglie,  sopra- 
tutto nei  Lucanidi  e  Lainellicornidi, 
il  dimorfismo  sessuale  per  ipermor- 
fisino  del  maschio  (talora  accompa- 
gnato da  dimegetismo)  è  molto 
appariscente  e  talora  vistosissimo. 
Ne  possono  essere  interessati,  come  si  è  detto,  il  capo,  il  torace,  le  zampe,  e  più  raramente 
assai  le  elitre. 

Quest'ultimo  caso  è  mostrato  sopratntto  dai  Di- 
tiscidi,  i  cui  maschi  hanno  elitre  liscie  e  le  femmine  le 
mostrano  striate  per  un  buon  tratto  della  regione  an- 
teriore (fig.   416). 

Ma,  nella  stessa  specie  si  incontrano  anche  femmine 
ad  elitre  liscie.  Quest'ultima  è  probabilmente  una  con- 
dizione meno  evoluta,  poiché  le  elitre  nei  Coleotteri 
sono  generalmente  liscie.  Perciò  nei  Ditiscidi  si  po- 
trebbe citare  un  caso  di  ipermortismo  ri  serbato  alle  sole 
femmine,  il  che  è  molto  raro. 

Il   capo  può    essere    tutto    intero    (insieme  col  pro- 
torace) più  voluminoso  nel  maschio  che  non  nelle  lem- 
mine,  anche  nelle  specie  che  pur  non  lo  hanno  peculiar- 
mente   armato  (Lethì-us,    fig.    417,     Jnlacopus),    ma  esso 
varia  sopratntto  per  la  presenza 
di  speciali  appendici  a  forma  di 
corna,    che  sporgono  sul   cranio; 
per  la  fabrica  e  dimensione  delle 
autenne;    per    quella  delle  man- 
dibole,  ecc.     Minori  differenze  si 
possono  riscontrare  nella  configu- 
razione   e  grandezza  degli    occhi 
composti   e   degli    organi  boccali, 
all'infuori     delle    mandibole  (fi- 
gura 418). 

Esempi   assai  numerosi   e   dei 
più  mirabili  di    appendici  corni- 
formi  sul  capo  sono  presentati  dai  maschi    di    Lamellicorni,    sopratutto    Dinastiti  ed  Coprofagi, 
ma  anche    di     qualche  Cetonide  esotico  (vedi   tavole). 

Il  Bolboceras  moMlicorni*  ha  il  cornetto  cefalico  del  maschio  mobile  ed  è  questo  un  caso 
unico.  Del  resto  le  femmine  mostrano  una  tendenza  esse  pure  a  questa  maniera  di  ìpernmr- 
fismo,  poiché  molte  fanno  vedere  tubercoli  più  o  meno  alti,  omologhi  delle  corrispondenti  ro- 
buste corna  maschili,  come  si  vede  sopratutto  nei  Copris  e  generi  affini  e  più  ancora  negli  Ho- 
plites.  Ciò  trova  un  parallelo  nel  polimorfismo  dei  maschi,  che  va  dallo  stato  eumorfico  conser- 
vato tuttavia  nella  femmina  fino  al   più  alto  grado  di   ipermortismo.   Di   ciò  si  dirà  più   innanzi. 


Fig.  417.  —  Maschio 
di  Ltthrw)  in  grand, 
nat. 


Fig.  418.  —  Esempio  di  ornamentazioni  ce- 
faliche in  Coleotteri.  A,  mandibole  a 
forma  dì  corna  (Neolamprima  adolphi- 
nae  Gest.  (N.  Guinea)  grand,  nat.);  B, 
corna  sulla  nuca  (Onthophagus  rangifer 
Kl.  (Africa);  rt,  sua  grand,  nat.).  Da 
Miilot. 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


409 


J? 

Fig.  419.  —  Esempi  ili  armature  del  capo  e  del  pro- 
torace  in  maschi  di  Carabidi  (A-C)  e  Stafilinidi 
(D-F):  A,  Ditomus  dama  Rossi;  B,  D.  cornutus 
Dej.;  C,  D.  tricuspidatus  Germ.  Da  Canterano; 
D,  Blediim  unicornis  Germ  ;  E,  B.  taurun  Gemi.; 
V,  Prognatha  quadricornia  Kirby.  Tutti  di  Eu- 
ropa. Tutti  ingranditi.   Da  Jaquelin  Duval. 


Appendici  oomioulate,  sebbene  meno  vi- 
stose, si  vedono  sul  capo  di  maschi  d'altre 
famiglie  (flg.  419),  come  ad  es.  dei  Dilanimi 
fra  i  Carabidi;  Bleditts,  Oxyteìus,  Leptochirus, 
Piestua  fra  gli  Stafilinidi  ;  Sinodendron,  alcuni 
Doremi  fra  i  Lucanidi;  in  taluni  Bolitofagidi, 
I  Flomidi,  Cissidi,  ecc. 

Anche  nelle  appendici  del  capo  si  possono 
trovare  esempi  molto  cospicui  di  dimorfismo 
sessuale  nei  Coleotteri. 

Le  antenne  dei  maschi,  sono,  in  moltis- 
simi casi,  più  sviluppate  o  più  complicate  di 
quelle  delle  rispettive  femmine.  Ordinaria- 
mente più  lunghe  nei  maschi  si  vedono  nei 
Cerambicidi,  in  qualche  Statilinide  (Lispimis), 
in  taluni  Curculionidi  (ad  es.  Mecocerua,  ecc.), 
Clitridi   e  Labistomi  ed  altri   (fig.   420). 

Le  lamine  del  flabello  sono  molto  mag- 
giori nel  maschio  di  parecchi  Lamellieorni 
(ìleloluìdlia,  l'olyphylla,  Anomala),  di  quel  che 
non  siano  nella  femmina  (fig.  421).  In 
molti  casi  i  maschi  presentano  antenne  petti- 
nate od  altamente  seghettate,  mentre  nelle 
femmine     rispettive    esse    sono    più    semplici 

(Elateridi,  Cebrionidi,   Pirocroidi).  Nel  genere  Cerocoma  tali  organi    sono    molto    complicatamente 

e  stranamente  conformati  nei  maschi 
(fig.  422).  Altre  minori  differenze 
si  possono  rilevare  in  moltissimi 
esempi. 

Qui    è    il  caso  di  ricordare  che 

1*1*  /  (r*Sil  \  'u  talune  specie  pertinenti  a  gruppi, 

"^  il3V.>'*  /^B"*2i\        '■  lie'  1ua^  l'ipermortìsmo  si   manifesta 

non  solo  con  una  vistosa  ipercromia, 
mirabilmente  bella,  ma  ancora  per 
delicate  appendici  in  forma  di  pe- 
luria confinate  a  determinate  regioni 
del  corpo,  anche  nelle  antenne 
può  essere  manifesta  una  elegantis- 
sima ornamentazione  di  tale  manie- 
ra. In  molti  Cerambicidi  esotici  si 
ammirano  graziosissimi  ciuffi  di  peli 
variamente  colorati,  disposti  sulle 
antenne  (e  se  ne  dà  esempio  qui,  figu- 
ra 423),  come  pure  sulle  zampe,  ecc. 
Rispetto  agli  organi  boccali 
saltano  all'occhio  sopratutto  le 
vistosissime  differenze  nello  svi- 
luppo delle  mandibole,  che  sono  ca- 
ratteristiche di  alcune  famiglie, 
sopratutto  dei  Pettinicorni  (v.  tavole; 
e  ne  sia  esempio  il  comune  Cervo 
volante.  Ma  anche  nelle  Mauticore, 
in  taluni  Carabidi,  in  molti  Isteridi, 
Clitridi,  Labidostonii,  Cerambicidi 
(Macrodontia,  Stenodontes)  si  può  ri- 
levare questa  notevole  differenza 
sessuale.   Essa  però  raggiunge    il    9uo    massimo    nella    citata    famiglia  dei  Pettinicorni,  dove   le 


Fig.  420.    —    Esempi    di    dimorfismo    sessuale    nelle  dimensioni 
delle  antenne  in  Coleotteri.  A,  maschio;  B,  femmina. 

I.  M eeomastyz  montravelii  Ter.  (C'arcui ionide  della  N.  Caleuonia)  il  ma- 

schio è  ingrandito  ili  poco  ;  la  femmina  è  in    grand,    nat  ).    Da  Le- 
cordaire. 

II,  Uonohammv$    titillator    Fab.    (Carambicide    del    Xord- America)    in 
L'raudezza  naturale.  Da  Webb. 


A.  BEKLESE,  CU  Imeni,  II.  —  52. 


410 


CAPITOLO    QUINTO 


Fig.    421. 


Fig.  422. 


Fig.  421.    --    Esempio    di  dimorfismo    sessuale     nella    forimi 
"'«Ielle  antenne  («li  un  Lamellicorne,    Polyphylla  fililo  L.). 
A,    del    maschio;  B,  della  femmina    egualmente    ingran- 
dite. 
Fin.  422.  —  Altro  esempio   di    dimorfismo  sessuale  nelle   di- 
°  mensioni  e  forma   delle  antenne  in  Coleotteri.  A,  antenna 
di  femmina;  B,  testa  di  maschio  di  Cerocoma   schreberi  F. 
ingrandite. 


mandibole  del  maschio  sono  talora  lunghe  quasi  quanto  il  corpo    tutto  e  grosse  in  proporzione, 
variamente  dentate  e  ne  siano  esempio  le  specie  che    qui    si    disegnano    (figg.   391  ed  altre)  con 

altre  moltissime    che    si  potrebbero  ci- 
Ocen-prx  y     a  tare.   Il  tipo    eumorfo    è  rappresentato 

.    J^-,  ,_  /Ci^3V\         tlal  comune    nostro     Dorcus  parallelepi- 

pedus,  nella  quale  specie  sono  modesto 
le  differenze  sessuali  per  lo  sviluppo 
delle  mandibole  ed  anche  i  maschi 
hanno  la  comune  semplice  configura- 
zione di  tutte  le  femmine  dei  Lucanidi. 
Ma  di  qui  ai  casi  di  altissimo  ipermor- 
tìsmo  per  sviluppo  delle  mandibole  nei 
maschi  e  conseguente  grossezza  del 
capo  che  le  reca,  i  gradi  sono  innume- 
revoli, e  si  giunge  a  forme  veramente 
impressionanti  e  terrificanti  anche, 
giacché  l'enorme  sviluppo  di  organi  di  presa,  con  alti  e  robusti  denti  non  possono  non  indurii' 
sospetto  di  essere  anohe  pericolosi  or- 
digni di  offesa,  il  che  veramente  non  è,  al- 
meno in  grado  pari  alla  loro  parvenza. 
11  protorace,  nella  sua  ornamentazione, 
segue  davvicino  il  capo  ed  ordinariamente 
in  misura  parallela,  e  quello  che  si  è  detto 
per  le  appendici  ornamentali  Aòì  capo 
(non  dei  suoi  arti)  può  ripetersi  anche  pel 
pronoto.  Si  osservi  però  che  mentre  il  caso 
di  capo  armato  e  pronoto  semplice  pre- 
senta molti  esempi,  come  può  vedersi  in 
molti  Onlhophugus  (flg.  418,  B)  anche  no- 
strali, invece  assai  più  scarsi  sono  i  casi 
di  armature  vistose  del  pronoto,  mentre  il  capo  è  inerme.  Cito  a  questo  proposito  il  nostrale 
Geotrupe*  typhaeus,  G.  momus  (fig.  424), 
l'esotico  Peperonota  harringtoni,  ecc. 

Anche  a  proposito  della  ornamenta- 
zione plastica  del  capo  e  torace  si  possono 
citare  casi  di  iperinorfismo  comune  ad 
ambedue  i  sessi,  sia  in  vario  grado  che  in 
misura  presso  a  poco  eguale.  Già  si  è  ve- 
duto che  in  taluni 
Lamellicorni,  spe- 
cialmente del  ge- 
nere C'opris  ed  affini, 
anche  la  femmina 
tende  ad  imitare, 
sebbene  in  misura 
più  modesta,  la  or- 
namentazione visto- 
sa del  maschio.  Ma 
altri  esempi  qui  si 
possono  recare,  tra 
cui  cito  quello  di 
un  C'arabide  (fi- 
gura 425). 

Per   quanto    ri- 
guarda  le  zampe   si 
potrebbe  discorrere  a  lungo  per  enumerare  tutti  i  casi  e  le  maniere  di  ipermorfismo  di  un  sesso  o 
comune  ad   ambedue  i  sessi.   Ci  limiteremo  a  ricordare  le  principali  maniere  di   variazioni. 


Fig.  423.  —  Esempio  di  ornamentazione  delle  antenne 
(Oerarubioide,  Cosmisoma  elegans  del  sud  America). 
Da  Millot  (a,  grand,  nat.). 


Fig.  424.  —  Esempio 
di  capotorace  ornato 
e  di  capo  inerme  ; 
Ceratophyus  momus 
F.  (Spagna),  ma- 
cchio in  grand,  nat. 


Fig.  425.  —  Esempio  di  dimorfismo  sessuale  in  Coleotteri 
Carabidi  per  sviluppo  delle  mandibole  e  di  «piasi 
omeomorfismo  per  ornamentazione  del  protorace.  A, 
femmina;  B,  maschio  di  Anthia  maxiìlosa  F.  di 
Africa.  Grami,  nat.   Da  Taseheuherg. 


l'adulto   B  GLI   AI  TI    per  la  CONSERVAZIONE   DKI.LA  SPECIE 


411 


Fig.  426.  —  Esempio  di  orna- 
mentazione del  capo  e  torace  in 
ambedue  i  sessi  in  un  Coleot- 
tero, Stemmoderui  singularis 
Spin.  del  Senegal,  ingrandito. 
Da  Lacordairo. 


*>*» 


Anzitutto,   più  raramente    variano  dal   tipo  comune  le  zampe 

del  secondo  paio,   il  più  spesso  sono  invece  quelle  anteriori  e   le 

posteriori;  le  prime  allungando  oltre  il  modulo  comune,  le  altre 

ingrossando    notevolmente,    sopratutto    nel    femore.     Se  tale  in- 
grossamento è  in  rapporto    colla    facoltà  di  saltare,  come  accade 

in   molti  piccoli   Crisomelidi,   detti  perciò  pulci  di  terra,  non    è  il 

caso    di    trattarne  qui,   mentre  ora  vanno  considerati  solo  quegli 

esempi,  in  cui    l'ingrossamento    vistoso  non  sembra  aver  signifi- 
cata alcuno  all'infuori  di   quello  ornamentale. 

Riguardo    all'ingrossamento    dei    femori    posteriori     si     può 

rilevare    una    tendenza    anche    all'omeomortìsmo,  iuquautochè  in 

talune  specie  le  femmine  godono,  sebbene    in  grado  minore    del 

maschio  rispettivo,   di   tale   particolarità  e  ne  sia   esempio  il  bel- 
lissimo   genere    Sagra    (fig.  427).  Ma  in  altri  casi  l'ipermorfismo 

appartiene  strettamente  ai  maschi,  come  si  può  ben  vedere  nelle 

comuni  nostre   Oedemera  (tìg.   429,   D). 

Tale  condizione  di  cose,    più    o  meno  vistosamente,  è  palese 

anche  nei  Glafiridi,  ed  è  eccessiva  nei  generi  Boploscelis,  Pachyone- 

ma,  ecc.  <fig.  429),  dove  l'enorme  sviluppo  delle  zampe  posteriori  nei 

maschi    rende    questi     insetti    quasi  mostruosi.   Anche  in  altri  Lamellicorni,  ad  es.  Hoplia,   Pelid- 

nota,  Chrysophora,  Rep&imus, 
ecc.,  rilevasi  questa  maniera 
diversa  sessuale. 

In  molti  casi  anche  le 
tibie  dello  stesso  paio  in- 
grossano e  si  arricchiscono 
di  tubercoli,  sproni,  ecc.  e 
ciò  nel  maschio  in  confronto 
della  femmina  sua.  Altre  volte 
(ad  es.  nel  genere  Belonnchus, 
fra  gli  Statìliuidi)  le  zampe 
del  3.°  paio  sono  armate  di 
doppia  fila  di  spinette,  mentre 
nelle  femmine  esse  hanno 
solo  peli,   ecc. 

Gli     arti     del     1."     paio 
tendono,  invece,    all'allunga- 
mento e  sono  numerosi  gli    esempi  di  forme  macroohire  o  longimane,  come  sono  dette  queste  così 

fatte,  di  cui  abbiamo  dato  esempio  nel  voi     I  a 

pag.     -'11,    ed    ivi    sono    appunto    figurati  il 

maschio  dell' Maeheirus  longimanus  (Lamellicor- 

nide)  ed  il  Macropus  longimanus  (Cerambicide). 

Qni    riportiamo    la    figura  di  altra  specie  del 

primo  genere  (fig.  430) . 

Anche    per    lo    sviluppo    cosi    fatto  degli 

arti  del  1."  paio    può    essere  ripetuto  quanto 

si.  è  detto  a  proposito   di  quelli  del  3.°,  circa 

il  probabile  caso  di  ipermorfismo.  Infatti,  in 

talune    specie,     pur  esseudo  gli  arti  anteriori 

allungatissimi,  non  si  nota,  a  questo  proposito, 

un     evidente    dimorfismo    sessuale    e  cito  ap- 
punto    il     Macropus  longimanus  come  esempio 

di  tale  fatto. 

Come     esempio,      invece,     di     dimorfismo        Fig    128    _  Esempio  di  dimorfismo    sessuale  per  svi- 

sessuale    pel     diverso    sviluppo    delle     zampe  luppo  delle   zampe    posteriori    e    di  dicromismo  in 

.     .  .  ,       (.„!„,  ;  uu  Coleottero   nostrale    (Melandride  ;    Osphya  bi- 

antenon    possono    essere    citati  anche  taluni  pllnc,ata    F.).    a,  femmina;    B,    maschio  ingran  - 

Lamellicorni,  come  ad  es.    le    Golopha  (specie  diti.  Da  Jacquelin  Duval. 


Fig.  427.  Esempio  di  ipermorfismo  nello  sviluppo  delle  zampe  poste- 
riori, con  tendenza  all'omeomortìsmo  in  Coleotteri  del  gen.  Sagra. 
A,  maschio:  B,  femmina  della  5.  iuqueti  Less.  di  Giava.  Grand, 
nat.  Da  Millot. 


412 


CAPITOLO    QUINTO 


del  Messico,  Perù,  Guatemala,  v.  tavole),  gli  Euchirus  suddetti,  essi  pure  esotici  od  il  nostrale  Propo- 
macrus  bimucronatus;  taluni  grossi  Curculionidi  esotici  (Cyrtolrachelus,  Macrocltinis,  Protocerius),  ecc. 
Differenze  secondarie  sessuali  si  trovano  anche  nei  tarsi  del  1.°  paio  in  parecchi  gruppi  di 
Coleotteri,  come  ad  es.  nei  Ditiscidi,  Carabidi,  alcuni  Stafllinidi  e  Silfidi,  qualche  Lamellicor- 
nide  (Geniates),  ecc.  Tale  carattere  però  può  essere  raccordato  con    speciali   funzioni  uella  preco- 


Fig.  429.  —  Esempi  di  ipertuorfismo  dimorfico  per  lo  sviluppo  delle  zampe  posteriori  in  maschi  di  Coleot- 
teri diversi.  A,  Hoploscelis  crassipes  Burin.,  ingrandito;  B,  Macropoirtes nielii  Guer.  (Messicoiin  grand, 
nat.;  C,  Pachycnema  crassipes  F.  (Capo  B.  S.)  ingrandito.  Da  Lacordaire  ;  D,  Oedemera  rufofemorata 
Geriu.  (nostrale)  ingrandito.  Da  Jaequelin  Duval. 

pula  ed  è  quindi  il  caso  di  trattarne  più  innanzi.  Ma  persino  nel    numero  dei    segmenti  tarsali 
può  cader  differenza  tra  l'uno  e  l'altro  sesso  ed  è  così  che  nei  Cucuidi,  Silvanidi,   Cripto fagidi , 


Fig.  430.  —  Esempio  di  dimorfismo  sessuale  per  sviluppo  delle  zampe  anteriori  in  Coleotteri.  A,  maschio: 
B,  femmina  di  Sueheirus  (Cheiroitolus)  machleai  Hope  (India),  ridotti  a  metà  delia  grandezza  nat.  Da 
Westwood. 


Tenebrionidi,  ecc.,  in  molte  specie  i  tarsi  anteriori  sono  tetrameri  e  peutameri,  invece,  nelle 
femmine.  In  queste  ultime,  nei  Micetofagidi,  in  generale  i  tarsi  anteriori  sono  tetrameri,  mentre 
nei   rispettivi  maschi   si   compongono  di   tre  articoli. 

Le  elitre  dei   Coleotteri,   nel   caso  più   comune  di  eumoriismo,  formano  insieme    una     calotta 
rotondeggiante  od  ovale,  esattamente  limitata  sui  lati  al  contorno  dell'addome,    talora    normal- 


L'ADULTO    K    GLI    All'I    noi!    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPICI  ir 


413 


mente  più  brevi  «li  questi  (Stafilinidi,  Psela- 
fidi),  uniformemente  convessa,  liscia  o  con 
punteggiatale  o  minuti  rilievi,  talora  Limitati 

a  lince,  secondi»  la  nei'vulazioue  ilelle  elitre 
stesse.  Ma  in  molti  casi  tali  appendici  sono 
i  osi  anormalmente  conformate  e  complicata- 
mente ornate  ili  accidentalità  varie,  che  è 
logico  pensare  ad  un  ipermorfismo,  talora 
molto  accentuato.  .Si  può  ammettere  uu  iper- 
niortismo  omeomortico  in  molti  casi,  in  altri 
si  tratta  di  dimorfismo  sessuata,  ma  ciò  è 
più  raro. 

L'esempio  più  vistoso  è  dato  dai  Mormo- 
lyet  (rig.  431),  stranissimi  e  grossi  Carabidi 
dell'arcipelago  Indiano.  In  questi  Insetti  le 
elitre  sono  lateralmente  espanse  in  una  lar- 
ghissima lamina,  che  va  molto  oltre  i  fianchi 
e  l'orlo  posteriore  dell'addome  e  ciò  in  am- 
bedue i  sessi. 

Espanse  inconsuetamente  sono  pure  le 
elitre  in  molti  generi  esotici  di  Malacoder- 
midi  (Licini);  prolungate  in  processi  corni- 
formi  più  0  meno  vistosi  in  parecchi  generi 
di  Crisomelidi  (Cassidiui)  forestieri,  ad  es. 
Tauroma,  Selenis,  Batonota,  ecc.  e  perfino 
traversate  da  un  foro  nelle  Seleni»  (fig.  432,  J)> 
ecc.,  rilevate  di  tubercoli  grossi  in  molti  ge- 
neri di  Curculionidi(tìg.  433),  Tenebrionidi  an- 
che nostrali,  in  qualche  Crisomelide  forestiero 
[Chlamia)  ;  ornate  elegantissimamente  di  ciuf- 
fetti  di  peli  ordinatamente  disposti  in  qualche 

genere  esotico  dei    meravigliosi    Buprestidi  (AmUysUrna,   Iulodis,  ecc.)  ed    in  taluni  Curculionidi 

(fig.  435,  -J)  °  ''•  spine  come  nelle  nostrali  Hispa  ed 
in  generi  afflili  (fig.  434);  in  qualche  Pimelia  (P.  co- 
ri umili)  esotica, 
ecc.  Di  più  mi- 
nute accidentali- 
tà della  scultura 
delle  elitre  non 
parlo,  perchè  gli 
esempi  sono  in- 
numerevoli. 

Ma    questi 
sono    tutti     casi 
di  omeomorfismo. 
Quali    esempi  di 
dimorfismo  sessuale,  circa   la    scultura  delle  elitre  sono 
già  state  ricordate  le  striatnre  delle  elitre  ili    parecchi 
Ditiscidi,  ma  se  ne  dovrà    ridire,  come  si  è  accennato, 
a  proposito  del  polimorfismo. 

Da  tutti  questi  casi  sono  esclusi  quelli  di  incom- 
pleta evoluzione  del  sistema  alare  in  un  sesso,  poiché 
essi  si  richiamano  all'atelismo  e  se  ne  è  detto  già  ab- 
b  istanza  precedentemente. 

Quanto  ai   Ripitteri  <>  Stilopidi  che  dire  si  vogliano,  si    è  già  accennato  più  volte    all'alto 
grado  di  differenze  sessuali.   Basti  ricordare  che  la    femmina  è  cosi  arretrata  che  il  suo  capo  ed 


Fig  431.  —  Vistoso  esempio  di  ipermorfismo  (ome,o- 
morfico)  nella  conformazione  delle  elitre  in  Co- 
leotteri. Mormoh/ce  phyllodes  Deyr.  (Carabide  di 
Giava,  Sumatra,  ecc.)  grandezza  nat.  Da  Deyrolle. 


Fig.  432.  —  Esempi  ili  ipermorfismo  (omeo- 
inorfìco)  nella  configurazione  delle  elitre 
in  Coleotteri  Crisomelidi.  A,  elitre  per- 
forate in  Seleni*  (S.  perforata  Fabr.);  B, 
elitre  prolungate  agli  omeri  in  Omoplata 
normali*  Gemi,  (ambedue  del  Brasile). 
Ingranditi. 


Fig.  43 1.  —  Esempiodi  ipermorfismo (omeo- 
morfico)  delle  elitre,  per  via  di  rilievi 
tubercoliformì  in  un  Cnrculioniile.  Dino- 
morplms  pimelioide*  Peity.  del  Brasile, 
ingrandito  di  un  terzo.   Da  Lacordaire. 


4U 


CAPITOLO    QUINTO 


Fig.  434.  —  Esempio  ili  or- 
namentazione per  processi 
spiniformi  nelle  elitre  (e 
nel  protorace)  di  Coleot- 
teri (Ispidi),  Platypria 
echidna  F.  (India),  ingran- 
dita.  Da  Millot. 


il  protorace  formano  insieme  un  solo  blocco  e  le  appendici  cefaliche     vi    sono  abolite    pressoché 

del  tutto,  mentre  nel  maschio  non  solo  il  capo  è  benissimo  distinto, 
ma  in  molte  specie  ancora  le  antenne  sono  molto  complicate  e  diffe- 
renziate (fig.  436). 

Qui,  perchè  ognuno  riconosca  il  grado  di  involuzione  della  fem- 
mina in  questo  gruppo,  riportiamo  la  figura  della  larva  (fig.  437) 
e    si    confronti  coll'adulto  femmina,     già  disegnato  a  fig.   373. 

Queste  sono,  a  grandi  linee,  le  principali  differenziazioni  dal- 
l'eumorfismo  all'ipermorfismo  evidenti  nei  Coleotteri,  gruppo  così 
meravigliosamente  variato,  entro  l'ambito  dell'ornamentazione,  nel- 
l'enorme numero  di  specie  che  l'ordine  racchiude. 

Resta  a  trattare  dei  due  piti  alti  gruppi  di  Insetti,  cioè  degli 
Imenotteri  e  dei  Ditteri,  nei  quali  la  tendenza,  più  volte  avvertita, 
ad  un  tipo  di  eccellente  macchina  volante,  concorre  ad  abolire  ogni 
ipermorfismo  (quando  non  sia  piuttosto  che  tali  gruppi  più  recenti 
non  ci  siano  peranco  arrivati),  come  non  compatibile  a  questo 
scopo  e  perciò  le  differenze  sessuali  secondarie  si  circoscrivono  nel  tratto  dall'atelia  all'eumortì- 
6U10,   e   non  oltre. 

Negli  Imenotteri,  all' infuori  di  dimor- 
fismi sessuali  dovuti  ad  involuzione  del 
sistema  alare  di  un  sesso  in  confronto 
dell'altro,  ad  es.  nella  femmina  in  taluni 
Calcididi,  Proctotrupidi  e  Mutillidi,  op- 
pure, caso  più  raro  assai,  anche  in  tutto  il 
gruppo  degli  Insetti,  di  atterisino  del 
maschio  (mentre  la  femmina  gode  delle 
ali,  come  nelle  Blastophaga  e  generi  affini 
e  nei  Monodontomerus  fra  i  Calciditi),  non 
si  riscontrano  che  piccole  altre  diversità 
secondarie  e  più  nella  fabbrica  delle  ap- 
pendici che  non  in  quella  generale  del 
corpo,  oltre  ai  casi,  del  resto  non  fre- 
quenti, di  non  grandi  differenze  sessuali 
per  dicromismo  e  dimegetismo,  già  ricordate. 

Cos'i,   nei  Tentredinei,   che  sono  tutti  alati  omeomorri,   si   possono  citare  casi     di     dimorfismo 
sessuale  nella  forma    delle  antenne   (ligg.   438,   I;     439),   con  articoli 
prolungati   lateralmente    (e    per  ciò  ramose),  nei   maschi  (ad  es.  nei 
Lophyrus,   fig.   438,   B)  e  lo  stesso  dicasi  per  taluni  Calciditi  (fig.  438, 
II,   III),  come  sono  gli   Euritomini,   gli   Eulotìni,   ecc. 

Tra  gli   Aculeati  si   notano  anche    meno  sensibili  differenze   ses- 
suali nella  fabrica  delle  antenne.   Così,   in  taluni  Masaridi  esse  sono, 


Fig.  435.  —  Esempi  di  orcamentazioue  delle  elitre  e 
del  protorace,  per  ciuffi  di  peli  elegantemente  di- 
stribuiti, in  Coleotteri.  A.  Lixus  barbiger  Dobrn 
del  Madagascar;  B,  Julodis  hìreuta  Kl.  del  Capo 
di  B.  Sp.  in  grand,  nat. 


A  B 

Fig.  436.  Fig.  J37. 

Fig.  436.  —  Dimorfismo  sessuale  accentuato  al  massimo  grado  di  Stilopidi.  A,  capo  di  maschio  di  Myrme- 
colax  nielneri  Pieree,  dal  dorso;  B,  capo  e  torace  (fusi  assieme)  di  femmina  di  A'chos  palliane  Pier., 
dal  ventre.  Da  Pieree. 

Fig.  437.  —    Larva    di  Strepsittero  (Xenos  pallidità),  molto  ingrandita,  dal  ventre.   Da  Pieree. 

nel  maschio,  più  lunghe  e  davate  che   non   nella  femmina,  che  le  ha  filiformi  e  così  sono  pure, 
per  questo  sesso,  in  taluni  Crabronidi   e     Scoli  idi,   mentre  nel  maschio  appaiono  fusiformi. 


L'ADULTO   E  (ÌLI  ATTI   PER  la  conservazione  della   specie 


415 


Diversa  può  essere  l'estensione  degli  occhi  composti  nei  due  sessi,  come  fa  vedere  l'Ani' 
connine  (flg.  140),  dove  nel  maschio  essi  sono  cos'i  estesi  sul  vertice,  che  si  toccano  l'ini  l'altro, 
mentre  nella  femmina  ri- 
mangono discosti  per  buon 
tratto,  e,  quanto  agli  oc- 
celli,  essi  sono  frontali, 
più  larghi  e  confluenti  nel 
maschio,  mentre  nella  fem- 
mina stanno  al  vertice  e 
fra  di    loro  più  discosti. 

Così  è  pure  in  Aleli- 
pona  e  Bombus.  Variamente 
sono  conformate  ed  armate 
di  denti  le  mandibole  nei 
due  sessi  di  Eumenidi,  di 
qualche  Scoliide  ed  altri, 
ma  con  piccolissimo  di- 
vario. 

Anche  le  unghie  delle  zampe  sono  Indentate  nel    maschio    o    semplici    nell'altro      sesso,    in 


A  B 

Fig.  438.  —  Differenze  sessuali  nella  forma  delle  antenne  in  Imenotteri. 
A,  di  femmina;  B,  dì  maschio.  —  I,  di  Tentredineo  (Lophyrus  pini): 
II,  di  Ualoidite  del  N.  America  {Cratotecus  sp.)  da  Howard;  III,  «li 
un  C'alcidite  d'Australia  (Ceraphron  niger  Curtis). 


Fig.  439.  Fig.  440. 

Kig.  439.  —  Teste  di  femmina    (A)   e    di    maschio    (B)  di  un  Tentredineo  {Schizocera  fureata    Vili.)    per 
mostrare  la  differenza  delle  antenne.  Ingrandite.  Da  André. 

Fig.  440.  —  Teste    delle    tre  forme    dell'Ape    comune,    egualmente    ingrandite,    per  mostrare  le  differenze, 
specialmente  degli  occhi  composti.  A,  femmina  (regina);   B,  sterile  (operai;]);  C,  maschio. 

taluni    Mntilliili,    nelle  Osmia,    Anthophora,   Megachile,   Anthidium,  ecc.    I    femori  posteriori  sono 

ingrossati  nei  maschi  di  Aga- 
posiemon,  fra  gli  Andrenidi  ;  tutte 
le  zampe  più  corte  e  robuste  nel 
maschio  dei  ilitine,  tra  gli  Sco- 
liidi. 

Nei  soli  Oxyhehis  il  maschio 
mostra,  sulla  fronte,  un  breve 
tubercolo  corniforme e  nei  Bombe* 
questo  sesso  ha  una  cresta  den- 
tiforme,  prominente  uel  mezzo 
del  2."  e  6.°  segmento  ventrali, 
oppure  da  1  a  3  spine  si  ve- 
dono uell 'estremiti  dell'addome 
negli  Sti:na,  fra  i  Crabronidi.  A 
questo  o  poco  più  si  riduce  il 
dimorfismo  sessuale  negli  Ime- 
notteri. 

Quanto    ai    Ditteri,    l'atteri- 

smo  vi  è  abbastanza  esemplificato,  sebbene  gruppi    interi,  dei  più  elevati,  ne  siano  esenti. 

Anche  a  prescindere  dagli  Afaxitteri,  che  sono  omeomorfi  atelici  e    si  possono    considerare 

arrestati  in  ambedue  i   sessi  ad  egual  livello,  cioè  allo  stato  di  eoninfa,  venendo  ai  Ditteri  veri 


l'ig.  441.  —  I  due  sessi  ingranditi  di  un  Dittero  Termitofilo  (Eci- 
tomyia  tchee.leri  Brues).  A,  femmina;  B,  maschio;  a,  rt,  grami, 
nat.  Da  Brues. 


416 


CAPITOLO    QUINTO 


Fig.  442.  —  Dicranophora 
falcifera  Macq.  ilei  Bra- 
sile, ingrandita.  Da  Girard. 


si  veile  cbe  molto  spesso  e  volentieri  i  Pupi  pari  sono  atteri  oineomorfici,  essi  pure  da  conside- 
rarsi arrestati  allo  stadio  di  eoninfa;  talora,  qualche  specie  perde  le  ali  dopo  un  certo  tempo, 
nel  quale  ne  ha  goduto,  e  ciò  per  mutazione  di  ambiente. 

Negli  Ortorafi  si  hanno  begli  esempi  «li  atelia  omeomorfica  e    più    frequentemente  dimorfica 
sessualmente  con  difetto,  per  lo  più,  della  femmina,   ma  non  sono  rari  neppure  i  casi  di  polimor- 
fismo,  dei  quali   si  dirà  a  suo  tempo.   Talora  anche  i  bilancieri  sono 
più  o  meno  ridotti  o  rudimentali. 

Fra  i  Cecidomidi,  nei  generi  ìfasman niella,  Monardia  ed  in  altri 

si  trovano  specie  con   femmine  attere   ed    a  bilancieri  ridotti  ;  fra  i 

Micetofilidi  gli   Epidupua  hanno  femmine    attere   e  senza    bilancieri  e 

maschi  probabilmente  alati;    nelle     Beriea  anche    il    maschio  è  bra- 

chittero  e  nelle  Bradysia  la  femmina  ha  ali  corte  ed  inette  al  volo, 

mentre  è  probabile  che  i  maschi  possano  volare.    Nei  Chironomidi  i 

Cimilo,   le  cui  larve  si  ritengono  parassite  di  Molluschi  marini   \M;i- 

Ulna,  Palella]  hanno  femmine  attere  e  maschi  alati  ;  le  Psamathiomyia 

e  gli   Halizytus,    che    vivono  sulle  alghe  degli  scogli  sommersi,  sono 

brachittere  in   ambedue  i  sessi,     ma  più  nelle  femmine.   Fra  i  Tipu- 

lidi  merita  essere  ricordato  il  genere   Chionea,  che  vive  nei   musoni 

delle    grandi    altezze,    in   contatto    colla  neve,   nel  quale  ambedue   i 

sessi  sono  atteri,   sebbene  fomiti   di  bilancieri;   in   alcune  specie  di   Tìpnla  le  femmine    hanno  ali 

piii   brevi  dei   rispettivi  maschi;   ma  nel  genere  Dieranota  ed  in  qualche  altro  è  invece  il  maschio 

brachittero  in  confronto  della  femmina  alata,   il  che  è  anche  nelle  Pentheria,  fra   i  Bibionidi. 

Casi  di  atterismo  a  vario  grado  in  ambedue  i  sessi  o  solo  nelle  femmine  si  rilevano  anche 
iu  parecchi  generi  delle  famiglie  Empidi  [Tachista, 
Chersodromia),  di  Sciomizidi  (Seiomyza) ;  di  Geomi- 
zidi  (Geomy:a,  Anlhomyza)  ;  di  Ephrididi  (Apaiaenns); 
di  Oscinidi  [Oacinia,  Elachiptera)  ;  di  Borboridi  (Ple- 
remis,  Apterina,  Anatalanta,  Aptilolns,  ecc.).  Nei 
Foridi  molti  generi  sono  Mirmecofili  o  Termìtofili  e 
presentano  casi  di  atterismo  a  vario  grado,  con 
prevalenza  di    riduzione  nelle  femmine    (tìg.  441). 

Né  fra  i  Ditteri  Ortorati  Brachiceli,  ad  abitudini 
spiccatamente  aeree,  uè  fra  i  Ciclorafi  Ateliceri,  nei 
Sirtidi  e  nei  Mnscidi  Calitteri,  si  trovano  casi  di 
atelia  nello  sviluppo   delle  ali  iu  alcun  sesso. 

È,  invece,  da  citarsi  un  curioso  e  rarissimo 
caso  di  ipermorfismo  però  omeomorneo;  nella 
strana  e  vistosa  appendice  corniculiforme,  in 
cui  si  allunga  lo  scutello  nella  Dicranophora  fur- 
cifera  Macq.  del  Brasile  (lig.  442).  Anche  all'iper- 
morlisino,  o  meglio  alla  evoluzione  vera,  devesi 
ascrivere  il  caso  nella  duplicità  dell'occhio  com- 
posto   nella    Blepharocera,    poiché   qui  è  comune  ad 

ambedue  i  sessi  (lig.   443).   Invece,   a  proposito    degli    occhi     composti,     il    caso    già    riferito    dei 
Bibio  (fig.  444)  è  veramente  un  bell'esempio  di  dimorfismo  sessuale. 

In  conclusione,  anche  pei  Ditteri  vale  quanto  si  è  già  affermato  per  tutti  gli  Insetti  che, 
cioè,  in  quelle  specie,  nelle  quali  sono  facili  l'esistenza  (ectoparassitismo,  commensalismo)  e  la 
diffusione  della  specie  pel  contatto  fra  ospiti  o  per  la  vita  in  ambienti  ristretti  e  riparati,  la 
femmina,  più  che  il  maschio  tende  a  perdere  la  facoltà  del  volo  e  questo  ultimo  sesso  segue 
questa  abitudine  più  lentamente,  collo  scemare  della  necessità  di  lunghe  peregrinazioni,  per  la 
ricerca  dell'altro  sesso   in  omaggio  alla  obbligatorietà  dell'incrocio. 

Quanto  poi  a  differenze  sessuali  secondarie,  relative  ad  altri  organi  o  ad  abitudini  diverse 
nei  due  sessi,  è  bene  rammentare  che  mentre  tali  diversità  sono  meno  manifeste  o  nulla  affatto 
nei  Ditteri  più  alti,  esse  mostrano,  invece,  numerosi  e  begli  esempi  sopratutto  nei  Nematoceri 
e  quivi,  ad  es.,  in  molti  generi,  il  maschio  ha  le  antenne  assai  densamente  ed  elegantemente 
piumate  in  confronto  delle  rispettive  femmine.  Ne  siano  esempio  le  Zanzare,  con  molti  Tipulidi 
ed  altri  Nematoceri  (Choretra,  Chironomia,   Ctenophora,   Bìliphidia ;   fig.  445). 


Fig.  443.  —  Testa,  molto  ingrandita,  ve- 
duta di  faccia  di  Blefaroceride  {Bibio- 
cepltala  eleyantula  Eod.),  o,  oi  i  due 
occhi  composti.  Da  Kellog. 


L'ADULTO    K    GLI    ATTI    PKIt    LA    CONSKliVAZIONIC    DELLA    SI'UCIU 


417 


Nei  Tabanidi   è  diversamente  foggiata  l'armatura  boccale  nei  due  sessi  e  ciò  in  rapporto  col 
differente  regime. 

Negli  Stratiomidi   il  torace  ò  piti  villoso  nei  maschi  che  non  nelle  femmine.  Nelle  Volucelle 


Fig.  444.  —  Biftio  Itortulanus  L.  A,  testa  della  femmina  veduta  di  faccia;  B,  testa  del  maschio  veduta  di 
faccia  mostrante  gli  enormi  ocidii  composti  superiori  ;  C,  la  stessa  di  lato,  per  vedere  anche  gli  occhi 
composti,  inferiori,  più  piccoli.  Egualmente  ingranditi. 


la  setola    antennale    b    più     lunga    nel    maschio;     nelle   Ceratiti!  questo  sesso  mostra  due  setole 
terminanti  a  spatola,  inserite  sulla  fronte;   nei  Bibio  si  nota  un  caso  di  dimegetismo,  nel  quale 
il    maschio    è    più  piccolo,  seb- 
bene a  testa  più  voluminosa  della 
rispettiva  femmina,  ecc. 


Altre   differenze   sessuali 
secondarie. 

Per  altro  ancora,  come 
si  è  detto,  possono  ancora 
differire  i  due  sessi,  in 
rapporto  a  speciali  e  dissi- 
mili  maniere   di  esistenza. 

Eegime  alimentare. 
Difagia.  —  Può  essere  di- 
verso il  regime  alimen- 
tare nei  due  sessi  e  ciò 
pure  in  base  ad  esigenze 
diverse  per  l'uno  in  con- 
fronto dell'altro. 

Il  caso  più  comune,  se  non  unico,  è  questo  che,  cioè,  la  femmina  ricerchi 
per  suo  nutrimento  sostanze  molto  più  ricche  di  albuminoidi  che  non  il  rispet- 
tivo maschio.  Ciò  è  in  rapporto  colla  riproduzione,  poiché  la  femmina,  in  tal  modo, 
può  ottenere  presto  e  facilmente  le  sostanze  proteiche  necessarie  alla  prepara- 
zione del  tuorlo  delle  sue  uova.  Spesso,  adunque,  anche  la  maniera  di  organi 
boccali  è  diversa  nei  due  sessi,  ma  tale  differenza  è  pienamente  giustificata  dalle 
necessità  sopra  dette. 

Siccome  le  sostanze  proteiche  abbondano  nell'organismo  animale,  cosi  può 
accadere  che  le  femmine  sieno  parassite  d'altri  animali  o  succhiatrici  del  sangue 

A.  Bbrlese,  Oli  Inietti,  II.  —  63. 


Fig.  445.  —  Capi  di  Zanzara  veduti   dal  dorso:  A,    di    maschio 
(da  Roesel);  B,  di  femmina.   Ingrani!. 


418  CAPITOLO    QUINTO 


dei  Vertebrati,  mentre  i  maschi  rispettivi  non  hanno  cotali  abitudini.  Molti  Dit- 
teri (Tafani,  Zanzare,  Glossine,  ecc.),  i  cui  maschi  si  nutrono  del  succo  dei  fiori, 
ne  sieno  esempio. 

Talora,  mentre  il  sesso,  che  reca  le  uova,  si  nutre  abbondantemente  per  tutta 
la  sua  esistenza,  invece,  l'altro  perde  addirittura  gli  orgaai  boccali  e  le  fun- 
zioni del  tubo  digerente,  che  resta  ridottissimo,  almeno  durante  lo  stato  di 
adulto.  Ne  sieno  esempio  i  Coccidei  ed  altri  Omotteri  dei  più  bassi. 

Negli  Imenotteri  aculeati  i  pezzi  boccali  sono  molto  meno  sviluppati  che 
non  nei  maschi,  ecc. 

Dioplismo.  Pungiglioni.  —  In  relazione  alla  minor  importanza,  che  banno 
gli  individui  maschili  nella  conservazione  della  specie,  che  non  quelli  dell'altro 
sesso,  i  quali  recano  in  sé  la  figliolanza  avvenire,  il  maschio  è  fornito  meno  bene 
della  femmina  o  non  più  d'essa  di  organi  offensivi  e  difensivi. 

Il  terribile  pungiglione  degli  Imenotteri  aculeati  spetta  alle  sole  femmine. 
Questo  classico  e  molto  chiaro  esempio,  il  quale  mostra  che  la  più  terribile  arma 
offensiva  e  difensiva  è  data  alla  femmina,  può  concorrere  a  dimostrare  che  anche 
tutti  quegli  altri  organi,  processi,  appendici,  i  quali  sono  così  sviluppati  nei 
maschi  e  nulli  o  rudimentali  nelle  femmine  e  che  per  essere  di  aspetto  terrifi- 
cante e  talora  anche  usati  in  combattimento  sono  stati  ritenuti  per  armi  serie 
e  molto  usate,  spettano  veramente  piuttosto  al  complesso,  che  si  convenne  di  de- 
finire per  ornamentale;  non  sono,  cioè,  che  un  attributo  della  specie,  di  finalità 
incerta,  anziché  a  scopo  veramente  difensivo. 

Le  armi  naturali  sono  date  non  tanto  a  difesa  dell'individuo  per  sé,  ma 
piuttosto  in  relazione  alla  conservazione  della  specie. 

Avviene  così  che  le  femmine,  le  quali  debbono  esse  solo  provvedere  alla 
difesa  propria  ed  a  quella  della  figliolanza  sieno  armate  non  meno  bene  o  meglio 
dei  maschi  e  tutto  quanto  hanno  in  più  questi  ultimi,  che  possa  sembrare  attri- 
buibile a  mezzo  offensivo  o  difensivo,  non  ha  veramente  tale  scopo,  neppure  in 
rapporto  alla  conquista  della  femmina. 

Nei  casi  di  un  sistema  simbiotico  :  famiglia,  società,  ecc.,  può  benissimo  ac- 
cadere ed  accade  anzi  il  più  spesso,  che  l'ufficio  della  difesa  del  sistema  stesso 
sia  affidato  ad  un  sesso  od  a  neutri  appositamente  di  ciò  incaricati  ed  in  tale 
caso  la  forma  generante  può  deporre  le  armi  od  esserne  meno  bene  fornita. 

Eiassumendo,  per  quanto  riguarda  queste  ultime  differenze  sessuali  secon- 
darie, può  esser  detto  che  esse  si  richiamano  a  funzioni  del  massimo  rilievo  in 
favore  della  specie  e  sono  destinate  ad  accrescerne  la  facoltà  moltiplicativa,  seb- 
bene entrino  in  gioco  dopo  avvenuto  l'atto  della  fecondazione. 

Perciò,  tali  funzioni,  colle  variazioni  morfologiche  concomitanti,  subiscono 
assai  difficilmente  influenze  estranee  e  variazioni  comunque  ;  esse  sono  di  una 
grande  stabilità  e  possono  conservarsi  anche  al  seguito  della  più  intensa  azione 
neotenica,  permanere  cioè  non  meno  tenacemente  delle  più  importanti  fra  le 
funzioni  secondarie  e  caratteri  relativi. 

Non  è  qui  il  caso  di  trattare  di  differenti  maniere  dei  mezzi  protettori  a  sola  difesa,  come 
si  vedono  ad  esempio  negli  scudi  riparanti  talune  Cocciniglie,  per  le  quali  i  maschi,  durante  la 
ninfosi,  sono  meno  bene  protetti  delle  rispettive  femmine. 

Tutto  ciò  appartiene  ad  un  altro  ordine  di  fatti  e,  per  quanto  si  possano  rilevare  delle 
differenze  sessuali,  sarà  il  caso  di  trattarne  a  proposito  dei  mezzi  difensivi  comuni  a  tutte  le 
forme  (e  non  solo  alle  adulte)  nel  gruppo  degli  Insetti. 


l'adulto  k  glj  atti  per  la  conservazione  della  specie 


419 


Polimorfismo. 


L'individuo  e  la  specie,  come  ogni  cosa  al  inondo,  che  non  è  identica  se  non 
a  sé  stessa  e  per  l'istante,  variano  di  continuo,  il  primo  nei  diversi  momenti,  la 
seconda  nei  vari  momenti  e  nei  singoli  individui. 

Mostri  la  tìg.  446  come  variano    le    ali  in    una  specie  di  insetto,  che  ninno 
vorrebbe  chiamare  polimorfo,  così  come 
non  si  direbbe  della  specie  umana,  se 
non  con  pari  fondamento. 

Ma  quando  i  limiti  della  variabilità 
sono  molto  ampi  e  le  variazioni  stesse 
vistose  oltre  il  consueto,  allora  si  parla 
più  specialmente  di  polimorfismo  (1). 

I  limiti  sono  adunque  fissati  del 
tutto  arbitrariamente  e  soggettivamente 
e  la  parola  si  richiama  alla  moltepli- 
cità di  forme,  come  di  colorazioni  o  di 
stature. 

Considerato  il  fenomeno  in  senso 
largo,  non  possiamo  escludervi  le  va- 
riazioni di  uno  stesso  individuo  in 
epoche  diverse,  siano  esse  dipendenti 
dall'età  (progressive),  o  da  speciali 
circostanze  estrinseche  (stagioni),  od 
intrinseche  (livrea  di  nozze1,  a  ricor- 
renza periodica.  Queste  ultime  non  ap- 
partengono agli  insetti.  Inoltre  si  pos- 
sono rilevare  variazioni,  più  cospicue 
delle  ordinarie,  da  individuo  ad  indi- 
viduo. Questo  ed  i  precedenti  sono 
casi   di  polimorfismo  individuale. 

Seguono  quelli  di  polimorfismo  col- 
lettivo, cioè  di  un  sesso  in  confronto 
dell'altro  (dimorfismo  sessuale,  di  cui 
si  è  già    detto)  ;    o    la    molteplicità    di 

serie  di  individui  con  uffici  speciali  (caste),  simultanee  in  una  stessa  specie;  odi 
generazioni  intere  alternantesi  in  epoche  diverse;  od  altre  condizioni  differenti 
fra  loro  (polimorfismi  di  stagione,  di  ambiente  diverso,  ecc.).  La  alternanza  (rego- 
lare od  irregolare)  delle  diverse  serie  di  individui  distingue  i  fenomeni  di  poli- 
morfismo dai  casi  di  vere  e  proprie  variazioni  più  stabili  (varietà). 

Questa,  del  resto,  è  una  via  alla  creazione  di  specie  nuove,  per  noi  diretta- 
niente  riconoscibile. 


Fig.  446.  —  Contorni  di  femmine  ili  Saturnia  pyri, 
per  mostrare  come  variano  le  ali  da  individuo  ad 
individuo.  Tra  A  e  B  ai  trovano  molte  forme  in- 
termedie; C  rappresenta,  nella  parte  rigata,  la  dif- 
ferenza tra  le  due  forme  A,  B,  sovrapposte.  Metà 
della  grandezza  naturale. 


(1)  La  voce  non  è  precisa,  perchè  comprende  differenze  non  solo  di  forma  del  corpo  e 
degli  arti,  ma  quelle  ancora  di  statura,  colorazione,  ecc.  Sarebbe  meglio  usata  altra  parola,  come, 
ad  es.  Eterotelia,  che  abbraccia  le  condizioni  di  eteromegetiemo  o  polimogetismo,  di  eterocromiimo  o 
policromUmo,  ecc. 


420 


CAPITOLO    QUINTO 


Nello  stesso  | 
individuo     ! 


Nello  stesso 

momento 
(Atimmetria) 

In    momenti 
diversi 


Polimorfismo 

collettivo. 

Intere  caste 

di   individui 

eguali 

sono  diverse 

fra  loro 

Eterogonia  e.  1.) 


6.  In  differenti    individui 


Caste  diverse  viventi  in 
comune  od  in  ambienti 
conformi 

Caste    diverse    viventi    in 
ambienti  diversi 


Tali  diverse  condizioni  sono  esposte   nella  seguente  tabella  : 

1.  Le  due  metà    del    corpo    appartengono    allo 
stesso  sesso   (Eteromisia). 

2.  Le  due  metà  del  corpo  appartengono  a  sessi 
diversi   (Anormale:    Ginandromorfismo). 

Polimorfismo  In   momenti     t  3.  Periodico  (Eteroptia). 

individuale  '  diversi  |   4.   Progressivo  (Metamorfosi  s.   1.). 

(Eteroidla)  Maschili  (Pecilandria). 

Femminili  (Peeiloginia). 
D'ambedue  i  sessi   (Anfipecilia). 
1    Sterili  (Jgonopecilia). 
|  Giovanili  (Pedopeciìia). 
6.  Gli  individui  di  un  sesso  differiscono  da  quelli  dell'altro  (Dimorfitmo  sessuale). 

Caste  sincrone  J  7.  Polimorfismo  sociale. 

(Polifilia)        (   8.   Polimorfismo  non  sociale. 

9.  Caste  eterocrone  (Polimorfismo    di    stagione: 
Or  amorfismo), 

10.  Polimorfismo  periodico    (Eterogonia  s.   str.). 

11.  Polimorfismo  permanente  (per  tempo  indefi- 
nito :    Varietà)    (1). 


Taluna  di  queste  condizioni  può  intervenire  per  entro  qualcuna  delle  altre 
ed  è  così  che  si  crea  una  anche  maggiore  molteplicità  di  forme,  sempre  nell'am- 
bito della  medesima  specie,  doude  uua  rilevante  varietà  ed  un  lavoro  non  facile 
ad  ordinarle  razionalmente. 

Così  il  dimorfismo  sessuale  può  intervenire  in  tutti  i  casi  di  polimorfismo  individuale  o 
collettivo;  e  così  pure  il  polimorfismo  progressivo;  infatti  le  variazioni  indicate  nel  n.  4  dipen- 
denti da  età  (progressive)  intervengono  sempre  per  entro  gli  altri  casi;  ma  le  ricorrenti  3)  non 
spettano  agli  Insetti,  eco. 

Per  ciò  che  riguarda  la  esplicazione  di  questi  fenomeni  osservo  che,  per  ta- 
luno di  essi,  la  ragione  è  intuitiva,  perchè  necessaria,  così  ad  es.  per  le  variazioni 
individuali  progressive  (n.  4  della  tabella)  è  ovvia  la  necessità  a  chi  pensa  che,  come 
il  contenente  non  può  essere  eguale  al  contenuto  (od  il  tutto  alle  parti,  in  casi  di 
riproduzione  agamica),  così  la  madre  deve  essere  diversa  dal  figlio  neonato,  almeno 
nella  statura.  Di  qui  una  serie  di  modificazioni  dallo  stato  giovanile  all'adulto,  che 
qui  si  denominano  metamorfosi,  prendendo  la  voce  in  senso  assai  largo,  cioè 
tale  che  abbracci  anche  le  impercettibili  variazioni,  che  accadono  nell'individuo, 
di  continuo,  fino  a  quelle  vistose  trasformazioni,  che  sono  indicate  dalla  voce 
stessa,  presa  in  senso  ristretto. 

Così  pure,  si  comprende  la  opportunità  di  altre  variazioni  nello  stesso  indi- 
viduo, che  dipendono  da  ufficio  diverso  nuovamente  assunto,  come  ad  es.,  l'ad- 
dome, che  cresce  subitamente  ed  in  modo  spettacoloso  in  talune  femmine,  per 
l'incremento  delle  uova;  la  perdita  di  ali  dopo  il  volo  nuziale  coll'inizio  di  vita 
sedentaria  in  ambienti  circoscritti  (Formiche,  Termiti),  o  per  nuove  condizioni  di 
parassitismo  (Liptotena,  Ascodipteron);  ma  non  si  comprende  affatto  la  necessità 
od  opportunità  della  eteromisia. 

Anche  pel  polimorfismo  di  casta,  di  stagione,  di  ambienti  diversi    la  neces- 


(1)  Più  esattamente  progressivo  (o  regressivo),  però  insensibilmente,  nella  lenta  variazione  della 
specie. 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


421 


sita  stessa  può,  in  molti  casi,  essere  messa  in  luce;  sempre  può  esserlo  l'oppor- 
tunità a  vantaggio  della  specie.  Pel  dimorfismo  sessuale  si  sono  già  spese  fin 
troppe  parole  a  mostrarne  la  ragione,  e  perfino  la  sua  necessità  in  qualche  caso. 
Rimane  quindi  solo  la  esplicazione  di  taluni  fatti  di  polimorfismo,  che  si  eserci- 
tano sui  vari  individui  e  quello  ancora  della  eteromisia,  della  quale  non  si  può 
arguire  che  la  probabile  causa  originaria. 

Li  indicheremo  brevemente  per  polimorfismo  individuale  ed  è  appunto  questo 
che,  non  mostrando  palese  necessità  a  vantaggio  diretto  della  specie  od  indiretto 
traverso  gli  individui,  non  è  mancato  di  affaticare,  più  che  gli  altri  casi,  la 
mente  del  naturalista  filosofo. 


Polimorfismo  individuale. 


Comprende  le  variazioni  in  uno  stesso  individuo  (nana.  1-4  della  tabella  prec). 
Lasciamo  da  parte  le  variazioni  individuali,  che  dipendono  da  età  diversa 
(metamorfosi  in  senso  largo),  e  quelle 
di  eteropsia,  delle  quali  ultime  si  è 
detto  che  non  appartengono  agli  In- 
setti, giacché  in  questi  Artropodi  l'ul- 
tima veste,  nella  quale  si  mostra 
l'adulto,  non  subisce  ulteriori  modifi- 
cazioni, almeno  periodiche. 

Ma  sulla  eteromisia,  fatto  cotanto 
singolare,  converrà  spendere  qualche 
parola,  come  pure  del  Ginandromor- 
tìsmo,  sebbene  quest'ultimo  comprenda 
solo  casi  di  anomalia. 

Eteromisia.  —  Talune  specie  di 
Insetti  sono  ben  note  per  l'asimmetria 
delle  due  metà  del  corpo  od  almeno  di 
taluni  organi,  e  questo  mentre  la  sim- 
metria, anche  degli  organi  interni,  è 
caratteristica  degli  Insetti. 


Fig.  417.  —  Due  maschi  molto  ingranditi  di  Analge- 
sidi  (Freyanini)  per  mostrare  la  caratteristica  co- 
stante asimmetria  delle  due  metà  del  corpo  e  degli 
arti.  A,  Freyana  (Michaelichus)  caputmedusae 
Trt.  ;  B,  F.  (M.)  heteropus  Mich.  Da  Berlese. 


In  altri  Artropodi,  ad  es.  in  talune  specie 
di  Acari,  ma  solo  nei  maschi,  i  casi  di  etero- 
misia sono  anche  più  cospicui  che  non  negli 
Insetti.  Specialmente  il  genere  Freyuna    ed    i 

suoi  sottogeneri,  fra  gli  Analgesini,  presentano  esempi  molto  vistosi  e  talora  anche  accompagnati 
da  variazioni  dall'uno  all'altro  individuo,  molto  singolari.  Riporto  qui  due  figure  (fig.  447),  l'ima 
della  Freyana  (Michaelichus)  heteropus  Mich.  e  l'altra  della  F.  (Mich.)  caputmedusae  Trt.,  i  cui  maschi 
sono  così   profondamente  eteromÌ9Ìci,   mentre  le  rispettive  femmine  sono  perfettamente  simmetriche. 

Altri  casi   fra  i  Crostacei  sono  anche  più  citati. 

Xegli  Insetti  il  fatto  dell'asimmetria  è  palese,  più  che  altrove,  negli  organi  boccali,  anzi 
nelle  mandibole  in  molte  specie  di  Coleotteri  e  sopratutto  nei  maschi.  Sono  esempi  questi, 
adunque,  di  eteromisia  combinata  coll'eteromortìsmo  sessuale. 

Nelle  Manticore  i  maschi  hanno  le  mandibole  più  sviluppate  che  non  nelle  femmine  e  ge- 
neralmente asimmetriche,  poiché  quella  di  destra  è,  per  lo  più,  maggiore  e  più  incurvata  del- 
l'altra. Il  Taphroderes  distortus,  citato  anche  dal  Darwin,  ha  le  mandibole  molto  più  lunghe  nel 
maschio  (fig.  448)  che  non  nella  femmina  e  nel  primo  quella  di  sinistra  è  assai  più  grande,  al- 
meno tre  volte,  che  non    l'altra    e    diversamente  configurata.  Fatti  analoghi,  sebbene  in  misura 


422 


CAPITOLO    QUINTO 


molto  mene  sensibile,  si  riscontrano  in  qualche  Lucanide  (fig.  449,  A),  ad  es.  del  gen.  Leptinopterus 
più  raramente  e  meno  vistosamente  in  qualche  Longicorne  ;  nella  Clytra  senegalrnsis  (maschio),  ecc. 
La  massima  parte  delle  specie  della  famiglia  Pattaìidae  (tig.  449,  B),  sono 
eteromisiche  per  la  forma  e  sviluppo  delle  mandibole  ed  ornamentazione  pla- 
stica del  capo.  Finalmente  va  ricordato  il  nostrale,  comune  Hister  inaequali», 
il  quale  mostra  la  mandibola  destra  del  maschio,  molto  più  lunga  che  non 
l'altra.   Anche  altre  specie  congeneri  fauno  vedere  tale  particolarità. 

Della  eteromisia  ermafroditica,  come  di  fatto  anomalo,  dirò  in  fine  del 
presente  cenno  sul  polimorfismo. 

La  eteromisia  si  spiega  pensando  alla  duplicità  del  soma  costituente  l'in- 
dividuo animale.  L'individuo  risulta  infatti  dalla  fusione,  o  meglio  concrescita, 
di  due  somi  distinti,  confusi  nella  linea  logitudinale  mediana,  sorto  ciascuno 
intorno  ad  una  cellula  genitale,  figlia  diretta  dell'unica  primitiva  rappresen- 
tata dall'ovulo.  Le  due  cellule  genitali,  come  figlie  gemelle,  danno  una  molto 
simile  proliferazione  somatica. 


Fig.  448.  —  Ta- 
phroderes  distor- 
tu8  m  a  8  o  b  i  o 
ingrandito  per 
mostrarel'asiw- 
metriadelleparti 
boccali.  Da  Dar- 
win. 


tità  fra  le  due  cellule  e  la  loro  proliferazione,  né  sempre  eguaglianza  di  sesso. 
Nessuu  individuo  è  perfettamente  identico  nelle  sue  due  metà  longitudinali. 
Tuttavia  le  differenze  sono,  ordinariamente,  così  modeste  da  nou  apparire 
troppo  vistosamente.  In  taluni  casi  però  tali  differenze  costanti  e  notevoli  si 
manifestano  assai  chiaramente,  sia  in  via  anormale,  d'onde  speciali  mostruo- 
sità, sia  normalmente  e  ciò  nelle  forme  eteromisiche. 
La  differenza  di  sesso,  poi,  fra  le  due  cellule  genitali,  rara  ed  anormale  negli  Insetti,  de- 
termina due  maniere  di  somi,  essi  pure  di  sesso 
diverso  e  la  forma,  che  ne  riesce,  è  ermafrodita 
o,  come  meglio  si  dice  in  questo  caso  degli 
Insetti,  ginandromorfa. 

Variazioni  da  individuo  ad  individuo.  — 
(S.  5  della  tabella).  A  questi  fenomeni 
più  comunemente  è  circoscritta  la  voce 
Polimorfismo,  presa  in  senso  largo,  per 
comprendere  cioè  anche  variazioni  che 
non  si  possono  ascrivere  giustamente 
alla  forma,  cioè  alla  configurazione 
degli  organi  esterni,  ma  appartengono 
alla  colorazione  od  alla  statura  dei 
singoli  individui,  come  si  è  detto;  sem- 
prechè  tali  differenze  siano,  come  si  è 
avvertito,  così    vistose  da  trascendere 

oltre  quelle  modeste  e  meno  sensibili,  che  intervengono  sempre  tra  individuo  ed 
individuo.  Abbiamo  dunque: 

1.°  Policromismo  (od  Eterocromia).  Differenze  di  colorito  fra  gli  individui 
di  uno  stesso  sesso  (età,  casta,  ecc.). 

2.°  Polimegetismo.  Pur  rimanendo  nel  modulo  della  organizzazione  gene- 
rale propria  alla  specie,  al  sesso,  all'età  od  alla  casta  nel  definitivo  stadio,  in 
questo  gli  individui  possono  essere  tra  di  loro  anche  vistosamente  diversi  di 
statura. 

3.°  Polimorfismo  strettamente  detto,  cioè  varietà  molto  sensibile,  fra  indi- 
vidui coetanei,  pertinenti  allo  stesso  sesso  o  casta,  nella  conformazione  di  taluni 
organi. 

Ricordiamo  alcuni  esempi,  fra  quelli  più  alla  mano  ed  appariscenti. 


Fig.  449.  —  Capi  di  Coleotteri  asimmetrici.  A,  Luca- 
nido  (maschio  di  Leptinopterua  V-niger  Hope)  del 
Brasile,  ingrandito  ;  B,  di  Passalide  ( Aceraìus 
grandis)  Burnì  ;  var.  Mrsutus  Kuwert,  dell'estremo 
oriente.  A  da  Camerano;  B  da  Gravely. 


I. MULTO    K    OLI    ATTI    PER    LA    COXSKRVAZIONB    DELLA    SPECIE 


423 


1.°  Policromismo.  —  A    parte  i  Lepidotteri,    dei     quali    si  /lira    più    specialmente  volta  a 
volta,   è  certo  che    casi    notabili    di     Policromismo  si   incontrano  comuni   nel    massimo  numero  di 
specie,   anche  degli  altri  gruppi  e  ciò  non   solo  rispetto  ai  colori  pigmentari  (chimici,  vedi  voi.  I, 
p.   4^3),  ma  anche  a  quelli   ottici.    Per  questi 
ultimi     vedansi    come  variano  le  tinte  di  pa- 
recchie speoie  a  riflessi  metallici  (Cetonia,  Rhyn- 
chites.    Anomala,  ecc.),  per  gli  altri  gli    esempi 
che  si  possono  recare  sono  innumerevoli,  basti 
però    accennare    al    fatto    che    variabilissima 


Fig.  450.  Fig.  451. 

Fig.  450.   —  Criooeris  asparagi  L.  per  mostrare  la  granilo  variazione  delle  macchie   (nere  su  fondo    rosso) 
"  in  due  individui  dtdlo  stesso  sesso.    Fra  i  due  si  notano   infinite   gradazioni.   Ingranditi.  Da  Chitteuden. 

Fig.  451.  —  Contorni  di  due  maschi  di  Calchosoma  atlas  L.  per  mostrare  la  differente  statura  ed  orna- 
mentazione. A,  maschio  omeomorfo  ed  onieomegetico  ;  B,  eteromorfo  ed  ipermegetico.  Ridotti  a  metà 
della  grand,  nat.   Da  Griffini. 


è  la  estensione,  disposizione,  ecc.  delle  macchie,  variegazioni,   zone  diversamente    colorate  sulla 
tinta  di  fondo  in  gran  numero  di   specie  e  questo  assai   vistosamente  (fig.   450). 

2.°  Polimegetismo.  —  La  diversa  statura  spesso  si  accompagna  col  diverso  grado  ornamen- 
tale, cioè  col  polimorfismo  stretta- 
mente detto.  Gli  esempi  più  varii, 
numerosi  ed  impressionanti  sono  of- 
ferti da  taluni  Coleotteri  ed  a  questo 
proposito  sono  classiche  le  famiglie 
dei  Lucanidi  e  dei  Lamellicornidi.  La 
annessa  fig.  451  mostra  due  limiti 
estremi  di  dimensioni  e  di  ornamen- 
tazioni in  un  Lamellicornide  e  la 
fig.  453  si  riferisce  ad  un  Lncanide. 
Individui  così  differenti  fra  loro  sono 
egualmente  numerosi  e  parimente 
fecondi. 

3.°  Polimorfismo  propr.  detto. 
—  Le  suddette  famiglie  di  Coleot- 
teri, con  molte  altre  in  quasi  tutti 
gli  ordini  (meno  che  nei  più  antichi, 
come  sono  gli  Ortotteri  e  nei  più  re- 
centi, come  i  Ditteri  e  gli  Imenotteri)  hanno  specie  con  individui  differentissimi  fra  loro  per  orna 
mentazioni  del  corpo  pur  trovandosi  nelle  medesime  condizioni  di  sesso  e  di  età,  habitat,  ecc. 
Vedansi  i  due  esempi  citati  a  tìgg.  451,  453. 


Fig.  452.  —  Due  forme  maschili  del  Pteistodontes  imperialis, 
imenotteio  del  gruppo  delle  Blaztophaqhe,  australiano.  A,  un 
maschio  supino;  B,  altro  maschio  differente,  prono.  Molto 
ingranditi.  Da  Froggatt. 


Gradi  della  variazione.  —  Anche  qui,  come  si  è  fatto  già  pel  dimorfismo 
sessuale,  per  giudicare  del  grado  e  natura  delle  variazioni  individali  bisogna 
richiamarsi  al  tipo  eumortìco  (quale  è  rappresentato  nella  specie  o  si  può  dedurre 


424  CAPITOLO    QUINTO 


col  confronto  di  specie  o  generi  aftìni  non  polimorfici)  e  di  qui  argomentare  dei 
gradi  di  indirizzo  verso  l'ipermorfismo  (polimorfismo  ornamentale  od  ipertelico) 
discesa  verso  l'atelisino  (polimorfismo  atelico).  Possono  valere  le  stesse  cose 
dette  appunto  a  proposito  del  dimorfismo  sessuale,  tenendo  conto  che  quanto 
colà  avviene  per  variazioni  dall'un  sesso  all'altro,  qui  accade  tra  individui  entro 
lo  stesso  sesso  e  nelle  stesse  condizioni  di  esistenza. 

Va  notato  però  che  in  una  stessa  specie  i  limiti  di  variabilità  consentiti 
sono  o  nel  solo  campo  involutivo,  oppur  nell'opposto,  cioè  nell'ipertelico;  mai,  per 
una  stessa  specie,  è  percorsa  tutta  la  scala  fra  i  due  limiti  estremi,  in  mezzo  ai 
quali  sta  l'eumortìsmo. 

Per  fissare  le  idee,  ad  es.  per  la  specie  indicata  a  fig.  451  (come  per  tutti  i  Diuastini  in 
generale),  il  tipo  eumorfico  è  rappresentato  dalla  forma  A,  che  sarebbe  il  maschio  omeomorfo, 
cioè  simile  alla  femmina  e  rappresenta  il  detto  tipo  non  pel  fatto  della  omeomorfia,  ma  perché 
la  forma  A  conviene  con  quel  modello  eumorfo  dei  Diuastiti  tutti,  che  si  è  indicato  già  a  fig.  394, 
IV,  A.  Il  polimorfismo,  in  questo  caso,  si  manifesta  nel  campo  ipertelico  od  ornamentale  e  va 
da  A  a  B  della  fig.  451.  Così,  pel  caso  dei  Lucanidi,  il  polimorfismo  è  tutto  di  tale  mauiera 
e  va  da  forme  corrispondenti  a  C-A  (maschili  ;  fig.  453),  delle  quali  la  C  rappresenta  il  tipo 
omeomorfo  ed  eumorfo. 

Variazioni  in  eapporto  ai  sessi.  —  Le  variazioni  da  individuo  ad  individuo 
possono  accadere  in  ambedue  i  sessi,  come  in  uno  soltanto.  Si  comprende  che  in 
questo  ultimo  caso  deve  anche  intervenire  il  dimorfismo  sessuale,  per  quanto  ta- 
luni rappresentanti  del  sesso,  che  varia,  possano  pur  essere  eguali  a  quelli  del  sesso 
immutabile,  ciò  che  esprimesi  colla  voce  omeomorfismo  (intendasi  anche  omeocromia 
ed  omeomegetismo)  ;  ma  altri  individui  del  sesso  variante,  saranno  più  o  meno 
diversi  da  quello  che  rimane  immutato,  donde  i  casi  di  eteromorfismo  (ed  etero- 
cromia,  eteromegetismo).  In  questo  caso  il  termine  di  partenza  pel  confronto,  cioè 
lo  stato  omeomortìco,  da  cui  gli  individui  di  un  sesso  divergono,  è  quello  rap- 
presentato dal  sesso  immutabile,  e  quindi  il  giudizio  dell'eteromorfismo  si  può 
fare  nell'ambito    della  stessa  specie. 

Invece,  allorché  gli  individui  propri  ad  ambedue  i  sessi  vanno  soggetti  a  po- 
limorfismo, si  possono  avere  più  casi  di  omeomorfismo  nel  paragone  di  variazioni 
corrispondenti  ed  a  pari  grado  fra  individui  dei  due  sessi;  ma  lo  stato  eumorfico 
non  può  essere  riconosciuto  se  non  per  confronti,  che  sconfinano  dalla  specie  in 
considerazione. 

Si  hanno,  dunque,  i  casi  seguenti: 

1.°  Poliandria  o  Pecilandria,  se  sono    i    maschi  quelli    che  mostrano  indi- 
vidui fra    loro  differenti,  in  confronto  di  una  sola  maniera  di  femmina; 

2.°  Poliginia  o  Peciloginia,  nel  caso  inverso  ; 

3.°  Anfipecilia,  quando  ambedue  i  sessi  variano  nei  loro  individui; 

4.°  Pedopecilia  o  Pecilopedia  allorché  si    riscontrano  varie    forme  giovanili 
o  rilevanti  diversità  in  queste,  pertinenti  ad  una  stessa  specie; 

5.°  AgoHopecilia,  quando    in    una    stessa    specie  esistono    più    maniere    di 
forme  neutre  (l). 


(1)  Quanto  ai  neutri,  meglio  detti  stirili,  <•■  bene  tenerne  parola  nel  polimorfismo  sociale 
poiché  essi  costituiscono  veramente  una  o  più  caste  ed  in  ciascuna  di  queste  gli  individui  non 
mutano  troppo.  Qui  però  sarebbero  anch'essi  a  lor  luogo,  poiché  si  può  dire  benissimo  che  l'Ape 
femmina  varia  in  un  polimorfismo  dallo  stato  eumorfico  (regina)  a  quello  atelico  (operaia), 
per  mancato  sviluppo  di  certi  organi.  Siccome  però  è  una  intera  casta  quella  che  così  deriva, 
per  una  speciale  maniera  di  involuzione  costante,  destinata  a  particolare  finalità  per  la  specie, 
così    è  bene  dirne  altrove. 


L'ADULTO    K    GLI    ATTI    PKK    LA    CONSKUVAZIOS-K    DKLLA   SPECIK 


425 


Quanto  al  grado  ed  indirizzo  della  variazione,  si  è  già  detto  che  le  vie  sono 
nel  polimorfismo  atelico  od 
involutivo,  cbe  dir  si  voglia, 
cioè  da  nno  stato  di  in- 
completo sviluppo  somatico 
fino  alla  condizione  e u morta 
(caso  «,  ad  es.  :  riduzione 
delle  ali)  od  in  quello  iper- 
telico  cioè  dalla  condizione 
eumorfa  a  quella  di  un  ec- 
cesso   ornamentale  (caso  b). 

Oltre  a  ciò  tengansi 
presenti  i  casi  di  variazioni 
nt'llo  stesso  individuo  per 
successivi  adattamenti 
(casi  e)  e  ciò  può  apparte- 
nere ad  uno  od  all'altro  sesso 
o  ad  ambedue  insieme. 

Vediamo  esempi  di 
tutto  ciò. 

Il  caso  l.°-n  (Pecilandria 
atelica)  è  rappresentato  dai  casi 
in  cui  a  femmine  eumortìche  od 
ateliche,  corrispondono  maschi  a 
diverso  grado  di  atelia,  talora 
tino  all'eumortìsrno.  Sono  da  ri- 
cordarsi i  maschi  di  alcune  specie 
di  Cocciniglie  ed  Afidi,  che  mo- 
strano diverso  grado  di  sviluppo 
delle  ali  fino  all'atterismo. 

Anche  talune  specie  di  Bla- 
stofaghe  hanno  due  forme  di  ma- 
schi ,  secondo  segnalò  primamente 
Fritz  Mailer  (1886),  cioè  l'una 
alata,  come  le  femmine,  l'altra 
attera  e  diversissima;  oppure  am- 
bedue attere  (tig.   452). 

Del  caso  l.°-6  (Pecilandria 
ipertelica)  sono  classico  esempio  molte  specie  di  Lamellicorni  e  di  Pettinicorni  (fig.  453),  con  in- 
dividui omeomorfi  ed  altri  eteromorfi  e  gradi  molti  intermedi. 
Lo  stesso  dicasi  delle  appendici  ornamentali  di  molti  altri  Co- 
leotteri. Kicordo  il  Bledhii  fauni»  (Statìlinide),  che  ha  due 
maniere  di  maschi,  gli  uni  col  corno  toracico  grandissimo  e  le 
corna  cefaliche  rudimentali,  gli  altri  sono  in  condizione  esat- 
tamente invertita.  Neil'  FAateroides  dermestoidei,  coleottero 
della  famiglia  dei  Cleridi,  una  sola  forma  di  femmine  esiste 
per  tre  di  maschi  (dermestoides  typus  :  var.  marci;  var.  niger). 
Le  pinze  dell'estremo  addome  delle  Forficule,  ridotte  nelle 
femmine  e  più  sviluppate  nei  maschi,  mostrano  esempi  di 
polimorfismo   (fig.   454). 

Anche    la    colorazione  segue,  talora,   variazioni  consimili, 
e  questo  ii  vede    sopratutto    nei    Lepidotteri,   pei  quali  è   ap- 
punto   nella    coloritura,    più    che  nella   forma,    che  si    rende 
evidente    la  differenza  sessuale.   Nelle   Lycaena,   che    sono     dicromiche,    i  maschi  di   talune  specie 

A.  Berlese,  Gli  Insetti,  U.  —  ni. 


Fig.  453.  —  Pecilandria  ipertelica  di  un  Lucanide  (Metapodontua 
umhangi  Fairm,);  A-C,  maschi,  A,  eteromorfo;  C,  omeouiorfo 
minimo;  B,  intermedio  ;  D,  femmina.  Graud.  nat.  Da  Plauet. 


Fig.  454.  —  Pecilandria  per  lo  svi- 
luppo dei  cerei  nei  Forficulidi.  A, 
estrema  addome  di  femmina;  B, 
del  maschio  omeomorfo;  C,  dell'e- 
teromorfo, fngrand.  Da  Sharp. 


426  CAPITOLO   QUINTO 


prendono  talora  la  colorazione  bruna  delle  femmine  e  rilevasi  anche  il  caso  inverso  (2.°-b).  In 
un  Chelonide  nostrale,  la  Nemeophila  plantaginis  si  trova  sempre,  mescolato  al  maschio  normale, 
uno  che  si  considera  per  varietà  (hospita),  diversamente  colorato,  mentre  le  femmine  sono 
tutte  eguali  fra  loro. 

Il  caso  2.°-(j  (Pecilogiuia  atolica)  si  riferisce  a  specie  in  cui  il  tipo  eumorfico  (più  di  rado 
ipermorfico)  è  rappresentato  dal  maschio,  mentre  l'altro  sesso  incorre  volentieri  nell'atelismo  ed 
in  questo  variano  sensibilmente  gli  individui,  come  si  giudica  dalla  riduzione  di  organi,  che 
sono  invece  in  condizioni  normali  nel  maschio.  I  piti  vistosi  esempi  e  più  ovvi  sono  dati  dalla 
involuzione  del  sistema  alare. 

Fra  i  Psocidi  molte  specie  (Kolbia  quisquiìiariim,  Graptopsocu»  cruciatila,  Caecilius  piceus,  se- 
condo Loens),  hanno  insieme  femmine  brachittere  ed  altre  macrottere.  Così  è  pure  fra  gli  Or- 
totteri veri  e  più  ancora  fra  gli  Emitteri   Eterotteri  (Sahlberg  e  Reuter)  ed  in  parecchi  Fitoftiri. 

Fra  i  Microlepidotteri,  gli  Acentropus  mostrano  insieme  femmine  alate  ed  altre  con  monconi 
d'ali;  Hardig  ricorda  che  le  femmine  di  un  altro  Microlepidottero  (Xysmatodonta  melane.Ua)  sono 
attere  in  Inghilterra  ed  alate  in  Germania;  ma,  nell'estate  del  1869  e  del  1870,  si  sono  trovate 
femmine  alate   anohe  inglesi. 

Il  Peyrimotì'  ricorda  che,  nella  Nuova  Zelanda  esiste  uno  Stafilinide,  il  Pachycorinus  dimor- 
phus,  la  cui  femmina  si  mostra  sotto  due  forme  assolutamente  distinte,  l'una  a  faccette  oculari 
numerose,  l'altra  quasi  cieca,  a  faccette  ridotte,  gli  altri  caratteri  rimanendo  invariati. 

Molti  sono  i  casi  di  Ditteri  a  femmine  ateliche  e  tra  questi  gli  esempi  di  polimorfismo  per 
diverso  grado  di  sviluppo  alare  non  sono  pochi. 

Quanto  all'ornamentazione  cromatica,  ognuno  comprende  che  è  difficile  fissare  il  tipo  eucro- 
mico  della  specie,  ma,  col  confronto  delle  affini,  ciò  è  meno  arduo.  Di  tal  maniera  si  possono 
elencare  casi  di  policromia  delle  femmine,  con  uu  tipo  omocromico  rispetto  al  maschio.  Così  si 
vede  in  taluni  Papilio.  Nelle  Lycaena  qualche  individuo  femmina  può  prendere  la  colorazione  del 
maschio. 

Negli  Agrion  (Pseudoneurotteri,  Odonati)  le  femmine  della  medesima  specie  possono  presen- 
tare due  colorazioni  differenti  delle  ali. 

Il  caso  2.°-6  (Pecilogiuia  ipertelica)  può  essere  con  maschi  eumorfici  od  ipermorfici  ;  il  caso 
in  confronto  di  maschi  eumorfici  è  raro.  L'esempio  classico,  è  offerto  dal  Papilio  meninoli  della 
Malesia,  Sumatra,  ecc.  (tav.  VI),  che  ha  più  forme  di  femmine,  alcuna  delle  quali,  altra 
volta  considerate  per  specie  distinte.-  Il  maschio  ha  le  ali  posteriori  rotondate  e  varia  poco, 
ma  è  certo  ipercromico  e  per  la  forma  delle  ali  si  accosta  alle  Ornithoplera,  che  sono  i  più  alti 
Ropaloceri.  Invece  le  femmine  sono  molto  variabili  e  se  ne  trovano  di  quelle  omeomorfe  (ad  ali 
posteriori  rotondate)  ed  altre  eteromorfe,  cioè  colle  dette  ali  prolungate  in  code.  Una  maniera 
di  femmina  (biitlerianus  Roth.,  tav.  VI,  lig.  2)  si  accosta  al  maschio  per  la  forma  e  colora- 
zione delle  ali  posteriori,  mentre  per  quelle  anteriori  rimane  al  livello  di  tutte  le  altre  forme 
del  suo  sesso  nella  stessa  specie. 

Per  dare  un'idea  del  grado  di  pecilogiuia  in  questa  specie  (come,  del  resto  in  molti  altri 
Lepidotteri)  basti  ricordare  che,  a  Borneo  e  Giava,  volano  insieme  ben  nove  forme  distinte  di  fem- 
mine, diverse  per  colorito  e  forma,  cioè:  gyrtia  ;  dobera  ;  Mera  :  iaarcha;  venusia  ;  anitra,  tutte  queste 
descritte  dal  Jordan;  inoltre:  laomedon  Cr;  imperiosa  Friihst;  achate.s  Sulz.  A  Sumatra,  si  trovano 
insieme  le  seguenti  femmine:  anceus  Cr.;  erebiniis  Haase;  trochila  Jord.;  gerania  Jord.;  sitolensis 
Friihst.;  ityla  Jord.;  liollopia  Jord.  Nell'India  settentrionale  e  nella  Penisola  Malacca  si  sono  tro- 
vate le  seguenti  forme  di  femmine;  rhetenorhina  Jord.;  biillerianiis  Roth. ;  esperi  Btl.;  vinias  Friihst.; 
phoenix  Roth.;  agenor  L.;  aloanor  Cr.;  distanlianns  Roth. 

Un  altro  esempio  bello  è  dato  dal  Papilio  merope  Cr.  (ora  dardanits  Brown),  che  ha  il  ma- 
schio ad  ali  posteriori  caudate  (fig.  455,  A)  e  parecchie  maniere  di  femmine,  di  cui  talune  eu- 
morfiche  (non  caudate,  hcinisi  Surf.,  D)  ;  altre  ipermorfiche,  caudate  (B,  C),  ma  varianti  di  co- 
lorazione. 

Insieme  colla  femmina  disegnata  a  tav.  V,  tìg.  2,  cioè  nell'Africa  occidentale,  volano  le 
seguenti  forme  di  femmine  della  stessa  specie:  hippocoon  F.;  niobe  Anriv.;  nioboides  Auriv.;  tro- 
phonissa  Auriv.;  benia  Sufi'.;  dionyssus  Dbl.,  tutte  fra  loro  ben  distinte.  Molte  altre  forme  di  fem- 
mine si  trovano  in   altre  località  dell'Africa  orientale,   al   Capo,   ecc. 

In  taluni  Ditiscidi,  mentre  i  maschi  hanno  le  elitre  liscie,  le  femmine  le  mostrano  scana- 
late per  lungo  in  circa  metà  della  loro  parte  anteriore  (fig.  416).  Però  vi  sono  comuni  femmine 
andromorfe,  cioè  ad  elitre  lisce.  Si  tratta  dunque  d'ornamentazione  più  accentuata  nelle  fem- 
mine che  non  nei  maschi  e  tuttavia  soggette  a  polimorfismo. 


L'ADULTO   K   GLI   ATTI    PER   LA   CON.SEUVA7.IONK   della   specie 


427 


Considerando  che  la  riduzione  della  nervulazioue  alare  può  essere  ammessa  come  un  indi- 
rizzo evolutivo,  può  essere  citato  qui  il  caso  dei  Neurothemis  (Neurotteri),  in  talune  specie  dei 
quali  le  femmine  mostrano  le  nervature  delle  ali  disposte  a  rete  fitta,  come  è  nei  maschi,  mentre 
in   altri   individui  dello  stesso  sesso,  essa  è  a  maglie  più  larghe. 

In  Coleotteri  Longicorui  del  genere  Doroadion  si  notano  femmine  eterocrome  ed  altre  omo- 
crome  rispetto  al  maschio. 


Ad  illustrazióne  del  caso  2.°-c  (Pecilo- 
ginia  atelica  per  successivo  adattamento),  ri- 
cordiamo gli  esempi  classici  delle  Formiche  e 
delle  Termiti,  le  cui  femmine,  dopo  il  volo 
nuziale,  dovendo  restringersi  a  vita  sotter- 
ranea, perdono  le  ali.  Le  Liptotena,  fra  i  Pu- 
pipaii,  hanno  femmina  alata  nel  primo  tempo 
in  cui  vivono  sugli  Uccelli,  ma  che  perde  le 
ali  adattandosi  successivamente  come  paras- 
sita di  Mammiferi.  Il  più  vistoso  esempio  è 
appunto  quello  degli  Aicodipteron,  Pupipari 
parassiti  dei  Pipistrelli,  la  cui  profondissima 
alterazione  della  femmina,  dopo  la  condizione 
alata  sarà  più  diffusamente  illustrata,  allorché 
si  dirà  degli  effetti  del  parassitismo. 

Nelle  sole  Termiti,  che  io  mi  sappia,  il 
maschio  segue  la  sorte  della  femmina  dopo  le 
nozze  e  sia  questo  l'esempio  (l.°-c,  polimor- 
fismo discendente  dei  maschi  per  successivo 
adattamento)  di  corrispondenza  alla  condizione 
indicata  più  su. 

Caso  3.°-a  (Anfipecilia  atelica).  La  ridu- 
zione a  vario  grado,  nel  campo  atelico,  co- 
nnine ai  due  sessi  mostra  esempi  numerosi 
sopratutto  fra  gli  Emittori  Eterotteri,  i  quali, 
in  molte  specie  fra  i  Geocorisi,  fanno  vedere 
casi  di  atterÌ8iuo  a  vario  grado  in  ambedue  i 
sessi.  Se  ne  è  già  detto,  ma  si  illustrerà 
anche   più  innanzi   (tig.   459). 

Il  caso  3."-')  (Anfipecilia  ipertelicai  è  hen 
raro  o  poco  evidente,  ma  se  ne  potrebbe  in- 
dicare qualche  non  vistoso  esempio  nei  Co- 
leotteri, ad  es.  per  la  ornamentazione  plastica 
del     corpo    e  protorace  nei   Copris  in  ambedue 


U  D 

Fig.  455.  —  Alcune  forine  del  l'apilìo  dardanus  Brown 
(=  P.  merope  Craiuer)  di  Africa,  ridotte  a  mela 
(eguale  riduzione  per  tutte;  faccia  superiore  delle 
ali).  A,  maschio;  B,  femmina  della  var.  antinorii 
Oberth.  di  Abissinia;  C,  var.  niaoioides  Kleit.  di 
Abissima;  D,  la  femmina  eumorfica  (/tienisi  Suff.). 


sessi.   Forse    a    proposito    della  ornamentazione 


cromatica  si   potrebbero  citare  esempi  meno  rari,  sebbene  in  misura  modesta. 

Cause  del  polimorfismo  individuale  (da  individuo  ad  individuo).  —  Non  ci  occuperemo 
qui  se  non  delle  cause  che  determinano  quel  polimorfismo  individuale,  che  si 
manifesta  nei  vari  individui  in  un  sesso  od  in  ambedue  (senza  una  ragione  o 
necessità  ben  evidente,  neppure  in  rapporto  all'opera  riproduttiva)  come  una  con- 
dizione di  cose  di  più  ardua  esplicazione. 

Una  causa  intrinseca,  da  richiamarsi  alla  cellula  genitale,  nella  sua  essen  • 
ziale  parte,  è  di  più  difficile  dimostrazione  e  potrebbe  anche  essere  revocata  in 
dubbio,  poiché  molti  dati  di  fatto  stanno  contro  a  tale  ipotesi.  Meno  difficile  è 
il  riconoscere  l'influenza  dell'ambiente  sul  complesso  somatico,  sia  nella  vita  em- 
brionale che  dopo  questa,  certo  con  più  sensibili  effetti  quanto  essa  influenza  più 
precocemente  si  esercita  nel  ciclo  di  sviluppo  dell'individuo.  Pegli  Insetti  olome- 
taboli  l'influenza  estrinseca  non  ha  effetto  se  agisce  dopo  la  chiusura  del  periodo 
larvale;  pegli  altri  può  (forse)  avere  efficacia  anche  di  poi,  cioè,  subito  dopo  la 
schiusura  dell'uovo. 


i'2H  CAPITOLO    QUINTO 


Massima  parte  può  essere  attribuita  alla  maniera  di  nutrizione,  se  cioè  più 
o  meno  abbondante  e  sostanziosa  o  con  particolari  attività. 

Conviene  tener  presente  quello  che  nelle  pagine  addietro  si  è  affermato  ed 
esemplificato,  che,  cioè,  per  quanto  riguarda  la  specie,  le  comodità  di  esistenza 
individuale  tendono  ad  incamminare  la  specie  stessa  per  la  via  involutiva,  quando 
però  non  facciano  ostacolo  le  esigenze  per  la  riproduzione. 

Nel  caso  inverso,  invece,  la  specie  è  costretta  alla  evoluzione  (vera,  cioè 
miglioramento  dei  suoi  mezzi  sensoriali  e  locomotori)  ben  inteso  però  quando  le 
condizioni  di  esistenza  individuale  non  divengano  così  difficili  da  incamminare 
la  specie  più  presto  alla  sua  scomparsa  che  non  alla  evoluzione. 

Ma  di  fronte  a  queste  cause  generali,  definite  da  tempo  e  solo  lentamente 
variabili,  che  determinano  la  fisonomia  della  specie,  secondo  un  determinato  mo- 
dulo, che  varia  con  lentezza,  per  noi  non  commensurabile,  stanno  condizioni  pe- 
culiari ambienti,  varie  per  ciascun  individuo,  le  quali,  se  sono  intollerabili  alle 
esigenze  dell'organismo,  uccidono  l'individuo,  che  ne  è  oggetto,  ma  se  non  ecce- 
dono in  tal  misura,  non  mancano  di  avere  altra  maniera  di  influenza,  più  o 
meno  sensibile,  sulla  organizzazione  dell'individuo  stesso.  Perciò,  fissati  ormai, 
nel  fabbisogno  della  specie,  il  modo  di  riproduzione  e  la  misura  di  fecondità  ed 
insieme  le  coudizioni  estreme  di  esistenza  individuale,  le  piccole  variazioni  in 
questo  ultimo  campo  hanno,  riguardo  agli  individui,  effetto  inverso,  perchè  se 
favorevoli  allo  sviluppo  dell'individuo  ne  permettono  il  maggior  differenziamento 
od  ipermorfismo,  che  dire  si  voglia,  ma  solo  nel  campo  ornamentale  (plastica  e 
cromatica)  od  in  quello  della  statura,  che  in  condizioni  favorevoli  tende  ad  aumen- 
tare (ipertelismo,  cioè  evoluzione  speciosa  od  ornamentale,  ipertelica  ed  ipermege- 
tica);  se  avverse  lo  immiseriscono  (atelia,  micrismo),  quando  non  lo  uccidano,  se 
eccessive. 

La  specie,  dal  momento  che  continua  ad  esistere  è  ormai  bene  impostata  per 
entro  le  condizioni  ambienti,  nei  suoi  limiti  sufficienti,  di  norma,  per  così  dire, 
ma  le  variazioni  accidentali,  che,  entro  questi  limiti,  possono  intervenire,  si  riper- 
cuotono sugli  individui,  col  determinarne  variazioni  secondarie,  entro  confini  se- 
gnati per  ciascuna  specie,  che  ne  delimitano  la  plasmabilità. 

Questa  facoltà,  come  ben  si  comprende,  è  diversa  per  ciascuna  specie  e  gli 
effetti,  quindi,  dell'influenza  dell'ambiente  variano  così  nella  vistosità  loro,  ri- 
spetto ai  singoli  individui. 

Influenza  della  nutrizione.  —  La  maniera  e  misura  di  nutrizione  è  la 
precipua  causa  dei  suddetti  fenomeni  e  ad  essa  possono  agevolmente  essere  ri- 
condotte cause  apparentemente  dovute  ad  influenza  dell'ambiente,  quando  si  dia 
alla  voce  nutrizione  il  più  vasto  significato,  non  solo  comprendendovi  anche  quella 
respiratoria,  ma  la  stessa  nutrizione  cellulare,  di  modo  che  vi  si  possa  includere 
anche  l'effetto  della  temperatura  ambiente,  della  luce,  ecc. 

L'influenza  della  nutrizione  si  esercita  in  due  modi  e  cioè  sia  per  la  natura 
del  cibo,  sia  per  la  misura  diversa,  di  cui  riesce  a  profittare  ciascun  individuo 
cioè  per  via  qualitativa  e  quantitativa.  In  questo  ultimo  caso,  sopratutto,  si  hanno 
effetti  differenti  su  individui  diversi,  e  di  qui  un  polimorfismo  individuale,  che 
può  essere  anche  molto  marcato.  Perciò,  di  quest'ultima  condizione  cade  acconcio 
parlare  subito. 

Ma  la  natura  del  cibo,  come  ad  es.  gli  organi  od  i  succili  di  una  data 
pianta  nella  medesima  stagione,  esercita  generalmente  la  sua  influenza  su 
un  certo  numero  di  individui  e  per  tutti  con  effetti  conformi,  donde  la  origine 
di  determinate  caste  e  l'opportunità  per  noi  di  dirne  a  proposito  del  polimorfismo 
collettivo,  cioè  più  innanzi. 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


429 


\l 


Quanto  alla  temperatura,  ordinariamente  essa  è  un  agente  più  generale,  perchè 
dipende,  più  che  altro,  dal  clima  della  località  e  della  stagione,  condizioni  queste 
che  agiscono  in  modo  comune  a  più  individui  insieme.  Ecco  perchè  l'influenza  della 
temperatura  si  manifesta  più  palesemente  colla  creazione  di  particolari  caste,  aventi 
caratteri  speciali  comuni  a  tutti  gli  individui,  che  le  compongono,  anziché  creare 
differenze  tra  questi.  Perciò  converrà  dirne  piuttosto  a  proposito  del  polimorfismo 
collettivo,  dove  si  vedrà  che  tale  causa  e  quella  della  diversa  natura  del  cibo 
possono  indurre  effetti  rilevanti  e  conformi  su  più  indi- 
vidui insieme,  i  quali,  appunto,  per  la  loro  speciale  orga- 
nizzazione ed  attitudini,  compongono  un  particolare  com- 
plesso, che  è  la  casta. 

l.°  (Colorazione).  Nei  Lepidotteri  sopratutto,  nei  quali  le  varia- 
zioni individuali  si  manifestano  piuttosto  nella  maniera  di  colorazione 
anziché  nel  senso  organoplastico,  sono  stati  studiati  gli  effetti  di  una 
nutrizione  larvale  diversa  per  quantità  e  qualità.  Molte  volte  quest'ul- 
tima maniera  di  nutrizione  rientra  nella  prima,  perchè  i  cibi,  variando 
di  qualità,  variano  insieme  nel  loro  coefficiente  nutritivo.  Le  moltissime 
esperienze  di  un  gran  numero  di  autori  (vedi  Bachmetiew,  1907),  su 
moltissime  specie  di  Lepidotteri,  hanno  mostrata  l'influenza  decisa  della 
quantità  e  qualità  del  nutrimento  larvale  sulla  colorazione  non  solo 
degli  adulti  ma  anche  delle  larve  stesse  e  ciò  contrariamente  ad 
idee  prima  ammesse,  che  cioè  tale  influenza  non  potesse  aver  luogo. 
Pictet  arriva  alla  conclusione  che,  in  generale,  il  cibo  scarso  o 
poco  nutriente  conduca  all'albinismo  e  la  condizione  opposta  al  me- 
lanismo.  Talune  specie  però  (  Vanessa  urticae;  V.  polychloros;  V.  io;  Psi- 
ìiu-a  monaeha;  Arotia  caja)  mostrano  effetti  decisamente  inversi.  Ad  ogni 
modo  la  influenza  della  natura  e  misura  della  nutrizione  sulla  colora- 
zione delle    Farfalla  è  un  fatto  pienamente  accertato. 

2.°  (Statura).  Per  ciò  che  riguarda  il  caso  2.°  ricordo  che  per 
gran  numero  di  Insetti  si  sono  fatte  esperienze  per  riconoscere  l'effetto 
del    diverso  grado  di  nutrizione  sullo    stato  definitivo  dell'insetto. 

L'aunessa  figura  (fig.  456)  mostra  i  limiti  di  variabilità  di  statura 
in  una  mosca  carnivora,  ottenuti  artificialmente  coll'arresto  di  nutri- 
zione a  differente  età  della  larva. 

Il  Ragusa  descrisse,  anni  sono,  un  Papilio,  che  chiamò  impuziano, 
straordinariamente  piccolo  rispetto  alla  mole  consueta  e  si  ebbe  dalla 
larva  privata  prematuramente  di  cibo.  G.  Koeli,  dietro  esperienze  e 
ricerche  sulla  Vanetta  in,  var.  ioides,  che  è  molto  più  piccola,  venne  alla 
conclusione  che  questa  varietà  è  dovuta  soltanto  a  larve  che  soffrirono 

la  farne.  Berlese  ottenne  due  adulti  di  Saperda  populnea  non  più  lunghi  di  17  niill.  da  larve 
che  non  avevano  ancora  completamente  accumulato  le  riserve  di  cibo  necessarie  alla  ninfosi  e 
che,   per  tre  mesi,   non  avevano  fatto  che  agitarsi  continuamente  per  togliersi   alla  cattività. 

Il  Planet,  in  seguito  a  sue  esperienze  su  Lucanidi,  riconobbe  che  gli  adulti,  sfarfallati  da 
larve  non  cibate  durante  un  anno  e  perciò  scemate  molto  di  volume,  sono  riusciti  molto  più 
piccoli  della  media  normale. 

Molti  altri  esempi  si  potrebbero  citare  in   proposito. 

Qui  dunque  si  vede  che  la  scarsezza  di  cibo  non  determina  un  grado  tale  di  arresto  di  svi- 
luppo da  importare  modificazioni  orgauiche  cosiffatte  da'  far  discendere  questi  Insetti  sotto  quel 
limite  morfologico  al  (piale  sono  destinati,  perchè  uè  il  Papilio  ha  perduto  i  suoi  caratteri  iper- 
morfici,  né  la  Mosca,  la  Vanessa  io  o  la  Saperda  (nielli  eumorttei.  Una  discesa  al  disotto  dei 
detti  limiti  sarebbe  incompatibile  colla  necessità  che  richiede  l'opera  riproduttiva  e  quella  ancora 
di    vita  dell'individuo.    In   simili   casi  non   può  soffrirne  che  la  statura. 

Quanto  ai  casi  di  polimorfismo  strettamente  detto,  ecco  quello  che  conviene  osservare. 
:ì.°  Polimorfismo  atelico  (caso  a  ricordato  a  pag.  425).  Specie  o  Bessi,  che  non  vanno    mai 
al  di  là  dell'eumorfismo,   risentono  degli  effetti    della   differente  misura  di  cibo    nella  quale    sono 


Fig.  456.  —  Diversa  sta- 
tura di  mosche  dome- 
stiche adulte,  nutrite  iu 
grado  diverso  durante 
lo  stadio  larvale.  1,  nu- 
trimento iu  misura  nor- 
male ;  6,  nutrimento 
ridotto  al  minimo  com- 
patibile colla  vita  del- 
l'insetto. Da  Graham- 
Smith. 


430  CAPITOLO    QUINTO 


allevati  gli  individui  a  seconda  che  l'euiuorfismo  è  una  condizione  necessaria  ed  imprescindibile 
o  non  è  cotale.  Nel  primo  caso  la  insufficiente  nutrizione  non  determiua  alcun  atelismo,  ma 
solo  una  riduzione  di  statura.  L'adulto  derivato  da  giovani  scarsamente  nutriti,  è  più  piccolo 
ma  egualmente  conformato  di  qualsiasi  altro  cresciuto  nell'abbondanza  (fig.  453;  si  rientra  nel 
precedentemente  detto). 

Nel  secondo  caso,  per  le  specie  o  sessi,  cioè,  nei  quali  l'euiuorfismo  non  è  di  stretta  neces- 
sità, la  differenza  nella  misura  del  cibo,  durante  gli  stati  giovanili,  non  si  ripercuote  che  poco 
o  punto  sulla  statura,  ma  si  esercita  invece  sulla  organizzazione,  così  che  ne  soffrono  certi  or- 
gani, che  non  si  sviluppano  altrimenti  secondo  il  modello  eumortìco,  ma  rimangono  piti  o  meno 
imperfetti,  d'onde  gradi  vari  di  atelia.  Di  solito  è  il  sistema  alare  quello  che  più  ne  risente  e 
perciò  vari  gradi  di  brachitteria  si  possono  incontrare  (fig.  459).  In  questo  caso  adunque,  a  dif- 
ferenza del  precedente,  avremo  un   polimorfismo  piuttosto  che  un  polimegetismo. 

4.°  Polimorfismo  ipertelico  (caso  b  ricordato  a  pag.  425).  Specie  o  sessi  ipertelici  si  tro- 
vano essi  pure  in  due  condizioni  differenti  rispetto  alla  medesima  influenza  determinata  dalla 
misura  del  cibo  assunto. 

Se  l'ipertelismo  è  ormai  condizione  immutabile,  per  quanto  non  uecessaria  al  nostro  giu- 
dizio, ad  es.  quando  esso  è  ormai  raggiunto  dai  due  sessi,  la  scarsità  della  nutrizione  non  ha 
effetto  se  non  polimegetico  e  mai  polimorfico,  secondo  si  è  detto.  Si  avranno  individui  piccoli, 
se  mal  nutriti,  ma  perfettamente  ornati  come  quelli  che  hanno  goduto  di  maggiori  comodità 
nutritive. 

Ma  se  un  solo  sesso  è  ipertelico  e  perciò  (presumibilmente)  tale  condizione  non  è  necessaria 
uè  stabile  ormai,  ne  soffre  anzitutto  l'ornamentazione  ed  insieme  anche  la  statura,  quel  grado 
cioè  di  ipermorfismo,  che  non  è  per  nulla  necessario  alla  validità  del  sesso  pel  suo  ufficio. 

Si  hanno  cioè  forme  piccole  e  inornate  rispetto  al  tipo  di  massimo  incremento  ipermorfico. 
Siccome  è  ordinariamente  il  maschio,  conforme  si  è  detto  a  proposito  del  dimorfismo  sessuale  (e 
se  ne  è  mostrata  la  ragione)  è  il  maschio,  ripeto,  che  più  spesso  si  evolve  uell'ipermorfismo, 
cosi  accade,  più  di  sovente,  che  esso  viene  ricondotto,  per  le  scarse  comodità  di  esistenza  incon- 
trate nella  sua  età  giovanile,  alla  coudizione  omeomorflca  ed  omeomegetica,  cioè  esso  tende  a 
divenire  fé  ni  ni  ini  forme  tanto  più  quanto  maggiore  è  stata  la  penuria  nella  quale  esso  è  vissuto. 
In  tali  casi  è  l'ipertelismo  che  si  mette  a  livello  direttameute  proporzionale  alla  misura  del 
nutrimento  goduto  dall'individuo. 

Influenza  della  nutrizione  sulla  determinazione  del  sesso.  —  Qui  cade  acconcio,  sebbene  l'argo- 
mento non  spetti  strettamente  alle  questioni  relative  al  polimorfismo,  di  spendere  qualche 
parola  per  esporre  come  risentano  la  sessualità  e  la  capacità  riproduttiva  della  influenza  della 
nutrizione  giovanile. 

Molti  autori  hanno  voluto  ricercare  l'influenza  della  misura  (e  natura)  della  nutrizione 
giovanile  dell'individuo  nella  determinazione  del  suo  sesso.  Tali  ricerche  soffrono  di  errori  e 
detìcenze  fondamentali. 

Anzitutto  il  sesso  dell'individuo  futuro  è  determinato  già  nell'embrione,  anzi  per  lo  n  eno 
nella  stessa  cellula  genitale  completa.  Ciò  si  sa  per  studi  diretti  ;  ciò  ognuno  può  argomentare 
considerando  i  casi  di  ginandromorfismo.  Infatti,  per  questi,  che  fanno  vedere  una  metà  dell'iu- 
dividuo  essere  di  sesso  maschile  e  l'altra  di  sesso  femmineo  (se  ne  citeranno  esempi  più  innanzi) 
nou  è  possibile  logicamente  ammettere  che  tali  forme,  per  quanto  anormali,  siano  derivate  da 
larve  nelle  quali  una  metà  sia  stata  nutrita  più  e  l'altra  meno  od  una  in  un  modo  e  l'altra  al- 
trimenti. 

È  un  fatto  però  che  dalle  diverse  maniere  e  misure  di  nutrizione  si  sono  ottenuti  sessi  in 
proporzione  diversa,  ma  uè  i  risultati  sono  costanti  per  la  stessa  specie,  né,  molto  meno,  para- 
gonabili fra  loro  o  corrispondenti  per  specie  diverse. 

Per  darsi  ragione  dei  risultati  e  della  differenza  loro  bisognava    tener    presente    lo    diverse 
condizioni  di  fatto  che  qui  si  espongono,  la  natura  delle  specie,  cioè,  sulle  quali  l'esperienza  si 
pratica  ed  altre  coudizioni  necessarie  ad  essere  considerate. 
1.°  Specie  omomegetiche  ; 
2.°  specie  eteromegetiche  e  tra  queste: 

a)  specie  andromegetiche  (a  maschi   di  dimensioni    maggiori    delle    rispettive  femmine); 

b)  specie  ginomegetiche  (cioè  nel   caso  inverso). 

Bisogna  anche  tener  conto  delle  esigenze  di  un  sesso  in  confronto  dell'altro,  sia  per  la  sua 
finalità,  sia  per  la  sua   plasticità. 


l'adulto  e  gli  atti  pkr  la  conservazione  della  specie  i:u 

Vediamo  anzitutto  quest'ultima  condizione. 

Ciascun  eesso  ha  esigenze  molto  diverse  rispetto  alla  finalità  sua,  cioè  alla  possibilità  di 
riescile  atto  al  suo  speciale  ufficio  riproduttivo. 

La  femmina  è  meno  plastica.  Il  volume  dei  suoi  ovari  e  conseguentemente  la  statura  del- 
l'individuo non  può  discendere  oltre  il  limite  compatibile  colla  esistenza  della  specie,  pel  numero 
minimo  necessario  di  uova.  Se  non  sono  possibili  economie  in  senso  atelico  (o  nello  stato  iper- 
mortìco  esso  sia  immutabile  nella  sua  ornamentazione,  cioè  nel  suo  superfluo),  la  statura  non  può 
variare  che  di  poco.  La  scarsità  di  cibo,  che  non  permetta  il  limite  minimo  compatibile  colla  fa- 
coltà riproduttiva,  o  toglie  via  questa  (atelia  genitale,  cioè  forme  sterili,  ristrette  alle  sole 
specie  sociali)  od  uccide  l'individuo. 

Pel  maschio  è  altra  cosa.  I  suoi  spermatozoi  sono  sempre  in  numero  di  gran  lunga  superiore 
al  necessario;  il  volume  dei  testicoli  è  ben  piccolo,  in  confronto  dei  rispettivi  ovari.  Perciò  la 
statura  del  maschio  può  essere  assai  più  ridotta  che  nelle  rispettive  femmine,  senza  che  esso 
riesca  un  essere  sterile,  donde  un  limite  di  riduzione  delle  dimensioni  assai  più  ampio  che  non 
nelle  rispettive  femmine  e  tale  riduzione  può  accadere  in  tale  misura  anche  nelle  specie  ad  di- 
morfismo necessario  ed  indeclinabile.  Nei  casi  poi  di  possibile  atelismo  o  di  ipertelismo  speciale 
a  questo  sesso  e  quindi  riducibile,  il  maschio  ha  un  campo  anche  maggiore  di  riduzione,  senza 
scapito  alcuno  della  sua  fecondità. 

Nei  casi  di  ipertelismo  maschile  l'organismo  ha  molta  economia  possibile  innanzi  a  sé  prima 
di  intaccare  la  facoltà  riproduttiva  dell'individuo.  Ne  consegue  che,  a  parità  del  grado  di  pe- 
nuria, questa  fa  più  vittime  tra  le  femmine  che   non  fra  i  maschi. 

Con  questo  datò  presente  si  giudichi  delle  diverse  possibili  risultanze,  quanto  al  mimerò 
di  individui  di  un  sesso  e  dell'altro,  che  possono  svolgersi  nei  diversi  casi  di  specie  olomegetiche 
od  andromegetiche. 

Nelle  prime  (cioè  nelle  olomegetiche  ed  omoteliche),  il  numero  di  vittime  del  sesso  femmineo 
(non  considerando  i  casi  di  sterilità)  è  sempro  superiore  a  quello  dell'altro  sesso,  ed  a  maggior 
ragione  ciò  avviene  nei  casi  di  ginomegetismo,  cioè  nelle  specie  nelle  quali  la  femmina  è  mag- 
giore del  maschio. 

Ma  nelle  specie  andromegetiche  può  accadere  effetto  differente,  a  seconda  cioè  che  la  statura 
del  maschio  è  fissa  o  che  esso  è  polimegetico.  Nel  primo  caso,  avendo  esso  più  esigenze,  diremo 
cosi  somatiche,  che  non  la  rispettiva  femmina,  può  accadere  che  esse  equilibrino  il  limite  pla- 
stico compatibile  colla  sua  facoltà  riproduttiva  e  quindi  la  mortalità  in  questo  sesso  raggiunga 
limiti  non  inferiori  o  superiori  a  quella  delle  femmine  a  pari  grado  di  penuria  di  cibo;  ma  nel 
caso  di  maschio  polimegetico,  cioè  molto  plastico  anche  nella  statura,  anche  se  questa,  di  re- 
gola, supera  quella  delle  femmine  (il  che  non  è  mai  in  misura  molto  grande)  le  cose  possono 
decorrere  molto  più  favorevolmente  al  sesso  maschile,  nel  senso  di  non  provocare  una  soverchia 
mortalità  rispetto  a  quella  delle  femmiue,  nei  casi  di  nutrizione  insufficiente. 

Come  si  vede  senza  la  base  di  queste  cousiderazioui,  fatte  specie  per  specie  e  caso  per  caso, 
tutte  le  esperienze  di  determinazione  del  sesso  dell'individuo  in  rapporto  alla  misura  di  nutrizione 
durante  i  suoi  stadi  giovanili,  oltre  che  essere  errate  fondamentalmente,  per  la  ragione  soprari- 
cordata, sono  campate  del  tutto  in  aria,  in  grazia  delle  altre  cause  di  errore  indicate.  Ecco  perchè 
qui  non  se  ne  tieue  ulteriormente  parola. 

Variabilità,  Evoluzione,  Ipertelia,  Atelia.  —  Consideriamo  ora  le  cause  della  diversa 
plasmabilità  delle  singole  specie,  cioè  della  variabilità  dei  caratteri  somatici  in 
taluni  gruppi  in  confronto  della  stabilità  in  altri,  il  fatto  cioè,  che  più  ha  dato 
origine  a  discussioni  ed  ipotesi. 

Anzitutto  fissiamolo  abbastanza  nelle  sue  linee  generali,  oltre  quanto  se  ne 
è  specificato. 

Il  primitivo  insetto  era  eumorfico  ed  omeomorfico,  una  forma  cioè  capace  di 
volare,  forse  non  egregiamente,  a  giudizio  di  quel  che  se  ne  vede  della  sua  or- 
ganizzazione (tìg.  457)  nei  resti  a  noi  noti,  e  non  difforme  nei  due  sessi.  Di 
qui  sono  mosse  quelle  maniere  di  variazione,  delle  quali  oggi  constatiamo  i 
tipi  principali. 

Evoluzione.  —  Un  primo  e  più  generale  indirizzo  è  quello  verso  la  cvoìn- 


432 


CAPITOLO    QUINTO 


sione  vera,  cioè  l'acquisto  di  sempre  più  delicati  e  ricebi  mezzi  sensoriali  e  di  più 
perfezionati  organi  di  locomozione,  verso  quella  perfetta  macchina  volante,  che  è 
oggidì  rappresentata  dagli  Insetti  più  alti.  Questo  eccellente  grado  di  evoluzione 
è  raggiunto  negli  Imenotteri  e  nei  Ditteri,  cioè  nelle  forme  più  alte  e  recenti. 
A  tale  concetto  si  è  già  più  volte  accennato  e  si  può  ammettere  che  tale  indi- 
rizzo sia.  nel  nostro  giudizio,  il  più  razionale,  come  quello  che  tende  a  dare 
all'organismo  la  massima  sensibilità  e  locomobilità,  ossia  due  coefficienti  ottimi 
al  benessere  della  specie  e  dell'individuo  ed  alla  facilità  della  sua  esistenza,  di 
fronte  a  difficoltà  ambienti  nuove  e  sempre  più  ardue,  specialmente  a  danno  della 
riproduttività. 

Questa  è  la  vera  evoluzione,  quel  progresso  cioè,  che  guida  gli  individui  e  le 
specie  verso  un'organizzazione  più  elevata,  capace  di  attività  psichiche,  diremo 
così,  più  alte,  che  tenda  insomma  a  nobilitare,  per  dire  con  una  parola,  la  specie 

nel  complesso  della  organicità  e  che  le  permette 
nuove  conquiste,  di  fronte  a  sempre  più  ardui 
ambienti  e  più  vasti  orizzonti. 

Non  è  dubbio  però  che  a  questo  progresso 
la  specie  muove  malvolentieri,  per  quella  inerzia, 
che  appartiene  ad  essa  non  meno  che  agli  in- 
dividui. 

Per  questa  inerzia,  la  tendenza  sarebbe  al- 
meno conservatrice,  più  volentieri  che  mai  invo- 
lutrice,  cioè  nel  senso  di  ottenere  il  medesimo 
scopo  con  uno  sforzo  ed  un  lavoro  minore,  ad  es. 
cedendo  parte  di  quel  patrimonio  di  organizza- 
zione rappresentato  dallo  stato  eumorfico,  con 
facile  e  comoda  discesa  verso  l'atelia. 

Che  la  via  verso  la  evoluzione  sia  più 
aspra  e  lenta  che  nou  nel  senso  inverso  è  mo- 
strato dal  fatto  che  la  prima  è  raggiunta  dagli 
Insetti  (per  limitarsi  al  nostro  caso)  solo  con  progresso  da  ordine  ad  ordine,  tra- 
verso tutto  il  percorso  dal  primitivo  Paleodittiottero  fino  agli  attuali  Imenotteri 
e  Ditteri,  mentre  la  discesa  (diretta)  verso  organizzazioni  involute  (atelia),  o 
l'apparente  ascesa  (involuzione  indiretta,  inizio  della  decadenza)  verso  organiz- 
zazioni arricchite  di  ornamentazioni  superflue  (ipertelia)  accade  nell'ambito  (limi- 
tato anche  pel  tempo)  di  ciascun  ordine  e  fino  di  genere,  di  specie,  di  individui. 

Ipertelia.  —  Ma  se  la  specie  non  può  degradare,  non  permettendolo  le  sue 
condizioni  di  esistenza  in  un  dato  ambiente  e  tuttavia  queste  non  sono  così  dif- 
ficili da  esaurire  tutte  le  energie  organoplastiche  della  specie  stessa,  allora  questa 
spende  altrimenti  quell'eccesso  della  sua  vis  formativa,  che,  col  sempre  migliore 
adattamento  al  nuovo  ambiente,  viene  ad  accumulare  e  si  incammina  per  quella 
condizione  ipertelica  ed  ipermegetica,  cioè  per  quell' ipermofismo  od  ipertelismo,  che 
dire  si  voglia  (intendasi  anche  ipercromia  ed  ipermegetismo),  che  rappresenta  un 
vero  lusso  ed  è  testimonio  di  ottime  condizioni  di  esistenza,  come  colui,  che, 
giunto  povero  in  paesi  nuovi,  sa  profittarne  abbastanza  a  suo  vantaggio,  ma  ha 
bisogno  continuo  di  tutte  le  sue  energie  per  ottenere  e  conservare  la  ricchezza. 
Questa  però  non  è  vera  evoluzione,  come  per  tale  non  possono  essere  indi- 
cate né  la  bellezza  uè  la  ricchezza,  due  condizioni  desiderabili,  ma  che  da  sole 
non  importerebbero  alcun  progresso  ;  anzi  può  essere  l'inizio  del  regresso  verso 
la  involuzione. 


Fig.  457.  —  Un  Paleodittiottero  JSuble- 
ptns  danielsi  Haudl.  Ricostrutto  (da 
Handlirsoh). 


A.  Berlksk,  Voi.  II. 


Tav.   III. 


Maschi  di   Coleotteri   dimorfici. 


/.  l'iiwir-  ensiger  F.  (Sud-America);   —  2.  Heliocopris  gigas  L.  (Africa)  ;  — 3.  Megaceras   ciiorin.eus  F.  (Guaiana, 

Brasile);  —  l.  I)v\\sri:s    neptuxus    Quesn.    (Columbia);  —  5.    Xyl 'es    gideon    I..  (Giava,  Sumatra);  —  6. 

Golopha   porteri  ll|i.  (Columbia).  Tutti  Lamellicomidi.  Grandezza  naturale. 


A.  Berlese,  dis 


Società  Editrice  Libraria  —  Milano 


A.   Bkiìlksk,   Voi.   II. 


Tav.  IV 


Insetti    Oimorfici  ed   Ipermorfici. 

1-6.  1  due  sessi  di  Coleotteri  dimorfici;  —  7.  Un  Emittero  Omottero  ipermorlieo. 
/.    Maschio;   .'.  Femmina  di  Chelorrmn.v    polyphemus    F.    (Lamell.    di    Africa);  —    :i.    Maschio;     i.    Femmina    di 
Odontolabis  <  is  i:i  :  \    Hp.    (Lucanide    d'Asia);    —    5.    Muschio;    li.  Femmina    di  Chiasognathus    oranti    Steph. 
(Lucanide  del  Chili);  —  7.  Fulgora  laternaria  I.    (America  tropic).  Tutti  in  grandezza  naturale. 

A    Berlese.  dis. 

Società  Editrice  Libraria  —  Milano 


L'ADULTO    K    GLI    ATTI    l'KR    LA    CONSERVAZIONE    DELLA   SPECIE 


433 


Ciò  valga  per  quel  che  riguarda  la  organizzazione  degli  Insetti,  sia  per  la  ornamentazione 
plastica,  che  è  sempre  almeno  di  incomodo  alla  più  efficace  locomobilita,  sia  per  quella  croma- 
tica, che,  sdegnando  le  tinte  meno  vivaci,  una  condizione  cioè  utile  agli  individui  per  meglio 
sfuggire  a  tante  iusidie  ambienti,  riveste  l'insetto  ipercromico  di  uno  splendido  mantello,  che 
lo  abbellisce  enormemente,  sebbene  lo  esponga  di  più.  Ciò  dimostra  che  per  queste  specie  i 
giorni  grigi  della  lotta  più  seria  sono  ormai  passati  (1).  Lo  stesso  dicasi  per  la  condizione  iper- 
megetica  che,  coll'aumento  di  statura  accresce  necessariamente  le  esigenze,  in  maggior  misura, 
«  la  facoltà  di   affrontarle. 

Iperatelia.  —  Il  crescente  benessere  della  specie,  nei  suoi  individui,  non 
variando  l'ambiente,  andando  oltre,  può  permettere  anche  riduzioni  della  facoltà 
locomotoria  ed  è  così,  che,  nei  più  vecchi  Insetti,  quali  sono  gli  Ortotteri  (con- 
forme si  è  già  detto),  si  possono  trovare  insieme 
le  vestigia  dell'antico  ipertelismo,  combinato 
con  una  meno  vecchia  atelia,  forme  cioè  attere 
ed  insieme  ornate  esuberantemente  di  appen- 
dici nel  capo  o  nel  torace,  nelle  zampe,  ecc. 
(fig.  395  e  458).  Pari  decorso  segue  la  orna- 
mentazione cromatica. 

Atelta.  —  Finalmente  le  eccessive  co- 
modità di  esistenza  individuale,  tanto  più  se 
non  accompagnate  da  altrettali  di  riprodu- 
zione, permettono  ed  inducono  l'atelia  (però 
esclusivamente  somatica,  a  differenza  di  quella 
sessuale,  di  cui  si  è  detto  a  pag.  352),  cioè  lo 
stato  neotenico,  di  cui  molto  si  è  trattato  in 
antecedenza;  ed  in  tutto  questo  campo  ha 
luogo  il  polimorfismo  involutivo. 

Per  concludere,  la  involuzione  si  ha  per 
due    vie  distinte    (2).    L'una    diretta    ed    è  la 

condizione  neotenica  per  forme  che  non  hanno  mai  raggiunto,  nemmeno 
in  parte  (con  un  solo  sesso),  l'ipermorfismo.  L'altra  via,  la  indiretta  viene  come 
decorso  necessario  della  parabola,  dopo  raggiunto  l'apogeo  dell'ottimo  stato  eumor, 
fico,  discendendo  per  quell'ipermorfismo,  che  rappresenta  l'inizio  della  decadenza- 
raggiunto  dapprima  con  un  solo  sesso,  di  poi  con  ambedue,  ma  non  senza  ecce- 
zioni ed  anzi  con  esempi  di  polimorfismo,  in  un  sesso  almeno,  finalmente  coll'iper- 
morfismo  stabile  perchè  ormai  comune  ad  ambedue  i  sessi.  Di  qui,  procedendo 
ancor  più  per  la  linea  discendente,  non  è  dimostrabile  se  intervenga  una  tappa 
in  una  condizione  eumorfica,  diversa  però  da  quella  raggiunta  all'apogeo,  ma  si 
hanno  esempi  evidenti  di  iperatelismo,  cioè  di    involuzione    combinata    coi    resti 


Fig.  458.  —  Altro  esempio  «li  Ortottero 
iperatelico  oltre  quello  indicato  a  fi- 
gura 395  Tettigideo  della  Giamiuaica 
(PhylloteUix  foliatu»  Hanc,  ingrandito). 
Da  Hancock. 


(1)  In  molti  casi  però  l'ipercromia  è  compensata  da  altri  spedienti  di  difesa,  ad  es.  i  tegu- 
menti più  duri,  come  fanno  vedere  le  Crisidi  fra  gli  Imenotteri,  nonché  gli  Eterotteri  ed  i 
Coleotteri  e  fra  questi  durissimi  e  brillantissimi  i  Buprestidi,  i  Curculionidi,  ecc.,  oppure  ottime 
armi  di  difesa.  Ad  es.,  negli  Imenotteri,  i  Tentredine!  sono  assai  meno  brillanti,  per  tinte,  che 
non  gli  Aculeati,  che  hanno  un  buon  pungolo  a  loro  difesa  e  tra  i  Ditteri  le  forino  mimetiche  ai 
detti  Imenotteri,    ecc. 

(2)  Qui  non  intendo  parlare  che  della  atelia  neotenica  e  della  ipertelia  ornamentale.  Altrove 
tratterò  della  atelia  ed  ipertelia  per  adattamento,  cioè  di  quelle  variazioni  dell'organizzazione,  ta- 
lora molto  vistose,  che  dipendono  da  adattamento  a  speciali  condizioni  ambienti,  all'infuori  della 
influenza  della  evoluzione,  ipertelia  e  riduzione  neotenica,  di  cui  qui  si  tratta.  Queste  varia- 
zioni per  ailattameuto  si  richiamano  al  concetto  lamarchiauo  dell'effetto  dell'uso  e  non  uso 
<legli   organi. 


A.  Bkelese. 


Oli  Insetti,  II.  —  55. 


434 


CAPITOLO   QUINTO 


del  trascorso  ipermorfismo;  ciò  nei  più  vecchi  insetti  e  così  è  dimostrata  questa 
altra  via  di  involuzione. 

Noi  possiamo  anche  chiamare  progresso  questa  prima  parte  del  percorso  de- 
cadente, che  va  dall'eumorfismo  all'i  permorfismo,  perchè  la  bellezza  fastosa  e  spet- 
tacolosa è  pur  sempre  un  titolo  alla  nostra  ammirazione,  ma  non  dobbiamo  con- 
fonderlo col  progresso  veramente  evolutivo.  Solo  in  questo  campo  dell'ipermorflsmo 
ha  luogo  quel  polimorfismo,  che  si  è  definito  per  ipertelico. 


-^e3~-,  ./permor/ismo  dj  uo  sofo  sesso 

^Z&rt-fperPiorfifmo  di  ambe  f  sesti' 
^sfe»  cop  ecce&aat 

NS£  _  fperoMfij-zno  in  ambo  r  sessi 


i'ii\:^;':'.  ipertehco 

Fig.  459.  —  Sehetna  del  decorso  evolutivo,  ipertelico  ed  involutivo  degli  insetti.  La  figura  mostra  schema- 
ticamente la  parabola  ascensionale  e  discensionale  degli  insetti,  partendosi  tutti  dalla  primitiva  forma, 
ad  es.  :  da  un  Paleodittiotero  (J).  Sulla  linea  ascendente,  evolutiva,  si  incontrano  gli  apogei  eumorfici 
di  massima  evoluzione,  ad  es  :  a,  Ortotteri;  Acrididi  ;  £>,  Emittori  Eterotteri,  Pentatomidi;  e,  Emitteri 
Omotteri  ;  Cicadidi;  rf.  Lepidotteri;  Pieridi,  S  fi  rigidi  ;  e,  Coleotteri,  Cicindelidi  ;  f,  Ditteri  ed  Imenotteri; 
Muscidi  ed  Apuli.  Subito  dopo  ogni  singolo  apogeo  comincia  la  decadenza  verso  la  involuzione  e  si  inizia 
coll'ipermornsmo  unisessuale  g  (Coleotteri:  Lucauidi,  Lamellicoi  uidi);  procede  con  quello  di  ambedue  i 
sessi,  salvo  eccezioni  h  (Lepidotteri;  Pupillo)  ;  culmina  nel  campo  ipermortìco  cogli  O  ni  otte  ri  ^Membra- 
cidi  ed  Eterotteri:  Phyllomorpha,  Eyles,  ecc.  t,  /):  ed  è  raggiunto  anebe  dagli  Ortotteri  (Empuea)  (m), 
ma  poi  sorpassato  verso  l'atehsmo  (forme  iperateliche;  Eumegalodon,  molti  Tettigidi  esotici,  ecc.;  n,  o). 
Queste  vie  sono  indicate  dalle  linee  paraboliche  più  grosse  o  rappresentauo  il  percorso  evolutivo  ed  in- 
volutivo indiretto. 

Quanto  alla  involuzione  diretta,  cioè  senza  passare  per  Pipermorfismo,  essa  è  indicata  dalle  lince  più 
sottili,  che  procedono  direttamente  dallo  stato  eumorfico  nei  singoli  gruppi;  ad  es,  :  p,  neutri  di  For- 
miche, femmine  di  taluni  Mutillidr,  ecc  ;  q,  femmina  di  Lainpyris',  r,  femmina  di  Eterogonìa  ;  «,  Pe- 
dii-ulini;   /,  femmine  di  molte  famiglie;   »,   femmine  di  Coccidei. 

Finalmente  i  Tisauuri  e  Collemboli  sono  proceduti  direttamente  da  forme  ancestrali,  per  giungere 
all'attuale  basso  grado,  coniapomleute  allo  stadio  polipodiale  (v)  ed  al  ciclopiforme  [z)y  come  più  volte  si 
è  detto. 

La  figura  mostra  anche  1  due  campi,  nei  quali  si  esercita  il  polimorfismo  (ipertelico  ed  atelico). 


Ma  la  evoluzione  (vera)  non  ba  che  una  via.  Essa  non  mira  a  fastosità  su- 
perflue ;  raggiunge  però  essa  pure  quella  bellezza,  severa  nelle  sue  armoniche 
proporzioni,  senza  esuberanza,  che  spetta  ai  gruppi  più  alti,  che  sono  gli  Ime- 
notteri ed  i  Ditteri,  quelli  cioè  che  hanno  saputo  conquistare  gli  ambienti  i  più 
difficili,  come  dimostrano,  ad  es.,  i  casi  di  endofngia,  gli  istinti  mirabili  dei  Ve- 
spidi   solitari,  ecc. 

Tutto  ciò  è  bene  presentato  graficamente  dalla  annessa  fig.  schematica  (459). 

In  base  alle  considerazioni  sovraesposte  ecco  in  qual  modo  possono  essere 
giudicati  i  diversi  aspetti,  sotto  i  quali    si  presentano  le  forme  adulte  degli  In- 


l'adulto  e  gli  atti  pkr  la  conservazione  della  specie 


435 


setti  nel  loro  sesso  e  nei  singoli  gruppi,  nel  vasto  campo  del  polimorfismo  indi- 
viduale (da  individuo  ad  individuo). 


Fig.  460.  —  Polimorfismo  atelico;  cioè  l'orma  brachittere  a  vario  grado 
di  rudimentazione  delle  ali  (B,  C);  e  forma  macrottera  (eumorfica) 
A,  iu  una  Cimice  terrestre  (Blisaus  leucopterus,  Sny)  del  Nord- 
America,  ingrandito.  Dagli  autori  Nord-Americani. 


Il  caso  di  iperatelismo,  cioè  di  involuzione  dopo  raggiunto  un  alto  grado  di  ipermorfismo 
appartiene  solo  al  più  vecchio  gruppo  degli  Ortotteri.  Essi  hanno  avuto  tutto  il  tempo  per  pro- 
cedere dal  primitivo  eumor- 
fismo  ad  un  alto  grado  di 
ornamentazione  plastica  del 
capo,  del  torace,  dell'addome 
e  di  discendere  di  qui  verso 
una  maniera  di  atelia,  con 
viaggio  e  fine  diverso  dalla 
via  ascendente  percorsa. 

Insetti  di  apparsa  più 
recente,  come  sono  tutti  gli 
altri,  non  sembra  abbiano 
avuto  ancora  il  tempo  di  di- 
scendere dall'alto  limite  iper- 
morfico,  al  quale  sono  giunti 
con  ambedue  i  sessi,  ma 
hanno  raggiunto  questo  li- 
mite o  non  vi  sono  ancora  pervenuti,  nel  quale  caso  ultimo  si  trovano  appunto  i  più  recenti 
gruppi  fra  gli  Insetti  suscettibili  di  ipermorfismo. 

Fra  gli  Ortotteri,  notiamo  specie  ipermorfiche  in  ambedue  i  sessi  (molti  Mantidi);  macrot- 
tere  e  brachittere  contemporaneamente  in  talune  specie  (molti  Grillidi,  qualche  Acridide).  I  casi 

di  iperatelismo  già  accennati  si  limitano  agli  Ortotteri  vege- 
tariani, mentre  i  predatori  o  sono  tuttavia  rimasti  all'iper- 
mortìsmo,  o  sono  eumorfici,  od  atelici  (in  ambedue  i  sessi), 
ma  mai  l'una  cosa  e  l'altra  insieme. 

I  Mallofagi  sono  tutti  atteri  e  perciò  immutabili  ormai 
per  quel  che  riguarda  le  ali.  Nei  Copeognati  il  polimorfismo  è 
solo  nel  campo  discendente,  fino  all'atterismo,  al  solito,  sta- 
bile. 

I  Fisapodi,  che  io  mi  sappia,  non  sono  polimorfici. 
Quanto  agli  Emittori  Eterotteri,  nei  soli  Geocorisi  uon 
ipermorlici  si  può  trovare  una  tendenza  ad  incamminarsi 
nel  polimorfismo  discendente,  rilevandosi,  per  un  sesso  o 
per  ambedue  forme  macroltere  mescolate  ad  altre  brachittere  e 
ciò  in  molte  famiglie  (Gerridi,  Reduvidi,  Cimicidi,  quasi  in 
ogni  genere  si  notano  specie  così  polimorfiche;  fig.  460);  l'at- 
terismo  assoluto  però  è  raggiunto  meno  spesso.  Ripeto  che 
quando  questo  stato  è  toccato,  esso  pure  diventa  stabile 
ed  immutabile.  Forse,  pegli  Emittori,  i  Pediculini  sono  un 
esempio. 

Ma  gli  Emittori  ipermorfici  sono  ormai  giunti  al  lusso 
ornamentale  con  ambedue  i  sessi  e  molto  stabilmente,  come 
è  dimostrato  dal  fatto  della  mancanza  non  solo  di  dimorfismo 
sessuale,  ma  auche  di  polimorfismo  ornamentale. 
Gli  Omotteri,  in  cui  le  Cicale  rappresentano  l'ottimo  volatore  e  sono  eumorfiche  ed  omeomor- 
fiche,  si  va  per  gradi  a  notevolissimi  esempi  di  ipermorfismo  omeormorfico  e  perciò  immutabile, 
come  si  discende  allo  stato  atelico,  fino  all'atterismo,  il  quale  pure  è,  al  solito  senza  esempio 
di  polimorfismo  alcuno.  Neppur  qui,  che  io  mi  sappia,  sono  manifesti  casi  di  eumorfismo  com- 
binato coli' atelia,  i  quali  si  vedono,   come  si  è  detto,  nei   soli  Ortotteri. 

Nei  Coccidei,  mentre  le  femmine  rimangono,  per  tutti  i  generi  del  gruppo,  arrestate  al  limite 
anzidetto  (fig.  394,  FU)  si  vedono  in  altre  Cocciniglie  maschi  polimorfi  per  vario  grado  di  svi- 
luppo delle  ali,   da  atteri   a  benissimo  alati  (Aonidia  blanchardi,   fig.  461,   Leucaspia  pusilla,  Acan- 


Fig.  461.  —  Maschio  atelico  (attero) 
di  un  coccideo  {Parlatoria  blan- 
chardi Targ.)  del  Sahara,  molto 
ingrandito.  La  forma  macrottera 
è  simile  a  quella  degli  altri  dias- 
pri (fig.  381,  O-  Da  Targioni. 


436  CAPITOLO   QUINTO 


thococcua  aceria,  Aclerda  berlesei,  ecc.).  Mentre  il  più  comune  tipo  di  maschio  è  quello  dittero,  che 
si  è  indicato  a  fig.  381,   C,  senza  mai  caso  alcuno  di  ipermorlismo. 

Fra  i  Pseudoueurotteri  e  Neurotteri,  non  conosco  casi  di  polimorfismo,  se  non  per  parte  dei 
Sociali,   fra  i   primi.   Se  ne  dirà  dunque  a  proposito  delle  Società. 

Veniamo  ai  Lepidotteri.  Questi  sono,  in  generale,  nelle  stesse  condizioni  degli  Emitteri,  con 
di  più  il  fatto  che,  sebbene  raramente,  il  caso  di  dimorfismo  sessuale,  in  specie  ipermorfiche,  è 
rappresentato.  Ciò  deporrebbe  in  favore  di  una  minore  antichità  nel  fenomeno  dell'ipermorfismo, 
poiché  qualche  femmina  o  qualche  maschio,  iu  generi  con  specie  più  comunemente  iperteliche, 
non  vi  sono  ancora  pervenuti.  D'altro  cauto  non  sono  possibili  fatti  di  iperiuorlismo  ed  insieme  di 
atelia,  da  poiché  nei  Lepidotteri,  come  si  è  già  avvertito,  la  ornamentazione  si  esercita  appunto 
nelle  ali  ed  uno  stesso  organo  non  può  essere  insieme  evoluto  e  ridotto. 

Adunque,  nei  Lepidotteri  potrà  occorrere  qualche  caso,  sebbene  raro,  di  dimorfismo  sessuale 
e  polimorfismo  nel  campo  ipertelico  (molte  specie  di  Papilio  oltre  alle  due  citate,  P.  dardanus, 
e  P.  memnon)  mentre  meno  infrequenti  sono  gli  esempi  di  eterocromia,  e  ciò  per  le  ragioni,  che 
si  esporranno  a  proposito  del  gruppo  seguente. 

Nei  Coleotteri  l'eumorfismo  omeomorfico  è  molto  diffuso,  sono  bene  rappresentati  anche  il 
dimorfismo  sessuale  ed  il  polimorfismo,  ma  non  si  trovano  che  rari  esempi  di  ipermorlismo  esteso 
ad  ambedue  i  sessi  e  quindi  stabilmente  fissato.  Evidentemente  i  Coleotteri  sono  tuttavia  in 
cammino  per  quella  strada,  che  i  gruppi  antecedenti  hanno  già  tutta  percorsa.  È  vero  però  che 
talune  famiglie  di  Coleotteri  mostrano  un  alto  grado  di  ornamentazione,  comune  ad  ambedue  i 
sessi,  e  quindi  stabile  ormai  (come  é  dimostrato  dalla  mancanza  del  polimorfismo),  ma  essa  si 
restringe  (e  ciò  si  tenga  ben  presente)  al  sistema  tegumentale  (di  cui  si  è  detto  nel  voi.  I, 
cap.  IX,  pag.  463)  e  quindi  alle  appendici  strettamente  tegumentali  (voi.  I,  pagg.  477  a  486) 
ed  alla  colorazione,  che  appartiene  esclusivamente  a  questo  sistema,  mentre,  come  ho  detto  più 
su,  l'ipermorfismo  nella  conformazione  di  organi,  parti  del  corpo,  arti,  ecc.,  non  è  stabilmente 
raggiunto  che  per  una  piccola  minoranza  dell'ordine. 

Di  tale  maniera  noi  vediamo  un  alto  grado  di  ornamentazione  plastica  e  cromatica,  che  ren- 
dono talune  specie  meravigliosamente  belle,  ormai  comune  ad  ambedue  i  sessi  e  fissata  stabil- 
mente in  taluni  gruppi,  sopratutto  fra  i  più  bassi,  come  sono  i  Crisomelidi,  i  Cerambicidi,  i 
Curcnlionidi,  gli  Elateridi,  i  Buprestidi  e  qualche  altro  anche  fra  quelli  che  tuttora  mostrano 
esempi  di  dimorfismo  sessuale  e  polimorfismo,  per  ciò  che  si  riferisce  alla  conformazione  di 
parti  del  corpo  ed  arti. 

Ma  nei  Coleotteri,  se  sono  ornati  il  capo,  il  torace  e  gli  arti,  non  lo  è  ancora  l'addome, 
cioè  la  regione  del  corpo  più  tardivameute  differenziata,  mentre  si  vedono  negli  Ortotteri  e  negli 
Emitteri  sopratutto,   vistosi  esempi  di   ipermorlismo  anche  nei  segmenti  addominali. 

Gli  ordini  minori,  cioè  comprendenti  minor  numero  di  specie,  tali  sono  appunto  per  la  minore 
plasticità  della  loro  organizzazione  e  questo  senza  alcun  dubbio.  Questa  minore  versatilità  di 
adattamento,  indice  sicuro  del  più  ristretto  grado  di  quella  plasticità  a  cui  ho  accennato,  fa  si 
che  anche  la  potenzialità  ornamentale  è  minore.  Ecco  perchè  i  Fisapodi,  i  Neurotteri,  i  Pseudo- 
neurotteri  sono  non  solo  poco  numerosi,  ma  ancora  generalmente  enmorfici,  e  non  mostrano 
esempi  di  ipermorlismo.  Essi  sono  i  conservatori,  per  eccellenza,  fra  gli  Insetti. 

Quanto  poi  alle  variazioni  in  senso  involutivo,  nel  campo  atelico  si  vede  che  esse  sono 
parimente  comuni  in  tutti  i  gruppi,  quasi  egualmente  ovvie,  certo  con  gradi  corrispondenti. 
Quivi  l'età  del  gruppo  non  ha  influenza,  perchè  le  variazioni  ateliche  sono  a  decorso  molto 
più  rapido  delle  evolutive,  di  modo  che  si  trovano  forme  attere  così  bene  fra  gli  Ortotteri,  come 
fra  gli  Imenotteri  ed  i  Ditteri.  Soltanto  il  grado  di  plasticità  del  gruppo  può  essere  un  coef- 
ficiente ad  effetto  molto  seusibile,  sulla  quantità,  maniera  e  grado  delle  involuzioni,  ma  il  più 
attivo  impulso  ed  efficace  è  certamente  la  maniera  di  esistenza.  Questa  agisce  imperiosamente 
sulla  organizzazione,  mentre  che  nessuna  influenza  ambiente  può  essere  capace  di  costringere 
gli  organismi    a    divenire  più  ricchi  e  più  ornati,   può  solo  permettere  tale    coudizione  di  lusso. 

Vediamo  ora  come  si  manifesti  la  variazione  individuale  nei  due  più  alti  gruppi  di  Insetti, 
nei  quali  sopra  ogni  altro  indirizzo,  è  stato  attivo  quello  verso  la  evoluzione  vera,  cioè  negli 
Imenotteri  e  nei  Ditteri. 

Gli  Imenotteri,  non  sono  polimorfici  (individualmente),  perchè  mai  ipertelici  e  cosi  neppure 
i  Ditteri.  Tuttavia  anche  questo  perfetto  volatore,  libero  di  ogni  superflua  ornamentazione,  che 
non  potrebbe  se  non  menomare  la  sua  locomobilità,  può  discendere,  traverso  il  cammino  invo- 
lutivo diretto,  fino  all'atterismo,  che,  quivi  pure,  è  una  condizione  immutabile. 


l'adulto  k  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie  437 


Tutto  si  riduce  ai  modèsti  esempi  di  dimorfismo  sessuale  eitati  in  antecedenza,  mentre  ogni 
altra  maniera  di  polimorfismo  individuale  è  ben  rara.  Limitandosi  adunque  alla  considerazione 
dei  casi  di  dimorfismo  sessuale,  per  aggiungere  qui  alcunché  non  detto  in  precedenza  (quando 
la  distinzione  per  evoluzione  ed  ipermorrtsino  non  si  era  ancor  fatta)  diciamo  subito  che,  a 
parte  modesti  gradi  di  ornamentazione  esclusivamente  tegumentale,  ogni  esempio  di  dimorfismo 
sessuale,  dall'eumortìsmo  in  su,  si  troverà  solo  nello  sviluppo  di  organi  sensoriali,  sopratutto 
occhi  ed  antenne,  che  percepiscono  a  distanza.  Queste  forme  non  hanno  curato  la  speciosità 
(o  non  hanno  avuto  il  tempo  di  pervenirvi  nell'ambito  del  loro  alto  grado  di  evoluzione);  esse 
sono  tuttavia  supremamente  belle,  perchè  giunte  a  quel  termine  al  quale,  non  esse  sole  per- 
vengono iu  natura,  per  quel  trito  cammino,  che  si  diparte  dalla  primitività  e  miseria,  traversa 
la  opulenza  e  la  fastosità  per  raggiungere  finalmente  la  signorilità  e  l'eleganza,  ohe  apparten- 
gono solo  agli  eletti. 

Concludiamo  affermando  che  noi  abbiamo  sott' occhio  palesi  ed  ordinati  tutti  i  gradi  di  evo- 
luzione ipermorfica  degli  Insetti,  disposti  secondo  l'ordine  ed  il  tempo  in  cui  si  sono  svolti  e 
tutto  il  procedimento  evolutivo  di  quella  insigne  veste,  che  richiama  attualmente  tutta  la  nostra 
ammirazione  per  questi  bellissimi   animali. 

Si  può  ben  dire,  che  mentre  i  gruppi  più  alti  si  sono  incamminati  direttamente  all'acquisto 
di  mezzi  utili  ad  una  più  difficile  esistenza,  gli  altri,  dagli  Ortotteri  ai  Coleotteri,  si  sono  in- 
dugiati per  via  ad  abbellirsi  nella  comodità  di  un  ambiente  più  generoso,  si  sono  dati  al 
lusso  (ed  in  questo  i  più  antichi  hanno  già  degenerato),  dapprima  ornando  la  vesta  propria, 
opera  questa  più  sollecita,  di  poi  accrescendo  la  bellezza  della  forma,  il  che  ha  richiesto  nu 
tempo  più  lungo,  e  tale  stato  è  raggiunto  stabilmente  dai  gruppi  più  anziani  (dopo  l'antichis- 
simo degli  Ortotteri,   nou  ancora  acquisito  definitivamente  da  quello   più   recente   dei   Coleotteri. 

Per  le  cose  sovraesposte,  risulta  che  nou  potrà  essere  esempio  di  polimorfismo  individuale 
(più  esattamente  da  individuo  ad  individuo,  in  uno  stesso  sesso)  nel  campo  dell'ipermortìsmo,  se 
non  nei  gruppi  nei  quali  il  limite  estremo  di  massima  complicanza  non  è  ancora  raggiunto  da 
ambedue  i  sessi,  esso  cioè  non  è  ancora  stabile.  In  altri  termini,  così  fatto  polimorfismo  non  si 
trova  se  non  presso  gli  ordini  di  Insetti,  che  mostrano  tuttavia  esempi  di  dimorfismo  sessuale 
nel   campo  ipermorfico. 

Per  converso,  nell'ambito  dell'atelia,  tutti  gli  ordini  possono  incorrere,  esista  o  meno,  un 
dimorfismo  sessuale,  ma  quivi  il  polimorfismo  è  più  raro,  probabilmente  perchè  l'estremo  limite 
di  degradazione,  verso  il  quale  corre    la  forma,   è  più   presto  raggiunto  e  fissato. 

Finalmente,  nel  campo  della  evoluzione  vera,  anzi  nel  campo  dell'eumortìsmo,  iu  generale, 
nei  quali  casi  l'organizzazione  è  fissata  allo  stretto  necessario,  non  ha  luogo  il  polimorfismo, 
ma  solo  polimegetismo  ed  eterocromia.  Nel  campo  dell'eumortìsmo  (e  quivi  anche  si  comprende 
ogni  grado  di  evoluzione  vera)  non  ha  luogo  il  polimorfismo  individuale  tra  forme  omoiche  sin- 
crone, poiché  l'organizzazione  è  fissata  nello  strettamente  necessario  e  sufficiente.  Quivi  solo 
possono  aver  luogo  il  polimegetismo  ed  il  policromismo,  come  effetto  di  condizioni  individuali, 
sopratutto  di  nutrizione. 

Ecco  perchè  non  si  trovano  esempi  di  polimorfismo  ipcrtelico  in  Ortotteri,  Emitteri,  Ditteri 
ed  Imenotteri;   sono  scarsi  in   Lepidotteri:   mentre  abbondano  iu  talune  famiglie    di     Coleotteri. 

Megetismo.  —  Quanto  al  megetismo,  esso  ha  un  modo  alquanto  speciale  di 
comportarsi. 

Possono  aumentare  infatti  di  statura  le  forme  tanto  nei  casi  di  polimorfismo 
atelico  quanto  in  quello  ipertelico;  nel  primo  caso,  al  solito,  per  usufruire  delle 
comodità  offerte  dalla  vita  facile  dell'individuo  e  sopperire  così  alle  esigenze 
della  specie,  nell'altro  per  la  stessa   ragione    che  aumenta  il  grado  ornamentale. 

L'unica  differenza  è  questa  che,  cioè,  nel  primo  caso  sono  solo  le  femmine  che 
aumentano  di  statura  e  più  nell'addome  che  negli  altri  organi,  ciò  a  vantaggio 
del  numero  e  dimensioni  delle  uova,  così  ne  viene  una  figura  sproporzionata  e 
non  bella  né  aggraziata.  Nel  secondo  caso,  invece,  aumenta  il  solo  sesso  ipermor- 
fico, ma,  questa  volta,  tutto  il  corpo  mantiene  proporzioni  anche  nei  suoi  arti, 
che  gli  conservano  od  aumentano  l'elegauza,  insieme  a  quella  bellezza,  che  gli 
viene  dalla  più  accentuata  ornamentazione  plastica  e  cromatica.  Ne  riescono  così 
le  più  belle  creature  che  sieno  in  natura. 


438  CAPITOLO   QUINTO 


In  questi  ultimi  casi  però  il  inegetismo  non  è  né  utile  uè  dannoso  al  be- 
nessere della  specie,  perchè  se  la  forma  grande,  come  tale  può  difendersi  meglio, 
è  però  vero,  d'altro  canto,  che  essa  è  anche  più  facilmente  visibile  e  richiede  di 
più  per  la  sua  nutrizione. 

Anche  la  statura,  però,  segue,  nelle  sue  misure  generali,  nei  casi  di  evolu- 
zione vera,  le  conseguenze  delle  difficoltà  contro  cui  la  specie  ha  dovuto  lottare 
per  conservarsi,  che  sono  poi  quelle  stesse,  che  ne  hanno  determinato  la  evolu- 
zione e  che  agiscono,  nei  limiti  delle  dimensioni  proprie  della  specie,  anche  sugli 
individui. 

Questi,  sopratutto  per  scarsa  nutrizione,  rimangono  piccoli  ed,  inversamente, 
raggiungono  le  dimensioni  massime,  se  nutriti  copiosamente,  sopratutto  in  età 
giovanile.  A  ciò  si  è  accennato  già.  Ma,  per  quanto  riguarda  le  dimensioni 
delle  specie  si  deve  riconoscere,  che  colla  evoluzione,  esse  sono  andate  anche  de- 
crescendo e  l'insetto  ha  bensì  ottenuto  l'alto  grado,  che  mostrano  oggi  i  Ditteri 
e  gli  Imenotteri,  ma  ha  perduto  le  vistose  dimensioni,  che  sono  raggiunte  invece 
negli  altri  gruppi  e  che  spettavano  ai  più  vecchi  Insetti. 

La  grandezza  dei  Megaptihis,  con  le  ali  di  ben  16  cent,  di  lunghezza;  i  36  cent,  di  apertura 
d'ali  dell' Archeoptilua  gaullei,  mentre  le  Meganeura  erano  lunghe  30  cent.,  tutti  del  carbonifero, 
l'età  d'oro  degli  Insetti,  per  l'abbondanza  di  vegetazione  e  per  la  temperatura,  non  sono  di  gran 
lunga  raggiunte  oggidì. 

La  statura  cresce  colla  temperatura  del  clima  e  le  forme  più  grosse  sono  quelle  delle  re- 
gioni più  calde;  scema  in  senso  inverso.  Esempi  dei  massimi  Insetti  attuali  si  trovano  fra  gli 
Ortotteri  (Fasmidi  di  regioni  equatoriali  e  subequatoriali)  tino  a  26  cent.;  fra  i  Coleotteri,  i 
Lepidotteri,  gli  Emitteri  (Beìostoma)  ed  insomma  in  tutti  i  gruppi  (v.  voi.  I,  pagg,  31  e  segg.) 
meno  che  nei  Ditteri  e  negli  Imenotteri,  le  cui  forme  massime,  non  oltrepassano  mai  i  6  o  7 
centimetri  di  lunghezza. 

Nei  Ditteri,  i  massimi  attuali  si  trovano  fra  i  Midasidi  (Ortorrafi,  Brachiceri).  Il  Mydas 
pergraiidis  Austen,  la  specie  maggiore  finora  nota  è  lunga  5  cent.,  coll'addome  largo  11  niill.  ed 
un'apertura  d'ali   di  circa  10  cent.   (Brasile). 

Neppure  la  maggior  statura,  adunque,  è  indice  di  evoluzione,  ma  si  deve, 
invece,  mettere  assieme,  tutto  al  più,  alla  ipertelia  e  così,  gli  individui  maggiori, 
nei  casi  di  polimegetismo,  rappresentano  lo  stesso  livello  evolutivo  della  specie 
quanto  i  minori  (1). 


(1)  È  discussione  tra  i  filosofi  naturali  se  la  tendenza,  per  parte  degli  organismi,  traverso  le 
epoche  geologiche,  sia  vergo  stature  sempre  maggiori  o  nel  senso  opposto.  Non  pare  intanto  di- 
scutibile ormai  più  che  dopo  un  massimo  (pegli  Insetti,  dalla  loro  apparsa  nel  Carbonifero),  ei 
sia  scesi  a  dimensioni  sempre  minori,  ed,  in  pari  tempo,  a  gradi  di  evoluzione  vera  sempre  più 
alti.  Certo  però,  accanto  ad  una  condizione  di  massima,  per  la  quale  l'optimum  di  esistenza  an- 
cestrale è  andato  via  via  impoverendosi,  anche  per  l'aumento  della  concorrenza,  la  conquista  di 
nuovi  ambienti,  sempre  più  difficili  ed  in  pari  tempo  più  variati  e  nuovi,  ha  moltiplicato  le  specie, 
perfezionandole,  e  ne  ha  scematola  statura.  Di  qui  accade  che,  nei  singoli  generi,  le  specie  più  pic- 
cole sono  anche  le  più  numerose,  talora  di  gran  lunga  più  numerose  in  un  determinato  gruppo, 
sopratutto  fra  gli  Insetti  e  ciò  quando  sembrerebbe  che,  per  la  loro  statura,  dovessero  essere, 
invece,  le  più  facili  vittime.  Perciò  ambedue  le  parti  in  discussione,  possono  recare  esempi  in 
favore  della  propria  tesi,  perchè,  per  le  cose  anzidette,  all'infuori  della  ovvia  constatazione 
di  massima  sopracitata,  in  quasi  ogni  gruppo  d'organismi  si  incontrano  specie,  che,  con  sempre 
migliore  adattamento  all'ambiente  dopo  la  sua  prima  conquista,  avendo  saputo  sempre  meglio 
profittarne,  hanno  potuto  risalire  a  stature  maggiori,  come  in  qualunque  nazione,  società,  pro- 
fessione, ecc.,  povere  o  ricche  che  sieno,  le  condizioni  individuali  sono  molto  diverse,  dallo 
stato  di  benessere  e  di  superfluo,  alla  più  nera  miseria. 

Si  può  ammettere,  per  la  organicità,  una  discesa  dall'età  dell'oro  a  quella  del  ferro,    ma  si 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie  439 

Dall'esame  ili  tutti  gli  esempi,  che  gli  Insetti  mostrano  nell'ambito  del  poli- 
morfismo, risultano  alcuni  dati  importanti,  che  qui  enumero. 

Anzitutto  vi  sono  condizioni  per  determinati  organi,  del  tutto  immutabili,  per 
le  quali,  adunque,  il  polimorfismo  non  può  più  aver  luogo.  Esse,  nel  campo  ate- 
lico,  per  le  ali,  sono  indicate  dall'atterismo  completo,  e  dalla  omeomorfia  in 
quello  ornamentale  (1). 

Se  l'alteriamo  è  uno  stato,  che  si  può  esattamente  fissare,  non  lo  è  altrettanto  l'estremo  iper- 
telismo,  come  ognuno  comprende,  ma  per  questo  si  può  dire  che  quando  esso  è  così  antico  da 
appartenere  almeno  normalmente,  cioè  nella  grande  maggioranza  della  specie  del  genere,  ad  am- 
bedue i  sessi  (ad  es.  ornamentazioni  toraciche  dei  Membracidi,  ecc.),  esso  pure  è  immutabile.  Non 
vi  ha  eredità,  atavismo,  artificio,  che  possa  farci  vedere  casi  di  alcun  insetto  od  alcuna  casta  ve- 
ramente atteri,  presentarsi  talora,  sia  pure  raramente,  con  qualche  rudimento  di  ali,  come  non 
si  potrà  vedere  alcun  individuo  di  quei  mirabili  Membracidi,  cosi  complicati  nella  loro  ornamen- 
tazione, esserne  più  poveri. 

Ma  se  questi  limiti  estremi  ed  immobili  non  sono  raggiunti,  cioè  nel  campo  atelico  la  forma 
più  ridotta  mostra  tuttavia  sempre  almeno  rudimenti  di  ali  (è  semplicemente  brachit tera)  tutti 
gli  stadi  dal  uiacrotterismo  al  brachitterismo  possouo  avere  campioni,  come,  d'altro  canto,  nel- 
l'ambito dell'ipertelismo,  solo  le  forme  in  questo  dimortìche  pel  loro  sesso  diverso  possouo  essere 


deve  anche  accettare,  come  evidente,  non  solo  il  coutinuo  aumento  numerico  di  particolari  nuove 
condizioni  di  esistenza  (donde  moltiplicazione  di  specie),  ma  ancora,  accanto  ad  una  generale 
continua  restrizione  di  comodità  di  vita  e  quindi  riduzione  della  statura,  singoli  progressi  nello 
sfruttamento  migliore  degli  ambienti,  cioè  tendenza  al  megetismo  da  parte  di  pochi  fortunati 
pionieri,   che,   ognuno  per  suo  conto,   ritorna  ad  una  personale  età  dell'oro. 

La  fortuna  di  un  intero  gruppo  di  organismi  (come  di  una  nazione)  sta  nella  sua  adatta- 
bilità, ovvero  nella  plasmabilità  e  questa  si  desume  non  solo  dal  numero  di  specie  pertinenti  al 
gruppo  stesso,  ma,  per  le  cose  anzidette,  dalle  proporzioni  tra  le  specie  minute  e  le  massime, 
entro  il  gruppo  medesimo  ed  il  rispettivo  numero  delle  une  e  delle  altre. 

Nessuna  classe  di  animali  è  così  numerosa  quanto  gli  Insetti  e  se  anche  iu  altre  si  possono 
rilevare  differenze  di  statura  pressoché  in  proporzione  conforme  a  quelle  che  si  riscontrano  in 
questo  vasto  gruppo,  in  nessuna  però  è  così  grande  la  differenza  di  dimensioni,  fra  specie  anche 
dello  stesso  genere  e  così  alta  la  sproporzione  numerica  fra  le  specie  di  stature  estreme,  entro 
le  stesse  famiglie,   come  si  rileva  in   quasi  ogni  ordine  di   Insetti. 

Ad  esempio  del  primo  caso,  cito  il  gen.  Aegns,  secondo  quanto  mostra  l'Houlbert  (1913),  che 
fa  vedere  i  maschi  di  otto  specie  del  genere,  con  dimensioni  graduali  dalla  più  piccola  (Jeyus 
sp.),  il  cui  corpo,  non  comprese  le  mandibole,  è  lungo  9,5  mill.,  fino  alla  massima,  A.  capitatili 
Westw.,  che  misura  (non  computate  le  mandibole),  mill.  55  di  lunghezza,  e  cioè  ben  cinque 
diametri  più  lungo.  In  mezzo  stanno  le  altre  sei  specie,  con  misure  crescenti,  cioè,  rispettiva- 
mente mill.   11,  13,  21,  27,  33,  38. 

Esempi  del  secondo  caso  sono  ovvi  in  moltissime  famiglie.  Per  limitarmi  ai  Coleotteri,  ci- 
terò quelle  di  Curculionidi  e  Lamellicornidi,  con  altre  che  potrebbero  essere  ricordate.  Nei  primi 
i  Protoceriu»  raggiungono  (senza  il  rostro)  i  60  mill.  di  lunghezza  (P.  colottut)  e  contano  (vedi 
catalogo  Gemminger  ed  Harold)  tre  specie  (Asia).  Altrettale  misura  raggiungono  gli  Homalonottis 
\U.  coloasus)  di  cui  sono  note  11  specie,  mentre  gli  Apion,  che  Bono  i  più  piccoli  Curculionidi, 
cioè  lunghi  da  2  a  3  mill.  contano  (i  soli  europei,  catalogo  Heydeu,  Reitter,  Weise)  ben  225 
specie,  senza  tener  conto  delle  varietà.  Tra  i  Lamellicorni  i  Gotiathna,  che  giungono  fino  a 
105  mill.  di  lunghezza  (G.  regius  maschio),  non  contano  che  cinque  specie;  dei  Dynaate$  (O. 
hercules  maschio  lungo,  col  corno,  circa  ltìO  mill.),  si  conoscono  quattro  sole  specie,  mentre  dei 
minimi  della  famiglia  (Aphodine,  lunghi,  in  media,  5  o  6  mill.),  si  elencano  circa  380  specie, 
di  cui   100   nella  sola  Europa,   ecc. 

(1)  La  stabilità  si  ha  pure  nei  casi  di  brachitteria  così  avanzata,  in  cui  non  più  d'ali  né 
di  monconi  d'ali  si  tratta,  ma  di  semplici  guaine  alari,  come  fa  vedere  ad  es.  la  nostra  comune 
Blatta. 


440 


CAPITOLO    QUINTO 


polimorfiche,  quanto  al  grado  di  ipertelia,  dall'oineoinorfismo  al  piti  spiccato  eteromorfismo.  Iu 
questi  due  campi  soltanto  adunque  può  aver  luogo  quella  molteplicità  di  forme,  che  ne  mera- 
viglia, cioè  i  piti  ovvi  esempi  del  polimorfismo. 

In  conclusione,  il  polimorfismo  può  esercitarsi  esclusivamente  su  organi  e 
caratteri  superflui  e  di  recente  apparsa,  se  avviene  nel  campo  ipertelico;  ma 
anche  antichi  se  in  quello  atelico,  che  possono  cioè  essere  modificati  senza  danno 
della  conservazione  della  specie  traverso  i  suoi  individui  (1).  L'eterotelia,  si  svolge, 
cioè,  su  organi  e  strutture  transitori]',  ossia  atavici  o  posterici,  a  seconda  che  ten- 
dono verso  la  scomparsa  o  l'incremento. 

Perciò  e  pel  fatto  che  tali  variazioni  si  possono  ottenere  artificialmente,  ad 
es.,  con  diversa  maniera  e  misura  di  nutrizione,  non  si  può,  ragionevolmente, 
ammettere  che  abbia  luogo  la  ereditarietà.  E  questa  sia  la  ragione  per  cui  mi 
astengo  dall'insistere  su  questa  ipotesi  e  sulle  leggi,  che  altri  si  è  affaticato  a 
scoprire. 

Infatti,  per  le  cose  dette  si  vede  che  la  cellula  genitale  non  può  essere  giu- 
dicata come  impegnata,  in  modo  durevole,  se  non  pei  casi  di  caratteri  somatici 
fissati  immobilmente  e  sono  quelli  a  cui  si  è  fatto  cenno  e.  vi  si  possono  aggiun- 
gere gli  altri  di  ipermorfismo  inalterabile,  almeno  per  determinate  generazioni  o 
caste.  In  tutti  gli  altri  di  polimorfismo,  dal  tipo  eumorfico,  da  un  lato,  fino  al- 
l'estrema brachitteria,  o  fino  all'ipermorfismo  omeomorfico  (non  compreso)  dall'altro 
è  solo  il  complesso  somatico,  che  vi  è  impegnato  e  la  cellula  genitale  se  ne  di- 
sinteressa, fino  a  tanto  che,  coll'accentuarsi  della  variazione  e  col  lungo  ripetersi 
di  questa,  non  ne  viene  impressa  indelebilmente  anche  la  cellula  genitale. 

Così  fanno  quelle  abitudini,  che  poi  diventano  leggi,  con  progresso  adunque 
centripeto,  ma  lento,  con  effetto  però  non  diverso  da  quelle  altre,  se  pure  esi- 
stono, che  si  iniziano  addirittura  nella  cellula  genitale  ed  hanno  necessaria  in- 
fluenza successiva  nel  soma,  secondo  un  processo,  adunque,  centrifugo,  il  che 
corrisponderebbe  ad  una  vera  e  propria  maniera  di  rapida  creazione. 


Polimorfismo  collettivo.  — 

Passiamo  ai  casi,  in  cui  le  differenze  di  organizzazione  (e  talora  di  abitu- 
dini) intercedono  fra  serie  e  serie  di  individui,  mentre  questi  rimangono  fra  loro 
eguali,  cioè  corrispondenti  ad  un  tipo  costante. 

Hanno  qui  loro  luogo  i  casi  di  dimorfismo  sessuale,  già  abbastanza  discussi 
e  quelli  di  eterogonia,  secondo  diverse  maniere,  che  ora  brevemente  si  illu- 
strano. 


(1)  Darwin  dice:  «una  parte  estremamente  sviluppata  in  una  specie  qualunque,  comparati- 
vameute  allo  stato  della  medesima  parte  in  specie  vicine,  tende  a  variare  molto».  Questa  affér- 
mazione non  è  precisa  e  può  essere  criticata.  Se  la  parte  enormemente  sviluppala  è,  come  tale, 
ormai  fissata  nella  eredità  essa  non  va  inai  piti  soggetta  a  variazioni  d'indole  polimorfica.  Basta 
considerare  gli  esempi  più  su  citati  delle  ornamentazioni  esuberanti  e  vistosissime  dei  Membra- 
cidi  o  quello  degli  arti  e  del  protorace  di  Eterotteri  già  esemplificate  o  le  code  dei  I'apilio  (nel 
quale  ultimo  gruppo,  entro  lo  stesso  genere,  sono  forme  a  lunghe  code,  vicine  ad  altre  senza  tal 
ornamento)  o  le  appendici  cefaliche  degli  Onthophagus,  vistosissime  in  talune  specie,  mancanti 
in  altre,   ecc.,   per  convincersi   del   numero  ed  entità  delle  eccezioni  alla  regola  darwiniana. 

D'altronde,  quale  mai  affinità  di  specie  è  maggiore  della  identità?  Eppure  in  molti  casi  di 
dimorfismo  sessuale  la  parte  estremamente  sviluppata  in  un  sesso  e  mancante  o  meno  vistosa  nel- 
l'altro non   va  soggetta  a  polimorfismo. 


e 


l'adulto  e  gli  atti  pkr  la  conservazione  della  specie  441 

Possiamo  dividere  il  polimorfismo  collettivo,  all'infuori  di  quello  sessuale,  in 
più  maniere,  a  seconda  cioè  che  le  caste  sono  sincrone  ed  omoiche,  cioè  presenti 
tutte  insieme  o  quasi,  nel  tempo  e  nello  spazio,  oppure  sono  bensì  omoiche,  vi- 
venti cioè  in  condizioni  ambienti  similari,  ma  non  sincrone,  oppure  hanno  ha- 
bitat diverso  pel  tempo  e  per  la  natura  dell'ambiente,  sono  cioè  eterocrone  ed 
eteroiche. 

Le  cause  determinanti  l'eteromorfia  delle  caste  possono  dirsi  le  stesse  che 
originano  il  polimorfismo  individuale.  Esse  però  trovano  una  dimostrazione  anche 
più  evidente,  per  la  maggior  vistosità  dell'effetto,  almeno  in  taluni  casi,  come  è 
quello  della  diversa  temperatura  in  differenti  stagioni  o  climi.  Perciò  comince- 
remo dal  polimorfismo  di  stagione,  come  quello  meglio  studiato  nelle  sue  cause 
ed  esemplificato  nei  suoi  effetti,  per  dire  poi  degli  altri,  senza  necessità  di  incor- 
rere in  ripetizioni. 

Polimorfismo  di  stagione  (Oramorfismo). 

In  talune  specie  di  Insetti  a  più  generazioni  si  è  osservato  che  queste  va- 
riano sensibilmente,  con  caratteri  costanti  nei  diversi  individui,  specialmente 
adulti,  a  seconda  della  stagione  in  cui  si  svolgono. 

Ciò  si  ammette  dipenda  sopratutto  dalla  maniera  di  nutrizione,  dall'influenza 
della  temperatura,  senza  escludere  però  quella  di  altre  condizioni  ambienti. 

Nutrimento  giovanile.  —  A  proposito  del  polimorfismo  individuale  si  è 
detto  che  mentre  la  misura  del  nutrimento  larvale  determina  il  polimorfismo  da 
individuo  ad  individuo,  la  natura  può  determinare  quello  di  casta,  ossia  di  più 
individui  insieme,  risultanti  eguali  fra  di  loro,  ma  diversi  da  altre  caste,  pur  da 
comprendersi  nella  medesima  specie. 

Già  si  è  detto  della  influenza  del  cibo  sui  singoli  individui.  Si  comprende 
che  qualora  o  per  effetto  della  stagione  che  modifica  la  natura  del  cibo,  ad  es. 
nei  succhi  di  una  stessa  pianta,  o  di  emigrazioni  da  un  ambiente  ad  altro,  una 
intera  serie  di  individui  viene  ad  essere  nutrita  diversamente,  o  proviene  da 
madri  che  sono  state  soggette  a  regime  diverso,  si  può  avere  la  produzione  di 
intere  caste  distinte,  come  si  è  accennato  già  a  pag.  365,  a  proposito  dell'ap- 
parsa, in  dati  momenti,  di  determinate  caste  nelle   famiglie  di  Afidi. 

Temperatura.  —  Oltreché  la  maniera  di  nutrimento,  la  quale  in  molti  casi 
è  diversa  nelle  differenti  epoche  dell'anno  e  che  certo  ha  notevole  influenza  nel 
determinare  il  polimorfismo  di  stagione,  dati  positivi  si  hanno  per  dimostrare 
l'effetto  della  temperatura  in  questo  senso. 

L'esempio  di  varietà  (li  forme  a  seconda  dell'epoca  dell'anno,  che  più  è  citato  si  è  quello 
di  una  farfalla,  della  Vanessa  prorsa-leuana  (tav.  V,  tig.  9,  10),  che  si  presenta  con  due  distintis- 
sime forme,  considerate  dapprima  come  due  specie  ben  diverse  e  che  solo  più  tardi  si  riconobbe 
.  non  essere  altro  che  due  successivi  aspetti  della  medesima  specie,  in  due  stagioni  diverse.  Gli 
individui  primaverili,  che  provengono  da  ninfe  che  hanno  svernato,  appartengono  alla  forma  le- 
vano, la  cui  figliolanza  dà  gli  adulti  in  luglio  e  questi  sono  della  forma  prorsa.  Alcuni  individui 
però,  ritardatari,  non  schiudono  che  in  settembre  od  ottobre  e  questi  sono  diversi  da  tutti  i 
precedenti,  essi  appartengono  ad  una  forma  intermedia,  detta  porima.  Berce  (1887)  ottenne  spe- 
rimentalmente quest'ultima  forma,  mantenendo  al  caldo  brucili  della  generazione  prorsa  e  Dorf- 
meister  (1864)  e  Weismann  (1875),  mantenendo  a  —  1°  K.  delle  crisalidi  provenienti  dalla  ge- 
nerazione prorsa,  ottennero  molti   individui  da  ascriversi  alla   levano. 

Altri  casi  consimili  sono  conosciuti  ora  per  altri  Lepidotteri,  ad  es.  Anthocarì»  belia-aiisonia 
(la  prima  forma  è  primaverile,  la  seconda  estiva);  e  cosi  A.  belemia -glauca;  Lyeaena  polysperchon- 
aminias;  Papilla  machaon  (giallo-pallido  nel  colore  fondamentale  delle  ali  in  primavera  e  ranciato 
in  estate),  ecc.  ecc. 

A.  Bkrlesk,   Oli  insetti,  II.  —  56. 


•142 


CAPITOLO    QUINTO 


Sotto  tre  forme  si  presenta  il  /'«pi/io  ajax  dell'America  del  nord;  due  forme  cioè  a  tinte 
chiare,  da  ninfe  ibernate:  /'.  telamonidet  e  /'.  amìahi,  una  più  oscura,  estiva:  P.  mareellus,  che 
»i  sono  anche  ottenute  sperimentalmente. 

Gran  numero  di  sperimenti  si  sono  fatti,  da  naturalisti  motti,  circa  l'effetto  del  calore  eser- 
citato su  uova,  larve  e  crisalidi  di  Lepidotteri  diversi,  nella  colorazione  degli  adulti,  mostrando 
l'influenza  acceleratrice  del  calore  sullo  sviluppo  degli  Insetti  sottoposti  a  sperimento  e  la  pro- 
duzione di   forme  diverse  per  grandezza    e  tinta. 

A  questo  proposito  Standfnss  (1895)  conclude  che  la  temperatura  più  bassa  dà  forme  di  una 
data  specie,  die  troviamo  normalmente  come  varietà  locale  in  regioni  più  fredde,  ed,  inversa- 
mente, la  temperatura  più  alta  tende  a  produrre  forme  comuni  in  località  più  temperate;  op- 
pure le  differenti  temperature  producono  forme  senza  corrispondenti  normalmente  e  che  potreb- 
bero richiamarsi   a   varietà  o  specie  ancestrali  oggi   scomparse. 

Fischer  (1895)  e  Ruhmer  (1898),  in  seguito  a  studi  sperimentali,  concludono  che  il  freddo 
prolungato  sulle  crisalidi,  non  tanto  per  hi  sua,  durata,  quanto  per  una  intensità  crescente, 
producono,   rispetto  all'adulto,  gli  stessi  effetti  del  calore. 

Weismann  (1895)  distingue  due  maniere  di  dimorfismo  di  stagione,  cioè  quello  diretto,  risul- 
tante direttamente  da  variazioni  dell'ambiente  ed  il  dimorfismo  di  adattamento,  che  e  il  risultato 
di   un   processo  di  adattamento. 

Nel   voi.   I  a  pag.   234  in  nota,   io  ho  ricordato  la  forma  macrottera  del    Lìogryllu»  campestris 

che  ""  raramente  si  trova  nell'alta  Italia  e  nella  media,   mescolato  in   primavera  alla  comune 

br.o -Ini  (era:  essa  invece  si  riscontra  pura,  in  autunno,  nell'Italia  centrale  e  meridionale  ed  è, 
anche  per  le  abitudini,  molto  diversa  dalla  brachittera  primaverile,  poiché  non  scava  cunicoli! 
ma  si  nasconde  semplicemente  fra  i  sassi  o  le  zolle  di  terra,  più  profondamente  die  può.  Anche" 
parecchi   altri   Ortotteri   hanno   una   forma  autunnale  più   0   meno  diversa  dalla  primaverile. 

Hi  grande  rilievo  sono,  a  proposito  dell'influenza  della  temperatura  (esercitata  sulla  larva) 
sulla  colorazione  di  certe  farfalle  adulte,  le  osservazioni  del  Fischer,  riferite  in  più  scritti  (1894- 
1903)  sopracitato  e  le  sue  conclusioni  in  proposito  (1898-99).  Le  sue  indagini  sono  cadute  su 
diverse  Vanesse,  ed  anche  su    Papilio  machaon,   Charaxee  jaaim,   Apatura  ilia,  Arctia  caia. 

Egli  conclude  che,  a  partire  dalla  forma  normale,  le  variazioni  concorrono,  sia  che  si  discenda 
nella  temperatura,  sia  che  si  vada  verso  ((nella  più  elevata.  Ecco  una  tabella  molto  dimostra- 
tiva in   proposito,   relativa  a  sette  specie  paleartiche,   cioè  di  climi  temperati. 


Ghiaccio 

Freddo 

Forma 

Caldo 

Più  caldo 

Caldissimo 

(—  20°  a  0°) 

(01  a         10") 

normale 

(       3;,«  a    i    37') 

(       itti"  a    t-  41») 

(  ■    42»  a    4    46") 

1 

ichnuaoides 

polari* 

uiticae 

ìcknuaa 

polari» 

iohnuaoidea 

II' 

antigone 

fischeri 

io 

— 

fiackvri 

antigone 

III 

tealndo 

dix.eyi 

polychtoros 

erythromelas 

dixeyi 

testudo 

IV 

hygiaea 

ttrtemi» 

alititi /iti 

epione 

artemis 

kygiaea 

V 

elymi 

wittkotti 

carditi 

— 

tristliitili 

elymi 

VI 

klymene 

merrifieldi 

atalanta 

— 

titt  rrijì  tltì  i 

telimene 

VII 

weimnti  ititi 

porima 

prona 

— 

porima 

ini  sin  unni 

Come  si  vede  la  var.  polari*  della  V.  urticae  si  ottiene  sia  che  la  temperatura  ambiente,  in 
cui  le  larve  sono  allevate,  si  mantenga  da  0"  a  10°,  quanto  se  rimane  da  HO0  a  4  1".  due  condi- 
zioni non  ordinarie  secondo  il  dima  e  la  stagione  in  cui  normalmente  vivono  le  larve  della  V, 
urtieae  ;  lo  slesso  dicasi  per  la  var.  iaehnuaoidea,  che  si  ottiene  tanto  con  -  21°  a  0",  che  con 
+  l_"  a   Ili".   Giustamente  l'autore  conclude  che    le    varietà  anzidette  rappresentano   l'effetto  di 

condiz '   meno   favorevoli  al     li sviluppo  della  specie  e  <jh.--.ih  si    traducouo  con   variazioni 

nella  colorazione    dell'adulto. 

Fra.  gli    Imenotteri    merita  di  essere  ricordato  il   tipico  esempio  di  certi  Calciditi  vegetariani, 


l'adulto   e  gli  atti    pkr   LÀ   CONSERVAZIONE   DKI.LA  specie 


443 


cioè  le  Jmsoma.  che  in  America  danneggiano  il  frumento  (/.  tritioi,  I.  grande).  Questi  Insetti 
hanno  due  generazioni  annuali  ben  diverse;  l'ima,  invernale  sotterranea,  attera  o  meglio  con 
monconi  brevissimi  di  ali;  la  seconda  estiva,  vivente  sulle  parti  aeree  del  frumento,  perfetta- 
mente alata    (fig.   462). 

Luce.  —  Anche  L'effetto  della  diversa  intensità  e  colore  della  luce  è  stato  sperimentato  so- 
pratutto su  larve  ili  Lepidotteri  e  si  è  riconosciuto,  con  numerosi  esempi,  che  la  differenza  di 
intensità  della  luce,  durante  il  periodo  larvale,  può  indurre  forme  di  adulti  alquanto  diversi 
fra  loro. 

Ad  es.  C.  E.  Venus  (18S8)  ottenne  delle  crisalidi  gialle  di  Vanessa  urticae  coll'aver  esposto 
le  larve  ad  una  intensa  illuminazione  solare,  e  ne  ebbe  delle  farfalle  identiche  alla  var.  Ichnusa 
di  Corsica  e  di  Sardegna. 

Così  si  possono  spiegare  talune  variazioni  di  determinate  specie  in  località  diverse  per 
clima.  Ad  es.  li  Lycaena  agresti»  (che  ha  due  generazioni  per  anno  ed  è  oramorfìca)  si  presenta 
con  tre  forme  diverse,  di  cui  ad  es.  una  primaverile  ed  altra  estiva  in  Germania,  ma  in  Italia 
la  particolare  varietà  locale  ha  la  forma  primaverile  corrispondente  alla  estiva  di  Germania  e 
nell'estate   ha   un'altra  forma,   ohe  non  si  trova  iu  Germania. 

Un  grandissimo  numero  di  esperienze  condotte  su  larve  di  Lepidotteri  diversi  ha  dimostrato 
che  le  larve  allevate  in  ambienti  a  luce 
violetta  sono  più  vivaci,  più  rapida- 
mente crescono  e  riescono  più  volu- 
minose, che  non  quelle  allevate  entro 
luci  d'altri  colori,  e  ciò  secondo  questo 
ordine  dal  colore  ottimo  al  meno  buono: 
violetto,  hleu,  giallo,  bianco,  verde. 
Gli  adulti  però,  ottenuti  nelle  differenti 
condizioni,  non  si  sono  mostrati  fra 
loro  differenti. 

Invece  sulle  crisalidi  l'effetto  si  è 
manifestato  con  una  loro  colorazione 
differente,  così  che  quelle  di  Vanessa 
urlioae,  V.  aialanta,  Papilio  machaon, 
Pieris  brassicae,  P.  rapae,  Saturnia  car- 
pini, Ephrya  pendii/aria  (Poulton,  1887)  ottenute  da  larve  allevate  in  ambienti  a  pareti  annerite 
erano  brune  e  senza  ririessi  metallici;  le  pareti  bianche  diedero  crisalidi  di  tinte  chiare  ed  in 
ambienti  a  pareti  dorate  le  larve  produssero  ninfe  a  riflessi  metallici.  Pareti  verde  ed  aranciate 
non  mostrarono  effetto  sensibile.  L'effetto  si  determina  nel  breve  periodo  di  poche  ore,  una  ven- 
tina, uel  quale  il  bruco  cessa  di  nutrirsi  fino  alla  sua  trasformazione  in  crisalide.  La  vista  non 
vi  ha  parte  e  l'azione  sembra  esercitarsi  sul  sistema  nervoso,  traverso  la  pelle  di  tutto  il 
corpo. 

Importante,  per  le  conseguenze  che  se  ne  potrebbero  dedurre,  è  la  sperienza  di  Schròder 
(1896),  il  quale  ha  mostrato  che  la  diversa  colorazione  in  una  stessa  specie  ili  bruchi  e  vi- 
venti in  ambienti  diversi,  come  ad  es.  della  Eupilhecia  oblongata,  che  variano  molto  di  colora- 
zione a  seconda  dei  fiori  di  piante  di  cui  si  nutrono,  non  dipende  dalla  natura  del  cibo,  ma 
dalla  differente  colorazione  ambiente.  L'Autore  allevò  bruchi  ottenuti  da  uova  di  una  stessa  co- 
vata, separatamente,  col  medesimo  cibo,  sottomettendoli  però,  per  gruppi,  a  raggi  luminosi  ri- 
flessi da  pezzetti  di  carta  diversamente  colorati  ed  ottenue  larve  tinte  in  modo  corrispondente  al 
colore  circostante. 

Umidità  k  siccità.  —  Non  sembra  che  questi  diversi  fattori  abbiano  influenza  determinante 
varietà  differenti. 

Nel  solo  caso  di  circostanze  ambienti  di  clima  a  variazioni  grandissime  di  umidità  e  siccità 
si  può  sospettare  una  qualche  influenza,  come  è  il  caso  della  Pieris  octaria-seramits  del  Transwaal, 
regione  soggetta  a  grandissima  siccità  estiva  od  umidità  invernale  assai  più  che  in  Europa,  per 
la  quale  specie  si  notano  differenze  notevoli  di  colorazione  dell'adulto  fra  la  varietà  oetavìa  della 
stagione  secca  e  la  aeranti»  di  quella  umida  (Marshall,   1898). 

Uohorty  ha  potuto  ottenere,  coll'applicazione  artificiale  dell'umidità  durante  la  stagione  secca, 
la  varietà  Melaniti»  leda  delle  Indie,   che  è  propria  della  stagione  umida. 


Fig.  462.  —  Oraniurfismo  deW  Isosoma  grande  Riley  del 
Nord-America.  A,  forma  derivata  da  ninfe  primaverili  ; 
li,  da  ninfe  ibernanti.  Molto  ingrandite.  Uà  Howard. 


444  CAPITOLO    QUINTO 


Elettricità.   —  Sono  stati  sperimentati  i  raggi  catodici    su  larve    e    crisalidi    di    Vanessa 
(v.  Linden,   1904)  e  di  altri  Lepidotteri,  ma  non  è  apparso  etì'etto  sensibile  sugli  adulti. 

Circa  gli  effetti  delle  influenze  ambienti  per  determinare  una  deviazione 
collettiva  di  individui  dal  tipo  della  specie,  considerando  le  moltissime  espe- 
rienze praticate  specialmente  su  Lepidotteri  e  che  sono  tutte  partitamente 
esposte  dal  Bachmetjew  (1907),  al  cui  libro,  accompagnato  da  una  ricchissima 
bibliografia  rimando  il  lettore,  che  voglia  saperne  di  più  in  argomento,  si  può 
concludere  quanto  segue. 

Le  influenze  avverse  sugli  individui,  agenti  nella  loro  età  giovanile,  che  ec- 
cedono un  certo  limite  entro  cui  sono  comprese  le  condizioni  rappresentanti 
V  optimum  per  l'esistenza  di  ciascuna  specie,  determinano  uno  stato  di  inferiorità, 
hanno  cioè  effetto  involutivo,  che  si  manifesta  con  una  più  sensibile  povertà 
nella  organizzazione,  nella  colorazione,  ecc. 

Per  ciò  che  riguarda  il  livello  di  evoluzione  plastica  e  di  statura,  il  nostro 
giudizio  non  può  andar  errato  circa  il  maggior  o  minor  grado  di  atelismo  o  di 
ipertelismo,  ma  per  quanto  ha  riguardo  ai  colori  non  è  sempre  in  nostra  facoltà 
giudicare  esattamente  quali  sieno  le  colorazioni  rappresentanti  un  livello  più 
alto  o  più  basso  se  non  si  conosca  bene  il  tipo,  quello  cioè,  che  si  svolge  nella 
condizione  di  esistenza  ottima  e  da  cui  procedono  le  aberrazioni. 

Dobbiamo  ammettere,  che  tutta  la  classe  degli  Insetti  ha  una  zona  sulla 
superficie  del  globo,  che  rappresenta  l'ambiente  ottimo,  ed  è  la  subequatoriale, 
se  non  veramente  la  equatoriale,  forse  non  discosta  per  temperatura  dalla  pri- 
mitiva dell'epoca  carbonifera,  che  pare  sia  stata  l'età  dell'oro  degli  Insetti.  La 
zona  temperata  è  meno  favorevole  alla  classe  nel  suo  insieme  e  quivi  sono  forme 
di  statura  minore  e  di  ipermorfismo  meno  accentuato  e  vi  è  più  largamente  rap- 
presentato Patetismo.  La  zona  fredda  poi  è  del  tutto  avversa  alla  buona  esistenza 
del  gruppo,  nel  suo  complesso. 

Ciascuna  specie  però,  ha,  nella  suddivisione  della  vasta  zona  ora  occupata 
dagli  Insetti,  ognuna  un  suo  più  ristretto  campo  centrale  e  colà  meglio  che  al- 
trove essa  vive  e  vi  è  rappresentata  da  una  forma,  che  si  deve  considerare  per 
tipica. 

Da  questo  centro,  procedendo  verso  i  limiti  periferici  della  zona  ottima,  la 
specie,  se  può  adattarsi  e  conseguentemente  subire  variazioni  apprezzabili  al  no  - 
stro  senso,  ci  mostra  varietà  locali,  da  considerarsi  per  prodotti  di  condizioni 
meno  felici  e  queste  varietà  possono  anche  convenire  nel  generale  aspetto,  anche 
se  prodotte  da  influenze  opposte,  ma  tutte  determinanti  un  medesimo  effetto, 
cioè  nel  senso  involutivo. 

Si  sono  visti  infatti  gli  esempi  di  variazioni  coufonni  ottenute  in  specie 
delle  zone  temperate  sotto  l'influenza  di  temperature  insolitamente  calde  o  fredde 
e  queste  variazioni,  che  si  sono  avute  coll'artificio,  corrispondono  a  quelle  che 
in  natura  si  hanno  in  località  estreme  settentrionali  o  meridionali  della  zona 
occupata  dalla  specie. 

Le  variazioni  poi  nel  senso  della  latitudine,  dipendenti  da  condizioni  ambienti 
meno  diverse,  più  delicate  e  difficili  assai  a  conoscersi  e  misurarsi,  non  si  sono  po- 
tute riprodurre  artificialmente,  da  poiché  non  si  conoscono,  ma  della  loro  esistenza 
non  è  possibile  cada  alcun  dubbio,  dal  momento  che  auche  in  detto  senso  la 
zona  occupata  da  ciascuna  specie  è,  il  più  spesso,  limitata. 

Certo  però  i  limiti  segnati  per  ciascuna  specie  da  particolari  linee  isoter- 
miche decorrenti  adunque  presso  a  poco  nel  senso  dei  paralleli,  sono  più  rigidi 
e  meno  facilmente  sono  superabili  di  quelli  chiusi  da  linee  in  senso  della  longi- 
tudine. 


L'ADULTO    K    GLI    ATTI    PER   LA    CO.VSEUVAZION'K    DELLA    SPECIE  445 

I  primi  sono  veramente  le  colonne  d'Ercole  della  specie  (1). 

La  misura  e  qualità  del  nutrimento,  la  temperatura  ed  anche  la  luce,  sono 
i  più  efficaci  influssi  determinanti  variazioni  nel  tipo  della  specie  ed  essi  sono 
in  diretto  e  strettissimo  rapporto  coll'ambiente. 

Queste  condizioni,  che  variano  dall'una  all'altra  stagione,  influiscono  diver- 
samente sulle  diverse  generazioni  nelle  specie,  che  ne  hanno  più  d'una  nell'anno 
e  l'effetto  loro,  per  talune  specie  più  sensibili  e  malleabili,  può  determinare 
vistose  variazioni  di  aspetto,  non  diversamente  come  avviene  pegli  individui  di 
specie  a  mantello  sensibilmente  variabile  nelle  diverse  età  dell'anno. 

Si  possono  citare  esempi  di  specie  molto  plastiche,  nelle  quali  la  variazione, 
che  apparisce  in  stagione  meno  favorevole  alla  esistenza  degli  individui,  è  eguale 
a  quella  che  si  riscontra  nelle  località  situate  sui  contini  della  zona  occupata 
dalla  specie  stessa  e  che  rappresentano  l'estremo  limite  di  habitat,  compatibile 
colla  esistenza  della  specie  medesima. 

Adunque,  anche  nel  polmorflsmo  di  stagione,  una  maniera  di  forme  rappre- 
senta lo  stato  ottimo  della  specie,  l'altra  o  le  altre  provengono  da  adattamenti 
a  circostanze  meno  favorevoli  e  dipendono  da  influenze  perfettamente  pondera- 
bili e  spesso  riproducibili  artificialmente. 

Questo  fatto,  che  risulta  dalle  moltissime  esperienze  di  gran  numero  di  au- 
tori ed  è  ormai  indiscutibile,  riesce  importantissimo  per  giudicare  del  processo 
della  origine  della  specie. 

Infatti  la  riproducibilità  per  artifìcio  di  varietà  locali  che,  considerate  per 
sé  e  nella  loro  patria  speciale  sembravano  fìsse  stabilmente  (come  per  tali  noi 
consideriamo  ora  tante  altre  che  non  abbiamo  finora  potuto  ottenere  per  influenze 
artificialmente  esercitate  sulla  forma-tipo),  mostra  che  siffatte  variazioni  non 
hanno  ancora  trovato  la  loro  sanzione  da  parte  della  cellula  genitale,  che  le 
renda  inalterabili,  cioè  che  le  trasformi  in  vere  e  proprie  specie,  col  loro  circo- 
scritto e  defluito  limite  di  variabilità  (dove,  a  lor  volta,  adattandosi,  possano 
crearsi  lo  speciale  ambiente  ottimo),  non  tale  però  da  incorrere  ormai  più  in 
quello  della  forma  primi tiva-tipo,  da  cui  sono  provenute. 

Tutti  questi  gradi  di  variabilità  si  notano  nelle  forme  presenti  e  lo  studio 
loro,  quello  delle  influenze  determinanti,  ecc.,  mi  sembra  più  utile  alla  inda- 
gine dell'origine  della  specie  che  non  ogni  altro,  che  muova  da  ipotesi,  da  pre- 
supposti, insomma  da  ogni  maniera  di  fede. 


Polimorfismo  di  casta  (Polifilia). 

Esso  è  rappresentato  dal  fatto  che,  in  talune  specie,  una  o  più  categorie  di 
individui  assumono  caratteri  ed  abitudini  speciali.  Questa  maniera  di  polimor- 
fismo collettivo  differisce  dalla  precedente  perciò  che  qui  le  diverse  serie  di  in- 
dividui o  caste,  che  dire  si  vogliano,  sono  contemporanee  o  quasi  (caste  sincrone 


(li  Perciò  le  variazioni  sono  più  rapide,  ossia  le  specie  si  incontrano  più  numerose  in  pari 
spazio  seguendo  una  linea  nel  senso  della  longitudine  che  non  audando  in  senso  della  latitu- 
dine e  più  che  mai  e  più  presto  variano  la  flora  e  la  fauna  a  diverse  altezze  sul  livello  del 
mare.  Stando  così  le  cose  si  vede  ohe  lo  spazio  occupato  da  una  specie  può  rappresentarsi  a 
contorno  ellittico  col  diametro  nel  senso  della  latitudine  maggiore  assai  di  quello  longitudinale 
e  col  diametro  minimo  nel   senso  verticale. 


44b'  CAPITOLO   QUIETO 


ed  oloiche),  ossia  la  loro  distinzione  nel  tempo  non  è  così  netta  come  pel  poli- 
morfismo di  stagione. 

Del  resto,  punti  di  contatto  fra  questo  polimorfismo  ed  il  precedente  facil- 
mente si  riscontrano,  ed  anzi  non  sempre  la  distinzione  netta  in  eterogonia  sin- 
crona è  possibile,  come  può  anche  esser  detto  cbe  il  dimorfismo  sessuale  non 
è  che  uno  speciale  caso  del  polimorfismo  di  casta.  Parliamo  adunque  ora  della 
polifilia  a  caste  sincrone,  per  procedere,  grado  grado,  a  quella  in  cui  una  etero- 
cronia  è  più  o  meno  accentuata  o  decisa. 

Bisogna  distinguere  tra  le  diverse  maniere  di  Famiglie  perchè  queste  o 
costituiscono  delle  vere  Società  (caratterizzate  dalla  cooperazione  al  benessere 
comune),  oppure  sono  un  semplice  agglomeramento  dei  singoli  individui,  sia  pure 
di  un'unica  origine  materna  (Famiglie),  ma  viventi  nel  più  perfetto  egoismo  ed 
è  la  specie  soltanto  che  ne  coordina  i  singoli  valori,  alla  propria  conservazione; 
in  altri  termini,  in  questi  casi  :  ognuno  per  sé  e  la  specie  per  tutti. 

Lasciamo  dunque  da  parte  le  Società  ed  il  polimorfismo  che  vi  si  riscontra, 
giacche  se  ne  dirà  poi  e  vediamo  le  altre  maniere  di  eterogonia  o  polifilia  che 
dir  si  voglia. 


Polifilia   non  sociale. 

Questa  maniera  di  eterogonia  è  caratterizzata  dalla  molteplicità  delle  caste 
legate  fra  loro  solo  da  un  nesso  geuetico  e  dalla  finalità  nel  senso  della  conser- 
vazione della  specie,  ciascuna  però,  come  ciascun  individuo,  rimanendo  allatto 
autonomi,  senza  alcun  rapporto  comune  d'indole  sociale. 

Già  nelle  pagine  precedenti  (pagg.  362  e  segg.)  se  ne  sono  recati  esempi, 
trattando  appunto  dei  Oinipedi  e  si  è  detto  come  tale  polimorfismo  si  mostri  co- 
mune anche  negli  Andini,  nei  Fillosserini  e  nei  Chermesini,  fra  gli  Omotteri.  Qui 
converrà  recare  esempi  relativi  a  questi  ultimi  gruppi,  nei  quali  la  eterogonia  e 
la  polifilia  sono  spinte  al  massimo  grado,  accompagnate,  spesso,  da  migrazioni  non 
solo  da  un  organo  all'altro  della  medesima  pianta  ospite  (fenomeno  che  indicheremo 
colla  voce  disitia),  ma,  ancora,  da  un  ospite  ad  altro  affatto  diverso  specifica- 
mente, una  complicata  eteroichia  adunque,  con  periodici  ritorni  all'ospite  di  par- 
tenza. Ne  viene  così  un  ciclo  evolutivo  molto  complesso,  intercalato  di  cicli 
speciali  alle  singole  caste,  per  cui  la  biologia  di  questi  piccoli  Fitoptiri  è  molto 
difficile  a  riconoscersi  bene  e,  per  moltissime  specie,  è  tuttavia  abbastanza  sco- 
nosciuta. 

11  ciclo  riproduttore  è,  in  molte  specie,  complicato  ancora  da  una  eterocronia 
così  accentuata,  che  si  raccorda  benissimo  coll'oramorfismo.  Infatti,  in  talune 
specie,  la  divergenza  fra  le  singole  caste  non  è  palese  soltanto  per  la  diversa 
maniera  di  individui,  o  per  quella  della  loro  speciale  stazione  e  modi  di  vita,  o 
maniera  di  riproduzione;  ma,  ancora,  per  l'epoca  dell'anno  in  cui  le  singole  caste 
appariscono,  fino  alle  specie  a  ciclo  biennale,  in  cui  nell'apparsa  delle  diverse 
caste,  possono  intercorrere  appunto  dodici  mesi. 

Le  principali  differenze  morfologiche  tra  gli  individui  di  caste  diverse,  si  richiamano  so- 
pratutto alla  condizione  neotenica,  in  confronto  della  entelica  tipica  della  specie  o  del  sesso. 
Infatti  un  sesso  (generalmente  la  femmina)  od  ambedue  possono  essere  atteri,  rimasti  cioè  nella 
condizione  neotenica  di  larva.  Altre  minori  differenze  nella  struttura  di  certi  organi,  si  possono 
però  riscontrare  tra  \«  diverse  caste,   pur  trovandosi  essi  allo  stesso  grado  di  sviluppo   somatico, 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie  447 


sia  neotenico  che  eutelico.  Avremo  cliin<iuc  «urie  di  formo  attere  ed  altre  alate.  Queste,  conio 
bene  si  intende,  nel  superare  lo  stato  larvi  forme,  al  quale  le  attere  si  sono  arrestate,  incon- 
trano anche  (inolio  di    ninfa,   cioè  coi    rudimenti  delle  ali. 

Peroiò,  oltre  le  sezioni  maggiori  delle  diverse  caste,  secondo  il  grado  di  eterotelia,  cioè,  ad 
es.,  di  attere  ed  alate,  occorreranno  in  ciascuna  ili  queste  delle  divisioni  di  grado  secondario. 
talora  bene  definito  anche  dal  lato   morfologico. 

Ad  es.,  a  proposito  della  Fillossera  della  Vite,  la  casta  di  femmine  attere  può  bene  essere 
suddivisa  nelle  gallicele  e  nelle  radicicole,  distinte  anche  per  caratteri,  sia  pure  delicati,  di  diversi 
organi;  più  che  mai,  poi,  la  distinzione  e  facile  tra  le  altre  attere  e  le  sessuate,  per  la  deficienza 
del  rostro  in  queste  ultime.  Cosi  pure,  tra  le  forme  alate  di  parecchie  Fillossere  e  di  Cherme- 
sini.  non  è  difficile,  in  molti  casi,  rilevare  delle  differenze  morfologiche,  ad  es.  tra  le  migranti 
e  le  ie»$upare,  le  quali  talora  sono  fra  loro  distinte  anche  dalla  diversa  stagione  di  loro  ap- 
parsa, ciò  ohe  costituirebbe  un  vero  e  proprio  oramorfismo,  con  differenze  anche  di  organizza- 
zione. Ì5  precisamente  tenuto  conto  anche  di  queste  distinzioni  secondarie,  ma  pure  nette  e  da 
considerarsi,  che  il  numero  di  caste  o  di  forme  differenti  in  una  stessa  specie  può  salire  sino  a 
sette  od  otto,  come  si    vedrà  con   esempi. 

Quanto  alla  stazione  speciale  per  ogni  singola  casta,  trattandosi  che  questa  maniera  di  po- 
limorfismo si  restringe  ai  Fi  t  opti  ri  indicati,  l'habitat  delle  singole  caste  varia  dalle  parti  aeree 
alle  sotterranee  e  da  una  specie  di  pianta  ad  altra  più  ò  meno  affine  o  di  tutt'altra  famiglia. 
Di  qui,  in  intesti  oasi,  necessità  di  migrazioni  più  o  meno  estese,  che  si  compiono  nella  buona 
stagione. 

Circa  i  modi  di  vita  basterà  accennare  alla  facoltà  o  meno  di  nutrirsi,  perchè  alcune  caste, 
come,  ad  es.,  le  sessuate  nelle  Fillossere,  non  hanno  neppure  il  rostro,  come  si  è  già  detto. 
Inoltre,  quanto  alle  altre  maniere  di  vita,  alcune  caste  danno  origine  ad  escrescenze  speciali  o 
ad  altre  particolari  alterazioni  sugli  organi  della  pianta  (galle,  nodosità,  tuberosità,  cecidii  in 
genere)  altre  no,  ecc.,  donde  viene  che  talune  maniere  di  individui  sono  meglio  degli  altri  di- 
fesi di   fronte  a  speciali  cause  nemiche,   ecc. 

La  maniera  di  riproduzione  è  diversa  a  seconda  delle  differenti  caste  di  forme  generanti.  La 
riproduzione  per  via  bisessuale,  che  conduce  all'uovo  fecondato  (per  taluni  gruppi  detto  varo 
ri'  in  ver  no)  e  presente  in  tutte  le  specie  di  Fi  top  ti  ri,  per  quanto  polimorfici,  e  però  il  fenomeno 
dell'intervento  dell'elemento  fecondante,  sia  pure  in  mezzo  ad  un  ninnerò  vario  di  generazioni 
per  via  partenogenetica,  sembra  avere  una  importanza  cardinale  pel  benessere  della  specie.  Non 
si  ha.  infatti,  se  non  la  eccezione  dovuta  a  nuovo  e  speciale  adattamento,  mostrata  dalla  Fillos- 
sera della  Vite  sulle  viti  nostrali  e  se  di  più  antica  data  fosse  tale  adattamento  nuovo,  si  po- 
trebbe ora  più  sicuramente  riconoscere  la  maniera  di  influenza  di  questo  mancato  intervento 
della  riproduzione  bisessuale  nel  ciclo  riproduttore  dilla  Fillossera  sulle  viti  nostrali.  In  linea 
secondaria,  la  riproduzione,  per  via  partenogenetica,  varia  dalla  ovipara  alla  vivipara.  Vi  pos- 
sono adunque  essere,  anche  nella  medesima  specie,  peculiari  femmine  ovipare  ed  altre  esclusiva- 
mente vivipare.  Queste  ultime  appartengono  agli  Afidini,  ma  non  ai  Chennesini  né  ai  Fil- 
losserini. 

Fer  ciò  che  riguarda  l'epoca  dell'anno,  in  cui  fioriscono  le  singole  caste,  si  vede  che  le 
forme  migranti  sono  primaverili  od  autunnali,  talora  estive,  mai  invernali.  La  ibernazione  è 
affidata  o  alle  uova  fecondate  (dette  perciò  uova  d'inverno.  Afidini,  Fillosserini)  o  a  larve,  che 
da  queste  uova  naseono  in  fine  d'autunno  (Chermesiui)  e  che,  nella  successiva  primavera,  rie- 
scono adulte  o  danno  origine  a  tutte  le  nuove  colonie;  per  cui  tali  femmine,  sempre  attere, 
sono  dette  Fondatrici.  Ma  lo  svernamento,  nelle  forme  a  migrazioni,  è  affidato  anche  ad  altre 
femmine  attere  migrate,  sia  su  altre  parti  della  stessa  pianta  (ordinariamente  radici),  come  si 
vede  in  taluni  Fillosserini  e  (Miei  niesini,  o  su  altre  piante  (altri  Chermesiui),  anche  nelle  parli 
aeree,  foglie,  cioè,  se  non  caduche  o  gemme,  corteccie,  ecc.  Ma  non  è  raro  il  caso  (alcuni  An- 
dini) di  femmine  attere,  che  svernano  sulle  parti  aeree,  ove  sono  vissute  tino  allora,  sulla  stessa 
pianta. 


448  CAPITOLO    QUINTO 


Origine  e  significato  della  polifilia  non  sociale. 

Fenomeni  così  complicati,  per  cui  si  vedono  appartenere  alla  medesima  specie 
«  dipendere  da  un'unica  prima  origine  forme  tra  loro  diversissime  e  viventi  in 
molte  differenti  condizioni  di  vita,  senza  altro  nesso  comune  se  non  quello  di 
origine,  non  sono  certo  mancati  di  destare  la  più  alta  meraviglia  negli  studiosi 
delle  cose  della  natura  e  stimolarne  la  curiosità,  anche  per  darne  una  plausibile 
ragione. 

Anzitutto  il  fatto,  che,  in  speciali  condizioni  di  cose,  da  considerarsi  per  ec- 
cezionali, la  specie  può  benissimo  vivere  colla  sola  rappresentanza  di  talune 
caste,  rinunciando  facilmente  ad  altre  (esempio  succitato  della  Fillossera  con 
altri  dei  Chermesini,  che  si  ricorderanno  più  innanzi),  dimostra  che,  nella  con- 
dizione normale  tutte  le  caste  e  le  loro  speciali  attività  sono  necessarie  alla  con- 
servazióne della  specie.  Ciò,  vuol  dire,  che  la  specie  stessa  non  avrebbe  potuto 
conservarsi  senza  far  ricorso,  per  adattarsi,  a  condizioni  diversissime  (profittando 
del  suo  alto  grado  di  plasmabilità),  alla  creazione  di  un  certo  numero  di  forme 
capaci  di  profittare  appunto  di  queste  differenti  condizioni  di  esistenza  :  tutte 
insieme  però,  dopo  diverse  vie  percorse,  ritornando  a  questo  comune  ceppo  fon- 
damentale, come  punto  di  partenza,  che  è  l'uovo  fecondato,  il  seme,  che  rappre- 
senta lo  stemma  della  specie. 

Su  questo  argomento  arrestiamoci  qui  ed  ammettiamo  solo  la  necessità  delle 
diverse  caste  di  una  stessa  specie.  Vediamo  come,  coll'aumentare  delle  difficoltà 
ambienti  opposte  alla  esistenza  della  specie  stessa,  probabilmente  coll'aumento 
numerico  e  di  attività  di  cause  avverse,  sopratutto  altri  organismi  (predatori, 
parassiti,  endofagi,  ecc.),  sia  andato  svolgendosi  e  complicandosi  questo  polimor- 
fismo, scostandosi  sempre  più  dalla  semplice  maniera  di  ciclo  evolutivo  comune 
alla  grandissima  maggioranza  degli  insetti. 

Come,  a  proposito  della  esistenza  degli  individui,  si  è  già  fatto  vedere  che 
vi  possono  essere  condizioni  buone,  altre  ottime  in  eccesso,  e  per  converso  altre 
difficili  e  le  prime  conservano  lo  stato  eutelico,  le  seconde  inducono  l'ipermor- 
fismo  e  le  ultime  la  atelia  somatica,  così  per  la  esistenza  della  specie,  le  condi- 
zioni buone  consentono  quel  ciclo  evolutivo  normale  (euciclo)  che  appartiene,  come 
ho  detto,  alla  grande  maggioranza  degli  insetti,  mentre  le  condizioni  ottime  in 
eccesso  (caso  abbastanza  raro),  inducono  un  ciclo  evolutivo  ipemomico  o  sopranor- 
male (iperciclo),  che  dire  si  voglia,  e,  per  l'opposto,  le  condizioni  difficili  se  non  tol- 
gono via  la  specie,  senza  più,  la  obbligano  ad  espedienti,  che  complicano  più  o 
meno  il  ciclo  stesso,  lo  frammentano,  importano  cioè  la  policiclia,  moltiplicità  di 
cicli  secondari,  col  concorso  della  partenogenesi,  della  neotenia,  di  migrazioni,  ecc. 
Si  ha  in  questo  caso  un  ciclo  catanomico  (od  ipociclo),  cioè,  dal  punto  di  vista 
evolutivo,  sotto  del  normale. 

Vediamo  tutto  ciò,  richiamandoci  a  quanto  si  è  detto  altrove,  che,  cioè,  in- 
tervenendo l'aumento  di  difficoltà  alla  esistenza  della  specie,  sopratutto  all'opera 
riproduttiva  e  di  diffusione,  aumento,  ripeto,  da  parte  dell'ambiente,  la  specie  stessa, 
per  conservarsi,  risponde  o  con  una  lenta  evoluzione,  o,  più  sollecitamente  coll'incre- 
mento  della  prolificità,  sia  a  mezzo  di  maggior  numero  d'uova  (ciò  che  importa 
megetismo  della  femmina  o  la  ipogenesi),  oppure  a  mezzo  della  neotenia  e  della 
partenogenesi,  nonché  dell'accelerazione  dei  singoli  cicli  evolutivi,  in  modo  da 
moltiplicare  le  generazioni.  Tutto  ciò,  ben  inteso,  purché  l'ambiente  facile  alla 
esistenza  individuale,  possa  concederlo. 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


449 


Ecco  prospettate,  nella  seguente  tabella,  tutte    le  diverse  maniere    di  cicli  principali  qui  ri- 
cordate e  per  ciascuna  è  citato  uu  esempio  ovvio. 

1.  Ciclo  normale  (Lìmantliria  dispar.),  vedi  fig.  schematica  I. 


ìpcr- 
notnici 


Inanimali  (Vanessa  carditi) 

tino  a 
iuultiaunuali  (Cicada  septendccim) 


bisessuale  (ilnsca  domestica) 


Cicli 
anormali    I 


Omeo-  I 
filici     ! 


ciclopartenogenica   irregolare   (Prospaltella    berlesei)  (II) 


eata-   i 
nomici 


mo- 
noici 


poli- 
filici 


ete- 


rnaseli eutelici  (Siphoi)ophora  rosae)  (III) 


mono-  I 


sitici 


1 


I  maschi  polimorfici   (Aphis  maydis  vadicis) 


esistono  I 

maschi 

atelici  ..(cicli  trifilici  (Lachnuajiiniperi)(lLV) 


tutti 
atelici 


difilici  (Acanthocherm.es  quereua)  (IX) 


disitici  (Phylloxera   vitis  su  viti  americane)  (V) 


annuale  (Phylloxera  qnercus)  (VI) 


biennale  (Cnaphalodes  strobilobius)  (VII) 


Ciclo  normale.  —  Per  questo  e  per  tutti  gli  altri,  che  rientrano  nei  casi 
di  policielia,  vedi  l'annessa    fig.  463,    che    ne  rappresenta  i    diversi    schemi  (I). 

G-li  Insetti  sono  forme  che  si  possono  considerare  ad  esistenza  tipicamente 
annua,  il  cui  ciclo  evolutivo,  cioè,  si  compie  in  un  anno.  Con  più  certezza  pos- 
siamo dire  intanto,  che  il  ciclo  stesso  è  rappresentato  da  due  sole  forme,  l'una 
il  maschio,  l'altra  la  femmina,  che  passano  ambedue  pegli  stati  di  larva,  ninfa, 
adulto,  nel  quale  ultimo  essi  sono  forniti  di  ali  ed  allora  soltanto  sono  atti  a 
riprodursi.  Il  punto  di  partenza,  come  l'ultima  conclusione  del  ciclo,  è  rappre- 
sentato dall'uovo  fecondato,  che,  nella  condizione  normale,  costituisce  il  germe 
svernante.  Xell'epoca  esattamente  opposta  dell'anno,  cioè  in  estate,  compaiono 
gli  adulti  (vedi  fig.  463,  I).  Sia  esempio  di  questo  ciclo  normale  la  Limanthria 
dispar,  colla  maggioranza  degli  insetti  in  tutti  gli  ordini.  La  partenogenesi  e  la 
ginoneia  (non  mai  troppo  accentuata),  vi  sono  assai  scarsamente  rappresentate  e 
più  che  altro  per  eccezione,  certo  allo  scopo  di  aumentare  sensibilmente  la  fa- 
coltà riproduttiva  della  specie. 

A.  Bkblbse,  Oli  Inietti,  II.  —  57. 


460 


CAPITOLO    QUINTO 


*o 


W 


SPIEGAZ./OME    DEI  SEGNI 

?™£>  [fono  feconda  fa  ££2D  Uovo  par  tenogen. 

O  Femmine  generanti       %   Larve  e  ninfe 

mm*n  .'■   ■   ■■<■  alate  m — ^  Forme  attere 

■*w^~  fiaschi" 


ET 


Fig.  463.  —  Schemi  dei  principali  Cicli  evolutivi  degli  insetti. 

N.B.  Le  mosse    sono   sempre  prese  da  A  (uovo  fecondato),  al    quale    si  perviene  col  compimento    del  ciclo. 

A,  uovo  fecondato  ;  a,  uova  non  feooudate  ;  B,  sessuati  alati  (6,  femmina;  e,  maschio);  C  femmina  alata 
partenogenetica  (d,  telitoca,  o  virgiuopara;  e,  anfitoca  o  sessupara  ;  ambedue  sedentarie;  /,  telitoca  mi- 
grante; g,  telitoca  emigrata;  h,  antìtoca  reduce);  D,  femmina  attera  partenogenetica  (i,  fondatrice;  l, 
stazionaria;  m,  migrante;  n,  emigrata;  nit  emigrata  successiva);  E,  sessuati  atteri  (o,  femmina;  p, 
maschio);  q,  larva:   r,  ninfa  di  alati. 

I,  Ciclo  normale,  costituito  solo  da  (A),  B,  b,  e  (monofilico,  dimorfo  ;  es.  Limanthria  dispar);  II, 
Ciclo  omeofilico,  ciclojtartenogcnelico  ;  solo  (a);  C  (monofilico,  mouomorfo  ;  Prospaltella  berlesei);  III, 
Ciclo  polifilico  a  maschio  eutetico;  composto  di  (A,  a);  Bc  -f-  Cd,  e  +  Di,  l  -f-  Eo  (trililico,  tetra- 
morfo  ;  Siphonophora  rosae);  IV,  Ciclo  polifilico  a  maschio  atelico  ;  risulta  di  (A,  a);  Cd,  e  -f-  Di,  l  -)- 
Eo,  p  (trililico,  tetramorfo,  semplice:  Lachnns  juniperi),  V,  Ciclo  disitico  ;  costituito  «la  (A,  a);  Ch  -j- 
Di,  l,  m,  n,  «j  4"  E°i  V  (tetratilìoo,  pentamorfo  ;  Phylloxera  vastatrix  su  viti  americane);  VI,  Ciclo 
eteroico  annoiale;  comprende  (Aa)  +  Cd,  e,  f,  g,  h  -j-  ^'t  '.  ">  "ì  +  ^°i  P  (trifilico,  tetramorfo, 
doppio;  Phylloxera  quercus);  VII,  Ciclo  eteroico,  biennale;  composto  di  (Aa)  -f-  Cf,  h  -4-  Di,  l,  n,  n, 
-f-  Eo,  p  (tetrafilico,  pentamorfo,  doppio;  Cnaphalodes  slrobilobius);  VIII,  Ciclo  incompleto',  comprende: 
(a)  +  Ch  Dn^  +  Eo,  p  (trifilico,  tetramorfo  ;  Phylloxera  vastatrix  su  viti  europee):  Ciclo  dell' Aoan- 
thochermes  quercus,  sec.  Grassi;  composto  di  (Aa)  -4-   Di  +  Eo,  p  (difilico,  trimorfo). 


Ciclo  ipbrnomico.  —  Un  alto  grado  di  protezione  dei  singoli  individui,  ac- 
compagnato ad  altre  condizioni  della  loro  esistenza,  almeno  sufficienti  e  comode 
secondo  le  esigenze  normali,  permettono  una  maggiore  lentezza  del  ciclo    evolu- 


L'ADULTO    K    GLI    ATTI    PEK    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE  451 


tivo,  che  può  raggiungere  perfino  i  diciassette  anni  (Cicada  septendecim).  In  tali 
cicli,  così  eccessivi,  la  forma  più  longeva  è  appunto  quella  meglio  protetta  pas- 
sivamente, o  meglio  atta  a  difendersi  per  virtù  propria.  Esempi  di  così  fatti  cicli 
si  rilevano  negli  insetti  a  larve  sotterranee,  lignicole  od  altrimenti  bene  riparate 
di  fronte  alle  varie  cause  nemiche  ed  ai  rigori  invernali  ;  in  altri  ad  adulti  con 
eccellenti  mezzi  di  difesa  (organi  di  locomozione,  armi,  altri  mezzi  protettivi,  ecc.); 
in  taluni  stadi  di  alcune  società,  ecc. 

Esempi:  suddetta  Cicada  d'America:  quasi  tutti  i  Coleotteri  a  larve  sotter- 
ranee e  lignicole;  Lepidotteri  a  larve  lignicole;  molti  Pseudoneurotteri  e  Neu- 
rotteri  a  larve  acquaiuole.  ecc.  La  partenogenesi  è  rarissima  e  solo  accidentale 
(tieopartenogenesi,  pag.  357)  e  non  collo  scopo  di  aumentare  la  fecondità  della 
specie.  La  neotenia  non  esiste. 

Fra  gli  insetti  sociali  cito  l'esempio  dell'Ape  così  esuberantemente  feconda, 
che  può  essere  rappresentata  per  la  massima  parte  da  individui  sterili.  Per  questa 
specie  la  partenogenesi  (normale  occasionale,  cairopartenogenesi,  pag.  359)  non 
ha  certo  per  iscopo  l'aumento  della  prolificità,  poiché  si  tratta  di  arrenotochia. 
Lo  ginoneia  non  è  rappresentata,  se  non  in  qualche  caso,  per  le  forme  sterili.  In 
questo  caso,  dunque,  tale  atelia  riproduttiva  e  somatica  non  ha  rapporti  coll'au- 
mento  della  fecondità  della  specie. 

Cicli  catanomici.  —  Nei  cicli  catanomici  può  esser  rappresentata  la  gino- 
neia ed  aucora  la  partenogenesi  normale  ciclica  [cìclopartenogenesi),  la  quale  è 
sempre  telitoca,  perchè,  in  questi  casi  appunto,  essa  concorre  efficacemente  all'au- 
mento della  facoltà  moltiplicativa  della  specie.  La  produzione  di  maschi  rapida 
e  più  facile,  non  gioverebbe  certo  allo  scopo. 

Si  vede  intanto  che  i  cicli  catanomici  sono  di  due  maniere,  a  seconda  cioè 
che  vi  ha  parte  la  polifilia  o  meno.  In  questo  ultimo  caso  si  hanno  generazioni 
multiple,  ma  conformi  e  successive  ;  nel  caso  di  polifilia  si  hanno  generazioni 
multiple,  difformi  (caste),  che  possono  essere  anche  sincrone. 

Cidi  catanomici  omcofilici.  —  In  presenza  di  ambienti,  o  condizioni  non  così  fa- 
cili per  l'esistenza  della  specie  che  questa  possa  permanere  nel  ciclo  normale, 
perchè  ciò  importerebbe  un  numero  di  individui  non  sufficiente  a  mantenere  in 
vita  la  specie  stessa,  appunto  in  causa  delle  maggiori  difficoltà  sopravvenute, 
la  difesa  che  la  specie  oppone,  prima  d'ogni  altra  (cioè  della  neotenia,  parteno- 
genesi, polifilia,  ecc.),  è  quella  di  aumentare  il  numero  delle  generazioni  nella 
annata  stessa,  abbreviando  i  cicli  delle  esistenze  individuali.  Tutto  il  resto  ri- 
mane nella  condizione  del  ciclo  normale.  Abbiamo  così  maschi  e  femmine  alati, 
in  due  o  più  stagioni  dell'anno  e  corrispondente  numero  di  uova  fecondate,  larve 
e  ninfe  nelle  convenienti  epoche. 

Gli  ipocicli  omeofilici  sono  però  di  più  mauiere  e,  cioè,  a  seconda  che  inter- 
viene (largamente)  la  telitochia  o  meno.  In  questo  ultimo  caso  ambedue  i  sessi 
sono  rappresentati  con  pari  frequenza,  sebbene  possa  accadere  che  la  femmina 
tenda  (permettendolo  le  condizioni  ambienti),  al  megetismo  od  all'atelia.  Nel  caso, 
invece,  di  largo  intervento  della  telitochia  i  maschi  sono  rari  ed  appaiono  ad  in- 
tervalli più  o  meno  remoti,  appunto  come  nei  casi  di  partenogenesi  ciclica  irre- 
golare sopra  indicati.  Il  progresso,  nel  senso  catanomico,  di  questi  cicli  è  adunque 
dal  bisessuale  a  sessi  eutelici.  a  quello  con  femmina  atelica;  ad  altro  con  maschi 
rari  e  dominato  dalla  partenogenesi  ciclica  irregolare. 

Ipociclo  omeofllico  bisessuale.  —  Quali  esempi  di  questa  maniera  di  cicli  catanomici  possono 
essere  citati,  con  tutti  gli  insetti  a  più  generazioni,  ma  non  eterogouici,  le  Mosche,  per  le  quali 
si  sono  già  indicate  a  pag.  287  le  conseguenze  della  iperadresia,  che,  comhinata  colle  ardue  in- 
cessiti della  ricerca  di  ambienti  opportuni  per  deporre  la  figliolanza,  importa  la  necessità  di  una 


452  CAPITOLO    QUINTO 


assoluta  eutelia,  con  abolizione  quindi  di  ogni  condizione  neoteuica,  e  tutto  il  compenso,  che 
permette  la  conservazione  della  specie,  si  trova  appunto  nell'aumento  numerico  delle  generazioni, 
che  sono  ordinariamente  anche  più  di  due.  L'individuo  è  sacrificato,  con  questo  accorciamento 
del  suo  ciclo  di   esistenza,   a  vantaggio  della  conservazione  della  specie. 

La  ginoneia,  sebbene  non  mol^o  frequente,  non  è  però  esclusa  e  la  partenogenesi,  quando 
esiste,  è  soltanto  telitoca. 

Ipociclo  omeofllico  ciclopartenogenico.  —  Oltre  alla  moltiplicità  delle  generazioni  bisessuali,  se- 
condo la  maniera  suddetta,  soccorre  alla  maggior  prolificità  della  specie,  l'abolizione,  almeno 
temporanea,  dei  maschi,  ed  è  questo  un  altro  espediente  efficace  allo  scopo.  Qui,  dunque,  la  par- 
tenogenesi telitoca  rappresenta  la  coudizione  indispensabile,  secondo  quella  cairopartenogeuesi 
irregolare,  di  cui  si  è  fatto  cenno  a  pag.  366.  Questo  mezzo,  quando  è  in  atto,  raddoppia  il 
numero  di  individui,  che,  se  le  generazioni  sono  molte,  raggiunge  cifre  altissime  e  queste  specie 
così  toccano  un  grado  di  fecondità  fra  i  più  alti  che  sieno  in  natura. 

La  ginoneia  è  abbastanza  frequente,  semprechè,  ben  inteso,  le  condizioni  per  la  conserva- 
zione della  specie  e  dell'individuo  la  permettano  (per  questo  ciclo  vedi  fig.  schem.  463,  II). 

L'esempio  della  Peospaltella  citato  a  pag.  267  mostra  che  da  una  sola  madre  in  marzo,  si 
possono  avere,  traverso  cinque  generazioni,  almeno  una  trentina  di  milioni  di  altre  madri  in 
autunno. 

Cicli  caI'ANOMici  polifilici.  —  Per  questi  la  ginoneia  e  la  cieloparteno- 
genesi  telitoca,  essendo  sempre  rappresentate,  possono  essere  ammesse  come  ne- 
cessarie. Sono  però  comuni  anche  la  androneia  e  la  partenogenesi  anfitoca.  Questi 
cicli  appartengono  ai  Fitoftiri  dei  gruppi  Andini,  Fillosserini  e  Chermesini,  né 
sono  esemplificati,  almeno  così  complicatamente,  in  altri  gruppi  di  insetti.  Si 
hanno  tutte  le  gradazioni  da  una  condizione  di  cose  mediocremente  complicata 
rispetto  al  ciclo  normale,  lino  ad  altra,  in  cui  la  polifllia  e  la  eteroichia  rendono 
il  ciclo  riproduttivo  enormemente  complesso  e  vario.  L'aumento  del  grado  di  po- 
lifllia e  della  parte  che  vi  hanno  la  ginoneia  e  la  partenogenesi  telitoca  è  de- 
terminato da  quello  delle  difficoltà,  che  sono  opposte  alla  esistenza  della  specie, 
in  rapporto  all'opera  riproduttiva  e  diffusiva.  Perciò,  nella  distribuzione  seguente 
delle  diverse  maniere  di  cicli  catanomici  polifilici,  mentre  si  procede  dai  meno 
discosti  dal  ciclo  normale  verso  i  più  complessi  e  variati,  rispetto  alla  detta 
norma,  si  intende  anche  che  tale  via  è  parallela  a  quella  dell'aumento  delle  sud- 
dette condizioni  avverse  alla  specie.  (Per  questi  cicli  vedi  la  fig.  schematica  463, 
da  III  a  IX). 

Ipociclo  pollinico  a  maschi  eutelici.  —  La  neotenia  interviene  in  principio  solo  prendendo  di 
mira  le  femmine,  alcune  delle  quali  restano  attere,  alla  condizione  larvale.  Insieme  ha  qui  larga 
parte  la  partenogenesi  telitoca.  La  polifllia  si  manifesta  nel  solo  sesso  femminile.  Si  hanno  così 
tre  maniere  di  femmine,  corrispondenti  a  tre  generazioni  od  a  tre  serie  di  generazioni  e  cioè  : 
una  prima  femmina  (fondatrice),  che  nasce  dall'uovo  d'inverno;  essa  è  attera  e  telitoca.  Sorge 
una  seconda  femmina,  che  è  alata  (generalmente  destinata  alla  diffusione  della  specie).  Questa 
dà  origine  ad  un'altra  generazione  di  maschi  e  femmine  sessuati,  nella  quale  però  la  femmina  è 
attera,  mentre  il  maschio  è  alato.  In  questa  maniera  di  cicli,  adunque,  non  esistono  maschi 
atteri . 

Le  femmine  attere  della  prima  generazione  (Fondatrici)  sono  telitocbe  (virginopare,  come 
sono  dette  da  altri  autori)  e  danno  origine,  geueralmeute,  ad  altre  femmine  conformi,  egual- 
mente telitocbe.  Uopo  una  serie  varia  di  generazioni  di  cosiffatte  attere  virginopare,  vivipare, 
appaiono,  procreate  da  queste,  sempre  per  partenogenesi,  le  femmine  alate  (fra  le  quali  occorre 
spesso  un  polimorfismo  individuale  relativo  alle  dimensioni  delle  ali,  esistendo  infatti  forme  bra- 
chittere  e  inacrottere).  Queste  femmine  alate  delle  prime  generazioni  sono  esse  pure  telitocbe, 
ma,  inoltrando  la  buona  stagione,  all'approssimarsi  dell'autunno  od  in  questo,  le  ultime  genera- 
zioni di  femmine  alate,  pur  non  variando  morfologicamente  dalle  prime,  differiscono  pel  modo 
di  riproduzione,  perchè  esso  è  per  anfitocbia,  cioè  dalle  loro  uova  nascono  i  due  sessi,  oppure 
qualche  individuo  di  queste  ultime  alate  è  mascoliparo  e  qualche  altro  è  femminiparo.  Queste 
alate  sono  dette  anche  sessupare. 


l.'AI>t'I.TO    E    GLI     -MIT     PER    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIK  453 

Questa  ò  la  maniera  <li  ciclo  evolutivo  più  comune  negli  Atìdini  monoici.  Si  possono  citare, 
ad  esempio,  lo  specie  ovvie  nostrali  Siphonophora  rosai-  Roani.;  Myzus  tibie  L.  ;  Aphia  aambuci 
L.  ;  Aphia  pomi  D.  Geer;  A.  viburni  Sdir.;  Syphoooryne  caprette  Koch;  Cladobius  populeua  Kocb  ; 
poi   altre  specie  nei  generi  Dryaphis,   Eulaehnuì,  ecc. 

Questo  ciclo  ò  già  stato  descritto  a  pag.  365;  esso  è,  adunque,  trifllico  (le  caste  souo  in- 
fatti fondatrici  e  virginopare  agame;  femmina  alata  ;  sessuati)  e  tetrarnorfo  (due  femmine  attere, 
la   alata   ed   il   maschio  (vedi  fig.   schematica  4b'3,   III). 

Ipociclo  polifìllco  a  maschi  polimorfici.  —  Ma  nel  progresso  involutivo  ciclico  anche  il  maschio 
tende  a  perdere  le  ali.  Negli  Andini  souo  comuni  gli  esempi  di  maschi  a  forme  attere  brachiti' 
fere  oltre  alle  macrottere,  ed  il  Del  Guercio  ne  ha  citati  molti  esempi.  È  questo  un  caso  di 
polimorfismo  maschile  da  aggiungersi  agli  altri  già  citati  e  che  ricorda  bene  quello  di  talune 
Cocciniglie  già  citate.  Sia  esempio  di  questo  ciclo  quell'Jjjftis  maydis  radicia  figurato  a  fig.  378, 
con   altri  citati   a  pag.   366. 

Ipoclclo  polifìllco  a  maschi  atelicl.  —  Finalmente  si  passa  alle  specie  di  Andini  con  maschio 
attero  costantemente  iper  quello  che  se  ne  sa  a  tutt'oggi),  atelico,  cioè,  non  meno  delle  corri- 
spondenti femmine.  Ne  souo  esempio  il  Lachnua  juniperi  Fahr.  e  L.  nudila  De  Geer  della  fauna 
nostrale  (vedi  lig.  schematica  463,  IV).  Tranne  le  indicate  divergenze  nel  grado  di  atelia  dei 
maschi,   per  tutto  il  resto  questi  due  cicli   corrispondono  al   polifilico  con   maschi  eutelici. 

A  questo  ciclo  appartiene  anche  la  Schizoneura  lanigera  Fabr.  del  Melo,  solo  che  questa 
specie  non  e  monositica,  se  non  su  talune  varietà  della  detta  pianta.  Infatti,  ordinariamente,  essa 
è  disitica,  nutrendosi  delle  parti  aeree  come  delle  radici.  Fra  i  Fillosserini  nostrali  cito  V  Acati - 
thaphis  api  a  a  Iosa  Targ.  del  Cerro;  la  Paraphyttoxera  glabra  Heyd.  del  Rovere;  la  MoHtziella  corli- 
calis  Kalt.;  il   Phylloxeridea  iialicus  Grassi  ;  la  Foaiella  danesii  Grassi,  tutte  di  questa  ultima  pianta. 

Cicli  disitici  e  cicli  eteroici.  —  Un  altro  coeftìcente  utile  alla  conser- 
vazione della  specie  (come  si  mostrerà  più  avanti)  è  fornito  dalla  disitia  e  dalla 
eteroichia.  Con  tale  intervento  si  complicano  ulteriormente  i  cicli  evolutivi  se- 
condo le  maniere  qui  sotto  elencate,  mentre  aumenta  la  misura  dell'intervento 
della  partenogenesi  telitoca,  si  accresce  l'estensione  della  condizione  atelica,  il 
numero  delle  caste  e  delle  forme  in  queste. 

Ciclo  disitico.  —  L'ospite  è  unico,  ma  alloga  talune  generazioni  dell'insetto  sulle  parti  aeree, 
altre  sulle  radici,  di  modo  che  fra  le  forme  occorrenti  in  questo  ciclo  si  deve  trovarne  una  mi- 
grante, che  si  parte  dagli  organi  aerei  (che  rappresentano  la  stazione  primaria,  dove  ha  sua  sede 
l'uovo  fecondato),  che  appare  ed  agisce  in  principio  di  stagione,  e  raggiunge  gli  organi  ipogei, 
cioè  la  stazione  secondaria.  Inoltre,  deve  trovarsi  anche  una  forma  reduce  che,  durante  la  buona 
stagione,   fino  a  gran  parte  dell'autunno,   fa  appunto  il  cammino  inverso. 

Nel  resto  questo  ciclo  si  raccorda  abbastanza  bene  col  precedente,  non  intercorrendo  tra  i  due 
se  non  la  sola  differenza  che,  mentre  nel  precedente  la  forma  attera  telitoca  è  unica  e  conforme  in 
tutte  le  sue  generazioni,  in  questo  ciclo  invece  la  femmina  attera  fondatrice  e  stazionaria  nella 
stazione  primaria  è,  morfologicamente,  sebbene  di  poco,  diversa  dall'attera  migrata,  cioè  stazio- 
naria nella  stazione  secondaria.  Inoltre  qui  la  femmina  alata  virginopara  manca  ed  esiste  solo 
la  sessupara.  Ciò  oltre  alla  diversità  per  causa  della  disitia. 

Segna  un  passaggio  fra  questo  ed  il  ciclo  precedente,  ad  es.  la  Schizoneura  lanigera,  sulle 
più  comuni  varietà  del  Melo,  perchè  ha  una  legione  ipogea,  composta  però  di  femmine  attere 
non  diverse  dalle  virginopare  aeree,  ed  anche  femmine  alate  sessupare  (per  questo  ciclo  vedi  fig. 
sehem.  463,    V). 

L'esempio  più  ovvio  e  noto  è  quello  della  Fillossera  della  Vite  su  viti  americane  (vedi 
fig.  374).  Si  era  promesso,  a  proposito  della  ciclopartenogeuesi  regolare,  di  trattarne  più  diffu- 
samente qui  e  l'esempio  merita  davvero  maggiore  svolgimento. 

Per  la  Fillossera  della  Vite  americana,  adunque,  dall'uovo  d'inverno,  al  quale  si  ritornerà 
iu  fine  del  ciolo,  nasce  la  Fondatrice,  che  è  una  larva  gallicola,  cioè  destinata  a  recarsi  sulle 
foglie  (di  Viti  americane)  e  quivi  originare  le  speciali  galle.  Dalla  fondatrice  (fig.  374,  3),  che 
è  sempre  attera,  nascono,  per  partenogenesi,  altre  forme  attere,  delle  quali,  la  maggior  parte 
rimangono  sulle  foglie  e  continuano  a  formarvi  galle    (il  cerchio  a  fig.  463,   ,  V,  DI   rappresenta 


454  CAPITOLO    QUINTO 


questo  ciclo)  (virginopare),  mentre  le  altre  poche  Bcendouo  alla  radice  della  stessa  pianta 
(fig.  463,  Dm),  riescono  cioè  radicicole.  Si  riscontra  qualche  piccola  differenza  morfologica  fra  le 
gallicole  e  le  altre  (dette  neoradicicole),  destinate  alle  radici.  Le  nuove  Gallicole  danno  origine 
esse  pure,  come  la  fondatrice,  ad  altre  gallicole  e  neoradicicole  e  ciò  fino  ad  autunno  inoltrato, 
ina,  col  progredire  della  stagione,  la  proporzione  delle  radicicole,  cosi  derivate,  aumenta  rispetto  a 
quella  delle  sorelle  gallicole,  lino  a  che,  in  autunno  avanzato,  nascono  ormai  quasi  sole  radici- 
cole.  La  colonia  radicicola  (tìg.  374,  1,  a-d)  infatti  rappresenta  la  riserva  della  specie,  di  fronte 
alla  annuale  caduta  delle  foglie,  che  conduce  a  distruzione  la  colonia  epigea. 

Dalle  radicicole  (virginopare,  attere),  nascono,  per  partenogenesi,  altre  radicicole  egualmente 
attere,  sono  cioè  femmine  neoteuiche,  che  si  arrestano,  collo  sviluppo  somatico,  alla  condizione  di 
larva. 

Ma,  taluni  individui  radicicoli  possono  percorrere  l'intero  ciclo,  fino  alla  forma  alata  e  difatti, 
nelle  colonie  ipogee,  fra  le  molte  attere,  appaiono  individui  femmine  con  rudimenti  di  ali  (ninfe)  e 
questi  finiscono  (fig.  374,  2,  a-d)  per  riescire  femmine  alate,  cioè  la  forma  destinata  alla  diffu- 
sione attiva  della  specie,  rapida  ed  a  distanza,  purché,  ben  inteso,  intervengano  le  altre  condi- 
zioni, che  permettono  alla  forma  alata  la  produzione  di  tutte  le  forme  successive,  fino  alla  nuova 
fondatrice.   Questa  forma  è  detta  sessupara,  perché  dà  origine  ai   sessuati. 

Dalla  femmina  alata  sono  partorite  uova,  dalle  quali  sorgono  maschi  e  femmiue,  cioè  le 
forme  sessuate,  attere  e  senza  rostro  (fig.  374,  1,  li,  e).  Queste  si  accoppiano  e  depongono  l'uovo 
d'inverno  (fig.  374,  4  a)  (uno  solo  per  ciascuna  femmina),  che  passa  infatti  l'inverno  e  dal  quale 
nasce  a  primavera  quella  Fondatrice,  da  cui  abbiamo  preso  le  mosse. 

Cicli  eteroici.  —  Gli  ospiti  sono  due,  specificamente  diversi  (oppure  due 
gruppi  di  ospiti  di  specie  differenti).  L'ospite  (o  la  serie  di  ospiti),  che  alberga 
l'uovo  fecondato,  è  il  primario,  mentre  l'altro  (o  gli  altri)  rappresentano  il  se- 
condario. 

Va  da  sé  che  in  questi  cicli  debbono  esistere  forme  (alate)  migranti  ed  altre  re- 
duci (dette  anche  dioiche),  oltre  alle  stazionarie  (dette  anche  monoiche,  più  o 
meno  diverse  fra  loro  nei  due  ospiti)  e  le  sessupare. 

All'infuori  di  queste  ulteriori  complicanze,  il  modulo  dei  singoli  cicli,  delle 
caste  e  della  maniera  di  riproduzione  è  abbastanza  conforme  a  quello  indicato  per 
l'ipociclo  poliftlico  a  maschi  atelici;  anzi  può  esser  detto  che,  in  molti  casi,  sul- 
l'ospite primario  esiste  questo  ciclo  e  che  tutta  la  ulteriore  complicazione  è  data 
dalle  serie  (in  più),  che  stanno  sull'ospite  secondario  e  che  sono  di  femmine  ate- 
liche  od  enteliche,  telitoche  e  finalmente  anfitoche,  in  quest'ultimo  caso  per  dare 
origine  alla  serie  sessuale. 

Questi  cicli  intanto  si  dividono  in  annuali  e  biennali,  a  seconda  che  la  forma 
reduce  (e  le  conseguenti  sessuate)  si  sviluppano  nello  stesso  anno  della  fonda- 
trice o  nel  successivo.  Anche  in  questi  cicli  l'uovo  fecondato  è  unico. 

Ciclo  eterolco  annuale.  —  In  questo  ciclo  evolutivo,  è  ottimo  esempio  la  Phylloxera  qiterctts  B. 
d.  Fonsc,  nella  quale  specie  si  possono  contare  le  seguenti  forme:  1.°  fondatrici  :  2.°  attere 
monoiche;  3.°  alate  monoiche:  4.°  migranti;  5.°  attere  esuli:  6.°  alate  esuli;  7.°  sessupare;  8.° 
sessuali  (per  lo  schema  di  questo  ciclo  vedi  fig.  463,  VI). 

Secondo  le  osservazioni,  primieramente  di  Boyer  de  Fonscolombe  (1834),  di  poi  del  Lichte- 
stein  (1874),  Balbiani  (1873-87).  Targioui-Tozzetti  (1876-78),  Del  Guercio  (1900),  Grassi  e  suoi 
discepoli  (1908-1911),  Franceschi  ni  e  Fuschini  (1909),  ecc.  La  Phylloxera  quercus  muove  il  suo 
ciclo  da  un  uovo  fecondato,  che  schiude  all'inizio  della  primavera  sulla  Quercus  ilex  ed  affini  a 
foglia  persistente.  Le  fondatrici  attere  partenogeniche,  virginopare  danno  origine  (aprile),  sia  ad 
altre  attore  consimili,  che  permangono  sul  Leccio  (monoiche),  sia  a  larve,  che  poi  divengono 
ninfe  e  finalmente  alate,  che  sono  migranti  (dioiche),  perchè  infatti  emigrano  (maggio-giugno) 
sulla  Quercus  robur  e  specie  affini  a  foglia  caduca.  Giunte  su  questo  ospite  secondario,  le  alate 
(partenog.  virginopare)  danno  origine  ad  attere  virginopare,  le  esuli,  che  si  riproducono  sul 
nuovo  ospite.   Da  queste  sorgono  femmine  alate  sessupare,  delle  quali  una  piccola  parte  (secondo 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


455 


Grassi)  rimane  sul  Rovere  (esuli  alate),  altre  rappresentano  le  reduci,  che  tornano  al  Leccio 
(agosto-settembre),  dove  danno  origine,  per  antìtochia,  alle  sessuate  (attere;,  che  preparano  l'uovo 
fecondato,  da  cui  si  sono  prese  le  mosse.  È  da  notare  che,  anche  sul  Leccio,  dalle  fondatrici 
possono  originarsi  delle  alate  femmine  partenogeniche,  che  finiscono  por  ridare  i  sessuati,  all'in- 
fuori  di  qualunque  migrazione.  Queste  (da  [considerarsi  per  eccezionali)  sono  dunque  alate  mo- 
noiche. 

Ciclo  eteroico  biennale.  —  Questo  non  differisce  in  sostanza  dal  precedente,  se  non  che  in 
ciò,  che  esso  si  compie  in  due  anni,  cioè  si  hanno  due  forme  ibernanti;  l'ima  che  deriva  da  uu 
uovo  autunnale,  che  può  omologarsi  alle  uova  di  inverno,  ed  è  quello  fecondato,  che  sta  sull'ospite 
primario,  ed  un'altra  forma  derivata  da  un  uovo  non  fecondato,  che  passa  l'inverno  sull'ospite 
secondario  (vedi  tìg.  schem.  463,  VII).  Questo  ciclo  riproduttore  è  esemplificato  in  talune  specie 
di  Chermesini,  come  ad  esempio,  secondo  il  Cholodkovsky  :  Dreyfusia  pectinatae  Cholodk. 
(—  Chermes  cooeineua  Cholod.,  non  Ch.  coccinelle  Katz.);  Phieus  sibiricits  Cholodk.  (=  Chermes 
sibir.  Cholod.;  Ch.  cembrae  Cholodk.);  Pinati  pini  Koch  (—  Chermes  pini  Koch  ;  Ch.  orientalis 
Dreyfus);  Cnaphalodes  strobiìobius 
Kaltemh.  (=  Chermes  strobil. 
Kalt.  ;  Ch.  coccineus  Ratz.).  Altre 
specie  hanno  un  ciclo,  che  rientra 
fra  il  tipo  descritto  precedente- 
mente. Nei  casi  di  ciclo  bien- 
nale, le  diverse  forme,  secondo 
il  Cholodkovsky,  sono  le  se- 
guenti: 1.°  Fondatrice  (attera 
telitoca)  ;  2.°  migranti  alate 
(femmine  telitoche);  3."  emigrate 
(femm.  telitoche);  4."  esuli  (femm. 
attere  telitoche);  5."  sessupare 
(femm.  alate  anfitoche)  ;  6.°  ses- 
suate (maschi  e  femmine  atteri). 
Tutte  queste  forme  si  riscontrano 
nel  Cnaphalodes  strobiìobius,  che 
si  prenderà  qui  ad  esempio. 

Ma,  il  Borner,  che  ha  più 
recentemente  ristudiato  questa 
specie,  trova  che,  in  Germania, 
il  numero  delle  forme  che  ap- 
partengono a  questa  specie  è  an- 
che superiore  a  quello  indicato 
dal  Cholodkovsky.  Infatti,  oltre 

alla  prima  forma  (Fondatrice),  egli  riscontra  una  femmina  attera  telitoca,  permanente  sul- 
l'ospite primario,  che  egli  chiama  cellari!  monoica;  ed,  oltre  alle  esuli  attere  del  Cholodkovsky, 
che  il  Borner  chiama  iemali,  quest'ultimo  Autore  rileva,  sull'ospite  secondario,  anche  più 
generazioni  di  estivali  (femmine  attere  telitoche),  le  quali  pure  derivano  dalle  ibernanti  migrate 
e  che  con  queste  danno  le  alate  reduci,  o  sessupare,  che  dire  si  vogliano.  Così,  pel  Borner,  le 
forme  del  Cnaphalodes  strobiìobius  sarebbero  otto  e  morfologicamente  più  o  meno  diverse  fra 
di  loro  (vedi  fig.   schem.  463,   VII). 

Quanto  alla  biologia  di  questa  specie  ed  alle  caratteristiche  delle  singole  forme,  ecco  quanto 
si  può  dirne,  secondo  i  due  autori  citati,  che  con  particolare  attenzione  studiarono  il  Cnaphalodes 
strobiìobius.  Il  Cholodkovsky  nota  che,  nei  Chermesini  a  gruppo  biennale,  le  migranti  alate  sono 
diverse  dalle  alate  reduci,  o  sessupare,  che  dire  si  vogliano.  Infatti  le  forme  alate  hanno  quattro 
ali.  occhi  composti,  antenne  di  cimine  articoli  con  fossette  olfattive  sui  tre  ultimi.  La  gene- 
razione sessupara  è  di  dimensioni  minori  delle  migranti  e  possiede  ali  a  nervulazione  più  sem- 
plice. 

11  Cnapalodes  strobiìobius  vive  sul  Piceo  e  sul  Larice  (per  questa  specie  vedi  anche  figg.  464 
e  465)  e  presenta  le  seguenti   forme  colle  attitudini  che  qui   si  indicano. 

1.°  Fondatrice.   —   Dall'uovo  fecondato  nasce,   in    autunno,   la     madre    fondatrice,     che    passa 


Fig.  464.  —  Cnaphalodes  strobiìobius.  Galla  ad  ananasso,  fatte  su 
Pinus  picea  dalla  femmina  fondatrice.  Grand,  nat.  Da  Cholod- 
kovsky. 


456 


CAPITOLO    QUINTO 


l'inverno  alla  base  delle  gemme  del  Piceo  ed  in  primavera  produce  un  inizio  di  galla  sulla  gemma 
stessa.  Questa  forma  subisce  tre  mute  e  dopo  la  prima  è  già  mutata  di  figura.  Essa  depone 
molte  uova  partenogenetiche  ed  i  neonati  si  annidano  tra  gli  aghi  dei  giovani  getti,  per  produrre 
galle  della  Picea,  dette  galle  ad  ananas/o  (tìg.  464). 

2.°  Gallicola  monoica.  —  Secondo  il  Borner  (1908)  tra  queste  femmine  (seconda  genera- 
zione) alcune  permangono  sull'ospite  primario,  restano  attere  e  riescono  virginopare. 

3.°  Gallicola? dioica  o  migrante.  —  Dopo  quattro  mute,  altre  di  queste  forme  gallicole  acqui- 
stano le  ali  e  migrano  sui  Larici,  divenendo  così  migranti  alate,  con  caratteri  speciali,  cioè 
antenne  a  tre  articoli,  occhi  semplici,  ecc.,  per  cui  sono  diverse  molto  dalle  forme  viventi  sulla 
Picea.   Giunte  sul   Larice,  quivi  depongono  e  danno  le  forme  seguenti. 

4.°  Migrate  od  iemali.  —  Queste  si  fissano  sugli  aghi  (varietà  Chermes  lapponicus)  o  sulla 
scorza  dei  ramoscelli   (C.  strobilobius)  e  quivi   passano  l'inverno. 

5.°  Esuli.  —   Nel  secondo  anno,     in     primavera,     gli    individui  della  terza  generazione    delle 

forme  ultime  citate,  e  che 
hanno  svernato,  depongono 
(fig.  465)  ed  i  giovani  (quarta 
generazione)  si  fissano  sugli 
aghi  o  sulle  corteccie.  In  se- 
guito alla  terza  muta  questi 
individui  si  dividono  in  due 
gruppi;  gli  uni  rimangono 
sul  Larice  e  danno  una  serie 
di  generazioni  partenogene- 
tiche attere,  che  degenerano 
sempre  più. 

6.°  Reduci.  —  Gli  altri 
subiscono  una  muta  in  più 
dei  precedenti,  riescono  alati 
e  ritornano  sulla  Picea,  dove, 
in  maggio  o  giugno,  divengono 
sessupari  e  depongono  un 
piccolo  numero  d'uova  sugli 
aghi  dei  giovani    getti. 

7.°  Sestuati.  —  Dopo  due 
o  tre  settimane,  da  tali  uova 
schiudono  i  giovani  (quinta 
generazione)  succhiano  gli  aghi  della  Picea  e  quivi  fanno  delle  macchie.  La  quarta  muta  si  produce 
dopo  tre  o  quattro  settimane  ed  i  giovani  si  trasformano  in  sessuati  atteri  (sesta  generazione) 
con  antenne  di  quattro  articoli,  con  tre  occhi  semplici.  I  maschi  sono  più  piccoli  e  più 
mobili  delle  femmine  ed  hanno  antenne  e  zampe  più  lunghe.  Dopo  l'accoppiamento  la  fem- 
mina depone  un  solo  uovo  (luugo  da  tre  a  quattro  mill.),  da  omologarsi  all'uovo  d'inverno 
degli  àlidi  e  dei  Fillosserini,  ma  che  schiude  quindici  giorni  dopo  la  deposizione  e  dà  origine 
alla  nuova  madre  fondatrice,  quella  forma  cioè  della  quale  si  sono  prese  le  mosse.  E  da  avver- 
tire che  il  Borner  categoricamente  afferma  di  aver  riscontrato  (e  ciò  è  confermato  dal  Marchal) 
tra  le  forme  migrate  od  iemali  del  Larice,  individui  che  colà  permangono,  fino  a  passarvi  l'in- 
verno. Perciò  ogli  chiama  iemali  queste  femmine  attere,  in  confronto  delle  estivali,  che  sareb. 
bero  quelle  indicate  al  n.  4.°.  A  parte  questi  ultimi,  si  vede  che  questa  specie  sarebbe  veramente 
eptamortìca. 


Fig.  465.  —  Frammento  di  rametto  di  Larice,  veduto  alla  lente  e  che 
mostra  le  gemme  (e)  che  cominciano  ad  aprirsi  e  le  femmine  {a)  del 
Cnaphalodes  strobilobius,  che  stanno  deponendo  le  uova  \b)  dopo 
aver  passato  l'inverno.  Da  Cholodkovsky. 


Ciclo  incompleto.  —  Se  l'esempio  non  accadesse  sotto  i  nostri  occhi 
esso  lascierebbe  molto  perplesso  lo  studioso,  pel  fatto  che  in  questo  ciclo  appunto 
viene  meno  una  parte  fondamentale,  ed  è  così  che  talune  forme  rimangono  senza 
scopo  e  finalità.  Trattasi  dunque  di  uno  stato  di  cose  anomalo  e  provocato  da 
nuove  condizioni  e  nuovi   adattamenti   per  la  specie. 


l'adulto  e  gli  atti  fek  la  conservazione  della  specie 


Prospetto  delle  forme  occorrenti  nei  diversi  Cicli  sopra  illustrati 
(eccetto  quello   dell' Acaullìochermes  quercus). 


Denominazioni  delle  diverse  t'orine 
e  delle  uova 

(contrassegnate  dalle  lettere 
impiegate  a  tig,  463) 


A  )  Uovo  fecondato  . 


a)  Uovo  non  fecondato 


B)  Sessuati  I  b)  femmina  . 
eu  teli  ci    l  e)  maschio  . 


E)  Sessuati  |  o)  femmina  . 
atelici  \  p)  maschio  . 


C)  Femmina   alata,  partoge- 
netica 


ci)   telitoca. 


e)  antìtoca. 


f)  migrante 


g)  emigrata 


telitoche 


/il   reduce   (antìtoca) 


Dì   Femmina  attera,  parteno- 
genetica   


I 


i)  fondatrice 


7)  stazionaria. 


m)  migrante  . 
ii  )  emigrante  . 
»i,)  esule    .     .     . 


accessoria  esule 


Numero  delle    forme  (escluse 
le  uova) 


A.  Bbblese,  Oli  Inietti,  II.  —  68. 


S  a 

5  o 


IV 


a  .2 
;3  — 
o  o 


VII 


11 


Nomi  dati  da  altri  autori 
alle  diverse  forme    ed  alle  uova 


Uovo  d'inverno;  uovo  du- 
revole 

Uovo  partenogenetico 


Sessuati  alati 


Sessuati  atteri;  sessuali 


virgmopara 


sessupara 


virginopara;  cellari»  dioecia 

(Bòrner);   migranti 

alate 


sessupara 


cellaris  monoecia  (Bòrner); 
gallicola 

neogallicola 


radicola,  hiemalis  (Bòrner); 


aestiralis  (Bòrner);  progre- 
diti (Marchal). 

hiemalis  (Bòrner);    Behar- 
rungilave,     Latenzlarve 

(Niislin);   aisteiis  (Mar- 
chal). 


458 


CAPITOLO   QUINTO 


L'esempio,  a  cui  si  accenna,  è  quello  della  Fillossera  sulla  Vite  europea.  Quivi  l'insetto 
è  divenuto  ìuonositico  ed  ha  perduto  la  fondatrice  epigea,  di  modo  che  l'uovo  d'inverno,  se  pur 
giunge  ad  essere  deposto  sulla  parte  aerea  della  pianta,  rimane  senza  effetto.  Nessuno  scopo 
hanno  più,  adunque,  uè  la  migrante  alata  (sessupara),  uè  le  sessuate.  La  specie  rinuncia  all'in- 
tervento del  maschio  ed  alla  fecondazione  dell'uovo  e  tutta  la  riproduzione  divieue  partenoge- 
nica  telitoca,  né  vi  ha,  per  ora,  alcuna  prova  che  tale  rinuncia  riesca  a  danno  della  conserva- 
zione della  specie,  che  vive,  purtroppo,  henissimo  sulle  radici,  mercè  la  telitochia  delle  madri 
attere  radicicole.  La  diffusione  della  specie  diviene  esclusivamente  passiva,  od  è  affidata  a  forme 
attere,  migranti  coi  loro  modesti  mezzi  (vedi  lo  schema  di  questo  ciclo  a  tìg.  463,  Vili). 

Finalmente  è  qui  il  caso  di  accennare  ad  un  ciclo  riproduttore  molto  ridotto,  il  quale,  se- 
condo le  attenuazioni  del  Grassi,  appartiene  all' Acanthochermes  quercus  Koll.,  che  è  monoico  e 
ìuonositico  ed  avrebbe  due  sole  generazioni  nell'anno,  l'una  fondatrice  attera  dall'uovo  fecon- 
dato, composta  di  femmine  sessupare  ;  l'altra  delle  sessuate,  egualmente  attere.  Se  le  cose  stanno 
realmente  così,  a  me  sembra  che  questa  specie  sia  troppo  poco  prolifica  per  potersi  conservare, 
da  poi  che  non  ha  nessun  altro  espediente  a  sua  risorsa  (per  lo  schema  di  questo  ciclo,  vedi 
fig.  463,  IX). 

Specie  dioiche.  —  Secondo  il  Boruer  i  Fitoftiri  dioici,  finora  noti,  seno  i  segueuti,  indicati 
nell'annessa  tabella,  nella  quale  è  ricordato  ancora  il  loro  ospite  primario  e  secondario. 


Nome  dell'Afide 


Afididi. 

Aphis  avenae  Fabr.  (=  padi    Kalt.):   Eu- 
ropa, Nord-America 

Ajthis  bakeri  Bowen  (=  trifola  Oestluud): 
Nord-America 

Aphis  crataeyi  Kalt.  (r=  rammenti  Kalt.): 
Europa 

Aphis  piri  B.  de  F.  :  Europa     .      .      .      . 

Aphis  farfara*  Koch  (  =  piri  Koch):  Europa. 

Aphis    pruni  Koch     (=  myosotidis  Koch): 
Europa 


Aphis  rhamni   Kalt.:   Europa 

Aphis  lambitisi  L.:   Europa      .... 

Aphis  viburni  Scop.:  Europa      .     .     .     . 

Aphis  rumicis  Ju.  (=  evonymu  Fabr.  —  pa- 
paveris  Fabr.):   Europa.     .... 

Byalopterus  trirhodus  Walk.  (=:  aquilegiae 
Koch):   Europa 

Hyalopterus pruni  Fabr.  (—  arundinis  Fabr): 
Europa,  Nord-America.      .      . 


Ospite  primario 


Ospite  secondario 


Padus,  Pirus  ?,  Malus, 
Cydonia,  Crataegus 

Crataegus 

Crataegus 
Malus 
Pirus 


Prunus 

Frangula 
Sambucus 
Viburnuui 

Evonymus,  Viburnuui 
ed  altri. 

Rosa 
Prunus 


Graminee 


Trifolium 


Ranunctilus,   Aethusa 

Eiimex  (sulle  radici) 

Tussilago  (farfara)  (sulle 
radici) 

Composite  Tubulifloree,  Myo- 
sotis  palustris  ed  altre 
erbe 

Origanum  vulgare  ? 

Melandryum   album  .' 

? 

Diverse  erbe,  ad  es.:  Rumes, 
Beta,  Atriplex,  Papaver, 
Vicia,  Ombrellifere,  Com- 
posite,  Solanum  nigrum. 

Aquilegia 
Phragmites 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


459 


Nome  dell'afide 


Macrotiphiim  cereale  Kalt.:  Europa,  Nord- 
America     


Ospite  primario 


Ospite  secondario 


Macrosiphum  rosae  (L.):  Europa.     .     .     . 
Pkorodon     humtili  Schrk.:  Europa,  Nord- 


Amerioa 


Rhopalosiphum  diantki  Sohrk.  (=  persicae 
Sulzer):  Europa,  Nor-dAmerica 

Hvpaìhosiphum     lactucae     Kalt.     (=  ribis 
Buckton):  Europa,  Nord-America. 

Khopalosiphum  lonicerae  Sieb.:    Europa.   . 


siphocoryne  caprette  Fabr.  (^pastinacae  L.): 
Europa,   Nord-America 

Sìphocoryne  saliceti  Kalt.  {—umbellatorum 
Koch):  Europa,  Nord-America  . 

Sìphocoryne  xylostei  Sdir.:  Europa. 


Penfigidi. 

Anotcia   corni  Fabr.     (=    venusta    Pass.): 
Europa,  Nord-America 

Jpioneiira  lenlisci  :   Sud   Europa. 

Byrsocrypta    pallida     Hai.  (=  ?  Rhizobins 
mentirne  Pass.):   Europa 

Colopha  compressa  Koch:  Europa    . 

Colopha     itimi, ola     Fitch    (=    eragrostidis 
Middl.):  Nord-America 

Boì-maphis   hamamelidis   Piteli:     Nord-A- 
merica  

Hamamelistes   spinosus   Shiiner  :    Nord-A- 
merica   

Pi  mphigus  bursarìusL.  (=  lactucarius  Pass., 
py  riformi*  Lichtst.):  Europa      .     .     . 

Pemphigus  filaginis  B.  de  F.  (—gnaphulii 
Kalt.,  ovato-oblont/ns  Kcssler):  Europa. 

1'*  mphigus  folliciilaris:    Sud  Europa.   .     . 

Femphigim  semilunaris:  Sud  Europa.    .      . 

Prociphilus  bumeliae  Schrk.:  Europa  .      . 

Prociphilns  nidificns  Low  (=  HoUneria  po- 
schingeri):  Europa 


Rubli»,    Rosa 
Rosa 

Pruii  iis 

Priinus  persica 

Ribes 
Xylos  tenni 

Salix 

Salix 
Louicera 


Cornus 
Pistacia 

Ulmus 
Ulmus  (effusa) 

Ulmus 

Hamamelis 

Hamamelis 

Populus 

Populus 
Pistacia 
Pistacia 
Fraxinus 

Fraxinus 


Graminee 
Dipsacacee 

Iliimiilus 

Numerose  piaute    erbacee  e 
legnose 

Sonchus 

Graminee    (Glyceria,     Pha- 

laris) 

Ombrellifere 

Ombrellifere 
Ombrellifere 


Graminee  (sulle  radici) 
Graminee  (sulle  radici) 

?  Mentha  (sulle  radici) 
Carex  (sulle  radici) 

Eragrostis  (sulle  radici) 

Betula 

Betula 

Lactuca,  Lapsana,   Sonchus 
(sulle  radici) 

Filago,  Gnaplialiuni 

Graminee  (sulle  radici) 

Graminee  (sulle   radici) 

? 

Aliies  (sulle  radici) 


460 


CAPITOLO   QUINTO 


Nome  dell'afid  e 

Ospite  primario 

Ospite  secondario 

Prociphìlue    tesselatus    Fisch  (.=  acerifolii 

Acer 

Alnus 

l'rociphilus  xylostei  Degeer  (r=  Ehizomaria 

Xylosteum 

Picea  (sulle  radici) 

Schizonenra  lanigera   Hsm.    (=  americana 

Riley):   Nord-America  e  importato. 

Ulmus  (americana) 

Malus     ^Pirus,     Crataegus, 
Cydonia) 

Schizoneura  lanugino8a~H.tg.(—pyri  Goethe): 

Ulmus  (campestris) 

Pirus  (sulle  radici) 

Schizoneura  almi    L.    (=  fodiens    Bckt.): 

Tetraneura   uhm  Degeer.  (=  ?  caernlescens 

Ulmus  (campestris, 
montana) 

Ribes  (sulle  radici) 

Ulmus 

Graminee  (sulle  radici) 

Tetraneura     zeae-mayclis  Dufour  (=   boyeri 

Pass.,  rubra  Lichtst.):    Europa. 

Ulmus 

Graminee  (sulle  radici) 

Thecabins  affini»  Kalt.  (—  rammollii  Kalt.): 

Populus 

Ranunculus 

Chermesidi. 

Aphrastasia     poetili atac      Chldk  :      Europa 

Picea  (excelsa) 

Abies  (sibirica) 

Cnaphalodes  slrobilobius  Kalt.:  Europa.   . 

Picea 

Larix  (europaea) 

Picea 

Larix  (europaea) 

chermes  laridfoliae  Fitcb  (=  1  abieticoleus 

Picea 

Larix  (americana) 

Dreyfnsia  abiette  picene  Stebbing:  Himalaya. 

Picea  (moriuda) 

Abies  (webbiana) 

Drey  furia  niitslini  C.  B.:  Europa,  Caucaso. 

Picea  (f  orientalis) 

Abies    (nordmanniana,  pec- 
tiuata) 

Dreyfnsia  pieeae  Ratz.:   Europa  .... 

?  Picea 

Abies 

Gillettea  cooleyi Gillette  (=  coweni  Gillette): 

Picea  (pungens) 

Pseudotsuga   (douglasi) 

Picea  (orientalis, 

Pinus  (montana,   silvestris, 

excelsa) 

laricio) 

Pineus  sibiricus  Chldk.:  Europa. 

Picea  (excelsa) 

Pinus  (cembra) 

Pineus    strobi   Htg.  (=   pinifoliae    Fitch, 

pinicortiois  Shimer):  Nord-America   ed 

— 

— 

Fillosseridi. 

Moritziella  corticalis  Kit. :  Europa  e  Nord- 

?  Carya 

Quercus  (robur) 

l'eritymbia     vaslatrix     Plch.     (=   vitifolii 

Fitcb.):  Nord-America  ed  importata  . 

Vitis 

Vitis  (sulle  radici) 

Phylloxera  quercus  B.  de  F.:  Sud  Europa. 

Quercus  (coccifera) 

Quercus  (robur,  pubescens) 

Phylloxera  quercus    var.     fiorentina    Targ. 

Quercus  (ilex) 

Quercus  (robur,  pubescens) 

l'adulto  e  gli  atti  pek  lv  conservazione  della  speci k  461 


Significato  ed  effetto  della  eteroichia  e  polisitia  pel  vantaggio  della  specie.  —  Per 
quanto  riguarda  la  polisitia,  l'utile  che  ne  viene  alla  conservazione  della  specie 
è  evidente,  perchè  il  fenomeno  non  ha  altro  scopo  se  non  quello  di  avere  dislo- 
cati, in  condizioni  varie,  diversi  individui,  di  guisa  che  diversamente  sieno  ri- 
sentiti, dalla  specie  stessa,  gli  effetti  delle  cause  avverse.  Notisi  cbe  la  disitia  è 
utile  sopratutto  nel  caso  che  una  parte  della  colonia  profitti  di  quelle  speciali 
condizioni  di  protezione,  alle  quali  si  è  più  su  accennato,  che  sono  efficacissime, 
ad  es.  la  vita  sotterranea,  la  gallicola,  ecc.  L'insetto  è  forma  eminentemente 
aerea  e  non  diviene  sotterraneo,  subacqueo  o  prigioniero  se  non  transitoriamente 
e  solo  per  mettersi  in  migliori  condizioni  di  esistenza,  di  fronte  a  troppe  diffi- 
coltà nella  vita  aerea  e  libera.  Adunque  la  specie  si  avvantaggia,  profittando  del 
suo  alto  grado  di  adattabilità. 

Ma,  allorquando  questo  diverso  habitat  importa  una  vera  e  propria  polifilia, 
per  variazioni  non  solo  nell'età  somatica  degli  individui,  ma  anche  morfologiche, 
per  individui  coetanei  (come  accade  ad  es.  tra  le  gallicole  e  le  radicicole  della 
Fillossera  della  Vite  o  le  alate  migranti,  virginopare  e  sessupare  di  altre  specie 
di  Fitoftiri),  si  deve  riconoscere  che  è  oltrepassato  il  limite  della  adattabilità  e 
la  specie  tende  a  ricorrere  alla  sua  plasmabilità  per  conservarsi.  Questo,  vera- 
mente, è  il  primo  gradino  per  un'altra  maniera  di  creazione  di  nuove  specie,  non 
solo  biologiche,  ma  anche  morfologicamente  diverse. 

Però,  il  vantaggio  alla  conservazione  della  specie,  che  può  arrecare  l'attitudine 
migratoria  da  ospite  ad  ospite  (dioicità),  è  certo  assai  meno  efficace  ed  anclie 
meno  evidente  di  quello  sopraricordato  della  disitia,  perchè  sembrerebbe  logico 
l'ammettere  che  tutto  l'utile,  che  viene  alla  specie  per  la  fondazione  di  colonie 
diverse  in  ambienti  diversi,  è  equilibrato  dalla  maggiore  mortalità  degli  indi- 
vidui migranti  (intendasi  anche  quelli  di  ritorno),  appunto  per  la  maggior  somma 
ed  entità  dei  pericoli,  ai  quali  gli  individui  incorrono  nella  migrazione. 

Si  comprende  perciò  che  la  colonia  tende  a  divenire  indipendente  dalla  fa- 
miglia madre,  appunto  per  evitare  la  grande  causa  di  distruzione  di  individui, 
che  è  imposta  dalla  migrazione. 

Il  Cnolodkovsky,  per  sostenere  il  vantaggio  di  questo  ultimo  fenomeno, 
deve  ammettere  che  i  migranti  non  siano  soggetti  a  causa  di  distruzione  più 
degli  individui  sedentari,  ma  appunto  l'esempio  dei  Chermetidi,  da  lui  studiati, 
nei  quali  le  forme  sedentarie  sono  gallicole  e  quindi  assai  bene  protette,  parrebbe 
imporre  una  conclusione  diametralmente  opposta. 

Intanto,  per  talune  specie  dioiche,  come  ad  es.  la  Phylloxera  quercus,  si  vede 
che  sia  la  famiglia  madre  (quella  cioè  che  abita  sull'ospite  primario),  come  la 
colonia  che  sta  su  quello  secondario,  potrebbero  finire  per  vivere  indipendente- 
mente, inquantochè  in  ciascun  cenobio  possono  incontrarsi  tutte  le  forme  e  per- 
fino l'uovo  fecondato,  sebbene  certi  fatti  di  micrismo,  scarsa  ovifìcazione  ed 
atelia  mostrino  che  non  tutte  le  caste  si  sono  ancora  bene  adattate  all'ambiente, 
che  non  è  quello  destinato  loro  di  regola.  Qualche  cosa  di  simile  si  può  vedere 
anche  nei  Chermesini,  e  la  condizione  strana  di  adattamento  della  Fillossera 
della  Vite  sulla  Vite  europea,  mostra  come  una  specie,  se  è  molto  adattabile,  possa 
conservarsi  anche  solo  nella  sua  colonia,  rinunciando,  sia  pure  temporaneamente 
(finora  sono  decine  d'anni  che  la  Fillossera  conserva  sulle  viti  nostrali  tutta  la 
sua  efficacia  prolifica)  a  certe  caste  che,  dalla  sola  considerazione  della  famiglia 
madre,  si  giudicherebbero  assolutamente  necessarie  perchè  la  specie  non  perisca. 

Tuttociò  non  infirma  però  il  fatto  che  il  poter  disporre  di  più  colonie  in 
ambienti  diversi,  ciascuna  delle  quali  può  persistere,  pur  venendo  meno  le  altre, 
e    riprodurre  in  condizioni  opportune  la  specie  in    tutte  le  sue  forme,    è    mezzo 


462  CAPITOLO    QUINTO 


efficace  per  la  sua  conservazione.  Tuttavia,  amessa  la  possibilità  o  la  tendenza 
da  parte  delle  colonie  a  svincolarsi  dalla  famiglia  madre,  si  vede  che  V op- 
timum è  ottenuto  allorché  ciascuna  delle  colonie  riesce,  in  seguito  alla  perfetta 
conquista  dello  speciale  ambiente,  riesce  capace,  ripeto,  di  vivere  a  sé  indipen- 
dentemente. 

In  tal  caso,  quando  la  necessità  delle  migrazioni  o  la  loro  occasione  venga 
a  mancare  od  a  rendersi  difficile,  il  nesso  genetico  tra  le  due  colonie  può  be- 
nissimo attenuarsi  e  scomparire  affatto,  il  che  vuol  dire  che  si  è  stabilita  una 
nuova  specie,  talora  diversissima  dalla  originaria,  anche  genericamente;  è  dive- 
nuta autonoma  e  permane. 

Ecco  un  caso  di  possibile  creazione  di  forme  assolutamente  nuove  e  talora 
da  introdursi,  pel  sistematico,  addirittura  in  generi  diversi. 

Ohi  volesse  sortire  dal  campo  degli  Insetti  troverebbe  molti  altri  esempi  di 
questo  processo.  Certo  lo  studio  anche  di  questa  maniera  di  polimorfismo  è  del 
massimo  rilievo  dal  punto  di  vista  dell'origine  della  specie. 

Il  grado  di  differenza  morfologica  tra  la  specie  madre  e  quelle  così  derivate,  dipende  solo 
dal  grado  di  plasmabilità  della  specie  originaria.  Se  esso  è  alto,  come  pegli  indicati  Chermesini, 
nei  quali  si  rilevano  differenze  e  non  piccole  persino  tra  le  migranti  e  le  reduci,  pur  ambedue 
alate,  le  forme  divenute  indipendenti  possono  essere  diversissime  fra  di  loro.  Se  invece  il  grado 
di  plasmabilità  è  modesto  o  piccolo,  possono  occorrere  quelle  così  dette  specie  biologiche,  le 
quali  differiscono  pel  modo  di  vita,  l'habitat,  ecc.,  non  già  morfologicamente.  Per  questo  il 
grado  di  adattabilità  ha  superato  quello  di  plasmabilità. 

A  conferma  della  tendenza  o  possibilità  di  svincolo,  fino  alla  indipendenza  della  colonia 
dalla  famiglia  madre,  si  può  dubitare  che  talune  specie  di  Chermesini  e  di  Fillosserini  sieuo 
incompletamente  noti  nel  loro  cielo,  non  tanto  per  insufficienti  ricerche,  quanto  perchè  una 
parte  del  ciclo  stesso  è  ormai  perduto,  così  come  si  vede  accadere  della  Fillossera  sulle  viti  nostrali. 

A  questo  proposito  è  assai  dimostrativo  l'esempio  studiato  dal  Marchal,  relativo  al 
Chermes  pini,  che  in  Francia  si  moltiplica  solo  a  spese  del  Pinna  sylvettris  ed  esclusivamente  per 
via  partenogenetica.  Ma  nella  Russia  meridionale  (Cholodkovsky)  esiste  una  razza  (Chermes  pini 
orientalis)  di  questa  specie,  che  ha  egualmente  generazioni  partenogenetiche  sul  Pino,  ma  pre- 
senta, inoltre,  sulla  Picea  orientale,  una  generazione  sessuata  normale,  che  determina  galle  volu- 
minose e  caratteristiche  sulla  detta  pianta.  Vi  sono  migrazioni  regolari  dal  Pino  alla  Picea  e  vi- 
ceversa. Tale  generazione  sessuata  non  si  riscontra  in  Francia,  per  la  mancanza  della  speciale 
pianta  ospito  (Picea  orientalis). 

Infatti,  in  Francia  il  Ch.  pini,  ogni  anno,  a  primavera,  dà  origine  ad  una  casta  di  alati 
sessupari,  i  quali  non  solo  in  gran  parte  si  perdono  senza  discendenza,  ma,  se  giungono  a  fis- 
sarsi sul  Pinns  exeeUa  danno  bensì  dei  sessuati,  ma  incapaci  di  riescire  alla  formazione  dell'uovo 
fecondato,  uè  giammai  si  incontrano  galle  sul  Pimi»  exeelsa,  da  richiamarsi  a  quelle,  indicate,  che 
occorrono,  in  oriente,   sulla   Picea  orientalis. 

Se,  incidentalmente,  in  un  qualche  parco  in  Francia  i  sessuati  incontrano  un  esemplare  di 
Picea  orientalis,  neppure  in  tal  caso  si  ottengono  le  galle  e  la  continuazione  del  ciclo  traverso 
la  generazione  sessuata.  Adunque,  in  Francia,  la  riproduzione  sessuale  del  Ch.  pini  fallisce  com- 
pletamente, come  già  aveva  notato  il  Cholodkovsky,  ma  ciò  dipende,  come  riconobbe  il  Maschal, 
perchè  mai  compare  il  maschio  sessuato.  Non  esistono  che  femmine,  per  quanto  talora  abbon- 
dantissime. 

Insomma,  nel  Ch.  pini,  in  Francia,  da  poiché  la  serie  partenogenetica  è  sufficiente  a  conser- 
vare la  specie,  viene  meno  la  serie  sessuata,  per  abolizione  del  sesso  più  differenziato,  cioè  del 
maschio.  Tale  abolizione  di  tale  sesso  è  detta  Sputtanili  ia  dai    Marchal. 

Questo  Autore  ha  poi  constatato  che,  in  Francia,  la  facoltà  riproduttrice  della  serie  sessuata 
del  Ch.  pini  va  scemando  d'anno  in  anno,  a  partire  da  generazioni  otteuute  da  individui  impor- 
tati d'oriente  nelle  galle  della  Picea  orientalis.  Infatti,  contaminando  dei  Pini  silvestri  in  Francia, 
con  migranti  alate  schiuse  da  galle  di  Picea  orientale,  venute  d'oriente,  il  Marchal  ottenne,  nel 
primo  anno,  anche  in  Francia,  migrazioni  sulla  Picea  orientale  ed  abbondanza  di  maschi,  ma  il 
loro  numero  andava  rapidamente  decrescendo  nelle  generazioni  stabilitesi  in  Francia.  Insomma, 
in  occidente,  il  Ch.  pini  finisce  per  perdere  la  serie  sessuata,  come  superflua,  limitandosi,  perchè 
sufficiente,   a  quella  partenogenetica. 


l'adulto  k  gli  atti  pkk  la  conservazione  della  specie  463 


Varietà. 

Qui  si  trascende  ormai  dai  fatti  che  si  riferiscono  esclusivamente  all'adulto 
ed  alle  sue  attribuzioni,  ma  l'argomento  della  variazione  della  specie  si  collega 
così  strettamente  ai  fenomeni  di  variazione  individuale  e  collettiva  transitoria, 
succitati,  che  non  conviene  forse  trattarne  altrove,  sebbene  alcuni  fenomeni  rela- 
tivi alla  conservazione  dell'individuo,  come  elemento  della  conservazione  della 
specie,  e  che  dovranno  essere  esposti  più  innanzi,  rappresentino  un  coefficiente 
del  massimo  rilievo  nel  fatto  della  variazione  della  specie.  Qui,  dunque,  prima  di 
riprendere  l'argomento  delle  funzioni  speciali  dell'adulto,  diremo  delle  varietà, 
cioè  di  tutti  i  modi  di  variazione  della  specie,  nei  suoi  singoli  individui  e  nella 
collettività,  le  quali  variazioni  non  abbiano  il  carattere  ciclico  o  ricorrente  di 
quelle  innanzi  citate,  e  che,  col  loro  stesso  essere,  importino  la  modificazione  delle 
caratteristiche  della  specie. 

Tenuto  conto  anche  delle  cose  suesposte  a  proposito  del  Polimorfismo  e  del 
Dimorfismo  sessuale,  si  possono,  riassumendo,  così  elencare  le  maniere  di  varia- 
zione stessa  ed  i  suoi  gradi  fino  alla  derivazione  di  specie  nuove,  traverso  forme 
più  o  meno  stabili,  e  dipendenti  da  cause  diverse. 

Per  variazioni  della  specie  si  debbono  intendere  quelle  che  si  manifestano 
con  caratteri  comuni  alla  collettività  degli  individui:  le  altre  variazioni,  che  inte- 
ressano invece  i  singoli  individui,  per  quanto  possano  manifestarsi  con  una  certa 
costanza  negli  effetti,  nel  tempo  e  nello  spazio,  debbono  considerarsi  per  varia- 
zioni individuali. 

Queste  hanno  sempre  o  un  fondamento  veramente  patologico  {mostruosità)  o 
dipendente  da  anormalità  più  o  meno  intense  rispetto  alle  condizioni  normali  di 
esistenza  e  di  sviluppo  della  forma,  che  si  considera  per  tipica,  quella  cioè  rap- 
presentata dalla  maggioranza  degli  individui  nell'optimum  delle  condizioni  di 
esistenza  della  specie  (aberrazioni).  Si  comprende  che  la  categoria  delle  variazioni 
individuali  passa  gradatamente  in  quella  delle  collettive,  allorché  la  minoranza 
degli  individui  aberranti  tende  a  divenire  maggioranza,  ossia  i  caratteri  di  varia- 
zione si  impongono  e  la  specie  si  trova  così,  grado  grado,  mutata. 

Ciò  non  può  accadere  se  non  assai  di  rado  e  forse  mai  in  natura,  per  le 
forme  aberranti  veramente  per  fondamento  patologico,  le  quali  sono  vere  e  proprie 
mostruosità  (però,  nella  formazione  di  razze  artificiali  ciò  accade  comunemente)  ; 
ma  interviene  per  quelle  variazioni  individuali,  che  dipendono  da  semplice  anor- 
malità, che  non  implica  cioè  una  seria  e  profonda  variazione  di  fronte  alla  con- 
dizione normale  di  esistenza  e  di  sviluppo  della  specie  tipica.  Le  condizioni 
anormali  possono  così  ripetersi  anche  naturalmente  ed  aumentare  di  frequenza, 
intervenendo  la  sanzione  per  eredità,  cioè  da  parte  della  cellula  genitale,  ed  è 
questo  un  non  raro  gradino,  occorrente  in  natura,  nella  creazione  di  specie 
nuove. 

Seguono  le  variazioni  collettive,  per  le  quali  l'intervento  della  eredità  è 
manifesto  ed  esse  si  esplicano  secondo  i  seguenti  gradi: 

Può  accadere  che  fra  la  grande  maggioranza  degli  individui  coi  caratteri 
morfologici  della  specie  tipica  se  ne  presentino  altri,  in  maggiore  o  minor  numero, 
tutti  aberranti  secondo  caratteri  speciali,  trasmissibili  per  eredità.  Si  tratta  dunque 
di  vere  e  proprie  famiglie  (o  genìe),  che  colla  specie  tipica  sono  sincrone  ed 
oloiche  e  costituiscono  un  tipo  speciale,  distinto,  che  gli  autori  definiscono  per 
forme  o  morfe. 


464 


CAPITOLO   QUINTO 


L'apparsa  di  queste  famiglie  è  saltuaria  è  può  ripetersi  senza  regola  defi- 
nita e  non  pare  che  le  condizioni  ambienti  vi  abbiano  alcuna  influenza. 

Seguono  quelle  variazioni  collettive,  che  dipendono  evidentemente  dalla  in- 
fluenza dell'ambiente  e  determinano  le  razze.  Queste  collettività  corrispondono  alle 
sottospecie,  varietà  locali,  ecc.  degli  autori.  Sono  determinate  e  mantenute  dalla 
eteroichia  (in  senso  largo)  rispetto  alla  specie  tipica,  ma  non  possono  pretendere 
alla  dignità  di  specie  distinta,  non  pel  valore  dei  caratteri  morfologici  o  biologici 
distintivi,  che  possono  essere  anche  salienti,  ma  pel  fatto  che,  ricondotte  alle 
medesime  condizioni  di  esistenza  della  specie  tipica  (omoichia,  ecc.),  finiscono  per 
perdere  le  caratteristiche  differenziali,  rientrando,  in  un  tempo  più  o  meno  breve 
(per  noi  sensibile)  e  disperdendosi  nella  massa  della  specie  tipica,  originaria. 

Finalmente  si  giunge  alla  specie,  cioè  all'insieme  di  individui  aventi  carat- 
teri morfologici  e  biologici  propri,  che  si  mantengono  costanti    (al  nostro  senso) 

in  qualsiasi  grado  di  conformità  di 
vita  con  altre  specie  conviventi  nel 
tempo  e  nello  spazio,  cioè  sincrone, 
sinoiche  ed  omoobiotiche. 

Come  si  vede,  nei  casi  di  genìa 
e  di  specie  è  veramente  la  cellula  ge- 
nitale quella  da  cui  primamente  pro- 
cede la  variazione,  che  è  così  energica 
e  tenace  da  resistere  all'effetto  delle 
condizioni  ambienti. 

Nel  caso,  invece,  delle  razze,  la  prima 
influenza  alla  variazione  è  estrinseca; 
muove  dall'ambiente  e  tende  ad  in- 
fluire sulla  cellula  genitale  e  può  es- 
sere che  arrivi  così  alla  sanzione  e 
perpetuazione,  per  eredità,  della  va- 
riazione. 11  quale  stato  di  cose,  quando 
è  raggiunto,  l'iniziativa,  per  così  dire, 
alla  variazione,  passa  alla  cellula  ge- 
nitale, diviene  cioè  intrinseca  e  così, 
per  gradi  infiniti  di  variabilità  e  di  fissità  dei  caratteri,  si  giunge  alla  vera 
specie;  ma  questo  sembra  il  processo  più  lungo  alla  creazione  di  specie  di- 
verse, sebbene  è  certo  il  più  frequente  e  palese.  Vediamo  esempi  di  tutto  ciò. 

Variazioni  individuali.  —  Tali  variazioni,  di  cui  si  è  dato  già  esempio 
a  fig.  446,  per  quanto  riguarda  la  forma  e  qui  si  può  recarne  altri  (fig.  466),  fra 
infiniti  che  si  potrebbe  scegliere  anche  più  appariscenti  per  quanto  si  rife- 
risce al  colorito  (anche  fig.  450)  sono  del  tutto  normali  e  possono  testimoniare 
della  plasticità  della  specie.  Esse  possono  avere  anche  una  discreta  potenzialità 
ereditaria,  ma  troppo  tenue  per  mantenere  i  caratteri  individuali  molto  a  lungo 
nelle  generazioni.  Se  la  ereditarietà  si  accentua,  allora  il  fatto  acquista  caratteri 
di  variazione  collettiva  e  si  incorre  nella  categoria  delle  genìe,  di  cui  si  dirà 
più  innanzi.  Su  queste  variazioni  individuali,  del  tutto  normali  nell'ambito  della 
variabilità  della  specie,  non  è  il  caso  di  insistere  di  più. 


Fig.  466.  —  Variazioni  individuali  nel  colorito  di 
nu  Coccinellide:  Olio  abdominalis  Say  (N.  Ame- 
rica). Ingr.  circa  3  diametri.  Da  Blaisdell. 


Mostruosità. 


Esse  sono  caratterizzate  dall'apparsa  irregolare  e  saltuaria  di  individui  ano- 
mali, aventi  caratteri  speciali,  incostanti,  di  certa  origine  patologica  e  non  tras- 


1      Wtl.TO    K    GLI    Al  II    PBH    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE 


Iti:. 


missibili  per  eredità.  Non    se    ne   tiene  conto  qui,  come  di    fenomeni  accidentali 
ed  all'atto  transitorii.  Sono  molto  comuni  negli    insetti   i 
casi  di     mostruosità  per    presenza  d'arti  soprannumerari 
(lìti'.  467),  per  incompleto  sviluppo  di  alcuni  organi,   ecc. 

Qinandromorfismo. 

Poche  cose  convien  dire  a  proposito  di  questa  ma- 
niera di  mostuosità,  cioè  del  ginandromorfismo,  detto 
anche  ermafroditismo  laterale. 

Si  vede  l'individuo  così  anomalo  presentare  una 
metà  del  corpo  coi  caratteri  propri  ad  un  sesso  e 
l'altra  con  quelli  dell'altro  e  ciò  non  solo  per  forme 
dicromiche,  ma  anche  per  specie  dimorfiche,  sebbene 
in  questo  ultimo  caso  i  limiti  non  siano  così  ampi  da 
permettere  la  composizione  di  un  individuo  con  due 
metà  troppo  diverse.  È  necessario  che  il  dimorfismo 
sessuale  sia    di    grado  modesto. 

Il  ginandromorfismo  può  palesarsi,  nella  esterna  configurazione  dell'individuo, 

solo     nelle     specie 
^     sessualmente  diinor- 
p-..3     fiche,  come    ben   si 
comprende. 

È  questo  un  caso 
del  tutto  anormale,  per 
quanto  se  ne  possano 
citare  esempi  non  ra- 
rissimi fra  gli  Insetti 
ed  anche  in  altri  ani- 
mali. Quanto  alla  fre- 
quenza del  fenomeno 
basti  ricordare  che,  ad 


Fig.  467.  —  Anomalia  nella 
zampa  ultima  destra  in 
un  Coleottero  Lamelli- 
corne  (Rutela  pulcini  la 
Kirby),  ingrandita.  Da 
Spinola. 


Fig.  468.  —  Esempi  di  Ginamlromorfismo  in  Lepidotteri.  A,  Bomlyx  mori  ; 
La  metà  sinistra  è  di  femmina;  la  destra  di  maschio.  B,  Limanthria 
dispar.  Condizione  inversa.  Graudezza  natur.  (Da  Wiskott). 


es.  pei  soli  Lepidotteri,  il  Wiskott,  già  fin  dal  1897,  ricordava 
essersi  lino  ad  allora  descritte,  da  autori  diversi,  beu  191  casi 
di  ginandromorfismo  nelle  Farfalle  (fig.  468),  e  questi  per  128 
specie  di  tutte  le  famiglie.  Anche  in  quasi  tutti  gli  altri  ordini 
si  sono  citati  casi  di  questa  anomalia,  ed  uno  bellissimo  ne  fi- 
guriamo qui,  che  sarebbe  piuttosto  di  agamtuidromsrfismo,  perchè  si 
tratta  di  un  individuo  per  metà  maschio  e  per  l'altra  metà 
>iriitro  (fig.   469). 

Del  ginandromorfismo  si  è  esposta  la  ragione  in  antecedenza. 
Per  quanto  tali  rasi  possano  rientrare  fra  quelli  di  eteromisia 
Sopracitati,   non   deve  però   intervenire  confusione. 

Nella  eteromisia  omosessuale,  ambedue  le  metà  del  corpo 
appartengono  allo  stesso  sesso  e  perciò  questo  fenomeno,  può 
essere,  come  è  di  fatto,  normalissimo  per  taluno  specie;  nel 
caso  di  ginandromorfismo,  invece,  la  eteromisia  è  bisessuale,  ed, 
in  questo  caso,  essa  e  del  tutto  accidentale  e  fuori  della  norma- 
lità, perche  l'ermafroditismo  è  un  fenomeno  che  non  appartiene 
agli  Insetti. 

Sn  questi  fenomeni  è  inutile  insistere  perchè  non  hanno 
che  uno  scarso  interesse  generale.  Forme  mostruose  si  trovano 
negli  Insetti  come  in  tutti  i  gruppi  di  organismi.  Si  è  fatto 
A     BkBLESR,  Gli  inietti.  II.  —   59. 


Fig.  469.  —  Esempio  di  ginan- 
dromortismo  (agamandromor- 
fismo)  in  una  formica  (For- 
mica sanguinea).  La  metà  si- 
nistra (nera)  è  di  maschio, 
la  metà  destra  (rossa)  è  di 
operaia.  A,  testa  vista  di 
faccia;  a,  grand,  natur.  Da 
Tisohbein. 


466 


CAPITOLO    QUINTO 


solo  oenno  speciale  dei  casi  di  Giuandromornsmo  perchè  il  fenomeno  si  raccorda  eon  altre  questioni 
importanti,  secondo  si  è  veduto. 


Aberrazioni. 

Sono  caratterizzate  dalla  apparsa  irregolare  e  saltuaria  di  individui  aventi 
caratteri  speciali,  anormali,  ma  costanti.  L'origine  patologica  di  simili  variazioni 
è,  spesso,  più  o  meno  evidente,  ma,  talora,  non  lo  è  affatto;  in  ogni  caso,  però, 
la  ereditarietà  dei  caratteri  aberranti  è  nulla  o  scarsa. 


Fig.  470.  —  Ali  di  destra,  vedute  dal  dorso  di  forme  normali  e  forme  aberranti  (ottenute  artitìcial- 
mente,  ma  con  corrispondenti  in  natura)  di  quattro  Vanesse  comuni,  uostrali.  (Per  l'illustrazione 
di  queste  forme  vedi  quanto  è  detto  a  pag.  442). 

A,  Vanessa  urticae  L..,  normale;  B,  aberrazione  ichnusoides  De  Selys  ;  C,  Vanessa  anthiopa  L.  nor- 
male: I),  aberr.  hygiaea  Hdrch;  E,  Vanessa  cardai  L.  normale;  F,  aberr.  elymi  Rbr.;  G,  Va- 
nessa atalanta  L.  normale;  H,  aberr.  klymene  Fschr.  Grandezza  naturale.  Da  Fischer. 


Si  comprende  che  questa  categoria  di  variazioni  tende  ad  incorrere  in  quella  della  mostruo- 
sità, a  seconda  del  grado  dell'influsso  patologico  e  della  misura  della  ereditarietà. 

In  senso  opposto,  questa  categoria  tende  ad  incorrere  nella  seguente,  quando  cioè  non  si 
possa  attribuire  a  condizione  veramente  patologica  L'apparsa  dei  caratteri  individuali  particolari 
e  si  possa  riconoscere,  invece,  la  loro  trasmissibilità  per  eredità.  I  casi  di  albinismo,  melanisroo, 
di  altri  particolari  caratteri  individuali,  che  si  ripetono  esattamente,  rientrano  in  questa  categoria, 
come  vi  stanno  i  casi  di  individui  di  un  sesso,  in  una  specie  a  sessi  dimortìci,  tendenti  all'omeo- 
morfismo,  poiché  non  possono  ascriversi  alla  precedente,  per  la  loro  costanza  e  periodicità,  ma 
neppure  alla  categoria  delle  genìe,  per  la  non  ereditabilità.  La  loro  causa,  poi,  non  è  patologica, 
nel  senso  vero  della  parola,  ma  sempre  una  coudizione  anormale  rispetto  a  quelle  ottime,  deter- 
minanti la  forma  tipica. 


l'adulto  k  gli  atti  pkk  la  conservazione  della  specie 


467 


Ad  esempio  le  forme  piccole  per  scarsa  nutrizione  larvale;  i  maschi  omeomorfi  della  specie 
sessualmente  dimorfiohe;  certe  variazioni  costanti  nella  coloritura  di  grandissimo  numero  di 
insetti   rappresentano  altrettanti   casi  da   inscriversi   fra  le  aberrazioni. 

Qui  ancora  possono  essere  citate  quelle  speciali  forme  aberranti,  che,  ad  es.  per  molti  Le- 
pidotteri, si  sono  già  ricordate  come  ottenute  artificialmente,  mercè  meno  favorevoli  condizioni  ili 
vita  larvale  e  che  trovano  riscontro  con  forme  simili  esistenti  in  natura,  come  varietà  locali  od 
aberrazioni  accidentali  (lig.   470). 

Nei  casi  di  variazioni  individuali,  che  vengono  generalmente  considerati  per  aberrazioni, 
bisognerà  dunque  distinguere: 

1.°  Casi  di  individui  con  caratteri  posterici.  Essi  dipendono  da  condizioni  eccezionalmente 
favorevoli  durante  lo  sviluppo  della  specie,  ma  non  possono   ritenersi  per  vere  e  proprie  aberra- 
zioni,   anche    se    rare,     perchè    rappresentano,     invece, 
il     tipo  della    specie,    secondo  quanto   si  è  detto  a  pro- 
posito del  dimorfismo  sessuale. 

2.°  Aberrazioni  vere,  cioè  quelle  mostrate  da 
individui  con  caratteri  atavici.  Per  questi,  in  generale, 
si  pun  riconoscere  l'effetto  deprimente  di  non  ottime 
condizioni  ambienti,  durante  lo  sviluppo  dell'individuo. 
Infatti,  esse  possono  ottenersi  per  artiticio,  appunto 
creando  condizioni  non  favorevoli  nella  evoluzione  del- 
l'individuo. Inoltre,  è  una  prova  della  atavicità  il 
fatto  che  talune  aberrazioni  sono  comuni  a  piti  specie 
affini,  come  la  condizione  omeomorfica  a  tutti  i  ma- 
schi delle  specie  sessualmente  dimorrìche. 

In  talune  specie  di  Lepidotteri,  alcune  aberrazioni, 
rappresentanti  un  disegno  delle  ali  probabilmente  ance- 
strale, souo  comuni  a  più  specie  in  uno  Btesso  geuere. 
Così  ad  es.,  mentre  la  maggior  parte  delle  specie  di 
Liceue  mostrano  macchie  rotondeggianti,  nere,  alla  pa- 
gina inferiore  delle  ali,  si  possono  trovare  aberrazioni 
di  specie  diverse,  mostranti  invece  delle  strie  nere 
radianti  (forme  radiate).  Vedasi  l'esempio  a  fig.  471  e  s1 
noti  che  la  aberrazione  indicata  in  A  è,  ripeto,  comune 
a  più  specie  del  genere. 

Così  pure,  per  le  ilelitaca,  la  aberrazione  in- 
dicata a  fig.   471,    Dt    rappresenta  una  condizione,    che 

potrebbe  essere  ancestrale    rispetto    al    tipo    più   evoluto     C,    ed    essa    pure    è    comune    a    più 
specie  del  geuere. 

3.1  Altre  aberrazioni  (vere),  che  non  possono  richiamarsi  alle  due  serie  precedenti  (ad  es.: 
micrismo,  melanismo,  albinismo),  ma  con  queste  hanno  gli  stessi  caratteri  di  saltuarietà,  di  scarsa 
o  nulla  trasmissibilità  per  eredità,  ecc. 


Fig.  471.  —  Aberrazioni  in  Lepidot- 
teri diurni.  A,  Lycaena  esoheri 
Dup.    femmina.    Forma    radiata] 

B,  forma  normale  della  stessa  lo- 
calità. Ali  superiori  ed  inferiori, 
faccia  ventrale  ;  C,  D,  Melitaea 
didyma  Ochs.  Ali  vedute  dal  dorso. 

C,  forma  armoricana  var.  boulei 
Obthr.  maschio;  D,  aberrazione 
lonllschleaeli Obthr .  maschio.  Gran- 
dezza natur.  Da  Oberthùr. 


Genìe. 

Con  tal  voce  si  indichi  il  complesso  di  individui,  pertinenti  ad  una  data 
specie,  diversificanti  però  morfologicamente  dalla  specie  tipo,  per  caratteri  propri, 
trasmissibili  per  eredità  e  che  scompaiono  (o  ricorrono)  solo  dopo  un  numero 
vario  di  generazioni,  tutto  ciò  pur  convivendo  le  genìe  in  condizioni  eguali  di 
tempo,  luogo  e  colle  medesime  abitudini  della  specie  tipo. 


Adotto  la  voce  Genìa,  che  corrisponde  a  quella  di  Famiglia  (gena  dei  latini)  appunto  perchè  si  può 
dire  che  si  tratta  di  caratteri  di  famiglia,  che  si  mantengono  per  un  certo  tempo,  trasmettendosi  per 
eredità,  non  ostante  i  ripetuti  incroci  con  individui  della  specie  tipica,  i  quali  possono  dare,  tutto  al 
più,  delle  forme  intermedie.   Una  causa  estrinseca,  che  possa  essere  richiamata  all'ambiente,  non  è 


468 


CAPITOLO    QUINTO 


palese,  quando  la  famiglia,  così  specializzata,  viva  nelle  stesse  condizioni  ed  in  seno  alla  specie 
tipica.  Per  esempio  (fig.  472),  la  Cicindela  trisignata  Dej.  mostra  una  varietà  molto  caratteristica, 
la  var.  anb»utwralU  Souv.,  che  sembra  ristretta,  in  Francia,  ad  una  assai  limitata  località  nei  dintorni 
di  Areachou,  dove  fu  segnalata  nel  1845  da  Fairmaire.  Ma  dal  1880  non  era  più  stata  raccolta 
nella  suddetta  località,  ove  era  stata  primamente  osservata.  Nel  1912,  però,  fu  nuovamente  trovata 
nel  bacino  di  Arcachon  e  Giraud  afferma  che  questa  cicindela  si  trova  fra  Andernos  e  Tanssat, 
dopo  le  ultime  ville  di  Andernos.  Poco  discosto  da  questa  piccola  zona  la  detta  forma  non  si 
trova  più. 

Altri  esempi  riferisco,  comunicatimi  cortesemente  dal  dotto  lepidotterologo  R.  Verity. 

Nei  dintorni  di  Firenze  e  precisamente 
nella  valle  del  Mugnone,  ed  in  una  ristretta 
località  (nei  pressi  della  polveriera)  si  trova 
abbastanza  frequente  (da  1  a  2  individui 
maschi  aberranti  su  1000  normali  ed  una  fem- 
mina aberrante  su  2000  normali)  una  aber- 
razione della  Melanargia  galathea,  in  cui  gli 
ocelli  mancano  completamente  sul  rovescio 
delle  ali  e  si  trovano  forme  intermedie  cogli 
ocelli  ridotti  per  numero  e  dimensione.  La 
forma  estrema  è  stata  chiamata  galene  dall'Odi  - 
senheimer.  Altrove,  in  tutte  le  zone  occupate 
dalla  forma  normale,  quella  aberrante  sud- 
detta è  considerata,  invece,  per  introvabile, 
o  poco  meno,  tanto  raramente  essa  si  in- 
contra. 

Nella  stessa  località  abbonda,  relativa- 
mente, la  aberrazione  fiorentina  Verity  della 
Lycaena  arragonensis,  che  altrove  ò  rarissima. 
In  altri  casi,  l'influenza  dell'ambiente  e 
di  speciali  condizioni  di  esistenza,  in  con- 
fronto della  specie  tipica,  possono  essere 
supposte  od  ammesse;  ma  allora  non  si  tratta 
più  di  una  vera  e  propria  genìa  collegata  da 
un  nesso  di  parentela,  bensì  di  un  numero 
maggiore  o  minore  di  individui,  varianti 
secondo  una  vera  e  propria  aberrazione,  che, 
come  s'è  detto,  ha  sempre  una  origine  estrin- 
seca. 

Come  si  vede,  i  passaggi  dall'una  all'altra 
di  queste  categorie  di  variazioni  esistono 
sempre. 


Fig.  472.  —  Variazioni  della  Cicindela  trisignata 
Dej.  1,  forma  tipica;  3,  C.  trisignata  subsutu- 
ralis  Souv.;  3,  4,  forme  di  passaggio  fra  l'ima 
e  l'altra.  Ingrandite  di  un  terzo.  Da  Clermont. 


Razze. 

Per  razza  si  intenda  il  complesso  di  individui  diversi  morfologicamente  da 
quelli  della  specie  tipo,  per  caratteri  propri  conservati  (anche  per  eredità)  dalla 
diversa  maniera  di  condizioni  ambienti  (patria,  regime,  ecc.). 

Si  intende  che,  qualora  fossero  tolte  via  le  differenze  delle  cause  ambienti,  che  determinano 
la  varietà,  questa  tenderebbe  a  ritornare  alla  specie  tipica. 

Il  vocabolo  Razza  abbraccia,  adunque,  per  me,  le  Varietà,  Sottospecie,  ecc.,  in  genere,  degli 
Autori  e  quindi  anche  le  Varietà  locali  e  biologiche,  le  quali  sono  gli  esempi  più  ovvii  e  vistosi 
di  queste  variazioni. 

Intanto,  ognuno  comprende  che  il  riconoscimento  della  tipicità  di  una  specie  non  può  essere 
dato  che  dalla  conoscenza  esatta    della  sua  patria  di   origine  (per  confronto  colle  razze  locali)  o 


L'ADULTO    K    GLI    AI1I    PER    LA    CONSKRVAZIONK    DELLA   SPECIE  469 

del  suo  modo  <li  esistenza  conforme  o  poco  diverso  dal  primitivo  (per  confronto  colle  razze  di- 
pendenti da  altre  condizioni  di  esistenza,   cioè  di  nutrizione  in  senso  largo,  di   parentela,  ecc.). 

Infatti,  come  ad  es.  la  razza  localo  ritorna  alla  specie  tipica,  se  ricondotta  alle  condizioni 
ambienti  di  questa,  così  la  specie  tipica  stessa,  da  poiché  si  ammette  di  aver  variato  in  presenza 
di  ambiente  nuovo,  divenendo  una  determinata  razza,  va  soggetta  ad  analoga  variazione.  Con 
ciò,  senza  il  criterio  della  origine  non  è  possibile  stabilire  quale  sia  veramente  la  specie  tipica, 
da  cui  le  razze  hanno  preso  le  mosse;  e  quella  che  è  razza,  ad  es.,  nordamericana  per  noi  europei, 
che  consideriamo  per  tipica  la  specie  nostrale,  è  tale  invece  pel  naturalista  di  là  e  la  nostra  è 
per  lui  una  razza  locale  e  ciò  tino  a  che  non  sia    constatata    la    patria    di  origine  della  specie. 

Lo  stesso  dubbio  rimane  a  proposito  di  specie  tipica  e  sue  razze  conviventi  in  uno  stesso 
luogo,  ma  distinte  per  caratteri  propri,  in  rapporto  a  diverse  maniere  di  vita,  cioè  razze  hiolu- 
giuhe.  Cosi,  se  è  chiaro  il  criterio  pel  quale  si  deliniscouo  per  razze  tutte  le  variazioni  indotte, 
in  organismi  diversi,  dalla  domesticità,  poiohè  ne  conosciamo  la  storia,  ci  abbandona  ogui  cer- 
tezza allorquando  ci  troviamo  di  fronte  a  forme  affini,  ma  viventi  in  condizioni  diverse,  delle 
quali  non  conosciamo  la  storia  e  quindi  neppure  i  rapporti  filogenetici.  Può  soccorrerci  ed 
illuminarci  il  fatto,  che,  mettendo  l'una  forma  nelle  condizioni  di  vita  dell'altra,  essa  acquista 
o  meno  i  caratteri  di  quest'ultima,   ma  non  sempre  la  prova  è  fattibile  o  ad  effetto  chiaro. 

Premesse  queste  restrizioni  sul  valore  della  differenza  tra  specie  e  sue  razze  ed  ammesso, 
quindi,  che  non  può  esistere  razzasenon  in  condizioni  ambienti  odi  parentela  diverse  da  lineile 
della  specie  tipica,  non  solo  sarà  giustificata  la  definizione  della  differenza  tra  le  specie  vere, 
che  è  quella,  cioè  della  loro  costanza  (al  nostro  senso)  anche  in  piena  convivenza  e  sotto  l'influsso 
delle  stesse  condizioni  ambienti,  ma  sarà  data  una  abbastanza  esatta  definizione  di  ciò  che  può 
intendersi  per  razza  o  varietà,  che  dire  si   voglia. 

Abbiamo  dunque  razze  locali,  cioè  eteroicbe  rispetto  alla  specie  tipica,  e  razze 
biologiche,  cioè  conviventi  nella  stessa  località  della  specie  tipica,  tua  con  altra 
maniera  di  vita  (eterobiiche).  Si  potrebbe  annoverare  anche  una  terza  maniera  di 
razze,  la  quale  però,  in  natura,  o  non  esiste  o  è  fugacissima,  mentre  per  artificio 
è  comune,  cioè  quella  delle  razze  eterogeniche,  derivate,  cioè,  per  influenza  nella 
riproduzione  (incroci,  ecc.). 

Razze  locali  (od  eteroiche).  —  Le  razze  locali  occorrono  per  specie  a 
vasta  diffusione  sul  globo,  poco  adattabili,  ma  di  grande  plasticità.  Sono  dunque, 
in  generale,  le  specie  più  ovvie  quelle  che  contano  il  maggior  numero  di  varietà 

Tra  gli  infiniti  esempi,  che  si  potrebbero  citare,  poiché  la  grande  maggioranza  delle  specie  ha 
le  sue  varietà,  ne  tolgo  qualcuno  dalle  Farfalle.  Il  Yerity,  nella  sua  bella  opera  sui  Ropaloceri 
paleartici  (1905),  dove  sono  molte  belle  e  giuste  considerazioni  sulla  variazione  della  specie,  ricorda, 
pel  Papilio  podaliriui,  diffuso  in  Europa,  Asia  minore,  Persia,  Siberia,  9  varietà;  pel  P.  machaon, 
diffuso  in  tutta  la  regione  paleartica,  27  varietà;  pel  Pamassius  apollo  di  Europa  ed  Asia,  53  va- 
rietà ;  per  la  Pieri»  brassicae  (tutta  la  zona  paleartica)  9  varietà  ;  per  la  P.  napi,  diffusa  come  la 
precedente,  30  varietà.  Della  Cicindela  campestri!  L.,  diffusa  in  tutta  Europa  ed  oltre,  si  contano 
20  varietà;  il  Carabus  coriaceus  L.  ne  ha,  in  Europa,  27  ;  del  C.  cancellatus  111.  nostrale  ne  sono 
citate  33;   della  Melolontha  melolontha  17,  ecc.,   ecc. 

Razze  eterobiiche  ed  eterogeniche.  —  Queste  convivono  colla  specie 
tipica,  ma  dipendono  da  altre  coudizioni  di  esistenza  o  di  genesi.  Queste  ultime, 
in  natura,  si  confondono  colle  genie;  delle  prime  non  è  forse  bene  accertata  la 
esistenza  nello  stato  naturale,  perchè  non  si  differenzierebbero  dalla  vera  specie 
se  non  per  la  transitorietà  loro,  il  che  è  sempre  difficile  a  dimostrarsi.  Ma  sono 
comuni  invece  le  razze  cou  differenze  morfologiche  e.  biologiche  mantenute  per 
selezione  e  trasmissione  dei  caratteri  speciali,  tutto  ciò  per  via  artificiale,  nei 
nostri  allevamenti.  Di  ciò,  però,  non  è  il  caso  di  occuparsi  qui. 


470  CAPITOLO    QUINTO 


Specie. 

Finalmente  le  specie  conservano  immutati  (intendasi  al  nostro  senso)  i  ca- 
catteri  morfologici  loro,  pur  vivendo  in  condizioni  ambienti  di  altre  affini,  oppure 
quelli  biologici,  pur  non  mostrando  alcuna  apprezzabile  differenza  morfologica. 

Si  hanno  così  due  categorie  di  specie  e  cioè  quelle  morfologiche  (le  prime) 
e  quelle  biologiche  (le  seconde). 

Specie  morfologiche.  —  Come  noi  vediamo  pel  genere  Uomo  la  specie  negra  mantenersi  im- 
mutata nel  Nord-America,  cioè  in  condizioni  di  esistenza  identiche  a  quelle  dei  bianchi  di  colà, 
così  si  potrebbero  citare  infiniti  esempi  fra  gli  insetti,  di  specie  affini,  differenti  fra  loro  mor- 
fologicamente, anche  in  modo  notevole,  e  pur  viventi  nelle  stesse  condizioni,  dello  stesso  nutri- 
mento, ecc.  Vedasi  ad  esempio  il  genere  Onthoyhagu»,  che  conta  decine  e  decine  di  specie  anche 
da  noi  ed  il  gen.  Aphodius,  che  ne  ha  ancor  più  e  tutti  vivono  insieme  a  spese  degli  stessi  escre- 
menti  di  animali  superiori. 

Fra  i  parassiti  (specialmente  Mallofagi,  ecc.)  è  facile  trovare  più  specie  congeneri  ed  affini, 
ma  per  morfologicamente  diverse  fra  loro,  in  modo  indiscutibile,  eppure  viveDti  in  comune  non 
solo  sullo  stesso  ospite,  ma  nella  stessa  regione  del  corpo  e  con  abitudini,  almeno  apparentemente, 
couformi  o  similari,   ecc.,   ecc. 

Specie  biologiche.  —  Anche  queste  sono  largamente  esemplificate.  Così  fra  i  Coccidei  noi 
troviamo  qualche  specie  nominale,  ad  es.  l'Aipidiotut  hederae  Vallot,  che  certamente  abbraccia 
gran  numero  di  specie,  vive  su  oltre  una  cinquantina  di  piante  di  famiglie  diversissime,  come 
Araliacee,  Cicadee,  Palme,  Gigliacee,  Moracee,  Leguminose,  Citracee,  Celastracee,  Vitacee,  Apo- 
ciuacee,  ecc.  ecc.  Ora,  le  esperienze  hanno  provato  che,  nel  maggior  numero  di  casi,  la  forma 
vivente  su  una  delle  dette  piante  non  attecchisce  sulle  altre.  Perciò,  sebbene  non  si  possa  rile- 
vare alcuna  differenza  morfologica,  almeno  nei  caratteri  fino  ad  ora  presi  di  mira  fra  gli  indi- 
vidui dello  stesso  sesso  e  coetanei  dei  diversi  ospiti,  bisogna  convenire  che  si  tratta  di  forme 
specificamente  diverse. 

Anche  fra  i  parassiti  degli  animali  il  caso  è  frequente  (ad  es.  Sarcoptes  fra  gli  Acari).  Può  darsi 
che  lo  stato  di  involuzione,  che  sempre  accompagna  la  condizione  parassitaria  abbia  indotto  in 
queste  specie  un  arresto,  per  neotenia,  ad  uno  stato  ancestrale,  che  può  essere  quello  appunto  da 
cui  tutte  le  attuali  specie  hauuo  preso  le  mosse,  ma,  ad  ogni  modo,  sta  il  fatto  della  esistenza 
di  specie  fra  loro  non  morfologicamente,  ma  solo  biologicamente  diverse  e  di  ciò  conviene  tener 
molto  conto. 

Un  esempio,  pel  quale  non  è  possibile  il  dubbio  suddetto  della  influenza  della  neotenia  è  il  se- 
gueute,  che  merita  di  essere  ricordato.  Appunto  in  base  ad  un  diverso  comportamento  biologico,  il 
Verity  è  riuscito  a  distinguere  due  differenti  specie  di  Lycaeua,  che  si  trovano  insieme  nei  dintorni 
di  Firenze  e  che,  fino  ad  ora,  erano  state  confuse  in  una  sola  specie,  essendo  ben  tenui  le  diffe- 
renze morfologiche,  tanto  che  esse  non  avevano,  per  lo  innanzi,  fissata  l'attenzione  dei  Lepidot- 
terologi.  Le  due  specie,  L.  corydon  Poda  ed  L.  arragonensis  Gerii,  differiscono  infatti  per  l'epoca 
di  sfarfallamento  e  pel  numero  di  generazioni,  che  è  di  due  (giugno  e  primi  di  agosto)  per  la 
L.  corydon  ed  è  unica  (fine  di  agosto)  per  la  L,  arragonensis.  In  questo  caso,  adunque,  si  tratta 
di  due  specie  assai  più  differenti  fra  loro  biologicamente  che  non  per  caratteri  morfologici. 

Gli  incroci  fra  specie  diverse  (quando  sono  possibili)  originano  dei  meticci,  i  quali  non  giun- 
gono (naturalmente)  ad  affermarsi  come  forme  stabili,  distinte. 


Variazione  della  specie. 

Per  le  vie  sovraesposte  la  specie  varia  continuamente,  sia  pure,  il  più  spesso, 
con  progresso  insensibile  per  noi  e  ciascuna  tappa,  anche  se  istantanea,  rappre- 
senta in  fatto  una  vera  e  propria  creazione.  Ed  infatti  ecco  quanto  può  accadere 
ed  accade  effettivamente  in  natura: 


l'adulto  e  gli  atti  pkk  la  conservazione  della  specie  471 

1.°  Nei  casi  di  polimorfismo  individuale  può  essere  raggiunta  la  fissazione 
di  speciali  tipi  e  la  scomparsa  delle  forme  intermedie. 

In  questi  casi,  siccome  tale  variazione  appartiene  ad  un  sesso,  accade  che 
l'altro  rimanga  immutato  e  quindi  similare  nelle  due  o  più  specie,  sorte  così  da 
quella  primitiva. 

Ecco  un'altra  ragione  della  somiglianza  strettissima  ad  es.  tra  femmine  di  specie  diniortìche, 
mentre  maschi   rispettivi    sono  differeutissimi. 

11  Bateson,  figurando  con  diagrammi,  secondo  il  metodo  di  Galton,  le  variazioni  del  corno 
frontale  del  Xylo'.fupes  gideon  F.  maschio  (tav.  Ili,  fig.  5),  ottenne  delle  curve  a  due  sommi, 
che  indicano,  per  questo  sesso,  non  una  unica  maniera  di  variabilità,  ma  una  tendenza  ad  uno 
sdoppiamento.  Così   pure  pei  cerei  di  una  Forficula  maschio. 

2.°  Nei  casi  di  polimorfismo  collettivo,  la  costituzione  di  genìe  omoiche  e 
sincroue  colla  specie  tipica  rappresenta  un'altra  maniera  di  variazione,  per  la 
quale  si  può  giungere  (se  la  genìa  si  conservi  e  diverga  sempre  più)  alla  crea- 
zione di  una  specie  nuova,  morfologicamente  distinta  dalla  specie  tipica  (anche 
se  non  biologicamente). 

Tali  maniere  di  creazione  non  importano  necessariamente  la  variazione  delle 
condizioni  ambienti  e  si  manifestano  solo  con  quella  dei  caratteri  morfologici, 
perciò  potrebbero  essere  dette  per  eteromorfa. 

3.°  Interviene  la  modificazione  delle  condizioui  ambienti  ed  in  questi  casi 
la  base  della  variazione  è  sempre  la  plasmabilità  della  specie,  permettente  il  poli- 
morfismo collettivo. 

Si  possono  elencare  i  seguenti  casi  possibili  : 

a)  La  conquista  dell'autonomia  per  parte  di  particolari  genìe  della  specie, 
per  lo  innanzi  legate,  per  nesso  genetico,  in  seno  alla  specie  tipica,  ossia  per 
interruzione  del  detto  nesso,  dipendente  da  cause  varie. 

Si  è  veduto  già  con  quanta  facilità  si  possono  modificare  i  cicli  biologici  in  specie  a  varie 
caste  (eterogeniche).  Una  condizione  di  cose  nuove,  cioè  una  variazione  dell'ambiente,  può  deter- 
minare la  scomparsa  di  speciali  caste,  quindi  la  interruzione  del  legame  genetico,  che  presiede 
la  specie  e  cosi  la  formazione  di  caste  autonome,  con  caratteri  morfologici  e  biologici  diversi 
!  talora  persino  di  valore  generico)  in   confronto  della  specie  madre. 

Ciò  può  riferirsi  sia  ai  casi  di  caste  eterocrone,  cioè  di  oramortìsmo  (in  questi  cessa  una  o 
più  generazioni)  oppure  ai  casi  di  caste  sincrone  (al  di  fuori  delle  società,  Politìlia).  Traverso 
l'oramorfismo,  può  accadere,  ad  es.  il  fatto  seguente.  In  uua  località  a  clima  temperato  una 
specie  oramorfica  ha  due  distinte  generazioni,  in  rapporto  colla  stagione,  ad  es.  uua  invernale, 
l'altra  estiva,  che  possono  essere  fra  loro  diversissime,  come  si  è  veduto.  Ma  se  la  specie  si 
diffonde  e  si  stabilisce  anche  in  regioni  più  calde  o  più  fredde,  può  accadere  che  in  ciascuna  di 
queste  rimanga  la  sola  forma  appropriata  alla  località  e  cioè  la  invernale  nelle  regioni  fredde, 
la  estiva  in  quelle  calde.  Allorché  l'anello  di  congiunzione  scompare  le  due  forme  divergenti 
divengono  e  rimangono  differentissime  talora  anche  genericamente. 

Quanto  alla  interruzione  per  abolizione  di  genìe  speciali,  iu  casi  di  politìlia,  si  è  già  ricordato 
l'esempio  della  Fillossera  sulle  viti  nostrali  e  di  qualche  Chermesino.  Le  caste,  divenute  così 
autonome,  possono  avere  caratteri  diversissimi,  ripeto,  anche  di  valore  generico,  fra  di  loro  ed  in 
questi  casi  è  superfluo  cercare  forme  intermedie,  perchè  esse  non  hanno  mai  esistito. 

In  questi  casi  interviene  sempre  una  differenza  nella  vita  delle  singole  caste,  sia  essa 
di  stagione  (eterocrouia),  di  località  (eteroichia),  di  nutrizione  (eterofagia),  ecc.,  cioè  la  varia- 
zione accade  per  elerobiosi. 

Bazze  locali.  —  La  differenza  della  regione  o  di  altitudine,  alla  quale  la  specie 
si  estende  nel  suo  progresso  di   diftusione  e  quella  del  regime,  in  grazia  di  nuovi 


471! 


CAPITOLO   QUINTO 


adattamenti  sono  le  precipue  cause  e  più  facilmente  constatabili  della  variazione 
della  specie,  nel  senso  anzidetto,  colla  formazione  cioè  di  varietà  locali. 


Queste,  tanto  più  presto  si    affermano  e  tanto  meglio  si  mantengono,  quanto  maggiore  è  1 
distanza  dal  luogo  di  residenza  della  specie  tipica  madre  o  tra  quest'ultima  e  la  razza  emigrata 
si  interpone  qualche    ostacolo  (distesa  d'acqua,  montague,  ecc.)  difficile  a  sorpassarsi,  per  parte 
degli  individui  dell'una  e  dell'altra  forma  e  così  tra  questi  è  evitato  l'incrocio,  che  tende  a  ri- 
condurre la  razza  alla  sua  forma  di  origine. 

Il  Verity,  nella  sopralodata  opera  sui  Ropaloceri  paleartici  (1905),  cita  un  caso  molto  dimo. 
strativo  dell'origine  di  due  specie  di  Colias,  ben  distinte,  da  una  primitiva  orientale,  che  tut- 
tora esiste  (fig.  473). 

Il   Colia*  poliographm  Gruni.  del    Giappone  si  diffonde  verso  occidente,  traverso  tutta  l'Asia 

e  raggiunge  l'Eu- 
ropa,    con     una 
sua  varietà,    che 
è  il  Colias    ìtyaie 
di  Linneo,  note- 
volmente diverso 
dalla  forma  pri- 
mitiva dell'estre- 
mo oriente  e   fra 
questa  equellaeu 
ropea  stanno,  per 
via,  molte  grada- 
zioni.Oltre  aciò, 
dallo    stesso     C. 
poliographun  prò  ■ 
cede       un     altro 
ramo,    il    quale, 
prima     si    diffe- 
renzia   pei    suoi 
maschi  e  più  tar- 
divamente per  le 
sue     femmine    e 
si  estende  a  tutta 
la    Russia  meri- 
dionale.     Nel 
tratto    compreso    tra    questa    regione    e  l'Himalaia  questa  razza,  ormai  affermatasi  per  specie  a 
sé  (C.  erate^è  ben  diversa  da  quella  da  cui  ha  preso  le  mosse,  ma  in  questa  si  fonde  gradatamente 
nella  regione  ad    est    dell' Himalaia.  Intanto,  nella  Russia  meridionale,  fino  all'Himalaia,   vivono 
insieme  il  C.  hyale  ed  il  C.  erate,  come  due  specie    affatto  distinte.  Qui  dunque,    evidentemente 
l'altipiano  del   Tibet   ha  determinato     la    divergenza  delle  due  forme,     che,     allorquando   si   sono 
successivamente  ricongiunte,    dopo    tanta  divergenza,  col  lungo    tempo  scorso  per  la  diffusione, 
esse  non  erano  ormai  più  suscettibili  di  confondersi    fra  loro,    essendo    ormai    troppo  profonda- 
mente interrotto  il  primitivo  nesso  genetico. 

Un  altro  bello  esempio  tolgo  dal  Verity,  a  proposito  della  influenza  dell'altitudine  nella 
creazione  di   nuove  specie. 

Il  Satyrns  hermione  L.,  diffuso  in  tutta  Toscana,  si  trova,  sull'Appennino,  fino  a  1000  m.  assieme 
al  S.  aloyone,  che  è  di  quelle  altitudini  e  le  due  forme  sono  assolutamente  distinte  conio  specie. 
Ma.  sui  monti  della  Provincia  di  Lucca,  il  Verity  trova,  presso  a  poco  alla  stessa  altitudine, 
una  vera  e  propria  razza  di  passaggio  fra  le  due  suddette,  ohe  egli  chiama  S.  alcyoniformU.  Ciò 
dimostra  l'orgine  del  S.  alcijone  dal  S.  hermione  e  prova  ancora  il  fatto  che  le  forme  intermedie 
sono  state,  comunemente,  assorbite,  così  che  ne  è  venuta  l'autonomia  del  S.  aicyone  dalla  specie 
madre  S.   hermione. 

Bastino  questi  esempi,  tra  moltissimi  che  si  potrebbero  recare,  per  mostrare  l'origine  delle 
specie  traverso  la  conquista  di  nuovi  ambienti,   colla  diffusione  sulla  faccia  del  globo. 


nostral'e  la  diffusione  del  Colias  poliographu 


v\a.  473.  —  Figura  schematica  per  mos'.i- 
S  dall'estremo  oriente,  traverso    l'Asia  fino  in    Europa    e    la    scissione  ,n  due 
specie  (C.  hyale,     C    erate)    dovuta    all'altipiano    del  Tibet,  dopo  il  quale  le 
due  specie,  ormai    distinte,    volano  insieme    in    Europa  (Russia  meridionale) 
ormai  perfettamente  autonome. 


l'adulto  e  gli  atti  pkr  la  conskrvazionb  della  specie  473 


Così  varia  la  specie  e  queste  sono  le  prove  della  sua  plasticità.  La  causa 
è  la  variazione  stessa,  continua  dell'ambiente,  colla  quale  la  specie,  per  esistere, 
deve  mantenersi,  se  non  all'unisono,  almeno  in  non  eccessiva  dissonanza. 

La  plasticità  è  bilanciata  dalla  tendenza  conservatrice,  senza  la  quale  energia 
centripeta  tutto  si  dissolverebbe  nel  mondo  ;  e  questa  rappresenta  una  remora 
nella  corsa  che  la  specie  fa  per  mantenersi  al  livello  dell'ambiente. 

Questo  elemento  conservatore  informa  un  nucleo  di  individui  ritardatari, 
che  tendono  a  mantenere  la  tipicità  della  specie,  mentre  l'elemento  evolutivo 
tende  alla  costituzione  di  specie  nuove,  così  che  l'insieme  di  questi  rampolli 
rappresenta  una  serie  più  agile,  più  variabile,  più  prolifica  di  nuove  forme,  che 
non  il  vecchio  ceppo. 

Questo  rimane  sempre  più  in  arretrato  rispetto  al  moto  dell'ambiente.  La  disso- 
nanza aumenta  così  che  neppure  a  mezzo  di  nuove  razze  è  più  possibile  raggiun- 
gerlo e  perciò  scema  o  cessa  ogni  produzione  di  forme  nuove;  la  specie  perde  così 
della  sua  variabilità,  invecchia,  per  così  dire,  diviene  incompatibile  coll'ambiente 
e  Analmente  scompare.  Lo  stesso  accade,  volta  a  volta,  dei  suoi  rampolli,  secondo 
il  grado  della  loro  età,  quello  della  plasticità  ed  adattabilità  loro,  e  della  rapi- 
dità  di   variazione  dell'ambiente. 

Se  tutto  ciò  avviene  per  genìe  e  razze  conviventi  colla  specie  tipica,  negli 
archivi  della  organicità  può  rimanere  traccia  di  tutto  questo  andamento  della 
variazione  e  si  possono  trovare,  fra  le  reliquie  di  forme  scomparse,  tutti  i  gradi 
di  passaggio,  conservati  in  una  stessa  località. 

Ma  se  la  variazione  avviene,  accompagnata  da  peregrinazioni  traverso  regioni 
diverse,  cioè  per  genìe  e  razze  eteroiche,  allora,  in  una  stessa  località,  assieme  ai 
due  estremi  della  catena,  non  si  trovano  quelli  intermedi  di  passaggio. 

Per  fissare  le  idee,  riprendendo  l'esempio  del  Colias  sopracitato,  il  C.  poìiographn»  è  desti- 
nati) a  scomparire  nell'estremo  oriente,  allorché,  rispetto  a  tale  regione,  esso  sarà  divenuto  in- 
compatibile, e  ciò  mentre  tuttavia  esistono  le  specie  sue  derivate.  Ora  nulla  impedisce  di  credere 
che  da  una  di  queste,  ad  es.  dalla  C.  hyale  d'Europa,  per  cammino  inverso  si  ottenga  una 
specie  x,  a  sé,  che  si  stabilisca  nella  patria  dell'antico  C.  poliographus.  Si  comprende  che  non  è 
nell 'estremo  Oriente  che  si  può  sperare  di  trovare  le  forme  di  passaggio  fra  il  C.  poliographus 
e  la  specie  x,  ma  bisogua  ricercarle  in  Europa. 

Queste  sono  le  vie,  per  le  quali  tuttodì,  sotto  i  nostri  occhi,  le  specie  orga- 
niche si  creano  e  periscono. 


Gli  amori  degli  Insetti. 

Perseguire  l'ordine,  secondo  il  quale  si  sono  distribuiti  gli  organi  e  le  fun- 
zioni sessuali,  si  dovrebbe  procedere  dai  meno  ai  più  importanti  nell'opera  della 
riproduzione,  a  cominciare  dall'insieme  dei  caratteri  ornamentali  per  finire  al  su- 
premo atto,  che  corona   l'amore. 

Ma,  negli  effetti,  le  cose  procedono,  in  natura,  alquanto  diversamente.  1  due 
sessi,  giunti  alla  maturanza  loro  estrema  e  pronti  a  compiere  quanto  è  richiesto 
per  moltiplicare,  incominciano  col  palesarsi  e  richiamarsi  a  vicenda.  Di  poi  con- 
corrono, l'uno  verso  l'altro  e  quando  si  trovano  vicini  entra  in  gioco  l'opera  di 
provocazione  da  parte  della  femmina  e  quella  di  seduzione  per  opera  del  maschio: 
e  qui,  in  soccorso  di  questo  sesso,  più  che  dell'altro,  può  accadere  che  la  bellezza 
della  forma,  lo  splendore  e  l'ornamentazione  della  vesta,  la  soavità  dei  profumi  ab- 

A.  Bf.ri.esk,   Gii  Insetti,  II.  —  60. 


174  CAPITOLO    QUINTO 


biano  la  loro  parte  ad  impressionare  gradevolmente  la  femmina  ed  a  scemarne 
la  resistenza. 

Dopo  di  che  il  maschio  ha  buon  gioco,  stringe  più  davvicino  il  suo  assedio 
e  gode  finalmente    gli  ambiti  favori  della  sua  compagna. 

I  mezzi,  gli  atti,  gli  espedienti  a  tale  scopo  sono,  talora,  così  complessi  e 
singolari  che,  ben  a  ragione,  può  dirsi  questo  uno  dei  più  interessanti  e  graziosi 
capitoli  della  storia  della  natura. 


Segnalazione  e  richiamo. 

In  moltissimi  casi  i  due  sessi  si  trovano  insieme,  sfarfallati  contempora- 
neamente e  ristretti  nel  medesimo  ambiente.  Qualora  non  sia  d'obbligo  l'incrocio, 
l'incontro  fra  i  due  sessi  è,  così,  facile  ed  immediato.  In  tali  casi,  per  lo  più,  gli 
organi  di  volo  sono  regrediti,  inabili  cioè  al  loro  ufficio,  a  meno  che  la  femmina 
non  sia  chiamata  a  diffondere  la  specie,  traverso  distanze  notevoli  od  altre  dif- 
ficoltà non  superabili  che  a  volo. 

In  generale,  il  maschio  sfarfalla  coi  prodotti  sessuali  maturi  e  null'altro  sti- 
molo più  vivo  esso  risente  di  quello  dell'incontro  colla  femmina  della  sua  specie 
Così,  se  gli  sono  vietate  le  nozze  consanguinee  esso,  dovendo  cercare  altrove  la 
sua  femmina,  si    leva  a  volo  appena  le  sue  ali  lo  permettono  e  se  ne  va. 

Qualora  molti  maschi  schiudano  contemporaneamente,  si  hanno  dei  veri 
sciami  di  individui  di  questo  sesso,  che  volano,  quasi  sempre  di  conserva,  in  cerca 
d'amore. 

Il  maschio,  il  quale  è  meno  gravato  dai  prodotti  sessuali  e  quindi  più  agile 
ed  attivo,  meglio  fornito  anche  di  organi  sensoriali,  che  gli  segnalino  la  femmina 
a  distanza,  è  il  sesso  che  più  di  frequente  si  muove  e,  talora,  varcando  distanze 
considerevolissime,  raggiunge  la  femmina,  che  lo  attende. 

Si  sono  già  ricordati  gli  organi  adatti  per  tali  uffici,  conviene  ora  vedere 
quali  effetti  essi  possano  raggiungere. 

(Jhe  il  maschio  senta  l'altro  sesso  a  distanze  incredibili,  anche  di  chilometri 
e  traverso  i  più  svariati  ambienti  è  dimostrato  da  osservazioni  e  sperienze  mol- 
teplici. 

fc  noto,  infatti,  che  una  femmina  di  Saturnia  pyri,  la  grande  Pavonia,  tenuta  in  cattività, 
richiama,  durante  la  notte,  attorno  a  se,  maschi  in  limili  numero,  che  si  trovano  poi  al  mattino 
nei  pressi  della  prigione. 

Il  Fabre  narra  che  una  femmina  di  questa  specie,  nata  al  mattino  e  custodita  sotto  una 
campana  di  tela  metallica,  gli  fece  arrivare  in  casa,  durante  la  notte,  non  meno  di  una  quaran- 
tina di  maschi,  che  penetrarono  in  tutte  le  stanze.  Una  ventina  volavano  intorno  alla  cu- 
stodia della  femmina  e  tale  concorso  durò  per  otto  giorni,  con  un  totale  di  centocinquanta 
maschi. 

Il  Noel,  in  una  interessante  nota  (1915)  su  questo  argomento,  narra  che  una  femmina  di 
Aglia  tini  (farfalla  notturna)  recata  alla  Forèt  Ferie,  per  servire  di  richiamo  ai  rispettivi  maschi, 
ne  aveva  fatti  catturare  già  tre  entro  le  mura  stesse  di  Rouen  e  ben  7C0,  dalle  ore  otto  del  mattino 
a  mezzodì,   nella  detta  foresta. 

La  farfalla  femmina  era  trattenuta  sotto  una  moscarola  posata  sul  terreno.  Al  tocco  il  Noel 
ed  il  suo  compagno,  il  sig.  Frontin,  chiusero  la  farfalla  in  una  piccola  scatola  e  si  assisero  a 
far  colazione.  In  questo  tempo  non  volavano  più  maschi  attorno  alla  femmina,  anzi  molti  pas- 
savano vicino  a  volo,  ma  non  ne  erano  per  nulla  attratti.  La  cosa  riesciva  singolare,  ma  fu 
spiegata  appena  si  constatò  che  la  femmina,  non  ben  chiusa  nella  scatola,  eragià  accoppiata  ad 
un  maschio,  che  subito  aveva  approfittato  dell'inavvertenza.  Adunque,  l'attrazione  così  energica 
della  femmina  cessa  appeua  entra  in  atto  l'accoppiamento. 


L'ADULTO    K    GLI    ATT]    l'KK    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE  475 

Lo  stesso  Autore  aggiunge  altri  fatti  molto  singolari.  Una  femmina  di  Saturnia  pyri,  natagli 

dai  Mini  allevamenti,  non  aveva  mai  mostrato  potere  alcuno  di  attrarre  neppure  un  maschio, 
in  8  giorni  ili  esposizione,  anche  nella  foresta.  Le  uova  deposto  da  questa  femmina  il  12  aprile, 
Bohiusero  tutte  il  di  7  maggio.  La  femmina  adunque  era  partonogenica.  L'A.  conclude  che  siffatte 
femmine  non  attirano  i  maschi.  Egli  notò  ancora,  in  una  sera,  in  aperta  campagna,  uno 
sciame  di  una  ventina  ili  maschi  di  Cheimaiobia  bramata  (Eterocero),  che  volteggiavano  a 
livello  del  suolo.  Essi  attendevano  tutti  una  femmina  che  stava  schiudendo  e  non  appena 
questa,  ancora  non  bene  svolta,  uscì  a  fior  di  terra  il  più  sollecito  dei  maschi  ne  conquistò  i 
favori  ed  allora  tutti  gli  altri  se  ne  allontanarono.  Portino  le  crisalidi  femmine  di  certe  far- 
falle hanno  facoltà  di  attrarre  i  maschi,  sebbene  tuttavia  chiuse  nel  loro  bozzolo.  Ciò  è  rife- 
rito dal  Xml  stesso  e  il  Fallou  ne  fece  oggetto  di  una  nota  alla  Società  entomologica  di  Francia, 
affermando  tale  proprietà  per  le  crisalidi  di  taluni  Bombioidi  (Bombyx  rubi,  Antherea  pernyii 
Atlacun  cynthia)  ed  il  siebold  conferma  il  fatto  per  Saturnia  pyri.  L'attiva  attrazione  delle  fem- 
mine pubere  pei  maschi,  anche  da  grande  distanza,  è  dimostrata  per  molte  altre  specie  di  Le- 
pidotteri, oltre  agli  indicati,  ad  es.  Smerìnthus  ocellata  L.;  5.  popali  h.;  Ditina  tilìae~L.;  Orgyia 
antiqua  L,:  Kuproctis  chryaorrhaea  L.;  Laaiocampa  quercus  L.;  Cosmotriche  potatoria  L.;  Odonestis 
pruni  L.;  Tephrooystia  abeinthiata  CI.  come  per  specie  dei  generi  Phigalia  ;  Sola;  Spilosoma; 
Vanessa,  ecc.,  ecc. 

Fatti  simili   sono  stati    riconosciuti   anche    per    altri    Insetti,   come  ad  esempio  pel   Calosoma 
sycophanta   L.   ecc. 

Per  questi  fatti,  ripetutamente  constatati  e  beue  accertati,  si  dimostra  che 
i  maschi  sentono  la  femmina  pubera  e  pronta  all'accoppiamento  da  grandissime 
distanze  e  la  raggiungono  direttamente  e  senza  esitazioni,  anche  se  ostacoli  vari 
ed  insuperabili  ai  nostri  sensi,  vengono  ad  iuterporsi  fra  i  due  sessi,  che  debbono 
compiere  l'atto  fecondativo.  È  discussione  circa  la  natura  e  la  sede  di  cosi  acuto 
senso. 


Segnalazioni  a  mezzo  di  odori. 

Circa  la  natura  del  senso  si  è  ammesso,  più  comunemente,  che  per  la  percezione 
a  distanza  intervenga  l'odorato  e  siano  appunto  percezioni  olfattive  quelle  che  se- 
gnalano al  maschio  la  presenza  dell'altro  sesso. 

Certamente  molte  specie  di  Insetti  tramandano  odori  fortissimi  e  ciò  per  ambedue  i  sessi  e, 
sieno  tali  odori  usati  come  mezzo  difensivo  o  no,  certamente  non  possono  non  servire  quale 
mezzo  di  segnalazione  di  un  sesso  verso  l'altro,  da  poiché  sono  cosi  energici  da  impressionare 
fortemente  anche  i    nostri  organi  del  senso. 

Vedasi  infatti  quanto  sono  comuni  e  come  diffuse  sul  corpo  ghiandole  odorinone,  nelle  più 
diverse  specie  di  Iusetti,  anche  negli  adulti  (vedi  voi.  I,  oap.  Ghiandole).  Ma,  in  altri  casi,  si 
vedono  i  sessi  essere  attratti  l'uno  verso  l'altro,  generalmente  il  maschio  dalla  rispettiva  femmina, 
senza  che  per  noi  si  possa  avvertire  mezzo  alouno  di  richiamo,  che  pure  deve  essere  energico.  Si 
ammette  tuttavia  che  intervenga  il  senso  dell'olfatto. 

Bisogna  però  convenire  che  le  emanazioni  odorose,  da  parte  della  femmina,  debbono  essere 
molto  potenti  e  potentissimo  poi  il  9euso  dell'olfatto  nel  maschio,  assai  piò  di  quanto  mo- 
strano, con  nostra  grande  meraviglia,  gli  animali  superiori,  citati  ad  esempio,  per  acutezza 
somma  dell'odorato. 

Si  deve  anche  ammettere  che  tali  odori,  che  pur  debbono  essere  forti,  non  sono  percetti- 
bili, nel  maggior  numero  dei  casi,  al  nostro  senso.  Essi,  infatti,  non  vanno  confusi  con  quelli 
che    dipendono  da  ghiandole  difensive. 

Questi  ultimi  odori  sono  destinati  ad  essere  sentiti  da  tutti  gli  animali,  che  possono  rap- 
presentare un  pericolo  per  l'insetto,  che  possiede  simile  maniera  di  difesa  e  perciò  essi  sono  a 
percettibilità,  dirò  così,  universale,  mentre  gli  altri,  gli  odori  sessuali,  meno  che  i  profumi  di 
seduzione,  se  sfuggono  a  noi  e  quindi  probabilmente  a  molti    altri    animali    e  sono   invece  cosi 


476  CAPITOLO    QUINTO 


acutamente  sensibili  al  maschio  della  stessa  specie,  ciò  vuol  dire  che  essi  sono  esclusivamente  in 
servizio  della  riproduzione  e  perciò  di  tal  natura  che  non  impressionino  se  non  particolari  organi 
sensoriali   di  quella  determinata  specie. 

Talune  esperienze,  ripeto,  tendono  a  provare  che  non  può  essere  attribuito 
se  non  ad  odori  il  mezzo  di  segnalazione  della  femmina  al  suo  maschio  e  che  la 
percezione  si  effettua  col  mezzo  delle  antenne,  le  quali,  nell'adulto,  avrebbero 
anche  siffatto  ufficio,  ma  altre  sperienze  infirmano  questa  conclusione. 

Che  le  antenne  giochino  una  parte  importantissima  nel  complesso  degli  atti  pertinenti  alla 
riproduzione,  si  può  arguire  da  ciò  che  esse,  fra  tutti  i  sensi,  sono  quelle  più  sensibilmente  e 
piii  spesso  differenziate  fra  i  due  sessi,  pur  restando  la  rimanente  organizzazione  conforme  in 
ambedue.  Perciò  sembrerebbe  non   poter  darsene  altra  spiegazione. 

Oltre  a  questo,  anche  l'esperienza  diretta,  per  quanto  tuttavia  molto  ristretta,  viene  in  aiuto 
a  questa  ipotesi. 

È  da  rammaricarsi  che  in  cosi  interessante  argomento,  quando  gli  esperimenti  in  proposito 
souo  di  quelli  che  non  presentano  eccessive  difficoltà,  essi  siano  invece  cosi  scarsi.  Il  più  con- 
vincente è  tuttavia  quello  del  Balbiani  (1869).  Egli  ha  separato  i  maschi  dalle  femmine  del 
Bombyx  mori,  appena  schiusi,  mettendoli  in  due  scatole  di  cartone  distinte,  ed  osservò  che,  scam- 
biando i  coperchi,  i  maschi  entravano  in  frenesia  amorosa,  agitando  le  ali  e  contorcendo  l'ad- 
dome, come  quando  si  trovano  in  presenza  di  femmine.  L'effetto  scemava  coll'allontauare  il  co- 
perchio della  scatola,  che  era  poi  quello  che  aveva  prima  chiuso  la  scatola  contenente  femmine, 
perciò  era  da  ritenersi  come  impregnato  del  loro  particolare  odore  sessuale.  L'agitazione  dei 
maschi  riprincipiava  coll'accostarsi  del   detto  coperchio. 

Che  poi  la  percezione  avvenisse  a  mezzo  delle  antenne  sembra  provato  dal  fatto  che,  pri- 
vando i  maschi  di  tali  organi,  non  mostrava  di  avere  più  alcun  effetto  l'accostarsi  di  quel  co- 
perchio,  che  in  condizioni   normali  provocava  una  cosi   graude  agitazione  fra  i   maschi. 

Esemplari  di  questi,  così  mutilati,  accostati  alle  rispettive  femmine  sembravano  accorgersi 
della  loro  presenza  con  molta  fatica,  si  agitavano,  torcevano  la  estremità  del  loro  addome  come 
per  cercare  la  copula,  toccavano  anche  coll'estremità  del  loro  corpo  quello  della  femmina,  ma 
difficilmente  riescivano,  o  dopo  molto  tempo,  a  trovare  l'orifizio  sessuale  della  femmiua  stessa. 

Qui  adunque  è  manifesta  una  inferiorità  nella  capacità  sessuale  ed  in  quella  di  riconosci- 
mento della  presenza  dell'altro  sesso  nei  maschi  privati  di  antenne  e  si  può  ammettere  che 
quest'ultimo  residuo  di  tale  attitudine  sia  dovuto  o  alla  percezione  a  mezzo  di  altri  sensi,  ad 
esempio,  della  vista,  o  a  qualche  resto  degli  organi  sensoriali  delle  antenne,  non  completamente 
asportati. 

L'obbiezione  più  forte,  che  sembrerebbe  potersi  fare  a  taie  sperimento,  a  dubitare  della  sua 
efficacia  probatoria  è  che  l'asportazione  di  organi  cosi  importanti  e  certo  con  uffici  e  sensibilità 
delicate  quali  sono  le  antenue,  rappresenta  un'operazione  troppo  disastrosa  per  l'insetto  e  tale 
che  può  lasciarlo  in  condizioni  non  abbastanza  favorevoli,  per  risentire  tutto  intero  lo  sti- 
molo sessuale. 

È  un  fatto  però,  d'altro  canto,  che  i  maschi  di  certi  Insetti  (Mosche,  Mantidi,  ecc.),  anche 
se  privati  addirittura  di  tutto  il  capo,  non  tralasciano  di  seguire  il  loro  ufficio  sessuale,  nel 
modo  più  completo,  conforme  si  accennerà  a  proposito  dell'atto  copulativo. 

È  segnalata,  per  taluni  Insetti,  la  speciale  maniera  di  ricerca  della  femmina  da  parte  del 
maschio.  Cosi  è  il  volo  turbinoso  e  scomposto  dei  maschi  della  Bombice  dispari  e  di  quello  della 
Quercia,  i  quali,  pur  seguendo  una  determinata  direzione,  descrivono  in  aria  una  linea  spirale, 
ondulata  in  tutti  i  sensi,  ma  allorquando  sono  prossimi  alla  femmina,  vi  si  precipitano  sopr;l 
con  volo  diritto,  come  una  saetta.  È  un  vero  braccare,  adunque,  il  volare  cosi  scompostamente 
come  fa  il  maschio  delle  farfalle  e  si  può  paragonare  agli  andirivieni  del  cane  sul  terreno,  at- 
torno ad  una  direzione  generale  in  un  senso. 

Ma  il  Fabre  giustamente  dubita  sulla  natura  del  senso,  per  cui  un  maschio  sente  a  notevoli 
distanze  o  traverso  ostacoli   molto  coibenti,  la  presenza  della  sua   femmina  pronta  alla  copula. 

Le  lunghe  e  belle  sperienze  del  Fabre  stesso  su  tre  specie  di  Farfalle,  le  cui  femmine  attirano  i 
maschi  in  gran  numero,  da  incredibili  distanze,  consigliano  la  conclusione,  per  la  quale  egli  dubita 


l'adulto  e  gli  atti  pkh  la  conservazione  della  specie  477 


obesi  tratti  davvero  del  senso  dell'odorato,  puramente  così  come  noi  lo  comprendiamo,  ma  inter- 
venga invece  altra  maniera  di  sensibilità  0  di   percezione. 

«  Ma  che  dire  —  esclama  il  diligente  osservatore  —  dei  maschi  della  Pavonia  maggiore  o 
della  piccola,  che  vengono  alla  femmina  tenuta  in  cattività  t  Essi  accorrono  dai  conlini  dell'o- 
rizzonte. Che  percepiscono  essi  a  tale  distanza?  È  veramente  un  odore  come  lo  intende  la  no- 
stra psicologia  ? 

^  Dalla  femmina  della  Pavonia  maggiore,  che  mai  si  svolge  materialmente?  Nulla  secondo 
il  nostro  odorato.  E  questo  nulla,  allorché  i  maschi  accorrono,  dovrebbe  saturare  delle  sue  mo- 
lecole un  orbe  immenso  di  qualche  chilometro  di  raggio!  Ciò  che  non  può  fare  l'atroce  puzzo 
del  serpentario  (Aram  draciinciilus)  lo  potrebbe  fare  intanto  l'inodore.  Per  quanto  divisibile  sia 
la  materia,  lo  spirito  si  rifiuta  a  tali  conclusioni.  Ciò  sarebbe  arrossare  un  lago  con  un  grano 
di   carmino,   riempire  l'immenso  con    zero. 

«  Altra  ragione.  Nel  mio  gabinetto,  saturato  prima  di  odori  potenti,  che  avrebbero  dovuto 
dominare,  annichilire  gli  efflussi  delicati,  le  farfalle  maschi  arrivavano  senza  alcun  indizio  di 
incertezza. 

«  Alla  emissione  sostituiamo  l'ondulazione  ed  il  problema  della  Pavonia  si  spiega.  Senza 
nulla  perdere  della  sua  sostanza,  un  punto  luminoso  scuote  l'etere  colle  sue  vibrazioni  e  riempir 
di  luce  un  orbe  di  ampiezza  indefinita.  Presso  a  poco  così  deve  funzionare  il  flusso  che  fa  av- 
vertire la  presenza  del  Bombice  femmina.  Esso  non  emette  delle  molecole,  esso  vibra  ed  emette 
delle  onde  capaci  di  propagarsi  a  distanze  incompatibili  con  una  reale  diffusione  della  ma- 
teria ». 

Consimili  esperimenti  ha  fatto  il  Noci  sopracitato,  pei  quali  sembra  certo  che  non  devesi 
ascrivere  ad  assunzione  di  odori  la  energia  attrattiva  della  femmina  degli  insetti. 

Del  resto  le  esperienze  del  Fabre  su  individui  maschi  di  Pavonia  maggiore,  previamente 
mutilati  delle  antenne,  non  sono  riescite  dimostrative  a  provare  che  tali  organi  sono  la  sede 
della  percezione  dell'altro  sesso. 

Invece,  le  prove  di  ermetica  chiusura  delle  femmine  in  recipienti  di  natura  diversa  (legno, 
metallo,  cartone,  vetro,  persino  un  vaso  tappato  da  densa  ovatta)  hanno  mostrato  che  nessun 
maschio  sente  più  la  femmina  così   protetta. 

E  necessario  che  essa  sia  in  un  ambiente  incompletamente  chiuso,  per  quanto  recondito, 
perchè  i  maschi  accorrano  in  folla  e  questo  anche  se  vi  è  intorno  altro  odore,  sia  pure  molto 
forte,  come  quello  della  naftalina.  Ciò  non  turba  affatto,  nei  maschi,  la  percezione  della  fem- 
mina. 

Per  la  Pavonia  minore,  il  Fabre  contò  ben  una  quarantina  di  maschi  accorsi  in  più  giorni 
ad  una  femmina  in  cattività  e  provenivano  tutti  dal  nord,  volando  nella  direzione  del  vento, 
ciò  che  sembra  escludere  l'influenza  dell'odore  in  questo  richiamo. 

Le  esperienze  del  Fabre  sul  Bombice  della  quercia  sono  riuscite  a  provare  che  non  la  fem- 
mina, per  sé,  attrae  i  maschi,  bensì  una  qualche  cosa  che  ne  emana  lentamente,  un  «  sottile  filtro 
amoroso»,  secondo  l'ornata  espressione  dell'Autore,  e  che  impregna  gli  oggetti  con  cui  essa  è  a 
contatto,  sieno  di  qualsivoglia  natura,  flanella,  feltro,  ovatta,  legno,  cartone,  metallo.  Occorre 
però  un  certo-  tempo  dopo  lo  sfarfallamento  a  che  tale  emanazione  sia  sufficiente  ad  attirare  i 
maschi  e  tale  tempo  varia  a  seconda  della  specie,  ad  es.  è  di  un  giorno  per  la  Pavonia  mag- 
giore, di  tre  pel  Bombice  della  quercia,  ecc. 

Il  Fabre  ha,  come  ho  detto,  sperimentato  varie  sostanze,  frale  più  odorose  o  fetide,  allo  scopo 
di   impregnarne  l'ambiente  attorno  alla  femmina,   per  sviare   i   maschi,  ma  ciò  non  gli  è  mai  riescito. 

Inoltre,  data  la  grande  rarità  della  B.  i/urrous  nei  luoghi  ove  il  Fabre  conduceva  le  sue 
sperieuze,  l'Autore  viene  a  concludere  che  i  moltissimi  maschi,  i  quali  giungevano  da  tutte  le 
parti,   dovevano  aver  percorso  chilometri  di   via,   attratti  dalla  potente  emanazione  della  femmina. 

Ecco  le  ragioni  dei  dubbi  sulla  natura  del  senso  e  sul  mezzo  di  segnalazione,  che  il  Fabre 
ha  ragione  di  concepire. 

Io  pure,  per  mio  conto,  sono  d'avviso  che  il  senso  sia  di  tutt'altra  natura  e  non  saprei 
trovare  altro  paragone  se  non  con  quella  indefinita  ed  incomprensibile  maniera  di  palesarsi  di 
acque  o  metalli  od  altro  nascosti  sotterra,  all'ignoto,  iuspiegabile,  ma  pur  certo  senso,  che  ap- 
partiene ai  Rabdomanti  e  per  noi  ha  sapore  di  magìa,  a  meno  che  non  si  tratti  di  una  speciale 
mauiera  di  comunicazione,  da  richiamarsi  a  particolari  onde  elettriche,  di  cui  abbiamo  esempio 
alla  mano.  Il  NToel  pure  inclina  verso  questa  seconda  opinione.  Anche  la  presenza  di  antenne, 
che  ricordano  benissimo  gli  apparati  di  telegrafia  senza  fili,  può  confortare  questo  modo  di  veder 


478  CAPITOLO    QUINTO 


Segnalazione  a   mezzo  di  suoni. 

Gli  Iusetti  si  raccomandano  anche  al  senso  dell'udito  per  ottenere  il  con- 
vegno dei  due  sessi.  Talora,  infatti,  è  mercè  rumori  che  l'uno  o  l'altro  sesso,  od 
ambedue,  fanno  manifesta  la  loro  presenza.  A  questo  gruppo  appartiene  l'insieme 
di  organi  musicali,  circa  la  di  cui  natura  e  fabrica  si  è  già  detto  abbastanza  nel 
precedente  volume,  a  pag.  701  e  sgg. 

Lo  stridìo,  poiché  infatti  questa  musica  si  può  assomigliare  a  quella  ma- 
niera di  rumori,  che  noi  definiamo  per  stridori,  in  generale  si  effettua  col  mezzo 
dello  sfregamento  di  duo  parti  scabre  del  corpo,  delle  quali  una  mobile  e  l'altra 
fissa.  Ma  un  modo  tutto  diverso  è  rappresentato  dalle  Cicale,  il  cui  caratteristico 
ed  intenso  rumore  è  prodotto  per  la  rapida  vibrazione  di  una  membrana  resi- 
stente ed  elastica. 

In  generale,  sono  i  maschi  a  possedere  siffatti  organi  ed  è  da  credersi  che 
il  suono  prodotto,  per  quanto,  per  lo  più,  non  gradevole  al  nostro  udito,  rappre- 
senti, per  l'insetto,  che  lo  produce,  qualche  cosa  di  altamente  piacevole  al  suo 
orecchio  e  probabilmente  a  quello  anche  dell'altro  sesso,  poiché  è  con  una  vera 
intima  compiacenza,  anche  al  di  fuori  di  urgente  desiderio  sessuale,  che  questi 
maschi  se  ne  stanno,  per  ore  ed  ore,  intenti  e  quasi  estasiati  nel  loro  esercizio 
sonoro. 

Ho  potuto  osservare  molte  volte  a  proposito  del  Grylluì  campestris,  che  allorquando,  di  più 
maschi  forzatamente  trattenuti  abbastanza  vicini  l'uno  all'altro  uno  intona  la  sua  caratteristica 
e  non  troppo  variata  canzone,  gli  altri  tutti  si  tacciono  e  dopo  qualche  tentativo  per  metter 
fuori  essi  pure  la  loro  nota,  se  ne  rimangono  silenziosi,  certo  ad  ascoltare  il  canoro  vicino.  E 
necessaria  una  certa  distanza  perchè  un  maschio  non  si  senta  disturbato  nella  sua  musica  da 
quella  d'altri  della  medesima  specie. 

Si  può  dire  che  gli  organi  stridulanti  sono  diffusi  in  tutti  gli  ordini  di  In- 
setti e  molto  probabilmente  assai  più  comuni  di  quanto  si  creda.  Per  verità  i 
rumori  prodotti  sono,  alle  volte,  così  tenui  od  in  una  nota  così  alta  da  non  rie- 
scire  percettibili  al  nostro  orecchio  e  per  tale  ragione  non  richiamano  abba 
stanza  l'attenzione  nostra,  così  da  indurci  alla  ricerca  dell'organo  che  li  produce. 

Infatti,  in  molti  casi,  si  conosce  piuttosto  l'organo  che  il  rumore  che  ne  di- 
pende e  non  si  va  errati  nel  giudizio  del  suo  scopo  quando  si  constati  sulla  epider- 
mide di  un  insetto  la  presenza  di  una  superficie  a  striscia  o  più  larga,  sulla  quale 
possa  venire  a  confricare  un'altra  parte  del  corpo  scabrosa  e  rigida,  in  modo  da 
determinare  un  rumore. 

Vi  sono  però  degli  interi  gruppi  di  Insetti,  specialisti  per  la  facoltà  di  emet- 
teri  rumori  notissimi  per  la  loro  intensità  e  frequenza  e  ne  sieno  classico  esempio 
i  Grilli  e  le  Cicale. 

.Stridulazione  dei  Grilli,  delle  Locuste,  degli  Acrididi  (Ortotteri).  —  Il  Grillo  dei  campi 
(Liogryllus  campestris),  quello  classico  dei  focolai  (Grylliu  domeiticus)  e  altri  meno  noti,  produ- 
cono il  caratteristico  trillo,  sfregando  una  porzione  molto  rigida  dell'orlo  interno  di  una  elitra 
(cantino)  sulla  faccia  interna  di  una  costola  lineare,  rilevata,  che  percorre  trasversalmeute  l'altra 
elitra,  ad  un  terzo  circa  dalla  sua  inserzione  e  che  internamente,  appunto,  è  armata  di  uua  serie 
di  dentelli  rilevati.  Tale  costola  è  detta  archetto.  Vi  è  uno  specchio  (o  timpano)  per  ciascuu  elitra, 
cioè  una  cellula  estesa,   rotondeggiante,   circondato  da  nervature  e  che    costituisce  l'area  sonora. 

E  da  notarsi  che  le  due  ali  anteriori  sono  perfettamente  identiche  fra  di  loro  e  che  anche 
la  sinistra,  la  quale  sta  sempre  sotto  la  destra,  ed  il  suo  archetto,  quindi,  a  nulla  serve,  è  pure 
fornita  di  egual  numero  di  dentelli,  perfettamente  identici  a  quelli  dell'archetto  destro,  che  pure 
entrano  in   gioco.  (Per  questo  organo,   illustrato  anche  con   figure,   vedi  pag.   705  del  voi.   I). 


L'ADULTO    E    GLI    ATTI    PEIt   LA    CON8ERVAZIONE    DELLA    SPECIE 


479 


Fig.  474.  —  Il  Grillo  nero  «lei  campi  (Liogryllus  campe&lria  L.)  ma- 
schio, in  atto  di  cantare  all'orifizio  della  sua  tana.  Graudezza 
nat.  Da  Roesel. 


11  Faine  ha  fatto  inutili  tentativi  per  obbligare  il  Grillo  ad  usare,  come  attiva,  l'elitra  si- 
nistra, sovrapponendola  alla  destra. 

Le  due  elitre  poi,  rigide  ed  elastiche,  vibrano  esse  pure  ed  il  suono,  che  ne  deriva,  è  rinfor- 
zato dal  fatto  che,  tra  le  elitre  stesse  (ohe  durante  l'atto  stanno  rilevate)  e  l'addome,  resta  uno 
spazio  vuoto,  che  fa  da  cassa  risonante. 

I  Grilli  dei  campi,  quando 
cantano,  stanno  all'orifizio 
della  loro  abitazione,  (fi- 
gura 474),  che  è  un  cunicolo 
scavato  entro  terra  e  che  va 
molto  profondamente.  Il  Grillo 
domestico,  invoce,  non  esce 
dal  suo  nascondìglio. 

II  Grillo  dei  campi  ha 
pure  la  sua  notorietà,  non 
meno  di  quello  domestico, 
che  da  noi  è  ristretto  all'I- 
talia settentrionale  e  non  vi 
è  neppure  molto  comune,  se 
non  nelle  abitazioni  rustiche. 
Ma  il  campestre  è  comune 
do>  inique,  sebbene  più  bello 
e  grosso  nell'Alta  Italia, 
dove  i  prati  sono  così  verdi 
anche    durante  l'estate. 

È  costume  diffuso  nei  paesi,  sopratutto  dell'Italia  settentrionale,  di  tenere  il  maschio  adulto 
in  cattività  entro  gabbiette  appositamente  costrutte,  per  sentirne  il  canto,  che  talora  è  continuo 
durante  la  notte. 

A  Firenze  poi  il  Grillo  ha  una  festa  ed  uua  mattinata  tutta  per  sé,  ed  è  il    giorno  dell'A- 
scensione, che  è  detto  appunto  il  giorno  del  Grillo. 

Il  popolo  concorre  alle  Casciue  in  folla,  fin  dalle  primissime 
ore  del  mattino  e  festeggia  così,  anche  con  refezioni  campestri,  sui 
prati,  la  nuova  bella  stagione,  di  cui  il  nerissimo  cantore  è  il  nunzio. 
La  tradizione  vorrebbe  che  le  coppie  di  fidanzati  non  vi  man- 
cassero ed  il  damo  ha  l'obbligo  di  trovare  e  catturare  l'insetto 
per  offrirlo  alla  dama,  che  si  premunisce  di  una  gabbietta  per  la 
circostanza.  Per  verità  l'operazione  si  semplifica  eoll'aoqnistare  l'in- 
settuccio da  un  nuvolo  di  venditori,  che  in  quel  giorno  commer- 
ciano Grilli  e  gabbiette  nei  viali  del  bellissimo  passeggio;  e  la  sera 
tutta  la  città,  specialmente  nei  sobborghi,  risuona  dei  trilli  del 
piccolo  ortottero,  che  è  custodito  e  nutrito  con  gran  cura  dai  suoi 
carcerieri  e  vive  e  canta  fino  a  buona  parte  di  luglio. 

Durante    le    belle  nottate    di  estate  e  d'autunno  si  sente,  nelle 
campagne,   una  lunga    nota  musicale;  è  il  Grillo  d'Italia  (Oecanthws 
prllucens,    fig.     475),    il   cui    maschio   produce    il    suono    ben    noto. 
«  Il  Grillo    d'Italia    —   scrive  il  Fabre  —  non  ha  l'abito  nero  e  le 
forme  complesse,   caratteristiche  del  gruppo.   È,   al   contrario,   un  in- 
setto   «Tacile,    debole,    tutto    pallido,    pressoché     bianco,    come  con- 
viene  ad  abitudini   notturne.   Si  teme    di    schiacciarlo    solo  a  pren- 
derlo fra  le    dita. 
«  Su  arbusti  d'ogni  specie,  sulle  alte    erbe  esso  mena    vita    aerea    e    raramente    discende    a 
terra.   Il  suo  canto,  grazioso  concerto  delle  serate  calme  e  calde,  da  luglio  ad  ottobre,  comincia 
al  cadere  del   sole  e  si  continua  per  la  maggior  parte  della   notte. 

<■  La  canzone  è  un  Gri-i-i,  Gri  i-i  lento  e  dolce,  reso  più  espressivo  da  un  leggero  tremolìo. 
Udendolo  si  indovina  la  estrema  finezza  e  l'ampiezza  delle  membrane  vibranti.  Se  nulla  turba 
l'insetto,  stabilitosi  sul  basso  fogliame,  il  suono  non  varia;  ma  al  minimo  rumore,  il  cantore  si 
fa  ventriloquo,  cioè  abbassa  il  tono  e  l'intensità,  l'ei  suoni  spiegati  le  elitre  sono  sollevate  al 
massimo  grado;   per  quelli  smorzati  sono  più  o  meno  abbassate. 


Fig.  475.  —  Oecanlhus  pel- 
luce»»  Seop.  maschio 
(quello  più  in  alto),    che 

.  canta  dinanzi  alla  sua 
femmina.  Grandezza  na- 
turale. 


480 


CAPITOLO    QUINTO 


«  Io  non  conosco  —  soggiunge  l'elegante  illustratore  dei  costumi  degli  Insetti  —  canto  di 
insetto  più  grazioso,  più  limpido,  nella  calma  profonda  delle  serate  di  agosto  ». 

Stridono  anche  le  Grillotalpe.  Il  Grifrini  me  ne  scrive  in  proposito,  avvertendo  di  aver  udito 
Grillotalpe  in  cattività  emettere  di  notte  «  un  trillo  piuttosto  grave  e  malinconico,  assai  sensi- 
bile ».  In  questi  Iusetti,  del  resto,  l'organo  stridulante,  che  risiede  come  in  altri  Grillidi  nelle 
elitre,  appartiene  ad   ambedue  i  sessi,  quantunque  nei  maschi  esso  sia  più   perfezionato. 

Moltiss'mi  Locustidi  possiedono  organi  musicali,  si  può  anzi  dire  che  essi  raramente  fanno 
difetto,   se  non  mancano  totalmente  le  elitre  (Epìiippigera,   ecc.). 

Gli  organi  stessi  spettauo  al  maschio;  si  conoscono  però  esempi  in  cui  essi  sono  rappresen- 
tati, più  o  meno  rudimentalmente,   anche  nelle  femmine. 

In  tutto  questo  gruppo  è  l'elitra  sinistra  quella  che  copre  la  destra.  Quanto  al  resto,  l'appa- 
recchio può  essere  ricondotto,  anche  per  la  sua  maniera  di    funzionare,   oltreché  per  la  struttura, 
a  quello  già  veduto    dei    Grillidi,     ma    è    meno  rumoroso  ed    il    suono  è  meno  piacevole,    anzi, 
talora  troppo  stridente;   in  talune  specie  molto  acuto  e  di  breve  durata,  sempre  ad    intervalli. 
In  taluni  casi   non  solo  mancano    le  ali,     ma    le    elitre  sono  ridotte    ad  un  brevissimo  mon- 
cone,  quel  tanto  che  basta  per  contenere  l'organo  stri- 
dulante.   Tali  elitre  così  accorciate  figurano  sul    dorso, 
dietro  il  protorace  ades.:  nelle  Ephippigera  (tìg.   395  J). 
Anche    i    Thamnotrisou    (fig.     476),   sono  forniti   di  con- 
simili rudimentali  elitre. 

In  altre  specie,  ad  es.  dei  generi  Locusta,  Decticus, 
Phniieroptera,  Couocephalus,  ecc.,  fra  i  nostrali,  le  elitre 
sono  allungate,  ben  sviluppate,  giacché  anche  le  ali 
sono  grandi  ed  atte    al  volo. 

Nei  Grillidi  e  Locustidi,  adunque,  si  pos- 
sono osservare  tutti  gli  stati  di  sviluppo  del- 
l'organo sonoro,  destinato  a  facilitare  l'incontro 
dei  due  sessi,  in  vario  grado  di  evoluzione. 

Risulta  evidente  il  fatto  che  questi  organi 
cedono  alla    involuzione,  che  pervade    Pappa- 
rato  locomotorio  (per  quanto  spetta  al    volo,  molto    più    tardivamente  dell'appa- 
rato stesso. 

Infatti,  dapprima  scompaiono  le  ali,  e  nei  Grillidi  si  hanno  vari  gradi  di 
involuzione,  di  poi  le  elitre  si  accorciano,  ma  l'organo  sonoro  permane  invariato, 
finalmente  scompare  del  tutto  l'elitra  ed  insieme  l'apparato  di  richiamo. 

Evidentemente  la  facilità  di  incontro  fra  i  due  sessi,  pel  quale  effetto  sono 
sufficienti  gli  altri  organi  locomotori,  cioè  le  zampe  ;  la  deficienza  di  istinto  mi- 
gratorio a  grandissime  distanze,  permettono  agli  Insetti  di  questi  gruppi  tale  in- 
voluzione del  sistema  aereomotore,   anche  nel  maschio. 

Ecco  un  caso  che  dimostra  bene  l'alta  importanza  di  mezzi  di  richiamo  e  di 
segnalazione  a  scopo  sessuale,  nella  funzione  riproduttiva,  importanza,  che  può 
superare,  salvo  sufficienti  compensi,  persino  quella    delle  ali. 

AU'infuori  di  questi  Grillidi  e  Locustidi.  in  tutti  gli  altri  gruppi  di  Ortot- 
teri, negli  organi  stridulanti  per  sfregamento,  manca  la  membrana  che  vibra,  nonché 
la  cassa  risonante,  per  cui  essi  sono  molto  meno  sonori  di  quelli  sopradescritti  e 
non  danno  se  non  un  vero  e  proprio    stridìo. 


Fig.  476. —  Thamnotrizon  qhabrieri  Fisch., 
maschio  in  grandezza  natur.  Da Tar- 
gioni. 


Negli  Acrididi.  nei  soli  maschi,  l'archetto  è  disposto  su  una  costola  interna  delle  coscio 
delle  zampe  del  3.°  paio  ed  è  la  solita  lineare  serie  di  rilievi  tuber'coliformi  o  spinette  (vedi 
Voi.   I,   pag.   701.    fig,   N67).   Da  cantino  funge   una  costola  dell'elitra,   nella  sua  faccia  laterale. 

Lo  stridìo,  breve  e  ad  intervalli,  avviene  per  lo  .sfregamento  rapido  della  coscia  stessa  sulla 
detta  costola  dell'elitra,   con    un   movimento  di  flessione  e  distensione  del   femore. 

Che  tale  atto  e  suono  sierio     in     rapporto  strettissimo  coll'eccitazioue  sessuale    si     riconosce 


L'ADULTO    V.    GLI    ATTI    PER    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE 


4SI 


dal   fatto  della  grande  attività  musicale,  a  cui  bì  abbandonano 
alle  femmine. 

Anzi,  perfino  allorché  queste  com- 
piono la  loro  ultima  opera  in  favore 
«lolla  riproduzione,  che  è  quella  della 
deposizione  delle  uova,  i  maschi  vicini 
se  ne  interessano  grandemente  eta- 
luno (od  anche  due)  non  mancano  mai  di 
salire  sul  dorso  della  femmina,  ricercan- 
done l'accoppiamento,  seliliene  essa  non 
possa  certo  corrispondere  a  tale  invito, 
impegnata  come  è  col  suo  addome  profon- 
damente entro  terra  (tig.  477).  I  maschi 
strillono,  si  agitano  tutti  eccitati  e  molto 
spesso  accade  che  a  simile  scena  od  a 
quella  soltanto  della  ovoposizione,  as- 
sista un  vero  congresso  di  maschi,  che 
tutti  compenetrati  ed  interessati  per 
questo  lavoro  sessuale,  fanno  circolo  at- 
torno alla  femmina  e  si  abbandonano  ad 
un  vivacissimo  concerto  delle  loro  note 
più  sentite  (tig.  478.) 


maschi,   quanto  più  si   accostano 


Fig.  477.  —  Femmina  di  Dociostaurus  maroocanue  Thumb., 
che  depoue  le  uova  nel  terreno,  mentre  il  maschio 
resta  tuttavia  sul  suo  dorso  dopo  l'accoppiamento. 
Grandezza  uat.  Da  Kiiuckel  d'Herculais. 


Wfmor.M 


Fig.  478.  —  Acriclidi  maschi,  che   assistono    stridulando    alla    deposizione    di    uova  da  parte  di  una 
femmina  (specie  della  Nuova  Zelanda).  Metà  della  grandezza  nat.  Da  Froggatt. 


Apparati  di  stridulazione  in  altri  Insetti.  —  Così  fatti  organi,  collo- 
cati nelle  più  svariate  regioni  del  corpo,  si  osservano  in  tutti    i    gruppi    di  In- 

A.  Berlksk.  —  Oli  Inselli.  II.  —  61. 


482  CAPITOLO   QUINTO 


setti  ed  io  rimando  per  tutto  ciò  il  lettore  a  quanto  si  è  esposto  al  voi.  I,  da 
pag.  700  a  pag.   700. 

Ho  portato  colà  esempi  di  organi  stridulanti  nei  Libellulidi,  in  molti  Emit- 
teri  Eterotteri  terrestri  ed  acquaioli,  nei  quali  si  trovano  sull'addome,  sulla  gola 
od  altrove,  in  Imenotteri  Formicidi,  Mutillidi,  Sfegidi  ed  altri  ancora;  in  grandis- 
simo numero  di  Coleotteri  ed  in  molti  Lepidotteri,  Neurotteri,  ecc. 

Non  è  però  sempre  la  facoltà  stridulante  riservata  ad  un  solo  sesso;  essa,  ta- 
lora, è  posseduta  anche  da  ambedue  od  anche  da  forine  neutre  o  da  larve,  talché  non 
sempre  essa  può  essere  ritenuta  in  rapporto  coll'opera  riproduttiva.  Perciò  mi 
astengo  dal  dirne  qui  troppo  partitamente. 

Conviene  invece  trattare  più  diffusamente  dell'organo  stridulante  delle  Ci- 
cale, il  quale  spetta  al  solo  maschio,  ed  il  suo  eiìetto  dipende  da  un  tutt'altro 
modo  di  produrre  il  suono,  che  non  sia  quello  tìu  qui  notato,  di  superflci  scabre 
confricantisi.  Il  fenomeno  è  così  ovvio  ed  imponente,  che  merita  bene  una 
speciale  menzione.  (Per  la  minuta  struttura  dell'organo  sonoro  della  Cicala  vedi 
voi.   I,  pag.   700-709). 

Il  «  canto  »  delle  Cicale.  —  Il  Fabre  (del  cui  giudizio  conviene  tener 
molto  conto,  per  la  lunga  pratica  degli  Insetti  e  per  averne  bene  spesso  compreso 
lo  spirito),  a  proposito  del  «  canto  »  delle  Cicale  esprime  alcune  idee  intorno  al 
significato  ed  allo  scopo  di  questi  rumori,  che  molti  Insetti  possono  produrre. 
Egli  dubita  molto,     dei    loro  rapporti  colla  funzione  sessuale,   per  tutti  i  casi. 

Ecco  le  sue  testuali  paiole:  «  Conviene  premiere  l'interminabile  cantilena  per  un  richiamo 
appassionato f  Io  esito.  Nell'assemblea,  i  due  sessi  sono  l'uno  presso  all'altro  e  non  si  chiama 
per  dei  mesi  chi  vi  sta  accosto.  Io  non  veggo  mai,  del  resto,  accorrere  una  femmina  a  mezzo 
dell'orchestra  più  rumorosa. 

«Come  preludio  alle  nozze  la  vista  è  sufficiente,  perchè  è  ottima:  il  pretendente  non  ha 
a  che  fare  di   una  eterna  dichiarazione;    la  pretesa  è  sua  prossima  vioiua». 

La  femmina  —  egli  dice  —  non  mostra  mai  alcuna  commozione  pel  canto  del  maschio. 
Inoltre  il  Fabre  osserva  che  la  Cicala  sembra  insensibile  ai  rumori  anche  più  alti  ;  egli  potè 
notare  che  non  era  stato  interrotto  il  cauto  di  parecchi  maschi,  su  una  pianta,  nemmeuo  da 
mortai  sparati  alla  base  dell'albero  e,  considerato  anche  il  modo  di  fare  d'altri  auimali,  con- 
clude : 

«  Consultate  l'immensa  maggioranza,  che  l'avvicinamento  dei  sassi  lascia  silenziosa.  Io  non 
veggo  nel  violino  della  Cavalletta,  nella  cornamusa  della  Raganella,  nei  cimbali  della  Cicala  che 
dei  mezzi  propri  per  testimoniare  la  gioia  di  vivere,  l'universale  gioia  che  ciascuna  specie  ani- 
male celebra  a  modo  suo....,  come  noi   ci  freghiamo  le  mani     iu   un  momeuto  di  soddisfazione  ». 

Per  mio  conto  io  credo  che,  nei  paragoni  fra  esseri  viventi,  come  l'anatomia  comparata  perde 
terreno  col  discostarsi  della  relativa  posizione  degli  esseri  nella  scala  della  organicità,  cosi,  a 
molto  maggior  ragione,  convenga  procedere  molto  cautamente,  anzi  ancor  più,  nella  comparazione 
di  manifestazioni  psichiche,  sopratutto  tra  noi  ed  un  mondo  così  diverso  come  è  quello  degli 
Insetti. 

Ad  ogni  modo,  non  è  col  nostro  sfregarsi  le  mani  che  dovrebbe  essere  paragonato  il  «  canto  » 
degli  Insetti,  ma  colla  canzone,  che  si  svolge  prorompente  come  inno  del  vigore  sessuale.  È  una 
reazione,  dipendente  dal  complesso  riproduttivo,  non  da  quello  vegetativo.  Non  la  gioia  di  vi- 
vere,  ma  è  : 

Amor  che  all'uom  mimico  farsi  insegna. 

Probabilmente  ogni  espressione  musicale  non  è  altro  che  l'alta  affermazione,  in  faccia  a  tutto 
il  mondo,  della  maturanza  genitale. 

Comunque  sia,  per  ciò  che  riguarda  l'apparato  vacale  della  Cicala,  il  Faure  molto  giusta- 
mente, ne  paragona  il  meccauismo  fondamentale  a  quello  di  un  giocattolo,  altra  volta  in  voga,  in 
cui  una   laininetta  d'acciaio,   nasata  da  una  parte   su  una  scatola  metallica,   pressata  col  pollice  e 


l'adulto  e  gli  atti  pki:  la  cosskkvazionk  della  specie 


ls:i 


poi  abbandonata  a  se,  col  riprendere  la  primitiva    posizione,    determina,     nello    scatto,    un     ru- 
more secco,  caratteristico. 

N'elle  Cicale  appunto  una   membranella  secca  e  convessa  è  stirata  pel    suo   centro  e   spianata 
da    un   muscolo  e   poi   subito  lasciata   a    sé. 

Cosi   la  successione  rapidissima  di  questi   scatti  determina  il    noto  stridore,    elle  è   poi    rin- 
forzato da  una  cassa  risonante,   coperta  o  protetta  da  una   lunga  squama 
quasi   semicircolare,  che  si  vede  nei  maschi    (tig.  479,  a)  dietro  le  zampe 
di-I    :!."  paio.  Questa  è  la  membrana  del  timpano. 

Sollevando  la  squama  dura  e  biancastra  suddetta  (fig.  480),  appa- 
risce una  grande  cavità  limitata  sopra  {Mia)  e  sotto  ISp)  da  una 
parete  membranosa.  Questa  membranella  inferiore  è  esilissima,  traspa- 
rente e  brillante  come  uno  speoohio.  Nessuna  di  queste  membrane  ha 
influenza  nel  suono,  perchè  questo  si  produce  anche  se  vengono  perfo- 
rate o  comunque  dilacerate. 

Lateralmente  alla  cavità  maggiore  or  detta  se  ne  trova  altra  molto 
più  piccola  (C()  e  sta  fra  la  prima  ed  il  margine  esterno  dell'arco 
dorsale  addominale.  Questa  è  la  cavità  del  timpano.  La  faccia  interna 
di  questa  minore  è  fatta  da  una  membrana  convessa,  secca  (.1/),  irro- 
bustita da  liste  chitinose  dure  ed  è  questa  la  membrana  che,  vibrando 
per  contrazione  di  un  muscolo  apposito,  produce  il  caratteristico 
suono. 

Basta  bucare  con  uno  spillo,  nel  centro,  la  membrana  del  timpano 
perchè  la  Cicala    maschio  diventi  un  essere  muto. 

Allorché  la  Cicala  abbassa  l'opercolo  sulla  camera  sonora,  allora 
la  voce  è  bassa,  sorda;  invece,  a  camera  più  o  meno  aperta,  il  suono 
è  robusto  ed  alto. 

La  specie  nostrale  più  canora  e  la  cui    voce  non    è    troppo    sgrade- 
vole   è    la    ricada    plebeia  (fig.   479),     la    più     voluminosa.   Altre  specie 
nostrali,  come  la  C.  orni,  la  C.  haematodes,  ecc.,  che  sono  più  piccole,  hanno  voce  meno  robusta 
e  più  stridula. 

Ma,  le  facoltà  vocali,  quanto  ad  intensità,  di    tutte  le  specie  nostre  sono  ben  poca    cosa,  a 

petto  di  talune  forme  esotiche.  Il  Beccari,  nella  sua 
lunga  permanenza  a  Borneo,  molto  spesso  ebbe  a  scam- 
biare con  un  raglio  d'asino,  perfettamente  imitato  per 
timbro  e  forza,  lo  stridio  di  una  grossa  Cicala  del 
luogo. 


Fig.  4?!t.  —  Il  maschio 
della  comune  Cicala 
[Cicada  plebeia)  visto 
dal  ventre,  per  mo- 
strare, in  a,  gli  oper- 
coli dell'apparato  stri- 
dulante. Grand,  nat. 


Fig.  4*0.  —  Organo  stridulante  della  Ci- 
cala (Cicada  plebeia),  velluto  togliendo 
gli  opercoli  (segnati  in  a  nella  tig. 
precedente).  Per  le  lettere  vedi  testo. 
Ingrandito.   Da    Berlese. 


Luminosità.  —  La  facoltà  di  emettere  luce 
noti  appartiene  certo  esclusivamente  agli  In- 
setti, essa  è  abbastanza  comune  fra  gli  ani- 
mali, più  fra  gli  invertebrati  che  tra  i  verte- 
brati ed  ancora  a  parecchi  vegetali  dei  più 
bassi. 

Per  quanto  riguarda  gli    Insetti  è  da  no- 
tarsi il  fatto  che  non  soltanto  forme  adulte  sono 
luminose,  il  che  può  essere  messo  in  relazione 
colla  funzione    sessuale,  ma,  talora,    anche  le 
larve  ili  qualche  specie  laminosa,  ad  es.    fra  i  Coleotteri,  godono  della  singolare 
proprietà. 

In  tali  casi  è  impossibile  richiamare  tale  facoltà  ad  un  rapporto  colla  ripro- 
duzione e  perciò  il  fenomeno  riesce  difficilmente  esplicabile.  Sembrerebbe,  infatti, 
che  se  gli  adulti,  per  comodità  del  convegno  fra  i  due  sessi,  possono  essere  soc- 
corsi dalla  facoltà  di  brillare  nelle  tenebre,  invece,  le  larve,  che  hanno  tutta  la 
convenienza  a  rimaner  celate  quanto  più  è  possibile,  non  dovrebbero  avere  alcun 


48-1  CAPITOLO    QUINTO 


vantaggio  a  richiamare  su  di  sé  l'attenzione  di  altri  animali,  tra  cui  contano 
certo  nemici  in  buon  dato.  Può  però  sempre  esser  creduto  che  la  luminosità  delle 
larve  serva  ad  intimidire  i  predatori  notturni,  anziché  a  richiamarli.  E  nou  solo  le 
larve,  ma  persino  le  uova  di  talune  specie,  financo  dentro  l'ovario,  sono  luminose. 
Le  ragioni  del  fatto,  per  quanto  riguarda  le  forme  giovanili,  io  lascio  argo- 
mentare ad  altri,  che  abbia  maggiori  dati  sui  costumi  di  questi  Insetti.  Per  ora 
basti  credere  che,  nelle  forme  adulte,  la  luminosità  è  certo  un  potente  mezzo  di 
segnalazione  di  un  sesso  verso  l'altro. 

Ricordo  che,  aveuilo  raccolta  una  femmina  di  Lampyris  noctiluca  e  messala  sul  palmo  della 
mano,  mentre  mi  trattenevo  ad  osservarla,  giunse  da  lungi,  volando  rapidamente,  un  mascliio, 
che,  subito,  sulla  mia  mauo  stessa,  compiè  le  sue  nozze. 

Può  essere  che  l'attrazione  dipendesse  da  altro  che  dalla  luce,  ma  è  difficile  argomentare 
diversamente  quando  si  vede  così  luminosa  la  femmina  da  segnalare  la  sua  presenza  a  grande 
distanza,  o  non  si  può  non  ammettere  che  il  maschio  non  profitti  di  tale  vantaggio.  Ma  il  ma- 
schio, la  cui  femmina  è  attera  e  pigra,  come  è  la  Lampyris  appunto,  a  che  brilla  nelle  tenebre?  (1). 

Pel  ritrovamento  della  femmiua  la  sua  lanterna  è  abbastanza  inutile.  Anche  qui  adunque 
una  incognita,  a  meno  che  non  si  tratti  di  una  speciale  ornamentazione,  che  rappresenti  un 
gradino  ancor  più  alto  della  lucentezza  metallica. 

Per  le  specie,  in  cui  ambedue  i  sessi  volano  e  brillano,  come  è  per  la  comune  Lucciola  (Lu~ 
dola  italica)  si  può  ammettere  il  reciproco  richiamo  ;  non  è  però  la  stessa  cosa  per  le  altre 
specie,  che  souo  in  coudizioni  analoghe  a  quelle  delle  Lampyris  sopraricordate. 

Noi  qui  tratteremo  della  luminosità  attiva,  diremo  così,  dipendente  cioè  da 
tessuti  e  sostanze,  che  fanno  parte  dell'organismo  dell'Insetto,  non  di  quella  ac- 
cidentale ed  estranea  alla  sua  organizzazione,  che  dipende  da  sostanze  fosfore- 
scenti, fortuitamente  sparse  sul  suo  corpo. 

Gli  Insetti,  certamente  luminosi  per  proprietà  intrinseca,  sono  fra  i  Coleot- 
teri di  taluue  famiglie  e,  punto  alquanto  controverso,  anche  fra  taluni  Einitteri 
Omotteri. 

Nei  Coleotteri  è  stata  riconosciuta  bene  anche  la  sostanza  fosforescente  e  la 
maniera  di  produzione  della  luce. 

Sembra  si  tratti  della  ossidazione  di  idrogeno  fosforato,  che  si  svolge  da 
processi  di  decomposizione  di  albuminoidi  di  rifiuto,  raccolti  in  granuli,  in  circo- 
scritte regioni  del  corpo. 

11  principio  è  il  seguente.  Speciali  elementi  cellulari,  appositamente  differenziati  dal 
tessuto  adiposo  e  confinati  in  determinate  regioni  del  corpo,  stanno  più  internamente  di  strati  su- 
perficiali trasparenti.  I  primi,  i  fotogeni,  quando  sì  illuminino,  possono  così  rilucere  attraverso 
alla  trasparenza  dei  superficiali  e  del  tegumento. 

Ora,  il  tessuto  adiposo  fotogeno  suddetto,  contiene  ammassata  uelle  sue  cellule,  in  grande 
quantità,  raccolta  iu  granuli,  sostanza  escretiva  derivata  da  alterazioni  di  albuminoidi  e  sog- 
getta ad  ulteriore  decomposizione,  per  la  quale  si  viene  a  svolgere  dell'idrogeno  fosforato.  Questo 
gaz,  che,  come  ognuno  sa,  è  fosforescente  iu  presenza  di  ossigeno,  può  infatti  essere  bruciato  su- 
posto  dall'aria  contenuta  negli  estremi  numerosissimi  ramuscoli  tracheali,  che  souo  abbondante- 
mente intramezzati  alla  massa  di  granuli  suddetta.  La  immissione  dell'aria  nelle  trachee  è  vo- 
lontaria e  così,  per  conseguenza,  lo  è  la  luminosità. 

I  fenomeni  di  scomposizione  della  materia  escretiva  anzidetta  dipendono  dalle  fuuzioui  vi- 
tali e,  cessando  queste,  cessa  pure  lo  svolgiineuto  del  gaz  fosforescente.  Per  ottenere  il  feno- 
meno, adunque,  è  necessaria  la  vitalità  degli  elementi,  in  cui  si  compie  il  processo  chimico, 
altrimenti  anche  il  concorso  dell'ossigeno  è  inutile. 

La  bibliografia  su  tale  argomento  è  estesissima  e  si  può  trovarne  una  buona  parte  nel  la- 
voro del  Gadeau  de  Kerville,  1887.  Per  ciò  che  si  richiama  all'intima  struttura  degli  organi 
luminosi,   rimando  il  lettore  a  quanto  ne  ho  detto  nel   voi.   I,   pagg.   709-720. 


(1)  Non  tutti  però  i  maschi,  auche  delle  specie  a  femmine  molto  luminose,  possono  emettere 
luce  propria. 


l'adulto  k  gli  atti   I"k.r  la  conseiivazionk  iiki.i.a  spilli: 


is:, 


I  Coleotteri  luminosi  spettano  alle  famiglie  degli  Elateridi  e  Malacodermi 
ed  alcuni  assumono  anche  proporzioni  ragguardevoli. 

Nella  seconda  delle  due  dette  famiglie  stanno  le  specie  luminose  nostrali, 
che  appartengono  ai  generi  Lampyris,  Lamporiza,    Phosphaenus,  Luciola. 


Fig.  481.  —  Luciola  ita- 
lica, maschio  velluto 
dal  ventre  e  che  mostra 
gli  anelli  luminosi 
(bianchi),  Iugr.  di  4 
dram. 


Nelle  Lampyris,  ili  cui  si  contano  parecchie  specie  europee,  i  ma- 
schi sono  alati  e  le  femmine  vermiformi,  pochissimo  dissimili  dalla 
larva,  il  ben  noto  renne  luminoso,  che  si  trova  in  estate,  lungo  le  siepi 
0  tra  i  sassi.  La  specie  più  comune  (cosmopolita)  è  la  L.  nociiluca  (Mg.  2b9) 
e  poco  differisce  dalle  altre.  La  femmina  (anche  tìg  415,  A),  molto 
più  fosforescente  del  maschio,  emotte  la  luce  da  tre  ultimi  segmenti 
addominali.  Anche  le  larve  dei  due  sessi  brillano,  ma  in  grado  minore 
delle  femmine. 

Nelle  Lampo  rhi  za,  che  somigliano  molto  alle  Lampyris,  l'apparato 
luminoso  consiste  in  due  macchie  sui  due  ultimi  anelli  addominali.  Il 
maschio  non   brilla,   ma  solo  la    femmina  e  la  larva. 

I  Phosphaenus  sono  diversamente  conformati.  Il  maschio  (tìg.  415, 
B)  manca  d'ali  e  le  elitre  sono  ridotte  a  metà  ;  la  femmina  è  larve- 
forme.   Ambedue  i  sessi  sono  luminosi. 

Nel  genere  Luciola  la  specie  comune  in  Italia  è  la  L.  italica 
(tìg.  481)  beu  nota.  Ambedue  i  sessi  volano  ed  emettono  luce  dai  due 
(o  tre)  ultimi  segmenti  addominali. 

Nella  famiglia  poi  si  trovano  molti  generi  esotici,  alcuni  non  fosforescenti  ;  altri,  nei  quali 
solo  le  femmine  godono  della  facoltà  luminosa.  In  generale  l'apparato  fosforescente  è  situato  all'e- 
stremità dell'addome.  Le  dimensioni  delle  specie  di  questa  famiglia  sono,  ordinariamente,  me- 
diocri o  piccole. 

Ma  nella  famiglia  degli  Elateridi,  oltre  a  grandissimo 
numero  di  generi,  che  non  hanno  per  nulla  organi  luminosi, 
se  ne  contano  alcuni  altri,  però  tutti  esotici,  di  grandi  di- 
mensioni e  celebrati  assai  pel  loro  alto  potere  illuminante, 
così  che  possono,  talune  specie,  essere  impiegate  persino 
quali  fonti  luminose  in  mancanza  di  meglio. 

Vanno  sopratutto  ricordati  i  generi  Pyrophoritt  (tìg.  482)  e  Photo- 
phorus.  Questi  ultimi    sono  dell'Oceania. 

La  specie  maggiore  e  più  nota  del  genere  Pyrophoritt  è  il  P.  nocti- 
litcttt  Limi.  —  diffuso  in  tuta  l'America  meridionale.  È  lungo  37  niill.; 
le  altre  specie  (P.  strabitt  del  Messico;  P.  candelarius  Germar,  del 
Brasile;  P.  pyrotis  Germar,  di  Buenos  Aires;  P.  laternariat  Dej,  di 
Cajenna)  sono  di  dimensioni  minori. 

Gli  organi  luminosi  sono  in  numero  di  tre  (dorsali),  cui  di  due  collocati 
agli    angoli    inferiori    del  protorace  (sono  indicati  da  zone  ovali  bian- 
castre, vedi  tìg.  482)  il  terzo    è  alla  base  del  metatorace  ;  quest'ultimo 
non    dà    luce  se  non    durante    il  volo  dell'insetto;  in  riposo  è  nascosto  dalle  elitre.  Tali  organi 
producono  una  luce  assai  intensa. 

Nell'America  meridionale  questi  insetti  sono  conosciuti  sotto  il  nome  di  Citcuyos  e  le  creole 
se  ne  servono  come  oggetto  di  toeletta,  per  ornarsene  le  vesti  od  i  capelli.  Gli  insetti  souo  con- 
tenuti viventi  entro  piccoli  sacchetti  di  velo  e  disposti  sulle  vesti. 

«  Cosi  adornate  —  dice  il  Gadeau  de  Kerville  sopracitato  —  le  graziose  messicane  vanno  al 
ballo  coi  loro  topazi  viventi,  che  luccicano  o  si  spengono  a  volontà  dell'insetto.  Finita  la  serata 
esse  fanno  prendere  un  baguo  ai  citcuyos,  per  rinfrescarli  e  li  mettono  in  piccole  gabbiette  di 
giunco.  Essi  sono  doppiamente  utili  :  la  sera  sostituiscono  le  pietre  preziose  ed  ornano  le  belle 
di  quelle  contrade;  la  notte  essi  servono  come  lampadine  e  spargono  su  di  esse  una  tenue  luce 
durante  il  loro  sonno  ». 


Fig.  482.  —  Un  Piroforo 
( Pyrophoritt  noctiluciis 
L.)  del  Brasile;  adul- 
to, dal  dorso,  in  gran- 
dezza naturale. 


INli  CAPITOLO    QUINTO 


Alle  Antille  i  negri  utilizzano  i  Pirofori  luminosi  per  rischiarare  le  loro  case  e  li  tengono 
in  piccole  gabbiette  di  filo  di  ferro  finissimo,  sospesi  al  soffitto.  La  luce,  che  diffondono  questi 
coleotteri,  è  sufficiente  per  leggere  in  una  oscurità  profonda,  facendo  scorrere  l'insetto  sulle  linee. 

Per  prendere  tali  insetti  i  negri  ricorrono  a  carboni  incandescenti,  disposti  in  cima  ad  un 
bastone,  che  fanno  oscillare  in  aria;  i  Pirofori  sono  richiamati  dalla  luce  e  catturati.  Essi  sono 
poi   nutriti  con  pezzetti  di  canna  da  zucchero. 

Il  viaggiatore,  che,  per  sfuggire  il  calore  diurno,  si  avventura  di  notte  nelle  tenebre  delle 
foreste  nell'America  meridionale  vede  illuminato  il  cammino  da  innumerevoli  Pirofori,  che  gli 
volano  intorno  e  scompaiono  all'alba. 

Quanto  agli  Einitteri-Omotteri,  gli  Insetti  luminosi  sarebbero  compresi  nella 
famiglia  dei  Fulgoridi.  Somigliano  alle  Cicale,  ma  ne  differiscono  pel  prolunga- 
mento enorme  della  testa,  nella  sua  regione  anteriore.  I  generi  principali  sono: 
Fidt/ora,  Hotinus,  Pyrops,  Phrictus,   tutti  esotici. 

La  specie  più  nota  è  la  Fulgora  laternaria  dell'America  tropicale,  le  cui  proprietà  lu- 
minose sono  state  scoperte  al  Surinam  da  Madama  Sibilla  di  Merian,  celebre  pel  suo  trattato 
sulle   Metamorfosi  degli  Insetti  del  Surinam.  (1726). 

Si  tratta  di  un  grande  e  bellissimo  insetto,  la  cui  testa  è  all'innanzi  prolungata  in  un 
grosso  cilindro  vuoto  (vedi  tav.   IV,   fig.    7). 

Le  specie  degli  altri  generi  sono  quasi  tutte  dell'Asia:  ì'Hotinus  candelarius  della  China  è 
fra  le  specie  più  note  e  più  belle  (fig.   403  altra  spec.   di   Hotinus). 

La  luminosità  di  questi  Insetti,  affermata  e  negata  da  vari  autori  egualmente  degni  di  fede 
è  dunque  tuttavia  in  discussione  e  può  essere  che  essa  dipenda  da  circostanze  non  ben  note  e 
non  sempre  in  atto.  Certo  però,  gli  Insetti  sicuramente  luminosi,  senza  discussione,  sono  fra  i 
Coleotteri  citati. 

Molti  altri  Insetti  sono  stati  ricordati  come  fosforescenti,  ma  si  deve  attri- 
buire ad  una  accidentalità,  del  tutto  fortuita,  questa  loro  luminosità  transitoria, 
probabilmente  al  contatto  con  sostanze  in  decomposizione,  di  quelle  che,  come  è 
noto,  sono  suscettibili  di  simile   fenomeno. 

Questi  sono  i  mezzi  a  noi  evidenti,  coi  quali  si  conosce  i  sessi  palesarsi 
l'uno  all'altro  e  richiamarsi,  per  convenire  all'atto  fondamentale  della  riprodu- 
zione; a  quell'atto,  per  cui  il  maschio  porta  nelle  vie  genitali  della  femmina  i 
suoi  prodotti  sessuali,  incamminandoli  al  loro  destino,  cioè  all'incontro  con  quelli 
che,  dal  canto  suo,  prepara  la  femmina  e  che  sono  propri  del  suo  sesso. 


Preliminari  dell'accoppiamento. 

Mercè  gli  espedienti  sopradescritti  o  con  altri  sinora  sfuggiti  alla  nostra 
osservazione,  l'uno  e  l'altro  sesso  sono  di  fronte. 

In  molti  casi  l'accoppiamento  avviene  senza  più,  ma  in  altri,  all'atto  finale 
del  maschio  antecedono  pratiche,  talora  non  brevi  né  semplici  ;  e  tutto  ciò,  cogli 
organi  del  caso,  spetta  a  funzioni  certo  in  rapporto  con  quella  essenziale  ripro- 
duttiva, ma  vi  rappresentano  un  grado  d'importanza  anche  minore  che  non 
quella  della  ricerca  e  del  richiamo  dei  due  sessi  l'uno  verso  l'altro. 

Tuttavia  gli  atti  preliminari  dell'accoppiamento  non  sono  certo  da  trascu- 
rarsi, sopratutto  per  chi  voglia  darsi  ragione  di  particolari  disposizioni  organiche 
proprie  ai  due  sessi  o  speciali  ad  uno  soltanto  e  che  perciò  concorrono  a  creare 
quello  stato  dimorfico,  di  cui  si   è  indagata  la  causa. 

Intanto,  quando  l'accoppiamento  non  segue  immediatamente  al  convegno  dei 
due  sessi,  ma  intercede,  come  ho  detto,  un'azione  preparatoria,    essa    si    esplica 


l'adulto  E  (ÌLI  atti  per  la  conservazione  della  specie  487 

diversamente  per  ciascun  sesso  e  per  conseguenza  difformi  sono  gli  organi  e  gli 
altri  mezzi,  cbe  il  maschio  impiega  in  confronto  della  femmina  sua. 

La  parte,  che  questa  rappresenta,  ad  eccitazione  del  maschio  è  più  material- 
mente sessuale,  è  una  vera  provocazione,  colla  esposizione  dei  propri  pregi  tìsici 
in  rapporto  immediato  colla  funzione  riproduttiva. 

Il  maschio,  invece,  svolge  la  sua  opera  di  seduzione,  rimanendo  spesso  in  un 
campo  meno  materiale  ed  influisce  sulla  femmina  per  vie,  che  sembrano  spesso 
molto  al  di  fuori  della  sessualità  bruta. 

Un  maschio,  che  vanta  innanzi  agli  occhi  della  femmina  ammirata  i  pregi 
della  sua  bella  veste  variopinta  o  che  si  abbandona  ad  esercizi  musicali,  a  cui 
la  femmina  presta  attento  orecchio  e  se  ne  compiace,  o  che  le  danza  intorno,  o 
l'inebbria  di  delicati  profumi,  si  comporta  certo  diversamente  dalla  femmina,  che 
se  non  rimane  passiva,  certo  compie  sul  maschio  una  maniera  di  eccitazione 
con  organi  e  mezzi  più  strettamente  in  rapporto  col  sistema  sessuale  primario  e 
ciò  sia  detto  non  per  gli  Iusetti  esclusivamente. 

I  mezzi  di  seduzione,  ai  quali  il  maschio  fa  ricorso,  si  richiamano,  in  generale, 
a  prerogative  del  sesso,  di  cui  esso  mostra  compiacersi  grandemente,  una  buona 
fonte  di  vanità  adunque  e  di  intimo  suo  diletto,  come  sono  gli  splendori  della 
sua  veste,  le  sue  attitudini  musicali,  coreografiche,  ecc.,  che  esso  mette  in  rilievo 
per  se,  ma  più  che  mai  in  presenza  della  femmina,  per  richiamarne  l'attenzione 
o  per   dilettarla  ed  indurla  a  concedere  i  suoi  favori. 

Si  comprende  che  l'effetto,  diremo  così,  su  Fun  sesso,  di  tutti  questi  mezzi 
praticati  dall'altro,  è  tanto  maggiore  quanto  più  rilevante  è,  in  tal  campo,  la 
differenza  sessuale. 

È,  aduuque,  un  vero  e  proprio  corteggiamento  che  il  maschio  mette  in  atto 
in  presenza  di  una  femmina  ritrosa  e  che  non  si  abbandona  senza  qualche  pre- 
liminare, che  le  torni  gradito  e  la  ecciti  all'amplesso. 

Sono  ricordati  dagli  autori  parecchi  esempi  di  una  vera  e  propria  corte,  che 
i  maschi  fanno  alle  rispettive  femmine,  mettendo  in  rilievo  i  propri  pregi  indi- 
viduali e  sessuali,  per  indurle  ad  arrendersi  ai  loro  desideri. 

I  maschi  musici  fauno  risonare  i  loro  strumenti  con  maggiore  euergia  che  mai  e  cou  mo- 
dulazioni speciali  in  presenza  della  femmina.  Gli  iusetti,  belli  per  colori  ed  ornamenti  vari,  non 
si  stancano  di  esporre  innanzi  alla  femmina  la  magnificenza  e  lo  splendore  del  loro  abito  e  se 
questo  brilla  e  risplende  di  ridessi  metallici,  dorati,  argentati,  madreperlacei,  ne  mettono  bene 
in  vista  tutto  lo  splendore,  movendo  il  corpo  e  le  ali  a  tutte  le  possibili  incidenze  di  luce; 
girando  e  rigirando  e  perfino  danzando  attorno  alla  femmina,  per  allegrarla,  ed  allcttarla,  certi 
di  procurarle  quel  godimento,  del  quale  essi  stessi  si  sentono  pervasi,  quando,  per  solo  proprio 
diletto,  si  abbandonano  ai   medesimi  atti. 

Talora  la  conquista  della  femmina  è  preceduta  da  un  inseguimento  non  breve,  auche  nelle 
vie  dell'aria,  come  si  vede  accadere  comunemeute  di  molte  specie  di  Farfalle  diurne  (tig.  483) 
e  la  femmina  si  presta  benissimo  alla  sua   parte  del  gioco. 

Un  altro  argomento  di  seduzione  (giacché  non  può  essere  di  richiamo,  dal) 
momento  che  appartiene  al  maschio,  cioè  al  sesso  attivo  nella  ricerca  a  distanza 
si  è  quello  dei  profumi,  a  cui  si  è  già  qualche  volta  accennato. 

Profumi.  —  I  maschi  di  parecchie  specie  di  Farfalle,  sia  diurne  che  not- 
turne, hanno  ghiandole  disposte  sulle  ali,  sulle  zampe  o  nei  palpi,  dalle  quali 
possono  emettere  odori  speciali,  alcuni  anche  sensibilissimi  a  noi  e  molto  grati. 
Tali  organi  sono  ascritti  a  quelli  di  seduzione,  perchè  si  ritengono  destinati  a 
rendere  più  accetti    i  maschi  alle  rispettive  femmine,    e  sono  usati    all'atto     del 


488 


CAPITOLO    QUINTO 


Nella  pagina  superiore,  od  auche  nella  inferiore  di  ambedue  le  ali  dei  maschi  di  parecchie 
specie  di  Farfalle  si  trovano  aree  coperte  da  speciali  squame  (plumule),  nelle  quali  aree  passa  la 
secrezione  odorosa  e  svapora.  Talora    le    plumule  sono  disseminate    fra    le  comuni  squame.  Nei 

Eopaloceri  le  plumule  e  le  aiee  odorose  (an- 
droconii)  sono  più  frequentemente  sulla  pagina 
superiore  delle  ali;  invece,  negli  Eteroceri, 
si  trovano  più  spesso  alla  inferiore.  Sono  stati 
rinvenuti  siffatti  organi  in  famiglie  diverse 
e  cioè  Esperidi,  Satiridi,  Castliuidi,  Ercinidi, 
Papilionidi,  Ninfalidi,  Pieridi,  Zerenidi,  Om- 
matoforidi,  Ornitotteri,  Licenidi,  fra  i  Ropa- 
loceri  e  nelle  famiglie  Nottuidi,  Callidulidi, 
Litosidi,  Ofiusidi,  Ennomidi,  Larentiidi  fra 
gli  Eterotteri  (vedi  voi.  I,  p.  533). 

Sulle  ali  di  qualche  Dittero  (ad  es.  My - 
stacides  panciata)  si  sono  riscontrate  plumule 
miste  ai  peli  ordinari  e  si  suppongono  esistere 
anche  in  molti  Tricotteri. 

Comuni  sono  anche  ghiandole  analoghe, 
le  quali  stanno  nell'ultimo  articolo  dei  palpi 
labiali  di  quasi  tutte  le  Farfalle  (che  sono 
scavati  a  cucchiaio),  ma  appartengono  ai  due 
sessi. 

Consimili  organi  si  rinvengono  nei  palpi 
mascellari,  allungatissimi  e  scavati  a  cuc- 
chiaio, nei  maschi  di  Lepidotteri  del  genere 
Serieostoma  e  tramandano  un  grato  odore  di 
vainiglia. 

Nelle  zampe  dei  maschi  di  parecchie  specie 
di  Farfalle,  diurne  e  notturne,  si  trovauo  organi 
odoranti.  Essi  sono  circondati  di  squame,  mobili  a  volontà  dell'insetto,  disposte  in  ciuffi,  che 
si  aprono  per  lasciar  passare  il  profumo.  Negli  Hepialus,  la  tibia  del  terzo  paio  di  zampe  è  par- 
ticolarmente foggiata  ed  allargata  e  coperta  di  squame, 
che  si  erigono  sotto    la    pressione    del   liquido  odoroso,  (\n 

spintovi    a    forza    e    che    di    là  evapora  (vedi    voi.    I, 
p.  535). 

Ad  assedio  più  stretto,  il  maschio  mette 
in  pratica,  talora,  maniere  di  contatto,  che  si 
possono  definire  per  vere  e  proprie  carezze, 
che  esso  fa  alla  femmina  per  mezzo  delle 
antenne,  più  spesso  che  colle  zampe,  e  si  può 
oi ungere  persino  ad  un  vero  e  proprio  bacio. 

Questa  espressione  dell'  amore,  che  può  sembrare 
pressoché  esclusivamente  umana,  la  vediamo  tuttodì 
messa  in  pratica  dalle  cornimi  mosche  domestiche. 

Per  questo  insetto,  il  maschio,  conforme  si  dirà, 
ha  bisogno  di  un  concorso  attivo  da  parte  della  fem- 
mina,  per  poter  erlettuare  l'accoppiamento. 

Perciò  il  maschio  stesso  si  precipita  a  volo  sulla  femmina,  che  posa  o  cammina  ed  afferra- 
tala con  tutte  le  zampe,  le  applica,  colla  sua  proboscide,  un  vero  e  proprio  bacio  sul  capo  e  di 
poi,  prestamente  accostando  l'apice  estremo  del  proprio  addome  a  quello  della  femmina,  esplora 
l'effetto  di  questa  sua  richiesta  d'amore.  Il  più  spesso  la  femmina  si  mostra  restìa  alla  lusinga 
ed  il   maschio  se  ne  vola  via  deluso.   Tutto  ciò  si   svolge  in  meno  di  un  secondo  (fig.   484). 


Fig.  483.  —  Il  corteggiamento  di  una  Farfalla 
diurna,  comune  (tìonepieryx  rhamni,  E.).  Il 
maschio  insegue  la  femmina  a  volo,  anche  a 
notevole  altezza.  Metà  della  grandezza  nat. 


Fig.  481.  —  Il  bacio,  che  il  maschio  della 
Mosca  domestica  dà  alla  femmina 
per  invitarla  all'amplesso.  Ingran- 
dito. 


BERLESE  -  Voi.   II. 


Tav.    V. 


DIMORFISMO   SESSUALE   E   DI   STAGIONE  NELLE   FARFALLE 

i.   Papilio  dardanus  Brown  (Africa);     i.  maschio;      2.  femmina  omeomorfa       (P.  heimsi  Suff.,  dell'Africa  occidente 
i    Hypolimnas  misippus  L.  ilndia,  Africa.  Austral.  ecc  ),  maschio;     4-  sua  femmina.  —  5.  Euchloe  damone  Boisd. 
Luropa  merid.),  maschio;     6.  sua  femmina    —  7.  Zephyrus  betulae   L.  (Europa),   maschio;        8.  sua  femmina.  — 
9.  Araschnia  levana  L.    Europ.-i,  Asia);   10.  A.  le  vana  prorsa  L.        Tutte  in  grandezza  naturale. 


A,Ser/f,\tr  dzs.  ec&p. 


MILANO  -    900IETA     EDITRICE     LIBRARI* 


1      | 


l'adulto  e  gli  atti  pei;  la  conservazione  della  specie 


489 


Ma,  il  più  spesso,  ìa  insistenza  del  maschio  si  traduce  in  una  vera  e  pro- 
pria violenza,  colla  quale  esso  costringe,  più  che  allettare,  la  femmina  alle 
nozze. 

Così  il  Beauiegard  descrive  le  manovre  del  maschio  della  Cantaride,  che  salito  sul  dorso 
della  femmina  e  abbracciatala  tenacemente  colle  zampe  posteriori  e  colle  medie,  ne  stira  le  an- 
tenne e  ne  contorce  il  capo,  mercè  le  zampe  anteriori  e  ne  confrica  la  nuca  colle  sue  mandibole, 
mentre  la   vittima  se  ne  sta  nella  posizione  remissiva,  che  assume  in  presenza  di  un  pericolo. 

Le   Libellule  poi  usano  anche  più  efficaci  mezzi  coercitivi,  come  si  dirà  più   innanzi  (fig.  488,  A), 

Dopo  gli  atti  di  corteggiamento,  per  quelle  specie  e  per  quei  casi  in  cui 
esso  si  effettua,  o  direttamente  per  tutte  le  altre  condizioni  in  cui  tali  prelimi- 
nari non  intervengono,  succede  un  più  stretto  contatto  fra  i  due  sessi  e  cioè  gli 
atti  della  precopula  e  finalmente  del  vero  accoppiamento. 


Precopula   ed   organi   relativi. 

L'atto    dell'accoppiamento    vero,    che    si   inizia    col    contatto    intimo    degli 
organi    genitali    esterni    dei    due    sessi    o  dello    spermatoforo    del    maschio    con 
quelli  femminei,    è    molto  spesso  preceduto  da  una 
serie  di    atti  speciali,    che    si    effettuano    a    mezzo 
di  organi  appositi. 

Si  tratta,  in  complesso,  di  mezzi  destinati  a 
stringere  fortemente  l'amplesso  fra  i  due  sessi,  in 
guisa  da  assicurare  la  buona  riuscita  dell'accoppia- 
mento, così  che  non  possa  essere  interrotto  per  vo- 
lontà d'uno  degli  individui  che  lo  praticano. 

Generalmente  è  la  femmina,  che  deve  essere 
trattenuta  dal  maschio  ed  il  più  spesso  meccanismi 
appositi  armano  gli  organi  sessuali  esterni  a  ciò  che, 
avvenuto  l'intimo  contatto,  non  facilmente  esso  possa 
essere  interrotto,  se  non  per  volontà  del  .'maschio, 
che.  se  non  turbato,  solo  a  funzione  sessuale  com 
piuta  da  sua  parte,  lascia  libera  la  femmina. 

Altre  volte  però  si  trovano  organi  altrove  col- 
locati ed  hanno  il  medesimo  ufficio,  come  pure  se 
ne  possono  notare  altri  con  Ufficio  di  costringere 
la  femmina  ad  accettare  l'amplesso.  Molti  maschi 
possiedono  nelle  zampe  speciali  meccanismi  per  lo 
scopo  indicato,  altri  li  possiedono  altrove  situati. 

I  tarsi  delle  zampe  anteriori  di  molti  Coleotteri  maschi,  ad  es.  dei  Garabidi, 
sono  dilatati  e  provveduti  di  cuscinetti  di  peli  adesivi  speciali  (figg.  4S6,  487), 
ma  l'esempio  che  più  apparisce  è  presentato  dai  Ditiscidi. 

Nei  Dytiseua  i  tre  primi  articoli  dei  tarsi  anteriori  (figg.  416  B;  485),  nel  maschio  sono  allargati 
e  costituiscono  una  specie  di  paletta,  rivestita  sul  lato  plantare  di  peli  rigidi 'e  che,  sull'orlo  della 
stessa  faccia,  è  armata  di  due  specie  di  ventose  (fig.  485,  B),  mediante  le  quali  il  maschio  si 
attacca  tenacemente  alle  elitre  striate  della  femmina. 

È  segnalato  anche  il  caso  analogo  in  Imenotteri,  ad  es.  nel  nostrale  Crabro 
eribrarius,  nel  quale  le  tibie  anteriori  sono  dilatate  in  una  lunga  piastra,  su  cui 
sono  innumerevoli  fossette  dal  fondo  ridotto  a  sottile  membrana. 


Fig-  485.  —  A,  Tarso  anteriore  (in- 
grandito;, del  maschio  di  D>/- 
tiscus,  visto  dalla  faccia  infe- 
riore, per  mostrare  la  struttura 
del  disco  adesivo.  B,  un  pelo- 
ventosa  del  detto  disco  ingran- 
dito circa  60  diam.  Da  Miall. 


A.  Bkrlese,  Oli  Institi,  II. 


490 


CAPITOLO    QUINTO 


Fig.  486.  —  Gruppo  di  peli-ven- 
tosa tolti  dal  tarso  (faccia  in- 
feriore) del  1 .0  paio  del  maschio 
di  un  Garabide  (Nebria  arenaria 
Fabr.),  molto  ingrandito.  Da 
Canterano. 


Fig.  487.  —  Altro  gruppo  di  peli -ventosa 
tolti  da  altro  maschio  di  Garabide 
(Preistonychus  dalmatinit8,~Dea.), molto 
ingranditi.  Da  Canterano. 


In  molti  altri  Insetti  le  tibie,  specialmente  anteriori,  sono,  nel  maschio,  ar- 
mate di  spine   e  speroni,    che   mancano    nella 
femmina    e  che  dovrebbero  avere  ufficio  nella 
precopula. 

Una  disposizione  del  tutto  speciale  e  che 
si  riferisce  ad  una  molto  singolare  maniera  di 
precopula  è  quella,  che  si  nota  nei  Libellulidi. 

Il  maschio,  mer- 
cè i  cerei  che  ter- 
minano il  suo  ad- 
dome posteriore,  af- 
ferra al  collo  la 
femmina  (fig.  488,  A  ), 
stringendola  come 
in  una  tenaglia  e 
traendola  cosi  dietro 
a  se,  anche  a  volo, 
Unisce  per  costrin- 
gerla all'  accoppia- 
mento (B) ,  secondo  la 
maniera,  che  si  de- 
scriverà tra  breve. 
Queste  coppie  di  Libellule  volanti   lungo   i  fossati  sono   a  tutti   ben  note. 

Ripeto  però  che  la  più  comune  maniera  usata  da    parte  del  maschio  per  impedire  alla  lem- 

mina  di  abbandonare  fuor  di 
tempo  l'accoppiamento  è  pre- 
cisamente nell'  armatura  di 
uncini,  spine  e  processi  cin- 
tinosi diversi,  dipendenti  dagli 
ultimi  articoli  addominali 
modificati  specialmente  allo 
scopo,  e  che  contornano  il 
vero  organo  copulatore. 

Un'  ampia  descrizione, 
molto  esemplificata  e  con 
molte  ligure,  di  tali  apparati 
nei  diversi  ordini  di  Insetti 
è  data  nel  voi.  I,  da  pag.  310 
a  pag.  337  ed  a  quanto  colà 
è  detto  rimando  il  lettore. 

Per  concludere,  gli 
organi  destinati  allo 
stretto  contatto  fra  i 
due  sessi,  immediata- 
mente prima  dell'accop- 
piamento e  durante  tale 
funzione,  e  che  non 
sieno  intimamente  in  rap- 
porto co  n  quelli  geni- 
tali primari,  sono  abba- 
stanza comuni  fra  gli  insetti  ed  appartengono  esclusivamente  al  maschio. 

Di  qui  una  serie  di  caratteri  sessuali,  i    quali    non  subiscono  riduzione  per 
neotenia,  ciò  che  dimostra  la  loro  importanza   nell'opera  riproduttiva. 


Fig.  488.  —  Accoppiamento  di  Libellulide  (Agrion).  A,  Preliminari: 
il  maschio  ha  afferrato  la  femmina  e  la  trascina  con  sé;  B,  la 
femmina  consente  all'amplesso.  Grand,  nat.  Da  Koesel. 


L'ADI   LT0    E    GLI    ATTI    PER    I.A    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE 


491 


Accoppiamento. 


Tale  atto  si  compie,  negli  Insetti,  in  modi  grandemente  variati,  poiché  non 
solo  in  taluni  casi  l'accoppiamento  ha  per  iscopo  di  introdurre  nelle  vie  genitali 
femminee  mi  corpo  conte 
nente  gli  spermatozoi  (sper- 
matoforo), di  dove  poi  gli 
spermatozoi  stessi  usciranno 
per  proprio  conto  e  pene- 
treranno così  nella  vagina 
(mentre,  nella  maggioranza 
dei  casi  il  passaggio  degli 
spermatozoi  dal  maschio  alla 
femmina  è  diretto),  ma  an- 
cora Fatto  varia  notevol- 
mente per  modalità  secon- 
darie. 

Infatti,  esso  può  acca  - 
dere,  di  regola,  in  uno  stato 
di  quiete  da  parte  dei  due 
individui,  in  altri  casi  in- 
vece esso  avviene  soltanto 
nel  volo.  Così  la  durata,  la 
posizione  dei  due  individui, 
ecc..  variano  assai  nei  di- 
versi gruppi  od  anche  per  le 
singole  specie. 

Spermatofori  (fig.  400).  — 
Il  caso  suaccennato,  della 
introduzione  cioè,  da  parte 
del  maschio,  nelle  vie  geni- 
tali femminili  di  un  corpic- 
ciattolo  contenente  una  certa 
massa  di  liquido  fecondante, 
ha   non     pochi    esempi    fra 


Fi 


' 


jr.  489.—  Spermatofori  diversi  molto  ingranditi.  A,  I,  di  Dec- 
"  licita  verruoivorus,  aperto  per  mostrare  lo  sperma  all'interno; 
li,  di  Grilliti  campestri*  (da  Siebold  e  Lespèsi  ;  B,  Sezione 
longitudin.  dello spermatoforo  di  un  Grillide  (Arachnocephalus 
vestitila.  C'osta);  d,  cavità  contenente  gli  spermatozoi;  h,  sna 
parete  interna;  b,  parete  esterna;  e,  peduncolo  traversato 
dal  canaletto  C,  Sezione  longitud.  dello  spermatoforo  di 
Oecaiitli iis  prillicene.  Scop.  CGrillide).  D.  Spermatoforo  com- 
pleto di  un  Locnstide  (Xiphi&ium  fuscum,  Fabr.)  visto  di  faccia 
dal  disopra;  S,  serbatoio  (principale);  sp,  sue  cavità  in  cui 
è  contenuto  lo  sperma;  Ss,  serbatoi  accessori;  Sx,  Sperma- 
tophi/lax;  f,  foro  da  cui  esce  lo  sperma.  B,  C,  D,  da  Bol- 
direw.  E,  spermatoforo  di  Lepidottero  (Augiades  comma,  L.). 
Da  Petersen. 


gli  insetti,    ma    i  più    ovvi 

e  vistosi  si  notano  fra  gli  Ortotteri,  sopratutto    delle  famiglie  dei  Grillidi  e  dei 

Locnstidi.  In  questa  ultima  famiglia  specialmente  è 
facile  scorgere,  all'estremo  ventre  delle  femmine,  che 
hanno  subito  1'  accoppiamento,  una  voluminosa 
massa  (figg.  494,  495)  rotondeggiante  o  lobata,  bian- 
castra, molle,  la  quale  fa  parte  appunto  dello  sper- 
matoforo abbandonato  dal  maschio,  e  ne  è,  invero,  un 
involucro  protettore. 

Nei  Grilli  ed  in  altri  gruppi,  lo  spermatoforo 
non  è  così  vistoso,  perchè  non  arricchito  del  volu- 
minoso involucro  protettore  suddetto,  ma  è  pur 
sempre  molto  bene  visibile,  sporgente  come  una  pic- 
cola pallottolina  rotonda  (ad  es.  nel  Grillo  campestre 
come  un  grano  di  miglio)  nell'estremo  ventre  della  femmina,  sotto  la  base  del- 
l'ovopositore (fig.  490  Sp.). 


Fig.  19C.  —  Estremo  addome  ve- 
duto di  lato  di  femmina  di  Gril- 
lotalpa, mostrante  in  Sp.  lo  sper- 
matoforo in  sito.  Ingrand.  due 
volte.  Da  Boldirew. 


492 


CAPITOLO    QUINTO 


Della  struttura  di  questi  spermatofori  si  è  già  accennato  nel  voi.  I,  a  pagi  925,  926,  ma 
converrà  dirne  ora  anche  di  più. 

Ridotto  al  suo  più  semplice  tipo,  lo  spermatoforo  (fig.  489,  A,  I)  può  essere  rappresentato 
da  una  sferetta  cava,  munita  di  un  peduncolo  pervio,  come  una  piccolissima  ampolla.  Nell'in- 
terno sta  il  liquido  spermatico.  Ma  tale  semplice  tipo,  che  forse  è  il  primitivo,  non  si  incontra 
più  spesso  in  natura,  ma  lo  si  vede  complicato  con  altre  disposizioni  e  strutture  accessorie, 
come  da  una  suddivisione  dell'unica  cavità  in  due,  da  uno  speciale  allungamento  e  complica- 
zione del  tubulo  di  scarico  (fig.  489,  A,  II;  C),  e  sopratutto  per  la  presenza  di  un  denso  strato 
molle,  protettore,  che  riveste  l'ampolletta  chitinosa  sopradescritta  e  la  protegge,  per  cui,  dal 
Boldirew  che  ha  fatto  un  recente  molto  accurato  studio  degli  spermatofori  nei  Grillidi  e  Locustidi, 
è    detto  Sperma top hylax  (figg.  489,  D,  Sx,  495,   Spt)  e  non  si  incontra  che  nei   Locustidi. 


L'atto  copulativo  si  riduce  ad  una  manovra,  mediante  la  quale    il    maschio 

emette  lo  spermatoforo, 
eli  e  è  ormai  pronto,  e 
riesce  ad  introdurlo 
nella  vagina  della  fem- 
mina. 

L'atto  si  complica 
pel  fatto  che  lo  sper- 
matoforo, che  nell'e- 
stremo canale  defe- 
rente del  maschio  se 
ne  sta  col  peduncolo 
rivolto  all'interno  e  la 
parte  sferica  dell'am- 
polla all'esterno,  deve 
essere  rigirato,  per 
poter  essere  collocato 
nella  primitiva  posi- 
zione entro  le  vie  ses- 
suali femminili. 


Fig.  491.  —  Accoppiamento   della    Grillotalpa   comune.    Il    maschio  è 
sotto  la  faiumina.  Grand,  nat.  Da  Boldirew. 


Nel  Grillo  campestre  e  così  pure  in  quasi  tutte  le  specie  della  famiglia,  il  maschio,  m  pre- 
senza della  femmina,  che  è  accorsa  al  suo  «  canto  »,  smorza  il  tuono  del  suo  trillo  ed  emette 
suoni  più  dolci  e  deboli.  I  due  individui  si  toccano  ed  accarezzano  vicendevolmente  colle  an- 
tenne. Il  maschio,  pur  continuando  a  cantare,  si  rigira  e  procura  di  insinuarsi  sotto  la  fem- 
mina,  la  quale,  intanto,  si  solleva  un  poco  sulle  zampe.  L'addome  del  maschio  scivola  sotto  il 
ventre  della  femmina  e  si  solleva  coll'estremo  apice,  mentre,  divaricandosi  i  pezzi  della  sua  ar- 
matura geuitale,  ne  sorte  lo  spermatoforo  col  suo  lungo  peduncolo.  Al  momento  in  cui  lo  sper- 
matoforo stesso,  ormai  libero,  oscilla  e  sta  per  cadere,  il  maschio  alza  prestamente  il  suo  addome 
e  fa  penetrare  il  peduncolo  dello  spermatoforo  stesso  nella  vagina  della  femmina.  I  due  indi- 
vidui rimangono  per  qualche  tempo  nella  suddetta  posizione,  mentre  il  maschio  sfrega  il  suo 
addome  al  ventre  della  femmina,  poi  l'abbandona  e  l'atto  è  compiuto. 

Presso  a  poco  in  questo  modo  si  comporta  anche  la  comune  Grillotalpa  (fig.  491),  colle  altre 
specie  della  famiglia. 

Così  fanno,  oltre  ai  Grillidi,  anche  gli  Stenopelmatidi  e  Harbitistini.  Ma  quando  il  pedun- 
colo dello  spermatoforo  è  robusto  o  l'ampolla  stessa  deve  penetrare  profondamente  nella  vagina, 
allora  la  coppia  si  dispone  in  posizione  diversa  da  quella  indicata  pei  Grillidi  (pei  quali  (il  maschio 
è  sotto  la  femmina  e  le  due  teste  sono  nella  stessa  direzioue),  e  cioè  il  maschio,  trattenendosi,  col 
mezzo  dei  suoi  cerei,  alla  base  dell'ovopositore  della  femmina,  si  curva  sotto  a  questa,  in  modo 
che  i  loro  corpi  si  scartano  ad  angolo  di  70-150°  ed  il  maschio  può  trovarsi  giacente  sul  dorso 
(fig.  493)  sotto  l'ovopositore  della  femmina,  alla  quale  si  trattiene  coi  tarsi  del  1.°  e  2.0  paio 
(Saga,  lig.  492)  o  colle  mascelle  (Meconema)   o  non  si   trattiene  all'atto. 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


493 


Gli  spermatofori  sono  prodotti  più  volte  durante  la  vita  del  maschio  e 
spesso  con  notevole  rapidità.  Pel  Oryllus  campestris,  togliendo  con  una  pinzetta 
1  o  spermatoforo  appena 
formato,  ho  veduto  un  ma- 
schio farne  tre  in  un  solo 
giorno. 

Certo  è  che  l'accoppia- 
mento si  ripete  più  volte 
pel  maschio  e  per  la  fem- 
mina. 

Perchè  questa  possa 
subire  ulteriori  accoppia- 
menti è  necessaria  la  rimo- 
zione dello  spermatoforo 
prima  infisso  nelle  sue  vie 
genitali,  altrimenti  sarebbe 
impedita  anche  la  deposi- 
zione delle  uova.  Lo  sper- 
matoforo è  fissato  molto 
solidamente  nella  femmina 
(figg.  -194,  495),  e  perciò 
questa,  dopo  un  certo  tempo, 
nel  quale  tutto  lo  spenna 
è  fuoriuscito  dallo  sperma- 
toforo ed  è  penetrato  nel- 
1'  ovidutto,  deve  distrug- 
gerlo col  mezzo  delle  man- 
dibole (flg.  496). 


Fig.  492.    —  Accoppiamento    della    Saga  ephippigera     Fabr.    (Il 
maschio  è  in  basso).  Ridotti    di  un  terzo.  Da  Boldirew.  J  -:>_.  , 


Talora,    tale  distruzione  è  molto  sollecita  (cosi   nell' Arachnocephalui  accade  dopojquattro  se- 
coudi  ad  un  minuto  e  mezzo)  ed  in  tale  caso  una  considerevole  parte  dello  sperma  va  perduto  ; 


Fig.  493.  —  Accoppiamento  di  Dedicai.  Grand,  nat.  Da  Boldirew. 


ma  in  altri  casi,  più  comuni,  il  maschio  non  può  separarsi  dalla  sua  femmina  se  non  dopo  un 
tempo  piuttosto  lungo  (da  un'ora  a  due  pei  Dolichopoda),  e  così  la  presenza  del  maschio  stesao 
impedisce  la  distruzione  dello  spermatoforo. 


494 


CAPITOLO   QUINTO 


Oppure,  come  accade  negli  Oecaiithus,  qualche  minuto  dopo  la  copula,  il  maschio,  mercè  una 
particolare  secrezione  di  una  ghiandola  speciale,  che  trovasi  sul  suo  metanoto,  attira  la  fem- 
mina e  ne  distrae  la  sua  attenzione,  impedendo  cosi  la  distruzione  prematura  dello  spenna- 
to foro. 

Il  mezzo  più  comune,  però,  è  la  presenza  dello  spermatophylax,  cioè  della  enorme  massa  mu- 
cosa circondante  l'ampolla,   di  guisa  che  occorre  molto  tempo  alla  femmina    per    distruggerla    e 


Fig.  494. 

Fig,  494.  —  Dectious  albijrons,  Fabr.  Femmina  che  portalo  spermatoforo  (Sp.),  in  sito,  dopo  l'accop- 
piamento. Grand,  nat. 

Fig    495    —  Estremo  addome  di  una  femmina  di  Locustide  (hophia  acuminata.  Burnì.)    con  sperma- 
toforo in  sito,  sp,    capsula  dello  spermatoforo;  Splt  Spermatophylux.  Ingrandito.  Da  Boldirew. 


raggiungere  cosi  il   vero  spermatoforo.   Questo  è  il  mezzo    impiegato  dalla     maggioranza  dei   Lo- 
custidi   per  lasciare  il  tempo  allo  sperma  di  affluire  nelle  vie  genitali  femminili. 

Infl  e  (Gryllotalpa,  Saga,  Liogryllus  in  parte  ;  Conocephalus)  la  femmina  non  divora  lo  sper- 
matoforo che  molto  tempo 
dopo  la  copula  o,  come  av- 
viene nei  Gryllus  ed  in  altri 
Liogryllus,  non  lo  divora  af- 
fatto ed  esso  cade  da  sé, 
quando  ormai  vuoto  e  secco. 
Anche  in  altri  gruppi  di 
Insetti  la  fecondazione  si  fa 
a  mezzo  di  spermatofori.  Cosi, 
ad  es.  nei  Dptisous  (figg.  497, 
498)  una  piccola  massa  di 
sperma,  scendendo  di  qua  e 
di  là,  pei  deferenti,  nel  ca- 
nale eiaculatore,  si  appallot- 
tola (fig.  498,  Sp.)  e  nell'e- 
strema parte  del  dotto  unico 
si  riveste  di  uno  speciale 
involucro  resistente,  così  che 
ne  riesce  un  corpo  sferoidale 
con  una  codetta  ed  è,  a 
sua  volta,  immerso  in  una 
massa  di  sostanza  fluida  (ma- 
stice)   (fig.     498,  a,  b),  che  ha  uno  speciale  scopo,  come    si  dirà  più  avanti. 

Anche  per  le  Farfalle  si  è  rilevata  la  presenza  di  spermatofori,  i  quali  possono  essere  anche 
in  numero  di  più  d'uno,  essi  pure,  in  forma  di  ampolline,  con  peduncolo  più  o  meno  lungo,  sono 
introdotti  e  talora  stipati  nella  borsa  copulatrice  delle  femmine  (fig.  499)  (pegli  organi  genitali 
interni  della  femmina  di  Lepidotteri,  vedi  voi.  I,  p.  890  e  fig.  1189).  Gli  spermatofori,  traverso 
l'orifizio  di  accoppiamento  della  femmina,  per    un  canale  proprio  (E),   penetrano  nella  borsa  co- 


Fig.  496.  —  Femmina  di   Deotìus    in  atto  di  divorarsi   lo  spermato 
foro.  Grand.,  nat.  Da  Boldirew. 


L'ADULTO    E    GLI    ATTI    PER    LA    CONSKIiV  AZIONE    DELLA    SPECIE 


495 


pulatrice  (r,  tìgg.  suddette)  dove  permangono,  lasciando  defluire  lo  sperma  ad  ogni  passaggio  di 
un  uovo. 

L'umor  fecondante  fuoriesce  dalla  borsa 
copulatrioe  e  si  reca  nell'ovidotto,  sul  per- 
corso delle  uova,  traverso  un  sottile  canaletto 
(condotto  seminale,  indicato  con  J/  nella 
ligure  suddette). 

Fatti  analoghi  si  riscontrano  nei  Pao- 
cìdi,  ecc. 


Fig.  497. 


Fig.  498, 


Fig.  497.  —  Estremo  addome  di  maschio  di  Dyiiseua 
marginalia,  veduto  di  lato  e  coll'orgauo  copula- 
tole estroflesso,  mentre  sta  per  sortire  uno 
spermatoforo  (confronta  per  gli  organi,  colla 
tìg.  380,  p.  320  del  voi.  I).  8t-10l,  ottavo  a  de- 
cimo tergiti;  7a-9a,  settimo  a  nono  steriliti  ;  p, 
organo  copulatore;  pr,  peri  fallo;  a,  b,  so- 
stanza fluida  che  accompagna  lo  spermatoforo. 
Ingrandito.    Da  Blunck. 


Fi} 


,  498.  —  Spermatoforo  di  Dytiacus  marginalia. 
A,  veduto  di  lato;  B,  sua  sezione  longitudi- 
nale; «,  b,  sostanza  fluida  che  accompagna  lo 
spermatoforo  ap  e  che  poi  si  coagula  attorno 
agli  organi  genitali  femminili.  Ingrandito  circa 
5  diam.  Da  Blunck. 


Varie  maniere  di  accoppiamento.  — 
Sia  nel  caso  di  fecondazione  indiretta, 
cioè  a  mezzo  di  spermatofori,  della 
quale  si  sono  citati  gli  esempi  più  vi- 
stosi, sia  in  lineila  diretta,  cioè  per 
immissione  di  spermatozoi  liberi  nelle 
vie  genitali  femminili,  l'atto  dell'ac- 
coppiamento, negli  Insetti,  varia  no- 
tevolmente, non  solo  per  tutte  le  pra- 
tiche di  corteggiamento  e  precopula, 
che  lo  precedono,  non  solo  per  l'am- 
biente in  cui  accade  (aereo,  terrestre, 
subacqueo,  ecc.),  per  la  durata,  per  la 
posizione  dei  due  individui  l'uno  ri- 
spetto all'altro,  ma  può  l'atto  della 
fecondazione,  essere  ripetuto  più  volte 
da  parte  del  maschio  o  della    femmina  durante  la    loro  vita  sessuale,  come  può 

essere,  ed  è  anzi  più  spesso,  compiuto  una  sola 
volta;  come  varia  ancora  per  modalità  numerose  e  di- 
verse, che  si  raccordano  spesso  a  speciale  conforma- 
zione di  determinati  organi,  ecc. 

Qui  si  esporranno  i  principali  tipi,  avvertendo  che 
l'argomento  non  è  molto  largamente  studiato,  anzi,  per 
interi  gruppi,  non  si  hanno  osservazioni  in  propo- 
sito, neppure  si  sono  mai  trovati  i  duo  sessi  accop- 
piati, o  gli  autori  non  si  sono  curati  di  riferirne. 

Dalle  nozze,  che  si  iniziano  e  si  compiono  soltanto 
nell'aria,  in  pieno  volo  dei  due  sessi,  a  quelle  che 
avvengono  in  quiete,  ma  non  entro  l'acqua,  stanno 
gradazioni  molte,  rappresentate  da  quelle  specie,  per 
le  quali  la  coppia,  alterna,  durante  l'atto  fecondativo, 
periodi  di  quiete  ad  altri  di  locomozione  aerea,  cioè 
a  voli. 

L'esempio  classico  di  nozze  totalmente  aeree  è 
dato  dalle  Api  ed  è  ben  noto,  ma  anche  le  Termiti 
e  le  Efemere  si  accoppiano  solo  durante  il  volo,  che 
appunto  perciò  è  detto  volo  nuziale. 

Per  ahre  specie  l'accoppiamento,  iniziato  in  uno 
stato  di  riposo,  da  parte  dei  due  sessi,  è  continuato  poi  nel  volo  (alcuni  Lepi- 
dotteri notturni,  certi  Imenotteri,  ecc.).  In  questo  caso  è  generalmente  il  maschio, 
che  resta  ad  ali  chiuse  e  così  è  portato  a  volo  dalla  femmina.  Ma  nelle  Mutille 
accade     la    condizione  inversa. 


F'ig.  499.  —  Borsa  copnlatrice 
con  spermatoforo  in  sito  di 
un  Lepi  dotterò  (Agrolia  ae- 
getum,  L.)  Sp., spermatoforo 
col  suo  collo  e.  Per  le  lettere 
degli  organi  vedi  voi.  I, 
pag.  890,  fig.  1189,  cioè  E, 
canale  copulatore:  /,  sper- 
moteca  ;  .1/,  condotto  se- 
minale. Molto  iugrand.  Da 
Petersen. 


496 


C  A  TITOLO    QUINTO 


Le  Formiche,  invece,  generalmente,  iniziano  l'amplesso  in  pieno  volo,  ma  la 
coppia  cade  subito  a  terra  e  quivi  l'atto  si  continua,  pel  breve  tempo  che  ri- 
chiede. 

La  massima  parte  degli  Insetti,  però,  compiono  le  loro  nozze  standosene  po- 
sati sulla  terra,  sulle  foglie  o  sui  tronchi  e  rami  degli 
alberi,  ecc.,  cioè  in  piena  aria  ed  in  quiete. 

Ma  gli  Insetti  acquaioli,  che  stanno  sott'acqua 
anche  durante  l'età  adulta,  in  questo  elemento  appunto 
si  accoppiano,  pure  curando  di  mantenersi  sempre  in 
rapporto  coll'aria  esterna,  secondo  la  loro  maniera  di  re- 
spirazione. 

Quanto  alla  durata  dell'accoppiamento,  essa  è  assai 
variabile  ed  entro  limiti  molto  ampi,  poiché  va  da  qual- 
che minuto  secondo  a  più  giorni.  Ad  esempio,  mentre 
nelle  Farfalle  diurne  il  coito  dura  pochi  minuti,  nell'Ape 
domestica,  nei  Pecchioni,    ecc.,  esso  ha  la  durata  di  un 


Fig.  500.  —  Accoppiamento 
di  un  Coleottero  Lauielli- 
corue,  Melolontino  (Lach- 
nosterna),  per  mostrare 
come  la  femmina,  che 
posa  su  un  fiore,  si  porta 
dietro  il  maschio.  Da 
Sancìers  e  Fracker. 


quarto  d'ora  circa;  nelle  Farfalle  notturne,  ad  es.  nei 
Bombìj.v,  occupa  più  ore  e  nel  Maggiolino  si  protrae  per 
due  giorni  ed  anche  per  tre. 

Specialmente  allorquando  il  coito  richiede  un  tempo 

molto    lungo,    la    femmina    non    interrompe    quelle    sue 

altre  occupazioni,  per    cui    essa  provvede  a  sé  ed  è  cosi 

che  si  vedono,  ad  es.,    le  Api    solitarie    accoppiate  e  la 

femmina    intanto    visita    i    fiori,    per  farvi  le  sue  provviste.   Non    diversamente 

fanno  quei    Coleotteri  Lamellicorni  che,  come    la  Melolonta,  hanno  un  amplesso 

lunghissimo  (fig.  500). 

La  posizione  di  un  sesso  rispetto  all'altro,  nell'atto  del  coito  è  essa  pure 
diversa  e  variata  non  solo  per  specie  anche  affluì,  ma 
anche  per  la  stessa  specie.  Salvo  particolari  modalità, 
delle  quali  si  potrà  recare  qualche  esempio,  gli  In- 
setti, durante  l'accoppiamento,  sono  disposti  secondo  tre 
principali  posizioni,  cioè  stando  il  maschio  sopra  la  fem- 
mina, sul  cui  dorso  esso  riposa  prono  e  la  femmina  in- 
tanto può  camminare  (flg.  501);  oppure  rimanendo  i 
due  individui  ambedue  adagiati  sul  ventre  e  sullo  stesso 
piano,  ma  standosene  opposti  l'uno  all'altro  ed  a  contatto 
colle  estremità  degli  addomi  (figg.  505,  507,  50S).  Final- 
mente i  due  sessi  possono  trattenersi  l'uno  contro  l'altro, 
ventre  contro  ventre  ed  è  così  che  generalmente  il  ma- 
schio si  trova  supino  sotto  il  ventre  della  femmina,  a  questa  aggrappato  e  non 
è,  in  tal  guisa,  impedita  la  locomozione,  alla  quale  provvede  la  femmina,  cam- 
minando o    volando  e  portandosi  con  sé  il   maschio  (fig.  509). 


Fig.  501.  —  Accoppiamento 
di  Apion  onopordi,  Kirhy 
(Rineoforo).  Ingr.  circa 
8  diam.  Da  Gadeau  de 
Kerville. 


Nel  primo  caso,  di  sovrapposizione  del  maschio  alla  femmina,  l'individuo  che  sta  sopra  si 
trattiene  alla  sua  compagna,  abbracciandola  colle  sue  zampe,  sopratutto  con  quelle  del  primo 
paio,  che,  se  sono  abbastanza  lunghe,  la  circondano  al  ventre  (tig.  501),  mentre,  se  sono  più  corte, 
esse  si  aggrappano  sui  fianchi  della  femmina,  ad  esempio  nelle  Coccinelle,  all'orlo  delle  elitre 
(fig.   502). 

Ma  spesso  accade  che  l'accoppiamento  così  iniziato  prosegua  e  si  compia  in  altra  posizione, 
sia  perchè  ciò  è  reso  necessario  dalla  conformazione  dell'organo  copulatore,  sia  per  altro.  Cosi 
il  Maggiolino,  con  molti  altri  Lamellicorni,  dopo  iniziato  il  coito  salendo  il  maschio  sulla 
femmina,   si  arrovescia  progressivamente  sul  dorso  (figg.  500,   503),    fino    a  riescire    in    posizione 


BERLESE  -  Voi.   II. 


Tav.   VI. 


DIMORFISMO   SESSUALE   E   PECILOUINIA  NELLE   FARFALLE 
1-5.  Papilio  memnon  L.    peciloginia) ;   1.  maschio;  2-5.  femmine.       2.  I*.  agenor  L.  <da  es.  del  Giappone); 
3.  buthlerianus  Roth.  (Assam)j        4.  alcanor  Cr.  (Assam);  5.  gyrtia  Jord.  (Borneo).      Tutti  ridotti  a  -^- 

della  grandezza  naturale.  —    6-7.   Dimorfismo  sessuale  di  Spilosoma  mendica  CI.   [Europa)        6.  maschio; 
7.  femmina  in  grandezza  naturale. 


AJirr/,: 


?e  azs.  e  aip 


///< 


MILANO  •   SOCIETÀ     EDITRICE     LIBRARIA 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


497 


Fig.  502.  —  Accoppiamento 
di  una  Coccinella  (Adonia 
variegata,  Goeze).Ingraud. 
circa  4  diam.  Da  Gadeau 
de  Kerville. 


opposta,   per  diritto,   a  quella  della  femmina,   cosi   che  è  supino  quando  essa  è    prona.   Talora    la 
femmina  resta  immobile,  ma  optando  cammina  essa  si    trasciua    dietro    il  maschio,  che  se  ne  sta 
passivo,  col   ventre  all'aria  (tigg.   503,  504)  e   non   di  rado,    in  taluni 
spostamenti   della   femmina   sul  fogliame  degli    alberi,    il    maschio  si 
trova  sospeso  nel  vuoto  (tig.  500). 

Altre  volte,  dopo  i  primi  momenti  del  coito  per  sovrapposizione 
ilei  maschio,  questo  si  rigira  e  raggiunge  il  piano,  su  cui  sta  la 
femmina,  più  o  meno  opposto  ad  essa,  cioè  nella  seconda  serie  di 
posizioni  indicata,  ma,  in  questo  caso,  esso  è  sempre  prono,  come 
la  sua  compagna,  secondo  quanto  si  vede  accadere  nelle  Pentatoma, 
l'yrrovhoris  ed  altri  Eterotteri  (fig.  505). 

Altre  differenze  secondarie,  in  questa  maniera  di  accoppia- 
mento per  sovrapposizione  del  maschio,  dipendono  dalla  confor- 
mazione dei  suoi  organi  sessuali,  così  che,  mentre,  nel  maggior 
numero  dei  casi,  l'addome  estremo  del  maschio  si  inflette  più  o 
meno  sotto  l'estremità  di  quello  della  femmina  (fig.   501),  ^rimanendo 

pur  sempre  nella  linea  mediana  longitudinale  comune  ai  due  corpi,    in    altri    casi     l'addome  del 
maschio,  coi  suoi  ultimi  articoli  si  iuflette    sui     lati  del  corpo  della  femmina  e  cosi  soltanto  ne 

raggiunge  l'apertura  sessuale.  In  questa 
maniera  appunto  si  comportano  gli  Acri- 
didi,  fra  gli  Ortotteri  (fig.  506). 

Uua  fondamentale  variazione  in  questa 
maniera  di  posizioni  è  già  stata  ricordata 
per  molti  Ortotteri  (Grillidi),  pei  quali  si 
è  detto  che,  dei  due  individui,  è  il  ma- 
schio appunto  quello,  il  quale  giunge  a 
disporsi  sotto  il  ventre  della  sua  femmina, 
col  suo  dorso  a  contatto  col  ventre  di 
quella  (fig.  491). 

Nella  seconda  maniera  di  accoppia- 
mento, quando  cioè  ambedue  i  sessi  po- 
sano sullo  stesso  piano  colle  loro  zampe,  tutta  la  variazione  consiste  nell'angolo,  che  le  linee 
longitudinali  mediane  dei  due  corpi  fanno  tra  di  loro.  Se  la  opposizione  è  completa,  l'angolo, 
come  ben  si  iuteude,  è  di  180  gradi  (tig.  507),  ma  esso  può 
variare  fino  ad  essere  molto  acuto  (tig.  508),  a  secouda  della 
maggiore  o  minore  flessibilità  dell'estremo  addome  dell'uno 
o  dell'altro  sesso  o  di  speciale  conformazione  dell'organo 
copnlatore.  Accade  spesso  che  il  coito,  iniziatosi  in  per- 
fetta opposizione  dei  due  sessi,  continua,  per  successivi  spo- 
stamenti,  con     una  disposizione  ad   angolo  dei  due   individui, 

l'uno  rispetto  all'altro. 

Quando  l'angolo  è  molto 
stretto,  la  locomozione  della  cop- 
pia, durante  il  coito,  non  è  im- 
pedita, come  si  comprende,  anche 
se  ambedue  gli  individui  si  muo- 
vono procedendo,  mentre  sarebbe 

impossibile  quando  i  due  individui  mantengono  la  direzione  op- 
posta. In  questo  ultimo  caso  uno  di  essi  deve  lasciarsi  trasci- 
nare, quando  la  coppia  voglia  spostarsi,  ma,  nell'  altro  caso, 
come  avviene  delle  Notonecte  dei  nostri  stagni,  ambedue  gli  indi- 
vidui possono  locomuoversi,  progredendo  ;  ed  infatti  le  Notonecte 
nuotano  entro  l'acqua  di  conserva,  pur  restando  accoppiate. 

La  terza  maniera  di  coito,  quando  cioè  i  due  partecipanti  stanno 
l'uno  contro  l'altro,  ventre  a  ventre,    importa    poco  seusibili  varia- 
zioni, se  non  nella    tenacità    dell'amplesso,     l'n    esempio    molto     curioso    e    indicato    dal    Bauer 
per    certi   Neurotteii   del     -enei.-    Bittaoua,    i   quali   si    accoppiano,   ventre  a  ventre  del  loro  lungo 
A.  Bkrless.  Gli  Insetti,  II.  —  63. 


Fig.  503.  —  Accoppiamento  del  Maggiolino  comune. 
2.*  fase;  il  maschio  si  rovescia  sul  ventre  e  si 
lascia  trascinare  dalla  feuimiua.  Grand,  nat. 


Fig.  504.  —  Accoppiamento  di  un 
Omottero  (Hirter' pterum  giilloi- 
des,  Fabr.).  Il  maschio  si  lascia 
trascinare  dalla  femmina.  In- 
granditi (<i,  grand,  nat.).  Da  Spi- 
nola. 


Fig.  505.  —  Accoppiamento 
a  individui  opposti,  in 
Emittori  Eterotteri  (Car- 
pocoris  purpureipennis  De 
Geer).  Pressoché  in  grand. 
iiatnr.  Da  Gadeau  de  Ker- 
ville. 


498 


CAPITOLO    QUINTO 


addome,  ma  non  si  serrauo  l'uno  addosso  all'altro  e  si  possono  vedere  sospesi,  l'uno  in  faccia 
all'altro,  con  tutti  gli  arti  liberi  e  provvedere  insieme  non  solo  all'opera  riproduttiva,  ma 
anche  a  sé  stessi,  divorando  intanto  una  stessa  vittima.  Esempi,  tolti  da  insetti,  comuni  di 
accoppiamento  con  stretto  abbraccio  sono  dati  dalle  Zanzare  (fig.  509),  dalle  Pulci,  ecc. 

Secondo  le  indicate  maniere  di  accoppiamento,  intanto,  e,  salvo  differenze  e  speciali  varia- 
zioni, non  frequenti  e  se- 
condarie, si  vede  che,  ad 
es.,  i  Coleotteri  si  accop- 
piano più  comunemente 
per  sovrapposizione  del 
maschio  (fig.  510)  e  più 
di  rado  nella  seconda  ma- 
niera, standosene,  cioè,  am- 
bedue i  sessi  su  uno  stesso 
piano  posati  ed  in  dire- 
zione opposta,  più  che  an- 
golare (fig.  507). 

Cosi  pure  accade  degli 
Emittori,  pei  quali  si  vede 
che,  ad  es.,  per  molti  di 
quelli  acquaioli,  come  Ne- 
pa,  Gerrls  (figg.  511,  512), 
ecc.,  il  maschio  è  sul  dorso 
della  femmina  e  la  ab- 
braccia strettamente.  Meno 
appartenenti  ad  un  gruppo, 


Fig.  506.  —  Modo  speciale  di  inflessione  dell'addome  del  maschio  du- 
rante l'accoppiamento.  Acridide  [Schistocerca  peregrina,  L.).  Grand, 
nat.  Da  Kiinckel  d'Herculais. 


*-S= 


stretto  l'amplesso  delle  Emesa  (fig.  513),  curiosissimi  Emittori, 
cui  rappresentanti  si  trovano  talora  anche  nelle  case  e  sono  così 
mirabili  per  la  loro  estrema  gracilità  del  corpo  e  degli  arti.  Si  è 
però  dato  esempio  di  accoppiamento  della  seconda  maniora,  ad  es.  a 
proposito  dei  Pentatomidi  (fig.  505),  e  questi  due  modi  sono  in  atto 
anche  fra  gli  Omotteri,  come  si  vede  dall'esempio  degli  Afidi  (fig.  514) 
e  delle  Cicadelle  (fig.  508). 

Secondo  questa  mainerà  ultima,  per  la  quale  cioè  am- 
bedue gli  individui  posano  sullo  stesso  piano,  e  non  altri- 
menti, si  accoppiano    tutti    i   Lepidotteri,    salvo    quei  .Psi- 


Fig.  507.  —  Esempio  di 
accoppiamento  a  sessi 
opposti,  per  i  Coleot- 
teri (Atomaria  testacea, 
Steph.).  Iugr.  circa  5 
diam.  Da  Gadeau  de 
Kerville. 

chidi,  pei  quali,  essendo  la  femmina  nascosta  nel  fodero,  è 
necessario  altro  modo  di  coito  (fig.  518).  Gli  Eteroceri  stanno,  in  generale,  in  dire- 
zione opposta,  ad  ali  chiuse  e  quelle  di  un  sesso  ricoprono  in  parte  quelle  del- 
l'altro.   Un  esempio   è  mostrato  dalla  fig.  515. 

L'angolo  fatto  dalla  direzione  dei  due  corpi  nel  piano 
può  variare  ed  essere  anche  molto  acuto.  Nei  Ropaloceri  la 
posizione,  in  massima,  è  la  stessa,  salvo  che,  per  queste 
farfalle,  le  ali  essendo,  nel  riposo,  rilevate  a  perpendicolo, 
avviene  così  che  quelle  di  un  sesso  abbracciano  e  toccano, 
colla  loro  faccia  superiore,  quelle  dell'altro,  come  si  vede 
indicato  a  fig.  517. 

Nei  Ditteri  sono  rappresentate  tutte  .le  posizioni,  sia 
quella  col  maschio  a  ridosso,  come  si  vede  comunemente 
delle  Mosche  (fig.  520),  sia  l'altra  coi  due  individui  ripo- 
santi sullo  stesso    piano,  e  così  stanno,  ad    es.,    le  Ti  pule; 

sia  col  maschio    ventre  a  ventre   sotto    la  femmina,    come    si    è    mostrato    acca 
dere  per  le  Zanzare  (fig.  509). 

I    Fisapodi  si  accoppiano  nella  prima  e  nella  seconda  maniera,  ecc. 

Speciali    maniere    di    accoppiamento.     —     Oltre    alle    indicate    maniere    più   co 


Fig.  508.  —  Accoppia- 
mento di  un  Emitteio 
OmotteTo,  Cercopide 
[Triecophora  vulnerata, 
Gerni.),  per  mostrare 
la  posizione  ad  angolo. 
Un  poco  ingraud.  Da 
Gadeau  de  Kerville. 


l'adulto  e  gli  atti  pur  la  conservazione  della  specie 


499 


numi,  secondo  lo  quali  avviene  la  copula  negli  Insetti,  si    hanno  esempi  di    par- 


meno    dalla  normalità    indicata  e  rappre- 


Fig.  509.  —  Esempio  di  accoppiamento  a  individui 
opposti  ventre  a  ventre.  Dittero  Cnlicide  (5(e- 
gomyia  fasciata).  Ingranditi.  Da  Gceldi. 


ticolari  modi,  che  si  discostano  più  o 
sentano  quindi  eccezioni,  talora  molto 
singolari,  come  sono  ad  es.  gli  accop- 
piamenti delle  Libellule,  quelli  che  av- 
vengono tra  una  femmina  più  o  meno 
nascosta  in  speciali  ripari  ed  il  ma- 
schio che  rimane  al  loro  esterno  ; 
quelli  in  cui  la  parte  attiva  è  la- 
sciata, più  che  altro  alla  femmina,  ecc. 


Accoppiamento  delle  Libellule.  —  Si 
è  già  accennato  in  precedenza  alle  strane  pra- 
tiche del  maschio  delle  Libellule  per  tratte- 
nere la  femmina,  sia  o  meno  riluttante,  e 
farla  partecipare  all'amplesso,  per  quegli  atti 
uecessari,  che  dalla  femmina  appunto   soltanto 

dipendono.  Cosi  avviene  che,  imprigionata  pel  collo    dall'estremo  addome   del  maschio,  finisce  per 

rivolgere  all'insti  il  proprio  addome  e  portarlo  fino  a  toccare 
coll'apice,  ove  si  apre  la  vulva,  la  base  dell'addome  del 
maschio,  iu  contatto  coli' organo  copulatore  (fig.  488,  B). 

In  talune  specie  di  Insetti,  come  i  Psichidi  fra  i  Lepi- 
dotteri, i  Diaspiti  fra  le  Cocciniglie,  ecc.,  le  femmine 
sono  continuamente  riparate  entro  bozzoli  o  follicoli,  nei 
«inali  sono  sempre  state  fino  da  larve  giovanissime  o  neonate, 
conforme  si  è  indicato  già  a  proposito  di  questa  maniera 
di  difesa  delle  larve.  Lo  stadio  di  "niufa  si  passa  entro  questi 
ripari,  nei  quali  la  femmina  schiude,  ovifica  e  muore,  senza 
mai  sortirne  ed  è,  quindi,  attera.  Perciò  il  maschio,  che  è, 
invece,  un  ottimo  volatore  e  del  tutto  libero,  deve  non  solo 
cercare  la  femmina,  ma  trovar  modo  di  fecondarla  anche  se 
così  nascosta  entro  il  suo  riparo.  Essa,  nelle  Psyche,  pro- 
\ 


l'i-  510.  —  Accoppiameuto  di 
Lytta  optabilis,  Fald.,  per  mo- 
strare la  maniera  più  comune 
fra  i  Coloetteri.  Iugr.  due 
volte.  Da  Gadeau  de  Kerville. 


trude  pi h  o  meno  l'estremo  suo  addome  dall'aper- 
tura apicale  del  bozzolo  ed  il  maschio,  posato  su 
questo,  può  così  compiere  il  suo  debito  sessuale 
(fig.  518). 

Nei  Diaspiti  quello  che  faccia  la  femmina  per 
sua  parte  ad  agevolare  l'atto  fecondativo  accade  na- 
scosto entro  il  follicolo,  ma  il  maschio,  a  buon 
conto,  è  fornito  di  un  lungo  stilo  all'apice  del  suo 
addome  (fig.  381,  C;  461),  il  quale  stilo  è  il  suo 
organo  copulatore  e    lo  fa  penetrare  sotto  lo  scudo, 

che  ripara  la  fem- 
mina, fino  a  rag- 
giungere il  suo  in- 
tento (fig.  519). 

Anche    le    fem- 
mine degli  Scolitidi 

attendono  all'orifizio  della  loro  galleria,  dalla  quale  proten- 
dono l'estremo  addome,  che  un  maschio,  correndo  all'esterno,  le 
incontri  e  s'accoppi. 

Le  mosche  (come  ad  es.  la  Mosca  comune,  con  tante  altre 
specie  e  generi  della  Famiglia  o  di  gruppi  vicini)  hanno  un  modo  speciale  di  accoppiarsi,  poiché 
la  parte  attiva  è  quasi  tutta  riserbata  alla  femmina.  Il  maschio  ha,  compresa  negli  ultimi 
eminenti    dell'addome,     una    cavità,    nel  fondo     della  quale    sta    il  piccolissimo    organo     copula- 


Fig.  511.  —  Accoppiameuto  di  Nepa  cinerea, 
L.  Grand,  nat.  Da  Hewitt. 


Fig,  512.  —  Accoppiamento  a 
maschio  sovrapposto  in  E- 
miteri  Eterotteri  (Gerris  najas. 
De  Geer).  Grand,  nat.  Da 
Gadean  de  Kerville. 


500 


CAPITOLO    QUINTO 


tore,    chitinoso,    sempre    nascosto  (vedi  voi.  I.  pag.  327,  328).  Nella  femmina,   invece,  gli  ultimi 

segmenti  dell'addome  formano,  insieme,  una  specie 
di  ovopositore  molle,  carnoso,  cilindrico,  composto 
di  articoli,  che  si  invaginano  l'uno  nell'altro  e 
l'ultimo  è  anche  erettile.  Se  ne  [ha  un'idea  com- 
primendo fra  le  dita  una  Mosca  domestica  femmina. 
Si  vede  uscire  dal  suo  estremo  addome  questo 
organo  carnoso  e  lungo  più  millimetri.  È,  dunque, 
la  femmina  che  deve  introdurre  questo  suo  estremo 
addome  entro  la  cavità    suddetta    del  maschio,   fino 


Fig.  513.    —    Accoppiamento    di  Emesa  lo» 
gipes.  Quasi  grand,  uat.  Da  Wickham. 


a  raggiungere  l'organo  copulatore  e  si  comprende  così  che,  senza  il 
concorso  attivo,  sopratutto  della  femmina,  il  maschio  non  può  com- 
piere la  sua  funzione  fecondante. 

Ecco  la  ragione  di  quell'invito  alle  nozze,  da  parte  del  maschio, 
di  cui  si  è  parlato  in  precedenza  e  come  i  due  sessi  stiano  ed  agi- 
scano è  bene  mostrato  dalla  fig.  520,  nella  quale  si  vede  la  femmina 
sotto  e  col  suo  estremo  addome  protratto  e  fatto  penetrare  nella 
detta    cavità    del  maschio. 


Fig.  514.  —  Accoppiamento 
negli  Afidi.  Molto  in- 
graud.  Da  Gadeau  de 
Kerville. 


Accoppiamenti  singoli  e  multipli.  —  Nella 
grande  maggioranza  degli  Insetti  la  femmina  si  ac- 
coppia una  sola  volta,  anche  se  la  sua  vita  sessuale 
è  molto  lunga  e  di  più  «li  un  anno.  Come  si  è 
mostrato  nel  primo  volume,  l'umore  fecondante  ma- 
schile è  serbato,  nel  corpo  della  femmina,  entro  un 
apposito  ricettacolo  e  serve  per  fecondare  le  uova 
ad  ogni  deposizione,  ciò  anche  per  più  anni. 


Fig.  515.  —  Accoppiamento  di 
un  Lepidottero  Eterocero  (Zy- 
yaena  tri/olii  Esper),  per  mo- 
strare il  più  comune  modo  di 
copula  fragli  Eteroceri.  Grand, 
uat.  Da  Gadeau  de  Kerville. 


Infatti,  se  la  vita  di  adulto,  per  talune  specie,  è  brevis- 
sima, corno  ad  es.  per  le  Efemere,  che  sono  appunto  così 
dette  perchè  la  loro  esistenza,  allo  stato  perfetto,  si  misura  ad  ore 
per  altre  specie  essa  dura  qualche  anno,  come  avviene,  ad  es.  della 
regina  dell'Ape  domestica,  che  può  vivere  da  quattro  a  cinque  anni,  ma 
più  non  si  accoppia  dopo  la  [prima  volta.  Il  Lubbock  ha  veduto 
due  regine  di  Formica  fusoa  vivere  ben  quindici  anni. 


Ma  per  certo,  in  altri  Insetti,  come  sono  ad  es.  le 
Panorpe,  le  Cantaridi,  Ortotteri  ecc.,  la  stessa  femmina  può 
accoppiarsi    più    volte  e  con  maschi    diversi  e  ciò  in  poco 

spazio  di  tempo. 


Fig.  516.  —  Accoppia- 
mento di  un  maschio 
alato  ed  una  femmina 
attera  fra  i  Lepidot- 
teri Eteroceri(C/iei7ii«- 
tobia  bramata).  Al- 
quanto impiccolito. 
DaGadeaudeKerville. 


Fig.  517.  —  Posizione  di  accop- 
piamento delle  Farfalle  diurne 
(Gonepteryx  rhamni,  L.).  Im- 
piccolito di  un  terzo.  Da  Ga- 
deau de  Kerville. 


Così  il  Kùnckel  d'  Herculais 
constatò  che  ogni  deposizione  di 
uova,  da  parte  della  femmina  di  Acrididi  è  preceduta  da 
uu  accoppiamento  e  ciò  aecade  più  volte  durante  i  parecchi 
mesi  della  esistenza,  allo  stato  di  adulto,    di    questi    Insetti. 

E  da  credersi  che  anche  altri  Ortotteri  si  comportino  a. 
questo  modo,  intendasi  di  quelli  che  depongono  più  volte. 
Un  caso  più  interessante  è  offerto  dal  Cerambix  heros,  che,  se- 
condo il  Fabre,  continua  una  serie  di  accoppiamenti  successivi 
e  ad  una  brevissima  distanza,  per  ben  un  mese  di  seguito, 
tempo  che  la  femmina  impiega,  intanto,  a  deporre  le  sue  uova 
nel  legname  di  quercia  ecc.,  quasi  sempre  col  maschio  sul  dorso. 


Quanto  ai  maschi,  è  molto  più  frequente  il  caso  di  accoppiamenti    successivi 
con  femmine  diverse,  ciò  che  è  stato  constatato    per  le     Mosche   della  carne,    le 


I. '.MULTO    E   GLI    ATTI    PUR    T.A    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIR 


501 


Cantaridi,  le  Crisomele  del  pioppo,  i  Bombi/r,  i  Calabroni,  gli  Alidi  iu  genere  e 
la  Fillossera  ;  ina  credo  che  si  potrebbe  riconoscere  per  assai  maggior  numero  e 
forse    per    la  massima  parte  degli  Insetti. 

Il  caso  inverso,  cioè  di  un  accoppiamento  ne- 
cessariamente unico,  pel  maschio,  è  molto  raro  e 
dipende  da  cause  diverse,  più  che  dalla  capacità 
fecondativa  di  questo  sesso. 

Così,  ad  es.,  nell'Ape  domestica,  il  maschio  scelto  alle 
nozze,  è  condannato  iuesorabilmente  a  perire  dopo  queste, 
perchè,  nello  staccarsi  dalla  femmina  dopo  il  coito,  abban- 
dona nelle  vie  sessuali  di  questa  una  parte  dei  suoi  organi 
genitali,  che  gli  vengono  così  strappati,  ciò  che  determina  la 
sua  morte  dopo  poco. 

In  altri  casi  il  maschio  corro  serio  pericolo  di  morte 
anche  durante  il  coito,  avvicinandosi  alla  femmina  della  sua 
stessa  specie,  ma  che  è  più  grossa,  più  forte  e  di  abitudini 
insettivore  molto  accentuate.  Così  accade  delle  Mantidi,  il 
cui  accoppiamento  corre  sempre  il  rischio  di  finire  molto  tra- 
gicamente pel  maschio. 

Il  Poiret  racconta  quanto  segue:  «  Conservando  chiusa 
una  Mantide  femmina,  ho  voluto  darle  uno  sposo.  Il  ma- 
schio che  posi,  alla  sua  presenza,  pieno  d'ardore  alla  vista 
della  femmina,  tentò  subito  di  avvicinarla,  ma  essa  lo  assalì 

violentemente  e  gli  recise  il  capo  colle  sue  mandibole.  Lo 
sposo  decapitato,  ma  Inon  scoraggiato,  non  diminuì  i  suoi 
sforzi  verso  la  sua  crudele  compagna.  Avendola  atterrata 
pel  collo  riesci  a  scivolarle  sul  dorso  e  ad  effettuare  il 
coito  durante  molte  ore;  ma,  il  domani,  la  femmina  senza 
pietà,  come  senza  riconoscenza,  lo  divorò  ».  Cleopatra  e  Gio- 
vanna di  Borgogna  sono  scagionate! 

Il  fatto,  osservato  meglio  nei  suoi  particolari,  suggerisce 
al  Rabaud  (1916)  alcune  considerazioni  anche  intorno  alla 
parte,  che,  nell'atto  dell'accoppiamento,  ha  il  sistema  nervoso 
e  queste  considerazioni  meritano  di  essere  rilevate. 

Il  Kabaud  riferisce  che  un  maschio  di  Manti*,  messo  nella 
gabbia  in  presenza  di  una  femmiua,  fu  da  questa  tosto  affer- 
rato pel  capo,  mercè  le  zampe  anteriori  e  trattenuto  salda- 
mente; la  femmina  prese  subito  a  divorarlo,  cominciando  a 
mangiarne  la  testa.  Intanto  però  il  maschio,  ormai  decapitato 
cominciava  a  divorarne  il 


Fig.  518.  —  Accoppiameuto  di  un 
Lepidottero  a  femmiua  attera  e 
contenuta  nel  suo  fodero  larvale 
(Psyche  atra,  L.).  Il  maschio  rag- 
giunge la  femmina  per  l'aper- 
tura del  fodero.  Grand,  natur. 
Da  Gadeau  de  Kerville. 


Fig.  519.  —  Accoppiameuto  nelle 
Cocciniglie  (Diaspiti)  (Chiona- 
spis  ealicie,  L.).  Il  maschio  (in- 
dividuo attero)  raggiunge  col 
suo  organo  copulatore  la  fem- 
mina sotto  lo  scudo  che  la 
protegge.  Molto  ingrandito. 
Da  Newstead. 


e  mentre  la  femmina 

torace,  eseguiva,  col  suo  addome,  una  serie  di 
movimenti  del  tutto  normali,  per  iniziare  l'ac- 
coppiamento, che  seguì  benissimo  e  come  d'ordi- 
nario, pur  continuando  la  femmina  il  suo  pasto, 
durante  il  quale  essa  tirava  a  sé  i  resti  del  corpo 
del   maschio. 

L'Autore  osserva  che  l'atto  principale  del- 
l'accoppiamento non  sembra  dunque  essere  per 
nulla  influenzato  dai  centri  nervosi  cefalici,  ma 
si    compie    per    movimenti    riflessi,      dipendenti 

dell'ultimo  ganglio  addominale  e  che  gli  eccitamenti  specifici  di  odori  emanati  dalla  femmina  o 
della  sua  vista  non  hanuo  influeuza  in  questa  serie  di  atti,  mentre,  invece,  da  tali  eccitamenti 
dipende  tutto  l'insieme  dei  fenomeni  di  attrazione  da  parte  della  femmina  e  degli  atti  della 
precopula;  ma  quelli  che  si  riferiscono  strettamente  all'accoppiamento  si  richiamano  solo  al  ganglio 
nervoso  genitale.  I  gangli  cerebroidi,  in  questi  atti,   possono  soltanto  esercitare  un'azione  inibi- 


Fig.  520.  —  Accoppiamento  dei  Ditteri  Muscidi 
{Ducits  oleae,  Rossi).  Iugrandito. 


CAPITOLO    QUINTO 


toria,  senza  la  quale  il   riflesso   «  non  subisce  alcuna  modificazione  nella  torma    e  nella  rapidità, 
ma  si  produce  nelle  condizioni  anche  le  più  singolari  ». 

Analogamente,  per  quanto  riguarda  la  femmina,  tutti  gli  atti  che  appartengono  alla  copula 
e  quelli  successivi  della  deposizione  delle  uova,  sembrano  essere  indipendenti  dalla  influenza  dei 
gangli  cerebrali,  perchè  il  Chopard  ha  mostrato  che  una  femmina  della  stessa  Mantis,  decapitata, 
fahbrica  una  ooteca  normale,  il  quale  lavoro  dipende  da  una  coordiuazione  di  atti  molto  complessa. 

Se,  in  molte  specie  di  Insetti,  l'accoppiamento  avviene  nella  piena  maturanza 
delle  uova,  per  altri  molti,  invece,  esso  accade  più  o  meno  precocemente,  rispetto 
alla  detta  condizione  delle  uova.  Si  è  già  ricordato  il  caso  delle  Mosche  in  ge- 
nerale, per  le  quali  lo  sfarfallamento  della  femmina  avviene  molti  giorni  prima 
che  le  uova  sue  sieno  pronte  alla  deposizione,  ma  essa  subisce  il  coito  appena 
sfarfallata. 

Ciò  si  è  constatato  anche  per  altri  Insetti  di  ordini  diversi  ed  è  caso  forse 
più  frequente  che  non  si  creda.  Cito  l' Anthonomus  pomorum  fra  i  Coleotteri, 
qualche  specie  di  Tipula  e  parecchi  di  Limnobiidi,  ad  es.  dei  generi  Gylmdro- 
stoma,  Dicranomyia,  Trochobola.  In  questi  casi,  è  generalmente  riconoscibile  una 
schiusa  anticipata  dei  maschi  (protandria),  in  confronto  delle  rispettive  femmine. 
I)  «  segno  »  dell'accoppiamento  (Begattungszeichen  degli  autori  tedeschi).  —  Come 
testimonianza  delle  nozze  consumate,  in  qualche  specie  o  gruppo  di  Insetti,  la 
femmina  ritrae  dal  maschio  e  porta  indelebilmente  ormai  con  sé,  all'estremo 
addome,  fissa,  una  speciale  produzione,  la  quale,  inoltre,  può  anche  impedirle  ul- 
teriori accoppiamenti.  Tali  produzioni  sono,  talora,  molto  vistose  e  resistenti  ;  di 
forma  e  dimensioni  costanti  per  ciascuua  specie,  così  che  sono  utilmente  usate. 
per  taluni  generi,  nella  classificazione  delle  specie,  come  accade,  ad  es.,  nei  Par- 
nassius,  pei  quali  si  rilevano,  dalla  così  detta  tasca  o  borsa  della  femmina,  precipui 
caratteri  sistematici. 

La  produzione  ha  sempre  origine  da  una  secrezione  di  speciale  sostanza, 
fluida,  ma  solidificabile  in  breve  tempo,  che  si  forma  in  organi  accessori,  nel 
complesso  dell'apparato  copulatore  maschile  e,  raccogliendosi  a  ridosso  ed  attorno 
all'orifizio  sessuale  della  femmina,  quivi,  durante  il  non  breve  periodo  della  co- 
pula od  anche  dopo,  solidifica,  conservando,  in  molti  casi,  la  modellatura,  che 
deriva  dagli  organi  maschili,  come  avviene  del  gesso  in  una  forma.    La    varietà 

nelle  diverse  specie  e    la    costanza    della    forma  in 

una  stessa  specie  fanno    sì  che  da    questa    diversa 

i  modellatura    di  così    fatto  testimonio  dell'accoppia- 

Hk  mento  avvenuto,  si  possano  ottenere  caratteri  diffe- 

TBJBHjgfvk  renziali   specifici,   assai   buoni   in   molti   casi. 

Gli  esempi,  meglio  conosciuti  e  più  citati,  si 
riscontrano  nel  genere  Parnassius,  fra  i  Lepidotteri, 
e  nei  Dytiscus,  fra  i  Coleotteri. 


'.  Già  il  Lionet  (1832)    aveva   notato  che    le    femmine    dei 

Dytiscus  hanno  l'estremità  dell'addome    segnata  di    una  mac- 
chia bianca.   Più  tardi  si  riconobbe  trattarsi  di    una  speciale 

Fig.  521.  —    Il   seguo   dell'accop-       sostanza  disseccata  e  staccabile,  che  fu  giudicata,  da  taluni,  per 
piamento  nei    Dytiscus.  Estremo  ,  ,,  ,  ,  . 

addome,   dal  ventre,  di  femmina       una  secrezione  della  stessa  femmina,  per  proteggere  le  proprie 

di  D.  marginalia,  mostrante,  in  sa       uova  e    gli    ovidutti;  o    da    altri     (Regimbart,     1877),     meno 
la    sostanza  biauca    disseccata.  A-  t        tt„      *   a-      ~  u.     .. 

Quasi  due  volte    la   grand,  uat.       erroneameute,  per  sperma  disseccato.    Uno    studio    molto  ac- 

Da  Blunck.  curato  degli     organi    riproduttori  maschili    del    Dytiscus  mar- 

ginali! e  specie  affini  e  di  queste  secrezioni  è  fatto  dal  Blunck 
(1912),  già  citato,     il    quale    riconobbe    che   una  speciale  so- 
stanza   fluida  e  biancastra  (mastice,   Kittsubstanz)  viene  segregata  dal  masohio,   in  due   ghiandole 
speciali  accessorie,  tubuliformi,  che  immettono    nel    condotto   eiaculatore,    assieme    allo  sperma, 
che  viene  dai  vasi  deferenti. 


l'adulto  k.  gli   atti  per  la  consekvaziome  pki.i.a  rpkcie 


503 


Nel  condotto  eiaculatore  appunto,  mentre 
uno  speciale  involucro,  di  modo  ohe  ne  riesce 
mastice  fluido  (n,  b)  lo  avvolge  tutto  e  fuoriesce, 
durante  la  copula,  assieme  allo  spermatoforo, 
distribuendosi  attorno  all'orifizio  sessuale  fem- 
minile (entro  cui  lo  spermatoforo  è  ormai 
penetrato)  e  quivi  dissecca,  formando  quella 
macchia  bianca,  la  quale  già  da  tempo  era 
nota  (iìg.  521,  sa). 

Nei  Parnassius,  poco  diversamente  accade 
il  fenomeno,  ma,  quivi,  la  sostanza,  nel  ras- 
sodarsi, mantenendo,  come  si  è  detto,  la 
forma,  che  deriva  dall'insieme  degli  organi 
accessori,  che  circondano  quello  copulatene, 
simula  una  capsula  od  una  tasca,  con  pecu- 
liarità caratteristiche  e  molto  bene  visibile, 
perchè  sporge  alla  parte  iuferiore  dell'addome 
(fig.  522). 


la  massa  di  sperma    si    appallottola  e  circonda  di 
un   vero  spermatoforo  (fig.  498,  Sp),  la    massa  di 


Fig.  522.  —  Segno  dell'aocoppiamento  in  Lepidot- 
teri (Parnassius).  A,  Estremo  addome  colla 
tasca  cornea  (a)  uella  femmina  fecondata  di  P. 
apollo,  L.  ;  B,  id.  iu  femmina  di  P.  orleansi 
Obth.  Ingr.  tre  diam.  Di  lato.  Da  Verity. 


delle    femmine,  che  hanno  subito  l'accoppiamento 


Pervertimento  sessuale.  —  Se  ne  sono,  dagli  autori,  ricordati  casi,  cioè  sia  ac- 
coppiamenti omosessuali  nella  medesima  specie,  sia  fra  maschi  di  specie  diffe- 
renti o  tra  maschi  e  femmine  di  specie  diverse,  comprese  o  meno  entro  lo  stesso 
genere. 

Si  tratta  di  anormalità,  certo  non  molto  frequenti,  ma  in  taluni  casi  di  in  - 
crocio  fra  specie  diverse  è  intervenuta  la  fecondazione  e  quindi  la  produzione  di 
ibridi,  del  che  è  bene  tener  conto. 

Sopratutto  pel  Maggiolino  il  caso  di  accoppiamento  omosessuale  non  è  molto  raro,  anche 
allo  stato  libero  degli  individui,  come  da  molti  autori  e  da  me  stesso  si  è  potuto  constatare.  Anche 
pel  Bombyx  mori  sono  ricordati  casi  non  rari,  ma  pare  che  si  ammetta  doversi  il  fatto  anormale 
a  condizioni  speciali,  sia  di  mancanza  di  femmiue  o  di  debolezza  del  maschio  aggredito. 

A  proposito  di  rapporti  omosessuali  fra  maschi  di  specie  differenti,  è  fatta  menzione,  dal 
Peragallo,  di  veri  accoppiamenti  fra  Telefori  e  Lucciole,  dove  sono  sempre  i  primi  che  salgono 
sulle  seconde. 

Più  interessanti  souo  i  casi  di  incroci  fra  maschi  e  femmine  di  specie  differenti  e  ciò  auche 
pegli  ibridi,  che  ne  possono  venire. 

Ad  esempio,  il  Gadeau  de  Kerville  ne  cita  alcuni  fra  i  Coleotteri.  Così,  fra  specie  congeneri, 
uotò  accoppiamenti  di  Melasoma  populi  ed  11.  aenea  ;  Cryplocephalus  labiatits  e  C.  nitidui  ;  ilelo- 
lontha  melolontha  ed  il.  hippocastani.  Fra  specie  pertinenti  a  generi  diversi,  i  casi  citati  sono 
i  seguenti:  Strophotomus  coryli  e  Sciaphilus  aspcratus;  Phosphaenus  haemipterus  e  Lampyris  nodi- 
luca;  Epicometis  ed  Anisoplia  villosa,  le  quali  specie  sono  però  nelle  stesse  famiglie;  ma  può 
accadere  accoppiamento  anche  tra  specie  di  famiglie  differenti,  come  si  è  veduto  per  Donacia 
simplex  ed  Attelabus  coryli;  Rhagonycha  (Ttlephorus)   falca  e  Clytanthus  rarius,   ecc. 

Determinazione  del   sesso. 


Assai  brevemente  accenno  qui  a  tale  argomento,  dopo  che  ho  fatto  rilevare 
come  la  determinazione  del  sesso  non  possa  ragionevolmente  essere  attribuita  ad 
influenze,  che  agiscano  nella  vita  postembrionale  dell'individuo.  Il  solo  fatto  che, 
nei  casi  di  poliembronia  specifica,  tutti  gli  individui  sono  di  uno  stesso  sesso  e 
che  iu  quelli  di  partenogenesi  i  due  differenti  sessi  sorgono  da  ovuli,  che  diffe- 
riscono per  essere  o  non  essere  stati  fecondati,  sono  sufficienti  a  dimostrare  che 
il  sesso  è  determinato  molto  precocemente,  prima  o  dopo  la  fecondazione. 

Secondo,  il  Loeb  la  determinazione  del  sesso  si  manifesta,  negli  Insetti,  in 
tre  differenti  modi,  cioè  : 


50t  CAPITOLO    QUINTO 


1.°  Esistono  due  specie  di  ovuli;  gli  uni  danno  origine  a  maschi,  gli  altri 
a  femmine,  senza  cbe  intervenga  la  fecondazione. 

Questo  è  il  caso  di  parecchie  forme  partenogeniche,  secondo  quanto  si  è  già  fatto  rilevare, 
ad  es.  di  Cinipidi,  Atìdidi,  Chermesiui.  Talora  le  femmine  Btesse,  che  partoriscono  l'ima  o  l'altra 
maniera  di  ovuli,  possono  essere  auche  morfologicamente  diverse  e  sono  così  distinte  le  parteno- 
geniche  femminipare  da  quelle  mascolinipare. 

2.°  Esiste  una  sola  specie  di  ovuli,  ma  due  di  spermatozoi  e  si  può  cre- 
dere che  il  sesso  dipenda  da  questa  diversa  maniera  dell'elemento  maschile. 

Ci  richiamiamo  a  qnauto  si  è  detto  a  questo  proposito  nel  voi.  I,  a  pagg.  906,  907,  dove  si 
è  discorso  del  cromosoma  accessorio,  che  è  stato  osservato  in  taluni  spermatozoi  di  Emittori  e  di 
Ortotteri. 

In  uno  stesso  maschio  si  trovano,  in  numero  presso  a  poco  eguale,  spermatozoi,  i  quali 
possiedono  un  cromosoma  in   più  di  altri,   e  che  è  detto  cromosoma  accessorio. 

Secondo  qualche  autore,  gli  ovuli  fecondati  da  spermatozoi  con  cromosoma  accessorio  dareb- 
bero origine  a  maschi,  mentre  colla  fecondazione  di  spermatozoi  senza  il  detto  cromosoma 
gli  ovuli  darebbero  femmine.  Per  altri  autori  le  cose  decorrerebbero,  invece,  affatto  inversa- 
mente. 

3.°  Finalmente,  la  terza  categoria  sarebbe  rappresentata  da  quegli  Insetti, 
nei  quali  esiste  una  sola  maniera  di  ovuli  ed  una  sola  di  spermatozoi.  Per 
questi  gli  ovuli  fecondati  darebbero  origine  ad  un  sesso,  quelli  non  fecondati 
all'altro,  secondo  quanto  si  è  già  detto  a  proposito  della  Partenogenesi.  Può  es- 
sere che  esistano  categorie  intermedie  fra  le  tre  indicate. 


La  prolificazione. 

La  femmina  non  chiude  il  suo  ciclo  sessuale  coll'accoppiamento;  essa  deve  dare 
origine  a  nuovi  esseri,  preparando  loro  condizioni  ambienti  opportune  all'esi  - 
stenza,  nelle  quali  funzioni  il  maschio,  fra  gli  Insetti,  non  ha  quasi  mai  inge- 
renza alcuna. 

Come  pegli  altri  animali,  anche  pegli  Insetti,  la  riproduzione  si  fa  per  ori- 
parità  o  per  viviparità  conforme  si  è  già  detto  in  precedenza;  ma  la  prima  ma- 
niera è  di  gran  lunga  la  più  comune. 

Qui  tratteremo  della  prolificazione  da  parte  di  Insetti  non  sociali,  e  delle 
Società,  invece,  diremo  altrove,  poiché  esse  rappresentano  una  maniera  di  esi- 
stenza individuale  e  collettiva,  che  è  soltanto  acquisita,  cioè  si  deve  ad  un  par- 
ticolare adattamento,  da  considerarsi  per  successivo  alla  maniera  di  esistenza 
singola  ed  egoistica,  che  appartiene  al  massimo  numero  delle  specie  di  Insetti. 

Una  differenza,  che  tosto  apparisce  nel  confronto  tra  le  abitudini  degli  In- 
setti (per  quanto  riguarda  la  prolificazione)  e  ciò  che  si  vede  accadere  negli  ani- 
mali superiori  specialmente,  è  la  nessuna  cura  che  le  madri  (delle  specie  non 
sociali)  si  prendono,  il  più  spesso,  nell'allevamento  della  rispettiva  figliolanza,  dopo 
che  essa  si  è  affacciata  alla  vita  libera  fuori  dell'uovo  e  del  nido  in  cui  è  sorta. 

Più  comunemente  la  madre,  dopo  deposte  le  uova,  sia  pure,  in  molti  casi, 
assai  bene  provvedendo  cibo  e  protezione  alla  futura  prole,  non  ha  con  questa 
più  «alcun  rapporto  diretto,  ne  se  ne  cura  più  altrimenti,  anzi,  nella  grande  mag- 
gioranza dei  casi,  la  madre  perisce  auche  prima  che  i  suoi  figli  vengano  al  mondo. 

Si  è  già  avvertito  che  una  delle  caratteristiche  del  progresso  psichico,  di- 
remo così,  nella  scala  degli  animali  è  rappresentata  dalla  sempre  migliore  difesa 
della  esistenza  individuale,  la  quale  protezione  culmina  nelle  Società  e  si  inizia 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie  505 

eolla  sempre  più  efficace  difesa  della  prole  neonata  o  tuttavia  giovane  e  debole, 
in  che  consistono  appunto  le  cure  dell'allevamento. 

Fra  le  specie  solitarie  tale  maniera  di  protezione  comincia  a  manifestarsi 
solo  nei  vertebrati  più  alti,  e  non  ha  che  rari  esempii  nelle  altre  classi  di  animali, 
(ili  Insetti  non  fanno  eccezione  a  questa  regola,  ma  il  loro  elevato  livello  psichico 
si  manifesta  colla  costituzione  di  Società,  le  quali  non  trovano  alcun  altro  ri- 
scontro nella  animalità,  se  non  nel  più  alto  dei  mammiferi. 

Ma  delle  Società  parleremo  altrove,  dopo  conosciute  altre  attività,  oltre  a 
quelle  in  solo  vantaggio  della  conservazione  della  specie. 

<  'osi  stando  le  cose  si  comprende  che  tutte  le  specie  di  Insetti  vivipare  non 
danno  alla  figliolanza  cura  alcuna  ed  i  neonati  debbono  subito,  essi  soli,  prov- 
vedere a  se.  Lo  stesso  accade  per  le  specie  ovovivipare.  La  madre  ha  difeso  i 
suoi  embrioni  entro  di  sé  col  difendere  sé  stessa  e  cessa  ogni  preoccupazione 
per  la  prole  coll'uscita  al  mondo  di  questa,  sia  libera  ormai  (vivipari),  sia  essa 
per  brevi  istanti  imprigionata  tuttavia  nell'uovo  (ovovivipari). 

In  questi  casi,  tutta  la  precauzione  materna  si  è  quella  di  partorire  in  con- 
dizioni tali  che  la  giovanissima  prole  possa  immediatamente  trovarsi  in  caso  di 
usufruire,  senza  più,  delle  comodità  opportune  per  la  sua  esistenza.  Così  gli  Afidi, 
ad  es.,  vivipari,  generano  sull'organo  della  pianta,  sul  quale  subito  possano  i 
neonati  provvedere  alla  propria  nutrizione;  anche  taluni  Insetti  acquaioli  (ad  es. 
Efemeridi)  gettano  le  loro  masse  d'uova  nell'acqua,  dove  immediatamente  gli 
embrioni,  maturi  ormai,  sviluppatisi  prestamente  dal  tenue  guscio  dell'uovo,  si 
diffondono  in  libertà. 

Ma  le  specie  ovipare,  e  sono  la  grande  maggioranza,  non  solo  provvedono 
a  depositare  le  uova  là  dove  le  larve  neonate  possano  immediatamente  trovare 
di  che  nutrirsi  e  proteggersi,  ma  ancora,  in  misura  varia,  curano  la  difesa  delle 
uova  contro  le  insidie  multiple,  a  cui  sarebbero  esposte  durante  il  periodo,  talora 
molto  lungo,  della  vita  embrionale. 

Fin  qui,  adunque,  si  possono  rilevare  molti  gradi  di  protezione,  da  parte 
della  madre,  delle  sue  uova  messe  ormai  all'aperto  e  tale  grado  e  le  modalità 
molte  varieranuo  di  efficacia  a  seconda  della  intensità  delle  possibili  insidie,  del 
rempo  durante  il  quale  vi  possono  essere  esposte,  nonché  del  grado  di  fecondità 
di  ogni  specie  singola.  E  per  vero  anche  qui,  come  sempre,  interviene  quella 
oscillazione  fra  i  mezzi  che  tendono  alla  maggior  protezione  degli  individui  e 
gli  altri,  che  hanno  per  base  l'aumento  numerico  degli  individui  stessi,  per  giun- 
gere, traverso  l'una  o  l'altra  delle  due  vie,  nell'equilibrio,  che  si  stabilisce  per 
ciascuna  specie,  a  quel  grado  di  fecondità,  che  è  necessario  alla  sua  conserva- 
zione. 

Di  qui  in  poi  intervengono  tutti  i  gradi  di  previdenza  materna,  per  assicu- 
rare alla  figliolanza  futura  condizioni  ottime  di  esistenza  e  si  giunge  così  fino 
alle  Società,  il  cui  fondamento,  pegli  Insetti,  è  appunto  l'allevamento  della  prole. 
;incue  con  rapporti  diretti  fra  madri  (o  forme  adulte  femmine)  e  le  larve. 


Varie  maniere  di   riproduzione. 

Insetti  vivipari.  —  Se  ne  è  brevemente  accennato  a  pag.  217  ed  or  ora 
si  è  detto  che  la  viviparità  è  possibile  solo  per  specie  ad  esistenza  facile,  sia 
che  essa  dipenda  da  eccellenti  mezzi  di  relazione,  o  da  comodità  di  nutrizione 
abbondante,  come  accade  per  taluni  parassiti,  o  dall'una  o  dall'altra  causa  in- 
sieme. 

A.   BBBLESE. — Oli   Insetti,   II.    —  61. 


506 


CAPITOLO    QUINTO 


Si  hanno  così  gradazioni  diverse  quanto  allo  stato  di  sviluppo  dei  neonati, 
che  tanto  meno  immaturi  nascono,  quanto  più  comode  sono  le  condizioni  di  esi- 
stenza della  specie.  Così  noi  vediamo  i  neonati  di  Insetti,  altamente  organizzati 
per  quanto  riguarda  le  funzioni  di  relazione  ed  insieme  parassiti,  uscire  dal 
ventre  materno  assai  maturi,  superato  cioè  ormai  tutto  lo  stato  larvale  (Pupi- 
pari),  ed  in  una  condizione  simile,  trovarsi,  ad  es ,  certi  parassiti  delle  piante 
(Fitoftiri)  nell'epoca  di  maggior  abbondanza  dei  succhi  nutritivi  nelle  piante 
ospiti.  Questi  sono  insetti  ninfogeni.  Vediamo,  di  poi,  i  neonati  di  specie,  fra  le 
meglio  dotate  di  organi  di  relazione,  sopratutto  di  facoltà  locomotorie,  eccellenti 
fra  tutti  i  volatori,  partorire  larve  a  diverso  grado  di  sviluppo,  dalle  giovanis- 
sime ad  altre  prossime  all'incrisalidamento  ;  semprechè  l'ambiente,  che  le  deve 
nutrire,  sia  ovvio  e  ricco  di  sostanze  proteiche,  tanto  da  permettere  una  rapida 
evoluzione  larvale,  il  che  importa  sempre  una  riduzione  nelle  cause  di  mortalità 
degli  individui.  Sono  questi  insetti  prosopogeni. 

Insetti  ninfogeni.  —  Tra  questi  distinguiamo  gli  olometaboli  (di  cui  sono 
esempio  i  Pupi  pari)  e  gli  eterometaboli,  che  possono  trovare  esemplificazione  in 
parecchi  Fitoftiri. 


Fig.  523.  —  Ilippobosca  equina,  L.,  a- 
dulto  (A)  (da  Austeu)  e  suo  pupario 
(a  destra;,  egualmente  ingranditi  (a, 
b,  grand,  natur.). 


I  Pupipai'i  costituiscono  un  gruppo  a  se,  fra  i  Dit- 
teri, composto  di  specie,  le  quali  partoriscono  una  vera 
e  propria  Pupa,  sia  pure  appena  formata,  cioè  tuttavia 
allo  stadio    di    proninfa  o  di  eouinfa. 

Lo  stadio  larvale  si  passa  dunque  tutto  entro  il 
corpo  della  madre.  La  massima  parte  dei  Pupipari  sono 
parassiti  di  animali  a  sangue  caldo,  ina  alcuni  sono 
semplicemente  commensali  di  altre  specie  di  Insetti, 
come  accade  della  Urania  caeca,  chi  è  quel  Pidocchio 
deli'  Ape,  ben  noto  a  tutti  gli  apicultori  e  che  è  stato 
por  molto  tempo  considerato  per  un  parassita  del- 
l'Ape, mentre  non  è  altro  che  un  suo  animale  domestico, 
non  solo»  tollerato,  ma  curato  e  nutrito  dalle  Api 
medesime. 

Molte  specie  di  Pupipari  sono  fornite  di  ali  e  vo- 
lano egregiamente,  come  è  il  caso,  ad  es.,  di  molte 
Mosche  cavalline  (Hìppobosca)  (tìg.  523)  e  di  altre 
affini,  che  vivono  sugli  uccelli  (Ornitomyia,  ecc.)  ;  ma 
molte  altre  sono  attere,  come  è  del  cosi  detto,  molto 
impropriamente,  Pidocchio  delle  Pecore  (Melophag u» 
orinila)  e  di  quelle  stranissime  specie,  pertinenti  a  più  generi  (Nycteribia,  ecc.),  che  vivono  paras- 
siticamente sui  Pipistrelli. 

Tutti  questi  insetti  sono  detti  Pupipari  appunto  perchè  il  neonato  è  veramente  una  pupa 
compresa  nel  suo  pupario,  uè  più  muta  forma,  da  poiché  è  partorito,  fino  a  quando  ne  sguscia 
l'adulto. 

Varia  soltanto  il  colore.  Infatti  questi  pupari  (Mg.  523  6),  appena  partoriti,  sono  bianchi,  ma 
subito  ingialliscono  e  di  poi  divengono  rossi  e  finalmente  rosso-scuri,  come  accade  appunto  di 
tutte  le  altre  pupe  di  Ditteri  Ciclorafi,  secondo,  cioè,  quanto  si  è  detto  a  pagg.  256,  257.  I 
pupari  vengono,  in  generale,  dalla  madre  incollati  sui  peli  dell'ospite  e  quivi  attaccati  forte- 
mente. 

Da  quanto  si  è  detto  a  proposito  delle  metamorfosi,  risulta  che  appunto  allo  stadio  di  eo- 
ninfa  corrisponde  la  larva  neouata  degli  Insetti  a  metamorfosi  incompleta.  Perciò,  se  noi  consi- 
deriamo il  grado  di  sviluppo  della  forma  neonata  degli  Insetti  eterometaboli,  in  confronto  di 
quella  dei  Pupipari,  vediamo  che  si  corrispondono  per  la  età  e  le  une  e  le  altre  sono  appunto 
delle  eouinfe.  Questo  è  il  limite  massimo  della  età  dei  neonati  fra  gli  Insetti,  fra  i  quali  si  po- 
tranno, come  si  è  detto  già  iu  precedenza,  notare  esemplificati  molti  gradi  di  nascita  precoce, 
da  uno  stadio  ciclopiforme    a    quello  oligopodo    nel     periodo    larvale,  ma  non  esiste  esempio  di 


l'adolto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


507 


nascita  di  forme  ad  uno  stadio  che  superi  quello  di  eouinfa,     cioè    più    inoltrato    di    cosi   nella 
serie  ninfale. 

Negli  Atìdi,  come  tra  i  Chermesiui,  Coccidei,  ecc.,  molte  specie  sono  vivipare,  almeno  per 
alcuni  individui  ed  in  un  determinato  periodo  della  loro  esistenza,  ed  anche  a  questo  fatto  è 
stato  già  accennato  a  proposito  della  partenogenesi  (fig.  5:24). 

Ciò  accade  per  generazioni  che  oooorrouo  durante  la  calda  stagione,  quando  cioè  le  piante 
ospiti  souo  nel  periodo  di  massima  attività  vegetativa  e  quindi  abbondano  i  succhi  nutritivi.  Il 
neonato,  appena  messo  al  mondo,  provvede  a  so  e  poiché  non  differisce,  se  non  per  la  statura, 
dalla  madre  attera,  che  lo  ha  partorito  (la  quale  permane,  conforme  si  è  avvertito  già,  per  tutta 
la  sua  esistenza,  nello  stato  di  eoninfa)  così 
.-  questo  l'esempio  di  viviparità,  che  più  dav- 
vicino  ricorda  quanto  si  vede  accadere  negli 
animali  più  elevati,  nei  quali  pure  il  tìglio 
non  differisce  dalla  madre  se  non  per  la  sta- 
tura e  per  la  immaturità  degli  organi  sessuali 
interni. 

Seguono,     con     un     grado     di     viviparità 

meno    accentuata,  per    ciò    che    i    neonati  si 

rovano     in    uno    stadio    di    sviluppo    molto 

più  arretrato    rispetto    a     quello    dell'adulto, 

le  specie  larvipare,  cioè  che  partoriscono  vere 

e  proprie  larve,    comprese,  cioè,     come  limite 

massimo,  fra   le  oligopode.  Fig.  524.  —  Esempio  di  viviparità  negli  Alidi.  Una 

femmina  partenogeuica  vivipara  di  Aphis   sca- 

biosae,  L.  colla  sua  figliolanza  intorno,   mentre 

INSETTI    PROSOPOGENI.    Fra   le  sta  partorendo.  Molto  ingrandito.  Da  Hucktou. 

specie  larvipare,  però,  i  gradi  di  svi- 
luppo dei  neonati  possono  essere  diversi,  non  solo  entro  lo  stesso  stadio,  più  comu- 
nemente Toligopodo,  cioè  estremo  del  periodo  larvale,  ma  anche  in  due  stadi  di- 
versi, cioè  nell'oligopodo  suddetto  ed  in  quello  polipodo,  di  cui  sono  ovvio 
esempio  i  bruchi.  Si  possono  dunque  elencare  gli  Insetti  vivipari  generanti 
larve  oligopode  (oligopodogeni)  ed  in  seguito  quelli  generanti  larve  polipode(po- 
lipodogeni),  pei  quali  gli  esempi  finora  noti  souo  molto  scarsi. 

Più  comuni  sono  gli  esempi  di  specie  oligopode  e  fra  queste  si  possono  ricordare  parecchi 
Ditteri  Cvclorafi.  Si  hanno  intauto  gradazioni  diverse,  rispetto  all'età  della  larva,  poiché  mentre 
talune  specie,  ad  es.  la  comune  Sareophagn  cavitaria,  il  moscone  grigio  delle  carni  in  decompo- 
sizione, come  ognuno  ha  potuto  vedere,  mette  al  mondo  larve  piccolissime  e  ne  espelle  in  gran 
numero  ad  ogni  parto,  altre  mosche,  invece,  partoriscono  ciascuna  volta  una  sola  larva  grandetta, 
cioè  più  o  meno  avanzata  nel    suo  sviluppo  e    talora  vicina  ad  incrisalidare. 

Xon  è  senza  pericolo  per  la  vita  propria  che  queste  madri  racchiudono  nel  loro  ventre  cosi 
fatta  temibilissima  figliolanza,  perchè  non  è  raro  il  caso  che  essa  cominci  la  sua  vita  autonoma 
col  divorare  le  viscere  stesse  della  madre,  quando  la  fuoriuscita  di  cosi  fatti  pericolosi  ospiti  si 
faccia  troppo  attendere  o  per  altre  cause.  Si  vedono  spesso  le  Sarcofaghe  femmine  morenti,  perchè 
invase  per  tutto  il  loro  corpo,  internamente,  dai  figli,  che  le  stanno  rapidamente  divorando. 
Anche  la  nutrizione  delle  larve,  che  si  trattengono  di  più  nel  ventre  materno,  come  Bopra  si  è 
accennato,  si  fa  molto  spesso  a  spese  di  altre  larve  sorelle  più  giovani  o  degli  ovari  stessi.  Ciò 
non  accade  nei  Pupipari,  perchè  quivi  le  larve  souo  così  incomplete  nel  loro  sistema  locomotorio 
e  boccale,  che  non  hanno  alcuna  attività  pericolosa  per  la  madre,  mentre  sono  tuttavia  contenute 
nell'utero. 

Di  viviparità  polipodogena,  cioè  parto  di  larve  allo  stato  polipodo,  viventi,  è  ricordato 
qualche  caso  pei  Lepidotteri,  ma  il  fatto  non  é  molto  comune. 

Se  ne  è  già  fatta  menzione  a  pag.  218  per  quel  Lepidottero  di  Australia  (del  gen.  Tinta),  la 
cui  femmina,  secondo  la  testimonianza  dello  Scott,  contiene  nel  suo  ventre  larve  viventi. 
Anche  Fritz  Moller  ricordò  una  specie  di  Tinea  indeterminata,  del  Sud-America,  che  è  pure  tì- 
vipara. 

Il  Kusnezov  (1910;    riferi  casi  di    viviparità  riscontrati    in    parecchi  Ropaloceri  Danaidi  di 


-.US 


CAPÌTOLO    QUINTO 


Russia  cioè  ili  beu  circa  20  specie  di  Coìias,  cinque  Eitchloe,  una  Zegri»  ed  una  Leptidta.  In  tutt- 
questi  casi,  nell'estrema  parte  dell'ovidutto  comune  (che  l'Autore  chiama  utero,   lìg.  525  Ut)    e°-l- 

riscontrò  la  presenza  di  un  piccolo 
bruco  (fig.  525,  //)  perfettamente 
conformato.  Rimane  però  sempre  il 
dubbio,  espresso  dall'Autore  stesso 
che  in  questi  casi  la  viviparità  non 
sia  un  fatto  normale,  ma  dovuto 
a  speciali  circostanze  influenti  sulla 
madre. 


Insetti  ovovivipari.  _ 
Si  è  già  detto  che  il  caso  di 
ovo viviparità  nou  è  frequente 
tra  gli  Insetti. 

Il  più  bell'esempio  è  quello 
citato  più  innanzi  del  Cloeon 
dipterum  e  nella  stessa  maniera 
si  comportano  parecchie  specie 
affini  a  larve  e  ninfe  acquaiole. 


Fig.  525.  —  /,  Parte  degli  organi  genitali  interni  femminei 
di  una  farfalla  vivipara  (Colias  aurorinus)  Schàff,  var. 
heldreichi  Staud.  —  Bc,  borsa  copnlatrice;  là,  lamina 
dentata;  Ea,  spermoteca;  cs,  canale  spirale  ;  I)s,  condotto 
semiuale;  Vt,  utero  con  entro  il  brucolino  ormai  for- 
mato; G,  ghiandole  sebacee.  Ingrandito.  //.  Bruco  di 
Coita»  edusa,  L.  ;  var.  helice  Uba.,  estratto  dall'utero. 
Ingrandito.  Da  Kusnezov. 


può  trovare   ferme 


E  uno  degli  spettacoli  più  in- 
teressanti, che  possa  occorrere  all'os- 
servatore dei  costumi  degli  Insetti, 
quello  della  schiusura  delle  larve 
di  Cloeon  dipterum,  insetto,  che  ognuno,  durante  la  maggior  parte  dell'anni! 
sui  vetri  delle  finestre  nelle  case  (fig.  526).  Afferrando  per  le  ali 
uno  di  questi  insetti  femmina  (il  sesso  si  riconosce  perchè  la  fem- 
mina non  ha  sulla  parte  superiore  del  capo  i  caratteristici  occhi 
composti,  rossi  ed  elevati  a  mo'  di  fungo  (fig.  399),  mentre  l'insetto 
si  dibatte,  fuoriesce  dall'estremità  dell'addome  al  ventre  una  pic- 
cola massa  rotondeggiante  (Hg.  527),  che  è  un  vero  mucchietto 
d'uova,  pronto  per  essere  dalla  madre  gettato  nell'acqua.  Se  si  racco- 
glie delicatamente  questa  massa  e  si  mette  su  un  portaoggetto, 
con  una  goccia  d'acqua,  sotto  il  microscopio,  subito  si  vede  l'in- 
sieme delle  uova  diffondersi,  come  se  si  sciogliesse  ed  intanto  le 
larvettine,  che  entro  l'uovo  sono  avvoltolate  su  sé  stesse,  si  vedono 
agitarsi  vivacemente,  allungarsi  e  finalmente,  scioltesi  dall'invo- 
lucro dell'uovo,  nuotare  rapidamente  e  con  grande  vivacità  nel- 
l'acqua. Tutto  ciò  accade  nel  corso  di  pochi   secondi  (fig.   52X). 

Lo  stesso  fenomeno,  ma  più  vistosamente  perchè  le  masse 
d'uova  eie  uova  stesse  sono  più  grandi,  si  osserva  per  quelle 
Efemere,  che,  in  luglio,  lungo  i  fiumi  fuoriescono  di  sera,  in 
numero  talora  sterminato,  e  che  qui  a  Firenze  (come  altrove, 
dei  resto)  in  talune  annate,  per  qualche  giorno  assediano 
a  nuvole  i  fanali  lungo  l'Arno  e  cadono  poi  a  tappezzare  il  ter- 
reno dei  loro  bianchi  corpi,  quasi  come  una  nevicata. 

Questi  Insetti,  appena  afferrati,  nel  dibattersi  emettono, 
dall'estremo  ventre,  due  masse  allungate,  bianche,  d'uova. 
che,  per  le  maggiori  dimensioni  della  madre,  sono  anehe 
molto  più  vistose  di  quelle  ricordate  del  connine    Cloeon. 


Fig.  526.  —  Una  femmina  di 
Cloeon  dipterum,  in  gran- 
dezza naturale,  pusata  su 
una  parete  verticale. 


Fig.  527.  —  Estremo  addome  di 
Cloeon  dipterum  feuim.  mentre  sta 
espellendo  l'ammasso  di  uova. 
Ingrandito. 


Insetti  ovipari.  —  Come  si  è  detto  la  ma- 
niera di  riproduzione,  di  gran  lunga  più  comune,  fra  gli  Insetti,  è  quella  per 
oviparità,    intendendosi  che  le  uova  richiedono  un  tempo  più  o  meno  lungo,  ta- 


L'ADULTO    K    GLI    ATTI    PUR    I   V    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECI K 


50fl 


lora  di  parecchi  mesi,    dalla  deposizione,    per    maturare  entro    di    sé  l'embrione. 
il   quale  poi  fuoriesce    a  tempo  opportuno. 

La  variazione  si  manifesta,  dunque,  pel  tempo  di  incubazione  necessario  per 
ciascuna  specie,  sia 
pure  in  stagioni  di- 


verse, quando  la 
specie  stessa  sia  di 
quelle  a  più  genera- 
zioni annuali  o  che 
depongono  più  volte 
nel  corso  della  loro 
esistenza  sessuale. 

Varia  anche 
l'ambiente,  al  quale 
le  uova  sono  affidate 
e  che  è  in  stretto 
rapporto  colla  ma- 
niera di  esistenza 
«Ielle  forme  giova- 
nili. Sono  diversi, 
finalmente,  gli  espe- 
dienti messi  in  atto 
dalla  madre  perchè 
le  uova  sue  godano 
ili  opportuna  prote- 
zione per  tutto  quel  tempo,  più  o 
del  ventre  materno,  alle   insidie  de 


t 


FU 


528.  —  Schiusura  delle  uova  di  Cloeon  diptertim  appeua  immerse  nel- 
l'acqua. A,  uova  tuttavia  pressoché  iutatte  ;  S,  C,  D,  diversi  stadi 
successivi  dello  svolgimento  degli  embrioni  ;  E,  embrioni  ormai  svolti  ; 
F,  larve  neonate  ehe  ormai  si  locomnovono.  Ingr.  40  diani. 


r"ig.  529.  —  Un  Aride  (Schizoneura  lanigera\. 
A,  femmina  sessuata  coll'uovo  di  in- 
verno dentro  il  corpo  ;  B,  la  stessa  dopo 
aver  emesso  l'uovo  a.  Grand,  natnr.  Da 
Alwood. 


morfismo,  giacche  in  tutt 
■  lere,  di  specie  poliamosflche. 


meno  lungo,  pel  quale  sono  esposte  fuori 
mondo  ambiente. 

Quanto  poi  alle  differenze  tra  le  varie 
maniere  di  uova  e  al  diverso  modo  di  ag- 
gruppamento loro,  ecc.,  si  è  già  detto 
abbastanza  nelle  pagine  precedenti  (pag.  206 
e  segg.)  e  non  conviene  ripeterne  qui,  se 
non  occorra  qualche  caso  vistoso,  da  ag- 
giungersi a  quelli  indicati  al  luogo  detto. 

Poligenesi.  Infine  diremo  che  in 

una  stessa  specie,  non  solo  si  possono  rile- 
vare differenti  maniere  di  prolificazione,  cioè 
per  viviparità  e  per  oviparirà,  ma  le  uova 
stesse  possano  essere  diverse  fra  loro,  così 
in  alcuni  casi  partenogeniche  ed  in  altri 
fecondate. 

Di  ciò  si  è  abbastanza  detto  a  propo- 
sito della  polifilia  e  di  altri  modi  di  poli- 
questi    casi    si    tratta  sempre,  com'è  facile  compren- 


Infatti,  in  talune  di  queste  specie  avviene  che  le  femmine  di  una  casta  sono  vivipare,  altre 
di  altra  casta,  invece,  sono  ovivipare,  con  due  maniere  di  uova  e  ne  siano  esempio  molti  Fitoftiri. 

Tra  gli  Afidi  si  e  già  detto  che  alle  generazioni  vivipare  e  parteuogeniche  succede  una  casta 
sessuata,  composta  di  maschi  e  femmine  e  queste  ultime  non  producono  che  un  solo  uovo  (uovo 
d'inverno),  di  solito  cosi  grande  che  occupa  tutto  il  loro  ventre  (fig.  529,  A),  espulso  il  grande 
uovo  esse  rimangono  vuote  e  grinzose  e  periscono  tosto  (B).   Iu  generale  queste  forme  non  hanno 


510  CAPITOLO   QUINTO 


neppure  organi  per  la  presa  e  digestione  degli  alimenti,  con  che  possono  essere  veramente  con- 
siderate per  femmine  destinate  alla  sola  opera  riproduttiva,  cioè  per  allogare,  in  condizione  con- 
veniente, l'uovo  fecondato. 

Periodo  d'incubazione.  —  Taluue  uova,  in  condizioni  ottime,  richiedono  sole 
poche  ore  per  .schiudere  e  tra  queste  a  così  breve  periodo  incubatorio  e  le  altre 
più  lente,  si  procede,  per  esempi  influiti,  fino  a  quella  tardità,  che  impiega  pa- 
recchi mesi,  da  un  anno,  cioè,  al  seguente  (dai  dodici  mesi  bisogna  sottrarre 
quelli  dalla  schiusura  della  larva  alla  deposizione  da  parte  dell'adulto). 

Questa  misura,  però,  non  è  mai  sorpassata,  poiché  non  si  conoscono  esempi 
di  uova,  che  richiedano  oltre  un  anno  di  incubazione,  anzi,  come  ripeto,  l'anno 
intero  non  è  mai  raggiunto,  neppure  nei  casi  di  massima  tardità  nello  sviluppo 
embrionale. 

Fra  gli  esempi  di  uova,  per  le  quali  tutto  il  processo  di  formazione  dell'embrione  si  compia 
in  poche  ore  e  fuori  del  ventre  materno,  si  possono  menzionare  parecchie  specie  di  Mosche  e  tra 
queste,  esempio  molto  alla  mano,  quei  comuni  mosconi  a  riflessi  metallici  bleu,  che  vediamo 
ronzare  tuttodì  S'ille  carni  macellate  e  che  depongono,  come  ognuno  bene  sa,  quei  cacchioni 
formanti  piccole  masse  bianco-giallognole,  allogati  qua  e  là  sulle  carni  stesse,  nei  punti  meno 
esposti.  Tali  uova  schiudono  all' incirca  dopo  due  giorni  dalla  deposizione.  Questa  rapidità  di 
incubazione  è  comune  a   molte  specie  di   Mosche. 

Quanto  alle  uova,  che  richiedono  il  massimo  tempo  di  incubazione,  basti  citare  l'esempio  del 
Baco  da  seta  (cou  moltissimi  altri  corrispondenti)  pel  quale,  come  è  notorio,  le  uova  deposte 
in  estate  di  un  anno,  debbono  attendere  la  primavera  successiva  per  schiudere  (intendasi  delle 
razze  univoltive,   cioè  delle  più  comuni'. 

Diversi  ambienti  dove  sono  deposte  le  uova.  —  La  grande  maggio- 
ranza degli  Insetti  vive  esclusivamente  nell'aria,  sia  in  ambienti  confinati,  come 
all'aperto. 

Per  tutte  queste  specie  le  uova  sono  continuamente  immerse  nell'aria,  sia 
pure  variamente  riparate  in  recessi  più  o  meno  chiusi.  Ma  tra  gli  Insetti  ac- 
quaioli, talune  specie  mettono  le  uova  proprie  veramente  sott'acqua  ed  in  questo 

elemento  esse  stanno  immerse  per  tutto  il  periodo  di  in- 
cubazione. 

Altri  Insetti,  pur  acquaioli  ed  anche  viventi  durante 
i  loro  periodi  giovanili  di  vita  postembrionale  affatto 
immersi  nell'acqua,  provengono  da  uova  deposte  e  svi- 
luppatesi in  ambiente  del  tutto  aereo. 


Già  molti  esempi  si  sono  citati  nelle  pagine  precedenti  (pag.   208 
e  segg.)  di  maniere  diverse  d'uova  e  differenti  ambienti  in  cui    sono 
deposte,    come    pure    di    vari    modi    di    aggruppamenti    delle  uova 
Fig.  530. Uovo  di  Limno-      stesse,   uè    qui    si    ripeterà    il     già    detto.     Solo     conviene    ricordare 

bates  tiagnorum,  L.  fissato      qualche    particolare  esempio  di   uova  deposte  in   condizioni  partico- 
su  una  pianta  snbacuuea  :  .        ,      . 

(o,    grand,     natur.).     Da      larl.    uon  comuni  o  singolari. 

Brocher).  Così,  mentre  la  fig.   520  fa  vedere,   molto  ingrandito,     un     uovo 

di  Linnobatet,  i  quali  usano  deporre  le  uova  loro  assolutamente  im- 
merse nell'acqua  e  fissate  a  piante  subacquee,  la  fig.  531  ne  mostra  altre  molto  singolari,  di 
insetti   acquaioli  e  che  hanno  specialissimi  mezzi  di  sospensione. 

Anche  la  fig.  532  si  richiama  ad  uova  di  insetti  acquaioli  e  deposte  sui  corpi  snbaquei, 
cioè,   nel  caso  esemplificato,   sui  gusci  di  Tellina  calcarea. 

Particolarissimo  è  ben  raro,  se  non  unico,  è  l'esempio  di  maschi  ostetrici,  i  quali,  cioè, 
sieno  incaricati  dalla  femmina  di  portare  seco  le  uova,  che  la  femmina  stessa  depone  sul  loro 
corpo,   come  avviene  dai  Serphus,   Emittori  acquaioli,  di    dimeusioui    piuttosto    grandi,    che  fre- 


l'adulto  e  gli  atti  tei:  la  conservazione  della  specie 


511 


queiitano  le  aoque  e  ili  cui    una    specie  dell'America  settentrionale    (fig.  533)    ha    precisamente 
queste  abitudini,  cioè  la  femmina  depone  le  sue  uova  sul  dorso  del  maschio,  abbastanza  recalci- 
trante a  questo  incarico  ed  il    maschio  le  deve  portare 
con  se  fino  alla  loro  schiusura. 

Delle  uova  poi  ad  incubazione  totalmente  aerea  e 
deposte  secondo  speciali  aggruppamenti  su  corpi  di- 
versi in  piena  aria,  abbastanza  si  è  detto  in  precedenza 
rei  agli  esempi  già  recati  di  maniere  diverse  di  fissa- 
zione e  disposizione  delle  uova  si  può  aggiungere  una 
abbastanza  irregolase,  dove  la  sostanza  glutinosa  che 
serve  alla  adesione  dell'uovo  è  così  abbondante  che  forma 
un  piccolo  cono  su 
cui  l'uovo  giace  ed 
aderisce  tena  cernente 
(fig.  539). 


Fig.  531.  —  Uova  diverse  di  Efemeridi 
del  Nord-America.  A,  di  Seplagenia 
pitlchella  ;  B,  di  Tricorythus  allertili  ; 
C,  di  Ephemerella  rotonda.  Molto  in- 
granditi. Da  Haven  Morgan. 


Fig.  532.  —  Uova  di  Aphelocheirus 
montadoni  (Emittero  Eterottero 
figurato  già  a  fig.  292,  E),  de- 
poste su  una  conchiglia,  la  Tel- 
lina calcarea.  Grand,  nat.  Da 
Ussing. 


Oltre  a  que- 
ste differenze  so- 
stanziali se  ne 
possono  rilevare 
altre  secondarie, 
considerando  più 
paratamente  gli 
ambienti  in  cui 
le  uova  sono  de- 
poste   e  si  sviluppano,  cioè  ad  es.  per  quelle  a  vita  aerea,  se    sieno  entro   terra 

o  fuori  di  questa,  ma  più  o  meno  nascoste  in  ambienti 
cimisi  o  se  all'aperto  e  come  e  quanto  celate  e  pro- 
tette. 

E  circa  il  grado  e  maniera  di  protezione  si  rilevano 
diversità  anche  nelle  uova  a  vita  subacquea.' 

Vediamo  dunque 
anzitutto  la  diversa 
maniera  di  ovoposi- 
zione  e  conosceremo 
poi     l'ambiente,      che 


accoglie  le  uova,  cioè 


Fig.  533.  —  Serpiate  sp.  Ci- 
mice d'acqua  dell'Aure  - 
rica  settentr.  Maschio  re- 
cante Bui  dorso  le  uova 
depostevi  dalla  sua  fem- 
mina. Grandezza  natii r. 
Da  Kellog. 


Fig.  531.  —  Uova  di  un  Emittero  Ete- 
rottero (Tingitide),  del  gen.  Corythuca 
della  California,  disposte  su  un  pezzo 
di  foglia  ed  incollatevi  da  un  pic- 
colo ammasso  di  sostanza  appicicca- 
ticcia  bruna.  Ingrand.  circa  12  diam. 
Da  Kellog. 


il  nido,  nel  quale  si 
svolgono  le  nuove  esi- 
stenze. 

Ovoposizione.  —  La 
maniera  di  deposizione 
delle  uova  è  in  stretto 
rapporto,  come  bene  si  comprende,  colla  struttura  degli  organi  genitali  esterni  della 
femmina  o  con  altri  sussidiari,  poiché  a  questi    organi    appunto  è  assegnata    la 
funzione  di  disporre  le  uova  nelle  condizioni,  in  cui  debbono  permanere  fino  alla 
schiusura  del  neonato. 


A  proposito  della  conformazione  e  struttura  degli  organi  genitali  esterni  della  femmiua 
degli  Insetti,  per  quanto  si  appartiene  all'atto  della  prolificazione,  si  è  già  osservato  nel  voi.  I 
(pagg.  294  a  310)  che  l'armatura  genitale  femminile  può  essere  nulla,  quando  cioè  non  esistono 
particolari  modificazioni  degli  ultimi  articoli  addominali  attoruo  all'apertura  sessuale;  oppure 
semplice,  se  piccole  modificazioni  dei  detti  articoli  sono  manifeste,  ma  non  hanno  rapporto  ne- 
cessario colla  deposizione  delle  uova.   Di  ovopositori  si  può  parlare,   invece,  quando  gli  uriti   peri- 


512  CAPITOLO    QUINTO 


vulvari  sono  particolarmente  accomodati  alla  l'unzione  della  deposizione  delle  uova,  ma  però  in 
ambienti  aperti  o  di  poca  resistenza  alla  penetrazione  e  finalmente  sono  da  ricordare  le  terebre 
(trivelle,  succhielli,  seghe,  ecc.),  in  cui  taluni  uriti  perivulvari  sono  particolarmente  induriti  e 
modificati,  così  da  poter  incidere  o  forare  corpi  resistenti,  nei  quali  devono  essere  allogate  e 
uova. 

Si  può  dunque  giudicare  dal  solo  esame  degli  organi  sessuali  esterni  della 
femmina,  circa  la  maniera  di  deposizione  delle  uova  e  dei  modi  di  protezione 
loro.  Bisogna  però  tener  conto  di  quelle  cause  di  variazione,  che  dipendono  dal- 
l'impiego di  organi  sussidiari,  tipicamente  con  ufficio  ben  diverso,  ma  intanto 
impiegati  anche  in  aiuto  della  deposizione  delle  uova  da  parte  della  femmina. 
In  questi  ultimi  casi  gli  orgaui  genitali  esterni,  con  ufficio  nella  ovoposizione, 
possono  essere  anche  semplificati  tanto  da  rientrare  nel  gruppo  degli  ovopositori 
o  delle  armature  nulle,  anche  per  specie  le  cui  uova  si  trovano  allogate  entro 
corpi  resistenti,  pei  quali  sarebbe  del  caso  una  trivella  per  intaccarli- 

Conttittociò,  queste  maniere  di  deposizione  delle  nova,  che  sembrano  aberranti,  si  possono 
ricondurre,  più  o  meno  bene,  alle  altre  più  comuni,  ammettendo  che  l'impiego  di  altri  organi, 
nel  senso  anzidetto,  si  debba  ascrivere  piuttosto  alla  formazione  del  nido,  anziché  alla  semplice 
deposizione  delle  uova,  ed,  in  questo  caso,  alla  fabbricazione  del  nido  l'insetto  impiega,  il  più 
spesso,  ben  altri  organi  che  i  soli  genitali  esterni. 

L'esempio,  che  dà  maggiormente  luogo  a  discussione  (sempre  al  li  fuori  di  ciò  che  avviene 
in  seno  alle  Società)  è  quello  presentato  dai  Curculionidi,     fra  i   Coleotteri,    pei  quali    si    vede 

che,  per  certe  specie,  scelto  od  accomodato  uu  ambiente  opportuno 
ad  accogliere  le  larve  future  e  nutrirle,  le  femmine  degli  Insetti, 
che  ciò  hanno  fatto,  vi  praticano  un  foro  profondo,  mercè  il  rostro  e 
vi  possono  penetrare  col  loro  capo  allungato  e  quivi  dispongono, 
nel  fondo  del  foro,  uu  uovo  previamente  partorito  e  raccolto  coi  loro 
organi  boccali.    L'atto    diverso   di    queste    femmine  da  quelle  della 

.,.      .„-       „  i    j  11        grandissima   maggioranza    degli    Insetti    è,    adunque,    nell'impiego 

r  tg.  o3a. —  Punteruolo  delle  00  °  ire 

Nocelle     {Balauinus    nu-      degli  orgaui  boccali    e    del    capo  per  trasportare  le  uova  dal  punto 

ciim).  Ingrandito.  ^i    deposizione  alla  loro  definitiva  dimora.  Tutti  gli  altri   atti,  come 

pertinenti  sia  alla  ovificazione  che  alla  costruzione  del  nido,  trovauo 

analogie   in   consimili   funzioni  presso  la  maggioranza  degli  Insetti. 

In  generale  i  Rincofori  o  Curculionidi,  come  sono  detti,  hanno  il  capo  prolungato  più  o 
meno  in  una  appendice  cilindrica,  lunga  e  sottile,  al  cui  estremo  stanno  gli  organi  boccali  (ma- 
sticatori). 

Talora  il  capo  è  allungato  in  un  sottile  cilindro,  che,  come  è  nei  nostri  Balaninus  (fig.  535), 
può  superare  il  corpo  stesso  in  lunghezza.  In  taluni  Curculionidi  esotici,  come  ad  es.  nelle  specie 
del  genere  Juthianhitius  (J.  zamiae  Thumb.,  del  Capo  di  Buona  Speranza),  il  capo  è  ben  quattro 
volte  più  lungo  del  corpo  e  sottilissimo;  nel  Ludovix  attenuatila  Fabr.  del  Brasile,  il  capo  stesso 
è  circa  tre  volte  più  lungo    del  corpo,  ecc. 

Con  tale  organo,  che  diviene  un  vero  succhiello,  questi  Coleotteri  possono  praticare  un  foro 
ben  profondo  entro  corpi  resistenti,  ordinariamente  tessuti  vegetali,  e  quivi  deutro  mettere  un 
uuvo,  che  collocano,  nel  modo  anzidetto,  nel  fondo  stesso  del  foro  praticato,  e  nasconderlo  così 
bene  al  sicuro. 

Ootassi.  —  Gli  esempi  d'uova  abbandonate  a  caso  dalla  madre,  come  in 
generale  le  piante  fanno  pei  loro  semi,  senza  altra  preoccupazione  o  diligenza  di 
allogarle  ed  accomodarle  così  che  sieno  più  o  meno  riparate  e  protette,  sono  ben 
rari  e  si  dovrebbe  pensare  che,  in  queste  condizioni,  le  uova  stesse,  per  qualche 
virtù  i propria,  non  sieno  ricercate  o  possano  sfuggire  alle  molte  cause  di  distru- 
zione, che  le  iusidierebbero  altrimenti. 

L'Epialo  del  Luppolo  (Hepialus  hiiinli),  che  è  una  farfalla  notturna  non  rara,  lancia  le  sue 
uova,  che  sono   piccole  e  di  colore  oscuro,   all'atto  di   partorirle,    con  molta  forza,     di  guisa  che, 


I.' ADULTO    K    GLI    ATTI    PBR    LA    CONSKltVA/.ION'K    DKLLA    SPECIE 


513 


Fig.  536.  —  Una  Tipula  (T.  oleeacea  L.) 
femmina,  mentre  Rta  deponendo  le  nova. 
Grand,  nat    Da  Réanmur. 


dice  il  Pe  Geer,  esse  seminano  correre  sul  suolo  e,  come  si  comprende,  si  arrestano  ove  il  caso 
le  porta. 

Anclie   una    specie  di    Tipula,   fra  i   Ditteri,  secondo  Kirby,   proietta  le  sue  uova,   allorché  le 
partorisce,    lino  alla  distanza  di    10   pollici. 

Ma  di  j;t;iii  lunga  più  frequentemente 
le  uova  sono  allogate  dalla  madre,  secondo 
maniere  ed  in  condizioni  particolari  per 
ciascuna  specie  e  con  maggiore  o  minore 
cura  accomodate,  per  difenderle  il  più  pos- 
sibile da  ogni  pericolo. 

Delle  varie  maniere  di  aggruppamenti 
d'uova  si  è  già  discorso  a  pag.  213.  Qui 
converrà  dirne  in  particolare,  con  riferi- 
mento ai  diversi  modi  di  deposizione  ed 
alle  variatissime  maniere  di  nidi,  cioè  di 
ambienti  speciali,  appositamente  accomodati 
dalle  femmine,  per  accogliere  e  proteggere 
le  uova  ed  anche,  molto  spesso,  le  larve 
che  ne  schiudono. 

Cos'i  converrà  dire  (movendo  dai  casi 
di  maggior  semplicità  a  quelli  di  più  alta 
complicazione)  delle  uova  libere  e  sciolte, 
di  quelle  non  nascoste,  ma  aderenti  a  corpi 

o  sostanze,  «lai  quali  le  larve  neonate  possono  avere  immediato  nutrimento 
o  con  poca  pena  possono  raggiungerlo.  Si  dirà  poi  delle  uova  riparate  in 
ambienti  speciali,  sieno  essi  preparati  dalla  madre  stessa  (ad  es.,  ooteche)  od 
estranei  agli  organi  ed  alle  funzioni  materne,  per  venire  finalmente  a  quelle  nova, 
per  le  quali  la  madre  ha  creato  ambienti  opportuni  alla  loro  sicurezza,  per  tutto 
il  periodo  di  incubazione  e  questi  sono  veri  e  propri  nidi,  come  gli  altri  che 
rappresentano  il  più  alto  grado  di  complicazione  e  quindi  di  lavoro  e  di  cura 
da    parte  della  madre,    dove  non  solo  le  uova,     ma  anche    le    larve  e    le  stesse 

ninfe  trovano,  co- 
ni odamente, 
quanto  occorre 
alla  loro  esisten- 
za, cioè  nutri- 
mento e  prote- 
zione. 

Delle     uova 
libere    e    sciolte 
od      aderenti      a 
corpi  vari,  come 
delle  ooteche,   si 
è    già     detto    in 
precedenza     (pa- 
gina 213  e  segg.) 
perchè  in  questi 
casi  tutta  Topera 
materna  si  riduce  alla  scelta  di  ambiente  opportuno  per  la  prole  ed  alla  ovopo- 
sizione.  Colla  fabricazione  delle  ooteche  però  entra  in  giuoco  una  funzione  secon- 
daria, che  è  quella  appunto  della  formazione,  per  cura  della   madre,  di   uno  spe- 

A.  Brw.fse.  Gli  Inietti,  II.  —  65. 


Fig.  537.  —  By- 
drophilus  picena 
L., femmina, che 
costruisce  1  a 
ooteca.  Sono 
rappresentati  i  diversi  momenti  del  lavoro.  Ri- 
dotto meno  della  meta  della  grand,  nat.  Da 
Lyon  net. 


SI  4 


CAPITOLO    QUINTO 


ciale  involucro  protettore,  entro  il  quale  sono  messe  le  uova.  Con  ciò  il  passaggio 
ai  nidi  è  evidente. 

Giacché  si  tratta  qui  della  finizione,  che  spetta  come  ultimo  compito  alla  madre,  a<*li 
esempi  citati  a  pag.  215  di  ooteche  diverse  e  dei  modi  di  loro  formazione,  conviene  aggiun- 
gere una  parola  a  proposito  della  maniera  usata  dall'Idrofilo  (il  nostro  più  grosso  Coleot- 
tero, che  frequenta  le  acque  dolci)  del  quale  si  è  figurata  la  ooteca  a  fig.  199,  senza  però  dire 
come  essa  venga  fabricata  dalla  femmina.  Si  tratta  di  una  specie  di  bozzolo  di  sostanza  sericea 
segregata  da  ghiandole,  che  sboccano  all'estremo  addome,  all'apice  di  due  tubercoli  bruni.  La 
femmina  sta  alla  superficie  dell'acqua,  arrovesciata  sul  dorso  ed  attaccata  ad  una  foglia  sciolta 
e  fluttuante,  contro  la  quale  posa  il  ventre.  Così  stando  e  mercè  opportuni  movimenti  dell'ad- 
dome, essa  fa  un  tessuto  a  guisa  di  feltro,  che  ricopre  l'addome  stesso  e  di  poi,  girandosi,  la 
femmina  segrega  un  altro  foglio  feltrato,  che  attacca  pei  margini  al  precedente.  Ne  riesce  cosi 
un  sacco,  nel  quale  la  femmina  introduce  il  suo  addome  e  depone  una  cinquantina  d'uova,  di- 
sposte regolarmente,  colla  punta  in  alto,  come  si  vede  a  fig.  199,  A.  Si  tratta  ora  di  chiudere 
il  sacco,  il  che  l'insetto  fa  col  trattenerlo  all'apertura  mercè  le  zampe  posteriori  e  filando 
sull'apertura  stessa  dei  fili  sericei,  col  solito  mezzo.  Cosi  anche  è  formato  una  specie  di  co- 
perchio, a  cono  molto  aouto  e  puntuto,  ed  è  appunto  questa  punta,  che  sporge  fuori  d'acqua 
mentre  tutta  la  restante  ooteca   vi  rimane  immersa.   Tutto  ciò  si  vede  a  fig.   537. 

Anche  l'involucro  di  sostanza  gelatinosa,  che  avvolge  le  uova  di  taluni  Ditteri  acquaioli. 
come  ad  es.  dei  Chironomus,  secondo  quanto  si  è  fatto  già  vedere  a  fig.  196.  può  considerarsi 
peruna  speciale  maniera  di  ooteca.  Per  questi  Ditteri,  talora,  le  masse  d'uova  sono  emesse  senza 
più,  ma  per  quelle  che  hanno  forma  di  filamento  ed  appartengono  a  determinate  specie,  la  fem- 
mina tocca  coll'estremo  addome  qualche  corpo,  che  sia  sul  pelo  dell'acqua,  segrega  un  piccolo 
filamento  gelatinoso,  che  vi  aderisce  e  si  continua  col  nastro  d'uova,  che  essa  ha  nel  ventre; 
poi,  allontanandosi  la  femmina,  il  filamento  suddetto  si  trae  dietro  tutto  il  nastro  d'uova, 
che  viene,  così,  a  fluttuare  nell'acqua,  sostenutovi  negli  stratL  più  alti  dal  filamento  di  sospen- 
sione. 

Nidi  d'uova. 


Diciamo  ora  della  costruzione  od  adattamento  di  speciali  ambienti  e  del- 
l'impiego di  mezzi  vari,  seguiti  dagli  Insetti  per 
comporre  alle  proprie  uova  un  conveniente  riparo, 
ove  esse  possano  maturare  e  schiudere.  Qui  si  dirà 
solo  di  cotali  nidi  per  le  uova  e  dopo  tratteremo 
di  quelli  più  complessi,  nei  quali  la  madre  provvede 
alla  esistenza  della  futura  larva,  per  tutta  la  sua 
vita  in  tale  stadio  e  che  potrebbero  essere  detti 
nidi  pedotrofici. 

Tra  le  speciali  maniere  di  protezioni  delle  uova,  dipen- 
denti da  sostanze  diverse,  anche  non  di  origine  materna,  ma 
dalla  madre  raccolte  dall'ambiente,  merita  di  essere  citato 
il  nido  così  fatto  da  piccole  Cicadelle  del  genere  Risteropteron, 
ad  es.  dal  comune  H.  apterum  (fig.  538)  anche  perchè  questi 
piccoli  nidi  sono  comuni  sulle  corteccie  di  piante  diverse  ed 
attraggono    spesso  l'osservazione  anche  dell'agricoltore. 

Si  vedono  spesso,  adunque,  sui  tronchi  o  sui  rami  più 
grossi  di  piante  diverse,  anche  fra  le  coltivate  (Vite,  alberi  da 
frutto,  ecc.)  delle  piccole  masse  di  terra,  giallognole,  ovali, 
lunghe  qualche  millimetro,  le  quali,  se  si  rimuove  delicatamente  la  terra  che  le  ricopre  e  che  la  fem- 
mina vi  ha  disposto,  raccogliendola  mercè  organo  apposito  situato  sull'estremità  del  suo  addome, 
si  vedono  risultare  da  un  certo  numero  (da  8  a  10 )  di  uova,  molto  regolarmente  collocate  in  due 
serie  longitudinali  (fig.   538). 


Fig.  538.  —  Nido  di  Eisteropteron 
apterum  su  corteccia  di  Vite. 
A,  nidi  in  grandezza  naturale; 
da  quello  più  basso  sono  schiuse 
le  larve)  ;  B,  ingrandito  circa 
4  diam.  e  tuttavia  contenente 
le  larve  ;  C,  dopo  la  schiusimi 
delle  nova  (stesso  iugrand.). 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


515 


Fig.  539.  —  Embia  major  Imins  dell'Himalaia.  La  pih  grande 
specie  della  famiglia.  A,  femmina  prona  ;  a,  1°  articolo 
tarsale,  in  cui  sono  gli  organi  sericipari  ;  B,  maschio  prono. 
Accanto  souo  le  rispettive  grandezze  natur    Da  Inims. 


Allorché  esse  sono  sohiuse,  il  nido  si  vede  perforato  da  due  serie  longitudinali  di  piccoli 
fori,  da  cui  sono  sortiti  i  neonati. 
La  specie  è  affatto  innocua  e  perciò 
i  timori,  ehe  tali  oorpioiattoli  non 
mancano  qualche  volta  di  eccitare 
negli  agricoltori,  che  non  ne  cono- 
scono la  causa  e  l'origine,  sono  del 
tutto  ingiustifioati. 

Una  specie  aitine,  \'H.  grylloides, 
si  è  già  figurata  a  fig.  501  e  può 
dare  idea  dell'insetto,  molto  simile, 
di  cui  si  è  ([ili  illustrato  il  nido  e 
delle  sue  dimensioni. 

Il  caso  di  uova  deposte  da  In- 
setti su  siiperfici  di  natura  varia  e 
quindi  ricoperte  di  tìli  di  seta  per 
protezione,  è  raro,  mentre  si  è  ve- 
duto occorrere  assai  di  frequente, 
invece,  fra  i  Ragni. 

Molti  Psocidi  (Copeognati)  fanno 
nidi    a    questa    maniera,  con  protezione  di    seta  più  o  meno    fitta,    qualche    volta   molto  densa, 

tal'altra  di    radi  fili,  che    difendono    assai    debolmente 
le     uova  su  cui  souo  tesi. 

Non  diversamente  si  comportano  le  Ernbie,  piccoli 
insetti,  collocati  molto  bassi  nella  scala  entomologica 
e  di  cui,  in  talune  specie,  la  femmina  è  attera,  mentre 
il  maschio  è  fornito  d'ali  (fig.  539);  in  altre  am- 
bedue gli  individui  sono  senza  ali. 

I  fili  di  seta,  che  ricoprono  le  uova  (fig.  540;  sono 
prodotti  dalla  madre  mercè  ghiandole  sericipare,  che 
si  trovano  nel  primo  articolo  tarsale,  molto  ingros- 
sato perciò,  degli  arti  del  1.°  paio  (fig.  539,  a),  e 
sia  questo  un  esempio  di  ghiandole  confinate,  sericipare, 
da  aggiungersi  a  quelli  indicati  a  pagg.  534-537  del 
volume  I. 

Accanto  alle  maniere  di  nidi  ora  descritte  si  pos- 
sono annoverare  quelli  che  fauno  le  femmine  di  pa_ 
recchie  specie  di  Coccidei,  le  quali  ricoprono  le  loro 
uova  e  le  circondano  di  delicatissima  peluria,  fatta  da 
esilissirni  filamenti  di  cera,  che,  nel  loro  insieme,  costi- 
tuiscono una  massa  di  aspetto  cotonoso  e  quivi  poi  si 
celano  anche  le  larve.  Questa  è  la  maniera  di  nidi 
fatti  dai  Pneudocccrits,  Putrì  noria  e  da  altre  Cocciniglie 
(fig.  341).  Per  queste  specie,  le  ghiandole  ciripare 
sono  distribuite  su  tutto  il  corpo  (vedi  voi.  I,  pag.  497 
e  segg.). 

Altre  specie,  però,  di  Coccidei  usano  circondare  le 
loro  uova  con  una  polvere  finissima  di  cera,  che  esse 
segregano  da  particolari  ghiandole  cutanee  (vedi  voi.  I, 
pag.  499).  Talora  accade  che  sul  mucchio  d'uova  par- 
torito dalla  femmina  in  sito,  dove  essa,  è  fissa  e  che 
stanno  quindi  sotto  il  suo  ventre,  la  madre  muore,  dopo 
essersi,  grado  a  grado,  vuotata,  in  modo  che  il  suo 
corpo,  ormai  ridotto  ad  una  squama  esile  e  secca,  ri- 
copre il  cumulo  delle  uova  e  serve  loro  di  protezione. 
Le  larve,  che  nascono  a  suo  tempo,  fuoriescono  da  così 
fatti  ripari,  che  possono  restare  vuoti  e  secchi  sul  posto. 
Cosi     fanno    i     Lecanili     (lìg.     .=.42).     In     un'altra    grande  famiglia    di     Cocciniglie,   cioè  nei    Dia 


f^pBm 

r^u 

tm       -  .>       «ss 

m     ®    ;'rT? 

m      j  -"-'ir     f- 

R  1    ?/  1 

0m 

BBàfc*.  -^5           *             A 

,j_3fll 

m  uìj;._  s.       *£         j^ 

Fig.  540.  —  Uova  di  Embia  major  come 
sono  deposte.  Il  primo  è  schiuso  e 
l'ultimo  mostra  il  foro,  da  cui  è  sor- 
tito uno  speciale  Imenottero  emlo- 
fago  (Embidobia).  Sopra  le  uova  souo 
disposti  filamenti  di  seta.  Ingr.  circa 
18  diaiu.  Da  Inims. 


Fig.  541.  —  Pseudococcus  oitri,  femmina 
mentre  sta  filando  la  cera,  per  fab- 
bricare il  nido  su  una  foglia.  Molto 
ingrandita.  Da  Berlese. 


516 


CAPITOLO    QUINTO 


spiti  (fig.  543),  a  proteggere  le  uova  nel  modo  anzidetto  non  solo  sta,  in  misura  varia,  la  pol- 
vere di  cera,  ma,  ancora,  lo  scudo  protettore  della  madre,  cbe  sotto  vi  è  morta,  e  che  si 
trova  raggrinzita  e  disseccata  sotto  lo  scudo,  nella  sua  parte  anteriore,  mentre  il  rimanente 
del  vuoto  è.  occupato  dalle  uova. 

Ovisacco.  —   Una    speciale  maniera  di  protezione  delle  uova  appartiene  ad  altre  Cocciniglie. 


Fig.  542.  —  Un  Coccideo  Lecauite  (Lecaiiium 
oleae);  I,  iu  grand,  uat.,  su  un  rametto  di 
Limone  ;  II,  Sezione  longitud.  di  femmina 
ingrandita,  per  mostrare  le  uova  raccolte 
sotto  il  corpo  C,  tra  questo  ed  il  sottostante 
ramo.  Da  Berlese. 


:''ir> 


// 


Fig.  543.  —  Un  Coccideo  Diaspite  (Parlatorio  Zi- 
zyphl)  femmina.  /,  vista  dal  dorso  su  parte  di 
foglia;  //,  dal  ventre  cou  tutto  lo  scudo  pro- 
tettore, a,  corpo  della  femina  (e,  e,  e,  scudo). 
d,  velo  ventrale  dello  scudo  ;  ì>,  ammasso  di 
cera  in  granuli  ;  tra  questo  ed  il  corpo  della 
femmina  stanno  le  uova.  Molto  ingrandito.  Da 
Berlese. 


Mentre  talune,  per  ricoprire  le  uova,  formano  un  involucro  di  cera,  di  aspetto  cotonoso  più  o- 
meno  denso  (Pseitdococcu»,  Pulviiiaria)  e  con  ciò  si  potrebbero  ricordare  accanto  alle  Embie  ed  ai 
Psocidi  già  visti,  salvo  la  natura  della  sostanza  protettrice,  altre  filano  cera,  formando  un  vero 
sacco  a  pareti  molto  fitte  ed  abbastanza  resistenti.  Questo,  ovisacco  (o  mamupìo  come  e  detto 
da  qualche  autore),   è,   talora,   molto  vistoso  ed    elegantemente    costrutto,    e    può  essere  adagiato 


r1"'1  Vi  "  ''■ 


Fig.  544.  —  Tre  specie  di  Cocciniglie  nostrali,  le  cui  femmine  fauno 
['ovisacco  di  cera  filata  A,  Orthezìa  insignis  Dougl.  ;  B,  Orthezia 
urticae  L.  (dal  Newstead)  ;  C,  Ieeri/a  purchaeei  Mask.,  veduta  di 
lato.   La  grand,  natur.  di  ciascuna  è  indicata  in  a. 


sull'oggetto  su  cui  la  femmina 
posa  immobilmente  (foglia, 
corteccia  della  pianta)  come 
avviene  ad  e»,  per  le  Icerya 
(fig.  544  C),  oppure,  se  la  fem- 
mina è  più  locomobile,  esso 
risulta  come  una  appendice 
del  corpo  stesso  (Orthezia, eoe.} 
fig.  544  B)  e  com  la  femmina 
porta  con  .sé  questo  tubulo,  più 
o  meno  lungo,  segregato  dalle 
ghiandole  sericipare  del  suo 
estremo  addome,  nel  quale, 
come  in  una  scatola  a  pareti 
soffici,  vengono  ad  accumu- 
larsi le  uova,  mano  mano  che 
sono  espulse  dal  corpo  e  quivi 
si  conservano. 


In  altri  casi,  come  mostrano  altri  Coccidei  (Philippia,  Euphilippia)  la  femmina  e  le  sue  uova 
sono  tutte  insieme  contenuti  in  un  involucro  di  cera,  filato  dalla  femmina  matura,  che  ripara  così, 
colle  uova,   anche  il  corpo  della  madre. 

Qui  può  essere  citato  anche  quel  modo  di  protezione  delle  uova,  che  usano  certe  farfalle 
se  ne  è  brevissimamente  detto  già  a  pag.  217),  le  quali  ne  ricoprono  i  muochietti  con  peli,  ohe 
si  staccano  dal  loro  corpo,  a  ciò  appunto  destinati  e  che  se  ne  vengono  mano  a  mano  che  le  uova 
sono  deposte,  si  mescolano  a  queste  e  finalmente,  con  uno  strato  più  abbondante,  le  ricoprono 
tutte  e  difendono  benissimo,   come   un   soffice  feltro,   anche  dal   freddo  invernale  (fig.   545). 


L'ADULTO    K    SU    Airi    l'KIt    LA    CONSKKVA7.IONK    DICLLA    SPKCIK 


517 


Il  Chinaglia  ha  dimostrato  che  i  peli  ilei  corpo  di  tali  Farfalle,  ad  es.  dei  generi  Euprotti*, 
Limantria,  eco.  hanno  degli  speciali  uncini,  così  disposti  che  l'un  pelo  si  attacca  agli  altri  e  cos\ 
lo   trae    con     sé,   di     modo    che    tutta  la     massa    se     ne    viene,   come    fa     la     stoppa  dalla  rocca, 

e  la  farfalla,  con  opportuni  movimenti  dell'addome,  distri- 
buisce cosi  questa  massa  di  peli,  che  lo  si  staccano,  molto 
uniformemente  sulle  uova  che   depoDe   (lig.   546). 

Nidi  d'uova 
entro  corpi 
resistenti.  — 
Qui  sono  neces- 
sarie alla  fem- 
mina armature 
genitali,  che  imi- 
tano benissimo 
certi  nostri  uten- 
sili, come  suc- 
chielli, seghe, 
ecc.  (vedi  voi.  I, 
pagg.  298-30 1), 
quando  il  lavoro 
di  incisione  di 
corpi  duri  non 
sia  effettuato  od 
aiutato  da  altri 
organi  all'in  fuori 
dei  genitali  e- 
sterni. 
Gli  ambienti,  che  offrono  resistenza  ad  essere  compenetrati  e  nei  quali  molti 

Insetti  depongono  le  loro  uova,  sono:  il  terreno;  tutte    le    parti  viventi  o  morte 

dei  vegetali  e  quin- 


Fig.  545.  —  Limantria  dispai-  L., 
femmina,  che  sta  deponendo  le 
uova  su  un  tronco  di  Leccio. 
Grand,  nat.  Da  Berlese. 


II 


Fig.  546.  —  Euprovtis  chrysorroea.  I,  fem- 
mina in  grandezza  naturale,  mentre 
abbaudona  la  peluria  dell'estremo 
addome  (da  Berlese)  ;  II,  porzione 
dei  peli,  che  veugono  filati,  molto  in- 
granditi. Da  Chinaglia. 


di  anche  legnami, 
semi  secchi,  ecc., 
ed  infine  sostanze 
varie,  comunque  mo- 
dificate, ma  di  ori- 
gine organica. 

Ovoposizione 
entro  terra.  — 
Come  i  nostri  stru- 
menti di  lavoro  del 
terreno  sono  più 
grossolani  e  meno 
perfezionati  degli 
utensili  per  la  la- 
vorazione del  legno, 
così  accade  che  le 
armature  genitali 
femminili  degli  In- 
setti, destinate  a 
perforare  il  terreno, 

sono  certamente  meno  delicate  e    fini  di  quelle  che  hanno  per  iscopo,  invece,  la 
compenetrazione  o    l'incisione  di    parti  diverse  dei  vegetali,   fresche  o  secche. 


Fig. 547. 


Dectieus  alliitroiis  femmina,  mentre  depone  Io  uova  uel  terreno. 
Grandezza  naturale. 


518 


capitolo  quinto 


Il  più  bell'esempio  ed  ovvio  di  apparato  genitale  esterno  femmineo,  al  quale 
esclusivamente  è  assegnato  il  lavoro  di  escavazione  del  terreno  è  quello  mostrato 

dagli  Acrididi  tutti  e  da  taluni   Locustidi,  fra  gli  Ortotteri. 


A  pag.  302  del  voi.  I  tali  organi  degli  Acrididi  sono  descritti 
e  figurati  abbastanza.  Qui  ricordiamo  solo  cbe  si  tratta  (fig.  548) 
di  quattro  pezzi  cintinosi  conici  ed  acuti  più  o  meno,  cbe  godono 
di  movimenti,  per  cui  si  accostano  e  scostano  fra  loro  come  possono 
fare  le  prime  quattro  dita  della  nostra  mano  quando  se  ne  avvici- 
nino in  blocco  e  se  ne  allontanino  le  estremità.  Con  tali  movimenti, 
reiterati  abbastanza,  e  facendo  forza  sull'estremo  addome  e  rigiran- 
dosi a  cercbio  su  sé  stesse,  le  femmine  degli  Acrididi  giungono  a 
praticare  un  foro  cilindrico  in  terreni  anche  durissimi,  anzi  in  questi 
sciolti,   cbe    non    sono    i    preferiti    dall'insetto    per   affidarvi   le  sue  uova 


Fig.  548.  —  Estremo  ad- 
dome di  femmina  di  un 
Acridide  (Calyptamua),  coi 
pezzi  cintinosi  a,  a,  che 
servono  a  scavare  il  ter- 
reno. Ingrandito.  Da  Ber- 
lese. 


molli     e 


più    che    nei 
(fig.   477). 

Per  verità,  a  voler  essere  esatti,  tutto 
l'addome  dell'Acridio,  in  questa  opera  di 
trivellazione,  può  essere  paragonato  piut- 
tosto ad  una  nostra  perforatrice  ad  aria 
compressa  che  ad  altro  utensile,  poiché,  con 
un  addome  ad  es.  non  più  lungo,  in  ri- 
poso, di  5  centimetri,  come  è  nell'Acridio 
migratore  (Schistocerca  peregrina)  il  foro 
nel  terreno  misura  ben  8  centim.  (secondo 
vide  Kiinckel  d'Herculais,  che  descrive 
assai  bene  il  processo  di  ovivitìcazione),  il 
che  vuol  dire  che  l'addome  stesso,  nel  la- 
voro, si  allunga  di  3  centimetri  ed  a  far 
ciò  concorre  l'aria  che  l'insetto  accumula 
nel  tubo  digerente  e  fa  pressione  entro 
l'addome.  L'insetto  ne  regola  a  volontà  il 
gioco.  Nel  foro  la  madre  depone  le  sue 
uova  e  le  riveste  della  speciale  ooteca  (se- 
condo quanto  si  è  detto  in  precedenza, 
a  pag.  305),  cioè  emettendo,  entro  il  foro> 
sempre  occupato  dall'addome,  una  sostanza 
fluida,  viscosa,  che  agglutina  la  terra 
delle  pareti  del  foro  e  subito  dissecca, 
iniziando  quel  sacco,  a  pareti  liscie  inter- 
namente, in  cui  insieme  vengono  depost" 
le  uova,  ordinatamente  e  che  si  allunga 
sempre  più,  man  mano  che  l'addome,  per 
la  diminuita  pressione  interna  dell'aria,  si 
ritrae.  Finalmente,  a  cannello  compiuto, 
la  femmina  vi  forma  sopra  il  tappo,  colla 
stessa  materia  viscosa  e  la  deposizione  e 
così  ultimata  (fig.   202,  A). 

Anche  molte  Locuste,  come  ad  es.  i 
Deeticus  (fig.  547),  la  comune  nostra  L. 
viridissima  L.,  le  Ephippigera,  i  Couoce- 
phalim,  ecc.,  depongono  le  loro  uova  entro 
terra,  ma  esse  non  fanno  che  immergere 
profondamente  il  loro  ovopositore,  il  quale, 
cosi,    non   ha    struttura  fondamentalmente 

troppo  diversa  da  quella   delle  altre  specie  della  famiglia  (Phaneroptera,  ecc.), 
invece,   per  abitudine,   di  incidere  il  legno  o  parti   varie  delle  piante,   per     ivi 


11 


Fig.  549.  —  Deposizione  di  nova  da  parte  di  un  Lo- 
cnstide  del  Nord-America  {Microcenirus  retinervil 
Burnì.)-  I.  rametti  e  foglie  di  Limone  colle  nova 
in  sito;  II,  femmina  in  atto  di  deporre  (vedi 
anche  fig.  198).  Grandezza  nat.  Dagli  Autori 
nord-americani. 


le     quali, 

allogare 


hanno, 
le    loro 


l'adulto  k  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


519 


Fig.  550.  —  Femmina  «li  Panorpa 
communÌ8  L. ,  che  depone  le  uova 
in  terra.  Grandezza  uatnr.  Da 
Taschemberg. 


uova.   Le  Locuste  non  fanno  ooteche  e  le  uova  sono  lasciate,  ordinate  o  sparse,  nel  foro  praticato 
dall'ovopositore. 

Il  Fabro  descrive  bene  l'ovoposizione  del  Deotieus  albifrons 
(fig.  547),  che  immerge  l'ovopositore  per  qualche  centimetro 
entro  terra  e  colà  lascia  un  certo  numero  d'uova  ammuc- 
chiate. L'operazione  è  ripetuta  più  volte.  I  fori  poi  sono  co- 
perti ed  accecati,  alla  meglio,  con  terra  smossa  mercè  l'ovopo- 
sitore stesso. 

Le  larve  nascono  nell'estate  seguente  e  sono  coperte  di 
quella  membrana  amniotica,  di  cui  si  è  detto  a  pag.  219. 
Esse  fuoriescono  di  terra,  aiutandosi  col  lavoro  dell'nm- 
polla  cervicale  (pag.  218),  ed  all'aperto,  rigettano  la  sottile  tu- 
nica che  le    avvolge. 

Le  specie  di  Locuste,  che  depongono  le  uova  sulle  parti  verdi  delle  piante  hanno  un  ovopo- 
sitore assai  piìi  corto  (fig.  549)  e  fornito  di  dentelli  lungo  l'orlo 
apicale,  quasi  come  una  sega.  Le  nostre  comuni  Fanerottere  mo- 
strano il  miglior  esempio  di  cosiffatti  ovopositori  (Hg.   495). 

Anche  le  Panorpe  ed  altri  Neurotteri  affini  depongono  le  uova 
entro  terra,  scavandosi  dapprima  una  cameretta,  in  ciò  probabil- 
mente impiegando  gli  organi  boccali,  che  sono  appunto  accomodati 
all'apice  di  un   muso  molto  allungato  (fig.   550). 

Vedremo  più  innanzi,  come  per  la  maggior  parte  degli  Insetti, 
che  fanno  i  loro  nidi  sotterra,  siano  destinati  alla  escavazione  anche 
altri  organi,  oltre  ai   genitali. 

OVOPOSIZIONE    ENTRO    I    LEGNAMI    SECCHI    O     VERDI. 

—  Alcuni  Insetti  non  fanno  che  perforare  od  incidere  i 
legnami  secchi  o  verdi  o  tuttavia  in  vegetazione  e  ciò 
mercè  il  solo  ovopositore.  Altri  si  aiutano  con  altri  or- 
gani, ma  taluni,  appunto,  col  concorso  di  altri  mezzi, 
scavano  delle  vere  e  proprie  gallerie,  in  cui  la  madre 
stessa  o  l'uno  e  l'altro  sesso  insieme,  possono  penetrare  e  quivi  avviene  la  ovo- 
posizione.  In  tale  caso,  non  esiste  una  speciale  armatura  ge- 
nitale, atta  ad  intaccare  il  corpo  duro,  perchè  ciò  è  fatto  con 
altri  organi,  mentre  la  ovoposizione  avviene  semplicemente 
colla  distribuzione  di  uova  su  una  superficie. 


Fig.  551.  —  Oecanthus  pel- 
lucens tìcop.  In  grandezza 
naturale.  A,  femmina;  B, 
maschio. 


Gli  Insetti,  che  ricorrono  al  solo  ovopositore  per  intaccare  il  legno  (od 
altri  corpi  resistenti)  sono  intanto  quelli  ad  apparato  boccale  succhiatore 
(ad  es.  Emitteri,  Lepidotteri,  Fisapodi),  ma  ve  ne  sono  anche  fra  i  gruppi 
ad   apparato  boccale  lambente  e  masticatore. 

Fra  gli  Emitteri,  moltissime  sono  le  specie,  sia  di  Omotteri  che  di 
Eterotteri,  le  cui  femmine,  mercè  la  loro  armatura  genitale,  perforano 
il  legno  secco  o  verde  e  nella  escavazione  introducono  le  loro  uova. 

Fra  gli  Omotteri,  tutte  le  Cicale  e  molte  Cicadelle  hanno  tali  abitudini. 
È  ovvio  incontrare,  in  fine  d'estate  e  più  tardi,  rametti  secchi,  bene 
esposti  all'aria,  ad  es.  gli  apici  di  pali  di  sostegno,  nei  vigueti,  ne1 
campi,  ecc.,  tutti  perforati  da  '  innumerevoli  piccoli  buchi,  quali  sareb- 
bero fatti  da  un  sottilissimo  succhiello  o  da  un  grosso  ago,  che  in- 
taccasse   il     legno     senza   asportarlo. 

Tali  perforatore,  ooll'orlo  molto  sfrangiato  itig.  553,558),  sono  dovute 
appunto    all'ovopositore    dello    comuni     Cicale,  ed  anche  a  quello  di  altri 

Insetti,  sopratutto  Ortotteri  Locustidei  sopraricordati  od  oM'Oecanthus  pellucens  (figg.  175,  551). 
Le  piante,  nelle  vicinanze  delle  acque  stagnanti  o  fuoriuscenti  da  queste,  sono  cosi  intaccate, 
Della  parte  loro   legnosa,   ila  Ile   femmine  dei  Libellnlidi.  Queste,  quasi  seni'       tuttavia  trattenute  pel 


Fig.  552.—  Spaccato 
di  un  tralcio  di 
Vite  con  entro  le 
uova  di  Oecanthus 
pellucens.  Grand, 
nat.  Da  Berlese. 


520 


CAPITOLO    QUINTO 


collo  dal  maschio,  mercè  il  forcipe  dell'estremo  addome 
(fig.  556,  A),  come  è  avvenuto  nella  precopula  e  nell'ac- 
coppiamento, incidono  ad  intervalli  regolari  (/?),  a  mezzo 
del  loro  ovopositore  le  piante,  sopratutto  nei  fusti  le- 
gnosi, nei  peduncoli  dei  fiori,  ad  es.  di  Ninfea,  che  spor- 
gono sopra  le  acque  stagnanti,  e  discendono  lungo  i 
fusti  stessi,  fino  a  continuare  la  deposizione  anche 
stando  immersa  totalmente  nell'acqua  (fig.  554).  In  tale 

caso,  perchè  l'insetto  possa 
respirare,  il  suo  torace  è 
avvolto  da  una  grossa 
bolla  d'aria.  Così  avviene 
che  ledette  parti  di  piante 
sono  tutte  perforate  da 
una  serie  regolare  di  buchi 
equidistanti,  entro  i  quali 
stanno  le  uova  (fig.  555, 
556,  B). 

In  molti  casi,  come 
ad  es.  pegli  Ortotteri  e 
pei  Libellulidi  sopracitati, 
entro  ciascun  buco  sta 
riparato  un  solo  uovo  al- 
lungato (figg.  552,  555,  B). 
Ma  in  altri,  ad  es.  per 
talune  Cicale,  Cicadelle 
od  Emittori  Eterotteri,  il 
buco  mette  in  una  ca- 
meretta (fig.  558,  II)  con- 
tenente più  uova.  La  Ci- 
cada  septendecim  (fig.  557) 
scava  nel  legno  una  duplice 
cameretta,  entro  la  quale, 


Fig.  553.  —  Porzione  di  un 
rametto  di  una  pianta 
colle  caratteristiche  pun- 
ture della  Cicada  Kepten- 
decìm  L.  d  i  America. 
Grandezza  naturale.  Da 
Riley. 


Fig.  554.  —  Deposizione  delle  uova  da 
parte  di  un  Libellulide  Agriouide. 
La  femmina  sta  ovitìoando  anche 
sott'acqua,  tuttavia  trattenuta  dal 
rispettivo  maschio,  su  un  peduncolo 
florale  di  Ninfea.  Circa  metà  della 
grandezza  nat.  Da  Wesemberg-Lund. 


di  qua  e  di  là, 


lungo  le  pareti,  sono  ordinatamente  disposte  le  uova,  l'ima  sull'altra,  in  due  masse 
di   uguali   dimensioni. 

Tutti  i  Teutrediuei,  fra  gli  Imenotteri,  sono  cosi  detti 
perchè  le  loro  femmine  portano  un  apparato  perforante  al- 
l'estremo addome  (vedi  voi.  I,  pagg.  303,  304)  ed  esso  è  una 
vera  e  propria  sega  (fig.  559),  colla  quale  sono  agevolmente 
intaccate  anche  le  parti  legnose  dei  vegetali.  I  Tentre- 
dine! intaccano  solo  parti  verdi  delle  piante;  sia  fusti,  come 
foglie,   ecc. 

A  questo  proposito  non  posso  trattenermi  dal  riportare 
qualche  brano  delle  belle  osservazioni  del  nostro  Vallisnieri 
sulla  Hylotoma  paguna  F.,  quella  che  egli  chiama  Mosca 
rosisega  e  che  datano  dal  1745,  a  cui  nessuno,  ch'io  sappia, 
anche  in  osservazioni  recentissime  (1914)  sullo  stesso  argo- 
mento ha  pur  aggiunto  alcun   che  di  nuovo. 

11  Vallisnieri  descrive  minutamente  ed  assai  bene  la  sega, 
ohe  si  trova  all'estremo  addome  delle  femmine  e  mostra, 
anche  con  figura,  come  essa  sia  composta  di  tre  parti,  cioè 
due  valve  laterali,  che  sono  quelle  dure  ed  annate  di  dentelli, 
le  vere  seghe,  ed  una  impari  centrale,  tubnliforme,  che  è 
l'ovopositore  vero,  traverso  il  quale  scorrono  le  uova.  (Per 
maggiori  particolari  su  questi  organi  e  loro  derivazione  dai 
segmenti  addominali,  vedi  voi.  I,  pagg.  303,  304).  Tutto 
questo  apparecchio  sta  nascosto,  in  riposo,  entro    una  stretta 


Fig.  555.  —  Spaccato  di  rametto 
di  salice  contenente  uova  di  Li- 
bellulide del  Nord  America  (,Jr- 
chilesles  californica).  Le  uova  sono 
introdotte  nella  zona  cambiale. 
A,  ingrand,  nat.;  B,  molto  ingran- 
dito.   Da    Hammilton  Kennedy. 


l'adulto  e  oli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


521 


fessura,  longitudinale,  ohe  è  al  ventre,  nell'estremo  addome,  come  la  lama  di  un  temperino 
chiuso  è  celata,  almeno  in  parte,  nel  manico.  Al  momento  opportuno  tutto  l'ordigno  è  protruso 
U'  esterno. 

Le  due  valve  sono  arcuate  a 
falce  e,  nell'orlo  concavo,  armate  di 
dentelli,  come  sono  le  seghe;  ciascun 
dentello,  però,  è  eBso  pure  dentico- 
lato. Sulla  loro  faccia  esterna  le 
valve  stesse,  in  corrispondenza  di 
ciascun  dente,  hanno  delle  serie  tras- 
verse di  spinette,  destinate  a  me- 
glio dilacerare  i   tessuti   vegetali. 

La  Tentredine  pratica,  con  mo- 
vimenti alternati  di  va  e  vieni  di 
ciascuna  valva  dentata,  una  inoisnra 
lineare  (fig.  560,  I)  nel  senso  longitu- 
dinale del  rametto  del  Rosaio,  su  cui 
opera,  ed  il  Vallisnieri  molto  bone 
e  minutamente  descrive  gli  sforzi, 
che  fa  l'insettuccio,  per  intaccare  il 
corpo  resistente  e  per  deporre,  via 
via,  le  sue  uova,  di  qua  e  di  là 
nella  fessura  così  praticata,  eia 
scuna  in  una  propria  celletta.  Poi, 
la  madre  stessa  manda  fuori  un  ab- 
bondante liquido  caustico,  che  si  di- 
stribuisce sulla  fessura  praticata  e  ne  impedisce  il  riinarginamento,  anzi  determina  la 
mortificazione  dei  tessuti  e  la  conseguente  spaccatura  longitudinale  del  rametto.  Le  uova  deposte 
aumentano  di   volume  durante  l'incubazione,   mentre  intanto  il  rametto,  offeso   nella   parte  incisa, 


A  B 

Fig.  556.  —  Deposizione  delle  uova  per  parte  di  Libellulidi. 
(Altro  Archilettes  del  Nord-America).  A,  la  coppia  mentre 
la  femmina,  depone  ;  o,  cicatrici  di  uu  anno  sulla  cor- 
teccia ;  b,  di  due  anni.  Grand,  nat  —  B,  modo  di  dispo- 
sizione delle  uova.  Ingrandito.  Da  Hammilton  Kennedy. 


i 


'  i  ì3 


1  II  I : 


■  m 


<»•   ÉS 


f 


I  II 

Fig.  557.  —  Cicada  sep'eniìcvini  L.  e  sua  ovoposizione.  I,  A,  la  femmina  adulta  vista  di  lato,  in 
'"  grand,  nat.  ;  o,  l'ovopositore.  B,  apice  dell'ovopositore  molto  ingrandito,  o,  a,  posizione  rispet- 
tiva delle  due  metà  dell'ovopositore  nell'atto  di  forare  il  legno;  molto  ingrandito;  C,  uovo  con 
entro  l'embrione,  accanto  è  la  sua  grandezza  natur.  —  li,  rametti  coi  nidi  d'uova.  A,  nido  ve- 
duto dall'esterno  della  corteccia;  B,  spaccato  del  rametto,  per  mostrare  la  doppia  serie  di  uova; 
C,  spaccato  di  lato  dello  stesso.  Ingranditi  circa  due  volte.  Da  Riley. 

si  spacca  e  cosi   fa  vedere,   di  qua    e  ili  là,     le  uova     ordinatamente    disposte,   secondo  mostra  la 
fig.   560,11  dove  sono  riportati   esattamente  due  disegui  originali  offerti  dal  Vallisnieri.. 

In  modo  non  diverso  si  comportano  gli  altri  Tentredine!,  che  depongono  le  uova  nelle  parti 
fresche  dei  vegetali,  salvo  notevoli  differenze  nell'effetto  sull'organo  della  pianta  attaccato  e  fe- 
rito, del   che  si   dirà  a  suo  tempo. 


A.  Hkrlkse,  Gii  Insetti,  II. 


522 


CAPITOLO    QUINTO 


I  li 

Fi».  558.  —  Uova  deposte  entro  il  legname.  I,  eia  parte  della 
"cicala  comune  (Cicada  plebeia  L.).  A,  porzione  di  fusto 
colle  caratteristiche  incisioni  in  grandezza  nat.  ;  B,  lo 
stesso,  piti  ingrandito  ed  in  parte  (a)  spaccato  per  ve- 
dere le  uova.  II,  spaccato  di  mi  rametto  con  un  nido 
d'uova  di  Emittero  Eterottero,  Ligeide,  dell'America  set- 
tentrionale (Poecilocapsus  lineatili).  Molto  ingrand.  Da 
Slingerlaud. 


I  Siricidi  (fig.  561)  hanno  un 
ben  robusto  ovopositore,  cosi  pure 
formato  a  sega,  non  dissimile  da 
quello  delle  Cicale,  colle  quali  con- 
vergono nell'  abitudine  di  deporre 
le  uova  entro  legnami  secchi,  sal- 
vochè,  pei  Siricidi,  le  larve  riman- 
gono a  vivere  in  questo  ambiente. 

I  più  appariscenti  esempi  di 
ovopositori  vistosi,  atti  ad  intaccare 
i  legnami  ed  altri  corpi  resistenti, 
sodo  offerti  dagli  Imenotteri  endo- 
fagi,  sopratutto  della  famiglia  degli 
Icneumonidi  e  dei  Braconidi.  Le 
femmine  delle  più  grandi  specie  di 
Icneumonidi,  ad  es.  del  genere 
Rhyssa,  sono  Insetti  di  dimensioni 
notevoli  ed  hanno  un  ovopositore 
lungo  parecchi  centimetri.  Ad  es., 
una,  fra  le  specie  maggiori,  la  Thu- 
ìessa  lunator  Fabr.,    del    Nord-Ame- 


rica, la    cui  femmina  perfora  i  legni  secchi,  per  raggiungervi 

entro  le  larve  dei  Siricidi  (fig.  562,  I),  misura  circa  3  cent,  di 

lunghezza  ed  ha  un  ovopositore  lungo    oltre  6  centim.  (e  che 

durante    lo    stato    ninfale    è  curiosamente  rigirato  attorno  al 

corpo  della  ninfa  stessa;   fig.   562,   B). 

La  nostra  Rhyssa  peisuasovia  F.  è  di  poco  minore. 
Questi  Imenotteri  hanno  apparecchi    di  perforazione  così 

lunghi 
pe  rchè  co- 
sl  pos- 
sono rag- 
gimi g  ere 
i  bruchi 
ed  altre 
larve  di 
Insetti  an- 
nidate en- 
tro il  le- 
gno verde 
o  secco  e 
deporre  le 
uova  en- 
tro le  lar- 
ve stesse 
quantun  - 

que  assai  bene  riparate.  È  facile  vedere  qual- 
che specie  dei  nostri  Ononidi  (gruppo  degli 
Icneumonidi)  in  atto  di  deporre  così  le  uova 
ad  es.  traverso  il  legno  del  tronco  o  dei  grossi 
rami  di  salici,  in  cui  alloggiano  le  larve  di 
taluni  Lepidotteri.  L'operazione  di  far  pene- 
trare il  lungo  ed  esilissimo  ovopositore,  si 
compie  abbastanza  rapidamente  e  fa  meravi- 
glia il    vedere    come   giunge  ad    entrare    nel 

legno    il    sottile    apparecchio,   che  non   è  più  grosso  di  un   crine. 

'    L'insetto  incurva  questa  sua  trivella  (6g.   562,  I)  e    con   leggieri  movimenti  oscillatori  e  con 


Fig.  559.  —  Seghe  di  Tentredinei 
diversi  (tutti  Australiani),  molto 
ingrandite. 

A,  di  Perya  dorsalis  ;  B,  di  Phy- 
lacteophaga  euca'ypti  ;  C,  di  Phi- 
lomastis  glaber  ;  D.  di  Plerygo- 
phorus  cinetus.  Da  Froggatt. 


I 


II 


Fig.  560.  —  Bylotoma  pagana  Fabr.  Tentredineo  no- 
strale, ohe  depone  le  sue  nova  sui  fusti  e  rametti 
di  Rosa.  I,  in  atto  di  deporre  ;  II,  riproduzione 
di  due  disegui  del  Vallisnieri,  mostranti  rametti 
di  Rosa,  colle  uova  della  Hylotoma  in  sito.  A,  dopo 
qnalohe  giorno  dalla  deposizione,  il  rametto  co 
miucia  ad  aprirsi;  B,  dopo  molti  giorni;  il  - 
metto  e  già  spaccato  e  le  nova  ingrossate, 
granditi  due  volte. 


ru- 
lli- 


L'ADULTO    E    GLI    ATTI    l"KR    I.A    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE 


523 


una  costante  pressione  la  fa  penetrare  abbastanza  presto  nel  leguo,  a  laggiuugere  la  vittima,  che 
lia  scoperto  e  sente  sebbene  cosi  riparata.  Intanto,  mentre  il  filamento  mediano  dell'organo, 
i  oè  il  vero  ovopositore,  entra  nel  legno,  i  due  laterali  (valve),  cbe  non  hanno  se  non  ufficio 
protettivo  dell'ovopositore,  restano  di  fuori,  ricur- 
va! i  attorno  all'estremo    addome. 

l'iii  facilmente,  ma  nello  stesso  modo,  altri 
[onenmonidi  perforano  (fig.  563)  i  bozzoli,  in  cui 
sono  racchiuse  le  crisalidi  di  molte  farfalle  od 
altri  ripari  protettori  per  altri  Insetti,  come  ac- 
cade di  tutti  quei  picooli  Calciditi,  che  inquinano 
le  Cocciniglie  del  gruppo  dei  Diaspiti,  traverso  il 
follicolo  che  le  difende  od  altri  insetti  più  grossi, 
pur  riparati  entro  resistente  bozzolo  di  seta  (fig.  564). 

Anche  i  Cinipedi  hanno  un  robusto  ovopositore 
ed  in  talune  specie  esso  è  ben  lungo.  Questi  Imenot- 
teri depongono  le  uova  entro  le  parti  verdi  delle 
piante.  Gli  effetti,  però,  delle  punture  e  della  pre- 
senza delle  larve,  che  nascono  dalle  uova,  sono  tali 
che  merita  di  trattarne  specialmente,  ciò  che  si 
farà  a  suo  luogo,  poiché  ne  vengono  quelle  galle, 
bitorzoli,  tubercoli,  ecc.,  tanto  singolari  e  che  meri- 
tano bene  di  essere  conosciuti  con  una  certa  larghezza. 

Fra    i    Coleotteri    si  trovano  molte    specie  for- 
nite di  ovopositore,    capace  di  incidere  corpi  duri.   I  Ditiscidi  mettono  le  loro  uova  nelle  piaute 
sott'acqua    (fig.  565),    meutre    molte    altre  speoie,  a  vita  totalmente    aerea,  in  modo  analogo  le 
nascondono  entro  il  legno  delle  piaute,   nei   campi,   boschi,   ecc. 


Fig.  561.  —  Sirex  gigas  L.,    femmina  in 
grandezza  nat.,  veduta  dal  dorso. 


I  II 

Fi".  562.  —   Thalesua    lunator    Fabr.,  grandissimo     Iohueuinouide    dell'America    settentr.    I,  la  fem- 

°  mina  mentre  sta  perforando  un   ramo    d'albero,  per    raggiungere    la    sua    vittima    nascosta    nel 

legname  e  deporvi  un  uovo.  —  II,  A,  estremità  dell'ovopositore  molto  ingranditi;  II,  B,  la  sua 

ninfa  (in  grandezza  nat.)  per  mostrare  come  è  avvoltolata  la  guaina  dell'ovopositore    attorno  al 

corpo.  Da  Riley. 

Anche  taluni  Ditteri,  sopratutto  dei  più  bassi  e  minuti,  come  sono  i  Cecidomidi  (fig.  568) 
hanno  ovopositori  durissimi,  a  t'orma  di  stilo  o  di  lancetta,  molto  lunghi  ed  adatti  a  perforare 
tessuti  vegetali  resistenti,   entro  cui   depongono  le  loro  uova. 

In  <*enerab\  adunque,  può  essere  detto  che  tale  maniera  di  deposizione  è  esemplificata  presso 
tutti  i  gruppi  di  Insetti  e,  quindi,  anche  la  speciale  conformazione  degli  organi  genitali  acces- 
sori delle  femmine. 

Ovoposizione  entro  foglie,  fiori,  frutti.  —    Mercè    un    complesso    di 
orfani  meno  robusti,  ina  con  analogo  effetto,  sono  praticate,  da  parecchie  specie 


524 


CAPITOLO    QUINTO 


Fig.  563.  —  Una  Pimpla.  Altro 
Ichneumonide,  la  cui  femmina 
perfora  i  bozzoli  di  grosse  far- 
falle, per  raggiungere  la  crisalide 
e  deporvi  dentro  il  suo  uovo. 
Dagli  autori  nord-americani. 


di  Insetti    ferite  varie  e  variamente  profonde  alle  toglie,  ai    fiori    ed    ai    frutti. 

Troviamo  esempi  di  tale  maniera  di  ovoposizione 
presso  tutti  gli  ordini  di  Insetti,  oltre  quelli  già 
ricordati  negli  Imenotteri. 

Così  varie  specie  di  Ditteri,  ad  es.  del  gruppo  dei  Tri- 
petali hauno  gli  estremi  articoli  dell'addome  attenuati  in 
modo  da  formare  una  trivella,  che,  in  stato  di  riposo,  è  tutta 
nascosta  eutro  V  addome  e  si 
protrae  solo  al  momeutodel 
bisogno  (fig.  566).  Xe  sia 
esempio  la  troppo  comune 
inoscadelleolive,  che  incide 
le  olive  e  vi  depone  entro 
un  uovo,  uel  modo  che  tutti 
sauno  (fig.  567). 

In  maniera  analoga  si 
comporta  la  massima  parte 
delle  Cecidomie  (fig.  568), 
che  sono  moscerini  piccolis- 
simi, molti  dei  quali  vivono, 
allo  stato  di  larva,  eutro  le 
foglie,  i  fiori  (fig.  569),  le  frutta  ed  altre  parti  verdi  delle 
piante,    là    dove    la  madre,   mercè  il    suo  ovopositore,  talora 

molto  lungo  e  robusto,  ha 
deposto  le  sue  uova.  Anche 
frale  Cecidomie  molte  spe- 
cie sono  gallogene  o  ceci- 
dogene,  come  si  dice,  e  se 
ne  tratterà  più  tardi. 

Le  femmine  dei  Fisa- 
podi  sono  tutte  fornite  di 
appaiati  adatti  alla  per- 
forazione delle  parti  verdi 
delle  piante,  sia  che  il  loro 
addome  si  prolunghi,   cogli 

ultimi  segmenti  assottigliati,  iu  un  tubulo  rigido  e  resistente 
(Tubuli feri),  sia  che  rechi  una  vera  e  propria  sega,  non  troppo 
diversa  da  quella  già  ricordata  dei  Tentredinei  (Terebranti). 
Con  tali  organi  le  Tripidi  incidono  le  parti  verdi  dei  vege- 
tali, sopratutto  foglie,  per  deporvi  entro  le  uova  (fig.  570). 
Il  Burla  (1911),  che  ha  fatto 
uno  studio  molto  accurato  della 
ovoposizione  e  schiusura  delle 
larve  della  Beliothrips  hacmor- 
roidalis,  mostra  che  la  femmina, 
dopo  praticata  l'incisione  della 
foglia  e  depostovi  l'uovo,  vi  di- 
stribuisce sopra,  a  difesa,  un 
suggello  di  sostanza  escrementi- 
zia, che  chiude  il  foro  praticato 
e  che  è  rimosso  dalla  larvetta  al 
suo  nascerne  (fig.  570,  D). 

Anche    talune  specie   di  I.e- 


Fig.  564.  —  Colevpistia  nematieida 
Pack.  Imenottero  nord-ameri- 
cano, piccolo  parassita  di  un 
Tentredineo  (Lygonematus  erie.h- 
soni  Hatg). 

A,  mentre  depone  il  suo  uovo, 
dopo  aver  perforato  il  bozzolo 
della  vittima,  ingrandito  circa 
2  volte  ;  II,  parte  anteriore  del 
bozzolo  aperto,  molto  più  in- 
grandito, mostrante  parte  della 
larva  vittima  con  attorno  (a)  le 
uova  del  parassita.  Da  Gordon 
Hewitt. 


Fig.  565. 


Dytiscut  marginali!. 
I,  femmina  mentre  sta  depo- 
nendo le  uova  su  un  fusto  di 
pianta  subacqua  ;  —  II,  una 
parte  di  foglia  di  pianta  ac- 
quatica colle  uova  dello  stesso, 
in  sito.  Grand,  nat.  Da  Blunck. 


Fig.  566.  Mosca  delle  oli- 
ve (Daciis  oleae  Rossi) 
femmina  coll'ovopositore 
estroflesso.  Ingrandita  cir- 
ca 4  diam.  Da  Berlese. 


pidotteri,  specialmente  Microlepidotteri,  ad  es.  dei  generi 
varia,  ecc.,    hanno    un    ovopositore    foggiato 


Pronuba,   Micropteryx,   Inorar. 

modo    da  poter    in  cidere  parti  molli  di  piante. 


L  ADULTO    K    OLI     AITI     l'KIt    LA    CO.NSKRVAZIONIC    DKI.I.A    SPBCIR 


525 


In  generale  l'ovopositore,  molto  allungabile,  e.  terminato  da  una  lamina  chitinosa,  dentata  a 
sega,  colla  quale  può  avvenire  l'incisione.  L'ultimo 
articolo  dell'ovopositore  stesso,  che  fuoriesce  dai  prece- 
denti, è  lungo,  cilindrico  e  colla  epidermide  dell'estrema 
parte  fornita  ili  serie  di  dentelli  rivolti  indietro,  per 
impedirne  la  facile  fuoriuscita,  quando  è  ormai  pene- 
trato nei   tessuti  vegetali. 

Le  figure  qui  unite  (tìg.  571)  si  riferiscono  alla 
Pronuba  yuvcastHa  Ril.  (del  Nord-America),  che  depone 
le  sue  uova  nel  pistillo  dei  fiori  di  Yucca,  entro  cui 
si  svolgono  le   larve,   a  spese   dei  semi. 

È  da  credersi  che  questo  modo  di  ovoposizione  sia 
più  diffuso,   fra   i   Microlepidotteri,    di  quanto  si   sa. 


\ 


Preparazione  del  nido  coll'aiuto  di 
altri  organi  oltre  ai  perigenitali.  sì 


II 
Fig.  567.  —  Mosca  delle  Olive, 
femmina  mentre  sta  perforando  l'epi- 
dermide di  un'oliva,  per  deporvi 
l'uovo,  molto  ingrand.  —  II,  Sezione 
dell'oliva  nel  punto  della  ferita,  per 
mostrare  l'uovo  deposto.  Anche  più 
ingrand.  Da  Berlese. 

è  già  avvertito  che  la  escava- 
zione di  corpi  resistenti,  da 
parte  di  femmine,  che  vogliano 
deporvi  entro  le  nova,  è  prati- 
cata,    da     talune    specie,     col 

Fig.  568.  —  Due    Cecidomie    femmine  molto  ingrandite,  per  mezzo    di    altri    Orfani    che    non 
mostrare    il    loro    ovopositore   (le  croci  rappresentano  la  ' 

grandezza  natur.).    I,  Diplosis    tritici    prona  (da  Corti*)  ;  s]eno   quel   complesso    di     pezzi 

II,  Contarinia  p.jrh-ora.  di  lato  (da  Marcimi).  duri,  i  quali  circondano    e    Sono 

in  rapporto  coll'estrema  vagina. 
Questi  organi  ausiliari  sono  quelli  della  bocca  o  gli  arti  anteriori. 

Si  è  già  detto  che  la  speciale  conformazione  del  capo, 
allungato  più  o  meno  nei  Rincofori,  è  appunto  in  rapporto 
con  questa  funzione  ausiliaria,  poiché  è  precisamente  co^li 
organi  boccali,  situati  all'estremità  del  capo,  che  la  femmina 
pratica  il  foro,  più  o  meno  profondo,  entro  corpi  di  resistenza 
varia,  in  fondo  al  quale  foro  essa  poi  depone  le  uova.  Anche 
le  uova  sono  dalla  madre  raccolte  e  pre-e  colla  bocca  e  così 
portate  entro  il  foro  antecedentemente  preparato. 

Così  lavora  ad  es.,  il  Bhynchite»  ;</«)■  Fairm.  allorché 
depone  le  uova  nelle  olive.  La  femmina  pratica,  col  rostro, 
un  buco  nella  polpa  dell'oliva,  nella  quale  il  rostro  stesso 
penetra  solo  fino  all'inserzione  delle  antenne,  così  è  raggiunta 
anche  la  parete  del  nocciolo,  perchè  in  luglio,  epoca  della 
deposizione  delle  uova,  l'oliva  è  tuttavia  piccola.  Nel  foro, 
così  praticato,  la  femmina  depone  il  suo  uovo  e  lo  spinge 
addentro  mercè  il  rostro.  La  larva,  appena  nata,  finisce  per 
per  forare  il  nocciolo,  tuttavia  tenero  e  si  alloga  nella  man- 
dorla. Non  troppo  diversamente  si  comportano  i  Balaniiiim, 
che  attaccano  le  tenere  nocciole  (fig.  572). 

Ma   il  lavoro,   che   fanno  taluni  Bhynchitea   è,    talora,  più 


Fig.  569.  —  Fiore  di  Melo,  che  sta 
per  aprirsi  e  mostra  in  o  le 
uova  della  Cecidomia  {Conta- 
rinia pyri rora  Ril.)  depostevi 
quando  esso  era  ancora  chiuso. 
Ingrand.  circa  3  diametri.  Da 
Marchal. 


526 


CAPITOLO   QUINTO 


JB 


J? 


• 


M 


m 


Fig.  570.  —  Heliolhrips  haemorroidalis  Bonché.  A,  Femmina, 
che  ba  immerso  la  terebra  iu  una  foglia,  dalla  pagina 
superiore,  per  deporvi  un  uovo.  —  B,  Sezione  longitud. 
mediana  di  una  foglia,  nella  regione  ove  fu  deposti 
l'uovo  (cbe  resta  nel  vano  bianco  (a).  Sopra  è  accennato 
il  suggello  escrementizio  (e).  —  C,  Pezzo  di  foglia  di  Yi- 
burnuìii,  che  contiene,  nel  suo  parenchima,  un  embrione, 
del  quale  si  vede  sporgere  la  testa  (a)  e  cbe  fa  un  ri- 
lievo {!>).  E  rimosso  il  suggello  escrementizio.  —  D,  Em- 
brione, che  sta  uscendo  dalla  foglia.  Tutte  le  figure  sono 
molto  ingrandite.   Da  Buffa. 


complesso,  allorché  preparano  un  nido  speciale,  iu  cui  la  larva  può  nutrirsi.    Ad    es.  il    comune 
Rhyiichites  alni  L.   (fig.  574,  I)   o  Sigaraio  della  Vite,  comincia  dall'incidere  il  picciolo  delle  foglie 

di  Vite,  sì  cbe  queste  si  afflosciano 
e  pendono  verticalmente  ;  di  poi 
sono,  parimenti  col  mezzo  della 
bocca,  intaccate  le  nervature  prin- 
cipali, così  che  la  lamina  fogliare 
comincia  a  raccogliersi  su  sé  stessa. 
Allora  il  Rincbite,  aiutandosi  colle 
zampe,  attorciglia  la  lamina  stessa 
pel  lungo,  cominciando  da  un  lembo 
laterale  ed  avvolgendola  su  sé  stessa  a 
spira,  longitudinalmente (lig.  574,  II) 
del  tutto  come  si  pratica  per  formare 
un  sigaro  (fig.  573),  donde  il  nome 
toscano,  volgare,  venuto  all'insetto. 
La  lamina,  così  avvolta,  è  via  via, 
trattenuta  da  bava  appiccicaticela, 
cbe  il  coleottero  emette  dalla  bocca. 
Nel  viluppo  così  fatto  la  femmina 
depone,  man  mano,  qualche  uovo,  pur 
senza  interrompere  il  lavoro  di  tra- 
zione della  lamina  fogliare  e  senza 
abbandonarla  colle  zampe.  È  degno 
di  nota  il  fatto  cbe,  durante  questo 
lavoro,  da  parte  della  sola  femmina, 
il  maschio  si  trattiene  sulla  foglia 
stessa,  che  la  femmina  sta  avvolgendo,  non  la  aiuta  però,  ma  non  manca  di  avvicinarla  a  più 
riprese  e  ricercarne  l'accoppiamento,  cbe  essa  subisce  senza  interrompere  la  sua  opere.  Sembra, 
dunque,  che  ciascuD  uovo  debba  essere  fecondato  con  un  accoppiamento  per  sé.  Nel  sigaro,  ormai 
disseccato  e  caduto  a  terra,  si 
svolgono  le  larve,  rimanendo 
nel  nido  sino  alla  maturanza, 
nutrendosi  della  foglia  secca. 
Le  gallerie  entro  i  le- 
gnami secchi,  le  quali  sono 
fatte  dalle  femmine  di  Co- 
leotteri lignicoli,  come  ad  es. 
Bostricbidi  e  Xilofagidi,  ven- 
gono praticate  coll'aiuto  degli 
organi  boccali  ed  anche  delle 
zampe  anteriori. 

La  galleria  materna  cioè  la 
escavazione  fatta  nella  cortec- 
cia o  nel  legno  dalla  madre 
(fig.  575,  a)  è  di  varia  forma, 
lunghezza,  ecc.,  a  seconda 
della  specie,  ma  è  sempre  bene 
distinta  dalle  gallerie  secon- 
darie, che  praticano  poi  le 
larve,  ognuna  per  proprio 
conto  (gallerie  larvali,  b  li).  V. 
appunto  entro  la  galleria  ma- 
terna che  la  femmina  depone  le  proprio  uova,   con   varia   ootassi    a  seconda  della  specie. 

Non  diversamente  vanno  considerati  quei  nidi,  talora  molto  vistosi,  che  sono  praticati  entro 
terra,  da  insetti  dis-ersi,  dove  però,  avvenuta  la  schiusnra  delle  uova,  non  è  apportato  alcun 
cibo  alla  nutrizione  delle  larve,  ma  queste  subito  si  disperdono,  ciascuna  per  suo  conto,  per 
provvedere  a  sé. 


I  II 

Fig.  571.  —  Pronuba  yuccasella  Eli.,  piccola  farfalla  americana,  che 
depone  le  sue  uova  nei  pistilli,  entro  i  fiori  dellaFucca  filamen- 
tosa. —  I,  Diverse  parti  dell'ovopositore  della  femmina,  ecc. 
A,  estremo  addome  (a)  della  femmina  mentre  sta  fuoruscendo 
l'ovopositore  (b)  dal  segmento  basale;  bt,  porzione  della  sua  epi- 
dermide ingrandita  ;  d,  segmento  terminale  colla  sua  squama 
apicale  seghettata  (/)  che  si  vede  più  ingrandito  in  B  ;  g,  parte 
estrema  dell'ovidutto,  flessibile;  C,  uova;  ci,  coll'embrione  già 
sviluppato.  —  II.  Sezione  longitudinale  del  pistillo  di  Yucca 
molto  ingrandito  ed  aperto  per  mostrare  iu  a  la  ferita  fatta  dal- 
l'ovopositore; in  b  le  uova.  Da  Riley. 


L'ADULTO    K    GLI    ATTI    PER    I.A    CONSERVAZIONE    DKLLA    S!'h:CIK. 


527 


(Gryllotalpa   vulgaris  L.),  che,  col- 


■ 


$-"k^\ 


Fig.  572.  —  Punteruolo  delle  Nocciole  (Balaninui 
niicnm  L.)  mentre  sta  perforando  le  tenere  no- 
celle, per  deporvi  il  suo  uovo.  Grand,  nat. 


L'esempio  più  cospicuo  è  dato  dalla  comune  Grillotalpa 
l'aiuto  Bopratutto  nelle    poderosissime    zampe 
anteriori     (vedi    voi.     I,    fig.   241,     pag.  2151, 
scava  una  grande  camera  sotterranea  (Bg.  ,"> 7 H  ) 

e  ne  stipa   le   pareti.   Sul   fondo  di  questa  sono 

deposte   le   uova,   rotondeggianti   e  della  gros- 
sezza di   un  grano  di  miglio    e    stanno  in   un 

unico  ammasso,   sopra  od  accanto  al   quale  la 

madre    si    trattiene  volentieri,    per  custodirle 

tino  alla  loro  schiusa.   Si   notano  una  galleria 

di  accesso    (lìg.  577   a)  ed  una  o  più  gallerie 

secondarie  'b,  fe),   per  le  quali  l'insetto  sfugge, 

se  molestato.   Questi   nidi  si  trovano,  in  gene- 
rale, a  pochi  centimetri  nel  terreno,  che  spesso 

si  vede  sollevato  alla  superficie. 

L'ovoposizione  della  Grillotalpa   avviene, 

dunque,   senza  aiuto  alcuno  da  parte  di  organi 

genitali  secondari,  tanto  è  vero  che  l'orifizio  sessuale  è  circondato  da  pezzi  cintinosi  non  partico- 
larmente modificati  (vedi   voi.   I,   pag.   214,   fig.  333). 

Anche  i  Lauiellicorni,  fra  i  Coleotteri,  si  servono  delle  zampe 
anteriori  per  scavare  il  terreno  e  l'humus,  entro  oca  depongono  le 
uova  ed  è  usato  a  ciò  anche  il  capo,  ma  non  a  mezzo  degli  organi 
boccali,  bensì  dell'orlo  anteriore  della  fronte  (più  esattamente  pre- 
fronte),  il  quale  è  largo  e  tagliente  come  una  pala  (ad  es.  Meìo- 
lontha,  Cetonia,  ecc.),  oppure  anche  più  largo,  dentato  (Athencun), 
ecc. Quanto  alle  zampe  anteriori,  che  sono  foseorie,  la  loro  tibia  è 
allargata  e  fornita  di  robusti  denti  nella  sua  faccia  esterna  (fig.  578). 
Mercè  siffatti  organi  questi  Insetti  scavano  gallerie,  più  o  meno 
profonde,  sotterra,  talora  semplici,  per  le  specie  le  cui  larve  si  nu- 
trono di  cibo,  die  esse  stesse  possono 
facilmente  procurarsi,  perchè  ovvio  nel 
suolo,  come  radici  di  piante,  parti  le- 
gnose in  decomposizione,  ecc.,  oppure, 
più  che  di  gallerie,  si  tratta  di  camere 
ampie,  dove  alla  larva  nascitura  è 
anche  apprestato,  dalla  previdenza  della 
madre,  il  cibo,  che  il  giovane  insetto 
richiederà  fin  dalla-  sua  nascita.  Ma  di 
ciò  si  potrà  dire  più  avauti,  poiché 
questa  maniera  di  nidi,  più  complessa, 
spetta  alla  categoria  dei  pedotrofici. 

Tutte  le  specie  di  Lamellicorni,  a- 
dunque,  le  cui  larve  si  nutrono  di  so- 
stanze comuni  sotterra,  fanno  gallerie 
semplici,  per  quanto  eli  lunghezza  varia 
ed  il  più  spesso  non  piccola.  Così  il 
comune   Maggiolino     fa  una    galleria  di 

oltre  10  cent,   di  lunghezza,   in  fondo  alla  (piale  stanno,  ammassate, 

le  uova. 


; 


Fig.  573.  —Sigaro  di  foglie 
di  Vite  fatto  dal  Rhyn- 
chites  alni,  in  grandezza 
natur. 


Fig.  574.  —  Rhìjnchite»  alni. 
I,  Insetto  adulto  ingran- 
dito ed  in  grandezza  nat. 
—  II,  schema  della  se- 
zione trasversa  del  Si- 
garo, per  mostrare  come 
sono  avvolte  le  due  metà 
della  foglia  sulla  nerva- 
tura mediana  (a).  —  b,  b, 
uova  del  Rincbite.  In- 
grandito  circa  due  volte. 


Nidi  pedotrofici.  —  Gli  atti,  che  precedono  la  prolifi- 
cazione, per  le  femmine  ili  quelle  specie  di  Insetti,  che 
provvedono  non  solo  alla  sicurezza  delle  uova  nel  loro 
periodo  di  incubazione,  ma  alla  nutrizione  delle  larve, 
quando  il  loro  cibo  non  sia  naturalmente  a  loro  portata,  raggiungono  una  coni 
plessità  davvero  meravigliosa  ed    in    questi  atti  appunto  la  parte,  che  si  attri 


528 


CAPI  Idl.il    QUINTO 


buisce  esclusivamente  all'istinto,  sembra  talora  sconfinare,  per  assurgere    a    veri 

e  propri  bagliori  di  intelligenza,  per  negare  la  quale 
.  sicuramente  non  rimane  più    ormai    che    la    assio- 

matica attenuazione  del  filosofo,  che  attribuisce  al- 
l'uomo soltanto  questo  privilegio. 

Per  nidi  pedotrofici  si  intendano,  adunque, 
quegli  speciali  ambienti,  in  cui  si  sviluppano  e  vi- 
vono, fino  alla  ninfosi,  larve  d'Insetti  olometaboli, 
protette  bene  e  messe  in  presenza  del  cibo  oppor- 
tuno, ambienti  però  che  non  si  trovano  in  na- 
tura e  che  rappresentano,  invece,  una  condizione 
di  cose  od  un  prodotto  più  o  meno  specializzato  e  dif- 
ferenziato, dovuto  a  particolari  attività  della  madre. 

La  maniera  più  semplice  e  povera  di  intervento 
materno,  nella  modificazione  dell'ordinario  anda- 
mento delle  cose  naturali,  è  quella  per  cui  il  cibo  è 
apprestato  dalla  madre  alla  sua  larva  a  spese  di 
sostanze,  che,  in  natura,  nelle  condizioni  normali, 
avrebbero  altri  destini. 

Ad  es.,  gli  Insetti  necrofori  sotterrano  piccoli 
cadaveri,  che  sono,  invece,  comunemente  destinati 
alla  distruzione  sopra  terra,  per  opera  anche  di 
altri   organismi. 

Segue  un  caso  di  maggior  complicazione  allor- 
quando la  madre  sa  modificare,  al  suo  scopo,  so- 
stanze o  corpi,  che,  lasciati  invece  a  sé,  avrebbero 
altra  fine  e  la  modificazione  consente  la  creazione 
anche  per    la   protezione  alle  larve. 


Fig.  575.  —  Ramo  di  albero  da 
frutto  con  gallerie  scavate  nel- 
l'alburno da  mi  Coleottero  Scoli- 
tide  (Scolytus  rugulosiit  Doebn.), 
tolta  la  corteccia,  n,  galleria 
materna;  fi,  gallerie  larvali  ;  e, 
camere  dove  è  avvenuta  la  nin- 
fosi. Grand,  nat.  Dagli  autori 
nord -americani. 


di    nidi  opportuu 

Qui  si  pos- 
sono,adunque, 
annoverare 
queiRincofori, 
che  sanno 
incidere  foglie 
e  getti  di  pian- 
te, per  ot- 
tenere una  ra- 
pida mortifi- 
cazione, che, 
talora  è  ac- 
compagnata 
anche  da  spe- 
ciali adatta- 
menti allo 
scopo,  prati- 
cati dalla  ma- 
dre, come  si  è 
detto. 

Infine  i  nidi 


ssiSÉ 


•  ■-  --.-•■ 


Fig.  576.  —  Spaccato  longitudinale  del  nido  di  Grillotalpa,  col  suo  foro  di  in- 
gresso e  quello  di  egresso,  il  macchio  di  uova  su  cui  sta  a  custodirle  la 
femmina.  Grandezza  nat. 

pedotrofi  ci, 

più  complessi,  occorrono  per  le  specie,  le  quali,  curando  di  ovificare  in  ambienti 


L'ADULTO    B    GLI    ATTI    PK1!    I  A    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE 


529 


sicurissimi,  dove  auclie  le  larve  possano 
trovare  efficacissima  protezione,  sono  però 
costrette,  per  lo  speciale  regime  delle  larve 
stesse,  a  depositare  le  uova  insieme  al  cibo 
particolare,  che  è  necessario  alle  larve  e 
queste, 
poi,  sono 
tornite  di 
adeguati 
organi  di 
loco  m  o  - 
zione  per 
raggiun- 
gerlo. 

Si     in- 
tendeche 
questi  ambienti  così  sicari  sono  essi    stessi    creati  dalla  madre,  di  guisa  che  il 
lavoro  dell'insetto  adulto   è    duplice    e    molto  complesso:    da    un   lato  essa  pre- 


Fig.  577.  —  Schema  della  disposizione  delle 
salterio  nel  nido  di  Grillotalpa,  visto  di 
piano,  a,  galleria  di  ingresso;  b,  b,  gal- 
lerie secondarie  di  egresso;  u,  mucchio 
d'nova.  Riduz.  di  circa  metà.  Da  Del 
Guercio. 


Fig.  578.  —  Teste  e  protoraci,  colle  zampe 
(fossorie)  del  primo  paio  in  Lamel- 
licorni.  A,  di  Atheuuua  ;  B,  di  Melo- 
lontha. 


■'  - 


Fig.  579.  —  Necrofori  (Xecrophorus  veipillo  L.)  mentre  stanno  sotterrando  il  cadavere  di  nu  piccolo  Topo. 
A  sinistra  si  vede  la  larva  del  Coleottero.  Grandezza  uat.  Da  Brehm. 


para    il     nido,     dall'altro  provvede  a  depositarvi     il    cibo    per    la 
il    quale  cibo    è    esso  stesso  opportunamente  accomodato 
allo  scopo. 

È  così  fatto  un  passo  innanzi  e  ben  notevole  verso 
la  protezione  dell'individuo,  ciò  che  importa  una  possi- 
bile diminuzione  della  fecondità  della  specie,  compensata 
da  una  difesa  molto  più  efficace  delle  forme  giovanili. 


larva     futura. 


Fig.  5M>.  —  Geotrupe*  iter- 
corarius  L.  in  grandezza 
nat.  Da  Brehm. 


Ad  esempio,  nella  maggior  parte  degli  Insetti  olometaboli 
a  larve  predatrici  di  nitri  Insetti,  queste  sono  assai  bene  fornite  di 
organi  di  difesa  ed  offesa  e  locomotori,  per  poter  essere  linone 
caociatrici,  fino  dalla  nascita.  Si  tratta,  inoltre,  di  larve  melolontoidi, 
cioè  delle  più  mature  fra  le  olometaboliche. 

Ma  con   questa  Iona   per  la  esistenza,  chelalarva  deve  iniziare 
subito  e  condurre    coi  soli  suoi  mezzi,   fino  all'incrisalidamento,  le  perdite  numeriche  nelle  prò- 
genie  di  ciascuna     femmina  sono  rilevanti.     Di   qui   la  necessità    di    un'alta    misura  di  fecondità, 
a    compensare  quella    bassissima   di   rispetto  per  la  salvezza   individuale. 
A  Brrlksk.   Oli  Insetti,  II  —  17.' 


530  CAPITOLO    QUINTO 


Invece,  gli  Insetti  olometaboli  :i  larve  insettivore,  ma  le  cui  madri  si  sono  esse  stesse  inca- 
ricate «li  provvedere  tutto  il  cibo  necessario  alla  loro  prole,  per  tutta  la  durata  della  esistenza 
loro  larvale,  che  si  svolge,  intanto,  in  ambienti  molto  sicuri  pei  giovani  stessi,  possono  essere 
assai  meno  feconde,  senza  detrimento  della  conservazione  della  specie  e  la  vita  degli  individui  è 
molto  più  rispettata  e  protetta,  mentre  il  possibile  aumento  di  fecondità  si  fa  solo  a  spese  della 
maturità,  delle  forme  larvali,  che  è  tanto  minore  quanto  piti  numerosa  deve  essere  la  proli1 
per  mautenere  quell'equilibrio,   che  è  richiesto  dalle  esigenze  della   esistenza  della  specie. 

Di  questa  guisa  si  vede  che  le  forme  più  voluminose  e  che  perciò  hanno  meno  da  temere 
nel  mondo,  fanno  poche  larve  ed  abbastanza  mature  (pressoché  melolontoidi,  sebbene  deficienti 
negli  organi  della  locomozione  e  difensivi  od  offensivi)  e  ne  siano  esempio  le  Vespe  solitarie  ed 
i   grossi  endofagi. 

Le  forme  di  dimensioni  minori  o  minime,  e  quindi  soggette  a  molta  distruzione  in  tutti  i 
loro  stadi,  specialmente  in  quello  di  adulto,  pur  usando  una  efficace  protezione  alle  loro  larve, 
schiudono  dall'uovo  in  uno  stadio  molto  più  immaturo,  ad  es.  ciclopiforme,  come  si  vede  per  le 
specie  minime  di  Imenotteri  endofagi,  ma  anche  per  questi  la  protezione  dell'individuo,  allo  stato- 
larvale,   è   grandissima. 

Messi  da  parte  i  casi  di  eudofagia,  dei  quali  si  dirà  a  suo  tempo,  si  vede  che  dai  più  sem- 
plici esempi  di  nidi  pedotrolici,  traverso  i  più  complessi  sopracitati,  cioè  di  vario  grado  di  pro- 
tezione dell'individuo  allo  stato  giovanile,  si  passa,  finalmente,  all'ultimo  gradino,  cioè  ad  una 
condizione  della  massima  evoluzione,  rappresentata  da  quelle  specie,  per  le  quali  la  larva  è- 
continuamente  curata  ed  assistita  dalla  madre  ed  il  nido  fa  parte  dell'abitazioni'  stessa  dei  ge- 
nitori, (Se  ne  vedrà  esempio  a  proposito  di  talune  specie  di  Lamellicorni,  ad  es.  :  Coprin).  Più 
su  interviene  il  cenobitismo,  cine  la  vera  e  propria  Società,  del  quale  argomento  si  dirà  più 
innanzi. 

I  nidi  pedotrofici  possono  essere,  dunque,  diversamente  classificati,  a  seconda 
della  entità  dell'opera,  che  la  madre  ha  impiegato  per  apprestare  alla  larva  un 
opportuno  ambiente  di  difesa  e  di  nutrizione. 

II  caso  più  semplice  è,  dunque,  come  si  è  detto,  rappresentato  dal  fatto  che 
l'insetto  madie,  incontrata  una  sostanza  opportuna  alla  nutrizione  della  sua 
larva,  mentre  vi  affida  le  sue  uova,  la  sottrae  alle  vicende,  alle  quali  andrebbe 
soggetta  nelle  condizioni  normali  e  così  crea  anche  un  ambiente  di  protezione 
per  le  sue  larve,  ma  la  sua  opera  non  ha  in  nulla  modificato  la  natura  del  cibo 
destinato  alle  sue  larve. 

I  NbcrOFOR!  (fig.  579)  sono  Coleotteri  ili  discrete  dimensioni  e  si  chiamano  così  appunto  per 
la  loro  abitudine  di  seppellire  i  cadaveri  di  piccoli  vertebrati  (Topi,  Toporagni,  Talpe,  Uccel- 
lini, Lucertole,  Rospi,  ecc.),  sui  quali  essi  depongono  le  loro  uova.  E  notevole  che  all'opera  del 
seppellimento  intervengono  anche  i   maschi   ed  è  questo   imo  dei    rarissimi    casi,  nei  quali   questo 

sesso   prende  una  parte  qualsiasi,     negli     atti     che  accompagnano   la   proli ficazi ,     che  spettano 

alla  femmina.  Più  individui  dell'uno  e  dell'altro  sesso  collaborano  all'interramento  del  ca- 
davere, ma  poi,  accanto  a  questo,  sotterra,  a  procreare  la  famiglia,  non  rimane  che  una  coppia. 
I  collaboratori  del  seppellimento  se  ne  vanno,   compito  questo. 

L'interramento  è  praticato  nel  seguente  modo.  I  Necrofori  si  cacciano  sotto  il  cadavere  e 
mercè  le  zampe,  sopratutto,  scavano  sott'essb  la  terra  e  la  rigettano  attorno  al  cadavere  stesso) 
che  intanto  e  scosso  dagli  Insetti,  che  stanno  sotto,  i  quali,  per  rimuoverlo,  si  arrovesciano  sul 
ventre  e,  merce  colpi  di  schiena,  urtano  il  cadavere,  per  farlo  discendere  nella  escavazione  che 
viene  fatta  via  via  ed  accomodarvelo.  In  qualche  ora  anche  una    grossa  Talpa   è  seppellita  così. 

II  più  comune  Necroforo  nostrale  (Neorophoraa  veapillo  L.)  svolge  questa  sua  attività  in  pri- 
mavera, sopratutto  iu  aprile.  Dopo  una  quindicina  di  giorni  nella  massa  putrescente  del  cada- 
vere seppellito  si  incontrano  già  una  quindicina  di  larve  mature,  che  si  approfondiscono  nel 
terreno,  si  scavano  una  nicchia,  e  quivi,  in  una  decina  di  giorni,  sono  trasformate  in  ninfe. 
Nel  corso  dell'estate  l'adulto  schiude,   ma  non  prolifica  che  nella  primavera  seguente. 

Il  Fabre  ha  fatto  molte  esperienze  per  riconoscere  tino  a  qual  punto  si  estendono  le  facoltà 
istintive  dell'insetto  per  trarsi  d'impaccio  e  compiere  l'opera  sua  ricordata,  anche  in  presenza 
di  coudizioni   non   rare,   ma  presentanti   maggiori  diflioltà  del  semplice    seppellimento    di    un   ca- 


I.' vini  ni   !•:   GLI    ATTI    PKR   LA  CONSKRVAZIONE    ih:ii. a   SPECIK  531 


duvere,  <-li e  sta  su  terreno  friabile.  Il  diligente  osservatore  ha  rilevato  ohe  se  il  corpo  da  in- 
terrarti giace  su  terreno  duro  e  tale  die  non  può  essere  soavato  dai  Necrofori,  questi,  dopo  inu- 
tili sforzi  per  intaccare  il  terreno,  fauno  delle  esplorazioni,  saggiando  il  terreno  circostante 
nel  quale  fanno  delle  piccole  escavazioni,  per  riconoscerne  la  praticabilità.  Sono  i  maschi,  che 
fumo  cosi  da  esploratori  e,  quando  abbiano  trovato  ini  terreno,  molto  prossimo  e  che  faccia  al 
ea»o,  ritornano  al  cadavere  e,  d'accordo  cogli  altri,  che  sono  rimasti  ad  attendere,  tutti  insieme 
lo  spingono  e  smuovono  in  ogni  scuso,  fino  a  che,  pi  fi  presto  o  più  tardi,  lo  spostano  là  dove 
possano  scavarvi  sotto. 

Se  il  cadavere,  ciò  che  accade  di  frequente,  è  impigliato  sii  arbusti  o  ramoscelli,  a  qualche 
distanza  da  terra,  i  Necrofori  lo  raggiungono  e  tanto  lo  spingono  e  muovono,  a  colpi  di  schiena, 
da  farlo  cadere  a  terra,  dove  lo  seppelliscono  subito. 

L'intreccio  di  radici  0  di  rizomi  di  graminacee,  che  frequentemente  si  incrociano  sotterra  ed 
impedirebbero  al  cadavere  di  essere  infossato,  e,  dai  Necrofori,  dilaniato  e  strappato,  rodendo  le 
indici  colle   mandibole. 

Così  gli  Insetti  si  sono  veduti  rodere  i  legacci  che  trattenevano,  artificialmente,  i  cadaveri 
legati  a  sostegni  fuori  di  terra,  o  le  tibie  stesse  degli  animali  morti,  se  i  legacci  resistevano  alle 
mandibole  dei   Necrofori  e  così  far  cadere  i   corpi   morti,  tenuti   sospesi,   ecc. 

Insomma,  i  Necrofori  sanno  profittare  non  solo  dei  loro  mezzi  di  scavare  il  terreno,  rimuo- 
vere e  scuotere  il  cadavere,  intaccare  le  fibre  vegetali,  che  sono  tutte  necessità  della  loro  opera 
ordinaria,  ma  ne  sanno  anche  usare  variamente,  a  seconda  di  circostanze  secondariamente  di- 
verse, che  loro  occorrono;  ma,  in  casi  straordinari,  pei  qu«>li  bisognerebbe  far  ricorso  ad  altri 
mezzi,  per  superare  insolite  difficoltà  o  usare  in  modo  speciale  di  quelli  ohe  souo  alla  portata 
dell'insetto,  questo  fa  inutili  sforzi  e  non   raggiunge  lo   scopo. 

Così  si  era  affermato,  ad  es.,  di  aver  veduto  Necrofori  abbattere  (scavandone  la  base)  un 
sostegno,  su  cui  era  sospeso  un  cadavere  di  un  Rospo  e  far  cosi  cadere  a  terra  il  tutto,  ma  il 
Fabre  ha  mostrato  che  ciò  può  avvenire  se  il  cadavere,  con  qualche  sua  parte,  tocca  terra  presso 
la  base  del  sostegno  (ad  es.,  uno  stecco  piantato  in  terra),  e  ciò  perchè,  nella  escavazione  pel 
sotterramento,  anche  la  base  del  sostegno  e  smossa,  ma  non  accade  mai  se  decorre  anche  qualche 
pollice  dal  punto  ove  il  cadavere  tocca  terra  e  quello  ove  il  sostegno  è  infisso. 

Intanto,  non  è  ben  chiaro  se  i  Necrofori,  dopo  seppellito  il  cadavere,  pratichino  su  questo 
qualche  manipolazione,  per  renderne  le  carni  atte  alla  nutrizione  delle  larve.  Se  ciò  facessero, 
tutto  l'insieme  dei  loro  atti  preparatori  della  prolificazione, v,si  avvicinerebbe  anche  più  a  quello 
di   Lamellicorni  coprofagi,  che  ora   conosceremo. 

Nidificazione  dei  Lamellicorni  coprofagi.  —  Per  questi  Insetti  si 
tratta,  in  generale,  della  escavazione  di  una  galleria  o  di  una  camera  sotter- 
ranea: dell'ammassamento  in  questa  di  un  deposito  di  fimo  (escrementi  di  mam- 
miferi), il  quale  può  essere  previamente  preparato  dalla  madre,  per  riescire  ec- 
cellente alla  nutrizione  delle  larve.  Nel  detto  accumulo  di  sostanza  escrementizia 
è,  finalmente,  deposto  un  uovo. 

1  casi  variano  di  complicazione,  pel  fatto  che  la  escavazione,  da  semplice 
galleria,  assurge  ad  una  vera  e  propria  camera,  a  pareti  compresse;  la  sostanza 
raccolta  subisce  manipolazioni  di  vario  grado,  che  la  trasformano  fisicamente  e 
chimicamente  ed  inoltre  essa  può  essere  depositata  in  ammassi  informi,  come, 
invece,  modellata  in  maniere  speciali  e  con  procedimenti  molto  complicati.  Così 
si  passa  dalla  più  semplice  opera  dei  Geotrupes  e  dei  Bubas,  fino  a  quella  molto 
accurata  e  perfezionata  degli  Atheucus  e  dei   Coprili. 

Inoltre,  sembra  dimostrato  (secondo  l'affermazione  del  Fabre)  che  la  madre 
prepari  tuia  speciale  pappa,  rappresentata  da  una  sostanza  fluida  più  o  meno,  e 
che  sarebbe  stata  elaborata  nella  prima  parte  dell'intestino  della  madre  stessa 
e  di  qui  rigurgitata,  poi,  a  tappezzare  le  pareti  della  camera  scavata  nella  rima- 
nente massa  di  sostanza  non  elaborata  se  non  dagli  organi  esterni  della  madre, 
camera  nella  quale  riposa  l'uovo,  vi  aumenta  di  volume  durante  la  incubazione 
e  finalmente  schiudi'. 

Nei  primi  giorni   della  nascita,  la  larva   si  nutre  della   speciale  pappa  fluida 


532 


CAPITOLO   QUINTO 


preparata  dalla  madre  e  solo    più  tardi    essa    intacca    la  più  vistosa  massa  del 
rimanente  cibo,  cbe  le  è  apprestato. 

Le  larve  di  questi  Insetti  hanno  una  forma  (fig.  589) 
molto  strana,  perchè,  pur  mantenendo  il  generale  aspetto 
di  tutti  gli  altri  Lamellicorni,  sono  arricchite,  sul  doreo, 
di  una  vistosa  gobba,  talora  grandissima,  nella  quale 
è  compresa  una  porzione  dell'intestino,  dove  viene  ad 
accumularsi  la  sostanza  escrementizia  e  vi  permane  fino 
all'avvicinarsi  della  ninfosi. 

Allorché  la  larva  si  costruisce  il  bozzolo,  profitta 
della  camera  formata  per  la  continuata  distruzione 
nella  massa  del  cibo  preparato  dalla  madre  e  riveste 
questa  camera  dei  propri  escrementi,  che  emette  in 
piccole  pallottole,  raccoglie  subito  colle  mandibole, 
dispone  sulle  pareti  e  comprime,  volta  a  volta,  col  capo. 
Cost  la  parete  interna  del  follicolo,  ove  avviene  la  nin- 
fosi, è  molto  levigata. 

Geotrupbs  (fig.  580-582).  —  Negli  Insetti  di  questo 
«•enere  il  maschio  prende  parte  molto  attiva  alla  costru- 
zione ed  approvvigionamento  del  nido,  che  è  formato 
sempre  da  una  sola  coppia.  Questo  intervento  del  ma- 
schio è  un  fatto  degno  di  molta  attenzione,  percliè 
rappresenta  una  maniera  di  quella  collaborazione,  die 
è  il  fondamento  della  vita  sociale. 

Il  nido  è  costituito  da  una  galleria  verticale  sca- 
vata sotto  un  ammasso  di  escrementi  di  mammiferi  erbi- 
vori (Bue.  Cavallo,  Mulo;  non  di  Pecora,  data  la  tenue 
massa).  Tale  galleria,  cilindrica  è  lunga,  pel  Geotmpes 
ttercorariua  (fig.  581),  anche  trenta  centimetri  ed  ampia 
quanto  il  collo  di  una  bottiglia.  La  direzione  ed  il  ca- 
libro possono  essere  più  o  meno  alterati,  in  causa  di 
pietre  ed  altri  corpi  duri  incontrati  dall'insetto  nella 
sua  escavazione. 
In  tale  piccolo  pozzo  è  ammassata  la  sostanza,  che  dovrà  nutrire  la  larva,  cioè  gli  escre- 
menti suddetti.  Dapprima  la  femmina,  nel  fondo  del 
pozzo,  inizia  l'accumulo  e  quivi,  nel  primo  piccolo  am- 
masso (fig.  582),  scava  una  loggia  rotondeggiante,  del 
diametro  di  un  centimetro  e  mezzo  circa,  a  pareti  liscie, 
dove  è  deposto  l'uovo  (che  per  questa  specie  ha  da  7 
ad  8  mill.  di  diametro  massimo,  per  4  di  lunghezza). 
Poi,  la  nicchia  è  chiusa  dalla  madre  stessa,  che  vi 
costruisce  sopra  una  vòlta  della  medesima  sostanza.  Di 
qui  in  poi  interviene  il  maschio,  che,  rimaneudo  nel 
fondo  della  galleria,  riceve  le  bracciale  di  fimo,  che  la 
femmina  raccoglie  e  fa  cadere  nel  fondo  della  galleria, 
le  accomoda  in  strati  orizzontali,  le  comprime  con  una 
specie  di  follatura  e  cosi  il  deposito  si  innalza  nella 
galleria,  fino  all'altezza  voluta,  mentre  una  buona 
parte,  la  più  alta  della  escavazione,  rimane  poi  aperta 
e  vuota.  Durante  questo  lavoro  la  femmina  ha  avuto 
cura  di  stipare  e  quasi  cementare  le  pareti  della  gal- 
leria. L'ammasso  di  sostanza  destinata  alla  nutrizione 
della  larva  ha,  dunque,  la  forma  di  un  salsicciotto 
(fig.  581),  e  la  coppia  ne  fa  parecchi  prima  che  la 
femmina  abbia  esaurita  la  sua  attività  riproduttiva. 

Tale  lavoro  si  inizia  in  autunno,  cioè  in  settembre  ed  ottobre    e  continua    fino    durante    il 


mg$% 


Fig.  581.  —  Spaccato    di    terreno  conte 
uente  il  nido  di  Gtolrupes  sterco» orius. 
Metà  della  grandezza  nat.  Da  Kabre. 


Fig.  582.  —  Estrema  porzione  della  so- 
stanza raccolta  nel  nido  del  Geo- 
trupes  sìercorarius,  in  sezione  longi- 
tudinale, per  mostrare  l'uovo  in  sito. 
Grand,  nat.  Da  Fabre. 


L'ADULTO    K    GLI    A  III    PKB    LA     CONSEftVAZIONB    DELLA    SPECIE 


533 


Fig.  583.  —  Bubas  bison  L., 
maschio,  iu  grandezza  na- 
turale. 


mese  di  novembre,   La  nohiusura  dolio  uova  avviene  subito  ;   alcune  però  ritardano  e  pasBano  così 
'inverno  per  schiudere  a  primavera.  l.;i  larva  interrompe  la  sua  nutrizione  e  l'accres oimento  du- 
rante l'inverno,   nel  qual   tempo  essa  riposa   immobile,  in  una  nicchia,  che  essa  si  e  preparata  nella 
stessa    sostanza    che  la  nutre,    tappezzata    internamente    dai   propri 
escrementi  compressi  e  spalmati   in   una  liscia  superficie. 

La  larva  può  sopportare  freddi  intensi,  anolie  di  una  decina  di 
gradi  gradi  sotto  zero  e  cosi  pure  l'uovo,  cioè  una  temperatura  alla 
quale  l'adulto,  che  pure  sverna,  perisce  infallibilmente.  È  ben  vero 
che  l'adulto,  per  isfuggire  tale  pericolo,  sverna  entro  una  galleria, 
che  si  scava  appositamente  entro  terra  e  che  può  essere  profonda 
anche  oltre  un   metro. 

Iu  maggio,  la  larva  incrisalida  iu  un  bozzolo  composto  dei  re- 
sidui, il  più  spesso  molto  abbondanti,  dell'ammasso  di  cibo  ap- 
prestatole, rivestito  internamente  come  il  follicolo  in  cui  ha  sver- 
nato. 

Quattro  o  cinque  settimane  più   tardi   schiudono  gli    adulti  della    nuova  generazione    e     sor- 
tono di  terra  assieme  ai   vecchi,   che  hanno  svernato. 

Cli    adulti    che    provengono    da  uova,  che  hanno  passato    l'inverno,  schiudono  solo  in  au- 
tunno. 

Bitbas  Bisox  L.   —  Non   troppo  diversamente  si   comporta  il  comune    e  bello  Bubas  bison  L. 

nostrale,  il  cui  maschio 
ha  due  cornetti  sul 
capo  (fig.  583)  ed  il 
suo  protorace  si  al- 
lunga in  una  appendice 
corniculi forme.  La  pre 
eipua  differenza  col 
Geotrupe»  già  veduto, 
per  ciò  che  riguarda 
il  nido,  consiste  nella 
molteplicità  delle  gal- 
lerie secondarie,  che 
possono  essere  quattro 
o  cinque,  e  immettono, 
tutte  insieme,  iu  una 
galleria  di  accesso  u- 
nica,  che  si  apre  al- 
l'esterno  (fig.   584). 

Onthopiiagus.  — 
Le  specie  di  questo 
genere,  che  sono  così 
comuni  negli  escremen- 
ti di  Bue,  scavano  nidi 
presso  a  poco  simili  a 
quelli  di  Geoirnpes  so- 
pra veduti,  ma  la  gal- 
leria verticale  si  allarga  in  basso  in  una  vasta  cella,  nella  quale  sono  ammucchiate  dalla  madre 
le  provviste  di  cibo,  consistente  iu  un  abbondante  ammasso  dei  detti  escrementi.  L'uovo  è 
deposto  fra  questi,  in  una  cameretta  relativamente  molto  ampia,  le  cui  pareti  sono  abbon- 
dantemente ricoperte  di  quella  pappa  fluida,  che  si  è  ricordata  come  primo  cibo  delle  larve  di 
tutti   i   Lamellicorni   coprofagi. 

Geotrcpes  (Typhaeus)  tvpiiaeus  L.  —  In  confronto  dei  Geotrupes  veri  sopradetti,  questa 
specie  (colle  congeneri  a  maschio  provvisto  di  vistose  corna  sul  protorace)  nella  preparazione  delle 
riserve  nutritive  per  la  larva  concorre  con  ambedue  i  sessi  oltreché  alla  escavazione  del  nido. 
La  coppia  inizia  la  nidificazione  in  marzo,  scavando,  in  terra,  uua  galleria  verticale,  profondis- 
sima, fino  ad  un  metro  e  mezzo  (ed  oltre).  In  fondo  alla  galleria  è  deposto  l'uovo  e  sopra  a 
questo  viene,  dalla  madre,  ammassata    la  sostanza    nutritiva;    escrementi     di     pecora    ridotti  in 


'  ''  -'    'd£> 


Fig.  584.  —  Sezione  del  terreno  col    nido  di   Bubas  bison.    Tre 
in  sezione  e  mostrano  le  uova.  Graud.  nat.   Da  Fabro. 


rami    sono 


534  CAPITOLO   QUINTO 


bricioli  ed  impastati  convenientemente  dalla  madre.  Intanto,  il  maschio,  che  ha  aiutato  l'escava- 
zione,  sopratutto  col  portare  fuori  della  galleria  i  detriti  di  terra,  si  inerte  alla  ricerca  delle  pillole 
deyli  escrementi  suddetti,  le  spinge  o  le  porta  cogli  arti  anteriori  nella  galleria  e  le  introduce 
in  fondo,  lino  a  poca  distanza  dall'estremo  cunicolo,  dove  lavora  la  femmina.  Inoltre,  il  maschio, 
aiutandosi  anche  colle  corna  del  protorace  per  trattenere  le  pillole,  col  mezzo  delle  zampe  an- 
teriori riduce  queste  in  frammenti,  che  cadono  là  dove  la  femmina  lavora  e  da  questa  sono  mi 
bito  messi   in  opera. 

Copris  hispanus  F.  (flg.  585).  —  Anche  per  le  specie  di  questo  genere  si  verifica  il  fatto 
dell'intervento  del  maschio,  in  aiuto  della  femmina,  nella  costruzione  ed  approvvigionamento 
del  nido. 

Rispetto  ai  Geotrupe»  è  innegabile  un  progresso,  inquantochè  è  scavata  un'ampia  camera;  la 
materia  ammucchiatavi  è  lavorata  in  modo  molto  accurato  e  paziente,  prima  di  ricevere  l'uovo, 
ed,  inoltre,  ciò  che  più  merita  attenzione,  la  madre  sta  a  sorvegliare  e  proteggere  la  propria 
figliolanza  fino  alla  fine  della  ninfosi.  È  questo,  dunque,  uno  dei  casi  rarissimi,  presso  gli  In- 
setti, nei  quali  la  prole  è  veramente  allevata  od  almeno  sorvegliata  dalla  madre,  fino  a  suo  com- 
pleto  sviluppo. 

Fra  gli   Insetti  non  sociali  poi,  questo  esempio  è  pressoché  unico  e  per     tale  costume  questa 

maniera    di    nidi    pedotrofici    audrebbe    ricordata    sopra  ogni 
altra,   al  confine  col  ceuobismo. 

In  confronto  però  cogli  Alheiuus,  che  conosceremo  tosto 
nelle  loro  funzioni  materne  e  colle  Api  e  Vespe  solitarie,  i  Copris 
hanno  lavoro  meno  complesso,  inquantochè  non  trasportano, 
senouchè  di  pochi  centimetri  di  distanza,  la  materia  che  deve 

nutrire  la  loro  prole. 
Fig    585.  —  Copris  hispanus  Fabr.  T  ,...,. 

Maschio  veduto  di  lato,  in  gran-  La  eoPPla»   dl   conserva,    scava    (in   giugno)   un'ampia  ca- 

dezza  natnr.  mera,  a  circa  venti  centimetri  sotterra,  in  cui  potrebbe  capire 

quasi  il  pugno  di  nn  nomo.  La  galleria  d'accesso  viene  a 
sboccare  sotto  l'ammasso  di  provviste.  Le  pareti  della  grotta  sono  debitamente 'compresse  ed  ir- 
robustite. 

Al  di  fuori,  sul  terreno,  questi  nidi  sono  rivelati  dal  mucchietto  di  terra  espulsa.  Il  maschio 
e  la  femmina,  togliendo  dalle  immediate  vicinanze  gli  escrementi  di  Pecora  (giacché  pel  nutri- 
mento della  larva  questi  soli  sono  i  piti  adatti,  mentre,  a  nutrizione  degli  adulti,  bastano  anche 
quelli  meuo  ricchi  di  Cavallo,  Bue,  ecc.)  e,  trasportandoli,  a  bracciate,  fra  le  zampe  anteriori  e 
camminando  a  ritroso,  li  dispongono  entro  la  grotta,  fino  a  riempirla  quasi  totalmente.  Ciò 
fatto,  il  maschio  ha  compiuto  la  sua  parte,  esso  si  ritira,  esce  all'aperto  e  vive  per  suo  conto, 
lasciando  alla  femmina  le  sue  funzioni  materne.  La  madre  non  escirà  ormai  più  dal  nido,  se  non 
in  autunno  ed  assieme  alla  sua  figliolanza,   ormai   allo  stato  perfetto. 

L'insetto,  rimasto  nel  nido,  per  tutta  una  settimana  e  più,  lavora  la  massa  di  materiale  ac- 
cumulato e,  salendovi,  camminandovi  sopra  e  comprimendola  e  spianandovi  con  grandissima  cura 
e  pazienza  tutte  le  ineguaglianze,  la  riduce  in  un  blocco  di  forma  ovale,  più  o  meno  com- 
presso a  focaccia  e  levigato.  Di  questo  cibo  la  madre  non  si  nutre  affatto,  esso  è  destinato 
tutto  alla  figliolanza;  la  madre  auzi  digiunerà  per  tutto  il  tempo  in  cui  dura  l'opera  speciale  al 
suo  sesso. 

Uopo  ciò,  l'insetto,  mercè  il  suo  clipeo  tagliente  e  le  tibie  anteriori  armate  di  denti  all'e- 
sterno, ritaglia  dalla  massa  rotondeggiante  un  blocco  di  determinata  grandezza  e,  comprimendolo 
e  lisciandolo  al  solito  modo  e  colla  diligente  pazienza  consueta,  camminandovi  sopra,  ecc.,  lo 
riduce  a  forma  sferica. 

«Verso  la  fine  del  secondo  giorno,  intanto  —  dice  il  Fabre,  a  cui  si  devono  tutte  queste 
belle  osservazioni,  esposte  nel  suo  brillante  stile  —  il  globo  è  giudicato  convenevole.  La  madre 
monta  sulla  cupola  del  suo  edificio;  ella  vi  scava,  sempre  colla  semplice  pressione,  un  cratere 
poco  profondo  (fig.   586,  A).   In  questa  scodelliua  l'uovo  è  deposto. 

«  Poi,  con  una  circospezione  grandissima,  una  delicatezza  estrema  per  strumenti  così  grossolani, 
le  labbra  del  cratere  sono  avvicinate  per  fare  vòlta  al  di  sopra  dell'uovo.  La  madre  lentamente 
gira,  raschia  un  poco,  riconduce  la  materia  verso  l'alto,  finisce  di  chiudere».  L'uovo  è  cosi 
rinchiuso  nella  parto  alta,  più  acuta  del  blocco  a  forma  di  pera,  derivato  dalla  palla  sferoidale 
di    prima  (tìg.   586,    £)). 


r.'AIH'I.TO    B    OLI    ATTI    PER    LA    CONSKKVAZIONK    l>F,I.r,A    SPBCIK 


535 


;i 


Fig-  586.  -  Fabbricazione  della  pera,  in  cui  il  Copris  hispanm  deponi-  il 
suo  novo.  A,  svasatura  per  costruire  la  camera  dove  deve  stare 
l'uovo;  li,  sezione  longitudinale  della  pera  fertile,  col  «no  novo  in 
sito.  Grandezza  uat.  Da  Fabre. 


Altre  ventiquattro  ore  som»  trascorse  nel  minuzioso  lavoro  suddescritto  ;  in  totale  quaran- 
totto ore  e  qualche  volta  piti  occorrono  all'insetto  per  accomodare  questa  pera  t'eri  ile,  elio  ha 
una  quarantina  di  millimetri  nel  suo  maggior  diametro  e  circa  34  nell'altro.  Dopo  ciò  la  madre 
ricomincia  il  lavoro,  per  formarne  un'altra  ed  un'altra  ancora,  tino  a  che  tutto  l'ammasso  primi- 
tivo di  sostanza  accu- 
mulata nel  uido  è  tra- 
sformato in  un  certo 
numero  di  blocchi  pi- 
riformi, ognuno  col  suo 
uovo  all'apice.  Essi 
non  sono  mai  piti  di 
quattro  e  questo  è  il 
massimo  numero  di  fi- 
glioli ohe  sorgeranno 
danna  coppiadi  adulti; 
ma  esso  può  anche  ri- 
dursi ad  uno  soltanto, 
perche  spesso  accade  di 
trovare  nel  nido  non 
piti  di  una  di  cosi  fatte 
culle.  A  tanto  può  es- 
sere dunque  ridotta  la 

f udita  di  una  specie,  quando  è  di  altrettanto  aumentata    la  protezione    delle    forme  giovani. 

Sui  blocchi  piriformi,  che  stanno  tutti  disposti  colla  parte  più  acuta  e  dove  risiede  l'uovo, 
all'insti    appoggiati  l'uno  contro   l'altro,   la  madre   permane  continuamente  a  loro  sorveglianza  e 

tutela  (lig.   587). 
.',.v'-V-'-  Essa    ne   to- 

glie tutte  le  pos- 
sibili vegetazioni 
fungine,  li  liscia, 
li  cura  e  ne  ot- 
tura subito  le 
screpolature,  che 
il  disseccameli to 
potrebbe  pro- 
durvi e  tutto 
ciò  per  la  durata 
anche  del  pe- 
riodo larvale  e 
ninfale  dei  suoi 
figli,  finché,  alle 
prime  pioggie  di 
autunno,  sortono 
dal  nido  la  madre 
e  la  sua.  progenie, 
tutti  nella  iden- 
tica   vesta. 

11  maschio, 
intanto,  durante 
tutto  questo  tempo  se  ne  è  stato  a  se,  esule  volontario,  vivendo  fuor  di  terra,  cerio  a  contrag- 
genio, pur  di  non  turbare  l'opera  materna  nel  suo  nido.  «  Amico  dei  profondi  sotterrane  — 
eontinna  il  Fabre  —  della  freschezza  e  della  oscurità,  esso  (maschio)  ostinatamente  staziona  ne 
mesi  all'aria,  al  secco,  alla  luce;  esso  rifiuta  di  sfuggirvi,  per  timore  di  turbare  le  cose  sante 
che  si  compiono  là  sotto  ». 

Il  Faine  ha  potuto  fare  dei  rilievi,  molto  importanti  a  proposito  di  questo  insetto,  nelle 
suddescritte  funzioni.  Egli  ha  constatato,  intanto,  che  la  madre  riconosce  esattamente  le  pere  con- 
tenenti l'uovo  da  quelle  che   non   lo  hanno,   pur  affettando  esse  lo  stesso  aspetto  esterno  e  la  stessa 


lig    587.  —  Nido    di    Copris  hispanus    con  quattro  pere    fertili.    Circa  due    terzi 
della  grand,  nat.   Da  Fabre. 


536 


capitolo  quinto 


Fig.  588.  —  Copris  lunaris 
L.  Maschio  in  grandezza 
natur.  Da  Brelim. 


forma. Tale  sicura  cognizione  è  necessaria  perche  la  scodellina  è  scavata  per  pressione,  come  si 
è  detto,  e  perciò,  se  la  madre  non  fosse  certa  della  presenza  o  meno  di  un  uovo  in  un  blocco 
di  materiale,  correrebbe  rischio    di    schiacciarne  qualcuno,    volendo  praticare    l'infossamento  su 

un  blocco  già  fertilizzato.  Il  lodato  Autore  ha  osservato,  ancora, 
che  l'uovo  aumenta  di  volume  assai,  fino  a  triplicare,  nei  quindici 
giorni  che  intercorrono  fra  la  sua  deposizione  e  la  schiueura.  È 
da  ammettersi  una  nutrizione  dell'uovo  per  via  osmotica,  nel  coutatto 
colla  sostanza  ambiente. 

Egualmente     il     Fabre     constatò    le  continue  assidue  cure  della 
madre  per  impedire  ogni  vegetazione    di    funghi    sulle   pere    e,  per 
riparare,   come  si  è  detto,   ad  ogni   eventuale  soluzione  di  continuità. 
Blocchi,   feriti   più  o  meno  attorno  l'uovo  o  quando  contenevano 
la  larva  sono  stati  presto  restaurati    dalla    madre    stessa,   e    nel  se- 
condo caso,  anche  coli' in  ter  vento  della  larva,  sebbene  assai  poco  ef- 
ficace. 
Le  medesime  cure   una  madre   ha  prodigato    a  blocchi   feriti  tolti   da  altri   nidi,   fino  ad  una 
dozzina;   adunque,   con   perfetto  altruismo. 

La  ninfa  è  formata  in  fine  di  luglio;  ed  un  mese  più  tardi 
schiude  l'adulto,  il  quale,  però,  non  fuoriesce  subito,  ma  si  trattiene 
nel  nido,  fino  a  completo  rassodamento  e  colorazione  della  sua  veste 
cbitinosa,  pel  che  occorrono  ancora  quindici  giorni  e  fino  a  che  le 
pioggie  autunnali  non  abbiano  rammollito  le  pareti  del  suo  boz- 
zolo e  del    nido,   così  che    la  schiusura    sia  possibile. 

La  madre  sorte  colla  sua  prole,  che  essa  ha  curato  fino  allora, 
ma,  giunta  fuori  di  terra,  essa  piti  non  se  ne  occupa  ed  ogni  indi- 
viduo provvede  a  sé. 

In  modo  analogo  si  comporta  anche  qualche  altra  specie  di  <7o- 
itris,   come  ad     es.   l'altra  nostrale   C.   lunaris  L.   (tìg.   588). 

Athkucos  sacer  L.  (fig.  590)  e  specie  congeneri.  —  È  ben  nota 
l'abitudine  di  questi  Insetti  di  rotolare  sul  terreno  pallottole  di  escre- 
menti di  mammiferi  e  se  ne  tratterà  abbastanza  nel  seguente  capitolo, 
giacché  un  tale  lavoro    ha    per  iscopo,   il   più   spesso,   il  trasporto  di 

materiali  da  riporsi  per  la  nutrizione  dell'individuo.  Ma  anche  per  provvedere  all'opera  della 
riproduzione,   cioè  per  la  nutrizione  della  futura  larva,  il  materiale  raccolto  dall'adulto  è,   talora, 

nello  stesso  modo  trasportato  a  distanza.  Ecco  perchè,  sotto 
questo  punto  di  vista,  l'opera  d'approvvigionamento  del  nido 
è  più  complessa  pegli  Atheucus  e  specie  di  generi  affini,  che 
non  pei   Geotrupe!  e   Copris  già  veduti. 

Salvo  ciò  le  cose  si  passano  come  pei  Copris  ricordati, 
cioè  colla  modellatura  di  una  pera  di  escrementi  di  Montone 
(od  umani),  la  quale  ha  un  collo  anche  più  allungato  e  sot- 
tile, che  non  quella  dei  Copris,  una  forma,  cioè,  più  esatta- 
mente di  pera.  Essa  è  molto  bene  tornita  e  levigata  e  nella 
parte,  superiore,  assottigliata,  è  contenuto  l'uovo,  che,  per  lo 
.Scarabeo  sacro,  è  lungo  circa  10  mill.  e  largo  5  mi  11.  La  pera 
misura  circa  45  mill.  di  lunghezza  su  35  di  larghezza  (le  più 
piccole  misurano  35  mill.  per  28).  L'uovo  è  contenuto  in 
una  camera  di  incubazione,  nella  quale  rimane  sospeso,  essendo 
attaccato,  per  un  suo  polo,  alla  vòlta,  per  mezzo  di  una  so- 
stanza appiccicaticela. 
Nel  nido  di  A.  sacersi  trova  sempre  una  sola  pera  ed  è  contenuta  in  una  caverna  grandetta, 
scavata  sotterra  circa  10  centim  ,  ove  potrebbe  capire  comodamente  il  pugno  di  un  uomo,  alla 
quale  camera  si  giunge  per  una  galleria  diritta  o  sinuosa,  che  mette  all'esterno  con  altra  ver- 
ticale. La  terra,  rigettata  all'esterno  per  questa  escavazione,  fa  un  piccolo  nionticello  sulla 
maniera  di  quello  che  fanno  le  Talpe,   ma  assai  più   piccolo. 

Il  Fabre  dimostra,  con   buoni   argomenti   (soprattutto  ricordando  che  la  sfera  è  tra  i   solidi  la 


Fig.  589.  —  Larva  di  Copris 
carolina  (dell'America  del 
Nord),  in  grandezza  nat. 
1  tagli  autori    nord-ameri- 


Fig.  —  590.  Allieiicus  sacer,  prono, 
in  grandezza  natur. 


L'ADULTO    E    l i II    AITI    PKIi    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE  537 

forma  oon  minoi  superficie  in  confronto  al  volume),  che  la  forma  di  pera,  cioè  per  buona  parte 
sferoidale  ò  la  più  indicata,  per  ritardare  al  massimo  possibile  il  disseccamento  dell'intera  massa, 
tanto  più  clie,  per  l'evaporazione,  si  asoiuga  un  sottile  strato  superficiale,  che  diventa  durissimo, 
ed  impedisce  od  arresta  di  molto  la  evaporazione  della  polpa  più  interna,  la  quale,  cosi,  si 
oonserva   adatta  ai   bisogni  della   larva. 

Invece,  l'uovo  è  collocato  nella  parte  assottigliata,  perchè  sia  meno  ostacolata  la  sua  respi- 
razione, che  se  questa  dovesse  accadere  attraverso  un  più  denso  strato  di  quella  sostanza  nutritiva, 
come  avverrebbe  se  l'uovo  stesso  giacesse  nel  centro  della  parte  sferoidale  della  pera,     non    sa- 

•  abbastanza  e  l'uovo  perirebbe  per  asfissia,  come  sperimentalmente  il  Fabre  ha  provato. 

Oltre  al  disseccamento,  che  nei  grandi  calori  di  luglio  è  da  temersi  assai  in  ambiente  così 
poco  discosto  dalla  superfìcie  del  terreno,  esposta  ai  più  cocenti  raggi  solari,  la  pera  deve  anche 
temere  delle  muffe  ed  altre  produzioni  fungine,  che,  in  quell'ambiente  rinchiuso  se  non  del  tutto 
asciutto,  si  formerebbero  ben  presto,  determinando  screpolature  della  superficie  della  pera  e, 
conseguentemente,  la  sua  rovina,  con  morte  della  larva. 

Il  Fabre  inclina  a  credere  che  la  sorveglianza,  da  parte  della  madre,  abbia  per    iscopo  non 
solo  il  pronto  obliteramento  delle  fenditure   e    screpolature,    che   si 
formassero    alla    superfìcie    della  pera,   ma  anche  la  rimozione  delle 
muffe  od  altri  funghi,  fino  dal  loro  apparire. 

Questo  ultimo  ufficio  però,  io,  per  mio  conto,  ritengo  debba 
piuttosto  assegnarsi  a  talune  specie  di  Acari,  e  più  precisamente 
alle  Uropode,  che  non  mancano  mai  di  convivere  con  tutte  le  specie 
di  Insetti,  i  cui  nidi  si  trovano  in  ambienti  suscettibili  di  permet- 
tere lo  sviluppo  di  muffe,  che  sarebbero  micidiali  alle  forme  gio- 
vanili degli  Insetti  stessi  (V.  pag.   16  ed  altrove). 

Il  pericolo    poi    di    distruzione    delle  pere  per  opera    di    Acari  .      _„.  _ 

,     .       ,  Fig.  591.    —    Gymnopleurus 

coprofagi,  ad  es.  Tiroglifidi,  è  evitato  in  grazia  di  altri    Acari  pre-  pillularius  (L.)    prono,  in 

datori,     sopratntto    Gamasidi,     i  quali     pure    accompagnano  sempre  grand,  nat. 

le  specie  di  Insetti  coprofìli. 

Qui  è  tutto  un  capitolo  interessante  di  simbiosi  tra  Acari  determinati  e  speciali  Insetti  e 
converrà  riprenderne  la  storia,  allorché  si  verrà  a  trattare  dei  rapporti  simbiotici  fra  Insetti  ed 
altri   Artropodi. 

La  larva  degli  Atheucus  nasce  iti  primavera  e  dopo  4  a  5  settimane  è  matura.  Essa  ha  co- 
minciato a  divorare  il  cibo  preparatole,  dall'alto  della  pera  e  riempie  intanto  la  camera  di 
incubazione  dei  propri  escrementi.  Questi  poi  le  servono  ad  intonacare  internamente  e  rinfor- 
zare le  pareti  della  pera,  quando  è  completamente  vuotata.  In  questa  nicchia  la  ninfa  passa 
altre  quattro  settimane  circa,  così  che,  in  agosto,  entro  la  pera,  è  rinchiuso  l'insetto  ormai 
adulto.  Ma  esso  non  può  uscire  dalla  sua  prigione  se  l'acqua  nou  ne  rammollisce  le  pareti 
durissime,  cos'i  che  conviene  attendere  la  prima  pioggia  della  fiue  di  agosto.  Allora,  l'adulto 
rompe  l'involucro  protettore  e  già  iu  settembre  può  uscire  all'aperto,  per  nascondersi  nuovamente 
nei  primi  freddi  e  passare,  ben  riparato  sotterra,  l'inverno. 

Lo  Scarabeo  sacro,  si  è  detto  che  deposita  una  sola  pera  per  ogni  cella  sotterranea.  Con 
«io  si  deve  ammettere  che  esso  deve  scavare  più  camere  sotterranee,  in  più  volte,  e  corredarle 
ciascuna  di  una  pera  feconda. 

Alrro  specie  congeneri,  come  l' Atheucus  laiicollis  L.,  mettono  due  pere  per  ogni  nido. 

I  Gymnopleurus  (fig.  591),  di  costumi  simili  a  quelli  degli  Alheucus  (o  Scaraboeus  che  dire  si 
vogliano),  sono,  però,  di  questi  più  piccoli  della  metà.  Essi  pure  appallottolano  escrementi  di 
mammiferi,   per  nutrirsene  e  nutrire  le  loro  larve. 

Le  pere  fatte  dal  G.  pillularius  L.,  insetto  comunissimo  da  noi,  sono  lunghe  20  mill.  per 
15  di  diametro  massimo.  Esse  somigliano,  per  la  forma,  a  quelle  degli  Ateuci. 

Così  si  comportano,  nel  curare  il  buon  allevamento  della  figliolanza,  questi 
Lamellicorni  coprofagi,  meglio  dei  quali  non  fauno,  per  ciò  che  riguarda  la  ni- 
dificazione e  la  nutrizione  della  prole,  se  non  gli  Imenotteri  solitari  e  sociali. 
Dei  primi  conviene  discorrere  ora;  dei  secondi  solo  più  tardi,  allorché  si  trat- 
terà  delle  Società. 

A.  Beklese,  Gli  Insetti,  II.  —  68. 


538 


CAPITOLO    QUINTO 


Imenotteei  solitari.  —  Il  più  alto  grado  di  perfezionamento  nella  costru- 
zione ed  approvvigionamento  dei  nidi,  come  pure  nella  protezione  della  prole, 
all'infuori  della  condizione  sociale,  è  raggiunto  da  taluni  Imenotteri,  che  appar- 
tengono a  famiglie  diverse. 

Di  questi  alcuni,  nello  stato  di  larva,  sono  vegetariani,  altri,  invece,  carni- 
vori, o,  per  meglio  precisare,  si  nutrono  di  insetti  freschi;  sono,  cioè,  entomo- 
fagi. 

Si  può  dire  che  il  nutrimento  dei  primi  è  sopratutto  a  base  di  miele  e 
questo  è  il  regime  di  tutti  gli  Imenotteri  della  grande  famiglia  degli  Apidei 
noncbè  di  qualche  genere  della  famiglia  dei  Masaridae,  fra  i  Diploptera,  mentre 
gli  insettivori  appartengono    a    diverse    famiglie  del  grande  gruppo  dei  Vespidi 


B 


D 


E 


G 


Fig.  592.  —  Alcuni  Apidei  solitari  nostrali  (Authofoiini)  fra  i  più  comuni,  in  A,  B,  Anthophora 
acervorum  (L.l.  maschio  e  femmina;  C,  D,  Anthophora  Telusa  (D.  T.  maschio  e  femni.,  È,  G, 
Eucera  longieomis  (L.)  Scop.  femmina  (E)  e  maschio  (G);  F,  Anthophora  parietina  (F.)  femm. 
Tutti  in  grand,  nat.  Da  Kiinckel  d'Hercnlais. 

(Diploptera  e  Fossores  o   Crabronidae)  (1),  cosi  che  è  in  uso  anche   la  distinzione 
in   Imenotteri  solitari  melliferi  (Apidei)  e  predatori  (Vespidi). 

All'infuori  di  questa  fondamentale  differenza,  si  possono  registrare  corrispon- 
denze notevoli  uella  maniera  di  nidificazione  tra  l'uno  e  l'altro  gruppo.  Tanto 
pegli  Apidei  che  pei  Vespidi,  si  potrà  riconoscere  una  conforme  maniera  di  ni- 
dificazione allogata  entro  cavità  accidentali  del  terreno,  dei  legnami,  dei  muri  e 
perfino  nei  gusci  vuoti  di  Chiocciole  terrestri  (fig.  005),  specialmente  del  genere 
Eelix,  i  quali  sono  utilizzati    così  bene    ad    es.    dalle  Osmio,    (Apidei),    come  da 


(1)  Secondo  il  De  Dalla  Torre  (Catalogna  Hymenopterornm)  il  grande  gruppo  dei  Diploptera, 
contenente  Vespidi  solitari  e  sociali,  comprende,  fra  i  primi,  le  sottofamiglie:  Mataridinae, 
Eumeninae. 

L'altro  gruppo,  molto  maggiore,  cioè  dei  Fossores  o  Sphegidae,  abbraccia  le  famiglie  dei  J/«- 
tillidae,  Thymnidae,  Scoliidae,  Sapygidae,  che  sono  parassiti  ilei  nidi  d'altri  insetti,  mentre  le 
altre  due  famiglie  (Pompilidae  e  Crabronidae)  sono  composte  di  Vespe  solitarie,  non  parassite. 

La  grande  famiglia  dei  Crabronidae  è  poi  suddivisa,  secondo  il  detto  Autore,  in  ben  17  ric- 
chissime sottofamiglie,  che  sono:  Pemphredoninae,  Ampulicinae,  Sphecinae,  Philanthinae,  Bembeci- 
nae,  Stizinae,  Exeirinae,  Gorytinae,  Entomosericinae,  Mellininae,  Alysoninae,  Nyssonìnae,  Sericopho- 
rinae,    Crabroninae,  Larrinae,  Nitelinae,  Trypoxylinae. 


/.'ADULTO    K   GLI    ATTI    l'Ki;    I.A    CONSKRVAZIONE    DELLA    SPKCI1S  539 

Odineridi,  Pompilidi,  ecc.  fra  le  Vespe;  analogie  si  troveranno  anche  nella  co- 
struzione di  nidi  in  muratura,  come,  ad  es.,  fra  le  Chalicodoma  (Apidei)  ed  Eu- 
nienidi,  Pompilidi,  Sfegidi  fra  le  Vespe.  Della  nidificazione  sotterranea,  previa 
escavazione  di  una  galleria,  troveremo  esempi  conformi  nell'uno  e  nell'altro 
gruppo,  persino  nella  costruzione  di  una  specie  di  galleria  in  muratura,  che  pre- 
cede l'ingresso  nel  nido,  scavato  in  terra  o  nelle  muraglie  (Anthopora  pegli  Apidei, 
Odinerus,  ecc.  pei  Vespidi). 

Nel  seguire  la  maniera  di  nidificazione  e  di  provvigionamento  dei  nidi  nel- 
l'uno e  nell'altro  gruppo  si  vedrà  come  si  possa  avvicinarsi  a  quel  cenobitismo, 
di  cui  le  Società  sono  la  più  alta  espressione;  ma,  ancora,  si  noteranno  vie  di 
passaggio  verso  il  parassitismo,  verso  quella  condizione,  cioè,  nella  quale  la 
madre  non  si  prende  cura  alcuna  per  la  preparazione  del  nido,  ma  profitta  del- 
l'ospite, che  ne  è  il  legittimo  proprietario,  spogliandolo  della  sua  dimora  ed  in- 
sieme della  vita. 

La  particolare  maniera  di  ectofagia  dei  Vespidi  solitari,  si  vedrà,  inoltre, 
costituire  un  evidente  passaggio  a  quella  endofagia,  della  quale  si  tratterà,  ap- 
punto, a  proposito  del  parassitismo,  secondo  le  sue  diverse  maniere,  del  che  sarà 
detto  nel  capitolo  seguente,  ove  si  discorrerà  dell'individuo  negli  atti  per  la  sua 
conservazione. 

Quanto  alla  nidificazione,  la  maniera  più  semplice  è  quella  per  cui  la  madre 
mette  a  profitto  una  cavità  preesistente,  scavata  in  un  corpo  duro  e  la  adatta 
al  suo  scopo,  per  lo  meno  ripulendola,  disponendovi  le  provviste  per  la  futura 
prole,  deponendovi  l'uovo  e  quindi  chiudendo  il  tutto  con  un  tappo  di  sostanza 
varia,  più  comunemente  di  terra  impastata  colla  propria  saliva  o  con  qualche 
altro  mastice  (resina  presa  dagli  alberi,  pasta  di  foglie  tritate,  ecc.).  Così  sono 
mifssi  a  profitto  non  solo  i  buchi  ed  altre  cavità  nel  terreno,  ma,  ancora,  quelli 
nelle  muraglie,  nei  legnami,  gli  stessi  nidi  abbandonati,  costrutti  in  muratura  da 
parte  di  altri  Imenotteri  e,  molto  spesso,  le  cavità  fra  gli  internodi  delle  canne, 
più  comunemente,  da  noi,  della  Arundo  donax,  oppure  i  rami  secchi  di  piante 
a  midollo  molto  grosso  ed  è  così  che,  ad  es.,  il  Rovo  (Rubus)  dà  albergo,  nei 
rami  secchi,  privati  del  midollo,  ad  un  gran  numero  di  specie  diverse  di  Apidei 
e  Vespidi,  che  vi  fanno,  entro,  il  loro  nido  (fig.  G04). 

Anche  molte  specie  dell'uno  e  dell'altro  gruppo,  le  quali  usano,  più  comu- 
nemente, costrurre  nidi  molto  più  complessi,  in  muratura  od  altrimenti,  pure, 
incontrando  ormai  pronte  cavità  o  buchi,  secondo  quanto  si  è  detto,  non  disde- 
gnano di  profittarne,  se  loro  couveugano  e  così  si  risparmiano  molto  lavoro  ed 
ottengono  egualmente  lo  scopo  di  accomodare  il  loro  nido  in  ambiente  adat- 
tissimo. 

Una  maniera  di  nidificazione,  alquanto  più  complessa,  è  rappresentata  da 
gallerie  sotterranee  (figg.  608,  609,  611,  ecc.)  che  la  madre  stessa  scava  ed  ac- 
comoda a  suo  modo,  altre  volte  è,  invece,  il  cemento  di  una  vecchia  muraglia, 
purché  abbastanza  friabile,  che  viene  scavato  dall'Imenottero,  oppure  il  legname 
secco  e  morto  da  tempo  {figg.  613,  614),  purché  esso  pure  non  molto  resistente. 

Un  progresso  è  rappresentato,  poi,  dalla  costruzione,  in  muratura,  di  una 
galleria  cilindrica,  la  quale  mette  al  foro  scavato  ed  è  eretta  od  inclinata  sul 
foro  stesso,  che  è  l'orifìzio  del  nido  sotterraneo  (tìgg.  618,  619,  620). 

Di  qui  si  procede  ad  un  perfezionamento  notevole,  che  consiste  nella  costru- 
zione di  celle  (figg.  628,  629,  ecc.)  entro  ciascuna  delle  quali  è  deposto  un  uovo, 
culle  provviste  per  la  nutrizione  della  larva  futura,  e  le  celle  stesse  sono  fab- 
bricate in  muratura,  cioè  con  una  pasta  di  terra  imbevuta  di  saliva  e  piccoli 
sassolini  cementativi  per  entro.    Spesso,    l'insieme    di  queste  celle  è  rivestito   da 


540  CAPITOLO    QUINTO 


un  robusto  strato  del  medesimo  impasto,  riuscendone  così  un  blocco  unico,  molto 
resistente.  Simili  costruzioni  sono  fissate  assai  tenacemente  sulle  pietre,  sulle 
muraglie  o  sui  rametti  di  qualche  pianta  (da  figg.  021  a  630). 

Finalmente,  una  graziosa  e  delicata  maniera  di  costruzione  si  è  quella  per 
cui  le  celle  sono  fatte  mercè  pezzetti  di  foglia  o  di  petali  dei  fiori,  avveduta- 
mente tagliati  e  preparati  dalla  madre  ed  accomodati  entro  qualche  cavità,  così 
che  ne  risultino  le  camerette,  in  cui  si  devono  svolgere  gli  insetti  durante  il 
periodo  larvale  (flgg.  616,  617). 

Le  provvigioni,  ho  detto  già,  che  variano  fondamentalmente,  per  la  loro  na- 
tura, a  seconda  che  si  tratta  di  Apidei  o  di  Vespidi. 

Pei  primi,  la  madre,  costruita  la  cella,  prepara  un  deposito  di  una  pasta 
formata  di  miele  e  polline  o  soltanto  del  miele  e  sopra  vi  depone  il  suo  uovo 
(flgg.  612,  613). 

Ma,  pei  Vespidi  (ad  eccezione  di  qualche  genere  della  sottofamiglia  dei  Ma- 
sarinae  fra  i  Diplotteri,  come  Ceramius,  Celonites,  che.  provvedono  le  loro  celle 
di  miele)  nonché  pei  Crabronidi,  la  pratica  dell'approvvigionamento  del  nido  si 
collega  con  istinti  assai  più  complessi  del  semplice  bottinamento  sui  fiori. 

Si  tratta  della  caccia  ad  insetti  o  ragni,  sempre  della  medesima  specie  o  di 
affini,  per  ciascuna  specie  di  questi  Imenotteri  predatori;  di  atti  che  hanno  per 
iscopo  di  mettere  la  vittima  nella  impossibilità  di  locomuoversi,  pur  rimanendo 
in  vita  e  offrire  così  la  sua  carne  fresca  alla  voracità  della  larva  della  vespa  e, 
finalmente,  del  trasporto  nel  nido  precedentemente  preparato,  della  vittima  così 
condizionata,  sulla  quale  è  deposto  l'uovo. 

Tutto  questo  lavoro  è  semplificato  soltanto  per  alcune  specie,  le  quali,  come 
ho  già  accennato,  cacciano  la  vittima  nella  sua  stessa  casa  e  questa  diviene  così 
il  nido  dell'imenottero,  perchè,  sulla  vittima,  messa  nella  impossibilità  di  fuggire, 
l'imenottero  depone  il  suo  uovo,  dal  quale  nasce  presto  la  larva,  che  si  divorerà 
completamente  il  legittimo  proprietario  della  dimora. 

Questa  è  quella  transizione  ad  una  maniera  di  parassitismo,  alla  quale  ho 
accennato. 

Modo  di  approvvigionamento  del  nido  negli  Imenotteri  predatori. 
—  Il  più  alto  grado  di  perfezionamento  negli  istinti  è  messo  in  atto  da  questi 
Imenotteri  predatori,  sopratutto  nella  caccia  e  nella  lotta  contro  animali  terribi- 
lissimi, spesso  più  voluminosi  assai  del  cacciatore  medesimo  ed  armati  non 
meno  temibilmente,  ma  che,  nella  lotta,  non  possono  mai  sperare  la  vittoria  ed  è 
per  loro  grandissima  ed  insolita  ventura  se  possono  soltanto  sfuggire  all'attacco 
avversario,  che  è  sempre,  con  ogni  ragione,  temutissimo. 

La  Vespa  predatrice  deve,  preparato  ormai  il  suo  nido,  scovare  anzitutto 
l'Insetto  od  il  Ragno  da  darsi  in  pasto  alla  futura  larva.  Si  tratta  sempre  di  un 
Artropodo  terrestre,  ma  i  Miriapodi  ed  i  Crostacei  non  sono  altrimenti  desiderati. 

Ho  detto  che  le  specie  vittime  variano  a  seconda  delle  specie  o  dei  gruppi 
maggiori  di  Vespidi. 

Ad  es.  tutti  i  Poinpilidi  (Imenotteri  di  forme  svelte,  agilissimi,  irrequieti,  che  si  vedono 
correre  qua  e  là,  a  scatti,  sul  terreno  o  sulle  piante,  vibrando  continuamente  le  ali  e  le  antenne, 
mentre  stanno  braccando)  cacciano  solo  Ragni,  dalle  specie  più  piccole,  che  sono  la  preda  delle 
Vespe  di  questa  famiglia  di  dimensioni  minori,  tino  alle  gigantesche  ìlygale,  che  sono  cacciate 
dai  più  grossi  Imenotteri  della  famiglia  (1). 


(1)  Le  abitudini  degli  Imenotteri  di  questa  famiglia,  illustrate  da  molti  naturalisti,  erano 
conosciute  anche  ad  Aristotile  il  quale  disse:  «  Le  Vespe  dette  Icneumoni  »  (nome  più  tardi  ri- 
servato ad  altro  gruppo  di  Imenotteri)  e  ...  uccidono  i  Ragni,  ne  infossano  i  cadaveri  nei  muri 
in   rovina  o  nei  buchi  d'altri  corpi   e  ne  chiudono  l'orifizio  con  argilla.   Di  là  nascono  le    Vespe 


cacciatrici  ». 


L'ADULTO    !•"    GLI    ATTI    PKR    LA    CONSERVAZIONE    DKM.A    SPECIE 


r.4! 


Fig.  593.  —  Pepai»  formosa  Say  del  N.  America,  iu  grandezza  naturale. 


Il  nostro  Calìcurgus  anuiilatns  Fabr.  bellissimo  Pompilideo,  variegato  di  giallo  e  di  nero, 
raggiunge  la  statura  di  un  Calabrone  ed  è  il  maggiore  tra  le  specie  europee.  Esso  va  a  caccia 
delle  nostre  più  grosse  Tarantole,  che  hanno  dimora  sotterranea,  nei  cunicoli  altrove  descritti 
(pag.   118). 

Ma,  i  Pompilidi  esotici 
di  maggiore  statura,  come 
ad  es.  quelli  che  apparten- 
gono al  genere  Pepsis  ed 
abitano  le  regioni  sub- 
equatoriali ed  equatoriali 
danno  la  caccia  alle  grosse 
Migale  (Tav.  I,  fig.  1). 
La  Pepai*  formosa  Say  della 
California  e  del  Texas  (fi- 
gura 593),  ohe  è  eerto  fra  i 
massimi  Pompi  li  dei, è  lunga 
ben  6  centimetri,  con  una 
apertura  d'ali  di  9  centi- 
metri ed  è  tutto  nera,  ap- 
provvigiona i  suoi  nidi  con 
Migalidi,  specialmente  coli  a 
voluminosa  M.  heiitzìi.  La 
Pepsis  heros  Dahlb.  di  Cuba 
è  anche  maggiore  perchè 
misura  fino  a  6  cent,  di 
lunghezza. 

Molti  Pompilidi  cacciano  Ragni  vagabondi  ed  inseguono  la  loro  preda,  che  tenta  fuggirsene 
(e  qualche  volta  riesce  a  farlo)  mercè  salti  poderosi  dall'uno  all'altro  filo  d'erba  e  la  Vespa  fa 
altrettanto.  Talora  il  Ragno  è  scovato  su  una  pianta  e,  subito,  appena  si  avvede  della  temuta 
Vespa,   si  lascia  cadere  perpendicolarmente  a  terra,   ma  l'Imenottero  raggiunge  il    punto  di  dove 

il  Ragno  si  è  abbandonato  nello  spazio  e  di  quivi  anche 
la  Vespa  si  precipita  sul  terreno  e  continua  attiva- 
mente la  caccia,  fino  a  che  ritrova  la  sua  vittima  e  la 
raggiunge. 

I  Ragni  sedentari,  cioè  ohe  stanno  celati  in  una 
dimora,  che  essi  stessi  si  sono  costrutta  o  scavata,  non 
sono  per  nulla  difesi  in  questi  loro  ripari,  dall'aggres- 
sione dell'Imenottero. 

II  Fabre  descrive  il  modo  di  cacciare  del  Pom- 
pilus  apicalis  Lind.,  predatore  della  Segestria  perfida,  che 
tende  i  suoi  agguati  sui  vecchi  muri,  con  brevi  tele, 
nel  cui  fondo  è  una  galleria  rivestita  di  seta,  che  si 
approfondisce  nel  muro.  La  Vespa,  camminando  sulla 
tela,  si  presenta  -  all'orifizio  del  cunicolo  e  si  trova 
così,  faccia  a  faccia  col  Ragno  ;  essa  deve  però  evi- 
tarne le  terribili  mandibole  velenifere.  In  un  momento 
di    minor    sospetto    da    parte    del    Ragno,     l'avveduta 

Vespa  atterra  improvvisamente  l'apice  d'una  delle  zampe  anteriori  del  Raguo  e,  con  una  sola 
stratta,  toglie  la  sua  preda  dal  cunicolo  che  la  protegge  e  la  fa  cadere  a  terra.  Quivi  essa  è 
vinta,  perchè,  intimidita,  raccoglie  le  zampe  e  se  ne  sta  immobile,  ciò  che  offre  buon  gioco  al- 
l'avversario per  ferirla  e  paralizzarla  colla  sua  puntura  (vedi   fig.   594). 

Le  Tarantole  (fig.  100)  e  gli  altri  Ragni  affini,  che  fanno  gallerie  sotterra,  le  quali  sono  chiuse 
da  un  opercolo,  che  si  alza  ed  abbassa,  articolato  a  cerniera  (fig.  118)  sono  anche  meno  bene 
protette  contro  l'aggressione  degli  speciali  Pompilidi,  che  le  ricercano,  anche  se  l'opercolo 
protettore  della  galleria  è  trattenuto  dal   di   dentro  con  fili  di  seta. 

Il  Pompilide,  braccando  all'esterno,  esplorando  continuamente  colle  sue  antenne  il  terreno, 
riconosce,  probabilmente  all'odore,  se  non  per  virtù  di  un  senso  speciale,     la  galleria  comunque 


Fig.  594.  —  Uu  Pompilide  (Pompihtt  na- 
ialensis  Tasch.)  mentre  sta  per  por- 
tare via  un  Raguo  ormai  paralizzato. 
Grand,  nat.  Da  Kiinckel   d'Erculais. 


542  CAPITOLO   QUINTO 


nascosta  bene,  col  suo  opercolo  benissimo  chiuso  e  per  noi  non  distinguibile  dal  circostante  ter- 
reno. La  Vespa  ba  due  modi  per  penetrare  nella  galleria.  Essa  tenta  di  forzare  l'opercolo  e  sol- 
levarlo a  mezzo  delle  zampe  anteriori  e  del  capo.  Auzi,  alcuni  Pompilidi,  come  il  P.  crassitarsis 
Costa  ed  il  Planiceps  rubrìvenlris  Costa,  come  il  P.  plicatus  Costa  hauno  la  testa  appiattita  e  le 
zampe  anteriori  molto  robuste,  per  riescire  meglio  a  forzare  l'opercolo  delle  gallerie  dei  Mi- 
galidi. 

Altra  volta,  invece,  o  per  meglio  diro  altre  specie  di  Poinpilidi,  riconosciuta  una  galleria 
chiusa,  opera  di  un  Ragno  da  essi  agognato,  subito  si  accingono  a  scavare  una  eontrogalleria 
obliqua,  colla  quale  vengono  a  sboccare  in  quella  del  Raguo. 

Così  fanuo  ad  es.  il  Pompilus  vagaus  Costa  ed  il  P.  effoàim»  Feston  (Italia  meridiouale, 
Corsica),  che  iuseguouo  grossi  Ragni  del  geu.  Nemesia. 

A  proposito  del  P.  vagane,  il  Feston  (che  ha  fatto  luughi,  belli  e  fortunati  studi  sulla  nidi- 
ficazione e  sull'istinto  degli  Imenotteri  solitari  iu  Francia,  Corsica  ed  Algeria)  fa  rilevare  il 
duplice  morto  di  caccia,  che  varia  a  seconda  delle  stagioni. 

D'estate,  la  Nemesia  sta  in  una  galleria  con  una  sola  uscita,  chiusa  da  opercolo.  In  questo 
tempo  il  Pompilo  si  limita  a  scavare  la  sua  controgalleria,  tenendo  d'occhio  l'opercolo  di  quella 
del  Ragno,  e  non  mette  nel  lavoro  nessuna  fretta.  Tanto,  se  il  Raguo  tentasse  fuggire,  non  può 
farlo  senza  passare  iu  vista  dell'aggressore. 

Ma,  in  settembre  ed  ottobre,  la  galleria  della  Xemeeia  è  arricchita  di  uu'altra  via  di  uscita. 
Essa  è  scavata  ad  U,  e  per  due  porte  il  Raguo  può  fuggirsene.  In  questo  tempo  le  mosse  della 
Vespa  sono  molto  più  energiche  e  rapide.  Essa  tenta  l'opercolo  od  inizia  lo  scavo  della  contro- 
galleria per  impaurire  il  Ragno,  che  finisce  per  scappare  traverso  l'altra  apertura,  quella  secon- 
daria. Ma,  la  Vespa  è  sulle  vedette  e  non  appena  la  preda  è  fuori  di  terra,  il  Pompilo  la  aggre- 
disce di  un  balzo  e  la  punge,  la  paralizza,  vi  depone  sopra  il  suo  uovo  e  poi  la  trasporta, 
inerte,  nella  sua  stessa  galleria,  cosi  improvvidamente  abbandonata,  e  ve  la  chiude  dentro,  di 
dove  il  Ragno  ormai  non  uscirà  più  ed  in  sua  vece  ne  verrà  fuori,  a  suo  tempo,  un  Pompilo 
adulto  della  specie  indicata. 

È  degno  di  nota  il  terrore  che  si  impossessa  dei  Ragni  (animali  pur  essi  molto  formidabili, 
per  la  velenosità  di  cui  dispongono)  iu  presenza  delle  Vespe  della  famiglia  succitata.  Pare  che 
questi  feroci  Aracnidi,  perdano,  all'aggressione  delle  Vespe,  ogni  istinto  offensivo  e  se  non  rie- 
scono a  sottrarsi  all'attacco  con  una  pronta  fuga,  rimangono  come  paralizzati  dal  terrore,  in 
attesa,  pressoché  rassegnata,  di  quell'altra  paralisi  vera,  che  li  attendo  per  la  puntura  della 
Vespa.  Certo,  mentre  le  scene  della  caccia,  inseguimento  e  lotta  del  Ragno  colla  Vespa  e  la 
quasi  immancabile  vittoria  di  quest'ultima  (se  la  preda  non  ha  potuto  fuggire)  è  constatata  da 
tutti  gli  osservatori,  mai  è  citato  un  solo  caso,  nel  quale  il  Ragno,  usando  dei  suoi  temuti  mezzi 
offensivi,  sia  riescito  a  ferire  la  Vespa  e  riportarne  trionfo. 

L'audacia  dell' Imeuottero,  che  insegne  fino  nella  sua  dimora  una  vittima  pur  così  perico- 
losa e  grossa  spesso  e  pesante  assai  più  dell'aggressore  è  davvero  meravigliosa. 

Uu'altra  famiglia  di  robusti  predatori,  fra  i  quali  si  notano  anche  specie  di  dimensioni  co- 
spicue, sebbene  non  così  come  quelle  raggiunte  dai  maggiori  Poinpilidi,  è  la  famiglia  dei  Cra- 
brouidi,  con  rappresentanti  iu  tutto  il  mondo. 

Però,  mentre  i  Pompilidi  tutti  (eccezione  fatta  dei  Ceropalea,  che  hanno  abitudini  parassi- 
tiche) predano  Ragni,  i  Crabronidi  hanno  un  regime  più  variato,  ben  iuteso  a  seconda  delle 
specie  ed  essi  predano  insetti  di  tutti  gli  ordini,  ma,  sopratutto  Ortotteri  allo  stato  giovanile, 
più  che  adulti,   e  bruchi. 

I  Ragni  nou  sono  però  vittime  esclusivamente  dei  Pompilidi,  poiché  anche  fra  i  Crabronidi 
si  notano  predatori  di  Aracnidi. 

Così  i  Soeliphron  (Pelopoeus  di  altri  autori),  belle  Vespe,  comuni  auche  da  uoi,  nere,  colle 
zampe  e  col  lungo  peduncolo  dell'addome  gialli  (fig.  625),  che  nidificano  spesso  auche  nelle  case, 
predano  Ragni,  sopratutto  dei  generi  Epeira,  Zilla,  ecc. 

Anche  i  Miecopkiie  (ad  es.  M.  bicolor  Dahlb.,  M.  epurine  Dahlb.,  M.  galliais  Koll.  di  Europa), 
che  appartengono  alla  famiglia  dei  Crabronidi  ed  alla  sottof.  dei  Nitelidi,  prertauo  Ragui,  pic- 
coli Epeiridi  e  Salticidi. 

Egual  costume  praticano  i  Trypoxylon,  piccoli  Crabronidi  della  sottof.  dei  Trypoxyloiiini,  che 
fanuo  lor  vittime  essi  pure  Ragni,  fra  i  minori. 

La  maggior  parte  dei  Crabrouidi,  però,  cacciano  insetti.  Le  vittime  non  hanno  di  meglio  a 
cui  ricorrere  per  difesa  propria  se  non  una  pronta  fuga  e  qualche  volta  riescono,  così,  a  sal- 
varsi. 


l'adulto  K  GLI  ATTI  per  LA  conservazione  deixa  specie  543 

Gli  Ortotteri  saltatori  (Locustidi,  Grillini,  Acridkli)  si  danno  a  far  grandi  salti,  per  sottrarsi 
all'attacco  della  Vespa,  che  li  aggredisce,  ma  difficilmente  riescono  a  sfuggirle,  perchè  anche  la 
Vespa  li  insegne  con  lanci  identici  e  quasi  contemporanei,  tanto  che  spesso  (così  hene  l'Imenot- 
tero  sa  prevedere  il  balzo  della  preda),  inseguito  ed  inseguitore  cadono,  con  un  salto  egualmente 
lungo,   ambedue  nello  stesso  sito  e  la  vittima  é  subito  afferrata  e   punta  dalla  Vespa. 

I  brachi  vittime  sono  fittasi  sempre  tra  quelli  nudi,  raramente  (solo  per  qualche  specie)  sono 
predati   anche  quelli    villosi. 

Le  Vespe  di  questa  famiglia,  di  dimensioni  più  grandi,  cacciano  sopratutto  bruchi  di  Nottue, 
ad  es.  di  Jgrotis  e  generi  affini,  ma  questi,  qualche  volta,  sanno  salvarsi,  interrandosi  tosto,  se 
la  friabilità  del  terreno  permette  questa  manovra  e  infossandosi  sotterra  o  sotto  a  questa,  sca- 
vando, allontanandosi  rapidamente  dal  punto  della  minaccia.  C'osi  il  Feston  ha  veduto,  in  più 
casi,  riuscire  a  salvamento  i  bruchi  di  Agrotidi. 

Ad  ogni  modo,  non  è  sempre  senza  lotta  che  il  bruco  è  vinto  dalla  Vespa,  perchè  coi  vivaci 
divincolamenti,  coll'arrotolarsi,  eco.  la  larva  di  Farfalla  rende  difficile  all'aggressore  il  raggiun- 
gerla col  suo  dardo  nel  collo,  dietro  il  capo,  dove  il  bruco  deve  essere  punto,  per  cadere  in  pa- 
ralisi, mentre  tutte  le  altre  punture,  altrove  sul  corpo,  che  la  Vespa  non  risparmia  alla  sua 
preda,   non   hanno  effetto  di  immobilizzarla  né  di  affievolirne  le   forze. 

II  Fabre  e  di  poi  il  Feston  hanno  notato  le  vivaci  contorsioni  alle  quali  si  abbandona 
VAmmophìla  kirmta  Scop.  dopo  essere  riescila  a  pungere  il  bruco  dietro  la  bocca  e  paralizzarlo 
così.  La  Vespa  abbandona  la  vittima  ormai  immobile  e  si  agita  vivamente  sulla  sabbia  accanto, 
strisciando  il  ventre,  le  zampe  e  le  mandibole  chiuse  sulla  sabbia,  in  preda  a  vere  convulsioni. 
Il  Fabre  giudica  questi  atti  conte  l'espressione  della  gioia  pel  trionfo,  ma  il  Feston,  più  pru- 
dentemente e  forse  con  più  ragione,  ritiene  sieno  dovuti  all'effetto  del  liquido  caustico,  che  il 
bruco  emette  dalla  bocca  durante  l'aggressione  e  più  all'atto  della  puntura  efficace  della  Vespa, 
del  quale  liquido  l'aggressore  rimane  imbrattato. 

Neppure  le  ilanlin,  insetti  cosi  formidabili  per  quelle  efficaci  armi,  che  sono  le  zampe  ante- 
riori, sanno  vincere  in  una  lotta  contro  quelle  Vespe,  che  sono  loro  speciali  aggressori. 

Il  Fabre  descrive  la  maniera  con  cui  una  Tachyupkex  europea,  che  egli  chiama  manticida,  e 
che,  secondo  il  Feston,  potrebbe  essere  la  T.  julliani  Kohl.  cattura  le  iluntis. 

La  Vespa,  osserva  il  Fabre,  si  libra  a  volo  sulla  ìlanlis,  mentre  l'Ortottero  ne  segui' 
ogni  movimento  e  si  mantiene  in  attitudine  di  difesa,  colle  zampe  raptatorie  anteriori  pronte  a 
scattare;  ma,  l'aggressore,  cogliendo  il  destro  di  un  attimo  di  disattenzione,  si  precipita  sul 
lungo  protorace  della  vittima  e  la  ferisce  istantaneamente,  in  corrispondenza  delle  zampe  ante- 
riori, che  tosto  cadono  paralizzate.  Di  poi,  la  Vespa,  senza  più  alcuna  fretta,  discende,  a  ritroso, 
sul  dorso  della  vittima  e  la  ferisce  nuovamente  nel  torace,  con  che  anche  le  altre  zampe  sono 
ridotte  immobili. 

Auclte  una  specie  congenere  (X.  lùtei)  dell'America  settentrionale  nutre  le  proprie  larve  con 
giovani  Manti». 

Gli  Acrididi,  specialmente  giovani,  sono  predati  da  specie  dei  generi  Sphex,  Tachytes,  Ta- 
ehysphex,  Solierella,  ecc.,  die  appartengono  tutti   a  questa  famiglia  dei  Crabronidi. 

I  Locustidi  e  più  che  altro  le  loro  forme  immature,  sono  preda  specialmente  di  altri  Td- 
chytes  e  Tachy sphex,  nonché  di  Larropsis  e  Palmodes  della  stessa  famiglia. 

I  Grillidi,  sopratutto  giovani,  costituiscono  il  cibo  preferito  delle  larve  di  Crabronidi  dei 
generi  Tachysphex,  Latra,  Lyroda,  Notogonia  (che  sono  tutti  Latri  ni  e  la  stessa  Grillotalpa  sembra 
sia  predata  dalla  Larra  anathema  Fabr.),   ma  anche  di  Sfegidi  e  d'altre  Vespe. 

La  Sphex  maxillosa  Fabr.,  comune  nell'Furopa  meridionale,  preda  specie  dei  generi  Gryllus  e 
Liogryìlus,  che  cerca  sul  campo  e  raggiunge  con  volo  fulmineo  e,  dopo  breve  ma  aspra  lotta, 
rovescia  sul  ventre.  Così,  la  Vespa,  tiene  sotto  di  sé  supino  l'Ortottero,  standovi  sopra  ventre 
a  ventre,  ma  in  direzione  rovescia  e  stringendo  colle  mandibole  uno  dei  cerei  del  Grillo,  i  cui 
arti  posteriori,  pur  così  robusti,  sono  immobilizzati  dalle  zampe  anteriori  della  Sphex,  che,  intanto, 
colle  altre  zampe  trattiene  l'Ortottero,  abbracciandolo  sui  fianchi.  La  Vespa,  colle  zampe  dell'ul- 
timo paio,  posate  sulla  faccia  della  vittima,  fa  forza  e  ne  respinge  la  testa,  così  da  mettere  allo 
scoperto  la  membrana  del  collo,  traverso  la  quale  essa  immerge  una  prima  volta  il  suo  pungolo 
e,  di  poi,  una  seconda  volta  piauta  l'aculeo  nel  petto  della  vittima,  nella  pelle  sottile  fra  i  due 
primi  sterni.  Il  Grillo  è  subito  immobilizzato  e  viene  portato  via,  strascinato  nel  solito  modo 
mi  a  volo,  anche  se  la  vittima  è  due  o  tre   volte  più  pesante  del  vincitore. 

Poco  diversamente  si  comporta  con  Acrididi   dei  generi  Calipiamui,  Oedipoda,  Sphingonotus  la 


Ó44  CAPITOLO    QUINTO 


Sphex  s  uh  fu scala  Dlilb.,  essa  pure  nostrale  che,  afferrata  la  vittima,  né  abbandonandola  non 
ostante  i  suoi  salti  vigorosi  e  disperati,  la  ferisce  una  prima  volta  nel  collo,  una  seconda  nella 
membrana  sottile  fra  le  zampe  medie  o,  il  più  spesso,  in  quella  che  è  interposta  fra  le  zampe 
posteriori,  che  sono  così  subito  immobilizzate.  Anche  questa  Vespa  dà,  dunque,  due  sole  pun- 
ture e  raggiunge,  almeno  coli' ultima,  certamente  un  ganglio  nervoso  toracale  (Feston). 

I  Blattarii  sono  predati,  oltreché  da  taluni  Tachysphex  (ad  es.  T.  lativalvU  di  Europa,  che 
caccia  le  Eclobia  e  fuori  d'Europa  anche  da  specie  del  geu.  Sphex)  anche  da  Crabronidi  Amplili- 
ciui  dei  generi   Ampulex  e  Dolichurus. 

Gli  Emittori  Eterotteri,  specialmente  allo  stato  giovanile,  sono  fatti  preda  di  Crabronidi, 
sopratutto  dei  generi  Astata  (Larrinae),  le  cui  specie,  pressoché  tutte,  sembra  nutrano  le  loro 
larve  di  insetti  di  questo  ordine,  dai  piccoli  Capsidi  e  Ligeidi  ai  Pentatonidi,  come  pure  gli 
Stilili  e  taluni  Solierella  e  Plenoculiis. 

Gli  Emitteri  Omotteri,  dalle  maggiori  Cicale,  che  sono  predate  da  Spheoius,  fino  agli  Afidi, 
che  hanno  nemici  anche  fra  gli  Imenotteri  di  questa  famiglia,  ad  es.  dei  generi  Pemphredon,  Passa- 
loecus,  Diodontus,  Psen,  Cemonus,  Niiela,  delle  cui  larve  formano  il  nutrimento,  pressoché  tutte 
le  specie  hanno  da  temere  per  qualche  Crabronide,  che  loro  fa  particolar  la  caccia,  come  ad  es. 
i  Fulgoridi,  gli  Jassidi,  le  Cicadelle,  ecc.,  che  sono  insidiate  rispettivamente  da  Goryles  (il  G. 
sulcifrons  Costa  di  Europa  preferisce  il  Phyleliis  spumarmi  L.),  Alyson,  Psen,  Tachysphex  (di  cui 
una  specie,   T.   rufirentralis  Feston  preda  il   comune   Histeropterum  grylloides  Fabr.),   ecc. 

I  Lepidotteri  non  sono  insidiati  dagli  Imenotteri  di  questa  famiglia  e  di  quella  dei  Vespidi 
se  non   nelle  loro  forme   larvali,   conforme  si  è  già  accennato. 

Le  larve  dei  Microlepidotteri  costituiscono  il  pasto  prediletto  di  Vespidi  dei  generi  Eumenes, 
Oìynerus,  Diseoelitis  (il  I).  zonalis  Panz.  di  Europa  caccia  i  bruchi  della  Piralide  della  Vite, 
Onectra  pilleriana  Schiffm.),  mentre  le  larve  di  Nottuidi,  sopratutto,  sono  predate  dalle  Ju- 
mophiìa. 

Forme  larvali  di  Coleotteri,  specialmente  dei  minori  (ad  es.  Balaninus,  Phytonomns,  Apio», 
Sitona  ed  altri  Curculionidi,  Lasiodcrma  ecc.  sono  scovate  e  rapite  da  Vespidi,  sopratutto  del  ge- 
nere Odynerm  (VO.  spinipes  L.  studiato  dall' Audouin),  mentre  gli  adulti  di  parecchie  specie,  fra 
le  minori,  contano  numerose  Vespe,  che  li  predano,  specialmente  nel  genere  Cerceris  (Phiìan- 
thinae).  Ad  es.  parecchie  specie  di  Curculionidi  di  generi  differenti,  sono  scoperti  molto  sagace- 
mente (uè  loro  giova  darsi  per  morti,  per  salvarsi)  da  più  specie  di  Cerceris,  anche  nostrali  e 
parecchi  Buprestidi,  di  statura  minore,  formano  lo  scopo  della  intensa  caccia  da  parte  della  Cer- 
ceris bnpresticida. 

È  da  notarsi  che  queste  Vespe  sanno  benissimo  rintracciare,  fino  per  entro  le  loro  gallerie, 
nel  legno  morto,  diverse  specie  di  Buprestidi  adulti  e  ne  raccolgono,  nei  propri  nidi,  un  gran 
numero,  anche  di  quelle  forme  che  l'entomologo  collezionista  non  sa  trovare  od  incontra  solo 
molto  raramente  nella  stessa  località. 

Una  specie  di  Cerceris  (C.  arenaria  L.  di  quasi  tutta  Europa  e  parte  dell'Asia),  che  preda 
Curculionidi,  secondo  le  osservazioni  del  Lepelletier,  saprebbe  trovare  e  toglier  di  dentro  ai  loro 
follicoli  ed  altri  ripari,  i  Curculionidi  ormai  adulti,  ma  non  ancora  induriti  bene  nel  loro  tegu- 
mento e  quindi  tuttavia  immobili  e  molli  e  che  tali  continuerebbero  a  rimanere  per  quella  de- 
cina di  giorni,  che  occorrono  alla  larva  della  Vespa  per  divorarli,  così  che  non  sarebbe  necessaria 
la  paralizzazione  per  assicurarne  l'immobilità. 

I  Ditteri  adulti,  per  quanto  eccellenti  volatori,  anzi  ottimi  fra  tutti  gli  Insetti,  non  sfug- 
gono alla  caccia  assidua  di  particolari  Imenotteri  predatori,  che  li  sanno  sorprendere  e  cogliere, 
più  che  altro  sui  fiori  che  frequentano.  A  proposito  di  questo  ordine,  si  nota  che  non  si  ha 
quasi  scelta  delle  vittime,  poiché  ad  una  stessa  specie  predatrice  sembrano  fare  al  caso  Ditteri 
dei  gruppi  i  più  disparati,  sempre  però  solo  Ditteri,  ed  è  cosi  che,  ad  es.,  in  uno  stesso  nido, 
poniamo  di  Oxybelus,  si  possono  trovare  specie  diversissime,  dai  Muscidi  agli  Anofelidi  e  Culi  cidi. 
Anche  i  Crabro  hanno  abitudini  analoghe  (fig.  614)  e  così  pure  i  Mellinus  (Mellinini),  come  qualche 
speeie  forestiera  del  gen.  Trypoxyìon  (ad  es.  il  T.  friijidum  .Smith  dell'America  settentrionale, 
che  porta  nel  suo  nido  Ragni  e  Mosche,  caso  questo  ben  raro  di  tanta  diversità  nella  natura 
degli  Artropodi  predati),  mentre  i  Bembex,  che  sono  più  grossetti  e  robusti,  portano  nei  propri 
nidi  i  Ditteri  di  dimensioni  più  cospicue,  persino  i  Tafani  e  nemmeno  gli  Asihis,  che  pure  sono 
feroci  predatori,  si  salvano  dall'aggressione  di  questi  Imenotteri,  anzi  i  Bembex  e  Monedtria 
(Bembecini)  sono  pressoché  predatori  di   Ditteri  esclusivamente. 

II  Crabro   wesmucli   Liud.   porta  nel   suo  nido  le  larve  di  piccoli  Tipulidi 


L'ADULTO    1     GLI     ATTI    l'KK    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE 


545 


Neppure  gli  Imenotteri  souo  sciolti  dal  tributo,  che  qualche  specie  paga  ai  predatori  del  loro 
stesso   ordine. 

In  generale,  però,  sono  le  forme  di  statura  più  modesta  ([nelle  che  fungono  da  vittime,  ma, 
non  si  salvano  neppure  quelle  anche  mezzanamente  grandi,  come  la  stessa  Ape  mellifica,  la  quale, 
infatti,  conta  fra  i  suoi  piti  temibili  nemici  talune  specie  di  Philavthua  (Pbilanthini)  e  tra 
queste  più  ovvio  è  il  comune  I'h.  tiinngitliim  L.  Eppure  l'Ape  è  foruita  di  un  ben  formidabile 
puugiglioue  e  sa  usarne  egregiamente.  Altri  Apidei,  meno  voluminosi,  come  le  Anlhrena  egli  Ea- 
liotus,  sono  ricercati  nei  luoghi  e  nel  tempo  iu  cui  essi  stanno  preparando  i  loro  nidi  sotterranei 
e  quivi  aggrediti  fuor  di  terra  da  Philanthus  e  Cereeris  (ad  es.  C  magnifica  Sebi,  e  C.  rybiensis 
L.  di  Europa).  La  C.  emarginata  Pauz.  di  Europa  rapisce  anche  specie  dei  generi  Panurgns, 
Prosopil  fra  gli  Apidei,  oltre  le  Anthrena. 

(gualche  specie  del  genere  Crabro  (C.  fonnicariits  Fest.,  C.  luieicollh  Lepell.,  pei  quali  il 
Perez  istituì  il  genere  distinto  :  Fertonins,  189C)  danno  la  caccia  alle  Formiche,  più  spesso  al 
T'aumenta  erraticum,  le  cui  forme  neutre  si  trovano  paralizzate  nel  nido  di  queste  Vespe  e  qualche 
specie  del  gen.  Lindenius,  che  souo  fra  i  più  piccoli  C'rabronidi,  provvedono  le  lóro  larve  coi  più 
minuti  Imenotteri  del  gruppo  degli  leueumonidi  (Ophionidae) 
e  dei  falciditi  (Pteromalus,  ecc.),  le  cui  spoglie  si  trovano 
poi  incrostate  sul  bozzolo  sericeo  filato  dalle  larve,  che  stanno 
mutandosi  in  ninfe  (fig.  595,  B). 

Un     O&ynerni    (O.    punetisona  Fest.)  di  Europa  porta  nel 
suo     nido    larve    di     Imenotteri  (di  specie  non   definite). 


Fig.  595.  —  Crabro  (Lindenius)  pyg- 
maeus  Liud.  A,  larva  dal  ventre; 
B,  bozzolo  coperto  di  frammenti 
di  Pteromalus;  a,  b,  grandezze 
natur.  Da  Marohal. 


rAEALIZZAZIOXE  DELLA  PREDA,  SUO  TRASPORTO 
NEL  NIDO  '  DAL  PREDATORE  E  DEPOSIZIOTfE  del- 
l'uovo sulla  vittima.  —  Quelli  fra  gli  Ime- 
notteri predatori,  che  costruiscono  essi  stessi  il 
loro  nido  o  comunque  lo  adattano,  non  profittando 
della  dimora  stessa  della  vittima  per  farne  abita- 
zione alle  loro  larve  (i  quali  ultimi,  come  si  è  detto,  mostrano  così  abitudini, 
che  molto  si  accostano  o  concorrono  con  una  speciale  maniera  di  parassitismo) 
debbono  pure,  conquistata  una  preda,  trasportarla  nel  loro  nido. 

Perchè  essa  non  opponga  resistenza  a  tale  trasporto  e  perchè  la  larva  del 
predatore  possa  nutrirsi  comodamente  ed  in  pace  delle  carni,  sempre  fresche 
della  vittima,  il  predatore  fa  ricorso  ad  un  mezzo  opportunissimo  e  del  tutto 
efficace. 

La  Vespa,  mercè  il  suo  pungiglione,  ferisce  la  vittima  in  un  ganglio  ner- 
voso toracico  e,  talora,  anche  tutti  e  tre  i  gangli  (se  sono  distinti)  sono  colpiti  dal 
pungolo.  Il  veleno  iniettato  ha  virtù  di  paralizzare  il  sistema  nervoso  della  vit- 
tima, la  quale  è  impedita  del  tutto  nei  suoi  movimenti  locomotori  e  ciò  per  un 
tempo  più  o  meno  lungo,  anche  per  due  settimane  ed  oltre,  per  quanto  basta, 
cioè,  alla  larva  del  predatote  di  nutrirsi  delle  sue  carni,  che  restano  sempre  fre- 
sche, poiché  la  vittima  è  soltanto  paralizzata,  ma  non  morta. 


Quanto  all'effetto  della  puntura,  per  quel  che  riguarda  la  durata  della  paralisi  esso  è  molto 
variabile  secondo  le  specie  predatrici  e  le  rispettive  vittime  e,  molto  spesso,  non  è  affatto  dure- 
vole per  tutto  il   tempo,   nel   quale  la  vittima  e  divorata  dalla  larva  del  predatore 

Così  i  Pompilidi,  iu  generale  paralizzano  i  Ragni  solo  per  poco  tempo.  Le  vittime  ricupe- 
rano più  o  meno  presto  le  loro  facoltà  locomotorio  e  le  altre  tutto,  cosicché  esse  vivono  e  si 
nutrono  mentre  la  larva,  nata  dall'uovo  deposto  dalla  Vespa  sul  loro  corpo,  sta  a  suo  agio, 
divorandone  l'addome.  Sopratutto  i  Ragni,  che  souo  raggiunti  e  cacciati  nel  loro  stesso  nido, 
nou  soffrouo  della  paralisi  completa  che  per  pochi  minuti,  quanto  basta  alla  Vespa  per  deporre  e 
fissare  tenacemente  sul  loro  addome  il  suo  uovo  (fig.  601,  V).  Il  Ragno,  a  poco  a  poco,  rinviene, 
tua  nou  pensa  affatto  a  liberarsi  dal  parassita  ed  auzi  di  rado  sorte  più  dal  suo  nido.  Si  lascia 
divorare  vivo  e  sembra  abbia  cura,  auzi,  di  nou  molestare,  neppur  colle  zampe  posteriori,  che 
usa  a  pulirsi  l'addome,  la  vorace  larva  che  lo  sta  consumando. 
A.  Beblese,  Gli  Inietti,  II.  —  69. 


546  CAPITOLO    QUINTO 


Anche  le  Blatte  paralizzate  dal  Doliokuru»  hemorrhoiii  Costa,  di  Europa,  secondo  riconobbe  il 
Feston,  dopo  un  tempo  vario  ricuperano  la  loro  attività  e  muovono  energicamente  le  zampe, 
così  cbe  potrebbero  anche  spostarsi,  ma  nulla  fanno  per  togliersi  dal  ventre  la  larva  (che,  intanto, 
non  le  lascia,  ma  seguita  a  divorarle^,  pur  potendo  raggiungerla,  quando  lo  volessero,  mercè  le 
mandibole  e  facilmente  ucciderla.  Su  tale  particolare  istinto  di  rispetto  per  un  cosi  micidiale 
parassita  sarà  il  caso  di  ritornare,  con  altri  esempi  e  le  considerazioni  che  si  possono  fare  in 
proposito,  piil  tardi,   trattando  del  parassitismo  in  generale. 

Invece,  per  molte  altre  specie,  ogni  locomobilità  è  per  sempre  annientata  coll'effettu  della 
puntura  e  le  vittime  possono,  tutto  al  più,  muovere  le  antenne  o  le  zampe,  sia  pure  mal  volen- 
tieri e  debolmente,  se  eccitate  artificialmente.  Così  non  è  opposta  alcuna  resistenza  alla  larva, 
che  intanto  divora  il  suo  pasto.  La  morte  della  vittima  può  accadere  più  o  meno  sollecitamente, 
sempre  dopo  giorni  e  per  le  specie  in  cui  le  vittime  periscono  più  presto,  le  madri  (come  ac- 
cade per  taluni  predatori  di  Ditteri)  debbono  spesso  rinnovare  le  provvigioni  di  vittime  fresche. 

Il  luogo  della  puntura  da  parte  del  predatore  e  la  efficacia  del  veleno  va- 
riano grandemente,  a  seconda  delle  specie  cacciatrici  e  di  quelle  predate. 

Nella  lotta  colla  vittima,  l'aggressore  procura  di  raggiungerla  e  ferirla,  col 
suo  aculeo,  nel  punto  conveniente  e  questa  manovra  è  più  o  meno  agevole  e 
pronta  a  seconda  della    specie  di  vittime  e  della  resistenza  cbe  esse  oppongono. 

I  Ragni,  vinti  dal  terrore,  rimangono,  come  si  è  già  accennato,  pressoché  passivi  e  la  Vespa, 
per  ottenere  il  suo  intento,  deve  ferirli  nel  collo,  subito  dietro  gli  organi  boccali,  con  che  è 
offesa  l'unica  grande  massa  nervosa  toracale  e  gli  arti  souo  subito  paralizzati.  I  Coleotteri 
adulti,  già  ricordati,  in  generale,  per  tutta  loro  difesa  fìngono  di  essere  morti.  Le  Vespe,  che  li 
hanno  scovati  e  sono  loro  sopra,  facendo  forza  colle  zampe  sollevano  loro  la  testa  ed  il  proto, 
race,  in  modo  che  appaia  scoperta  la  membrana  molle  tra  i  due  primi  sterni,  di  quivi  esse  feri- 
scono, con  una  sola  puntura,  il  ganglio  toracico.  Presso  a  poco  lo  stesso  accade  agli  Emitteri 
Eterotteri,  che  però  sono  feriti  nella  gola,  mentre  gli  Ortotteri  sono  colpiti  per  ciascuno  dei 
gangli  del  torace  o  per  due  soltanto,  quindi  con  due  o  tre  colpi  successivi  di  stiletto  in  ciascuno 
od  in  due  dei  gaugli  toracali.  Pei  Ditteri  e  per  gli  Imenotteri  è  sufficiente  una  sola  ferita 
nella  regione  ventrale  del  torace,  più  spesso  nella  gola,  come  fanno  i  l'hiluiilhus  pegli  Apidei 
ed  i  Bembex.  Pei  Ditteri  e  pei  bruchi  basta  un  solo  colpo  di  pungiglione,  as>estato  loro  alla 
regione  iugulare,   immediatamente  dopo  la  bocca. 

L'effetto  è  fulminante.  L'insetto  colpito  rimane  incapace  di  locomuoversi  ed  è  alla  mene 
del  predatore.  Certo  il  liquido,  che  viene  emesso,  a  volte  richiede  qualche  secondo  per  effluire 
perchè  talora  si  vede  la   Vespa  trattenere  il  suo  pungolo  nella  ferita,  per  parecchi  secondi. 

Bisogna  convenire  che,  pegli  effetti  suoi,  il  liquido,  di  cui  queste  Vespe  possono  disporre  a 
queste  cosifatte  offese,  e  specialmente  destinato  ad  un  ufficio  in  aiuto  della  funzione  riproduttiva, 
anziché  di  quella  difensiva  dell'individuo,  poiché  le  punture,  se  non  interessano  un  centro  ner- 
voso dell'insetto  colpito,  questo  non  sembra  risentirne  molto  danno  o  soverchia  molestia,  come 
si  vede  dal  fatto  che  le  Vespe,  all'atto  dell'aggressione,  pungono  a  caso  qua  e  là  il  corpo  della 
vittima,  senza  che  questa  sembri  risentirsene  troppo,  tino  a  quella  puntura,  che  pegli  organi 
che  interessa,  cioè  il  sistema  nervoso  in  quel  determinato  centro,  ha  cosi  immediato  e  grave 
effetto  per  la  vittima. 

Invece,  gli  Imenotteri  aculeati  non  predatori  uccidono  addirittura  l'insetto,  che  sia  ferito 
comunque  dal  loro  pungiglione  e  così  fanno  molti  parassiti  di  quelli  che  colpiscono  la  vittima, 
nascosta  in  ambienti  così  riparati  che  non  può  essere  raggiunta  se  non  dal  pungolo  dell'Imeuot- 
tero,  senza  scelta  possibile  della  regione  del  corpo  della  vittima  ove  poter  offendere  con  effetto 
speciale  e  ne  viene  così  che  la  vittima  stessa  è  uccisa,  anziché  paralizzata,  e  la  larva  della 
specie,   che  aggredisce,   deve  nutrirsi   di   carne  morta. 

<;  tasto  della  vittima.  —  È  stato  osservato  che,  nel  maggior  numero  dei 
casi,  la  vittima  non  è  allogata  nel  nido  dell'Imenottero  predatore,  intatta,  all'in- 
fuori  della  puntura  clie  la  ha  paralizzata  e  si  è  anche  rilevato  da  tutti  gli  os- 
servatori di  questi   mirabili  costumi,  che   molte  specie  maltrattano  il  corpo  ormai 


I.  ADULTO     R    (il.I    ATTI     I'KH    I.A    COXSKB  V  AZIONE    DE  IX  A    SPECIE 


517 


Fig.  596.  —  Cerceris  ornata  P.,  che  guasta  il  capo  di 
nn  Halictus,  dopo  averlo  paralizzato.  A,  posi- 
zione abituale  ;  B,  altra  posizione  meno  fre- 
quente. Alquanto  ingrandita.  Da  Marebal. 


inerte  della  loro  vittima  o  lo  mutilano  e  ciò  fanno  sempre  secondo  determinate 
maniere,  che  non  variano,  o  di  poco,  per  la  stessa  specie  di  animale  predato  odi 
Vespa  predatrice. 

Molte  volte  le  vittime,  se  appartengono  al 
gruppo  degli  Ortotteri  saltatori,  sono  private, 
dalla  Vespa  ohe  le  ha  ferite,  delle  zampe  po- 
steriori,  di  ambedue  odi  una  sola  (tig.  601,  D). 
Anche  i  Ragni,  molto  spesso,  mancano  di  qualche 
zampa  0  di  più  d'una.  Altre  maniere  di  guasti 
sono  praticate  a  danno  degli  organi  locomotori 
di  Ditteri  adulti;  ma  anche  più  frequentemente 
le  vittime  sono  erose  dalla  Vespa,  che  le  ha 
paralizzate,  sulla  parte  superiore  del  capo. 
Cosi  pure  i  bruchi  catturati  e  ridotti  immo- 
bili ormai  dalla  puntura  avvelenata,  sono 
dalla  Vespa,  ohe  li  ha  così  condizionati, 
anello  rosicchiati  nel  loro  ultimo  articolo  del 
corpo. 

Che  qualche  rara  volta  la  Vespa,  ohe  ha  sotto  lo  zampe  un  corpo  inerte,  si  senta  spinta  a 
nutrirsene,  sembra  fuor  di  dubbio,  giacché  il  Feston  ha  veramente  veduto  un  Prioenemis  man- 
giarsi l'addome  di  un  Ragno  appena  paralizzato  e  così  pure  seguire  ad  una  Mosca,  per  parte  del 
Benibtx,  che  la  aveva  ridotta  alla  sua  mercè;   ma  certo  la  grandissima  maggioranza  dei  casi  delle 

citate  pratiche  a  danno  della  vittima  ormai  inerte  (gli  autori  fran- 
cesi dicono  malaxer  questo  guastare  il  corpo  della  preda)  deve  avere 
sopratutto  altro  scopo  e  solo  in  servizio  della  prole  del  predatore. 
Infatti,  dalle  larve  di  Coleotteri  e  Lepidotteri,  la  Vespa  madre, 
che  le  ha  paralizzate,  lambisce,  con  avidità,  il  liquido  che  esse 
emettono  dalla  bocca,  anche  in  più  volte  dopo  la  paralizzazione,  ina 
esse  sono,  aucora,  erose  dalla  Vespa  stessa  nei  loro  segmenti  pò 
steriori  del  corpo,  anzi  più  o  meno  vuotate,  senza  che  muoiano 
perciò  ed  il  Feston  notò  che,  ad  es.  VOdyuerus  nobili*  Sauss.  d'Eu- 
ropa, anche  dopo  aver  già  riposto  nel  suo  nido  le  larve  catturate, 
le  trae  fuori  più  volte  e  le  espone  all'aperto  (non  senza  pericolo 
di  furto  da  parte  di  qualche  formichetta  che  si  aggira  nei  dintorni 
o  di  parassitizzazione  da  parte  di  qualche  Dittero,  che  è  sempre  at- 
torno, alle  vedette)  mentre  intanto  rinnova  sulle  stesse  l'operazione 
di  guasto,  che  ha  loro  fatto  già  al  momento  della  cattura  e  ne 
ritrae  un  succo,  che  lambisce  avidamente. 

Il  Fabre  ritiene  che  il  Philanthus,  vuotando  l'ingluvie  dell'Ape, 
prenda  una  misura  igienica  por  la  larva,  che  ne  avrebbe  danno  nu- 
trendosene, ed  il  Feston  è  pure  d'opinione  che  se  la  Vespa  madre 
ha  un  vantaggio  ed  una  golosità  particolare  pegli  umori  che  può 
ritrarre  dagli  insetti  predati,  seguendo  l'abitudine  di  guastarli,  è 
da  ritenere  che  la  sua  larva  ne  abbia  egualmente,  evitando  di  assumere  sostanze  che  le  sa- 
rebbero nocive. 

11  Marchal  ha  notato  che  le  Cerceris  {C.  magnifica  Sebi,  e  C.  rybiensis  L.)  leccano  l'umore 
della  vittima  (che  sono  Apidei,  generalmente  Halictus),  da  un  foro  che  praticano  colle  mandibole 
tra  la  testa  ed  il  protorace  al  dorso,  per  cui  il  liquido  sembrerebbe  dovesse  essere  d'altra  na- 
tura. 

L  Autore  illustra  benissimo  la  posizione,  in  cui  si  mette  una  Cerceris,  mentre  guasta,  colle 
sue  mandibole,  il  capo  di  un  Halictus  già  paralizzato  e  si  tiene  la  vittima  sotto  il  suo  ventre 
prona  e  vi  sta  sopra,  posando  sulla  base  con  tutte  le  zampe,  o  sta  eretta  nelle  maniere  che 
mostra  la  fig.   596. 

La  C.  ornata  guasta  gli  Halictus,  che  ha  ferito,  mordendone  il  picciuolo  dell'addome.  Anche 
lo  .1  stata,  che  preferiscono,  per  loro  preda  gli  Emitteri  Eterotteri,  ne  rodono  la  testa,  dopo  averli 
paralizzati. 


Fig.  597.  —  Ammophila  sa- 
bulosa  L.,  mentre  sta  por- 
tando nel  suo  nido  un 
bruco  paralizzato.  Grand, 
nat.  Da  Kiinckel  d'Her- 
culais. 


5  i  8 


CAPITOLO    QUINTO 


Trasporto  della  preda  nel  nido  del  predatore.  —  Il  trasporto  della 
vittima  è  fatto  in  due  modi  essenzialmente  diversi,  cioè  a  volo,  per  talune  specie, 
strascinando  la  preda,  per  altre.  In  questo  lavoro  si  manifesta  la  rilevante  forza 
muscolare  delle  Vespe,  giacché  esse  riescono  a  trasportare,  anche  volando,  una 
preda  sino  a  due  volte  ed  anche  oltre,  più  pesante  di  esse  medesime. 


Fig.  598.  —  Uno  Sphejc  oecitanicm  Lep.,  che  trasporta  nel    suo  nido  ima    Ephippigera  ormai  paraliz- 
zata. Grand,  nat.  Da  Kùnckel  d'Herculais. 


Quanto  alla  forza  di  trazione,  basterà  osservare  che  taluni   Pompilidi  riescono  a  portare  nel 
loro  nido  Ragni  talora  anche  dodici  volte  piti  pesanti  di  loro. 

In  geuerale,  può  esser  detto  che  i  Ragni,  per  parte  dei  Pompilidi,  sono,  il  più  spesso  tra- 
sportati per  terra,  trascinati  o  spinti  nel  tragitto;  ma,  talora,  anche  a  volo,  sebbene  più  rara- 
mente e  per  le  specie  meno  grosse;  i  bruchi,  per  parte  degli 
Sfegidi,  che  li  predano  sono  trascinati  (fig.  597)  e  cosi  pure 
gli  Ortotteri  (fig.  598),  sopratutto  se  voluminosi  che  sono  in 
generale  trascinati  supini  per  una  antenna  (1),  ed  anche 
i  Coleotteri  (fig.  599).  Ma  i  Ditteri  e  gli  Imenotteri  sono 
portati  a  volo  dai  loro  predatori,  e  così  pure  gli  Eterotteri 
(  Astata). 

Nel  trasporto  a  piedi  la  Vespa  cammina,  il  pivi  spesso,  a 
ritroso  e  se  ne  torna  al  nido  con  quella  mirabile  facoltà  di 
orientamento,  per  cui  non  erra  gran  fatto  nella  sua  via. 

Quando  però  la  preda  è  recata  a  volo  nel  nido,  essa  è 
portata  in  posizioni  differenti  a  seconda  delle  specie  preda- 
trici. I  Bembtx  trasportano  le  Mosche  per  aria  tenendole  abbrac- 
ciate colle  zampe,  ventre  contro  ventre.  Gli  Odinents,  che  predano  larve  di  Lepidotteri  o  di  Coleot- 
teri, le  sollevano  a  volo  e  sono  tenute  distese  dalle  zampe  della  Vespa,  ed -il  capo  della  vittima 
è  afferrato  dalle  mandibole  del  predatore.  Quando  però  sono  lasciate  a  sé  nella  cella  della  Vespa, 
le    larve  paralizzate  spontaneamente    si    avvolgono   su  sé  a  spira,  riè  piti  si  muovono.   Così    esse 


Fig.  599.  —  Cerceris  tuberculaia 
Vili.,  che  trascina  nel  suo  nido 
un  Curculionide  [Cìeonus  sp.) 
paralizzato.  Grandezza  natur. 
Da  Faine. 


(1)  Noto  un  fatto  curioso  segnalato  dal  Feston.  Nou  di  rado,  mentre  una  Sphex  siili fuscata 
Palilb.  (Europa)  sta  trascinando  una  femmina,  ormai  paralizzata,  di  Caliptamus  (sono  preferite  le 
femmine  di  Aerìdidi,  Loenstidi  e  Grillidi  perchè  piti  grosse  ed  offrenti  maggior  pasto  alle  larve 
che  non  i  maschi)  sopraggiunge  un  maschio  della  vittima  e  si  accoppia  tosto  colla  femmina,  seb- 
bene paralizzata.  La  Vespa  non  si  turba  dell'aumento  di  peso,  trascina  la  coppia,  che  nou  si 
scioglie  che  all'orifizio  del  nido  della  Vespa,  non  potendo  ambedue  insieme  gli  individui  pene- 
trarvi. 


[,'ADULTO    E    GLI    \TTI    PER    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE 


549 


possono  essére  disposte  l'ima  a  ridosso  dell'altra  (figg.  602,  621),  occupando  il  minore  spazio  pos- 
sibile entro  la  stretta  cella. 

Molto  è  ricordato  dagli  autori  Nordamericani  lo  Sphecius  speciomia  Drury,  grossa  Vespa  del- 
l'America settentrionale  e  del  Messioo,  lunga  circa  3,5  cent.,  che  preda  Cicale  adulte  (Cicada 
tcptemdecim,  e.   tredecim,  ecc.)  e  le  porta  a  volo  nel  suo  nido  sotterraneo  (fig.  600,  A). 


Deposizione  dell'uovo.  --  Tutti 
gli  Imenotteri  souo  ovipari  ;  quelli  soli- 
tari depongono  un  solo  uovo  per  ogni 
cella  o  nido,  colle  provviste  che  occor- 
reranno per  tutta  la  vita  della  larva. 
Gli  Imenotteri  solitari  nielli  feri  dispon- 
gono l'uovo  sulla  massa  nutritiva  o 
poco  discosto;  ma  quelli  predatori  se- 
guono due  distinte  maniere  di  ubica- 
zione dell'uovo,  in  presenza  delle  prov- 
vigioni accomodate  dalla  previdente 
madre  nel    suo  nido. 

Alcune  specie  mettono  il  loro  uovo 
sul  corpo  stesso  della  preda,  uno  solo 
per  ciascuna  cella,  qualunque  sia  il 
numero  di  vittime  ivi  raccolte  e  che 
costituiscono  le  provviste  per  la  larva. 

Altre  specie  sospendono  l'uovo, 
mercè  un  breve  filamento,  alle  pareti 
della  volta,  o  sul  pavimento  della  cella, 
però,  in  questo  caso,  in  un  punto 
eminente  (ttg.  602,  o).  La  larva  neonata 
dovrà  spostarsi  abbastanza  per  raggiun- 
gere il  cibo,  che  però  è  sempre  a  sua 
portata,  vicinissimo. 

Per  le  specie  che  assicurano  l'uovo 
sul  corpo  della  vittima,  si  notano  mo- 
dalità varie,  che  si  riferiscono  anzitutto  B 

al    polo     fissato,     se     esso     è,    nell'uovo,       Fig.  600.  _  Sphecius  epeciosus  (Drury)    Dahlb.  del- 
quello    cefalico     Od     il    posteriore    e    ciò  l'America.  A,  mentre  trasporta  a  volo  un  adulto 

.  di  Cicada   septedeeim   nel    suo   nido;   B,  la    sua 

varia     a     seconda    delle    Specie     O     dei  larva  già  matura,  mentre  finisce  di  divorare  la 

gruppi  di  Vespe,  ma  è  sempre   costante  Cicala.  Grand,  nat.  Dagli  autori  Nordamer. 

per  ciascuna.  In  secondo  luogo  è  molto 

diversa  la  ubicazione  dell'uovo  sul   corpo  della  vittima  ed  essa  pure  è    costante 
o  poco  diversa  per  una  medesima  specie. 

Inoltre,  sono  da  ricordarsi  le  già  citate  pratiche  di  guasto  fatte  subire  dalla 
Vespa  alla  vittima,  prima  di  deporvi  sopra  l'uovo,  le  quali  hanno  per  iscopo  che 
questo,  per  movimenti  volontari  od  involontari  dell'insetto  che  lo  porta,  non  corra 
il  pericolo  di  essere  danneggiato. 


Alcune  Vespe,  tra  quelle  che  mettono  l'uovo  direttamente  sul  corpo  della  vittima,  ve  lo  (is- 
sano col  polo  cefalico,  cioè  coll'estremità  corrispondente  alla  testa  della  futura  larva  ;  altre, 
invece,  lo  attaccano  in  posizione  esattamente  inversa,  cosi  che,  per  queste,  il  polo  cefalico  è 
libero.  Questo  diverso  costume  è  però  costante  per  ciascuna  specie  ed,  in  più.  casi,  anche  per 
gruppi   maggiori. 

L'uovo  è  fissato  abbastanza  tenacemeute  (fig.  601),  ed  è  messo  in  tale  ubicazione  che  non 
possa  essere  molestato  da  movimenti  degli  arti  della  vittima,   che,  pur  essendo  paralizzata,    man- 


550 


CAPITOLO    QUINTO 


Fig.  601.  —  Uova  di  Vespe  solitarie  su 
Insetti  e  RagDi  paralizzati.  A,  di 
Cerci»  4-cincta  Panz.  su  Poydrosus 
cervinus  (ingr.  3  diam.);  B,  di  Dio- 
dontus  mtHwtitsFabr.su  un  Aticle  Hngr. 
Ili  diam.);  C,  di  Pompilus  plicaius 
Costa,  su  Ctenizia  sauvagei  Rossi 
(ingr.  due  diametri);  D,  di  Sphex  ma- 
xillosus  P.  su  una  larva  di  Locu- 
stide.  Da  Feston. 


tiene  ancora,  nella  sua  vitalità,  qualche  debole  mobilità,  delle  membra.  In  generale  l'uovo  è  di- 
sposto sul  petto  della  vittima  (fig.  601,  A,   B,  D)  quando  questa  è  destinata    a    riposare  supina, 

ma  è  allogato  sui  fianchi  o  sul  dorso  di  quelle  prede 
che  giacciono  prone  nel  nido  della  Vespa  o  non  sono 
tanto  gravemente  paralizzate  da  non  riprendere  piti, 
presto  o  più  tardi  la  facoltà  locomotoria  (fig.  601,  C). 

Così  sono  allogate,  ad  es.  le  uova  sull'addome  dei 
Ragni,  depostevi  dai  Pompilidi  e  si  è  già  detto  che  la 
paralizzazione,  per  parte  di  queste  Vespe,  è  transitoria 
più  o  meno  rapidamente.  L'uovo  è  incollato  alla  parte 
anteriore,  o  più  verso  quella  posteriore  od  anche  su 
un  lato  dell'addome  del  Ragno  (fig.  601,  C)  e  su  un'area 
nuda  di  peli  naturalmente  o  denudata  apposta  dalla 
Vespa  madre. 

Anche  sugli  Ortotteri  l'uovo  di  quelle  Vespe  che 
usano  allogarli  proni  nel  loro  nido  (figura  608)  è 
collocato  su  un  fianco  della  vittima,  il  più  spesso  alla 
base  dell'addome.  Invece,  per  quegli  Ortotteri  che  giac- 
ciono supini  nello  stato  di  paralisi  entro  il  nido  della 
Vespa,  l'uovo  sta,  come  ripeto,  nella  regione  ventrale, 
sia  al  collo  o  più  giù  sullo  sterno  (fig.  601,  D). 

Il    più    spesso    la  Vespa  sa  scegliere  un  punto  sul 
corpo  della  vittima,  dove  l'uovo  allogatovi  sia  protetto 
da  speciali  strutture  del  tegumento  della  vittima  stessa, 
da  ogni    sua  possibile,     involontaria    offesa.    Un  bell'e- 
sempio è  offerto  dal  Dolichurus  haemorrìious  Costa,   già  ci- 
tato,  che    preda  la    Loboptera  decipiens  Cerni.,   che  è  un 
Blattario,  come  la  Aphelia  punctata  Charp.,  che  è  la  vit- 
tima abituale    di    un  altro  Dolichurus  (D.  corniculus  Sp.) 
ed    ambedue  appartengono  alla  fauna  europea. 
11  Feston  mostra  che  l'uovo  della  Vespa  è  accomodato  sulla  coscia  del  2.°  paio  della  Blatta 
ed  è  protetto  da  una  costola  rilevata,  che  margina  la  coscia  stessa.  Così  la  vittima,  che  rinviene 
parzialmente  abbastanza  presto,    non  può  raggiungere,  nei 
movimenti  scomposti  delle  altre  zampe,  il  fragile  uovo. 

Il  Feston  illustra  molti  esempi  di  speciali  lussazioni 
degli  arti  più  pericolosi  all'uovo  deposto  in  loro  vici- 
nanza, che  le  Vespe  praticano  sulla  vittima.  Più  gene- 
ralmente è  asportata  dalla  Vespa  la  zampa  della  vittima 
così  pericolosa,  altre  volte  essa  e  lussata  e  resa  così  immo- 
bile, ecc. 

Pei  Ditteri,  che  debbono  starsene  supini,  frequentemente 
è  lussata  un'ala  dal  lato  ove  è  fissato  l'uovo  ed  è  scostata 
dal  corpo  in  modo  che  serva  utilmente  al  corpo  stesso 
come  più  larga  base,  con  che  esso  non  possa  rovesciarsi 
sul  ventre,  altrimenti  l'uovo  assicuratovi  sopra  sarebbe 
in  pericolo  di  danno. 

Il  costume  di  sospendere  le  proprie  uova  per  mezzo 
di  un  brevissimo  filamento  alla  volta  interna  della  cella 
(fig.  602)  appartiene  agli  Eumeni  di  (Diplotteri). 

È  sorta  disputa  sulla  ragione  di  tale  maniera  di  de- 
posizione dell'uovo  ed  il  Feston  opina  che  ciò  sia  per 
proteggere  l'uovo  dalla  possibile  umidità  e  conforta  il  suo 
modo    di    vedere   recando    l'esempio    che    le    Vespe    della 

famiglia  dei  Crabronidi,  le  quali  non  hanno  l'abitudine  di  deporre  l'uovo  sul  corpo  della  vit- 
tima, e  se  ne  incontra  esempio  nei  generi  Cerami)»,  Sìizus,  Bembex,  ecc.,  lo  dispongono  su 
un  punto  eminente  del  pavimento  della  cameretta  e  ciò,  evidentemente  non  avviene  per  salva- 
guardarlo dai  movimenti,  che  accidentalmente  potessero  fare  le  vittime,  anche  se  paralizzate, 
come  altri  sosteneva. 


Fig.  602.  —  Sezione  longitudinale 
di  due  nidi    di  Vespidi    solitari. 

A,  di    Odynerns    reniformis    L., 

B,  di  Eumenes  arbuMorum  Panz. 
ingranditi  per  mostrare  in  o 
l'uovo  sospeso  ad  un  filo.  Da 
Fabro. 


L'aDULTO    K    GLI    ATTI    PER    LA     CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE  551 

Nidificazione.  -  Conosciuto  ora  in  che  divergono  essenzialmente  i  due 
gruppi  di  Imenotteri,  cioè  dei  Melliferi  e  dei  Predatori,  per  quanto  riguarda  le 
abitudini  relative  alla  proliferazione,  vediamo  come  convengono,  invece,  per  ciò 
che  si  appartiene  alla  preparazione  dei  nidi. 

Nidi  in  CAVITI  accidentali.  —  Parecchi  Imenotteri  solitari,  conforme  si 
è  accennato,  stabiliscono  il  loro  nido  in  cavità  adatte  e  che  trovano  già  pronte, 
come  ad  es.  fessure  o  buchi  nel  terreno,  nei  vecchi  muri,  fra  le  pietre,  nei  le- 
gnami, ecc.  Oltre  a  questi  ambienti  molte  specie  di  generi  i  più  disparati,  così 
bene  tra  gli  Apidei  come  tra  i  Vespidi,  utilizzano  le  conchiglie  vuote  di  Gaste- 
ropodi terrestri  del  gen.  Helix  e  meno  spesso  del  gen.  Bulimus.  Anche  i  nidi 
costrutti  in  muratura  o  scavati  nei  legnami  o  nelle  muraglie,  da  parte  di  altri 
Imenotteri  ed  anche  quelli  stessi  dei  Sociali,  ormai  abbandonati,  sono  messi  a 
profitto  da  parecchie  specie,  anche  differenti  da  quelle    che    li    hanno  preparati. 

Molto  utilizzati  sono  gli  internodi  delle  canne  (Armido  donax  da  noi,  Bambù 
altrove)  aperte  all'apice,  come  pure  i  rami  secchi  di  piante  a  midollo  grosso,  il 
quale  è,  talora,  scavato  ed  asportato  dall'insetto. 

Il  trovare  già,  prouto  e  comodo  un  simile  ambiente  opportuno  per  nidificarvi,  risparmia  alla 
femmina  molto  lavoro  e  questa  economia  di  tempo  e  di  fatica  è,  possibilmente,  scansata  da 
molte  e  differenti  specie  di  Imenotteri,  sia  melliferi  che  predatori. 

In  tutti  i  casi  però,  sia  che  la  specie  nidificante  occupi  sempre  ed  esclusivamente  cavità, 
che  trova  pronte,  sia  che  ne  profitti  per  l'occasione,  è  necessario,  intanto,  un  qualche  adatta- 
mento della  cavità  stessa  al  nuovo  scopo,  sopratutto  se  questa  è  rappresentata  da  un  vecchio 
nido  abbandonato,  perchè,  in  tal  caso,  il  nuovo  inquilino  deve  procedere  almeno  ad  una  molto 
accurata  ripulitura  dei  rifiuti  e  detriti  delle  precedenti  covate. 

Xel  maggior  numero  dei  casi,  però,  nella  cavità  sono  costrutte  le  celle,  in 
cui  si  svolgerà  la  larva  del  nuovo  abitatore  e  queste  possono  essere  fabbricate 
di  sostanze  diverse  per  ogni  singola  specie,  sia  di  un  impasto  di  terra  e  saliva 
dell'insetto,  sia  di  resina,  che  la  madre  raccoglie  dalle  piante  resinose  o  dai  le- 
gnami spaccati,  che  trova  nelle  vicinanze,  sia  di  una  pasta  composta  di  detriti 
di  foglie  masticate  dalle  mandibole  dell'Imenottero,  coll'aggiunta  di  pietruzze,  ecc., 
sia,  finalmente,  di  pezzetti  di  foglia  o  di  petali  di  fiori,  tagliati  fecondo  una  de- 
terminata maniera  ed  in  modo  particolare  accomodati,  per  comporre  le  pareti  ed 
il  coperchio  delle  singole  celle. 

Nel  caso  di  maggiore  semplicità,  le  pareti  della  cavità  prescelta  sono,  al- 
meno, intonacate  di  una  speciale  vernice,  il  più  spesso  di  natura  resinosa. 

La  cella  è  la  parte  essenziale  del  nido  di  ogni  Imenottero  solitario,  ma  essa  è  costrutta  più 
0  meno  complicatamente  e  con  diversa    diligenza. 

Il  caso  più  semplice  è  fornito  dall'impiego  della  dimora  stessa  della  vittima,  come  accade 
pei  cunicoli  dei  Ragni,  utilizzati  da  taluni  Pompilidei  ed  in  tale  condizione  la  cella  è  rappre- 
sentata dall'intero  cunicolo,  del  quale  la  Vespa  si  accontenta  di  chiudere  e  nascondere  più  effi- 
cacemente l'orifizio  di  ingresso  o  questo  ed  anche  quello  di  egresso,  quando  quest'ultimo  esiste. 

Pei  nidi  scavati  nel  terreno,  la  cella  è  rappresentata  da  una  cameretta  di  diametro  ap- 
pena maggiore  della  galleria  e  tale  cella  è  al  termine  della  galleria  stessa.  Per  unica  prepa- 
razione può  solo  notarsi  una  compattezza  maggiore  delle  pareti,  in  confronto  di  quelle  della 
galleria  di  accesso  od  una  verniciatura  delle  stesse. 

Ma,  da  queste  maniere  più  semplici  si  procede  a  celle  più  complesse  (ossia  a  vere  celle  di- 
Stinte)  alle  quali  si  è  accennato. 

Bisognerà  dunque  distinguere,  per  questi  nidi  disposti  in  cavità  preesistenti,  quelli  pei  quali 
è  assolutamente  escluso  ogni  lavoro  da  parte  dell'Imenottero  nidificante,  per  prepararle,  dagli 
altri  pei  quali  tutto  il  lavoro  si  riduce,  al  massimi),  alla  asportazione  del  midollo  di  dentro  a 
rami  secchi  di  piante  diverse,  fino  ai  nidi  nei  quali  sono  costrutte  vere  e  proprie  celle  di  so- 
stanza e  complessità   varie,  come  si  è  detto. 


552 


CAPITOLO    QUINTO 


Converrà  rilevare  anche  l'accidentalità  di  adattamento  a  questa  semplificazione  della  nidifi- 
cazione per  parte  di  specie  che,  ordinariamente,  costruiscono  o  scavano  da  sé  la  loggia  pei  loro 
nidi  e  spesso  con  procedimento  molto  laborioso  e  complesso. 

Ad  es.  la  Xylocopa  violacea  L.,  il  più  voluminoso  dei  nostri  Apidei,  il  quale  è  il  prototipo 
degli  Imenotteri  scavatori  del  legno  secco,  talora  si  risparmia  tutto  il  lavoro  di  preparazione 
delle  lunghe  e  larghe  gallerie  nei  legnami,  profittando,  invece,  degli  internodi  aperti  della  canna 
comune  (Annido). 

Il  più  semplice  tipo  di  nido  è  offerto  da  taluni  Pompilidei.  Si  può  dire  infatti  che  i  Ve- 
spari  di  questa  famiglia   seguano  il   più  sbrigativo  e  rudimentale  modo  di  nidificazione. 

Si  è  già  avvertito  che  talune  specie  fauno  loro  nido  del  cunicolo  stesso  del  Bagno,  che  è 
anche  la  sua  tomba,  ove  lo  hanno  sorpreso  e  ferito  o  ve  lo  hauuo  riportato,  se  colto  fuori  (come 
fa  il  Planieeps  fulviventrii  Costa  per  la  Xemesia  badia). 

Molti  altri  Pompilidei,  però,  si  contentano  di  allogare  la  loro  preda,  condizionata  al  solito 
modo,  entro  qualche  buco,  che  trovano,  accidentalmente,  nelle  vecchie  muraglie  od  altrove  e 
quivi  la  rinchiudono,  ostruendo  l'ingresso  con  terra  o  pietruzze. 

Qualche  specie,  come  il  Pompila»  (H'eamaelinus)  sanguinolenti!» 
Fabr.  (di  Europa),  fa  veramente  una  cella  di  forma  irregolarmente 
ovoide,  ili  un  tessuto  rigido  e  spesso,  liscia  all'interno  ed  è  allogata 
entro  la  conchiglia  vuota  della  Helix  adsperea,  che  poi  la  Vespa  stessa 
chiude  alla  bocca  con  un  tappo  irregolare  di  terra  e  quisquilie. 

Anche  altre  specie  congeneri  (ad  es.  P.  cinctellus  Spin.  di  Europa) 
allogano  la  loro  preda  entro  gusci  vuoti  di  Helix,  che  poi  chiu- 
dono, o,  se  non  hanno  altra  cavità,  ad  es.  nei  vecchi  muri,  si 
adattano  abbastanza  malvolentieri  a  scavare  essi  stessi  un  cunicolo 
sotterra. 

Così  pure  le  Agenia,  che  sono  Pompilidei  e  delle  quali  talune 
costruiscono  bellissime  celle  in  muratura  (fig.  603),  non  rifiutano  di 
ricorrere  ai  gusci  vuoti  di  Helix,  per  disporvi  dentro  le  loro  celle. 
La  A.  variegata  L.  proritta  dei  buchi  nelle  muraglie  od  altrove  o 
dei  nidi  abbandonati  di  Scelipltroit  ed  Eumene»  o,  come  si  disse,  delle 
chiocciole  vuote  e  quivi  dentro  dispone  anche  più  celle,  fatte  di 
terra  impastata  e  ciascuna  contiene,  col  suo  uovo,  anche  un  Ragno 
paralizzato.  Il  tappo,  che  chiude  il  nido,  è  fatto  con  vecchie  tele 
di  Ragno,  raccolte  qua  e  là  e  stipate,  così  che  ha  un  aspetto  feltrato. 
Anche  la  A.  structor  Feston  nidifica  così  nelle  Helix  o  Buliinus  vuoti,  ma  il  tappo  è  fatto 
di   mota  e  sassolini. 

Però,  altre  altre  specie  del  ricchissimo  genere  sono  meno  pigre  alla  escavazione  del  nido  e 
queste  si  comportano  in  ciò  presso  a  poco  come  gli  altri  Vespari  scavatori.  Ad  es.  il  Pompilua 
vinticns  L.,  una  delle  più  comuni  specie  nostrali,  che  si  vede  spesso  iu  caccia  correndo  sulle 
strade  battute  ed  altri  luoghi  soleggiati,  scava  in  terra  un  cunicolo,  profondo  anche  oltre  otto 
centimetri  e  compie  il  lavoro  con  grandissima  rapidità,  raspando  la  terra  colle  zampe  anteriori 
e  ricacciandola  dietro  a  se,  esattamente  come  fa  il  cane. 

Come  si  vede,  fra  i  Pompilidi  si  possono  trovare  esempi  di  nidificazione  dai  più  semplici, 
che  confinano  col  parassitismo  (ed  anzi  talune  specie,  come  il  Pompilus  peotinipes  Liud.,  si  pos- 
sono verameute  considerare  per  parassite)  fino  a  quelli  di  grande  perfezionamento,  come  sono  le 
costruzioni  in  muratura  di  qualche   Agenia  (ad  es.   Psendagenia  carbonaria  Scop.,  fig.  603). 

Molpi  Apidei  e  Vespari  nidificano  entro  i  rami  secchi  e  smidollati  di  piante  diverse,  più 
spesso  di  Sambuco  e  di  Rubua  (fig.  604).  Gli  Imenotteri  del  Rovo  sono  stati  oggetto  di  studio  da 
parte  del  Dufour  e  Perris  e  più  tardi  del  Fabre,  il  quale  cita  una  trentina  di  specie  (escluse  le 
parassite)  nidificanti  nei  rami  secchi  di  questa  pianta,  a  Valchiusa.  Fra  gli  Imenotteri  melliferi  il 
Fabre  ha  trovato:  Oamia  tridentata  Duf.  e  Perr.  ;  0.  detriti!  Perez;  Aiilhiiìinni  soapulare  Lati'.; 
Heriades  rubicola  Perez;  Prosapia  confusa  Schenck;  Ceratimi  chalcitea  Gerru.  ;  C.  albilabris  Fabr.; 
C.  callosa  Fabr.  ;  G.  caerulea  Vili,  e  fra  gli  Imenotteri  predatori  il  Fabre  riscontrò  i  seguenti  : 
Soleniiis  riigiis  Fabr.  (che  fa  provvigioni  di  Ditteri);  5.  lapidarius  Lep.  (preda  Ragni  f)  ;  Psen 
atraiua  Fabr.  ;   Trypoxylon  fignlns  L.   (Ragni)  ;   Odynerus  delphinalia  Gir. 

Tutte  queste  specie  dividono  il  lungo  spazio  vuoto  del  ramo  smidollato  iu  camere,  mediante 
tramezzi,   come  si   vedrà  elle   fa  la  Xylocopa   nei   suoi   caratteristici   nidi. 


Fig.  603.  —  Pseudagenia  car- 
bonaria (Scop.)  e  suo  nido, 
in  grand,  nat.  Da  Kuu- 
ckel  d'Herculais. 


ADULTO    E    GLI    ATTI    I'Kli    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE 


553 


Fig.  604.  —  Nidi  di  Imenotteri  nei 
rami  di  Rubus.  A.  di  Solenius 
rubicola  Dnf.  et  Perr.  mostran- 
te i  bozzoli  contenenti  larve 
(uno  è  aperto);  B,  di  Ceratimi 
cucurbitina  Rossi,  contenenti 
larve  a  diverse  età.  Gr.  nat. 
Da  Dufour  e  Perris. 


Di  cavità  preesistenti  profittano  pure  le  Solieiella  (Niteliui);  la  S.  compedita  Pico,  di  Europa 
preferisce  nidi  altrui,  scavati  nel  terreno  ed  abbandonati,  ma  la  S.  xambeui  E.   André  dispone  il 
suo  nido  in  gallerie  del  legno,  dove    si    sono  sviluppati    Coleotteri    Ugniceli,  sopratntto  Longi- 
conii,  oppure  nei  rami  secchi    e  smidollati  di  Rubiti,  sarmenti 
di   Vite,  ecc.,     che   furono  nido  di  altri  Imenotteri. 

Curiosa  è  l'abitudine  del  Trypoxylon  fugax  Fabr.  dell'A- 
merica meridionale,  che  fa  il  suo  nido  nei  vecchi  nidi  abban- 
donati di  PolystfiS  e  ne  chiude  poi  le  celle  con  una  terra 
rossastra. 

Anche  un'altra  specie  della  stessa  località  fa  celle,  che 
somigliano  a  quelle  di  un  Pompilide;  ina,  all'occasione  utilizza 
anche  i  vecchi  nidi  di  Poìystes,  dimezzandone  le  celle,  che 
sarebbero  troppo  grandi,  mercè  un  tramezzo. 

Cosi  pure  i  Pemphredon,  quando  non  scavano  gallerie  sot- 
terra o  nelle  muraglie  o  nei  legni  vecchi,  sanno  mettere  a 
profitto  i  nidi  abbandonati  di  altri  Imenotteri  e  li  provvi- 
gionano     di   Afidi. 

Anche  gli  iuternodi  delle  canne,  siccome  si  è  detto,  sono 
utilizzati  da  più  specie  di  Apidei  e  Vespari,  non  diversa- 
mente dai  rami  secchi  e  vuotati  del  midollo  delle  piante  ora 
citate  <>  d'altre  ed  anche  nelle  canne  i  nidi  sono  divisi  in 
celle  distinte  mercè  tramezzi,  che  l'Imenottero  madre  costrui- 
sce   più  che  altro,   con  detriti  di  legno    impastati  di   saliva. 

In  questi  casi  di  celle  successivamente  accomodate  così, 
avviene  che  gli  ultimi  individui  nati  nel  nido  sono  i  primi 
ad  uscirne  e.  viceversa,  per  ultimi  ne  escono  quelli  che 
sono  nati  prima,  perchè  tutti  debbono  traversare  le  celle, 
ormai  vuote,  abbandonate  dai  fratelli  più  giovani. 

Il  più  singolare  ambiente  per  accogliere  un  nido  è  quello  rappresentato  dalle  conchiglie 
vuote  di  Gasteropodi  terrestri,  secondo  si  è  detto,  ed  è  anche  qui  da  rilevarsi  la  adattabilità  di 
talune  specie,  le  quali,  a  seconda  loro  occorre,   sanno  nidificare  così  bene  in  uu  culmo  di  canna, 

come  nella  fessura  di  una  muraglia,  come  pure  nell'interno  di  un 
guscio  di  Helix  (fig.  605),  salvochè  ogni  diverso  ambiente  richiede 
azioni  speciali,  perchè,  ad  es.  la  conchiglia  è,  il  più  spesso, 
fatta  ruzzolare  ed  allogata  in  condizioni  particolari,  talora  anche 
seppellita,   il  culmo  è  suddiviso  in  loggie,  ecc. 

Le  conchiglie  suddette  sono  ricercate  da  Imenotteri  Apidei  come 
da  Vespari.  Più  comunemente  sono  le  0»mia,  che  ne  profittano 
ed  anzi  in  questo  genere  molte  sono  le  specie  elicofile  (cito  fra  le 
specie  d'Europa  e  d'Algeria  le  0.  versicolor  Latr.  ;  0.  ferruginea 
Lepell.;  0.  fossoria  Perez;  0.  fertoni  Perez;  0.  viridana  Moraw; 
0.  tunensis   Lep.  ;   0.   rufohirta  Latr.  ;   0.  aìpeslris  Sauss.,  ecc.). 

La    conchiglia    prescelta    dall'Imenottero  è  fatta  ruzzolare  dal- 
l'Osmia,    che    cammina    a    ritroso    e    spinge    colle  zampe  posteriori 
(fig.   606)   la    chiocciola  vuota,   fino  ad  un  punto  conveniente  ;   quivi 
sta  colla  bocca  in  su.   La  chiocciola  è  diligentemente  ripulita  all'in- 
terno ;  poi    l'Osmia  vi    accumula    dentro    le  provviste  (miele  e  pol- 
line) ed   insieme  l'uovo,  che  è  allogato  profondamente  nelle  ultime  spire  della  conchiglia  (fig.   605), 
non  però  assolutamente  all'estremo.   Di    poi  la  bocca   della  chiocciola  è  chiusa  con  un   tappo   di 
pasta,  fatta  con  foglie  masticate  dall'  Osmio  stessa    o    con  sassolini  e  mota.  Altra  volta  il  tappo 
è  fatto  da  sottili  filamenti  resinosi,  su   cui    sono  impigliati  sassolini  o  pezzetti  di  legno.  Talora 
(ad  es.   O.    fossoria     Per.     di  Algeriai   la  chiocciola,    ormai  coll'uovo  e  le  provviste  e  chiusa  alla 
bocca   con   pasta  di    foglie    tritate    e    sassolini,    è  seppellita  in  una  fossetta,   che  l'.Apideo  stesso 
scava,  profonda  da  6  a  7  centimetri  e  larga  quanto    la  chiocciola  stessa,  che  vi   viene  seppellita 
in   buon  centimetro  di   sabbia   (Feston). 
Ma.  per  citare  esempi  della  adattabilità  di  talune  specie,  ricorderò  la   0.   melanogastra  Latr., 
che  nidifica  nei  buchi  delle  muraglie,  come  nei  gusci  delle  Chiocciole;  la  0.   viridana  sopracitata 


Fig.  605.  —  Conchiglia  di 
Helix  pisana,  rotta  per 
mostrare  la  nidificazio- 
ne di  Osmio  rufohirta 
Latr.  a,  uovo  dell'Os- 
mia;  6,  uovo  del  suo 
parassita  (Chrynis  dì- 
chroa  Dahlb.).  Ingraud. 
diati).  2ty«.  Da    Feston. 


A.  Bkhlese.  ali  Inietti,  II.  —  70. 


554  CAPITOLO    QUINTO 


stabilisce  anche  il  suo  nido  nei   nidi  abbandonati   di   Chalivodoma  ed   Anthophora    peonie  anche     la 
0.   cyanoxantha   Perez  ed  altre),   come  tra  le  pietre,   nelle  fessure  dei  muri,   ecc. 

Le  Osmia  mostrano  veramente  una  variabilità  senza  eguali  —  come  dice  il  Perez  —  nella 
maniera  di  nidificazione,  e  ciò  auche  per  la  stessa  specie.  Vi  sono  Osmie  elicofile,  altre  che  ni- 
dificano in  qualunque  buco  delle  muraglie  o  dei  legnami  (ed  il  Fabre  narra  che  una  specie  alle- 
vata in  casa  stabiliva  i  suoi  nidi  perfino  nelle  serrature  delle  porte);  altre  fanno  il  nido  nelle 
canne,  nei  rami  secchi,  come  si  è  veduto  e,  finalmente,  un  gruppo,  rappresentato  dalla  0.  pa- 
paveri» Latr.  (come  auche  0.  lanosa  Per.  ;  0.  cristata  Fonsc.  ;  0.  eaundersi  Vacuai  di  Europa  e 
d'Algeria,  ecc.),  si  accosta,  per  le  sue  abitudini  di  nidificazione,  alle  Megachile,  poiché  sono  co- 
strutte celle  con  pezzi  ritagliati  di  petali  di  fiori  o  di  foglie,  le  quali  celle  sono  allogate  in  ca. 
vita  diverse. 

Nelle  Chiocciole  nidifica  auche  qualche  Anthidium,  i  quali  pure  souoApidei,  che  stabiliscono 
e  loro  celle  iu  cavità  accidentali,  ma  essi  sono  buoni  costruttori  e  ne  va  detto  non  qui,  ma  a 
proposito  dei  nidi  in  muratura. 

Invece,  alcuni  Vespari,  sopratutto  del  gen.  Odynerus,  che  nidificano  in  cavità  accideutali 
non  disdegnano  le  chiocciole  vuote  di  elicidei  ed  ivi  accumulano  gli  insetti  da  loro  predati  o 
paralizzati  ;    mettono  l'uovo,  sospeso  ad  un  brevissimo  filo  (tìg.  602),  in  modo   che   penda    dalla 

volta  sopra  le  provviste,  poi  chindouo  l'orifizio  della  chiocciola 
(o   d'altra  cavità)  con  una  barricata  in  muratura. 

Così  fanno  V Odynerus  gallicus  Sauss.  (Europa),  che  prov- 
vede i  suoi  nidi  di  piccole  larve  di  Lepidotteri,  in  numero 
di  12  a  16  e  che  nidifica  in  qualunque  cavità  delle  pietre  o 
dei  legnami,  purché  delle  dimensioni  convenienti  ed  utilizza 
anche  le  conchiglie  di  Helix;  VO.  mauritanicus  Lep.  (Algeria, 
ecc.),   che  preferisce  le  conchiglie    di    Helix  candidissima,   var. 

Fig.  606.  —  Una  Osinia  (0.  rufo-      major;\'0.   alpestri»  Sauss.,  che  nidifica  nelle  Helix,  provvede 
hirta  Latr.,  mentre  sta  ruzzo- 
lando una  conchiglia  di  Helix      •!  8I1°  nido  con  una  ventina  di  piccole  larve  e  lo  chiude  con  un 
pisana.    Un    poco    ingrandita,      tappo  di  pietruzze  e  resina,  ecc. 

Auche  gli  Odynerus  hanno  modi  di  nidificazione  abbastanza 
variati,  poiché  da  quelli  che  non  fanno  di  più  che  adattare 
una  qualsiasi  cavità  e  poi  rinchiuderla  si  passa  alle  mauiere  di  nidificazione  più  complessa,  sia 
per  la  costruzione  di  tramezzi,  comesi  è  veduto  perle  specie  rubicole  e  si  può  vedere  per  quelle 
che  utilizzano  gli  internodi  delle  caune  od  altre  cavità  di  buone  dimensioni,  ove  possono  capire 
più  loggie,  ma,  ancora,  per  la  notevole  costruzione  iu  muratura  della  galleria,  colla  quale  molte 
specie  difendono  l'ingresso  del    loro   nido,   conforme  si    dirà  più  avanti. 

Qualche  specie,  poi,  scava  essa  stessa  il  suo  nido  entro  terra,  vi  separa  più  loggie  e  cia- 
scuna è  tappezzata  di  un  tessuto  leggiero  di  origine  vegetale  (ad  es.  0.  ronaii  Lep.  di  Europa;  od 
entro  il   fusto  a  grosso  midollo  di  qualche  pianta. 

In  cavità  accidentali  nidificano  ancora  taluni  Rhynchium,  qualche  Enmenes,  ecc.,  ma  più  co- 
munemente il  nido  è  tutto  preparato  dalla  madre,  talora  con  procedimento  molto  comples-o, 
come  si  vedrà. 

Nidificazione  in  cavità  scavate  dalla  madre  stessa,  in  terra,  nei 
vecchi  3IURI,  nei  legnami  secchi,  ecc.  —  A  parte  il  più  semplice  lavoro  di 
asportazione  del  midollo  da  rami  secchi  di  piante  diverse,  del  che  si  è  già  detto, 
un  progresso  nel  modo  di  nidificazione  è  rappresentato  certamente  dalla  escava- 
zione entro  un  corpo  più  resistente,  perchè  in  tale  lavoro  la  cavità,  che  l'insetto 
determina,  non  è  regolata  a  priori  e  prestabilita  dalle  pareti  circostanti  di  un 
ramo  più  duro  in  confronto  del  midollo  da   asportare. 

Secondo  varie  maniere,  sia  pegli  organi  che  l'insetto  impiega  nel  lavoro,  sia 
per  altre  condizioni,  si  può  distinguere  la  escavazione  di  corpi  resistenti  di- 
versi, come  il  terreno,  i  legnami,  ecc.,  e  perciò  passeremo  in  rapida  rassegna  i 
nidi  scavati  entro  terra,  quelli  nei   vecchi  muri  e  quelli  nel  legname  secco. 

Nidi  scavati  nel  terreno.  —  I  terreni  più  frequentati  dagli  Imenotteri, 
per  praticarvi    le  escavazioni    in  cui  essi  allogano    il  nido,  sono  sempre  iu    siti 


L'ADULTO   E   GLI   ATTI   PER    LA   CONSERVAZIONE    della   specie 


555 


molto  soleggiati  e  sono  perciò  preferiti  gli  argini  e  le  dune  nella  superficie  a 
mezzogiorno  e  declive  così  che  i  raggi  solari  vi  giungano  perpendicolarmente. 

I  terreni  preferiti  dalla  maggior  parte  delle  specie  sono  i  sabbiosi  e  sopra- 
tutto i  Vespidi  scavatori  li  frequentano;  ma  anche  in  terreni  più  compatti  e 
più  o  meno  argillosi  nidificano  altri  Imenotteri  solitari,  specialmente  Apidei. 

Per  l'escavazione,  gli  Insetti  si  servono  delle  zampe  anteriori  e  con  grande 
energia  ed  effetto,  particolarmente  i  Vespidi,  i  fossores  per  eccellenza,  come  li 
aveva  definiti  il  Latreille. 

Il  lavoro  è  rapidissimo  nelle  sabbie  ed  il  materiale  scavato  è  rigettato  all'iudietro,  fra  le 
zampe,  con  tale  furia  ed  intensità  che  dietro  all'Imeuottero  si  forma  un  aio  continuo  di  sabbia, 
così  lanciata  anche  fino  a  20  cui.  di  distanza. 

Le  sabbie  dei  luoghi  arenosi  ed  aprichi  sono  frequentate  dalle 
bellissime  Vespe  della  grande  famiglia  dei  Crabronidi,  sopratutto  dei 
generi  numerosissimi  di  specie  delle  Ammophila,  Sphex,  Cerceris, 
Phiìanlhut,  Bembex,  Spheciits,  ecc.,  che  si  vedono  poi  recare  la  preda 
paralizzata,  introdurla  nei  cunicoli  cosi  preparati  e  seppellirvela, 
dopo  avervi  deposto  l'uovo. 

In  generale,  ogni  cunicolo  alberga  una  sola  larva 
dell' Iinenottero,  colla  sua  provvista,  della  quale  si  è  gi«à 
detto.  La  chiusura  dell'orifizio  della  galleria  è  fatta  subito 
dopo  messevi  le  provviste  e  l'uovo,  o  colla  stessa  sabbia 
o  con  pietruzze,  che  la  Vespa  va  a  raccogliere  nelle 
vicinanze  e    le  porta    fra  le  mandibole. 


Fig.  tì07.  —  Nido  sotterraneo 
Ai  Ammophila,  oolla  tana 
dell'Imenottero  e  bru- 
chi paralizzati  per  suo 
cibo.  Il  nido  è  ormai 
chiuso.  Grand,  uat.  Da 
Kellogg. 


Alcune  specie,  che  provvedono  il  loro  nido  non  con  una  sola 
vittima,  ma  con  più  e  debbono,  quindi,  a  piti  riprose  recarsi  al 
nido  e  lasciarlo  di  poi  per  cacciare  nuovamente,  usano  chiuderlo 
ciascuna  volta  che  se  ne  allontanano,  altrimenti  l'intrusione  di 
parassiti  (ordinariamente  altri  Imenotteri  o  Ditteri},  che  si  aggirano 
sempre  attorno  e  stanno  prontissimi  alle  vedette,  sarebbe  imman- 
cabile. 

Lo  Sphex  maxillosa  Fabr.  comune  nell'Europa  meridionale,  scava  un  cunicolo  nelle  sabbie, 
dapprima  diretto  orizzontalmente  per  12  a  18  cm.,  di  poi  inclinato  in  basso  e  quivi  mette  in 
tre  cellette,  raramente  in  quattro,  ovali  ed  appena  pili  larghe  della  galleria.  Così  ciascuu  nido 
contiene  da  tre  a  quattro  larve.  Subito  approvvigionato  il  nido  e  chiuso,  la  Vespa  si  accinge  a 
farne  altro. 

Più  Grilli  sono  il  pasto  di  una  sola  larva,  che  divora  il  primo  in  circa  sette  giorni,  ma 
gli  altri  assai  più  presto.  La  larva  è  matura  in  settembre  e  misura  allora  da  1Ì5  a  30  mill.  di 
lunghezza;  si  fila,  entro  la  sua  cella,  un  bozzolo  di  seta,  rinforzato  all'esterno  da  granelli  di 
sabbia  e  frammenti  di  vittime,  reso  impermeabile  all'interno  mercè  una  vernice  violacea  e 
quivi  passa  l'inverno  e  parte  della  primavera,  divenendo  ninfa  in  luglio  e  sfarfallando  poco 
dopo. 

Questa  Sphex  fa  circa  una  decina  di  nidi  ed  in  settembre  soltanto. 

Abitudini  analoghe  sono  comuni  ad  altre  specie  congeneri,  sopratutto  fra  le  nostrali,  ma 
altre  fanno  molto  diversamente.  Così  la  Sphex  ichneumonea  L.  di  quasi  tutta  l'America  riveste  il 
nitlo  di  sostanza  cotonosa,  che  riempie  un  tubo  a  forma  di  cilindro  vuoto,  fatto  da  una  foglia 
arrotolata  dall'insetto  medesimo.  Lo  Smith,  che  descrive  questa  costruzione,  osserva  che  l'insetto 
non  ha  i  tarsi  delle  zampe  anteriori  atti  a  scavare  ed  egli  ritiene  che  anche  talune  specie  di 
Taohytes  abbiano  abitudini  conformi,  perchè,  come  i  Lana,  non  hanno  piedi  anteriori  fos- 
sorii. 

La  Sphex  tibiali*  Lepell.  di  Pensilvania,  nidifica  volentieri,  a  quel  che  sembra,  nelle  gallerie 
scavate  nel   legno  da  Xilocope  e  che  hanno  già  servito  di  nido  a  quest'ultime. 

Le  Ammophila  fanno  un   cunicolo  senza  diramazioni     e    che    termina    in   una  colletta   appena 


558 


CAPITOLO    QUINTO 


■JÈ0. 


Fig.  608.  —  Sezione  di  nido  di  Sphex  (Priononyx) 
atrata  St.  Farg.  (Sfecide  del  Kansas)  conte- 
nente un  Acridide  (Aulocara  allioti).  Da  Wil- 
liams. Grand,  nat. 


piti  ampia,  nella  quale  abiterà  la   larva  a  spese  delle  vittime  predisposte  (fig.  607).    Così    fanno 
pure  specie  afti ni ,  come  Priononyx,  ecc.   (fig.  608). 

Le  Carceri»  (fig.  599)    scavano  gallerie  sotterranee,  lunghe    anche  una  ventina    di  centimetri 

(per  le  specie  nostrali  più  note  nelle  loro  abitu- 
dini) e,  come  i  Philanthua,  ogni  nido  non  ha 
che  una  larva.  Il  Ph.  triang illuni  Fabr.  si  è  ac- 
quistato una  triste  rinomanza  fra  gli  apicultori, 
perchè  provvede  le  sue  larve  con  Api  e  no  oc- 
corrono  quattro  per  ciascun  nido. 

Però  il  Ph.  veiniatns  Rossi  di  Europa  (e 
forse  anche  lo  Btesso  Ph.  triangiditm),  a  differenza, 
di  quello  che  fanno  la  maggioranza  delle  specie 
congeneri,  profitta  delle  ore  calde  del  giorno 
per  cacciare  e  delle  altre  o  del  cattivo  tempo  per 
scavare  il  nido,  di  modo  che  la  femmina  pro- 
cede nella  escavazione  della  galleria,  oltre  a  celle 
già  provviste  di  cibo  e  col  loro  uovo  e  già 
perchè  chiuse  (Feston). 

Le  Astata  fanno  nidi  sotterranei  ramificati 
(fig.  609)  ed  abitudini  analoghe  hanno  altre 
specie  di  generi  pertinenti  alla  stessa  sottofami- 
glia (Lavrini)  cioè  Tachysphex,  Larva,  i  cui  nidi 
sono  per  lo  più  ramificati  e  scavati  nei  terreni 
sabbiosi. 
Anche  molti  Cabro,  Oxybelus  (Crabronini)  scavano  nidi  sotterranei  e  cosi  pure  la  maggior 
parte  degli  Stizìni  (Spheciua,  Stima,  ecc.). 

I  Mellinini,  stabiliscono  essi  pure  il  loro  nido  sotto  la  superficie  del  suolo  ed  il  comune 
Melliims  arrenala  L.,  piccola  Vespa  di  9  a  12  mill.  di  lunghezza,  frequente  sulle  piante  inquinate 
da  Cocciniglie  producenti  melata,  della  quale  si 
nutre,  scava  gallerie  sotterranee,  ramificate  ed 
alla  estremità  di  ogni  ramo  è  una  cella,  in  cui 
la  Vespa  depone,  col  suo  uovo,  una  Mosca  e 
rinnova  la  provvista  via  via  che  viene  consu- 
mata dalla  larva. 

I  Bembecini  (Bembex,  Moneduìa,  ecc.),  in  ge- 
nerale, scavano  nelle  sabbie  un  cunicolo,  talora 
con  diramazioni  secondarie.  Le  provviste  sono 
rinnovate  più  volte. 

Auche  i  Gorytea  (Goritini)  sono  scavatori  ;  il 
G.  piinctiioaiia  Ewers.  di  Europa  pratica  gallerie 
nei  terreni  sabbiosi,  che  possono  giungere  fino 
a  15  cm.  di  profondità. 

Cobi  fa  pure  il  6r.  pnnctulatue  Lind.,  che  pra- 
tica una  galleria  di  circa  12  cm.  di  profondità 
e  la  provvede  di  Emitteri  (Soìenicephaìus  obsoleta* 
Guer.)   in  numero  di  4-5  per  cella. 

I  Diodonthu»  ed  i  Paasaloecus  della  sottofam.  dei  Pemphredonlni  noverano  pure  specie,  che 
scavano  i  nidi  sotterra. 

II  D.  minutila  divide  le  gallerie,  che  ha  scavato,  con  tramezzi  di  sabbia  non  cementata,  di 
3  a  5  mill.  di  spessore  e  provvede  le  sue  larve  con  Afidi. 

I  Paaaaloecua  non  fanno  diversamente  dai  Diodontliiia,  ma  costruiscono  con  resina  i  tramezzi 
ed  il   tappo  di  chiusura  dei  loro  nidi. 

Abitudini  fossorie  hanno  anche  i  Miacophna  (Nitelini),  che  portano  Ragni  paralizzati  nei 
oro  nidi  sotterranei  e  la  Vespa  li  chiude  e  nasconde  ogni  qual   volta    se  ne  allontana. 

Quanto  ai  Pompilidi,  si  è  già  veduto  che,  in  questa  famiglia,  anzi  nello  stesso  genere  Pom- 
pilus,  molti   modi  di  nidificazione  sono   rappresentati,  dal  parassitismo  alla  costruzione  di  celle  in 


Fig,  609.  —  Nido  sotterraneo  di  Aataia  unieolor 
Say.  Figura  schematica  ;  riduzione  ad  un 
terzo  del  naturale.  Da  Pekham. 


L  ADULTO    E    li  LI    ATTI    PF.lt    LA    CONSERV  AZIONE    DELLA    SPECIE 


557 


muratura  allogate  in  cavità;  dalla  utilizzazione  dei  cunicoli,  che  souo    la    dimora  della   vittima 
Btessa,   fino  alla  eseavazione  di  veri  nidi  sotterranei. 


B 


D 


E  F  G  H  L 

Fig.  610.  —  Altri  Apidei  (Antrenini  e  Panurgini)  nostrali,  fra  i  più  comuni.  A,  B,  Anthrena  cineraria 
(L.)  Latr..  masohio  e  femmina;  C,  D,  Anthrena  labiata  Schench,  maschio  e  femmina;  E,  F,  An- 
threna flavipes  Panz.,  maschio  e  femmina;  G,  H,  Dasypoda  plumipes  Panz.,  maschio  e  femmina; 
I,  L,  Halictus  quadricincus  (Fabr.)  Mor.,  maschio  e  femmina.  Tutti  in  grand,  nat.  Da  Kùnckel 
d'Herculais. 


Gli   Apidei,  che  hanno  abitudini     fossorie,   sono  pochissimi,     senza  confronto  assai    in     minor 
numero  che  non  i  Vespari  sopraveduti. 

I  due  generi  più  ricchi  di  specie  e 
scavatori  per  eccellenza  e  senza  eccezione 
sono  gli  Halictus  e  le   Anthrena  (tig.   610). 

I  cunicoli  di  questi  Imenotteri  (tig.  611) 
si  compongono  di  una  galleria  verticale, 
che  ha  dei  rami  lateralmente,  brevi  e  che 
mettono  ciascuno  in  una  cella  ovale,  ap- 
pena più  larga  della  galleria  maestra.  In 
ciascuna  cella  è  allogato  l'uovo,  colle  sue 
provviste  di  miele  e  polline. 

Degno  di  nota  il  fatto  che,  per  talune 
specie  di  Halictus  si  accenna  ad  un  prin- 
cipio di  cenobitismo  e  di  collaborazione; 
perchè  non  solo  molti  individui  stabiliscono 
i  loro  nidi  insieme,  disseminati  su  una 
zona  di  terreno,  a  breve  distanza  l'uno  dal- 
l'altro, ma,  accade  che  qualche  individuo 
della  colonia  si  incarichi  della  difesa  dei 
nidi,  anche  altrui,  mentre  il  legittimo 
proprietario  è  assente. 

Festou,  Verhoeff  ed  Aurivillius  hanno 
dimostrato  che  questa  sentinella  non  si  ri- 
trae   neppure    diuanzi    a    pericolo  serio  e 

giuuge    a    sacrificare    la    propria    vita    per    difesa   del     nido    altrui.  Cosi  fanno,  ad  es.,  gli  B. 
4-strigatus  Latr,  ed  H.   nylanderi  Mor.  di  Europa,   i  quali  però  stabiliscono  un    ammasso  di  celle 


Fig.  611.  —  Figure    schematiche   dei   nidi  sotterranei 
di  Halictus  (A)  e  di  Anthrena  (B).  Da   Kellog. 


558 


CAPITOLO   QUINTO 


in  una  camera  nel  fondo  della  galleria    e    tra  le  celle  e  la    terra  circostante    rimane  un  piccolo 
spazio  vuoto,  a  guisa  di  corridoio,  nel  quale  può  circolare  la  madre,  che  accudisce  alla  sua  prole. 

A  proposito   della  di- 


Fig.  612.  —  Spaccato  del  nido  di  Colìetes  suocinctus  L.  Ingrandito. 
Da  Valéry  Mayet. 


fesa  della  proprietà  altrui 
in  seno  a  queste  colonie 
di  Halictus,  il  Feston  osser- 
vava che  un  Imeuottero 
parassita  dei  nidi  di  que- 
sti Apidei,  cioè  lo  Sphecodes 
subqiiadìatns  Wesm.,  che 
è  pur  esso  un  Apideo, 
tenta  di  forzare  il  nido 
dell'  Halictus  malachnrus 
Kirby,  difesa  dall'indivi- 
duo proprietario  del  nido  o 
da  altro  che  ne  fa  la  guar- 
dia, perchè  la  sentinella 
se  ne  sta  all'orifizio  della 
galleria  e  non  ne  affiora 
che  col  capo  e  si  difende  colle  mandibole.  Allora  l'aggressore  scava  una  controgalleria  laterale 
e  riesce  a  sboccare  in  quella  dell'-ffnZicfHg,  sotto  alla  sentinella,  che,  presa  cosi  alle  spalle,  è  uccisa. 

Se,  invece  dell'invasore,  si  affaccia 
il  legittimo  proprietario  del  nido,  la 
sentinella  cede  il  posto  senz'altro. 

Anche  le  Elicerà,  di  cui  una  specie, 
la  E.  longicornit  L.  (fig.  592,  E,  C), 
cosi  detta  per  le  lunghissime  antenne 
del  maschio,  è  comune  nell'Europa 
centrale  e  meridionale,  scavano  in  terra 
una  galleria  ramificata. 

Le  gallerie  delle  AnHirena,  scavate 
(fig.  611,  jf?)in  terreni  sabbiosi,  sono, 
talora,  molto  lunghe,  da  13  a  30  cen- 
tina Ma  per  VA.  morio  Brulle,  fu  rico- 
nosciuto che  il  cunicolo  è  lungo,  ta- 
lora, fino  ad  80  centim.,  le  ramificazioni 
però,  sono  sempre  molto  brevi.  Questi 
nidi  si  raccordano  con  quelli  più  com- 
plessi, forniti  di  una  galleria  cilindrica, 
costrutta  in  muratura,  che  si  diparte 
dall'orifizio  del  nido  e  perchè  tali  se 
ne  dovrà  dire   più  tardi. 

Il  nido  sotterraneo  del  nostrale 
Colletes  succinctus  L.  è  stato  bene  stu- 
diato dal  Valéry  Mayet  ed  è  illustrato 
dalla  fig.  612,  che  basta  per  farne 
conoscere  la  disposizione. 

Nidi  scavati  nei  legnami. 
—  Si  è  già  detto  che  qui  si  par- 
lerà di  quei  nidi  pei  quali  l'Ime - 
nottero  madre  erode  veramente 
il   nido  in   questa  galleria. 

Il  legno  preferito  è  sempre  fra  i  più  teneri  e  ben  secco.  L'insetto  vi  lavora 
con  molta  energia  e  rapidamente,  rigettando  all'esterno  i  detriti,  che  asporta 
mercè  le  robuste  mandibole. 


Fig. -613.  —  Xylocopa  violacea  L.  e  suo  nido  (spacc.  long.). 
Grandezza  naturale. 


il  legno  e  lo  perfora  a  suo  talento,  per  stabilire 


L'ADULI. >    i:    OLI    ALTI    PER    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE  559 


Per  questi  nidi  sono  ili  atto  due  differenti  disposizioni,  quella  cioè  di  un 
cunicolo  unico,  rettilineo,  che  poi  la  madre  fraziona  in  logge,  mercè  tramezzi  (il 
tipo  è  dato  dalla  nidificazione  delle  Xylocopa)  (fig.  613).  In  questo  caso  schiu- 
dono prima  gli  insetti  più  giovani  ed  ultimi  i  più  vecchi,  come  si  è  già  avvertito 
per  tutti   i  nidi  a  tramezzi  entro  un  unico  cunicolo. 

Il  secondo  tipo  è  rappresentato  dalla  maniera  di  nidificazione  di  taluni  ('rubro 
ed  è  costituito  da  una  galleria  principale,  da  cui  si  dipartono  gallerie  secondarie, 
come    tanti  rami   (fig.   814). 

In  questo  caso  gli  insetti,  ormai  maturi,  possono  schiudere  a  loro  volontà, 
senza  attendere  la  fuoriuscita  dei  fratelli.  Non  vi  sono  tramezzi,  ma  solo  tappi 
di  chiusura  delle  singole  celle,  nel  fondo  di  ogni  galleria  secondaria,  oltre  alla 
chiusura  generale  di  tutto  il  nido. 

Nidificazione  della  Xylocopa  violacea  L.  —  Il  nome  generico  (taylia  legno)  richiama  ap- 
punto le  abitudini  caratteristiche  di  erosione  del  legname  per  allogarvi  il  nido,  ma  si  è  già  ve- 
duto che  anche  le  Xilocope,  ove  possono,  si  risparmiano  simile  lavoro  e  profittano  degli  inter- 
nodi  delle  canne,  ecc. 

Il  Iviiuchel  d'Herculais  all'erma  di  aver  spesso  trovato  dei  nidi  di  Xylocopa  allogati  nei  fori 
degli  attrezzi  di  ginnastica  nel  cortile  di  un  collegio  a  Parigi. 

Il  genere  Xylocopa  conta  moltissime  specie,  disseminate  in  tutto  il  mondo.  La  nostrale,  sopra 
indicata,  nota  anche  col  nome  volgare  di  Ape  It guaiola,  è  il  più  voluminoso  Apideo  di  Europa 
ed  è  ben  noto  per  la  sua  frequenza  e  pel  colore  nero  lucente,  a  riflessi  violacei  e  le  ali  molto 
oscure,  bruno-violacee  Lfig.  613). 

Da  noi,  la  Xylocopa  è  uno  degli  insetti  più  precoci  e  si  vede  già  molto  per  tempo,  in  pri- 
mavera aggirarsi,  ronzando  sonoramente,  lungo  le  muraglie  od  attorno  ai  pali,  ecc.,  che  esplora, 
alla  ricerca  di  un  ambiente  opportuno  por  nidificare. 

Se  essa  trova  quanto  le  conviene,  cioè  un  legno  secco,  tenero,  scortecciato,  vi  scava  per 
entro  una  galleria  (tìg.  613),  dapprima  orizzontale  per  qualche  millimetro  e  di  poi  subitamente 
inclinata  e  verticale,  diretta  iu  basso  e  lunga,  il  più  spesso,  una  trentina  di  centimetri,  cilin- 
drica e  con  un  diametro  di  un  paio  di  centimetri.  Le  robuste  mandibole,  che  agiscouo  veramente 
come  seghe,   compiono  rapidamente  il   lavoro  ed  i  detriti  sono  gettati   all'esterno. 

Tutto  il  foro  è,  poi,  suddiviso  iu  camerette,  alte  circa  due  centimetri  e  mezzo  e  ciò  è  l'atto 
mercè  tramezzi  di  detriti  di  legno,  impastati  colla  saliva  dell'insetto,  che,  a  guisa  di  dischi  non 
più  spessi  di  un  paio  di  millimetri,  sono  distribuiti  a  regolari  distanze.  Il  cunicolo  è  inclinato, 
il  più  spesso,  in  modo  che  il  fondo  si  accosta  alla  parete  del  legno,  cosi  che,  talora,  possono 
uscirne,  rodendo  il  sottile  diaframma  che  separa  la  cavità  dalla  superficie  esterna,  anche  gli 
adulti  sviluppatisi  per  primi. 

Xidikicazioxe  dei  Crabro.  —  L'altra  maniera  di  nidi  scavati  nel  legno,  conforme  si  è  ac- 
cennato, è  esemplificata  dai  Crabro  (Crabrouini),  tra  le  Vespe,  e  da  qualche  genere  affine.  Spesso 
sono  utilizzate  le  gallerie,  che  hanno  fatto  nei  legnami  i  Coleotteri  xilofagi,  ma  altre  volte  il 
nido  e  lutto  scavato  dalla   Vespa. 

Quanto  se  uè  è  detto  e  la  tìg.  614  bastano  ad  illustrare  quest'altra  maniera  di  nidi  allogati 
nei  legnami.   Avverto  che  alcuni   Crabro  nidificano  anche  sotterra. 

Nidi  composti  di  celle  allogate  in  cavità  accidentali.  —  Molte  volte 
iurta  l'arte  dell'Imenottero  consiste  nella  costruzione,  anche  molto  complicata  e 
delicata,  della  cella  e,  quanto  alla  camera,  che  accolga  le  celle  stesse,  l'insetto  la 
trova  già  pronta,  piuttostochè  scavarla  esso  stesso.  Così  sono  utilizzati  ambienti  i 
più  diversi:  fessure  nei  muri  e  nei  legnami,  nella  terra,  culmi  di  canne,  nidi 
d'altri  insetti,  chiocciole  vuote,    ecc. 

Le  singole  celle  possono  essere  costrutte  in  muratura,  cioè  con  una  pasta 
risultante  di  terra  mescolata  a  saliva  dell'insetto;  oppure  di  sostanza  resinosa  o 
d'altro.  Il  caso  di  maggiore  complicanza  è  fornito  dalle  celle  fabbricate  con  pez- 
zetti di  foglia  o  ili  [letali  dei  fiori. 


560 


CAPITOLO    QUINTO 


Le  celle  sono  allogate  Della  cavità  che  le  contiene,  secondo  maniere  di- 
verse. 

Talora  esse  sono  disposte  in  fila,  l'ima  accanto  all'altra,  coi  loro  assi  longi- 
tudinali paralleli  :  tal'altra,  pur  stando  erette  l'una  accanto  all'altra,  esse  sono 
aggruppate  diversamente. 


/l'ili 

I    I     |     if|j„ 


mmUi 


^r- 


Fig.  614.  —  'Nidificazione  del  Crabro  interrupto-fattcialus  Retz.  A,  larva  dal  ventre;  B,  niufa  dal 
dorso  (a,  b,  rispettive  grandezze  naturali);  C,  gallerie  scavate  nel  legno  (a,  approvvigionata  con 
Ditteri;  6,  conteueute  la  larva;  e,  col  bozzolo  contenente  la  pupa;  d,  galleria  principale),  ridotto 
di  un  terzo;  D,  figura  schematica  di  questa  nidificazione.  Da  Marcbal. 


Infine,  ciò  che  si  osserva  sopratutto  nei  nidi  a  celle  di  pezzetti  dì  foglia  o 
petali  dei  fiori,  ogni  cella  sta  sull'altra,  secondo  un  asse  longitudinale  comune, 
come  tanti  ditali  da  cucire,  ciascuno  dei  quali,  col  suo  fondo 
chiudesse  la  bocca  del  sottostante  (figg-.  615,    AIO,  B). 

Tali  nidi  si  differiscono  da  quelli  totalmente  in  mura- 
tura perchè  questi  ultimi  non  sono  allogati  in  cavità,  ma 
liberi  alla  superfìcie  di  corpi  diversi  e,  talora,  sulle  celle 
che  li  compongono,  gli  insetti  costruttori  dispongono  un  ro- 
busto strato  di  terra  impastata,  che  abbraccia  tutte  le  celle 
in  un  blocco  comune  e  le  difende  benissimo  da  ogni  offesa. 

Nidi  composti  di  celle  accomodate  in  cavità  sono  pre- 
parati da  Imenotteri  Apidei  e  Vespidi  e  sono  molto  comuni 
nell'uno  e  nell'altro  gruppo. 


Fig.  615.  —  Tre  cel- 
lule membranose 
costrutte  da  Col- 
letes.  Grand,  nat. 
Da  Lepelletier. 


Fra  j;li  Apidei,  qualche  Anthrena  ad  es.  VA.   balneorum  Lep.,  si  diffe- 
renzia   nei    suoi    istinti  dalla   maniera  più   comune    di  nidificazione    per  le 
specie  del  genere,   già  ricordata,   poiché  il    Festou    trovò    che  la    specie  indicata  aveva  accomo- 
dato un  gruppo  di  celle  ovali    (composte  di  terra  impastata    e  rinforzata    di   sassolini,    rivestite 
internamente  di    sostanza  cerosa)     entro   un  cunicolo  profondo  da   10  a  15  cm. 

Le  Prosopis  fanno  celle  di  sostanze  diverse  e  le  collocano  nelle  cavità  le  piti  svariate  (buchi 
nelle  pietre,  rami  secchi  e  smidollati,  ecc.)  persino  dentro  ai  buchi  lasciati  nel  terreno  dai  Lom- 
brichi (P.  variegata  Fabr.)  e  le  celle  sono  l'ima  sull'altra,  secondo  lo  etesso  asse  longitudinale  od 
altrimenti  aggruppate,  quando  la  cavità  sia  più  ampia.  La  maggior  parte  delle  Proiopis  nidificano, 
però,  nel  Rovo. 


'.MULTO    K    GLI    ATTI    IM'.H    LA    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE 


561 


(ili   Aiilhidiiim,  bellissimi  Apidei,  variegati  di  giallo  e  ili   brano,  fauno  celle  in  muratura,  che 
dispongono   in   fila  l'ima   accanto  all'altra. 

Il  nostro  A.  laterale  Fabr.  profitta  «li  cavità  diverse  del  terreno  ed  anche  dei  formicai  ab- 
bandonati ed  in  questi,  poco  addentro,  mette  le  sue  celle,  costrutte  con  resiua  raccolta  sulle 
cullitele.  La  resina,  masticata  culle  mandibole  dall'insetto,  è  usata  ancor  molle,  così  che  le  celle 
finiscono  per  saldarsi  l'ima  all'altra  e  sono 
una  dozzina.  Ma,  questi  Imenotteri,  se  non 
trovano  una  cavità  già  pronta,  che  loro 
convenga,  sanno  bene  scavarsela  da  sé. 
L' Anthidiiim  strigatimi  l'anz.  fabbrica  pic- 
Oole  celle  di  sostanza  resinosa,  rivestite 
di  unniche  fibra  o  peluzzo  vegetale,  cilin- 
driche ed  isolate  e  le  fissa  al  fusto  di 
qualche  pianta.  Del  resto  gli  Imenotteri 
ili  questo  genere  usano  far  ricorso  alla 
peluria  di  piante  villose  (Ballota  foetida, 
Studili*,  ecc.)  per  rivestirne,  all'interno, 
la  cavità,  che  contiene  la  cella.  L' Aittliidium 
lui  illuni  in  Lep.  di  Algeria  mette  le  sue  celle 
entro   i   culmi   di   Annido  donai,  ecc. 

Anche  tra  i  Vespari  questo  modo  di 
nidificazione  è  seguito,  ma  molto  più  ra- 
ramente. 

Taluni  Odynerus,  come  0.  callosità  Thoms. 
di  Europa,  fanno  una  sola  cella  in  mura- 
tura entro  qualche  cavità,  che  trovano  già 
pronta,  entro  vecchie  muraglie  od  in 
qualche  pietra  molle  ed  anzi  questa  specie 
ne  inizia  la  chiusura  anche  prima  di  met- 
tervi l'uovo  e  le  provviste,  lasciando  un 
breve  pertugio  a  questo  scopo  e  comple- 
tando la  chiusura  di  poi,  come,  del  resto, 
fanno  anche  certe  Gamia,  ad  es.  0.  aiiru- 
lenta,    0.   cornuta,    0.  bicornis. 

L'Odyiierus  rosaii  Lep.  di  Europa  fu 
veduto  fabbricare  tre  celle  di  tessuto  leg- 
gero entro  una  galleria  sotterranea,  che 
esso  stesso  aveva  scavata  ed  altra  volta 
entro  un  fusto  secco  di  Anici.  Così  pure 
altre  specie  (0.  rubicola  Duf.  ;    O.  parietiiuis 

L.  nostrali  ed  0.  cogitatila  YValk.  di  Arabia)  si  sono  veduti  mettere  più  celle,  costrutte  in  muratura, 
entro  rami  secchi    di    Sambuco,   previamente  smidollati. 

Oltre  alle  suddette  maniere  di  celle,  che  sono  composte  di  materie  diverse,  impastate  e  dis- 
tribuite col  mezzo  delle  mandibole,  è  da  considerarsi  altra  elegante  fabricazioue  di  celle,  con 
processo  e  sostanza  fondamentalmente  diversi.  Vogliamo  dire  delle  celle  fatte  di  frammenti  ili 
foglie  o  petali  dei  fiori,  ed  allogato  in  cavità  scavate  dallo  stesso  Imenottero  od  accidentali, 
nel  terreuo,  nei  legnami,  ecc.  Il  più  citato  ed  ovvio  esempio  è  quello  presentato  dalle  Megachile 
(Apidei)  (figg.  616,  617). 

La  M.  ceiitniicnlaris  L.  di  Europa  e  dell'America  più  settentrionale  è  un  insetto  molto  più 
piccolo  dell'Ape  (fig.  616,  .4)  ed  è  comune  da  noi.  Schiude  in  fine  di  maggio  o  nei  primi  giorni 
di  giugno  e  subito  la  femmina  fecondata  inizia  la  costruzione  del  nido  entro  qualche  cavità  o 
galleria  tubuliforme,  che  le  convenga;  più  spesso  nei  tronchi  e  rami  degli  alberi,  che  non  sot- 
terra. 

L'Apideo  asporta,  dalle  foglie  fresche  di  piante  diverse,  ma  specialmente  di  Rosa  (fig.  616,  A 
dei  pezzetti,  ritagliandoli  circolarmente  a  mezzo  delle  mandibole,  poi  li  arrotola  a  cono  e  li  trasporta 
a  volo.  Con  questi  pezzetti  l'insetto  tappezza  le  pareti  della  galleria  e  questi  primi  sono  più 
grandi  degli  altri,   che   impiegherà  poi,   che  formeranno  uno  strato  più  interno.  Xe  viene  cosi  ima 


Fig.  616.  —  Nidificazione  della  Megachile  centunoularis 
L.  A,  la  fenimiua  che  recide  i  pezzi  di  foglia  di 
Rosa  (si  vedono  anche  foglie  tagliate)!  B,  il  nido 
(con  tre  celle)  entro  un  legno  secco;  C,  opercolo 
di  una  cella  ;  D,  porzione  di  foglia  formante  la 
parete  della  cella;  E,  una  cella  completa,  ma  non 
ancora  opercolata  ;  G,  bozzolo  contenente  la  ninfa; 
F,  cella  disposta  in  modo  da  mostrarne  la  costru- 
zione. Grand,  nat.  Da  Kùnckel  d'Herculais. 


A.  Bkklese,  Oli  Inietti,  II.  —  71. 


562 


1  wu"i  0   Ql  ini" 


Fig.  617.  —  Una  celi»  dei 
nido  di  Megachile  a«- 
thraeina  Smith  del  Nord- 
Ainerica.  alquanto  in- 
grandita ed  aperta,  per 
mostrare  la  larva  e  la 
sua  provvista. 
Da  Sharp. 


fabbricano  celle   veramente 


cella  a  forma  di  ditale  da  cucire  (iig.  616,  E),  che,  munita  dell'uovo  e  delle  provvigioni  (miele  e 
polline).,  è  rinchiusa  di  poi  da  un  opercolo  rotondo,  fatto  di  vari  strati  di  pezzetti  delle  stesse 
foglie.     Su   questo  opercolo   \  iene   disposta    un'altra    cella    consimile  e   cosi    via     fino     a     che     tutto 

il  cunicolo  e  riempito  (fig.  616,  I!)  «I i  queste  celle  a  forma  di  di- 
Mie,  che  sono  commesse  l'ima  sull'altra,  lutine,  -opra  tutta  questa 
costruzione,  che  raggiunge  più  centimetri  di  lunghezza,  è  disposto 
mi  suggello,  fatto  di  pezzetti  delle  stesse  foglie,  incollati  l'uno  sul- 
l'altro. 

Altre  specie  nostrali,  come  la  .)/.  pictoo»n<8  I''..  vi  aggiungono 
anebe,   a  miglior  chiusura,  uno  straterello  di   terra   impastata. 

Qualche  volta  (secondo  Smith)  questa  specie  impiega  i  petali 
di  Pelargoni!»!!  anziché  le  foglie  di  Rosa,  il  che  fa  più  frequeute- 
inente   la   .1/.    imbecillii  Gerstr.,   egualmente  nostrale. 

La  M,  sericana  Fabr.,  essa  pure  europea,  impiega  pezzi  di  foglie 
di  piante  diverse,  ritagliati  al  solito  modo,  ma  li  avvolge  attorno 
ad  un  ditale  fatto  di  una  pasta  delle  stesse  foglie,  masticata  ed 
umettata  di  saliva,  rinforzato  anche  con  piccoli  sassolini  all'esterno. 
La  cella  e  chiusa  da  opercolo,  composto  con  ritagli  delle  medesime 
foglie,  agglutinati  colla  stessa  pasta.  Le  costruzioni  di  questa  specie 
si  avvicinano  cosi  (meno  il  rivestimento  della  cella  con  pezzi  di 
foglia)  a  quelle  delle   Osiiiin   sopra   vedute. 

Altre  specie  di  Megachile  incorrono,  quanto  alla  maniera  di 
costruzione  delle  celle,  in  quella  già  veduta  pegli  Authidium,  poiché 
in  muratura,  cioè  di  terra  agglutinata  colla  loro  saliva  ed  interna- 
mente rivestite  di  uno  strato  di  resina.  Così  fanno  la  J/.  ericelor»»»  Lep.  nostrale;  la  il.  lar- 
vata Fabr.;  M.  disjimcta  Fabr.  del- 
l'India,  ecc. 

Fra  le  Trachusa  {Diphyais  di 
altri  autori),  genere  affine  alle  Me- 
gachile, va  ricordata  la  T.  seiratnlae 
Pauz.  di  Europa,  che  fa  celle  mercé 
stretti  ritagli  di  foglie  di  Ciliegio 
e  le  arrotola  entro  la  galleria  e  poi 
la  cella  é  rivestita  internamente  di 
uno  strato  di  resina,  che  collega  sal- 
damente,  così,    i   detti   ritagli. 

Fra  le  Osmio  (od  Anthocopa  sec. 
altri  autori»  è  citata  la  0.  papaveri* 
Latr.  nostrale  .più  piccola  della 
comune  Megachile).  Essa  scava  iu 
terra  una  galleria  profonda  circa 
otto  eentini.  e  la  riveste  con  pez- 
zetti di  petali  di  Papavero,  che 
poi  restringe  nella  parte  più  alta, 
tino  a  chiusura  ."della  cella,  come  si  fa 
della  bocca  di  un  sacco.  Il  nido  è  poi 
chiuso  con   terra   e  cosi   nascosto. 

Alcune  lumia  fanuo  celle  con 
pasta  di  foglie  tritare,  ma  le  rive- 
stono internamente  con  pezzetti  di 
petali  di  tiori.  Cosi  fanno  la  0.  la- 
iiosn  Per.:  ".  crislala  Fonsc.  :  0. 
pereti  Fesl 

Costruzioni  accessorie.  —  A  complemento  di  nidi  contenuti  in  cavità 
diverse,  molte  specie  di  Imenotteri,  sia  Apidei  clic  Vesparii,  costruiscono,  con 
terra  impastata,  una  galleria  tubulilbrme.  cilindrica,    che    circonda    l'i  nùnzio    del 


13 


Fig.  618.  —  Schemi  di  due  nidi  sotterranei  di  Imenotteri 
Apidei  e  Vespidi  solitari  del  Kansas.  A,  sezione  verticale 
del  nido  di  ilelitoma  grisella  Ckll.  e  Porter;  B.  di  Ody- 
■  annutatus  Say.  o;  tubulo  d'ingresso,  in  muratura. 
Circa  due  terzi  delia  ^raud.  uat.  Da  Hnngerford  e  Wil- 
liams. 


i.'ai. il. io    K   OLI    ATTI    l'Klc    T.a    COIfSERVAZIOXa    DELLA    SPECIE 


nido  e  'li  quivi  si  diparte,  per  «levarsi  all'esterno  o  sporgere  con   varia    inclina- 
zione. 

Pei  nidi  scavali  entro  terra  accade  che  questo  singolare  tubercolo    in   mura 
turasi  adagia  sulla  superficie  stessa  del  terreno   ftg.  618  .1    od  anche  si  eleva  con 
forte  angolo,  per  inclinarsi  di   poi   piu  o  meno  (fig.  618  B).  Pei  nidi  scavati  entro 
muraglie  0  nei   legnami,  il  tubulo  spor- 


gente sulla  superficie  orizzontale  e 
curvato  ad  arco  in  basso  (fig-:.  6  1 9, 620). 
La  ragione  di  questa  costruzione 
complementare,  alla  quale  l'insetto 
tiene  molto  perche  la  rifa  subì! 
accidentalmente  viene  rotta  od  aspor- 
tata, sembra  doversi  attribuire  al  tatto 
che  essa  ostacola  od  impedisce  del 
tutto  l'accesso  ai  parassiti  (altri  Ime- 
notteri o  Ditteri^,  che  sono  sempre 
pronti   ad    invadere  il  nido. 


■  te  -  "-  :a 


Fig.  619.   —  Nulo  ci i  Anthophora  parie.tina  r'abr.,  in 
grandezza    ostatale.  A  sinistra  e 
nel  nido  vnoto.  Da  KUnckel  d'Hercnlais. 


■ 


tutto  ciò  Don       -  il   dubbio  sn 

qnesta     interpretazione  dello    scopo     di  simili 

costruzioni,   perche    ---  .,     per  qualche  specie,   cosi   poco  olerai 

non    si  vede  come  possano  impedire  ad  nn   insetto  di    traversarle. 

I  più  begli   esempi  di  cosi   fatti   tabuli,   molto  riti  -    DO  offerti     dalle   Anthophora,   f 

Apidei  e  dagli   Odgnermi,   fra  i   Vespari   Enmenidi  (figg.   fc>19,   62 

ostrali  Anthophora  atervoiwm   L.  :     J.  retusa  L.  scavano  gallerie  entro  terra,    ma    la    J 

pannina     P'abr.,      egualmente     nostrale 
.  •        -  .:are   ni,    breve  cuni- 

colo   nello    strato    meno  dnro  di  calce, 
fra    le    pietre    delle  muraglie  e  di    poi 
costrnisce     il    tabnlo  co., 
teriale    estratto    dalla    escavazion^ 
impastato  con  saliva,    il  qnale  cilindro 
sporge     bene    all'esterno    e    si    r. 
quindi   i        ■■■- 

Il     nido  dell'  A  nthrena    morio  . 
d'Enropa    e    d'altrove,    che,     cor/. 

■   -      e   scavato     in   ter:  -.-  ta- 

lora   provvisto  di    nn  ben    .  <ulo. 

laugo    una    decina  <ì'.     centimetri    per 
nna  quindicina    di   rnill.   di   diametro  e 
quasi   eretto  snl  snolo  dapprima.  ': 
con  dolce  curva,   ripiegato  . 
Simile  affatto  a  quella  àe\V Anthophora  parietina  e    la        ■"  -  >iynerun  parictum  L., 

cornane  da  noi,  costruzione  (fig.   620  .   che  sporge  egualmente  dai  vecchi  muri.  Gli   Orf;. 
scavare  il  nido,  che  è  in  forma    di  cameretta    ovale,    nsano    prima    bagnare  abbondare-     - 
materiale  da  asportarsi,     merce    aeqna    che  vanno    a    raccogliere  nei  dintorni    e    :  . 
punto  da  scav  ; 

La  Vespa,  via  via  che  toglie  il  materiale,  lo  accumula  in  piccole  pallottole,  bene 

-  in  dispar  --ne  poi  ad  erigere  il  tabulo. 

Talora  le  gallerie  scavate  sono  più  d'ana,  ma  quella  d'accesso  ed  il    tal 

si  e  pel  nost  .'.-.----■ 

-gnami  set  liei  - 

- 

forme  hanno  i   Ceraia»»»  (Masarini),  come  fi 
King  -      era  nn  bel  tabulo  anche  prima  di      attera 

sospeso  ad  nr. 


Fig.  620.  —  Odynerns  parietum  L.  Nidi    in   grandezza  na- 
turale   A  sinistra    si    vede  lo  spaccato  della  cella;  a 
■ra  si  vede  l'insetto,  che   sta    costruendo    il   tubo 
esterno.  Alquanto  ingrandito.  Da  KUnckel  d'Hercnlais. 


564 


CAPITOLO    QUINTO 


Nidi  in  muratura.  —  Finalmente  sono  da  considerarsi  i  nidi  costrutti 
esclusivamente  con  terra  impastata,  talora  con  l'aggiunta  di  sassolini,  riuscen- 
done così  una  costruzione  niolto  solida  e  che  sfida  benissimo  anche  le  intem- 
perie. Si  potrà  qui  ricordare  qualche  costruzione  analoga,  differente  però  nella 
natura  della  sostanza  adoperata. 

ÌSTon  è  tuttavia  agevole  fare  altre  distinzioni  in  questa  maniera  di  nidi,  seb- 
bene alcuni,  più  semplici,  si  vedano  risultare  di  una  sola  cella,  altri  di  più 
celle,  ma  affatto  distinte;  altri  ancora  di  celle  riunite  assieme  e,  finalmente,  i  più 
complessi,  esser  composti  non  solo  di  un  aggregato  di  celle  a  contatto  fra  loro, 
ma  ancbe  di  un  intonaco  generale,  che  tutte  insieme  le  riunisce  in  un  solo 
blocco. 

Come  passaggio  alla  nidificazione  sociale  si  potrà,  infine,  ricordare  la  colonia 
di  più  di  tali  nidi,  opera  di   madri    diverse,  sui  quali   poi,  in  blocco,  è  steso  un 

comune  strato  protettore  che  li  difende  tutti  ed  a  com- 
porre il  quale  collaborano,  di  conserva,  tutti  gli  insettti 
della  colonia  medesima. 

Questo  modo  di  nidificare  in  celle  di  sostanza  resi- 
stente ed  esposte  liberamente  all'aperto  è  comune  ad 
Apidei  e  Vespidi  molti,  ma,  fra  i  primi,  è  assai  meno 
diffuso,  mentre  tra  i  Vespari  se  ne  incontra  esempio  in 
quasi  tutte  le  famiglie  degli  scavatori    e  dei  Diplotteri. 

Accenneremo,  dunque,  brevemente,  dapprima  alle 
celle  isolate  e  di  poi  alle  maniere  più  complesse,  che 
sopra  abbiamo  elencato. 


Fig.  621.  —  Eumene»  pomi- 
formia  Fabr.  e  sua  uidi- 
ficazione.  La  più  alta  è 
una  cella  in  via  di  es- 
sere approvvigionata  ; 
in  mezzo  una  aperta, 
mostrante  la  larva  del- 
l'Imenottero  e  quelle  di 
Coleotteri  vittime;  in 
basso  una  cellula, da  cui 
è  schiuso  l'insetto.  Gr. 
naturale. 


Le  specie  del  gen.  Eumenes  (Diplotteri)  nidificano  tutte  in  celle 
distinte  e  riunite  a  gruppi  e  di  questa  maniera  di  nidificazione  mo- 
strano i  più  begli  esempi. 

Il  comune  nostrale  Eumenes  pomifurmis  Fabr.,  bellissima  ed  ele- 
gantissima vespetta,  variegata  di  giallo  e  di  nero  (fig.  621)  e  col- 
l'addome  assottigliato  alla  base  in  un  teuue  )  eduncolo  (carattere  del 
genere)  mette  i  suoi  nidi  sulle  muraglie  e  se  ne  trova  dovunque, 
sulle  pareti  delle  abitazioni,  in  campagna.  Sono  comunissimi  ed  al- 
cuni, ormai  chiusi,  sono  sferoido-conici,  meno  alti  che  larghi;  altri 
già  compiuti,  ma  non  ancora  contenenti  le  provviste,  somigliano  bassi  tìaschetti,  col  loro  breve 
collo  e  l'apertura  ad  imbuto. 

Sono  molto  fragili  e  si  vedono  composti  di  una  pasta  argillosa,  gialla  o  giallo-rossastra  ;  mi- 
surano, nel  diametro  massimo,  poco  più  di  un  centimetro.  Sono  isolati  ed,  aprendone  imo  già 
chiuso,  lo  si  vede  contenere  una  dozzina  di  piccole  larve,  in  generale  di  Microlepidotteri,  arro- 
tolate su  sé  stesse  e  molto  ordinatamente  accomodate  l'ima  acanto  all'altra.  L'uovo  pende  dalla 
volta  della  cella,  sospeso  ad  un  breve  filo  (fig.  602,  B).  Questa  Vespa  ha  due  generazioni  annue  e 
gli  adulti  rispettivi  appaiono  una  prima  volta  in  giugno;  la  seconda  in  agosto,  dopo  aver  impie- 
gato circa  23  giorni  nella  loro  evoluzione. 

Il  Feston  descrive  bene  il  modo  di  costruzione  di  questa  elegantissima  cella.  La  Vespetta 
porta  sul  posto  prescelto  una  pallottola  di  mota,  cioè  di  polvere  delle  strade,  bagnata  della  sua 
saliva.  Quivi,  tenendola  fra  le  zampe  anteriori,  le  imprime  un  lento  moto  di  rotazione,  mentre 
le  mandibole  aperte  e  ferme  la  escavano;  è  una  vera  tornitura,  come  sulla  rota  del  figulinaio.  La 
Vespa  gira  in  tondo  lentamente  e,  via  via  che  l'opera  avanza,  le  antenne,  sempre  in  movimento 
a  misurarla,  la  mantengono  delle  dimensioni  volute.  In  pochi  minuti  la  cella  è  compiuta  e  fis- 
sata al  suo  sostegno.  La  Vespetta,  allora,  vola  intorno  e  considera  così  il  suo  lavoro  e  la  sua 
ubicazione,  poi  vi  introduce,  pel  piccolo  imbuto,  l'addome  e  fissa  l'uovo  alla  volta  interna, 
quindi    vola  a  cercare  le  provviste. 

Altri  Eumenes  fanno  celle  consimili,  ma  aggregate  (fig.  622)  ed  altri  ne  costruiscono  di  altra 
forma,  ad  es.  cilindriche,  riunite  in  gruppi,  ecc.;  come  è  anche  per  la  nostrale  I'.  coang uslata 
Vili.,  del  triplo  maggiore  della  E.  pom.ifortti.is  e  variegata  di  giallo,  nero  e  rosso-mattone. 


l'adulto  k  gli  atti  pur  la  coxsrrvazionr  della  spkcie 


565 


La  E.  (ìitguitata  dell'arcipelago  indiano     fa    nidi     grandetti.     Uno,   misurato  dal   Perris,    era 
lungo  11  eeutim.,  largo  4,  piatto  e  si  componeva    di    undici    celle  ellittiche,  disposte  parallela- 
mente   l'una    all'altra,    cinque  da  nn  lato,  quattro  dall'altro 
ed  una  in    ciascuna    estremità.    Il    nido  si  trovò  fissato  ad   un 
muro. 

La  E.  ciroinalia  Fabr.  delle  Molucche,  Australia,  ecc., 
costruisce  un  nido  su  un  ramoscello  di  arbusto,  ed  è  in  forma 
di  sferetta  (8  cent,  per  6l  oblunga,  e  che  somiglia  ad  un 
frutto  disseccato,  perchè  è  alla  estremità  del  ramo  e  coperto 
di  una  sostanza  pruinosa.  Contiene  sei  cellule  ovali,  di  terra 
impastata  con  picooli  sassolini,  dentro  levigate  e  verniciate. 
Il  ramo  traversa  il  blocco  in  tutta  la  sua  lunghezza  (fig.  622), 
Poco  diverso  è  il  nido  della  E.  germaiuii  Lue.  della  Nuova 
Caledonia. 

L'È.  doryeus  Maiudr.  della  Nuova  Guinea  costruisce  sulle 
muraglie  celle  isolate,  accostate  l'una  all'altra,  non  però 
aderenti,  simili  a  quelle  degli  Zethii»,  ma  così  spulite  e  dure 
che  sembrano  fatte  di   cartone. 

Una  specie  di  Eumene»  del  Senegal,  appena  più  grande 
della Jù.  coanguetata  Vili,  di  Europa,  che  nidifica,  talora,  anche 
nelle  case,  può  fare  nidi  con  più  di  20  celle  e  lunghi  piti  di 
un  piede  e  larghi  tre  pollici  CMaiudron). 

Anche  le  Moutesumia  (genere  di  Vespe  esotiche,  affine  agli 
Eumene»)  costruiscono  nidi  consimili  e  li  provvedono  di  bruchi. 
Così  pure  le  Abispa,  genere  di  Australia,  che  comprende  poche 
specie  finora  note. 

I  Celonite»,  che  sono  pure  Masarini,  costruiscono  bellissimi 
nidi  in  muratura,  che  sospendono  a  ramoscelli,  come  si  vede 
dall'esempio  recato,  che  si  riferisce  al  comune  C.  abbreviatila 
Vili.   (fig.   623). 

Nel  gruppo  dei  Larrini  appunto  vanno  ricordati  ancora  i  generi  TrypoxT/lon  e  Phon  (Trypo- 
jylini)  perchè  costruiscono  nidi   in   muratura,   comprendenti   un   certo  numero  di  celle,  più  o  meno 

indipendenti   l'una  dall'altra  ed  insieme 

collegate  (fig.  624)   ma  non   rivestite  da 

comune  involucro. 

Fra  i  Pompilidi    meritano  di  esser 

ricordate  qui   le  elegauti  celle  costrutte 

di  terra  impastata  dalle  piccole  Vespette 

dei  generi  Agenia  e  Pneudagenia  (fig.  603), 

che  sono  allogate,  però,  in   ambiente  re- 
condito,   se    non  proprio  in  cavità,  ad 

es.   sotto  qualche    corteccia  sollevata    o 

fra  le  pietre,    ecc.     Cito  pure  i  Macro- 
meri»,   di  cui   una  specie    (11.   splendida 

Lep.  delle  Indie),  costruisce  due  o    tre 

voluminose    celle    (lunghe     35     miti,    e 

larghe    20),     ovoidi,    fissate    ai   tronchi 

degli  alberi    o    nelle    cavità  delle  (sor- 
tecele.     Sono    composte    di     detriti     di 

scorza    ben    masticati  e  impastati    con 

una     specie    di     gomma,     non     solubile 

nell'acqua. 
Queste  celle  contengono  ciascuna  un   grosso   Ragno  (Plnjllodromua),   in   generale  mutilato  delle 
zampe. 

Fra  i  Crabronidi,  le  più  vistose  e  robuste  costruzioni  in  muratura  sono  quelle  che  apparten- 
gono agli  Sceliphron  (Pelopoeus  di  altri  autori)  (ligg.  625-627)  e  ne  abbiamo  ovvio  esempio  anche 
da  noi,   poiché,   fin   nelle  case  nidificano  i  commi i  S.  dettillatoriua  L.  ;   S.  spirifex   li.  :   S.   fistularius 


Fig.  622.  — A,  nido  di  Eumene»  cir- 
cinalis  Fabr.  (dell'Arcipelago 
indiano)  aperto  ;  grand,  nat.  ; 
B,  ninfa  di  Eumene»  doricus 
Maind.  (stessa  località),  in- 
grandito di  un  terzo  (b,  la 
sna  grand,  nat.).  Da  Maindron. 


Fig.  623.  —  Nido  di 
Celonite»  abbrevia- 
ta», in  grand,  nat. 
Da    Lichtensteiu. 


Kig.  624.  —  Nidi  di  Larridi  del- 
l'India orient.  A,  di  Pison  eri- 
thropus  Kohl.;  B,  di  Trypo- 
xylon  rejector  Sin.  Grand,  nat. 
Da  Home  e  Smith. 


566 


CAPITOLO    QUINTO 


Fig.  625.  —  Sceliphron    spiri/ex  L.  e  suo  nido  in    sito,  in 
grandezza  naturale. 


Dahlb.,  subito  riconoscibili  (fig.  625)  dalla  statura  vantaggiosa,  dal   color  nero,  coi  piedi    ed    il 

lungo  e  sottilissimo  peduncolo  dell'ad- 
dome gialli. 

I  nidi  sono  costrutti  fin  entro  le 
nostre  stanze,  specialmente  negli  an- 
goli rientranti,  tra  i  soffitti  e  le  pareti 
o  sotto  i  cornicioni,  ecc.  e  sono  com- 
posti di  argilla,  die  gli  insetti  raccol- 
gono  umida  attorno  alle  pozzanghere. 

Si  tratta  di  più  celle  (fig.  626) 
ovali,  molto  allungate,  tutte  disposte 
in  un  medesimo  senso  e  strettamente 
collegate  assieme  in  un  blocco  unico, 
assai  resistente  e  non  molto  dissimile 
da  quello  cbe  vedremo  fabbricato  dal- 
l'Ape muratrice. 
Una  specie  del  Durban  costruisce  le  sue  celle  collo  sterco  di  bue  e  le  fissa,  isolate  od  ap- 
paiate, sui  culmi  di  piante  diverse. 

Lo  Sceliphron  chalybaeus  Smith  della  stessa  località 
stabilisce,  invece,  il  suo  nido  nel  vuoto  delle  canne 
di  bambù,  cbe  formano  i  tetti  delle  abitazioni,  ed  im- 
piega, per  costruire  i  tramezzi  tra  l'ima  e  l'altra  cella, 
gli  escrementi  di  uccelli,  che  raccatta  sulle  foglie  ed 
impasta   colla   saliva. 

I  Chlorion,  bellissimi  insetti  colle  forme  degli  Sce- 
liphron, ma  a  riflessi  metallici,  nidificano  in  maniera  ana- 
loga a  quella  seguita  dai  Sceliphron. 

Ma  il  più  alto  grado  di  complessità  nella  fabbri- 
cazione dei  nidi  in  muratura  è  certo  rappresentato 
dagli  Apidei  del  gen.  Chaìicodoma,  volgarmente  detti 
Api  muratrici  (Jbeilles  maeonnet  di  Reaumur).  Ne  ab- 
biamo ovvi  esempi  ed  ognuno  ha  veduto,  certo,  i  nidi 
della  Ch.  muraria  L.,  che  sono  comuni  sulle  muraglie, 
nei  giardini  e  nelle  campagne,  sui  sassi,  sulle  statue 
di  pietra,  nelle  quali  sono  insinuati  nelle  rientranze 
della  scultura  e  più  di  rado  sui  tronchi  degli  alberi; 
sempre  in   luogo  ben  soleggiato. 

Cholicodoma  muraria  L.  L'insetto  femmina  (fig.  629, 
C)  somiglia  una  piccola  Xilocopa,  pel  colore  e  la  villosità,   ma  è  di  metà  minore,  mentre  il  ma- 
schio   è  coperto  di  fitta  peluria    rosso- 
ferruginea. 

Questi  Imenotteri  cominciano  a 
nidificare  in  aprile  ed  ai  primi  di 
maggio.  I  nidi  somigliano  mucchietti 
di  terra,  lunghi  talora  anche  otto  o 
dieci  centimetri,  larghi  meno  e  non 
troppo  alti.  Allorché  ne  sono  usciti  gli 
adulti,  tali  nidi  si  vedono  perforati 
da  una  decina  di  buchi  rotondi,  di 
cinque  o  sei  millim.  di  diametro  (fig. 
629,  B).  Molte  volte  tali  costruzioni 
sono  in  grandissimo  numero  ed  addos- 
sate l'nna  all'altra  o  poco  discoste  fra 
loro,  su  uno  spazio  più  o  meno  esteso, 
a  seconda  della  numerosità  della  colonia 
che  frequenta  l'ambiente, 
in   numero  talora    grandissimo,   volteggiare    e    posarsi 


Fig.  626.  —  Sceliphron  spirifex  L.  Nido 
staccato  dal  muro  e  veduto  dal  di- 
sotto, in  grand,  nat.  A  sinistra  una 
cella  è  occupata  dalla  larva  quasi 
matura;  a  destra  dalla  ninfa,  che 
si  vede  essendo  aperto  il  bozzolo  ; 
quelle  del  centro  mostrano  i  bozzoli 
ancora  chiusi. 


Fig.  627.  —  Nido  di  Sceliphron  laelum  Smith  (Australia) 
composto  di  due  cellule.  A,  come  si  presenta;  /;, 
dalla  parte  interna,  staccato  dal  sostegno.  Grandezza 
naturale.  Da  Maindrou. 


In   primavera   si    vedono    le    femmine, 


l'adulto  e  gli  atti  per  la  conservazione  della  specie 


567 


sulle  strade  di  campagna,   per  raccogliervi   il    materiale  da  costruzione  e  così    intenti'    al    lavorìi 
ohe   talora  si   lasciano  schiacciare  dal   viandante   piuttosto  che  allontanarsene. 

I.a  femmina  fa  un  piccolo 
macchietto  di  terra,  che  impasta 
eolla  Mia  saliva,  ed  è  poco  più 
grosso  di  un  grano  di  miglio  e 
poi  lo  trasporta  a  volo,  tenendolo 
fra  le  mandibole. 

Giunta  al  luogo  prescelto 
l'Ape  dispone  il  blocchetto  di 
terra  a  ridosso  della  pietra,  su  cui 
intende  fabbricare  e  vola  via 
subito  a  procurarsi  altro  mate- 
riale. Accumulatone  abbastanza,  si 
inizia  la  costruzione  di  una  cella 
che  assume  forma  ovale,  se  sorge 
rissata  col  suo  fondo,  ma  se  è 
addossata  ad  una  parete  verticale, 
rappresenta  un  mezzo  cilindro 
cavo  e  la  pietra  di  appoggio  costi- 
tuisce l'altra  metà  della  parete. 
La  superfìcie  esterna  è  rinforzata 

da  granelli  di  sabbia,  incastrati    nella  parete  della  cella,  che,    all'interno  è,    invece,  abbastanza 
levigata. 


Fig.  628.  —  Nidi  di  Vespe  solitarie  dell'Arcipelago  indiano.  A,  di 
Larra  modesta  Smith  (n, all'interno  ;  b,  dall'esterno)  ;  B,Tachytea 
morosus   Smith,  cella  rotta  per  mostrare   l'interno.  Grand,   uat. 

Da   Mainili. hi 


Fig.  629.  —  Chalicodoma  muraria  L.  Nidiiìcazione.  A,  nido  su  nu  muro  (uè  è  uscito  un  adulto);  B,  lo 
stesso  staccato  e  veduto  dal  disotto  (sono  usciti  quasi  tutti  gli  insetti);  C,  celle  in  via  di  costru- 
zione; quella  inferiore  non  ò  ancora  chiusa  perchè  è  in  via  di  approvvigionamento;  C,  due  celle 
aperte  per  mostrare  la  larva  e  il  bozzolo.  Grand,  nat. 


Allorché  la  cella  ha  la  grandezza  desiderata,  cioè  circa  un  centim.  e  mezzo  a  due  di  lun- 
ghezza, l'Ape  uiuratrice  vi  deposita  nel  fondo  la  provvista  di  cibo  per  la  larva  futura,  la  solita 
mescolanza  di  miele  e  polline;  vi  mette  sopra  il  suo  novo  e  subito  chiude  la  cella  collo  stesso 
materiale.  Questo  lavoro  richiede  una  decina  di  giorni  e  subito  viene  iniziata  la  costruzione  di 
altra  cella,  che  viene  fatta  accanto  alla  precedente  e  così  ne  sono  costrutte  otto  o  dieci 
(tìg.  629,   C).  Le  celle  sono  tutte  dirette,  presso  a  poco,  verticalmente. 


ip8 


CAPITOT.0    QUINTO 


Uopi)  ciò  l'Ape  muratrice  riveste  l'esterno  delle  celle  con  imo  strato  di  terra  impastata  e 
sopra  vi  immette,  molto  aocuratamente,  delle  pietruzze  non  troppo  piccole,  formando  cosi  un 
blocco  unico,  resistente  alle  intemperie  e  così  duro  che  non  si  può  rompere  se  non  con  ferri.  E 
questo  il  nido  a  tutti  ben  noto.  Le  larve  (fig.  629,  D),  giunte  a  maturanza,  si  filano  un  bozzo- 
lette  di  seta  bianca,  quivi  in  crisalidano  e  sono  già  adulti  in  autunno,  ma  si  trattengono  entro 
la  cella  per  tutto  l'inverno,  fuoriuscendone  solo  alla  primavera  successiva.  Talora,  l'Ape  mu- 
ratrice utilizza  anche  vecchi  ti  idi  della  sua  specie,  dopo  averli  accuratamente  ripuliti  dai 
rifiuti  delle  covate    antecedenti. 

La  Chalicodoma  rufitarsii  Lep.  (Sud- Europa,  Algeria),  od  Ape  muratrice  delle  tettoie,  è  di  metà 
più  piccola  della  precedente;  fa  nidi  egualmente  di  terra  impastata,  ma  li  costruisce  Botto  le 
tettoie  o  sotto  le  sporgenze  dei  tetti.  Quivi  si  vedono,  talora,  in  grandissimo  numero.  Non  si 
tratta,   però,   di   una   società,   perchè  gli  individui  agiscono  indipendentemente;   ma,   a  costruzioni 

singole  finite,  tutte  le  Api,  insiome,  lavorando  di  conserva, 
stendono,  sul  complesso  dei  nidi,  un  unico,  uniforme  e  sottile 
strato  di  terra  impastata,  che  cela  e  collega  tutti  i  nidi  in 
una  sola  massa,  che  può  avere  l'estensione  minima,  cioè  non 
più  di  quella  della  mano  di  un  uomo  ;  ma,  ordinariamente 
lo  è  assai  più,  tino  a  più  metri  quadrati.  Per  le  altre  abitudini 
questa  specie  non  differisce  troppo    dalla  precedente. 

La  Chalicodoma  rufeaeens  Per.  dell'Europa  meridionale, 
molto  simile  alla  precedente,  fabbrica  i  suoi  nidi  6ugli  arbusti 
e  quivi  si  vedono  come  corpi  sferoidali  del  solito  impasto 
terroso,  grossi  al  massimo  come  una  piccola  mela  e  traversati 
dal  rametto  della  pianta  (fig.  630).  Questa  6fera  contiene  po- 
che celle. 

Così  si  sono  passati  in  rivista  i  tipi  diversi  di 
nidi  pedotronci,  accostandoci  da  un  lato  alle  vere 
e  proprie  società,  dall'altro  al  parassitismo. 

Più  innanzi  sarà  il  caso  di  trattare  di  questi 
altri  speciali  modi  di  adattamento,  come  pure  di  quelle 
altre  maniere  di  nidi  pedotrotìci,  pei  quali  entra  in 
concorso  qualche  altro  organismo  ben  differente,  oltre  a  quello  che  depone  le 
uova,  casi  questi  di  parassitismo. 

Vediamo,  infatti,  che  taluni  insetti,  deponendo  le  loro  uova  in  tessuti  vege- 
tali fanno  asseguamento  sul  concorso  attivo  della  pianta,  a  nutrizione  e  difesa 
dell'uovo,  collocato  nei  suoi  tessuti. 

Altri  insetti,  invece,  profittano  del  nido  preparato  da  altra  specie  ed  in 
questo  depongono  il  loro  uovo,  accanto  a  quello  del  legittimo  proprietario,  ciò 
che  determina  un  conflitto  fra  le  larve  delle  due  specie,  colla  vittoria  costante 
dell'intruso,  che  usurpa  così  l'eredità  lasciata  dalla  vittima.  È  questa  un'altra 
maniera  di  parassitismo,  come  sono  quelle  ancora,  nelle  quali  un  insetto  depone 
il  suo  uovo  sul  corpo  di  una  larva  d'altra  specie,  saputa  raggiungere  fino  entro 
il  suo  nido  e  la  paralizza  od  uccide  colà  e  così  è  trovato  il  cibo  e  la  dimora 
conveniente  per  la  larva  nascitura  del  sagace  parassita. 

Sarà  dunque  opportuno  luogo  a  trattare  di  questi  fatti,  sia  quando  si  dirà 
dei  rapporti  fra  insetti  e  piante,  sia  di  quelli  tra  diverse  specie  di  insetti. 


Fig.  630.  —  Nido    di    Chalicodoma 
"  rufescen»  Perr.,  da  cui  sono  già 
schiusi  gli  insetti.    Grandezza 
naturale. 


Diffusione  della  specie. 


Allorché  nuovi  ambienti  e  luoghi  divengono  adatti  alla  vita  di  una  specie, 
questa,  se  non  impedita,  tende  a  conquistarli  e  vi  riesce  mercè  uno  spostamento 
di  suoi  individui  in   quella  direzione. 


L'ADULTO    E    GLI    Al  II    l'I'.l;    I.A    CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE  Ót>9 


Tale  conquista  è  ottenuta  a  preferenza  con  mezzi  attivi  per  tutte  le  specie 
organiche  suscettibili  di  locomozione  volontaria  ed  il  compito  è  assolto  da  forme 
semoventi,  fra  quelle  che  appartengono  alle  diverse  età  e  condizioni  dell'indi- 
viduo 0  del   sesso. 

Cosi,  per  gli  Insetti,  le  uova  non  sono  mai  chiamate  a  diffondere  la  specie,  se 
non  passivamente  e  per  caso,  come  non  lo  sono  le.  forme  ninfali  nelle  specie 
metaboliche  o  tutte  le  altre  che.  per  adattamenti  particolari,  hanno  perduto  la 
facoltà  locomotrice,  ad  es.  le  femmine  neoteniche  o  ridotte  per  parassi- 
tismo, ecc. 

Si  intende,  inoltre,  che  l'opera  di  diftusione  non  appartiene  al  maschio  in 
alcuna  delle  sue  torme  giovanili  o  nell'adulto.  È  necessario  che  si  spostino  in- 
dividui di  sesso  femminile,  atti  a  procreare  più  o  meno  presto,  cioè  femmine 
ormai  fecondate  o  partenogenetiche   od  individui  di  ambedue  i  sessi  insieme. 

Perciò,  quando  la  diftusione  è  affidata  a  forme  giovanili,  all'opera  prendono 
parte  ambedue  i  sessi,  ma  allorquando  il  compito  spetta  piuttosto  alla  femmina 
adulta,  questa,  se  non  è  partenogenica,  vi  attende  solo  dopo  avvenuto  l'accop- 
piamento,  quando  non   si  sposta   di   conserva  col  maschio. 

È  questa  anche  un'altra  ragione  per  cui  il  primo  atto  dell'adulto  si  è  quello 
di  ricercare  le  nozze. 

Si  può  ammettere  che  la  energia  diffusiva,  per  così  dire,  sia  di  intensità  non 
troppo  difforme  nelle  diverse  specie,  ma  ne  può  essere  differentissima  la  maniera 
di  svolgerla. 

Possono  concorrere  alla  diffusione  di  una  specie  anche  cause  estrinseche,  di 
varia  efficacia,  costanti  nella  loro  presenza  ed  in  tal  caso  di  altrettanto  può  es- 
sere ridotta  la  facoltà  diffusiva,  intrinseca  della  specie.  Questa  poi  è  massima 
allorché  non   interviene,  normalmente,  alcun  aiuto  estrinseco. 

Ad  esempio  del  primo  caso  possono  essere  citati  tutti  i  parassiti,  i  quali  tendono  a  ridursi 
nelle  loro  facoltà  locomotorie,  sopperendo  a  tale  deficienza  l'attitudine  dell'ospite  a  superare  grandi 
distanze. 

Tutte  le  forme  postembriouali  di  una  specie  possono  essere  incaricate  della  sua  diffusione  ed 
in   tale  raso   la  facoltà  locomotiva  loro,   presso  a  poco  si  corrisponde. 

Oppure,  una  forma  è  meno  locomobile  o  non  lo  è  affatto  ed  in  tale  caso  di  altrettanto  si  ac- 
cresce la   facoltà  di  spostamento  delle  altre. 

Può  accadere,  finalmente,  anche  il  caso  di  combinazione  fra  la  diffusione  attiva  e  quella 
passiva,  quando  cioè  una  specie  abbia,  nel  suo  ciclo  di  sviluppo,  forme  libere  ed  altre  parassite, 
di  modo  che  le  prime  sono  suscettibili  di  diffondere  la  specie  coi  loro  propri  mezzi  soltanto,  le 
altre   fanno  altrettanto,  ma  passivamente. 

Vediamo  esempi  di  tutto  ciò. 

Tutti  i  parassiti,  che  albergano  continuamente  sul  corpo  dell'ospite,  sono  atteri,  cioè  sprov- 
veduti del  più  efiicace  mezzo  di  locomozione  ed  il  loro  incesso,  mercè  le  zampe  soltanto,  è  anche 
poco  veloce,  quanto  basta,  cioè,  per  sfuggire  alla  reazione  dell'ospite  stesso  e  per  assicurarsi,  sul 
suo  corpo,  una  sede  opportuna.  Sieuo  prova  di  ciò  gli  Auoplnri  ed  i  Mallofaghi.  La  diffusione 
di  queste  specie  avviene  pel  contatto  degli  ospiti  e,  perciò,  lo  spostamento  dei  parassiti  non  è 
ehe  brevissimo. 

Lo  stesso  accade  di  tutte  quelle  specie,  che,  per  altra  maniera  di  intervento  estrinseco,  cioè 
passivamente,  sono  dislocate  a  distanza  e  riportate  in  altri  ambienti  opportuni  alla  esistenza 
loro.  Anche  per  queste  la  facoltà  locomotori,-!  è  sempre  molto  ridotta  in  tutte  le  forme  e  ne 
sieno  testimonio  quei  parassiti,  che  non  albergano  sul  corpo  stesso  della  vittima,  bensì  nel  suo 
ambiente,  coni,,  pure  non  poche  specie  di  insetti  parassiti  delle  piante  e  che,  per  diffondersi, 
fanno  assegnamento  su  influenze  estrinseche,   anche  più  che  sui  loro  mezzi  naturali. 

Esempi  di  specie  libere  in  un  periodo  di  loro  vita,  parassite  fisse  di  poi  e  che,  quindi,  sol- 
tanto in   quella  prima  età  si  diffondono  attivamente  è  dato     dagli     Stilopidi.     Le    femmine    (Vedi 

A.  Beri.esk,   Oli  lineiti,  II.  —  72. 


570  CAPITOLO    QUINTO 


voi.  I,  p.  Kt>7,  tìg.  1129)  di  questi  insetti  sono  immobilmente  fisse  nel  corpo  dell'ospite,  il 
quale  però,  essendo  un  insetto  ottimo  volatore,  può  benissimo  spostare  con  sé  stesso  anche 
il    suo    parassita. 

Le  larve,  poi  (pag.  414,  tìg.  437),  che  nascono  in  gran  numero,  aggredendo  nuovi  ospiti, 
concorrono  in  tal  modo,  esse  pure,  a  diffondere  la  specie. 

Quanto  alle  specie  assolutamente  autoapoiche,  cioè  che  fanno  assegnamento  solo  sui  propri 
mezzi  per  diffondersi  (a  parte  quello  che  può  fare  il  caso,  che  interviene  sempre,  in  grado 
vario),  vediamo  che  i  piti  poderosi  volatori  (all'infuori  delle  poche  specie  migratorie)  non  si 
trovano  fra  gli  insetti  a  metamorfosi  incompleta,  anzi,  fra  questi,  le  specie  attere  sono  ben  piò 
comuni   ohe  fra  gli   olometaboli. 

Questo  può  essere  attribuito  al  fatto  che,  per  gli  eterometaboli,  alla  diffusione  della  specie 
concorrono  le  larve  e  le  ninfe  e  perciò  minor  lavoro,  allo  scopo,  può  e-isere  riservato  all'adulto. 

Ma,  fra  gli  olomptaboli,  si  vede  aumentare  il  potere  locomotorio  delle  femmine  adulte  per 
quanto  scema  quello  delle  forme  larvali. 

Fra  i  Lepidotteri,  non  poche  specie,  come  si  è  già  veduto,  bauno  femmine  attere  od  incapasi 
al  volo;  per  compenso  le  larve  di  tali  specie  sono  molto  attive  camini  natrici  ed  anzi,  talune  di 
esse,  compiono  delle  vere  e  proprie  emigrazioni,  movendosi,  in  massa,  alla  ricerca  di  nuovi  am- 
bienti, ove  insediarsi.  Si  confronti  ad  es.  la  locomobilità  delle  larve  e  dei  rispettivi  adulti  dei 
Kombicidi  (le  cui  femmine  sono  generalmente  pessime  volatrici)  con  quella  degli  Stìngidi  (i  vo- 
latori più  robusti  e  rapidi  fra  i  Lepidotteri)  e  si  potrà  riconoscere  la  differenza,  perchè  i  primi 
hanno  larve  quanto  mai  locomobili  ed  in  continuo  spostamento  da  luogo  a  luogo  ;  pei  secondi 
p?  larve  sono  piuttosto  sedentarie  e  questi  sono  nelle  stesse  condizioni  dei  Tentredine!,  fra  gli 
imenotteri. 

Fra  i  Coleotteri,  le  specie  attere  o  non  bene  volanti,  hauno  larve  sempre  terrestri  ed  eccel- 
lenti camminatrici,  e  viceversa,  come  si  può  vedere,  ad  es.,  confrontando  anche  gruppi  vicini 
come  i  Cicindelidi  ed  i  Carabidi  ed  anche  in  questo  ordine  si  vede  aumentare  la  facoltà  loco- 
motoria   nella  femmina  adulta  di  quanto  essa  scema  nelle  forme  giovani. 

Così  accade  eòe  le  specie  a  larve  confinate  (lignicole,  sotterranee,  ecc.)  sono  tutte  ottime 
volatrici  nello  stato  di  femmina  adulta,  meno  rare  eccezioni  dipendenti  da  qualche  possibile  in- 
fluenza estrinseca  nella  disseminazione  della  specie. 

Finalmente,  tutti  gli  insetti  a  larve  punto  locomobili  o  ben  pooo,  come  sono  gli  Imenot- 
teri aculeati  e  molti   Ditteri,  sono   i   migliori   volatori,   allo  stato  di  femmina  adulta. 

Tutte  le  specie  acquaiole,  a  qualunque  ordine  appartengano,  hanno  femmine  grandemente 
locomobili,  non  solo  provvedute  di  eccellenti  ali,  che  utilizzano  benissimo,  ma  anche  di  altri 
mezzi  di  locomozione  terrestre  od  acquatica. 

Ciò  accade  perchè  la  dislocazione,  che  possono  fare  le  forme  giovanili,  in  seno  alle  acque, 
non  è  che  molto  ristretta  e  non  può  estendersi  a  grandi  distanze,  se  non  per  quel  tanto  che  per- 
mettono l'ambiente  liquido  o  qualche  intervento  estrinseco,  affatto  accidentale,  come  le  piene  od 
altri  spostamenti  delle  acque  stesse  nei  bacini  e  nei  fiumi. 

Adunque,  come  si  è  già  veduto  che  la  facoltà  loeomotoria  dei  maschi  e  pro- 
porzionale alle  distanze  da  superare  per  raggiungere  le  rispettive  femmine  ed 
inversamente  alla  locomobilità  di  queste,  si  vede  ora  che  la  facoltà  locomotrice 
delle  femmine  adulte  (nelle  specie  autoapoiche)  è  inversamente  proporzionale  a 
quella  delle  rispettive  forme  giovani  ed  alla  possibilità,  per  parte  di  queste  ul- 
time, di  superare  grandi  distanze,  cioè  di  couquistare  sollecitamente  nuovi  am- 
bienti opportuni,  alla  esistenza  della  specie. 

L'opera  di  diffusione  non  appartiene,  dunque,  esclusivamente  alla  femmina 
adulta,  ma,  in  generale,  questa  forma  vi  ha  la  maggior  parte  e,  fondamental- 
mente, tale  ufficio  dovrebbe  essere  esclusivamente  suo.  Ecco  perchè  se  ne  è  detto 
qui  e  non  altrove. 


[.'ADULTO    K    OLI    ATTI    l'KR    I.A    CONSKIi  VAZIONK    DEM.A    SI'KCIK  571 


Migrazioni. 

La  Legge  imperiosa,  die  obbliga  ogni  specie  a  provvedere  alla  propria  diffu- 
sione sulla  taccia  del  globo  è  più  die  inai  palese  nel  grande  fenomeno  delle 
migrazioni,  del   quale  si    nolano  rilevantissimi   esempi  anche  tra  gli   Insetti. 

È  una  legge  davvero  irresistibile,  se  noi  vediamo  la  nostra  stessa  specie 
obbedirvi  così  passivamente  die  non  vi  fa  ostacolo  neppure,  la  ragione.  Sotto  i 
nastri  occhi  le  turbe  si  muovono,  si  spostano  per  terra  e  per  mare  a  raggiungere 
un  lontano  e  confuso  miraggio,  spesso  senza  conoscer  bene  la  meta  e  quanto 
colà  le  attende.  Una  forza  superiore  muove  questa  gente  ed  essa  va  e  va,  anche 
se  non  è  per  nulla  violentata  ila  condizioni  difficili  nel  luogo  di  dove  si  diparte. 
Non  è  die  per  le  classi  o  gli  individui  più  colti  che  il  ragionamento  giunge  a 
moderare  e  disciplinare  questo  naturale  irresistibile  impulso. 

Il  naturalista,  in  presenza  di  questo  fenomeno,  non  può  non  omologarlo,  per 
l'origine  sua,  allo  stesso  stimolo  intrinseco,  che  muove,  inconsciamente,  in  misura 
e  con  effetti  vari,  tutti  gli  altri  animali  e  L'entomologo  poi  trova  un  parallelo 
con  molti  altri  fatti  vistosi,  che  riguardano  non  poche  specie  di  insetti  di  tutti 
_:li   ordini. 

Certo  non  fissano  tutta  l'attenzione  se  non  gli  esempi  delle  più  spettacolose 
migrazioni  e  queste  sole  sono  state  finora  avvertite  e  considerate,  ma,  è  da  cre- 
dere, che.  in  misura  varia,  talora  anche  poco  percettibile  0  non  percepita,  tutte 
le  specie,  anche  di  insetti,  risentano,  in  qualche  momento  della  loro  esistenza, 
irresistibile  l'impulso  a  migrare. 

Questo  si  manifesta  a  noi  allorquando  influisce  contemporaneamente  su  gran 
numero  di  individui  coetanei  ed  allora  la  grossa  schiera  di  essi,  che  vi  obbe- 
disce, si   richiama  alla  nostra  attenzione,  per  la   sua  vistosità. 

Intanto,  quasi  sempre  ci  sfugge  la  causa  prima  di  cotali  fenomeni,  quella 
•lie  li  impone  irresistibilmente;  noi  non  vi  riconosciamo,  se  non  raramente,  la 
necessità. 

Qualche  volta,  infatti,  essa  è  palese  nell'esaurimento  dell'ambiente.  Una  co- 
lonna di  bruchi,  non  si  muove,  in  generale,  se  non  da  una  località  per  loro 
ormai  esaurita,  ove  essi  non  possono  più  vivere,  per  mancanza  di  cibo  e  lo  stesso 
accade,  nel  maggior  numero  dei  casi,  ad  es..  anche  per  Ortotteri  migratori,  ormai 
adulti. 

Ma.  in  altri  casi  molti,  questa  necessità  non  esiste  allatto,  come  non  esiste 
quella  della  ricerca  di  una  località  nuova,  adatta  alla  futura  figliolanza,  per  parte 
di  forme  adulte,  perchè  non  solo  tale  condizione  spesso  non  apparisce  allatto, 
ma  si  conoscono  casi  di  forme  migranti  solo  nello  stato  di  larva  ed  alcune 
anzi  vanno  certamente  verso  ambienti  inadatti  alla  fondazione  di  nuove  co- 
lonie. 

Intanto,  è  un  fatto  chela  migrazione  non  avviene  se  gli  individui  sono  poco 
numerosi,  fi  necessaria  la  grande  massa  perchè  tutti  insieme  sentano  il  desiderio 
di  spostarsi  ed  in  tale  condizione,  tutti,  di  conserva,  si  muovono  e  vanno  innanzi 
a  se,  apparentemente  senza  meta. 

Quanto  alla  direzione  della  massa  semovente,  essa  non  sembra  prestabilita  o 
voluta  da  altro  che  da  condizioni  estrinseche.  In  generale,  è  la  direzione  del 
vento,  (die  determina  quella  della  massa  migrante  e  non  sembra  si  possa  dire,  che 
questa  si  muove  solo  allorché  il  vento  stesso  spira  in  una  determinata  direzione. 
per  la   quale  soltanto   i    migranti   intendano  muoversi. 


572  CAPITOLO    QUINTO 


Migrazioni  di  forme  giovani.  —  Oltre  a  quanto  fauno  gli  adulti  di  taluue  specie 
pur  buoni  volatori,  le  loro  larve  migrano  esse  pure  in  massa  ed  il  fenomeno  è, 
talora,  molto  vistoso.  Ne  ricordo  qualche  esempio,  fra  i  più  ovvi  e  che  hanno 
richiamato  da  tempo  la  nostra  attenzione. 

Sono  citate  da  più  autori  e  da  gran  tempo  le  singolari  migrazioni,  in  massa  delle  larve  di 
un  piccolo  Dittero  del  gruppo  delle  Micetotile  o  Tipularie  fungicele,  cioè  della  Sciava  militari» 
Now.   dell'Europa  centrale  e  settentrionale. 

Sotto  il  nome  di  fermi  proaeeeionarì,  militari  (Heerwurm),  vermi  dragoni  (Wurmdrache)  od 
anche  di  avmée  de  Serpente  (Heersohlange),  fino  dal  1603  sono  ricordati  questi  insetti  e  le  loro 
colonne  in  marcia,  alle  quali  apparizioni  si  legavano,  in  passato,  non  poche  superstizioni  del 
volgo  delle  località  ove  queste  larve  di  Ditteri  appaiono  talora  nel  modo  indicato  (Svezia,  Nor- 
vegia,  Slesia,   Sassonia,  Tnringia,   Hannover,   ecc.). 

Tali  larve  si  vedono  riunite  a  migliaia,  in  masse  talora  lunghe  lino  a  quattro  metri,  per  pochi 
centimetri  di  larghezza  e  di  spessore  e  queste  colonne  svolgersi,  a  guisa  di  un  serpente,  e  procedere 
lentamente  fra  le  foglie,  le  erbe,  ecc.  delle  foreste.  Le  larve,  nella  massa,  sono  abbastanza  tenace- 
mente aderenti  l'una  all'altra,  mercè  le  loro  false  zampe  e  l'umore  viseoso  che  le  spalma,  così 
che,  con  un  bastone  si  può  sollevare  parte  della  massa,  donde  l'aspetto  di  un  corpo  unico,  quasi 
un  serpente,   di  tutta  la  colonna. 

Sembra  che  tale  migrazione  sia  dovuta  (secondo  Beliug)  si  disseccamento  od  impoverimeuto 
dell'ambiente,  in  cui  le  larve  sono  nate  e  stavano,  con  che  esse  sono  spinte  a  ricercare  pastura 
più  abbondante  e  stazione  più  conveniente,  poiché  questi  insetti  si  nutrono  del  parenchima  di 
foglie  putrescenti  e  richiedono   un   ambiente  molto  umido  per   vivere. 

Ma  non  così  evidente  è  la  causa,  che  fa  muovere  le  colonne  migranti  di  giovani  Acrididi,  ad 
es.  del  Dociostaimis  marocchaima  Thmb..  uno  delle  nostre  più  temute  Cavallette.  Mi  sono  trovato 
in  presenza  di  parecchie  invasioni  di  questa  specie  nell'Italia  meridionale  e  nelle  isolo  ed  ho 
constatato  che  le  forme  larvali,  dopo  i  primi  giorni  dalla  loro  schiusa,  allorquando  cioè  sono 
ormai  grandette,  ad  un  dato  momento,  specialmente  nelle  ore  antimeridiane,  si  muovono  tutte 
insieme,  incamminandosi  in  grandi  masse,  a  piccoli  salti,  secondo  una  determinata  direzione  e 
non  le  arresta  uè  un  muro,  che  scavalcano' salendolo  da  un  lato  e  discendendo  dall'opposto,  né 
un  piccolo  corso  d'acqua,  su  cui  si  avventurano  e  che  guadano  saltando  sull'acqua  stessa,  ne, 
molto  meno,   una  siepe  od   altro  meno  efficace  ostacolo. 

A  tale  migrazione  gli  insetti  non  sono  costretti  dall'esaurimento  od  altro  modo  di  insuttì- 
cienza  dell'ambiente,  che  abbandonano,  perchè  ho  veduto  spesso  lasciare,  così,  dei  pascoli  ricchis- 
simi per  inseguire  una  meta  ignota  e  non  di  rado  arrestarsi  la  colonna  migrante  in  una  località 
molto  meno  felice  di  quella  abbandonata. 

Può  essere  che  cotale  istinto  migratorio,  originato  da  necessità  vere,  per  insetti  che  ancora 
sorgono  da  luoghi  incolti,  si  conservi  tuttavia  auche  quando  la  coltura  ha  rimosso  ormai  quelle 
difficoltà  che,  alla  nutrizione,  potevano  incontrare  quegli  antenati  loro,  pei  quali  la  esistenza  non 
doveva  certo  essere  così  facile  come  è  oggi  per  le  Cavallette,  in  presenza  di  pastura  abbondante 
e  ricca. 

Ho  già  avvertito  che  le  larve  di  molti  Bombicidi  sono  attivissime  migratrici  e  tolgono  cosi 
il  carico  dell'ufficio  alla  femmina  adulta,  per  quanto  riguarda  la  diffusione  della  specie.  Per 
questi  insetti,  però,  si  tratta  di  un  vero  abbandono  di  ambienti  ormili  esauriti,  quindi  la  neces- 
sità del  dislocamento  è  palese  e  giustificata  benissimo. 

Il  fenomeno  è  vario,  sopratutto  per  le  specie  Biiscettibili  di  grandissimi  ed  improvvisi  incre- 
menti di  individui,  il  che,  del  resto,  è  una  prima  condizione  ed  immancabile  dell'impulso  alla 
migrazione,  mentre  le  specie,  che  non  vanno  soggette  a  così  grandi  variazioni,  ma  che,  di  gene- 
razione in  generazione  oscillano  entro  limiti  ristretti  quanto  a  densità  e  numero  di  individui, 
non  sono  obbligate  a  grandi  migrazioni  in  massa,   sopratutto  di   forme  giovanili. 

Così,  ad  es.  Limanihria  dispai-  L.,  la  cui  fama  pessima  è  stabilita  appunto  per  la  facoltà  di 
incrementi  numerici  euormi  ed  improvvisi,  è,  fra  i  Bombicidi  tutti,  il  più  locomobile  allo  stato 
di  larva,  con  migrazioni  frequenti  e  spettacolose,  ed  è  appunto  la  specie,  che  più  spesso  e  facil- 
mente si  vede  subitamente  apparire  in  numero  sterminato.  Certo  le  due  facoltà,  quella  mi- 
gratoria e  quella  di   un'alta  prolificità  sono  coordinate  e  l'una  facilita  o  determina  l'altra. 


L'ADULTO    K    GLI    ATTI    l'EK    LA     CONSERVAZIONE    DELLA    SPECIE 


573 


La  maniera  ili  procedere  di  una  colonna  di  bruchi  pertinenti  al  genere  Cnetocampa,  volgar- 
mente detti  Proceasionarii,  è  così  caratteristica,  elle  lui  già  richiamato  da  tempo  l'attenzione  degli 
osservatori   delle  cose   naturali. 

Veramente,  per  le  Processionarie,  il  più  spesso  le  peregrinazioni  dei  loro  bruchi  non  dipen- 
dono da  impulso  migratorio,  ma  solo  dal    l'atto  che  essi  dimorano  iusieme,  durante     la    stagione 
meno  buona,  entro  un  nido  comune  e  di  ciò  converrà  dire  a  proposito  dei     mezzi  protettivi    in- 
dividuali.  Ma  essi  escono  da  questo  loro  comune  riparo,   per    procu- 
rarsi  il  cibo   e    si   incamminano  alla  meta,   in     uno    speciale    ordine, 
che  ha  procurato  loro  il   nome  volgare  sopra  ricordato. 

I  primi  vanno  in  fila  indiana,  l'uno  dietro  l'altro;  ma,  bentosto, 
a  questa  prima  serie  di  singoli  segue  altra  di  bruchi  appaiati  ed 
a  questa  tieu  dietro  altra  composta  di  larve,  che  vanno  a  tre  per  tre, 
poi  altra  di  quattro  per  quattro  e  cosi  via  secondo  il  numero  degli 
individui,   che  compongono  la  colonna  in   cammino   (tig.   631). 

II  primo  bruco  determina  la  direzione  di  tutta  la  schiera,  che 
si  arresta  tutta  se  esso  si  ferma  e  va  se  esso  si  muove,  e  lo  segue 
esattamente. 

Il  fatto  ha  dato  origine  a  molte  ipotesi  sulla  natura  del  nesso 
che  mantiene  i  bruchi  nell'ordine  e  nella  colonna  e  li  fa  muovere, 
stare  e  dirigersi  nel  modo  indicato.  Si  è  supposto  che  si  tratti  di 
un  liquido  o  di  un  profumo,  perfino  di  un  filo  di  seta,  che  proceda 
dal  bruco  in  testa  e  determini  la  traccia  da  seguire  ai  successivi. 
Ma,  osservazioni  attente  hanno  mostrato  che  la  colonna  si  inter- 
rompe se  tra  l'una  fila  e  l'altra  è  fatto  intercedere  e  mantenuto 
uno  spazio  tale  che  i  bruchi  di  una  fila  trasversa  non  possano  più 
toccare  l'estremo  corpo  dei   precedenti  o    la  peluria  che    li   riveste.  ^ 

Ogni  bruco,  dal  primo  in  poi,  mantiene  il  suo  capo  immerso 
nell'abbondante  ciuffo  di  peli,  che  sporge  dall'estremo  corpo  del 
bruco  precedente  ed  oscilla  col  capo  e  eoi  primi  articoli  del  corpo, 
in  modo  da  sentire  continuamente    i    detti    peli    della  larva,  che  lo  V 

precede.  Se  non  li  sente  più  esso  è  disorientato  ormai  e  fa  il  pos- 
sibile per  ristabilire  il  contatto.  Ho  fatto  io  stesso  molte  osservazioni 
sulla  Processionaria  del  Pino  ed  ho  potuto  condurre  la  colonna  in 
cammino  a  mio  piacimento,  solo  traendola  dietro  ad  una  parte,  la 
estrema,    del  corpo  di  una  di  esse,  che  io  trattenevo    fra  le  branche  "i    gj 

di  una  pinzetta.  Il  ciuffo  di  peli  bastava  a  dirigere  la  colonna, 
purché  io  lo  mantenessi  a  contatto  colla  testa  del  primo  bruco.  Cade 
quindi  ogni  altra  ipotesi  in  un  intervento  attivo  della  prima  larva 
od,   in  generale,  di  ciascuna  sulle  successive. 


Fig.  631.  —  Disposizione 
dei  bruchi  di  Cnetooampa 
pythyocampa  L.  in  una 
processione.  Metà  della 
grand,   nat. 


Migrazioni  di  adulti.  —  Si  deve  ritenere  che  lo  stimolo 
alla  migrazione  delle  femmine  adulte  si  richiami  a  scopi 
in  vantaggio  principalmente  della  specie,  ma  non  è  escluso 
che  una  causa  immediata,  determinante,  almeno  fino  a 
ohe  la  prolificazione  uon  è  imminente,  possa  essere  anche 
la  conservazione   individuale. 

Questo  stimolo  è  forte  in  proporzione  colla  voracità  dell'animale;  esso  è, 
dunque,  nullo  per  le  specie  che  non  si  nutrono  allo  stato  adulto,  mentre  è  mas- 
simo, tanto  da  superare  persino  quello  dipendente  dall'attività  sessuale,  per  le 
specie  a  vita  vegetativa  ancor  lunga  prima  dell'ultimo  atto,  quello  riproduttore, 
con  cui  si  chiude  la  loro  esistenza. 

Così,  mentre  le  classiche  migrazioni  di  talune  specie  di  farfalle  non  si  deb- 
bono attribuire  se  non  ad  impulso  sessuale,  per  converso,  quelle  anche  più  vi- 
stose e  ricordate  ad  es.  delle  Locuste,  hanno  per  movente  primo  la  ricerca  del 
cibo  e,  solo  indirettamente,  concorrono,  così,  alla  diffusione  della  specie. 


574  capitolo  quinto 


In  tutti  i  casi  però  il  fenomeno  si  svolge  o  raggiunge  una  intensità  mas- 
sima anche  quanto  alla  misura  del  dislocamento,  solo  se  accompagnato,  come  già 
si  è  detto,  da  iiTi  grande  incremento  simultaneo,  numerico  di  individui.  Si  può 
anzi  dire  che  questo,  se  è  rilevante,  allorché  si  tratta  di  specie  facilmente  lo- 
comobili allo  stato  adulto,  ne  determini  (piasi  sempre  la  migrazione,  qualunque 
sia  il   grado  di   voracità  della  specie  in  quel   definitivo  suo  stato. 

Così  sono  state  più  volte  segnalati  enormi  sviluppi  di  Aridi  alati,  clie  si  elevavano  a  volo 
nell'aria,  portati  a  distanza  dalle  correnti  aeree,  come  è  accaduto  piiivolte  e  ricordato  per  ì'Aphìi 
■perticai  Koyer,  dal  28  sett.  al  9  ottobre  1834  nel  Belgio;  pel  Pemphigus  bursarius  (L.),  il  7  ot- 
tobre 1846  nella  Svezia;  Y  Aphi»  papaveri»,  Fabr.,  in  diverse  località  di  Inghilterra  fra  il  17  ed 
il    L'I   giugno  del   1847  :   V Hyalopterus  pruni  (Fabr.),  dal  7    al    12    giugno    1885,   in  Modena,  ecc. 

In  questi  casi,  sopratutto  per  gli  sviluppi 
notati  nell'autunno,  la  forma  alata  è  veramente 
migrante  e  destinata  alla  diffusione  della  specie, 
mossa  quasi  esclusivamente  da  questo  istinto, 
ne  la  deficienza  o  scarsezza  di  nutrimento  può 
essere  in  alcun  modo  invocata,  come  avente  una 
parte,  pur  piccola,  nello  stimolo  alla  migrazione. 
Non  molto  diversamente  si  può  argomentare 
a  proposito  di  grandi  apparse  e  conseguenti 
migrazioni  di  Farfalle,  tra  le  quali  la  più  cele- 
brata èia.  Vanessa  del  cardo  (Pyrameis  cardai  L.) 
(flg.  362),  che,  moltissime  volte,  anche  da  noi, 
e  stata  notata  pei  suoi  improvvisi  incrementi 
straordinari  e  conseguenti  dislocazioni,  anche  a 
Pig.  632.  -  Pyrameis  cardai  (L.),  dal  dorso:  notevoli  distanze, 
m  grand,   nat. 

Questi  passaggi    di    Farfalle    sono    stati    più 

volte  ricordati   anche   in   Italia,   specialmente    dai 

benemeriti    fratelli    Villa    e   pare  ne  sia  memoria 

fino  dal    J272,   per   Milano.    Certo,  questa   specie  ha   dato  moltissime  volte  occasione  di  far  parlare 

di  se,  per  la  sua  apparsa  improvvisa,  in  numero  di  individui  sterminato  e  ciò  in   più  località,  ove 

essa  e  diffusa. 

L'invasione  del  1879,  ricordata  dai  Villa  per  la  Lombardia  e  da  altri  per  altre  località  d'I- 
talia ed  altrove,  e  pure  presente  nella  mia  memoria,  avendola  io  notata  a  Venezia,  e,  per  Milano, 
i  «opralodati  autori  affermano  che  le  Farfalle  volavano  in  direzione  da  sud-est  a  nord-est. 

Anche  per  la  Vanessa  ichnnsa  si  ricorda  uno  straordinario  sviluppo  e  spostamenti,  in  Sar- 
degna, nel   1836. 

Ma,  il  più  singolari'  e  certo  più  raro  esempio  è  stato,  fra  tutti  i  casi  consimili  dovuti  a  Le- 
pidotteri, quello  segnalato  per  la  Deilephila  uerii  L.,  la  bellissima  e  rara  Sfinge  dell'Oleandro, 
che,   nel   1834,   apparve   la   numero  sterminato  in  quel  di   Milano  (secondo  Villa). 

Anche  le  migrazioni  di  Libellule  non  possouo  essere  facilmente  attribuite  a  necessità  di  nu- 
trizione e  non   possono  aver  altro  stimolo  se   non    in   rapporto  colle   funzioni   riproduttive. 

Sopratutto  per  la  Diplax  vulgata  L.  e  per  la  D.  fiaccola  L.,  che  sono  fra  le  più  comuni  nostre 
Libellule,  souo  ricordati  casi  ili  straordinari  sviluppi  e  di  conseguenti  migrazioni  ed  io  stesso  ri- 
cordo di  aver  veduto,  nella  stato  del  1890,  a  Portici,  un  passaggio  di  insetti  di  questa  specie, 
molto  notevole  e  che  duro  tre  giorni.  Kssi  si  inuovevauo  in  direzione  dal  sud  al  nord,  molto 
numerosi,  sebbene  non  in  dense  masse,  ma  quasi  alla  spicciolata  e  senza  troppa  fretta,  sorvolando 
a  tre  o  quattro  metri  dal  suolo,  sui  muri  e  sugli  arbusti,  anche  nell'abitato. 

Gli  Americani  hanno  misurato  a  tre  metri  circa  al  minuto  la  velocità  del  Mcìanoplus  spretai 
Burnì,  ormai  prossima  ad  adulto,  quando  cammina  e  saltella  eutro  la  colonna  migrante  e  pel 
Pachptilnx  migratori)!!',  la  velocità,  nelle  condizioni  suddette  varia,  secondo  diversi  autori,  da  100 
a  150  metri   circa  al  giorno. 

Quanto  al  numero  di  individui,  che  possono  trovarsi  così  incolonnati,  a  parte  altri  esempi, 
che  si  potrebbero  citare  in  gran  numero,  basti  la  testimonianza  del  Tschernewsky,  che  vide,  nel 
1823,  un'orda  ambulante,  composta  <li  giovani,  caduta  in  un  braccio  del  Danubio,  durare  per  ben 
7   giorni    a    passare   davanti    a   Kilia. 


l'adulto  k  gli  atti  per  la  conseuvazionk  dklla  specie 


Ma,  le  piti  famose  ed  anzi  di  una  ben  triste  fama  e  più  frequenti,  come  anche  di  ima  gran- 
diosità massima  sono  le  migrazioni  delle  Locuste  e  ne  sono  testimonianze  dalle  epoche  pili  re- 
mote, anche  per  le  conseguenze,  che  ne  sono  venute  spesso  alle  località  llagellate  dall'incursione 
di  questi  insetti,  cioè  distruzione,  talora  quasi  totale,  di  ogni  vegetazione,  conseguente  ca- 
restia e  fame  delle  popolazioni,  miasmi  e  contagi  per  la  putrefazione  degli  insetti  morti  in  gran 
numero,   eoe. 

Quanto  alla  massa  migrante,  per  la  sua  estensione  si  hanno  affermazioni  attendibili  oltre  a 
quelle  meno  precide  di  scrittori,  ohe  le  paragonano  a  nuvole  che  oscurano  il  sole,  ecc.,  cosi  ad 
es.  il  Petzholdt  riferisce  di  un'orda  volante  di  Cavallette,  che,  nella  Tauride,  seguitò  per  H  giorni 
a  traversare  l'aria,  e  che  si  calcolò  dovesse  avere  una    lunghezza  di  circa  15  chilometri. 

Il  Riley  riferisce  ohe  fu  veduta  una  nuvola  di  Cavallette  passare  a  volo  tra  il  Missouri  ed 
il  Forte  di  Kernay,  che,  fra  levante  e  ponente  si  estendeva  per  300  miglia  e  per  100  miglia  da 
nord  a  sud.  Calcolata  questa  nuvola  dello  spessore  di  mezzo  miglio  e  notato  che  essa  durò  sei 
ore  a  passare,  pur  movendosi  colla  rapidità  di  5  miglia  all'ora,  gli  entomologi  americani  compu- 
tano che  essa  contenesse  la  spaventosa  cifra  di  124,548,800,000  di  insetti  !  Nello  Stato  di  Dakota, 
nel  1874,  si  vide  una  nuvola  di  100  miglia  da  levante  a  ponente  e  di  200  da  tramontana  a 
mezzodì   (Kiley). 

Gli  entomologi  americaui  hanno  veduto  nuvole  di  Cavallette  passare  all'altezza  di  100O, 
2000,  3000  e  persino  15,000  piedi. 

La  velocità  delle  orde  volanti  varia  con  quella  del  veuto,  che  le  porta  e  nella  cui  direzione 
vanno  sempre,  quindi  essa  è  svariatissima.  Da  8  a  10  miglia  al  giorno  in  tempo  di  calma  può 
salire  a  100  miglia  ed  oltre.  In  media,  però,  la  velocità  della  massa  volante  si  calcola  a  20  miglia 
al  giorno  e  così  in  75  giorni  circa,  le  cavallette  nordamericane  vauno  dalle  Montagne  Rocciose 
alla  pianura  del  Missisipì  (1500  miglia). 

Quanto  alla  distanza  a  cui  le  Cavallette  possono  giungere  anche  con  un  solo  volo,  baiti  ci- 
tare l'esempio  di  navi  invase  in  pieno  Oceano  da  Cavallette  provenienti  dalla  oosta,  con  veuto 
leggiero,  a  200  miglia  dalla  costa  stessa,  ma  con  vento  tempestoso  tino  a  450  miglia. 

Sulla  terra,  il  volo  può  essere  interrotto  e  ripreso  di  poi  nella  stessa  direzione  od  in  quella 
inversa,  cosi  che  l'orda  migrante  non  di   rado  ritorna  al  punto  di  partenza. 

Le  specie  più  famigerate  sono  il  Pachytilua  migrtitoriut  (L.)  di  gran  parte  del  mondo  le  cui 
migrazioni  sono  temutissime  in  Oriente,  mentre  in  Europa  non  si  verificano  affatto.  Da  noi  le 
specie  più  pericolose  e  che  quasi  annualmente  recano  danni  enormi,  sono  il  Calyptamus  ita- 
licus  (Burnì.)  ed  il  Dooiostam-ug  maroecanus  (Thnnb.)  ed  in  Italia  si  trovano  ambedue;  il  primo  nel 
settentrione,  fino  a  poco  oltre  Roma,  il  secondo  nella  rimanente  penisola  e  nelle  isole.  La  Schi- 
siocerca  peregrina  (L.)  è  la  specie  più  ovvia  in  Africa  ed  alla  quale  si  debbono  gravissime  inva- 
sioni, mentre  i  Melanoplus  ipretus  Thomas  ed  il  M.  femiir  riibriim  (Burnì.)  con  molte  specie  con- 
generi, fanno  altrettanto  nell'America  settentrionale  e  la  Schistocerca  paravr.nsis  (Burm.)  anche  più 
in  quella  australe. 


Agglomerazioni. 


Per  molte  specie  di  Insetti  allo  stato  adulto,  iu  date  stagioni,  sopratutta 
nell'autunno  avanzato,  è  stato  rilevato  il  fatto  dell'agglomeramento  di  gran  nu- 
mero di  insetti,  che  se  ne  stanno  quieti  e  fittamente  addossati  gli  uni  agli  altrir 
in  una  condizione  di   riposo,  non  sempre  bene  esplicabile  nelle  sue  cause. 

A.  parte  molti  casi,  pei  quali  tali  riunioni  in  un  ambiente  ristretto  e  ripa- 
rato,  nell'approssimarsi  della  stagione  fredda  o  con  temperie,  poco  favorevoli  alla 
buona  vita  di  determinati  insetti  in  particolari  età  e  circostanze,  sono  dovute  ad 
un  impulso  protettivo  e  ciò  e  evidente,  rimangono  altri  esempi  di  agglomerazioni, 
che  non  possono  essere  esplicate  in  base  a  questi  stessi  criteri  e  mi  limiterò  a 
riferire  il  caso  più  volte  e  da  più  naturalisti  rilevato,  della  Coccinella  septem, 
punctata  L. 


576  CAPITOLO    QUINTO 


Kirby  e  Spence,  Fabre,  Manierano,  Cavatina,  Targioui,  Osteu  Sackeu,  Plateau,  Mainardi  ed 
altri  ancora  hanno  citato  casi  numerosi  di  colonie  temporanee  del  Coleottero  suddetto,  incontrat- 
eopratutto  a  notevoli  altezze,  da  10411  a  2790  metri  e  per  le  quali  non  si  poteva  dubitare  uè  del- 
l'influenza di  prossima  stagione  fredda,  essendosi  osservato  il  fenomeno  in  fine  di  giugno,  né  di 
concorso  del  vento,  che  avesse  colà  trasportato  i  Coleotteri,  uè  del  loro  arrivo  nella  località  al 
seguito  di  orde  volanti  di  Afidi,  che  sono  loro  preda,  uè  alcun'altra  piana  ed  accettabile  spie- 
gazione. 

Gli  Insetti  in  discorsosi  sono  trovati,  a  migliaia,  aggruppati,  fermi  su  roccie  o  costruzioni  in 
muratura,  come  ha  veduto  il  Fabre,  che  riferisce  di  una  colonia  della  detta  Coccinella  co- 
prente,  letteralmente,  la  cappella  di   Mont   Vento ux   (Alpes  da   Dauphiné)  a  1905  metri  di  altezza. 

La  ragione  di   questo  fatto,   ripeto,   è  tuttavia  attesa. 


Bibliografia 

relativa   alle   funzioni    speciali  dell'adulto. 
(Olire  alle  citazioni  nel  voi.   I  a  propolito  degli   *   Organi  di  riproduzione  »   ed  altrove). 


a)  Sfarfallamento,  assestamento,   maturanza  sessuale,  segnalazione  e  richiamo,   accoppiamento, 

determinazione  del  sesso. 

Balbiani  E.   G.,   Note  sur   les  antenne*  servane  aux  Iusecr.es   pour    la    reuherche  de*  sexes  (Ann 

de  la  Soc.  ent.  France,  4  sèrie,  t.  VI,  Bull.   1866). 
Baumgartner  W.  I.,   Observations  on  some  peculiar   habits  of  the    Mole-crikets  (Gryllotalpa  bo- 

realis  Burnì.)  (Scbsnce,   new  series,   XXI,   1905). 

—  —  Observations    on    the    Gryllidae.   IV.   Copulation     (Kansas    Uuiv.     Science     Bull.,    V,    1910, 

pp.    323-345). 
Bi.unck  H.,  Das  Geschleclitsleben    des    Dyliscns  marginalia  L.  (Zeitschr.   f.  wiss.    Zool.,    102   Bd., 

1912,   p.   170.   Con   ricca  bibliografia). 
Boldyrev  B.   Th.,   Begattung  und  Sperinatophoren  bei   Tachyoinea  asynamorns  Adel  (Revue  Russe 

d'Entom.,   XII,   1912,   n.   3). 

—  —   Das  Liebeswerben   und  die  Sperinatophoren  bei  einigen   Locustodeeu   und   Gryllodeen  (Horae 

Soc.  Entom.   Kossicae,  XL,  N.  6,  1913). 

—  —   Die   Begattung  uud  Spermatophorenbau  bei  der   Maulwurfsgrille  (Gryllotalpa  gryllotalpa  L.) 

Zool.  Anzeiger,    Bd.   42,   N.    13,   1913,   pp.   592-605). 

—  —  Contributions  à  l'étude  de  la  strueture  des  spermatophores  et  des   particularités  de  la  co- 

pulation chez  Locnstodea  et  Grylloidea    (Horae  Soc.    Eutom.  rossicae,  t.  XLI,  N.  6,   1915.  In 

lingua  russa  con  estesa  bibliografia   sull'argomento). 
Bolivar  I.,   La  copula  de  la  Locusta   vividissima  (Anal.  Soc.  Esp.  H.  N.,  tomo  16  Actas,   pp.    70- 

73,   1888). 
BRIGGS  T.,   Notes  on   the  intìiience  of  food  in  determiniug  the  sexes  of  Iusects  (Trans.  Ent.   Soc. 

London,   1871). 
Buhk   F.,   Stridulationsapparat  bei  Spercheus  emarginatila  Schalb.  (Zeitschr.  f.  wiss.  Insekteiibiol.,  6, 

S.   342,    1910). 
Gavazza   F.,   Influenza  di  agenti   chimici  sullo  sviluppo,    metamorfosi  e  riproduzione   del    Bombyx 

mori,  I,  Genova  («  Bios»,  19)3). 
Cholodkovsry  N.,  Ue-ber    die    Spermatodoseu    der    Locustiden    (Zoolog.    Anzeiger,    XLI,   N.   13, 

1913). 

—  —  Spermatophoreuartige  Gobilde  bei  den  Tricliopteren  (Zool.   Anzeiger,   XLII,    1913). 
Conte  A..   Recherches  expérimentales  sur  l'accouplemont  et  la  ponte  chez  le  Bombyx  mori  (C.   R. 

Soc.  Biol.  Paris,  t.  71,  p.  549  551,   1911). 
Fere  Ch.,  Expérienees  relatives  aux  rapports    homosexuels  chez    les    Hauuetous     (C.  R.  Soc.  de 

Biologie,   t.    V,   10  sèrie,   p.   549-551.    1898). 
Fischer  fi.,  Trasmutation  der    Schmetterlingen    infolge    Temperaturiiuderungen.   Experimentelle 

Untersuchungen  iiber  die  Phylogenese  der  Vanessen   (Berlin   1895). 


BIBLIOGRAFIA  577 


Fj.amm  \i:ihn   r  ,  [nAuence  dea  couleurs  sur  la  production  des  aexes  (C.  R.  Acad.  de  se.  t.  CXXXIII, 

1901). 
Gabbati   di    Kehvili.k  II..  Observations  sur    la    perversion    aexuelle   chez  les  Coléoptèrea  màles 
(Bull.  Soc.   Kutoin.  Frane»,  t.    I.XV,  pp.  85-87,   1896) 

L'aooouplement  des  Coléoptèrea  (Bull.  Sue.   Kntora.   Franco,  pp.   101-107,   lì)O(i). 
Gkntry  Th.  G.,   [nfluence  of  DUtrition  on  sex  aioong    tlie    Lepidoptera    (Proe.   Acad.   uatur.  ac. 
l'hilad..   1873). 

w:  i    I  ..   Kopulation   und  Sperinatophoren  von  Grvlliden  und  Locustideii  (Zool.  Jahrb.  Jena. 
1913  . 

—  —  /.uni     Bau    der    Spermatophoreu   von    Qryllotalpa  vulgati!  L.  (Zool.  Anzeiger    XI. Ili    N.  8 

pp.  382-83,   1914). 
Giàrd  A..  Noie  sur  l'accouplement  du  Tipula  rufiiia  Meig.  (Bull.  Soc.  Entoin.    Franco,  t.  LXIV, 

1893  . 

Reniarques  critiques  à   propoa    de     la    dótermination  du  sexe  ohez  les   Lépidoptères  (C.  R. 

Acad,  d.  se,  t.   XXXIII,   1901). 
GodelmaNN   E..   Beitriige    zur    Keuutnis   um    Baeillu)  rosali    Fabr.    rait    besonderer    Beriicksiohti- 

gung  der  bei   ihiu  vorkommenden   Autotomie  und  Regeneration  einzelner  Gliedmassen  (Arcb. 

f.   Eni  wickluugsinechanik  d.  Organiamoli     Bd,   li!,   1901), 
Grabkr  \  ..    ITeber  Polygamie  und  auderweitige    Geschlechtsverhaltnisse    bei  OrtUopteren  (Verh. 

Zool.  bot.  Gesellach.   Wien,  XXI,  pp.   1091-1095,   1871). 
Jabowi.ew,   Stridnlating  Cymaloptera  (Uorae  Soc.   Entora.   Rossicae,  30,  p.   181,   1896). 
IIam'ok   F.   1-,   The  hiibits  of  the  striped    meadowerickel    [Oecauthu*  fasciatili*    Fitsoh.)    (Amerio. 

Natur.,   XXXIX.  N.   457,   pp.  1-11,   1905). 
KxAit  F.,   An  earlj    account  of  tbe  copulation    of    Stegomya    ealoput    (Journ.   X.   V.   E n toni.  Soc, 

15.   p.   13,    19071. 
LVCAS   W.   .1..   ili,    the   Emergence   of  Myrmiìeoii    foiinivarius    from    Mie   Pupa  (London   Trans.    Kilt. 

Soo.     1906). 
MoRGAK   T.   II.,  Two  sex-I  inked  lethal  factora  in    Drosophila  ami  tlieir  influence  on    the  sex-ratio 

(.1 n.   ot   Exp.  Zoo!.,  voi.   17,  n.   1,  pp.  81-122,   l'Iiilad.    1H14). 

Nokl   I'.,   L'attirance  des  uiàles  par    les    femellea    (Bull,  trini,  du  Labor.  rég.  d'Entom.    Agric, 

III   trini..    Rouen    1915. 
Pio  et   A.,   L'influence  de  l'alimentatimi     sur    la    dótermination    du  sexe    chez  les   Lépidoptères 

(Areli.  d.   Se.   Phya.   et   Nat..  Genève,   voi.  XIX.   p.   102). 
Pierajjtoni   U.,  Snidi     sullo    sviluppo  AeilVIcerya  purchani   Mask.  (Archivio  zool.    ital.,  voi.  VII, 

Napoli   1914). 
Platea!'  F-j   Un  ,,1°''  8ur  le  mode  d'adérence    de»    ìmìlcs    des    Dytiscides    aux    femelles  pendaut 

l'act  de  l'aooouplement   (Ann.  Soo.   Entoni.  de  Belgique,  ser.  2,   1876). 
Kis  F..   Eopnlationamarken     liei    Libellen     (Deutsche  entomolog.   National  Bibliothek,   ]ip.  70-7.9, 

1910). 
Valenti  A  .   Sulla  determinazione  del  sesso  nelle  Mosche  («Bios»,  voi.  II,  p.  263,   1915). 
Wkbeu    L.,   Beobachtung   liei   der   Copula   der  Hirsehkafer  (Allg.   Zeitschr.    f.   Entomol.,   Bd.   VII, 

X.    17,   pp. 335-337,    1902). 
WXSENBERG-LUND   C,   Biolojdsche  Stndien   iiber  Dytisciden   (Intern.   Revue    d.    gesaniten   Hydro- 

biologie  und  Hydrograpbie,   1912). 

—  —  Odonaten-Studien  (Interuat.  Revue  d.   gesaniten    Hydrobiol.   ti.   Hydrographie,    pp.    155  422. 

1913). 
Williams*  in   E.   B.,  A   note  mi   Copulation    amonng    Odonata  (Eutomological  News,  p.  42.  1899: 
p.   143,   1906). 


b)  Omeomorfismo  e  dimorfismo  sessuale,  polimorfismo,  polifilia    non  sociale, 
variazione  della  specie. 

Adler   H..   Beitriige  zur  Naturgeachichte    der    Cynipiden    (Deutsche  Entom.    Zeitschr..   Bd.   XXI, 
1877). 

—  ' —   Heterogeny   in  the  Galltlies  (Popul.   Se.   Review,  N.  ser.,  voi.  I,   1877). 

Arnhaki    L  ,   Secondare  Geschlechtscharaktere  voti  Aeherontia  atropos   (Verh.  d.   K.   K.  zool.  bot. 
GeB     Wien,    B.l.    XXIV,    1879). 

Arni  vii. i. ics  C.,   Ueber  secundjire    Geschlechtscharaktere    uoidischer    Tagfalter  (K.   Svenaka   Vet. 
Akad.   Handlingar,   Bd.   V.  X.   25,   Stockholm   isso  . 

—  —   Dos  caractères  Bexnela  aecondaires  chez  les  Papillons  dinrnea  (Ent.  Tidskrift,   1880). 
BachmetjEw  1'.,   Experimentelle  entomologiaohe  Stndien,    II   Bd.,  Sophia  1907). 

Balbiani  E.  G.,  Sur  la   reproduction  du   Phylloxera  du  eliòne  (C.  R.  Ac.  Se,  t.  77,  p.  830,  13  ot- 
tobre  1873). 

—  —  Sur  la   reproduction  ilo   Phylloxera  du  ohe  e  (suite)  (Ibidem,  p.  884,  20  ottobre   1873). 

—  —   Le   Phylloxera  du   ckèue   (Revue  scient.,  6  rìu^iio   1874,  p.  1159). 

—  —    Observation    sur  le    Phiilhunii    i|«m:«s   (Ann.    ile   Sciene.   Nat.,   s.    5,    t.    19,    1*74). 

—  —  Phylloxera  ailé  el    sa  progéniture  (C.   R.   Ac.   Se,  t.   TU.   p.  562,   1874 1. 

A.  Bkrlksk,  i;ii   Inietti,  li    —  TJ. 


578  CAPITOLO    QUINTO 


Barker  E.  W.,  Notes  nu  seasonal  Dimorphism  of  Rhopalocera  in  Nata]  (Trans.  Ent.  Soc.  Lon- 
don, p.  413,   1895). 

Basset  H.  F.,  Note  on  Dimorphism  of  American  Cynipidae,  etc.  (Entomologist's  Mouth.  Mag. , 
voi.  VII,   1870  71). 

Bateson  W.,  On  variation  in  the  Coloni'  of  Cocoons,  Pupae  aud  Larvae  :  ftirther  esperimenti» 
(Trans.   Entom.   Soc.   London,   p.   Ili,   p.   205-214,   1892). 

Batkson  W.  and  Bnixnt.KV  H.,  On  some  casos  of  variation  in  secondary  sexual  eharacteres  sta- 
tistically  examined  (Proe.   Zool.  Soc.   London,    1892). 

Beijerink  M.  W.,  'l'in  Beleg  zu  der  vou  Dr.  Adler  eutdeckten  Heterogonie  von  Cynipii'.eii  (Zool. 
Anzeiger,  3  Jbg.,   1880). 

—  —  Sur  la  cécidiogenese  et  la, generation    alternante    chez  les   Cynips    ealieis.  Observations  sur 

la  galle  de  l'Andricus  circulans  (Ardi.  Néerland.,   voi.  XXX,   1896). 
Bkrgevtn  (de)  E.,  A  propos  dii  macroptéiisme    chez   Prionotylus  brevicornis  M.  et  R.  (Bull.  Soc. 

Hist.   nat.   Afr.  du  Nord,   n.   2,   1910). 
Berlese  A.,  Intorno  alla  riproduzione  ed  al  dimorfismo  sessuale  degli  insetti  («  Redia  »,  voi.  X, 

fase.   I,  pp.  77  112,  Firenze  1914). 
Bezzi  M.,  Sulla  presenza  del  genere   Chionea  Daini,   in   Italia  e  la  riduzione  delle  ali  nei  Ditteri 

(Reud.  R.  Ist.  Lomb.  di  se.  lett.,  serie  II,   voi.  X.NXIII,   1900). 
Birsohall  T  ,  On  Melanisni  in  Lepidoptera  (Ent.  Mouthly  Magaz.,  voi.   XIII,   1876-771. 
Blaisdell  F.  E,,  Variations  in  the  Maculation  of  Olla    abdomivalia  Say  (Entom.    News,    voi  24, 

n.  9,  pp.  385-391,   Philad.   1913). 
Blochmann  F.,   Ueher  den   Entwicklungskreis  von   Chermes    abietis   (Verhandl.  d.   naturhiat.-med. 

Vereins  zu   Heidelberg,   N.   F.   IV,   2  nov.   1888). 

—  —  Ueber  die  Geschleehtsgeneration  von    Chermes  abieiis  L.   (Biolog.  Centralbl.,  Bd.  VII,  N.  14, 

1887). 

—  —  Ueber  die  regelmiissigen  Wandeinngen  der  Blattlanse  speziell  iiber  den  Generatiouscyklus 

von   Cheimes  abieiis  L.   (Biol.   Centralbl.,    Bd-   IX,   N.   9,   1889). 
Bonnkt  Ch.,  Traité  d'Insectologie  on  observations  sur  quelques  espèces  de  Vers  d'eau    douce  et. 

sur  les  Pucerons,   Paris   1748). 
Bordage  E.,  Sur  les  ditt'ereutes    eolorations    des    chrysalides    de    Papilio    demoleus  et  de  Danai» 

ihrysipjms  (Bull.  Soc.  Ent.  France,  pp.  234-238,   1900). 
Borggreve  H.,  Geschlechtsdiniorphismus      einheimischer      Schmet.terlinge    (39  Jahres-ber.    west. 

Prov.   Ver.   Zool.   Sekt.,   pp.   47-54,   Miinster   1911). 
BoRNER  C,   Untersuchnngen     iiber    Tannenwollansc    (Mitteilungen    aus    der  K.    Biol.    Austaff.   f. 

Land-  uud  Forstwirtschaft.  Bericht  iiber  die  Tiitigkeit...  ini  Jahre  1905,  p.  32,   1906;   Bericht 

iiber  die  Tatigkeit...  im  Jahre  1906,  pp.  54-60,  Berlin  1907). 

—  —  Systematik  und  Biologie  der  Chermiden    (Zool.    Anzeiger,  voi.    XXXII,   10  dicember  1907, 

p.  413). 

—  —   Eine  monograpbische  Studie  iiber  die  Clerniide  (Arbeiten    aua    dei'    Kais.    Biol.   Anstalt  f. 

Land-   und   Fortwirtscbaft,  IV,   2,   Berlin   1908).   Questa   nionografia  contiene  tutta  la    biblio- 
grafia anteriore  al   1908). 
Ueber  das  System  der  Chermiden  (Zool.  Anz.,  XXXIII,  pp.   169-173,   1908). 

—  —  Ueber  Chermesiden.   I.   Znr  Systematik    der    Pkylloxerinen     (Zool.    Anz.,   XXXIII,   10   nov. 

1908,   p.   600,   n.    17-18). 

—  —   Zur  Theorie  der  Biologie    der    Chermesiden    (Zool.    Anzeiger,   XXXIII,   24   november   1908, 

p.   647). 

—  —  Ueber  Chermesiden.  II.  Experimenteller  Naehweis  der  Entstehung  diociseber   aus  monoci- 

seben   Cellaren   (Zool.   Anz.,    XXXIII,   pp.   612-616,   1908). 

—  —  Ueber  Chermesiden.   111.   Znr  Theorie    der    Biologie  der    Chermiden     (Zool.   Anz.,   XXXIII, 

pp.  647-663,  1908). 

—  —  Ueher  Chermesiden.   IV.   Dreyfusia  piceae  Ratz.  und  niisslhii  nov.   sp.  (Zool.   Anz.,   XXXIII. 

pp.  737-750,  1908). 

—  —   Ueber  Chermesiden.   V.   Jphrastasia  pedinatile  (Zool.   Anz.,   XXXIII,    1909). 

—  —  Ueber  Chermesiden.  VI.   Cholodkovxkya,  Aphrasiasia  und  Gillettia  (Zool.  Anzeiger,    XXXIV, 

pp.  498-511,   1909). 

—  —   Ueber  Chermesiden.   VII.    Cnajihalodes    lapponicut  Chol.    (Zool.    Anz.,   XXXIV,   pp.   554-560, 

1909). 

Zur  Biologie  und   Systematik    der    Chermesiden   (Biol.    Centralbl.,    29    Bd.,   1909,  pp.   118 

e  129). 

—  —   Untersuchnngen     iiber    die    Chermiden   (Mitteil.   d.   Kais.   Biol.   Anstalt   f.   Land-  u.   Forst- 

wirtsch,   VII,   pp.   50  60,    1909). 

—  —   Untersuchnngen   iiber  Chermiden    (Mitteil.   aus  d.   K.    Biol.    Anstalt  f.   Land-  und  Forstw., 

Heft   11,  p.   36,   Berlin,   P.   l'arey,    1911). 

Blattlansstiidien   (Abh.   Nat.   Ver.   Brem.,   Bd.   XXIII,   N.   1,   p.   164,    1914). 

Bowateu   W.,   The   heredity   of  melanism   in   Lepidoptera    (  Rep.    of  the    British   Ass.   for  the  Ad- 

vancement  of  Science  London,   LXXXIII,   p.   516,   1914). 
Brand  A.,  Ueber  den    rudimentaren    Hermapbrodismus    bei   Perliden   (Zool.  Anzeiger,   I,  p.  391, 

1878). 
Brandes  G.,     Der    Saison-Dimorpbismn      bei      einheiniischen      und    exotiscben     Scbmetterlingeu 

(Zeit.   Nat.   Leipzig,   66   Bd.,   p.   277,   fig.   T.   2,   1894). 
Brauer  F.,   Betrachtnng   iiber  die  Verwandlung  der  Insekten    ini     Siune  der  Descendenz  Theorie 

(Verhandl.  d.   K.  K.   Zool.  bot.  Gesell.  Wieu,  Bd.  XIX,   1869). 


BIBLIOGRAFIA  579 


Bkiggs  T..   Notes  011  the  iiitluence  of  food  in  determining  the  sexes  of  [usects  (Trans.  Ent.  Soc. 

London,    1871). 
Bruì:  M.,   Brachypterous   Earwing  (Entomologist,  jnne  1911). 
CamkRaNO  L,    La   scelta   sessuale  e  i  caratteri   sessuali   secondari  nei  Coleotteri  (Torino,    Loesoher, 

1870). 

—  —    Ricerche  intorno  alle  solcature  delle  elitre  dei    Ditisci,  come    carattere  sessuale  secondario 

(Atti   K.    Aee.    l'orino,   15,   p.   531,   1880). 

Carpente!!  6,  II..  Black  variety  of  the  larva  of  Saturnia  pavonia  near  Dublin  (Entom.  Monthly 
Mag.  2,   voi.  6,  Maj    31,   pp.   119-120). 

Carcs  .1.  V.,  Zur  uiiheren  Kenntniss  des  Generationsweohsels.  Beobachtungeu  u.  Schlnsse  (Lei- 
pzig,  Engelmauu,   1SI9). 

Catazza  I'.,  Influenza  di  alcuni  agenti  chimici  sui  caratteri  somatici,  sviluppo  e  fecondità  del 
Bornliii*    muri  (     Bios  »,  voi.  I,  p.   315,   1913). 

■ —  —  Influenza  ili  alcuni  agenti  chimici  sulla  fecondità  del  Bombyx  mori  e  sul  sesso  delle  uova 
prodotte   («  Redia  »,    voi.    IX,    p.    139,    1913). 

—  —    Azione  ili    agenti   chimici    nella  determinazione  del   sesso    negli   insetti    (Bologna    1916). 
CBATANY   .).,   Sur   la   farse   de   Cyhistrides  (Unii.    Soc.    Knt.    Frauoe,   p.    191,    1907). 

—  —  Sur  le  tarsi-  dea   Dytiscides;  essai    de    morphologie  oomparée  (Unii.  Soc.   Ent.  France,  79, 

p.    395,    1910). 
C'hinaim. ia  L..  Le  più  importanti  anomalie    dei    Coleotteri    descritte  tino  ad  ora  in   Italia  (Riv. 

Colleott.  ital.,  anno  X,  n.  1,   1911). 
Cholodkovsky  N.,  Aphidologische  Mitteilungen.  3.  Zur  Geschichte  der  Chermes  aìietis  Halt.  (Zool. 

Auz.,  XIX,  p.   313,   1896). 

—  —   Aphidologische   Mitteilungen.   6.   Zur   Kenntniss  vou    Chermes  funitectus  Preyf     (Zonl.   Auz., 

p.   468,   18991. 

—  —  Aphidologische  Mitteilungen.   lo.   Zur  Geschichte   der    Exules    bei  Chermes  Arten.   16.  Zur 

Unterscheidung  des   Ch.   virìdis  Ratz.   und   Ch .   ah/nix   Kalt.   (Zool.    Anz.,   XXIV,  pp.   295-296, 
1901). 

—  —   Aphidologische  Mitteilungen.   18  Chermes  Wallen  auf  einer  Weisstanne.    —   19  Zur  Biologie 

von  Chermes  pini  Hoch.  (Zool.  Auz.,  XXVI,  pp.   259-263,  1903). 

Aphidologische   Mitteilungen.    25,   Zum     Chet  midonSystem  von   C.  Borner.  —  25   Chermes 
picene  Rat/.,   Ch.   funifectus  Dreyfus  und  Ch.   ci  ccineus  Chol.  (Zool.  Anz.,  XXXII,  pp.  689-693, 
1908). 
Aphidologische  Mitteilungen  (Zool.  Anz.,  XXXVII,  pp.  172  178,  1911). 

—  —  Zur  Biologie    und  Systematik   der   Gattuug  Chermes  L.   (Horae  Soc.  Kntoui.  Ross.,   XXIV, 

pp.  386-420,   1889). 

—  —   Weiteres  zur  Kenntniss  der   Chermes  Arten   (Zool.    Anz  .   12  Jahrg.,    1889). 

—  —  Noch  Einiges    zur  Biologie  der  Gattung  Chermes  L.  (Zool.  Anz..   12  Jahrg.  ;  Ent.  Nachr., 

15  Jahrg.,   1889). 

—  —  Neue  Mitteilungen  zur  Lebensgeschichte  der  Gattuug  Chermes  (Zool.    Anzeiger.   12  Jahrg., 

1889). 

—  —  Zur  Lebensgeschichte   vou   Chermes  ahietis    und     Chermes    stròbilóbius   Kalt.,  (Zool.   Anzeiger, 

XVII,   pp.   434-437,   1894). 

—  —   Reitrage  zur  einer  Monographie  der  Coniferen-Lause    l  Horae  Soc.  Ent.  Ross.,  XXX,  p.  1-102 

et  pi.  I  VII,    1895:  XXXI.  p.   1-60  et  pi.  I-VI,   1896). 

—  —   Ueber  den   Lebenscyklus  d.   Chermes  Arten   u.   d.   damit   verbundenen  allg.   Fragen   (Biolog. 

Ceuteralbl,  Bd.  XX,  1900). 

—  —  Ueber  den  Herinaphroditismus  bei  Chermes  Arten  (Zool.  Anz.,   Bd.  XXV,   1902). 

—  —   Die  Coniferen-Lause   Chermes,    Feinde    der     Nadelholzer    (Berlin,    R.   Friedliinder  et  Sohti. 

1907). 

-   Zur  Frase  'iber  die  biologiselien   Arten   (Biol.   Centr.,   XXVIII,   pp.   769-782,    1908). 

—  —  Zur  Keuntniss  der    Westeuropaisohen   Chermes  Arten  (Zool.  Anzeiger,  XXXV,  pp.   279-284, 

1910). 

—  —   Ueber  das  Erlosschen    der     Migration   bei  einiger    Chermes  Arten    (Zool.  Anzeiger,  XXVII, 

pp.  476-479,  1  tig.). 
Claus  C,   Ueber  das   Mannchen  der   l'sijehe  helix  (Marb.   Sitzber,   1866). 
Ci.kp.mii.nt  J.,   Notes  sur  la   Cicindela   trisignata   var.    subsuturalis    Souv.  (Bull.    Soc.   Ent.   France, 

seance  13  ect.   1915,  p.  235). 
COCKERELL  T.   D.   A.     On   the  nature     of    seasonal    dimorphism     in     Rhopalocera     (Canad.     Ent., 

voi.  20,  Op.  86-89.   1888). 
Ckachen  Me.  J.,  A  study  of  the  inheritance  of  dichromatism  in  Lina    lapponica    (Journ.   Exper. 

Zool.,   Baltimore,   voi.   Il,    n.    1.    p.    117,   1905). 

—  —  Inheritance  of  dicromatiam   in   Lina  and  Gastroidea  (Journ.  Exper.  Zool.,  Baltimore,  voi.  Ili, 

n.   2,   p.   321,    :90K). 
Darwin  C,   L'origine  dell'uomo  e  la  scelta  in   rapporto  col  sesso  (trad.  di  M.  Lessona,   Torino, 

Unione  tip.   ed.   tor..    1872). 
Dati 8  J.  J.,  Biological  studies  on    three    species  of  Aphididae  (U.  S.  Dep.  Agric.  Bureau  Ent., 

Washington,   Tecn.   ser.,   n.    12.   pari.   Vili,    1909). 
Dkdrrkr  1\   H.,  Preliminary  Note  on    gametogenesi»  in   Philosamia  ci/nthia  (Biol.  Bull.,   voi.  23, 

pp.   40-41,   Boston    1912)*. 


580  capi  roto  QUINTO 


Dklcourt  A.,   Recherches  sur  la  variabilité  du  genre  Notonecta  (Bull,  scient.  de  la  Franco  et   du 

Belgique,  7  ser.,  43,  p.  373,   1909). 
Dkmoll  K.,   Die  Bedeutung  der  Proterandrie  bei  Insekten  (Zool  Jahrb.  Abt.  Svst.   Geogr.  u     Hiol  ' 

Bd.   -'ti,   S.   624-628,  Jena   1908). 
DepOLI   G.,   Le  variazioni   della   Coccinella  conglobata    L.   (Riv.   Coleott.   ital.,  a.  XI,  n.   9,   pp.    201- 

L'UT,    l'arnia  1913). 
Dkwitz  J.,  Der  Apterismus  der  Insekteu,  Beine  kiiustliche  Erzeugnng    rimi     seine    physiologische 

Erkliirung  (Arcb.   f.   Anat.   u.   Phys.,   Phys.    Abt.,    1-2   Hf.,   pp.   61-67.    1911). 
Dixey  Fr.  A.,  Notes  un  some  cases    of   sexual    dimorphism    in    Butterliies.   with  an  account  o£ 

Experiments  by  G.   A.   K.    Marshall   (Trans.    Eni.   Soc.    London,    1902). 

—  —  On  tbe  philogenetic  signi licance  of  tbe  variations  produced    by    difference    of  temperature 

in    Vanessa  atalanta  (Trans.   Ent.  Soc.  London,    1893). 
Dorfmkister  G.,   Ueber  die  Einwirkung  verschiedener    vrarend    der    Entwiklungsperioden    ange- 
weudeter  Warme,  gradi-  auf  die   F.'irbung   nnd   Zeicbnung  der  Schmettcrlinge  (Mitteil.d.  Nat. 
Vereins  f.  Steiermark,  Graz  1864). 

—  —    Ueber  den   Einfluss  der  Temperatur  bei  der  Erzeugnng  der  Schmetterlings  Varietiiten  i  Mit,f 

d.   Nat.   Vereins   f.   Steiermark,  Graz   1880). 
DRKYFUS  L.,   Die   Familie  der  Phylloxeriden  (Zool.   Anz..   XII,   p.  488,   1889). 

—  —  Neue  Beobacbtungen  bei  den  Gattungen   Chermes   L.  und   Phylloxera   Boyer  de   Fonsc.  (Zool. 

Anz.,  XII,  pp.   65  73,  9199,  223,   1889:     et  Tagebl.   d.  61    Vera,   deutsch.   Naturf.   n.   Aerate 
1888). 

—  —   Ueber  Pbylloxeriueu.   Wiesbaden    1889. 

Zur  Biologie  der  Gattnng  Chermes  (Zool.  Anz.,  XII,  pp.  293-291,   1889 

-  —  Zu  Prof.  Blochmaim's  Aufsatz  :    Ueber    die    regelmassigen     Wandernngen    der   Blattliiuse. 

speziell  Uber  den   Generationscyklus   vini   Chermes    abietti  (Biol.     Centralbl.,    IX,   pp.   363-376, 
1889). 

-  —  Zu  .(.  Krassilstschiok's   Mitteilungen   iibe.r  «  Die  vergleichende  Anatomie  und  Systeuiatik  der 

Pbytopthires  »   mit  besonderer  Bezngnabme  auf  die  Phylloxeriden  (Zoo).  Anz..   XVII,  pp.  205 

208,    221-235,   237-243,   2   pi.,    1894). 
Eimer  T.,  Orthogenesis  der  Sclimetterlinge.   Leipzig  1897. 
Fallou  J.,  Description  de  plusieuvs  Lépidoptères  anormanx,   recuillis  dans   le  Valais  (Ann.   Soo, 

ent.   France,  V  ser.,  voi.   I,   1»71). 

—  —    Note  sur  diverses   varictres  de  Lépidoptères  (Ann.     Soc.     entom.    Fraine.   VI  sér.,    voi.    111. 

1883). 

Fauvel  A.,   Sur  un  cas  exceptiounel  de  dimorpbisnie  chez  un  Coléoptère  (Pachy Corinna  dimorphu») 

(Revue  d'entoni  ,    t.    I,   pp.   90-94.   18JSL'  i. 
Fiori  A.,  Polimorfismo  nella  femmina  del   Dyslicna  dimidiatua  (Ball,  della  Soc.   entomol.   italiana, 

1882,  p.  274). 
Fischer  E.,  Beitrage  zur  experimentellen     Lepidopterologie     (Illustr.     Wocll.    f.    Ent..   11:    u.   33, 

p.  513-516;  n.  37,  p.  577-583:  n.   38,  p.   595-600;    n.    44,   p.   689-695:   III:  n.  4,  p.  49-53; 

n.   12,  p.   181-183;   n.    16,  p.  241-243:  n.   17.  p.  262-264;  n.   18,  p.   278-280;   n.  23,   p.   sr,4. 

357,  1898). 

—  —  Idem     (Illustr.     Zeitscbr.     f.     Entom.,    IV:   u.    3,   p.    33-34;   n.   5,   p.   67-69;     n.    7.   )>. 97-99  ; 

n.   9,  p.   133135;  n.   11,  p.   164-167;  n.   14.    p     214-216:    n.    ir.,   p.   228-230;   u.    16.   p.   243- 
245,   1899». 

-  — Transujutatiou  der   Sclimetterlingen  infolge  Ternperaturauderungen  (Experiraentelle  UnterBU- 

chungen  iiber  die  Pbylogenese  der  Vanessen.   Berlin   1895). 

Floersheim  C,  Some  notes  on  the  Earlier  stage  of  Papilio  maohaon,  particulaiy  with  Regard 
to  the  colour  dimorphism  of  its  pupa  (Entom.  Record  .Journal  Vai.,  voi.  17,  p.  277-279, 
London   1905). 

FoÀ  A.,  Intorno  al  ciclo  evolutivo  della  Fillossera  del  Cerro  (R.  Accad.  Lincei,  Serie  V..  XVII, 
18  ottobre   1908). 

Forbks  W.  A.,  Melanism  in   Lepidoptera  (Ent.   Montili.   Mag.,  voi.   XIV,   1877-78). 

Frings  K.,  Aufhebung  iles  sexuellen  Farbung  dimórphismus  durcb  Einwirkung  abnormer  Tem- 
perature» bei  Lepidopteren  (Sitz.  Ber.  Naturhist.  Ver.  preuss.  Rheinl..  n.  87-90,  West- 
falen  1907). 

Fryer  J.  C.|  Preliminary  note  on  some  Experi ments  with  a  polimorphic  Phasmid  (Jonrn.  Ge- 
netics,   roy  8,   Cambridge   1913). 

FUSCHINI  G.,  Contributo  allo  studio  della  Phylloxi  ra  quercns  Boyer  (L'Agricoltura  moderna,  p.  550, 
agosto  1907). 

Gauckler  IL,  Experiinente  mit  niedrigen  Tetuperatureu  an  Vanesia  Puppen  (Deutsch.  Ent.  Zeit., 
1898,   1.   lepid.   Hft.  p.   14-19). 

Gentry  Ch.  G.,  Remarkable  variations  in  coloration,  ornementation  etc.  of  certain  crepnscular 
and  nocturnal  Lepidopterous  larvae  (Canad.  Ent.,  voi.   VI,   1X71). 

Gerould  J.  H.,  The  inheritance  of  polymorpliìain  and  sex  in  Colia)  philodice  (American  Natura- 
liste,   1911). 

Giard  A.,   Convergence  et  poecilogonie  cliez   les  Insectes  (Bull.   Soc.   Ent.,   t.    XLIII,   1894). 

—  —   V  a-t-il  poecilogonie  saisouniere    chez    Charaxes    jasins   L.  ?  (Balletta   Soc.    Entom.   France, 

Paris   1904). 
Gillette  E.   P.,   Chermes  of  Colorado    Conifera  (Proceed.  of  the  Acad.  of  nat.  Sciences  of  Phila- 
delphia,  p.  3-22,  1907). 


BIBLIOGRAFIA  581 


GlLLMBR  M.,   Ein  gyuaudromorpb.es  Esemplar     von    dem    Hybriden    Smeriuthu»  hybridua  Stephen* 

(Ali-;    Zeitsohr.   Kut  ,     lui.  9,   p.   140-143,    Neudamm    1904). 
Glaskr  K.,  Ueber  Temperaturexperimeute  bei  Sohmetterlingspuppen   (Entom.  Runds.,  Jahrg.   28, 

p.   89-92,  Stuttgart   1911). 
Orassi   B.,  Studi  auWJcanthochermea    qutrcus    Kollar.  (E.    Acoad.    dei    Lincei,    Kend.   verb.,  s.   V. 

s.  I,   f.    10,  sed.    16  maggio   1909). 
Sbassi   H.  e  Foi  A..   Ulteriori  ricerche  Bulla  Fillossera  della  vite.  Produzione  delle  galle  da  parti 

delle  radioicole.  Differenze  tra  le  Fillossere  radicicole  nelle  varie  stagioni  dell'anno    R.  Accad. 

dei   Lincei,   red.   verb..  s.   V,   8.   I,   f.   12,   sed.   21   giugno   1908). 

—  —  Schemi  sul  ciclo  evolutivo  di  alenne  Fillosaerine  (Ih.). 

—  —  Contributo  alla  conoscenza  delle  Fillosaerine  ed   in   particola!1    modo    della   Fillossera  della 

vite.   Roma  UH:'. 
Grassi   K.,   Foà  A.  e  Topi  M.,  studi  sulla  diffusione    spontanea   della    Fillossera  il.'.   Accad.  dei 

Lincei,   Rend.   verb.,   XX,  s.    V,   s.   I,   f.  5,   sed.   5  marzo   1911). 
Grassi   B.   e  Topi     M..  Nuovi    studi     sulla    diffusione  spontanea    della    Fillossera   {Ibidem,    Kend. 

verb.    XX,   s.   V,   s.    Il,   f.    Il) 
Giui'KiM  A.,   Sulla  variazione  di  caratteri  sessuali  secondari   negli  Scarabeidi   Meni.   CI.   Scienze, 

Accad.   Zelanti,   III  serie,   voi.   I,   Acireale    1903  . 

—  —   Studi   sui   Lucanidi,   ecc.   (I.  Torino   1905);    II,   Siili' Odontoiàtri»  lonei  (Atti  Sue.  it.   Se.   nat., 

Milano  1906);  III,  Zool.  Anz.,  XNX.  n.  '.'ti,  190(1;  IV,  Sulle  forme  priodon ti  dell' OdoatolàbU 
brookeanus  e  sulle  forme  capito  di  alcuni  Eurytracheìus  (Atti  Soc.  ital.  Se.  nat..  voi.  XLVI, 
1907). 

—  —   Strane  variazioni  individuali  in  alcune  specie  'li   Coleotteri    (Boll,   ili   Matem.   e  ili   Se.   li* 

e  nat..    Lodi,   anno  XIII,   fase.   8,    1912). 
Haask  E.,   Ueber  9exuelle  C'haraltere  liei  Schmetterlingen     Zeitsclir.  f.  Ent.,   Nene  Folge,  lieti  '•. 

Breslau    Issi   . 
Harpe  ,).,   Einwirkung  dei-  Temperatur  nnd  anderer    Eiiifliisse  auf  die  Farben  der  Selmietterliuge 

(Verbandl.  d.  Schweiz.  Naturi".  Geseil.,   1848 
Hartig  Th.,  Versncli  eiuer  Eintheilung    der     Pllauzenlaiise    (Germar's    Zeitsohrift  f.  d.   Entom  , 

Bd.   3.   1841,   p.  365). 
Hotjlbert  C,   La  loi  ile  la  faille  et  revolution  des  Coléoptères  (lnsecta,   n.   48,   deceinber   1914. 

]..  :ì47). 
HUDSON  ti.   V..  Note  on  semi-apterous  females  in  certain   Lepidoptera,   with  an  attempted  expla- 

nation  (Entom.  Mont.  Mag.,  Bd.  XXIII,  Hft.  11,  S.  269-272  and  Hft.  12.  S.  73-275,  Lon- 
don   1912). 

Sydk   R.   lì.,   Fertility    and    sterili ty  in   Drosophila  ampelophila.     I.    Sterility    in     Drosophila   with 

espeeial  refereuce  to  a  defect  in  the  female    and    ita    behavior  in  heredit]    (Journal  of  Exp. 

zool.,  voi,  17,  n.  1,  p.   141-171.   Philadelphia   1914). 
Jacobi  A.,   Beobachtungen  iiber  die   Chermes  Art.   der  Nordmaustanne  (Allg.   Forst-  u.  Jagd.   Zei- 

tnng,    1902.    p.    127  128). 
Jacobson  E.,    Beobachtungen   u.  d.   Polymorphismns  von   Papilio  meninoti  L.  (Tijdsehrift   v.   Ent., 

Deel   LII.    1H09,   p.    1251. 
JOSEPH  G.,    Ueber   Dimorphismus  des   Weibohens   von    Dytiacns  dimidiaiiis   Kergstr.   und  der  Arten- 

gruppe  iles   Dytiscus  marginalia  L.   (48  .Tahresber.   schlesfische  Ges.    f.    vaterl.    Cultur.   S.   146- 

150,   Breslau   1870). 
Kaltenbach  J.   H.,  Monographie  der   Familien  der   Pflaozenlaiise.   Aachen    1843,  p.  205.  fig.  30  32. 
Kanitz  J.  G.,   Brutwlirme  unii  Temperatur    in    Bienenklunipeu  (Preuss.    Bienen-Zeitung,   Bd.    V, 

1862). 
Kat.ni    H.,   Ueber  die  Redolitimi     der     Flngorgane     liei     den   Orthopteren   (Zool.   Jahrb..    Alith.    f. 

allgm.  Zool.  u.   Physiol.,  Bd.   33.   1912). 
Katharinkr   L.,   Versuche  iiber  Einfluss  der  verseli i ed enen   Strahlen    des    Spektrums    auf    Pappe 

und   Falter  von    V,   urlicae  a.    V.   io  L.   (Illustr.   Zeitschr.    f.     Entom.,   5   Bd.,    N.    23.    p.    361 

364;   X.   24.   p.   377-380;   6  Bd.,    N.    1,   p.   7-9,    1900). 
Kki.i.hi;    V.   I...   Inrluence  of  the  primarj    reproducti\ 'gans  on  the  secondary  sexnal   characteroa 

(Jouru.   Exper.   Zool.,  voi.  I,  n.   4,    Baltimore   1904). 
-  —  Is  tbere  determinate  variation?  A  note  on  assortative  making  variation  in  Partiteti  ngeneti 

inseets  (Science,  N.  S.,  voi.  21,   n.  620-622,    1906). 

Metagenesis    in    Inseets    (Science.  X.  S.,   voi.    26,  p.  875-876,  New   Sork.    1907). 
Kki.i.di;    V.   L.  and  Bell  R.  G.,  Variations     induced     in    larvai,   pupal     and     iuiaginal    stages    of 

Bombyx  muri  by  controlied   varying   food   Bupply  (Science,   11  dee.   1903,   p.  741). 

—  —  Studies  of  variations  in  Inseets  (Proceed.   of    the    Washington    Acad.  of  Science,    voi.   VI. 

dee.   1901,   p.   203-332). 
Kexxei.  .1.,  Studien     iilier    sexuellen     Dimorphismus.     Variation    und    verwandte   Erscheinungen. 

1.   Der  sexnelle  Dimorphismus  bei   Schmetterlingen  und  Ursacheu  ilessellie  (Schrift   Nat.  i"«. 

Morpat,   9   Bd.,   p.    64,   1836). 
Kieffrr  J.  J-,  Lea  Chermes  cécidogèues  sur  lei  Oonifères  dans  le  Nord  de  l'Europe  ■  Marcelli»,   1. 

p.   30  33,   1903). 
Koi.i.ar,   Beitrag  zur  Entwickelungsgeschichte  eines  neuen  blattlansartigen  lnsekts    {Aahantoeher- 

mea  qitercus)  (Sitzuugsberichte  d.   Matem.     NatUTwiss.     Classe  d.   K.   Akad.  d.  Wissenschaften 

Wien,   Bd.    1.   Jahg.    1848,   p.   191). 


582  CAPITOLO   QUINTO 


Kopkc  S.,  Experìnientaluntersuchungen  iiber  «1.  Entwiklung  il.  Geschlechtscharaktere  bei  Schmet- 
terlingen  (Bull.  Acad.  Se.  Cracovie,   1908). 

—  —  Transplantation  bei  Schmetterlingen  (Bull.  Acad.  Se.  Cracovie,   1908). 

—  —  Untersiichungen   iiber  Kastration  und  Transplantation    bei  Schmetterlingen    (Arch.  f.    Ent- 

wicklungsmech.  der  Orgauismen,   XXXIII   Band.,    1-2   Heft,   1911). 

Kramer  P.,  Retìexionen  iiber  die  Theorie,  durcb  welcbe  der  Saison-DimorpliiMniis  liei  den  Schmet- 
terlingen  erklart  wird   (Ardi.   f.  Natnrgesch.,  41  Jabrg.,  Bd.   I,   1878). 

Krassilstschik  J.,  Zar  Entwickluugsgeschiohte  der  Phytophthireu  (Ueber  Viviparità!  mit  gesch. 
lecbtlicher  Fortpflanzung  bei  deu  Coceiden).  Vorliiurige  MittU.,  mit  3  figg.  in  Zool.  Anz., 
16  Jalirg  ,  N.  413,  p.  69-76  (Ueber  die  VerwaiidtBchaftsbezieungen  der  Phylloxereu  zu  den 
Aphiden   u.  Coceiden),  2.  Vorl  Mitth..  ibid.,   N.  414,  p.  85  92;  N.  415,  p.  97-102. 

Krodbl  E..  Durch  Einwirkung  niederer  Teinperatureu  auf  das  Puppeustadium  erzielte  Aberra- 
tionen  der  Lycaeita  Arten  ;  corydon  Pod.i  und  (lamon  Scbiff  (Allg.  Zeitschr.  Entom.,  Bd.  9, 
p.   49-55,    1031 10,   134-137,   Neudamm    1904). 

Lemoine  W.,  Sur  l'oeuf  d'hiver  du  Phylloxera  (Annales  de  la  Soc.  Eutoni.  de  Frauce,  voi.  63, 
p.   49,    1891). 

Leonardi  G.,  Contribuzione  alla  conoscenza  delle  Cocciniglie  italiane  (Boll,  del  laboratorio  di 
Zool.  gen.   ed  agi'.,   Portici   1907). 

Liciite.vs.tbix  F.,  Sur  les  uiigrations  du  Phylloxera  du  cbéne  (C.  R.  A.  S.,  p.  1302,  24  mag- 
gio 1875). 

—  —  Notes  ponr  servir  à  l'histoire  dea  inseetes  du    geure  Phylloxera  (A.  S.  E.  B.,  t.  XIX,   1876). 

—  —  Authogénésie  chez  les  Pucerons  souterraius  des  Graminacées  (C.  R.  Acad.  d.  Se,  t.  LXXXIV, 

1877). 

—  —  Cousidératious  uouvelles  sur  la  generation  des  Pucerons.   Paris  1880. 

—  —  Observations  critiqnes  sur  les   Pucerons  des  Ormeaux  et  les   Pucerons  du   Térébinthe  (Ann. 

Soc.  ent.  Franca,  V  sèrie,  t.   X,   1879). 

—  —  Note  sur  le  oycle    biologique    des    Pemphigiens  (Ann.   Soc.   entom.   Frauce,   V  sèrie,   t.   IX, 

1879). 

—  —  Mótamorphose  du  Puceron  des  galles  ligneuses    du    Peuplier  noir  (Pemphigiia  burearitis)  (C. 

R.  Acad.  d.  Se,  t.  XC,  1880). 
Linden   M.   (vox),   Zusaiuineufassende  Darstellung  der  experinientellen   Ergebnisse  iiber  deu  Tem- 
peratili' wiihrend  der    Puppentwicklung    auf    die    Gestaltung,     Farbung    und   Zeichnung  der 
Schinetterlinge.     Die    Vererbung    erworbeuer    Zeicbnungscharaktere  (Zoolog.     Ceutr.,  a.  IX, 
N.    19-20,   p.   581-599,   Leipzig  1902). 

—  —  Die  Erge.biiis.se  der  Experiinentellen    Lepidopterologie  (Biol.   Centralbl.,  Bd.  24,  p.  615-634, 

Erlangen    1904  1. 

—  —   Ueber  deu    Einfluss  der     Sauerstoff  Entziehung  wiihrend  des   Pnppenlebens   auf  die    Gestal- 

tung der  Schmetterlinge  (Mitteil.  Schweiz.  Entom.   Gesell.,  voi.  11,  p.  82-85,   Schaffausen  1905). 
Linstow   V.,   Der  Morphologisehe    Gescblechtsdimorpbismus    der    Schinetterlingsfliigel  und  seine 

Bedeutung  (Deutsch.   entom.   Zeitschr.,   p.   45-53,   16   figg.,   Berlin    1911,  mit    Nachscbrift   von 

R.    Heyuions,   p.   53). 
Mac  Lachi.a.v  1!.,  Notes  générales    sur    les    variations    des    Lépidoptéres.    Traduit    de  l'anglais 

avec  annotations  par  Maurice  Girard  et  J.   Fallou   (Ann.     Soc    eutom.    de    Plance,     IV   serie, 

t.   VII,    1867). 
MainaRDI   A.,   Ricerche  somatometriche  sul   Mesocarabus  rossii     (Memorie    della    Soc.   Tose,   di   Se. 

Nat.,   voi.   XXI,    1904). 
Marchai,  P.,  Coutributiou    a.    l'étude    biologique    des    Chermes  (II  note).  Le  Chermea  pini  Kock 

(Bull.   Soc.   ent.   Fr.,   11  juillet    1906.   p.    179-182). 

—  —  Coutributiou  à  l'étude  biologique    des    Chermes  (III  note).  Nouvelles    observations   sur  les 

Chermea  pini  (C.    K.  séances  Soc.   biol.,  LXIII,  p.  340,  19  oct.   1907). 

—  —   Coutributiou  à  l'étude  biologinue  des   Chermea    (IV    note).    Nouvelles    observations    sur  les 

Chermea  du   groupe    Ch.    picene  Ratz.   (C.   R.   séances  Soc.    biol.,  voi.   LXIII,  p.   368,   26   octo- 
bre    1907). 

—  —  Coutributiou  a.  l'étude  biologique  des  Chermes  (V  note).  Les  ailés  non  gallicoles  du  Chermea 

pini  (C.   R.   séances  Soc.   biol.,   LXV,   p.   229,   25  jnillet   1908). 

—  —   Coutributions  a  l'étude  biologique  des   Chermea.   La  generation  sexuée  chez  les   Chermea  des 

Pins  aux  environs  de   Paris  (C.   R.   Acad.   Se,    18  oct.,   1909). 

—  —   Coutributiou   a  l'étude  biologique  des   Chermes  (C.   R.   Acad.   Se,  7   nov.   1910). 

—  —  La  spanandrie  et  l'obliteration  de  la  reproduotion  sexuée  chez  les  Chermea  (C.  R.  Acad'  Se, 

Paris,   t.    153,  p.   299,    1911). 

-  Coutributiou  à  l'étude  de  la  biologie  des  Chermes  (Ann.  des  Se   nat.,  IX  sei'.,  1913,  XVIII, 

p.   153). 
Marshall  S.  A.  K.,  Seasonal  dimorpbism  in  Butterflies  of  the  genus  Pieris  (Ann.  and  Mag.  Nat. 

Hist.,  VII  serie,  voi.  Il,  1898). 
Mklikrk  (Dk),  Sur  un  cas  de  dimorphisme  chez  le9  deux  sexes  d'une  Cecidomyide  nouvelle  (Tijd- 

sebr.  v.   Entom.,   XLII,    1899). 
Merrikielh  Fr.,  Cospicuous  effeets  un  the  niarkings    and    colourings  of  Lepidoptera   caused  by 

exposure  of  the  pupae  to  ditferent  temperature    conditions    (Trans.    Entom.   Society   London, 

1891). 

—  —  The  etì'ects  of  temperature  ou   the  colouring  of   Vanessa  artica»  and  certain  other  species  of 

Lepidoptera  (Trans.   Ent.   Soc.   London   Proceed.,    1891). 


BIBLIOGRAFIA  583 


Mbrbifibld  Fr.,  Tlie  effeota  of  the  temperature  in  the  pupal  stage  on  the  colouring  <>f  Pieri»  napi, 
lanetta  atalania,  Chryeophaennt  phlaeas  and  Ephyra  puuclaria  (Trans.  Entom.  Society  London 
1893). 

—  —   Effeota  of  temperatura    in    the    pupal    stage    (Journal  R.  Mie.    Soo.  London,  1893,   P.   3, 

p.   320-321). 

—  —  Kesults  of  temperature  experiments  on  pupae  of  Pieri»  daplidiee,  (Trans.   Ent.  Soo.  London, 

1897,   p.   II,   Proc.   p.    18  20). 

—  —    The  colouring  o(  pupa  of  P.  machaon  and  /'.   napi    hy  exposure    to    colonred    surrnunding 

of  the  larva  preparing  to  pupa  (Trans.   Ent.  Soe.  London,   1898). 
Mkvkk  Di;k  K.,  Ueber  Mimatisene    und    geognotische    Einfliisse    auf    Farhen    und   Formen  der 

Schuietterlinge  (Verh.  d.  Sckweiz.  Naturf.  Gesell.,   1852) 
Molz   K.,   Einige  Bemerkuugeu   iiher  die  durcb   Chermes  piieae  var.    boti  Vieri  auf  Abies  nobili»  her- 

voigerufenen    Trìebspitzengallen    (Natur.   Festsch.    fiir    Forst-  und    Landw.,   VI,   p.   151  154. 

1908). 
MORDWILK.0  A.,   Beitrage  zur  Biologie    der    Pflanzenlause,   Aphididae  Passerini  (Hiologische  Cen- 

tralblatt,   1907,    Bd.   27,   p.   529,   561,   714,   769;     1908,    lid.   28,  p.   631,   649;   Bd.   29,   p.   369, 

395,  441,   459). 
Morgan  Th.  H.,     Ah    alternative    iuterpretation    of   the    origin    of   gynandroniorphous     Insects 

(Science,    voi.    21,    1905). 

—  —  The  cause  of  gynandroniorphisin   in   Insecte    (American    Naturai.,   voi.    41,   p.  715-718,   Bo- 

ston   1908). 
MUTH   Fi:.,   Ueber  die  Triebspitzen  Gallen  der  Abies  Arten  vNaturw.   Zeitsch.  f.   Land-  u.  Forstw., 

II,   p.   437-439,   1904). 
Nikdkn  F.,   Der  sexnelle  Dimorphismus  der  Antennen   bei  den   Lepidoptereu  (Zeits.  Wiss.  Iusekt- 

biol  ,  Bd.  3.   Husiim   1907-08). 
Nussbaum  M.,   Zur  Differenzirung  der  Geschlechter  ini  Thierreich  (Arch.    f.    mikr.    Anat.,  18Bd., 

p.    1  122,    1880). 
NiiSSLlN  O.,  Die  Biologie  von   Chermes  piceae    Eatz.   (Naturw.    Zeitseb.  f.  Land    u.   Forstwìrt.,  I. 

p.  25  33  et  59  67,   1903). 

—  —  Leitiaden  der  Forstinsektenkunde  (Berlin,   P.  Parey,  p.  415-428,   1905). 

—  —  Zur  Biologie  der  Chermes  piceae  (Verb.  Deutsch.  Zool.  Ges.,    18    Jahr.,   Stuttgart,  p.  205- 

222,  juin   1908). 

Zur  Biologie  der  Gattnng  Chermes  (Biol.   Centralbl.,  XXVIII,  p.  333-343,  710-725,   737-753, 

1908;  XXX,  p.   16-36,  64-72). 

—  —  Die   neueren  Ergebnisse  und  Aufgaben  der  Chermes  Forschung    (Zool.   Centralbl.,   XVI, 

p.   25,   1909). 

—  —  Ueber    Jphrasiasia    jyectiiìatae    Chdk.  (Zeit.   wiss.    Insektenbiologie,    Berlin,   V,   p.  349-353, 
'373-390,   1909). 

Ostkn-Sackkn   (von)  C.   R.,   Ueber  den  wahrscheinlichen   Dimorphismus  der    Cynipiden-Weibchen 

(Stettin.   Ent.   Ztg.,   25  Jhg.,   1864). 
Pantki.  J.,  A  proposito  de  un  Anisolabis    alado    (Meni,   de  la  R.  Acad.  de    Cienoias  y  Artes  de 

Barcelona,   voi.   XIV,   n.   1,    1917). 
Paoli  G.,  Due  casi   di  ginandromorfismo  nei  Forfioulidi  (Boll,  della  Soc.  zool.  ita!.,  Roma,  ser.  II, 

voi.   VI,   a.   XV,  p.   203-207). 
Patch   E.,    Chermes  of     Maine  Conifera  (Maine  Agricultural    Exper.   Station   Bull.,   n.   173,   Orono 

1909). 
Pax  F.,  Neuere  entomologische  Arbeiteu   iiber  Variabilitat,   Vererbnug    und  Bastardierung  (1906- 

1909)  (Zeitschr.  f.   wiss.   Insektenbiol.,   Bd.  VI,  1910). 
PlCTKT  A.,   Variation   chez  les  Papillons    sous    l'inlìuence    de     alimentation    (Rev.   scient.,  t.    18, 

n.   25,   p.   793,    1902). 

—  —   Des  variations  des  Papillons  provenant  des  changements  d'alimeutation   de  leurs  chenilles 

et  de  l'humidité  iC.   R.    VI   Congr.   intern.   zool.,   p.   498-507,    Berne    1905). 

—  —  La  sélection  naturelle  chez  les  Lépidoptères  (Arch.   Se.   phys.   nat.,   t.   19,    p.   410-443,  Ge- 

nève  1905). 

—  —  Variations  dans  le  cycle  évolutif  des  Lépidoptères  {Ibidem,  t.  18,  p.   608-612). 

—  —  Contribution   à  l'étude  de  la  variation   des  Papillons  (Ver.   Schweiz.  nat.  Ges..   88). 

—  —   Le  róle  joué  par  la  sélection   naturelle    dans    l'hibernation   des  Lépidoptères    (IX    Congrès 

intern.  de  Zool.  à  Monaco,   25  30  mare  1913,   Rennes   1914). 
Pikrantoni  U.,   Laiven-Hermaphroditismus  von    Icerya  pnrehasi  (Zeitschr.   f.    wiss.    Insektenbiol., 

Bd.   VII,   1911,   p.   322-323). 
Poulton  E.   B.,  The  signiflcance  of  some  secondary  sexnal  charaoters  in  Butterflies  (Trans.  Ent. 

Soc,  p.   XL  XLII,   London    1907). 
Prkst   W.,   On  melanism  and  Variation   in   Lepidoptera  (Entomologist,   voi.   X,    1877). 
Preddhomme  r>E  Borre  A.,  Notice    sur    le     femelles  à  élytres    lisses   du   Dytiscus  marginali»  L. 

(Ann.  Soc.  Ent.  Belgique,   t.   XII     1868-69,  p.  107-1  11"). 
PCSCHNIG  R.,    Bemerkungen   zur  Arbeit  H.   Karuy's  :    Ueber  die   Reduktion   der  Flugenorgaue  bei 

den   Ortopteren   (Zool.   Jabrb.   f.   allg.   Zool.   u.   Phys.,   Bd.   34,    1914). 
Régimbart  M.,   Note  sur  le  Dytiscus    à    femelle    dimorphes  (Bull.  Soc.   entom.   de   Frauce,    1905, 

p.    254). 
Reutkk  O.  M.,   Remarques  sur  les  polymorphisme  des  Hemiptères  (Ann.  Soc.  Entom.  de  France, 

1875,  p.  225). 


58  I  CAPITOLO   QUINTO 


!  ..   Standfuss   Esperimento  iiber    den     Einfluss    extremer    Temperatureu  auf  Schmetterliiigs- 

puppen   '  M  i  1 1 1 1 .   Schweiz.  Kilt.  Ges.,  voi.   9,  Hft.   à,   p.   242-260). 
Ritze.ma    Bos  .1..    Een   paar  nionatruositeiten   by  Insekten   (TijdaeHr.  v.  Ent.,   1879,  p.  206). 

D.,    Il  larnarokismo  e  le  Farfalle  (Bull,  della    Soc.    entom.  italiana,    voi.  43,  p.   39-42,   Fi- 
renze  1911), 
RuhmeR  S.   W..    Die   Uebergiinge    von     Arasehniu     Iminn  L.    zn     var.    prorsa  L.  und  die  bei  der 

/.iM-ht  auszuwendende  Kiiltemiinge  (Knt.   Xacbr..   24  Jahrg,   1898). 
Sahlbrrg  J.,  Sur  le  dimorphisnie  de  la  soulpture  ohez  Ics  femelles  dea  Dytiscides  (Knt.  Tidskr., 

1880,   p.   166  . 
SciiitoDBR  C,   Die   \  '.iriabilitiit    von     A  dalia     bipunctata    L.  (Allgem.     Zeit.   Eut.,   Bd.   VI  et   VII, 

1901-02,  p.   355-360,  371-377). 
si  ni  i.i/  <>..   Ueber  den  iuueren     Bau    gynandroiiiorpher    Maorolepidopteren    (Illustr.   Zeitschr.   f. 

Kntoni.,   Bd.   II,   1897). 

—  —  Ueber  einige  Falle    toh     Gynandromorphismus    bei    Lepidopteren    (Soc.     Ent.,  .lahrg.   18, 

p.   170,   Ziirich    1904). 
-  —  Zwei  Fillio  von  Gynandromorphismu.s  bei   Latiocampa   (jhii-ci^  L.  (Ent.  Zeitschr.,  .labri;.  24. 

p.   180-181,   Berlin   1918). 
SctlDDER  S.  H.,  Antigenv  or  sexnal  diuidrphism   in   Butterflies  (Proc.  Amer.  Aead.   Aris  and   Se., 

voi.   XII,    1877). 
SkdlaCzee   W.,   Ueber  Chermes  piceai    Ratzb.  in  den  mahrischen   Karpatheu  (Centralbl.   f.  d.  Ges. 

Foretwesen,  p.   145-lbl,   1903). 
ShImeu,   Notes  un   Chermes  pinieorticis    (White-Pine  Louse)  (Trans,  of  the  Amer.   Entom.  Soc,  II, 

p.   383  385,   1869). 
Standfuss  M.,  Oh  the  causes    of    variatici!    and    coloratimi    in    ìhe  imago  stage  of  Butterflies, 

with  suggestion  on  the  establishment  of  new  species  (Entomologist,  voi.   XXVIII,  1895). 
Sur  une  sèrie  d'expériences  faites  sur  des  Lépidoptères  (C.    R.    Trav.  81   seas.  Soc.    Helv. 

Se.   n.it..    L898). 

—  —  Experimentelle  Zoologiscbe  Stndien   mit  Lepidopteren  (N.  Denkselir.  Schw.   Ges.  Naturw., 

Bd.  XXXVI,  1899). 

—  —  Etudes  zoologiques  expérimentales    sur    les    Lépidoptères;    resultata     principaux    obtenua 

.juscju'à  la  fin  de   1898  (Ann.  Sor.  ent.  de  Franee,  voi.   LXIX,  1900). 

—  —   Einige  Andeutungen  beatiglieli    der    Bedeiitung    sowie    iiber    Verlauf    und    Ursachen    der 

Ilerausneataltung  dea  sexuellen  Farbungadimorphismus  bei  den  Lepidopteren  (Mitt.  Schweizer. 

Kutomol.  Gesells.,  voi.   12,  Hft.   4,    Bern   1913). 
STANGK   ]'.,   Ueber  dio  Ruckbildung    der    Fliigel-     und      llaltereiisclieiben     bei     Melophagux  ovinus 

(.Iona   Zool.,   Jahrb.  1907). 
StiCHEL  H.,   Hermapbroditen  von   Parnassi as  phoebns    saoerdos    (Berlin    entom.  Zeitschr.,   Bd.  53, 

p.  23-21.   Berlin  1908). 
Targioni  Tozzetti,  Nota  sulla    biologia    della    Fillossera  del   leccio  (Bull.  Soc.  entom.    italiana. 

a.   7.",   p.    185,   1876). 
Teestein,  Zar  Biologie  der  Gattnng  Chermes  L.  (Zool.  Anz.,  XIII,  p.  86-90,   1890). 
Tinnii. i.  .1.   D.,   A   study  in   variation     in    the    Nortb     American    Greenbottle    Fliea  of  the  genns 

Lucilia,   vitb   sysiematic  notes  on   the  species  involved  (Division  of  Entom.   Dep.   Agricolture, 

Ottawa,   Canada.    1913). 
Vkritt  R.   Rhopalocera  palaearctica.   Firenze   1905. 
Wagner  N.,  Ueber  die  viviparen  Gallmiickenlarven.    Aus    einen  Schreiben   au  Prof.  C.   Th.   von 

Siebold  (Zeitschr.   f.  wias.   Zool..    Bd.  XV.  lift.   1,    1865;. 
Waiii.  (von),   Noch  einmal  die  Trìebapitzengallen     von    Abiea-Arten  (Nat.  Zeitschr.  f.  Land-  und 

Forstw.,   II,   p.   204-206,    1905). 
WALLACE   A     K.,   Ueber  die   Fiirbuug  der  Lepidopteren   (Prooeed.   Entom.   Soc.    London,   1867). 
Walsh   Bbnj  D.,  On  diinorphism  in  the    Hymenopterous    genus  Cynips;  with  an  Appendix  con- 

taining  biuta  for  a  new  classilication  of  Cynipidae  etc.  (Proc.  entom    Soc.    Philad.,  voi.   II, 

1863-61). 
Wanfor  T.  \V.,  On  cortain  Butterrly  scale  caracteristic  of  sex.  London   1867-68. 
Weai.h  J.   F.   MOUSEL,   On   the   variation   of  Rhopalocerous  forma  in  South   Africa  (Trans,   entom- 

Sue.    London,    1877). 
WrbD  C.   M.,   Contrihution   to  a  knowledge    of    the    autumn    life-history  of  certain    little-known 

Aphididae  (Psyche,  voi.  V,    1889  . 

—  —  Second  contrihution   etc.   (Psyche,   voi.   V,    1890). 

.  Third  contrihution  etc.  (Bull.  Ohio  Agric.   Exper.   Stat.,  voi.  II.   1890). 

—  —  Fourth  contrihution  etc.  (Ibidem,  Techn.  sei-.,  voi.  I,   1891). 

—  —   Fifth  contrihution   etc.   (Insect   life,   voi.   Ili,    1891). 

Sixth  contrihution  etc.   (Bull.   Ulin.   Stat.    Lahor.   Nat.    Hist.,   N.   3,   1892). 

Wbismann  A.,  Stndien  zur  Descendenztheorie.   I.   Ueber  den    Saiaou-Dimorphismus   der    Schmet- 

terlinge.   Leipzig  1876. 
Stndien   zur  DeScendenztheorie.   II.   Die  Kiitstehung  der  Zeichnung  bei  den  Schmetterlinga 

Raupen.   Leipzig   1*76. 
Wenke   K..  Anatomie  eines  Argynnis  papilla  Zwitters,  nebst  vergleichendenanatomiachen    Betrach- 

tungen     iiber    den    Hermaphroditisinus     bei     Lepidopteren    (Zeitschr.   f.   wias.   Zool.,   Bd.   84, 

1906). 
Hermaphroditism     in     Lepidoptera     (Zeitschr.    wiss.     Zoo].,     Bd.    XXXIV,  1906,  p.  95-138, 

2    lav.). 


BIBLIOGRAFIA  585 


Wbstwood  J.,  Desoription  of  a  case  of  moustruosity  oooourring  in  a  specimen  of  DyHscn»  margi- 
nalia (Trans,  etit.   Soc.   London,   1848,   p.   203). 

White  W.,  Experimeute  upon  ilie  colonia-relation  hetween  the  pnpae  of  Pieliti  rapae  and  their 
immediate  surroundings  by  George  Grifliths  K.  E.  S.  described  and  siiimiiaried  (Trans,  eut. 
Soc.    London,   p.   247-267,    1888  . 

Vi  vk  E.,  De  l'ìnfluenoe  de  la  nature  des  alimenta  sur  la  sensibilité  (C.  R.  de  l'Acad.  des  So., 
t.    SCI,    1881). 

Zacharias  (>..  Znr  Fortpflaiming  dei  Rindenlause  (Biol.  Centralbl..  IX,  p.  312-317,   1889). 


e)   Pedogenesi,   partenogenesi,  gamogenesi. 

Ai.BRtiiii    .1.    P.,    l'è   Insectoruin  ovis  sine   praevia  maria  cimi    foemella  eonjunctione   min  luminili 

inni niiui|n. mi   fecundis  (Miscellanea  curiosa  s.  Ephem.  Acad.  Caes.  Leop.  nat.  curios.,  Dee.  Ili, 

a.   IX  et  X,    17061. 
Ai  hkiiv  II.   ii.   Wimmkr  F.,  Die  Parthenogeneiis    bei    Aristoteles.    Geschlechts-    u.   Zengnngsver- 

hiiltnisse  der   Kienen   (Zeitschr.   f.   wiss.   Zool.,    Bd.   IX,    1858). 
l'.uiiiiKMi'.w   P.,   Zur  Frage  iiber  die   Parthenogenese  der  iniinnlichen    Exeniplare  des  Sehmetter- 

lings   Epinepheh  jurtina  L.   (Horae  Soc.  Ent.  ross.,   t.  37,  p.   1-16,  Petersburg   1904). 
Haeii  K.   E.   vi  in.   Beri  eh  t  iiber  eiue  neue  von     Prof.   Wagner  in  Kasan  an  Dipteren    beobachtete 

abweichende  Propagationsform  (Bull.   Accad.  imp.  di   Pietroburgo,  t.  VI,   1863). 

—  —    Ueber  Prof.   Nich  Wagner's  Entdeckung  von   Larven   die  sich  fortpflanzen  ;   Herrn   Ganin's 

verwaiidte  u.   ergiinzende  Beobachtungen    u.     Ueber  die  Paedogenesis    iiberhaupt  zu   Hru.  Ga- 
nin's Beobachtungen   (Bull.   Acad.   imp.   Peterab.,  t.   IX.   1866). 
Balbi  ani   E.   G.,  Sur  la  parthenogenese  <lu  Phylloxera  comparée  a  celle    des  aotres  Pucerons    (C. 
R.   Acad.  d.  Se.   t.   LXXXI1.    1X76). 

—  —    La  parthenogenese  (Journal  de  microgr.,  a.    Il,   1878). 

Bai.biani  E.  G.  et  SiGNORET,   Sur  la  reproduction  du  Puceron  bruii  de  l'Erable  (C.  E.  Acad.  d. 

Se,  t.   LXIV.   1867). 
Bakthki.kmy   L.   A.   1)k.   Etndes  et  considératious  generale»  sur  la  parthenogenese  (Ann.  Soc.  nat. 

Zool.,  IV  sei.,   t.    XII,   1859). 
Bkrnoui.i.1,   Ohservatio  de  qiiorundain   Lepidopterornm   facilitate  ova  sine  praegresso  noitu   fecunda 

excludendi   (Nouv.   Mém.   de  l'Acad.  roy.   d.   se.   et  belles  lettres,   Berlin   1772). 
BoiteaU  P.,  Sur  Ics  generation»  parthénogenésiques  du  Phylloxera (C.  R.  Acad.  d.  Se,  t.  LXXXVII, 

issi). 
Bkkykk,  Des  epèces  nioiioiiiorphes  et  de    la    parthenogenese    des    Insectes   (Ann.  Soc.  ent.   belge, 

t.    VI,  1S62). 
Biu'NN  (von),   Parthenogenese  bei   Phasiniden,    beobachtet    durch    einer    iiberswischen    Kaiifmaun 

(Jahrb.   wiss.   Anat.   Hamburg,    Bd.   XV,    1X99;. 
Biffa   P..  Studi  intorno  al  ciclo    partenogenetico    itili' Heliothrips    haemorroidalit    Bouché    («  Re- 
dia  »,   voi.   VII,   fase.  I,   Firenze    1911). 
C'amekon    I'.,   <)n   partheno(renesis  in  the  Tenthredinidae,    and    alternation    of  geiieratious   in   the 

Cyuipidae  (Entom.  Monthl.   Mag.,  voi.  XV,   1878-79). 
CaSTRLLET  C.   (dk),   Sulle  uova  dei  Vermi  da  seta  fecondate  senza  l'accoppiamento  delle    farfalle 

(Opuscoli  scelti   sulle  scienze  e  sulle  arti,   voi.    XVIII,    1795). 
Ci.aus  C,  Generationswechsel    und    Parthenogenesis    ini    Thierreiche.    Ein    bei    Gelegenheit    der 

Habilitation  gehaltener  Vortrag.  Marbnrg,   Elwert,   1858. 

—  —   Ueber  die    Miinnchen  der  Peyche  kelix  (helicinella)  nebst    Bemerkuugen    iiber  die  Partheno- 

genese der  Psychideu   (Zeitschr.    f.    \vis«.   Zool.,    Bd.   XVII,    1867). 
Contk  A.  et  Levrat     D.,  La  parthenogenese  chez    le    Ver  à-soie    (Laborat.  d'ótudes  de  la  soie, 

voi.   XII,   Lyon    1906). 
Croisé,   Parthenogenesis  bei  Saturnia    pavonia    L.  (Monatsber.  Ges.     Luxemburg    Naturfr.,    N.   7, 

Jahrg.   5.   p.   50,   Luxemburg   1911). 
Curò  A.,  Cenni  intorno  ad  alcuni  sperimenti  istituiti  allo  scopo  di  tentare   la    verificazione  dei 

casi  di  partenogenesi  presso  il   Bombice    del    moro    (Atti    della  Società  italiana  Se.   naturali, 

voi.  XIV,   1871 

—  _  Della  partenogenesi  fra  i   Lepidotteri  (Atti  della    Società    italiana  Se.  naturali,   voi.  XIII, 

1870). 
Delauk  V.,  La  parthenogenese  par  l'acide  carbouique    obtenne    chez   les    oeufs  après  l'Cniission 

des  globnles  polaires   (Ardi.   zool.   cxp..   t.    2,   p.    13-46,   Paris   1904). 
_   —  Les  vrais  factenrs  de  la  parthenogenese  expérimentale.   Elevage  des  larves    parthénogené- 

tiqoes  jusqu'à  la  forme  parfaite  (Aroh.   zool.  exp.,  t.  7,   p.  445-506,   Paris   1907). 
Dominique  .1.,  Note  orthoptérologique.   La   parthenogenese  chez    les    Baciìlus.  galliate  (Bull.  Soc. 

nat.  de  l'Ouest  de  la  France,   t.   VI,   1896). 

—  —   Notes  orthoptérologiq ues.    1.   Sur  le  développemeiit  des  ailes  dans  le  genre  Nemobia.  2.  Par- 

thénogenèse  et  parasitisme  chez  le   Baeillns  gallicut  (Bull.  Soc.  nat.  de  l'Ouest  de  la  France, 
Nantes,  t.  7.   p.   260,    1898  , 
Eaton  A.  E.,  Parthenogenesis  in   Orgyia  antiqua  (Entom.  Monthl.   Mag.,  voi.  II,   1865-66). 

A.  Iìeklkse,  Gli  Insetti.  II.  —  74. 


586  CAPITOLO    QUINTO 


Fabrb  J.  H.,  Etude  sur  les  ruoeurs  et  la  parthéuogenèse  fles  Halictiis  (Anuales  Se.  nat.  zool., 
VI  ser.,  t.  IX.,   18791. 

Garbowski  T.,  Partkenogenese  bei  Poithesia  (Zool.   Anz.,   Bd.  27,  p.   212-2H,  Leipzig  1904). 

Gauckler  H.,  Zur  Partkenogenesis  dei-  Sckinitterlinge  (l'syehe  opacella  H.  S.)  (Iusekten  Borse, 
17  Jalirg.,   N.    42,   p.   332.    1900). 

Giard  A.,  Partkenogenese  de  la  macrogamète  et.  de  la  microgamète  des  organismes  pluricellu- 
laires  (Cinquaiit.  de  la  Soc.  de  biol.,   voi.  jubil.,   Paris   1899). 

Sur  la  partliénogenese    artiticielle    par   desséchement    physique  (C.  R.    Soc.  biolog.,  t.   56, 

p.   594-596,    Paris   1904). 

Girard  M.,  Sur  un  fait  intéressaut  de  partkénogonie  (Ann.  Soc.  eut.  de  France,  IV  ser.,  t.  Ili, 
1863). 

Goossens  Tu.,  Expériences  sur  la  reproduction  consauguine  de  la  Lasiocampa  pini  (Ann.  Soc. 
ent.  Franco,  V  ser.,  t.  VI,   1876). 

Grandi  G.,  Gli  stati  postembrionali  di  un  Coleottero  (Otiorrhynchus  eribricollis  Gyll.)  a  riprodu- 
zione partenogenetica  ciclica  irregolare  (Boll,  del  Laboratorio  zool.  R.  se.  sup.  agric.  Por- 
tici,  1913). 

Un  nuovo  caso  di  partenogenesi  ciclica  irregolare  fra  i  Coleotteri  (Boll,  del  Lab.  zool.   R. 

se.  sup.  agric.  Portici,   1914). 

Eenneuuy  L.  F.  Les  modes  de  reproduction  des  Iusectes  (Bull.  Soc.  pbiloni.  Paris,  IX  serie, 
t.   I,   n.   2,   p.   4],    1898-99;  è  indicata  ricca  bibliografia). 

Jobkrt,  Recbercbes  pour  servir  a  l'histoire  de  la  generation  chez  les  Insectes  (C.  R.  Acad.  d. 
Se,  t.  XLIII,   1882). 

Johannsen  O.,  Piidogenesis  in  Tanytarsus  (Science,   N.  S.,  32,  p.  768,  New  York,   1910). 

Kellogg  L.,  Variation  in  parthenogenesis  inseets  (Science,  N.  S.,  voi.  23,  p.  140-152,  New 
York  1906i. 

_  _  Artificial  parthenogenesis  in  the  Silkvvorm  (Biolog.  Bullet.  V.,  14,  p.  15-22,  Boston 
1907). 

Lécaillon  A.  La  partliénogenese  natii relle  rudimentaire  (Bull.  Se.  de  la  Frauee  et  de  la  Bel 
gique,   t.   44,   p.   235  272,    Paris  1910). 

Relation  eutre  les  pbénomèiies  de  partliénogenese  naturelle  rudimentaire  et  ceux  de  pai- 
thénogenèse natiirelle  totale  (C.  R.  Soc.  biol.  Paris,  t.  69,  p.  187-189,  Paris  1910).  —  Re- 
lation entro  les  pkénomènes  de  partkenogenese  naturelle  rudimentaire  et  ceux  de  paithéno- 
genèse expérimentale  {Ibidem,  p.   123-125). 

Leuckart  R.  Zur  Keuntniss  des  Generationswecbsels  und  der  Parthenogenesis  bei  den  Insecten 
(Frankfurt  a.  M.   Meidinger,  1858). 

Qu    the    asexual    reproduction    of    Cecidomyide    larve    (Ann.  Mag.    Nat.  Hist.,  III  serie, 

voi.  XV11,   1866). 

LiiHE  M.,   Zur  Frage  der  Partliénogenese  bei   Culiciden   (Allgeni.   Zeitschr.   f.   Entoni.,   8,  S.  372, 

1903). 
Lubbock  .1.,   Parthenogenesis    in    the    Articolata    (Philos.  Trans.   R.  Soc.  London,  voi.  CXLVI1, 

parte  I,   1857). 
Marchal  1\,  Comparaison  entre  les  Hymenoptòres    parasites  à  développement   polyeiubryonnaire 

et  ceus  à  développement    monoembryonnaire    (C.   R.   d.    séances  de   la   Soc.   de  biol.,   12  juil- 

let   1899). 
Le  déterminisme  de  la  polyembryonie    specifique  et   le  déterminisme  du  sexe  chez   les  Hy- 

menoptères  à  développement  polyembryonnaire  (C.  R.  se.  de  la  Soc.  de  biol.,   12  mars  1904. 

t.  LVI,  p.  468). 
MONIEZ  R.,  Les  màles  du  Leeaninm  hesperidum    et    la     partliénogenese  (C.  R.  de    l'Acad    d.   So., 

t.  CIV,  1887). 
Nussbahm  M.,  Zur  Partkenogenese    bei    den    Schmetteiliugen  (Archiv  f.  niikr.  Auat.,   Bd.   LUI, 

1898). 
Osbornk  J.  A.,  Parthenogenesis  in  a  Beetle  (Nature,  voi.  XV  and  XXII,   18i9-80). 
Further  notes  011  parthenogenesis  in  Coleoptera  (Entoniologis't  Jlontlh.  Mag.,  voi.  XVIII, 

1881). 
Fortiere  Mittheiliingeu   iiber  Parthenogenesis    bei    Coleopteren   (Entoni.    Nachricht,   8  Jhg., 

1882).  . 

Paulckk  W.,  Zur  Frage  der  partbeuogenetischen   Entstehung  der  Drohnen  (Jpis  mellifica)  (Auat. 

Anz.,    Bd.   XVI,   1899). 
Perez  I.     Observation   sur  la  partliénogenese  de  l'Abeille  reine,   intirmant  la .  tkeone  de  Dzierzou 

(Act.  Soc.  Linn.  de  Bordeaux,  IV  sei.,   t.   XXXII,    1878). 
gur  la  préteudue  partliénogenese    des    Halictes  (Actes  de  la  Soc.    linnéenne  de  Bourdeaux, 

voi.  XLVII,   1895). 
Pkybrimhoff  P.  (de),  Paedogénèse  et  néoténie   chez  les  Coléoptères  (Bull.  Soc.  Entom.  France, 

n.   15-16,  p.  392-395,  Paris  1913). 
Picard  F.,   Sur  la  partliénogenese  et    le    déterminisme  de    la    ponte  chez  la  Teigne  des  pommes 

de  terre  {Phlorimaea  operculella  Zeli.)  (C.   R.  Acad.  Sciences,   t.   56,   p.   1077,   Paris   1913). 
Plateau  F.,  Etude»  sur  la  partliénogenese  (Thèse  inaug.,  Gand  1868). 
Qua.iat  E.,  Sulla  partenogenesi  artificiale  nelle  uova  del  Bombice  del  gelso  (Ann.  R.  Staz.  bac, 

voi.   XXXIII,  Padova  1905). 
Rangnow   H..  Partliénogenese    von    Orgyia    dulia    (Intero.    Entom.  Zeitschr.,   lìd.   5,  N.  47,  Gu- 

ben   1912). 


BIBLIOGRAFIA  587 


Kibaiìa   C.    La  partenogenesi  nei  Copeognati   («  Redia  ».   voi.   II,   fase.   I,   ]).   33,    1904). 
Schenkling  S.,   Parthenogenesis    bei    den    Iusekten    (Dentsck.     Entom.    Zeitschr.,  Berlin,  1909, 
p.  155-lòo). 

—  —  Die  Parthenogenesis  bei  den   Insecten  unii  die  neneren  Augritfe  gegen   diesen  Lehre  (Ent. 

Rumiseli.,  .lahrb.  26,   p.  57  59,   63-65,   Stuttgart  1909). 
SlBBOLD  C.   Tu.  E.  (vox),  Novella  lettera  (li  0.  Siebold,  sulla    partenogenesi  del  Bombyx  mori  L., 
all'ing.   Antonio  Curò  (Bull.   Soo.  ent.  ital.,  anno  VI,  Firenze), 

—  —   Walire   Parthenogenesis  bei  Sehinetterlingen  und  Bieuen.    l'in    lleitrag    zur   Forptìanznngs- 

gesehiohte  der  Thiere.   Leipzig   1856. 

—  —  Ueber  Parthenogenesis  (Vortrag.   gehalten   in  der  K.  Acad.  der  Wissenschaften  am  28  Miirz, 

Mifaiohen   1862). 

—  —  Ueber  Piidogenesis  bei  Strepsiptereu   (Tagebl.  <1.  42  Ver.  deutsch.   Natii rf.,   1869). 

—  —   Ueber   Parthenogenesis  der  Poliste»  {/allieti   (Tagebl.   d.   42   Ver.   deutsch.   Naturi'.,    1869). 

—  —   Beitriige  zur  Parthenogenesis  bei  der  Axthropoden.  Leipzig  1871. 

Stein   R.  (von),   Ein  nener  Fall  vira   Parthenogenesis  bei  den  Blattwespen   (Entomol.    Nachricht, 

5  Jahrg.,    1879). 
STEPHAN  .).,    Parthenogenesis  bei  Sclunetterliugen   (Natur  und   Hans,   Jahrg.  15,    p.  347,  350,   365, 

2  figg.,  Stuttgart  1907). 
TA8CHENBERG  ().,   Historische  Eiitwickelung  der  Lehre  von  dei    Parthenogenesis.   Halle  1892. 
TiCHOMiROFF  A..   Die  kiinstliehe  Parthenogenesis    bei    Iusekten    (Areh.   f.   Anat.   u.   Phys.,   Phys. 

Abt..    1886  - 

—  —   Eigentiimlichkeiten  der  Entwieklung  bei  kiinstlicher  Partheiiogenese  (Bombyx   mori)  (Zool. 

Anz.,  25   Bd.,   N.  671,   p.  386-391,  Leipzig  1902). 

—  —  Kiiusiliehe   Partheiiogenese  beim  Seideiispinner  (Mitteil.  il.  Comités  f.  Seidenznoht  d.  Kais. 

Moscauer  Laudwirt.  Ges.,  Bd.  I,   Hft.   10,   p.   310,  Taf.  1    (in  russo),   1903;  Rev.    Journal  R 
Soc.   London,    1903,   p.    404). 
VrrSON   E.,   Sulla   partenogenesi  del   Bombice    del    gelso  (Ann.   della  R.   Staz.   bacol.,   voi.   I,    Pa-, 
dova    1872). 

—  —  Sulla  partenogenesi  nel  baco  da  seta  (Ibidem,    voi.   Ili,   1875). 

—  —  Ueber   Parthenogenesis  bei  Bombyx  mori  (Zool.   Anz.,   11   Jahrg.,    1888). 

Wagner  N..  Spontaue  Fortpflanzung    bei    Inseetenlarven  (Denkschrift  der  K.   Kasan'schen  Uui- 
vers.,  1862). 

—  —   Beitrau  zur  Lehre   von     der     Fortpflanzung    der     Inseetenlarven     (Zeitschr.   f.   -svisa.    Zool., 

Bd.   XIII.    lift.   4,   1863). 
YV  lsmajjn   E.,   Parthenogenesis  bei  Ameisen  durch  kiinstliehe  Temperaturverhiiltuisse  (Biol.  Centr., 

Bd.   XI,  N.   1,  1891). 
Weijknbergh     H..  Quelques  observatious  de   Parthénogeuèse  chez  les  Lépidoptères  (Arch.  néerl. 

Se.  exact.  et  nat.,  t.  V,   1870). 
Weismann  A.,   Richtungskorper  bei  parthenogenetischeu  Eiern  (Zool.  Anz.,  9  Jahrg.,   1886). 

—  —   LTeber  die   Partheiiogenese  der  Bieuen   (Anat.   Anz.,   Bd.   XXI,   1900). 


ih  Prolificazione,  nidificazione,  diffusione  della  specie. 

Aaron  S.   I.,  Ovipositiou  in  Agrion  (Entom.   Amer.,  voi.  I,   p.   16,    1885). 

Acloqite.   Migration  des  Libellulides  (Le  C'osmos,   1901,   p.  521). 

Ashmeajd  W.   H.,  The  Habits  of  Aculeate  Hymeuoptera  (Psyche,   63-64,   1894). 

Berhois  J.,  Une  apparition  de  voi  de  Libellulides  (Rev.  scieut.,   1896,  p.   315). 

Bkutenmuller  W.,  Mode    of  ovoposition    of    certain    species  of  Odonata    (Entom.  Amer.,   1891, 

p.   165). 
Bellevoye,    Observatious    sur    le    Chalicodoma    muraria,    le    Meyachiliis    centuncularis   et  l'Osmio 

tricomi»  (Bull.   Soe.   d'Hist.   nat.   de   Metz,  1883  et  1885). 
Bernhard  C.  Ueber  die  vivipare  Ephemeride  Cloeon  dipterum  (Biol.    Zeutralbl.,   Bd.  27,  S.  467, 

1907). 
BlasiUS,  Ueber  die  grosseu   Libellenziige  durch   N'orddeutschland  ini  Sommer  1881  (Jahresher.  d. 

Vereins   f.   Natur.   zu   Brauuaohweig,    1883,   p.   72). 
Bóving  A.,  Studies  relatiug  to  the    anatomy,     the    biological    adaptations  and  the    mecanism  of 

ovipositor  in   the   various  genera  of  Dytiscidae   (Int.   Rev.   Biol.   Suppl..   5  p.,   1913). 
Buckhoct,   Oviposition  of  Diplax  rìtbicunda   (Amer.   Nat.,   1883,   p.   548). 
Bruch  Ch.,   Le.  nid  de  l' Eumene»  canioulata  Sauss,  et  observatious  sur  denx  de  ses  parasi tes  (Rev. 

Mus.  La  Piata,  XI,  p.   317-323,   1904  . 
Calori  L.,  Sulla  generazione  vivipara  della  Chloe  diptera  (N.   Annali  delle  Se.  Nat.   (2),  voi.  IX, 

Bologna).  —  Sur  la  generation   vivipare  du    Cloe'  diptera  (Bull,  de  la  Soc.  d'Etude  nat.   Nimes, 

5,  p.  129,   1877). 
(  ai  vert  P.,  Ovoposition  by  Cordulegatler  (Entom.   News,   1904,   p.   316). 
Camkrano  L.,  Nota  intorno  all'emigrazione  della   Coccinella  Béptempunetata    (Bull,  della  Soc.  ent. 

ital.,  21  die.  1879). 
Causard,  Sur  un   Ephómère  vivipare.   Chloeopsis  diptera  (C.    R.  da  l'Ac.  des  Se.  de  Paris,  p.  128, 

1896). 


588 


CAPITOLO    QUINTO 


Champion  6.  et  Cha.pma.nn  Th..   Observation  ou  some  speeies  of  Orina,  a  genus  viviparous    and 

ovoviviparous  beetles  (Trans,  ent.   Soc.   London,   1901,   p.   1-18,   tt.   1  2). 
Chinagi.ia  Lì.,   Oss.    intorno  alla  struttura  dei   peli  addominali  (peli    copritori    delle    uova)    della 

Euprotti»  chrysorrhoea   L.  («  Redia  »,   voi.  X,   fase.  I,   1914,  p.   1). 
Chyzer,  Migration  des  Libellulidea  (Rovart  Lapok,  1884,    p.   125). 
Coli.inge  W.   E.,  Note  on  the  depositimi  of  the  eggs  and  larvae  of  Oestrus  ovis  L.  (Birmingham 

Jouru.    Econ.   biol.,   1906,   p.   3). 
Drabble,  Oviposition  in   Corditi, gasiti-  (Entom.,    1905,   p.   310). 
Dufour  L.,  Mémoire  ponr  servir  a  l'histoire  de  l'industrie  et  des    métamorphoses   des  Odynères 

(Anu.  So.  nat.,  ser.  Il,   voi.   11.  2,  1838). 
Dufour  L.  et  I'erris  E.,  Sur  les  insectes  Hyménoptères    qui    nichent  dans  l'intérieur  des  tiges 

sèches  de  la   Ronce  (Auu.   Soc.   ent.    France,    1840,   p.   :>). 
DwiNGHT  Isely,   The  biology  of  some   Kansas  Euroenidae  (The  Kansas  Univ.  Se.   Bull.,  voi.    Vili, 

n.  7,  juli  1913,  p.  235).  In  questo  lavoro  è  citata  la  bibliografia  completa  sugli   Eumeuidi   e 

loro  costumi,   dal   1865  al   1913. 
Enock  F.,  Oh  the  oviposition  of  Ranatra   linearis  (Entom.   Montili.   Mag.  (2),     11,    p.   161,   1900). 
Fabre  J.   H.,   Etude  sur  l'instinct  et  la  métamorphoses    des  Sphégiens  (Ann.  des  Se.  nat.  zool., 

IV  serie,  t.  VI,   1856). 
Fernai.d  C.  H.,  Oviposition   in   ili.'  Tortricidae  (Amer.  Natur.,    15  I!d.,   p.  63-66,   1881). 
Ferton   Ch.,   L'évolution  de  l'instinct    chez    les     Hyménoptères     (Revue    Boientif.,   1890,   I   geni., 

p.   496,  n.  16;. 

—  —  Un  Hyinénoptère  ravisseur  des   Fonrmis  (  Aetes  de  la  Soc.    Linu.   de  Bordeaux,    voi     XLIV 

1890). 

—  —   Recherches  sur  les  moeurs  de  quelques  espeoes  algériennes  d'hyméuoptères  du  genre   Osmio, 

Panz.   (Aetes  de  la   Soc.   Linu.  de  Bordeaux,   XLIV,    1891). 

—  —  Notes  pour  servir  à  l'histoire  de  l'instinct  des  Pompilides  lActe   Soc.    Linu.   de    Bordeaux, 

1891). 

—  —    Nouvelles  observatioub  sur  l'instinct  des  Hyménoptères  gastrilégides  de  France  ec  de  Corse 

(Aetes  Soc.  Linn.  de   Bordeaux,    1891). 

—  —   Sur  les  moeurs  de  quelques  Hyménoptères    de  la     Provenoe    du    genie   Osmia  Pauz.   (Aetes 

Soc.   Linu.   de   Bordeaux,   t.   XLV,   1893). 

—  —   Sur  les  moeurs    du   Dolichurtts    haeviorroidalis  Costa  (Aetes  de  la    Soc.     Linn.   de  Bordeaux, 

1894). 

Nouvelles  observations  sur  l'instinct  des  Hyménoptères  gastrilégides  de  la  Provence  (Aetes 

de  la  Soc.  Linn.   de   Bordeaux,   XLV1II,   1896). 

—  —  Nouveaux   Hyménoptères  fouisseurs  et  observ.   sur  l'instinct  de  quelq.   espèces  (Aetes  de  la 

Soc.   Linn.   de   Bordeaux.   XLVIII,    1896). 

—  —  Nouvelles  observations  sur  l'instinct  des  Hyménoptères  gastrilégides  de  la  France  et  de  la 

Corse  (Aetes  de  la  Soc.  Linn.  de  Bordeaux,   LII,   1897). 

—  —   Remarques  sur  les  moeurs  de  quelques  espèces  de   Prosopit   Fabr.    (Bull.   Soc.    ent.    France, 

s.  24  fevr.  1897). 
-  —   Nouvelles  observatious  sur  l'instinct  des   Pompilides  (Ann.   de  la  Soc.   Linn.  de  Bordeaux, 
LII,   1897). 

—  —  Sur  les  moeurs  des  Spliecodes  Latr.    et    des    Halictus  Latr.   (Bull.   Soc.  ent.  France,  seance 

13  fevr.   1898). 

—  —   Observations  sur  l'instinct  des   Bember  Fabr.   (Aetes  de    la    Soc.    Linu.  de  Bordeaux,    LIV, 

1899). 

—  —   Sur  les  moeurs    du    Stiztis    fasciatile  (Associai,   frani,-,   pour    Pavane,    des    Se.,    Congrès    de 

Ajaccio,  1901). 

—  —   Seconde  note  sur  les  moeurs  de  quelques    Hyménoptères    du    genre   Omnia   Panz.   (Aetes  de 

la  Soc.   Linn.   de   Bordeaux,   XLVII,   1894). 

—  —  Notes  détachées  sur  l'instinct  des  Hyménoptères  mellifères    et    ravisseurs  etc.   (Ann.  de  la 

Soc.  ent.   de   France,   1901-02  et   1905). 
F'intzescou  G.,  Note  sur  Eylotoma  rosae.  Comment  la  monche  à  scie  des  rosiers  depose  ses  oeufs 

(Bull,  de  la  Soc.  ent.  de  France,   n.  3-4,  p.   117118,   Paris  1914). 
Frisse,     Beitriige     zur     Biologie    der    solitaren     Blumemvespen     (Zool.     Jahrbiioheru,      5     Band. 

Prof.   Spengel). 
Gerstakckkr,  Ueber  die  Gattung  Oxybelus    Latr.    (Zeitschr.  fiir    die    Gesamiut.    Naturw.,   Berlin 

1867). 
Halford  J.  M.,  Note  on  the  oviposition  and  the  dnration  of  the  egg-stage  of  Ephemerella  ignita 

(Entom.    Month.   Mag.     23,    p.   235,  1887). 
Handlirsch,  Monograpliie  der  in i t  Xti8*ou  und   Bembex  verwandten  Grabwespen.  Wieu  1893. 
Hartman  C,  Ohservation  ou  some  Solitary  Wasps  of  Texas  (Bull.   Univ.  of  Texas,  Scientitìc  ser, 

n.  6,  1905). 
Heikektixger  F.  Ueber  Sexualdicbrotismus    bei    palaearktischen    Halticiden    (Zeitschr.    f.   wiss. 

Iusektenbiol.,   Bd.   VIII,    1912,   p.    14  17). 
Hkymons  R.,   Ueber  den  Nachweis  der  Vivìparitiit  bei  den  Kintagsfliegen  (Zool.  Anzeiger,  Bd.  20, 

p.   205,    1897). 
Holmgren   N.,   Ueber  vivipare   Iusekten   (Zool.   Jabrb.,   Abth.   Syst.,   XIX,   1903,   p.   431  468). 
Hubbard  H.   G.,    The  oviposition   of  Melitara    prodeuialia    Walker    i  Proc.   Ent.    Soc.   Washington, 

voi.   3,  p.  129,   1895). 


BIBLIOGRAFIA  589 


HUNGERFORD   li.    B.   et   WlLLIAMS  F.  X.,    Uiological   Notes  on  some   Kansas   Ilymonoptera  (Entom. 

News,   voi.   XXI 1 1,   n.   H,   p.  241,   1912). 
Iski.v  li.,  Enmenidae  of  Kansas  (Kansas   I  niv.   Bull.  voi.  Vili,   n.  7,  p.  237,   1913). 
KoUL  fc\,  Die  Gattungen    inni    Arten    der    Larridtn   Auct.  (Verh.  d.   K.   K.   Zool.-bot.    Ges.   Wieu, 

XXXIV    Kd.,   p.   171,    1884   . 

—  —  Iagttageleer  over  nonio  danske  Gravehvepses  Biologie.  Copenhagne   1903. 

Kubnbzoa  N.  I.,  On  tlie  probable  viviparità  in  some  Danaid,  i.  e.  Pierid  hutterllies  (llorae 
8oo.  rutilili,  rossicae,  t.  XXXIX,  1910,  p.  635.  In  lingua  russa  con  riassunto  in  inglese.  In 
questa  memoria  è  esposta  la  bibliografia  completa  sull'argomento  della  viviparità  nella  far- 
falla). 

Lepele i  nei:  DB  Saint- Fakgkai'.   Histoire  naturelle  des  Hyménoptères.   Paria   1841. 

MaindRON  M.,  Notes  ponr  servir  a  l'iiistoire  des  Hyménoptères  de  l'Areliipel  Imlien  et  do  la 
N.  Guinee  (Ann.   Soc-.   cut.   de   Frane-,   1,    1878,    p. '385  ;   II,   1879,   p.   171). 

—  —   Histoire  des  Gnèpes  solitaircs  <le   l'Archipel    Indien  et  de  la  N.   Guinee    (Ann.   Soc.   ent.   de 

France,   II,   p.  69-71,   169-188,   267-286,   1*82). 
Makchai.   1'.,    l'.tudes    sur     l'instinot    dn    Ctrcerh  ornata   (Ardi,   de  Zool.    éxp.,    1887,     pp.    27-60). 

—  —  Observations  biologìiiues  sur  les  Crabronides  (Ann.   de    la  Soc.   etitomol     de  France,    1893, 

p.   331). 

—  —   Remarques  sur  les   Btmbex  (Ann.  de  la  Soc.  ent.  de  France,   1893,   I  trini.). 

—  —  Observations  sur  VAmmophila  affimi   Kirby   (Arehives  de  Zool.  éxp.  et  gén.). 

Materno  G.,   Illustrazione  dei   nidi  di  alcuni    Eumenidi    americani    posseduti    dal    Museo  civico 

di  storia   naturale  di  Genova  (Ann.    del    Museo    civ.  di  storia    naturale  di  Genova,   voi.   IV, 

p.   539  541,   1910). 
M.uvKZiN,   L'instine!   des  hyménoptères  (Revue  scient.,   1886,  I  trini.). 
Nicolas  H.,   Etude  sur  quelques   Pompile*  ilo   midi  de  la   France  (Assoc.    frani,--    p.  l'av.  d     Se, 

Congrès  d'Orau,    1888). 
Nibi.skn  I.  C,   Biologiske  gtudien  over  Gravelivespe.  Copenhague   1900. 
Peckham  G.   W.  et  E.  G.,  Insti  Dota  and  habits  of  Bolitary   Wasps  (Bull  N.  2  Se.  sor.  N.  1,   Wis. 

Geol.  and  Nat.  hist.  Surv.,   1898). 

—  —  Additional  observations   on   the  instinets  and  babits  of  the  solitary   Wasps  (Bull.   Wis.  Nat. 

hist.   Soc,   I  new  ser.,  N.   2,   p.  85-93,    1900). 

—  —   Wasps  social  and  solitary.   1905. 
Perez  I.,   Les  Abeilles.  Paris,  ìlachette,  1889. 

—  —  Congrès  des  Sociétés  savantes,   1890.    Notes    zoologiques    (Actes  de  la  Soc.    Limi,  de  Bor- 

deaux,   1894). 

—  —   Sur  la   ponte  d'un  Nevroptère  cecidozoon  :    Linles   riridìx  (Rev.   scient.   Bourb.,   1902). 
Pierre  A.,  Etude  sur  la  ponte  des  Odouates  (Kev.  scient.   du    Borb.  et  du  eeutre  de  la  France, 

1909). 
Plateau  F.,  Une  forme  speciale  de  colonies  temporaires  de  Coccinella    septempunctata  (Ann.  Soc. 

ent.  de   Belgique,   t.   XXXVI,    1892,   p.   393). 
Plieningkr  Tu.   W.  H.,  Superfoetation  bei  Insecten  (Wiirtt.  Jahr.,  4  Jhg.,   1819). 
Rkgimbakt  M.,   Observations  sur  la  ponte  du   Dytiscus  marginalia  et    de  quelques  autres  insectes 

aquatiques  (Ann.   Soc.   ent.   de  Franco,   V  ser.,   1875.   p.   201). 
Riley  C.   Vivipaiity   in   a  niotb  (Amer.   Natur.,   XVII,    1883,   p.   420). 

—  —  On  oviposition  in  the  Cynipidae  (Proc.  ent.  Soc.  Washington,   voi.  3,  p.  254.   1895). 
Ris  F.,   Oviposition   in   Cordnlegaxter  (F.ntom.   News,    1905,  p.    113). 

—  —  Farbeuvarietiiten  der  Agrionide    Nehaìennia    speciosa   (Mitteil.   d.   Schweizer  ent.   Gesellscli., 

1906,   p.    159). 
Rocqtjigny-AdaNSON,  Sur  la  ponte  de  Lesiti  riridi*  (Kev.  scient.   Bourb.,   1903,  p.   189). 
Schenck,  Die  deutschen   Vesiiarien,  Wiesbaden   1861. 
Scott  A.,  Description  of  an  ovo-viviparous  umili,  belonging  to  tlie  genns  Tin'ea  (Trans,  ent.  8oo. 

New   South  Wales,  I,   1866,   p.    33-36,   tali     l\ 
Verhoei  F  C,   Zur  Lebeusgescliiclite  der  Gatlung   Halictut   insbesondere  einer   Uebergangsform   zìi 

socialen    Bienen  (Zool.  Anz.,  1897). 
Tilltard  R.  .1.,  On   dimorphisni    in     the    male    of    Tsehnnra    hettrosticha    (Proc.   Limi.  Soc.  New 

South    Wales,  1905,   p.    302). 
Tott  .1.  W.,  The  migratien  and  dispersa!   of  inseets.   London   1902. 
Wesenberg   Lt.Ni>  C,  Berti bex  rostrata  deus  Liv  og  Instinkten  (Entomol.    Meddelelsen,  III,  t.  I. 

1891). 
Williams  F.  X..  Note  on  the  habits    of   some   Wasps    that    Occur    in    Kansas  etc.  (The  Kansas 

Univ.   Se.   Bull.,  voi.  Vili,  n.  6,   1913.   p.  223). 

—  —   Monograph  of  the  Larridae  of  Kansas  (The  Kansas  Univ.   Se.   Bull.,  voi.  Vili,   n.   4,   1913, 

p.   117).   L   indicata  la  bibliografia  completa  illativa  alla  famiglia  Larridae    e    costumi    della 
specie,   dal    1853  al    1913. 
Williamson  E.   B..  Oviposition   in    Teìragonturìa  (Entom.   News,  1905,  p.  255). 


CAPITOLO  VI. 

L'INDIVIDUO  NEGLI  ATTI    PER  LA  PROPRIA  CONSERVAZIONE 


E  GLI  ATTI  per  la  conservazione  della  specie  interes- 
sano soltanto  un  periodo  della  esistenza  dell'individuo, 
quelli,  invece,  che  hanno  per  iscopo  la  conservazione  sua, 
sono  continui  fin  dal  momento  che  l'organismo  acquista 
vita  autonoma,  abbandonando,  cioè,  il  contatto  imme- 
diato colla  madre  o  la  protezione  del  guscio  dell'uovo, 
insomma,  dal  momento  in  cui  cessa  il  periodo  embrionale. 
La  prima  serie  degli  atti  volitivi  dell'individuo  ha, 
intatti,  per  iscopo  la  conquista  dell'autonomia  e  della 
vita  libera. 

Da  questo  punto  si  inizia  la  vita'  postembrionale  ed  essa  abbraccia  un  primo 
periodo  anagouico  (giovanile),  seguito  da  quello  di  maturanza  sessuale,  nel  quale 
sono  praticati  gli  atti  descritti  nel  precedente  capitolo. 

Può,  similmente,  intervenire  un  terzo  periodo,  quello  anagonico  (senile), 
conforme  si  e  ricordato,  nel  quale  pure  ogni  attività  dell'individuo  è  intesa  esclu- 
si vaiuente  alla  propria  conservazione  e  la  specie  non  vi  ha  più  alcun  interesse. 
Ciò,  ben  inteso,  all'iufuori  della  condizione  sociale,  perchè  in  questa,  gli  in- 
dividui, nei  loro  atti  per  la  perpetuazione  della  specie,  possono  comportarsi  di- 
versamente da  quella  più  comune  legge  sopraricordata. 

Ma,  siano  gli  atti  intesi  alla  sola  conservazione  della  specie  e  perciò  spet- 
tanti esclusivamente  all'adulto,  siano  pure  tutti  gli  altri,  i  quali  sono  praticati 
dall'individuo  anche  nelle  altre  età  ed  esclusivamente  per  salute  propria,  tutti 
dipendono  dalle  facoltà  caratteristiche  dell'organismo  animale,  cioè  la  facoltà  di 
percepire  l'ambiente  e  quella  di  muoversi  e  locomuoversi  in  esso,  volontaria- 
mente, a  fronteggiare  l'ostilità  (die  l'ambiente  medesimo  di  continuo  appresta  e 
presenta. 

Tali  facoltà,  dunque,  non  sono  ad  esclusivo  servizio  della  conservazione  in- 
dividuale, ma,  di  necessità,  soccorrono  anche  nell'opera  di  riproduzione.  Tuttavia, 
esse,  al  primo  scopo  hanno  il  massimo  impiego  ed  è  per  ciò  che  se  ne  dice  qui, 
piuttosto  che  nel  precedente  capitolo  e,  per  la  loro  necessità,  immancabilità  e 
continuità,  conviene  trattarne  prima  di  discorrere  d'ogni  altro  atto,  che  ne  è 
sempre  una  dipendenza  ed   anche  con  intermittenze. 

Adunque,  per  procedere  con  ordine  giustificato,  dovremo  conoscere  anzitutto 
gli  organi  o  le  funzioni  di  percezione;  quindi  gli  atti  !  volontari  dell'individuo, 
intesi  esclusivamente  alla  conservazione    propria    (possono   adunque  dirsi  ontoso- 


I. 'individuo  NKGLI  ATTI   PKR  i-a  propria  conskrvazionr  591 


terici),  i  quali  soao  possibili  solo  per  la  facoltà  motoria  e  locomotoria  che  gli 
appartengono  come  ad  animale.  Perciò  tratteremo  degli  atti  stessi,  i  quali,  per 
intanto,  possono  essere  elencati  in  due  grandi  serie,  e  cioè  atti  di  nutrizione  ed 
atti   di   protezione. 

Questa  sia  la  materia  del  presente  capitolo. 


Funzioni  del  sistema  nervoso. 

Della  disposizione  e  struttura  del  sistema  nervoso  e  degli  organi  del  senso 
degli  Insetti  si  è  abbastanza  detto  nel  I  volume,  al  cap.  XI  (pag.  559)  e  qui  mi 
richiamerò,  spesso,  a  quanto  colà  è  stato  ampiamente  svolto,  per  mostrare  come 
l'insetto  percepisce  l'ambiente  e  come  vi  reagisce. 

Ivi  è  detto  che  gli  Insetti  posseggono  un  ricco  sistema  sensoriale  perife- 
rico, destinato  a  ricevere  le  eccitazioni  provenienti  dall'ambiente  (sistema  reci- 
pienti', cioè  il  complesso  degli  organi  sensoriali).  Tale  sistema  è  in  rapporto  im- 
mediato con  quello  perei  piente,  centrale,  il  quale,  alla  sua  volta,  influisce  su  un 
complesso  di  elementi  nervosi,  determinanti  la  reazione,  e  l'una  e  l'altra  funzione 
avviene  a  mezzo  di  diramazioni  di  struttura  fibrillare,  cioè  di  nervi,  nei  quali, 
adunque,  la  corrente  nervosa  è  centripeta  pei  sensoriali  (quelli,  cioè,  che  dagli 
organi  del  senso  decorrono  ai  centri  nervosi),  centrifuga  per  gli  altri,  che  hanno 
decorso  in  direzione  esattamente  inversa.  Per  tutto  ciò,  adunque,  mi  riebiamo  a 
quanto  è  esposto  a  pagg.  559-565  del  I  volume  ed  ivi  illustrato  con  opportune 
figure,  che  non  è  il  caso  di  ripetere  qui. 

Converrà  invece,  trattare  qui,  anzitutto  delle  funzioni  degli  organi  senso- 
riali, in  secondo  luogo  dei  centri  nervosi,  quindi  delle  reazioni  che  essi  deter- 
minano rispetto  agli  stimoli  dell'ambiente,  le  quali  funzioni  tutte  appartengono 
al  sistema  nervoso  della  vita  di  relazione,  mentre  sarà  luogo  altrove  di  accennare 
alle  funzioni  del  sistema  nervoso,  che  presiede  alla  vita  vegetativa. 


Sensi  e  percezioni. 

Anche  per  ciò  che  riguarda  la  ubicazione,  struttura  e  varietà  degli  organi 
del  senso  negli  Insetti  è  bene  che  io  mi  richiami  a  quanto  è  stato  lungamente 
esposto  nel  1  volume,  a  pagg.  602-086.  Qui  diciamo  più  particolarmente  delle 
funzioni  di  questi  organi. 

Si  è  già  fatto  rilevare,  nelle  pagine  succitate,  che  oltre  ad  organi  del  senso, 
pei  quali  la  funzione  è  per  noi  concepibile,  inqnantochè  essa  si  può  supporre  non 
troppo  dissimile  da  quella  dei  sensi  corrispondenti,  di  cui  noi  stessi  godiamo,  negli 
Insetti  si  incontrano  particolari  disposizioni,  sensoriali  certamente,  ma  di  tale  na- 
tura, per  cui  non  è,  da  parte  nostra,  possibile  arguirne  la  funzione,  inquautochè  non 
trovano  corrispondenze  nella  dotazione  sensoriale  nostra  ed  è,  come  ben  si  com- 
prende, assolutamente  inimmaginabile  l'ufficio  di  un  senso,  che  manca  a  noi. 
Tutto  al  più  si  potranno  rilevare  efletti,  cioè  facoltà  di  percezioni  speciali  agli 
insetti,  che  non  trovano  riscontro  in  altri  animali,  anche  altissimi,  nemmeno 
nell'uomo  e  meravigliarcene,  come  di  doti  addirittura  trascendentali. 

D'altro  canto,  se  il  grado  di  nobiltà  (secondo  il  nostro  giudizio)  di  ciascun 
senso  è  direttamente  proporzionale  alla  distanza,  alla  quale  esso  può  agire,  si 
vede  che  gli  Insetti  sono  certamente  dotati  di  sensi,  da  annoverarsi  fra  i  più 
nobili  e  che  mancano  a  noi  stessi,  che  pur  siamo  in  vetta  della  scala  animale. 


592  CAPITOLO    SESTO 


Non  sarà  il  caso  di  meravigliarci  troppo  di  questa  condizione  di  cose,  mentre 
è  da  tenersi  presente  che,  in  seno  a  tutta  la  organicità,  il  grado  di  evoluzione 
sensoriale  è  proporzionato  direttamente  alla  facoltà  locomotoria  dell'organismo 
ed  all'ampiezza  delle  sue  possibili  dislocazioni  (1). 

Per  quel  die  riguarda  gli  Insetti  si  tratta  i intendasi  per  le  forme  adulte, 
che  non  abbiano  risentito  gli  etfetti  di  condizioni  involutive),  si  tratta,  dico,  di 
organismi  al  alta  e  talora  altissima  potenza  locomotoria  e  con  amplissimo  raggio 
di  dislocabilità,  necessaria  alla  propria  esistenza. 

Si  è  già  ricordato,  infatti,  come  l'air  sesso  richiami  e  senta  l'altro  anche  a 
grandissime  distanze  e  talora  attraverso  ostacoli  insormontabili  ai  più  alti  sensi 
nostri,  quali  sono  quelli  delia  vista  e  dell'udito. 

Questo  grado  così  elevato  di  facoltà  percettiva  non  appartiene  che  alle  forme 
adulte,  mentre  quelle  giovanili,  sopratutto  degli  insetti  a  metamorfosi  completa, 
sembrano  assai  male  dotate  di  organi  sensoriali  e  non  solo  non  mostrano  di  pos 
sedere  altri  sensi  oltre  ai  cinque,  che  appartengono  anche  a  noi,  ma  sembra  certo 
che  siano  in  difetto  di  qualcuno  di  essi  e,  certamente,  in  moltissimi  casi  è  di- 
mostrabile l'assenza,  ad  esempio,  di  organi  visivi,  che,  nelle  forme  adulte,  non 
mancano  quasi  mai,  almeno  per  quelle,  che  vanno  in  ambienti  illuminati  o  non 
sono  degenerate  per  parassitismo  o   per  maturanza  sessuale  molto  precoce. 

Il  senso  dell'udito  (o  di  qualche  cosa  che  si  accosta  alla  percezione  dei 
suoni)  non  sembra  molto  diffuso  nelle  forme  giovanili,  e  raramente  si  è  trovata 
una  struttura,  che  si  possa  richiamare  a  tale  senso,  nelle  larve  metaboliche,  mentre, 
negli  adulti,  quasi  in  tutti  i  grappi,  è  stata  constatata  la  presenza  di  quei  corpi 
Hcolopali,  che  sono  l'elemento  essenziale  degli  organi  destinati  a  tali  percezioni 
negli  Insetti. 

Si  può,  invece,  ammettere  che  i  più  bassi  sensi,  del  gusto,  dell'olfatto  e  del 
tatto  siano  sempre  presenti  (pur  con  vario  grado  di  acutezza)  anche  nelle  forme 
giovanili,  sia  pure  olometaboliche. 

Si  vedono,  infatti,  le  larve  accorrere,  anche  da  qualche  distanza,  al  cibo 
preferito;  sceglierlo  e  gradirlo  quando  lo  assumono  e,  quanto  alle  percezioni  tat- 
tili, la  reazione  immediata  dell'individuo  ad  ogni  stimolo,  è  una  prova  certa  della 
sensibilità  tattile  di  ogni  parte  della  sua  epidermide. 

Vediamo,  ora,  di  quali  percezioni  fruisca  l'insetto  ed  in  rapporto  a  quali 
organi  sensoriali,  nella  quale  disamina  procederemo  dal  senso  del  tatto  a  quello 
del  gusto,  di  poi  all'olfatto,  quindi  all'udito  e  per  ultimo  alla  vista,  adunque 
secondo  il  grado  di  nobiltà  di  cotali  sensi,  ricordando,  infine,  quelli,  dei  quali  co- 
nosciamo l'eftetto  e  l'organo  percipiente,  senza  però  essere  in  grado  di  argomen- 
tare della  natura  intima  della  percezione  e  del  suo  meccanismo,  giacché  si  tratta 
di  organi  sensoriali  e  funzioni,  i  quali  mancano  a  noi. 


Tatto. 

La  sensibilità  tattile  si  esercita  su  tutta  la  superficie  del  corpo.  Si  può  ben 
dire  che  tutta  la  pelle  dell'insetto  (come  è  generalmente  anche  di  altri  animali) 
è  suscettibile  di  percezioni  tattili. 


(1)  Si  può  comprendere  infatti  l'inutilità  ili  organi  ed  attività  sensoriali  negli  organismi 
fissi  ed  immobili  (checche  si  argomenti  ora  di  facoltà  percettive,  ad  esempio,  delle  piante)  o 
minimi,  nel  ristretto  ambito,  nel  quale  si  possono  muovere  i  singoli  organi,  per  forme  non  loco- 
mobili o  di  quelle  che  pur  si-spostano,  ma  in  ambienti  ritrettissimi;  come  non  si  potrebbe,  d'altro 
canto,  ammettere  la  nessuna  percettibilità  di  una  meta,  anche  distantissima,  per  parte  di  un 
animale,  che  si  sente,   in  determinate  condizioni,  mosso  a  raggiungerla. 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    PER    LA    l'KOI'RIA    CONSERVAZIONE  593 

Ma  se  ciò  è  comprensibile  per  le  sottili  cuticole,  risultanti  da  uno  strato 
dermico  esilissimo,  lo  è  meno  per  le  robuste  e  spesse  piastre  cbitiniche,  che 
rivestono  una  maggiore  o  minor  parte  del  corpo,  in  quasi  tutti  gli  insetti  e  spe- 
cialmente nelle  torme  ailulte. 

l'osi  potrebbe  sembrare  che  L'adulto,  la  t'orma,  cioè,  meglio  protetta  con 
tutti  i  mezzi  «li  cai  dispone  la  specie,  dovesse  godere  di  sensibilità  tattile  più 
ottusa  in  confronto  delle  forme  larvali  sue,  ciò  che  non  mancherebbe  di  scemare 
la   sua  attitudine  difensiva. 

Ma  ciò  non  è,  poiché,  anche  nelle  più  spesse  corazze  sono  scolpite  nicchie 
contenenti  sensilli  tattili,  i  quali  sono  in  relazione  col  mondo  esteriore  mercè 
appendici  cutanee  delicatissime  e  suscettibili  di  trasmettere  al  nervo,  con  cui 
ciascuna  e   in   rapporto,   l'azione  stimolante,  che   proviene  dall'esterno. 

Il  seinillo  specifico  del  tatto  (cioè  l'elemento  sensoriale  destinato  alle  percezioni  tattili)  è 
stato  abbastanza  desi-ritto  nel  voi.  1.  a  pagg.  607  e  segg.  ed  a  quanto  se  ne  è  detto  colà  riman- 
diamo il   lettore   desideroso  di   saperne  di   più. 

Qui  basterà  avvertire  die  esso  si  compone  di  una  appendice  cutanea  (pelo  semplice,  varia- 
mente modificato)  articolata  su  una  piccolissima  area  di  cuticola  delicatissima  e  sottilissima,  ed 
in  rapporto  eoi  polo  sensitivo  di  una  cellula  nervosa,  che  appartiene  alla  rete  nervosa  sottocu- 
tanea. Con  ciò  l'appendice  suddetta  è  mobilissima  sulla  sua  base  ed  in  presenza  di  uno  stimolo 
esterno    che  la   scuota,   trasmette  l'impressione  all'elemento  nervoso  corrispondente. 

Nei  casi  di  maggiore  semplicità,  può  mancate  una  speciale  appendice  cutanea  e  ciò  quando 
lo  Strato  cuticolare,  sia  esilissimo  ed  in  tale  caso  le  diramazioni  dendritiche  delle  cellule  nervose, 
penetrando  fra  le  cellule  ipodermiche,  raggiungono  la  sottile  cuticola  chit.inosa  e  possono  rice- 
vere, cosi,  impressioni  dal  mondo  esterno,  traverso  la  detta  cuticola,  siano  esse  termiche  o  mec- 
caniche. 

Ma  la  sensibilità  a  mezzo  di  appendici  cutanee  è  più  frequente.  In  generale  può  essere 
detto  che  i  peli  sono  quasi  sempre  elementi  di  sensilli  tattili,  mentre  le  squame  non  rappresen- 
tano che  appendici   cutanee  di  rivestimento  e   non   fanno   parte  integrante  di  sensilli  tattili. 

La  sensibilità  tattile  è  variamente  intensa  nelle  diverse  regioni  del  corpo  e  ciò 
dipende,  sopratutto,  dalla  densità  e  strutture  varie  dei  sensilli  destinati  a  tale  ufficio. 

Le  appendici  articolate,  cioè  zampe,  palpi,  cerei  e  sopratutto  le  antenne  sono 
più  riccamente  dotate  di  sensilli  tattili,  che  non  siano  le  altre  regioni  del  corpo 
e  colà  ancora  variamente  modificati  sono  i  peli  e  complesso  il  loro  modo  di  ar- 
ticolazione nella  cuticola  circostante. 

In  presenza  di  stimoli  diversi  è,  anche,  molto  differente  la  sensibilità  cu- 
tanea negli  Insetti,  i  quali  reagiscono  in  grado  diverso  al  contatto,  all'azione  del 
calore,  dei  raggi  luminosi,  alle  variazioni  della  pressione  barometrica,  dello  stato 
igroscopico  dell'atmosfera,  ecc. 

Al  semplice  contatto  di  corpi  resistenti  esterni  l'insetto  reagisce  sempre 
assai  prontamente,  e,  considerata  la  mobilità,  sulla  loro  base  articolata,  delle 
appendici  cutanee  con  ufficio  tattile,  è  da  credere  che  anche  i  movimenti  del- 
l'aria ambiente  debbano  essere,  anche  se  tenuissimi,  tutti  raccolti  e  segnalati  ai 
centri  nervosi.  Così  è  da  ritenersi  che  la  zona  periferica  avvolgente  tutto  l'insetto, 
occupata  dalle  appendici  cutanee  tattili,  rappresenti  un  buon  mezzo  di  percezione 
di  ogni  variazione  dell'ambiente,  prima  che  ne  siano  interessati  l'epidermide  e 
organi  che  essa  riveste. 

Si  rileva  anzi  che,  in  generale,  la  portata,  «pianto  a  distanza,  della  sensibi- 
lità tattile  a  mezzo  delle  appendici  cutanee  è  tanto  maggiore  quanto  l'insetto,  per 
la  sua  piccolezza,  per  la  delicatezza  della  sua  cuticola  o  per  la  povertà  di  altri 
mezzi  proiet loti,  insomma  per  la  minore  facoltà  difensiva,  è  soggetto  a  più  seri 
pericoli    per  la   propria  esistenza. 

A.  BBRLK8B,    'V(i   Insetti,   II.   —  75. 


594  CAPITOLO    SESTO 


Talora,  infatti,  l'insetto  è  rivestito  di  così  alta  peluria,  ohe  essa  supera 
ancbe  la  grossezza  del  corpo  (ed  in  altri  Artropodi  è  anche  più  lunga  del  corpo 
stesso).  Così,  una  aggressione,  prima  di  raggiungere  il  vivo,  è  avvertita  dall'in- 
dividuo minacciato  ad  una  certa  distanza  e  tale  avvertimento  a  tempo  può  of- 
frire il  comodo  di   una  pronta  difesa. 

Anche  le  appendici  articolate  dell'estremo  corpo  (cerei),  talora  lunghissime, 
come  sono  in  molti  Ortotteri,  rappresentano  un  mezzo  molto  utile  ed  efficace  per 
avvertire  a  tempo  una  minaccia  da  tergo.  Basta  toccare,  anche  leggermente,  una 
di   queste  appendici  per  vedere  subito  l'ortottero  scattare  all'innauzi. 

Spetta  al  senso  del  tatto  sostituire  quello  della  vista  negli  insetti  ciechi, 
come  sono  molte  forme  giovanili  (fra  gli  olornetaboli)  e  parecchie  specie,  anche 
adulte,  viventi  nelle  caverne. 

In  queste  forme,  tutte  le  appendici,  e  sopra  ogni  altra  le  antenne,  tendono 
ad  assumere  maggior  lunghezza  e  si  vedono  più  densamente  fornite  di  sensilli 
tattili,  con  appendice  cutanea  più  complessa  e  delicata. 

Si  vedrà  a  proposito  dell'udito,  come  negli  insetti  quest'ultima  sensibilità 
tenda  ad  accostarsi  a  quella  tattile,  almeno  secondo  il  giudizio  della  maggioranza 
degli  autori  e  così  la  percettibilità  di  correnti  d'aria,  anche  molto  tenui,  o  forse 
delle  stesse  vibrazioni  dovute  ai  suoni,  può  essere  attribuita  a  quei  sensilli,  co- 
munemente considerati  per  tattili,  sopratutto  per  quelli,  la  cui  appendice  cutanea 
è  di  una  estrema  delicatezza,  mobilissima  sulla  sua  base  e  suscettibile  di  tras- 
formare il  movimento  vibratorio  meccanico  in  una  vera  e  propria  vibrazione 
sonora. 

Se  si  considerano  i  sensilli  a  ricettacolo  campaniforme  dell'appendice  cutanea,  quali  si  os- 
servano abbondanti  nei  cerei  di  Ortotteri  e  di  altri  insetti  (vedi  voi.  I,  pagg.  608,  b'09,  610  ; 
figg.  722  a  725)  si  vede  die.  non  possono  essere  paragonati  ad  altro  meglio  che  a  piccolissimi 
campanelli,  nei  quali  il  battaglio  è  rappresentato  dall'appendice  cutanea  e  la  campana  dall'infun- 
dibolo chitinoso,   esso  pure  mobile  nella  circostante  epidermide  in   cui   e   incassato. 

L'appendice  cutanea,  sopratutto  quando  è  ingrossata  a  clava,  cosi  vuota  come  si  vede  es- 
sere, è  di  una  estrema  mobilità  sulla  sua  base  ed  il  più  tenue  movimento  dell'aria  ambiente  la 
fa  scuotere.  Ma  vi  ha  ili  più.  Alcuni  di  questi  sensilli,  ad  appendice  cutanea  elavata,  hanno  la 
campana  fornita  di  più  restringimenti  annulari  (vedi  luogo  citato,  tigg.  724,  II.  Ili  e  725,  Cpi). 
Ne  viene  che  se  l'oscillazione  dell'appendice  cutanea  è  tenue,  essa  appendice,  movendosi,  batte 
solo  nel  più  stretto  di  questi  anelli,  quello  più  interno;  ma  via  via  che  la  oscillazione  è  man. 
gioie,  l'appendice  vibra  toccando  anche  gli  altri  restringimenti  annulari  ed  alla  fine,  per  oscil- 
lazioni massime  dell'appendice  anche  tutta  la  capsula  o  campana  che  si  voglia  dire,  può  scuotersi 
ed  oscillare  nel  suo  alveolo. 

Così  accade  che  non  solo  l'insetto  percepisce  il  grado  di  intensità  del  movimento  dell'aria 
ambiente,  ma  questo  viene  a  tradursi  in  una  vibrazione  speciale,  so  non  sonora,  almeno  girne- 
«letica  del  genere  di  quelle  che  dagli  autori  sono  considerate  proprie  dei  sensilli  speciali  del  cosi 
detto  senso  dell'udito.  Cos'i  noi  percepiamo  le  forti  correnti  atmosferiche  anche  dall'ululato  del 
vento  fra  i  rami  degli  alberi  o,  per  più  esatto  paragone,  sentiremmo  dal  suono  di  campanelli 
variamente  mobili,   esposti  a   tali   correnti. 

Anche  le  appendici  cutanee  più  semplici  (come  ad  es.  i  peli  appartenenti  a  sensilli,  nei 
quali  l'appendice  cutanea  sorge  dal  fondo  di  una  capsula  immobile  nella  cuticola  che  la  circonda) 
traversano  un  restringimento  annulare  periferico  della  capsula  (vedi  dette  tìgg.  724,  III,  p  e 
725,  ?';>)  e  possono  battere  su  questo  nelle  oscillazioni  per  movimenti  dell'aria  ambiente,  ma  sono 
certo  meno  delicati  dei  sensilli   meno  semplici  sopradescritti. 

t,  dunque  da  ritenersi  che,  ad  es.,  un  Ortottero,  mercè  i  suoi  sensi  percepisca  anche  ad  una 
certa  distanza  l'accostarsi  di  un  corpo  semovente,  che  lo  arrivi  da  tergo  e  ciò  pel  solo  spostamento 
dell'aria  che  viene  in  conseguenza  di  tale  movimento,  come  può  accadere  altrettanto  per  le  an- 
tenne, nei  quali  organi  sono  comuni  sensilli  tattili,  anche  delicatissimi,  e  le  antenne,  mobili  in 
tutti  i  sensi,  possono  avvertire  a  tempo  dell'accostarsi  di  un  essere  semovente,  da  qualuuque 
parte  esso  sopraggiunga. 


l'individuo   NEGLI    ATTI    per    la    PROPRIA   CONSERVAZIONE  595 

Ma  la  sensibilità  al  dolore  sembra  molto  deficiente  negli  insetti,  l'are  che 
ossi  reagiscano  più  agli  stimoli  esercitati  sulla  loro  epidermide  die  non  al  do- 
lore,  che  pur  deve  loro  dare  lo  strazio  degli  organi   interni. 

Moltissimi*  osservazioni  concordano  su  questo  punto.  Mentre  l'insetto  sfugge  subito  ad  un 
contatto  sospetto,  non  ha,  d'altro  cauto,  molta  difficoltà  a  divorare  parti  vive  di  so  stesso,  che 
jiur  sono  rioche  di  sensilli  tattili. 

Ad  un  Grillo  o  ad  una  Locusta,  tenuti  fra  le  dita,  mentre  divaricano  le  mandibole  in  atti- 
tudine difensiva  od  offensiva,  se  tra  queste  viene  iutraposto  l'apice  di  una  loro  stessa  zampa, 
essi  si  divorano  grado  grado  tutto  il  tarso  ed  oltre,  senza  mostrare  pur  repugnanz»  a  questo 
sdazio  dei  loro  organi. 

Così  una  Epeira,  costretta  a  toccare  colle  sue  mandibole  l'apice  ventrale  del  suo  addome, 
in  questo  immergi'  subito  le  terribili    unghie   velenifere  e  si  sventra  senz'altro. 

Può  essere  che  ciò  accada  per  uno  stato  analogo  forse  a  quello  indicato  per  cataplessia  dal 
Preyer,  giacché  il  Binet  ha  constatato  spesso  che,  tenendo  fra  le  dita  un  insetto,  questo  cade 
nello  stato  suddetto,  cosi  che  può  esser  punto  ed  anche  si  possono  rompere  i  suoi  tarsi  senza 
che  esso  accenni  a  sentirne  dolore,  mentre  non  ha  perduta  la  sensibilità  perchè,  poco  dopo,  esso 
reagisce  ad  uno  stimolo  anche  più  leggero. 

Bisogna  ammettere  dunque  una  scarsa  sensibilità  al  dolore  negli  insetti,  <  altrimenti  —  dice 
il  Forel,  a  questo  proposito  —  non  si  vedrebbe  uu  Pecchione,  al  quale  siano  state  recise  le  au- 
teune  e  tolto  tutto  il  dinanzi  della  testa,  andarsene  egualmente  a  bottino  sui  fiori,  nò  un  bruco, 
ferito  nella,  regione  anale,  divorare  se  stesso,  cominciando  dalla  parte  di  dietro,  come  io  ho  os- 
servato  piti  volte  «. 

Invece,  sembra  che  la  sensibilità  termica  sia  molto  accentuata,  sopratutto  in  taluni  iusetti. 
Le  Formiche,  ad  esempio,  tramutano  continuamente  di  stanza,  uel  nido,  le  loro  larve  e  le  ninfe, 
a  seconda  della  diversa  temperatura  nelle  stagioni  e  nella  stessa  giornata. 

Il  Fabre  ritiene  che  alcuni  particolari  organi  esertili,  che  si  notano  nei  bruchi  della  Pro- 
cessionarla del  Pino,  siano  destinati  a  percepire  le  variazioni  barometriche,  alle  quali  questi  in- 
setti sono  sensibilissimi,  e,  per  quanto  si  possano  fare  delle  riserve  circa  la  sede  di  tale  sensi- 
bilità, e  sugli  organi  a  ciò  destinati,  è  certo  che  essa  deve  essere  molto  accentuata  in  parecchi 
iusetti.  sopratutto  nelle  forme  migranti,  le  quali  non  si  muovono  per  compiere  le  loro  peregri- 
nazioni  se  non    in   coudizioni   particolari   e  favorevoli   ili   temperatura  e  di  stato  dell'atmosfera. 

vi  vede  .spesso  che  intere  colonie  di  forme  migranti,  dopo  ima  luuga  attesa  in  quiete,  si 
muovono  subitamente,  tutti  gli  individui  spinti  da  un  medesimo  impulso  e  se  ne  vanno,  con 
una  direzione  comune,  ad  una  stessa  meta. 

Gli  insetti,  sopratutto  quelli  ciechi,  ad  es.  i  cavernicoli,  mostrano  di  poter  percepire  la  luce 
anche  indipendentemente  dal  calore  che  la  accompagna.  Packard  ha  dimostrato  che  i  Coleotteri 
cavernicoli  sono  vivamente  eccitati  dalla  luce  di  un  lume,  e  Grober  ha  mostrato  che  le  Blatte, 
accecate  artificialmente,   percepiscono  ancora  la  luce  che  batte  sui  loro  corpi. 

Le  larve  di  Mosca,  le  quali  non  hanno  occhi,  sfuggono  ai  raggi  bleu  e  si  riparano  volen- 
tieri  nella  oscurità  o  nei   raggi  rossi. 

Altri  iusetti,  invece,  come  le  Formiche  (secondo  il  Lubbock),  accecati  con  una  vernice,  che  ne 
spalmi   gli  occhi,  sembrano   non   risentirsi  dei   raggi   luminosi. 


Gusto  ed   odorato. 

I  sensilli  del  gusto  e  dell'odorato  sono  fra  loro  male  differenziabili  morfolo- 
gicamente, come  si  distingue  difficilmente  l'ima  maniera  di  percezione  dall'altra 
ed  anche  circa  la  sede  può  essere  discussione,  se  essa  sia  esclusiva  all'uno  piut- 
tosto che  all'altro  senso. 

Il  sensillo  e  rappresentalo,   nella  parte  cuticolare,  da  una  esilissima  menibrauella,  più  o  meno 
sporgente  a  cono  sulla  restante   [ielle  della   ordinaria  grossezza. 

In   contatto   colla   esilissima    niembraiiella    è   il    polo   sensitivo   della   cellula  sensoriale,   eli*'    ih- 


596  CAPITOLO    SKSTO 


braccia  alcune    cellule    glandulari,  differenziate    dalle    solite    epidermoidali  e  cbe  segregano  un 
umore,  che  trasuda  dalla  esile  cuticola  e  concorre  alle  percezioni,  almeno  a  quelle  olfattive. 

Alle  volte,  la  cuticola  esiliasi  ina  è  infossata  in  una  cavità  scolpita  nella  pelle  circostante  e 
dal  fondo  di  questa  cavità,  che  può  riempirsi  dell'umore  anzidetto,  sporge,  più  o  meno,  il  cono 
formato  dalla  sottilissima  cuticola,  entro  il  quale  si  alloga  il  nervo  sensoriale  (vedi  voi.  I,  pa- 
gine 610  633). 

Si  può  ritenere  che  la  sede  principale  del  gusto  si  trovi  negli  organi  boc- 
cali (epi  faringe,  mandibole,  mascelle,  specialmente  galea  e  palpi  mascellari,  lobi 
del  labbro  iut'eriore,  palpi  labiali  e  forse  anche  la  lingua,  nonché  gli  organi  boc- 
cali succhiatori,  derivati  dal  tipo  masticatore  precitato». 

In  tutti  questi  organi  i  sensilli  specifici,  rappresentati  tipicamente  come  si 
è  avvertito,  ma  svariatissimi  secondariamente  per  strutture  differenti,  sono  ag- 
glomerati su  determinate  aree,  talora  assai  densamente,  e  ne  vengono  cosi  delle 
regioni  di  maggiore  sensibilità  in  confronto  d'altre  ove  i  sensilli  sono  più  scarsi 
e  radi. 

Ohe  gli  Insetti  godano  di  sensibilità  del  gusto  non  è  da  dubitarsi,  dappoiché 
si  vedono,  la  maggior  parte  di  essi,  mostrare  una  decisa  predilezione  per  deter- 
minati cibi,  e  questo  apparisce  sopratutto  nelle  specie  litofaghe,  che  preferiscono 
alcune  specie  di  piante  od  esclusivamente  una  sola  o  più  specie  sistematicamente 

affini. 

Questa  scelta  è  sopratutto  costante  nei  bruchi  ed  altre  larve  olometabole 
litofaghe  e  non  vi  ha  modo  di  eludere  il  gusto  di  questi  animali. 

Anche  esperimenti  fatti  mescolando  sostanze  di  sapore  accentuato  a  quelle 
che  sono  l'ordinario  cibo  di  taluni  Insetti,  hanno  mostrato  che  questi  si  avve- 
dono tosto  della  sofisticazione  e  rifiutano  od  assumono  contro  voglia  il  cibo  così 
alterato. 

Con  tutto  ciò,  mentre  si  può  notare  una  ben  netta  facoltà  di  percezione  di 
alcuno  sostanze  in  confronto  di  altre,  ad  es.  delle  zuccherine,  in  confronto  di 
altre  amare,  non  per  tutte  le  sostanze,  anche  venefiche,  la  sensibilità  gustativa 
è  di  pari  efficacia,  tanto  è  vero  che  alcuni  veleni,  come,  ad  es..  il  fosforo  e  per 
certi  insetti   anche  l'arsenico,  non  sono  rifiutati. 

Il  fosforo  inganna  facilmente  pressoché  tutti  gli  insetti,  ma  ciò  non  stupisce  se  si  pensa  che 
lo  stesso  accade  per  animali  anche  molto  piò  alti  ed  a  sensi  finissimi,  come  sono  i  più  alti  ver- 
tebrati, e  tutti  sappiamo  che  i  Topi,  i  Gatti,  ecc.  possono  avvelenarsi  agevolmente  con  composti 
di   fosforo. 

Ma  per  l'arsenico  non  è  la  stessa  cosa.  I  suoi  sali  non  sono  rifiutati  se  mescolati  a  cibo 
ghiotto,  ad  es.  dalle  Mosche,  ma  non  ingannano  mai  altre  specie  di  Insetti,  come,  ad  es.,  le 
Formiche,  ecc. 

Secondo  il  Forel  il  gusto,  negli  Insetti,  sarebbe  un  senso  cbe  partecipa  insieme  anche  del 
tatto  e  dell'odorato  ed  il  detto  autore  lo  chiama  odorato  a  contatto,  ma,  del  resto,  il  contatto  è 
sempre  necessario  per  le  percezioni  gustative,  giacche  si  tratta  di  un  senso  chimico,  pel  quale 
la  percezione  si  avvera  traverso  un'azione  chimica,  dipendente  da  sostanze  estrinseche,  spettanti 
al  cil>o,   mentre  vengono  a  contatto  con   altre  intrinseche  nei   sensilli   speciali 

Quanto  all'odorato,  si  è  detto  che  la  sua  principale  sede  si  deve  ammettere 
trovarsi  nelle  antenne  (1). 


(1)  A  questa  conclusione  si  oppone  recisamente  il  Mclndoo,  il  quale,  in  una  recente  serie  di 
pubblicazioni  (1914-15),  sostiene  che  le  antenne  hanno  uno  scarso  ufficio  olfattivo  e  che,  invece, 
la  sensibilità  olfattoria  sarebbe  data  dai  sensilli  campaniformi  e  papilliformi  diffusi  sugli  arti 
(ali,  zampe),  specialmente  alla  base,  negli  insetti  di  parecchi  ordini.  Non  ostante  le  esperienze 
dello  stesso  Autore  non  pare  prudente  accogliere  ora  questa  conclusione,  cosi  opposta  a  tutte 
quelle  degli   autori  precedenti. 


l'individuo  negli  atti  per  la  propria  CONSERVAZIONE  597 


IO 


Questi  organi,  che  sono  così    poca  cosa  nelle  larve  olometabole,  anche  me 
lolontoidi,  «love  si  vede  che  i  sensilli    souo    pochissimi  di  numero  e  non   tropi» 
complessi,  raggiungono  una  granile  complicazione  nelle  forme  adulte  e  poco  meno 
nelle  forme  giovanili   eterometabole. 

L'antenna  è  un  organo  composto  di  più  articoli  e  mobile,  per  articolazione, 
sul  punto  di  dove  sorge.  Sulla  sua  superficie  sono  disseminati  i  sensilli  olfat- 
tori, tutti  sul  tipo  indicato,  salvo    notevoli   e  molte    variazioni,  però,  secondarie. 

In  generale  la  densità  dei  sensilli  sulle  antenne  va  aumentando  dalla  base 
all'apice  dell'organo  ed  è  massima  verso  l'estremità. 

Nel  maggior  numero  dei  casi  è  manifesto  che  la  superficie  sensoriale  tende  ad  annientare 
quanto  più  è  possibile,  senza  che,  d'altrettanto,  crescano  le  dimensioni  dell'antenna  tutta,  cioè  la 
superficie  della  cuticola  rivestente  l'antenna  è  annientata  con  espedienti  vari,  ad  es.  pliche, 
rientranze  e  sopratutto  appendici  secondarie,  elle  allungano  ed  allargano  ciascun  articolo  della 
antenna  che.  così,  nel  suo  complesso  apparisce  foggiata  a  piuma,  a  ventaglio,  ecc.  Di  tale  guisa 
è  evitato,  negli  Insetti  più  elevati,  l'eccessivo  allungamento  dell'organo,  quale  si  vede,  invece, 
in  quelli  più  bassi,  come  sono,  ades.,  alcuni  Ortotteri,  od  anche  in  taluni  Lougicorni,  in  cui  le 
antenne  sono  anche  più  lunghe  di  tutto  il  corpo,  ma  esposte,  in  tale  caso,  al  pericolo  di  essere 
più   facilmente  danneggiate  o  troncate. 

Le  antenne  piumate  di  grandissimo  numero  di  Insetti,  quelle  flabelliformi  degli  Scarabeidi, 
come  le  clave  a  profonde  rientranze  delle  antenne  dei  Ropaloceri  sono  esempi  alla  mano  di  questa 
tendenza  all'aumento  della  superficie  sensoriale,   non   accolli  pagliato  da  quello  di  tutto    l'organo. 

Non  pare  che  altre  regioni  del  corpo  od  altri  organi,  pur  destinati  certo  a 
speciali  sensibilità,  possano  anche  percepire  gli  odori  (1).  Come  suscettibili  di 
tali  percezioni  sono  stati  ritenuti  non  solo  i  palpi,  ma  ance  i  cerei,  ma,  per 
questi   ultimi,  sicuramente  a  torto. 

Circa  i  palpi  può  essere  discussione,  perchè  essi  recano  sensilli  della  maniera  comune  pel 
gusto  e  per  l'odorato,  sopraindicata.  D'altronde  si  vede  sempre  i  palpi  vibrare,  toccando  conti- 
nuamente il  cibo  mentre  l'insetto  sta  mangiando,  ma  pei  cerei  può  essere  affermato  che  ne  vi 
si  trovauo  mai  sensilli  da  richiamarsi  al  tipo  di  quelli  speciali  del  gusto  e  dell'odorato,  uè  le 
esperienze  dirette  hanno  provato  l'assunto. 

Il  Graber,  mettendo  a  contatto  sostanze  a  forte  odore,  con  palpi  e  cerei  di  vari  insetti  (For- 
miche, Mosche.  Coleotteri,  Ortotteri)  mostra  che  gli  iii9etti  reagiscono.  Ma  ciò  potrebbe  lipendere 
dal  fatto  che  tali  sostanze  (essenza  di  trementina,  di  rosmarinew  hanno  anche  un'azione  irritante 
molto  energica,  all'infuori  del  loro  forte  odore  :  mentre,  accurate  esperienze  del  Plateau  e  del 
Forel  hanno  provato  che  ad  odori  tenui  o  di  nessuna  intensità,  dovuti  a  sostanze  non  irritanti, 
solo  le  antenne  reagiscono. 

Le  lunghe  ed  accurate  esperienze,  da  parte  di  molti  studiosi,  come  il  Le- 
febvre  (1838)  sulle  Api  e  di  poi  Perris  su  Ichneumonidi  e  Sfegidi,  Dugès  sui 
Muscidi,  Hauser  su  grandissimo  numero  di  insetti,  confermano  pienamente  che  le 
antenne  hanno  ufficio  olfattivo. 

Ma,  quanto  alla  natura  vera,  come  alla  estensione  di  questo  senso  negli 
Insetti,  è  tuttavia  luogo  di  discussione. 

Che  l'odorato  rappresenti  un  senso  di  capitale  importanza  nella  vita  dell'in- 
setto e,  per  la  massima  parte  delle  specie,  anche  più  importante  della  stessa 
vista,  è  fuori  di  dubbio. 

L'insetto  sente  il  cibo,  l'altro    sesso,  l'ambiente  opportuno  per  la  sua    prole 


(1)  Anche  le  esperienze  suocitate  del  Mac  Indoo  non   mi  sembrano  sicuramente  probatorie  su 
questo  punto. 


598  CAPITOLO    BBSTO 


e  ciò  a  distanze  talora  grandissime  e  vi  accorre,  guidato  sicuramente  e  senza 
errore  od  esitazione.  Ma  tale  percezione  a  distanza,  qualche  volta  enorme  ed  in- 
concepibile, per  questa  facoltà  sensoriale,  secondo  quanto  noi  giudichiamo  dalla 
osservazione  di  noi  stessi  e  degli  animali  più  alti  che  ne  circondano,  è  veramente 
dovuta  ad  un  senso  da  assimilarsi  al  nostro  olfatto  oppure  ad  altro  che  manca 
a  noi,  ma  che  può  essere  presente  in  altri  animali  senza  che,  da  parte  nostra, 
sia  possibile  immaginarne  la  natura  ed  il  processo  funzionale? 

Non  si  comprende  la  ritrosia  che  sembra  occupare  la  maggioranza  degli  autori  ad  ammettere 
in  altri  animali  altri  sensi,  oltre  ai  cinque  sensi  di  cui  noi  pure  godiamo.  Se  è  certo  che  molti 
animali  sono  ciechi,  sordi  od  altrimenti  inferiori  per  sensi  alla  nostra  specie,  non  è  illogico  am- 
mettere elle  noi  stessi  possiamo  essere  in  difetto,   rispetto  ad  altri,  per  altre  facoltà  sensitive. 

L'odorato  è  un  senso  chimico,  agisce  per  tenui  particelle  della  sostanza  odorosa  che,  col 
veicolo  dell'aria,  vengono  a  contatto  cogli  apparecchi  percipienti.  Per  ciò  l'elemento  spazio  è 
di   cardinale  influenza  e  l'odorato  ha   veramente  un   raggio  di  azione  limitato. 

Come  e  possibile  ammettere  che  una  femmina  di  Saturnia  emetta  in  così  grande  quantità 
tuia  sostanza,  odorosa,  volatile,  che  possa  distribuirsi,  senza  alcun  movimento  dell'atmosfera  o 
contro  a  questo,  su  un  raggio  di  chilometri  '  Eppure  i  maschi  accorrono  da  tutte  le  parti  e  da 
grandissime  distanze,  seguendo  una  linea  retta,  sicuramente  e  senza  esitazioni.  Ed  appena  la 
femmina  è  accoppiata  cessa  ogni  sna  facoltà  attrattiva.  Della  sua  presenza  non  si  accorgono 
nemmeno  i  maschi  che  le  passano  accanto.  Devesi  ammettere  una  emissione  di  altra  sostanza 
neutralizzante  la  prima?  Non  e  possibile  che  la  nostra  ragione  si  acconci  a  questo  piuttosto  che 
ad  accogliere  l'ipotesi  di   un  senso  e  di   una  facoltà,   speciali,   di  cui  noi  uou  godiamo. 

Errerebbe  un  cieco  nato,  ignaro  della  funzione  visiva  attribuendo  a  finezza  particolare  di 
quei  sensi  di  cui  egli  pure  gode,  anziché  d'altri,  o  ad  una  specie  di  magia  o  divinazione  la  fa- 
coltà di  nn  veggente  di  riconoscere  a  distanza  di  milioni  di  miglia  le  variazioni  della  luna  o 
degli  astri,  come  errava  chi  attribuiva  ad  inganno  dei  vetri  il  piccolo  mondo  ed  il  massimo  che 
ci  rivelano  il  microscopio  ed  il  telescopio.  È  piti  prudente  ammettere  che  l'uomo  non  rappre- 
senta l'assoluta  perfezione  in  ogni  senso  e  che  vi  possono  essere  altri  organismi,  meglio  dotati 
di  noi  rispetto  a  determinati  scopi  della  loro  specie,  cosi  come  sappiamo  che  gli  Insetti  e  gli 
Uccelli   volano  e  noi   no. 

Il  Fabre,  che  per  tutta  la  sua  vita  ha  studiato  a  fondo  i  costumi  degli  insetti,  conside- 
rando come  gli  Icneumonidi  e  gli  sfegidi  sappiano  riconoscere  la  presenza  e  la  ubicazione  della  loro 
futura  vittima  anche  se  essa  è  sotterra  o  nascosta  entro  il  legname  od  altrove  riparata  (e  questa 
stessa  vittima  futura  dell' Imenottero  non  svolge  alcun  odore  per  noi  percettibile)  si  rifiuta  di 
credere  che  si  debba  all'odorato  la  sicura  sensibilità  dell'Imenottero  e  propende  ad  ammettere 
un  senso  speciale. 

L'odorato  agisce,  però,  certamente  a  distanza  come  davvicino.  Le  sostanze  a 
forte  odore  sono  riconosciute  a  distanza  dagli  insetti,  che  le  ricercano,  come  si 
vede  comunemente,  dall  accorrere,  anche  da  assai  lungi,  di  insetti  stercorari  agli 
escrementi  di  altri  animali,  o  le  mosche  e  gli  altri  insetti  necrofagi  alle  putre- 
fazioni, ma  la  distanza  non  eccede  quella  alla  quale  anche  altri  animali  ad  odo- 
rato finissimo  hanno  le  stesse  sensazioni  ed  in  tale  caso,  come  ne  avverte  il 
nostro  stesso  senso,  si  tratta  di  sostanze  ad  odore  molto  forte. 

Gli  Insetti  sociali  riconoscono  allo  speciale  odore  i  compagni  dello  stesso 
nido  e  non  con  altro  mezzo,  e  mercè  questo  senso  possono  orientarsi  nelle  loro 
dimore,  anche  in  perfetta  oscurità,  come  sono  sempre,  ed  averne  perfetta  co- 
gnizione. 

Era  stato  riconosciuto,  primamente  dall'Huber  e  di  poi  da  molti  altri  studiosi  della  vita 
delle  Api,  che  questi  insetti  riconoscono  all'odore  la  loro  regina,  e  Von  Buttel  ha  dimostrato 
ciò  sperimentalmente,  come  è  anche  vero  che  le  operaie,  i  maschi  e  tutto  dell'arnia  è  riconosciuto 
dalle  Api   merce   l'odorato. 


l'individuo  NEGLI  ATTI   per   la   PROPRIA   CONSERVAZIONE  59!» 

Il  Forel  ha  condotte  molte  accurate  e  delicate  esperienze  e  ricerche  su  questo  senso  nelle 
Formiche,  giungendo  a  conchitisioni,  che,  pur  lasciando  adito  a  discussione  su  (mesto  punto, 
meritano  di  essere  ricordate. 

Può  rimanere  dubbio  circa  la  precisa  sede  dello  speciale  odorato  a  distanza  in  confronto  di 
quello  a  contatto  e  uon  è  indiscutibile  il  differente  ufficio  assegnato  dal  Korel  alle  diverse  ma- 
niere di  sensilli,  situati  nelle  antenne,  in  regioni  diverse  od  assieme  mescolali.  Su  oiò  è  prudente 
fare  delle  riserve. 

La  Formica,  secondo  il  Korel,  sa  distinguere  le  impressioni  della  sua  antenna  di  un  lato 
da  quelle  dell'altra  e,  per  uno  stesso  organo,  quelle  della  sua  faccia  destra  da  ((nelle  della  si- 
nistra,  ed  è  così  che  essa   ha  percezioni   localizzate  rispetto  alla  ubica/ione  dell'oggetto: 

«  Un  colpo  di  antenna   fa  sentire  alla   Formica   —  dice   il  Forel   —   l'odore  allungato    di    un 

tilo  d'erba;   un  altro  l'odore  arrotondato  e  diverso  di   una  foglia ;   il  suo  proprio  odore  diffuso 

sul  oauimino,  in  maniera  di  pista;  quello  dei  punti  toccati,  all'andata,  colle  antenne  avrà  per 
la  Formica  una  forma  precisa.  In  una  parola,  un  mondo  di  cognizioni,  localizzate  in  posti  molto 
precisi,  sarà,  di  tal  guisa,  scolpito  nel  suo  cervello.  Se  noi  fossimo  dotati  di  un  simile  senso, 
immondo  per  noi  sarebbe  trasformato.  L'odorato  diverrebbe  un  senso  delle  forme,  una  sorgente 
d'arte,  di  cui   non  possiamo  farci  che   uua  pallida   idea   >. 

Questo  concetto  del  Forel,  che  alla  fine  corrisponde  all'ammissione  di  un  senso  speciale,  è 
suffragato  da  esperimenti  di  vari  autori,  tra  cui  quelle  del  Bethe,  che  su  un  disco  girevole,  si- 
tuato sul  percorso  di  uua  colonna  di  formiche  visitanti  degli  Atìdi,  dopo  aver  lasciato  passare 
per  qualche  tempo  gli  insetti  e  stabilita  cosi  la  pista,  girando  il  disco  di  1*0  gradi,  vide  le 
formiche  arrestarsi  disorientate  e  perplesse  al  principio  del  disco  e  solo  dopo  avervi  vagato  e 
trovato  per  caso  il  punto  opposto  di  dove  la  colonna  ne  iniziava  il  passaggio  ristabilire  pronta- 
mente la  marcia.  La  incertezza  è  spiegata,  dunque,  pensando  che,  ad  un  tratto,  gli  insetti  per- 
cepivano a  destra  ciò  che  doveva  essere  a  sinistra  e   viceversa. 

Il  Forel  conclude  che  l'odorato,  almeno  col  mezzo  di  particolari  sensilli,  rappresenta  anche 
un  senso  topochimico. 


Udito. 

I  sensilli  che  si  attribi scono  a  questo  senso  si  trovano  sempre  sotto  la  cute, 
tua  talora  in  rapporto  con  una  tenue  membrana,  occupante  una  superficie  lar- 
ghetta, capace  di  vibrare  per  suoni  o  per  altri   movimenti  dell'aria  ambiente. 

Una  cellula  speciale  manda  un  suo  prolungamento  alla  epidermide,  riceven- 
done così  le  impressioni,  e  contiene,  una  campanetta  a  pareti  resistenti,  ehiti- 
nose.  nella  quale  penetra  il  polo  sensitivo  della  cellula  acustica.  Si  comprende 
che  una  vibrazione  della  epidermide  è  così  trasmessa  alla  campanetta  (corpo  sco- 
ìopale),  che  ne  impressiona  le  tenui  fibrille  nervose,  che  contiene. 

Questi  sensilli  non  hanno  ubicazione  costante  nelle  diverse  specie  di  In- 
setti, ne  sono  stati  finora  riscontrati  in  tutti.  Essi  possono  trovarsi  isolati  in 
regioni  diverse  ed  in  organi  differenti  o  accumulati  in  particolari  punti  del  corpo, 
sopratutto  quando  il  loro  ammassamento  è  rivestito  dalla  membrana  vibrante 
(timpano,  come  è  detto  dagli  autori). 

Così,  ad  es.,  i  Grillidi  ed  i  Locustidi  hanno  un  bello  e  ben  cospicuo  organo 
uditivo,  fornito  del  timpano,  presso  la  base  delle  tibie  anteriori  (e  nel  comune 
Grillo  nero  esso  spicca  come  un  punto  bianco  sul  fondo  nero  della  pelle  circo- 
stante) e  gli  Acrididi  ne  fanno  veliere  uno  anche  più  vistoso  alla  base  dell'ad- 
dome, verso  il  dorso  (per  questi  organi   vedi   voi.   I,   pagg.  633-646). 

Questi  degli  Ortotteri  sono  organi  molto  differenti,  ma  l'espressione  più  seni- 
plice  è  quella  del  sensillo  isolato  ed  in  rapporto  con  un  punto  qualunque  del- 
l'epidermide  non  altrimenti  differenziata. 

Negli  Ortotteri,  oltre  alla  membrana  timpanica  (talora  anche  due  membrane- 
come  si  vedono  nei  Grillidi  e  Locustidi)  si  nota  anche  una  cassa  risonante,  rap- 
presentata da  una  speciale  grossa  trachea. 


600  CAPITOLO    SESTO 


I  nervi,  che  vanno  a  questi  sensilli  derivano  dal  ganglio  del  segmento,  nel 
quale  essi  si  trovano. 

Poco  differenti  e  non  sostanzialmente  sono  i  sensilli  componenti  quel  complesso 
sensoriale  noto  sotto    il   nome  di  organo  di  Johnston  (voi.  I,  pagg.  84G-049),  che 
è  stato  finora  riscontrato  nelle  antenne  di  parecchi  insetti  adulti   (Culicidi.    Mo 
sche,  Vespe,  Ropaloceri,  Coleotteri,  ecc.),  pei  quali  deve   rappresentare  un  appa- 
rato sensoriale  di  molta  importanza. 

Xegli  orecchi  più  perfezionati,  come  sono  quelli  dei  Grillidi  e  Locustidi,  tro- 
vasi una  intera  serie  di  corpi  scolopali,  la  cui  grandezza  va  scemando  gradata- 
mente, ciò  che  ricorda  l'organo  del  Corti  dei  Vertebrati,  ma  non  pare  che  questa 
disparità   abbia  una   special   ingioile   fisiologica. 

Circa  la  vera  funzione  ili  questi  sensilli,  i  quali  si  possono  trovare  distri- 
buiti anche  in  altre  regioni  del  corpo,  oltre  a  quelle  già  indicate,  è  tuttavia 
questione. 

I  più  vecchi  autori  hanno  attribuito  agli  Insetti  una  facoltà  uditiva  non 
diversa  da  quella  nostra  e  dei  vertebrati  in  genere,  per  cui  sono  percepiti  tutti 
i  suoni  entro  determinati  limiti  delle  vibrazioni;  ma  studi  ed  esperienze  molte, 
più  recenti,  tendono  ad  escludere  questa,  più  perfetta  maniera  di  audizione,  con- 
cedendo agii  Insetti  solo  la  facoltà  di  percepire  le  vibrazioni  dei  corpi,  con  cui 
essi    si   trovano  a  contatto,  cioè  una  semplice  sismestesia. 

Di  fronte  ai  suoni  veri  e  propri]  gli  Insetti  sarebbero  sordi,  anche  quelli  che 
pare  sono  dotati  di  organi  stridulanti,  il  cui  effetto  è  da  noi  percepito  anche  a 
notevoli  distanze. 

E  un  fatto  che  gli  Insetti  non  mostrano  ili  reagire  ai  suoni  semplici  prodotti  presso  di  loro 
(come  tendono  a  provare  le  esperienze  di  Huber,  Perris,  Dugòs,  Lubbock,  Forel  ed  altri),  mentre 
gli  Insetti  stessi  mostrano  aua  delicatissima  sensibilità  alle  vibrazioni  dei  corpi  solidi,  coi  quali 
però   siano  a  contatto. 

Ma  e  anche  vero,  d'altra  parte,  clic-  alcuni  determinati  suoni,  come,  ad  es..  lo  speciale  canto 
delle  Api  madri  al  momento  delle  sciamature  secondarie  ed  in  altre  circostanze,  ben  noto  agli 
Apicultori,  ha  un  significato  e  deve  pure  essere  prodotto  per  essere  percepito  in  seno  alla  co- 
lonia. 

Il  Mayer  ha  mostrato  che  le  vibrazioni  di  una  'nota,  corrispondente  all'ut4  (cioè  512  vibra- 
zioni circa)  giunge  a  far  vibrare  le  barbute  delle  antenne  dei  maschi  delle  Zanzare,  e  questa 
nota  corrisponde  al  ronzio  delle  femmine.  Con  ciò  il  maschio  avrebbe  cognizione  della  presenza 
dell'altro  sesso  ed  anche,  pel  diverso  grado  di  vibrazione  d'una  antenna  piuttosto  dell'altra,  pò- 
trebbe  riconoscere  la  dire/ione  del  snono,  orientandosi  poi  verso  questo,  per  la  ricerca  della 
femmina. 

Anche  altre  osservazioni,  che  possono  farsi  sui  Grilli  e  sulle  Locuste,  sembrerebbero  consi- 
gliare ad  ammettere  la  facoltà  in  questi  insetti  di  percepire  veramente  il  suono  prodotto  dalla 
stridulazione  dei  maschi,  il  quale  è  certamente  un  mezzo  di  richiamo  della  femmina,  anche  da 
distanze  ed  in  condizioni  tali,  in  cui  è  esclusa  la  possibilità  di  percezioni  di  semplici  vibrazioni 
di  corpi  solidi. 

E  prudente  conchiudere  che,  mentre  la  percezione  di  tali  vibrazioni,  cioè  una  facoltà  sisme- 
stetica  negli  Insetti,  anche  delicatissima,  si  deve  ammettere  sicuramente,  non  si  hanno  ancora 
prove  decisive  per  concludere  in  favore  o  per  negare  percezioni  veramente  uditive  dei  suoni, 
negli  Insetti  stessi,  sopratutto  nelle  specie  capaci  di  produrne,  pel  richiamo  sessuale  o  per  altro, 
smini   che   sono  percettibili,   da   parte  nostra,   anche  a  distanze  rilevanti. 


Visla. 

(ili  organi  visivi  sono  i   più  anticamente   noti,   come   appariscentissimi  nella 
graude    maggioranza  degli  Insetti   e  sempre  riconosciuti  pel  loro  ufficio    speciale. 


l'individuo   NEGLI    ATTI   l'Eli   LA   PROntlA    CONSERVAZIONI;  601 

Essi  mancano  in  talune  larve  olometabole  ed  in  adulti  viventi  in  luoghi  privi 
di  luce;  ma  sono  sempre  presenti  nelle  forme  viventi  all'aperto. 

Gli  occhi  si  trovano  nel  capo  e  sono  di  due  specie,  i  composti,  risultanti  da 
un  numero,  talora  grandissimo,  di  ommalidi,  cioè  di  sensilli  speciali  della  vista; 
ed  i  semplici,  od  ocelli,  che  rappresentano  un  organo  non  scomponibile  in  sensilli 
singoli. 

Gli  occhi  composti  si  trovano  ai  lati  del  capo  e  talora  occupano  un'ampia 
superficie  couvessa;  gli  ocelli,  che  mancano  spesso,  non  sono  mai  più  di  tre  e  si 
vedono  sul  vertice  della  fronte  o  nel  mezzo  di  questa,  sempre  nella  parte  superiore. 

Il  singolo  sensillo  della  vista  risulta  composto  di  mezzi  rifrangenti  la  luce 
(cornea,  cristallino),  delle  cellule  nervose  formanti  la  retina  (cellule  retiniche)  e  di 
un  ammasso  pigmentare,  composto  di  cellule  pigmentarie,  per  intercettare  l'eccesso 
dei  raggi  luminosi. 

Le  cellule  retiniche  si  continuano  coi  loro  prolungamenti  fibrillari  compo- 
nendo il  nervo  ottico,  che  incorre  nel  ganglio  ottico,  ad  immediato  contatto  col 
principale  centro  nervoso,  cioè  il  ganglio  sopraesofageo. 

Anche  gli  ocelli  si  trovano  in  rapporto  coi  gangli  sopr aesofagei. 

(Per  la  struttura  dell'occhio  composto  e  degli  ominatidi,  vedi  voi.  I,  pa- 
gine 649  667). 

Lo  strato  corneale,  che  è  il  più  esterno,  risulta  dall'aggregato  di  tante  corneole  quanti  sono 
gli  ommatidi  che  compongono  l'occhio. 

Le  corneole,  per  lo  stretto  contatto,  sono  a  contorno  esagonale.  Si  tratta  dunque  di  prismi 
esagonali,  il  cui  insieme  costituisce  una  calotta  sferoidale.  La  cornea  è  molto  spessa,  di  natura 
chitinosa  e  molto  trasparente.  Ai  limiti  di  ciascuna  corneola  sono,  spesso,  piantati  dei  brevi  peli 
o  ciglia. 

Sotto  la  cornea,  dopo  un  sottile  strato  di  cellule  corneagene,  disposte  in  guisa  da  non 
intercettare  il  transito  dei  raggi  luminosi  pel  centro  della  corneola,  si  trova  un  altro  mezzo 
ritrangente,  cioè  il  cristallino,  che  è,  generalmente,  di  forma  conica,  colla  base  più  larga 
a  ridosso  della  cornea  e  l'apice  verso  l'interno;  esso  risulta  dall'insieme  di  più  cellule,  che 
fanno  un  blocco  trasparentissimo.  Questo  cono  è  abbracciato  tutto  da  cellule  ricche  di  pigmento, 
che  si  intercalano  anche  fra  i  singoli  nervi  ottici,  estendendosi  dai  coni  verso  la  più  interna  parte 
dell'occhio  (strato  distale  di  cellule  pigmentali).  Altre  cellule,  ricche  di  pigmento,  formano  uno 
strato  più  profondo,  in  rapporto  colla  membrana  basale,  che  divide  la  regione  oculare  propria- 
mente dotta  da  quella  che  spetta  al  ganglio  ottico  e  che  si  inizia  con  uno  strato  di  fibre  nervose 
post-retiniche. 

Per  comprendere  la  funzione  meccanica  dello  strato  diafragmatico  è  bene,  dunque,  ricor- 
dare che  le  cellule  pigmentali  formano  due  calotte  concentriche  e  separate,  le  quali  abbracciano 
l'apice  e  la  base  delle  cellule  visive. 

Le  cellule  retiniche  abbracciano  l'apice  del  cristallino  e  si  allungano  ed  assottigliano  di  poi 
verso  il  nervo  ottico,  prima  di   incorrere  nel  quale    traversano  la  membrana  basale. 

Bisogna  aggiungere  qualche  parola  a  proposito  della  struttura  della  cellula  nervosa  o  perei- 
piente,  che  si  voglia  dire,  altrimenti  non  può  essere  compresa  la  diottrica  per  questi  organi 
visivi. 

La  cellula  nervosa  è  percorsa  da  fibrille  esilissime,  procedenti  dal  nervo,  le  quali,  in  ima 
data  regione  della  cellula,  verso  la  sua  superlicie,  sono  più  appariscenti,  quasi  ingrossate  e  l'in- 
sieme di  queste  puntine  parallele  occupa  determinate  aree  della  cellula.  Talora,  questi  orli  a 
puntine  [rabiiomrri),  pertinenti  a  più  cellule  e  disposti  sulle  pareti  laterali  delle  cellule  stesse, 
che  sono  molto  allungate,  determinano  la  formazione  di  un  complesso  cilindrico,  detto  rubiUimn, 
disposto  sull'asse  longitudinale  del  mezzo  rifrangente  e  di  seguito  a  questo.  Altre  volte  la  di- 
sposizione del  rabdoma  è  diversa. 

La  natura  chimica  del  rabdoma  ed  i  suoi  caratteri  fisici  sono  certo  differenti  rispetto  al 
reslante  contenuto  cellulare  e  sono  questi  rabdomeri  che  percepiscono  la  luce  nella  cellula  visiva 
della  quale  sono  la  caratteristica  precipua. 

A.  Bkklesk,   Olì  Inietti,  II.   —  70. 


602  CAPITOLO    SESTO 


Chi  desidera  maggiori  particolari  su  queste  strutture  vegga  quanto  ne  è  detto,  colle  oppor- 
tune figure,  nel  voi.  I,  al  luogo  indicato.  Qui  se  uè  è  riassunto  quanto  basta  per  poter  discor- 
rere della  funzione  della  vista. 

Percezione  dei  colori.  —  Gli  insetti  (almeno  i  più  alti)  distinguono  i 
colori,  cioè  percepiscono  i  diversi  raggi  luminosi,  sentendone  la  diversità  d'onda, 
in  modo  non  fondamentalmente  diverso  da  quello  che  sentiamo  noi  pure. 

Henonchè  è  dimostrato  die  taluni  Insetti,  come  le  Formiche,  possono  perce- 
pire anche  i  raggi  ultravioletti,  che  noi  non  sentiamo,  mentre  non  possono  fare 
altrettanto  rispetto  ai  raggi  infrarossi.  Essi  abbracciano,  adunque,  nella  loro 
visione,  uno  spettro  più  ampio  del  nostro. 

Le  esperienze  di  parecohi  autori  (citiamo  il  Lubbock,  J.  Perez,  Peckaui)  provano,  con  sicu- 
rezza, che  le  Api  distinguono  i  diversi  colori  e  ciò  sanno  bene  praticamente  anche  gli  apicultori, 
che  usano  dipingere  con  tinte  differenti  le  diverse  arnie,  ciò  che  facilita  alle  Api  delle  singole 
colonie  il  riconoscimento  del  loro  nido,   anche  a  distanza. 

Il  Lubbock  condusse  una  esperienza  decisiva  su  questo  punto.  Messa  qualche  gocciola  di 
miele,  su  due  lastre  di  vetro,  l'una  coperta  da  una  carta  bleu  e  l'altra  da  una  carta  rossa, 
disposte  ad  un  metro  di  distanza  l'una  dall'altra  e  portata  sulla  carta  bleu  un'Ape  da  un  arnia 
discosta  un  duecento  metri  circa,  e  rimpinzataci  l'Ape  del  miele  depostovi,  per  due  volte,  lo 
sperimentatore  scambiò  di  posto  i  due  depositi  di  miele  e  l'Ape  di  ritorno,  ricercò  quello  distinto 
dalla  carta  bleu.  Rinnovata  la  prova,  l'Ape,  Bopraggiungendo  e  gettandosi  sul  deposito  distinto 
dalla  carta  rossa,  collocato  al  posto  prima  occupato  dall'altro,  riconosciuto  il  colore  diverso  si 
diede  subito  alla  ricerca  del  bleu. 

Altre  prove,  condotte  dallo  stesso  Autore  con  altri  colori,  dimostrarono  che  l'Ape  non  confon- 
deva se  non   il  verde  col   bleu. 

11  Perez  disponeva  delle  goccie  di  miele  su  corolle  di  Pelargonium,  fiore  non  visitato  nor- 
malmente dalle  Api.  Le  Api,  scoperto  il  deposito  di  miele,  continuavano  a  visitare  anche  altri 
fiori  di   Pelargonium,  anche  se  su   questi  non   era  stato  messo  affatto  del  miele. 

Il  Forel  ottenne  risultati  corrispondenti,  con  Api  e  Bumbus  sostituendo  Hori  veri  con  artificiali  o 
con  pezzetti  di  carta  con  miele  sopra,  e  gli  Insetti  continuavano  a  visitare  fiori  artificiali  o  carte 
colorate  delle  stesse  tinte  di   quelli  su  cui  avevano  prima  trovato  il   miele  (1). 

Queste  esperienze  sembrano  decisive  per  dimostrare  che  questi  insetti  distinguono  i  diversi 
coltri 

Se  ciò  avvenga  per  le  differenze  nella  lunghezza  dell'onda  dei  diversi  raggi  luminosi  o  per 
la  diversa  intensità  luminosa  dei  differenti  colori  è  anche  stata  questione  fra  gli  sperimentatori, 
ed  il  Plateau,  basandosi  su  osservazioni  del  Graber,  del  Merejkowsky  e  proprie,  sostenne  la  tesi 
che  non  per  le  qualità  spettrali  proprie  dei  singoli  colorigli  Insetti  ne  percepivano  la  differenza. 
ma  appunto  per  la  loro  diversa  intensità  luminosa.  È,  però,  una  tesi  questa  molto  ardua  a  difen- 
dersi, tanto  piti  quando  si  pensi  che,  nelle  esperienze  precedenti,  il  contrasto  colle  tiute  ambienti 
o  dei  diversi  colori  fra  di  loro,  in  condizioni  diverse  di  luce,  ecc.,  non  poteva  essere  la  causa  di 
percezioni  molto  differenti   da   parte  dell'insetto. 

La  facoltà  di  distinguere  i  diversi  colori  è  di  importanza  fondamentale  pegli  Imenotteri  e 
per  altri   Insetti   antotìli,   allo  scopo  di  riconoscere  le  diverse  specie  di  fiori  atti   ad  essere  visitati 


(1)  Lo  Schabl  osservò  che  una  Macroglossa  (M.  stellatarum)  entratagli  in  casa,  visitava'e  ai 
soffermava  su  fiori  dipinti  di  Tropaeolum  ed  il  Pierantoni  aggiunge  di  aver  veduto  spesso  delle 
Maoroglo*8e  entrare  in  una  stanza  di  una  villa  presso  Napoli  e  visitare  sistematicamente  i  fiori, 
dipinti  a  mezza  tinta,  di  crisantemi,  soffermandosi  davanti  a  ciascuno  in  ciascuna  serie  e  ta- 
standolo colla  proboscide,  esattamente  nella  regione  centrale  più  oscura,  ove  avrebbero  dovuto, 
questi   Insetti   trovare  il   nettare  in   un  fiore  vero. 

Il  Pierantoni  conchiude,  giustamente,  a  questo  proposito,  che  questa  osservazione  dimostra, 
almeno  in  questi  Insetti,  non  solo  la  facoltà  di  percepire  i  colori,  ma  ancora  la  forma  degli  og- 
getti, giacché  quei   fiori  di   Crisantemo  erano  piuttosto  diseguati  che  dipinti. 


l'individuo  negli  atti  per  la  propria  conservazioni*. 


«011  profitto.  Le  lunghe  esperienze  del  Plateau,  su  questo  punto,  non  sembrano  completamente 
persuasive. 

D'altro  canto,  il  Forel,  mercè  una  sua  esperienza,  mette  fuori  questione  l'intervento  di  qualche 
altro  senso,  pel  quale  gli  Imenotteri  possano  percepire  a  distanza  i  fiori  utili  ad  essere  visitati  e 
diriga  questi  Insetti  precisameute  allo  scopo. 

Il  Forel  vide  accorrere  a  bottinare  sui  fiori  precedentemente  visitati,  dei  Bombus,  ai  quali 
egli  aveva  asportato,  colle  antenne,  anche  parte  della  faccia,  coi  palpi,  bocca  e  faringe,  ossia 
tutti  "li  organi  considerati  per  sede  dei  sensi  dell'olfatto  e  del  gusto,  le  quali  prove  Bono  state 
confermate  dal  Plateau  stesso. 

Quanto  al  limite  spettrale  proprio  della  visione  negli  Insetti,  le  esperienze  sono  state  con- 
dotte più  che  altro  sulle  Formiche. 

Questi  insetti  sono  lucifughi  per  eccellenza.  Allogate  delle  formiche  in  recipienti  di  vetro 
violetto,  nei  quali  però  una  metà  laterale  era  occupata  da  un  vaso  di  vetro  contenente  solfuro 
di  carbonio  inodoro  (esperienza  di  Lubbock),  si  vide  che  gli  Insetti  venivano  a  rifugiarsi  a  ri- 
dosso del  vaso  contenente  il  solfuro,  che,  come  è  noto,  ha  la  proprietà  di  intercettare  i  raggi 
ultravioletti.  Questi,  invece,  passavano  liberamente  traverso  il  vetro  blen  del  rimanente  vaso, 
ciò  che  prova  che  sono  percepiti  dalle  Formiche,  le  quali,  nel  nido,  ricercano  l'ambiente  più 
oscuro  per  starvi  in  quiete. 

Altre  esperienze,  condotte  da  altri,  con  diverse  sostanze  intercettanti  i  raggi  ultra-violetti 
(soluzione  di  solfato  di  chinino,  soluzione  di  eseulinai,  mostrarono  che  le  Formiche  preferiscono 
persino  ambienti  molto  illuminati  di  una  luce  gialla  o  verde,  ma  difesi  contro  i  raggi  ultra- 
violetti, piuttosto  che  starsene  in  luogo  dove  penetrino  raggi  violetti,  anche  traverso  schermi  di 
questo  colore,  sia  pure  molto  iutenso. 

Se  si  fanno  penetrare  i  raggi  dello  spettro  in  un  formicaio,  si  vedrà  le  formiche  traspor- 
tare le  loro  larve  dal  lato  dei  raggi  infrarossi,  esattamente  al  limite  dello  spettro  visibile  per 
noi,  mentre,  dal  lato  opposto,  un  largo  spazio  dopo  i  raggi  violetti  percepibili  a  noi  resta  affatto 
deserto. 

È  dunque  una  vera  fobia  per  questi  raggi,  la  quale  però  si  deve  solo  alla  visione,  giacche 
e  Formiche,  acciecate  con  vernice  che  ne  ricopra  gli  occhi,  non  mostrano  piti  alcuna  preferenza 
per  un  ambiente  piuttosto  che  per  altro,  qualunque  sia  il  colore  della  luce  che  lo  illumina. 

Percezione  dei  movimenti.  —  Sembra  provato,  anche  dallo  studio  diretto 
dell'organo  visivo  degli  Insetti,  che  questi  percepiscono  assai  meglio  i  movimenti 
degli  oggetti  che  non  la  loro  forma  ed  anzi,  per  quanto  riguarda  i  movimenti, 
essi  li  sentono  anche  meglio  di  noi  stessi. 

Quanto  alla  distanza,  alla  quale  l'Insetto  percepisce  il  movimento,  noi  tutti 
conosciamo,  per  prova,  che  molti  Insetti  comuni  se  ne  avvedono  a  parecchi  metri 
di  distanza,  come  sa  bene  il  raccoglitore. 

Perciò  non  è  accettabile  facilmente  l'affermazione  del  Plateau,  che  la  distanza,  alla  quale  gli 
Insetti  percepiscono  il  movimento  di  corpi  di  lina  certa  dimensione  non  superi  i  due  metri  e  si 
limici  ad  un  metro  e  mezzo  pei  Lepidotteri  e  da  60  a  70  cent,  pegli  Imenotteri  e  Ditteri. 

Intanto,  pare  provato  che,  nella  percezione  della  forma  degli  oggetti,  l'insetto  sia  meno  bene 
dotato  dei  Vertebrati  superiori  e  di  noi    stessi. 

Negli  occhi  composti,  le  immagini  parziali,  che  si  formano  in  facette  vicine,  si  confondono 
fra  loro  più  o  meno  (secondo  F.xuer),  formando  dei  cerchi  di  diffusione  dipendenti  da  cause 
diverse.  Gli  omraatidi,  il  cui  asse  principale  cade  perpendicolarmente  sull'oggetto,  ne  avranno  una 
impressione  più  forte  che  non  quelli  accanto.  Perciò,  al  più  leggero  movimento  dell'oggetto, 
variando  il  grado  di  impressione  nei  diversi  ommatidi.  la  percezione  di  questo  movimento  deve 
essere  molto  energica. 

Nell'occhio  dei  Vertebrati,  invece,  è  solo  nella  periferia  dell'organo  che  gli  spostamenti  degli 
oggetti  sono  meglio  percepiti  delle  stesse  forme. 

Percezione  delle  forme.  —  Non  sembra,  invece,  ohe  la  forma  degli  og- 
getti sia  altrettanto  bene  percepita,    da    parte  dell'Insetto,   come    il    loro  movi- 


604  CAPITOLO    SESTO 


mento  e  colore.  Con  tutto  ciò  non  è  neppure  da  credersi  che  gli  Insetti  non 
distinguano  affatto  la  forma  degli  oggetti,  come  da  taluno  autore  si  è  voluto 
concludere. 

Il  Plateau,  in  seguito  a  uumerose  esperienze,  giudica  che  gli  Insetti,  in  generale,  percepi- 
scono assai  male  le  forme.  Si  può,  ades..  impedire  l'ingresso  delle  Mosche  o  delle  Vespe  in  una 
stanza,  solo  col  disporre  innanzi  alla  finestra  una  reticella  a  maglie,  anche  molto  più  larghe 
dell'apertura  delle  ali  dell'Insetto.  Per  mio  conto  io  ho  sempre  veduto  che  questo  effetto  si 
ottiene  solo  quando  la  rete  è  disposta  sull'unica  apertura  illuminante  la  stanza,  il  che  può 
essere  spiegato  colla  ripugnanza,  da  parte  di  questi  Insetti,  di  avventurarsi  in  un  ambiente  più 
buio,  traverso  il  diaframma  rappresentato  dalla  rete  ed  il  Pissot  ha  dimostrato  che,  disponendo 
una  reticella  a  maglie  di  22  min.  diuauzi  ad  un  nido  di  Vespe,  questi  Insetti,  dopo  un  quarto 
d'ora  di  prove  per  apprendere,   imparano  benissimo  a  traversar  l'ostacolo  a   volo. 

11  Plateau  ha  mostrato  ancora  che,  mettendo  Insetti  di  varie  specie  in  una  cassetta, 
trasformata  in  labirinto  a  mezzo  di  chiusura  incompleta  ed  ostacoli  differenti,  gli  Insetti  stessi 
non  giungono  ad  uscirne  se  nou  con  molta  pena,  dopo  reiterati  tentativi,  battendo  costante- 
mente negli  ostacoli  e  girandoli.  Il  Forel  vide  una  Vespa  che  cacciava  le  Mosche  su  un  muro. 
anciarsi  più  volte  su  teste  di  chiodo  infissevi,  scambiandole  per  la  preda.  Altre  osservazioui 
analoghe  si  possono  fare  tuttodì   rispetto  ad  Insetti  diversi. 

Ma,  il  Lubbock  ed  il  Forel  ottennero  di  richiamare  le  Vespe  su  cartoni  recanti  miele,  ta- 
gliati in  forme  differenti  e  riconobbero  che  questi  insetti  si  avvedevano  della  forma,  in  seguito 
variata,  dei  cartoni. 

È  qui  il  caso  di  ricordare  anche  l'osservazione  del  Pierantoui,  sopraci  tata,  a  proposito  della 
Macroglossa  itellatarum,   che  mi  sembra  decisiva  in   tale  questione,   almeuo  per  questo  Insetto. 

È  prudente,  dunque,  concludere  che  gli  Insetti,  dotati  di  altri  seusi  finissimi  e  delicatissimi, 
si  affidano  a  questi  anche  più  volentieri  e  sicuramente  che  nou  alla  visione,  come  fa  il  cane 
che  non  si  accontenta  mai  della  sola  vista  per  riconoscere  le  persone  o  gli  oggetti,  ma  ricorre 
sempre,   immancabilmente,   anche  all'acutissimo  odorato. 

Visione  a  distanza.  —  Non  sembra,  data  anche  la  minutezza  dei  mezzi 
rifrangenti,  che  la  visione  netta,  sopratutto  delle  forme,  si  possa  esercitare  a 
grandi  distanze  da  parte  degli  Insetti.  Le  corneole  ed  i  cristallini  rappresentano 
delle  lenti  a  fuoco  molto  corto.  Inoltre,  l'insieme  dei  singoli  ommatidi,  cioè 
l'occhio  composto  è  variamente  convesso,  a  seconda  del  differentissimo  numero  di 
sensilli  che  lo  compongono,    variabilissimo    secondo  le  diverse  specie  di  Insetti. 

Quanto  all'aggiustamento  dell'occhio,  per  ottenere  la  nettezza  delle  immagini 
a  distanze  varie,  sembra,  almeuo  per  taluni  Insetti,  dimostrata  la  facoltà  di  ag- 
giustamento e  si  può  ammettere,  per  molte  specie,  che  la  ristrettezza  dell'aper- 
tura degli  ommatidi,  come  in  piccole  camere  oscure,  possa  permettere  la  for- 
mazione delle  immagini  su  uno  stesso  piano,  qualunque  sia  la  distanza  degli 
oggetti. 

È  questa  l'opinione  che  il  Viallanes  avanza  a  proposito  degli  occhi  dei  Lecustidi.  Che,  data 
la  struttura  dell'occhio  composto,  non  fosse  altrimenti  possibile  l'aggiustamento  per  la  netta 
visione  di  oggetti  a  distanza  varia,  è  stata  opinione  accettata  generalmente  dagli  entomologi, 
non  ostante  le  già  vecchie  osservazioni  del  Leydig.  Ma  il  Vigier,  recentemente,  ha  riconosciuto, 
negli  occhi  di  Libellulidi  del  geu.  Aescìtna,  un  apparato  accomodatole,  interposto  fra  gli  omma- 
tidi. Tale  apparato  si  compone  da  un  lato  di  fibrille  muscolari,  che,  contraendosi,  tendono  a  rac- 
corciare la  estremità  distale  degli  ommatidi,  particolarmente  dei  coni  cristallini,  e  pel  lavoro 
opposto,  minuscoli  tracheali  intercalati  fra  gli  ommatidi  medesimi,  tendono,  per  la  loro  elasticità 
e  per  un  possibile  aumento  della  pressione  dell'aria  che  contengono,  comprimendo  le  faccio  la- 
terali degli  ommatidi,  a  determinarne  il  loro  allungamento. 

Quanto  alla  acutezza  della  vista  negli  Insetti,  cioè  la  distanza  alla  quale   essi    possono  per- 


l'individuo  negli  atti  pku  la  propria  conservazione  605 

cepire  Dettamente  gli  oggetti,  anche  nella  loro  forma  e  ciò  a  mezzo  degli  occhi    composti,  le  os- 
servazioni  in    proposito  sono   bene  scarse. 

Exner  ha  mostrato,  con  osservazioni  dirette  sull'occhio  delle  Lampiridi,  che  questi  Insetti 
percepiscono  nettamente  la  immagine  dei  corpi  ambienti  ad  una  distanza  molto  breve.  È  da  sup- 
porta che,  ad  es.  una  griglia  con  sbarre  di  5  cm.  sia  percepita,  per  quello  che  è  realmente,  ad  una 
distanza  di   ni.  2.25. 

Diottrica  e  formazione  delle  immagini.  — Data  la  molteplicità  dei  sen- 
silli  nell'occhio  composto,  non  poteva  non  sorgere  discussione  fra  gli  studiosi  degli 
Insetti  circa  il  modo  come  le  immagini  possono  formarsi  nel  loro  insieme  e  dare 
all'Insetto  percezione  complessiva  del  mondo  esterno,  da  poiché  sembrerebbe  che 
ciascun  ommatidio  non  potesse  rappresentare,  per  suo  conto,  se  non  una  sola 
immagine  distinta. 

Ciò  era  tanto  più  credibile  dopo  la  osservazione  del  Leuwenhoeck,  che,  mettendo  al  punto 
il  suo  microscopio  verso  la  faccia  posteriore  di  una  cornea  d'un  occhio  composto,  vedeva  innu- 
merevoli piccole  immagini  singole,  rovesciate,  della  fiamma  di  una  candela,  ciascuna  per  ogni 
corueola.  Rimaneva,  dunque,  difficile  il  comprendere  come  tante  singole  immagini  potessero  fondersi 
in   nna  sola,  quale  certamente  l'Insetto  deve  percepire. 

Muller  J.  (1829),  per  suo  conto  e  forse  all'insaputa  della  osservazione  sopracitata,  proponeva 
la  sua  nota  teoria  della  visione  a  mosaico,  per  cui  ciascun  ommatidio  sarebbe  impressionato  da 
quella  sola  area  luminosa,  che  corrisponde  alla  sua  proiezione  sul  campo  visuale  e  che  tutte 
queste  aree,  a  contatto  l'una  coll'altra,  darebbero  una  immagine  unica  e  diritta  dell'oggetto.  I 
raggi  luminosi,  incidenti  obliquamente  sull'ommatidio,  sarebbero  arrestati  dal  pigmento,  che  cir- 
conda ciascun  cristallino,  cosi  che  il  sensillo  non  potrebbe  percepire  che  quelli  diretti  secondo 
il  suo  asse  longitudinale,   ossia  perpendicolari   al  piano  della    corneola. 

La  teoria  dal  Muller,  combattuta  dal  Gottsche  (1852),  ripresa  e  sostenuta,  col  concorso  di 
ricerohe  istologiche,  dal  Greuacher  (1879)  fu  precisata  e  completata  dagli  studi  fisiologici  del- 
l'Exner  (1891),  il  quale  giunse  pertiuo  a  fotografare  la  immagine  unica  e  diritta  ottenuta  dal- 
l'occhio di  Lampyris  nootilaea  maschio,  ciò  che  fu  ottenuto  più  tardi  anche  per  altri  Insetti  e 
da  altri   studiosi  (Parker   1895). 

Non  tutte  le  conclusioni  dell'Exner  possono  essere  accolte  senza  discussione,  tanto  è  vero 
che  il  Vigier,  recentemente  (1907-09)  ha  esposto  qualche  dubbio  in  proposito  di  talune,  ma  l'in- 
sieme delle  ricerche  dell'Exner  conduce  ad  una  teoria  completa  della  visione  negli  Artropodi,  a 
mezzo  degli  occhi  composti,   che,   nel   suo  insieme,   è  da    ritenersi  accettabile. 

Fondamentale  è  l'osservazione  dell'Exner  che  i  mezzi  rifrangenti,  cioè,  tanto 
la  corneola  quanto  il  cono  cristallino,  non  sono  di  densità  e  quindi  di  potere 
rifrangente  omogeneo;  ma,  avendo  una  struttura  stratificata,  possono  considerarsi 
come  l'insieme  di  tanti  coni  coll'apice  rivolto  verso  l'interno  e  tutti  accomodati 
l'uno  dentro  l'altro.  Mercè  un  unico  refrattometro,  l'Exner  constatò  che  in  questo 
sistema  l'indice  di  rifrangenza  aumenta  dall'esterno  all'interno  ed  è  massimo  se- 
condo l'asse  del   mezzo  rifrangente. 

Dal  punto  di  vista  ottico,  tutto  questo  sistema  può  essere  assimilato  ad  un 
cilindro  (composto  di  più  cilindri  l'uno  dentro  l'altro),  nel  quale  il  potere  rifran- 
gente aumenta  dalla  periferia  al  centro.  Questo  sistema  è  chiamato  dall'Exner 
cilindro-lente  e  l'Autore  ne  ha  studiato,  col  calcolo  e  coll'esperienza,  le  proprietà 
ottiche. 

Nel  cilindro-lente,  un  raggio  che  cada  obliquamente  sulla  faccia  piana  e 
percorra  il  cilindro  per  fuoriuscirne  dall'altra  faccia,  incontrando  strati  sempre 
meno  rifrangenti  li  percorre  con  angolo  sempre  minore,  finché  l'angolo  stesso, 
a  metà  del  cilindro,  è  nullo,  di  poi  diviene  negativo  e,  traversando  con  cammino 
inverso  gli  strati  di  mano  in  mano  più  rifrangenti,  ritornerà  gradatamente  verso 
l'asse  del   cilindro. 


606 


CAPITOLO    SESTO 


Tutta  un'onda  sferica,  emanante  da  un  punto  luminoso  fuori  del  cilindro,  ne 
uscirà  dall'altra  faccia,  con  una  forma  concava  ed  i  raggi  si  incontreranno  in  un 
punto  esterno,  simmetrico  a  quello  luminoso,  da  cui  sono  partiti. 


Fig.  633.  —  Schema  del 
l'andamento  di  un  rag 
gio  x  y  in  un  cilindro- 
lente.  Secondo  Exuer. 


I" 


Tutto  oiò  è  graficamente  rappresentato  nelle  tigg.   633-634. 

Un  raggio  x  y  (fig.  633),  che  si  diparta  da  i  e  cada  obliquamente  su  uua  base  del  cilindro- 
lente  a  e  o  d,  penetrando  in  questo  od  incontrando  successivamente 
i  diversi  strati  meno  rifrangenti,  si  trova  diversamente  rifratto,  in 
modo  che  la  sua  direzione  fa,  coll'asse  del  cilindro  (xy),  un  angolo 
sempre  minore  e  lo  raggiunge  finalmente  in  y,  punto  simmetrico 
con  x,  al  di  là  dell'altra  base. 

Così,  l'onda  sferica  m  n,  m'  to'  emauata  da  x  (fig.  6341  uscirà 
dal  cilindro  (m5  w5)  dopo  aver  preso,  successivamente,  entro  il  ci- 
lindro, le  forme  »i2  »i2,  m3  «3,  m*  n4,  per  rendersi  finalmente  ad  y. 
Tenuto  conto  anche  della  lunghezza  del  ciliudro-lente,  due  casi 
principali  si  possono  considerare,  rispetto  alla  visione  dell'occhio 
composto  degli  Insetti. 

Se  la  lunghezza  del  cilindro-lente    è    tale    che  il  fuoco  viene  a 
trovarsi  sulla    base  posteriore  (retinica)     del    cilindro  stesso,  cioè  la 
distanza  focale    è    eguale    a  quella    del    cilindro    (fig.  635),  viene  a 
formarsi,   sulla   base     retinica,     una    immagine  rovescia  (y x)  dell'og- 
getto (xy)    ed  i  raggi  principali  (R,  R'),    diparteutisi    dall'oggetto, 
escono  dal  cilindro  paralleli  fra  loro. 
A  questa  maniera  di  visione  corrisponde  un  tipo  rappresentato  da  parecchi  Insetti  (Bo«i(ms, 
Vespe,   Mosche,   Libellule,   Elateridi,   Dorcadion),  nel  quale  il  sistema  corneola-cristallino  può  pa- 
ragonarsi (dal  punto  di  vista  della  diottrica)  ad  un  cilindro-lente  con  una  distanza  focale  eguale 
alla  sua  lunghezza.  In  questo  caso  la  immagine,  per  ciascun  ommatidio,  non  impressiona  la  sin- 
gola retinula    se    non    come   nn  punto 
luminoso,    ed     è     1'  insieme    di    questi 
punti     variamente    luminosi     (da     non 
confondersi    colle     immagini     rovesciate 
ohe  per  le  sole    corneole     singole    vide 
già     il    Leu'wenhoeck,      secondo     si     è 
detto),     che     compone      una    immagine 
diritta  per   iustaposizione  (Jppositioiisbild 
di  Exuer). 

In  questo  tipo  i  coni  cristallini 
sono  tutti  circondati  di  pigmento,  fino 
alla  loro  estremità  posteriore,  così  che 
la  luce,  che  ne  esce  ad  impressionare 
la  retinula  (che  è  corta  e  situata  imme- 
diatamente dietro  il  cono),  non  ha  altra 
via  che  pel  punto  centrale,  il  che  de- 
termina la  formazione  di  una  singola 
immagine,  così  piccola  che  non  può 
essere  percepita  dal  singolo  ommatidio 
se  nou  come  un  punto  luminoso,  con- 
forme si  e  detto. 
Vedasi  la  fig.  636,  che  mostra  schematicamente  questo  modo  di  visione  per  questo  tipo  di 
occhi  composti.  In  7,  //,  III,  sono  indicati  tre  punti  diversamente  luminosi  dell'oggetto.  In  0 
tre  ommatidi  dell'occhio  composto  (e  corneole,  or  coni  cristallini,  p  cellule  pigmentali,  rt  reti- 
nule).  I  raggi  R,  Rlt  R-,  che  cadono  perpendicolarmente  sui  singoli  ommatidi,  raggiungono  le 
retinole,  ma  i  raggi  obliqui  r,  rifratti  nel  complesso  rifrangente,  sono  arrestati  dal  pigmento. 
La  immagine  è  diritta  per  iustaposizione  dei   punti   luminosi  dipendenti  dai  soli  raggi  R,  fi1,  fi!. 

Nella  seconda  maniera  di  visione,   la  lunghezza  dal  complesso  rifrangente  (cornea-cristalliuol, 
cioè  del  oilindro-lente,  è  doppia  della  distanza  focale.     La  immagine  rovescia  dell'oggetto  viene 


/ 


.'/ 


V- 


Fig.   634.   —    Schema  del 
l'andamento  di  un'onda 
sferica,    partente    da  x, 
in  un  cilindro-lente.   Se- 
condo Exner. 


Fig.  635.  —  Schema  della 
formazione  dell'  imma- 
gine in  un  cilindro-lente 
a  distanza  focale  eguale 
alla  lunghezza  del  ci- 
lindro stesso.  Secondo 
Exner. 


L'INDIVIDUO    NICOLI    ATTI    PER   LA    PROPRIA    CONSERVAZIONE 


607 


a  formarsi  nel  mezzo  del  cilindro  ed  i  raggi  nella  seconda  metà  del  cilindro  stesso  procedono 
con  direzioni  simmetriche  a  quelle  del  loro  ingresso,  con  direzione  dallo  stesso  lato  dal  quale 
vi  sono  entrati.   Nel  complesso  la   immagine  sarà  dunque  diritta. 

Questa  seconda  maniera  di  visione  è  indicata  a  fig.   637,  die  non  ha  bisogeo  di  altre  spiega- 
zioni, soprattutto  se  confrontata  colla  tig.   635.     Tale    modo  di   visione,    col  tipo  dell'occhio  com- 
posto che  ne  è  suscettibile,   è  rappresentata  in  natura,   da    parecchi 
Insetti  e  l'Exner  lo  ha  constatato  per  la  Cantaride,  Lampyri»,  Tele- 
phorus,    Hydrophilnx,  Cetonidi  e   per  le   Farfalle  notturne. 

In  questi  occhi  (tig.  63S)  il  pigmento  è  raccolto  attorno  alla 
parte  anteriore  del  cono  cristallino,  mentre  dalla  parte  posteriore 
del  cono  atesso  i  raggi  luminosi  possono  uscirne  anche  lateralmente. 
Le  retinule  sono  situate  a  distanza  dall'apice  posteriore  dei  sin- 
goli coni  e  tra  questi  e  l'apice  delle  retinule  stesse  è  intercalato  un 
mezzo  trasparente,  ma  non  l'infrangente.  Così  avviene  che  su 
ogni  singola  retinula  viene  a  cadere  non  solo  il  raggio  luminoso, 
partente  dall'oggetto  e  cadente  a  perpendicolo  sulla  faccia  esterna 
del  cilindro  lente  e  traversante  il  detto  cilindro,  secondo  il  suo 
asse,  ma  ancora  i  raggi  provenienti  da  punti  vicini  dell'oggetto 
stesso  e  che  cadono  obliquamente  sulla  faccia  esterna  dello  stesso 
cilindro-lente,  nel  cui  interno  sono  refratti,  secondo  la  maniera 
indicata,  e  vengono  poi  a  raccogliersi  tutti  insieme  con  quelli  per- 
pendicolari  sul  medesimo  puuto,  che  è  sempre  l'apice  della  retinula. 

Così  l'immagine  riesce  diritta,  ma  su  ciascuna  retinula  vengono 
a  cadere  anche  raggi,  che  hanno  traversato  gli  ommatidi  vicini  a 
quello  su  cui  cade  il  raggio  perpendicolare  ;  si  ha  cioè  la  forma- 
zione della   immagine  per  sovrapposizione  {supeipositionsbitd). 

Anche  per  questo  caso  è  sufficiente  alla  dimostrazione  la  annessa  fig.  638,  col  paragone  della 
corrispondente  fig.  636,  che  si  richiama  al  tipo  di  occhio,  nel  quale  l'immagine  è  formata  per 
instaposizione,   secondo  si   è  detto. 


Fig  636.  —  Figura  sche- 
matica, rappresentante 
1'  andamento  dei  raggi 
luminosi  e  la  formazione 
dell'immagine  per  ittita- 
posizione  io  tre  ommatidi 
a  distanza  focale  pari 
alla  lunghezza  del  ci- 
lindro-lente. .Secondo 
Exner. 


Tra  queste  due  maniere  di  occhi  e  di  visione,  esistono,  fra  gli  Insetti,  molto 
maniere  intermedie,  giacché,  in  questi  animali,  domina 
una  grande  varietà  nella  struttura  dell'occhio,  ciascuna 
con  funzionamento  speciale. 

Quanto  si  è  detto  è  da  riferirsi  esclusivamente 
agli  occhi  euconi,  cioè  con  cristallini  ben  differenziati  ; 
ma  si  è  avvertito  (voi.  I,  ]>ag.  657)  che  esistono  Insetti 
pseudoconi  (Muscidi,  Libellulidi),  nei  quali  i  cristallini 
sono  rappresentati  da  una  massa  fluida,  segregata  dalle 
cellule  cristalline  ed  altri  aconi  (Forficulidi.  Emitteri, 
Ditteri  Nematoceri,  Coleotteri  non  Pentameri),  i  quali 
hanno  coni  pienamente  cellulari  e  non  rifrangenti  la 
luce.  In  questi  casi  la  rifrangenza  è  data  solo  dalle 
cornee  e  le  immagini  si  ottengono  per  iustaposizione. 


i 

/* 

è 

I 

>-    - 

/ 

Fig.  637.  —  Schema  della 
formazione  dell'  imma- 
gine in  un  cilindro- 
lente  a  distanza  focale 
pari  a  metà  della  lun- 
ghezza del  cilindro-lente. 
Secondo  Exner. 


L'Exner  ha  rilevato  ancora    che,     oltre    al    modo  di   funzionare 
del   cilindro-lente,    concorrono    alla    visione    anche    altri     elementi, 
come  la  riflessione  totale  di     alcuni    raggi     sulle    pareti     dell'omma- 
tidio,  che  concorrono  a  concentrare  e  ad  aggruppare    i    raggi    lumi- 
nosi sulle    singole  retinule,   e  questi,  in  alcuni  tipi  hanno  importanza   varia  nella    funzione  visiva. 

Gli  Insetti  notturni,  i  quali  hanno  bisogno  di  utilizzare  (pianti  più  raggi 
luminosi  è  possibile,  durante  le  ore  buie,  hanno  mezzo  di  aumentare  o  diminuire 
l'accesso  dei  raggi  luminosi  sulle  retinule  come  agli  animali  superiori  permette 
di  fare  l'iride.  Ciò  è  ottenuto,    nei    detti   Insetti,  mercè    l'allontanarsi   od  avvici- 


«08 


CAPITOLO   SESTO 


narsi  tra  loro  delle  due  masse  di  pigmento,  che    circondano    ciascun  ommatidio. 

Putta  attorno  ai  coni  cristallini  (distale)  l'altra  prossimale, 
più  interna,  addossata  alla  membrana  basale  (o  pseudo 
basale)  dell'occhio  (vedi  voi.  I,  fig.  812  ed  altre).  Con  ciò 
scema  od  aumenta  il  diaframma  opaco,  che  intercetta  il 
passaggio  ai  raggi  incidenti  obliquamente  sull'occhio. 


Fig.  638.  —  Figura  sche- 
matica, rappresentante 
l'andamento  dei  raggi 
luminosi  e  la  formazione 
dell1  immagine,  per  so- 
vrapposizione in  tre  ora- 
matidi  a  distanza  focale 
pari  a  metà  della  lun- 
ghezzadel  cilindro-lente. 
Secondo  Exner. 


Queste  duo  masse  di  pigmento  sono  separate  fra  loro  da  un 
largo  intervallo.  In  presenza  di  una  forte  illuminazione  ambiente  la 
massa  distale  tende  ad  allungarsi  verso  l'interno  (fig.  639)  abbrac- 
ciando così  tutto  l'apice  interno  del  cono  cristallino  e  non  permet- 
tendo, quindi,  se  non  l'ingresso  dei  raggi  incidenti  sul  mezzo  ri- 
frangente secondo  il  suo  asse  o  con   leggerissima  obliquità. 

Basta  qualche  ora  di  permanenza  di  un  insetto  notturno  in  un 
ambiente  molto  illuminato  per  ottenere  l'effetto  di  questo  allunga- 
mento della  massa  pigmentare  distale,  come  è  stato  constatato  da 
Exner  e  da  Stefanowska,  sezionando  individui  di  una  stessa  specie 
di  insetto,  gli  uni  tenuti  per  alcune  ore  alla  gran  luce  del  sole, 
<rli  altri  rinserrati  per  qualche  tempo  in  ambiente  buio.  Si  può 
aver  idea  del  fenomeno  anche  coll'osservazione  diretta  a  mezzo  di 
un  oftalmoscopio  fornito  di  lente  di  ingrandimento.  Si  può  notare 
il  fenomeno  della  estinzione  della  luce  oculare. 
Se  si  osserva  così   l'occhio  di   una    Farfalla  notturna,  dopo  un     lungo  soggiorno    al    buio,   si 

vede,     alla    superficie    dell'occhio,    un    puuto  luminoso  rosso. 

Dopo  qualche  tempo  di  permanenza  in   luce,  questa  luminosità 

rossa  scompare  e  non    si    rinnova    se    non     dopo    una    nuova 

permanenza  prolungata,   nel   buio.   Questa  luminosità  rossa  di- 
pende,   oome    nei   vertebrati,    dalla    visione,  da  parte  nostra, 

del  fondo  dell'occhio. 

Il  fenomeno  si  manifesta  in  moltissimi  Insetti,    ma    più, 

come  è  facile  arguire,   nei  notturni. 


Le  cellule  nervose  percipienti  l'immagine  sono 
in  numero  di  sette  per  ciascun  ommatidio  ed  i 
loro  rabdomeri,  disposti  longitudinalmente  su  cia- 
scuna cellula  e  nella  taccia  interna,  costituiscono 
un  cilindro  (rabdoma)  (voi  I,  pag.  657,  fig.  811; 
pag.  660,  fig.  817),  disposto  secondo  l'asse  dell'om- 
matidio,  il  quale,  è  veramente  la  sede  della  perce- 
zione visiva  e  per  la  sua  forte  rifrangenza  riesce 
un  mezzo  adattissimo  a  condurre,  senza  dispersione, 
la  luce,  così  come  fa  una  bacchetta  di  vetro  illu- 
minata su  una  sua  sezione,  e  ciò  in  grazia  della 
riflessione  totale  dei  raggi  luminosi.  Dal  rabdoma 
la  impressione  si  trasmette  alle  fibrille  nervose, 
che  corrono  al  ganglio  ottico  e  finalmente  al  cer- 
vello. 

I  raggi  luminosi  giunti  al  fondo  dell'occhio 
incontrano  una  superficie  riflettente  (membrana  ba- 
sale, tappeto),  che  li  rimanda  in  direzione  inversa, 
aumentando  così  l'eccitazione  nervosa  delle  cellule 
retiniche.  Ciò  è  più  accentuato  negli   Insetti  notturni 


Fig.  639.  —  Due  ommatidi,  di 
un  Coleottero  (  Colymbetrs  fuxeus) 
i  cui  occhi  sono  conformati 
per  vedere  in  una  semioscu- 
rità. 

A,  in  un  individuo  ucciso,  col- 
l'alcool,  dopo  essere  stato  te- 
nuto qualche  tempo  nell'oscu- 
rità; B,  in  altro  individuo  te- 
nuto per  qualche  tempo  al  sole 
ed  ucciso  egualmente  coll'al- 
cool. 

cn,  come-ole  ;  e,  coni  cristallini  ; 
cr,  cellule  retiniche;  pi.  pig- 
mento dell'iride;  pr,  pig- 
mento retinico.  Da  Exner. 


che  utilizzano  così  anche    meglio  la  scarsa  luce.   In 

questi  animali    il    tappeto    è    molto    differenziato  e  si  compone  di    sottili    ramifi- 


L'INDIVIDUO    N'KGI.I    Al  E  I    I'I'.l:    LA     l'ROI'KIA    CONSKRVAZIONK  600 


oazioni  tracheali,  distribuite  in  uno  strato  sotto  la  rdina  (vedi  voi.  I,  fi- 
guro 814,  pag.  659,  819  a  pag.  661,  sopratutto  la  (ìg.  821)  e,  secondo  l'Exner,  è 
questo  il   migliore    strato  riflettente  ohe  si   possa   incontrare  nel   regno  animale. 

Visione  a  mezzo  degli  ocelli  od  occhi  semplici.  --  Gli  ocelli  risultano 
da  un  solo  sensillo,  nel  quale  la  parte  rifrangente  è  data  dalla  sola-cornea,  il 
più  spesso  foggiata  a  lente  convessa  <>  biconvessa.  Manca  il  cono  cristallino  e 
sotto  la  lente  si  trovano  accumulate  molte  cellule  nervose,  costituenti  la  retina 
e  che  mandano  tutte  insieme  le  loro  fibrille,  formando,  così,  il  nervo  ottico.  Nel 
punto  di  contine  le  cellule  nervose  e  le  circostanti  ipodermiche,  cioè  lungo  tutto 
l'orlo  della  lente  corneale,  alcune  cellule  ipodermali,  cariche  di  pigmento,  fungono 
da  iride. 

Gli  arebeommi,  come  ho  proposto  (voi.  I,  pagg.  667-678)  di  chiamare  questi  ocelli,  che  rappre- 
sentano il  primitivo  organo  della  vista  negli  Insetti,  raggiungono  però  gradi  varii  di  perfezionamento1, 
partendosi  da  ini  orbano  molto  semplice,  quale  si  è  quello  in  cui  neppure  la  parti'  cuticolare  è 
differenziata  dalla  circostante,  nò  si  trova  altro  che  rappresenti  un  mezzo  rifrangente,  con  cel- 
lule visive  disordinatamente  disposte,  fino  alla  presenza  di  una  cornea  lenticolare,  una  specie 
di  cristallino  fluido  o  composto  di  molte  cellule  a  più  strati  e  con  uno  strato  di  cellule  cornea- 
gene,  tendenti  a  formare  piuttosto  un  corpo  rifrangente  che  un  diafragma  ed  un  tapttiim  e  final- 
mente dne  strati  di  cellule  visive  (molti  Nenrotteri  e  Pseudonenrotteri)  forse  per  la  aggiuBtatura 
della  visione  a  diversi  fuochi.  Le  variazioni  entro  questi  limiti  sono  infinite,  e  male  gli  ar- 
cheoinmi  si  conducono  ad   un   tipo  unico. 

Gli  archeommi  più  semplici  si  trovano  negli  Apterigoti  (ad  es.  Ornhesella),  dove  la  cornea 
non  è  differenziata  e  le  cellule  visive  sono  disordinatamente  disposte  fra  le  ipodermali  ;  quelli 
più  differenziati  si  trovano  in  taluni  adulti,  ad  es.  nei  Cloeon  (voi.  I,  fig.  847)  dove  tutte  le 
parti  ricordate  più  su   pegli  archeommi   più  differenziati   sono  rappresentate  benissimo. 

Due  diverse  maniere  di  disposizione  degli  ocelli   si  riscontrano  negli  Insetti. 

In  un  caso,  rappresentato  da  taluni  Apterigoti,  come  da  molte  larve  olome- 
taboliche,  si  trovano  ocelli  in  numero  vario,  a  ciascun  lato  del  capo,  disseminati 
su  un'area  più  o  meno  estesa  e  non  a  contatto  fra  loro;  in  altro  caso,  del  quale 
abbiamo  esempio  negli  adulti  di  moltissime  specie,  nei  diversi  ordini,  gli  ocelli 
sono  in  numero  tipicamente  di  tre  (talora  ridotti  a  due  o  ad  uno,  per  scomparsa 
secondaria  degli  altri)  e  stanno,  disposti  a  triangolo,  sulla  parte  superiore  od  an- 
teriore della  fronte.  In  questo  caso  essi  sono  presenti  assieme  a  quelli  composti, 
il  che  non  si  vede  mai,  invece,  nelle  larve  olometabole,  per  le  quali  gli  occhi 
composti  fanno  difetto  sempre. 

Nel  primo  caso  la  visione  è  affidata  solo  agli  ocelli  ed  essa  è  molto  ottusa 
nel  secondo  non  è  ancora  bene  chiaro  lo  scopo  di  questi  organi,  che  pure  sono 
talora  assai  differenti  e  gli  autori  sembra  inchinino  a  credere  che  non  abbiano 
ufficio  visivo  importante  o  non  ne  abbiano  affatto. 

Il  Plateau  ha  dimostrato,  in  seguito  ad  accurate  esperienze  ,  che  i  Bruchi  non  distinguono 
un  oggetto  di  piccole  dimensioni,  ad  esempio  una  bacchetta  del  diametro  di  cinque  centimetri,  se 
non  ad  una  distanza,  che  varia  tra  unno  due  millimetri,  e  distinguono  le  grosse  masse,  come  il 
corpo  di   un  uomo,  soltanto  a  40  cin. 

Ma,  circa  gli  ocelli  delle  forme  adulte  provviste  anche  di  occhi  composti,  le  esperienze  di 
molti  autori,  anche  vecchi  (Eéaumnr,  Marcel  de  Sevres,  Dugès,  Plateau,  Foiel),  i  quali  hanno 
provato  sopprimendo  l'uso  degli  ocelli,  pur  lasciando  libera  la  vista  :i  mezzo  degli  occhi  com- 
posti e  viceversa,  tendono  a  concludere,  secondo  i  detti  autori,  che,  mediante  gli  ocelli,  non  è  in 
atto  visione  alcuna  e  solo  può  ammettersi   una  semplice  percezione  della  luce. 

Gli  Insetti,  nei  quali  si  sono  rispettati  gli  occhi  composti,  sopprimendo   l'uso  degli  ocelli,  non 

A.  Beblese,  Oli  Intetli,  II.  —  77. 


610  CAI']  imo    slMii 


hanno  mai  mostrato  di  risentirsene  in  alcun  modo  e  quelli,  invece,  accecati  dei  loro  occhi  com- 
posti, ma  lasciati  godere  degli  ocelli,  si  sono  levati  perpendicolarmente,  a  volo,  a  grandi  altezze. 

Intanto,  però,  non  è  facile  l'ammettere  che  organi  così  differenziati,  come  sono  gli  ocelli, 
specialmente  in  taluni  adulti,  non  abbiano  ufficio  piti  delicato  di  quello  della  semplice  percezione 
della  luce,  quale  può  essere  data  se  non  da  tutta  la  pelle,  almeno  da  quei  rudimeutalissimi  or- 
gani sensoriali,  ohe  sono  le  semplici  macchie  pigmeutate  in  rapporto  con  diramazioni  nervose 
che  arrivano  in  quel  puuto  della  pelle,  come  si  vede  in  talune  larve  olometabole  e  che  rappre- 
sentano il  primissimo   embrione  di  un   organo  visivo. 

A  me  sembra  che  se  si  accoglie  l'ipotesi  antica,  cioè  che  gli  ocelli  rappresentino  organi  visivi  a 
fuoco  cortissimo,  veri  apparati  per  la  visione  a  brevissima  distanza,  come  con  lenti  di  ingrandi- 
mento fortissimo  si  potrebbe  vedere  per  noi,  è  tutto  spiegato,  anche  l'apparente  inutilità  di 
questi  organi  quando  l'insetto  non  accenna  a  risentirsene  per  la  loro  abolizione,  mentre  se  ne 
può  orientarsi  avvedrebbe  nelle   condizioni  speciali   nelle  quali  fosse  il  caso  di  usarle. 

Si  capisce,  d'altronde,  che,  abolendo,  invece,  l'uso  degli  occhi  per  la  visione  a  distanza,  come 
sono  quelli  composti,  l'insetto  non  può  più  percepire  l'ambiente  nel  suo  insieme  ed  in  questo  non 
può  orientarsi  affatto,  gli  ocelli   non   serveudogli  punto  a  ciò. 

Lo  stesso  accadrebbe  ad  un  miope  in  grado  fortissimo,  al  quale  fossero  sottratti  gli  occhiali. 
Nel  caso  inverso,  l'insetto  non  può  essere  più  incomodato  d'un  micrografo,  ohe  smarrisca  la  sua 
lente  di   ingrandimento. 


Altri  sensi. 

Che  gli  Insetti  godano  «li  altri  sensi  oltre  i  cinque  da  noi  pure  posseduti 
non  pare  si  possa  eseludere  se  non  partendo  dal  preconcetto  (discutibilissimo) 
che  l'uomo,  essendo  il  re  della  natura,  non  può  esser  dotato  più  scarsamente  di 
altri  animali   per  ciò  che  riguarda  le  facoltà  sensitive. 

Ma,  se  si  ammette,  ciò  che  è  indiscutibile,  che  molti  animali  godono  di  una 
assai  maggiore  acutezza  degli  stessi  sensi,  che  pure  ci  appartengono  e  se  si  am- 
mette, il  che  non  può  essere  certo  negato,  Che  negli  Insetti  esistono  organi  sen- 
soriali diversi  per  struttura  da  quelli  che  si  riferiscono  ai  cinque  sensi  comuni 
a  noi  pure,  si  vedrà  che  bisogna  convenire  nella  superiorità,  quanto  a  facoltà 
sensitive,  di  molti   sudditi  in   confronto  di  questo  sedicente  re. 

Intanto,  però,  qui,  dove  non  è  luogo  ad  altro  che  alla  esposizione  delle  fun 
zioni,  non  si  può  se  non  richiamarsi  alla  enumerazione  dei  sensilli  di  sensi  spe- 
ciali degli  Insetti  e  perciò  rimandiamo  il  lettore  al  voi.  I  (pagg.  078-686),  dove 
sono  descritti,  per  la  loro  morfologia,  i  sensilli  campaniformi  o  papilliformi,  che  si 
trovano  diffusi  alla  base  degli  arti  toracali  (crurali  ed  alari),  nelle  mandibole 
(mandibolari),  nelle  antenne  (autennali),  nei  bilancieri  (scapali  o  basali)  di  mol- 
tissimi Insetti,  anzi  pressoché,  di  tutti.  Ricorderemo  l'organo  indeterminato  delle 
larve  di  Tabanidi  e  quello  delle  larve  di  CISeon  dipterum  (organo  di  Palmen), 
per  1'ulficio  dei  quali  tutti  da  parte  nostra  e  ignoranza  assoluta  e  certo  anche 
impossibilità  di  comprendere  e  di  i aginare  anche  solo  il  modo  di  fungere. 

Per  ciò  che  riguarda  i  bilancieri  dei  Ditteri,  molte  esperienze  di  parecchi  autori  sembrano 
concludere  che  essi  rappresentino  degli  organi  di  equilibrio,  destinati  a  ricevere  sensazioni  par- 
ticolari, che  permettono  all'insetto  di  coordinare  i  Buoi  movimenti  durante  il  volo.  A  me  sembra 
tuttavia  che  questo  ufficio  sia  troppo  poco  per  organi  sensoriali  cosi  complicati  come  sono  quelli 
primamente  illustrati  dall'Hicks,  nei  Ditteri,  ma  che  si  incontrano,  sebbene  alquanto  variati, 
anche  nelle  ali  di  molti  altri  Insetti,  tanto  più  che  questi  sensilli  dei  bilancieri  sono  raccordati, 
merce  un  nervo  speciale,   direttamente  col   cervello,   anziché  col  ganglio  del  metatorace. 

Quanto  al  senso  di  direzione  o  di  orientazione  (che  pur  deve  essere  proporzionale  alla  fa- 
coltà eù  alle  abitudini  di  dislocamento),  il  quale  senso  taluni  autori  ammettono  come  speciale  in 


l'individuo  negli  atti  pkr  la  propria  conservazione  611 


alcuni  Insetti  (sopratutto  quelli  che  hanno  un  nido,  a  cui  debbono  di  frequente  ritornare  dopo 
escursioni  a  distanza)  altri  autori  lo  negano,  concludendo,  dietro  osservazioni,  che  basta  a  ciò  la 
vista  e  la  memoria  dei  luoghi  percorsi  ed  in  molti  casi  anche  l'odorato. 

Per  le  percezioni  a  grandi  distanze  non  possiamo  che  richiamarci  a  quei  dubbi,  che  si  sono 
già  affacciati  a  proposito  del  senso  dell'olfatto  e  dichiarare,  intanto,  che  molti  esempi  accennano 
a  provare  che  gli  Insetti  godono  di  facoltà  sensoriali  trascendentali  al  nostro  giudizio,  per  cui 
percepiscono  a  distanze  assai  superiori  a  quelle  consentite  dal  nostro  complesso  sensoriale  e,  colla 
loro  straordinaria  ricchezza  di  sensilli  diffusi  in  tutto  il  corpo,  i  loro  centri  nervosi  godono  di 
finestre  aperte  sul  mondo  più  numerose  e  più  ampie  di  gran  lunga  di  quanto  è  concesso  a  noi 
stessi,  come  si  conviene  a  forme  che,  per  la  loro  antichità  sulla  terra,  sono  ormai  giunte  ad  un 
grado  di  stabile   porfezionameuto,   dal  quale  noi   stessi   siamo  ancora  ben   lungi. 


Funzioni  del  sistema  nervoso  centrale. 

Gli  stimoli,  trasmessi  a  mezzo  degli  organi  sensoriali  al  sistema  nervoso 
centrale,  con  altri  di  origine  intrinseca  dell'organismo,  determinano  gli  atti  (vo- 
lontari od  involontari),  mercè  i  quali  l'animale  reagisce  e  dipendono  tutti  dal 
dominio  dei  centri  nervosi,  che  li  impone  e  regola. 

È  il  caso,  dunque,  di  conoscere  questi  centri  nervosi  ed  il  loro  modo  spe- 
ciale di  funzionare,  prima  di  trattare  di  tutti  gli  altri  atti,  ebe  hanno  per  iscopo 
la  conservazione   dell'individuo. 

Il  sistema  nervoso  degli  Insetti  è  duplice,  l'uno  è  quello  che  presiede  agli 
atti  di  relazione;  l'altro  a  quelli  di  nutrizione  (sistema  nervoso  viscerale  o  sim- 
patico sopraintestinale). 

Del  primo  si  è  già  detto  abbastanza  della  parte  periferica,  per  ciò  che  ri- 
guarda le  sue  funzioni,  appunto  trattando  della  sensibilità  degli  insetti,  e  con- 
verrà dire  qui,  adunque,  delle  funzioni  della  parte  centrale  e  di  poi  si  potrà 
accennare  brevemente  al  sistema  nervoso  viscerale. 

La  parte  centrale  del  sistema  nervoso  di  relazione  risulta  da  un  aggregato 
di   masse  ganglionari.  riunite  fra  loro  da  commessure. 

Tipicamente,  le  masse  ganglionari  sono  due  per  ciascun  segmento,  di  guisa 
che  le  commessure,  che  le  legano  fra  loro,  sono  alcune  longitudinali,  interseg- 
mentali,  altre  trasverse  e  queste  ultime  raccordano  fra  loro  i  due  gangli  perti- 
nenti  ad  uno  stesso  segmento. 

Le  commessure  sono  composte  di  sole  libre  nervose  e  non  emettono  dirama- 
zioni alla  periferia;  queste,  invece,  dipendono  tutte  ed  esclusivamente  dai  gangli. 

I  primi  gangli  nervosi,  risiedenti  nel  capo  e  risultanti  dall'aggregato  molto 
intimo  dei  gangli  spettanti  a  ciascun  somite  componente  il  capo,  giacciono  sopra 
l'esofago.  Questi  compongono  insieme  il  cervello  (1)  propriamente  detto;  essi  sono 
riuniti  per  commessure  longitudinali  ad  altre  masse,  pur  risiedenti  nel  capo  e 
spettanti  agli  ultimi  somiti  cefalici,  e  che  stanno  sotto  l'esofago.  Con  ciò  le  com- 
messure tra  la  prima  e  la  seconda  massa  abbracciano  l'esofago,  ed  insieme  ai 
gangli  suddetti  costituiscono  l'anello  o  collare  esofageo.  Tutti  gli  altri  gangli  della 
catena  centrale  giacciono  sotto  il  tubo  digerente  e  possono  essere  variamente 
raggruppati  (anche  in  una  sola  massa  residente  nel  torace)  ne  più  corrispondono, 
in  realtà,  esattamente,  al   numero  dei   somiti  del  tronco. 


(1)  Le  dimensioni  del  cervello,  rispetto  alla  massa  del  corpo  variano  assai  nei  diversi  Insetti. 
Così,  secondo  Dujardin,  nell'Ape,  il  volume  del  cervello  è  pari  ad  '/174  di  quello  ilei  corpo, 
nella  Formica  corrisponde  ad  '/2S,;  ;  nell'Icneumone  ad  '/400;  nella  Melolonta  ad  l/j«oi  nel  Di- 
tisco ad  '/«.oo- 


612  CAPITOLO    SESTO 


Di  più  qui  non  conviene  dire  quanto  alla  morfologia  del  sistema  nervoso  e 
per  ciò  rimando  il  lettore  al  voi.  I,  dove  ne  è  detto  largamente,  da  pag.  55f>  a 
pag.  595. 

I  centri  nervosi,  adunque,  cioè  le  masse  gangliouari,  sono  destinati  a  ricevere 
la  eccitazione  ambiente,  trasmessa  dagli  organi  sensoriali-  e  trasformarla,  per  così 
dire,  in  quella  eccitazione  nervosa,  che,  decorrendo  centrifugamente  agli  organi, 
ne  determina  la  reazione  del  caso. 

Queste  diverse  masse  nervose  non  sono  strettamente  dipendenti  l'ima  dal- 
l'altra o  quelle  del  tronco  dalle  altre  che  stanno  nel  capo,  ma  ciascuna  gode  di 
una  grande  autonomia,  così  che  può  presiedere  alle  funzioni,  alle  quali  è  desti- 
nata anche  se  viene  isolata  dal  complesso  degli  altri  centri  nervosi. 

Un  insetto  decapitato  o  diviso  nelle  sue  parti  principali  di  testa,  torace  ed  addome  non 
muore  perciò  immediatamente  od  in  breve,  ma  solo  dopo  molto  tempo  e  forse  più  che  altro  pel 
dissanguamento  e  pel  lento  disseccarsi  degli  orgaui  interni.  Intanto,  le  parti  staccate  continuano 
nei  movimenti  degli  orgaui  loro,  cioè  nel  capo  si  muoveranno  le  antenne  e  gli  organi  boccali, 
nel   torace  gli   arti   locomotori  e  nell'addome  i  segmenti   e  le   parti  sessuali. 

L'addome  di  una  Vespa  o  di  un'Ape  separato  dal  restante  corpo  vibra  il  suo  aculeo  non 
meno  attivamente  che  nell'insetto  intero  e  sano. 

Gli  Insetti  decapitati  possono  perfino  compiere  i  loro  atti  sessuali  (Manti» t  sec  Kabaud  ; 
Mosca,  sec.  R.  Canestrini),  nonché  locomuo versi,  ripulirsi,  ecc.,  e  già  il  Redi  aveva  osservato 
che  i  Bacillus  vivono  ancor  cincpie  giorni  dopo  decapitati  e  non  solo  si  sgravano  degli  escre- 
menti,  ma  ancora  delle  uova. 

I  movimenti  degli  arti,  qualora  i  segmenti  che  li  recano  siano  separati  dalla  influenza  dei 
centri  nervosi  cefalici,  debbono,  però,  considerarsi  per  automatici,  il  che  è  stato  provato  con 
buone  sperienze  dal  Pompiliau,   dal  Binet,   dal  Bethe,  ecc. 

Per  la  morfologia  dei  centri  nervosi  cefalici,   vedi   voi.  I.   pag.  569-589. 

È  indicato  per  cervello,  negli  Insetti,  l'insieme  delle  tre  paia  di  gangli  so- 
praesofagei  e  questa  massa  varia  assai  di  volume,  in  proporzione  di  quello  del 
corpo  e  devo  essere  considerato  come  un  accumulatore  dell'energia  (Uexkull),  per  la 
sede  della  coscienza  e  della  volontà  (Porel);  il  centro  direttore  che  agisce  sui 
diversi  centri  segmentari,  così  da  determinare  atti  in  rapporto  cogli  stimoli  am- 
bienti e  le  conseguenti  recezioni  cefaliche  (Bethe). 

L'Uexkiill  ha  provato,  incontrastabilmente,  l'ufficio  di  accumulatore  dell'energia  per  parte 
del  centro  cefalico.  Una  Libellula,  toccata  nel  suo  estremo  addome  si  mette  a  volo  per  un  certo 
tempo,  che  dura  oltre  la  momentanea  eccitazione,  ma  so  e  tolto  il  cervello,  la  Libellula  reagisce 
coi  suoi  movimenti  degli  arti  solo  per  quel   tanto  che  dura  l'eccitazione  e  non   oltre. 

II  Porel  ed  il  Betbe  constatano  che  negli  Insetti  decapitati,  o  nei  quali  sono  interrotti  co- 
munque i  rapporti  fra  cervello  e  la  restante  catena  nervosa,  fanno  bene  dei  movimenti  di  difesa. 
se  molestati,  ma  smettono  subito  col  cessare  della  eccitazione.  Possono  compiersi  atti  dipendenti 
da  speciali  gruppi  di  muscoli,  atti  coordinati  cosi  da  determinare  la  locomozione,  ripulitura, 
stridulazione,  respirazione,  accoppiamento,  deposizione  delle  uova,  ecc.,  ma  questi  atti  sono  in- 
volontari e  non  coordinati  ad  uno  scopo.  Insetti  privati  di  antenne  od  accecati  compiono  tut- 
tavia degli  atti  da  ascriversi  alla  loro  intelligenza,  ma  questi  cessano  affatto  in  un  insetto  de- 
capitato. 

t 

È  da  notarsi  che  la  facoltà  volontaria  dipendente  dal  cervello  si  esplica 
ancora  in  un  potere  inibitorio  sulla  attività  riflessa  della  catena  nervosa;  ma,  per 
ciascun  lobo  cerebrale,  solo  sulla  metà  della  catena  ventrale  del  lato  corri- 
spondente. 


l'individuo  negli  atti  pick  la  propria  conskrvazionk  613 


Cosi  accade  che,  interrompendo  tale  rapporto,  ad  es.  tagliando  la  commessura  nervosa  di 
destra,  tra  il  cervello  e  la  rimanente  catena  nervosa,  si  muovono  eccessivamente  solo  gli  arti 
dell'altro  lato,  il  che  importa  una  rotazione  dell'insetto  con  centro  dalla  parte  non  operata.  Così 
dunque  è  manifesta  la  deficienza  di  influenza  inibitrice  e  della  volontà  sulla  parte  della  catena 
nervosa  divisa  dal  corrispondente  lobo  cerebrale.  Il  fenomeno  si  può  bene  studiare  sui  Dytitcua 
ed  HydrophiUit  immersi  nell'acqua  (Faivre,  Bethe,  Binet).  I  movimenti  degli  arti  della  parte 
lesa  sono,  però,  tutti  coordinati  allo  scopo  locomotorio,  e,  qualora  si  ecciti  l'insetto  dalla  parte 
sana,  esso  reagisce  rotando  in  senso  opposto,  movimento,  questo,  volontario,  che  può  benissimo 
combinarsi  con  quello  ridesse  dell'altro  lato,  determinando  anche  una  progressione  regolare,  in 
linea  diritta. 

Se  ambedue  le  commessure  sono  troncate,  il  che  vuol  dire  che  è  interrotta  da  ambedue  i 
lati  la  influenza  inibitrice  del  cervello  sul  resto  della  cateua  nervosa,  tutti  i  movimenti  degli 
arti   saranno  esageratamente  vivaci,   pur  rimanendo  coordinati  all'effetto  locomotorio. 

È  dimostrata  ancora  l'influenza  del  cervello  sul  tono  muscolare,  che  è  mo- 
dificato profondamente  dall'asportazione  del  cervello  o  dalla  interruzione  della 
continuità  della  catena  nervosa  fra  il  cervello  stesso  ed  il  rimanente.  In  questo 
caso  il  disordine  si  manifesta  con  una  alterazione  della  potenza  muscolare,  per 
alcuni  muscoli  in  confronto  d'altri,  ed  è  provato  che  ciascun  lobo  cerebrale  lia 
una  così  fatta  azione  solo  sui  muscoli  dipendenti  dalla  catena,  che  sta  sul  suo 
lato  (Bethe,  Polimanti). 

Catena  ganglionare  nervosa.  —  Secondo  quanto  si  è  accennato  nel 
voi.  I  a  pagg.  564,  5(35,  ciascun  ganglio  del  tronco  è  da  considerarsi  composto 
di  almeno  quattro  lobuli,  due  in  ciascun  lato  ed  i  superiori  hanno  attività  mo- 
trice,  gli   inferiori   sensoriale. 

Questa  diversa  sede  e  propria  della  sensibilità  e  della  motricità  era  stata  presupposta  dal 
Xewport,  per  analogia  con  quanto  è  nei  Vertebrati,  salvo  che,  uegli  Artropodi,  per  l'inversione 
della  posizione  di  tutta  la  catena  nervosa,  le  sedi  sono  localizzate  inversamente.  Si  deve  al  Faivre 
ed  al  Binet  la  dimostrazione  sperimentale  del  fatto,  giacche  questi  autori,  ledeudo  or  l'uno  or 
l'altro  lobo  di  gangli  toracici  di  Dytiseus,  ottennero  la  soppressione  della  sensibilità,  oppure  della 
motricità  degli  arti. 

Inoltre,  è  da  rilevarsi  che,  mentre  nei  Coleotteri  ad  elitre  utilizzabili  nel  volo,  si  trovano 
nervi  derivanti  dalla  faccia  superiore  ed  altre  dalla  faccia  inferiore  del  secondo  ganglio  toracale, 
sensitivi  i  primi,  motori  i  secondi,  nelle  specie  ad  elitre  riunite  fra  loro,  le  radici  motrici  fauno 
difetto,  ciò  che  è  anche  per  tutte  le  ali  inette  al   volo  in  altri  Insetti. 

Rapporti  dei  (ìanoli  della  catena  ventrale  fra  loro.  -  L'esame 
del  ganglio  del  tronco,  dimostra,  secondo  quanto  fa  vedere  la  tìg.  6<>S  (pag.  563) 
del  voi.  I,  che  la  massa  del  ganglio  è  percorsa  da  grosse  fibre  nervose,  le  quali 
traverso  le  commessure  longitudinali,  percorrono  tutta  la  eatena  del  tronco,  pro- 
cedendo dal  cervello.  (Josì  è  dimostrata,  anche  anatomicamente,  la  influenza  del 
Cervello  su  tutti  i  gangli  della  catena,  qualunque  sia  il  grado  di  relativa  auto- 
nomia degli  stessi. 

Ma,  le  esperienze  dimostrano,  ancora,  l'esistenza  di  rapporti  dei  singoli  gangli 
della  catena  del  tronco,  fra  di   loro,  anche  senza  l'intermediario  del  cervello. 

In  Insetti  decapitati,  infatti,  le  eccitazioni  interessanti  un  ganglio  di  un  segmento  hanno 
una  ripercussione  anche  sugli  altri.  Ad  es.,  stimolando  i  cerei  di  una  Blatta  decapitata,  si  ottiene 
anche  di   farle  muovere   le  zampe   ed  ancora  di   farla  camminare  (Yersin). 

Del  resto,  l'anatomia  dimostra  che  le  fibre  nervose,  emananti  da  un  ganglio,  si  distribui- 
scono anche  su   altri   segmenti,   oltre  a  quello  al  quale  appartiene   il   ganglio   medesimo. 


611  CAPITOLO    SKSTO 


Così,  ad  es.,  può  ritenersi  per  provata  la  influenza  del  ganglio  sottoesofageo  sulla  coordi- 
nazione dei  movimenti  «legli  arti,  nell'atto  del  cammino.  Non  è  forse  al  solo  ganglio  sottoeso- 
fageo elle  questo  ufficio  è  assegnato,  poiché  una  certa  coordinazione  dei  movimenti  è  manifesta 
anche  in  Insetti  decapitati,  ma  essa  è  meno  compromessa  in  quelli  operati  della  sola  ablazione 
del  cervello  che  in  quelli  decapitati,  cioè  privati,  cos'i,  anche  del  ganglio  sottoesofageo. 

Ma,  la  interruzione  dei  rapporti  fra  due  paia  di  gangli  fa  sì  che  ogni  ecci- 
tazione della  parte  anteriore  alla  interruzione  non  è  trasmessa  alla  posteriore. 

Così  pure,  se  questa  interruzione  accade  fra  i  centri  cefalici  ed  il  resto  della 
catena  nervosa,  anche  la  volontà  non  è  più  trasmessa  al  rimanente  corpo  e  cessa 
la  coordinazione  dei  movimenti  fra  le  due  parti  del  corpo. 

È  così  che,  ad  esempio,  un  Grillo  privato  della  comunicazione  fra  i  suoi 
gangli  cefalici  e  la  catena  nervosa  rimanente,  incontrando  un  pezzetto  di  pane 
vi  si  fissa  colle  mandibole  per  roderlo,  ma  il  torace  continua  il  suo  cammino  in 
avanti  ed  il  Grillo  fa  un  capitombolo  (Yersin). 

Le  commessure  trasverse  tra  l'uno  e  l'altro  lobo;  in  uno  stesso  ganglio,  o,  se 
si  vuol  dire,  d'uno  in  altro  ganglio  d'uno  stesso  paio,  permettono  il  passaggio 
delle  eccitazioni  di  un  lato  della  catena  all'altro  lato,  cosicché  queste  due  metà 
sono  più  strettamente  in  rapporto  che  non  nei  Vertebrati. 

Si  deve  al  Dugès  la  dimostrazione  del  fatto,   mercè  le  sue  eperienze  sull' A cridium  lineola. 

Recidendo  il  connettivo  longitudinale  da  un  solo  lato,  fra  la  piima  e  la  seconda  zampa, 
questo  Autore  riconobbe  che  permaneva  tuttavia  un  certo  rapporto  tra  i  centri  nervosi  cefalici 
e  la  metà  del  corpo,  dietro  la  commessura  tagliata. 

Per  esempio,  solleticando  le  antenne,  l'insetto  si  difende  a  calci  dapprima  colla  zampa  poste- 
riore del  lato  non  offeso,  ma,  in  seguito,  anche  coll'altra.  Anche  più  lenta  è  la  reazione  da  parte 
dell'arto,  se  il  taglio  è  fatto  sulla  commessura  tra  il  2.°  ed  3.°  ganglio  toracico  ;  ma,  intanto,  se 
l'eccitazione  si  riferisce,  invece,  a  parti  retrostanti  alla  incisione,  come  sarebbe  l'addome  o  le 
ali,  la  zampa  del  terzo  paio  corrispondente  è,  invece,  prontissima  alla  reazione  ed  anche  al 
salto. 

1  gangli  toracici  rappresentano  centri  motori  delle  zampe  e  delle  ali,  i  gangli 
addominali  sono  preposti  sopratutto  alla  coordinazione  dei  movimenti  respiratori, 
la  quale  è  quasi  esclusivamente  loro  affidata,  con  scarso  o  nullo  intervento  dej 
gangli  anteriori. 

In  molti  Insetti  un  ganglio  estremo  della  catena  rappresenta  un  centro  genito- 
splancnico,  che  presiede  ai  movimenti  dell'intestino  ed  alla  sensibilità  ed  ai 
movimenti  degli  organi  genitali. 

Nella  Cicala  trovasi  un  lobo  rimale,  nel  primo  ganglio  addominale,  mentre  negli  Insetti  a 
speciali  organi  sensoriali  (udito,  sensilli  dei  bilancieri,  ecc.),  i  nervi  sensoriali  di  questi  organi 
procedono  direttamente  verso  il  cervello,  nel  quale  incorrono,  ciò  che  è  anche  in  appoggio  della 
natura  sensoriale  di  taluni  di  questi  organi,  ad  ufficio  non  bene  accertato. 

La  velocità  dell'influsso  nervoso  e  stata  calcolata  dal  Patrizi,  sul  Baco  da 
seta,  con  un  metodo  analogo  a  quello  del  Marey,   per  in.   1.60  al  secondo. 

Sistema  nervoso  viscerale.  —  Per  la  morfologia  di  questo  sistema  ri- 
mando il  lettore  a  quanto  è  detto  nel  voi.  I,  da  pag.  .">95  a  pag.  601.  Basterà, 
qui,  ricordare  che  esso  si  compone  di  un  sistema  sopraiutestiuale,  con  una  parte 
pari  (angeio-tracheale)  ed  una  impari  (stornato- gastrico)  e  di  un  sistema  sottoin 
testinale  (detto  anche  respiratorio  intermediario  ;  sopraspinale;  simpatico).  A  ciò 
si  devono  aggiungere  nervi   splancnici   procedenti  dall'ultimo  ganglio  della  catena 


L'INDIVIDUO    NKGLI    ATTI    PKR    LA    PltOPHIA    CONSERVAZIONE  615 

ventrale,  che  decorrono    in  comune    con    nervi  della  vita  animale  e  si    distribui- 
scono all'estremo  intestino  ed  alle  ghiandole  genitali. 

11  ganglio  frontale,  che  si  continua  nel  sistema  impari,  ma,  per  mezzo  di 
commessure,  si  riunisce  anche  al  sistema  pari,  presiede  alla  deglutizione  e  la 
sua  ablazione  rende  impossibile  i  movimenti  deglutitori,  sui  quali  non  hanno, 
invece,  influenza  i  gangli  del  sistema  impari  (Faivre).  Il  sistema  pari  non  ha, 
però,  attività  sensitive.  Non  si  hanno  esperimenti  sull'ufficio  speciale  e  preciso 
del  sistema  angeio-tracheale,  uè  sul   simpatico. 


Istinto  ed  intelligenza. 

Talune  delle  più  complesse  manifestazioni  volontarie,  delle  quali  gli  Insetti 
ci  danno  esempio  (e  si  è  fatto  già  cenno  di  quelle  che  si  richiamano  alla  conser- 
vazione della  specie,  mentre  si  dirà  tosto  delle  altre,  ohe  hanno  per  iscopo 
quella  individuale)  sono  state  spesso  giudicate  per  veri  e  propri  atti  di  intelli- 
genza, trascendenti,  adunque,  dall'ambito  del  puro  istinto  e  non  sono  pochi  i 
biologi  degli  Insetti,  che  accordano  anche  a  questi  piccoli  esseri  una  vera  e 
propria  facoltà  di  ragionamento. 

Non  è  il  caso  certamente  di  discutere  qui  (cioè  in  un  libro  che  deve  rap- 
presentare, più  che  altro,  una  esposizione  di  fatti)  della  vessata  questione  se 
esista  o  meno  e  in  che  stia  una  differenza  tra  istinto  ed  intelligenza  e  se  questa 
appartenga  solo  all'uomo  e  si  debba  negare  agli  altri  animali  tutti  e  se  gli 
atti   degli    Insetti  sieno  da  considerarsi   tutti  per  puramente  istintivi,  ecc. 

Alcuni  dati  di  fatto,  però,  come  talune  considerazioni,  che  ne  derivano  o 
che  sembrano  strettamente  logiche,  converrà  pure  esporre  ed  a  queste  è  pru- 
dente che  si  limiti  il  naturalista,  ma  ciò  rientra  anche  nel  suo  compito. 

Senza  alcun  dubbio,  lo  studio  biologico  degli  Insetti  ha  messo  in  rilievo  una 
grande  moltiplicata  di  atti,  alcuni  anche  assai  complessi  e  perciò  mirabili,  tali 
da  persuadere  non  pochi  studiosi  trattarsi  di  veri  e  propri  atti  di  intelligenza  e 
persino  di  raziocinio. 

Senonchè,  più  che  attendere  alla  complessità  dell'atto,  conviene,  per  così  fatto 
giudizio,  riconoscerne  la  natura,  la  quale  non  varia  dal  semplice  al  complesso  (come 
è  una  macchina   tanto  la  leva  quanto  ogni  altra  più  complicata  e  mirabile)  (1). 

Per  quanto  meraviglioso  e  complicato,  il  lavoro  di  una  macchina  è  invaria- 
bile. È  bensì  vero  che  taluni  atti  istintivi  di  insetti  evolutissimi  morfologica- 
mente sono  straordinariamente  complessi  e  spesso  appaiono  a  scopi  molto  remoti 
e  che  non  sempre  diverranno  presenti  a  chi  li  pratica,  ma  la  loro  invariabilità 
e  necessità,  cioè  il  perfetto  accordo  con  la  organizzazione  della  macchina  ani- 
male, da  cui   dipendono,  ne   caratterizza  la  natura. 


(1)  Quanto  a  meravigliosità,  solo  chi  non  ha  per  cèrto  trattarsi  di  un  meccanismo  e  di  un 
atto  puramente  meccanico  può  dubitare  di  alcunché  di  più  che  materiale  dinanzi  ad  un  fono- 
grafo, ad  un  apparecchio  fotografico,  ad  una  macchina  calcolatrice  in  azione.  L'uomo  grosso  gira 
attorno  al  fonografo  per  iscoj>rire  l'intelligenza  che  lo  anima  e  la  macchina  può  persino  inse- 
gnare all'uomo  ed  aiutarlo  ad  imparare,  come  fa  questo  mio  microscopio  con  tutti  gli  strumenti 
di    tisica. 

Argomentando  altrimenti  si  arriverebbe  a  giudicare  l'orologio  più  sapiente  dell'orologiaio, 
che  lo  ha  fatto,  ma  lo  deve  anche  consultare.  Al  naturalista,  però,  non  conviene  ricorrere  alla 
comoda  ipotesi  dell'intelligenza  per  ogni  atto  della  macchina  animale,  solo  perchè  meravigliosa- 
mente complesso.   La  sua   caratteristica  deve  bastare  a  definirlo  esattamente. 


6It>  CAPITOLO    SESTO 


La  complessità  dell'atto  istintivo  è  proporzionale  direttamente  a  quella  del- 
l'organizzazione che  lo  produce,  anche  in  uno  stesso  individuo:  più  semplice 
nelle  t'orine  meno  complesse  per  età,  grado  di  evoluzione,  ecc.,  ma  sempre  eguale 
a  se,   pei    ognuna. 

Ma,  Tatto  di  intelligenza  e.  invcrc,  caratterizzato  dalla  variabilità,  cioè  dalla 
uon   perfetta  co:  n/.a  alla  organizzazione  clic  lo  produce  (la  quale,  essendo 

la  stessa,  non  può  corrispondere  esattamente  ad  atti  diversi;;  come  l'atto  di  ra- 
ziocinici si  manifesta  per  la  sua  coordinazione  cosciente  ad  uno  scopo  remoto, 
previsto  come  conseguente  all'atto  stesso. 

Adunque,  il  solo  effetto  della  esatta  rispondenza  dell'atto  di  un  animale  allo 
scopo  a  cui  è  destinato,  non  basta  a  caratterizzare  Tatto  stesso,  per  quanto  com- 
plesso e  mirabile,  come  intelligente  e  ragionato,  cosciente,  insomma,  del  fine. 

Perciò,  in  presenza  ili  intricatissimi  atti,  di  cui  gli  Insetti,  specialmente  i 
meglio  organizzati,  ci  danno  esempi  meravigliosi,  bisogna  sceverare  la  parte  che 
in  essi  atti  spetta  puramente  alla  organizzazione  e  ne  sono  esplicazione  neces- 
saria (e  questa  parte  appartiene  alla  specie  ed  è  immutabile  ed  indeclinabile)  da 
quella  che,  non  richiamandosi  necessariamente  e  puntualmente  alla  sola  organiz- 
zazione, dipende  dall'arbitrio  individuale,  si  deve  quindi  attribuire  veramente  alla 
intelligenza   od  al  ragionamento. 

In  questo  campo  soltanto  lia  la  sua  origine  la  variabilità  psichica  della 
specie,  come  quella  organica  può  anche  derivare  dalla  variabilità  morfologica  in- 
dividuale. 

Xegli  organismi  individuali  esiste  un  centro  (morfologicamente  definibile  o 
meno"!  attorno  al  quale  gravita  un  insieme  di  organi,  che  potrebbero  indicarsi 
per  organizzazione  eccentrica  o  circumcentrale ;  questa  è  passiva,  per  ciò  che  la 
sua  attività  è  subordinata  all'influenza  dell'ambiente,  come  stimolo,  ed  a  quella 
centrale  come  reazione  allo  stimolo  stesso  :  essa  attività  è  anche  invariabile,  come 
puramente   meccanica.   Quivi  e   dominio  dell'istinto. 

Xon  vi  ha  istinto  senza  una  corrispondente  organizzazione  eccentrica,  che, 
stimolata  dall'ambiente,  influendo  sul  centro  nervoso,  possa  provocare  un  atto  di 
volontà,  come  non  può  essere  intelligenza  mancando  un  centro  nervoso  pensante, 
suscettibile  cioè  di  arbitrare. 

JSel  primo  caso  il  centro  nervoso  si  comporta  puramente  come  intermediario 
preciso,  incosciente  (direi  quasi  meccanico)  tra  lo  stimolo  e  la  ragione.  Qui  non 
è  possibile  errore  se  non  per  la   imperfezione  della  organizzazione  eccentrica. 

Xel  secondo  caso  esso  assume  una  parte  cosciente:  interviene  un  atto  di 
arbitrio  :  la  reazione,  che  ne  consegue,  può  non  corrispondere  più  esattamente 
per  eccesso  o  per  difetto;  alla  natura  ed  intensità  dello  stimolo.  Qui  dunque  è 
possibile  un'aberrazione  ed  anche  un  errore  (li. 


1)  Il  cicogniu,  che  leva  l'ala  per  voglia  di  volare  e  non  s'attenta  d'abbandonar  lo  nido  9 
giù  la  cala,  scolpisce  esattamente,  nella  meravigliosa  immagine  dantesca,  la  condizione  di  in- 
sufficiente stimolo  (da  parte  di  una  organizzazione  di  volo  tuttavia  immatura)  e  l'obbedienza 
precisa  del  centro  pensante.  Ricadendo  l'ala  non  vi  ha  errore  alcuno  di  apprezzamento. 

Ma  il  rondinino,  ormai  fuori  del  nido  e  già  con  ali  perfettissime  al  volo,  quando  teme  di 
lanciarsi  nell'abisso  sottostante,  ne  valgono  a  persuaderlo  le  lusinghe,  l'esempio,  l'incitamento 
della  madie,  con  voci  in  sua  favella  e  con  qualche  discreto  colpo  di  becco  e  solo  con  una  buona 
spinta  materna  è  lanciato,  finalmente,  nello  spazio  e  se  ne  va  benissimo  a  volo,  erra  in  difetto, 
in  questa  sua  ingiustificata  prudenza,  per  un  inopportuno  atto  d'intelligenza,  impari  allo  stimolo 
delle  sue  ali   ormai  eccellenti. 

Per  converso,   il   passerottino,   ultimo  della  nidia  ei  iute    nella  sua  mascolinità,  quando 


L'INDIVIDUO    NKGL1    Al  1 1    PUR    I.A    PROPRIA    CONSKRVAZIONE  617 

Finalmente,  nel  più  alto  grado    ili    lavoro    intellettuale-    manca  ogni  stimolo 
inseco  elie  interessi  l'organizzazione  eccentrica,  <>  questo  esiste,  tutto  al  più, 
in   via  secondaria.  Qui  pure  è   possibile,  anzi  più  die  mai,  l'errore. 

La  differenza,  adunque,  tra  istinto  ed  intelligenza  consiste  in  ciò,  ohe  l'uno 
segue  <li  necessità  ad  una   organizzazione  extracentrale  od  eccentrica  clic  dir 
si    voglia;  l'altra   si  richiama  esclusivamente  ad  uu  lavoro  del  cervello. 

I  gradi,  poi,  tra  intelligenza  e  raziocinio  sono  cosi  ordinatamente  progres- 
sivi, che  non  e  possibile  stabilire  dove  l'ima  Unisca  e  l'altro  si  inizi,  se  non  si 
volesse  ammettere  che  l'intelligenza  si  riferisca  ad  un  atto  con  iscopo  immediato 
l'altro  implichi   la   previsione   di   uno  scopo  remoto. 

La  possibile  aberrazione,  cioè  la  divergenza  Ira  gli  atti  istintivi  opportuni 
al  caso  (cioè  perfettamente  rispondenti  allo  stimolo  nella  sua  natura  ed  energia) 
e  quelli  di  intelligenza  o  di  raziocinio,  che  vengono  adottati,  e.  tanto  maggiore 
quanto  più  grande  e  la  parte  che  può  avere  nella  reazione  l'attività  del  centro 
pensante  1)  Ano  a  trovarsi  in  conflitto  gli  uni  con  gli  altri,  come  avviene  spesso 
nel  piìi   intelligente  degli  animali,  che.   per  mia  concezione  puramente  ideale,  imo 

igere  a  disobbedire  ai  due  più  grandi  stimoli  che  reggono  l'organicità,  cioè 
alla  riproduzione  ed  alla  conservazione  dell'esistenza. 

L'organizzazione  adatta  a  trasformare  gii  atti  di  intelligenza  in  quelli  istin- 
ti vi.  non   viene  che   più  tardi,  a  rilento  e  col  concorso  della  eredità. 

A  questo  proposito  giova  anzi  prospettare  (interrompendo  per  poco  l'argomento  che  ci  inte- 
ssa)  le  tlne  distinte  fonti  della  variazione  della   sprr-ie,   tino  a  creazione  di   specie  nuove. 

La  prima  causa  di  variazione  è  intrinseca  alla  specie,  compresa  appunto  nel  sno  destino: 
una  traiettoria  prestabilita  e  fatale,  immutabile  anche,  -alvo  razione  d'influenze  estrinseche. 
Dell'effetto  di   queste  si  e  già  trattato  abbastanza   a   proposito  delle  variazioni  della  specie. 

L'esempio  delle  ali,  che  stanno  sorgendo  in  taluni  gruppi  di  atteri,  ricordato  a  pag.  221  del 
voi.  I  (con  altri  molti,  che  si  potrebbero  citare  considerando  i  così  detti  organi  rudimentali  e 
discriminando  bene  quelli  in  via  di  evoluzione  dagli  altri  che  dipendono  dalla  involuzione,  studio. 
che,    negli  insetti  sarebbe  quanto  mai  fecoudo)  è  pienamente  dimostrativo    2  . 

La   seconda  causa   è  di   iniziativa   rutto  all'atto  individuale  e  trascende  dalle  influenze  estrin- 
e,   almeno  dirette,    cioè    essa    pure  è  estrinseca,   ma    solo  per  gli  individui  :     si    richiama   ad 


vuole  imitare  i  fratelli  maggiori  ed  abbandonare  il  uido  anzitempo,  presumendo  troppo  di  Bè, 
erra  in  eccesso  (ed  in  generale  è  un  predatore,  che  lo  attende  da  basso  a  dimostrargli  il  sno 
errore). 

ila  un  insetto,  corno  di  organizzazione  più  evoluta,  perchè  più  antica,  non  ha  stimoli  pre- 
coci, né  agisce  tardivamente.  Dalla  condizione  di  atteio  (ninfa)  passa  immediatamente  in  quella 
di  volatore  ottimo.  Appena  .stese  e  rasciutte  le  ali.  noi  vediamo  una  Libellula  fulmineamente 
lanciarsi  a  volo  sicuro  e  volteggiare  in  modo  perfetto,  come  farà  sempre  in  appresso.  Qui  For- 
mazione ottima  non  richiede  alcun  intervento  della  intelligenza,  in  forma  di  dubbio,  di 
esitazione,   di  giudizio  ed  ogni  errore  è  escluso. 

(1)  Gli  insetti  alati,  appena  tali,  sanno,  come  si  disse,  volare  e  volano  perfettamente;  gli 
aneri,  anche  temporaneamente,  ne  volano,  né  saprebbero  e  neppur  sognano  di  volare.  L'essere 
intelligente  per  eccellenza   medita  di   volare  e  vola,   pur  in   assoluto  atterismo. 

-     Gli  organi  rudimentali  sono  quasi  tutti   considerati    per    degenerati,  in   via    di    involu- 
>■.   Certo  è  più   comodo   argomentare  cosi    che    non,    distinguendo  a  dovere,    trovarsi  in  con- 
flitto con   teorie  in   voga,  le  quali   ammettono,   non  pertanto,  un   movimento  generale  evolutivo  di 
rutta  la  organicità. 

L'uomo   stesso,   con  una   organizzazione  che  procede  in  questo  senso  .almeno  giova    sperarlo) 
insiderai»,    tuttavia,    come   un    museo  ili     organi    di    involuzione.    Teorie     grandi   e   fatti    pici 
sempre   in   accordo:   al  prudente  la  scelta. 
A.  Bbki.isb,  <ìli  Imeni.  II.  —  78. 


618  CAPITOLO    SESTO 


atti  d'intelligenza  ed  è,  così,  nei    suoi  effetti,  proporzionale  al  grado  di  evoluzione   intellettuale 
della  specie  :   precede,   quindi,   la  corrispondente  variazione  organica. 

Nel  primo  caso  la  variazione  della  specie  è,  anzitutto,  organica,  la  nuova  specie  creata  e, 
primieramente,  morfologica;  nel  Becondo  caso  la  variazioni'  è,  dapprima,  biologica;  la  specie  è, 
anzitutto,  una  tpecie  biologica  e  la  corrispondente  variazione  organica,  se  avviene,  non  è  che  suc- 
cessi va  (  1  ) . 

Possiamo  dunque  affermare  iiua  differenza  di  origine  ed  anche  di  procedi- 
ménto, per  manifestazioni  istintive  in  confronto  di  quelle  intelligenti.  Non  può 
essere  alcun  atto,  senza  un  organo  capace  di  elaborarlo  ;  l'atto  d'intelligenza  non 
si  sottrae  alla  regola  e  non  può  avvenire  negli  organismi  sprovveduti  di  centri 
nervosi.  Quivi  gli  atti  sono  involontari  o  puramente  istintivi. 

Ma  la  variabilità  degli  atti  per  gli  individui  della  stessa  specie  (omogenei), 
da  che  ha  origine  ed  in  qua!   misura  si  palesa  nelle  singole  specie  animali  ? 

Vi   sono  istinti  ed  atti  comuni  a  tutta  la  organicità,  ad  es.  quelli  intesi  alla 
conservazione  della,  specie    e    dell'individuo:    altri  propri  a  ciascun  regno  orga- 
nico; altri  al  tipo,  alla  classe,  all'ordine,  alla  famiglia,  al  genere  ed  alla  specie, 
esattamente  come  avviene  pei  caratteri  morfologici. 

Taluni   gruppi  sono,  anzi,  defluiti  pel  loro  istinto    particolare  e  comune,  as 
sieme  ad   una  organizzazione  corrispondente  a  tutte    le   specie,  che  vi  apparten- 
gono; ad  es.  Coprofagi,  Floricoli,  Fitoftiri,   Roditori,  Anfibi,  Carnivori,  ecc. 

ZSTellc  singole  specie,  poi,  sia  polifiliche  o  polimorfiche,  si  possono  avere 
istinti  particolari  alla  casta  alla  quale  gli  individui  appartengono  e  tali  istinti 
dipendono  dalla  eteromortia.  Per  le  specie  ad  individui  omeomorfl  si  hanno  dif- 
ferenti istinti  di  età.  Qui  finisce  il  campo  della  variazione  istintiva.  Ma  le  va- 
riazioni psichiche,  le  quali  si  manifestano  fra  individui  omogenei,  omeomortì  e 
coetanei,  vanno  attribuite  tutte  alla  poliergia  od  eterofrenia  che  dir  si  voglia  ; 
esse  rappresentano  il  campo  di  vere  manifestazioni  di  intelligenza;  si  richiamano 
alla  variabilità  morfologica  del  solo  organo  pensante. 

Queste  appartengono  certamente  ad  ogni  animale,  sono,  anzi,  la  eondiziont- 
sine  qua  non  ed  il  primo  fondamento  della  variazione  specifica  per  via  biologica: 
ma,  negli  animali,  dato  il  perfezionamento  degli  istinti,  si  svolgono  in  un  campo 
ristrettissimo.  Per  l'opposta  ragione,  invece,  l'uomo  è  l'essere  più  eterofrcuico 
tra  gli   organismi. 

L'energia  degli  istinti,  appunto  come  la  minor  variabilità  dei  caratteri  mor- 
fologici è  in  rapporto  diretto  con  l'antichità  e  con  l'ampiezza  del  gruppo  al  quale 
un  dato  animale  appartiene.  Perciò  i  due  più  tirannici  istinti  sono  quelli  dell» 
conservazione  della  specie  e  dell'individuo  e  meno  imperiosa  di  tutti  gli  ì sr in t: 
e  la  energia  della  intelligenza. 

Come  la  variabilità  degli  atti  istintivi  è  regolata  da  quella  della  organizza- 
zione e  quindi,  per  individui  della  stessa  specie  è  indicata  esattamente  dal  gradc 
di  polimorfismo  e  polifilia  della  specie    (giacche,  ad  es.,  di  due   femmine  di   Fil- 


(1)  Richiamandoci  all'esempio  antecedente,  l'animale  subattero  ha  già  degli  organi  rudi- 
mentali, ma  nessun  istinto  ili  volo;  questo  non  vena  se  non  ad  organo  perfetto.  La  nuova  at- 
tività, caratteristica  biologica  della  nuova   forma  biologica,  e,   dunque,  in  ritardo. 

L'uomo  ora  vola  :  è.  dunque  una  specie  biologicamente   diversa    da    quella  di  pochi  anni   or 
sono  e  ciò  avviene   prima  che  alcun  organo,    in    sussidio  ili   questa    sua    nuovissima   attività,    -i 
mollificato.   Soltanto  col   tempo,  col  lungo   uso   e  cui   sussidio  della  eredità   possono  crearsi   e  sta- 
bilirsi corrispondenti  modificazioni  organiche.   I   calli  del  mestiere  vengono  per  la  pratica  del  me- 
stiere stesso. 


L'INDIVIDUO  xf.oi.i  ahi  r-Kit  i  a   pnOPKIA  conskktazionk  610 


lossera    l'unii   lia  l'istinto  «li   volare,  l'altra  no,  sol  perchè   la   prima  è  alata,   l'altra 

-  attera),  così  la  variazione    «  1  < - «i  1  ì    atti    di     intelligenza  si  deve,    richiamare  alla 
eterofrenia  o  poliergia  della  specie,  cioè  al  grado  di  variabilità  dell'organo  pen- 

-  nte   in   singoli   individui. 

Alla  stessa   gniaa  che  il  polimorfismo    abbraccia   tutte  le   variazioni   mortolo 
g  che    in    confronto  al  tipo  eumorfico    della   specie,  cosi,  per  poliergia,  conviene 
i  tendere  la  zona  di   variazione  individuale  della  intelligenza  attorno    al     nucleo 
-Mbile  dell'istinto  (che    è,    direi    quasi,  l'intelligenza    della    specie  ,  cioè    al  tipo 
.    frenico,  che  rappresenterebbe  la  perfetta   corrispondenza    fra    stimoli,  organiz- 
zazione   eccentrica  e  reazione  di   quella    centrale,  senza    aberrazioni   in  eccesso  o 
difetto. 
Come  gli   Insetti  sono  certamente  il  gruppo  più  polimorfico    fra  gli  animali, 
sì   l'uomo  è  il  più  poliergico,  perchè  il  campo  della  poliergia  sua  va  dalla  im- 
becillità al  genio,  mentre  per  tutti    gli    altri    animali    omeomorfi,   la    variazione 
lividuale  dal  tipo  eufrenico  è  molto  più  scarsa. 

Questa  variazione  è  tanto  più  ampia  quanto  meno  antica  è  la  specie,  quanto 

ciuore,  cioè,  è  stato  il  tempo    concesso    alla    organizzazione    ed    al  conseguente 

istinto  per  perfezionarsi    ed    intonarsi    alle    condizioni  ambienti,  fissandosi,  così, 

essochè  stabilmente,  nelle    caratteristiche    della    specie  e  questa  sia  la  ragione 

er  quanto,  forse,  non  unica)  del  progresso  parallelo  della  poliergia  e  della  evo- 

zione  organica  degli   animali,  col  loro  elevarsi   nella  scala  zoologica. 

Quanto  alla  poliergia  conseguente    al    polimorfismo  (di  età.  individuale,  ses- 
•    ile.  di  casta)  essa  è  massima  fra  gli    Insetti,  che  sono   appunto  gli  esseri  più 
di  mortici  della  creazione. 

Così,  ad  es.,  nelle  specie  a  meta  mortosi  completa,  la  variazione    morfologica 

agli   stati   giovanili  all'adulto,   può    importare,  anzi    importa  il  più  spesso,  modi 

«     vita    fondamentalmente   diversi;  ma,    sia   la  variabilità  polimorfica,  sia  quella 

diergica  conseguente    sono  pressoché  nulle  in  questi  primi   stati,  fra    gli    indi- 

v  dui  coetanei. 

Con  l'età  aumentano  le  differenze  di  statura  e  si  allarga  il  campo  della  va- 
riazione di  istinti,  ma  assai  poco  nelle  specie  non  polimorfiche  (1). 

In  quelle,  però,  nelle  quali  molto    spiccato  è  il  polimorfismo    individuale,  il 
upo  di   tale,  variazione  è  estesissimo,  come    mostrano,  ad  es.,  gii  individui  at- 
teri  in  confronto  degli  alati;  gli  adulti    gamogenici  in  confronto    dei    partenoge- 
•i,  gli  eteroiei  a  seconda  dell'  habitat;  gli  ovipari  rispetto  ai  vivipari,  ecc.   con 
differenze  sensibilissime  anche  in  altri   istinti    oltre   a    quelli    che    si   richiamano 
;   la   conservazione  dell'individuo  ed  a  quella  della  specie. 

Negli  insetti    a    metamorfosi    incompleta,  nei  quali,  adunque,    la    variazione 
orfologica  è  molto  meno  sensibile    ed    ha    attinenza  soltanto  con   la   mat manza 
Bessuale,  anche  il  campo    delle    variazioni  istintive    è    molto  più  ridotto  e  quasi 
nullo   per  quelle  poliergiche. 

Le  forme  giovani   si  assomigliano,  in  generale,  alle  adidte  rispettive,  a  meno 
'■   non  intervengano  ini   ambiente  ed  un   modo  di  vita  radicalmente  diversi,  come 
le  larvi-  acquaiole  agii  adulti  aerei. 


(1)   «  Tutte  le  pecore  bianche  si   assomigliano  »   e   e  ciò  che    fa    la    prima  e  l'altre    tanno  ». 

.    .--t,.   spiega  la  simultaneità  ed  uniformità  di  certi  atti  di  individui  omogenei  e  coetanei     come, 

es. ,   le  agglomerazioni,  cioè  il  simultaneo  concorso    ad    uno    stesso  ambiente,   da   parte   di   più 

ridui  della  stessa  specie  ed  età:  le  emigrazioni  in  massa,  anzi  generali,  per  una  loca- 
lità,   ecc. 


620  Capitolo  sesto 

L'ampiezza  delle  variazioni  poliergiche.  ossia  il  campo  della  intelligenza, 
varia  in  proporzione  diretta  con  la  variabilità  delle  condizioni  ambienti  ed  in- 
versa eoi  grado  di  adattabilità  dell'organismo  all'ambienti'  stesso,  nel  quale  adat- 
tamento hanno  una  così  grande  parte  i  mezzi  percipienti,  per  una  pronta  con- 
vergenza tra  lo  stimolo  e  la  reazione  (1). 

Le  condizioni,  che  favoriscono  o  determinano  le  variazioni  polimorfiche  in 
una  specie,  ne  aumentano  anche  la  poliergia.  Fra  queste  ricordiamo  lo  stato  so- 
ciale e  quello  domestico  (2).  Perciò  appunto  i  biologi  delle  Api  e  delle  Formiche 
sono  giustificati  allorché  accordano  valore  di  atti  di  intelligenza  (e  fino  anche  di 
raziocinio)  ad  alcuni  peculiari  di  questi  insetti  sociali,  determinati  da  circostanze 
ambienti   improvvise  ed  inconsuete. 

Quale  parte  ha  la  eredità  nella  costituzione,  per  cosi  dire,  degli  istinti? 

Si  dice  che  il  ripetersi,  di  generazione  in  generazione,  di  atti  poliergici, 
stabilisce  questi  nell'eredità,  essi  diventano,  quindi,  istintivi,  come  avviene  ap- 
punto delle  variazioni  organiche,  da  individuali   a   specifiche. 

Questo  concetto  è  così  ampio  che  merita  una   discriminazione  ulteriore. 

Come  abbiamo  veduto  stabilite  nella  predestinazione  morfologica  della  specie 
le  sue  variazioni  avvenire  e  tutto  affatto  diversamente  svolgersi  e  stabilirsi,  fi- 
nalmente, quelle  di  origine  individuale,  così  è  d'uopo  convenire  che  taluni  istinti 
appartengono  nettamente  alla  specie,  ne  e  prestabilita  anche  la  loro  variabilità 
avvenire,  in  rapporto  diretto  con  quella  morfologica  e,  di  fronte  a  questi  istinti, 
l'eredità  non  è  argomento  abbastanza  esplicativo. 

11  naturalista  si  trova  di  fronte  a  fatti  inesplicabili  coi  solo  sussidio  delle 
teorie  evoluzioniste  e  rimane  interdetto  non  meno  che  nella  interpretazione  di 
organi  rudimentali  in  via  di  progresso. 

Ed  intatti  si  veda  che,  se  l'istinto  non  è  che  mia  reazione  obbligata  'li  fronte  a  determinati 
stimoli  esterni,  sono  necessari  anzitutto  organi  percipienti  ed  è  impossibile  il  Blipporre  la  erea- 
zione di  cosi  fatti  organi  dovuta  ad  uno  sforzo  di  poliergia  individuale.  Perciò,  qui,  l'influenza 
della  eredità,  con  tale  origine  è  assolutamente  da  escludersi.  K  possibile  che  vi  sia  chi  pensi  che, 
ad  es.,  un  occhio  sorga  in  una  specie  cieca,  per  atti  di  intelligenza  da  parte  dei  suoi  singoli  in- 
dividui ? 

La  predestinazione  morfologica  della  specie  conduce  alla  creazione  dell'organo;  l'azione  in- 
dividuale può  solo  perfezionarlo  (la  lente  di  vetro  si  richiama  all'intelligenza  individuale  umana) 
e,  quindi,   può  aver  luogo  l'eredità  coi  suoi  effetti. 

Per  converso,  le  argomentazioni  riescono  più  piane  a  proposito  degli  istinti 
di  origine  chiaramente  individuale,  cioè  derivati  dalla  eterofrenia  (o  da  atti  di 
intelligenza,  (die  dire  si  vogliano),  abbastanza  ripetuti  e  per  questi  l'espediente 
esplicativo  dell'eredità  può  essere  utilmente   invocato. 


(1)  Quando  si  parla  di  adattamento  ci  si  richiama,  senza  più,  alla  poliergia,  perchè  si  tratta 
di  una  serie  di  atti  aggiuntivi  a  quelli  di  puro  istinto,  i  quali  ultimi,  ^e irlo  la  loro  caratte- 
ristica,  debbono  rispondere  esattamente  alla  coudizione  di  amhiente. 

Il  grado  di  adattabilità  di  una  specie  è  in  rapporto  diretto  con  quello  della  sua  poliergia, 
ma  non  e  forse  la  stessa  cosa,  dappoiché  si  vedono  tutti  gli  organismi,  anche  quelli  sprovveduti 
di  sistema  nervoso,  quindi  da  ritenersi  per  non  poliergici,  adattarsi  alle  variazioni  ambienti,  a 
meno  che  queste  non  agiscano  direttamente  sulla  organizzazione  eccentrica.  La  specie  più  adat- 
tabile sul   globo  è  l'uomo,   ossia  la  più   poliergica   eil   intelligente. 

(2)  La  condizione  di  domesticità  richiede  necessariamente  quella  sociali'  per  la  specie  che  fa 
da  padrone.   I   solitari   non   hanno  domestici. 


L'INDIVIDUO    NEGLI     UH    l'I  11    1.1    PROPINA    COKSKKVA/.IONK  621 


9rto,  però,  ohe,  tenuto  oonto  di  tutto  questo,  nuche  per  taluni  molto  complessi  istinti', 
che  ci  meravigliano  e  sembrano  quasi  inesplicabili  col  solo  sussidio  dello  teorie  evoluzioniste, 
quando  se  ne  sia  fatta  la  notomia,  per  cosi  dire,  e  scevrato  ciò  che,  veramente,  con  tale  aiuto 
non  può.  almeno  oggi,  essere  spiegato  io  vi  si  è  aocennato  piti  su),  rimane  una  parte,  per  la 
(juaU-,  almeno,  si  può  ammettere,  ragionevolmente,  il  concorso  ili  atti  di  adattamento,  cioè  'li 
intelligenza,  con  l'eredità,   per  ispiegarne  l'attuale  perfezionamento,  sia  pure  altissimo. 

(  osi,  non  si  può  escludere  che,  ad  es.,  alla  odierna  mirabile  potenza  di  vedo  di  taluni  animali, 
abbia  concorso,  oltre  alla  primitiva  creazione  delle  ali,  elie  era  nel  piano  regolatore,  dirò  cosi, 
della  specie,  anche  la  singola  varia  potenza  volatriee  individuale,  accresciuta  ancora  coli 'eser- 
cizio e  trasmessa   nell'eredità. 

Di  fronte  al  mirabile  istinto  delle  Vespe  solitarie,  che  paralizzano  la  preda  per  l'alimei  a 
zinne  delle  loro  larve,  il  Fabro  pretende  che  quest'arte  non  comporti  maestri  ne  sottra  appren- 
disti, perchè,  se  la  paralisi  della  vittima  non  i-  sufficiente,  la  larva  del  carnefice  perirà  sorto 
gli  sforzi  0  le  contorsioni  della  vittima  stessa  :  dunque  nessuna  via  di  mezzo  :  o  la  Vespa  darà 
il  colpo  di  aculeo  in  modo  perfetto  e  la  sua  razza  si  perpetuerà,  oppure  imperfettamente  e  la 
sua    razza    perirà. 

Ed  il  K'omaiies,  in  presenza  di  quesiti  cosi  fatti,  esclama,  nella  sua  Enciclopedia  mentali 
tU<tli  animali:  «  Io  devo,  in  tutta  sincerità,  dichiarare  che  io  riguardo  questo  caso  come  uno  dei 
più  interessanti,  che  io  conosca  e  come  quello  che  e  più  difficile  spiegare  col  mezzo  della  teoria 
(darvinista)    ,    che   ho   esposto   ». 

A  me  sembra  che  tutto  L'imbarazzo  dipenda  dalla  confusione  tra  specie  ed  individuo,  fra 
razza  e  discendenza  da  un  individuo.  Non  è  l'istinto  della  specie  in  errore,  ma  l'abilità,  direi 
cosi,  individuale.  Come  la  famiglia  di  un  valente  operaio  vive  meglio  ed  ha,  quindi,  più  pro- 
babilità di  perpetuarsi,  che  non  quella  di  un  inetto  od  infingardo,  cosi  è  la  figliolanza  (non  la 
razza)  della  Vespa,  che  dà  il  colpo  di  aculeo  con  la  dovuta  precisione,  quella,  che  ha  maggiore 
possibilità  ili  vivere  e  riprodursi,  trasmettendo,  ereditariamente,  l'abilità  materna,  che  non  quella 
progenie,  che,  per  insufficiente  paralisi  della  vittima,   etnie  rischio  di  perire. 

La  varia  fortuna  ed  abilità  delle  madri,  in  questo  atto  diffìcile,  è  dimostrata  dal  March  al 
ed  io  ammetto  con  lui  che  questa  endofagia  metodica  o  metodofagia  (come  la  chiamerò  a  suo 
luogo)  derivi  come  perfezionamento  specializzato,  dalla  più  vecchia  e  comune  parafagia  ed  è 
ammissibile  che  l'eredità  abbia  massima   parte   in  questa  maniera   di   adattamento. 

Questo  è  un  caso  abbastanza  semplice  ed  esplicabile,  ma  altri  più  complessi,  particolarmente 
se  compiuti   dalla  polifilia  e  conseguente  poliergia   specifica,   meritano  più   minuta  critica. 

o  Avviene  spesso  —  scrive  l'Emery  —  che  atti  complicati  e  difficili,  che  abbiamo  imparato 
penosamente  e  mediante  attenzione  sostenuta,  dopo  lungo  esercizio  vengano  eseguiti  in  modo 
totalmente  incosciente.  Molti  ritengono  che,  in  tali  casi,  azioni  primitivamente  intelligenti  siano 
divenute  istintive;  trasportando  questo  concetto  dalla  vita  individuale  alla  vita  complessiva  di 
una  serie  genealogica,  suppongono  che  gli  istinti  siano  derivati  da  atti  intelligenti  dei  proge 
nitori,  trasmessi,  sotto  forma  di  istinto,  alle  generazioni  susseguenti.  Se  fosse  realmente  così,  la 
formazione  degli  istinti  sarebbe  dovuta  a  modificazioni  funzionali  ereditarie,  nel  senso  voluto  dal 
lamarckismo. 

«  Possiamo  intanto  provare  che  per  alcuni  degli  istinti  più  meravigliosi,  questo  non  è.  L'Ape 
muratrice  (Chahcodoma  muraria)  costruisce  sui  muri  o  sulle  rocce  un  nido  solidissimo,  fatto  di 
polvere  impastata  con  la  sua  saliva:  fabbrica  le  sue  cellette,  deposita  in  ciascuna  una  provvista 
di  miele  e  di  polline  ed  un  novo,  chiude  le  celle  e  ricopre  l'insieme  di  crosta  spessa,  dello  stesso 
mastice  ;  poi  abbandona  per  sempre  il  suo  lavoro  e  dopo  poco  muore.  Le  figliole  escono  fuori 
alla  primavera  seguente  e  ricominciano  il  lavoro  della  madre. 

e  Noi  conosciamo  un  grandissimo  numero  di  specie  di  Api  solitarie,  che  tutte  costruiscono 
nidi  dello  stesso  genere,  ma  diversi  da  quelli  della  C'halicotloma  per  la  qualità  del  materiale  ado- 
perato,   pei    la    forma     la   disposizione   e   l'ubicazione.    Quindi   dobbiamo   pensare   che    i   loro   istinti, 

più   o   meno  differenti  gli   uni  dagli   altri,   abbiano  avuto  origine,  per  variazi ,   dall'istinto  della 

biro   progenitrice  comune.  » 

Ma  (piale  fu  la  causa  della  variazione  e  del  successivo  perfezionamento  dei  nidi  di  ciascuna 
specie?  Il  nido  dell'ape  muratrice  resiste  alle  intemperie  ed  all'assalto  dei  numerosi  parassiti  e 
nemici  della  prole  che  racchiude.  Ma  la  madre,  che  muore,  dopo  aver  compiuto  la  sua  fatica. 
non   può   certamente  aver  preveduto  le  pioggie  e  i  geli     dell'inverno,   ne   misurata     la     resistenza 


«>22  CAPITOLO    SKSTO 

delle  pareti  ;   uè  possono  averlo  fatto  le  sue  antenate,  che  prima  costruirono  nidi   di  quel   genere, 
ne  (juelle  che  li   perfezionarono  nel   corso  delle  generazioni. 

«  Le  larve  minutissime  di  un  Coleottero  vescicante,  la  Sitarti)  muralis,  si  attaccano  ai  peli 
del  maschio  delle  Anto  foie,  Api  solitarie  dal  corpo  peloso.  Durante  l'accoppiamento  passano 
sulla  femmina  e,  quando  questa,  avendo  approvvigionata  una  cella  del  suo  nido,  vi  depone 
l'uovo,  una  larva  della  Sitaris  sceude  su  di  esso  e  lo  divora.  Strana  migrazione,  che.  se  fosse 
derivata  da  un'azione  intelligente,  proverebbe  esperienza  e  previdenza  in  un  essere  appena 
schiuso  dall'uovo  '.  Dopo  divorato  l'uovo  la  larva  cambia  forma,  per  cibarsi  poi  delle  provviste 
ili  miele  e  di  polline,  si  muta  più  volte,  passa  per  un  periodo  di  riposo  (pseudo-pupa)  e  per  una 
i  forma  larvale  :  lilialmente  diviene  pupa  e  insetto  perfetto.  L'istinto  di  questo  si  limita  a 
■  rie  le  uova  in  un  buco  dove,  dopo  la  sua  morte,  la  [noie  neonata  pos9a  incontrarsi,  in  pri- 
mavera,  coi   maschi   delle  Antofore. 

'  L' Attelàbns  curculioiioides,  piccolo  Coleottero  rosso  col  capo  nero,  taglia  ed  arrotola  le  foglie 
u  In  quercia  in  regolari  bariletti,  sufficienti  ciascuno  a  nutrire  una  larva  che  compirà  il  suo 
sviluppo  dopo  la  morte  della  madre.  Varie  specie  di  Bhyuchites,  suoi  prossimi  parenti,  lavorano 
sopra  altre  piante,  risolvendo,  senza  saperlo,  difficili  problemi  di  geometria  e  producendo  car- 
toon e  gomitoli  di  diversa  fattura  per  ciascuna  specie.  Come  parlare  di  esperienza  e  di  lavoro 
intelligente,  quando  l'operaio  non  vedrà  mai  il  risultato  del  suo  operato  f  Wasinann  ha  poi  os- 
ilo che  il  Bt/nchites  brilline  costruisce  meglio  i  suoi  primi  cartocci  che  gli  ultimi:  invece  di 
perfezionarsi  con  l'esperienza,  sembra  che  disimpari  l'arte   ereditaria! 

«  Quando  la  femmina  del  Cinipede  Biorhiza  apteru,  nata  da  una  galla  delle  radici,  trapana 
le  gemme  delle  querce  con  abilità  di  consumato  Kitotomo,  secondo  il  metodo  proprio  della  sua 
specie,  ne  essa  né  alcuno  dei  suoi  ascendenti  può  avere  mai  intuito  le  conseguenze  del  suo  atto, 
il  >j n:ile  determinerà  la  formazione  di  una  galla,  che  non  vedrà  mai.  e  che  sarà  ben  diversa  da 
quella  in  cui  nacque.  Queste  considerazioni,  che  potremmo  applicare  ad  infiniti  esempi,  esclu- 
•  che,  in  questi  casi,  l'istinto  possa  essersi  sviluppato  per  trasmissione  ereditaria  di  atti 
intelligenti.  Peto  non  spiegano  l'origine  degli  istinti,  ne  fanno  conoscere  le  cause  della  loro  for- 
mazione e  trasformazione.  Dobbiamo  confessare  che  la  scienza  non  è  ancora  in  grado  di  dare  la 
soluzione  soddisfacente  a   questo  problema   importante  e  difficile  ». 

Ho  riportato  iter  intero  questo  brano  perchè  vi  sono  esemplificate  le  tre 
pili  complesse  maniere  di  istinti,  sia  ila  parte  della  sola  madre  per  la  costru- 
zione molto  perfezionata  del  nido  (Chalicodoìna,  Bhynchites)  ;  sia  per  parte  di  una 
specie  col  concorso  di  più  sue  forme,  caso,  adunque,  di  poliergia  iter  età;  sia 
di  una  terza  specie  polifilica,  nella  quale,  adunque,  la  poliergia  si  richiama  alla 
polifilia. 

Quanto  al  primo  caso,  mi  richiamo  a  quanto  ho  già  detto  per  dimostrare 
die  la  complessità  dell'atto  non  importa  necessariamente  la  sua  origine  dalla  in- 
telligenza o  dal  ragionamento.  Questa  è  un'argomentazione,  che  può  valere  per 
l'uomo,  non  già  per  gli  animali  e  meno  che  meno  per  gli  Insetti,  cosi  come 
ii  stinguiamo  due  diverse  origini  alle  ali  degli  animali  od  a  quelle  odierne  del- 
l'uomo. 

Quanto  all'alto  grado  di  perfezionamento  dell'atto  istintivo  nei  casi  esem- 
plificati ed  in  mille  e  mille  altri,  ohe  si  potrebbero  citare  e  sono  ricordati  dagli 
autori,  esso  può  benissimo  essere  dovuto  alla  selezione  continuata,  col  concorso 
dell'eredità,  conforme  si   è  accennato  per  gli  istinti   della    Vespa  solitaria. 

A  indie  per  gli  animali,  tutta  questa  scienza  si  fa  provando  e  riprovando  e 
chi  approva  e  disapprova  e,  in  questo  caso,  la  natura,  concedendo  che  le  aber- 
razioni del  suo  istinto,  utili,  si  conservino  nella  discendenza  della  madre,  che  le 
ha  casualmente  messe  in  atto  la  prima  volta;  si  perdono,  invece,  con  l'infelice 
esito  della  figliolanza,  quelle  che  riescono  a  carico  della  specie  ;  esattamente 
cmiie  fa  l'uomo,  per  ragionamento  <>  per  caso,  nella  continua  esperienza  di  che 
si  compone  la  sua  vita.  Mon  tutte  le  invenzioni  umane  si  devono  ad  un  buon  ra- 
gienamento,  molte  dipendono  dal  caso  o  da  un  errore,  ma,  quando  utili,  si  sono 
conservate. 


L'INDIVIDUO    NKGI.I    Al  11    PKli    I  A    l'HOPKIA    CONSEKVAZIONB  tiL'^ 


La  Xui pa  nidifica  iu  cavità  varie,  ad  esempio  nei  culmi    di    canne    troncate,  od    in    _ 

lerie.  ohe    essa  stessa  scava  nel   legno  seeoo  e   friabile,   l'uò    errare  lino  a  mettere  il  suo  nido  in 
canne  metalliche. 

Considerato  per  istinto  tipico  il  primo,  che  6  In  maniera  pih  semplice  e  meno  faticosa  di 
nidificazione,  si  vede  che  la  seconda  variazione  rappresenta  un  progresso  e  deve  dipendere  da 
aberrazione  poliergica.  Le  larve  se  ne  vantaggiano,  inqiiantoche  le  pareti  del  legname,  più 
spesse,  conservano  meglio  il  calore  e  la  prima  della  nidiata,  che  è  la  più  bassa  del  nido,  al- 
lorché adulta,  può  uscirne,  intaccandola  parete  laterale,  senza  dare  noia  alle  sorelle  più  giovai 
che  le  stanno  sopra  e  senza  attendere  pazientemente  (la  quale  attesa  annienta  i  pericoli)  che 
siano  tutte  sfarfallate  a  loro  comodo.  Questa  piti  utile  maniera  di  nidificazione  ha  tutte  le  pro- 
babilità di  ripetersi  e  trovarsi  sancita  per  credila.  Ma,  il  terzo  caso  è  un  vero  errore  a  danno 
della  covala,  e  ciò  per  ragioni  opposte,  non  avrà  probabilità  di  ripetersi,  uè  si  ripete  nor- 
malmente. 

Che  può  impedire  di  ammettere  che  l'attuale  perfezionamento  nella  costruzione  dei  nidi  di 
Chalieodoma,  del  Rhynohite  e  di  tanti  altri  insetti,  che  oggi  ci  meraviglia,  non  sia  frutto  di  in- 
consci tentativi  da  parte  delle  madri,  durati  pei  centinaia  e  migliaia  di  secoli,  occasionati  da 
circostanze  ambienti  varie  e  da  una  conseguente  selezione  automatica?  Eppure  molti,  che  si 
trovano  oggi  cosi  perplessi  di  fronte  alla  complicanza  ed- all'alto  perfezionamento  di  cotali  istinti, 
non  dubitano  punto  di  ascrivere  l'attuale  complessità  e  mirabile  rispondenza  morfologica  agli 
effetti  a  cui  l'organizzazione  e  destinata,  totalmente,  alla  selezione  naturale.  Converrebbe  pur 
pensale  che  tanto  la  costruzione  materiale  'li  uni  macchina,  quanto  il  perfezionamento  del  s  o 
lavoro  sono  effetto  di    una    selezione   (ragionata   da   parte  nostra). 

Veniamo  ai  casi  in  citi  entra  in  gioco  la  polifilia.  Prendiamo  a  considera  e 
il  caso  in  cui  collaborano,  a  vantaggio  della  specie  e  per  vie  difterentissime, 
forme  di  varie  era.  con  una  poliergia  specifica,  adunque,  dipendente  dal  gratin 
di   sviluppa. 

In  molti  casi,  quando,  cine,  l'adulto  ha  dovuto  subire  una  involuzione,  so- 
pratutto per  neotenia,  molti  atti  istintivi  complessi  e  quelli  di  intelligenza,  cioè 
la  loro  zona  di  variazione  poliergica,  sono  delegati  alle  forme  giovanili,  che  pos- 
sono essere  anche  meglio  organizzate  allo  scopo,  che  non  i  rispettivi  adulti. 
Vedansi,  a  questo  proposito,  le  larve  e  gli  adulti  di  molte  specie  parassite  di 
piante  e  di  animali  (Coccidei,  Ripitteri.  Stilopodi,  ecc.)  e  si  escluda  da  queste 
cosiderazioni  il  maschio,  il  quale  ha  una  organizzazione  evoluta  solo  per  la  ri- 
cerca della  femmina  per  fecondarla,  ufficio  questo  che  non  può  essere  delegai 
alle  larve. 

Gli  istinti,  con  la  organizzazione  coni  petente,  che  si  richiamano  alla  diffu- 
sione della  specie,  alla  ricerca  di  un  ambiente  di  vita  adatto,  sono  delegati  alle 
larve;  la  femmina  non  vi  prende  parte.  Dobbiamo  dunque  ammettere  che  essi 
sono,  nell'adulto,  allo  stato  latente,  mentre  riescono  palesi  nella  larva.  Adunque, 
ogni  aberrazione  utile  alla  specie  accade  per  opera  della  larva  e  se  viene  san 
cita  per  eredità,  come  vediamo  essere  realmente,  dobbiamo  convenire  che  in 
questo  stato  giovanile  soltanto  essa  viene  sigillata  in  quell'archivio  di  tutte  le 
variazioni  morfologiche  e  psichiche,  che  è  l'idioplasma,  cioè  il  plasma  del  gono- 
citi) e  là  essa  giace  riposta,  per  riprodursi  ereditariamente,  nelle  generazioni 
successive,  nella  stessa  età  precisa,  iu  cui  essa  vi  è  stata  inscritta  primamente. 
Ad  ogni  momento  della  vita  individuale  questo  archivio  è  aperto  e  vi  si  nota  ; 
non  è  già  soltanto  nell'età  adulta  che  vengono  richiamate  e  consacrate  nell'idio- 
plasma  tutte  le  vicissitudini  e  gli  espedienti  occorsi  traverso  tutta  la  precedente 
esistenza. 

Solo  le  forme  neutre  non  possono    aver  parte  nella  costituzione  dell'istinTc 
perciò  che  ogni  loro  aberrazione  poliersica  rimane  senza    eredità  ed  i  neutri  bi 
sogna  crearli  di  volta  in  volta,  artificialmente.  Ma,  nelle  larve,  il  gonocito  è  non 
meno   perfetto  che  nell'adulto. 


62-t  CAI-ITOLO  SESTO 


Che  può  avere  fatto  l'adulto  del  Formicaleone  :i  sviluppare  un  cosi  mirabile  istinto  della 
sua  larva  ì  E  che  influenza  può  avere  sugli  istinti  accumulati  per  un  triennio  di  vita  acquaiola 
dalle  larve  della  Efemera  il   breve  periodo  di  poche  ore  di   vita   aerea  concesse  all'adulto  .'  (1). 

La  larva  di  Sitaris,  che  dall'ospite  scende  sull'uovo,  ha  imparalo  questo  dalle  larve  sue  an 
teliate,  non  già  dall'adulto,  che  l'ha  generata  e  che  perirà  senza  conoscere  l'esito  della  sua  fi- 
gliolanza. Consimile  ragionamento  si  applichi  al  caso  di  poliergia  politili;'.-!,  esemplificato  dalla 
Biorhiza  (ammettendo  che  ciascuna  easta  iscrive  le  sue  variazioni  poliergiche  nel  gonocita,  che 
contiene  in  li/ri  tutte  le  forine  della  specie  e  le  loro  abitudini)  e  riescirà  piano  ciò  che  può  es- 
sere seminato  difficile  a  spiegarsi  considerando  nel  suo  insieme  tutto  questo  blocco  di  attività 
complesse,   perfezionate   e  convergenti   allo  stesso  scopo,   cioè  alla  conservazione   della   specie. 

Nettamente  sono  cosi  differenziati  gli  istinti  di  origine  individuale,  possibili 
per  la  poliergia,  varia  nei  diversi  individui,  derivati  da  atti  di  adattamento  e 
sanciti  per  eredità  insieme  ad  una  corrispondente  variazione  morfologica,  diffe- 
renziati, dico,  da  quelli  puramente  specifici,  pei  quali  la  variazione  morfologica 
e  causa  anziché  effetto  e  dipende  dalla  predestinazione  organica  della  specie. 

È  piano  l'ammettere  che  un  organo,  sviluppandosi,  faccia  sentire  all'animale 
una  influenza  nuova  ;  è,  invece,  inconcepibile  che  un  animale  pensi  a  compiere 
un  atto,  mentre  difetta  dell'organo  necessario  ad  effettuarlo. 

Solo  l'uomo,  nella  sua  enorme  poliergia,  può  far  ciò  e  solo  per  taluue  atti- 
vità («die  non  potrebbe  argomentare  della  natura  di  un  senso,  che  non  possiede 
e  su  queste  argomentazioni  crearlo  per  se)  e  questa  e  la  grande  differenza  psi- 
chica   fra  noi  e  gli  animali  tutti. 

Ma  questa  superiorità  indiscutibile,  se  può  essere  fonte  di  compiacenza  per 
la  nostra  specie,  è  anche  l'origine  della  sua  infelicità  animale  ('2). 

Le  forme  da  maggior  tempo  apparse  sul  globo,  o  progreditevi  nella  loro  or- 
ganizzazione  più  rapidamente,  hanno  avuto  miglior  agio  delle  altre,  non  solo  per 
raggiungere  il  più  alto  limite  morfologico  e  psicologico  prestabilito  al  loro  gruppo 
ma.  anche,  intonandosi  di  continuo  all'ambiente  mercè  variazioni  di  organizza- 
zione ed  atti  di  poliergia  individuale,  (die.  per  eredità,  si  fissavano  nelle  carat- 
teristiche della  specie,  hanno  raggiunto  il  più  alto  grado  di  perfezionamento 
organico  e  psichico.  Esse  sono  giunte  ad  una  più  vasta  e  sicura  percezione  del 
mondo  esterno,  ad  un  grado  di  adattamento  completo,  ad  una  i perieli  a  orna- 
mentale massima,  fino  ad  una  condizione  di  felicità  animale  senza  paragoni  in 
natura   (3). 


(li   V.   l'orse   la  inanima  che  insegna  al   neonato   a  vagire  ed  a  poppare  ! 

(2)  Homo  sapiens,  specificamente  definisce  il  Linneo  (forse  non  senza  ironia)  il  più  alto  e  il  più 
recente  animale  ;  avrebbe  potuto  anche,  non  meno  acutamente,  chiamarlo  Homo  infilì.i.  La  nostra 
organizzazione  imperfettissima,  l'orse  per  la  stessa  recente  origine:  gli  istinti,  conseguentemente 
imprecisi,  tutto  questo  insieme  di  inferiorità  organica,  per  cui  il  poeta,  con  tanta  più  ragioue, 
quasi  divinando,  ci  chiama  enlomata  in  difetto  sì  come  verme  in  cui  formazioni  falla,  paragonabili 
a  larve  di  insetti  cos'i  organicamente  povere,  ci  obbliga  a  far  ricorso  a  lineila  poliergia  indivi- 
duale, che  ci  merita  il  titolo  di  sapiens,  ma  che,  per  la  sua  vastità,  è  soggetta  ai  più  grandi  er- 
rori rispetto  alla  legge  naturale.  L'enorme  eterofrenia  è  precisata  dal  quo!  capita  tot  senientiae, 
purtroppo  fino  all'ionio  hominis  lupus.  Si  può  arguire  facilmente,  ed  anche  più  facilmente  vedere, 
quale  sia    una  società  che  ha  queste  basi    naturali. 

Sia   permesso  questo  sfogo  ad  un  naturalista  che  scrive  nel   191S  ! 

(3)  Compie  meglio,  più  speditamente  e  più  facilmente  il  suo  lavoro  una  macchina,  perfetta  e 
precisa,  che  non  una  grossolana  ed  insufficiente,  sia  pure  sorvegliata  e  corretta  di  continuo  da 
intelligentissimi   espedienti   e   ripieghi. 


l'individuo  NEGLI  ATTI  per  la   propria  CONSERVAZIONE  6-'"' 

(ili  Insetti  sono  in  queste  condizioni,  ormai,  e  la  storia  della  difficile  e  po- 
vera giovinezza  del  gruppo  è  compendiata  in  quella  del  loro  ciclo  «li  vita  (1). 

Ora.  l'adulto  è  un  essere  veramente  t'elice,  coinè  è  dimostrato  dall'alto  grado 
di  oziosità,  che  può  concedersi  dopo  aver  provveduto  facilmente  e  rapidamente, 
merce  i  suoi  alti  mezzi,  alla  necessità  della  sua  esistenza  e  di  quella  della  specie 
e.  .-.inscio  della   sua  bellezza,   in   questa  e  nel   suo  ozio,   beato  si  gode. 

Ma  gli  istinti  di  origine  individuale,  pei  quali,  adunque,  per  divenire  tali, 
dalle  elementari  manifestazioni  poliergiche  hanno  d'uopo  della  eredità,  allorché 
questn  condizione  necessaria  divenga  inattuabile,  non  possono  affermarsi  al- 
trimenti. Questo  stato  di  cose  può  indurre  conseguenze  gravissime  od  anche  disa- 
5     ose   per  la  specie. 

Ne  abbiamo  un  classico  ed   imponente  esempio  nella  endolasia. 

Per  la  parte  attiva,  per  la  specie  parabiotica,  cioè  per  Pendofago,  la  nuova 
maniera  di  vita,  derivata  certo  dalla  metodofagia,  è  un  adattamento  nuovo  (:.')  e 
l'eredità  ha  finito  per  costituire  uno  spiccato  istinto,  che  si  manifesta  con  mo- 
dalità complicate  e  varie,  a  seconda  delle  numerosissime  specie  endofaghe. 

Ter  converso,  la  specie  vittima,  condannata  a  sicura  morte  prima  di  aver 
raggiunto  la  facoltà  riproduttiva,  non  ha  potuto  aver  prole  e  qualsiasi  iniziativa 
individuale,   in   senso  autotilattico.   si   e  spenta  con  la  vittima. 

Lo  stesso,  quasi,  può  dirsi  della  metodofagia  e  per  sua  difesa  dall'una  o 
dall'altra  maniera  di  aggressione,  la  specie  paziente  non  ha  mezzo  alcuno,  reso 
appropriato  pei   lungo  perfezionamento,  efficace  contro  la  gravissima  minaccia. 

La  specie  vittima,  per  sopperire  alle  perdite,  non  trova  di  meglio  che  ricor- 
rere ad   una   progenesi   più  accentuata  che  mai  (3). 

Nei  rapporti  più  antichi  fra  i  primitivi  e  quindi  meno  elevati  gruppi  di  in- 
setti, sia  fra  loro  che  col  restante  mondo,  un  istinto  preciso  ha  il  sopravvento 
nella  direzione  degli  atti  volontari  e  quindi  meno  ovvii  sono  quegli  errori  che 
dipendono  dalla  poliergia  individuale  e  che  pur  si  rilevano  anche  per  questi 
perfettissimi  strumenti  di  precisione.  Ma,  nei  gruppi  più  alti  e  quindi  più  recenti^ 
per  le  condizioni  di  esistenza  di  più  fresca  data,  quelle  di  ambiente  più  variato, 
non  pochi  esempi  di  istinto  meno  perfezionato,  perchè  meno  vecchio,  od  anche 
di  una  vera  e  propria  intelligenza,  che  in  tali  casi  si  richiama  ad  una  necessità, 
sono  manifesti. 

Perciò,  negli  ordini  più  elevati  di  Insetti,  come  sono  i  Ditteri  e  gli  Imenotteri, 
in   contingenze  nuove,  variate  e  multiformi  da  parte  dell'ambiente,  in  manifesta- 


ti) I  Vertebrati  si  possono  considerare,  tuttavia,  come  forme  larvali,  per  dir  cosi,  ili  un 
,.-q>po  avvenire,  clie,  probabilmente,  salirà  più  alto  degli  insetti,  ormai  giunti  al  loro  massimo 
grado  di  evoluzione.  Anche  dal  verme  umano  verrà,  alla  fine,  l'angelica  farfalla  (su  questa  stessa 
rena  od  altrove)  :   ma  gli   insetti   vi  sono  già  pervenuti  e  da  tempo. 

("i)  Come  avviene  per  il  .Xestor,  Pappagallo  della  Nuova  Zelanda,  che,  da  poco  tempo,  da 
vegetariano  è  diventato  carnivoro,  aggredendo  le  pecore,  di  recente  importate,  alle  quali  rode 
il   grasso  che  circonda   i   reni. 

(:i|  Per  fronteggiare  utilmente  una  nuova  condizione  di  cose,  di  tal  maniera  improvvisa  e 
con  effetti  cosi  remori,  sarebbe  necessario  un  vero  e  proprio  ragionamento,  quale  solo  l'uomo 
rebbe  fan-  e  questa  è  anzi  la  prova  che  tale  facoltà  non  appartiene  agli  insetti.  Anche  i 
il  eglio  armati  e  temibili  lasciano  invadere  il  loro  nido  da  parassiti  ed  endofagi,  il  cui  effetto 
.  -imo  e  troppo  remoto  perchè  la  specie  vittima  possa  collegarlo  alla  causa  presente  e  difen- 
dersene in  tempo.  Esattamente  per  la  stessa  ragione  l'apparente  inesplicabile  preveggenza  di 
talune  madri  per  il  buon  esito  della  loro  figliolanza,  che  mai  conosceranno,  va  attribuita  alle 
I8e  sopraricordate  anziché  ad   un  atto  di   ragionamento,  che  sarebbe  davvero  meraviglioso. 

A.  Bbhlksb,  Oli  lui,  II:,  IT.  —  79. 


626  CAPITOLO    SESTO 


zioni  psichiche  complesse  da  parte  dell'insetto,  vanno  ricercati  quegli  atti  volon- 
tari di  adattamento,  che  si  richiamano  appunto  alla  intelligenza  e  sono  possibili 
nell'alta  poliergia  specifica  (1). 

Quanto  agli  atti  involontari  o  riflessi,  occupandoci  solo  dei  moti  psichici, 
che  si  compiono,  cioè,  nell'ambito  del  solo  sistema  nervoso,  è  da  rilevarsi  che  la 
paura  e  la  collera  sono  i  più  cospicui  e  comuni  fra  gli  Insetti,  ma  di  gran  lunga 
più  la  prima  che  l'altra,  la  (piale  ultima  si  appartiene  ai  meglio  armati. 

Gli  Insetti  tutti,  anche  i  piìi  feroci  e  dotati  di  mezzi  offensivi  e  difensivi 
eccellenti,  sono  paurosissimi  e  ricorrono,  molto  spesso,  più  volontieri  e  prima 
che  ad  ogni  altro  spediente  difensivo,  alla  fuga.  Questo,  come  si  è  già  detto,  è 
tuttavia  il  miglior  mezzo  autotìlattico  e  più   sicuro. 

In  conclusione:  gli  Insetti,  in  grado  vario  e  proporzionato  alla  loro  eleva- 
zione nella  scala  zoologica  ed  all'antica  data  di  loro  apparsa  sulla  terra,  godono 
di  una  organizzazione  e  di  conseguenti  istinti  quanto  mai  perfezionati  e  tali  che 
ad  una  felice  esistenza  bastano  quasi  totalmente,  rimanendo  parte  minima  alla 
poliergia  individuale  ed  ai  conseguenti  possibili  errori. 

Gli  atti  di  vera  intelligenza  sono,  adunque,  rarissimi  e  da  ricercarsi  solo 
nei  gruppi  più  elevati  e  perciò  meno  vecchi  ed  in  adattamenti  di  esistenza  che 
possono  ritenersi  di  data  meno  antica.  Atti  di  ragionamento,  cioè  intesi  ad  uno 
scopo  remoto  e  previsto,  valutati,  cioè,  esattamente  nelle  loro  conseguenze  in  un 
avvenire  lontano,  non  sembra  si  possano  ammettere  negli  Insetti. 

Per  questa  loro  quasi    perfetta    intonazione  all'ambiente,    combinata    con   la 
enorme  diffusione  e  fecondità,  gli  Insetti  sono  insediati  da  dominatori  nella  eco 
nomia  della  organicità  e  ne  sono  grandissima  parte  ormai  e  necessaria. 


Locomozione,  movimento. 

La  caratteristica  più  appariscente  dell'animale  è  la  Iocomòbilità,  determi- 
nata, negli  Insetti,  come  i  movimenti,  da  fasci  muscolari  che  agiscono  sugli  or- 
gani componenti  il  dermascheletro. 


(1)  Tutti  questi  casi  però,  almeuo  per  quanto  è  a  mia  conoscenza,  sono  suscettibili  di  es- 
sere richiamati  ad  un  istinto  acquisito  pel  ripetersi  di  condizioni  analoghe. 

Ma  il  caso  dell'Epeira  (altissimo  fra  gli  Aracnidi)  ricordato  a  pag.  114  del  presente  voi  urna, 
mi  sembra  un  vero  e  proprio  atto  di  intelligenza,  scevro  da  ogni  influenza  istintiva  ed  un  altri» 
voglio  riferirne,  che  io  stesso  ho  veduto  o  seguito  benissimo  e  che  mi  sembra  godere  della  stessa 
caratteristica. 

Un  Pompilide,  sotto  i  miei  occhi,  abbandono  un  ragno  grossetto,  una  Lijcosa,  ormai  para- 
lizzato, a  qualche  centimetro  innanzi  al  suo  nido.  Io  giudicai  subito  che  quel  Ragno  non  avrebbe 
potuto  passare  per  l'apertura  del  nido,  che  mi  pareva  troppo  ristretta  al  caso.  Eguale  giudizii 
deve  aver  fatto  la  vespetta,  perche  abbandouò  il  Ragno  ed,  entrata  noi  nido,  la  vidi  occupata 
ail  allargarne  l'ingresso,  puntando  sulle  gambe  e  sollevando  il  sottile  strato  di  terra  col  dorso 
ripetutamente.  Poi  la  vespetta  ne  usci  e  cominciò  a  considerare  la  sua  preda,  girandoli'  attorno 
e  toccandola  dappertutto  colle  sue  antenne.  Certo  la  misurava  a  suo  modo,  tanto  è  viro  eh» 
ritornò  nel  nido  e  ricominciò  a  forzarne  l'ingresso,  dilatandolo  come  ho  detto.  La  manovra, 
comprese  le  misurazioni,  si  ripetè  per  tre  volte  di  seguito,  dopo  di  che  a  me  pareva  elio  l'aper- 
tura del  nido  fosse  tuttavia  troppo  ristretta  per  quel  grosso  corpo  del  Ragno,  ma  di  questa 
opinione  non  era  il  Pompilide,  che  atterrò  colle  mandibole  la  vittima  per  l'estremo  addome,  la 
all'accio  all'orifìcio  del  nido  e  con  tre  buone  stratte  ve  la  fece  entrare,  tutta,  prestamente.  Aveve> 
giudicato  male  io,  non  la  Vespa. 


L'INDIVIDUO    NEGLI    Alti    PEH    LA    PROPRIA    C0NSKRVA7.I0NK 


627 


La  distribuzione  <•  la  infima  struttura  dei   muscoli  è  già  stata  illustrata  nel 

precedente    volume    (cap.   Vili,  da  pag.  3S5    a    pa»-.   400).  La    contrazione    del 

muscolo,  importante   il   suo  accorciamento,  è  determinata    dalla  corrente  nervosa. 

die   giunge  al   muscolo  stesso  traverso  i   nervi   motori,  che  si  distribuiscono  nella 

issa    muscolare  colle  loro   ultime,   tenuissime  diramazioni. 

Si   è  già  detto,   uelle  citate  pagine,  che  i  muscoli  degli    Insetti  sono  pressoché  tutti  striati  : 
-    lo  nel  tulio  digerente  i  muscoli  involontari  presentano   anche  fibre  incompletamente  striate,  se 
11  veramente  lisce  del  tutto.   I   muscoli    motori   delle  ali,  residenti  nel  torace,  hanno  struttura 
t    eciale  ed  anche  di   ciò  si   e   fatto  già  parola. 

Diversa   ì-  anche   la   maniera    di     contrattilità    nelle    diverse    specie  di  fibre  muscolari   e,  per 
gli    Insetti,  questo  studio  e  stato  fatto  già  dal  Faivre  (1862),  pel  Ditisco  adulto. 

1    muscoli  della   vita  organica   (formanti,   generalmente,  un    reticolo  e  striati)    si   contraggono 
movimenti  automatici  e  spasmodici.  Tali  contrazioni  sono  regolari,  rapide  e  permanenti  per 
»    lihre   del    vaso  dorsale,  ma  non   lo   sono,  invece, 
per    le    fibre    muscolari    proprie    degti    altri    vi- 
i,   ad  i's.  dell'intestino,  degli    organi   genitali 
:  ni  .  eco. 

Le  piti  leggere  eccitazioni   bastano    a    deter- 
ioro i|iieste  contrazioni,   che  persistono  anche, 
qualche  tempo,  dopo    cessato  lo  stimolo    che 
i  determinate  e  possono   conservare    la    loro 
iltà  ili  contrazione  anche  un'ora  dopo  la  morte 
-  l'animale;    ma,  queste    libre    muscolari    della 
v  :a  organica  sono,  invece,     meno    sensibili     alla 
itazione    dello  stimolo    nervoso,  il  quale    non 
le  influenza,     se    non   è  energico.    D'altro    canto, 
-.-sto   lilne.    molto     più     raramente  di   quelle   dei 
scoli   della   vita     di     illazione,    entrano     in     ri 
g    lità. 

Invece,   le  contrazioni   dei   muscoli    volontari, 
■-  della    vita  di  relazione,   non     sono    mai  sin- 

natiche  e  spasmodiche;  non  si  produci. no  facilmente  con  leggere  eccitazioni  meccaniche,  mentre 
li    determina  più  agevolmente,  invece,   l'influsso     nervoso;   cessano   immediatamente  con   la  morte 
•male  e,  ad  ogni   modo,   al  cessare  dello  stimolo. 
I   muscoli  delle  ali   degli   Insetti   danno  esempio  delle  piti  brevi  contrazioni   muscolari,  che  si 
'-••ano   fra  yli   animali   tutti.  Le  vibrazioni   delle  ali  sono,  infatti,  rapissimo;   nella  Mosca  doine- 
..   esse  sommano  a   330  al  secondo:    nell'Ape  a    190  ;  nella    Vespa  a   110,  ecc.  Ma,  questa  ra- 
tta delle  contrazioni   spetta   soltanto  ai   muscoli   motori  delle  ali;   per  gli   altri  esse  sono  assai 
lente  e  nelle  larve  olometabole  (secondo  Patrizi)  esse   mosti  ano  caratteri  fisiologici  intermedi 

ielle  delle    fibre   liscie   e   quelle   delle   fibre  striate. 
l'in   addentro  nello  studio    delle     contrazioni     muscolari   degli     Insetti  si  è  condotta  la   inve- 
izione  ila   parte  dei    tisiologi,   tra   cui   sono    da     ricordarsi   il   I.efeuvre,   il   Patrizi,   il  Rollet,   il 

■  t.   ecc.,   le  cui  osservazioni    sono     riassunte    nel    bel    libro  del   Marella!,   Sulla  fisiologia  degli 
.,  dal  iiuaie  tolgo  integralmente  il  brano  relativo  (pagg.  310-311)  : 

«  La  curva  della  scossa  muscolare  semplice  (flg.  640),  ottenuta  da  una  eccitazione  elettrica 
.  iderata,  alla  chiusura  mi  alla  interruzione  della  corrente,  d'induzione  o  continua,  presenta 
i     caratteri   seguenti  : 

■  11   periodo  latente   del    tempo    perduto    e  di   0",(!t   circa   per   l'idrofilo  (Rollet);  di   0".015  a 
12   pei  muscoli  addominali  della  crisalide  o  della  farfalla  del  Baco  da  seta  (Patrizi);  di  0",008 

muscoli   estensori   della   tibia,   terzo   paio,   di   una   Locusta   [Declieus  verrucitorns,  sec.   Lefevre). 
■•  i  i  ,   in   generale,   più   lunga    nelle    larve   che    non    negli  adulti  ed  oscilla  intorno  a  0",04  nel 
"   da  seta. 

I.a  durata  totale  della  scossa  e,  in  media,  0",10  circa  nel  Decticui,  ciò  che  concorda  coi 
•  :  ilei  Patrizi  pei  muscoli  addominali  della  crisalide  e  della  farfalla  del  Bombix  morì.  In  questo 
-•"tu.    secondo   il   Patrizi,     il     periodo    ascendente   e  presso  a   poco    neiiale   a   quello    discendente. 


Fig.   640.   —    Contrazione    muscolare    di     una 
zampa   d'Insetto,  sec.   Lefeuvre. 


62S  CAPITOLO    SESTO 


Pei  muscoli  motori  della  zampa  saltatrice  del  Decticus,  secondo  Lefeuvré,  con  un  peso  tensore 
leggevo,  il  periodo  di  ascensione  o  periodo  di  energia  crescente  è  più  lungo  di  quello  decre- 
scente, ma,  coli' aumento  del  peso,  i  due  periodi  tendono  a  divenire  eguali  od  anche  il  primo  più 
lungo  del   secondo. 

«  L'altezza  della  contrazione  diminuisce  coll'aumentare  del  peso  tensore,  col  sopravvenire 
della  fatica,   col  decrescere  della   temperatura,  ed  aumenta,   invece,   per  le  cause  inverse. 

«  La  forma  e  la  durata  della  scossa  variano  all'unisono  con  quella  della  sua  altezza.  Nelle 
larve  (liaco  da  seta)  i  caratteri  della  scossa  sono  molto  differenti  dall'adulto.  La  sua  altezza 
massima  è  sempre  piccola  anclie  a  forti  eccitazioni  e  la  sua  durata  e  lunga  così  da  ricordare 
quella  delle  fibre  liscie  ;  essa  è  di  5"  al  minimo  ;  il  periodo  ili  ascensione  non  oltrepassa  mai  un 
mezzo  secondo,   il   resto  è  occupato  dalla  fase  di  energia  decrescente. 

€  Gli  effetti  della  fatica  sulla  struttura  delle  libre  muscolari  sono  stati  bene  constatati  negli 
Insetti  e  si  traducono  specialmente  con  la  sparizione  più  o  mino  completa  delle  fascie  chiare 
(Bernard  IT.   M.,   1*94). 

«  Velocità  ili  propagazione  dell'onda  muscolare.  —  I  muscoli  delle  zampe  dei  Coleotteri  si  pre- 
stano mirabilmente,  all'osservazione  col  microscopio,  dell'onda  muscolare. 

«  hollet,   col  metodo   Weber,   calcola  la  velocità  inedia  a  0,169  inni,   al   sei' lo.  Hurthle,   col 

metodo  cinematografico,  ottenne  una  cifra  assai  vicina  (0,108);  bisogna  però  tener  conto  die 
queste  cifre  sono  desunte  da  muscoli  isolati  dal  restante  corpo.  11  Patrizi,  sui  muscoli  del  com- 
plesso dei   tubo  muscolo  cutaneo,   in    Bombyx  muri,   ottenne  0m.54    per  secondi 


o   >> . 


Forza  muscolare.  —  Che  una  Pulce  possa  eseguire  un  balzo  pari  a  200  volte 
circa  la  propria  altezza  (in  proporzione  un  uomo  varcherebbe  <li  un  salto  due 
volte  l'altezza  della  torre  Eiffel)  o  che  altri  piccoli  Insetti  eseguiscano  sforzi 
enormi  rispetto  alla  loro  proporzione,  non  è  tanto  meraviglioso  come  spesso  -  è 
creduto,  quando  si  consideri  che  questa  forza  relativa  aumenta  per  quanto  l'a- 
nimale  diminuisca  di   volarne,  pur  rimanendo  eguale  il   potere  contrattile. 

Difatti,  mentre  il  corpo  aumenta  secondo  il  cubo  di  una  dimensione  lineare,  la  superficie 
contrattile  del  muscolo,  la  quale  sola  ha  valore  pel  potere  contrattile  del  muscolo  stesso,  i  on 
aumenta  che  secondo  il  quadrato. 

La  forza  muscolare  assoluta  è  rappresentata  dalla  forza  contrattile  per  unità  d'area  della  se- 
zione del  muscolo.  Il  più  alto  livello  di  forza  muscolare  assoluta  è  raggiunto,  come  è  noto,  dal- 
l'Uomo e  dai   Vertebrati. 

Tuttavia,  per  gli  Imenotteri,  il  rapporto  fra  il  peso  del  corpo  ed  il  peso  massimo,  che  essi 
possono  trasportare,  è  di  25,3  (Ape),  14,3  (Bomhut).  Nell'Uomo  non  è  die  di  0,86.  Con  tutto  ciò 
la  forza  muscolare  assoluta  dell'Ape  è  beu  quattordici   volte  inferiore  a  quella   dell'Uomo. 

Locomozione. 

(tIì  Insetti  si  locomuovono  sulla  terra,  nell'acqua  e  nell'aria,  nei  primi  due 
casi  mercè,  sopratutto,  delle  zampe;  nel  terzo  caso  a  mezzo  delle  ali.  Possiamo, 
dunque,  distinguere  tre  maniere  di  locomozione:  terrestre,  acquatica,  aerea. 

Molti  insetti  godono  di  tutte  e  tre  queste  maniere  di  locomozione,  altri  più 
solo  di  due.  cioè  sulla  terra  e  nell'aria.  Quest'ultimo  modo  di  locomozione  ap- 
partiene solo  alle  forine  adulte. 

Locomozione   terrestre. 

Si  è  già  accennato,  in  altro  capitolo,  al  modo  di  locomozione  speciale  di  ta- 
lune larve  olometabole,  perciò  qui  occorrerà  solo  discorrere  degli  adulti,  ai  quali 
corrisponde  il  modo  di  locomuoversi  delle  forme  giovanili  eterometabole  e  di  ta- 
lune fra  le  più  alte  olometabole,  come  sono  le  melolontoidi. 


[.'INDIVIDUO    N'KGI.l    Ali  I    PER    I.A    PROPRIA    i  '<  INSKH  VAZIOM-. 


629 


O 


L'insetto  ha  sei  piedi  e,  durante  il  cammino,  posano  alternativamente  sul 
piano  tre  zampe,  cioè  due  di  un  lato  e  una  dell'altro,  con  questo  che  le  due 
sono  l'ima  l'anteriore  e  l'altra  quella  del  terzo  paio,  e  la  zampa  del  lato  opposto 
è  quella  di  mezzo,  secondo  fa  vedere  l'annessa  fig.  641.  Questa  coordinazione 
dei  movimenti  si  mantiene  qualunque  sia  la  velocità  dell'a- 
nimale. 

La  zampa  anteriore  e  un  organo  di  trazione;  la  poste- 
riore di  spinta  e  quella  mediana  di  sollevamento  di  tutto  il 
corpo,  per  tenerlo  alto  sul  piano.  Lo  sforzo  degli  arti  an- 
teriori si  esercita  sopratutto  sugli  organi  di  adesione  del- 
l'estremo tarso,  quelli  della  zampa  media  e  della  posteriore 
sopratutto  sull'apice  interno  della  tibia  e  quivi,  ad  accre- 
scere l'adesione,  si  trovano,  specialmente  nell'arto  poste- 
riore, dei  robusti  processi  spiniformi,  a  guisa  di  sperone, 
che  attaccano  bene  sul  piano,  sul  (piale  l'insetto  procede. 
Invece,  le  appendici  corrispondenti  del  primo  paio  di  zampe 
o  mancano  o  sono  modificate  ad  altro  scopo,  persino  in  or- 
gani di  pulizia.  Quanto  alla  morfologia  delle  zampe  e  degli 
organi  di  adesione  dell'estremo  tarso,  vedi  volume  I,  pa- 
gine 209-220. 


Fig.  641.  —  Schema  del 
movimento  «Ielle  zam- 
pe di  ciascun  lato, 
nell'atto  di  cammi- 
nare di   un    Insetti». 


L'anca  ha  movimento    solo    di    rotazione    dall'innanzi    all'indietro, 
destinato    a    muovere  tutto  l'arto  dall'innanzi  all'indietro    e    viceversa. 

Il  trocantere,  molto  mollile  nella  sua  articolazione  sull'anca,  lo  e  pochissimo  o  (inani  nulla  af- 
fatto nella  sua  articolazione  sulla  coscia.  Il  suo  movimento  determina  il  sollevamento  o  L'ab- 
bassamento di  tutta  la  zampa,  facendola 
posare  sul  piano  di  sostegno  o  stac- 
candovela.  La  coscia  fa,  dunque,  per 
la  incompleta  articolazione  femoro- 
troeantale,  un  sistema  unico  o  quasi 
eoi  trocantere  stesso.  La  tibia  ha  solo 
movimenti  a  ginglino  sulla  coscia,  di 
adduzione  e  di  abduzione,  pei  quali  può 
accostarsi  alla,  coscia  stessa  od  allon- 
tanarsene, come  il  braccio  di  un  com- 
passo all'altro. 

Il  tarso  lia  movimenti  nello  stesso 
piano  di  quelli  della  tibia  col  femore. 
ma  con  rotazione  dal  lato  opposto  e 
molto  più  ristretti.  Quanto  ai  singoli 
segmenti  del  tarso  essi  non  sono  mossi 
da  muscoli  speciali  e  t'ungono  tutti  in- 
sieme come  in  un  pezzo  snodato.  Gli 
uncini  dell'estremo  tarso,  però,  possono 
flettersi  sull'articolo  che  li  porta,  de- 
terminando così  mia  presa  più  •  •  meno 
tenace  sul  piano  che  porta  l'insetto.  Di 
tutta  la  zampa  il  femore  o  coscia  e 
sempre  l'articolo  più  robusto  e  non  può 
esaere  eguagliato  in  lunghezza  se  non  dalla  tibia.  Intatti,  esso  contiene  i  muscoli  più  poderosi 
che  sicno  in  tutta  la  gamba  e  piti  precisamente  l'adduttore  della  tibia,  negli  arti  del  primo 
paio,  giacche  in  questi  lo  sforzo  maggiore  si  esercita  alla  trazione  ili  tolto  corpo,  cioè  nell'ad- 
duzione della  tibia:  ina,  negli  arti  posteriori,  il  muscolo  più  robusto  e,  invece,  l'abduttore  della 
tibia,  giacche  è  appunto  Dell'allontanare  questa  dal  femore,  per  spingile  cosi  innanzi  l'insetto, 
che  è  praticato  il  massimo  sforzo  di   questi   arti. 


Fig.  642.  —  Due  euiitteri  Bterotteri  a  zampe  anteriori 
raptatorie  .-  A,  Emesa  mantiformiì  Muls.  et,  l.'ey.  in 
grand,  nat.  :  II,  Emesodema  domestica  Scop,  delle 
case,   ingrandita.    Ila   Muls.   et   Rey. 


636 


CAPITttl.O   >m  le 


11  femore  è,  dunque,  robustissimo  e  molto  vigoroso  il  muscolo  abduttore  che  esso  contiene, 
sopratutto  negli  insetti  saltatori,  e  «Iella  attitudine  al  salto  è  appunto  testimonio  immediato  lo 
sviluppo  di  questo  femore,  che,  negli  insetti  saltatori  è,  ordinariamente,  molto  dilatato  ed  in- 
grossato, appunto  per  poter  contenere  il  robustissimo  muscolo  abduttore  suddetto,  ed.  in  questi 
insetti,  gli  sproni  dell'estremità  tarsale  della  tibia  sono  molto  forti,  per  dare  un  solido  punto  di 
appoggio  all'insetto  nell'atto  del  salto. 

Le  zampe  anteriori,  in  molti  casi,  hanno  altri  uflici  oltre  a  quello  della  locomozione  od  in 
questa  non  intervengono  affatto,  come  accade,  ad  es.,  delle  debolissime  e  quasi  abortite  zampe 
del    primo  paio  dei  Lepidotteri  diurni. 

11  più  delle  volte  le  zampe  del  primo  paio,  chiamate  anche  ad  altro  scopo  da  quello  della 
locomozione,   hanno  ufficio  raptatorio,   cioè  di  afferrare  la  preda,   secondo  il  caratteristico  esempio 

offerto  dai  Mantidi,  fra  gli  Or- 
totteri, da  parecchi  Emitteri,  ecc. 
(figg.  642-463).  Jn  talecaso  lo  sfor- 
zo di  adduzione  della  tibia  è  così 
energico  che  il  femore  si  mostra 
ingrossato  appunto  per  contenere 
un  grosso  e  robusto  muscolo  ad- 
duttore, più  vigoroso  di  quanto  è 

I  i«     643.   —   Banatra   linearle  (L.1  in  grandezza   naturale.  ,  ,. 

°  v    •'        "  necessario  pel  comune  sforzo  oc- 

corrente nella   locomozione. 
11    salto,   in    taluni   insetti,   e  determinato  dal  gioco  di  altri  organi  e  le  zampe  non  vi   hanno 
luogo.   Cosi,  ;id  es.,  negli  Klateridi  adulti  (fig.  644),  che,  messi  sul  ventre,  raccolgono  le  zampe, inai- 

catto  il  dorso  secondo    l'articola- 
zione pioto-mesotoracica.  cosi  che 
posano  sul  piano  solo  con  la  parte 
anteriore  del  protorace  e  con   l'e- 
stremità posteriore  delle  eitre,  lo 
scatto    è    dato    da    uno   speciale 
meccanismo    situato    nella    parte 
ventrale  del  torace,   ossia    da  un 
processo  a  punta    del    prosterno, 
che.  si   impegna    in    una     fossetta 
del    inesosterno  e  di     poi    brusca- 
mente si  estende,  cosi  che  il  dorso  dell'insetto,   battendo  fortemente  sul  piano,  determina   il   lancio 
in    .ria.  clic  talora  e  abbastanza  considerevole,  perchè,    ad    es.,  un    comune    Elateride    (Jgriotea) 
può   saltare    anche  ad   una  quindicina  di  centimetri  e  più.   L'insetto    in 
aria  «i   rivolge    e    ricade,  ordinariamente,    a    ventre    in    giìi,  cioè   nella 
possibilità   di   andarsene  merce  le  zampe. 

(erti  bassi  Insetti  del  gruppo  degli  Apterigoti,  e  più  precisamente 
.le;  Collemboli,  hanno,  per  saltare,  una  speciale  appendice  pertinente 
all'addome,  foggiata  a  forca  e  ripiegata  sotto  il  ventre  (fig.  64.">)  nello 
stato  di  riposo  (vedi  volume  I.  pagine  282-283).  Questa  appendice  può 
essere,  di  scatto,  abdotta,  con  movimento  a  cerniera  sull'estremo 
addome  (vedi  fig.  292,  pag.  259  del  volume  I),  in  guisa  da  battere 
fortemente  sul  piano  sul  quale  l'insetto  sta.  Ciò  determina  il  lancio  in  alti 
l'animale. 

Specialissimo  è  il  modo  ili  locomozione  rapida,  per  salti,  praticata  da  certe  larve  di  Mosca, 
cioè  dalle  Piophila,  ed  ognuno  lo  Ita  veduto  in  atto,  trattandosi  ilei  cosidetti  itimi  del  formaggio, 
i  quali,  se  messi  allo  scoperto  e  molestati,  se  ne  fuggono  con  grandi  lanci.  Questa  larva  si  in- 
curvi a  cerchio  (fig.  229,  pag.  236)  e,  cogli  uncini  della  bocca,  si  trattiene  all'estremità  poste- 
riore del  coipo;  quindi,  staccandosene  improvvisamente,  scatta  ionie  una  molla,  ciò  che  deter- 
mina   il   lancio. 

Bozzoli  che.  si  muovono.  —  È  noto  che  taluni  bozzoli,  perfettamente  chiusi  e  contenenti  la 
larva  che  sta  per  trasformarsi,  sono  capaci  di  muoversi  e  quindi  di  loeomuoversi.  Ne  fanno  fede 
certi    bozzoli    fusiformi   di    un   parassita    delle  Vespe  nostrali. 


Fig.  644.  —  lTn  Elateride  nel- 
l'atto di  scattare  pel  salto, 
ingrandito. 


Fig.  645.  —  Una  Podura  ve- 
duta di  lato  e  mostrante  la 
forca  (/")  ripiegata,  in  ri- 
poso, sotto  il  ventre.  In- 
grandita. Da  Nicolet. 


GD*  -  -   -     ~ 

Fig.  646.  —  Bozzolo 
die  salta,  ingrandito; 
ri,   grand,   nat. 

in     avanti    del- 


L'iNIUVllHO    NKGLI    All'I    l-Kl!    l.A    PROPRIA    CONSERVAZIONE 


631 


Ma  il   più  mirabile  esempio,   che  mi  sia   occorso  di  questo  «tram)  fenomeno,  si  riferisce  a   certi 
bozzoletti  clie  ho  ricevuto,  nel  1903,  dalla  Calabi' 
limetii,   brevemente  ovali,  <li  color    rosso  tuli 
gineo.    ron    una    zona    equatoriale  biancastra, 


Essi  sono  piccoli,  non  più  lunghi  di  3  mil- 


r 


—  Un  GyrinHS  (marinile)  ingrandito  e 
li  sua  zampa  (terzo  paio  natatorio  auehe  pili 
ingrandito).  A,  adulto  dal  dorso;  /;,  la  detta 
zampa  tutta  intera  e  cogli  articoli  del  tarso 
raccolti;  C,  il  tarso  della  stessa  separato  e 
cogli  articoli  divaricati.  Da  Miaal. 


rilevata,  litici  e  composti  di  una  sottile  pa- 
rete fragile.  Contenevano  una  larva  bianca, 
allungata,  che  mi  parve  piuttosto  di  un  Co- 
leottero elie  non  di  un  Imenotteri..  Questi 
bozzoli,  che  ebbi  in  gran  nnnieio,  posati  su 
un  piano,  scattavano,  facendo  dei  Baiti  per- 
pendicolari di  una  trentina  di  centimetri  :  vi 
cadevano  e  risaltavano.  Mi  fu  detto,  da  chi 
me  li  porto,  che  questi  strani  bozzoli  erano 
abbondantissimi  nei  campi  di  trifoglio  e.  ehi 
vi  andava,  vedeva  intorno  a  se  accendersi 
questa  strana  danza  ila  parte  di  bozzoli  ;•  in- 
cieliti  al   suolo.    Ter  più    settimane    io    l 

luto  far  ammirare  questo    mirabile    fenomeno 
a    più     persone.    Ho  invano  atteso    Io  sviluppo 
dell'adulto  dalle  larve  contenute   in  quei   follicoli,  che  qui  disegno  ed  ho  lasciati  conservati   m 
collezione  di   Portici,  né  so  a  tutt'oggi  cosa   pensare    della    specie    dell'insetto  che  ha  cotale    fa- 
coltà, ni-  del  come  possa    meccanicamente    ac- 
cadere  un  fatto  tanto  singolare. 

Locomozione  sulla  superficie  delle  acque.  — 
i 'uiiiino  ha  eerto  veduto  sulla  superficie  deg 
stagni  aggirarsi  vorticosamenle  ed  in  numero 
talora  notevole,  i  piccoli,  neri,  brillanti  Gi- 
rini (tig.  647),  oppure  procedere  a  scatti,  cor- 
rendo o  saltando,  i  cosidetti  Eagni  d'acqua. 
che  richiamano  appunto  i  detti  Aracnidi  pi-i- 
le loro  lunghe  e  sottili  zampe,  ma  sono  Emit- 
tori Eterotteri  (Gerridi,  tig.  648,  Hydrometra). 
Sulle  acque  a  lento  corso  questi  ultimi  Insetti 
si   lasciano  anche  trasportare  dalla  corrente. 

Tutte  queste   specie  e  molte  altre,  che  si 
ausano  transitoriamente  sulla  superficie    delle 
acque  per  deporvi  le  uova,   possono    fare    ciò 
seuza    pericolo    di    sommersione,    sia     perchè 
Fig.  648.  —  Il  Gerris    (lacustris   L.ì,  che    scorre      sostenuti    dalla    tensione    superficiale    del    li- 
sulla  supecticie  dell'acqua.  Ingrandito    meno      quido,  sia  perchè    le    loro    zampe    sono  ami- 
di  due  diametri.  eh  ite  di  peli    spalmati  di   sostanza    grassa,  di 

modo  che  noti  vengono  bagnati  ed  il  menisco 
concavo,  che  si  forma  attorno  ai  loro  tarsi,  sostiene  benissimo  questi  Insetti  e  impedisce  che 
affondino. 

1  Gyrintis  (tig.  647),  però,  hanno  zampe  natatorie,  sopratutto  le  posteriori.  Non  affondano  in 
grazia  del  loro  corpo  tutto  untuoso,  ma  le  zampe,  atte  al  nuoto,  pescano  veramente,  sebbene 
poco,    nell'acqua. 


Locomozione  acquatica. 


Moltissimi  Insetti,  pur  essendo  capaci  <li  volare  egregiamente  ed  anche  di 
locomuoversi  mercè  le  loro  zampe,  sulla  terra,  sono  eccellenti  nuotatori,  e  vivono 
benissimo  in  seno  alle  acque.  Distingueremo  più  innanzi,  a  proposito  della  fun- 
zione della  respirazione,  gli  Insetti  veramente  acquatici,  da  quelli  assai  più  che 
debbono  dirsi  acquaioli  per  ciò  che,  pur  vivendo  benissimo  immersi  nel  liquido 
elemento,  hanno  respirazione  esclusivamente  aerea. 


632  CAPITOLO    SKSTO 


In  rutti  ([Mesti  arcade,  anzi,  che  la  provvista  d'aria,  che  li  accompagna  sempre  fin  dentro 
l'acqua  determina,  pel  suo  minor  peso,  una  spinta  ascensionale,  per  cui  questi  animali,  quando 
noti  muovano  gli  arti,  sono  ricondotti,  pel  loro  stesso  peso,  alla  superficie,  ove  possono  rinno- 
vare l'aria  di  riserva.  Perciò,  nella  loro  Datazione,  queste  specie  debbono  insieme  vincere  la 
resistenza  dell'acqua  e  la  sua  spinta,  che  li  riporterebbe  aliti  superficie.  Da  ciò  deriva  una  po- 
sizione obliqua  del   corpo,  che  procede  nell'interno  del  liquido, 

I  migliori  nuotatori  sono  quelli, le  cui  zampe  posteriori  (ed  anche  le  medie, 
sebbene  in  minor  grado)  sono  conformate  appositamente  allo  scopo  (zampe  nata- 
torie), come,  ad  es.,  si  vedono  nei  Ditiscidi,  Idrofilidi,  fra  i  Coleotteri  ;  nei  Xo- 
tonectidi,  fra  gli  Emittori  eterotteri. 

Le  zampe  natatorie  hanno  il  tarso  con  la  tibia  allargati  e  dilatati  ancor  piti  da  frange  la. 
terali  di  peli.  Ogni  articolazione,  da  quella  femoro-tibiale  in  poi,  è  pressoché,  abolita,  cosi  che, 
nel    suo   insieme,   la   tibia  ed   il   tarso  compongono  un   vero  remo  efficacissimo. 

Nel  nuoto  della  XtitoHtctti  e  dei  Ditiscidi  si  osserva  che  ambedue  le  zampe  di  un  paio  agi- 
scono con  movimenti  corrispondenti,  sebbene  questi  Insetti,  sopratutto  i  Ditiscidi,  fuor  d'acqua, 
sulla  terra,  procedano  con  movimenti  degli  arti  come  tutti  gli  altri  Insetti.  Invece,  gli  Idrofilidi, 
anche  dentro  l'acqua,  muovono  le  zampe,  durante  il  nuoto,  non  diversamente  che  sulla  terra, 
con   moti   alternativi   delle  zampe,   siccome  si   e  detto. 

Alcuni  Imenotteri,  parassiti  di  Insetti  acquaiuoli,  hanno  le  ali  più  o  meno  bene  adatte  al 
nuoto  (Pre&lwitnhia  aquatica,  Poìynema  natati*.  Limnodytes  gerriphagus).  Se  ne  dirà  a  proposito 
degli   Endofagi. 

Maniere  speciali  di  locomozione  entro  l'acqua  usano  alcune  larve,  siano  olometabole  che 
eterometabole. 

Fra  le  prime  sono  da  ricordarsi  le  forme  larvali  dei  Libellulidi.  che  sono  tutte  acquaiole. 
Mercè  le  zampe  camminano  sott'acqua;  ina,  per  ottenere  un  lancio  improvviso,  chele  allontani. 
ad  es.,  da  un  pericolo  imminente,  esse  profittano  dell'acqua  che  hanno  aocolta  nel  retto,  per  la 
respirazione  (vedi  voi.  I,  pag.  834),  e  la  eiaculano  con  violenza  all'esterno,  traverso  l'apertura 
alitile,  ciò  che  determina  una  controspinta  dell'insetto  in  avanti. 

Le  larve  di  Lfetneridi  hanno,  per  respirare,  una  serie  di  psendobrancbie  a  forma  di  foglietto 
o  di  ciuffi,  ordinatamente  disposte  in  una  fila  su  ciascun  lato  del  corpo  (vedi  voi.  1,  pagg.  829, 
830)  e  queste,  movendosi  dall'innanzi  all'indietro,  non  solo  compiono  il  loro  precipuo  ufficio 
nella  funzione  respiratoria,  ma,  anche,  possono  concorrere  alla  locomozione,  simili  organi  si  tro- 
vano  anche  in   talune  larve  acquaiole  olometabole  di   gruppi  diversi   (vedi   voi.   1,   loc.  cit.). 

Fra  le  larve  olometabole  si  debbono  ricordare  quelle  dei  Culicidi,  che  nuotano  nell'acqua 
merce  vigorosi  divincolamenti  del  corpo,  che  si  curva  ad  arco  tutto  da  un  lato,  e  di  poi  dal- 
l'altro, alternativamente  e  rapidamente,  ciò  elle  determina  il  progresso  dell'insetto  nell'acqua. 
Del  resto,  con  movimenti  vermicolari,  nuotano  molte  altre  larve  apode,  specialmente  di  Ditteri, 
che  vivono  nelle  acque. 

Va  ricordato,  infine,  l'apparecchio  idrostatico  delle  larve  di  Choretra  (Ditteri,  Nematoceri, 
vedi  lig.  1009.  pag.  809,  voi.  I),  il  cui  apparato  respiratario  è  sostituito  da  quattro  piccoli 
sacchetti  ovali,  tutti  chiusi  e  senza  alcuna  comunicazione  coll'esterno  e  riempiti  di  gas.  che  si 
vedono  bene,   come  macchie  brune,   traverso  il  restante  corpo  pellucido  ed   incoloro. 

Volo. 

Gli  Insetti  sono  rappresentati,  fino  dal  Carboni  fero,  secondo  si  è  visto,  da 
forme  volanti,  fi,  dunque,  ben  da  gran  tempo  clie  essi  hanno  raggiunto  l'apogeo 
della  facoltà  locoinotoria  concessa  ai  viventi,  e  ciò  depone  in  prova  della  loro 
ormai  altissima  organizzazione,  secondo  il  tipo  al  quale  appartengono  e  sono  i 
soli,  fra  tutti  gli    Invertebrati,  che  godano  di  tale  mezzo  di   locomozione. 

Degli  organi  di  volo,  cioè  delle  ali,  per  (pianto  si  riferisce  alla  morfologia, 
si  è  detto  abbastanza  nel  voi.  I,  da  pag.  l'imi  n  pag.  2.35,  ed  a  quanto  è  stato 
esposto  colà  mi  riferirò  per  maggiore  intelligenza  «li  quanto  espongo  ora,  che  si 


L'INDIVIDUO    \Hill    ami    PKR    IA    PROPRIA    CONSBRVAZIONK  6:;3 

richiami  all'officio  di  tali  organi.  Qui  basti  rammentare  cbe  l'Insetto,  tipica 
mente,  è  una  t'urina  a  quattro  ali.  ina.  come  necessità  al  progresso  della  potenza 
di  volo,  si  manifesta  chiaramente  la  riduzione  ad  un  solo  paio  di  tali  organi;  i 
primo  paio  è  quello  che  maggiormente  si  sviluppa,  mentre  si  accentua  la  involu- 
zione del  secondo  paio  di  ali,  fluo  alla  sua  scomparsa  nei  più  eccellenti  vola- 
tori, clic  sono  poi  anche  gli  insetti  pivi  elevati,  cioè  nei  Ditteri. 

Le  recezioni  a  questa  nonna  sono,  pero,  largamente  rappresentate  da  quei  vasti  gruppi  di 
Insetti,  nei  quali  le  ali  anteriori  lianuo  ufficio  estraneo  al  volo;  quello,  cioè,  ili  organi  protet- 
tori delle  ali  inferiori  o  dell'addome,  come  si  vede  nei  Coleotteri,  Ortotteri,  Dermatteri  ed  in 
parie  anche  negli  Eterotteri;  mentre  il  caso  di  riduzione  delle  ali  anteriori,  senza  alcuno  scopo 
protettivo,  rimanendo  a  quelle  posteriori  soltanto  riserbato  il  compito  di  prestarsi  al  volo,  e 
a-- ii   jiiii   raro,  anzi  esemplificato  solo  dai  Kipitteri.   gruppo  comprendente  poche  specie 

Quando,  però,   il  primo  paio    di    ali    mantiene    soltanto  il  suo  ufficio  di  organo   del  volo   o 

quasi  esclusivamente,  allora  esso  assume  uno  sviluppo  e  una  complessità  preponderanti    rispetto 

il  secondo  paio  di  ali,  anzi  questo  tende    a    divenire  quasi  una  semplice    appendice  del  primo, 

sempre    che  si  tratti     di     forme    eccellenti  volatriei,   e   può    scomparire  del  tutto,   appunto,   come 

si  e  detto,   negli  Insetti  che  godono  della  massima  potenza  di  volo,  come  sono  i  Ditteri. 

Si  conserva  tuttavia  il  tipo  dell'insetto  tetrattero,  ad  ali  indipendenti  e  pressoché  di  eguale 
sviluppo  e  potenza  e  di  pari  efficacia  nell'atto  del  volo,  nelle  forme  piò  basse,  quelle  che,  per 
molte  ragioni,  sono  considerate  come  le  rappresentanti  dei  tipi  ancestrali  o  da  questi  tuttavia 
meno  differenziate.  Così  e  appunto  nei  Pseudoneurotteri  od  almeno  negli  Odonati,  i  quali,  del 
i.sto.  mostrano  anche  una  maniera  di  muscolatura  del  pterotorace,  quella,  cioè,  appunto  in 
rapporto  cogli  organi  di  volo,  del  tutto  speciale  e  forse  da  considerarsi  per  primitiva,  certo 
differentissima,  anche  fondamentalmente,  dal  tipo  comune,  che  dipende  da  una  meccanica  par- 
ticolare del  movimento  delle  ali,  quale  si  vede  in  tutti  gli  altri  Insetti,  qualunque  siano  le 
variazioni  che  si  riferiscono  agli  organi  del  volo. 

In  tutti  gli  altri  gruppi,  adunque,  all'infnori  dei  Pseudoneurotteri  suddetti  e  di  qualche 
altra  rara  eccezione,  quale  si  può  trovare,  ad  es.,  fra  i  Neurotteri,  non  solo  si  manifesta  una 
talora  vistosa  differenziazione,  per  grandezza,  forma,  ecc.  fra  l'uno  e  l'altro  paio  di  ali  ;  non 
solo  uno  di  questi  prepondera  sull'altro,  assumendosi  la  maggior  parte  di  lavoro  efficace  o  tutto 
nella  funzione  del  volo,  ma  anche  l'indipendenza  di  un  paio  d'ali  dall'altro  tende  ad  essere  li- 
mitata, allorquando  e  il  primo  paio  quello  incaricato  del  maggiore  sforzo  nella  detta  funzione. 

Il  protoraee  non  presenta    mai    appendici  da  potersi    paragonare  ad  ali,  cu 
mnnque  ridotte  o  rudimentali;    queste   appendici  spettano  esclusivamente  a  quel 
complesso  dei  due  somiti  torneali  successivi,    che.    appunto   perchè  reca  le  ali  è 
detto  pterotorace. 

Questo  è  più  rigido,  tino  a  costituire  un  blocco  indiviso  nelle  torme  ad  ali 
collegate  o  nei  Ditteri,  sopratutto  per  volatori  poderosi. 

L'insieme,  che  prende  il  nome  di  pterotorace,  inoltre,  è  tanto  piò  rigido  e 
forte,  anche  pei  lo  spessore  dei  suoi  tegumenti,  quanto  più  le  ali  di  ambedue  le 
paia  sono  ridotte  di  superficie,  poiché,  in  rapporto  appunto  con  questa  riduzione, 
aumenta  lo  sforzo  che  le  pareti  del  pterotorace  devono  subire  per  quello  dei 
muscoli  motori  delle  ali  stesse.  Si  può  rilevare,  cosi,  una  proporzione  inversa  fra 
la  massa  muscolare,  sopratutto  dei  due  grandi  muscoli  antagonisti,  cioè  degli 
abbassatori  e  degli  elevatori  delle  ali,  e  la  superficie  alare,  poiché  col  decrescere 
di  questa  deve  aumentare  il  suo  lavoro,  ossia  lo  sforzo  di  tale  organo  e  del  pte- 
rotorace, su  cui  agiscono  i  muscoli  suddetti.  Così,  l'aumento  di  potenza  del  volo 
e  in  rapporto  diretto  piuttosto  con  quello  del  «  motore  »  che  con  la  superficie 
delle  ali,  anzi,  in  generale,  si  può  dire  che  le  ali  a  grande  superficie  non  appar- 
tengono mai  ai  migliori  volatori,  giacché  la  loro  ampiezza  è  inversamente  pro- 
porzionale al  numero  di  colpi,   di   cui   sono  capaci   nell'unità   di    tempo. 

A.  BEKLtSE.  Oli  Insetti,  II.  —  SO. 


63  1  capitolo  sksto 


Si  vede,  ancora,  die  l'efficacia  del  volo  corrispondente  al  perfezionamento  del- 
l'organo nel  suo  motore  e  nelle  parti  mosse  aumenta  parallelamente  al  grado  di 
evoluzione  del  gruppo,  al  quale  l'insetto  appartiene,  anzi,  all'infuori  di  qualche 
eccezione  più  apparente  die  reale,  può  dirsi  che  la  potenza  del  volo  è  una  delle 
caratteristiche  del  grado  di  elevazione,  cioè  della  posizione  nel  sistema  entomo- 
logico. 

La  lìnea,  di  evoluzione  è  quella  indicata,  e  cioè  aumento  della  potenza  del  motore  e  conse- 
guente riduzione  della  superficie  dell'organo  mosso,  ma  incremento  del  suo  lavoro.  Anche  qui,  però 
(urne  sempre,  si  rilevano  adattamenti  speciali  e  secondari,  che  conducono  ad  un  progresso  nella 
potenzialità  di  volo,  pur  rimanendo  l'insieme  degli  organi  moventi  e  mossi,  a  quel  livello  che 
appartiene  al  grado  di  evoluzione  proprio  di  quel  tal  gruppo,  al  quale  queste  forme,  in  tal  guisa 
adattate,  appartengono. 

I  ca9Ì  di  evoluzione  secondaria,  per  gruppi  singoli,  in  ciascun  ordine,  fatta  sul  modulo  ge- 
nerale comune  all'ordine  stesso,  sono  ovvi  e  così,  in  ciascun  ordine,  anche  dei  più  bassi,  possono 
citarsi  esempi  di  volatori  di  potenza  massima,  ma  questa  potenza  non  è  ottenuta  mercè  un  pro- 
gresso da  potersi  richiamare  alla  condizione  di  cose  spettante  ad  un  gruppo  superiore,  bensì, 
conforme  ho  detto,  ad  un  miglioramento  dei  mezzi  concessi  a  ciascun  gruppo  o  per  altre  mo- 
dalità d'indole  affatto  secondaria. 

Si  vede,  inoltre,  ohe  i  casi  di  involuzione  degli  organi  di  volo,  tino  all'atterismo  completo, 
sono  tanto  meno  frequenti  quanto  più  alto  è  il  gruppo  in  cui  essi  si  manifestano,  cioè  quanto 
più  evoluto  è  l'apparecchio  di  volo. 

In  altri  termini,  pur  ammettendo  che  l'incremento  della  facoltà  locomotoria  abbia  per  con- 
seguenza la  proporzionale  diminuzione  della  necessità,  da  parte  della  specie,  di  ricorrere  all'in- 
volutivo spediente  della  ueotenia  (che  è,  poi,  un  passo  a  ritroso,  cioè  contrario  al  generale 
indirizzo  della  organicità)  si  deve  anche  ammettere  questa  maggiore  variabilità  nella  potenza 
locomotoria  per  via  aerea,  come  prova  di  minore  perfezionamento  dell'insieme  degli  organi  de- 
stinati a  tale  scopo,  auzi  di  tutto  l'organismo. 

Per  misurare  il  grado  di  evoluzione  della  facoltà  di  locomozione  aerea  in  un  dato  gruppo,  a 
parte  altri  caratteri  desunti  da  altri  criteri,  bisognerà  considerare  non  le  forme  migliori  vola> 
trici,  uè  quelle  soggette  mauifestamentc  ad  involuzione,  ma  quelle  in  cui  tutti  gli  organi  vo- 
lanti, pur  essendo  in  perfetto  grado  di  evoluzione,  sopratutto  le  ali  (ahneuo  il  paio  che  ha  la 
maggior  parte  nel  volo),  non  mostrando  alcuna  prova  di  riduzione  nella  loro  superficie,  godono 
del  minor  grado  di  potenza   locomotoria  in  tutto  il  gruppo. 

Cosi,  ad  es.,  fra  gli  Odonati.  non  sono  le  Libellule  o  le  Aeavluiiu,  che  possono  dare  la  misura 
della  facoltà  di  volo  del  gruppo,  ma  gli  Agri on idi  ;  fra  gli  Ortotteri,  non  gli  Acrididi,  ma  i 
Locustidi  ;  fra  i  Lepidotteri,  non  gli  Sfegidi,  ma  i  Pieridi  ;  ina  fra  gli  Einitteri,  i  Coleotteri, 
gli  Imenotteri  ed  i  Ditteri,  non  si  trovano  se  non  in  misura  molto  più  ridotta  o  non  si  trovano 
per  nulla,  forme  con  normale  sviluppo  alare  ed,   intanto,  cattive  volatrici. 

A  parte  i  Pseudoneurotteri,  che  fanno  gruppo  a  sé,  il  progresso  nella  facoltà  locomotoria 
aerea  è  così  indicato  : 

1.°  Bassi  volatori,   —  Tetratteri.   Ali  delle  due  paia  indipendenti. 

a)  Ali  posteriori  adatte    al     volo  ;    anteriori    destinate  piuttosto  alla  protezione  dell'ad- 
dome e  delle  ali  del  secondo  paio.   Ortotteri,  Coleotteri,   Eterotteri. 

h)   Ambedue  le  paia  di   ali  egualmente  adatte  al   volo.   Neurotteri   (in   parte), 
e)  Il  secondo  paio  di  ali   più  piccolo  e   meno    robusto   al   volo   dell'anteriore  :    altri   Neu- 
rotteri. 

2.°  Alti  volatori.    —   Tetratteri.   Ali    del    secondo    paio    collegate    con    quelle  anteriori   e  di 
queste  più  piccole.  Le  ali  arteriori  sono  i   principali   organi  di   volo.  Lepidotteri,  Imenotteri. 
3."  Altissimi   volatori.   —   Ditteri. 

La  facoltà  di  locomozione  aerea  si  richiama  ad  altro  espediente  oltre  a  quello 
della  presenza  od  evoluzione  degli  organi  di   volo. 

L'insetto  tende  ad  aumentare- di  volume  ed,  in  pari  tempo,  a  scemare  di 
peso,  gonfiandosi  di  aria,  ciò    che    può  fare  a    mezzo  di   succiti  aerei,    disseminati 


i    im.'vii"     •    M    U.l     k.Tl'1    l'KH    t.\     PROPRU    CONSERVAZIONI! 


635 


nel  suo  corpo,  nei  quali  l'aria  viene  immessa  dalle  trachee.  Questo  gonfiamento 
avviene  estemporaneamente  nelle  torme  volatriei  meno  perfezionate,  ma  è  per- 
manente in  <iuelle  più  alte. 

Tale  espediente    è    seguito   in   misura    diversa    nei    due  tipi    «   Libellula  »  e 
•    Mosca   >■,  come  si  accennerà  più  innanzi. 

11  collegamento  delle  ali  posteriori  con  le  anteriori,  che  si  inizia  con  gli  Kterotteri,  si  ef- 
fettua con  meccanismi  varii.  già  accennati  a  pagg.  361,  362  del  voi.  I,  e  qui  si  riporta  altro 
esempio.  (Su  questo  argomento  vedi  lJOey,  Ann.  Soc.  enl.  France,  1832,  pag.  91,  pi.  I;  Pnjade, 
ibidem,  issi.  pag.   198). 

Negli  Kmitteri  Eterotteri  le  emielitre  sono,  in  riposo,  trattenute  a  lor  posto  mercè   dentelli 
impegnati  con  corrispondenti  accidentalità  dello  scudo  o  degli    angoli    anteriori  del  mesotorace  ; 
perciò  l'insetto,  prima  di  volare,  deve  liberare    le  sue  emielitre,  il  che 
ottiene  sollevando  e  scostando  l'ima  dall'altra  le  due  ali  anteriori,   come  A 

si  vede  nella  tig.  672,  in  L,  Quindi,  rapidissimamente,  così  che  non  si 
può  vederne  il  procedimento,  impiglia  le  ali  sulle  elitre  e  parte  a 
volo. 

Nei  Lepidotteri,  le  ali  del  secondo  paio  sono  sempre  collegate  alle 
anteriori  mercè  il  frenulo  (fig.  649,  B)  ;  negli  Imenotteri  e  negli  Oniot- 
teri  il  collegamento  si  effettua  automaticamente,  al  solo  aprirsi  delle 
ali  per  mettersi  nella  posizione  di  volo.  Gli  uncinetti  delle  ali  poste- 
riori (voi.  I,  fig.  261  ed  auuessa  fig.  649,  A)  vengono  da  sé  ad  im- 
pigliarsi sul  margine  posteriore  dell'ala  del  primo  paio. 


Fig.  649.  —  A}  unci- 
netti delle  ali  poste- 
riori di  Inienottero  ; 
B,  frenulo  nelle  ali  di 
Calli  morplia  liera.  L. 
mas.  Da  Pnjade. 


Il  «  motore  »  della  macchina  volante  «  Insetto  ».  —  Vediamo, 
ora,  più  davvicino,  anche  nella  sua  funzione,  la  «  macchina  » 
del  volo  negli   lusetti. 

La  macchina  volante  «  Libellula  ».  —  Un  così  ovvio  e  per- 
fetto volatore  non  ha  mancato  di  attrarre  l'attenzione  di 
tutti  sii  studiosi  del  problema  del  volo  ed  è  stato,  così, 
oggetto  di  dotte  ed  accurate  ricerche,  sia  dal  lato  anatomico 
che  da  quello  del   meccanismo  del  volo. 

Certamente  gli  insetti  della  famiglia  dei  Libellulidi  sono 
fra   gli  ottimi     volatori;    ina,  altri    Odoiiati  affini,    come,  ad    es.,    gli     Agrionidi, 
si  trovano  ad  un  grado  di  potenza  ed  eccellenza  di  volo  assai  inferiore,  ciò  che 
dipende  da  variazioni  affatto  secondarie  nello  speciale  tipo,  sul   quale  è  foggiata 
la  Libellula. 

Bisogna,  intanto,  convenire  che  questo  tipo,  il  quale  ha  raggiunto,  per  la  sua 
via,  il  massimo  grado  di  perfezionamento,  che  si  conosca  in  natura,  rimane  tutto 
a  sé  e  distinto  anche  da  quello,  sul  quale  (sempre  fra  gli  Insetti)  sono  foggiati 
i  volatori  in  tutti  gli  altri  ordini,  dagli  Ortotteri  ai  Ditteri,  e  le  differenze  trai 
due  tipi  sono  veramente  sostanziali. 

Possiamo  anche  dire  che,  mentre  il  progresso  del  tipo  di  macchina  volante 
«  Libellula  »  dai  meschini  volatori,  quali  sono  gli  Agrionidi,  fino  ai  perfetti 
della  famiglia  dei  Libellulidi,  e  tutto  compreso  nell'ordine  degli  Odonati.  Invece, 
il  tipo  «  Mosca  »,  che  io  chiamo  così  perchè  culmina,  nella  sua  perfezione,  ap- 
punto in  questo  comune  Dittero,  si  svolge,  nel  suo  progresso,  dagli  Ortotteri  ai 
Ditteri,  ed  è,  in  ciascun  ordine,  secondo  il  grado  di  elevazione  dell'ordine  stesso, 
sempre  migliore  e  più  efficace,  di  grado  in  grado,  di  ordine  in  ordine,  dagli  Or- 
totteri ai  Coleotteri,  agli  Emitteri  ed  Omotteri,  ai  Lepidotteri,  agli  Imenotteri  e, 
finalmente,  ai  Ditteri,  fra  i  quali  sono  volatori  che  non  trovano  alcun  rivale 
nella   natura. 

Converrà  conoscere  davvicino  e  con  una  certa  minuzia   l'insieme  degli  organi, 


636 


CAl'ITOM)    SHMii 


elie  costituiscono  la  macchina  volante  «  Libellula  ».  la  quale  è  certo  fabbricata 
su  un  tipo  più  complicato  che  non  sia  l'altro,  su  cui  si  modellano  tutti  gli  altri 
insetti  e  converrà  ancora  richiamarsi  a  quanto  si  è  già  esposto  nel  voi.  I,  per 
ciò  che  riguarda  la  morfologia  del  pterotorace,  nei  suoi  pezzi  eso-endoscheletrici 
<■  nella  sua  muscolatura,  salvo    a    trattare  qui  del   modo    di    funzionare  di  tutte 

queste  parti  per  concorrere 
all'effetto  del  volo. 

Facciamo,  dunque,  que- 
sta analisi,  anche  per  omo- 
logare la  nomenclatura  di- 
versa, usata  da  differenti 
autori  e  per  avere  un  esat- 
to concetto  del  complicato 
«  motore  »,  che  ci  permetta 
di  comprendere  la  meccanica 
del  volo. 

Pterotorace.  Morfologia  esterna. 
—  A  differenza  di  tutti  gli  altri 
insetti,  in  questi  Ottonati  i  pezzi 
pleurali  hanno  direzione  obliqua 
(cioè  dall'innanzi  all'indietro  e 
dal  basso  all'alto,  vedi  voi.  I, 
fig.  191,  192,  pag.  194),  mentre, 
negli  altri  ordini,  i  pezzi  sud- 
detti hanno  inclinazione  opposta, 
tino  all'orizzontalità,  quando  non 
siano  esattamente  verticali,  come 
si  vedono  nella  maggior  parte  dei 
Ditteri. 

Inoltre,  in  nessun  altro  grup- 
po d'insetti  si  vedono  le  pleure 
intercalarsi  fra  i  pezzi  tergali  e 
quelli  sternali,  cosi  da  entrare  a 
far  parte  veramente  della  faccia 
dorsale  e  della  ventrale  del  pte- 
rotorace e  quelli  di  un  lato  con 
giungersi  e  saldarsi  con  quelli 
del  lato  opposto,  senza  interpo- 
sizione di  scleriti  notali  e  ster- 
nali, come  mostrano,  invece,  as- 
sai vistosamente  gli  spiatemi  del 
mesotorace  al  dorso  del  pteroto- 
race (fig.  650,  Ep  ì)  e  gli  epimeri, 
anche  metatoracali,  per  la  parte 
ventrale  (voi.  I,  lig.  443,  pa- 
gina 382,  ©j,  (!..)  negli  Odonati.  Questa  inversa  obliquità  nei  pezzi  pleurali  sposta  molto  in 
dietro  le  ali,  ossia  il  eentro  di  sospensione  dell'insetto,  il  che  importa  la  necessità  di  un  addome 
molto  allungato,   por  l'equilibrio  dell'animale   nell'aria. 

Il  mesotorace  è  una  copia  pressoché  affatto  conforme  del  metatorace,  salvo  qualche  diffe- 
renza nell'insieme  pleurale,  per  ciò  die  si  è  detto,  ma  nei  Noti,  nei  pezzi  basali  delle  ali  od 
anche,  fino  ad  un  certo  punto,  nei  pezzi  sternali,  la  omologia  e  conformità  sono  perfette,  cosi 
che,  il  piil  spesso,  quel  che  si  dice  del  mesotorace  può  valere  anche  pel  metatorace;  certo  lo 
vale  benissimo  per  ciò  che  riguarda  i  pezzi  notali  e  quelli  che  costituiscono  la  base  delle  ali, 
salvo  lievissime  differenze  secondarie,   che  si   accenneranno  via  via. 


Fig.  650.  —  Pterotorace  dal  dorso  di  Aesehna,  con  la  base 
delle  ali.  Nella  base  dell'ala  anteriore  destra  e  nei  pezzi 
del  Noto  corrispondenti  sono  indicati  con  lettere  greche 
i  capi  articolari  dei  singoli  pezzi  (per  l'asse  delle  artico- 
lazioni vedi  fig.  651,  base  dell'ala  superiore  sinistra;  le 
lettere  greche  contrassegnanti  i  capi  articolari  in  questa 
figura  corrispondono  a  quella  degli  assi  delle  articolazioni 
nella   lig.  651). 

Ai,  acrotergite  del  mesonoto;  Az,  del  metanoto  ;  Ep>,  episterno 
delle  niesopleure;  No,  prefulcro  delle  stesse;  N3,  delle 
metapleure;  »,,  h.,,  denti  d'arresto;  Al{,  ala  anteriore; 
Ah,  ala  posteriore  (C,  nervatura  costale,  cioè  precosta -(-co- 
stale ;  Se,  snbcostale)  ;  li  -4-  M,  radiale  (-f  mediana)  ; 
Cu,   cubitale  :    An,  anale. 

Per  le  altre  parti   e  pezzi  diversi,   vedi   fig.   651. 


N'individuò  negli  atti  per  La  propria  conservazionk 


lY.il 


Regione  sale  (notale).  —  Consideriamo,  ooll'Anians,  il  prerotorace    di    una    Libellula 

guardandolo  dal  dorso  (annessa  Bg.  650).  Si  vede  subito  obe  l'insieme  dei  Noti  è  ridotto  a  po- 
chissima cosa  in  confronto  <li  cosi  larga  parte,  ohe  essi  hanno  nel  torace  di  tutti  gli  altri  insetti, 
e  questo  o plesso  notale  occupa  un'area  di  forma  pressoché  rettangolare,  che  non  va  oltre  l'at- 
tacco dello  ali  ed  è  preceduto,  fino  al  protorace,  dall'insieme  de^li  spiatemi  (/.>>)  mesotoraca  i 
riuniti  insieme  sul  dorso  e  Ira  questi  eil  i  pezzi  notali  stanno  i  prefulcri,  gli  anteriori  (_Y  2 
enu tornati  ila  rilievo  lineare  duro, 
bruno  o  nero,  i  posteriori  rap- 
presentati in  ciascun  lato  da 
una  piccola  zona  a  chitina  piti 
dura,  disposta  fra  gli  episterni  ed 
il  protergite  (.\'2<i).  I  prefulcri 
metatoracali  anteriori  Ai  si  ve 
dono  intercalati  fra  l'ala  del  pri- 
mo e  quella  del  secondo  paio  e 
fiancheggiano  1'  acrotergite  del 
metanoto  i.l)  e  sono  immobil- 
mente saldati  cogli  epis terni  cor- 
rispondenti ;  quelli  posteriori  o 
più  interni  (A'sa)  sono  rappresen- 
tati da  una  piastra,  chitinosa 
rotondeggiante,  che  si  vede  pul- 
sare per  la  respirazione  dell'in- 
setto. I  mesotergiti  si  vedono  su- 
bito risultare  composti  da  un 
pezzo  centrale,  presso  a  poco 
poligonale  ed  alquanto  elevato  a 
cupola  (fig.  651,  Ma)  (dòme  del- 
l' Amane),  generalmente  di  colore 
più  pallido  e  di  cute  più.  sot- 
tile, contornati  da  liste  cintinosi' 
più  resistenti,  più  brune,  die  cor- 
rispondono veramente  a  quella 
regione  articoline  o  condiloidea, 
che  ho  ricordato  nel  voi.  I  a  pa- 
gina 238,  ed  indicati  colà  a  fi- 
gura 273.  Ma,  mentre  negli  alti 
insetti,  nei  quali,  generalmente, 
il  minor  peso  di  tutto  il  corpo 
è.  meno  ricercato  che  non  in  que- 
sti Odonati,  i  condili  non  sono 
troppo  bene  distinti  dai  Noti 
propriamente  detti,  centrali  (J/s, 
.)//,  ambe  a  lig.  651),  qui,  per 
colore,  per  spessore  e  resistenza, 
lo  sono  benissimo  ed  infatti  su- 
bito risalta  una  fascia  arcuata, 
che  margina  anteriormente  ì  me- 
sotergiti (fascia  chitinosa  a  V)  e. 
posteriormente,  un  pezzo  rigido  e  bruno,  configurato  ad  -V,  che,  nel  suo  mezzo,  abbraccia  una 
piccola  zona  ovale,  più  chiara,  rilevata  a  cupola  (fig.  tiàl),  la  quale  rappresenta  la  parte  cen- 
trale del  metatergite. 

La  fascia  a  V,  che  avremo  spesso  occasione  di  ricordare,  si  vede  conformata  secondo  questa 
lettera,  in  sezione,  cioè  di  prospetto,  ma  solo  pel  mesonoto,  mentre  essa  è  aperta  in  basso,  cine 
a  forma  ili  /  (»  rovescia,  pel  mesortoto.  Anche  il  pezzo  ad  A",  veduto  di  faccia,  ossia  in  sezione, 
mostra  le  quattro   braccia   inclinate   in    basso. 


Fig.  651.  —  Gli  scleriti  più  resistenti  dei  Noti  dorsali,  in 
sito,  con  la  base  delle  ali  (solo  pterotorace).  Il  gruppo 
superiore  rappresenta  il  mesonoto;  il  gruppo  inferiore  il 
metanoto.  A  destra,  in  basso,  è  indicato,  in  altret- 
tanti rettangoli,  il  tratteggio  speciale  con  cui  è  con- 
trassegnato ciascuno  sclerite  secondo  la  parte  del  Noto 
alla  quale  esso  appartiene  e  ciò  conformemente  alla  figura 
sebematica  273,  pag.  23S  del  voi.  I.  Data  la  perfetta  omo- 
logia e  conformazione  delle  parti  del  mesonoto  con  quella 
del  metanoto,  alcune  lettere  sono  disposte  solo  nel  primo, 
altre  nell'altro  e  ciò  per  evitare  soverchio  ingombro. 

Parti  notali:  Ma,  mesotergite,  parte  cupoliforme  '  centrale, 
meuo  dura;  MI,  metatergite  (idem);  pt,  protergite  (pro- 
condilo):  pr,  proptero  ;  msc,  mesotergite  (mesocondilo)  ; 
map,  mesoptero  :   Lìg,  ligamento. 

Pezzi  alari  (base)  :  ne,  acrocarpo  ;  pei,  pc'2,  procarpo  primo  e 
secondo:  mtc,  metacarpo;  wisi,2.  mesocarpo  primo  e  se- 
condo. 

Articolazioni  (nell'ala  anteriore  sinistra).  Gli  assi  delle  arti- 
colazioni sono  contrassegnati  da  linee  punteggiate  che 
corrono  fra  i  capi  articolari  marcati  in  nero,  come  nell'ala 
superiore  destra  della  fig.  650.  Le  dette  linee  sono  indi- 
cate con  lettere  greche,  cioè:  «,  articolazione  acroiergale; 
:■..  procondilo-propterale;  (Sj,  mesocotidilo-meaoplerale:  •-,  pro- 
ptero-protergale;  yi,  meaoptero-metatergale;  t,  metacondiìo-me- 
ìopterale;  :,  prooarpo-mesocarpea;  2r,  procarpea;  o,  procarpo- 
metacarpea;  >,  metacarpo- f 'alati geo. . 


63  S 


CAPITOLO    SESTO 


La  fascia  a  V  (prucsculum  di  Audouin;  proccssus  anticns  Lenderf;  anledorsum  Amane)  rap- 
presenta la  fascia  coudiloidea  (vedi  fig.  651)  del  protergite  (1),  cioè  il  procondilo,  che,  coll'apice 
delle  sue  braccia,    viene  ad  articolare  coll'acrocarpo  e  col  propino. 

Veniamo  al  pezzo  ad  X.  Esso  risulta  di  due  metà  longitudinali,  l'ima,  anteriore,  foggiata 
a  V,  margina  posteriormente  il  mesotergite  centrale  colle  sue  due  braccia,  che  sono  le  anteriore 
della  X  e  rappresenta  il  mcsocondilo ;  l'altra,  risultante  dall'insieme  delle  braccia  posteriori, 
foggiata,  dunque,  a  j,  sta  a  rappresentare  il  metacondilo  e  tra  l'un  braccio  anteriore  ed  il  corri- 
spondente posteriore  dello  stesso  lato,  è  steso  uno  spazio  a  cute  più  molle  e  chiara;  che  appar- 
tiene al  metatergite,  assieme  alla  zona  ovale  occupante  il  centro  della  X,  come  è  indicato  con  MI, 
pel  metauoto  (ma  si  intenda  anche  pel  mesonoto)  a  fig.   651. 

Il  mesocondilo,  coi  suoi  condili  all'estremo  delle  braccia,  articola  col  mesoptero  ed  il  meta- 
condilo  si   continua  col   ìigamento  dell'ala  (Lig  a  figg.   651,    652), 


8$'         ;'i'yró  '-'3' 

Fig.  652.  —  Regione  ascellare,  vista  di  lato,  del  mesotorace  di  àesehna,  con  la  base  dell'ala 
sollevata.  Per  le  lettere  delle  nervature  e  pezzi  basali  dell'ala,  vedi  fig.  li.  Per  le  cifre  ro- 
mane ed  arabe,  indicanti  i  muscoli,  vedi  voi.   I,  da  pag.  408  a  pag.  410. 

I-.a-EjJ2,  epimero;  Emi,  episterno  ;  F,  F1,  fulcro;  prl,  paraptero  ;  mb  (spazio  punteggiato),  membrana 
che  si  estende  dal  tendine  del  LXXXIX  al  tendine  del  LXXXVII  ;  a,  condilo  distale  della  radio- 
mediana  (di  attacco  del  muscolo  grande  abbassatore  delle  ali.  LXXXIX)  ;  h,  condilo  artico- 
lare dell'ala  (nervatura  radio-mediana)  sul  fulcro  posteriore:  e.  capo  della  stessa  nervatura, 
che  articola  sul  paraptero  prl  ;  88,  punto  di  attacco  di  questo  muscolo. 

II. a  Capi  delle  nervature,  come  a  tig.  l.a,  per  mostrare  la  direzione  degli  assi  di  articolazioni 
dei  capi  stessi;  ?,  asse  dell'articolazione  procarpomesoearpea  (vedi  anche  fig.  651);  y-,  asse 
articolare  dell'articolazione  mesocarpea ;  p,  dell'articolazione  mesocarpo-falavgea. 


(pr 


Pezzi  intercalari  notali.  —  Appartengono    egualmente    ai    Noti    il    proptero  ed  il    mesoptero 
msp  a  fig.  651),  dei  quali  il  primo,  a  forma  di  lungo  trapezio,  si    intercala    fra  il  mesoter- 


gite  centrale  e  la  tuberosità  anteriore  dell'ala,  articolando  con  ambedue  ;  il  secondo  sta  fra  il 
metatergite  (parte  fra  il  braccio  anteriore  ed  il  posteriore  della  A')  e  la  tuberosità  posteriore  del- 
l'ala, con  questa  strettamente  saldato,  mentre  articola  solo  col  metatergite  e  col  mesocondilo 
ed  e  assai  meno  bene  distinto  del  proptero,  perchè  più  stretto  e  perchè  fissato  alla  base  dell'ala. 
Tale  è  il  complesso  dei  pezzi   notali. 


(1)  Nel  voi.  I,  a  proposito  del  pterotorace  dei  Libellulidi  (pag.  192),  ho  avvertito  che  l'a- 
crotergite  del  mesotorace  è  totalmente  spostato  innanzi  dagli  opisterni  mesotoracici  e  rappre- 
sentato dalla  squama  che  margina  questi  pezzi  subito  dietro  il  protorace.  Pel  metauoto  la  cosa 
è  diversa,  come  si  vedrà. 


L'INDIVIDUO    XKfil.l    ATT]    PKB    LA    PROPRIA    CONSERVAZIONE  639 


Regione  pleuralk.  —  La  fig.  192  a  pag.  194  del  voi.  I  può  richiamarsi  a  tutti  i  Libel- 
lulidi,  cos'i  che  è  inutile  diffondersi  qui  a  pari  aie  del  complesso  plenrale  ;  ci  limiteremo  a  vedere 
meglio  la  baso  dell'ala  in  questa  regione. 

Regioni-:  ascellare.  —  Nell'ascella  (li;;.  652)  concorrono  pezzi  cintinosi,  di  molto  rilievo 
nel  meccanismo  del  movimento  alare,  alcuni  dei  quali  derivanti  dalle  pleure,  mentre  altri 
spettano  alla  base  dell'ala  nella  sua   faeoia   inferiore,  e  di  questi  ultimi  diremo  più  innanzi. 

si  e  già  detto  elle  i  prefulori  anteriori,  in  questo  «  motore  »  speciale  degli  Odonati,  sono 
fissi,  costituendo  un  tutto  unico  cogli  episterni,  dai  quali  sono  distinti  per  alti  rilievi  lineari 
eliitinosi.  binili.  Quelli  posteriori  non  hanno  alouna  ingerenza  nell'articolazione  e  nel  movimento 
dell'Ala. 

11  principale  pezzo  ascellare,  procedente  dalla  pleura,  e.  il  fulcro  (F),  di  cui  abbastanza  si 
,•  detto  nel  voi.  I  (vedi  voi.  1,  pag.  381,  li;;.  142,  o),  composto  di  due  capi  articolari,  stretta- 
mente collegati  fra  loro,  l'uno,  l'anteriore  (F),  derivante  dall'episterno,  l'altro,  il  posteriore 
(F,),  dall'epimero  e  così  è  conformato  in  tutti  gli  insetti  (fig.  annessa  652),  risultandone  un 
pezzo  articolare  unico,  a  più  capi. 

Tutta  la  regione  ascellare  (conforme  si  vede  nella  fig.  652)  può  essere  distinta  in  due  parti, 
l'ima  anteriore,  concava  e  più  profonda,  nella  quale  giace  il  processo  articolare  dell'ala  (fulcro, 
endoptero)  e  vi  giungono  i  capi  delle  nervature  costale,  subcogtale,  radiale;  in  altri  termini,  la 
volta  di  questa  parte  concava  dell'ascella  «•  fatta  dalla  faccia  interna  della  tuberosità  anteriore 
e  dalla  prima   parte  del   mesocarpo  (ne  -j-  pc). 

La  seconda  porzione  dell'ascella,  o  posteriore,  è  meno  profonda,  anzi  la  membrana  ebe  la 
ricopre  {mb)  e  procede  dalle  pleure  (epimero,  Km)  è  allo  stesso  livello  di  queste  e  viene  a  sal- 
darsi all'ala,  precisamente  a  tutto  l'orlo  interno  del  paraptero  (prt)  (1)  ed  al  capo  articolare 
(mediano,  a)  della  radiale.  Questa  membrana  ricopro  organi  importanti,  cioè  il  muscolo  fulcro- 
alare  (XCi,  il  tendine  del  robusto  abbassatore  delle  ali  (LXXXIX),  che  segna  appunto  il  limite 
anteriore  della  membrana  stessa,  mentre,  indietro,  su  questa  medesima  membrana,  in  prossimità 
del  paraptero,  viene  ad  attaccarsi  il  tendine  del  debole  laterale  settimo  (85)  ;  ed  è  pure  nascosto 
dalla  detta  membrana,  di  cui  segna  il  limite  posteriore,  il  sottilissimo  tendine  del  gracile  plettro- 
metas temale  (LXXXVII),  che  va  ad  attaccarsi  all'angolo  postero-interno  pel  paraptero,  assai  vi- 
cino  all'attacco  del  precedente. 

Anche  l'orlo  anteriore  dell'aerocarpo  (ac)  è  riunito,  per  membraua,  al  prefulcro  anteriore  e, 
rimossa  questa  membrana,  si  vedono  i  tendini  dei  muscoli  protrattori  dell'ala  (LXXIX,  LXXX) 
Le  stesse  cose,  a  puntino,  valgono  per  l'ascella  del  metatoface  e  quivi  concorrono  i  tendini  dei 
muscoli  omologhi. 

Ala;  base,  regione  DORSALE.  —  I  due  gruppi  di  nervature,  cioè  l'uno  Costali  (+  Pmostu) 
(C  delle  figure  annesse)  e  Sttbcostale  {Se)  ;  l'altro  :  Badiale  (+  Mediana)  (R  -f  il)  e  Cubitale  {Cu), 
cioè  tutta  la  preala  (voi.  I,  pag.  222,  223.  23S  ;  fig.  251,  273),  fanno  capo,  ciascuno  ad  un  in- 
sieme di  pezzi  cintinosi,  allargati  ed  un  poco  rilevati  a  calotta. 

Di  questi,  il  primo,  che  regge  la  Costale  e  Subcostale,  {tuberosità  od  osiolino  anteriore,  Amans) 
si  vede  scomponibile  nell'acroptero  (fig.  651)  {ac)  ed  in  un  altro  pezzo  di  aspetto  duplice  (pc,, 
pi    |  omologo  del  proptero  esterno  (vedi  voi.  I,  iig.  274,    pag.  241,  a,)  e  che    qui,    per    riguardo 


(1)  Sotto  i  nomi  di  paraptero,  mclaptcro,  proposti  nel  voi.  I  (pagg.  238,  245)  è  indicato,  anche 
nelle  pagine,  che  qui  seguono,  un  punto  della  membrana  ascellare,  situato  dietro  il  fulcro  od  un 
pezzo  chitinoso,  che  vi  affiora,  ed  al  quale  concorrono  muscoli  (abbassatoci  e  retrattori  dell'ala) 
molto  varii  nella  loro  essenza  ed  omologia.  Premesso  che  il  nome  di  metaniero  sia  meglio  assegnato 
ad  uno  sclerite  dorsale  dipendente  dal  metatarsi  te,  questo  quasi  mai  è  beue  definito,  come  lo  sono. 
invece,  il  preptero  e  spesso  anche  il  mesoptero.  Perciò,  trattando  della  regione  esclusivamente 
ascellare,  nelle  pagine  che  seguono,  io  ho  sempre  preferitoli  nome  di  paraptero  per  questo  punto 
o  sclerite,  al  quale  concorrono  i  detti  muscoli.  Ma,  quanto  alla  sua  essenza  vera  ed  alle  omo- 
logie fra  i  diversi  insetti,  questo  paraptero  è  tuttavia  un  qualche  cosa  di  molto  variato.  Alle 
volte  esso  può  essere  omologato,  senza  piii,  ai  prefulcri  e  si  può  considerare  come  una  parte 
distaccata  dell'epimero  (Ortotteri),  altre  volte  esso  e  un  punto  del  mesocondilo  od  anche  del 
mesoptero,  elio  affiorano  al  ventre  (Ditteri  superiori).  Nelle  ligure,  che  seguono,  questo  paraptero 
è  sempre  indicato   con  prt,  comunque  si  possa  considerare. 


CAPITOLO   SESTO 


alla  finizione,  chiamo  procarpo  primo  e  secondo.   Quest'ultimo  articola  con  un    piccolo   Metacarpo 
(»i(e),  articolato,  a  sua  volta,  colla  nervatura  costale. 

La  tuberosità  posteriore  (che  qui  chiamo  mesocnrpo  (i»8,,  ms.-,)  e  si  deve  omologare  a  y,  S,  '\ 
della  detta  figura  del  voi.  I),  regge  la  radiale  e  mediana,  nouchè  la  cubitale  ed  è  composta  dal 
duplice  capo  della  radiale  e  da  quello  della  cubitale.  Vedremo  che,  nella  regione  ascellare,  a 
questo  mesocarpo  viene  a  saldarsi  anche  il  capo  della  anale,  cioè  l'intelaia. 

Regione  ascellare  dell'ala  (fig.  652).  —  L'eudoptero  sembra  assente  perchè  una  mem- 
brana copre  l'ascella  in  questa  regione  nella  cavità  occupata  dal  fulcro,  perciò,  negli  Odouati, 
manca  l'articolazione  fulero-endopterale  ed  è  sostituita  dalla  fulcro  radiale.  Questa  è  una  caratte- 
ristica degli  egregi  volatori. 

Alcune  articolazioni  della  regione  dorsale  non  hanno  corrispondente  nella  ascellare,  come  è 
ad  es.  :  la  procarpo-metacarpea  e  quella  fra  il  metacarpo  e  la  vena  costale;  cosi  pure  è  della  ar- 
ticolazione fra  la  vena  anale  ed  il  mesocarpo.  Ciò  vuol  dire  che  alcune  flessioni  dell'ala  e  di 
sue  parti,  possibili  nel  colpo  ascendente,  durante  il  volo,  non  trovano  corrispondenti  nel  mo- 
vimento opposto,  nel  quale  l'ala  è,  così,   più  rigida. 

La  nervatura  radiale-mediana,  nella  regione 
ascellare  è  quadrici pite  ^mentre  al  dorso  è  sol- 
tanto bicipite).  Il  capo  anteriore  si  salda  con 
quello  della  subcostale  ;  il  posteriore  (fig.  652  e), 
molto  voluminoso  e  lobulato,  viene  ad  articolare 
col  paraptero  e,  dei  duo  capi  mediani,  che, 
per  le  funzioni  loro  sono  di  importanza  essenziale 
nella  meccanica  del  movimento  dell'ala,  il  più 
interno  (b)  è  il  vero  condilo  articolare  e  gioca  sul 
fulcro  ;  l'altro  (a),  più  esterno,  è  una  semplice 
apolisi,  alla  quale  si  attaccali  tendine  del  grande 
abbassatole  dell'ala  (LXXXIX,  ed  omologo  del 
metatorace). 

La  cubitale  e  la  anale,  nella    regione  ascel- 
lare lavorano  insieme,   perchè  si   vedono  ciascuna 
articolare  col  paraptero  (prt);  scarsamente  l'anale,  un  po'  di  più  la  cubitale,  cosicché  il  paraptero, 
che  negli  altri  insetti,  generalmente,  è  isolato,  in    questi    Odonati    si     vede    esser    strettamente 
collegato  coi  capi  delle  due  ultime  nervature. 

Lamina  alare.  —  Le  ali  anteriori  (fig.  653,  I)  sono  più  strette  di  quelle  del  secondo  paio  (II), 
perchè  in  queste  ultime  la  parte  membranosa,  soguente  alla  nervatura  anale,  è  più  larga.  Nella 
annessa  tìg.  653,  una  linea  punteggiata,  secondo  il  diametro  maggiore,  separa  la  parte  anteriore 
(remigio),  pressoché  rigida,  da  quella  flessibile,  o  velo  (  F),  che  è  più  ampia  per  lo  ali  del  secondo 
paio  e  questa  cede  con  maggior  superficie  (T)  alla  resistenza  dell'aria,  durante  il  colpo 
ascendente. 

In  tutto  il  restii  le  due  paia  d'ali  si  corrispondono  esattamente.  Le  nervature  convesse 
Costale,  Radiale,  Anale)  formano  delle  pieghe,  cioè  degli  angoli  diedri  molto  sensibili,  con 
lineile  concave  (Subcostale,  Cubitale),  come  si  vede  bene  in  una  sezione  trasversa  dell'ala 
(flg.  652)  e  sono  due  aperti  in  alto,  l'uno  colla  sottocostale  per  spigolo,  l'altro  colla  cubitale, 
e  due  aperti  iu  basso,  con  spigoli  radiale,  anale.  Notisi,  inoltre,  che  il  piano  costo-sottocostale  <■ 
inclinato  dall'alto  in  basso  e  dall'innanzi  all' indietro,  come  il  radio-cubitale  e  come  il  postanale 
se  non  ceda,  quest'ultimo,  alla  resistenza  dell'aria,  mentre  due  soli  sono  inclinati  in  senso  in- 
verso (sottocostale-radiale,  cubitale-anale). 

Endoscheletro,  Apodeml.  —  Mi  richiamo  al  già  dettu,  a  questo  proposito,  nel  voi.  1  a  pag.  383, 
384  ed  alle  relative  fig.  443,  444.  Ricordo  qui  il  processo  odontoide  (dette  figure  cs)del  pro- 
tergite  i  /.'.,,  />.,)  ;  la  grande  squama  o  processo  pro-mesotergah  [bt),  che  può  essere  considerata, 
anche,  come  il  tendine  del  grande  muscolo  abbassatele  delle  ali  (LXXVIII  nel  mesotoraee, 
XXXVI  nel  metatorace);  un  breve  processo  propterale,  in  corrispondenza  del  procondilo,  ed  uno 
mesopterale  nella  parte  interna,  del  mesocondilo.  l'egli  apodemi  degli  Stiti.  mi  richiamo  al  già 
detto  nel  voi.  I,   al  luogo    indicato. 

Capi  ed  assi  dei  movimenti  articolari.  —  I  capi  articolari  dei  singoli  pezzi  sono  indicati  in 
nero  nella  fig.   650,  per  l'ala  anteriore,  ma,  le  stesse  cose,  a  puntino,   si  riscontrano  anche  nella 


Fig.  653.  —  Ali  (anteriore  /  e  posteriore  II) 
di  Libellula,  per  mostrare  la  parte  flessibile 
o  velo  (F).  Sono  segnate  solo  le  nervature 
principali,  indicate  colle  solite   lettere. 


l'individuo  NEGLI  ATTI   per  I.A   propria  conservazioni 


641 


posteriore  e  nei  pezzi  notali  corrispondenti.  Gli  assi  delle  articolazioni  sono  segnati  con  lini', 
punteggiate  nella  fig.  651.  per  l'ala  anteriore  sinistra  ed  intendasi  che  lo  slesso  vale  per  la 
posteriore  e  basti  la  spiegazione  della  fig.  651  per  indicarli  e  per  far  vedere  quali  sono  i  pezzi 
notali  e  le  nervature  delle  ali  che  ne  profittano. 

Dei  capi  articolari  nella  regione  ascellare  si  è  già  detto.  Quanto  agli  assi  delle  articola- 
zioni essi  sono  indicati  nella  fig.  652,  II,  merco  linee  nere.  Quella  indicata  con  ;  corrisponde 
alla  già  ricordata  per  la  regione  dorsale,  le  altre  non  hanno  riscontro  in  detta  regione.  La  prin- 
cipale per  cui  l'ala  si  alza  ed  abbassa  articolando  sul  fulcro  alare  e  sull'endoptero,  e  segnata 
con  a  (con  variazioni  in  n„  «j,  come  si  dirà,  a  propo- 
sito dei  movimenti  dell'ala.  Questa  è  l'articolazione 
fulcro-alare.  Inoltre,  il  capo  della  cubitale  può  ro- 
tare su  quello  della  radiale,  secondo  l'asse  ,"  ;  <•  la 
base  della  cubitale,  di  conserva  colla  base  della  anale, 
possono  Mettersi  sul  paraptero,  secondo  l'asse  indicato 
colla  linea    ;. 

Movimenti  del  Noli.  —  Lo  scafo  del  «  motore  »,  rap- 
presentato dal  Pterotorace,  colle  pleure  per  lati  e  gli 
sliti  per  fondo,  è  veramente  una  cassa  rigida,  formata 
di  pezzi  tutti  saldamente  riuniti  e  quasi  fusi  tra  di 
loro.  L'unica  parte,  che  goda  di  qualche  movimento, 
trovasi  in  quel  piano  che  rappresenterebbe  la  coperta 
di  questo  scafo,  cioè  nel  complesso  dei  pezzi  dorsali. 

Tutto  il  Noto  può  deprimersi,  scemando  l'arco  che 
esso  fa,  nel  senso  longitudinale,  sopratutto  per  la 
contrazione  dei  muscoli  88  (fig.  654)  ed  anche  dei  dorsali 
(LXXIV)  ed  il  colmo  dell'arco  si  manifesta  secondo 
una  linea  transversa,  che  cade  fra  il  mesonoto  e  meta- 
noto,  ed  un'altra  fra  l'acrocondilo  ed  il  procondilo  del 
metanolo  stesso.  Il  movimento  inverso,  aiutato  dalla, 
elasticità  dei  pezzi  dorsali,  è  determinato  dai  grandi 
abbassatoli  delle  ali  (LXXVIII,  XXXVI).  Questo  mo- 
vimento del  tergo  importa  il  sollevamento  delle  ali. 
ed  un  allargamento  dell'angolo  diedro  intelaiare,  cioè 
l'atto  dall'ala  anteriore  colla  posteriore,  secondo  due 
versauti,  l'uno  inclinato  all' innanzi  (ala  del  1.°  paio), 
L'altro  all'indietro  (ala  del  2.°  paio).  Il  movimento 
opposto,  a  parte  l'azione  dei  grandi  ahbassatori  delle 
ali,  è  dato  dai  dorsali,  che,  adducendo  l'orlo  anteriore 
del     mesonoto  verso    il    centro    del     noto,   inclinano  in 

avanti  il  remigio  dell'ala  anteriore,  con  che  e  ristretto  l'angolo  diedro  intorniare  nel  colpo 
discendente   dell'ala. 

Il  Noto  subisce,  inoltre,  una  contrazione  laterale,  per  cui  l'angolo  dei  pezzi  a  V  (fig.  650 
(acrocondilo  e  protergi  te  del  mesonoto)  od  a  /\  (ambedue  i  pezzi  ad  X  ed  acrocondilo  e  protei- 
gite  del  metanolo)  viene  modificato  per  forza  di  muscoli  e  tende  a  ripigliare  la  sua  apertura, 
normale,  per  elasticità  dei  pezzi  stessi,  'l'ale  angolo,  infatti,  aumenta  pei  pezzi  a  V  e  scema  per 
quelli  a  /\,  durante  l'azione  sopratutto  degli  elevatori  delle  ali:  ma  varia  in  senso  inverso  per. 
l'elasticità  dei   pezzi   stessi   e  per  la   contrazione  specialmente  degli   ahbassatori. 

L'elasticità  dei  detti  pezzi  agisce  con  uno  scatto  subitaneo,  allorché  cessa  l'azione,  che  li 
coarta,  ed  ,•  così  appunto  che  l'inizio  del  colpo  discendente  dell'ala  avviene  con  un  urto  im- 
provviso all'aria,  ciò  che  ha  molla  influenza  nella  meccanica  del  volo,  mentre  l'elasticità  stessa 
affievolisce  l'azione  dei  muscoli  sollevatori  dell'ala,  quanto  più  essa  si  avvicina  alla  line  del  suo 
percorso  ascendente.  In  altri  termini,  l'energia  del  movimento  in  questi  due  sensi  opposti  dell'ala 
e  massima  all'inizio  della  corsa  discendente,  minima  alla  fine  di  quella  discendente,  il  che 
all'effetto  ili  sollevamento  dell'animale,   è  ili   grande  rilievo. 

Notisi,  inoltre,  che,  rotando  il  proptero,  col  suo  lato  interno  sull'orlo  laterale  del  mesoter- 
gite  (articolazione  y),  come    il    mesoptero    sul    metatergite  (articol.  vi  ).    avviene  che,  a  massimo 

A .  Bzblbse,  Oli  Insetti,  II.  —  si. 


'ig.  654.  —  Attacco  all'ala  anteriore 
sinistra  di  Aeschnti,  visto  dal  dorso, 
per  mostrare  la  posizione  del  fulcro 
(F,  Fi),  che  si  suppongono  veduti 
perttrasparenza  traverso  i  pezzi  ba- 
sali dell'ala,  nonché  le  zone  occupate 
dai  tendini  di  attacco  dei  muscoli 
motori  dell'ala  stessa  (segnate  in 
nero),  i//,,  episterno  del  mesotorace  ; 
N2,  prefulcro  :  »_,,  dente  d'arresto. 
Si  vedo  anche  la  posizione  del  mu- 
scolo XC  e  del  LXXIV,  ques'ultimo 
traverso  il  mesonoto  (metà  sinistrai 
e  così  pure  il  muscolo  88.  Per  le 
cifre  arabe  e  romane  indicanti  i  mu- 
scoli, vedi  Voi.  I,  da  pag.  408  :, 
pag.   410. 


642  CAPITOLO    Sl'.STO 


abbassamento  dell?  ali,  questi  due  pezzi  pianeggiano  orizzontalmente,  sono  cioè  nello  stesso 
piano  del  Noto,  di  guisa  che  questo  è  più  largo  di  quanta  è  la  larghezza  delle  due  paia  di 
pezzi  (proptero  e  mesoptero),  presa  assieme  (che  è  quasi  doppia  fra  i  propteri  e  di  uu  quarto 
circa  fra  i  mesopteri).  Ad  ala  tutta  sollevata,  invece,  i  propteri  ed  i  mesopteri  sono  situati  in 
direzione  verticale;  il  tergo  non  ha  più  se  non  la  larghezza  offerta  dalle  parti  mediane  dei 
meso  tergi  te  e  inetatergite,  anche  a  non  tener  conto  della  loro  incurvatura  secondo  l'asse  longi- 
tudinale. Ne  viene  che,  durante  l'innalzamento  dell'ala,  tutta  la  lamina,  alare  è  addotta  verso 
l'asse  mediano  longitudinale,  mentre  ne  è  abdotta  nel  colpo  discendente,  il  che  significa  che  il 
braccio  di  leva,  rappresentato  dalla  lamina  alare,  nella  sua  azione  sull'aria  (resistenza)  è  più 
lungo,  cioè  più  efficace,  durante  il  colpo  discendente  che  non  in  quello  ascendente  e,  per  questa 
volta,  colla  massima  efficacia  alla  fine  del  primo  percorso,  minimo  alla  tine  di  quello  ascendente. 
Adunque,  l'ala,  urtando  l'aria,  compensa  la  minor  lunghezza  della  leva  all'inizio  della  corsa 
discendente  coll'energia  dello  scatto  dovuto  alla  elasticità  dei  pezzi  del  noto  e  quella  della 
minor  efficacia  dello  sforzo  muscolare  alla  fine  del  movimento  stesso,  colla  maggior  lunghezza 
del  braccio  di  leva  ;  mentre,  nel  colpo  ascendente  nou  esiste  compenso  di  sorta,  anzi  la  sua 
efficacia  va  scemando  gradatamente,  procedendo  la  corsa  verso  il  suo  tine.  Si  vede,  inoltre,  che 
queste  variazioni  sono  più  sensibili  per  la  porzione  remigante  dell'ala,  cioè  per  la  sua  metà 
anteriore  quella  che  articola  col  proptero,  che  nou  per  la  posteriore  e  ciò,  sia  perchè  il  proptero 
stesso  è  più  largo  del  mesoptero,  sia  perche  il  primo  articola  anche  colla  base  dell'ala  (artico- 
lazione S),  per  cui,  il  diedro  proptero-procarpo  può  essere  pressoché  spianato  completamente,  ma 
quello  mesoptero-mesocarpo  è  invariabile. 

Movimenti  dell'ala  nel  suo  insieme.  —  Di  questi,  che,  in  complesso,  si  corrispondono  nei  due 
tipi,  «  libellula  »  e  «  mosca  »  diremo  più  innanzi,  considerando  anche  la  muscolatura.  Giova  in- 
vece, accennare  ai  possibili  movimenti  di  alcune  parti  dell'ala. 

Movimenti  delle  parli  dell'ala.  —  Nella  lamina  alare  possono  distinguersi  due  versanti  princi- 
pali, poco  inclinati  l'uno  verso  l'altro  negli  Odonati,  ma  assai  più  in  altri,  fino  ad  es.,  ad  an- 
golo quasi  retto  nelle  tegmina  degli  Ortotteri.  La  nervatura  radio-mediana,  che  divide  la  tube- 
rosità basale  della  preala  in  due  parti,  come  si  è  detto,  lappi  esenta  lo  spigolo  di  questo  angolo 
diedro  aperto  in  basso  e  l'una  faccia,  il  versante  anteriore,  può  inclinarsi  verso  l'avanti,  la  po- 
steriore verso  l'indietro.  L'angolo  diedro  può  variare  per  rotazione  dei  due  versanti  l'uno  sul- 
l'altro, secondo  lo  spigolo  per  asse  e  secondo  due  articolazioni  l'una  dorsale  e  ascellare,  la  pro- 
carpo-metocarpea  (:),   l'altra  esclusivamente  ascellare,   la   radio-cubitale  (a). 

I  movimenti  con  articolazione  esclusivamente  dorsale  sono  i  seguenti.  Il  procarpo  secondo 
(pc)  articola  a  ginglimo  col  procarpo  primo  sull'asse  5.  ma  la  mobilità  è  scarsa  e  non  veggo 
<lie  possa  condurre  ad  altro  se,  non  che  ad  influire  sulla  diminuzione  del  diedro,  che  ha  per 
spigolo  la  subcostale.   Del  resto   non   trovo  muscoli  ad  azione  diretta,    sul     procarpo     secondo. 

La  nervatura  costale,  nella  sua  faccia  ventrale,  si  vede  (iig.  652)  saldata,  al  procarpo  quasi 
immobilmente,   cioè,  essa  non   mostra   articolazione  alcuna. 

Perciò,  se  nell'atto  del  colpo  discendente  essa  si  incurva  per  la  resistenza  dell'aria,  ciò  si 
deve  solo  alla  flessibilità  della  nervatura  stessa,  che  reagisce  colla  sua  elasticità.  Ma,  al  dorso, 
ben  due  articolazioni  (vj,  i)  stanno  fra  la  nervatura  e  la  sua  base  e  queste  permettono  una  fles- 
sione in  basso,  da  parte  della  costale,  quando  fa  forza  sulla  lamina  alare  la  resistenza  dell'aria, 
nel  colpo  ascendente.  Ecco  un  altro  mezzo  passivo  e  molto  efficace  perchè  l'ala,  con  minor  vio 
len/a,  come  corpo  che  si  flette,   urti  l'aria,   allorché  si   muove  dal   basso  all'alto. 

Ma,  la  elasticità  della  nervatura  costale,  come  agisce  allorché  cessa  la  resistenza  dell'aria  su 
tutta  la  lamina  alare,  alla.  Sue  della  (-orsa  in  basso?  Questa  elasticità  determina  una  vera  fru- 
ttata della  parte  più  flessibile,  apicale  dell'ala  e  cosi  essa,  percuote  l'aria,  con  rapida  violenza, 
alla  tine  della    corsa    discendente,   mentre    altrettanto    non    avviene  al    termine    del     movimento 

opposto. 

E  abbastanza  ampia  la  rotazione,  che  la  base  della  anale  può  fare  sul  margine  posteriore 
del  mesocarpo,  secondo  e  possibile  per  la  profonda  insenatura  che  tra  questo  pezzo  e  la  detta 
vena  esiste  nella  tacciti  dorsale  ;  ma,  come  fa  vedere  la  fig.  652,  nella  regione  ascellare  la  anale 
,.  la  cubitale  hanno  una  base  comune  nel  paraptero.  Perciò,  se  nel  colpo  ascendente  tutto  il 
velo  seguente  alla  nervatura  anale,  per  la  rotazione  longitudinale  della  stessa  (secondo  l'asse  J 
cede  facilmente  alla  resistenza  dell'aria,  riuscendo  cosi  a  ridurre,  passivamente,  di  assai  la 
superficie   alare,    invece,    nel    colpo   discendente    la     nervatura     rimane     immobile     alla    sua     base  e 


l.'lNMVMU-n    NI  i.l  l     ITTI     PJSE    IN     t'KOrltlA    COKSKRVAZION) 


643 


tutto  il  velo  postanale  si  può  piegare,  ma  solo  per  la  sua  flessibilità  ed  alla  Ime  (iella  detta 
corsa  esso  frusta  l'aria  come  fa  L'apice  dell'ala,  anzi  in  concorso  con  questo.  Anche  questo  mo- 
vimento è  passivo. 

I  ilne  movimenti  con  asse  articolar.,  inclusi vaniente  ascellare  (fig.  652,  II)  hanno  ambedue 
per  iscopo  ili  aumentare  l'efficacia  del  colpi,  discendente,  agendo  sulla   meta  posteriore    dell'ala. 

Tutta  questa  parie,  intani,  dietro  alla  radiale,  può  rotare  su  questa,  alla  base,  secondo 
l'asse  ascellare  ,"  e  fa  ciò  sopratutto  per  contrazione  del  muscolo  fnlcroalare  (XC,  I.VHI),  che, 
ila  un  processo  interno  del  mesocarpo,  va  ad  attaccarsi  all'apice  posteriore  del  fulcro  /q,  copie 
si   vede  nelle   figure  annesse   652,    653, 

L'altro  movimento  è  passivo.  Si  è  "ia  detto  che  i  capi  delle  nervature  radiale  e  cubitale 
t'alino  corpo,  al  dorso,  col  mesocarpo  e  non  possono  flettersi  su  questo  pezzo  in  alcun  modo, 
Ma,  al  ventre,  una  qualche  mobilità  articolare  sul  paraptero  è  manifesta  ed  avviene  secondo 
l'asse  ;  essa,  però,  e  molto  minore  clic  non  quella  dorsale  della  cubitale.  Da  ciò  viene  che  tutta 
questa  parte  posteriore  dell'ala,  oltre  alle  inclinazioni  rispetto 
all'anteriore,  che  assumo  per  effetto  del  fnlcroalare,  reagisce 
alla  resistenza  dell'aria,  per  elasticità  delle  sue  nervature, 
un  poco  più  efficacemente  nella  corsa  dall'alto  in  basso  che 
non  in  quella  in  senso  opposto;  ma,  nell'un  caso  e  nel- 
l'altro, la  fine  della  corsa  deve  coincidere  con  un  colpo  di 
/insta  di  tutta  al  parte  posteriore  dell'ala,  cioè  dopo  la  ra- 
diale, e  si  deve  ammettere  che  questo  energico  urto  deter- 
mini, come  pel  pesce  fa  la  coda,  una  potente  spinta  in 
avanti. 

Questi  colpi  di  frusta,  che  le  ali  flessibili  danno  contro 
l'aria  col  loro  velo  ed  anche  con  una  porzione  apieale  di  tutta 
la  lamina,  intervengono  nella  meccanica  alare  per  tutti  gli 
insetti  ed  hanno  certo  un  grande  effetto  nel  volo. 

II  Pujade  ha  bene  rappresentato,   nella   figura  che  riporto 
655),   la    torsione    che    subisce  la   lamina  alare,     per  la  resi- 
stenza   dell'aria,    sopratutto    sulla   sua    parte    posteriore   più 

flessibile,  all'inizio  del  colpo  ascendente,  al  quale  obbedisce  già  il  reuiigio,  mentre  il  velo  è 
tuttavia  in  ritardo  e  sopratutto  la  parte  membranosa  apieale,  flessibile  della  eniielitta.  Si 
osservi    anche  l'indicazione  della  figura  ad  8,  die  descrive  l'apice  dell'ala. 

Muscoli  motori  delle  ali.  —  La  caratteristica  di  questa  speciale  muscolatura  e  quella  della 
direzione  di  tutti  i  muscoli  impegnati  nel  movimento  delle  ali,  in  un  solo  senso,  cioè  tutti 
hanno  direzione   parallela  fra  loro  e   con   quella   dei  pezzi   pleurali,  cioè  dall'innauzi    all'indietro. 

ì:  trascurabile,  infatti,  l'influenza  nel  volo  dei  muscoli  dorsali  (aventi  direzione  perpendi- 
colare a  tutti  gli  altri),  che  sono  così  deboli  da  far  comprendere  subito  il  loro  effetto  non  poter 
.■.rio  essere  lo  stesso  che  godono,  invece,  nel  motore  «  mosca  »,  cioè  presso  tutti  gli  altri  in- 
setti, dove  essi,  quasi  da  soli,  determinano,  indirettamente,  l'abbassamento  dell'ala  e  sono  ro- 
bustissimi. Anzi,  nei  Libellulidi  io  non  sono  riuscito  a  trovare  il  dorsale  (primo  del  metanolo,  37, 
omologo  del  70),  come  ho  detto  a  pag.  400  del  voi.  I,  e,  del  resto,  anche  il  processo  odontoide 
del  protergite  è  rudimentale  nel  metauoto),  per  quanto  il  muscolo  suddetto  si  riscontri,  invece, 
negli  Agrionidi,  semine,   pero  debolissimo  quanto  l'omologo  del  mesotorace. 

D'altro  canto,  l'ufficio  di  muovere  le  ali  nella  corsa  discendente  è,  negli  Odouati,  assegnato 
ad  un  muscolo  che  agisce  direttamente  sull'ala,  parallelo  a  tutti  gli  altri  ed  è  molto  robusto, 
cioè  il  ■pleuroraàiale  (figg.  652,  654,  I. XXXIX  pel  mesotorace  e  LV  pel  meta  torace),  che  manca 
nel   «motore»   tipo   «mosca». 

Anche  i  muscoli  protrattovi  delle  ali  (tergosternale  terzo  e  quarto,  XXXVIII,  XXXIX  pel  ine- 
tatorace;  LXXIX,  LXXX  pel  mesotorace)  agiscono  direttamente  sull'ala,  poiché  si  inseriscono 
all'acrocarpo,  mentre,  nel  tipo  «mosca-»,  i  loro  analoghi  si  attaccano  ai  prefulcri,  cioè  agiscono 
iinlii  ettamente   sull'ala. 

Perfetta  non  è  neppure  l'omologia  fra  uno  dei  retrattori  delle  ali  (LXXXV1I  pel  mesotorace 
ed  omologo  LIV  del  metatorace)  e  gli  analoghi  del  «motore»  tipo  «mosca»;  ma  in  questo  e 
nel  tipo  «  libellula  »  con  conforme  ufficio  si  trovano  i  muscoli  8."),  54  come  i  grandi  elevatori 
delle  ali  (tergortemali  primi,  XXXVI     pel    metatorace,  LXXVII1   pel    mesotorace)  del  tipo  «  libel- 


Fig.  655.  —  Un  Emittero  Ete- 
rottero  (Pentatoma)  visto  di 
faccia  mentre  vola,  per  mo- 
strare l'estensione  della  vibra- 
zione dell'ala  e  la  torsione 
della  lamina  alare  alla  fine  del 
colpo  discendente  ed  inizio 
dell'opposto.   Da  Pujade. 


(ÌI4  CAPITOLO    SESTO 


lilla»  trovam ologhi  nel  tipe   «  mosca  > .    Il   fulcro-alare    (LVIII,   XC)    non    ha    omologhi    che 

presso  i  Locustidi.  A  tutti  questi,  se  si  aggiunge  il  laterale  undecime-  (58,  88),  che  esiste  in 
Gryllus  ed  ora  ho  trovato  anche  in  Acrididi  ed  i  due  piccoli  elevatori  dell'ala  84,  LXXXIV  pel 
mesotorace:  53,  XLIV  pel  metotorace,  si  avrà  il  quadro  completo  dei  muscoli,  che  muovono  le 
ali  nel  tipo  «  libellula  ». 

Meccanica  del  movimenta  alare.  —  I  principali  movimenti  dell'ala  sono,  dunque,  nel  «  motore 
libellula»  conseguenti  alla  contrazione  dei  tre  più  grossi  muscoli,  che  si  trovano  iu  ciascun 
solili  te  del  pterotorace,  ossia  il  grande  elevatore  dell'ala,  il  grande  abbassatole  ed  il  robusto 
proti-attore.  Muscoli  con  azione  secondaria,  cioè  destinati  a  movimenti  meno  euergici  dell'ala 
sono  i  piccoli  elevatori  dell'ala;  i  due  retrattori,  dei  quali  uno  solo  diretto;  il  fulcro  alare 
(diretto)  nonché  i  due  indiretti  dorsale  e  dorso  pleurale.  L'esame  di  questa  così  semplice  musco- 
latura dà  un'idea  precisa  dei  movimenti  dell'ala,  che  possono  essere  meno  bene  definibili  solo 
quando  si  debba  calcolare  l'effetto  di  più  d'uno  di  questi  muscoli  impegnati  in  una  azione  si- 
multanea,  cioè  in   movimenti   misti. 

La  fig.  654  mostra,  segnati  (con  zone  in  nero)  gli  attacchi  di  tutti  questi  muscoli  e  ciò  pel 
mesotorace,  ma  le  stesse  cose,  a  puntino,  si  notano  pel  metatorace,  salvo  la  mancanza,  in  questo 
somite,  del  dorsale  LXXIV. 

Il  movimento  di  elevazione  dell'ala  (colpo  ascendente)  dipende  da  due  muscoli  indiretti  e  da 
uno  piccolo  diretto.  Il  primo,  con  omologhi  in  tutti  gli  Insetti  volatori,  robustissimo,  cioè  il 
grande  elevatore  dell'ala  (tergosternale  primo,  LXXVIII,  per  la  cui  ubicazione  ed  apparenza 
vedasi  anche  a  voi.  I.  la  tìg.  475,  a  pag.  429,  dove  è  anche  indicato  l'omologo  del  metatorace, 
XXXVI)  occupa,  col  suo  attacco,  tutto  il  largo  apodema  del  protergite  (e  si  inserisce  ad  un 
apodema  sternale)  ;  esso  è  uno  sterno-tergale.  Contraendosi,  questo  muscolo  poderoso,  abbassa 
energicamente  il  noto  secondo  la  linea  y  (tìg.  651)  ed  interessa  anche  l'articolazione  Pi,  nella 
sua  parte  anteriore;  cioè  l'orlo  interno  del  proptero  e  l'apice  del  mesoptero,  nonché  l'orlo 
esterno    articolare    del    procoudilo,  del  mesotergite  ed  il  mesocondilo. 

Ciò  costringe  l'ala  a  ruotare  secondo  le  articolazioni  1,  [i.  (fig.  651)  per  assi,  forza  l'elasti- 
cità di  tutti  i  pezzi  notali  indicati  e  solleva  l'ala.  Si  noti  che  questo  muscolo  determina  un 
movimento  dell'ala  in  una  sola  precisa  direzione,  dal  basso  in  alto,  secondo  una  linea  retta, 
perpendicolare  al  piano  dell'ala,  in  preciso  antagonismo  col  solo  grande  abbassatore,  di  cui 
diciamo  tosto. 

Il  movimento  opposto  (puro;  è  dato,  infatti,  dal  grande  abbassatore  (pleuroradiale) ,  il  punto 
d'attacco  del  cui  tendine  è  indicato  a  tìgg.  652,  I  ;  654)  e  si  è  già  avvertito  che  esso  è  appunto 
nella  base  della  radiale.  Questo  è,  dunque,  un  muscolo  diretto,  senza  riscontri  nel  tipo  «mosca» 
e  muove  l'ala  secondo  una  linea  perpendicolare  al  piano  dell'ala.  L'asse  di  questa  articolazione 
è  indicato  iu  a,  a  fig.  652,  II.  A  questi  due  antagonisti  va  attribuito  il  movimento  I  dell'ala, 
certo  il  più  poderoso. 

Qui,  appunto,  troviamo  la  maggior  differenza  nella  meccanica  alare,  fra  il  tipo  «  libellula  » 
ed  il  tipo  «mosca»'  Si  consideri,  infatti,  una  sezione  trasversa  del  pterotorace,  che  cada  nel- 
l'articolazione della  radiale  (fig.   657,   I). 

Trovandosi  il  fulcro  (F)  ed  il  condilo  articolare  dell'ala  fra  gli  attacchi  del  grande  elevatore 
e  del  grande  abbassatore  suddetti,  si  vede  che,  rispetto  al  primo  (M),  l'ala  agisce  come  una 
leva  di  primo  genere  (considerato  l'insetto  immobile  nell'aria,  altrimenti,  nel  volo,  l'ala,  in 
questo  movimento  agisce  veramente  come  una  leva  di  secondo  genere,  come  una  barca,  che  si 
muove  per  azione  del  remo);  rispetto  al  secondo  (J/i),  come  una.  leva  di  terzo  genere;  così  come 
l'avambraccio   nostro  rispetto  al   tricipite  ed  al  bicipite. 

Nel  tipo  «mosca»  (stessa  lig.,  II)  vedremo,  invece,  nell'elevazione  e  nell'abbassamento  del- 
l'ala, movimenti,  che  si  effettuano  per  azione  sempre  indiretta,  l'ala  stessa  comportarsi  sempre 
come  una  leva  di  primo  genere  (insetto  immobile).  Gli  schemi  a  fig.  657  sono  desunti  dalle 
disposizioni  in   natura,   rappresentate  appunto  dalla    tìg.   656. 

Tutti  gli  altri  movimenti  dell'ala,  dipendenti  dagli  altri  muscoli  sono  misti  e  ciò  per  effetto 
della  sola  azione  muscolare.  Notiamo,  cosi,  quelli  che  avvengono  nell'elevazione  dell'ala,  come 
movimento  principale,  altri  che  accadono  nell'abbassamento  ed  altri  ancora  nella   protrazione. 

I  primi  dipendono  da  due  gracili  muscoli,  cioè  dal  dorsoventrale  undecimo  e  del  laterale  sesto. 
IH  questi  niuseoletti,  il  primo  (XLIV  pel  metatorace;  LXXXIV  pel  mesotorace),  che  si  attacca 
all'angolo  postero-esterno  del  proptero  (lig.  654)  e,  mentre  eleva  l'ala,    determina    anche  il  mo- 


L'INDIVIDUO    muli    ai  il    PEK    LA    PROPKIA    CON'SBRVAZIONK 


645 


vini. -iiid  ih  rota  ione  del  secondo  prooarpo  sul  primo  meaocarpo,  secondo  l'articolazione  5,  avendo 
per  condilo  il  fulcro  anteriore.  In  questo  secondario  movimento,  questo  muscoletto  riesce  anta- 
gonista ilei  protrattori  dell'ala   (LXXIX,   LXXXi. 

Questa   rotazione  determina   una   minore   inclinazione  della   faccia  costo-sottocostale.     rispetto 
al  piano  orizzontale,    il    che  importa,    certa- 
mente,   l'ascensione  di  tutto  l'insetto,    mercè 
questo   timone  di   profondità. 

11  secondo  dei  due  muscoletti,  cioè  il  la- 
terale sesto  (84  pel  mesotorace,  53,  pel  me- 
tatorace),  die  si  trova  anche  in  altri  insetti, 
con  attacco  poco  diverso,  in  questi  Libellulidi, 
che  non  hanno  endoptero,  ha  duplice  tendine 
ili  attacco,  cioè  al  capo  della  radiale  ed  al- 
l'apice del  mesoptero.  L'effetto  della  conila 
zione  di  questo  muscolo  concorre  con  lineila 
del  precedente  per  ciò  che  riguarda  lo  spia 
namento  del  diedro,  che  ha  per  spigolo  la 
radiale,  e  la  rotazione  di  questa,  alla  sua  base, 
secondo  l'articolazione  C,  ma  non  influisce 
sulla  obliquità  del  piano  costo-subcostale; 
esso,  adunque,  è  soltanto  un  antagonista  del 
fulcroaìare  e  ciò  mentre  concorre  all'innalza- 
mento dell'ala. 

Osservisi,  adunque,  che,  tanto  il  movi- 
mento di  elevazione  dell'insetto,  quanto  quello 
per  cui,  collo  spianamento  della  concavità 
alare  è  annientata  la  resistenza  dell'aria  du- 
rante il  colpo  ascendente  (ossia,  maggiormente 
si  fa  sentire  il  peso  dell'insetto),  cioè  due 
effetti  opposti,  dipendono  dai  due  deboli  mu- 
scoletti ora  indicati. 

II  movimento  mieto  di  protrazione  —  ab- 
bassamento dell'ala  è  dato  dal  grande  tergo- 
sternale  terzo  (LXXIX  pel  mesotorace,  XXX  VI  II 
pel  metatoracei,  addossato  a  tutto  l'episteme 
e  che  si  attacca  all'acrocarpo.  Accanto  a  questo 
si  attacca  pure  il  gracile  tergosternale  quarto, 
che  ha  un  tendine  lunghissimo  e  si  adagia  sulla 
faccia  anteriore  del  precedente  (LXXX  pel 
mesotorace,  XXXVIII  pel  metotorace). 

Questi  due  muscoli  traggono  l'ala  all'in- 
nanzi,  mentre,  contemporaneamente,  la  ab 
bassano,  secondo  l'asse  della  articolazione  in- 
dicata con  u2  a  fig.  652,  II;  ma,  allorquando 
la  faccia  interna  della  tuberosità  anteriore 
incontra  il  fulcro  /',  e.  nello  stesso  tempo  la 
base  della  costale  urta  contro  il  dente  di  m  r<  ito 
»!  'a,,  pel  metatorace,  figg.  650,  654),  fatto 
dall'angolo  esterno  del  prefulcro  immobile 
(Vo,    A*;i,      termina    la    corsa    di    protrazione 


Fig. 


Fi 


656.  —  Sezioni  trasverse,  parallele  alla  di- 
rezione della  pleura,  del  pterotorace  di  Li- 
bellula (mesotorace,  1)  e  di  Acridio  (meta- 
torace  II).  A  destra,  in  ciascuna  figura  la 
sezione  cade  più  avanti  che  non  nella  metà 
sinistra;  a  fig.  /la  metà  a  destra  cade  nella 
regione  del  protergite  (pt),  ed  a  sinistra  al- 
l'apice anteriore  del  mesocoudilo  (wìsc)  ;  nella 
lig.  //  la  sezione  a  destra  cade  nella  regione 
del  fulcro  (F );  quella  a  sinistra  nella  regione 
del  paraptero  (j)»f).  A,  ala  ;  pr,  proptero  in- 
terno ;  pi\,  proptero  esterno  o  distale  :  e», 
endoptero  ;  li,  radiale  ;  b,  capo  articolare 
della  radiale  ;  e,  condilo  ;   C,   costale. 

/  bis.  l'articolazione  della  radiale,  indicata 
nella  tig.  /  a  sinistra  e  più  ingrandita. 
Fig.  II  bis,  articolazione  della  radiale  indi- 
cata a  fig.  II  e  più  ingrandita. 
Per  le  altre  lettere  vedi  figg.  651,  652. 
I  numeri  arabi  e  quelli  romani  indicano  i  mu- 
scoli, quelli  della  fig.  /  trovano  corrispon- 
denti nelle  figg.  652,  654  e  per  tutti  vedi 
voi.    I. 

dell'ala    e    tutta     la    base   della    preala,    rito- 

ruotando  sul  fulcro  /•',  e  sulla  articolazione  procarpo-mesocarpea  (i)  viene  inclinata  all'iunanzi. 
Adunque,  la  protrazione  dell'ala  ha  un  limite,  oltre  il  quale  interviene  la  sola  declinazione, 
in  basso,  del  remigio.  Questo  movimento  è  del  massimo  rilievo  nella  meccanica  del  volo,  come 
si  dirà,  ed  in  questa  seconda  parte  del  movimento  suddetto,  i  due  muscoli  protrattori-abbas- 
satori,  riescono  antagonisti  dei  due  dorsoventrah   ninìti'niin  e  del  laterale  sesto  sopra  ricordati 


616  i  ìpj  ini.n     i     i 


Il  movimento  opposto,  cioè  ili  retrazione  dell'ala  e  sua  inclinazione  in  basso  è  affidato  a 
due  gracili  muscoletti,  ohe  agiscono  sul  paraptero.  L'uno  è  il  laterale  settimo  (85  pel  mesotorace, 
54  pel  metatorace),  l'altro  il  plenrometapterale  primo  (LXXXYII  pel  mesotorace,  LIV  pel  melato- 
race);  quest'ultimo  attaccato  con  tendine  lunghissimo  alle  estremità  postero-inferiore  del  para- 
ptero, l'altro,  con  cortissimo  tendine,  alla  membrana  ascellare  sotto  il  paraptero  suddetto. 

Ter  la  contrazione  li  questi  muse. ilei  i  i  l'ala  si  abbassa  ed  insieme  declina  colla  sua  parte 
posteriore  in  basso  ed  all'indietro,  ruotando  sull'asse  di  articolazione  wj  (fig.  652,  li).  Una 
maggiore  declinazione  all'indietro  della  inlerala  e  data  poi  dalla  contrazione  ilei  fulcroalare 
(XC  pel  mesotorace,  I.VII1  pel  metatorace),  breve  muscoletto,  robusto,  che  si  attacca  all'apice 
del  fulcro  posteriore  Fj  e  coli 'altro  capo,  ad  un  processo  odontoide  del  paraptero  (figg.  652,  I, 
654).  Quest'ultimo  muscolo  fa  ruotare  la  metà  posteriore  dell'ala,  cine  la  intelaia,  col  velo  anali', 
sulla  peala,  secondo  l'asse  p.  (fig.  652,  II)  dell'articolazione  radio  cubitale  ed  è.  cosi  francamente 
antagonista  dei  due  dorsoventrale  undecimo  e  laterale  sesto,  che,  nella  loro  azione,  sono,  anche, 
soccorsi  dalla  elasticità  degli  scleriti   basali  delle  nervature  pertinenti  alla  interala. 

I  muscoli  dorsali  (fig.  654,  88),  non  sembrano  aver  influenza  seria  nel  movimento  delle  ali. 
Giacche  essi  sono  atrofici  nei  Ubellulidi  ed  anzi  mancano  nel  metatorace  di  questi  ultimi, 
mentre  negli  Agrionidi  sono  in  ambedue  i  somiti  del  pterotorace  ed  alquanto  più  robusti,  può 
essere  che  servano  alla  chiusura   delle   ali   in   questi   ultimi   Odonati. 

Questo  è  il  quadro  dei  movimenti  dell'ala  nella  «Libellula»  e  dei  muscoli  che  li  deter- 
minano. 

Meccanica  del  volo  nel  tipo  «  Libellula  ».  —  Ci  limiteremo,  qui,  alle  sole  induzioni, 
che  risultano  chiaramente  dai  dati  anatomici  sovraesposti,  non  sembrando  questo 
il  luogo  per  disquisizioni  meccaniche,  fìsiche  e  matematiche,  per  le  quali  anche 
possono  far  difetto,  tuttavia,  dati  essenziali.  I  movimenti  successivi,  però,  che 
l'ala  compie  nell'atto  di  remigare  entro  l'aria,  per  determinare  il  sollevamento  e 
la  propulsione  dell'animale,  con  altri  secondari,  modificanti  la  direzione,  inten- 
sità, ecc.  del  volo,  quali  si  sono  già  riconosciuti  sperimentalmente  e  risultano 
chiari  dalla  considerazione  dei  movimenti  possibili  da  parte  dell'ala  e  determi- 
nati certamente  dal  lavoro  dei  singoli  muscoli,  sembrano  poter  essere  sicura- 
mente espressi,  per  riconoscere  come  si  comportano  le  ali  uelle  suddette  funzioni. 

Azione  complessiva  delle  ali  nella  «  Libellula  ».  —  Risulta,  che,  nel  tipo  «  Libellula  », 
le  due  paia  di  ali  fungono  indipendentemente,  cioè  non  hanno  un  compito  di 
insieme  necessario.  La  «  Libellula  »  è  un  semovente  a  due  «  motori  »  successivi, 
a  movimento  eguale,  sincrono,  ma  indipendente,  tanto  è  vero  che  questo  tipo  di 
macchina  volante  può  fungere  anche  con  un  motore  solo,  cioè  con  un  sol  paio 
di  ali,   si   intende  bene  a  forza,  però,   ridotta. 

La  sola  differenza  fra  l'uno  e  l'altro  paio  d'ali  consiste  nella  ampiezza  della  parte  flessibile 
o  velo,  della  porzione  posteriore,  cioè,  che  è  maggiore  nell'ala  del  secondo  paio  che  non  in 
lincila  del  primo.  Ma  giacché  questa  parte  dell'ala  agisce  nel  volo,  più  che  altro,  passivamente, 
si  deve  ammettere  che  la  differenza  suddetta  non  influisce  sulla  maniera  del  volo,  ma  sulla  sua 
efficacia  e  cosi  può  esser  convenuto  che,  mentre  il  motore  anteriore  ha  maggior  parte  nella  fun- 
zione attiva,  affrontando  la  massa  dell'aria  e  raccogliendone  una  parte,  il  motore  posteriore 
agisce  piti  decisamente  come  propulsore,  mercè  la  vibrazione  del  suo  più  ampio  velo,  libero 
all'indietro,  ad  un  dipresso  come  le  pinne  anteriori  fanno  in  collaborazione  colla  coda  nel  pesce 
che  nuota,  e  noi  stessi  pratichiamo  entro  l'acqua. 

Quanto  al  movimento  di  ciascun  paio  d'ali,  determinante  il  volo,  cioè  il  sollevamento  del 
corpo  volante  e  la  sua  propulsione,  salvo  differenze  secondarie,  alle  quali  si  farà  cenno,  possiamo 
rimetterci  a  quanto  si  dira  a  proposito  del   tipo  ••  mosca  »   e  ohe   vale  per  tutti  gli  Insetti. 

La  macchina  volante  tipo  «Mosca».  -  La  maggior  larghezza  data  alla  esposi- 
zione anatomica  degli  organi  di  volo  della  «Libellula»  ci  permetterà  di  essere 
piìi  brevi  a  proposito  della  macchina  tipo  «  Mosca  ».  sebbene  su  questo  tipo  si 
modellino  tutti  gli   altri    Pterigoti. 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    PER    LA    PROPRIA    CONSERVAZIONE  647 

D'altra  parte,  più  largamente  potremo  richiamarci  al  già  esposto  nel  voi.  I, 
a  proposito  dello  scheletro  interno  ed  esterno  del  pterotorace,  perchè  colà  esso 
è  stato  esemplificato  per  tutti  i  gruppi  ed  illustrato  con  buon  numero  di  figure. 

Qui,  dunque,  ci  limiteremo  a  richiamarci  ai  due  tipi  estremi  del  «  motore 
mosca  ».  cioè  agli  Ortotteri  ed  ai  Ditteri  più  alti,  contentandoci  di  qualche  ac- 
cenno, pei  tii>i  intermedi,  in  ciò  che  essi  hanno  di  speciale,  per  variazioni  se- 
condarie dal  tipo  comune. 

Nella  «  Libellula  »  si  è  veduto  esemplificata  una  macchina  volante,  nella 
quale  è  anche  curata  la  leggerezza,  non  già  al  disotto  di  quella  dell'aria,  come 
nei  nostri  dirigibili,  il  che  nou  è  mai  in  alcuna  macchina  volante  naturale,  ma 
neppure  con  una  scarsa  preoccupazione  della  leggerezza  stessa,  secondo  cui  è, 
invece,  modellata  la  macchina  noi  tipo«  mosca  »,  il  quale,  perciò  si  richiama  anche 
meglio  al  tipo  «vertebrato»  e,  tino  ad  un  certo  punto,  anche  ai  nostri  aereoplani. 

Intatti,  pel  tipo  «mosca»  si  vede  che  sopratutto  è  curata  la  robustezza  e 
la  potenza  del  «motore»  e  tutta  la  «macchina»  può  raggiungere  un  peso  no- 
tevole rispetto  a  quello  dell'aria. 

Il  «  motore  »  tende  ad  aumentare  di  potenza  dagli  Ortotteri  ai  Ditteri  più 
elevati  e  tocca,  in  questi  e  nei  vicini  Imenotteri,  un  grado  rilevantissimo,  in 
questo  senso. 

In  pari  tempo  si  deve  riconoscere  un  progresso  evidente  in  ciò  che  il  volo 
tende  a  divenire  più  pronto,  più  agile,  più  variato  di  intensità  e  nei  mutamenti 
di  direzione,  anche  improvvisi,  tino  alla  perfezione  dei  Ditteri  più  alti,  i  quali 
possono  trattenersi  immobili  nell'aria,  scattare  subitamente  in  ogni  senso,  perfino 
all'indietro,  volteggiare  prontamente  in  tutte  le  direzioni,  con  una  facilità,  una 
complessità  di  movimenti,  una  agilità,  che.  non  trovano  alcun  riscontro  fra  tutti 
gli  altri  volatori  in  natura,  tanto  che  si  può  affermare  essere  ormai  raggiunta, 
per  parte  dei  più  elevati  Ditteri,  la  assoluta  perfezione  nella  locomozione  aerea, 
quale  siamo  ancora  ben  lungi  di  aver  toccato  noi  colle  nostre,  tuttavia  primitive 
macchine  volanti   artificiali. 

Ciascuna  per  la  sua  via,  la  macchina  «libellula»  e  quella  «mosca»  hanno 
raggiunto  la  perfezione;  la  prima  con  un  percorso  più  semplice  e  sollecito,  la 
seconda  per  uno  più   lungo  e  complesso,  che  si  è  già  indicato. 

Il  volo,  pur  aumentando  di  potenza  dagli  Ortotteri  ai  Coleotteri,  i-,  tuttavia,  sempre  (come 
quello  dei  nostri  aereoplani  d'oggidì)  possibile  solo  in  una  direzione  rettilinea  o  con  curve 
•ampie  e  solo  fra  i  Coleotteri,  ad  es.  :  Lamellicorni,  questi  volteggi  si  possono  compiere  in  curve 
più   ristrette,   ma   un  subitaneo  cambiamento  di   direzione  è  anello   per  essi   impossibile  (!}. 

Pegli  Ortotteri,  nou  solo  il  volo  è  del  tutto  rettilineo,  ma,  in  generale,  breve,  faticoso  e 
tardo  ad  iniziarsi.  Solo  i  Saltatori  fauno  meglio  e  possono  sottrarsi  prontamente  ad  un  pericolo 
mercè  il  salto  ed  iniziando  il  volo  quando  si  trovano  lanciati  in  aria;  pegli  altri,  che  pur 
volano,  e  necessario  un  certo  tempo  per  aprire  le  ali  ed  innalzarsi  nell'aria.  D'altronde,  in 
questo  grappo  l'atfcerismo  raggiunge  un'alta  percentuale  fra  le  specie,  perchè  il  «  motore  »  è 
tuttavia  molto  debole,  sopratutto  in  confronto  del  pesante  e  grosso  addome,  anzi  e  da  credere 
che  in  più  casi  l'aumento  del  volume  e  peso  di  questa  parte  del  corpo,  più  sollecito  di  lineilo 
della  potenza  del  motore,  iu  misura  corrispondente  al  bisogno,  rappresenti  una  causa  precipua 
dell' atterismo  di  molte  specie,  più  che  una  necessità  che  richieda  la  condizione   neotenica. 

La  forza  del    motore,   combinati   con     qualche     spediente   per   «  allegerire  »     il     corpo   (mezzo 


l'i  Ilo  trovalo  più  volte  Geotrupe»  infissi  ad  ali  aperte  sulle  punte  dei  lili  di  l'erto,  nelle 
campagne  e  su  questi  lili  molto  spesso  ho  veduto  questi  insetti  cozzare  volando.  Kssi,  giunti 
all'ostacolo,    non  lo  possono  evitare  con   una  deviazione  improvvisa. 


648 


CAPITI  imi    SESTO 


questo  tuttavia  primitivo  e  che  si  richiama  al  tipo  di  macchina  «libellula»)  conduce  al  poten- 
tissimo volo  degli  Acrididi,  tra  i  quali  alcune  specie  possono  rimanere  in  aria  lungo  tempo  e 
percorrere  spazi  grandissimi  ;  ma,  anche  per  questi,  il  volo  presenta  quelle  deficenze,  che  si 
sono  già  ricordate  e  che  dimostrano  la  primitività  della  macchina. 

Gli  Emitteri  ed  Omotteri  sono  migliori  volatori  e  le  Cimici,  le  Cicale   hanno    raggiunto  un 
notevole  grado  di   perfezionamento,  ma  le  Cieadelle    hanno    ancora    bisogno    del    salto,  gli  Ete- 

rotteri  chiedono  tempo  ad  aprire  le  ali  ; 
le  sole  Cicale  partono  istantaneamente, 
ma  per  tutti  ancora  il  volo  è  pressoché 
rettilineo  o  ad  ampie  curve.  Anche  in 
questi  gruppi  l'atterismo  è  largamente 
rappresentato. 

Lo  stesso  avviene  pei  Coleotteri,  pei 
quali  l'impaccio  delle  elitre  ritarda  anche 
più  la  partenza  e  solo  le  Cicindele  scat- 
tano prontamente.  I  migliori  volatori  sono 
le  Cetonie  ehe  non  aprono  le  elitre  (1  ), 
ma,  tranne  le  Cicindele  suddette,  tutti 
i  Coleotteri  si  lasciano  catturare  a  tutto 
agio,  perchè  hanno  bisogno  di  comodo  per 
iniziare  il  volo. 

Coi  Lepidotteri  incomincia  il  volo 
egregio,  sopratutto  con  alcuni  gruppi  di 
Eteroceri,  come  Nottue  e  meglio  ancora 
nelle  Sfingidi,  fra  le  quali  si  trovano 
esempi  di  volatori  ottimi  e  potentissimi, 
come  sono  ad  es.  le  ovvie  Sphinx  convol- 
villi  e  Macroglossa,  che  possono  trattenersi 
ferme,  a  volo,  ed  hanno  uno  scatto  ed  una 
velocita  fulminea.  Fra  i  Coleotteri  e  Le- 
pidotteri l'atterismo  è  raro  e  dovuto  solo 
a  condizione  neotenica. 

Finalmente,  gli  Imenotteri  (con  esempi 
di  atterismo  solo  di  adattamento)  ed  i  Dit- 
teri (fra  i  quali  gli  atteri  sono  rarissimi), 
comprendono  una  maggioranza,  special- 
mente alta  fra  questi  ultimi,  di  specie  per- 
fette   volatrici. 


Fij. 


,  657.  —  Schemi  di  sezioni  trasverse  del  ptero- 
torace  nella  regione  del  fulcro,  nel  tipo  «  Li- 
bellula »  (I)  e  nel  tipo  «  Mosca  »  (77)  per  mo- 
strare il  movimento  delle  ali  dipendente  dai 
grandi  abbassatori  e  dai  grandi  elevatori.  T, 
tergite  in  riposo;  /',,  abbassato;  T2,  elevato; 
A,  ala  in  riposo  (orizzontale) ;  At,  elevata: 
A.,,  abbassata  ;  /<',  fulcro  ;  il,  grandi  abbassa- 
tori del  tergite,  cioè  elevatori  dell'ala  :  M,, 
muscoli  diretti  abbassatori  dell'ala  («  Libel- 
lula »)  ;  .)/„,  glandi  indiretti  abbassatori  del- 
l'ala («  Mosca  »)  in  sezione  trasversa  ;  nib,  mem- 
brana dorsale  fra  l'ala  e  il  tergite  ;  mbv  mem- 
brana ascellare   fra    l'ala  e  la  pleura. 


Il  tipo  «  Mosca  »  è  caratteriz- 
zato dall'intervento  principalissinio 
di  muscoli  abbassatori  indiretti,  co- 
me meglio  si  mostrerà  fra  breve,  ed  il  perfezionamento  nella  potenza  del  «  mo 
tote  >•  si  deve  all'incremento  progressivo,  traverso  i  gruppi  tutti,  nell'ordine  indi- 
cato, delle  due  grandi  masse  muscolari  antagoniste,  agenti  in  senso  perpendi- 
colare l'ima  all'altra,  cine  degli  elevatori  e  degli  abbassatori  dell'ala;  come 
pure  all'incremento  numerico,  con  variazioni  notevoli  di  direzione,  dei  muscoli 
alari,    determinanti    movimenti   distinti,  di    ogni   maniera  ed   in  più   sensi  dell'ala. 


(1)  Il  Pujade  ci  indirà  in  qua!  maniera  si  stanno  le  elitre  di  ali-uni  Coleotteri  durante  il 
volo.  Negli  Hìnti-f  esse  sono  molto  aperte,  così  che  il  loro  orlo  suturale  fa  una  linea  retta  trans- 
versa. In  Aphodiu*  ed  Onthophagus  si  sollevano  alquanto,  girando  sull'articolazione  come  pernio 
e  nei  primi  anche  si  scartano    leggermente.  Negli    Stafilinidi    (tigg.  672  C,  come  nei  Necrofori  e 

Silpha  sono  elevate    sul    dorso,   i   che  ni  toccano  coll'orlo  superiore.  Nei     Lueanidi,   Alelolontha 

e  Cerambicidi  esse  Bono  molto  aperti',  ecc. 


l'individuo  negli  atti  per  la  propria  conservazione 


649 


Fig.  658.  —  Schemi  di  sezioni 
trasverse  di  pterotoraci  del  tipo 
«  Mosca  »,  per  mostrare  l'aumento 
di  volume  dei  muscoli  abbassa 
tori  (a)  ed  elevatori  (e)  dell'ala, 
da  un  Ortottero  (Acridium,  1)  ad 
un  Dittero  Brachicelo!  Tabanui,  2). 
ad,  abbassatoli  diretti  ;  p,  spazio 
occupato  dai  piccoli  muscoli  di- 
retti. 


Questi  ultimi  muscoli  sommano  ad  una  decina  per  ciascun  somite  del  pterotorace,  pei  Locustidi, 
e  ciò  in  grazia  di  una  frammentazione  tuttavia  primitiva  ;  ma,  già  negli  Acrididi  essi  non  sono 
più  che  ciuque;  sono  tuttavia  in  piccolo  numero  nei  Coleotteri,  come  fa  vedere  subito  la  fig.  453 
a  pan-.  405  del  voi.  I;  ma,  nei  Ditteri  più  alti,  essi  sono  così  numerosi  e  variati  per  direzione, 
forma,  punti  di  inserzione  e  di  attacco,  da  spaventare  la 
pazienza  dell'anatomico  che  li  ricerca,  e  basti  la  tìg.  473, 
a  pag.  428  del  voi.  I,  per  dare  un'idea  di  quello  che  è 
compreso  nel  «  motore  »  di  una  mosca. 

Le  due  grandi  masse  antagoniste  e  principali,  suddette 
(abbassatoli  ed  elevatori  dell'ala)  determinano  la  sola 
propulsione  rettilinea  dell'insetto,  come  fa  il  motore  nei 
nostri  apparecchi  volanti  ;  ma,  tutte  le  altre  modalità  del 
volo  dipendono  dall'azione  dei  muscoli  minori,  che  si 
possouo  chiamare,  perciò,  secondari,  e,  ripeto,  il  progresso 
nel  perfezionamento  del  «  motore  »  dipende  dall'  incre- 
mento numerico  e  specializzazione  di  uffici  diversi  nel 
grappo  di  questi  secondarli,  come  pure  dall'aumento  di 
volume  e,  quindi,   di  potenza  dei  due  primari. 

Per  giudicare  come  questi  aumentino  nel  detto  senso, 
osservinsi  (oltre  l'annessa  figura  schematica  658)  le  figure 
460,  462,  465,  467,  46S,  470,  472  del  voi.  I,  e  vedasi  corno 
cresce  il  volume  delle  suddette  due  grandi  masse  musco- 
lari antagoniste,  cioè  69-70  (abbassatori  nel  mesotorace,  37  nel  metatoraee)  e,  corrispondente- 
mente tutti  gli  altri  perpendicolari,  che  sono  elevatori  e  che  non  cito  qui  perchè  troppo  nume- 
rosi, ma  si  vedono  bene  nelle  dette  figure,  ad  es.  :  LXXVII,  LXXVIII,  XCIV  uelle  figg.  470,  472. 

Un'altra  maniera  di  progresso,  secondo  i  gradi,  nell'ordine  indicato,  è  palese 
nella  tendenza,  dapprimo  alla  differenziazione  funzionale  dei  due  motori  (meso- 
toracico  e  metatoracico),  di  poi  anche  in  quella  di  potenzialità,  fino  alla  aboli- 
zione di  uno  di  essi,  cioè  il    posteriore. 

La  riduzione  del  motore  anteriore,  o,  per  meglio  dire,   l'incremento  del  solo 

posteriore  è  carattere  di  interiorità  ed  appartiene 
ai  men  forti  volatori,  cioè  Ortotteri,  Coleotteri. 
Eterotteri.  Ma,  fino  dagli  Omotteri,  mentre  si  ac- 
centua la  differenziazione  fisiologica,  si  accresce 
anche  quella  potenziale,  con  incremento  notevole 
del  motore  anteriore  e  conseguente  riduzione  del 
posteriore,  che  diviene  sempre  meno  influente  e  quasi 
mancipio  del  primo,  fino  ad  abolizione  completa, 
nei  Ditteri. 

La  variazione    funzionale    importa,  o  consegue, 
quella    dell'  organo    del    volo,    cioè    dell'ala    e    dei 
pezzi  tutti,    scheletrici,    interni    ed  esterni   del  mo- 
Fig.  659.    -    Forma   di   ali  di     to         Noi  vedreni0    infatti    come  l'ala  del    secondo 
buoni  volatori  (da  1  a  4)  e  di  ' 

mediocri  o  deboli  volatori  (da  paio,  nei  gruppi  suddetti  di  migliori  volatori,  tenda 
5  a  7).  -  1,  Cicada;  2,  Vespa;  a  scemare  di  ampiezza,  perda  ogni  indipendenza, 
ridefAé','%nò»;°VAfidè.    ie"     aggregandosi  alla  anteriore,  divenendone  quasi  parte 

aggiunta  e,  finalmente,  nei    Ditteri,  si  trasformi  in 
un  organo  (bilanciere)  senza  più  effetto  nella  locomozione  aerea. 

Anche  la  forma  delle  ali  tende  a  variare.  Nei  tetratteri  l'ala  del  paio  de- 
stinato al  volo  o  che  in  questa  maniera  di  locomozione  ha  la  maggior  parte,  se 
indipendente  dall'altro  paio,  oppure  l'insieme  di  ambedue,  quando  le  due  paia 
sono  collegate  in  un  sistema  unico,  come  nei  Ditteri  il  solo  paio  esistente,  per 
accrescere  la  potenza  ed  agilità  del  volo,  tendono  ad  assumere  una  forma  trian- 

A.  Bkrlesk,  ali  Inietti,  II.   —  82. 


650  CAPITOLO    SKSTO 


polare,  sempre  più  allungata.  In  questo  triangolo,  la  base  si  appoggia  al  torace  e 
scema  così  l'angolo  ad  esso  opposto,  mano  mano  che  si  procede  verso  i  migliori 
volatori.  In  altri  termini,  la  diminuzione  della  superficie  alare,  nel  senso  accen- 
nato, è  indice  di  progresso  nella  facoltà  di  locomozione  aerea.  Le  ali  ad  orlo 
distale  rotondato  o  con  angolo  opposto  alla  base  ottuso  o  poco  acuto  sono  sempre 
indice  di  scarsa  facoltà  di  volo.  Essa  è  anebe  minore  per  le  ali  spatoliformi, 
cioè  più  ristrette  alla  base  che  non  nella  parte  distale,  come  ne  fanno  testimonio 
•■seuipi  in  molti  gruppi. 

Vedansi,  iufatti  (oltre  agli  Agrionidi,  fra  gli  Odonati),  i  Form icaleon idi,  i  Panorpidi,  ecc.  fra 
i   Neurotteri,   i   Formicidi  negli  Imenotteri,   molti  Nematooeri  fra  i  Ditteri,  ecc. 

Le  ali  rotondate  dei  Pieridi  e  di  molti  Bombicidi  si  accordano  colla  più  scarsa  attitudine 
al  volo  fra  i  Lepidotteri,  non  ostante  la  vasta  superficie  alare;  ma,  già  nei  Papilionidi  e  nelle 
Vanesse,  fra  i  Ropaloceri,  l'angolo  al  vertice  delle  ali  anteriori  è  piti  acuto  e  questi  insetti, 
souo,  fra  i  Lepidotteri  diurni,  quelli  ebe  volano  meglio.  D'altro  canto,  l'ala  spatoliforme  o  ro- 
tondata e  molto  ampia  vibra  lentamente  ed  il  volo  è  faticato,   incerto,  direi    quasi     disordinato. 

Scemando  il  volume  dell'insetto,  la  superficie  della  membrana  alare  va  di- 
minuendo, mentre  aumenta,  invece,  quella  occupata  dalla  frangia,  cioè  dalla 
serie  di  peli,  che  orlano  il  margine  posteriore  ed  esterno  dell'ala,  tanto  che,  nei 
minimi,  questa  superficie  può  superare  l'altra,  tu  pari  tempo  si  restringe  il  nu- 
mero delle  nervature,  che,  in  alcuni  piccolissimi  (fig.  <>73),  in  quasi  tutti  i  gruppi, 
si  riducono  a  quelle  sole  del  remigio  od  anche  alla  sola  costale,  il  che  vuol  dire 
che  massima  parte  nella  meccanica  del  volo  assume  l'elasticità  della  membrana 
alare,  cioè  la  funzione  passiva  e  la  lunga  frangia  di  peli  flessibili  ed  elastici  vi 
acquista  la  maggior  parte. 

Riassumendo:  tutto  il  progresso  nella  facoltà  locomotoria  aerea  si  manifesta, 
nel  tipo  «  mosca  »,  coll'aumento  della  potenza  del  «  motore  »,  che  importa  una 
sempre  più  energica  e  rapida  vibrazione  dell'ala  e  permette  la  riduzione  della 
superficie  alare  (1)  ;  colla  sempre  più  stretta  collaborazione  e,  quindi,  minore 
indipendenza,  dei  due  motori  successivi,  fino  all'abolizione  di  imo  di  essi  (il  po- 
steriore) ;  colla  maggior  mobilità  delle  ali  in  movimenti  secondari,  di  direzione,  ecc., 
ma  colla  maggior  precisione  dei  movimenti. 

La  prima  maniera  di  progresso  è  ottenuta  coll'incremento  delle  due  grandi 
masse  muscolari  antagoniste,  che,  sollevato  l'insetto,  determinano  la  propulsione, 
combinata  con  una  progressiva,  sempre  maggiore  rigidità  e  resistenza  dello 
scafo  del  motore. 

Acridio.  —  In  tutti  gli  Ortotteri,  il  primo  paio  di  ali,  stretto,  ed  a  membrana  più  ispessita, 
ha  minor  parte  nel  volo.  Le  due  paia  di  ali  souo  fra  loro  indipendenti.  Il  paio  posteriore  ha 
forma  di  triangolo  molto  largo,  sopratutto  per  l'enorme  sviluppo  della  parte  anale,  retta  da 
grandissimo  numero  di  vene  anali  e  queste  ali  si  possono  chiudere  a  ventaglio  e  ripiegarsi  per 
lungo,  sul  dorso,  sotto  le  anteriori,  la  cui  porzione  precostale,  molto  ampia,  protegge  i  fianchi 
dell'addome. 


(1)  Giacché  la  pressione,  che  fa  l'ala  sull'aria  è  proporzionale  al  quadrato  della  velocita  del- 
l'ala stessa,  ad  eguale  velocità  angolare,  un'ala  di  metà  piti  corta  di  un'altra,  della  quale, 
dunque,  è  di  metà  meno  veloce  (dappoiché  la  metà  terminale  dell'ala  ha  una  velocità  doppia 
della  basale)  esercita  solo  un  quarto  della  pressione  che  fa,  invece,  l'ala  del  doppio  più  luuga. 
Il  «  motore  •>,  dunque,  deve  aumentare  al  quadrato  la  propria  energia.  Questo  spieghi  anche 
quanto  si  è  detto  più  su  della  maniera  di  progresso  del   motore  fra  gli  insetti. 


l'individuo  negli  atti  per  la  PROPRIA  conservazione  651 

11  progresso  della  facoltà  di  volo,  in  tutto  l'ordiue,  è  dato  soltanto  dall'aumento  della  po- 
tenza di  traslazione,  cioè  della  forza  del  «  motore  »,  che  annienta  per  accrescimento  della  massa 
muscolare,  in  confronto  del  peso  di  tutto  il  corpo  e  per  la  minore  indipendenza  delle  diverse 
parti  dello  scafo,  sia  per  maggior  rigidità  e  robustezza  dei  singoli  pezzi,  che  lo  compongono, 
sia  per  la  loro  più  salda  unione. 

Cosi,  dai  Locustidi  e  dai  Mantidi,  infelicissimi  volatori,  si  giunge  ai  migliori  nel  gruppo, 
cioè  agli  Acrididi  e  di  questa  macchina  volante  si  farà  un  brevissimo  cenno,  per  presentare  il 
più  basso  gradino  della  scala,  perla  quale  si  svolge,  perfeziouaudosi,  il  tipo  «mosca». 

Negli  Acrididi,  come  in  tutti  gli  Ortotteri,  la  differenza  morfologica  e  di  sviluppo,  tra  il 
mesotoracc  ed  il  metatorace,  non  è  eccessiva,  almeno  essa  non  è  proporzionale  alla  differenza  di 
superficie  delle  due  paia  di  ali  e  così,  quello  che  si  dirà  di  uno  dei  due  motori,  può  valere 
anche  per  l'altro,  salvo  differenze  secondarie.  La  muscolatura  poi,  è,  in  ciascuno,  una  copia 
pressoché  perfetta  di  quella  dell'altro,  così  che,  preso,  ad  es.  :  il  metatorace  per  tipo,  non 
gioverà  richiamare  continuamente  le  omologie,  a  ciò  bastando  quauto  diffusamente  se  ne  è  detto 
nel  voi.  I,  a  proposito  della  parte  scheletrica  (esterna  ed  interna)  e  della  muscolatura. 

Il  metanolo  di  Awidium  è  figurato  nel  voi.  I,  a  pag.  241,  fig.  274,  e,  nella  metà  sinistra 
sono,  anche,  indicati  in  nero  i  capi  articolali  e,  con  linee  punteggiate,  gli  assi  delle  articola 
zioni,  Becondo  le  quali  articolano  i  pezzi  basali  dell'ala,  allorché  essa  si  chiude;  basterà  dire  su 
ciò,  che  le  linee  indicate  da  lettere  romane  (a,  6)  significano  articolazioni  convesse,  le  altre  con 
lettere  greche  (a,  j3),  articolazioni  concave.  Per  omologare  la  detta  figura  con  quella  qui  annessa 
(fig.  651),  che  si  richiama  alla  «  libellula  >,  vedasi  ora  che  le  articolazioni  a,  «,  della  detta  figura 
del  I  voi.,  corrispondouo  rispettivamente  a  ?,  T  -f-  fi  della  annessa  tìg.  651,  mentre  le  b,  P  di 
quella  non  trovano  corrispondenti  in  «  Libellula  »,  perchè  esclusivamente  destinate  a  permettere 
la  chiusura  delle  ali. 

Nella  metà  destra  della  detta  figura  del  I  volume  sono  indicati  gli  scleriti  del  mesonoto  ed 
i  pezzi  basali  dell'ala.  Per  omologare  le  indicazioni  di  questa  figura  con  quella  della  annessa 
fig.  651  osservisi  che  Mts,  in  quella  (citerò  per  prima,  in  queste  equazioni,  sempre  la  tìg.  del  I  vo- 
lume, suddetta)  è  eguale  al»  nella  annessa,  qui;  Mts  (a)  =  msc  (mesocondilo)  ;  Pln  —  Lig  (li- 
gamento    del  metacondilo)  ;  a  -f-  oj  =r  pc,  ;  b  =  msp;  «,  =  pc2  ;  ?  —  mst  ;  S  +  Si  —  ms2. 

Basterà  questa  omologazione  per  definire  anche     il   modo  di  azione  dei  diversi  pezzi. 

Le  pleure  voi.  I,  pag.  193,  fig.  189)  sono,  come  nei  Locustidi,  Mantidi  ed  altri  Ortotteri, 
molto  sviluppate  e  tipicamente  inclinate  all'innanzi  e  sono  rigidamente  connesse  coi  pezzi 
sternali. 

Nella  regione  ascellare  (fig.  660)  è  da  rilevarsi  la  presenza  di  prefulcri  (due  per  ciascun 
episterno,  N.,,  N,.  a,  a)  indipendenti  e  mobili  nella  membrana  molle  circostante,  così  come 
dietro  il  fulcro  si  vede  bene  un  piccolo  paraptero  (prt)  (che  nei  Locustidi  è  molto  più  grande). 
Il  fulcro  anteriore  forma,  col  posteriore  (F,  F,),  un  robusto  processo  con  largo  capo  articolare  ; 
ma  il  fulcro  posteriore  non  è  allungato  all'indietro  come  in  «Libellula».  Questo  capo  articolare, 
maggiore  nel  metatorace,  si  vede,  quivi  sopratutto,  sinuato  nel  suo  orlo  superiore,  formando, 
così,  tre  protuberanze  rotondate,  fra  le  quali  stanno,  dunque,  due  insenature.  Nella  prima  viene 
ad  articolare  la  base  della  radiale,  con  un  tratto  scavato  ad  arco,  che  intercede  fra  un  grosso 
tubercolo  rotondato,  bruno  (distale)  ed  il  restante  apice  estremo  prossimale  della  detta  vena.  Ma, 
sul  fulcro  articola  ancora  l'endoptero  (faccia  ascellare  del  proptero  interno),  il  quale  (en)  è  sca- 
vato a  cucchiaio. 

Questa  articolazione  mostra,  dunque,  un  notevole  grado  di  indipendenza  e  di  imprecisione 
nei  suoi  assi,  perchè  l'insieme  della  cavità  articolare,  fatta  dalla  base  della  radiale  e  dall'eli- 
doptero,  e  BiiBcettibile  di  spostamenti  diversi  sul  capo  rotondato  del  fulcro.  È  evidente  che,  dato 
lo  scarso  numero  e  la  debolezza  dei  muscoli  secondari,  neppur  costretti  ad  una  precisa  azione 
in  un  solo  senso  mercè  l'espediente  di  tendini  lunghissimi,  cornee  in  «Libellula»,  il  movimento 
delle  ali,  su  questa  così  estesa  ed  imprecisa  articolazione,  di  fronte  a  resistenze  variabilissime 
ed  in  tutti  i  sensi,  non  possa  se  non  essere  molto  libero  ed  incerto  e  solo  grossamente  l'insetto 
riesce   a   modificare  la  direzione  del   movimento  principale. 

Mentre  un  volatore  superiore  od  una  Libellula  possono  raggiungere  fulmineamente  uno 
scopo  ristrettissimo,  come  un  moscerino  volante  od  il  centro  di  un  fiore,  per  un  Ortottero  è 
gran  che  se  esso  riesce  a  dare  in  un  vasto  scopo,  con  una  approssimazione  di  parecchi  deci- 
metri se  non  di  qualche  metro,  e  non  può  variare,  o  ben  poco  e  grado,  grado,  durante  il  volo, 
ni-   la  sua  velocità  né  la  direzione,   lateralmente. 


652 


CAPITOLO    SESTO 


I  muscoli  secondari,  infatti,  sono  due  poderosi  protrattori  (che,  contemporaneamente,  fanno 
declinare  l'ala  in  avanti  ed  insieme  la  abbassano)  inserti  ciascuno  ad  uno  dei  prefulcri.  Questi 
sono  i  lunghi  laterali  pleuropedali,  XLVII  (fig.  660)  e  XLVII  bis,  che  va  alla  prima  metà  del 
prefulcro,  non  indicato  nel  voi.  I,  pel  metatorace).  Oltre  a  questi,  come  loro  antagonista,  per  ciò 
che  trae  l'ala  all'indietro,  ma  concorrente  perchè  insieme  la  abbassa,  è  un  robusto  muscolo,  che 
si  attacca  al  paraptero,  cioè  il  laterale  settimo,  già  veduto  in  «  Libellula  »  (54,  85).  Infine  ricordo 
il  laterale  nono  (56,  86),  affatto  omologo  al  già  veduto  in  «Libellula»  e  che  è  un  debole  motore 
indiretto  dell'ala. 

Pochi  altri  muscoli  piccoli  e  deboli  sono  indicati  nella  annessa  fig'.  660  e  nella  480  (pagi  434) 
del  voi.   I. 

Questa  e  niente  più  è  la  muscolatura  secondaria,  destinata  al  volo  negli  Ortotteri,  cioè  nella 
condizione  primitiva  del  motore   tipo   «  Mosca  ». 


Fig.  660.  —  Regione  ascellare  delle  due  ali  di  Acridium.  —  A,  ala  anteriore  ;  Ai,  ala  posteriore; 
en,  endoptero  ;  pi\,  orlo  interno  del  proptero  distale,  che  affiora  nell'ascella;  <Sj,  capo  comune 
delle  vene  anali,  che  affiora  nell'ascella.  I  numeri  romani  ed  arabi  indicano  muscoli.  Le  altre 
lettere  come  a  fig.   652. 


I  movimenti  dell'ala,  oltre  ai  principali,  sono  dunque  soltanto  quelli  di  protrazione  e  di 
retrazione.  Combinati  colla  elevazione  ed  abbassamento,  debbono  riescire  a  determinare  l'innalza- 
mento e  la  progressione  dell'insetto,  nonché  deviazioni  laterali  con  larghissimo  arco;  per  le  mi- 
nori deviazioni   fanno  del  loro  meglio  i  pochi  e  piccoli   muscoli   sopraricordati. 

Vediamo,  all'inizio  del  tipo  «Mosca»  come  è  determinato  il  movimento  principale  dell'ala, 
cioè  dall'alto  in  basso  e  viceversa,  e  così  si  vedrà  accadere  per  tutti  gli  insetti  in  questo  tipo. 
Il  gioco  dell'ala  è  determinato  da  movimenti  del  Noto  corrispondente. 

Vedasi  la  tìg.  schematica  (fig.  657,  II)  e  bì  immagini  fermo  l'insetto,  per  poter  considerare 
l'ala  come  una  leva  di  primo  genere,  in  questi  suoi  movimenti  (si  è  già  detto  che  nell'insetto 
volante  l'ala  diviene  una  leva  di  secondo  genere,  come  per  una  barca  il  remo).  Nel  caso  del- 
l'insetto fermo,  il  fulcro  merita  veramente  questa  denominazione,  anche  nel  suo  significato  mec- 
canico. 

Supponiamo  una  sezione  trasversa  dell'insetto,  che  cada  appunto  nella  regione  del  fulcro 
(tìg.  657,  II).  L'ala  in  A  è  orizzontale.  Per  effetto  dei  muscoli  M  tergosternali,  tevgopedali,  ecc. 
abbassatoli  dell'ala,  che  si  attaccano  al  tergite  T  e  sue  dipendenze  (condili)  il  tergite  stesso 
viene  abbassato  (I\)  e  con  esso  è  trascinato  in  giù  il  braccio  corto  della  leva  rappresentata  dal- 
l'ala ;   il   braccio  lungo  deve  sollevarsi,     passando    nella  posizione  Ai,    articolando  sul     fulcro  F. 


l'individuo  negli  atti  per  la  propria  conservazione  653 


L'effetto  opposto  è  dato  dai  dorsali,  grandi  abbaiatori  dell'ala  (Af2),  la  cui  contrazione  deter. 
mina  l'inarcamento,  nel  suo  mezzo,  in  senso  longitudinale,  del  tergite,  che  così  si  innalza  (T.,)  e 
con  esso  i  suoi  condili.  L'ala  è  costretta  a  fare  il  giuoco  inverso,  passando  così  nella  posi- 
zione  J2. 

Il  primo  movimento,  adunque,  avviene  come  per  la  «  Libellula  »  (I)  ;  ma,  il  secondo,  che  in 
quest'ultima  dipende  da  muscoli  diretti  (A/,),  nel  tipo  «  Mosca  »  è  affidato  ai  dorsali  ed  è  provo- 
cato indirettamente  (1). 

Dei  movimenti  secondari,  almeno  di  alcuni,  dell'ala,  iuquesto  tipo,  sarà  il  caso  di  trattare 
quando  e  dove  si  vedranno  raggiungere  la  massima  complessità. 

Mosca.  —  Insignificanti  variazioni  si  possono  riscontrare  fra  i  Muscidi,  i  Tabanidi  ed  altri 
Brachiceri  dei  più  alti.  Qui  si  esemplificano,  nelle  figure,  il  Tafano  e  la  Callifora. 

Le  variazioni,  in  confronto  del  già  veduto  «Acridio»,  si  devono  sopratutto  ad  un  aumento 
non  solo  di  potenza  del  motore,  ma  ancora  di  precisione  nei  movimenti  dell'ala  e  dei  diversi 
pezzi  articolari  della  stessa,  come  pure  nella  massima  mobilità  dei  pezzi  basali  dell'ala  e  dei 
capi  delle  sue   nervature,  sia  fra  loro  che  sugli  scleriti  adiacenti. 

È  così  grande  e  complessa  questa  mobilità,  che  non  è  possìbile  considerare  paratamente  le 
singole  articolazioni  ed  i  movimenti,  che  ne  conseguono,  come  accadrebbe  a  chi  volesse  tutti 
enumerare  i  movimenti  possibili  delle  diverse  ossa  della  mano  fra  loro,  e,  ad  una  mano  colle 
dita  riunite  in  una  membrana  potrebbe  essere  paragonata  l'ala  di  una  mosca,  per  la  mobilità 
delle  basi,  delle  nervature  e  degli  scleriti  dorsali  ed  ascellari.  Chi  assomigliasse  questo  organo 
di  volo  a  quello  dei  Chirotteri,  secondo  questo  punto  di  vista,  farebbe  piti  razionalmente  di  chi  lo 
assomigliasse  all'ala  di  un  Uccello,  ed  è  perciò  (chiedendo  venia  per  l'incremento  alla  complessa 
sinonimia  di  tutte  queste  parti)  che  io  ho  chiamato  acrocarpo  (ne  delle  figure  qui  annesse),  pro- 
carpo  (pc,,  pc2)  e  mesocarpo  (ms,,  ms2)  in  vista  della  funzione,  quegli  stessi  pezzi  che,  in  sede  di 
anatomia  ho  già  chiamato,  rispettivamente,  acrotergite  ed  acroptero  (Tg,  a  delle  tìgg.  274  a  281 
del  voi.  I);  proptevo  esterno  o  distale  (a,  delle  stesse  figg.  al  voi.  I);  capi  delle  nervature  dell'in- 
terala  (S,  S,  s,  suddette  tìgg.  del  voi.  I). 

Quasi  tutti  i  movimenti,  però,  sono  dovuti  all'azione  di  singoli  muscoli;  perciò  il  sistema  musco- 
lare, per  numero,  direzione,  ecc.  dei  mnscoli  secondari  delle  ali  di  questi  eccellenti  volatori, 
raggiunge  il  massimo  grado  di  complessità  ed  è,  cosi,  aumentata  ancora  la  precisione  del  mo- 
vimento,        j 

Questo  è,  anche,  assolutamente  limitato  e  definito  esattamente  nella  articolazione  principale 
dell'ala,  sopratutto  nella  metà  della  rotazione  dell'ala  stessa,  dalla  posizione  orizzontale  all'e- 
stremo della  corsa  discendente  (cioè  nei  movimenti  ventrali),  mentre  è  alquanto  più  libera  nel- 
l'altra metà,  dalla  posizione  orizzontale  all'insti  (cioè  nei  movimenti  dorsali).  Vediamo  tutto 
ciò  più  attentamente,  per  ispiegarci  ulcune  prerogative  della  perfezionata  locomozione  aerea  di 
questi  Brachiceri. 

La  maggior  indipendenza  del  capo  articolare  della  radiale  sul  fulcro,  durante  l'elevazione  o 
l'innalzamento  dell'ala,  dalla  posizione  orizzontale  in  sii,  è  concessa  per  ottenere  la  possibilità  (Tel 
lancio  dallo  stato  di  quiete. 

I  saltatori,  che  volano,  praticano  il  lancio  del  loro  corpo  nell'aria,  mercè  le  zampe  poste- 
riori, è  questo  un  vero  salto.  I  Muscidi  ottengono  lo  stesso  effetto  mediante  uno  scatto  delle  ali, 
dovuto  all'elasticità  di  parti  scheletriche,  così  che  la  lamina  alare  viene  a  percuotere  fortemente 
e  subitamente  l'aria,  con  un  movimento  dalPinnauzi  all'iudietro,  mercè  il  quale  l'insetto  è  spinto 
in   seuso  opposto,  cioè  in  avanti  ed   in   alto. 

Infatti,  se  ad  uua  mosca,  morta  allora  allora,  si  sollevano  a  forza  le  ali,  agendo  sulla  loro 
base  mercè  uno  spillo,  si  vede  che,  giunte  esse  ad  un  certo  grado  di  sollevamento,  subitamente, 
mercè  uno  scatto,  si  portano  in  posizione  quasi  perpendicolare  al  dorso,  oblique  peri»  non  solo 
per  una  piccola  divergenza,  ma  anche  per  la  posizione  della  lamina  alare,  inclinata  un   poco  dal- 


(1)  Qui  debbo  avvertire  che  la  Hgura  schematica  del  Graber  (analoga  alla  annessa  657)  ri- 
portata generalmente  dagli  autori,  ad  es.  dal  Pakard  (A.  Test-Book  of  Entomol.,  1898,  p.  157, 
fig.  172)  è  completamente  sbagliata.  L'ala  articolerebbe  sul  condilo  dorsale  anziché  sul  fulcro 
pleurale,  che  non  è  neppure  indicato  ! 


654 


CAPITOLO    SESTO 


l'impinzi  all'indietro,  ma  anche  dall'interno  all'esterno,  cioè  il  margine  costale  è  più  vicino  al 
piano  che  divide  l'insetto  longitudinalmente  in  due  metà,  che  non  lo  sia  l'orlo  posteriore  del- 
l'ala (fig.  661,  I).  Così  si  vede  che,  con  questo  scatto,  l'ala  ha  percosso  l'aria  dall'innanzi  al- 
l'indietro. Questo  movimento  può  essere  provocato  anche  per  compressione  dei  tergiti,  cosi  come 
agiscono  i  grandi  elevatori  dell'ala. 

Se,  mercè  una  pinzetta,  si  stringe  il  pterotoiace  al  dorso,  nel  senso  longitudinale,  cosi  come 
debbono  fare  i  grandi  abbassatori  dell'ala,  si  vede  questa  iniziare  una  rotazione  dall'indietro  al- 

l'innanzi  ed  insieme  verso  una  posizione  orizzontale  ed 
allorché  questa  sta  per  essere  raggiunta,  interviene  un 
nuovo  scatto,  mercè  il  quale  l'ala  raggiunge  istantanea- 
mente il   massimo  suo  abbassamento  (fig.   661,  II). 

^ue^ti  scatti  sono  possibili  perchè  il  fulcro  (fig.  662,  F) 
è  alquanto  ripiegato  verso  il  centro  del  corpo,  e  l'ala,  in- 
nalzandosi lo  per  meglio  dire  il  tergite,  T,  abbassandosi 
in  Ti  per  opera  dei  muscoli  dorso-ventrali),  comprime  la 
lamina  laterale  del  mesotergite,  cioè  l'insieme  dei  condili 
(C).  Questa  lamina  può  subitamente  distendersi  (C,)  sotto 
il  fulcro  e  cosi  trae  a  sé  improvvisamente  l'ala  e  la  porta 
nel  massimo  innalzamento  (J,).  Per  azione  dei  grandi  ab- 
bassatori, ohe  sollevano  tutto  il  tergite  (da  T  in  T2),  anche 
la  lamina  condiloidea  (C)  è  sollevata,  si  comprime  e  inarca, 
passando  sulla  testa  del  fulcro,  piegato,  come  si  disse,  al- 
l'indentro; ma,  appena  sorpassatane  la  vetta,  si  distende 
di  scatto  (C%)  e  porta  l'ala  nel  suo  massimo  abbassamento 
l'ala  in  Calliphora.  L'insetto  è  (J2).  Tutto  ciò  è  mostrato  dalla  annessa  fig.  662,  che 
veduto  di  faccia.  rappresenta  schematicamente  il  mesotergite,  in  sezione  tras- 

versa, nella  regione  dol  fulcro,  durante  i  detti  movimenti 
opposti,  cioè  da  T  ad  ala  orizzontale,  in  T„  quando  è  abbassato  fortemente,  e  poi  in  T„,  quando 
è  elevato  del  tutto. 

Così  avviene  che,  al  primo  scatto  determinante  il  lancio  in  avanti  dell'insetto,  segue,  nel 
totale  abbassamento  dell'ala,  anche  uno  scatto  energico,  in  aumento  dello  sforzo  dei  grandi  ab- 
bassatovi :     in     altri    termini,   il    primo 


Fig 


661.  —  Posizione  delle  ali  nello 
scatto  in  elevazione  totale  (I)  ed 
in  abbassamento  totale  (II)  dei- 


colpo  d'ala  (discendente),  subito  dopo  il 
lancio,  è  doppiamente  energico  e  quindi 
l'inizio  del  volo  è  subitaneo.  Ecco  per- 
che noi  vediamo  tuia  mosca,  da  quieta, 
partirsi  subitamente,  anche  più  presto 
di  un  saltatore,  pur  non  avendo  gli 
organi  saltatori  pel  lancio  nell'aria. 

Nel  volo  ordinario,  però,  l'ala,  pur 
nel  suo  massimo  di  elevazione,  non  rag- 
giunge mai  quella  posizione,  nella  quale 
il  condilo  può  distendersi  sotto  il  ful- 
cro; manca,  così,  auohe  il  colpo  im- 
provviso nel  successivo  abbassamento; 
in  altri  termini,  il  volo  ordinario  si 
effettua    senza    l'intervento    di    queste 

improvvise  energie,  che    sono    riserbate  solo  a  casi  speciali,  cioè    alla    necessità    di    un    pronto 
slancio,   sia  ad  iniziare  il   volo,   sia  nel   volo  stesso,  quando  occorra. 

Una  certa  indipendenza  delle  ali,  l'una  dall'altra,  in  questi  movimenti,  fa  sì  che  lo  scatto 
possa  determinarsi  per  una  di  esse  soltanto,  ed  allora  l'insetto  è  lanciato,  con  rotazione,  con 
centro  dal  lato  opposto,  e  questi  scarti  improvvisi  si  vedono  benissimo  durante  la  danza  nel- 
l'aria delle  Homalomyia,  o  nell'atto  die  un  Hombylins  lascia  un  fiore,  dinanzi  al  quale  si  è  trat- 
tenuto immobile  a  volo,  ecc.   e  sono  veramente  fulminei. 

Xella  seconda  parte  del  movimento  dell'ala,  cioè  dalla  posizione  presso  a  poco  orizzontale  a 
quella  di   massimo  abbassamento  (movimenti   ventrali)  il   movimento  è  meuo  libero,   anzi  è  stretta- 


Kig.  662.  —  Schema  di  sezione  trasversa  del  torace 
nella  regione  del  fulcro  F  (Calliphora),  rappresen- 
tante il  movimento  del  tergite  (T),  dei  suoi  con- 
dili (C)  per  ottenere  lo  scatto  dell'ala  (A),  nel 
massimo  innalzamento  e  nel   massimo  abbassamento. 


l'individuo  negli  atti  per  la  propria  conservazione 


655 


mente  regolato,  cos'i  che  l'ala  non  e  più  libera  di  muoversi  al  capricoio  della  varia  contrazione 
dei  suoi  muscoli  abbassatori  oltreché 
dall'alto  in  basso  anche  dall'innanzi 
all'indietro,  mentre  pub  esserlo  tuttavia 
nella  declinazione  in  avanti  ed  all'indie- 
tro, secondo  gli  assi  iudicatl  con  «Jt,  u,, 
a  fìg.   652,   II. 

Il  oapo  articolare  dell'ala,  che,  nel- 
l'Acridio si  è  veduto  essere  rappresen- 
tato, più  che  altro,  dalla  cavità  ascellare 
del  proptero  interno,  con  articolazioue, 
quindi,  molto  libera,  qui  è  stretta- 
mente aftidato  al  capo  articolare  della 
radiale  CI)  particolarmente  conformata, 
anche  in  modo  che  la  superficie  vera- 
mente di  articolazione  sia  ristrettissima 
e  perfettamente  definita.  Inoltre,  il  ful- 
cro non  è  a  capo  rotondeggiante,  ma  a 
spìgolo  tagliente  ed  è  intaccato  da  in- 
senature e  da  solchi,  nei  quali  soltanto 
può  articolare  il  breve  spazio  suddetto 
del  capo  della  radiale. 

Qui,  anzi,  è  manifesto  una  specie 
di  «  cambio  di  velocità  >  e  la  somi- 
glianza di  questo  apice  del  fulcro  collo 
«cafro  di  una  barca,  anzi  più  esatta- 
mente colla  forcola  della  barca  vene- 
ziana,  è   veramente  suggestivo. 


Fig 


663.  —  Regione  ascellare  dell'ala  di  Tabanus.  — 
T,  tergi  te  ;  A,  ala;  S,  squamnla  :  5,,  squama; 
F,  fulcro  anteriore:  Fit  posteriore;  Ep,  episterno  ; 
Eni,  epimero  ;  _Y,,  -V,a,  prefulcro  anteriore  (n2,  suo 
processo  odontoide)  e  posteriore  ;  e»,  endoptero  ; 
ml=zprl,  paraptero  ossia  apice  del  mesocondilo,  che 
affiora  nella  membrana  ascellare  :  msv  m8pt  msp?, 
pezzi  dorsali,  che  appaiono  per  trasparenza  della 
detta  membrana  (v.  fig.  664)  e  cosi  J,,  capo  della 
cubitale  e  &,  capo  della  anale  ;  x,  y,  muscoli  indicati 
nel  testo;  numeri  romani:  muscoli  citati  nel  voi.  I. 
L'annessa  fig.   663  basta  a  chiarire 

questa  disposizione.   Per  suo  conto  il  condilo  articolare  della  radiale  non  è  rotondato,   ma.il   suo 

orlo  inferiore  è  tagliente  e  può 
scorrere  benissimo  nelle  dette 
scanalature  del  fulcro,  seguendo 
così  (ed  insieme  tutta  l'ala)  una 
direttiva  affatto  precisa  e  con 
gradi  varii  di  protrazione  dell'ala, 
a  seconda  della  scanalatura,  in 
cui  il  detto  condilo  viene  a  scor- 
rere. Si  comprende  che  il  vario 
grado  di  protrazione  dell'ala  de- 
termina uno  sforzo  pure  variato 
corrispondentemente  ,  ossia  un 
vero  e  proprio  «  cambio  di  ve- 
locità »,  iu  misure  fisse. 

Oltre  a  ciò,  per  rendere  più 
stretta  l'articolazione  fulcro-ala- 
re, il  capo  della  radiale,  colle- 
gato con  un  pezzo  dipendeute 
dal  proptero  interno  e  che  può 
essere  omologato  all'endoptero  (fi- 
gura 663,  e»),  articola  assieme  a 
questo,  molto  strettamente  e  sen- 
za possibili  deviazioni,  coll'orlo 
posteriore  del  fulcro. 


JrVfr 


Fig.  664.  —  Pezzi  basali  dorsali  dell'ala  destra  di  Tabanug. 
—  S,  squamnla:  Sg,  squama;  pt,  procondili;  m,  ml:  me- 
socondili  ;  mspi,  msp»,  pezzi  del  mesoptero  ;  %,  capo  delle 
vene  anali.  Le  altre  come  a  fig.  651. 


(1)  Veramente  solo  l'omologia  con  quanto  si  vede  essere  in  altri  insetti,  comporta  a  conside- 
rare questo  capo  articolare  come  appartenente  alla  radiale,  ma  l'osservazione  diretta  tenderebbe 


656 


CAPITOLO    SESTO 


Il  capo  della  radiale,  anteriormente,  articola  anche  coll'orlo  superiore  del  prefulcro  poste- 
riore, che,  nel  detto  orlo,  reca  appunto  dei  tubercoletti  articolari.  Anzi,  tra  il  detto  prefulcro  ed 
il  capo  articolare  della  radiale,  appena  dietro  i  condili,    intercorre  un  piccolissimo  e  brevissimo 

muscoletto  (fig.  663,  y),  che    può    ren- 

*c 

.Se 


dere  più  stretta  l'articolazione  fra  que- 
sti due  pezzi.  Così,  l'articolazione  prin- 
cipale dell'ala,  interessante  il  capo  della 
radiale,  il  fulcro,  il  prefulcro  e  l'en- 
doptero  è  strettissima  ed  a  movimenti 
del  tutto  definiti  e  precisi. 

I  leggieri  spostamenti  della  base" 
dell'ala  a  questo  scopo,  che,  data  la 
grande  dirlerenza  dei  bracci  di  leva 
ne  determinano  di  rilevanti  per  la  la- 
mina alare,  sono  provocati  da  piccoli 
muscoli  secondari,  inseriti  ai  tergiti, 
alle  pleure,  ad  un  robusto  e  graude 
processo  odontoide  del  prefulcro  ante- 
riore (voi.  I,  fig.  440,  pag.  379  ;  fig.  473, 
pag.  428,  processo  di  Nt  nell'annessa 
fig.  663),  ecc.  Ritengo,  anzi,  chetali  spo- 
stamenti sieuo  determinati  sopratutto 
da  un  piccolo  muscoletto  (non  indicato 
nel  voi.  I)  e  che  nella  annessa  fig.  663, 
segno  in  x,  il  quale  va  dal  processo 
odontoide  al  fulcro,  ed  ha  probabil 
mente,  per  antagonista,  il  laterale  vige- 
timo-settimo  (CHI). 

Per  quanto  riguarda  la  base  del- 
l'ala nella  regione  dorsale  basti  la  an- 
nessa fig.  664,  la  quale  anche  corregge  il  modo  di  vedere  presentato  dalla  tìg.  280,  a  pag.  243 
del  voi.  I,  a  proposito  del  tuesoptero  e  del  niesocondilo,  allora  considerati  per  base  delle  nerva- 
ture della  interala,  mentre  oggi  mi  pare  di  dover  giudicare  diversamente,  sopratutto  avuto  ri- 
guardo ad  alcune  omologie  di  muscoli. 

Alcune  articolazioni  di  questa  regione  sono  indicate  nella  fig.   665. 


Fig.  665.  —  Questa  figura  mostra  le  linee  di  articola- 
zione della  base  dell'ala,  al  dorso,  di  un  Tabami» 
ed  i  singoli  pezzi  sono  indicati  con  lettere  corri- 
spondenti a  quelle  usate  nelle  tìgg.  273  a  280  del 
voi.  I,  per  indicare  bene  le  omologie  con  le  indi- 
cazioni usate  nella  precedente  fig.  664. 

Le  linee  di  articolazione  y,  5,  s,  •;  trovano  corrispon- 
denti in  quelle  egualmente  contrassegnate  in  «  Li- 
bellula »  a  fig.  651;  le  altre  indicate  con  numeri 
arabi,  da  1  a  5,  non  trovano  corrispondenti  in 
«  Libellula  »  e  sono  più  che  altro  linee  articolari 
per  permettere  l'adduzione  dell'ala  allo  stato  di 
riposo. 


Movimenti  dell'ala  nel  volo. 

Non  ci  pare  del  caso  l'entrare  in  merito  alla  meccanica  del  volo,  non  sem- 
brando questo  il  luogo  per  considerazioni,  che  trascendano  dalla  pura  constata- 
zione dei  fatti,  quali  risultano  dalle  nostre  cognizioni  anatomiche  e  fisiologiche, 
riguardanti  il  «  motore  »,  di  cui  godono  gli  insetti  per  la  locomozione  aerea. 

Qui  conviene  dire  come  funzionano  gli  organi  di  volo  nei  loro  movimenti, 
ma  ogni  discussione  o  considerazione  sulla  teoria  vera  e  propria  del  volo  è  pru- 
dente lasciare  ancora  a  ricerche  future,  che  completino  molti  dati  di  fisica  e  di 
meccanica,  i  quali  attendono  tuttavia  soluzione  per  opera  di  altri  studiosi  che 
non  sieno  i  naturalisti. 

Vediamo,  dunque,  finalmente,  quali  sono  i  movimenti  dell'ala  durante  il  volo, 
mercè  i  quali,  cioè,  l'insetto,  sospeso    nell'aria,    si    sposta    all'innanzi    orizzontal- 


ad  attribuirlo,  invece,  alla  sottocostale.  Il  capo  della  radiale  sembra,  invece,  collegarsi  col 
proptero  interno,  in  articolazione  strettissima.  La  sottocostale  articola,  alla  sua  base,  colla 
radiale. 


l'individuo  negli  atti  per  la  propria  conservazione 


657 


mente  e  questo  è  il  movimento  principale,  mentre  le  deviazioni,  in  tutti  i  sensi, 
gli  arresti,  ecc.  si  possono  considerare  per  secondari. 

Due  fatti  distinti  avvengono,  adunque,  cioè  il  sostegno  nell'aria  del  corpo 
volante  e  la  sua  progressione  (1). 

Sollevamento.  —  Tutta  l'ala  può  essere  inclinata  così  da  costituire  un  solo 
piano  di  sollevamento,  come  accade  nei  non  frequenti  casi  di  voi  piane,  dei  quali 
danno  esempio  qualche  Lepidottero  diurno  (Papilio,  Vanessa,  ecc.)  ed  anche 
qualche  Libellula.  In  generale,  però,  è  soltanto  parte  della  lamina  alare,  che 
agisce  in  questo  modo. 

Si  è  veduto  ohe  essa,  sopratutto  alla  base,  forma,  colle  sue  pieghe  longitudinali,  degli  angoli 
diedri,  che  hanno  le  vene  per  spigoli.  Le  faccio  di  questi  diedri,  inclinate  dal  basso  in  alto  e 
dall' indietro  in  avanti  sono  iu  maggioranza  rispetto  a 
quelle  declinate  in  senso  opposto,  e  fungono  come  piani  -* 
di  sollevamento.  Oltre  a  ciò,  presso  che  tutta  la  parte 
posteriore  dell'ala  (o  tutta  l'ala  del  secondo  paio,  molto 
piiì  piccola,  iu  quegli  insetti  tetiatteri,  buoni  volatori, 
nei  quali  essa  è  collegata  con  quella  del  primo  paio,  e 
costituisce  quasi  una  porzione  anale  del  sistema  rappre- 
sentato da  ciascun  paio  laterale),  può  essere,  mercè  mu- 
scoli diretti  ed  indiretti,  che  si  sono  già  ricordati,  in- 
clinata nel  senso  utile  a  questo  scopo,  tanto  che  la  sua 
varia  declinazione,  costituisce,  anzi,  un  vero  e  proprio 
timone  di  profondità,  che  agisce  di  conserva  con  quella 
parte  anteriore  dell'ala,  che  è  retta  dalla  vena  costale 
e  può  ruotare  sulla  radiale  per  asse,  conforme  si  è  av- 
vertito in  precedenza.  Ciò  fa  vedere  l'annessa  figura 
schematica  666  (2). 

Inoltre,  l'aria  catturata  dall'ala  in  ciascun  movi- 
mento misto  di  protrazione  e  conseguente  abbassamento, 
viene  spinta  (appunto  mentre  la  lamiua  alare  si  ab- 
bassa) lungo  le  scanalature  formato  dalle  suddette 
pieghe  longitudinali  dell'ala,  nella  regióne  ascellare, 
così  che  essa  funziona  veramente  come  un  efficace  mezzo 
di  sollevamento  in  questo  punto. 

A  tutto  ciò  aggiungi  la  velocità  medesima  del  corpo 
volante. 

Si  vedrà  piti  innanzi  come  la  risultante  della  forza 
rappresentata  dalla  resistenza  dell'aria  nei  movimenti 
dell'ala  destinati  alla  propulsione  dell'insetto  risulti  da 
due    componenti,    l'ima    che    agisce  in  senso  orizzontale,  dall' indietro   all'innauzi,  determinando 


Fig.  666.  —  Schema  di  sezione  tras- 
versa di  un'ala,  per  mostrare  gli 
angoli  diedri  (aventi  per  spigoli  le 
nervature)  e  le  loro  variazioni.  — 
1,  ala  in  quiete  ;  2,  supinazione 
della  parte  costale  del  preremigio 
(P)  e  della  basale  del  velo  (V)  ;  il 
corpo  volante,  che  si  muove  secondo 
la  freccia,  tende  ad  innalzarsi  ;  3, 
pronazione  della  parte  costale  del 
preremiglio  e  della  anale  del  velo  ; 
il  corpo  volante  tende  ad  abbas- 
sarsi. 

1  piani  inclinati,  segnati  con  linea  piena, 
meno  che  a  fig.  3,  sollevano  il  corpo 
volante. 

C,  costale  ;  Se,  subcostale  ;  li,  radiale  ; 
Cu,  cubitale  ;  A ,  anale  (in  se- 
zione). 


(1)  Il  volo  deglo  degli  insetti  (a  differenza  di  quello  degli  Uccelli,  che  è  un  vero  «  volo  a 
drago  »,  la  cui  funzione  primaria  è  il  movimento  in  avanti  e  solo  secondaria  quella  di  sostegno 
del  corpo,  per  cui  gli  uccelli  risparmiano  molta  forza  in  confronto  degli  insetti)  è  nn  «  volo  di 
sostegno  ».  11  «  volo  a  drago  »  non  è  possibile,  per  gli  iusetti,  in  causa  della  scarsa  velocità  e 
tanto  meno  quanto  l'insetto  è  più  piccolo.  Infatti,  coll'aumentare  della  grandezza,  la  forza  cresce 
al  cubo,,  mentre  la  resistenza  dell'aria  cresce  al  quadrato,  cioè  con  la  pressione  dell'aria  sulla 
superficie  anteriore,  e  questi  due  fattori  determinano  il  grado  della  «  forza  d'inerzia  ».  Sono 
appunto  la, bassa  velocità  e  la  scarsa  forza  d'inerzia,  dipendente  dal  poco  peso  e  dalle  piccole 
dimensioni  i  due  fattori  che,  negli  insetti,  rendono  quasi  impossibile  il  «  volo  a  drago  »  e  ciò  in 
misura  direttamente  proporzionale,  come  ben  si  comprende,  con  la  grandezza  dell'insetto. 

(2)  Come  è  ben  facile  credere,  però,  la  varia  inclinazione  del  volo  negli  insetti  dipende,  piti 
che  altro,  dallo  spostamento   del    centro    di  gravità.    Esso    si  trova  sempre  molto  indietro  ed  in 


A.  Berlese,  Oli  Insetti,  II. 


658  CAPITOLO   SESTO 


la  propulsione,  ma  l'altra  agisce  iu  seneo  verticale,   cioè  dal  basso  in  alto  ed  è  destinata    esclu- 
sivamente alla  sospensione. 

Movimenti  dell'ala  nel  volo.  —  Consideriamo  i  movimenti  puri,  per  cosi  dire, 
della  lamina  alare.  Essi  sono  possibili  secondo  tre  assi,  che  si  incrociano  ad  angolo 
retto  nell'articolazione  fulcro  radiale.  Vediamo  l'annessa  fig.  667,  da  I  a  III. 

L'ala  (teoricamente)  può  ruotare  su  un  asse  verticale,  cioè  perpendicolare  al 
piano  orizzontale  (fig.  667,  I),  su  cui  si  intende  che  posi  l'insetto.  Mediante 
questo  movimento,  l'ala,  supposta  in  quiete,  col  suo  piano  parallela  al  piano  sud- 
detto, può  essere  protratta,  cioè  portata  col  suo  apice  distale  verso  il  capo,  o  re- 
tratta,  cioè  ruotata,  con  movimento  e  direzione  inversi,  verso  la  parte  posteriore 
del  corpo.  ' 

Schematicamente  questo  movimento,  indicato  dalla  fig.  I,  si  può  chiamare  orizzontale,  in- 
quantochè,  come  ho  detto,  si  suppone  l'insetto  disposto  appunto  in  un  piano  orizzontale  ed  il 
movimento  accade  in  un  piano  parallelo.  Da  una  posizione  di  quiete  (0)  l'ala  è  protratta  secondo 
il  movimento  indicato  dalla  freccia  A,  o  retratta  in  senso  inverso  (B). 

In  natura,  però,  almeno  pegli  insetti,  questo  movimento,  cosi  puro,  probabilmente  non  esiste 
od  è  ristrettissimo,  perchè  la  base  dell'ala,  come  si  comprende,  dovrebbe  infossarsi  profonda- 
mente nel  torace,  all'inuanzi  o  dietro  il  fulcro,  a  seconda  che  è  protratta  o  retratta,  a  meno  che 
la  base  stessa  non  sia  molto  stretta,  come  ad  es.  potrebbe  essere  nelle  elitre  dei  Coleotteri  o 
nelle  ali  peduncolate,  di  cui  si  è  già  detto.  Il  movimento,  in  pratica,  è  accompagnato  quasi 
sempre    ad   una    inclinazione  dell'ala  rispetto  al  piano  orizzontale,   come  si  dirà. 

Il  secondo  movimento  puro,  che  può  essere  detto  vertica le  (II)  accade  dall'alto 
in  basso,  secondo  un  asse  articolare  parallelo  all'asse  longitudinale  dell'insetto 
medesimo.  L'ala,  da  una  posizione  di  quiete  (0)  perfettamente  orizzontale,  può  es- 
sere sollevata  ((,-),  ruotando  sul  detto  asse  (elevazione  dell'ala)  oppure  abbassata 
(2>),  in  senso  opposto  (abbassamento). 

Questo  movimento  esiste  iu  natura;  esso  è,  infatti,  possibile,  ma  non  servirebbe  che  al  sol- 
levamento e  ben  poco  alla  propulsione,  se  non  per  quel  tanto  che  può  concorrere  la  flessibilità 
della  lamina  alare,  per  la  resistenza  dell'aria,  cioè  passivamente. 

Il  terzo  movimento,  che  diremo  di  rotazione  (III)  è  fatto  dall'ala,  che  ruota 
su  sé  stessa  secondo  un  asse  orizzontale,  perpendicolare  a  quello  longitudinale 
dell'insetto.  Così,  la  linea,  che  rappresenta  la  base  dell'ala,  è  orizzontale  (0)  nella 
condizione  di  riposo  dell'ala,  ma  viene  inclinata  all'inuanzi  od  all'indietro  nella 
rotazione.  Quando  la  faccia  dorsale  dell'ala  è  inclinata  verso  l'avanti,  così  che 
la  sua  linea  di  base  passi  da  0  in  E,  avremo  un  movimento  che  potrà  esser 
detto  di  pronazione,  mentre  si  potrà  chiamare  di  supinazione  quello  in  senso  op- 
posto, nel  quale  la  linea  di  base  passa  in  F,  tendendo  così  ad  esporre  la  sua 
faccia  ascellare  o  ventrale  verso   l'innanzi. 


basso  rispetto  al  punto  di  inserzione  delle  ali  (nei  soli  Libellulidi  esso  cade  nel  torace,  imme- 
diatamente sotto  le  ali,  ma  non  così  negli  Agrionidi).  Da  ciò  una  inclinazione  del  corpo,  nel 
volo,  con  l'addome  più  basso  del  capo.  Nei  Coleotteri,  specialmente,  il  centro  di  gravità  è  molto 
arretrato,   d'onde  il  volo  pesante  di   alcuni   di  essi   (ad  es.  quasi  tutti   i   Lamellicorni). 

La  variazione  della  posizione  del  centro  di  gravità  rispetto  al  punto  di  spinta  rielle  ali  iu 
azione  di  volo  dipende,  più  che  altro,  da  variazione  della  disposizione  e  volume  dell'addome, 
specialmente  nelle  forme  ad  addome  molto  allungato  e  che  può  essere  più  o  meno  disteso  o  rac- 
colto o  piegato. 


l'individuo  negli  atti  pbr  la  propria  conservazione 


659 


Movimenti  principali,  composti.  —  I  detti  movimenti  puri  non  otterrebbero  il 
duplice  effetto  del  sollevamento  della  macchina  volante  e  la  sua  propulsione,  ma 
questo  duplice  risultato  è  raggiunto  solo  dalla  composizione,  per  coppie,  di  due 
almeno  di  questi  movimenti  puri,  secondo  è  indicato  dalle  figure  IV  a  VII.  Ve- 
diamo come  ciò  accade. 


, 


Ss 


—  Schemi  rappresentanti  i  movinjenti  principali,  puri  e  misti,  dell'ala 
durante  il  volo. 

/.   Movimento  orizzontale  ;   0,   posizione  di  quiete  dell'ala  ;  A,  protrazione  ;   B,  retrazione. 
//.  Movimento  verticale;   0,  posizione  di  quiete;   C,  elevazione;  D,  abbassamento. 
HI.   Movimento  di  rotazione;    0,   posizione  di  quiete;   E,  pronazione;   -F,  supinazione. 
IP.  Prima  coppia  di  movimenti  (dorsali);    l'ala  è  elevata  obliquamente  dopo    la  supinazione  e 
si  trova  in   1  ;  passa  in   2  (mercè  il  movimento  indicato  dalla    freccia  A,    cioè  di  pro- 
trazione,  combinato  con   quello  di   pronazione). 
T.   Seconda  coppia  di  movimenti  (dorso  ventrale)  ;    l'ala,    divenuta    obliqua    in  avanti,  si  ab- 
bassa (mov.   D)  ed  insieme    è    retratta,    mercè    la    combinazione    col    mov.  B;  essa  si 
dispone  nella  posizione  3.  In  questa  figura  e  nelle  successive,  lino  alla   Fi/,  la  faccia 
dorsale  dell'ala  è  punteggiata. 
IV.  Terza  coppia  di  movimenti  (ventrali)  ;     l'ala,  in    pronazione    (posizione  3)    passa,  per  pro- 
trazione (A),  in   posizione  4,   cioè  è  prona,   abbassata  e  protratta. 
VII.   Quarta    coppia    di     movimenti    (dorso-ventrale).      Da  4  ritorna    nella    posizione  t,  mercè  i 
movimenti  combinati  C  -\-  B,  ed  insieme  quello    ruotaute,  per    cui  da  prona  passa  a 
supina. 
l'Ili.   L'insieme  di   tutti  qupsti    movimenti.  Nell'ala  è  indicato   schematicamente    il  remigio  e  il 
pterostigma,   per  mostrare  subito   le  successive  posizioni. 
IX.   La  linea  ad  8,  che  descrive  un  punto  della  lamina  alare,  in  seguito  a  questi  movimenti. 
-V    ]1   movimento  di   arresto  o  repulsione  (massima  supinazione). 


660  CAPITOLO    SESTO 


Prendiamo  le  mosse  da  un  insetto  posato  in  piano  orizzontale  e  colle  ali  stese  in  posizione 
di  riposo  O,  quale  è  indicata  dalle  tre  figure  I,  II,   III. 

Ad  iniziare  il  volo  l'ala  è  ruotata  con  movimenti  di  supinazione,  elevata  e  spostata  all'in- 
dietro.  Tutto  ciò  avviene  simultaueamente  ;  ma,  noi  possiamo  supporre  distinti  questi  di- 
versi movimenti,  pei  quali  la  linea  basale  da  O  passa  in  F  (fig.  Ili)  e  così  l'ala,  sollevandosi  (C) 
viene  anche,  necessariamente,  spostata  all'indietro  (B),  assumendo  la  posizione  indicata  coln.i, 
nella  fig.  IV,  che  risulta,  adunque,  dall'insieme  dei  movimenti  F,  C,  B. 

Segue  il  movimento  di  protrazione  (A);  ma,  questo  si  effettua,  essendo  l'ala  ormai  sollevata, 
non  già  nel  piano  orizzontale,  ma  in  quello  obliquo  di  massima  elevazione  indicata  nella  fig.  II, 
e  così  passa  nella  posizione  2,  mentre  la  sua  linea  basale  viene  a  trovarsi  nella  posizione  di  pro- 
nazione E.  Questa  è  la  prima  coppia  di  movimenti  ;  è  indicata  dalla  fig.  IV  e  può  essere  detta 
di  protrazione  dorsale;  la  freccia  ne  indica  l'andamento. 

Vediamo  ora  la  coppia  successiva  di  movimenti  dell'ala.  Dalla  posizione  2  l'ala  viene  ab- 
bassata, ruotando  sull'asse  E,  come  è  indicata  dalla  fig.  V,  secondo  la  direzione  della  freccia. 
Data  l'obliquità  dell'asse,  l'ala  non  solo  si  abbassa  (D),  ma  è  aucbe,  necessariamente,  spostata 
all'indietro  (B),  così  che,  per  questa  seconda  coppia  (dorso-ventraie)  di  movimenti,  essa  viene  a 
trovarsi  nella  posizione  3,  cioè  abbassata  del  tutto  ed  obliqua  all'indietro. 

La  terza  coppia  (protrazione  ventrale)  è  indicata  dalla  fig.  VI.  Interviene  la  protrazione  e  la 
conseguente  rotazione  della  linea  basale  da  E  in  F,  per  cui  l'ala,  movendosi  secondo  la  dire- 
zione della  freccia,  si  trova,  alla  fine,  nella  posizione  4,   cioè  prona,   protratta  ed  abbassata. 

La  quarta  coppia  (rentro-dorsale)  (VII)  riconduce  l'ala  nella  posizione  1,  con  una  rotazione 
sull'asse  F,  secondo  la  direzione  indicata  dalla  freccia,  che  è  quella  del  movimento  composto 
C  +  B. 

Adunque,  nelle  due  coppie  dorso-ventrale  e  viceversa,  non  interviene  La  rotazione  dell'ala 
indicata  da  III  ;  questa,  invece,  accade  necessariamente  negli  spostamenti  dell'ala  dall'iudietro 
all'iuuanzi  (A),  cioè  nelle  coppie  dorsale  e  ventrale  (IV,  VII). 

In  pari  tempo  si  osservi  che,  mentre  i  movimenti  di  rotazione  (E,  F),  nonché  quelli  indi- 
cati con  A,  C,  D,  cioè  di  protrazione,  di  sollevamento  e  di  abbassamento  sono  volontari  (e,  spe- 
cialmente i  due  ultimi  debbono  essere  molto  energici),  il  movimento  B,  cioè  di  retrazione,  è 
semplicemente  necessario,  come  conseguenza  di  tutti  gli  altri  e  ciò  spiega  l'assenza  di  muscoli 
esclusivamente  retrattori  dell'ala,  mentre  per  tali  sarà  prudente  non  scambiare  i  supinatori  della 
parte  anale  dell'ala  stessa,  che  intervengono  solo  in  movimenti  secondari. 

L'insieme  di  tutti  questi  movimenti  simultanei  o  successivi,  è  indicato  dalla  fig.  667,  Vili. 

Viene  da  tutto  ciò  che  un  punto  qualunque  dell'ala,  descrive,  attorno  al 
centro  assile,  quando  sia  fisso,  come,  ad  es.,  in  un  insetto  immobile  col  suo  corpo, 
una  curva  ad  8  (lemniscata),  secondo  è  indicato  nella  fig.  C67,  IX  e  le  freccie 
mostrano  le  direzioni  del  movimento. 

Nel  volo,  invece,  dato  il  continuo  spostamento  rettilineo  del  centro  assile, 
la  linea  ondulata,  percorsa  da  un  punto  qualuuque  dell'ala,  è  una  sinussoide,  la 
cui  ascissa  varia,  come  ben  si  comprende,  colla  velocità  dei  movimenti  di  tra- 
slazione e  dell'ala,  e  la  ordinata,  con  quelli  dell'ampiezza  del    movimento    C,  I). 

Movimenti  secondari.  —  A  determinare  variazioni  nella  direzione  del  volo, 
come  nella  sua  intensità,  ecc.,  possono  effettuarsi,  volontariamente,  movimenti,  in 
generale  piccoli,  che  modificano  la  posizione  di  singole  parti  dell'ala  nel  com- 
plesso della  lamina  alare. 

I  più  importanti  sono  quelli  che  fauno  variare  l'ampiezza  degli  angoli  diedri 
più  volte  ricordati,  cbe  hanno  per  spigoli  le  nervature  presso  la  loro  base.  Tra 
questi  movimenti  maggior  effetto  hanno  quelli  di  rotazione  della  parte  anteriore 
del  remigio  sulla  radiale  e  più  ancora  quella  rotazione  della  parte  posteriore 
dell'ala  sulla  stessa  nervatura,  che  induce  una  vera  e  propria  supinazione  di 
tutta  questa  parte. 

La  flessione  del  velo  dell'ala    sul    remigio    si    effettua  secondo    la    linea  articolare   indicata 
con  /*  a  fig.  652,  Il   (supinazione  del  velo)  e  quella  del  preremigio  (pronazione  e  supinazione  del  pre- 


l'individuo  negli  atti  per  la  propria  conskrvazionk 


661 


.*J^^ 


remigio),  sulla  radiale,  secondo  la  linea  :  della  detta  fig.  e  della  651  e  possono  esservi  muscoli 
speciali  a  questi  soopi  (come  il  58  per  quest'ultimo  movimento  ed  il  59  per  la  supinazione  del 
velo,  nonché  loro  omologhi  del  mesotorace). 

Questi  movimenti  importano  la  variazione  del  grande  diedro  avente  per  spigolo  la  radiale, 
come,  ad  es.,  accade  nell'ala  anteriore  di  Ortotteri,  passando  dalla  quiete  ad  ali  chiuse,  al  volo 
e  sono  tutti  volontari,  inquantochè  dipendono  da  muscoli  speciali.  Così  la  pronazione  del  pre- 
remigio  dipende  dai  tergoiternale  terso  e  quarto  (fig.  652,  LXXIX,  LXXX)  e  dal  laterale  ««decimo 
(fig.  660,  54);  la  supinazione  del  velo  tutto  dipende  dai  laterali  settimo,  pleurometapteraie  primo 
(fig.  647,'  85,  LX XXVII)  e  dal  fulcro  alare  \XC,  a  fig.  652).  Questi  restringono  il  diedro  alare, 
sono    cosi  antagonisti  del  grande  abbassato™,   che  tende  ad  allargarlo. 

È  da  credere  però,  che,   pia  frequentemente,    solo     parte    del    preremigio,     cioè    tutta  quella 
retta  dalla  costale,  avendo    per    asse  la  subcostale  o  tutta  la  parte  del    velo  seguente    all'anale 
sieuo    cosi    flessibili.  La    pronazione    e    supinazione    di 
queste  parti  è  indicata  schematicamente  nella  fig.  666. 

In  queste  varie  loro  inclinazioni  le  dette  parti  del- 
l'ala agiscono  come  veri  timoni  di  profondità. 

Quest'ultima  condizione  di  cose  è  rappresentata 
schematicamente  a  fig.  668,  di  modo  che  il  tratto  della 
lamina  alare,  compreso  tra  la  sottocostale  e  l'anale,  pia- 
neggia, senza  associarsi  alle  declinazioni  del  preremigio 
e  del  velo  postanale. 

Questo  velo,  però,  è  molto  flessibile,  come  si  è 
detto,  e  quindi  cede  più  o  meno  di  fronte  alla  resi- 
stenza dell'aria,  appunto  come  si  vede  a  fig.  668,  2,  3. 
Allorché  l'ala  si  abbassa  (2)  il  velo  (  D,  dopo  l'anale 
(A),  o,  se  questa  è  addotta  (in  A,)  essa  pure,  dopo  la 
cubitale  (come  fanno  vedere  le  linee  punteggiate  a  fi- 
gure 2,  3)  si  flette  alPinsù,  e  viceversa  accade  quando 
l'ala  si  innalza  (3).  Ma  il  preremigio  viene  sempre  man- 
tenuto in  pronazione,  tanto  nel  colpo  ascendente  che 
in  quello  discendente,  cos'i  che,  mentre  in  questo  ul- 
timo l'ala  offre  alla  resistenza  dell'aria  una  superficie 
concava  (2)  (a  parte  la  flessione  passiva  del  velo),  nel 
colpo  ascendente,  invece  (3),  la  superficie  dell'ala,  che 
incontra  la  resistenza  dell'aria,  è  convessa,  perciò  la 
resistenza  medesima  è  assai  meno  efficace. 

Nelle  ali  posteriori  di  e  Libellula  »,  il  velo  post- 
anale  è  molto    più    ampio  che  non    nelle    ali    anteriori 

(fig.  653),  di  gran  lunga  maggiore  negli  altri  buoni  volatori  ad  ali  indipendenti,  mentre  in  quelli 
(fra  gli  ottimi  volatori)  ad  ali  collegate,  si  può  dire  che  tutta  l'ala  posteriore  è  ridotta  a  fiu- 
mare il  velo,  che  manca  a  quelle  del  primo  paio  (es.  :  Sfingidi,  Imenotteri,  ecc.),  finalmente,  nei 
Ditteri,   il  velo  è  bene  sviluppato,  in  misura  intermedia  fra  i  due  tipi  suddetti. 

Ciò  dimostra  l'importanza  di  questa  superficie,  flessibile  e  passiva  nella  parte  posteriore  dell'ala, 
per  la  meccanica  del  volo,  ed  è  probabile  che  il  suo  effetto  si  svolga  sopratutto  in  quel  colpo  <ii 
frusta,  al  quale  si  è  già  accennato  e  che  avviene  alla  fine  del  colpo  ascendente  e  del  discendente, 
con  un  risultato  di  propulsione,  da  paragonarsi  a  quello  della  coda  del  pesce  nel  nuoto,  salvo 
una  maggiore  energia  per  la  sua  subitaneità,   quasi  di   scatto. 

Date  queste  flessioni  delle  diverse  parti  dell'ala,  cioè  volontaria  e  di  pronazione  del  remigio 
o  del  preremigio,  e  quella  nei  due  sensi  opposti  e  passiva  del  velo  e  dati  i  movimenti  di  tutta 
l'ala,  nelle  maniere  suindicate  è  palese  il  modo  di  funzionare  dell'ala  durante  l'atto  del  volo. 
Ritorniamo  ora  a  considerare  la  lamina  alare  nel  suo  movimento,  in  quella  figura  ad  8.  che.  in 
un  insetto,  che  voli  senza  spostarsi  altrimenti,  si  e  detto,  seguita  da  ogni  punto  eccentrico  del  - 
l'ala.  Se,  circa  la  figura  ad  8  della  traiettoria  percorsa  da  un  punto  qualsiasi  dell'ala  durante 
la  speciale  sua  vibrazione  che  determina  il  volo  non  può  cader  dubbio,  perchè  sperimentalmente 
bene  provata,  souo  però  qui  due  interpretazioni  della  causa  di  tale  effetto,  dappoiché  io  lo  ho 
già  attribuito,   come  si   vide,   in   massima  parte,   agli    stessi    movimenti    volontari  dell'insetto   vo- 


Fig.  668.  —  Schemi  di  sezione  H;i-- 
versa  di  un'ala,  per  mostrare  i  mo- 
vimenti passivi  del  velo,  per  effetto 
della  resistenza  dell'aria  e  quindi 
la  linea  complessiva  della  sezione 
alare,  passando  dallo  stato  di  quiete 
(1,  corrispondente  ad  1  della  fi- 
gura 666),  al  movimento  secondo  la 
direzione  delle  freccie.  Iu  2  l'ala 
si  abbassa;  in  3  si  innalza.  Le 
lettere  sono  come  a  fig.  666. 


662  CAPITOLO    SESTO 


laute,  mentre  altri  ne  fa  risalire  la  causa  alla  sola  resistenza  dell'aria,  battuta  in  un  movimento 
pressoché  puro,  dall'alto  al  basso,  resistenza  varia  sulle  diverse  parti  dell'ala  variamente  cedevoli 
e  flessibili,  il  qual  modo  di  vedere  è  il  fondamento  della  teoria  del  Marey  sul  volo  degli  insetti. 

La  traiettoria,  detiuita  dal  Marey  (l)  a  mezzo  del  metodo  grafico,  percorsa  dall'ala  nel  suo 
movimento  ascendente  e  discendente  e  che  è  rappresentata  dalla  lemniscata  in  forma  di  8,  molto 
stretto,  è  dimostrata  sperimentalmente  dal  Jiull  (1904)  ed  è  provato  che  essa  può  essere  deter- 
minata dalla  resistenza  dell'aria,  giacché  nel  vuoto  la  traiettoria  è  rettilinea. 

Il  Bull,  disponendo  sulla  sezione  trasversa  di  un'ala  artificiale  delle  piccole  particelle  me- 
talliche, traverso  le  quali,  durante  il  colpo  d'ala,  era  fatta  passare  una  scintilla  d'induzione,  ha 
mostrato  la  torsione  della  lamina  alare  dovuta  a  due  modi  di  elasticità  della  lamina  stessa 
l'ima  di  torsione  attorno  al  suo  asse  longitudinale,  l'altra  di  flessione  secondo  la  sua  lun- 
ghezza. La  resistenza  dell'aria,  agendo  alternativamente  su  una  o  sull'altra  faccia  dell'ala 
eccita  la  elasticità  di  torsione  ed  inclina  il  velo  dell'ala  sul  piano  di  oscillazione.  Questa 
inclinazione  produce,  a  sua  volta,  una  scomposizione  della  resistenza  dell'aria  ed  una  delle  com- 

rf*  *    -=»■,  i— '  *^  r**  "^ 

*)  y  f ^\ f± 3 

■-)  .  —        —v\ 3 *H 

V,  -bV.  ^ 


, 


># 


^  r* 


*<^~n  n 


Fig.  669.  —  Schemi  per  mostrare  il  movimento  generale  e  le  declinazioni  dell'ala  durante  l'atto 
del  volo.  —  /,  in  un  insetto  fisso  ;  //,  nell'insetto  che  si  muove  nell'aria  secondo  la  frec- 
cia A.  —  /,  figura  ad  8  descritta  dall'ala  nella  sua  parte  eccentrica,  secondo  la  direzione 
delle  freccio  ;  II,  sinussoide,  che  descrive  l'ala,  muovendosi  secondo  le  freccio  a.  Nel  movi- 
mento discendente  l'ala  è  segnata  in   nero;   nel  movimento  ascendente  è  solo  contornata. 

ponenti  di  questa  resistenza,  agendo  sulla  elasticità  di  flessione,  devia  la  nervatura  dal  piano  di 
oscillazione. 

Nel  colpo  discendente  (rappresentato  nella  annessa  fig.  670  B  dalla  linea  più  grossa),  la 
maggiore  inclinazione  del  velo  e  la  maggior  deviazione  della  nervatura  hanno  luogo  nel  tratto 
superiore  al  centro  della  figura  e  quivi  la  resistenza  dell'aria  deve  produrre  il  suo  massimo  ef- 
fetto. La  coudizione  inversa  accade  durante  il  colpo  discendente,  d'onde  la  formazione  della 
lemniscata.  Il  fatto  è  determinato  da  ciò  che,  in  causa  della  flessibilità  della  nervatura,  l'estre- 
mità dell'ala  è  ritardata  (fig.  670,  A)  dalla  resistenza  dell'aria,  rispetto  al  movimento  della  base 
dell'ala. 

Per  mio  conto  osservo  cUe,  mentre  a  rigore  non  si  può  negare  la  possibilità  di  un  effetto 
di  sollevamento  doll'animale  e  di  propulsione  di  tutta  la  macchina  (giacche  la  traiettoria  ad  8 
è  dimostrata  per  un'ala  artificiale)  anche  col  semplice  movimento  in  un  solo  piano  della  lamina 
alare,  date  le  condizioni  di  elasticità  della  nervatura  e  flessibilità  del  velo,  non  si  deve  dimen- 
ticare quello  che  insegna  l'anatomia  della  macchina  volante  ed  il  vero  movimento  dell'ala  in 
questa. 

Per  la  prima  condizione  si  è  mostrata  la  esistenza  costante  di  potentissimi  muscoli  pronatori 
dell'ala  e  dei  loro  antagonisti  supinatori;  la  seconda  condizione  è  poi  messa  in  rilievo  dalla  os- 


(1)  Col  metodo  grafico  ideato  dal  Marey  questo  Autore  è  giunto  ad  ottenere  delle  fotografie 
di  insetti    al  volo  in  O50Q0  di  secondo.   Lendeufeld,  con  lo  stesso  processo,  potè   ridurre  la  posa 

ad  42000  '"  8e0omIo>  ""scendo   a    fissare    su  di   una    lastra,  immagini  separate  fra  loro  da  

di  secondo.  Il  Bull,  mercè  l'impiego  della  scintilla  elettrica  in  un  cronofotografo  speciale  (illu- 
strato in  C.  R.  Acad.  Se,  1904,  pag.  755),  è  riuscito  ad  ottenere  ben  1500  immagini  per  se- 
condo. 


l'individuo  negli  atti  pkk  la   propria  conservazione 


663 


servazione  diretta  di  un'ala  fatta  mnovere  lentamente  dall'alto  al  basso  e  viceversa,  ad  es.  in 
una  Mosca,  secondo  fa  vedere  l'annessa  fig.  661,  agendo  alternativamente  per  compressione 
(conseguente  elevazione  dell'ala)  e  di  costrizione  longitudinale  (abbassamento  dell'ala)  sul  torace 
dell'insetto  morto  di  recente.  Anche  in  questo  modo  la  rotazione  della  lamina  alare  sul  fulcro  e 
la  conseguente  declinazione  alternata  in  avanti  (pronazione)  ed  all'indietro  (supinazione)  è  posta 
subito  in  evidenza,  e  tali  movimenti  determinano  essi  soli,  all'infuori  della  resistenza  dell'aria, 
quella  traiettoria  secondo  una  linea  ad  8  (molto  piti  ampia  di  (niella  che  può  determinare  la 
semplice  resistenza  dell'aria,  secondo  l'esperienza  di  Bull),  che  noi  qui  abbiamo  veduto  risultare 
dalla  composizione  dei  tre  movimenti  principali  dell'ala  sulla  sua  base.  Questi  movimenti,  dimo- 
strati dalla  osservazione  diretta  sull'insetto,  determinano  il  sollevamento  e  la  propulsione,  mercè 
un  appoggio  attivo  sull'aria  e  sono  certo  più  efficaci  di  quell'azione,  quasi  totalmente  passiva, 
che  sarebbe  dovuta  alla  sola  resistenza  dell'aria,  secondo  il  concetto  del  Marey  e  del  Bull  e 
che,  a  mio  modo  di  vedere,  determina  solo  quell'effetto  che  io  ho  chiamato  colpo  di  frusto,  cer- 
tamente notevole  nella  meccanica  del  volo,  ma  non 
causa  precipua  e  meno  che  mai  unica  del  volo  stesso. 
Vediamo  ora  come  si  comportino  le  singole  parti 
della  lamina  alare  durante  il  volo  e  perciò  conside- 
riamo 1'  annessa  tigura  schematica  669,  nella  quale 
è  indicata  con  un  segno  ad  w  la  sezione  trasversa 
dell'ala,  nel  colpo  discendente  e  col  segno  fi  in  quello 
ascendente,   e    ciò  secondo  gli  schemi  2,  o.   a  fig.  668. 


\ 


A 


Fig.  670.  —  Movimenti  dell'ala  nel  volo, 
secondo    Bull.    Per    la     spiegazione, 

vedi  testo. 


la    forza  rappresentata  dalla  re>i 


Il  piano  della  lamina  alare  è  orizzontale 
solo  mentre  passa  dal  colpo  ascendente  al 
discendente  e  viceversa,  ma  durante  tutto  il 
rimanente  percorso  esso  viene  a  trovarsi  più 
o  meno  obliquo  od  anche  perpendicolare  alla 
direzione  del  movimento  dell'ala  stessa.  Così 
sten  za  dell'aria  (fig.  671.  E),  eguale  e  contraria  a  quella  che  determina  il  movi 
mento  dell'ala  (bì  è  la  risultante  di  due  componenti,  l'uria  verticale  (cv),  che 
tende  a  sollevare  l'insetto,  l'altra  orizzontale  (co),  che  lo  spinge  innanzi  (in  dire- 
zione della  freccia  »»).  L'intensità  di  ciascuna  di  queste  componenti  varia,  si  com- 
prende bene,  come  mostrano  i  diagrammi  li,  III  della  detta  fig.  671,  a  seconda 
del  grado  di  inclinazione  del  piano  dell'ala  rispetto  alla  linea  orizzontale. 

La  propulsione  avviene  sempre,  sia  nel  colpo  discendente  che  in  quello 
ascendente.  L'ala,  rispetto  a  questo  scopo,  è  inattiva  solo  allorché  è  orizzontale,  cioè 
fra  i  due  colpi,  come  si  è  detto;  ma,  all'infuori  di  questo  momento,  sia  che  essa 
si  alzi  o  discenda,  sempre  concorre  alla  propulsione.  La  differenza  di  effetto  fra 
il  colpo  discendente  e  quello  ascendente,  si  limita  solo  al  sollevamento.  Questo 
è  ottenuto  solo  nel  colpo  discendente,  per  l'intervento  della  coni  ponente  verticale 
(cv).  Nel  colpo  ascendente,  invece  (IV),  la  componente  verticale  (ce,)  agisce  in 
senso  opposto,  cioè  dall'alto  in  basso,  nello  stesso  senso  della  gravità  e  con 
questa  contrasta  all'effètto  della  componente  verticale  nel  colpo  discendente,  che, 
insieme  alla  forza  ascensionale,  dovuta  ai  piani  inclinati  dei  diedri  alari  surri- 
cordati, deve,  così,  superare  il  peso  del  corpo  e  della  componente  verticale  (sud- 
detta ci\),  che  tende  a  far  scendere  il  corpo  volante. 

Questo  effetto,  però,  è  molto  attenuato  dal  fatto  della  convessità  dell'ala  nel- 
l'atto della  sua  elevazione  (come  bene  si  vede  a  fig.  671,  IV),  dalla  flessibilità  delle 
vene  principali,  che,  secondo  si  è  fatto  vedere  per  la  «  Libellula  »  (ma  ciò  vale 
per  tutti  gli  insetti)  possono  piegarsi  (articolazioni  a,  a  per  la  costale:  ?  per  la 
cubitale  ed  anale:  figg.  651;  652,  II)  sulla  loro  base,  nel  colpo  ascendente,  ma 
per  nulla  affatto  in  quello  discendente.  Inoltre,  questo  ultimo  è  molto  più  ener- 
gico dell'opposto,  come  si  è  fatto  vedere  in  precedenza.  In  conseguenza  di  questa 


664 


CAPITOLO    SESTO 


più  energica  ed  efficace  azione  nel  colpo  discendente  dell'ala,  avviene  che  l'aria, 
rarefatta  improvvisamente  sopra  l'insetto,  lo  aspira,  per  così  dire,  ne  determina 
cioè  il  sollevamento,  e  quindi,  precipitandosi  sotto  l'insetto  stesso,  con  la  sua 
pressione  sulle  faccie  inferiori  delle  ali,  aumenta  questo  effetto. 

L'insieme  di  tutti  questi  movimenti  dell'ala  determinano  la  spinta  in  avanti  dell'insetto, 
per  ciò  che,  agendo  sull'aria  non  diversamente  da  un'elica,  provocano  una  forte  aspirazione  del- 
l'aria stessa,  sia  dall'alto  che  davanti  all'insetto  stesso.  Ciò  importa  una  specie  di  pompamento 
del  corpo  volante.  Questo  fatto  è  heue  provato  sperimentalmente  ed  è  quivi  la  essenziale  diffe- 
renza di  questa  maniera  di  volo,  in  confronto  di  quella  «  a  drago  »  degli  uccelli.  La  corrente 
d'aria,  così  provocata,  passa  sotto  l'ascella  alare,  il  che  concorre  alla  sospensione  dell'insetto, 
determinata  ancora,  come  si  è  detto,  dall'aspirazione  dall'alto,  dipendente  dalla  diversa  efficacia 
del  colpo  discendente,   in  confronto  di  quello  ascendente  dell'ala. 


Fig.  671.  —  Sohemi  mostranti  la  sezione  trasversa  dell'ala,  che  si  muove  in  varie  direzioni  e 
l'azione  della  resistenza  dell'aria.  —  A,  ala  in  sezione  trasversa,  giacente  nel  piano  a  e  che 
si  muove  secondo  o,  in  direzione  perpendicolare  al  piano  stesso;  da  I  a  III  si  abbassa;  in 
IV  si  innalza.  E,  intensità  e  direzione  della  resistenza  dell'aria,  che  si  risolve  nelle  com- 
ponenti orizzontale  (co)  e  verticale  (e»),  di  intensità  varia  a  seconda  dell'inclinazione  di  a, 
cioè  del  piano  dell'ala.  In  tutti  i  casi,  la  co  tende  a  spingere  l'ala  e  quindi  il  corpo  volante, 
secondo  la  direzione  iudicata  dalla  freccia  m.  Nei  casi  /,  //,  III  la  componente  verticale  ov 
tende  a  sollevarlo;  nel  caso  IV  la  componente  verticale  cvi  tende  ad  abbassarlo. 


Equilibrata  la  gravità,  l'ala,  durante  tutto  il  suo  percorso,  tende  a  muovere 
l'insetto  orizzontalmente,  in  avanti. 

Alcuni  insetti,  fra  gli  ottimi  volatori,  possono  arrestarsi  nel  volo  e  starsene  in  aria  immo- 
tnobili,  solo  battendo  le  ali.  Ciò  si  vede  in  Sirfidi,  Bonibilidi,  Homaìomyia,  ecc.,  fra  i  Ditteri  ; 
Macroglossa,   Sphinx,  ecc.,   fra   i  Lepidotteri,   come  anche  in  Libellule   ed  altri  insetti. 

Da  quanto  ho  potuto  argomentare,  mi  sembra  che  l'effetto  sia  dovuto  ad  una  energica  su- 
pinazione dell'ala  duranta  il  moto  in  avanti  ( X  della  fig.  667)  e  ciò  sia  nei  movimenti  dorsali 
(stessa  figura,  da  1  in  2),  sia  in  quelli  ventrali  (da  3  in  4;.  Inoltre,  l'energia  di  propulsione  è 
scemata  dal  fatto  che  la  vibrazione  delle  ali  è  rallentata,  come  si  vede  facilmente,  durante  questa 
immobilità  nell'aria. 

Questa,  dunque,  è  ottenuta  perchè  la  spinta  in  avanti,  dovuta  ai  movimenti  obliqui  dorso 
ventrali  (coppia  II  e  IV,  fig.  667,  V,  VII),  è  equilibrata  da  quella  all'indietro,  ottenuta  colla 
detta  supinazione  energica  dell'ala. 

Nei  Ditteri  succitati,  lo  spigolo  ascellare  mesocondilomesopterale  (fig.  663,  msp„  m«3)  può 
essere  indotto  ad  articolare  su  quella  specie  di  piattaforma  o  di  scodella  orizzontale,  che  è 
fatta  dal  fulcro  posteriore  F}.  Con  ciò  l'ala  ruota  secondo  l'articolazione  ascellare  segnata  da 
una  linea  molto  obliqua  (F  della  fig.  667,  III),  che,  passando  dal  fulcro  posteriore  traversa  il 
centro  dell'articolazione  dell'ala  e  viene  a  trovarsi  nella  posizione  indicata  dalla  fig.  667,  X. 

Il  movimento  iuverso,  che  riconduce  l'ala  posteriore  ad  una  minore  supinazione,  è  passivo, 
sia  per  l'elasticità  dei  pezzi  del  mesoptero,  sia  per  quella  del  mesocondilo,  che,  addotto  forzata- 
mente dai  quattro  muscoli  CI,  Cla,  LXXXVIII,  85  a  (fig.  473,  voi.  I,  pag.  428)  tende  a  ripren- 
dere la  ordinaria  posizione  di  riposo.  Questo  movimento  passivo  si  effettua  per  scatto  al  cessare 
dell'azione  dei  detti  muscoli  e  con  ciò  accade  che  l'insetto,  sottoposto  improvvisamente  alla  sola 


L'INDIVIDUO    NKGI.I   ATTI    PER    I.A    PROPRIA   CONSERVAZIONE 


6iì:> 


energia  propulsiva,  è  lanciato  subitamente  in  avanti,  dopo  il  periodo  di  immobilità  nell'aria. 
Ciò  Bpiega  anche  gli  spostamenti  laterali  improvvisi,  die  avvengono  quando  l'azione  dei  muscoli 
suddetti   non  accade  contemporaneamente  per   ambedue  i     lati. 

Differenza  Ira  il  tipo  «Libellula»  ed  II  tipo  «Mosca»,  nel  movimento  delle  ali.  —  Appare  subito 
la  differenza  iu  quanto  riguarda  i  muscoli  abbassatoli  ed  insieme  retrattori  delle  ali.  Questi, 
nella  «  Libellula  »,  sono  estremamente  deboli  (85,  LXXXVII  del  mesotorace  ed  omologi  melato 
racaliì,  mentre  hanno  per  antagonisti  non  solo  il  robusto  protrattore  tergosternale  terzo  (LXXIX, 
XXXVIII)  ed  il  gracile  quarto,  ma,  ancora,  il  grande  abbassatore  delle  ali  (pleitroradiale,  LXXXIX, 
LV),  che,  data  la  sua  obliquità  parallelamente  alle  pleure,  mentre  abbassa  l'ala,  certo  la  porta 
anche  all'innanzi. 

Mancano  affatto  in  «  Libellula  »  gli  omologi  dei  muscoli,  che  si  attaccano  ai  prefulcri  nel 
tipo  «Mosca»,  perchè,  nei  Libellulidi,  come  si  è  detto,  i  prefulcri  anteriori  sono  fissi  ed  i  po- 
steriori non  danno  attacco  a  muscolo  alcuno. 

Nel  tipo  «Mosca»,  invece,  si  sono  già  indicati  poderosi  muscoli,  che  vanno  ai  prefnlcri 
posteriori  (vedi  Acridio,  tig.  660,  ed  al  metaptero  (53),  i  quali  ultimi,  nei  Ditteri  esemplificati, 
sono  in   numero  di  quattro  (giti,  ricordati)  e  molto  robusti. 

Possiamo  concltulere  che  il  movimento  di  supinazione  dell'ala,  nel  tipo  «  Libellula  »  non 
dipende  dall'azione  di  muscoli  se  non  in  minima  parte,  mentre,  nel  tipo  «  Mosca  »  esso  è  do- 
vuto, non   meno  di  quello  di   pronazione,   alla  contrazione  di  robusti  muscoli  speciali. 

Ciò  dipende  dalla  obliquità,  stessa  delle  pleure  e  dei  muscoli  principali  motori  dell'ala,  mercé 
cui,  Tasse  di  rotazione  della  base  dell'ala  stessa,  perpendicolare  alla  direzione  delle  pleure  è, 
nello  stato  di  riposo,  non  già  orizzontale  (come  e  nel  tipo  «  Mosca  »  indicato  in  0  a  fig.  667, 
III)  ma  obliquo,  secondo  F  della  stessa  figura.  Perciò,  il  semplice  abbassamento  dell'ala,  pura- 
mente dovuto  all'azione  del  grande  abbassatore  (pleuroradiale),  muove  l'ala  dall'alto  in  basso, 
ma  anche  dall'indietro  all'innanzi  (coppia  VII,  a  fig.  667),  ed  il  movimento  opposto  è  dato  dal 
grande  elevatore  delle  ali  (tergosternale  primo,  XXXVI,  LXXVIII),  che,  però,  per  la  sua  direzione 
parallela  alle  pleure  e  pel  suo  attacco  in  corrispondenza  della  metà  anteriore  dell'ala,  è  anche  un 
protrattore. 

Cosi  avviene  che  l'asse  della  linea  ad  8,  la  quale  ogni  punto  eccentrico  dell'ala  percorre,  è, 
pel  tipo  «  Libellula  »,  obliquo  esso  pure  e  parallelo  alla  direzione  delle  pleure.  Non  trovo  altra 
differenza  essenziale  fra  i  movimenti  principali  dell'ala  nei  due  tipi. 

Riporto,  nella  seguente  tabella,  dati  recentemente  offerti  (Demolì,  1918)  circa  il  peso,  la  su- 
perficie alare,  il  numero  di  colpi  d'ala  e  la  velocità  di  volo  per  minuto  secondo,  calcolati  per 
taluni   insetti  di  tutti  gli  ordini  di  Pterigoti. 


Nome  dell'insetto 


Agrion 

Libellula  depressa     . 

ìlelolontha   tulg. 
Geotrupe»  stercor. 

Clirysopa  sp.   . 
l'auorpa  conti».    . 

Papilio  tnaehaon  . 
Vanessa   C  ■  album  . 
Sphinx  6p. 

respa    germanica 
Bombita  ep. 
Apis  rnellif.     . 

Tipula  ep 

Sarcophaga  sp.     . 
Calliphora  sp. 
Mneca  domestica  . 


Peso 
in  grammi 

Snperficie 
alare  in  cui. 

Numero 

dei  colpi  d'ala 

al  min.  sec. 

Velocità 
metri  al  minuto  secondo 

0,0450 

3,05 

29 

normale  1-2  ;  fino  a  14 

0,5200 

14,90 

— 

»       4  ;  volo  rapido  6-10 

0,6668 

8,15 

— 

2,2;  fino  a  3 

0,9039 

5,90 

— 

7 

0,0080 

1,66 

22 

0,6 

0,0300 

0,97 

— 

1,4 

0,2550 

16,90 

— 

3,5  ;  fino  a  4 

0,0388 

3,43 

— 

3,3 

1,7400 

25,50 

— 

fino  a  15 

0,0780 

1,36 

110 

1,8 

0,1180 

1,18 

290 

3-5 

0,0670 

0,90 

20C 

3,7 

0,0500 

1,40 

— 

o 

0,0690 

0,92 

— 

2.1 

0,0650 

1,18 

180 

2,7 

0,0115 

0,31 

190 

2  ;  fino  2-3 

A.  Bbrlf.sk,  Gli    Infetti,  II. 


666 


CAPITOLO    SESTO 


Le  tlilre  dei  Coleotteri  durante  il  volo.  A  parte  quei  Coleotteri,  che,  durante  il  volo,  tengono 
chiuse  o  quasi  le  elitre,  degli  altri  che  le  aprono  completamente,  l'ufficio  di  questi  organi  nel 
volo  è  stato  molto  discusso.  L'opinione  prevalente  fra  gli  Autori  è  quella  che  le  elitre  nou  ab- 
biano parte  attiva  se  non  come  organi  agenti  quali  paracadute,  piti  che  come  influenti  nella  di- 
rezione del  volo.  Le  esperienze  più  numerose  sono  state  condotte  sugli  Scarabeidi,  Pectinicorni  e 
sui  grandi  Ditiscidi  (questi  ultimi  studiati  dal  Griftìni).  Il  volo  non  sembra  alterato  da  un  ac- 
corciamento delle  elitre,  quando  questa  riduzione  sia  eguale  per  ambedue  le  elitre  e  non  oltre- 
passi la  metà  delle  elitre  stesse.  Nel  caso  di  una  maggior  riduzione  od  anche  di  asportazione 
totale  delle  elitre,  può  effettuarsi  il  volo,  talora  anche  piti  veloce  che  nelle  condizioni  normali. 
Il  Demolì  osservò,  a  questo  proposito,  che,  amputando  le  ali  per  gradi  successivi,  ad  una  Melo- 
lonta, la  velocità  di  volo  va  aumentando,  finché  è  tolta  mezza  elitra;  ma,  da  questo  punto  od  oltre 
il  volo  è  più  tardo  e  difficile,  tuttavia,  ripeto,  può  effettuarsi  anche  senza  le  elitre.  Certo 
diversa  i-  la  funzione  delle  ali,  durante  il  volo,  da  quella  delle  elitre,  ma  queste   pure  vi  hanno 


ti. 


'«MI 


e   /     ^ 


Fig.  672.   —   Insetti  piccolissimi  con  larghe  frangio  alle  ali. 

A,  Imenottero.   Calcidite  (Eydrophilax  aquivolans)  lungo  690  p  (ad  ali  aperte  450   j»);  B,  Fisapodo 
(Dendrotkriyn)  ;   C,   Mierolepidottero  (Coìeophora). 


parte,  senonchè  essa  è  circoscritta  alla  funzione  di  sostegno.    L'attività   delle  elitre    si  limita   a 
sollevare  l'insetto,  ma  il  movimento  in  avanti  e  dovuto  solo  alle  ali. 

Questo  è  quanto  poteva  esser  detto  in  questo  bello  e  complicato  argomento 
del  volo  degli  insetti,  per  isvolgere  completamente  il  quale  sarebbe  però  stata 
necessaria  molto  maggiore  diffusione,  quale  non  è  concessa  dalla  proporzione  ri- 
spetto agli  altri  capitoli  del  presente  volume. 

Posizione  dell'insetto  nel  volo.  —  Il  Pujade  sopracitato,  nell'indicato  scritto,  il- 
lustra la  posizione  di  alcuni  insetti  durante  il  volo  e  di  là  appunto  io  tolgo  l'an- 
nessa figura  (573. 

In  generale,  gli  insetti,  nel  volo,  sono  in  una  posizione  orizzontale  o  debol- 
mente inclinata;  ma,  i  Lucanidi  volano  standosene  col  corpo  quasi  verticale  e 
verticalmente  possono  volare  alcuni  Ditteri,  come,  ad  es.,  gli  Estridi,  quando  si 
accostauo  ai  Cavalli  o  le  Acrocera,  che  danzano  attorno  ad  un  albero. 

La  posizione  delle  zampe,  durante  il  volo,  che  è  assai  varia  pei  diversi  in- 
setti, non  pare  che  abbia  (contrariamente  a  quanto  credevano  autori  più  vecchi, 
i  quali  attribuivano  loro  addirittura  l'ufficio  di  bilancieri)  alcuna  influenza  nella 
direzione  del  volo. 


Molti  insetti,  volando,  accostano  tutte  le  zampe  al  petto  (Lepidotteri)  o  solo  le  quattro  anteriori, 
mentre  le  posteriori  stanno  penzoloni,  come  si  vede  che  fauno  gli  Apidi  e  cosi,  presso  a  poco, 
anche  taluni  Ditteri  (Tabanidi,  Sirfidi,  Muscidi);  però,  in  questi,  le  zamjje  del  terzo  paio  sono 
allungate  parallelamente  all'addome.  Nelle  Ammophila  (fig.  673,  G)  tutte  le  zampe  sono  allun- 
gate, iusieme,  ail'iudietro  e  l'addome  sta  molto  rilevato,  facendo  un  angolo  molto  aperto  col 
fascio  di  zampe.  I  Bibio  (/)  portano  le  prime  zampe  rilevate  perpendicolarmento  al  corpo  e  tutte 
le  altre  riuuite  e  dirette  obliquamente  all' indietro.  Le  Tipule  {F)  agitano  continuamente  le 
zampe,  fra  le  quali  le  anteriori  sono  dirette  in  avanti  e  le  altre  all'indietro  e  così     è,    presso  a 


L'INDITIDUO    NEGLI    ATTI    l'KR    LA    PROPRIA    CONSERVAZIONE 


667 


Fig.   673.  —  Attitudine  ili  Insetti  diversi  durante  il  volo. 

A,  Culex  annulatus  (Schr.);  B,  Calopterix  virgo  (L.)  mas.;  C,  Stuphylinus  maxiìlosus  (L.)  ;  D,  Lo- 
custa oiridissima  (L.)  foem.  ;  E,  Cetonia  aurata  (L.)  ;  F,  Tipula  oleracea  (L.)  ;  G,  Ammophila 
tubuloia  (L.)  ;  la  punteggiatura  segna  la  posizione  delle  ali  nel  massimo  abbassamento: 
H,  Ateuchìts  semipunctatus  Fabr.  ;  /,  fiibio  marci  (L.)  femin.  ;  L,  Pentatoma  nigricornis  Fabr., 
che  si  prepara  a  volare.  Da  Pujade. 


poco,  anche  per  le  Zanzare  (A),  ecc.  Della  posizione  delle  elitre  nei  Coleotteri  volanti  si    è    già 
fatto  cenno. 

Un  singolare  Mantide  esotico  (di  Tananariva)  recentemente  descritto  dal  Lamberton,  possieda 
un  protorace  con  espansioni  foliacee  così  ampie  da  poter  compiere  un  voi  piane  molto  rimarche- 
vole, così  che  si   e  meritata  il  nome  di   Branosikia  aeroplana  (fig.   675). 


66S 


CAPITOLO    SESTO 


Chiusura  dell'ala.  —  Allorché  l'insetto  nou  vola,  la  sue  ali  sono,  nel  maggior  nu- 
mero dei  casi,  in  una  condizione  di  riposo,  nella  quale  si  trovano  meno  esposte 
alle  ingiurie  dell'ambiente,  sia  che  esse  rimangano  più  o  meno  accostate  al  corpo, 

sia  che  si   trovino  altri  nienti  pro- 
tette. 

Negli  insetti  ad  ali  anteriori 
trasformate  in  elitre  (Coleotteri) 
od  emielitre  (Eterotteri)  o  che 
sieno  più  resistenti  di  quelle  po- 
steriori (tegmina  degli  Ortotteri), 
gli  organi  «lei  volo  per  eccel- 
lenza, che  sono  appunto  le  ali 
del  secondo  paio,  come  più  de- 
licate, se  ne  stanno  ripiegate  va- 
riamente e  tutte  celate  da  quelle 
anteriori,  tra  queste  ed  il  dorso 
dell'addome. 

Nei  Lepidotteri  notturni 
(meno  clie  in  taluni  Bombicidi  ed 
in  qualche  altro  gruppo)  le  ali  del 
primo  paio,  ricoprono,  in  quiete, 
quelle  posteriori  e  le  une  e  le 
altre  sono  totalmente  ripiegate 
all'indietro,  sopra  l'addome;  nei 
diurni,  invece,  ambedue  le  paia 
rimangono  sollevate  in  alto  e  si 
toccano  colla  loro  l'accia  dorsale. 
Così  pure  accade  pei  alcuni 
Agrionidi,  fra  i  P.seudoneurot- 
teri,    ecc. 

Fra  gli  insetti  ad  ali  supe- 
riori più  resistenti,  già  ricordati, 
quelle  del  secondo  paio  sono 
variamente  ripiegate,  nel  riposo, 
come  stanno  le  stecche  di  un 
ventaglio  chiuso,  sia  altrimenti, 
cioè  secondo  pliche,  anche  tras- 
verse  (Coleotteri.   Eterotteri). 

Ricorderò,  per  questi  casi,  solo 
la  maniera  di  ripiegatura  delle 
ali  in  qualche  Coleottero  e  ba- 
sterà l'annessa  fig.  G74  a  mo- 
strare la  disposizione  di  queste 
pieghe,  per  le  quali,  successiva- 
mente, la  lamina  alare  si  racco- 
glie su  so  stessa. 


Fi«\  674.  —  I,  Metanoto  ili  Oryctes,  colle  basi  delle 
elitre  e  dell'ala  aperte,  dal  dorso;  1I-V,  modo 
di  ripiegamento  dell'ala,  per  mettersi  nello  stato 
di  riposo.  La  spiegazione  delle  lettere  è  indicata 
nel  testo. 


La  fig.  674  si  richiama  ad  imo  Scarabeide  (Oryctes)  ed  offre  indicazioni  sufficienti  per  in- 
tendere questo  meccanismo  di  chiusura,  senza  che  sia  necessario  illustrarlo  con  troppe  parole. 

La  tìg.  I  mostra  il  metanoto  colla  base  dell'elitra  (J,)  aperta,  e  la  base  dell'ala  sinistra 
(J2),  egualmente  aperta  ;  i  pezzi  basali  dell'ala  e  delle  sue  nervature  sono  segnati  in  nero  e  per 
la  loro  indicazione  mi  richiamo  alla  tìg.   181,  A,   p.   183  del  voi.   I. 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    PER    I.A    PROPRIA    CONSERVAZIONE 


fitì9 


Le    linee    punteggiate  a,    b,  e,  d,  segnano  le  articolazioni,  secondo  le   quali   l'ala  si  ripiega 
nella  sua  base,  allorché  deve  essere  chiusa. 

La  tig.   II   mostra  l'ala  destra  tutta  aperta  (dal  dorso),  colle  nervature  in  nero.    Le  linee  di 
articolazione,  secondo  le  quali  avviene  la  chiusura,    sono  con- 
trassegnate in  due  maniere.    Le  une,  con  duplice    linea    pun- 
teggiata ed   indicate  da  lettere  romane  (da   a   ad   /'),   si  richia- 
mano a  pieghe  convesse,   cioè  a   linee  di   flessi, ,    per  le  quali 

la  lamina  forma,  secondo  la  loro  direzione,  spigoli  convessi 
al  dorso;  le  altre,  indicate  con  linea  tratteggiata,  tignola, 
indicano,  invece,  la  direzione  di  pieghe  concave  e  souo  con- 
t rassegnate  da  lettere  greche,  da  "■  fino  a  vj.  Quanto  all'ordine, 
secondo  il  quale,  si  succedono  le  ripiegature,  nel  tempo, 
dall'inizio  di  questa  operazione  fino  alla  completa  chiusura 
dell'ala,  esso  è  quello  stesso,  nel  quale  si  seguono  le  dette 
lettere  alfabetiche. 

La  tìg.  Ili  mostra  la  stessa  ala  ormai  ripiegata  nel  senso 
longitudinale,  per  le  flessioni  secondo  «,  b  ;  a-,  (3  ed  in  questa 
figura  sono  indicate,  con  tratti,  le  parti  della  lamina  ad- 
dossate ormai  le  une  alle  altre. 

La  tìg.  IV  fa  vedere  la  principale  ripiegatura  trasversa, 
secondo  le  linee  e,  d,  e;  1  <?,  £,  mentre  AB  <•  parte  del  mar- 
gine anale  dell'ala. 

Finalmente,  nell'ultima  tig.  V,  è  indicata  l'ultima  ripie- 
gatura, secondo  la  linea  0.  Ormai  tutta  l'ala  è  chiusa  e  cosi 
_i  ice  sotto  l'elitra,   fra  questa  e  l'addome. 


Fig.  675.  —  Brancsilcia  aereo- 
pinna  Lamb.  Mantide  di  Ta- 
nanariva.  Grand,  'nat.  Da 
Lamberton. 


Nutrizione. 


Le  continue  perdite,  clie  ogni  organismo  subisce  in  causa  delle  sne  l'unzioni 
vitali,  debbono,  anche,  continuamente  essere  compensate.  Inoltre,  durante  le  età 
che  precedono  il  completo  sviluppo,  la  richiesta  di  materiali  dall'esterno,  a  com- 
penso delle  perdite  e  per  l'accresci  mento  dell'organismo,  è  anche  più  viva  ed 
esigente,  come  tanno  vedere  le  forme  giovanili  degli  insetti,  la  cui  voracità  è 
incredibile  e  spesso  senza  paragoni,  anche  per  specie  che,  allo  stadio  adulto,  non 
si  nutrono  altrimenti. 

La  nutrizione  (in  senso  largo)  si  ett'ettua,  dunque,  per  assunzione  di  sostanze 
plastiche,  siano  esse  organiche  0  minerali  e  di  sostanze  gazzose.  Si  hanno  così 
l'unzioni  di  nutrizioni'  propriamente  detta  (assunzione  di  sostanze  plastiche)  e  di 
respirazione  (assunzione  di  sostanze   gazzose). 

Si  collegano,  poi,  con  queste  funzioni,  tutte  le  altre,  per  le  quali  avviene  la 
distribuzione  di  dette  sostanze  (orinai  convenientemente  scelte,  ed  elaborate  in 
organi  appositi)  a  tutto  l'organismo  e,  d'altro  canto,  la  sottrazione,  di  dentro  ai 
singoli  organi,  di  tutti  i  prodotti  da  rigettarsi  fuori  dell'organismo  stesso,  i  quali 
sono  ormai  inservibili  agli  effetti  di  nutrizione  e  che  derivano  non  solo  come  re- 
siduo inutilizzabile  della  funzione  nutritiva  (e  possono  essere  quindi  plastici  per 
la  nutrizione  plastica  e  gazzosi  per  quella  respiratoria),  ma,  ancora,  come  detrito 
degli  organi,  che,  nell'esercizio  delle  funzioni  vitali,  vanno  alterandosi  e  consu- 
mandosi. 

Si  dovranno,  adunque,  conoscere  funzioni  di  circolazione  (del  fluido  speciale 
atto  a  recare  agii  organi  le  sostanze  nutritive  e  ritrarne  quelle  da  rigettarsi)  e 
quelle  di  escrezione,  per  le  quali,  appunto,  l'organismo  si  libera  dall'inutile  e  dal 
nocivo. 


670  CAPITOLO    SESTO 


Di  tutte  queste  funzioni,  per  le  quali  si  sono  già  illustrati  a  sufficienza  gli 
organi  appositi  nel  precedente  volume  (da  pag.  721  a  pag.  836)  si  tratterà  qui. 
giacché  appartengono  al  novero  di  quelle  che  sono  intese,  direttamente,  alla  sola 
conservazione  individuale. 

Converrà  trattare  anzitutto  della  respirazione,  inquantoehè  essa  è  una  funzione,  che  non 
manca  mai,  in  nessun  momento  ed  in  nessuna  condizione  dell'individuo  e  l'assunzione  delle  so- 
stanze aereiformi  non  può  interrompersi  per  troppo  tempo,  senza  pericolo  di  morte  per  l'orga- 
nismo. In  seguito,  sarà  luogo  a  dire  della  nutrizione  plastica,  della  circolazione  della  sostanza 
resa  assimilabile  ormai    e    delle  escrezioni   di  sostanze  plastiche. 

Respirazione. 

Gli  organi  respiratori,  negli  Insetti,  sono  foggiati  su  tipo  fondamentalmente 
diverso  da  quello  proprio  dei    Vertebrati  a  respirazione  aerea. 

Questi  assumono  Paria  a  mezzo  di  polmoni,  cioè  di  sacchi,  in  cui  è  intro- 
dotta l'aria,  ed  ai  quali  accorre  il  sangue  per  esservi  ossidato. 

Xegli  Antropodi  terrestri,  invece,  è  sempre  l'aria  stessa  che,  penetrando, 
richiamatavi  con  mezzi  speciali,  in  minutissimi  tubuli,  che  scorrono  per  entro  il 
tessuto,  molto  intimamente,  di  tutti  gli  organi,  vi  porta  così,  direttamente  col- 
l'aria,  il  necessario  ossigeno  e  di  qui,  cioè  traverso  le  stesse  vie,  è  asportato  il 
residuo  inutilizzabile  dell'aria  introdotta  ed  i  prodotti   ili  escrezione  areiforme. 

Eccettuati  pochissimi  Insetti,  fra  i  più  bassi,  cioè  fra  gli  Apterigoti  (Collemboli,  all'infuori 
degli  Sminturidi)  e  qualche  larva  olometabola  acquaiola  (ad  es.  quella  di  Corethra  summenzio- 
nata) o  vivente  in  liquidi  già  ossidati  (come  sono,  ad  es.,  le  imtuatiirissime  larve  ciclopiformi  di 
Imenotteri  endofagi,  che  stanno  sempre  immerse  nel  plasma  circolante  della  vittima,  tutti  gli 
altri  sono,   immancabilmente,   forniti  di   apparato  respiratorio. 

Pochissime  specie,  e  tutte  forme  larvali,  possiedono  organi  da  paragonarsi  alle  branchie,  nei 
quali  cioè  viene  a  circolare  il  sangue,  per  ossidarsi  traverso  tenui  membrane,  per  via  osmotica, 
sottraendo  l'ossigeno  all'acqua  ambiente. 

Nella  grandissima  maggioranza  però,  tutto  il  sistema  respiratorio  è  rappresentato  da  un 
complesso  di  tubuli,  ditti  trachee,  i  quali,  mercè  i  loro  più  grossi  rami,  comunicano  eolPesterno  a 
mezzo  di  aperture,  dette  stigmi,  collocate  ai  lati  del  tronco  dell'animale,  dividentisi,  dendritica- 
mente, iu  numero  ognor  maggiore  di  tubuli,  sempre  di  calibro  minore,  fino  a  che  gli  estremi, 
esilissimi,  penetrano  fittamente  fra  gli  elementi  stessi  ilei  tessuti,  ai  quali  viene  cosi  recato  diret- 
tamente l'ossigeno. 

Le  trachee,  meno  gli  estremi  tubuli,  finissimi,  sono  fornite  di  un  rivestimento  elastico,  pel 
quale  e  ostacolato  il  loro  schiacciamento  e,  se  questo  avviene,  per  la  pressione  degli  organi  cir. 
costanti,   i   tubuli  tracheali  tendono  a  riaprirsi,   per  questa  elasticità  del  rivestimento. 

Gli  stigmi,  poi,  hanno  movimenti  proprii,  mediante  i  quali  possono  chiudersi  od  aprirsi,  :i 
volontà  dell'insetto. 

Devesi,  inoltie.  notare  che,  nelle  forme  volanti,  esistono  anche  ampie  dilatazioni  a  forma  dj 
sacchi,  dette  appunto  sacchi  aerei,  prive,  questi',  di  tunica  elastica,  intercalate  fra  gli  organi  e 
destinate  a  dilatarsi  per  servire  da  deposito  di  aria  e  nello  stesso  tempo  per  variare  il  peso 
specifico  dell'insetto.  All'atto  del  volo,  questi  sacchi,  riempiendosi  d'aria  e  cosi  dilatandosi,  ac- 
crescono il  volume  dell'animale,  diminuendone,  in  pari  tempo,  il  peso  specifico.  I  sacchi  aerei 
mancano  nelle  forme  larvali  od   in  quegli   adulti  che  non   volano. 

Quanto  alla  morfologia  degli  organi  respiratori,  a  comprendere  quello  che  si  riferisce  alle 
loro  funzioni,  bastino  le  poche  cose  qui  dette  e,  per  averne  più  ampia  notizia,  si  consulti  il  vo- 
lume I,  da  pag.  809  a  pag.  836. 

Si  deve  al  Malpighi  la  dimostrazione  che  il  sistema  tracheale  rappresenta 
l'apparato  respiratorio  degli   Insetti  e  gli  stigmi    le    aperture  per    l'ingresso  del 


l'individuo  negli  atti  pur  la  propria  conservazione 


«71 


l'aria  e  l'egresso  dei  gaz  esauriti.  Più  recentemente,  per  opera  sopratutto  del 
Rathke,  del  Plateau,  del  Langendorit  e  del  Barlow,  ecc.  sono  stati  studiati  anche 
i  movimenti  respiratori  degli  Esapodi,  ai  quali  prende  parte  il  solo  addome, 
giacché  i  segmenti  ed  i  pezzi  scheletrici  del  torace  sono  troppo  saldamente 
riuniti  fra  loro  per  godere  di  movimenti  indipendenti  e  molto  più  lo  sono  nel 
capo,  dove,    del  resto,  non  esistono  aperture  stigmatiche. 

L'addome  varia  la  sua  capacità  facilmente,  sia  allungandosi  od  accorciandosi  collo  scostarsi 
od  avvicinarsi  di  un  segmento  rispetto  ai  vicini,  sia  col  gioco  itegli  archi  ventrali  rispetto  ai  dor- 
sali, ai  quali  sono  legati  per  membrana  molle  e  flessibile  e 
così  se  ne  possono  scostare  o    vi    si  possono  avvicinare. 

Nell'addome  sono,  dunque,  museoletti  intorseginenta li 
tìg.  677,  A,  1,  3)  che.  colla  loro  contrazione,  determinano 
l'accostarsi  l'uno  all'altro  dei  diversi  segmenti  ;  il  movi- 
mento opposto  è  quasi  sempre  passivo  e  dipende  dalla  ela- 
sticità dei  pezzi  cbitinosi  dell'addome  ;  dalla  dilatazione  degli 
organi  interni,  sopratutto  dalla  elasticità  delle  pareti  delle 
singole  trachee. 

Vi  sono  poi  muscoli  segmentali,  dorso-ventrali  (5  -|—  6 
-1-  XVII),  che  accostano  gli  archi  del  ventre  a  quelli  del 
dorso  ed  anche  qui,  il  movimento  opposto,  di  scostamento, 
è  passivo  (lig.  676). 

Lo  maggiori  variazioni  si  hanno  nel  diametro  verticale 
dell'addome,  molto  minori  in  quello  trasverso  e  non  costanti 
in  quello  longitudinale.  Sono  queste  variazioni,  alternative 
■  li  aumento  e  diminuzione,  che  determinano  l'inspirazione 
dell'aria  nell'atto  dell'aumento  della  capacità  dell'addome  ; 
la  espirazione  nell'atto  opposto. 

La  variazione  nel  diametro  longitudinale  non  accade  in 
tutti  gli  Insetti,  né  nello  stesso  modo  in  quelli  che  ne 
profittano.  Così,  negli  Imenotteri  aculeati,  nelle  Friganee  ed 
in  qualche  altro  Insetto,  l'accorciamento  dell'addome  avviene 
concorrendo  alla  espirazione;  ma,  in  altri  Insetti  (Eryslaìis, 
Syrphas,  Coccinella,  Blatta,  ecc.),  accade  tutto  l'opposto, 
cioè  che  l'accorciamento  dell'addome  coincide  coll'atto  iu- 
spiratorio  (tìg.  677). 

All'inverso  di  ciò  che  accade  nei  Vertebrati,  appunto  per 
la  presenzadi  muscoli  agenti  nella  espirazione,  mentre  l'atto 
inverso  è  subordinato  a  movimenti  passivi,  è  appunto  la 
espirazione  che  accade  più  rapidamente  e  qualche  volta 
anche  bruscamente,  mentre  l'atto  inspiratorio  è  piti  lento. 

Pause  ed  anche  arresti  nella  respirazione  si  Bono  notati 
in  molti  Insetti  ed  accadono  dopo  effettuato  l'atto  inspiratorio. 

Quanto  al  numero  dei  movimenti  respiratori,  esso  varia  anche  in  rapporto  eoll'attività  mu- 
scolare dell'animale  e  sopratutto  della  temperatura  ambiente. 

Movimenti  di  apertura  e  chiusura  degli  stigmi.  —  Non  è  necessario  che  gli  stigmi  si  aprano  e 
chiudano  alternativamente  con  un  ritmo  in  rapporto  coi  movimenti  respiratori  dell'addome,  ma 
un  certo  ritmo,  per  quanto  indipendente,  pure  si  manifesta  e  talora  si  è  osservato  che  gli  stigmi 
toracici  si  aprono  nell'atto  inspiratorio,  per  chiudersi  nell'opposto,  ma  i  rapporti  di  questi  moti 
cogli  altri  suddetti,  non  sono  stati  ancora  bene  studiati.  Il  Landois  ritiene  che  la  chiusura  degli 
stigmi  obblighi  l'aria,  durante  la  pressione  determinante  la  espirazione,  a  penetrare  fino  ai  piti 
minuti  tubuli,  estremi,  tracheali,  che,  come  si  è  detto,  mancano  della  tanica  elastica  e  sono 
strettamente  compressi  entro  il  tessuto  stesso  degli  organi.  La  chiusura  degli  stigmi  è  volontaria 
e  l'insetto  ne  profitta  ogni  qual  volta,  trovandosi  in  presenza  di  un  gaz  molesto  o  pericoloso, 
viole  evitarne  l'ingresso  nel  suo  corpo. 

Il  Plateau  ha  dimostrato  che  i  movimenti  respiratori,  i  quali  sono  esclusivamente  riflessi,  sono 


Fig.  676.  —  .Sezioni  schematiche 
di  addomi  di  Insetti  adulti, 
per  mostrare  la  maniera  di 
avvicinamento  (secondo  le 
treccie)  dei  tergiti  agli  ster- 
iliti, per  ottenere  la  costrizione 
dell'addome  nell'atto  espira- 
torio. Il  movimento  è  per- 
messo dalle  membrane  molli, 
che  collegano  gli  steriliti  ai 
tergiti. 

/,  di  Lepidottero  stìngide  ;  1', 
di  Coleottero  scarabeide  ;  ,9, 
di  Dittero  niuscide.  Da  Pla- 
teau. 


672 


CAPITOLO    SESTO 


regolati  dai  gangli  nervosi  addominali  e  non  da  ([nello  del  metatoraee.  L'asportazione  dei  gangli 
cerebroidi  rallenta  gli  atti  respiratori,  ma  non  ne  altera  la  regolarità. 

Chimica  della  respirazione.  —  Si  è  detto  che  lo  scambio  dei  gaz  avviene  direttamente,  per 
via  osmotica,  traverso  le  tenui  pareti  dei  tubuli  estremi,  fra  questi  ed  i  tessuti,  nei  quali  pene- 
trano pressocbè  tra  cellula  e  cellula.  I.  Martin  (1893),  iniettando  indaco  bianco  nel  corpo  di  vari 
Insetti,  riconobbe  che  esso  era  ridotto,  divenendo  bleu,  soltanto  attorno  al  reticolo  intercellulare, 
composto  dagli  estremi  tubuli  tracheali,  ed  M.  von  Linden  ritiene,  anzi,  che  molti  pigmenti,  che 
pur  si   trovano  nel  liquido  circolante,  negli   Insetti,  mercè  le  loro  combinazioni  instabili  coll'ossi- 


3CtW 


■ 

'     - 


.£ 


iW 


v 


Fig.  677.  —  Movimenti  che  fa  l'addome  in  Insetti  adulti  diversi,  durante  la  respirazione.  La 
figura  reticolata  mostra  l'addome  (visto  di  piotilo),  al  massimo  di  costrizione,  in  causa  del- 
l'atto espiratorio  ;  la  linea  in  nero  indica  il  contorno  dell'addome  dopo  l'atto  inspiratorio. 
Nella  figura  I)  è  indicato  da  d  in  e  l'andamento  dell'onda  respiratoria  (in  Ropalocero, 
Pieris)  e  nella  figura  A  sono  indicati  i  muscoli  iutersegmentali  dell'addome  (per  questi  vedi 
voi.  I,  pag.  423,  fig.  467),  colle  lettere  delle  ligure  del  voi.  I.  —  A,  Hydrophilns  piceus  : 
B,  Coccinella  7-punctata  ;  C.  Decticus  verrucivoru$  :  £>,  Pieris  napi  ;  E,  Pkryganaea  striala  : 
F,  Bombus  mnsconim  ;   G,   Eryslalis  tenax.  Da  Plateau. 


geuo,  abbiano  importante  ufficio  nella  respirazione,  come  avviene  per  la  emoglobina  nei  Ver- 
tebrati. 

L'aria  contenuta  nelle  trachee  dell'insetto  è  sempre  meno  ossigenata  della  esterna  e  l'ossi- 
geno dimiuuis'-e  colla  temperatura  ambiente,  cosi  che,  6e  questa  è  molto  alta,  può  mancare  del 
tutto,  completamente  sostituito  da  auidride  carbonica,  ed  il  rapporto  tra  questa  e  l'ossigeno, 
deutro  le  trachee,  varia  anche  colla  età  dell'insetto  (secondo  Newport  un  Bombus  in  riposo  pro- 
duce 0,30  °/0  di  C02  in  24  ore,  mentrechò  lo  stesso  insetto,  dopo  violento  esercizio,  sviluppa 
0,32  di  COj  in  una  sola  ora),  colla  condizione  di  nutrizione  (più  scarsa  produzione  di  CO;  pro- 
porzionatamente a  più  scarsa  nutrizione),  ecc. 

L'insetto  e,  fra  tutti  gli  animali,  quello  che,  per  peso  di  unità  vitale,  in  piena  attività  fun- 
zionale, respira  più  energicamente  ;  beu  inteso  però,  che,  considerata  anche  la  statura  dell'ani- 
male, si  deve  concludere  che,  invece,  la  energia  respiratoria  degli  Insetti  non  è  superiore  a  quella 
dei  Vertebrati  più  alti,  ad  es.  dei  Mammiferi  od  Uccelli.  Il  paragone  fra  questi  e  gli  Insetti 
si  dovrebbe  fare,  non  già  considerando  il  consumo  dell'ossigeno  in  rapporto  all'unità  di  peso 
(chilo  animale),  ina  all'unità  di  superficie  del  corpo. 

Non  si  hanno  abbastanza  dati  di  confronto  fra  la  natura  dell'aria  espirata  e  quella  ambiente. 
Su  ciò  si  attendono  altre  ricerche. 


L'INDIVIDUO  negli  atti  per  la  propria  conservazione 


Respirazione  acquatica.  —  Due  modi,  fondamentalmente  diversi,  di  respirazione, 
da  parte  degli  Insetti,  che  abitualmente  vivono  immersi  nell'acqua,  sono  in  atto, 
a  seconda  cioè  che  si  tratta  di  forme  a  respirazione  veramente  aerea  e  che  ven- 
gono a  ricercare  periodicamente  l'aria  alla  superfìcie  delle  acque,  oppure  di  altre, 
le  quali  vivono  costantemente  sommerse  e  ritraggono  Paria,  che  loro  necessita, 
dall'acqua  stessa,  in  cui  si  trova  disciolta. 

Nel  primo  caso  Tutto  il  sistema  respiratorio  non  differisce  per  nulla  da  quello 
degli  Insetti  esclusivamente  aerei  e,  tutto  al  più,  si  potranno  riconoscere  dei 
mezzi  per  immagazzinare,  comunque,  una  certa  quantità  d'aria  sulla  superficie  del 
corpo,  per  poterla  trascinare,  poi,  con  se,  entro  il  liquido  elemento. 

Nel  secondo  caso,  il  paragone  con  una  vera  e  propria  respirazione  branchiale, 
da  assomigliarsi  a 
quella  di  tanti  altri 
animali  veramente 
acquatici,  è  oppor- 
tuno e  per  bran- 
chie, appunto,  pos- 
sono definirsi  gli 
organi  speciali,  nei 
quali  penetrano  fi- 
nissimi rami  tra- 
cheali e  per  la 
estrema  sottigliezza 
e  permeabilità  della 
epidermide,  dalla 
quale  sono  costi- 
tuiti, permettono  lo 

scambio,  per  via  osmotica,  dell'aria    disciolta   nell'acqua    coi    gaz    contenuti    nei 
detti  estremi   tubuli    tracheali. 

Nel  caso  di  respirazione  veramente  aerea,  si  possono  distinguere,  dunque,  due 
diversi  tipi;  quello,  cioè,  che  utilizza  i  depositi  d'aria  periodicamente  raccolta 
dall'esterno  e  portata  con  sé,  dall'insetto,  entro  l'acqua,  quando  esso  vi  si  im- 
merge nuovamente  e  l'altro,  per  cui  la  respirazione  si  effettua  esclusivamente  al- 
l'atto in  cui  l'insetto  affiora  alla  superficie  con  una  parte  del  corpo,  nella  quale 
sono  aperti  gli  stigmi  ed,  in  questo  caso,  l'insetto,  sommergendosi,  non  porta  seco 
alcun  deposito  d'aria  aderente  al  suo  corpo. 

Questa  ultima  maniera  eseguita  da  molte  forme  larvali,  sopratutto  di  Ditteri,  come  anche 
da  <iualche  adulto  d'altri  ordini. 

Ne  siano  esempio  le  larve  di  Culicidi  (fig.  678),  che  ognuno  conosce,  le  quali  hanno  le  aper- 
ture stigmatiche  nell'estremo  corpo  e  con  questo  debbono  affiorare,  se  non  vogliono  perire  rapi- 
damente per  asfissia.  Cosi  pure  fanno  molte  larve  di  Coleotteri  acquaioli  ed  io  cito  qui  l'esempio 
ovvio  della  larva  di  Vi/tiscua  (fig.  679),  il  cui  apparato  di  apertura  e  chiusura  all'estremo  della 
grossa  trachea  addominale  è  anche  indicato,  più  particolareggiatamente,  a  fig.  680.  Le  larve  di 
altri  Ditteri,  ad  es.  di  ErMalis,  possono  stare  immerse  più.  profondamente  nelle  acque  purché 
affiori  l'estremità  della  loro  coda,  lunghissima  e  retrattile  (per  cui  il  Reaumur  le  chiamava  termi 
topi),  all'estremità  della  quale  sono  aperti  gli  stigmi  (vedi  voi.  I,  p.   824;  tìgg.  1038,  1039). 

Moltissime  ninfe  di  Ditteri,  acquaiole,  hanno  prolungamenti  od  altri  processi  toracali,  con 
cui  aspirano  l'aria,  affiorando,  con  questi,  alla  superficie  dell'acqua  o  di  altri  liquidi  (vedi  voi.  I, 
pagg    825,  826). 

Invece,  gli  Insetti,  che  vengono  a  galla  per  rinnovare  la  provvista  d'aria  e,  ciò  fatto,  si  im- 
mergono di  nuovo  nell'acqua,  sono  rappresentati,  in  esempi  ovvii,  dagli  adulti  dei  Ditiscidi 
ed  Idrofilidi,  come  da  Emitteri  Eterotteri  acquaioli,  ad  es.  Notonecta,   Corixa,  ecc. 


Fig.  678.  —  Larve  di  Culicidi  ingrandite  e  vedute  di  fianco,  mentre 
sono  immerse  nell'acqua  e  respirano  affiorando  coll'estremo  ad- 
dome. A,  di  Anopheles  (a  metà  del  suo  sviluppo);  B,  di  C'ulex 
(stessa  età).  Da  Howard. 


A.  Berlbbe,  Gli  Inietti,  II. 


674 


CAPITOLO   SESTO 


Secondo  l'opinione  seguita  tino  ad  una  decina  d'anni  fa,  bì  ammetteva  elle  i  Coleotteri  ac- 
quaioli si  portassero  sott'acqua  una  provvista  di  aria  contenuta  fra  le  elitre  ed  il  dorso  dell'ad- 
dome o  trattenuta  sulla  superficie  del  corpo  da  una  villosità  di  finissimi  peli  e,  cosi,  l'animale 
avrebbe  continuato  a  respirare  sott'acqua,   come  nell'aria   libera,   giacché     gli     stigmi    si     aprono 

in   questa  provvista  di   aria.. 

Ma,  le  recenti  e  mollo  diligenti  ricerche  del  Brocher  (1908-916) 
su  molti  insetti  acquaioli,  come  Notonetta,  Nepa,  Dytincu»,  Hae- 
moniti,  Elmidi,  Bydrophilu»,  hanno  dimostrato  che  tutto  il  procedi- 
mento respiratorio  e  alquanto  diverso  e  mono  semplice. 

infatti,  pegli  insetti  succitati,  secondo  il  detto  Autore,  la  prov- 
vista di  aria,  elle  essi  hanno  sotto  le  elitre,  non  proviene  diretta 
mente  dall'atmosfera,  ma  <■  composta  di  aria  espirata,  cioè  che 
ha  traversato  già,  almeno  in  parte,  il  sistema  tracheale  ;  essa  è,  pero, 
tuttavia  utilizzabile  alla  respirazione.  In  questa  funzione  le  diverse 
paia  di    stigmi  agiscono  differentemente,  poiché,  normalmente,   alcuni 


Fif 


679. 


della  larva  di  Djitixciis, 
mentre  respira  a  fior 
d'acqua  eoH'estremo  ad- 
dome. Da  Brocher. 


Posizione       servono  piti  ohe  altro  all'entrata  dell'aria,   altri  all'uscita.     Gli     atti 


di  inspirazione  ed  espirazione  dipendono,  in  taluni  di  questi  insetti, 
da  movimenti  degli  archi  addominali;  in  altri  da  quelli  dell'addome  e, 
nel  primo  caso,  l'inspirazione  è.  piti  attiva,  e  cosi,  per  taluni  di  essi, 
ad  es.  pei  Ditiscidi,  i  movimenti  dell'addome  non  sono  in  rapporto 
colla  respirazione. 

Quanto  alla  provvista  d'aria  sotto  lo  elitre,  essa  sembra  avere  triplice  scopo,  cioè  allegge- 
rimento del  corpo,  cosi  che  esso  tenda  a  risalire  alla  superficie,  pel  suo  peso;  preservare  le  ali 
dalla  umidità  e,  finalmente,  servire,  in  caso  di  bisogno,  alla  respirazione.  L'insetto  acquaiolo 
sembra  coni  portarsi,  nell'acqua,  come  i  mammiferi  anfibii,  cioè  respirando  (fisicamente)  allorché 
è  alla  superficie  dell'acqua,  e  ohimicamente,  cioè  consumando 
l'ossigeno  contenuto  nelle  trachee,  allorché  esso  è  immerso. 

L'utilizzazione,  a  scopo  respiratorio,  dell'aria  contenuta 
fra  le  elitre  ed  il  dorso  dell'addome  può  accadere  solo  ecce- 
zionalmente, come  pure  dello  strato  di  aria,  che  rimano  ade- 
rente al  corpo  in   taluni  insetti,   durante  l'immersione.  Questa 

aria     scambia     il      suo   acido     carbonico     contro    l'ossige h 

sciolto  nell'acqua  ambiente  ed  e  veramente  utilizzata  ila 
taluni    insetti   acquaioli,     come  le     Hai  ninniti   e  gli    Elmidi,    per 

la  respirazione;  ma,  in  altri,  te  Ditiscidi,  Notonetta,  Idrofilo, 

essa    non    ha    che    un'influenza  trascurabile   nella     respirazione. 

Nelle  Notonecta,  la  rinnovazi dell'aria,  nelle  trachee,  alla 

superfìcie  dell'acqua,  si  fa  a  mezzo  degli  stigmi  dell'ultimo 
segmento  addominale,  apparente  (7°  sec.  Brocher;  veramente 
9°,  vedi  voi.  I,  p.  265).  Questi  soli  inspirano  l'aria  passiva- 
mente, La  espirazione,  ohe  si  effettua  per  contrazione  dei 
muscoli  addominali,  avviene  solo  traverso  le  tre  paia  di  stigmi 
toracali.  Una  parte  dell'aria,  espulsa  dagli  stigmi  protoracici, 
si  raccoglie  sotto  la  volta  del  protoraoe;  un'altra  parte  si 
diffonde  fra  la  bassa  peluria,  che  riveste  il  torace  al  ventre, 
il  quale  rivestimento  d'aria,  permanente,  diminuisce  il  peso 
specifico  dell'insetto  entro  l'acqua  e  gli  permette  di  nuotare, 
impedendo  che  cali  a  fondo  e  vi  muoia.   Finalmente,  un'altra 

parte     dell'aria    espirata     fugge     tra     i     glandi     peli   idrofughi 

dell'addome,  nella  sua  faccia  ventrale  ed  esce  nell'aria  per  l'estremo  apice  addominale,  quando 
affiora  per  la  respirazione.  La  Notouecta  distende  l'aria  fuoriuscita  dagli  stigmi,  sul  proprio 
ventre,  merce  le  zampe  posteriori.  Le  larve  di  Notouecta,  appena  nate,  non  avendo  ancora  la 
provvista  d'aria  sul  loro  corpo,  sono  più  pesanti  dell'acqua  e  tendono  a  calare  al  fondo.  Esse 
debbono  nuotare  per  guadagnare  la  superficie,  dove  giunte,  subito  si  provvedono  d'un  velo 
d'aria,  aderente  ai  peli  idrofughi  del  loro  ventre,  e  da  questo  momento,  si  comportano,  quanto 
ad  idrostatica,  come  gli  adulti  ;  esse,  cioè,  se  immerse  in  quiete,  tendono   a    risalire  e   non  pos- 


Fig.  680.  —  'l'aglio  longitudi- 
nale dell'ultimo  articolo  addo- 
minale di  una  larva  di  Kit- 
tisous.  .1,  mentre  respira  affio- 
rando al  pelo  dell'acqua  ;  />', 
in  riposo,  n,  apertura  della 
trachea  /  ;  e,  uno  dei  due  cerei 
con  peli  idrofughi  ;  m,  «noi 
muscoli  adduttori  ed  abdut- 
tori; vi.,,  lungo  abduttore  dello 
stesso  (non  sono  disegnati 
in   />').   Da  Brocher. 


L'INDIVIDUO  NEGLI  AITI   per  la  propria  conservazione 


675 


sono  allo». Lue  se  non   nuotando.    Così  avviene,   presso  a- poco,   anche  pei    la    Ntpa  adulta.   Questi 
insetti    hanno,  come    le    Ranatra,  lunghi  processi  tubuliformi  nell'estremo  addome,   i   quali  por- 
tano l'aria  al   paio  di     stigmi   suddetto.   Le     forme    giovani  <li  questi   insetti   non   possono  farsi   la 
provvista  d'aria  non   avendo  le    elitre     e    perciò     resistono 
molto  meno  all'asfissia  ohe  non  l'adulto. 

Nei  DitiSCÌdi,  l'inspirazione  si  pratica  a  mezzo  dei  due 
ultimi  stigmi  addominali;  la  espirazione  all'atto  dell'im- 
mersione dell'insetto,  a  mezzo  degli  altri  stigmi  addomi- 
nali, sopratutto  per  quelli  delle  duo  prime  paia,  che  tra- 
smettono l'aria  direttamente  alla  grande  camera  aerea 
lesotoraoiea,  e  l'aria  viene,  infine,  ad  accumularsi  fra  le 
elitre  e  l'addome  (tig.  688), 

Nell'Idrofilo,  il  processo  respiratorio  avviene  altrimenti. 

L'inspirazione,  allorché  l'insetto  respira  alla  superficie 
dell'acqua  (tìg.  t>8-),  si  effettua  dagli  stigmi  coli' interme- 
diario delle  antenne,  i  cui  ultimi  articoli  sono  rivestiti  di 
peli  idrofughi  ;  di  qui  l'aria  si  divige  al  protorace  od  agli 
stigmi  pro-mesotoraoioi  ;  circola  nelle  trachee  ed  ò  espulsa 
per  quelli  inetatoraoioi  ed  addominali  ;  si  raccoglie  sotto 
le  elitre  e  si  diffonde  sulla  superlicie  ventrale  del  corpo, 
alla  quale  rimane  aderente,  come  un  velo  argenteo, 
mercè  la  fitta  peluria  idrofuga.  In  seguito,  l'aria  giunge  al 
protorace  a  >e  ne  va  nell'atmosfera  per  mezzo  delle  an- 
tenne, che  sporgono  dal  pelo  dell'acqua  (Brooher). 

(ili    Haliphu»,    piccoli    Coleotteri     anfibi,  affini  ai  Ui- 
tisoidi,    vengono  alla  superficie   dell'acqua    per    rinnovare 
la     provvista     d'aria,    al    solito  emergendo  la     parto  poste- 
riore dell'addome  ;  ma    poi,  traverso  Io   spazio   intersegmontare  fra  il    metatoraoe    ed    il    prima 
segmento    addominale,    fanno  passare  l'aria  inspirata   sotto  la  grande  placca  coxale,  che,  al  ventre, 
ricopre    la    base  delle    zampe    dell'ultimo  paio.  Di  là,  l'insetto,  mercè  le   zampe,  stende    questa 

.  provvista     di      aria     sulla 


faccia      ventrale     del      suo 

addome  (Brooher). 

Gli  Elmidi  e  le  line- 
monta  sono  Coleotteri,  ohe 
vivono,  in  tutti  gli  stadi, 
anche  di  adulto,  conti- 
nuamente sommersi  sot- 
t'acqua, por  quanto  il 
sistema  respiratorio  sia 
pur  sempre  quello  stesso 
delle  forme  aeree. 

(ili  Elmidi  (tìg.  684) 
sono  piccoli  insetti  (da 
due  a  tre  millimetri  di 
lunghezza),        vegetariani. 


K'g.  681.  —  Respirazione  della  No- 

tonecta  al  pelo  dell'acqua.  /,  po- 
sizione della  Notonecta  appoggiata 
sotto  e  contro  la  superlicie  del- 
l'acqua. //,  schema  per  mostrare 
la  direzione  delle  correnti  del- 
l'aria nel  corpo  dell'insetto,  nella 
inspirazione  e  nella,  espirazione, 
secondo   l'andamento  delle  treccie. 

Da  Brocher. 


Fig.  682.   —  Idrofilo,  che  respira  a  fior  d'acqua. 

La    linea    interna  indica   il    porcorso  dell'aria   nella    inspirazione     fino       nutrentisi      di     alghe      mi 

allo  stigma   pro-mesotoracico  ;   la  linea  a  tratti  indica   il   percorso      crosconiehe  e    frequentano 

dell'aria   nella  trachea;     la    linea     punteggiata    il    percorso  del-       , 

.,     .  .,  ',.      „       ,     r  le    acque  correnti,    tratte 

lana  nella  espirazione.   Da   Brocher.  M 

nendosi     al     fondo     merce 

le     lunghe     zampe;       non 

nuotano  mai  e  si  muovono  specialmente    di    notte.  Qualche    volta  gli  Elmi»  si   vedouo    fluttuare 

nell'acqua,   il  capo  in   basso,   sostenuti  da  una  piccola  bolla  d'aria  alla  loro  estremità  posteriore, 

aria  che  raccolgono  dalla  superlicie  alla  quale  affiorano,   coll'ostremo    corpo,    per  qualche  tempo. 

Questi  insetti   hanno   un   deposito  di   aria  distribuito   in   forma   di    sottile     velo    sui     lati     del 

Corpo,  nella  faccia  ventrale,  cosi  che  gli  stigmi  metatoracici  ne  possono  profittare  direttamente 


676 


CAPITOLO    SESTO 


J5&S- 


L'aria  è,  quivi,  coutil)  uarnente  ossigenata  per  lo  scambio  di  acido  carbonico  contro  l'ossigeno 
dell'aria  disciolta  nell'acqua,  ma  ciò  non  basterebbe  e  perciò  l'insetto  pvotitta  delle  piccolissime 
bolle  di  ossigeno,  che  si  svolgono,  per  influenza  della  luce,  dai  vegetali  subacquei,  sopratutto  al- 
lorché essi  sono  dilacerati  dalle  mandibole  del- 
l'insetto che  se  ne  nutre.  Le  Baemonia  (fig.  685) 
si  servono  delle  antenne,  rivestite  di  peli  idro- 
fughi, per  ritrarre  l'aria  dall'atmosfera.  Questi 
insetti,  allogati  su  qualche  pianta  subacquea, 
pur  stando  immersi  presso  la  superficie,  ne  spor- 
gono le  antenne,  che  agitano  lentamente,  di  con- 
tinuo, nell'aria  e,  quando  le  immergono,  questi 
organi  sono  rivestiti  di  aria,  che  trascinano  con 
sé  sott'acqua.  Se  l'insetto  non  può  raggiungere 
la  superficie,  non  arrivandovi  le  piante,  allora  si 
serve  delle  sue  antenne  per  catturare  le  piccole 
bolle  di  ossigeno,  che  bì  svolgono  dalle  piante 
immerse  (fig.   685)    e    portarle  a  diffondersi   nella 


Fig.  683.  —  Sezione  sagittale  (semischema- 
tica)  del  corpo  di  un  IJytiscus  adulto,  per 
mostrare  la  generale  disposizione  del  si- 
stema tracheale  e  la  funzione  dei  diversi 
stigmi  (secondo  la  direzione  della  freccia) 
nonché  lo  spazio  addominale-dorsale  sotto- 
elitrale.  L'insetto  è  supposto  affiorante 
alla  superficie  dell'acqua. 

a,  stigma  mesotoracico  ;  b,  tronco  tracheale 
laterale  longitud.,  che  riunisce  fra  loro  gli 
stigmi  ;  e,  sacco  aereo,  la  cui  base  riposa 
sul  tegumento  delle  anche  posteriori  ;  <?, 
sacco  areo  con  base  sul  mesosteruo  ;  e, 
stigma  metatoracico.   Da  Brocher. 


superficie  argentata,  che  riveste  i  peli  idrofughi 
della  sua  faccia  ventrale,  cioè  del  sottilissimo 
strato  d'aria,  che  fa  parere  argentate  le  regioni 
rivestite  di  detti  peli.  Quest'aria  forma  uno  strato 
continuo  dalle  antenne  al  capo  ed  al  tronco. 
Contuttociò,  anche  senza  rinnovare,  a  mezzo 
delle  antenne,  la  provvista  di  ossigeno,  le  Bae- 
monia adulte  possono  vivere  anche  una  quin- 
dicina di  giorni,  col  solo  scambio  di  acido  car- 
bonico   coll'ossigeno    dell'aria    sciolta    nell'acqua    (1). 

Tutto  ciò  è  dimostrato  benissimo    dal  Brocher,  nelle  sue    lunghe  ed  accurate  esperienz : 

osservazioni,   ed  è  giusto  il  paragone,   quanto  alle  funzioni,    del    sottile  strato  di  aria  rivestente 
le  zone  coperte  di  peli  idrofughi    sul    corpo  di  questi    Coleot- 
teri,   o    delle  antenne  di   Baemonia    e     Donaeia,  colle  tracheo- 
brauchie  di  forme  larvali  a  respirazione   acquatica,   alle   quali 
si  è  accennato  in  precedenza. 

Non  molto  diversamente  dalle  Baemonia  si  comportano 
le  Donncio,  le  cui  larve,  viventi  sempre  immerse,  attaccate 
alle  radici  od  alle  foglie  di  piante  acquatiche,  delle  quali  si 
nutrono,  respirano  assorbendo  direttamente,  mercè  un  or- 
gano speciale  situato  alla  estremità  posteriore  del  loro  corpo, 
l'ossigeno  contenuto  nei   canali    aeriferi   della  pianta. 

La  metamorfosi  avviene  entro  un  bozzoletto  resistente, 
preparato  dalla  larva,  fissato  ai  tessuti  della  pianta  ed  in 
rapporto  coi  detti  canali  aeriferi  come  l'esperienza  dimostra, 
ciò  che  permette  la  respirazione  anche  della  ninfa.  L'adulto, 
che  ne  esce  molti  giorni  dopo  formatosi,  è  rivestito  già 
dalla  superficie  argentata,  dovuta  all'aria  trattenuta  dai  peli 
idrofughi,  distribuiti   in   determinate  regioni  del  suo  corpo. 

Le  Donaeia  adulte,  a  differenza  delle  Baemonia,  fanno 
vita  aerea,  rientrando  non  di  raro,  a  loro  piacimento,  nel- 
l'acqua, mentre  le  Baemonia  vi   vivono  sempre. 

Gli  Insetti  acquaioli  hanno,  in     generale,   un  vero  tappo, 
costituito  da  una  minutissima    bolla  gazzosa,    allogato    in    una  cameretta  prettigmatka    e    quest  > 
basta  per  impedire  efficacemente  l'ingresso  dell'acqua  nelle  trachee. 


Fig.  684.  —  Elmi»  aeneus  molto 
ingrandito,  visto  dal  ventre 
per  mostrare  la  distribuzione 
della  zona  argentata,  cioè  ri- 
vestita di  peli  idrofughi  (cor- 
risponde alla  parte  in  bianco). 
Sono  indicati,  in  linee  punteg- 
giate, i  confini  delle  diverse 
regioni  e  segmenti  del  tronco. 
Da  Brocher. 


(1)  h'Bydraena  riparia,  piccolo  Idrofilide,  che  presenta,  quanto  a  respirazione,  grandi  ana- 
logie cogli  Elmidi,  può  vivere,  secondo  il  Brocher,  più  settimane  sott'acqua,  anche  se  impedito 
di  risalire  alla  superficie  per  rinnovare  la  provvista  d'aria.  In  modo  analogo  si  comportano  1« 
Sigarra,   fra  gli  Emittori. 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    PER    LA    PROPRIA    CONSERVAZIONE 


Fig.  6S5.  —  ffaemonia  appendiculata,  su  un  fusto 
ili  Potamogeto»  immerso  nell'acqua,  mentre 
ne  ritrae  una  bolla  di  ossigeno  mercè  un'an- 
tenna.  Ingrandito.  Da  Brocher. 


La  cameretta  e  conseguentemente  il  tappo,  mancano  quando  al  di  fuori  dello  stigma  nou  si 
trova  l'acqua,  ma  bensì  un  deposito  d'aria,  come  è,  ad  esempio,  per  Bruchi  acquaioli  del  genere 
Hydvocampa  (fig.  6*6),  il  cui  astuccio,  abitazione  delle  larve,  è  rivestito  internamente  da  fitto 
tessuto  sericeo  (B),  impermeabile  all'acqua,  cosi  che  i  Bruchi  stessi  sono  in  ambiente  aereo.  Nep- 
pure negli  stigmi  addominali  di  Ditiscidi  ed  Idrolilidi  adulti  trovasi  la  cameretta  precitata. 
essendo  questi  stigmi  in  rapporto  col  deposito  d'aria  compreso  tra  le  elitre  e  l'addome. 

Molti   Inselli,   che   frequentano  le  rive  degli   stagni   con   facilità  di     trovarsi  nell'acqua,     pur 
non  essendo  acquaioli,   possono   resistere  assai   bene   alla  sommersione,  talora   per  disposizioni   or- 
ganiche speciali.  h'Jtpns   rollini,  elle  vive  siili  e 
rive    de!    mare,    trattiene     l'aria    mediante   la 
villosità    del    suo    corpo    e   la  può  immagaz 
zinare  anche  in  due  sacchi  aerei,  che  sono  in 
rapporti)  eogli   stigmi   posteriori. 

Respirazione   branchiale.    —    Il     para- 
gone tra  le  branchie  dei   Vertebrati  e 
quelle  degli  Insetti  veramente  a  resiti- 
razione  acquatica  va  ammessa  con  ri- 
serva, perciò  che  nei  primi   la  ossida 
zione  si   fa  a  mezzo    di    sostanze  ossi- 
dabili, contenute  nel  sangue,  più  comunemente  entro  i  globuli  sanguigni,  mentre, 
pegli  Insetti,  la  presenza  di  tali   sostanze  non    e  accertata    e   si    può    ammettere, 
con    qualche  fondamento,  solo  per    rarissimi    casi  (larve  di   Ohironomitè,    nel    cui 
plasma  è  sciolta  emoglobina). 

Anziché  branchie,  è  bene  dunque  denominare  pseudobranchie  le  estroflessioni 
cutanee,  entro  le  quali  sono  allogate  esilissime  trachee.  Lo  scambio  dei  gaz  av- 
viene tra  questi  tubuli  e  l'acqua  esterna  alle  pseudobranchie  e  solo  osmotica- 
mente. 

Le  pseudobranchie  possono  essere  esterne,   situate  su  varie  parli  del  corpo. 

anche  nel  capo,  oppure  interne,  cioè  con- 
tenute in  cavità  facilmente  comunicanti 
coll'esterno  e  nelle  quali  penetra  l'acqua 
ambiente. 

Delle  prime  sono  comunissimi  esempi 
in  forme  larvali  di  Insetti  di  parecchi 
ordini  ;  delle  seconde  il  più  ovvio 
esempio  è  dato    dalle  larve    di    Libellu- 


Fig.   686.   —   Hyctroeampa  ni/mphaeata. 

larva  nel  suo  follicolo,  mentre  è  in  parte 
fuoriuscita;  B,  follicolo,  aperto  per  mo- 
strare la  larva  rinchiusavi  ;  C,  ninfa  nel 
follicolo  aperto,  fissato  ad  una  pianta 
immersa.   Da  Wesenberg  Luud. 


lidi,  nelle  quali  Paria  può  penetrare  entro 
il  retto,  sulla  cui  superficie  interna  spor- 
gono numerose  pseadobranchie  ■  lamelli- 
formi. Per  tutto  ciò  vedi  i  molti  esempi 
riportati  nel  voi.  I  a  pago.  810,  S27-833 
nonché  l'annessa  fig.  087. 


Anche  in  forme,  respiranti  sopratutto  per  pseadobranchie,  si  possono  trovare  stigmi  aperti; 
la  respirazione,  quindi,  può  accadere  in  due  modi,  a  seconda  di  circostanze  diverse,  ma  nel  mag- 
numero  dei  casi  gli  stigmi  sono  chiusi  e  non  si  aprono  che  alla  trasformazione  in  adulto. 
cioè  all'atto  della  conquista  della   vita  aerea. 

Le  formo  a  respirazione  acquatica  profittano,  però,  larghissi Diamente  anche  della  respirazione 
cutanea,   ed   alcune,   auzi,  esclusivamente  di  questa. 


Resistenza  all'asfissia.   —   Animali   cosi   altamente   sensibili    alle   variazioni   della 
temperatura,  come  sono  gli  Insetti,  mostrano  anche  oscillazioni  amplissime  circa 


678 


CAPITOLI!    SESTI 


la  resistenza  all'asfissia,  fra  individui  della  medesima  specie,  sottratti  al  contatto 
dell'aria,  in  temperature  differenti. 

Cou  temperature  basse,  un  insetto  può  vivere,  senza  respirare,  un  tempo 
straordinariamente  superiore  a  quello  nel  quale  perirebbe,  negandogli  l'aria,  con 
una  temperatura  più  alta. 

la  generale  questa  resistenza  è  possibile  perchè  gli  Insetti,  messi  fuori  dall'aria  respirabile. 
.■Illudono  subirò  i  loro  stigmi    e,  così,   ne  permettono    che    l'aria  immagazzinata  nelle    trachee  li 

abbandoni,  né  è  possibile  l'ingresso  di 
un  gaz  irrespirabile  o  di  liquido  in  cui 
sieno   immersi. 

All'asfissia  per  sommersione  nell'acqua 
resistono,  in  generale,  più  le  larve  che 
gli  adulti.  Lyonnet  riconobbe  che  taluni 
Bruchi  possono  rimanersene  diciotto  giorni 
sott'acqua,  senza  perire,  mentre  Coleotteri 
adulti  vi  rimangono  vivi  (in  stato  di 
morte  apparente)  tre  giorni  o  quattro. 
Questa  quiete  è  necessaria  pel  minore  con- 
sumo di  ossigeno  conservato  nelle  trachee, 
tanto  è  vero  che  gli  Insetti  acquaioli  resi- 
stono alla  sommersione  meno  di  quelli 
terrestri,  perchè  essi,  trovandosi  nel  loro 
abituale  elemento  vi  si  muovono  dispera- 
tamente. Ma,  con  sostanze  atte  a  bagnare  la  chitina  e  quindi  ad  otturare  benissimo  gli  stigmi, 
la  morte  degli  Insetti  aerei,  a  respirazione  gagliarda,  vita  attiva  e  con  temperatura  non  bassa, 
è  rapidissima  e  già  dal  Redi  si  sa  che  una  Mosca  bagnata  con  olio  perisce  in  pochi  secondi  ed 
in  quattro  o  cinque  minuti  primi  muore  un  bruco,  i  cui  stigmi  sieno  bagnati  con  olio.  Ciò, 
ben  inteso,  in  stagione  od  ambiente  caldo,  perchè,  d'inverno,  a  me  è  accaduto  di  tenere  im- 
merso per  25  ore  un  adulto  di  Dolenti  parallelepipedns  nell'alcool  a  60°  e,  trattolo  di  là,  vederlo 
riaversi  dopo  qualche  ora  di   morte  apparente. 


Fi".  687.    —    Larva    di    Ithylrichia   lamellaris  (Tri- 

chotteri)  nel  suo  follicolo.  La  larva  mostra  le 
mix  pseudobranchie,  e,  per  trasparenza,  la  di- 
sposizione del  sistema   tracheale.   Da  Lanberton. 


Digestione. 


La  nutrizione  plastica  si  effettua  iniziandosi  nella  bocca  a  mezzo  degli  or- 
gani destinati  alla  presa  degli  alimenti.  Di  tali  organi  e  del  modo  loro  di  agire 
è  però  detto  abbastanza  nel  I  voi.,  da  pag.  123  a  pag.  143,  né  converrà  qui  trat- 
tarne ulteriormente. 

Per  ciò  che  riguarda  poi  la  morfologia  del  tubo  digerente,  essa  è  lunga- 
mente esposta  nel  primo  volume,  da  pag.  721  a  pag.  752,  uè  occorre  dirne  di 
più,   qui. 

Digestione  esterna.  —  La  digestione  delle  sostanze  nutritive,  mentre  avviene,  per  la 
massima  parte  degli  Iusetti  e  degli  animali  in  genere  entro  il  tubo  digerente,  in 
alcune  poche  specie,  e  solo  per  le  larve,  può  avvenire  all'esterno  e  l'animale  as- 
sumere, così,  sostanza  ormai  digerita,  assimilabile  senza  più. 

Si  Mino  già  citati  casi  di  questa  maniera  di  digestione  (pagg.  L'41,  242),  a  proposito  delle 
larve  dei   Ditiscidi,  ma  anche  altre  larve   olometabole  si  comportano  analogamente. 

I  tutti  i  casi,  però,  la  sostanza  da  digerirsi  è  di  natura  animale,  cioè  sopratutto  la  fibra 
muscolare  ed  il   tessuto  adiposo,   sia  di   insetti  che  di  altri  animali. 

Anche  altre  larve,  già  ricordate  nelle  pagg.  precedenti,  citate,  come  quelle  di  Neurotteri, 
praticano  In  digestione  esterna,   in  maniera  conforme. 


l'individuo   negli   atti   tei:   la   PROPRIA   CONSERVAZIONE  liT'J 

Quanto  alle  larvo  di  Mosca,  yer  le  quali  il  Fabre  ammetteva  una  digestione  esterna  a  mezzo 
di  un  fermento  analogo  alla  pepsina,  le  esperienze  del  Guyenot,  che  non  ottenne  digestione  al- 
cuna di  albumiiioidi,  di  amidi  odi  grassi,  ricorrendo  ad  estratti  di  larve  pestate  di  Lucilia  cattar 
o  di  organi  digestivi  isolati  della  stessa  larva,  e  quelle  di  Bogdanow  convengono,  invece,  nel- 
l'ammettere  un  vero  caso  di  simbiosi,  cioè  coll'interveuto  di  microrganismi  disseminati  dalla  larva 
e  che  determinano   la  liquefazione  dei  tessuti. 

Corrispondente  è  il  caso  della  larva  di  un  muscide  vegetariano,  il  Dacus  oìeae  (voi.  I,  p.  730), 
che  determina  la  decomposizione  dei  tessuti  dell'oliva  appunto  col  mezzo  di  microrganismi.  Si 
dovrà,  trattarne,  dunque,  a  proposito  della  simbiosi  tra  insetti  ed  altri  esseri  viventi  (1). 

Un  inizio  di  digestione  esterna  od  almeno  di  alterazione  della  sostanza  da  ingerirsi  è  certa- 
mente praticata  da  taluni  insetti.  Così,  non  solo  perule  larve  del  C'ofsits  cossns  (L.),  delle  quali  è 
noto,  da  tempo,  che  rigettano  dalla  bocca  un  liquido  speciale,  che  esercita  un'azione  corrosiva  sul 
legno  e  lo  rende  più  attaccabile  alle  maudibole  (e  si  sa  che  tale  liquido  può  anche  riuscire  un 
efficace  mezzo  difensivo),  ma  anche  per  molte  altre  larve  xilofaghe  si  può  credere  ad  un  proce- 
dimento analogo. 

Senza  dubbio  gli  Emitteri  litofagi,  sopratutto  fra  gli  Omotteri,  iniettano  la  secrezione  delle 
loro  ghiandole  ealivali  (che,  in  generale,  sono  molto  vistose,  v.  voi.  I,  pag.  516),  nei  tessuti 
delle  piante  e  quivi  essa  determina,  molte  volte,  effetti  tossici  speciali,  con  formazione  di  galle 
ed  altre  neoplasie,  da  parte  della  pianta  o  particolari  disturbi  fisiologici.  Il  più  spesso,  l'inie- 
zione di  sostanze  derivate  dalle  ghiandole  salivari,  sembra  avere  per  funzione  speciale  (se- 
condo Kùuckel  d'Herculais,  Bugnion  ed  altri)  quella  di  sciogliere,  a  mezzo  di  una  diastasi,  la 
cellulosa  componente  le  pareti  delle  cellule  vegetali  e  probabilmente  di  iniziare  la  digestione  dei 
granelli  di  amido  contenuti   nelle  cellule  stesse. 

Digestione  interna.  —  Il  caso  di  gran  lunga  più  ovvio,  è  quello  della  digestione 
interna,  nella  quale,  assunta  la  sostanza  nutritiva  dal  mondo  esteriore  ed  intro- 
dottala, inalterata  o  modificata  solo  fisicamente,  nel  tubo  digestivo,  in  questo  sol- 
tanto avviene  la  sua  alterazione  chimica,  tino  alla  trasformazione  in  sostanza  di- 
gerita, ossia  assimilabile  senza   più. 

Come  per  tutti  gli  altri  animali,  anche  per  gli  Insetti  le  modificazioni  chi- 
miche delle  sostanze  nutritive,  per  renderle  assimilabili  (da  non  assimilabili,  come 
sono  più  comunemente  in  natura)  si  riconducono,  fondamentalmente,  alla  tras- 
formazione degli  amidi  in  zuccheri,  degli  albuminoidi  in  peptoni  ed  alla  scom- 
posizione dei  grassi  in  acidi  grassi  e  glicerine,  piuttosto  che  alla  loro  semplice 
emulsione. 

A  tale  ufficio  concorrono  non  solo  ghiandole  speciali  in  rapporto  col  tubo 
digerente,  ma,  ancora,  secrezioni  particolari,  dovute  ai  tessuti  epiteliari  dello 
stesso  tubo  digerente,  in  talune  delle  sue'  varie  regioni. 

Quanto  alla  preparazione  esclusivamente  meccanica,  si  è  veduto  già  (voi.  I,  p.  736)  che  essa 
può  essere  completata,  per  taluni  iusetti,  molto  efficacemente,  anche  nel  prointestino,  oltre 
quanto  i  consueti  moti  peristaltici  fauno  sempre,  in  qualunque  animale  che  assuma  sostanze  so- 
lide, ne  di  questo  argomento  converrà,  qui,  dire  di  più. 

Assunzione  del  cibo.  —  Del  modo  come  gli  Insetti  si  procurano  il  loro  vitto 
sarà  il  caso  di  dire  più  tardi,  giacché  gli  atti  relativi  non  spettano  esclusiva- 
mente agli  organi  della  bocca,  cioè   destinati  alla    prima  meccanica  preparazione 


(1)  A  questo  proposito  giova  ricordare  che  il  Keiliu  (1913),  pur  non  conoscendo  il  bell'e- 
sempio di  simbiosi  fra  Dacus  oìeae  e  Bacillus  oleae,  già  illustrato  da  Amedeo  Borlese,  viene  a 
sospettare  che  la  larva  di  questo  Dittero  sia  saprofoga,  come  anche  quella  d' Anaatreplia,  perchè 
ha  la  faringe  fornita  di  coste,  il  qual  carattere  spetta  solo  alle  larve  dei  Ditteri  Ciclorafi;  sa- 
profagi,  mentre  non  si  rinviene  in  alcuna  altra  larva,  predatrice  o  carnivora,  o  nutrentesi  di 
tessuti  vegetali,  non  saprofaga. 


680  capitolo  sesto 


degli  alimenti  ed  alla  loro  introduzione  nell'organismo.  D'altronde,  per  questa 
necessità,  più  che  per  altre,  si  stabiliscono  rapporti  vari  e  talora  complessi  col 
mondo  ambiente  e,  perciò,  converrà  riprendere  l'argomento  quando  appunto  di 
tali  rapporti  sarà  il  momento  di  far  cenno. 

Del  complesso  degli  organi  boccali  si  è  detto  già  abbastanza  nel  I  voi.,  da 
pag.  123  a  pag.  159,  alle  quali  pagine  rimandiamo  il  lettore.  Qui  basti  richia- 
mare alla  memoria  i  tre  tipi  fondamentali  di  apparato  boccale  degli  Iusetti,  cioè: 
masticatore,  lambente,  succhiatore  e  ricordare  che  i  pezzi,  che  li  compongono, 
risultano  da  tre  paia  di  appendici  (1.°  paio  mandibole;  '2.°  paio  mascelle;  3.°  paio 
labbro  inferiore),  ai  quali  va  aggiunto  un  pezzo  impari,  che  chiude  la  bocca 
dal  di  sopra,  cioè  il  labbro  superiore. 

Le  appendici  del  3.°  paio,  fuse  insieme  più  o  meno  completamente,  costi- 
tuiscono appunto  un  pezzo,  ormai  impari,  cioè  il  citato  labbro  inferiore. 

Nell'apparato  boccale  masticatore,  la  linguetta,  cioè  un'appendice  carnosa, 
impari,  che  si  trova  sulla  faccia  interna  del  labbro  inferiore,  è  brevissima,  non 
estensibile,  uè  oltrepassa  il  livello  del  labbro,  su  cui  è  fissata;  ma,  nel  tipo  lam- 
bente, oltre  ad  un  maggiore  o  minore  allungamento  dei  pezzi  componenti  il 
labbro  inferiore  (e  talora  anche  di  quelli  delle  mascelle),  la  linguetta  assume  un 
allungamento,  talora  rilevante,  può  essere  retrattile  o  protrattile  e  costituisce 
un  vero  organo  destinato  a  lambire  sostanze  fluide. 

Nel  tipo  succhiatore,  tutte  le  parti  della  bocca  sono  modificate  in  modo  da 
permettere  la  sola  assunzione  di  sostanze  liquide. 

Le  mandibole  sono,  tipicamente,  organi  di  presa  e  di  triturazione  di  corpi  resistenti.  In 
grazia  di  particolari  adattamenti,  però,  possono  avere  uffici  diversi  ed  ancbe  uhm  rapporto  più 
o  scarsissimo  colle  funzioni  della  nutrizione;  ma,  in  generale,  anche  se  il  loro  ufficio  è  più  che 
altro  offensivo  e  difensivo,  non  si  può  escludere  che,  almeno  per  afferrare  e  trattenere  la  preda 
;  veili  esempi  uel  voi.  I,  pag.  132)  ed,  in  generale,  le  sostanze  capaci  di  offrire  cibo  all'animale, 
non  concorrano,  il  più  spesso,  nella  prima  parte  della  funzione  di  nutrizione.  Perciò,  l'apice  delle 
mandibole  è  sempre  acuto  e,  l'uno  di  questi  organi  opponendosi  all'altro,  risulta  una  tena- 
glia a  punte  acuminate,  molto  efficace  per  trattenere  corpi  resistenti,  e,  per  le  forme  predatrici 
sopratutto,  le  mandibole  sono,  così,  efficacissimi  e  poderosi  organi  di  presa.  Ma,  nelle  forme  per 
le  quali  le  mandibole  hanno,  sopratutto,  lo  scopo  di  tritare  gli  alimenti,  è  facile  riconoscere  che, 
oltre  ad  un  apice  più  o  meno  acuto  (che  tale  è  sempre),  l'orlo  interno  di  questi  organi  è  prov- 
visto ili  rilievi  dentiforini,  alcuni  taglienti  come  scalpelli,  altri  a  superficie  più  larga,  varia- 
mente accidentata,  così  che  i  primi  si  possono  paragonare  a  denti  incisivi,  i  secondi  a  molari  e 
questi  ultimi,  per  essere  più  addentro  verso  la  base  dell'organo,  sono  suscettibili  di  sforzi 
maggiori. 

Ai  rilievi  dentiformi  di  una  mandibola,  corrispondono  diastemi  opposti  nell'altra. 

11  movimento  di  una  mandibola  verso  l'altra  è  nel  senso  orizzontale,  non  già  d'alto  in 
basso,  come  nei  Vertebrati  e  cotale  è  pure  pel  successivo  paio  di  organi  boccali,  cioè  per  le  ma- 
scelle. 

Queste,  a  differenza  delle  mandibole,  non  avendo  per  precipuo  ufficio  quello  della  tritura- 
zione degli  alimenti,  ma,  più  che  altro,  di  disporli  sotto  le  mandibole,  che  sono  i  veri  organi 
masticanti,  ed  un  ufficio  ancora  sensoriale,  relativamente  alla  natura  della  sostanza  che  viene 
masticata,  sono,  non  solo  più  delicate  e  deboli  delle  mandibole,  ina,  ancbe,  i  loro  pezzi  tipici 
fondamentali,  fra  cui  appendici  eon  ufficio  sensoriale  (come  i  palpi  e  la  galea),  sono  benissimo 
sviluppati  ed  efficaci,  Nelle  mandibole,  invece, se  si  può  tuttavia  riconoscere  vestigio  di  una 
primitiva  lobulazioue,  ormai  tutti  i  pezzi,  forse  originalmente  distinti,  sono  fusi  insieme, 
per  costituire  il  pezzo  robusto  ed  unico,  che  è  il  principale  organo  di  masticazione.  Inoltre,  le 
mascelle,  nelle  forme  ad  apparato  boccale  lambente,  possono  trovarsi  foggiate  piuttosto  allo  scopo 
di  formare  una  guaina  alla  linguetta,  che  non  ad  altro,  perdendo,  cioè,  anche  l'ufficio  di  con- 
corso nell'opera  masticatoria  sopraricordata. 

Le  mascelle,  adunque,  sono  organi  soltanto  ausiliari,  uel  lavoro  di  prima  preparazione   mec- 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    PER    LA    PHOI'IUA    CONSERVAZIONE  681 


oanica  degli  alimenti,  anche  nelle  forine  ad  apparato  nettamente  masticatore,  ma,  anche  più 
scarsamente,  in  molte  delle  specie  ad  apparato  boccale  lambente,  e  tanto  meno,  quanto  più  valida 
e  lunga  è  la  linguetta,  cioè  più  accentuata  la  facoltà  di  leccare  sostanze  fluide,  anziché  triturare 
quelle  resistenti.  Degli  organi  sensoriali,  disposti  nei  palpi  mascellari  e  nella  galea,  si  è  già  detto 
a  suo  luogo  e,  dal  lato  morfologico,  si  sono  lungamente  illustrati  nel  1  voi.  (da  p.  627  a  p.  633), 
né  qui  giova  insistervi. 

Il  labbro  interiore,  nel  tipo  masticatore,  ha  il  precipuo  ufficio  meccanico  di  chiudere  la  bocca 
inferiormente,  e  ciò  per  impedire  la  dispersione  del  cibo,  che  si  sta  triturando  nella  bocca;  ma, 
quanto  all'ufficio  sensoriale,  esso  non  sembra  si  possa  ritenere  diverso  da  quello  delle  ma 
scelle  sopraricordate  e  ciò  in  grazia  dei  palio  labiali  e  dei  lobi,  i  quali  sono  omologhi  delle  cor- 
rispondenti  parti   riconoscibili   nelle  mascelle. 

Non  pare  che  la  lingua,  negli  insetti  masticatori  puramente,  possa  godere  di  sensibilità  gu- 
stativa, mentre  che  questa  è  certamente  assai  accentuata  nelle  liugue  allungate,  che  spettano  al- 
l'apparato boccale  Lambente  e,  nel  1  voi.  (pag.  730),  si  sono  già  illustrati  i  sensilli,  che  tapezzano 
la  lingua  dell'Ape,  nel  quale  insetto  (e  nelle  specie  di  generi  vicini),  l'organo  assume  il  massimo 
sviluppo  e  certo  il  più   alto  grado  di  efficacia  sensitiva. 

La  bocca,  poi,  Bia  nell'apparato  boccale  masticatore,  che  in  quello  lambente,  è  chiusa  all' in- 
nanzi dal  labbro  superiore. 

Adunque,  negli  Insetti  a  tipo  boccale  masticatore,  le  mandibole  hanno,  tipicamente,  il  pre- 
cipuo effetto  nella  triturazione  degli  alimenti,  ma,  esso  emigra  alle  mascelle,  per  quelle  specie 
carnivore  e  predatrici,  nelle  quali  le  mandibole  hanno,  invece,  la  sola  facoltà  e  scopo  di  afferrare 
e  trattenere  la  preda.  Sono,  adunque,  da  ricercarsi  fra  le  specie  vegetariane  i  più  cospicui  esempi 
di  mandibole  robuste  ed  attissime  all'opera  di  triturazione.  Nei  predatori,  invece,  occorrerà  l'e- 
sempio di  mandibole  chiamate  a  questo  ufficio,  ma  tali  organi  saranno  sempre  molto  deboli  in 
confronto  dei  poderosissimi,  che  appartengono  ai  vegetariani  e  più  che  mai  a  auell"  che  rodono 
corpi  molto  resistenti,  come  legno,    ecc. 

Negli  insetti  lambenti,  le  mandibole  hauuo  solo  l'ufficio  triturante  o  dilauiaute  e  tutto  il 
resto  degli  organi  boccali  è,  più  o  meno  decisamente,  costrutto  allo  scopo  di  assumere  sostanze 
fluide. 

Nel  tipo  succhiatore,  che  è  cosi  variabile  quanto  alla  modificazione  dei  pezzi  boccali  co- 
munque alterati  dal  primitivo  tipo  masticatore,  tutte  le  parti  della  bocca  concorrono,  come  si  è 
detto,  alla  costituzione  di  un  succhiatoio,  assai  variamente  foggiato,  secoudo  tipi  differenti,  e 
quivi  non  è  più  traccia  di  alcun  organo  triturante.  Non  giova  insistere  sulla  morfologia  di 
questo  tipo,  abbastanza  illustrato  nel  I  voi.  (da  pag.  151  a  pag.  159)  e  qui  basti  ricordare,  che, 
in   tutti  i  tipi,   l'effetto   può   essere  secondo  due  maniere    fondamentalmente  diverse. 

In  un  caso  l'apparato  boccale  ha  per  primo  scopo  quello  di  incidere  corpi  resistenti  e  solo 
di  poi  l'altro  di  esaurirvi,  di  dentro,  le  sostanze  liquide,  che  accorrono  alla  ferita;  nell'altro  caso 
il  succhiamento  avviene  senza  la  possibilità  di  alcuna  incisione  preliminare,  e,  perciò,  gii  Insetti 
che  sono  forniti  di  questo  perfezionato  mezzo  di  assunzione  del  cibo,  non  possono  se  non  suc- 
chiare liquidi  liberi  comunque. 

Del  primo  modo  di  prendere  il  nutrimento  siano  esempio  tutti  i  Rincoti,  i  Fisapodi  (Tisa- 
notteri),  gli  Afanitteri,  gli  Auopluri,  la  maggior  parte  dei  Lepidotteri  e  parecchi  Ditteri,  del- 
l'altro solo  i  rimanenti  Ditteri  (Muscidi,  ecc.).  Nei  primi,  l'organo  perforante  è  dato,  sopratutto, 
dalle  mandibole  e  dalle  mascelle  e  qualche  volta  anche  dal  labbro  superiore,  che  sono  trasfor- 
mate in  stiletti,  rigidi  ed  acutissimi,  e,  con  queste,  l'apparato  Buccinante  è  costituito  più  co- 
munemente dal  labbro  inferiore  trasformato  in  sifone,  come  si  vede  appunto  nei  Rincoti,  Tisa- 
notteri,  ed.  in  certo  modo,  anche  negli  Afanitteri  e  nei  Ditteri  pungenti  ;  ma,  nei  Lepidotteri, 
sono  le  mascelle  quelle  che  forniscono  la  tromba  che  suochia.  Nel  secondo  caso,  non  vi  ha  più 
se  non  la  traccia,  al  massimo,  delle  mandibole  e  dello  mascelle  e  tutto  l'apparato  boccale  è  tra- 
sformato in  un  efficacissimo  organo  assorbente,  per  lo  più  molle,  carnoso,  incapace  adatto  di  in- 
taccare corpi  resistenti. 

A  proposito  del  modo  di  agire  di  tutte  queste  parti  e  del  complesso  degli  organi  boccali 
ecco  quanto  si  può  rilevare. 

Circa  l'apparato  boccale  masticatore  si  è  già  detto.  Per  quello  lambente  basti  ricordaro  che, 
a  parte  ciò  che,  per  loro  conto,  fanno  le  mandibole,  più  o  meno  atte  alla  masticazione,  i  liquidi 
sono  raccolti  dalla  linguetta  e  di  quivi  portati,  su  questo  organo,  nell'interno  della  bocca  ;  ma, 

A.  Bbrlesb,  Gli  Insetti,  II.  —  86. 


682  CAF1TOI.O    SESTO 


pei  succhiatori  veri,  deve  intervenire  una  energica  azione  di  succhiamento,  in  concorso  cogli  effetti 
della  capillarità  (certamente  molto  sensibili  dato  il  tenuissimo  calibro  dei  tubuli,  traverso  i  quali 
i  liquidi  sono  richiamati  a  passare);  ma,  vi  concorre,  auche,  uua  forte  azione  di  succhiamento, 
la  quale  è  indispensabile. 

Vediamo,  adunque,  le  funzioni  della  prima  parte  dell'intestino,  dal  retrobocca  all'esofago. 
Quivi,  i  fascetti  muscolari,  che  costituiscono  un  involucro  all'esofago  'ed  alla  massima  parte  del 
tubo  digerente)  sono  alquanto  più  robusti  che  nel  restante  esofago  medesimo  e  formano  un  anello 
capace  di  determinare  una  più  forte  costrizione. 

Il  movimento  opposto,  cioè  di  dilatazione  della  faringe,  è  dato  da  muscoli,  che  corrouo  dalla 
faccia  interna  della  fronte  a  quella  superiore  della  faringe,  che,  nei  succhiatori,  i  quali  godono 
di  tali  muscoli  assai  più  poderosi  che  non  siano  nei  masticatori,  è,  auche,  rinforzata  da  uua 
placca  chitiuosa.  Così  si  ha,  all'inizio  della  faringe,  la  pompa  faringeale,  abbastanza  illustrata  a 
pag.  723  del  voi.  I.  Si  comprende  che,  mentre  nei  masticatori  tutta  l'attività  di  questi  muscoli 
si  limita  a  facilitare  la  deglutizione  del  bolo  solido,  nei  succhiatori,  invece,  essi  determinano, 
colla  dilatazione  energica  della  faringe,  l'afflusso  del  liquido  dal  di  fuori,  tìuo  nella  faringe 
stessa,  traverso  gli  organi  boccali  e.  di  quivi,  i  muscoli  antagonisti,  cioè  i  contrattori,  spingono 
il  liquido  nel  tubo  digerente. 

La  poderosi  tà  dei  muscoli  dilatatori  della  faringe,  in  tutti  gli  Insetti  succhiatori,  dimostra 
che,  nell'opera  di  assunzione  dei  liquidi  dall'esterno,  la  capillarità  ha  beu  poca  parte  e  del  tutto 
secondaria. 

Penetrata  la  sostanza  nutritiva  nel  tubo  digerente,  assieme  al  segreto  delle 
ghiandole  salivari,  si  inizia  la  sua  elaborazione  chimica  e  si  continua  quella 
meccanica. 

Ulteriore  triturazione  degli  alimenti  solidi  nel  tubo  digerente.  —  La  muscolatura,  rappresentata 
da  fibre  auuulari  e  longitudinali,  del  tubo  digerente  (della  quale  è  detto  nel  voi.  la  pagg.  738, 
746)  è  presente  in  tutti  gli  Insetti,  siano  essi  masticatori  o  succhiatori,  non  può  quindi  avere 
per  solo  scopo  la  ulteriore  più  minuta  lavorazione  meccanica  del  cibo,  ma,  iu  generale,  nei  ma- 
sticatori e  nei  lambenti  si  rilevano  disposizioni  speciali  nel  prointestino,  per  le  quali  è  dimo- 
strato die,  quivi,  per  questi  insetti,  uua  ulteriore  triturazione  degli  alimenti  avviene  senza 
dubbio. 

Infatti,  in  uua  regione  dilatata  del  prointestiuo,  detta  ventriglio,  di  cui  la  intima  (cioè  la 
membrana  chitiuosa  interna)  è  irrobustita  notevolmente  e  spesso  armata  di  poderosi  processi 
cintinosi  che  agiseouo  l'uno  contro  l'altro  in  seguito  alla  contrazione  del  poderoso  strato  musco- 
lare, avvolgente  il  detto  ventriglio,  è  certamente  la  sede  di  un'ulteriore,  più  minuta  triturazione 
del  cibo  ingerito  (vedi  voi.  I,   pagg.  736  e  seg.). 

Digestione  ed  assorbimento  intestinale.  —  L'intestiuo  si  divide  in  tre  regioni,  il  Pro- 
intestino,  il  Mesoiniestino  ed  il  Postintestino. 

Esso  sono  separate  da  valvole  e  differiscono  fra  loro  fondamentalmente,  per 
la  struttura  delle  loro  pareti,  in  rapporto  con  funzioni  differentissiuie  nell'opera 
digestiva. 

Quanto  alla  differenza  morfologica,  essa  è  più  accentuata  fra  il  meseuteron  e  le  due  parti 
estreme  dell'intestino,  che  non  fra  queste  due  ultime,  considerate  l'una  iu  confronto  del- 
l'altra. 

La  differenza  fondamentale  consiste  in  ciò  che,  mentre  nella  parte  anteriore  (prointestiuo)  e 
nella  terminale  (postintestino)  esiste  una  tunica  intima,  cioè  una  membrana  chitinosa,  che  si 
continua  col  dermascheletro  dopo  le  regioni  boccale  ed  anale,  nel  meseuteron,  tale  membrana  di 
rivestimento  interno  manca  affatto,  così  che  quivi  l'epitelio  è  nudo,  in  presenza  delle  sostanze  da 
elaborarsi.  È  bensì  vero  che  questo  contatto,  in  pratica  non  si  verifica,  per  interposizione  della 
membrana  peiitrofica,  che  conosceremo  più  innanzi,  ma,  intanto,  l'epitelio  del  mesenterou  non  è 
rivestito  da  uua  outicola  di  secrezione  propria  delle  cellule  epiteliari  di  questa  regione,  come  è> 
invece,  per  le  altre  due. 


l'individuo  NEGLI  ATTI  PUR  la  propria  conservazionk  683 

Perciò,  mentre  la  funzione  dell'epitelio  del  prointestiuo  e  del  postintestino  è,  sopratutto, 
quella  di  produrre  la  membrana  chitinosa  (la  suddetta  intima)  ed  ogni  altra  funzione  o  è  affidata 
a  speciali  elementi  cellulari  od  a  ghiandole,  che  si  aprono  in  queste  due  regioni  dell'intestino, 
invece,  pel  mesenteron,  hi  precipua  funzione  è  certo  quella  della  elaborazione  chimica  del  cibo 
ingerito,  la  termini  generali  può  essere  detto  che  nel  prointestino  avviene  la  ulteriore  tritura- 
zione degli  alimenti  solidi;  la  loro  imbibizione  con  secrezioni  derivate  non  solo  dalle  ghiandole 
salivari,  ma  anche  da  ghiandole  speciali  (e  può  anche  avvenire  iu  appositi  diverticoli,  che  spet- 
tano a  questa  parte  del  tubo  digerente)  nonché  la  temporanea  couservazioue  del  cibo  ingerito, 
pochissimo  od  affatto  alterato  chimicamente  se  non   per  effetto  della  saliva. 

Nel  mesenteron  si  effettua  la  più  attiva  alterazione  chimica  dei  cibi  ingeriti  e,  secondaria- 
mente  si  inizia  l'assorbimento  di  taluno  almeno  delle  sostanze  ormai  elaborate,  cioè  delle  più 
alterabili   nel  processo  digestivo  delle  e  più  facilmente  assorbibili. 

Nel  postintestino  è  la  sede  esclusiva  di  ogni  ulteriore  assorbimento,  tino  ad  esaurimento  to- 
tale della  sostanza  digerita  ;  non  vi  ha  più.  ormai,  opera  digestiva  alcuna,  né  meccanica  ne  chimica 
e,  se  sboccano  ghiandole  in  questa  regione  del  tubo  digerente,  esse  non  hanno  alcun  rapporto 
colla  funzione  della  digestione,  la  quale,  adunque,  si  inizia  nel  prointestèstino  e  si  completa,  per 
la  maggior  parte,  nel  meseuteron.  Per  la  morfologia  inaerò-  e  microscopica  del  tubo  digerente, 
vedi   voi.   I,   pagg.   721-749). 

l' n'intestino.  —  È  questa  la  regione,  die  si  inizia  colla  faringe  ed  è  limitata 
dalla  valvola  cardiaca.  In  confronto  del  successivo  inesointestino,  essa  è  caratte- 
rizzata da  un  rivestimento  cuticolare,  segregato  dall'epitelio  stesso,  proprio  di 
questa  regione 

In  molti  Insetti  Ditteri,  Lepidotteri,  alcuni  Neurotteri  (tutti  adulti),  fa  parte  del  prointestino 
un  suo  speciale  diverticolo  sacciforme,  collegato  all'esofago  mercè  un  tubulo  più  o  meno  lungo 
e  sottile,  il  quale,  nei  suddetti  succhiatori,  funge  da  temporaneo  deposito  dei  lii]iiidi  ingeriti, 
mentre,  nei  Neurotteri  (Chrysopa,  SlyrmiUon),  che  ne  sono  forniti,  esso  si  riempie  soltanto  di 
aria  (come  in  taluni  Bombicidi,  ad  es.  R.  mori);  si  estende  a  tutto  il  corpo  e,  colla  sua  dila- 
tazione pel  gaz  contenuto,  aumenta  il  volume  dell'insetto,  rendendolo  così  più  leggero.  In  nessun 
caso,  adunque,  questa  ingluvie  prende  parte  diretta  all'opera  digestiva  col  concorso  di  secre- 
zioni proprie.  ' 

Ma,  tra  le  cellule  epiteliali,  pressoché  esclusivamente  chitiuogeue,  che  tapezzano  il  proiute- 
stino  sotto  il  rivestimento  cuticolare,  sono  stati  rilevati,  nelle  larve  di  Lamellicorni,  poricanali, 
in  rapporto  probabile  con  speciali  cellule  (vedi  voi.  I,  pag.  736);  si  tratterebbe,  adunque,  di 
glandule  unicellulari,  secernenti  un  liquido  a  reazione  alcalina,  con  probabile  ufficio  nella  di- 
gestione. 

Certamente,  nel  prointestino,  può  affluire  la  secrezione  di  quelle  ghiandole  cefaliche,  la  quale 
viene  a  geniere  nella  bocca;  sopratutto,  adunque,  delle  salivari,  ed  anche,  delle  mascellari  e 
delle  mandibolari.  Per  la  morfologia  di  tutte  queste  ghiandole,  vedi  voi.  I,  da  p.  508  a  p.  525. 
dove   ne   e  detto    estesamente. 

In  moltissimi  casi,  conforme  si  è  detto,  le  ghiandole  salivari  (o  del  6.°  somite  cefalico)  non 
hanno  rapporto  alcuno  colla  funzione  della  digestione,  poiché  possono  essere  velenifere,  serici 
pare,  ecc.  ;  ma,  in  altri,  specialmente  negli  Insetti  masticatori  adulti,  ad  es.  Coleotteri,  od  in  tutti 
gli  stadi  di  quelli  a  metamorfosi  incompleta  (ad  es.  Ortotteri),  la  secrezione  liquida  delle  ghian- 
dole salivari,  talora  molto  abbondante,  che  si  versa  nella  bocca,  penetra  nel  prointestino,  mesco- 
lata al  bolo  alimentare,  e  questo,  in  tale  ambiente  alcalino,  subisce  l'azione  amiolitica  ed  in- 
vertente, che  dipende  dal  segreto  appunto  delle  ghiandole  salivari  ed,  insieme,  l'azione  triturante 
meccanica  da  parte  dell'armatura  chitinosa  della  parete  interna  del   ventriglio. 

E  da  ritenersi,  adunque,  che  le  meno  difficili  e  più  pronte  alterazioni  chimiche  degli  ali- 
menti, come  è,  ad  es.,  la  trasformazione  degli  amidi  in  glucosi,  si  effettui  appunto  nella  prima 
parte  dell'intestino  e  si  debba,  appunto,  alla  secrezione  delle  ghiandole,  che  si  aprono  nella 
bocca,  mentre,  in  molti  casi,  avviene  anche  una  più  minuta  triturazione  meccanica  delle  sostanze 
solide  ingerite. 


684 


CAPITOLO    SESTO 


Fig.  688.  —  Schema  di  sezione 
transversa  del  meseuteroii,  per 
mostrare  la  membrana  peritro- 
tìca  (»»/')  i"  sito,  tra  il  cibo  A 
e  la  .sostanza  digerita  li.  ■   C, 


Mesenteron.  -  Della  morfologia,  struttura  ed  in  parte  anche  delle  funzioni 
di  questa  regione  dell'intestino  è  detto,  non  brevemente,  nel  I  voi.,    a  pag.  726 

e  da  pag.  73S  a  740. 

È  accennato  colà  al  fatto  che  il  niesointestino  è  rivestito,  internamente,  da 
uno  strato  epiteliale,  non  rivestito  di  intima  propria,  ma,  difeso,  contro  gli  attriti 
delle  sostanze  ingerite,  dalla   membrana  peritrojica. 

Questa  membrana,  di  natnra  chitinosa,  eolissima  e  permeabile,  è  segregata  da  speciali  cel- 
lule situate  nell'estrema  anteriore  parte  del  mesenteron  stesso  e,  di  là,  questo  cilindro  membra- 
noso, scende  continuamente  nel  mesenteron,  rivestendolo  in- 
ternamente; raggiunge  il  postintestino,  dalle  accidentalità 
rigide  della  cui  intima  è  trattenuto  e  stirato  di  continuo 
ve°rso  l'esterno,  cioè  verso  l'orifizio  anale,  di  dove  poi  esce, 
avvolgendo  tuttavia,  in  modo  più  o  meno  esteso  o  comple- 
tamente,  gli  stessi  escrementi  (fig.   921,  voi.  I). 

Cosi  avviene  che  il  lobo  alimentare  è  sempre  avvolto  da 
una  membrana,  la  quale  ha  l'ufficio,  non  solo  di  proteggere 
dagli  attriti  l'epitelio  del  mesenteron,  ma,  con  tutta  proba- 
bilità, quello,  ancora,  di  costituire  un  diaframma  dializzante 
fra  il  cibo  ingerito  ed  in  via  di  elaborazione  e  lo  spazio  com- 
preso fra  il  cilindro  interno,  formato  dalla  detta  membrana  e 
l'esterno,  stabilito  dall'involucro  epiteliare  del  mesenteron, 
nel  cpiale  spazio  viene  a  raccogliersi  il  prodotto  di  secre- 
zione, con  ufficio  digestivo,  speciale,  dell'epitelio  del  meseu 
epitelio;  D,  strito  muscolare  teron.  Quivi,  ancora,  si  accumula  tutta  la  sostanza  dia- 
annnlare  ;   ni,  membr.    propria.       Uzzata    dal     lume    interno,    traverso  la    membrana  pentrofìca, 

cioè,   molto   probabilmente,   albnminoidi   ormai    peptonizzati  e, 
come  tali,  pio   facilmente    dializzabili    e  destinati  ad  immediato  assorbimento   (fig.   688). 

Ripeto  che  la  membrana  peritrofica  è  in  continua  formazione  nella  primissima  parte  del 
mesenteron  ed  in  continuo  movimento  verso  l'apertura  anale,  trattavi  dalle  accidentalità  spini- 
formi  della  intima  del  postintestino,  che  vi  si  impigliano,   la 

perforano  anche  e,    mercè  i  moti  peristaltici    del  postintestino  ^-^  .-.. 

stesso,   la  trascinano  nel  senso  e  nella  via  indicati. 

Cosi,  l'epitelio  del  mesenteron,  delicatissimo  come  è,  si 
trova  bene  protetto  contro  le  asperità  del  bolo  solido:  ma, 
la  presenza  della  peritrofica  in  tutti  gli  intestini,  anche  in 
quelli  degli  insetti  succhiatori  e  quindi  aventi,  nel  loro 
interno,  solo  sostanze  liquide,  e  perciò  ad  attrito  nullo,  con- 
corre a  dimostrare  che  essa  ha  anche  altro  ufficio,  oltre  a 
quello  meccanico  e  puramente  protettore  suindicato. 

Oltre  a  questo,  anche  tutto  l'organismo  è  salvaguardato, 
per  opera  della  membrana  peritrofica,  dall'ingresso,  traverso  il 
tubo  digerente,  di  corpi  estranei  ocl  altri  organismi  pericolosi. 
In  tale  maniera,  la  membrana  peritrofica  si  comporta  come 
una  vera  e  propria  cuticola  intercettante  l'ingresso  a  corpi 
solidi  od  a  sostanze  discìolte,  nocivi  nell'organismo.  Cosi,  i 
microrganismi  sono  impediti  di  passare  e,  nel  Baco  da  seta, 
affetto    da    flaccidezza,      si     vede      la    peritrofica.      ingrossare 

enormemente  (da  10  a  14  volte  più  del  normale).  Anche  sostanze  disciolte  sono  intercettate. 
Cosi,  negli  Ortotteri,  materie  coloranti  diverse  (carminato,  bleu  di  metilene,  vesuvina,  ecc.)  non 
passano,  pur  restando  molto  tempo  nell'intestino,  lino  a  loro  espulsione.  Nel  Baco  da  seta,  tra 
molti   colori   vegetali  o  di  anilina,   solo  la   fucsina  è  assorbita  dall'epitelio  del   mesenterou. 

Per  converso,  in  altri  Insetti,  come  ad  es.  nella  larva  di  Corethra,  le  stesse  sostanze  colo- 
ranti,  mescolate  al  cibo,   passano   nell'organismo  e  sono  eliminate  dagli  organi  escretori. 

L'accumularsi,  in  più  strati,  fino  a  costituire  ammassi  rilevanti,  di  questa  membrana  peri- 
trofica,   nelle  forme  larvali  (Imenotteri  aculeati,  alcuni     Neurotteri,   ecc.),   che    hanno     l' in  testino 


Fig.  689.  —  Cellule  epiteliali 
del  mesenteron  di  Calliphora 
adulto,  in  attività  di  secre- 
zione. 

«,  cellula  giovanissima,  pronta 
per  sostituire  la  cellula  e, 
che  ha  già  dato  la  gocciola  ; 
fi,  tunica  propria. 


l'individuo  negli  atti  pick  la  pkop::ia  conservazione 


6S5 


chiuso  nella  valvola  pilorioa,  dimostra  la  oontinua  formazione  della  membrana  medesima  e  con- 
ferma le  osservazioni  dirette,  che  comprovano  tale  fatto. 

I  successivi  stati  e  coudizioni  della  cellula  epiteliare  del  meseuteron  sono  essi  pure  abba- 
stanza illustrati  nel  voi.  1  (da  pag.  74  1  a  pag.  745)  ed  ivi  è  mostrato  come,  nel  rapidissimo 
rinnovarsi  dell'epitelio  stesso,  le  cellule  si  moltiplichino  in  determinati  centri  o  focolai,  dissemi- 
nati uniformemente  su  tutta  la  superticie  del  meseuteron.  Ciò  avviene  mentre  le  cellule  sono 
ben  Ianni  dall'àver  acquistato  ([nell'accrescimento  di  volume,  che  avranno  all'atto  di  prender 
parte  alla  funzione  digestiva.  Nel  secondo  periodo  avviene  questo  accrescimento.  Piti  tardi  la 
cellula  segrega,  in  sé,  i  fermenti  digestivi  (tig.  690),  la  emissione  di  questi,  nel  lume  del  me- 
seuteron, è  concomitante  ad  una  speciale  struttura 
striata  per  lungo  di  parte  del  citoplasma  \orletto) 
(fig.  692,  II,  0),  nel  suo  strato  terminale,  cioè  verso 
la  parte  libera  della  cellula  stessa,  adunque  verso 
il  lume  del  mesointestino  medesimo. 

Allorché  la  secrezione  è  al  suo  colmo,  può 
rigonfiarsi  la  parte  terminale  della  cellula  (fig.  692, 
I)  e  staccarsi,  in  forma  di  grossa  gocciola,  che  si 
diffonde  nel  liquido  contenuto  nel  meseuteron. 
Segue  il  progressivo  disfacimento  della  cellula,  che 
finisce  per  dissolversi,  essa  pure,  nel  liquido  mede- 
simo, mentre  è  subito  sostituita  da  un  nuovo  ele- 
mento, che  sorge  e  progredisce  colle  modalità  e  colla 
destinazione  surricordata.  Cot-ì,  l'epitelio  del  me- 
seuteron si  rinnova  continuamente,  talora  anche 
con  lunghe  zone  di  cellule  o  tutto  insieme  con- 
temporaneamente, ed  è  da  ritenersi  che,  da  parte 
della  cellula  epiteliare,  avvenga,  oltre  alla  fun- 
zione di  secrezione,  anche  quella  di  assorbimento 
delle  sostauze  ormai  elaborate  (1). 

Assorbimento  della  sostanza  elaborata.  —  Sembra 
doversi  ritenere  per  certo,  che  la  sostanza  ormai 
digerita  ed  assimilabile,  dopo  traversata  la  peri- 
trofica,  stravasi  dall'intestino  nella  cavità  viscerale, 
non  filtrando  fra  cellula  e  cellula  dell'intestino 
stesso,  ma  penetrando  veramente  nelle  singole  cel- 
lule e  traversandole.  Le  cellule  epiteliali  (fig.  691) 
avrebbero  cosi  questo  ultimo  ufficio  di  assorbimento, 
che,  altrimenti,  il  passaggio  delle  sostanze  elabo- 
rate, fluido  denso  e  poco  atto  a  filtrare  traverso  l'epitelio  e  le  tuniche  dell'intestino,  non  po- 
trebbe    non    essere    lento  e  disordinato. 


Fig.  690.  —  Cellule  del  mesenteron  di 
C'alliphora  adulto,  nelle  quali,  da 
parte  del  nucleo,  è  in  attività  la  se- 
crezione del  succo  digestivo  (indicato 
in  nero).  Cellula  a  giovanissima  ;  è 
incominciata  la  secrezione,  ma  è  poca 
e  tuttavia  contenuta,  nel  nucleo  ;  b, 
cellula  giovane,  ina  meno  delle  pre- 
cedenti ;  il  succo  digestivo  si  co- 
mincia a  raccogliere  in  fondo 
alle  cellule;  Ad,  cellule  già  com- 
pletamente sviluppate;  si  vede  la 
gocciola  di  succo  gastrico  fuori- 
uscire dal  nucleo  e  raccogliersi  in 
fonilo  alla  cellula,  per  passare,  poi, 
nella  sua  parte  anteriore:  il  cito- 
plasma e  la  cromatina  sono  indicati 
nella  sola  cellula  (I,  per  non  creare 
confusione;  nelle  altre  è  segnata 
solo  (in  nero)  la  sostanza  safranotìla, 
cioè  il  succo  digerente  anzidetto  ; 
tp,   tunica  propria. 

Questo  stadio  precede  di  poco  lo  stadio 
ad  orletto  (Da  Berlese). 


(1)  È  bene  qui  rilevare  che  questa  identità  delle  cellule  epiteliari  del  mesenteron,  sebbene 
esse  presentino  aspetti  molto  diversi,  apparendo  alternate,  pressoché  regolarmente,  quelle,  calici- 
formi,  colle  altre  cilindriche,  ad  orletto  o  rabdorio  che  si  voglia  dire,  la  quale  identità  di  origine 
era  ammessa  ormai  allorché  io  ne  trattavo  nel  I  voi.  (loc.  cit.),  è,  ora,  revocata  in  dubbio  e  ciò 
in  lavori  recenti,  tra  cui  cito  qnelli  del  Degeener  (1913)  e  della  Foà  (1918),  per  qunnto  al- 
l'altra opinione  inclinino,  invece,  il  Jordan  (1911)  e  lo  Steudel  (1913);  queste  ultime  osserva- 
zioni  sono  state  condotte  su   insetti   diversi. 

Il  Degeener,  che  studiò  l'epitelio  della  larva  della  Deilephila  enphorbiae,  conclude  che  j;li 
sferoriti  (come  l'Autore  chiama  le  cellule  cilindriche)  sono  diversi  dai  calicociti  (cellule  a  calice 
degli  autori).  «Sono  —  dice.  l'Autore  —  due  sorta  di  cellule,  senza  dubbio  diverse  morfologica- 
mente e  fisiologicamente,  fra  le  quali  non  esistono  gradi  di  passaggio  •>.  La  signorina  Foà  estese 
le  sue  ricerche  non  solo  anche  ai  giovani  bacolini  (giacché  ha  preso  per  oggetto  delle  sue  ri- 
cerche il  Baco  da  seta)  ma  ancora  ad  embrioni,  per  quanto  maturi,  e  giunge  alle  stesse  conclu- 
sioni del  Degeener.    Con  tutto  ciò  non  può  essere  completamente  eliminato  il  dubbio,  uè,   a  mio 


686 


CAPITOLO    SESTO 


La  superfìcie  attiva  del  meseuterou  è  spesso  accresciuta  per  la  pre9euza  di  diverticoli  sacci- 
formi, sporgenti  Bulla  sua  superfìcie  esterna,  nei  (inali,  però,  come  è  facile  comprendere,  non  si 
introflette  altrimenti  la  peritrofica,  cioè  non  viene  ad  insinuarsi  mai  il  cibo  in  via  di  digestione. 
Il  loro  lume,  adunque,  non  è  occupato  se  non  dal  liquido  attivo  nella  digestione  o  dai  prodotti 
ormai   elaborati  e  destinati  all'assorbimento. 

Postintestino.   —   In  taluni  casi,  allorché,  cioè,  la  valvola  pilorioaè  chiusa  (se 
ne  sono  ricordati  esempi,  che  però,  appartengono  solo  a  forine  larvali  di  insetti 

olometaboli),  evidentemente  ogni  funzione  digestiva 
si  arresta  a  questa  porta  chiusa  e  la  digestione 
avviene,  quindi,  solo  nelle  due  prime  porzioni  del- 
l'intestino, sopratutto  nella  seconda. 

In  tutti  gli  altri  casi,  è  luogo  a  discussione 
circa  la  parte  che  il  postintestino  ha  nell'opera 
digestiva.  Una  funzione  attiva,  cioè  coll'interveuto 
di  secrezioni,  do- 
vute a  cellule 
epiteliali  od  a 
ghiandole  spe- 
ciali di  questa 
parte  dell'  inte- 
stino, si  può  am- 
mettere solo  per 
taluni  elementi 
cellulari  disse- 
minati nell'  epi- 
telio, piuttosto 
rari  e  non  sem- 
pre presenti  in 
tutti  gli  insetti, 
i  quali  elementi 
si  vedono  assu- 
mere il  caratte 
ristico       aspetto 

delle  cellule  in  attività  secernente.  La  funzione  precipua  sembra  essere  quella 
di  esaurimento  ulteriore  del  cibo  ingerito,  sopratutto  coll'assorbimento  dei  pro- 
dotti   della    digestione  di     sostanze  grasse. 

Che  il  postintestino  abbia,  nell'opera  digestiva,  una  funzione  assorbente,  è  dimostrato  anche 
dal  fatto,  che  anche  in  questa  parte  dell'intestino  si  possono  trovare  introflessioni  della  parete, 
le  quali  non  sono  destinate  ad  altro,  evidentemente,  se  non  ad  aumentarne  la  superficie.  Nel 
postintestino  vengono  ad  aprirsi  le  ghiandole  urinarie,  cioè  i  tubi  malpighiani  e  spesso  anche 
altre  ghiandole  di  natura  ed  ufficio  diversissimi,  non  però  in  rapporto  coll'opera  digestiva  (per 
la  morfologia,   anche  minuta,   dell'intestino  posteriore,   vedi   voi.    1,   pagg.   727-728,   746-749). 


Fig.  691.  —  Cellule  del  niesen- 
teron  ili  CalUphora  adulto,  in 
attività  assorbente.  Cibo  me- 
scolato a  sali  solubili  di  ferro, 
trattamento  con  ferro  cianuro 
di  potassio,  ecc.  11  ferro  è  fis- 
sato e  si  riconosce  dalla  tinta 
bleu,  caratteristica,  nelle  cel- 
lule (C)  e  nella  sostanza  dige- 
rita ed,  stravasata  ormai  oltre 
la  membrana  propria  (mp)  e 
ancora  compresa  tra  le  fibre 
annnlari  muscolari  (/•'»!),  delle 
quali  si  vedono  le  sezioni 
transverse.  Cg,  cellula  gio- 
vane. Nelle  altre  è  contenuto  il 
ferro  assunto  col  cibo.  (Da 
Berlese  |. 


Fig  692.  —  Cellule  epiteliale  del  ine- 
sointestino  di  Cimbex  ;  /,  in  attività 
secernente;  II,  in  attività  assorbente, 
e,  cellule  mature  ;  ct,  cellule  gio- 
vani di  ricambio  ;  o,  orletto  ;  g,  goc- 
ciola che  sta  separandosi  dalla  cellula; 
j,,  caduta  nel  lume  dell'intestino  ; 
m,   membrana  basale.   (Da  Severin). 


parere,  la  questione  è  risoluta  ormai,  sia  perchè  gli  embrioni  studiati  dal  Verson  e  dalla  Foà 
hanno  suggerito  ai  due  autori  conclusioni  differenti,  pur  concordando  perfettamente  nel  reperto 
obbiettivo  ;  sia  perchè  gli  embrioni  studiati  erano  già  prossimi  alla  schiusura  e  da  qualche 
tempo  il  loro  intestino  doveva  trovarsi  in  una  funzione  digestiva,  per  quanto  limitata  e  speciale, 
sia  perchè  il  confronto  con  molti  altri  insetti,  ad  es.  quelli  studiati  dallo  Steudel  sopracitato, 
lascia  molte  incertezze    e  dubbii    in  proposito. 

Ritengo  che  la  questione  sia,  per  ora,  soltanto  rimessa  sol    tappeto,   quando    sembrava  affatto 
risoluta. 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    PKl:    LA    PROPRIA    CONSERVAZIONK  687 

Salvo  il  conoorso  discutibile,  che  può  venire  dal  prodotto  dei  vasti  malpighiaui  nella  chimica 
dei  liti  nidi  ormai  elaborati  e  tuttavia  da  assorbirsi,  che  si  trovano  nel  postintestino  (del  che  si 
dirà  tosto),  e  l'attività  assorbente  di  questa  terza  ed  ultima  porzione  del  tubo  digerente,  funzione 
questa  che  può  essere  dimostrata,  come  si  vedrà,  il  postintestino  ha,  inoltre,  l'ufficio  di  tratte- 
nere temporaneamente  le  feci,  oltre  a  quelle  altre  funzioni,  che  non  si  richiamano  alla  digestione 
e  di  cui  si  farà  cenno  volta  a  volta. 

Processi  chimici  nella  digestione.  —  Si  è  già  avvertito  che  la  trasformazione 
degli  amidi  in  glucosi,  nella  digestione  interna,  si  inizia  già  nel  prointestino  e  si 
è  accennato  alla  parte,  che  vi  possono  prendere  le  ghiandole  cefaliche,  aprentesi 
nella  bocca,  sopratutto  quelle  salivari,  mercè  il  loro  segreto.  L'alterazione  chi- 
mica, in  questo  senso,  che  subiscono  gli  amidi  nella  ingluvie  di  quegli  insetti  in 
cui  essa  è  distinta  come  un  diverticolo  sacciforme,  in  rapporto  col  rimanente  in- 
testino solo  mercè  un  tubulo  esile,  che  riunisce  questo  sacco  all'esofago  al  suo 
inizio,  cioè  molto  prossimamente  alla  bocca,  dimostra  che  tale  alterazione  non 
può  essere  dovuta  all'intervento  di  secrezioni  del  mesenteron,  ma  solo  a  quelle 
delle  ghiandole  cefaliche,  da  poiché  le  pareti  di  detta  ingluvie  separata  non 
hanno  che,  tutto  al  più,  un  epitelio  bassissimo,  senza  alcun  carattere  di  tessuto 
ghiandolare  ed  anzi  difficilmente  percepibile  nelle  sezioni.  Là  dove  l'epitelio  è 
più  alto,  può  essere  che  esso  abbia  qualche  attività  secernente,  sopratutto  per  quelle 
cellule  distinte  ed  a  condotto  proprio,  delle  quali  si  è  fatto  cenno. 

Certo,  però,  la  principale  funzione  digestiva,  anche  degli  amidi  è  riserbata  al 
mesenteron.  Quivi,  l'epitelio,  come  si  è  detto,  si  vede  sempre  in  gagliarda  fun- 
zione secernente. 

il  liquido  fermentizio,  il  vero  succo  gastrico  sembra  si  formi  sopratutto  nel 
nucleo  della  cellula  epiteliare;  certo  il  nucleo  vi  ha  parte  essenziale  benché  sia 
da  ritenere  che  anche  il  citoplasma  concorra  alla  formazione  del  succo  gastrico 
dal  momento  che,  alla  fine,   l'intera  cellula  si  disfà  nel  liquido  digestivo  (1). 

Frenzel,  Biedermaun  ed  altri  avevano  già  rilevato  la  presenza  di  inclusioni  diverse,  guttnli- 
formi  nel  nucleo  e  nel  citoplasma  delle  cellule  epiteliari  e  Duboscq  e  Léger  (1900-902)  hanno, 
essi  pure,  descritto  prodotti  di  secrezione  contenuti  nelle  cellule  dell'epitelio  del  mesenteron,  in 
Coleotteri  ed  Ortotteri,   alla  formazione  delle  quali   il   nucleo  pronde  patte  importante. 

Si  tratta  di  sferale  mucinoidi,  talora  ialine,  tal'altra  contenenti  molti  granuli  cromatici  e 
«  granuli  zimogeni  e  prozimogeni  »,  aafranofili  e  di  natura  puramente  cromatica.  Tali  sferule 
mucinoidi,  sole  o  colle  cellule  degenerate  ormai,  cadono  nel  lume  del  mesenteron  e  quivi  si  fon- 
dono nel  succo  gastrico,  alla  cui  composizione  concorrono. 

Per  mie  osservazioni,  condotte  su  non  pochi  insetti,  mi  risulta  che  le  inclusioni  safranofile 
sopracitate  si  formano  nel  nucleo  della  cellula  epiteliare  molto  per  tempo,  ancora  quando  esse 
sono  molto  giovani  (fig.  690,  a,  a),  ma  la  secrezione  raggiunge  la  massima  intensità  in  uno  stadio 
che  precede  ((nello  ad  orletto  ed  in  questo.  Tali  inclusioni  fuoriescono  dal  nucleo  verso  il  basso 
della  cellula,  ove  questa  riposa  sulla  membrana  propria  ed  appunto  nella  parte  inferiore  della 
cellula  si  raccolgono  e  si  mescolano  al  citoplasma,  raggiungendo  solo  di  poi  la  parte  rivolta 
verso  il  lume  dell'intestino,  di  dove  questi  prodotti  fuoriescono  nel  modo  già  ricordato  e  rappre- 
sentato dalla  fig.   689. 


(1)  Tuttavia  questo  ratto  non  è  probante,  in  modo  categorico,  dell'intervento  del  citoplasma 
della  cellula  epiteliare,  nella  composizione  del  succo  gastrico.  Può  essere  che  si  tratti  semplice- 
mente di  digestione  della  cellula  ormai  morta.  Infatti,  che  le  cellule  ben  vive  ed  attive  non 
soffrano  del  contatto  col  liquido  digestivo,  è  certo,  logico  e  riconoscibile  direttamente,  come  pure 
si  deve  ammettere  che  le  cellule  morte  non  possano  non  essere  digerite,  cioè  risentire  l'influenza 
del  succo  gastrico,  appena  cessata  la  loro  vitalità.  È  però  ammissibile  che  il  liquido  fermentizio, 
formatosi  nel  nucleo,  si  completi  nella  sua  composizione,  col  concorso  del  citoplasma,  nell'atto 
di  traversare  la  cellula  per  fuoriuscire. 


b>K  CAPITOLO    SESTO 


Pantel  (1898)  ha  riconosciuto,  nel  Trizio»,  movimenti  ritmici  di  contrazione  e  dilatazione 
delle  cellule  epiteliari,   mediante  i  quali   vengono,   ad  intermittenze,   espulsi  i  succhi    fermeutizii. 

La  secrezione  dell'epitelio  del  ineseiiteron  (detto  anche  ventricolo  chili- 
fico,  ecc.)  o  succo  gastro  intestinale,  che  dire  si  voglia,  contiene,  come  principio 
attivo,  un  fermento  con  funzione  da  paragonarsi  piuttosto  al  succo  pancreatico 
degli  animali  superiori,  anziché  a  quello  gastrico. 

Infatti,  il  liquido  segregato  dal  mesenteron  agisce  insieme  sugli  amilacei, 
sugli  albuminoidi  e  sui  grassi,  trasformandoli  in  sostanze  solubili  (glucosi,  pep- 
toni,  glicerine,  acidi  grassi). 

La  azione  proteolitica  di  questo  succo  gastrico  non  è  già  da  ascriversi  ad 
una  mescolanza  di  pepsina  e  di  tripsina,  come  da  taluno  autore  è  stato  prima- 
mente ammesso;  ma,  il  principio  attivo  si  deve  alla  tripsina,  esclusivamente,  che 
trasforma  gli  albuminoidi  in  peptoni  colla  formazione  di  triptofano  e  tirosina, 
colle  caratteristiche  della  digestione  triptica.  Adunque,  la  digestione,  negli  Insetti, 
per  opera  del  succo  mesenterico,  si  avvicina  a  quella  pancreatica  degli  animali 
superiori  e  non  corrisponde  a  quella  gastrica  degli  stessi.  Il  succo  gastrico  ha, 
però,  anche  attività  amilolitica  (almeno  per  la  maggior  parte  degli  Insetti),  per 
quanto,  secondo  le  esperienze  del  Plateau,  tale  attività  sia  molto  diversa,  per 
grado,  nei  differenti  gruppi  di  Insetti. 

Il  potere  lipolitico  del  succo  digestivo,  nella  generalità  degli  Insetti  è  ormai 
fuori  di  dubbio;  accanto  ad  un'energica  azione  emulsiva,  il  succo  gastrico  ha 
quella  pure,  bene  constatata,  di  sdoppiare  i  grassi    in   glicerina  ed  acidi  grassi. 

Quanto  alla  trasformazione  delle  sostanze  amilacee,  è  ammesso  che  il  glucosio  si  forma,  nei 
Bruchi,  anche  nel  mesenteron  e  Bidermauu  ha  riconosciuto  ciò  per  la  larva  del   Tenebrio    motitor 
che,   come  è  hen   noto,  si  nutre  di  farina  e  nel  succo  gastrico  di  questo  insetto  l'Autore  ha  con- 
statato anche  la  presenza  di  una  invertina,  il  Plateau,  per  gli  Scarabeidi,  ha  riconosciuto    con 
simile  effetto. 

Però,  se  non  pei  Bruchi,  nei  quali  le  ghiandole  del  6.°  somite  sono  trasformate  in  organi 
sericipari,  per  la  larva  di  Tenebrio  e  per  altri  Insetti  non  si  può  escludere  l'intervento  e  la  me- 
scolanza della  saliva,   nel  succo  gastrico  presente   nel  mesenteron. 

Quanto  al  potere  proteolitico  del  detto  succo,  se  ne  è  constatata  la  diversa  efficacia,  come  ho 
detto,  a  seconda  dei  diversi  grappi  di  Insetti. 

In  riguardo  al  potere  lipolitico,  esso  ò  accertato  ormai  dalle  esperienze  di  parecchi  autori 
(Jousset  de  Bellesme,  Plateau,  Biedermann,  Porta,  ecc.).  Inoltre,  Sieber  e  Metalnikow  hanno 
constatato,  nel  succo  gastrico  della  larva  della  Tignuola  degli  alveari  (Galleria  melonella),  la  pre- 
senza di  un  fermento  lattico,   capace  di  coagulare  il  latte    in  uu  ambiente  alcalino. 

Quanto  al  grado  di  acidità  od  alcalinità  del  succo  gastrico,  si  è  riconosciuto 
che  negli  Insetti  carnivori  e  negli  onnivori,  il  succo  stesso  è  a  reazione  legger- 
mente acida,  mentre  negli  Insetti  erbivori  esso  è,  generalmente,  alcalino  ;  ma,  la 
condizione  di  acidità  non  è  necessaria  per  la  digestione  ed  in  tutti  i  casi  tale 
acidità  non  dipende  affatto  da  alcun  acido  libero,  analogo  a  quello  che  si  in- 
contra nel  succo  gastrico  degli  animali  superiori;  tale  acido,  pegli  Insetti,  mai  si 
è  potuto  mettere  in  evidenza  e  l'acidità  stessa  sembra  piuttosto  doversi  ad  un 
sale  acido,  come  ad  es.  ad  un  fosfato. 

Esperienze,  condotte  nutrendo  Insetti  con  sostanze  mescolate  a  soluzioni  di  tornasole,  hanno 
dimostrato  che  la  reazione  può   variare  nelle  diverse  parti    dell'intestino. 

Così,  ad  es.,  nella  larva  di  Tenebrio  molitor,  Biedermann  ha  riconosciuto  che  il  succo  gastrico, 
nettamente  acido  nei  due  terzi  anteriori  del  mesenteron,  diviene  subitamente  alcalino  nell'altra 
parte  e  la  linea  di  demarcazione  corrisponde  ad  una  decisa  differenza  nella  struttura  dell'e- 
pitelio. 


l'individuo  negli  atti  per  la  PROPRIA  CONSERVAZIONE  689 

In  un»  mia  nota  (1896)  sugli  organi  e  sulla  funzione  della  digestione  negli  Acari,  trattando 
incidentalmente  della  stessa  funzione  negli  Insetti  vegetariani  e  ricordando  che  già  il  Plateau 
(1867)  aveva  constatato  sicuramente  che,  nella  quasi  totalità  di  questi  Insetti,  il  succo  gastrico 
ha  reazione  alcalina,  pur  nutrendosi  essi  di  sostanze  vegetali,  le  quali  Bono  ricche  di  acidità, 
esprimevo  la  opinione  che  tali  sostanze  aoide  fossero  sollecitamente  ossidate  dalle  numerose  tra- 
chee, che  recano  aria  abbondante  al  mesenteron,  anche  molto  intimamente  nell'epitelio. 

I  sali  acidi  organici,  contenuti  nelle  sostanze  vegetali,  si  trasformano,  coli 'ossidazione,  rapi- 
damente, in  carbonati  alcalini,  la  cui  presenza  nel  succo  del  mesenteron  è  stata  sempre  consta, 
tata.  I  vasi  malpighiaui,  poi,  interverrebbero,  prima  dell'assorbimento  per  parte  del  postintestino, 
a  neutralizzare  l'alcalinità  della  sostanza  da  assorbirsi,  versandovi  per  entro  l'acido  urico,  con 
formazione  di  arati  alcalini,  che  si  vedono  iu  forma  di  concrezioni  sferoidali  e  vengono  espulsi 
colle  feci. 

La  digestione,  che,  negli  Insetti  e  nei  Miriapodi,  si  effettua  nel  lume  dell'intestino,  invece, 
negli  Aracnidi,  è  intracellulare,  cioè  si  compie  in  seno  alle  cellule  stesse  epiteliari  del  mesenterou, 
cioè  con  processo  fisico    essenzialmente  diverso,   però  chimicamente   conforme. 

Assorbimento.  —  Non  è  stato  ancora  dimostrato  che  nell'intestino  anteriore 
avvenga  alcali  processo  di  assorbimento,  neppure  dei  glucosi.  Ma,  pel  mesenteron, 
le  esperienze  in  proposito  non  lasciano  dubbio  e  conviene  ammettere  che  le 
6tesse  cellule  epiteliari,  sia  pure  in  momenti  diversi,  abbiano  ufficio  secernente  del 
succo  digestivo  e  quello  ancora  di  assorbire  la  sostanza  elaborata  ormai  nel  lume 
di  questa  parte  dell'intestino. 

11  processo  è  da  ritenersi  che  avvenga  nel   modo  seguente. 

Le  sostanze  ingerite,  mescolate  alla  secrezione  delle  ghiandole  cefaliche  od 
almeno  di  talune  fra  queste,  passano  nel  mesenteron,  contenute  entro  la  mem- 
brana peritrofiea.  Questa  è  permeabile  ai  liquidi  a  seconda  della  loro  facoltà 
dialitica;  essa,  cioè,  permette  facile  ingresso  al  succo  digerente  ed  egresso  alle 
sostanze  ormai  rese  solubili,  cioè  digerite,  sieno  esse  glucosi,  peptoui  o  prodotti 
della  scomposizione  dei  grassi  e  queste  si  raccolgono  tra  la  membrana  peritrofiea 
ed  il  rivestimento  epiteliare  del  mesenteron.  Di  quivi  sono  assorbite  dalle  sin- 
gole cellule  epiteliari,  nel  cui  citoplasma  subiscono,  certo,  una  ulteriore  modifica, 
zioue  ed,  alla  fine,  pronte  ad  essere  ormai  assimilate,  dalla  regione  basale  delle 
cellule  trasudano  negli  interstizi  fra  cellula  e  cellula,  e,  traversata  la  membrana 
basale,  si  diffondono  nella  cavità  viscerale,  ormai  pronte  a  circolare  nelle  lacune 
degli  organi  interni. 

La  diversità  chimica  fra  le  sostanze  comprese  entro  la  peritrofiea  ed  i  liquidi,  che  si  raccol- 
gono tra  questa  e  l'epitelio  rivestente  il  mesenteron,  può  essere  messa  iu  rilievo  sicuramente  dal- 
l'impiego di  sostanze  coloranti  diverse,  mediante  le  quali,  nelle  sezioni,  appare  chiaramente  co- 
tale diversità.  Le  stesse  colorazioni  all'emallume,  con  molte  altre,  mostrano  una  assai  diversa 
colorabilità,  a  seconda  che  si  tratta  delle  sostanze  contenute  nella  peritrofiea  o  esterne  a  questa. 
In  generale,  queste  ultime  sono  assai  più  intensamente  tingibili,  come  lo  sono  le  sostanze  pep- 
tonizzate  in  generale  ed  i  fermenti  proteolitici,  mentre  non  lo  sono  che  debolissimamente,  o  punto, 
gli  albuminoidi  tuttavia  insolubili. 

L'intervento  delle  cellule  epiteliari  nell'opera  di  assorbimento  è  dimostrato  anche  da  espe- 
rienze dirette,  come  sono  quelle  condotte  con  sostanze  nutritive  mescolate  a  coloranti,  come  è 
stato  riconosciuto  da  diversi  autori  e'per  insetti  differenti  (Vangel  per  Idrofilo;  Yoinoy  per  le 
larve  di  Odonati;  Pautel  per  la  larva  di  Trizion.  Cuenot,  per  Blatte  nutrite  con  farina  mesco- 
lata a  lattato  di  ferro,  riconosciuto  alla  reazione  col  ferrocianuro  di  potassio,  orinai  presente 
entro  le  cellule  epiteliari  dopo  24  o  48  ore  dalla  ingestione). 

Tutte  queste  esperienze  hanno  dimostrato  che  l'assorbimento  avviene  anche  per  parte  delle 
cellule  epiteliari  dei  diverticoli  ciechi  del  mesenteron. 

Cosi,  è  da  ammettersi  una  corrente  centripeta  di  liquido  digerente,  da  tutta  la  parete  del 
mesenteron   e  suoi  diverticoli  verso  il  centro    del    tubo,    per    giungere  a  contatto  della  sostanza 

A.  Bkblkse.  Oli  Instili,  II.  —  87. 


690  CAPITOLO    SESTO 


da  digerire  e,  conseguentemente,  una  corrente  inversa,  centrifuga,  dal  lume  centrale  del  uiesen. 
teron  stesso  e  suoi  diverticoli  ciechi,  quando  essi  esistono. 

All'opera  di  assorbimento  non  prendono  parte  le  giovanissime  cellule  epiteliari,  tuttavia 
annidate  nei  nidi  di  cellule,  dei  quali  si  è  detto  antecedentemente. 

In  queste  adunque,  mentre  può  ammettersi  che  la  secrezione  del  succo  gastrico  si  inizi 
molto  per  tempo,  si  deve  escludere  che  contemporanea  si  manifesti  la  facoltà  di  assorbimento. 
Le  prove  del  Cuenot,  sopracitate,  a  mezzo  di  sali  di  ferro,  dimostrano  ciò,  con  tutta    evidenza. 

Quanto  all'intervento  delle  cellule  epiteliari,  nella  ulteriore  elaborazione,  esso  è  dimostrato 
da  inclusioni  speciali,  che  si  trovano,  spesso  anche  in  gran  numero,  nel  nucleo  e  nel  citoplasma 
delle  cellule  epiteliari  del  mesenteron  e  sono  cristalloidi  di  natura  proteica  (kern  krystalloide 
del  Biedermann,  riscontrati  anche  dal  Mingazzini   in   larve  di  Lamellicorni,  ecc.). 

Inoltre,  la  osservazione  diretta,  colle  colorazioni  mercè  sali  di  ferro,  secondo  il  processo  del 
Cuenot,  mostrano  che  il  ferro  stesso  si  trova  nell'interno  delle  cellule.  Per  mio  conto  ho  ripe- 
tuto il  trattamento  usato  dal  Cuenot,  somministrando  a  Callifore  adulte  tuorlo  d'uovo  conte- 
nente il  sale  di  ferro.  Ho  riscontrato  che  le  cellule  epiteliali  in  attività  di  assorbimento  (fig.  691) 
sono  imbevute  della  sostanza  elaborata,  desunta  dal  mesenteron  e  questa  penetra,  per  sottili  cor- 
renti che  si  vedono  molto  bene  con  apparenza  di  filamenti  colorati  in  bleu,  nella  metà  supe- 
riore libera  della  cellula  e  quivi  il  citoplasma  è  incolore  e  scarso,  così  che  queste  correnti  della 
sostanza  ingerita,  fissate  nella  preparazione,  sono  molto  evidenti.  Si  vede  poi  la  sostanza,  cosi 
assunta,  raccogliersi  verso  il  basso  delle  cellule,  sotto  il  nucleo  e  di  qui  fuoriuscire  dialitica- 
mente e  raccogliersi  molto  densa  fra  le  cellule,  oltrepassare  la  basale,  così  da  occupare  tutti  gli 
spazi  tra  fibra  e  fibra  dello   strato  muscolare. 

Secondo  Vaney  e  Maiguon  (1906)  neppure  il  glucosio,  derivato  dalle  foglie  e  che  abbonda 
nel  tubo  digerente  del  Baco  da  seta,  sarebbe  assorbito  direttamente,  ma  esso  si  arresterebbe 
all'epitelio  e  quivi,  scomposto,  non  passerebbe  nel  sangue  se  non  traversando  le  cellule  epiteliali, 
ove  potrebbe  avvenire  una  ricomposizione  secondo  le  necessità  dell'organismo. 

Si  dovrebbe  concludere,  che  per  quanto  assimilabile  ormai  sia  divenuta  la  sostanza  digerita, 
essa  deve  ricevere  entro  le  cellule  epiteliari  del  tubo  digerente,  quella  ulteriore  elaborazione  as- 
similante (direi  quasi  specifica  ed  individuale),  mediante  la  quale  essa  divieue  precisamente 
adatta  ad  entrare  a  far  parte  di  quell'organismo,  al  quale  appartiene  la  cellula  del  tubo  dige- 
rente medesimo;  in  altri  termini,  se  nel  lume  dell'intestino  ad  es.  del  Baco  da  seta  si  può  tro- 
vare del  glucosio,  del  peptone  od  i  componenti  dei  corpi  grassi,  nella  cavità  viscerale,  fuo- 
riuscito dall'intestino  si  trova  il  glucosio,  il  peptone,  ecc.  particolari  della  specie:  Baco  da  seta 
e  forse  dell'individuo  stesso. 

Molti  autori  tendono  a  non  ammettere  ulteriore  assorbimento  nel  restante 
intestino;  questa  funzione,  adunque,  cesserebbe  al  di  là  della  valvola  pilorica  ; 
ma  se  tale  funzione  è  da  escludersi,  necessariamente,  per  le  pochissime  forme  lar- 
vali, già  ricordate,  in  cui  detta  valvola  è  chiusa  fino  alla  ninfosi,  non  si  può,  per 
ciò  solo,  non  ammetterla  per  tutti  gli  altri,  pur  convenendo  che  in  buona  parte 
l'assorbimento  è  già  avvenuto  nel  mesenteron.  Osservazioni  dirette  mostrano  che 
anche  nel  postintestino  ha  luogo  mia  funzione  assorbente,  forse  non  per  mezzo 
di  tutto  l'epitelio  di  questa  regione,  ma  di  speciali  localizzazioni,  ove  esso  ha 
particolare  struttura  (cosi  che  è  stato  anzi  considerato  per  ghiandolare)  ad  es.  : 
nelle  così  dette  ghiandole  rettali,  comuni  negli  Insetti  e  di  cui  si  è  detto  già  nel 
voi.  I  a  pagg.  748,  749.  D'altronde,  sono  già  state  descritte  dal  Tursini,  dal 
Mingazzini,  da  me  e  da  altri  specialissime  villosità  della  intima  ricoprente  l'epi- 
telio della  prima  parte  almeno  del  postintestino  (vedi  voi.  I,  pagg.  747-749), 
sulle  quali  si  raccoglie  abbondante  la  sostanza  digerita  e  che  hanno  tutti  i  ca- 
ratteri di  veri  e  propri  mezzi  assorbenti  e  questa  funzione  loro  è  anche  dimo- 
strabile direttamente.  Nelle  susseguenti  regioni  del  postintestino,  sprovviste  di 
consimili  apparati,  la  funzione  dell'assorbimento  è  da  ritenersi  molto  minore  e 
cessa  poi  affatto  nel  retto,  cioè  nell'estrema  parte  del  tubo  digerente. 

Si  può  ammettere,  dunque,  che  la  funzione  dell'assorbimento,  iniziatasi  nel 
mesenteron,  si  continui  fino  al  principio  del  retto  e  così  avvenga  che  nel  postin- 


L'INDIVIDUO    NKOl.I    ATTI    l'KK    I.A    PROPRIA    CONSKRVAZtONK 


691 


testino  si  assorbano  le  sostanze,  elaborate,  di  più  lento  lavoro  dialitico,  come 
sono  ad  es.  i  grassi  emulsionati,  se  non  i  loro  componenti.  Può  anche  darsi  che 
la  funzione  dell'assorbimento  abbia,  per  principali  sedi,  regioni  diverse  dell'in- 
testino, a  seconda  del  differente  regime  dei  diversi  insetti,  molto  spesso  in  rap- 
porto con  variate  proporzioni  delle  singole  regioni  dell'intestino,  considerate  l'una 
rispetto  all'altra. 

Che  il  postintestino  sia  pure  sede  di  un  ulteriore  assorbimento,  destinato  ad  esaurire  con). 
pletamente  la  sostanza  digerita  prima  di  abbandonare  i  residui  inutilizzabili,  si  può  anche  di- 
mostrare ricorrendo  a  quel  procedimento  già  usato  dal  Cuenot  e  sopraricordato,  cioè  col  mezzo 
di  cibi  mescolati  a  sali  solubili  di  ferro. 

A  proposito  della  Callifora  adulta,  nelle  prove  che  io  ho  condotte  così  e  di  cui  ho  sop.ra 
fatto  cenno,  mi  è  risultato  che  iu  questi  animali,  nutriti  da  piti  ore  con  tuorlo  d'uovo  addizio- 
nato di  sali  di  ferro  (ho  scelto  il  tuorlo  d'uovo  perchè,  come 
è  noto,  esso  è  ben  ricco  di  sostanze  grasse),  ho  rilevato  sem- 
pre, in  modo  indubbio,  l'assorbimento,  per  parte  delle  così 
dette  ghiandole  rettali  (vedi,  per  questi  organi,  voi-  I,  pa- 
gina 748,  tig.  936  e  fig.  901  a  pag.  725,  Or).  L'epitelio  di 
queste  ghiandole  si  tingeva  (colla  reazione  al  ferrocianuro  di 
potassio)  in  bleu  e  si  vedeva  chiaramente  la  sostanza  molto 
intensamente  colorata,  raccolta  fuori  della  tunica  propria,  nel 
lume  stesso  delle  ghiandola  e  quivi  depositata  in  piccole  goc- 
ciole ifig-  693).  Così,  mi  sembra  tolto  ogni  dubbio  sulla  at- 
tività assorbente  del  postintestino,  che,  del  resto,  era  già 
ammessa  per  altri  insetti  da  taluni  autori,  come  dal  van  Ge- 
huchten  per  larve  di  PUychoptera  contaminala  :  dal  Pautel  per  Fig.  693 
Tlirixion,  dal  Mingazzini  per  larve  di  Scarabeidi,  dal  Tursini 
per  altri  insetti,  ecc. 

Particolare  adattamento  del  tubo  digerente  negli  Kmitieri  Omot- 
terl.  —  E  qui  il  caso  di  richiamare  la  speciale  disposizione 
morfologica  del  tubo  digerente  negli  Emittori  Omotte.ri,  già 
illustrata  a  pagg.  733,  734  del  voi.  I,  dove  è  anche  accennato 
alla  probabile  maniera  di  funzione.  In  detti  Insetti  è  ricono- 
scibile la  tendenza  a  ridurre  al  minimo  od  anche  impedire 
del  tutto  la  comunicazione  fra  il  mesenteron  ed  il  postinte- 
stino. Infatti,  tale  comunicazione,  già  molto  diflicoltata  nei 
piò  alti  Omotteri,  è  nulla  nei  Diaspiti  (Coccidei),  che  sono  i 
più  bassi.  In  tutti,  il  retto  è  limitato  da  una  parete  esilissima 
e  permeabilissima  a  liquidi  piti  facilmente  dializzabili.  La  co- 
municazione, che  si  è  detto  difficile  o  soppressa  affatto,  rappresenta  una  disposizione  destinata 
ad  impedire  la  rapida  dispersione  delle  sostanze  elaborate,  meno  facilmente  dializzabili  Questa 
disposizione,  così  singolare,  non  sembra  poter  avere  altra  esplicazione,  diversa  da  quella  accennata 
già  (voi.  I,  pag.  734),  per  la  quale  conviene  ammettere  che  lo  scopo  precipuo  di  tale  maniera 
di  tubo  digerente  sia  quello,  appunto,  di  permettere  la  selezione  delle  sostanze  albuminoidi,  che 
Sono  scarse  entro  la  massa  di  liquido  desunta  dal  vegetale,  di  cui  l'insetto  è  parassita,  e  di  eli- 
minare, intanto,  sollecitamente,  tutta  la  massima  parte  inutilizzabile,  che  è  ricca  di  sostanze 
zuccherine,  le  quali,  appunto,  dializzano  più  facilmente.  È  da  ammettersi  che  tutta  la  sostanza 
elaborata  ormai,  sia  zuccherina  per  opera  delle  ghiandole  salivari,  sia  albuminoide  e  grassa,  per 
o]iera  del  mesenteron,  passi  nella  cavità  viscerale,  di  dove  ritorna,  per  dialisi,  nel  retto  la  sola 
zuccherina  e  viene  così  espulsa,  per  la  massima  parte,  come  eccessiva  ai  bisogni  dell'organismo. 
Questa  è  una  maniera  speciale  della  funzione  della  digestione,  adattata  alla  particolare  maniera 
di  nutrizione,  da  parte  dei  sopradetti  insetti  e  ne  è  prova  la  abbondante  emissione  di  sostanza 
zuccherina,  iu   forma  di  melata,   ecc.   eiaculata  dal   retto. 

Speciali  processi  digestivi  in  taluni  Insetti.   —  Talune  sostanze,  ordinariamente  in- 
digeribili, come  il  legno,  la  lana,  la  cera,  sono,  invece.il  cibo  esclusivo  di  taluni 


Sezione  longitudinale 
del  retto  nella  regione  delle 
ghiandole  rettali,  in  Callifora 
adulto,  nutrito  con  tuorlo  di 
uovo  addizionato  di  lattato  di 
ferro.  Si  vedono  in  b  le  ghian- 
dole rettali  colorate  dal  ferro 
(trattamento  successivo  con  fer- 
rocianuro) e  nel  loro  lume  rac- 
colta la  sostanza  ferruginosa 
assorbita.  Nel  lume  del  retto  a 
sta  la  sostanza  da  assorbirsi. 
Per  la  morfologia  di  questa 
regione  del  retto,  vedi  la  cor- 
rispondente tig.  936  a  p.  748 
del  voi.  I. 


692  CAPITOLO    SESTO 


insetti,    nei    quali,    adunque,  il    succo     gastrico     deve    avere    facoltà    digestive 
speciali. 

Nel  tubo  digerente  delle  larve  di  Coleotteri  xilofagi  è  stata  riscontrata  una  diastasi,  la  xi- 
lanasi,  idrolisante  la  xilaua.  Seillere  (1905)  ha  potuto  mettere  in  evidenza  questo  principio  attivo, 
triturando  tubi  digestivi  delle  larve  di  Phymatodes  variabili),  con  un  poco  d'acqua  e  di  cloroformio 
e  mettendo  nella  stufa  a  38°  questa  mescolanza,  cou  un  grammo  di  xylana.  Si  ottiene,  così,  un 
liquido  , che  presenta  le  caratteristiche  dei  pentosi.  Si  può  dunque  ammettere  che,  in  molti  Insetti, 
esistano  cellulasi  capaci  di  digerire  la  cellulosa. 

Sitowski  ha  studiato  la  digestione  nella  larva  di  una  tiguuola  (Tinea  biseliella),  che,  come  è 
noto,  si  ciba  esclusivamente  di  lana.  L'Autore  non  è  giunto  ad  isolare  il  principio  attivo  di  tale 
digestione,  ma  egli  crede  si  tratti  di  un  fermento  digestivo  del  gruppo  della  tripsina,  capace  di 
disciogliere  la  cheratina  e  trasformarla  in   un  albuminoide  solubile. 

Metalnikon"',  nel  succo  digestivo  della  larva  di 'Figliuola  degli  alveari  {Galleria  melonella),  non 
riconobbe  alcun  fermento  speciale  ad  effetto  cerolitico;  ma,  nell'ambiente  alcalino,  quale  è  il  con- 
tenuto del  tubo  digerente  di  questo  insetto,  la  cera,  secondo  l'Autore,  si  emulsionerebbe  e  la 
sua  digestione  avverrebbe  solo  nel  sangue,  per  opera  degli  amebociti.  Per  quanto  la  cera  sia  ne- 
cessaria alla  vita  di  queste  larve,  pure  esse  si  nutrono  specialmente  degli  altri  detriti  organici 
che  sono  contenuti  nelle  cellule  dei  vecchi  favi. 

Assorbimento  diretto  dell'azoto  e  del  carbonio.  —  Molto  importanti,  per  la  fisio- 
logia della  nutrizione  degli  Insetti,  sono  gli  studi  di  M.  von  Linden  (1901-907), 
mediante  i  quali  si  dovrebbe  ammettere  una  particolare  maniera  di  nutrizione 
delle  larve  e  delle  crisalidi  di  Lepidotteri,  in  queste  ultime  molto  più  attiva  e 
regolare  che  non  nelle  prime,  paragonabile  a  quella  dei  vegetali,  per  opera  della 
clorofilla,  cioè  di  assorbimento  dell'acido  carbonico  ed  anche  dell'azoto  e  della 
fissazione  di  quest'ultimo  e  del  carbonio,  per  quanto  nei  detti  Insetti  non  si  sia 
trovato  un  pigmento  speciale  da  paragonarsi,  per  detta  funzione,  alla  clorofilla 
dei  vegetali. 

Crisalidi  immerse  in  aria  mescolata  con  acido  carbouico  all' 8  per  100  aumentano  di  peso 
(mentre  è  noto  che  nell'aria  esse  diminuiscono  di  peso  notevolmente).  L'aumento,  perfino  del  25 
per  100,  sarebbe  dovuto  alla  fissazione  dell'acqua,  dell'azoto  e  del  carbonio,  quest'ultimo  in  grande 
preponderanza.  Notando  che  le  crisalidi,  pur  coll'aumentare  del  peso  assoluto,  scemano  di  quello 
specifico,   si   deve  ammettere  che  il  carbonio  è  utilizzato  alla  formazione  di   grasso. 

La  luce  (sopratutto  quella  rossa,  mentre  quella  bleu  favorisce  la  respirazione)  aiuta  questo 
processo  di  assorbimento  ed  una  temperatura  troppo  elevata  (che  aumenta  il  processo  respira- 
torio) e  a  danno  di  tale  funzione,  mentre,  durante  la  ninfosi,  quando  la  respirazione  è  meno  in- 
tensa,  i   fenomeni    di   assorbimento  delle    dette  sostanze  sono  più  netti. 

Contro  le  asserzioni  di  tanta  portata  per  la  fisiologia  di  tutti  gli  animali  (1),  recate  innanzi 
da  M.  von  Linden,  recentemente  il  Briicke  ha  mostrato  che  esiste  una  causa  di  errore  molto  rile- 
vante, per  cui  il  succitato  aumento  di  peso  di  crisalidi,  immerse  in  un'atmosfera  ricca  di  CO2, 
può  avere  altra  origine. 

Un   argomento  di  così   grande  interesse  merita  certo   ulteriori    ricerche. 

Circolazione. 

Si  è  già  detto(  voi.  I,  pag.  7<>9)  che  il  fluido  circolante  nel  corpo  degli  In- 
setti è  ila  paragonarsi  piuttosto  ad  una  emolinfa,  in  cui  nuotano  elementi  cellulari 
liberi,  da  richiamarsi  ai  leucociti  degli  animali  superiori,  anziché  ad  un  vero  e  pro- 


(1)  Le  affermazioni  di  M.  von  Linden  mi  fanno  risovvenire  i  risultati  di  esperimenti  miei, 
già  pubblicati  (1901),  i  quali  tenderebbero  a  provare,  che  in  vertebrati  a  sangue  freddo,  si  ha 
un  assorbimento  e  diretta  assimilazione  dell'azoto  dell'aria  atmosferica. 


l'individuo  nkgli  atti  pkr  la   propria  conskrvazionk 


693 


prio  sangue.  Infatti,  negli  Insetti,  la  ossidazione  dei  tessuti  avviene  direttamente, 
per  opera  dell'aria  circolante  nel  sistema  tracheale  (che  manca  in  rarissimi  casi, 
nei  più  bassi  Insetti,  pei  quali  la  respirazione  è,  adunque,  esclusivamente  cu- 
tanea), né  si  trova  alcunché  di  simile  alle  emazie  ;  manca  anzi  ogni  traccia  di 
pigmento  respiratorio,  anche  soltanto  disciolto  nel  fluido  circolante  (eccettuato  il 
caso  più  unico  che  raro  delle  larve  di  Chironomus).  Adunque,  il  fluido  circolante  nel 
corpo  degli  Insetti  ha  funzioni  da  richiamarsi  esclusivamente  alla  nutrizione  pla- 
stica dei  tessuti  ed  alla  eliminazione 
dei  prodotti  plastici  di  escrezione. 

Perciò,  l'organo  pulsante  princi- 
pale (che  non  manca  mai)  ed  i  secon- 
dari, quando  esistono,  non  sono  da 
omologarsi  al  cuore  dei  Vertebrati.  Esso 
determina  la  corrente  della  emolinfa, 
che  è  spinta,  dai  movimenti  di  sistole 
e  diastole,  a  circolare  in  appositi  vani 
interposti  fra  i  tessuti  e  di  quivi  è 
richiamata,  volta  a  volta,  all'organo 
pulsante  medesimo. 

Sistema  circolatorio.  —  Per  quel  che 
riguarda  l'insieme  del  sistema  circola- 
torio e  le  sue  particolari  disposizioni, 
mi  richiamo  a  quanto  è  stato  esposto 
in  proposito  nel  voi.  I,  da  pag.  75S  a 
pag.  7C9. 

Ivi  è  illustrato  il  centro  pulsante 
principale  (vaso  pulsante),  in  forma  di 
tubulo  percorrente  tutto  l'insetto  (fi- 
gura 694),  secondo  la  sua  linea  longi- 
tudinale mediana,  sito  al  dorso  del 
corpo  ;  esso  è  diviso  in  camere,  ciascuna, 
tipicamente,  corrispondente  a  ciascun 
anello  addominale  e,  nel  torace,  come 
in  parte    del    capo,    rappresentato    da 

una  sola  camera  tubiiliforme.  Queste  concamerazioni  successive  sono  divise  fra 
loro  da  setti,  nei  quali  si  apre  una  valvola,  che  permette  il  transito  al  liquido, 
sotto  la  pressione  di  fibre  muscolari  anulari,  capaci  di  costringere,  ritmicamente, 
il  tubo  stesso,  successivamente,  dalla  camera  estrema  posteriore  alle  altre  verso 
l'innanzi,  diminuendone  il  calibro,  cioè  comprimendo  il  liquido  contenuto,  che,  in 
tal  modo,  è  spinto  in  avanti. 

Altre  valvole  ai  lati  di  ciascuna  camera,  permettono  il  succhiamento  del  li- 
quido dalla  cavità  ambiente,  all'atto  della  diastole,  determinata  da  muscoli  dila- 
tatori deile  camere,  attaccati  sulla  parete  laterale  di  ciascuna  camera  e  fissati 
agli  archi  dorsali  dell'addome.  Tali  muscoli  non  si  trovano  nel  torace,  così  che 
il  vaso,  che  percorre  questa  regione  e  che  è  aperto  liberamente  nel  capo,  non  si 
dilata  e  pei  suoi  effetti  meccanici  può  essere  paragonato  piuttosto  ad  una  aorta 
che  ad  un  cuore  pulsante. 

Oltre  a  questo  principale  organo  di  pulsazione,  in  molti  Insetti,  special- 
mente in  quelli  forniti  di  arti  sottili  e  lunghi,  nei  quali,  dunque,  l'impulso  venuto 
dal  vaso  principale  può  essere  notevolmente  attenuato  od  ostacolato,  per  la  ri- 
strettezza del  lume,  in  cui  il  liquido  deve    circolare,  trovansi  dei  piccoli    centri 


Fig.  694 


Schema  per  mostrare  la  circolazioue 
della  emolinfa. 
La  dilezione  è  secondo  le  freccie. 


694 


CAPITOLO    SESTO 


pulsanti  secondari,  i  quali,  contraendosi,  soccorrono  a  mantenere   la  spinta  ed  il 
movimento  nel  liquido  circolante. 

Si  è  fatto  già  cenno,  da  parte  nostra,  di  detti  organi,  nel    voi.  I,  a  pag.  764,  e  si  è  anche 
illustrato  quivi  (ifcirf.,  fig.  953;  l'organo  pulsatile,  che  si  trova  nel  ginocchio  delle  Eanatra  (come 

in  altri  Emitteri  d'acqua).  Più  recentemente 
il  Brocher  (1909)  descrive  lo  stesso  organo  nel 
suddetto  Emittero  acquaiolo,  né  sembra  che 
il  sullodato  Autore  abbia  notato  quanto  per 
noi  si  è  detto  una  decina  d'anni  innanzi  e 
che,  esposto  pur  brevissimamente,  corrisponde 
alla  più  lunga  descrizione  del  detto  Autore, 
come  convengono  le  sue  figure  con  la  suddetta 
mia   d'allora. 


Recentemente    (191G)    il    Brocher 
La   studiato  ed   illustrato  bene  un  or- 
gano pulsatile,  che  si  trova  nel  meta- 
tergo  di  Insetti  adulti  di  ordini  diversi, 
Sezione  schematica,  trasyerea,  del-     come  Coleotteri,  Lepidotteri,  Ortotteri, 

Ditteri,  Neurotteri,  ecc.  (e  già  Janet 
aveva  rilevato  simile  centro  pulsante 
nelle  Formiche  alate),  che  agisce  per 
aspirazione  ed  è  la  causa  precipua  del 
movimento  circolatorio  dell'emolinfa 
nelle  ali. 


695.  —  Sezione  schematica,  trasversa,  del- 
l'organo pulsante  metatoracico  di  Dittiseli» 
adulto.  A,  in  diastole;  B,  in  Bistole;  AI,  te- 
gumento del  metanoto;  Im,  membrana  mu- 
scolare, con  le  sue  valvole  (r)  ;  vi,  briglie 
muscolari  per  ottenere  la  diastole  ;  b,  tubulo 
tra  i  muscoli  ó'7,  che  inette  nel  vaso  pul- 
sante dorsale  e.   (Da  Brocher). 


L'organo  in  discorso  era,  però,  stato  notato  anche  da  altri,  ad  es.  (Orbelé  1912  nel  Dytiseus), 
ma  esso  e  stato  meglio  illustrato  anche  nella  sua  funzione,  dal  Brocher.  Si  tratta  di  una  sottile 
membrana  muscolare  (fig.  695,  Un,  tig.  696,  om)  tesa  alla  faccia  del  tegumento  del  metatergo  (il), 


Fig  696.  —  Metatergo  di  un  Dytiscus,  per  mostrare  in  om  (dove  si  vede  interrotto  il  tegumento) 
la  membrana  muscolare  dell'organo  pulsatile.  A,  ala  (base).  Le  freccio  iudicauo  la  direzione 
delle  correnti  erti  olÌTJ  fatiche,  dalla  centrifuga,  che  va  per  la  costale,  alle  centripete  che,  dalla 
altre  nervature,  accorrono  all'organo   pulsatile.   (Da  Brocher). 

la  quale,  contraendosi  (sistole),  determina  la  riduzione  della  cavità  che  è  compresa  fra  tale  mem- 
brana muscolare  appunto  e  la  faccia  superiore  dei  grandi  muscoli  longitudinali  mediani  del  me- 
tatorace  (37,  a  fig.  467,   voi.   I,   cioè  muscoli  primi  del  metanolo,   p.   400). 

Questa  cavità,  mercè  un'apertura  mediana,    comunicante  con  un  tubulo,  che  si  infiltra  fra  j 
detti  muscoli  e  scende  in   basso,  verso  il  centro  del  corpo,    è  messa    in  comunicazione  col    vaso 


l'individuo  xkgli  atti  per  i.a  propria  conservazione 


695 


pulsante  dorsale  (tig.  695,  e;  il  detto  minilo  è  indicato  in  6).  La  succitata  sottile  lami  netta 
muscolare  può  essere  attratta  verso  il  tegumento  del  metanolo  da  sottili  briglie  muscolari  (m), 
che  intercorrono  appunto  fra    il  detto  tegumento  e     la  lamina  muscolare   sottilissima,  anzidetta. 

La  contrazione  di  queste  fibre  muscolari  determina  la  diastole,  cioè  la  dilatazione  dell'or- 
gano pulsatile,  nel  quale  momento  la  sottile  lamina  muscolare  è  allentata  (fig.  695,  A);  allorché 
questa  si  contrae,  accade,  inveoe,  la  condizione  di  sistole  (tig.  695,  B)  dell'organo  pulsante.  Il 
fluido  contenuto  nell'organo  pulsante  è  spinto,  allora,  entro  il  vaso  dorsale,  traverso  il  tubulo 
anzidetto.  Nell'atto  della  diastole,  funzionano  quattro  piccole  valvolette  (»),  aprendosi,  ed  il 
fluido,  richiamato  dalla  dilatazione  dell'organo  pulsante,  può  penetrare  in  questo,  mentre, 
durante  la  sistole,  chiudendosi  le  dette  valvole,  il  fluido  è  spinto,  come  si  è  detto,  nel  tubo 
pulsante  dorsale.  Questi  movimenti  determinano,  così,  la  circolazione  del  eangue  nell'ala,  dalla 
quale  esso  giunge  dalla  vena  alare  posteriore,  mentre,  nell'ala,  il  fluido  penetra  traverso  la  ner 
vatura  costale  (tig.  696,   C). 

Un  organo  pulsante  omologo  si  trova  nel  niesotergo  e  serve    a    determinare    la    circolazione 
nell'ala  anteriore. 


Fig.  697.  —  Posizione  dell'organo  pulsatile  niesotergale  (o)  nel  mesotergo  e  metatergale  (om)  nel 
metatergo  in  Insetti  diversi,  adulti.  A,  Tabanus  boviinis  ;  B,  Decticns  veiriiviionis ;  C,  C'ossns 
C088U8.  (Da  Brocher). 

Il  liquido  circolante  si  muove,  nel  corpo,  traverso  meati  e  lacune  interorga- 
niche,  in  cavità  limitate  quasi  sempre  da  esili  membrane,  non  sempre  facilmente 
riconoscibili  ed  è  l'insieme  di  queste  lacune  che  forma,  col  vaso,  quel  sistema 
vascolo  lacunare,  per  cui  gli  Insetti,  con  altri  Artropodi,  si  differenziano  dai 
Vertebrati.  Manca,  infatti,  negli  Insetti,  un  sistema  vascolare  chilifero  e  la  so- 
stanza assimilabile  passa  dal  tubo  digerente,  senza  più,  nelle  ampie  lacune,  che 
circondano  il  tubo  digerente  e,  di  quivi,  nelle  minori,  richiamate  o  spinte  dalle 
contrazioni  dei  muscoli,  in  servizio  del  vaso  pulsante  suddetto. 

Non  si  poteva  trattare  del  sistema  circolatorio  senza  dire  anche  abbastanza 
dei  movimenti  circolatori  del  fluido,  che  lo  percorre  e  così  per  tutto  ciò,  il  let- 
tore può  consultare  il  voi.  I,  al  luogo  indicato. 


L'annessa  fig.  694,  che  togliamo  dal  voi.  I,  mostra,  schematicamente,  la  maniera  di  circola- 
zione e  la  direzione  delle  correnti  nel  corpo  di  un  insetto. 

Nel  voi.  I,  a  pag.  765  e  768,  è  detto  abbastanza  di  un  sistema  di  diaframmi,  distribuito  fra 
gli  organi,  cos'i  che  il  plasma  sanguigno  scorre  per  una  via  prestabilita  e  si  è  fatto  cenno,  so- 
pratutto di  un  setto  pericardico  (diaframma  pericardiale  d'altri  Autori),  di  un  diaframma  neurale 
e  di  un  peritoneo  splancnico,  aggiungendo  le  opportune  figure. 

In  questi  ultimi  tempi  (1916),  il  Brocher  ha  messo  in  rilievo  anche  diaframmi  trasversi  da 
lui  riscontrati  nel  torace  di  larva  di  Aeschna,  l'uno  (fig.  698,  700,  a)  situato  fra  il  prò-  ed  il 
mesotorace  ;  l'altro  (ò)  fra  questo  segmento  ed  il  successivo. 


696 


CAPITOLO    SESTO 


Si  tratta  di  membrane  esilissime,  di  tessuto  connettivale,  disposte  trasversalmente  rispetto 
alla  direzione  del  corpo  e  quindi  anche  del  tubo  digerente,  dal  quale  sono  perforate  nel  mezzo. 
Questi  dischi  membranosi  hanno,  cosi,  una  larga  apertura,  rotonda  nel  centro  (fig.  699)  ed  i  loro 
orli  interni,  attorno  a  questa,  sono  forniti  di  esilissime  fibre  muscolari,  costituenti  uno  sfintere» 
capace  di  restringere  l'apertura  circolare,  traverso  la  quale  passa  il  tubo  digerente.  Per  tali 
aperture,   allorché  i  diaframmi  sono  rilassati,  passa    il    sangue.  Essi    vanno    a    riunirsi  col  setto 

pericardico,  nella  regione  dorsale,  e  con  quello  neurale  infe- 
riormente (1).  Questa  ha  una  lunga  apertura  nel  mezzo  (fi- 
gura  700,  >»)  di  dove,  pure,  può  entrare  il  sangue. 

I  sepimenti  trasversi,  perchè  contrattili,  rientrano,  pel 
loro  ufficio,  fra  gli  organi  attivi  nella  circolazione  e  pos- 
sono essere  annoverati  (anche  meglio  che  fra  i  semplici  setti 
a  reazione  puramente  passiva,  per  elasticità,  tappezzanti  il 
si  stema  lacunare),  annoverati,  dico,  fra  gli  organi  pulsanti. 

L'annessa  fig.  700,  schematica,  che  togliamo  dal  Brocher, 
fa  vedere  come  il  Bangue  circoli,  secondo  il  detto  Autore,  nel 
corpo  di  una  larva  di  Jeschna  e  come  penetri  nella  camera 
formata  dai  diaframmi  trasversi  e  dai  longitudinali  e  come  ne 
fuoriesca.  L'esame  sul  vivo,  praticato  dal  detto  Autore,  con 
accurete  osservazioni,  conferma  la  detta  maniera  di  circola- 
zione indicata  nello  schema. 

Negli  arti,  si  è  riscontrato  un  tubulo  continuo,  a  pareti 
esili  ssime  (canale  evitale),  procedente  dal  vaso  pulsante;  esso 
percorre  l'arto  per  tutta  la  sua  lunghezza  ed  infine  si  apre 
liberamente  (fig.  694  canali  punteggiati)  negli  arti.  11  liquido 
circolante  vi  si  muove  per  entro  con  direzione  centrifuga,  atra 
vasa  dal  tubulo  all'apice  dell'arto  e  ritorna  verso  il  centro,  decorrendo  fra  gli  organi  ed  il 
tubulo  stesso,  nel  quale  percorso,  soltanto,  è  supponibile  che  avvenga,  più  specialmente,  la  nu- 
trizione degli  organi  stessi  coi  materiali  portati  in  giro  dal 
liquido  che  circola.  Nella  fig.  694  è  rappresentato  a  destra,  il 
movimento  del  liquido  in  senso  centrifugo;  nella  metà  a  sini- 
stra, il   movimento  di   ritorno  al  vaso  centrale  pulsante  (puu- 


Fig.  698.  —  Larva  di  Aescìtiut, 
parte  di  testa  e  del  torace, 
aperto  dal  dorso,  tolto  il  tubo 
digerente,  per  mostrare  in  «  la 
posizione  del  diaframma  tora- 
cico anteriore  ed  in  b  quella 
del  posteriore.   (Da   Brocher). 


Fig.  699.  —  Diaframma  toracico 
posteriore,  isolato  di  larva  di 
Aeschna  ;  lo  sfintere  è  allentato; 
a,  apertura  dalla  quale  passa 
il  tubo  digerente.  (Da  Brocher). 


Gli  spazi  non  definiti  e  delimitati  fra  il  vaso  pulsante  e 
gli  arti  si  debbono  intendere  come  limitati  da  esilissime  mem- 
brane, costituenti  il  labirinto  di  camere  chiuse,  per  le  quali 
il  liquido  raggiunge  gli  arti  o  da  questi,  ritornando,  viene 
ripreso  dal  vaso  pulsante. 

Brocher  illustra  bene  la  circolazione  del  sangue  nelle 
zampe  e  nelle  ali  di  Insetti  diversi.  Anzitutto,  egli  riconobbe, 
nelle  larve  di  Pseudouenrotteri,  la  presenza  di  un  setto  tras- 
verso, in  corrispondenza    dell'articolazione  femoro-trocanterica, 

pel  quale  la  maggior  parte  del  fluido  circolante  è  quivi  arrestata  nel  suo  movimento  centrifugo 
e  ritorna  al  centro.  Una  piccola  apertura,  nel  detto  diaframma,  permette  ad  una  parte  del  fluido 
di  spingersi  entro  il  femore,  a  nutrizione  della  rimanente,  zampa  (vedi  fig.  701,  come  e  indicato 
dalle  freccio). 

Inoltre,  negli  stessi  Insetti  il  Brocher  confermò  la  presenza  del  tubulo  (vedi  voi.  I,  p.  768), 
già  veduto  da  altri  e  che  percorre  l'arto,  ina,  almeno  nelle  forme  studiate  da  questo  Autore,  il 
tubulo  stesso  non  oltrepassa  la  giuntura  femoro-tibiale  (fig.  701,  B,  t)  e  nella  tibia  è  sostituito  da 
un  diafiagma  longitudinale  (S),  che  divide  a  mezzo,  per  lungo,  tutta  la  rimanente  zampa.  Questo 


(1)  A  meno  che  non  si  fondino,  invece,  tutto  all'ingiro  col  peritoueo  splancnico.  Siccome  il 
Brocher  non  pare  abbia  tenuto  conto  di  quanto  io  scrivevo  molti  anni  prima,  secondo  ho  detto, 
così  egli  non  definisce  bene  a  quale  dei  diaframmi  suddetti  corrispondano  quelli  longitudinali 
che  egli  illustra. 


L'INDIVIDUO    NICGLI    ATTI    PER    LA    PROPRIA    CON'SKlìVAZIO.VK 


697 


diafragma  ha,  però,  frequenti  aperture,  traverso  le  quali  il  fluido  circolante  passa  dall'una  all'altra 
metà  longitudinale  della  tibia  e  del  tarso  e  può  ritornare  al  corpo,  movendosi  in  direzione  <en 
tripeta  (opposta,  dunque,  a  quella,  secondo  la  quale  esso  scorre  entro  il  tubulo  femorale)  per  le 
lacune  che  circondano  il  detto  tubulo. 

Nelle  ali  la  circolazione  si  effettua  entro  canali  scavati  nello  spessore  delle  nervature.  Il 
percorso  centrifugo  avviene  nella  grossa  nervatura  costale  (fig.  696,  C;  702);  quello  centripeto 
traverso  tutte  le  altre,  ed  il  fluido 
si  raccoglie  in  un  seno  emoliufatico, 
compreso  tra  i  tergiti  toracali  ed  i 
pezzi  basali  delle  ali,  di  dove  è  ri- 
chiamato all'  organo  pulsatile  del 
mesonoto  o  del  metanoto,  già  ricor- 
dato. 

Nelle  elitre  dei  Coleotteri,  come 
già  aveva  veduto  il  Nicolet,  sin  dal 
1S47,  in  Coccinella  bipunctata  e  con- 
ferma il  Brocher  per  Dytiscus,  del 
resto  come  nell'ala,  il  liquido  circo- 
lante arriva  tra  le  due  lamine,  delle 
quali  è  composta  l'elitra,  traverso 
una  cavità  tubulare,  che  percorre 
tutto  l'orlo  libero  dell'elitra,  si  dif- 
fonde in  un  reticolo  di  canaletti,  di- 
stribuito fra  le  due  lamine  dell'elitra  stessa  e  giunge,  così,  ad  un  sottile  canale,  continuo,  che 
percorre  l'orlo  suturale  dell'elitra,  di  dove,  poi,  è  richiamato,  centripetamente,  al  corpo  dell'or- 
gano pulsante  mesotoracico. 


Fig.  700.  —  Schema  della  circolazione  del  plasma  san- 
guigno nel  corpo  di  una  larva  di  Aeschna.  a,  diaframma 
toracico  anteriore;  6,  posteriore;  m,  apertura  del  setto 
neurale.  Il  vaso  pulsante  dorsale  ed  i  tubuli  nelle  ali 
rudimentali  sono  indicati  in  nero;  il  tubo  digerente  e 
punteggiato.  (Da  Brocher). 


Fig.  701.  —  Circolazione  del  plasma  sanguigno,  riconosciuta  dal  Brocher  nella  zampa  di  una 
larva  di  Aeechna  (A)  ;  B,  schema  per  mostrare  l'ufficio  del  tubulo  t  e  del  setto  longitudi- 
nale 8.   (Da  Brocher). 


Secondo  il  Brocher,  i  movimenti  respiratori  degli  Insetti  hanno  una  influenza  massima  in 
aiuto  di  quelli  del  vaso  pulsante,  per  la  circolazione  dell'emolinfa. 

Effetti  di  agenti  diversi  sulla  pulsazione  del  raso  dorsale.  —  Sono  state  fatte  esperienze  con 
sostauze  diverse,  in  soluzione  acquosa  o  per  vapore,  allo  scopo  di  riconoscere  la  loro  attività 
rispetto  ai  movimenti  del  vaso  pulsante.  Sulle  larve  di  Chretra,  una  influenza  acceleratrice 
hanno  mostrato  eccitazioni  deboli,  provocate  da  ammoniaca,  etere  etilico,  acido  ossalico,  acido 
fenico,  nitrato  di  potassa,  aconitina.  Influenza  rallentante  si  ottenne  con  eccitazioni  forti  delle 
sostanze  suddette,  oltreché  dalla  vetranina  e  dall'atropina,  nonché  dall'alcool  etilico,  cloroformio, 
idrato  di  cloralio,  ossido  di  carbonio,  acido  solfidrico.  Senza  azione  si  sono  mostrati  la  musca- 
rina, il  curaro,  la  stricnina. 

Sperienze,  a  mezzo  dell'elettricità,  hanno  mostrato  che  l'eccitazione  per  mezzo  di  una  debole 
corrente  indotta,  determina  una  accelerazione  del  ritmo  del  vaso  pulsante,  ma,  col  crescere  della 
intensità  della  corrente,  il  vaso  rallenta  i  suoi  movimenti  e,  alla  fine,   si  arresta  in  sistole  ;  può 

A.  Bkklese,  Oli  Insetti,  II.  —  88. 


698 


CAPITOLO    SESTO 


riprendere  i   movimenti  qualche   tempo  dopo  cessata  la  corrente,  ma  il   ritmo  è  turbato  di   forza  e 
direzione. 

Le  prove  suddette,  col  mezzo  dei  veleni  e  della  elettricità,  nonché  la  indagine  anatomica. 
sembrerebbero  escludere  la  presenza  di  un  organo  o  centro  moderatore  delle  pulsazioni,  sebbene 
si  sia  notato  che,  nelle  Locuste,  una  eccitazione  meccanica  del  cervello  possa  condurre  all'arresto 
del  vaso  pulsante,  ciò  che  tenderebbe  a  provare  l'esistenza  di  fibre  nervose  moderatrici,  oltre  a 
quelle  accelerataci,  la  esistenza  delle  quali  ultime  può  essere  ammessa  senza  più,  anche  per 
prove  sperimentali  bene  accertate. 

K  da  notarsi,  inoltre,  che  i  movimenti  di  diastole  non  sembra  si  debbano  ai  muscoli  aliformi, 
che  dal  vaso  pulsante  vanno  agli  archi  dorsali;   la  loro  recisione  non  impedisce  le  pulsazioni  del 

vaso,  come  queste  continuano  anche 
se  il  vaso  stesso  è  diviso  in  più 
pezzi,  ognuno  seguitando  a  pulsare 
per  suo  conto. 

Variazioni  nel  numero  di  pulsa- 
zioni, a  seconda  dell'età  dell' insetto.  — 
Secondo  le  osservazioni  di  Newport, 
sulla  Spliinx  ligustri,  le  pulsazioni  del 
cuore  decrescono  di  numero  col  ere- 
scere  dell'età  della  larva,  cosi,  nella 
detta  specie,  da  82  al  minuto,  quanto 
sono  innanzi  la  prima  muta,  e  di  89 
prima  della  seconda;  scemano  a  63 
prima  della  terza;  45  prima  della 
quarta;  39  poco  prima  della  matu- 
ranza.  Durante  le  mute,  tutto  il  vaso 
fa  circa  30  pulsazioni  al  minuto; 
nello  stato  di  ninfa  va  da  20  a  10 
e  durante  lo  svernamento  il  vaso 
cessa  di  pulsare.  Nell'adulto,  invece,  il  numero  di  pulsazioni  sale,  in  momento  di  grande  atti- 
vità dell'insetto,   a   110  fino  a   140;   ma,   in   riposo,   non   supera  le  40  a  50. 

Turbamenti  delle  pulsazioni  durante  la  ninfosi.  —  E'  stato  osservato  (pei  Lepidotteri)  che,  du- 
rante la  ninfosi  può  essere  invertita  la  direzione  della  corrente  nel  vaso  pulsante,  alternandosi 
l'ima  direzione  colla  opposta,  successivamente,   per  periodi  di  tempo  diversi. 


Fig.  702.  —  .Schema  della  circolazione  dell'ala  in  un  Co- 
leottero (Dytiscus  punctulatiis).  Sono  segnate  a  tratti  le 
nervature  (come  la  costale  C),  per  le  quali  il  flusso 
circolante  si  muove  centrifugamente  ;  in  nero  sono  in- 
dicate le  nervature,  per  le  quali  il  fluido  ritorna  al 
corpo.  Le  freccie  aiutano  a  dimostrare  le  direzioni  del 
liquido  circolante.   Mi,  metanoto.   (Da  Krocher). 


Fluido  circolante.  —  Si  compone  di  un  siero,  ricco  di  sostanze  proteiche,  nel 
quale  nuotano  liberamente  gli  amebociti,  cioè  cellule  speciali,  dotate  di  movi- 
menti ameboidi  o  da  paragonarsi  ai  linfociti  degli  animali  superiori. 

Queste  cellule  libere  (di  cui  si  è  detto  a  pag.  770  del  I  voi.)  sono,  anche, 
dotate  di  movimenti  propri,  ameboidi,  mercè  i  quali  esse  si  possono  insinuare 
nei  vaui  fra  gli  organi,  indipendentemente  dalla  corrente  del  siero,  in  cui 
nuotano. 

Sono  gli  amebociti  i  principali  veicoli  di  sostanza  elaborata,  che  assumono 
dal  fluido  circolante  e  trasportano  anche  in  quei  recessi  interorganici,  così  ri- 
stretti che  non  permetterebbero  ad  un  liquido,  denso  come  è  appunto  il  siero,  di 
penetrarvi,  qualunque  sia  la  spinta  derivante  dai  centri   pulsanti. 

La  moltiplicazione  degli  amebociti  (per  mitosi)  avviene  solo  nel  loro  stadio 
giovanile;  quando  essi  sono  adulti  non  mostrano  mai  traccie  di  divisioni  mito- 
tiche  e  queste  sono  nulle  nell'animale  che  ha  digiunato  da  molto  tempo,  ed  au- 
mentano dopo  una  sottrazione  di  emolinfa  dall'organismo. 

Gli  amebociti,  secondo  taluni  autori,  si  formerebbero  anche  di  continuo  nei 
così  detti  organi  spleniti. 

Cnenot,    nel   Grillo,    studiando  l'evoluzione   negli   amebociti,    distingue:    1."  forme  giovani  ca- 
paci di  moltiplicarsi     per    mitosi;   2.°  forme  adulte  e  grandi,   capaci  di   fagocitosi;     3.°  amebociti 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    l'KU    LA    PROPRIA    CONSERVAZIONE  699 

contenutiti  granuli  aoidofili  (forse  corrispondenti  ai  granuli  eosiuolili  negli  amebociti  dei  Verte- 
brati); i.°  amebociti  vecchi  ormai  ed  in  via  di  degeuerazione  (piouosi  e  carionexia),  destinati  ad 
essere  fagocitati  o  da  altri  amebociti   meli   vecchi  e  più  vigorosi  o  negli  organi  fagocitavi. 

I  granuli  aoidotili,  spesso  bacteriforini,  non  seminano  trovarsi  se  non  negli  Ortotteri  e 
Pseudoueurotteri  ;  la  loro  reazione,  a  seconda  dei  tipi,  può  variare  fino  alla  anfofilia  (Kollmann). 

Attività  fagocitica  degli  amebociti.  —  Ohe  gli  amebociti  abbiano  potere  di  se- 
questrare piccolissimi  corpi  estranei,  penetrati,  per  avventura,  nella  emolinfa  e 
trovino  modo  di  eliminarli  dal  circolo,  è  fuori  di  dubbio,  ed  è  anclie  mercè  gli 
amebociti  che  possono  venire  isolati,  nell'organismo,  ancbe  corpi  estranei  più  vo- 
luminosi. 

Esperienze  fatte  iniettando  nel  corpo  di  Iusetti  diversi  polveri  inerti  varie 
o  sangue  deflbrinato  di  Mammiferi  o  bacteridi  di  specie  differenti,  hanno 
messa  in  luce  questa  attività,  come  le  osservazioni  sulla  reazione  dell'organismo 
ili  un  Insetto  inquinato  dall'uovo  di  altra  specie  sua  endofaga  hanno  dimostrato 
altra  maniera  di  attività,  da  parte  dei  fagociti,  per  lottare  contro  l'ospite  nocivo. 

Cuenot,  iniettando  in  Ortotteri  dell'amido  di  riso,  oppure  carmino  od  inchiostro  di  China, 
sospesi  nell'acqua  all'I  per  100,  rilevò  che,  se  l'insetto  resiste  alla  operazione,  si  ha,  nei  primi 
giorni  dopo  l'operazione,  una  ipoglobulia,  alla  quale  segue  il  ritorno  allo  stato  normale.  La  di- 
minuzione degli  amebociti,  nei  primi  giorni,  e  dovuta  al  fatto  che  molti  di  essi,  caricatisi  dei 
granuli  della  sostanza  inerte,  sono  andati  ad  arrestarsi  alle  pareti  degli  organi,  accumulandosi 
sopratntto  attorno  al  vaso  pulsante  e  nei  più  ristretti  recessi,  fra  gli  organi,  dovunque,  nel  corpo. 
Dopo  una  decina  di  giorni,  tutti  i  corpuscoli  estranei,  iniettati,  sono  ormai  incapsulati  entro  cisti 
costituite  dagli  amebociti.  Le  sostanze  digeribili,  come  gli  albuminoidi  e  sopratutto  le  emazie 
del  sangue  dei  Mammiferi,  sono  digerite  attivamente  dagli  amebociti,  che,  negli  Ortotteri,  hanno 
una  reazione  acida.  Essi  sono,  invece,  incapaci  di  digerire  l'amido  e  le  sostanze  grasse,  che 
rimangono  inalterate  entro  gli  amebociti,  anche  dopo  molto  tempo. 

-  0  state  condotte  dal  Metalnikoff  esperienze  sull'azione  degli  amebociti  della  larva  della 
Tiguuola  degli  alveari,  i  quali  segregano,  secondo  l'Autore,  una  sostanza  cerolitioa  (da  assomi- 
gliarsi alle  lipasi),  capace  di  disciogliere  la  vernice  cerosa,  che  riveste  e  protegge  i  bacilli  della 
tubercolosi.  In  seguito  ad  iniezioni  di  culture  di  tali  microrganismi,  l'Autore  ha  riconosciuto, 
con  molta  precisione,  che  una  gran  parte  dei  bacilli  stessi  è  rapidamente  inglobata  e  distrutta 
dagli  amebociti.  Molti  più  bacilli  rimangono  fissati  alla  periferia  degli  amebociti,  quasi  aggluti. 
nati  e  di  poi  gli  amebociti  stessi,  raccolti  in  masse,  si  confondono  in  veri  plasmidi  poliuucleati 
entro  i  quali,  i  bacilli  impigliati  sono  gradatamente  distrutti.  Ai  plasmodi  accorrono  intanto 
altri  amebociti,  che  formano  intorno  una  specie  di  capsula  o  di  tessuto  reticolato.  Si  ha  così 
una  formazione,  che  richiama  i  tubercoli,  la  cui  cellula  gigante  è  sostituita  dal  plasmodio  anzi- 
detto. 

Anche  Kowalewsky  aveva  osservato  che  i  bacilli  del  carbonchio  sono  rapidamente  distrutti 
dalle  cellule  dell'organo  fagocitarlo  (che  egli  chiama  milza,  con  giusto  richiamo  alle  sue  fun- 
zioni). 

Marchal  ha  diligentemente  studiato  la  attività  degli  amebociti  nella  lotta  dell'organismo 
contro  le  uova  e  le  larve  degli  Insetti  eudofagi.  Si  tratta  di  un  vero  incistidamento  del  corpo 
estraneo,  che  pur  è  relativamente  voluminoso,  per  opera  degli  amebociti.  Anche  Pantel  ha  osser- 
vato fatti  analoghi  per  Trixlon,  parassitizzati  da  Leptinia.  Si  riprenderà  [questo  argomento  a 
proposito  del  parassitismo,  eudofagia,  ecc. 

Della  attività  degli  amebociti,  durante  la  ninfosi,  si  è  già  accennato  a  pagg.  229,  300  di 
questo  volume. 

Qui  giova  ricordare  che  la  facoltà  digestiva  degli  amebociti  (esclusa,  adunque,  per  gli  amidi 
ed  i  grassi  dalle  stesse  osservazioni  dirette),  è  ammissibile  solo  per  le  sostanze  proteiche,  ma  non 
è  ancora  dimostrata  ed  io  ritengo  sempre  che  gli  amebociti  abbiano  solo  facoltà  di  assorbire  so- 
stanza ormai  digerita  o  comunque  morta  e  in  disfacimento,  e,  quanto  a  quella  tuttavia  indigerita 
o  viva,  abbiano  facoltà  di  includerla  e  sequestrarla,  come  un  qualsiasi  corpo  estraneo   penetrato 


700  CAPITOLO    SBSTO 


nell'organismo,  di  assimilarla  poi,  solo  in  seguito  alla  sua  decomposizione,  che  può  avvenire 
naturalmente.  Sotto  questo  aspetto  soltauto  è,  per  me,  ammissibile  la  espressione  fagocitosi  ed  il 
fagocitiamo  degli  amebociti. 

Nell'emolinfa,  oltre  agli  amebociti,  possono  trovarsi  altri  elementi  cellulari 
liberi,  come  lipociti  (cellule  del  corpo  adiposo),  miociti  (elementi  per  la  forma- 
zione dei  muscoli)  ed  enociti   liberi. 

La  emolinfa,  cioè  il  fluido  circolante,  La  una  massa  variabile  nei  diversi 
Insetti. 

Sembra  che  essa  diminuisca  in  proporzione  diretta  della  elevazione  degli  In- 
setti o  del  loro  diverso  stato,  a  seconda  della  età.  Così,  rispetto  al  peso  dell'a- 
nimale, il  sangue  è  più  abbondante  nelle  forme  larvali  olometabole,  cbe  non  nei 
rispettivi  adulti  e  più  negli  Ortotteri  che  non  nei  Lepidotteri,  Imenotteri  e 
Ditteri.  Colla  dieta,  la  massa  liquida  circolante  diminuisce,  come  è  ben  credibile, 
ed,  infine,  prolungandosi  la  inanizione,  essa  può  essere  totalmente  assorbita  dal- 
l'organismo. 

Varia  la  colorazione  di  questo  fluido,  che  può  essere  roseo,  rosso,  giallo, 
verde,  bruno  ed,  al  contatto  dell'aria,  queste  tinte,  generalmente,  divengono  più 
oscure.  Questi  colori  si  devono  a  sostanze  albuminoidi  sciolte  nel  plasma. 

Varia  anche  la  natura  chimica  del  fluido.  I  diversi  albuminoidi,  peptoniz- 
zati  ormai  e  pronti  ad  essere  assorbiti,  determinano  la  colorazione  del  sangue, 
che  non  ha  influenza  alcuna  nella  nutrizione  aerea  dei  tessuti,  cioè  al  trasporto 
dell'ossigeno. 

Le  esperienze  di  vari  tisiologi  non  lasciano  dubbio  su  questo  punto.  All'infuori  del  caso 
della  larva  di  Chironomns,  cbe  contiene  sciolta  nella  emolinfa  la  emoglobina,  come  si  è  detto, 
tutti  gli  altri  colori,  dovuti  agli  albuminoidi  sciolti  nel  fluido  circolante  {emoxantiiia,  emoprasina, 
emofeina,  emopirrina,  emocrocina,  secondo  le  denominazioni  date  dal  Cuenot  per  le  diverse  sostanze 
in  rapporto  alla  diversa  loro  colorazione)  non  sono  ossidabili,  come  si  richiede  pei  pigmenti  re- 
spiratori, poiché,  se  pur  esse  imbruniscono,  generalmente,  a  contatto  dell'aria,  non  riprendono,  poi, 
ulteriormente,  o  solo  colla  massima  difficoltà,  il  colore  primitivo,  anche  se  sottratte  all'influenza 
dell'ossigeno  o  comunque  disossidate.  Ad  es.,  l'emolinfa  della  larva  di  Orycte»  diviene  bruna  se 
lasciata  in  contatto  dell'aria,  ma  non  ripiglia  più.  la  tinta  primitiva,  anche  se  tenuta  nel  vuoto 
o  trattata  con  acidi  od  alcali  (Fredericq).  L'emolinfa  di  larve  di  Bombyx  (contenente  emoxan- 
tiiia), annerita  per  contatto  coll'aria,  può  essere  ridotta  e  riprendere,  in  parte  almeno,  il  primitivo 
colore,  se  trattata  con  soltìdrato  d'ammoniaca;  ma,  nell'animale  vivente,  non  si  ha  alcun  effetto 
di  ossidazione  o  riduzione  di  detto  albuminoide,  perchè  la  emolinfa  mautieue  sempre  il  suo  colore, 
sia  per  le  larve  di  Bombyx  (rubi),  tenute  in  una  atmosfera  di  anidride  carbonica,  come  per  altre 
nell'ossigeno,  come  per  quelle  all'aria.  In  tutte,  il  colore  dell'emolinfa  è  sempre  io  stesso,  cioè 
giallo  verdastro  (Cuenot). 

L'annerimento  dell'emolinfa  all'aria  è  dovuto  non  solo  alla  ossidazione  degli  albuminoidi, 
ma  ancora  alla  precipitazione  di  una  sostanza  granulosa,  di  color  verde-nerastro,  cioè  la  urani- 
dina,  identica  alla  melanina  di  altri  autori,  che,  secondo  0.  von  Furili  e  Schneider,  si  forma  per 
l'azione  di  una  tirosiuasi  su  un  croniogeno  appartenente  alla  serie  aromatica,  distinto,  però,  dalla 
tirosina.  Il  fenomeno  dell'annerimento  del  sangue  è  accentuato  sopratutto  all'avvicinarsi  della 
ninfosi.  Il  fenomeno,  colla  reazione  succitata,  si  manifesta,  ad  es.,  nell'annerimento  rapido  della 
pelle  nelle  larve  di  mosche,  che  stanno  per  trasformarsi  in  ninfe,  cioè  del  pupario,  sebbene 
quivi,  secondo  il  Dewitz,  la  reazione  suddetta  avvenga  nell'interno  dell'animale,  senza  stravaso 
del  fluido  all'esterno. 

L'emolinfa  si  coagula  all'aria,  perchè  contiene,  oltre  agli  abuminoidi  ricordati, 
anche  della  fibrina.  Questa  ha  un'azione  emostatica  ed  è  cosi  che  si  arresta  la 
fuoruscita  volontaria  dell'emolinfa  in  quegli  insetti  che  ricorrono  a  questo  sin- 
golare mezzo  di  difesa,  di  cui  si  dirà  più  innanzi.  Il  fibrinogeno  è,  ad  ogni  modo, 


l'individuo  nkgli  atti  per   la   PROPRIA   CONSKKVAZI0XK  701 


una  sostanza  di  riserva  pei  casi  di  inanizione  dell'insetto.  Nella  emolinfa,  sopra- 
tutto dei  Bruchi,  sono  frequenti  le  luteine,  desunte  dalle  piante,  che  servono  di 
nutrimento  e,  secondo  Polton,  si  tratterebbe,  spesso,  addirittura  di  xantofìlla. 
Oltre  alle  ossidasi,  nella  emolinfa  degli     Insetti    si    trovano  anche  riduttasi. 

A  questo  proposito,  il  Dewitz  fa  notare  che  l'estratto  glieerinato,  ottenuto  dalle  crisalidi  lem- 
mine,  ba  un'azione  riduttrice  più  energica  di  quello  ottenuto  da  quelle  dei  maschi,  il  quale  fe- 
nomeno,  secondo  il   detto  Autore,   può  considerarsi  per  generale,   negli   organismi. 

Resistenza  a  dissanguamento.  —  Taluni  insetti  adulti  (Coleotteri)  ed  i  Bruchi 
possono  continuare  a  vivere  fino  alla  perdita  quasi   totale  della  emolinfa. 

Vedremo  come  la  emissione  volontaria  di  questo  fluido  rappresenti  un 
mezzo  di  difesa  per  taluni  Coleotteri  vescicanti  (adulti),  come  per  le  larve  di 
Cimbicidi. 

Riserve. 

Il  tessuto  adiposo  (adipociti)  rappresenta  la  sede  delle  riserve,  che  vengono 
quivi  depositate  dagli  amebociti  e  ne  sono  tolte  via  via,  secondo  le  esigenze 
dell'organismo.  Nelle  cellule  adipose,  infatti,  si  accumulano,  in  avanzo  dall'im- 
piego immediato,  riserve  energetiche,  quali  i  grassi  ed  il  glicogene,  ma  ancora 
riserve  plastiche,  quali  albuminoidi  solubili  ed  insolubili.  Questi  ultimi  au- 
mentano col  crescere  dell'età,  nelle  larve  olometabole  e  sono  abbondantissimi,  so- 
pratutto all'avvicinarsi  della  ninfosi.  L'ufficio  del  tessuto  adiposo  in  questo 
periodo,  si  è  già  abbastanza  illustrato  in  precedenza.  Durante  l'inanizione  sono 
gli  albuminoidi  i  primi  a  venire  esauriti  dalle  cellule  adipose,  le  quali  possono 
contenere,  tuttavia,  sostanze  grasse. 

Il  Jauet  ha  dimostrato  che,  dopo  la  perdita  delle  ali  nella  Formica  regina,  i  muscoli  del 
volo  eouo  distrutti  e  digeriti,  per  azione  di  diastasi  dell'emolinfa,  ed  i  materiali,  che  ne  proven- 
gono, servono  alla  nutrizione  rapida  degli  ovari  ed  in  pari  tempo  per  costruire,  sotto  forma  di 
colouue  di  adipociti,  un  organo  di  immagazzinamento  di  riserve,  importantissime  per  l'insetto,  il 
quale  deve  forse  a  tale  organo  ed  alle  dette  riserve  la  sua  notevole  longevità- 
Secondo  Frenzel  e  Biedermanu,  anche  l'intestino  medio  può  fungere  da  organo  per  deposito 
di  riserve.  Secondo  il  Cuenot  l'intestino  terminale  della  Blatta  avrebbe,  quale  ufficio  secondario, 
quello  di  regolatore  del  consumo  del  ferro,  perchè  quivi  si  accumula  questo  metallo,  allorché  è 
in  eccesso  nell'organismo  e  viene  restituito  quando,  invece,  vi  èdeficeute.  Metalnikoff  riconobbe, 
infatti,  che,  nell'intestino  posteriore  della  Blatta,  il  ferro  esiste  Bempre,  contenuto  nelle  cellule 
epiteliari,  ed  abbonda  dopo  un   pasto  contenente  questo  metallo. 

Mirande  riconobbe  l'esistenza  di  una  secrezione  di  glucosio,  per  opera  delle  cellule  ipoder- 
mali  o  del  protoplasma  muscolare  ed  il  suo  immagazzinamento  sotto  lo  strato  più  superficiale 
della  cuticola,  sopratutto  nel  punto  di  inserzione  dei  muscoli  (immersione  per  qualche  istante  di 
una  larva  intiera,  morta  o  viva  in  liquido  di  Fehling  ;  successiva  ebollizione,  lavatura,  isolamento 
del  tegumento,  sul  quale  appaiono  figure,  a  disposizione  costante  per  ciascuna  specie,  corrispon- 
denti alle  inserzioni  dei  muscoli  e  dovute  alla  riduzione,  per  opera  del  glucosio,  di  ossidulo  di 
rame).  Il  glucosio  manca  durante  la  ninfosi  e  durante  le  mute,  ciò  che  significa  che  esso  è  uti- 
lizzato in  tali  momenti.  Secondo  Mirande,  i  micromiceti  parassiti  delle  larve  di  Lepidotteri  vi 
vono  a  spese  di  questo  glucosio. 

Parecchi  autori  (Hotì'mann,  de  Weiland,  Bogdanow  hanno  studiato  le  larve  di  Mosca  bleu 
delle  carni,  le  quali,  pel  loro  rapidissimo  accrescimento,  si  prestano  bene  a  ricerche  di  questo 
genere,  per  riconoscere  l'origine  del  grasso  contenuto  nel  loro  tessuto  adiposo  e  sono  giunti  alla 
conclusione  che  esso  si  forma  a  spese  delle  sostanze  albuminoidi  ingerite.  Weiland,  con  accurate 
e  variate  esperienze,  ha  dimostrato,  appunto,  la  formazione  di  grassi  ed  acidi  grassi  superiori,  non 
volatili,  nel  detto  insetto,  dalle  sostanze  albuminoidi  ed  il  fenomeno  avviene  anche  in  una  pol- 
tiglia fatta  di  dette  larve  pestate.  La  detta  reazione  è  tanto  più  energica  quanto    più  scarso   è, 


nelle  larve,  il  grasso   preformato  e  si  produce  per  un  processo  anoxibiotico.  Il  fenomeno  si  effettua 
per  disainidazione  e  disgregazione  carbossilica. 

Bogdanow  ha  affermato  la  necessità  della  presenza  di  bacteridi  per  l'accrescimento  nor- 
male della  larva  di  Mosca  della  carne.  Perciò,  è  essenziale  uu  bactei'ide  che  liquefa  la  gelatina 
e  determina  la  produzione  di  ammoniaca.  1  bacteridi  preparano  la  poltiglia  liquida,  della  quale 
si  nutrono  le  larve,  che  sono  esclusivamente  succiatrici.  E'  un  vero  caso  di  simbiosi;  la  larva 
diffonde  i  bacteridi  in  ambiente  opportuno  e  questi  concorrono  a  preparare  il  cibo  adatto  alla 
larva.  Il  caso  della  larva  di  un  altro  Muscide,  il  Dacus  oleae,  in  simbiosi  col  Bacilhts  oleae,  senza 
il  quale  non  potrebbe  vivere  (caso  che  illustreremo  a  suo  tempo)  è.  anche  più  notevole,  perchè 
implica   una  speciale  organizzazione  dell'insetto  in   favore  del   bacteride,   oltre  che   proprio. 


Escrezione  plastica. 

Nel  voi.  I  (pagg.  777)  ho  distinto  gli  oro-ani  e  tessuti  di  escrezione  plastica 
in  quelli  ili  origine  mesodermale  e  gli   altri  di   origine  ectodermale. 

I  primi,  che  ho  chiamato  tessuti  emosteatici,  possono  considerarsi  per  ani- 
massi di  elementi  cellulari,  la  cui  affinità  (se  non  identità,  per  taluni  di  essi) 
cogli  amebociti,  può  essere  ragionevolmente  dubitata  ed  anzi  gli  organi  splenici 
si  possono  considerare  veramente  per  aggregati  di  amebociti,  sia  che  quivi  cotali 
cellule  si  formino,  sia  che  si  trovino,  così  raccolte  ad  esercitare  sopratutto  la  loro 
funzione  di  eliminazione  delle  sostanze  da  togliersi  via  dall'organismo.  Sono  da 
ricordarsi,  a  questo  proposito,  le  cellule  pericardiali  io  nefrociti  pericardiali  &  car- 
minato, cioè  capaci  di  escretare  il  carminato  ili  ammoniaca  e  quindi  paragonabili 
ai  glomeruli  di  Malpighi  dei  vertebrati),  le  cellule  paracardiali,  gli  organi  sple- 
nici (costituenti,  questi,  una  vera  milza)  ed  il  corpo  subesofageale.  Di  tutti  questi 
organi  ed  elementi  è  detto  abbastanza  al  luogo  sopracitato,  anche  in  riguardo 
alle  speciali  reazioni,  mediante  le  quali  si  mettono  in  rilievo  ed  alle  probabili  loro 
funzioni,  circa  le  quali,  del  resto  non  troppo  è  noto. 

La  attività  fagocitarla  (nel  senso  suddetto)  e  quella  escretiva  da  parte  degli 
elementi  in  discorso,  è  universalmente  riconosciuta.  A  queste  cellule  a  reazione 
acida  e  die  tutte  hanno  una  origine  mesodermale.  si  devono  aggiungere,  nella 
categoria  degli  organi  di  escrezione,  quelli  che  hanno  origine  ectodermale,  sono 
a  reazione  decisamente  alcalina  e,  perciò,  si  debbono  considerare  per  organi  o 
tessuti  od  elementi   isolati  incaricati  della  escrezione  veramente  urica. 

Questi  ultimi  sono  anzitutto  i  vasi  malpighiani  (della  cui  morfologia  è  detto 
abbastanza  nel  voi.  I,  da  pag.  779  a  pag.  788);  gli  enociti  (loc.  cit.,  pag.  7SS);  le 
cellule  uriche  (loc.  cit.,  pag.  700);  le  cellule  del  tessuto  adiposo  (e,  talora,  anche 
quelle  ipodermali)  e  le  cellule  della  muta  (loc.  cit.,  pag.  792).  Queste  ultime  non 
appartengono  che  alle  forme  giovanili  ed  entrano  in  attività  solo  al  momento 
delle  mute,  nel  qual  tempo  sostituiscono,  funzionalmente,  i  vasi  malpighiani,  inat- 
tivi in  questo  periodo. 

In  taluni   bassi  insetti  (Tisauuri),  come  nei    Diplopodi  (Miriapodi),  si  trovano   i   cosi   detti  reni 
labiali,  organi  composti   di   un   taccnlo    (che  elimina  il  carmino  ammoniacale)     e    di     un     labirinto 
te  escreta   il  carmino  d'indaco)  e  sono  paragonabili  ai   reni  auteunari  dei  Crostacei.  Tali  organi 
sboccano  all'esterno  mediante  un   canale  escretore,  che  si  apre  alla  base  e  sopra    il    labbro  infe- 
riore (vedi  voi.   I,  p.   513). 

II  tessuto  ipodermale,  in  moltissimi  insetti,  è  la  sede  di  depositi  urici,  i 
(piali,  anzi,  compongono  speciali  pigmenti  che,  a  ridosso  di  un  tegumento  pellu- 
cido, determinano  colorazioni  varie,  quali  si  vedono,  ad  es.,  nei  Bruchi  ed  in 
altri  Insetti   (vedi  voi.  I,  pag.  486). 


i.'isdividuo  kkoi.i   ai  il   PUR   i.a   pkophia   cokskiivaziovk  f03 

Si  tratta  di  concrezioni  di  uniti,  come  quelle  che,  durante  la  ninfosi,  ven- 
gono ad  accumularsi  nell'interno  delle  squame  delle  ali  dei  Lepidotteri,  clie,  as- 
sumono, cosi,  speciali  tinte.  (Per  questi  ed  altri  pigmenti  e  colori  vedi  voi.  I, 
pagg.  483-486). 

Le  cellule  del  tessuto  adiposo,  anche  quelle  che  non  sono  specializzate  in 
vere  e  proprie  cellule  uriche,  possono  essere  sempre,  od  in  determinati  periodi 
della  vita  dell'insetto,  la  sede  di  depositi  urici,  comportandosi,  cioè,  come  veri 
reni   di    accumulazione. 

Il  più  spesso,  tale  ufficio,  dal  tessuto  adiposo  viene  assunto  durante  il  pe- 
riodo larvale  (in  larve  di  insetti  a  metamorfosi  completa)  e,  più  ancora,  durante 
la  metamorfosi,  nel  qual  momento  i  vasi  malpighiani  sono  inattivi,  mentre  in 
tutto  l'organismo  ferve  energica  l'opera  di  costruzione  di  nuovi  tessuti,  di  esau- 
rimento delle  riserve  albuminoidi,  preparate  per  le  nuove  costruzioni  e,  conse- 
guentemente, un'abbondante  produzione  di  materiali  di  deassimilazione,  «die  vanno 
a  raccogliersi,  appunto,  nelle  cellule  adipose,  conforme  si  è  detto  a  proposito  della 
ninfosi. 

Più  frequentemente  però,  esistono  cellule  specializzate  del  tessuto  adiposo 
intercalate  fra  le  altre  accumulanti  solo  riserve  di  grasso,  le  quali  hanno  ufficio 
escretivo,  sopratutto  urati,  che  si  vedono,  nelle  dette  cellule,  in  forma  di  con- 
crezioni sferoidali  solide,  molto  rifrangenti   la  luce. 

Negli  Ortotteri,  in  tutte  le  età,  si  trovano  cellule  uriche  frammiste  alle  altre  esclusivamente 
adipose  ed  il  loro  numero,  come  le  dimensioni,  aumenta  col  crescere  dell'insetto.  Così,  ad  es., 
nelle  Blatte  adulte,  il  corpo  adiposo  non  è  già,  ormai,  che  una  enorme  massa  di  orati,  poiché  le 
cellule  adipose  vere,  vuotate  del  loro  coutenuto,  sono  schiacciate  e  pressoché  invisibili  nella 
massa  di  quelle  uriche  molto  rigonfie  di  contenuto  escretivo.  Ciò  vedesi  anche  in  altri  Ortotteri 
e  quivi  le  concrezioni  uriche  (urati)  sono  ormai  definitivamente  fissate  entro  le  cellule,  ne  di  là 
sono  più   rimosse.   Del  resto,   per  ciò  che  riguarda    le  cellule  uriche,     vedi   voi.   I,   pagg.   790-791, 

Anche  degli  enociti  si  è  detto  abbastanza  nel  voi.  I  (pagg.  788-790)  sia  per 
quanto  riguarda  la  loro  origine,  sia  per    l'ufficio,  ecc.,  né  conviene  ripetersi  qui. 

Vasi  malpighiani.  —  Sono  questi  organi  certamente  i  precipui  agenti  della  fun- 
zione escretiva  negli  Insetti  e,  quanto  alla  loro  morfologia,  origine  ed  anche  per 
ciò  che  riguarda  le  funzioni,  ecc.  se  ne  è  detto  lungamente  da  pag.  779  a  pa- 
gina 78S  del  voi.  I,  al  quale  rimando  il  lettore.  Sono  organi  di  escrezione  alcalina 
(eliminano  il  carmino  d'indaco  ed  altre  sostanze  a  reazione  alcalina),  corrispon- 
dendo, così,  fisiologicamente,  ai  tubuli  contorti  dei  reni    dei  Vertebrati. 

L'evacuazione  dei  prodotti  urici,  anche  solidi,  che  sono  contenuti  nei  vasi 
malpighiani.  è  facilitata  dai  movimenti  vermicolari  di  questi  organi,  movimenti 
che  dipendono  dalle  fibre  contrattili  ed  elastiche,  disposte  a  ridosso  della  tunica 
peritoneale,  che  riveste  i  detti  tubi. 

Si  è  già  accennato  in  questo,  ma  ancor  piti  nel  volume  I,  alla  ingerenza  dei  vasi  malpi- 
ghiani neila  funzione  della  digestione  ed  all'ufficio  loro  ed  importanza  anche  in  rapporto  all'o- 
pera digestiva,  ciò  che  è  fatto  subito  sospettare  dalla  ubicazione  del  loro  sbocco  in  un  tratto 
del   tubo  digerente,   nel   quale  certo  non   è  cessata  ormai   la  funzione  anche  di  assorbimento. 

Un  recente  scritto  del  Gorka  (1914)  a  proposito  dei  vasi  uialpigani  dei  Coleotteri  adulti  e 
piìi  specialmente  di  Gnaptor  e  di  Xerroplioriix,  dopo  un  diligente  studio  anatomico  ed  istologico 
dei  detti  vasi,  riprende  la  questione  fisiologica  suddetta  e,  dietro  esperienze  variate  e  numerose, 
giunge  a  conclusioni  molto  interessanti  e  che  meritano  certo  di  essere  ricordate,  mentre  l'im- 
portanza dell'argomento  ed  i  nuovi  risultati  e  da  augurarsi  richiamino  l'attenzione  di  altri  spe- 
rimentatori, anche  su  altri  gruppi  di  insetti,  per  poter,  cosi,  giungere  a  conclusioni  con  carattere 
di  generalità. 


704  CAPITOLO    SESTO 


L'Autore,  affermato  che  i  mal  inghiaili  sboccano  veramente  nel  mesointestino  e  non  nel  postinte- 
stino (vedi,  su  ciò,  questione  a  pag.  781  del  voi.  I),  rileva  una  decisa  influenza  loro  sull'attività 
delle  cellule  epiteliali  del  mesenteron,  perchè  l'asportazione  dei  malpighiaui  determina  la  cessa- 
zione della  normale  facoltà  secretiva  delle  cellule  stesse,  anche  di  quelle  di  rinnovamento  con- 
tenute nelle  cripte.  Dietro  studio  istologico  di  tubi  digerenti  di  Gnaplor  privati  di  malpighiani, 
con  quelli  di  altri  normali,  l'Autore  conclude  che  la  secrezione  dei  malpighiani  agisce  come  sti- 
molo all' accrescimento  e  secrezione  delle  cellule  epiteliali  del  mesenteron  e  forse  concorre  in 
aiuto  della  digestione  stessa,  ad  es.  accelerando  considerevolmente  il  potere  proteolitico  del  succo 
digestivo  segregato  dal  mesenteron.  I  tubi  malpighiani  dei  detti  Coleotteri  contengono  un  fer- 
mento inalterabile  alla  cottura  (aldeidasi)  che  ossida  l'aldeide  salicilica  e  l'acido  salicilico.  L'e- 
stratto acquoso  di  tubi  malpighiani  è  senza  effetto  su  sieroalbumina  e  caseina  ;  ma  scinde, 
invece,  amido,  glicogeno,  zucchero  rosso,  glicosidi  (amigdalina,  floriziua,  arbutina)  e  grassi.  Fra 
gli  idrati  di  carbonio,  l'inulina  ed  il  lattosio  non  sono  attaccati.  11  Gorka  viene  a  concludere  che 
i  tubi  malpighiani,  nei  Coleotteri,  esercitano  una  fuuziune  importantissima  nel  ricambio  nutritivo 
di  questi  insetti  e  possono  essere,  così,  paragonati  alle  ghiandole  del  mesenteron  presenti  in 
altri  Invertebrati. 

Quanto  alla  funzione  escretiva,  l'Autore  non  trovò  nei  malpighiani  dei  detti  insetti,  né 
l'urea  uè  la  guanina,  bensì  l'ossalato  di  calcio  (sopratutto  in  esemplari  a  digiuno  da  tempo) 
ed  altri  sali  calcari  vengono  immagazzinati,  spesso  in  grande  abbondanza,  in  cellule  dei  vasi 
malpighiani  di  Kecroyìiorns.  I  granuli  giallo-bruni,  visibili  entro  le  dette  cellule  (certamente 
escretivi),  si  formerebbero  negli  enociti  e,  di  quivi,  sarebbero  portati  ai  malpighiani  e  fatti  pas- 
sare nelle  cellule  di  questi  vasi. 

Qualche  osservazione  relativa  all'opera  della  digestione  merita  anche  di  essere  rilevata.  11 
postintestino,  nel  suo  primo  quarto,  presenta,  una  viva  attività  di  assorbimento.  La  sostanza 
elaborata,  fuoriuscita  nella  parte  anteriore  del  postintestino,  scende,  lungo  questo,  fra  l'epitelio 
e  lo  strato  muscolare,  raggiunge  il  retto,  dove  si  accumula  fra  l'epitelio  e  la  membrana  basale 
ed  il  reticolato  rettale  dei  vasi  malpighiani,  per  mezzo  del  quale  si  diffonde  nella  cavità  vi- 
scerale. 

I  moti  peristaltici  del  mesenteron  (in  Gnatopteron  ed  altri  Coleotteri)  non  continuano  nelle 
ondate  di  quelli  del  postintestino,  giacché  questi  ultimi  non  si  iniziano  nella  regione  della  val- 
vola pilorica,  ma  molto  più  giù. 

Ho  voluto  riportare  abbastanza  diffusamente  queste  recenti  conclusioni,  perchè  esse  mi  sem- 
brano tali  da  richiamare  l'attenzione  degli  studiosi  della  fisiologia  degli  insetti  su  funzioni  di 
così   cardinale  importanza. 

Secrezioni  speciali. 

Dal  lato  fisiologico  le  speciali  secrezioni  di  taluni  insetti  possono  distin- 
guersi in  quelle  con  ufficio  esclusivamente  in  servizio  dell'individuo,  per  sua  di- 
fesa o  per  offesa  e  le  altre,  meno  ovvie,  le  quali  sono  chiamate  a  concorrere  al- 
l'opera di  riproduzione. 

Nel  primo  gruppo  abbiamo  le  sostanze  odorose,  le  urticanti  od  irritanti,  le 
velenose.  Queste  sono  offensive  e  difensive  insieme.  Inoltre,  si  debbono  elencare 
sostanze  speciali,  a  rinforzo  dei  tegumenti,  per  ottenere  una  più  valida  corazza 
protettrice  e  questi   sono  mezzi  esclusivamente  protettivi  dell'individuo. 

Fra  le  secrezioni  con  ufficio  in  vantaggio  dell'opera  riproduttiva  si  possono 
elencare  talune  odorose,  per  facilitare  l'avvicinamento  dei  sessi,  nonché  altre  de- 
stinate alla  costruzione  dei  nidi. 

Fra  queste  ultime,  più  importanti  nel  loro  ufficio  perchè  soccorrenti  nell'o- 
pera riproduttiva,  va  noverata  principalmente  la  cera,  quando  tale  sostanza  è  ini. 
piegata  alla  costruzione  dei  nidi,  secondo  l'esempio  classico  ed  ovvio  delle  Api, 
e  perciò,  oltre  a  quanto  se  ne  è  già  detto  nel  voi.  I  (pag.  100)  si  ritornerà  su 
questa  sostanza,  per  quanto  essa  è  impiegata  alla  costruzione  di  nidi,  allorché 
si  dirà  degli  Insetti  sociali,  fra  i  quali,  appunto,  si  trovano  quelli  che  costrui- 
scono i  loro  nidi  di  cera. 


l'individuo  negli  atti  pur  la  propria  consbrvazionk  705 


Anche  la  seta  può  essere  adoperata  per  costruire  o  rinforzare  i  nidi  ed  in 
tale  caso,  la  secrezione  appartiene  all'adulto,  mentre  è  assai  più  connine  nelle 
t'orine  larvali  (a  metamorfosi  completa),  sopratutto  per  l'adattamento  dell'ambiente 
destinato  a  riparare  la  ninfa. 

Si  è  già  illustrato  in  precedenza  il  nido  dell'Idrofilo  e  si  è  veduto  come  esso  sin  rivestito 
di   seta   filata  dalla   madre. 

A  proposito  delle  Società,  sarà  detto  anche  dell'impiego  della  seta  da  parte  di  qualche  Ter 
[nitide  (Embia),  con  uso  nella  nidificazione. 

Al  duplice  officio  di  riparare  insieme  il  proprio  individuo  e  le  uova,  che  pur  vivranno  dopo 
la  morte  della  madre,  è  destinata  la  protezione  di  seta,  mediante  la  (piale,  i  Diaspi  ti,  Ira  i  Coc- 
ridei,  completano  lo  scudo  protettore,  che  li  avvolge  interamente,  piti  robusto  al  dorso  che  non  al 
ventre  e,  sul  dorso,  è  anche  rinforzato  dalla  pelle  del  dorso,  che  è  abbandonata  nelle  due  mute, 
che  precedono  lo  stadio  di   adulto.   Ciò   nelle  femmine. 

Morte  queste,  le  uova  permangono  accanto  al  corpo  disseccato  della  genitrice,  fino  alla 
Bchiusura   delle    larve. 

In  questi  casi,  come  per  l'Idrofilo,  la  seta  è  segregata  da  ghiandole  pigidiali  ed  è  foggiata 
in   filamenti  multipli  ed  esilissimi. 

si  e  già  avvertito  che   anche  le   limititi  (pag.   515)   ricoprono  ili   tili   di   seta   le  loro  uova. 

Auche  la  lacca  e  la  cera  sono  utilizzate,  da  taluni  Coccidei.  per  proteggere  le  uova,  oltreché 
«li  individui  in  quasi  tutti  i  loro  stadii.  I  più  begli  esempi  di  nidi  composti  esclusivamente  da 
ammassi  di  cera  filata  si  sono  già  ricordati  pei  generi  Icerya,  Ortezia,  Orteziola,  ecc.  (pa- 
gina  516). 

.Vegli  Imenotteri  Terebranti,  la  sostanza  escreta  traverso  l'ovopositore  è  necessaria  nell'opera 
riproduttiva  perchè  determina,  nei  tessuti  vegetali  vivi,  la  formazione  di  galle,  escrescenze,  al- 
terazioni varie,  mediante  le  quali  è  preparata  una  acconcia  dimora  alle  future  larve.  In  questi 
casi,  adunque,  tale  secrezione  non  ha  ufficio  protettivo  dell'individuo.  Cosi  pure  si  potrebbe 
avvertire  che  la  secrezione  analoga,  che  geme  dall'ovopositore  degli  Icneumonidi  ed  altri  Ime- 
notteri endofagi  è  piuttosto  destinata  a  scopi  in  rapporto  colla  riproduzione,  che  a  difesa  indivi- 
duale, quantunque  si  veda  che  i  detti  Insetti,  se  afferrati,  tentano  pure  di  ferire  e  difendersi 
merce  l'ovopositore,  ma  non  se  ne  sente  effetto  alcuno,  forse  per  la  debolezza  dell'organo  pun- 
gente. 

Quanto  alle  secrezioni  odorose,  delle  quali  si  è  trattato  abbastanza  a  pro- 
posito dei  mezzi  di  seduzione  (pagg.  475-477),  per  quel  che  si  richiama  alla  ri- 
cerca del  sesso  anche  con  questo  espediente,  non  occorre  dirne  ulteriormente. 

Delle  sostanze  usate  dagli  insetti  come  mezzi  protettivi  e  difensivi  indivi- 
duali si  dirà  più  innanzi  allorché  si  tratterà  appunto  degli  espedienti  che  l'indi- 
viduo pone  in  opera  per  sottrarsi  all'insidia  di  cause  nemiche,  per  ora  basterà 
accennare  alla  natura   delle  sostanze   medesime. 

Ghiandole  velenifere  possono  essere  allogate  in  varie  parti  del  corpo  degli 
Insetti,  sia  nel  capo  che  nel  tronco.  Nel  primo  caso  sono,  il  più  spesso,  le  ghian- 
dole salivari  specializzate  a  questo  particolare  uso  e  ne  sono  esempio  classico 
taluni  Emitteri  Eterotteri  (voi.  I,  pagg.  515,  510),  la  cui  puntura  riesce  estrema 
mente  dolorosa  per  noi  stessi  e  mortale  per  animali  minori,  nonché  quelle  dei 
Culicidi,    dei  Pulicidi,    ecc.,  che    possono  determinare  anche  vistosi  eftetti  locali. 

Del  secondo  caso  sono  esempio  ovvio  e  ben  noto  gli  apparati  veleniferi  degli 
Imenotteri  aculeati  ivedi  voi.  1,  pagg.  304-306),  fra  i  quali  l'Ape  è  forse  il  più 
temibile  e  più  dolorosamente  pungente. 

Langer  (IS96-99)  e  Phisalix  (1904      hanno   riscontrato,     nel  veleno  dell'Ape,   la    presenza    di 
acido  formico  ed   una   o  più   basi   organiche,   che  debbono  essere  considerate  come  le  vere  sostanze 
che. 

Secondo  Phisalix,  il  veleno  dell'Ape  contiene  tre  principii  attivi,  distinti,  cioè:  una  sostanza 
_    gena,   la  cui   iniezione  determina   sintomi   locali,    cioè  gonfiezza,   rigidità,   ecc.;   tale  sostanza 

A.  Bkklesb.  Gli  Inietti,  II.  —  89- 


7()tì  CA1MT0I.0    SKSTO 


è  rapidamente  distrutta  a  100°;  una  sostanza  che  determina  i  primi  fenomeni  generali  (convul- 
sioni, ecc.)  subito  dopo  la  puntura  e  che  .■  distrutta  a  100°,  in  circa  un  a  mezz'ora  ;  infine! 
un  veleno,  che  determina  sonnolenza,  stupore,  disturbi  respiratorii,  ecc.:  questa  non  è  completa- 
mente  distrutta  che   a  150°. 

Quest'ultima  sostanza  e  la  prima  sono  segregate  dalla  ghiandola  acida,  ciò  che  È  stato  pro- 
vato dagli  esperimenti  ;  la  seconda  sostauza  proviene,  probabilmente,  dalla  ghiandola  alcalina,  ma 
ciò  non   è  stato  ancora  provato. 

Secondo  Morgenroth  e  Carpi  (1906),  il  veleno  dell'Ape  ha  potere  emolitico,  che  può  essere 
accresciuto  ben  500  volte  per  l'azione  della  lecitina.  Tale  proprietà  è  dovuta  alla  presenza  di 
una  sostanza,   che  i  detti  autori  chiamano  prolecitina. 

Diversissime  maniere  di  ghiandole  velenifere,  di  differente  ubicazione  sul 
tronco  o  sugli  arti  e  segreganti  sostanze  velenose  svariatissime.  sono  al  servizio 
di  difesa  dell'individuo,  in  moltissimi  Insetti,  siano  essi  adulti  o  larve  e  di  tutte 
si  è  detto  lungamente  nel  voi.  I,  da  pag.  525  a  pag.  550,  né  qui  converrà  insi- 
stere sull'argomento. 

Tra  queste  ghiandole  sono  pure  comprese  quelle  che  determinano  l'allonta- 
namento di  animali  avversi  all'insetto,  che  le  possiede,  mercè  l'euvssione  di  so- 
stanze facilmente  volatili  ed  a  odore  sgradevole. 

Fra  le  sostanze  velenifere,  che  dipendono  da  ghiandole  del  tronco,  molto  at- 
tive e  temute  sono  quelle  che  certi  Bruchi  di  Bombicidi  possono  emettere  da 
ghiandole,  dette,  appunto,  urticanti  (vedi  voi.  I,  pagg.  503-505),  in  rapporto  con 
peli  che  facilitano  la  dispersione,  in  giro,  delle  dette  sostanze.  Ne  sono  esempio 
classico  le  larve  di  Processionarie,  che  non  si  possono  accostare  se  non  con  pru- 
denza ed  il  cui  contatto,  o  semplicemente  quello  dei  loro  nidi,  è  così  pericoloso, 
pegli  effetti  di  irritazione  grave,  che  produce  sulla  nostra  pelle. 

Se  le  ghiandole  sottocutanee  secernenti  la  sostanza  urticante  ed  i  peli  con  cui  esse  sono 
state  in  rapporto,  sono,  morfologicamente,  bene  studiati,  ed  anche  la  sostanza  stessa  è  stata 
oggetto  di  numerose,  accurate  ricerche,  non  si  può  dire,  tuttavia,  che  sia  ormai  bene  stabilita 
la  maniera  di  emissioue  e  di  dispersione  della  sostanza  urticante  e  la  natura  stessa  del  principio 
attivo. 

Le  ricerche  del  Goossens  e  del  Fabre  sembrano  escludere  che  si  tratti  di  acido  formico  ; 
pare,  piuttosto,  che  il  principio  attivo  sia  rappresentato  da  cantaridina  o  da  una  sostanza  attiva, 
che  si  trova  anche  nel  sangue  della  Processionarla  del  Pino;  essa  può  essere  separata  mercè 
l'etere. 

Ma,  la  presenza  di  cantaridina,  in  misura  varia,  è  comune  nel  corpo  degli  Insetti,  ed  anzi, 
taluni,  a  propria  difesa,  emettono  addirittura  (comesi  vedrà  meglio  più  innanzi)  la  emolinfa,  che 
è  molto  irritante.  D'altronde,  la  cantaridina  è  stata  trovata  perfino  negli  escrementi  di  Insetti, 
fra  i  piti  diversi  e  gli  stessi  operai,  che  maneggiano  i  bozzoli  di  seta  del  filugello,  per  dipa- 
narne il  filo,  sanno  di  speciali  disturbi,  da  attribuirsi  appunto  a  questo  principio  attivo,  che  si 
trova  negli  escrementi  del  Baco. 

Può  essere  che  la  specialità  delle  larve  di  Processionaria  consista  nella  facoltà  di  lanciare 
intorno  a  sé  la  sostanza  irritante,  Molti  autori  hanno  ammesso  che  i  peli,  in  rapporto  colla 
ghiandola  secernente  la  sostanza  irritante  e  ricoperti  di  questa,  possano  disarticolarsi  facilmente 
dalla  cuticola  ed  essere  abbandonati  o  proiettati  all'ingiro  ed  anche  la  sostanza  potrebbe  allora 
gemere  dall'apertura  fattasi,   così,   per  la  caduta  del  pelo. 

Della  presenza  di  speciali  peli  elastici  negli  specchi  della  larva  di  Processionaria  del  Pino, 
già  ammessi  da  Reaumur  e  recentemente  confermati  dal  lìeille  (1896)  e  della  maniera  del  loro 
intervento  meccanico,  allo  6copo  di  lanciare  in  giro  la  sostanza  usticante  fluida  o  disseccata,  si  è 
detto  già  a  pag.  505  del  voi.   I. 

Ad  ogni  modo,  è  qui  luogo  ad  ulteriori  ricerche,  per  chiarire  i  molti  punti  oscuri,  che  ancora 
rimangono  su  questo  argomento. 

Di    altre   sostanze,    esclusivamente  protettive    dell'individuo,    come    sono    la 
cera,  la  lacca,  la  seta,  ecc.  tutte  di  secrezione  speciale  dell'insetto,  si  è  già  detto 


I     INDIVIDUO    Mi, Il    Al  II    l'I  l:    I.A    l'lìOPUIA    COSSKRVA./.IONK  707 

al 'bastanza  nel  voi.  1.  ai  luoghi  indicati  e  si  riprenderà  L'argomento  delle  speciali 
maniere  di  protezione,  allorché  si  dirà  dei  mezzi  che  gli  Insetti  impiegano  a  prò 
pria  difesa  individuale. 

Calore    animale. 

Dal  complesso  di  tutte  le  funzioni  sopradette,  risulta  un  lavoro,  nell'orga- 
nismo animale,  che  vi  determina  un  aumento  di  temperatura,  in  confronto  di 
quella  ambiente. 

Secondo  gli  studi  di  Maurizio  Girard,  che  sono  quasi  i  soli  sull'argomento, 
gli  Insetti  non  possono  ascriversi  bene  ne  agli  animali  a  sangue  freddo  (per  così 
dire)  ne  a  quelli  a  sangue  caldo;  essi  dovrebbero  definirsi  a  temperatura  mista, 
cioè  in  una  condizione  intermediaria  fra  quella  degli  animali  a  temperatura  co- 
stante e  gli  altri  a  temperatura  variabile. 

Mentre,  nelle  larve  e  nelle  ninfe,  il  calore  proprio  è  solo  debolmente  superiore 
a  quella  ambiente,  invece,  negli  adulti,  esso  può  essere  molto  più  elevato  della 
temperatura  esterna  e  mantenersi,  così,  anche  per  molto  tempo,  sopratutto  quando 
l'insetto  pratica  un  energico  sforzo  muscolare,  come  è,  ad  ts.,  nel  volo. 

È  notevole  anche  il  fatto,  che  diverse  regioni  del  corpo,  in  un  insetto  adulto, 
possono  avere  temperature  diverse  e  con  differenza  molto  sensibile,  quando  in 
una  regione  il  lavoro  muscolare  sia  molto  più  energico  che  nelle  altre,  come  av- 
viene, ad  es..  pel  torace,  durante  il  volo.  La  circolazione  del  fluido  emolinfatico 
non  è  sufficiente,  adunque,  a  stabilire  presto  l'equilibrio. 

Nel  torace  ili  Insetti  volatori,  in  conseguenza  dell'energico  lavoro  muscolare,  si  accumula  un 
notevole  grado  di  calore,  in  confronto  dell'addome  e  la  differenza  è  proporzionale  alla  potenza 
di  volo  dell'insetto.  C'osi,  negli  Sfingidi,  si  possono  avere  da  4  a  6  gradi  e  talora  da  8  a  IO  di 
differenza,  tra  la  temperatura  interna  del  torace  e  quella  dell'addome:  ina,  nei  grandi  lìombicidi, 
assai  più  modesti  volatori,  la  differenza  non  è  che  di  2  a  3  gradi  e,  nella  Cavalletta  verde  e 
e  uella  Grillotalpa,   la  differenza  stessa  è  debolissima  o  nulla  affatto. 

Fra  gli  Insetti  adulti  e  le  rispettive  larve  olometabole  (nude),  si  rileva  anche 
una  particolare  diversità,  quanto  alla  distribuzione  del  calore  nel  corpo,  inquan- 
tochè,  negli  adulti,  anche  la  temperatura  della  superficie  del  corpo  supera  quella 
dell'aria  ambiente  e  ciò  anche  nello  stato  di  sonno  o  di  indebolimento  dell'ani- 
male, mentre,  nelle  rispettive  larve,  essa  può  scendere  sotto  quella  ambiente,  pur 
rimanendo  l'interno  del  corpo  a  temperatura  più  alta  di  quella  dell'aria  circostante 
(Lepidotteri  i. 

La  temperatura  interna  del  corpo  degli  Insetti  è  sempre  più  elevata  di 
quella  ambiente  e,  talora,  anche  di  molto,  se  l'insetto  è  in  grande  attività. 

Più  alta  è  la  temperatura  nelle  agglomerazioni  di  Insetti  o  nei   loro  nidi. 

Cosi,  un  termometro  allogato  fra  una  quautità  di  Melolonte,  contenute  in  un  sacco  di  garza, 
si   vide  elevarsi  di  due  gradi  rispetto  all'aria  esterna. 

In  una  scatola  ripiena  di  fermi  della  carne,  il  termometro  si  innalzò  di  28°  a  32°  e  nei 
mucchi  di  grano,  invasi  dalla  Sitotroga  cereaìeìla,  la  temperatura  aumenta  di  10°  a  20°.  In  questo 
ultimo  caso,  pero,  devesi  tener  conto  dell'influenza  delle  fermentazioni,  a  cui  va  soggetto  il  grano 
cosi  attaccato. 

Newport  riconobbe  che,  nei  Formicai,  la  temperatura  è  di  8  a  10  gradi  piti  alta  che  all'e- 
sterno; che  nei  nidi  di  Vespe  è  superata  di  ben  14  a  15  gradi  e,  negli  alveari,  in  Maggio  e 
Giugno,  senza  eccitazione  preliminare  delle  Api,  la  temperatura  sorpassa  di  15  gradi  quella 
esterna.  In  un  momento  di  grande  attività  nell'alveare,  cioè  durante  la  sciamatura,   la  differenza 


708  CAI']  1111,11    SESTO 

fra  1'interuo  dell'alveare  e  l'esterno  raggiunge  i  32  gradi  e,  d'inverno,  previa  eccitazione  delle 
Api  nel  loro  nido,  si   può  salire  ad   una  differenza  di   ben   38  gradi. 

Secondo  le  osservazioni  della  signorina  il.  Parlimi  (1909),  le  Api  si  accostano  agli  animali 
omotermi,  se  considerate  nel  loro  nido,  non  così,  però,  se  isolate.  La  temperatura  interna  dell'alveare 
varia  di  poco  nelle  diverse  stagioni  (32°, 4  d'inverno;  33°, 8  d'estate,  in  media),  ciò  che  significa 
che,  durante  la  bella  stagione,  le  Api  debbono  produrre  circa  una  dozzina  di  gradi  di  temperatura, 
ma,  d'inverno,  circa  una    quarantina. 

Perciò,  durante  l'inverno,  gli  scambi  respiratori  debbono  essere  notevolmente  più  attivi  dia 
non  durante  la  buona  stagione.  Dovrebbesi  dunque  ammettere,  per  le  Api,  la  esistenza  di  un  si- 
stema nervoso  termo-regolatore,  clie  agisce,  però,  solo  quando  esse  sono  iu  società,  e,  come  con- 
seguenza che,  per  una  stessa  temperatura,  ad  es.  di  2(1",  l'insetto  reagisce,  mercè  la  sua  attivila 
respiratoria,  molto  più  di  inverno  che  di  estate.  Cosi,  gli  Insetti,  con  una  più  energica  combu- 
stione interna,  ottengono  quell'effetto  di  riscaldamento  dell'ambiente,  che  gli  animali  omotermi 
non   possono  avere  se  non  per  artificio  e  gli   altri  non   hanno   mai. 

Autofilassi. 

L'individuo  (e  con  esso  la  specie)  si  salva  traverso  il  granile  conflitto  fra  gli 
organismi  sulla  faccia  della  terra,  perchè  si  protegge  e  si  difendecontrolecan.se 
avverse,  che  lo  insidiano  di  continuo. 

La  difesa,  a  differenza  della  protezione,  è  estemporanea  ed  attiva;  viene  praticata 
dall'individuo  stesso,  caso  per  caso,  e  cessa  subito  all'allontanarsi  del  pericolo,  se- 
condo la  natura  del  quale,  essa  può  assumere,  anche,  modalità  speciali.  La  prote- 
zione, invece,  è  una  condizione  permanente,  che  spesso  viene  all'individuo  all'in 
fuori  di  ogni  suo  atto  volontario,  gli  è.  cioè,  largita  dalla  natura  stessa  della 
specie,  oppure  dipende  da  atti  particolari  dell'individuo  medesimo,  ma  ha  sempre 
il  carattere  di  una  premunizione  rispetto  alla  generalità  delle  cause  avverse  e, 
perciò,  non  è  transitoria  né  occasionale. 

Ordunque,  va  richiamata  esclusivamente  alla  specie,  quale  sua  diretta  fun- 
zione, questa  protezione,  che  implica  organizzazione  ed  istinti  speciali,  al  di  fuori 
di  ogni  atto  volontario  dell'individuo,  di  ogni  suo  arbitrio  o  scelta. 

Si  comprende  che  questo  insieme  di  mezzi  protettori,  pel  solo  fatto  che  si 
sottraggono  alla  variazione  ed  alla  volontà  individuali,  sono  di  effetto  molto  più 
sicuro  ed  opportuno  alla  salvazione  dell'iudividuo  e,  perciò,  vanno  messi  in  prima 
linea  fra  tutti. 

Nella  difesa,  invece,  la  scelta  della  maniera,  a  cui  ricorrere,  è  all'arbitrio 
esclusivo  dell'individuo,  per  quanto  i  mezzi  opportuni  si  richiamino  alla  sua  or- 
ganizzazione. Di  fronte  ad  una  minaccia  o  ad  un  pericolo,  l'individuo  può  far 
ricorso  a  spedienti  diversi,  per  sottrarvisi  (ad  es.  alla  fuga,  alla  finzione  della 
morte,  al  celarsi  come  può),  od  anche,  affrontarlo  arditamente,  a  seconda  di  circo- 
stanze estrinseche,  come  delle  condizioni  intrinseche,  anche  del  momento. 

Protezione. 

I  mezzi  autofilattici,  dati  all'individuo  per  sua  protezione,  possono  essere  così 
ordinati  : 

1.°  Eesistenza  dei  tegumenti  e  particolari  adattamenti  di  appendici  cu- 
tanee. 

2.°  Mimetismo  fanerico. 

•  >.°  Sostanze  e  corpi  vari  estrinseci,  formanti  un  rivestimento  secondario 
a  tutto  od  a  parte  dell'animale. 

4.°  .Rifugi   difficilmente  accessibili. 


[/INDIVIDUO   X1CGI.I   .\  i  1 1   ni:   i.a    pnoi'M  \  ci  >xski:  va/i  •  \  i 


TU  9 


Tegumenti.  —  Gli  Insetti  sono  caratterizzati  (coi  Miriapodi,  tra  gli  Artropodi 
terrestri)  da  un  rivestimento  cutaneo  robusto.  Lo  spessore  e  la  conseguente    re- 
sistenza del  tegumento  sono  direttamente  proporzionate    all'età  dell'individuo,  in 
quegli   ordini  nei  quali  esso  tegumento  è  molto  robusto  nell'adulto.   Questo    prò 
gresso  si  rende  evidente  sopratutto 
nei  gruppi  a  metamorfosi  completa, 
in   quelli,    però,    nei   quali     la  loco- 
mobilità    e    minore,    perciò    che    la 
facoltà  di   volo    è    ridotta    e  spesso 
nulla    affatto. 

Il  volo  meno  pronto  e  subita 
ueo,  che  non  sia  in  altri  gruppi  di 
Insetti,  ha  piuttosto  altri  scopi  che 
non  quello  autofilattico  mercè  una 
fuga  sollecita  di  fronte  ad  una  mi- 
naccia improvvisa. 


Fi 


703. 


Imitazione  fra  Coleotteri  di  diverse 
famiglie. 
A,  Caìoptiron    (Licide  ,    forma    protetta;     B,     un 
Longicorne     imitatore    del     medesimo.     (Da 
Emery). 


Si     È   già  avvertiti)    che    il   valore   del- 
l'iudividno,     nell'economìa     della     specie, 
aumenta    proporzionatamente     all'età   (Te- 
sando, però,   nella  condizione  metagonica), 

donile    avviene   che  si  accresce  di   pari   passo   l'efficacia  dei   mezzi   protettivi,    tanto     più     sensibil- 
mente,  quanto  piti   scarseggiano  quelli   difensivi. 

A  protezione  si  possono  anche  ascrivere  tutte  lineile  strutture  speciali,  per  cui  nessuna  por- 
zione dei  tessuti  epiteliali  degli  Insetti  è  esposta  al  contatto  diretto  col  mondo  esterno,  cosicché, 
iu    questa  guisa   appunto,   è  evitato  o  grandemente   ridotto   il   pericolo  derivante  da  infezioni     da 

parte  di   microrganismi    e    sono  queste 
tutte  strutture  di  origine  tegumentale. 
Ma,  di  tutto    ciò  si    è  detto  abba- 
stanza altrove,    ni-   qui   giova   ripetersi. 

Mimetismo  fanerico.  —  Più  in- 
nanzi, a  proposito  del  Mimetismo 
dittico,  esporrò  alcune  conside- 
razioni, atte  a  chiarire  il  mio 
modo  di  vedere  intorno  al  mime- 
tismo in  genere  e  qui,  come  là, 
io  mi  limiterò  alla  esposizione  di 
fatti,  pei  quali  si  è  creduto  di 
riconoscere,  con  evidenza,  che  la 
somiglianza  di  talune  specie,  al- 
trimenti male  protette  o  defi- 
cienti di  ogni  altra  maniera  di 
difesa,  con  specie  temibili  per 
efficaci  mezzi  difensivi  ed  offen- 
sivi, non  solo  ridonda  a  van 
taggio  delle  prime,  incatendo 
rispetto    a    possibili    aggressori, 

ma    deve    considerarsi  quale  effetto  di   una  selezione  naturale,    mzi  ottima  dimo 

strazione  di  questa  legge. 

Che  la  somiglianza,  almeno  di  forma,  colore  e  statura,  fra  specie  div  sissinie  ed  anche  ap- 
partenenti addirittura  ad  ordini  e  perfino  classi  discosti,  apparisca  più  o  meno  evidente  al  no- 
itro  occhio,  si  può  anche  ammettere,  ma  per  tutte  le  conseguenze  di  ciò,  argomentate  da  molti 
mi  rechiamo  alle  considerazioni  che  esporrò  più   innanzi,  come  ho  avvertito. 


Kig.    704.   —   Imitazione  fra  Lepidotteri. 

LeucolhyrÌH  victoHna.  Eliconide  imitato  da  forme  non 
egualmente  premunite,  cioè  da  un  Pieride  li  i  Di»- 
moiphia  fortunata)  e  da  un  Bombicide  C  (Phaiiopti* 
njaiiomelas).  (Da  Emery). 


fio 


t'.\ri  iin.d 


Questa  maniera  di  Mimetismo,  che  è  permanente,  può  esser  detta  fanerioa, 
inquantochè  l'animale,  che  ne  gode,  non  si  cela  altrui  in  alcun  modo  ed,  anche 
se  la  sua  veste  è  molto  appariscente,  la  inette  sicuramente  in  mostra,  senza 
preoccupazione  della  sua  vistosità,  protetto  dal  rispetto  che  ingenera  nei  suoi 
avversari    la  terribilità  reale  della  specie  imitata. 


Fig.  7(15.  —  Un  Emittero  Eterot- 
tero,  J,  che  imita  una  Formica 
( P&eiidomyi' me  graoilis,  B).  Ingr. 
circa  2   volte.   (Ha  Emery). 


Esempi  di  cotale  mimetismo  fanerico,  cioè,  di  «  pelle  del  leone  »,  indossata  da  forme  in- 
nocue,  sono  citati   in   gran  ninnerò  dagli  autori  e  molti  di  questi   avvicinamenti  sono  aneli  e  tirati 

a  forza  come  si  direbbe,  ma  altri  sono  piìl  evidenti,  q uà— 
lunque  ne  sia  la  loro  causa  e  la  portata  a  vantaggio  della 
specie  simulatrice. 

Giova,  intanto,  avvertire  quanto  segue. 
Alcuni  gruppi  di  Insetti,  pur  da  temersi  per  mezzi  offen- 
sivi e  difensivi  pericolosissimi,  non  sono  imitati  da  alcun 
altro  insetto  e  ne  sieno  esempio  gli  Eterotteri  acquaioli,  la 
cui  puntura,  dolorosissima  anche  per  noi,  è  micidiale  per 
animali   minori. 

Neppure   i   Reduvidi,   Insetti  non   meno  temibili,  che  sono 
terrestri,    contano     forme  loro    mimetiche  ed    il  paragone  con 
taluni     Ligeidi,    maculati     di     rosso     e    di    nero,    col   comune 
Sarpaclor  iracuvdus  nostrale,  è  molto  mal  proprio.  Ma,  forse, 
tutte  queste  specie  sono  protette    abbastanza    mercè    la    loro 
secrezione  odorosa. 
Altri  gruppi,   pur  ricchissimi   di   Insetti,   come  sono  tutti  i   Coleotteri,   gli   Ortotteri,     i   Pseu- 
doneurotteri,  ecc.,   non   mostrano  esempio  o   ben   raramente  i   primi   (ad  es.   rig.   703)     di   consimili 
imitazioni,   né   fra    loro  né    per    parte    di    Insetti   di  altri   gruppi.     Eppure,   molti   fra  i  detti   In- 
setti,  godono  di   armi  difensive  ed  offensive,   non  trascurabili. 

Non  mancano  citazioni  di  Lepidotteri,  di  gruppi  diversi,  che  non  godono  di  alcun  mezzo 
protettivo  speciale  e  che  imitano  altre  forme  dello  stesso  ordine,  più  rispettate  perchè  dotate  di 
particolari  secrezioni  ripulsive  (ad  es.   tig.    701). 

Gli  esempi  ricordati  più  frequentemente  ed  in  maggior  numero  sono  tra  gli  Imenotteri  ed 
altre-specie  inermi,   pertinenti  a  gruppi   diversi,   come  Ditteri  e  Lepidotteri. 

Ma,   e  meno  agevole  spiegarsi,   attribuendolo  a  solo  scopo   protettivo,   il   mimetismo  di   taluni 
animali,     dotati     di     armi    serie,    con    altri    forse 
meno  bene  difesi   e  pur  sono  questi  ultimi,   senza 
dubbio,  l'oggetto  della  contraffazione. 

Cosi,  ad  es.,  se  le  Formiche,  certo  bene  ar- 
mate di  pungolo  e  di  sostanze  repugnanti,  sono 
imitate  da  qualche  insetto  inerme,  come,  ad  es.. 
da  qualche  Emittero  (ligg.  705,  70o),  ciò  può 
spiegarsi  eolle  vedute  sopra  ricordate,  ma  lo  e 
meno  il  fatto  (se  pur  non  si  tratta  di  mimetismo 
aggressivo),  molto  più  frequente,  di  Ragni  formi- 
cifonni,  i  quali  Bono  pur  temibili  nel  loro  pic- 
colo mondo,  e  tuttavia  molte  sono  le  specie  di 
Ragni  formici  formi  e  se  ne  è  dato  qualche 
esempio  (rig.   127.   p.    123). 

Le  citazioni  più  frequenti,  da  parte  degli  autori,  di  esempi  di  mimetismo  fanerico,  si  richia- 
mano ad  Imenotteri  (imitati)  ed  a  Lepidotteri  o  Ditteri  mimetici  dei  primi  e,  perciò,  si  afferma, 
non  meno  rispettati  dei  primi,  da  parte  di  altri  animali,  che  hanno  cognizione  del  come  possono 
difendersi  gli    Imenotteri. 

Tenute  presenti  tutte  le  possibili  restrizioni,  e  il  caso  di  confermare  che,  al  primo  aspetto, 
per  animali  che  si  contentino  della  vista  per  giudicare,  possono  rilevarsi  somiglianze  di  forma 
e   più  ancora  di  colorito  fra  specie  inermi   ed  altre  temibilissime. 

Così,  ad  es.,  moltissime  specie  di  Sesiidae  (nella  quale  famiglia,  essendo  le  ali  in  parte  de- 
nudate di   squame  e   pellucide,   del   taglio,   presso  a  poco,   di    quelle  degli   Imenotteri  e   piccole  in 


J 


Fig.  706.  —  Larva  di  Emittero  Ometterò  I  Ste 
fiaspis)  (a),  che  imita  le  Formiche  del 
gen.  Alta  (i>),  quando  portano  le  foglie. 
Ingr.   circa  2  volte.   (Da  Emery). 


L'INDIVIDUO    XROI.I    Al  II    l'KII    I.A    l'KurillA    CONSKKVAZIONK 


711 


confronto  ilei  corpo  gro9setto,  la  somiglianza  con  vespe  e  la  dissonanza  dalle  restanti  farfalle 
risalta  a  prima  vista)  molte-  specie  hanno  ricevuto  ciarli  autori  nomi,  che  si  richiamarlo  alla  so- 
miglianza loro  con  qualche  gruppo  «li  Imenotteri,  Bebbene,  dopo  le  più  vecchie  denominazioni, 
aia  intervenuta  piuttosto  una  certa  moda  di  nomenclatura,  anziché  l'affermazione  di  una  vera 
somiglianza  coll'imenotteroro  richiamato  dal    nome  specifico. 

Ed  eeeo  che  (per  ricordare  solo  specie  paleartiche),  dopo  il  Trochilinm  api  forme  [L.)  e  la 
Stria  tetpiformii  L.,  sono  nominate  dagli  autori,  un  Trochiliam  crabroniforme  (Lewin);  T.  pim- 
plaeformt  Obli,  e  molte  specie  di  Sesia,  tra  le  quali  cito  (per  mostrare  come  tutti  i  gruppi  di 
Imenotteri  aculeati  sieno  stati  chiamati  in  questione):  Sesia  scoliae  formi»  Bkn.  :  spkaeci formi» 
Gerii.  ;  ondrenoe/briius  Lasp.  ;  formicaeformh  Esp.;  ichiieamoiiiformis  (S.  V.);  hymenopleriformi» 
Bell.  !  maiariformi»  0.  ;  attatiformii  11.  S.  ;  faenusaeformia  l.d.  ;  chry»idi  formi»  Hb.  ;  foeniformis 
II.    S.  ;   ihuh-iiìi formi»   Hh,  :   otmiaeformi»   II.   S.,    ecc. 

E'  pero  vero  che  queste  comparazioni  sarebbero  molto  discutibili  se  venissero  prese  alla 
lettera   e   non   potrebbe  questa  somiglianza,   se   pur    fosse  evidente    e  certa,   aver    molto  valore     a 


Fis 


707.    — 


Esempio  di   insetti   mimetici  della    Vespa  crabro  L.   (B)  ;   A,  Trochilinm  api/orme  (L.); 
C,  Yohtcella  inani»  il-.i.  Grand,   nat. 


dimostrazione  di  un  mimetismo  con  forme  temibili,  perchè  gli  autori  non  sono  mancati  di  tro 
vare,  od  almeno  indicare,  somiglianze  anche  con  specie  del  tutto  inermi,  perchè  si  trovano  citate 
un  Sciaptero»  tabaniforme  Rott.  e  le  molte  Sesia,  come  ad  e9.  :  S.  ceohiformi»  O.  H.  ;  aroceriformis 
Tr.  :  doleriformié  H.  S.,  richiamate  dunque,  a  Tentredinei  e  5.  tipuliformis  CI.  ;  conopiformis 
Esp.  ;  muopiii  formis  Bkh.;  pipiziformis  Ld.  ;  cnlieiformis  L.  ;  stomoxyformii  Hh.  ;  empiformis  Esp.  : 
tyrpkiformit  Lnn,;  bibioniformia  Esp.;  mitecaeformia  View.  ;  muggini  formia  Rbr.  ;  aiithraciformis 
Rbr.,  ecc.,   che  sono  assimilate  a  Ditteri   del   tutto  inermi. 

Fra  i  Ditteri  non  sono  mancati  simili  paragoni  con  Imenotteri  e,  ad  es  nella  famiglia  A»i- 
lidae,  si  trovano  (per  ricordare  solo  specie  paleartiche)  un  Pycnopogon  apiforme  (Macq.)  :  una 
Laphria  bomlioides  (Macq.);  un  Alila)  crabroniforniU  L.  ;  un  Crobilooerus  megilliformia  L.  W.  ;  fra 
gli  Acroceridae  una  Aatomella  apiformia  Westw,  ;  fra  i  Nemeetridae  una  Nemeatrina  bombi/ormi» 
Portsch.,  come  trai  Syrphidae  si  trovano  T?mno»toma  reapiformc  (L.);  Cerioide»  respiformi»  (Latr.)  ; 
Mileaia  crabroniformia  V.  ;  Arstophila  bombi/orini»  Fall,  e  fra  gli  Oealridoe:  Porlachinskia  bombi/ormi» 
Porstsch.,  ecc. 

Del  resto,  il  mimetismo  dei  Bombyìiu»  coi  Bombii»,  indicato  dallo  stesso  nome,  è  ricordato  il 
più  spesso  dagli  autori,  come  quello  della  Volaeella  inania  L.  col  comune  J'eapa  crabro  (rig.  707) 
e  della  Eryatalis  (Eryatalomyia)  tenax  (L.)  coll'Ape,  ecc. 


Rivestimenti  secondari.  —  Molti  insetti  a  cute  molle,  come  sono,  ad  es.,  la  mag- 
gior parte  delle  larve  olometabole,  provvedono  a  rivestirsi  con  involucri  di  so- 
stanze diverse,  e  così  sono  meglio  riparati  di  fronte  alle  ingiurie  dell'ambiente. 
Cotali  involucri  possono  essere  originati  esclusivamente  da  speciali  secrezioni 
dell'animale  strs-,,,  oppure  da  corpi  diversi,  trattenuti  al  posto  da  speciali  se- 
crezioni dell'animale. 


•12 


CAPITOLO    SESTO 


A  proposito  delle  larve  e  delle  ninfe  oloinetabole  si  sono  ricordati  i  più  cospicui  esempi, 
pag*.  252-254),  ai  quali  si  possono  aggiungere  gli  scudi  protettori  delle  ninfe  dei  Diaspiti,  che 
risultano  composti  delle  spoglie  della  larva  e  della  prima  ninfa,  assieme  collegate  da  un  tessuto 
di  seta  e  formano   uno  scudo,   che   ricopre  tutto   il  dorso  della  ninfa    seconda     (nel    quale  stato   i 

Diaspiti  ovificano)  e  si  collega  con  un  sottile  velo  sericeo,  che 
è  disposto  al  ventre,  fra  l'insetto  e  la  pianta,  su  cui  esso  è 
fissato.  Una  speciale  escrezione  dal  retto  intonaca  ed  irrobu- 
stisce il  velo  sericeo  dorsale,  rinforzando,  così,  tutto  lo  scudo. 
Si  sono  già  altrove  indicati  molti  esempi  (voi.  I,  pa- 
gine 497*503,  voi.  Il,  p.  254,  fig.  252)  di  secrezioni  di  cera 
e  di  lacca,  formanti  un  efficace  rivestimento  protettivo  per 
Insetti  di  ordini  diversi  ed  in  differenti  età,  come  fanno  anche 
vedere  le  due  Cocciniglie,  che  qui  si  figurano  (fig.  708)  uè 
giova  qui  ripetersi  in  ciò. 

Fra  le  secrezioni  speciali,  formanti  una  particolarissima 
maniera  di  involucro  riparatore  a  forme  giovanili  di  Insetti 
ametaboli,  giova  rammentare,  qui,  il  curioso  riparo  delle  forine 
giovani  eli  Aphrophora  (Emittori,  Omotteri),  che  determinano 
lineile  piccole  masse  di  spuma,  che  si  vedono,  durante  la 
buona  stagione,  su  gran  numero  di  piante  pratensi,  ed  e  ap- 
punto questo  singolare  riparo  (che  preserva  gli  insetti  nasco- 
stivi sotto  non  solo  dall'aggressione  di  altri  animali,  ma 
anche  del  pronto  disseccamento  dei  molli  e  delicati  corpi 
loro, che  cosi  si  proteggono),  che  ha  meritato  il  nome  di  por- 
ta-spuma (Afrofora)  (fig.  709),  secondo  la  voce  greca,  come  di 
sputacchina  nel   nostro   volgo,   ecc. 

Della   natura  del   liquido  emesso    dall'insetto,     come    delle 
ghiandole    da    cui     proviene,   ecc.  si   è  già  detto  abbastanza  a 
pag.   539,   540  dei   voi.   I,  al   quale  rimandiamo   il   lettore. 

Qui  basti  dire  die  il  piccolo  Omottero  gode  della    facoltà    di    fare    la  spuma      solo  nell'età 
giovanile,  mentre,   allorché  adulto,   esso  è  libero  e  lo  si    vede  aggirarsi  sulle  erbe,    saltare,    ecc. 
La  spuma  è  un  complesso  di  bollicine,   che  l'insetto  emette  una  ad  una    dalla   parte    poste, 
riore  del  corpo  e    si    accumulano 

il 


Fig. 


708.   —  Cocciniglie  protette 
da  scudi  cerosi. 

A,  Parafairmaria  gracili/  Green, 
veduta  di  lato  (da  Green);  B, 
Paleococcus  pulcher  Leon.,  dal 
dorso.  (Da  Leonardi).  Ambedue 
ingrand,  circa  8  diam. 


sulle    erbe     in   una   massa    visto 
setta,   che  tutti  conoscono. 


Ripari  difficilmente  acces- 
sibili. —  Finalmente,  con- 
verrà ricordate  che  molti 
Insetti,  sopratuttonegli  stadi 
giovanili,  si  celano  entro 
ambienti,  dove  non  sono 
minacciati  se  non  da  spe- 
ciali loro  nemici  molto  sa- 
gaci, clie  godono  di  mezzi 
ed  istinti  peculiari  per  rin- 
tracciarli, ma  sfuggono,  in- 
tanto, alla  grandissima  mag- 
gioranza dei  predatori,  cioè  a 
tutti  quelli  che  non  hanno 
cotali    facoltà    specializzate. 

I  rifugi,  che  l'individuo  occupa  temporaneamente  ed  occasionalmente,  solo  in 
presenza  di  una  minaccia  improvvisa,  per  gradi  vari  e  molti  si  raccordano  cogli 
ambienti  reconditi,  ove,  anche  più  individui  in  conmue,  vivono  abitualmente;  ma 
tali  ambienti  reconditi,  come  ad  es.  le  caverne,  non  hanno  più  uè  il  carattere 
occasionale,  né  l'efficacia  dei    primi. 


Fig.  709.   —   La  comune  Sputacchina  o  Cicadella. 
La  massa  di  spuma   in   grand,   nat.   su  una  foglia;   //,   come 
l'insetto  produce  la  spuma  (ingrandito    5    diam.);    A,  al- 
l'inizio;    B,   ormai  l'insetto  è  tutto  ricoperto. 


L'INDIVIDUO    NKGI.l    Ali!    l'KU    LA    PROPRIA    CONSKRVAZIONK  T  1  3 


I   gradi   sono  indicati    nel  modo  seguente: 

1.°  rifugi  occasionali  ed  estemporanei; 

2.°  ambienti  riparati,  in  condizioni  conformi  pegli  individui  della  stessa 
specie,  secondo  la  stessa  età  e  per  tempo  vario,  preparati  col  concorso  di  chi  ne 
profitta  ; 

3."  ambienti  reconditi, ove  la  specie  vive  transitoriamente  o  meno,  vi  mol- 
tiplica e  come  tali  non  possono  più  ascriversi  a  mezzi  protettivi  o  difensivi    in 
dividnali. 

Dei  primi  non  è  il  casi)  di  «lire  molto.  L'insetto,  che  si  crede  in  pericolo,  come  la  maggior 
parte  clenli  altri  animali,  se  non  può  fare  di  meglio  a  propria  difesa,  procura  di  celarsi  entro 
qualche  rifugio,  ove  sfugga  alla  vista  dell'inseguitore  e  questo,  non  facilmente,  per  la  sua  mole 
o  per  altro,  lo  possa  raggiungere. 

Deli  ambienti  riparati,  invece,  e  che  si  trovano  in  condizione  di  costante  uniformità  pegli 
individui  della  stessa  specie,  che  ne  profittano,  le  maniere  sono  molteplici  e  di  questi,  più  che 
d'altri,   conviene  citare  qualche  esempio. 

A  parte  ciò  che  fanno  le  larve  olometabole.  in  questo  senso,  delle  quali  si  .•  gin  trattato  in 
precedenza,  è  certo  che  molti  Insetti  sono,  durante  un  periodo  della  loro  vita  o  per  tutta  questa, 
riparati  in  ambienti,  dove  è  meno  facile  od  anche  molto  difficile  i'.  raggiungerli  e  ciò  costituisce 
un  serio  mezzo   protettivo. 

11  terreno,  gli  spazi  sotto  le  pietre  o  sotto  i  tronchi  a  terra  e  quelli  sotto  la  corteccia  degli 
alberi  morti  o  che  comunque  si  sfaldano,  le  cavità  nei  tronchi  enei  rami,  l'interno  dei  legnami, 
delle  frutta  e  di  altre  parti  delle  piante  o  molti  altri  corpi  duri  e  resistenti,  souo  intimamente 
pervasi  da  specie  diverse  di  Insetti  ed  in  età  differenti  e  così  si  trovano  molto  bene  al  sicuro 
dalla  generalità  delle  cause  loro  avverse,  sebbene  non  altrettanto  da  quelle  speciali,  poiché  queste 
sanno  eludere  così   fatti  mezzi   protettivi. 

Molte  volte  sono  le  forme  larvali  (olometabole),  che  godono  della  sicurezza  di  tali  ambienti, 
mentre,  i  loro  rispettivi  adulti  sfarfallano  e  sfidano  il  pericolo  del  mondo  aperto,  e  questo  è  il 
caso  più   frequente. 

Ma,  i  grandi  volatori,  come  sono,  ad  es.,  i  Ditteri,  i  Lepidotteri  egli  Imenotteri,  i  Pseudo 
neurotteri  ed  i  Xenrotteri  adulti,  non  fanno  ricorso  a  così  fatti  rifugi,  allorché  provvedono  a 
mettersi   in   salvo. 

Fra  gli  Ortotteri,  però,  solo  le  Forticule  e  le  Blatte  si  affrettano  a  riparare  in  simili  recessi, 
anzi  vi  stanno  sempre  che  non  li  spinga  all'esterno  la  necessità  di  cibarsi;  ma,  tutti  gli  altri 
sono  specie  eminentemente  a  vita  libera,  all'aperto  e  di  rado  si  nascondono  altrimenti  che  con 
colori  omocrouii  od  altre  imitazioni  dell'ambiente.  Non  diversamente  si  comportano  gli  Emitteri 
Omotteri;  ma,  fra  gli  Kterotteri,  non  poche  specie  si  contano,  che  hanno  l'abitudine  di  celarsi 
altrui  in  rifugi  ristretti  o  vi  si  riparano  durante  la  cattiva  stagione,  ed.  in  questo  caso,  spesso 
in  colonie  numerose.  Se  ne  dirà  anche  a  proposito  dell'ibernamento. 

Sotto  le  pietre  o  sotto  i  tronchi  caduti  a  terra,  l'entomologo  sa  di  poter  far  buona  raccolta, 
oltreché  di  altri  Artropodi,  anche  di  Coleotteri,  Eterotteri,  Blattidi,  Fortienlidi  e  di  Apterigoti 
di  tutti  i  gruppi. 

Entro  i  legnami  albergano,  sopratutto,  larve  di  Coleotteri  ed  anche  di  Lepidotteri,  si  nu- 
trono del  legno  che  rodono  e  vi  stanno,  intanto,  anche  molto  bene  difese.  Moltissime  specie  di 
Microlepidotteri  albergano,  allo  stato  di  larva,  entro  il  parenchima  delle  foglie,  molte  altre 
nell'interno  delle  frutta,  ecc. 

Qualche  specie  di  insetto  si  scava  cunicoli  entro  terra,  non  solo  per  stabilirvi  la  sua  fi- 
gliolanza, ma  come  vera  e  propria  dimora  sua,  entro  la  quale  si  rifugia  ad  ogni  minaccia.  Ne 
sia  classico  ed  ottimo  esempio,  fra  tutti,  il  Grillo  dei  campi  (Liogrylliis  campestri*),  che  scava  i 
ben  noti  e  lunghi  cunicoli  sotterranei,  in  cui  vive  (fig.  174,  p.  479),  mentre  il  Grillo  domestico 
sa    trar    profitto  delle  fessure  nelle  muraglie,  tra  pietra  e  pietra. 

Da  questi  rifugi  permanenti,  ma  individuali,  a  quelli  che  accolgono  intere  colonie,  che  vi  si 
moltiplicano,   il  passaggio  è  graduale  e  non   giova  ricordarne  altri  esempi. 

Vengono,  così,  a  stabilirsi  delle  faunnle  speciali  a  determinati  ambienti  riparati,  che  souo 
bene  noti  all'entomologo;    ma,   di  queste  non   è  il  caso  di  trattare  qui,   dove  si   è  voluto  soltanto 

A.  Bbklesk.    Gli   lineiti,   II.   —  90- 


714  CAPITO!."    SKSTO 


accennare  ad  ambienti  di  rifugio  estemporaneo,  ai  qnali   taluni  Insetti  fanno  ricorso,  soltanto  per 
evitare  un   pericolo   imminente. 

Intanto,  si  noti  che  cotesto  mezzo  di  difesa,  allorquando  interviene  un  atto  volontario  da 
parte  dell'animale,  ad  es.  quello  di  correre  a  rifugiarsi  iu  un  ambiente  recondito,  possono  consi- 
derarsi per  veri  atti  difensivi,  mentre  restano  esclusivamente  protettivi  quelli,  nei  quali  l'ani- 
male, passivamente,  gode  del  beneficio  dell'ambiente  riparato,  come  ad  es.  accade  di  una  larva 
nata  e   vivente  entro  il   legno,   ecc. 

Difesa. 

La  difesa,  propriamente  eletta,  si  manifesta  coll'intervento  di  atti  volontari, 
preceduti  dal  sospetto  o  dalla  percezione  del  pericolo  ed  è  semine  occasionale  e 
temporanea,  iniziandosi  al  momento  in  cni  la  minaccia  si  rende  sensibile  od  è 
temuta  e  cessando  con  questa  o  col  sospetto  di    essa. 

La  difesa  è  praticata,  e  non  dai  soli  Insetti,  in  modi  differenti,  che  qui  ri- 
cordo, procedendo  dai  più  ovvi  e  più  generalmente  seguiti,  agli  altri  meno  fre- 
quenti, se  non  speciali  soltanto  agli   Insetti. 

L'animale  provvede  ad  evitare  l'aggressione  ed  i  suoi  effetti: 
1.°  fuggendo  (attivamente  o  passivamente;  arrotolamento); 
2."  sottraendosi  alla  percezione  visiva  dell'aggressore  (Grittismo  ;  cioè  Mi- 
metismo dittico;  Necromimismo); 

3.°  usando    i  suoi  speciali    mezzi,  coi    quali    può  intimorire  od    offendere 
l'aggressore  (Foberismo;  mezzi  difensivi  ed  offensivi). 

Fuga.  —  La  più  certa  ed  utile  maniera  per  sottrarsi  ad  un  pericolo  è  quella 
di  profittare  della  locomobilità,  per  interporre  spazio  abbastanza  tra  sé  a  l'av- 
versario ed  è  l'espediente  più  spesso  praticato  dagli  animali  tutti. 

La  sua  efficacia  è  in  rapporto  diretto  colla  potenza  di  percezione  e  colla  fa- 
coltà locomotoria  di  chi  ne  usa. 

Si  è  già  veduto  come  le  forme  larvali,  soprattutto  degli  insetti  olometaboli,  siano,  in  gene- 
rale, molto  piti  poveramente  dotate,  a  questo  riguardo,  che  non  le  forme  adulte  e  perciò  meno 
prontamente  ed  efficacemente  cotali  organismi  immaturi  si  raccomandano  alla  fuga  per  sottrarsi 
al  pericolo;  il  più  spesso,  essi  mettono  in  pratica  altri  espedienti,  dei  quali  non  fa  uso  l'adulto, 
che  può  avvertire  molto  prima  e  meglio  l'accostarsi  della  minaccia  e  provvedervi  in  tempo,  al- 
lontanandosene mercè  la  sua  maggiore  facoltà  di   spostarsi. 

Più  delle  larve  a  vita  aerea,  per  le  quali  la  locomozione,  fra  le  accidentalità  sopra  terra,  è 
meno  agevole,  sono  le  larve  acquaiole,  che,  potendosi  muovere  agilmente  nel  liquido  elemento, 
provvedono  bene  in  tempo  a  fuggire,  allorché  entrano  iu  sospetto,  e,  ad  es.,  dal  pelo  dell'acqua, 
al  quale  affiorano  per  respirare,  si  immergono  profondamente  e  presto,  per  cosa  paurosa,  che 
venga  dal  di  fuori,  come  si  vedono  fare  benissimo  le  larve  dei  Culicidi,  di  molti  Coleotteri  ac- 
quaioli, ecc. 

Anche  fra  le  larve  a  vita  aerea,  piti  pronte  a  percepire  il  pericolo  ed  a  scansarlo  allonta- 
nandosene, sono  quelle  più  evolute,  cioè  le  melolontoidi  ;  più  tarde  le  cruciformi,  per  le  quali, 
spesso,  tutta  la  percezione  del  pericolo  si  restringe  alla  tattile,  cioè  quando  già  la  minaccia  e 
addirittura  a  contatto  e  la  fuga  è  ormai,  anche  in  causa  della  scarsa  locomobilità,  assai  poco 
efficace.  Cosi,  per  queste  larve,   più  che  per  le  melolontoidi,  sono  ovvie  altre  maniere  di  difesa. 

Quanto  alle  larve  ciclopiformi,  esse  non  possono  provvedere  in  alcun  modo  alla  propria  di- 
fesa e  debbono  accettare  quella,  qualunque  sia,  che  loro  viene  dalla  vittima,  ili  cui  albergano, 
la  quale,  cosi,  per  un  singolare  adattamento  istintivo,  protegge  non  sé  stessa,  che  la  condanna 
è  ormai   inesorabile,   anzi  già  in  atto,   ma  la  specie  nemica  della  propria   specie  (I). 


(1)  Perfino  moribondo,  il  bruco,  da  cui  sono  uscite  le  larve  di  Braconidi  endofagi  e  filano  i 
loro  bozzoletti  attorno  al  suo  corpo  ormai  esaurito,  sembra  abbia  una  cura  quasi  materna,  in 
quegli  ultimi  istanti,  dei  suoi  uccisori  e  pare  li  protegga,  come  può,  fino  a  che  sono  al  sicuro 
entro  il   loro  bozzolo   ultimato. 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    l'I-It    LA    PROPRIA    CONSERVAZIONE  715 

Ma,  dei  mezzi  ili  difesa  e  dei  ripari  delle  forme  larvali  oloinetabole  si  è  detto  già  da  pa- 
gina .46  a  pag.  256  e  poco,  quindi,  sarà  da  aggiungersi  qui,  mentre  dovremo  piuttosto  dire  di 
quel   elie  fanno,  a  questo  scopo,  gli  adulti   tutti  od  anche  le  larve  delle  specie  ametabole. 

Le  ninfe  olometabolé,  generalmente,  per  tutta  difesa  si  affidano  ad  ambienti  o  mezzi  protet- 
tivi, giacché  cosi  ottuso  e  deficiente  è  il  loro  complesso  sensoriale  e,  generalmente,  nulla  è  la 
facoltà  locomotoria 

Ma,  tra  le  ninfe  acquaiole,  pur  olometabolé,  si  hanno  esempi  di  una  organizzazione  meno 
povera  e  per  queste,  il  pericolo,  avvertito  abbastanza  in  tempo,  e  la  facoltà  di  spostarsi  in  seno 
alle  acque,  concedono  una  utile  fuga,  come  m  vede  accadere  anche  per  le  ninfe  (oltreché  per  le 
larve)  dei  Culicidi,  che  stanno  a  fior  d'acqua,  ma  si  immergono  subito,  rapidissimamente,  purché 
l'acqua  stessa  sia  smossa  intorno,  cosi  che  esse  sentano,  a  questo  modo,  l'accostarsi  di  alcunché 
di   temibile. 

Ina  particolarissima  maniera  di  fuga,  mercé  la  quale  la  larva  minacciata  si  allontana  tem- 
poraneamente dal  punto  pericoloso,  ove  pero  e  richiamata  dalla  necessità  della  sua  vita,  è  mo- 
strato da  quei  bruchi,  viventi  in  comunità,  o  solitari,  e  ne  siano  esempio  le  larve  di  Tineidi  ed 
altri  Microlepidotteri  tìg.  245,  p.  1252)  che.  intimoriti,  si  abbandonano  fuor  del  riparo,  al  proprio 
peso  e  cadono  verso  terra,  ma  filano,  intanto,  dalla  bocca,  un  filo  sericeo,  mercè  il  quale  pos- 
sono,  piti   tardi,   passato   il  sospetto,   riguadagnare  il  loro  rifugio,   ove  stanno  e  si   nutrono. 

Il  più  spesso,  però,  il  far  ricorso  alla  gravità,  per  abbandonare  sollecitamente  il  luogo  ove 
la  minaccia  si  è  manifestata,  non  si  accompagna  colla  possibilità  di  farvi  ritorno  con  simile 
mezzo  ed,  in  questo  caso  più  comune,  l'insetto,  larva  od  adulto,  si  raccoglie  su  s'è  o  ritira  gli 
arti,  in  modo  che  la  caduta  sia  più  pronta,  senza  impedimenti,  come  di  corpo  morto,  ed,  infatti, 
in  molti  casi,  l'atto  è  accompagnato  dalla  simulazione  della  morte  (necromimismo),  di  cui  si  dirà 
più   innanzi. 

Ai-rotolamento  ed  appallottolamento.  —  Alla  difesa  col  mezzo  del  celarsi  da  parte 
dell'animale,  può  essere  ascritta  anche  quella  particolare  maniera  di  raccogliersi 
su  sé  stesso,  mercè  cui,  di  fronte  al  pericolo,  spesso  l'animale  abbandona  all'ag- 
gressione le  parti  del  corpo  meno  vulnerabili,  perchè  protette  da  cute  resistente, 
e  nasconde  le  altre,  insieme  cogli  atti,  i  quali,  come  appendici  più  delicate,  pos- 
sono essere  più  facilmente  offesi  od  asportati. 

l'ale  atto  non  può  ascriversi  alla  protezione,  perchè  transitorio  e  volontario  e  si  accosta 
molto  al  necromimismo,  da  cui  differisce  soltanto  per  la  speciale  posa  assunta  dall'animale  in 
sospetto,  che  non  è  quella  veramente  di  individuo  morto. 

Esempi  classici  di  questa  maniera  di  difesa  si  noverano  fra  i  Mammiferi  ad  es.  gli  Armadilli, 
i  Ricci,  gli  Istrici,  ecc.,  e,  fra  gli  Artropodi,  sopratatto  nei  Miriapodi  Chilognati,  ma  sono  meno 
frequenti   fra  gli   Insetti   ed  appartengono  (piasi  esclusivamente  a  forme   larvali. 

Generalmente,  questa  speciale  contorsione  è  giustificata  dal  fatto  che  la  pelle  del  dorso  è 
più  robusta  od  armata  di  serie  difese  (spine,  squame  dure,  ecc.),  in  coufronto  di  quella  nuda 
del  ventre  e,  cosi,  l'avvolgimento  si  fa  sul  ventre  appunto  ed  è  esposta  alla  minaccia  la  regione 
dorsale  colle  sue  protezioni. 

Conviene,  però,  che  l' organizzazione  dell'animale  permetta  questo  avvolgimento  sul  ventre  e 
cosi  accade  che  le  forme  lunghe,  arrotolandosi  a  spira,  assumono  la  forma  di  un  disco,  nel  cui 
centro  e  la  testa,  e,  quelle  piatte  e  larghe,  si  appallottolano,  accostando  l'orlo  anteriore  del  corpo 
a  quello  posteriore  :  il  capo  è  celato  nel  centro  dello  sferoide  e  tutto  il  ventre,  cogli  arti,  è, 
così,  nascosto  e  riparato.  Fra  i  Miriapodi,  gli  Iulidi  (fig.  143,  C,  pag.  135),  sopratutto,  si  avvol- 
gono a  spira  ed  i  Glomeridi  a  pallottola;  fra  j;li  Insetti,  larve  cruciformi,  allungate  come  sono 
(ad  es.  Bruchi,  larve  di  Tentredinei)  si  avvolgono  a  spira  come  gli  Iulidi  (tigg.  329,  A  ;  330, 
/;.  p.  318),  ma  più  rari  sono  gli  Insetti  che  si  appallottolano.  Tra  questi,  oltre  ad  alcune  larve 
di  Coleotteri,  sono  da  ricordarsi,  fra  gli  adulti,  soltanto  i  Crisidi  (Imenotteri)  (fig.  710),  del 
resto,  in  generale  benissimo  corazzati  e  che.  impauriti,  lorchè  non  possano  far  di  meglio,  ripie- 
gano il  ventre  dell'addome  sulla  faccia  ventrale  del  torace,  raccogliendo  in  mezzo  le  zampe  e 
celandole:  ma,  questa  è  anche  una  attitudine  necromimica,  inquantochè,  gli  Imenotteri  morti  si 
inflettono,  più  o  meno,  al  detto  modo. 

L'arrotolamento  dei   Hruebi,   del   quale  si  è  fatto  cenno,  a  proposito  dei  mezzi  di  difesa  delle 


716 


CAPITOLO    SESTO 


Fig.  710.  —  Cri- 
side  appallottola- 
to ,  simulante  il 
morto.   Ingr.  2  d. 


larve  olometabole,  è  più  efficace  se  il  dorso  è  protetto  da  peli  urticanti  (figg.  329,  J;  330,  B)  o 
sul  dorso  si  aprono  ghiandole  velenifere  o  repngnatorie  ;  ma,  per  le  larve  di  Tentredinei 
o  di  altri  Brucili  questo  non  è,  cosi  che,  in  tale  caso,  conviene  ammettere  che  l'atto  di  arroto- 
larsi  abbia  uno  scopo  diverso. 

Infatti,  esso  può  concorrere  alla  più  pronta  caduta  al  suolo,  conforme  si  è  detto,  ma  anche 
alla  protezione  del  collo,  ove  soltanto  è  efficace  la  puntura  degli  Imenotteri  predatori  che,  in 
tal  modo,  paralizzano  la  vittima. 

Questa,  coll'arrotolarsi,  nasconde  al  centro  la  testa  ed  il  collo  e  l'imenottero  uon  ha  buon 
gioco,  perchè  la  sua  puntura  in  altra  parte  del  corpo  della  vittima  è  inef- 
ficace allo  scopo,     secondo  si  è  avvertito  già  altrove. 

Un  bell'esempio  di  appallottolamento,  affatto  come  nelle  Glomeris,  è 
mostrato  da  un  Blattide  della  Coicincina,  detto  appunto  Perisphaera  cjlomt- 
rifoimis,    come    si    vede    bene  nella  annessa    fig.   711. 

Le  larve  olometabole,  che  si  appallottolano,  appartengono  tutte  alle 
meiolontoidi  e  compiono  l'atto  più  o  meno  bene,  secondo  la  loro  organiz- 
zazione variamente  adatta  allo  scopo. 

Talune  larve  di  Silfidi  e  Carabidi,  ecc.  (fig.   209,  F,   G,   fl),    piatte   e 
larghe,   tentano  un  appallottolamento,     che     riesce     più    o    meno  completo, 
ma  quelle  altre  di  altri    Coleotteri  si  avvolgono  così     bene    come  tuia   l!lo- 
meris  e  tanto     somigliano     questi   Miriapodi    che     non    è    mancato     chi    a 
questo  gruppo  le  attribuisse  (Anisosphaera  Sìlv.). 

Crittismo.  —  Quando,  a  propria,  salvezza,  l'animale  non  fa  ricorso  alla  fusa, 
non  potendo  o  non  volendo  mettere  in  atto  questo,  che  è  certo  il  più  ovvio 
mezzo  di  difesa,  esso  provvede,  come  si  direbbe  ad  eclissarsi.  Il  crittismo  inter- 
viene solo  quando  la  minaccia  è  data  da  un  altro  animale  ed  ha  per  iscopo  di 
fuorviarne  l'attenzione  o  la  percezione. 

L'animale  minacciato  può  provvedere  alla  propria  salvezza,  oltreché  nascon- 
dendosi veramente,  togliendosi,  cioè,  ad  ogni  percezione  avversaria  (crittismo 
assoluto,  di  cui  si  è  già  parlato  a  proposito  dei 
rifugi  occasionali  ed  '  estemporanei)  anche  rima- 
nendo tuttavia  esposto  alla  percezione,  anche 
visiva,  del  nemico,  ma  assumendo  parvenze,  me- 
diante le  quali,  questo  è  tratto  in  inganno  nel 
suo  giudizio.  In  questo  ultimo  caso  è  inatto  una 
vera  e  propria  simulazione  (Crittismo  mimetico  e 
Mimetismo  crittico). 

Crittismo  mimetico.  —  Questa  maniera  di  allon- 
tanare ogni  molestia,  se  non  per  difendersi  vera- 
mente da  aggressioni  temibili,  ha,  per  fonda- 
mento, come  si  è  detto,  la  simulazione.  L'animale, 
che  vi  fa  ricorso,  non  si  sottrae  alla  percezione 
dell'avversario;  esso  non  fugge,  né  si  ripara 
in  ambienti   poco    accessibili  ;    rimane    sul  posto, 

ma  elude  la  altrui  sagacia,  apparendo,  per  colore  o  per  forma  o  per  altro,  una 
cosa  tutta  diversa  od  in  condizioni  differenti  da  ciò  che  è  realmente,  né  dando 
altrimenti  sentore  di  sé. 

Distingueremo,  dunque,  due  maniere  di  crittismo  mimetico,  a  seconda,  cioè, 
che  l'animale  simula  altra  condizione  da  quella  in  cui  si  trova  realmente  (ad  es. 
di  finta  morte,  necromimismo)  oppure  imita  tutt'altra  cosa,  non  appetita  dai  pre- 
datori, dei  quali  il  simulatore  deve  temere,  ed,  essendo  inerte  la  cosa  imitata, 
deve  cessare  ogni  movimento  anche  nell'imitante  ed  ogni  suono,  così  che  inter- 
viene un  vero  e  proprio  crittismo.  Sia  questo  il  mimetismo  crittico  propriamente 
detto. 


Fig.  711.  —  Perisphaera  glomeriformia 
Lncas,  un  Blattide  della  Cocin- 
cina, che  si  appallottola  come  una 
Glomerh.  J,  l'insetto  veduto  dal 
dorso  e  disteso  ;  B,  lo  stesso  di 
lato  ed  appallottolato.  Alquanto 
ingrandito.   Da  Lucas. 


L'INDIVIDUO    Milli. I    ATTI    PKK    LA    PltOPIUA    COK8KKVAZIONB  717 


Neceomimismo.  —  È  frequentissima,  fra  gli  Insetti,  la  singolare  maniera  ili 
difesa,  per  quanto  non  esclusiva  a  questi  animali,  per  cui,  in  caso  di  sospetto  o 
pericolo,  è  simulata  la  condizione  di  morte.  Il  cadavere  non  è  appetito  che  da 
specie,  le  quali  lo  sentono  per  virtù  dell'olfatto  e  non  per  vista,  di  guisa  che  il 
vivente,  se  tinge  di  essere  morto,  non  è  ricercato  né  dalle  specie  necrotile  né  da 
tutte  le  altre,  assai  più  numerose,  predatrici  di  forme  viventi  e  che  si  nutrono 
di  carne  fresca.  La  simulazione  della  morte,  adunque,  può  essere  un  efficace 
mezzo  di  difesa;  in  ogni  caso  si  accompagna  alla  immobilità  ed  al  silenzio  ed  è 
messa  in  atto  da  un  grandissimo  numero  di  Insetti,  di  tutti  gli  ordini,  ma  spe- 
cialmente da  Coleotteri.  L'animale,  in  tale  attitudine,  se  ne  sta  passivo,  immo- 
bile, coi  piedi  e  le  antenne  raccolti  e  si  lascia  smuovere  e  rigirare,  senza  dar 
segno  di  essere  vivo,  di  reagire  in  alcun  modo. 

fra  i  Coleotteri  ho,  parò,   veduto  la  Cetonia  morio  assumere  una  attitudine    speciale,  a  simu- 
lazione della  morti',   cioè  culle  zampe  non   raccolte  aderenti  al   ventre,     ma    innalzate  sulla  faccia 
ventrale    con     angoli    vari,    presso    a  poco  come  pratica  il 
Belosloma,   conforme     fa  vedere  l'annessa   figura  712. 

Molti  altri  Insetti  simulano  la  morte,  senza  disporre 
•ili  arti  in   modo     speciale  o  ritirarli   a  contatto  col  corpo. 

Questa  simulazione  permane  tinche  l'insetto  crede 
ormai  allontanata  la  minaccia  o  tinche  l'aggressione  non 
assume  forme  troppo  brutali  o  pericolose;  nel  quale  caso 
il  paziente  rinvivisce  di  subito,  per  darsi  alla  fuga,  come 
ad   espediente  piti  efficace  di  salvazione.  pjg,    712.    —     BtlOHloma    flumineiim, 

in    attitudine   necromimetica.  (Da 

Mimetismo  ceittico.  —  A  differenza  col  mi         Severino 
metismo   fauerico,    il    crittismo  è  qui  determinato 

dal  fatto  della  simulazione  di  cosa  non  viva  e,  quindi,  colla  cessazione  di  ogni 
manifestazione  di  vita,  di  quei  movimenti  e  di  quel  suono,  che  non  si  interrom- 
pono, invece,  nel  mimetismo  fauerico.  L'animale,  col  solo  rimanersene  quieto  e 
silente,  riesce  a  nascondersi,  tanto  più  se  esso  assume  una  veste  poco  appari- 
scente o  punto,  nell'ambiente  in  cui  si  trattiene  immobile. 

I  caratteri  del  mimetismo  crittico  sono,  adunque,  la  immobilità,  il  silenzio  e 
un  omocromisino  ed  un  omeomorfìsmo,  quanto  più  è  possibile  ingannatore,  cogli 
oggetti  imitati  0  coll'ambiente. 

Ma,  mentre  la  quiete  (immobilità  e  silenzio)  sono  sempre  necessari  perchè 
sia  efficace  questo  modo  di  mimetismo,  cioè  di  imitazione  di  cose  inerti,  deri- 
vante dall'omeoniornsino  ed  omocromisnio  colle  stesse;  invece,  nella  semplice 
imitazione  dell'ambiente,  il  solo  omocromisnio  è  una  condizione  indispensabile, 
perchè  un  animale  può  essere  celnto  abbastanza,  purché  quieto,  in  un  ambiente 
concolore. 

Questa  maniera  di  mimetismo  può  essere  seguita  anche,  utilmente  per  l'of- 
fesa (crittismo  aggressivo)  ed  è  comune,  sopratutto  agli  animali  che  conquistano 
la  preda  per  agguato. 

Almeno  il  sincromismo  e  comune  in  molti  predatori  ed  è  certo  utile  anche  per  accostare  la 
preda  (e  vediamo  tuttodì  seguita  questa  pratica  dai  nostri  cacciatori  e  più  largamente  in  quella 
grande  caccia  all'uomo,  che  è  la  guerra);  anzi,  ogni  omeoinorlisnio  sarebbe  di  efletto  nullo  ed 
affatto  illogico  se  non  accompagnato  dal  sincromismo. 

Può  dunque  esistere  un  sincromismo  puro,  a  parte  la  maniera  di  configurazione  dell'animale, 
ma  non  un  omeomorlismo  puro,   che  non   avrebbe  alcuno  scopo. 

Omocromlsmo.   —   Ricordiamo,  dunque,   i  casi  di   omocromisnio  (o  sincromismo)  puro. 

Fra  gli  Insetti,  come  del  resto  fra  tutti  gli  altri  gruppi  di  animali,  gli  esempi  di  sincro- 
niisino  sono  comunissimi   ed   anzi,   moltissime  specie   hanno,    nei     diversi     individui,     colore  dirle- 


718 


CAPITOLO    SESTO 


reute,  a  seconda  del  diverso  ambiente  in  cui  vivono,  concolore  con  questo,  e  così  sfuggono  all'altrui 
percezione,  se,   condizione  sempre  necessaria,  si  aggiungano,   anche    l'immobilità  ed  il  silenzio. 

Non  si  possono  trovare,  fra  gli  Insetti,  esempi  di  variazione  di  colore  sincromo  coll'ambiente, 
in  stagioni  differenti,  secondo  il  classico  esempio  dell'Ermellino,  perchè  è  troppo  breve  la  vita 
dell'insetto,  né  gli  adulti  mutano  veste  mai  più;  ma,  qualche  variazione  si  è  già  citata,  fra 
gli  individui  di  una  generazione,  in  confronto  di  quella  d'altra,  quando  ambedue  sono  nello 
stesso  anno  ed  in  stagioni  differenti  e,  talora,  si  osserva  anche  in  diverse  età  delle  larve.  Non 
si  vede,  però,  che  tali  variazioni  si  richiamino  a  sincromia  coll'ambiente,  sia  pure  diverso  nei  due 
casi. 

Contuttociò,  il  Green  fa  rilevare  che,  fra  le  specie  di  Lepidotteri  notturni,  che  in  autunno 
ed  in  inverno  si  incontrano  nella  Gran  Brettagna,    su    52  specie    ben    42    sono  omocrome  colle 


Fio-.  713.    —  La  Sfinge  dell'Oleandro,   DeiUphila  nerii  (L),  in  grandezza  nat.   (Da  Figuier). 


tinte  dominanti  in  quel  tempo.  D'inverno  sono  piti  frequenti  le  farfalle  a  colon  grigi  ed  ar- 
gentati. 

Invece,  la  variazione  di  colorito  da  individuo  ad  individuo,  che  negli  animali  superiori  non 
sembra  avere  rapporto  alcuno  coll'ambiente,  fra  gli  Insetti,  quando  essa  sia  normale  (esclusi,  dunque, 
i  casi  di  albinismo  e  inelanismo,  che  appartengono  alla  categoria  delle  anomalie  ed  a  parte  anche 
i  rarissimi  casi,  in  cui  si  manifesta,  sempre  per  anomalia,  il  colore  complementare  di  quello  comune, 
(come  è  mostrato,  ad  es.  dai  non  infrequenti  individui  rosso-rosei  del  Conocepkaliis  mandibularis, 
fra  i  comuni  verdi  od  i  terrei,  o  nel  colore  rosso  e  bleu  delle  ali  inferiori  di  vari  Acrididi  no- 
strali, ad  es.  :  Oedipoda  coeruleseens  e  la  sua  var.  miniata)  è  in  rapporto  colla  diversa  tinta  di 
ambienti  differenti,  come,  ad  es.  individui  verdi,  che  stanno  benissimo  celati  fra  le  erbe  ed  altri 
della  stessa  specie,  di  color  terra,  si  vedono  meno  bene,  86  fermi  in  luoghi  aridi. 

Fra  gli  Ortotteri  (Locnstidi,  Acrididi,  Mantidi,  Fasmidi,  ecc.)  questa  maniera  di  variazione 
individuale  è  comunissimi»,  molto  piìi  rara  o  nulla  affatto  in  altri  ordini;  ma  può  trattarsi  di 
vero  albinismo. 

Intanto,  il  piti  comune  omocromismo  è  rappresentato  da  quei  colori  smorti  od  addirittura 
neri,  pei  quali  l'insetto  è  meno  facile  a  vedersi,  nel  più  degli  ambienti. 

Il  colorito  nero  è  comuiiissiiuo  non  solo  fra  gli  Insetti,  che  frequentano  luoghi  bui,  ma 
anche  in  altri,  che  stanno  all'aperto,  si  rifugino  essi  o  meno  in  luoghi  poco  o  punto  illuminati, 
allorché  intimoriti. 


l'individuo  negli  atti  puh  la  propria  conservazione 


719 


Perciò,  appunto,  il  colore  bianco  uniforme  è  estremamente  raro  Ira  gli  insetti  suscettibili  di 
ricorrere  al  detto  mezzo  di  difesa  e,  tranne  elle  per  pochissime  specie  di  Curculiouidi  (special- 
mente del  Brasile),  non  se  ne  lia  esempio  altrove  che  fra  i  Lepidotteri,  insetti,  questi,  che  non 
praticano  un  mezzo  di  difesa,  pel  i|iiale,  insinuandosi  in  stretto  rifugio  comprometterebbero  la 
freschezza  della  elegante  e  delicatissima  veste. 

Il  color  virile,  giacché  sulle  piante  vivono  specie  innumerevoli  di  Insetti,  è  molto  frequente 
tra  questi,  ma  pio  per  le  forme  larvali  olometabole  che  non  pegli  adulti,  giacche  questo  mezzo 
protettivo,  potendo  essere  bilanciato  da  altri  antofilattioi,  è  diffuso  in  proporzione  inversa  del- 
l'efficacia di  questi,  sopratutto  della  looomobilità.  Anche  forme  ametabole  possono  essere  verdi 
nelle  età  giovanili    (ad    es.   Aoridiiim   limola    F.  )  e  d'altro  colore  allorché  adulte. 

Plateau  afferma  che  circa  il  40  °/0  dei  Bruchi  di  Europa  hanno    tinte  verdi  ed  una  percen- 
tuale di  poco  minore  si  rileva  per  quelli  di  America  e  di    tale  colore  sono  anche  molte  larve  di 
Teutredinei.  Invece,  ben  pochi    di    questi  ultimi 
(una  o  due  specie  soltanto,  nostrali)    adulti,  sono 
verdi,   gli  altri  hanno  altra  colorazione,    più    vi- 
stosa anche  fra  le  piante. 

Nelle  Farfalle,  poi,  il  color  verde  è  raro  e 
anche  più  raro  è  quello  molto  intenso,  sebbene 
le  specie  frequentino  le  erbe  ed  il  fogliame.  Ci- 
tiamo, ad  es.  fra  i  Cymbidae:  Hylophila  praainana 
F.  ed  altre;  Eariae  chlorana  L.  con  altre  specie; 
fra  i  Nottuidi  Lucerla  Direna  L.  ;  qualche  Geo- 
metra (Geometra  papilionaria  L.  ed  altre);  ed  un 
Tortricide  (Tortrix  viridana  L.),  ecc. 

Anche  la  Stinge  dell'Oleandro  [Deilephiìa  nerii 
L.),  la  più  bella  delle  nostre  Sflngidi  (iig.  713) 
è  molto  elegantemente  screziata  di  variegazioni 
verdi,  brune  e  biancastre,  sopratutto  sulla  faccia 
superiore  delle  ali  del  primo  paio,  così  che,  in 
riposo,  nel  verde  del  fogliame,  sfugge  all'occhio 
cosi  facilmente  come  per  le  loro  marmorazioni 
brune  ottengono  la  maggior  parte  dei  macrolepi- 
dotteri diurni,  quando,    posati,  in  quiete,   sui   tronchi  degli   alberi,  fra  i  sassi,  sulle  muraglie,   ecc. 

11  color  verde  è,  invece,  molto  comune  fra  gli  Ortotteri  ed  anche  fra  gli  Emitteri,  sopra- 
tutto Eterotteri. 

Ma,  anche  la  maggior  parte  degli  Alidi  sono  verdi,  e  pure  non  si  vede  a  che  possa  loro  es- 
sere utile  cotale  colore,  da  poi  che  non  sono  insidiati  efficacemente  se  non  da  altri  Insetti  ciechi 
o  che  non  sono  guidati  certo  dalla  visione,  per  rintracciarli,  eppure  ne  sono  decimati  larghissima- 
mente. 


Fig.  714.  — ■  Esempio  di  Ortottero  nostrale 
(Qedipoda  miniala  l'ali.)  fanerico  durante  il 
volo.  Grand,  nat. 


L'omocromismo  è  di  due   maniere,  cioè  permanente  o  temporaneo.  Nel  primo 
oaso  l'insetto  è,  sempre,   in    ogni    suo  atto  e    momento,    concolore  colFauibiente, 
che  esso  frequenta;  nel  secondo  l'omocromismo  appartiene  solo  allo  stato    di    ri 
poso:  ma,  l'insetto  può  anche  esporre,  a  sua  volontà,   una  ornamentazione  croma 
fica  vistosissima  e  ciò  fa  realmente,  sopratutto  durante  il  volo,  che  è  poi  il  nio 
mento  nel    quale  esso  ha  pochissimo  o  punto  da   temere.    È  questo    il    caso    di 
crittismo  e  tanerismo,  assieme  combinati   nel  modo    più  opportuno.  Molti    Insetti 
hanno  le  ali  inferiori  splendidamente  colorate  ;    ma,  queste  tinte  smaglianti    non 
appaiono    se  non  nel    volo,    mentre,    in    riposo,  esse  sono  celate  sotto  la    tinta, 
smorta  e  sincromica  coll'ambiente,  delle    ali  superiori.    Se   ne    conoscono  esempi 
vistosi. 


Fra  gli  Ortotteri,  molti  Acrididi,  i  quali  sfuggono  all'occhio  se  fermi  ed  immobili  ad  ali 
chiuse,  in  un  ambiente  concolore,  allorché  aprono  le  ali  e  volano,  subitamente  si  vedono  sfol- 
gorare di  colori  vivacissimi,  per  le  tinte  delle  ali  inferiori.  Queste,  in  molte  grosse  specie  eso- 
tiche,  sono  dipinte  di  colori  rossi   o  rossi  ed  azzurri,   molto  vivi.   Fra  le  nostre  specie,  la  più  ap- 


720 


CAPITOLO    SESTO 


'"i 


A  B 

Fig.     715.   —   Poligonia    C-album    (L.).     A,    dal    dorso,    ad    ali 
aperte;  B,   in  riposo,  ad  ali  chiuse.  Grand,  nat. 


pariBcente  nel  volo  è  la  Oedipoda  miniala  (Pali.)  (lig.  714),  che  ha  le  ali  inferiori  di  un  rosso  cinabro, 
molto  intenso  e  sono  percorse  da  una  larga  lascia  nera,  parallela  all'orlo  libero  dell'ala.  La  O. 
cotruleseens  (L.)  e,  invece,  dipinta  di  un  bel  celeste,  al  luogo  del  rosso  della  forma  suindicata  e,  così 
pure  lo  Sphiinjonolus  coernìans  (L.J  che  ha  una  tinta  azzurra,  alquanto  meno  carica,  sulle  ali  in- 
feriori,  sfumata  verso  gli  orli  e  senza  fascia  nera. 

Molti    Mantidi  forestieri  mostrano  una  bellissima    colorazione    e    persino  macchie  oculiformi 
elegantissime,  sulle  ali   inferiori,   che  sono  incolori   o  debolissimamente  verdognole.  Talune  specie, 

però,  egualmente  esotiche,  hanno 
macchie  ocuilformi  anche  sulle 
ali  superiori,  di  un  bel  verde 
erba  come  fondo  (rig.   722). 

Ma,  ripeto,  gli  esempi  più 
belli  di  dittiamo  e  fanerismo 
insieme,  a  seconda  della  volontà 
dell'insetto,  sono  mostrati  da  Le- 
pidotteri  di  tutti  i  gruppi. 

I  Ropaloceri  hanno  la  faccia 
superiore  delle  ali,  generalmente, 
dipinta  di  colori  vivaci  e  taluni 
mostrano  anche,  a  determinate 
incidenze  di  luce,  riflessi  me- 
tallici, generalmente  bl^u,  che 
spiccano  assai  nella  colorazione  dell'ambiente  ;  ma,  la  faccia  inferiore  di  tutte  e  quattro  le  ali 
è  ornata  di  colorazione  più  modesta  ed  in  generale  di  marmorizzazioni,  composte  di  varie  tinte 
su  piccole  superfici,  così  che,  allorquando  l'insetto  è  veduto  ad  ali  chiuse,  esso  non  si  distingue 
troppo  bene  dagli  oggetti  circostanti.  In  taluni  altri  casi  la  colorazione  della  pagina  inferiore 
delle  ali  è  soltanto  più  sbiadita  e  la  macinazione  meno  spiccata,  in  confronto  di  quella  della 
pagina  superiore,  così  che  l'insetto,  splendido  per  tinte  vistose,  allorché  tiene  le  ali  aperte,  lo 
è  assai  meno  e  quasi  sfugge  nei  momenti  di  riposo,  quando  chiude  le  ali  e  nasconde  alla  vista 
altrui  i  tesori  della  faccia  superiore  delle  ali,  esponendo  solo  la  più  tranquilla  e  modesta  colora- 
zione della  faccia  inferiore. 

Talune  specie,  poi  che,  come  le  comuni  Vanessa  polychloros  \L.),  V.  nrtioae  (L.)  e  la  rohiyouia 
C.  album  (L.)  (fig.  715)  hanno  l'orlo  delle  ali  d'ambedue  le  paia  molto  frastagliato  di  incisioni  e 
di  punte,  allorché  sono  po- 
sate, in  quiete,  su  qualche 
ramoscello,  che  abbia  foglie 
secche  ed  erose  sugli  orli,  si 
confondono  ancor  meglio  con 
questo,  sia  perchè  la  varie- 
gazione  di  rosso  bruno  e  di 
altre  tinte  poco  più  chiare  o 
più  oscure  simula,  benissimo, 
quella  di  una  foglia  dissec- 
cata, sia  per  le  suddette  acci- 
dentalità dell'orlo  delle  ali. 

La  stessa  magnifica  no- 
strale Vanessa  io  (L.)  (fig.  716), 
che  ha  così  eleganti  macchie 
oculiformi  sulla  pagina  supe- 
riore di  ciascun»  ala,  o  la  bellissima  Pyrameia  alalanta  (L.)  (fig.  717),  che  brilla,  ad  ali  aperte, 
per  le  splendide  fascie  rosso-cinabro  in  tutte  e  quattro  le  ali,  al  dorso,  sono  semplicemente 
dipinte  di  una  intricata  marmorazione  bruna  sulla  faccia  inferiore  di  tutte  le  ali. 

Anche  altre  specie  di  altri  generi  di  Ropaloceri,  che  pur  godono  di  maeulazioni  a  tiute  vi- 
stose sulla  faccia  superiore  delle  ali,  si  dissimulano  bene  allorché  chiudono  queste  e  celano  le 
dette  tinte.  Ad  es.  la  Anthocaris  eardamines  L.  o  la  Enehloe  damone  Boisd.  (tav.  V),  i  cui 
maschi   hanno  così  appariscenti   macchie  giallo-rnnciate  sulle  ali  superiori     (tav.    V,   fig.   5)    sono, 


Fij 


r  16.   —   Vanessa  io  (L.).    A,    dal    dorso,    ad  ali     aperte;     B, 
in  riposo,  ad  ali  chiuse.   Grand,   nat. 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATI!    PER    l.A    PROPRIA   CONSERVAZIONE  721 

invece,  ornate  ili  ini  delicato  mosaico  verdognolo  su  fondo  bianco,  nella  faccia  ventrale  delle  ali 
e,  cosi,  in  riposo,  si  confondono  meglio  colle  tinte  ambienti,  ad  es.  sui  ramoscelli  di  Ombrelli- 
fere, Cardamini  od  Achillee,  che  sono  le  piante  preferite  da  queste  farfalle,  per  posarvisi  e  star- 
sene  in   quiete  ad  ali  chiuse. 

Anche  le  Qonepteryx,  sia  pure  le  specie  i  cui  maschi  sono  più  riccamente  dipinti  sulle  ali 
superiori  di  larghe  zone  di  color  ranciato  vivissimo,  al  di  sotto  non  sono  meglio  tinti  delle  ri- 
spettive femmine,  cioè  di  un  uniforme  colore  giallo-verdognolo,  di  guisa  che,  anche  per  le  an- 
golosità dell'orlo  delle  ali  tutte  e  la  vistosità  delle  nervature,  che  sono  molto  rilevate  sulla  pa- 
gina alare,  allorché  posano  su  qualche  pianta  e  se  ne  stanno  ad  ali  chiuse,  simulano  egregiamente 
una   foglia,   pili  o  meno  ingiallita. 

I  l'apilio,  i  Parnaisins,  i  Colias,  eoe.  sono  dipinti  di  colori  molto  meno  vivaci  sulla  superficie 
ventrale  delle  ali  che  non  sulla    dorsale. 

Ma,   i     pili  belli  e  citati  esempi  di  così     fatto  mimetismo  crittico,  temporaneo  sono  ricordati 


Fig.  717.  —  Pyrameis  atalanta  (L.).  A.  dal  dorso,  ad  ali  aperte;   B,  in  riposo, 
ad  ali  chiuse.  Grand,    nat. 

dagli  autori,  a  proposito  delle  Rallini»  e  delle  Siderope,  che  sono  Eopalooeri  esotici  delle  regioni 
calde. 

Le  Kallima,  ad  es.,  hanno  la  pagina  superiore  dipinta  di  colori  vistosi  e  molto  appariscenti  ; 
talora  anche  ccn  riflessi  metallici.  Ma,  allorché  si  posano,  esse  scompaiono  di  subito  alla  vista 
di  chi  le  osserva  ed  insegue,  giacche,  ferme  sul  ramo  di  qualche  arbusto  avente  foglie  secche, 
per  la  tinta  della  pagina  inferiore  delle  ali  e  per  la  loro  forma,  esse  imitano  perfettamente  una 
foglia  disseccata,  come  quelle  da  cui  sono  circondate  sul  ramo  (fig.  718).  Wallace,  Skertchly  e 
molti  altri  fanno  rilevare  che  le  farfalle  suddette  non  si  posauo  mai  su  piante  a  foglie  verdi,  ma 
solo  sui  ramoscelli  recanti  foglie  disseccate  e,  quivi,  chiudendo  le  ali,  scompaiono  alla  vista, 
quasi  per  incanto. 

Le  piccole  codette  delle  ali  inferiori  toccano  il  fusto  della  pianta  e  simulano  alla  perfezione 
il  picciolo  delle  foglie,  mentre,  una  stria  bruna,  che  si  diparte  dalla  detta  coda  e  percorre,  nel 
mezzo,  ambedue  le  ali  di  un  lato,  simula  egregiamente  la  costola  mediana  della  foglia,  ed  una 
macchia  trasparente,  perchè  senza  squame,  che  si  trova  nel  mezzo  dell'ala  superiore,  imita  un 
qualche  buco,  non  raro  nelle  foglie  secche,  dovuto  ad  erosioni  di  insetti  od  altro,  come  si  vede 
bene  nella  detta  fig.  718. 

A  proposito  appunto  di  queste  Kallima,  cosi  perfettamente  imitanti  le  foglie  secche,  da  mo- 
strare persino  variegazioni  e  maculazioui  simulanti  fungili]  parassiti,  è  sorta  discussione  fra  i 
sostenitori  ad  oltranza  del  mimetismo  protettivo  (sopratntto  come  causa  di  grande  efficacia  nella 
selezione  naturale)  e  gli  altri  meno  corrivi  a  sottoscrivere  a  questa  concezione,  i  quali  rilevano 
che  la  imitazione,  da  parte  della  Kallima  è  troppo  perfezionata  oggimai,  così  che  se  essa  è  di 
grande  effetto  protettore  ora,  non  lo  poteva  essere  del  pari  in  passato,  allorché  il  perfeziona- 
mento graduale  della  imitazione  nou  doveva  essere  così  spinto  alle  più  minute  particolarità. 
Essi  argomentano  che  la  selezione  si  è  pur  dovuta  praticare  fin  dai  primordi  della  evoluzione 
mimetica,  anche  quando  essa  era  ben  lungi  dalla  attuale  meravigliosa  imitazione.    Perciò,  se  pur 

A.   BEKLESE.    Oli    Inietti,    II.   —    9t 


722 


CAPITOLO    SKS'I'O 


essa  era  efficace  allora  (e  ciò  è  provato  dalla  attuale  esistenza  della  specie),  l'attuale  massimo 
perfezionamento  rappresenta  una  sottigliezza  superflua.  La  causa  di  questo  eccesso  attuale,  non 
dipende,  adunque,  da  una  necessità  per  la  conservazione  della  specie  ed  allora  tanto  vale  argo- 
mentare che  tutta  questa  evoluzione  mimetica  ba  per  base  la  stessa  causa,  che  nulla  ha  da  ve- 
dere colla  conservazione  della  specie,   ma  è  di  altra  origine,   ignota  tuttavia. 

Questo  ragionamento,  perchè  applicabile,  assai  più  generalmente,    alla   origine    degli  organi 


Fig.  718.  —  Kallima  inachis  (Boisd.)  ad  ali  aperte  e  veduta  dal  dorso  mentre  vola  e  ad  ali  chiuse 
e  posata  su  un  rametto.   Circa  due  terzi  della  grandezza  naturalo. 


tutti,  si  richiama  a  quella  evoluzione  di  iniziativa  intrinseca,  della  quale  si  è  già  fatto  cenno, 
e  sarà  il  caso  di  trattarne  anche  più  diffusamente,  a  suo  luogo. 

Il  caso  di  fanerismo  ad  ali  chiuse  (sempre  nei  Ropaloceri)  è  meno  frequente,  tuttavia  se  ne 
hanno  molti  e  vistosi   esempi. 

Taluno  Argynnis,  ad  es.  A.  adippe  (L.),  si  fauno  ammirare  pegli  ornamenti  della  faccia  infe- 
riore delle  ali  posteriori,  dove  brillano  macchie  argenteo- madreperlacee  (il  quale  carattere  ha 
dato  origine  al  nome  generico),  mentre  la  faccia  superiore  di  tutte  le  ali  è  molto  più  modesta- 
ii'pnte  ornata  di  unte  opache,   giallo-rossastre  e  nere. 


I/INDIVIDUO    NKiil.I    ATTI    l'KII    I  A    PROPRIA    CONSERVAZIONK  723 


In  generale,  però,  lo  splendore  dei  riflessi  metallici  nelle  ali  dei  Ropalocori  è  limitato  alla 
faccia  superiore,  mentre,  per  quella  inferiore,  la  ornamentazione,  anche  massima,  è  data  solo  da 
tinte  opache  formanti  macchie  oculiformi  di  varia  grandezza,  numero,  colore.  Questo  anche 
per  le  specie  ;nl  ali  brillantissime  sulla  pagina  superiore,  come  sono,  ad  es.  :  i  Morpho,  cioè  i 
più  grandi  e  splendidi   Ropaloceri  del  mondo,  che  appartengono  alla  fauna  equatoriale. 

Nel  massimo  grado  di  ornamentazione  della  faccia  inferiore  delle  ali,  le  macchie  oculiformi 
sono  distribuite  su  ambedue  le  ali,  e  sono  numerose.  In  altri  casi,  solo  un  paio  d'ali  e  così  or- 
nato d'una  sola  o  di  più  macchie  a  forma  d'occhio.  Allorquando  le  dette  macchie  sono  anche 
sulle  ali  inferiori,  è  evidente  che  la  farfalla,  sia  pure  ad  ali  chiuse,  mantiene  un  certo  grado  di 
appariscenza,  dovuto  alla  coloraziono  suddetta;  ma,  allorché  le  macchie  della  maniera  indicata  si 
trovano  solo  sulle  ali  superiori,  può  accadere  che  esse  vengano,  a  volontà  dell'insetto,  celate 
affatto  dietro  l'ala  inferiore,  che,  con  una  variegazione  omocroma  coll'ambiente,  finisce  per  na- 
scondere completamente  la  farfalla  all'altrui  vita.  Ciò  accade,  ad  es.,  per  molti  Satiirnidae  no- 
strali, che  posano  fra  le  foglie  secche,  nei  luoghi 
ombrosi.  Essi  scompaiono  repentinamente  al  nostro 
occhio,  allorché  chindono  l'ali  e.  molto  meglio,  poi, 
se.  ritraendo  quelle  del  primo  paio  sotto  le  poste 
riori,  nascondono  anche  le  due  macchie  oculiformi 
della  faccia  inferiore  delle  ali  anteriori  (tìg.  719). 
Con  ciò  essi  raggiungono  il  massimo  grado  di 
crittismo,     ah    è  più    possibile    discernere    questi    in  ""■--*?•'         -  "  "-^«^-r'  "  ' 

setri,  anche  davvicino,  ambiente  assolutamente  omo- 
Fi».    719.   —  Safyrns    stalilinus    Hufu.    ad 
ali  chiuse  ;     A,    colle    ali    anteriori    non 
Fra  le  specie  esotiche,  le  quali   godono  di  siffatta  completamonte  nascoste   fra  le  inferiori; 

ornamentazione    conviene    ricordare  le   Caligo,  gran  B<   totalmente    celate.    (Circa    due    terzi 

....       ,,,-••  t>       ,         ■       ■■         ■  a  della  graudezza  nat.). 

dissimi  e  bellissimi   Bopaloceri,     di    cui     si     vedono  B 

esemplari   in   tutti   i     Musei,   e  sono    esposti  appunto 

dal   ventre,     per    far   ammirare    la    grande    macchia  oculiforme,     che  si    trova  nel   mezzo  di     cia- 
scuna  ala   inferiore,   dal  lato  ventrale  (Tav.   VII,   fig.    1). 

Lo  spettatore  non  manca  mai  di  rilevare  la  grande  somiglianza  di  questo  insetto,  così  di- 
sposto, colla  faccia  di  una  grossa  Civetta  grigia,  tanto  più  che  il  corpo,  alquanto  rilevato,  fa 
ricordare  il  becco  dell'uccello.  Anche  questa  somiglianza  ha  eccitato  l'immaginazione,  così  da  far 
giudicare  cotale  parvenza  come  essenzialmente  mimetica  e  protettiva.  Si  oppone  però  il  fatto  che 
questa  parvenza,  in  natura,  può  manifestarsi  ben  di  rado,  perchè  si  riferisce  alla  parte,  che  rimane 
nascosta,  ordinariamente,  ad  ali  stese  e,  qualora  queste  siano  chiuse  e  sollevate,  apparisce  solo 
una  metà  dell'insetto. 

Su  questa  via  si  potrebbe  giuugere  a  considerare  per  protettiva  la  paurosa  figura  del  cranio 
dipinto  sul  dorso  della  Stinge  testa  da  morto,  perchè  ne  consegue,  anche  pel  forte  e  caratteri- 
stici) stridio,  un  vero  orrore  nel  volgo  e  ne  è  testimonio  il  nome  di  Acherontia,  addirittura  in- 
fernale. 

Molte  specie  di  Morpho,  pur  avendo  una  colorazione  brillante  di  riflessi  metallici  alla  faccia 
dorsale  delle  ali,  godono  di  più  macchie  oculiformi  bellissime  e  vistosissime  nella  faccia  infe- 
riore; fino  a  tre  nelle  ali  anteriori  e  quattro  nelle  posteriori  (il.  achillea  L.,  Tav.  VII,  fig.  3, 
e  la  sua  var.  helenor  Cr.),  per  queste  ogni  mimetismo  con  faccio  di  vertebrati  è  certo  da  esclu- 
dersi, rimane  il  fatto  del  fanerismo  ad  ali  chiuse,  come  ad  ali  aperte.  Così  la  Tenaris  uranio  (L.), 
con  la  var.  /"atrio  (Cr.),  che  ha  le  ali  tutte  di  colore  marrone  uniforme,  mostra  una  grande 
macchia  oculiforme  nella  faccia  dorsale  delle  ali  posteriori  e  due  in  quella  ventrale. 

Il  Caligo  ielamonius  è  ornato  nella  pagina  inferiore  delle  ali,  anche  di  macchie  a  riflessi 
argentei. 

Moltissimi  altri  esempi  si  potrebbero  citare,  pei  quali  si  viene  a  concludere  che  i  casi 
di  ornamentazione  della  faccia  inferiore  delle  ali  in  Lepidotteri,  anche  più  vistosa  che  non  per 
la  faccia  superiore,  sono  rappresentati,  sebbene  assai  più  scarsamente  di  quelli  in  senso  opposto, 
ed  alquanto  più  numerosi  sono  gli  esempi  di  ornamentazione  vistosa,  ma  diversa,  delle  due 
faccie  delle  ali.  Queste  farfalle  diurne,  col  muovere  in  su  ed  in  giù  le  ali  offrono  all'altrui  ani. 
mirazione  lo  spettacolo  di  una  bellezza  più  varia  ed  appariscente. 

Fra  gli  Eferoceri  assai  più  frequenti  sono  gli  esempi  di  ornamentazione,  che  può  essere 
esposta  o   celata  a  volontà  dell'insetto. 


724 


CAPITOLO    SESTO 


In  moltissime  specie  di  famiglie  le  pifi  dispaiate,  le  ali  superiori  sono,  nella  faccia  dorsale 
dipinte  di  colori  smorti,  con  macchie  a  marmorazioni,  mediatitele  quali,  allorché  l'insetto  se  ne 
sta,  quieto,  ad  ali  chiuse,  esso  si  confonde  benissimo  colla  tinta  ambiente,  ad  es.  delle  corteccie, 
dei  legnami,  del  terreno  su  cui  posa,  fra  le  foglie  secche,  ecc.  e  più  raramente  nel  verde  del 
fogliame  fresco. 

Ma,  le  ali  inferiori,  invece,  nella  faccia  dorsale  sopratutto  (e  talora  anche  il  dorso  dell'ad- 
dome) sono  riccamente  colorate  di  tinte  vistose,  che,  però,  non  appaiono  se  non  quando  l'insetto 
le  discopre,  allargando  i  suoi  organi  del  volo,  sopratutto  nel  volo  appunto.  Basta  gettar  l'occhio 
su  una  collezione  di  Eteroceri,  preparati,  come  di  consueto,  ad  ali  stese,  per  rilevare  numerosis- 
simi esempi,   dalle  specie  maggiori   ai   Microlepidotteri. 

In  generale,  la  tinta  vivace  delle  ali  inferiori  è  di  uil  bel  giallo  ranciato  uniforme,  o  rosso 
o,  più  raramente,  celeste,  con  una  o  più  fascio  nere  marginali  o  submarginali,  masi  giunge  anche 
ai  riflessi  metallici,  come  fa  vedere,  ad  es.,    la    Eaxyane    excellens  Walker  dell'Honduras,  che  ha 


A  B 

Fig.  720.  —  Diversa  ornamentazione  delle  due  paia   d'ali. 
A,  Agrotis  pronuba  (L.)  ;  B,  Plusia  ckrysitia  (F.)  ad  ali  aperte,  grandezza  naturale. 


le  ali  superiori  brune,  con  una  fascia  obliqua  bianca  e  le  inferiori  brune,  maculate  di  bianco  e 
rosso  più  verso  l'orlo;  ma,  nel  resto,  tutte  di  un  bel  bleu  a  riflessi  metallici. 

Per  citare  solo  qualche  specie,  fra  le  nostrali,  più  degne  di  nota  a  questo  riguardo,  vedausi 
le  AcheroHthia  atropos,  molte  Deilephila,  Smerinthus  ocellata  (Tav.  VII,  lig.  4),  Macroglossa  stella- 
tartan;  molte  Zigene;  le  Callimorpha,  Pericallia,  Aratiti  e  generi  affini,  l' Hypoorila  javobeae;  V  Hylo- 
phila  bicolorana  questa  colle  ali  superiori  verdi  e  le  inferiori  bianche,  sicché,  iu  riposo,  l'iusetto 
scompare  nel  verde  delle  erbe,  come  la  H.  pr asina» a  e  le  Earias  nostrali,  già  ricordate. 

Nelle  famiglie  Hepialìdae,  Coasidae,  Limanihriidae,  Lasiocampidae,  Drepanidae,  Notodontidae,  ecc., 
come  nella  vastissima  delle  Geometridae,  in  generale  non  è  grande  differenza  nella  colorazione  fra 
le  ali  superiori  e  le  inferiori  ed  ambedue  sono  conformemente  variegate  di  tinte  più  o  meno 
smorte,  brune  o  grigiastre,  oppure  così  sono  le  superiori,  e  le  inferiori  si  vedono  alquanto  piti 
chiare,  di  tinta  più  uniforme  od  anche  biauche.  Ma,  in  taluni  casi,  le  ali  superiori  sono,  non 
solo  più  oruate  e  brillanti  di  quelle  del  secondo  paio,  ma,  addirittura  dipinte  di  oro  e  d'argento, 
con  ornamentazioni  quanto  mai  eleganti  e  non  poco  appariscenti,  sopratutto  a  certe  incidenze  di 
luce.   Questo  si  vede  sopratntto  iu  molte  Plusia  (fig.  720,   B). 

Fra  gli  Agrotidae,  la  maggior  parte  delle  specie  hanno  ali  posteriori  a  tinta  uniforme,  pallida 
o  bianca;  ma,  in  talune  specie,  si  vede  un  bello  esempio  di  fanerisnio  estemporaneo,  per  colorazione 
vistosissima  delle  ali  inferiori,  come  è  appunto  nelle  comuni  A.  pronuba  (fig.  720,  A),  orbona,  fim- 
bria, comes,  linogrisea,  janthina,  ecc.,  nonché  in  qualche  Plusia  (P.  ain  Hochenw.;  hochenwarti  Ho- 
cheuw.  ;  devergens  Hbu.  ;  mierogramma  Hbn.)  ;  in  talune  Aliarla  (A.  myrthilli  L.  ;  cordigera  Thnbg); 
ed  anche  tra  i  Brephos  (Brephidae)  e  ìeMecyna,  fra  i  Microlepidotteri,  mentre  in  quasi  tutte  le  specie 
di  questo  vastissimo  gruppo  le  tinte  souo  poco  appariscenti  e  non  diverse  nelle  due  ali  o  cosi, 
come  si  è  già  detto,  iu  genere,  pei  Nottuidi  che  hanno  le  ali  posteriori  di  un  bel  giallo-rauciato, 
con  una  fascia  nera,  larga  parallela  all'orlo  esterno,  mentre  le  ali  anteriori  souo  marmorate  di 
colori  bruni,  poco  distintamente;  cosi  è,  presso  a  poco  anche  iu  talune  Amphipyra,  salvo  che  il 
colore  delle  ali  posteriori  è  meno  vivo  e  manca  la  fascia  nera  marginale. 

Ma,  gli  esempi  più  vistosi  sono  offerti  dalle  Catocala,  in  tutto  le  specie  del  quale  genere  le 
ali  inferiori,  per  lo  più  di  un  rosso-cinabro  o  rosso-carmino  molto  vivace,  sono  anche  ornate  di 
fascio  nere,  mentre  le  ali  superiori  sono  marmorate  di  tinte  grigie,  cosi  che  una  di  queste    far- 


I.  IN'lUVinfi)    NEGLI    ATTI    PBR    I.A     PROPRIA    CONSKRVAZIONK 


725 


Fig.  721.   —    Catocala  elocata  Esp.   ad  ali  aperte, 
in   grand,   nati.,   dal  dorso. 


falle,  ferma,  ad  ali  chiuse  sul  legname,  ad  es.  delle  travature,  non  si  vede  adatto,  e,  di  subito, 
volando,  apparisce  lo  sfolgorio  delle  ali  inferiori,  che  cessa  istantaneamente  tornando  l'animale 
a  posarsi  (fig.  721).  La  grande  C.  fraxini  L.  ha  una  bella  fascia  violetta-chiara,  sul  fondo  nero 
delle  ali  inferiori.  Altre  specie,  fra  le  minori  (ad  es.  neonympha  Esp.  ;  fulminea  Scop.  ;  converge»! 
Esp.,  ecc.),  hanno  le  ali  inferiori  di   color  giallo-rancialo,   traversate  dalle  due  larghe  fascie  nere. 

Tutto  rio,  che  si  è  detto  qui  a  proposito  dei  Lepidotteri  paleartici,  potrebbe  essere  esem- 
plificato molto   più   largamente,  richiamandoci  a  forme  esotiche. 

Le  Ujijit  ri  kiria,  vistosi  ed  eleganti  Bombicidi  forestieri,  hauno  tutti  le  ali  superiori, 
sulla  faccia  dorsale,  di  color  grigio,  con  sfumature  piti  bruue  ;  ina  le  ali  inferiori  mostrano  delle 
grandi  ed  assai  belle  macchie  oouliformi  ili  più  colori,  marginate  da  fascie  o  lineo  oscure,  pa- 
rallele all'orlo  libero  dell'ala  (Tav.   VII,   fig.   5). 

Lo  stesso  dicasi     della  magnifica    Telea  polyphemu),     grande  Saturnide  dell'America     Boreale  • 
delle    Antomeris    (ad  es.  A.  io 
t'abr.i,  che   appartengono  alla 
stessa   famiglia    e  patria,   ecc. 

A  proposito  di  questi  fatti 
di  fanerismo  e  di  crittismo 
per  la  diversa  colorazione  delle 
ali.  in  rapporto  alla  espo- 
nibilità  loro,  parrai  si  possa 
concludere  quanto  segue. 

Gli  Insetti,  sieuo  ditteri 
o  tetratteri,  che,  in  riposo, 
come  in  attività,  hanno  le 
ali  sempre  totalmente  esposte, 
su  arabe  le  l'accie,  su  queste 
mostrano  una  colorazione  e 
maculazione  pressoché  eguale 
per  l'un  paio  come  per  l'altro 

e  tanto  nella  pagina  superiore  che  nella  inferiore  (quando  le  ali  non  sieno,  invece,  del  tutto 
incolori).  Vedansi,  a  questo  proposito,  i  Li  beli  ul  idi,  i  Bombicidi  sericigeni,  gli  Imenotteri, 
molti  Neurotteri  ed  Emittori  Omotteri,    nonché  i  Ditteri. 

L'ornamentazione  va,  al  solito,  da  una  tinta  uniforme  ad  una  maculazione  diffusa  e  rag- 
giunge il  suo  massimo  nei  suddetti  Lepidotteri,  colla  macchia  oculiforrae.  Quivi  si  trovano  gli 
esempi   di   feuerisrao  assoluto. 

Degli  altri  Insetti,  nei  quali  un  paio  d'ali  od  ima  loro  faccia  può  essere  celata,  la  colora- 
zione e  maculazione  è  diversa  pel  paio  colabile  in  riposo  o  per  la  faccia,  che,  in  questo  stato, 
viene  nascosta. 

Qui  sono  evidenti  due  casi  distintissimi,  anzi  opposti.  Nell'uno,  riferibile  ad  Insetti  molto 
beue  protetti  altrimenti,  è  in  atto  un  fanerismo  assoluto,  inquantochè  la  faccia  delle  ali,  sempre 
esposta  sia  nel  riposo  come  nel  volo,  è  quella  più  vistosamente  ornata,  dalla  maculazione  a  co- 
lori diversi,  tino  allo  splendore  metallico.  Il  paio  d'ali  colabile  non  è  ornato.  Ne  sieno  esempio 
i  Coleotteri,  quasi  tutti  ad  ali  incolori  (meno  qualche  Crisomelide)  e  moltissimi  colla  faccia  su- 
periore delle  elitre  variamente  colorata  e  vistosa,  o  brillante,  come  pure  molti  Emittori  Eterot- 
teri  ed  Omotteri,  uouehè  molti  Lepidotteri  Eteroceri  a  faccia  dorsale  delle  ali  superiori  molto 
brillantemente  ornata  anche  di  splendori  metallici. 

L'altro  caso,  invece,  importa  un  fanerismo  a  tempo,  che  si  intercala  ad  un  crittismo  in  atto 
sempre  nella  condizione  di  riposo,  ma  secondo  due  distinte  maniere.  Per  le  forme  che,  ad  ali 
chiuse,  celano  colle  superiori  quelle  del  secondo  paio,  sono  queste  che  possono  avere  una  colora- 
zione vistosa,  tino  alla  macchia  oculiforrae  (molti  Lepidotteri  Eteroceri,  taluni  Ortotteri)  mentre, 
in  generale,  la  faccia  dorsale  delle  ali  anteriori  ha  una  maculazione  crittica,  perchè  concolore 
coll'ambiente.  Il  fanerismo.  in  questi  casi,  si  palesa  nel  volo  ed  il  crittismo  nello  stato  di 
riposo. 

Per  quelle  forme  che,  come  i  Ropaloceri,  espongono,  invece,  la  pagina  inferiore  di  tutte  le 
ali,  durante  il  riposo,  mentre  quella  dorsale  si  vede  sempre  nel  volo  ed,  a  volontà  dell'insetto, 
anche  mentre  è  posato,  il   più  spesso,    il  crittismo  accade  appunto  nello  stato    di     riposo  ad  al; 


726 


CAPITOLO    SESTO 


chiuse,  perchè  la  pagina  ventrale  è  molto  più  modestamente  dipinta  di  quella  dorsale,  la  quale 
ultima,  non  solo  si  orna  di  colorazioni  vivacissime,  tino  alla  macchia  nculiforme,  ma,  talora 
brilla  vivacemente  di  splendori  metallici.  Molto  raro  è  il  caso  di  una  macinazione  più  vistosa 
per  la  pagina  ventrale  delle  ali,  in  confronto  della  dorsale  (che  però  non  ha  mai  una  colorazione 
crittica)  e  cosi,  questi  ultimi  Ropaloceri,  sono  anche  più  fanerici  in  riposo  che  ad  ali  stese  e 
veduti   dal   dorso. 

In   tutti  i  casi  però,   pei   Ropaloceri.   l'ornamentazione  cromatica  delle  due  pagine  delle  ali  è 
sempre  differente,   talora  diversissima. 

A  questo  gruppo    si     possono  allegare,     in   certo  qual  modo,     quei    begli    Insetti,   come  certe 

le  ali  superiori  ornate  di  maculazioni   elegantissime,  e  così 

pure  le  iuferiori  e  perciò  rie- 
scono   vistosi,     sia    in   riposo 


Mantidi  esotiche  (tìg.   722),  che  bau  ni 


|     ! 


■ 


Fig.  722.  —  Esempio  di  fanerismo,  per  ornamentazione  delle  ali 
superiori,  in  un  Mantide  esotico  (l'uenAocreobotra  ocellata  Serv.). 
Grand,  nat. 


che  nel  volo,  ma  la  loro 
temibilità,  per  armi  poderose, 
le  assicura  contro  i  pericoli 
di   questa  vistosità. 

L'ouieoniorfisino,  che 
si  accompagna  sempre 
coli'  omocromismo,  come 
si  è  avvertito,  altrimenti 
sarebbe  incompleto  ed 
insufficiente,  fa  parte  del 
mimetismo  in  genere,  il 
quale  si  è  qui  diviso  in 
fan  eri  co  e  crittioo,  se- 
condo si  è  detto  già. 


La  innegabile  somiglianza 
fra  l'aspetto  di  certi  animali, 
per  colorito  e  per  configurazione  speciale  del  corpo,  con  oggetti  circostanti,  fra  i  quali,  cioè, 
gli  animali  stessi  si  vedono  accomodati  in  guisa  da  imitare  gli  oggetti  medesimi,  così  che  essi 
animali,  permanendovi  immobili,  sfuggono  all'occhio  facilissimamente,  non  ha  mancato  di  essere 
chiamato  a  prova  della  teoria  dell'evoluzione. 

Ottimo  esempio,  infatti,  si  è  giudicato  questo  mimetismo,  per  dimostrare  gli  effetti  della  se- 
lezione naturale,  per  la  quale,  soltanto,  è  avvenuta  la  sopravvivenza  delle  specie,  così  protette 
da  questo  inganno,  in  confronto  di  quelle,  che  non  lo  erano  affatto,  ed  i  caratteri  di  somiglianza 
cogli  oggetti   ambienti  si  sono,  grado  grado,  evoluti   alla  attuale,  mirabile  condizione. 

Ma,  si  potrebbe,  d'altronde,  sospettare,  che  la  frequenza  in  questi  ambienti  sincromi  ed 
omeouiortì  potrebbe  essere  determinata,  negli  animali,  che  loro  somigliano,  anche  semplicemente 
da  simpatia,  per  cosi  dire,  verso  tali  ambienti. 

Probabilmente,  si  tratta  di  fenomeno  da  richiamarsi  a  quei  tropismi,  mediante  i  quali  l'am- 
biente agisce  con  tanta  energia  verso  gli  animali,  fino  a  determinare,  in  questi,  delle  attività 
molto  spiccate. 

Se  la  luce  è  un  agente  di  tanta  energia  da  attrarre  così  irresistibilmente  un  gran  nu- 
mero di  insetti  notturni,  e  se  è  da  ammettersi  che  ciò  sia  per  intervento  di  azioni  chimiche 
sull'organismo,  nessuno  potrà  escludere  una  diversa  attività,  in  questo  senso,  ai  diversi  raggi, 
diversamente  colorati.  È  molto  probabile  che  la  massa  di  luce  verde,  che  si  svolge  da  un  bel 
prato,  agisca  su  una  cavalletta  in  modo  diverso  dalla  luminosità  di  una  superficie  sabbiosa  illu- 
minata dal  sole  e  diversamente,  su  esemplari  verdi,  in  confronto  di  quelli  di  color  terreo  della 
stessa  specie,   provocando  tropismi  diversi. 

A  questo  proposito,  meritano  speciale  attenzione  taluni  esperimenti,  destinati  a  riconoscere 
l'effetto  della  luce  ambiente  (di  colori  diversi)  sulla  colorazione  degli  individui  di  talune  specie 
di   Insetti   in  quella  allevati. 

Giacche  la  grande  maggioranza  dei  pigmenti    degli     Insetti     può,     oggidì,     considerarsi  come 


L'INDIVIDUO    NKGLI    ATTI    PKR    LA    PROPRIA    CONSKRVAZIONK  727 

dei  pigmenti  intrinseci,  ossia  prodotti  da  deassirmlazioue  e  di  assimilazione,  sopratutto  nei  casi, 
del  resto  numerosissimi,  nei  quali  intervengano,  nella  loro  costituzione,  pigmenti  di  origine  ve- 
getale, tra  i  quali  in  primo  luogo  la  clorotilla,  devesi  bene  tener  conto  della  parte  importante, 
che  deriva  da   fattori   esterni   diversi  dalla  nutrizione,  nella  costituzione  dei  pigmenti  tegumentari. 

Poniteli  (1SS9),  Merntield,  Schròder  (1896)  mostrarono  die  bruchi  di  Ilnmia  crutaegata,  alle- 
vati in  un  vaso  oscuro,  divenivano  bruni,  mentre  quelli  in  un  vaso  chiaro  assumevano  il  color 
verde.  Le  larve  di  Smerintkns  ocellata/!  riuscivano  di  color  giallo-verdastro  pallido,  se  nutrite  con 
toglie  riunite  insieme  in  modo  da  non  mostrare  se  non  la  loro  pagina  inferiore  biancastra,  mentre 
altre  larve,  cibate  colle  foglie  della  stessa  pianta,  ma  disposte  in  modo  da  mostrare  la  pagina 
superiore  di   un   verde  oscuro,   crescevano  acquistando  un   colore  verde  bluastro,   carico. 

Si  possono  ottenere  individui  di  Vanesia  nrticar,  variamente  colorati  con  tinte  corrispondenti 
a  quelle  dell'ambiente,  variando  appunto  la  colorazione  dell'ambiente  stesso,  durante  alcune  ore 
prima  della  trasformazione  del  bruco  e  ciò  accade  senza  il  concorso  della  visione,  perchè  il  fe- 
nomeno si   mauifesta  anche  per  bruchi  aventi  gli  oochi   ricoperti  da  vernice  opaca  (Poultou). 

Gli  esperimenti  di  Schròder,  sui  bruchi  della  Eupitecia  oblongata,  sono  molto  interessanti  a 
questo  riguardo.  Queste  larve  si  nutrono  di  fiori  diversi,  variamente  colorati  e  sono  rosse,  gialle, 
verdi  e  grigie,  secondo  il  colore  dei  fiori  di  cui  si  nutrono.  L'Autore  ha  dimostrato  sperimental- 
mente ehe  non  è  affatto  la  differente  maniera  di  nutrimento  quella  che  determina  la  diversa  co- 
lorazione delle  larve,  ma  è  alle  radiazioni  differentemente  colorate  che  devesi  attribuire  questo 
effetto,  perchè  larve  della  detta  farfalla,  tutte  nutrite  collo  stesso  cibo,  ma  sottoposte  all'azione  di 
raggi  luminosi  diversamente  colorati,  perchè  riflessi  da  carta  di  tinte  differenti,  acquistano  tinte 
corrispondenti  a  quelle  dell'ambiente  in  cui  crescono. 

Tra  le  varie  ipotesi  a  spiegazione  del  fenomeno,  si  può  ricordare  quella  di  Otto  Wiena  (1895), 
che  suppone  una  varia  cromoseusibilità  nei  diversi  strati  del  tegumento  o  l'altra  alla  quale  non 
manca  l'appoggio  di  qualche  osservazione,  per  cui  l'azione  della  luce  su  una  regione  del  tegu- 
mento provocherebbe  una  eccitazione  nervosa,  che  determinerebbe  le  stesse  reazioni  in  tutte  le 
cellule  tegumentari   (Brunhes,   1895). 

L'azione  della  luce  può  determinare  persino  rapidi  cambiamanti  di  colorazione,  tutto  affatto 
fisiologicamente,  presso  a  poco  come  si  vede  accadere  nel  Camaleonte  e  nel  Polpo.  Il  fenomeno 
è  stato  benissimo  riconosciuto  in  un  Crisomelide  (Sallé,  Ann.  S/>c.  Eni.  Fr.,  Bull.  1862,  32)  ed 
è  notorio  che  giovani  larve  di  Mantis,  schiuse  a  temperatura  relativamente  bassa,  esposte  bru- 
scamente ai  raggi  del  sole,  di  brune  divengono  subito  verdi,  ma  riprendono  sollecitamente  il 
primitivo  colore,   se  tolte  alla  luce. 

l'atte  queste  esperienze,  con  altre  che  si  potrebbero  citare  e  che  trovano  riscontro  nel  ero- 
motropismo  di  molti  Crostacei,  specialmente  dell' Hippolyte  varìans,  benissimo  studiato  da  più 
sperimentatori,  offrono  dei  dati  molto  suggestivi  a  spiegazione  dei  fenomeni  di  eterocromia  di 
stagione,  come  di  mimetismo  omocromico.  La  predilezione  dell'ambieute  concolore,  cioè  il  cro- 
motropismo e  la  omocrotnia  di  adattamento,  risultano,  alla  luce  di  queste  ricerche,  come  feno- 
meni intimamente  legati,  cioè  convengono  colla  colorazione  dell'ambiente,  sotto  l'azione  del  quale 
si   sono  svolti  e  ciò  per  una  quasi   risonanza  dell'organismo  (risonanza  cromo-cinetica). 

Ma,  ad  es.,  per  le  specie  crepuscolari,  questa  selezione  dell'ambiente,  da  parte  di  individui 
diversamente  colorati,  non  si  rivela.  Ho  raccolto  fra  le  alte  erbe,  al  crepuscolo,  sempre  gli  indi- 
vidui  di   color  terreo  e  quelli   rosso-rosei  (non   rari    nell'Alta  Italia)     del    Conocephaloides    nilitnlna 

!>.)  (  C'oiwveph  a  In  s  ma  n  dibularis,  Serv.)  assieme  agli   altri,   ben   più   comuni,   di  color  verde  erba. 

Non  così  avviene  pegli  Insetti  a  varietà  diversamente  colorate,  ad  es.  :  altri  Locustidi  ed 
Aerididi,  ehe  sono  attivi  di  pieno  giorno  e  si  vede  che  gli  individui  verdi  sono  sempre  nei  prati 
a  vegetazione  fresca;   gli  altri  nei  luoghi  aridi  e  brulli   o   sulle  nude  sabbie. 

Quando,  però,  si  tratta  di  ricercare  un  vero  rifugio,  l'animale,  di  qualunque  colore  esso  sia, 
preferirà  sempre  un  ambiente  buio  ad  uno  concolore.  Il  sole  è  «  la  gran  fiamma  accusatrice  >  e 
la  paura  rappresenta  uno  stimolo   ben  più  energico  di  qualsiasi  tropismi). 

Noi  rileviamo,  bensì,  questa  corrispondeuza,  che,  ripeto,  non  si  può  certamente  negare;  ma 
vediamo,  anche,  gli  animali,  così  dotati,  accorrere  appunto  a  questi  ambienti  mimetici,  sopratutto 
allorquando  desiderano  starsene  iu  quiete,  più  che  a  rifugiarsi  in  presenza  di  pericolo,  nel  quale 
ultimo  caso  essi  provvedono  altrimenti   e  più   efficacemente  alla  propria  salute. 

È  allo  stato  di  riposo  soltanto,  che  l'animale  provvede  a  rendersi  quanto  meno  appariscente 
gli  è  possibile,  perchè,  iu  natura,   le  cose  appariscenti  assai  sono  oggetto  di    molta  curiosità  da 


728  CAI-ITOLO    SESTO 


parte  ili  molti  animali,  vaganti  (anche  senza  scopo  definito),  e  questo  sottrarsi  all'altrui  perce- 
zione rappresenta  piuttosto  il  suo  «  uon  è  visibile»  anziché  una  vera  e  propria  maniera  di  di- 
fesa contro  pericoli,  che  lo  minaccino,  perchè,  di  fronte  a  questi,  esso,  più  che  arrestarsi  quieto, 
fogge  <>  si  nasconde  davvero  o  si  difende  altrimenti  e,  più  che  tacere,  stride.  Ma,  come  un  si- 
mile stato    di     riposo  abbia  potuto  determinare   una  selezione  naturale  è   affatto  incomprensibile. 

Gli  stessi  ambienti,  poi,  sono  frequentati,  non  meno  assiduamente,  da  molte  altre  specie, 
punto  concolori,  anzi  discordanti  all'atto,  uè  perciò  si  vedono  essere,  in  natura,  rappresentate 
da  minor  numero  di  individui.  Tra  le  forme  sincronie  coll'ambiente  ed  anche  fra  le  omeomorticlie, 
si  notano  specie  assai  diversamente  provvedute  di  altri  mezzi  difensivi,  come  ad  es.  Locustidi  e 
Mantidi,  e  sono  comunissimi  i  casi  di  specie,  tiorentissinie,  che  frequentano  ambienti,  coi  quali 
sono  in  assoluto  contrasto,  non  foss'altro  che  pel  colorito.  D'altro  canto,  il  mimetismo  coll'am- 
biente è  perfetto  nel  solo  stato  di  quiete  e  di  silenzio  dell'animale,  allorquando  cioè,  per  questa 
sola  condizione,  esso  sfuggirebbe  o  potrebbe  sfuggire  all'altrui  percezione  anche  altrove,  mentre 
il  maggior  pericolo  è,  per  l'animale,  allorché  si  muove,  giacché  basta  il  movimento  a  tradirlo  ed 
in  tal  caso,  non  ha  luogo  mimetismo  di  sorta.  Solo  il  sincronismo  può  essere  utile  alla  difesa  ed, 
all'offesa,  come  il  cacciatore  ed  il  soldato  attuale  si  vestono  di  tinte  poco  appariscenti,  ma 
non  so  quanto  si  potrebbero  avvantaggiare  simulaudo  un  tronco  od  una  roccia  e  muovendosi 
tuttavia. 

D'altro  canto,  si  domanda  :  questi  mezzi  di  protezione,  che  importauo  un  cos'i  grande  effetto, 
quale  è  quello  di  modellare  e  colorire  in  modo  particolare  la  specie  mimetica,  anche  a  danno  di 
altre,  pur  importantissime  facoltà,  come  sono  quella  di  locotnoversi,  predare,  ecc.  (1),  rispetto  a 
quali  minaccio  sono  essi  apprestati?  Può  essere  ingannato  altro  occhio  (diciamo  cosi)  oltre  quello 
del   vertebrato  ? 

Ma,  la  minaccia  alla,  specie  dell'insetto,  ossia  la  percentuale  di  individui,  che  i  Vertebrati 
insettivori  le  sottraggono  normalmente,  è  di  grau  luuga  inferiore  a  quella  che  è  tolta  via  da 
altre  cause  nemiche,  sopratutto  da  altri  Insetti  e  questi,  per  la  diversa  maniera  di  visione,  e 
perchè  hanno  tutt'altre  vie,  tutt'altri  sensi  per  riconoscere  la  vittima,  a  distanza  o  davvicino, 
non  possono  essere  minimamente  ostacolati,  nella  loro  opera  di  scoprimento  della  vittima  stessa, 
per  un  qualsivoglia  mimetismo.  Questo  è  tale  per  noi,  forse  per  qualche  altro  vertebrato,  uou 
certo  pegli   Artropodi   in   genere,   che  hanno  ben   altra  sagacia    della  nostra. 

È  ammissibile  che  gli  adulti  della  Dismorpìiia  fortunata  (Pieridi)  o  della  Phanoptis  ci/anomelas 
(Bombicidi),  solo  perchè  somigliano  a  quelli  della  Leucothyris  victorina  (Eliconidi)  (fig.  704)  o 
quelli  della  llaiilarchia  acchippus,  perchè  ai  nostri  occhi  imitano  la  Anoxia  phlexippus,  si  sieuo 
salvati  traverso  i  secoli,  ingannando  (2)  qualche  uccello  insettivoro,  mentre,  intanto,  le  larve 
della  specie  simulatrice  potevano  essere  decimate  da  endofagi  e  predatori  non  meno  di  quelle 
della  specie  imitata  ?  Una  selezione  naturale  sarebbe  certo  stata  infinitamente  più  al  caso,  se 
intesa  ad  ottenere  una  qualsiasi  protezione  alla  larva  contro  gli  Insetti  suoi  nemici  speciali,  an- 
ziché contro    i   rari  (se  pur  vi  sono)  ed  accidentalissimi  predatori  dell'adulto. 

Quando  noi  consideriamo  un'individuo  isolato  di  un  Acridide  nostrale,  tra  quelli  suscettibili 
di  enormi  incrementi  subitanei,  noi  non  possiamo  non  riconoscere  che  esso  è  mirabilmente  con- 
figurato per  trarre  in  inganno  l'occhio  nostro  e  forse  quello  di  qualche  vertebrato  insettivoro, 
che  lo  può  scambiare  facilmente  con  un  muccliietto  di  terra,  e  pensiamo  subito  al  mimetismo 
protettivo.  Ma  quando  assistiamo  ad  una  intensa  invasione  di  queste  stesse  specie  e  pensiamo  ai 
milioni  di  individui  sorti  da  un  anno  all'altro  ed  infine  alla  scomparsa  non  meno  sollecita  o  su- 
bitanea di  queste  invasioni,  dobbiamo  argomentare  (come,  del  resto,  la  osservazione  diretta  sta  a 
provare),  che  le  cause  avverse  all'insetto,  più  efficaci,  quelle  che  da  milioni  di  individui  lo  ri- 
ducono prontamente  a  quantità  normali,   non   sono  punto    i   Vertebrati,   ma  vi  hanno  la  massima 


(1)  Molte  specie  di  Insetti,  ricche  di  espansioni  fogliacee  sul  corpo  o  sugli  arti,  di  protube- 
ranze, di  spine,  di  accidentalità  varie,  non  possono  non  trovarsi  più  oberate  ed  impacciate,  nei 
loro  movimenti,  delle  affini  di  struttura  più  semplice.  Anzi,  molte  volte,  questo  mimetismo 
sembra  ottenuto  a  danno,  addirittura,  della  facoltà  di  volo.  Vedasi  se  il  vantaggio  difensivo 
compensa  il  detrimento  della  locomobilità. 

'2)  Quale  inganno?  Se  è  rifiutata  «lai  predatori  per  effetto  delle  sue  secrezioni  detestate 
sarà  avvertita  a  distanza  per  queste  più  che  pel  suo  aspetto  e  colorito. 


L'INDIVIDUO    NEGLI    All'I    l'KIt    LA    l'UOl'RIA    CONSERVAZIONE  729 

attiviti  tutti  quegli  Insetti  (Ditteri,  Coleotteri,  ecc.)  Buoi  endofagi  o  parassiti  delle  sue  uova  e 
contro  questi,  quel  mimetismo,  di  cui  si  e  detto,  non  ha  effetto  alcuno.  Adunque,  in  tali  casi, 
la  selezione  naturale,  mentre  avrebbe  avuto  il  non  piccolo  risultato  di  modellare  a  suo  modo 
tutta  la  configurazione  di  un  organismo,  per  salvarlo  dal  pericolo  minimo  (e  trascurabile  di 
fronte  alla  potenzialità  moltiplicatrice  della  sua  specie),  nou  ne  avrebbe  trovato  alcuno,  analogo, 
per  difendere  questa  contro   la   vera   minaccia,    inlinitameute  piti   grande. 

Non  si  potrebbe  non  concluderne,  che  il  mimetismo  delle  forine  più  basse,  come  sono  gli 
Insetti,  è,  dalla  natura,  largito  a  questi,  a  sola  difesa  contro  taluni  Vertebrati  terrestri,  e  che, 
conseguentemente,  non  dovrebbero  esservi  state  specie  di  Artropodi  mimetiche,  prima  dell'ap- 
parsa dei  detti  Vertebrati  sulla  terra.  Tutto  ciò,  ed  altro  ancora,  che  facilmente  l'entomologo 
rileva,  io,  per  me,   trovo  ben    ostico  ad    ammettere  (IV 

Per  queste  e  per  molte  altre  obbiezioni,  che  si  potrebbero  fare  (sopratutto  con  uno  studio 
largo  di  vedute  nel  inondo  degli  Insetti)  e  perchè  si  può  sempre  sospettare  che  l'ambiente  stesso 
influisca,  mercè  le  sue  caratteristiche  spiccate,  sui  caratteri  morfologici  e  cromatici  delle  specie 
animali,  da  cui  è  frequentato,  senza  che,  nelle  eredità,  avvenga  selezione  alcuna,  ci  limiteremo 
qui  ad  esporre  i  fatti  di  evidente  mimetismo  dittico,  come  si  è  fatto  a  proposito  del  mimetismo 
fauerico,  lasciando  da  parte  le  teorie  in  proposito. 

Intanto,  avvertiamo  che,  durante  lo  stato  di  riposo,  al  quale  concorre,  come  si  e  accennto 
il  mimetismo  dittico,  è  anche  necessario  il  silenzio,  perchè  sia  evitata  ogni  percezione,  anche 
uditiva,  da  parte  di  altri  animali,  che  potrebbero  riescile  importuni  comunque  e  sarebbe  desi- 
derabile anche  la  cessazione  di  ogni  emanazione  odorosa  speciale,  tanto  è  vero  che  si  vede  inu- 
tile l'omocroiuismo  ed  il  silenzio  della  selvaggina  di  fronte  all'olfatto  del  cane  da  caccia,  pel 
quale  esempio,  soltanto,  si  potrebbe  accusare  di  manchevolezza  la  sagacia  della  specie  o  la 
selezione  naturale,  da  poiché  essa  non  ha  provveduto  ad  eliminare  i  pericoli  derivanti  dalle 
manifestazioni,  che  interessano  un  senso  così  fine,  come  è,  negli  animali  in  genere,  quello  del- 
l'olfatto e  che  funge  anche  nella  totale  mancanza  di  luce  (2). 

L'animale,  in  stato  di  quiete,  tace,  ma  non  fa  sempre  altrettanto  nel  pericolo,  che  anzi,  il 
suono,  che  esso  produce,  in  questa  coudizione,  può  essere  considerato  esso  pure,  come  atto  ri- 
flesso di  eccitamento  e  gli  può  essere  utile. 

In  certi  casi,  però,  se  la  minaccia  non  è  seria  o  prossima,   il  suono  che  l'animale  può  emet 


(1)  I  naturalisti  in  genere,  forse  per  la  piti  frequente  ed  ovvia  dimestichezza  coi  Vertebrati 
superiori,  che  sono  anche  più  vistosi  e  comodi  a  considerarsi  nei  loro  costumi,  hanno  esagerato 
sempre,  grandemente,  il  valore  del  loro  intervento  nel  mondo  degli  Insetti,  mentre,  fra  i  due 
gruppi,  i  rapporti  necessari  sono  scarsissimi  e  di  poco  conto.  Una  grande  minoranza  di  Verte- 
brati hanno,  per  coudizione  necessaria  della  propria  esistenza,  quella  degli  Insetti  e  fra  questi, 
nessuna  specie  ha  necessità  della  esistenza  di  un  dato  Vertebrato,  se  non  i  pochi  parassiti, 
ormai  specializzati.  Invece,  i  rapporti  necessari  fra  diverse  Bpecie  di  insetti  sono  innumerevoli 
e  bastinogli  esempi  di  tutti  gli  endofagi,  dei  predatori,  ecc.,  che  non  potrebbero  vivere  senza 
le  specie  vittime.  Perciò,  il  pensare  a  specie  di  Insetti,  che  si  sieno  profondamente  modificate  solo 
per  riguardo  a  taluni  Vertebrati,  mentre  non  altrettanto  avviene  pei  rapporti  nel  loro  stesso 
gruppo,  mi  sembra  poco  logico  e  meno  credibile. 

(2)  Ogni  specie,  come  ogni  individuo,  ha  il  suo  odore  caratteristico.  Di  ciò  si  hanno  alla 
mano  prove  certe  ed  ovvie,  continuamente.  I  sostenitori  ad  oltranza  del  mimetismo  e  del  suo 
grande  valore  protettivo  debbono  ammettere,  a  piiori,  come  necessario  e,  quindi,  indiscutibile 
anche  un  mimetismo  di  odori,  che  non  è  provato,  mentre,  invece,  la  dimostrazione  dell'odore 
particolare  ad  ogni  specie,  individuo,  sesso  e  forse  età,  è  data  tuttodì,  non  fosse  altro  che  dal 
cane,  ed  in  questo  caso  si  chiede  a  che  possa  servire  la  tinta  concolore  col  terreno  ed  il  tener» 
visi  quieti  e  celati  ad  una  Starna  od  a  uua  Lepre,  di  fronte  all'odorato  del  Bracco  o  della 
Volpe  ed  a  che  possa  essere  utile  il  mimetismo  ad  uso  della  vista,  per  tutte  le  insidie  notturne 
od  in  luoghi  bui.  Che  taluni  fatti  di  imitazione  dell'ambiente  esistano,  è  indubitato,  ma  la 
teoria  del  mimetismo,  in  genere,  è  inventata  dall'uomo  e  rispetto  all'uomo  esclusivamente  può 
valere  :  ingerenza,  questa,  di  effetto  trascurabile  nell'equilibrio  dei  viventi.  Ma,  l'argomentazione 
sarebbe  forse  molto  diversa,  se  assai  piti  acuti  fossero  gli  altri  nostri  sensi  e  specialmente  l'odo- 
rato, che  è,  senza  paragone,    piti    delicato    e  fine  negli  animali  e  tra  questi  anche  negli  Insetti. 

A.  BHKLESB,   Oli  Inietti,  II.  —  92- 


730 


CAPITOLO    SESTO 


tere,  può  riescire  ad  ingannare  l'altrui  percezione  circa  l'ubicazione  della  fonte  del  suono  etesso, 
una  simulazione,   adunque,   corrispondente  al   mimetismo  crittico. 

Così,  fra  gli  Insetti,  gli  stridulanti,  ee  inquieti  per  l'accostarsi  di  alcunché  di  pauroso, 
quando  non  arrestano  del  tutto  Io  stridìo,  lo  attenuano  ed  alterano  così  che  esso  non  è  più  guida 
sicura  verso  l'origine  del  rumore;  l'anno  cioè  i  ventriloqui,  Becondo  benissimo  rilevò  il  Fabre , 
per  VOecanlhua  pellucens,  e  si  può  tuttodì  notare  per  altri  Ortotteri,  se  non  anche  per  le  Ci- 
cale,  ecc. 

Omeomorflsmo.  — Fra  gli  oggetti  più  frequentemente  imitati  nei  casi  di  mimetismo  crittico  pas- 
sivo, ei  possono  ricordare  le  foglie  verdi  e  secche;  i  ramoscelli  ;  le  corteccie  delle  piante  maggiori  \ 

i  Muschi  ed  i  Licheni  ;  le  piocole  pietre 
ed  i  mucchietti  di  terra;  lo  sterco  degli 
uccelli  o  d'altri  animali  ed,  infine, 
altri   corpi  diversi. 

Per  ciò  che  riguarda  la  imitazione 
delle  foglie  secche  o  verdi,  sia  essa 
permanente  o  temporanea,  senza  dub- 
bio, anche  dal  lato  della  forma,  essa  è 
molto  suggestiva  e  forse  la  meglio  riu- 
scita, fra  tutte,  come  anche  la  meglio 
rappresentata  fra  Insetti  di  ordini  di- 
versi. 

La  imitazione  della  foglia  secca  si 
perfeziona  per  smarginatine  sull'orlo 
delle  ali  (giacché  sono  appunto  le  ali 
ampie,  con  ricca  nervatura,  che  simula 
quella  delle  foglie,  che  imitano  questi 
organi  della  pianta),  così  da  rappresen- 
tare erosioni  ed  anche  talora  porzioni 
trasparenti  sulla  pagina  dell'ala,  che 
simulano  fori  praticati,  ad  es.  da  qualche 
insello,  sulla  foglia  secca.  Orli  smar- 
ginati non  si  notano,  invece,  che  rara- 
mente in  ali  di  color  verde. 

Fra  gli  esempi  più  di  frequente 
citati  dagli  autori,  ricordo  i  Phylliufn, 
(rig.  723),  che  sono  Fasmidi  (Ortotteri), 
rappresentati  da  una  quindicina  di  specie,  tutte  tropicali  o  subtropicali,  diffuse  nell'Asia, 
nelle  Isole  Maurizio  e  Seichelle.  Vi  sono  specie  verdi  ed  altre  del  color  rosso  ruggine  delle 
foglie  secche.  A  Giava  si  trova,  oltreché  il  P.  pulchrifolium  Audinet,  anche  il  P.  siccifolium  (L.) 
(tìg.   723),   il  cui  nome   ne  indica   il  carattere. 

Questi  insetti,  larghi  e  piatti,  colle  ali  superiori  ricche  di  nervature  reticolate,  simulano  be- 
nissimo foglie  ovato-lanceolate,  e  gli  indigeni,  in  base  a  così  fatto  esempio,  credono  ferma- 
mente alla  trasformazione  delle  foglie  in   Insetti. 

Fra  gli  Ortotteri  Locustidei  vi  sono  molte  specie  ad  ali  superiori  lunghe,  ed  acute  all'apice, 
che  imitano  le  foglie  verdi  od  ingiallite,  o  parzialmente  disseccate  ( rig.  724). 

Le  Lanocampa,  grosse  e  belle  farfalle  notturne,   hanno,    in  generale,     il  colorito  delle  foglie 
secche  e  oiò  sopratutto  nelle  femmine,   alcune    delle  quali,   anzi,   posseggono  ali   inferiori  a  mar- 
gine ondulato,   per  incisioni  arcuate,   e  le  tengono,   in   riposo,  stese  di    piano,  così   che    la    imita 
zinne  della  foglia  secca  è  anche    più  accentuata. 

Perciò,  molte  specie  del  genere  hanno  ricevuto  nomi,  che  si  richiamano  a  questa  imitazione; 
ad  es.,  fra  le  nostrali:    L.  popiiHfolin  (L.)  ;  L.  ilicifolia  (L.);  L.  betulifolia  Ochs.,  ecc. 

Le  femmine  sono  assai  pigre,  perchè  molto  corpulente,  ed,  in  generale,  si  trovano  quiete 
alla  base  degli  alberi,  ferme  sulle  corteccie,  in  vicinanza  del  terreno  e,  se  non  sono  palesate 
dal  turbinio  dei  maschi,  che  le  assediano  volando  loro  attorno,  anche  all'entomologo  è  difficile 
scoprirle. 

Anche  la  bella  Goniopterix  Ubatrix  (L.),  ad  ali  chiuse  simula  bene  una  foglia  caduta,  mac- 
chiata di  roBsigno  e  coperta  di  crittogame. 


Fig.  723.  —  Phylìium  siccifoìium  (L.)  adulto,  in  gr.  nat. 


L'INDIVIDUO    NKflI.l    ATTI    PER    I.A    PROPRIA    COXSK.KVA7.IONK 


731 


La  flotterà  curtttla  (L.),  come  anche  la  Ptilodonlis  palpino  (L.),  si  possono  scambiare  per  una 
foglia  secca  ed  accartocciata.  La  Lithosia  giiseola  (L.)  simula  una  samara  di  Frassino,  un  po' 
scolorita.  Molti  Tortricidi  ed  altri  Microlepidotteri  si  possono  scambiare  per  gambi  di  graminacee 
o  per  aghi   di   Abete,   ecc. 

Il  Perez  richiama  l'attenzione  degli  eutomologi  sul  mimetismo  degli  E  mi  tt  eri  Eterotteri  del 
gen.  Phloea  (tig.  725),  rispetto  ai  tronchi  degli  alberi,  sui  quali  posano  volentieri  e  fa  rilevare 
che  questi  insetti,   col  loro  corpo   piattissimo  ed  allargato  in   espansioni   fogliacee,   molto  scolpite 


A  B 

Fig.   724.   —  Due  Locustidi,   che  simulano   delle  foglie. 
J,   Aoidoxena   hewaniaiia  White,  del   Gabuu   (da  «  Insecta  »  mi   terzo  della  graud.  nat.);   B,   Piero- 
chroza  maculi f olia  (Bruun),  dell'America  merid.  (Da  Millot). 


ed  accidentate,  col  loro  colore  grigiastro  e  la  speciale  punteggiatura  e  macinazione  di  color  bruno, 
riescono  assai  difficilmente  riconoscibili,   in   confronto  delle  corteccie  su  cui   posano. 

Il  Girard  aveva  già  affermato  che  gli  insetti  di  questo  genere  debbono  trovare  una  imita- 
zione difensiva  nella  loro  somiglianza  a  corteccie  degli  alberi. 

Il  Perez  constata  che  alcuni  individui  hanno  tinte  grigie,  tendenti  al  verdastro,  ed,  in  questo 
caso,  la  loro  somiglianza  con  qualche  specie  di  Lichene  (Physcia,  Parmelia)  è  veramente  meravi- 
gliosa. 

Il  Perez,  a  proposito  di  questo  caso  di  mimetismo,  si  trova  di  fronte  agli  stessi  dubbi  che 
sopra  ho  esposto.  Egli  non  sa  spiegarsi,  però,  hi  ragione  di  questo  così 
preciso  mimetismo  protettore,  inquantochè  esso  sembrerebbe  destinato  ad 
ingannare  soltanto  specie  animali  nemiche  di  questi  insetti,  le  quali,  solo 
mercè  la  vista  potessero  riconoscerli,  e  non  fossero  suscettibili  di  essere 
tratti   in   inganno  se  non  da  una  imitazione  estremamente  precisa. 

Ma,  a  giudicare  da  quello  ohe  si  sa  degli  Eiuitteri  nostrali,  essi  sono 
inseguiti  e  minacciati  piuttosto  da  Ditteri  Tachinari,  i  quali  hanno  altri 
mezzi  di  percezione,  assai  più  efficaci  o  sicuri  della  semplice  vista,  che  non 
da  Uccelli  od  altri  Vertebrati,  pei  quali,  soltanto,  tale  simulazione  potrebbe 
avere  effetto  utile  all'insetto. 

Una  struttura  meno  vistosamente  mimetica,  ma  pur  suscettibile  di 
deviare  l'attenzione  ed  il  giudizio  di  possibili  nemici,  che  si  affidassero 
al  solo  senso  della  vista,  è  quella  che  mostra  la  Ledra  amila  (L.),  bello 
Emittero  Omottero  nostrale.  Questo  insetto,  pel  colore,  pei  rilievi  squa- 
miformi,  ecc.  del  torace,  se  posato  su  una  corteccia  accidentata  e  con- 
colore, non  è  facilmente    percettibile.  Anche    meno    lo  sono  le  sue    forme 

giovanili,  perchè  più  depresse  e  segnate  longitudinalmente    di     quattro     carene  lineari,   poco   rile- 
vate. 

I  Muschi  ed  i  Licheni  sono  benissimo  imitati  dalle  colorazioni  della  pagina  superiore  delle  ali  del 
1.°  paio  in  talune  specie  di  Farfalle,  che  li  frequentano.  Le  ali  sono  a  fondo  bianco,  con  variegazioni 
ramificate,  di  color  verde  o  grigio-oscuro.  Cosi,  per  entro  ai  Licheni  sfuggono  alla  vista  queste 
farfalle,   che  li  frequentano,   tra  le  quali,  come  pertinenti    alla  fauna   nostrale,   si    possono    ricor- 


Fig.  725.  —  l'hìoea 
corticata  Drury, 
del  Brasile,  un 
poco  ingrandita. 
(Da  Girard). 


732 


CAPITOLO   8K8TO 


dare  la  Bryophila  mnralis  Forst  ;  Halia  (Fidonia)  wavaria  (L.)  ;   Moina  orion  (Esp.)  ;  Agrotis  praecox 

(h.)  ;  Dichemia  aprilina  (L.),  eco. 

Ma,   il   più  bello  esempio  di  imitazioni  di  un   Lichene  è  quello    offerto  dalla   Formella  crinita, 

lichene  del  Madagascar,   frequentato  da  più  specie  di   insetti,   che  lo  simulano  assai  beue.  Questa 

crittogama,  su  un  fondo  biancastro  della  sua  vegetazione,  porta  dei  ciuffi  di  villosità  nere  ed  è 

frequentato  da  insetti  diversi,  i  quali  hanno  un  co- 
lorito biancastro  essi  pure  e  rilievi  tuberculiformi, 
qua  e  là,  sul  corpo,  dai  quali  si  elevano  ciuffi  di 
appendici  pili  formi,  nere. 

La  imitazione  è  perfetta,  e  questi  insetti,  larve 
od  adulti  di  gruppi  diversissimi,  non  si  possono 
distinguere  affatto  se  posali  su  colali  licheni,  che 
rivestono  i  ramoscelli  di  piante  diverse. 

Cosi  è,  ad  es.,  del  Lithinus  nigroeristatus  (adulto) 
che  è  un  Coleottero  curcnlionide  mezzanamente 
grande  (fig.  726),  il  quale,  per  somigliare  così  al 
detto  lichene,  in  cui  si  riposa  di  frequente,  deve 
assumere  una  veste  con  colorazione  ed  accidenta- 
lità del  tutto  insolite  nella  famiglia  a  cui  appar- 
tiene. Certo  è  che  questo  insetto  (come  anche  qualche 
Bruco  (fig.  727,  ed  altri)  posato  sulla  Formella  non 
è  più  distinguibile  neppure  davvicino  e  ad  uno 
sguardo  attento. 

I  ramoscelli,  gli  stecchi  ed  i  fuscelli  sono  per- 
fattamente  imitati  dai  Bacillidi  (donde  il  nome  al 
gruppo)  e  già  il  Redi  avvertiva  la  somiglianza 
grandissima  dei  comuni  Carallucci  (Bacilhie  rossii) 
coi  fuscelli  di  scopa,  fra  i  quali  si  trovavano  a 
migliaia,  taluni  di  color  verde,  altri  di  color 
«  tutto  rugginoso  o  per  dir  meglio  dello  stesso  color 
dei  fuscelli  di  scopa  ».  Il  Redi  corregge  il  Kircher, 
il  quale  giudicava  qti9sti  insetti  per  mezzi  animali 
e  mezzi  piante  (d'onde    il  nome  di    Xylopliyton,  oon 

cui  li  definisce  quest'ultimo  Autore,  fig.  728,  che  afferma  nascer  essi  dai  ramoscelli  putrefatti  del 

Viburno)  ed  assegna  loro  la  vera  origine  da  nova,  che  figura  assai  bene. 

Questi  Bacillidi,  quando  stanno  fermi  su  certe  piante  specialmente,  ad  es.  sulle  Ginestre  ecc., 

con  ramoscelli  verdi,  lunghi  e  fitti,   non  si  scorgono  altrimenti  (fig.  729),  anche  perchè  tengono  le 

zampe  anteriori  riunite  e  distese  all'innanzi. 

Un  Fasmideo  di  Giava,  il  Cyphocrana  goliath  Gray,  lungo  ben  20  era,,  di  colore  verdescuro 
e  segnato  di  giunture  annui  ari 
molto  discoste  fra  loro,  imita 
così  bene  i  giovani  germogli 
di  Bambù,  sui  quali  sta  ordina- 
riamente, che,  se  non  si  muove 
(il  che  accade  non  di  frequente), 
non  se  ne  può  distinguere  af- 
fatto. 

I  sassi  scabrosi,  come  i  muc- 
chietti  di  terra,  secca  sono  imi- 
tati da  molti  Insetti  terricoli,  i 
quali,  pel  colorito  e  per  certe 
scabrosità  del  corpo,  se  rimangono  immobili  sul  terreno  concolore,  uon  si  distinguono  affatto 
per  quel  che  sono. 

Sono  esempio,  alla  mano,  di  cotale  mimetismo  parecchi  Acrididi  nostrali,  ad  es.  del  genere 
Oedipoda,  né  si  scorgono  facilmente  sulla  nuda  terra,  finché  non  aprono  le  ali  per  volarsene,  nel 
qual  caso  mettono  in  mostra  la  ricchezza  della  ornamentazione  cromatica  delle  ali  stesse,  con- 
forme si  è  già  detto. 


Fig.  726.  —  Lithinus  nigrocristatns  Cocq.  del 
Madagascar,  alquanto  ingrandito  («,  gr. 
nat.).  A,  veduto  di  lato;  B,  dal  dorso 
(dal  naturale);  C,  in  sito,  sulla  Farmelia 
crinita,  in  grand,   nat.   (Da  Emery). 


Fig.   727. 


Bruco  che  imita  la  Parmeìia  crinita,  in  sito, 
grand,  nat.   (Da  Emery). 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    l'Eli    LA    PROPRIA    COK8BBVAZIONB 


733 


(ce 


ig.  728.  —  Bacilhts  rossii  F.  secondo 
la  tìguia  del  Kircher,  che  lo  chiama 
Xylophyton  ex  ramali»  Viburni,  in  Mu- 
saeo  Auctoris. 


«  Gli  Iusetti  Ortotteri  del  Saura  —  dice  il  Plateau  —  riservano  al  viaggiatore  nuove  mera- 
viglie. Io  avvertivo  ad  ogni  passo  dei  ciottoletti.  Chili  accosta  coi  piedi  vede,  ad  un  tratto,  uno 
di  questi  frammenti  lanciarsi  innanzi  e  ricadere  a 
qualche  distauza.  Questi  ciottoli  saltatori  non  sono  che 
delle  Eremobia  e  generi  affini.  Tutti  hanno  il  corpo 
massiccio,  rugoso,  coperto  di  creste  e  tubercoli  ;  la  loro 
colorazione  grigia,  macchiettata  di  biancastro  o  di  nero 
è  sempre  assolutamente  quella  del  terreno  e,  cosa  cu- 
riosa, ciascuno  d'essi  affettando  la  tinta  della  località 
in  cui  vive. 

«  Questo  somiglia  ad  una  piccola  massa  di  terra; 
quello  ad  un  ciottolo  bianco  giallastro;  altri  hanno 
assunto,  in  quasi  tutto  il  corpo,  la  tinta  di  ardesia  ». 
«  Tutto  concorre  »,  afferma  il  Saussure,  specialista  del 
gruppo  degli  Eremobiti,  «  a  rendere  questi  Insetti  in- 
visibili sulla    superficie  del  suolo,  permettendo  loro  di  confondersi,  alla  vista,  colle  accidentalità 

di  questa  superficie». 

Sulle  nostre  spiaggie  si  incontrano  Coleotteri,  come 
il  Cneorhinus  aìbicans  Sh.  ;  i  Trox  (ad  es.  T.  sabulosus), 
ecc.,  affatto  concolori  colle  sabbie  stesse,  come  pure 
Asilidi  e  Thereva  (Ditteri)  ed  Imenotteri  a  colori  pallidi, 
come  sono  i  Btmbex,  ecc.  che,  per  le  loro  tinte  poco  o 
punto  differenziate  da  quella  generale  dell'ambiente, 
sono  più  o  meno  difficilmente  percepibili,  se  in 
quiete. 

Gli  escrementi  degli  Uccelli  sulle  foglie  e  sul  ter- 
reno, sono  imitati  benissimo  da  parecchie  specie  di 
Lepidotteri  Eteroceri  e  da  Microlepidotteri.  Tra  questi, 
alcuni,  che  iu  riposo  accostauo  molto  le  ali  al  corpo  e 
quasi  le  arrotolano  e  sono  macchiate  di  bianco  e  di 
bruno,  riescono  una  imitazione  stupefacente  dei  detti 
escrementi.  Cosi  è,  ad  es.,  della  Cilix  spinula  Hb., 
della  Penthina  pruniana  e  di  qualche  altra  specie  (1). 

Carlo  Vogt  afferma  che  taluni  Coleotteri  dei  de- 
serti, che  emettono  un  odore  molto  spiacevole,  oolle 
loro  elitre  molto  convesse,  il  corsaletto  e  la  testa 
inclinati  in  basso,  quando  fingono  il  morto,  simulano 
assai  bene  gli  escrementi  delle  Capre  e  delle  Gazzelle 
e  perciò  sfuggono  ai  loro  nemici. 

Altri  esempi,     in  numero  grandissimo,  sono  citati 
da  Autori  diversi,  ma,  come  ho  già  avvertito,  non  sono 
sempre    così    salienti    come    quelli    che   ho  ricordato  e 
che  sono  i  più    vistosi   ad    illustrazione  del  mimetismo 
crittico. 

In  conclusione,  a  proposito  del  mimetismo  in  ge- 
nere, io  credo  che  si  sia  grandemente  esagerata  la  sua 
portata  in  natura,  come  la  sua  estensione,  rilevando 
somiglianze  e  convergenze  tirate  a  forza,  ed  effetti  a 
beneficio  della  specie  evidentemente  eccessivi. 

Se  noi  fossimo  dotati  d'altri  sensi  di    percezione  o 


Fig.  729.  —  Diapheromera  femorata,  Ba- 
cillide  dell'America  Settentrionale.  A 
destra  maschio  e  femmina  in  accop- 
piamento (il  maschio  è  l'individuo 
che  sta  sopra);  a  sinistra  un  maschio 
isolato.  Due  terzi  della  grandezza  na- 
turale. Dagli   autori    nord  americani. 


(1)  Ma  anche  un  Ragno,  fra  i  nostrali  Tomisidi,  V  Ornithoscapkoide»  dtcipìem  Cambr.,  coll'ad- 
dome  bianco,  che  simula  la  massa  principale  dell'escremento,  le  zampe  nere  raccolte  al  corpo, 
imitanti  la  sostanza  nerastra,  che  non  manca  mai  negli  escrementi  suddetti  e  la  tenue  ragnatela 
all'intorno,  che  sembra  un  poco  di  liquido  disseccato,  imita   perfettamente  (come  indica  il  nome 


734 


CAPITOLO   SESTO 


più  acuti  fossero  quelli  fornitici  dalla  natura,  probabilmente  le  argomentazioni  nostre,  di  fronte 
a  fatti  innegabili  di  convergenza  di  forma  e  di  colorito  fra  organismi  diversi  o  fra  questi  e 
l'ambiente,  sarebbero  riescile  differenti.  Basterebbe  possedere  la  potenza  visiva  del  Girifaloo, 
che,  dalle  nubi,  vede  benissimo  la  Lepus  rariabilis,  accovacciata  fra  la  neve  e  vi  si  lascia  cader 
sopra  a  perpendicolo,  o  di  qualche  altro  rapace  diurno,  che  caccia,  così,  la  Quaglia  e  l'Allodola 
immobili  fra  le  stoppie,  od  il  potere  olfattivo  del  Cane,  per  argomentare  diversamente  dell'ef- 
ficacia crittica  del  mimetismo  e  della  sua  influenza  nella  selezione  della  specie;  molto  più,  poi, 
se  le  percezioni  nostre  fossero  alla  pari  di  quelle  di  un  Icueumonide,  e  si  argomentasse  a  pro- 
posito degli  Insetti. 

Uu  cacciatore  di  professione  scopre  la  preda  benissimo  anche  là  dove  pel  novizio  è  celata. 
Adunque,  non  sarebbe  a  difesa  contro  i  piti  temibili  e  speciali  nemici  una  così  vistosa  appa- 
renza da  parte  del  mimetico,  ma  solo  per  ingannare  quelli  meno  pericolosi  e  del  tutto  occasio- 
nali. A  me  sembra  che  anche  questo  fenomeno  del  mimetismo  (presa  la  parola  in  senso  largo, 
rappresenti,  circa  il  suo  vero  significato  e  la  causa  determinante,  una  vera  incognita,  oggi  più 
che  per  lo  innanzi,  che  si  viene  grado  grado  sostitueudo  ad  una  certezza  recente  ed  alle  favolo- 
sità del  passato,  E  qui,  ancora,  più  che  mai  luogo  alla  dubitazione,  in  cui  parrai  più  prudente 
rimanere  per  ora. 

Foberismo.  —  L'animale  può  assumere,  temporaneamente,  in  attitudine  di 
difesa,  un  aspetto,  pel  quale  aumenta  di  terribilità,  anche  oltre  quanto  si  merita 
per  sua  natura. 

Si  gratta,  adunque,  di  una  vera  azione,  ma  che  si  arresta  alla  sola  minancia  e  cessa  col  so- 
spetto del  pericolo.   Così,   por  gradi,   si  passa  alla  difesa  attiva  di  cui  si  dirà  tosto. 

Che  l'attitudine  terrificante  rappresenti  un  atto  volontario,  da  parte  dell'animale  o  sola 
mente  istintivo  o  riflesso,  in  causa  della  irritazione  del  momento,  può  essere  discusso  ed  è  ragio- 
nato l'atto  stesso  nell'uomo,  allorquando  accresce  forza  alla  minaccia,  assumendo  una  attitudine 
od  un  aspetto  più  impressionanti,  come  quei  guerrieri  d'altri  tempi,  che  curavano  di  affrontare 
la  pugna,  presentandosi  col  più  orrido  aspetto  possibile  ;  ma,  per  gli  animali,  più  che  istin- 
tivo, Tatto  può  essere  semplicemente  ri- 
flesso, come  all'uomo  in  pericolo  si  rizzano 
i  capelli.  Così  non  si  può  escludere  che 
altrettanto  avvenga  in  quegli  animali,  i 
quali,  di  fronte  ad  una  minaccia,  arruf- 
fano il  pelo  o  le  penne,  anche  se  ciò  non 
aumenta  veramente  la  terribilità. 

Questa  attitudine  cessa  tostochò  la 
minaccia  riesce  troppo  seria;  allora  l'ani- 
male abbandona  cotale  facies,  insieme  colla 
lotta,  e  fugge. 

In  questa  attitudine  di  difesa  esclusi- 
vamente, l'animale  mette  anche  in  mostra 
le  sue  armi  naturali,  argomento,  questo 
molto  spesso  persuasivo  all'avversario  e 
così  si  tiene,  anche,  pronto  al  duello. 

Più  comunemente,  a  questo  solo  atto, 
a  questo  «  mostrare  i  denti  »  si  riduce 
tutta  la  minaccia  e  non  appartiene  se  non 
a  specie  comunque  armate. 

Di  questi  ultimi  atteggiamenti  non  è 
il  caso  di  oitare  esempio,  da  poi  che  sono  comuni  a  pressoché  tutti  gli  animali,  purché  godano 
di  una  qualunque  maniera  di  difesa  attiva;  ma,  talune  specie  si  atteggiano  veramente  in  modo 
particolare  e  vistoso,  come  fanno  vedere,  ad  es.,  i    Mantidei  (fig.  730). 

La  comune  Manti»  religiosa,  se  minacciata,  molto  spesso  si  vede  fronteggiare  l'aggressore, 
inarcando    il    lungo  protorace,     tenendolo    sollevato    quasi     perpendicolarmente  sul  piano,   allar- 


Fig.  730. 


Mantis  religiosa   L.    in   atteggiamento 
terrifico.    Grand,  nat. 


suo)  gli  escrementi  di   uccelli  e  così    accade   che]  talune    farfalle  del     gruppo  degli  Esperidi,  che 
si  posano  sugli  escrementi,   tratte   in   inganno,    si    accostino  al  Ragno    e    sieno    immediatamente 

catturate. 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    l'KR    LA    I'ROl'RIA    CON8ERVAZIONK 


735 


gando  le  zampe  anteriori,  le  sue  terribili  armi  offensive  e  difensive,  così  che  le  faccio  interne 
delle  loro  lunghe  anche  e  delle  coscie  stanno  in  un  medesimo  piano  colla  faccia  sternale  del  pro- 
jorace,  l'un  arto  di  qua  e  l'altro  di  là,  colle  tibie  accostate  alle  coscie.  Così  appaiono  due 
macchie  ovali,  nere,  con  un  punto  bianco  nel  mezzo,  che  sono,  ciascuna,  alla  base  della  faccia 
interna  «Ielle  anche  e  simulano,  verameute,  due  occhi  ili  qualche  mostruoso  animale.  Le  ali 
sono  sollevate  ed  espanse  e  l'insetto  fa  sentire,  intanto,  uno  stridore  speciale,  abbastanza 
acuto. 

L'aspetto  generale  dell'Ortottero  è  veramente  impressionante,  in  questo  atteggiamento,  e  l'av- 
versario non  può  non  esserne  colpito  ;  Be  non 
basta  questa  minaccia,  le  formidabili  zampe 
anteriori  scattano  subitamente,  allungandosi 
all'innanzi,  verso  il  nemico;  si  apre  la  te- 
naglia, che  la  tibia  fa  col  femore  e  l'acutis- 
sima unghia  apicale  della  tibia  colpisce  l'ag- 
gressore. Ma,  se  questo  incalza  e  può  farlo 
senza  timore,  la  Mantis  provvede  meglio  ai 
casi  propri,  abbandona  ogni  velleità  bellicosa, 
volta  il  tergo  e  fugge. 

Aspetti  strani  (come  si  è  già  mostrato  a 
pag.  256),  assumono  anche  taluni  Bruchi  di 
configurazione  paradossale,   tanto   in  momento        » 

di  quiete  come  in  presenza  di  pericolo.  Ma  anche  qui  è  interessante  il  giudizio  esagerato  e  la 
considerazione  soggettiva  del  fatto,  che,  veduto  col  nostro  occhio,  si  è  ammesso  dover  essere 
egualmente  apprezzato  da  altri  viventi,  con  una  omologazione  arditissima  fra  i  sensi  ed  il  ra- 
ziocinio umano  ed    il     modo  di   percepire  financo  degli   Insetti. 

Può  essere  che  predatori  vertebrati,  ad  es.  Rettili  od  Uccelli,  ricevauo,  come  noi,  impres- 
sione paurosa  o  repugnante  per  certi  atteggiamenti,  che  taluni  Bruchi  assumono,  quando  sono 
in  sospetto  od  in  riposo  e  per  le  loro  tinte  speciali  (figg.  731,  732);  ma,  contro  i  loro  peculiari 
nemici,  tutto  questo  artificio  non  può  avere  effetto  serio  e  si  vede  che  non  lo  ha  realmente. 
Intorno  a  tutto  ciò,   una  argomentazione  canta  sarà  mai  sempre  opportuna. 


Fig.  731.  —  Posizioni  ritenute  terrificanti,  che 
assumono  due  bruchi  di  Eterotteri.  A,  di  No- 
tondonta  zig  zag  (L.);  B,  di  Lophopteryx  came- 
liua  (L.),  grand,  nat.  (da  Portsckinsky). 


Difesa  attiva.  —  Fin  qui  si  è  veduto  l'animale,  subendo  la  volontà  avver- 
saria, difendersi,  passivamente;  ma,  allorquando  esso 
fronteggia  il  nemico  e  tenta  respingerlo,  lottando  co- 
munque, interviene  la  difesa  attiva,  che  si  può  fare  sia  coi 
mezzi  speciali,  sia  con  quelli  che  sono  comuni  anche  al- 
l'offesa. 

Secondo  questo  ordine,  adunque,  i  mezzi  di  difesa 
attiva,  ai  quali  fanno  ricorso  gli  Insetti,  potrebbero  indi- 
carsi così: 

1.°  Mezzi  esclusivamente  difensivi:  sostanze  fe- 
tide, irritanti,  velenose,  usate  allo  stato  liquido  od  iu 
quello  aerei  forme. 

2.°  Mezzi  offensivi  e  difensivi  :  organi  atti  a  ferire 
l'avversario,  destinati  esclusivamente  a  questo  scopo  ed 
in  rapporto,  o  meno,  con  ghiandole  velenifere. 

3.°  Mezzi  occasionalmente  difensivi  :    organi  o  so- 
stanze (fluide),  con  ufficio  primariamente  diverso,  che  pos- 
sono, però,  essere  impiegati,  secondariamente,    alla  difesa  (ed  all'offesa). 

Al  primo  gruppo  appartengono  le  secrezioni  di  ghiandole  speciali,  allogate 
in  regioni  varie  del  corpo  ed  in  organi  diversi  ;  al  secondo  gruppo  si  possono 
ascrivere  talune  parti  della  bocca  ed  i  pungiglioni  situati  nell'estremo  addome 
(Imenotteri);  al  terzo  gli  organi  boccali,  più  che  altro  masticatori,  nonché,  in  ta- 
luni casi,  gli  arti  di  qualche  paio,  ecc. 
Vediamo  esempi  di  tutto  ciò. 


Fig.  732.  —  Strana  posi- 
zione, che  assume  la 
larva  dello  Staiiropus  fagì 
(L.),  per  ingannare  i 
suoi  nemici.  Grand,  nat. 
(Da  Portschinsky). 


736 


CAPITOLO    SESTO 


Secrezioni  difensive.  —  Delle  ghiandole  con  secrezioni  speciali,  destinate  a  concorrere  alla 
conservazione  dell'individuo,  come  delle  sostanze  particolari  che  esse  segregano,  è  stato  lunga- 
mente trattato  già  nel  volume  I  (da  pag.  491  a  pag.  550)  ed  in  questo,  a  proposito  delle  secre- 
zioni speciali  e  dei  mezzi  difensivi  di  talune  larve  (pag.  253)  ed  altrove.  A  quelle  pagine, 
dunque,  rimando  il  lettore,  avvertendo,  che,  nel  volume  I,  sono  illustrate,  ordinatamente,  seoondo 
l'ubicazione,  ma  non  rispetto  all'ufficio,  le  diverse  ghiandole  diffuse  nel  corpo  degli  Insetti. 

Le  secrezioni,  che  hanno  ufficio  esclusivamente  difensivo  e  perciò  non  sono  in  rapporto  cou 
organi  destinati  a  ferire,  si  possono  distinguere  in  volatili  e  fìsse  e  queste  ultime,  sopratutto, 
hanno  un  effetto  piii  o  meno  grave  sui  tessuti  animali.  La  fissità,  come  la  volatilità  loro  sono 
affatto  relative,  ma  talune  si  trasformano  rapidissimamente  in  istato  aereiforme  ed  in  questo  so- 
pratutto agiscono:   le  altre  ciò  fanno  con  assai  maggiore  lentezza,    così    che    la    loro  azione  av- 


-"-«''•'  i    ; 


;^§ 


féWi   f^?%^V^?T* 


Pig.   733.  —  Un  Brachynu»  in   fuga  dinanzi  ad  un   Calosoma,  che  lo  insegue  : 
si  difende  mercè  esplosioni  (grand,  nat.).  (Dal   Figuier). 


viene  appunto  nella  condizioue  liquida.  Si  potrebbe  anche  aggiungere  il  gruppo  di  sostanze  che 
vengono  diffuse  allo  stato  solido,  come  da  taluno  autore  è  affermato  accada  per  quelle  urticanti 
dei  Bruchi  delle  Processionarie,  ma  l'attività  si  manifesterebbe  col  disciogliersi  di  queBte  so- 
stanze negli  umori  trasudanti  dalla  cute  o  dalle  mucose  degli  animali,  con  cui  la  sostanza  solida 
viene  a  contatto,  cosi  che,  veramente,  l'azione  è  sempre  per  via  liquida. 

Le  sostanze  repugnatorie,  mercè  le  quali  il  nemico  è  discacciato,  più  che  offeso  veramente, 
inquantochè  esse  agiscono  sopratutto  mercè  il  puzzo  sgradevole  e  quindi  allo  stato  aereiforme, 
più  che  in  altro,  dipendono  da  ghiandole,  che  si  trovano  diffuse,  negli  Insetti,  esclusivamente 
al  tronco  ed  alle  sue  appendici  e  se  ne  ha  esempio  in  tutti  gli  ordini  di  Insetti  ed  in  tutte 
le  età. 

Già  se  ne  è  parlato,  per  ciò  che  riguarda  le  larve,  nel  presente  volume,  dove  si  è  detto  dei 
modi  di  difesa  delle  larve  olometabole  e  lungamente  si  è  riferito  sulla  loro  ubicazione  e  morfo- 
logia, nel  I  volume  (da  pag.  526  a  pag.  549),  così  che  qui  poco  rimane  da  aggiungere  su  questo 
argomento. 

Ricorderò  solo  che,  mentre  la  maggior  parte  degli  Insetti  adulti  emettono  il  liquido  difen- 
sivo delle  ghiandole  pigidiali,  senza  esplosione  od  eiaculazione,  taluni  di  essi,  cioè  i  Brachinidi 
(o  Bombardieri),  Coleotteri  rappresentati  anche  qui  da  molte  specie  comuni,  se  molestati,  inse- 
guiti, ecc.,  fanno  sentire  il  rumore  secco  di  una  piccola  esplosione  (donde  i  loro  nomi  specifici 
di  BrachynuH  crepitane;  txaplodene;  bombarda;  eclopeta,  ecc.)  e  lanciano,  con  tal  rumore,  dall'estremo 
corpo,  veramente  dal  retto  un  piccolo  getto  di  liquido,  che  subito  volatilizza  ed  è  questo  mezzo 
efficace  di  difesa,  perchè  il  liquido  stesso,  che  trascina  seco,  nel  fuoriuscire  violentemente,  anche 
gli  escrementi  polverizzati,  è  corrosivo.  Questo  umore  è  molto  volatile,  perchè  bolle  a  9°;  si 
condensa  su  oggetti  fieddi  in  gocciolette  di  aspetto  oleoso.  I  vapori  arrossano  fortemente  il  tor- 


l'individuo    NEGLI    ATTI    PUR   LA    PROPRIA   CON.SBRVAZIONK 


737 


nasole,  odorauo  di  gaz  nitrosi  e,  sulla  pelle,  danno  la  sensazione  di  una  bruciatura,  con  do- 
lore, che  può  essere  vivo  e  non  breve.  La  eiaculazione  si  effettua  per  la  contrazione  delle  fibre 
muscolari  del  serbatoio  ove  è  accumulato  il  liquido  segregato  dalle  ghiandole  speciali  (pigidiale 
vol.  I,  pagg.  343-34S)  e  viene  spinto  traverso  un  orifizio  guarnito  di  peli  fitti  a  ino'  di  pettino, 
per  cui  viene  polverizzato;  il  liquido  stesso  è  lanciato  all'esterno  con  uu  piccolo  scoppiettìo.  Anche 
avversari  molto  più  grossi  e  temibili  dei  lirachynut,  battono  in  ritirata  di  fronte  a  simile 
mezzo  di  difesa  (Kg.    733). 

Anche  un  Ceraptenis  (Paussidi),    il  C.    qiiatiiormaciilatu8  di   Giava,  convivente,  come  tutte     le 
altre   specie  della  famiglia,  colle  Formiche,  entro  i  Formicai,  rigetta,  in  maniera  analoga  a  quella 
dei   Braehinidi,  uu  liquido  molto  corrosivo,  che  contiene  iodio  libero. 
Nella  secrezione  dei  Carabns  è  contenuto  acido  butirrico. 

I  Ditiscidi  adulti  emettono,  dall'estremo  del  corpo,  per  difen- 
dersi, uu  liquido  fetido  per  l'acido  solfidrico  ohe  contiene,  ed  è  ve- 
ramente il  contenuto  del  retto,  mentre  la  secrezione  grassa  delle 
ghiandole  auali   sembra  destinata  a  spalmare  il   corpo. 

Effetto  urticante  hanno  particolari  sostanze  segregate  da  Bruchi 
pelosi  (e  se  ne  è  già  detto  a  pagg.  503-505  del  I  voi.,  ed  in  questo 
volume  a  proposito  delle  secrezioni  speciali,  p.  253)  ed  è  questo  un 
ben  temuto  mezzo  di  difesa,  così  che  questi  animali  godono  il  ri- 
spetto da  parte  di  tutti  i  Vertebrati,  più  che  da  altri  Insetti,  pre- 
datori od  endofagi,  i  quali  ultimi  finiscono  per  aver  ragione  delle 
invasioni,   anche  estesissime,   di  siffatti  Bruchi, 

Del  resto,  il  principio  attivo  (cantaridiua  od  altra  sostanza  af- 
fine), è  comune  e  diffuso,  sebbene  in  grado  vario,  negli  Insetti  tutti 
e  rappresenta  un  mezzo  difensivo  non  disprezzabile,  tantoché,  ap- 
punto anche  nelle  grandi  invasioni  ad,  es.,  di  Ortotteri,  di  Coleot- 
teri, ecc.,  l'aiuto  che  ci  forniscono,  a  liberarcene,  gli  Uccelli  e  gli 
altri  Vertebrati  insettivori  è  molto  modesto  e  di  assai  breve  du- 
rata, del  tutto  insufficiente  alla  gravità  dei  casi.  Ciò  è  dovuto 
appunto  a  queste  particolari  sostanze  protettive  o  difensive  che 
siano. 

Organi  veleniferi  e  sostanze  velenose.  —  Anche  più  pericolosi  sono 
i  liquidi,  contenenti  principii  venefici,  che  possono  determinare  la 
morte  di  animali  non  troppo  voluminosi  e  seri  inconvenienti  in  tutti, 
e  questa  volta,  neppure  gli  Insetti  o  gli  altri  Artropodi  si  sottrag- 
gono all'efficacia  del  veleno,  che  sembra,  anzi,  specialmente  desti- 
nato appunto  alla    difesa  contro    questi  aggressori. 

Queste  armi  difensive  appartengono,  quasi  esclusivamente,  a  forine  adulte  e  ne  sono  cospicui 
esempi   i  pungiglioni  degli  Imenotteri  (sopratutto  aculeati)    ed    il    rostro  di  molti  Emitteri  Ete 
rotteli.   La  puntura  degli  uni  e    degli  altri    è    dolorosissima,    quando    per    la  mole  dell'animale 
ferito  essa  non  è  mortale,  ed  anche  di  questo  si    è  detto  abbastanza  a  proposito  delle  secrezioni 
speciali. 

Pegli  Imenotteri,  che  non  si  nutrono  di  preda  animale,  il  pungiglione  è  un'arma  esclusiva- 
mente difensiva,  ma,  pei  suddetti  Eterotteri,  essa  ha  massima  parte  nella  conquista  della  preda, 
che,  appena  afferrata  colle  zampe  anteriori,  viene  subito  uccisa  dalla  puntura  del  rostro  ed  i 
grossi  Belosloma,  i  massimi  Eterotteri  acquaioli,  dei  grandi  fiumi  d'America,  uccidono  i  piccoli 
pesci,  di  cui  si  nutrono.  (Per  le  ghiandole  velenifere  degli  Eterotteri,  vedi  voi.  I,  p.  515  ;  degli 
Imenotteri,  vedi  voi.  I,  pagg.  521-522).  Anche  la  larva  di  Dythcus  pare  goda  di  una  ghiandola 
velenifera  mandibolare  (vedi  voi.  I,  pag.  511). 

In  molti  Ditteri  (Culicidi)  e  negli  Afanitteri,  la  secrezione  velenifera  della  ghiandole  sali- 
vari è  in  rapporto  esclusivamente  colla   funzione  della  digestione. 

Organi  e  fluidi)  difensivi  In  via  secondarla.  —  Adunque,  il  veleno  degli  Eterotteri  rientra  in 
questa  categoria  e  qui  possono  ricordarsi  anche  gli  organi  boccali,  sopratutto  le  mandibole,  degli 
Insetti  masticatori. 

Tutti  gli  Insetti  forniti  di  mandibole,  in  un  duello  si  servono  di  tali  organi  a  propria  di- 
fesa, che  riesce  tanto  più  efficace  quanto   più  robusti    e  voluminosi    sono  i  detti  organi    boccali. 


Fig.  734.  —  Pungiglione 
d'Ape,  veduto  dal  di- 
sotto, colle  ghiandole 
del  veleno. 

«8,  gonjeret,  in  cui  scor- 
rono gli  stili  ai;  bs,  pezzi 
del  nono  sternite  (vedi 
voi.  I,  fig.  353,  p.  306), 
II,  ghiandola  alcalina  ; 
Ao,  ghiaudola  acida  col 
suo  serbatoio  S. 


A.  Bkklesb.  Olì  Inietti,  II.  —  93. 


738 


CAPITOLO    SESTO 


Gli  Insetti  armati  di  vistose  e  forti  mandibole  fronteggiano  il  nemico  faccia  a  faccia  e  la 
tenaglia  aperta  e  pronta  a  stringere  è  spesso  uu  argomento  di  minaccia  non  trascurabile;  quelli, 
invece,  con  mandibole  più  piccole  e  deboli,  se  ne  servono,  tutto  al  più,  per  nna  difesa  più 
davvicino,  a  contatto  ooll'avversario,  ma,  spesso,  inutilmente.  Le  Formiche  feriscono  colle  man- 
dibole e  di  poi,  nella  ferita,  che  non  potrebbe  essere  aperta  dal  loro  debole  aculeo,  ripiegando 
all'innanzi  l'addome,  iniettano  la  secrezione  velenosa  del  loro  pungolo. 

Anche  le  zampe,  sopratutto  le  posteriori,  possono  avere  l'uf- 
ficio secondario  di  difesa  e  ciò  accade,  ad  es.,  nelle  specie  che 
hanno  le  zampe  del  terzo  paio  atte  al  salto,  la  cui  tibia  è, 
generalmente,  armata  di  robuste  spine  e  così  sferrano  calci  po- 
derosi, come  si  vede    farei  comunemente  dagli   Acrididi. 

Quanto  alle  zampe  anteriori,  che    in    talune    specie    rappre- 
sentano   armi    formidabili  ed  eccellenti   organi  di  presa,  come  è 
appunto  nei  Mantidi  ed  in  molti  Insetti,  mantidiformi  per  analoga 
struttura  di  questi   arti   (si  sono    già    veduti    parecchi   Eterotteri 
e  qualche  Neurottero  così  fatti),  cotali  zampe,  che  sono  il  miglior 
mezzo    offensivo    e   per  afferrare  la    preda,     rappresentano    anche 
Fig.  735.   —  Larva  di   Cimbex.      i  più  validi  strumenti  di  difesa  e  le  Mantidi   ne    danno  esempio 
femorata  L,    che    emette   il      nei  ]oro  frequenti   duelli, 
sangue     (S)     dagli    stigmi. 
Grand,  nat.  (Da  Hollande). 

Autolinforrea.   —    Un  singolarissimo  mezzo  di  difesa 

e  speciale  a  pochi  Insetti,  per  quanto  esemplificato  in  quasi  tutti  gli  ordini,  è 
quello  praticato  colla  emissione  del  liquido  circolante  nel  corpo,  che  contiene 
sostanze  irritanti,  pericolose  per  gli  aggressori  e  detestate.  Se  ne  è  già  detto  a 
pagg.  534-536   del    voi.  I. 


In  molti  Insetti,  se  molestati,  si  vede  fuoriuscire,  da  varie  parti  del  corpo,  una  gocciola  di 
liquido,  ii  più  spesso  colorita  in  giallo,  verde  o  rosso,  la  quale  si  è  riconosciuta  pel  così  detto 
sangue,  e  si  è  constatato  che,  nel  maggior  numero 
di  casi,  questo  liquido  ha  un  effetto  caustico  ed 
irritante,  se  viene  in  contatto  colla  nostra  pelle 
e  gli  Insetti,  che  ne  sono  imbrattati  non  sono  più 
appetiti  da  specie  insettivore.  Con  ciò  l'effetto  di- 
fensivo è  dimostrato.  Dalle  larve  di  Cimbicidi  il  li- 
quido è  espulso  sotto  una  pressione  così  energica 
che  può  esser  lanciato  a  più  di  un  metro  di  distanza 
(Cimbex  femorata  L.  Mg.  735  ;  Trichiosoma  sorbi 
Hart.).  In  molte  specie,  però,  il  liquido  circolante, 
così  emesso,  non  mostra  avere  alcuna  tossicità  (larva 
di  Athulia)  o  ben  poca  (Leucoma  salicis  L.  adulto)  o 
ne  presenta  per  alcuni  animali  e  non  per  altri  (Coc- 
cinelle). 

Secondo  l'Hollande,  che  ne  ha  fatto  recente- 
mente uno  studio  accurato  (sebbene  per  mio  conto 
io  mi  possa  dolere  che,  da  parte  di  questo  Autore, 
mi  siano  state  attribuite  affermazioni,  che  mai  io  ho 
fatto,  forse  perchè  egli  non  ha  letto  o  bene  com- 
preso quello    che,   sull'argomento,     io  ho    scritto  nel 

voi.  I,  nelle  pagine  citate),  la  emissione  del  sangue  è  ottenuta  in  seguito  ad  un  aumento  di 
pressione  di  questo  liquido  nel  corpo  dell'insetto,  per  contrazione  dei  muscoli  dorso-ventrali 
e  gli  Insetti  si  arrestano  e  dispongono  gli  arti  in  modo  da  salvare  questi  di  fronte  all'aggres- 
sione ed  in  pari  tempo  agevolare  la  fuoriuscita  del  liquido  stesso  da  quei  punti  da  dove  esso 
deve  gemere  (fig.  736). 

La  fuoriuscita  (secondo  l'Hollande)  della  emolinfa  dipende  o  da  rottura  dei  tegumenti  in  un 
punto  di  minore  resistenza  (ad  es.  margini  delle  elitre  in  Telcphorus ;  del  torace  in  Lamyyrls 
noctil uca  L.  mas.;  delle  membrane  di  articolazione  dei  segmenti  addominali  in  Lygaeus,  in  larve  di 


Timarcha  pimelioidts  L. 


A.  in  attitudine  normale,  uu  poco  ingran- 
dita; B  in  attitudine  autoemorroica, 
mentre  emette  le  gocciole  di  sangue 
(S)  dalle  giunture  femoro-tibiali.  Grand, 
nat. 


.'INDIVIDUO    NKGM    ATTI    PER    I.A    PltOl'lUA    CONSKKVA/.IONK  739 


Coccinellidi,  di  Epilaaia,  ecc.),  oppure,  più  frequentemente,  esiste  una  vescicola  esertile,  ohe  si 
rigonfia  ili  emolinfa  e  protrude  subitamente  (larve  di  Athalia  ;  giovanissimi  Grylhts  campestris, 
adulto  di  Ephippigera  brimueri  Boi.).  Talvolta  uno  o  due  musooli  retrattori  si  inseriscono  all'apice 
della  vescicola,  che  è  cosi  l'invaginata  dopo  la  sua  fuoriuscita  per  pressione  del  liquido  'larve 
di  Agelastica  alni,  di   Galsmcelta  lnteola,  ecc.). 

In  altri  casi,  l'emolinfa  apparisce  per  un  distacco  parziale  della  membrana  di  articolazione 
al  punto  in  cui  è  saldata  ad  un  legamento  di  attacco  di  au  muscolo  (articolazione  femoro-tibiale 
di   Coleotteri   adulti;. 

Finalmente,  il  liquido  può  fuoriuscire  da  pori  celomici  e  l'apertura  del  poro  può  essere  cir- 
colare (linforrea  preboccale,  es.  Timarcha  elliptica;  Eugaster  guyoni  Sav.  e  Coccidi),  o  semilunare 
(larve  di  Cimbicidi,  di  Trichiosoma  ed  Afidi).  Talora,  i  pori  celomici  persistono  per  tutta  la  vita 
dell'insetto  (Afidi,  Coccidi,  Eugaster  suddetto);  tal'altra  essi  scompaiono  dopo  il  periodo  larvale 
(larve  di  Tentrediuei)  ;  oppure,  sebbene  più  di  rado,  essi  si  trovano  anche  nell'adulto  (Timarcha). 
Nei  tre  primi  casi  le  tracce  della  linforrea  spariscono  in  ciascuna  muta  ;  ma,  nella  linforrea 
femoiO'tibiale,   rimangono  pel   lesto  della  vita  dell'adulto. 

Il  liquido  emesso  è,  in  generale,  riassorbito,  in  gran  parte,  dall'insetto  e  ritorna  entro  il 
corpo.   Per  la  linforrea  preboccale  delle   Timarcha  esso  è  ripreso  per  la  bocca. 

Quanto  alla  tossicità  dell'emolinfa,  oltre  alla  cantaridina,  come  principio  attivo,  la  cui 
presenza  è  stata  constatata,  da  tempo,  nei  Coleotteri  vesicanti,  l'Hollande  riconobbe,  nel  sangue 
delle  Adimonia  e  di  Timarcha,  enzimoidi  speciali,  atti  a  provocare,  sulle  mucose,  una  sensazione 
di   bruciatura  (Timarcha)  od   ulceiare  la  pelle  {Adimonia). 

Tali  principii  tossici,  normalmente  eliminati  dagli  Insetti  traverso  gli  organi  genitali,  con- 
tribuiscono alla  difesa  delle  uova,  che  sono  rivestite,  cosi,  da  una  vernice  contenente  cantari- 
dina,  mentre,  nell'atto  della  linforrea,  rappresentano  anche  una  efficace  maniera  di  difesa 
individuale. 

L'Hollande  novera  i  seguenti   insetti  come  autolinforroici  : 

Ortotteri.  —  Eugaster  guyoni  Serv.  (pori  celomici  fra  l'anca  e  il  trocantere);  CalUmenus 
sp.  (primo  e  secondo  segmento  dorsale  dell'addome  ?)  ;  Dynarchus  dasypus  Illg.  (due  orifici  ai  lati 
del  pronoto  1)  ;  Platystolns  pachygaster  Lue.  (fessure  del  prouoto)  ;  Ephippiger  brunneri  Boi.  (ve- 
scicole sanguigne)  ;  E.  terrestri»  (elitre  del  maschio,  orlo  inferiore)  ;  Orphania  denticandata  Charp. 
(articolazione  coxo-trocanterica)  ;  Gryllns  campestris  (larve  giovani  soltanto;  quattro  vescicole 
toraciche). 

Emittori  (Omotteri).  —  Pseudococcus  farinosus  Deg.  (due  orifici  preformati,  fra  testa  e  torace); 
Pterocallis  jnglandis  Frisch  (due  corniceli  sul  quinto  segmento  addominale)  ;  P.  alni  Deg.  (quinto 
segmento  addominale,  emissione  di  emolinfa  e  cera);  cosi  pure  Lachnus  viminali»  L.,  L,  grossus 
Kalt.,  L.  fasciatila  Kalt.,  Aphit  iirlicae  F.,  A.  padi  L.,  A.  brassicae  L.,  A.  cardai  L.,  A.  sambuci 
L.,  Siphonophora  rosac  L.,  S,  urticae  L.,  ecc.,  (tutti  :  quinto  segmento  addominale,  emissione  di 
emolinfa  e  cera);  Cercopis  vulnerata  Germ.  (divaricamento  della  ventosa  all'apice  dei  tarsi);  Tel- 
tigonia  viridis  L.  (articol.  delle  ali).  Eterotteri  :  Lygaeus  equestri»  L.  (margini  dei  segm.  addom.)  ; 
L.  saiatilis  Scop.  (idem). 

Coleotteri. — Carabidi  :  Laemosthenus  complanatus  (Chili)  (ano,  sec.  Porter)  ;  Meloidi:  Meloe, 
Cerocoma,  Zonabris  (Mylabris),  Lytta  (Cantharis),  Zonitis,  Epicanta  ;  Crisomelidi  :  Timarcha  brachidera 
Fairm.,  Chrysomela,  Orina,  Melasoma,  Galerucella  adulti,  Haltica  ;  Coccinellidi  :  Epilachna,  Argus 
adulto,  Subcoccinella,  Hippodamia,  Adonia,  Anisotticta,  Adalia,  Coccinella,  Harmonia,  Microspia,  Mysia, 
Anatis,  Halyzia,  Chilocorus,  Exhocomiis,  Platynaspis,  Coccidula,  Scymnns,  Eryopis  (tutti  linforrea  fe- 
moro-tibiale). Cantaridi  Telephorus  (Cantharis)  fuscalj.  ;  Lampyris  noetiluea  L.  mas.  (elitre);  deridi; 
Trichodes;  Pirocroidi  :  Pyrochroa  (articolazione  anca-torace).  Crisomelidi  :  Timarcha  tenebricosa  F.; 
T.  riolaceonigra  Deg.  ;  Agelastica  alni  L.  (adulto)  ;  Sermyla,  Luperus,  Malacosoma  (tutti  linforrea 
preboccale);  Crisomelidi  :  Agelastica  alni  L.  (larva)  (linforrea  dai  tubercoli  del  corpo)  ;  Galerucella 
(larvai  (dal  collo  ;  altre  dalla  faccia  ventrale  della  testa);  Coccinellidi  :  Epilachna  (larva)  (dalle 
protuberanze  dorsali)  ;  Coccinella  10-punctata  L.  (larva)  (linforrea  per  rottura  delle  vescicole 
sanguigne);   Exochomns  auritus  Scriba   (ninfa)  (linforrea    dorsale). 

Ditteri.  —  Hilara  sp.  (adulto)  (linforrea  antennule). 

Lepidotteri  (Macrolep.).  —  Leucoma  (Stilpnotia)  salicis  L.  ;  Spiloioma  menthastri  Esp.  ;  Li- 
Ihosia  griseola  Hiibu.  ;  Euchelia  (Hypocrila)jacobeae  L.  ;  Arctia  flavia  Fuessl.  (tutti  adulti,  linforrea 
dal  collo);  Zygaena  (Anlhocoera)  trifola  Esp.  (adulto)    (articolazione    anca-torace  ed  altrove).  Mi- 


740  CAPITOLO    SESTO 


crolep.  :  Hyponomeutha  cognatellus  Hilbn.  ;  Argyresthia  uitidella  Fabr.  (adulti)  (dal  collo,  vescicole); 
Epiblema  (Paedisca)  penile  ria  ita   F.  (larva,   dal   collo). 

Imenotteri,  esclusivamente  nelle  larve.  —  Cymbex  femorata  L.  ;  Trichiosoma  ;  Abia  sericea 
L.  ;  Eriocampa  ovaia  L.  (pori  celomici):  Hylotoma  rosae  Deg.  (vescicola  preanale);  Emphytue  cinedi» 
King,  (rottura  dei  tegumenti);  Athalia  annidata  F.  ;  A.  seulellariae  Com.  (vescicole  esertili  in 
tutti  i  segmenti  addominali)  ;  A,  spinarnm  (due  vescicole  esertili  nell'ultimo  segmento  addo- 
minale!. 

Aulotomla  —  Finalmente,  quale  mezzo  difensivo,  certamente  di  molto  sacrificio  per  l'animale 
che  lo  pratica,  ma  che  può  bene  richiamarsi  accanto  alla  autolinforrea,  è  da  ricordarsi  la  au- 
totomia,  di  cui  però,  pei  suoi  speciali  caratteri,  è  bene  discorrere  a  parte,  trattando,  iusiemet 
anche  della  rigenerazione,  per  cui,  al  sacrificio  suddetto  può  l'animale  riparare,  più  o  meno 
bene,  in  seguito. 

Offesa.  —  Dei  mezzi  offensivi,  per  parte  di  Insetti  predatori,  endofagi,  ecc.  sarà  il  caso  di 
dire  abbastanza  a  proposito  dei  rapporti  degli  Insetti  col  mondo  ambiente,  per  quauto  cotale 
funzione  riesca,  ciò  che  bene  si  comprende,  a  conservazione  dell'individuo,  come  anche  a  quella 
della  specie. 


A  litotomia. 

Per  Autotomia  intendesi  la  facoltà  di  amputazione  spontanea  di  una  parte 
del  corpo,  fino  a  frammentazione  totale  del  corpo  stesso. 

È  questo  un  fenomeno  abbastanza  esemplificato  fra  gli  animali,  e  già  Ari- 
stotile lo  aveva  segnalato  per  le  Lucertole  e,  dopo  Réaumur,  pei  Crostacei;  O. 
F.  Miiller,  pei  Vermi  ;  De  Bora,  pei  Molluschi;  Lepelletier,  pei  Eagni;  Montagu, 
per  le  Sinapte  e  molti  altri  per  gruppi  diversi,  il  fatto  è  stato  indicato  anche 
per  molti  Insetti. 

Il  Giard,  ordinando  questi  fenomeni  biologicamente,  messi  di  lato  quelli  di  autotomia  ripro- 
duttrice, pei  quali  la  parte  separata  dall'organismo  rappresenta  l'inizio  di  un  organismo  nuovo, 
riunisce,  in  altra  categoria,  quelli  di  autotomia  difensiva,  da  distinguere  in  economica  ed    evasiva. 

Accade,  infatti,  che  taluni  animali  (ad  es.  fra  gli  Echinodermi,  Celenterati,  Gerirei,  Nemer- 
tini,  ecc.),  trovandosi  in  condizioni  difficili  o  sfavorevoli  di  nutrizione  od  anche  di  respirazione, 
rinuncino  a  parte  del  loro  corpo,  procedendo  ad  una  amputazione  volontaria,  e  ciò  per  ridurre 
il  proprio  volume  e  resistere  meglio  alle  condizioni  avverse  suindicate.  È  questo  il  caso  di  o«- 
totomia  economica. 

In  altri  casi,  pur  di  sottrarsi  ad  un  danno  maggiore  od  alla  morte,  qualche  animale,  trattenuto 
per  un  suo  membro  e  perciò  impossibilitato  alla  fuga,  lo  abbandona  per  amputazione  volontaria 
e  riacquista  così   la  libertà  e  la  facoltà  di  fuggire. 

A  queste  meglio  esemplificate  e  definite  maniere  di  autotomia,  si  possono  aggiungere  altre 
meno  ovvie  ed  a  scopo  meno  evidente,  come  quella  che  il  Pieron  propone  di  chiamare  offensiva, 
ad  es.  dell'Ape,  che  abbandona  nella  ferita  il  suo  pungolo  (per  quanto  ciò  accada  solo  nella 
puntura  alla  pelle  di  Vertebrati  e  conduca  a  morte  certa  il  feritore)  e  può  essere  elle  quivi  trovi 
il  suo  posto  anche  la  Autoemorrea  quale  spediente  di  difesa;  o  l'altra  maniera  di  autotomia  (cor- 
rettrice)  ricordata  dal  Przibram,  cioè  l'amputazione  volontaria  di  un  membro  rigenerato  e  mal 
riuscito,  per   render  possibile  la  formazione  di  uno  nuovo,  che  venga  meglio. 

Quanto  all' autotomia  parassitaria,  cioè  l'amputazione  volontaria  di  una  parte  del  corpo  in- 
quinata da  parassiti  (quale  si  nota,  ad  es.,  in  Anellidi,  per  parassitismo  di  Copepodi;  in  qualche 
Stella  di  mare  per  Distomi  ed  in  Sinapte  per  Molluschi),  essa  può  essere  bene  provocata  dallo 
stimolo  dovuto  alla  presenza  del  parassita  e  potrebbe  richiamarsi  all'autotomia  protettrice. 

Infatti,  anche  per  la  autotomia  evasiva  tipica,  non  accade  sempre  che  sia  abbandonato,  per 
amputazione  spontanea,  un  membro,  che,  per  essere  trattenuto,  impedisce  la  fuga  dell'animale. 
Talora,  basta  una  semplice  irritazione  violenta  (ad  es.  taglio,  bruciatura,  schiacciamento)  di  un 
membro,  perchè  questo  venga  abbandonato  per  autotomia,  anche  se  la  fuga  non  è  impedita.  Così 
si  comporta  il  Careinui  moenas,  il  comune  Granchio  delle  nostre  spiaggie,  che  pure  è  citato  pel 
più  ovvio  e  tipico  esempio  di  autotomia   evasiva. 


l'individuo  negli  atti  pkr  la  propria  conservazioni:  741 

lutine,  anche  più  siugolare  è  una  antotonia  che  si  richiama  agli  organi  interni,  esemplificata 
dalle  Oloturie  e  dai  Peluiatozoi,  che  presentano  fenomeni  di  sviscerazioue  spontanea,  spesso  quasi 
totale,   degli  organi   interni,   che  vengono  espulsi  dall'animale  per  la  cloaca. 

Fra  gli  Artropodi,  la  autotomia  ò  molto  diffusa,  sopratutto  fra  i  Crostacei,  specialmente 
superiori,  ma  anche  tra  i  Picnogonidi,  gli  Aracnidi,   i  Mi  riapodi  e  gli  Insetti. 

Afferrando  una  Scutigera  delle  case  (pag.  139,  fig.  149),  istantaneamente  la  maggior  parte 
delle  zampe  si  staccano  vivacemente  dal  corpo.  Ho  provato  che  lo  stesso  effetto  si  ottiene  la- 
sciando caliere  una  gocciola  di  etere  solforico  sull'animale  in  quiete. 

Anche  i  Litìiobim  (pag.  137,  fig.  146)  abbandonano  suhito  buona  parte  delle  loro  zampe, 
specialmente  delle  ultime  paia,  se  si  vogliono  trattenere,  ed  ognuno  ha  veduto  quanto  facilmente 
ciò  accade  pei  Ragni,  ad  esempio  i  domestici  Phoìcus  dalle  lunghe  zampe  (pag.  120,  fig.  123), 
come  per  moltissimi  altri,  fra  i  quali  più  di  frequente  la  Argyroneta  (pag.  120,  fig.  122),  e  cosi  è 
pure  per  gli  Opilionidi,  Aracnidi  dalle  lunghissime  ed  esilissime  zampe,  molto  comuni  nei  campi 
(pag.  100,  fig.  94,   A). 

Fra  gli  Insetti,  il  fenomeno  dell' Autotomia  è  variamente  dift'uso.  Interi  or- 
dini non  godono  di  questa  facoltà,  come,  ad  es.,  i  Coleotteri  e  gli  Emitteri  ;  in 
altri  essa  è  variamente  accentuata,  e,  solo  negli  Ortotteri,  si  avvicina,  per  le  sue 
caratteristiche,  alla  tipica  maniera  dei  Crostacei . 

Child  e  Young  constatarono  esempi  di  vera  autotomia  per  le  ninfe  di  Agrionidi,  durante  la 
muta  e  l'ablazione  di  qualche  membro  pei  Libellulidi  è  stata  riconosciuta  dal  Pieron,  come,  del 
resto,  anche  per  Agrionidi  adulti,  che,  per  fuggirsene,  sembrano,  qualche  volta,  abbandonare  le 
zampe  (Calopteryx  spìendens).  Il  Frenzel  notò  che  il  maschio  dell'.Ei(te>'»ie(  iiiquilinus,  trattenuto 
per  un'ala,  si  libera,  provocando,  coli' agitarsi,  una  rottura  brusca  della  lamina  alare,  secondo 
un  solco  trasversale  prefisso. 

Questo  pei  Neurotteri  e  Pseudoneurotteri.  Ma,  fra  gli  Imenotteri,  all'infuori  della  facile  o 
spontanea  caduta  delle  ali  nelle  Formiche  fecondate,  non  si  possono  citare  altri  esempi  di  auto- 
tomia molto  evidente,  perchè  l'abbandono  dell'organo  copulatore  negli  organi  genitali  femminili, 
dopo  la  copula,  constatato  per  talune  specie,  o  quello  del  pungiglione  delle  Api  nella  pelle  fe- 
rita dei  Vertebrati,  non  mi  sembrano  casi  da  ascriversi  alla  autotomia  vera. 

Dei  Ditteri,  certamente  molte  specie  ed  in  pàrticolar  modo  quelle  a  zampe  lunghissime, 
come  le  Tipule,  ma  pur  anche  qualche  Muscide  (fra  cui  anche  la  Mosca  domestica)  abbandonano 
più  o  meno  facilmente  le  zampe,  per  liberarsi,  se  trattenuti  per  questi  membri. 

Lo  stesso  praticano  moltissimi  Lepidotteri,  anzi  la  maggior  parte,  se  non  tutti,  sia  fra  i 
Ropaloceri  che  fra  gli  Eteroceri.  Anche  le  ali,  in  questi  Insetti,  sono  molto  fragili  ;  ma  le  antenne 
non  si  staccano  facilmente,  nella  maggior  parte  delle  specie. 

Ho  detto  che  fra  gli  Ortotteri,  specialmente,  si  sono  rilevati  molti  esempi  di  autotomia  vera, 
da  assomigliarsi  a  quelli  classici  dei   Crostacei. 

Questa  facoltà  è  meno  bene  decisa  fra  i  Blattidi  (Periplaneta  americana,  Pauchlora  maderae): 
ma  si  vede  già  meglio  accentuata  fra  i  Mantidi  (ad  es.  Manti»  religiosa),  solo  per  le  zampe  del 
secondo  e  terzo  paio,  non,  però,  per  le  raptatorie  anteriori  e  solo  negli  individui  molto  vigorosi. 

I  Fasmidi  mostrano  più  cospicui  esempi  di  autotomia,  sia  nei  giovani  che  negli  adulti,  più 
spiccatamente  fra  la  terza  e  la  quinta  (penultima)  muta,  come  si  è  constatato  dal  Bordago,  per 
Moiiandropttra  innncans  Serv.  e  Ehaphiderus  scatroeiis  Serv.  Quanto  agli  adulti,  l'autotomia  si 
mostra  meno  regolare  e  solo  per  lesione  delle  membra  (ad  es.  morsi  da  parte  di  altri  Artropodi); 
sembra  limitarsi  alle  sole  dire  paia  anteriori  di  zampe  e,  spesso,  per  rottura  anche  della  mem- 
brana emostatica,  l'emorragia  è  cosi  abbondante  da  condurre  ad  indebolimento  dell'animale  ed 
alla  sua  morte  entro  dodici  a  venti  ore  (Bordage).  Adunque,  si  tratta  di  una  vera  autotomia 
protettrice. 

Qualche  volta,  è  esemplificata  anche  la  autotomia  esuriale,  allorché,  cioè,  una  zampa  od  (ecce- 
zionalmente una  antenna)  non  riescono  a  liberarsi  dalla  spoglia  nella  muta,  ciò  che  nei  Fasmidi 
accade  non  di  rado  e  condurebbe  alla  morte  dell'individuo,  che.  così  impacciato  dalla  spoglia 
larvale  attaccata  a  qualche  suo  membro,  non  può  provvedere  bene  alla  propria  esistenza  se 
non  se  ne  libera  assieme  all'organo  impigliato. 

Piìr  raramente  si  manifesta  l'autotomia  protettrice  nei  Forficulidi  (Forficula  aurieularia)  e 
solo  per  le  due  ultime  paia  di  zampe. 


742  CAPITOLO    SESTO 


I  migliori  esempi  e  più  spiccati  si  manifestano  fra  gli  Ortotteri  saltatori.  Più  facili  ad  es- 
sere abbandonate  sono  le  zampe  saltatrici,  quando  per  queste  si  voglia  trattenere  l'insetto 
(Gryìlns  domesticità,    G.  campeatris,  e  più  cbe  mai   G.  griseoapterus). 

II  Nemobius  sylvestris  abbandona  le  sue  zampe  posteriori  ancbe  se  trattenuto  solo  per  qaal 
cuna  delle  altre.  Non  mostra,  per  converso,  di  essere  autotoma  la  Grillotalpa. 

Fra  gli  Acrididi  e  fra  i  Locustidi,  pur  corrispondendo  le  modalità  dell'autotomia  (protettrice 
ed  evasiva)  a  quel  che  accade  pei  Grillini,  il  fenomeno  è  di  intensità  variabile  e  molte  specie 
sembrano  non  autotome  (ad  es.  Platyphyma  giomae  Ros.,  Pygomorpha  grylloides  Lak.,  Stethophygma 
fascimi  Pai.,  ecc.),  fra  gli  Acrididi  e  forse  anche  Xipkidion  dorsale  Latr.,  fra  i  Locustidi.  Meno 
regolarmente  e  chiaramente  è  praticata  l'autotomia  dalla  comune  nostra  Oedipoda  caerulescens  L., 
dalla  0.  charpentieri  Fieb.  ed  O.  miniata  Pat.,  fra  gli  Acrididi  e  Declicus  albifroiis  F.,  Conooe- 
phalus  mandibnlaris  Ch.  ed  Ephippigera  rìtinm  Serv.,  fra  i  Locustidi;  eccezionalmente  da  Calyptamus 
italiani  L.,  Pachytilns  migratoriiis  L.,  Gomphocems  maculata!  Th.,  Dociostavrus  maroccanus  Th., 
Oxycoryphns  compressicornisLa.tr.,  Stenobothms  dorsatns  Zett.,  S.  bicolor  Cb. ,  S.  nigromacnlatus  Her. 
fra  gli  Acrididi,  mentre  è  l'autotomia  ben  netta  e  frequente  per  Sphingonotni  caerulans  L.,  Acro- 
tylus  insnbricns  Se,  fra  gli  Acrididi,  come  in  molti  Platyscelis  (P.  grisea  F.,  P.  intermedia  Serv. 
P.   tessellata  Ch.),   pei  quali   si  riconosce  trattarsi  di  autotomia  evasiva,  accentuata  grandemente. 

Autotomia  ed  Autospasia.  —  Molto  opportunamente  il  Pieron  distingue  i 
casi  di  semplice  strappamento,  volontario,  di  un  organo  od  una  appendice  qual- 
siasi, e  ciò  sia  a  scopo  evasivo  (ad  es.  da  parte  di  un  animale,  che,  per  quella 
trattenuto,  ed  in  timore  di  maggior  danno,  mediante  sforzo  la  abbandona  al  suo 
avversario,  e  può  così  fuggirsene),  sia  con  altro  fine  (ad  es.  le  ali  delle  femmine 
fecondate  di  Formicbe)  {Autospasia),  dalla  vera  Autotomia.  Questa  ha  per  carat- 
tere fondamentale  la  predisposizione  dell'organo  o  dell'appendice  suscettibili  di 
facile  amputazione  ed  una  particolare  struttura  in  punti  determinati,  nei  quali 
soltanto  la  amputazione  può  avvenire  od  avviene  di  regola  e  sempre  assai  più 
prontamente  e  facilmente  che  altrove. 

L'autospasia    è    l'effetto    di    un    atto    volontario.    L'animale    vuole    fuggire 
e    pratica    uno    sforzo    in    un    senso,    capace    di  superare  la    resistenza   mecca 
nica  dell'organo    o    dell'appendice  che,  così,  vengono    strappati  in  un  punto  va- 
riabile. 

L'autotomia,  invece,  sembra  potersi  definire,  piuttosto,  per  un  atto  riflesso, 
dipendente  dalla  reazione  dell'organo,  di  fronte  ad  uno  stimolo,  che  determina 
una  speciale  irritazione  dell'organo  stesso,  perchè  si  può  ottenere  anche  all'in- 
fuori  di  uno  sforzo  muscolare  qualsiasi  da  parte  dell'animale  e  solo  eccitando, 
in  modi  diversi,  l'organo  passibile  d'autotomia. 

D'altro  canto  il  piiiictiim  minoris  resistentiae,  dove  necessariamente  deve  avvenire  la  soluzione 
di  continuità  dell'organo  suscettibile  di  staccarsi,  è  ben  definito,  preciso,  costante  ed,  in  gene- 
rale, predisposto  morfologicamente,  cosi  da  permettere  la  facile  rottura  ed  anche  a  scemarne 
le  conseguenze  dannose  all'organismo,  ad  es.  con  disposizioni  per  impedire  o  ridurre  al  minimo 
la  conseguente  emorragia. 

Gli  organi  predisposti  alla  autotomia  sono  sempre  tra  quelli  cbe,  per  le  loro  dimensioni  ed 
ubicazione,  più  sono  esposti  ad  attacchi  avversari  ed,  inoltre,  non  sono  dovunque  così  fragili  da 
poter  essere  rotti  in  ogni  lor  punto.  Invece,  quando  essi  sieno  dovunque  delicatissimi,  cosi  da 
poter  essere  agevolmente  e  comunque  rotti  o  strappati,  non  presentano  determinati  punti  di 
rottura  più  facile,  come  fauno  vedere,  ad  es.,  le  lunghissime  e  gracili  antenne,  di  molti  Insetti. 
Così,  mentre  si  vedono,  nei  Locustidi  e  Grillidi,  le  antenne  ancbe  più  lunghe  e  più  esposte  a 
pericolo,  che  non  le  zampe  posteriori,  in  queste  solo  è  rilevabile  una  vera  e  propria  autotomia, 
che  accade  in  un   punto  determinato. 

Gli  organi  meno  esposti,   o   comunque  celabili,   non  sono  mai  autotomi. 

L'abbandono  di  una  parte  del  corpo,  a  salvezza  del  rimanente,  è,  dunque,  un  espediente 
preveduto  e  predisposto  nell'insieme  dei  mezzi  atitotìlattici  dell'individuo,  per   quanto  esso  rap- 


I.'IN'IUVIDIO    NKlil.l    AITI    PICK    I.A    PROPRIA    CONSERVAZIO.NK 


7  4  li 


Fig.  737.  —  Leplynia  at- 
tenuala. Taglio  assiale 
della  regione  di  artico- 
lazione coxo-femorale 
(Cx  Anca;  F  femore); 
*  trachea  ;  S,&'  superficie 
di  giuntura  trocantero- 
femorale,  secondo  la  qua- 
le si  fa  la  rottura  auto 
tomica;  me  membrana 
emostatica.  Figura  sche- 
•  malica.   (Da  De  Sinet.v). 


presenti  un  sagrificio  ben  duro  (coll'attenuaute,  però,  della  rigenerazione,  possibile  in  determinate 

circostanze),  ma,  che,  permettendo  la  fuga  anche  di   fronte  ad  un   pericolo  ormai  sopravvenuto  e 

quindi   non   altrimenti  evitabile,   riesce  l'unico    e  più    pronto    mezzo 

difeosivo  in   circostanze  altrimenti,   ormai,    disperate. 

Non  altrimenti  si  è   veduto  comportarsi   la    specie,  condannando 

a  distruzione    individui  suoi   propri   (elle  sono  poi    gli  organi  per    la 

sua    esistenza),     per  fronteggiare  condizioni   improvvise,   avverse,   ed 

aver  tempo  di  accomodarsi  ad  altro  men  duro  mezzo   difensivo. 

Mentre    la    autospasia    accade    con   eguale  facilità    per    trazione 

esercitata  iti   più  direzioni,   se  non   in   tutte,   la  autototiiia    non   solo, 

come  si  è  detto,   accade  nel  punto     predestinato,   ina  è  piii   facile  in 

seguito  a  sforzi  esercitati  in  un  senso  piuttosto  che  in   un  altro.  Ad 

es.,   al  solo  sforzo  di  trazione,   l'organo  autotomico,   resiste,  in  gene- 
rale,  assai  piìl  che  non  a  flessioui   e  torsioni. 

Perciò,  su  animale  morto  e  tuttavia  fresco,    l'organo    autotomo 

si  staccherà    con  maggiore  sforzo  che    non  sull'animale  vivente.   Ciò 

dipende  dal  fatto  che,  mentre,  nel  primo    caso,  il  corpo  è  immobile 

e    se    non     si    sposta    la  forza    che    agisce,   la  trazione  è  in   un  solo 

senso;   nel  caso  di    animale    vivente,  questo,    dibattendosi   e  contor- 
cendosi   in  tutti  i  sensi,  esercita  sforzo  d'ogni   maniera  e  direzione, 

finché  intervengono  quelli  pei  quali   la  rottura  è  più    facile. 

Negli  Ortotteri,     nei     quali,    come  si  è  detto,   il   fenomeno  della 

autotomia  raggiunge  il  massimo  grado  di  perfezionamento,  si  osserva  una  specializzazione,  si- 
mile a  quanto  si  vede  nei  Crostacei,  cioè  una  particolare  disposi- 
zione nell'articolazione  basale  delle  zampe,  per  cui  il  processo  di 
autotomia  è  reso  facile  e   con   minor  danno. 

Godelmann  ed  anche  Bordage,  hanno  studiato  specialmente  i 
Fasmidi,  sotto  questo  punto  di  vista.  L'autotomia,  in  questi  Insetti 
si  pratica,  in  tutte  le  zampe,  alla  base.  L'anca  è  riunita  al  trocan- 
tere per  mezzo  di  una  articolazione,  ma  esiste  una  semplice  sutura 
fra  il  trocantere  ed  il  femore.  In  seguito  ad  una  violenta  eccita- 
zione della  zampa,  si  determina  una  fortissima  contrazione  dei  mu- 
scoli estensori,  in  seguito  alla  quale,  con  un  processo  meccauico 
non  ancora  esattamente  stabilito,  avviene  una  rottura  nella  regione 
trocanterica,  secondo  la  linea  di  minore  resistenza,  cioè  la  zona  di 
sutura  del  trocantere  al  femore  (Hgg.  737,  738  S  S').  La  trachea  (t) 
ed  il  nervo  (»)  crurale  sono  strappati  e  la  zampa  è  libera  ed  abban- 
donata. 

L'emorragia  è  ostacolata  da  una  specie  di  diafragma,  una  pa- 
rete membranosa  (me)  o  membrana  emostatica,  che  si  distende  nella 
regione  trocanterica,  separando  l'anca  dal  femore  e  lasciando  solo 
il   passaggio  al   fascio  del  nervo  e  della  trachea. 

La  membrana  emostatica,  constatata  dal  Bordage  nei  Fasmidi  è 
rappresentata  (fig.  738  me,  me')  da  due  foglietti  circolari,  disposti  in 
piani  paralleli,  formanti,  nel  loro  complesso,  un  vero  diafragma, 
steso  traverso  il  lume  della  zampa  e  dei  quali  uno  appartiene  al 
trocantere  (me),  l'altro  (me')  al  femore.  Nella  separazione  di  questi 
due  articoli  l'uno  dall'altro,  secondo  la  linea  S,  S',  avviene  che  si 
separano  anche  i  due  dischi  suddetti  e  quello  che  rimane  al  trocan- 
tere funge  ottimamente  da  mezzo  otturatore,  per  impedire  una  troppo 
separano  secondo  la  linea  abbondante  emorragia.  Nei  Fasmidi,  a  questo  ufficio  non  prendon 
S,S',  cioè  il  solco  femoro-      parte  i  tronconi    dei  muscoli  estensore  e  flessore    della   tibia  (e,  f), 

trocantale  (Da  Bordage).  .  .  ,  .   . 

6   '       perchè  non   hanno  rapporti   col  trocantere. 

Nei   Bla tt irli    e    Mantidi,     manca    la    membrana    emostatica,     ma 

molte  fibre  dei   detti  muscoli  si  inseriscono  al  trocantere.   Così,   nello  strappamento  della  zampa, 

secondo    il  solco  femorotrocantale  (fig.   739,   8,   s'),   si    rompono  anche    i    muscoli    suddetti   (e,/). 

i  cui  tronconi,  attaccati  tuttavia  al  trocantere  (II,  e,  f),  contraendosi,    fungono  da    tappo,    che 

impedisce  la  eccessiva  emorragia. 


Fig.  738.  —  Anca  (Cx), 
trocantere  T  e  parte  del 
femore  F  di  una  zampa 
di  Fasmide  (Monandrop- 
tera  inuncans)  in  sezione 
longitnd.,  per  mostrare  i 
muscoli  toracocoxali  ; 
coxo-trocantali  ed  il  fles- 
sore e  l'estensore  della 
tibia    (feraoro-tibiali,    /', 

■  e),  nonché  la  membrana 
emostatica  colla  sua  parte 
trocantale  (mp)  e  quella 
femorale  (me'),  che,  nel- 
l'atto della  autotomia,  si 


744 


CAPI  l'OLO    SKSTO 


Negli  Ortotteri  saltatori,  essendo  il  trocantere  saldato  col  femore,  la  rottura  si  effettua  nel- 
l'articolazione coxo  femorale,  molto  fragile,  specialmente  ad  uno  sforzo  di  torsione. 

Questa  fragilità,  aumentata  col  disseccamento,  è  tale,  che,  nelle  collezioni,  è  molto  difficile 
aalvaguardre  gli  esemplari  conservati  dalla  caduta  spontanea  delle  zampe  posteriori. 

Autofagla.  —  Si  è  già  avvertito  altrove  che  lo  strazio  delle  membra  non  sembra  essere  per 
gli  Insetti  cosi  doloroso  come  pei  Vertebrati,  e  si  recato  l'esempio  di  Ortotteri,  i  quali,  tenuti 
fra  le  dita,  aprono  la  bocca  e  se  possono  afferrare  un  loro  stesso  tarso,  colle  loro  poderose  man- 
dibole,  se  lo  recidono  e  divorano,  senza  mostrare  di  risentirne  dolore. 

Sono  stati  accertati  casi,  e  non    sembrano    infrequenti,  di  Fasmidi,  che,  tenuti  iu  cattività, 

spontaneamente  si  divorano  qualche  loro  propria  zampa, 
senza  che  sembrino  a  ciò  spinti  da  bisogno  di  cibo.  Si  è 
anche  affermato  che  i  Decticus  albifrona  si  divorano  le  zampe 
del  terzo  paio,  previamente  staccate  per  autotomia.  Si 
tratta  certo  di  fenomeni  anormali,  dei  quali,  però,  è  bene 
tener  conto. 


Fig 


Muscoli  della  zampa 
M(i»/i8  [M.  praaina). 
(Cx);  Trocantere  (T); 
Femore  (F)  e  parte  della  tibia 
(Té),  per  mostrare  i  muscoli  e 
estensore  della  tibia  ed  /,  fles- 
sore della  stessa  ;  S,S'  solco, 
secondo  il  quale  accade  l'auto- 
tmiii:) .  II  Moncone  (piti  ingran- 
dito), che  resta  in  posto  dopo 
l'autotomia.  Stesse  lettere,  inol- 
tre: a,  b,  e,  rf,  muscoli  della 
coxa  e  del  femore  ;  (  trachea  ; 
n  nervo  crurale  (Da  Bordage). 


Rigenerazione. 

La  riformazione,  nella  vita  postenibrionale, 
di  arti  od  altri  organi,  a  sostituzione  di  altri 
comunque  asportati,  è  fenomeno  comune  a  tutti 
gli  Artropodi  (oltreché  molto  diffuso  nel  regno 
animale),  sebbene  si  svolga,  in  certi  limiti,  in 
rapporto  con  determinate   condizioni. 

Oltre  ad  esempi  molti,  che  si  riferiscono 
ad  Aracnidi  ed  a  Miriapodi  nonché  a  Crostacei, 
non  pochi  fatti  si  riconoscono,  che  riguardano 
gli  Insetti  di  tutti  i  gruppi,  e  di  ciò  converrà 
far  breve  cenno. 

Anzitutto,  alcuni  arti,  in   derminate    specie, 

sono  suscettibili  di  autotomia,  del  qual  fenomeno 

si  è  già  detto,  e  questi  mostrano  una  maggior  facilità  di    rigenerazione,  quando 

non    s'opponga    l'assenza    di  altre    condizioni    necessarie  a  ciò  che    il  fenomeno 

avvenga. 

La  principale  di  queste  coudizioni  si  riferisce  alla  età  in  cui  interviene  la 
perdita  dell'organo.  Nelle  forme  adulte  ormai,  dei  gruppi  più  elevati,  ogni  fa- 
coltà rigenerativa  sembra  esaurita,  mentre  essa  vige  per  tutte  le  forine  giova- 
nili, in  modo  che,  in  tale  stato,  taluni  organi  asportati  possono  riapparire  più 
o  meno  sollecitamente  ed  in  vario  grado  di  evoluzione,  Ano  alla  ricostituzione 
completa  e  perfetta,  per  lo  meno  nell'adulto,  e  tanto  meglio  quanto  più  preco- 
cemente è  avvenuta  la  perdita  dell'organo. 

Se  questa  è  occorsa  troppo  dappresso  allo  stato  definitivo  dell'insetto,  l'or- 
gano ricostituito  generalmente  riesce  meno  evoluto  del  normale  e,  rispetto  a 
questo,  monco  o  variamente  ridotto. 

Si  comprende  che,  per  gli  Insetti  Pterigoti  a  metamorfosi  incompleta,  pei 
quali  si  è  mostrato,  adunque,  che  la  forma  larvale  rappresenta  uno  stadio  evo- 
lutivo assai  più  progredito  che  non  sia  la  larva  olometabolica,  la  rigenerazione 
di  un  arto,  anche  perduto  iu  età  giovanissima,  interviene  in  un  tratto  della  evo- 
luzione postembrionale  da  larva  ad  adulto,  molto  più  abbreviato  che  non  negli 
Insetti  olometaboli,  e  perciò,  per  questi  ultimi,  la  rigenerazione  può  essere,  ed 
è,  normalmente,  con  risultati  più  vistosi,  ma  non    sembra  che  vi  sia  esempio  di 


L'INDIVIDUO    negli    atti   per   i.a   PROPRIA   CONSERVAZIONE  74."» 


perfetta  rigenerazione  dell'arto  se  non  in  qualche  caso  di  organi  suscettibili  di 
autotomia. 

Sopratatto  fra  gli  Apterigoti  e  fra  gli  Ortotteri  si  contano  gli  esempi  meglio 
caratterizzati  ili  rigenerazione,  e  può  essere  che  tale  fatto  si  trovi  in  rapporto 
col  minor  grado  di  evoluzione  di  questi  gruppi. 

Cosi,  nei  Tisanuri,  secondo  le  osservazioni  di  Przibram  (1907),  la  rigenera- 
zione può  accadere  ancora  nello  stato  di  maturità  sessuale,  e  questi  Insetti  pos- 
sono rigenerare  completamente  le  antenne  od  i  filamenti  caudali.  Anche  le  zampe 
ed  i  palpi  si  rigenerano,  per  quanto  non  raggiungano  la  perfetta  evoluzione  di 
quelli  asportati.  La  rigenerazione,  però,  non  può  intervenire  se  non  dopo  una 
muta. 

Si  è,  altra  volta,  ritenuto  che  la  facoltà  rigeneratrice  per  un  dato  organo 
fosse  direttamente  proporzionale  alla  facilità  di  mutilazione  accidentale  dell'or- 
gano stesso,  cioè  che  gli  organi  i  più  esposti  ad  essere  comunque  asportati  o 
mutilati,  più  facilmente  si  rigenerassero  in  confronto  di  altri,  la  cui  perdita  ac- 
cidentale è  più  difficile  e  rara  (principio  di  Lessona).  Ma,  le  esperienze  successive 
Meisenheiiner),  mediante  le  quali  si  è  veduto  formarsi,  più  o  meno  completa- 
mente o  del  tutto  perfettamente,  le  ali  in  farfalle  (Lymahtria  dispai)  sottoposte 
ad  asportazione  totale  degli  istoblasti  alari,  nello  stato  di  bruco,  i  quali  sono  così 
bene  e  profondamente  riparati  entro  il  corpo  del  bruco  stesso,  dimostrano  la  non 
validità  del   principio  surriferito. 

Si  è  avvertita  già  la  necessità  dell'intervento  di  una  muta  almeno,  seguente 
la  asportazione  dell'organo,  perchè  questo  possa  riprodursi,  più  o  meno  comple- 
tamente, nella  forma  successiva,  ed  il  grado  di  evoluzione  dell'organo  è  propor- 
zionale all'intervallo  di  tempo  decorrente  fra  la  asportazione  e  la  muta  immedia- 
tamente successiva. 

A  parte  la  rigenerazione  completa  dell'organo  asportato,  cioè  la  riformazione 
di  un  organo  totalmente  eguale  per  sviluppo,  conformazione,  ecc.,  a  quello  per- 
duto, il  quale  caso  non  è  frequente,  uè  esemplificato  per  tutti  i  gruppi  e  per 
tutti  gli  organi  rigenerabili,  come  dovuto  a  speciali  condizioni,  si  può  affermare 
che.  più  comunemente,  l'organo  rigenerato  è  deficiente  per  sviluppo,  proporzione 
delle  singole  sue  parti,  numero  delle  articolazioni,  ecc.  rispetto  al  normale  e, 
generalmente,  può  dirsi  che  la  deficienza  sembra  richiamarsi  piuttosto  ad  una 
regressione  verso  una  condizione  ancestrale,  anziché  ad  una  involuzione  con  altro 
carattere. 

Infatti,  dalle  osservazioni  del  Bordage,  a  proposito  degli  Ortotteri,  si  apprende  che,  negli 
Ortotteri  non  saltatori  dei  gruppi  Klattidi,  Mantidi,  K.isniidi,  se  conseguente  all'autotomia,  la 
rigenerazione  e  ipotipica  (secondo  la  definizione  del  Giard,  ossia  che  l'arto  rigenerato  riesce  meno 
evoluto  dil  normale  e  presumibilmente  corrispondente  ad  una  condizione  ancestrale),  inquantochè 
i  tarsi,  normalmente  pentameri,  si  rigenerano  sempre  tetrameri  (1),  il  qual  numero  di  articoli 
non  si  riduce  ulteriormente  per  successive  asportazioni  dell'arto.  Anche  in  tarsi  tolti  via  e 
rigenerati  per  tre  volte  di  seguito,   il   numero    degli   articoli   è  stato  sempre  di  quattro. 

Negli   Ortotteri   saltatori   non  sembra   intervenga   la  rigenerazione  di   zampe    cadute   per   auto- 


li)  È  da  ricordare,  a  questo  proposito  ed  a  titolo  di  storia,  che  sono  stati,  dagli  Autori, 
istituiti  .speciali  generi  per  Insetti  con  tarsi  tetrameri  in  alcune  zampe,  condizione  dovuta  a 
rigenerazione  successiva  ad  amputazione,  nelle  famiglie  Blattidi  e  Fasmidi,  come,  ad  esempio, 
Hettronomia  Gray,  per  un  esemplare  di  Bacteria  messicana  a  zampe  posteriori  con  tarsi  tetrameri  : 
Craspedonia  Westwood,  per  un  individuo  di  Monandroptera  inunaani  a  piedi  del  primo  paio  di 
dimensioni   ridotte  e  tetrameri. 

Bkklesk,  Olì  Inietti.  II.    -  !'  I. 


746 


CAPITOLO    SESTO 


Fig.  740.  —  Modo  di  crescenza  di 
un  membro  in  via  di  rigenera- 
zione, in  un  Fasmide  (Monandrop- 
tera  iuunoans).  Cx  anca:  T  trocan- 
tere; ni  membrana  articolare;  C 
produzione  cicatriziale;    a    papilla 


avanzato  ; 
Bordage). 


,oinia,  mentre  essa  può  intervenire,  dopo  resezione,  nella  legione  tarsale  e,  per  le  zampe  ante- 
riori e  medie,  per  taglio  praticato  alla  giuntura  fra  il  femore  e  il  trocantere.  Nelle  zampe  an- 
teriori, però,  la  tibia  non  presenta  l'organo  timpanico.  Invece,  i  tarsi  rigenerati  presentano  un 
numero  di  articoli  eguale  a  quello  del  membro  asportato. 

Per  ciò  clie  riguarda  la  rigenerazione  negli  Ortotteri, 
il  Bordage,  a  proposito  dei  Fasmidi,  rileva  che  l'autotomia 
di  una  gamba  induce  una  emorragia,  che,  il  più  spesso, 
non  e  mortale  e  il  sangue,  coagulandosi,  dà  origine  ad  una 
produzione  cicatriziale  (6g.  740,  e),  che  ricopre  intera- 
mente la  piaga  dove  è  avvenuto  il  distacco  dell'arto.  La 
rigenerazione  è  possibile  solo  purché  l'insetto  non  abbia 
effettuato  tutte  le  sue  mute.  Sotto  tale  cicatrice  il  nuovo 
membro  si  riforma  e  rimane  invisibile  sino  alla  prossima 
muta.  L'annessa  fig.  740  mostra  come  il  nuovo  arto  si 
fornii  entro  l'anca  ed  il  trocantere  e,  per  svolgersi,  non 
potendo  forzare  la  cicatrice,  che  è  inestensibile,  si  avvolga 
su   sé  stesso  a  cercine. 

In  seguito  alla  muta,  che  accade  subito  dopo  l'auipu- 

rappresentante  l'abbozzo  del  meni-      fazione,   il  nuovo  arto,  finalmente  libero,   si  svolge  (fig.  741) 

bro  di  sostituzione.  I  stadio  meno      e  diviene  rettilineo,   turgescente    e     colla  tinta    definitiva. 

II     più     inoltrato    (Da      T(]tto  cij)  accade  a  vista    Cocchio,   come    l'allungare  delle 

ali    nell'adulto    appena    sfarfallato.   Di  qui    in   poi,     l'arto 

aumenta  di   volume  e  si   perfeziona,     riuscendo   utilizzabile 

più   o  meno  presto,   a  seconda   delle  diverse  specie  (ad  es.  Alantis  pralina,   fig.   7 4 3 1  più   presto  dei 

Fasmidi). 

E  singolare  il  fatto  che,  nelle  zampe  rigenerate,  non  solo  l'arto  asportato,  ma  ancora  l'anca 
rimane  di  statura  minore.  Si  nota  una  reale 
diminuzione  del  volume  dell'anca,  apparte- 
nente alla  zampa  asportata,  durante  la  rige- 
nerazione della  rimanente  zampa.  Avviene, 
adunque,   un   riinodellamento  di  tutto  l'arto. 

Il  membro  rigenerato  riesce  di  dimensioni 
tanto  minori,  rispetto  al  corrispondente  nor- 
male, quanto  più  l'ablazione  sua  è  avvenuta 
a  minor  distanza  dall'ultima   muta. 

Ripeto,  infine,  che  il  tarso  dell'arto  ri- 
generato, negli  Ortotteri  pentameri,  è  sempre 
tetramero,  e  nella,  colorazione  come  nella 
ornamentazione  plastioa,  esso  è  incompleto 
e  povero  (figure  742,  743,   744). 

1  fenomeni  di  rigenerazione  si  constatano 
anche  in  seguito  a  resezione  e  si  svolgono 
esaltatamente  come  per  quelli   autotomici. 

Ma,  negli  Embiidi,  secondo  le  osserva- 
zioni del  Riuisky-Korsakoff,  l'arto  anteriore, 
(fig.  745),  che  reca  le  ghiandole  sericipare,  se  Fig.  742. 
caduto  par  autotomi  a,  si  riproduce  del  tutto 
simile  (tigg.  716  e  747).  L'Autore  mette  in 
vista  che,  dopo  la  recisione  autotoma  interve- 
nuta   fra    il     trocantere  e  la    coscia,   i  tessuti 

molli,  contenuti  nel  trocantere  stesso,  degenerano  e,  quindi,  in  questo  articolo  e  nell'anca  viene, 
gradatamente,  a  formarsi  una  nuova  zampa  (figg.  746  e  747 1  di  sostituzione.  Una  conforme 
ablazione  dell'arto,  senza  auto tomia,  importa  una  più  stentata  rigenerazione,  e  la  zampa,  pur  es- 
sendo completa  non  meno  della  normale,  riesce  'più  piccola  e  debole,  per  quanto  cogli  organi 
e  col  numero  dei  segmenti   tarsali,   secondo  la   normalità. 

Questa  deficienza  del   processo  rigenerativo  e  dell'aito,   che  ne  viene,  iu  seguito  ad  ablazioue 


Vis 


ni. 


Fig.   742. 


Fig.  741.  —  Zampa  anteriore  rigenerata  (o)  e 
tuttavia  ravvolta  a  spira,  appena  dopo  la 
muta,  in  una  larva  di  Raphiderus  scabrosa*.  I>a 
Bordage). 

Parte  anteriore  di  larva  di  Phyllium 
crurifolium.  in  cui  una  zampa  anteriore  (si- 
nistra) è  stata  rigenerata.  Grand,  nat.  (Da 
Bordage 


L'INDIVIDUO  negli  atti  pkr  la  propria  conskrvaziomk 


747 


non  autotoma  (deticienzu  che  si  manifesta  non  solo  colla  maggior  lentezza  del  procedimento,  ma 
ancora  per  maggior  debolezza 
dell'arto  nuovo,  proporzioni 
anormali  fra  gli  articoli  e  fre- 
quenti anomalie),  in  confronto  di 
•  liiello  per  autotomia,  era  già 
stato  rilevato  anche  per  gli  Or- 
totteri, dal  Bordage,  il  quale 
aveva  notato,  ancora,  che  la  ri- 
generazione nou  autotoma,  per 
questi  Insetti,  non  avviene  se 
non  entro  certi  limiti  e  condi- 
zioni, ad  es.,  per  le  Blatte,  fra 
il  terzo  medio  del  femore  e  l'ar- 
ticolazione del  terzo  e  quarto 
articoli    tarsali. 

In  ambedue  i  casi  di  rigene- 
razione (sempre  a  proposito  degli 
Ortotteri)  il  processo  avviene 
egualmente  ed  esso  è  sempre 
interamente  subordinato  a  quello 
della  muta.  Esso  non  può  ini- 
ziarsi che  nel  momento  in  cui 
l'ipoderma,  ritraendosi,  è  staccato 
dalla  cuticola  e,  conseguente- 
mente, dalla  cicatrice  rigida  e 
perciò  non  estensibile. 

Varia  il  tempo,  per  ciascuna 
famiglia  di  Ortotteri,  fra  il  mo- 
mento di  apparizione  dello  strato 
ialino  sottocuticolare,  che  con- 
sente la  formazione  della  papilla 
di  rigenerazione,  ed  il  momento 
della  muta.  Meglio  riesce  il  nuovo 
organo  quanto  più  giorni  inter- 
cedono fra  questi  due  momenti 
e,  nei  Blattidi,  pei  quali  la  ri- 
generazione   è     più    perfezionata,     appunto    questo    tempo     è    massimo    fra    tutti     gli    Ortotteri. 

Il  Griffini,  però,  dietro  os- 
servazione di  numerosi  esempi, 
desunti  fra  i  Grìllacridi  e  molti 
altri  Ortotteri  saltatori,  esprime 
l'avviso  che,  in  questi,  anche  le 
zampe  del  terzo  paio  possano  ri- 
generarsi, nell'adulto,  quando  a- 
sportate  nelle  età  giovanili,  il 
quale  fatto  sarebbe  più  ovvio  pei 
Grillidi  e  pei  Locustidi,  con  una 
rigenerazione  più  completa,  che 
non  per  gli  Aerididi,  e  la  rige- 
nerazione sarebbe  più  facile  o  di 
miglior  esito  se  venuta  in  se- 
guito ad  amputazione  non  auto- 
toma anziché  per  autotomia. 
K  bensì  vero  che  le  considerazioni  del  Griffini  si  richiamano  piuttosto  ad  esemplari  con- 
servati nelle  raccolte  e,   quindi,  non   è  esclusa  l'ipotesi   che  si   possa  trattare  di  anomalie  d'altra 


Fi 


744. 


Fig.   743 

Fig.  743.  —  Mantis  prosino  femm.,  vista  dal  lato  ventrale, 
mostrante  una  zampa  posteriore  ()•)  rigenerata.  Due  terzi 
della  grand,   nat.   (Da  Bordage). 

Fig.  744.  —  Raphidrrus  tt-abrosus  femm.  con  tre  zampe  (r,  r,  ?•,) 
rigenerate  e  si  vedono  liscie  e  senza  la  macinazione  spe- 
ciale di  quelle  normali.  (Un  poco  meuo  della  grand,  nat. 
(Uà   Bordage). 


Fig.  745.  Fig.  746. 

Fig.  745.  —  Zampa  1.°  paio  di  Embiide  {Haploembia  sollevi) . 
e  anca:  t  trocantere;  /  femore:  li  tibia;  («,,  1.°  segmento 
tarsale  colle  filiere  {fi).  (Da  Kimky-Korsakoff). 

Fig.  746.  —  Capo  e  parte  anteriore  del  torace  in  giovane 
Embia,  colla  zampa  anteriore  destra  caduta  per  autotomia. 
co  cosa:  tr  trocantere;  p  punta  dello  stesso.  (Da  Kimsky- 
Korsakotì'l. 


74- 


CAPlTOI.l)    SESTO 


origine.  Anzi,  il  Feyerimhoff  ed  il  Bordage,  dietro 
duttrice  delle  zampe  posteriori  agli  Ortotteri 
saltatori  delle  famiglie  Grillidi  e  Locustidi. 
Fra  gli  Olometaholi,  si  è  rilevata  la  rige- 
nerazione in  larve  di  pressoché  tutti  gli  or- 
dini,  noueliè  la  rigenerazione    di     organi   nel— 


Fig.  717.  —  Rigenerazione  della  zampa  l.°paio 
in  titubiti  (E.  ramburi),  in  seguito  ad  au- 
totomia.  Stadi    successivi   ria  A  a  D. 

A.  Coxa  e  trocantere  qualche  giorno  dopo 
l'autotomia.  Degenerazione  del  trocantere: 
B.  Formazione  della  nuova  zampa  entro 
il  trocantere  e  la  coscia;  r  resto  del  prò- 
cesso  di  degenerazione  indicato  a  fig.  pre- 
cedente; C,  Tutta  la  zampa  è  ormai  for- 
mata; D.  Stadio  ulteriore.  (Da  Kimsky- 
Korsakoff). 


sperimenti,     negano     la    facoltà    ripro- 


Fig.  748.  —  Rigenerazione  delle  antenne  in 
bruchi  (Linaittn'a  diepar.)  operata  di  aspor- 
tazione completa  dell'organo  anche  del  rela- 
tivo disco  iiuaginale  dopo  la  seconda  muta. 
Nelle  mute  successive  l'organo  si  rigenera 
(da  tìg.  1  a  fig.  3)  sebbene  non  raggiunga 
mai  la  perfetta  condizione  delle  antenne  nor- 
male, che  si  vede  a  fig.  4.  (Da    Kopéc). 


adulto,     dopo    l'asportazione     dei      corrispondenti 


Fig.  74!l.  —  Zampe  normali  nella  larva  matura 
del  Baco  da  seta.  J.  Toracica;  B.  Addominale. 
(Da   Kellog). 

Fig.  7S0.  —  A.  li.  C.  Zampe  toraciche  di  larva 
del  Baco  da  seta,  perfettamente  sviluppata, 
rigenerate  dopo  il  taglio  dalla  base,  praticato 
dopo  la  seconda  muta.  D.  E.  Zampe  addomi- 
nali,  rigenerate  nella  larva  matura,  dopo  il 
taglio  alla  base,  praticato  dopo  la  prima  muta. 
(Da  Kellogg). 


larvali     o     ninfali    e    dei     dischi     imaginali. 

Secondo  Kellog,  la  rigenerazione  dille 
zampe  larvali  nel  Baco  da  seta  non  avviene 
se  questi  arti  sono  amputati  totalmente 
e  si  termina  dopo  la  seconda  muta  dall'o- 
perazione. 

11  Kopcc,  proponendosi  il  quesito,  se 
nelle  larve  di  Farfalle  gli  organi  istologi- 
camente meno  differenziati  si  rigenerino 
più  completamente  di  quelli  che  sembrano 
più  differenziati,  operando  sulle  larve  di 
Limantria  Aitpar,  è  arrivato  alle  seguenti 
conclusioni  : 

Le  antenne,  asportate  assieme  ai  loro 
dischi  imaginali,  ila  una  larva  subilo  dopo 
la  seconda  muta,  si  sono  riprodotte,  ma, 
qualche  volta,  senza  la  caratteristica  setola 
terminale.  L'amputazione,  praticata  più 
tardivamente,  conduce  raramente  alla  rige- 
nerazione e  questa  è  incompleta  e  poco 
marcata.  Nelle  ninfe  provenienti  da  larve 
operate,  le  :mtcnne  rigenerate  sono  spesso 
più  piccole  di  quelle  normali,  ma  morfo- 
logicamente perfette,  salvo  le  estremità 
più   ottuse   lig.   748. 

Anche  negli  adulti  si  mantiene  questa 
riduzione  dell'organo,  che  è  tanto  meno 
sensibile  quanto  maggiore  è  stato  il  lasso 
di  tempo  intervenuto  fra  l'amputazione  e 
la  schiusura  dell'adulto.  Estirpando  del 
tutto  le  antenne  larvali,  dopo  l'ultima 
muta,     le    antenne     imaginali,    di     regola, 


mancano  del  tutto. 

L'ablazione  degli  ocelli  nella  larva  importa  cecità  permanente  in    questo  stato  :   ma  possono 
rotarsi   gli  occhi   nell'adulto,   poiché  lino  dalla  ninfa  riappaiono   i   dischi  imaginali   relativi. 


L'INDIVIDUO    NHUI.I    ATTI     PKK    I.A    PROPRIA    ioNSKUVAZIonK  Tl!l 


Quanto  agli  organi  boccali,  il  labbro  superiore,  le  mandibole  e  mascelle,  asportate  nella 
larva  dopo  la  seconda  muta,  si  ri  presentano  a  guisa  di  piccole  protuberanze;  ina,  negli  adulti 
mancano  all'atto  gli  accenni  di  palpi  corrispondenti.  Questi  organi  non  si  rigenerano,  mentre, 
invece,  si  riproducono,  tino  dalla  muta  successiva,  l'epifaringe  ed  il  labbro  superiore.  Quanto  alle 
inandili.de,  le  larve  operate  sono  morte  dopo  la  muta  susseguente  all'operazione,  ciò  che  non  lia 
permesso  all'Autore  alcuna  conclusione  in   proposito. 

I  tubercoli  speciali  della  larva  di  questo  Lepidottero,  disseminati  sul  corpo,  hanno  diversa 
facoltà  rigenerativa.  L'Autore  ha  veduto  riprodursi  quelli  cefalici,  del  primo  segmento  toracale  e 
quelli   del  sesto  e  settimo  addominali. 

II  Versoti  riconobbe  che,  nel  Baco  da  seta  larva),  una  zampa  completamente  asportata 
prima  della  quarta  muta,  si  rigenera  completamente  nell'adulto,  e  Meisenheimer  ottenne  la  ri- 
generazione di  un'ala,  spesso  allatto  normale,  nell'adulto  di  Limantria  dispai-,  derivato  da  larva) 
alla  quale  era  stato  asportato  l'istoblasto  dell'ala  stessa.  Altre  volte,  l'ala  rigeneratasi  era  molto 
pih   piccola  della  normale. 

Anche  pel  Tenebrio  moìitor  si  è  ottenuta  la  rigenerazione  dell'antenna  e  dell'occhio  estirpati 
nella  larva. 

Fatti  analoghi  sono  stati  riconosciuti  anche  pei  Ditteri,  pei  Pseudoneurotteri,  pei  Rincoti, 
pei   Fisapodi  e  pei  Dermatteri. 

Si  può  concludere  che,  al  pari  di  quanto  è  stato  constatato  per  altri  Artro- 
podi (Crostacei,  Liuiuli,  Picnogonidi.  Miriapodi,  Aracnidi),  la  rigenerazione  di 
arti  perdati  in  età  giovanile  avviene,  in  condizioni  determinate,  per  tutti  i  gruppi 
di  Insetti. 


Sonno  e   Letargo. 

Il  sonno  (come  il  letargo)  è  una  funzione  negativa  o  passiva,  che  dire  si 
voglia,  coordinata  nel  ciclo  di  quelle  di  nutrizione,  che  vengono,  pel  suo  inter- 
vento, a  predominare  nell'equilibrio  funzionale  dell'organismo,  per  la  normale, 
transitoria  cessazione  delle  funzioni  di  relazione,  come  d'ogni  altra  attività,  che 
non  appartenga  alla  vita  vegetativa. 

L'impero  della  volontà  è,  dunque,  assolutamente  interrotto  e  questa  è  la 
precipua  caratteristica  di  questo  stato,  che  si  richiama  a  necessità  biologiche,  per 
quanto  la  causa  determinante  ne  sia  ancor  oggi  discussa. 

Perciò,  la  parte  che  rimane  al  sonno,  intervenendo  fra  le  altre  funzioni  nel- 
l'equilibrio fisiologico,  è  inversamente  proporzionale  alla  estensione  dell'attività 
di  queste  ultime. 

Essa  è  massima  nell'adulto,  nel  quale  si  svolgono  anche  le  funzioni  di  ri- 
produzione, mentre,  nelle  forme  giovanili,  il  sonno  disputa  la  predominanza,  nel- 
l'organismo, solo  a  quelle  attive  di  nutrizione  e  di  relazione,  con  tanto  maggior 
effetto  quanto  più  esse  sono  circoscritte  nella  loro  attività. 

Questa  è  pressoché  nulla  durante  lo  stadio  embrionale  e,  per  gli  Insetti, 
anche  in  quello  di  ninfa  olometabola  (il  secondo  embrione)  e,  quivi,  la  funzione 
dominante  è  quella  passiva  ilei  sonni).  Essa  comincia  a  subire  limitazioni  dall'i- 
nizio della  vita  postembrionale  e.  tanto  più  sensibili  quanto  maggior  energia  ed 
attività  vanno  assumendo  le  altre  due  serie  precipue  di  funzioni,  cioè  della  vitti 
vegetativa  e  di  quella  di  relazione.  Tale  attività  aumenta,  in  generale,  con  L'età 
dell'individuo  e  questa  norma  è  così  largamente  esemplificata,  che  non  è  senza 
nostra  meraviglia  la  constatazione  di  un  procedimento  inverso,  quale  si  riconosce 
non  di  rado,  fra  gli  Insetti  (si  sono  già  illustrati  casi  di  larve  più  pigre  in  età 
più  avanzate  che  non  nelle  precedenti  immaturissime). 


750  CAPITOLO    SESTO 


La  interruzione,  almeno  parziale,  delle  altre  funzioni,  può  accadere,  sia  per 
cause  intrinseche  all'organismo,  sia  per  altre  affatto  estrinseche,  dovute,  cioè,  solo 
all'ambiente. 

Così,  ad  esempio,  la  prima  parte  della  funzione  di  uutrizione  plastica  av- 
viene saltuariamente,  per  intervalli  dovuti  alla  sazietà  ;  ma  può  accadere  anche 
occasionalmeute,  per  insufficienza  del  cibo.  Nel  primo  caso  l'interruzione  è  pe- 
riodica, fisiologica,  e  perciò  normale;  nel  secondo,  anche  quando  essa  non  sia 
esclusivamente  accidentale,  pur  intervenendo  a  data  fissa  e  quindi  con  una  carat- 
teristica di  normalità,  essa  non  è  mai  fisiologica. 

Lo  stesso  dicasi  a  proposito  delle  funzioni  di  relazione  (ed  anche  di  quelle 
di  riproduzione),  intervenendo  la  stanchezza  (causa  intrinseca,  normale,  periodica 
ed  aftatto  fisiologica)  o  speciali  condizioni  ambienti,  con  le  caratteristiche  sopra 
indicate,  per  le  influenze  estrinseche  nelle  funzioni  di  nutrizione. 

Il  sonno,  perchè  stato  veramente  fisiologico  dell'organismo,  ha  luogo  solo 
nel  primo  caso  e  la  interruzione  di  altre  funzioni  è  sempre  limitata  nel  tempo, 
generalmente  breve,  perchè  circoscritto  dalle  condizioni  dell'organismo  e  prescritto 
per  la  natura  di  questo. 

Il  letargo,  giacché  provocato  da  cause  primarie  estrinseche,  sia  pure  ricor- 
renti a  data  fissa,  si  richiama  solo  a  queste,  anche  per  la  sua  durata,  che  pnò 
benessere  lunghissima,  per  quanto  le  condizioni  dell'organismo  lo  consentano. 

Perciò,  mentre  al  sonno  debbono  obbedire  tutti  gli  organismi,  il  letargo 
invece,  rappresenta  un  espediente  per  taluni  di  essi,  di  fronte  a  speciali  condi- 
zioni ambienti,  ed  essi  seguono  questa  più  comoda  maniera  di  subirle,  potendo 
farlo,  ormai,  per  adattamento  speciale. 

Non  pochi  Insetti  si  trovano  oggidì  così  adattati  ed  anzi  tutti  quelli  che 
passano  l'inverno  in  altro  stato  che  nell'embrionale,  cadono  in  letargo  durante 
la  stagione  fredda,  affrontandola,  però,  variamente  ;  tutti  con  una  buona  scorta 
di  depositi  nutritivi,  che  loro  permettano  di  vivere  esclusivamente  per  combu- 
stione; ma,  alcuni  con  questa  previdenza  soltanto;  altri  con  molto  più. 

Solo  il  letargo,  adunque,  può  avere  ed  ha  origine  istintiva,  non  già  il  sonno, 
che,  quale  necessità  fisiologica  di  ogni  essere  vivente,  è  funzione  integrante  del 
fenomeno  della  vita,  fino  dalla  sua  prima  alba. 

Il  letargo  non  è  per  nulla  una  funzione  riparatrice,  esso  non  è  imposto  da 
necessità  da  parte  dell'organismo  affamato  di  nutrimento  riparatore,  ma  è  una 
semplice  pausa  delle  funzioni  non  nutritive,  un  freno  al  dispendio  organico,  ad 
economia  delle  riserve  accumulate  altrove  che  negli  organi  digestivi.  Perciò,  con 
questi  esso  non  ha  rapporto  alcuno  e  può  richiamarsi,  biologicamente,  alla  quiete 
embrionale  e  delle  ninfe  olometaboliche. 

Il  sonno,  invece,  è  la  conseguenza  del  lavoro  di  tutti  gì'  organi,  della  loro 
stanchezza  ed  esaurimento,  rappresenta  una  vera  e  propria  funzione  della  mitri 
zione  (considerata  in  senso  largo)  ;  e,  quindi,  in  rapporto  con  tutte  le  altre,  che 
vi  concorrono,  colla  condizione  degli  organi  relativi;  fra  i  quali,  quelli  della  di- 
gestione hanno  certo  massima  parte;  ma  è  indipendente  dallo  stato  di  quella 
cassa  di  previdenza,  che  per  l'organismo  sono  le  riserve  nutritive. 

Brevemente,  non  può  darsi  letargo  se  non  in  presenza  di  una  buona  scorta 
di  alimento  accantonato  (più  che  altro  nel  tessuto  adiposo);  ma  può  darsi  il 
sonno  anche  a  stomaco  vuoto. 

Come  tutti  gli  altri  animali,  gli  Insetti  tutti  dormono;  alcuni  di  essi,  sol- 
tanto, cadono  in  letargo,  allorquando  l'ambiente  riesce  più  avaro  od  altrimenti 
meno  adatto  ad  una  non  troppo  difficile  loro  esistenza. 


[.'INDIVIDUO    NKGI.I    A  I  I  I    ri'.l:    LA    L'HOPKIA    CONSKKVAXIONN  "51 


Giacché,  per  ciascuna  specie,  le  ore  di  vita  attiva  sono  determinate,  cosi  accade  elle  anche 
i  periodi  di  sonno,  che  si  intercalano  fra  quelli  di  attività,  occorrono  regolarmente  nel  tempo. 
Anche  il  letargo,  come  si  disse,  intervenendo  per  condizioni  ambienti  speciali,  che  si  presentano 
ad  epoche  determinate  dell'annata,  coincide,  regolarmente,  con  una  determinata  età  dell'animale 
e  può  anche  ripetersi  più   volte,   per  ispeeie    viventi  pih  anni. 

Adunque,  il  sonno  richiama  la  sua  periodicità  e  la  sua  ora  da  quella  di  altri 
ritmi  vitali,  dipendenti  da  stimoli  intrinseci,  ma,  questi,  per  loro  conto,  soggetti 
a  condizioni  ambienti.  Queste  hanno  determinato  i  periodi  di  attività  delle  funzioni 
positive  dell'organismo,  fra  le  quali  viene,  così,  a  determinarsi,  necessariamente, 
il  posto  al  sonno. 

Può  anzi  accadere  che  le  necessità,  delle  funzioni  attive  sieno  tali,  per  le  condizioni  am- 
bienti, da  trovarsi  in  conflitto  con  altre  pih  antiche  e  generali  maniere  di  reazione  a  determi- 
nati stimoli,  a  malgrado  dei  quali  è  intervenuto  un  pih  recente  adattamento.  Ad  es.  Insetti  di 
certo  positivamente  fototropici,  sono,   invece,  di  abitudini  notturne  e  di  giorno  dormono. 

«  È  singolare  —  dice  Réaumur  —  che  le  Farfalle,  ohe  fuggono  la  luce  del  giorno,  sieno  pre- 
cisamente quelle  che  accorrono  alle  camere  illuminate  ed  attorno  alla  luce,  nei  giardini». 

Il  Loeb,  con  molte  sperienze,  dimostrò  il  fototropismo  positivo  di  queste  Farfalle,  per  cui 
una  sola  conclusione  è  possibile,  ed  è  anche  ovvia,  che,  cioè,  dovendosi  a  speciali  condizioni 
ambienti  e  ad  un  conseguente  adattamento  a  queste,  l'abitudine  di  vita  attiva  notturna,  da 
parte  di  questi  Insetti,  non  resta  loro  che  dormire  durante  il  giorno.  Il  Ronianes,  a  spiegazione 
del  cosi  detto  paradosso  di  Réaumur,  non  avrebbe  affermato  una  curiosità  da  parte  delle  Farfalle 
verso  gli  oggetti  strani,  se  avesse  posto  mente  alla  Sfinge  testa  da  morto,  che  (da  vera  ladra)  la- 
vora di  notte,  per  non  affrontare  di  pieno  giorno  l'ira  di  un  alveare  intero,  e  perciò  dorme  di 
giorno,   a  pasto  compiuto. 

Tra  le  condizioni  di  comodità,  che,  solo  in  determinate  ore,  quindi  a  ricorrenza  periodica, 
diurna  o  notturna,  a  brevi  od  a  lunghi  intervalli,  offre  l'ambiente  alla  esistenza  di  talune  specie 
di  animali,  non  sono  solo  quelle  che  si  richiamano  alla  nutrizione,  ma  altre  ebe  si  riferiscono 
ad  altre  funzioni,  comprese  ([nelle  generative  e,  finalmente,  una  condizione  di  minor  pericolo  di 
fronte  a  cause  avverse,   che,  appunto  in   quelle  ore,   sono  inattive. 

Le  Farfalle,  che  si  nutrono  del  nettare  dei  fiori,  accorreranno  a  questi  nell'ora  in  cui  stanno 
dischiusi.  I  parassiti,  che  aggrediscono,  per  minor  pericolo,  gli  animali  superiori,  allorché  dor- 
mono, avranno  abitudini  notturne;  gli  altri,  con  ottimi  mezzi  autofilattici  per  isfuggire  alla 
reazione  della  vittima,  non  temono  di  aggredirla  anche  di  giorno.  Le  Mosche  domestiche,  ottime 
volatrici,  sono  attive,  nelle  nostre  case,  in  piena  luce;  le  Blatte,  invece,  perchè  attere,  non 
escono  che  nelle  ore  notturne,  quando  ogni  pericolo  è  cessato.  Molte  larve  di  Insetti,  insidiate 
ila  predatori  ed  eudofagi,  che  per  lo  più  agiscono  di  pieno  giorno,  hanno  abitudini  esclusivamente 
notturne  e  solo  di  notte  si  espongono  all'aperto,   ecc. 

Di  qui,  tutta  una  serie  di  abitudini,  che  importano  una  periodicità  di  ritmi  vitali  positivi  e 
negativi,  a  determinate  ore  del  giorno  e  della  notte.  Ma,  in  generale,  queste  abitudini  non  sono 
ancora  così  radicate  e  fissate  da  non  permettere  qualche  infrazione  alla  regola,  in  obbedienza  a 
stimoli,  che  hanno  determinato  tropismi   ed   adattamenti  organici  di  più   vecchia  data. 

Ad  es.,  la  vita  notturna  non  è  possibile  se  non  con  organi  sensoriali  capaci  di  percepire 
anche  nel  buio.  Perciò,  mentre  rediamo  quasi  tutti  gli  Insetti  notturni,  positivamente  fototro- 
pici, cedere,  qualche  volta,  agli  stimoli  luminosi  ed  interrompere,  anche  volontariamente,  la  loro 
quiete  diurna  ,  dobbiamo  convenire  che  il  caso  inverso  non  accade  mai,  per  insufficienza  degli 
organi  sensoriali,  specialmente  degli   ocelli,   a  veder  di   notte. 

Perciò,  dobbiamo  riconoscere  die  l'ora  del  sonno  è,  anche,  in  dipendenza  da  speciali  con- 
ili/inni organiche  dell'animale,  oltreché  da  quelle  creategli  dall'ambiente. 

A  questo  proposito  si  veda  che  una  speciale  organizzazione,  da  funzionare  solo  in  condizioni 
ambienti  speciali,  ad  es.  in  assenza  di  luce,  importa  abitudini  notturne  ben  altrimenti  radicate 
ed  incontrovertibili,  ormai,  sia  puro  in  forme  a  fototropismo  positivo.  In  questa  condizione  si 
trova  il  grande  Pyrophorus  noctilucua  d'America;  ma,  per  questo,  e  per  tutti  gli  Insetti  luminosi, 
la  fosforescenza  è  sempre  un  fenomeno  notturno,  un  ritmo  nictemerale,  dunque,  che  si  manifesta 
al  cadere  della  luce  diurna,  per  cessare  col  suo  apparire  ed  è,  come  già  si  è  fatto  vedere,  in 
rapporto  colle  funzioni   riproduttive. 


CAPITOLO   SESTO 


Quanto  agli  stimoli  intrinseci,  determinanti  attività  funzionali  periodiche,  le  belle  ricerche 
del  Roubaud  sulla  larva  della  Jucheromyia  ìnleoìa  d'Africa,  parassita  dell'uomo,  sono  molto  inte- 
ressanti, per  dimostrare  come  essi  vadano  soggetti  a  variazioni,  che  conducono  ad  attività  di- 
verse. 

La  sua  larva  e  detta,  appunto,  l'erme  delie  c«*e,  per  ciò  che  abita  solo  in  queste,  anzi  sol 
tanto  dove  l'uomo  dorme  sdraiato  al  snolo,  su  stuoie  o  meno.  Essa  sta  nascosta  entro  terra,  ad 
una  certa  profondità:  ma,  di  notte,  allorché  il  dormente  è  coricato,  essa  fuoriesce,  lo  raggiunge 
e  ferisce  colle  sue  mandibole  e  si  impinza  del  sangue,  che  stravasa  dalla  ferita.  Dopo  di  ciò 
rientra  nel  suolo,  per  attendere  la  notte  seguente  ad  un  così  fatto  pasto.  Tale  periodicità  è  il 
risultato  della  sensibilità  termica  di  queste  larve,  perchè,  mentre  la  temperatura  per  loro  ottima 
oscilla  tra  i  25°  e  30°,  la  quale  raggiungono  infossandosi  nel  suolo,  sono  stimolate  ad  accorrere 
a  quella  di  37°,  che  appartiene  al  corpo  dormente;  ma,  una  volta  ripiene,  hanno  bisogno,  per 
sentirsi  a  loro  agio,  di  starsene  in  una  temperatura  più  bassa,  quale  trovano  dentro  terra, 
perche  in  ambiente  più  ealdo,  ad  es.  a  35°  esse  si  troverebbero  molto  incomodate. 

11  Roubaud  sopralodato  riconobbe  ohe  questo  ritmo  nictemerale,  perche  acquisito,  è,  però, 
facilmente  modificabile,  perchè  larve  della  stessa  specie,  non  nutrite  dalla  nascita,  si  risvegliano 
di  notte  come  di  giorno.  Talune  avvezzate,  fin  dalla  schiusura,  a  nutrirsi  di  giorno,  riposano, 
invece,  durante  la  notte  e,  se  si  interrompe  la  periodicità  della  nutrizione,  si  risvegliano  irre- 
golarmente, alcune  di  giorno,  altre  ili   notte. 

Per  converso,  le  larve  di  Choeromyic  choerophaga,  della  stessa  località,  viventi  alla  stessa 
maniera,  a  spese  dei  Kaeoceri  e  dei  Porcini  tropicali,  hanno  abitudini  diurne,  iuquantochè  fuo- 
riescono ad  aggredire  la  vittima  allorché  essa,  fuggendo  i  grandi  calori,  si  ripara  nel  suo  covo, 
durante   il   giorno. 

Tutto  ciò,  con  altri  esempi  moltissimi,  che  si  potrebbero  citare,  dimostra 
come  la  funzione  del  sonno  sia  coordinata,  nella  sua  periodicità,  anche  ad  in- 
fluenze di  ambiente,  le  quali,  però,  agiscono  solo  in  modo  indiretto,  così  che 
essa  può    dirsi    veramente    di  origine  intrinseca,  in  dipendenza  di  altre  funzioni 

attive. 

Letarqo.  —  Molto  probabilmente  sotto  questa  parola  noi  comprendiamo,  al- 
meno per  ciò  che  riguarda  gli  insetti,  fenomeni  molto  diversi  e  dovuti  a  cause 
differenti,  colla  sola  comune    caratteristica  della  immobilità  per  un  tempo  vario. 

Per  ora  trattiamo  soltanto  del  letargo  propriamente  detto,  caratterizzato  dal- 
l'arresto «li  tutte  le  funzioni  attive,  digestione  compresa  (che  possono  essere 
interrotte  senza  danno  o  pericolo  per  l'organismo),  svolgendosi  solo  quella  di 
nutrizione  intima,  a  spese  di  riserve  appositamente  preaccumulate. 

Due  sembrano  essere  le  cause  precipue  del  letargo,  che  interviene  normal- 
mente durante  la  vita  di  taluni  Insetti,  i  quali  si  trovano,  nel  corso  della  loro 
esistenza,  necessariamente  in  presenza  ditali  condizioni  speciali  di  ambiente,  cioè 
la   bassa  temperatura  e  la  mancanza  di  nutrimento  adatto. 

Le  due  cause  occorrono,  generalmente,  insieme,  durante  l'inverno,  nei  paesi 
temperati  e  freddi,  nel  qual  periodo  si  assopisce  la  natura  per  lungo  tempo. 
Perciò,  questo  letargo,  a  cui  sono  obbligati  taluni  Insetti,  è  detto  anche  sver- 
namento. 

Per  la  maggior  parte  delle  specie,  la  cui  vita  non  si  compie  tutta  entro 
l'anno,  lo  svernamento  è  subito  allo  stato  d'uova  e  queste,  perla  loro  resistenza 
e  perché  a  svolgersi  non  richiedono  alcun  nutrimento  dal  di  fuori,  sono  nella 
miglior  condizione,  rispetto  agli  altri  stati,  per  passare  l'inverno  senza  danno. 

Talune  uova,  anzi,  mostrano  di  aver  bisogno  di  starsene  esposte,  per  un 
certo  tempo,  a  temperature  molto  basse,  durante  l'inverno,  perchè  l'embrione 
possa  svolgersi  normalmente.  Pressoché  tutte,  poi,  sopportano,  benissimo,  tem- 
perature talora  bassissime  e  non  ne  risente  affatto  la  loro  facoltà  germinativa. 

Molti  altri  insetti  passano  l'inverno  allo  stato  di  larva,  altri  di  ninfa  e  non 
pochi  in  (j nello  di  adulto. 


L'INDIVIDUO    NKGI.1    AITI    PKR    I.A     L'HOPRU    C0X8K11VA/I0NK 


753 


Secondo  il  Warnenburg  (185A),  dei  Maorolepidotteri  «li  Germania,  il  3,4  per  cento,  passano 
l'inverno  allo  .staro  di  nova;  il  66,9  per  oento,  nello  stato  di  bruco;  il  28,2  per  cento,  in  quello 
«li  crisalide  e  l'I, 5  per  cento,  in  quello  di  adulto.  Tutti  i  Zigen idi  svernano  allo  stato  dibruchi 
i    gli   Sfingidi   in  quello    di  crisalidi. 

Anche  in  una  stessa  Famiglia,  si  incontrano  specie  molto  aflini,  che  pure  «vernano  in 
stati  molto  differenti.  Ad  es.  la  Malacoaoma  nemtria,  adulta  in  luglio,  sverna  da  agosto  all'aprile 
successivo,  allo  stato  «li  novo;  11  Dendrolimus  pilli,  allo  stato  «li  larva,  da  agosto  al  giugno  succes- 
sivi); il  Bombyx  ìauesUin,  allo  stato  «li  crisalide,  «la  agosto  al  marzo  seguente  (see.  Ratzeburg, 
per  la  Germania). 

Di  aliane  speoie  sverna  un  sol»  sesso,  come  fanno  molte  Mosche  e  le  Vespe,  i  cui  maschi 
muoiono  in  autunno  (o  sono  uccisi  dalle  operaie,  come  aocade  per  le  Api),  ecc. 


in  cui    dovrà  af- 


Fig.  751.  —  Spar- 
ganoti* pilleiiana 
Scili  (fin.  Piccoli 
bacolini  in  iber- 
nazione entro  il 
loro  bozzolefto, 
sotto  una  cortec- 
cia di  Vite,  su 
parte  del  ceppo. 
Circa  tre  volte  la 
grand,  nat.  (Da 
Audouin). 


In  tutti  questi  casi,  l'insetto,  all'avvicinarsi  dei  momento 
frontare,  nello  stato  di  quiete  assoluta,  le  condizioni  ambienti 
che  lo  costringeranno  al  letargo,  vi  si  prepara,  con  una  scorta 
di  riserve  plastiche  accantonate  entro  di  se  e  da  consumarsi 
durante  il  forzato  digiuno,  come  pure  (e  questo  è  caso  più 
comuni'  e  più  appariscente)  coll'acoomodarsi,  nel  miglior  modo, 
che  può,  in  un  ambiente  riparato,  dove  la  temperatura  sia 
meno  rigida  ed   incostante. 


Perciò,  vengono  a  rifugiarsi  sotterra  molti  Insetti  dorante  l'inverno, 
anche  fra  «piegli  adulti,  che,  nelle  altre  stagioni  vagano  liberamente  all'e- 
sterno. Le  larve,  sotterranee,  per  tutta  la  loro  vita  in  questa  condizione 
giovanile,  si  affondano  ancor  più  entro  terra,  per  incontrarvi  una  tem- 
peratura meno  rigida  e  variabile;  le  ninfe,  che  si  sono  formate  entro  terra, 
quivi  riposano  lino  alla  primavera.  Bene  riparate  sono  anche  le  forme  li- 
gli i cole  e   le  altre,   che  vivono  in   ambienti   meno  freddi  durante   l'inverno. 

La  maggior  parte  degli  Insetti  adulti,  che  passano  la  fredda  stagione 
semplicemente  difesi  dalle  pioggie  più  che  dalla  bassa  temperatura.,  si  ce- 
lano sotto  le  pietre,  sotto  le  corteccie,  in  parte  sollevate,  di  alcuni  alberi; 
fra  Io  foglie  cadute  a  terra,  ecc.  Questi  ambienti  sono  hen  noti  all'ento- 
mologo, perche  sa  «li  potervi  trovale  molti  esemplari  di  specie  che,  in  altre 
Btagioni,  deve  cacciare  con   maggior  pena.  Giacché  lo  stesso  istinto  muove 

tutti  gli  individui  della  medesima  specie  ad  atti  simili,  di  fronte  alle  stesse  condizioni  ambienti, 
così,  il  più  spesso,  molti  individui  si  accumulano  nel  medesimo  rifugio,  senza  previo  accordo, 
ma  ognuno  per  se,  e  basta  sollevare,  durante  l'inverno,  le  corteccie,  in  parte  staccate,  ad  es. 
dei  Platani,  per  trovarvi  sotto  cumuli  di  centinaia  di  Coccinellidi,  Emittori  ed  altri  piccoli  In- 
setti  che,   dinante      la   buona  stagione,   si   aggiravano  liberamente  sulla  pianta  o  nelle  vicinanze. 

Ma,  per  altri  Insetti,  sopratutto  per  forine  larvali  di  talune  specie,  si  riconosce  che  il  ri- 
fugio invernale  e,  non  solo  in  comune,  ma  accomodato  per  comune  lavoro,  il  che  non  è  mai  per 
gli    adulti,    se    non   sociali. 

Pei  lo  più  sono  larve  sericipare  quelle  che  profittano  di  questa  loro  facoltà,  per  crearsi  un 
riparo,  più  o  meno  bene  acconcio,  che  le  garantisca  dal  freddo  e  da  altre  molestie,  per  tutto  il 
tempo   del    loro    forzato   ri] >. 

Ad  esempio  di  Bruchi,  i  si  «piali  rifugiano  sotto  le  corteccie,  per  passarvi  l'inverno  ed  ognuno 
«IVssi  si  Ria  un  bozzolefto  di  seta,  dove  starsene  al  sicuro  e  meno  esposto  al  freddo,  cito  la 
larva  della  Piralide  della  Vite  [Sparganoli*  pillenana),  che  già  in  agosto,  appena  nata,  comincia  ad 
occuparsi  del  suo  svernamento,  e  non  prenderà  cibo  se  non  alla  successiva  primavera.  Essa  d'altro 
non  si  occupa,  dalla  schiusura  dell'uovo,  se  non  «li  raggiungere  la  corteccia  della  Vite,  dove 
piii  individui  si  allogano  nelle  anfrattuosita  o  sotto  la  scorza  medesima  e  quivi  ognuno  si  rin- 
chiude in   un    hozzoletto  di  seta   (fig.   751). 

Ad  esempio  di  larve,  che  si  costruiscono  un  nido  in  comune  ed  in  questo  non  solo  passano 
Li  attiva  stagione,  ma  si  rifugiano  anche  durante  la  buona,  allorché,  dopo  i  pasti,  intendono 
starsene   tranquille,  cito  quello  classico  delle  Processionarie,   già  ricordate  altrove,    il     cui  volu- 

A.  Bkhi.esf,   Gii   Inulti,   II.  —  95. 


754 


CAPITOLO    SESTO 


ininoso  nido  sericeo,   foggiato  a  borsa,  è  molto  ritto  e  tenace  e  quivi  dentro  stauuo  molti  bruchi 
insieme,  per   fuoriuscirne  a  tempo,  in  cerca  di  nutrimento  (fig.  752). 

Anche  i  piccoli  bruchi  della  dannosa  Euproctis  chrysorraea,  che  nascono  in  estate,  già  alla 
fine  di  questa  stagione  e  quando  sono  tuttavia  molto  piccoli,  si  arrestano  nel  loro  sviluppo  e, 
per  gruppi  più  o  meno  numerosi,  si  raccolgono  insieme;  riuniscono,  mercè  (ili  di  seta,  le  foglie 
dello  Btesso  ramoscello  e,  dopo  averle  collegate  con  fitte  e  finissime  tele  sericee,  che  le  avvol- 
gono saldamente  e  fissano  al  ramo  che  le  porta,  vi  si  nascondono  nell'interno  (fig.  243,  p.  251), 
e,  cosi  riparati  contro  le  ingiurie  del  tempo,  vi  passano  l'autunno  e  l'inverno  e  si  ridestano 
nella  primavera  seguente. 

Il  Pictet  (1904),  dietro  sperienze,  viene  alla  conclusione  che  il  letargo  (che  egli  non  di- 
stingue dal  sonno)  è  una  funzione 
dell'istinto,  più  che  essere  pro- 
vocato dalla  bassa  temperatura. 
Bruchi  della  stessa  specie  cadono 
in  letargo  tanto  in  paesi  molto 
freddi  quanto  in  altri  più  tem- 
perati; come  pure  tanto  all'aperto 
che  in  una  stanza  riscaldata  ed 
il  letargo  si  inizia  alla  data 
consueta. 

In  giornate  meno  fredde  ac- 
cade che  bruchi  in  letargo  si  ri- 
destino e  vaghino  sulle  piante  in 
cerca  di  cibo.  Non  trovatolo, 
rientrano  nei  loro  rifugi  e  si 
abbandonano  nuovamente  al  tor- 
pore, né  ricominciano  la  manovra 
al  giorno  di  poi,  pure  conti- 
nuando la  temperatura  meno  bas- 
sa. In  primavera,  allorché  questi 
bruchi  sono  definitivamente  fuo- 
riusciti, perchè  la  vegetazione  è  in 
istato  di  nutrirli,  essi  non  rien 
trano  più  in  letargo,  neppure  nelle 
giornate  fredde  e  nevose.  Larve 
di  Pygera  bucephala,  se  messe, 
anche  durante  la  buona  stagione, 
in  un  ambiente  senza  cibo,  fi- 
lano, dopo  qualche  ora,  una  tela 
di  seta,  si  fissano  tutte  l'ima 
accanto  all'altra  e  cadono  in  un  letargo,  che  non  può  essere  interrotto  nemmeno  dall'ofterta  di 
cibo  tresco. 


Fi"1.     752.     —   Piccolo    nido    di    larve    di    Processionarla   della 
Quercia,  coi  bruchi  che  stanno  fuoriuscendo.  Gr.  nat. 


Si  può,  dunque,  ammettere  che  la  bassa  temperatura  influisca  meno  della 
mancanza  di  nutrimento,  per  provocare  il  letargo  e  che  questa  avversa  condizione, 
verificatasi  da  tempo  periodicamente,  ogni  anno,  per  le  specie  vegetariane  sopra- 
tutto,  abbia  determinato,  in  molte  di  esse,  la  facoltà  di  fronteggiarla,  ricorrendo 
a  questa  forzata  quiete. 


Atti  oziosi. 


Fin  qui  si  sono  ricordati  gli  atti,  che  l'animale  compie  in  servizio  della  sua 
specie  ed  in  quello  del  proprio  individuo.  Ma.  questa   attività  ed  il  conseguente 


I.'INDTVIDDO    N'KCI.I    ATTI    PER    I.A    PROPRIA    CON8KRVAZIONR  755 


riposo  uou  oecupauo,  il  più  spesso,  tutto  il  tempo  e  tutta  la  energia,  di  cui 
l'animale  stesso  dispone  ed  in  tale  caso  esso  compie  degli  atti,  i  quali,  come 
non  necessari  uè  per  l'individuo,  né  per  la  specie,  ne,  conseguentemente,  all'equi- 
librio simbiotico  nella  natura,  sono  veramente  atti  oziosi,  veri  olia  (sebbene 
spesso  attivissimi),  nel  vero  significato  più  proprio  dello  voce  latina. 

Questi  atti  appartengono  solo  alle  forme  più  elevate,  sono  anzi  l'indice  di 
livello  della  specie,  del  sesso,  della  età,  nella  gerarchia  organica  e  raggiungono 
il  maggior  grado  di  varietà  e  complessità  nell'uomo,  maschio,  adulto  delle  razze 
e  delle  nazioni  più  progredite  e  nelle  migliori  condizioni  di  esistenza. 

Ha  qui  il  suo  luogo  tutta  Parte,  che,  nelle  razze  umane  colte,  occupa  una 
parte  cosi  grande  della  loro  attività,  ma  giova  ben  poco  all'aumento  delle  con- 
dizioni favorevoli  alla  esistenza,  alle  quali  contribuiscono  solo  quei  nec  otta,  dai 
più  umili  lavori  manuali  alle  più  alte  ricerche  scientifiche,  senza  cui  l'uomo 
ozioso  (nel  buon  significato  della  parola)  non  potrebbe  aver  luogo.  Con  tutto  ciò 
è  verissimo  che   «  l'uomo  non  vive  di  solo  pane  ■>>. 

Se  l'attività  oziosa  è  indice  di  benessere  della  specie  ed  è  a  questo  propor- 
zionale, come  bisogna  ammettere,  noi  troviamo  qui  un  parallelo  con  quella  orga- 
nizzazione superflua,  che  si  è  definita  già  per  ornamentazione  e  che  non  reca  van- 
taggio alcuno  all'individuo  od  alla  specie,  ma  è  certamente  causa  di  suo  intimo 
compiacimento,  come  la  oziosità  è  un  gradito  passatempo  e  può  far  parere  meno 
arida  l'esistenza,  altrimenti  ben  poco  attraente,  se  costretta  nella  continua  as- 
sillante necessità  di  fatica  solo  a  conservazione  della  specie  o  dell'individuo,  per 
quel  tanto  che  esso  è  elemento  della  specie  stessa.  Per  questi  intervalli  di  at- 
tiva quiete,  l'essere  vivente  è  nobilitato,  sollevandosi  dalla  condizione  di  passiva 
ruota  nel  vasto  ingranaggio  della  natura  a  quello  di  essere  conscio  e  donno 
di  sé. 

Per  ciò,  ancora,  gli  Insetti  si  devono  considerare  per  forme  assai  progredite 
e  da  tempo,  se  non  comparativamente  altissime,  entro  l'esercito  dei  viventi  e, 
colle  loro  fasi  di  esistenza,  mostrano  tutta  la  storia  del  loro  progresso. 

Cessata  l'attività  dei  soli  tessuti  o  dei  loro  elementi  esclusivamente,  quale 
si  manifesta  nella  condizione  embrionale,  in  cui  si  trova  anche  la  ninfa  olouie- 
tabola,  entra  in  gioco,  oltre  a  questa  attività,  anche  quella  degli  organi;  ma  la 
forma  giovanile  ha  il  duplice  compito  della  propria  conservazione  e  della  crescita 
fino  al  culmine  rappresentato  dall'adulto.  Perciò,  può  intervenire,  durante  gli 
stadii  giovanili,  solo  un'attività  in  strettissimo  rapporto  con  queste  necessità, 
intercalata  a  stadii  di  riposo  assoluto,  cioè  di  solo  lavoro  intimo  dei  tessuti,  a 
rimettere  l'organismo  in  condizioni  di  riprendere  gli  atti  di  nutrizione.  Non  ri 
mane  intervallo  per  alcun  ozio,  come  nella  sua  organizzazione  la  larva  non  ac- 
coglie ornamentazione  alcuna,  cioè  niuua  superfluità  può  aver  luogo. 

Ma,  collo  scbiudersi  dell'adulto  di  questa  altissima  espressione  della  specie, 
interviene  altro  nella  sua  esistenza.  Alla  energia  prima  spesa  nel  crescere  per 
raggiungere  la  matuianza  sessuale  è  sostituita  tutta  l'attività  per  utilizzare  questa 
condizione,  ma  essa  non  si  esplica  di  continuo,  vi  sono  dei  periodi  di  riposo, 
possono  anche  cessare  alcune  funzioni  di  nutrizione,  certo  questa  è  meno  attiva; 
insomma,  se  le  condizioni  di  esistenza  della  specie  non  sono  eccessivamente  im- 
pellenti, rimangono  all'individuo  tempo  e  facoltà  assai  di  godersi  del  suo  ozio, 
come  di  adornarsi  oltre  ogni    suo  stretto  bisogno. 

Però,  come  già  si  è  osservato  che  si  debbono  appunto  ascrivere  a  necessità 
create  dall'ambiente  (più  che  dal  non  uso  degli  organi,  secoudo  concetti  ai  quali 
è  prudente  fare  almeno  una  grandissima  tara)  le  condizioni  ateliche  nella  orga- 
nizzazione di  taluni  gruppi  o  di  un  sesso,  anche  nelle  forme  adulte  (nelle  larve 


~~,i;  CAPITOLO    SESTO 


non  è  mai  ipertelia,  come  si  è  «letto,  ma  neppure  atelia  rispetto  alla  loro  età), 
così  non  sarà  mai  il  caso  di  ricercare  manifestazioni  oziose  nelle  forme  neote- 
niche,  giacche  in  queste  lo  stigma  delle  necessità  che  le  circondano,  a  cui  a  mala 
pena  riparano  con  un  necotium  continuo,  è  nella  loro  stessa  organizzazione,  come 
prova  inconfutabile.  Gli  atti  oziosi,  adunque,  sono  più  che  mai  ovvii  nelle  forme 
iperteliche,  possono  conservarsi  in  quelle  iperateliche  (in  cui  cioè  Patelia  è  in- 
diretta, e  viene  per  eccesso  di  benessere),  scarseggiano  nelle  eumorfiche  e  non 
sono  possibili  nelle  neoteniche. 

Perciò,  le  femmine,  in  genere,  come  hanno  dovuto  arrestarsi,  per  necessità 
della  riproduzione,  nella  evoluzione  seguita,  invece,  dai  rispettivi  maschi,  se- 
condo si  è  illustrato  ampiamente  in  precedenza,  così,  il  più  spesso,  hanno  minor 
agio  per  godersi  in  atti  oziosi,  e,  negli  Insetti,  almeno,  neppure  hanno  organi 
oziosi,  come  si  vede  dal  fatto  che  quelli  stridulanti,  per  solo  diletto  proprio 
(non  quelli  stridenti,  da  ascriversi  ai  mezzi  difensivi)  spettano  ai  soli  maschi  (1). 

Di  qui  Pipotesi  che  gli  organi  stridulanti  suddetti  e  la  facoltà  di  cani, ire, 
in  genere,  di  taluni  maschi,  le  cui  femmine  sono,  invece,  mute,  abbia  per  iscopo 
quello  di  chiamare  la  femmina  alle  nozze,  od  almeno  dilettarla,  per  entrare  nelle 
sue  grazie,  d'onde,  come  conseguenza  logica,  l'intervento  della  selezione  sessuale, 
per  sviluppare,  nella  generazione  dei  maschi  prescelti,  la  facoltà  cauora. 

Ecco  un'altra  espressione  del  concetto  utilitario,  in  base  al  quale  si  è  filo- 
sofato anche  troppo  a  spiegazione  di  certe  organizzazioni,  aspetti,  attitudini  degli 
animali  in  genere  e  quindi  anche  degli  Insetti. 

Se  si  considera  quel  che  fa  una  bella  Vanessa,  ad  es.  hi  nostrale  co- 
mune Atalanta,  in  una  chiara  mattinata  d'estate,  che  vola  nel  sole  per  brevi 
tratti  ed  in  poco  spazio,  si  posa,  si  rigira,  ad  ali  aperte,  nella  luce,  splende  e 
beata  si  gode;  poi  chiude  le  ali,  si  raccoglie,  indi  riprende  il  volo,  per  posare 
più  lungi  e  così  passa  ore  intere  nella  sua  gioia  di  vita  e  di  bellezza,  né  si  vede 
che  la  preoccupi  altra  cura  per  sé  o  per  la  futura  prole,  non  si  può  non  ammet- 
tere che  il  magnifico  insetto  si  gode  il  tempo  tutto  per  sé  e  ne  è  felice. 

Così  è  dei  Grilli  e  delle  Cicale,  che  cantano  per  ore  ed  ore  ininterrottamente, 
senza  preoccuparsi  uè  di  cibo  né  d'amore,  pur  avendo  l'uno  e  l'altro  vicino  ed 
è  in  questi  cantori  per  eccellenza,  fra  gli  Insetti,  che  un  mezzo  primitivamente 
inteso,  forse  a  solo  richiamo  della  femmina  è  assurto  al  grado  di  atto  ozioso,  ad 
esclusivo  piacere  di  chi  lo  produce  o  della  compagna  che  gli  sta  accanto.  Da  un 
mezzo  in  sussidio  della  riproduzione  è  sorto,  così,  un  argomento  di  sola  intima 
ìelicità  per  l'individuo  come  un  organo  necessario  si  complica  in  una  esuberanza 
puramente  ornamentale  (2). 


(1)  La  donna,  nelle  condizioni  più  evolute  e  comode,  sembra  tare  eccezione,  ma  certo  la 
sua  attività  oziosa  è  assai  inferiore  a  .[nella  dell'uomo  di  pari  grado  e  può  considerarsi  come 
uno  stato  acquisito  più  prontamente  di  quello  organico,  elle  assimili  in  tutto  i  due  sessi,  come 
il  femminismo  argomentato  precede  tuttavia  hi  parità  di  condizione  organica  della  donna  al- 
l'uomo, che,  per  ottenersi,  richiederà  secoli  di  benessere  sociale  in  altissimo  grado.  Per  ora, 
la  ragione  precede  la  natura. 

(2)  Che  deve  fare  della  maggior  parte  del  mio  tempo  un  Insetto  adulto,  la  bella  forma, 
cioè,  giunta  ormai  all'apogeo  della  organizzazione  prestabilito  al  suo  tipo  ;  ornato  di  spendida 
veste,  armato  benissimo  e  difeso  contro  i  pericoli,  fornito  dei  più  rapidi  mezzi  di  locomozione 
concessi  ai  semoventi  ;  guidato  sicuramente  da  istinti  precisi,  per  cui  provvede  facilmente  e 
presto  a   tutte  le  necessità  della  propria  esistenza  ? 

Esso  non  ha  più  che  a  godersi  nella  felicità  animale  ormai  conquistata  con  quella  perfe- 
zione risica,  che  è  tuttavia  remota  promessa  a  gruppi  più  elevati  nella  scala  zoologica  e  che  il 
più  alto  e  recente  si  affatica,  con  pena  di  lotta  continua  e  sforzo  di  intelligenza,  ad  anticipare 
nella  lenta  evoluzione. 


L'INDIVIDUO    NKCl.l    ATTI    PKR    I.A    l'Uol'UIA    CO.VSKltVAZIONK  i  .->  l 

A  tutto  ciò  è  stato,  però,  necessario  il  tempo  e  così  si  vede  che  solo  i  gruppi 
più  vecchi,  dagli  Ortotteri  agli  Imenotteri,  sopratutto  quelli  che  si  è  già  avvertito 
(pag.  4;>4)  esser  incorsi,  per  la  loro  antichità,  nel  campo  del  polimorfismo  ate- 
lico.  comprendono  forme,  nelle  quali  questa  maniera  di  ozio  è  attualmente  in  vi- 
gore, mentre,  fra  gli  altri  tatti,  non  si  noverano  cantori,  inasolo  forme  stridenti, 
a  richiamo  del  sesso  o  nella  paura  per  improvviso  pericolo  (ad  es.  la  comune 
Aoherontia  atropo»)  e  si  hanno  i  più  scarsi  esempi  nei  Coleotteri  (es.  Oerambi- 
cidi,  ecc.);  ma,  negli  altissimi  e  recenti  Ditteri  ed  Imenotteri  non  si  manifestane 
ipertelia  né  facoltà  stridulante  oziosa. 

Fino  ai  Coleotteri  è  ancora  manifesta  una  esuberante  ornamentazione  di 
forme  e  di  colori;  negli  Imenotteri  solo  la  colorazione  è  spesso  vistosa;  nei  Dit- 
teri  più  raramente. 

Si  dovrebbe,  adunque,  concludere  che  la  oziosità  decresce  in  proporzione  in- 
versa col  grado  di  elevazione  dell'insetto;  ma  io  ritengo,  piuttosto,  che  scemi  la 
valutabilità,  per  noi,  del  valore  dell'atto,  il  quale,  se  è  facile  a  percepirsi  e  giu- 
dicarsi per  le  forme  più  basse,  lo  è  molto  meno,  grado  grado  che  si  va  salendo 
nella  scala  degli   Insetti. 

Possiamo  argomentare  dal  modo  di  godersi  nella  sua  bellezza  di  un  Lepi- 
dottero, in  confronto  di  un  Grillo  o  d'una  Cicala,  che  si  sentono  già  a  distanza 
e  per  ore  ed  ore;  meno  facilmente  di  un  Coleottero,  rispetto  ad  una  Farfalla;  ma, 
non  possiamo  non  giudicare  i  Muscidi,  che  sono  certo  gli  Insetti  più  elevati,  per 
esseri  eminentemente  oziosi,  che  si  godono,  però,  nella  loro  alta  facoltà  di  volo. 
Basti  considerare  il  rincorrersi,  lo  scherzare  in  mille  modi  fra  loro,  il  turbinare, 
il  volare  immobili  per  ore  ed  ore,  come  fanno  le  comuni  Homalomyia  e  molti 
altri,  nelle  nostre  stanze,  o  nei  giardini,  in  una  specie  (li  danza  a  lor  modo, 
per  arguire  che  questi  Ditteri,  gli  esseri  oziosissimi  per  eccellenza,  hanno  molto 
temiio  e  speciali  modi  di  godersi  la  vita,  senza  preoccupazione  di  sorta  e  ciò 
depone  molto  in  favore  del  giudizio  che  gli  Insetti  rappresentino  un  ben  alto 
livello  di  evoluzione   in  seno  alla   animalità. 


Vitalità  degli  Insetti. 

È  certamente  da  attribuirsi,    in    massima  parte,    alla    decentrazioue  del    si 
stema  nervoso,  così  grande  negli  Insetti,  la  loro  enorme  vitalità  di    fronte  a    le- 
sioni, anche  gravissime,  che  interessano  una   porzione  del  loro  organismo. 

Ferite,  mutilazioni,  che  per  animali  superiori  sarebbero  immediatamente  mor- 
tali, non  lo  sono  affatto  od  a  ben  lunga  scadenza  pegli  Insetti.  Lesioni  od  aspor- 
tazioni di  un  centro  nervoso  interessano,  tutto  al  più,  l'insieme  di  organi  che  ne 
dipendono,  ed  il  rimanente  può  continuare  nelle  sue  funzioni  vitali  ed  anche  in 
quelle  riproduttive,  se  la  forma  è  adulta. 

Anche  la  morte  conseguente  al  dissanguamento,  non  è  così  facile  e  pronta 
come  si  vede  accadere  pegli  animali  superiori.  Basti  dire  che  la  stessa  decapita- 
zione non  importa  affatto  la   immediata  e  sollecita    morte  dell'individuo. 

La  perforazione,  da  parte  a  parte  del  corpo,  quando  non  sia  tale  che  deter- 
mini una  grave  fuoruscita  di  sangue  o  degli  intestini,  più  che  d'altri  organi  in- 
terni, non  è  una  ferita  sufficiente  per  determinare  sicuramente  la  morte  dell'in- 
dividuo e,  meno  che  meno,  la  sua  fine  rapida,  come  accade,  generalmente,  pegli 
animali  superiori. 

Anche  meno  pericolosa,  per  la  vita  dell'insetto,  è  l'asportazione  di  qualche 
suo  membro.  Si  è  veduto  già,  che  la  emissione  di  sangue  e  la  volontaria  perdita 


758  CAPITOLO    SESTO 


di  qualche  membro,  specialmente  delle  zampe,  può  rappresentare  un  mezzo  di 
difesa,  per  quanto  a  caro  prezzo,  e  le  perdite  possono  essere  riparate,  come  si 
è  fatto  già  notare,  con  una  rigenerazione  dell'arto,  più  o  meno  sollecita  e  com- 
pleta. 

Anche  il  contatto  con  sostanze,  sicuramente  venefiche  ed  in  grado  altissimo, 
per  animali  superiori,  è  sopportato  con  una  resistenza  meravigliosa,  da  i>arte  di 
molti  Insetti  e  così  pure  accade,  in  molti  casi,  che  anche  l'interruzione  della  fun- 
zione respiratoria  possa  essere  protratta  per  un  tempo,  che  a  noi  sembra  enorme, 
per  l'esperienza  che  abbiamo  degli  effetti  dell'asfissia  negli  animali  superiori.  Per 
converso,  alcune  sostanze,  che  per  questi  ultimi  rappresentano  un  grado  di  no- 
cevolezza mediocre  e  non  possono  neppure  essere  ascritte  veramente  fra  i  veleni, 
lo  sono,  invece,  e  micidialissime,  pegli  Insetti. 

Di  qui  l'entomologo  pratico  desume  eccellenti  mezzi  di  distruzione  delle  specie  nocive,  fa- 
cendo ricorso  a  sostanze  varie,  alcune  delle  quali  sono  deleterie  per  tutti  gli  organismi,  almeno 
pegli  animali  (acido  cianidrico,  composti  arsenicali,  di  fosforo  e  di  altri  metalloidi  o  metalli, 
nicotiua,  ecc.)  :  altre  di  pericolosità  mediocre  e  non  veri  veleui  pegli  animali  superiori,  sono, 
invece,  micidialissime  pegli  Insetti  (ad  es.  solfuro  di  carbonio,  il  re  degli  insetticidi  anche  a 
debole  tensione  dei  vapori);  altre,  finalmente,  col  massimo  effetto  in  questo  senso,  pegli  Insetti, 
sono  da  considerarsi  per  innocue  rispetto  agli  animali  superiori  (fiori  di  Piretro,  Crisantemo  ed 
altre  composite;  olii  vegetali  e  minerali  in  genere,  catrami,  idrocarburi  ingenerale,  ecc.).  Anche 
la  resistenza  degli  Insetti  a  condizioni  fisiche  non  favorevoli  alla  loro  esistenza  o  micidiali  per 
altri  animali,  è  notevole  e  sarà  il  caso  di  vedere,  qui,  quali  sieno,  ades.,  le  coudizioni  ambienti, 
fisiche,   che  essi  possono  sopportare  senza  perire. 

Cosi  pure  della  sommersione,  degli  effetti  del  prolungato  arresto  della  respirazione,  ecc.  sarà 
il  caso  di  discorrere  ora  e  si  metterà  iu  rilievo  di  qual  tenacia  di  vita  sieno  dotati  gli  Insetti,  che 
è  meravigliosa,  sopratutto  se  confrontata  con  quella  di  animali,  per  elevata  organizzazione  certo 
più   alti. 

Effetti  della  decapitazione.  —  La  maggior  maraviglia  per  noi  è  sempre 
venuta  dal  fatto  della  continuazione  delle  funzioni  vitali,  nell'insetto,  dopo  la  sua 
decapitazione. 

L'accoppiamento  stesso  non  è,  generalmente,  interrotto  od  ostacolato  per  tale 
diminuzione. 

È  certo  che  la  ferocissima  Alantis  femmina,  dopo  l'amplesso,  divorerebbe  immancabilmente  il 
maschio,  se  questo  non  provvedesse  a  fuggirsene  prontamente:  ma,  non  di  rado  accade  che, 
nell'atto  stesso  dell'accoppiamento,  la  femmina  divori  la  testa  del  maschio  ed  esso  continui  la 
sua  funzione,  finché  non  perda  di  sé,  nella  bocca  della  terribile  compagna,  molto  maggior  parte 
del   corpo. 

Già  il  Redi,  a  proposito  dei  Cavallucci  (Bacillus  rossii),  aveva  ben  rilevato  questa  straordi- 
naria vitalità  su  esemplari,  che,  insieme  allo  Stenone,  aveva  notomizzati  viventi.  «  Mentre  così 
passavamo  il  tempo  »  —  egli  scrive  —  «  osservammo  che,  nonostante,  che  a  certi  di  quegli  animaluzzi 
avessimo  strappato  fuor  del  corpo  tutte  quante  le  viscere,  osservammo  dico,  che  continuavano  a 
vivere,  o  a  muoversi,  iu  quella  guisa  appunto  che  fanno  le  vipere  sventrate,  ed  altri  molti  In- 
setti ;  per  lo  che,  ad  alcuni  altri  tagliammo  il  capo,  ed  il  capo  senza  busto,  per  qualche  breve 
tempo  vivea  ;  ma  il  busto  senza  il  capo,  vivacissimamente  per  lungo  tempo  brancolava,  come  se 
avesse  tutti  quanti  gli  altri  suoi  membri  :  onde  per  ischerzo,  e  per  un  giuoco  da  villa  ci  risol- 
vemmo a  riunestare  il  capo  sul  busto,  e  ci  riuscì  con  quella  stessa  facilità,  colla  quale  riusciva 
di  rinnestarsi  le   membra  all' incantatore   Orillo  ». 

«  Cosi  i  nostri  animaletti,  col  capo  rinnestato  non  solo  continuarono  a  vivere  tutto  quel 
giorno,  ma  eziandio  ciuqu'altri  continui,  con  molta  maraviglia  di  chi  non  ne  sapeva  il  se- 
greto; e  tanto  più  che  in  questo  stato  nou  solo  si  disgravavano  dei  soliti  naturali  escrementi 
del  ventre:  ma  facevano  ancora  dell'uova:  onde  chi  fosse  stato  corrivo  a  scrivere  questo  salda- 
mento  di  teste  avrebbe  potuto  avere  una  gran  quantità  di  testimoni  di  vista;  ma  avrebbe  scritta 


l'individuo  negli  atti  nei;  la  pkoimìia  conservazione 


759 


mia  bella  favola:  conoioBSÌachè  quelle  teste  si  rappiooavano  a'  lor  busti,  perchè  ila'  busti  goc- 
ciolava un  corto  liquor  verde  viscoso  e  tenace,  che  seccandosi  era  cagione  d'un  solido  ricongiun- 
gimento; ina  lo  teste,  ancorché  il  busto  vivesse,  non  facean  moto  di  sorta  alcuna,  né  mostrava!» 
segni  di  vita  ;  od  i  busti  senza  il  rinniinento  delle  teste  continuavano  a  vivere  quo'  cinque,  o 
sei  giorni,   come  se  le   avessero  riunite». 

Da  bolle  e  numerose  osservazioni  condotte  da  lì.  Canestrini  (1883),  su  Insetti  di  vari;  ordini, 
decapitati,  risulta  che,  le  toste  separate  dal  busto  vivono  meno  lungamente  del  tronco,  ossia  ogni 
loro  movimento  e  reazione  a  stimoli  varii,  cessa  prima.  Le  cifre  raccolte,  relative  alla  vitalità 
del  tronco  e  quella  della  testa,  rispettive,  desunte  da  osservazioni  su  gran  numero  di  individui 
della  stessa  specie,   sono,  dall'Autore  sopralodato,  esposte  nella  seguente  tabella: 


Durata  dei  movimenti 

Pinata  dei  movimenti 

Animali  8U  rui 

Animali  su  cui 
si  sperimento 

ai  sperimento 

del  tronco 

della  testa 

del  tionuo 

della  testa 

(iotntpea  atercorariufi 

5    giorni 

16  ore 

Mosche    .... 

36  ore 

6  ore 

Cetonia  amala     . 

9    1/2        » 

4      » 

Tafani      .... 

27     » 

3     » 

Silpha  ohscura    . 

ti         » 

12      > 

Gryllotalpa     viih/. 

9  giorni 

78     » 

2  1/2        » 

1(1      » 

Forficnle 

11        » 

6  gior  ni 

Farfalle  (specie    di- 

Acridii   .... 

5        » 

80   ore 

verse)     .... 

18       » 

poche      » 

Locuste  .... 

X          <• 

48  ore  e  più 

Formiche  (F.  rufa) 

1    1/2        » 

30     » 

Mavtis  yeliyioba 

14 

60  ore 

5        » 

24      » 

Pyrrocìioiis  aptervs 

4 

alcune  ore 

40  ore 

diverse     » 

Bombita     .... 

30     » 

3     » 

Dietro  queste  ed  altre  prove  ed  osservazioni,  l'Autore  riconosce  che,  mentre  i  Coleotteri, 
molti  Ortotteri  ed  Imenotteri  mostrano  di  aver  subito  una  grave  operazione  appena  dopo  deca- 
pitati, invece,  i  Lepidotteri  ed  i  Ditteri  (Mosche,  Tafani)  non  ne  sembrano  molto  incomodati. 
Tra  l'altro,  una  decina  di  Mosche  femmine,  decapitate,  si  trovarono,  pochi  momenti  dopo,  ac- 
coppiate quasi  tutte  con  maschi  sovraggiunti  di  fuori.  Gli  accoppiamenti  durarono  da  un'ora  e 
mezza  a  due  ore  e  mezza  e  le  femmine  si  comportarono  sempre  come  fossero  state  perfettamente 
sane.   Una  di  esse  subì,   anzi,   due  accoppiamenti  I   (1). 


(1)  Del  resto  né  le  Mosche  né  altri  Insetti   maschi   sembrano  preoccuparsi   molto  delle  conili 
zioni  di   sanità    od  anche  di     vitalità  delle  femmine,   con  cui    si     accoppiano.     Il     Labitte     11917) 
afferma  che   il   Lesne  vide  un   maschio  di   mosca  domestica  accoppiarsi  con  una  femmina  morta  ed 
il   Cros  fa  una  analoga  affermazione    pel    Pamphagus  nnmidicits,  che   si  accoppiò  e  durò  oltre  tre 
ore  in  questa  funzione,  con  una  femmina  morta  ormai  da  7  od  8  ore. 

Quello  che  riferisce  il  Labitte,  per  osservazione  propria,  è  anche  più  strano.  Catturò,  egli, 
una  femmina  di  Orgya  antiqua  L.,  la  chiuse  in  un  flacone  di  cianuro,  dove  rimase  24  ore;  ne  la 
ritrasse  morta  e  la  infilzò  su  una  assicella  fra  altri  Insetti.  Dopo  5  giorni  o  6,  quando  la  fem- 
mina suddetta  era  ormai  quasi  secca,  sopraggiunse,  dal  di  fuori,  un  maschio  della  stessa  specie; 
rintracciò,  braccando  a  volo,  il  cadavere  della  femmina,  colla  quale  si  accoppio.  Dopo  un  quarto 
d'ora  l'entomologo  uccise  la  coppia  in  quella  funzione  per  conservarla. 

11  potere  di  richiamo  della  farfalla  femmina  si  conservava,  dunque,  anche  dopo  tanti  giorni 
dalla  morte  ed  in  istato  di  quasi  secchezza  dell'insetto,  né  questo  stato  pareva  incomodare  molto 
il   maschio  nella  sua  opera  riproduttrice. 


7dO  CAPITOLO    SKSTO 


I  più  indifferenti  alla  operazione,  quali  si  sono  ricordati,  si  mantengono  sui  loro  piedi  nella 
posizione  normale;  i  Coleotteri  e  qualche  altro,  si  rovesciano  sul  dorso.  Tutti  mostrano  di  con- 
servare intera  la  sensibilità  (oltreché  la  mobilità  degli  arti),  ed  in  taluni  (ad  es.  Gryllus,  che 
continua  a  muoversi  ed  a  saltare  per  ben    13   giorni),   e8sa  è  molto  accentuata. 

II  Canestrini  K.  riconobbe,  finalmente,  che  un  progressivo  disseccamento  degli  arti  è  la 
causa  determinante  la  perdita  della  sensibilità  e  mobilità  loro  e  può  essere  ritardato  conservando 
gli  Insetti  in  ambiente  umido  e  piuttosto  fresco.  La  fuoruscita  di  liquido  dalla  ferita  non  ac 
corcia  il   tempo   nel  quale  continua  la  vitalità  del   tronco. 

Adunque,  la  decapitazione  conduce  alla  morte  dell'insetto  più  che  altro  per  l'anarchia,  che 
essa  importa  nelle  funzioni  dell'organismo,  le  «inali,  pur  continuando,  come  dipendenti  da  altri 
speciali  centri  nervosi,  non  sono  più  coordinate  nell'insieme  di  una  volontà  unica  e  di  uno  scopo 
ben   definito. 

Le  numerose  esperienze  in  proposito,  da  parte  dei  fisiologi,  hanno  mostrato  che  ogni  ganglio 
«Iella  catena  nervosa  ha  un  suo  dominio  con  massima  indipendenza  da  tutti  gli  altri  e  questo 
si  estende  a  tutti  gli  organi  che  ne  dipendono;  ma,  la  coordinazione  degli  atti,  in  dipendenza 
ad  una  volontà,  che  procede  dal  centro  cerebrale  o  da  stimoli  per  percezioni  da  parte  degli  or- 
gani sensoriali  residenti  nel  capo,  è  abolita.  L'insetto  decapitato  più  non  vede  od  altrimenti 
percepisce  l'ambiente,  mercè  gli  organi  sensoriali  cefalici,  ma  in  tutto  il  corpo  mantiene  la  sen- 
sibilità  tattile  e  vi  reagisce.  Una  Aliintis,  cosi  operata,  se  stimolata  nel  tronco  si  difenderà  fug- 
gendosene a  volo  e  reagendo  a  mezzo  delle  sue  gambe  anteriori  ed  in  quest'ultimo  modo  farà 
anche  il  solo  torace,  isolato  dal  capo  e  dall'addome,  come  farà  il  solo  addome,  col  suo  pun- 
golo, di  un  Imenotteri!  aculeato.  La  testa  di  un  Grillo,  al  quale,  per  lesione  del  ganglio,  è  in. 
terrotto  ogni  rapporto  fra  il  cervello  e  la  catena  nervosa  del  tronco,  si  afferra  avidamente  colle 
due  mandibole  ad  un  pezzo  di  pane,  per  cibarsene;  ma,  il  tronco  prosegue  il  suo  cammino, 
mentre  la  testa  resta  fissa,  così   che  il  Grillo  finisce  per  fare  un   capitombolo. 

Le  interruzioni  delle  commessure  transverse  nella  catena  gauglionare,  rendono  indipendenti 
i  gangli   «li   un   lato  dei   corrispondenti  dell'altro. 

In  conclusione,  questa  rilevante  autonomia  dei  centri  nervosi  fra  sé  e  rispetto  al  cervello 
consente  la  vita  in   condizioni,   nelle  «jiiali   essa  è  impossibile  pegli   animali  superiori. 

Effetti  di  sltre  lesioni.  —  Anche  la  asportazione  di  tutto  intero  l'addome,  specialmente  in 
forme  ad  addinne  peduncolato,  per  le  quali,  adunque,  l'emorragia  non  è  grandissima,  uè  totale 
rapidamente,  non  conduce  a  morte  l'insetto  se  non  tardivamente  e  solo  ne  può  impedire  la  loco- 
mozione  aerea,  se  la  forma  è  volante,  per  l'enorme  spostamento  del  ceutro  di  gravità.  Del  resto, 
di  questa  operazione,  pur  così  grave,  molti  Insetti  sembrano  neppure  avvedersene.  E  facile,  con 
nn  colpo  di  forbice,  asportare  l'addome  di  una  Formica,  mentre,  ad  es.,  essa  trasporta  faticosa- 
mente, fra  le  sue  mandibole,  quanto  ha  raccolto  pel  suo  nido.  L'insetto  continua  imperturbato 
la  sua  opera,  in-  abbandona  il  suo  carie",  ne  mostra  altrimenti  di  essersi  pur  accorto  di  cosi 
grave  mutilazione. 

Quanto  alle  lesioni  di  organi  interni  ed  al  loro  effetto  per  la  vita  dell'insetto,  ci  accadrà  di 
vedere  a  suo  luogo  quali  e  quanto  gravi  esse  possano  essere  prima  che,  per  esse,  la  vittima  sia 
distretta   a   soccombere. 

Si  comprende  che  altre  ferite,  che  pure  sono  micidiali  per  animali  superiori, 
hanno  ben  poco  effetto  pegli  Insetti.  Tutti  i  raccoglitori  di  questi  Artropodi 
sanno  quanto  lungamente  essi  possono  vivere,  inchiodati  sulle  assicelle  e  traver- 
sati  da   parie  a   parte  dallo  spillo. 

Ad  es.,  eeeu  osservazioni  pubblicate  dallo  Xainben,  per  Insetti  in  tali  condizioni  :  Coleotteri  : 
Neìops  cerberus  Muls.,  femmina  (da  larva)  è  vissuto  un  mese  e  mezzo;  Mcsosa  cuculionoides  L., 
femmina,  24  giorni:  Cerambix  miles  Bon..  femmina,  42  giorni;  Rhagium  indagato!'  F.,  ambedue  i 
sessi,  due  mesi;  li.  bifasoiatum  F.,  femmina  ex  larva,  un  mese  e  mezzo;  Laeon  mnrinus  h.,  femm., 
ex  larva,  un  mese  e  mezzo:  Blaps  piava  Sol.,  due  mesi  e  mezzo;  Phyto  depressila  Muls.,  due 
femmine,  catturate,  oltre  un  mese  «^  mezzo,  l'n  Ortottero,  il  comune  Acredini»  liueola,  femmina, 
catturala,    quasi   tre  mesi. 

Notisi  che  per  gli  individui  allevati  ex  larva,  non  essendo  intervenuto  alcun  nutrimento, 
dallo  sfarfallamento  alla  morte,  può  esser  ritenuto,  anche  col  confronto  «li  altri  individui  nou 
sottomessi  alla  perforazione  collo  spillo,  che  essi  sieno  periti  per  fame.  Per  questi,  certo,  e  forse 
ini'   tutti,   piii   che  la   ferita  potè  il   digiuno. 


I.'INKI  \'  I  !>[<>    NEGLI    ATTI    PKR    LA    PROPRIA    CONSKRVAZIONK  761 


Resistenza  al  digiuno.  —  La  morte  per  inanizione  è  imposta  a  molti  Insetti 
quale  fine  della  loro  esistenza,  perciò  che  essi  non  hanno  organi  digestivi.  In 
questi  casi,  gli  adulti,  destinati  solo  all'amore  ed  alla  riproduzione,  portano  in 
sé,  dalla  vita  precedente,  sufficienti  scorte  di  sostanza  nutritiva,  così  da  poter 
vivere,  sebbene  per  poco  tempo,  liberi  dalla  preoccupazione  di  rintracciarsi  il 
cibo.  Questo  si  è  dimostrato  a  suo  luogo.  Ma,  pegli  altri,  variamente  famelici  e 
più  negli  stati  giovanili,  quando  debbono  preparare  le  riserve  per  l'avvenire,  o 
negli  adulti,  in  rapporto  col  sesso  e  colla  somma  di  sostanze  nutritive,  che  deb- 
bono accumulare  nelle  loro  uova,  la  resistenza  alla  fame  è  in  misura  varia,  sempre 
notevole,  però,  date  le  dimensioni  dell'animale.  In  molti  casi,  allorché  le  riserve 
vengono  ad  accumularsi  nel  tessuto  adiposo  molto  precocemente,  il  digiuno  può 
essere  protratto  per  un  tempo  lunghissimo,  prima  di  condurre  alla  morte. 

Di  qui,  tutta  una  graduatoria  di  resistenza  in  rapporto  col  regime  e  colle 
particolari  attività  fisiologiche  della  specie.  La  resistenza,  poi,  è  aumentata  da 
uno  spediente,  che,  in  generale  praticano  gli  Insetti  costretti  a  digiunare.  Essi 
si  abbandonano  ad  un  assoluto  riposo  e  ad  una  quiete  funzionale,  per  cai  il  di- 
spendio organico  è  ridotto  al  minimo  e  non  riprendono  volontariamente  ogni  loro 
attività  se  non  in  presenza  del  cibo,  quando  sentono  di  potervi  sopperire. 

Le  larve  olometahole,  in  generale,  allorché  sono  private  di  cibo  in  età  poco  discosta  dalla 
ninfosi,  si  trasformano  prematuramente;  ma,  l'adulto,  elle  ne  viene,  è  piccolo  e,  spesso,  mal- 
fatto. 

Molte  larve  possono  rimanersene  digitine  per  molto  tempo.     Ad  es.     mia    larva   di     Trichodes 

l'in s,  parassita  delle  ooteche  di  cavallette,  visse  un  anno  e  mezzo  senza  nutrirsi  (Valéry  Mayet) 

e  non  perì  che  per  cibo  inadatto  ;  il  danno  apparente,  per  così  lungo  digiuno,  fu  solo  di  una 
leggiera  diminuzione  di  statura.  Una  larva  di  Cicindela  connata  Heer  visse  digiuna  dalla  fine  di 
ottobre  alla  Une  del  luglio  successivo  (Xambeu).  A  proposito  di  Coleotteri  adulti,  lo  stesso  Autore 
ci  fa  noto  cbe  un  Heìopt  pygmaeus  Muls.,  femmina.,  allevato  ex  larva,  cioè  che  non  mangiò  mai 
allo  stato  adulto,  visse  in  assoluto  digiuno  sette  mesi  e  mezzo;  un  maschio  di  Cerambiz  eerdo  L., 
nelle  stesse  condizioni,  morì  dopo  due  mesi  e  pressoché  altrettanto  ed  egualmente  visse  una 
femmina  di  Clytus  arielie  L..  mentre  una  femmina  di  Ritaglimi  indagator  F.,  catturata,  resiste 
cinque  mesi  alla  fame.  Certo,  però,  il  record  del  digiuno  è  tenuto  da  quegli  individui  di  Àlarga- 
dea  vitium  Giard,  che  sono  vissuti  incapsulati  per  ben  17  anni,  secondo  riferisce  il  Perris  (1919) 
ed  è  questo  anche  un  ben  alto  grado  di  longevità. 

Si  vedrà  a  suo  luogo  quanto  sia  lungo  il  digiuno  a  cui  si  sottomettono  volontariamente  le 
femmine  di   Formiche,   allorché  si  isolano  dal   mondo  esterno  per  fondare  un  nuovo  nido 

Bastino  questi  esempi,  fra  innumerevoli  che  potrei  desumere  dagli  Autori, 
per  mostrare  come  gli  Insetti,  in  generale,  godano  di  una  facoltà,  certamente  per 
molti  altri  animali,  in  molti  casi,  invidiabile. 

Resistenza  agli  agenti  chimici.  —  La  resistenza  degli  Insetti  a  liquidi  o  vapori 
tossici  od  altrimenti  nocivi  si  può  affermare  proporzionale  alla  permeabilità  del- 
l'involucro riparatore  degli  organi  interni,  sia  esso  il  tegumento  od  anche  la  tu 
nica  più  interna  dell'intestino.  Giacché  le  trachee,  specialmente  nelle,  estreme 
diramazioni,  sono  permeabilissime  agli  scambi  gazzosi,  si  comprende  che  solo  dalla 
migliore  chiusura  degli  stigmi  dipende  l'impedimento  a  questi  scambi.  Quanto 
alla  peritrofica,  essa  è  permeabile  sopratutto  nel  mesenteron,  per  cui  ogni  inge- 
stione di  sostanza  comunque  nociva  è  ormai  senza  riparo.  Tutta  la  difesa,  da 
parte  dell'insetto,  di  fronte  a  sostanze  venefiche  al  suo  organismo,  sta,  adunque, 
nella  sua  sagacia  e  prudenza  nella  scelta  degli  alimenti,  ed  alla  pronta  e  per- 
fetta chiusura  degli  stigmi,  quanto  a  veleni  aeriformi,  ed,  infine,  per  quelli  liquidi, 
se  immersovi  o  bagnatone,  nella  impermeabilità  del  tegumento.  Questa  è  gran- 
dissima come  già    si  è  fatto  osservare    e    per  questa  via  solo    assai    lentamente 

A.    Beklkse,   Gli  Insetti.   II.  —  96. 


(62  CAPITOLO    SESTO 


può  accadere  dauno  all'organismo  ed  iu  ciò  appunto  sta  la  maggiore  differenza 
in  confronto  a  tutti  gli  altri  organismi  assai  più  penetrabili  traverso  il  loro  strato 
cuticolare.  Di  qui  la  nostra  meraviglia  nel  vedere  Insetti,  anche  a  cute  molle,  ri- 
manersene, senza  danno  apparente,  immersi  in  ambienti  avvelenati  o  comunque 
auabiotici  e,  talora,  per  un  tempo  lunghissimo.  I  soli  liquidi  a  reazione  alca 
lina,  per  la  loro  facoltà  di  agire  sugli  strati  cbitinosi,  mostrano  un'azione  più 
pronta  e,    conseguentemente,  più  micidiale. 

Ma,  i  liquidi  tutti,  come  più  diffìcilmente  permeabili  dei  vapori,  sopratutto 
se  non  sieuo  a  reazione  alcalina  od  altrimenti  capaci  di  demolire  le  difese  grasse 
o  cerose  agli  orifizi  delle  trachee,  non  penetrano  affatto  in  queste  o  molto  meno 
prontamente  dei  vapori  e,  perciò,  la  loro  micidialità  è  assai  meno  pronta,  in 
confronto  di  quella  delle  sostanze  tossiche  allo  stato  aereifonne.  Se  l'insetto 
ha  il  tempo  di  chiudere  la  bocca  e  gli  stigmi,  quando  sia  immerso  in  un  liquido, 
anche  micidialissimo  per  altri  animali  e  che  non  sia  tale  da  forzare  l'ingresso 
nelle  trachee,  la  morte  non  avviene  che  lentissimamente  e  solo  per  asfissia.  Se 
questa,  poi,  è  ritardata  per  la  possibilità,  da  parte  dell'insetto,  di  affacciarsi  di 
tratto  in  tratto  all'aria  pura,  mercè  i  suoi  organi  respiratori,  la  morte  giunge 
con  grande  lentezza  o  non  sopravviene  affatto.  Perciò,  la  differente  attività  respi- 
ratoria, nelle  diverse  età  dell'insetto,  ad  esempio  da  larva  metabolica  ad  adulto 
(nel  quale  è  sempre  di  assai  maggiore)  od  in  rapporto  alla  temperatura  am- 
biente, ecc.  importa  una  ditìerentissima  resistenza,  di  fronte  a  sostanze  venefiche 
ambienti,  a  seconda  di  tutti  questi  diversi  casi.  In  generale  può,  dunque,  essere 
affermato  che  gli  adulti  sono,  in  questo  modo,  più  vulnerabili  delle  rispettive  larve 
e  gli  uni  e  le  altre  con  facilità  proporzionale  alla  elevazione  della  temperatura 
ambiente. 

Tutto  ciò  dia  ragione  del  fatto,  ad  esempio,  che  vapori  di  acido  cianidrico  o  di  cianuro  di 
potassio  sono  fulmineamente  micidiali  ad  una  Mosca,  come  a  qualunque  altro  organismo  animale, 
mentre  le  larve  di  questi  Ditteri  possono  rimanere  assai  più  lungo  tempo  viventi  in  soluzioni 
acquose  della  micidialissima   sostanza. 

Pressoché  alla  pari  dell'acido  cianidrico  gazzoso  sono  prontamente  venefici  i  vapori  di  sol- 
furo di  carbonio  ed  appena  in  minor  grado  molte  altre  sostanze,  che  rappresentano  i  nostri  più 
attivi   insetticidi. 

Tra  questi  sono  in  prima  linea  le  essenze,  i  petrolii,  benzine,  ecc.  Eppure,  mentre  i  Ditteri 
tutti,  allorché  adulti,  periscono  iu  pochi  secondi,  se  esposti  ai  vapori  di  queste  sostanze  in  suf- 
ficiente tensione,  le  loro  larve  possono  vivere  molto  lungamente,  immerse  iu  questi  liquidi.  Noi 
conosceremo,  anzi,  asuo  luogo,  una  larva  di  Dittero  [Pailopa petrohi  Craw),  che,  in  America,  vive 
appunto  nelle  sorgenti  di  petrolio  grezzo,  che  è  il  suo  naturale  ambiente  in  questo  periodo  gio- 
vanile della  sua  vita. 

Il  Labitte,  riportando  (1917)  esperienze  in  proposito  fatte  dal  Cros,  con  altre  sue,  afferma 
che  una  larva  di  Stratiomys,  in  un  barattolo  con  benzina  visse  due  ore  e  mezzo;  ne  fu  ritirata  vi- 
vente, ed,  immersa  nel  petrolio  per  cinque  ore,  trattane  viva,  sopportò  una  immersione  per 
ben  25  ore  nell'essenza  di  trementina  ! 

Un  altro  esemplare  di  questa  tenacissima  larva  visse  ben  27  ore  immersa  in  olio  di  oliva 
finissimo.  Del  resto,  il  diverso  comportamento  da  larve  ad  adulti  di  Mosche,  di  fronte  a  quel 
potente  insetticida,  che  è  l'olio  comune,  era  stata  ben  riconosciuta  dal  Redi,  il  quale  non  ebbe 
mai  a  veder  morire  le  larve  di  Mosca  bagnate  con  questo  liquido;  ma,  quanto  agli  adulti,  giacché 
gli  antichi  autori  avevano  aflermato  la  sua  micidialità  per  le  Mosche  «fattane  da  me  l'e- 
sperienza —  scrive  il  Redi  —  ogni  qualvolta,  che  io  faceva  che  da  una  sola  gocciola  di  olio 
fosse  tocca  ed  inzuppata  una  Mosca,  in  quello  stesso  momento  ella  cadeva,  fuor  d'ogni  credere, 
morta  ». 

Il  Cros  sopracitato,  trovò  vive  lo  larve  di  Stratiomys  dopo  un  quarto  d'ora  di  immersione  in 
una  soluzione  concentratissima  di  cianuro  di  potassio,  nella  quale  l'insetto  mori  solo  dopo  28  ore. 
Larve  della  stessa  specie,  erano  vive  dopo  21  ore    e    mezza    di    immersione  nell'alcool   a  95°,  e. 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    PER    LA    PROPRIA    CONSERVAZIONE  763 


rimesse  in  questo  liquido,  dopo  106  ore  e  mezza  sembravano  morte;  ina,  ritiratene,  dopo  40  mi- 
nuti davano  segni  di  vita  e  dopo  poco  si  muovevano  e  spostavano  ;  una  sola  era  morta,  delle 
tre  soggette  a  questa  ben  dura  prova.  Un'altra  larva  di  Stratiomya  era  ancor  viva  dopo  28  minuti 
di  immersione  nell'etere  solforico.  Una  di  quelle  larve,  che  avevano  resistito  per  106  ore  alla 
immersione  nell'alcool  a  95°,  visse  10  giorni  nella  glicerina,  incrisalidò  e  diede  un  maschio 
perfettamente  conformato.  Nel  formolo  a  40°,  un'altra  larva  della  stessa  specie  morì  solo  dopo 
24   ore,   non  già  d'asfissia,   ma  per  l'azione  caustica  del  liquido. 

Lo  Schultze  constatò  la  presenza  di  larve  ed  adulti  di  Drosophila  rubrostriata  in  teste  di 
Negri  conservate  nel  forinolo,  dove  vivevano  come  in  loro  ambiente  naturale.  Il  Chapellier  vide 
schiudere  esemplari  di  Phora  (jbergenttammi  e  rufipes)  da  cadaveri  di  uccelli  mummificati  col  for- 
molo ed  il  Mansion  trovo  larve  degli  stessi  Insetti,  viventi  su  una  pelle  di  mammifero,  conservata 
in  una  soluzione  diluita  dello   stesso  liquido. 

L'Alessandrini  (1909)  dimostrò,  con  accurate  e  numerose  esperienze,  elio  il  baco  del  formaggio 
(larva  della  Piophila  casei  L.)  può  attraversare  il  tubo  digerente  dell'Uomo  e  del  Cane  senza 
che   il   suo  sviluppo  venga  arrestato  o  ritardato. 

Egli  sperimentò  anche  la  resistenza  di  queste  larve  in  presenza  dei  più  variati  agenti  fisici 
e  chimici   (in   numero  dì  ben  82)    dimostrandola    notevolissima  (ad  es.   immerse  in    xilolo    vissero 

7  ore:  in  sublimato  corr.,  soluz.  satura  a  caldo,  40  ore  ;  soda  caustica,  solnz.  al  30  °/0,  35  ore; 
soluz.  concentrata,  35  minuti  e  pressoché  altrettanto  in  soluzione  di  potassa  caustica;  in  essenza 
di   trementina.  8  ore;  etere  solf.,   1  ora  ;  iu  acqua,  da  208  a  280  ore;  acido  osmico,  soluz.    2  °/0, 

8  ore,  nei  vapori,  5  ore;  aoido  fosforico,  soluz.  satura,  198  ore;  acido  arsenioso,  soluz.  satura  a 
caldo,  38  ore;  acido  acetico  puro,   1  ora;  acido  fenico  crist.,  soluz.   (in  alcool  a  75°),  26  ore. 

Morte  istantanea  si  ebbe  colla  immersione  nel  cloroformio  Dnncan,  ed  in  due  minuti  nel- 
l'aria calda  a  55°. 

Per  questi  Insetti,  l'Autore  conclude  che  la  resistenza  è  in  rapporto  inverso  colla  volatilità 
e  contemporaneamente  col  potere  diffusivo  e  penetrante  della  sostanza  adoperata  ed  in  rapporto 
diretto  con  le  quantità  d'acqua  nelle  soluzioni. 

L'Autore  ha  sperimentato,  sulle  stesse  larve,  anche  l'azione  dei  raggi  X  e  riconobbe  che  de- 
terminarono delle  mostruosità.  I  raggi  mercuriali  ultravioletti  impedirono  completamente  lo 
sviluppo.   Le  emanazioni  del   radio  lo  arrestarono  solo  in  talune  di  esse. 

Bastino  questi  esempi,  fra  i  moltissimi  che  sono  ricordati  dagli  autori,  a  confermare  quanto 
si   è  detto. 

Resistenza  agli  agenti  fisici.  —  Al  freddo  ed  al  caldo  gli  Insetti  mostrano  una 
grandissima  resistenza,  perchè  molti  di  essi  possono  vivere,  in  tutti  i  loro  stati, 
entro  limiti  di  temperatura  larghissima,  con  una  differenza  di  quasi  un  centinaio  di 
gradi.  In  conformità  colla  temperatura  ambiente,  sale  e  discende  quella  del  loro 
corpo,  così  che,  al  disotto  di  0°  essi  congelano,  divenendo  duri  e  fragili  quanto 
un  pezzo  di  ghiaccio,  senza  die  la  loro  vitalità  ne  soflra.  Difatti,  ricondotti  ad 
una  temperatura  normale  per  la  loro  vita  attiva,  riprendono  subito  tutte  le  loro 
funzioni,  senza  mostrare  di  aver  sofferto  danno  od  incomodo  alcuno. 

I  diversi  climi  del  globo  hanno  una  fauna  entomologica  propria,  e  di  ciò  non 
è  il  caso  di  dir  qui.  Ora  si  tratterà  brevemente  solo  della  resistenza  a  tempera- 
tine varie,  a  cui  gli  Insetti  possono  essere  sottomessi,  anche  artificialmente,  nei 
loro  diversi  stati,  compatibilmente  colla  loro  sanità. 

Già  Spallanzani  aveva  sottoposto  le  uova  del  Baco  da  seta  ad  una  temperatura  artificiale 
di-4°  e  di-5",   senza  che  la   loro   fertilità  ne  avesse  sofferto  (questa  si  spegne   a   30°  C.  sec.  Versoli). 

Quanto  alle  larve  olometaboliche,  si  sono  trovati  bruchi  di  Nottue  e  larve  di  Coleotteri 
xilofagi,  viventi  sulla  neve,  ricoprenti  una  vasta  superficie,  con  una  temperatura  di  10°  a  12" 
zero  (Du  Plessis). 

K  stato,  già  da  gian  tempo,  riconosciuto  che  i  bruchi  possono  essere  sottoposti  a  congelazione 
e  successivamente  ricondotti  alla  vita.  Boisduval  osservò  che  le  larve  di  Leucemia,  del  tutto 
gelate,  si  sarebbero  potnte  scambiare  per  vere  stalattiti  di  ghiaccio  ;  la  loro  frattura  era  netta  e 
risonavano  come  corpo  solido,  cadendo  su  un  vetro.  Pure,  quasi  tutte,  a  lor  tempo,  incrisalida- 
rono e  dettero  le  farfalle. 


764  CAPITOLO    SESTO 


Ross  vide,  Delle  regioni  polari,  alcuni  bruchi  ritornarsene  a  vita  dopo  aver  subito  un  freddo 
di  -42°,  durato  una  settimana  e  seguito  da  disgelo.  Larve  di  Piralide  della  vite,  congelate  fino  a 
sei  volte  di  seguito,  sono  sopravvissute  benissimo.  A  -17°,  durante  il  freddissimo  inverno  del 
1837,  in  Francia,  soffersero  le  Viti  e  molte  ne  perivano,  ma  sopravvissero  le  larvediPiralidi.il 
Labitte  sopracitato  ricorda  che  larve  di  Cetonia  aurata,  abbandonate  sopra  terra,  dal  12  dicembre 
al  12  marzo  successivo,  subirono  tutti  i  rigori  dell'inverno.  Nel  gennaio  e  febbraio  la  temperatura 
scese  tino  a  18°  e  tale  si  mantenne  per  otto  giorni  consecutivi.  Le  larve,  gelale,  avevano  assunto 
consistenza  e  durezza  di  ghiaccio;  esse,  a  lor  tempo,  si  riebbero,  senza  mostrare  di  aver  sofferto 
da  così  dura  prova.   Nou   diversamente  si  comportano  le  crisalidi   e  le  altre  ninfe  olometabole. 

Anche  la  Filossera  radicicola  si  è  veduta  conservarsi  viva  dopo  varii  giorni  di  una  tempera- 
tura fra  —  8"  e  —  10°  (Girard). 

Quanto  agli  adulti,  essi  possono  resistere,  senza  congelare,  per  non  lungo  tempo  a  qualche 
grado  sotto  zero  e  mostrarsi  tuttavia  attivi,  per  quanto  si  constati  che  il  freddo  rallenta  i  loro 
movimenti   e  li  rende  torpidi. 

Il  Nicolet  aveva  notato  che  individui  di  Achorates  éimiìatus  (Poduridi),  dopo  trattenuti  per- 
sino durante  sei  giorni  interi,  gelati  nel  ghiaccio  mantenuto  a  11°  C.  per  mezzo  di  una  miscela 
refrigerante,  se  sottoposti  ad  un  disgelo  lento,  riprendevano  tutta  la  loro  vitalità  e  se  ne  fuggi- 
vano saltando. 

Numerose  esperienze  condotte  dal  Plateau  (1872)  dimostrano  che.  mentre  gli  Insetti  acquaioli 
nostrali  sopportano  indefinitamente,  senza  perire,  la  sommersione  nell'acqua  a  0°  C,  non  resi- 
stono, per  lo  contrario,  oltre  una  mezz'ora,  senza  perdere  la  facoltà  di  ritornare  alla  vita,  se 
congelati  entro  il  ghiaccio  a  0°  C.  Di  questo  singolare  fatto  l'unica  esplicazione  possibile  si  è 
che  la  congelazione,  impedendo  ogni  movimento,  arresta  anche  la  respirazione  dell'animale  e  le 
esperienze  del   Plateau  confermano  questa  ipotesi. 

Di  fronte  a  temperature  elevate,  la  resistenza  degli  Insetti  è  pur  notevole,  ma  l'aria  calda 
è,  forse,  più  micidiale  che  l'acqua  a  temperatura  più  alta  della  normale,  sopratutto  pegli  Insetti 
acquaioli. 

Nell'aria,  in  ambiente  caldo,  gli  Insetti  reagiscono  anche  con  una  abbon- 
dante traspirazione,  per  cui  il  loro  corpo  si  inumidisce  alla  superficie  di  una 
specie  di  sudore,  che  mostra  di  essere  abbondante  sopratutto  sulla  pelle  più 
sottile. 

E  stata  osservata  la  presenza  di  Coleotteri  nelle  acque  termali,  ma  il  fatto  è  anche  stato 
revocato  in  dubbio.  Io  ricordo  benissimo,  però,  di  aver  veduto  nuotare  degli  Hydroporm,  nelle 
acque  termali  di  Abano,  in  vasche,  cosi  calde,  che  la  mano  vi  si  poteva  tenere  immersa  per  solo 
pochi  minuti  (1).  Certo  è  che  molti  Insetti  delle  sabbie,  come  gli  Ortotteri,  che  abbondano  sui 
terreni  riarsi  dal  sole  durante  le  più  calde  stagioni,  ne  si  vedono  mai  tentare  di  ripararsi, 
debbono  trovarsi,  per  ore,   in   una  temperatura,  che  sarebbe  per  noi  insopportabile  affatto. 

Spallanzani,  dava  le  seguenti  cifre,  riferenti  le  temperature,  alle  quali  aveva  ottenuto  la 
morte  di  forme  giovani  di  Insetti  aerei  diversi  : 

Larve:  Bombyx  mori  a  42°  C.J  Farfalle  dell'Olmo  (Bombyxf)  alla  stessa  temperatura:  larve 
di  Mosca  della  Carne  (Calliphora  f)  42°, 5  ;   loro  ninfe,   43,7;   loro  adulti,   37°, 5. 

Nicolet  riconobbe  che  V Achorates  similatus  (Poduridi)  perisce  abbastanza  presto,  se  immerso 
nell'acqua  a  +  38°  C.  e  pressoché  istantaneamente  nell'aria  a  +  35°  C. 

Per  ciò  che  riguarda  gli  Insetti  acquaioli,  lo  Spallanzani  aveva  notato  che  le  larve  e  le 
ninfe  di  Zanzare  muoiono  nell'acqua  a  — (—  43°,7  C.  e  le  larve  di  ErUtaliì  tenax  (?)  non  sopportano 
i   -t-  41°,2. 

Le  temperature  massime  dell'acqua  calda,  nelle  quali  è  possibile  la  vita,  per  qualche  tempo 
agli  Insetti  acquaioli,  sono  comprese,  secondo  il  Plateau  (1872),  entro  limiti  molto  ristretti,  cioè 
33°,5  fino  a  46°, 2,  secondo  le  varie  specie.  Ecco  quali  temperature  sopra  zero  sono  state  sop- 
portate,   anoue  per  lungo  tempo,  senza  che,  sia  intervenuta  la  morte,  per  parte  di  varii    Insetti 


(1)    Molto  probabilmente  si  tratta  dell'  Hydroporm    thermalis  Horn.,    già  incontrato  dall'Hor- 
nung  (1840-41)  nelle  sorgenti  calde  dei  colli   Euganei,   cioè  della  stessa  località. 


I.' INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    PER    LA    PROPRIA    CONSERVAZIONE  "65 

acquaioli,  immersi  nell'acqua:  larve  di  Culex  pipiena  38°;  di  Cloeon  dipterum  44°;  adulti  di  Xoto 
unta  glauca  37°, 5;  Stpa  cinerea  43°;  Ayabna  bipuatiilatna  36°;  Hydroporne  doraalia  39';  Hydaticus 
tranirersalia  38°;  Hyiroua  caraboidea  38°.  Nessuna  specie,  soggetta  alle  sperienze,  ha  resistito  ad 
una  temperatura  superiore  ai  48°, 2,  nemmeno  fra  gli  Aracnidi  ed  i  Crostacei,  e,  probabilmente, 
la  massima  compatibile  colla  vita  non  oltrepassa  i  -+•  46°,  come  per  ogni  altro  animale  acquatico. 
Molte  sorgenti  termali,  possono,  adunque,  riesoire  non  micidiali  (per  la  sola  temperatura)  ai 
comuni  Insetti  acquaioli  e,  dei  suddetti,   il   Plateau  enumera,   pel   Belgio,   una  dozzina. 

Resistenza  all'asfissia.  —  La  facoltà,  che  hanno  gli  Insetti,  di  eh  intiere  ermeti- 
camente i  loro  stigmi,  così  da  serbare  entro  di  so  tutta  l'aria  contenuta  nel  loro 
corpo  ed  a  spese  di  questa  respirare  per  qualche  tempo,  fa  sì  che  essi  possano 
durare,  anche  lungamente,  senza  rinnovare  la  loro  provvista  d'aria.  Perciò,  sia  in 
presenza  di  gaz  non  respirabile  od  in  ambienti  ad  aria  comunque  rarefatta,  od  in 
liquidi  non  micidiali,  gli  Insetti  possono  vivere  lungo  tempo  e  di  ciò  qualche 
esempio  si  è  già  recato. 

Già  il  Lyonet  (1762)  aveva  tenute  sommerse  nell'acqua  larve  di  Cossita  cosina  per  ben  di- 
ciotto giorni,  senza  riescire  a  farle  morire.  Ma.  gli  adulti  non  sembra  abbiano  una  così  grande 
resistenza  all'asfissia  per  sommersione,  per  quanto  di  specie  littorali,  palustri  od  anche  acquaiole 
ed  il  Plateau,  fino  dal  1872,  con  numerose  sperienze,  stabiliva  che,  ad  esempio,  gli  Aepns  (A. 
fulreiceni  ;  A.  robini),  fra  i  Carabidi,  come  i  Blemus,  gli  Elmidi  e  gli  Elophoridi  ;  qualche  Cur- 
culionide  {Cetitorrhynchna,  Bagoua):  le  H aemonia  ;  V Achorutes  maritimua  possono  rimanersene  anche 
dieci  o  dodici  giorni  sommersi,  prima  di  morire  per  asfissia  ;  ma,  si  è  già  veduto  per  molte  di 
queste  forme  à  quali  spedieuti  esse  ricorrano  per  una  respirazione  subacquea. 

li'Hydrometra  atagnornm  può  vivere  immersa  fino  a  31   ore. 

Le  resistenze  massime,  notate  dal  Plateau,  per  adulti  di  Insetti  terrestri,  in  confronto  degli 
acquaioli,   sono  riportate  nelle  seguenti  cifre. 

Insetti  aerei  :  Aphodina  fimctariua  50  ore,  30'  ;  Meìolonthn  melolontha  63  ;  Carabna  anratus 
71,   36';   Agelaitica  alni  72;   Byìobina  abielia  95;    Oryctes  naaicornia  96;    Geotrupe^  atercorariua  96. 

Insetti  acquaioli  :  Gyrinua  natator  3  ore;  Agabna  bipuelulatua  6,  10'  ;  Haliplua  elevatila  11,  5'  ; 
Bydroporm  palliatila  15,   30';    Bypidrua  oratiti  21;    Dyliaciia  marginalia  65,   30'. 

Sembra,  adunque,  che  gli  Insetti  acquaioli  resistano  meno  all'asfissia  di  quelli  a  vita  aerea. 
Ciò  può  dipendere  perchè  questi  ultimi,  allorché  immersi,  non  si  muovono  altrimenti,  mentre 
quelli  acquaioli     non   sanno  darsi  pace  e,   di  continuo  nuotando,   consumauo  molto  ossigeno 

Cotale  è  la  resistenza  degli  Insetti  in  condizioni  avverse  alla  vita  loro;  ve- 
dasi di  quanto  essa  superi  quella  degli  animali  più  alti  e  come  si  illuda  ehi 
spera  che,  da  freddi  intensi  e  prolungati  o  da  stagioni  eccessivamente  piovose, 
possa  venire  utile  alle  campagne,  per  mortalità  degli  Insetti  nocivi,  dovuta  a 
queste  anormali  condizioni.  È  da  credere  che  più  presto  degli  Insetti  sia  per 
perire  ogni  vegetazione. 


Longevità  degli  Insetti. 

In  nessun  gruppo  di  animali  si  incontra  un  così  largo  campo  di  variabilità 
uella  durata  dell'esistenza  postembrionale,  quale  si  nota  fra  gli  Insetti  e  ciò  anche 
fra  specie  affinissime  e  congeneri. 

Veramente,  su  questo  argomento  non  molto  estese  sono  state  le  ricerche  dei  naturalisti  e  si 
può  dire  che,  dati  precisi,  non  solo  per  la  grandissima  maggioranza  della  specie,  ma  ancora  per 
interi  gruppi  sono    tuttavia  desiderati. 

È,  bensì,  notorio  che,  mentre  talune  specie  compiono  piti  generazioni  nell'anno,  il  che  vuol 
dire  che  la  intera  loro  esistenza  si  circoscrive  entro  poche  settimane,  per  altri,  invece,  essa  si 
protrae  per  anni. 


766  CAPITOLO    SESTO 


Anche  la  durata  della  vita  preimaginale,  in  confronto  di  quella  del  rispettivo 
adulto,  subisce  variazioni  grandissime,  sia  pure  anche  per  specie  da  compren- 
dersi in  gruppi  affini  nel  sistema  e  l'un  periodo  può  essere  più  lungo  o  più  breve 
dell'altro,  non  di  rado  con  differenze  enormi,  per  quanto  si  possa  ritènere  che 
più  comunemente,  il  periodo  larvale  di  una  specie  sia  più  lungo  di  quello  dell'adulto- 

Fra  gli  esempi  di  massima  differenza  nella  durata  rispettiva  della  vita  larvale,  in  confronto 
di  quella  dell'adulto,  ricordo  i  due  classici  delle  Efemere  e  delle  Cicale  nordamericane.  Nelle 
prime,  dopo  un  periodo  larvale  che  dura  un  triennio,  sorge  un  adulto,  la  cui  esistenza  si  protrae 
solo  per  ore,   come  è  indicato  dal  loro  nome. 

La  Ctcada  septendecim  del  Nordamerica,  secondo  è  indicato  dal  suo  nome  specifico,  vive  ben 
diciassettauni  sotterra,  allo  stato  preimaginale,  mentre,  in  quello  di  adulto,  ha  una  esistenza  non 
più  lunga  di  quella  delle  specie  nostrali. 

Fra  gli  esempi  di  massima  longevità  allo  stato  larvale  può  ricordarsi  anche  quello  citato  dal 
Marshall),  di  un  Bupestide  veduto  uscire  da  un  leggio  conservato  da  un  ventennio  nell'ufficio  di 
una  amministrazione.  L'insetto  doveva  aver  passato  questo  tempo  in  istato  di  larva  e  ninfa 
entro  il  legno. 

Per  converso,  la  vita  larvale  di  parecchie  specie  è  brevissima  ed  è  più  corta  di  quella  de1 
rispettivo  adulto.  Cosi,  ad  es.,  la  Mosca  della  carne  compie  il  suo  ciclo  larvale  entro  6  a  7 
giorni;  ma,  l'adulto,  anche  in  piena  estate,  può  vivere  due  mesi  e  più.  L'Ape,  dopo  8,  10,  13 
giorni,  secondo  il  sesso,  e  la  casta,  passati  allo  stato  di  larva,  può  vivere  fino  a  5  anni  (regina) 
in  quello  di  adulto  ed  una  regina  di  qualche  specie  di  Formica  raggiunge  i  quindici  e  forse 
i  venti  anni.  Le  Pulci  dell'uomo,  la  cui  larva  compie  il  suo  ciclo  in  pochi  giorni  vive  allo 
stato  adulto  più  anni,   fino  a  nove,   secoudo   si    afferma,   ecc. 

Le  cause  intrinseche  determinanti  questa  varia  durata  della  vita  larvale,  in 
differenti  specie  e  gruppi  di  Insetti,  possono  richiamarsi  sopratutto  a  diversa 
condizione  di  nutrizione  (in  senso  largo),  e,  quanto  alle  variazioni  di  durata  del 
periodo  larvale,  che  pur  si  riscontrauo,  sebbene  assai  limitate,  in  individui  della 
medesima  specie,  ma  viventi  in  condizioni  diverse,  può  essere  detto  che  le  va- 
riazioni stesse,  talora  molto  sensibili,  dipendono  anche  dalla  differente  tempera- 
tura ambiente.  Altrove  (pag.  29'J)  si  è  brevemente  accennato  alla  influenza  del 
regime  diverso  sulla  diversissima  durata  della  vita  larvale,  in  gruppi  vari  di  In- 
setti e  se  ne  è  già  accennata  la  causa  prima. 

E  certo  che  le  specie  viventi  a  spese  di  sostanza  più  nutritiva  sono  anche  le  più  esposte  a 
distruzione,  perchè  appunto  tal,'  sostanza  è  più  ricercata  anche  da  altri  concorrenti  e  cosi  tolta 
via  più  presto  dalla  circolazione  ed  è  anche  di  più  facile  e  pronta  alterazione  e  distruzione,  per 
la  sua  stessa    natura. 

La  sostanza  animale  morta  è  certo  il  più  ricco  nutrimento,  ma  è  anche  il  più  ricercato  e 
sollecito  a  scomparire.  Perciò,  gli  Insetti,  che  se  ne  cibano  nel  periodo  giovanile,  sono  quelli  a 
sviluppo  più  rapido;  ma,  anche,  ad  esistenza  più  insidiata  ed  aleatoria,  insieme  col  loro  mezzo 
nutritivo. 

Di  qui  la  possibilità,  ed  insieme  la  necessità,  di  più  generazioni  nell'annata.  Più  sicure  di 
giuugere  allo  stato  adulto  sono  le  specie  predatrici  nello  stato  giovanile,  donde  accade  che  queste 
hanno,  il  più  spesso,  una  sola  od,  al  massimo,  due  generazioni  nell'annata.  Le  forme  vegetariane, 
nntrentisi  di  sostanza  vegetale  fresca,  hanno  molti  concorrenti  più  voluminosi  e  sbrigativi,  quanto 
a  voracità  e  perciò  esse  pure  corrono  serii  pericoli,,  durante  la  loro  vita  giovanile.  Più  sollecita- 
niente  compiono  il  loro  ciclo  i  coprofagi  ed  i  frugivori  ;  ma,  per  essi,  la  concorrenza  con  altri 
animali  maggiori  è  anche  più  intensa  e  per  questo  e  perchè  la  protezione  nell'ambiente  riparato 
in  cui  vivono,  di  fronte  ai  loro  nemici  speciali,  non  è  tanto  efficace  quanto  sembrerebbe,  accade 
che,  generalmente,  queste  specie  debbono  ricorrere  all'espediente  di  maggior  numero  di  genera- 
zioni, in  confronto  di  quelle  nutrientesi  della  parte  erbacea  delle  piante,  anche  se  meno  bene 
protette. 

Ma,   le  specie  viventi  entro  i  legnami  o  sotterra,  ove   sono  meno  insidiate  e  non  incontrano 


INDIVIDUO    NEGLI    AITI    PER    I.A    PROPRIA    CONSERVAZIONE  "67 


concorrenza  di  animali  superiori  o  pericolo  di  distruzione  od  impoverimento  dell'ambiente,  in 
cui  vivono,  si  trovano  nella  condizione  del  «ehi  va  piano  va  sano»;  penano  molto  tempo  a 
raggiungere  lo  stato  adulto  e  le  loro  generazioni  possono  essere  ad  intervalli  grandissimi,  senza 
pericolo  per  l'esistenza  della  specie. 

Per  una  generazione  di  un  Buprestide  o  di  una  Ckada  septendecim,  una  Mosca  ne  mette  in- 
sieme una  cinquantina  almeno,  che  è'  poi  come  dire  (concedendo  che  la  Mosca  partorisca  almeno 
cinquanta  uova)  ohe,  per  la  figliolanza  di  una  sola  Cicala  delle  specie  suddette  o  di  un  Coleottero 
lignicolo  dei  più  longevi,  il  più  lauto  nutrimento  permette  ed  impone  alla  Mosca,  la  esistenza  (e 
la  distruzione)  di   miliardi  di   individui. 

Adunque,  si  può  affermare  che  la  durata  della  esistenza  postembrionale,  al 
l'infuori  del  periodo  anagonico  (al  quale  la  specie  si  disinteressa  affatto),  a  parità 
di  altre  condizioni  dovute  all'ambiente,    è    inversamente  proporzionale  alle  cause 
nemiche  alla  specie,  stessa,  come  pure  ai  suoi  mezzi   autofilattici. 

Quanto  alle  differenze  di  temperatura,  dovute  a  quelle  del  clima  o  della 
stagione,  è  opportuno  osservare  che  gli  individui  di  una  stessa  specie,  viventi  in 
climi  meno  caldi,  subiscono  un  ritardo  nella  durata  del  ciclo  larvale,  in  confronto 
di   quelli  più  meridionali. 

Così,  ad  es.,  la  Melolontha  melolontha,  il  cui  ciclo  di  vita  si  compie  in  tre  anni  da  noi  enei 
centro  d'Europa,  ritarda  tino  a  quattro  anni   nelle  regioni  piti  settentrionali. 

In  tal  guisa,  a  seconda  delle  località,  l'Hylesinns  piniperda  ha  una,  due  o  tre  generazioni 
annue,  ecc. 

Anche  le  diverse  generazioni  di  una  stessa  specie  si  compiono  in  tempi  differenti,  a  seconda 
della  stagione  più  <>  meno  calda,  nella  quale  si  svolgono,  quando  però  la  temperatura  ambiente 
non  dipenda  da  altre  cause  che  dal  clima  o  dalla  stagione  ed  in  tal  caso  sia  poco  variabile  o 
pressoché  costante,  come  avviene,  ad  es.,  nelle  fermentazioni  in  geuere.  Così,  ad  es..  la  genera- 
zione estiva  del  Lophyrus  pini  si  svolge  tutta  in  quattro  mesi,  mentre  quella  invernale  ne  im- 
piega otto.  Sopratntto  lo  stadio  di  ninfa,  negli  Olometaboli,  è  soggetto  a  variazioni  notevoli  di 
durata,   dipendenti   dal  elima,  dalla  temperatura  ambiente,   ecc. 

Si  può  ammettere,  Col  Ratzeburg,  che,  allo  sviluppo  completo  postembrionale  di  ciascuna 
specie  sia  necessaria  una  certa  quantità  di  calore,  cioè  di  una  certa  somma  di  gradi,  costante 
per  ciascuna  specie,  secondo  l'ipotesi  del  Bonssinganlt  per  le  piante,  salvo  lievi  variazioni,  do- 
vute ad  altre  influenze,  come  quella  della  luce  ricevuta  dalle  larve  e  dalle  ninfe  ;  dello  stato 
igrometrico  dell'atmosfera,   ecc. 

Gli  allevatori  del  liaco  da  seta  sanno  benissimo  di  quanta  influenza  sia  la  temperatura  nella 
durata  della  vita  larvale  dell'insetto,  che  possono  accorciare  con  un  opportuno  riscaldamento 
dell'ambiente.  11  Kegeener  ha  constatato  clie  il  tempo  richiesto  dal  Bombice  del  Pino,  por  coni. 
piere  la  sua  vita  larvale,  è,  ad  es.,  di  500  giorni  con  -\-  6"  di  temperatura,  ma  può  essere  ridotto 
a  soli   56  giorni,   con   una  temperatura  costante  di   -\-  24°  a  -)-  28". 

L'inverno  è  passato  dagli  Insetti,  nei  paesi  temperati  o  freddi,  sia  nello  stadio  embrionale, 
sin  in  qualcuno  dei  tre  postembrionali,  ed,  in  questo  caso,  in  una  condizione  di  vita  latente.  Per 
ciascuna  specie  lo  stadio  ibernante  è  sempre  lo  stesso,  sebbene  esso  possa  variare  anche  per  specie 
affini. 

Ad  es.,  Warnenbnrg  afferma  che,  delle  grandi  Farfalle  di  Germania,  il  3,4  per  100  svernano 
allo  stato  d'uovo;  il  6tì,9  per  100  in  quello  di  bruchi  ;  il  28,2  per  100  nella  condizione  di  cri. 
salide  e  l'I, 5  per  100  in  quella  di  adulti.  Tutti  i  Zigenidi  passano  l'inverno  nello  stadio  lar- 
vale ;   La  maggior  parte  degli  Sfingidi    in   quello  ninfale,   ecc. 

A  proposito  della  durata  della  vita  postembrionale,  dati  particolareggiati  su  molti  Coleotteri 
sono  stati  raccolti  dal  Labitte,  con  osservazioni  su  Insetti  tenuti  in  cattività.  L'Autore  si  è 
proposto  alcuni  quesiti,  fra  i  quali  i  due,  che  hanno  ricevuto  risposta  più  soddisfacente,  sono  i 
seguenti. 

l.°  Quale  dei  due  sessi   sia  più  longevo. 

2.°  Quali  sieno  le  Famiglie  dell'Ordine,   che  raggiungono  una  più  lunga  esistenza. 

Il  risultato  delle  osservazioni  fatte,  in  proposito,  dall'Autore  sopralodato,  porta  a  credere 
che,  in   generale,   le  femmine  sieno  alquanto  più   longeve  dei  maschi  rispettivi   e    che  le  Famiglie 


768  CAPITOLO    SESTO 


di  Coleotteri  comprendenti  specie,  che  presentano    mia    più    lunga  esistenza    (allo  stato  adulto), 
disposte  appunto  a  seconda  della  loro  longevità,   dal   massimo  al  minimo,  sono  le  seguenti:   Tene 
brionidi,  Stercorarii,  Idrotìlidi  e  Carabidi,  G'eranibicidi,  Lncanidi  (eccetto  Dorcus),  Cetouidi,  Melo- 
lontidi. 

Dalle  indicazioni  fornite  dall'Autore,  risulta  che  una  Blaps  gigas  adulta  gli  è  vissuta,  in 
cattività,  ben  3349  giorni,  cioè  oltre  nove  anni  ;  circa  tre  anni  sono  vissuti  Carabus  auratus 
(1112  giorni);  Dytiscus  marginali»  (1005  g.)  ;  Copris  hispamis  e  Geotrupe»  (1137  g.)  ;  Blaps  morti- 
saga;  B.  magica;  B.  edmondi  :  Akis  spinosa;  A.  reflexa  tutte  da  tre  anni  a  quasi  quattro  (da 
1106  a  1219  giorni). 

Da  queste  alte  longevità,  fino  alla  Melolonta,  che  vive  un  mese  circa,  è  tutta  una  scala  di 
età  molto  differenti,  raggiunte  da  Coleotteri  adulti,  secondo  la  gradazione  indicata  per  le  Fa- 
miglie. 


La  fine  dell'individuo  (I). 

Col  cessare  dell'attività  riproduttiva  non  è  compiuto  ancora  il  ciclo  della 
vita  individuale.  Questa  può  continuare,  tuttavia,  in  un  periodo  metagonico,  più 
o  meno  lungo,  anzi,  solo  raramente  la  fine  della  facoltà  riproduttiva  coincide 
colla  morte  dell'individuo.  In  questo  ultimo  tratto  della  vita  sua,  l'individuo  vive 
esclusivamente  per  sé;  il  suo  concorso  in  vantaggio  della  specie  sua  è  sempre 
molto  modesto  e  spesso  nullo  affatto,  ed  in  proporzione,  appunto,  dell'entità  di 
questo  suo  possibile  concorso,  l'individuo  gode  ancora,  da  parte  della  specie, 
quella  protezione  o  difesa,  che  ebbe  così  larga  e  generosa  sopratutto  nella  pie- 
nezza della  sua  maturanza  sessuale. 

Nella  condizione  anagonica  postgenitale,  in  questa  sua  veste  di  neutro  fisio- 
logico, l'individuo  perde  pressoché  ogni  valore  nell'economia  della  specie,  che, 
il  più  spesso,  se  ne  disinteressa,  quando  la  vita  anagonica  individuale  non  possa 
ancora  riescire  vantaggiosa  alla  specie  stessa  altrimenti  che  coll'opera  ripro- 
duttiva. 

Si  comprende  clie,  per  le  forme  solitarie,  questo  intervento  utile  alla  specie  è  pressoché 
nullo.  Solo  nelle  società  si  vede  l'individuo,  pure  nello  stato  anagonico,  assumere  parte  più  o 
meno  rilevante  nell'economia  della  specie  e,  perciò,  godere,  tuttavia,  di  quella  considerazione,  che 
si  aspetta  ad  un  elemento  integrante  di  questa  economia. 

Può  anzi  misurarsi  il  grado  di  perfezionamento  di  una  società  da  quello  del  rispetto,  per 
parte  della  specie,  verso  gli  individui  anagonici,  cioè  dalla  durata  del  periodo  metagonico.  Nelle 
società  più  evolute,  anzi,  interviene  perfino  l'individuo  anagonico  organicamente,  apposta  creato  e 
la  anagouicità  giunge,  anche,  a  preponderare  largamente  sulla  facoltà  riproduttiva.  Per  l'Ape,  la  cui 
famiglia  rappresenta  la  società  più  perfezionata  ed  evoluta  nel  regno  animale,  la  sessualità  e 
ristretta  a  due  soli  individui,  il  minimo  necessario  e  sufficiente;  tutta  l'enorme  massa  restante 
degli  individui,  che  può  sommare  anche  a  piti  diecine  di  migliaia,  è  votata  alla  neutralità,  sia 
organica  per  la  casta  delle  operaie,  sia  funzionale  per  tutti  quegli  altri  maschi,  che  non  concor- 
rono all'opera  riproduttiva. 

Per  questi  ultimi,  gli  inutilissiini  fra  tutti  gli  individui,  la  specie  è  così  poco  benigna  che  li 
vota  a  morte  precoce  e  non  godono  neppure  della  efficacissima  arma  difensiva,  che  appartiene  alle 
altre  caste. 

Nelle  altre  società  di  Insetti,   noi   riconosciamo  condizioni    di  cose  variate,   così   che  ne  viene 


(1)  È  puramente  per  ragioni  di  proporzione  fra  i  diversi  capitoli  che  non  sene  fa  di  questa 
parte  uno  a  sé,  come  converrebbe,  dato  clic  (pianto  vi  si  dice  non  appartiene  alla  conservazione 
dell'individuo.  Il  lettore  voglia  tener  presente  ciò,  nel  vedere  che  si  è  così  compiuto  tutto  il  ciclo 
della  esistenza   individuale. 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    PKR    LA    PROPRIA    CONSERVAZIONE  769 

ima  graduatoria  di  evoluzione  per  una  diversa  proporzione  numerica  degli  individui  componenti 
le  singole  caste,  ed  un  diverso  posto  e   grado  fatto  alla  anagonicità  (1). 

Ad  ogni  modo,  anche  per  questo  lato,  si  vede  che  un  rispetto  maggiore  alla  vita  dell'indi- 
viduo, per  parte  della  specie,  è  un  indice  di  una  condizione  meno  difficile  di  esistenza  per  la 
specie  stessa,  come  si  è  veduto  l'ipertella  rappresentare  quella  di  esuberanza  economica  indivi- 
dualo, oltreché  specifica. 

Se  la  concorrenza  fra  individui  della  stessa  specie  non  è  molta,  quelli  superflui  (perchè 
auagouici),  sono  tollerabili  in  una  società,  meutre  non  lo  sarebbero  in  condizioni  diffìcili,  come 
accade  ai  maschi  delle  Api.  clic,  istintivamente,  le  operaie  uccidono  al  declinare  della  stagione 
di  abbondanza  od  a  quei  vecchi  di  tribù  barbare,  che  subiscono  la  stessa  sorte  (questa  volta  ra- 
gionata), in  momenti  di  penuria. 

Adunque,  l'individuo  inizia  la  sua  parabola  discendente  colla  fine  della  ca- 
parmi sessuale  e  di  qui,  fino  alla  morte,  vive,  direi  quasi,  parassita  di  sé,  esau- 
rendo, grado  grado,  il  patrimonio  di  elementi  vitali,  che  ha  accumulato  durante  il 
periodo  pregonioo,  e  che  è  rimasto  stazionario  durante  quello  genitale,  in  presenza 
di  tutta  l'esuberanza  degli  organi  e  delle  funzioni  di  riproduzione. 

Tutti  i  suoi  elementi  morfologici,  molto  probabilmente,  si  trovano  nelle  stesse 
condizioni  di  decadenza,  per  una  attività  moltiplicatrice  inadeguata  alla  mortalità 
loro  e  questa  è  la  sola  causa  prima  della  fine  a  cui  tutto  l'organismo  va  incontro, 
allorché  questa  condizione  di  decadenza  fisiologica  riesce  tale  che  l'equilibrio  per 
la  possibilità  dell'esistenza  è  rotto.  Le  cause  secondarie  della  morte,  con  carattere 
patologico,  sono  provocate  solo  al  seguito  di  questo  disquilibrio. 

Tale  è  la  vecchiaia,  che  negli  Insetti  procede  con  decorso  graduale,  varia- 
mente rapido,  a  seconda  della  specie,  conducendoli,  alla  fine,  con  tutti  i  caratteri 
di  un  processo  fisiologico,  alla  funzione  negativa  e  pur  di  così  grande  rilievo 
fra  quelle  proprie  della  specie. 

La   morte. 

La  fine  dell'esistenza  individuale,  ebe  si  è  veduto  accadere  in  condizioni  cosi 
variate  rispetto  all'età,  per  ogni  singola  specie  ed  anche  per  le  diverse  genera- 
zioni di  una  stessa,  è  accompagnata  da  fenomeni,  che  possono  richiamare  ciò  che 
si   vede  accadere  negli  animali  superiori. 

Da  poiché  questi  fenomeni  dipendono  da  una  speciale  condizione  di  organi 
e  di  funzioni  destinati  alla  conservazione  dell'individuo,  quali  si  sono  fatti  co- 
noscere nel  presente  capitolo,  solo  per  questo  si  tratta  qui  di  un  fenomeno  del 
tutto  autinomico,  e  che  non  dipende  da  atti  individuali. 

La  morte  dell'individuo,  infatti,  rappresenta,  nell'organicità,  a  conservazione 
e  diffusione  della  specie,  una  funzione  di  cardinale  importanza,  quanto  quella 
della  riproduzione,  di  cui  è  diretta  conseguenza,  così,  come,  per  l'individuo,  tutto 
il  complesso  delle  funzioni  di  citolisi  ed  istolisi,  in  genere,  per  le  quali,  compiuto 
il  loro  ciclo,  i  vecchi  elementi  periscono,  per  dar  posto  ai  nuovi,  che  sorgono 
via  via. 

Come  il  ciclo  di  vita  individuale  procede  da  un  incremento  dei  nuovi  ele- 
menti morfologici  rispetto  a  quelli  che  periscono  al  termine  della    loro    funzione 


(l)  Per  chi  argomenti  considerando  la  società  umana  e  non  dimenticando  che,  per  noi,  ogni 
influenza,  ogni  imperativo  della  specie  si  traduce  in  atto,  traverso  il  ragionamento  e  l'apparente 
libero  arbitrio  individuale,  sarà  però  sempre  evidente  la  larga  parte  fatta  alla  anagonicità,  sia  a 
quella  ragionala  (diciamola  pure  così),  sia  a  quella  naturale,  derivante  dalla  notevole  lunghezza 
del  periodo  metagouico. 

A.  Beklepe.   CU  Inselli.  II.  —  97. 


770  CAPITOLO    SKSTO 


(ed  analogamente  potrebbe  esser  detto  per  ciascuna  cellula  in  riguardo  ai  suoi 
elementi  costitutivi);  raggiunge  le  condizioni  di  equilibrio  nella  pienezza  dell'età, 
per  poi  incorrere  nell'eccesso  delle  perdite  rispetto  ai  suoi  acquisti,  fino  alla  im- 
possibilità di  funzioni  vitali,  così  accade  per  la  specie  (come  per  le  razze  e  le  fa- 
miglie). Da  una  gagliarda  fecondità,  che  permette,  anzi  costringe,  la  specie  alla 
sua  diffusione  in  tutta  l'area  per  essa  abitabile,  raggiunto  un  apogeo  rappre- 
sentato da  una  condizione  di  ottimo  essere  (che  ha  per  esponente,  in  generale, 
una  condizione  ipertelica),  essa  declina  per  disquilibrio  della  mortalità  in  confronto 
della  fecondità,  quella  eccedendo  su  questa,  donde  la  fine  certa  della  specie,  la 
sua  morte. 

La  morte  individuale  è,  dunque,  una  condizione  necessaria,  per  l'esistenza 
della  specie,  alla  quale  sarebbe  negata  ogni  variabilità,  ogni  diffusibilità,  ogni 
attività,  insomma,  quando  agli  individui,  creati  ab  origine  iu  numero  e  costituzioni 
immutabili,  resa  inutile,  per  conseguenza,  la  facoltà  riproduttiva  individuale,  fos- 
sero essi  soli  immortali  ed  invariabili,  nel  continuo  variare  di  tutto  il  rimanente 
mondo.  Questo  è  il  processo  normale,  direi  quasi  fisiologico,  della  funzione  della 
morte. 

Ma,  si  sono,  volta  a  volta,  citati  esempi  della  facilità  con  cui  la  specie  ricorre 
al  sacrificio  di  individui,  talora  in  maniero  mirabilmente  elevato,  pur  di  assicurare 
la  continuità  di  esistenza  di  quel  pliylum,  che  si  perpetua  traverso  la  discendenza 
del  gonocito.  In  questi  casi,  la  morte  degli  individui  votati  a  questo  sacrificio 
interviene  prima  che  il  ciclo  di  vita  sia  compiuto  e  ciò  dimostri  l'anormalità 
di  questo  mezzo  di  autodifesa  della  specie:  ma,  ancora,  provi  il  carattere  di  vera 
funzione  della  morte  individuale,  nell'economia  della  specie  stessa.  Esempi  ana- 
loghi, sono  offerti  dall'individuo,  quando,  pur  di  conservarsi  in  vita,  interrompe 
volontariamente  o  meno  qualche  funzione,  e  persino  rinuncia  a  parte  di  sé,  come 
nei  casi  di  autotomia,  che,  in  taluni  gruppi  di  animali,  anche  più  assai  che 
negli  Insetti,  si  manifesta  con  sacrifici  di  parti  cospicue  dell'organismo,  destinati 
a  fronteggiare  una  condizione  pericolosa  per  la  sua  vita. 

Queste  ecatombi  di  individui,  a  salvazione  della  specie  di  fronte  a  difficoltà 
nuove,  rappresentano  una  vera  autotomia  specifica  e,  come  questa,  sono  da  consi- 
derarsi per  un  espediente,  se  non  anormale  del  tutto,  certo  abbastanza  fuor  della 
normalità  e  da  sostituirsi  al  più  presto,  perchè  consentito  solo  da  quel  periodo 
di  eccessiva  fecondità,  che  appartiene  alla  giovinezza  della  specie,  ma  sarebbe 
esiziale  più  tarili.  Così,  la  autotomia  può  essere  con  tanto  minore  danno  per  la 
normale  condizione  dell'individuo,  quanto  più  essa  accade  in  età  giovanile. 

Tutto  questo  sia  detto  per  dimostrare  che,  della  morte,  sarebbe  stato  a  suo  luogo 
trattare  nel  precedente  capitolo,  giacché  la  riproduzione,  con  tutti  gli  istinti  e  le 
attività  accessorie,  e  la  morte  rappresentano  le  due  massime  e  forse  uniche 
funzioni  nettamente  specifiche.  Sene  tratta,  però,  qui,  perchè  essa  rappresenta  la 
fine  del  ciclo  di  esistenza  individuale,  un  fenomeno  così  vistoso,  quanto  è  quello 
della  sua  nascita,  ed  assai  più  che  ogni  altro  inteso  alla  conservazione  dell'in  • 
dividilo. 

Agonia.  —  L'avvicinarsi  della  morte  normale  negli  Insetti  è  avvertito,  ge- 
neralmente, da  una  progressiva  depressione  della  energia  dei  movimenti.  Di 
grado  in  grado  l'insetto  si  fa  più  pigro  a  locomnoversi  ed  anche  a  nutrirsi,  finché 
più  non  si  sposta,  anche  se  molestato;  reagisce  soltanto  con  movimenti  degli  arti, 
di  mano  in  mano  meno  energici  e  pronti,  finché,  più  comunemente,  l'animale  s 
rovescia  sul  ventre.  Gli  arti  continuano  a  muoversi,  se  stimolati,  sempre  più  pi- 
gramente, fino  a  che  si  arresta  ogni  moto.  Il  più  spesso  la  cessazione  della  vitalità 
si  inizia  dalla  parte  anteriore   del    corpo  e  progredisce    verso    l'estremo  addome, 


L'INDIVIDUO    NEGLI    ATTI    PKIt    LA    PROPRIA    CONSERVAZIONE  771 

in  generale  le  antenne  ed  i  palpi  sono  i  primi  arti,  nei  quali  l'immobilità  si  ma- 
nifesta. 

La  durata  di  questo  stato  di  vera  agonia  è  varia,  come  ben  si  comprende  e 
mi  è  parso  di  riconoscere  che  è  indirettamente  proporzionata  alla  vivacità  dell'in- 
setto e  direttamente  rispetto  alla  durata  della  sua  vita  di  adulto.  Gli  Insetti  più 
pigri  hanno,  in  generale,  una  più  lunga  agonia,  e  così  pure  quelli  a  vita  men 
breve  nello  stato  di  adulto. 

I  vivacissimi  e  di  corta  esistenza  in  questo  stato,  come,  ad  es.  le  Mosche,  in 
poche  ore  passano  dalla  completa  vitalità  alla  morte.  Il  Grillo  campestre,  per 
converso,  che  vive  quasi  quattro  mesi  allo  stato  di  adulto,  impiega  cinque  o 
sei  giorni  a  giungere  alla  morte,  traverso  questo  visibile  stato  di  depressione. 

I)  .Tauet  descrive  l'agonia  normale  del  Calabrone,  notando  che,  anzitutto,  sono  le  antenne  e 
successivamente  le  mandibole,  le  mascelle  e  il  labbro  inferiore,  che  perdono  la  facoltà  di  muo- 
versi. La  testa,  però,  può  ancora  muoversi,  se  eccitata,  per  contrazione  dei  muscoli  che  vanno 
al  protorace.  Poi  cessa  ogni  movimento  d'insieme  del  capo  sul  protorace,  anche  quando  per 
eccitazione,  mercè  un  calore  moderato,  possono  vibrare  le  ali.  Il  ganglio  mesotoracico  non  è, 
dunque,  ancor  morto. 

Dal  momento  che  ogni  vitalità  ha  abbandonato  i  metanieri  cefalici,  i  tarsi  sono  frequente- 
mente agitati  da  moti  convulsi  e  le  zampe  sono  ancora  capaci  di  movimenti,  anche  estesi, 
finché  si  mantiene  la  vitalità  nel  torace,  ma  non  è  possibile  all'insetto  di  camminare,  perchè  i 
detti  movimenti  sono  disordinati.  Mentre  gli  arti  anteriori  sono  quasi  ridotti  all'immobilità,  e 
solo  i  tarsi  si  agitano  convulsivamente,  gli  arti  posteriori  possono  aucora  fare  moti  rimarche- 
voli, ad  es.  la  frizione  di  pulizia  dei  fianchi  dell'addome  e  le  ali  allungarsi  sul  veutre,  nella 
posizione  del  sonno  invernale. 

Morto  completamente  il  torace,  persiste  tuttavia  la  vitalità  nel  segmento  mediano,  che  può 
essere  eccitato  con  debole  calore  e  così  si  può  muovere  tutto  l'addome. 

Cessati  i  movimenti  d'insieme  di  questa  parte,  una  vitalità  propria  si  manifesta,  ancora,  nei 
singoli  articoli,  ad  es.  :  con  tentativi  di  respirazione  ed,  intanto,  il  pungiglione  dardeggia  ripe- 
tutamente. L'immobilità  progredisce  dai  segmenti  addominali  anteriori  a  quelli  posteriori  ed, 
iuiine,  ultimo  continua  a  dar  deggiare  il  pungolo,  che  finisce,  talvolta  per  avere  qualche  tremito, 
che  si  estingue  poco  a  poco. 

L'agonia  dura  cos'i  da  30  a  40  ore. 

La  morte.  —  La  causa  della  morte  normale  degli  Insetti  non  è  stata,  che 
io  sappia,  altrimenti  ricercata.  Per  mio  conto,  ho  potuto  constatare  che  nelle 
Caìliphora,  morte  per  vecchiezza,  la  membrana  basale  di  tutto  lo  strato  ipoder- 
male  è  notevolmente  più  grossa  che  non  sia  negli  individui  giovani  ed  è  anche 
pigmentata.  Egualmente  ingrossate  sono  le  membrane  tutte,  che  determinano  il 
labirinto  lacunare,  traverso  cui  circola  la  emolinfa. 

Ciò  mi  ha  fatto  correre  il  pensiero  alla  sclerosi  dei  Vertebrati  e  può  essere 
che  il  parallelo,  anche  pegli  effetti,  non  sia  fuor  di  posto. 

Non  ho  altre  osservazioni  su  altri  Insetti  e,  perciò,  non  posso  dare  carattere 
di  generalità  a  quanto  ho  veduto  nella  Oallipkòra, 


772  CAPITOLO    SESTO 


Bibliografia 

relativa  alle  funzioni  fisiologiche  degli  Insetti. 
Generalità.  Scritti  di  insieme 

(Oltre  a  quelli  ricordati  precedentemente  vedi  anche  :    Voi.  I,  p.   40  e  segg.). 

Bouvikk  E.  L,.  Revue  d'entomologie  pour  les  Années  1910-1914.  Part  I,  Biologie;  Part  II, 
Strueture  et  Physiologie,  développemeiit  et  adaptatiou  (Re7.  G  n.  d.  Se.  pures  et  appliq., 
Paris,  XXXI,  1919,  pp.  410-418).  • 

Brocher  F.,  Nouvelles  observations  biologiques  et  pbysiologiques  sur  les  Dytiscides  (Arcli.  zoo!.. 
Paris,  55.  pp.  347-  376,  19J6). 

—  Les  phénoraènes  oapillaires.  Leur  importatice  dans  la  Biologie  aquatique  (Annales  de  Bio 
logie  lacustre,   t.   IV,   Bruxelles,   1910). 

Cowan  Th.  W.,  Tbe  Houey  bee  :  ita  naturai  history,  anatomy  and  pbysiology  (London,  1890). 
(Contiene  la  bibliografia  sulla  Fisiologia  dell'Ape). 

Champion  H.  E.,  An  esperimental  study  upou  Lepidoptera  (Ardi.  f.  Entwickelmigesch.,  Bd.  IX. 

1899). 
Cuénot  L.,  Études  pbysiologiques  sur  les  Orthoptères  (Ardi,  de  Biol.,    XIV,   293-333,    334-341 

1895). 

DtJFOUR  L„  Ètudes  anatomique  et  pbysiologiques  sur  une  Monche  daus  le  but  d  eolairer  1  hi- 
stoire  des  métamorplioses  et  de  la  pretendile  circulatiou  chez  les  Insectes  (Ann.  Scienr. 
natur.   Zool.,  II  serie,   t.   XVI,    1841). 

Gadeait  i>e  Keryii.le,  Expériences  pbysiologiques  sur  le  Dyticus  marginalia  (Bull.  8oo.  H-nt. 
Fr.,   1897,    pp.  91-97),  . 

Grassi  B.  e  FoÀ  A.,  Riassunto  delle  ricerche  sulle  fillossere  e  m  particolare  su  (niella  della 
Tite,  eseguita  nel  R.  Osservatorio  autitìllosserico  di  Fauglia  (Comunicazioni  pervenute  all'Ac- 
cademia sino  al    1.°  settembre   1907). 

Handmzsch  A..  Handbucb  der  Entomologie  (Verlag  v.  G.  Fischer,  Jena,  1921). 

Houlbbrt  C..  Les  Insectes.    Iutrod.  a   l'étude  de    l'Eutomol.  biolog.     (Publio    p.    Gaston  Doni. 

Paris    1920  . 
Howlett'f.  M.,  Chemical  reactions  of  fruit-flies    (Bull.    Eutom.    Research,    London,   VI,   1915, 

pp.  297-306).  .  .      „      .   . 

HUXGKRFORD  H.  B.,  The    biologv    aud    ecology    of    aquatic  and  semiaquatic    Hemiptera    (lvans. 

Univ.   Se.   Bull.,  XI,   1919,    pp.   1-328).  .  . 

Marchai.   P.,     Physiologie    des    Insectes  (Dictioimaire  de  Pbysiologie  par  Cb.   Riehet.  ;   Librarne 

F.  Alcali;   Paris,  t.   IX,   p.   273).  (Importante  libro  riassuntivo,   con  ricca  bibliografia). 
Pause  J.,   Beitriige  zur  Biologie  und  Pbysìologie  der  Larve  vou  Chironomns  gregaHus  (Zool.  Jahr- 

bueb.'  Jena,   Abth,   f.   Zool.     XXXVI,  pp.   339-452  . 
Plateau  F  ,  Recberches  pbvsico-cbimiques  sur  les  Articulés  aqnatiques  (Meni,  cour.  et  Meni.  d. 

sav.    étr.  de  Belgique,  XXXVI,  1871  et  Bull.  Acad.  Roy.  Belg.,  XXXIV,  1872).  _ 
Recberches    expórimentales  sur  les  Arthropodes    (Móni.     Acad.    roy.    Se.    Belgique,    XLII, 

1889). 
Polimanti  O.,   Ricerche  sul  coefficiente  di  pressione  osmotica  di   Bombyx  mori   L.   durante   1  intero 

periodo    del    suo    sviluppo    -Annali    d.    Facoltà  di    Med  ,   ser.   IV,   voi.   V,    1915,     fase.     1-2, 

pp.   35  87,   Perugia.  1915  e  Biocbemischer  Zeitsch.,   voi.   70,   n.    1-2,  pp.  74-92,   Berlino,   1915). 
Portier  P.,   Recberches  pbysiologiques  sur  les   Insectes  aquatiqiies    (C.   K.   Seauces  de  la  Société 

de  Biologie,  t.  LXVI,   p.  343,   1909). 
Recherches  pbysiologiques  sur  les  Insectes  acquatiques  (Archives  de  Zoologie  expennieutale, 

t.   VIII,   Paris,    1911). 
Koubaud  E.,  Rytmes  pbysiologiques   et    voi    spoutaué  chez    VAnopheles  maculiuennis    (Bull.  boc. 

Eutom.   France,   1918,   pp.   9u7-9tì:i). 
SlKORA   H.,   Beitriige  zar  Anatomie,   Pbysiologie  und  Biologie  der  Kleiderlaus   < Pedwttltts  vestimenti, 

Ntzs.)   (Leipzig1,    1916). 
Teodoro  G.,  Osservazioni  sulla  ecologia  delle  Cocciniglie    con    speciale  riguardo  alla  morlologia 

e  fisiologia  di  questi  insetti  («  Redia  »,   voi.   XI,   1916,   pp.   129-209). 

Confronta  anche  ì  seguenti  periodici  : 

Allgemeine  Zeitschrift  fiir   Entomologie,   Berlin. 
Zeitscbrift  fiir  wissenscbaftlicbe  Insecktenbiologie. 


BIBLIOGRAFIA  773 


Funzioni  tegumentali 

(Ufficio  protettore:  Colorazione  funzioni  diverge  (iti  tegumenti  [I'«rfi    Voi,  I  p.  480,   JS7,97Se  altrove] 

e,  nel  presente,  nei  diversi  capitoli). 

Aram    1'.,   Études   sur  la  chitine.   Sur  la  compositiou  de  la  coque  des  versa-soie  et  des  enveloppes 

abandonnées  lors    de    la    urne    (Bull,  de    l'Ass.    sèrie,  du  Japon  A.  I,  N.   13,  p.   1-3,  Tokyo 

1915  . 
Bgdpakd,   Animai   coloration  (London,   1892). 
BlEDERMANN   \\\,   Die  Schillerfarben   dei-  Inaekten   uud  Vogel   (Festachrift  zum  70  Geburstage   von 

T.    Ilaeckel,   217-300,  Jena,   1904). 
Booxouhk    L.,     L'iiifluence  du   r  girne  alìmentaire  sur   la  production   de  la  chitine  ehez    lea    Co- 

1  optères  (l'aria  C.   R.  cong.   soc.  sav.,   pp.  189-193,   1912). 
Brdnnkr   VON   Wattenvyi.,    Observations    ou    the    coloration    of    Inaects    (with     nine    coloured 

platea)  (Leipzig,  1897). 
Carpextkr  G.  D.,  Experiments  on    the  relative  Edibility    of    Iuaecta,    with  special  reference  to 

their  Coloration   (The  Trans,   of  the  Entom.   Soc.   of  London,   P.   Ili,   pp.    1   105,    1921). 
Cramptox  G.  C.  The  probable  color  of  the  anceatral  winged  inseets  (Bull.  The  Brookliu  Ento- 

mological  Society,  XI,  |>p.   116-18). 
Fiei.uk  Aufi.k  JL.  Vesicles  in  Iuteguraent  of  Anta  (Proc.  Acad.  Nat.  Se,  Philadelphia,  LXV1I, 

pp.  36-40,    1  tìg.,    1915). 
Frost  8.   W.,  The  function  of  the  anal  comi)  of  certain  Lepidopterous  larvae    (Jonrn.    of   Econ. 

Entom.   Concord  N.   H.,  Ali,   446  47). 
Fììrth   <>.  (von),   Vergleichende  chemische  Phyaiol.   d.   niederen  Tiere     (Jena,   1903,   pp.  548-550). 

(Comprende  la  bibliografia  sui  pigmenti   degli   Insetti). 
GAUTIER   L'i..,   Sur  un  pretenda  caractère  diiféientiel  eutre  le  pigment  vert  de  la  soie  de  Saturni, i 

Jama-mai  et  les  ehloiopliylles  des  feuilles  de  Chène  (Bull.   Biol.,   1906). 
Gessaui.  t'.,   Sur  la  coloration  de  la  Monche  dorée  (B.   B.,   285  et  320,    1904). 
Guyenot  E.,   Ètndes  biologiques  sur  une  Monche:     Droaophila  ampelophila  Lov.     (C.     R.    Soc.   d. 

Biol.,  t.  LXXIV,  1913). 
Hollandik  H.  C,  The  «  cerodecytes  »  or  «  oenocytes  »  of    inseets    considered    from  the  bioche- 

mical  view  point   (Arch.  Anat.   mici-.,   Paris,   VI,   1914,  pp.    1-66). 
Keuchenius  P.   E..  On  remarkable  gland-hairs  with  inseets  (Contrib.  a  la  Faune  Ind.   Neerland, 

1914,   pp.   49-52). 
Kiixc'KKL  D'Herculais  F.,  Les  gratula  Acridiens...  et  leur  chaugement  de  conlenr  suivant  les  àges 

et  les   saisous...   róle  physiologique  des  pigmeuts  (C.   R.   Ac.   So.,  CLXXXVI,    661-6S2.   1896). 
Lixdk.n   (von),    Le  dessin  des  ailes  dea  Lépidoptèrea  (Ann.  Se.   nat.   Zool..  XIV,   1902). 
Maxdoi'L  H,,    Recherches    sur    la    coloratiou    tégumen  taire    (Ann.     Se.  Nat.    (8)    Zool..     XVIII. 

225-464.    1903). 
Oxslow  H  ,  The  irideseent  colonia  of  inseets      Nature,   London,     CVIj   1919,   pp.    149-152;     181  - 

183;  215  218). 
Phisalix  C.  Sur  le  chaugement  de  coloration  de  larves  de  Phyllodromia  germanica  (B.  B.   17-18. 

1905). 
Picard   F.,   Sur  le  chaugement    de  coloration   chea  les  màles  de  quelquea    Libellules     (Bull.     Soc. 

Entom.  de  Franco,   166-167,  1906). 
Pictet  A.,   Recherches  sur  le  role  des    ócailles  dana    la  coloratiou  et   la    variation  des   papillon-* 

Unii.  Inst.  nat.,  Genève,  XLI,  12  pag.  . 
—     lnthience     de     l'alimentation     et     de    l'humiditó    sur     la     variation     dea     Papillons     (Mém. 

Soc.   Phya.   et  Hist.   nat..  Genève.  XXXV.  45.  127,   1905)  ed  anche  (Bull.   Soc.   Lépid.,  Genève, 

9-30,  1905). 
POULTON   E.   B..  The  esaential  nature  of  the  colouriug  of  phytophagous  larvae  (Proc.   Roy.   Soc, 

XXXVIII,  269,  315,  1884-85). 
■ —  —   Au   inquiry   into  the  cauae  and  extend  of  a  special  colour,  relation  betweeu   certain  expoaed 

Lepidopterous    pupae    and    the    aurfaces    wich    immediately    aurround    them     (Phil.   Trans.. 

CLXXV1II.  1887,  e   Pro,;.   Roy.  Soc,  Londou,  XLII     188S). 

The  colour  of  Animala  (Internai.   Scientific  Series,  London.   1890). 

Przibkam  H..  Griiiie  Farbstoffe  bei  Tieren  (C.   P.,  XX.  n.  9.   1906). 

Sorby  H.   C,  On  the  colori::g   matter  of  aome  Aphides     (Quart.    Journ.   Micr.   Se.   new   Ser..   XI, 

352-361    1871). 
Thompson  \V.   R.,  The  cuticula  of  inaects  as  a  meana  of  defence  agaiust  parasite»    (Proc.     Cam- 
bridge Phil.   Soc,   18,   Nr.  2,  pp.  51-55,   1915'. 
Tshirvinski.i   P.  N.,  Quelquea  observations  optiques  sur  les  écailles  dea  L:  pidoptères  (Revue  russe 

d'entomologie,  XV,   p.   513,   1915  . 
Tower  W.  L.,  Colours  and  Colour,  patterns  of  Coleoptera  (Deceuial  Pub.  of  Univ.    of  Chicago, 

X.   33,  70,   1903). 
I'recii   F.,  Chemkcb  analytische  Untersuchungen  an  lebenden   Raupen,     Puppeu,  und  Scbmetter- 

lingen   uud  an   ilneii  Sekreten   (Zool.   Anz.,   XIII,   255,  272,   309,   334.   1890). 


774  CAPITOLO    SKSTO 


Villard  J.,     Ftudes  de    pbysiologie  comparée  sur    le  pignieut  chloropuyllien  chez  les  végéteaux 

et  les  animaux  (Lyon.   1907). 
Wolff  G.,   Phvsikalisch-biologischen  Beobachtungen  au    Sclimetterlingsflugeln    (Biol.  Centralbl., 

XL,  248-59,   Leipzig,    1920). 
Zopf  W..  Carotinbildung  und  Carotinauacbeidung  bei  gewissen  Kiiferu  (Chrysonielideu   und  Coc- 

cinelliden  (Beitnige  zur  Physiol.  u.  Morphol.  nied.  Organisinen,   12-16.  Leipzig,  1892). 


Sistema   nervoso 

(Vedi  anche:  Bibliogr.  Siìt.  nervoso,    rol.  I,  pag.  688). 
a)  Centri  nervosi  e  nervi. 

Baldi  E.,   Kicerche  sulla  fisiologia  del  sistema  nervoso  negli    insetti    (Atti    Soc.    Ital.     Se.    nat. 

Museo  Civ.  Stor.  nat.  in  Milano,   voi.  LX,  fase.  I,  p.   11-33,  Milano  1921  . 
Baudelot  E.,  De  l'iuflueuce  du  système  nerveux  sur  la  respiration    dea  Inseetes  (Eev.    dea  Soc. 

Sav.,  1864). 

—  —  Contributions  à  la  pbysiologie  du  système  nerveux    des    Inseetes    (Kevue    des  So.  Nat.,  I, 

p.   269;   1872. 
Bethe  A..  Vergleicbende  Untersuchuugen    iiber    die    Funktionen    des    Centralnervensystems    der 
Artbropoden  (Arch.   f.   ges.   Pbysiol..  LXVIII.  p.   449,   1897). 

—  —  Allgemeine  Anatomie  und  Pbysiologie  des  Nervensystems  (Leipzig,   1903). 

Cajal  S.   E.  e  Sànchez  D.,  Coutribucion  al  eonocimeuto  de  los  eentros  nerviosos  de  los  insectos 

iTrabajos  Lab.  invest.  biol    TTn.  Madrid,  T.  XIII.  pp.   1-168,  Madrid,   1916). 
Dubois  K..    Application    de    la    inéthode    graphique    a    l'étude    des  modifications  imprimés  à  la 

marcile  par  les  lésion   nerveuses  expérimeutales    chez    les    Iusectes    (Bull.    Biol.,     I;    p.   642, 

1885). 
Faivre  E..  Études  sur  les  fonctions  et   les  propriétés    des    nerfs  crauiens  chez  le  Dytisques  (C. 

K.  Ac.  S.,  XLV.  1857). 
—  Etudes  sur  la  pbysiologie  des  nerfs  crauiens  chez    le  Dytisque    (Ann.     Se.   nat.  Zool.  (4), 

IX.   1858). 

—  —  De  l'iuflueuce  du  système  nerveux  sur  la  respiration  des  Dytisques    (Ann.    Se.   Nat.   Zool. 

(4).  XII,   1859,  1860)'. 

—  —  Rechercbe8  sur  les  propriétés  et    les    fonctions    des    nerfs    et   des  muscles  de  la  vie  orga- 

niqne  chez  un  Insecte.  le  Dytisciis  marginaìis    (Ann.     Se.     An.,     LII;     1861   e    Ann.    Se.    Nat. 

Zool.  (4).  XVII,   1S61). 
_  Rechercbes  expérimentales  sur  la  distinetion  de  la  sensibilité  et  de  l'excitabilité    dans  les 

diverse»  parties  du  système  nerveux  d'un  Insecte,  le  Vytiscus  marginaìis  (Ann.  Se.  Nat.,  Zool.. 

I,   1864). 
Expériences  sur  le  róle  du  cerveau  dans    l'ingestion    chez    les  Insects  et  sur  les  fonctions 

du  ganglion   frontal  (B.   B.   (3),   1864). 
Guillkiikau  A.  et  LrCHsixGER  B.    Fortgesetzte  Studien    zn    einer    allgemeinen    Pbysiologie  der 

irritabeln  Substanzen.  Ein  Beitrag    zur   Keuntnis    des    Centralmarkes  der  Annulata  Cuvieri, 

(Arcb.   fiì r  ges.   Physiol.,   XXVIII,   1882). 
Matula,  Untersuchuugen   iiber  die  Funktionen    des  Centralnervensystems  bei  Iusekten  (Pfliiger's 

Arch.,   Bd.   138,   1911  . 
Monti  R.,  Sur  les  relations  mutuelles  eutre    les    éléments    dans    le  système  nerveux  centrai  des 

Inseetes  (Arch.   auat.   microsc.,  t.   XV,  p.   249,  1913). 
Pompilian  M..  Étude  de  pbysiologie  comparée    sur    l'automatismo    eu    general    et  l'innervatimi 

centrale  des  Iuvertébrés  (Travaux  du  Labor.  de    pbysiol.    de    M.    Cb.  Richet,  Paris,  p.  345, 

1902). 
Sanchkz  Domingo,  Suine  fcermiuaoiones  motrices    eu    los    Insectos    (Trab.  del  Laborat.    de  Inv. 

Biol.  de  la  Univ.  de  Madrid,  t.   XI.   1913). 
Sànchez  Y..  Sanchkz  I)..  Sobre  ci  desarollo  de    los  elementos  nervosos  eu    la    retina  del    rieris 

vrawicae  L.   (Trabajos  del  Lab.   invest.  biolog.,  Univ.  Madrid,  T.  XVI,  pp.  213-278,   Madrid, 

1918  . 
Steiner  J..  Die  Funktionen  des  Centralnervensystems    der    wirbellosen    Thiere   (Sitzungsber,  k. 

Akad.    Wisseucb..   Berlin,  p.   39,   1890). 
_.   Die  Functionen  des  Centralnervensystems  und  ihre  Phylogenese,  lì,  Die  wirbellosen  Thiere 

(Brunswick,  1858). 
Vigikr,  Sur  l'existence  réelle  et    le  róle    des  appendices    piriformes    des     neurones  ;    le    neurone 

périoptique  des   Diptères  (B.   B..   30   mai,  p.   959,   1908). 
Vimiel  R.,   Ueber  die  Innervierung  der  Schmetterlingsfliigel    und    iiber    deu    Bau  und    die    Ver- 

breitung  der  Sinnesorgane  auf  derselben  (Zeitschr.  wiss.  Zool.,  Bd.  XCVIII,  p,  68,   1911) 
Ykrsin  A..   Rechercbes  sur  les  fonctions  du   système    nerveux    dans    les  animaux  articulés  (Bull. 

Soc.   Vaudoise  Se.  Nat.,  1856,  1857). 


BIBLIOGRAFIA  775 


Vkhsin  A.,   Sur  la  neurophysiologie  du  Grillon  (C.  R.  (1.  1.  145»    Sess.  d.  Soc.  suisse  d.  Se.  Nat., 

Lausanne,  1861). 
—  Mémoire  sur  la  pliysiologie  <lu  Grillon  chaiuprtre  (C.  II.  Ac.  Se.,  LIV,   1862). 


b)  Sensi  -  Sensazione  in  generale. 

Ciiatin  J.,  Les  organes  des  sens  dans  la  sèrie  animale  (Paris,   1S79). 

Forel  A.,  Expériences  et  remarques  critiqnes  sur  les  sensations  des  Insectes  (Kecueil.  Zool. 
Suisse.  IV,   1866-1887). 

—  —  Sensations  des  Insectes  :  Critique  des  expéiiences  l'aites  des  1S87  ;     III,    IV    et    V  parties 

(Rivista  di   Biologia  generale,   III,   1901). 

—  —   The  senses  of  Insectes  (trad.   par.   M,  Joarsley). 

—  —  Sinnesleben   der  Insekten   (Miinclien,   1910). 

Lo  Monaco,  Studi  sperimentali  sul  Bombyx  mori  (Arch.  di  Farmao.  sperim.   e  Scienze    affini,  II, 

6-7,    1903). 
Raspail  X.,  Erreur  des  sens  chez  les    Insectes  de  la  fam.    des    Dytiscides    (Bull.    Soc.   Zool.  de 

France,   t.   XVI,   p.   202,   1891). 
Win.  F.   et  Forel  A.,   Sur  les  sensations  des  Insectes   (Eutom.   Xaclir.,   XIII,   18S7). 

Tatto. 

Kieselbach  Gyn.A,  Alégyla'rvak  borrézékszerveivòT  (Gli  organi  sensoriali  nella  pelle  delle  larve 
dei  Muscidij  (Kiilonlenyomat  az  Allattani  Kozleméuyek,   XIII  Kotet,  p.  45,   1914). 

Plateau  F.,  Expériences  sur  le  ròle  des  palpes  chez  les  Arthropodes  mascillós,  I  Palpes  dea 
IuRectes  broyeurs   (Bull.   Soc.   Zool.   France,   X,   67-90,   1S85). 

—  —  Une  expérience  sur  la  fonction  des  antennes  chez  la  Blatte    (C.  R.  Soc.  Eutom.  lielgique, 

pp.  118-122.  1886). 

—  —  L'ablation  des  antennes  chez  les  Bourdons  et  les  appréciations  d'Auguste   Forel    (Anuales 

Soc.   Entom.   Belgiqne,  XLVI,   414-427,    1902). 

Gusto  ed    odorato. 

Balbiani  E.  C,  Notes  sur  les  antennes  servaut  aux  Insectes  pour  la  reeherche  des  sexes    (Ann. 

Soc.   Ent.   Fr.  (4),  VI  Bull.,   1866). 
BARBOWS  W,   M.,  The  reactious  of  the  Pomace    Fly    (Drosophila   ampelophila),     to    odorous    sub- 

stancès  (Journ.   of.  exp.   Zool.,  IV,   516-537,   1907). 
DUBOIS   i;..     Sur    le    ròle    de    l'olfactiou  dans  les  pliénomènes  d'accouplement  chez  les  Papillons 

(Ass.   fr.   p.   l'Av.   d.   Se.,   1895). 
Fiei.de  A.  M.,  Sense    of   Smeli   in    Lepidoptera    (Proc.     Acad.    Nat.    Se.,     Philadelphia,   LXVII, 

pp.   93  5,    1915  . 
Forel  A.,  (R.   Zool.   Suisse,   IV,   1886,   215).   Contiene  la  bibliografia  in   proposito. 
Garnier  J.,  De   l'usage  des  antennes  chez   les  Insectes  (M'm.     Acad.  Science,  Amiens,    II    s  r., 

T.  I,   1858-1860". 
Goi.dsborough  Ma  VER,     On    the    Matiug.    Instinct    in    Moths  (Psyche,  febr.,  1900  et  Ann.  and 

Mag.  of  Nat.   Hist.,   febr.,   1900). 
Graber  V.,  Vergleichende  Grundversuche  iiber  die  Wirkung  uud  die  Aufnahmestellen  chemischer 

Reize  bei   den   Tieren   (Biol.   Centrali).,   V,    13,    1885). 

—  Nene  Versuche    iiber    die    Fuuctionen    der    Insektenfuhler    (Biol.    Centralb.,     VII,     13-19, 

1887). 

L    X.,  El  organo  del  olfato  en  los  Insectos  (Boi.  de  la  Soc.  Aragonesa  de  Cienc.  nat.,    T.    XVI, 

X.   2,   pp.   49-52,   Zaragoza,  1917). 
Me.   Indoo  N.  E.,    The    olfactory    sense    of    tho    Houey    Bee    (Journ.  exp.  Zool.,  voi.   16,   n.  3, 

Aprii,   pp.   265-346,   1914). 
—  The  Olfactory  sens  of  Hymenoptera  (Proc.   Philad.  Acad.  Nat.  Se,  voi.  66,  pp.  294-341, 

1914). 

—  —  The  Olfactory    sens    of    Insects    (Siuithsouian    Mise.     Collect.,  voi,  63,  n.  9,  pp.   1-63, 

1914), 

—  —   —  The  Olfactory  sense  of  Coleoptera    (Biologie.    Bull.,    voi.    XXVIII,    n.  6,   pp.  407-458, 

June   1915). 

—  —  —  The  olfactory  orgau  of  a  coleopterous  larva  (Journ.  of  Morphol.,  Philadelphia,   XX.X  I, 

pp.  113-131). 

—  —  —  The  olfactory    sense    of    Lepidopterous    larvae  (Ann.   Entom.  Soc.  America,  Columbus, 

Ohio,   XII,  1918,   pp.   65-84). 
Xewport  G.,  Ou  the  use  of  antennae  of  Insects    (Trans.    Ent.     Soc.     London,    II,    pp.  229-248, 
1840). 


CAPITOLO   SESTO 


Packard  A.  S.,  Note  ou  the  epipharynx  and  tho   epipharyngeal  organs  of  taste    ili  inandibulate 

Insects  (Psyche,  V.   1889), 
Porter  C.  J.,  Esperiments  with  the  antennae  of  Insects  (Amerio.  Nat.,  XVII,  1883). 
Roberts  E.  W.,  Olfactory   structures  in  Insects    (Trans.  Amer.  niicros.  Soc,  XXXIV,  pp.  2S4 

290,   1915). 
Robineau-Desvoidy  A.  J.  B.,  Sur  l'usage  réel  des  antennes  chez    les    Insects    (Ann.  Soc.  Ent. 

Plance,   XI,  Bull.,  23-27,   1842). 
Trouvei.ot  L.,   The  use  of  antennae  in   Insects  (Anier.  Nat.,    XI,   1877). 
W  asm  ANN  E.,   Die  Fiihlei'  der  Insekten  (Stiuimen  aus    Maria  Laach.    Freiburg,  i.  B.,  37,  1891). 


Udito. 

Bonniek  P.,   Sur  les  fonctions  otolithique  (B.   B.   24  fev'.,   1803). 

L'audition   chez   les  Invertébrés  (Revue  Se,   XLVI,   808,    1890). 

COKNEI.SEN   H.,   Konnen   die  Raupen  horenf   (Entoni.    Zeitscb.,   XX.MV,   36  Frankfurt,   a.   M.). 
Eder,   Horen  die  Raupen?    (Entom.  Zeitschr.,   XXXIII  Jahrg.,  Nr.   11,  p.  44,  Frankfurt  a.    M., 

1919\ 
Eggers  F.,  Notes  snppl  'mentaires  sur    Porgane  tympaual  tkoracal  des  Noctuides  et  de  quelqnes 

autres  familles  de  L'pidoptéres  i  Revue  russe  d'Entom.,   XVI.  Nr.   3-4.  pp.   249-265,   1916). 
—   Das  thoraeale  bitympanale  Organ  einer  Gruppo  der  Lepidoplera  Heterocera  (Zool.  Jalirbiicber, 

Jena.   1919.  Abt.   f.   Anat.,  pp.   273-276'. 
Fischer  F.,  Ob  die  Raupen   htireu?  (Entom.  Zeitsch.,    XXXIII,  Jahrg.,  Nr.   15,  p.  56,  Frankfurt 

a.  M.,  1919?. 
Hanskn  H.  J.,  Oh   the  Trichobothria  (auditorybairs)  in  Arachuida,   Myriopoda,   and  Insecta  (En- 

tomologiut  Tidskrift,  XXX  Vili,  pp.   240,  1917). 
IIiss   W.   N.,   The  cbordotonal  organs  and  pleural  discs  of  Cerambycid  larvae  (Ann.   Entom.  Soc. 

America,   X,   pp.  63-78). 
Mayf.iì  (A.  Marshall),   Researcliea  in  Acoustics  N.°  5,  3,  Esperiments  on  the  supposed  auditory 

apparatus  of  the  Cttlex  mosquito    (Americ.    Jouru.     Se,     and.     Arts.,    (3),  VII,  81-103,   1874  ; 

Americ.   Nat.,   VIII,  577-592), 
Reibisch  L.,  Ueber  eiu  Gehororgan  bei  Insekten  (Schriften  des  naturwiss.  Vereius  fiir  Schleswig- 

Holstein,   Bd.   XVII,   Heft  I,   pp.   177-180,  Kiel,    1920). 
Schultz  V.   G.   M..  Ktiuneu  Raupen  horen?   (Entom.   Zeitscbr. , XXXIII  Jahrg.,  Nr.   23,  pp.  90-91, 

Frankfurt   a.   M.,    1920  . 
Turnkr  C.    H.,   Ah   experimental   Stndy     of    the  auditory  povrers    of    tbe    giant    silkworm  motbs 

(Saturnidae)    (Biolog.  Bull,  of    the   .Marine  Biol.  Lab.,  Woods  Hole.  XXVII,   1914,  pp.  325, 

332  . 


Vista. 

Ast  F.,  Ueber  fleti  feiiiereii  Bau  dei-    Facettenaugen  bei    Neuropteren    (Zool.  Jahrbucber,    Jena, 

1919,   Abt.  f.   Anat..  pp.   411  458). 
Bert  P.,   Sur  la  question  de  savoir  si  tous  les  animaux  voient  les  mènies  rayous    luiniueux    que 

nous  (Aroh.  Physiol.,  II,  1869). 

—  —  Influendo    de    la    lumière    sur    les    i>tres    vivauts    (Rev.     Se,    (2),     7.°  anuée,     n.   42,   981, 

20   Avril   187K). 
Bonniek  G..     L'accoutumance    des    Abeilles    et    la    conleur    des    fleurs    (C.    R.    Ac.  Se.,  CXLI. 

988-994) 
BOUVIER   L.,    Les  Abeilles  et  les    tletirs   (Rev.    gen.   Se,    1904). 
Bugnion  E.  et  N.  Popoff,  Les  yeux  des  iusectes  nocturnes  (Aroh.  Anat.  rnicr.,  T.  16,  pp.  261- 

304.    1914  . 
Chatin  ,1..  Contributions  expérimentales  a  l'étude    de    la    ebromatopsie  chez  les  Batraoiens,   les 

Crustacés  et  les  Iusectes  (Paris,   1881). 
Cole  L.  J..  Ah  experimental  study  of  the  iniage-forming  powers  ofvarious  types  of  eyes  (Proc. 

Amer.   Acad.   of  Arts  and   Si.-i.-nc.,  XLII,   335-417,    1907). 
Dahl  Fr.,   Die  Insekten   konnen    Formen   nntersebeiden  .'  (Zool.  Auz.,   XII,   243-247,   1889). 
Dewaiì  .1.,    The   physiological  action    of    Light     ^Proceed    of    the    Roy.   Institution,    VIII,  n.    65, 

137,   1876). 
Doflein'  F.,     Der    augehliche     Farbensinn     der    Insekten    (Die    naturwiss.    Jahrg.     2,     Heft    29, 

pp.   70S-710,   Berlin,   l'UJ  i. 
Doiì  II..  De  la  vision  chez  les  Arthropodea  (Aroh.  Se.  Phys.  et  Natur.,  XII,  22,   1861). 
Exner  S.,  Die  Physiologie  der  fazettierten  Aligeri  von  Krebsen  und  Iusekten  (Wien,  F.  Dentike, 

1891). 
Graber   V.,     Fundamentalversuche    ttber    die     Holligkeits,  und  Farbenemplindlichkeit  augenloser 

und   geblendeter    'l'hiere  (Site.   Ber.  Akad,   Wiss.  Wien,  LXXXVII,  201-236,  1883). 

—  ■ —  Grundlinien     zur    Erforschung    des     H'èlligkeits    und    Farbensinnes    der     Thiere    (Leipzig, 

ISSI). 


Tav.   VII. 


-  PNk! 


/.  Un  Caligo  (supino),  '-':,  gr.  aai  :  '.'.   Eryphanù  polyxena  Meerb.,  ad  ali  chiuse,  gr.  nat.; 
;.   Morpho  achillea  1...  ad  ali  chiuse,  gr.nat.;  i,  Smerinthus  ocellata  L..  gr  nat  :  •/.    lutomeris  oiridescens,  gr.  nat. 


A.   Berlese,   Gli  Insetti,  voi.  II,  parte  I. 


BIBLIOGRAFIA  777 


Groos  \V..    Ueber    den    Farbensiun     der    Thiere,     iuabesoudere    der  Insekteu  (J«i>,  pp.  292-294, 

300-302.  308-309,  1800). 
Grììtznkr  P.,  Bau  dea  Tulenaugea  und  Theorie  dea  Teleskopauges    (Biolog.    Centralbl.,    XXVII, 

271-280  et  344-351;   1907). 

—  —  Ueber  das  Sehen  der  Insekteu  (Jahreshefte    Ver.    f,    vaterl.    Naturkunde    in  Wiirtemberg, 

LXIII,  86,   1907). 
Hesse  R.,  Das  Sehen  der  uiedereu  Thiere,   p.  47  (Jena,   1908). 
K.w.t  E.,  Anatomie  et  physiologie  coniparées    de    l'appareil    oculaire.    Extrait  de  l'Eneyclopédie 

francasse  d'ophtalmologie  (41   pagine  aulla  visione  degli  Artropodi,  con  figure). 
Kaihariner  L.,  Das  Seheu  der  Insekteu  (Zeitsebr.  f.  wisseuscli.  Insektbiol.,  Berlin,  XIV,  1910, 

pp.    301-304  . 
Kramer,  Der  Farbensiun  der  Bieuen  (Schwoiz.  Bieuenzeitung  N.  F.,  Ili,   179-198,  1880). 
Miller  .1.,    Zur    vergleichenden    Physiologie    des    Gesichtsinnes    der  Menschen  uud  der  Thiere, 

s  Taf.  (Leipzig,  1826). 

—  —  Bau  der  Augen  bei  den  Insekteu  uud  Crustaceen  (Arch.  f.  Anat.  uud  Physiol.,  1829). 
MURRAY  A.,    On    Insect    vision    and    blind  Insects  (Edimburg  new  Phyl.  Jouru.,  new  ser..  VI, 

120-138.  1857). 
Notihaft  J.,    Die    physiologische    Bedeutung    des    fazettierten    Iusektenauges    (Kournos,  XVIII, 

1S86). 
Platkau  F.,  L'instiuct  mia  eu  défaut  par  les  fleurs  artilìcielles  (Assoc.  fr.  Av.  d.  Se;    Cougrès 

de  Clermoud,  Ferraud,   1876). 

—  —  lìecherches  expérimeutales  sur    la  vision    chez    les    Inaectes    (Bull.  Acad.  Belgique  (3),  X, 

231-250.  1885;  XIV.  407-448,   1887;  XV,  28-91,  1888). 

—  —  Uu  filet  enipèche-t-il  le  passage  des  Insectes  ?    (Bull.  Acad.    roy.    Belgique,  3.6  S.,   XXX, 

n.  9  et  10,  1895). 

—  —  Vision  de  VAntkidium  manicatimi  (Ann.  Soc.  Ent.  Belg.,  XLIII,  1899). 

—  —   Note  sur  l'euiploi  d'un   giace  étanié...   (Bull.   Acad.   roy.   Belgique,   1905). 

—  —  Les  fleurs    artificielles    et    lea    Inaectes,    nouvelles    expérieucea  et  observations  (Mémoires 

Acad.  roy.   Belgique,  2,   Ber.   I,    1906). 

—  —   Le  Macroglosse  (Móni.   Soc.   Entom.    Belgique,   XII,   1906). 

—  —   Les  Inaeotes  et  la  couleur  des  fleurs  (Annéo  psycholog.,  XIII.   llJ07). 

Pouchet  G.,  De  l'influence  de  la  lumière  sur  les  larves  de  Diptères  privés    d'orgaues  extérieurs 

de  la  vision  (Kev.  Mag.  Zool.,  sez.  2.',  XXIII,  110-117,   1872). 
S.  Ramon  y  Cajal,  La  retina  de  la  Mosca    (Trab.    del    Laborat.    de    Inv.   Biol.  de  la  Univ.  de 

Madrid,  t.  VII,  1909). 

—  —  Observacioues  sobre  la  estructura  de  los  ocelos  y  vias  nerviosas    oculares    en  algunos  Iu- 

aectos  (Ibid.,  t.  XVI,  1918). 
S.  Ramon  y  Cajal  y  D.  Sàncher,  Contribucion    al    conocimiento    de    los  centros    nerviosos  de 

los  Insectos.   Parte  I,   Retina  y  centros  opticos  (Ibid.,   t.  XIII,   1915). 
Sani  UER  Domingo,  Datos  para  el  conocimiento  bistogénico  de  los  centros  opticos  de  los  Insectos. 

Evolucion  de  algunos  eleuieutos  retiniauos  del   Pierit  brasitene  L.   (Ibid.,   t     XI\',    1916). 

—  —  Sobre  ciertos  elementos    aisladores    de    la    retina    periferica  del   Pieri»  brassicae.    (Ibid.,     t. 

XVI,   1918). 
Sputa  E.  J.,  On  some  experiments  relating  to  the  compound  eyes  of  Insekteu  (London  Microsc. 

Club.  (2),  IX,   263-268,   1906). 
Thiebe,  Plateau's  Verauohe  iiber  die  Fahigkeit  der  Inaekten  Beweguugen    wahrainehmen    (Biol. 

Centralbl.,  IX,   1889). 
Vigier  P.,   Sur  la  reception  de  l'excitant  lumineux  daus  les  yeux  composés  des  Insectes,  eu  par- 

fcieulier  chez  les  Muscides  (C.  R.  Ac.  Se.  CXLV,  p.  633,   1907). 
-   —  Le  neurone  périoptique  des  Diptères  (B.  B.,  LXVI,  959,   1908). 

—  —  Sur  les  rapports  des  èléments  photo-récepteurs  de  l'oeil  compose  avec  les  gaugliona    opti- 

ques  (B.   B.,   LXVI,   693,    1909). 
Xambec    P.,     Organes    visuels    des    Coléoptères    cavernicoles    (Bull.     Soc.     Entom.     Fr.,     1906, 
pp.   205-206). 

Altri   sensi    IMPRECISATI. 

Bachmaxn  M.,  Vom  Farbensiun  der  Bienen     (Ent.   Zs..    Frankfurt    a.    M.,  30,    pp.  65-66,  69-70, 

77-78,  1916'. 
Baker  A.  C.  Some  sensory  structures    in  the  Aphididae    Cauad.  Eutomol.,   1917,  pp.  378-384). 
Baixackk,  Statiaohe  Sinnea-Organe  bei  den  Népiden  (Zoologischen  Jahrbiicbern,    Anat.,  Bd.  34, 

1912).' 
Bkthk   A.,   Ueber  die  Erhaltung  des  Gleichgewichts  (Biol.   Centralbl.,   XIV,   100,  107,   109,    1894). 
Bruì?   K..Die  Raunioi'ientier.ing  der  Ameisen  nnd  das  Orientierungsproblem  in  allgemeineu   (Jena, 

C.  Fiacher,   1914,  234  pag.  . 

0   di   orientamento  dnjlì   Instili   Sociali,   vedi   Bibliografia  Cup.    VII). 

Buttel-Reepkn  li.   v.,   Haben  die  Bienen  eiueu  Farbeu-  uud  Formensiuu  ?  (Die  naturwias.,  Berlin, 

3,    pp.   80 -82.    1915). 
A.  Beklesk.  Gli  Insetti,  II.  —  98- 


778  CAPITOLO    SRSTO 


Buttel-Rkrpen  H.  v.,    Sind  die  Bieneu  wirklich  farbeublind  !  {Ibidem,   4,   pp.  289-291,   1916  . 
DeeGKiNKR  P.(  Soziologische  Studien  an   Raupen   uud  Beuierkungen   iiber  Licht-und    statischensinn 

(Ardi.   f.  Naturgh..   Berlin,   1920.  A.   10,   pp.   91-154.. 
Erhakdt  E.,  Zur  Kenntiiiss  der    Innervierung    und    dei  sinnesorgane  der    tiiigel    vou    Iusecten 

[Zool.   Jahrbiicher,  Abt.  f.  Anat.,   XAAIa,  1919.  pp.   293-334). 
PkisCh  lv.  v.,  Der  Farbensinn  und  Formeusinn  der  Biene      Zool.  Jahrb..    .Iena,  Abt.    f.  Allgeiii. 

Zool,  XXXV.    1914,  pp.    1-183:. 
Hess  C,  Neues  zar  Frage    nach  einen     Farben  Sinue  bei    Bienen     (Die  Naturwissensoh. ,   Berlin, 

1920,   pp.   927-929j. 
Hochiìkuthek  R.,  Die  Hautsinnesorgane  vou  Dytiscu»  marginalia  L.,  ìhr  Bau  und    ibre  \  erbrei- 

tung   ara   Kòrper  (Zeitschr.   f.   Wiss.   Zool.,   Bd.   103.  pp.   1-114,   1912). 
Jor/SSET  DE  Bellesme,  Recberclies  expérimentales  sur  les  fonctions  dea  balancier  chez  les  Dipteres 

(Paris,  1878).  .  ,  . .     .„      ..  ... 

Kkiiin  D.     Sur  certains  organes  sensoriels  des  larves  des  Diptères  et  leni-  signihcatron    probable 

(C.  R.'  Ac.  Science,  t.   153,  p.  977.   1911).  . 

Krechkr  F.   H.,  Fenomena  of  orientation  exibited  by  Ephemeridae  (Biol.   Bull.  Marine  Biol.  L,a- 

borat  ,  Woods  Hole,   Mass.,  XXIX.  1915.  pp.  381-388  . 
LehR   li.,     Die    Sinnesorgane    der    beiden    Fliigelpaare    von  Dytiscus  marginali»  (Zeitschr.   t.   wiss. 

Zool!,  Bd.  CX,  p.  87,  1914). 
Di,,  Sinnesorgane  in  Iunern  des  Pedicellus  vou  DijHìcìis  marginalia  mit  besonderer  Beruok- 

siebtingung  des  Johnstonscheu   Orgaues    (Zeitschr.    f.    wissensch.   Zool..  Leipzig,   CXI.     1914. 

pp.  428°444  .  ,     _       . 

Lodge  O.  C,  An  examination  of  the  seuse  reactions    of    flies     .Bull.  Entom.  Research,  London, 

IX.  1918,'  pp.    151-152  . 
Mc_  tn! x.   E..  The  sense.-organs  ou  the  niouth  parts  of    the  honey-bee    fSmithson.   Mise.  eoli. 

Washington,  65,  1916,  Nr.   14,  pp.   1-55  . 
Peckham  G.  W.,  Some  observations    on    the    special   seuses  of  Wasps  (Proceed.  Nat.   Hist.  hoc. 

of  Wisconsiu.   1887). 
Smith  et  Maxwell  Lefroy,  A  comparative  study  of  certain  sense-organs   in    the  anteunae  and 

palpi   (Proceed,   Zool.   Soc.   London,    1919,   pp.  31-69). 
Weve  H..  De  Lichtsiun  der  Larven   van     Calliphora  erythrocephala    (Vleeschvlieg)  (Ned.    Ivclschr. 

Geneesk.  Amsterdam,  60,  1916,  pp.   193-218;.  _  . 

Ziegler  H.  E..  Der  Farbensinn  und    der    Formensinn    der  Biene    (Mitt.    Ges.     Pierpsychologie, 

Stuttgart,  2  und  3,   1914-1915,  pp.  46-48;. 

Funzioni   mentali. 

(  Fedi  anche  pp.  587-589). 

Bohn  G.,  La  uaissauce  de  l'intelligence  (Paris,    1909). 

Bouvier  L.,  Les  habitudes  des  Bembex ;  monographie  biologique  (Auuée  psyoologique,  1901). 

La  vie  psychique  des  lnsects  (Bibl.   Phil.   scient,    Flauiuiariou,   Paris,    1918). 

The  psycliic  lite  of  iuseets   (Ann.   Rept,   Smiths.   Iust..  1918,   pp.   151-159  . 

Sur  l'origine  et  les  modifications  de  l'instinct  des  Hymóuoptères  paraliseurs  («Soientia  ». 

Bologna,  XXVI,   1919,   pp.    449  459". 
Bììshneh,   La  vie  psychique  des  bétes  (Traduct.  de  Letourneau,   Paris,   1881). 
Desey  A,,  Instinct  et  intelligence,   expél'iences    sur    l'Ammophile     (Ann.     Soc.     Entom.  Belgique, 

Bruxelles,   1919,  pp.   SH-95  . 
Falk   H.,   Animai   intelligence  agaiu     (Alitai     (Guide    to  Nature,   Sound  Beach,   Conn.  VIII,   191o. 

pp.    393-397,. 
Fertox  Cu.,  Notes  détaohées  sur  l'instinct  des  Hyménoptères  mellifères  et  ravisseurs.  Ann.   Soc. 

Eut,  Fr..  1908,  p.  535;   1909,  p.  401;  1910,  p.  145;  1911,  p,  351;   1914,  p.   81;  1920,  p.  239, 

375,    Paris,  1920  21. 
Forei.  A.,  Sen8ation  des  Insectes,  5.«  partie  (Rivista  di  Biol.  gouer.,  1901 1. 
HENNING   II.,   Zur  Araeisenpsychologie.  Eiue    kritische  Erorterung  iiber  die  Grundlagen  der  Tiei- 

psychologie  (Biol.  Zentralbl.,  Leipzig,  XXXVIII,  1918,  pp.   208-220  . 
Herrkra  M.,   La  intelligencia  y  el  instiuto  de  los  insectos   (Bolletin.  Direccion  de  Estudios  Bio- 

logicos,  Mexico,  I,  1915.  pp.  389-39S;. 
Holmes  S.  J.,  Tlie  instinct  for  feigning  death  (Popnl.  Se.  Monthly,   1908). 
Labitte  A.,  L'intelligence  des  Iusectes  (Alercure  de  Pranoe,  t.   VIII,  p.  504,   1912). 
Une  extraordiuaire    aberration    genitale    d'un    Orthoptere,    le    Pamphagua   immillici!*  Poir. 

(Bull,  du  Muséum  d'Hist.   nat.,   n.   6,   Paris,    1917). 
Lécaillon  A.,  Sur  la  manière  dont  l'Ammophila  hérissée     (Paammophila  hirsnta)  capture  et  tran- 
sporte  sa  proie.  et  sur  l'explication  rationelle  de  l'instinct  de  ce  byménoptère    (C.    R.   Araci. 

Se,  Paris,   1918,  pp.  53h-532  .  , 

Ltjbbock  J.,  On  the  seuses,  Istincts  and  Intelligence  of  Auimals.   (International  Sdentine  Series, 

London,'  Voi.   LXV,   1888). 
Maigre  E.,  La  nature    et    la    genèse    des    Instiucts,    d'après    Weismanu    (Année  psychol.,  XIII, 

1907),  ' 


ItlIW.KMIHAIIA 


779 


MarCHAL  P.,  Formatura  d'une  espèce  par  le  parasitisme  (Spheoodes  gibbita)  (Rev.  Se,  p.  99, 
1890). 

Me,  Clermont  .1.  K.,  Remarks  ou  evidences  o£  intelligence  in  certains  Butterllies  (The  Entomo- 
logi st,  London,  1917,  pp.  212-213). 

Morgan  C.  Lloyd,  Habit  and  Instinct,  351,  p.  (London  and  New  York,  1896). 

l'rHi ■/.  J..  Notes  zoologiques  (Actes  Soc.   Linn.   Bordeaux,   1904). 

—  —  Les  probfèrues  actnels  de  l'Instinct    (Unii.    et.    Móni,    de    la    Société    d'Antbropologie    de 

Paris.  Conférence  tran  sforni  iste  du  11  juin  1908i. 
PlCTET  A.,  L'instinct  et  le  soumieil  chez  les  Insectes  (Areh.  So.  Pbys.   Nat.  (4),  XVII,    447-451, 

1904). 
Pierantoni  U.,  Sul  comportamento  della  Macroglossa    stellaturmn  rispetto  ai  fiori  diseguati  (Boll. 

Soc.    Nat.   Napoli,   voi.   XXV.    IStll    12). 
Plateau  F.,    Observations   sur  les  errenrs    commise»    par    les    Hyinénoptères    visitant  les  fleiirs 

(Ann.   Soc.   Entom.  Belgique.  t.   XLVI,   1902). 
REUTER  O.   M.  und  Buch  M.,   Lebensgewobnbeiten   und  Instincte  der  Iusekten  bis  zum  Erwacben 

der  Sozialen  Instiukte  'E.   Friedliinder  &  Sobu,   Berlin,   1915). 
ROMANKS  G.,   Animai  Intelligence  (1884). 

—  —  Evolntion  mentale  ebez  les  animaux  (Paris,  1884). 

Stager  R.,  Psychologische  Beobacbtungen  an  der  Ranpe  des  Plìaunienwicklers  (Carpocapsa  func- 
brana)   iZeitschr.  wiss.  Insektenbiol,   Bd.   8,  pp.  102-105.  1912). 

SCHUiìTEK  W..  Bio-  u.  psycbologisches  Verbalten  von  Cheimaiobia  boreata  Hb.  (Zeitscbr.  wiss.  In- 
sektenbiol.,  Bd.   9,  pp.   24-25,    1913'. 

Su. mi:  L.  M»,  An  interesting  case  of  instinct    Canad.  Entomol.,   1917,  pp.  161-163), 

Strasskn  O.,  Die  neuere  Tierpsycbologie  (Gesellsch.  dentseb.  Naturforsch.  u.  Aerzte,  1-38, 
1907). 

Vai.i.isnieri  A.,  Esperienze  ed  osservazioni  intorno  all'origine,  sviluppi  e  costumi  di  vari  In- 
setti,  ecc.,   II  Ediz.   (Padova,   1726). 

Washburn  Marg  Fi..,  The  Animai  Mind.  a  Text-bock  of  comparative  Psycology  (Macmillan, 
New  York,   1908). 

Wa-mann  G.,  Nervenpbysiologie  und  Thierpsycbologie  (Biol.  Ceutralbl.,  XXI,  1901). 

—  —   Instinkt  und  Iutelligenz  in  Tbierreicb,  III  ed.,  1905. 

Wheblrr  W.  M.,  Vestigial  instinets  in  Insects  aud  other  auimals  (Amerio.  Journ.  of  Psycbology, 
XIX,   1-13,   1908). 

Vedi  anche  Bibliografìa  del  Capitolo  seguente  : 
«  Le  Società  »  (per  le  funzioni  mentali  degli  Iusetti). 

Riflessi  (vedi  anche  Necromimismo). 

Bdddenbrock  W.  v.,  Ueber  das  Vorhandeusein  des  Licbtruckeureflexes  bei  Insekten  sowie  bei 
dem  Krebse  Jii-auchipus  grnbti  (Heidelberg  Sitz.  Ber.   Ak.  Wiss.,   4,   B.   I,  pp.    1-10,   1915). 

CLEMENTI  A.,  Sull'esistenza  negli  Acridi  di  un  peculiare  riflesso  iu  rapporto  alla  sensibilità  tat- 
tile del  timpano  (Arch.  Farm.  sper.  Se.  ali'.,  voi.  12  e  Boll.  Ass.  Cultori  Se.  med:  nat., 
Roma,  pp.   295-297,   1911  |. 

Me,  Cracken,  Isabkl,  The  egg  laying  apparatile  in  the  Silkvorm  as  a  reflex  apparatus  (Journal 
of  comp.  Neurology  and  Psycology,  voi.    17,   1907  . 

RabaUD  ]•:,.  Sur  quelques  réflexes  des  Ortboptères  acridiens  (Paris  C.  R.  Soc.  biol.,  78,  1915, 
pp.    66S-670  . 

—  —  Le  dégorgement  rérlexe  des  Acridiens    Paris  Bull.  Soc.  Zool.,  40,  1916,  pp,  223-238). 


Locomozione,  movimento. 

a)  Contrattilità;  forza  muscolare. 
(  l'tdi    anche    voi.    I,    pp.    MÌ0-462). 

DelBOEDF,  Nains  et  Géants.  Etude  comparative  de  la    force  des  petits  et    des    grauds    animaux 

(Bruxelles,   1890.   ed   anche  Kosmos.  XIII.   58-62). 
Exgki.manx,     Neue    Untersucbnngen    iiber    die    mikrosk.    Vorgange    bei  der  Muskelkontraktion 

(Arch.  f.  ges.  Pbys.,  XVIII,   1878;  Ibid.,  XXIII,  p.  575,   1880). 
FaIVRE  E.,   Recberches  sur  les  propriétés  et    les  fonctions    des    nerfs    et    des    muscles  de  la  vie 

organique  ebez  le  Uytisque  (Ann.  S.  Nat.  Zool.    (4),  XVII,  1861). 
Ili  ciiile  K.,   Ueber  die  Struktur  der  quergestreiften    Muskelfasern  von    Hi/drophilus  in  rubenden 

und  tatigen  Znstand  (A.  g.  P.,  CXXVI.   1909). 
Kaiix   R.   H.,  Zur  Physiologie  der  Insektenmuskeln  (Plliiger's  Archiv  f.   Pbys.,    1919,   pp.  285-336). 


780  CAPITOLO    SESTO 


Joukdain  J.,   Note  sur  un  rnouvement  de  rotation  aiugulier  de  la  tète  cliez  une  larve  de  Culicide 

(C.   E.  Soc.  Biol..   Paria,  Tome  5,  p.  249,  1893'. 
Lefeuvre  C.  H.,  ìS tilde  myographique    de  la    contractiou  rnusculaire    chez    l'Iuaecte  (Thèae  de 

Paris;  Paris,  1899-1900). 
Mallock  H.  K.  A..  Some  points  in  iusect    mekanics    (Proceed.  of  the  Zool.  Soo.  London,   1919, 

pp.   111-116). 
Meihs  E.,  The  structure  of  tbe  element  of  crosstriated  muscle  and  the  chauges  of  form     wicb  it 

undergoes  dnring  contractiou  (Zeitsch.  f.  allgem.   Phyaiol.,   Vili,  108,   1908). 
Plateau  F.,  Sur  la  force  mueculaire  dea  Insectea  (Bull.  Acad.  roy.  Belgique    (2),    XX,  732-757, 

1865;  XXII,  283-308,   1866). 
La  force  rnusculaire    dea    In8ectes  (La    Science  pour  toua,   1880,  n.  43,  310;    Die    Natur., 

XXIX,  661,    1880), 
—  —  Recherchea  eur  la  force  abaolue  dea  muacles  dea  Invertébrés  (188-tJ. 
Radau  R.,  La    force    umaculaire    dea    Inaeotes    (Revue    dea    Deux  Mondea,    II  a  r.,    voi.  LXIY, 

1877). 
Varigny  H.  C;  Recherches    expérimentalea    sur  la  contraction    muaculaire    chez  lea  Invertébrés 

(Paria,  1886). 
Wagener,  Ueber  einige  Erscheinuugen  an  den  Muakeln  lebendiger  Corethra    pìiimicomis    Larven 

(Ardi.  f.  mikr.  Anat.,  X,   1874). 
Weeber  Ed.,  Eutdeckuugen  in  der  Lehre    von    der    Muakelcoutraction   (Miiller's  Arch.  f.  Anat. 

und   Physiol.,   504,    1846). 


b)  Locomozione  terrestre  ed  acquatica. 

{Vedi    anche    voi.    I,    pagine    252-254). 

Carlet  C,     Sur    le    mode    de    locomotion    dea    cheuilles     (C.     R.  Ac.  Se.  Paria,  CVII,  131-134. 

1888). 
—  —  De  la    marche    d'un  Iusecte    rendu    tetrapode    par    la    auppreasiou    d'une    paire  de  pattes 

(lbid.,   565-566). 
Sur    la    locomotion    dea    Insectea    et    des    Arachnidea    (C.    R.    Ac.    Se.    Paria,    LXXXIX, 

1124-1125,    1879). 
Demoor  J.,  Recherchea  sur  la  marche  des  Insectea  et  des  Arachnidea  (Arch.     Biol.,  1890)     (Vedi 

anche:  C.  R.  Ac.  Se.  Paria,   CXI,  839-840,    1890). 
Dewitz  U.,  Dipterenlarveu  welche    y\ie  Blutegel    kriechen     (Kaaaer'a    Eutom.    Nachr.,   8  Jahrg., 

p.  49,  n.  50,  1882). 
Wie  iat  ea  den  Stubenrliegeu  und  auderen  Inaekten  miiglich,    an    senkrechten  Glaswiiuden 

emporzulaufen   (Sitzungber.   Gea.  natur.   Freunde  zu   Berlin,   1882). 
—  —  Weitere  Mitteilnngen    iiber    das    Klettern    der    Insekten    an    glatten  senkrechten  Fliichen 

(Zool.   Auz.,   VIII,   157-159,   1885). 
Discox  H.,  The  walking  of  some  of  the  Arthropoda  (Proc.  R.  Dubliu  Soc.  VII,     574-578,    1892 

e:  Nature,  1S97). 
Doorman  G.,  Die  Mekanik  dea   Spruugens    der    Schnellkafer    (Biol.     Zeutralbl.,    Leipzig,     1919, 

pp.   116119). 
Emery    C,    Fortbewegung    von   Tieren    an    aenkrechteu     uud    iiberhangenden    glatten    Fliicheu 

(Biol.  Centralbl.,  IV,  438-443,    1884). 
Graber   V.,   Ueber  die  Mechauik  der  Inaektenki'irpers   (Biolog.   Centralbl.,   IV,   650-670,    1884;. 
Kirkarldy  G.   \V.,    On    the   Method  of  «  Oaring  »  in  Water-Buga  (Hemiptera)   (Eut.  News,   XV, 

p.  344,   1904). 
Knoll,    'uagleitens  der  Iusektenbeine  an  wackabedeekten  Pflauzeuteilen  (Die  Naturwias.,   Berlin, 

3    39    1915  . 
Lécai'llon  A.,  Sur  lea  rapporta  de  la  larve  et  de  la  nymphe    du  Cousin  avec  le  milieu  ambiant. 

(Bull.  Soc.  phil.  Paris,  (9,   1,   1900',  vedi  anche:  Biuet   (Syat.  nerv.,   1894). 
Megosar  F.,  Eiufluaa  abnormer    Gravitationaeinwirkung    auf  die    Eutwicklung    bei    Hydrophilu.8 

aterrimns  (Arch.  f.  Entwiklungamech.,  22,  S.   141,   1906).  g 

Pbttigkk-w  J.  B.,     La    locomotion    chez    lea    animaux,    marche,     natatiou  et  voi.   (1  voi.  in  8.  , 

II  édit.   Biblioth.   ac.   interu.). 
ROMBOUT8  .1.  E.,  De  la  facilitò  qu'ont  lea  mouches  de  se  mouvoir   aur  le  verre  et  aur  lea  autrea 

oorps  polis  (Arch.  Museum.  Teyler.  Harlem,   (2),  IV,  1883). 

Ueber  die  Fortbewegung  der  Pliegen  an  glatten  FHicheu   (Zool.  Anzeiger,    1884). 

Schmidt  E.,  Ueber  da»  Soh-wimmen  der  Libellenlarveu     Zool.  Auz.,  Leipzig,   1919,  pp.  255-2o7;. 
Stechk  O.,   Die  Schwimmblasen  der  liiischelniucke,   Corethra  plumiconiis    (Die  Naturwiaaenachaften, 

Jahrg.  3,  pp.   157-160,  1915'. 
Stellvaag  F..  Daa  Springeu  der  Schnellkafer  (Elateriden)  iNach.  Wocheuachr.,  Bd.  30,  pp.  635. 

Strassbr   H.   Ueber  die  Grnndbedigungen  der  aktiven  Locomotion   fAbhandl.  d.  naturf.  Gesellach.» 
Halle,  Bd.  XV,   1880\ 


MBLIOCiRAFIA  781 


Thii.o  O.,  The  Mecanism  of   the  Spring-Beetle,    An    Iuvestigatiou    of  Isa  Method    of    Operation 

(Scient.   Amer.   Sappi.,   voi.   78,    p.   85,   1914). 
—  —    Das  Sehnellen  der    Springklifer    (Elateriden)    (Riga    Korr.    Bit.     Naturf.     Ver.     57,     1915, 

pp.    121-126). 


o)  Volo. 
Fedi  (inche  voi.  I,  pp.  251  253  . 

Amaxs.  Sur  le  voi  des  Cigales    Bull.  Acad.  Se.  Lett.,  Montpellier,   pp.   183  192.  1915  . 
Banuei.ot  E.,  Du  m'eanisme  suivant  lequel  s'effectue,   chez  les   Coléopteres,  la  retraite   des   ailes 

inférieures  sous   les  élytres,  etc.   (Bull.  Soc.  Se.  nat.  Strasbourg,   137,  1868). 
Bervoets  R.  E.,    Contribution  à  l'è  tu  de    du  voi  des  insectes    (Auu.  Soc.  Roy.  Zool.  et  Malacol. 

Belg.,   1919,  pp.  91-126  . 
Bill  L..  Mécanisme  du  rnouvement  de  l'aile  des   Insectes.     (C.    R.    Se.    Ac.     Se,  t.  CXXXVIII, 

p.  590,   1904). 
Chahrier  J.,  E»sai  sur  le  voi  des  Insectes   (Méta.  Mus.  d'Hist.    nat.,   VI,    410-476,     1820  ;    VII, 

297  372,   1821  ;   VIII,   1822). 
Demolì.  R..  Der  Flug  der  Insekten  und  der  Vógel   (Verlag.  v.  Fisclier,  Jena,   1918). 

—  —  Die  Bedeutung  der  Elytreu  der  Kàfer  fui  den  Flug.   (Zool.  Anzeig..  Leipzig,  XXXIX,  1919, 

pp.   474  478  . 
Die  Auftassnng  des  Fliegens  der  Kiifer  (Zool.  Anz.,   XL1X  Bd.,  Nr.  15,  pp.  285-286,  1918, 

Leipzig). 
Girard  M..  Notes  sur  diverses  expériences  relatives  à  la,  fonction  du  voi   ebez  les  Insectes  (Ann. 

Soc.   Ent.   Fr.,   (4),   II,   154-162,   1880). 
Goldschmidt  R.,   Untersuchuugeu   zur  Entvt-ieklungsphysiologie  des  Fliigelmusters  der  Schmetter- 

liuge   (Arcb,  f.   Eutwick.   d.   Organ,   Berlin,   XLVII,   pp.    1-24;. 
Griffini  A.,  Observatious  sur  le  voi  de  quelques  Dytiscides  et  sur  les  pbénomènes    qui    le  pré- 

cèdent   (Turin,   1896)    (e  in:   Miscellanea  Entom.,  voi.    Ili,    n.   11-12  e  voi.   IV,   n.    1-2). 
Hartogb  Heys  von  Zouteveen,    Observations    sur    les    coefficients    du    voi    chez    les   Insectes 

(Tijdschr.  v.  Entom.,   S.  Gravenbage,   1871). 
Hepp  À..  Wer  ist  der  fliegende  Teil  kopulierter  Tagfalter  ?   (Entom.  Zeitscbr.,    XXXIII  Jabrg  . 

Nr.  19,  p.  74,  Frankfurt  a.    M..  1919). 
.Tanei   Ch.,  Sur  le  mécanisme  du  voi  chez  les  Insectes   (C.  R.  A.  Se.,  CXXVIII,  249,   1899;. 
Jodsskt  de  Bellesme,  Sur  une  fonction  de  direction    dans    le    voi  des    Insectes  (C.  R.  Ac.  Se, 

Paris,  LXXXIX,  980-983,   1879). 
Krarip-Hansex  C.  I.   L.,  Beitrag  zur  einer  Tkéorie  des  Fluges    der    Vogel.    Insekten  und  FU- 

deruiiiuse   (Kopenbagen,   u.   Leipzig,   1869). 
Kremer,  Die  Fliigeldeken  der  Coleoptera    iZool.    Jahrbuch,    Jena,    XII,   Abth.     f.    Anat..    1919, 

pp.    175-272  . 
Klìnckel  D'hercti.ais,     C'onsidérations  sur  le    mécanisme    du    voi  ohez  les  Insectes  Lépidoptères 

et  Hyménoptères  róle  du  frein  et  des  hamiili  (B.  B..   70,   1876). 
La.vdois  H.,    Ueber    das    Flugverm.'igeii    der    Insekten     (Natur.     und   Offenbarung,  VI,  529-549. 

1860). 
Lexdelfeld  D.,    Der  Flug    der  Libellen.    (Sitzungsber.    Akad.,  Wisseusch    zu  Wien,  LXXXIII. 

1   Abt.,  p.  289,  1880  . 

—  —  Beitrag  zum  Studiem  des  Fluges  der  Insecten    mit    Hilfe    der    Momeutphotographie  (Biol. 

Centralbl.,  Bd.  XXIII,  1903). 
Liais,    On    the    fligt  of  Birds  and  Insects  (Ann.  a.  mag.     Hist.    nat.,    London,    t.  XV,    p.   155, 

1865). 
Marev  E..    Mémoire    sur    le    voi  des  Insectes  et  des  Oiseaux  (Ann.  Se.  Nat.,  (51,  XII,  1869.    et 

(5),  XV,   1872). 
Recbercbes  sur  le  mécanisme  du  voi  des  Insectes   (Joiirn.   Anat.   Pbysiol.,  VI,   1869). 

—  —  La  machine  animale.   Locomotiou  terrestre  et  aérienne   (Paris,   1874). 

—  —  Le  voi  des  Insectes  étudié  par  la   photocbronograpbie    (C.    Rend.    Ac.  Se.     Paris,    7,  113, 
p.  15,  1891). 

Mullexhoff  K.,  Die  Ortsbewegungen  der  Thiere  (Berliu,   1885)  (Vedi  anche:  Pfluger's,  Archiv., 

1884). 
Pettigrew  J.   B.,     Ou    the    mechanical    appliauces     by     wbicb    Flight     is  ottained  in   te  Animai 

Kingdom   (Transact.   Limi.  Soc.  voi.  XXVI.  ili,   197-277,  4  pi.,  1868). 

—  —  On  the  physiology  of  wings  (Trans,  roy.    Soc.    Edinburgh,    XXVI,    321-446,     1871)     (vedi 

anche:   Stettin  Ent.  Zeitscb.,  33-42,  1871). 
Piefers  M.  C.  Observations    sur    les    vola  de  Lepidoptera  aux    Indes    orientales    (Naturkundig 

Tijdschrift  von  Neerland  Indie,  1,  p.   198,  1890). 
Plateau   F..  Réflesious  et  expériences  sur  le  voi  des  Coléopteres  (Mém.    hi    à    la  Soc.  de  Phys. 

et  d'Hist.  nat.  de  Genève  le  2  sept.,   1869  (Arch.  de  Se.  de  la  Bibl.  Universelle,   1869). 

—  —  Recherches  expérimeutales  sur  la  position  du  centre  de  gravite  chez  les  Insectes  (Arch.  d. 

Se.  phys.,  et  nat.,  Genève,  XLIII,  5-37,  1872)   (vedi  anche:  Stettin  Ent.  Zeitscb.,  33-42.  1871). 


CAPl'IoI.o    SESTO 


Pliginskij  V.,  Moltiplicazione  e  volo  in  massa  di  alcuni  insetti  (Rev.  Russ.  eut.,  Petrograd,  14, 

pp.   491-493,    1914)  (In  lingua  russa). 
Poujade,    Note  sur  le  voi  de  quelques  Coléoptères   (Ann.  Soc.  Ent.  Fr.,  V,  Ser.,    t.  3,    p,  523, 

1873). 
_  —    Notes    sur    les    attitndes  dea    Iusectes    pendant    le    voi   (Ann.  Soc.  Ent.  Frauce    (6),    IV, 

197-200,    1884). 
Rau  P.,  The  snn-dance  of  the  saw  fly  (Ent.  New  Philad.,  27,   1916,  pp.  240-249). 
Roepkk  \\\,  Ueber  don    Hiihenflug    der    Miiunchen  von  Polistes  diabolicità    Sauss.    (s'Gravenhage 

Tydschr.   Ent.,   59,   1916,   pp.    175-179). 
Stell'wagg  F.,    Bau    und    Mechanik    des    Flugapparates    der    Biene    (Zeitschr.  fur  wiss.    Zool., 

Kd.  XCV,  1910). 
—     -  Der  Flugapparat  der  Lamellicornien   (Zeitschr.  f.  wissensch.  Zool.,  359,  1913-14). 

—   Wie  steuern  die  Insekten   ini   Plug?  (Die  Naturwissenschaften,    1916,   pp.   270-272). 
_   _   Wie  steuern   die  Insekten   wiihrend  des  Fluges?  (Biol.  Ceutralbl.,    Leipzig,   XXXVI,    1919, 

pp.    30  44). 
Strasser  H.,  Mechanik  des  Fluges  (Arch.  f.  Anat.  u.  Entw.,  1878). 
Tatin  V.,    Expériences    physiologiques    et    synthétiques    sur  le  mécanisme  dn  voi.   (Travaux  du 

lahorat.  de  Marey  87-108,  1876  et  293-302,  1877). 
Wolff  G.,   Physikaliscli-biologische  Beobachtungen    an     Schmetterlingsfliigeln     (Biol.    Ceutralbl-, 

Leipzig,   1919,   pp.    248  259) 
Woss,   Vergleicheude  Untersuchungen   iiber  die  Flugvverkzeuge  der  Insekteu  (Verhaudl.  d.  deutsch. 

Zool.   GesellBch.,  a.   d.   23  Jahresversamin,   1913). 
Zschokke  F.,  Der  Plug  dei-  Tiere  (Verlag  von  J.  Spriuger,   Berlin.  1919). 

Produzione  di  suoni,  di  luce  e  di  odori. 

{Vedi  anche  voi.   I,  pp.   714,  720,  981). 

Bar,     Note    controversi  ve    sur    le    sens     de    Pome    et    sur    Porgane  de  la  voix  chez  les  Iusectes 

(Bruxelles.   1873). 
Basttn  A.,  The  «  Eara  »  and  Sound  Produciug  Mechanismus  of  Iusects.  Curious  substitutes    for 

vocal  Organs  (Scient.  Amer.,  voi.  III,  p.  527,  1914). 
Blair  K.  C,  Luniinous  Insects  (Proc.  South  London  entoin.  nat.  Hist.  Soc,   1914-15,  pp.  31-15 

et  Nature,    London,  voi.   96,   pp.   411-415,   1915). 
Broches  F.,  L'appareil  stridulatoire  de  P Eydrophilus  picene    et    celui  du  Berosnn  aericeps  (Ann. 

de  Biol.  lacustre,  t.  V,   1912). 
BuORGE  W.  E.,  The  catalase  content  of  luniinous  insect  compared  (Science,  New  York,  1916,  p.  295). 
Cappe  de  Baillon  P.,  Note  sur  le  méchanisme  de   la  stridulation    chez  Meeonema  varium    Fabr. 

(Orthopt.   Phasgouuridae»    (  Vnu.   de     la   Soc.  eutom.   de  Frauce,   voi.   XC,     A.    1921,     I   Trini., 

Paris  1921.  p.  69-80  con  3  figg.). 
Coupin  H..  Le  Chant  des  Iusectes  (Revue  Scient.,   (4),  XVI,  782-786). 
Dahlguex  U.,  The  production  of  light  by  animala.    III.     Worins,  Crustaceans  and  lower  Insects 

(Journ.   the  Franklin  Inst.,   Philadelphia  ;  May-Jau.,   1916-17). 
Eimeu  Tu.,   Untersuchungen   iiber   Lnciola  italica  (Zeitschr.   f.   wiss.   Zool.,   Bd.   XL,   1884). 
Feuerborn  .'.,  Duftorgaiia  bei  deu  Schmetterlingsmiickeu  (Zool.  Anzeig.,  Leipzig,   1919,  pp.  279- 

285). 
Gardeau  de  Kerville  H.,  Der  Iusectes  phosphoresceuts  (Roueu,  Iniprini.  Desays,   1881  .   {Ibid., 

1887  ;   Bibliografia  generale  fino  al   1887). 
GKIPEL  E.,   Beitriige  zur  Anatomie  der    Leiichtorgaue     tropischer    Kiifer    (Zeitschr.     wiss.    Zool., 

Bd.    112,  pp.  239-290,    1915). 
Harvey  E.  N.  Wat  substance  is  the  source  of  the  light  in  the  tìrefly  (Science,  New   York,  1916, 

pp.  241-243). 

Studies  on  the  Pliosphorescent  Substance  of  the  Fire-Fly  (Science  N.  S.,  voi.  41,  p.  472,  1915). 

Ives  H.   E.   and  C.   W.   JORDAN,   The  Iutrinsic  Brilliancy  of  the  glow  Worm  (Nature  Fifty  Times 

as  Efticient  as  our  Best  Artitìcial  Light  (Scient.  Amer.  Sappi.,  voi.  76,  p.  53,   1913). 
Jaxet  Ch.,  Production  des  sons  chez  les  Fourmis  (Ann.  Soc.  Entom.  Frauce,  p.   159,  1893). 
Kr.KiNE  R.,  Ueber  den   Stridulationsapparat  der  Brentidae    (Arch.     f.    Naturgesch.,   Berlin,    1918, 

A.   10,  pp.  1-84). 
_  —  Ueber  Stridulationsapparat  der    Hylobiini     (Eutomol.     Mitteil.,    Berlin,   Dahlem,     X,   1920, 

pp.   16-23). 
Der  Stridulationsapparat  der  Hylobiini   (Entom.  Mitteil.,  Bd.  X,  Nr.   1,   p.    16;   Nr.   2,  p.  54; 

Nr.   3,   p.   85  ;   Nr.  4,   p.    100,   1921). 
Me.  Dermott  F.  A.,  Observations  on  the  light    emission  of    American  Lampyridae  (The  .Canad. 

Eutomol.,    1917,   pp.   53-61). 
—   Luciferesceine,  tlie  tìuorescent  material  ]>resent  in  certaiu  luniinous  Insects     (Amer.   Chem. 

Soc.,   voi.   XXXIII,   n.   3,    1911). 
Moki.i'.y,   Field   Notes  on   Stridulation    (Entom.   Month.  Magaz.,   249,   1902). 
Pasteur,   Sur  la  lumière  emise  par  le  Cucujos  (C.  R.  Ac.  Se,  LIX,  519,   1864). 


uiULinCRAFiA  783 


Perez  F.,  Surlescauses  debourdonneinent  chez  les  Insectes  ((,'.  R.  Acmi,  dea  Se  ,  voi.  1, XXXVII, 

1878). 
PlERANTONI   I".,    La   luce  degli  Insetti   luminosi   e  la,  simbiosi  ereditaria    (R.     Acead.   di   Se.   lis.   e 

iiiatt'in.    Napoli,    p.    15,    1914). 

—  —   Sulla  luminosità  e  gli  organi    luminosi     ili     Campyris    noctiluca    (Boll.     Sue.     Nat.    Napoli, 

voi.   27,   p.    85,    1914). 

—  —  Nuove  osservazioni  sulla  luminosità  degli  animali  (Rend.  Acad.  Se.  Fis.  e  Matcm.  Soc.  R. 

Napoli,    1919,    pp.    24-27). 
Ri  K  he,  Note  sur  les  propriétés  lumineuses  du   Pyrophorm  nyetophanes    (Ani.     Soc.    £nt.,  (2  ,    II, 

Bull.  63-67,   18441. 
Seamax,   On  the  luminous  orgaus  of  Iusects     (Proc.  An.  Soc.   Micr.   Washington,     XIII,     p.    133, 

1822). 
VERWORS   M..   Fin  automatisches  Centrnm  fiir  die  Lichtproduction  bei  Lnciola   italica  (Centralbl. 

fur   Physiol.,   VI,  69,   1892). 
\V ai.i.is  E.   F.,  The  «  Singing  »  of  Si/rphus  ribesii     while  at    rest    (The  Entomol.    Montili.    Mag., 

London,   1919,  33). 
VVHEKLER  et  William*,     The     luminous     orgau   of    the  New  Zealand  glow-worm     (Psvche,    1915, 

pp.   36-43). 
William   F.   X.,   Photogeuic  orgaus  and   embryology  of  Larupyrids     (Journ.   of    Morphol.,     Phila- 

delphia,  XXVIII,   1916,   pp.   145-208). 


Nutrizione. 

a)    Respirazione. 

(Vedi  anche  voi.  I,  pp.  S3tì,  S39,  9S-J). 

Ali,  Ueber  das  Respirationssystein  von    Dytiscus    marginalia  (Zeitschrift  f.   wisseuchaft    Zoologie 

Bd.   XCIX,  Heft  3,   1912). 
Babak,  Untersuchungen  iiber    die   Atemzentrentiitigkeifc    bei    den    Insekten.    I    Physiologie    der 

Atemzentren   vou  Dytiscus,  mit  Bemerkungen   iiber  die  Ventilation  des  Tracheensystems   (Ardi. 

fiir  die  ges.   Physiol.,   Bd.    147,   Bonn,   249,   1912). 

—  —    Zur    Physiologie  der  Atniuug  bei  Culex  (Internat.     Rev.    d.  gesamteu  Hydrobiol.   u.   Hy- 

drographie,  Bd.   V.   1912). 
Baxdenfleth  et  Ege,  On  the  Anatomy  and  Physiologv  on  the  air-sacs  of  the  larva  of  Corethra 

plumicorni»  (Videnskab.  Meddelelser  Naturh.   Forening  i   Kjobeubaven,   1916,  pp.   25-42  . 
Barlow  W.   F.,  Observations  of  the  respiratory  movements    of    Insects    (Pbil.    Trans.  Roy.   Sor 

London,   CXLV,    139-148,   1855). 
Beri    1'.,   Sur  la  respiratiou  du  Bombyx  du  Mùrier    ;\    ses    différeuts  ages  (C.   R.  Soc.,  de  Biol., 

528,   531,  b'32.    1886). 
Bonnet  Cu.,   Rechercbes  sur  la  respiratiou  des  Chenilles  (Ména.  math.  des  Sav.  étrangers,  Paris, 

V.    276,    176*  . 
Borri  C,  Sopra  il  numero  e  la  situazione  degli     stigmi    toracici  negli  Aerididi   (Mini.   Zool.   Ita 

liano,   XXXI,   1919,   pp.   22-29). 
BROCRER  F.,    Rechercbes  sur  la  respiratiou   des  Insectes  aquatiques  adultes.   La   Nèpe  et  l'Hydro 

phile   (Bull.   Soc.   Zool.   de  Genève,   t.   I,  f.   9,   181189.    1908). 

—  —   La  Notonecte   (Ann.   Biol.   Lacustre,   Bruxelles,   t.   IV,   9). 

—  Des  Dytioidés  (Ibid.,  t,  IV,  383,  1911). 

-  —   Les  Baemonia  (Ibid.,  t.  V,    1,   1911.) 
Le.s  Elmides  (Ibid.,  t.  V,  136,   1911). 

—  —  L'Hvdrophile.  Étude  physiologique  et  auatomique    du     systèine    respiratoire    (Ibid.,    t.   V, 

1913). 

—  —  Ktude  auatomique  et  physiologique  du  système   respiratoire    chez   les  larves  du  geure  Dy- 

tiscus (Ibid.,   t.   VI,   1913). 

—  —   Physiologie  de  la  Respiratiou   chez  les  Insectes  imagos     (Archives    de  Zoologie  exp  'rimon- 

tale et  generale,   t.  54,   58,   1914)   e   (Bull.   Instit.   Natiou.   Gen 'Vois,   t.   XLII,   1916). 

—  —  Rechercbes  sur  la  Respiratiou   des  Iusects  aquatiques.   Les  Dyticidés   isecond  article',  suivi 

d'une  notice  sur    les    mouvenients  respiratoires    de     l'Hydrophile    (Annales    de     Biologie  La- 
custre, t.   VII,  Bruxelles,  1914), 

—  —  Nouvelles    observatious    sur    les    Dyfciques    et  sur  l'Hydrophile    troisième  article}.   Mouve- 

ments  respiratoires  et  muscles  respirateurs  thoraoiques    des  Insectes  (Revue    Snisse    de    Zoo- 
logie,   t.   XXIII,    1915). 

—  —   Sur  les  Dyticidés  (Archives  de  Biologie  expérimentale  et  g'nérale,   t.   55,   3 4 7 1 . 

—  —  Nouvelles  observatious  sur  la  respiratiou  des  Dyticidés   (4   article)     (Arch.   de  Zool.   exp  ri- 

mentale et  generale,  t.   56,    1-24,   1916). 

-  —     La    Nèpe    cendrée      i.tude    auatomique    et     physiologique    du    systèine    respiratoire,    chez 

l'imago  et  chez  la  larve  ;   suivie  de  quelques  observations   biologique  concérnant    ces  Insectes 
(Archives  de  Zoologie  Expérimentale  et  Generale,  t.  55,  fase.  11,  p.   453,  1916). 


784  CAPITOLO    SKSTO 


Brocrer  P.,  La  respiratiou  des  Inaectes  aquatiques  imagos  (Genève,   1916). 

Ili  tschli  O.,  Ein  Beitrag  zur    Kenntnis  dei'  Stoffwechsels,  iusbesoudere  die  Respiratiou    bei  den 

Insekten  (Reichert  und  Du  Boia.   Reviaond'a    Archiv.  f.  Anatomie  und  Physiologie,    348-361 

1874). 
Calvkrt  P.   P.,   Stndies  on  Costa  Ricali  Odonata;    VII,     The  Waterfall  Dwellers:     The    internai 

organa  of  Taumatoneitra  larva  and  the  respiratiou  and  reotal  tracheation  of  Zygopterous  larvae 

in   general     Enti  News,   XXVI,    1915,  pp.   385  435). 
Camerano  L.,  Observations  sur  les  mouvementa  et  sur  les  ìnnscles  respiratoires    du    thorax  dea 

Colóoptères   (Aroh.   ita],   de  Biol.,   t.   XIX,    1893). 
Comstock  J.  H.,  Note  ou  respiration  of  aquatie.  Bugs  (Amerio.  Nat.,  XXI,  577-578,  1887). 
Contkjan  e,.  Sur  le  mode  de  respiration  du   Dectiaus  verruoivorui  (C.  R.,  CXI,  1890), 
Coquerei.  C'ir.,   Note  pour  servir  à  l'histoire  de    l'Aepns  Kobini     (Ann.   Soc.    Eut.  Fr.     (2),    Vili 

529-532,    1850). 
Cullex,  Jamieson,  ecc.,  The  ree  tal    tracheation  and  rectal  reapiration  of  the  larvae  of  Odonata 

Zygoptera  (Proc.  Acad.  Nat.  Se,   Philadelphia,   1918,  pp.  75-113). 
Da  Costa  Lima  A..  Contribucao  para  o  eatudo  da  bilojia    dos    Culicideos.    Observacoes    sobre  a 

respirarlo  nas  larvas  (Memorias  do  Jnstituto  Oswaldo  Cruz,  t.  VI,  fase.  1,   1914) 
Davy  J.,   On   the  effeets  of  certain  agents  ou  Insects   (Transact.  Ent.   Soc.     London,     p.   195-212, 

1851). 
Deibel,   Beitriige  zur  Kenntnis    von    Donacia  und  Macrojilea  uuter    besonderer    Beriicksichtigung 

der  Atmung   (Zool.  Jahrb,,  Bd.   XXXI,   1910). 
De  Mei.iere  .1.   C.   H.,   Ueber  zusammengesetzte  Stigmen   bei  Dipterenlarven   nebst  einem  Beitrag 

zur  Metamorphoae  von   Bydromyza  (Tijdschr.   v.   Entoinol.,   38  Deel.,   pp.    1-36,  s'Gravenhage, 

1894  . 
Detmer  W.,  Reapiration  der  Larven  von  Tenebrici  molitor  (Landwirtsch.   Versuchsstatiouen,    XV, 

196-201,   1872). 
DEWITZ  II.,     Eutneheiu     die     Larven     der     Donacien    vermittelst     Stigmen    oder    Atemrijhren   der 

Luftvauruen  dor  Ptìauzeu   die  sauerstoft'haltige  Luft  ?  (Berlin  Eut.   Zeitschr.   32  Jahrg,   1888  . 
Dogs,   Metamorphose  der  Reapirations  organo  bei  A'eua    cinerea     (Mitteil.  d.   uaturw.     Vereins  fiir 

Neuvorpommer  und  Riigeu,   40  Jahrg.,     1908). 
Du  Bois  Reymons,  Ueber  die  Atmung  von  Dytiscua  marginalia    (Arch.    f.    Anat.    u.     Phvs.  Abt. 

Phys.,  S.  378,   1898). 
DoFOUR   1...   Ettides  anatomiques  et  physiologiques    et    observations    sur  le  larves  de  Libellules. 

(Appareil  respiratoire)     Ann.   Se.   nat.   Zool.   (3  ,   XVII,   76-97,   3  pia.,   1852). 
Dutrochet  R    J.  H.,     Du    mécanisme    de    la.    reapiration    dea  Inaectes  (Ann.  Se.  nat.,  XXVIII, 

31-44,   1833,  et  Mém.   Acad.  de  Paris,  XIV,  81,  93,   1838). 
EaST,  Notes  on   the  respiration  of  the  Dragonnynyinphe   (The  Entomologist,   33,  p.  211,   1900). 
Ege,  Ou  the  respiratory  fuuction  of  the  air  stores  carried  by  some  aquatie    Insectes  (Zeitschrift 

fiir  allgemeine  Physiologie,  Jena,   XVII,   1915). 
Ewing  H.  E.,  The  functious  of  the  nervous  system,  with  special  regard  to  reapiration    in  Acri 

didae   (Kansas  Univ.   Se.   Bull.,   II,   n.   11,  305,   319,   1904). 
Faiyre  E.,  De  l'influence  du  svstème  nervenx  sur    la   respiration    des    Dvtisques  (Ann.  Se.  nat. 

Zool.   (4  ,   XIII,   1859,   1860). 
Ferrière,  Lea  organes  trachéo-parenchymateux  de  quelques  Hémiptèrea  aquatiques  (Revue  suisse 

de  Zoologie,   Genove,   voi.   22,   1914). 
Ferris  G.   F.,   A   note  ou  the  occurreuce    of    abdominale  spiracles  in    Coccidae    (Canad.   Entom., 

pp.  85  88). 
Frédéricq  L.,  Note  sur  le  sang  et  la  respiration   des  Vers-à-soie   (Trav.   du  Labor.   des  soies  de 

Lyon,  V,  196-198,   1895). 
Gal  J.,   Expériences  sur    les  Veraà-soie.     7   note     (Bull.     Soc.     étud.     Se.    nat.    Nlmes,     XXXIII. 

87-97,  1906). 
Greexwood  M.    .1.,  The  ofteets  of  rapid    decompression    on    larvae  (Proc.  Phyaiol.  Society  ;     L. 

Physiol.   Cambridge,   XXV,    1906)     (Vedi   anche:   Proc.   of  the  Entom.   Soc.   London,    1906). 
Gréiiant,   Nouvel   appareil  pour  l'étude  de  la  respiration  des  animaux  et    des    végétaux    aquati- 

ques  (B.   lì.,  421-424,  1886.) 
Ilori'i:,  Die  Atmung  von  Notonecla  glauca   (Zool.  Jahrbiicher,  Bd.  31,   1911). 
K.AREL  Sulc,   Ueber    Reapiration,    Tracheenayatem    und    Schaumproduction     der     Schaumcikaden- 

larveu   (Aphrophoainae-Homoptera)   (Zeitschr.  wisa.  Zool.,  Bd.  XCIX,  Heft  1,  p.  147,   1911). 
Krancher  O.,   Daa  Atmen  der  Biene   (Deutscher  Bienenfrennd,   16  Jahrg.  1880). 
Kreuger,   Ueber  die   Bedeutung    der  Luft    des    Elvtralraumes    bei    Dvtiscus     (Lund    Universites 

Arskrift  N.   F..   Bd.    10,   n.    13,    1914). 
KrOG  A.,  Ou   the   rate  of  development  and   CO,   production  of  chrysalides    of    Tenebrici  molitor  at 

different  temperatures  (Zeitschr.  allg.   Physiol.,   Bd.   16,  pp.  178-190,  1914). 

—  —  Ein    Mikrorespirationsapparat  und  einige  damit  ausgefiibrte  ATersucbe  tiber  die  Temperatur- 

Stoffwechselkurve  von  Insektenpuppen  (Biochem.  Zeitschr.,  Bd.  62,'  pp.  266-279,   1914). 

—  —  Studien  ueber  Tracheenrespiratioii     Pfliiger's  Arch.  Ges.  Physiol.  Mens.  u.  d.  Tiere,  Berlin, 

1919,  pp.  95-120). 
.Ianixcmen-    i;  ,   Wiirmestarre  und    Winterschlaf.   bei   Raupen   (Borse,   XVI,    1900). 
Jolyet  et  Regnard,     Recherches    physiologiques    sur    la    respiration    des    animax     aquatiques, 

II  partie   (Arch.   de  physiol.    (2),   IV.    1877). 
Lambrkcht  A..   Daa  AtmungsgeschSft  dor  Bienen  fBienenwirtschaf  Centi-albi.,  8  Jahrg,   1871). 


IIIHLIOGKAKIA  785 


Launoy  L.,  Modilication  dea  échanges  respìratoires    consécutifs    à    la  piqftre  d'un  Hyménoptère 

ohez  les  larves  de  Cétoine  dor  e  (Bull,  du  Miiséum,  VI,  383,   1900). 
Likbk  <>.,     Ueber  die  Respiratimi     der   Traoheaten     hesonders    ueber  deu  Mechanisnius  derselben 

unii   ueber  ilie   MeDge  der  ausgeatmeten   Kohlensaure  ilnaug.  Diss.,  Chemmitz,   1872). 
LUCIANI  et  Lo  Monaco,  Sur  les  phénoniènes  respìratoires  de  la  chrysalide  du  Boinbvx  duMùrier. 

(Arcli.  ital.  de  Biol.,  XIX,  274.   281;   1893). 

—  —   Sur  les  pbónoni.   respir.   des  larve»  du   ver  àsoie    (Aroh.   ital..  de  Biol.,   XXIII.    424,     433, 

1895). 
Luciani  e  Putti,     Sui     fenomeni    respiratori    delle    uova    del  Bombice  del  Gelso  (Atti  della  K. 

Accad.  dei  Georgotìli,  XI,  1888). 
Ma.  [.OSKIK  C,   Pneumatic  functions  of  Inseets  (Payche,   III,   875,   378,   1S83). 
Maii.ik  S.,  'l'be  rospi ratory  system  of  Nepa  cinerea  Litin.    (.1.  Zool.  Research,  London,     1,     1916, 

pp.  41-58). 
MoNNIER,    Sur    le    róle    des    organes    respìratoires    chez   les    larves    aquatiques  (C.  R.  Ac.    Se, 

LXXIV,   235,   1872). 
Nitzsch  C.   L.,   Ueber  das  Atmen  der  Hydrophilen  (Reil.  n.  Autenrietb'  Arcbiv.    f.  Pbvsiologie, 

Bd.   X,   1S11). 
Muller  V.,  Ein   Kiifereudiometer  (Poggendorff's  Ani.  d.  Pbysik.  und  Cbemie,  452,  459,   1872). 
Muttowski    i;.  A.,  Tbe  respiratiou  of  aq natie  inseets  (Bull.   Brooklyu  Entom.  Society,  XV,   1919, 

pp.  89-96). 
Oechymont  A.  d',  Observations  sur  le  mode  de  respiratione  de  quelques  Palpieornia  aquatiques 

(Bull.  Soc.  Ent.,  Paris,  1916,  pp.   139  141). 
l'i  \n<  'N   .1..   Sur  l'atmospbere  interne  des    Insectes  compar  e    à    celle  des   feuilles  (C.   R.   Ac.   Se. 

Paris,  CU.   1339,   1341,    1886). 
Plateau  F.,   Recherches  espérimentales  sur  les  mouvements  respìratoires  des  Insectes  (Meni.  Ac. 

royale  Se.  Lett.  et.  b.  arts  Belgique,   XLV,   1884). 

—  —   Recbercbes  pbysico-cbimiques    sur    les    Articulés     aquatiques,     Part.   1,   Action   des  sels  eu 

dissolntion  dans  l'eau.   Inflnence  de  l'eau  de  mer  sur  les  articulés    aquatiques    d'eau  douce. 

lntluence  de  l'eau  douce  sur  les    Crustacés   marins    (Mém.  cour.  et  Móni,  des  sav.  étrangers 

de   Belgique,  XXXVI,  68,  1871). 
Portier  P.,   Recbercbes  pbvsiologiqnes    sur    les    Iusectes    aquatiques.     Etudes  sur  la  respiratiou 

(C.   Rend.   Soc.   Biol.,   LXVI,   422-452,   496,   580,   1909). 
Po tt  E.,    Vergi.    Untersuchungen      iiber   die    Mengenverbultnisse    der    ausgesebiedenen     Kobleu- 

~:iure...   (Landwirtscb,   Versuchsstat,   XVIII,   81,   166,    1875.     Vedi  anche;     Psyche,     II,   1878). 
Purser  G.  L.,  Preliminary  notes  ou    some  problema  connected  witb  respiration  in  inseets  gene- 
rally  and  in  aquatic  forms  in  particular  (Cambridge  Proc.    Phil.  Soc,   18,  pp.  63  70,   1915). 
Reimaris  J.  A.  II.,  Ueber  das  Atmen,  besonders  iiber  das  Atmen  der  Vògel  und  Insekten    Reil. 

u.  Autenrietb.   Arehiv  f.  Physiologie,  Bd.  II  (XI  ,  1812). 
Ri.i.ex  J.,   Untersuchungen   iiber  die  Atmung     von     Insecten     unter   Anwendnng  der  graphischon 

Methode  (Pfliiger's  Arcb.,  Bd.   138,  1911). 
Regxard  P..  Sur  la  qualité  de  l'air  contenu    dans  les  cocons    des    vers  àsoie    (B.  B.,  XL,  787, 

78  8,  1888). 
REGNAULT  et  Reiser,   Recbercbes  cbimiques   snr  la  respiratiou   des  animanx    des  diverses  classe* 

Ann.   de  Chimie  et   Physique  (3).   XXVI,   483,   490,   1843). 
Rich  S.  G.,  The  gill'ehamber  of  Dragon-fly    nymphs    (Jouru.  of    Morphol.,     Pbiladelpliia,  XXX, 

pp.   317-349). 

—  —  Some  respiratore  structure    of    dragon-lly    larvae    (Journ.   New  York  Entom.   Soc,   XXIV, 

1916,  pp.  306  307). 

—  —  The  respiratory  rectum    of   the  nyinpb  of   Mesogomphus    (Odouata)    (South  Afr.    Journ.    of 

Sciences,  Cape  Town,   1918,  pp.  426  432  . 
Roller  L.  W.,   Respiratory  responses  in  the  Grasshopper  to  vaiiations  in  pressure    (Ivan.   Univ. 

Sci.   Bull.,   III.   211,   221,   1906). 
Sharp  D.,  Observations  on  the  respiratory  action  of  tbe  carnivoria  water-beetles    (Journ.   Luin. 

Soc.  London,  XIII.  Zool.,   161-183,   1878). 
Sorg  F.  L.  A.   \\\,   Disqnisitioues  pbysiologicae  circa  respiratiouem  Insectorum  et  Vermi um  (Ru- 

dolstadt,  Part  II.    1805  . 
Siei.n'ee  G.,  Die  Stigmen  der  Kaeferlarveu  (Arcb.   f.   Xaturgesch.,  Berlin,  1919,  A.  7,  pp.   1-58). 
Thie.nkmann  A.,  Analkiemen  bei  den  Larveu   von   Glossosoma  und  einigen  Hydropschiden  (Zool. 

Anz.,   Bd.  XXVII,   p.  125,  1903). 
TiLLYARn   R.  .1.,   A  study  of  the  rectal  breathing-apparatus  in  the  larvae  of  auisopterid  Dragon- 

flies  (London  T.  Linu.  Soc.  Zool.,   33,   1016,  pp.    127-196  . 

—  —   Fiirther  observations  on   the  emergence  of    dragon-fly     larvae     from     the  egg,    witb  special 

reference  on   the  problem  of  respiration   (P.   Limi.   Soc   X.   S.   W.   Sidney,    ti,    1916,   pp.   388, 

416  . 
-  —  On  the  physiology  of  the  rectal  gills  in  the  larvae  of  auisopterid  dragonflies   [Ibid-,  1915, 

pp.    422-437). 
Treviranus,     Versuehe     iiber    das    Atemholen    der  niederen  Tiere  (Zeitscb.  f.   Pbysiol.   von  Tie- 

de.nann   und   Treviranus,   IV,   1-39,   1832), 
Verson  E,  e  Quajat  E.,  Intorno  alla  respirazione  delle  uova  dei    bruchi,    delle  crisalidi  e  delle 

farfalle  del   filugello  i  Vini.    IV,   Staz.    Bac,    Padova,   1876). 
Wallengren,  Physiologiscb-biologische    Stiidien   iiber  die  Atmung  bei  deu  Arthropodon.  II.  Die 

A.  Berlbse,  Gli   Insetti.  II.  —  99.    " 


"86  capitolo  sesto 


Mediai)  ik    der    Atembewegungen    bei    Aeschnalarven    (Lunda    Universitet9    Arsskrift  N.  F., 

Afd.  2,  Bd.   X,  n.  4,   Kongl.    Fyaiografiska    SalUkapetg    Haudlingar    N.    F.,    Bd.  25,    n     4, 

1913). 
Waseniìerg-Lund    C,     Ueber    die    Respiratioiisverhiiltniase    bei  uuter  dern  Eise  iiberwiuteruden 

luftatmenden  Wasaerinsekten,     besonders   der  Wasserkiifer  nnd   Wasserwanzen    (Internatiou. 

Revne  der  geaainten   Hydrobiol.   und  Hydrograpb.,   Bd.   Ili,   p.   467,   1910-11). 
Williams  Th.,  Oh  the  Mechanism  of  aquatic  Respiratiou  and  on  the  Structure  of  Breathiug  in 

Invertebrate  Animala.  Ann.  May.  (Nat.  Hist.,  Ser.  II,  f.   XII,   XIII,  XIV,  XVI,   XVII,  XIX, 

1852-57). 


b)  Nutrizione  plastica. 

(redi  anche  voi.  I,  pagg.  753,  757,  981). 

.' CQUA  C,   Ricerche  sperimentali   sui   processi  digestivi  nella    larva  del   filugello      Ini",   ser.   a.   II, 

Nr.  22,  pp,  580-81;  Pnbbl.   Minia.   Ag.,   Roma,   1915  e  Rendiconti  Ist.  bac.  R.  .Se.  Sup.  agr., 

Portici,   voi.  I,   pp.   3-44,    1915). 
'  kaki  T.,  Sur    le    sue  digestif   dea  versa-soie    (Bull,  de  l'ass.  eéric.  du    Japou,    .-' .  I,    Nr.   13, 

pp.   3-4,   Tokyo,   1915'. 
Baumberg  ,1.   P.,  XTutritional    stndy  of  inaecta,   witb  special  refereuce  to  microrganiains  and  their 

substrata  (The  Journ.  exper.  Zool.,  PMladelphia,  XXXIII,    1918,   pp.   1-81). 
Bertix  L.,  Kemarqnes  sur  pièces  buccalea  et  l'ali inentation  des  Col'optéres  Lamellicornea  (C.  R. 

5  Hnce.s      cad.   Se,   Paris,   1920,   pp.  1131-1133). 

Bogdanow  E.   .  .,  Zur  Biologie  der  Coprophagen  (Zeitsch.  f.  Allg.  Enti.,   1900). 

Bouchardat  A.,  De  la  digestion  chez  le  ver-à  soie    (Rev.  et  Mag.  Zool.    Se.    Paris,  VII,   1851). 

Bordas  L.,  L'apppareil  digestif  et  lea    tubes    de    Malpigli!    des    larves  des  Lépidoptères    (Ann., 

Se.  nat.   Zool.   voi.   I,   1911). 
Breitenbach  W.,   Ueber  die  Funktion  der  Saftbohrer  der  Schmetterlingsriìssel    (Eutom.  X'achr. 

6  Jahrg.,   1880). 

Bruvne   (de),   De  la   phagocytose  et.  de  l'absorption  de  la  graisse  daus  l'intestin     (Ann.     Soc.   de 

in.vl.  de  Gaud.,   LXX.    1891). 
C'uénot  L.,  Etudes  physiologiques  sur  les  Orthoptères  (Arch.  Biol.,   XIV,  293,  341,  1895). 
Davidson  T.,  On  the  month  parta  and  mechanisni  of  suction  in  Schizonenra  lanigera  (Journ.  Linn. 

Soc.   Zool.,   London,   XXXII,  1914,   pp.   307,   330). 
Davis  C.  A.,  The  breeding  habita  of  aome  of.our  dragonflies  (Entom.  Amer.,   1,  p,  18,   1885 j . 
Deegener  P.,   Beitrage  zur  Kenufcnis  der  Darmsekretion.   I   Parte,   Deilephila  euphorbiae    (Arch.    f. 

Naturgesch.,    75    Jahrg..     Bd.  1.    1909)    11    parte  :     Maorodytes  (Di/Uschs)  ciroumcincUis  (Ibid., 

76  Jahrg.,  Bd.   1,  1910). 

—  —  Der  Darmtraktua  und  .seiue  Anhange.     (In     Handbuch    der  Entomologie  di   Chr.   Schròder- 

Verlag  von  Gustav  Fischer,  Jena,   Bd.   1,   1 913 1 . 
De  Porte  E.  M.,  On  the  structure  and    function    of   the  proventriculus  of  Gryllus peniylvanicu» 

(Psyche,   Cambridge,    Mass.,   XXV,   1918,  pp.  177  122). 
FoÀ   A.,   L'epitelio  dell'intestino  medio  nel   baco  da  seta  sano   e   in  quello  malato    di    flaccidezza 

(Portici.   1918). 
Gehuchten  A.   (vak),   Recherches  histologiques  sur  l'appareil  digestif    de     la     Ptychoplera  conta- 
minata. I  part.    fìtude  du   revètement  épitb 'lial  et  recherches    sur    la  sécrétion     (La  Cellule, 

VI,   183,   291,   6   pi.,   1890  . 
Greschik  J.,   A   levéldaràzs-làrvàk   kiir.  pbel'nek  hamja;  a  mag  azerepe  a  hòlyagalaku  seoretiubnn, 

Allatt.   Kozlem   Kilt,  44,    pp.  207-225,   1915  (Das  Mitteldarmepithel  der  Teutrediniden  Larven, 

die  Beteiligung  des  Kerns  an  der  blasenformigen  Sekretion,   pp.  274-275,   1915  e  Anat.  Anz., 

Bd.   48,   pp.   427-448,    11   figg.,   1915). 
Guvénot  E.,   L'appareil  digestif  et  la  digestion  de  quelques    larves     de  mouolies    (Bull.     Scient. 

France  et    Belgiqne,   t.  41.  p.   353,   1907'. 
Haddon   K.,   On  the  methoda    of    feediug  and    the  mouthparts  of    the    larva   of    the  glow-wonn 

(Lampyris  noetiltica)  (Proc.   Zool.   Soc,   London,    1915,  pp.   77-85). 
Jordan  H.  e  Stende:.  A..   Ueber  die  sekretive    und    absorptive    Funktion     der    Darmzellen     bei 

Wirbellosen,   inbesondere  bei  Inaekteu  (Verh.   deutsch.   zool.   Gesell.,   1911  . 
Jousset  de  Bellesmk,   Recherclies  expériinentales  sur  la  digestion  des  Iusectes,    et    en  partici! 

lier  de  la  Blatte   (Paria,   1876i. 

—  —  Travaux  originane   de  pbysiologie  comparée  (Paria,   1878  . 

Keilin  D.,  Sur  lea  conditions  de  uutritiou  de  certaines    larves    de    Diptères    parasites  de  fruits 
(C.  R.  séancea  Soo.  de  Biologie,  LXXIV,  p.  24,   1913  . 

—  —  Structure  du  pharynx  en  fouction  du  regime  chez  lea  larves  des  Diptères  cycloraphes    (C. 

R.   S'ancea  Acad.   Se.   Paris,   t.   155,   p.   1548,    1912  . 
Krukenberg  C.  Fu.  W.,  Versuche  zur    vergleichenden    Pbysiologie    der    Verdaunung  und  ver- 
gleichende   physiologische   Beitrage  zur  Kentniss    der  Verdaungsvorgauge  (Unteraueh.     phys. 
Inat.   d.   Univ.   Heidelberg,   I.   4,   327  et   II,    1,    1880. 


Milli.  KHÌRAFIA 


Lalaze  DuTHlERa  H.  et  Righe  A.,    Mémoire    sur  l'alimeutatiou    de   quelques  Insectes  gallicoles 

et  sur  la  production  de  la  graisse  (Ann.   So.  nat.,   (4),   II,   81-105,    18541. 
LÉGEK  ET  DUBOSCQ,   Notes  biologiques    sur  lei  («rillons,     IV  Scerétiou     intestinale    (Ardi.     Zool. 

exp.   et  gèli.,   Notes  et  Revues,   n.   4,   1900  . 
LlNDNEB  H.  vou,  Ueber    die    Mundwerkzeuge  einiger    Diptereu  und    ilire  Bezieliungen    zur    Er- 

nahrungsweise  (Zool.   Auz.,   L   Bd.,    Nr.    1,  pp.    19-27,   Leipzig  1918). 
Nagel  W..  Ueber  eiweissverdauendeu  Speichel  bei  Insektenlarven  (Biol.  Centralbl.,  XVI,  51-5", 

103-112,  1896,  et:  Journ.  Boy,   Mie  rose.  Society.  184,   1896). 
Peacock  A.  L).,  The  structure  of    the    monthparts    and    mechanism  of    feeding    in  Pediculus  Ini- 

manna  (Parasitology,  London,  >  I,   1918,  pp.  98-117). 
Figurini   L.,      lcune  osservazioni  sulle  funzioni   intestinali  della    larva    del     Bombyx  mori    (Ann. 

E.   Staz.   Bac,  voi.  XIII,  pp.  50-71,  Padova,  1917). 

—  —   Ulteriori  osservazioni  sulle  funzioni    intestinali  della    larva  di  Bombyx  mori  (Atti  R.  Isti t. 

Veneto  di  Se.  L.  ed  Arti,  LXXVI,   1917). 

—  —   appunti  sulla  funzione  motoria  dell'intestino  in  bachi  da  seta  malati.  Estratto  dall'Arca- 

di Farm.  sper.  e  scienze  affini,  A.   XVII,   voi.  XXV,   p.   18,    1  tav.,  Siena,   1918. 
Plateau  F.,  Reeherches    sur    les    phénomènes  de    la  digestion  des  Insectes     (Min.    Acad.    Roy. 
Belg.,  (2  ,   XLI,   1   part.,  1873). 
-   —   Note  sur  les  phénomènes  de  la  digestion  cliez  la   Blatte    aiuéricaine  (Bull.  Ac.  Roy.  Belg., 
■2  .   XLI,   n.   6,    1876  . 

—  —  NTote  additionelle  au  mémoire  sur  les   phénomènes  de  la  digestion  chez  les   Insectes     i  Bull. 

Acad.  Roy.   Belg.   (2),  XLIV,  713,  733,  1877). 
Portikr  P.,  Redi,  physiol.  sur  les  Insectes  aqnatiqnes,  I,  II,  Digestion  de  la  larve  du  Dytisqne. 

Hydrobius,    Hydrophile    C.   Rend.,   Soc.   Biol.,   Paris,   LXXI,    1909). 
Riley   B.   F.   C   Food  of  aquatic  Hemiptera   (Science,   Lancaster,    1918,   pp.   545-547). 
SanfOHD  E.   \V..  Digestion  in    Iusects    (Proc.   Soc.  Exper.  Biol.  Med.,    XIII,     1916,  p.   193.  Sec. 

Phys.   abstract,   I,  Xr.  8,  p.  360,   1916). 
Experiments  on  the  physiology  of  digestion    in    the  Blattidae  (Journ.  of,  Experim.  Zool., 

Philadelphia,  XXV,  1917,  355,  412). 
Sawamtha  S.,   Investigation  on   the  digestive  enzymes  of  Lepidoptera  (Bull.   Coli.   Agric.   Tokio, 

IV,    337-347,    1904:   estratto  nell'Eiitomologist.,   II,    1904'. 
Schiemknz  P.,  Ueber  das  Herkommen  des  Futtersaftes  und  die  Speicheldriisen  der  Bienen  nebgt 

einem  Anhange  iiber  das  Riechorgan  (Zeitsch.  f.   wiss.  Zool.,   XXVIII,  71,  135,  1883  . 
ScHOENFKLD,     Die    physiologische    Bedeutung    des     Magenmuudes    der    Honigbiene     (Archiv.     f. 

Anat.  u.  Physiol.,  Abt.  1886  . 
SeilliÈre  G.,  Sur  une  diastase  hvdrolvsant  la  xylano  dans  le  tube  digestif    de  certaines     larves 

de  Coléoptères  (B.  B.,  LVII,  940,  1905  . 
Siebei:  N.  et  Metalnikow  S..   Ueber  Ernahrung  und  Verdanung  der  Bieueumotte  :   Galleria  me- 

lonnella  (Pfliiger's  Ardi.  f.  ges.  Physiol.,  CU,   269-286,  1904). 
SitOwski  L.,  Biologischeu  Beobachtungen  iiber  Motten    (Bull.  Acad.  Se,    Cracovie,    535,     1905, 

:.4S  e  Zool.  Centralbl.,  XIII,  92,  1906. 
Stexdel  A.,  Absorption  und  Secretion   in  Dami  von    Iusekten   (Zool.   Jahrbiicher.  ;   Abt.   f.    Zool. 

n.  Phys.,  XXX  Bd.,  1913. 
Urech,   Resultata  d'analyses  ehimiques  de  la  nourriture  et  des  exerémeuts  de  la  chenille  de    Va- 

nensa  itrticae  (Soc.  helvét.  Se.  nat.  Zurich.,  Ili  et  V,   1896  e  Arch.  Se.  phys.  et  nat.   (4),    II. 

622,    1S96). 


Nutrizione  propr.  detta.  —   Riserve.   —  Assimilazione. 

Bernhard  C,  De    la  matière  glycogène  chez  les  auimaux    dépourvus  de    foie    (C.  R-  Soc.  Biol. 

(3),  I.  53.  1859.  Vedi  anche:  Lecons  sur  les  phénomènes  de  la  vie,  2,  106-116,  Paris,  1879). 
BOGDANOw  E.,  Zur  Frage  iiber  Fettproduktion  aus  Eiweiss  (Journal-  fiir  Landwirtschaft,  1908). 
BriìCke    E.   T.     (vox),    Ueber  die  augebliche    Maetung  von   Schmetterlings-Puppen    mit    Kohleu- 

ure  (A.   I'.,    131,  444,  1908). 
Ei.y  C.  R.,  Recent  Entomologioal  chemistry  and  some  notes  coucerning  the  food  of  inseets  (Proc. 

Entom.   Soc.    Washington,   XX,   1917,    pp.   12-18). 
Grandi*  et  Muzio,  Sur  les  processus  d'assimilatiou  du  Callidiiim  sauguineum  (A.   i.,  B.  XXIX,  315- 

324,   1898). 
Hatano  J.   and  TORII   S.,   Sur    la  valeur  de  la  chaux  au  poiut  de  vue  de  la  nutrition   des  larves 

(Tok\o  Bull,  (le  l'Assoc.  sèrie,  du  Japon,   18,    pp.  5-11,   1916). 
Linden  il.,  Assimilation  du  carbone  et  de  l'azote  de   l'air  a t mos pbérique  par  les  Chrysalides  et 

les  ohenilles  chez  les  Lépidoptères  (Zool.  Centralbl.,   XIII,  694,   1906). 
Loek  .1.,  Nutrition  of  Inseets  (Journal    Biol.  Chemistry,   XXVII,   pp.   309-312,   1916). 
Mirande  M.,  Sur  une  nouvelle  fonction  du  tégument    des  Arthropodes,  cousidéré  comme  organe 

producteur  de  sucre  lArch.  Anat.  micr.,   VII,  232-238,   1905.  Vedi  anche  :   C.  R.  Ass.   Fr.  Av. 

Se,  Cherbourg,   1905). 
Sur  la  prcseuce  d'un  corps  róducteur  daus  le  tégument  chitineux  des  Arthropodes  (Arch.  Anat. 

micr.,  VII,  207-231,    1905). 
I'an'tf.i,  .1.,   Le  calcinili  dans  la  physiologie  normale  des  Phasmides:  oeuf,  larve  éclosaute    (C.   R. 

-•une. '.Acad.    Se,    Paris,   1918,'pp.    127-129). 


788  CAPITOLO    SESTO 


Parhox  M.,   Éehauges  nutritifs  chez  les  Abeilles  (Ann.   so.   Nat.,    19u9). 

Semichon  L.,  La  formation  des  re'serves  dans  les  corps  adipeux    dea  Mellifères  solitaires    (Bull. 

Miib.,  Paris,  X,  555-557,  1905). 
Slowtzoff  B.  J.,   Beitrage    zur    vergleichenden  Pliysiologie    des    Huugerstofl'wechsels,     4    Mitt. 

Der  Hungerstoffwechsel  von  Huinmeln,    Bombii»  terreatria  (Beiti'.  Cileni.  Physiol.,   VI,  170-174, 

1904). 
—  Der  Hungerstoffwechsel  bei  Libellen  (Ibid.,  VI,   163-169,   1904). 
Sojiro  H. ,  Etude  sur  la  quanti  té  de  cbaleur  necessaire  à    la  uutrition  du  ver-à-soie  domestique 

(Bull.   .'ss.  sèrio,   du  Japon,   .A.    I,  Nr.   9,   Tokio,   1915). 
Weinland  E.,  Ueber  die  Bildung  von  Fett  aus  eiweissartiger  Substauz  in  Brei    der    Calliphora- 

larven  (Zeitsch.  f.  Biol.,  LI,    197,  1908). 


Circolazione  e  fluido  circolante. 

(  T'edi  anche,  voi.  I,  pp.   77,9-77.5,  982), 
a)  Circolazione. 

Brandt,  Sur  le  coeur  des  Iusectes  (Bull.  Acad.  Se.  Saint-Pétersbourg,  X,  552-561,  1866). 
Brocher  F.,  Sur  Porgane  pulsatile  observé"  dans  les  pattes  des  Héuiiptères  aquatiques    (Anuales 
de   Biologie  lacustre,   Bruxelles,   Tome  IV,   33-41,    1909). 

—  Nouvelles  observations  biologiques  et  pbysiologiques  sur    les    Dyticidés.   Etude  anatomique  et 

pbysiologiques  de  deus  organes  pulsatiles  aspiratemi,  destinés  a  f'aciliter  la  circulation  du 
sang  dans  les  ailes  et  dans  les  élytres,  ebez  les  Dytiques  et  divers  autres  Insectes  (Archives 
de  zoologie  expérimentale  et  g'nérale,  Tome  55.  p.  347-73,  1916  . 

—  Etude  expérimentale    sur    le    fonctionnement    du    vaisseau    dorsal    et    sur    la    circulation    du 

sang  ebez  les  Insectes.  I  Partie,  Le  Dytiacna  marginali»  {Ibidem,  Tome  56,  p.  347-358, 
1917    ;   II  Partie,   Les  larves  des  Odouates   .Ibidem,  Tome  56,   p.   445-490,  1917  . 

—  Les  organes  pulsatiles  meso-  et  métatergaux  des  Lépidoptères   (Ardi,   de  Zool.   génér.   et  expé- 

rim.,   Paris,   1918,   pp.   147-171). 
Bugnion,  Le  coeur  et  la  circulation  ebez  les  Insectes  (Bull,  de  la  Société  Miirithienne,  Fase.  37, 

1912  . 
Carlsox  A.  J.  Vergleichende  Pliysiologie  der  Herznerveu   und  der  Herzganglien  bei  den  Wirbel- 

losen   (Ergebuisse  der  Pliysiol.,   VIII,   400-405,   1909  . 
Deegenkr  P.,  Zirkulationsorgane  und  Leibeskòhle  (Handbucb.  Entom.  (Schiuder),  Bd.   1,  pp.  383- 

437,  1913  . 
Dewitz  H.,  Ueber  Dipterenlarven  die  wie  Blutegel  krieeben  (Sitzungsber.  Ges.  Naturf.  Freunde, 

Berlin,  Nr.   7.  S.   N.,   pp.   103-106,    1881). 
Janet  Ch.,   Sur  Pexistence  d'un  organe  cbordotonal  et  d'une  véscicule  pulsatile  antennaire  ebez 

l'Abeille  et  sur  la  morpbologie  de  la  tòte  de  cette  espèce  VC.  Kend.  Hebd.  S Jane.  Acad.  Se, 

T.  152,  p.  110,  1911  . 
Oberlé,   Das  Blutgefaasystein   von   Dytiscna  marginalia    (Inaugurai    Dissertation,   Marbourg,   1912). 
Pantel  J.,   Precisione  nouvelles  sur    la  région  postérieure  du  vaisseau  dorsal  des  larves  des  mn- 

scides  (La  Cellule,  Lierre  XXIX,  1919,  pp.  381  3S8), 
PlGORiNi   L.,   Contributo  allo  studio  della  soluzione  fisiologica  per    i    tessuti     del   Bombyx  mori  e 

della  funzione  del   vaso  pulsante  (Atti   R    Acc.  Lincei.  CCCXIV,   Ser.   V,   voi.  XXVI,   fase.   1, 

II  seni.,   pp.   15  19,   Roma,    1917). 
Richardson  C.  H.,  The  pulsatile  vessels  in  the  legs  of  Aphididae  (Psyehe,   XXV,  1917,  pp.  15  17). 


b)  Fluido  circolante. 

CuÉNOT  L.,  Études  pbysiologiques  sur  les  Orthoptères  (Ardi.  Biol.,  XIV,  1895.  Vedi  anche:  Arch. 

Zool.  exp.  et  gén.   i3  ,   IV,   655,   679-680,   1897'. 
—  Les  globules  sanguina    et    les    organes    lymphoides  des    Iuvertébrés    (Arch.     Anat.    micr.,    I, 

1897  . 
Dewitz  .1.,  Die  wasserstoffssuperoxyazersctzende  Fiihigkeit   der  niiinnlicheu  Schmetterliugpuppen 

iCentralbl.   f.   Physiol.,   XXII,   145-150,   1908  . 
DuBOSCQ  O.,   Reclierches  sur  les  Chilopodes  (Arch.   Zool.   exp.,   VI,   1898 1     (E     trattato  anche  del 

sangue  degli  Insetti  . 
Frèdéricq.  L.,  Note  sur  le  sang  et  la  respiration  des    Versa-soie    (Trav.  du  Lab.    d'étude  de  la 

Soie,   Lyon.V,   196,   198,    1895). 
Furti».    V.   et  Sciixkider  H.,  Ueber  thierische  Tyrosinasen    und   ihre  Beziehungeu   zur  Pigment- 

bildung  (Hofnieister's  Beiti-.   Z.   Chem.   Physiol.,   I,   229-242,   190D. 
Griffths  A.   lì.,  On   the  blood  of  Invertebrata    (Proc.   Roy.     Soè.   Edimburgh,  XVIII,   291,   XIX, 

123-126.   Vedi  anche:   Physiology  of  Invertebrata,    1892;   Respiratory  proteids,    1S97  . 


BIBLIOGRAFIA  789 


Hkrold  M.  J.  D.,  Physiologische  Untersuchungen  iiber  das  RUckengefàss  der  Iugekteu    iSchriften 

d.  Gesellach.  z.   Beforderung  d.  Naturk.   Marburg,  T.  I,   1823  . 
KOLLMANN  M.,  RecUerches  sur  les  leucocytes  et  le  tissu  lympkoide  dea    In  vertebre»     (Ann.     Soo. 

Nat.  Zool.  (9),  Vili,  240,   1908). 
KrukrnbkbG,   Weitere  Beitriige  zuin  Verstiindnisa  timi  zar  Gescbicbte  der  Blutfarbstoffe   bei  dea 

wirbelloaeu  Tieren   (Vergi.   Stndien,   1    Reibe,   5  Abtli,  49-57,   1881". 

—  Zar  lvenntniss  der    Serumfarbstoffe     Sitz.  d.  Jenaiscben  Geaellach.    fiir  Med.     u.     Naturwias., 

1885  . 
LANGHOFFKR    \.,  Blutenbiologisce  Beobacbtungen  au  Apiden :  III  Bombus  (Zs.  wiss.   Iuaekteubiol., 

Berlin,    12,   pp.   210-218,  1915). 
Nazari  A.  e  Dicckschi  V.,  Il  sangue  del    Baco  allo  stato  larvale    (Atti    R.    Accad.    Georgofili, 

T.  XXV,   1902'. 
Pothier  P.,  Les  Oxydases  dans  la  sèrie  animale    (Trav.    du  Lab.  de  pkysiol.    de    la    Sorbonne, 

Paris,  1897). 
Poultox.  Tlie  essential  nature    of    the  colouring  of    the  pbytopkagous  larvae    (Proc.  Roy.  Soo., 

XXXVIII,  294-296,   1885'. 
Pozzi    Escot,    État    actuel    de    no»    connaissances    sur    les    oxydases    et    les    réductases    (Paris, 

1902;. 

—  Phénomèue»  de  réductions  dans  les  orgauismes  (Paris,   1906. 

(Per  la  bibliografia  AeWJutoemorrea  come  mezzo  difensivo,  vedi  più  innanzi). 


e)   Fagocitosi. 

Anglas  J.,  Nouvelles  observations  (  Ardi.  Anat.  micr.,  V,   1903).  Les  tissus  de  remplacemeut  (Rev. 

gén.  Sciences,  XV,   968  et  1031,    1904). 
Dawydoff  C,  Die  phagozytiireu  Organo    des    Insekteu    und    deren    morpbologiscbe    Bedeutung 

(Biol.   Centralbl.,   XXIV,  431-440,   1904'. 
Kbllog  V.  L.,  Phagocytosis  in  the  postembryouic  development    of    the  Diptera    (Aineric.    Nat., 

XXXV,   1901). 
Metalnikoff   S.  J.,     Contribntion   a  l'iimiinnité  do  la  mite  des  ruches  d'Abeille»  (Galerìa    melo- 

nellai  vis-à-vis  de  l'iufection  tuberculeuse  (Arcb.  des  Se.  Biol.,    XII,  n.  4  et  5,  XIII,  n.  2, 

1907'. 
Paii.i.ot    j.,  La   Pbagocytose    chez    les    Insectes    (C.    R.    Soc.  Biol.,    Paris,  LXXXIII,    Nr.     12. 

pp.   425  426,   Pari»,   1920). 
Portier  P.,  Digestion  phagocytaire  des  chenilles  silophages  de»  Lépidoptèves  (C.  R.  Soc.  Biol.. 

Paris,   70,   1911  . 
Thompson  W.  R.,  Phagocytic  Reaction     in  Arthropoda  (Bull.  Soc.   Zool.  Franco,  XL,  pp.  63-68, 

1915). 
—  The  interrelation   of  the  phagocytes  and   parasite»  of  Arthropods  (Bull.   Soc.   Zool.   Frauce,  40, 

Nr.   1-3,  pp-  63-68,   1915). 


d)  Calore  animale. 

Girard  M.,   Reeherchea  sur    la  chaleur  animale  des  Articuléa     (Ann.  Soc.  Ent.  Fr.    (4),    I,  1861, 
II,  1862,  III,  1863'. 

—  Des  ni  thodes  exp  rimentales  pouvaut  servir  à  rechercher  la  chaleur  propre  des  aiiimaux  arti 

culés,   et  spécialement  des  Insectes  (Paris,   1862.. 

—  Études  sur  la  chaleur  libre  dégagée  par  les  auimaux  invertébrés  et  spécialement  par  les  Insectes 

(Ann.  Se.  uat.  Zool.  (5),  XI,  1869.  Vedi  anche:    Traité  d'Entomologie,  3  voi.,   Paris,  1873- 

1885). 
Grahbr  V.,  Termische  Experimeute  au  der  Kiichenschabe  (Peripìaneta  orientalis)   (A.  g.  P.,  XLII, 

24U-258,   1887). 
Kanitz  J.  G.,    Brnfrwarme  und  Temperatur  ini  Bieuenklumpen:  Die  Warrueproduktionskraft    der 

Biene  verglichen   mit  der  anderer  Tiere  il'reuss.   Bienen   Zeitung,   V,   1862). 
Lecoq  H.,  De  la  transformatiou  du  mouvemeut  en  chaleur  chez   les  animaux     (Sphinx  convolvuìi) 

(C.  R.  Ac.  Se,  LV,   191-192,  1862). 
Mobius  K.,  Einige  allgemeine  Bemerkungen  iiber  die  Korperwiirme  der  Bienen   (Bienen—  Zeitung, 

Eichstiidt,   XIX,   1863'. 
Newfort  G.,   Oh  the  temperature  oflnsect»  and  ita  connection  with  the  functions  of  respiration 

and  oirculatiou  in  the  class  of  invertebrated  animala  (Phil.   Trausact.,   1837). 
Parhdn  M.,  Sur  le»  <  chauges  nutritifa    chez    les  abeilles  pendant    les    quatre  saisona    (Ann.  Se. 

Nat.   Zool.     9  ,  IX,   1-57,   1909'. 
Schoknfkld,   Kleine  Beitriige    zur    Bieneukunde.    I  Warme    (Bienen  Zeitung.  Eichstadt,  XVIII. 

1862  . 

—  IV.  Nodi  einmal   Warme  (Ibid.,  XIX,   1S63  .  V.  Naohtrag  tibia.  . 

—  Die  Muskelthutigkeit  der  Biene  in  Bezug  ani"  Warmeeutwieklung  (Ibid,,  XXII,   1866i. 


790  CAPITOLO    SESTO 


Shulz  H.,  Ueber  das  Abhaugigkeitsverkaltniss  zwischen    Stoffwechsel    und  Korpertemperatur  bei 
Amphibieu  und  Insekten  (Bonn,   1877  . 


e)  Deassimilazione  ed  escrezione  plastica. 
(Vedi    anche,    voi.     I,    pp.    793-795,    982). 

Bordas  L.,  Nouvelles  recbercbes  sur  les  glandes  rectales  des   papillons  (Insecta,  Rennes,  pp.  162- 
161,  1915). 

—  Nouvelles  observatious  sur  la  structure  bistologiques  et  les  fonctions  pbysiologiques  des  tubes 

de  Malpighi  des  Lt'pidoptères  (Insecta,  Rennes,   6,  pp.  76-78,   1916). 

—  Nouvelles  observatious  sur  la  structure  bistologiques  et  les  fonctions  physiologiques  des  tubes 

de  Malpigbi  des  L  pidoptères  (Ibidem,  VI  anns'e,  Nr.  61,  62,  63,  pp.  9-11,  Rennes,   19161. 

—  Morpbologie  et  contenti  des  tubes  de  Malphighi    en   quelques  Cetoninae    («  Insecta  >,  Rennes, 

VII,  pp.    25-27). 
Bruntz  L  ,  Nouvelles  recbercbes  sur  l'excrétiou  et  la    pbagocytose   chez    les   Tbysanonres    (Ardi. 

Zool.  exp.  et  gin.  (4),  VIII,  471-488,  1908). 
Gaede  H.  M..  Pbysiologiscbe  Bemerl--ungen  iiber  die  sogenannten  Gallgefiisse  der  Iusekten  (Nova 

Acta  Acad.  Caes.  Leopold.  Carolin..  voi.  X.  II,  1821). 
Gorka  A.,  Experirnentelle  und  inorphologische  Beitriige  zur  Pkisiologie  der  Malpighi'schen  Gefiisse 

der  Kafer  ,Zool.  Jahrbucbern,  Bd.  XXXIV,  3  Heft..  233,  1914). 
Hollande  A.  C,  Le  ròle  pbysiologique  des  cellules  p  ricardiques  des  insectes  et  leur  coloration 

vitale  par  le  carminate  d'aminoniaque  (Ardi,  zool.,  Paris,  55,  Notes,  pp.  67-74,   1916). 

—  R61e  of  Pericardial  Cella  in  Insects  (Memory  Indiau  Mus..  pp.  367-374,  Calcutta,   1916). 
Heckel  E.,  Phéuomènes  de  localisation  daus  les  tissus  aniniaux  (C.  R..  512.  1874  et  Journ.  Anat. 

et  Physiol..  553,  1875). 
Ishimori  N.,  Les  tubes  de  Malpigbi  a  la  paroi  du  rectum  du  ver-à-soie  (Tokio  Bull,  de  l'Assoc. 

s. rie.  du  Japon,  2.»   A.,  N.   7,  p.   1-3,   1916). 
Lebedev  A.   G.,   Sui  vasi  malpigbiani  di  larve  di  rhyiouomus  (Mess.  entomol.  Kievc,   2,   pp.   37-43, 

1914)  (Coleoptera)  (in  lingua  russa). 
Mayet  V..  Une  nouvelle  fonction  des  tubes  de  Malpighi    (C.  R.,  CXXII,    541  et  Bull.  Soc.  Ent. 

Fr.,   122-126.   1896  . 
Péligot.  Etudes  cbimiques  et  pbysiologiques  sur  les  Vers.à-soie  (C.  R.,  XXXIII,  491  et  XXXIV, 

278,  1851-18521, 
Schwiago  P.,  Sur  l'origine  et  le  fonctionnemeut  de  la  bordure  stri  e  des  tubes  de  Malpigbi  ebez 

la  Blatte  (Paris  C.  R.  soc.  biol.,  78,  pp.   180-182,   1915). 
Semichon  L.,  Signifieatioii  pbysiologique  des  cellules  a  urates    chez    les  Mellifères  solitaires    (C. 

R.  Ac.  Se.  CXL.  p.   1715-1717.  1905». 

—  Recbercbes  niorpb.  et  biol.  sur  quelques  Mellifères  solitaires    (Bull.  Se.  Fr.  et  Belgique.    XL, 

2S1-442.  1906*. 
Suslow,  La  pbagocytose,  les  orgaues  exeréteurs  et  le  coeur  de  quelques  Iusectes  pt 'rygotes  (Trav. 

Soc.  imp.  des  Nat.  Sauit.  IVtersbourg.  XXXV,  77,  1906». 
Vickeuy  R.  K.,  Evidence  of  a  protoplasmatic  uetvcork  in  the  oenocytes  of   the    silkworm    (Ann. 

Entom.   Soc.   America,    Vili,   pp.   285  290). 
Wkissenberg  R.,  Ueber  die    Oenocyten    vou    Torymus  nigricornis  Bob.   mit  besonderer    Beriickt- 

sichtigung  der  Metamorphose  (Zool.  Jahrb.   .  bt-  anat.   Ontog.,  Bd.  23,   Hft.   2,  pp.     231-26S, 

Jena,   1906). 
Zawarzin.  Histologischen  Studien  iiber  Insecteu.  I.  Das  Herz  der  Aeschtia  larven  (Zeitschrift  tur 

wiss.  Zoologie.  Bd.  97.  p.  480.  510.  1911». 
Zivago  P.,  Sur  l'origine  et  le  fonctiounement    de   la  bordure  striée  des  tubes  de  Malpighi  chez 

la  Blatte  (Moska  Journ.  Sect.  Zool.  Soc.  nat.,  3,    1915). 


Autofilassi. 

(Vedi  anche  p.  328  a  332  . 

a)  Secrezioni  difensive. 

i  Fedi  anche  ini.  I,  pp.  550,  979  . 

Athus  M.,  Recbercbes  expérimentales  sur  le  venin  des  abeilles  (C.   R.   Sane.   Soc.  Biol.,     Paris, 

1919,   pp.    414-415). 
Bert  P.,  Venin  d'Abeille  Cyclope  (Apis  nolana)  iGazette  medicale  de  Paris.  771.  1865  . 


BIBLIOGRAFIA  791 


Bi.i'nck  H.,  Die  sehreckdruseii  des  Dytiacus  and  ilir  Secret.    Part.    2     (Zeitschr.    f.     wiss.     Zool., 

Leipzig,  CXVII,    1919.  pp.   1-129;  205-256). 
Bordas  L..  Produit  de  sécrétiou  de  la  glande  odorante    des    Blattes  (Bullet.  Soc.    Zool.    Franco, 

T.  XXXIII,  31,  1908'. 

—  Les  glande»  cutanee*  de    quelques  Vespides     (Bull.     Soo.     Zool.     Frauce,    T.   XXXIII,    59, 

1908;. 

—  Sur  quelques  points  d'anatomie  des  glandes  vni-neuses  des  Hyménoptères  (Bull.  Soc.  Entoin. 

Franco.  N.  8.  136.  1908. 

—  Les  glaudes  oóphaliques  des  Chenilles  de  L  Spidoptères  (Aun.  des  Sciences  Nat.,  9.»   Ser..  T.  X. 

125.   1910). 
Iìorget  H..  Die  Hautdriisen  der  Tracheaten    (Jena,  1691). 

Braxton  H.  Guilbbau,  The  origin  and  formation  of  the  froth  in  Spittle-insects  (Anier.  Natura- 
list.,  voi.   XLII,    1908). 
Candèze  M.  E.,  Les  Moyens    d'attaque    et    de  défense  chez    les    Insectes    (Acad.   Boy.  Belgique. 

Séauce  16  dee     1874  i. 
Casper.  Die  Korperdeoke  und  die  Driiseu  von  Di/tiscns  marginalia  (Zeitschr.  f.  Wiss.  Zool.,  1913). 
Du  Bhysson,  Sur  les  glaudes  a  venin  des  Ichneuuionidea  (Eevue  d'Eutoinol.,  voi.  X.  p.  257,  1891). 
Fabre  J..   Un  virus  des  Insectes  (Ann.   Se.   nat.   (8  .  VI.  253-27S.  1898  e  Souveuirs  entomologiques. 

VI.   378-418  . 
Filipcexko  J..  Ueber  dio  Kopfdriisen  der  Thysanuren    Z.  f.  wiss.  Zool..  1908'. 
Frost  S.   \V.,   The  fnnetion  of  the  aual  couib  of  certain  lepidopterous  larvae  (Journ.   of  Ecouom. 

Entoin.   Concord  N.   H.,   XII,    1919,   pp.    446  447). 
Hermann  F.,   Eiu  eigenthumlioher    Schutzapparat  der  Larve  vou  Clenophora  atrata  (Mitth.  Miiu- 

cheuer  Entoru.   Ver.,  4  Bd.,  pp.   146-147,  1881). 
Herrick  et  Detwiler.  Notes  oh  the  repugnatoria  glauds  of  certain  Notodoutid  caterpillars  (Ann. 

Eutom.  Soc.  America.  Columbus,  Ohio.  XII,  pp.  44-48). 
Hirowo  Ito,  Oh  the  glandular  Nature  of  the  eorpora    aliata  of    the  Lepidoptera  (Bull.  Imperiai 

Tokyo,  Serioultur.  College,  voi.  I,  N.  4.  p.   63.   191S  . 
Hollande  A.  Cu..  Sur  la  fonction  d'exerétion  chez  les  Insectes  salicicoles  lAun.  Univ.  Grenoble, 

T.   XXI.  459.   1909  . 
Keii.in  D.,  Sur  diverse»  glaudes  des  larves  des    Diptères,  glaudes  mandibulaires,  hypodermiques 

et  péristigmatiques  (Aroh.  de  Zool.  expér.,  T.  52,  N.  1,  p.   1-8,  1913  . 

—  Sur  ime  formation   Fibrillante  intracellulaire  daus    la  tnnique  de    la  glande  salivaire  chez  les 

larves  des  Syrphinae  (C.   R.   Ac.   Se.   Paris.  T.    156.  p.  908,  1913. 
Kepart  C.  F.,  The  poison  glauds  of  the  larvae  of  the  brow-tail  moth  (Eitproctis  chrysorroea)  (Journ. 

of  Parasitology,   Urbana,   Illinois,   I.    1914,   p.   95-103). 
KiiNKEL  d'Herculais.  De  la  mue  chez  les  Insectes,  cousidérée  cornine  moyen   de  défense     (C.    E. 

Ac.   So.,   6  mais.   1899  . 
Karel  Sulc  IL,  O  dychani  a  tvoreni  pèn   u  larev  pènodèjek  (Le  Karskych.  Rozhledii,   1912). 

—  Ueber  die  Stinkdriisen  und  Speiekeldrusen  der  Chrysopeu    Sitzungsber.  d.    Kon.    Bohm.    Ge- 

sellsch.  d.  Wissensch.   Prag..   1914  . 
Janet  Oh.,  Aiguillou  de  la  Myrmica  rubra.  Appareil  de    fermetuie  de    la  glande  a  ven-n   (Paris, 
Carré  et  Maud,   1898  . 

—  Sur  un  orgaue  nou  décrit,  servant    a    la  fermeture    du    réservoir  du  veniu  et  sur  le  mode  de 

fouetionnement  de  l'aiguillou  chez  les  Fourmis  (C.  E.  Acad.  Se,  voi.  127.  p.  638,  1898). 
La.vger  J.,  Ueber  das  Gift  der  Honigbiene    Ardi,   fiir  exp.   Path.   u.    Pharm.  XXXXIII,   381.  389, 

1896  . 
Metalmkcav  S„  Recherches  exprriincntales  sur  les  Chenilles  de  Galleria  melonella  (Aroh.  zool.  ex- 

périm  .  XXXVIII.  année  n.  8.  T.   Vili.   1908  . 
Morgenroth  et  Carpi,  Ueber  ein    Toxoleoithid  der  Bieueugiftes    (Berliuer    Klin.  Wocheuschrift, 

n.   44.  1906  . 
Pavilowsky  E.  N.,  Contributo  alla  conoscenza  delle  ghiandole  velenifere  degli  Artropodi  (Travaiix 

de  la  Soc.  Imper.  d.  Naturai,  d.  St.  Petersb.,  voi.  XLIII,  1912)  (in  lingua  russa). 

—  Des  types  priucipaux  des  glandes  veuimeuses   chez  les  Hymsuoptères  (Paris  C.   R.   Soc.  Biol., 

76,  pp.   351-354,   1914). 

Pelouzk,  Sur  la  nature  du  liquide  sécrété  par  la  glande  abdomiuale  des  Insectes  du  genre  Ca- 
rabo (C.  R.,  XLIII.  p.    123  125,    1856  . 

Phisalix  G..  Antagonismo  entro  le  venin  des  Vespides  et  celili  de  la  Vipere  (Bull.  Miiséum. 
Paris.   31S.   320   1897   e   e     I.'..  CXXV.  977.   979. 

—  Recherches  sur  le  venin  d'Abeilles  (C.  R.  Ac.  Se,  CXXXIX.  326-329  e  C.  R.  Soc.   Biol..  LVII. 

198-201.  1904). 

—  Sur  la  présence  de  veniu  dans  les  oeuf  d'Abeilles  (C.  R.  Ac.  Se,  CXLI,  257  278,  1905  . 
Potjchet  G.,  De  l'action  du  venin  des  Hyménoptères  sur  le  lézard-gris  des  niurailles  (C.  R.   Soc. 

Biol.,   14.  1890  . 
Rocci   U.,  Sur  une  substance  contenne  dans  les  Zygènes  (  \rch.  italienue  de  Biol.,  1917,  pp.  73-96). 
Sénichok,  Glandes  ìatéro-abdominales  (Bull.   Soc.  eut.  Fr..  ]i.  127.  1905) 

Schulze  P.    Ueber    Versoudriisen   bei  Lepidopteren    (Zool.  Anz.,   voi.   XXXIX.  p.   433,   1912  . 
Suxdwik  E.,  Ueber  das  Psyllawachs  (Zeitsoh.    f.   Physiol.  Chem.,  LIV,  4,  255.  1908 
Wade  J.   S.,   Notes  on   defensive  scent  glands  of  certain  coleoptera    (Psyche  of    entomology,   vo- 
lume XXVIII,  X.  5  6,  pp.  145-149,  Boston,  Mass.,   19211. 


792  (.'.M'ITOLO    SKSTO 


b)  Autoemorrea. 
(  Vedi  anche,   voi.  I,  p.  550). 

Boxo  (Dk',  Sull'umore  segregato  dalla  Timarcha  pimtlioidet  (Il  Naturalista  Siciliano,  p.  24,  arni.  8, 

1889). 
Cholodkovsky  N.,   Sur  les  papilles  f-versibles  des  larves  teutr  diuides  du  genie  Nematua  (Revue 

Zool.   Russe,   Moscow,   I,   1916,   pp.   216  219). 
Coénot  L.,  Le  sang  des  iléloé  et  le  r61e  de  la  cantliaridine    dans  la  Biologie  des  Insectes  vési- 

cauts   (Bull.   Soo.   Zool.   Frauee,   XV,   189(1) 

—  La  saignée  rérlexe  chez  les    Insectes  (Mém.  de  la  Soc.  Scient.    «  Antonio  Alzate  »,    T.  X,  39, 

1895). 

—  Le  rejet    du    sang  corume  nioyeu  de  défense  chez    les    Insectes    (C.  R.  Ac.  Se,  CXVIII,    875, 

1894,  et  CXXII,   328,   1896;.' 
Gakb  G.,  The  eversible  glands  of  a  chrysonielid  larva,  JUelasoma  ìappoìiìca  (J.  Ent.  Zool.  Clare- 

mout  Cai.,  7,  pp.  88-95,   1915). 
Hollandk  A.   Ch.,     Étude    physiochimique     du   sang  de  quelques  Insectes  ;     toxicité    de  ce  sang 

(Thèse  pharmaeie,  Lyon,   1906  . 

—  L' Autoliémorrhée  ou  le  rejet  du  sang  chez  les  Insectes  (Toxicologie  du  sang;   ^Thèses  presen- 

tées  à  la  Faculté  des  Sciences  de  Paris,    Paris,   191T. 
Me  Indoo  N.  E.,  The  reflex  «Eleding»   of    the  Coccinellid  beetle  Epilachna  boreali»    (Ann.    ent. 

Soc.  Anier.   Columbus,   9,   1916,  p.  201-223), 
Porte»,   Pequena  contribuciou   a  la  tisiologia  de  los  Insectos.   Sobre    la    naturaleza    del    liquido 

que  come  medio  de   defensa  emiteu   algunos  Coleopteros  (Actes   Soc.  Scieutif.     Chili,     T.     IV, 

217,    1894'. 
Cholodkowsky,  Cuénot,  Lutz,  Magkktti,   Porta,  ecc.,  vedi  pag.  550  e  segg.'. 


Antonimìa   e   Rigenerazione.   —  Transplantazione. 
Autotomla. 

Bordaoe  E.,  Reclierches  auatomiques  et  biologiques  sur  Pautotomie  et  la  regeueration  chez  di- 
vera  Artbiopodes  (Thèse)  (Paris,  1905  e  Bull.  Scientifique  du  Nord  de  la  Franco,  T.  XXXIX, 
1905  . 

—  Phéuomènes  d'autotomie  observés  chez    les  nymphes    de  Monandroptera    inuncans  et  de  Bajihi- 

derus  soabrosus  (C.   R.  Acad.  des  Sciences,  T.  CXXIV,  p.  210,   1897    e  Aunales  and  Magazine 
of  naturai   History,   voi.   XX,   p.   4  73,   475,   1897'. 

—  L'autotomie  chez   les  Phasmides  (La  Nature,   I    seni.,   1898'. 

Coxtejkax  Ch.,  Sur  l'autotomie  chez  la  Sauterelle    et    le  Lézard    (C.    R.    Acad.    des    Sciences, 

T.  CXI,  611-614,   1800  . 
Cuéxot  L.,  Les  nioyens  de  défense  chez  les  aniniaux     iRevue  Scieutitique,    IV  Sèrie,  T.  X,  449, 

1898). 
Lastre  A.,   La  mutilatiou  spontanee  chez  les  aniniaux  (Revue  des  Deux  Mondes,  Janvier,  p.  217- 

228,   1903) 
Frederick  L.,   Sur  l'autotomie  ou  mutilatiou   par  voie  réflexe  conime  moyen   de  défense  chez  les 

aniniaux   (Arch.   de  Zool.   expér.   et  gèli.,    II  Sèrie,   t.   I,  p.   313,   426,    1883). 

—  Les  mutilations  spontanées  ou   l'autotomie  (Revue  Scieutitique,  II   Sem.,   p.   613-620,   1886). 

—  L'autotomie  (Travaux  du  Laboratoire  Institut  de  Physiologie  de  l'Université  de  Liège,  T.   II, 

p.  199,   1887-88). 

—  L'autotomie  ou   la  mutilatiou  active  dans  le  règue  animai  (Bull,   de  l'Ae.   royale    de  Belgique, 
III   Sèrie,   T.   XXVI,   N.   12.   758-772,   1893). 

—  Autotomie  (in   Charles  Richet.  Dictionnaire  de   Physiologie,   Paris,   lì,  p.   952,   958,   1897). 
Frenzel,   Heller  die  Selbstverstiimmelung  (Autotomie)  der  Thiere  (Arch.    f.  die  gesamnite  Phy*., 

T.   L,   p.    191-215,    1891). 
Giard  A.,  L'autotomie  dans  la  sèrie  animale  (Revue  Scientifique,   XXXIX,   p.  629,   1887). 
Glaski:.   Autotomy,    Regeueration  and  naturai   Selection   (Science,   XX,   149,   1904). 
Godklmann"  R.,   Beitraege  zur  Kenutniss  toh  Bacillus  Rossiì,  mit  bes.  Beriichs.  der  Antotomie  und 

Regeueration   (Arch.   f.   Entwichelungescb..,   Bd.   XII,   1901). 
Klein   E.  J.,   Regeueration,  Transplantatiou  und  Autotomie  in  Tierreich.,  Pauuà,   VII  A.,  p.  220- 

224,    1897. 
ICrause  E.,  Die  Selbstverstumnieluug  bei    Gespenstheurschreckeu    (Phasmiden)    (Prometheus,  IX, 

Jahrg.,   634-637,    1898). 
Kradss   H.,   Selbstverstiimmelangen  liei  den   Eeuschrecken  (Prometheus,  IX,  189S). 
Lydex  M.    (voti),    Die  Selbstverstiimmelung    bei    Phrygauiden    larven     (Biol.    Centralbl.,    XIII, 

1893). 


BIBLIOGRAFIA  793 


MARSHALL  \V.,  Autotomie     bei    Tiereu     (Sitzungaber.  der  Naturforsch.  Gesellschaft.    in     Leipzig, 

p.  86-87,   1890). 
Morgan  T.     H.,     Regeneration    (Columbia     Univeraity    Biolog.    Series,     Cap-    Vili,     Autotouiy, 

1902). 
Naser,   Autotoiny,  Regeneration,  and  Naturai  Selection  (Science,  t.  XX,   149-153,  1904). 
Pikron  H.,  Antotornie  protective  et  autotomie  evasive    (C.  R.  Acad.    dea    Sciences,    T.    CXLIV, 

1379  1381,    1907). 

—  Recherchea  sur    l'autotomie.  De    l'existence  d'une  autotomie  psychique  auperposée    a   l'auto- 

tomie  réflexe  (Archives  Internationales  de  Physiologie,  T.   V,  Fase.   1,  p.  110-121,  1907). 

—  Autotomie  et  «  autoapaaie  »  (C.  R.  Soc.  de  Biol.,  T.  LXIII,  p.  425  427,   1907). 

—  Sur  une  pretendile  réfutatiou  de  l'autotomie  psychique  (Ibid.,  p.  461-463). 

—  L'autotomie  protectrice  réflexe  chez  les  Orthoptères  (Ibid.,  p.   463-465). 

—  L'autotomie  evasive  chez  les  Orthoptères   (Ibid.,  p.  571-573). 

—  A    propos    du    problèmo    de    l'autotomie    volontaire      (Revue    des    idt'ea,     N.     51,    15     mara 

p.  291-293,  1908), 

—  Le  problème  de  l' Autotomie    (Bull,  scientif.     de    la    Franco    et  de    la     Belgique,     Tom.  XLII, 

185,  1909)  (Contiene  ricchissima  bibliografia  sull'argomento  della  Autotomia  nel  regno  ani- 
male). 

Eabacd  E.,  Sur  l'autotomie  (Revue  dea  Idées,  p.  539,   1905). 

RiGGFMAi  u  E.,  Beobachtuugeu  ùber  Selbstverstiimmeluug  (Zoolog.  Anz.,  Bd.  XXIV,  587,  593, 
1901). 

—  Die  Selbstveratiimmelung  bei  Tiereu  (Ergebniase  der  Anatomie  und  Eutwickeluugsgeschichte, 

11  Abteilh,   Bd.   XII,   p.  782-903,   1901). 
SlNRTY   R.   (de),   Recherchea  pur  la  Biologie  et  l'Auatomie  dea  Phasmea  (Thèae  d.  Fac.  Se.  de  Paria 

et  La  Cellule;  1901) 
Thesing  C,   Autotomie  oder  Selbstvei'atumraelung  bei  Tiereu   (Naturwissensch.  Woch.,    Bd.    XX, 

421,    1905). 
Werner   F.,  Selbatverstuinuieluug  bei  Heuschrecken   (Zool.  Anz.,   1892'. 


Rigenerazione  e  Transplantazione. 

Barfurth  D.,   Regeneration  und    Iuvolutiou  \Ergebnisse    der    Anatomie     und    Entwickelungsge- 

achiehte,    1892-1898  . 
Bordage  E.,   Régénération     tarsienne    et    rég'n.    dea    membrea    des    deux    paires  aut'r.  chez  les 

Orthopt.  sauteura    Compt    rend.  Acad.  Se.  l'aria,  T.  CXXIX,   1899  . 

—  Sur  l'absence  de  régénérat.  des  membres  poster,  chez  lea  Orthopt.  sauteura  (Ibidem,  T.  CXXIX, 

1899  . 

—  Recherchea  anatomiques  et  biologiques  sur   l'auiotoruie    et    la    r  g  n  ration  chez    divers    Ar- 

thropodea  .Bull.  Soc.  France  et  Belgique,   XXXIX,    307,     454,   1905,    et  Th.    Fac.  Se.     Paris. 
1905). 

—  Sur  la  régénération  trétamérique  du   tarse  dea  Phasmidea  iC.   R.  Acad.  Se.  Paris,   15-36,  1897; 

Trad.    €  Annals  and  Mag.   of.   N.   Hiat.  »,   voi.  20,  p.   507-510,   1897 ... 
-   Régénération   chez  les  Phasmidea  apre»   leseetious  expérimentalea   lAuualea  SocLti  Eut.  France, 
voi.  67,   1898  . 

—  Caa  de  régónératiou  expliqu -,  par  la   loi    de    Lessoua    (C.    R.  Soc.    de  Biologie,  Paria,  T.  5, 

1*98). 

—  Contribiition   à  l'étude  de    la  régénération  chez  lea  Arthropodes     (Bull.     Se.    Entom.     France, 

n.  17,  1901 

—  Phénomènes  hiatolytiquea  obaervés  pendant    la  régéiiération  des  appendices  chez  certaius  Or- 

thoptères  (C.   R.   Acad     Se,    Paria,    161.   pp.   155-159,    1915). 

—  Phénoinenès  hiatologi(|ues  de    la  régénération   des  appendices  automises  chez    les    Orthoptères 

pentamèrea  (Bull.   Scieut.   Fr.  et  Belg.,   Paris,   1916,   pp.   199-235). 
Brindley   H.,  Oh   the  regeneration   of  the  legs  in   the  Mattidae  ^roc.  Limi.     Soc.     London,     903, 
1897. 

—  On  certain  cliaracters  of  reproduced  appeudages  in  Arthropoda.    Particularly   in  the  Blattidae 

'Ibid.,   924.   1898  . 
Chili»  e  Yulng,   Regeneration  of  the  appeudages  in  uymphs  of  the  Agrionidae    (Arch.    f.     Ent- 

wicklungsniechauik,  T.  XV.   1903  . 
Cramptkn   H.  E.,  Ah  experiinental   study  upou  Lepidoptera  (Arch.  Entwick.  Mech.,   IX,   293,  318, 

1900  . 

Giard   A.,  Sur  les  régéuératious  hypotypiquea    Compt.  rend.    Soc.  de  Biologie,    X     Ser.,     T.    IV, 

X.  12,  1S97  . 
Griffini  A.,  La  rigenerazione  delle  zampe  negli  Ortotteri  saltatori   (Giornale  «  Natura  »,   Milano. 

voi.    II.   X.    1-2.    1911). 
Hkrbst  e.,   Ueber  die  Regeneration  von  anteunenahulichen  Organen  an   Stelle  von  Augen     (Arch. 

f.   Entw.   Mech.,   Bd.   2,    1896. 

—  Weitere   Versuche  mi t  total    extirpierteu  Augen.  Id.  Verauche  mit    Teilweiae    abgesohnitteneu 

Augen    Ibid.,   Bd.  9,   1899. 

A.  Bkklese,   Gli  Insetti.   II.  —   100. 


794  CAPITOLO    SESTO 


Hirschi.er  ,1..  Studien  iiber  Regenerationavorgange  bei  Lepidopteren  Puppeu  (Auat.  Anz.,  Bd.  23, 
1903). 

—  Weitere  RegeueratiouBstudien  an  Lepidopteren  Puppeu  iRegeueratiou  dea  vorderen  Korperen- 

des)  {Ibid.,  Bd.  25,  1904;. 
Ilungworth  T.  F.,  Regeneration  in  Cockroaches  (Proc.  Hawaiian  Entoui.  Soc.,   Honolulu,    III, 

1916,  p.  266). 
Kammkrkr  P.,  Regeneration  der  Dipterenfliigel  atn  Imago  (Arch.  f.  Entwm.,  Bd.  XXV,  1907  . 
Kellog  L.  V.,  Regeneration  in  larvai   lega  of    Silkworms    (J.    Exp.    Zool.,    Baltimore.    I.    593, 

1904  \ 
Klatt  B.,  Keimdrusentransplautation  beim  Sckwamniapiuner  (Zeitachr.  Induct.    Abstam.    u.    Ve- 

rerbungslehre,  XXII,  1920,  pp.   1-50:. 
Kopec  S.,  RegeneratioiiBversucbe  an  Fiihlem,   Angen,    Mundwerkzeugen  uud    Korperwarzen    der 

Scbmetterlingsraupen  und  Imagiues    (Bulletiu  d.    l'Acad.  d.  Sciences  d.  Cracovie,    p,    1097, 

Oct.   1912). 

—  Experinientaluntersuchungen  iiber  die  Entwicklung  der  Geschlechtscbaraktere  bei  Schnietter- 

lingeu   {Ibid.,  1908  . 

—  Untersuchungeu  iiber  die  Regeneration   vou   Larvalorganen  uud  Iuiaginalscheiben    bei  Scbuiet- 

terlingen    (Arch.    f.    Eutwicbluugsmecbanik  der    Orgauisnien,    XXXVII    Bd..    3  Heft.,    440, 
1913'. 

—  Ueber    morpbologiscbe    und    histologische  Folgen     der    Kastration     und    Trausplautation    bei 

Scbinetterlingen   (Ibid.,    1910  e  Arcb.   f.  Entw.-Mecb.,   Bd.   33.   1911). 

—  Untersuchungeu  iiber  Kastration   uud    Trausplautation     bei     Schmetterlingen     (Ibid.,    Bd.     33, 

1911). 
Korschklt  E.,  Regeneration  und  Trausplautation   (Jena,   1907!. 
Kbizenecky  .1..  Zur  Kenntnis  der  Regeuerationfahigkeit    der    Puppenfliigelaulagen  vou    Tenebria 

molitor  und  einige  Beinerkungen   iiber  die  theoretUche   Bedeutung  der  Befuude     (Zool.    Anz., 

Bd.  40,    1912'. 

—  Versucbe  iiber  die  Regeneration  des  Abdominalendes  vou     Tenebria-  molitor    wahrenden    seiner 

postembryonalen  Entwickluug.   (Arch.   f.   Entw.  Medi.,  Bd.   36,   1913). 
Lessona  M..  Sulla  riproduzione  delle  parti  iu  molti  animali  (Atti  della  Soc.   ital.  delle  Se.  Nat.. 

voi.   XI,  493.    1868  . 
Megusar  Fu.,  Die  Regeneration  der  Coleopteren   (Arcb.   f.   Entw.   Medi.,  Bd.  25.  1907). 

—  Regeneration   des  Caudalhorns  bei    deu  Seidenspinnerraupe     (Bombyx  inori    L.i     (Ibid.,  Bd.  25, 

1907  . 

—  Regeneration  der  Fang-,   Scbreit-und  Spruugbeiue  bei  der  Aufzucbt  vou  Orthoptereu  (Arcbiv. 

f.   Entwicklungsmechanik  der  Organismen,  XXIX,  3,  4  Hf.   499-586,   1910). 
Meisen'hkimkr  J.,  Ergebnisse  einiger  Versucbsreiben    iiber  Extirpation   und  Trausplautation  der 
Gescblecbtsdriisen  bei  Scbinetterlingen   iZool.   Anz.,  Bd.   32,    19071. 

—  Ueber  Fliigelregeneration   bei   Scbinetterlingen   (Zool.  Anz.,  Bd.  33.    1908'. 

—  Die  Fliigelregeneration  bei  Schmetterlingen   (Verbandl.  Deutscb.   Zool.  Gesellseb.,    1909  . 
Morgan,   Regeneration.  ubersetzt  und  bearbeitet  von  M.  Moszkowszi     Leipzig,   1907). 

—  Regeneration  and  hability  to  injury   (Zool.   Bull.   Boston,  voi.   I.   1908  . 

—  Regeneration   ;Ne\v  York,   1901'. 

Newport  G..  Oh   the  reproduction   of  lost  parta    in     Myriapoda  and    Insecta    (Pbiloaopb.  Trans., 

1844  . 
Ost  F..  Zur  Kenntnis  der  Regeneration  der  Extremitaten  bei  deu   Artbropoden  'Arcb.    f.    Entw. 

Medi.,  XII.  289,  324,   1906'. 
Pbyerimhoff   P.   (de),   Sur  la  Regeneration   (Miseel.    Éntomol.  Narbonne.   1897  . 
Prztisram     H.,    Aufzucbt,    Farbwechsel     und     Regeneration    einer    aegyptiscben     Gottesanbeterin 

(Sphodromantit   bioculata)    (Arcb.    f.    Entwick.  Medi.    d.  Organisi».    Leipzig,  XXII.    Bd.  177, 

19C6'. 

—  Aufzucbt.     Farbwechsel     und     Regeneration     uuaerer    europaiseben     Gottesanbeterin     {Ibidem, 
1907). 

—  Regeneration   (Ergebniaae  der  Physiologie  (Wiesbadeu.  I,  43,   119.   1902  , 

—  Regeneration  beim  Hautfliiger  Cimbex  axillaris  Panz.  (zugieich  :  Homoseosis  bei  Artrop.,  6  Mitt.) 

(Ibidem,   69-S2)   (Arcb.   Entwickl.  org.,  Bd.  45,  1919). 

—  et  Werher  ,T..  Regenerationsversucbe  aligemeiner   Bedeutung  bei   Borstenschwiinzen   (Lepisma- 

tidaet  (Arcb.  f.  Entwick.  Mech.,  615-631.  1907'. 
Rimskv-Korsakoff  Mx.  (von),  Regeneration  bei  Embiiden   (Verbandl,  d.  Vili  Internatio!].    Zoo 
logen-Kongres..  Ses.   zu  Graz.  ]>.   609,   15-20  Aug.    1910). 

—  Untersucbungeu  iiber  den  Bau  und  die  Regeneration  der  Extremitaten  bei    Embien     (St.    Pe- 

tersburg  Trav.  Soc.  Nat.,   42,   liw.   4     (57-292),    Taf    I-VI,   1913.     St.    Petersburg  Tiav.   Lab. 
Zool.,  2,    1913). 
SCHMIDT  H.   O.,   Homoeotic  Rogeneration  of  Antennae  of  Phasmids  (Rep.   Smiths.  Inatit.   for  1914 
(publisbed  1915),  pp.  523-36,   2   pls.  Vedi  pure  Vidensk  Meddels  Dausk  Nat.   Foreuing,   LXV, 
pp.   113-134,   1913). 

—  Homoeotic  regeneration  of  tlie  antennae  in   a  pbasmid  or    walking  stich  (Translated  from  the 

Danisb)   (Washington   Rep.   Smithsonian   Inat.,   1914,   pp.   523  536,   1915), 
Shelford  V.,  Abnormalities  and  Regeneration    in   Cicindela    (Lab.  Univ.  Illinois,  Nr.  46  ;    Ann. 
entom.  Soc.  Amer.,  voi.  8,  pp.  291-294,  1915). 


BIBLIOGRAFIA  795 


TORNIER  G..  Beili-  und   Fuhlcrregeneration  boi  Kiifern  und  ihre  Begleiterscheinuugen  (Zool.  Anz., 

XXV.  631-648,   649-664,  1901). 
l'itiscii   1..     vox  ,   Ueber  Flugelregencration    bein  Schwaninispiuuer,    Limantria   dispai-    (Arcb.    1. 

Entw.-Mech..  Bd.   31,    1911). 
Versux   E.,    Manifestazioni  rigenerative   nelle  zampe  torneali  del   Bonibyx  mori    (Atti    R.     Istituto 

Veneto  di   So.   Lett.  Arti,   voi.   LIXV,   41,   1904   e   Ann.   K.   Staz.   Bacol..  voi.   XXXII,    Padova. 

1904). 
Werber  E.  I..  Regeueration    des  exstirpirten   Fiililers  und  Augea  beira    Mehlkafer    [Tenebrio  mo- 
litori  lAreb.   f-   Eutw.   Medi.,  Bd.  19.   1905). 
—  Regeueration  der  exstirpirten   Fliigel     beino    Mehlkafer     (Ttnebrio  molitor)     [Ibidem,    Bd.    XXV. 

1907). 
Ubisch  S.,   l'eber  den  Einfluss  vou  Gleieligewichtsstiiriingen  auf  die  Regeoerationsgeschwindigkeit 

(Ardi.    Entw.   Medi.,  Bd.   4t,  pp.   237-250,   1915). 


Necromimismo  e  Mimetismo  (Atteggiamenti  varili. 

Allex  E.  C,  Protective  coloratiou  (Proc.  Eutorn.  Soc  Nova  Scotia,    Truro,  I,   1915,  pp.  78-841. 
AxDKKi'i  ci  A.,   Sul  mimetismo  della  larva  di  Spintherop»  spectrum  (Bull.  Soc.  Ent.  ital.,  XXX.XIV. 

1912,   pp.   115-147). 
BUGNION   E..   Observation   relative  à  un   cas  de  mirnétisme    [Blepharis  meniìca)    (Bull.     Soe.     vaud. 

So    nat.,   XXXIX,  385,   1903). 
Camkrox  P.,  Oh  the  larvae  of  Tenthredinidae,  with  special  reference  to  protective  ressemblance 

(Trans.   Ent.   Soc.  London,   1878). 
Cattaneo  G.,  Di  un'antica  interpretazione  dello    forme  animali     imitative  e  «  mimetiche  >  (Atti 

del  E.  Jst.  Lombardo  di  Se.  Lett.  Arti,  ser.  II,  voi.  XL1II,  584,  1901). 
Da   Costa  Lima  A.,   Nota  sobre  o  mimetismo  da  nynipha  do  Jìydua    (ilagalotomus)  pallescens  coni 

Formiga  e  eonsideracoes  relativa»  a  especie  Galeottus    formicarius    (  Vrch.  Sup.  Agr.    e    Med. 

Vet.,  Xictheroy,  Brazil,  IV,   1920,  pp.  5-8). 
Dixky  F.  A.,  The  geographical  factor  in  mimicry  (Rep.  Br.  Assoc.  /  dv.  Se.  Bournemouth,  1919, 

pp.   201-207). 
Ei.tringham  H.,   On   speciflc  and   mimetic  relationships    in   the  genus  Heliconiiis  L.     (London  Tr. 

Ent.   Soc,   pp.   101-148,   1916). 
Fowi.eu  W.   W.,   A  combined  instance  of    protective  resemblance  and  mimicry    in   a  Locnst  (The 

Entouiologist's  Mouthly  Magaz.,   London,   1918,   p.  92). 
Gehouli>  .1     H.,   Mimicry  in   Butterflies  (The  Amelie.  Naturatisi,   1915,   pp.    184-192). 
Giakd  D.,   Sur  un  Diptere  stratiomyde   [Beri)  rollata  Forst.)    imitant  un  Tenthrède  (Atalia  alitili 

lata   Pabr.)  (C.  R.  Soc.  de  Biologie,   9.e   Sài-.,  T.  XLIV,  1892). 
Mammoni.   S.    1'.,   Description     of    an  experiment  invariable  proctetive  colouring  in   the  pupae  of 

l'uri*  braxxicae  (Proc.   Croydon  Nat.   Hist.   Soc,   8,  pp.   5  11,   1915). 
Hardy  G.  H.,   A  further  exhibit  of  supposed  cases  of  mimicry    (Pr.    R.    Soc.  Tasmania  Hobart. 

pp.   113-114,  1916). 
Heikkrtixger   F.,   Die  Bienenmimikry  von   EristaKa.    Eine  Kritische  Untersucbung    (Zeitsohr.    f. 

wissensch.   Iusecktenbiol.,   Berlin,   XIV,   1918,   pp.   1-5). 

—  Esacte  Begriffsfassung  und  Terminologie    ini    Problem  der  Mimikri  und  verwaudter    Erschei- 

nungen   (Zeitschr.   f.   wissensch.  Insektenbiol.,   Berlin,  XV,   1919,   pp.   57-65,   162-174). 
Herrera  M.,   Insectos  homocromicos  y  mimeticos  niexicauos  (Boletiu,   Direction  de  Estudos  Biol., 

Mexico,  II,   1916,  pp.  83-91). 
Holmes,  Death-feining  in  Rana  tra  (Journ.  ofeomparat.  Neurology  aud  Psychology ,  T.  XVI,  200, 

1906). 

—  The  Instinct  of  feigning  Death    (Popular  Science  Montlily,   LXXII,    179,   1908). 

JaCOBI  A.,  Mimikry  und  verwandte  Erscheinungen  Saml.  die  Wissenschaft  Braunschweig,  VI, 
p.  215.   1913.  Review  by  O.  Prochnow  (Zeitschr.  wise.  Insbiol.,   10,  pp.  33-36). 

Manhers  N.,  The  mimetic  theory  «  a  cruciai  test  »  (London  Proc  ent.  Soc,  pp.  XXIII-XXX. 
1915). 

Meldola  H.,  The  relationhip  betweeu  colour  aud  edibility  in  larvae.  Entom.  Monthl.  Mag., 
voi.  IX,  1872. 

—  On  a  certain    Class  of  variable   protective  Coloring  in  Iusects.    Proceed.     Zool.    Soc.    London. 

1873. 
Melix  D.,   Xagra  tankar  om   mimikry  och  skyddande    likhet    med  stod  av  dipterologiska  studier 

(Entomol.  Tidskr.,  Upsala,  XXXIX,   1918,  pp.  239  294). 
Morris  A.  W.,  The  protective  colouring  of   chrysalides    (Journ.    Bombay    Soc,    N.  H.,    voi.    5. 

pp.  307-309,   1890). 
Perez  Ch.,  Sur  les  Phloea,  Hémiptères  mimétiques  de  Lichènes    (C.  R.  séances  Soc  d.  Biologie, 

T.  LVI,  429,   1904). 
Pieron  H.,  L'immobilité  protectriee  chez  les  animaiix  (Revue  Se,   LXXIII,  523,   1904). 
Plateau  F.,  La  ressemldance  protectriee  chez  les  Lépidoptères  européens  (Naturaliste,  III  Ann., 

2.e  sèrie,  n.  112,  1891). 

—  La  ressemblance  protectriee  dans  le  Règne  animai  (Acad.  Roy  Belgique,  Séance  2  fevr.  1892). 


796  CAPITOLO    SESTO 


Plateau  F.,  Cas  de  Mimetismo  chez  une  Tinéide  (Soc.  Entomol.  d.  Belgiqne;  T.  XXXIX,  1895). 
Pliginskij  V.,  Colorazione  protettrice   dei    Lepidotteri    (Rev.    russ.    ent.     Petrograd,     14,     1914, 

pp.  493-494,  1915)  (in  lingua  russa). 
POTJLTON  E.   B.,  Furter  notes  upon     the  marvings  and  attitudes  of   Lepidopterous  larves  (Trans 

Ent.  Soc.   London,   1885). 

—  Mimicry  in   australiau   insects  (London   Rep.   Brit.  Ass.,   84,   p.   403,    1915). 

—  Mimicry  in  Nortli  American  butterflies  (Proc.  Acad.  Nat.  Sci.,  66,  pp.  161-195,  PhiladelpMa, 

1914). 

—  The  hereditary  trausmission  of  amali  variations  and    the  origin  of  butterfly  mimicry  (London 

Proc.  Limi.  Soc,   128,  1916,  pp.  21-52). 

—  Mimicry  and  Butterflies  (Proc.  Roy.  Inatit.,  Great  Brit.,  London,  XXI,   1917,  pp.  372-379). 
Pdnnett  R.   C.,  Mimicry   in   Butterflies  (London,   Cambridge  Univ.  Preaa.,  New  York  G.   P.  Put- 

nam's  Sona,  8.°,  159  pp.,    16  pia.,   1915). 
Rabadd  Et.,  L'instinct  de  l'iaolement  chez  les  Iusectes    (L'année  Paychologique,  F.   19,  p.    194, 
1913). 

—  Sur  un  caR  de  resaemblance  mimétique    aans  valeur  protectrice    (Paris    Bull.    Soc.    Zool.,  40, 

pp.  56-63,  1915). 

—  Le  phénomène  de  la  simulation  de  la  mort  (Paris  C.  R.  Soc,  Biol..  79,  1916,  pp.  74-77'. 

—  Généralité  du  réflexe  d'immobilisatiou    chez    les     Arthropodea    (Ibidem,    LXXIa,   pp.  823-825, 

1916). 

—  Nature  et  m'canisme  de  l'irnmobilisation  rjflexe  deB  Arthropodes  (Ibidem,  LXXIX,"pp.  826-829, 

1916). 
—  Immobilisation  réflexe  et  immobilisatiou  simple  chez  les  Arthropodes  (Ibidem,  LXXIX,  pp.  930- 
934,   1916). 

—  L'immobilisation  réflexe  des  arthropodea  par  renversement  simple  (Bull.   Soc.   Zool.   Fr.(  XLII, 

pp.   140-145,    1917). 

—  L'immobilisation  réflexe  et  l'activité  normale  des  arthropodes  (Bull.  Biol.   Fr.uiee  et  Belgiqne, 

Paris,   1919,  pp.   1-149). 
Roebkr  J.,   Ueber  Mimikry  uud  venvandte  Erscheinnngen   bei   Schnietterlingen   (Entom.   Mitteil., 

Bd.  X,  N.   1,  p.  23,  N.  2,  p.  34,  N.  3,  p.  68,   1921). 
Severin  Harry  IL  et  Severin  Harry   C,    Ad  Experimental  Study    on  the  Death  Feigning  et 

Belostoma    (Zatlha  Aucct.J     fliimineum  Say    and  Nepa  apicitlata  Uhler.     (Behavior  Monographs, 

voi.   I,  Nr.  3,    1911). 
Shelfotd  R. ,  Obaervationa    on    some  Mimetic  Insect    and  Spiders    from  Borneo    and    Singapore 

(Proc.  Zool.   Soc.  Lond.,  230,  1902). 
Swy'nnerton  C.  F.  M.,  A  brief  preliminary  statement  of  a  few  of  the  resulta  of  five  year  special 

testing  of  the  theoriea  of  mimicry  (London   Pr.   Ent.   Soc.   XXXII-XLIII,    1915). 
Trimen  R.,  Protective  ressemblance  in  Insects  (Eutomologist,  voi.  Vili,   1885). 
Young  R.  T.,  Some  experimenta  on  protective  coloratiou  (Journ.  of  experim.  Zool.,  Philadelphia, 

XX,   1915,  pp.  457-508). 


Sonno  e  Letargo.    —  Ibernazione. 

.\shworth  J.  H.,   A  note  on  the  hibernation  of  flies  (The  Scottiah  Naturalist.  Edimburg,     1916, 

pp.   81-84). 
CameKano  L.,   Le  riunioni    delle    Coccinelle    (C.    septempunctata)    (Zeitachr.   wiss.     Insektenbiol., 

Bd.   10,  pp.   187-189,    1914). 
Cosens  A.,  Note  aon  hibernating  ladybird  beetles  (The  Canad.  Entomol.,   1916,  pp.   104-105). 
Joannis  J.   (de)  Obaervationa  sur  l'hibernation  eu  masse  de   Lithocolletis  popitìisoliella  (Ann.   Soc. 

Entom.   France,    1918,   p.   150). 
Johnson  W.   F..  Hibernating  Ichnenmon  flies  (.Trisli  Nat.,  Dublin,   XXIX,   1919,  pp.  65-66). 
KiRBY'.  Hibernation  of  Dragonfliea  (Entom.   Monthly  Mag..  p.   288.   1902 1. 
Martin  R..  Nouveaux  caa  d'hibernation  de  la  Sympecma  fueca    (Revue  Scient.  Bour.,    6,    p,  63). 

—  Hibernation  de  la  Sympetrum   /'uscii   (Ibid.,  I  Ann.,  p.   53  . 

—  A  hibernating  Dragoufly  Sympetrum  Juecum   (Entom.   Monthly   Mag..  23,  p.   235x. 
Maxwell  H.,  The  hibernation  of  the  house-tìy  (Nature,  London,  CIV,   1919,  pp.  435-436). 
NiCHOLSON  C  Hibernation  of  Vespa  vulgaris  (The  Entomol.   Ree,   London,   1915,   pp.  115-116). 
Pictet  A.,  Diapanses  hibernales  chez  lea  Lépidoptèrea  (Ardi.   Se.   phys.   nat.,   T.   23,   pp.   302-305, 

Genève,  1907). 

—  Nouvelles  recherches  sur  l'hibernation  dea  Lépidoptèrea  (Ibidem,  35.  pp.  301-304,  1913). 
RaU  P.  and  Rau  Nellie,  The  aleep  of  insects  (Ann.  ent.  Soc.  Anier.,  9,  1916,  pp.  227-274). 
Regen  J..  Untersiichungen   iiber  den   Win  terseli  laf  der     Larven   von    Gryllus  campestris    L.     (Zool. 

Anz.,  Bd.  XXX,  131,  1906). 
SANDERSON  E.   D.,  The  Relation  of  Temperature    to    the  Hibernation     of    Insects     (Journ.   Econ. 

Entom.,  voi.  I,  N.  1,  p.  56,  1908). 
Sely_s  Longchamps,   Sur  l'hibernation  de  deux  espèces  d'Odouates  (Sympegma  fusca  et  Sympetrum 

tcoticum)   vSoc.   Entom,  Belge,  C.   rend.,  ]p.   27,  1888  . 


BIBLIOGRAFIA  797 


Vitalità.    Longevità.   Morte. 

Alessandrini  G..  Studi  od  esperienze  sulle  larve  della  Piophila  casei  (Aron,  de  Parasitologia, 
t.  XIII.  337.  1909  . 

Audoihn,  Iiifliienee  du  froid  chez  les  Iuseets  (Anu.  Soc.  Etitom.  France,  T.  VII;  Biilletin,  p.  39, 
1838  . 

Bath  W.,  Tenacity  of  Life  iu  the  Dragonflies  (The  Entomologia);,  28.  p.   204,   1895*. 

Baumberger  J.  P.,  Studies  in  the  lougevity  of  Insects  (Ann,  Knt.  Soc.  Anier.,  7,  Nr.  4,  pp.  323- 
353,   1914). 

CANESTRINI  R..  Alcune  osservazioni  sulla  decapitazione  degli  Insetti  e  dei  Miriapodi  (Bull.  Soc. 
Veneto-Trentina  di  So.   Nat..  II,  N.   3.  p.   119,   1883  . 

Cavazza  F. ,  Influenza  di  agenti  chimici  sullo  sviluppo,  metamorfosi  e  riproduzione  del  Bomhijx 
mori  (Bios.  voi.  I.  fase.  4.  Bologna,  315.   1913  . 

CiiAi'Ei.UER  (in  Fenille  d.  jeunes  uatuialistes.  n.  507,  p.  55,  1  Mais  19131. 

Chopakd  R.,  Sur  la  vitalitó  de  Mantis  religiosa  L.  ;  ponte  après  décapitation  (Bull.  Soc.  Entom. 
France.  481.   1914  . 

Cros  (in   Bull.   d'Hist,   nat.   de  l'Afrique  du  Nord.  t.   VIII.  N.   2,  19171. 

Engelhardt  W.  M.,  L'influenza  sulla  vitalità  dui  pidocchi  adulti  della  temperatura,  della  sec- 
chezza dell'aria  e  nelle  stoffe  impregnate  di  differenti  materie  (Bull.  Soc.  Entom.  Mosca;  I, 
pp.   164-170,    1915)   (in   lingua  russa). 

Ferris  G.   F.,  A  remarkable  case  of  longevity   in  iuseets   (Entom.  News,  XXX,  1919,   pp.   227-28). 

Francois  A.,  Sur  une  larve  de  Lampyris  noctiluca  ayaut  vécu  sans  tòte  (Compt.  Rend.,  Nr.  103, 
pp.  437-438,   1886). 

Gratacai>,   Vitality  of  Iuseets  in   Gases  (Amerio.   Nat.,  XVI,  p.   10191022.   1822  . 

Gueylard  F.  et  Portier,  Recherches  sur  la  résistence  au  froid  des  chenilles  de  Cossus  et  Car- 
pocapsa CC.  R.  Soc.  biol.,  Paris,  79,  pp.  774-777,   1916). 

—  Sur  la  r.'sistanoe  des  chenilles  à  l'actiou  du  froid  (Bull,   de    la  Soc.   d'études  et  vulgarisation 

de  la  zool.   agr.,   15  A.,  Nr.   11-12,   pp.   126-127,   Bordeaux,   1916). 
Hornunc;,   Hi/droporus  termaliè  n.  sp.  aus  den  heisseu  Quelleu  der  Euganeen     (Bericht    d.   Natnr 

V.   von  d.   Harz,  p.   12.  ed.   2.    1810-41). 
Keilin  D.,   Sur  quelques  modes  particuliers  de  résistance  des  larves  de  Diptères  ooutre  la  dessi- 

catiou   (Bull.   Soc.   Entom.   France,   Paris,  1918,   pp.  102-104). 
Labitte  A.,   Longévité  de  quel(|iies  Insectes  eu  captivité  (Bull,   du  Mus'um     natioual    d'Histoire 

naturelle,  N.   2.  p.  105',    1916  . 

—  R.  sistance  vitale  de  quelques  larves  d'Insectes  (Ibid.,   n.   6.   1917). 

—  Une  extraordinaire  aberration   genitale  d'un   Orthoptères  Acridide,  le  Pamphagus  niimidiciis  Poir 

(Bull.  Mas.   Hist.   nat.,  N.   6.   p.   401.   1917  . 
Liieh  J.,   Naturai  death  and  the  duratioi:   of  life    (The  Scientitìc     Monthly,   Lancaster,   IX,    1919, 

pp.    578  585). 
Mac  Gregor  M.   E..   Résistance  of  the  eggs  of  Ste.gomyia  fasciala  {Aed.es  calopus)  to  couditiou  ad- 

verse  to  development  (Bull.  eut.   Rea.,  London,  7.   1916,   pp.   81-S5). 
Piciet  A.,   R  sistance    des  L  pidoptères  à    la  compressiou     à    l'asphyxie  et    au   froid    (Arch.   se. 

phys.  nat.,  XL,  pp.  391-395,  1915)  e    (C.  R,  sóauces  de    la  Soc.    de  phys.    et    d'Hist.  nat., 

X.\XIV,   pp.  53-57,   Genève,   1918). 
Plateau  F.,  Recherches  physico  chimiques  sur  les  Articola  aqnatiques.   II  Partie  :    R-sistance  à 

l'asphyxie  par  submersion.  action  du   froid.  action  de  la  chalenr,  tempratine  maximum  (Bull. 

Acad.Roy.   Belgique    t.   XXXIV,   p.   274.  1872). 

—  Les  Myriopodes  marin  et  la  résistance  des  Arthropodes  a  respiration  aérienne  a  la  submersion 

(Journ.  de  l'Anat.  et  de  la  Physiol.,  XXVI,  236-269,  1890). 
RabaUD   E..   Aecouidement  d'un   male  decapile  de  Mantis  religiosa  L.   (Bull,     de    la    Soc.   Ent.   de 

France,   Séance   12  janv.   1916  . 
Rau  P.  et  N.,  Longevity    in  Satnrniid  motus  and    its  relation  to    the    function  of  reproduction 

(Trans.    Acad.   Se.   St.  Louis,   XXIII,    1914,   pp.    1-78). 

—  The  longevity  aud  mating    habits    of    Dicromorpha  viridis    (Ent.  News,   Philad.,   XXVI,    1915, 

p.   485). 
Rocci  U.,  Sulla  resistenza  degli  Zigenini    all'acido    cianidrico    (Zeitschr.  allg.  Physiol.,  Bd.  16, 

pp.   42-64,    1914). 
Koedel  H..   Ueber  vitale  Temperatur  minimum  wirbelloser  Tiere  (Zeitschr.    f.  Naturwiss.  Halle. 

Bd.  LIX.  Sanimi,   naturwiss.  Vortriige  von  E.  Huth.  IV,   1886). 
Schcltze  M..  Contribiition     a    la    vie    des    larves    de    Drosophila  rubrottriata  Beck  (Zool.   Anz., 

XXXIX,    199.  1912). 
Verson  E.,   Influenza  di   temperature  basse  sulla  vitalità    dei    semi     del     filugello.   Serie.  Austr,, 

III,  Gorizia,    1871,  N.  8  e  9. 
Wilcox  E.  V.,   The   Power  of  Résistance  of  Helo/ihilus  Larvae  to  Rilling  Fluids    Anat.  Anzeiger, 

p.  301,   1896). 
Xambeu  P..  Longévité  des  Insectes    Le  Naturaliste,  t.  XXVII.  p.  279.    19051. 


CAPITOLO  VII. 

LE     SOCIETÀ 


L  NATURALISTA,  designando  per  individuo  l'organismo 
j/^ autonomo,  il  singolo  rappresentante  della  specie,  abbraccia, 
~y  con    questa    definizione,    cose    varie    e    disparatissime  e, 
,  quando  vuol  discriminarle,  sottilizzando  nella  ricerca  della 
unità  suscettibile  di  vita,  autonoma  e    veramente    indivi- 
sibile, non  può  arrestarsi    prima  della    molecola    biotica, 
specifica. 

Con  tuttociò,  se  non  si  voglia,  per  ora  almeno,  scen- 
dere fino  all'elemento  dell'organicità,  non  è  razionale 
neppure  definire  per  individuo  un  insieme  di  singoli 
sistemi  organici,  solo  perchè  esso  è  isolato  ed  autonomo. 
L'individuo,  strettamente  detto,  è  rappresentato  dal  gonocito  specifico,  e 
così  è  veramente  nei  Protisti.  Ma,  pei  Metisti  e  particolarmente  pei  Metazoi, 
l'uso  è  invalso  di  definire  per  individuo  quel  complesso  di  gonociti,  cbe,  coi  loro 
somi  (di  origine  secondaria),  vengono  a  comporre  una  organizzazione  autonoma 
ed  isolata,  quel  sistema,  cioè,  cbe,  più  correttamente,  è  indicato  per  Istone. 

Converrebbe  indicare  per  unità  biotica  il  singolo  gonocito,  accompagnato  o  meno  dal  suo 
soma,  a  cui  ha  dato  origine.  Così  lo  unità  biotica,  anasomatica  è  rappresentata  dagli  organismi 
unicellulali  ;  la  unità  biotica  somatica  si  iucontra  negli  istoni,  dove  sta  con  altre,  pur  mantenendo 
sempre,  in  grado  vario,  la  propria  indipendenza,  anche  se  i  complessi  somatici  delle  singole 
unità  si  confondono  più  o  meno  fra  di    loro. 

Organismi  rappresentati  da  una  sola  unità  biotica  somatica,  isolati  ed  indipendenti,  una 
specie  di  morula,  adunque,  starebbero  come  termine  di  transizione  fra  gli  unicellulari  e  gli 
istoni.  Quanto  a  questi  ultimi,  la  diversa  maniera  di  aggregazione  delle  singole  unità  somatiche, 
di  cui  sono  composti,  determina  la  speciale  simmetria  dell'insieme,  bilaterale  o  raggiata  pei  me- 
tazoi,  spirale,  pili  comunemente,  pei  metafiti. 

Manterremo,  adunque,  secondo  quanto  si  è  fatto  sin  qui,  il  significato  cor- 
rente dato  alla  voce  individuo  e  vediamo  in  quale  maniera,  ora,  dopo  aver  ac- 
cennato come  più  elementi  biotici  si  raggruppino  a  costituire  l'elemento  cellulare; 
come  più  elementi  cellulari  si  riuniscano  a  comporre  l'unità  biotica  somatica  ed 
in  quali  modi;  un  certo  numero  di  queste  unità  si  aggreghino  per  dar  origine 
all'individuo,  vediamo  in  qual  modo  e  con  quale  regola  più  individui  possano  con- 
venire per  dare  origine  a  maniere  diverse  di  associazione. 


I.K   SOCI  RI  À  799 


Associazioni  di  individui  omogenei. 

Delle  associazioni  di  individui  eterogonei  (cioè  appartenenti  a  specie  diverse) 
giacché  si  richiamano  a  fatti  di  simbiosi  o  di  antibiosi  si  tratterà  nel  capitolo 
seguente.  Qui  è  d'uopo  discorrere  delle  associazioni  fra  individui  omogenei,  cioè 
appartenenti  alla  medesima  specie. 

Trascurate  le  semplici  aggregazioni  od  aggruppamenti  occasionali  (di  cui, 
per  ciò  che'riguarda  gli  Insetti,  si  è  già  detto  in  precedenza  che  sono  semplici 
convegni  temporanei,  dovuti  a  necessità  ambienti,  che  agiscono  conformemente 
su  individui  reagenti  uniformemente)  è  il  caso  di  accennare  ad  altre  maniere  di 
associazioni  più  complesse,  rette  da  un  vincolo  d'altra  maniera  e  più  energico, 
cioè  alle  Colonie,  alle  Società  ed  ai  Conni. 

Il  vincolo  suddetto,  in  obbedienza  al  quale  più  individui  si  aggruppano  o 
convengono  in  una  vita  in  comune,  sacrificando  parte  maggiore  o  minore  della 
loro  indipendenza,  può  essere  fisico  o  biotico. 

Nel  primo  caso,  pel  quale  non  si  riscontrano  esempi  fra  gli  Insetti  (né,  tam- 
poco fra  gli  Artropodi  od  altri  Metazoi  superiori)  trattasi  dei  Cormi,  cioè  di  ag- 
gruppamenti di  più  individui  in  un  complesso  unico,  più  o  meno  strettamente 
legati  l'uno  all'altro  materialmente  ed  anche  fisiologicamente.  Nel  secondo  caso 
nessun  vincolo  materiale  riunisce  gli  individui,  ma  questi  convengono  in  una 
vita  in  comune,  obbligativi  da  condizioni  della  loro  esistenza,  divenute  ormai  in- 
declinabili e  necessarie,  con  una  comunanza  per  lo  meno  di  ambiente  protettore 
e  gradi  vari  di  riduzione  di  attività  puramente  egoistiche,  fino  ad  un  comunismo 
in  misura  così  elevata  che  non  trova  altro  esempio  fra  i  viventi  (1).  Quel  che 
accade,  ad  es.,  in  talune  Società  degli  Iusetti  non  ha  paragone  in  nessun'altra 
associazione  di  altri  animali. 

Le  colonie  di  unità  cellulari  trovano  riscontro  in   quelle   composte  di    individui. 

Così  pure  si  può  fare  un  analogo  parellelo  fra  le  aggregazioni  di  unità  biotiche  eteroplastiche 
(istoni  ed  individui)  e  quelle  composte  di  individui,  cioè  i  Cormi  e  le  Società.  Infatti,  l'individuo 
pluricellurale  non  è,  alla  fine,  che  un  aggregato  di  unità  eteroplastiche,  nelle  quali  la  diversità 
di  ufficio,  in  seno  alla  comunità,  ha  determinato  un  deciso  polimorfismo,  per  variazione  da  un 
tipo   primitivo  di  individuo  composto  di  unità   onieomorfe. 

Egualmente,  i  Cormi  più  differenziati,  come  le  Società  più  elevate,  risultano  da  un  aggregato 
di  individui,  essi  pure  eteromorfi,   in  ragione  del  diverso  loro  ufficio. 

Sia  nei  Protisti  che  nei  Metìsti,  si  hanno  Cormi  ad  elementi  omeomorfi  (Yolvox,  Gonium,  Eu- 
dorina,  ecc.;  forme  giovani  di  Celenterati;  Cestodi  sessuati,  Ascidie,  ecc.)  ed  altri  di  elenieuti 
eteromorfi  (Poriferi;  Idrocoralli,  Briozoi,  probabilmente  individui  liberi  di  Celenterati;  Meta- 
fiti,  ecc.). 

A  parte,  adunque,  i  Cormi,  di  cui  non  v'ha  esempio  fra  gli  Artropodi,  come 
ho  detto,  dovendo  trattare  delle  altre  maniere  di  aggregazione,  di  cui  si  trova 
riscontro  fra  gli  Insetti,  per  procedere  da  quelle,  in  cui  rimane  massima  la  in- 
dipendenza individuale,  alle  altre  ove  essa  subisce  le  massime  limitazioni,  con- 
verrà dire  anzitutto  delle  Colonie  e  di  poi  delle  Società. 


(1)  L'atto  della  comunicazione  vicendevole,  da  bocca  a  bocca,  del  contenuto  stomacale,  pra- 
ticato larghissiniamente  e  di  fondamentale  importanza  nella  costituzione  sociale  degli  Insetti  non 
è  ancora  nella  pratica,  ne  tampoco  nelle  dottrine  degli  altruisti  della  società  umana,  neppure  dei 
più  roventi. 


800  CAPITOLO    SETTIMO 


Colonie. 

Le  Colonie  sono  una  associazione  di  individui  retta  dal  meno  stretto  vincolo 
di  colleganza  e  di  rapporti  ad  una  vita  con  uno  scopo  comune. 

In  queste,  i  componenti  tnautengono  la  loro  tipica  individualità  e  costituzione 
morfologica,  con  che  possono  sempre  abbandonare  l'associazione  per  vivere  iso- 
latamente. Sono,  dunque,  individui  omotipici  e,  come  tali,  anche   omodinamici. 

L'aggregazione  ad  uno  scopo  comune  può  essere  temporanea  o  permanente 
ed  è  rappresentata  in  tutto  il  Regno  animale,  dai  Protisti  all'Uomo  (1). 

Fra  gli  Insetti,  all'infuori  dei  casi  sopra  ricordati  di  aggregazioni  tempo- 
ranee, quali  sono  quelle  in  atto  durante  le  emigrazioni,  si  hanno  anche  esempi 
di  Colonie  a  scopi  varii,  ad  es.,  per  la  protezione  propria  in  un  ambiente  acco- 
modato e  preparato  in  comune  da  più  individui  (Colonie  protettive)  oppure  per 
quella  della  figliolanza,  accumunando  i  nidi  da  parte  di  più  madri  (Colonie  sin- 
neottiche)  ecc. 

Già,  in  precedenza,  a  proposito  delle  larve,  si  è  accennato  a  nidi  od  aggregati  di  bozzoli, 
in  connine,  composti  da  brucili  (vedi  anche  pag.  322,  tig.  338).  Qui  potrebbero  essere  anche 
inscritte  le  aggregazioni  speciali  di  certi  Coooidei,  ad  es.,  della  tribù  dei  Tachardini,  che  danno 
la  lacca,  perciò  che  l'abbondante  secrezione  individuale  di  questa  sostanza  finisce  per  comporre 
un  solido  involucro  rivestente  tutta  la  Colonia  (vedi  Voi.   I,   pagg.  502,   503  ;   figg.    569-570). 

Così  pure,  per  Colonie  possono  essere  definite  le  aggregazioni  di  individui  gallicoli,  in  una 
galla  di  comune  fabbricazione  (secondo  quanto  si  esemplificherà  più  innanzi),  ad  es.,  di  certi 
Afidi  (PempMgus  bursarius  L.),  ecc. 

La  colonia  di  nidi,  sinneottica,  non  rappresenta  un  caso  costante.  Talora  più  nidi,  costrutti 
ciascuno  da  una  madre,  sono  poi  ricoperti,  per  comune  lavoro  di  più  madri,  da  uno  strato  pro- 
tettore comune,  ciò  che  si  vede  accadere,  talvolta,   per  l'Ape  muratrice,  ecc. 


Società. 

Per  Società  si  intenda    la    riunione    di  più  individui    in  cenobio,  ad  alleva- 
mento in  comune  della  prole,  inetta  a  vivere  isolatamente  (2). 


(1)  Zoologicamente,  l'associazione  umana  non  è,  dunque,  che  una*  colonia  e  malferma  per 
giunta,  appunto  perchè  sui  generili.  La  differenza  delle  caste,  che,  nelle  Società  vere,  ad  es.  quelle 
degli  Insetti,  essendo  morfologica,  induce  una  indeclinabile  distinzione  di  attributi  e  conseguente 
divisione  di   lavoro  (d'onde    sicura  pace,     inalterabile    ed    amore    fra  i  diversi  componenti),  nella 

Società   si   detta    impropriamente,     inqnautochè    è    una    aggregazione    di    individui  in  perfetto 

egoismo  ;  homo  homìni  lupwt),  della  nostra  specie,  perchè  sapiens  è,  invece,  ragionata,  colla  solita 
anticipa/ione  sulla  variazione  morfologica.  Di  qui,  sempre  per  ragionamento  (arma  a  taglio  mul- 
tiplo), quella  concorrenza,  quei  sogni  di  rivendicazione,  ecc.,  che  sono  il  lievito  della  irrequietezza 
individuale  e  della  turbolenza  in  ogni,  anche  più  povero,  insieme  di  individui.  Questa  è  la  carat- 
teristica della  società  umana,  cosi  embrionale,  zoologicamente,  che  si  vede  tuttavia  inquinata  da 
ben  scarso  rispetto  dell'individuo,  fino  alla  reciproca  distruzione,  ragionata  per  necessaria,  stu- 
diata, disciplinata,  inneggiata,  divinizzata  con  Marte  e  Bellona  nell'Olimpo.  Nel  mito  sacro, 
tuttociò  è  ben  lumeggiato,  allorché  vi  si  dice  che,  dopo  la  prima  coppia  umana  (che  fu  in  pace 
sol  perche  composta  di  due  elementi  di   sesso  diverso),  viene  immediatamente    Caino. 

(2)  Fra  i  Veitrebrati  non  vi  ha  esempio,  adunque,  di  società  cosi  definite,  dove  tutto  sia  in 
comune,  persino  la  prole.  In  questi  animali,  i  più  elevati,  ma  i  più  recenti,  anche  le  Società  più 
progredite  non  sono  che  un  aggregato  di   famiglie  autonome. 


I.K   SOCIETÀ  801 


Le  Società  degli  Insetti,  nel  qual    gruppo    soltanto  esse   raggiungono  il  più 
alto  grado  di  perfezionamento,  presentano  speciali  caratteristiche,  che  è  bene  inet 
tere  in  rilievo. 

Anzitutto  il  vincolo  sociale,  palese  intercorre  solo  fra  individui  appartenenti 
ad  una  sola  famiglia,  composta  di  più  generazioni,  tutte  discendenti  da  un'unica 
madre    fondatrice. 

La  femmina  vi  ha  massima  parte,  sia  come  fondatrice,  sia  come  incaricata 
di  tutti  i  lavori,  da  quelli  edilizi  del  nido  sociale,  all'approvvigionamento  ed  alla 
difesa  della  comunità,  all'allevamento  della    prole. 

Al  sesso  maschile  non  è  riserbata  (eccettuate  le  Termiti)  che  l'opera  di  fecon- 
dazione delle  femmine  destinate  a  procreare;  all'infuori  della  quale  funzione  esso 
rimane,   nel  cenobio,  in   perfetta  superfluità  (1). 

Altra  caratteristica  della  Società  degli  Insetti  (e  conseguenza  prima  della 
sua  elevazione)  è  la  riduzione  della  prolificazione  (d'onde  incremento  di  tutte  le 
altre  funzioni  sociali),  il  che  è  ottenuto  mercè  l'intervento  di  femmine  (nelle 
Termiti  anche  di  maschi)  incapaci  di  procreare  e,  quindi,  destinate  solo  a  com- 
piere tutti  gli  altri  lavori  intesi  al  benessere  sociale. 

La  massima  complicanza  è,  poi.  raggiunta  colla  differenziazione,  morfologica, 
dei  «  neutri  »,  a  particolari  funzioni,  come  approvvigionamento  della  Società,  sua 
difesa,  allevamento  della  prole,  ecc.;  colla  creazione,  cioè  di  caste  distinte  e  spe- 
cializzate. 

Stando  rosi  le  cose,  risulta  evidente  il  parallelo  fra  la  evoluzione  sociale  e  quella  individuale 
ed  il  paragone  tra  la  Società  e  il  Metista.  Per  verità,  come  al  gonocito  viene  ad  aggiungersi  il 
-una.  cioè  un  aggregato  di  elementi  cellulari,  morfologicamente  distinti  a  funzioni  speciali,  così, 
all'individuo  isolato  viene,  grado  grado,  a  sostituirsi  il  complesso  sociale  ed  in  questo,  ormai,  la 
funzione  riproduttiva  è  riserbata  ad  una  sola  femmina  partenogenica  o  ad  una  coppia  sessuata. 
mentre  tutte  le  altre  funzioni  sono  delegate  ad  un  gran  numero  di  individui  «  neutri  »,  compo- 
nenti un  insieme  da  paragonarsi  al  complesso  di  elementi  somatici,  tanto  più  funzionalmente 
specializzata,  quanto  più  alto  è  l'individuo  nella  scala  zoologica  ed  evoluta  la  società  fra  le  altre. 

Ma,  come  il  progresso  morfologico  tende  alla  semplificazione  del  meccanismo  funzionale,  col 
perfezionamento  degli  organi  e  conseguente  loro  riduzione  numerica  (ad  es.,  il  volo  perfetto  ap- 
partiene ai  Ditteri),  così  il  più  alto  grado  di  evoluzione  sociale  è  ottenuto  colla  concentrazione 
di  tutte  le  funzioni  di  relazione  in  forme  quanto  mai  perfezionate  morfologicamente  ed,  in  primo 
luogo,  suscettibili  della  più  rapida  maniera  di  locomozione,  cioè  di  volo,  nonché,  inoltre,  ter- 
ribilmente provviste  di   efficacissime  armi  difensive  a  protezione  del  nido  e  di  se. 


1  |  In  tutta  l'organicità,  l'elemento  sessuale  maschile  è  ben  altrimenti  valutato  in  confronto 
del  femminile  ed  il  suo  intervento,  a  creazione  di  un  nuovo  individuo,  non  è  sempre  necessario. 
Lo  diviene  gradatamente,  col  progresso  delle  forme  nella  scala  della  organicità  stessa;  ma,  in 
tutti  i  i  .i-i  i  .une  parte  complementare  del  gonocito  suscettibile  di  svolgersi)  è  meno  curato  del- 
l'oocito, che  ne  è  la  parte  essenziale,  quando  non  è  il  tutto.  Di  qui  la  esuberante  profusione  di 
spermociti  in  ambebue  i  Regni,  lanciati  liberi  nel  mondo,  alla  ricerca  dell'oocito  della  loro  stessa 
specie.  In  taluni  casi  non  già  gli  spermociti  liberi  sono  così  disseminati,  ma  una  massa  di  questi 
elementi  cellulari,  raccolta,  sia  in  ricettacoli  speciali  (spermatofori),  sia  nell'individuo,  in  cui  si 
sono  prodotti,  cioè  nel  maschio.  Lo  sperpero  scema  con  questi  procedimenti,  ma  è  sempre  rile- 
vante, come  accade  per  la  maggior  parte  di  questi  Insetti  sociali,  dove  si  vede,  ad  es.,  più  cen- 
tinaia di  maschi  sorgere  in  un  alveare  per  fecondare  una  sola  femmina,  per  una  sola  volta  ogni 
tre  anni,  e  migliaia  e  migliaia  di  maschi  di  Formiche  per  compiere  la  stessa  funzione  su  una 
sola  femmina,  UDa  sola  volta  e  per  un  lasso  di  tempo  molto  maggiore.  Lo  scarsissimo  valore  di 
questi  maschi,  nella  economia  della  specie,  in  rapporto  colla  utilità  loro  quasi  nulla  e  di  un 
ufficio  così  ristretto,  è  dimostrato  anche  dal  fatto  della  loro  ben  povera  facoltà  autofilattica,  iu 
confronto  a  quella  delle  rispettive  femmine. 
A.   Bbki.ksi,   Gli   Insetti,  II.  —  101. 


802  CAPITOLO    SETTIMO 

Coli  ciò  è  tolta  via  la  necessità  di  una  casta  militare.  Ad  un  esercito  permanente,  che  quando 
non  combatte  rappresenta  una  passività  nell'economia  sociale,  è  sostituita  la  nazione  armata,  il 
che  è  un  evidente  progresso. 

Si  è  già  fatto  rilevare,  in  precedenza,  che  il  grado  di  fecondità  di  una  specie  è  in  rapporto 
diretto  con  quello  delle  difficoltà  create  dall'ambiente  alla  sua  esistenza  ed  inverso  al  grado  di 
elevatezza  morfologica  della  specie  stessa.  Così  appunto,  nelle  Società,  la  riduzione  numerica 
degli  individui  procreatori  e  della  fecondità  loro  vieue  automaticamente,  in  conseguenza  del  pro- 
gresso e  del  benessere  sociale  (1). 

Polifilia  sociale.  —  Si  è  già  veduto  altrove  come  uno  speciale  Polimorfismo,  che 
si  è  illustrato  definendolo  per  Polifilia,  rappresenti  un  espediente  inteso  ad  ac- 
crescere la  fecondità  della  specie,  per  sopperire  alle  esigenze  ambienti,  quanto 
mai  dure. 

La  Polifilia  induce  un  polimorfismo,  con  creazione  di  individui,  nella  stessa 
specie,  molto  diversi  morfologicamente.  Lo  stesso  effetto,  ultimo,  è  determinato 
da  una  causa  affatto  opposta,  a  cui  si  è  ora  accennato,  cioè  della  riduzione  della 
fecondità  in  seguito  ad  una  più  facile  esistenza,  ottenuta  dalla  specie. 

Anche  in  questo  caso  (come  si  è  già  accennato  alla  presenza,  nelle  Società 
più  evolute,  di  elementi  suscettibili  di  speciale  ufficio,  ma  normalmente  con  uf- 
ficio diverso),  così,  anche  nella  funzione  riproduttiva  accanto  all'elemento  nor- 
malmente prolifico,  sono  pronti  altri  di  sostituzione,  adattati  a  scopo  particolare, 
ma  capaci  di  fungere  da  riproduttori,  quando  ne  intervenga  la  necessità  e  così 
sono  aumentati  i  mezzi  di   conservazione  della    specie. 

La  partenogenesi,  quale  mezzo  forzato  ad  accrescimento  della  fecondità,  a  tale  scopo  non 
può  essere  altrimenti  che  telitoca. 

Nella  condizione  sociale,  invece,  cotale  espediente  non  è  necessario  e  la  partenogenesi  o  non 
è  messa  in  atto  (come  sembra  accadere  presso  le  Termiti)  o,   se  esiste,   è  sempre  arrenotoca. 

Adunque,  ben  diverse  cose,  come  procedenti  da  origini  opposte,  sono  la  Polifilia  altrove  in- 
dicata e  questo  eteromorfismo  sociale,  che,  pur  determinando  caste  differenti,  ha  un  significato  ed 
una   ragione  d'essere  del  tutto  diversi. 

Lo  stesso  processo,  che  qui  si  è  indicato,  dalle  semplici  Colonie  alle  Società  più  complesse, 
è  seguito  nei  C'ormi,  cioè  nelle  aggregazioni  di  più  individui  per  un  vincolo  tìsico,  dove  si  vede 
che,  da  un  complesso  di  elementi  onieomorli  e  del  tutto  indipendenti,  anche  funzionalmente,  si 
procede  al  più  alto  grado  di  eteromorfismo  e  conseguente  specializzazione  fisiologica  e  si  vede 
apparire  qualche  funzione  in  comune,  fino  ad  una  grande  moltiplicità,  colla  possibile  autonomia 
più  o  meno  ridotta  e  funzionalità  speciali  latenti,  anche  quella  riproduttiva,  come  si  vede  acca- 
dere in  quegli  evolutissimi   Conni   rappresentali   dai   Metatìti   più  alti. 

Nelle  Società  degli  Insetti,  anzi  quale  loro  caratteristica,  è  la  polifilia  so- 
ciale, per  cui,  oltre  agli  individui  dei  due  sessi,  capaci  di  compiere  la  loro  fun- 
zione sessuale,  sorgono  altri  individui  dell'imo  o    dell'altro  sesso  (uelle   Termiti) 


(1)  Ma  non   è  già   questo   in   conseguenza  di   quella. 

Al  solito,  il  ragionamento  umano,  scambiando  le  cause  cogli  effetti,  incorre  iu  un  errore, 
gravissimo  nelle  sue  conseguenze,  quando  pretende  di  ottenere  la  felicità  individuale  e  quindi 
sociale,  coll'auticipare,  per  artificio,  quella  riduzione  della  fecondità,  che  non  può  intervenire 
naturalmente  e  senza  danno,  se  non  al  seguito  di  una  evoluzione  morfologica,  individuale  e  so- 
ciale,    più    larda. 

Cotale  artifizio  non  conduce  ad  altro  che  alla  estinzione  delle  famiglie,  delle  razze,  delle 
nazioni,  che  lo  praticano,  sostituite,  via  via,  dalle  feconde,  suscettibili  di  fronteggiare,  cosi,  le 
esigenze  ambienti,  finche  queste  continuino  a  chiedere  un  più  largo  sacrifizio  di  individui,  a 
conservazione  della  specie. 


i,i:  sociktA  *<>'■< 


o  soltanto  di  sesso  femminile.  (Imenotteri),  i  quali  godono  di  una  facoltà  di  ri- 
produzione in  vario  grado  ridotta,  quando  non  è  pressocchè  nulla  od  adatto 
nulla. 

Questi  individui   hanno  altro  ufficio,   quello  cioè  di   accudire  a  quanto  è  ne- 
cessario   per    la  prosperità    della    famiglia.    Perciò    sono  detti   «  operai  !>,  meglio 
che  «  neutri  »  e  talora  si  specializzano  in  un  particolare  ufficio,    con  una    orga 
nizzazione  più  adatta  a  questo,  come,  ad  es.,  di  «  soldati  »,  ecc. 

La  deficienza  di  operai  in  una  Società,,  condizione  di  cose  da  ritenersi  per 
acquisita,  induce  la  specie  al  parassitismo;  così  si  vede  questa  pratica  accom- 
pagnata sempre  ad  una  degenerazione  organica,  anche  nei  singoli  individui  come 
nelle  Società,  giacché  gli  operai  sono  appunto  gli  organi  delle    Società. 

Gli  individui  inetti  alla  riproduzione  sorgono  da  oociti  non  diversi  da 
quelli  che  danno  origine  a  sessuati  e  sempre  da  uova  fecondate. 

La  diversa  maniera  di  evoluzione,  con  esito  diversissimo  (giacché  in  talune 
specie  si  trovano  operai  tanto  differenti  morfologicamente,  per  statura,  ecc.  dai 
rispettivi  buoni  riproduttori  che,  quando  non  se  ne  conosceva  la  parentela  erano 
disposti,  dai  sistematici,  persino  in  famiglie,  nonché  generi,  differenti)  ha  per  causa 
una  speciale  maniera  di  nutrizione,  od  in  varia  misura  e,  perciò,  dipende  dalla 
volontà  delle  nutrici. 

Quanto  alle  femmine  (e  per  tali  si  intenda  sempre  gli  individui  di  questo 
sesso,  capaci  di  riprodursi),  il  loro  numero  è  vario  nel  nido,  in  proporzione  in- 
versa alla  durata  di  questo.  Nei  nidi  annui  le  femmine  sono  numerose  ;  nei  nidi, 
che  durano  più  anni,  la  femmina,  generalmente,  è  unica  o  ve  ne  ha  un  numero 
piccolissimo.  Ciò  è  necessario,  dato  che  il  nido  stesso  non  deve  oltrepassare 
certi  limiti  di  popolazione,  che,  trattandosi  di  Insetto  fecondissimo  ed  a  più  ge- 
nerazioni annue,  ben  presto  sono  raggiunti  e  sarebbero  sorpassati  di  gran  lunga 
in  più   anni. 

La  moltiplicazione  dei  nidi,  avviene,  in  questo  caso,  per  sciamatura,  sia 
della  sola  femmina  o  delle  poche  femmine  coi  loro  maschi  a  corteggio,  sia  con 
gran  parte  delle  operaie. 

Caratteristiche  morali  delle  Società  degli  Insedi.  —  Base  morale  di  tutte  le  Società 
degli  Insetti  è  il  prù  perfetto  comunismo.  Quivi  nessuno  comanda,  nessuno  ob- 
bedisce ad  altri  che  a  sé  stesso  e  tutti  lavorano,  con  tutta  l'energia  di  cui  sono 
capaci:  talora,  quasi  con  furore,  secondo  l'ufficio  indeclinabilmente  fissato  nella 
loro  stessa  organizzazione.  Ciascun  individuo  è  un  elemento  perfetto  della  mac- 
china, alla  quale   appartiene. 

Il  patrimonio  sociale  è  di  tutti  e  da  tutti  curato  perchè  si  accresca  quanto 
è  possibile.  Tra  gli  abitanti  di  uno  stesso  nido  regna  sempre  concordia  perfetta 
ed  è  pace  assoluta  in  queste  comunanze,  talora  di  più  centinaia  di  migliaia  di 
individui. 

Solo  cause  estrinseche  insolitamente  avverse,  determinanti  una  condizione 
estrinseca  al  nido  del  tutto  anormale,  possono  eccitarne  gli  inquilini  fino  adatti 
assolutamente  fuori  del  loro   naturale. 

I  rapporti  fra  i  singoli  familiari  non  si  possono  non  riconoscere  per  affettuosi 
e  tra  gli  adulti  e  la  prole  ancor  più.  Precipua  cura  di  tutti  è  la  difesa  del 
proprio  nido  ;  all'occorrenza  ciascun  inquilino  sacrifica,  senza  esitazione  alcuna, 
la  propria  esistenza  e  combatte  e  lotta  fino  all'ultimo  brano  di  sé,  per  la  difesa 
comune. 


804  CAPITOLO    SETTIMO 


Tipi  diversi  di   Società. 

Le  caratteristiche  fondamentali  delle  Società  degli  Insetti,  a  cui  si  è  ac- 
cennato in  precedenza,  subiscono  variazioni  secondarie,  ma  pur  rilevanti,  delle 
quali  è  bene  tener  conto  e  che  possono,  fino  ad  un  certo  punto,  dar  norma  per 
una  specie  di  graduatoria  della  evoluzione  delle  società  slesse,  dalle  meu  bene 
costituite  a  quelle  più  perfezionate. 

Giacché  lo  scopo  precipuo  di  questi  cenobii  si  è  quello  dell'ottimo  alleva- 
mento della  prole  e  della  sua  più  efficace  protezione  di  fronte  alle  numerose 
cause  nemiche,  che  la  insidiano,  e,  secondariamente,  quello  della  più  comoda  e 
sicura  vita  dei  diversi  membri  della  società  stessa,  si  vede  che  il  progresso  è 
rappresentato,  appunto,  dal  perfezionamento  dei  mezzi  impiegati  a  questi  fini. 

Gli  Insetti  non  sociali  provvedono  alla  salute  e  buona  riescita  della  loro  prole  con  espe- 
dienti vari  e,  quindi,  gradi   di  efficacia  molto  diversi   rispetto  allo  scopo. 

Al  minimo,  la  madre  ha  cura  di  allogare  le  sue  uova  o  di  partorire  i  neonati  nell'ambiente 
opportuno  alla  loro  esistenza  e  quivi  sono  immediatamente  abbandonati. 

Maggior  cura,  a  protezione  della  loro  prole,  è  indicata  nei  casi  in  cui  le  madri  provvedono 
anche  ad  accomodare  le  loro  uova  (giacché  il  piti  spesso  sono  appunto  le  uova  che  possono, 
così,  essere  protette)  in  ambienti  celati  o  riparati,  così  che  esse  non  si  trovino  esposte  ai  peri- 
eoli  ed  alle  insidie,  di  cui,  altrimenti,  sarebbero  vittime.  Più  oltre,  le  specie  solitarie,  poco  pos- 
sono fare  allo  scopo  suddetto,  inquantochè  la  vita  dell'adulto  si  chiude,  il  più  spesso,  alla  fine 
del  periodo  riproduttivo. 

La  condizione  sociale  si  inizia  con  una  differenza  fondamentale,  che  è  data 
non  solo  dalla  sopravvivenza  della  madre  al  compimento  dell'atto  riproduttivo, 
ma  alla  sua  permanenza  sul  posto,  a  difesa  ed  allevamento  della  sua  figliolanza 
e  la  Società  vera,  poi,  si  stabilisce  allorquando  la  nuova  generazione,  fatta 
adulta,  si  trattiene  essa  pure  là  dove  è  sorta,  nidifica  in  comune  colla  madre  e 
con  questa  e  come  questa  alleva  e  difende  la  prole. 

Questi  atti  si  possono  ripetere,  rifacendosi  dall'inizio,  anno  per  anno,  se  la 
maggioranza  degli  adulti  ha  vita  che  si  compie  nell'annata;  ma,  se  è  altrimenti, 
permanendo  le  successive  generazioni  insieme  ai  genitori,  entro  uno  stesso  am- 
biente, la  società  può  riescire  numerosissima  di  componenti,  fino  ad  un  certo 
limite,  oltre  il  quale  l'incremento  numerico  di  individui  importa,  necessariamente, 
lo  sdoppiamento  dell'aggregazione,  cioè  la  fondazione  di  una  nuova  società. 

Così  stando  le  cose,  si  vede  che  a  tutto  ciò  è  necessario  anzitutto  la  co- 
stituzione di  un  nido  adatto  ad  accogliere  la  prole,  così  fatto  che  questa  possa 
essere  facilmente  curata,  allevata,  difesa  e  nell'ambiente  stesso  possano  como- 
damente allogarsi  gli  adulti,  che  la  devono  tutelare  ed  è  anche  necessario  che 
questi  provvedano  di  continuo  a  quanto  occorre  alla  nutrizione  della  prole,  ol- 
treché alla  propria,  rintracciandolo  fuori  del  nido  ed  in  questo  recandolo  ed 
allogandolo  anche,  qualora  la  provvista  possa  essere  conservata,  così  che.  quando 
ne  fosse,  comunque,  impedita  la  requisizione  fuori  del  nido,  non  intervenga  la 
penuria. 

Tutti  questi  lavori  importano  la  necessità  di  individui,  che  li  compiano,  ed 
insieme,  quella  della  regolazione  della  prolificità  in  seno  al  nido,  così  che  sia 
esattamente  bilanciata  colla  capacità,  che  diremo  ergatica,  cioè,  di  lavoro  degli 
adulti,  che  debbono  far  tutto  il  resto.  Perciò,  il  maggior  grado  di  evoluzione 
sociale  è  raggiunto  da  quei  cenobii.  nei  quali  il  lavoratore  dà  il  massimo  ren- 
dimento, che  permette  una    più    rilevante    numerosità    della    prole.  Oltre  a  ciò, 


I.E    SOCIE!  A 


805 


altri  caratteri  di  maggior  evoluzione  sociale,  possono  riconoscersi  nella  più  ricca 
proporzione  della  figliolanza,  con  una  percentuale,  cioè,  delle  perdite  dovute  a 
cause  nemiclie,  quanto  mai  è  possibile  ridotta.  A  ciò  contribuisce  la  migliore 
costruzione  del  nido,  la  sua  difficile  pervadibilità  da  parte  di  insidiatori  delle 
t'orine  giovaui,  che  vi  si  allevano  ;  l'opportuno  grado  di  nutrizione  e,  perciò,  la 
presenza  di  scorte  alimentari  accantonate  per  le  necessità  possibili,  ecc. 

La  maggior  locomobilità,  da  parte  degli  adulti,  è  nn  ben  notevole  punto  in 
favore  di  una  società  composta  di  lavoratori  locomobilissimi,  ad  es.  :  di  alati, 
in  confronto  di  altra,  i  cui  individui  sieno  atteri,  e  cosi  pure  la  loro  efficacia 
autofilattica  e  quella  difensiva  dell'intero  cenobio,  ecc. 

In  base  a  questi  criteri,  qualunque  sia  la  complessità  delle  manifestazioni 
psichiche,  diremo  così,  o  dell'opera  spiegata  dagli  individui,  che  compongono  la 
società,  la  graduatoria  sembrerebbe  possibile  disponendo  al  basso  della  scala 
evolutiva  delle  società  quelle,  nelle  quali  la  figliolanza  è  meno  bene  allogata,  più 
facilmente  soggetta  all'insidia  di  cause  avverse  molte;  l'edificio  comune  è  inqui- 
nato da  maggior  numero  di  parassiti,  predatori,  forme  a  carico  della  società, 
insomma,  e  cue  sono  tollerate  quivi  o  mal  combattute;  dove  i  lavoratori  sono 
atteri  e  provvisti  di  deboli  armi  difensive  e  dove,  finalmente,  è  necessaria  una 
moltiplieità  di  caste,  alcune  delle  quali  attive  solo  in  certi  casi,  ma  superflue 
e,  quindi,  a  carico  del  comune  in  altri,  ecc. 

Perciò,  sembrami  che  le  società  delle  Termiti  e  delle  Formiche  siano  da  considerarsi  nel  più 
basso  della  graduatoria.  Fra  le  società  ad  adulti  volanti,  con  una  sola  maniera  di  operai,  e  che 
bene  allevano  e  difendono  la  prole,  più  evolute,  quindi,  delle  precedenti,  quelle  dei  Bombua  de- 
vono considerarsi  meno  alte,  giacché  il  nido  comune  e  le  celle  per  le  singole  larve  sono  in  con- 
dizioni molto  primitive. 

Seguono,  in  elevazione,  le  Vespe  sociali,  colle  quali  appare  primamente  il  favo  a  celle  pri- 
smatiche di  sezione  esagonale;  ma,  si  tratta  di  forme,  in  generale,  a  vita  annua;  la  protezione 
della  prole  non  è  tale  da  impedire  le  aggressioni  di  qualche  suo  predatore  od  endofago;  il  regime 
carnivoro  impedisce  l'accantouamento  di  provviste    alimentari. 

L'ottimo  stato  sociale  è  rappresentato  dalle  Api  {Api»  s.  str.),  nelle  quali  anche  la  cella,  ove 
si  svolge  la  larva,  è  fabbricata  di  una  sostanza  mirabile  allo  scopo,  quale  è  la  cera,  cosi  spesso 
presente  a  protezione  od  ornamentazione  anche  di  tanti  altri  Insetti,  sia  pure  adulti.  Le  Api  non 
hanno  inquilini  incomodi,  o  sgraditi,  a  carico  od  a  danno;  gli  operai  sono,  al  caso,  temibilissimi 
soldati,  ed  i  loro  magazzini  rigurgitano  sempre  di  eccellenti  provviste,  benissimo  conservate, 
anche  per  anni. 

Quanto,  poi,  al  paragone  nelle  società  attere,  fra  le  Formiche  e  le  Termiti,  dovremo  conve- 
nire che  queste  ultime,  innalzate  certamente  sopra  il  livello  raggiunto  dagli  Insetti  degli  ordini 
loro  più  vicini,  che  sono  i  più  bassi  fra  i  Pterigoti,  elevate,  dico,  appunto  in  conseguenza  dello 
stato  sociale  e  di  data  antichissima,  non  lo  sono,  però,  per  molti  riguardi,  quanto  le  Formiche, 
In  quali  appartengono  ad  un  ordine  di  Insetti  elevatissimo. 

Ma,  chi  si  dispone  a  stabilire  una  graduatoria,  che  tenga  conto  di  tutte  le  condizioni  delle 
diverse  società,  per  riconoscere  un  ben  chiaro  progresso  dalle  più  semplici  alle  più  complesse,  in- 
contra  due  maniere  di  difficoltà,   per  cui   non  riesce  ad  un  ordinamento  convincente. 

Ciò  dipende  dal  diverso  grado  di  evoluzione  dei  diversi  attributi  dello  stato  sociale,  che  si 
sono  detti  riferirsi  alla  struttura  del  nido,  alla  differenzazione  delle  caste  e,  quindi,  divisione  e 
specializzazione  del  lavoro,  alla  protezione  contro  cause  nemiche  o  comunque  a  carico  della  so- 
cietà, ecc.,  il  tutto  in  relazione  alla  elevatezza  originale  dei  vari  gruppi  di  Insetti,  a  cui  ciascun 
sociale  appartiene. 

Ad  esempio,  le  Termiti,  di  origine  più  bassa  che  non  gli  Imenotteri,  superano  di  gran  lunga 
i  meno  evoluti  socialmente,   tra  questi  ultimi,   per  ciò  che  riguarda  il    progresso  sociale. 

Anche  nello  stesso  gruppo  degli  Imenotteri,  un  paragone  fra  le  società  delle  Formiche  e 
quello  delle  Vespe  e  degli  Apidei  cenobiti,  per  stabilirne  una  graduatoria  di  evoluzione,  si  fa 
poco  agevolmente.  Il  paragone  tra  famiglie  anche  più  vicine  fra  loro,  come  è  tra  i  Vespidi  e  gli 


8C6  CAPITOLO    SETI  IMo 


Apidi,  mostra  quivi  pure  le  stesse  incertezze,  perchè  le  Vespe  sociali  superano  di  assai  gli  Apidei 
socialmente  più   bassi,   mentre  sono,   a   lor  volta,   superate  da  quelli  più   elevati,  cioè  del  gen.  Jpia. 

In  queste  condizioni,  è  miglior  consiglio  il  trattare  delle  singole  maniere  di  società,  tenendo 
conto  anche  delle  affinità,  che  sono  a  base  della  sistematica. 

Perciò,  dopo  aver  detto  delle  Vespe  solitarie,  tratteremo  di  quelle  sociali,  giacche  loro  affì- 
nissime  e  perchè  il  transito  dall'uno  all'altro  gruppo,  anche  per  ciò  che  riguarda  il  progressivo 
adattamento  sociale,  è  benissimo  graduato. 

Si  dirà  poi  degli  Apidei  ceuobiti,  cominciando  da  quelli  che  sono  assai  arretrati  anche  in 
confronto  all'altro  grado  di  perfezionamento  della  società  raggiunto  dalle  Vespe  più  evolute  in 
questo  senso.  .•  procederemo  fino  all'Ape,  che,  per  molti  rispetti,  è,  socialmente,  la  forma  più 
alta. 

Dovremo  far  seguire  le  Formiche  e  le  Termiti,  qualunque  sia  il  grado  di  evoluzione  della 
loro   condizione  cenobitica,   in  confronto  a  quella  dei  precedenti  Imenotteri. 

Le  Termiti,  certo,  per  la  potenza  architettonica,  per  l'utilizzazione  del  sesso  mascolino,  per 
la  differenziazione  massima  degli  individui  in  rapporto  a  quella  del  lavoro,  per  tutti  questi 
caratteri,  che,  probabilmente,  debbono  richiamarsi  ad  una  maggiore  antichità  di  questo  gruppo 
sulla  terra,   saranno  ricordate  per   le  ultime,   tra  questi  sociali  a  forme  «  neutre  »  attere. 

Nel  modo  seguente  si  possono  mettere  in  vista  le  precipue  difterenze  tra  le 
diverse  maniere  di  Società  degli  Insetti. 

l.°  —  «  Neutri  »  alati.  La  famiglia  è  annua,  cioè  si  forma  e  si  disfà  nel- 
l'annata. La  differenziazione  della  casta  «  neutra  »  si  inizia  con  graduale  pas- 
saggio da  individui  (femmine),  incapaci  di  generare  («  operai  »)  ad  altri  con 
facoltà  riproduttiva  in  varia  misura,  fino  alle  femmine  buone  riproduttrici.  So- 
cietà poliginiche. 

A.  Non  è  costrutto  un  vero  favo,  ma  soltanto  singole  cellette  distinte  ed 
aggregate  Bombus. 

B.  È  costrutto  il  favo  a  celle  prismatiche  esagonali,  con   pareti  in  comune 
fra  due  vicine  Vespe  sociali. 

2."  —  «  Neutri  »  alati.  La  famiglia  dura  più  anni.  La  differenziazione  della 
casta  operaia  è  completa,  con  una  netta  distinzione,  anche  morfologica,  in  con- 
fronto della  femmina.  Società  monogenica,  che  si  moltiplica  per  sciami. 

A.  Favo  con  celle  su  una  sola  faccia  Melipone. 

B.  Favo  con  celle  sulle  due  faccie  Apis. 
3.°  —   «  Neutri  »  atteri. 

A.  «  Neutri  »  rappresentati  da  individui  esclusivamente  di  sesso  femminile, 
con  differenziazione  al  massimo  in  due  caste  («  operai,  soldati  »)  Formiche. 

B.  «Neutri»  rappresentati  da  individui  di  ambedue  i  sessi,  con  differen- 
ziazione anche  di  più  caste.  Termiti. 

Ed  ora,  in  un  ordine,  che  tenga  anche  conto  della  rispettiva  posizione  nel 
sistema,  diremo  delle  Società  di  tutti  onesti  Insetti. 


Vespe  sociali. 

Le  Vespe  sociali  sono  derivate  da  quelle  solitarie  od  Bumenidi,  sopra  ve- 
dute o,  per  meglio  dire,  lo  stato  sociale  di  queste  Vespe  è  proceduto  dalla  con- 
dizione di   nidificanti  solitarie,  già   ricordata. 

Il  Roubaud,  nel  suo  studio  sulle  Vespe  africane,  ha  dato  qualche  prova  di  tale  origine.  Ad 
es.,  i  primi  giovani  di  ^ìiìhuiiih  sichéliana  Snuss.  della  Guinea  schiudono,  talora,  mentre  altre 
cellule  del  nido  sono  tuttavia  in  costruzione,  ma  se  ne  vanno,  senza  trattenersi  in  aiuto  della 
madre  loro.  Nei  Belonogaster  (sociali)  le  femmine,  che  sorgono  dalle  uova  deposte  dalla  madre 
fondatrice     sono     tutte    fecondabili;   il   loro     nido,   dapprima  monogino,    finisce  per    riescire  poli- 


I.F.    SIICII    I   \ 


807 


gino,  cioè  con  molte  femmine  fecondabili  e  feconde.  Xelle  specie  africane  di  Icario,  e  nella  Po- 
liste» marginalia  Fabr.,  le  madri  sono  molto  più  numerose  delle  vere  operaie;  lo  sono  meno  nelle 
Vespe  poligine  d'America,  al  massimi)  un  15  °/0  di  madri,  in  confronto  delle  operaie,  nella  Po- 
lybia  scutellaria.  (White)  ;  6  °0  nelle  Xectarinia),  mentre  sono  monigine  le  nostrani  Polistes  e,  qniv  i, 
la  divisione  del  lavoro  è,  perciò,  massima  e  così  nelle  Apoica  e  nelle  Vespa.  In  questo  caso  le 
femmine  sono  più  voluminose  delle  operaie  e  le  Società  sono  annue,  mentre  che  le  società  po- 
ligine sono  perenni   e  si   moltiplicano  per  sciamatura  di  una  parte  della  popolazione. 


Fij. 


753.  —  Una  Vespa,  fra  le  comuni,  nelle  sue  tre  forme  : 
A  femmina;  B  maschio  ;  C  operaia,  tutte  in  grandezza 
natur. 


Polifilia  delle  Vespe  sociali.  —  La  caratteristica  delle  specie  sociali  di  Vespe, 
in  confronto  di  quelle  solitarie,  di  cui  si  è  fatto  cenno  in  precedenza,  è,  oltre 
alla  nidificazione,  che  ha  per  base  il  favo,  secondo  si  dirà  tosto,  anche  la  poli- 
filia particolare,  per  cui  interviene,  nel  complesso  degli  individui,  l'operaio,  cioè 
una  femmina  ad  organi  genitali  più  o  meno  abortivi,  così  da  riescire  incapace 
o  meno  atta  alla  riproduzioue.  Non  è  certo,  tuttavia,  che  tutte  le  specie  di  Vespe 
sociali  possano  dare  origine 
ad  operai;  ma,  certamente, 
nella  grandissima  maggio- 
ranza delle  Vespe  finora 
bene  note  anche  nei  loro 
costumi,  la  esistenza  di 
queste  forme  incompleta- 
mente sviluppate  e  destinate 
soltanto  ad  accudire  ai  la 
vori  necessari  nella  società, 
è  accertata. 

Tre  sono,    adunque,    le 
maniere  di  individui  di  una 

stessa  specie,  presenti  nelle  società  di  queste  Vespe  e,  cioè,  i  sessuati  maschi  e 
femmine  e  le  operaie  o  femmine  meno  bene  evolute  morfologicamente  e  fisiologi- 
camente (fig.   7  33). 

Tutte  queste  forme  sono  benissimo  volanti  e  differiscono  tra  loro  per  qualche 
carattere  subito  riconoscibile,  tra  cui.  precipuamente,  per  la  statura. 

in  generale,  le  madri  sono  di  dimensioni  maggiori,  più  corpulente  e  più 
vivacemente  colorite  che  non  le  operaie;  esse  sono  anche  più  grandi  dei  rispet- 
tivi maschi. 

La  prolificità  delle  operaie  varia  da  assolutamente  fino  ad  un  grado  poco 
inferiore  a  quella  delle  femmine. 

Anche  per  le  Vespe  sociali  vige  la  partenogenesi  arrenotoca. 

È  da  riteuorsi  ube  l'incompleto  sviluppo  degli  organi  sessuali,  che  determina  la  suddetta 
specializzazione  di  femmine,  creandone  la  casta  delle  operaie,  sia  dovuta  ad  una  speciale  ma- 
niera di  nutrizione,  con  che  souo  allevate  le  larve,  da  cui  la  società  intende  ottenere  delle  forme 
fisiologicamente  neutre. 

La  colonia  vige  soltanto  per  pochi  mesi,  nella  stagione  buona,  ed  anche  il 
nido  viene  costrutto  alla  fine  della  primavera,  raggiunge  l'apogeo  di  sviluppo 
nel  colmo  dell'estate;  ma,  all'avvicinarsi  della  fredda  stagione,  cessa  ogni  suo 
aumento.  La  colonia,  grado  grado,  impoverisce  di  individui,  talché,  nell'autunno 
più  o  meno  avanzato,  solo  poche  femmine  si  trovano  tuttavia  nel  nido;  ma,  quivi, 
raramente  esse  permangono  a  svernare.  In  generale,  il  nido  è  completamente  di- 
sertato ed  abbandonato,  anzi,  per  lo  più,  durante  la  stagione  invernale,  special- 
mente se  non  benissimo  riparato  o  solidissimamente  costrutto,  esso  è  demolito 
dalle  intemperie. 


M.s  CAPITOLO    SKTTIMO 


1  Poche  femmine  fecondate  si  salvano  dalla  ecatombe  provocata  dalla  stagione 
avversa,  riparate  in  rifugi  ove  possono  svernare  in  una  specie  di  letargo  e, 
quivi,  attendono  il  riapparire  della  stagione  propizia  alla  fondazione  di  nuove 
colonie. 

Infatti,  come  ho  detto,  non  appena  colla  temperatura  più  mite  ritornano  le  condizioni  buone 
alla  nidificazione,  le  femmine,  che  hanno  svernato,  ciascuna  per  suo  conto,  si  muovono  alla  ri- 
cerca di  un  ambiente  adatto  per  stabilirvi  il  nuovo  vespaio  e,  trovatolo,  si  accingono  all'opera 
con  grande  alacrità.  Queste  fondatrici  della  nuova  colonia  si  aggirano  subito  in  traccia  del 
materiale  di  costruzione,  che,  per  la  quasi  totalità  delle  Vespe  sociali,  è  rappresentato  da  detriti 
di  legno  morto,  che,  opportunamente  lavorato,  è  subito  messo  in  opera  a  formare  le  pareti  degli 
alveoli,   componenti  i  favi  e  dell'involucro  comune  del  nido,   nei   vespai  che  ne  sono  cosi   protetti. 

Fatte  le  prime  celle,  la  madre  vi  depone  in  ciascuna  un  uovo  fecondato,  per 
ottenerne  delle  femmine  collaboratrici. 

L'allevamento  delle  prime  larve  è  curato  dalla  fondatrice,  che  non  tralascia, 
intanto,  di  accudire  sollecitamente  all'incremento  della  costruzione. 

Le  larve  di  tutte  le  Vespe  sociali,  per  quel  che  se  ne  sa,  sono  nutrite  mercè 
una  pappa  esclusivamente  di  sostanza  animale  o  composta  di  questa  e  di  vege- 
tale insieme. 

Questi  Insetti  sono,  infatti,  terribili  cacciatori,  sopratutto  di  altri  Insetti,  non  solo  dei  meno 
bene  armati  e  più  deboli,  ma  anche  di   forme  temibilissime  pei  loro  mezzi  di   offesa  e  difesa. 

Le  stesse  Api  sono  aggredite  ed  uccise  dalle  nostre  Vespe,  che  piombano  loro  addosso,  le 
atterrano  e  le  sbranano  colle  mandibole  in  pochi  minuti.  Più  comunemente  sono  le  Mosche  ed 
altri  Ditteri,  anche  più  grossetti,  le  vittime  di  questi  feroci  rapinatori. 

La  preda,  ripeto,  è  sbranata  subito,  dapprima  le  sono  strappate  le  zampe  e  le  ali,  come 
parti  non  utilizzabili,  poi  tutto  il  resto  è  maciullato,  impastato  di  saliva  e  fattone  una  pallot- 
tola,  che  viene  portata  a  volo,   tenuta  fra  le  zampe  anteriori,   nel  nido,   a  nutrizione  delle  larve. 

Ogni  carne  fresca  è  appetita  ed  avidamente  ricercata  dalle  Vespe,  e  lo  sanno  i  macellari  di 
campagna  meglio  di  altri.  I  predatori  strappano  rapidamente  un  pezzetto  di  carne,  (pianto  più 
possono  portare  voluminoso,  e  se  ne  rivolano  via  col  loro  fardello. 

Non  menu  avide  sono  le  Vespe  di  sostanze  zuccherine  e  le  predano  furiosamente  dovunque 
'e  possono  trovare.  Cosi,  non  soltanto  sono  visitati  i  fiori,  per  esaurirne  il  nettare  e  quivi  le 
Vespe  fanno  quello  che  è  loro  permesso  dalla  cortezza  del  loro  apparato  boccale  lambente  ;  ma, 
anche  le  (rutta  succose  e  ben  mature  sono  ricercatissime  da  questi  Insetti,  che  le  divorano  pre- 
stamente ed  ognuno  sa  il  danno  che  le  Vespe  recano  nei  nostri  pomari,  come  nei  vigneti  e  come 
si  affollano  sull'uva  vendemmiata  e  dove  si  pigia. 

È  anche  ricercatissimo  il  miele,  sin  dentro  agli  alveari,  dove  le  Vespe  entrano  arditamente 
a  rubare  ;  anzi,  non  di  rado  il  loro  concorso  è  tale,  che  tutto  un  alveare  può  essere  completa- 
mente saccheggiato  e  distrutto.  Il  miele  è,  poi,-  serbato  nelle  celle  del  vespaio,  quando  non  è 
utilizzato    subito  a   nutrizione  delle  larve. 

Del  resto,  o  così  rapinato  o  prodotto  veramente  dalle  Vespe  stesse,  si  trova  del  miele,  ta- 
lora, anche  negli  alveoli  di  nostro  Vespe  comuni,  ad  es.  del  Polistes  gallicus,  e  non  si  esclude 
che  possa  entrare  nella  nutrizione  delle  larve;  certo  rappresenta  una  scorta  di  riserva  pei  giorni 
difficili,  ad  es.:  per  quelli  in  cui  il  cattivo  tempo  impedisce  alle  Vespe  le  escursioni  per  procu- 
rarsi il  cibo.  Il  miele  trovato  nei  nidi  di  Polistes  americanus  (della  bassa  California)  è  chimica- 
mente  alquanto  diverso  da  (inolio  dell'Ape  nostrale.  Questo  è  una  mescolanza  di  destrosio  e  di 
levulosio,  con  un  poco  di  saccarosio  e  devia  a  sinistra  il  piano  della  luce  polarizzata,  mentre  il 
miele  di  Polistes  americanus  (sec.  il  Bertrand,  1895)  sembra  privo  di  levulosio  e  devia  a  destra  il 
piano  di  polarizzazione. 

Molto  piii  abbondante  e  il  miele  nei  vespai  di  talune  specie  esotiche,  ad  es.  del  gen.  Nectarinia,  del 
Sud  America  e  vi  si  trova  normalmente.  Esso  ,■  molto  apprezzato  e  ricercato  da  quelle  genti.  Ma  non  è 
sempre  senza  pericolo  il  cibarsi  del  miele  di  Vespe  (come  accadde  ai  diecimila  di  Senofonte,  che  ebbero 
gravi  sintomi  di  avvelenamento,  sebbene  non  letale,  per  aver  mangiato  del  miele    di  alveari  in- 


LK   SOCIETÀ 


809 


oontrati  durante  la  marcia  in  Trebisonda).  Così  accade,  talora,  con  sintomi  conformi  (e  non 
di  rado  seguiti  anche  da  morte),  pel  miele  di  Neotarinia.  Il  fatto 
è  testimoniato  anche  da  A.  De  Saut  Hilaire,  ohe  ne  ha  fatto  la 
spiacevolissima  esperienza,  con  due  persone  che  lo  accompagna- 
vano nei  suoi  viaggi  al  Brasile  e  nell'Uruguay.  La  specie,  che 
ha  dato  luogo  all'involontario,  pericoloso  esperimento,  si  rico- 
nobbe essere  la  Neotarinia  leehagttana  (Latr.)  (fig.  754). 


Le  femmine,  sieno  esse  le  bene  sessuate,  più  fre- 
quenti sopratutto  nelle  prime  generazioni,  come  le  ope- 
raie, che  vengono  di  poi,  non  appena  sfarfallate,  ven- 
gono in  aiuto  della  fondatrice,  ad  accrescere  la  co- 
struzione del    nido,    ad  oviflcare  ed  allevare  la  prole. 


Fig.  754,  —  Neotarinia  lecha- 
gnana  del  Brasile.  In- 
grandita   (Da    Saussure). 


Fig.   755.   —   Vespa  (crabro)  nei  suoi   tre  stati  :   A   larva  (di   lato)  ; 
B  adulto  (dal  dorso)  ;   C  ninfa  (dal  ventre).   6r.  nat. 


Così  accade  ohe  tutta  la  colonia,    aumentando    la  sua    popolazione    in  ragion  geometrica,  in 

poche  settimane  è  cresciuta  a 
dismisura  ed  è  davvero  mira- 
bile la  rapidità  con  cui  è  co- 
strutto un  vespaio,  anche  vo- 
luminoso, come  può  essere,  ad 
es.,  quello  del  nostro  Cala- 
brone, che  pure  è  ben  poca 
cosa  in  confronto  di  quelli  di 
qualche  specie  esotica,  di  cui 
si  darà  esempio,  che  in  tre  o 
quattro  mesi  raggiunge  anche 
due  metri  di  lunghezza,  su 
oltre  mezzo  di  larghezza  ;  ep- 
pure, queste  enormi  costru- 
zioni sono  messe  insieme  da 
Vespe  meu  che  metà  più  pic- 
cole delle  minori  nostrali.  Questi  vespai  non  possono  non  contenere  anche  oltre  centomila  indi- 
vidui, tutta  progenie  di  una  sola  madre,  in  così  piccolo  tempo. 

Questa  enorme  popolazione,  come  ogni  altra  minore,  vive  in  piena 
anarchia  ed  in  perfetta  armonia.  Nessuno  vi  comanda,  tutti  obbediscono 
soltanto  al  proprio  istinto  ;  tutti  lavorano  indefessamente,  fuorché  i  maschi, 
la  cui  oziosità  si  interri  rupe,  in  prò  della  colonia,  solo  per  provvedere 
all'opera  riprod» tt i va . 

Eppure,  in  tanto  affaccendarsi,  in  così  stretta  comunanza  di  vita  e  di 
lavoro,  tra  animali  istintivamente  feroci  e  terribilmente  armati,  la  concordia 
è  assoluta.  Rarissime  volte  è  stato  rilevato  qualche  bisticcio,  con  vie  di 
fatto,  tra  individui  della  stessa  società;  ma,  sono  in  gioco  solo  le  mandi- 
bole e  per  pochi  istanti;   giammai   il   micidiale  pungolo. 

Questa  è  l'arnia  sopratutto  per  la  difesa  dell'intera  società  e  guai  al- 
l'impudente, che  anche  solo  vi  si  accosta  troppo  !  Lo  sanno,  ad  es.,  i 
lavoratori  dei  campi,  quando  coll'aratro,  inciampano  in  un  nido  di  qualche 
Vespa  sotterranea.  Solo  con  una  immediata,  velocissima  fuga  uomini  e  buoi 
possono  salvarsi  dal  furore  e  dalla  tempesta  del  nugolo  di  Vespe,  che  escono 
a  precipizio  loro  addosso  e  li  inseguono  a  volo  per  lungo  tratto,  ed  è  gran 
ohe  se  i  malcapitati  non  ritornano  a  casa  variamente  inturgiditi  dalle  do- 
lorose punture. 


Fig.  756.  —  Sezione 
longit.  di  due  celle 
di  Vespa:  « 
contenente  una 
larva;  6  cella  o- 
percolata  conte- 
nente una  ninfa  : 
i!  cuticola  larvale 
rigettata  dalla 
ninfa,  con  lunghi 
filamenti  di  tra- 
chee ;  d  sacco  nero 
rigettato  dalla 
larva  ;  e  escre- 
menti della  larva 
(Da  Jauet). 


Il  bolo,  preparato  dalle  adulte,  è  suddiviso    in  porzioni  e 
distribuito,    così,    fra  varie  larve,     che  ne  sono    imboccate    o, 
meglio,  ricevono  la  loro    pappa    sulla   parte  ventrale  del  loro 
corpo,  subito  sotto  il  capo  e,   flettendo  la  testa  sul  petto,  la  trattengono,  per  man- 
giarla a  lor  agio,  quasi  succiandola,    lasciando  quel  che  non  possono  rodere,  ad 

A.  Beki.esr,  Gli  Insetti,  II.  —  102. 


810  CAPITOLO    SETTIMO 


es.,  i  pezzi  del  tegumento  degli  Insetti,  i  cui  corpi  sono  stati  maciullati  per  compor 
questo  cibo. 

Le  larve  (fig.  755,  A  e  flg.  614,  A,  p.  560)  (che  sono  bianche,  nude,  apode, 
carnose  e  molli,  cilindro -coniche  e  con  piccola  testa  a  cute  più  resistente,  simili, 
cioè,  al  comune  tipo  di  pressoché  tutte  le  larve  degli  Imenotteri  aculeati),  dopo 
alcuni  giorni  (in  numero  vario  a  seconda  delle  specie  e  della  stagione),  si  prepa- 
rano alla  ninfosi,  filandosi  un  bozzoletto  serico,  tenuissimo,  addossato  alle  pareti 
della  cella.  Questa  è  chiusa  in  tal  modo  rispetto  al  mondo  esterno  e  si  vede,  in- 
fatti, coverchiata  da  un  opercolo  bianco,  resistente,  serico,  prominente  più  e 
meno  a  cupola  sull'orlo  dell'alveolo  (fig.  333,  p.  320.  e  fig.  756,  b),  più  o  meno, 
dico,  a  seconda  dell'età  della  forma  che  ne  è  riparata,  più  sporgente  se  essa  è 
ninfa  che  non  quando  è  tuttavia  larva  o  preninfa. 

L'adulto  formatosi  in  questa  nicchia,  rode  l'opercolo,  fuoriesce,  e,  poco  dopo, 
fatta  una  breve  toeletta,  è  pronto  al  lavoro  e  vi  si  applica  tosto,  secondo  la  sua 
condizione.  La  cella  viene  subito  ripulita  ed  approntata  per  ricevere  un  altro 
uovo. 

Le  società  delle  Vespe  sono,  dunque,  a  molte  femmine  riproduttive  e  con 
una  sola  maniera  di  operai  di  incapacità  riproduttiva  in  grado  vario  e  che, 
colle  femmine  buone  riproduttrici,  compiono  tutti  i  lavori  inerenti  alla  società 
stessa. 

Le  Vespe  godono  di  facoltà  architettoniche  superiori  anche  a  quelle  delle 
stesse  Api. 

Queste,  infatti,  non  costruiscono  che  i  favi,  per  quanto  sieno.  questi,  più 
perfezionatamente  condotti  che  non  quelli  delle  Vespe  sociali  e  fabbricati  di 
sostanza  più  adatta,  quale  è  la  cera,  che  nelle  Vespe  non  si  riscontra  mai.  La 
superiorità  di  queste  ultime  sta  nella  costruzione  dell'involucro  a  tutto  il  nido, 
quale  è  fabbricato  da  molte  specie  e  che  le  Api  non  fanno  altrimenti,  come,  del 
resto,  non  fanno  anche  molte  Vespe  sociali. 

Di  ciò,  parleremo,  con  maggior  diffusione,  più  innanzi. 

Il  Favo.  —  È  nel  nido  delle  Vespe  sociali  che  appare  primamente  il  favo 
(il  quale  raggiungerà  il  più  alto  grado  di  perfezionamento  solo  nelle  Api),  con 
celle  in  forma  di  prisma  esagonale,  a  parete  in  comune  fra  le  celle  contigue. 
Però,  nelle  Vespe,  il  favo  è  sempre  ugnolo.  ossia  ad  un  solo  strato  di  alveoli.  Il 
loro  fondo,  cioè,  è  libero,  non  in  comune  con  quelli  di  celle  disposte  in  un  se- 
condo strato,  a  ridosso  ed  opposto. 

La  ragione  della  forma  a  prisma  esagonale  dell'alveolo  o  cella,  che  dire  si  voglia,  si  richiama 
alla  massima  utilizzazione  di  spazio  e  di  materiale  da  costruzione.  Sei  cerchi  di  egual  raggio, 
tangenti  ad  un  solo  centrale,  si  toccano  anche  fra  loro,  e  tra  questo  ed  il  centrale  rimangono 
sei  spazi  triangolari  (a  lati  curvi).  Per  utilizzare  anche  questi  ultimi  spazi,  basta  sostituire  al- 
l'arco di  cerchio,  che  ne  è  la  sesta  parte,  il  lato  dell'esagono  regolare,  che  diviene,  così,  comune 
a  due  esagoni.  Tra  i  poligoni,  che,  eguali  fra  di  loro  ed  a  contatto  l'uno  all'altro,  possono  occupare 
interamente  una  superficie  senza  spazi  residuali,  quello  di  maggior  superfìcie  è  l'esagono.  Perciò, 
l'insieme  di  prismi  esagonali,  a  contatto,  risolve  il  problema  della  massima  capacità  colla  totale 
utilizzazione  dello  spazio  e  col  maggior  risparmio  del  materiale  di  costruzione.  Così  avviene 
che,  mentre  gli  alveoli  primitivi  di  alcuni  Imenotteri,  ad  es.,  Bombus,  sono  cilindrici  e  perciò 
con  largo  dispendio  di  spazio  e  di  materiale  per  costrurre  le  pareti  proprie  a  ciascuno,  il  pro- 
gresso si  manifesta  con  alveoli  cilindrici  soltanto  nella  parte  inferiore,  di  poi  elevantesi  model- 
lati a  prisma  esagonale,  il  che  ai  vede  fare  da  talune  Vespe.  Finalmente,  le  celle  più  perfezio- 
nate sono  tutte,  da  cima  a  fondo,   in   forma  di  prisma  esagonale. 

La  precisione  geometrica  dell'esagono  regolare,  cioè  dell'angolo  di  120  gradi  e  la  dimeu- 
sioue  del  suo  lato,  determinata  per  ciascuna  specie  costruttrice,  debbono  essere  ben  presenti 
e  scrupolosamente   seguite    dall'operaio,    e    ciò    avviene    infatti,  sebbene   non    si    possa    credere, 


LE    SOCIKTA 


811 


come  vorrebbe  l'Harris,  die  il  costruttore  si  serva  delle  antenne  per    compassi    e    degli    articoli 
loro  pei  la  esatta  misurazione. 


Per  talune  specie  di  Vespidi,  il  favo  rappresenta  tutto  il  nido. 

In  generale,  i  favi  delle  Vespe  sono  piani  (come  quelli  delle  Api)  e,  così, 
le  celle  hanno  forma  vera- 
mente prismatica.  Talune 
specie,  però,  costruiscono  i 
favi  alquanto  convessi,  la 
cui  base  ha  superfìcie  mi- 
nore della  faccia  opposta, 
ove  le  celle  sono  aperte. 
Così  accade  che  queste  sono 
leggermente  tronco-coniche 
e,  nella  porzione  basale  con- 
servano la  forma  cilindrica. 

In  tutti  i  favi  delle 
Vespe  le  celle  marginali 
hanno  la  parete  libera  non 
già  a  spigoli,  ma  semicilin- 
drica. 


Fi. 


.  757.  —  Costruzione  delle  celle  in  un  favo  di  Vespa  vrabro 
(da  1  a  7)  ;  S  modo  di  accrescimento  del  favo,  secondo  gli 
autori  più  veccbi  (Da  Marcbal). 


Costruzione  dei  faro  delle  Vespe. 
Esattamente   descrive   questa   costruzione  il  Marcbal,  a  differenza  del  modo  arguito  dal  Saussure. 
Le  osservazioni  del  primo  Autore  si  riferiscono  alla   Vespa  cràbro.  Eccole. 

Un  nido  di   questa  specie  fu  iniziato  il   14  marzo,  dapprima  con  una  base  fissata  al  supporto 

prescelto  dalla  madre.  Questa  base  si  prolunga  ver- 
ticalmente verso  il  basso  in  un  piccolo  fusto  più  o 
meno  cilindrico,  largo  da  2  a  3  mill.  e  lungo  da  10 
a  12  mill.,  alla  cui  faccia  inferiore  appaiono  i  primi 
alveoli,  in  numero  di  tre  (fig.  757,  1),  sia  contem- 
poraneamente, sia  l'uno  prima  e  gli  altri  due  dopo, 
insieme,  ma  a  così  breve  distanza  di  tempo  dal 
primo  ebe  si  possono   quasi  dire  contemporanei. 

Subito  dopo  è  costrutto  un  quarto  alveolo  (2)  e 
cosi,  l'insieme  è  simmetrico  secondo  due  assi. 

Attorno  a  questo  primo  insieme  nucleare  ven- 
gono costrutte  le  altre  celle,  come  fanno  vedere  le 
due  successive  tigg.  3,  4.  Così,  il  23  maggio,  ossia 
dopo  nove  giorni,  il  favo  si  componeva  di  otto  celle, 
situale  colla  simmetria  che  fa  vedere  la  iìg.  4,  e 
ciascuna  delle  quattro  celle  del  nucleo  primitivo, 
centrali,  aveva  già  un  uovo.  Il  4  giuguo,  cioè  dopo 
21  giorni,  un  nuovo,  completo  giro  di  alveoli  (tig.  5), 
il  secondo  contorno,  era  costruito  tutto  in  giro  al 
primo  nucleo  centrale  e  tutte  le  celle  avevano  un 
uovo,  fissato  esattamente  all'angolo  di  origine  della  cella.  Il  29  Giuguo  (46  giorni)  il  favo  era 
provveduto  di  un  terzo  giro  di  celle,  disposte  sempre  nella  stessa  simmetria  (tig.  7)  ed  il  22  lu- 
glio (65  giorni),  si  iniziava  la  costruzione  di  un  secondo  favo,  in  un  piano  sottostante  e  parallelo 
al  primo,  a  questo  rissato  mercè  un  peduncolo,  che  non  è  altro  senonchè  il  prolungamento  di  due 
pareti  alveolari,  di  fondo,  contigue,  e  la  costruzione  delle  celle,  per  questo  nuovo  favo,  procedeva 
esattamente  come  pel  primo. 

Da  ciò  risulta  che  la  fig.  8,  data  generalmente  dagli  autori  come  schema  della  posizione 
simmetrica  del  favo,  non  è  esatta  perchè,  coi  suoi  sei  assi,  non  dà  una  idea  giusta  dell'ordine 
di  apparizione  degli  alveoli,  mentre  questo  accade,  invece,  secondo  le  ngg.  da  1  a  7  cioè  secondo 
due  soli  assi  di  simmetria. 


Fig.   758.   —   Nido   di    Vespa   (circa   lJ<  della 
grand,   uat.). 


812 


CAPITOLO    SETTIMO 


Vespaio.  —  La  natura  della  sostanza,  di  cui  i  favi,  anzi  tutto   il    nido,  sono 
composti,  è  molto  diversa  per  le  Vespe  sociali  in  confronto  delle  Api. 

Le  Vespe  non  usano  mai  cera;  esse  non  ne  producono;  ricavano  il  materiale 
di  costruzione  dal  mondo  esteriore;  più  che  altro  lo  ritraggono  dalle  piante  (cioè, 
come  si  è  detto,  legname  morto,  che  strappano,  colle  mandibole,  in  piccoli  pez- 
zetti), lo  preparano  e  lo  rendono  atto  allo  scopo,  triturandolo  in  bocca  ed  impa- 
standolo con  saliva.  La  pasta,  che  ne  viene,  così  preparata,  distesa  poi  in  sot- 
tili fogli  alla  costruzione  dei  favi 
ed  anche  dell'involucro  generale  del 
nido  (per  le  specie  che  così  lo  pro- 
teggono (figg.  758,  759,  ecc.)  è  ve- 
ramente da  assomigliarsi  alla  carta 
giacché  è  ben  cellulosa)  ed  è,  talora, 
un  vero  e  proprio  cartone  consi- 
stente, quello  che  costituisce  l'invo- 
lucro di  questi  nidi,  che  rappresen- 
tano un  bello  ed  ingegnoso  edificio. 

Alcune  specie  si  limitano  ad  aggluti- 
nare insieme  delle  particelle  legnose,  mentre 
altre  Vespe  mescolano  fra  loro  le  due  ma- 
niere di  materiali,  così  che  la  loro  carta  è 
composta  di  particelle  non  lavorate,  insieme 
tenute  da  un  mastice  papiraceo. 

Talune  Vespe  esotiche  fabbricano  il 
loro  cartone  con  escrementi  di  quadrupedi 
e  vi  sono  specie  ohe  adoperano  l'argilla 
come  materiale  di  costruzione  (però,  non 
mescolata  a  paglia,  come  è  stato  affermato 
dal   Shuckard). 


'Ili 


Fig.  759.  —  Spaccato  semischematico  di  un  nido  di 
Vespa  germanica,  in  sito,  entro  terra  :  a  ingresso  ; 
b  escavazione  entro  la  quale  è  allogato  il  nido; 
o  suo  involucro  esterno;  d  gallerie  secondarie; 
e  attacco  principale  del  nido;  e,  attacchi  secon- 
dari ;  f  favi  ;  /,  la  prima  impostazione  dell'ul- 
timo favo  ;  ;;  colonnette  di  sostegno  tra  i  favi  ; 
i  camerette  di  un  nido  di  Formica  (Lasius  flavus) 
che,  qualche  volta,  sta  nella  vicinanze  del  nido 
di  Vespe;  l  sassolini  trovati  dalle  Vespe  durante 
la  escavazione  e  caduti  nel  fondo  del  vano  ;  m 
larve  di  un  Dittero  (Pegomyia  inatlis  ?),  che  stanno 
verticalmente  in  fondo,  accanto  al  nido  (Da 
Jan  et). 


11  vespaio  è  a  crescenza    limi- 
tata, anche  per  la  stessa  specie,  da 
più  cause.  La  sua  mole  dipende  dal 
numero  di  individui,  che  vi  si  schiu- 
dono durante  la  bella  stagione;  ma,  al 
finire  di  questa,  la  colonia  languisce, 
si  spopola  ed  il  vespaio  rimane  de- 
serto. La  stagione  cattiva,  colle  sue 
intemperie,  si  incarica  di  distruggerlo. 
Taluni  vespai,  particolarmente  nelle    regioni    equatoriali,    sebbene    abbando- 
nati, resistono  alla  naturale  distruzione,  sopra   tutto  se  voluminosi    e    di  grande 
solidità,  come  sono  quelli  che  debbono  affrontare  le  piogge  torrenziali    estive  di 
quelle  zone. 

Anche  in  regioni  tropicali,  dove  pure  l'inverno  non  è  freddo,  la  periodica 
fine  delle  colonie  di  vespe  si  manifesta  colla  loro  decadenza  durante  la  stagione 
secca,  ed,  allora,  pochissime  specie  e  scarsissimi  individui  popolano  i  boschi. 
Così,  da  noi,  nell'inverno,  si  salva  un  esiguo  numero  di  femmine  fecondate,  che 
riparano,  isolatamente,  in  rifugi  opportuni  o  rimane  un  qualche  resto  della  società 
in  qualche  raro  vespaio,  che  pur  si  mantiene  durante  la  cattiva  stagione,  ma 
sarà  abbandonato  all'inizio  della  primavera. 

All'aprirsi  della  buona  stagione,  le  femmine  fecondate,  che  sono  riuscite  a 
superare  l'inverno,  si  spargono  a  fondare  nuove  colonie,  che  nascono  e  prosperano 


I.K    SOCIETÀ 


813 


durante  l'annata,  fino  ai  primi  freddi,  quando  periscono  per  la  mancanza  di  nutri- 
mento e  per  le  intemperie. 

Diverse  maniere  di  vespai.  —  Si  può  dire  che,  per  quasi  ogni  specie  di  Vespe, 
anche  se  comprese  nello  stesso  genere,  la  costruzione  del  nido  è  diversa  più  o 
meno  e  la  differenza  è  proporzionale  alla  distanza  fra  la  specie  nel  sistema  zoologico. 

Anche  per  le  specie  molto  affini,  si  può  riconoscere  una  qualche  diversità, 
sia  pure  di  secondaria  importanza,  nella  architettnra  del  nido. 

Intanto,  le  differenze  primarie  tra  le  diverse  maniere  di  nidificare  sono  le  seguenti: 
1.°  —  Il  vespaio  può  essere  a  crescenza  indefinita  (nidi  indefiniti)  ;  oppure 
limitato  nella  sua  crescenza,  pur  variando  nelle  dimensioni,  a  seconda  della   nu- 
merosità di  individui  componenti  la  società  che  lo  costruisce  (nidi  definiti). 

2.°  —  11  vespaio  può  essere  composto  di  uno  o  più  favi  liberi,  cioè  non  av- 
volti da  un  comune  involucro  protettivo  {nidi  scoperti  o  nudi);  oppure  esiste  l'in- 
volucro, esso  pure  costruito  dalle  forme  adulte,  colla  medesima  sostanza  di  che 
sono  fatti  i  singoli  favi  (nidi  coperti).  Questo  rivestimento  dà  al  nido  una  con- 
figurazione particolare  per  ogni  specie. 

3.°  —  I  vespai  nudi  possono  essere  composti  di  uno  o  più  favi,  in  questo 
secondo  caso  i  favi  stessi  sono  disposti  in  piani  paralleli  fra  loro  e  sospesi. 
l'uno  all'altro,  da  piccoli  pilastri  della  stessa  sostanza,  che  ne  mantengono  la  posizione. 

Variazioni  sensibili,  per  quanto  secondarie,  si  rivelano  nella  forma  del  Ve- 
spaio; nella  architettura  interna;  nella  natura  della  sostanza  impiegata  per  la 
costruzione  ;  nel  numero  di  favi  di  cui  si  compone  il  nido  e  queste  sono  varia- 
zioni particolari    ad  ogni  singola   specie. 

In  base    a  queste  differenze  il  Saussure  distingue  i  Vespai  cosi: 

1."  —    respai    indefiniti    (Fragmocittari).  Tipo  :   Chartergus    (tutte  specie    esotiche).  I  singoli 
favi  sono  sostenuti  per  adesione  laterale  alla  parete  di  involucro. 
2.°  —    Vespai  definiti  (Stelocittari).  Tipo  :  Vespe  nostrali. 
I  singoli   favi  sono  sostenuti  da  colonnette,   che  li  fissano  l'uno  all'altro  e  l'involucro,  quando 
esiste,   non   ha  parte  nel  sostegno  dei  favi  stessi. 

Nei  nidi  a  favo  unico,   questo  è  fissato,  per  peduncolo  od    altrimenti,     al    sosteguo     prescelto 
dal  costruttore. 

Le  distinzioni   ulteriori,   per  ciascun  gruppo,  sono  le  seguenti  : 


1.°  —  Fragmocittari 


Rettilinei 

Sferoidali 
Gibbinidi 

Laterinidi 


Perfetti  —  Generi  :  Chartergus  ;  Tatua  : 
talune  Poiybia. 

Imperfetti  —  Generi  :  Sinoeca  ;  altre 
Poiybia. 

Genere  :   Melissaiu 


Genere  :   Apoica 


Gimnodomi 


Imperfetti 


Perfetti  —  Genere:  Polistes 


2.» 


Stelocittari 


C'ali ptodomi  —  Specie  Chartegus  apicalis. 

Gimnodomi   —  Generi  :  Polistes  esotiche; 
Miscocytiarus;    Isch  nogaster. 


Kectinidi 


Caliptodonii 


ad    inviluppo    semplice 

ad  inviluppo     multiplo 
—  Genere:    Vespa 


814 


CAPITOLO   SETTIMO 


Fig.  760.  —  Schema 
della  costruzione 
di  un  vespaio 
Fragni  o  e  i  1 1  a  r  o 
rettilineo  :  /  un 
solo  piauo  ;  a  foro 
d'ingresso  ;  6  fa- 
vo ;  //  già  si  ve- 
dono più  piani 
(Da  Saussure). 


Esemplifichiamo  ciascuno  di  questi  diversi  tipi  di  nidificazione  delle 
Vespe  sociali. 

Vespai  fragmocitlari.  —  In  questi  nidi  il  favo  è  perforato  nel  suo  centro, 
per  dar  passaggio  agli  Insetti.  Esso  è  saldato,  mercè  le  sue  pareti,  all'in- 
volucro. Questo  è  cilindrico,  se  i  favi  sono  piani,  e  può  crescere  indifini- 
tamente  aumentando  il  numero  dei  favi  stessi  (figg.  760,  761).  Cotale 
tipo  dei  fragomocittari  rettilinei  è  bene  esemplificato  dalla  Vespa  cartonala 
(Cliartergus  chartarius  Oliv.),   comune  nel  Sud  America. 

Variazioni  sono  rappresentate  dalla  nidificazione  del  gen.  Tatua  della 
Cajenna  e  del  Messico  (fig.  762),  in  cui,  anziché  un  foro  nel  centro  di 
ciascun  favo,  si  ha  un  pertugio  laterale  sull'orlo  di  ciascun  favo  e  corri- 
sponde ad  una  piccola  apertura  sull'involucro.  Questo  ha,  dunque,  tanti 
fori  quanti  sono  i  favi  all'in- 
terno. 

Nei  nidi  di  Sinoeca  (Vespe, 
più  che  d'altrove,  del  Sud  Ame- 
rica, fig.  778),  il  foro  dell'invi- 
luppo è  unico  e  quelli  tra  un 
favo  e  l'altro  sono  disposti  come 
nella  variazione  indicata  per  le 
Tatua. 

I  nidi  frag- 
mocittari  sferici 
differiscono  dal 
tipo  succitato, 
inquantochè  il 
favo  è  sferoidale; 
la  sua  sezione  è, 
adunque,  un  cer- 
chio (figg.  763, 
III;  777).  Questa 
maniera  di  nido 
può,  dunque,  ri- 
chiamarsi al  pre- 
cedente, come 
derivatone  per 
incurvatura  del 
favo    e    del    suo 

involucro,  sulla  faccia  basale  (fig.  763,  I),  fino  a  chiusura 
della  sfera  (II).  Cosi  nidificano  le  specie  del  genere  Melissaia 
(Sud  America)  e  nel  nido  si  tiovano  più  favi  disposti  a 
mo'  di  sfere  concentriche  (figura  763,  III).  Fra  i  nidi 
fragmocittari  rettilinei  e  quelli  sferici  esistono  forme  di 
passaggio,  rappresentate  da  talune  costruzioni,  nelle  quali, 
il  nido,  dapprima  fragmocittaro  sferico,  diviene,  grado 
grado,   a  favi  piani,  cioè  rettilineo  (fig.   763,    IV). 

Vespai  stelocittari.  —  In  questi  nidi,  se  essi  sono  calip- 
todomi,  cioè  protetti  da  involucro  fabbricato  dalle  Vespe 
stesse,  l'accesso  ai  favi  avviene  per  tutto  lo  spazio  laterale, 
compreso  tra  il  rivestimento  ed  i  favi  stessi. 

Un  peduncolo  sostiene  il  favo  ed  è  centrale  se  il  favo 
medesimo  ha  la  forma  subdiscoidale  (che  dipende  dal  sim- 
metrico aumento  nel  numero  delle  celle,  quale  sopra  si  è 
fatto  vedere  pel  Calabrone),  ma  può  essere  laterale,  se  il 
favo  stesso  ha  la  forma  subtriangolare  di  un  settore  soltanto 
del  disco,  forma  questa  dovuta,  certo,  ad  una  diversa 
maniera  di  accrescimento,   per  formazione  di  celle  solo  lungo  l'arco  del  cerchio. 


Fig.  761.  —  Sezione  longit.  del  nido 
di  Cliarterijns  chartarius  (Oliv.).  Un 
quarto  della  grandezza  nat.  (Da 
Saussure). 


Fig.  762.  —  Tatua  morio  (F)  :  A  in- 
setto ingrandito  ;  /•'  nido  in 
sezione  (metà  della  gr.  nat.)  (da 
Saussure). 


LE    SOCIKTA 


815 


Il  Saussure  distingue,  così,  i  Vespai  stelocittari  in  rectinidi,  se  fabbricati  secondo   la  maniera 


/// 


IV 


Fig.  763,  da  /  a  III.  —  Schema  della  costruzione  di  un  Vespaio  fragmocittaro  sferico:  <i  foro 
di   ingresso  ;   b  favo  ;   e  sostegno  del  favo  ;   j  involuoro    (Pel  resto,   vedi   testo). 

IT  Schema  di  una  costruzione  di  passaggio  dai  nidi  fragmocittari  sferici  ai  rettilinei  (Da 
Saussure). 


Fig.   764.   —   Nido  di   specie  ignota: 
A  sua  sezione  (da  Saussure). 


esemplificata  dal  Calabrone  e  laterinidi,  che  sono  quelli  il  cui  favo  risulta  di  solo  un  settore 
del  disco.  I  vespai  rettinidi  caliptodomi,  sono  distinti  in 
quelli,  nei  quali  il  rivestimento  è  fatto  di  un  unico  foglio 
assai  resistente  (il  Saussure  ne  conosce  un  solo  esempio, 
che  si  richiama  ad  una  specie  ignota  (fig.  764)  ed  in  quelli, 
nei  quali  il  rivestimento  è  multiplo  e  se  ne  hanno  comuni 
esempi  anche  fra  le  nostrali  Vespe.  Questi  sono  nidi  co- 
strutti all'aria  libera,  sugli  alberi  o  sotto  i  tetti  (Vespa 
sylvestris,  fig.  758),  oppure  anche  entro  la  cavità  degli  alberi 
(  Vespa  crabro,  figg.  765,  772)  o  sotterra  Vespa  vulgaris,  V. 
germanica,  ecc.   fig.   759). 

Quanto  ai  vespai  rectinidi  gimnodomi,  essi  possono  es- 
sere a  piti  favi  (ad  es.  quelli  di  Ischnogastcr,  Vespe  di 
Giava.  X.  Guinea,  ecc.,  fig.  767);  oppure  ad  un  solo  favo, 
sia  portato  da  lunghissimo  peduncolo  (ad  es.  Myscocyttarus 
della  Cajenna,  Brasile,  ecc.,  fig.  766),  sia  da  peduncolo 
cortissimo,  secondo  quanto  fa  vedere  qualche  Poliste!  eso- 
tico    (Più     comunemente     le     specie     di     questo     genere     sono     laterinidi) . 

Anche  fra  i  laterinidi  si  distinguono  specie  gimnodome  e 
caliptodome. 

L'eccentricità  del  peduncolo  è  varia,  talora  così  scarsa  da 
formare  passaggio  ai  rectinidi  e  talvolta,  anche,  manca  un 
vero  e  proprio  peduncolo,  così  che  il  nido  sta  fissato  a  caval- 
cioni di  una  branca  di  arbusto,  la  quale  maniera  è  esemplifi- 
cata da  una  specie  di  Polistes  del  Brasile  (fig.  769,  B). 

I  Vespai  di  questo  gruppo,  sostenuti,  però,  da  un  pedun- 
colo più  o  meno  eccentrico,  sono  esemplificati  dalla  maggior 
parte  di  quelli  fabbricati  dalle  Vespe  del  Geu.  Polistes  (figg.  769, 
A,  770),  anche  della  nostrale,  comunissima  P.  gallica  (L)  (fi- 
gura 770). 

In   taluni  di   questi  uidi,   il  peduncolo  è  assolutamente  la- 
terale, ed  il  favo  (unico)  può  aver  la  forma  veramente    di  uu 
settore  di  disco  [Polistes  canadensis  L.,  ed  altre  specie,  fig.  771, 
III)    od    essere    ridotto  ad  una  strettissima  fascia  di  celle  al- 
terne, come  e  nei  piccoli    ed    elegantissimi    nidi  delle    specie 
del  gen.  Icario,  che  sono  piccole  Vespe    di   Africa,  America  ed    Asia  (fig.   768).  Quanto  ai  vespai 
laterinidi,     caliptodomi,    i  vari    favi    sono    fissati,    ciascuno    con  peduncolo    proprio,  al  sostegno 
(fig.  schematica  771,  IV). 


Fig.  765.  —  Schema  di  sezione 
del  nido  di  Calabrone,  a  sei 
piani  di    favi  (Da  Janet). 


Siti 


CAPITOLO    SETTIMO 


Essi  sono  protetti  da  un  involucro  comune,    aperto    in    basso    mercè    un  foro  unico.  Questo 
tipo  è  bene  esemplificato    dalla  nidificazione  del   Charlergus  apicalis  (F.)     dell'America    centrale  e 


Fig.  766.  Fig.  768. 

Fig.  766.   —   ZlyseocyUarvs  laoiatvs  (Fabr.)  della  Cajenna  e  sno  nido.  Grand,  nat.   (Da  SausBure). 
Fig.   767.   —   Vespaio  di  Iiehnogasler  viicans  SausB.  di  Giava  (Da  Saussure). 

Fig.  768.  /colia   variegata  Smith  della  China.  Femmina  ingrand,  due  diana,  e  suo  nido  in  grand, 
nat.  (Da  Saussure'. 


meridionale  e  da  qualche  altra  specie.   Per  ciò    che  riguarda  i  vespai  gibbinidi,    essi     non  hanno 
peduncolo;  si  compongono  di  una  calotta    emisferica,  di  cellulosa,  che  serve  di    sostegno    ad    un 

favo  ed  è  fissata  a  caval- 
cioni di  un  rametto  di 
qualche  pianta. 

In  questa  guisa  nidi- 
fica la  Jpoica pallida  (Oliv.), 
piccola  vespa  del  Sud  A- 
merica. 

Dimensioni   ed    altre 
particolarità      di      alcuni 
Vespai.     —   Le    costru- 
zioni delle  Vespe    so- 
ciali,    per    quanto    si 
compiano  solo  in  pochi 
mesi,   raggiungono  un 
grado    di    perfeziona- 
mento e  dimensioni  talora  davvero  stupefacenti  a  chi  considera  la  piccolezza  dei 
costruttori  e  la  brevità  del  tempo,  giacché  la  società    ed  il    lavoro  suo  si  inizia 
nella  buona  stagione  e  con  questa  si  chiude. 

Ciò  avviene  anche  in  regioni,  ad  es.  nell'America   tropicale,    dove  l'inverno 


Fig.  769.  —  Nidi  a  peduncolo  laterale  di  Polistes.  A  di  P.  eana- 
densis  L.  (gr.  nat.)  ;  B  di  una  specie  del  Brasile  (circa  l/t  della 
gr.  nat.)  (Da  Saussure). 


I.K    SOCIKTA 


817 


non  è  meo  caldo  che  l'estate  e  dove  le  piante  persistono  in  vegetazione  durante 
tutto  l'anno.  Anche  in  questi  luoghi  il  vespaio  è  disertato  durante  l'inverno,  così 
come  avviene  nelle  regioni  temperate. 


Fiu 


770.  —  Polistes  gallica  (L).  A  femmina  ingrandita  di 
nn  terzo  ;  B  suo  nido,  con  una  femmina  in  grandezza 
naturale. 


Alcuni  piccoli  nidi,  quali  sono  quelli  del  geu.  Iscluiogoster  (tìg.  767)  e  Mischocyttanis  (tig.  766) 
considerati  in  confronto  alle  rispet- 
tabili dimensioni  dell'insetto,  che  li 
costruisce,  fanno  dubitare  che  essi 
non  sieno  se  non  l'opera  di  una  sola 
madre.  Del  resto,  la  eseguita  e  gra- 
cilità del  lungo  peduncolo,  che  li 
sostiene,  mostra  che  essi  non  potreb- 
hero  sopportare  un  soverchio  peso  di 
molti  favi  abitati.  Ciò  induce  a  ri- 
tenere che,  per  le  specie  di  questi 
generi  e  d'altri  affini,  le  operaie 
manchino.  Con  ciò  queste  Vespe  esu- 
lerebbero dal  gruppo  delle  sociali 
per  rientrare  fra  le  solitarie. 

Intanto,  il  favo  le  avvicina  alle 
prime,   poiché    tale  costruzione    non 

appartiene     alla    nidificazione  delle  Vespe  solitarie,  quale  già  si  è  veduta.    Con  ciò,  il  passaggio 
graduale  dalle  Vespe  solitarie  alle  sociali  sarehbe  rappresentato  da  queste  specie. 

Anche  le  specie  del  gen.  Icario  (fig.   768)  costruiscono  un  nido  ben   piccolo    e   delicato.  Può 
essere  che  qui  la  società  non  sia  che   transitoria. 

Più  ampi  e   robusti  e  più  fortemente     fissati     al     sostegno    sono  i  nidi  delle  Polistes,  tuttavia 

piccoli  e  nudi.  La  Vespa  li  col- 
loca ove  le  intemperie  non  pos- 
sano facilmente  raggiungerli  e, 
del  resto,  essi  sono  anche  rivestiti 
di  una  specie  di  vernice,  che  l'in- 
Setto  loro  spalma  sopra,  perchè 
resistano  meglio  all'umidità. 

Uno  dei  più  grandi  lavori 
delle  operaie  di  queste  Vespe  è 
quello  della  verniciatura.  «  Io  le 
ho  viste  impiegare  —  dice  Keau- 
mur  —  molto  tempo  a  strofinare 
e  ristrofinare  colla  loro  bocca  le 
differenti   parti  del  nido  ». 

Un  progresso  è  rappresentato 
dai  nidi  di  Apoica  (ad  esempio 
Apoica  pallida  Oliv.),  dove  il 
favo,  configurato,  presso  a  poco 
come  quello  di  una  Polistes,  è 
sormontato  da  una  grande  massa 
emisferica  (con  cui  si  trova  in 
continuità)  di  sostanza  cellulosa, 
che  avvolge  i  rametti,  a  cui  il 
nido  è  fissato  e  che  sembra  destinata  a  proteggerlo  dalle  pioggie.  La  materia,  di  cui  è  fabbricata 
questa  massa  protettrice,  è  una  specie  di  carta  gialla,  ben  lavorata  e  un  poco  gommosa  ed  al 
taglio  sembra  una  schiuma  a  piccole  bolle.  Il  piano  delle  cellule  è  concavo  e  la  sua  concavità 
decresce  coll'anmentare  del  nido. 

Colle    Vespa  si  inizia  la  costruzione  di   un  involucro  protettore  di  tutto  il     nido     e    che    rac- 
chiude in  sé,   completamente,    tutti  i  favi   (fig.   758). 

Questo  rivestimento  è  fatto  di  un  gran  numero  di  fogli  separati,   come  di  carta,   che  si   rico- 
A.  Berlese,  Oli  Inietti.  II.  —  103. 


g.   771.   —   Schemi   di  maniere  diverse  di   vespai  stelocittari. 

Nido  gimnodomo  recti  nido  a  picciolo  eccentrico;  II  id. 
a  peduncolo  centrale;  ///  perfettamente  laterinide,  a  ve- 
duto in  sezione;  />'  di  faccia;  IV  Caliptodomo  laterinido, 
con  molti  favi,  «  foro  di  ingresso;  b,  b  involucro  abbrac- 
ciarne anche  il   sostegno.   (Da  Saussure). 


818 


CAPITOLO    SETTIMO 


prono  concentricamente  e   si  toccano,  ma    non 


rrrr 


aderiscono  l'uno  all'altro  se  non  qua  e  là  e  ri- 
mangono larghi  vuoti  tra  loro.  In  questa  disposizione  quasi  in- 
tricata, più  stretta  e  più  confusa  è  la  massa  avvolgente  nella 
parte  alta  del  nido,  più  lassa  e  vacuolata  in  basso.  Così,  per 
quanto  la  carta  fabbricata  dalle  Vespe  non  sia  verniciata  come 
quella  delle  Polistes,  pure,  per  questa  disposizione  dell'involucro 
con  laro-Ili  vani,  il  nido  resiste  all'acqua,  non  bagnandosi  che  lo 
strato  o  gli  strati  più  superficiali. 

Alcuni  vespai  sono  costrutti  sugli  alberi,  in  piena  aria,  altri 
sotterra  e  ciò    a   seconda  delle  specie. 

La  maggiore  delle  nostrali,  cioè  il  Calabrone  {Vespa  crabro 
L.),  costruisce  vespai,  che  possono  raggiungere  anche  50  cent,  di 
larghezza  su  poco  meno  di  lunghezza;  a  volte  sono  più  larghi  che 
lunghi,  a  volte,  invece,  più  lunghi  che  larghi,  a  seconda  dell'am- 
biente in  cui  souo  fabbricati.  I  nidi  possono  contenere  anche  sette 
favi,  ma  quelli  molto  allungati  ne  hanno  anche  in  maggior  nu- 
mero. Il  Kellog  ne  illustra  uno ,  contenuto  in 
un  albero,  privo  di  involucro  e  con  nove  favi 
ed  il  Janet  ne  figura  un  altro,  costituito  nel- 
l'angolo, fra  due  muri,  comp  reudente  ben 
tredici    favi.    Un   vespaio    ben    popolato    può 

contenere  più  centinaia  di  Vespe. 

11  Calabrone  fa  volentieri  i  suoi  nidi  in  ambiente  riparato,  perchè  si  bagna 
facilmente  la  carta  di  cui  sono  costrutti.  Si  trovano,  questi,  il  più  spesso, 
nella  cavità  degli  alberi,  sotto  i  tetti  delle  case,  nei  granai,  ecc.  e  così  fanno 
altre  specie  di  Vespa  affini,  ad  es.  la  Y.  orientali*  L.  dell'Europa  orientale, 
che  nidifica  esattamente  alla  stessa  maniera  e  così  pure  la  V.  velatino  Lepell. 
di  Asia  e  la   V.  crabroniformis  Smith  della  China,   ecc. 

I  nidi  del  Calabrone,  allogati  entro  qualche  albero  cavo,  non  hanno 
involucro  (fig.  772),  bastando  quanto  rimane  dell'albero  morto  o  morente  per 
riparare  dalle  intemperie  tutta  la  costruzione. 

In  realtà,     i   nidi    di    Calabrone,  stabiliti    nella  cavità  degli  alberi  e  dei 

muri,  sono  essi  pure,  in 


Fig. 


—  Nido  di  Calabrone 
nell'interno  di  un  albero 
(Da  Saussure). 


Fig.  773. 

spa  crabro  fem- 
mina che  de- 
pone un  uovo 
nella  cella  del 
secondo  favo 
appena  inizia- 
to, a  primo  fa- 
vo (Da  Janet). 


principio,  provvisti    di 
un     piccolo     inviluppo 

completo,  fatto  dalla  madre.  Le  operaie 
costruiscono  altri  inviluppi  esteriori  al  pre- 
cedente e  di  grandezza  di  più  in  più  mag- 
giore, mano  mano  che  vengono  demoliti  gli 
inviluppi  più  interni  come  è  necessario  per 
l'aumento  del  nido.  Con  ciò  si  arriva  al 
punto  che  non  è  più  possibile  la  costru- 
zione di  un  maggiore  involucro  esterno, 
impedendo  ciò  la  parete  dell'ambiente.  Così 
il  nido  resta  senza  involucro. 

La  femmina  fondatrice  del  Calabrone, 
sa  riconoscere,  colla  ispezione  dell'esterno, 
l'albero  deperiente  o  morto,  il  cui  interno 
è  vuoto  o  può  essere  adattato  a  ricevere  il 
nido.  L'insetto  vi  pratica  un  foro,  con 
molta  pena  e  tempo,  scavandolo  nella  cor- 
teccia o  nello  strato  del  legno  men  guasto, 
per  arrivare  al  vuoto  o  dove  è  facile  vuo- 
tare perchè  il  legno  vi  è  morto  o  marcio. 
Questo  viene  scavato  man  mauo  che  il  nido 
aumenta  e  cresce,  appunto  col  materiale  fatto  a  spese  del  legno  eroso. 

I  nidi  di  Calabrone  costruiti  in  ambiente  libero  hanno,  invece,  un  molteplice  involucro,  che  viene 
tirato  su  contemporaneamente  ai  favi,  comesi  vede  nell'annessa  fig.  774,  che  è  tolta  da  uno  scritto 
del   Marella! . 


Fig.  774.  —  Inizio  della  costruzione  del  nido  della 
l'eipa  crabro,  secondo  il  Marchal  :  /  peduncolo 
fatto  il  1.°  giorno;  Il  inizio  dell'involucro  e 
dei  favi  (dopo  9  giorni)  ;  ///  ulteriore  incre- 
mento della  costruzione  al  46.°  giorno.  Vi  si 
vede  il  progresso  anche  dell'involucro  dagli  11 
ai  41  giorni.  Attorno  al  peduncolo  è  avvoltolata, 
in  riposo,  la  femmina  costruttrice. 


I.K    SOCIETÀ 


819 


PiK, 


775.  —  Giovanissimo  nido  di  Vespa  sylreslris  Scop. 
1  Sezione  longitudinale;  2  intero.  Grand,  nat.  (Da 
Saussure). 


Fig.  776. 


Vespa    rufa    L. 


gr.  nat.   (Da  Saussure). 


Ivi  e  mostrato  che,  nel  1.°  giorno,  la  femmina  fondatrice  stabilisce  il  peduncolo  del  nido  (fig.  773, 
774,  I).  Dopo  nove  giorni  (II),  già  è 
iniziato  il  favoed  insieme  l'involucro. 
La  fig.  Ili  mostra  il  progresso  nel 
nido  tino  al  41.°  giorno  e  fa  vedere) 
anche,  in  qnal  maniera  la  buona  la- 
voratrice si  riposa  volta  a  volta,  delle 
sue  corse,  per  pochi  minuti,  stando- 
sene avvoltolata  attorno  al  peduncolo 
della  snacostruzione  e  così  cova  anche 
le  sue  uova.  Le  prime  operaie 
schiudono  dopo  cinquantasei  giorni 
dalla  deposizione  delle  prime  uova  e 
subito  concorrono  in  aiuto  della 
madre. 

Cosi,  il  nido,  non  solo  aumenta 
rapidamente    nella    sua    fabbrica    e 

nella  popolazione,  ma  anche  nella  temperatura  interna,  aftollan- 
dovisi  tanti  individui  e  questa  è  condizione  ottima  pel  rapido 
sviluppo  delle  uova  e  dei  giovani. 

Il  Marchal  trovò  che,  nell'interno  di  un  nido  di  Calabrone, 
coperto  di  inviluppi  completi  e  contenente  solo  una  cinquantina 
di  individui,  l'8  ottobre  la  temperatura  era  di  -4-  32°,  cioè  di 
16°  superiore  a  quella  esterna  e  tale  differenza  si  mantenne  fino 
al  19  dello  stesso  mese,  degradando  poi  di  circa  0,5  ogni  giorno. 
Cosi  scese  a  -\-  2,5  nel  4  novembre,  quando  la  popolazione  era, 
ormai,  ridotta  a  sole  cinque  operaie  tuttavia  molto  vigorose  ed  a 
cinque  larve  già  malandate. 
I  vespai  di  Calabrone  costrutt; 
liberamente,  hanno  forma  presso  a 
poco  di  pera  arrovesciata,  cioè  sono 
pi  il  stretti  in  basso  che  non  verso  la 
base  e  questa  è  la  forma  tipica,  si 
può  dire,  dei  nidi  del  genere  Vespa 
(tìgg.  758,  775). 

Molte  aperture  sono  praticate  nel- 
l'involucro,oppure  una  sola  nell'apice 
del  nido,  che  è  sempre  rivolto  in  basso. 
Altre  specie  di  questo  genere, 
fra  le  nostrali,  come  V.  germanica 
F.,  V.  vulgaris  L.,  V.  rufa  L. 
(tig.  776),  V.  sylreslris  Scop.  (varie- 
gate di  giallo  e  di  nero)  nidificano 
sia  all'aperto  sugli  alberi,  sotto  ì 
tetti  delle  case  od  anche  sotterra,  in 
grandi  cavità  scavate  dagli  Insetti 
stessi,  alle  quali  si  accede  per  una 
galleria  sola  (fig.  759). 

I  nidi  hanno  forma  rotondeg- 
giante od  obovata,  coll'apice  all"in- 
giù  e,  tranne  che  nel  materiale  di 
costruzione,  cioè  una  carta  più 
molle  di  quella  fatta  dal  Calabrone, 
non  diversificano  troppo  da  quello 
già  veduto  di  questa  specie. 

Le  due  prime  fra  le  nostrali   sopracitate  (  V,   rulgar 
sotterra;  la    V.  sylvestris,   la    V.  media  ecc.   costruiscono 


Fis 


777.  —  Nido  fragmocittaro  sferico  di  Nectarinia  mel- 
lifica Say.  del  Messico,  in  sezione  (circa  un  terzo  della 
grand,  nat.)   (Da  Saussure). 


,  V.  germanica)  sono  scavatrici  e  nidificano 
nidi  all'aperto. 


820 


CAPITOLO    SETTIMO 


Un  ulteriore  progresso  si  manifesta  coi  nidi  fragmoeittari,  i  quali  sono  rivestiti  da  unjinvo- 
lucro  composto  di  un  solo  strato,  il  pih  frequentemente  in  un  cartone  spesso  e  resistente  ed  al- 
cuni di  questi  vespai  raggiungono  dimensioni  veramente    colossali. 

Il  nido    della     Syiioeca    eyanea    delle    terre    calde    del 
Messico  (tig.   778)  raggiunge  anche  un  metro  di  lunghezza, 

su  un    decimetro  e  mezzo    di 

larghezza.   Ha  l'aspetto  di  un 

mezzo  fuso  applicato  sulla  cor- 
teccia di  un  albero.  Si  com- 
pone di  un  solo  favo,  disteso 

sulla  corteccia  stessa,  rivestito 

da  una  lunga  e  robusta  calotta 

di  cartone  spesso  e  duro,   con 

un  grande    ed    unico  foro   in 

basso. 

Le  specie  del  geu.  Polybia 

(s.   I.),   Vespe  esotiche,  per  la 

maggior     parte     dell'America 

Meridionale,  costruiscono  nidi 

con  architettura  e  dimensioni 

assai  variate,    a   seconda   dei 

diversi    generi    e    specie,  dai 

piccolissimi    sulla    pagina    di 

una  foglia,  ad  altri  di  dimen- 
sioni enormi,     come    sono,  ad 

es.,  quelli  della  P.   rejecta  (F.) 

della  Cajenna,   il    cui  vespaio 

supera  il  metro  di   lunghezza, 

e  può  contenere  oltre  centomila 
Insetti,  perche  questa  specie  è  molto  piccola.  Esso  è  rivestito  di  un   cartone  ben  duro  ed  è  di  forma, 
dapprima  conica,  di  poi  cilindrica  (fig.  7791. 

La  Polybia  liliaoea  (F.)  della  slessa  località,   fabbrica  un   vespaio,   che  può  raggiungere  anche 


Fig.  778.  —  Nido  di  Si- 
nocca  (un  terzo  della  gr. 
nat.)  (Da  .Saussure). 


Fig.  779.     —    Nido  di    Polybia    del 
Brasile,   '/G  della  gr.   nat. 


Fig.  780.   —   Chartevguì  chartarins    (Oliv.)  della  Cajenna  :   A  suo  nido    (un   quarto  circa  del  nat.) 
(Dal  Figuier)  ;   B  insetto  ingrandito  (la  croce  a  lato  indica  la  sua    grand,  nat.)  (Da  Saussure). 


i  due  metri  di  lunghezza,  per  oltre  mezzo  metro  di  larghezza,  con  una  quarantina  di  favi  al- 
l'interno e  contiene  una  società  straordinariamente  numerosa.  Questo  vespaio  (come  quello  della 
/'.  scutellaria)  presenta  la  singolarità  di  essere  ornato  di  protuberanze  coniche,  disposte  per  zone 
orizzontali  all'esterno  dell'involucro  e  sono  della  stessa  sostanza  di  questo,  molto  dure  e  resi- 
stenti. Se  ne  trovano  anche  nella  faccia  inferiore  del  nido.  Nelle  celle  si  trova  conservato  del 
miele.   È  questa,  dunque,   una  delle  poche  specie  di   vespe  mellifere. 


LE    SOCIETÀ 


821 


Le  Tatua,  piccole  Vespe  del  Sud  America,  costruiscono  i  più  resistenti  nidi  e  bene  architettati, 
subcilindrici  o  tronco- conici,  rivestiti  del  più  spesso  e  robusto  involucro  di  vero  cartone  (fig.  762), 
così  come  fanno  i    l'hartergus,  le  cui  costruzioni  sono  state  illustrate  da  gran   tempo. 

A  proposito  di  questi  vespai  e  della  sostanza  di  cui  sono  formati,  cioè  un  cartone  perfetta- 
mente impastato,  già  il  Reauniur.  trattando  del  nido  della  Vespa  cartonala  (Chartergm  chartarìus 
Oliv.,  tig.  780)  del  Sud  America,  dove  è  coniunissima.  tantoché  i  suoi  nidi  figurano  in  tutti  i 
musei,   scriveva: 

«  Non  sarebbe  abbastanza  il  dire  che  questa  specie  di  vaso  sembra  di  cartone,  esso  lo  e  real- 
mente e  d'un  cartone  che  non  cede  in  nulla  al  più  bianco,  al  più  forte  che  noi  sappiamo  fare. 
Si  metta  questo  vaso  fra  le  mani  di  uno  dei  nostri  lavoratori  di  cartone,  senza  dirgli  da  chi  è 
stato  fabbricato  :  egli  avrà  un  bel  girarlo  e  rigirarlo,  maneggiarlo,  rimaneggiarlo,  esaminarlo  in 
tutti  i  sensi,  strapparlo,  non  gli  verrà  mai  in  mente  ili  supporre  che  esso  possa  essere  stato  fatto 
da  qualcuno   che  non   sia  della  sua  professione  ». 

L'involucro  dei  nidi  di  altre  specie  di  Chartergm  è,  invece,  sottile  e  delicato  e  fragilissimo, 
come  si  vede  pel   C.   apicalis  (F.),   del  Sud  America. 

Probabilmente,  ad  una  specie  di  questo  genere  si  deve  il  bellissimo  nido  del  Sud  America, 
descritto  già  dal  Milne-Edwards  e  figurato,  poi,  dal 
Saussure,  nel  quale  i  costruttori  hanno  fissato  i  favi 
luugo  l'asse  del  nido  stesso,  che  è  un  ramoscello  di  una 
pianta  ed  attorno  vi  è  costrutto  l'involucro.  Così  tutto 
il   nido  è  sostenuto. 

In  pochi  casi,  riferibili  sopratutto  al  gen.  Polybia 
(s.  I.)  l'involucro  del  vespaio  è  fatto  di  argilla,  come 
è  per  una  specie  del  Brasile,  secondo  la  illustrazione 
del  Saussure  (fig.  781).  L'inviluppo  di  argilla  è  molto 
spesso,  ma  celluioso,  cioè  con  lunghi  vani  scavati  nel 
suo  spessore.  Ciò  probabilmente  per  dare  alla  costruzione 
maggiore  resistenza.   1  favi  sono  di  sostanza  cartacea. 

Un'altra  specie  di  Polybia  (P.  singularis  Due.)  co- 
struisce i  suoi  nidi  di  argilla,  in  forma  di  salvadanaio, 
la  cui  fessura  conduce  ai  diversi  piani 

Anche    la  Polybia    brunnta    (C'urtis)   del   Brasile  co- 
struisce  un   nido  di  una  venticinquina  di  centimetri  di  lunghezza,   per  una  circonferenza  di  45  cm., 
con  una  apertura  di  poco   più  d'un  centimetro  di  diametro,   assai  solido,   il  cui   involucro    rugoso 
è  composto  di  una  sabbia  rossastra. 

Da  questo  alto  grado  di  perfezionamento  nella  maniera  di  nidificazione,  qua- 
lora si  proceda,  secondo  l'ordinamento  sistematico,  dalle  Vespe  sociali  alla  famiglia 
degli  Apidei,  che,  certo,  sono  gli  Imenotteri  più  elevati,  oltrepassate  le  molte 
Api  solitarie,  delle  quali  si  è  già  fatto  cenno,  per  giungere  agli  Apidei  sociali, 
si  vede  che  i  meno  evoluti  fra  questi  ultimi  (ad  es.:  Bombus,  Melipona,  ecc.), 
sono  di  gran  lunga  al  di  sotto  delle  Vespe  sociali,  in  genere,  quanto  ad  abilità 
architettoniche. 


Fig.  781. 


Nido    con     involucro    di 
argilla    (di   Polybia  sp.  del   Brasile) 
(Da  Saussure). 


Apidei  sociali. 

Mentre  l'Ape  rappresenta  il  più  elevato  grado  di  evoluzione  della  società 
fra  gli  Insetti  e  di  perfezionamento  nella  costruzione  del  favo,  taluni  Apidei, 
suoi  affini,  costruiscono  nidi  abbastanza  rudimentali  e  da  non  poter  stare  a  petto, 
come  si  è  accennato,  nemmeno  con  quelli  delle  Vespe  sociali. 

Il  progresso,  nella  nidificazione  va,  in  questa  famiglia,  dai  Bombus  all'Ape. 

Bombus  (1).  —  Per  molte    abitudini    loro    i    Bombus  si  accostano    alle  Vespe 


(1)  Il  gen.  Bombus,  che  è  solo  nella  sottofamiglia  Bombinae,  è  ricchissimo  di  specie  (circa  230), 
diffuse  in  tutto  il  mondo  e  con  moltissime  varietà  per  le  specie  più  ovvie  o  più  note.  La  fauna 
Paleartica  conta  grande  numero  di  specie  di  questo  genere. 


822 


CAPITOLO    SETTIMO 


solitarie;  per  la  presenza  di  operaie  sono  da  ascriversi  alle  specie  sociali,  mentre 
per  la  natura  del  materiale  di  costruzione  (cera)  e  per  altri  caratteri  biologici, 
essi  devono  considerarsi  come  affinissimi  dell'Ape  e  tale  posizione  loro  è  confer- 
mata anche  dalla  morfologia. 

La  femmina  fondatrice  dei  Bombus,  dopo  aver  iniziata  la  costruzione  di 
una  cella,  vi  depone  un  poco  di  pappa  nutritiva  e,  quindi,  un  uovo  e  così  via 
via,  fino  al  compimento  della  cella,  che  può,  così,  contenere  anche  20  uova.  Il 
nutrimento  per  tante  larve,  così  accantonato,  non  è  sufficiente  e  la  femmina  deve 
riaprire,  di  tratto  in  tratto,  la  cella  e  rifornirla  di  cibo. 

Adunque,  il  modo  di  provvedere  alla  nutrizione  delle  prime  larve  si  inizia 
tutto  affatto  come  per  gli  Apidei  solitarii,  secondo  quanto  si  è  già  mostrato;  ma 
si  incammina  verso  la  maniera  in  pratica  pegli  Imenotteri  sociali,  colla  necessità 
di  alimentazione,  porta  di  volta  in  volta  a  larve  allevate  in  celle  aperte.  Allo 
sfarfallare,  poi,  delle  prime  femmine  adulte  di  Bombus,    mentre  la  fondatrice  re- 


Fig.  782.    —   Nido  di   Bombita  mnscoritm  L.   (Da  Figuier). 


stringe,  grado  grado,  le  sue  funzioni  alla  sola  deposizione  delle  uova,  le  femmine 
nuove  nate  sopperiscono  a  tutti  gli  altri  lavori  e  l'alimentazione  delle  larve  si 
fa  più  spiccatamente  conforme  a  quella  degli  altri  Imenotteri  sociali. 

Le  femmine  nuove  nate  compiono  le  funzioni  di  operaie  ;  ma  sono  tutte  fe- 
condabili, per  quanto  molto  più  piccole  della  fondatrice,  in  causa  della  scarsa 
alimentazione,  quale  può  essere  fornita  da  una  sola  madre,  che  deve,  anche, 
provvedere,  senz'altro  aiuto,  a  tutti  gli  altri  lavori  nel  nido. 

La  statura  delle  nuove  femmine  va  aumentando  di  generazione  in  generazione, 
colla  più  abbondante  alimentazione  delle  larve  e,  al  sopravvenire  della  stagione 
calda,  non  si  rileva  più  difierenza  di  statura  fra  le  più  recenti  femmine  e  la  fonda- 
trice. Intanto,  nascono  anche  maschi  ed  avvengono  gli  accoppiamenti.  In  questo 
momento  la  famiglia  è  all'apogeo  di  floridezza.  Col  declinare  dell'estate,  però,  la 
nutrizione  torna  ad  essere  scarsa;  le  scorte  di  miele,  conservato  nelle  celle,  vanno 
impoverendosi,  finché,  in  autunno,  esse  sono  esaurite  e  tutta  la  famiglia  perisce, 
all'in  fuori  di  qualche  femmina  schiusa  più  recentemente,  fecondata  e  che  rimane 
in  vita,  per  passare  l'inverno  e  far  la  parte  di  fondatrice  di  nuovi  nidi  nella 
primavera  successiva. 


I.K    SOCIETÀ  823 


Ciò  accade  uelle  regioni  temperate;  ma,  altrove,  le  cose  variano  essenzialmente,  in  rapporto 
al  clima  più  freddo  o  più  caldo.  Cosi,  nelle  regioni  fredde,  ad  es.  :  in  Norvegia  (secondo  vide 
Sparreschneider,  pel  Bombus  kirbyellus  Curt.),  il  più  spesso,  le  femmine  restano  sempre  sole  nel 
nido;  esse,  quindi,  nidificano  del  tutto  come  gli  Apidei  solitari.  Invece,  secondo  le  osservazioni 
del  Ihering  (1904),  sotto  i  tropici,  al  tirasile,  dove  si  trovano  fiori  durante  tutto  l'anno,  le  fem- 
mine fecondate  rimangono  nel  nido,  e,  colla  fondatrice,  formano  delle  società  poligine  e  perenni, 
che  emigrano  di  tratto  in  tratto  e  si  moltiplicano  per  sciamatura. 

Il  nido  dei  Bombus  è,  per  talune  specie  scavato  sotterra,  per  altre  fabbricato 
sul  suolo,  molto  semplicemente,  con  detriti  vegetali,  sopratutto  di  muschi  (come  fa, 
ad  es.:  il  nostrale  Bombus  muscorum  F.,  tìg.  782),  che  raccolgono  con  grande  fatica. 
La  maggior  parte  dei  Pecchioni,  però,  alloga  il  suo  nido,  entro  cavità  sotter- 
ranee (ad  es.  da  noi  i  B.  terreste)-  L.,  B.  sylvarum  L.,  ecc.).  Le  specie  di  questo 
genere  secernono  cera,  che  emettono  dalla  regione  dorsale,  in  forma  di  laminette, 
che  si  raccolgono  tra  un  anello  e  l'altro  dell'addome,  dove  l'un  arco  dorsale 
ricopre  il  seguente.  L'uso  della  cera,  però,  è  fatto  con  economia;  non  solo  vi  si 
aggiungono  altre  sostanze  di  origine  vegetale,  come  resina  o  propoli;  ma,  viene 
utilizzato  anche  tutto  il  materiale,  che  deriva 
dalla  distruzione  della  prima  grande  cella  di 
allevamento,  per  spalmarne  le  celle  larvali,  man 
mano  che  rimangono  libere,  mentre  si  costrui- 
scono altre  celle,  che,  colle  precedenti,  formano 
un  blocco  massiccio  ed  irregolare  (fig.  783), 
che  per  la  sua  disposizione,  struttura  e  per  i 
vani,  che  vi  sono  scavati,  ricorda  i  nidi  di  ar- 
gilla di  certe  Osmia. 

Nei  Bombus.     adunque,    non  si    può    dire 
che    si    trovino    operaie  specializzate,  cioè  de-     FiS-  783-  -  Celle  del  nido  di  Bombu. 

'  muscorum  L.   (impiccolite). 

stinate  a  tutti  gli  uffici   della  nidificazioue  ed 

allevamento  della  prole,    ma  inette  o  mal  atte 

alla  riproduzione.  Perciò,  i  Bombus,  anche     per    le    caratteristiche    suddette    del 

nido,    si    trovano    intermedii  fra  gli    Apidei  solitari   e  quelli  tipicamente  sociali, 

di  cui  l'altissimo  è  l'Ape. 

Melipona.  —  Un  notevole  progresso  verso  la  più  perfezionata  maniera  di  so- 
cietà di  Apidei  è  rappresentato  dai  Meliponidi,  cioè  Melipone  americane  e  Tri- 
gone dei  due  Continenti,  tutte  specie  tropicali  (1). 

La  società  di  questi  Insetti  è  monogina,  perenne  e  sciamante.  Le  caste  sono 
specializzate  anche  morfologicamente,  perchè  la  regina,  più  corpulenta  delle 
operaie,  è  sprovveduta  di  appaiato  per  la  raccolta.  Essa  non  ha  altro  ufficio  che 
quello  riproduttivo.  Le  operaie  accudiscono  a  tutti  i  lavori  richiesti  dalla  famiglia, 
come  avviene  comunemente  per  gli  Imenotteri  sociali,  ma  conservano  ancora 
qualche  caratteristica  biologica  degli  Apidei   solitari. 

Le  caratteristiche  morfologiche  dei  Meliponidi,  in  confronto  dei  Bombus  e  delle  Api,  sono  le 
seguenti. 

Il  loro  aculeo  è  rudimentale,  perciò  non  possono  pungere  (Talune  Trigone,  però,  sono  molto 
bellicose  ed,  essendo  piccolissime,  si  cacciano  nel  cuoio  capelluto  di  chi  le    molesta  ed    ivi  mor- 


(1)  Il  genere  Melipona  Illig.,  affittissimo  al  gen.  Apis,  compone,  con  questo,  la  sottofamiglia 
Apinae.  Secondo  taluni  sistematici  del  gruppo,  il  gen.  Trigona  è  da  considerarsi  come,  tutto  al 
più,  un  sottogenere  delle  Melipone. 


824 


CAPITOLO   SETTIMO 


dono  rabbiosamente).  Nell'apparato  di  raccolta,  i  margini  contigui  della  cestella  e  della  spazzola, 
anziché  essere  rettilinei  e  formare  una  specie  di  pinzetta  per  afferrare  le  lamelle  di  cera  (come 
è  nelle  Api  e  nei  Bombii*),  sono  arrotondati  (flg.  784,   B). 

Come  i  bombus,   ma  a  differenza  delle  Api,  la  secrezione  cerosa  avviene  nella  regione  dorsale 
dell'addome. 


Fi»    784.  —  Apice  della  tibia  e  primo  articolo  tarsale  del  3.°  paio  di  zampe  in  Apidei  diversi  : 
A   Ape;    B  Melipoua  :   C  Bombus:  a  dall'esterno;   b  dall'interno;   d  trinciacera  (Da  Eiley). 

Quanto  alle  caratteristiche  biologiche,  differenziali  dei  due  gruppi  sopradetti, 
è  da  rilevare  che,  per  ciò  che  riguarda  la  nidificazione,  le  Melipone  si  raccordano 

piuttosto    cogli  Apidei  solitarii    che  coi  Bombus,  mentre, 
per  altro,  si  accostano  alle  Api  sociali. 

Infatti,  le  Melipone  approvvigionano  completamente 
i  loro  alveoli  prima  di  deporvi  l'uovo  ed  in  seguito  li 
chiudono.  Così  appunto  fanno  gli  Apidei  solitari. 

Le  regine  sformate  od  obese,  sono  incapaci  di  volare 
e,  perciò,  non  se  ne  vanno  nella  sciamatura,  ma  riman- 
gono nel  nido.  Sono  le  giovani  femmine  fecondate  quelle 
che  abbandonano  il  nido. 

Da  quello  dei  Bombus  il  nido  delle  Melipone  si  dif- 
ferenzia per  la  presenza  di  veri  favi  a  celle  prismatiche 
esagonali;  ma,  in  confronto  dei  favi  delle  Api,  esse  celle 
sono  da  un  solo  lato,  come  è  nelle  Vespe  sociali. 

Il  nido  delle  Melipone  (fig.  785)  è  una  costruzione 
molto  complessa.  Verso  il  mezzo  sta  una  massa  incuba- 
trice, con  una  camera  centrale,  contenente  favi  disposti 
orizzontalmente  od  obliquamente  e  destinati  solo  all'alle- 
vamento; attorno  è  disposto  un  involucro  (i)  labirintiforme, 
cioè  fatto  di  lamelle  anostomosate,  a  protezione  dalle  in- 
temperie. Si  trovano  poi  degli  otri  (p),  situati  sui  lati  ed 
al  di  fuori  dell'involucro;  essi  sono  sferoidali  od  ovoidi 
e  quivi  è  allogata  la  riserva  di  miele  e  di  polline. 

11  materiale  di  costruzione  di  tutto  ciò  si  è  la  cera; 
ma,  per  l'involucro  e  per  taluni  otri,  le  Melipone  vi  me- 
scolano del  propoli,  nonché  una  speciale  cera  vegetale, 
infusibile,  detta  cerumen.  Quasi  tutte  le  Melipone  nidificano  negli  alberi  vuoti,  e 
la  maggioranza  delle  Trigone  nelle  anfrattuosita  del  terreno.  In  questi  casi  la 
cavità  è  rivestita  di  un  intonaco,  che  la  rende  impermeabile  e,  se  è  troppo 
grande,  viene  limitata  con   tramezzi  (f). 

Altre  Trigone  (ad  es.:  Trigona  ruficrus  Latr.;  T.  cupira  Smitt,  ecc.)  fissano 
i  loro  nidi  sui  rami  degli  alberi.  In  tal  caso  l'involucro  è  fatto  di  lamelle  intrec- 
ciate come  in  quello  delle   Vespe  e  le  esterne  hanno  la   consistenza    della  carta. 


Fig.  785.  —  Schema  di 
nido  di  Melipona  (ad  es.  : 
M.  fulvipes  Guèr,  di 
Cuba,  Messico,  ecc.),  da 
un  nido  fabbricato  in 
una  cassa,  conservato 
nel  Museo  di  Berlino)  : 
a  ingresso  ;  i  involucro; 
p  celle  contenenti  le 
provviste  in  deposito 
(Da  Zander). 


LK    SOCIETÀ  825 


Un  foro  (a)  permette  l'ingresso  alla  camera  incubatrice  ed  agli  otri  e,  gene- 
ralmente, esso  è  protetto  da  un  tubo  solido,  che  si  prolunga  all'infuori.  Questo 
tubo  ha  un'apertura  di  accesso,  che  è  stretta  nei  nidi  delle  specie  ad  abitudini 
pacifiche,  ma  allargata  ad  imbuto  per  quelle  aggressive,  che  hanno  bisogno  di 
uscire  in  massa,  per  questo  loro  istinto    bellicoso. 

Per  costruire  queste  parti  del  nido  le  Melipone  usano  specialmente  l'ar- 
gilla (1)  e  le  Trigone  il  cerumen. 

I  favi,  disposti  parallelamente  fra  loro  e  riuniti  da  pilastri,  hanno  fori  pel 
passaggio  degli  Insetti.  Le  celle  sono  foggiate  a  prisma  esagonale,  a  contatto 
fra  loro,  cioè  con  parete  comune  a  due  d'esse,  come  è  nelle  Vespe  e  nelle  Api 
sociali.  Un  solo  strato  di  celle  costituisce  il  favo.  Ogni  alveolo  è  demolito  dalle 
operaie,  allorché  ne  è  sfarfallato  l'insetto,  ciò  che  fanno  anche  i  Bombus,  e  ne 
viene  ricostrutto  un  altro. 

Nelle  Melipone,  tutti  gli  alveoli  sono  fra  loro  eguali  ;  nelle  Trigone,  invece, 
le  femmine  sorgono  da  alveoli  ovoidali  e  più  ampli  che  non  quelli  delle  operaie. 

Le  femmine  delle  Melipone  rimangono  nel  nido  per  qualche  tempo  dopo 
sfarfallate  e  ciò  per  attendere  di  avere  maturi  gli  organi  sessuali,  probabilmente 
mercè  una  nutrizione  speciale. 

Le  femmine  delle  Trigone  sfarfallano  cogli  organi  sessuali  maturi  e  subito  si 
accoppiano. 


Le  Api. 

Del  genere  Apis,  che  comprende  ben  duecento  specie  circa  ed  è  cosmopolita, 
la  comune  Ape,  A.  mellifica  L.,  essa  pure  diffusa  in,  tutto  il  mondo  (2),  rappre- 
senta il  tipo  ben  noto. 

La  società  delle  Api  è  caratterizzata  da  una  sola  maniera  di  «  neutri  », 
detti  operai,  i  quali  compiono  tutte  le  funzioni,  anche  quelle  difensive  della  fa- 
miglia. 

Il  nido  rappresenta  il  maggior  grado  di  perfezionamento  costruttivo,  in- 
quantochè  le  celle  sono  elevate  sulle  due  facce  del  favo  e  lo  spazio  è  utilizzato 
completamente,  anche  nel  modo  di  contatto  degli  opposti  fondi  delle  celle  stesse. 

Il  fomlo  della  cella,  ò  infatti,  piramidale,  a  tre  l'accie  romboidali;  ciascuna  parete  romboidale 
appartiene  in  comune  a  due  di  tali  piramidi  opposte  (tig.  787).  Ciascun  alveolo  è  prismatico  esa- 
gonale come  quello  delle  Vespe  sociali.  Come  si  vede,  tale  complesso  di  disposizioni  permette  la 
totale  utilizzazione  dello  spazio  e  la   massima  economia  di   materiale. 

Altra  caratteristica  è  rappresentata  dalla  direzione  dei  favi,  i  quali  sono  di- 
sposti secondo  piani  verticali,  in  confronto  di    quanto  si  è  veduto  per  le  Vespe, 
.  dove  sono  quasi  sempre  disposti  orizzontalmente. 


(1)  Di  argilla  battuta  {battimeli  degli  Autori)  sono  fatti  i  tramezzi  a  riduzione  della  cavità 
secondo  i  bisogni  degli  Insetti.  L'Ihering  afferma  che  tali  strati,  per  le  specie  brasiliane,  hanno 
uno  spessore  di  1-2  cm.  ;  mentre  i  tramezzi  di  ceruinen  fatti  dalle  Trigona  allo  stesso  scopo  hanno 
uno  spessore  di   2-4   cm. 

(2)  Con  molte  varietà.  Ad  es.,  oltre  la  var.  ligustica  Spio.,  che  «•  la  nostrale,  coltivata  da 
tempo  nell'Europa  meridionale  ed  altrove,  sono  ricordate,  dagli  autori,  ben  altre  dodici  varietà, 
dirtnse  dalla  China  e  dal  Giappone  al  Capo  di  B.  .Speranza,  dall'America  boreale  al  Madagascar, 
alla  N.  Guinea,  ecc. 

A.  Beblbsb,  Gli  Insetti,  II.  —  101. 


826 


CAPITOLO    SKTTIMO 


L'alveare    è,    dunque,    mi    insieme     di     favi    pianeggianti,    verticali    e  pa- 


\éy^      l 


Fig.   786.   Apis  mellifica  L.  varietà  ligustica  Spili.   (Ape  nostrale),    nelle  sue  tre  forme  : 

A  operaia;  B  regina;  C  maschio,  tutte  ingrandite  del   doppio. 


Fig.  787.  —  Il  fondo  delle  celle  del 
favo  di  Ape.  Ingr.  due  volte. 


ralleli,    discosti    più    o     meno     l'uno     dall'altro. 

A  questi  nidi  manca  un  comune  involucro  ; 
essi  debbono  sempre  essere  allogati  entro  cavità 
preesistenti.  Eccezionalmente  si  è  però  trovato 
qualche  alveare  di  Ape  comune,  composto  di  favi 
scoperti,  ad  es.:  attaccati  liberamente  a  rami  di 
alberi  come  è  d'abitudine  per  altre  specie  (fi- 
gura 789). 

Il  materiale 
di  eostruzione  è 
la    cera    (di  cui 


si  è  detto  nel  voi.  I.°,  a  pagg.  500,  501),  che 
trasuda  su  due  aeree  o  placche  nella  metà  ante- 
riore dagli  archi  addominali  ventrali  (figg.  791, 
792,  793  e)  e  quivi  si  raccoglie  in  sottili  lauri - 
nette. 

La  cera  (secrezione  cosi  diffusa  tra  gli  Insetti  di  tutti 
gli  ordini)  è  impiegata  come  materiale  di  costruzione  dei 
nidi,  solo  dagli  Apidei  (Bombus,  Trigonidi,  Apis).  Le  ghian- 
dole ciripare,  nell'Ape  operaia,  sono  addossati-  internamente 
agli  archi  ventrali  addominali,  dal  2."  al  7.°,  secondo  si 
vede  anche  nella   fig.    793. 

Le  sottili  laminette  di  cera,  man  mano  che  si  formauo, 
vengono  staccate,  dall'insetto,  merce  le  due  zampe  poste- 
riori (fig.  792,  A);  sono  divise,  in  pezzetti  da  una  specie  di 
forbice  o  pinzetta,  che  e  fatta  dall'angolo  esterno  dell'e- 
strema tibia,  che  agisce  contro  quello  affilato,  che  appartiene 
al  primo  articolo  tarsale  (angolo  esterno-isuperiore,  voi.  I, 
tìg.  283  pag.  246  ed  annessa  lig.  794  B).  I  piccoli  pezzetti 
di  cera,  così  rimossi  dall'addome,  sono  impastati  colle 
mandibole  e  le  zampe  anteriori  (fig.  791,  /.'),  e  la  pallotto- 
lina,   elio   ne    riesco,    <•   subito   messa    in    opera. 


Fig.  788.  —  Geometria  di  (tre)  celle 
contigue  ed  opposte  nel  favo  di 
Ape  comuue. 


In  piccola  parte,  nelle  costruzioni  entra  anche 
il  propolis,  cioè  una   sostanza  continente  resina,  raccolta  senz'altro  sulle  piante  e 


I.K   SOCIETÀ 


827 


così  detta  perchè  è  impiegata,  più  che  altro,  in  costruzioni  di  adattamento  dell'al- 
veare, specialmente  avanti  alla  città,  cioè  alle  porte  d'ingresso  all'alveare  stesso. 

Ogni  fessura  o  pertugio  del  nido,  sono  stuccati,  dalle  operaie,  mercè  il  propoli,  col  quale, 
ancora,  rinforzano,  spesso,  gli 
attacchi  dei  favi,  ai  punti  di 
sospensione.  Con  questa  specie  di 
mastice  vengono  anche  ricoperti 
i  corpi  morti  di  animali  pene- 
Irati  nell'alveare  e  quivi  uccisi 
dalle  Api,  quando  sieno  così  vo- 
luminosi e  pesanti  da  non  poter 
esserne  asportati  dalle  operaie. 
Con  questa  maniera  di  imbalsa- 
mazione o  di  seppellimento  è  ov- 
viato il  pericolo  di  danno  all'al- 
veare, per  la  presenza  di  simili 
corpi  in  decomposizione  entro  il 
nido. 

Si   trovano  spesso,  in  questo, 
così  fatte  tombe,   che  contengono 
morte  lumache  o  Aeherontia,    che 
hanno,  così,     pagato  il  fio    della      Fig.  789.  —  Favo  di  Apis  fiorea  F.  dell'India:  B  celle  regali; 
loro     imprudenza  o   ghiottoneria.  M  id-  di  maschi;    0  id.   di  operaie;    ni   id.     per    deposito 

„  „,  .       .  ,  miele.  Circa  un  quarto  della  gr.  nat.  (Da  Friese). 

he    una  Chiocciola,     per  sua  a  \  i 

mala  ventura,  penetra  in  un  al-      Fig.  790.  —  Contorno  delle    celle    (in  favo  di  Ape)    maschili 

veare,  è   subito    aggredita    dalle  W  e,di  °Peraia    W    ed  altre  ^regolari  (e)  pel  raccordo, 

ss  grand,   nat. 

Api.  Kiceve  un  colpo  di  pungolo, 

con    che     si  ritira,    schiumando, 

a  morire  entro  il  suo  guscio.   Questo     è  subito  incollato,   pegli  orli,   al    piano  su  cui     il    mollusco 

strisciava,  e  ben  bene  fissatovi,  che    non   rimanga  fessura,  mercè  il  propoli.  Il  guscio    diviene  la 

tomba   del  suo  abitatore  e  ben   chiusa. 


Fig.   790. 


Fig.   191. 


Fig.  792. 


B 


Fi 


791. 


Sezione  sagittale,  schematica  dell'addome  di  un  Ape  operaia,  per  mostrare  la  dispo- 
sizione delle  placche  eiripare  (C)  negli  sterniti  4-7  (Da  Dreyling). 

Fig.  792.  —  Ape  operaia  che  lavora  la  cera  :  A  dal  ventre  mentre  si  stacca  le  squamette  di 
cera  colle  zampe  posteriori;  B  di  lato  mentre  si  toglie  colle  mandibole  la  pallottola  di  cera 
dalla  spazzola  della  zampa  terzo  paio.  Ingrand.  due  volte  (Da  Casteel). 


Le  celle  sono  di  tre  maniere,  cioè  quelle  da  operaie,  rappresentanti  la  gran- 
dissima maggioranza,  e  sono  le  più  piccole,  cioè  a  diametro  più  stretto;  quelle 
per  maschi,  alquanto  maggiori  (tìg.  790)  e  quelle  per  regine,  più  grandi  delle 
altre,  isolate  sugli  orli  del  favo  e  fabbricate  in  modo  speciale  anche  nel  loro  esterno 
(fìgg.  705,  796). 


828 


CAPITOLO    SETTIMO 


Tra  le  due  prime  maniere  di  cellule  non  è  differenza  se  non  di  diametro  e, 
quindi,  di  capacità;  ma,  la  cella  reale  è  dift'erentissima  ed  isolata.  Essa  ha  forma, 
presso  a  poco,  di  una  ghianda  senza  cupola  (fig.  794),  ed  è  marcata  di  intacca- 
ture (quasi  inizio  del  fondo  esagonale  delle  ordinarie 
celle)  sulle  sue  pareti  esterne.  Queste  celle  reali  sono 
dirette  col  loro  asse  maggiore  verticalmente,  cioè 
con  direzione  esattamente  perpendicolare  a  quella 
orizzontale  dell'asse  delle  celle  da  operaie  o  da 
maschi. 

Polifilia  delle  Api.  —  La  riduzione  degli  organi 
genitali  nelle  femmine,  che,  così,  riescono,  fisiologi- 
camente neutre  (fig.  797  E),  è  completa;  solo  ecce- 
zionalmente si  trovano  operaie  capaci  di  ovitìcare; 
ma,  non  essendo  intervenuta  la  fecondazione,  da  tali 
uova  non  sorgono  che  maschi. 

La  casta  di  così  fatte  femmine  sterili,  cioè  delle 
operaie,  forma  il  grosso  nucleo  della  famiglia.  I 
maschi  non  ne  rappresentano  che  il  quinto,  al  mas- 
simo, e  vivono  solo  due  mesi,  da  maggio  a  luglio. 
Le  differenze  sessuali  sono  rilevanti  e  cospicue 
a  prima  vista  (fig.   786,   798). 

Il  maschio  (fig.  786,  G),  più  corpulento,  più  vel- 
loso delle  operaie  è  sprovveduto  di  aculeo;  ha  la 
testa  più  voluminosa,  sopratutto  per  l'enorme  svi- 
luppo degli  occhi  composti,  che  riescono  fra  di  loro 
contigui  sulla  linea  mediana,  al  vertice  del  capo 
(fig.  798,  3).  Oltre  a  ciò,  il  maschio  è,  nella  sua  qua- 
lità di  ozioso,  sprovveduto  degli  speciali  utensili  di 
lavoro  (fig.  793,  A),  rappresentati  dagli  arti  confor- 
mati in  modo  speciale,  in  rapporto  coi  diversi  usi, 
a  cui  sono  chiamati  nel  fervido  lavoratore  che  è 
l'operaia. 

Tra    le    femmine,    la  sola  riproduttrice  ovipara 
normalmente    è    la    così    detta   «  regina  »,  che  è  la 
madre  della  colonia.  Differisce,  essa  pure,  per  ridu- 
zione   degli  organi  di  lavoro    (fig.  794,  C),    in  con- 
fronto delle  operaie,  oltreché  per  altri  caratteri  morfologici,  tra  i  quali  la  dimen- 
sione dell'addome,    che  è    più    grande,    come  si  conviene  per  contenere  le  ovaia 
molto  sviluppate  e  molto  attive. 


Fi^.  793.  —  Sterniti  addominali 
(dal  2.°  al  7.°)  di  Ape  ope- 
raia, per  mostrare  le  placche 
ciripare  (C)  nei  4.°-7.°  (Da 
Dreyling). 


Fig.  794.  —  Jpi8  mellifica.  Primo  articolo  del  tarso  3."  paio:  A  nel  maschio:    B  nell'operaia  ;  C 
nella  regina  ;  a  dall'interno  ;    b  dall'esterno  (Da  Kellog). 

La  regina  (fig.  786,  B)  (della  specie  nostrale)  vive  tre  anni  circa,  almeno,  in  condizione  buona 
per  mantenere  fiorente  la  colonia  e,  per  tutto  questo  tempo,  utilizza,  a  fecondazione  delle  uova> 
che  giornalmente  partorisce  durante  la  buona  stagione,  il  deposito  di  nemasperuii  contenuti  nella 
spermotnca  e  che  le  derivano  dall'unico  accoppiamento  subito  pochi  giorni  dopo  la  achiusura 
(fig.    7H9). 


I.K    SIK'IKTA 


fJ9 


La  determiuazione  della  forma  «  regina  »,  in  confro 
degli  organi  genitali  o  loro  riduzione  alla  steri- 
lità, è  attribuito  a  cause  estrinseche  all'uovo.  Lo 
stesso  uovo,  infatti,  può  dare  origine  ad  una  fem- 
mina perfettamente  evoluta  (regina)  o  ad  una  in 
parte  atrofica  (operaia),  a  seconda  del  come  può 
svolgersi  la  larva,  che  ne  schiude,  cioè  per  condi- 
zioni di  ambiente  e  di  nutrizione.  In  questa  diffe- 
renziazione la  regina  non  ha  parte,  ma  essa  è  tutta 
delle  operaie.  Invece,  la  regina  può  determinare, 
anche  a  volontà,  come  generalmente  si  crede,  la 
produzione  di  maschi  in  confronto  di  quella  di  fem- 
mine,   fecondando    l'uovo  al    suo  passaggio   dinanz  i 

alla  sperino  teca , 
■neutre  fuoriesce,  o 
deponendolo  infe- 
condato. Pare  che 
la  cella  più  stretta, 
destinata  alle  ope- 
raie, comprimendo 
l'addome,    che   vi  è 


Fig.  796.  —  Sezione  di  favo 
di  Ape  mostrante  nelle 
singole  celle  l'uovo  o  le 
larve  a  diverso  grado  di 
sviluppo  ed  in  una  cella 
reale  la  larva  della  futura 
regina  (a  destra),  gr.  nat. 
(Da  Brenton). 


nto  della    «  operaia  »,   cioè  dello   sviluppo 


oHranf 


ri 


!"ig.  795.  —  Porzione  di  favo  di  Ape, 
mostrante  le  celle  delle  operaie  ed,  in 
basso,   quattro  celle  reali.   Grand,   nat. 


insinuato  a  forza  dalla  regina,  de- 
terminando cos'i  una  pressione  sulla 
spermoteca,  possa  costringere  alla 
fuoruscita  i  nemaspermi,  al  passaggio 
dell'uovo  e  quindi  la  fecondazione 
sua.  Per  converso,    la  cella  più  ampia, 


Fig.    71)7. 


Organi  genitali  interni   di   Ape.   A   di   regina 
B  di  operaia.    (Dagli   Autori). 


maschile,  non  determina  questo  forzamento.  Se  ciò  sia  e 
non  intervenga  piuttosto  la  volontà  ma- 
terna o  l'uno  e  l'altro  agente,  a  seconda 
dei  due  casi,  è  tuttavia  discusso.  Ma, 
la  formazione  di  una  regina  richiede 
ambiente  opportuno  allo  svolgimento 
della  larva,  cioè  una  cella  di  una  certa 
capacità,  superiore  a  quella  per  le  ope- 
raie, come  è,  appunto,  la  cella  reale. 
Inoltre,  l'allevamento  della  larva  si  fa 
in  base  ad  un  regime  speciale.  Le  larve 
reali  sono  nutrite  con  una  pappa,  che 
si  ritiene  più  sostanziosa  che  non  quella  comune  pel  rimanente  popolo;  certo  essa  è  tale  da 
determinare,  od  almeno  favorire,  lo  sviluppo  completo    degli  organi  genitali. 

Così,  quando  ad  un  alveare  venisse  a  mancare  improvvisamente  la  regina,  le  operaie,  che 
se  ne  avvedono  tosto,  possono  provvedere,  allevando,  tra  le  larve  giovanissime  di  operaie,  una 
d'esse,  scelta  a  lor  criterio,  in  modo  da  ottenerne  una  regina.  La  sua  cella  è  allargata,  a  spese 
delle  comuni  vicine,  fino  a  farne  una  cella  reale  fabbricata  e  disposta  come  si  conviene,  e  la 
giovane  larvetta  è  nutrita  colla  pappa  reale. 


Fig.  798.  —  Apia  mellifica,  capo  veduto  anteriormente 
/  di  operaia;  2  di  regina;  3  di  maschio;  egual 
mente  ingrand. 


830 


CAPITOLO    SETTIMO 


È  da  rilevarsi  che  questo  speciale  regimo,    mentre    sviluppa   i  caratteri    regali,     riduce  quelli 

particolari  dell'operaia,  il  quale  accomodamento  interviene 
per  quella  relazione  degli  organi  tutti,  per  cui  ogni  sesso, 
ogni  età,  ogni  casta  ha  le  sue  speciali  caratteristiche  morfolo- 
giche, interessanti  più  organi,  in  rapporto  colle  funzioni  in- 
dividuali. 

Le  operaie  (fig.  785,  A)  compiono  tutti  gii  uffici, 
all'infuori  di  quelli  riferentesi  alla  riproduzione,  cbe 
spetta  ai  soli  sessuati.  Esse  provvedono,  ancora, 
alla  difesa  della  colonia  e  non  vi  ha  cbi  non  sappia, 
anclie,  di  quale  animo  ed  efficacia  sieno  questi  sol 
dati   d'occasione. 


Fi 


.  799.  —  Ape  regina  e  maschio 
in  accoppiamento  (ingrand, 
il  doppio!  (Da  Buttel  Ree- 
pen). 


Il  regime  è  as- 
solutamente veg  e  t  a  - 
ri  ano.  Le  Api  non 
si  nutrono  cbe  di 
prodotti  vegetali,  sopratutto  di  miele,  cioè  di  una 
sostanza,  cbe  desumono  dalle  piante,  particolarmente 
dal  nettare  zuccherino  dei  fiori  ed  elaborano  nella 
loro  ingluvie.  Quando  ne  hanno  a  sufficienza,  così 
preparata,  la  rigurgitano  entro  le.  celle,  fino  a  riem- 
pirle. 

Quivi,  il  miele,  introdotto,  in  tal  guisa,  a  piccolissime 
porzioni,  ha  il  tempii  di  assodare,  così  da  non  colare  dal  reci- 
piente disposto  orizzontalmente,  ove  è  allogato  e,  quando 
sia  concentrato  abbastanza,  tanto  che  non  possa  fermentare,  la 
cella  i-  chiusa  dalle  operaie,  mercè  un  opercolo  di  cera.  Così, 
nella  buona  stagione,  si  stabiliscono  ricchi  depositi  di  miele, 
del  quale  le  Api  si  nutrono  di  continuo;  ma,  più  che  mai, 
quando,  per  le  temperie  avverse,  come  è  nelle  giornate  di 
maltempo,  esse  non  possono  uscire  a  procacciarsi  il  nutrimento 
direttamente  dai  fiori,  oltreché  a  lavorare. 


-\ 


>'-"': 


Fig.  S00.  —  Zampe  posteriori 
(parte  della  coscia,  tibia  e  tar- 
so) di  Ape  operaia.  A  dal  lato 
interno,  mostrante  in  e  la  squa- 
iiietta  di  cera  staccata  dal  ven- 
tre: B  dal  lato  esterno,  mostran- 
te in  p  il  polline  accumulalo 
sulla  cestella  (da  Casteel). 


Le  Api  trasportano    anche    il  polline  dei  fiori. 

(che  raccolgono  togliendolo    dalla  peluria  rivestente 

il  loro  corpo,  sulla  quale  aderisce  abbondante  dopo 

una  visita  ad  un  fiore),  mercè  spazzole  di  peli,  quali 

sono  nelle  zampe  loro,  specialmente  nei  seg- 
menti tarsali,  e  sopratutto  nella  faccia  in- 
terna del  primo  articolo  del  tarso  3.°  paio 
(fig.  800,  A),  dove  più  serie  di  corti  peli 
fitti  sono  disposti  esattamente  come  nelle 
spazzole  di  nostro  uso.  11  polline  raccolto 
così,  conglobiate  in  una  pallottola,  viene 
allogato  sulla  cestella,  cioè  sulla  superficie 
liscia  della  faccia  esterna  della  tibia  3.° 
paio;  quivi,  questa  massa  è  trattenuta 
anche  dai  peli  eretti,  che  fauno  siepe  lungo 
gli  orli  della  detta  faccia  della  tibia  (fi  - 
gura    800,   B,   j>),    ed  allorché    ambedue  le 

cestelle    sono  ricolme  dell'odoroso  bottino,    l'operaia  se  ne  ritorna  a   volo  fretto- 


Fig.  801.  —  Ape  operaia  (ingrandita),  che 
ritorna  carica  di  polline  accomodato 
sulle  zampe  posteriori  (da  Casteeli. 


I.K.    SOCIETÀ  831 


tosamento  nel  suo  nulo  (fig.  801).  Quivi,  anche  il  polline,  così  raccolto,  quando 
non  venga  subito  utilizzato  a  preparare  la  pappa  per  le  larve,  è  immagazzinato 
nelle  celle;  stipatovi  bene  col  suo  capo,  dalla  operaia,  e,  di  poi,  a  cella  quasi 
ripiena,  coperto  con  uno  strato  di   miele. 

La  regina  non  pensa  ad  altro  che  ad  ovificare.  Nell'Ape  nostrale  essa  può 
dare  anche  duecento  uova  al  giorno,  nella  stagione  più  propizia.  Le  operaie,  che 
ha  sempre  intorno,  numerose,  a  curarla  premurosamente,  nutrirla  con  miele,  pu- 
lirla, spazzolarla,  ventolarla  colle  ali  quando  nell'alveare  fa  molto  caldo,  perfino 
portarla  quando  è  stanca,  provvedono  a  tutto  quanto  abbisogna  alla  regina  stessa 
ed  al  facile  compimento  dell'ufficio  suo.  I  maschi  non  fanno  assolutamente  nulla 
a  vantaggio  della  comunità.  Essi  non  provvedono  che  a  sé  ed  a  godersi  quei 
pochi  giorni  di  vita  libera  loro  concessi. 

Si  sono  ricordate,  in  precedenza,  esuberanze  morfologiche  e  cromatiche  di  nessuna  utilità  pra- 
tica (talora  anzi  incomode  ed  a  carico)  per  l'individuo,  che  le  possiede  e  per  la  specie,  a  cui  esso 
appartiene  e  si  sono  dichiarate  per  un  lusso  ornamentale,  testimonio  di  condizione  agiata  della 
specie  stessa.  Si  sono  citati  atti  oziosi,  col  medesimo  significato.  Ecco  ora  una  intera  casta  di 
individui  oziosi,   cioè  destinati     solo    ad    essere    superflui    nella  fervente  attività  che  li  circonda. 

Questa  e  anche  tuia  maniera  di  lusso,  che  la  specie  si  permette  nella  sua  ricchezza  (condi- 
zione, adunque,  diametralmente  opposta  a  quella  difficile  esistenza,  che  obbliga  altre  specie  alla 
partenogenesi  telitoca,  con  una  quasi  totale  assenza  di  maschi),  la  quale  ricchezza  è  tale  da  con- 
sentire che  la  specie  provveda  a  eè  lautamente  e  del  superfluo  doni  altrui,  senza  esigere  com- 
penso alcuno;  esempio  questo  se  non  unico,  certo  rarissimo  di  felicità  materiale  da  parte  di  una 
specie  organica.  '  nche  sotto  questo  punto  di  vista,  la  società  delle  Api  è  la  pio  perfezionata 
fra   quante  sono  di   tutti  gli   altri  viventi,   non  escluso   l'uomo. 

L'incremento  numerico,  grandissimo,  di  individui,  che  schiudono  durante  la 
buona  stagione  diviene  incompatibile  colla  capacità  del  nido,  d'onde  ne  accade 
lo  sdoppiamento,  per  sciamatura. 

La  vecchia  regina  abbandona  il  suo  nido,  andandosene  a  volo,  seguita  dalle  vecchie  operaie 
e  lascia  la  casa  ben  fornita  ed  accomodata  ad  una  delle  nuove  regine  ed  alle  giovani  operaie. 
Lo  sciame  si  raccoglie  su  qualche  punto  d'appoggio  (un  ramo  d'albero,  un  travicello  di  qualche 
costruzione,  ecc.)  non  troppo  discosto  dal  nido:  vi  staziona,  formando  un  grande  grappolo  d'Api, 
attaccate  le  une  altre;  di  poi  riprende  il  volo,  per  recarsi  alla  dimora  definitiva,  certo  prima 
scelta  da  esplorataci,  e  quivi  inizia  subito  la  costruzione  di  favi. 

Nell'annata,  almeno  per  la  specie  nostra,  possono  succedersi  altri  sciami,  durante  la  buona 
stagione,  ma  sono  di  minor  forza  del  primo,  che  è  sempre  il  più  numeroso  e  ben  promettente. 
L*n  piccolo  numero  di  regine  è  allevato  contemporaneamente,  ma  una  sola  regina  domina,  alla 
line  e  rimane  dagli  accaniti  duelli  che  due  d'esse,  sfarfallate  insieme,  impegnano  a  morte,  subito, 
appena  si  scorgono  e  pratica  subito  l'eccidio  delle  sorelle  ancora  nella  cella.  Infatti,  la  prima  regina 
della  covata,  (die  viene  all'aperto,  disopercola  le  celle  ancor  chiuse  o  raggiunge,  in  parte,  con  un 
colpo  d'aculeo,   le  disgraziate  che  stavano  per  uscirne. 

Delle  pochissimo  specie  di  ilelittofili  e  dei  non  pochi  organismi  viventi  a  carico  delle  Api, 
in  grado  vario  loro  avversi,  diremo  piii  innanzi,  come  già  si  è  promesso  per  le  specie  organiche, 
la  cui   vita  dipende  o  gravita  intorno  a  quella  di  altri   Insetti  sociali. 


Le  Formiche. 

La  Società  delle  Formiche  è  caratterizzata  di  fronte  a  quella  degli  altri 
Imenotteri  fin  qui  veduti,  dall'atterismo  dei  neutri;  dalla  vita  larvale  e  ninfale  in 
comune. 

Polifilla  delle  Formiche.  —  Anche  nelle  Formiche,  tre  sono  le  caste  di    individui 


CAIMTOI.O    SETTIMO 


componenti  la  Società,  ossia:   Maschi,    Femmine    ed  Operai.    Questi    ultimi    sono 

femmine  con  organi  geni- 
tali così  ridotti  da  riuscire 
inetti  alla  riproduzione 
(figg.  S02,    803,   804). 

In  generale,  le  forme 
destinate  alla  riprodu- 
zione (maschi  e  femmine 
ad  ovaia  bene  sviluppate) 
sono  provveduti  di  ali  ; 
i  primi  per  tutta  la  loro 
esistenza  di  adulti,  le 
seconde  per  un  breve  pe- 
riodo soltanto.  Le  forme 
pertinenti  alla  casta  dei 
neutri  sono  sempre  at- 
tere. 

In  ciascuna  di  queste 
principali  caste,  però,  si 


Fig.    S02. 
Pheìdole    pallìdala  Nyl.   —  a    soldato;  b  operaia;    e   femmina 
dealata;  il  femmina  alata;  e  maschio,  tutti  egualmente    ingranditi 
(da  Emery). 


riscontrano  individui  distinti  fra 
loro  da  caratteri  molto  bene  co- 
spicui e  che  possono,  anche,  sta- 
bilire nette  divisioni  degli  indi- 
vidui stessi  in  caste  secondarie, 
aventi  anche  uffici  diversi,  oltre 
che  differenti  caratteri  morfolo- 
gici. Nei  sessuati,  le  differenze 
individuali  si  richiamano  al  vario 
sviluppo  degli  organi  sessuali  e, 
conseguentemente,  dei  caratteri 
secondari  del  sesso.  Di  qui  non 
risultano,  dunque,  nette  e  costanti 
distinzioni  in  sottocaste,  ma  una 
serie  maggiore  o  minore  di  tipi, 
definibili  abbastanza  esattamente, 
sebbene  collegati  da  forme  inter- 
medie. 

Invece,  tra  gli  individui  ad 
organi  genitali  non  evoluti,  che 
si  è  detto  essere  esclusivamente 
femmine,  qualche  suddivisione  in 
sottocaste  bene  defluite  e  distinte 
nei  loro  tipi  estremi,  sia  pure  con 
anelli  intermedi  molti,  è  possibile 
ed  evidente,  quella  massima,  ad 
es.,  tra  operai  propriamente  detti 
e   snidati. 

Nella   casta   delle  operaie   (fi- 
siologicamente   neutre),   le  varia- 
zioni, adunque,  non  sono  già  in  rapporto  collo  sviluppo  degli  organi   sessuali,  ma 
con   quello  di  altri  organi,  quelli  cioè  di  relazione. 


Fig.     S03. 
Pheidole  instabili*  Em.  —  «  soldato  ;  b,  e,  d,  e,  operai  inter- 
medii  ;    f  operaio  tipico  (micrergate)  ;   g  femmina   dea- 
lata ;     li     maschio,     tutti    egualmente    ingranditi     (da 
Wheeler). 


I.K    SOCIKTA 


>:;:: 


Possono,  però,  intervenire  variazioni  anche  nello  sviluppo  degli  organi  ses- 
suali, con  conseguente  variazione  di  caratteri 
secondari  ed  in  tal  caso  si  determinano  t'orine 
intermedie  fra  le  neutre  e  le  sessuate,  sia  nella 
serie  maschile,  quanto,  ed  assai  di  più,  in  quella 
femminile. 

si  avranno,  così,  oltre  ai  normali,  maschi  ergaiomorfi 

od  ergatoidi  (ligg.  SOS,  B  ;   S06,  '2,  3),   con  caratteri  per 

cui    tendono  ad  incorrere  nella  casta  dei  neutri     (ergateli 

=  operaio)  e   neutri  andromorti    (ergandroinorlì),    quali 

forme  che   vanno  incontro  alle  precedenti,   con   caratteri 

più  di     neutri  che  di   maschi. 

Per  la    serie  femminile,    egualmente    si     doteranno 

forme  er- 
ga! iì  g  i  n  e 
od  erga- 
toidi della 
serie  tem- 
ili i  n  i  1  e, 
eun  tipi 
vari,  a  se- 
roiiila  del- 
la prepon- 
ili- ra  n  z  a 
dei  carat- 
teri ili  una 
casta  s  u 
quelli  del- 
l'alila. 

Quanto 


<JO 


Fi s.  805. 


Formicoxenus  nitidulus  Nyl.  A 
operaia;  fi  maschio  ergatomorfico.  egual- 
mente ingranditi  (da    Wheeler). 


Fig.  804.  —  Dimorfismo  sessuale  nella 
forma  del  capo. 

Cryptocerus  variane  F.  Sin.,  delle  Indie 
or.  A  femmina;  />'  maschio;  C  sol- 
dato, veduti  di  profilo  ed  egualmente 
ingranditi  (da   Wheeler). 


alle  forme    intermedie    tra    il    maschio 
,•  la  femmina  buoni  sessuati,  cioè  ginandromorfe,  esse 
devono   ritenersi  per  nettamente    anormali,   cioè    pa- 
tologiche   e    per  tali     si  sono    ricordate   già  a  pag.   l«i;l  ài 

questo   voi.  ed  è  anche  figurato  (fìg.469)  un   individuo  gi- 

nandioiiioifo  di  Formica  sanguinea. 

Il   caso     è    esemplificato,   dal   Wheeler,   anche  per  altre 

specie  di  Formiche    (Epipheidole    inquilina  Wheel.  ;   Formica 

microgijna  Wheel.),  ed  anche  quello  di  individui,   che  da  un 

lato  sono  maschile,  quindi  alati,  dall'altro  operai  e  perciò 

atteri  (Ergatandri  ad  es.,  Aphenogaeter  picea). 

Maschio  (figg.  SO.!,  e;  803.  h  ;  804,  B).  Nella 
grandissima  maggioranza  delle  Formiche  il  ma- 
schio è  alato  e  le  sue  ali  non  sono  caduche.  In 
rarissime  specie  il  maschio  è  attero,  come  è  ad  es.: 
néiVAnergates  atratulus  (Sebi-.),  che  vive  parassiti- 
camente nei  nidi  di  Tetramorium  caespitum.  Questi 
maschi  sono  forme  quasi  abortive,  perchè  appena 
capaci  di  sostenersi  sulle  zampe  ed  inetti  a  cam- 
minare fuori  del  nido.  Anche  il  maschio  del  For- 
micoxenus, ospite  della  Formica  rossa,  è  attero 
(fig.  805.  B). 

Il   Wheeler  cita  le    seguenti  forme  di  maschi 
(oltre    quella  tipica    e    quella   anormale    ora    ricordate),  cioè  intermedie  in  grado 
vario  tra  i  tipici  e  quelli  morfologicamente  da  assomigliarsi  agli  operai. 

A.  BERI.ESK,    Oli  Insetti.  II.   —  1U5. 


Fig.  806.  —  Maschi  di  Fonerà. 
I  alato  (normale)  di  /'.  eduardi  For.: 
8  ergatomorfico  della  stessa  specie; 
3  id,  di  P.  pimotatissima  Kog., 
tutti  egualmente  ingranditi  (da 
Wheeler). 


834  l'ArlTOLO    SETTIMO 


1.°  —  Individui  ergatoidi  perchè  non  hanno  ali  e  per  la  struttura  delle 
antenne.  Si  trovano,  ad  es.,  in  specie  dei  generi  Poneva,  Symmyrmica,  Techno- 
myrmex,  Gardiocondyla,  talora  abbastanza  spesso,  così  che  talune  di  esse  pos- 
sono dirsi  (ad  es.:  Poneva  eduardi  For.  *flg.  806  1,  2)  specie  a  maschi 
dimorflci. 

2.°  —  Maschi  sempre  ginecoidi  o  giuecomortt,  rassomiglianti  a  femmine 
piuttosto  che  ad  operai.  Si  trovano  in  specie  parassite,  ad  es.  :  dei  gei).  Atterga- 
tes,  Epoecus. 

3.°  —  Individui  patologici  arretrati  per  ciò  che  corrispondono  allo  stadio 
pupale,  a  causa  del  parassitismo  subito  allo  stato  di  larva  per  parte  della  larva 
di    un  Imenottero  endofago  (Orasema). 

Femmina  (flgg.  802,  e,  d,  ;  803,  g  ;  804,  A  ).  È  questa  la  forma  più  caratte- 
ristica della  specie  e,  generalmente,  la  maggiore  fra  tutte.  Gli  individui  di  questo 
sesso,  in  generale,  sono  alati,  allorché  sfarfallano;  tutti  però  finiscono  per  per- 
dere le  ali  più  tardi,  come  si  dirà.  La  loro  testa  è  bene  sviluppata  ed  ha  ocelli 
ed  occhi  composti  abbastanza  grandi;  il  torace  è  molto  più  largo  e  robusto,  per- 
ciò che  contiene  i  poderosi  muscoli  del  volo.  Le  femmine  vergini,  infatti,  sono 
alate.  L'addome  è  voluminoso,  perchè  contiene  le  ovaia  suscettibili  di  dar  frutto. 

Gli  individui  femmine  possono  variare  sia  nell'ambito  della  normalità,  pel- 
le dimensioni  di  tutto  il  corpo  o  per  le  proporzioni  delle  singole  parti  fra  loro; 
sia  anormalmente,  assumendo  strutture  e  caratteristiche  speciali  di  altre  caste 
(individui  ginandromorh*  ed  ergatoidi)  sia  per  cause  patologiche,  quando,  per  azione 
di  parassiti,  che  hanno  agito  durante  gli  stadi  giovanili,  ne  è  alterata  la  normale 
evoluzione  e  ne  riesce  un  individuo  deficente,  ad  es.:  attero,  stenonoto,  microce- 
falo, microttalmo  ecc.  Cotali  sono  le  forme  pseudogyne  e  phthisogyne  ricordate  dal 
Wheeler. 

Non  tenuto  conto  di  questi  individui,  si  hanno,  dunque,  o  si  possono  avere, 
in  una  colonia,  le  seguenti  forme  di  femmine  : 

A)  Normali  : 

1.°  —  Forme  macrogyne,  cioè  di  inconsueta  grandezza. 

2.°  —  »  microgine,  piccole,  anche  più  delle  maggiori  operaie.  Tali 
forme  sono  le  sole  in  talune  specie,  ad  ès.  :  Formica  micvogyna  ed  affini.  In  altre 
specie,  si  sono  trovati  individui  microgini  mescolati  alle  femmine  normali. 

3.°  —  Una  particolare  forma  aberrante  (ad  es.  :  in  Lasius  (Acanthomyops) 
latipes  Walsh.,  fig.  807,  C),  diversa  dalla  normale  per  caratteri  speciali,  come  ad  es.: 
zampe  più  robuste,  addome  villoso,  o  per  deiscenza  di  ali.  Talora  questa  forma 
aberrante  convive  colla  normale;  la  specie,  così,  è  a  femmine  dimorfiche 

B)  Anormali. 

l.°  —  Forme  ergatoidi  (ergatogyne)  (tìg.  808,  b,  e),  le  quali  sono  certamente 
del  tipo  femmina,  come  si  riconosce  dallo  sviluppo  delle  ovaia,  da  quello  degli 
occhi  e  degli  ocelli  ;  ma,  per  la  struttura  del  torace  e  la  mancanza  di  ali,  incorrono 
nella  casta  delle  operaie. 

Tali  femmine  si  incontrano  in  più  specie  di  Formiche  (ad  es.  :  dei  gen.  Myr- 
meda,  Odontomachus,  Anochetus,  Poneva,  Polyevgus,  Leptothorax,  Monomorium,  Gre- 
matogaster).  Non  sembra  che  tali  forme  siano  state  originalmente  patologiche;  esse 
sono  le  uniche  esistenti  in  talune  specie  (ad  es.  :  Monomorium  floricola,  Ierd.,  fi- 
gura 808  e  qualche  Anochetus). 

Operaio  (tìgg.  802,  a,b;  803,  a-f;  804,  C).  Gli  individui  di  questa  casta,  che 
forma  la  massa  ed  il  nerbo  della  popolazione,  sono  caratterizzati  dalla  completa 
e  costante  assenza  delle  ali  e  dalla  conseguente  semplificazione  del  torace  nella 
struttura  e  dimensioni  dei  suoi  scleriti.  Gli  occhi  sono  piccoli;    gli    ocelli,  gene- 


LE    SOCIETÀ 


835 


^m  -  ts 


ralinente,  mancano  o  sono  minimi.   L'addome  è  poco  voluminoso    in    causa   delle 
ovaie    abortive.    Le    antenne,  le    mandibole    e  le 
zampe  sono  bene  sviluppate. 

Anche  fra  gli  operai,  trovansi  individui  netta- 
mente patologici  e  perciò  deformi  (come  sono,  ad 
es.,  quelli  il  che  il  Wheeler  chiama  mermitergates, 
phtliisergates,  che  hanno  subito  gli  effetti  di  spe- 
ciali parassiti)  ed  altri  particolarmente  confor 
mati  ad  uffici  specifici,  quali  si  incontrano  in  de- 
terminate Formiche  (ad  es.  :  quelli  rigonfi  di  miele 

nei  Myrmecocystus , 
(figg.  S41-S44),  Melo- 
phorufi,  Gamponotus, 
Pronolepis,  Plagiolepis, 
o  quelli  dichthadiigyni, 
così  detti  dal  Wheeler, 
che  sono  le  forme  ge- 
neranti presenti  nella 
sottofam.  Dorylina, 
(fig.  845,  A),  si  devono 
considerare  per  operai 
ulteriormente  svilup- 
pati nel  senso  ginecoide;  non  possiedono  né  occhi,  né 
occelli  o  tali  organi  sono  pochissimo  sviluppati;  sono 
atteri  e  a  torace  stenonoto  ;  invece,  l'addome  loro  è 
straordinariamente  voluminoso  e  allungato,  in  causa 
dell'enorme  sviluppo  delle  ovaia).  Oltre  a  questi,  come 
per  le  femmine,  possono  rinvenirsi  individui  normali 
ed    altri    anormali; 


Fig.  807.  —  Lasius  (Acaiithomi/ops) 
clariger    Rog.     e  A.   latipi-s  Walsh. 
A  femmina  dealata  ;  di  L.  (A.)  clari- 
ger; B  id.  di  A.   latipes;   C  femm. 
dealata  (speciale)  di  questo. 
Tutte    egualmente    ingrandite  (da 
Wlieeler). 


Fi--    808. 


il  oh  omo  ri  in, 


floricola    Ierd. 
a   operaio;  b  femmina  ergato- 
gina;    e    la    stessa  di    lato. 
Tutte  egualmente  ingrandite 
(da  Wheeler). 


A)  Tra  i  normali  citiamo  le  seguenti  forme 
speciali,  che  possono  occorrere  nella  massa 
delle  operaie  tipiche: 

L"  Macroergati,  operai  di  insolita  gran- 
dezza, quali  si  incontrano  in  talune  specie 
(Formica,  Lasius); 

2.°  Micrergati,  operai  di  piccolissima  sta- 
tura, per  lo  più  in  causa  di  scarsa  nutrizione. 
Così  fatti  minimi  operai  sono  normali  e  co- 
stanti nei  primi  momenti  di  fondazione  del 
nido  da  parte  della  regina  isolata  e  ciò  per  la 
detta  ragione.  La  differenza  tra  le  stature  di 
queste  due  maniere  di  operai  è,  talora  gran- 
dissima (figg.  803;  810;  822;  845;  847). 

3.°  Dinergati,  o  soldati,  caratterizzati 
dall'enorme  sviluppo  del  capo  e  delle  mandi- 
bole ; 

4.°  Desmergati,  che  sono  intermedi  fra  gli  operai  tipici  ed  i  dinergati  (o  fra 
i  micrergati  e  macroergati).  Se  ne  ha  esempio  in  specie  di  parecchi  generi. 

B)  Tra  le  forme  anomale  sono  da  ricordarsi  tutte  quelle  che,  pur  apparte- 
nendo, senza  dubbio,  alla  casta  operaia,  presentano  taluni  caratteri  propri  delle 
femmine;  sono,  dunque,  ergatogyni    (figg.  811,  812),  e  ve  ne    ha  di  varie  grada- 


Fig.  809.  —  Due  forme  di  una  formica 
a  testa  piatta. 

Cryptocerits  avgulosus  F.  Sm.  dell'America 
centrale,  a  soldato;  h  operaio.  Egual- 
mente ingranditi   (da   Wheeler). 


S36 


CAPITOLO    SETTIMO 


zioni,  a  seconda  della  proporzione,  nell'individuo,  dei  caratteri  dell'una  o  dell'altra 
casta  (1). 


Sr? 


Talora  <jueste  operaie  possouo  anche  sostituire  le  regine  normali,  come  vide  Wasmann  (1904)  in 
colonie  ili   Formica   rufibarbis.  In  talune  specie  di  Leptogenys  (e  sotto  geu.  Loboptlta)  e  probabilmente 
in   Diacamma  e  Champsomyrmex,  la  forma  di  regina  vera  è  scomparsa  ed  è  ora  sostituita  da  operai 
ginecoidi  (2). 

Inoltre  fra  gli  anormali    si  debbono  ricordare  taluni  individui,  certamente  ergatici  ed  intanto 
forniti  di  ali  abortive,   cioè  di   rudimenti  di  tali  organi  (fig.  813,  <i)  più  o  meno  accentuati,  qualche 
volta  appariscenti   in    un   solo  lato  (fig.   813,  4). 

La     precipua    differenziazione    è    quella    degli     operai  in     confronto    dei  soldati,  cioè    forme 
destinate,   in    parte,   alla    difesa    della    colonia.     Questi    cosi   detti  soldati    (tigg.   802,  a  ;   803,   a), 

sono,   in  generale,   molto  più  robusti  e  forniti  di  una  testa  più 
voluminosa    (contenendo    assai    più   grossi    muscoli    adduttori 
delle  mandibole,   che  sono  le  precipue  armi  difensive  ed  offen- 
sive delle  Formiche)  e  delle  mandibole  stesse  più  grandi  e  forti. 
Spesso,     però,  questi  soldati,    malgrado    l'apparenza    terribile, 
sono  meno  aggressivi  degli  operai  e  le  loro  poderose  mandibole 
servono  a  triturare  semi  duri  e  ciò  pel  consumo  sociale. 

Cosi,   mentre,  ad  es.,  tra  le  Formiche    nostrali  si    vedono 
molte  specie    con  operai    poco  diversi  fra  loro,  come   è    nella 
comune  Formica  fnsea  ed  altre  specie,    i   Jllessor,  i   Camponotus, 
Pheidole  ecc.,  hanno   forme,   quali     si     sono    dette    soldati  per 
le   caratteristiche   sopraricordate   in    confronto    delle     operaie 
meno  validamente  armate,  di  statina  minore  e  certo  con   ufficio 
di  lavoratori  piuttosto    che  di  difensori   specializzati  di  tutta 
la  colonia. 

Per    citare    un    esempio,   il  nostrale  Camponotus  truncatiis 
Fig.   SlO.   —  Teste  di  operaie  di      (Sprn.),  che  scava  i  piccoli  nidi  nelle    cortecce     degli     alberi, 
Dorulns  affiniti  Sb.uk.  vedute  di  ,,     .       ,  ,  ....  ..  „      ,   ,, 

facciaed  egualmente  ingrandite.  ha  soklatl  co1  ca!'°  molto  I"'1  ^luminoso  d>  q»ell°  delle  °Pe" 
a  di  soldato  (od  operaia  massima);  raie  propriamente  dette.  Uno  d'essi  sta  a  guardia  del  piccolonido, 
b  di  operaia  maggiore;  e  id.  che  è  scavato  nella  corteccia  «li  un  albero.  L'unico  foro  di  in- 
minima con  antenne  di  11  ar-  „ress0  al  formicaio  ha  il  diametro  preciso  della  grossa  testa  del 
ticoli;  d  id.  con  autenne  di  10 
art.;  e  id.  con  antenne  di  9  art.; 

/  id.  con  antenne    di  8    artic;      

/'   la  detta  antenna  più  ingran- 
dita (da  Emery).  (1j  ^  qUest0  proposito,  ecco  quanto  mi  comunica  l'Emery: 

«  Secondo  me,  non  si  deve  negare  il  nome  di  soldati  agli  indi- 
vidui grandi  ili  Messor,  soltanto  perchè  esistono  individui  intermedii  tra  questi  e  gli  operai  pic- 
coli »  (fig.  822). 

«  Nel  gen.  Pheidole  esistono  parecchie  specie  in  cui,  tra  i  soldati  e  gli  operai  la  gra- 
dazione si  fa  per  gradi  insensibili  (fig.  803)  (ad  es.  :  Ph.  froggatti  For.  ;  Ph.  vasliti  Per.; 
Ph.  kingi  Andr-;  Ph.  enitensis  For.  ecc.).  Nelle  Anonima  e  nelle  Atta  i  soldati  non  costituiscono 
una  casta  separata  dagli  operai,  ma  vi  sono  le  forme  intermedie.  '/2  soldato  o  s/4  di  soldato. 
Poi  vi  sono,  tra  le  specie  del  sottogen.  Colobopsis  (gen.  Camponotus),  molte,  che,  invece  di  avere 
gli  operai  ed  i  soldati  costituenti  due  caste  separate  (come  è  nel  nostrale  C.  truncatiis), 
hanno  le  due  forme  ricongiunte  da  intermedi  (ciò  ad  es.  nel  C.  cylindricus  F.;  C.  leonardi 
Emery,  ecc.)  ». 

(2)  Se  a  questa  varietà  di  forme,  che  normalmente  appartengono  ad  una  data  specie,  si 
aggiungono  gli  ibridi,  che  derivano  dall'incrocio  di  specie  e  di  sottospecie  affini,  si  compren- 
derà quale  intricata  matassa  si  presenti  al  mirmecologo  sistematico  ed  a  chi  ne  deve  arguire 
la  parentela  anche  nei  suoi  diversi  gradi.  Ne  viene  una  enumerazione  ed  indicazione  di 
ie,  sottospecie,  varietà,  variazioni  incredibilmente  complicate  e  forse  senza  altro  esempio 
fra  gli  insetti  tutti.  Per  la  sola  fauna  europea,  l'Emery  enumera  ben  ventiquattro  forme,  perti- 
nenti ai  generi  il  gemica,  Formicina,  Formica,  Camponotus,  Leptotborax,  Crematogastcr.  veiisimil- 
inente  ibride. 


I.K   S0C1KTA 


837 


Fig.  811.  —  Tre  forme  della"For- 
mica  nanguineah&iv.,  viste  di  lato 
(non  sono  disegnate  le  zampe) 
ed  egualmente  ingrandite. 

1  regina;  ?  pseudogina;  3  ope- 
raia (da  Emery). 


soldato  ed  un   soldato  appunto  vi   sta  di  sentinella  continuamente,   celato  nel   nido,   ma  colla  sua 

testa  allogata  nel  foro  d'ingresso,  a  spiare  l'esterno.  Cosi  è  impedito  assolutamele  l'accesso  ad 

estranei   al   nido;   ma,   se  si  affaccia  ohi   appartenga  alla  famiglia,   la  sentinella  si    ritrae  e   lascia 

libero   il     varco.     La    galleria  susseguente  al   foro  di   ingresso, 

più  larga  di  questo,   permette   la  manovra  suddetta  Cosi   pure 

fanno     le    specie    del    genere    Colobopsù    (tìg.     814) 

Secondo  Wasmann,   tutte  queste  diverso  forme  risulterei»— 

liero  per  effetto  delle  differenti  cure,  clic  le  larve  riceverebbero, 

durante  l'allevamento,   dalle  operaie  ;  certo  le  esperienze    del- 
l'Emery (1918)   fauno   verosimilmente  supporre  che,  per  talune 

specie  {Jphaenoyaster  testaceo-piìosa  spinosa  Eni.  e  Pheidole  palli- 
atila Nyl.),  una  di- 
versa maniera  di  al- 
levamento delle 
larve,  voi  ufo  ed  eser- 
citato dalle  nutrici, 
determini  talune 
delle  forme  speciali. 
Così,  per  la  prima 
delle  due  Formiche 
indicate,        l'Autore 

conclude  che  la  privazione  di  regine  induca  le  operaie 
all'allevamento  di  alcune  femmine,  al  quale  scopo  le 
larve,  a  ciò  destinate,  sarebbero  nutrite  per  degurgito,  a 
differenza  delle  larve  di  operaie,  che,  allorquando  ave- 
vano raggiunto  una  certa  dimensione  ed  erano  staccate 

dai  cumuli  di  piccole  larve,  mangiavano  anche  frammenti  di  insetti,  che  le  operaie  distribuivano  loro. 
Per  la   Pheidole,  l'Emery    riconobbe    che  le  larve  dei    soldati  sono  allevate  e  alimentate    con 

cure  speciali:   molte  operaie    le  coprono  e    verosimilmente    le 

alimentano  per  degurgito.  Cosi  pure  sono  allevate  e  alimentate 

le  larve   dei  maschi   e  probabilmente   anche  (inelle     delle  fern- 

2 


Caratteristiche  individuali.  —  Le  Formiche  debbono 
possedere  un  organo  del  senso,  mediante  il  quale 
poter  svolgere  tutta  la  loro  attività,  molto  com- 
plessa, per  le  molteplici  funzioni,  in  assoluta  defì- 
cenza  di  luce;  un  senso,  cioè,  a  completa  sostitu- 
zione della  vista,  la  quale  non  può  fungere  se 
non  all'esterno  del  nido. 

Ma,  giacché  si  rileva  che  specie  eminente- 
mente nomadi,  la  cui  vita  nel  nido  è  piccola  parte 
della  loro  esistenza,  sono  cieche  o  quasi,  si  deve 
arguire  che  l'occhio  rappresenta  un  organo  affatto 
secondario  nel  complesso  sensoriale  delle  Formiche 
e  che,  probabilmente,  qualche  altro  senso,  inimma- 
ginabile per  noi,  perchè  al  di  fuori  di  quelli  di  cui 
godiamo,  compie    una  funzione,  che     viene  anche  a 


Fig.   812.   —  Formica  incerta  Eni. 
A    operaia    normale;     li    pseudogina. 
Egualmente  ingrandite    (da   Wheeler) 


Fi 


813.  —  Ali  rudimentali  (a) 
in  operaie  di  Formiche. 
1  Myrnlica  scabrinodis  (Nyl.)  var.; 
2,  3,  toraci  di  altre  operaie  della 
stessa  colonia  coi  detti  rudi- 
menti; 4ld.  di  M.  brevinodit~Em. , 
var.  sulciiiodoides  Eni.  Tutti 
egualmente  ingranditi  (da  Whee- 
ler). 


sostituire  quella  visiva. 

Si  può  ritenere  che  debbano  considerarsi  le  antenne  come  sede  del  più  im- 
portante ed  usato  organo  del  senso,  mercè  speciali  sensilli,  quali  si  sono  illustrati 
altrove  (Voi.  I,  pagg.  007  -  G33).  Le  antenne  sono  in  continua  attività  o  con 
esse  le  Formiche  tutto  toccano  ed  esplorano  e  si  riconoscono  fra  loro. 

È  stato  notato  che  le  Formiche  non  solo  hanno  odore  caratteristico  per  eia- 


>:;s 


CAPITOLO    SU!  11MO 


Bcuna  specie  (e  sensibile  anche  a  noi,  quando  sono  in  massa),  ma  anche  un  odore 
di  famiglia,  per  cui  si  riconoscono  tra  loro  come  pertinenti  ad  uno  stesso  nido. 
Su  ciò  non    cade  dubbio    orinai  ed  è  noto  che  individui,  anche  della  stessa  specie, 

ma  pertinenti  a  formicai  diversi,  non 
divengono  amici  se  non  dopo  acqui- 
stato l'odore  di  famiglia. 

Oltre  a  ciò,  per  comunicare  fra 
loro,  le  Formiche  hanno  anche  organi 
di  suono.  La  facoltà  di  stridulazione 
è  accertata  ed  accertabile  facilmente  e 
ne  è  già  riconosciuto  l'organo,  che  è 
costituito  da  una  cresta  di  sfregamento, 
situata  alla  parte  posteriore  del  sesto 
Coloiopsis eulmicola  Wbeel. di  Bahama.    arco    postcefalico    dorsale    ed    un'area 

striata,  situata  alla  parte  anteriore  del 
settimo. 


Fig.  814 

A  soldato  in  sentinella  all'ingresso  del  nido  in 
un  culmo  di  Cladium  jamaicense  (se  ne  vede 
parte  della  faccia  traverso  il  pertugio). 

B,  C,  Colobnpsis  etiolata  Wheel.  del  Texas.  B  parte 
anteriore  del  capo  (che  ottura  l'ingresso  del 
nido);  C  capo  e  prototorace  visti  di  piotilo  (da 
Wheeler). 


Fi".  815.  —  Formica  nell'atto  che  dà  da  man- 
giare ad  una  compagna,  rigurgitando  una 
parte  del  contenuto  della  propria  ingluvie 
(da  fotogv.  di   Wheeler). 


L'espressione  della  buona  amicizia  e  quasi 
della  affettuosità  sia  fra  l'ima  e  l'altra  operaia, 
come  tra  queste  e  le  larve  e  verso  le  regine 
e  i  maschi,  come  ancora  verso  i  più  graditi  ospiti,  è  sempre  l'offerta  di  una.  gocciola  di  sostanza 
rigurgitata,  che  ritorna  alla  bocca  dell'offerente,  subito  avidamente  assorbita,  da  quello  a  cui  è 
porta  ed  il  più  spesso  richiesta  con  delicate  ca- 
rezze delle  antenne  o  della  lingua. 

Ciò  accade  spessissimo  tra  le  operaie  in  cam- 
mino dal  nido  e  quelle  verso  il  nido,  quando 
incontrandosi  «  per  entro  loro  schiera  bruna  — 
s'ammusa  l'ima  con  l'altra  formica  —  forse  a 
spiar  lor  via  e  lor  fortuna  ». 

Si  toccano  a  vicenda  colle  antenne,  si  rico- 
noscono per  sorelle  ed  amiche,  e  spesso  l'ima 
chiede,  a  modo  buo,  all'altra,  di  che  sfamarsi  e 
subito  nella  bocca  di  questa  la  gocciolina  nu- 
tritiva apparisce  (fig.  815).  Alle  larve,  per  verità, 
e  offerta  ima  porzioncina  di  una  pappa  adat- 
ta, eloborata  dalle  operaie,  ma  sembra  che,  per  talune  specie  almeno,  le  larve  rispondano  alle 
sollecitudini  e  sollecitazioni  delle  nutrici  offrendo  loro  un  succo  elaborato    in    organi  speciali    e 

ilei  quale  le  nutrici 
stesse  seminano  mol- 
to avide. 

Vi  ha  chi  crede, 
anzi,   che    della    te- 
nerezza     da      parte 
delle    operaie    verso 
le    larve,  di    quello 
speciale    amore,   del 
quale  lo    Swammer- 
daui  diceva  «  incre- 
dibile urùf.-i'r,  et  cura 
formicae    educali  t 
siimmauiqiie  dant  operain,  ne  vel  taiitilluin  quod  spectet  eornni  veriuicolorum  educationem  atque 
nittiitionem  omittant  »,   il  fondamento  sia,  abbastanza  egoisticamente,   solo    questo  succo,    che  le 
larve  secernono  ed  offrono  all'avidità  delle  nutrici. 

Ognuno,   però,  sa,   per  esperienza,   con   quanta  sollecitudine  e  prontezza,   allorché  si   scopre  e 


Pig.  'SI6.  —  Pogonomyrmex  barbatili  (Smith). 
Operaia  che  trasporta  una  compagna. 


Fig.  817.  —  Operaia  di  Formica 
rufa  L.  nello  stesso  atto.  In- 
grandite (da  Me  Cook). 


I.K    SOCIETÀ 


S39 


Fig.  818.  —  Teste,  vedute  di  fac- 
cia di  Mi/rmecorijstits  bombycinus 
Rog.  A  di  operaio  ;  B  di  sol- 
dato (da  Escherich). 


manomette  un  formicaio,  le  Formiche  si  portano  via  in  bocca   ognuua  una  larva    od    un    bozzo- 
letto,  a  salvazione  della  propria  famiglia  che  in  breve  è  tutta  al  sicuro. 

Un  altro  singolare  atto  amichevole  fra  due  in- 
dividui è  quello  del  trasporto  d'uno  per  opera  del- 
l'altro, consenzienti  ambedue.  L'atto  è  proprio  di  ta- 
lune specie  soltanto  di  Formiche,  ad  es.  :  della  nostrale 
Formica  rufa  L.  ed  accade  più  frequentemente  nei 
cambiambiaineuti   di  nido. 

Qualche  individuo  giovine  o  pigro,  non  segue 
la  massa  che  se  ne  va.  Una  operaia,  fondatrice  del 
nuovo  nido,  si  avvicina,  allora,  al  ritardatario,  lo 
persuade  a  lasciarsi  portar  via.  Questo  si  lascia  af- 
ferrare per  le  mandibole  e  si  avvolge  col  suo  corpo 
attorno  al  capo  della  portatrice  (fig.  817)    sia  sopra 

o  sotto  il  capo  stesso,  in  maniera  caratteristica  per  la  sua  specie  (come  per  altre 
è    altrimenti,    fig.    816)    e    così    viene    trasportato. 

L'incontro,  invece,  all'aperto,  tra  formiche  di  fa- 
miglie o  di  specie  diverse,  quando  non  si  possano 
scansare  o  la  minore  non  riesca  a  fuggire,  è  seguito, 
quasi  sempre,  da  un  combattimento;  talvolta  è  una 
vera  battaglia  di  più  individui,  con  una  tattica  par- 
ticolare per  ciascuna  specie,  quasi  sempre,  però,  col 
Fig.  819.  -  Pheidote  taumi  1,effetto  di  mutilazioni  di  arti  (zampe  od  antenne)  ta- 
Emer.,  di  Buenos  Ayres;  sol-     gliati  netti  da  un  colpo    di  mandibole  dell'avversario. 

dato  ingrandito  (da  Emery). 

Ma,  queste  sono    scaramucce.    Tra  formicai  vicini,  di  specie 

diversa,   ma  ancora  fra  quelli  della  stessa  specie,  se  è  per  natura  sua  bellicosa,  del  qual  carattere 

è  ad  es.  il  nostrale,  comune  Telramorium  caespittim  (L.),  possono  accadere  battaglie  di  una  n-ran- 

diosità    e    micidialità    paragonabili  solo  con  quello  che  può  vantare    l'umana 

sapienza.    Il  Mac,    Cook    assistè  a  Filadelfia,  ad    una    battaglia  fra  individui 

della  suddetta    specie,  durata    quasi    tre    settimane,  con  centinaia  di  morti  e 

mutilati  rimasti  sul  terreno.   La  causa  di   queste    battaglie  è  tuttavia    oscura. 

In  certi  casi,  però,  la  ragioue  della  battaglia  è  ben  chiara,  ad  es.,  allorché 

si  tratta    di  una  incursione  per  depredar  un  formicaio,  sia    delle    sue    ninfe, 

come  accade  per  parte  delle  Formiche  dulotiche,  che  conosceremo  più  avanti  , 

sia  delle  sue  provviste,  come  avviene  per  le  cornimi  Formiche  mietitrici  (Messor), 

quando  gli  individui  di  un  formicaio  vogliouo  saccheggiare  altro  della  stessa 

specie.  Il  Moggridge  osservò  una  guerra  durata  49  giorni    (dal  18  gennaio    al 

4  marzo  del  1871),  tra  due  formicai  vicini  della  nostrale  Apìiaenogaster  barbara 

(L.)   (o  Messor  barbarità  di  altri   Autori). 

Le  derubate  difendevano  con  grande  tenacia  i  grani  di  frumento  asportati 

dalle  ladre  e  facevano  sforzi  per  impedirne  il  trasporto,  tirando  dall'altra  parte 

C'orno' °  dal'dorso       ''   cuicco  di  grano  discusso  e  non   cedendo   neppure  allorché,  per  un  colpo  secco 

di    Pheidole  ab-     delle  mandibole  di  qualche  altro  individuo  accorso  alla  lotta,  esse  rimanevano 

sarda     For.,     di     mutilate  di  tutto  l'addome. 

Costa  Rica     (da  Le  aTmia  difensive    ed    offensive    delle  Formiche   sono  le  mandibole  ed   il 

pungolo.  I  detti  organi  boccali  sono  più.  sviluppati,  mossi  da  muscoli  più  po- 
derosi in  quella  speciale  casta  di  neutri,  più  particolarmente  conformati  pel 
combattimento,  che,  giustamente,  si  sono  detti  soldati  (fig.  818).  L'enorme  sviluppo  pei  muscoli  ' 
motori  delle  mandibole,  importa  un  aumento  del  capo  tutto,  che  è,  spesso,  assai  più  voluminoso 
di  quello  delle  operaie  (fìgg.  802,  803,  a;  809;  810;  819;  820)  e,  talora,  conio  ad  es.,  nella  Phei- 
dole absttrda  For.  della  Gujana,  addirittura  mostruoso. 

Quanto  all'apparecchio  velenifero,    esso,    iu    molte  specie  di  Formiche,   non  differisce    essen- 


840 


CAPITOLO    SKTTIMO 


zial  utente  da    lineilo  degli  altri    Imenotteri    aculeati    e  già    illustrato  altrove  (pag.   737)  ;  ma,   in 

altre  Bpeeie.  ad  es.  in  tutte  quelle  del  gen.  Formica  ed  affini, 
manca  un  vero  pungiglione  e  le  ghiandole  velenifere,  clie  pure 
esistono  e  bene  sviluppate,  sono  in  rapporto  con  mi  apparecchio 
per  lo  spruzzamento  del  liquido  velenoso,  ohe  può  essere  lanciato 
anche  a  distanze  notevoli.  Ad  es.,  la  comune,  nostrale  Formica 
rilfa  può  lanciare  il  veleno  a  ben  60  cent,  dalla  superficie  de' 
nido  ed.  all'atto,  si  può  sentirne  LI  caratteristico  odore  di  acido 
formico. 


Le  larve  di  alcune  Formiche'  possono  (ilare  seta  e 
se  ne  servono  per  formarne  il  bozzoluto,  in  cui  si  rac- 
chiudono per  subirvi  la  ninfosi.  Vedremo  come  questa 
proprietà  sia  utilizzata  da  talune  specie  per  la  costru- 
zione del  loro  nido,  facendo,  le  operaie,  intervenire  le 
larve  in  questo  lavoro,  profittando  della  loro  facoltà 
serici  para. 

11  cibo  delle  Formiche  è  misto, 
esse  rodono  sostanze  di  origine 
animale  come  altre  vegetali. 

Fra  queste  ultime  sono  spe- 
cialmente ricordate  le  Formiche 
dette  mietitrici,  perchè  fanno  rac- 


Fig.  821.  —  Grani  di  piante 
diverse,  intatti  o  lavorati 
dalle  Formiche.  A  di  Pha- 
lacrìs  canariensis,  colla  radi 
cula  intatta;  />'  i<J.  colla 
radicala  tagliata;  'grano 
di  Campacela  colla  radicala 
intatta:  D  id.  colla  radicala 
tagliata  dal)  'Aphaenogaster 
imi  bara   (da   Moggridget   . 

colta  di  grano  ed  altri  senti,  che 
trasportano  e  ripongono  nei  loro  nidi,  quale  provvista  ad 
ogni  bisogno  ed  impediscono  ai  senti  stessi  di  vegetare,  ro- 
dendone l'embrione  o  la  radichetta,  se  ne  riconoscano  l'inizio 
della  vegetazione,  (piando  conservati  in  ambienti  troppo 
umidi    ttig.   S21). 


Fig.  822.  ■■  Aphaeno- 
gasti r  barbara  (del  ti- 
po più  grande,  allatto 
nero).  Due  operaie  di 
dimensioni  estreme 
(massima  e  minima) 
egualmente  ingran- 
dite. (Le  zampe  non 
sono  disegnate)  (da 
Emery). 


Queste  Formiche    vanno  a     raccogliere  i  semi  anche  sulle  piante  e 

sono   capaci    di     trasportare,   per     grandi  distanzi',  semi  anche    quattro 

volte  pio   pesanti  di  loro  stesse.   Cosi  vi  sono,  in  queste  specie  che  non 

hanno     soldati,     operaio    con     differenze    enormi    di     grandezza,    come  si 

vedi-  dalla    tig.  S22,  che    si  riferisce    all' Aphaenogaster    barbara    di    una 

razza   italiana,   in   cui   l'operaia  maggiore   misura   9  mill.  di  lunghezza  ed 

ha   una  testa   molto  grossa,   mentre    l'operaia  più   piocola  ed   a  capo  più 

modesto   è   lunga  un  quarto,  al  massimo, 
della  maggiore. 

Del  resto,  questi  Insetti  portano 
nel  nido  anche  corpiciattoli  diversi  (si 
sono  fatte  portare  perfino  pallottoline 
di  vetro),  che  abbiano  l'aspetto  di 
semi.  Nel  formicaio  avviene  la  scelta  e 
quanto  è  inutile  o  non  gradito  viene  ri- 
gettato all'esterno  del  nido.  Anche  i 
grani,  portati  colle  loro  glume,  sono 
mondati   nel  formicaio. 

Il  grano  viene  roso  con  grande  fa- 
tira  dalle  Formiche,  per  cibarsene,  ma- 
sticato ed  imbevuto  di  saliva,  di  poi  ne 
è  deglutita  la  parte  utilizzabile,  rifiu- 
tata e  riportata  fuor  del  nido  la  inutile 
ii  sgradita  (1). 


Fig,   823.    —   Vogonomyrmex  barbatus    (Smith)    dell'Ante 

ina   centrale. 
Operaie  in  attitudine  di   fare  «  toilette  ».  .1   alle  antenne 

col  mezzo  del   pettine;    /.',  C,  ad  altre  parti  del  corpo, 

in  'iur  posizioni  diverse  (da  M,   Ci 


(li.  Dalle  osservazioni  dell'Emery  sul   Uessor  barbarità  risulta    che  questa  specie,  che    pure  è 
tra  le  granivore  per  eccellenza,  non  si  nutre  di  amido  puro,  anzi,    questa  sostanza,  se    pura,  èri- 


l.H   sim:i  ki  \  841 


Sono  questo  specie  l'oggetto  delle  favolette  a  proposito  della  previdenza,  ecc..  delle  Por 
miche. 

fì  sempre  stata  oggetto  di  meraviglia  e  di  molte  esperienze  la  facoltà  d'o- 
rientamento di  cui  godono  le  Formiche  in  generale.  Esse  si  spostano  dal  nido 
per  lunga  via  e  vi  ritornano  senza  smarrirsi,  anche  dopo  esplorazioni  per  vie 
nuove  attorno  al   formicaio. 

Non  si  può  attribuire,  secondo  prova  l'esperimento,  tale  facoltà  ad  uno  solo  dei  sensi,  clie 
noi  supponiamo  analoghi    ai     nostri,    ad    es.    della  vista  o  dell'olfatto,   anche  perchè  si   vedono 

formiche  i nuli,  cioè    bisognose,    più    d'ogni     altra,    di  una  rilevante  facoltà  di  orientamento, 

essere  prive  d'occhi  e,  quanto  all'olfatto,  se  esso  sembra  aver  qualche  parte  in  determinati  casi, 
ad  es.,  per  formiche  che  vanno  e  vengono  per  vie  molto  frequentate  e,  quindi,  dove  il  loro  ca- 
ratteristico odore  vi  è  rissato,  per  coti  dire,  non  si  comprende  come  possa  essere  di  aiuto  ad 
individui  elle  girovagano  per  vie  nuove  e  come  possa  esser  differenziata  la  direzione  verso  il 
nido,    dalla    opposta. 

Probabilmente,  ((nello  stesso  ignoto  ed  incomprensibile  senso,  che  richiama  i  maschi  di  In- 
setti volanti,  da  grandissime  distanze,  anche  di  più  miglia,  direttamente,  senza  errore  od  esi- 
tazione, alla  femmina  vergine,  che  li  attende,  o  che  dirige  l'Ape  sicuramente  al  suo  alveare,  de- 
termina,  anche  per  le   Formiche,   la  mirabili-   facoltà  di   orientamento. 

L'organo  più  importante  come  sede  di  sensibilità  squisite,  si  e  detto  essere  l'antenna.  Si 
giudica  in  tal  guisa,  non  solo  pel  continuo  uso  che  le  Formiche,  come  tutti  gli  Insetti,  del  resto, 
ne  fanno,    tutto  esplorando  e  toccando  con  questi  organi,  ma  anche  dalla  cura  che  ne  hanno,  perchè 

si ben    nette  e,   quindi,    esattamente  sensibili.    Per   tale    pulizia,  e    usato    il  pettine,  sito    all'apice 

della  tibia  del  1.°  paio  di  zampe  (vedi  Voi.  1,  pag.  'J4ó)  e  questo,  poi,  dopo  che  ha  ripulita 
l'antenna,  (lig.  823,  A)  è,  a  sua  volta,  nettato  dai  pettini  boccali,  perche  le  particelle  di  cor 
puscoli  estranei,  che  il  pettine  tibiale  rimuove  dalle  antenne,  vengono  a  raccogliersi  sul  contropel 
Une  rappresentato  dallo  sprone  della  tibia  e  di  qui  sono  tolti  dai  pettini  della  bocca,  nella  qua- 
le l'insetto  fa  scorrere  l'apice  della  tibia  stessa.  11  sudicio,  che  così  è  accumulato,  è  poi  raccolto 
nella  cavita  sopralabiale,  come  i  residui  delle  sostanze  nutritive  ed  6  poi  gettato  via,  sotto 
forma  di    piccole  pallottoline. 

Anche  il   rimanente  corpo  è   scrupolosamente     rinato     nella     sua     pulizia     dalle     Formiche, 

(fig,    NI':;.    Il,    C),   il   che  è  anche   per   la    massima    parte   degli    Insetti,    giacché   essi    S nettissimi 

lino   allo    scrupolo. 

«  Malgrado  la  lunghezza  della  loro  esistenza  -  dico  lo  Janet  — ,  malgrado  la  necessità  di 
scavare  la  terra,  di  circolare  sul  suolo  a  contatto  della  polvere,  di  molle  e  di  detriti  d'ogni 
maniera,   i  corpi  delle   Formiche  sono  sempre  di   una  pulizia  perfetta  ». 

Regime.  —  Le  Formiche  sono  onnivore.  Il  loro  vitto  si  compone  ili  so- 
stanze di  origine  animale,  come  di  vegetale.  Gran  parte,  nella  assunzione  del 
cibo,  ha  la  lingua,  più  che  le  mascelle,  troppo  deboli  per  triturare  sostanze  co- 
munque solide  o  le  mandibole,  che  spesso  non  sono  impiegate,  alla  masticazione 
degli  alimenti.  Questo  uso  delle  mandibole,  che  pure  sono  organi  solidi  e  pode- 
rosissimi, a  tutt'altro  scopo  che  alla  triturazione  dell'alimento,  è  comune,  del 
resto,  a  tutti  gli  altri  Imenotteri,  che,  del  loro  apparato  boccale  misto,  si  ser- 
vono  più   per  lambire  che  per  masticare. 


gettata  dopo  deglutita.  Alla  nutrizione  è  necessaria  sostanza  azotata,  desunta  o  dai  grani  stessi 
o  da  altro  di  vegetale  o  di  natura  animale.  Il  regime  vegetariano,  anzi  frugivoro,  di  questa  specie 
e  probabilmente  d'altre,  è  giudicato  dall'Emery  per  acquisito  in  seguito  a  condizioni  ambienti 
speciali,  per  cui,  gli  Insetti,  ordinaria  preda  delle  Formiche,  siano  venuti,  periodicamente  e  da 
tempo  a  scarseggiare,  d'onde  la  necessità  di  un  adattamento  frugivoro,  a  sostituzione  del  regime, 
pressoché  esclusivamente  animale,   originariamente  comune  a  tutte  le  Formiche. 

A.  Bmn.Ks»,  ali  buttli,  II.  —  lofi. 


S42  > 'A  TITOLO   SETTIMO 


AU'infuori  delle  specie  granivore,  le  mandibole  sono  impiegate,  in  aiuto 
della  nutrizione,  solo  per  dilacerare  la  parte  solida  di  un  corpo,  di  dove  possa 
essere  lambito  il  contenuto  liquido,  come  accade,  ad  es.  di  un  animaletto,  di  un 
organo  vegetale,  ecc.,  dal  quale,  strappato  a  brani  colle  mandibole,  la  Formica 
possa  leccare,  colla  lingua,  i  fluidi  messi  in  libertà. 

Frutta,  specialmente  se  ben  mature,  succhi  vegetali,  carni,  cadaveri  d'animali,  specialmente 
di  Insetti  e,  sopratutto,  escrezioni  di  Alidi  e  di  Cocciniglie,  sono  i  principali  alimenti  della  mas- 
sima parte  delle  specie  di    Forimene. 

Esse  sanno  scovare  ed  utilizzare  fonti  di  nutrimento  loro  adatto,  anche  traverso  distanze 
ed  ostacoli  rilevantissimi  per  la  loro  statura  e  pei  loro  mezzi  di    dislocazione. 

Il  Vogt  afferma  di  aver  constatato  lo  sfruttamento,  durato  per  anni,  di  un  grande  vaso  di 
sciroppo;  conservato  nella  cantina  di  una  Farmacia,  da  parte  di  individui  di  un  formicaio  si- 
tuato a  600  m.  di  distanza.  Gli  Insetti,  partendosi  dal  nido,  superavano  dapprima  una  mu- 
raglia di  circa  15  piedi  di  altezza,  aiuole  e  viali  di  un  largo  spazio  aperto,  un  ruscello,  una 
delle  vie  molto  frequentate  di  Berna  e,  finalmente,  traverso  un  pertugio,  penetravano  nella  detta 
cantina. 

Nozze.  —  Anche  tra  le  Formiche,  come  presso  tutti  gli  Imenotteri  sociali,  vige 
la  partenogenesi  arreuotoca. 

La  fecondazione    delle    femmine    ha  luogo  ogni  anno,  tra  gli  individui    nati 
nell'annata  e  procede    in    modo  da  permettere  l'incrocio  fra  individui  pertiuent 
a  famiglie  diverse  e  ciò  in  grazia  del  volo  nuziale  contemporaneo    pei  due  sessi 
e  per  tutte    le    famiglie    della    stessa    specie,  disseminati  in  ima  regione  anche 
molto    vasta. 

Per  le  specie  dei  generi  Lasius,  Myrmica  e  parecchi  altri,  in  un  dato  giorno, 
verso  la  fine  dell'estate,  si  vedono  tutti  i  maschi  alati  fuoruscire  dal  nido,  tumul- 
tuosamente, e  subito  elevarsi  a  volo,  turbinando  nell'aria,  nei  vortici  di  una 
vera  e  propria  danza  nuziale. 

Tutta  la  massa  si  sposta  e  così  attende  l'intervento  delle  femmine,  che,  esse 
pure,  sollevandosi  a  volo  per  entro  il  turbinio  dei  maschi,  vengono  a  prender 
parte  alla  danza.  Subito  ad  ognuna  accorre  un  maschio  e  si  forma  la  coppia, 
che  cade  a  terra,  dove  si  compie  la  fecondazione.  Nei  generi  sopracitati  avviene 
spesso  che  una  femmina  si  accoppi  anche  con  più  maschi. 

Qui  finisce  l'opera  dei  maschi.  Gli  individui   di  questo  sesso,  una  volta  fuor- 
usciti, più   non     ritornano    nel    'nido,  si  sperdono  sopra    terra  ed  in  pochi  giorn 
tutti   sono   morti. 

Il  numero  dei  maschi,  che  prendono  parte  alla  danza  nuziale  è,  talora,  così  grande  da  si- 
mulare delle  vere  e  proprie  nuvole,  che  si  spostino  basse  a  poca  distanza  da  terra.  Il  volo  nu- 
ziale è  preceduto  da  una  vivace  agitazione  di  tutti  gli  inquilini  del  formicaio.  Le  operaie  fuori- 
escono in  massa  dal  nido  e  si  spargono  su  questo,  all'esterno,  tutte  in  grande  agitazione.  Esse 
accompagnano  fuori  del  nido  i  maschi  e  le  femmine;  sernbrauo  volerli  trattenere  nel  formicaio 
od  arrestarli  mentre  intendono  levarsi  a  volo.  I  maschi,  sopratutto,  si  mostrano  agitatissimi, 
corrono  qua  e  là  e  finalmente,  a  pochi  per  volta,  si  levano  a  volo.  Se  ne  forma  così  una  nuvola, 
che  si  alza,  si  abbassa,  si  sposta.  Sopravvengono  le  femmine,  più  pigre  e  {tesanti,  esse  pure  vo. 
laudo  I  maschi  le  circuiscono  subito  e  le  assediano,  volando  loro  attorno  in  una  ridda  vorti- 
cosa. Le  femmine  stanno  immobili  sull'ali  e  cosi  un  maschio  più  abile  e  fortunato  può  aggrap- 
parsi  ;il)a  femmina,   più   non  la   lascia  ed  insieme  precipitano  al   suolo. 

Di  apparizioni  spettacolose  di  vere  nuTole  di  maschi  volanti  in  questa  festa  annua  si  hanno 
ricordi,  anche  da  tempo.  * 

Il  botanico  Gleditsoh  riferisce  che,  nel  1749,  nelle  vicinanze  di  Berlino  e  più  precisamente 
nella  pianura  dell'Havel.  assistè  ad  uno  di  questi  spettacoli.  Egli  vide  innalzarsi  nell'aria  in- 
numerevoli colonne,   che  sembravano   vapori.  «  Queste   si  spostavano,   con    velocità  inesprimibile, 


I.K    SOCIETÀ  843 


qua  e  là.  in  modo  che  si  levavano  sempre  più  in  alto.  Quando  erano  giunte  a  grande  altezza  o 
sparivano  o  si  facevano  più  dense  ed  oscure.  Alcune  apparivano  più  tardi,  si  alzavano  come  le 
altre  ad  un  tempo  ;  altre  successivamente.  Alcune  di  queste  colonne  sembravano  provenire  dalle 
n  ubi   scure  del   ciclo,    altre  dalla    foresta,    altre   dal   suolo   ». 

L'osservatore  si  trovò  in  mezzo  di  una  di  queste  colonne  e  riconobbe  trattarsi  di  piccole 
formiche  alate,  che  si  posarono  in  gran  numero  anche  sui  suoi  abiti,  nonché  sulle  piante  at- 
torno. Da  ciò  che  ne  riferisce  il  detto  Autore,  il  nostro  insigne  mirmecologo,  l'Emery,  giudica 
che  si  trattasse  della  comune  Formica  nera  (Lasiuè  tiiger  L.).  Quest'ultimo  naturalista  riporta 
anche  un  brano  del  giornale  «  il  Corriere  della  Sera  »  del  28  agosto  1904,  dove  è  detto  che 
••  gli  aiutanti  dei  diuturni  di  Cornnda  (Treviso)  assistettero  al  passaggio  di  sciami  enormi  di 
Formiche  alate.  Gli  sciami,  che.  tratto  tratto,  comparivano  dal  sud,  dirigendosi  lentamente  verso 
il  nord,  avevano  l'aspetto  di  grosse  nubi  nerastre.  L'invasione  durò  circa  un'ora  e  mezza.  GÌ 
operai  di  una  fornace  di  laterizi,  prossima  al  paese,  dovettero  abbandonare  il  lavoro  per  libe- 
rarsi da  quegli  insetti  ».  Del  resto,  questo  fenomeno,  sebbene  non  con  tale  grandiosità,  non  è 
certo  raro  nella  pianata  Padana  ed  io  stesso,  qualche  volta,  ho  veduto  nugoli  enormi  di  insetti 
in    questi    voli   nuziali. 

L'Emery  sopralodato  riferisce  che,  nell'Appennino  bolognese,  è  un  monte  detto  delle  Formiche, 
perché  alla  sagra,  che  vi  ha  luogo  alla  festa  della  Madonna,  in  principio  di  settembre,  le  for- 
miche si  addensano  a  nubi  attorno  alla  chiesa  e  vanno  a  perire  fin  sull'altare.  Si  fanno  cartocci 
di  queste  Formiche  (Myrmica  scairinobis  Nyl.l  alate,  morte,  raccolte  in  luogo  sacro  e  loro  si  at- 
tribuiscono virtù    medicinali. 

Cotale  maniera  spettacolosa  di  voli  nuziali  é  seguita  anche  da  molte  altre  specie  di  Formiche 
ed  il  fenomeno  è  di  una  grandiosità  imponente  per  varie  specie,  anche  nostrali,  come,  ad  es., 
Myrmica   ritira    h.)  ed   affini. 

Per  molte  altre,  invece,  le  nozze  si  compiono  più  modestamente,  anche  senza  che  i  due 
sessi  si  innalzino  a  volo  ;  essi  fuoriescono  dal  nido  a  pochi  per  volta,  si  incontrano  sulle  piante 
o  stilla  terra  nelle  vicinanze  del  formicaio  od  anche  sul  nido  stesso  ;  ma,  entro  questo,  solo  ec- 
cezionalmente,  a  meno  che  l'uno  dei  sessi  non  sia  attero. 


Fondazione  del   Formicaio. 

Si  è  detto  ebe  la  coppia  di  Formiche,  formatasi  nei  vortici  del  volo 
nuziale  od  altrove  fuori  del  nido,  cade  a  terra  e,  scioltasi,  il  maschio  se  ne 
va  a  perire  a  breve  scadenza,  ma  la  femmina,  ormai  fecondata,  ha  ben  altro 
destino. 

Anzitutto,  essa  si  libera  delle  sue  ali,  che  il  loro  ufficio  hanno  ormai  compiuto- 
Esse  non  sono  troppo  solidamente  riunite  al  tronco  e  la  femmina,  appoggiandole 
disordinatamente  sul  suolo  o  sfregandone  la  base  alle  accidentalità  del  terreno, 
giunge  a  far  sì  che  da  sé  si  distacchino  e  cosi  le  abbandona.  Essa  è,  così,  dea- 
lata e   può  lavorar  meglio  alla  fondazione  del  nuovo  formicaio. 

Infatti,  questa  femmina  (o,  talora,  più  d'esse  insieme)  ripara  sotto  i  sassi  o 
si  scava  una  colletta  (fig.  824), più  o  meno  profondamente,  nel  suolo  e  quivi  si  chiude 
senza  comunicazione  col  mondo  esterno.  Avviene,  in  cotale  cella,  la  deposizione 
delle  uova,  per  parte  della  femmina  rinchiusavisi ;  per  talune  specie  l'indomani 
stesso  delle  nozze,  per  altre  solo  alcuni  giorni  dopo,  e  per  talune  anche  con 
maggior  lasso  di  tempo,  come  accade  per  la  maggior  parte  delle  specie,  che  volano 
in  autunno  e  non  ovificano  che  nella  primavera  successiva,  ad  es.,  il  nostrale 
comune  Crematogaster  scutellaria  (01.). 

Dal  momento  che  la  femmina  si  rinchiude  nella  sua  celletta,  fluo  alla  ap- 
parsa delle  prime  operaie  dalle  prime  uova  ivi  deposte,  la  fondatrice  non  prende 
cibo  e  pur  deve  nutrire  tutte  le  prime  sue  figlie,  lino  alla  loro  trasformazione 
in  ninfa.  Il  suddetto  Crematogaster  digiuna,  così,  per  otto  mesi  di  fila.  La  nutri- 
zione della  femmina,  in  questo  tempo,  segue  a  spese  dei  depositi    albumiuoidi  e 


844 


CAPITOLO    SETTIMO 


di  sostanza  grassa,  conservati  nel  suo  tessuto  adiposo,  assai  più  ricco  di  quello 
delle  operaie  e  mettendo  anche  a  profitto  i  materiali,  cbe  provengono  dalle  isto- 
lisi  dei  grossi  muscoli  motori  delle  ali  ormai  abolite;  ma,  interviene  anche  qualche 
atto  di  cannibalismo;  è,  cioè,  divorato  qualche  uovo  e  qualche  larva  della  sua 
stessa  figliolanza,  da  parte  di  questa  prima  genitrice  (1). 


Della  natura  del  cibo,  che  essa  dà  alle  sue  larve,  nou  si  hanno  che  scarsi  dati  od  incerti. 
Può  darsi  che  entri  nel  detto  nutrimento  anche  la  secrezione  delle  ghiandole  salivari  delle  madri. 
Certo  le  larve  che  vengono  a  bene  sono  state  nutrite,  in  gran  parte,  a  spese  delle  sorelle,  e 
sempre  vengono  di   piccolissima  statura,   perchè  cibate  scarsamente. 

Del  resto,  molti  altri  punti  oscuri  sono  tuttavia  circa  la  nutrizione  e  l'allevamento  della 
prole  delle   Formiche. 

Ad  es.  le  femmine  di  Myrmica  e,  verosimilmente,  di  altri  generi,  sono  incapaci  di  procu- 
rare alimento  sufficiente  alle  loro  larve.  Rimane,  cosi,  insoluto 
il   problema  della  nutrizione  dei  giovani    formicai. 

Queste  prime  operaie  vengono  subito  in  aiuto 
della  madre  per  far  prosperare  il  formicaio.  Esse 
aprono  una  via  di  comunicazione  fra  la  cella  ed  il 
mondo  esterno  e  subito  escono  a  cercare  alimenti. 
La  femmina  fondatrice  cura  tuttavia  la  prole,  sinché 
l'aiuto  delle  operaie  è  poco,  in  causa  del  loro  ri- 
stretto numero;  ma.  allorché  le  operaie  stesse  bastano 
a  tutto,  la  femmina  delega  alle  operaie  ogni  fatica, 
quella  compresa  dell'allevamento  della  prole,  prov- 
vede solo  alla  ovificazione,  che  è  aumentata  perchè 
è  accresciuta  la  sua  fecondità,  e  si  fa  servire  dalle 
operaie. 


Fig.  824. 
La  prima  camera  scavata  dalla 
regina  di  Camponotus  ligniperda 
(L.), per  iniziare  il  nido,  scoper- 
chiata, cioè  tolta  la  pietra  che 
la  copriva.  Si  vede  accanto  il 
mucchietto  d'uova.  -  Grand. 
nat. 


Non,  però,  sempre  le  cose  procedono  cosi  semplicemente, 
come  si  è  detto  e  come  si  vede  avvenire  per  la  nostrale  For- 
mica fusca  e  sue  molte  varietà  o  razze  locali  o  specie  affini, 
che  sieno  ;  o  per  la  F.  rufibarbis.  Le  specie  acervicole,  come 
la  F.  rufa  e  le  sue  razze  (F.  pratensi*,  Deg.,  F.  truncicola,  Nyl., 
F.  exaeuta  Nyl.  ed  altre  molte  specie  congeneri  d'America),  si  comportano  ben  diversamente  dal 
modo  suddescritto  di   fondazione   del   formicaio. 

Wasmanu,  in  Europa,  e  Wheeler  in  America,  scoprirono  che  ben  altro  modo  seguono  talune 
specie.  Ad  es.:  le  femmine  del  gruppo  delle  acervicole  non  riescono  a  fondare  il  formicaio,  se 
non  col  soccorso  di  operaie  o  della  propria  <>  d'altra  specie  e,  perciò,  vanno  ad  ovificare  in  altro 
formicaio  della  stessa  specie  o  di  specie  diversa.  Quivi  fanno  veramente  da  parassite  e  può  acca- 
dere, coll'andare  del  tempo,  che  la  figliolanza  dell'intrusa  riesca  a  predominare  sulle  ospiti,  fino  a 
sostituirsi  completamente  a  queste. 

Così,  l'Emery,  dietro  gli  esperimenti  e  le  osservazioni  del  Wastnann,  ritiene  che,  ad  es.,  la 
femmina  fondatrice  della  Formica  truncicola  penetri  in  un  formicaio  di  F,  fnsca.  Quivi,  accolta 
non  beue  dapprima,  si  affiata  ben  presto  colle  ospiti,  uccide  o  fa  perire  altrimenti  la  femmina 
della  specie  ospite  e  si  insedia,   essa,     regina    del     formicaio.     La     percentuale     di    operaie     di- 


ti) Il  Tanqnay,  segui  giorno  per  giorno  l'ovoposizione  di  due  femmine  pertinenti  al 
I.atins  uiger  ed  all'allevamento  delle  larve,  e  ciò  da  marzo  ad  agosto.  Una  d'esse,  depose  222  uova, 
da  cui  si  ebboio  solo  27  adulti,  perchè  100  uova,  furono  divorate  dalla  femmina  stessa,  che  le 
aveva  deposte  ;   42  larve  e   11   pupe  subirono  la  stessa  sorte. 

L'altra  femmina  depose  302  uova,  di  cui  208  furono  divorate  dalla  genitrice  e,  di  poi, 
30  larve  ed  11  pupe.  Solo  11  uova  poterono  riescile  a  dare  l'adulto;  209  nova  non  erano  an- 
nua  schiuse  al   1.°  settembre. 


],!•:   SOCI  1. 1  v 


845 


scendenti  dalla  usurpatrice  annienta  iti  ciascuna  generazione,  mentre  quella  delle  ospitanti,  man- 
cando chi  ne  produca,  va  scemando,  tinche  il  formicaio  è  abitato  solo  dalla  F.  truncicola,  che  se 
ne  è  impadronita  così.  Taluna  di  queste  specie,  che  sono  veramente  parassite,  hanno  femmine 
non  più  grandi  delle  operaie  od  anche  piti  piccole  delle  maggiori  di  queste  ultime.  Perciò,  esse 
sono  costrette  a  vivere  a  spese  d'altri,  perchè  non  potrebbero  allevare,  da  sole,  le  prime  ope- 
raie,  non   avendo,   iu  sé,  una  sufficiente  scorta  di   sostanza  nutritiva. 

Così  pure  fa  anche  la  F.  rufa  (di  cui  la  F.  truncicola  non  è  che  una  varietà),  egualmente 
rispetto   alla  F.  fitsca. 

Secondo  le  osservazioni  del  Santschi,  la  femmina  del  Buthriomyrmex  decapitans  Santsohi, 
specie  del  Nord  Africa  (se  ne  trova  una  specie  affine  nell'Italia  meridionale)  è  di  statura  appena 
maggiore  delle  sue  operaie  e  presso  a  poco  di  quella  del  comune  Tapinoma  erratiatm  (Lati'.),  di 
cui  vive  parassita  durante  la  fondazione  del  proprio  formicaio.  Essa  sola,  della  sua  famiglia, 
ha  lo  stesso  caratteristico  odore  aromatico  del  Tapinoma  suddetto.  Questa  femmina,  allorché  dea- 
lata, vaga  in  cerca  di  un  formicao  di  Tapinoma  e.  trovatolo,  tenta  introdursi,  il  che  le  riesce 
alla  line,   non   ostante  la  prima  ostilità  delle  operaie  di   Tapinoma,   che  sono  a    guardia  d_el   nido. 

Penetrata  nel  formicaio,  la  femmina  del  Bothriomyrmex  va  subito  in  cerca  di  quella  del  Ta- 
pinoma, ohe  è  regina  in  casa  sua  ;  non  la  aggredisce  se  non  quando  si  allontana  dalle  uova,  che 
ha  accumulate  intorno  a  sé,  ma  appena  può,  le  sale  sul  dorso  e  tanto  fa  che  riesce  a  decapitarla, 
mercè  le  sue  mandibole.  La  regina  legittima  si  difende  poco  e  debolmente,  per  quanto  assai  più 
voluminosa  della  aggi-editrice.  Le  operaie  non  intervengono  affatto  nel  duello,  in  difesa  della 
loro  madre,  che  finisce  sempre  per  rimaner  senza  capo.  11  tronco  serve  a  mantenere  in  rispetto 
le  operaie,  che  finiscono  per  adattarsi  a  convivere  coll'assassina.  Questa  prolifica;  le  operaie  di 
Tapinoma  hanno  cura  della  sua  figliolanza,  che,  grado  grado,  viene  a  sostituirsi,  completamente, 
agli  individui  della  specie  legittima  proprietaria  del  nido. 

La  durata  dei  formicai  (più  precisamente  della  famiglia  contenutavi)  è  varia 
e  può  richiamarsi,  fino  ad  un  certo  punto,  a  quella  della  femmiua  fondatrice  e 
questa  dura  anche  parecctii    anni. 

Il  Lubbock  tenue  in  vita,  iu  un  nido  artificiale,  una  femmina  di  Formica  fuxca  per  15  anni; 
il  Wasmann  per  13  auni  una  femmina  di  F.  sanguinea.  Questo  Autore  calcola  ad  un  massimo  di 
20  anni  la  durata  della  vita  di  una  regina  del  genere  Formica.  Come  si  vede,  questa  è  una  lon- 
gevità tra  le  massime  riconosciute  fra  gli  Insetti. 

Se  non  fosse  la  possibilità,  secondo  quanto  per  taluna  specie  si  è  anche  accertato,  che  altre, 
regine  giovani  sostituiscano  quelle  morte  per  vecchiaia,  si  dovrebbe  arguire  ohe  la  fine  naturale 
del  formicaio  non   interviene  che  dopo  lungo  tempo  dalla  sua  fondazione,  almeno  per  talune  specie. 

Morta  la  regina,  non  nascono  più  uova  fecondate,  quindi  non  più  operaie.  Le  uova  deposte, 
eveutualmeute,  da  queste  ultime,  da  poiché  non  souo  fecondate  non  danno  che  maschi.  Di  qui 
la  fine  della  famiglia,  che  si  spopola  gradatamente.  Si  trovano,  a  volte,  formicai  grandiosi,  ad 
es.  di  Formica  rufa,  ormai  con  poche  operaie,  pochissime  larve,  qualche  volta  con  maschi,  ma 
privi   di   regina.   Sono  condannati  a  finire  presto. 

Larve,  loro  allevamento.  —  Le  larve  (fig.  Sli5),  bianche,  nude,  apode,  carnose, 
generalmente  attenuate  all'innanzi  e  colla  parte  anteriore  del  corpo  più  o  meno 
inflessa  sul  ventre,  non  si  locomuovono  altrimenti  ed  anche  si  muovono  ben  poco. 

Esse  stanno  tutte  insieme,  ammucchiate  in  spaziose  sale  del  formicaio, 
continuamente  accudite  dalle  operaie.  Vengono  nutrite  con  una  pappa  spe- 
ciale, che  le  operaie  stesse  depositano,  in  piccola  quantità,  sulla  parte  ante- 
riore della  faccia  ventrale  della  larva.  Questa  si  inflette,  col  suo  corpo  anteriore, 
fino  a  raggiungere  il  cibo  colla  bocca  e  vi  fa  gemere  sopra  un  liquido,  che  le 
esce  dalla  bocca  stessa  ;  qnindi  riassorbe  il  tutto.  Ho  già  detto  che  le  operaie 
spostano  continuamente  le  larve  dall'una  all'altra  stanza,  perchè  stiano  nel  grado 
di  calore  e  di  umidità,  che  più  couviene  loro.  Nelle  giornate  belle,  le  operaie 
fuoriescono  dal  nido,  ciascuna  portando  fra  le  mandibole  una  larva,  per  esporla 
ai  raggi  solari  ed,  a  suo  teinpo,  la  riporta  nell'interno. 


846 


CAPITOLO    8KTTIMO 


Se  il  formicaio  è  manomesso,    le    operaie    se     ne    fuggono,   portando  seco  le 
arve  e  le  ninfe,  sempre  trattenendole  fra   le  mandibole. 

Lo  spostamento  abituale  delle  uova,  delle  larve  e  delle  ninfe,  al  quale  si  è 
accennato  e  che  si  disse  rappresentare  una  pratica  normale  per  le  specie  sotter- 
ranee) avviene  più  volte,  durante  il  giorno.  Al  cadere  di  questo,  le  operaie  tras- 
portano la  giovane  figliolanza  nelle  camere  più  profonde,  per  sottrarla  al  raf- 
freddamento notturno,  e  quivi  la  portano  anche,  allorquando  troppo  si  riscaldano, 
di  giorno,  gli  appartamenti  superiori.  S'ella  giornata,    poi,    gli    spostamenti  delle 

uova,  larve  e  ninfe  interviene  a  seconda  della  tem- 
peratura, nelle  diverse  ore.  Il  trasporto  è  reso  più 
sollecito  pel  fatto  che  le  uova  vengono  portate  via 
a  nmccliietti,  da  ciascuna  operaia,  perchè  aderiscono 
fra  loro,  mercè  una  sostanza  glutinosa,  ebe  le  spalma 
leggerissimamente.  Anche  le  larve  sono  portate  via 
in  mucchietti  di  più  d'una,  perchè  aderiscono  fra 
loro  in  grazia  di  peli  disseminati  sul  corpo  loro. 
foggiati  ad  uncino  all'estremità,  per  cui  quelli  di 
una  larva  si  impigliano  con  quelli  delle  altre.  Questi 
peli  sono  ripiegati  in  modo  da  molleggiare  abba- 
stanza per  non  correr  pericolo  di  essere  strappati 
per  una  moderata  trazione.  In  quiete,  la  larva,  con 
piccoli  movimenti,  svincola  questi  peli  l'uno  dal- 
l'altro ed  interrompe,  cosi,  l'adesione  colle  altre. 

Le  larve  sono  deposte  nelle  diverse  sale,  in 
queste  accumulate  e  classificate  secondo  l'età  loro. 
Ciò  fa  sì  che  l'opera  di  allevamento  è  più  solle- 
cita e  facile,  perchè  tutte  le  larve  di  un  ambiente, 
come  coetanee,  sono  curate    in  egual  maniera. 

Allorché  le  larve    hanno  compiuto  il  loro  ciclo 

in  questo  stadio  e  stanno  per  trasformarsi   in  ninfa, 

le  operaie  le  ricoprono    di    terra,    e  le  larve,  entro 

questa,  filano  il  loro    bozzoletto  di   seta,  dentro  cui 

si  trasformano  in  ninfa.  Allorché  l'adulto  sta  per  fuoriuscire,  le  operaie  stesse  lo 

aiutano  a  rompere  il  suo  involucro  sericeo. 

Molte  specie  di  Formiche  non  filano  seta,  perciò  non  costruiscono  il  bozzolo; 
esse  si  trasformano  in  ninfa  allo  scoperto  e  la  pupa  rimane  sempre  nuda. 


—  Larve  di  Formiche. 
A  di  Sima  naialevsis  F.  Sin.  del 
Capo  di  Buona  Speranza;  B  di 
Povera,  stigma  F.  della  N.  Gui- 
nea, molto  ingrandite;  C  capo, 
di  lato  di  larva  di  Diacamma 
geometricuw  F.  Siui.,  di  Cele- 
bes.  (te  labbro  super.;  mrf  man- 
dibola; pm  palpo  mascellare; 
pi  palpo  labiale;  /  filiera)  (da 
Emery). 


Il   Formicaio. 


La  maggior  parte  delle  Formiche  nidificano  sotterra;  ma,  per  molte  altre, 
invece,  il  formicaio  è  scavato  nel  legname,  sopratutto  dei  vecchi  alberi  morti  da 
tempo  od  è  costrutto  in  piena  aria.  In  generale,  è  più  frequente  assai  il  lavoro 
di  escavazione  che  non  quello  di  costruzione;  ma,  in  più  casi,  le  Formiche  si 
mostrano  buone  operaie  nell'una  e  nell'altra  maniera  di   lavoro. 

Con  tutto  ciò,  tranne  che  per  le  costruzioni  all'aria  libera,  il  formicaio  non 
è  modellato  secondo  una  architettura  generale  costante,  come  è,  invece,  per  cia- 
scuna specie  tli  Imenotteri  più  alti,  ad  es.  delle  Vespe,  sopratutto  delle  Sociali, 
che,  a  questo  riguardo,  sono  gli  ottimi   archittetti  fra  gli  Insetti  tutti. 

Anche  il  Favo,  che  è  la  costruzione  caratteristica  dei  nidi  più  perfezio- 
nati, appartiene  solo  alle  Vespe  sociali  ed  ai  migliori  costruttori  fra  gli  Apidei. 
Nei  formicai  non  è  traccia  di  tale  costruzione  e  neppure  d'altra   simile,   perchè  le 


I.K    SOCIKTA 


847 


larve  sono  allevate  tutte  insieme  e  non  ciascuna  in  una  cella  distinta.  11  formicaio, 
adunque,  risulta,  in  generale,  da  un  complesso  di  camere  ampie,  capaci  di  ac- 
cogliere molti  individui  immaturi,  assieme  giacenti,  e  di  un  sistema  di  gallerie, 
per  la  comunicazione  di  tutte  le  camere  fra  loro  e  coll'esterno  (tìgg.  826;  827; 
829;  831). 

Così  pure,  tranne  che,  pei  formicai  costrutti  all'aperto,  non  è  impiegato,  dalle 
Formiche,  un  particolare 
materiale,  come  accade, 
inveire,  per  le  Vespe  e 
pegli  Apidei  sociali. 
Quelle  fabbricano  di  carta 
e  queste  di  cera  ;  le  For- 
miche usano,  più  comu- 
nemente, materiali  ter 
rosi,  o  legnosi,  allorché 
debbono  costrurre.  Ciò, 
ripeto,  all'infuori  delle 
specie,  che  nidificano  al- 
l'aperto. 

La  maniera  di  nidi- 
ficazione varia,  anche  per 
la  stessa  specie,  a  se- 
conda delle  località.  Così, 
nelle  regioni  temperate, 
il  formicaio  di  una  specie, 
che  nelle  regioni  più  me- 
ridionali è  affatto  sotter- 
raneo, può  essere,  invece, 
costrutto  in  buona  parte 
sopra  terra. 

Ciò  dipende,  ripeto, 
dalle  condizioni  climati- 
che e  sopratutto  dal  grado 
di  umidità  della  regione, 
di  fronte  ai  bisogni  che, 
per  la  stessa  specie,  sono 
dovunque  gli  stessi.  Così, 
una  Formica,  che  nell'Eu- 
ropa media,  e  boreale  fa 
il  suo  nido  con  molta 
parte  sopra  terra  e  poca 
nel  sottosuolo,  perciò  che 
quivi  frequenti  sono  le 
piogge,  più  abbondante 
la  umidita,  men  caldo  il  sole,  invece,  nell'Europa  meridionale,  ha  il  suo  formi- 
caio quasi  tutto  sotterraneo.  Xei  luoghi  desertici,  ove  la  siccità  è  massima  e 
molto  il  calore  solare,  le  escavazioni  sono  praticate  as«ai  profondamente  nel 
suolo,  per  trovarvi  quel  grado  di  umidità,  che  è  necessario  alla  buona  vita  delle 
larve. 

Nelle  costruzioni  superterranee,  le  Formiche  elevano  vere  muraglie  e  pilastri, 
su  cui  gettano  le  volte  delle  sale,  che  sono  anche  i  pavimenti  di  altri  piani  e 
tutto  ciò  è  composto  di  terra,  che  esse  ottengono    dalle    escavazioni  della  parete 


PifT.    826.    —   Interno  ili   un   formicaio. 

Si   vedono,   nei   diversi   vani,  distinte  secondo   <;randezza,  le  larve 

e,   nel  piano   inferiore,    le   ninfe   imbozzolato  (da  André). 


848 


CAPI  inui    SK'I  I  IMI) 


sotterranea  del  nido,  ed  impastano  fra  le  mandibole.  Il  nostrale  Lasius  niger 
eleva  il  suo  nido  sopra  terra,  facendolo  di  molti  piani,  sino  a  venti  (quanti  ne 
contò  l'Huber)    con    muraglie   sottili    e    levigate    e  sotto  a  questa  costruzione    è 

scavato  il  nido  sotterraneo,  con  al- 
trettanti piani.  Cosi,  queste  Formiche 
lianno  un  gran  numero  di  camere  e 
diverso  grado  di  temperatura  e  d'u- 
midità, dove  possono  rapidamente  tras- 
portare le  loro  larve,  e  seconda  del 
bisogno. 

Merita    di  essere  letta  la    descri 
zione  del  modo  di  costrurre,   da  parte 
del    detto    Lasius,  quale  è    data    dal- 
l'Huber. 

Altre  Formiche  fanno  il  loro  nido 
scavandone  le  camerette  nel  legno 
morto.  Esempio  nostrale  sono  i  grossi 
(Jamponotus. 

Talune  specie,  sopratntto  fra  le  eso- 
tiche, stabiliscono  piccoli  formicai  entro 
piccoli  rami  di  piante,  morti,  già  scavati  nel  loro  interno  da  altri  Insetti  o  vuoti 
per  altra,  ragione.  Così,  molte  delle  piccole  Formiche,  abbondantissime  nelle  foreste 
tropicali,  vivono  entro  i  rami  secchi  degli  alberi  o  negli  steli  delle  erbe  più  robuste. 


Fig.  827.  —   Pogonomyrmex  ocoidentalis    ('resa. 
Spaccati    ili  nidi.    A    piccola    camera    l'atta    dalla 
regina  alla  fondazione  del  formicaio;  B  piccolo 
nido  del  primo  anno    della    colonia;    C  sezione 
dell'acervo  della   colonia  adulta     (da   WheelerJ. 


Pig.   828.  —  Formicaio  di    Formica   pratensù  Deg.,  nella  foresta  di  Vallombrosa. 


l'orme  piccole  o  picco- 


Altre  specie  si   allogano  nelle  cortecce    morte  e  sono 
lissime,  che  si  stabiliscono  in  colonie  poco  numerose. 

Specie  uostrali  abitatrici  dei  rami  o  delle  cortecce,  come  si  è  detto,  sono, 
ad  es.,  il  Dolichoderus  quadripunctatus  (L.),  così  detto  pei  quattro  punti  bian- 
castri, die  spiccano  sull'addome  nero,  ed  il  Camponottts  truncatus,  che  si  è  già 
ricordato   per  le  due   forme  dei  suoi  operai. 


I  K    SOCIE  I  À 


849 


Ho  detto  che  la  più  connine 
di  un  complesso  di  camere 
scavate  sotterra,  tutte  in 
comunicazione  fra  loro  mercè 
cunicoli  e  gallerie,  mentre 
il  passaggio  al  mondo  esterno 
avviene  per  una  o  poche 
aperture,  in  guisa  di  fori 
ristretti. 

Molte  volte,  il  formi- 
caio è  scavato  sotto  una 
pietra,  che  serve  ottima- 
mente da  solida  volta  a 
tutto  il  nido  e.  riscaldandosi 
ai  raggi   del   sole,  mantiene 


maniera  di  formicai,  almeno  da  noi,  si  è  quella 


più  caldi  gli  ambienti  meno 
profondi.    Così,    gli  Insetti 


Fig.  829.  —  Sezione  lougitud.  schematica  del  nido  di    Meator 
barbanti    (da  Loeser). 


hanno  una  abitazione  con 
vari  piani,  diversamente 
temperati,  anche  a  seconda 
delle  ore  della  giornata  ed 
in  grado  differente  di  umi- 
dità, e  profittano  di  questa 
coudizione  di  cose  per  allo- 
gare, nei  diversi  ambienti 
del  nido,  le  loro  larve  e  le 
ninfe,  a  ciò  che  essi  godano 
del  grado  di  temperatura 
e  di  umidità,  che  più  loro 
conviene. 

L'accesso    al   formicaio 


Fig.   830.  —  Cratere  del  nido  di   Myrmecocystus  aemifurus  Eni. 
del  Nord  America. 


è,  il  più  spesso,  molto  bene  protetto  dalla  invasione  di 
acque  piovane,  mercè  una  barriera  di  materiali  diversi,  ele- 
vata sul  suolo  circolarmente  (flgg.  8127,  828,  830,  831).  La 
nostrale  Formica  rufa,  ad  es.,  innalza,  attorno  al  foro  d'in- 
gresso al  nido,  un  acèrvo  composto  di  detriti  vegetali  e 
granuli  di  terra,  provenienti,  questi  ultimi,  dalla  escava- 
zione del  nido.  Le  lavoratrici,  infatti,  man  mano  che  stac 
cauo  una  particella  di  terra,  nel  sottosuolo,  colle  loro 
mandibole,  tra  queste,  appunto,  trattenendola,  la  portano 
all'esterno  e  la  depositano  nelle  vicinanze  dell'apertura 
del  nido,  con  clie  finisce  per  riescirne  un  monticello,  con 
un  vano  ad  imbuto,  che    ha  per  centro  l'apertura  stessa 


■e 


Fig.   831. 
Sezione  longitndin. schema- 
tica del  nido  di    Oxyopo 
myrrnex  santschiì  For.  (da 
Santschi). 


A.  Beei-ess,  UH  Insetti,  II 


107. 


850 


CAPITOLO    SETTIMO 


del  formicaio.  Con  questa  terra  vengono  anche  depositati  detriti  di  origine  vege- 
tale, per  lo  più  aghi  secchi  delle  conifere  vicine  od  altro 
e  ne  riesce  così  un  vero  bastione  circolare,  che  impe- 
disce all'acqua  di  pioggia  di  penetrare  nel  nido. 

Per  molte  specie,  i  cumuli  di  materiali  così  ammassati  sono, 
spesso,  assai  vistosi.  La  fig.  830,  mostra  gli  acervi  di  aghi  di  coni- 
fere e  di  altri  detriti  vegetali,  quali  si  vedono  comuni  nella  foresta 
di  Vallombrosa. 

Al  cader  della  sera,  le  Formiche  cbiudouo  l'apertura 
del  nido  con  materiali  che  prendono  all'acervo,  che  la 
circonda,  e  non  la  riaprono  che  al  mattino.  Nei  giorni 
piovosi  l'ingresso  al  formicaio  rimane  chiuso  e,  nelle 
giornate  nuvolose,  quando  la  pioggia  minaccia,  l'apertura 
del  nido  è,  in  parte  chiusa,  per  essere,  così,  pronta  a 
chiudersi  del  tutto,  allorché  venisse  a  cader  acqua. 

Costruzioni  in  cartone.  —  Il  legno,  finissimamente  tri- 
tato colle  mandibole  ed  impastato  con  saliva,  costituisce 
una  maniera  di  materiale  usato  da  talune  specie,  sia 
nella  costruzione  di  camere  in  un  complesso  allogato 
entro  una  cavità  preesistente  e  scelta  dalla  formica  stessa, 
sia  per  la  fabbricazione  di  tutto  un  nido  libero,  cioè 
dell'involucro  e  del  suo  contenuto.  Si  tratta  di  un  vero 
cartone,  quale  vedemmo  usato,  fino  ad  un  perfezionamento 
di  composizione  mirabile,  da  talune  Vespe  sociali. 

11  complesso  delle  costruzioni  interne  del  nido  è  una 
quantit à , 
spesso 
grandissi- 
ma, di  ca- 


Fig.  S32. 

Frammento  di  nido  di  car- 
tone di  Formica  puzzola 
(  Liometopu  m  microcepha- 
lum  Pauz.),  in  un  tronco 
scavato  di  quercia, 
(grand,  nat.). 


meret  t  e, 
qualche 
volta  abbastanza  ordinatamente 
disposte  in  piani  (tal'altra  più 
confusamente,  riuscendone  un  vero 
labirinto  intricatissimo).  I  piani, 
che  sono  insieme;  volta  di  una  stanza 
e  pavimento  della  superiore,  sono 
sostenuti  da  pilastri  della  stessa 
sostanza.  Così  costruisce  il  nostrale 
Lasius  fuliginosus  Latr.  (fig.  833),  en- 
tro i  fusti  cavi  di  piante  diverse.  Le 
pareti  del  nido,  che  primamente 
fu  giudicato  come  scavato  nel  legno 
stesso,  hanno  superficie  di  aspetto 
vellutato,  dovuto  ad  un  piccolo 
fungo  speciale  (Septósporium  myr- 
mecophilum),  che  non  manca  mai. 
Questa  specie  di  Formica,  se  si 
trova  a  corto  di   materiale  legnoso, 


Fin'.    833.  —   Frammento    di     nido    di 
Lasius  fuliginosus  Latr.   (da   Huber). 


cartone    del 


ricorre    a    quello    terroso,    facendone     una    mescolanza     col     primo;    ma    queste 


LB    SOCIETÀ 


«51 


costruzioni,  di  color  bigio,  sono  più  fragili  assai.  Più  intricato  e  labirintico 
allatto  è  il  nido  costrutto  nella  cavità  delle 
Querce  dalla  nostrale  puzzola  (Liometopum 
mierocepliatum  Panzer)  (fig.  83'-).  Anche  il  no 
stro  Grematogaster  scutellaria,  quando  è  costretto 
a  nidificare  sotto  le  pietre,  vi  fa  una  costru- 
zione di  cartone. 

.Ma,  altre  specie  di  questo  genere,  esoticbe, 
fabricano  grandiosi  nidi,  composti  di  cartone, 
con  un  involucro  della  stessa  natura,  liberi  in 
piena  aria  e,  talora,  molto  voluminosi,  come  è, 
ad  es.,  quello  del  C.  sehencki  For.  del  Mada- 
gascar, nel  cui  invoglio  potrebbe  comodamente 
capile  un   uomo. 

Altre  specie  di  Formiche  esoticbe  fabbri- 
cano nidi  di  carta,  che  hanno  dimensioni, 
talora,  colossali. 

Formiche  del  geu.  Azteca  (affini  alle  no- 
strali puzzole)  del  Brasile,  costruiscono  formi- 
cai sugli  alberi,  dai  cui  rami  pendono  a  guisa 
di  gigantesche  stalattiti,  lunghi,  anche  oltre 
un  metro  (fig.  834). 


Multii  interessante  e  secondo  un  modo  di  costruzione 
singolarissimo,  è  il  nido  di   una  specie  vivente  nell'Asia 


Fig.  835.  —  Operaie  di  Oecophylla  smaragdina  (Fabr,), che.  allineate 
all'esterno  del  formicaio,  si  sforzano  di  avvicinare  un  lembo  di 
foglia  ad  un  altro,  mentre  altre  operaie,  accorrono  dall'interno 
portando  in   bocca   larve  filanti.   (Grand,   nat.)   (da  iJotiein). 


di  sostanza  adesiva  le  foglie  stessero 
riunite  assieme.  Il  Ridley,  nel  1990, 
ne  riconobbe  la  natura  vera  e  l'ori- 
gine, ma  le  sue  asserzioni  non  fu- 
rono credute,  tino  alla  conferma  clic 
ne  diede  il  Doflein,  osservando  la 
specie  nell'isola  di  Ceylan.  Il  detto 
Autore  riconobbe  che  i  fili  sericei  si 
devono  alle  larve  della  detta  For- 
mica. 

Praticato  un  taglio  nel  nido  e 
guadagnatisi  non  pocbi  morsi  dolo- 
rosi da  parte  delle  abitatrici,  ebe 
fuoriuscirono  subito  in  gran  numero 
e  lo  aggredirono,   egli  constatò    che 


Fig.  834.  —  Nido  cartaceo  di  Azteca 
trìgona  Eni.  del  Brasile  (ridotto  a  circa 
'  ,   della  grand,   nat.)  (da   Wlieeler). 


tropicale,  nell'Africa  e  nel- 
l'Australia, cioè  la  Oecophijlla 
amar  agitili  a  (Fabr.),  dalle  zam- 
pe ed  antenne  molto  lunghe 
E  questa  una  specie  temuta 
pel  suo  morso  doloroso,  ag- 
gressiva e   rapace. 

Il  suo  nido  è  costruito  sai 
rami  degli  allieti,  con  foglie 
verdi,  tenute  assieme  legate 
da  fili  sericei.  Già  il  Banks, 
clie  accompagnava  il  grande 
viaggiatore  Cook,  ne  aveva 
fatto  cenno,  ma  non  potè  ri- 
conoscere per    quale    maniera 


Fig.  836. —  Operaia  di  Oecophylla  smaragdina  (Fabr.), che  porta 
una  larva  e  la  fa  filare.  Ingrand.  circa  3  volte  (da 
Dotlein). 


852 


CAPITOLO    SETTIMO 


molte  operaie,  dispostesi  all'esterno,  ordinatamente,  in  fila,  su  uno  dei  lembi,  lungo  il  taglio  e 
bene  aggrappatevisi  colle  zampe  tutte,  afferravano,  colle  mandibole,  l'altro  lembo  staccato  e,  adagio 
adagio,  con  una  trazione  uniforme  e  continua,  lo  portavano  accosto  a  quello  su  cui  stavano  fissate 
(fig.  835).  Intanto,  dall'interno  del  nido,  altre  operaie  sopraggiungevano  (fig.  836)  ciascuna  recando 
fra  le  mandibole  una  delle  loro  larve,  col  capo  all'insti  e,  facendole  toccare  colla  bocca  loro  or 
l'uno  or  l'altro  dei  lembi  tagliati,  appunto  lungo  il  taglio,  mentre  dalla  bocca  delle  larve  stesse 
usciva  il  filo  di  seta,  compivano,  in  breve,  una  salda  cucitura,  dall'interno,  della  ferita  praticata 
al  nido,   che  così  fu  accomodata. 

Queste  Formiche,  adunque,  in  tal  modo  fissano  l'ima  all'altra  le  foglie  verdi  componenti  il 
formicaio  e  si  servono  delle  loro  larve  stesse,   quasi  di   una  spola  da  tessitore. 

«  La  formica  oecofilla  —  osserva  giustamente  l'Emery  —  è  uno  dei  pochissimi  animali,  che 
adoperano,  nei  loro  lavori,   uno  strumento  »   (1). 


Aà* 


Ani;lie  per  altre  specie  di  Formiche  si  verifica  l'intervento  delle  larve  fila- 
trici, nella  costruzione  del  nido,  come  accade,  ad  es.,  del 
Camponotus  senex  F.Smith,  comune  nell'Americameridionale, 

£:■  'rf^-Sx ?'. .' \  che  fa  nidi  sul  genere  di  quelli  della   Oecophylla  sopradetta. 

:  l^Jr^fctl  Del  resto,  la  seta,  che  è  ria    ritenersi  dovuta    a  se- 

crezioni delle  larve,  per  talune  Formiche  entra  a  far 
parte,  in  varia  misura,  dei  materiali  di  costruzione  del 
nido,  tino  ad  esserne  l'unico. 

Cos'i,  talune  specie  del  gen.  Polyrrhachis,  Formiche  esotiche,  so- 
pratutto  dell'India  continentale  ed  insulare,  impiegano  variamenti' 
la  seta  nei  loro  nidi,  sia  per  semplicemente  tappezzarne  le  pareti 
interne,  come  accade  nel  P.  simplex  Mavì,  i  cui  nidi,  scavati  sot- 
terra, ne  hanno  le  celle  rivestite  di  un  sottile  strato,  sia  per  com- 
porre una  specie  di  cartone  flessibile  (fig.  S37),  quando  tale  materia 
sia  mescolata  con  detriti  vegetali,  in  varia  proporzione,  a  seconda 
di  specie  diverse.  Finalmente,  di  pura  seta  sono  fatti  taluni  formicai 
di  specie  pertinenti  al  detto  genere,  per  talune  in  maniera  di  un 
semplice  sacco  trasparente,  come  è  per  la  P.  arachne  Eoi.,  per  altre 
(ad  es.  P.    Ihrinaj;  Rog.),   i   nidi  sono  di   foglie,   rivestite  di  seta. 

Cambiamento  di  domicilio.  —  Allorché  il  formicaio,  per 
qualche  causa,  è  divenuto  inabitabile  ormai,  o  gli  inquilini  si  sentono  troppo 
molestati,  essi  finiscono  per  decidersi  a  cambiar  casa.  Qui,  però,  si  manifesta  un 
caso  tipico  di  eterofrenia  accentuata,  inquantochè  la  decisione  non  è  presa  con- 
temporaneamente e  generalmente  da  tutti  gli  inquilini.  Alcune  operaie,  infatti,  e 
forse  all'inizio  una  sola,  si  decidono  al  trasloco,  iniziando  la  escavazione  e  la  co- 
struzione di  un  nuovo  formicaio.  Questa  avanguardia  si  mette  all'opera  e  finisce 
per  persuadere  tutte  le  compagne  a  seguirla  ed  aiutarla  nel  lavoro.  L'Huber  de- 
scrive il  singolare  procedimento.  Le  pioniere,  dapprima  in  piccolo  numero,  iniziato 
il  lavoro  per  creare  il  nuovo  ambiente,  fanno  scorrerie  frequenti  nel  vecchio  nido, 
di  dove  trasportano,  sospese  alle  mandibole,  ciascuna  una  operaia  tolta  dal  for- 
micaio, che  deve  essere  abbandonato.  Questa  è  messa  a  terra  in  presenza  dei 
nuovi  lavori  e  vi  prende  parte  subito  e  volentieri. 

Sembra  davvero  che  le  reclutatici  persuadano,  con  toccamenti  alle  antenne,  trazione  per  le 


Fig.   837. 
Nido    fatto     di     cartone    e 
seta  da  una    Poh/nhachis, 
(Grand,  nat.)  (da  Brehm). 


(I)  Non   va  dimenticato  ancora  che  Perseval-Deschénes    attenua  di    aver  veduto  due  operai 
di   una  Formica  (probabilmente  F.   rufa)  far    ricorso    ad     una    vera    e  propria    leva,   cioè  un     h'1 
d'erba,   per  spingere,  insieme,  all'insti,  lungo  il  piano  del  monticello    di  detriti    che    circondava 
il   loro   nido,    un   carico  troppo  pesante  per  essere  altrimenti   trasportato  lungo    quella    pendenza  ! 


i.k  soci  i:  i  À  853 


mandibole,  ecc.  le  operaie  della  vecchia  dimora  ad  abbandonarla  e  venirsene  con  loro.  Avvenuto 
l'accordo,   la  recluta   è  trasportata,  sospesa  ed  avvolta  sotto   il  capo  delta  reclutatrice    (fig.   817 

A  pooo  a  poco  il  numero  delle  operaie,  che  cosi  emigrano  verso  i  lavori  pel  nuovo  tonni- 
caio,  va  aumentando,  tinche  non  è  necessaria  troppa  fatica  persuasiva,  uè  il  trasporto  di-Ile  re- 
clute.  Le  immigratrici  finiscono  per  venirsene  da   sé. 

Preparati  locali  convenienti  ormai,  sono  quivi  trasportate  le  larve  e  le  ninfe,  i  maschi  e  le 
femmine  e  il   vecchio  formicaio  rimane  deserto. 

«  Accade  talvolta  —  dice  l'Hnber  —  che  diverse  operaie  intraprendano  contemporaneamente 
di  fondare  una  nuova  città  e  di  trasportarvi  tutte  le  loro  concittadine;  questo  dà  luogo  alla 
esistenza  temporanea  di  parecchi  formicai.  Ma,  le  Formiche  se  ne  accorgono  presto  e  non  -tar- 
dano a  riunirsi  tutte  in   uno  stesso   nido   ». 

Rapporti  fra  più  formicai.  —  Ciascun  formicaio  è  realmente  il  complesso  di  indi- 
vidui pertinenti  ad  una  sola  famiglia,  che  discende  da  un  comune  capostipite, 
allogata  nel  nido,  che  essa  stessa  si  è  costrutto  per  opera  di   più  generazioni. 

Accade,  però,  che  un  certo  numero  di  nidi,  pertinenti  ad  una  sola  specie,  si 
trovino  distribuiti  su  una  data  area  e,  tra  questi,  in  molti  casi,  sono  stabilite 
relazioni  di  vicinato,  variamente  amichevoli,  e  rapporti  di  commercio,  di  mutua 
difesa,  ecc.,  per  i  quali  l'insieme  di  tutti  i  formicai  può  essere  paragonato  ad 
uno  Stato,  per  usare  della  voce  ragionevolmente  impiegata    dall'Emery. 

Il  Forel  vide,  in  una  foresta  del  Mont  Tendre,  uno  di  questi  «  stati  »  di  Formica  exseota,  com- 
posto di  oltre  200  formicai,  occupante  una  zona  circolare  di  150  a  200  ni.  di  raggio,  dove  non 
era  alcun'altra  formica,  tranne  qualche  individuo  dell'audace  ed  agile  Tapinoma  erraticum. 

I  formicai  della  Formica  rufa,  ad  es.,  (che  sono  sotterranei)  si  trovano  in  rapporto  fra 
loro  per  mezzo  di  strade  incavate  nel  snolo  e  percorse  di  continuo  da  molte  operaie.  Altre  strade 
maestre  si  partono  dalla  colonia  di  formicai  in  diverse  direzioni  all'ingiro,  battute  sempre  da 
Formiche  in  gran  numero,  che  vanno  a  cercar  provvigioni  pei  loro  nidi  o  vi  tornano  ;  queste 
«  sono  le  vie  commerciali  della  nazione  »,  come  beo   le  definisce  l'Emery. 

Tutte  queste  vie,  deserte  durante  la  cattiva  stagione,  quando  le  Formiche  sono  riparate  nel 
nido,  vengono  tutte  rimesse  in  buono  stato,  con  grande  cura,  dagli  insetti  stessi,  allorché  essi  si 
svegliano  dall'intorpidimento  invernale;  ripulite  dai  muschi,  che  vi  sono  cresciuti,  dalle  foglie 
secche  od  altre  quisquiglie,   che   vi  sono  cadute,  ecc. 

Per  altre  specie,  invece,  non  sono  così  buoni  e  cordiali  i  rapporti  di  vicinato  tra  un  for- 
micaio e  l'altro,  anzi  è  una  innata  ostilità  fra  gli  abitanti  di  nidi,  anche  vicini  e  della  stessa 
specie.  Cosi  accade  che,  se  si  incontrano  per  via  individui  pertinenti  a  due  diverse  famiglie, 
essi  o  si  scansano  o  si  azzuffano. 

Può  accadere  che  si  interrompano  i  rapporti  fra  formicai  di  uno  stesso  stato  e  dove  prima 
era  amicizia,  subentri  il  sentimento  opposto,  come  vide  il  Forel  per  la  Formica  pratensiì  Deg. 
Dopo  una  invernata,  le  relazioni  tra  un  formicaio  e  due  suoi  vicini  erano  interrotte  e  dopo  tre 
anui  sostituite  da  vera  ostilità.  Ma  pare  basti  un  tempo  anche  minore  per  far  dimenticare  la 
vecchia  amicizia. 

Nidi  composti.  —  Oltre  i  nidi  semplici  già  veduti,  nei  quali  vive  una  fa- 
miglia di  una  sola  specie,  si  hanno  esempi  di  famiglie  pertinenti  a  due  specie 
diverse,  abitanti  ciascuna  in  nido  proprio,  ed  a  suo  modo,  ma  l'uno  all'altro 
strettamente  vicino  e  con  rapporti  diversi  di  convivenza,  fra  le  due  specie,  da 
amichevoli  ad  ostili,  da  facoltativi  a  necessari. 

In  base  alla  diversità  dei  suddetti  rapporti,  si  può  stabilire  una  classifica- 
zione biologica  delle  differenti  maniere  di  vita  dei  conviventi,  e  cioè:  Plesobiosi 
allorché  i  rapporti  si  limitano  a  quelli  soltanto  di  vicinato;  Lestobiosi  (Forel,  o 
Gleptobiosi  «  Wheeler  »)  per  defluire  la  vita  di  ladroneccio  da  parte  di  una  specie 
(piccola),  che  nidifica  nel  formicaio  stesso  di  altra  (grande)  e  la  deruba  conti- 
nuamente; Xenobiosi,  quando  i  rapporti  intercorrono  amichevoli  fra  grosse  specie 
e  piccole  e  queste  ultime  nidificano  nel  formicaio  delle    prime. 


,X5-t  CAPITOLO    SETTIMO 


Plesobiosi.  —  La  vicinanza  stretta  di  due  formicai,  appartenenti  a  due  diverse 
specie,  indifferenti  ma  non  nemiche  Pana  all'altra,  è  determinato  solo  dalla  con- 
venienza dell'ambiente  scelto  da  ciascuna  specie  per  suo  conto.  Così,  accade 
spesso  di  trovare,  ad  es.,  sotto  la  stessa  pietra,  due  o  tre  nidi  di  specie  diverse, 
a  contatto  fra  loro.  Il  luogo  è  comodo  perchè  la  pietra  forma  il  soffitto 
delle  sale  superiori,  dove  ogni  giorno  convengono,  portate,  le  larve  e  le  ninfe  a 
godersi  del  calore  solare  raccolto  dalla  pietra. 

Esiste,  però,  sempre,  un  tramezzo,  comunque  sottile,  di  separazione  di  ciascun 
nido  dai  vicini. 

Lestobiosi.  —  La  parola  significa  vita  di  ladroneccio  e  si  riferisce  a  specie,  che 
si  comportano,  ad  es.,  come  i  Topi  nelle  nostre  case  ;  vi  nidificano  celati  ed 
escono  dai  loro  nascondigli  per  rubare.  Ma,  tra  le  Formiche,  questi  ladri  fanno 
assai  peggio,  perchè  il  loro  furto  è  di  giovani  della  specie  derubata,  che  sono 
divorati  dalle  ladre. 

Il  nido  delle  specie  lestobiotiche  è  scavato  entro  quello  delle  ospiti  ;  per  lo 
più  in  qualche  sua  grossa  parete  ed  il  foro  di  ingresso  è  così  piccolo,  da  non 
permettere  di  penetrarvi  agli  individui  della  specie  più  grossa,  che  è  quella  che 
ha  di  che  dolersi  della  presenza   dell'altra. 

Per  citare  un  esempio,  tolto  dalle  Formiche  nostrali,  la  piccolissima  Soìenopsis  fngax  Lati'., 
che  non  esce  all'aperto  se  non  in  occasione  del  volo  nuziale,  fa  la  ladra,  nella  maniera  che  si 
è  detto,  a  spese  di  specie  diverse,  ad  es.  della  Formica  fusca. 

Xenobiosi.  —  Talune  specie  di  Formiche  sono  normalmente  ospiti,  con  tutto  il 
loro  nido,  entro  formicai  maggiori  e  vi  sono  tollerate.  Da  noi  ciò  accade  per 
parte  del  Formicoxenus  nitidulus  Nyl.,  formica  a  maschi  atteri,  che  fa  il  suo  nido 
in  quello  della  Formica  rubra  e  F.  pratensis,  «  nelle  parti  profonde  del  formi- 
caio immenso  della  formica  rossa,  e  vi  ha  sede  in  uno  spazio  ristretto,  dove  ac- 
cudisce all'allevamento  della  sua  prole,  ma  vagando  per  tutto  l'acervo,  anche 
alla  superficie  del  formicaio,  Il  Formicoxeno  è  tollerato  dalle  sue  ospitatrici  ; 
passa  per  lo  più  inosservato  tra  le  gambe  delle  Formiche  rosse,  e  se,  talvolta, 
una  di  queste  apre  minacciosamente  le  mandibole,  la  minuscola  ospite,  fingendosi 
morta,  evita  il  pericolo  di  farsi  addentare.  II  Formicoxeno  vive  nell'assoluta  di- 
pendenza della  Formica  rossa,  non  è  stato  mai  incontrato  fuori  dei  formicai  di 
questa  specie.  Quando  la  Formica  rossa  cangia  domicilio,  l'ospite  la  segue.  Che 
cosa  l'attrae  verso  la  sua  grande  ospitatrice?  è  ignoto,  come  pure  è  ignoto  il 
suo  genere  di    alimentazione  ». 

Nel  Nord  America,  secondo  il  Wheeler,  nei  nidi  della  Myrmica  orevinodis  Em.,  nidifica 
anche  il  piccolo  Leptothorax  emersomi  Wheel.,  in  piccoli  formicai,  non  accessibili  agli  individui  della 
specie  ospitatrice.  Allorché  una  operaia  del  Leptothorax  ha  bisogno  di  cibo,  esce  nelle  gallerie 
della  Myrmica  ed,  incontrando  un'operaia  di  questa  specie,  sale  sul  suo  dorso,  la  accarezza  e 
la  lecca  anche  sulla  testa,  finché,  questa,  cosi  solleticata,  emette  dalla  bocca  una  gocciolina  di 
liquido  nutritivo,  che  subito  è  raocolta  dal  Leptothorax  fra  le  sue  mandibole  ed  assorbita.  Quindi 
scende  ed,   il  più  spesso,  subito   ripete  la  manovra  con  altra  operaia  di   Myrmica. 

Parassitismo  sociale.  —  Tutta  una  società  può  adattarsi  a  vivere  a  carico  di 
quella  di  un'altra  specie,  con  buona  armonia  fra  l'ospitatrice  e  l'ospitata  od  al- 
meno con  tolleranza  della  prima  rispetto  alla    seconda. 

Questa  può  essere  parassita  necessariamente,  quando  ad  es.,  non  abbia  ope- 
raie proprie,  mercè  le  quali    crearsi    un    nido  a  sé  e  condurlo  innanzi  bene. 

Così,  il  parassitismo  sociale  è  graduato,  a  partire  da  un    adattamento    seni- 


LE    SOCIKTA 


855 


plicemente  facoltativo  per  giungere  ad  imo  assolutamente  necessario.  Questo  ul- 
timo grado  è  raggiunto  da  quelle  specie  ospitate,  in  cui  non  solo  mancano  gli  ope- 
rai, ma  gli  adulti  stessi  sono  incapaci  di  locomuoversi,  oltre  clie  di  cibarsi  da  sé, 
come  si  vedrà,  ad  es.,  essere  degli  Anergates. 


parassitismo    e    breve   il  passo.  Infatt 


Dalla  dulosi,  die  esemplificheremo  più  innanzi,  al 
quando  la  specie  dulotica,  per  una  qualche  maniera  di 
degenerazione,  perdesse  della  sua  virtù  bellicosa  ed  ef- 
ficacia predatrice,  sarebbe  costretta,  per  salvarsi  a  far 
da  parassita  nel  nido  della  specie  ausiliaria.  Ciò  accade, 
infatti,  per  un  altro  Strongi/lognathus  (S.  testacene  Sohenok) 
I  tìg.  839),  che  conserva  tuttavia  le  caratteristiche  morfo- 
logiche della  formica  predone,  ma  è  cosi  piccolo  e  de- 
bole, ormai,  che  non  potrebbe  neppur  tentare  una  spe- 
dizione a  rubare  le  uiufe  del  Tetramorium  caespituni 
(fig.  838),  di  cui  è  più  debole.  Se  vuol  vivere,  deve 
adattarsi  a  permanere  nel  nido  di  questo  ultimo  e  farvi 
da  parassita,   tollerato  dagli  ospiti. 

Un'altra    maniera    di  parassitismo,  certa-  r''K-  S38.  Fig.  839. 

mente    di  altra    origine,     è     rappresentato    da      FiS-    838.    -       Tetramorium    caespitum, 

,.  .  ,  ospitatole    di    Stronqiiloqnalhns  (stesso 

specie    prive     di    operaie,    composte,  adunque,         ingrandirli,  della  fig.  839)  (da  Whee- 

soltanto  da  t'emuline  e  da  maschi,  i  quali  sono        ler). 

accolti   in    formicai    di    altra   specie   e   quivi    be-      FiS-   839-   —    Strongylognathus    testaoeus 

...  , ...  Sohenok,  ospite  di  Tetramorium  caespi- 

uissimo  vivono,  ospiti  graditi.  ,        ,  .  '      l .  A      ,  ,,     «      a.fe\ 

'         '  *  Inni    (stesso     ingrana,     della   fig.   bob) 

(da  Wheeler). 
Il   caso    è    esemplificato  dagli   Anergates  e  da  altri. 
L' Anergates  atratulus  (Sdir.)   vive  nei  nidi  di   Tetramorium  caespìtum.  La  formica  dealata  inturgi- 
disce eccessivamente  nell'addome    (tìg.   840),   per  molte  uova  che  contiene,   e,  cosi,   è  incapace  di 

camminare.  Nel  formicaio  si  trovano  anche  femmine  giovani,  alate 
e  quei  maschi  atteri  di  cui  si  è  detto  più  su.  L'accoppiamento 
avviene  nel  nido,   e  la  femmina  fecondata  ne  esce  a  volo. 

Le  operaie  della  specie  ospite  hanno  grandissima  cura,  sopra- 
tutto della  femmina  dealata  dell'  Anergates,  che  nutrono  e  trasportano 
esse  stesse  qua  e  là  nel  formicaio,  giacché  da  sé  non  può  locomuo- 
versi. 

Per  giungere  nel  nido  ospitale,  la  femmina  che,  dopo  il  volo,  è 
caduta  a  terra  ed  ha  perdute  lo  ali,  si  afferra,  colle  sue  mandibole, 
all'antenna  di  una  operaia  «li  Tetromorhtm,  che  incontri  e  si  fa 
trascinare  nel  suo    nido. 

Quivi,  è  così  bene  accolta,  che  le  operaie  di  Tetramorium  ucci- 
dono tutte  le  femmine  ed  i  maschi  della  propria  specie  ed  insediano, 
come  regina  loro,  la  nuova   venuta. 

La    JJ  heeìeriella    santsehii  For.     vive  in     Tunisia,   entro  i   nidi  di 
ilonomoriiim  salomonis    (L.)     (formica    comunissiina   in   tutta  la  costa 
barbaresca  e  con  una  varietà  in  Sicilia  e  Sardegna).  Anche  la   Ifhee-. 
lei-iella  è  priva  di  operaie;  ma,  i  suoi  maschi    sono    alati,  e  la  fem- 
mina dealata,  anche    se    ripiena  d'uova,  non    ha  l'addome  gonfio  come  quella  dell'  Anergates   già 
veduta;  si  locomuove,  ma  è  incapace  di  mangiare  da  sé. 

La  femmina  dealata,  dopo  il  volo,  raggiunge  un  nido  di  Monoinoiium,  finisce  per  penetrarvi 
ed  allora  le  operaie  della  specie  ospitante  uocidouo  la  propria  regina  e  per  tale  adottano  la 
usurpatrice. 


Fig.  840. 
Anenjate><;   femmina   fecon 
da,   coll'addome  estrema- 
mente rigonfio;  molto  in- 
grandita   (da    Wheeler). 


Altre  specie  sono  note,  prive  di  operaie  e    viventi    parassiticamente  a    spese 
d'altre,  nel   modo  anzidetto. 


856  CAPITOLO    SETTIMO 


È  da  ritenersi  cbe  al  parassitismo  sia  dovuta  appunto  la  scomparsa  delle 
operaie  della  specie  parassita,  come  forme  ormai  divenute  inutili. 

Dulosi.  —  L'abitudine  di  una  specie  di  farsi  servire  dalle  operaie  di  un'altra, 
e  defluita  con  tale  voce.  I  gradi,  però,  ne  sono  varii  e,  cioè,  da  una  maniera, 
di  convivenza,  in  cui  le  due  specie,  la  padrona  e  la  servente,  si  trattano  alla 
pari  e  quest'ultima  non  è  strettamente  necessaria  alla  esistenza  dell'altra,  fino 
ad  una  vera  e  propria  schiavitù  di  una  specie,  senza  l'ausilio  della  quale  l'altra 
non  potrebbe  nidificare,  ne  tampoco  vivere. 

Sono,  dunque,  due  maniere  di  dulosi,  facoltativa  la  prima,  necessaria  l'altra. 

Dulosi  facoltativa.  Ne  è  dato  esempio,  tra  le  Formiche  nostrali,  dalla  For- 
mica sanguinea,  Lati'.,  che,  quasi  sempre,  si  trova  associata,  nel  suo  nido,  alla 
F.  fusca. 

La  femmina  di  /■'.  sanguinea  entra  a  forza  nel  formicaio  della  F.  fusca,  mette  in  fuga  od 
incide  lo  operaie  e  la  femmina,  legittime  proprietarie  e  ne  raccoglie  le  larve  e  le  ninfe.  Con 
l'aiuto  delle  operaie,  che  ne  schiudono,  alleva  la  propria  figliolanza  ;  ma,  la  massa  delle  specie 
ospitatrici  è  rinsanguata  con  frequenti  scorrerie,  che  le  operaie  della  F.  sanguinea,  bellicose  non 
meno  della  madre,  praticano  per  invadere  altri  formicai  della  Formica  fosca  e  trarne,  di  volta 
in  volta,  numerose  ninfe,  che,  poi,  importano  nel  loro  nido  ed  allevano.  Interviene  una  vera 
battaglia  tra  le  operaie  di  F.  sanguinea  o  quelle  della  f.  fusca  di  un  altro  nido,  con  una  stra- 
tegia, da  parte  della  predatrice  ed  una  tattica  difensiva  dell'aggredito,  veramente  meravigliose. 
La  conseguenza,  però,  è  sempre  la  stessa,  cioè  il  saccheggio,  più  o  meno  intenso,  del  formicaio 
aggredito  ed  importazione  di  nuove  ninfe  da  quivi  al  formicaio  proprio  della  battagliera  /'.  san- 
guinea. 

Le  operaie  dell'una  e  dell'altra  specie  vi  compiono,  di  buon  accordo,  tutte  le  opere,  dalla 
edificazione  del  formicaio,  all'allevamento  della  prole;  ma,  fuori  del  nido,  le  mansioni  delle  une 
sono  diverse  da  quelle  delle  altre.  La  operaia  della  F.  fusai  è  addetta,  di  preferenza,  alla 
mungitura  degli  Afidi,  viventi  sulle  piante  vicine  ;  mentre  quella  della  F.  sanguinea  attende  aliti 
caccia,  alla  guerra,  al  saccheggio  di  formicai  d'altre  specie,  per  predarvi  gli  alimenti  e  le  pupe. 
Con  tutto  ciò,  meno  frequentemente,  si  trovano  formicai  abitati  soltanto  dalla  F.  sanguinea,  che, 
dunque,   può  vivere  anche  senza  l'aiuto    dell'altra  specie. 

Dulosi  necessaria.  —  Le  operaie  di  alcune  specie  di  Formiche  non  sono  ca- 
paci di  compiere  i  lavori  necessari  alla  buona  vita  della  specie  loro.  Questa  non 
potrebbe,  adunque,  conservarsi  senza  l'aiuto  di  operai  di  qualche  altra  specie. 
Di  qui  la  necessità  di  questi  servi,  e  la  specie  inetta,  deve  procurarseli.  È, 
dunque,  in  atto  un  vero  e  proprio  stato  di  schiavitù  (SouUia),  subita  da 
qualche  specie  a  vantaggio  di  altra,  che  può  vivere,  così,  in  perfetto  far  niente, 
colla  sola  briga  di   procurarsi  gli  schiavi  necessari. 

11  più  ovvio  esempio,  per  speeie  nostrali,  è  quello  del  Polgergus  rufescens  Lati.,  la  cosi 
detta    Formica    amazzone,  che  fa  schiave  le  operaie  della  comune  Formica  fusca  L. 

Il  Polt/ergus,  di  statura  vantaggiosa  in  confronto  delle  comuni  Formiche,  ne  differisce  anche 
per  la  forma  delle  mandibole,  che  non  sono  larghe  ed  armate  di  grossi  denti,  come  hanno  i 
buoni  lavoratori  del  gruppo,  ma  foggiate  a  guisa  di  pugnali  acuminati.  Sono  queste  eccellenti 
armi  offensive  e  difensive  e  questo  predone  se  ne  serve  pei  combattimenti,  in  cui,  per 
e  necessità  suddette  e   pel   suo   istinto  battagliero,  si    trova  continuamente  impegnato. 

Le  operaie  del  Poìijergus,  che  sono  piuttosto  dei  veri  soldati,  fanno  frequentissime  scorrerie 
liei  procurarsi  gli  schiavi,  di  cui  bisognano.  Si  vedono  questi  aggressori  procedere  numerosi,  in 
lunga  fila,  verso  un  nido  di  Formica  fusca,  penetrarvi  a  forza  e  ritirarsene,  ciascuno  recando  tra 
le  mandibole  una  ninfa  dell'altra  specie. 

L'attacco  delle  amazzoni,  condotto  con  impeto,  a  colpi  delle  loro  terribili  mandibole,  colle 
quali  perforano  il  capo  dell'avversario,  è  irresistibile  per  la  specie  aggredita  e  pochi  individui 
dell'una  e  dell'altra  rimangono  sul  campo,   perche  basta,  il  più  spesso,  la    sola    minaccia  perchè 


I.K   SOCIETÀ  857 


le  operaie  della  specie  aggredita  riu uncino  ad  una  resistenza,  elle  sarebbe  inutile.  Le  scorritrici 
penetrano  facilmente  ne]  nido  della  Formica  fiutai,  perchè  non  vi  ha  alcuno  a  difendere  l'in- 
gresso, chi'  tutti  gli  individui  della  specie  aggredita  si  sono  già  rifugiati  nei  sotterranei,  all'av- 
vicinarsi dell'esercito  nemico. 

Questo  penetra  da  padrone  in  casa  altrui  e  vi  risorte  colla  preda  ed  è  molto  se  qualche 
ritardatario  isolato,  aggredito  da  operaie  della  Formica  fosca,  è  costretto  ail  abbandonare  il 
bottino. 

Se  il  nido  aggredito  ne  abbonda,  i  predoni  ritornano  anche  nello  stesso  giorno  e  questa 
volta  può  accadere  che  la  resistenza  sia  energica. 

Analogamente  si  comporta,  nell'America,  il  Polyergus  lucidità  Mayr. ,  rispetto  alla  Formica 
schaufiiissi   Mavì.,  da   cui   ritrae   i   suoi   schiavi. 

Anche  la  Formica  rufibarbis  Fabr.,  sebbene  più  di  rado  della  F.  fusca,  può  essere  tratta  in 
schiavitù  dalla  Amazzone;  ancor  più  raramente  ambedue  le  specie  si  possono  trovare  insieme 
nel  nido  della  rapitrice.  Ma  la  /•'.  rufibarbis  è  piìi  battagliera  della  sua  congenere  e  la  conquista  delle 
sue  pupe  non  è  ottenuta  dalla  Amiuazzone  se  non  dopo  fiorissi  ma  zuffa,  condotta  agli  ingressi  del 
nido,  dal  quale  allorché  sono,  finalmente,  penetrati  gli  aggressori,  si  vedono  fuoruscire  in  fuga 
disordinata  le  operaie  della  rufibarbis,  portandosene  in  salvo  ciascuna  una  pupa  od  una  larva. 
Dopo  un  minuto,  al  massimo,  riescono  le  amazzoni,  colla  loro  preda  e  se  ne  vanno  portando 
esse  pine  ciascuna  un  bozzolo  od  una  larva  e  si  ritirano  in  fila  ordinata  e  compatta,  il  più 
spesso  vigorosamente  inseguite  dalle  operaie  della  specie  aggredita,  che  prima  erano  fuggite  e 
le  ultime  fra  le  rapitrici  sono  costrette  ad  abbandonare  la  preda  e  salvarsi,  perchè,  se  attaccate 
da  sei  o  sette  operaie  della  rufibarbis  e  da  queste  coperte  di  veleno,  in  breve  tempo  soccombono. 
In  dieci  minuti,  tutto  il  tiagico  episodio  è  terminato;  anche  l'inseguimento  ha  tino  sollecito, 
perchè     la     amazzoni    cornino  più   veloci  delle  operaie  della  specie    vittima. 

L'aggressione  è  fatta  a  colpo  sicuro,  perchè  viene  al  seguito  di  esplorazioni  condotte  da  pio 
tempo,  per  parte  ili  esploratrici  isolate  della  Amazzone,  che  poi  guidano  la  spedizione  in 
massa. 

Il  Polyergus  non  potrebbe  esistete  senza  l'aiuto  della  Formica  fiasca,  perchè  è  incapace  non 
solo  di  ogni  lavoro  necessario  alla  vita  della  società,  ma  persino  di  mangiare  da  sé.  Esso  perirebbe 
immancabilmente  di  fame,  se  le  schiave  non  lo  imboccassero  e  ciò  si  è  dimostrato  sperimental- 
mente. 

Le  schiave  fanno  tutto,  scavano  e  costruiscono  il  formicaio;  escono  a  foraggiare,  curano  le 
loro  padrone  adulte  e  giovani,   coltivano  gli   Afidi  sulle  piante,  ecc. 

Le  amazzoni  non  fanno  nulla;  sono  vere  parassite  delle  loro  schiave;  passano  la  vita  va- 
gabondando: non  sono  che  soldati  esclusivamente,  ottimi  e  valorosissimi  solo  nella  guerra  e  nella 
rapina,   senza   pati   nelle  scorrerie  e  nella  difesa   del    formicaio. 

Anche  lo  Strongyloguathus  k uberi  l'or.,  più  piccolo  della  Formica  Amazzone,  ma  con  ana- 
loghi caratteri  morfologici  in  rapporto  al  suo  genere  di  vita,  sembra  comportarsi,  rispetto  al 
Telramorium  caespitum  L.  come  il  Polyergus  riguardo  alla  Formica,  secondo  si  è  detto  ;  ina  nou 
sono   complete,    finora,   le  osservazioni   in    proposito. 

Formiche   mellifere. 

1  }[yrmecosy.st>is  (figg.  S41-S441  sono  Formiche,  le  cui  operaie,  secondo  significa 
il  nome  generico,  hanno  l'addome,  ohe  può  ingrossare  enormemente  per  miele 
che  si  accumula  nell'ingluvie  e,  cos'i,  si  deformano  singolarmente,  in  confronto 
di  quelle  che  non  contengono  così  fatto  deposito,  Intatti,  l'addome,  divenuto  sfe- 
roidale, è  del  colore  e  della  trasparenza  dell'ambra,  salvo  i  tergiti  e  gli  sterniti 
scostati  grandemente  fra  loro.  Queste  operaie  rappresentano  dei  veri  magazzini  di 
miele,  sempre  pronto  alla  richiesta  di  qualche  operaia  affamata.  L'operaia  mellifera 
ne  offre  una  gocciola,  che  apparisce  sulla  sua  bocca  e  subito  la  famelica  la 
raccoglie  avidamente  nella   propria  e   la  ingurgita. 

Il  Myrmecocyslus  melliger  (Lave)  del  Messico  e  della  California,  •■  la  specie  più  nota  del 
genere,  che  e  esclusivamente  americano. 

A.    BkiilksE,   'Hi  Inietti,  II.   —   108. 


858 


CAPITOLO   8KTTIMO 


Il   miele 


ricavato  dalle  galle  verdi  di  Quercia,     fatte  da  un  Cinipide,    dalle    quali    essuda 

come  un  liquido  viscoso.  Le  operaie  esplora- 
trici  se  ne  caricano  nel  loro  intestino;  di  poi, 
rientrate  nel  nido,  lo  rigurgitano  nel  magaz- 
zino vivente,  costituito  dalla  ingluvie  delle 
operaie  ìuellifere,  sedentarie,  od  a  queste,  che 
stanno  immobili,  aggrappate  alla  parete  della 
camera  del  miele,  lo  rigurgitano  innanzi  alla 
bocca  e  la  operaia  mellifera  subito  lo  intro- 
duce in  sé.  Le  operaie  mellifere  non  sono  forme 
speciali  ;  diversificano  dalle  comuni  solo  per 
l'ufficio  anzidetto,  temporaneo,  che  importa  la 
enorme  dilatazione  dell'ingluvie  e  la  impossi- 
bilità di  locomozione,  tanto  che  se  queste 
obese  cadono  al  suolo,  sul  dorso,  non  hanno 
modo  di  rimettersi,  da  se,  nella  ordinaria,  nor- 
male posizione  e  neppure  le  altre  operaie  le 
aiutano,  sebbene  abbiano  cura  grandissima  di 
questi  otri  di   miele    viventi. 

Il  nido  del  M.  melligev  escavato  nel  suolo 
ed  è  sormontato    da  coni  formati  con    piccoli 


pjg,    841      Myrmeeociixlii*    hortideornm    M.   C., 

individuo  repleto  nell'atto  di  rigurgitare  il  cibo 
ad  operaie  digiune.   Ingrandito    (da  Me    Cook). 


Fig.   842.  —  Myrmeeocyitus  hortideornm. 
Individui  repleti,  sospesi  alla  volta  della    camera    del 
Grand,  nat.  (da  Me.  Cook'.* 


miele. 


granelli  di  sabbia  e  forniti  di  fori 

aperti  in  fondo    all'imbuto,  sca- 
vato nel  cono,  e  occupati  sempre 

da  operai,  che  vi  stanno  di  guar- 
dia. In  un  nido  di  questa  specie 

si     trovano    fino     a    600  operaie 

mellifere.    Il    liquido,    così  detto 

miele,  è  una   soluzione    acquosa, 

pressoché  pura,  di  zucchero    non 

cristallizzabile;  ha  sapore  acidulo 

ed  è    molto    ricercato,   come  una 

vera  ghiottoneria,  dagli  indigeni. 

Questo  deposito   serve  certo    alla 

nutrizione     dell'intera     famiglia. 

Si  è  potuto  mantenerne  una,  per 

quattro  mesi,  fornendola    di  sola 

acqua  ne  d'alcunaltro  nutrimento. 

Dopo    questo    tempo  nessuno  dei 

componenti  la  famiglia  era  morto  di  fame;  ma  le  operaie 

di  volume. 

Secondo  il  Me.  Cook,  che  studiò  benissimo  questa  spe- 
cie ed  una  affine,  il  M.  hortideornm  M.  C.  del  Colorado,  il 

miele  viene  rac- 
colto, in  quel  sito, 
dalla  Quercia  un- 
dulata,  che  colà 
abbonda.  La  ma- 
teria zuccherina  è 
in  piccole  granu- 
lazioni,chesi  tro- 
vano sulle  galle 
delle  foglie. 

Analoga- 
inente  si  compor- 
li  Camponotus   iiijlatus  (Lubb.ì  di  Australia,  i  leptomyrmex 
delle,  stesso  continente,  qualche  Prenolepis,  come  la   P,   imparia  (Say)  dell'America  boreale,  ecc. 


mellifere 


si   trovarono 


iltn    diminuite 


Fig.  843.  —  Myrmeeocystus  hortideo- 
rum,  individuo  repleto  di  miele, 
ingrandito     da  Wheeler). 

tano  anche  il   Melophorus  bagoli  Lubb., 


Fig.  844.  —  Formica  del  miele  {Myrme 
coeystua)  con  addome  gonfio;  sono  in- 
dicate le  diverse  parti  dell'intestino. 
in,  ingluvie  piena  di  miele;  am,  por- 
zione media  dello  stomaco  compren- 
dente la  valvola  di  chiusura  dell'in- 
gluvie; s(,  stomaco  propriamente  detto: 
ip,  intestino    posteriore     (da  Emery). 


LE    SOCIKTA 


859 


Formiche    nomadi. 


Taluni  generi,  pertinenti  alla  famiglia  dei  Dorilidi,  comprendono  specie,  che 
hanno  abitudini  eminentemente  vagabonde,  per  ciò  che  la  loro  dimora  in  for- 
micai è  solo  transitoria  e  non  si  protrae  lungamente.  Ad  un  dato  momento, 
quando  le  necessità  della  vita  costringono  all'esodo,  queste  Formiche  se  ne  vanno 
tutte  insieme,  portandosi  le  loro  larve  e  le  pupe,  in  altro  ambiente,  ove  possono 
vivere  di  caccia  e  di  preda,  secondo  il  loro  costume. 

Nella  stessa  Famiglia  dei  Dorilidi,  però,  sono  comprese  altre  specie  con 
abitudini  meno  nomadi  e  che  risiedono  in  formicai  sotterranei  (1),  dai  quali  mai 
escono  all'aperto  e  che,  perciò,  non  si  rivelano 
altrimenti.  Questi  sono  ad  es:  i  Dorylus,  perti- 
nenti sopratutto  alle  regioni  equatoriali,  che, 
come  quasi  tutti  gli  altri  generi  della  Famiglia, 
sono  ciechi. 

I  Dorilidi  di  tutti  i  generi  emanano  un 
puzzo  speciale,  ben  forte. 

In  generale,  le  femmine  ed  i  maschi,  in 
questa  Famiglia,  sono  di  dimensioni  straor- 
dinariamente maggiori  in  confronto  delle  ope 
raie.  Fra  queste  si  notano  individui  di  gran- 
dezza diversissima  e  differenti  anche  morfolo- 
gicamente. Alcuni,  maggiori  assai  degli  altri, 
sono  forniti  di  robuste  mandibole,  foggiate  ad 
uncino  e  questi  sono  i  così  detti  soldati;  altri 
hanno  mandibole  brevissime,  conformate  come 
quelle  di  quasi  tutte  le  vere  operaie  (flgg.  84<i. 
847). 

È  singolare  il  fatto  della  cecità  di  questi 
Dorilidi,  la  quale,  se  è  comprensibile  per  le 
specie  a  vita  quasi  sempre  sotterranea,  come 
è,  ad  es.,  pei  Dorylus  (tìg.  845),  non  è  spiega- 
bile per  le  specie  eminentemente  nomadi  e 
scorritrici,  come  sono  le  Anonima  e  generi  affini, 
di  cui  si  dirà  tosto. 

Intanto,  queste  vagabondissime  tra  le  For- 
miche mostrano  di  possedere  un  senso  di  orientazione  addirittura  stupefacente, 
Si  potrebbe  credere  che  questo  senso,  portato  ad  altissimo  livello,  abbia  reso 
inutile  quello  della  vista,  che  certo  è  limitato  sempre,  anche  quando  è  acutissimo 
e  che,  negli  Insetti,  in  generale,  meno  che  per  pochi  gruppi,  si  può  dire  di  effi- 
cacia ridotta. 


Pig.  S45.  —  Dorylus  Itelvolus  L.  del- 
l'Africa; differenti  forme,  ali»  stesso 
ingrandimento  (circa  un  diametro  e 
mezzo).  A,  femmina  dal  ventre  enor- 
me ;  B,  maschio  ;  O,  operaia  mag 
giore  ;  D,  operaio  minimo  (da  Emery  . 


I    Dorylus  hanno  abitudini  di   vita   affatto  sotterranea,   anche  più  della  Formica  gialla  europea, 
•  •    pili-  non   hmc,   quasi   mai,   alla   superfìcie  del   suolo. 

Gli  stessi   maschi   dei   Dorylus,   che  pure  sono  alati,   non     vengono     all'esterno  se  non   rarissi- 
mamente,  nella  stagione  delle   piogge'  e    solo  di    notte.     Le  operaie    debbono     bucare  il   suolo  per 


il)  In  Europa  i   Dorilidi  sono  rappresentati    soltanto    dal    gen.    Lepianilla,    piccolissime  For- 
miche cieche  e  sotterranee.   Due  specie  se   ne  trovano  in   Sardegna. 


860  CAPITOLO    SKTTIMO 


praticare  l'apertura,  traverso  la  quale  i  detti  maschi  possano  fuoruscire,  certo  per  necessita  in 
rapporto  coll'opera  di  riproduzione.  Non  è  a  parlare,  però,  di  un  volo  nuziale,  in  quanto  che  le 
femmine   sono  attere  e,  del  resto,  coll'enorme  loro  addome  non   potrebbero  librarsi  nell'aria. 

Sul  come  e  dove  avvengano  le  nozze  è,  dunque,  tuttavia  mistero  e  questo  non  è  il  solo 
punto  oscuro  della  vita  di  questi  Insetti. 

I  Dori/lus  possiedono  zampe  corte,  in  rapporto  colla  loro  vita  sedentaria.  Essi  vivono  pre 
dando  insetti  sotterranei,  che  incontrano  scavando  gallerie  in  tutti  i  sensi.  Invece,  le  Anonima 
(cioè  senz'occhi)  scavano  un  formicaio  sotterra;  più  spesso  adattano  una  cavità,  che  trovano  ed  è 
sufficiente  per  la  loro  breve  dimora.  Diverse  strade,  che  per  la  continua  frequenza  di  tali  For- 
miche sono,  spesso,  incavate  nel  terreno  e  con  argini  ai  lati,  talora  anche  qua  e  là  coperte  per 
qualche  tratto,  conducono  dal  formicaio  nei  dintorni,  dove  vanno  queste  Formiche  a  caceiare. 
Sono  questi   Dorilidi  dalle  lunghe  zampe,   perchè  di  istinto  eminentemeute  nomade. 

Fama  paurosa  e    ben  meritata  godono  le  Anonima,    che    appartengono  tutte 
alla  regione  tropicale  africana  {A.  nigricans  111.  con  le  sue  varietà;  ìraìverti  Emery, 
ecc.),  dove    gli    inglesi  le  hanno  battezzate  col  nome    di  «  Driver  Ants  »,    ossia 
Formiche  scacciataci,   inquantochè,  al  loro  apparire  in    sterminati    eserciti    com- 
patti, fuggono    dinanzi  a  loro  tutti  gli  animali,  compreso  l'uomo,    abbandonando 
sollecitamente  le  sue  abitazioni,  aprendo  stalle    e  pollai  a  ciò  gli  animali  dome 
stici    possano    mettersi    in    salvo  a  gran  corsa,  olle,  dove  sopraggiungono  queste 
terribili  Formiche,  è  presto   fatta  piazza  pulita,  poiché,  animali  anche  grossi,  sono 
presto  uccisi  dalla  aggressione  di  questi    temutissimi     predatori   e  ben  tosto  di- 
vorati fino  alle  ossa.  C'è  chi  afferma  che    il     Serpente    Boa    è  spesso  vittima  di 
queste  voracissime  nomadi,  mentre  se    ne    sta    beatamente  nel  sonno,  a  digerire 
il  suo  pasto  e  gli  indigeni  della  costa  di  Guinea  affermano  persino  che  il  rettile, 
prima  di  ingerire  la  sua    preda,    esplora    bene  i    dintorni,    che    non  vi  sieno  di 
cotali    Formiche  (A.  erratioum  Smith  dell'Australia  e  della  X.  Guinea)  nelle  vi- 
cinanze, ad  impedirgli  il  risveglio.  Le  Anonima  escono  di  notte,  nei  giorni  pio- 
vosi, per  compiere  le  loro  scorrerie  ;    esse    non    possono    sopportare    la  luce  del 
sole;  se  ne  vanno  per  le  suddette  vie,  talora  lunghissime  (il  Vosseler  ne  misurò 
una  lunga  ben  400  metri,  con  dislivelli  perfino  di  50   metri)  ed  in  capo  a  queste 
si  diffondono  nelle  zoue  di  caccia,  dove  aggrediscono  tutti  i  semoventi;  mordendo 
ripetutamente  e  rabbiosamente  fluiscono  per  ucciderli  e,  di  poi,  li  sbranano. 

Per  questa  operazione,  immobilizzato  die  sia  l'animale,  morto  o  no,  i  soldati  si  dispongono 
in  due  file,  distanziati  fra  loro  e  segnano  così  la  strada,  che  debbono  percorrere  le  operaie  dal 
formicaio  alla  vittima,  in  due  file,  ordinatamente,  l'ima  per  l'andata,  l'altra  pel  ritorno.  I  sol- 
dati, intanto,  così  scaglionati,  tanno  buona  guardia,  pronti  a  dar  l'allarme  all'avvicinarsi  di 
qualche  pericolo. 

I  soldati,  veramente,  sono  essi  che  regolano  la  processione  delle  operaie,  alle  quali,  dotati 
come  sono  di  un  meraviglioso  senso  di  orientazione,  segnano   esattamente  la  strada  del  formicaio. 

Nelle  migrazioni,  che  frequentissimamente  fauno  le  Anonima,  alla  ricerea  di  nuova  località 
opportuna  per  la  caccia,  dopo  spopolatane  quella  ove  risiedevano  temporaneamente  (non  oltre 
un  paio  ili  settimane),  i  soldati  sono,  anche,  del  massimo  ausilio  a  tutta  la  colonna  migrante, 
sopratntiu  a  varcare  salti  o  tratti  d'acqua.  Essi  formano  subito  una  scala  od  un  ponte,  aggan- 
ciandosi fra  loro,  coll'impigliare  le  zampe  d'uno  alle  mandibole  ad  uncino,  chiuse,  dell'altro  e 
■  ••■-i  sono  traversati  anche  piccoli  corsi  d'acqua,  sul  ponte  costituito  di  soldati  impigliati  nel 
modo  suddetto,  sui  cui  corpi  transita  tutta  la  colonna  in  marcia.  Taluna  di  queste  fu  veduta 
passare  limante  anche   ventiquattr'ore,  senza  interruzione. 

Nell'emigrazione,  poi,  le  larve  e  le  pupe,  trasportate  dalle  operaie,  passano  sotto  una  vòlta, 
formata  .lai  soldati  agganciati  fra  loro  nel  modo  suddetto  e  così  protette.  È  messa  in  salvo  anche 
l'unica  enorme  regina,  che  presiede  a  tutta  la  famiglia.  Intanto,  soldati  sono  sparsi  qua  e  là  in 
esplorazione,  fiancheggiando  la  colonna  inaniante.  Ad  un  allarme,  questa  si  interrompe  ed  i 
soldati    corrono   furibondi,    a    mandibole  aperte,    tutto   all'ingiro,   pronti   alla   lotta.    A  pericolo  pas- 


LK   80CIKTA 


S61 


nato,  hi  vòlta  protettrice  e  subito  rifatta  e  la     mania    di  emigrazione  ricomincia,     sorvegliata    e 
disciplinata  mirabilmente  da  questi  soldati  o  capi  od  ufficiali  che  sieuo. 

Se  il  formicaio  è  inondato,  come  talora  accade  in  regioni  vicine  ai  fiumi,  le  Formiche  si 
raccolgono  tutte  in  una  grossa  palla,  colle  larve  e  le  pupe  nel  mezzo  e  rivestita  da  soldati  ag- 
ganciati al  solito  modo.  La  pallottola  si  abbandona  alle  acque,  su  cui  galleggia  e  la  fortuna 
finisce  per  falle  toccar  terra.  Questo  è  un  mezzo  che  anche  Formiclie  diverse,  nostrali,  o  d'altre 
regioni,  mettono  in  pratica  per  salvarsi  nelle  inondazioni,  ma  in  macchietti  molto  minori. 

Quanto  agli  Eciton  (che  sono  Dorilidi  speciali  dell'America,  particolarmente 
centrale  e  meridionale,  alcuni  dei  quali  hanno  pur  occhi,  per  quanto  piccoli), 
essi  pure  tanno  spedizioni,  ina  non  così   imponenti  come  quelle  sopradescritte. 

Nella  Gruiana,  gli  Eoiton  (flgg.  840,  847)  sono  dette  «  Formiche  visitatrici  » 
perchè  penetrano  dovunque,  anche  nelle  abitazioni,  ad  esplorarvi  ogni  cosa  ed  a 
cacciare  ogni  animale.   Anche  in  alcune  specie  ili  queste  Formiche  si  notano  sol- 
dati dalle  lunghe  man- 
dibole   ad  uncino    (ti-  ^V*w^Er& 
gara    846,  b),    che    si  )  \  V  ___ 
scaglionano  ai  lati  della 
colonna  in  caccia  o  mi- 
grante, ma  non  hanno 
l'importanza  di   quelli 
delle  Anonima,  perchè 
sono  in  troppo   scarso 
numero  per  poter  pre- 
stare   un    aiuto     così 
efficace   come  nei  casi 
sopradescritti. 

Gli  Eciton  sono 
essi  pure  Formiche 
eminentemente  nomadi 
e.  perciò,  forniti  di 
lunghe  zampe;   vivono 


Fig.    846. 


Fig.  847. 


Fi 


g.  816.  —  Eoiton  mexicana  Roger.    A,  operaia  maggiore;  li,  sua  testa 
veduta  di  faccia;  »,  testa  di  faccia  dell'operaia  minore  (da  Packard). 

egualmente     (Il   rapina      ^g    847    _  Operai  e  soldati  di  Eciton  hamatum   Fabr.,  ingranditi  alla 

e    di  caccia,  SOpratllttO  stessa  scala  (da  Sharp). 

di    Insetti,     Ragni     e 

piccoli  animali,  che  scovano  e  fanno  fuggire,  nelle  loro  continue  esplorazioni. 

Frequentemente,  gli  Eciton  invadono  formicai  di  altre  specie,  per  rubarvi 
le  larve  e  le  pupe,  di  cui  si  nutrono  Spesso,  però,  non  le  divorano  tutte,  ma 
ne  serbano  alcune,  che  portano  ed  immagazzinano  nei  loro  formicai,  per  man- 
giarle volta  a  volta,  dopo  le  loro  migrazioni. 

I  nidi  di  Eoiton  sono  rappresentati  da  una  semplice  cavità,  in  parte  natu- 
rale, in  parte  accomodata  alla  meglio.  Notevoli  sono  le  differenze  fra  i  sessuati 
e  i  neutri  degli  Eciton,  dei  Dorylus  e  delle  Anonima  (fig.  845)  e  di  altri  generi 
del  gruppo,  così  che  quelli,  già  ascritti  a  generi  diversi,  solo  recentemente  si 
sono    riconosciuti  per  la  loro  vera  parentela. 

Altre  specie  di  Eciton  sono  molto    più  piccole    e    più    o    meno    sotterranee. 


Formicai   artificiali. 

Per  lo  studio  dei  costumi  delle  Formiche*  è  necessario  ricorrere  ad  espedienti, 
per  cui  questi  Insetti  scopertamente  attendano  alle  funzioni  loro  famigliari,  cioè 
la  loro  dimora  divenga  patente,  all'occhio  dell'osservatore. 


862 


CAPITOLO    SKTTIMO 


Bisogna,  dunque,  allevare  le  Formiche  sul  tavolo  stesso  dello  studioso  e, 
quivi  fare  che  esse  costruiscano  il  loro  nido,  mantenendole  in  condizioni  non 
ostili  alla  loro  esistenza  e  secondo  le  necessità  dell'insetto. 

Oltre  a  quanto  bisogna  per  la  nutrizione  della  famiglia,  la  prosperità  di 
questa  dipende  anche  da  uno  speciale  stato  igrometrico,  di  temperatura,  ecc.,  in 
un  ambiente  confinato,  così  che  di  là  non  possano  le  Formiche  fuggirsene.  Ottenute 
però,  queste  condizioni,  il  che  non  è  difficile,  questi  Insetti  si  adattano  subito,  obbe- 
dendo al  loro  impellente  istinto  sociale  e  lavorano  sotto  gli  occhi  dell'osserva 
tore,  cosi  bene  come  in  ambiente  di  loro  scelta.  Gli  espedienti  praticati  a  questo 
scopo  sono  vari  e  se  ne  è  avuto  frutto  molto.  Ricorderò  brevemente  qualcuno 
dei  più  recenti  ed  usati. 


'       1 

r~*\ 

V 

«] 

Q 

e, 

L 

Fisi.  848.  —  Nido  artificiale  Jan  et,  per  alleva- 
mento di  Formiche.  A,  blocco  di  gesso  ; 
ii,  camera  dell'acqua;  C'-V2,  camere  pel  nido; 
C,  camera  rappresentante  il  mondo  esterno; 
vf,  vetri  forati  col  foro  rotondo  m  ;  »,  vetri 
semplici  di  chiusura. 

La  ti».  1  è  in  sezione  ;  la  2  fa  vedere  il  nido 
dal  di  sopra    (da  Janet). 


Anzitutto,  ostacoli  insormontabili  per  le  Formiche,  ad  impedirne  la  fuga,  sono  cosi  bene  un 
strato  d'acqua  che  circondi  il  formicaio  artificiale,  come  anche  una  semplice  diga  di  gesso  in 
polvere  o  d'altra  polvere  molto  mobile.  Questa  non  può  essere  sorpassata  dalle  Formiche,  le  quali 
non  possono  arrampicarvisi,  giacchi-  si  smuove  sotto  le  loro  zampe. 

Il  Lubbock  usava  un  nido  artificiale,  formato 
da  un  telaio  di  legno,  posato  so  una  lastra  di 
vetro,  che  sta  sul  tavolo,  fissatavi  comunque. 
Un'altra  lastra  mobile,  di  vetro  ricopre  il  telaio. 
Così  ne  viene  una  specie  di  scatola,  in  cui  si 
stabilisce  il  formicaio  e  si  può  vedervi  dentro. 
Non  vi  è,  però,  regolata  l'umidità  e  le  Formiche 
finiscono  per  soffrire  e  perirvi. 

Si  possono  mettere  in  comunicazione  fra  loro 
piìi  nidi  cosi  fatti,  per  buchi  praticati  nella  pa- 
rete dei  singoli  telai,  che  mettano  in  tubi  di  vetro 
innestativi. 

Altri  trova  utile  l'impiego  di  una  tazza  di 
vetro,  nella  quale  possono  nidificare  le  Formiche, 
posata  in  una  bacinella  di  zinco,  che  contiene 
acqua. 

Spedienti    consimili    non     sono     suscettibili, 
però,  di  una  buona  regolazione  della  umidità,  con- 
dizione,  questa,   primaria  alla  buona  vita  delle  Formiche. 

Il  nido  Janet  (lig.  K48),  il  piti  raccomandato  oggidì,  risponde  a  quest'ultimo  quesito  ed  è 
molto  pratico  anche  per  altro.  Esso  consiste  in  un  blocco  di  gesso  o  d'altro  materiale  poroso» 
forma  e  grandezza  presso  a  poco  di  un  mattone  (più  comunemente  lungo  35  cent,  e  largo  10), 
9u  una  faccia  del  quale  sono  scavate  quattro  fossette,  rotonde  o  quadre.  Una  delle  estreme  e 
minore  delle  altre,  serve  per  mettervi  l'acqua,  così  che  il  nido  si  mantenga  sempre  al  dovuto 
grado  di  umidità.  La  camera  all'estremo  opposto  è  più  vasta  delle  altre;  deve  rappresentare  il 
mondo  esterno  e  l'Emery  consiglia  di  farla  comunicare,  mercè  un  tubo  di  vetro,  con  un  telaio 
coperto  di  lastra  di  vetro  e  così  le  formiche  abbiano  un  campo  più  vasto  pel  loro  lavoro  all'e- 
sterno del   formicaio. 

Meno  la  camera  dell'acqua,  le  altre,  nel  nido  Janet  sono  ricoperte  da  un  vetro,  che  ha  un 
foro  circolare,  t'osi  si  può  lavorare  nell'interno  delle  camere,  con  una  pinzetta,  senza  che 
gli  Insetti  possano  fuggire.  Un'altra  lastra  rettangolare  di  vetro  copre  ciascuna  camera.  Le  due 
<amere  di  mezzo  rappresentano  la  sede  del  formicaio  e  le  Formiche  usano  dell'una  e  dell'altra. 
secondo  il  grado  di  umidità  desiderato,  che  viene  dall'acqua  della  camera  apposita.  Con  un 
panno,  od  un  cartone  od  un  vetro  colorato  in  rosso  o  giallo  carico,  si  coprono  le  due  camere 
di  mezzo  a  ciò  che  le  Formiche  si  trovino  al  buio,  secondo  quanto  è  nei  formicai  veri.  Le  ca- 
mere centrali  e  quella  grande  estrema  comunicano  fra  loro,  perchè  gli  Insetti  possano  circolare 
dall'una  all'altra;  la  camera  d'acqua  è,  invece,  isolata,  e  l'umidità  si  diffonde  solo  per  le  porosità 
del    materiale  del    blocco. 

Nella  camera  rappresentante  il  mondo  esterno  si  mette  quanto  necessita  al  nutrimento  delle 
Formiche  e  quivi  gli   Insetti   vengono  a  depositare  i   rifiuti  del  formicaio. 


LE    SOCIETÀ 


863 


Rapporti   tra  le  Formiche  e  jli  altri  organismi. 


Più  ampiamente  sarà  svolto  questo  argomento  là  dove  tratteremo  degli 
Insetti  nel  mondo.  Per  ora 
accenniamo  qui,  brevissima- 
mente, alle  relazioni  fra  le 
Formiche,  le  piante  e  gli 
altri  animali,  specialmente 
altri    Insetti. 

Relazioni  tra  Formiche  e 
piante.  —  Le  Formiche  sono 
Insetti  specialmente  car- 
nivori; ma,  nel  loro  regime, 
entrano  anche  sostanze  di 
natura  vegetale. 

Funghi.  —  La  coltiva- 
zione di  speciali  funghi  o 
meglio  del  micelio  loro,  a 
scopo  di  nutrirsene,  è  alta- 
mente perfezionata  tra  le 
Formiche.  Questi  non  sono 
i  soli  Insetti  che  si  nutrono 
in  tal  modo,  perchè  è  noto 
che  anche  gli  Scolitidi,  fra 
i  Coleotteri,  vivono  non  già 
del  legno  in  cui  essi  scol- 
piscono le  loro  gallerie,  ma 
di  speciali  mufie,  che  na- 
scono in  queste  o,  per  me- 
glio dire,  dei  loro  conidi 
e  ciò  costituisce  la  cosiddetta 
«  ambrosia  »  dei  naturalisti. 

Anche  le  Termiti  coltivano  funghi,  nei  loro  nidi,  e 
se  ne  nutrono.  Se  ne  dirà  più  ampiamente  a  propo- 
sito delle  Società  di  questi  Insetti. 

Tra  le  Formiche,  molte  specie  d'esse  allevano 
veramente  particolari  micelii.  Si  può  dire  che  ciascuna 
specie  fuugivora  si  nutre  solo  di  una  determinata 
specie  di  fungo  e  quella  solo  coltiva. 

Il  più  mirabile  esempio  e  la  più  perfezionata  coltivazione 
è  offerta  dalle  cosiddette  Formiche  taglia  foglie  dell'America  cen- 


Fig.   849.   —  Atta  (Oecodoma    cephalotes  (L.)  della  Trinità. 
Tutte  le  forme  egualmente  ingrandite.   1,  maschio:  2,  femmina: 
3,  4,  soldati;   .>,   6',  operai  (da  Sharp). 


m        M 


Fig.  850.  —  Spaccato  del  nido  di  Alta 
(Oecodoma)  cephalotes,  coi  suoi  magazzini 
ripieni  di  pezzetti  di  foglia  tagliate  (da 
Beiti. 


frale,  cioè  V  Oeco- 
doma cephalotes 
(L.)  (fig.  849), 
notata  da  gran 
tempo  per  la  sua 
abitudine  di  re- 
cidere, dalle  pian- 
te più  vicine,  pez- 
zi rotondeggian- 
ti di  foglie,  della 
grandezza  di  una 


Fig.  851. 
Sezione  longitud.,  schematica 
di  un  nido  di  Trachymyrmex 
sepienirionalis  Mac.  Cook,  degli 
Stati  Uniti,  var.  La  camera  pic- 
cola, superiore,  è  la  primitiva 
della  regina;  nelle  altre,  meno 
che  in  una,  è  coltivato  il  fungo 
(da  Wheeler  . 


S64 


CAPITOLO    SETTIMO 


Cu 


Fig.    853. 

Fig.  852.  —  Fungo  (Tyridomicea  formicarum)  col- 
tivato dal  Cyphomyrmex  rimosus  Spin.  del  Sud- 
America  (da  Wbeeler). 

Fig.  853.  —  Operaia  della  coltivatrice  di  fungili 
(Cyphomyrmex  di  California)  molto  ingrandita  (da 
Woodworth). 


nostra  moneta  da  duecentesimi  e  portarli  nel  formicaio.  Solo  recentemente  (1874)  il  Belt  dimostrò 
che  questi  frammenti  di  foglie  sono  utilizzati,  dalle  dette  Formiche,  per  costituire,  nell'interno 
dei  loro  nidi,  in  apposite  camere  profonde  (figg.  850,  851),  rotondeggianti,  della  dimensione 
presso  a  poco  della  testa  di  un  uomo,  un  substrato  opportunissimo  a  nutrire  il  micelio  di  un  fungo 
del  gruppo  degli  Agarici,  ossia  il  Bozites  gongylophora,  che,  però,  le  Formiche  non  lasciano  mai 
crescere  lino  alla  sua  forma  fruttificante. 

'SeW'Atta    (Oecodoma)    sexdens  L  ,     nota    al     Brasile  col  nome  di  «  Salive  »,  si  trovano  forme 

neutre,  diversissime  fra  loro  di  statura,  da  un 
grosso  soldato  a  testa  molto  voluminosa,  ad 
uu'operaia  alquanto  più  piccola,  ma  assai 
maggiore  dell'operaia  minima,  come  si  vede 
nella  figura  849. 

I  soldati  sono  terribili  difensori  del  for- 
micaio, da  cui,  se  molestato,  escono  in  massa,  e 
l'aggressore  ne  ha  morsi  dolorosissimi,  a  san- 
gue. Gli  operai  maggiori  fanno  processioni,  tino 
di  mezzo  miglio,  alle  piante,  da  cui  ritraggono 
i  pezzi  di  foglia,  ritagliati  colle  loro  mandi- 
bole. 

Dalle  osservazioni  del  Moeller,  sopra    al- 
cune specie  minori  di   Atta,  risulta  che  questi 
pezzi,  nel  formicaio  stesso,  sono  suddivisi    in 
frammenti    sempre  più  piccoli,  tino  alla  gran- 
dezza della  testa    dell'operaio    medesimo,    poi 
morsi    ed     intaccati  e  lavorati    fra    le    zampe 
anteriori,   vengono  accomodati  su   un  ammasso 
di  sostanza  di  aspetto   spugnoso,   che  giace  in 
una    grande    camera.     Questa  massa  è  appunto  costituita  dai   detriti  di   foglie  e  quivi    serve   alla 
nutrizione  del  micelio,  che  subito  invade  i  nuovi  pezzettini  aggiuntivi.     Le    Formiche  curano   di 
rimuovere,   via  via,  dalla  fungaia,  i  detriti  di  foglie  ormai  esauriti. 

La  cura  e  la  lavorazione  della  fungaia  stessa  è  ufficio  di  altre  operaio,  ma  queste  sono  le 
minori,  veramente  piccolissime  (lig.  819,  6)  e  non  escono  mai  dal  nido,  giacché  il  loro  lavoro  è  tutto 
nel  formicaio. 

Dal  micelio  sorgono  i  cosiddetti    gongilidii,     che    sono  i    conidi    della    forma  ifomicetica  e  di 
questi   fanno  pasto  le   Formiche,  sopratutto 
ne  nutrono   le  loro  larve. 

La  fungaia  è  la  ricchezza  del  formicaio, 
perciò  è  curata  in  sommo  grado.  Se  il  nido 
è  distrutto,  le  Formiche  mettono  in  salvo, 
con  le  larve  e  le  ninfe,  anche  la  fungaia, 
portandosela  a  pezzetti. 

Le  femmine  alale,  dette  «  Ica  »  dai 
Brasiliani,  allorché  lasciano  il  formicaio,  per 
innalzarsi  nel  volo  nuziale,  portano  seco 
«  in  dote  »,  come  ilice  elegantemente  l'E- 
mery, nella  lincea,  un  piccolo  frammento 
della  fungaia;  è  il  lievito  per  quella  futura 

della  famiglia  avvenire.  Questa  femmina,  di  cui  non  Milo  gli  uccelli,  ma  anche  i  negri  mangiano  il 
grosso  add ricco  di  grasso  (e  ne  fanno  strage  durante  il  volo  nuziale),  si  mura  sotterra,  alla  fon- 
dazione del  nuovo  nido,  come  già  si  e  indicato  peraltro  specie.  Appena  finito  lo  scavo,  essa  sputa  il 
pezzetto  di  fungaia  col  lievito  che  ha  portato  con  se,  dove  attenderà  il  substrato,  che 
prepareranno  le  future  operaie.  Intanto,  le  prime  larve  sono  nutrite  con  le  uova,  che  la  madre  par- 
torisce, perchè   uè   produce   mi    pam  ili   migliaia,  circa,  e  ne  mangia   essa  pure    (come  fanno  troppo 

"1"'"  nostre  ein de,  che  m  bevono,  via  via,  qualche  uovo,  di  quelli  ene  stanno  covando). 

11  micelio  .LI   l'ungo,   sul  pezzettino  ili   fungaia  portato  dalla   madre  e,     da  questa,    molto    cu- 
e  nutrito,  sfilacciandolo  o  recandoselo,   colle  mandibole,  alla  estremità  posteriore  del  corpo  e 


Fig.  854.  —  A,  La  femmina,  concima  la  fungaia  por- 
tando un  ciuffo  di  micelio  sul  suo  ano  ed  innaf- 
fiandolo cogli  escrementi. 

7.',  l.a  femmina  ripone  il  ciuffo  di  micelio  nella  fungaia. 
Fotogr.   istantanee;   grand,   nat.     da  Jacob  Huber). 


I.K    SOCIKTA 


865 


quivi,  bagnandolo  dei  suoi    escrementi     (tìg.  854  A),  che    fanno,    così,  da  concime.    I    gougilidii 
nascono   solo    poco  prima  che  schiudano  le  prime  operaie. 

Altre  specie  di  Formiche  (fìgg.  851,  852,  853),  meno  perfezionate  in  questa  cultura,  la  prati- 
cano, però,  nutrendo  la  fungaia  con  sostanze  organiche  diverse:  detriti  vegetali,  escrementi  di 
bruchi,   ecc. 


Piante  mirmecofile.  —  Saranno  illustrati,  a  svio  luogo,  taluni  rapporti,  quasi  di 
simbiosi,  fra  alcune  Formiche  e  par- 
ticolari piante,  le  quali  danno  ricetto 
ordinario  al  formicaio,  mentre  ne 
viene  alle  piante  stesse  qualche  uti- 
lità per  la  presenza  dell'insetto. 

Animali  mirmecofili.  —  Numero- 
sissima, poi,  e  con  rappresentanti 
di  classi  diverse,  ma  sopratutto  di 
Insetti  ed  altri  Atropodi,  è  la  fa- 
lange di  specie  animali  mirmecofile, 
con  gradi,  anche,  difterentissinii,  di 
mirmecofilia,  che  può  arrivare  per- 
sino ad  una  condizione  sine  qua 
non  per  la  specie  ospitata.  Questa 
corrisponde  al  benefizio  in  maniere 
diverse;  talora  gradita  o  ricercatis- 
sima dalle  Formiche,  tal'altra  appena 
tollerata  od  anche  avversata.  È  que- 
sto un  capitolo  di  storia  degli  In- 
setti fra  i  più  interessanti,  anche 
per  le  variazioni  morfologiche  in- 
dotte nelle  specie  mirmocofile  dalla 
particolare  marnerà  di  vita  e  si 
procurerà  di  illustrarlo  a  suo  luogo, 
come  si  conviene  al  bell'argomento. 

Alla    conoscenza  dei    Miriuecofil 


A 


B 


Fis 


855.   —  Due  belle    specie  di  Formiche 
extraeuropee,  ingrandite. 
A    Cylindromyrmex    strialus    dell'Ecuador.    Operaio 

(da  Weeler). 
/.'  Aphenogaster  (Planimyrma)  latini  Em.  della  Nuova 
Guinea  (da  Forel). 


Fig.  856.  —  Una  singolare  Formica  della 
tribù  dei  Camponolini,  con  prolunga- 
menti spiniformi  nella  regione  dorsale 
(Polyrhaehù  bihamala  Drury),  della  regio- 
ne ludo-malese  (da   Wheeler). 


veramente 
larve,  ecc. 


parassite    ed    altre 


quella    di  animali  ricercati 
dalle  Formiche  per  loro  particolare  interesse 
ed    ancora    lo    specie    parassite    veramente 
delle    Formiche    stesse  e  di  altre    loro    ne 
miche  altrimenti. 

Tra  i  Mirmecofili,  ricorderemo  specie 
in  numero  grandissimo,  sopratutto  di  Insetti 
e  di  Acari;  tra  altre  curate  e  ricercate 
dalle  Formiche,  si  faranno  conoscere  altri 
Insetti,  come,  ad  es.,  gli  Afidi,  talune  Coc- 
ciniglie, ecc. 

Tra  i  parassiti,  si  illustreranno    specie 
ectofage    ed    endofage,    viventi    a    spese     delle 


Le  Termiti. 


Le  Termiti,  dette  anche  (impropriamente)  Formiche    bianche    (Fourmis  blan- 
di es  ;    White  Ants  ;    Weissen  Ameisen)  sono  disposte  in  un     distinto  ordine,  quello 

A.  IìBHLESK,  ali  Inietti.   II.   —  109. 


866 


CAPITOLO    SETTIMO 


degli    Isotteri,  che  ha  rapporti  di  affinità  cogli  Ortotteri  e  coi  Pseudoneurotteri 
ai  quali  esse  venivano,  per  lo  passato,  più  strettamente  aggregate  (1). 

Il  gruppo  comprende  esclusivamente  specie  sociali,  ed  anzi  (in  confronto, 
delle  altre  già  vedute),  per  la  probabile,  maggiore  antichità  dell'abito  sociale, 
le  Termiti  presentano  caratteristiche  di  più  avanzata  differenziazione,  morfo 
logiche  e  biologiche,  così  che  esse,  sotto  certi  aspetti  (ad  es.,  avanzatissimo  grado 
di  polifllia,  perfezionamento  delle  abitazioni,  ecc.)  sono  da  giudicarsi  per  le  forme 
di  Insetti  più  evoluti  nella  abitudine  sociale. 

Le  Termiti  sono  Insetti  propri  delle  regioni  tropicali  e  quivi  rappresentano  mia  vera  cala- 
mità. Alcune  poche  specie  e  di  abitudini  piti  modeste  sono  diffuse  anche  nelle  zone  temperate, 
tino  al  40°  grado  di  latitudine  Nord,  agli  Stati  Uniti  ed  in  Europa.  Due  specie:  Caìotermes  flavi- 
collis  (Fabr.);    Leitcotermes  Incifugus  (Rossi)  sono  anche  nell'Italia  centrale  e  meridionale. 

Il  numero  di  specie  di  questo  gruppo  è  relativamente  scarso    (da  500    a    600    finora    note) 
Circa  100  specie  abitano  l'Africa;  200  appartengono   alla  fauna   Indo-Malese  (di  cui  38  a  Ceylan 


Fig.  858. 


Fig.  859. 
Mastotermcs  darwiiiiensii  Frogg. 
Fig.   858.   —  Femmina  ingrand.   (dal   dorso) 


Fig.  859.   —  A,  ala  anteriore;  B,  posteriore;   C,  tarso  3.°  paio  (da  Desnenx). 


e  69  a  Romeo)  ;  10  al  Giappone  e  Formosa;  40  all'Australia;  3  alla  Nuova  Zelanda;  12  al  Ma- 
dagascar; qualcuna  alle  Gallopogos;  alle  isole  Cooos  ;  all'isola  Maurizio;  alle  Seychelle  ;  a  Ma- 
dera; 3  o  4  al  Turkestan  ed  alla  Persia;  2  all'Europa  meridionale,  che  sono  le  sopradette;  120 
al  continente  Americano  ed  alle    Antille. 

Le  maggiori  costruzioni,  che  sono  il  nido  di  questi  Insetti,  si  incontrano  appunto  nei  paesi 
caldi  e  quivi  sono  veramente  vistose  ed  imponenti  ed  hanno  sempre  attratto  l'attenzione  e  de- 
stato la  meraviglia  dei  viaggiatori.  Nessun  altro  insetto  sociale  si  accosta,  di  gran  lunga,  a  così 
fatta  grandiosità  di  potenza  costruttrice,  tanto  più  mirabile  quando  si  considera  in  rapporto  alla 
statura  degli  operai. 

Le  Termiti,  infatti,  sono  Insetti  di  dimensioni,  in  generale,  piccole  o  piccolissime;  sopra- 
tutto gli  individui,  che,   nella  colonia,  adempiono  gli   uffici  di   operai. 


(I)  Cogli  Embiidi  costituivano  il  gruppo  dei  Corrodenti;  ma  lo  studio  di  una  Termite  au- 
straliana, la  pifi  grande  Termite  conosciuta  (Mastotermeg  darwiniensis  Frogg.,  fig.  858),  che  mostra 
le  ali  posteriori  piti  grandi  delle  anteriori  ed  aventi  un  lobo  anale  bene  sviluppato  (tìg.  859,  B)  e 
ripiegato  longitudinalmente  in  riposo  (pel  qual  carattere  esso  si  accosta  alle  Blattidae)  nonché 
cinque  articoli  nei  tarsi  (fig.  859,  C),  mentre  le  altre  Termiti  ne  hanno  quattro  soltanto,  ha 
persuaso  i  sistematici  di  costituire,  per  questi  Insetti,  un  gruppo  a  se,  quello  degli  Isotteri. 


I.K    SOCIKTA 


867 


Questi  Isotteri  sono  animali  corrodenti  ed  è  appunto  come  tali  che  si  rendono,  assai  spesso, 
molesti  ed  anolie  pericolosi  nei  loro  rapporti  con  noi.  Di  ciò  sarà  detto  e  reoato  esempi  a  suo 
luogo. 

L'apparato  boccale  delle  Termiti  è,  dunque,  foggiato  sul  tipo  masticatore  ed  anche  le  varia- 
zioni nello  sviluppo,  fonna,  ecc.  delle  singole  parti  boccali  sono  assai  leggere  e  solo  in  rapporto 
collo  speciale  ufficio  dei  diversi   individui  nella  vita  in    comune. 

Le  maggiori  variazioni,  si  riscontrano  fra  gli  operai  e  si  richiamano,  sopratutto,  alle  di- 
mensioni, forma,  ecc.  delle  mandibole,  con  relativa  variazione  nello  sviluppo  della  testa, 
appunto  per  quello  dei  muscoli   adduttori  delle  mandibole  stesse. 

Lo  studio  della  biologia  di  questi  Insetti  è  reso  molto  arduo  dalla  difficoltà  di  poterli  con- 
siderare nella  vita  loro  interna,  nel  segreto  del  loro  nido.  Un  metodo  altrettanto  buono,  quali 
sono  quelli,  che  si  sono  escogitati  e  messi  in  pratica  per  la  osservazione  sopratutto  delle  Api  e 
delle  Formiche,  nei  loro  intimi  lavori,  nell'intimo  della  loro  abitazione  sociale,  non  è  stato 
ancora  trovato  ;  d'onde  la  incertezza  e  la  oscurità  circa  taluni  punti  della  vita  di  questi 
Isotteri. 

I  più  vistosi  fenomeni  sono  stati  messi  in  luce  e  fatti  couoscere  solo  dalla  line  de!  secolo 
decimottavo  e  si  può  datare  l'inizio  della  conoscenza  della  biologia  delle  Termiti,  dal  1779,  colla 
relazione    del  Koenig  sui  Termiti   dell'India. 

Poco  dopo  (1781)  apparve  la  celebre  lettera  di  Smeathmauu,  sui  Termiti  d'Africa,  nella  quale 
egli  illustrò  alcuni  dei  principali  fatti  della  biologia  di  questi  Isotteri,  come,  ad  es.,  la  costante 
presenza  del  He  presso  la  Regina:  la  cultura  di  speciali  funghi  a  scopo  di  nutrizione,  ecc.  .Solo 
dopo  una  settantina  d'anni,  cioè  nel  1850,  fu  pubblicato  uno  studio  del  missionario  T.  S.  Savage, 
sui  Termiti  dell'Africa  orientale,  specialmente  sul  Termes  liellicosus  Smeath.,  confermante  le  affer- 
mazioni dello  Smeathmaiai  (che  erano  state  accolte  con  incredulità)  e  riferente  nuovi  particolare 
biologici.  Data,  poi,  dal  1855  la  grande  monografia  dell' Hagen  sulle  Termiti,  che  va  considerata 
come  fondamentale  nella  cognizione  di  questo  gruppo.  Da  allora  gli  studi  sulle  Termiti  hanno 
trovato  molti  e  valorosi  cultori. 


Polifilia  delle  Termiti. 


Probabilmente  iu  rapporto  colla  maggiore  antichità  loro,  in  confronto  delle 
Formiche,  colle  quali  le  Termiti  hanno  pur  grandi  convergenze  nella  maniera  di 
vita  sociale,  è  iu  questi  Isotteri  il  più  alto  grado  di  differenziazione,  in  caste,  di 
individui  del  gruppo  dei  neutri  e,  perciò,  esclusivamente  destinati  a  tutto  il  la- 
voro pel  buono  stato  della  colonia,  all'infuori  delle  funzioni  di  riproduzione,  che 
sono  riserbate  esclusivamente  ai  sessuati. 

Sono  questi  ultimi  gli  individui,  che,  nella  colonia,  debbono  provvedere  alla 
propagazione  della  specie,  sia  con  atti  di  riproduzione,  sia  con  altri  intesi  alla 
diffusione.  Tutti  gli  altri  individui,  incaricati  di  lavori  differenti,  sono,  dunque, 
Operai,  sia  con  funzioni  pacifiche  entro  e  fuori  del  nido,  sia  con  attribuzioni  di- 
fensive della  colonia  e  questi  ultimi  sono  detti,  più  propriamente,  Soldati. 

Una  ulteriore  differenza  fondamentale,  in  confronto  delle  Formiche,  si  rileva 
in  ciò  che,  nelle  Termiti,  che  sono  Insetti  a  metamorfosi  incompleta,  anche  le 
forme  giovanili  prendono  parte  al  lavoro  degli  operai. 

Questi  giovani  sono  attivi  utilmente  in  tutto  il  periodo  di  questa  loro  età,  a 
cominciare  da  neonati,  piccolissimi,  lino  a  grosse  ninfe  con  monconi  diali,  invia 
di  riescire  adulti  alati,  pertinenti  alla  casta  destinata  alla  riproduzione  e  diffu- 
sione della  specie. 

Questa  così  ricca  distinzione  di  caste  non  appartiene  a  tutte  le  specie;  ma, 
in  quelle  ove  essa  è  di  regola,  come  ad  es.  pel  Termes  belticosus,  in  epoche 
opportune,  ad  es.,  prima  che  incominci  il  periodo  delle  pioggie,  in  un  nido  della 
detta  Termite,    bene  evoluto  ormai,  si  incontrano,  attive,  le  seguenti  forme: 


LI  9  R  A  F 


868  CAPITOLO    SKTTIMO 


1.°  Coppia  reale  (talora  anche  più  coppie); 

2.°  Alati  d'ambo  i  sessi  ;  il   più   spesso    molto    numerosi.    (Questi    rappre- 
sentano le  forme  migranti); 

3."  Operai  (che  formano  la  massa  della  colonia  e   sono  di   varia    maniera); 
4.°  Soldati  (ve  ne  sono  di  grandi  e  di  piccoli)  ; 
5.°  Giovani  (pertinenti  a  tutte  le  suddette  caste). 

Si  è  detto  clie  la  maniera  di  popolazione  di  un  Termitaio  varia  non  soltanto  in  rapporto 
alla  specie,  ma  anclie  alla  stagione  (e,  naturalmente,  anche  all'età  della  colonia). 

Così,  se  si  apre  un  Termitaio  dello  stesso  Terme»  bellicosus,  in  altro  momento,  ad  es.,  nel 
tempo  della  siccità,   si   vede  che  manca  di  alati. 

In  altre  specie,  invece,  manca  sempre  ogni  maniera  di   soldati.  Cc-ì  gli   Anoplotermrs    (come 
accenna  il  nome)  non  hanno  soldati;   la  popolazione  loro  si   compone  soltanto  di  forme  riprodut 
trici  e  di  operai.   Per  converso,   in  altri  gruppi,  ad  es.,   nei   Calotermes,   mancano  gli   operai;   due 
caste  soltanto,  quella   dei  sessuati  e  quella  dei  soldati,   sono    rappresentate. 

Si  vedrà  in  appresso  come,  di  fronte  a  necessità,  possono  essere  allevati  individui  giovani 
(destinati,  nella  loro  origine,  alla  casta  dei  neutri),  allevati,  dico,  a  compiere  le  funzioni  di  ses- 
suati, divenendo  cosi  Re  e  liegina  dì  sostituzione,  stabilendo,  in  tal  guisa,  quasi  una  sottocasta 
distinta  nella  casta  dei  sessuati. 

A  parte  le  differenze  morfologiche  secondarie,  tra  gli  individui  nelle  singole  caste  degli 
operai,  dei  soldati  e  dei  sessuati,  delle  quali  si  è  fatto  cenno  (ma  si  dirà  abbastanza  più  in- 
nanzi), è  certo  che  la  precipua,  fondamentale  diversità  intercorre  fra  i  sessuati  ed  i  neutri.  I 
primi   sono  alati,   i   secondi   semine  atteri. 

In  realtà,  mentre  i  primi  rappresentano  le  forme  evolute  completameli  te,  gli  atteri  si  deb- 
bono considerare  per  individui  arrestati  nella  via  del  loro  sviluppo,  a  distanza  varia  dallo  stadio 
definitivo,  rappresentato  dalla  completa  evoluzione  e  maturanza  degli  organi  sessuali  e  più  an- 
cora dalla   presenza  di    ali. 

Questi  stati  giovanili,  a  cui  sono  arrestati  e  definitivamente  (issati  gli  operai  ed  i  soldati, 
determinano,  colla  loro  varietà,  differenziazioni  secondarie  nella  vasta  classe  dei  neutri.  Altre 
variazioni,  però,  ed  anche  più  vistose,  sono  determinate,  entro  la  stessa  casta  suddetta,  dal 
differente  sviluppo  di  taluni  organi,  il  che  implica  funzioni  diverse  e,  cosi,  si  hanno  subito  ul- 
teriori differenziazioni  in  gruppi,   tra  i  quali  emergono  quelli  degli  operai  e  dei   soldati. 

Altre  variazioni  morfologiche  secondarie,  che  stabiliscono  particolari,  nette  suddivisioni  entro 
le  caste,  a  cui  si  è  già  fatto  cenno,  inducono  una  più  precisa  specializzazione  a  determinati  uf- 
fici, come  sarà  esemplificato. 

Nella  casta  dei  sessuati,  invece,  l'unica  variazione  secondaria,  oltre  a  quella  già  accennata 
fra  coppia  reale  vera  e  coppia  reale  di  sostituzione,  dipende  dalla  presenza  o  mancanza  delle  ali- 
Questi  organi,  di  impiego  in  uffici  solo  all'esterno  del  nido,  vengono  rimossi  allorché  gli  indi- 
vicini  si  danno  alla  vita  sedentaria;  ma  questa  è  una  variazione  con  una  differenziazione  sempli- 
cemente occasionale. 

Gli  Alati,  cioè  il  maschio  e  la  femmina,  sono  forniti  di  organi  sessuali  per- 
fettamente evoluti  ed  attivi,  nonché  di  ali.  Essi  sono  gli  adulti  normali,  giunti, 
cioè,  all'estremo  grado  dello  sviluppo  consentito  alla   specie. 

Queste  forme  imaginali,  che  per  tali  si  riconoscono  pegli  organi  sessuali 
maturi  ed  efficaci,  oltreché  dagli  organi  di  volo  completamente  svolti  ed  atti  a 
loro  ufficio,  godono,  ancora,  di  grandi  occhi  composti  e  di  robusto  tegumento, 
che  si  defluisce  in  placche  durette,  bene  chitinee,  nonché  di  tinta  più  intensa, 
che  non  si  vedono  in  tutti  gli  altri  stadi  e  caste,  i  cui  individui  devono  con- 
siderarsi per  forme  tuttavia  immature,  cioè  arrestatesi,  come  si  è  accennato,  nel 
loro   sviluppo. 

Gli  individui  dei  due  sessi,  allorché  di  recente  schiusi,  fino  all'inizio  della 
vita  sedentaria  entro  il  nido,  la  quale  segue  più  o  meno  sollecitamente  all'accop- 


l.K    SOC'IIIA 


S69 


piamente,  sono  fra  di  loro  non  essenzialmente  diversi;  non  si   notano,  cioè,  diffe- 
renze sessuali  secondarie  (tìg.  860). 

In  questo  primo  momento  della  loro    vita  di  adulto,  essi  godono  delle  ali  e 
ne  usano  pel  volo  nuziale  e  per  migrare  dal  nido,  in  cui 
sono  nati,  onde  cercare  altrove  un  ambiente  adatto  a  fon- 
dare una  nuova  colonia. 

Ma,  allorché,  trovato  questo,  la  femmina  si  arresta 
per  cominciare  la  vita  sedentaria  e  solo  intesa  alla  figlia- 
zione, le  ali  cadono,  stroncandosi  prossimamente  alla  base, 
così  che  rimangono  quattro  corti  monconi  triangolari  e 
la  rottura  avviene  secondo  una  linea,  quasi  una  sutura, 
trasversa  e  predisposta. 

Ancora  in  questo  stato,  i  due  sessi  sono  fra  loro  so- 
miglianti, ma,  ben  presto,  la  femmina  comincia  a  sformarsi, 
ingrossando  l'addome,  in  causa  dell'aumento  di  numero  e 
di   volume  delle  uova. 

Così,  la  femmina  della  maggior  parte  delle  specie,  nella  piena 
attività  della  sua  funzione  generatrice,  riesce  un  essere  deforme,  col 
capo  e  torace  tuttavia  come  nel  rispettivo  maschio;  ma  coll'addome 
così  turgido  ed  allungato,  a  forma  di  salsiccia,  colle  membrane  in- 
tersegmentali  enormemente  distese  e  bianche  (su  cui  spiccano  le 
placche  brune  degli  scudi  dorsali  e  ventrali),  da  potersi  dire  vera- 
mente mostruoso  e  tale  da  impedire,  orinai,  ogni  movimento  di 
transazione  da  parte  di  un  essere  cosi     inturgidito  ifigg.  861,  876). 

Le  femmine  di  talune  specie  raggiungono  perfino  i  dieci  centi- 
inetri   di   lunghezza,   dei  quali   nove  spettano  all'addome. 

Si  notano  però,  circa  lo  sviluppo  dell'addome  nelle  singole  specie,  tutte  le  gradazioni,  da 
un  modesto  incremento,  così  che  esso  supera  appena  quello  delle  femmine  da  poco  sfarfallate, 
tino  alle  enormi   dimensioni  surricordate. 


Pig.  860.  —  Adulto,  dal 
dorso,  di  un  Termea;  sono 
tolte  le  ali  del  lato  destro 
(da  Bugnion). 


Fig.  861.   —  Regina  di  Terme»,  coll'addome  ormai  rigonfio,  entro  la  cella  reale.  Gr.  nat.  (daFnller). 


Sessuati  di  sostituzione.  —  Il  maschio  e  la  femmina  della  maniera  or  descritta 
rappresentano  la  «  Coppia  reale  »   vera. 

Ma,  se  essa,  come  accade  talvolta,  viene  a  mancare,  allora  è  sostituita  da 
individui,  scelti  dagli  operai  fra  i  giovani  ed  appositamente  allevati  così  da 
riescire    atti  alla  riproduzione  e    ne    risultano,    in  tal  guisa,  i  sessuati,  detti    di 


870 


CAPITOLO    SETTIMO 


complemento  o  di  sostituzione,  cbe  sono,  iu  realtà,  individui  neotenici,  ossia  preco- 
cemente atti  alla  riproduzione  e,  quindi,  tuttavia  colle  caratteristiche  della  con- 
dizione di  non  completo  sviluppo  dei  rimanenti  organi,  all'infuori  dei  sessuali. 

Questi  individui  (fig.  862)  hanno  caratteri  morfologici  propri,  die  li  fanno  subito  distinguere  in 
confronto  della  coppia  reale  vera,  normale.  La  loro  cute  è  più  molle,  cioè  meno  chitinizzata;  il  co- 
lore più  pallido,  e,  sopratutto,  anziché  veri  monconi  di  ali,  queste  forme  presentano  le  guaine 
alari  proprie  delle  ninfe  di  sessuati.  Si  tratta,  infatti,  di  individui  arrestati,  nello  sviluppo  del 
corpo,  alla  condizione  di  ninfe  e  fatti  maturare  rapidamente  nei  loro  organi  sessuali.  (Più  di 
rado  sono  allevate,  a  questo  scopo,  larve  di  operai  e  più  raramente  di  soldati).  Il  loro  addome, 
pero,    non  ingrossa  mai   alle  dimensioni  di   quello  della  regina  vera. 

Per  talune  specie  (ad  es.,  Leucotermes  lucifugus),  i  sessuati  di  sostituzione  sono  i  riproduttori 
normali,  mentre  la  coppia  reale  è  rara.  Per  altre  specie  accade  l'inverso,  ad  es.  per  quelle  che 
fanno  grandi  e  robusti  nidi  di   terra,  non  sono  mai  stati  trovati  sessuati  di  sostituzione. 


AB  C  I)  E 

Fig.   862.   —  Sviluppo  delle  forine  sessuate  di   sostituzione  di  Leucotermes   luci  t'ugna  (Rossi). 

A-C,  giovani  seguenti  alla  larva;   JJ,   ninfa    colle    guaine    alari;    E,    femmina.   Tutte  egualmente 

ingrandite  (da  Grassi). 

In  quelle  specie,  invece,  nelle  quali  essi  esistouo,  si  rinvengono,  variamente  numerosi,  nel 
nido,  anche  a  più  centinaia.  I  maschi  sono  in  notevole  minoranza;  talora  rappresentano  solo  il 
20  o/0  delle  femmine. 


Gli  Atteri  sono  gli  individui  destinati  a  non  raggiungere  mai  la  condizione 
di  alati.  Si  svolgono,  partendosi  dalla  t'orma  larvale  (cbe  non  è  differente  per  la 
casta  degli  atteri  o  per  quella  degli  alati),  traverso  una  serie  di  individui,  che 
presentano  caratteristiche  speciali,  per  cui  sono  subito  distinguibili  in  confronto 
di  tutti  quelli,  non  peranco  alati,  che  appartengono  alla  serie,  la  quale  fa  capo 
ai  sessuati. 

Infatti,  questi  individui,  pur  aumentando  di  volume  ed  assumendo  qualche 
carattere  particolare,  secondario,  in  rapporto  coll'ufficio  a  cui  sono  chiamati,  man- 
tengono le  caratteristiche,  la  facies  della  forma  larvale  (fig.  863). 

Così,  ad  es.,  non  solo  non  appaiono  mai  neppure  accenni  degli  occhi  com- 
posti (la  cecità  è  comune  a  quasi  tutti  gli  atteri),  uè  di  monconi  delle  ali,  ed  il 
pterotorace  è  a  segmenti  indifferenziati,  ma,  ancora,  la  cute  di  tutto  il  corpo  è 
molle,  incolore,  sottile.  Solo  il  capo  può  variare  secondariamente,  in  rapporto  al 
destino   suaccennato. 

Gli   organi  riproduttori   rimangono  sempre  allo  stato  di  immaturanza  larvale. 


I.K    SOCI  E'I  A 


871 


Cotali  forme  imperfette  appartengono  ad  ambedue  i  sessi  ed  in  ciò  differisce  es- 
senzialmente la  società  delle  Termiti  da  quelle  vedute  finora. 

Negli  Imenotteri  sociali,  infatti,  l'operaio  è  sempre  ed  esclusivamente  una 
femmina  con  organi  sessuali  immaturi,  sia  che  si  trovi  arrestata  nel  suo  sviluppo 
in  una  condizione  ninfale  (Formiche),  sia  che  essa  raggiunga  quella  di  adulto 
alato   (Vespe,  Api). 

.  Invece,  nelle  Termiti,  le  forme  attere,  sieno  operai  o  soldati,  appartengono 
ad  ambedue  i  sessi  ed  a  tutte  le  età,  perchè  ognuno  lavora,  si  può  ben  dire,  da 
appena  schiuso  dall'uovo. 

Secondo  l'ufficio  loro  (e  le  corrispondenti  caratteristiche  morfologiche),  gli 
atteri  si  possono  distinguere  in  più  categorie,  o  caste,  e,  primariamente,  nelle 
due  principali  degli  Operai  e  dei  Soldati. 


Fig.  863.  —  Individui  atteri  di  Termiti. 
A,  Soldato  di  Terme»  spinosità  Latr.  ;  B,  Soldato  (Nasuto)  di  Enttsrme»  tenuirostris  Dean.;     C,  Ope- 
raio di    Hodotermes  ochraceus  Burnì.;  D,  Soldato  di   Termes  speciostts  Hav.    Tutti  dal  dorso   ed 
ingranditi.   (La  grandezza  naturale  è  indicata  accanto  ad  ognuno)   (da  Desneux  . 


Per  questa  più  accentuata  differenziazione  morfologica  e  biologica  dei  lavo- 
ratori nella  società,  le  Termiti  si  accostano  alle  Formiche,  si  differenziano,  così, 
dalle  Vespe  e  dalle  Api,  dove  l'operaio  è,  anche,  soldato. 

Infatti,  mentre  gli  operai,  mantenendosi  il  capo  loro  non  dissimile  (salvo 
l'accrescimento  proporzionale)  da  quello  della  larva  neonata,  non  assumono  un 
particolare,  differente  aspetto,  i  così  detti  soldati,  invece,  si  vedono  incammi- 
nati, nella  loro  particolare  casta,  appunto  per  un  differenziamento  speciale  della 
testa  (ed  anche  delle  mandibole),  per  cui  se  ne  riconosce  subito  il  destino  e 
l'ufficio. 

Soldati.  Sono,  adunque,  da  considerarsi  i  Soldati  come  un  particolare 
adattamento  degli  operai  e,  per  verità,  una  colonia  potrebbe  sussistere  senza  un 
corpo  d'esercito,  ma  non  altrettanto  bene  senza  lavoratori. 

La  differenziazione  si  inizia  molto  per  tempo,  così  che,  subito  dopo  la  larva 
comune  od  indifferente  (figg.  869  A  ;  871  B),  si  hanno  già,  distinte,  due  diverse 
maniere  di  larve,  l'ima  all'inizio  della  casta  operaia,  l'altra  a  quella  dei  soldati 
(fig.  871,  y,  y»)  (1). 

Il  Soldato  costituisce  un  tipo  a  sé,  più  differenziato  dell'operaio,  in  confronto 


(1)  Il  Bngnion  afferma  che  la  casta  dei  Nasuti,  quale  si  conoscerà  più  innanzi,  è  già  ditte- 
renziata  nei  neonati,  perchè  la  giovanissima  larva,  appena  schiusa  dall'uovo,  presenta,  già,  un 
piccolissimo  cornetto  cefalico,  in  corrispondenza  di  una  ghiandoletta  frontale  (Eutermes  lacustri»). 


872 


CAPITOLO    SETTIMO 


Fig.  864.  —  Piccolo,  medio  e  grande 
soldato  di  Caprilermet  opacus  iHag.) 
del  Sudamerica,  egualmente  ingran- 
diti (da  Holmgrem). 


del  tipo  della  specie,  rappresentato  dall'imagine.  La  sua  testa  è  dura  ed  allun- 
gata, colla  placca  basilare  saldata.  Le  sue 
mandibole,  forti  e  ricurve  a  falce,  sono  ina- 
datte a  tagliare  il  legno  e  rappresentano  solo 
armi  difensive  ed  offensive. 

In  questa  grande  casta,  però,  destinata 
alla  difesa  della  colonia,  si  rilevano,  il  più 
spesso,  differenziazioni  secondarie,  per  quanto 
appariscenti,  cbe  si  raccordano  con  diversità 
di  uffici,  pur  tutti  compresi  in  quello  più  ge- 
nerale, già  accennato,  di  difésa. 

Così,    ne    riescono    forine  assai  svariate  e 
cbe,    nella    sistematica  delle    Termiti,  sono  di 
grande      ausilio      allo 
speciografo. 

Le  due  precipue 
maniere  di  soldati  sono: 
quella  che  si  può  dire 
normale  (figg.  863,  A,  D  ;  864)  e  si  distingue  dagli  operai 
strettamente  detti  solo  per  un  maggiore  sviluppo  del  capo 
e  delle  mandibole  ;  e  quella  dei  Nasuti,  cioè,  aventi  il 
capo  all'innauzi  prolungato  in  una  appendice  stiliforme. 
Tra  questi  ve  ne  sono  taluni  con  mandibole  di  dimen- 
sioni modeste  o  ridotte  ed  altri  con  mandibole  molto 
sviluppate  e  forti. 

Il  prolungamento  corniforme  suddetto  è  più  o  meno 
lungo  (figg.  865,  866),  a  seconda  degli  individui  e  delle 
specie;  ma,  mentre,  il  più  comunemente,  esso  termina  tron- 
cato, invece,  nei  soldati  nasuti  di  talune  specie,  il  prolun- 
gamento   è    biforcuto    all'apice    (fig.    865)  e  questi  sono 

detti  Nasuti 
a  forchetta, 
la  quale 
speciale 
maniera  di 
soldato  è 
molto  rara. 

Variazioni  secondarie  si  sono 
dette  rilevarsi  nei  soldati  normali, 
sia  a  proposito  della  statura,  come 
delle  dimensioni  e  forma  del  capo 
e  delle  mandibole. 

Queste  ultime  sono  le  prin 
cipali  armi  offensive  e  difensive  dei 
soldati  ed  il  loro  sviluppo  e  po- 
tenza si  accordano  con  quello  dei  mu- 
scoli adduttori  contenuti  nel  capo. 
Di  qui,  variazione  delle  dimensioni 
e  forme  della  testa,  in  rapporto  con 
quella  delle  mandibole. 
Si  notano,  così,  talora,  in  una   stessa  specie,  soldati  granili  e  soldati  piccoli 


Fig.  865.  —  Soldato,  Na- 
suto a  forchetta  di  Ehi- 
notermet  taiirus  Desti,  del 
Surinam.  Ingrandito  (da 
Holmgren). 


Fig.   866.  - —  Toste  e  protoraci   di  snidati     di     specie 

diverse  di  Termiti    australiane,   visti    di     lato    ed 

egualmente  ingranditi. 
A,    di     Mirolermes  maideni    Mjòb.;    B,    di     M.  cheeli 

M.jilb.  ;     C,     di     Eutermes    famipennia    Walk.     (da 

Mjoberg). 


I.K    SOCIETÀ 


873 


(tig.  864);  soldati  a  testa  grossa  eil  altri  col  capo  di  poco  più  sviluppato  che  negli 
operai;  e,  quanto  alle  mandibole,  oltre,  alle  differenze  per  dimensioni,  ve  ne  sono 
di  varie  maniere;  cioè,  ad  es  ,  molto  forti  e  con  grossi  denti  conici,  oppure  più 
esili  ed  allungate  e  sdentate  e  che,  talora,  si  accavallano  fin  (piasi  dalla  base; 
talora  piegate  a  falce;  simmetriche  o  diverse  fra  loro,  ecc.  (figg.  803,  D;  8<>4). 

Cotali  differenze  possono  stabilire  gruppi  di  in- 
dividui nettamente  distinti,  oppure  attenuarsi  per 
forme  di  transizione. 

Così,  ad  es.,  se  in  Acanthotermes,  si  riconoscono 
due  tipi  bene  distinti  di  soldati  normali  ;  per  Eutermes 
(  Velocitermen)  velar  Holingr.  del  Sudamene»,  si  hanno 
due  forme  di  nasuti  e  tre.  per  E.  (Diversitermes)  diver- 
similes  Silv.  della  stessa  località,  ecc. 

in  una  stessa  specie,  di  regola,  o  l'uno  o  l'altro 
tipo  di  soldati  (normali  o  nasuti)  è  presente;  di  rado 
e  altrimenti,  come  accade  pel  Rhinothermes  taurus 
dell'America  meridionale,  che  ha  due  maniere  di  soldati 
normali,  nonché  soldati  nasuti  (a  forchetta). 


Fig.  867.  —  Testa,  dal  dorso, 
di  soldato  di  Coptotermes 
ccylonioita  Holnigr.,  mostran- 
te il  foro  frontale  pf)  da 
Buginoli). 


I  soldati  di  Copto/erme*  (ad  es.  C.  ceyìonìciié  Holnig.  di  Ceylan; 
('.  gestro!  Hav.  di  Malacca)  e  di  Aryhino terme»,  possiedono  un  poro 
frontale  (fig.  867),  da  cui  emettono,  a  scopo  difensivo,  una  goc- 
ciolata ili  mi  lattice  bianco,  molto  vischioso,  che  incolla  le  man- 
dibole delle  Formiche  e  le  rende  inoffensive.  Il  liquido  è  conte- 
nuto in  una  grande  tasca  glandolare,  che  si  estende,  nel  corpo  (fig.  874),  tino  all'estremo 
addome. 


Operai.    Questi     sono    atteri,    di     colore    biancastro,    ordinariamente    ciechi, 
privi  essi  pure  di  organi  riproduttori.  Si  debbono  considerare    come  forme  arre- 
state, nel  loro  sviluppo,  a  mezza  via.  Le  loro  mandibole   sono  fabbricate  in  modo 
da  servire  soltanto  agli   usi  domestici,  sopratutto  alla   tritura- 
zione del  legno. 

La  vita  dell'operaio  comprende  due  fasi  nettamente  distinte, 
separate  dallo  stufo  di  ipnosi  (tig.  S6S)  (l).  Nel  primo  pe- 
riodo la  larva  è  molle,  delicata,  di  color  bianco  uniforme, 
incapace  di  triturare  il  let-no  e  perciò  si  nutre  di  funghi.  Nel 
secondo  periodo  l'insetti  no  acquista  mandibole  cornee,  ro- 
buste; una  testa  più  resistente,  di  color  bruno;  è  capace  di 
tagliare  il  legno  e.  di     accudire    a    tutti    gli    uffici,  ai  quali  è 

Fig.  868.  --  Stato     destinato. 
di  ipnosi  in    Uhi-  Sviluppo  delle  singole   caste  e  loro    differenziazione.    —    Tutte    le 

uotermes  taurus  (da     sopradescritte  forme,  così  diverse  a  compiuto  incremento,  pro- 

tlolnigren).  ,  ,  .  ....  ti..  -ii 

cedono  da  una  sola  maniera  di  larva.  In  altri  termini,  la  larva 

neonata    non    mostra    differenze    esteriori,    qualunque    sia     la 

forma,  a  cui,  svolgendosi,  darà  origine   (tranne    che    nel    caso    di    soldati  nasuti 


(1)Com  è  detta  la  speciale  maniera  di  mula,  clic  si  riscontra  nello  sviluppo  individuale  delle 
Termiti  e  presenta  qualche  carattere  (immobilità,  consumo  di  riserve  nutritive  contenute  nel  tes- 
suto adiposo,  ecc.)  per  cui  si  accosta  alla  ninfosi.  L'individuo  giace  immobile  cogli  arti  raccolti 
lungo  il  ventre  e  ciò  per  alcune  ore,  Uno  a  tre  giorni.  La  pelle,  da  rigettarsi,  si  spacca  lungo  il 
dorso,   ed,   adagio  adagio,   ne  esce   la   nuova  forma. 

A.  Biìulk.k,  Sii  Insetti,  li.  —  110. 


87+ 


CAPITOLO    SETTIMO 


sopracitato),  cosi  che  essa  sembra  suscettibile  di  evolversi  in  ognuua  delle  diverse 
caste,  indifferentemente. 

Giacché  questi  Isotteri  sono  Insetti  a  metamorfosi  incompleta,  accade  che  lo 
sviluppo  giovanile    si  effettua  traverso  forme  tutte  semoventi  ed  attive;  l'incre- 
mento di  statura  è  accompagnato  da  variazioni   morfologiche    determinate  esatta 
mente  per  ciascuna  specie,  genere,  ecc.  e    si  riferiscono    ad    organi  diversi,  che 

variano  a  ciascuna  muta  od  all'infuori  delle 
mute.  Così  accade  che,  per  le  antenne, 
aumenta  il  numero  degli  articoli  per  sue 
cessi  ve  divisioni  del  3.°  articolo,  che  si 
manifestano  nel  periodo  larvale  (prima  della 
ipnosi)  ed   indipendentemente  dalle  mute. 

Il  numero  di  articoli  delle  antenne 
differisce,  generalmente,  nelle  tre  caste. 
I  sessuati  hanno,  più  spesso,  un  numero  di 
articoli  alquanto  superiore  a  quello  delle 
altre  caste.  La  testa  varia  di  vilume  pro- 
porzionalmente al  corpo,  a  seconda  della 
casta  nella  quale  si  incammina  la  forma 
giovanile  e,  per  la  casta  che  riesce  agli 
adulti  alati,  compaiono,  a  suo  tempo  e,  mano 
niauo,  si  accrescono  i  monconi  delle  ali. 
Tutto  ciò,  naturalmente,  di  pari  passo 
coll'aumento    di  statura. 


Dopo  la  prima  muta,  è,  ormai  bene  segnata  la 
differenziazione  fra  le  due  caste  principali,  quella, 
cioè,  dei  neutri  (fig.  869)  e  quella  dei  sessuati. 
Nell'una  e  nell'altra  delle  due  larve,  che  sono  alla 
base  di  ciascuna  delle  due  grandi  suddette  divisioni 
(fig.  871,  B,  g),  il  numero  degli  articoli  delle  an- 
tenne è  aumentato  di  uno  o  due;  ma  l'una  differisce 
dall'altra  per  diverso  incremento  del  capo,  che  è 
maggiore  nei   futuri  soldati   ed  operai. 

Una  differenziazione  più  particolare  si  rileva 
nelle  forme  giovanili  dell'una  e  dell'altra  serie, 
dopo  la  seconda  muta. 

In  questo  terzo  stadio,  tra  le  forme  a  testa 
piccola  (futuri  sessuati)  alcune  presentano  accenni 
delle  impostazioni  alari,  altre  no.  Anche  tra  quelle 
a  testa  grossa  è  facile  rilevare  differenze,  nella 
conformazione  di  questa  parte  del  corpo,  le  quali 
accennano  a  diversi  destini  delle  due  maniere  di  individui,  cioè  futuri  operai  e  futuri  soldati. 
In  questo  momento  sono,   dunque,   riconoscibili  quattro  forme  giovanili   (fig.  871,  C,  C',1,l'). 

Nel  quarto  stadio  è  maggiormente  accentuata  la  differenza,  sia  pel  diverso  sviluppo  del 
capo,  sia  per  l'accrescimento  delle  impostazioni  alari  nelle  forme  a  testa  piccola,  che  ne  ave- 
vano un  piccolo  accenno  nello  stadio  precedente  (mentre  gli  altri  a  testa  piccola  sono  tuttavia 
senza  alcun  accenno  di  rudimenti  d'ali).  La  distinzione,  poi,  tra  soldati  ed  operai  è,  ormai,  ben 
netta.  In  tutti  questi  giovani  sono  aumentati  numericamente,  di  tre  o  quattro,  gli  articoli 
delle  antenne. 

Al  quinto  stadio  si  arresta  l'incremento  dei  neutri,  sieno  essi  operai  o  soldati.  Invece,  i 
giovani  dei  sessuati  continuano  a  svilupparsi.  Tra  questi,  le  forme  giovanili,  che  fino  dal  terzo 
stadio  mostravano  accenni  di  impostazioni  alari,   hanno,  ora,  i  monconi    delle  ali  molto  lunghi 


Fig.  869.  —  Sviluppo  dell'Operaio  e  del 
Soldato  in   Lencoterme»  lucifugua   (Rossi). 

J.  Larva  indifferente,  con  11  articoli  nelle 
antenne;  B,  Larva  2.°  stadio  (con  12 
articoli;;  C,  Larva  3.°  stadio  (con  14 
articoli);  D,  Operaio  sviluppato;  E,  Sol- 
dato sviluppato.  Tutti  egualmente  in- 
granditi (da  Grassi). 


LK    S0C1E1  l 


875 


mentre  gli  altri,  che  ne  sono  sempre  stati  privi  per  lo  innanzi,  hanno,  solo  ora,  brevissime 
guaine  alari. 

Questo  è  lo  stadio,  che  precede  immediatamente  quello  di  adulto,  per  cui  tutte  queste  forme 
a  testa  piccola  sono  dette  ninfe,  e,  per  riguardo  allo  sviluppo  delle  guaine  alari  più  lunghe 
o  piti  brevi,  secondo  si  è  detto,  ve  no  ha  di  due  maniere.  In  tutte  queste  ninfe,  poi,  anche 
lo   sviluppo  degli  organi  sessuali  è  proporzionato  a  quello  delle  guaine  alari. 

Alla  fine,  nel  sesto  stadio,  cioè  dopo  la  quinta  muta,  si  hanno  i  sessuati.  Le  ninfe  a  mon- 
coni d'ali  più  lunghi  danno  origine  ad  alati  (iig.  870)  e  gli  altri  divengono  sessuati  di  sostituzione 
(tig.   862). 

Così  appare,  secondo  lo  schema  annesso  (tig.  871),  che,  accanto  al  ramo  nor- 
male ffig.  871,  A-F)  (da  considerarsi  per  originario,  che  va  dalla  larva  agli  alati), 
procedono  tre  rami  neotenici  diversi  (C,-F,\  y-e;  y'-e'),  che  si  possono  ritenere 
per  acquisiti,  dei  quali  nessuno  mette  alla  forma  perfettamente  evoluta,  cioè 
alata  ;  ma.  mentre    uno,   meno  variato  dal  normale,  pur    svolgendosi  col    numero 


A  '^"  -—  \ /  £ 

C  D 

Fig.  870.   —   La  serie  di  forme   dei    sessuati  di  Leucotermes  Inoifugut  (Rossi)  egualmente  ingrandite. 

(Manca  la  forma  adulta,  alata,  non  molto  dissimile  all'aspetto  da  quella  indicata  a  fig.  860>. 

A,  larva  senza  guaina  delle  ali;    B,   C,  larve    successive  con   corte  guaine   alari; 

D,  ninfa  con   grandi  guaine  alari;   E,  adulto  dealato  (da  Grassi). 


normale  di  mute,  non  riesce  alla  foima  bene  alata,  gli  altri  due,  anche  più 
profondamente  variati,  non  giungono  neppure  allo  stadio  con  rudimenti  di  ali. 
Essi  trovai)  si  arrestati  ad  una  forma  larvale,  che  giunge  solo  ad  uno  stadio 
precedente  il  definitivo,  sebbene  del  tutto  specializzata  a  i>articolare   ufficio. 

Come  si  vede,  adunque,  dall'esempio  riportato  o  che  rappresenta  il  tipo 
più  comune  fra  le  Termiti  (esemplificato  dal  comune  Leucotermes  lucifugns),  nelle  so- 
cietà di  questi  Insetti  possono  trovarsi  presenti,  in  piena  attività,  ben  diciassette 
forme  diverse,  alcune  molto  dissimili  fra  loro,  il  che  rende  molto  difficile  lo  studio 
di   questi   Isotteri. 


Variazioni  secondarie  dal  tipo  succitato  avvengono  per  la  mancanza  di  qualche  casta  (come 
è,  ad  es.,  pei  Calotermes,  che  non  hanno  operai)  o  per  una  ulteriore  differenziazione  nelle  easte 
dei  neutri;  come  accade  per  la  presenza  dei  vaniti,  che  fanno  una  casta  a  se,  talora  differente 
anche  per  numero  di  mnte,  dai  soldati  e  dagli  operai  (i  nasuti  a  forchetta  hanno  solo  tre  stadi 
larvali)  o  per  più  maniere  di  operai,  ad  es.,  distinti  in  grandi  e  piccoli,  per  statura  e  per  altro 
diversi  fra  loro  e  probabilmente  con  uffici  differenti,   ecc. 

Più  rara  e  singolare  è  la  speciale  variazione  morfologica,  durante  un  tratto  della  vita  gio- 
vanile (dal  primo  al  terzo  stadio),  presentata  da  taluni  Calotermes  (fig.  872)  (C  rvgosns  Hag.  del 
Sudamerica  ;     C.    nodulozu»     Hag.     del     Brasile:     C.     dilatatiti    Bug."       le    cui     larve    hanno    il 


876 


CAPITOLO    BKTTIMO 


protorace  ed  il  mesotorace  largamente  espansi  a  lamina  sui  lati,  il  quale  carattere  scompare 
colle  mute  seguenti.  Anche  più  singolari  sono  le  espansioni  aliformi  del  pronoto,  nelle  larve 
neonate  di  Arrhinotermea  fi  avita  Bug.  del  Ceylan  e  che  sono  state  considerate  (non  so  con  quanta 
ragione),  come  ultimi  vestigi  di  organi  ancestrali,  in  via  di  sparizione,  richiamantisi  alle 
espansioni  aliformi  protoracali  dei   Paleodittiotteri  dell'epoca  carbonifera  (v.  pag.   156). 


Wf 


Fig.  871.   —  Quadro  schematico  rappresentante    lo  sviluppo   postembrionale  (nei  diversi  sladii)  e 
la  differenziazione  delle  caste  in  una  specie  di  Termite. 

A,  larva  indifferente;  1S-F;  B-F',  forme  a  testa  piccola  isessuati);  P-s;  M',  forme  a  testa  grossa. 
Linea  A-F.  sessuati  normali  :  (C,  D,  giovani;  E,  ninfa;  F,  adulto).  Linea  C'-F',  sessuati  di  so- 
stituzione (C  D' ,  giovani;  E',  ninfa;  F1 ,  sessualmente»  maturo).  Linea  P  s,  operai.  Linea  ?•-', 
soldati.  —  I-VI,  diversi  stadi  successivi  (I,  con  antenne  di  11-12  articoli;  II,  ant.  di  12-KS 
art.;  Ili,  ant.  di  14  art.;  IV,  ant.  di  15-16  art.;  V,  ani;,  di  17-18  art.)  1."  5."  mute  succes- 
sive (da  Escherich). 

Le  forme  indicate  nel  presente  schema  sono  rappresentate  nelle  figg.  860,  862,  869,  870  e.  tranne 
che  per  la  860,  le  altre  appartengono  tutte  al  Leuootermen  Incifugus  (Rossi).  Per  omologare  poi  le 
forme  segnate  della  ligula  schematica  871,  con  quelle  rappresentate  nelle  ligure  suddette,  in 
dicando  con  lettere  marcate  le  prime,  vedi  che  :  A  (della  iig.  871  —  869,  I;  —  B  =  870,  A 
C  =  870,  />';  —  D  =  870,  C;  -  E  —  870,  If.  —  F  =  860,  870,  E;  —  C  =  862.  A;  —  D 
=  862,  li,  C:  —  E'  =  862,  7);  F'  =  862,  E.  —  P  =  869,  7?;  —  v,  8  =  869,  C;  e  =  869.  I> 
e'  =  869.    /•;. 


Uffici  delle  diverse  caste.  —  I  .sessuali  provvedono  alla  moltiplicazione.  Tra  questi, 
gli  alati,  elie  sono  le  forine  completamente  evolute,  possono  compiere  tutti  gli 
offici  necessari  alla  conservazione  e  diffusione  della  specie:  riproduzione  di  in- 
dividui nuovi;  fondazione  di  nuove  famiglie;  lavori  interni  nel  nido.  Questi 
ultimi  lavori,  però,  cessano  allorché  compaiono  i  primi  operai  e  la  famiglia  co- 
mincia a  divenire  numerosa.  Da  allora  in  poi  la  coppia  generante  si  limita  al 
solo  ufficio    riproduttivo. 

I   sessuati     di    sostituzione    sono  forme    non    completamente    evolute    (quali 


1.10    SOCIETÀ 


877 


sono,  invece,  le  alate)  e  perciò  hanno  uffici  più  limitati,  tutti  quelli,  cioè  degli 
alati,  meno  che  non  possono  disseminare  le  specie,  l'ondando  nuove  famiglie.  In- 
fatti, essi  non  possiedono  ali   e,  quindi,   la   loro  dislocaltilità  è  molto  ridotta. 

A  differenza  di  ciò  che  accade  negli  altri  Insetti  sociali  fin  qui  veduti,  la 
femmina  delle  Termiti  subisce  ripetuti  accoppiamenti  da  parte  del  suo  maschio, 
(die  non  l'abbandona  mai  e  se  ne  sta  sempre,  nella  cella, 
accanto  alla  sua  femmina.  Questo  frequente  rinnovarsi 
della  provvista  di  nemaspermi  nella  spermoteca  della 
femmina  è  necessario  in  grazia  della  sua  enorme  fe- 
condità, al  cui  paragone,  quella  degli  altri  Insetti  sociali, 
non  escluse  le  Formiche,  è   ben    poca  cosa. 

1  neutri  sono  incaricati  delle  funzioni  compatibili 
con  la  loro  organizzazione  ridotta,  cioè  quelle  di  tutti  i 
lavori  intimi  nella  famiglia  e  della  difesa  di  questa.  Ai 
primi  provvedono  gli  operai,   alla  seconda   i   soldati. 

Gli  operiti  hanno  incarichi  molteplici.  Essi  debbono 
provvedere  alla  costruzione  del  nido  ed  a  tutti  gli  altri 
lavori  edilizi;  a  procurare  il  nutrimento  per  la  famiglia; 
mercè  le  loro  mandibole  dentate  debbono  tritare  il  legno 
e,  riempitisene  gli  intestini,  quivi  mescolarlo  ai  succhi 
intestinali,  per  ottenerne  una  pasta  atta  a  formare  il 
substrato  per  la  coltura  di  funghi  speciali.  Oltre  a  ciò  l'ope- 
raio deve,  asportare  le  uova  appena  partorite,  leccarle,  e  riporlo  in  apposite 
stanze;  curare  ed  allevare  la  prede:  tener  pulita  l'abitazione,  curare  la  coppia 
reale,  nutrendola  e  servendola  in   tutto. 


Fig.  872.  —  Larva  (di 
miti.  1,5  ,  con  espansioni 
toraciclle,  di  Calotermes 
liilatatns  Bug.  (lei  Cey- 
lon).  Dal  dorso  da  Idi 
gnion). 


11  lavoro  all'esterno  del  nido,  pel  mantenimento 
di  lina  cos'i  numerosa  famiglia,  non  è  piccolo  ed  è 
riservato,  per  talune  specie,  agli  operai  maggiori, 
rimanendo,  invece,  i  minori  adibiti  ai  lavori  interni 
nel   nido. 

Può  anche  essere  che,  tra  questi  ultimi,  si;i  in 
atto  una  più  precisa  specializzazione  dì  uffici,  del 
che  si  poi)  tiene  dubitare,  anche  perchè  gli  operili 
lavorano  in  tutte  le  eia,  lìti  da  neonati;  perciò, 
non  identica,  per  tutti  deve  essere  l'opera  loro  nella 
famiglia. 

Soldati.  —  Questi  neutri  hanno,  sopra- 
Fi  g.  s7o.  -  Soldato   ìngrand.    di  E,Uen,,e,     tutto<     il     «"«M'ilo  di    difendere     la    colonia 
monoceros  Koen.  del  Senegal,  ecc.  Di   lato      COIltl'O    i    nemici    Suoi    più     Spesso    occorrenti. 

(da  isngnion).  specialmente    Formiche,    compito    che    essi 

assolvono  con  grande  coraggio  ed  abne- 
gazione. 11  soldato,  più  agile  e  pronto 
dell'operaio,  ha  la  direzione  morale  della  comunità,  dei  lavori  edilizi,  ecc.  Le 
enormi  variazioni  morfologiche  (oltre  quella  maggiore  che  distingue  nettamente  i 
nasuti  dai  soldati  normali),  che  si  manifestano  appunto  tra  questi  ultimi,  possono 
accennare  a   specializzazione  di  uffici  anche   fra  i  soldati  normali. 


Così,  vi  sono  Termiti,  che  hanno  lino  a  tre  maniere  di  soldati  normali  (lig.  864)  diverse 
non  fosse  altro  clic  per  dimensioni,  ed  in  tal  caso  gli  individui  maggiori  costituiscono  il  vero 
esercito   in   difesa   dai   nemici   esterni  ;   gli  altri   fanno  la  polizia  interna  del   nido. 


878  CAPITOLO    SETTIMO 


Tutti  sono  adatti  soltanto  agli  attacchi  frontali,  nessun'altra  maniera  di  schermaglia  é  nel 
loro  combattimento;  ma,  in  questo,  sono  efficacissimi,  merce  la  subitaneità  del  loro  scatto  ful- 
mineo, con  che  si  lanciano  in  avanti,  assestano  il  terribile  colpo  di  forbice  delle  loro  ta<»lien- 
tissime  mandibole  e  questo  non  va  mai  a  vuoto.  Ciò  impara  bene  a  proprie  epese  chi  si  avven- 
tura incautamente  al  contatto  con  questi  feroci  battaglieri  e  se  ne  ritrae  colla  pelle  tagliuzzata 
e  sanguinante. 

Ricordo  di  aver  provocato,  una  volta,  una  battaglia  in  campo  chiuso,  tra  Formiche  e  soldat' 
della  nostrale  Termite.  Dopo  qualche  miuuto,  mentre  a  me  era  sembrato  che  le  Termiti  fossero 
state  sempre  immobili  a  spiare  le  mosse  degli  avversari,  mi  avvidi  che  molte  Formiche  si  aggi- 
ravano prive  dell'addome.  Erano  intervenuti  molti  dei  suddetti  colpi  di  forbice,  da  parte  dei 
soldati  delle  Termiti,  con  mosse  cosi  veloci,  che  non  mi  ero  avveduto  dello  scatto  e  dell'atto  se 
non  alle  conseguenze.  Il  sottile  peduncolo  dell'addome  delle  Formiche  era  stato  preso  di  mira  e 
reciso  esattamente,  colpo  a  colpo. 

I  soldati  tengono  piegata  all'ingiù  la  loro  grossa  testa  (vedi  fig.  873)  e  questa  è,  così  un 
buon  mezzo  per  ostruire  gli  stretti  passaggi  affidati  alla  difesa  loro.  Allorché  il  momento 
è  buono,  la  testa  si  solleva  subitamente  e  si  dispone  in  senso  orizzontale,  mentre  le  mandi- 
bole si  chiudono  energicamente  ed  il  colpo  è  assestato.  In  parecchie    specie,  anzi,  le    mandibole 

sono     piegate    all'insti,    per    riescire    meglio    e    più 
prontamente  in  siffatta   manovra. 

All'infnori  di  questo  ufficio  difensivo  poco 
altro  è  serbato  ai  soldati,  per  quanto,  in  pace, 
non  sieno  da  considerarsi  per  individui  affatto 
inutili,  come  si  é  detto.  Quelli  a  testa  grossa  e 
robuste  mandibole,  portano,  con  queste,  la  prole. 
Pare,  ancora,  che  i  nasuti  facciano  da  ingegneri  ; 
Fig.   874.    —   Sezione  longit.   di    soldato  di      oe,t„     prendono    parte    attiva    e    molto  efficace  alla 

Coptolerme»  ceiiìotiìciia  Holmgr.,  mostrante       ,■   .     ,„•     ,„    ,    .   ,  ,. 

.    r        ,  -  ,    ...  xi  •       distruzione  dei   legnami,  assieme  agli  operai. 

in  :   a,   la  tasca   a  lattice;     »,     bocca;    »,  p        r 

intestino  :  p.  poro  frontale  ;    s,  stomaco. 

I  gangli  sono  segnati    in    nero    (da  Bn-  Quanto  alla  proporzione    numerica    dei 

gnion).  .... 

soldati  rispetto    agli    operai,    essa    è  molto 
varia  nei  diversi  generi.  Così,  secondo  cal- 
coli del  Silvestri,  i  soldati,  rispetto  agli  operai,  sono  nella  proporzione  di  1  a  IO 
in    Galotermes  :     di   1    a    15  in  Eutermes  ;    di     1  a  20  in  Armitermes  :  di   1  a   50 
in   Microtermes  ;  di   1  a  80  in   Capi-Hermes. 

Maniera  di  lotta  del  tutto  diversa  seguono  i  soldati  nasuti,  i  quali  hanno 
altra  arma  invece  delle  mandibole.  Queste,  anzi,  non  sono  sensibilmente  più 
sviluppate  di  quelle  degli  operai.  Anche  la  tattica  di  combattimento  è  diversa, 
perchè  l'azione  individuale  è  sostituita  da  quella  collettiva.  I  nasuti  attaccano  in 
massa  ed  i  nemici  sono  storditi  dal  rumore  speciale  e  sgradevole,  che  essi  pro- 
ducono (in  qual  modo  preciso  è  tuttavia  incerto).  Fanno,  i  nasuti,  ricorso  anche 
ad  altro  e  ciò  in  duelli  contro  un  singolo  avversario.  Per  questo  si  servono  della 
secrezione  della  ghiandola  frontale,  che  è  assai  repugnante  agli  Insetti  in 
genere. 

II  naso  frontale  racchiude  il  canale  escretore  di  un  organo  glandolare.  Un'ampolla  contrattile, 
clie  è  allogata  nella  testa,  contiene  un  umore  vischioso,  che,  traverso  il  canale  escretore,  geme 
dall'estremità  del  naso,  allorché  la  Termite  deve  usarne.  Il  mezzo  difensivo  è  molto  efficace, 
perchè  le   Formiche   (che  souo   i   precipui  nemici  delle  Termiti)   ne   hanno  molta  ripugnanza. 

Ad  es.,  una  Oecophylìa,  che  si  incontri  con  un  nasuto  di  Eutermes,  riceve  in  piena  faccia  il 
contenuto  dell'ampolla  ed  istantaneamente  si  lascia  cadere  a  terra,  tutta  stordita  e  quivi  deve 
penare  molto  a  pulirsi  del  liquido,  di  cui  è  imbrattata  la  sua  testa,  sfregando  per  lungo  tempo 
il  capo  e  gli  organi  cefalici  ai  corpi  circostanti.  È  singolare  che  questo  liquido,  così  attivo 
contro   gli   Insetti,   non    ha,   ai   nostri   sensi,   né  odore   uè  sapore  di  sorta. 


I.K.   B0C1BTÀ  879 


Tutte  le  maniere  di  soldati  hanno,  anche,  il  compito  di  dare  l'allarme,  quando 
si  accosti  al  nido  qualche  animale  o  comunque  si  possa  dubitare  di  uu  pericolo 
per  la  famiglia. 

L'avviso  è  dato,  sopratutto,  mercè  speciali  rumori  e  secondo  maniere  proprie 
per  le  diverse  specie,  sia  battendo  rapidamente  il  capo  su  corpi  resistenti,  sia, 
come  è  riconosciuto  pel  Leucotermea  luoifugus,  sfregando  il  capo  sul  protorace  ;  sia 
battendo  in  modo  speciale  le  mandibole  l'ima  contro  l'altra  (Capritermes,  Miro- 
termes)  sia  altrimenti,  con    procedimento  non   bene  noto. 

La  facoltà  di  «mettere  rumori  di  allarme  e  «tata  constatata  in  Hudotennen  mossambicus  Hag. 
Terme»  liìljebonii  .Sjiist.  (specie  africane)  ;  lermea  oarboiiarìua  Hag.  di  Borneo  ;  T.  obacuriccp»  Wasm.  e 
T.  redenta  uni  Wasm.  di  C'evinti  nonché  per  due  specie  americane  e  per  qualche  altra  all'infuori 
delle  citate. 

Pel  Hodotermes  eouvuleioiiariue  (Coen,  delle  Indie,  C'eylan,  ecc.,  il  Koenig  osservò  che  i  ru- 
mori d'allarme  sono  dati  dai  singoli  individui,  col  rialzare  un  poco  l'addome,  che  poi  scatta, 
allungandosi  come  una  molla  o  le   mandibole  battono  su   una   foglia  secca. 

L'insieme  di  questi  rumori,  ripetuti  da  gran  numero  d'individui  produce  una  specie  di 
stridio,  che  è  percepito  da  tutta  la  colonia,  mercè  gli  organi  cordotouali,  che  ciascun  individuo 
ha  nelle  tibie  anteriori. 

Quasi  sempre,  al  segnale  d'allarme,  che  fanno  le  sentinelle  avanzate,  sca- 
glionate fuori  del  nido,  risponde,  dal  di  dentro  del  nido  stesso,  un  particolare 
rumore    collettivo. 

I  soldati  di  talune  specie  che  saltano  [Neocapritermes  opacus  Hag.  del 
Sudamerica,  T.  rio-granadensis  Miill.,  che  è  probabilmente,  un  Cornitermes,  del 
Brasile,  Mirotermes)  nel  date  l'allarme,  sbalzano  anche  all'indietro  (con  salti  di 
anche  6'  ad  8  cui.)  e,  così,  si  ritirano  al  sicuro,   mentre  segnalano  il  pericolo. 

I  soldati  dei  Capi  Hermes  hanno  le  mandibole  ricurve  come  le  corna  di  un 
capro  e  ciò  per  saltare.  Prendendo  appoggio  sul  suolo,  le  mandibole  forzate  e 
poi  bruscamente  lasciate  libere,  fungono  da  molla  e  servono  per  lanciare  l'insetto 
in  aria  e   proiettarlo  anche  a  iiO-30   centimetri  di  distanza. 

Origine  della  polifilia.  —  Molto  probabilmente  di  prestabilito  nel  ciclo  evoluti  vo 
di  ogni  individuo  non  è  che  il  sesso;  ma,  quanto  alla  casta  ed  al  grado  di  evo- 
luzione in  questa,  giacché,  in  potenza,  come  si  è  detto,  nella  larva  neonata,  che 
si  è  definita  per  indifferente,  tutte  sono  comprese,  è  da  ritenersi  che  solo  le 
condizioni,  in  cui  essa  si  svolge,  determinino  l'ima  e  l'altra  delle  forme,  a  cui 
l'individuo  viene   a  riescile. 

Ora,  tali  condizioni  variano  appunto  in  rapporto  alle  esigenze  della  fami- 
glia, pel  momento  e  si  deve  convenire,  per  constatazioni  di  fatti,  che  esse  sono 
presenti  alla  massa  delle  operaie,  le  quali  agiscono,  nell'allevamento  della  prole, 
del  tutto  in  obbedienza  alla  necessità  del  momento,  oltreché  agli  istinti  della 
specie  e  coi  mezzi   più  opportuni  e  ad  effetto  precisato  e  sicuro. 

Non  è  provato  che  abbia  influenza  la  temperatura  ambiente  nel  determinare 
l'ima  forma  definitiva  piuttosto  che  altra  e  che  le  operaie  allevatrici  ne  profit- 
tino, scegliendo  nel  nido  l'ambiente  più  opportuno,  ma  è  dimostrato,  intanto,  che 
la  maniera  di  nutrizione  ha  importanza  capitale  nel  destino  delle  giovani  larve, 
sebbene,  più  che  altrimenti,  indirettamente. 

Intanto,  è  certo  che  il  regime  è  diverso  per  le  differenti  caste  e  che  esso  è 
variato  allorché,  per  necessità  della  famiglia,  un  giovane  individuo  deve  mutare  di 
casta  nel  suo  accrescimento. 

Che  gli  operai  abbiano  esatta  cognizione  istintiva  delle  necessità  della  specie,  della  famiglia 
e  del  momento  ed  in   base  a  queste  sappiano  opportunamente  regolare  l'allevamento  dei  giovani,   è 


SSO  CAPI  Milo    SKT'IIIIII 


mostrato  da  ciò  che,  qualora  la  proporzione  numerica  fra  gli  individui  dulie  diverse  caste,  pia 
conveniente,  tenda  ad  alterarsi,  intervengono  gli  operili,  allevando  giovanissime  larve,  quante  sono 
dil  caso,  a  colmare  i  vuoti  dove  occorrono  ed  uccidendo  e  divorando  i  giovani  soprannumerari, 
dove  essi   eccedono. 

Quanto  alla  maniera  di  nutrizione,  in  grazia  della  polifagia  delle  Termiti,  essa  può  essere 
grandemente  variata  e,  secondo  ogni  singolo  caso,  nel  modo  migliore.  Su  questo  punto  non  si 
hanno  molti  dati.  Contuttociò  si  sa,  ad  es.,  che,  nella  nutrizione  dei  sessuati  neotenici,  durante 
l'allevamento,  ha  gran  parte  la  saliva  «Ielle  nutrici  ed  essa  può  agire  direttamente  come  nutri- 
mento stimolante  pel  rapido  sviluppo  degli  organi  sessuali  interni,  come  pure  indirettamente, 
impedendo  quella  specie  di  castrazione  parassitaria,  che  deriva  dallo  sviluppo  di  particolari 
protozoi  parassiti  delle  Termiti  e  che  si  accumulano  nel  loro  intestino  cieco,  rigonfiandolo  così 
da  ostacolare  la  perfetta  evoluzione  e  maluranza  degli  organi  genitali  interni  1  .  Così  accade  che  i 
sessuati  di  sostituzione,  i  quali,  normalmente,  souo  esenti  da  questi  parassiti,  perciò  appunto 
assai  rapidamente  giungono  alla  maturauza  sessuale,  mentre  gli  alati,  perchè  pnrnssitizzati, 
■ebbene  parcamente,   raggiungono    solo   più  lentamente  cotale  grado  di   completa  evoluzione. 

I  sessuati  di  sostituzione,  quando  nou  vi  siano  le  ninfe  di  cot.ali  forme,  possono  esser  fatti 
derivare  da  altri  stadi  giovanili,  ad  es.,  da  ninfe  della  prima  forma  (di  alati)  o  da  larve  mi- 
crocefale,  che  non  hanno  ancora  i  rudimenti  delle  ali  e,  perfino,  sebbene  ciò  accada  di  rado,  da 
larve  inegacefale  del  gruppo  dei  neutri.  La  plasticità,  in  questi  momenti,  è  tale,  per  le  forme 
giovanili,  che  può  accadere  anche  il  caso  inverso  del  sopracitato,  quello,  cioè,  che  forme  giova- 
nili della  serie  dei  sessuati,  persino  aventi,  ormai,  le  impostazioni  alari,  si  acconcino  a  trasfor- 
marsi in  soldati.  In  tal  caso,  le  guaine  alari  vengono  gradatamente  riassorbite,  mentre  ingrossa 
il   capo  nella  caratteristica  proporzione,   che  appartiene  ai    soldati. 

Le  principali  cause  influenti  sullo  sviluppo  individuale  delle  Termiti,  cos'i  da 
determinare  la  riduzione  delle  facoltà  riproduttrici,  ossia  la  creazione  di  neutri, 
possono  richiamarsi,  anche  per  questi  Isotteri  (come  si  è  già  veduto  per  le 
Vespe  e  per  le  Api),  ad  una  azione  meccanica,  impedendo  lo  sviluppo  degli  or- 
gani genitali  ed,  insieme,  a  speciale  regime,  capace  di  determinare  anche  varia- 
zioni secondarie,  ma  pur  vistose. 

Questa  è  la,  conclusione  alla  quale  riescono  i  classici  studi  del  tirassi,  Sandias  e  Brunelli, 
pei  Terinitidi  e  dell'Emery,  per  le  Formiche;  ed  é  questo  un  punto  di  vista  sostenuto  anche  da 
O.   Hertwig. 

Per  converso,  da  parte  del  Bngfiion  (1910),  della  Thompson  (1917)  e  dello  Snyder  (1919)  è 
affermato  il  differenziamento  intraembrionale  delle  caste  dei  neutri  e  dei  riproduttori.  Tali  con- 
clusioni, però,  del  resto  contraddette  recentemente  dal  lucci  (1920),  non  escludono  completamente, 
che,  per  quanto  possa  essere  vero  che  le  caste  sterili  sieno  già  differenziate  nell'uovo,  il  nutri- 
mento della  larva  non  abbia  alcuna  influenza  nel  differenziamento  delle  caste  dei  Terniitidi.  Si 
pini  ammettere  che  la  questione  sia  tuttavia  siibjndice  e.  probabilmente,  secondo  avverte  il  Bru- 
nelli,   dovrà  essere   risolta  dal    punto  di    vista    citologici». 

Risorgono  oggidì,  adunque,  dopo  tanti  anni,  le  celebri  discussioni  intercorse  tra  il  Weismann 
e   lo  .Spencer,    circa  l'origine  delle  caste  sterili    negli    Insetti    Sociali. 

Diffusione  della  specie. 

Le  specie  si  diffondono  per  mezzo  delle  forine  alate,  che,  in  epoca  oppor- 
tuna, sciamano,  levandosi  a  volo,  allontanandosi  dal  nido  e  portandosi  altrove  a 
fondare  nuove  famiglie. 


(1)  Mi  riserbo  di  trattare  colla  dovuta  larghezza  di  questo  interessantissimo  argomento  e 
delle  belle  ricerche  del  Brunelli  (liK)l  ,  che  lo  ha  così  diligentemente  studiato  ed  illustrato,  al- 
lorché si  discorrerà,  nella  seconda  parte  ili  questo  volume,  chi  rapporti  degli  Insetti  cogli  altri 
organismi. 

È,  infatti,  questo,  un  caso  ben  degno  di  essere  latto  presente  e  commentato,  perché  da  un 
fallo  di  semplice  parassitismo,  con  danno  individuale,  la  specie  sa  trarre  profitto  a  vantaggio 
della  comunità. 


I.K    SOCJBTA  881 


È  da  supporsi  che,  con  quest'atto,  sin  provveduto  anche  all'incrocio  fra  in- 
dividui di  famiglie  diverse. 

Dato  il  fatto  che  non  contemporaneamente  tutti  gli  alati  sono  pronti  alla 
sciamatura,  questa  può  ripetersi,  nell'annata,  anche  parecchie  volte. 

LiU   funzione  della,  sciamatura  interessa  e  mette  in  agitazione   tutta  la  famiglia. 

(ìli  operai  aprono  una  comunicazione  coll'esterno  ;  i  soldati  ne  escono  per  esplorare  l'am- 
biente. Constatatane  la  sicurezza,  vengono  fuori  gli  alati  d'ambo  i  sessi;  procedono  per  pochi 
passi,  quindi  si  alzano  pesantemente  a,  volo  e  si  disperdono  in  tutte  le  direzioni.  La  fuoriuscita 
degli  adulti  può  accadere  in  ore  diverse  (sia  di  mattino,  che  sulla  metà  del  giorno  od  anche 
a  si«ra  inoltrata)  e,  come  si  disse,  in  più  volte  nell'anno  (per  Eeucotermes  lucifitgita,  il  Perez  segnò  le 
date  del  20,  23  aprile;  12,  15  maggio).  Anche  il  volo,  in  colonne  talora  numerose  e  dense  cosi  che 
a  volte  sembrano  da  1  ungi  quasi  fumi,  elevantisi  di  terra,  mentre  risponde  alle  esigenze  della  dif- 
fusione della  specie,  non  altrettanto  sicuramente  sembra  favorire  l'incrocio  fra  individui  di  fa- 
miglie diverse. 

Di  certo  le  coppie  di   fidanzati  si  stabiliscono  fra  individui  caduti  a   terra,  dopo  il  volo  nu- 
ziale e  che  possono  essere    di    provenienza  diversa,  so- 
pratutlo  quando    la    sciamatura    è    simultanea  per  più 
nidi,   in   non   troppo  estesa  superfìcie. 

Certo  è  che  gli  alati  d'ambo  i  sosbì,  appena  caduti 
a  terra,  provvedono  a  togliersi  le  ali,  contorcendosi, 
rotolandosi,  aiutandosi  colle  zampe,  fino  a  che  le  ali  si 
troncano  lungo  la  sutura  prestabilita,  già  accennata. 
Ciò  (a  differenza  delle  Formiche,  nelle  quali  è  solo  la 
femmina  quella  che  perde  le  ali)    avviene  per  ambedue 

i   sessi,   nell'identico  modo. 

Q.    .  ..    .,  ria.    875.   —   Maschio     e     femmina     di 

ni  accade  un   fatto  strano,  osserva  il   Buginoli.  « .  ,  .     ,     ,  .  , 

'  Udotermtfs  tnrkettantcvs  Jao.,  in  lavoro 

La  natura,  dà  alle  Termiti  quattro    ali    delle  più  per-  di  escavaziohe,  per  iniziare  il  termitaio 

fette,   con   tutto  il  sistema  di   muscoli    destinati  a  inno-  (da  JacobsOn). 

verle,  in  vista  di  un   volo,  che,   rispetto  ad   una  vita  va- 
lutata da  12  a  15  anni,   dura    un'ora  al   massimo.    Una 

osservazione    analoga  potrebbe  esser  fatta    a    proposito    degli     occhi     e    degli  ocelli,  con    questa 
differenza  che  l'uso  di  questi   organi  si   prolunga  ancora   per  qualche  giorno  ». 

Segue  la  passeggiata  nuziale  e,  durante  questa  appunto,  si  stabiliscono  le  coppie  di  fidan- 
zati, ed  il  maschio  segue  ormai  dovunque  la  femmina,  che  si  è  scelta  a  compagna,  uè  più  ab- 
bandonerà, e  le  corre  dietro  dovunque  essa  vada  e  la  tocca  e  carezza  di  continuo,  mercè  i  suoi 
palpi.  Così,  la  coppia  ricerca  l'ambiente  pel  suo  nido  e,  trovatolo,  l'uno  dei  due  individui  'non 
è  bene  stabilito  quale),  od  ambedue  insieme,  in  tal  caso,  standosi  dorso  contro  dorso  (fig.  875), 
iniziano  la  escavazione  (nella  terra,  se  la  specie  è  terricola,  o  nel  legno  se  è  lignicola),  per  ac- 
comodarsi, così,  la  camera  nuziale.  Non  tutti  gli  autori  concordano  nell'ammettere  per  certa  la 
capacità,  da  parte  di  questi  sessuati,  ad  iniziare,  in  tal  modo,  la  nuova  famiglia.  Altri  crede 
che  la  coppia  penetri  in  qualche  nido  orfano  e,  quivi,  bene  accolta  perchè  i  riproduttori  di  so- 
stituzione  sono  allevati  solo  per  necessità,  in  mancanza  di  una  coppia  di  quelli  normali,  regni 
d'allora  in   poi. 

Le  vere  nozze,  sancite  dall'accoppiamento,  avvengono  più  tardivamente,  anche  dopo  mesi 
dalla  sciamatura  (per  Termopsis,  secondo  Heat,  bastano  14  giorni;  per  Eeucotermes  lueiftign$,  secondo 
Perez,  occorrono  cinque  mesi)  ed,  ormai,  in  ambiente  sicuro,  ed  a  maturanza  sessuale  completa. 
Questa  si  riconosce  dall'aumento  dell'addome  nel  maschio  e  nella  femmina,  conseguente  all'in- 
cremento dei  prodotti  sessuali.  (Interviene,  però,  anche  il  cibo,  che,  ora,  finalmente,  assumono  i 
sessuati,   i  quali,   dall'ultima  muta     non   si   erano  nutriti). 

L'atto  dell'accoppiamento  è  bene  descritto,  meglio  che  da  altri,  dal  Grassi  (Atti  Accad. 
Gioenia,  1893)  e,  per  Termopsix,  il  cui  accoppiamento  dura  da  uno  a  dieci  minuti,  la  copula, 
secondo  Heat,  si  ripete  più  volte.  Il  detto  Autore  la  osservò  per  dodici  volte  in  undici  mesi,  ma 
la   ritiene  assai   più   frequente. 

Nei   primi  tempi,  in   che  la  coppia  è  ormai   allogata   nella  camera   nuziale,   avviene  l'accorcia- 

A.  Bkhi.esk,  Gli  Inietti.  II.  —  111. 


882  CAPITOLO    SKTTIMO 


mento  delle  antenne,  per  asportazione  degli  articoli,  che  ciascuno  dei  due  individui  pratica  sci 
sé  stesso  o  sul  compagno.  La  mutilazione  è  di  grado  vario,  da  pochi  articoli  a  tutto  l'organo. 
Questo  è  ormai  inutile,  anche  se  i  due  sessuati,  nou  essendo  ancora  presenti  gli  operai,  debbono 
essi  accudire  ad  altro  che  alla  riproduzione. 

La  deposizione  delle  uova  si  inizia  qualche  tempo  dopo  la  copula  e  poco 
attivamente  nei  primi  giorni,  probabilmente  in  rapporto  anche  alla  temperatura. 

Tanto  il  maschio  che  la  femmina  hanno  cura  della  figliolanza,  tengono  pu- 
lite e  leccano  le  uova,  le  portano  qua  e  là  e  procurano  metterle  in  salvo,  nel 
caso  di  pericolo  ed,  allorché  schiuse,  provvedono  alla  nutrizione  delle  larve. 

Queste  crescono  lentamente  e  solo  dopo  molti  mesi  riescono  operai  di  buon 
ausilio  ai  genitori  e  la  famiglia  è  bene  iniziata. 

Nelle  Temi opai s  l'Heart  riconobbe  che  le  prime  uova  sono  emesse  dopo  15  giorni  dalla  copula 
ed,  in  principio  almeno,  in  numero  di  uuo  a  sei  per  giorno,  mentre  in  Lcucotermea  lueifiigns  l'inter- 
vallo è  di  cinque  settimane.  Le  specie  fecondissime,  però,  come  è,  ades.,  il  T.  bellicosità,  devono 
essere  più  prolifiche  fin  dall'inizio;  certo  lo  divengono  di  poi,  perchè  il  numero  delle  uova  de- 
poste giornalmente  da  una  femmina  adulta  di  T.  bellivoans  si  calcola  intorno  a  30.000  ossia,  giacché  la 
deposizione  è  continua  ed  uniforme,  a  circa  10  milioni  in  un  anno  (che,  pei  quindici  anni  pei 
quali  dura,  in  media,  la  vita  della  regina,  fanno  la  bella  cifra  di  150  milioni  d'uova,  dati  da 
una  sola    femmina). 

Le  larve  di  operai  nou  sono  mature,  ia  Calolermes,  prima  di  un  anno,  ma  i  sessuati  richie- 
dono un   tempo  quasi  (loppio  alla  loro   completa  maturanza. 

I  primi  neutri  sono  più  piccoli  e  miseri  di  quelli  che  verranno  in  seguito.  Nelle  Tevmnpsis, 
i  primi  soldati  sono  lunghi  non  più  di  10  mill.  ed  hanno  18  a  19  articoli  nelle  antenne  ;  nella 
seeouda  generazione  i  soldati,  lunghi  12  mill.,  hauno  19-20  articoli  nelle  antenne  e  22  ne  con- 
tano allorché,   nella  terza  generazione,  sono   lunghi  18  mill.,   che  è    la  misura  normale. 

Più  raro  e  da  considerarsi  per  eccezionale  è  il  modo  di  moltiplicazione  dei 
nidi   per  sdoppiamento,  caso  analogo  a  ciò  che  avviene  anche  nelle  Formiche. 

Una  parte  di  operai,  recando  uova  e  larve  giovanissime,  abbandona  il  nido 
natio  e  se  ne  va  ad  altro  variamente  discosto,  che,  dapprincipio,  è  tuttavia  in 
comunicazione  col  primo,  mercè  una  galleria;  di  poi  si  isola  e  fa  da  sé.  I  ses- 
suati della  nuova  famiglia  o  sono  creati  allevando  le  giovanissime  larve  porta- 
tevi, ed  in  tal  caso  sono  di  sostituzione,  o  sono  una  coppia  insediatavisi  dopo  il 
volo  nuziale  e  benissimo  accolta  nella  famiglia,  che  ne  ha  desiderio    e    bisogno. 


La   vita   della  colonia. 

Nelle  specie  di  Termiti  meno  elevate,  come  sono  ad  es.  i  Calotermes,  il  ma- 
schio e  la  femmina  prendono  parte  anche  ai  lavori  della  colonia;  la  femmina, 
infatti,  non  è  così  enormemente  grossa  da  non  potersi  muovere.  La  feconditi!,  per 
queste  specie,  è  moderata,  in  confronto  di  quanto  si  è  detto  precedentemente. 
Quivi,  la  famiglia  è  di  qualche  migliaio  di  individui. 

Ma.  nelle  forme  più  elevate,  secondo  l'esempio  dei  Termes  sopra  ri  ferito,  la 
coppia  reale  non  ha  altro  ufficio  che  quello  della  riproduzione. 

La  femmina  è  ormai  esclusivamente  una  macchina  ovificatrice  fissa,  servita 
da  gran  numero  di  operai,  sorvegliati  da  soldati  e  dallo  stesso  maschio  e  da 
quelli  anche  guardata  e,  se  occorresse,  difesa. 

Essa,  ad  intervalli  di  secondi,  emette,  con  tutta  regolarità,  un  uovo,  che  è 
subito  raccolto,  ripulito  e  leccato  da  operai  pronti  sempre  a  questo  ufficio  e  che 


I.K    SOCIETÀ 


88S 


lo  portano  tosto  e  depositano  in  camerette  adiacenti  alla  cella  reale,  mentre  molti 
altri  operai  si  curano  continuamente  del  nutrimento  e  della  pulizia  non  solo  della 
femmina,  ma  anche  del  maschio,  che  non  abbandona  mai  la  sua    compagna. 

Lo  spettacolo  della  cella  reale  (fig.  876)  di  Termes  bellicosità  è  molto  bene  descritto  dall' E- 
soherich  e  cou  poco  divario  da  quanto  già  ne  aveva  detto  lo  Smeatumann.  Giustamente  quivi  è 
paragonata  ad  una  officina,  cos'i  regolare  ed  ordinato  vi  è  il  lavoro,  che  ferve,  per  parte  di 
moltissimi  operai,  attorno  alla  macchina  produttrice,  rappresentata  dalla  immane  femmina,  che, 
col  suo  enorme  addome  rigonfio,  occupa  due  buoni  terzi  della  cella  ed  emette  un  uovo,  dall'e- 
stremo posteriore  del  corpo,  ad  ogni  due  minuti  secondi,  in  seguito  ad  una  caratteristica  con- 
trazione, ondilliforrae  dall'fnuanzi  all'indietro,  dell'addome.  Molti  operai  si  affollano  quivi  e  fcol- 


Fig.    STti.  —  Cella  reale  aperta  di    Termes  bellicosità  Smeatm.   di  Africa.  Grand,   nat.  (da  Escherich), 


goni p  via  le  uova  appena  partorite,  le  prosciugano  col  leccarle  diligentemente  e  poi  le  portano 
nella  fungaia,  ove  le  depositano,  in  modo  che  la  larvetta,  appena  schiusa,  trovi  sul  posto,  pronto, 
il   nutrimento. 

Molti  altri  operai  sono  attorno  alla  parte  anteriore  della  femmina,  a  leccarla  di  continuo 
sul  capo,  sulle  antenne,  sul  torace  e  tale  maniera  di  pulizia  usano  anche  per  tutto  il  restante 
corpo  della  regina  ed  è  un  continuo  correrle  intorno  da  parte  dei  piccoli  operai.  Intanto,  da  5 
a  6  grossi  soldati,  regolarmente  allineati  attorno  alla  coppia  reale  se  ne  stanno  col  capo  incli- 
nato, rivolti  all'esterno,  immobili  nella  loro  consegna  di  far  buona  guardia.  Altri  soldati,  pic- 
coli ed  abbastanza  numerosi,  sorvegliano  il  lavoro  degli  operai  e,  quando  bisogni,  con  un  colpo 
della  grossa  testa  li   correggono  ed  incitano. 

Non  per  tutte  le  specie  la  coppia  reale  è  unica;  non  poche  hanno,  normalmente,  più  coppie 
od  almeno  più  regine.  Infatti,  sembra  accertato  che,  per  alcune  specie  almeno,  la  poliginia  sia 
di   regola. 

Una  specie  di  Termes  fu  trovata  dall'Haviland,  avente  sei  coppie  legali  e  casi  di  poliginia 
sono  stati  notati  dall'Holmgren  in  Si/n  termes  chaqtiimayenais  Holmgr.  del  Sudamerioa  ed  Eutermes 
mómmi»  Holmgr.,  del  Perù  (da  due  a  cinque  regine  per  un  solo  re),  per  quanto  non  si  possa 
riconoscere  se  tale  anomala  condizione  dati  dal  volo  nuziale  o  sia  di  data  posteriore,  per 
infiltrazione,   entro   il   nido,   di   femmine    giuntevi  di    poi. 


83i  CAPITOLO    SETTIMO 


Se  la  coppia  reale  viene  a  mancare,  ciò  non  importa  necessariamente  la  ro- 
vina della  famiglia.  Gli  operai  provvedono  subito  a  creare  dei  riproduttori,  alle- 
vando, a  questo  scopo,  qualche  ninfa  di  quelle  con  corte  guaine  alari,  che  in 
ogni  tempo  sono  presenti  nel  nido,  a  tal  fine.  Si  fauno,  così,  un  centinaio  ed 
oltre  di  sessuati  di  sostituzione  ed  i  maschi  vi  sono,  di  solito,  in  minoranza  ; 
circa  il  20  %  ed  anche  meno;  eccezionalmente  eguagliano  o  superano  il  numero 
delle  feinuiine. 

Se  viene  a  mancare  solo  la  regina,  gli  operai  allevano  esclusivamente  femmine  di  sostitu- 
zione e,  cosi,  il  vero  re  si  trova  ad  essere  il  sultano  di  un  ricco  harem.  Il  Fritzmiiller  trovò,  in 
un  termitaio,  anziché  una  sola  camera  reale,  una  specie  di  labirinto  di  camerette,  che  allogavano 
■  <\  femmine  di  sostituzione,  tra  cui  si  aggirava  un  solo  re  vero.  Piti  ricco  si  mostrò  l'harem, 
che  l'Holgrem  trovò  dell 'Armitermes  iteotenicue  Holmgr.  del  Sudamerica  ;  conteneva  un  centinaio  di 
regine  di  sostituzione,  con  un  solo  re  vero  e  questo  stato  di  cose  sembra  normale  per  questa 
specie,  della  quale  mai  si  conobbe  la  regina  vera. 

Del  resto,  neppure  pel  nostrale  Leucotermta  hicifugna  si  conoscono  la  regina,  ed  il  re  veri;  si 
nomo  sempre  trovati  solo  sessuati  di  sostituzione,  per  quanto  il  fatto  male  si  accordi  colla  rego- 
lare, annua  sciamatura  di  alati  anche  per  questa  specie.  Può  essere  che  la  coppia  reale  vera  pe- 
risca subito  dopo  la  fondazione  della   nuova   famiglia. 

Si  e  osservate  (in  Cornitermes  ed  in  Miroternus)  che,  qualche  volta,  anche  gli  stessi  alati 
sono  trattenuti  nel  nido,  dagli  operai,  ed  impediti  di  fuoriuscirne  pel  volo  nuziale.  Le  loro  ali 
sono  troncate  dagli  operai  stessi  e  così  ne  viene  una  speciale  maniera  di  sessuati  di  sostitu- 
zione, bene  riconoscibili  alla  minor  statura,  colorito  più  pallido,  ali  irregolarmente  troncate,  in 
confronto  dei  sessuati,   che  hanno  eseguito  il  volo  nuziale. 

Si  è  già  accennato,  in  precedenza,  che  i  sessuati  di  sostituzione  possono  essere  allevati  anche 
da  forine  più  giovani  delle  ninfe  con  rudimenti  alari.  La  facoltà  ili  riescile  riproduttori,  non  e, 
del  resto,  negata  neppure  ai  soldati,  a  giudicare  dal  fatto  che  il  Grassi  trovò  un  soldato,  appunto 
di    Lcucohrmts    luci  fu  a  un,   con   ovaia  bene  sviluppate. 

Regime.  —  Le  Termiti  sono  Insetti  roditori  per  eccellenza.  Nulla  si  salva  dal 
loro  morso  se  non  le  pietre  ed  il  ferro,  [ter  quanto  si  provino  anche  ad  intac- 
care anche  questi  corpi.  Oltre  al  legno,  loro  cibo  preferito,  con  quanto  altro  di  ve- 
getale possono  incontrare,  le  Termiti  rodono  il  cuoio,  le  pelli  secche,  la  lana,  le 
loro  stesse  esuvie,  escrementi  d'altri  animali,  cadaveri  d'ogni  specie,  individui 
della  propria,  sani  o  malati. 

1  soldati,  poi,  si  mangiano  spesso  e  largamente  gli  operai  della  loro  stessa 
famiglia. 

Gol  cibo  ingerito  e  colle  secrezioni  delle  ghiandole  intestinali,  gli  operai 
delle  Termiti  compongono  la  pappa  per  la  nutrizione  di  altri  individui  della 
colonia  eil  anche  il  materiale  per  la  costruzione  dei  nidi.  La  pappa,  imbevuta 
soltanto  dei  succhi  delle  ghiandole  salivari,  è  ad  uso  delle  giovani  larve  e  della 
coppia  reale.  Pel  cortese  scambio  di  nutrimento  fra  operai,  è  impiegata  la 
sostanza    ingerita  e  contenuta  nell'intestino    posteriore,  ed  è  buona  anche   secca- 

Un  operaio,  che  desidera  nutrimento  fresco,  lo  chiede  ad  un  compagno  vellicandogli  l'ad- 
dome colle  antenne  e  coi  palpi.  11  compagno,  cortesemente,  lo  soddisfa,  emettendo  dall'ano  un 
escremento  in  forma  di  cilindretto,  che  viene  subito  raccolto  e  divorato,  con  avidità,  dal  fa- 
melico. 

Cosi,  l'intestino  delle  Termiti  ha.  non  solo  la  funzione  di  nutrizione  dell'individuo  a  cui 
appartiene,   ma  quello,  ancora,   di  serbatoio  di   nutrimento    anche  per  altri. 

Provviste.  -  -  La  famiglia,  per  lo  più  numerosissima  di  individui,  senza  con- 
fronto con  quella  di  altri  Insetti   sociali,  ha    bisogno  di    un  largo,  continuo    a|>- 


!.1<:   SOCIKTÀ  ss-"> 


provvigionamento  e  di  ricche  provviste,  pel  caso  che  quello  dovesse  interrom- 
persi. 

Le  provvigioni  sono  di  detriti  vegetali  d'ogni  maniera;  erbe,  foglie,  radici 
in  piccoli  pezzetti,  semi  diversi  ed  anche  cereali.  F  da  supporsi  che  i  pezzetti 
di  foglia,  come  già  si  è  veduto  accadere  per  le  Formiche,  servano  anche  per 
l'allevamento  dei  funghi,  che  sono  gran  parte  nell'alimentazione  delle  Termiti. 

Per  procurarsi  il  cibo,  le  Termiti  fanno  continuamente  escursioni  fuori  del 
nido.  Ma,  giacché  esse  sfuggono  la  luce  quanto  più  possono  e  le  operaie  loro 
sono  esseri  deboli  ed  inermi,  che  devono  temere  da  parte  di  nemici  molti,  al- 
lorché si  avventurano  all'esterno  del  nido,  sopratutto  da  parte  delle  Formiche, 
così,  il  più  spesso,  scavano  gallerie  o  costruiscono  passaggi  coperti,  che  vanno 
dal  nido  al  centro  di  approvvigionamento.  Così,  esse  lavorano,  in  generale,  del 
tutto  celate. 

Gli  Hodolermea  però,  che  sono  Termiti  dell'Africa  australe,  Egitto,  Turkestan,  Persia  e  delle 
Indie,  fanno  spedizioni  allo  scoperto,  per  raccogliere  frammenti  di  graminacee.  Perciò,  i  loro 
operai  e  soldati  possiedono  ocelli  e,  nelle  loro  escursioni,  vanno  in  tìla  lungo  i  sentieri  nei  ter. 
reni  erbosi.   Il  loro  nido  è  sotterraneo. 

Anche  V  Eutermes  monoceros  Koen.  (o  Termite  nera,  perchè  è  di  colore  oscuro,  comune  al 
Ceylan  ed  altrove)  fa  escursioni  allo  scoperto.  Essa  raccoglie  sopratutto  licheni  sulla  corteccia 
degli  alberi.  Le  colonna  si  mette  in  marcia  al  cader  del  sole  e  rientra  verso  le  ore  nove  del 
giorno  dopo,  ciascun  operaio  portando  un  pezzetto  di  lichene.  La  colonna  degli  operai  è  fian- 
cheggiata di  qua  e  di  là,  da  una  tìla  di  soldati  (nasuti)  (fig.  873),  che  sorvegliano  il  lavoro  e 
stanno  a  difesa   degli  operai. 

Cultura  di  funghi.  —  Anche  le  Termiti  sono  coltivatrici  di  funghi  e  le  fun- 
gaie loro  sono  entro  i  nidi,  così  appunto  come  fanno  le  Formiche,  secondo  quanto 
si  è  mostrato. 

Il  fungo,  nel  suo  stato  conidico,  è  coltivato  su  un'intricato  ammasso  spon- 
giforme (fig.  877),  composto  di  detriti  vegetali,  particolarmente  lavorati  e  questa 
e  la  matrice,  su  cui  si  sviluppa  il  fungo  (detta  anche  giardino  di  funghi,  focaccia 
di  funghi).  La  vegetazione  si  palesa  come  una  specie  di  unirla  bianca,  tappezzante 
le  superfici  libere  della  fungaia.  Le  dimensioni  di  questa  variano,  anche  nella 
stessa  specie,  dalla  grossezza  di  una  nocciola  a  quella  di   una  testa  umana. 

La  forma  ascofora  del  fungo  è  rappresentata  dall' Agaricus  (Vulvaria)  rajah- 
(Secondo  Petch.,  Volvaria  eurhiza)  (1).  La  coltura  è,  però,  spesso,  inquinata  da 
un  altro  micete  del  genere  Xylaria  (Xylaria  nigripes)  a  cui  le  Termiti  impedi- 
scono il  completo  sviluppo,  rodendone  i   miceli. 

La  fungaia,  perchè  porti  buoni  frutti,  deve  essere  bene  ventilata  e  gli  In- 
setti ciò  sanno  fare  benissimo. 

Dei  funghi  si  cibano  le  larve,  che  vanno  in  massa  a  pascolare  entro  il  la- 
birinto della  fungaia  ed  anche  la  regina;  giammai   gli  operai  ed  i  soldati. 

Questi  giardini  di  funghi  sono  masse  di  varia  grandezza,  di  aspetto  spugnoso,  brune  o  nere, 
friabili,   composte  di  pasta  di  legno,   parzialmente  digerita,   emessa    dal   retto  dalle  operaie,   sotto 


(1)  La  forma  ascofora  dell'Agarico,  che  si  trova  sviluppata  all'esterno  dei  Termitai  abban- 
donati, e  un  fungo  commestibile,  alto  anche  25  centimetri.  La  Xylaria,  sviluppata,  si  presenta 
sotto  forma  di  bastoncelli  biancastri,  rigonfiati  e  bruni  verso  l'apice,  della  grossezza  di  una 
matita. 


886 


l  '.M'ITOLO    SETTIMO 


*77.   —   Piccola    fungaia     accessoria    «li    Tennis 
latericìus  Hav.  del  Natal  (da  Fuiler). 


torma  di  cacherelli  bruni,  ina  è  lavorata  di  nuovo  coi  suoi  orgaui  boccali,  dalla  operaia  stessa  ed 
agglutinata  a  mezzo  della  saliva.  Sulle  pareti  delle  cavità  di  questa  massa  spugnosa  si  diffonde 
il   delicato  micelio,   di  color  grigiastro. 

I  giardiui  richiedono  continua  innovazione  del  substrato  e  ciò  fanno  gli  operai,  che  li  accu- 
discono. Meglio  curate  e  piti    proprie  sono 
le  fungaie  collocate  profondamente  e  nelle 
i  vicinanze  della  cella  reale  (fig.   878). 

Nelle    fungaie  vengono  anche  a  passa- 
re lo  stato  loro  di  ipnosi  le  forme  neutre. 

Coltivatrici  di  funghi  sono  quasi 
tutte  le  specie  del  gen.  Termes  (il 
fatto  fu  pri inamente  riconosciuto  da 
Koenig.  nel  1778  e  due  anni  dopo 
dallo  Smeathniann,  per  Termes  bel- 
ìicosus)  e  qualche  specie  di  Eutermes 
e  forse  anche  di  Oflotermes  ed  Acun- 
thotermes. 

Preparazione  del  materiale  per  le 
costruzioni.  —  Il  materiale  costruttivo 
dei  Termitai  (dei  quali  si  dirà  tosto)  è  elaborato  dalle  Termiti  nel  loro  intestino.  Si 
tratta  di  terra  o  di  detriti  vegetali  (a  seconda  ohe  i  Termitai  sono  fabbricati 
con  materiali  terrosi  o  di  cartone  di  legno)  e  l'ima  e  gli  altri,  opportunamente 
masticati  sono  introdotti  nell'intestino  e  quivi  serbati  per  l'occorrenza.  Così,  al- 
lorché costruiscono,  gli  ope- 
rai vuotano  o  dalla  bocca  o 
dall'  apertura  anale,  una 
certa  massa  di  poltiglia, 
composta  nel  modo  anzi- 
detto, e,  poi,  la  stendono, 
accomodano  e  dispongono, 
mercè  ali  organi  boccali  e 
la  comprimono  anche  con 
colpi  della  testa. 

Vi  ha  chi  crede  che,  per 
costruire,  le  Termiti  usino  pez- 
zettini di  legno  o  granelli  di 
terra,  che  dispongono  a  loro 
luogo  e  poi  fissano  in  posto, 
mercè  un  liquido  che,  di  volta 
in  volta,  emettono  dalla  apertura 
anale. 

Forse  l'uno  o  l'altro  di  questi   modi  di  costruzione  sono  in  atto,  a  seoonda  delle  specie  o  d> 
circostanze  diverse. 


Fig.  S78.  —  Schema  di  sezione  longit.  di  nido  (a  collina)  di 
Termite.  Nel  mezzo  è  il  nucleo  centrale  colla  cella  reale, 
circondato  da  camere  contenenti  le  fungaie  collegate  fra 
loro  da  strette  gallerie.  Si  vedono  tratti  di  ampie  gallerie 
di   ventilazione  (da  Escheiich). 


Il  Termitaio. 


Nessuna  specie  animale  può  competere,  di  gran  lunga,  colle  Termiti,  per 
grandiosità  della  costruzione  ad  uso  ili  una  sola  famiglia  e  per  l'imponenza  dei 
lavori  edilizi   in   genere.  È  ben   vero,  però,  che  non  è   possibile    alcun    raffronto. 


I.K   SOCIKTA 


887 


Fìg.  879.  —  Termitaio  di    TVrnie»  béWe.o*n»  Smentitili 
(da  Druimnoiid). 


nemmeno  per  la  numerosità  della   famiglia,  giacché  nessun    animale  è  così   proli- 
fico   e    per    tanti    anni    di    seguito, 
quanto  una  coppia    riproduttrice  di 
Termiti. 

Le  costruzioni,  che  talune  specie  dei 
paesi  caldi  innalzano  sopraterra,  per  abi- 
tazione della  discendenza  di  due  soli  pro- 
genitori, sono  così  sterminate,  rispetto  alle 
dimensioni  degli  operai,  che  concorrono  a 
costruirle,  che  riescono,  anche  per  noi, 
totalmente  inimmaginabili.  Al  loro  para- 
ragone     i     massimi     monumenti     innalzati 

dalla  li- 
ni a  n  a 
i  n  d  u- 
stria, 
sono 
ben  po- 
ca cosa 
e,  fos- 
seroalti 

anche  il  doppio  della  Torre  Eiffel   o  della  più    alta     Piramide 
egiziana,    non  reggerebbero    al   confronto. 

Quanto  a  solidità,  cotali  editici  non  possono  essere  demo- 
liti se  non  facendo  ricorso  ad  utensili  pesanti  od  a  mezzi 
esplosivi. 

Questa  vistosità  e  la  grande  varietà  di  cotali  costruzioni, 
sopratutto  nelle  regioni  tropicali,  secondo  le  diverse  specie 
di  Termiti,  hanno  sempre  eccitato  la  meraviglia  e  la  curiosità 
non  solo  degli  studiosi  di  cose  naturali,  ma  anche  dei  viaggia- 
tori e  ne  è  venuta  una  ricchissima  bibliografia  in  proposito, 
sebbene,  nella  conoscenza  intima  della  vita  di  questi  Insetti 
sieno,  tuttavia,  molte  lacune  e  punti  oscuri. 

Non  tutte  le  specie  nidificano  con  tanta  arte  e 
potenza  edilizia.  Di  qui, 
fino  alla  semplice  opera  minatrice  dei  Calotermes,  è  un 
graduato  passaggio  di  maniere  dì  nidificazione  di  meno 
in  meno  complesse  e  vistose,  fino  a  costruzioni  pic- 
cole, non  più  alte  di  pochi  centimetri.  Si  notano,  anclie, 
le  più  svariate  forme  di  Termitai  da  quelli  a  colonna, 
a  cono,  agli  sferici,  ai  fungiformi,  ecc. 

Varietà  rilevante  è  anche  nel  materiale  impiegato 
nelle  costruzioni.  Le  diverse  specie  adoperano  diffe- 
renti sostanze,  cioè  terra  o  legno  (quest'ultimo  varia- 
mente preparato)  o  l'una  e  l'altro  insieme. 

Variano,  anche,  i  nidi,  a  seconda  della  specie  che 
li  costruiscono,  per  diversa  ubicazione.  Alcuni  sono  del 
tutto  scavati  sotterra;  altri  elevati  interamente  sopra 
terra;  taluni  sono    in    parte    sotterranei   ed    in     parte 

sopra    terra.   Molte    specie    fanno  il  loro  nido  sospeso  ai  rami  degli   alberi;    altre 
nidificano    in    parte    snl     suolo    e    per    altra    parte    il   Termitaio    è    aderente  al 


Fig.  880.  —  Sezione  schematica 
longit.   di  un  nido  di  micofago. 

J,  ingresso;  B,  camera  delle  prov- 
viste; C.  galleria  principale; 
E,  camera  dei  funghi;  F,  fun- 
gaie (da  Escherich). 


Fig. 881.  —  Un  notevole  termi- 
taio (di  Ciibiterme»  bilobatu* 
Hav.?)   da  fot.  di  Haviland). 


8«S 


CAl'lT'>LO    SKTIIMO 


tronco    (li    un    albero,    come    ve    n'ha,    anche,    di  completamente  liberi,  giacenti 
sul  suolo. 

In  generale,  una  famiglia  abita  in  un  solo  nido;  ma,  in  qualche  caso,  i  nidi 
sono  multipli  per  una  sola  famiglia,  congiunti  insieme  da  gallerie.  In  altri  casi, 
per  converso,  può  accadere  che  più  famiglie  alloggino  in  uno  stesso  nido. 


Fig.  882.  —  Diverse  forme  di  Termitai. 
A,   nido  a  piramide  (E>iter>itex  pyriformis  Frogg.ì   di  Australia  'da  fot.   di   Saville  Kent.). 
-B,   nido  «tipo  KimUerley  »   (Gen.?  sp.?)  di   Australia  (da  fot.   di  Saville    Kent). 

C,  nido-bussola  (Compas  Termite)  (Hamitermes  ìiieridionalis  Frogg.)  di  Australia  (da  fot.  di  Froggatt). 

D,  lo  stesso,   veduto  di  lato. 

E,  nido  a  torre  di  Eutermes  pi/  ri  formi  n  Frogg.,   io.  Australia  (da  fotogr.   di   Froggatt.). 


Questo  è,  quasi  sempre,  costruito  dai  suoi  abitanti;  qualche  volta,  però,  in 
qualche  nido  lasciato  vuoto  da  una  famiglia,  prende  alloggio  qualche  altra,  sia 
pure  di  specie  diversa. 

Il  Termitaio  è  chiuso  da  un  involucro  esteriore  resistente  alle  pioggie  ed 
all'aggressione  dei  molti  animali  ghiotti  di  Termiti;  in  generale  manca  di  aper- 
ture, che  mettano  all'esterno.  Cosi,  è  conservato  anche  il  grado  di  calore  e  di 
umidità  necessario  al  benessere  degli  Insetti. 

Per  le  loro  escursioni  fuori  del  nido,  per   provvedere  il  necessario  alla  vita 


LK    SOCIETÀ 


889 


A 


\ 


*&3fr 


r 


) 


T%^. 


s**"**^" 


-7 


>^v 


Sr 


della  famiglia,  le  Termiti,  conforme  si  è  accennato,  non  escono  all'esterno.  Poche 
sono  le  specie,  che  si  avventurano  fuori  del  loro  nido.  La  maggior  parte,  invece, 
scava  numerose  gallerie  in  tutti  i  sensi,  partentisi  dal  nido,  sia  entro  alberi 
morti,  sia  sotterra  e  rinforzano,  anche,  le  gallerie  con  rivestimenti  di  terra 
dura  e  sempre    vi  stanno  molti  soldati  a  guardia. 

È  riconoscibile,  pare,  in 
taluni  Termitai,  una  stratifica- 
zione, mediante  la  quale  più 
strati  di  composizione  diversa, 
con  camere,  ecc.,  sono  addos- 
sati l'uno  sull'altro,  attorno  ad 
un  nucleo  centrale,  che  è  la 
«amera  reale.  Ciò  nei  nidi 
più  complessi, 

Diverse  maniere  di  termitai  e 
loro  classificazione.  —  Già 
l'Holmgren  aveva  tentato  una 
classificazione  dei  Termitai,  in 
base  al  loro  modo  di  costru- 
zione ed  alla  natura  del  ma- 
teriale  impiegato,  cioè: 

il)  Nidi  concentrici  ;  di- 
visi in  :  nidi  di  cartone  di 
legno  (arborei,  cioè  totalmente 

costrutti  sugli  alberi)  ;  nidi  insieme  di  cartone  di  legno  e  di  cartone  di 
terra;  nidi  di  solo  cartone  di  terra;  nidi  di  cartone  di  legno  e  terra;  nidi  di 
terra  sola  (1). 

B)  Xidi  non  concentrici. 
1  primi  sono  i  più  evolati  e  complessi  e  si   compongono,    di    tre   o    quattro 

strati,  ordinati  attorno  ad  un  nucleo 
,<£#-  centrale  ;  i  secondi,    che  rappresen- 

tano certo  il  tipo  più  primitivo,  non 
^?g5-j  V'  sono     nettamente     limitati,    ma    si 

compongono  di  un  sistema  di  camere 
e  corridoi,  irregolarmente  distri- 
buiti. 

I  nidi  non  concentrici,  dei  quali 
è    tipo    ovvio    quello    del    nostrale 
Calotermes,    sono    rappresentati    da 
Fig.  884.  —  Taglio  longit.  del  termitaio  di  Terme»     gallerie  scavate  nel  legno  (in    tron- 

malayanue,    mostrante    gli     strati    concentrici    (da      £flj     d'alberi      travi       ecc  )     od    entro 
Havilund).  ' 

terra. 

Essi      appartengono     a     specie 
eminentemente  minatrici,  che  non  costruiscono,  o  molto  parcamente,  con  cartone. 


Fig.  883.  —  Nucleo  centrale  con  cella  reale  di  Tenuta   re- 
dentanti!  Wasm.,  del  Ceylon.  Sez.    longit.     (da   Escheriohj. 


Oltre  i  Calotermini,  cosi  nidificano  anche  forme  più  elevate,  ad  es,,  il  Leucotermes  lueifugua,  che, 
però,  dello  stesso  materiale,  cioè  cogli  escrementi  suoi,  legno  tritato,  ecc.,  costruisce  anche  cor- 
ridoi coperti. 


(1)  L'Eschericli,  mentre    accetta  la  distinzione  dei   nidi   in   non    concentrici  e  concentrici,    sem- 
plifica la  suddivisione  di  questi   ultimi,   facendone  tre  sole  categorie,   cioè: 

1.°  veii   nidi   di  terra;   2.°  nidi   misti  di  terra  e  di   legno;  3.°  veri   nidi  di  cartone  di   legno. 

A.  Bbblese,  Sii  Insetti,  li.  —  112. 


890 


CAPITOLO    SETTIMO 


I  nidi  non  concentrici,  scavati  entro  terra  appartengono  ai  generi  Anoplotermes,  Capritermes, 
leueotermes,  oltre  che  a  talune  specie  di  Eutermes.  Anche  taluni  coltivatori  di  funghi,  come  ad  es.  il 
Terme»  mycophagus,  scavano  nidi  sotterranei  e  sono  certo  i  più  evoluti  niditicatori  fra  quelli  che 
soavano.  La  fig.  880  mostra,  senza  più,  la  disposizione  del  Termitaio  di  questa  maniera. 


Fig.  885.   —  Schema  di  sezioni  di  Termitai  concentrici. 
I-V  i   diversi   strati. 

A.  di  Armitermes  veotenicus  Holmgr.    del    Sudamerica  ;    mostra    il    nucleo  centrale    (V)    con    più 

celle  reali  l'una  sopra    l'altra. 

B.  di  Eutermes  (Rotunditermes)  rolundiceps  Holmgr.  del  Perù. 

C.  di  Si/nlermes  chaqnimayen sia  Holmgr.    del    Sudamerica.   Nido  di  sostituzione  ;    posizione  eccen- 

trica del  nucleo    centrale. 

D.  di  Eutermes  rippertii  Ramb.,    del    Sudamerica.  Normale.  E.  dello  stesso;     posizione  anormale, 

al  suolo. 

F.  di  Syntermes  dima  (Kl.)  del  Sudamerica.  Nido  di  terra  colla  camera  dello  provviste  nello  strato  IV. 

G.  Syntermes  chaquimayensit.  Nido  di  terra,  (da  Escherich). 


Pei  nidi  concentrici,  l'Holmgren  designa  fino  a  cinque  strati  sovrapposti  e 
tutti  attorno  ad  un  nucleo  centrale,  che  sono  i  seguenti,  a  procedere  dal  più 
esterno  al  centrale  (fig.  884,  885). 

I.  Un  solido  strato  di  copertura. 

II.  Uno  strato  più  sottile,  in  cui  sono  scavate  molte  camere. 


LK   SOCIKTA 


891 


III.  Uno  strato  eoa    celle    grandette,  rotonde,  ove  risiedono  le  larve    più 
grandi,  gli  alati  ed  eventualmente  la  fungaia. 

IV.  Uno  strato  piuttosto  grosso,  con  molte 
celle  larghe  e  basse,  destinato  ad  allogare  le  uova 
e  la  giovane    prole. 

V.  Il  nucleo,  in  cui  è  scavata  la  cella 
reale. 

Questi  strati  diminuiscono  di  consistenza 
dall'esterno  all'interno  ;  ma,  il  nucleo  centrale 
(flg.   883)  è  la  parte  più  dura  e  resistente. 


Cotale  è  il  tipo  (che  si  può  riconoscere  bene  in  taluni 
Termitai,  ad  es.,  in  quelli  di  cartone  di  legno  del  Syntermea 
chuqiiinwyeiisis  Holingr.  del  Sud-America  e  di  qualche  altro. 
In  generale,  però,  le  necessità  ambienti  od  altre  determinano 
deviazioni  secondarie  da  questo  tipo.  Alle  volte,  ad  es.,  il 
nucleo  centrale  i-  più  vicino  alla  base;  altre  volte  esso 
manca  ed  è  sostituito  da  quello  della  prole  e  la  cella  p.  ^  _  Termitaio  a  forma  di 
reale    e    allogata    m     altri    strati    (3.°,   4.°),    ecc.    e    queste  fu„go    del     Cnbitermea    fmigifaber 

ed  altre  deviazioni  dal   tipo  sono  da  considerarsi  per  anor-  Sjost  (da  Escherich). 

nullità. 


Fig.  887.  —  Diagrammi  rappresentanti  sezioni  longit.  di  Termitai  di  una  Termite  (Termes  vulgati» 
Haw.)  comune  nel  Natal  e  mostratiti  in  A  i  canali  verticali  di  ventilazione  ed  in  B  anche  le 
gallerie  per  giungere  alle  celle  del  giardino  dei  funghi  (da  Fuller). 


wlH  !  )/ 


Fig.  888.  —  Sezione  longit.  schematica  di  nido 
di  Termite,  per  mostrare  i  canali  di  ventilazione 
ed  il  percorso  dell'aria  dalle  tre  vie  di  ingresso 
(I,  II.  Ili)  a  quella  di  uscita,  centrale  (da 
Escherich). 


Altre  volte,  però,  il  tipo  non  è  riconosci- 
bile, per  la  confusione  tra  due  strati  o  più, 
così  che  ne  risultano  in  numero  inferiore  ai 
cinque  (ad  es.  tre  strati  distinti  sono  in  Syn- 
termes  dirus  (Klug)  (fig.  885  F);  quattro  in  Armi- 
termes  neoienicus  Holmgr.  ed  Fu  termes  (Boi undi- 
termes)  roiundiceps  Holmgr.  (fig,  885  A,  B)\ 
oppure  perchè  manca  il  centrale  o  per  condi- 
zione ancor  giovanile,  del  Termitaio,  così  che 
la  difterenziazione  ben  netta  degli  strati  non 
è  ancor  palese. 


domi) 


Qualche  Termitaio  aberra  affatto  e 
non    si    può    ricondurre    al  tipo    sud- 
detto, come    è    di    quelli,    ad  es.,  che 
sono  composti  di   più  abitazioni  (poli- 
di  cui  una  contiene  la  coppia  reale,  altra  la  prole,  altra  gli   alati,  ecc.    e 


892 


CAPITOLO   SETTIMO 


sono  congiunte  fra  loro  da  gallerie  (es.  Gornitermès  striatus  Hag.  del  Sndamerica, 
talune  specie  di  E  uterine*,  ecc.),  per  le  quali  il  nido  principale,  contenente  la  coppia 
reale,  è  sugli  alberi  e  gli  accessori  sono  a  terra,  alla  base  degli  alberi  stessi. 

Il  materiale  impiegato  dallo  Termiti,  a  costruzione  del  loro  nido  è  terra  e 
legno,  tritati  fra  le  mandibole  ed  impastati  con  saliva  e  succhi  derivati  dall'in- 
testino. Con  ciò  è  ottenuto  un  cemento  od  una  pasta  di'  cartone  molto  tenaci, 
quando  sono  secchi  e,  di  fatto,  come  si  è  già  detto,  le  pareti  dei  nidi  di  terra 
resistono  assai  bene  anche  ai  nostri  sforzi  per  aprirle. 

Termitai,  di  terra.  —  Composti  esclusivamente  di  terra  impastata,  come  si  è 
detto.  Sono  delle  seguenti  maniere  cioè:  sotterranei,  aerei  (sugli  alberi)  od  ele- 
vati  sul  suolo,  od  in  parte  sotterra,  in   parte  all'esterno. 


ì-,-*:.~r.      - 


Fig.   889. 


Fig.   890. 


Terme»  laiericicins  Havil.  del  Natal  ecc.  —  Termitaio. 
Fig.  889.  —  Torretta  fatta  di  recente. 

Fig.   890.   —   Sezione  longitudinale  del  nionticello  conico.   Si  vedono   i   grandi   camini  aerei,  di  cni 
lino   (C)  chiuso  ;   nonché  il  luogo  della  principale  fungaia  (A)  e  delle  accessorie  (B,  B)  (da  Fnller). 


Quelli  elevati  sul  snolo,  che  sono  fra  i  più  vistosi  fabbricati  dalle  Termiti, 
hanno  forma  varia,  a  seconda  della  specie,  che  li  innalza. 

Tra  i  piti  noti  e  maggiori,  sono  quelli  a  collina  del  Termos  bellicosus  (figg.  894,  895)  e  di  molte 
altre  specie  congeneri;  di  poco  variati  in  quelli  a  camino,  cioè  colla  cima  elevata  e  stretta  come 
un  camino,  od  in  forma  di  torre  o  colonna:  altri  sono  a  rao'  di  fungo,  come  è  quello  dei  Cubi- 
termes  fnngifaber  Sjost.  di  Africa  (fig.  886),  molto  comuni  al  Camerum  e  così  pure  i  nidi  polidomi 
(cinque  o  sei  distinte  costruzioni)  del  Mirotermea  alror. 

Per  molte  specie  sono  stati  rilevati  canali,  che  percorrono  d'alto  in  basso  tutto  il  nido  (fi- 
gure 878,  887,  888)  e  che  giungono  al  suo  apice,  quivi  chiusi  oppure  aperti  completamente  o 
per  molti  piccoli  fori  (fig.  890).  Si  ritiene  che  servano  a  mantenere  il  voluto  grado  di  aereazione 
e  di  temperatura    all'interno  del  Termitaio. 

Quanto  ai  Termitai  sotterranei,  l'unico  esempio  bene  conosciuto  è  dato  dal 
Comitermes  striatus  Hag.  del  Sudamerica,  ed  è  un  nido  polidomo,  inquantochè 
per  ogni  colonia  si  notano  da  cinque  a  sei  costruzioni  affondate  nel  terreno,  a  10 
o  15  ceutim.  ed  hanno  un  diametro  di  circa  G   centim. 


Tutti  questi  blocchi  sono  contenuti  e  tenuti  a  posto  nella  apposita  cavità  ed  insieme  riuniti 
mercè  pilastri  di  terra,  sui  quali  corrono  gli  Insetti  e  penetrano  nei  blocchi  per  una  apertura  alla 
base  di  ogni  pilastro. 


I.K     SOCIKTA 


893 


Pochi  esempi  si  hanno  anche  di  Termitai  costrutti  in  parte   sopra,  terra,    sugli   alberi,   in  parte 
sotterra  (ad  es.  Mirotermcs  (Citbit).  arboricola,  Sjost. 
del  Sudafrica,  Anoplotermes  moria  (Latr.  del  Sud- 
america). 

Tra  i  Termitai  misti,  cioè  composti 
di  terra  e  di  legno  si  possono  distinguere 
quelli  in  cui  il  tutto  è  costrutto  con  pa- 
sta di  terra  ed  insieme  di  legno,  da  quelli 
in  cui  talune  pareti  sono  fatte  col  legno, 
altre  colla  terra. 


Quest'ultimo  tipo  è  più  frequente,  mentre 
del  primo  si  conosce  solo  il  Termitaio  di  Eutrrme* 
rotundiceps  del  Sud-America. 

Al  secondo  tipo  appunto  appartengono  le  piti 
colossali  e  rammentate  costruzioni  delle  Termiti. 
come  sono  quelle  a  collina,  dell'Australia.  In 
questo,  lo  strato  di  copertura  è  fatto  di  terra  e 
tutta  la  parte  iuterna  è  di    cartone  di   legno. 

Il  legno  è  così  lavorato  che  non  se  ne  rico- 
nosce più  la  struttura,  nemmeno  al  microscopio. 
La  cella  reale  è  alquanto  sotto  la  superfìcie  del 
terreno. 


Fig.   891. 

Rappresentazione  schematica  della  generi  di 
una  collina  di   Termiti  sec.  Tragardb. 

A,  prima  terra  che  viene  portata  alla  super- 
ficie traverso  ad  un  canale  largo  ;  B,  in 
questa  collina,  che  prima  era  compatta, 
vengono  scavate  delle  camere  e  la  terra,  che 
ne  riesce  è  scaricata  alla  superficie  ;  C,  per 
altre  gallerie,  scavate  nella  parte  periferica 
della  collina,  è  portata  all'esterno  altra  terra 
dalle  regioni  più  profonde  ;  1).  in  questa 
vengono  scavate  altre    camere. 


Vi  sono  più  forme  di  questi 
nidi,  da  quello  a  collina,  anche 
più  grande  del  classico  Termitai 
di  T.  bellicosus,  che  appartiene 
al  Coptotermes  lacteus,  a  quello 
gigantesco,  a  torre,  dell' Eutermes 
pyriformw  (tig.  882,  E),  che,  largo 
alla  base  un  metro  e  mezzo,  può 
essere  alto  ben  sei  metri  ed  è  il 
maggior  Termitaio  che  si  conosca; 
ai  Termitai  comi  detti  del  tipo  Kim- 
berliti (lìg.  882,  B),  con  grandi 
protuberanze  a  forma  di  lobi  sulle 
pareti  laterali ;ai  Termitai  a  pira- 
mide (comuni  specialmente  nella 
penisola  Capo  York,  nel  Qneesland 
dove  abbondano  così  che  il  loro 
,*-'fS§B£pf's  -'jtSflS^^    \  insieme  sembra,  veduto  dal    mare, 

un  villaggio  di  indigeni). 

Molto  interessanti  sono  i  Ter- 
mitai di  questo  gruppo,  detti  a 
bussola  (iig  882,  C,  D),  o  magnetici 
e  ciò  pel  loro  costante  orienta 
mento.  Essi  sono  rettangolari, 
piatti  ed  elevati  quasi  come  mura- 
glie, perchè  larghi  sulla  parete 
anteriore  e  posteriore  e  stretti 
sulle  altre  due.  Così  fatta  costru- 
zione,che  di  fianco  (/))  appare 
triangolare,  coll'orlo  superiore  a 
spigolo  acuto,  ha  una  faccia  più 
larga  sempre  esposta  a  mezzodì  (mentre,  così,  l'altra  è  rivolta   a  sud)  e  le  due  laterali  l'ima  all'est  e 


Fig.  892.   —  Termitaio  di   cartone    di    legno  costruito    su    un 
albero  (da  Figuier). 


894 


CAPITOLO    SKTTIMO 


l'altra  all'ovest.  È  questo  un  nido    molto  comune  in  certe  parti  dell'Australia    del  nord    e    dove 
abbonda  il  paesaggio  ne  riceve  un  singolare  aspetto  (fig.  893). 


-Fig.  —  893.   —  Una  città  di   Termiti  (bussola),  in   Australia  (da    Saville  Kent). 

Fritzmiiller  osservò  un  nido  di  una  specie  di   liutermes,  nelle    foreste    del    Brasile,  a    ino'  di 
fera,  taluno    anche  di  un    metro    di  diametro,   libero  a  terra  e  coperto  di  vegetazioni.  Esso    ap- 


!HIM     m 


-MftiMB 

Fig.  894.  —  Riproduzione  della  tavola,  che  accompagna  la  lettera  di  Smeathman  (1871). 


partiene  al  tipo  misto.  La  parete,  grossissima,    di  un    piede  di    spessore,  è   molto    resistente.     Le 
pareti   interne  sono,  invece,  molto  sottili,  così  che   la  cella  reale  ì-  molto  fragile. 

Termitai  di  cartone  di  legno.    —    Sono    costruiti  di  una    specie    di    cartone, 


I.K    SOCIETÀ 


895 


fatto  con  legno  tritato  colla  bocca  ed  impastato  con    sostanze    derivate    dall'in 
testino. 


J*  J    v    -"-'■■- 


£is>Li!rtT£:  Si.:  • 


Fig.  895.  —  Termitai  di  Termite  bellicoso,  secondo  Snieathinau  (si  vede  anche  lo  spaccato  del  nido). 
1,  maschio  alato  ;  2,  operaio  ;  3,  femmina  ovigera  ;  4,  soldato  (questi    sono  in  grandezza  di  poco 

più  piccola  del  naturale);  5,  operai  che  rientrano  nel  nido,  (circa  un   1/4  della  grand,   uat.) 

(dal  Figuier). 


Più  comunemente  questi  nidi  sono  allogati  sugli  alberi,  sospesi  ad  un  ramo, 
che  abbracciano  interamente  od  in  parte,  o    disposti  sul  tronco,  a  varia    altezza 


89li  CAPITOLO    SETTIMO 


da  terra,  od  alla  inforcatura  di  due  grossi  rami,  ecc.  Per  la  forma,  per  la  rugo 
sita  di  cui  è  aspro  l'involucro  esterno  e  pel  colore  nero,  proprio  del  cartone  (tale 
colore  è  anche  del  cartone  fatto  dalle  Formiche)  questi  Termitai  sono  volgarmente 
detti  «  testa  di  negro  »   (ng.  892). 

La  struttura  concentrica,  di  cinque  strati,  è  palese  in  questi  nidi.  L'Holuigreiu  la  esemplifica 
preudendo  a  tipo  il  Termitaio  di  Entermes  ripartii  Ramo,  del  Sudamerica  (iìg.  885,  D)  (dal  quale 
di  poco  variano  il  Synterme»  chaqueniaijensis,  VE.  minimiis,  VEut.  arborum,  che  è  stato  oggetto  delle 
descrizioni  dello  Smeathmauu,  ed  altre  specie  congeneri,  nonché  il  Mierocerotermes  stranici  \V. 
Siir..  del  Brasile,  ecc.)  dove  il  primo  strato  è  sottile  come  la  carta  e  fragile,  il  secondo,  esso 
pure  esile,  risulta  di  uu  complesso  di  camere  rotonde  ;  il  terzo  è  più  grosso  (da  2  a  5  cen- 
timetri), con  camere  piìi  piccole  delle  precedenti  ;  il  quarto,  destinato  alla  prole,  ha  camere 
larghe  e  basse;   il  quiuto  è  durissimo  e  contiene  la  camera  reale,  grande  e  bassa. 

Del  resto,  le  sopradette  Termiti  nidificano  anche  nelle  abitazioni,  sulle  travi,  ecc.,  oppure 
dentro  alberi,  come  fauno  talune  Formiche,  molto  raramente  sul  suolo  (Mirotermes  sultani  Wusiu. 
del  Sud  America).  Anche  i  Coptotermes  di  Ceylau  o  di  Malacca  nonché  gli  Arrhinotermes  fanno 
nidi  di  cartone,  allogati  entro  gli  alberi  cavi  od  iu  terra  ai  piedi  del  tronco.  Gallerie  scavate 
sotto  la  corteccia  e  ricoperte  di  terra  indurita  permettono  agli  Insetti  di  lavorare  e  fare  la  loro 
raccolta  senza  esporsi  all'aperto.  Il  nido  di  C.  ceylonicns  può  raggiungere  la  grossezza  della  testa 
d'un  uomo. 

Genesi  dei  nidi.  — Da  ciò  che  si  può  vedere  nella  costruzione  dei  nidi  di  terra  si  conclude 
che  il  lavoro,  da  parte  delle  Termiti,  si  svolge  colla  escavazioue  di  camere  e  gallerie  attorno  alla 
prima  cella  reale,  praticata  dalla  coppia  reale,  secondo  si  è  detto.  Col  crescere  della  popolazione 
operaia,  si  allarga  ed  intensifica  l'opera  miuatrice  ed  i  detriti  di  terra,  portati  all'esterno,  sul 
suolo  si  innalzano  sempre  più,  dando  origine  ad  una  collinetta  (tig.  891),  percorsa  da  gallerie,  che 
oltre  al  passaggio  degli  operai,  lasciano  circolare  l'aria  nell'interno  dove  si  lavora.  Col  procedere 
della  escavazioue,  auche  la  terra  già  portata  su  dall'iuteruo,  viene  nuovamente  escavata  e  tra- 
sportata più  in  alto,  ad  elevare  maggiormente  la  collinetta,  che  si  innalza  auche  di  più 
per  l'ampliamento  continuo  delle  camere,  le  cui  pareti  sono,  via  via,  assottigliate  al  grado  vo- 
luto. Oltre  a  queste  pareti  e  pilastri,  che  risultano  cosi,  altri  ne  costruiscono  gli  operai  con  lavoro 
di  muratura  o  con  detriti  di  sostanza  vegetale,  impastati  secondo  si  è  accennato,  cosi  che  cotali 
nidi  risultano  internamente  rivestiti  di  sostanza  vegetale  e  ricoperti  all'esterno  di  terra,  come  s; 
vede  ad  es  :  in  EtUermes  parva»,  sebbene  ciò  possa  non  essere  in  tutti  i  nidi  misti. 

Pei  grandi  uidi  australiani,  infatti  (secondo  Froggatt),  sembra  che  la  prima  costruzione  sia 
fatta  di  legno,  ad  es.  di  vecchie  ceppaie,  ed  il  rivestimento  terroso  sia  disposto  successivamente, 
con  terra  anche  raccolta  alla  superficie  del   suolo  circostante. 

Animali  termitofili.  —  Assieme  alle  Termiti,  nei  loro  stessi  nidi,  albergano,  in 
numero  grandissimo,  particolari  specie  di  animali  diversi,  sopratutto  Insetti,  con 
rapporti  di   simbiosi  o  d'altra  maniera  verso  i  loro  ospiti. 

Dell'interessante  argomento,  come  già  si  è  promesso  di  fare  a  proposito  degli 
animali  mìrmeeofili,  sarà  trattato  colla  dovuta  larghezza,  più  innanzi,  la  dove  si 
dirà  dei  rapporti  degli  Insetti  cogli  altri  organismi. 


BIIÌI.IOGKAFIA  897 


Bibliografia. 

Società    degli    Insetti    io    generale. 


Barciiarh   lì.   VV.,   Oh   the  oella  and  comba  of  beea  and    Wasps.  (Ann.    of    Philos,  Lond.  X,    pp. 

310-313,     1817;   X,   pp.   428-430,     1817). 
Berthe  A.,   Die  Heimkebrfabigkeit  iler  Ameiseu  und  Bienen,  zum  Teil  nacb  neuen  Versnchen  (Biol. 

Centrali..  Leipzig  22,   pp.   193-215;   234-238,    1902  . 
Bior  I.   B.,  Sar  Ics  Iusecte-;  cpii  vivant  en  soeióté    (Meni.  Acad.   Paris,    1817,      Isia.,  Ili,    p.  414, 

1818). 
Blochmann   F.,  Ueber  die   Reifung  der  Kier  bei   Ameiseu   und   Wespen     (Festscbr.   Kuperto-Carola 

Heidelb.   Natnrtbist.,   pp.    143-170,  pi.    1886). 
BuCHHOl.z  K.,  Ueber  Nestbauten  von  Terraiten    n.   Ameisen  nacb  Beobachtnngen  in  Afrika  (Mittb. 

Naturw.    Verein   Neu-Vorpommern   u.   Rugen,    Vili,   S.    XV   bis,   XVIII  . 
l!r  i tel-Reepen   H.  (von),   Soziologiscbes  und   Biologisclies  vom    Ameisen     und     Bienenstaat.   Wie 

enstebt  eine  Ameisen   Colonie  ?  fAroh.   Rassen  Gesell.   Biol,    Leipzig  2,   1.    1-16,   1   rig.,   1905). 

—  —   Biologische  und  soziologiscbe  Momente  ans  den  Insekten  ataaten    {C.  R.  6me  Congr.  Intern. 

Zool.    Berne,  pp.   462-482,    1905). 

—  —   Psyeobiologische  und     Biologise.be    Beobaehtiing  an   Ameisen,   Bieneu   und   Wespen      (  Natiti- - 

wiss.   Woohensohr,    Berlin,     22,   pp.   465-478,   3   text  tigg.,    1907). 
Canestrini   A.,   La  Sociotà  degli  animali     (220   p  ,    Torino,  1906  . 
Carpenier  G.    IL.   Some   Recent.   Researebes  on   tbe   Habits  of  anta,   Bees  and    Wasps     (Nat.     Sci. 

London  3,   pp.   267-272,   1893). 
Cabile  W.  E.,  Sex  Determinatimi  iti   Bees  and   anta     (Science    X.   S.,    New  York,    Voi.     19,     pp. 

389-392,    1904). 
Curisi-  I.   L.,  NaturgeacU.,  Classitic,   u.  Noniencl.  d.  Insocten   vom  Bieneu,   Wespen     und    Aniei- 

sengeschl.  eto.   (Frankfurt  a  M.  ed  Sobaefer,     1805;. 
Cupe  E.   D.,  Heredity  in  tbe  social  colonies  of  the  Hymenoptera    (Proc.  Acad.     Nat.    Se.    Pbila- 

delphia,   pp.   436438,  1893). 
Darwin   Ch.,   Recent   Researebes  ou  Termits  and  Stingles  Honey-bees    (Amer.  Natnr.,  Pbiladelpbia, 

Vili,    1S74,   pp.   553-556). 
Deegener   P.,   Versiteli   zìi   einem   Sistein    der    Aaaoziationa,     und     Sozietatsforuieti     ini    Tierreicbe 

(Zool.   Anz.,   Leipzig   Bd.,   XLIX,   N.  1,  p.    1-16,    1917). 

—  —   Die  Fiirmeii  der   Vergesellachaftiing   im  Tierreiche   (Verlag   Veit  u.  e.   Leipzig,    1918'. 
Duncan   F.    M.   AND   L.   T.,   Bee,   Wasps  and   Anta     (London,    pp.   8S,   witb  figurea,   1913  . 
Emery  C,  Il  polimorfismo  e  la  fondazione  delle  Sociotà  negli  Insetti  Sociali     (Scientia,  voi.  VII, 

N.   XIV,   p.   336.    1910). 

—  —   Uelier  Entsteliung  des  Sociallebens   bei  Hymenoptereu   (Biol.  Centralbl.  Leipzig  14  Bd.  N.  1, 

pp.  21-23,  1894)   (Relazione  sui  lavori  di  Verboeff). 
Espinas   A.,   Des  Sociétés  animalea   (2  édit.,   Gernter   Bailllière,   Paris,   1879). 
Fabre  J.   H.,   Social  lite  in   tbe   insect  World.    (Translated      by     B.     Miall    New   York,    pp.   8  and 

327,   witb.    14   illiist.rations,   1912  . 
Ferton   Cu.,   Vedi   pag.   588. 
Girod  P.,  Les  Soci  t -s  chez  les  Animaux    (Avec  53  ligg.   Paris,  J.   B.  Baillière  et  Fils,  pp.  342, 

189H. 
Got.ni  E.   A..   Das  die  Staatenbildung  bei  Inaekten  regulirende  Naturgesetz     (Genf.  Revue   Suiaae 

Zool..    pp.    18   m.   4    tigg.,    1911). 
Haxow   M.    C.,    Von   den    Wespen   und    Hummeln.    (Titius   Seltenbeiten,  I,    pp.  3S8-411,   1753). 
Heisteh  C.   (von),   Einleitung  in  die  Geschicbte  der  Ameisen,  Bieneu   und   Terraiten.   (Naumberg, 

Traiierscbuiidt,   64]>p.,  1860  . 
Ihering    I{.    (von),   Zur  fra>;e  nacb  dem    Ursprnng  dei-  Staatenbildung     bei     den     Sozialen     Hyme- 
noptereu.   (Zool.   Anz..   Leipzig,   Bd.   27  pp.   113-118,    1903). 
Knaiieh   F.,   Neues  iiber  Ameisen   und  Termiten     (Die  Umschau  8,   Frankfurt  A.  M.,    1904). 
Kuaxliif.r  O.,   Die  Tbierst.aateu   bei  den  luaecteu     Deutscb.    Bienenfrennd,   pp.   24,   1881). 
Lamerre   A.,   L'origine  des  sociétéa  d'inaectea       (Revue   generale    dea     aciences,   N.     15-16,     Paris 

1915). 
Lariixki:   D.,   Tbe  bees  and   Wbite-ants,   tbeir  nianner  and  babits.   Wbith   illuatrationa    of  animai 

instinct  and   intelligence     (pp.   176,   fig.    135,   London,   1856'. 
Latreii.lk  P.   A.,  Consideratone  nouvelles  et  généralea  sur   les  insectea  vivanta  en  Société.   (Meni. 

Mus.   Hiat.   Nat.,   III.   p.   407,  Paris  1X17  . 
Latte R  (>.   II.,  Bees  and  Waspa    (Cambridge,   pp.   140,   wiitb  fìgures,   1913). 
Latzixa   F.,    Una  cuestion   de  Minima  que  las  Abejas  resuelven   en   la  coustrncciou    de  sus  celdas 

(Period.   Zoolog.   Soc.   Zool.   Argent.,   T.   Ili,   p.    23-30,   Cordoba,    1880  . 

A.  Bbklhsk,  Gli  Inietti,  II.  —  113. 


898  CAPITOLO    SETTIMO 


Lcbbock  SiR  J.,  Observatious  on  the  habits  of  anta  Bees  and  Wasps  (Abstract  in  :  Zoologist 
London,  voi.  II,  N.  15,  pp.   108-109).   (Liun.  Soc,  7  Feb.,    1878  . 

—  —  Observatious  on  Auts,  Bees  and  Wasps    (Nature  London  23,  255-258,     1881). 

—  —  Atits,   Bees  and  Wasps;  a  Record  of  Observatious    ou     the    Social     Hymeuoptera      London, 

Kegan  Paul  &  Co.   With  coloured  plates,    1882)   (International  Scientific  Series,   Voi.   XL). 
Ameisen,  Bienen  und  Wespen   (Iuteruat.  Wissensch.  Bibliothek  LVII  Bd.  Leipzig,   1883  . 

—  —  Fourinis,   Abeilles  et  guèpes,   études  exp  rimentales  sur  l'organisation    et    les    ìuoeurs    des 

sociétés  d'insectes  byinénoptères  (2  voi.  Paris,  Germer  Baillière,  I  :   XII,  pp.   196,  fig.   1-23, 
5  pi.   col.,  II;   pp.   204,  fig.  24  65,   1883). 

—  —  Ants,  Bees  and  Wasps:  a  Record  of  Observatious  on  the  Habits  of  the  Social  Hynieuoptera 

(7  edition,   pp.   470,   5  eh.,   London,    1884). 

—  —  Observatious  on  Auts,  Bees    and    Wasps.   P.  XI  with    2  ili.   (Journ.    Liun.    Soc.    London, 

Zool.  London,  Voi.  20,  N.   119.  pp.  118136,  1888. 

Lukkvvitsch  W.,  Api,  vespe  e  termiti  (2.a  edizione  di  F.  Paulenkow,  pp.  68  con  16  fig.,  Pie- 
troburgo 1903)   (in  lingua  russa). 

Marchal  P.,  La  castration  nutriciale  chez  les  Hyméuoptéres  sociaux  (C.  Rend.  Séane.  Soc.  Biol.. 
Paris,  1897). 

Mùli.enhokf  K..   Gesellschaft8leben  der  Thiere    (Die    Natnr,  Halle,   40  Jhg.,  N.  41,  pp.  481-484, 

N.  42,   pp.   493-496,   N.   43  pp.  505-508,  18971  (I  Tliierschaaren.  II  Thiergenossenschaften,   III, 

Staaten  der  Wespeu  uud  Hummeln.  IV  St.  der  Bieneu  und  Termiten,  V.  Ameisenstaaten). 
Mììllkr  F.,   ttecent  Researcbes  on  Terni  ites  and  Houey-Bees    (Nature,   London,  Bd.  9,  Feb.     19, 

1874». 
NaChtsheim  H.,   Das  Verhalten  der  Bienenkonigiu   und  auderer    Hyuienopterenweibcben     bei  der 

Eiablage  (Naturwiss.  Wochenschrs.  Neue  Folge,   Bd.    13,   N.   29,   p.   452-455,  Jena,   1914). 
Natzmer  G.   V.,  Ueber  Konvergeuzen  ini  Leben  der  Ameiseu  uud  Termiten  (Zeitsch.  f.  wiss.  In- 

sektenbiologie,   Husum  XI,   p.   161  165). 
Nkwport  G.,  Ou  the  habits  aud  the  Structure  of  the  Nests  of  gregarions     Hyuienoptera,     parti- 

culary  those  the  Hive  Bee  and  Hornet    (Trans.  Ent.  Soc.  Lond.,   III,  pp.   183-190,    1842). 
Pethucci  R.,   Origine  polyphylétique,    homotypie  et  non  — Comparabilitó    directe    des    Sociétés 

Auimales    (Bruxelles,  Trav.  Inst.  Sociol.,  p.   132,   1906  . 
Pettersen   O.  J.,   Particulars  of  the  ethology  of  social  Insects   (Bergen  Natmen,   38,  p.   193-206, 

2  tigs.,  1914). 
Romanes  J.   Homing  Faculty  of  Hymeuoptera     (Nature,   London,   voi.   32,  p.   630,   1885). 
Scholz  E.   J..  Bienen  und  Wespen,   ihre  Gewohnheiten   und  Bauten   (Leipzig  pp.   8  und   2S0.    m. 

80  figg.,  1913). 
Smith  F.   Nests  of  Hymeuoptera  from   Port  Natal    (Trans.  Ent.  Soc.  Lond.,  Ser.   II,  t.  Ili,    pp. 

128  130,   1855). 
Soury  J.,  Le  vie  psycuique  des  Founuis  et  des  Abeilles    (tnterméd.   des  Biologistes,  p.  310-347, 

1898). 
Szymanscki  J.  S.  Zur  Aualise  der  sozialen   Instinkte    (Biologische  Centi-albi.,  Leipzig,    XXXIII, 

pp.   649-658,    1913). 
Wasmann  E.,  Vergleichende  Studieu  iiber  Ameiseugaste  und  Termitengiiste    (Tijdschr.    v.  Ento- 

mol.  Haag,  pp.  27-97,  1  taf.  1890). 

—  —   Beispiele  rezenter  Artenbildung  bei  Ameiseugiisteu     und    Termitengiisteu     (Biol.   Centralbl. 

Leipzig,   Bd.   26,   pp.   565-580,   1906). 

—  —   Das     Gesellschaftsleben     der    Ameisen.     Das    Zusammenleben    von    Ameisen    verschiedener 

Arten  und  von  Ameiseu   und  Teruiiteu    (Miinster  i.  W.  Aschendorfl'sche  Verlagsbuchhandlung, 

Bd.  I,  pp.  413,  XX,  7  Taf.,  16  figg.,  1915J. 
Waterhouse  G.  R.,  On  the  Formatiou  of  the  Cells  of  Bees  and  Wasps.  (Trans.  Ent.  Soc.  London, 

2  Bd.,  3  Ser.,  II  Part.,  pp.  115-129,  1864). 
Wheei.er  W.  M.,  Social  life  among  insects     (The  scient.  Monthly,   Lancaster,  XIV,    pp.  497-524. 

1921). 

—  —  Social  life  among  the  iusects    (The  scientific  Monthly,  Lancaster,  XV,  pp.  68-88,  1922  . 


Psicologia  degli  Insetti  Sociali. 

ANDRÉ  E.,   Uu  nouvel  exemple  d'intelligence  chez  les  fourmiB    (Feuille  Jeuu.  Naturai.   Paris  (3), 

24  Ann.,  N.   288,   p.   190,   1894). 
Armbruster  L.,  Vom  Horea  der  Iusekten  (Bieneu)  (Die  Naturwiss,  p.   602-603,  Berlin,   1922). 
Bachmann.  Vedi  pag.  777. 
Bethe    \.,    Diirfen     wir    den     Ameisen     uud    Bienen   psyohische    Qualitaten    zusohreibeu  ?  (Arch. 

Gesain.  Physiol,  Bonn  70,  pp.   15-100  pls.  1  and  2,  5  text-figg.  1898). 

—  —  Noch  eiumal  iiber  die  psychischen   Quali tiiteu  der  Ameisen    (Ibid.  79,  pi.  1  and  2,  pp.  39  52, 

1900). 

—  —  Psychical  Qualities  ot  Ants  and  Bees    (Abstr.  by  Caswell  Grave.  Amer.  Naturalist,  Philadel- 

phia.'vol.  32    Juue  pp.  439-447,   1898)  vExtr.   Revue  Scient.   Moulius  (4)  t.  10,  N.  9,    p.    280, 
1898). 


BIBLIOGRAFIA  89    9 


Bkthe  A.,  Vedi  anche  pag.  777. 

BON'N'IER  6.,   Sur  quelques  exeniples  d'un  raisonneujeut  colleotif  chez  les   A  beilleg     (C.   R.     Acad 

Se.  Paris,  Bd.  45,   pp.   1380-1385,  1907,     1909). 
Bouvikr  L.,  Vedi  pag.  776. 
Brandks  G.,  Der  Intellekt  der  Ameisen    (Ausz.  nach  A.     Bethe.   Zeitsehr.     f.  Naturwiss.  (Sachs. 

'fluir),  Leipzig,  71  Bd.,  3  Hft.,  pp.   238-241,   1898). 
Brun   R.,  Das  Orientirungsproblem  in   allgemeinen   und  auf  gruiid   experimenteller  Forsuchungeu 

bei  den  Ameisen    (Biolog.   Centralbl.  Leipzig,  XXXV,   190-207,  pp.  225  252,  9  figg.,  1915). 

—  —  Le  problèmi?   de  l'orientation     loiutaine  chez  les   Fourniis     (Ann.   Soe.   Zool.     Suisse    et    du 

Muséuin  d'histoire  de  Genève,   Revne  Suisse  de  Zool.,   Genève,  XXIV,  pp.  355-38S,   1916). 

—  —   Weitere  Untersnchurjgen  neber  die  Fernorientiernng  der  Ameisen.   (Biolog.  Centri.,  Leipzig, 

XXXVI,  p.  261  303,     1916'. 

—  —   Die  moderne  Ameisen psycologie  ein  anthroponiorphisticlier  Irrtum    (Biol.   Centri.,  Leipzig, 

XXXVII,  357  372,   1917).' 

Butte  l-Rhepex  H.   (von),   Sind  die  Bienen  Reflexmaschinen     (Biol.   Centralbl.,    20    Bd.,     N.     4, 
pp.    97-109,   N.   5,   pp.   130-144,   Leipzig  1900). 

—  —  Znr     Psychobiologie  der  Hummeln     (Leipzig,   Biol.   C.   B.,   p.   20,   1907). 

—  —  Dvsteleogeu   in  der  natur.  {Zur  Psvchobiologie  der  Hummelu,  II)    (Biol.  Centralbl.,  Leipzig, 

Bd."34,  pp.  664  684,     1914). 

—  —  Vedi  anche  pagg.  777,  778. 

Choi.odkovsky  N.,  Ein  interessanter  Ameisen-Instinkt    (Illustr.   Zeitsehr.  F.    Entom.  Neudamm, 

4   Bd.,   N.    23,   p.   363,    1899). 
Cobki.li  R.,  Il  senso  del  gusto  nel  Lasius  emarginatili  Oliv.  (Verh.   Zool.  Bot.  Gesell.,  Wien  52, 

pp.   254-257,    1902). 
Cornei/.  V.,   La  conservation  de    l'orientation    chez    la  fourmi     (Genove,     Revue    Suisse     Zool., 

pp.   21   av.   3  ligures.    1911). 

—  —   Observations  et  remarques  critiques  sur  le  mécanisme  de  l'Orientation    chez    les    Fourmis 

(Genève.  Revue  Suisse  Zool.,   pp.   36,   6   figure*.,    1911). 
_   —   Ueber  die  Rolle  des  Lichtes  bei  der  Orientiruug  der  Ameise    (Zeitsehr.   wiss.  Insektenbiol. 
Husnm.,   Bd.   9,  pp.    196-197,   1913). 

—  —   Divergences   d'interprétation  a   propos  de  l'orientation   chez    la    fourmi     (Ann.     Soc.     Zool. 

Suisse  et  du   Muséum  d'Hist.  de  Genève,   Revue  Suisse  de    Zoologie,   Genève,   XXI,     pp.   795- 
806,   1913-14). 

—  —   Sur  l'orientation  chez  des  Fourmis    (Ann.   Soc.   Zool.   Suisse  et  du  Mus.  d'Hist.  de  Genève, 

Rev.   Suisse  de  Zoologie,  Genève,    XXIV,   pp.   519-20,    1916). 

—  —  Trajets  de  Fourmis  et  retour  au   nid      Móni.   Inst.   Gen.   Psych.,   Paris,   p.   175,   1910Ì. 
Cuthbkrt  H.  E.,  Bees  and  colour  Selection    (The  Irish  Naturai ist,  Dublin,  p.   156,  1915). 
Selective  instinct  of  Bees  (Abid.   XXIV,  p.   188-189,    1915). 

Darwin'  C,   Instinct,  Perception   in   Ants   (Nature,   London,   p.  443-444,    1873). 

Devaux  H.,   Sur  quelqnes  expériences  concernant  le  sens  du  goùt  chez  les  fourmis  (C     R.    Soc. 

Pliilom.,   Paris,  N.   17,   1890). 
Le  sens  du  goùt  chez  les   Fourmis  (Bull.     Soc.     Puiloin.,   Paris  (8)   3,   3,    pp.   159-160    (Rev. 

in  Naturwiss.   Rundschau.   Brunswirh  7,   pp.   22,   284,    1892). 
Dufour  H.  und  Forel  A.,  Ueber  die  Empfindlichkeit  der  Ameisen   fiir     ITltraviolett    und    Riin- 

tgen'sche  Strahlen.   (Zool.   Jalirb.,  Giessen,   Bd.    17,     Hft    2,    pp.   335  338,   1902). 

—  —  La  sensibilità  des  Fonrmis  a  l'action  de  la  lumière    ultraviolette    et    à    celle    des    rayons 

Rontgen  (Aron.  Se.  Pys.  Nat.  Genève  (4)   14,  pp.   558-559,   1902). 
Emery  G.,   Intelligenz  und  Instinkt  der  Thiere  iBiol.   Centralbl.,  Leipzig,   pp.    151-153,   1893). 

Instinkt,   Intelligenz  nnd  Sprache  (Ibid.,  pp.   17-21,   1898). 

Escherich   K.   Ameiseu-Psycholosie   (l'.eil.   Allgem.   Zeitung,   Miiuchen.,  N.  100,   1899  . 

Fabre  J.   H.,   Oh   .in   undefined   faoulty   in   Insects   [Entomol.   Monthly  Mag.,  London,  voi.   17  Oct. 

i.]..   100-102,  1880      frora  :   Souvenir»  entomologiques,   Memory  of  locali ties  . 
Falk  H..  Vedi  pag.   77* 
Ferton  Ch..   Vedi  pag.  77S. 

Fielde   A.   M-,   Power  of  Recognition   aniong  Ants  (Biol.    Bull.,    Boston   VII,    pp.   227-250,    1904). 
_   _  The  progressive  Odor  of  Ants  (Biol.   Bull.,   Boston,   X.   pp.    1-17,    1902   . 
_   _  The  sense  of  Smeli   in   Ants    (Ann.   N.   Y.   Acad.   Se.   Lancaster,   Pa.    16,  pp.   394,  1905). 
_   _  et  Parker  G.   H.,  The  Reactions  of  Ants  to  Material   Vibrations     (Proc.    Acad.     Nat.     Se, 

Philad.   EVI.   pp.   642-650,    1905  . 
Fl.iiCEi.  O.,   Zur  Psychologie  und  Entwickeluugsgeschichte  der  Ameisen   (Zeitsehr.  Exa'vt.  Philos., 

20,   1,  66). 
Forel  A.,  Beitrag  zur  Kenntniss  der  Sinnesemptindungen  der  Insekten.    Part.  I  (Mitth.  Miinchen 

Knt.  Ver.,   pp.   21,    1878  . 
Les  Fourmis    percoivent-elles    l'ultra-violet  aveo  leurs  yeux    ou     avec     leur    peau  f     (Ardi. 

Se.   Phys.   Nat.   Genève,    3i   XVI,   pp.   346-350,    1886). 

_   La  visions  de  l'ultra  violet  par  les  Fouraiis  (Rev.   Scient.,    Paris.  XXXVIII,  1886 \ 

_  Expériences  et  remarques  critiques  sur  les  seusations  des  Insectes.  2  parties    avec    appen- 

dices   iRev.   Zool.,    Suisse  2  et  4,   pp.   1-50,   145  240,  515-523,  pi.    1.   1886-1888). 

Appendice  a  mon  mémoire  sur  les  Sensations  des  Insectes  (Rev.   Zool.  Suisse,  4,    pp.    516- 

v'2.   1S88). 


900  CAPITOLO    SETTIMO 


Forel  A.,  Ameise  uud  Mensch  oder  Automatismiis  und  Vernuuft.     Die  Sonntagspost     (Wochen- 
beigabe  des  «  Landboten  »,   45.  pp.   353-357,   1889  . 

-  —   Expériénces  et  remarques  critiques  sur  les  Sensations  des  Insectes     (Rivista    di     Se    Biol 

Torino,  I,  2,  8;  1900,  pp.  1-41,  pi.  3;  II,  pp.  9  10,  1900;  1-76,  I1I-3,  1-2,  1901  pp.  1-56,  IV-3    3- 
1901,  pp.   1-42). 

-  —  Die  psychischen  Fiiliigkeiten  der  Ameisen   nnd  einiger  anderer  Insekten,  niit  einem  Anhang 

iiber  die  Eigenthiimlichkeiten  des  Geruchsinnes  bei  jenen  Thieren.  Vortriige  gehalten  dea 
13  Aiignst  ani  V  internationalem  Zoologeu  Kongress  zu  Berlin  iMuuch'en,  Ernest  Reinhard* 
pp.  57,   1901>. 

Ueber  die  Emphndlichkeit  der  Ameisen   fiir  Ultraviolett  und  Róntgen'sche  Strahlen    Zool 

Jahrb  Abt.  Syst.,   17,  pp.  335-338,  1902). 

—  —  Beispiele  phylogenetischer  Wirkungen    und     Riickwirknngen  bei  den  Instinkteu     und    der 

Kòrperbau  der  Ameisen  als  Belege  fiir  die  Evoliitionslehre  uud  die  psychophysiologische 
Identitatslehre    Journ.   Psych.   Neurol.,   1,   pp.   99-110.    1902). 

—  —  The  psychical  facnlties  of  Ants  and  some  otlier    Iusectes    (Smithsonian     Report    for    1903 

pp.   587-599,  Washington,  1904). 

—  —  Ants  and  some  otber  Insects,    An   inquiry    into  the  psychio  power    of  these  Animala  with 

an   Appendix  on   the  Pecnliarities  of  their  Olfactory  Sense    fransi,  by  W,  M.  Wheeler  Monist. 
14,  1  and  2;  Oct.   1903  and  Jan.  1904).  Reprinted    as    N.    56    Religion    of    Science    Library 
Chicago,   pp.   1-49,   1904). 

—  —   Mémoire  du  tempo  et  associamoti   des   souvenir»  chez  les  Abi-illes  (Bull,   de  l'Institut  Gene- 

ral  Psycologique.  pp.   257-263,   1906  . 

—  —  dnd  Dufour,   Ueber  die  Emphindlichkeit  der  Ameisen   fiir     ultraviolett     und    Rotgen'sehe 

Strahlen   (Zool.  Jahrbiich.  Giessen,  Bd.  17,  Heft.  2,  pp.  335-338,   1902). 
Frisch  K.  (von;.  Ueber  den  Farbensiun  der  Bienen   und  die  Blunienfarben  (Miinch.  med    Wocheu- 

schr.,  N.   1,    1913). 

Vedi  anche  pag.   778. 

Graenichkr  S..  A  coutributiou  to  our  Kuowledge  of  the  Visual  Memory  of  Bees  (Bull.  Wisconsin 

nat.   Hist.  Soc,  N.  8.,  Milwaukee,  voi.  4,  pp.  135-142,   1906  . 
Hartog  M.,  On  certain  Habits  and  Instincts  of  social  Insects  (Science,  New  York,  N    S     voi    I 

pp.   98-101,   1895). 
Henning  H.,   Vedi  pag.  778. 
Hess  C,   Experimentelle   Untersuchungen   iiber    den   augeblichen    Farbensiun     der    Bienen      Zool. 

Jahrb.,  Abt    Phys.  Jena  34,  Bd.,  Hft.  I,  pp.  81-106,  5  Textifig.,    1913  . 

—  —    Messende  Untersuchiing  des   Lichtsinnes  der  Biene  (Arch.   ges.   Physiol.   Bonn.   Bd.  163    pp 

289-320,  12  figg.,   1916  . 

—  —  Vedi  anche  pag.    778. 

Horvàth  G.,  Sur  l'intelligence  des  Fourmis  (Sappi,  coutenaut  la  revue  des  articles  publiée   dans 

la   <  Rovartani   Lapok»,   3,   XII,    Budapest,   1886). 
Kathariner  L..  Versuche  iiber  die  Art    der  Orientirung    bei    der    Honigbiene    (Biol.  Centralbl 

Leipzig  XXIII,  pp.  646-660,    1903  . 
Kienitz-Gerloff    F.,     Besitzen     die     Ameisen     Intelligeuz  f     Naturw,      Wochenschr.,   Berlin,     14, 

pp.   225-231,   240-243,   3   figg.   Bemerkunger  von   G.   Worbringer,   pp.  280-281,   1889). 
Kirby   W.    F.,   Mental   Status  of  Ants.   (Evolution   and  Naturai   Theology.   pp.    149-150,   1883:. 
Kramer,  Vedi  pag.  777. 

Kranichfeld  H.,  Znm  Farbensiun  der  Bienen.  Beobachtungen  in  der  freien   Natur.   (Biol.    Cen- 
tralbl., Leipzig,  Bd.   35,   pp.  39-46,   1915  . 
Krausse  A.   H.,   Einiges  terniinologische  iiber  die    Begriffe   Reflex,   Instinkt,   Intelligeuz,   Modifi- 

cations  Vermogeu,  Automatismiis,  Plasticitiit,   Kleronomie,  und  eubiontische  Qualitiit,  speciell 

in  dei-  Ameisenpsycologie  ilnsekten-Borse,   Leipzig,   19  Jhg.   N.   259  260.   1902). 
Kuen  A.,   Der   Farbensiun   nnd  der  Formensinn  der  Bienen  (Nat.     Wochenschr.,   Berlin      Bd.     30 

pp.   273-278,   9   figg.   1915  . 
Laloy,   Le  sens  de  la  direction   spécialement  chez  les  Abeilles   (Le  Naturaliste,  p     259.   Paris,  15 

Nov.   1990>. 
Larue  P.,  Vue  des  couleurs  par  une  Abeille  (Rev.  Scient.,  Paris,  LVII,  p.  565,   1919). 
Leidy  J.,  Circumspection  of  Ants.   (  Proceed  Acad.  Nat.  Se.   Philadelpbia,  P.  Ili  Sep.-Dec.    1877, 

p.   320,    Amer.   Journ.   (Sillim)   Xewhaven,    3    Ser.   voi.   15,  N.   88   Apri.     pp.     320-321,     1877). 

(Ueber  Instinct  . 
Lovell  J.  H.,  The  color  Sense  of  the  Honey  Bee;  Can   Bees  distinguisi^  C'olors  (Amer.  Nat..  Boston 

voi.  XLIV  S.  673-692,   1910  . 
The     color     Sense     of     Bees     (Gleenings    in    Bee    Culture     Medina,     voi.,     XLI     N.      19, 

pp.   687-690,   1913). 
Lubbock  J.,  L'ou'ie  et  l'odorat  chez  les  Fourmis  (Extr.  in  Revue  scientif.,  Paris,  I,  31,    N.    24, 

pp.   750-754,   1884). 

—  —   Vedi  anche  pag.   778. 

Mac  Coock  H.  C,  The  mode  recognition  among  Ants.  (Proc.  Acad.  Nat.  Se,  Philadelpbia  P.  I. 
pp.   15-19,   1878)  (By  the  odourf). 

—  —  Toilet  habits  of  Ants.   (Ibidem,   pp.    119-122.    1878). 

—  —  Note  on  the  Sense  of  Direction  in  a  European  Ant,  Formica  rufa  (Ibid.,  pp.  335-338.  1887, 

Ann.   Mag  Hist.,   London   (6)   2;   pp.   189-192,   1887). 


BIBLIOGRAFIA  901 

Me  Indoo,  Vedi  pagg.  775-778. 

Mayor  A.  G..  The  tracking  i usti  net  in  a  tortugas  ant.  (Canergie  Inst.  Washington.  Pub.,  N.  312 

l>p.   103-7.  1922). 
Meissner  O.,   Das  Orientirungsvermogen  der  Ameisen  (Zeitschr.   Wiss.  Insekt.     Biol.,  Husum     4, 

344,   1908). 
Mììller  H.,  Intelligenz  der  Honigbienen.  Verschiedeues  Teinperatnent  vesehiedeuer  Rassen  (Kosmos 

(Vetter)  Stuttgart,   7  Jahrg.,   3   lift.,   13   Bd.    pp.   216-218,    1884). 
Die  Farbenliebbaberei  der  Honigbiene  (Bienenzeitung,  N.   14-18  uud  N.  14-15,  des  naohsten 

Jahrganges,  Nordlingen.   1885). 
Mutschlkr  O.,    Der  Farbeusinn  der    Biene    (Naturwissenschaftliche  Wochenschrift.,  Jena,     XXI, 

pp.   349-50.    1922). 
Natzmkr  G.   (voii),  Zur  Psychologie  der  sozialen  Instinkte  der  Ameisen  (Biolog.  Centralbl.,  Leipzig, 

Bd.  33,   N.    10,    11,   pp.   666-667,    1913. 

—  —   Die  Entwickluug  der  sozialen   Instinkte   bei     den     Staatenbildenden  Insekten    (Die    Natur- 

wissenschaften   Berlin.  Jahrg.   2,   pp,   816  818,   1914). 

Beitriige  zur  Istinktpsycologie  der   Ameisen  (Zs.   Wiss.  Ineek-biol.   Berlin,   12,    1916  . 

Niissi.l  J.,  Ueberdeu  Farbensinn  der  Bienen  (Schweizer  Bieneuzeitiing,  Aarau  N.  11.  pp.  238-240, 
1879). 

Oksknow  L.,  Osservazioni  entomologiche.  Dispensa  I.  Circa  l'istinto  degli  insetti  e  la  dipen- 
denza biologica  dei  fiordalisi  dei  Bombi  (Pietroburgo.   1907)  (in  lingua  russa). 

Pkckam  G.   W.   Vedi  pag.   778. 

Piéron  H.  Dti  róle  du  sens  ìnusculaire  dans  l'orient ation  des  Fourmis  (Bull.  Inst.  Gén.  Psychol. 
Paris.   4.   pp.   168-185;   Discuss.   pp.    185-186  Ann.   Rev.   Se.   (5j   2,    pp.   603-604.     1904).' 

— * —  Contribuition  à  l'elude  du  problèma  de  la  ree  onuaissance  ebez  les  Fourmis  (C.  K.  VI 
Congrès  intem.   Zool.,   Berne,  pp.   482  490,   1904). 

—  —  Géuéralité  du  Processus  Olfactif  de  reconuaissance  chez  les  Fourmis    (C.   R.   Séances    Soc. 

Biol..  Paris,  61,   pp.  385-387,  1906). 

—  —   Exceptions  et  variat'ons  dans  les  processes     olfactifs   de  reconuaissance    ebez    les    Fourmis 

(Ibid.   61,   pp.   433-435,    1906). 

—  —  Le  méeanisme  de  la  reconnaissance  chez  les  Fourmis.     Róle  des  données    olfactives    (Ibid. 

61.  pp.  471-473.  1906  . 

—  —  Le  róle  de  l'olfactiou    dans  la  reconnaissance    des     Fourmis  (C.     R.  Acad.  Se.  Paris,    143, 

pp.   845-848,   1906). 

—  —   L'adaptation  a  la  reeberche  du  nid  chez  les   Fourmis   (Bull,   Bibl.   LXII,  p.   216,    1907). 
Piktnek  T.,  Das  Orientirungsproblem  bei  den  Ameisen   (Schr.  Ver.  Verbr.  Naturw.  Kenut.  Wien, 

LVI,   pp.   113-146.   1921).  * 

Plateau  F.,  Observations  sur  le  ph 'nomène  de  la  Conatance  ebez  quelques  Hyménoptéres  (Ann. 
Soc.  Entom.   Belg.   Bruxelles,   45,   II,   pp.   56-83,    1901). 

—  —   Vedi   anche  pag.   775. 

Prudon  X.,  L'Instinct  de  la  conservation  chez  le  Myrinices;  Myrmiea  caespitum  (Latreille)  (Bull. 

Soc.   Nat.,    /'in.   11,   pp.  62-64,  1902). 
Rkiier  O.   M.,   Vedi  pag.   779. 
Riley  C.   V.,   Social   Iusects  from   psychical  and  evolutional   points  of  view  (Proc.  Ent.  Soc.  Wash., 

9,  pp.   1-74,    1894). 
Ro.manes  (i.  J.,  Le  langage  des  fourmis  iRevue  Scienti!.,  Paris,  (3),  t.  40,  N.   16,     pp.     497-499, 

1XS7     (Extr.   de  «  L'Intelligence  des    Vnimaux  »). 
Ruzsky   SI.,   yuelcines  observations  nouvelles  et   remarques    sur    la     variabili tj     de     l'Iustinct    de 

niditicatiou  chez  les  Fourmis  (Jour.    Psych.   Neur.,   13,   136-149,    1908). 
Santschi  F.  Quelques  observations    nouvelles  et  remarques  sur  la  variabili  té     de    l'Iustinct,    de 

Ni.litication  chez  les  Fourmis  (Jouru.  Paych.  Neur.,   13,   pp.   136-149,    1908). 

—  —  A  propos  de  l'orientation  virtuelle  chez    les     Fourmis    (Alger.,     Bull.     Soc.      Hist.,   nat.  4, 

pp.  231-235,   1913). 

—  —   Remarques  nouvelles  sur  l'orientation  des   Fourmis  (Ibid.   5.   pp.  70-76,   1914). 

—  —   Première  serie  de  recherches  sur  l'orientiatiou   des  Formis  (Ibid.  5,  pp.   206-212.    1914). 

—  —   Recherche  snr  l'orientation   celeste  des  Fourmis  (Ibid.,    Ann.   6,  pp.   206-212,    1914). 

—  —    Première  sèrie  de  recherches  sur  l'orientation   celeste  des  Fourmis  (Ibid.,  pp.  10-16,  1915). 
Schììffer    C,  Ueber  die  geistigeu     Fiihigkeiten     der    Ameisen     (Verh.     Nat.     Ver.,     Hamburg  (3) 

pp.   14-42,  3  figg.,  1902). 
Schlììter  K.,  Die  Intelligenz  der  Ameisen  (Illustr.  Wochenschr.  Ent.,  Neudamm.  1,  9,  pp.  142-144. 

1  896  . 
Schnabl  .).,    Zur  Ameisenpsychologie.     Briefl.     Mittheilung    von    Chr.     Schroder      (Ali.    Zeitsch. 

F.   Entom.   Neudamm.,   7   Bd.,   N.   2  3,   p.   61,   1902Ì. 
Schoenichkn   W.    Die   psychischen    Fiihigkeiten  der   Ameisen     und     Bienen     (Prometheus,    Berlin, 

Jahrg.  14,  pp.  379-380,   1903). 
Schroeter  J.   S..  Von  der  Jllugheit  der  Ameisen,  venn  sie    genothiget    sind    ihre    Wohnuug    zu 

veriindern     Sclnirters  Abh.  Naturgesch,    1,   pp.   251-257). 
Schultz  O.,  Ueber  das  psvchische  Leben  der  Iusecten  (Illustr,  Wochenschr.  f.  Entom.  Neudamm, 

1  Jhg.,   X.  27,  pp.  423-429,   1896). 
Sii.vkrlok  O.  C,  The  sens  of  ants  as  Regards  Heat  and    Light.    (Nat.,  Notes    18,    pp.    165-169 

1907). 


902  CAPITOLO    SETTIMO 


Sladen  F.  \V.  L.,  The  stiuging  iustinct  in  Bees    and    Wasps    (Nature,     London    CHI,    p.    325, 

1919). 
Stellwaag  F.,  Zum  Farbeusinn  der  Bienen  liefert  kranichfeld  (Biologiachen   Zentralblatt.  Natur- 

wiss.   Wocheuschrift,   Berlin.  XIV,  pp.  427-428,   1915). 
Szymanski  J.  S.,  Znr  Analyse  der  sozialen  Instinkte  (Biol.  Ceiitralblatt,   Leipzig,   Bd.  35,  N.  11, 

pp.  649-658,   1913). 
Tuknek  H.,  Stratagem  of  Wasp.  (Amer.  Natur.,  Boston,  p.  710,  Nov.   1879). 

—  —  The  Loming  of  Ants,   au  experimental   study  of  Ant  beliavior    (Journal    of     cornp.     Neurol 

and  Psychol.,  XVII,  pp.  367-434,  Cincinna  a  Granville  1907'. 

—  —  Homi n g  of  bnrrowing  Bees   (Biolog.   Bull.   Boston,   XV,   215-247,    1908). 

—  —  Experiinents  on  Pattern-Vision  of  the  Honey  Bee  (Biol.    Bull.    Bostou,    voi.    XXI    N.     5, 

pp.  249  264,   1911). 
Wagner  M.   Fsychobiologie;  Untersiichiingeu  an  Humnieln.   (Stuttgart,  Zoologica,  78,  pp.,  1  Tav. 
color.,  50  lig  ,    l9utì  . 

—  —   Psychobiologisehe  Untersuchnngen  an  Hiimmeln  niit  Bezugnahme  auf  die  Frage  der  Geael- 

ligkeit  in  Tierreiche.  Teil  II  (Stuttgart,   Zoologica,   pp.   79  239,   1907). 
Wasmann  E.,  Die  psychischen   Fahigkeiten  der   Ameisen,   Mit  3  Taf.    •Zugleich    95.     Beitrag  znr 
Keuntuis  der  Myrmekopbilen     Stuttgart,  Erw.  Niigele,  VI  pp.  133,    1889)    (Zoologica,    hrsg. 
von   C.   Chun,  26   Hft.,    11,   Bd.   1,    Lief). 

—  —  Eine  nene   Reflextheorie  des  Ameiseulebens.     (Biol.    Centralbl.,     Leipzig,     18     Bd.,     N.     15, 

pp.   578-589,    1898). 

—  —   Die  psycliischen  Fahigkeiten  der  Ameisen  (Zoologica,  C.   Chun,  in  Leipzig,    H.    26,     1899) 

(2a  edit.    1909), 

—  —   Zum  Orientierungsverinògeu    der    Ameisen   (Allgem-Zeitsch.   Ent.   Neudamro,   6,    pp.   19-21  ; 

41-43,  1  flig.,   1901). 

—  —   Nocb   eiu   Wort  zìi   Betlie's  Reflextheorie  (Biol.   Centralbl.,   Leipzig.  22,   pp.   573-576.   1902). 

—  —  Comparative  Studies  in  the  Psychology  of  Anta  and  of  higher  Animala,  200  pp.  (Saint  Louis, 

London  e  Freiburg;    1905). 
VVheelkr   W.   M.,   Interpretation   of  the  slave-making  Inatiucts  in  Ants   (New   York,   Bull.  Amer. 
Mns.,   voi.  21,  pp.   1-16.  1905). 

—  —   The  Queen  Ant  as  a  Psycological  Study  (Pop.  Se.  Month.  New  York,  Aprii  1906,  pp.  291-299, 

7  figg-,  also  Sappi.   Scientific  American   New  York,   1906). 
Ziegi.er  H.  E.,  Der  Begrirl'  des  Instinktes  einst  und  jetz,  mit  einem  Anhang:  Gehirne  der  Bienen 
nnd  Ameisen.   Dritte  erweiterte  Auflage  (Verlag  v.   g.   Fischer  Jena.  208  pp..   3    Taf.,    1920). 

—  —  Vedi  anche  pag.  778. 


Società  delle  Vespe. 

Bartram  J..  Ah  account  of  some  very  curious  Wasp-Neats  made  of  clay  in  Pennsylvania  (Philos. 

Tr.insact.   London,   XLIII,   N.   476.  pp.    363-366",    1745). 
BiGGE  E.,   Observatious  on  Naturai   History  of  two  speciea   of  Waapa.    (Oxford,    1835,   p.   28). 
Bommb  Ij.,   Natuurkundige  Waarneeming  van    een    Zonderling    Wespennestie    (Verhandl.     v.     h. 

Maatach.   the  Vlissingen.,   VII.   pp.   213-226,   1780  . 
Bordas   L.,   Sur  lo  regime  alimentaire  de  quelques  Vespinae  (Vespa  crabro)  («  Insecta  >,     Eennes, 

VII,   pp.  5-7,   1918  . 
Brétiies  .1.,   Sur  quelques  nida  de  Vespides  (Ann.   d.   Mus.   Nacion.   de  Buenos  Aires,     tom.   Vili, 

p.   413,    1902  . 
Biiist  6.,   On  the  constriiction  of  the  nest  of  a  apecies    of    Maaon-Wasp     in     the    iieighbourhood 

of  Bombay   iProc.    Linn.   Soc.   Lond.,   Il,    N,   59  pp.   333-355,   1854). 
('[.émext  A.   L.,   Note  sur  un  cas  singulier  de  nidification  de  la  guèpe  commnne  (Vespa  germanica 

:Bull.   Mns.    Hist.   Nat.    Paria,    1898,   N.   3,    pp.    182-183,    1898). 
Coenkuus,   Ueber  Wespennester  vKatter's  Entoinol.  Nachr.   Berlin,   N.   19,' pp.   249  252,   1879). 
Davis  W.  T.  A  reniarckable  nest  of   Vespa    maculata,     With    notes    on    some    other    Wasps'nest, 

(Bull,   of  the   Brooklyn   Entom.   Soc,   XIV,   pp.    119-123,    1919). 
Derham  W.,    Observatious  about  Wasps,  and  the    diiferenoe    of   their    sexes    (Philos.    Transact. 

London   XXXIII,   N.   3a2,   pp.   53-59,    1724). 
De  Stefani  T..  Il  nido  della     Vespa    Orientali*    (Riv.     Ital.     Se.     Nat.     Siena,     A.     XIV,    N.     11, 

pp.    134-135,    1894  . 
Disderi  S.,   Vespae  gallicae  hiatoria  (Mém.   Acad.  Se.    Tnriu,   XXII,   pp.    1-19,   1816). 
Ducke  A.,  Sobre  as  Vespidas  Sociaes  do  Para  (Boletin  do  Mnseu  Goeldi,  voi.  4,  N.  2  a.  3,  pp.  317-374, 

Para,    1904  . 

—  —   Sobre  as  Vespidas  Sociaes  do   Para,   I  Supplemento    (Ibid,   voi.   4,    1905). 

—  —  Novas  ContribuicÓes  para  o  conhecimento  das   Vespas  (Vespidae  Sociales)  da  regiao  neotro 

pical.     Ibid.,  pp.,    152-199.  1907). 

—  —  Revision   des  Guèpes    Sociales    polygames     d'Ami?riqiie    (Ann.     Mus.    Nationalia  Hungarici, 

Budapest  8,  pp.  449-544,  1910  . 


BIBLIOGRAFIA  903 


Duckk  A.,  Ueber  Phylogenie  und   Ivlassitìcation     <ler  sozialen     Vespiden     (Zool.   Jabrlt.   Abteil.    f. 

System.  Geog.  und  Biologie  der  Tiere,  Jena,  XXXVI,  pp.  303-330,  1914  . 
Edwards  H.   M.,  Note  sur  le  uid  de  V  E  pi  pò  mi  latna  (Poliste»  uiorio    F.)    (Ann.    Soc.    Ent.    Fr., 

Paris,  Ber.  2,   I,   Bull.  pp.  24-25,  1843). 
Enteman  Minnik    M.,     Les  moeurs  des  guèpei  (Eevue  Scient.  Moulins.  (4),  t.   18,  N.   11,  p.  346, 

1902). 
Goeze  I.  A.   E.,   Ueber  die  Oekouoniie  der  Wespen  (Neue  Mauuigfaltigk.,  II,  p.  153-160,   1775  . 
Gunthrop  H.,  Notes  ou  tbe  bebavior  of  the  social   Wasp   Polistes  iJourn.   of  Entom.     and     Zool.. 

Clareniont.  Cai.    XI,   pp.   63-66,    1920  . 
Imhoff  L.,   Lebeusweise  der  gemeinen   Wespe  (Beriebt   iiber    Verandl.     d.     naturf.     Gesellscb.     in 

Basel,  Vili,  p.  41,    1849). 
Janet  C,   Observatious  sur  les  guèpes  (Paris,   C.   Naud.   pp.   85,   30  tìgg.,    1903). 
Jhering  H.  v.,  L'état  des  Gaépes  sociale»  du  Brésil  (Bull.   Soc.  Zool.  France,   Paris,  t.  21.  N.  8, 

pp.    159-162,   1896). 

—  —    Zur  Biologie  der  socialen     Wespen     Brasiliens    (Zool.     Anz.     Leipzig,     XIX     Bd.,     N.     516, 

pp.   449-453,   1896). 

—  —  As  Vespas  sociaes  do  Brazil    (Rev.  Mus.  Paulista,  S.  Paolo,  voi.    6.    pp.    97-315,    5    Est., 

3   6gg..   1904  . 
JoRGENSEN  P..  Beitrag  zur  Biologie  der  Blattwespeu  (Chalastogastra?  (Zeitscb.  wiss.  Insektenbiol. 

Hiisum.,   Bd.   2.  pp.   347-351,   3  ligg.,   1906). 
Kristof  L.  J..  Ueber    Wespenuester.   Sunto  in:    .Katter'a     Entoniol.   Nachricbteu,   Berlin,   N.    10, 

pp.   130134,   N.   11,  pp.   139-141;   1878). 
Laxdois  H.,   Ueber  ein   uugewdhnlieh  grosse»  Nest  der  gemei neu   Wespe,     Xrespa   vulgaris    L.     (13 

Ber.   Westial.   Prov.   Ver.   Zool.   Sect.   Miinster,   p.   21,   1886  . 

—  —  Ein  gelbgefarbtes  Nest  vou    Vespa  Media  oline  Papierln'ille  f  20  Jabresber.  Ibid.,  p.  29,  1895  . 
Latreille  P.   A.,  Gbservations  sur  quelques  Guèpes  (Ann.   d.   Mus.   Hist.   Nat.   Paris,  I,   pp.   287- 

294,  1802). 

—  —  Notice  sur  un  insecte  hyménoptèie  de  la  famille    des    Diploptères,     connn    dans    quelques 

partie»  du  Brésil  sous  le  noni  de  Guèpe  Lecheguana  et  recoltant  du  miei  (Poli&ies  Lecheyiiana). 

(Meni.   d.   Mus.   d'Hist.   nat.   Pari»,  XI,  pp.   313-318,   1824). 
Levade,  Observatious  sur  l'bistoire  naturelle  de»  Guèpes  (Mem.    de    Lausanne,   III,     pp.     23-27, 

1790). 
Lucas  H.,   Nouv.  espéce  de  Polybìa,   Hyméuoptère  .Social  de  la  famille  dea  VeBpides  et  description 

du   nid  de  cette  espèce  (Paris,   Ann.   Soc.   Entom.   Franco  (5),  t.  9,  4  Trini,  pp.  363-369.  1880). 

—  —  Description   et  figure  d'une  nidificatiou  apparteuant  a  un  Hyméuoptère  du   genre     Polybia, 

(Ibid.,  pp.,   370-372,   1880). 

—  —  Note  sur  une  uidification  de  Polybia  sp.  (Ann.  Se.  Entom.  France,  Paris  (6),  t.  10,  2  Trini. 

Bull.  p.   XCVI-XCVII.  1890  . 
Marchal  P.,   ±.tude  sur  la  reproduction  dea  Guèpes  (Compt.   rend.  Ac.   Se.   Paria,   t.   121,     N.   21, 

pp.  731-734,   1895)  (Extr.  in  Eevue  Scieutif.  Moulins  (4),  t.  4,  N.  22,  p.  693,   1895). 
Gbservations  sur  le»  Polistes  (Bull.  Soc.   Zool.   France,   Paris,  XXI,   p.    15,     1896).     Traduz. 

ingl.   (.Tonni.   R.  Micros.   Soc,   London,   P.  3,   p.   307,   1896). 
La  reproduction  et  revolution  des  Guépes  Sociales  (Arcli.   Zool.  experimentelle,  Paria,  IV, 

1896). 
MaUdtit  I.,  Some  observatious  upon  an  american  Wasps-neata  (Pbilos.  Trans.  London,  XLIX,  pp.  205- 

208,    1755  . 
Meeha.v  T..   Habits  and  intelligence  of  Vespa  maculata  (Proc.   Acad.  Nat.   Se.   Pbiladelphia,  P.   I> 

p.   15,  1878). 
MOEBius  K.   A..  Die  Nester  der  geselligen   Wespen,  etc     (Abhaudl.    Naturaw.     Verein,     Hamburg, 

III,   pp.   117171,   19  tab.   color.,   1856) 
Nicholsox  C,   Hiberuatiou  of  Vespa  vulgaris  (The  Entomologist'a  Record  London,    pp.     115-116, 

1915). 
Ormerod  E.  L.,  Contributious  to  tbe  naturai  History  of  the  Britistb  Vespidae  (Zoologist,  London, 

XVII,   pp.   6611-6655,    1859). 
Oddemaxs  J.   Th.,   Ein   rnerkwiirdigea  Nest  von   Vespa  vulgaris    L.    (Mit.     1     Taf.     u.     2    Textfig. 

Allg.  Zeitscbr.   f.  Entom.,  Neudamm.  6  Bd.  X.  7,  pp.  97-100,  N.  8,  pp.   119122,   1901\ 

Late  Wespen  (Entom.   Berichten   D.   4,   pp.   169-170.   1915). 

Peckham  G.  W.  aud  E.,  Wasps  social  and  Solitari  (53  ligg.,  311  p.,  Westminster,  1905). 
PUNGUR  J.,  Adatok  a  Vespa  Germanica  taphilkozaaàkoz.   (Tenuészetr.   Fiizetek.   Budapest,   voi.    20, 

P.  1/2,  pp.  146-148.   1897;. 

Beitriige  zur  Ernabrung  der    Vespa  Germanica  (Ibid.   pp.   257-259,   1897). 

Pexead  J.  Social  Evolution  in  Wasps.  It»    Developnieut  Correspoud  to  That  of  auatoniical  cha- 

ractera  (Scient.  Amer.  Suppl.,  New  York,  voi.  77.  pp.    117-118,  14  figg.,   1914). 
Rau  Ph.   and  Rau  N.,  The  biology  of  the  mud  daubing  Wasps  as  revealed  by     the    contenta     of 

their  nest.   (Journ.   Anim.  Behav.,  voi.  6,  pp.   27-63,   5  pls„   1916). 
Reaumur  (De)  R.  A.  F.,  Histoire  des  Guèpes  (Mém.  Acad.  d.  Sciences,   Paris,     XXI,     pp.     230- 

277,   1719). 
Ritchie  J..  Some  observatious  and  deduction  regarding  the  babita    and    biology  of  tbe  common 

Wasp  (Scottish  Naturai  Edinburgh,    pp.  318-331.  1915). 
Rc-HWEit  S.  A.,  Williams  F.  A.,  Philippine  Wasp  (Studies  Rept.  of  Work  of    the    Exp.  Station 


904  CAPITOLO    SETTIMO 


of    the    Hanvaiian    Sugar    Pianterà' Assoc.    Eutoinological    Seriea,     Bull.    N.     14,     Honolulu 

Hawaii,    pp.   186,  text  riga.   106,   1919). 
Roubaud  E.,  Recherches  biologiques  sur  les  Guépea  aolitairea  et  Sociales  d' Afrique  (La  genèse  de 

la  vie  sociale  et  revolution  de  l'iustinct  maternel  chez  les  Vespides  (Paris,    Ann.    So.    Nat. 

Zool.,  ser.   10,   1,  pp.   1-160,   1916). 
Rudow   F.,   Eine  grosse  Nestkolonie  von   Poliste*  diadema  Ltr.  (Illustr.   Wochenschrift    f.    Entom. 

Neudamra,   1  Jhg.  N.   38,   pp.  604-606,   1  Abbild.,    1896  . 

—  —  Beschreibung  eiuiger  ausliindischer    Wespennester    (Entom.    Zeitschr.    Gubeu,    Jahrg.    20, 

pp.   185-187,   201-203,   12  tìgg.,    1906'. 
Saussure  H.  F.  (De),  Études  sur  la  fam.  d.   Vespides.  Monogr.  des    Guèpes    sociales    ou    de    la 
tribù  des  Vespiens  (Paris,   Maason,   p.   256.   pi.   37,    1853). 

—  —  Nouvelles  considérations  sur  la  uidification  des  Guèpes  (Ann.  soc.    nat.,    s  r.    IV,    t.    Ili, 

pp.   133-178,   1885)     Bibl.   univers.   de  Genève,   Févr.  1855,  T.   XXVIII,   pp.    89-123. 
Schulz  \V.  A.,  Das  Nest  von   Polistes  hebraem  F.     Verli.   zool.   bot.  Ge9.   Wien,   Bd.  55,    pp.  490- 

493,   1905;. 
Smith  F.  On  the  Nest  of  Polistes  lanio  F.  and  a  Parasite    found    therein,    and    on    the    Nest    of 

a  Social   Wasp.   (Trans.   Ent.   Soc.   Lond.,  ser.  II,   t.   I,   pp.    176-178,    1851). 

—  —  Observations  on  the  Habits  of  Vespa  noruegica  and    Vespa  germanica  (Zoologist,    London    X, 

pp.  3699  3703,     1852). 

—  —  On   the  manner  in    wich     Vespa  rufa  builds  its  Nests  (Zoologist.  London  XIV,  pp.  5169-5174, 

1856  . 
Stieri.in  R.   Ueber  die  Lebensgewolinheiten   der   Wespen   (Mitt.     nat.    Ges.     Winterthur.    Hft.    5, 

pp.   168  199,   6  rìgg.,   1901). 
Wailes  G.,  The  Hibeination   of  Vexpa  vnlgaris  (Trans.   Eut.   Soc.   Lond.   ser.  2,     V,     pp.     109-110, 

1860). 
Watson  E.  B.,  The  Food  Habits  of  Wasps  (Vespa)    (Bull,    chamb.     Hortic.     London,    1,    N.     2, 

pp.    26-31,   5   tigg.    1922). 
White  A.,  Description  of  Myrapetra    scutellaria,   a  South    american     Wasp     wich     collects    honey 

(Ann.   and   Mag.   nat.   Hist.     London,     VII,     pp.     315-348,     1841)     Addit.     Notes     (Ibid.     1843, 

p.   268  . 
Williams   F.   X.,   Notes  on   the  Habits  of  some   Wasps   t.hat  Occnr  in   Kansas,   with  the,    Descrip- 
tion of  a  New  Specie»     (Bull.    Kansas     Univ.,     voi.     15.     Science    New     York,     Bull.     voi.    8, 

pp.   221-230,    1  pi.,  1914). 
Wvman.v  J.,   Observation   on   the  habits  of  a  species  of  Hornet  (Vespa)  wich  builds  a  nest  in  the 

ground.     Proc.    Boston   Soc.  Nat.    Hist.,   VIII.  p.   411,    1861). 
Zavattari   E.,   Une  nouvelle  guèpe  sociale   polvgame    du     Brésil    (Budapest,     Ann.    Mus.   Nation., 

p.   2,     1911  . 


Società  degli  Apidei. 


Aalborg  N.   M.,   Trac  tatù  s  eie  Apibus   (Afniae,    1642,    8). 

Ai.fken  D.,  Mittheilungen  iiber  das  Leben  einigèr  Apiden:  Bombus,  Andrena,   Nomada,  und  Osmia 

(Veihdlgn.   Ges.   deutseb.   Naturf.  u.  Aerzte,   Leipzig.   63.   Vers.   2  Th.,   pp.    160-162,   1891). 
Alfonsuk  A.,   Das  neue   Bieueubnch   (Mit.   90  Abbild.   3  verbess.  u.    verni.  Aufl-  Wiirzburg,    Veri. 

d.   «  Prakt.  Wegweissers  »,   pp.   121,   1    HI.  Register,   1902). 
Armbruster  L..  Probleme  des  Hummelstaates    (Biol.  Centialbl.    Leipzig,    Bd.    34.    pp.    685-707, 

1  Taf.   1  fig.,  1914). 

—  —   Zur  Biologie  der  Bienen. Konigin   (Archi  v.   f.    Bienen   Kunde,   2  Jarhrg.   3/4   Heft.,    1920). 
Aurivillius  Cu.,   Ueber  Zwlschenfonnen   zwischen     socialen   und  solitiireu   Bienen   (Festskrift  for 

Lilljeborg,  Upsala,   pp.   69  77.    1896  . 
Bachmaun  M.,   Beobacbtungen  ani  Hummelnest.     Mitt.  Miinchen  ent.  Ges.  Jalirg  5,     pp.  96-105, 
1914  . 

—  —   Biologische  Beobachtiingeu   an   Hiimmeln.    (Ibidem  Jahrg.,   6,   pp.   71111,    1915). 
Barfoud  IL,  Apis  mellifica  L.,  Wabenf  iMitt.  1   Abbild.  Illustr.  Zeitscbr.    f.     Entom.  Neudamm., 

5   Bd.   N.   5  p.   75,     1900). 

Barclay  ,T.,  Oh  the  cells  and  combs  of  bees  (Ann.  of  Philoa.   London,   X,  pp.   14-16.   1817'. 

Benf.tti  V.  Ricerche  biologiche  sui  Bombi  (Mouit.  Zool.  ItaL,  Firenze,  voi.  13,  Sappi,  pp.  38  40, 
1902). 

Bkxton  F.,  The  curious  defenses  constructed  by  ilelipona  and  Trigona  (Proc.  Entom.  Soc.  Wa- 
shington,  voi.   3,   N.   1.   pp.   13-15,    1894). 

Berlepsch  A.  (vou),  Die  Biene  und  iure  Zucht  mit  beweglichen  Waben  (3  Aufl.,  Mannbeim, 
1873). 

Bethune  C.  J.  S.,  Some  Observations  on  a  Binubie- Bee's  uest  (30  Ann.  Kep.  Entom.  Soe. 
Ontario,   Toronto,   pp.    111-112.   1899). 

Bigelow  E.  F.,  How  houeybees  produce  houeycomb.  (Guide  to  nature,  Sound  Beach,  Comi.  X, 
pp.   259-72,  1918  . 


IWMI.Ioi.R.W'IA  905 


Bonnier  G.,    Le  social isme  chez  lea  Abeilles  (Bull.   Inst.   Psychol.,   pp.  397-426,   1907). 

Buri   P.   (Teber  die  Entsteliung  der  Bieneiizellen   (Kosmos,  Stuttgart,     1   Bd.,    1    Hft.,  pp.  52-60, 

1885). 
Boi  vier  K.   L.,  Sur  nun  nidi Hcation  remarquable  il'Apin  mellifica    L.    observée    au    Musénm    de 

Paris    (Bull.  Soe.  Ent.  Fi-ance,   Paris,  pp.   187-188,    1904)  (Ibidem,  pp.   144-145,   1905). 

—  —  Sur  la  uiditìoation  d'une  colonie  d'Abeilles  à  l'air  libre  [Bull.  .Soe.   Philom.,   t.  7,  i>p.  186- 

20ri.  5  fig»-..   Paris,  19n.ii. 

—  —   Xouvellea  observations  sur  hi   nidificatimi  dea  Abeilles  à  l'air  libre    (Ann.    Soe.     Ent.     Fr. 

p.   ni.  Paris,   1906  . 
Brain-   11.,    Biologisohea    ilber    aiidafrikatrische    Hymenopteren    (Zeit.    f.    wia.    Inaecten-biologie, 

Hnsnm.  Bd.  7,  pp.   238,    1911). 

Biologie  siidafrikanisoher  Apiden   (loia..   1U1.  9.   pp.   116  120,    190-193,   1913 

Bl'T'i  Ki.-Ki.K.ri  v   11.   (von),    An-  den   Wiindern  des   Bienenstaates.   (  Bienen  w.   Centralbl.    36  Jabrg. 

\.   8   n.   9.   Con  8   fig.   nel  testo;   Hannover,    1900). 

—  —  Die  pbjiogenetische  Entsbehnng  des  Bienen-staates,  Boarie  Mitteilungen     zur    Biologie  der 

Bolitiìreu   nnd  sozialen.  Apiden  (Bini.   Centralbl.   Leipzig,   Bd.  23,  pp.  4-31,  89-108.     129-154. 
183-195,   19  rigg..     1903). 
Die  Lebensweise  der  Humnieln   (Nat    Woohensekr.  Berlin.  Bd.    19.  pp.  299-300,    1904). 

—  —    apistica.  Beitriige  zur  syatematischen  Biologie,  sowie  zur  geschichtlichen  inni  geograpliisclien 

Verbreitung  der  Honigbìene    Api*  mellifica   L.)  ihre   Yarietaten    und    der    iibrigeu     Apisarten 
Berlin    Milt.   Zool.    Mus.,    pp.    119  201 .  1906). 
Znr   Psychobiologie  ilei-   Hummeln     I    Biol.   Centralbl.    Leiiizig.   Bd.   27,   N.   18   n.   19.     1907). 

—  —   Leben  nnd   Wesen  der   Bienen  (Verlag  K.   Vieweg  et  Sohn,  Braunschvreig,   1915'    iContiene 

ricchiasima  bibliogr.). 
CaSTKk.i.  D.   B..  The  behavior  of  the  Honey  bee  in   Pollen  collecting    Bull.  X.  121,  I'.  8.  Departm. 

of  Agricnlt,  36  p.,  9  ti»..  Washington,  Dee.  31.   1912  . 
Chapmax   F.   The  Hexagonal  structure  tbrnied   in   Cooling   Beeswax  in   relation  to  the  cellsofBee 

Ann.  of  nat.   Hist.   London.   (7),  voi.    5.  p.  320.   1900). 
Cheshire   R.,   Bees  and  Beekeepiug.   (Scientitic  and   Praticai    Voi.     II,   Praticai,   652     p.     London, 

1886  . 
Christ  J.   L.,   Anweisung  zur  nutzlichsten   und    angenehrasten     Bieuenzucht    fttr    alle    Gegeudeu 

usw.   (Con   ti  tav.   in   rame;   Frankfurt   und  Leiiizig.   1780). 
Claus  C..  Der  Bienenstaat  (Snil.  vriss.  Vortr.  (Virchow     n.     Holtzendorf).    Hft.     179,     Hamburg, 

1873). 
Cocki-e  J.   W.,   Strange  action  of  Bombns  oceidenlnlix  (Psyche.   Boston,  pp.   347-348,   1913  . 
COTTOJT  W.   C  ,   My  Bee   Book     368   pp.,  mit  illustr.,   London.,    1842). 
Cowax.  THOS.   Wm.,    L>ie  Honigbiene,   ihre  Natnrgesehichte,   Anatomie  und    Physiologie  iUebera. 

v.   Gravenhorst.,  72  TextHg.    189  pp.,   Brannschweig,    1891. 
Crkphn   F.  C-     H..    Wablbergg    Beobachtungen     (1851)    iiber    die    uordiachen    Hummeln  (trad. 

Zeitschr.   f.   d.   gesammt.   Natnrw.,   IX.   pp.    132-136,    1857  . 
Della   Rocca,   Traité  complet  sur  lea  Abeilles,  etc.     3  voi.  4  pi.   Paris,  1790). 
Dalla  Torre  C.    \V.,  Zur  Biologie  von   Bombns  Gentaeckeri    Mor.   (/>'.    opule.ntus    Gerst.  .      Zool. 

Anz..    S  .Libre.    Leipzig.   N.    210,    pp.    691-693,     1885). 
Deyvitz  H.,   Die  Miillenhoff  sohe  Theorie  iiber  die  Entsteliung  der  Bieneiizellen   (Berlin,  Entomol. 

Zeitschr..   28   Bd.  2  Hft.  p.  346.  1885  . 
Douglas  J.  C,   Handliook  of  Bee-Keeping  for  Imlia  (Vii.   145,  p.,  5  pi.,  Calcutta.     1884). 
Dreyling  L..  Zur  Kenntnis  der  Wachsabscheidung  bei  Meliponen  (Zool.    Anz.  Leipzig,    28     Bd. 

N.   6,    1904). 
Drorv  E.,  Quelqnes  observations  sur  la  Mélipone  scutellaire  (Bordeaux,    1872). 

—  —  Xouvellea  observations  sur  lea  Mélipones,   in  :   (Le  Rucher  du  aud-oveat.  Journ.   Soc.   Apic. 

Gironde.   I   année,   X.   5-6.  Bordeaux.   1873  . 

Celier  Meliponen.   Brief  au   Prof.   Dr.   C.   v.  Siebold.  (Bienenzeit,  29  Bd.  pp.  172-173,  Nòrdlin- 

gen,  1873  . 

—  —  De  la  manière  dont  lea  M  liponea  aeerètent   la  ciré  (C.  R.   des  Séances  d.   1.   Soc.    Limi,  de 

Bordeaux.   Bd    29  p.   62.    1873). 
DrCKE  A..  Die  stachellosen   Bienen   (Melipona     111.1     von     Farà     (Zool.     Jahrb.     Abt.     Syat.  Jena, 

17   Bd..   2   Hft  .   17   tig.   nel  testo,    1   tav.   pp.    285-328,    1902  . 
Dumas  I.  B.   (avec  Milxe  Edwards),  Note  sur  la  prodnetions    de    la    ciré    des  Abeillea  (Compt. 

Rend.  Acad.   Se.   Paris.  18  Sept..  XVII.  pp.  531-537,   1843.  —  Ann     Se.    nat.     Paris,    ser.  2, 

XX.   pp.   174-181,   1843   —   L'Institut.   XI,  X.  508.  509,   1843). 

—  —  Sui   la  compositiou  de  la  ciré  des  Abeilles   (Ann.  de  Chimìe  et  de    Phys.     Paria,     (3)     XIV, 

400-408.  1845.  (Ibi.l.     XIV.  236  et  XVII  531-541). 
Dupktit -Thoiiaks   L.   M.   A..  Sur  quelqnes  babitndes  des  abeilles-bourdons    (Nouv.     Bullet.    Soc. 

Philom.   Paris.   I,   p.   44,   1807). 
D/.IER7-ON  J.,   Theorie    und     Praxis  des     ueueu     Bieneiifreundes    (Ini.   Selbstverlag    dea    Verfaeser 

5  taf.   208  pp..    184*  . 
Die  italienischen  Bienen    waudern   nach  Amerika  (Bienenzeit    X.     10,    p.    113,    Eicbstiidt, 

1855  . 
Ehrf.xfels  J.  M.  (von),  Die  Bienenzncht  nach     Grundsatzen  der  Theorie     u.     Praxie     (334    pp. 

Prag.,    1829!. 

A.  Berlese,  Oli  Inietti,  II.  —  114. 


906  CAPITOLO    SETTIMO 


Endkrlkin  Gììnther.  Xeue  Honigbienen  unii  Beitriige  zur  Kenutnis  der  Verbreituug  dei-  Gattung 

Apis   (Stettiner  Entoniol.   Zeitung.  pp.   331-344,   4  Textfig.,  Stettin,    1906). 
Fahringer  J.,   Ueber  den  Nestbau  zweier  Bieneu   iZeitschr    wiss.   Insektenbiol.,    Husum,   Bd.   10, 

pp.  16-20,  5  tigg.,  1914). 
Fairchild  D.  and  Barrktt  0.  W.,  Notes  on  the  Copulatimi    of    Bombila  fervidus    (Proc.  entoni. 

Soc.   Washington,  voi.   8,  pp.   13-14,   1   pi.,   1906;. 
Féburier,  Trai  té  couiplet  th  'orique  et  pratique  sur  le  Abeillos  '460  pp.,   1   grav.  Paris,   1810  . 
Fitzcerald  J.   K..  Habits  ofHumble  Bees  (The  Iris  Naturatisi,  Dublin,  voi.  10,  N.  10,  p.  203,  Answer 

by  F.  Burbige,  Ibid.  p.  204,    1901). 
Fi.eischmaxn  A..     Beitriige  zur  Naturgeschichte    der  Honigbiene  (Nach  den   Vortragen    des     Ver- 

fassers  herausgegeben   von  T.   Weippl.   Berlin.   1907). 
Friese  H.,  Ueber   unbekannte    Hummelnester    (Entom.    Naclir.    Karsch,     Berlin,     21    Jhg.    X.  7, 

pp.   100-103,   1894).   (Bombiis   lapponicus  F.:   B.  jouelliis  K.;   B.   cognatus   Steph.). 

—  —  Ueber  Hummelleben  im  arktischen    Gebiete    (Allgem.    Zeitschr.  Entom.  Neudamm..,   Bd.    9. 

pp.  409-414.   1   fig.   1904  . 

—  —  Die  europàischen  Bienen  (Apidae).  Das  Leben  und  Wirken  unserer  Blumeiiwespen 
Eine  Darstellung  d.  Lebensweise  unserer  vtilden  wie  gesellig  lebendeu  Bienen,  nach  eigeni  n 
Untersuchungen  fiir  Xaturfreunde,  Lehrer  und  Zoologen  (Lief.  1  Verlag.  Vereinigui  g 
wissenschaftl.  Verleger,  Walther  de  Gruyter  &  Co.  Berlin  und  Leipzig.  S.°,  pp.  1-112,  7  Kol. 
Taf.  u.   32  Textfig,   1922). 

Gates,  Bourton  N.,  The  Temperature  of  the  Bee  Colonv  (Bull.  U.  S.  Dept.  Agric.  Washington, 
N.  96,  pp.  29,  8  tìg.,  1914). 

Gerstììckkr  A.,  Zur    geographischen    Verbreituug    der    Honigbiene    [Xacbtrag.  Stettiner    Eni  a 
mol.  Ztg.    1864). 

Girard  M.,  Les  Abeilles.  organea  et  fonctions,  éducation  et  produits,  miei  et  ciré  (Paris,  pp.  280, 
avec   1   pi.  et  30  figg.   dans  le  texte,   J.   B.   Bailliere,    1878). 

Grassi   B.,   La  società  delle  Api   (L'Agricoltore  Calabro-Siculo,   X.   4,   pp,     11,   Catania,   1884). 

Gronen  D.,  Zur  Naturgeschichte  der  Meliponiden     Zoolog.  Garten,  N.   Il,  pp.  330-333,  1881). 

Grtwel  J..  Brandenburgische  liewehrte  Bienen-Kiuist.   (508  p.  8  Taf.,  Collii,  a  d.  Spree,  1696) 

Hart  J.  H.,  On  the  Habity  a  species  of  Trigona  (Ann.  of  Nat.  Hist.  London.  Voi.  XI,  pp.  327- 
329,  1893.   Abstr.   Journ.  R.  Microsc.   Soc.   London,   P.   3,   pp.  322-323,   1893). 

HaRTER  E.,  Ueber  Schmarotzerhummeln  (Paitliyrna)  in  einen  neste  der  Feldhummel  1  Bombus  agro- 
rum   Deutsch    Entomol.  Zeitchr.   Berlin,  31  Jahrg.  1  Hft.   p.  224,    1887). 

IIksn  C'.,  Xeue  Untersuchungen  iìber  die  Sehqnalitaten  der  Bienen  'Die  Naturwissenschaften, 
Berlin.  Jahrg.  2  pp.  836  838,   3  figg-,  1914  . 

Hoffer  E.,  Biologiche  Beobachtungen  an  Humnieln,  und  schmarotzer  Hummeln.  (Mittheil.  Natur- 
wiss.  Ver.   Steiemark  Graz,   pp.   68-92,     Jahrg    1881  . 

—  —   Einige  merkwurdige  Hummelnester  iXaturhistoricher  von   Knauer,   4  Jahrg.,  2  Hft.,  pp.  21- 

22    Wien,  1882  . 

—  —  Beschereibung  eiues  instructiven  Xestes  von  Bombiis  confutile  Schenck.   (Mit  1  Taf.,  pp.   15, 

1882.  Aus  Mitth.  Naturwiss.  Ver.  Steiennark  Graz,  Jahrg    ISSI,   pp.  93-105;. 

—  —  Ueber  den  sogcnaniiteii  Trompeter  in  den  Huminlenestern   (Katter's  Entomol.    Xachrichten 

Berlin,  8  Jahrg.   N.    12,  pp.   178-182,    1882). 

Die  Humuie'lbauten   (Mit.   4  Holzchn.   Kosmos  (Vetter),   Stuttgart.  6  Jahrg.    12  Bd.   12   Hft., 

pp.   412-421,   1883). 

—  —   Zur    Leben weise    der     Hunmieliniiniichen     (Naturhistoriker,     Wien,     5     Jahrg.     Marz-Juni, 

pp.   253-257,   1883). 

—  —  Alte   imrt  neiie  Beobachtungen   iiber  das  Familienleben  der  Hunimeln.    (Mittheil.  Naturwiss. 

Ver.   Steierm-  Griitz,  pp.  LVII-LXI,   1883). 

—  —  Einige  bisher  unbekannte  oder  wening  bekannte  Hummelnester  (Kosmos.  Stuttgart,   1   Bd., 

2    lift.  ,   pp.    114-119,     1884). 

—  —   Sanimeln  die  jungen   Iliimmelweibchen   scliou  ini  ersten  Jahre  ihres  Lebens  Pollen?  (Kosmos 

iVetten  Stuttgart,  7  Jahrg.   13  Bd.,  9  Ht't.  pp.   675  676,   1884). 

—  —  Ein  sehr  lehrreisches  Nest  des  Bombita  terrestri*    L.    (Entomol.  Zeit.  Wien,  4    Bd.,  3  Hft., 

pp.  84-89,   1885  . 

—  —   Xeue   Hummelnester  von  den  Hochalpen  (Kosmos,   Stuttgart.    16  Bd.    4   Hft.,     pp.     291-300, 

1885). 

—  —  Ueber  den  sog.   Trompeter  in   den  Hummelnester     (Mitt.   Nat.   Ver.   Steiennark,   Graz,     lift. 

42,   pp.   LVIII-LIX,    1905). 
Hi'ii'i'NER  H.,  Ueber  zwei    unbekannte    oder    weniger   bekannte  Hinnnielnester  (Entomol.    Nachr. 
Karsch,  Berlin,  23  Jahrg.,  X.  21,  pp.  313-316,  1897)  (Bombm  diatinguendus  Mor..  /.'.   arenicola 
Thoms.  . 

—  —  Veitere  Beitriige  zur  Biologie  nordwestdeutscher  Hymenopteren.  Mit  1  Taf.  VI  Ueber  einige 

Nestbauten  des  Bombili  soroenais  F.  var.  proteus    Gerst.   (Allg.  Zeitschr.    f.   Entom.   Xeudamm., 
7  Bd.   X.   16,   pp.   289-301,    1902). 
Hurer  F.,  Xonvelles  observations  sur  les  Abeilles  (Genève.  Barde,  etc,  p.  368,  pi.  2,   1792). 

—  —  Extr.  Neue  Beobachtungen   iiber  die   Bienen   (Voigt  Magaz.,    Vili,   ]>p.  433-43-1,    1804  . 

—  —  Edit.  IL   Considerevolmente  aumentata  da  suo  tiglio  Pierre  Huber   (Paris  et  Genève,  2  voi., 

pp.   362,   2  pi.  et  12  pp.  479,  pi.    12,   1S14). 


UIIII.llK.iUAl  IA  907 


Huber  I".,  Id.         tt;icl.  tedesca  (pag.  600,  tab.  ti.  Dresdeu,    1793). 

—  —  »  inglese  (pag.  314,  London,   1808'. 

—  —  »     111  »       (London,  1823). 
»    IV     «            >       (London,   1841). 

Hi  iii;  l'.,  Observations  on  severa]  species  of  the  genus  Api*,  Know  by  the  ninne  of  Humble-bee 
and  called  Bombynatrices  by  Linnaeus  (Trans    Linn.  Soc.  London,    VI,   pp.  214,-298,     1802). 

—  —  (Trad.  tedesca:  Beobacht  iiber  ri.  Summeln.  (Meisuer  Xaturw.  Anz.  Allg.  Sehweiz.  Gesellsoh., 

IV,   1821  . 

—  —  Notice  sur    le    Melipone    domestique    moxicaiu  (Mem.  Soc    Phys.  Genere,   Vili,     pp.    1-26, 

3  l'I..    1839  . 

llri-.i'.it   L,  Die  nene,  niitzlichste  Bienenzncht  oder  iler  Dierzonstoch.     7   Ami.   I ..ili r,   M.   Schauen- 

burg  IX,   pp.  256,   1880  . 
Unni:  .)..  Observations  on   l'.ees.  (PhiloBoph.  Transactions  London,  82   Bd    pp.  128-195,   1792). 
Jacob  N.,   Unterricb  von  dei-    Wartung  der  Bienen  (Giirlitz,  1863) 

—  —  Griinillicher  CJuterrioht  von  der  Wartung  ilei-  Bienen.  (Magdeburg,    17001. 

Jhbuing  H.  (v.),  Biologie  der  Stachellosen  Honigbienen  Brasiliens  (Zool.  Jahrb.,  Abt.  .Syst., 
19  Bd..    Hit.  2-3,  Jena,   1°03). 

Phylogenie  der  Honigbienen   (Zool.   Anz.    Leipzig,    Bd.    38.    X.    5-6.  pp.   129-136,    1911). 

—  Znr  Biologie  der  brasiliaoischen  Meliponiden  (Z.   wiss.  Insektenbiologie,   lleft.   1,  pp.    1-5, 

Hit.  2.  pp.  43-46,   Berlin,   1912.. 

Jhering  R.  iv.I,  Biologische  Beobaohtungen  an  brasilianisoheu  Bomfciis-Nestern  (Allg.  Zeits.  f. 
Eutomol.    Neudiimin.    Bd.    8,    X.    22-24,   pp.    447-453,    5    Abb.,    1903). 

JONQUIKRE  A.,  Mathematische  Betraclitungeii  iiber  den  Bau  der  Bienen-zellen  (Mittheil.  Natnrw. 
Ges.   Beni,   1   lift.,  pp.  71-8(1,    issi   . 

Iyiksenwetter,  Ueber  dio  Bienen  des  Hyinettos  Beri.  Entom.  Nachr.  Berlin,  pp.  315-317, 
1860). 

Klein,  De  la  fecondatimi  des  reines  oli  femelles  de  l'abeille  (Apis  mellifica)  et  du  Bourdou  (Bom- 
bii* terrestria)  (Sor.  des  Se.   nat.   Luxemb.,   Ili,  pp.  68-85,   1885). 

Ki.eine  G.  Das  Ventilieren   der   Bienen   (  Bienenzeitung,   N.    1,   pp.   5-8,   Ndrdlingen.    1858). 

—  —   Franz  Hubers  nene  Beobactungen   iiber  die   Bienen.   'Deutsch  mit  Ammerkungeu    2   Bd.,    16 

Stahlstiche,    1    Bd.   307   pp.,   II   Bd.    280   pp..    Einbeck,    1859). 
Koschevnikow,  Materiali   per  la  storia  naturale  dell'ape  'Nacbricht.  de  K.   Ges.   der  Fremale   il. 

Naturwiss,   Antbrop.    unii   Etlmog,   XC'IX,   Mosca,    1900)   .in   lingua  italiana). 
Krancher  O.,  Die  dreierlei  Bienenweseu   uud  ihre  Vereinigung  zara    Bienenstaate    (Mit.     21  Ab- 

bild..   Leipzig,   Tb.   Thomas,   pp.  45.    1884  . 
Kristof   L..   Eigene,   Beobachtungen   iiber  das  Leben  einbeimischer  Humnielu  verbundeu  mit  einer 

Besprechung  der  dariiber  von  Prof.  E.  Hoffer  ini  31   u.  32.  Jahresber.   d.  Steierm.    Oberreal- 

sohule  (1882-83 ■   ver.'.tt.-utlichen  Monographie    (Mittheil    Naturwiss.     Ver.     Stetermark,    Graz, 

pp.  LXIV-LXXIV,    1883  . 
KRiiGKR  E.,  Biologisches  vou  der  Humnielu  (Verh.  nat.  Ver.   Hamburg,  (3)  Bd.   22,   pp.  XLIX-L, 

1915). 
Kri.Tsi'itEit  A.,   Der  Trompeter    in   Huminel-Staate    (lllustr.     Wochensohr.     f.     Entom.   Neiulainm., 

1   Jahrg.,   X.   17,  pp.  271-274,   1896) 
LabillaRdièRE  .1.,  Xotes  sur  les  moeurs  des  Bourdons  (B.  sylivarum)   (Meni,  du  Mus.  d'Hist.  nat. 

Paris,   I,   pp.   55-59,   1815  . 
Latreille  P.   A.,   Mamoire  sur  un   gateau  de  incile  d'une    Abeille  des  Grauiles-Indes    et    sur    les 

différences  des  Abeilles  proprement  ditea,  vivant  en  grande    Soci  té,     de      l'ancien   continent 

et  du  nouveau  (Api*  indica   F.,  .(.  socialis)  (Ann.  Mus.  Hist.  nat.  Paris,    IV,  pp.  383-394,  1804). 
_   _  Xotice  d'espèces  d'Abeilles   vivant  en   grande  société,    on     Abeilles  proprement     dites,     etc. 

(Ibidem,   V,   pp.    101-178,   1804). 
Lefébure,   Les  Abeilles  dans  l'Afrique  du  Nord,  d'après  les  documeuts  anciens  (Paris,  Bull.  Hist. 

nat.,   p.  44,   1906  . 
Leriche  J.    B.,   Études  sur  les   moeurs  des  Abeilles.   Recti Bcafcion   sur  recti lications  relatives    aux 

ouvriéres  poudeiises   (Amiens,  pp.   8,    1885)   (Extr.  du   Bull.   soc.   d'Agric.   de   la    Somme). 
LeockaRT  E.,     Eigeutiiinlicbkeiteu  des  Bienenlebens  'Bienenzeitung,   N.   22-23.   pp.   249-252,    Fieli- 

stadt,    1868  . 
_  .Sur  l'arrhénotokie  et  la  parthénogéuèse  des  Abeilles  et  des    autres   Hyméiioptères  qui  vivent 

en   Société  (Bull.    Acad.    Roy.    Bruxelles,   2  Sér.,   t.   XII,    1S57). 
Lie  Petteiìsen  O.   .1.,   Xeue   Beitriige  zur  Biologie    dei     norwegischen   Hummeln.     (Bergens    Mus. 

Aarbog..  X.  9,   pp.  41,   1   fig.  1906  . 
LlJCAS   H.,     Nid  et  larve  d'un  Bombns  sylvarum       in  :   Ann.   Soc.   Entom.    Franco,   Paris    (6)    t.     8, 

4  trini.   Bull.   pp.   CLXXXI-CLXXXII,    1889). 

Ludwig  A.,   Unsere  Bienen.  Ausfuhrlicb.es    Haudbuch  iiber  alles,    was    ein    Imker    wissen     niuss. 

(Uuter  Mitwirkung  von   Abrens,   Biilf,   Gravenhorst   u.   a.   Berlin,    1906,   gr.   8  ca.   800  p.    m.  3 

zerlegbaren  Modellen;   51   Tafelu   (3  oolorirt)   u.  400    Abbildungen  . 
M.   I.   (anonimo),   An   account  of  a  strange  sort  of  Bees  in  the  West    Indies    (Nidi     di     Melipona). 

l'hilos.   Trans.,   London,   XV,   pp.    1030-31,    1835). 
Macdonald  D.    M.,   Bee-Keeping  in  New  Zealand    (British  Bee  Journal,    N.     1502,     pp.     135-136, 

London,    1911). 
Maetermnk   M  ,   Das   Leben   der    Bienen.   (Leipzig,   1901,   II   Aud.,   1903:. 


908  CAPITOLO    SETTIMO 


Mann  (v.),  Die  Art.   nml   Weiae  der  Befrucktung  der     KÒnigin     (Bienenzeitung     N      15      n     171 
Nordlingen,  1892).  '     1  '         ' 

MuCHARDT  11.,  En  for  Danmark  ny  JJombus-a.it,  Bombii»  pomoriim  Panz.  (Kiitoin.  Meddels  Cope- 
naghen (2),  Bd.   2,  pp.  353-354,    1905). 

MiiLi.KNHoKF  K.,  Ueber  die  Entstehung  der  Bienenzellen  (Ardi,  f.  d.  ges.  Physiol.  (Pfltiger)  32 
Bd.  12  Hft.  pp.  589-618,  Bonn.  1883)  (Abstr.  in  Journ.  R.  Miorose.  Soc.  London  (2)  voi  4- 
P.  I,  pp.  44-45.    1884). 

Ueber  den   Bau  der  Bienenzellen     (Arob.   f.   Anat.   u.   Phygiol.   Leipzig,   Abtk.,    pp.  371-375 

1 8^6  . 

Mììllkr  F.,  Die  Konigin  der  Meliponen   (Kosmos,  Stuttgart,  II  Jabrg.  pp.  228-231.    X878  . 

—  Eine  Beobaohtnng  an   Trigona  mirini.   (Kosuios,  von     E.  Hrause,     Stuttgart    5  Jahre      10    Bd 

pp.    138-140,    1882). 
Mììi.i.ekM.,  Zur  Biologie  unserer  Apiden  iusbesondere  der  markiechen  Osniien  (Zeitgchr.  Wiss  Iusek- 

tenbiologie.  Bd.  Ili,   Hft..   8,  w.   9,  pp.   217-251  ;  280-285,  Berlin,    1907). 
Xewman.v   11.   W.,   On   the  Habitg  of  the  Bombinatrices    (Trans.    Ent.   Soc.     London      Ser      2      I 

pp.   86-92;    109-112;    117-118,    1851).  '     "'       ' 

OUDEMANS  J.   Tu.,   Late  Houimels   (Entom.   Beriehteu.,   D.   4.   pp.   97-101.   1914). 
Perez  J.,  Sur  la  ponte  de  l'abeille-reine  et  la  théorie  de  Dzierzon   (Bull.  Soc.  d'apicult.    de    la 

Gironde,   Bordeaux,  N.   12,    1878). 

—  —  Lea      beilles  (Paris,   1889). 

—  Sur  la  production  dea  femelles  et  dea  males  chez  les  Méliponites  (Compi,  remi.  \c 
So.  Paria,  t.  120,  X.  5.  pp.  273-275,  1894;  Extr.  in  Rev.  Scientif.,  Moulins  (4)  T.  3.  X  7 
pp.    216-217.     1894). 

Philipp*  E.  P.,  The  Hearing  of  Queen  Bees  (U.   S.  Dep.  Agric,  Div.  Entom.,  Bull.  Washington 
N.   55,   p.   32,     17    figg.,    1905). 

Platu  O.   E.,  Notes  on  the  nestiug  babits  of  several  north  American  Bumblebees  (Psyche    Boston 
Mass.,    voi.   XXIX.   X.   5-6.   pp.    189-202,    1922 1. 

Poey  l'ii.,  Memorias  sobre  la  Historia  naturai  de  la  Isla  de  Cuba  (Habana,  I,  pp.  122-176,  ISSI) 
(Trinomi  fuìvipeda,  Melipona  fulvipee). 

Rectschmikd  F..  Die  Biene,  ihr  Leben  und  ihre  Pflege '(Eegensburg,   pp.   12,   1907). 

Reichert  A.,  Auffalleudes  Vorkorauieu  von  Hummelnesiern  (Illusi.  Zeitschr.  f.  Entom  Xendamm 
4  Bd.  X.   19,  pp.  296-297,   1899). 

Riley  C.  V.,  (On  Bees)  Appendi*  to  bis  «Social  Insects»  Note  I-IV  (Proc  Bini.  Soo  ,  Washing- 
ton, voi.  9,   pp.  61-6S,   1894).  ° 

Rothe  H.  H.,  Das  Leben  der  Huniineln.  (Xatnrw.  Woclieuschr.,  Berlin,  Bd  18  w  457-46° 
1903). 

ROTHSCiiTZ  E..  Miscellanea  iilier  Apis  indica.  Melipona  minuta,  un  die  Krainer  Biene  Bienenzei- 
tung, p.  40,  Eiehstiidt.,    1872). 

Rusden  M.,  A  further  Discovery  of  Bees  treating  of  the  nature,  Governemeut,  Generation,  and 
Preservation  of  the  Bee  etc.   (143,  pp.  4  Kupfer,   London,   1679). 

—  —   Monarcby  of  bees  (London   1713).   Trad.   tedesca    (Hannover  1718  e   1721). 

Schiracii  A.  U-.,  Melittotheologia  (Die  Verherrlichung  d.  glorwiirdigen  Schopfers  andd.  wnnder- 

vollen  Biene,   XXX,  pp.   231,  4   Kupf.   Dreaden,   1767). 
SchoeniCHÉn  W.   Die  stanimesgesohichtliche  Entstehung  des  Bienenstaates  (Prometheus.    Berlin, 

Jahrg.    5,   pp.    117-121,  8,  figg.    1904). 

—  —  Die   «  Wachszange  »  der  bonigbieue  (Ans  der  Natur,   Berlin,   XI,   pp.   339-42,    1915  . 
Schonfeld   P.,  Die  Ernahrung  der  Honigbieue  (61   pp.   uiit.    11   fig.   Freiburg,  1897). 

SCHOY  C,   Aua  (leni   Leben   der  Huuimelu.   (Nat.   Wockenscher.,   Berlin,   lìd.   HO,   pp.   61-62,   1915). 
Si  uti.z   W.  A..   Ueber  das  Xest     vini    Bombns     cayennnisis     L.      (Verhdl.    K.     K.    zool.     hot..     Ges 
Wien,   51   Bd.   5   lift.,   pp.   361-362.  1901). 

—  -      Xeue  Beobachtiingen   an   siidbrasiliani.sehen   Meliponiden   Xestern   (Zeitschrf.   wiss.  Insekten- 

biol.,   Husum.    Bd.    1,   pp.    109-204,   250-254,   6  figg.,    1905). 
Si.adex   F.  W.   L.,   Bombi   in  eaptivity,  and  Hahits  of  Psithyrns  (Entom.   Monthly  Mag.,  London 
'2).   voi.    10     35),  pp.  230-234,    1899). 

—  —  The  Hiimble  bee.   Its   life-history  and  how  to  domesticate  it,   with    descripfcions    of    ali   the 

biitisb  gpecies  of  Bombila    ami     Paithyrus   (34   fig.,  7  pi.   2S3   pp.,   London,    1912). 

—  —  Inquilino  Bumble-beea  in  British  Columbia  (Canad.  Entom.  London,  Ontario,  voi.  47,  p.  84, 

1915     (Bombita  and   Psithyrns  living  in   the  sanie  nest). 
Smith   F.,  Xotes  on  the  Nest  of  Bombita  desinimi- Il  ti»  (Trans.    Ent.    Soc.     London,    ser.    II,     t.    I, 
pp.    111-112,    1851). 

—  —   On    Trigona  lairiceps  (Trans.    Entom.   Soc.    London,    ser    2,    IV,    pp.    118-99,    1864 1. 

—  —  «in   the  Constrnction  of  Hexagonal  cells  by  Bees  and  Wasps.  (Trans.     Ent.    Soc.    London, 

2  Bd.,  3  aer  ,  II   part.,   pp.    131-142,   1    pi  ,   1864). 
Sladler  H.,  Die  biologie  der  Biene    84  pp.  33  textfg.  Wiir/.bnig,   1011). 
Stahala    J.,   Ein     Bericht  iiber    die     Bineuzucbt    in     Nord   America    (Bienenzeitung,   Xiirdlingen, 

p.   202,   1880). 
Stkllwaag  F.,  Aus  deni  Leben  der  Hunimeln.   [Nat.  Woclieuschr. ,   Berlin,  Bd.  30,  pp.    465-471, 

1915). 

Stierlin  R.,  Ueber  daa  Leben  der  Hummeln.  (Mitt.  Nat.  ges.  Wiuterthnr,  lift.  6,  pp.  130-144, 
1906). 


BIBLIOGRAFIA  909 


Swoboda    H..    Organisation    dei-    Honigbiene    nnd    der  Bienen-sfcaat.     Progr.   Laudes  Realaohule, 

Neiititachein,    pp.   24,    1903). 
S/i  it/.KwsKi  A.,  Ein  Fall  vou  Kreuzung  zwÌBoheu   zwei   Hurnmelarteii  (Zeischr.    nat.    Abt.     nat. 

Ver.  Posen,  Jahrg.  22.   Het't..  3,   p.  29-31,    1916)  (Bombita  muscoritm  et   /•'.   terrettrit). 
Tihiki.ey   [.,  Melissologia  or  temale  mouarchy  or  history  of  Beea    (200  pp.   1   tali.   London,    ITI  li 

II  ed.   (Loudou,   1765). 
Tobias  li.  0.,  Znr  Naturgescbiclite  der   Eumuiel.  (Bombii*)  (Abliandl.   naturf.  Gesellsch.,  Gorlitz., 

VI.   pp     15  21,  1842). 
Tomascheck  A.,  Ein  Schwarni  der  americaniscbeu  Bienenart  Trìgona  lineata  Lep.  lebeud  in  Europa 

(Zool.   Anzeig.,   Leipzig,   p.   60.    1880). 
Tompson  C.  B..  Dual  quens  in  a  oolouj    of  honey  bees  (Science.   Lancasler,   XLV1II,  pp.  294  95, 

1918) 
TbeviranuS  ti.   K.  Ueber  die  Hereitung  dea  Waohsea  durcb  die  Biene  (Zeitsclir.    f.     Phyiiol.,    3 

Bd,    Darmstadt,    1829). 
ToCK   W.    IL,   Note  ou   the  habita   Bombili    latreillelus  (Entom.   Moothly   Mag.,   London     (2)   voi.    8 

(33),  Oot.   234  235,    1897). 
\  aimv   1".,  Chez  les  Abeilles.   Hiatorie  d'une  ruehe  (Limoges,   Ardent  X    Co.,     pp.    98,     6    grav., 

1889). 
VoGEL  F.   \V.,  Die  Honigbiene  (409  pp.   135  textitig.,   Mannlieim,  Schneider,   1880). 
V.m.i    H.,   Geometrie  nnd  Oekonomie  der   Hieuenzelle  (68  pp.,   8   tab.,   5   taf.,   Brealait,   1911). 
Studien  iiber  das  Artprobleui.   Jlitteilun;;   1  :    Ueber    das     Varili  cu     der     JI melo.   Teil.     1. 

(Berlin,   Sitzgsb.   Ges.   Natur.    Fr..   pp.   56  in.    1    Taf.    6   Ggg.,    1909). 
Warder,  The  trne   Amazons  or  the  Monarchy  of  Beea  l>einn  a   new   Diaeovery  eto.  (London  ITU', 

II   edit.,  ibid.,   1713,   III   edit.   ìbiil  ,    1710,   Vili   edit.,   ibid.,    1T49.   Trad.   tedesca,    Hannover. 

ITlS.   Reimpr.  ibid.,  1721). 
WATERHODSE  C.   O.,   Notes  of  the  nest  of  beea  of  the  genita   Trigona      Trans.   Knt.     Soc.    London, 

pp.    133-136,   1  pi.,   3  figg.,    1903). 
Weippl  T.,   Beitrage  znr  Naturgeschìchte  der  Honigbiene  (Berlin,   1909  . 
Wbsterlund  A.,   Die  Bombus  seiueu  Xestbau  beginnt.  (IUnat.   Zeitschr.   f.  Entom.   Nendamin.,  3 

Bd..  N.  8,  pp.   113-114,    1898). 
WOODISURG  T.   \V.,   I>ie  italienische   Biene    uach    Australie!!     verpflanzt    (Bieneiizeitung,     p.     151, 

Nordliugen,  1863). 
Zander   E.,    Ein  Beitrag    znr    Frage  dei-    Honigbildiing    Miinchener    (Bieneiizeitung.     11     Heffc., 

1909  . 

Der  Bau  der  Biene,  VI,  (182  pp.,  mit.  20  Taf.,   n.   119  Abb.  ini  Text.,  Stuttgart,    1911). 

Das  Leben  der  Biene    (151   pp,   120  Textfig.,    10   Tabellen,   Stuttgart,    1913). 

—  —  Das  Geruchsvermogen  der  Bienen  (Bini.  Centralblatt,   Leipzig,   Bd.   33,  N.  12,  pp.  711-716, 

1913  . 
_   —  Das  Leben  der  Biene  (Verlag  E.   l'Imer,   Stuttgart.    1921) 


Società  delle   Formiche. 

Ai  JDO> -kanih-s   l".,  Economia  formiearum   (cimi   M.  Gehlerj   (Ainpbitbeatr.  Dornanvii,    I,    1623). 

André   E.,   Les  Fourmis  (Paris,   345  pp.,    1885). 

_  _  Les  fonrmis  cliampignonuistes  (Bull.  Soc.  Grayioise  d'Emnl  2,»  pp.  271-280,    1889). 

Bargagli  P..  Notizie  intorno  alle  abitazioni  della  Formica  rtifa  L.  .Bull.  Soc.  Entom,  Dal.,  Fi- 
renze,  Ann.   XXV.   trini.  I,   pp.,  42  45,    1893). 

Barboteau,  Essai  sur  la  Fourmi  (Journ.  Pbya.,  Paris,  VIII,  pp.  383  395,  1776:  IX,  pp.  21-66, 
88  96,   1777  . 

Bakkkr  E.   E.,   The   Bull-Anta  of  Victoria   (Vietorian  Naturai,   20'.   pp.    104-111,    1903. 

BettanY  G.  T.,  The  Galleries  of  tbe  cutting  Auts  of  Texas  (Atta  feroens)  (Nature,  London, 
voi.   20,   n.    52",   p.   583,    ISSO). 

—  —   The   e  Parasol  »   Anta  of  Texas,   how   they   cut  and  carry  leaves  :   origin   of  eastes    by    evo- 

lutiou   {Ibidem,    voi.   21,   n.   523,   pp.   17-18,    1881). 
Berthblot,    Lea  Cités  des  Fourmis  (Eevne  Scientifique,    Paris,    t.  II,    1877). 
Bir.BEHG,   Dissertano  historialis  de   Formicis   (Eesp.   .1.    llammarus,   LT[isala,    1690). 
Blakk  J.,  On  tbe  structure  of  the  Honey-bag    in    the    Honey  niaking   Ant  (Mirmecocystus    mexi- 

canna)  (  l'roc     Calif.   Acad.   Se.  S.   Francisco,    Pt.   2.IJ  p.   98,   1873. 
Blociima.w   F.,  Ueber  die  Griindung  neuer  Nester  bei  Camponolus  ligniperdue  Latr.  nnd   anderen 

einheimisclien   Ameisen   (Zeitschr.   f.    wiss.   Zool.   Leipzig,   41   Bd.,    4   Ht't..   pp.   710  727,    1885). 
Boerner  I.   C.   IL.   Natiirgesehiclite  der  Ameisen   (Boerner  Samuel   I.   pp.    179-196,    1774). 
Bonatei.li    F..   11  ponte  volante  delle  Formiche  (Atti     Ist.   Veneto    Se.     Lett.    Art.,     Venezia,     54, 

pp.   930-931.   Boll.   Naturai.,   Siena.   IT,   pp.  8-9,  1897). 
Bos  H.,  Bi.jdrage  tot  de  Kennis  von  den  lichaamsbouw    der    roode    boschmier,     Formica  nifa    L. 

(mang.   dias.   Ili,   p.   2,   Groningeu,   1885). 

—  —  Een  neat  van  Lasin*  fuliginosue  (Tijdsohr.  Ent.,  Tbe   Haguc  36,  pp.  230  239,    1893). 

_  —  Die  Pharao-Anieise  (Monomorinin  pharaonis)  iliiol.  Centi-albi.  Leipzig.  13.  pp.  244-255, 
1893). 


910  CAPITOLO    SETTIMO 


Boi  RGKOIS  J.,  L'origine  des  fourmillières,   état  actuel  de  la  question  d'après  les  Communications 

faites  au  congrès  international  de  zoologie  temi  à  Berne  en  aont  1904  (Bull.  Soc.  Hist.  nat., 

Colmar,  N.  S.  toni.   7.   pp.   121-127,   1904). 
Botjviek  E.  L.,  Sur  l'apparition  des  màles  et  des  fenielles    dans  le  uid  de  la  Fourini    des    prés 

et  de  la  Fonimi  fanve  du  Haut  Jura  (en  collaboratiou  avec    Roger    Rondor)    (C.    R.    Acad. 

Sciences,  Paris,  10  Oct.  1921). 

—  —   Xouvelles  recherches  sur  l'apparition   des  individua  reprodncteurs  dans  la  Fonimi  fanve  et 

la  Fonrmi  des  prés  (C.   R.   S  ances  de  l'Acad.   des    Se.   Paris,  CLXX,   pp.   555  558,   1S>22). 
BRUCH  C,  Costumbres    v    nidos    de     Hormigas    (Anales    Soc.    Cient.    Argentina,  Buenos    Aires, 

LXXXIII,   pp.   302-316. 
BRCBS  C.   T.,   Xew  and  little-known   Guests  of  the  Texas   Legionary   Ants.   (Anier.  Xatur.  Boston, 

36,  pp.  365-378.  1902). 
BuCKlXGHAM   E.   X.,   Division  of  Labor  among    Anta.     (Boston     Proc.     Anier.    Aead.     Se,    p.    83, 

with  1  ]>late  and  19  figures,   1911). 
Castles  J.,   Observations  on   the  Sugar  Ants  (Philos.   Trans.,   80,   pp.   346-358,   Voigt.     Mag.    81, 

3,  pp.  90-100,   1790). 
COBI  .ili   K.,   L'ibernazione  delle  Formiche  (Verh.   Zool.  Bot.  Gesell.   Wien,  53,  pp.  369  380,  1903  . 
COKNKTZ  V.,   Observations  nocturnes  de  trajet  de  fourmis  (Ann.   Soc.   Zool.     Suisse    et    du     Mus. 

d'Histoire  de  Genève,   Revue  Suisse  de  Zoologie,   Genève  XXII,  pp.   581-95,    1915). 
Das   Problem  der  Riikkelir  zum  Nest,  der  forschenden    Ameise     iZ.     f.     avìss.     Insektenbiol. 

Hnsnm,   Heft,   5-11,    1911). 
COUPIN  H..  Le  monde  des  l'ourmis   (Paris,  Delagrave,   160  pp.     Rev.   Nature,   70,   pp.   29.   1904). 
Crawley  &   Donistorpe.,  The  founding  of  colonies  uv  queen  Ants  (II,  Iutern.  E  il  toni,  Congress., 

pp.   11-17.  1914). 
Uaxiell  G.,  Notice  on  the   Habits  of  Myrmica  domestica  Selinck,  together  with  some    account  of 

a  nieans  of  tnrning  the  industry  of  this  minute  Ant  to  account  in  the  preparatiou  of    Ske- 

letons  of  sniall  animala   (Limi.   Soc.  London,   2,   pp.   172-177,   aun.   of  X.   H.   (2)    10.  pp.   457- 

461,   1852  . 
Darwin  C,  The  Habits  of  Ants  (Nature,  London  8,  p.  244,   1873!. 
Day  F..   On   the  Habits  of  ants   (Proc.   Cheltenham  Soc,   pp.   71-103,    1883-1884). 
DlEHL  A..  Die   Sitten  unii   Xester  einiger  Ameisen   der  Sahara    bei    Tugurt    und     Biskra     (Mitth. 

Sckweiz.  Ent.  Gesell,   Schaffausen  10,  pp.  453-459,  1903). 
Dilger  .1.  S.,  Rempublicam  formioarum  favente  divino  nomine  sub  praesidio  Job.  Andreas  Schmidt 

esplicatoti  .Io.   Simon  Dilger,   UlmenBis,  auctor    respoudes  (Jenoe,     Banhofer,     28    pp.     1     pi., 

1684). 
Doflein  F.,   Beobachtungen  an  den  Weberameisen  (Oecophilìa  emaragdino)  (Biol.  Centralbl.  Leipzig, 

25,  pp.   497  507,  5   figg.,   1905). 
Donmsthorpk  H.  St.  .1.  ani)  Crawley  W.    C,     Polymorpbisin    in    Ants    (Trans.     Entoni.    Soc, 

London,   pp.   X  XIV,   1914). 
Dufour  L.,  Note  sur  la  Formica  barbara   (Ann.   Soc.  Ent.    Trance,     Paris    (3),     4,     pp.     341-343, 

1856). 

—  —  Note  sur  la  Formica  savignyi  (Ibid.  (4)  2.  p.   141,  1862). 
Ebnrrus  E.,  Encomiuni  formicarum  (Amphitheatruni,  Dornavii,  I.   1541). 

Ebrard  E.,  Nouvelles  observatiou  sur  les  Fourmis  (Biblioth.   Univ.   Rev.   Suisse  Genève,  p.   466, 

.Inillet   1861'. 
Edwards  H..  Notes  on  the  Honey  making  .J  nt  of  Texas  and    New  Mexico    Myrmecocislns    mexi- 

innus  of  W'eestwood  (Proc.   Calif.  Acad.   Se,   San    Francisco      5.     pp.     72-75,     1     fig.,     Ann. 

Nat.    7,   pp.   722-736   1    fig..    1873) 
F.mery  C,  Studi  Myrmecologici  [Bull.  Soc.  Ent.  Ital.  Firenze,  2,  1870). 

-  —  Le   Formiche  Ipogee,   con   descrizioni  di  specie  nuove  o  poco  note  (Ann.     Mus.     Civ.     Stor. 

Nat.   Genova,   7,  p.   465,   1875  . 

—  —  Aggiunta  alla  Nota  sulle  Formiche  ipogee  (Ibid.  7,  p.  895,  1875\ 

-  —  Mimetismo  e  costumi  parassitari   del   Campoìiotns  ìateralis  01.  (Bull.  Soc.  Ent.  Ital.,  Firenze, 

pp.  412-413,    1886). 

—  —  Le  tre  forme  sessuali  del  Dorylus  helvolus  L.  e  degli    altri  Doiilidi     (Ibid.,    19,    pp.     344- 

351,  pi.  40,   1887). 

—  —   Ueber  den  sogennauten    Kaumageu  einiger   Ameisen    (Zeitschr.     Wiss.     Zool.     46,     Leipzig, 

pp.   378-412.  plus.   27-29.    1888). 

—  —  Zur  Biologie  der  Ameisen  (Biol.  Centralbl,  Leipzig  11,  pp.  165-180,  1891). 

—  —   Die   Eiitstehung  und  Ausbildung  des  Arbeiterstandes  bei  deu  Ameisen   (Ibid.,  14,    pp.    53- 

59,   1894 \ 

—  Studio  monografico  sul  genere  Azieca  Forel  (Meni.   Acc.  Bologna    3,    pp.     119-152,   2  tav., 
1894). 

—  —   Le  problème  des  Doryles  (Hj-niénopteres)  (Bull.   Soc.   Ent.   France,   Paris,     44,    pp.  LXXI- 

LXXIV,    1895). 

-  —  Alcune  forme  del  genere  Azteco,  For.    e  note  biologiche  (Bull.   Mus.   Zool.   Anat.   Comp.    !>'. 

Univ.,  Torino,  11,  p.  230,   1896'. 
—  Le  Polymorpbsnie  des  Fourmis  et  la  Castration  alimentaire  (C.   R.   3  Cougiès  Interi!.  Zool., 
Leyde,   pp.   395  410,   1896). 
-  Végétarianisme  chez  les  Fourmis  (Arch.  Se  Phys.  Nat.  Genève,  8,  pp.  488  490.  1899). 


BIBLIOGRAFIA  911 


Esikrv   C,   Intorno  alle  larve  di   alcune   Formiche   (Meni.   Acad.   Se.   Bologna,   3,   |i.   93,   1899  . 

—  —  Sul   Polimorfismo  delle  Formiche  e  particolarmente  dei   Doriliui   (Monit.  Zool.  Ital.  Firenze, 

11   Buppl.,   p.   17,    1900  . 
-  —  l)er  (ìeschleclitspolyniorlismus  dei  Treiberameisen   nini  die  lliigellnse   Urforui    der   Ameisen - 
weibehen    (Nat.   Wochenschr.   Berlin    17.   pp.   64-55,   1901). 

—  —  Studi  sul  pnliformismo  e  la  metamorfosi  nel  genere  JDorylus  (Rend.     Sess.     R.     Acoad.    Se. 

Ist.   Bologna,  N.   S.,   5,    pp.   109-110,   1901'. 

—  —  Intorno  ad  alcune  specie  di   Camponotus  Bell'America  Meridionale  (Ihitl.,   N,   S.  7,    pp.    62- 

81,   15  Hgg.,   1903). 

—  —   Zar  Kenntniss  des  Polymorphismus  der  Ameisen  (Jahrb.  .lena,   Suppl.     7,    Festschr.     U'ei- 

smani),  587-610,  6  Hgg.,    1904). 

—  —   Sur  l'origine  des   fourmilières     (C.   R.   6   Congrès  Int.   Zool.,  Berne,   pp.   459-462,    1905). 

—  —  Zur  Kenntniss  des  Polymorphismus  der  Ameisen  (Biol.  Centralbl.,  Leipzig,     26,    pp.     624 

630,  4  tìgg.    1906  . 

—  —  Osservazioni  ed  esperimenti  sulla   Formica  Amazzone  (Ren.  R.  Acc.  Se.  Ist.  Bologna,  pp.  49- 

62.   1908). 

—  —   La  fondazione  delle  Società  di   Myrmica   (Reudic.    R.   Acc.   Se;   Bologna,   CI.     Se.  Fis.,    XIX, 

pp.   67-75. 

—  —  Considerazioni  sull'alimentazione  delle  Formiche  (Ibid.). 

—  —  Kotinen  weisellose  Ameisenvolker  die  fi-blende  Mutter  aus  eigenen  Mitteln  ersetzen  .'  (Biol. 

Centrlhl.   Leipzig,   Bd..  35,   pp.   252  254,   1915). 

—  —  Studi  sui   Camponoiiis  (Boll.  Soc.  Entom.  Ital.,  HI,   pp.   1-49,  1920). 

Kmmki.ius  C,   Beitrage  zur  Biologie    einiger  Ameisenarteu   (Zool,  Anzeiger,   Lei)>zig  L,   pp     303- 

31,   1920). 
Ernst  C,   Einige   Beobacl-tungen   an   kùstliclien   Ameisennestern   (Biol.   Centrlhl.,  Leipzig,  Bd.  25, 

pp.   47-51.    1905)  (Ibid.,  Bd.   26,  pp.   210-220,     1906). 
Esciiericii  K.,  Febei-  einige  Ameisengiiste  (Ent.  Nachtr.,   Berlin,   23.  pp    21-25,   1897  . 

-  Ueber  Ameisengiiste  und  Ameisenstaat  (Verh.   Naturw.    Ver.     Karlsruhe,    13,    pj>.   137-139, 

1900  . 

—  —   Ueber  die  Giiste  der  Ameisen   (Mitteil.   Philom.  Gesell.   Elsass-Lotbr.   pp.   461-474,    1902). 

—  —  Zur  Biologie  der  nordafrickatiischen     Myrmecoeistus-3,rtea    iFormiciden),   Mit.   2     tìg.    (Allg. 

Zeitschr.   f.   Entom..   Neudamni.   7    Bd.,   X."  18,   353-360,   1902). 

—  —   Ueber  die  Biologie  der      nieisen   (Uebersicbt.   iiber  die  neueren  Arheiton     (Zool.    Centralbl. 

Leipzig,   pp.   209-250,    1903). 

—  —   Bibliogr    et  analyses  des  travati  x  sur  la  biologie  des  Formieides  (Zoid.  Centralbl.,  Leipzig, 

XIII,  p.  405,   1906  . 

—  —   Die  Ameise.   Schilderung  ihrer  LebensweiBe  (Verlag  von  Vicweg  u.  S.,  Braunsclnveig,  1917). 
Fa i.i.i 1 1-  .1.,   Notes  sur  les  Hyménoptères  de  la  tribù   des  Fourniicions   (Paris,   19  pp.,   1892  (Extr. 

Rev.  Se.  Nat.  Appi.,   Paris,   n.   1,   5  Jan.   pp.    1-17,    1892). 
Fiki.dk  A.  M.,  A  stndy  of  an  Ant.  (Proc.  Acad.  Nat.  Se.  Pliiladelphia,  53,  pp.  425-449,    1901). 

Further  Stndy  of  an   Ant  (Ibid.,  pp.   521-544.   1901). 

Notes  on  an  Ant  (Ibid.,  54,  pp.  599-625,   1902). 

—  —  Supplenientary  Notes  on  an   Ant  (Ibid.,  55,   pp.   491  495,   1903). 

—  —   Experiments  wit  Ants  Indnced   to  Swim.   (Ibid.,  55,   pp,   617-624,   1903). 
Artiticial   Mixed  Nests  of  Ants  (Biol-  Bull.   Boston,   6,   pp.   320  325,   1903). 

—  —  A  Cause  of  Feud  between   Ants  of  the  sanie  species  living  in  Dift'erent  Communities    Ibid., 

5,   pp.   326-329,    1903). 
_   _   On   the  artiticial   Creatiou  of  Mixed  Nests  of  Ants  (Ibid.,  6,   p.  326,   1904). 

Portatile  Ant-Nests  {Ibid.,  7,  pp.  215-220,  1904). 

_   _    Effects  of  Light-ravs  on  an   Ant.   [Ibid.,  6,   p.   309,   1904 1. 

Tenacity  of  Life  in  Ants  (Ibid.,    voi.  7,  pp.    300-309,     2    figg.,    1904)    e    (Scient.    Amer., 

New  York,  voi.   93,   pp.   363  364,   5   figg.,    1905). 

—   Observations   on   the  Progeny  of  Virgin   Ants   (Biol.   Bull.,   Boston   IX,    pp.   355-360.   1905). 

_   —  The  coiinniinal  Life  of  Ants  (Nature  St  mi  v  Rew.,  London,  pp.  239-251,    1905). 

FORK.r.  A.,   Les  Fourmis  de  la  Snisse   (Nouv.  Meni.   Soc.   Helv.   Se.   Nat.,   Zurieh,   26,   477  p.,   2  pi. 

1874). 
Etudes  Myrmécologiques  en  1875,  avec  remarques  sur  un   point  de  l'anatomie  des  Coccides 

(Bull.   Soc.  Vaud.   Se.   Nat.,  Lausanne   14.   pp.   33-62.   1875). 

—  —   Etudes  Mirmécologiqiies  en  1879  (Ibid.,   1879  . 

—  —  Etudes  Myrmécologiques  en  1884  (Ibid.,    188  1). 

Etudes  Myrmécologiques  en   1884,   avec  une  descriptiou  des  organes  sensoriels    des    anten- 

nes  (limi.,   2(1.  pp.  316  380.  1885). 
_  Etudes  Myrmécologiques  en   18S6.  I,  Polymorphisme.  Observations  sur  les  moeurs  du  For- 

micoxemu  nitidulus    Nyl.    et    de    quelqnes    autres    liòtes    de    la    Formica    pratensi».    Diverses 

observations  de  moeurs  (Ann.   Soc.   Entom.    Belg.,   30,   pp.    131-215,  1S86). 
_   Ueber  die  Ameisensubfamilie  der  Doryliden   (Verh.   Deutscb.  Xaturforsch.    Leipzig,     63,     2, 

pp.   162-  164,    189D. 
Le  male  des   Cardiocondilar et  la  reproduction  consanguine    perpétuée     (Ann.     Soc.     Entom. 

Bel.   Bruxelles  36,  pp.   458-461.  1892). 
Observations  uouvelles  sur  la  biologie  de  quelqnes   Fourmis     (Bull.    Soc.     Vaud.     Se.     Nat. 

Lausanne  (3)  29,  pp.   51-57,    1893). 


912  CAPITOLO    SETTIMO 


Forel  A.,  Auts'Nest  (Wit  2  pi.  Transl.  Kep.  Smithson.  Instit. Washington,  pp.  479-506,  1894)  (Transl. 
froni  Neujahrabl.   Ziiiich,  Naturf.  Ges  ). 

—  —    Die  Nester  der  Ameisen  (Neujahrabl.  gesell.     Ziiricli     pp.    1-36.    2    pls.      1892    Transl.    in 

Ann.  Rep.  Smith.  Inst.  Washington  for  1894  (Pubi.   1896)  pp.  479-505,  2  pls.,  and  in  Interi). 
Journ.   Micr.  Nat.  Se.  16  (  1897)"  347-381 ,  2  pls.). 

—  —  Conimiiuication   verbale  sur  le»  nioeurs  <les  Fourmis    de    l'Ani  riqne  tropicale    (Ann.     Soc. 

Ent.   Belg.   Bruxelles,   41,  pp.  329-332,  1897). 

—  —  Ueber  don   Polymorphismus  und  Ergatomorphiamns  der  Ameisen  (Verh.    Gesell.    Dentschr. 

Natnrf.  Leipzig.  66,  2,  pp.   142-147,   1894.  Tranci,  ardi.  Se.   Pliys.    Nat.    Genève,    32,    Oct., 
181M-). 

—  —   Qtiel >| nes   particulaiités  de  l'habitat  des   Fonrmis  de  l'Aniérique  tropicale  (Ann.   Soc.     Ent. 

Belg.   Bruxelles,  40,   5,   pp.    167-171,    1896). 

—  —   La  parabiose  chez  les  Fonrmis  (Bull.   Soc.   Vand.   Se.   Nat.   Lausanne,  (4),   34,   pp.   380  384, 

1898). 

—  —   E  bau  che  sur  les  nioeurs  des  Fonrmis  de  l'Aniérique  du   Nord   (Rivista  Se.   Biol.  Torino,   2. 

3,   pp.    1-13,  Transl.   in    Psyche  9,   Cambridge  Mass.   pp.   331  239,  243-245,    1900). 

—  —   The   Social   lite  of  Anta    Transl.    by    Prof.   F.   C.  de  Snmichrast    Internat.     Monthly    Bur- 

lington,  5  and   6,   pp.   563-579,   710-724.   1902). 

—  —  Recherchea  biologiqnes  r^centea  de  Miss  Adele  Fielde  sur  les  Fourmis    (Bull.     Soc.    Vaud. 

Se.   Nat.   Lausanne,   (4)  39,  pp.   95-99,    1903). 

—  —  Ueber  Polymorphismus   und   Variation  den     Ameisen     iZool.     Jahrb.     Sappi.     7,     Festschr., 

Weisinann,  pp.   571-5S6,  Jena,   1904). 

—  —   Diniorphisine  du  male  cliez  les  Fourmis  et  quelques  autres  notices   myrmécologiqnes  (Ann. 

Soe.    Knt.   Belg.   Bruxelles  48.  pp.   421-42o.    1904). 

—  —  Einige  neue  biologiscbe  Beobachtungen    iiber    Ameisen     (C.     R.     6    Congrès    Zool.    Berne, 

pp.   449-456,  1905). 

—  —   Einige  biologiscbe  Beobachtungen  des    Herrn     Prof.     Dott.     E.     Gòldi    an     Brasilianischen 

Ameisen   (Biol.   Centrulb.,   Leipzig,    25,   pp.    170-181,  7  figg..    1905). 

—  —  Moeurs  des  Fonrmis  paraaites    des    genres   Wheeleria  et  Bothrìomyrmex    iRev.    Suisse    Zool. 

Genève  14.  pp.  51-69,     1906). 
—   Fondation   des  Foiuniilières     do    Formica   Sanguinea.     A     propos    des    «  Foiirmilières-bous- 

soles»,  2  mémories  (Genève  et  Lausanne,  Ardi.   Se.    phys.     et    Bull.     Soc.     Vaud.     Se.     Nat. 

pp.  2  et  3,   1909). 
_    _   Le  monde  social  des   Fonrmis   (5   voi.,  voi.   I,   p.    192,   3  pi..   30  figg.,   voi.   II.  p.  184.  4   pi., 

38  fig<*.,   voi.   Ili,   p.  227,   2  pi.  28   figg.  Avee  appendice    da    Dr.     E.     Bugnion,     avec    8  pi.; 

voi.  IV.  p.  172,  4  pi.,  11  Bgg.;  voi.  V,  p.  17H,  3  pi.,  30  figg.  Genève,  1921-22-23,  Libr.  Knndig). 
Feaskr  H.  .1.,  Few   notes  un   Ant  bistory  and    habits   (Proceed.  of  the  Entom.    Society    of    Nova 

Scotia.  Trino,   n.   4.   pp.   6-9,    1919). 
FROGGATT  W.   W.,  Honey  Ants  (Horn,   Scient.  Exped.  Centr.  Anatrai.,   2  pp.  385-392.  1  pi.,  1896). 
Fukai  T.,  The  Habits  of  Polyrhachis  lamellidens  (in  lingua   giapponese      (Insect.     World.     12,     7 

1908). 
Gauder  M.,   Ameisen   und   Ameisenseele  (Einsiedeln,  pp.   176,   1907). 
Gai.lardo  A.,   De  conio  se  fundan   In  nuevos  bormigueros  de  bormiga  negra    (Rev.   Jardin    Zool. 

Buenos    Aires.    (2)   :'.,    pp.    212  216,    1907). 
Gebien   H.,   Das  kiinstliche  Ameissennest  Formicarium    (Natnr  und  Schule,  4,  pp.  500-508,   2  figg., 

1905'. 
Gehlerus  M.,   Formica.   Epistola  seennda  (ad   Winceslaum  Steplianum   Archidecan.   Cuttenb.)    De 

gemma   formieina  (Dornavius,   Amphitbeatr.   Sap.   Socraticae  Joco-Seriae,   Hanov.,   pp.     93-95, 

1619). 
Gèni:  C.  <;.,   Memoria  per  servire  alla  storia    naturale    di    alcuni    Imenotteri    (Meni.     Soc.     Ital. 

Resici.   Modena,   23.   pp.   30-62,   1842). 
Gf.nihy  T.   G.,  Observations  on   Formica  flava,    and   Inferenees  deducted  Therefrom   (Canad.   Ent. 

London   Ont.  6,   pp.   63  67.   1874). 
Gleditscii  J.  G.,  Descriptio    miiltitiidinis    insignis    formicarnm    congregatarnm,     quae    auroram 

borealeni  referebant  (Act.   Reg.  Soc.   Berol,   pp.   46  55.   1749.   Beri.   Abhandl.     3     p.   418;   Gle- 

diseh.   Phys.   Bot.  Oekon,   Abhandl.   2,   pp.   1-18;   Hamburg  Mag.,   8,   i>p.   393-408,   1751). 
Goki.di   E.   A.,   Beobactungen  iiber  die  erste  Anlage  einer  neuen   Kolonie  voli   Jtla  cephaloples  (C. 

R.  6  Congrés  Interu.  Zool.,   Berne,   pp.  457-458,   1905). 

—  —   Myrmecologische     Mitteilung  das  Wacbsen  des   Pilzgartens    bei     Alla    cephalotes    betreftend 

ilhid.,   pp.   508-509,   1905). 

—  —   Der   Ameisenstaat.   Seine  Enatebung,  seine  Einrichtiiiig  die  Organisation  der  Arbeit   u.  die 

Natiirwunder  seines  Haushaltes  (Leipzig,   Hinmiel   und  Erde,  p.  48,   m.   Figuren,   1911). 
Goodchild  J.  G.,   Ants  (Trans.   Scott,   nat.   Hist.  Soc.     Edinburg,     voi.     2,     part.     1,     pp.     49-72, 

1903). 
GOUI.D   \\*.,   An   account  of  English   Anta  (London,  Millar,  109  pp.,  1747.    Extr.   Phyl.   Trans    482, 

pp.   351-365).   Extr.  Danz.   Wóebtl  Az.,   1767,   Recens.   Hamburg  Mag.    1,   pp.    91-101. 
Gounelle  E.,  Transport  de  terre  effectué  par  des  Fourmis  au  Brésil  (Bull.     Soc.    Ent.     France, 

Paris,  pp.  332-333,   1896), 
Green  E.  E..  On   the  Habits  of  the  Iudian  Ant  (Oecophylla  smaragdinà  F.)  (Trans.  Entom.     Soc. 

London,   Proc,  pp.   IX-X,   1896). 


BIBLIOGRAFIA  913 


Green  E   E.,  Om  the  Habita  of  the  India»  Ant  Oecopìn/llas  maragdina  Fabr. ( Abstr. )  The  Zoologia!  (3i 
20   (March.),   110,    1896;   Id.   Ent.   M.   Mag.   London,    2)  7,  32.   Apr.    1896. 

—  —  Note  on  the  Webspinning  Habits  of  the  «  Red  Anta  »  Oecophylla  smaragdina  (.Tonni.  Bombay 

Nat.   Hist.  Soo.,   13,    181,  1900. 

—  —  Note  on   Dorylus  orientato  (West.  Indiai]   Mus.   Notes,  5,  39.   1900). 

—  —   Pupae  ot'tlie  «  Red  Ant  »  (Oecophylla  imaragdina)   (Spolia  Zeylanica,  1,  pp.  73-74,  tis;.,  1903). 
i.i  i  ;rin-Menevili.e  F.   E..  Notice  sur  une  nouvelle  espèce  «le  Fonimi  découverce    a.    Sainte  Do- 

mingue  par  M.   A.  Sai  le  et  qui  tait  aon   nid  dans  les  plaines     marécageuses  sur  les  buissons 

(Myrmica  sallei)  Kev.  Mag.  Zool.,  4  pp.  73-79,    1S52). 
Hagen   H.   A.,   Die  Honigameise  und   die  westliche  Ameise    iXach   Me  C'ook)     (Katter's     Entomol. 

Naehrichten,   Berlin,  8  Jabrg.,   n.   13-14,  pp.  186-191,  1882). 
Hagens  J.  .voti).  Die  Gastfrenndechaft    der    Ameisen    (Jakresb.    Natnrw.   Ver.     Elherf.     Barmen, 

PP.    111-128,    1863  . 

—  —  (iaste  von    Tapinoma  (Sammelbericbte)   (Berlin  Ent.   Zeitschr.,   p.  233,  1863). 
-■   —   Ueber  Ameisengiiste  (Ihid.,  pp.   105-112,  1865). 

—  —  Ueber  Myrmedonia  plicata   and   .1/.  erratica     Ibid.,  pp.   112  113,   1865). 

—  —   Ueber  Ameisen   mit  geinitsehten   Colonici)   (Ibid.,  pp.   101  108,   1867  . 

—  —  Einzelne  Bemerkmigeu   iiber   Ameisen  (Ibid.,  pp,   265-268,    1868. 

—  —   Ueber   Hetaerius  in   Ameisennestern   (Ent.   Nachr,   Berlin,   pp.   259-260,    1879). 

Hai.idav  A.   H.,  Summary   of  the  naturai   History  of  Anta  (Isis,  Magdeburg,   2.   13,  pp.  6-10,    2, 

14,    pp.   30-32.    1851). 
Haniiart  Von   di'ii     Kiimpfen   unii   Sclilachten   der  Ameisen   nach   Hnber.   Recherches    sur    les 

moeiirs  dea  fourmis  indigèues.   (Wissenschaftl.  Zeitfcbr.     Baseler    Hochscnle,    2,     p]>.     62-73, 

1825). 
Hazel  A.,  Ants  Caught  on   a   Trip,   to  California  (Hym.)   lEntom.   News,  voi.  XXVII,  pp.  421-423, 

Philadelpbia,  1915  . 
Feaw.ee  T.  J.  and  Geo.  A.   Dean.,   The  Momid  -  building  Prairie  Ant  [Pogonomyrmex    ocoiden- 

talis  Cresson)     Kansas  State  Agrio.  Coli.  Bull.  154,  pp.   165-180,  13  figg.',   1908). 
Hn.r.ERT  R.,   Zur  Biologie  von   Tetramorittm   caespitum   L.   (Zeitschr.   Wiss.   Inseckt.   Biol.,  Ilnsnm., 

4,   p.   308,    1908) 
Holliday  M.,     »   Srn.lv  of  Some  Brgatogynic  Ants  (Zool.  Jahrb.,   Abt.  Syst.  Jena,   19.    pp.  293- 

328.   16  figg.,    1904). 
HolmGhkn  X.,  Ameisen  (Formica  exsecta  Xyl.    als  Hugelbildner  in  Siimpfen    (Zool.    Jahrb.,  Abt. 

Syst.,   Jena   20.    pp.   353  370,   14   figg.    1904  . 
Hope  F.    W.,  Inquiries  iuto  the  ground  for  the  opinion  that  Ants  lay  tip  stores  of  food  for  the 

Winter.   (Trans.   Ent.  Soe.  London,  2  Proc.,  37,   1837). 
Hubkk  J.,   UebeT  die  Koloniengrtindung  bei  Alla  sexdens  (Biol.  Centralbl.,   Leipzig,   25,  pp.  606- 

tìl9.   625-635,  26  figg.,  1905). 
Idem     Transl.)  (Smiths.    Report  for   1906.   pp.   355-367,   pls.   1-5,   1907). 

—  —  A  origem  das  colonias  de  Sauba  (Atta  sexdens)  (Boi.  Mas.  Goeldi  Para,    5,   1,   pp.  223-24], 

1908  - 
HrnER  P.,  Recherches  sur  les  moeurs  des   Fourmis  indigèues   (Paria  et  Genève,  1   voi.,  pp.   13  et 
328,   pi.   2,   1810.   Féiinpression,   Genève,     ISbT  . 

—  —  Trad.   inglese    per  Johnson,   2  pi.,  p.  398,   London,    t8?0). 

Hukpsch   Beschreibung  einer  Maschi  ne  die  Ameisen   und  anderen   Insekten   zur  vertilgen      In 

(Jenn.   and   French)  (Colli,   1   pi.,     1777  . 
Imhofp  L.,  Grosse  Schwiirme  von    Formica   uigra  ani   17  .Tuli   1841.  (Ber.  iib.  Verh.  Naturi Gesell., 

Basel,  5,  pp.  164-180,   1843). 
Jacobson   E.,  Xotes  on   Web  Bpinning  Ants  (Victorian  Nat.,  21,  pp.  36  38,   1907  . 

—  —   Verfertiguug  der  Gespinnstnester   von    Polyrhachis  bicolor  Sin.   auf  Java    Communioated    by 

E.   Wasmann     (Notes  Leyden  Mus..    30.    pp.   63  67.  pi.   6,    1908. 
Jacobson  E.  &   Wasmann  E.,   Beobactung  iiber  Polyrhachis  dives    aus  .lava  die  ihre  Larven  znm 

Spinnen   der  Nester  benutz   (Notes   Leyden    Mus..   25,   pp.    133-140.    1905). 
Janet  C,  Nids  artificiels  en  plàtre.   Fondation  d'une  colonie  par  une  femelle  isolée    (Bull.    Soe. 

Zool.   France,  Paris,   18.   p.    Uis,     1893). 

—  —  Appareil   pour   l'élevage  et   l'observation  des  Fourmis  (Ann.   Soe.   Ent.     France,     Paris,    62, 

p.   467.    :)    figg.    iNote   2  .    [893  . 

—  —   J.tmles   sur   les  Fourmis.   3   note   (Bull.   Soe.   Zoo!.   France,   Paris  18,   pp.   168—171,   1893). 
Les  Fourmis   (Ibidem,  21,   pp.   60    93,   1896). 

—  —   Appareils  pour  l'observation   des  Fourmis  et  des  animaux  myrmécophiles  (Mém.   Soe.   Zool. 

France,    10,   pp.   302,   Paris,   22.   pp.   3   figg.,    1   pi.,    1897). 

—  —   Les  Fourmis   (Exposition   Intern.   Bruxelles,  Section  des  Sciences,   Bruxelles,   Hayez,  56  pp., 

18<i7  . 
' —   —   Observations   sur  les   Fourmis  (Limoges,   Ducourtieux    et    Gont,     68    pp.,     7     pi.,     11   Iìl:u.. 

1901  i. 
Jhering  H.  (v.i.  Die  Anlage  neuer  Colonien  und  Pilzglirten  bei   Atta  sexdens  (Zool.  Anz.,  Leipzig, 

21    Bd  .   n.   556,   pp.   238-245,   1898). 

—  —  Zur  Biologie  >\ei-  Brasilianiachen  Meliponiden  (Zeitschr.  vriss.   Insekteubiol.   Husum,  pp.  9, 

mit.    1    tiu.    1(112). 

—  —  Biologie  und  Verbreitung    der    Brasilianischen     Arten     voti     Eeiton  (Entom.   Mitt.,    Berlin, 

PP.   li'.   1912  . 

A.  BERI.E5E,   Gli   Insetti,  li.  —    115. 


914  CAPITOLO    SKTTIMO 


Karawiew   W.,  Osservazioni  sulle  Formiche  nei  formicai  artificiali   plastici   (Riv.    russa    tli   Ent., 
3,   pp.  94-9S,  174.  170,  1903)   (in  lingua  russa). 

-  Due  osservazioni  sulla  vita  delle  Formiche  (Mém,  Soc.  Nat.,  Kiew,   19  (1902)  XLYII,  1905) 
(in  lingua   russa). 

—  —  Versuche  an   Ameisen   in   Bezng  auf  das  Uebertrageu  der  Larve»  in  die  Dtiukellieit  (Zeitschr. 

Wiss.   Insekt.,  l>iol.  Hnsiiui   1,   pp.   215-244,   257-267,    1905). 

—  —  Osservazioni  sulle  Formiche  nei   formicai  artificiali   di  gesso    (Meni.     Sue.     Nat.,     Kiew,     19, 

(1902)    XXXV,   1905)   (iw   lingua    russa). 

—  —  Systematisch-Biologisohes  iiber  drei  Ameisen,  aus  Buitenzorg  (Zeitschr.   Wiss.  Iusekt.   biol. 

Husum,   2.  12,   pp.   369-376,   16  figg.,   1906). 
Katuiuc  M.,   Osservazioni   biologiche  sulle   Formiche    (Glasuik    Naravosl.   Druzt,  2,     pp.    105-110, 
1892). 

—  —  Ulteriori   osservazioni   biologiche  sulle   Formiche  (Ibtd.,   6,   pp.   14-28,   1892). 

King  E.,   Observations    coucerniug    Enimets  or   Ants,   their  eggs,    production,     progress,     coming 

to  maturity,  use  (Philos.  Trans.,  2,  23,  pp.  425-428,   1667). 
Knauer   F.,  Aus  dem  Leben  der  Ameisen  (Der  Naturhistoriker,    Wien   5,   pp.  340-351,    18S3). 

—  —  Die  Ameisen   (Aus  Natur  u.   Geisteswelt,   Leipzig,   (Teubuer)   94,    156  pp.,   61    figg.,    1904). 
Kuttkk  IL,   Beitrage  zur  Ameisenbiologie  (Biolog.  Centralbl.,    Leipzig,    XXXVIII    pp.     110116, 

1918). 

—  —   «  Gehe  hin  zur  Ameise  »   (Verlag  Bircher   Beni.    u.   Leipzig,   1920). 

LaGerheim  G.,    Ueber  Lusius  fiiliginosua  (Latr.)   und  seine    Pilzzucht    (Ent.     Tidskr.     Stockholm, 

21,   pp.   17-29,   4  tìgg.,   1900). 
Lamekre  A.,  Note  sur  les  moeurs  des  Fourmis  du   Sahara  (Ann.  Soc.  Eiit.   Belg.,  46,    pp.    160- 

169,    1902). 
Latastk  F.,  Quelques  observations  sur  l'étiologie    du     Brachymyrmex    giardi    Emery    (Acta     Soc. 

Se.  Chili   Santiago,   6.   pp,   2-3,   Meni.   pp.   84-88.    1896). 
Latreille  P.   A.,   Essai   sur  l'histoire  des  Fourmis  de  la  Franco  (Brives  An.,   6,   1798). 

—  —  Observations  sur  la  Fouruiifongueuse  de  Fabricius   (Bull     Soc.   Philoin.    Paris  2,   1,  25  tìgg. 

(Traimi.   Wiedeuiann's,  Arch.  2,   1,  pp.    181-182,   1799). 

—  —   Historie  naturelle  des  Fourmis   (Paris,   An.    10,   1  voi.,    1S02). 

Lemoixk  F.,  Observations  biologiques  et  anatomiques  a  propos  de  trois  fourniilières    arti ficiel les 

(Bull.   Soc.   Entoni.,  France,   Paris,  u.   4  bis.  pp.    129-131,   1896). 
Léonard  P.,   A  uiarvel  of  motherhood  :  a.  record  of  observations   of    the  founding  of  a  colouy  of 

honey-ants  {Myrmecócystus  mexicanus)  (The  Theosophical  Patii,   Point  Louia  Calif,  VI,  pp.  225- 

232,    1914). 
Le.M'Ès  C,   Observations  sur  les  Fourmis  nentres  (Ann.   Soc.   Zool.   Paris   (4)   19,    p.   241,   1863). 

—  —  Conférénce  sur  les  Fourmis  faite  mix   Soirées  Scientitiques  de  la  Sorbonne  et  publiee  daus 

la    Kevne  des  C'ouis  Scientitiques,   Paris,   3  (Mars    i7)  pp.   257-265,    1866). 
LlNDER   C,   observations  sur  les  Fourmilières-Boussoles     (Bull.    Soc.    Vanii.   Se.   Nat.,     Lausanne, 

(5),   44,   pp.   303-310,  6  tìgg.,   1908). 
Lurbock  .1.,  Observations  on  Ants,   Bees  and   Wasps.   Parts  I,   II,   III  (JournxLinn.  Soc.  London' 

12   (1876),   pp.    110139,   227  251,   445-514.   l'art  IV,   13  (1878),   pp.   216  258.   Parts  V  and    VI, 

14  (1879:,   pp.   265290,   607-626.     Parts     VII    and     VIII,     15     (1881),     pp.     167-187.     362-3N7. 

Part   IX,   16  (1883,  pp.   110-121.  Part  X,     17  (T884),  pp.   41-42,   tìgg.   aud  pls.,   1876-1884). 

—  —  The   Habits  of  Ants   i  Rovai  Instit.   Great   Brit.,  Jan.   26,    1877). 

—  —  On   the   Habits   of  Ants  etc.   (Se.   Lect.,   London,   1   voi.    with   pls.,   1S79). 

—  —   Les  Moeurs  des  Fourmis  (Transl.  by  J.  A.   Battandier,     ilger,    1   voi.,   1880). 

—  —  Observations  on   the  Habits  of  Ants  (Entoui.   London   15,  pp.   33-36,  18821. 

—  —  Longevity  ot  Ants  (Amer.  Naturalist,  Philadelphia,  voi.  20.  n.  2.  pp.   170-171,  1886). 
LUCAS   II.,   None  sur  le   Miirmecooi/Btita  mei, ieanua  (Ann.   Soc.   Ent.     France,     Paris,     3,     pp.     54-55, 

1855). 

—  —  Observations  sur  les  Busileras  mi   Fourmis  à  miei    du     Mexique  (Myrmecoryalus    melligerus) 

(Rev.    Mug.,   Zool.   (2)    12.   pp.   269  280,   1860). 
Lunp  A.   W.,   Lettre  sur  les  habitudes  de  quelques  Fourmis  du    Brésil,   adressée    à    Mr.   Audouin 

(Ann.    Se.   Nat.    Paris,    23.    pp.    113-138,    1831). 
Mac  Atee   \V.   L.,  The  biting  powers  of  Ants  (The  America»   Museum  Journal,   New  York  XVIII, 

pp.   141  7,    1918). 
Mac  Cook   IL,  Notes  on  the  Archi tecture  and  Habits  of  Formica  pennsylvanica   (Trans.  Ann.  Ent. 

Soc.  Philadelphia  5.  p.   277,    1870'. 

—  —  Note  on  the  Marriage-flinghts  of  Lasiiis  flarus  ami    ilyrmica    ìobicornia    (Proc.    Acad.    Nat. 

Se.   Philadelphia,   p.   33,   Ann.   Mag.   Xat.    Hist.   (5ì   3.  pp.  326-328,   1879;. 

—  —  The  naturai  History  of  the  .Agricultural  Ant  of  Texas.   A  monograph   of  the  Habits,  Archi- 

tecture,  and  Structure  of  Pogonomyrmex  barbatila  (pp.  310,   24  pi.   Philadelphia,   1879). 

—  —  The  Shilling  Slave  maker.   Notes  on  the  Architecture  and   Habits    of    the    America»   Slave- 

making  Ant    {Polyergua  lueidus)    (Proc.  Acad.  Nat.  Se.    Philadelphia,     pp.     370-3S4,    pi.     19, 
1880). 

—  —  The  Honey   Ants  of  the  Garden  of  the  Gods   (ìlyrmecocystua  meliiger    (Proc.     Ac.     Nat.     So. 

Philapelphia.  pp.  17-77,   13  platea,   1881). 
Maggi  L.,   Sopra  un  nido  siugolare  della  Formica  ['uliginosa  Latr.   (Atti  Soc.   Ital.   Se.     Nat.     Mi- 
lano  17,  p.   64,    1874). 


BIHUOGRAFIA  9]5 


Mai    ■!    L.,   Intorno  ai   nidi  della   Formica   fuliginota  (Jòirf.,   18,   p.   83,   1875). 

Marshall  \\\,  Leben   nud  Treilpen  «lei-  Ameisen  (Zonl.   Volt.  3  and  4,   pp.   1-144,   1889. 

Mavì;  G.   und  Aruivii.t.ius  C  Beschreibimg  der  von   Di'.    V.  Sjoatedt  heiingebrachten     Ameisen- 

nester,   (Mit.   2  taf.    Ent.  Tidskrift  Stokholm  Arg.   17.   Hft.   2/3,  pp.  253-25fi.    1896). 
JIki.-i MiKiMi.i!  J.,   Lebensgewonlieiten     ilei-  Ponerineu   (Nat.   Wochenaohr.  Berlin   17,   pp.  487-489, 

3   figg.,   19D2). 
MOGGIUDGE  .1.  T..  Harvenating  Ants  and  Trapdoor  Spider»,  witb   Observations  un     their    Habits 

and    Dwellings  (London,   2  voi..  20   pia.,    187  1   . 
Moller  A.,  Die  Pilzgarten  einiger  audauierikaniachen  Ameisen    (Mit.    7    taf.    und    4    Hol/.sclm. 

im  test,  Jena,  G.  Fischer,  VII,  pp.   127,   1893  . 
MuckermaN   11..    l'be  Btrncture  of  the  Neata  of  some  N'ortli   American   Speciea  of  Formica  (Psyche 

Cambridge   Mass.    voi.    9,    n.    314,   pp.    355-360,    1902). 
Milr.i.ER  P.,  Die  Kdnigin  der  Meliponen   (Kosmos,   Leipzig,   II  Jahrg,   pp.  228-231,    1878). 
MìiLLEit  \V.,   Beobachtnngen  an   Wanderameiseu    (Eciton  hamatum     Fabr.)    (Kosmos,     Leipzig     18, 

pp.   91-93,   1886). 
Nassoncv    N,   \'..  Contribuzione  alla  storia  naturale  delle   Formiche  (Zool.  Mus.   Univ.  Mosca,   1, 

pp.   1-12.  6  tav.  (in  lingua  russa),    1889). 
Needham  .1.    I'.,  Observations  sur  l'histoire  uaturelle  de  la  Fonrmi,    à    l'ocoasion     desquelles  on 

relève  quelques  méprises  de  certains  auteurs  célèbres   (Meni.   Acad.   Bruxelles,    2,     pp.    295- 

312,   1780). 
Newell  \Y..  Notes  ou  the  Habits  of  the  Argentine  or  «New  Orleans»   Ant.  Iridomyrmex  Tmmtlis 

Mayr.  (Jouru.  Econ.  Ent.  Coucord.   I,  1   feb.   pp.   21-34,   1908). 
(>.,   Observations  sur  les  Foarmis  nommées  Fourmis  de  visite,  connnes  a  Paramaribo,  province  de 

Surinani  dans   l'Amérique  Meridionale   (Meni.   Acad.   .Se.    Paris,    1701). 
PaGKNSTEcher  H.  A..  Ueber  Honig-produci rende  Ameisen   (Froiep's  Notiz.    2,     13,    ]ip.  194-197, 

1861). 
-  —   l'elici-  Uyrmeoocystus  mexieanns  (Heidel.    Jahrb.,     L'itt.     3,    cf.    Wien    Ent.     Monatschr.,  5, 

p.   317,    1861  . 
Pére/.  Ctt.,   Une  cooperative  animale   (Kev.   Elicici.   Larousse,    10,  pp.   767-771,   6   figg.,   1900). 
PlNTNBK  T.,  Ans  dem   Leben   der  Ameisen  (Schrift.   Ver.   Ver.   Verbi-.  Nat.  Kenntn.,  Wien.  Bd.  46, 

pp.    101-146.    1906  . 

—  —  Ameisen  un  ter  sich  und  ihre  Giiste  (Schrift.  Ver.   Verbr.   Nat.   Kenntn.   Wien,  47,  pp.   1-48, 

1906). 
PltlCER  J.  L..   The    Life    History  of  the  Carpente!'  Ant   (Biol.   Bull.   Boston,    14   (3   feb.),   pp.  177- 

218,    7    Hgg.,    1908  . 
Provantchkr   Li.,   Edible  Anta.  (Nat.  Canad.,  Quebec,   13,  pp.   30-31,    1882). 
Raatz,  Die  Pilzgarten    einiger    siidamerikaniscker  Ameisen   (22,  Jahresber.  Westfiil.  Prov.    Ver., 

Miinster.   p.    6,    1894). 
Rafin  G.,   Ignovorous  Ant.   (Compte  Rendu  99,   pp.   212,    1884)    (Journ.     Roy.   Mici'.  Soc.  4   (1884) 

ami  Ani.   Nat.   1885,   p.   403). 
Raygek  C,  De  Formici»    volautibns    (Ephem.    Acad.    Nat.    Curios)     (Dee.  3,    pp.    2-21,     27-29, 

1694). 
Reh  L.,  Biologische  Beobachtungen  an  brasilianischen    Ameisen  (Illust.  Wocliensclir.  f.  Entomol., 

Neudamm,  2   Bd.,   n.  38,  pp.   600  603,  n.  39,  pp.  612-616,  1897). 
Reichenbach   IL,    Ueber    Parthenogenese    bei    Ainei.senknlonien    in    kiinstlichen     Nestern      Biol. 

Centralbl.   Leipzig.  22  Bd  ,   n.   14.  n.    15,  pp.  461-465,  1902). 

—  —    Der  Ameisenstaat   nini   die   Abstenimiingslehre  (Ber.   Senckenb.   Naturf.     Gesell.     Frankfurt, 

a.    M.,    pp.    126  147,    1908). 
ReichenspeiìGer   l'i:..   Beobachtungen  an  Ameisen.   F.in  Beitrag    zur    Pseudogynen    (Zeitschr.     f. 

W'issensili.    Insektenbiologie,    Berlin,   XIII,   pp.    145  152,    1917). 
Robbrgitids  L  ,   (Roberg  Lorenz).  De  Formicarum  Natura.  Diasertatio  (Resp.  Lindwall,  Upsaliae, 

16   pp.,    1710). 
Robkrt  E.,   Observations  sur  les  moenrs  des  Fouruiis  (Ann.   Se.   Nat.   Paris  (2)     18     pp.    151-158, 

1842). 
Roger  J..    Einiges  iiber  Ameisen   (Beri.   Ent.   Zeitschr..    1,   pp.   10-20,   1857). 
Rotuxey  G.   A.   .1..    Notes  on   Indiali   Ants  (Trans.   Ent.   Soc.   London,   p|>.   347-374,    1889). 
Runow   F..   Die  Nester  der  europiiischen   Ameisen  (Die  Xatur,   Halle  36,   p.   435,    1881. 

—  —  Die   Wohnimgen   der  Ameisen    (Ent.   Jahrb,    Leipzig   15,   pp.   148-171,    lt<05). 
Saussure   II.   de,   Les  Fourmis  Américaines  (Bibl.  Univ.  (3),   10,  pp.  28-38,   158-172,   1883). 
SaVaGE  T.   S.,   'in   the   Habits  of  the   Driver»,  or   Visiting  Ants  of  West  Africa  (Trans.  Eut.  Soc., 

London   5,   pp.    1-15.    Proc.   Acad.   Nat.   Se.   Philad..  4,   pp.    195-200,    1847). 
-i  K   C.   !•'..   Eciion     testaceum     genannte  Ameise    (Jahrb.     Ver.    Naturk.,    Herzogth.,    Nassau, 

in   pp.   137  149,    1855). 
Schmidt  .1.   A..  Diasertatio  de   Repubblica  forniicarnm  (Resp.  LMlger.,  Jena,    1684). 
Schmitz  H.,   Das  Leben  der  Ameisen  und  ihrer  Giiste  (G.  J.  Manz.,  Regensburg,  190  pp.  46  figg  , 

1906). 

—  —   Kiinstliche  Ameisennester  (Mit.   Beschreibimg    neuer    Formen)    (Ent.    Wochenbl.     Leipzig, 

21.    pp.    121-122.    125-126,    137-138,  5   figg.,    1907). 

-     De   nederlandsebe  mieren   en   baar  gasten   (Jahrb.    1915,   Natnurbist.   Geuootsch..    Limburg). 
Smalian   C,   Altes  und   Nenes   ans  dem   Leben   der  Ameisen   (Zeitschr.    f.   Natnrwiss.   (Nat.   Ver.   f. 
Sachseu  eie  |   Leipzig,   67  Bd,,    1-2  lift.,  pp.   1-46,   1894). 


916  CAPITOLO    SETTIMO 


Smith  W.  \V.,  Oh  the  Habits  of  New  Zealand  Auts  (Trans,  and  Proo.  N.  Zealand  Inst.   Voi.   28 

(11)  pp,   468-469,    1895). 
StUMPER  lì.,  L'iniluenee    ile    la    Temperature    sur    l'activité    des    Fourmis    (C.     K.    Soe.     Biol., 

Paris,  LXXXV1I,  n.  20,  pp.  9-10,   1921'). 
Tannkr  J.   E.,   Oecoduma  eephalotes.   The   parasol  of  Leaf  cutting  Ant.  (Trinidad  Field.  Nat.  Club., 

1,  3  Aug.,  pp.  68-69,   1892). 

—  —   Oecodoma  eephalotes,  Secoud  Paper  (Ihici.,   1,   5,   pp.    123-127,  Dee.   1892). 

Tkppkk  J.  G.  O  ,  Habits  of  some  Australiau  Auts,  ete.     (Trans.   R.  Soe.  Se.   Anatrai.    Adelaide, 

voi.  5.   pp.   24  JS,    1882). 
Thesing  C,   Ueber  den  Nestbau  einiger  Ameisen  (Aus  dei  Natur.,   Halle,   1,  pp.  664-668,  6  ligg., 

1906). 

—  —  Altea  und  Neues  aus  der  Ameisenbiologie  (Hiinmel.   u.   Erde,  Berlin  u.  Leipzig,   19,   pp.   23- 

33,  5  tigg.   1907). 
Thikn>.masx  A.,   Riesenuester    der    Waldameise  bei   Hilcbeubaeh   (Westfal.     Proviuz.     Ver.     ZooP 

Sekt.   43,   Miiuster,   pp.   148  150,   2   taf.,    1915). 
Ti'iiNicii  C.  H.,  The  Homing  of  Ants,  au   Experiuiental   Study  of  Ant.     Behavior    (Jouiu.    Coiup. 

Neur.    Psyeli..  Granville,   17.  pp.   367-434,  3   pls.,    1907). 
Ule  E.,   Bluniengarteu  der  Anieisen  ani  Ainazoneiistiome.   Vegetationsbilder    .G.     Karsteu     u.     H 

Schenck.,   Heft.    1.   6  taf.,  Jena.   1905). 
Umpark  J..  Dissertatio  de  Formici»    Resp.  L.    Kyllenius,   Upsaliae,  44  pp.,   1706). 
Unzer  J.  A.,   Uupartbeyisohe  Gutachten  iiber  die  Ameisen   (Anzer's  Pbysikal.  Scbrift.,  1,  pp.  372- 

381.  Neu.  Hamb.  Mag.  82,  pp.   373-383). 
UriCii,  F.   W.,   Notes  on  tbe  fungus  growing  and  eating    babit    of    Sericomyrmex    opacus    Mayr. 

(Trans.    Knt.   Soe.   London,   pp.    77-78,    1895  . 
Notes  on   some  fmigus-growing  Ants   in   Trinidad   [Joum.    Trinidad   Club,    2,    7,     pp.     175- 

182,    18115). 
VlEHMKYER  IL,   Bilder  aus  dem  Ameisenleben  (Leipzig,     Quelle     u.     Meyer,     159     pp.,    48     ligg., 

1908). 
WaSMANN   E.,   Ueber  die  Lebensweise  einiger  Aiueisengiiste.    I.    iDeutscb.     Ent.     Zeitschr.    Berlin, 

pp.    19-66,    18S6). 

—  —   Ziir  Biologie  einiger  Anieiscngaste     Ibidem,  pp.   347-351,    1892). 

_   —    Formica     exsecta  Nyl.    uud    ihre     Nestgeuossen     (Verb      Nat.     Ver.,     Bonn,     51,     1,  pp.   10- 

22,    1804  1. 
_   Erster   Nacbtrag  zu  den   Ameiseiij;.:isteii    voli   Hollandisoh  Liuibiug.  niit  biologiscben  Notizeu 

(Haag,  Ti.jdschr.  Eut.,  41,  pp.   1-18,    1898). 
_  Ueber  die  Giiste   voli     Telia  mar  inni    caespitum,    sowie    iiber    eimge    andere    Myrmecophileu 

(Versi.   53   Souierverg.   Ned.    Ent.    Ver.,    pp.    60  65,    1898  . 
—  Die  zusaiiimengesetzten  Nester  und   gemischten   Kolonien   der   Ameisen   (262  pp.,     16    tìgg., 

2   taf.,   Miiuster  i.    W.   Ascbendorffsche  Buchdrukerei,    18911. 
Neues  iiber  die  zusamtnengesetzten   Nester  und  gemischten  Kolonien  der  Ameisen     (Allgem. 

Zeitschr.   Eut.,    Neudamm,     6,     7,     Ref.     E.     von     Hanstein.     Nat.     Rundsob.     Brunswich    18, 

pp.   S68-370,    1901-1902). 
._    _  Aineisenarbeiterinuen  als  Ersatzkonigiuen    (Mitili.   Schweiz.     Ent.     Gesell.   Schaftbauaeu    11, 

pp.   67-7",    iy04). 

—  —  Extraordinary  Feinales  in  Turee  species  of  Formica,   with     Reuiarks     on     Mutation     in     the 

Formieidae     (Bull.     Amer.    M'iS.     nat.     Hist.     New     York,     voi.     19,     pp.     639-651,     3     ligg., 

1903  . 
Zur  Lebensweise  eiuiger  in   und  ausliindischeu  Ameisengaste    (Beitrag.    zur    Kenntnis    der 

Myrmekophilen  und  Termitophilen)  (Zeitschr.   wiss.    lusekteubiol.,   Hiisiim,   Bd.,   1,   pp.    329- 

336,    384  -390,     418-428,     1905  . 
_  _   Versuche  mit  einem  brasilianiscben    Ameisennest  in    Holland.     Beitrag    zur    kenntnis    der 

Myrinekophileu  (Tijdschr.   Eni. un.,  Tbe   Hague,   1>.  48,  pp.  209-313,   1   taf..  1905  . 
Die  phylogenetiscbe  Umbildnng  ostindischer  Ameisengaste  in  Termiteugaste  (Mitt.  Scbweiz. 

Eni  olii.    Ges.    Schatihausen.     voi.     11,     pp.     66-70,     C.     lì.     6ine     Con.     Entelli.     Zool.,     Berne, 

pp.   436-449,    1905  . 
Urspruiig  und  Entwiekelung  der  Sklaverei   bei    den   Ameisen    (146.     Beitrag    zur     kenntnis 

der  Myrmekopbilen)   (Biol.   Centralbl.   Leipzig,   Bd.   25,    pp.    117-127,    129-114.   161-169,     256- 

270.   273-292,   2  tìgg.,   1905  . 
Die    Gastptìege    der    Ameisen,     ihre     biologischen     unii     pbilosopbiscben     Probleme    (Borii 

traeger,    Berlin,    162   pp.    1920). 
Sur  les   Nids  des   Fourmie  migrantes  (Eoiton   et  Anonima)    (Atti  Pontif.  Accad.,  Nuovi  Lincei, 

Roma,   60,    6   pp.,     1907). 
_  _  yjWej   fiir  Holland  neue  £>nèisen,     mit    anderen     Beinerkungen     iiber    Ameisen     und     deren 

Giiste  aus  Siid-Limburg   (Tijdsobr.    Entom.,   The   Hague,   D.   58,   pp.    150  162,     1915). 
_   _   Ueber  Ameisenkolonien  mit  Mendel'seher  Misohung.    (Bici.    Centralbl.,    Leipzig,     Bd.     35, 

pp.    113-127,    1915).  .  . 
Nacbtrag  zinii   Meudelismus   bei   Ameisen   (Biol.   Centralbl.   Leipzig,   Bd.    35,    pp.     obl-564, 

_   _   Bemerkungen   zur    neuen     Auflage     von     K.     Esehericli    «Die    Ameise  »     (Biol.    Centralbl. 


Leipzig.   KXXVIII,   pp.    1H3  129,    191S'. 


BIBr.IOGIiAFIA  9]  i 


Wasmann  E.  asu  JaCOBsON  E.,  Beobachtuugen  iiber  Polyrhaohia  divee  auf  Java  die  ihre  Larveu 
zum  Spinnen   der  Nester  benutzt  (Notes   Leyden    Mus.   25,   pp.    133-140,   1305). 

Whbelkr  W.  M.,  The  female  of  Eoiion  sttmichraali  Norton,  with  some  Notes  un  the  Habits  of 
Texas  Ecitona  (Araer.   Nat.   Philadelpia,   34  pp.  563-574,    I   tìgg.,   1900). 

—  —   Tlie    Habits    of    Ponera    and    Stigmatomvia    (Bini.    Unii.     Boston     2,     pp.    43-69,    «     tigg., 

1900). 

—  —  Notices  biologiques  sur  les   l*"o it i-m ìm    mexioainee    (Ann.    Soc.     Ent.     Belg.,    Bruxelles,     45, 

pp.  199-205,  1901). 

—  —  The    Compound    and     Mixed     N'ests    of    American     Anta    (Amer.    Nat.,     Philadelphia,     35, 

pp.  431-448,  513-539,  701-724,  791-818,  20  6gg.,   1901  . 

—  —  The  Parasitic  Origin  of  Maeroergates  Among  Anta  (Amer.   Nat.   Philadelphia,  35,  pp.   877- 

88(3,  1  ng.,    1901). 
An    Extraurdinarv   Ani  guest   [Ibid.,   35,    pp.    1007-1010,    2    Bgg.,    1901). 

—  —  The  origin  of  Fornaio  and  Wor  er  Ants  troni  the  Eggs  of  Partlienugenetic  Workers  (Science, 

N.   S.   1S,  pp.  830-833,    1903). 

—  —  Etbologioal     Observatious    on     an     America»    Ant.    (Lepiolhorax    emersemi    Wheelerj     i.'rch 

Psycol.   Nenrol.,   2.  pp.    1  31,   1    tigg.,     1903. 

—  —    Some  Notes  mi    the   Habits  of  Cerapachys  angustile  (Psyche.   Cambridge  Mass..    pp.    205-209, 

1  rig..  1903  . 

—  —  How  the  Queens  of  the  parasitic  and  alave-inaking  Ants  eatablish    their    Colonies  (Amer. 

Mus.   Journ,   New  York,   5.   4,    pp.   144-148.    1905). 

—  —  The   Polyinorphisni  of  Ants,     with     an     Account,    of    some    singular    abnormalitiea    due     to 

Parasi tism  (Bull.   Amer.  Mus.  Nat.  Hist.  New   York,   23,    pp.   1-93,    pls      1-6.    1907    e    Ann. 
Entoni.   Soc.   America,    1   Columbus,     1908). 

—  —  The   Fungus-growing   Ants  of  North   America  (Ibid.,    23,    pp.     669-807,     5    pls..     31     tigg.. 

1907). 
— -  —  Ou  Certain   Modified   Hairs   Peculiar  ti>  the   Ants   ed'  Arid  Regione  (Biol.  Bull.  Boston,  13-4, 
Sept.   1907,  pp.   185-202,    14  text-figg.ì. 

—  —  The  Polymorphism  of  Ants     Abstract.   Ann.   Ent.   Soc.   Amer..   1,    pp.    39-69,     pi.     1,     1908 

(Abstr.   of  Air.    in    Bull.       mei'.    Mus.    Nat.    Hist.   New   York,    23,   pp.    1-93,   pls.    1-6.    1907  . 

—  —   Honev  Ants,   with   a   Revisìon   of  tlie  North   America  Myrmécooysti     (Ibid.,    24, pp.  345-397, 

28  figg."  1908). 

—  —   Ants.  Their  strnctnre,   development   and   behavior    (New   York,   Columbia  University    Press, 

1913.   pp.  663,   286  tìgg.,    1  pi.). 

—  —  New  and  little  known  harvesting  Ants  of    the    genus    Pogonomyrmex    (Psyclie    XXI.     149- 

157,    1914  . 

—  —   On  the   presence  and  abseuce  of  cocoons  among  Ants,  the   nestspiuniug  habits  of  the  larvae 

and  the  siguìfìcance  of  the  black  cocoons  among  certain   Australian  species  (Annals     Entom. 
Soc.  of      merica,  Columbus  Vili,   pp.   323  342,   1916  . 

—  —   A  phosphorescent  Ant  (Psyche,   Cambridge   Mass.   23,   p.    173,    1916). 

—  —  Note    on   the  Brazilian     fire-ant,     Solenopsis    sacrissima,     Au     auomalous    blind   worker    Ant 

(Psyche,  Cambridge  Mass.   pp.   142  3,    143  5,    1916. 

—  —  The  phylogeuetic  development    of    subapterous    and    apterona    castes    in     the    Formicidae 

(Proceed.   Nat.   Acad.   of  Science  of  the   U.    S.     of    America.     Washington,     III,    pp.     109-17, 
1917  . 

—  —  A   stndy   of  Some   Ant    Larvae,    with   a    Consideratoli   of  the    Origin     and     Meauing     of     the 

Social  Hahit    among  Insects  (Proceed.   Amer.   Philos.   Society.   Philadelphia,    voi.   LVII,   n.   4, 

p.293.  1918). 
WiiKKt.Ki:   &    Baii.ev.  The  feeding  habits  of  Pseudomyrmine  and  other  Ants  (Trans.   Amer.   Phil. 

Soc.   Philadelphia,   XXII,   pp.  235  279,    1920  . 
YVheki.kr   W.   M.  ET   Me.   Ci.kndon  J.   I'.,    Diinorphie  Queens  in  an   American   Ant     Lasìus  lalipes 

Walsh.     (Biol.   Bull.   Boston  Woods   Holl.,  voi.   4.  pp.   149-163,  3   tìgg..   1903). 
Wheei.ki:  W.   M.   ami   Long   YV.   H.,  The    Malea    of    some    Texas    Ecitona     (Amer.    Nat.     Phila- 
delphia,  35.  pp.    157-173,  3  figg.,   1901'. 
Wetherii.i.  C.   M.,   Chemical   Investigatimi   of  the   Mexican   Honey     Ant     (Proc.     Acad.     Nat.     Se. 

Philadelphia.   6,    pp.    111-112,   1852). 
White  F.   B.,  The  nest  of  Formica   rufa  and  ita  inhabitants  'Scot.  Nat.  Edimburg,    1,    pp.   216- 

222.  258-263,    1871-72  . 
White   \V.   F..   Ants  and   their  Waya  ;   with   illnstrations    and     an     appendix    giving    a    complete 

list  of  genera  and   species  British  Ants    London,   279  pi'-,   1883). 
Yuxg  E.,  Dénombrement  dea  nida  de  la  Fourini   fan  ve  (/•'.  rufa   L.:   (Ardi.   Zool.  Exper.  Paris.  7, 

Notes  et   Rev.    Paria,   3.   pp.   XXXUI-XXX  V,    1K99). 

—  —   Combien    y-a-t-il   des  Fourmis  datis    une   Foni  inilicre  .'   {Formica   rufa)   (Arch.   Se.    Phys.    Nat. 

Genève,    10,   pp.   46-56,    Rev.    Se.    14,    pp.    269-273,    1900. 


91  8  CAPI  IOL0    MI  I  IJlo 


Società  delle  Termiti. 

Bach  M.,   Die  Termiten    (Natur  h.  Offenbarung,  VI,  pp.  406-415,  444-460.   1860). 

Banks  N.,   Kevision  of  the  Neartic  Termites.   Witli  notes  on   Biology  and  geograpbio  distribntion 

(53  pi.   Smiths  Inst.   I'.  S.  Nat.   Mus.   Uni].,   108,  Washington,  1920). 
Bates  H.   \V.  On    suine    partìciilars  in   the  naturai  history    of    the   Termi  tea    Proc.     Limi.     Soo. 

London  II,  u.   59,   p.   333,  1854 

—  —   A  Naturalist  on  the  Kiver  Amazon  (London,    1861'. 

lì.UM.iNN  E.,  Chemiscke  CIntersnchnng  vou  Brukstuchen  eines  von  Herrn.   Kenleanx  aua  Austra- 
lieti  initgehraehten  Aiueisen  odei  Termitennestes  (Sitzungaber,  il.     K.  Acail.     d.     Wiaa.     Berlin, 
Beli,    The   Naturalist  in   Nicaragua.    F.d.    2   (London,   1SSS). 
Bidie  ti.,   Termites  eroding   glass   (Nature  NXVI   London,  p.   549,  1882). 
Blaxfokd,  W.   F.   H.,  The  social  system  of  Termites  (Nature  LVI,  London.   1897). 
BuGNiON   E.,   Observations  relatives  a  l'industrie  des  Termites  (Ann,  Soc.  Eut.  Fr.  p.    16,  Paris, 

1910 
I.e  Termite  noir  du  Ceylon  (]bid..  voi.  78.   1909). 

—  —  Les  Ciilotermea  de  Ceylon   (Meni.   Soo.   Zool.   Fi  ance.   Paria.  1910). 

—  —   Le   Termes  ceylonicus  (Rev.   Suisse  de  Zool.   li)  Genève.   1911  . 

—  —   Le  Bruisaement  des  Termites     Bull.  Soc.   Entomol.  .Suisse,    12,  11   pp.,   Berne,   1912). 
Observations  sur   les   Termitides  (C.    K.   -soc.   de  Biol.   72,   pp.   1091-1094.   Paris.    1911'). 

-    —   La    Différeuciation    des   castes  chez     les     Termites      Bull.     Soc.     Entoin.     de     France,      Paris, 
pp.   213-21S,    1913). 

—  —  La   Biologie  des  Termites  de  Ceylan  (Bull.  Mus.  Hist.  Nat.,   Paria,   1904). 

—  —   Les  nioeurs  des  Termites   Champignonnistes     Bull.   Soc.  Nat.   Acclini.    France,    Paria.     Ann. 

61,    pp.   532-535.  1914  . 
BrGNiox  E.  et  Ferrière  C.   L'imago    du     Coptoiermes    flatus.    Larves    portant    des     riidimenta 

d'ailes   prothoraciques  (Mém.    Soc.   Soc.    Zool.   France,   Paris,   1911). 
Bugxion  E.    et    Popoff  N.,    Le  Termite     a     faine    de    Ceylon  :     Coptotermes    traviati 8    Havilaud 

[Ibidem.,   1910). 
Chaini.  .1..    Les  ilots   de   Termites  (C.    R.  de  l'Acad.   de   Se,    Paris,   pp.   650-653,   1913). 
COMBES  P..   Le  Termite  lncifnge    en    France   i«  Le  Cosmos»    Paris,   t.   53,    pp,    199-202,     3    fìgg., 

1905  . 

Corxelics  C.  Ueber  Termiten    (Verhandl.   uatnrh.   Ver.   Pruss.  Kheinl.  XIV,     pp.    20-44,     Bonn, 

1857). 
DeSNEux  J.,  Isoptera.   Fani.  Termitidae  (In.   P.   Wytsman,  Genera  Insector,  fase.  25,  2  taf.). 

—  —  Notes  termitologiquea,   I     Ann.  Soc.  Ent.   Belg. ,  XLIX,  Bruxelles,   1905. 

—  —  Notes  termitologiquea,  II  [lbid.,   LI,   1907  . 

—  —  Société  des  Termites  (Allocution   à  l'assemblée  gén.   du     21  Janv.     1923  à  la  Soc.    Ent.     de 

Belgique)   (Bull,  de  la  Soc.   Ent.   de  la   Belgique,     Bruxelles,    t.     V,     Case.     I-1I,     1>)>.     17-24, 

1928  . 
Diez  H.   F..  Notes  on  the  Termites  of  Indiana  (Proceed.  of  Indiana  Academy  of  Science,     India- 

nopolis,   pp.    S7-96,   1920  . 
Dimo  N.  A.,  The  Kóle  and  signitieance  of  Termites  as  regards   the    Character    of   the    Soil    and 

ground  of  Turkestan     TI, e    Russian   geologist,   n.   7-10,  pp.    153-190,     (con    quattro   tavole,   in 

lingua   russa1,    Kiew.    1916     (Abstr.  Journ.  of  Appi.   Entom.,   voi.   I,   n.    1,   pp.  95-99.     1917). 
Dóderi.ein   L.,   Termiten   in   dapali     Mitt.  Ges.    Natur.     il.     Vidkerkunde    Ost-Asiens,     Yokohama, 

pp.   211  217.   1881). 
Doflein   F.,  Ostasieufabrt.   Erlebnisse  eines  Naturforsckera    in    China,  Japan  ti.   Ceylon  (Leipzig, 

1906  . 

Drcmmond  H.,  On  the  Temite  as  the  Tropical-Analogue  of  the  Earth  worm.     Proc.     Roy.    Soc. 

Kdnnl...    XIII,    pp.    KiT-146.    1886  . 
Dtjdi.ey  P.  H.  uno  Beatjmont,  The  Termites,  or  so-called  «  Withe    Anta»,    of  the   Isthmua    of 

Panama   (J.   N.   Y.   Mici.    Soc,    V.   pp.   56  70,   111-112,    1889'. 

—  —  Observations  on  the  Termites  or   White  Anta  of  the  Isthmua  of  Panama     Trans.     N.    York 

Akad.,    Vili,    lsxs    S9,    IX.    lssy 

—  —  The  Termites  of  the  Isthmus  of  Panama   (N.   Y.  Micr.   Soc.   VI,    1890  . 

Emery  ('..   Zusammensetzung  u.  Entatelmng    der    Terinitengesellsehatten    (Resumé    von    Grassis 

Arbeiten)  (Biol.   Zentr.-Pd.   Leipzig,   XIII,  pp.  758-766,   1893). 
EsCHKRICH    K.,    Fine    Ferienreiae   nacll   Ervtlnca     Leipzig.    Quelle   &    Meyer  edit.,    1908). 

—  —  Aus  dem  Leben  der  Termiten  oder  weissen  Aiueisen    (Leipziger    Illnstr.    Zeitung,    v.    24, 

Sept.,   1908). 

—  —  Die  Termiten   oder  weissen   Aiueisen   (Leipzig.   Verlag  von   Dr.  Klinkhardt,     con     1     tav.     e 

tigg.,   191 

—  —  Terni itenleben   auf  Ceylon  (Gustav  Fischer  edit.,  Jena.   pp.   264,   3  tav.,   67  fìgg.   1911). 
Fahricius  1.  C.  Xà'here  Bestiminung  dea  Geacbleebts    der    weissen    Ameise    (Termesi     Beschiift. 

Beri.  Gesellsch.  Naturf.  Fr.,  I,  pp.   177180,  1775). 
FeytaUD  .1..   Contribution  à  l'étude  du    Termite  lucifugo  (Anatomie,   fondation   de  colouies    non- 
velles      Ardi     Anat.   micr.   Paris,   pp.    127.   3  pi.,  39  figg..    1912). 


BIBLIOGRAFIA  919 


Ki:\  uni  J..  Sur  Lea  jeunee  Colonie!?  du  Termite  lucifuga    C.  K.  uebdom.  Acad.  Se.,  Paris,  CLXXI 
n.  3,  pp.   203-206,   1920  . 

—  —  La  cité  des  Termite».  Moeura  sociale*  du  Termite   lucifage.    Sea    ravagea,    sa    deatrnction 

Paris,   !..   Lhomme,    135  pp.,   IO  Bgg.,   1921). 
Forbes  II    O.,  Termite*  kept  ì ti   uaptivity  by  Ants  (Nature,   London,  voi.    19,     n.   471,     pp.    4-5, 

1879)  [Temuti   lucifugus,   mxl  Formica   uigra). 
Forbl  A.    Lettre  .le  M.   Paul   Berthoud  ete.   mh    le»  moenra  ci.-»  Termitea    Terme)  bellicosità    (Mitt. 

Schweiz.   Bnt.  Ges.,  Sckauffhausen,    VII,   p.  297,   1887). 
PrOGGatt  W.   W.,   Anstralien  Termiti. lae.  Part.    I.     fl'roe.     Lino.    Soc.     X.    S.     Wales.    Sydney 

1895). 

l'art.   Il   (IMA.,    1  ■ 

»     III  i  Ibid..    L897  . 

—  —  The  White  Aut  City.   A  Natine  Stmlv  (Agric.  Gazette    of    X.  8.     Wales,  Sydney,  Angusti, 

1903). 
White  Anta  (Termitidae)  (Sydney,   1905). 

—  —  White  Ants  in  Orchards    (Agric.    (Jazz.    X.     S.    Wales,     Sydney,     XXIV,    n.    8      p      72J 

1913). 
Fullaway  D.   T..  Termites  or   White    Ants,     in     Hawaii     <  Hawaiian     Forester    &    Agriculturisf, 

Honolulu.    XVII,    n.    10,    pp.   294-301,    10   pi.,    1920   . 
FuLLER  C,   White  Ants  in   Nata]   (Agr.  .11.   of  the   Union  of  S.   Africa,   Capetown,   IV  Oct.   1912, 

pp.   542  571). 

—  —  Observationa  on  some  South  African  Termites  (Ann.  Xatal.  Mtiseum,     London,  III,     n.     2. 

pp.   329-504,    16   tìgg.,   11   pi.,    1915). 

—  —   White  Ant  Notes  (Jonrn.   Dep.   Airric.    Union   S.    Africa,   Pretoria,     II.     n.     5,    pp.   462.166 

1920  --  III,   2,   pp.   142  147,    192]   . 
The  Termites  of  South   Africa  (S.   African  Jouin.     Nat.     Hist.,   Pretoria,     pp.   14-52,    192], 

pp.   70-131,   1922  . 
Grassi  G.  B.,   Re  e  regine  di  sostituzione  nel  regno  delle  Termiti  (Bull.   Soc.  Ital.  Entom.  Firenze, 

Aun.  20,  pp.   139  147.  1888). 

—  —  Weitere    Mittheilnngen     iiber    die    Ersatz  —    Kònige    und  —  Koniginnen     ini    Reiche    dei- 

Termiten   iZool.  Anz.   Leipzig,   11   .lahrg.,   n.  292,   pp.  615-618,    18s>  . 

—  —  A  contribution   towarda  a  kuowledgc    of    Termites     i  fransi.     Entom.     Nachr.     in    Psyche, 

Cambridge,  Mass.   voi.   5,  n.   160-164.  pp.   250-255,    1889  . 

—  —   T.rmites  (Abstr.   in  Jouru.   R.   Mielose.   Soc.   London,  n.   5,   pp.  635-636,   1889  . 

—  —  Ein   weiterer  Beitrag  zar  Kenntuis    des  Termitenreichs    (Zool.    Anz.    Leipzig,    12    Jahrg., 

n.  311  pp.   355-361,   1889)   (Eutom.   Nachr      Karsch),     Berlin.   15  Jahrg.,   n.   14.    pp.    213  219, 
1889). 

—  —  Conclusioni  d'una   memoria  sulla  Società  dei  Termiti  (Atti  R.  Acc.   Lincei.    Roma.    voi.    I. 

fase.   2,   pp.    33-36,    1892  . 
(ìrassi    B.   k   Saxima»   A..   Costituzione  e  sviluppo  della   Società    dei    Termitidi.     Osservazioni     sui 
loro  costumi,   con   un'appendice   sui   Protozoi   parassiti   dei   Termitidi    e      sulla    famiglia  delle 
Embidinae    Con  5  tav .,  Catania  tip.  Galatola,   p.  150,  1893)  (Estr.    dagli    Atti    .  ce.    Gioen. 
Se.   Nat.  voi.  VI  e  VII,  Catania,  1893). 

—  —  The  Constitution   and  Developement  of  the  Society  of  Termites    (Quart.    Jonrn.    mici.     -    . 

Londou   XXXIX.   op.  245-322,   XL,   pp.   1-75,   1896-1897). 
Hai. in   11.   A..   Monogranhie  iler  Termiten   (Linnean   Entom.     X.     pp.     1-144.    pp.    270  325,    1855, 
XII.   pp.    1-342,   2   tab.,    1S60;   XIV.   pp.    73-128,     1860).     Contiene  tutta     la    letteratura     tino 
al   I8l 

—  —  Ueber   Termitenschaden     Stett.    Ent.   Zeit..   Stettin   XLV,   pp.    167-172.    1884   . 
Hagmann  Y.,   Die   Vogehvelt  der  Insel  Mexiana,   Amazonenstrom.   (Vogelnester  in     Termiten   hau- 

ten      Zool.  Jahrb..  Abt.  Systemat.,  Jena  XXVI,   p.  39.   i907). 
Ha  vi  land   G.  I1    and  Sharp  D.,  Termites  in  eaptivitv  in   Enylanrì  (Trans.  Entom.  Soc,  London 
pp.    589-599,   1896). 

—  —   Observationa  on   Termites,    -svitli   Deseriptions  of  new   Species  (Jonrn.   Linu.     Soc.    London 

XXVI.  pp.  358-442,   18 
Hkat  H.,   The  babits  of   California    Termites     (Biolog.    Bullettin,    Boston,     voi.     IV,     pp.    47-63 

1903  . 
Hkiììi   E.,   Les  Termites  (Bull.   Agric.   Congo   Belge,   Bruxelles,    XII,    n.   3   Sept.    1921,     pp.     567- 

621,    46    tìg^.:     n.     4     Dee.     1921,     pp.     745-846,     92    tìgg.:     XIII,    n.    1.     1922,    pp.   91-204 

70   W 

—  —   Les  Termites     Bruxelles)  756  pp..   460  figg..    I   carta   1922   (contiene   ricca  bibliografia). 
Hill  G.   F.,   Northern  Territory  Termitidae.   Part.    I     (Proc.     Linnean   Soc.  N.  S.   Wales,    Svdney 

XL  n.    1,   pp.   83-113,    10  pi..    1915  . 

—  —   Descriptiou   and  Biology  of  some  Nortli   Australia!!   Termites   (Ibidem.,   XLVII  pt.  2,   n.  186 

pp.    142-160,   3   pi.,   41   tìgg.,   1922). 
HoLMGRKN  N.,   Studien  iiber    siidanierikauiscbe    Termiten     (Zool.     Jahrb.,     Abt.     System.,    Jena 
XXIII,  pp.  521-676,   1906  . 

—  —  Madagassische  Termiten   (\rkiv.   for  Zool.   Stokholm,    Bd.   5,    1909). 

—  —  Termitenstudien  I    K.  Svenska  Vetensk.   Akad.  Handlingar  Stokholm,  Bd.   XI. IV.  215  pp. 

1909). 


"920  CAPI  l'OLO    SETTIMO 


Holmgren  N.,   Versiteli  einer   Monographie  dei"  amerikauisclien  Entermex  Arten   (Mitteil    an     (lem 
Naturhist.   Mus.,   Hamburg,  Bd.  27,   1910  . 

—  —  Neu-Guinea-Termiteu  (Mitt.  ana.  (lem  Zool.  Museum  in  Berlin,   Bd.  5,  Heft.  3,   1911). 

—  Teriniteuatudien  II.   Systematik  der  Termiten.  Die  Familien  Mastotermitidae,    Protermiti- 

dae     und     Mesotermitidae     (Handlingar     Konglige    Svenska    Vetenskaps-Akad  ,     Stookholm, 
Bd.   40,   n.   0,   86  pp.,   1910). 

—  —  Termitenstudien  III,   Die  familie  Metatermitidae,   {Ibidem.,  Bd.  48,  n.  4.   1912). 
HOLTBUMANN  C,   Pilzanbauende    'fermiteli     (Botan.     Un  tersiteli  ti  ngen    (Festschrift    Sclnvendener) 

pp.  411-420,  1899). 
Hubbaiìd  H.   G.,   Notes  on   tbe  Tree  Xests  of    Termites    in     Jainaica    (Pro.     Boston,     Soc.     Nat. 

Hist.  XIX,  pp.   267-274,   1878). 
JaCOBSON   G.,   Zar   Kenntnis  der  Termiten   Rnsslands.     (Aunnaire    d.     Miib.     Zool.    Acad.     Imper. 

St.  Petersburg,   IX.  19Ó4). 
Jherixg   H.    (v.),   Generatinnswechsel    bei   Termiten   (Entom.   Nachrichten,     Berlin,   XIII,   pp.    1-4, 

1887). 

—  —  Nochnials   «  Geiierationswechsel  »   bei  Termiten   (Ibid.,  pp.   179-182,   1887). 

—  —  Quelqnes  observations  sur  les  nids  d'inseetes  fatta  d'argile  (Congr.  Zool.,  voi.  I,  pp.  246- 

252, 
Joly  N.,   Kecbercbes  poni-  servir  a  l'hiatoire  natnrelle  et  a  l'anatomie  des  Termites,   etc.     (Mém. 

Acad.   Science  Tonlbse,   aer.   3,   V,   pp.   1-37,   3  pi.,   1849). 
Jucci  C,   Sulla  differenziazione  delle  caste  nella  società  dei  Termitidi  i  neotenici  (Atti   li.    Acc. 

Naz.   Lincei,  CCCXVII,   pp.  95-98.   1920). 
—  Sul   metabolismo  dei  Reali   veri   nella   società  dei  Termitidi    (Kend.    R.    Acc.    Naz,    Lincei, 

Poma,   Class.   Scienze  ria.   nat.   e  ntat.,   voi.   XXX,   Ser.   5,   pp.   213-215,    1921). 
Kxowek  H.  Me.  E.,  Origin  of  the    «  Naautua  »     of    Eatermea    (Jobns    Hopkins    Univers.    Ciro., 

XIII,  pp.   58-59,   1894  . 
KOENlG  J.   ti.,    Natiirgescbichte  der  sogennanten    weissen  Ameise  (Bescb.   der    Berlin   Gesellschaft 

naturforscli,   Freunde,   IV,  pp.    1-28,    1   Taf.,   1779). 
Kolbk   H.   .1.,    Zur  Xaturgescliichte  der  Termiten  Japans  (Beri.  Ent.   Zeit..    XXIX,     pp.   145-150, 

1885). 

—  —  Beobachtungeu  iiber  Termiten  n.  Lenchtkiifer  ini  Capland  uaw.   (Ent.  Nadir.  Berlin,  XIII, 

pp.   70-71,    1887). 
Km.i.MANN  J.,   Terraitengange  ila  sebadeldacli   zweier  amerikaniseber  Pygmaen     (Arch.     Ana-t.     n. 

Phys.  Anat.  Abtg.,   Sappi.,   Leipzig,   pp.   20  32,    1915. 
Lajii'ert  K.,  Nestbauten  liei   Hatitfliiglern   und  Termiten   (Jahresh.  Ver.,  vaterl.    Nat.    Wtirttem- 

berg,   .Stuttgart,   Jabrg.   70,   pp.   LXX  Y-l.X.X  VII,    1914;. 
Lespèk  Uh.,   Peclierclies   sur  l'organisation   et   les  nioeura  dtt  Termite    liteifnge    (Ann.     Se.     Nat., 

Paris,   Ser.   4,   V,   pp.   227-282,   tal..   3.    1856,   LTnstitut.   XXIV,   n.    1182,   p.   302,   1856). 
Lighi   S.  F.,   Notes  on    Pltilippine  Termites,   1   (Pbilippine  .11.  Sci.,  Manila,  XVIII,  X.  3,  pp.  243- 
257.    1921). 

—  —  lyotes  on  Philippine  Termites,    li   (e   0  tav.)  (Ibidem,   voi.  19,  n.   1,  pp.  23-64,    1921). 
Maklatt  C.  L.,  The  white  Ant  (Termea  flavipta  Koll.)  (Unit.   Staio   Depart.  of  Agrieult.  Circuì. 

Washington   n.  50  (Seeond  Ser.)  1902). 
Me.    LaCHXAN   R.,   The  colony  of  American  white  Anta  at  Vienna   (Entom.   Muntili.   Mag.   London 
XIII,   p.    17,    1877). 

—  —   Destruction   by   white  Anta  at  Calcutta  (Ibid..  XX.  p.   185.    1884). 

Mili.et  G.   P.,   White   rtiits  castles   (Journ.    Bombay   Soc,   XIV,  p.   581,   Bombay,   1902. 

Mjobehg   E.,    Resulta  of  Dr.    E.   Mjoberg.'a  Swediah     Scientilic    Expeditions     to     Australia,     1910- 

1913;   19  iBoptera  (Aik.  Zool.,  Stockolm,   XII,   n.   15.   128  pp.,   0  platea,  64  rigg.,   1920). 
Moli.  I).,  Der  s>chutz  des   Banholzes  in  den  Tropae    gegen  die  Zerstorung    durcb    die    Termiten 

(liei-   Tropeiipflanzer   XVIII   pp.   591-605,    Berlin,    1915). 
Morstati    H.,  Ostafrikaniache  Termiten   II.  Die  Natal- Termite  und  andere  Arten  anf  Kautschuk- 

biiumes  (Der  Pflanzen,   Dar  es-salaam,   IX  n.   9,    pp.   443-403,   3  pia.    1913). 

—  —   Ueber  einige  Ergebnisse  der  Termitenforsohung    (Biol.    Centralbl.    Leipzig,    XL,    u.    8-9, 

pp.   415-427,     1920). 

—  —  Zar  standischen  Gliedernng    und     Ernahrungs-biologie    der    Termiten   (Bull.    De    la     Soc. 

Entom.   Suiase,   Beni.   XI.   9-16,    1922). 
_   _   Ueber   Pilzgiirten   Lei  Termiten  (Entom.    Mitt.,     Bd.     XI,    n,   3,  pp.  94  99,  Berlin-Dablem, 

1922). 
Miii.i.K.R  Fi:.,  Remarcka  on  some  White  Anta  (Proc.   Boston,   Soc.  Nat.   Hist.,  XIII,    pp.  205-206, 

1871). 

—  —   Beitriige  zur  Kenntnis  der  Termiten,   I.   Die  gesebleebtsteile  der  Soldaten]  von    Calotermes, 

II.    Die    WobnuDgen  unserer  Termiten,   III.   Die  Nymphen   mit   «  kurzen  Fliigelscbeiden  »  usw. 
Ein   Snltan    in   seinem    Harem    (Jenaische  Zeit.   Leipzig  und  Jena.   VII,   1873,    taf.    XIX-XX). 

—  —  Die  Larven  von   Calotermea  rugosità  Hag.  (Ibidem,  IX,   pp.  241-204,  taf.  X— XIII,    1875). 

—  —  Contribntions  bowards  the  naturai  history  of  tbe  Termites  (An.  Mag.  Nat.   Hist.  London, 

(4)  XIII,   pp.   402-404,    1874). 

—  —   Ueeent     researebes     of     Termites     and      Honey-bees     (Nature    London,     IX,     pp.   308-309, 

1874  l 

—  —   Addition  to  our  knowledge  of  the  Termites  i Ibidem,   XII,  p.  218,   1875". 


ÌSIKI.IOGRAFIA  921 


Mìii.i.kh  Fr.,  Die  getfiigellose  organische  Substanz  der  Termi  ten-Nester  (Kosmos,  Stuttgart.,  6  Jahrg., 

7  Hft.,   12  Bd  ,  pp.  49-50,   1882). 
Nassonokf  N.,  Ueber  eigentiiuiliche  anf  den  Nesterbau  be/.iige.    Verhaltnisse  bei    den    Termi teu 

(Entoin.   Untersnohungen,   1893)  (Eef.   Zool.  Zetitr.   Bl.,   Leipzig,   1894). 
Perez  .1.,   Sur  la  formatiou   de  colonie»  non  velie»  cliez  le  Termite  lucifnge   (C.   R.  Ae.   Se.   Paris, 

(JX1X,   p.   804,   1894). 

—  —   Sur  lea  essaima  (In   Termite  lucifnge   (Ibid.,  p.  866,    1894). 

Pintner  I.,   Einiges    ueber  die  Termiteu   (Sebi-,   Ver.     z.     Verbr.     Naturw.     Kennt.,     Wien,     LIV, 

pp.   73-95). 
Ranktn  H.,  Von  den  afrikanisehen   Termiten  (Foriep.  Notiz,,  XLIX,  pp.  65-69,   1836). 
RlGAUD  C,   Méuiuire  ponr  servir  a  l'histoiie  des   Termes    Paris,  p.   63,   pi.   4,    1786)   (È   una  trad. 

della  lettera  di   Snieatbmann). 
Rilkv  C.    V.,   Termite  Economy.   Appendix   tho  hia.    €  Social  Insects  »    Note  6   (Proc.     Biol.     Soc. 

Washington,  voi.  9,  pp.  71-74,    1894  . 
Rodon,  The  structure  of    a    Termitarinm     sp.     in     India    (Journ.     Bombay    Soc,     XIII,     p.     363 

1900.  — 

Savage  T.  S.,  Observations  an  the  specie»  of  Termitidae  of  West  Afrika  (tescribed    by    Smeath- 

inan   as  T.   bellicosits    and  by   Linnaeus   as     T.     fatali*    (Proc.     Acad.     nat.     So.     Philadelpliia, 

voi.    IV,   pp.   211-221,  1849). 
Sa\  ille-Kknt  W.,   The  naturalist  in   Australia  (Cap.   Ili),   London,   1897). 
-   —   Remarkable  Termite   Mounds  of      ustralia   (Nature,   London  voi.   57,     n.    1465,     pp.     81-82, 

1897). 
Schenkling-Prévót.,     Aus  dem  Leben   der  'Fermiteli   (Insekten-Borae,   Leipzig,    15  Jhg.,     n.   15, 

pp.   87-88;   n.    17,   pp.   98-100,   n.    18,   pp.    105-106,    1898). 
Scmi'F   U.,   Cbemiscbe  Untersuclinng  zweier  'Fermitennester  aus  Java  (Cbemisch.  Centrali)].,  n.  33, 

Jahrg.   Ili,  p.   527,   1858). 
Scudder  S.   H.,  Note  ou   Termes  riputi    (Nests)   (Proc.   Boston   Soe.  Nat.   Hist.,    voi.   19,     p.     g75, 

1878  . 
Silvestri   F.,   Operai   ginecoidi  di   Termes,  con   osservazioni    intorno    l'origine    delle    varie    caste 

nei  Termi tidi  (Atti  R.  Acc.  Lincei,   Roma  (5)   Rendic.  CI.   Se.   Fis.,   voi.    10,   I  Sem.,  fase.  12, 

pp.   479-484,    1901). 

—  —    Ergebnisse  biologischer  Stndien     an     siidainerikanischeu  Termiten   (Allgein.   Zeit.   f.     Ento- 

mologie, Neudamm,   1902). 

—  —   Contribuzione  alla  conoscenza  dei  Termiti  e  Termitofili  dell'America  meridionale.   «Redia», 

I,   Firenze,    1903). 

—  —  Contribuzione  alla  conoscenza  dei  Termiti  e  Termitofili    dell'Eritrea    {Ibid.,    Ili    Firenze, 

1905). 

—  —  Termitidae   (In.   L.   Schultze,   Forscbungsreise  im   westlicken   ii.  zentralen   Siidafrika,  3  Taf. 

Jena,  1908). 

—  —   Contribuzione  alla  conoscenza   dei  Termitidi  o  Termitofili  dell'Africa    occidentale.     I,     Ter- 

mitidi     Boll.   Zool.   Gen.    Agr.   della  R.   Se.   Slip,   di   Agric.    di    Portici,   voi.     IX,     pp.     1-145, 
84   tìgg,,   1   tav.,   1914-1915). 
Sjostedt  J.,  Termes  lilljoborgi    eine     nene     warscheinlich    Pilzanbanende   Tagtermite  aus    Kame- 
ruin   (Piate  4   Upsala,    1896) 

—  — ■    Monographie    der    Termiten     Afrikas    (Kiinigl.     Svenska    Vetènskaps -.'  kadem.     Stockholm, 

Band.   XXXIV,   4,   236.    pp.,   9  taf.,   1900). 

Nacbtrag  hierzu  (Ibid.,  Band.  XXXV11I,  n.  4,  120  pp.,  4  taf.,  1904). 

Smeathmann   IL,   Some  account  of  the  Terinites,    wich  are  found  in      frica  and   otber  hot  clima- 
tea    Philos.   Transact.   LXXI,   pp.   139-192,   4  tab.,    1781). 

—  Trad.   francese  (Paris,   1786),   Trad.   tedesca  (Gottinga,    1789). 

Snydkk  T.   E.,   Record  of  the  tìnding  of  a  fine    queen   of    Termes    flaripes    (Proceedings    Eutom. 
Soc.  of  Washington,   XIV,   pp.    107-108,    1912). 

—  —   Changes  during  quiescent  stages   in   the  metaniurphosis  of  Termites    (Science,     New    York, 

1913,   pp.   487-488  e  Proceed.   of  the  Entoni.   Soe.  of  Washington,   XV,   pp.    162-165,   1914). 

—  —   Biology  of  the  Termite»  of  the  Eastern   United   States  with   Preventive  and   Remediai  Mea 

snres  (U.   S.   Dept.   Agric.   Biir.   Emoni.   Washington,   Bull.    n.  94,     p.     II,     85    pp.,     17     pi., 
14    tìgg.,    1915). 

Tennites,    or    «White  Ants  »   in   the  IJ.   S.,   their  damage  and  methods    of    prevention    (U. 

S.   Dept.  Agric.   Washington,   Bull.   333,    1916). 

—  —  The  Colouizing  Reproductive  Adulta  of  Termite»    (Proc.    Ent.     Soc.    Washington,    D.     C, 

XXII,   n.    6,   pp.   109-150,    1920). 
Stokks  A.  C,  The  Seiise-Organ»  on  the  Legs  of  White  Anta,  Termes  flaripes  Eoli.  (With  16  figg. 

Science,   New  York,  voi.   22,  n.  563,  pp.  273-276,   1893). 
Stbikland  1',.   H.,  A  quiescent  stage  in   the  developement  of  Termes  flaripes  (Journal.  New  York 

Entom.   Soc.  XIX,   pp.  256-259,   1912  . 
Swartz  O.,  Anmarkningar  vid  hvita  inyran»  historia  (Termes)  (Vetensk.  Acad.  Nya  Handl.,  XIII, 

pp.   228-238,   1792). 
SyKEs  M.   L.,   Termite»  and  Ants  of    West     Africa      Trans.     Manchester    micr.     Soc,     pp.     85-91, 

1899). 
Thomson  Caroline,  Origin  of  the  carte*    of    the  common    Termite    Leneolcrmes  flaripes    (Journ. 

Morph.,   Philadelpbia,   XXX,   1917). 

\.    l'i  in  i  se,  Oli  Insetti,  II.  —  116. 


922  CAPITOLO    SETTIMO 


Thompson  a  Snyder,  The  «  Tliird  forni.  »  the  wingless  reproduotive  type    of   Termi  tes  :  Reticu 

litermeì    and     Prorhiuotermes    (Journal  of  morphology,    Philadelphia,     XXXIV,     pp.     591-635, 

1921). 
Toi.lin  C,  Zur  Naturgescliichte  dei-  Termi ten  (Stett.  Ent.    Ztg..  XXIII,    Stettin,     pp.     216-218, 

1862). 
TRAGARDH  J.,   Tei'initen   aus  dem   Sudan   (Resulta  Swedish   Zool.   Exped.   to  Egypt  and  the  White 

Nile   1901,   part.   I.   n.    12,   1903). 
Warrkn  E.,  Zoology,  Physiology,  Hygiene  and  Sanitary  Science,  Sect-ion  D.,  Presidential  Address. 

Termi  tea  and  Termitophiles  (S.   Afiican   H.  Se.  Kingwilliamstown,  XVI,  n.  2,  93-112,    3  pi., 

1919). 
Wasmann  E  ,  Einige  Bemerkungen  zu  Sjoatedts  «  Monographie  der  Termiten  Afrikas  »    (Biolog. 

Zentr.  Bl.  Leipzig,  XXII,  pp.  714-717,   1902). 
—  —   Zur  Kenntnis  der  Termiten  und  Termitengaste  von   belgiscben    Kongo  (Rev.  zool.  africaine, 

voi.    1,    fase.    1-2,    1911). 
Wheelkk  W.   M.,   The  phylogeny  of  Termite»  (Biol.   Bull.   Boston,   V,   pp.   29-37,    190-1). 
Wolcott  G.  N.,  Los  Comejeues  de  Puerto  Rico  (P.  R.   Insular  Expt.  Sta.  Rio  Piedras,  Circ.  44, 

14   pp.,   12  figg.,  Aug.  1921). 


Indice  alfabetico 

delle  figure  contenute  nel  testo  e  nelle  tavole 


Il  numero,  che  segue  al  titolo  della  figura,  indica  la-  pagina  ove  essa  ò  inserita). 


Aberrazioni,  in  Lycaena,  p.  407;  in   Vanessa,  466. 

Acari:  parassiti  (larva  di  Trombidium)  e  viaggia- 
tori (Holostaspis),  su  Mosca  domestica,  18; 
planticoli  nostrali,  principali  specie,  97;  Sar- 
coptidi  avicoli  (Analgesidi)  maschi,  5  specie, 
2 1  ;  Tre  maniere  di  rostri  di  Acari,  1 1  ;  viaggia  - 
tori  (Uropoda,  Gamasus)  su  Insetto  (Onthopha- 
gus),  16. 

Accoppiameito  di  Acridide,  498;  di  Afidide,  500; 
di  Apion,  496;  di  Cantaride,  499;  di  Coccideo 
Diaspite,  501;  di  Coccinella,  497;  di  Culicide, 
499;  di  Decticus,  493;  di  Emittero  acquaiolo 
(Gerrìs),  499;  di  Eterocero  (Cheimatobia), 
500;  di  Eterocero  (Psichide),  501;  di  Etero- 
cero (Zigena),  500;  di  Eterottero,  497;  di  Ete- 
rottero  acquaiolo  (Emesa),  500;  di  Grillotalpa, 
492;  di  Lacnosterna  (Coleott.  lamellic),  496; 
di  Libellulide,  490;  di  Melolonta,  497;  di  Mu- 
scide  (Dacus),  501;  di  Nepa,  499:  di  Omottero 
(Cicadellide),  498;  di  Omottero  (Histeropteron), 
497;   di  Ropalocero,  500;  di  Saga,  493. 

Accoppiamento  (Segno  dell')  in  Ditisco,  502;  in 
Lepidottero,   503. 

Acquaioli:  Lepidott.,  Neurott.,  larve,  Respirazione, 
677,   678. 

Acrididi  maschi,  che  assistono  alla  deposizione,  481. 

Adentomoide,  ricostrutto,    162. 

Adulto  (assestamento  dell')  di  Limanthria  dispar, 
348;  Adulto  Crisomelide,  formazione  delle 
macchie  dopo  lo  sfarfallamento,  349. 

Agamandromorfismo    (esempio),    465. 

Agrotis  pronuba  e  Plusia  chrysitis  adulti  ad  ali 
aperte,    724. 

Ala,  base  cogli  attacchi  dei  muscoli  (Aeschna),  641; 
pezzi  ascellari  (in  Acridium),  652;  in  Tabanus, 
655;  pezzi  basali,  dorsali,  in  Tabanus,  656; 
posteriore  di  Coleottero,  come  si  ripiega,  668; 
sezione  transversa,  schema,  657;  movimenti 
passivi  del  velo,  661. 

Ali  con  larghe  frangie  di  peli  negli  Insetti  piccolis- 
simi, 666;  di  Aeschna,  640;  forme  diverse  in  buoni 
volatori,  649. 

Allothroìiìbium  fuliyinosum  adulto,   26. 


Ametabolia  acquisita,  esempi,  266. 

Ammophila,  che  trasporta  un  bruco  paralizzato,  547 

Ampolla  cefalica  di  Mosca,  342;  cervicale  di  Stauro 
notus  (larva),  218. 

Anergates,  femmina  feconda,  coll'addome  molto 
rigonfio  dalle   uova,   855. 

Anomalia  (di  zampa)  di  Coleottero,  465. 

Aphenogaster  barbara,  due  operaie  di  grandezze 
estreme,  840. 

Aphenogaster  (Planimyrma)   doriai,  operaio,  865. 

Aphis  maidis-radicis,  varie  forme,  365. 

Ape  (vedi  anche  Apis  mellifica);  accoppiamento, 
830;  celle,  (fondo  delle),  826;  (geometria  delle), 
826;  in  sezione  con  uova  e  larve  (anche  cella  di 
larva  di  regina,  829;  reali,  829;  operaia,  che  la- 
vora la  cera,  827;  operaia,  che  trasporta  polline, 
830;  operaia,  sezione  dell'addome  mostrante  le 
placche  ciripare,  827;  organi  genit.  interni  di 
operaia  e  di  regina,  829;  primo  articolo  tarsale 
nelle  tre  forme  adulte,  828:  teste  di  operaia, 
di  maschio  e  eli  regina,  vedute  di  faccia,  829; 
zampa,  3.°  paio  di  operaia,  mostrante  la  ce- 
stella e  la  squancetta  di  cera,  831. 

Apidei  diversi;  apice  della  tibia  e  primo  articolo 
tarsale  del  3.°  paio  (Ape,  Bombus,  Melipona), 
824;  solitari  nostrali  (Antoforini),  538;  Antre- 
nini,  Panurgini,  557. 

Apideo  dell'Ambra  di  Sicilia,    178. 

Apis   florea,    favo,    827. 

Apis  mellifica,  operaia,  maschio,  regina,  826; 
(vedi   anche   Ape). 

Appallottolamento  di  Blattide,  716;  di  Criside,  716. 

Apparati  per  collegare  le  ali  post,  alle  anter.  (Ime- 
nottero,  Le  pici.),  635. 

Arachnidi  fra  i  più  grossi  (Ragno,  Scorpione),  Tav.  I. 

Archegocimex  (Eterottero   fossile),    171. 

Argas  persicus,  adulto,  85. 

Argiope  basilica  (Ragno),  sua  tela,  116;  A.  brun- 
nicki,   1 14. 

Argyroneta  aquatica  (Ragno  acquaiolo,  nostrale),  120. 

Arrhenurus  (Idracne),  tre  specie  (maschi),   14. 

Asimmetria  del  corpo,  in  Acaro  (Michaelichus), 
421;  delle   mandibole,  in  Coleotteri,   422. 

Ateiìa  di  Coleotteri,  407;  di  Neurottero  (Boreus),  403. 

atelico   (maschio  attero),   435. 


924 


INDICE    ALFABETICO    DELLE    FIGURE    CONTENUTE    NEL    TESTO    E    NELLE    TAVOLE 


Atheucus  sacer,  adulto,   590. 

Atta  (Oecodoma)  cephalotes,  in  tutte  le   forme   863; 

spaccato  del  nido,  863. 
Atterismo    nei    due    sessi    (Sarcopsylla    gallinacea), 

384. 
Autolinforrea    di    Cimbex    larva    e     di     Timarcha 

adulto,  738. 
Autotomia,  sezioni  longitud.  di  zampe  per  mostrare 

il  punto  ove  avviene  la,  743,  744. 


B 


Babesia  canis,  vari  stati,  83. 

Bacio  di  Mosca  comune,  4S8. 

Belostomide  ricostrutto,   171. 

Bittacomorpha  flavipes,  larva  e  ninfa  con  tubuli  re  - 
spiratorii,   259. 

Blaniulus  guttulatus,  136. 

Blattoidi  fossili,    160. 

Blissus  leucopterus,  varie   forme,   435. 

Bozzoli  di  Crisomelidi  (Cryptocephalus),  326;  lar- 
vali di  Erastrìa  stillila,  251;  di  terra,  di  Macro- 
sita, 316. 

Bozzoli-gallerie  di  bruchi  divoratori  di  sostanza 
cornea,    326. 

Bozzolo,  che  salta,  360;  (costruzione  del)  di  Cìiry- 
sopa,  323;  (costruz.  del)  di  Falena  delle  cor- 
teccie,  318;  (costruz.  del)  di  un  Microlepidot- 
tero americano  (Buccolatrix  pomifoliella),  319;  di 
Anilastus  ebeninus,  nella  pelle  della  vittima,  324; 
di  Antheraea  pernyi,  321;  di  Eucheira  sotialis, 
comune  a  più  bruchi,  322;  di  Homalotus  db- 
scurus,  sotto  il  corpo  morto  della  vittima, 
325;  di  Imenottero  endofago  di  Afide,  sotto  il 
corpo  della  vittima,  325;  di  Lepidottero  divo- 
ratore di  Coccidei  sotto  i  corpi  morti  degli 
stessi,  325,  345;  di  Microlepidottero  minatore, 
317;  di  Pimpla  conquisitor,  colla  spoglia  della 
vittima,  324;  di  Psichide  (Chauliodes),  aperto, 
326;  di  Saturnia  pyri,  aperto,  322;  di  Scolta 
rufi/rons,  colla  spoglia  della  vittima,  324; 
di  una  Nottua,  321;  e  ninfa  ed  adulto  di  Formi- 
caleone, 347;  pendulo  di  un  Imenottero  endo- 
fago (Meteorus),  344. 

Bombus  rnuscorum,  nido,  822;  (celle  del),  823. 

Bombyx  mori   (individuo   ginandromorfico),  465. 

Boophilus  annulatus,  adulti,  77;  su  pelle  di  Bue, 
gr.  nat.,  79. 

Brancsikia  aereoplana,  adulto,  669. 

Bruchus  fabae,   prima  larva,    278. 

Bruco  di  Acronycta  aceris,  che  si  dispone  ad  incri- 
salidare, 318;  di  Arctia  caia,  id.,  318;  di  Cucullia 
verbose) ,  che  compie  il  bozzolo,  319;  di  Pieris 
brassicae,  che   si  dispone   ad   incrisalidare,   311. 

Bryobia  praetiosa,  adulto,  96. 

Bubas  bison,  maschio,   533. 


Caeculus  echinipes,  dal  dorso,  99. 

Calabrone  (vedi  anche:  Vespa  crabro)  nei  suoi  tre 
stadi,  809;  sezione  longitud.  schem.  del  nido, 
815. 

Calliroa  limacina,  larva,  254. 

Calmistro,  all'estremità  di  zampa  di  Ragno;  109; 
estremità  della  zampa,   110. 

Caloptenus  italicus,  esempio  di  Paurometabolìa,  267. 

Calotermes  dilatatus,  larva  con  espansioni  toraci- 
che,  877. 


Camponotus  ligniperda,  femm.  che  inizia  il  nido,  844. 
Caneslrinia  blaptis,   maschio   adulto,    54. 
Canestriniella  togata.,  adulti,  55. 
Capo  con  quattro  occhi  composti  in  Blepharocera  e 

nel  maschio  di  Cloeon  diplerum,  400. 
Capritermes  opacus,  soldati,  872. 
Caratteri   sessuali    secondari;    di    Mallofago   (Gyro- 

pus).  400;    di    Neurott.    {Cloeon  diplerum),  400; 

di   Fisapodo   (Batillothrips),    400;  di    Corydalis, 

403   (Vedi  anche:  Dimorfismo  sessuale). 
Cassida,   larve   protette    dai   loro  escrementi,    253. 
Catocala  elocata,   adulto   ad   ali  aperte,   725. 
Cecidomie  coll'ovopositore  lungo,  525. 
Cella  reale   di   Termes  bellicosità,   883. 
Celle,  del  nido  di  Colleles,  560;  con   larva  e  ninfa, 

di  Vespa,  sezione,   S09;    costruzione    delle,    nel 

favo    di  Calabrone,   811;    di    operaie,   maschi  e 

femmine  in  Apis  florea,  827;  di  operaie,  maschi 

e  regina,  sezioni,   in  Ape,    829;  fondo  delle,  in 

favo  di  Ape,  826;  geometria  delle,  di  Ape,  826; 

opercolate  del  favo  di  Calabrone,  320;    reale  di 

Ape,   829. 
Cellula  adiposa  di  giovane  larva  di  Calliphora,  298; 

in  ninfa  della  stessa,   298;  in  giovane   larva  di 

Cyrtoneura,  all'inizio  della  ninfosi,  porzione,  298. 
Cellule  epiteliali  del  mesenteron,  in  vari  momenti 

della  digestione,  in  Calliphora  adulto,  684,  685; 

in  Cimbex,   686. 
Cera  dell'Ape   (operaia  che  lavora  la),  827;  placche 

ciripare,    827;    sterniti    addominali    colle),    828; 

(squametta  di)  sulle   zampe   post.,   830;  in  coc- 

cideo  (filatura  della),  515;  scudi  cerosi  in    Coc- 
ciniglie, 712. 
Cerceris,  che  trascina  un   Curculionide  paralizzato, 

548;  C.  ornata,  che  guasta  il  capo  ad  mi  Halictus, 

547. 
Cheiletide  (Chcyletia),  predatore  di  Acari  avicoli,  22. 
Cheiletidi,  due   specie,   57. 
Cheliferi  (due),  comuni  nelle  case,  102. 
Chelorrhina  polyphemus  maschio  e  lemm.,  Tav.  IV, 

figg.   1,  2. 
Ghartergus  chartarius,   adulto  e   nido,   820;   sezione 

del  nido,    814    (vedi    anche:    Vespa   cartonala). 
Chiasognathus  granii,  maschio  e   femm.,    Tav.   IV, 

figg.  5,  6. 
Chironomus,  ninfa,   261. 
Chorioptes  equi,  adulti,  50. 
Chresmoda  obscura,  Fasiuide  fossile,   170. 
Chrysopa,  larva  protetta  da  spoglie  di  Afidi,  252. 
Cicala  comune,  maschio  dal  ventre,  483. 
Cicli  evolutivi  (schemi),  450. 
Circolazione    dell'emolinfa;    schema   delle    correnti, 

693;   in   larva   di   Aeschna,    697;  in  zampe  della 

stessa,  697;  in  ala  di  Coleottero,  69S. 
Città  di  Termiti,  in  Australia,  894. 
Coleotteri  dell'Oligocene   di  Provenza,  178;   dimor- 

fici  maschi,  Tav.  III. 
Colobopsis  culmicola,  soldato  in  sentinella,  838. 
Colonna  in  marcia  di  bruchi  di  Processionaria  del 

Pino,   573. 
Copris  carolina,  larva,   536;   C.  hispanns,  maschio, 

534;   C.  lunaris,  maschio,  536. 
Corona  caudale,  respiratoria  della  larva  di  Stratio- 

mys,  314. 
Corteggiamento  di  ima  Farfalla  (Gonepteryx),  488. 
Cossus  cossus,  larva  che  schizza  liquido  difensivo, 

255. 
Cnaphalodcs  strobilobius,    galla,    455;   femmine    che 

depongono,  456. 
Cnemidocoptes  columbae,  adulti,  47;  C.  delle  Galline, 

due  specie,  adulti,  46. 


INDICE    ALFABETICO    DELLE    FIGURE    CONTENUTE    NEL    TESTO    E    NELLE    TAVOLE 


925 


Crabro  (Lindenius)  pygmaeus,  larva  e  bozzolo, 
545. 

Cremaster  di  crisalidi  di  Lepid.  notturni,  310; 
sua  formazione  in  Vanessa  urticae,  311;  di  cri- 
salidi  di   Farfalle   diurne,   311. 

Crisalide  di  Cossus  cossus,  317;  di  Cuculila  umbratica, 
319;  di  Lìmanthria  dìspar,  317;  df  Macrosita  caro- 
lina, entro  terra,  315;  di  Micropteryx,  344;  linee 
di  spaccatura  della,  338;  maschile  (spoglia  di), 
di  Thyridopteryx  in  parte  fuoriuscita  dal  boz- 
zolo, 344;  di  Cossus  cossus  in  parte  fuoriuscita 
dal  bozzolo,  339. 

Cryptocerus  angulosus,  due  forme  (soldato  ed  ope- 
raio), 835;   C.  varians,  diverse  forme,  833. 

Cylindromyrmex  striatus,  operaia,  865. 

Cyphomyrmex  (operaia  di),  864;  femmina  di,  che 
attende  alla  fungaia  e  la  concima,  864;  sp. 
di  California,  operaio,  864.  Cytodìtes  nudus, 
adulto,  48. 


Dacus  oleae,  femm.,  coll'ovopositore  estroflesso,  524; 
larva  e  ninfa,  257;  Mosca  delle  olive  che  de- 
pone,  525. 

Decorso  evolutivo  ipertelico  ed  atelico,  schema, 
434. 

Deilephila  nerii,  adulto,  718.  SI  i 

Demodex  bovis,  alterazioni  nella  pelle  di  Bue,  38; 
D.  folliculorum,  in  toto,  36;  sue  parti,  37;  D. 
phylloides  (in  tutti  gli  stati),  39. 

Deposizione  di  Coleopistia,  traverso  il  bozzolo  di 
Nematus,  524;  di  Dociostaurus  maroccanus, 
481;  di  Dytiscus  marginalis,  524;  di  Hylotoma 
pagana,  522;  di  Ichneumonide  (Thalessa  lu- 
nator  traverso  il  legno,  523;  di  Idrofilo,  513;  di 
Libellulide  (Agrionide),  520;  521;  di  Locustide, 
518;  di  Microcentrus  (Locustide  N.  Americ), 
518;  di  Mosca  delle  olive,  525;  di  Panorpa,  519; 
di  Pimpla,  traverso  il  bozzolo  della  sua  vittima, 
524;  di  Pronuba,  nel  pistillo  di  Yucca,  526; 
del  Punteruolo  delle  Nocciole  {Balaninus), 
527;  di  Tipulide,  513;  di  Tripse  (Heliothrips), 
526. 

Dermacentor  reticulatus,  femm.,   93. 

Dermanyssus   gallinae,    adulto,    67. 

Diafragma  toracico  (anter.  e  post.)  in  larva  di  Ae- 
schna.,  in  sito,  696;  post,  isolato,  696. 

Diaspis  pentagono,  larva  ed  adulti,  379. 

Diaspite,  femm.  (Chrysomphalus),  piena  d'uova,  380. 

Dicranura  vinula,  larva,    254. 

Dicromismo  sessuale   (Calopteryx),  392. 

Difesa  di  Brachynus,  inseguito  da  un  Calosoma, 
737. 

Differenze  sessuali  secondarie  di  Neurottero  (Co- 
rydalis  cornuius),  403. 

Diffusione  e  variazione  di  Colias  (fig.  schem.),  472. 

Dimorfismo  sessuale,  in  Coleotteri,  407,  408;  in 
Ditteri,  415,  416,  417;  in  Imenotteri,  415;  in 
Lepidotteri,  404,  406;  in  Stilopidi,  414.  (vedi 
anche:  Differenze  sessuali  secondarie);  in  Cryp- 
tocerus variane,  833;  in  Embia,  515;  in  Oceanthus 
péllucens,  519;  in  Ortottero  (Platyblemnus),  399; 
di  Mallofago  (Goniodes),  399.  (Vedi  anche:  Ca- 
ratteri sess.  secondarli);  in  Xenos  vesparum,  354. 

Dimorfismo  sessuale  e  Peciloginia  nelle  Farfalle 
(Papilio,    Spilosoma),    Tav.    VI. 

Dimorfismo  sessuale  e  di  stagione  nelle  Farfalle 
(Papilio,  Euchloe,  Zephyrus;  Araschnia),  Tav.  V. 


Disparipes,  adulti  dei  due  sessi,  63. 

Dischi  imaginali,  loro  sviluppo,  293;  in  crisalide  di 
Farfalla,  297;  in  larva  e  ninfa  di  Muscide,  296, 
in  larva  di  Volucella,  292;  introflessi  ed  endo- 
geni, 297. 

Disco  adesivo  nel  tarso  anter.  di  Ditisco  maschio, 
489. 

Dittero  dell'ambra  del  Baltico,  155;  Pupiparo 
attero  (Penicillidia  leachi,  285. 

Dolomedes  mirabilis  (Ragno  nostrale),  che  porta  il 
suo  mucchietto  d'uova,   122. 

Doritites  bosniaski,  Farfalla  miocenica,  177. 

Dorylus  affinis,  diverse  forme  e  grandezze  della 
testa  di  operaio,  836;  D.  helvolus,  diverse  forme, 
859. 

Dynastes  neptunus,  maschio,  Tav.  Ili,  fig.   4. 


Eciton  hamatum,  operaie  soldati,  861;  E.  mcxicanus, 

operai,   861. 
Efemeroide   (larva)  ricostrutto,   163. 
Elateride   nell'atto   di   scattare,    630. 
Elcanide  ricostrutto,   168. 
Embrione,  maturo  di   Acridide,  347;   polipodo,  277; 

allo    stato    protopodo,    oligomero,    274;    diversi 

stadi  in   Coleotteri,   277;   due   stadi  in   Moina, 

369,   370. 
Emittero  Eterottero  del  Miocene  di  Westfalia,  176. 
Eoninfa  di  Hyponomeuta,  268. 
Epeira  diadema,  che   fila,  sospesa,   113;  capo,  che- 

liceri  visti  di  faccia,  107;  filiere,  109;  nido  mentre 

stanno  nascendone   i  piccoli,   121. 
Epidermoptes  bilobatus,  adulti,  51. 
Erinosi  della   Vite,   32. 
Eriophyes  coryligallarum,  acaro  e   gemme   alterate, 

35;  E.  pyri,  acaro  a  foglie  alterate,  34;  E.  vitis 

ed  Erineum,  33. 
Erosioni  del  piombo,  fatte   da  Insetti,   240. 
Eschnide,    ricostrutto,    170. 
Espirazione,    schemi    di    sez.    transv.    dell'addome 

nell'atto  dell'),   671. 
Eucoila   keilini,  due    larve,   275. 
Eugereon  boekingi,  impronta,   165;  rostro  (schema), 

164. 
Euproclis     chrysorrhaea,     nido     di    larve     giovani, 

spaccato,  251. 


Falangidi,    100. 

Fanerismo  e  crittismo  a  tempo  (in  Ropaloceri), 
720,  721,  722,  723;  Fan.  (ornamentale)  anche  in 
riposo,  in  Mantide  adulto  (Pseudocreobotra 
ocellata,  726;  nel  volo,  in  Ortottero  (Oedipoda 
miniata),  719. 

Favo.  Celle  del  favo  di  Vespa,  809;  di  Ape  (parte  del), 
con  celle  reali,  829;  di  Apis  florea,  827;  di  Vespa, 
(costruzione  del),  811. 

Femmina  neotenica  di  Dittero  Sciaride,  287. 

Femmine  dealate  di  Formiche,  832;  ergatogine  di 
Formiche,    835. 

Figura  schematica  per  la  comparazione  degli  ster- 
iliti tra  Eterometaboli  e   gli   Olometaboli,   272. 

Fitoptidi,  capotoraci  di  tre   specie,  dal  dorso,   33. 

Foberismo,  esempi  (Mantis),  734;  Bruchi  diversi, 
735. 

Follicoli  cerosi  di  maschi  di  Coccidei  (Diaspis,  Pul- 
vinaria),   320;   d'uova  di   Ragni  diversi,    119. 


926 


INDICE    ALFABETICO    DELLE    FIGtTRE    CONTENUTE    NEL    TESTO    E    NELLE    TAVOLE 


Forme  diverse  (euteliche,  ateliche,  iperateliche)  di 
Ortotteri,  398;  diverse  in  ciascun  sesso  di  Lepi- 
dottero (Papilio  dardanus),  427;  ne]  maschio  di 
Coleottero  (Lucanide),  425;  di  Imenottero, 
423;  di  Ortottero,  425;  diverse  (omeomorfiehe, 
dimorfiche,  ateliche,  ipermorfiche )  di  Insetti, 
396. 

Formica,  che  semina  e  concima  la  fungaia,  864; 
del  miele  (vedi  Myrmecocystus,  858;  Formica 
incerta,  due  forme  di  operaia  (normale  e  pseudo- 
gina),  837;  Formica  operaia,  che  dà  cibo  ad  una 
compagna,  838;  (Pheidole  palliatila), diverse  for- 
me, 832;  (Ph.  instabìlis)  id.,  832;  F.  pratensis, 
esterno  del  Formicaio,  848;  F.  sanguinea  indi- 
viduo agamandromorfico,  465;  id.,  tre  forme,  837. 

Formicaio  di  Alla  (Oecodoma)  cephalotes,  coi  suoi 
magazzini;  sezione,  863;  cartaceo,  di  Azteca 
trigona,  851;  di  Formica  puzzola  (Liometopum 
microcephalum),  frammento,  850;  di  Lasius 
fuliginosus,  850;  eli  Polyrrachis,  852;  di  Messor 
barbarus,  sezione  longit.,  schem.,  849;  di 
di  Myrmecocystus  semirufus  (cratere  del),  849; 
di  Oxymyrmex  santschii,  sezione  longit.,  schem., 
849;  in  attività,  sezione  di  un,  S47:  di  Trachy- 
myrmex  septentrionalis,  sezione,  863;  nel  suo  ac- 
crescimento,   sez.    longit.,    848. 

Formiche,  che  fanno  «  toilette  »,  841. 

Formicoxenus  nitidulus,  operaia  e  maschio  ergato- 
morfico,  833. 

Friganee  larve,  foderi  protettori,  249. 

Friganoidi,   astucci  nel  calcare    a  indusi,    177. 

Fulgora  laternaria,  adulto,   Tav.   IV,  fig.   7. 

Fungaia  di  Termes  latericius,  886. 

Fungo  (Tyridomices  formicarum),  coltivato  da 
Cyphomyrmex  rimosus,  864. 


Oaleodes  araneoides,   103. 

Galla  «  ad  ananasso»,  455;  Galle  di  Dryophanta  folli 

e   D.   tascembergi,   363;   di    Neuroterus    (N.     fu- 

mipennis  ed  N.  tricolor),  363;  di  Trìgonaspis  (T. 

megaptera,   T.  renum,   365. 
Gallerie   di   Scolitide    (Scolytus  rugtilosus)   su  ramo 

d'albero  da  frutto,   828. 
Gamasus  coleoptratorum,  ninfa  migrante,    17. 
Gastcracantha  arcuata,   1 1 2. 
Gekobia  neumanni,  adulto,  96. 

Geofilide    nostrale    (Himantarium  rugulosum),  137. 
Geotrupes  stercorarius,  adulto,   529. 
Gerris,  che  corre  sull'acqua,  631. 
Ginandromorfismo   (in  Lepidott.),  esempi,   465. 
Girinus  e  suoi  piedi  natatorii,  631. 
Glomeris  connexa,    135. 
Glycyphagus  canestrinii,  adulto,  56. 
Golopha  porteri,  maschio,  Tav.  Ili,  fig.  6. 
Grani   di   piante   diverse   lavorati  dalle    Formiche, 

840. 
Greenia  afkeni,  femm.,  70. 
Qymnople.urus  pillularius,  adulto,  537. 


H 


Malacarus  humerosus,   15. 

Halaraehne,  due   specie,  femm.,   70. 

Harpyia  fagi,  larva  in  attitudine  terrificante,  256. 

Helicopsychc  shutleworthi,  foderi  a  chiocciola  della 

larva,    249. 
Heliocopris  gigot,  maschio,  Tav.  Ili,  fig.  2. 


Histiostoma,  adulti,  56. 

Holoslaspis  badiu-s,  femm.,    73. 

Holothyrus  coccinella,  adulto,    74. 

Hyalomma  aegyptium,  adulti,   91. 

Hydrachna  geographica,   15. 

Hydrocampa    nymphaeala,    lepidottero     acquaiolo, 

larva  e  ninfa  nel  follicolo,  677. 
Hydrodroma  rubra,  larva,   13. 
Hypopus,  quattro  specie  comuni,  60. 


K 


Kalligramma  haeckelii,  ricostrutta,    172. 
Kallima  inachis,  ad  ali  aperte  e  chiuse,  722. 
Koenenia  mirabilis,    127. 


I 

Ibernazione   di  brucolini  di  Spargonotis  pillerìana, 

753. 
Icaria  variegata,  adulto  e  suo  nido,  816. 
Icneumonide    (Ephialtites)  fossile,    173. 
Idracne,   due   specie   fra  le   maggiori   (Hydrodroma 

rubra,  Limmochares  liolosericeus,   16. 
Imitazione  fra  Insetti  dello  stesso  ordine  (Coleott., 

Lepidott.),    709;    fra    insetti    di     ordini    diversi 

(Ditteri-Imenott.;     Emitteri -Formiche,       Omot- 

teri-Formiche),    710. 
Incrisalidamento   di   Ropalocero  [Ausonia  phlexip- 

pus),  309. 
Insetti    dimorfici   ed    ipermorfici,    Tav.  IV;  olome- 

taboli    ed    emimetaboli     sessuati     prematura- 
mente,   285. 
Insetto,  adulto,  figure  schematiche  mostranti  i  suoi 

organi,  336;  con  ali  ridotte  in  ambedue  i  sessi 

(Periplanela),  383. 
Ipermegetismo,   femminile    (Pseudococcus,    Termes, 

Sarcopsylla,  Cryptes),  389;  maschile   (Lucanide, 

Melapodontus),     391. 
Ipermorfismo  (omeomorfico),  in  Coleotteri,  413,  414. 
ipertelico  (Ortottero),  433. 
Iphis  alvearitts,   71. 
Ipnosi  di  Rhinotermcs  taurtis,  873. 
Ischnogaster  micans  adulto  e  suo  nido,   816. 
Isosoma  grande,  443. 
Issodide,   rostro,    75. 
Iulidi  nostrali,   comuni   (tre),    135. 
Ixodes  ricinus,   adulti,   88. 


Laelaps    echidninus,    femm.,    72. 

Laminosioptes  cystieola,   adulto,    48. 

Lampyris,  i  due  sessi,  284. 

Larva,  acefala  di  Dittero  ciclorafo,  parte  anter. 
del  corpo,  229;  acquaiola  di  Coleott.,  237; 
apoda  (di  C'ulex),  225;  id.  di  Imenott.  aculeati, 
233;  id.,  incesso,  232;  di  Cicindela,  in  agguato, 
248;  di  Coleott.  (Blepharda),  protetta  dai  su%i 
escrementi,  252;  di  Dytiscus,  testa  dal  ventre, 
230;  di  Dicranota,  testa,  226;  ninfa  ed  adulto  di 
Dytiscus  marginalis,  340;  eruciforme  (Baco  da 
seta),  223;  id.  incesso,  232;  di  Simulium,  testa, 
227. 

Larve,  ciclopiformi,  275;  id.  di  Calcididi,  223;  id. 
due  stadi,  di  Teleas,  283;  che  praticano  la  di- 
gestione all'esterno,  241;  di  Coleotteri,  224;  di 
Coleott.,  Lepid.  ecc.,  nei  loro  foderi  protettori, 


INDICE    ALFABETICO    DELLE    FIGURE    CONTENUTE    NEL    TESTO    E    NELLE    TAVOLE 


927 


250;    diverso,    con     pseudobranchie,    236;     con 

rudimenti  di  falso  zampo  ed  una  apoda,  231; 
diverse  teste,  22S;  cruciformi,  231;  e  ninfe  di 
Cooeinellidi  [Adatta,  Chitocorus),  312;  di  ordini 
diversi,  con  tubercoli  ambulatori^  235;  di 
Teutrodiiu'i,  in  atto  difensivo,  255;  «li  Tignuole, 
sulle  foglie,  loro  ripari,  252;  melolonte  idi  ili 
Coleott.  diversi,  222;  id.  id.  con  tubercoli  per 
l'incesso,  2;i!;  olomet  ibole,  brevipode  ed  apode, 
273;  protette  da  ananassi  (erosi,  254, 

Lasius  [Aoanthotnyops)  latipes  ed  L.  (A.)  claviger, 
femmina,   835. 

Latrodectes    13-guttatus    (la  Malmignatta),    108. 

Lepidottero  fossile  del  calcare  di  Solenbofen,  ri- 
costrutto,  173;  id.  (Paleocossus),  ali,    172. 

Lcptus  (larva  di  Trombidide),  26;  ch(  dirama  l'organo 
rizomorfo  nei  tessuti  della  vittima,  28;  vista  dal 
dorso,  99. 

Leucaspis  gigas,   larva,   236. 

Leucotermes  lucifugus,  forme  delle  sessuate  di  sosti- 
tuzione, 870;  sviluppo  di  neutri,  874;  di  sessuati, 
875. 

Limanthria  dispar  (individuo  ginandromorfo),  465. 

I. inguauila  taenioides,  in  tutti  gli  stati.  8. 

Linguatulide  (Porocephalus  proboscidaeus)  larva,  6; 
P.  annulatus,  adulto,  0. 

Linocoptes    coccinellac,    adulto,    55. 

Linopodes    motatorius,    12. 

Liogryl/u.s  campestri.?,  maschio,  adulto,  391;  che 
'i  canta  »,    479. 

I.istroforidi  e  Cheiletide  a  piedi  conformati  per 
stringerò  i  peli  dell'ospite  (Listrophorus,  gibbus; 
Labidocarpus  mcgalonyx;  Myocoptes  tenax) 
adulti.    52. 

Lithobius  impressus,    137. 

Lophoptes  patavinus,  femm.,   68. 

Lucciola,   maschio,  dal  ventre,   485. 

Lycaeiia,  ali  di  forme  aberranti,   4117. 

Lycocercus  goldenbergi  (Paleodittiottero),   157. 

Lycosa  tarentula  (la  Tarantola)  in  grand,  nat., 
107;   parti  boccali  e   ghiandola  velenifera,    106. 


M 


Maschi,  ergatomorfici  di  Formiche,  833;  di  Co- 
leotteri dimorfici,  Tav.   III. 

Maschio  involuto  (Micrococcus);  ambedue  i  sessi, 
382. 

Mastotermes  darwiniensis,  femmina  e  sue  ali  e 
tarso,    866. 

Megaceras  chorinaeus,  maschio,  Tav.  Ili,  fig.   3. 

Meganeutra  (Prptodonati),  ali  di.   161. 

Megasccoptero,    ricostruito,    162. 

Megnìnia  cubitali.';,  adulti,  53. 

Melipona  fulvipes,  nido  in  sito,  sezione,  824. 

Mos<  uteron,  Cellule  epiteliali  in  vari  momenti  della 
digestione,  in  GaUiphora  adulto,  684;  685;  in 
Cimbex,  686;  seziono  transv.,  schema,  684. 

Metamorfosi,  completa,  di  Cocciden  (serie  maschile), 
269,  id.  di  Deilephila  elpenor,  289. 

Metatergo  di  Dytiscus  (membrana  muscolare  dell'or- 
•  gano   pulsante),   695. 

MigaJe,  Tav.  I,  fig.  I. 

Mimetismo  con  corpi  varii  (foglie  verdi  e  secche; 
eoteccio;  licheni;  stecchi)  esempi:  Phyllium, 
l.ocustidi.  Pìtlora.  Litliinus  (libero  e  su.  Par- 
melia),  Bacillidi,  larva  di  lepidottero  (su  Par- 
nvlia),   730.   731.   732.   733. 

Miriapodi,  fra  i  più  grossi  (Scolopendride,  Julide, 
Glomeride),  Tav.  II. 


Mirientumo   (Ac<  reniamoti   dodcroi),    140. 

Monomorium    floricola,    operaia    ergatogina,     s.'.è. 

Mosca,  appena  sfarfallata,  347;  cavallina  (Hippo- 
6o.v,</).  icnini.  e  suo  pupario,  506;  domestica, 
pupario.   259. 

Muscolare  (contrazione)  in  una  zampa  di  Insetto, 
627. 

Muscoli  larvali  (di  Hyponomeuta)  del  rotto,  dissolven- 
tisi  durante  la  ninfosi,  302;  larvali  in  dissolu- 
zione,  nella    pupa    di  Caliip/iora,   300. 

Muta  (Meccanica    della),  fig.  schematica,  245. 

Mycetophila  ancyliformans,  larva,  colla  massa  di 
escrementi  suoi,   che  la  proteggono,  253. 

Mygale  sp.,  Tav.  I. 

Myrmecocystus  bombici  mis.  toste  di  operaio  e  di 
soldato,  vedute  di  faccia,  839;  M.  kortideorum; 
individui  repleti,  in  quiete;  individuo  repioto, 
che  nutre  operaie;  id.  in  sezione  longitud.,    858. 

Myscocyttarus  labiatits,  adulto  e  suo  nido,  816. 


N 


Necrofori,  che  sotterrano  un  topolino,  529. 

Necromimismo,   di   Belostoma,    717. 

Nidi,  a  penduncolo  laterale,  di  Polistes,  816;  di 
Formiche  (vedi:  Formicai);  di  Halictus  (sezioni 
schemat.),  557;  di  Imenotteri,  entro  rami  di 
Rubtis  (Solenius,  Ceratina),  553;  sotterranei  di 
Apidei  e   di   Vespidi,   schemi,   562. 

Nidi  d'uova,  di  Cicala,  521;  di  Decticus,  517;  di 
Limantria,  517;  di  Omottero  (Histeropterum), 
514;  id.  peli  per  costruirlo,  di  Euproctis  chry- 
soraca,  517. 

Nido  artificiale  Janet,   per  Formiche,   862. 

Nido  di  Ammophila,  555;  di  Anthophora  parìetina, 
563;  di  Ape.  cello,  826;  di  Astata  unicolor,  se- 
zione, 556;  di  Bombus  muscorum,  822;  di  Bu- 
bas  bison,  533;  di  Calabrone  (v.  anche:  Vespa 
crabro),  nell'interno  di  un  albero,  818;  di  Celo- 
nites  abbreviatus,  565;  di  Chalicodoma  muraria, 
567;  di  Ch.  rufescens,  568;  di  CoUetes  succinola 
(seziono),  558;  di  Copris  hispanus,  525;  di  Crabro, 
sezione,  560;  di  Eumenes  circinalis,  aperl  i  >.  565;  di 
E.  pomiformis,  564;  e  nidificazione  di  Megachile 
ccntuncularis,  561;  M .  antracina,  cella  separata  ad 
aperta,  562;  di  Formiche  (vedi:  Formicaio-i);  di 
Qeotrupes  stercorarius,  522;  estrema  porzione  della 
sostanza  nutritiva,  nel  nido  di  Gotrupcs,  532;  di 
Icario  variegata  >■  adulto.  Sili;  di  Isrhnogaster  mi- 
cans,  816;  di  Grillotalpa,  528;  id.  schema  dello  gal- 
lerie, 529;  di  Lami,  567;  di  larvo  di  Processiono- 
ria,  754;  di  Melipona  fulvipes,  sezione,  S24; 
di  Myscocyttarus  labiatus  (ed  adulto),  816; 
di  Nectarinia  mellifica,  sezione,  819;  di  Ody- 
nerus  parietum,  òli:!;  di  Osmia  rufóhirta,  entro 
conchiglia  di  una  Helix,  553;  di  Pison,  565; 
di  Polistes  canadensìs,  816;  di  P.  gallica  adulto, 
817;  di  Polybia,  820;  di  Pseudoagenia  carbonaria, 
552;  di  Sedi j'Inon  lattimi,  àliti;  di  Se.  spiri/ex, 
566;  di  Sinoeca,  820;  ,!i  Sphcx,  szione,  556:  di 
Tachytes,  567;  di  Tatua,  morii),  ap  rto  e  adulto, 
814;  di  Tri/po.ii/liiii,  alia;  di  Vespa  ignota  e  sua 
sezione,  815;  di  Vespa  (in  toto),  811;  id.  s  zione 
longitud.,  schema,  812;  di  Vespa  cartonala 
(Ohartergus  chartarius),  s  z.  longit.,  814;  820; 
di  Vespidi  solitari  (Odynerus,  Eumenes)  sezione, 
550;  di  Xylocopa,  aperto  e  adulto,  558. 

Ninfa,  di  Libelluiide,  266;  di  Prospaltella  berlesei 
entro  la  Diaspis  pentagono,  316;  di  Zanzara, 
340;  libera  ed  obtccta,  25S;  maschile  di  Lucanus 


928 


INDICE    ALFABETICO    DELLE    FIGURE    CONTENUTE    NEL    TESTO    E    NELLE    TAVOLE 


cervus,  nel  suo  bozzolo,  315;  olometabola,  due 
stati  liberi,  26S;  (spoglia  della)  di  Cicada  pie- 
beia,   338. 

Ninfe  di  Ditteri,  con  processi  respiratorii  toracali, 
259;  di  Imenottero  endofago,  fissate  attorno  alla 
vittima,  312;  libere,  di  Insetti  d'ordini  diversi, 
25S;  sotterranee,  (armatura  cefalica)  di  Ditteri 
(Erioeera),  343. 

Notoedrus  cali,  adulti,  45. 

Nucleo  centrale  con  cella  reale  di  Termes  redemanni, 
889. 


O 


Odontolabis  cuvera,  maschio  e  femm.,  Tav.  IV, 
figg.   3,   4. 

Odotermcs  turkestanicus,  maschio  e  femm.  in  la- 
voro di  escavazione,  881. 

Oecanlhus  pellueens,  maschio,  che  «  canta»  e  femm., 
479. 

Oecophylla  smaragdina,  operaie  che  accomodano  una 
lesione  del  nido,  851;  opi  raia  che  porta  in 
bocca  una  larva  ptr  farla  filare,  851. 

Olla  abdominalis,  variazioni  dell'adulto,  464. 

omeomorfo    (tipo)   (C'icadella,  Eutcltix),  401. 

Ommatidi  di   Coleottero,    608. 

Ooteca,  di  Idrofilo,   513;  di  Mantis  religiosa,  216. 

Ooteche   diverse,   216,  217. 

Operaia  di  Formica,  che  porta  una  sua  compagna, 
828;   id.    ps.  udogina,   837. 

Operaie  di  Formiche,  con  ali  rudimentali,  837;  di- 
versa forme  della  testa  di,  nella  stessa  specie  di 
Formica   (Dorylus  affinis),   836. 

Oramorfismo,  esempio,  443. 

Organi  di  scavamento  e  deposizione  in  Acridide,  518. 

Organo  («  Calmistro  »),  all'estremità  della  zampa  di 
Ragno,   1 10;   palpare   eli   Ragno,    1 10. 

Organo  per  romper  il  guscio  dell'uovo  (Pentato- 
midi),   218. 

Organo  pulsatile;  posizione  del  (nel  meso-  e  meta- 
tergo)  in  Tabanus,  Decticus,  C'ossus  adulti,  695; 
s  szione  transv.  del  metatorace  (schematica)  di 
Dytiscus  adulto,  694. 

Organo   stridulante,  della  Cicala,  483. 

Oribaticli  nostrali  (6  specie   comuni),   62. 

Ornamentazione  (Conformazione  sp  oiale  delle  ali 
in  Neurott-ro  (Nemura),  403;  in  Lepidott  ri, 
405;  406;  diversa  nelle  due  paia  di  ali,  724; 
725;  plastica,  del  capo  (in  Coleotteri),  408;  in 
Omotteri  esotici,  Hotinus,  40J;  id.  del  capo  e 
pronoto,  409;  id.  del  corpo  (in  Coleott.),  413; 
414;  id.  elei  pronoto  (in  Omotteri  esotici,  401; 
del  pronoto  ed  arti  in  Emitt.  Eterott.,  402; 
(Vedi   anche;    Ipermorfismo). 

Ornithodoros  moubata,  adulto,  p.  86. 

«  Osmeterium  »,  in  larva  eli  Papilio,  estroflesso,  255. 

Osmia,  che  sta  ruzzolando  una  conchiglia  di  Helix, 
554. 

Ovisaeco  eli  Coccideo  (Icerya),  516. 

Ovopositore  (apice  d«  11')  di  Thalessa,  523;  e  sue 
parti,  in  Miorolepidottero  (Pronuba),  526. 

Ovoposizione,  di  Coccidei,  516;  di  Cicala  (e  Cicala 
femm.),    521;    eli   Coceirlei,    516. 


Paleodittiottero,    156,    157;   ricostrutto    (Evhleptus 

danit  Isi),  432. 
Pandimis  ajricanus  impcrator  (Scorpione  d'Africa), 

Tav.  I,  fig.  2. 


Papilio,  larva,  che  estroflette  1' "Osmeterium »,  255. 

Parlatoria  blancardi,   maschio,   435. 

Pediculoides  ventricosus,  adulti,  65;  lesioni  sulla  pelle 

umana,    66. 
Pedipalpe    (Phrynus   pattasti),    127. 
Pedogenesi,  in  larva  di  Miastor,   354. 
Peli-ventosa  del  tarso   1.°  di  Ditisco,  490. 
Pepsis  formosa,   adulto,    541. 
Pera  eli  sostanza  per  la  nutrizione  eiella  larva,  fatta 

dal  Copris   hispanus;  lavorazione  della  stessa  e 

sua  sezione,   coll'uovo   in   sito,   535. 
Peripatus  capensis  e   sue   parti,  3. 
Perisphaeria  stylifera,  i  due  sessi,  283. 
Phanaeus  ensiger,  naschio,   Tav.    Ili,   fig.    1. 
Pheidole    absurda,  neutro,    839;    Ph.  instabilis;  Ph. 

pallidula,  diverse   forme,   832;   Ph.   taurus,  sol- 
dato,  839. 
Pholcus   phalangioid.es   (P.agno  delle  cas?),   col   suo 

mucchietto  el'uova,   120. 
Phyllotettìx   foliatus,    433. 
Phylloxera     vastatrix,    nelle    sue    principali    forme, 

361. 
Piroforo  del  Brasile,  485. 
Pleistodonles  imperialis,   Imenottero  del   Caprifico, 

i  due  sessi,  284. 
Podapolipus  berìesei,  ninfa  e  femm.  adulta  ovigera; 

Acari  in  sito  su  «  Langosta  »,  64. 
Podura,  in  riposo,  colla  »  forca  »,  ripiegata  sul  ven- 
tre, 630. 
Poeìuride    (Isotoma),    276. 
Pogonomyrmcx    barbarus,    opiraie   che    fanno    a  toi- 

1'  ttfi  »,    841;   P.    occidentalis,  formicaio,  sezione, 

S48. 
Polifilia  di    Vespa,   807. 
P  il  l'ionia  C.  album,  adulto  ad  ali  aperte  e  chiuse 

720. 
Polimorfismo    at'lico,    435. 
Polimorfosi  di  Epicauia  vittata,  281. 
Polìsles  canadensis,  nido,  816;  P.  gallica,  adulto  e 

nido,  817. 
Polixenieli  nostrali  (due  specie),  134. 
Polvere  eli   formaggio,  veduta  al    microscopio  (con 

Acari),    61. 
Polybia,  nido,  820;  sezione  elei  nielo  di  altra  specie, 

821. 
Polydesmus  dismilus,   135. 
Polyrrhachis  bihamata,  operaia,  865. 
Pompilide,  che  sta  per  portarsi  un  Piagno,  541. 
Poneva,    tre    specie,    maschi    diversi,    833. 
Precopula  eli  Libellulide,  490. 

Processionaria    del    Pino,    bruchi   in    marcia,    573. 
Propulsore,  in  larva  eli  Lampyris,  233. 
Protoblattoidi,    159. 
Prot.femeride,    ricostrutto,    161. 
Protemerobiicle,  ricostrutto,    169. 
Protoortotteri,   158,   159. 
Pterotorace,  di  Aeschna,  636;  scleriti  più   resistenti 

del,    637;     in    sezione    transv.,   coi  muscoli   del 

volo;    nel    tipo    «  Acridio  »,    645,    649;    nel    tipo 

«  Libellula  »,   645,  648;  nel  tipo  «  Mosca  »,   64S, 

649. 
Psnidobram  hi    nella  larva  eli  Trichottero  accjuaiolo 

(Ithytrìchia),  678. 
Pseudosirex,  ricostrutto,  173. 
Psichidi,  foeleri  protettori  elelle   larve,  250. 
Psoroptes  bovis,  adulto,  49. 
Ptrroptiis   vcspertilionia,   adulto,    69. 
Pulce  del  Gatto,  larva,  218. 
Pungiglione  di  Ape,   737. 
Punt  ruolo    delle    nocelle    (Balaninus),    512;     della 

Vii     [Bhynchìtes  alni)  adulti,  527. 


INDICE    ALFABETICO    DELLE    FIGURE    CONTENUTE    NEL    TESTO    E    NELLE    TAVOLE 


929 


Puparii  di  Ditteri  ciclorafi,  313. 

Pupario  di  Drosophila,  313. 

Pupiparo  e  Mallofago  (Ina  tti  poco  prolifici),  380. 

Pyrameis  atalanta,  ad  ali  aperte  e  chius  ,  721. 


Raggi  luminosi  (andamento  dei)  travtrso  gli  om- 
matidi,  schemi,  606,  ti(  17,  608. 

Ragni,  con  addome  a  forma  stcana  (profili),  112; 
i'S  itici,  di  formo  strane,  111;  .li  1  Vi  m  zui  la,  nidi 
sotterranei,  118;  maschi  in  atto  ci  danzare  da- 
vanti alle  loro  femmine,  124. 

Ragno  acquaiolo,  nostrale,  125:  id.  i.l.„  in  acqua  o 
suo  nido,  120;  giovane,  che  si  acej\gi  ad  un 
viaggio  aereonautico,  122:  mas  Id",  io  attitu- 
dine stridulante  (nostrale),  124;  eh  s 'miglia  ad 
una  formica,  1 2.'ì;  (nostrale),  dell  eas  ,  che  in- 
sidi, i  una  Mosca  domestica,  126;  s  tt  rraneo 
Rhytidicolus  structor),  dimora,  11S;  (nostrale), 
vagabondo  (Thomisus),   126. 

Sanatra  linearla,  adulte,  630. 

Respirazione,  in  acqua  di  Dytiacus,  larva,  674; 
di  Idrofilo,  adulto,  675;  di  Notenectn,  adulto, 
675;  di  Zanzara,  larva,  673;  (mani  ra  Bpi  ciale 
di),  di  Ceramhicide  acquaiolo  (Haemonia), 
adulto,  677;  movimenti  dell'addome  nella, 
672;  sistema  tracheale  e  p(  reorso  rkll'aria  nel 
Ditisco  adulto,  676;  organo  sp  (id  per  la, 
ultimo  articolo  addominal  -,  nella  larva  di 
Dytìscus,  sezioni  longit.,  674;  «  zona  arg(  ntata  », 
per  la,  al  ventre  di  Elmis,  adulto,  676. 

li  tt",  ghiandole  rettali  di  Culli  pinna,  adulto,  se- 
zione,   691. 

Bhìnotermes  taurus,  soldato  «  nasuto  a  forchetta  », 
872. 

Rhipicephalus  bursa,  maschio,  90;  Rh.  sanguinens, 
adulti,    89. 

Rlii/ti<l>colii.i  stritr/nr  (Ragno  soft  rraneo),  dimora, 
118. 

Rhyzoglyphus  echinopus,  due  forme  eli  mas"hi,  61. 

Rigenerazione.  Moelo  di  crescenza  eli  un  arto,  in 
via  di,  746;  zampe  rigenerate  ia  Bacilli  lo  e 
Phyllium,  746;  in  bruco,  748;  in  Mantìs;  in 
Raphiderus;  in  Embiide;  in  bruco,  746,  747, 
748. 

Rutcla   pulchella,   individuo    anomalo,    465. 


Sarcociti  (ed  Amebociti)  carichi  di  detriti  muscolari, 
durante  la  ninfosi,  303. 

Sarcoptes  scabiei,  .adulti,  41. 

Sarcoptidi  nostrali,  domestici  (6  6pccic  comuni), 
adulti,  59. 

Schiusura  di'  larve  eli  Liliellulide  (Lacstes  viridis), 
219;  di  Stauronotus,  218. 

Scolopendra  cingulata,  138;  testa  dal  ventre  e  pie- 
mascelle,   133;  Se.    subspinipes,    Tav.  IT,  fig.   1. 

Scolopendre    (due)  massime,  nostrali,    138, 

Seolopendrella  immaculata,    136. 

Scorpione  grandissimo,  africano  (Pandinus),  Tav.  T, 
ti lt.  2;  veduto  dal  ventre,  129;  ghiandoln  vele- 
nifere, anche  in  sezione,  129.  dal  dorso,  130. 

Scutigera  coleoptrata,  dalle  case,   !39. 

«  Seghe  »  di  Tentiedinei,  522. 

Sericothrombium   holosericeum,   adulto,   p.    97. 

Sfarfallamento,  di  Anthrax  342;  di  Cicada  plebeia, 
308;   di  Dittero  endofago,   3-13;  di  Dittero   or- 


fcorafr,  341;  di  Ubtllula  (Aeschna),  308;  di 
Limanthrìa  dispar,  348;  di  Scliistoeerca  pere- 
grina,  307,   337;  di  Zanzara,  340. 

Sigari  tte  bucate  dal  Xyletinus,  239. 

b  Sigaro  i  di  fogli  (  i  vit  fatto  dal  Punteruolo 
[Rhynchiles]  e  sua  sezione  transv.,  527. 

Sinoeca,  nido  eli,  820. 

Sirex  gigas,  femm.,  523. 

S"llato  di  Coptotermes  ceylonicus,  sezione  longit., 
878;  di  Eiitermcs  monoceros,  877. 

Sotti  rramento  di  Topolino  per  opera  di  Necrofori, 
529. 

Sphaecius  speciosus,  che  trasporta,  a  volo  una 
Cicala,  549;  sua  larva,  che  divora  una  Cicala, 
549. 

Sphaerotherium,  Tav.   II,  fig.   3. 

Sphex,  che  trascina  una  Ephippigera  paralizzata, 
548. 

Spermatofori  diversi,  49  1. 

Spermatoforo.  Femmina  di  Decticus,  che  se  lo  di- 
vora, 494;  in  sito,  nella  femmina  eli  Agrotis, 
495;  id.  id.  di  Decticus,  494:  id.  id.  eli  Grillotalpa, 
491;  in  sito,  nel  maschio  eli  Ditisco,  495. 

Spilasma  artifex  (Ragno),  tela  e  nido,   116. 

Spirochaete  dultoni,  82. 

Spirostreptus  indus,  Tav.  II,  fig.  2. 

«  Sputacchina  »,  larva,  che  si  protegge  colla  spuma, 
713. 

Stadi  embrionali  di  Coleotteri,  277;  di  Moina, 
369,  370. 

Stauronotus   marocchanus,   larva,    219. 

Sternostoma  rhynolethrum,  femm.,   71. 

Stratiomys  chamaeleon,  larva  e   ninfa,   257. 

Slrongylogìiathus  testaceus,   operaia,   855. 

Sviluppo  di  neutri  di  Leucolermes  Itici fugus,  874; 
id.  di  sessuati  dello  stesso,  875. 


Tarsophlebia  eximia  (Pseudoneurottero  fossile), 
ricostrutta,    171. 

Tavola  accompagnante  la  lettera  di  Smeathmann 
sulle   Termiti  (riproduz.),   894. 

Tegenaria  domestica  (Ragno  dei  muri  delle  case), 
117. 

Tclyphonus  caudaUis,   128. 

Tentredinidi,    due  momenti  della  ninfosi  dei,    268. 

Tenuipalpus  palmatus,  adulto,  96. 

Termes  bellicosus,  termitaio  e  sua  sezione,  895. 

Termes  sp.,  femmina  ovigera  nella  camera  reale, 
869. 

Termitai,  concentrici,  sezioni  sehemat.,  890;  eli  ter- 
mite bellicosa  sec.  Smenthmann,  895;  forme 
diverse  di,  888;  sezioni  sehemat.,  mostranti  i 
canali  di  ventilazione,  891. 

Termitaio,  di  cartone  di  legno,  893;  di  Cubilermes 
bilobatus,  887;  di  C.  fungi faber,  891;  di  Termes 
bellicosus,  887;  sezione  longit.  di,  (schema),  886; 
sezione  longit.  mostrante  il  percorso  dell'aria 
dei  canali  e  le  vie  alle  fungaie,  891;  s  zioni 
sehemat.  mostranti  la  genesi  di  una  «  collina  », 
893;  sezione  sehemat.  longit.  eli  ima  specie  mi- 
cofaga,  887. 

Termite  (Termes)  alato,  869;  schema  rappresentante 
lo  sviluppo  postembrionale  (nelle  diverse  caste) 
di  una,   876. 

Termiti,  diverse,  individui  atteri,  871. 

Tessuto,  adiposo,  imaginale.  Inizio  del,  nella  nin- 
fosi, 304;  larvale  ed  imaginale  in  adulto  di  Calli- 
phora  prossimo  a  schiudere,  304. 


A.  Berlese.  Gli  Insetti,  II.  —  11". 


930 


INDICE    ALFABETICO    DELLE    FIGURE    CONTENUTE    NEL    TESTO    E    NELLE    TAVOLE 


Testa  di  soldato  di  Coptotermes  ceylonicus,  873;  e 
protorace  con  zampe  fossorie  in  Coleotteri,  529. 

Teste  e  protoraci  di  soldati  di  Termiti  diverse,  872. 

Tetramorium  caespitum,  operaia,  855. 

Tetranychopsis  horrida,  adulto,  95. 

Tetranychus  telarius,  adulto,  94. 

Thamnotrizon  chabrieri,  maschio,   480. 

Tignuola  del  grano,  riparo  della  larva,  251. 

Tipula  flavicans,  ninfa,   259. 

Tisanottero,  metamorfosi,  269. 

Tisanuro  (Campodea),  276. 

Torace  (movimenti  del,  nel  volo),  sez.  transv.,  654. 

«  Torretta  »  di  Termitaio  di  Termes  lalericius  e  sua 
sezione  longitud.,  892;  del  nido  di  Lycosa  caro- 
linensis,    119. 

«  Triungulino  »  (larva  prima  di  Lampiride),  282. 

Trogulus  tricarinatus,   100. 

Tubulo   del  nido   eli   Cyrtauchenius  elongatus,    119. 

Tydaeus  foliorum,  adulto,   94. 

Tyridomices  formicarum,  fungo  coltivato  da  For- 
miche  (Cyphomyrmex),   864. 

U 

Uloborus,   sua  tela,    115. 

Uova,  che  schiudono  (di  Cloeon  dipterum),  509. 

Uova,  deposte,  di  Cicala  (entro  il  legname),  520, 
521;  id.  di  Poecilocarpus  (nel  legname),  522;  id.  di 
Dytiscus  marginalis,  524;  id.  di  Embia,  515;  id. 
di  Eterottero  su  foglia,  511;  id.  di  Hylotoma 
pagana,  522;  id.  di  Libellulide,  520,  521;  id.  di 
Oecanlhus,  519;  id.  di  Cecidonia  del  Melo  (Con- 
tarinia),  nel  fiore  del  Melo,  524;  id.  a  mazzo  di 
Clytra  taxicornis,  211;  di  Clitre  diverse,  210; 
di  Efemeridi,  511;  di  Reduvide,  212,  213;  di 
Eterottero  acquaiolo,  portate  dal  mascliio,  511; 
di  Eterottero  acquaiolo  (Aphelocheirus),  su 
conchiglia,  511;  di  Hypoderma  lineata,  215; 
di  Idrofilo,  216;  di  Microcentrus  reticulatus , 
215;  di  Scatopkaga,  213;  di  Vespe  solitarie,  in 
sito  su  Artropodi  paralizzati,  550;  diverse  di 
Insetti  varii,  209;  nastri  e  masse  di,  di  Chi- 
ronomus,  215;  varie  maniere  di  deposizione 
delle,  214;  protezione  delle,  514,  515,  516,  517. 

Uovo,  deposto  di  Mosca  delle  olive,  525;  di  Eterot- 
tero acquaiolo  (Limnobates),  510;  di  Lelhrus  ce- 
phalotes,  212;  «  di  inverno  »,  di  Afidide,  509. 

Uropodide,  due   stadi  giovanili,   74. 


Vanessa,  ah  in  forme  aberranti,  460;  I".  del  cardo, 
adulto,  574;  V.  io,  adulto,  ad  ali  aperte  e  chiuse 
720;    V.  pluto,  del  Miocene  inferiore,   177. 

Variazione,  nella  colorazione  di  Coleottero  (Crio- 
ceris),  423. 

Variazioni  individuali  nel  colorito  in  Coccinellide, 
464;  id.  in  Cicindela,  468;  id.  nella  forma  delle 
ali  in  Saturnia  pyri,  419;  id.  nella  statura,  in 
Mosca,  429. 

Vespa  crabro  (vedi  anche:  Calabrone)  nido  entro 
mi  albero;  816;  inizio  del  nido,  818;  deposizione, 
818;  nido   giovanissimo,   819;  i  tre   stadi,   809. 

Vespa  mellifera  del  Brasile  (Nectarinia  lechaguana) 
adulto,  809;  Nido  in  sezione,  819;  Vespa  rufa 
adulto,  819;  Vespa  sp.,  le  tre  forme,  807;  nido, 
811;  V.  germanica,  nido  in  sezione,  812;  V. 
sylvestrìs;  nido  giovanissimo,  819. 

Vespai  (vedi  anche:  Nidi)  stelocittari,  diversi,  817. 

Vespaio  (fragmocittaro),  sezione  longit.,  814,  815; 
sferico,  sezione,  815  (vedi  anche:  Nido). 

Viviparità,  di  Cleon  dipterum,  508;  di  Afidi,  607; 
di  Farfalla,  508. 

Volo.  Atteggiamento  di  Insetti  diversi  durante  il, 
667;  movimenti  dell'ala  per  la  resistenza  del- 
l'aria, schemi,  664;  movimenti  principali  dell'ala 
nel,  659,  662,  663;  posizione  delle  ah  nei  mas- 
simi abbassamento  ed  innalzamento,  di  faccia, 
654;  in  Pentatoma,  vista  di  faccia,  643. 


Xylocopa,  sezione  longit.  per  mostrare  le  Greenia  in 

sito,   69. 
Xylotrupes  gideon,  maschio,  Tav.   Ili,  fig.   5. 


Zampe  (anteriori),  raptatorie  in  Emitteri  Eterot- 
teri  acquaioli,  629;  movimento  delle,  nell'atto 
del  camminare   (schema),   629. 

Zecca  degli   Uccelli,  femm.,    77. 

Zecche  (Issodidi),  due  specie  di  maschi,  76. 


Indice  dei  nomi  sistematici,  biologici,  ecologici,  ecc. 
contenuti  nel  Volume  II 


Abdera,  pjg.  234. 

«  Abeilles   niagonnes  »,   566. 

Aberrazioni,   463,   466,   467. 

Abia  sericea,  740. 

Abies,  459,  460;  A.  nordmanniana,  460;  A.  inc- 
linata, 460;  A.   webbiana,  460. 

Abispa,  565. 

Acanthaphis  spinulosa,  453. 

Acanthochermes  quercus,   449,   450,   457,   458. 

Acanthococcus  aceris,  436. 

Acanthotcrmes,  873,   886. 

Acari,  5,  10;  A.  dell'humus,  della  terra;  A.  detriti- 
coli,  A.  domestici,  24;  A.  ectoparassiti  di 
Vertebrati,    19;   A.    planticoli,    24. 

Acaro  della  scabbia  dell'Uomo,  39. 

Acarus  aegyptius,  92;  A.  cellaris  18;  A.  dysenteriae 
19;  A.  folliculorum,  35;  A.  hispanus  92;  A. 
hordei,  67;  A.  marginatus  18,  83;  A.  muscarum 
60;  A.  nigua  86;  A.  reflexus,  83;  A.  tritici  66; 
A.  scabiei  43. 

«  accessoria  esule  »   (femm.),   457. 

Acentropus,  426. 

Acentrotus,  236. 

Acer,   460. 

Aceraius  grandis  var.  hirsutus,  422  (fig.). 

^cercaria,  202. 

Acerentomidae,  139. 

Acerontomon,  139  (fig.). 

Acherontia,    827,    723;    .4.    atropos,    345,    724,    757. 

Achorolophus  quisquiliarum,  96,  97  (fig.). 

Achorutidae,  202,  204. 

Achorutes  maritimus,  765;   .4.  similatu-s,  764. 

Acilius,  228  (fig.). 

Aclerda  berlesei,  436. 

«  Aconi  »  (Insetti),  607. 

Acrididi,    175,    181,   480,    548. 

Acridiidae,  192. 

Acridio,   650. 

Acridìum,  649  (fig.),  651;  X.  limola,    614;  719,  760. 

Acridoidea,  204. 

.dcntfoxena  hewaniana,   731    (fig.). 

j4crocera,  666. 

Acroceridae,  111. 

Acronycta  aceris,  318  (fig.). 

Acrotylus  insubricus,   742. 


.4crosoma  horrida;  A.  luctuosa,  A.   maronica.  A.  ob- 
lunga, 111. 

.4c«»neda  urti»,  96,  97  (fig.). 

Aculeala,   193. 

Aculeati,   193. 

.4cfa7!'a,  739;  4.  bìpunctata,  312  (fig.). 

.4tfenopoda,  204. 

Adentomoidi,  162. 

Adephaga,  203,  204. 

Adimonia,  739. 

«  Adipociti  »,   701. 

«  Adobe  Tick  »,  86. 

Adonia,  739;  A  variegata,  497  (fig.). 

.4dozits  (Bromius)  vitis,  367,  368. 

■<  Adresla  »,  351. 

Aegus,  A.  capitatus,  439. 

Aeoloihripidae,  193,  204. 

.4epus;  765;  4.  fulvescens,  765;  4.  robìni,  677,  765 

.4esc/nui,   170,  308  (fig.),    392,  604,  634,  636  (fig.) 
637  (fig.),  645  (fig.),  696  (fig.),  697  (fig.). 

Aeschnidae,   193,  202,  302,  204. 

«aestivais»   (femm.),   457. 

Aetusa,  458. 

Afanitteri,  p.   189,   193,  415. 

Afide,  649  (fig.). 

Afidi,  362,  364,  500  (fig.);  Afididei,  180;  Afididi,  458. 
Andini,  365. 

Agabus  bipustulatus,   765. 

Agama  colonorum,  96. 

•  Agamandromorfismo  »,    465   (fig.). 

<  Agamosoma  »,   371;   «  agamosomi  »,   377. 

Agapostemon,  415. 

Agapus  bipustulatus,   765. 

Agarieus  (Volvaria)  rajah,   885. 

Agenia,   552,   565;   A.    struetor,    A.    variegata,   552. 

Agelastica  alni,  255,  765,  739. 

Agelena;  A.  labyrintica,  116. 

i  Agglomerazioni  »,    575. 

«  Aggregazioni  »,   799. 

Aglia  tau,  474. 

Agnatha,  202,   204. 

A  gonata,  198. 

«  Agonopecilìa  »,  420,  424. 

Agrion,  426,  490  (fig.),  649  (fig.);  665;  A.  rambusi, 
392. 

Agrionidae,  193,  202,  204,  520  (fig.). 

Agriotes,  628. 

Agriotipidi,     177. 


932 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


Agroeca   brunnea,    119    (fig.). 

Agrotidae,   724. 

Agrotis,  239;    523,    724;    A.    comes,  A.  fimbria  A. 

janthina,  A.  linogrisea,  A.  orbona,  724;  A.  praecox, 

732;  A.  pronuba,  724  (fig.);  A.  segetum,  495  (fig.). 
Aids  reflexa;  A.  spinosa,    768. 
«alata    partenogenetica»  (femm.),  457. 
alati  di  Termiti,  868. 
Aldeidasi,  704. 

Aleurobius  farinae,  56,  59  (fig.),  60  (fig.),  61. 
Aleurodes,    239. 
Aleurodidae,  193;  Aleurodoidea,  205;  Aleurodidi,  180, 

400. 
Alloth  rombi  um  fuliginosum,  26  (fig.),  97. 
Alnus,  460. 
Alucitidae,    193. 
Alyson,  544. 
Alysoninae,  538. 
Amblycera,  204. 
Amblyomma,  83,    92;    A.    americanum;    A.    cayen- 

nense,  92;   A.   hebraeum.  92. 
Amblyoniminae,  82. 
Amblysterna,  413. 
«  Amebociti  »,   300. 
Ameroseius,  70. 

«  Ametabolìa  »,  265;  A.  acquisita,  265. 
Ammophilq,   544,   555   (fig.);    666;   A.   kirsnta,   543; 

A.  sabulosa,  547  (fig.),   667  (fig.). 
Amphibiotica,  192,  199,  202;  Anfibiotici,   192. 
Amphipyra,  724. 
«  Ampolla  cefalica  »,   342   (fig.);   ampolla  cervicale, 

218  (fig.) 
Ampulicinae,  538. 
Ampulex,  544. 
<;  Anagonicità  »,   768. 
a  anagonico  »  (periodo,  stato),  :j77. 
Analges,  22,  53,  54;  A.  clavipes,  21  (fig.);  -4.  passeri- 

nus,  54. 
Analgesidi,  20,  21   (fig.). 
Anapterygota,  201. 

Amarla;  A.  cordigera;  A.   myrtilli,  724. 
Anastrepha,  679. 
-  Inatalanta,  416. 
Analis,  739. 
Anaz,   170,  392. 
Andrena,  377. 
Andriscus,  364. 
Androconii,  488. 
«  andromegetiehe  »  (specie),  430. 
«  Androneìa  »,   351. 

Anergates,    834,   855   (fig.);   4.    atratulus,   833;    854. 
«  Anfineìa  »,  351,  400. 

«  Anfipecilìa  »,  420;  atelica,  427;  api  rti  lica,  427, 
i  anfitoca  v,   emigrata,   migrante,  reduce  (femmina) 

457. 
«  Anfitochìa  »,  357. 
Anilastus  ébeninus,  324   (fig.). 
Animali  mirmecofili,   865. 
Anisoplia  villosa,  503. 
Anisoptera,   204. 
Anisoscelis,  401. 
Anisosticta,  739. 
Anisotteri,  167,    176,    181. 

Anizozigotteri,  167;  176,  181;  Anisozygoptera,    204. 
Anobiidi,    177. 
Anochelus,  834. 

Anoecia  corni;   A.    venusta,   459. 
Anoetus,  58. 

«  atipiche  »,    ninfe,    309,    327. 
Anomala,  408,  423. 
«  Anomalia-e  »,  421,  465. 


Anonima,    836,    859,   860,    861;    A.     erraticum,     A. 

nigricans;  A.  nigricans  var.  walverti,  860. 
Anopheles,  673  (fig.). 

Anoplote.rmes,  868,    890;    A.    morio    893. 
Anoplura,   193,   204;   Anopluri,,    193,   400. 
Anoxia   phlexippus,  728. 
Antennati,  2. 
Antennophorus,  73. 
Antheraea  pemyi,  321   (fig.);   475. 
Anthia  maxillosa,  410  (fig.). 
Anthiarrlunus;  A.  zamiae,  512. 
Antliidium,     415,    561;    A.    barbarum,     A.     laterale, 

561;  .4.  scapulare,  552;  .4.  strigatimi,  561. 
Anthoearis    belia -ausonia;    A.  belemia-glauca,    441; 

.4.   cardamines,   720. 
Anthocopa,  562. 
Aiilìiocoptes,   31. 
Antlnniii/^u,  416. 
Anthomyia,  217. 

Anthonomus  grandis,  27;  4.  pomorum,  502. 
Anthophora,  415,  539,  554,  563;  A.  acervorum,  538, 

(fig.),    563;    A.    morio,    563;    A.    parietina,    538, 

(fig.),  563;  .1.  re(itsn,  392,  538    (fig.);  503. 
.4/<//»™.r  fenestrata,   342    (fig.),   343    (fig.). 
Aiitlir:  uà,  545,  557  (fig.),    558,   560;  vi.   balneoriim, 

560;    .4.    cineraria;   A.   flavipes;  A.  labiata,  557, 

Anthrenus,  57. 

Anthrobia  mammuthica,   HO,    119. 

Antilope  bubalus,  44. 

Antliala,   198. 

Antop  .orini,    538    (fig.). 

Anlomeris,  A. io,    725. 

Antomyidae,  194. 

Aiuirida,   277. 

Animila    bla  urini  rdì,   435    (fig.). 

Apalopteroidi,   162. 

.4patara  »7*a,   442. 

Apataenus,  416. 

Apt  -i,  359,  360,  415  (fig.),  824  (fig.),  825,  826  (figg.), 

829  (fig.);  A.  legnaiola,  559;   muratrici,    566. 
Apidae,  194;  4pmae,  823,  805,  806,  823,  825. 
Api!   i   nostrali    più   comuni,    557    (fig.). 
^pi«,   277;   .4.  /forea,  827   (figg.);   4.  mellifica,  605; 

825,   828  (fig.);   4.   me/li'/.,   v.  ligustica,  825,  826 

(fig-)- 
Apion,  439,  544;  4.  onopordi,  496  (fig.). 
Aplum  ina    leiitisei,    459. 
^IpocWto,  202,    204. 
Apocfa,   172. 

apode  (larve),  231,  233  (fig.). 
ApoKM,  807,  817;  A.  pallida,  816,  817. 
Aponomma,  92. 
u  Appositionbild  »,   606. 
Aphaniptera,   193,     199. 
Aphelia   punctata,  550. 

A  phelocheirus  montadoni,    285   (fig.),   511    (fig.)- 
Aphenogaster  barbara,  839;  840  (fig.);   -4.  picea,  833; 

A.  testaeeo-pilosa-spinosa,  837;  A.  (Planimyrma) 

loriai,    865   (fig.). 
Aphididae,   193;  Aphidoidea,  205;  Aphidìna,  202. 
Aphilotrix,  364;  A.  albopunctatus,  367;  4.  marginalis, 

367;   A.   quadrilineatus,   366;   .4.   seminolationis, 

367. 
Aphìs,  574,  739;  A.  <roe»ae;   A.  bakeri,  458;  A.  6ra.«- 

sicae;  A.  cardai,  739;  A.  crategi,  458;  A.  dianthi, 

356;  A.   evonymi,  A.  farfarae,  458;  .4.  maZt,  366; 

.4.  maydis  radicis,  365  (fig.),  449,  453;    A.   wm/o- 

solidis,  458;  A.  pad/,  458,  739;  A.  papaveris,  458; 

574;  A.  persicae,  574;  A.  pìri,  458;  A.  pomi,  453; 

A.    primi;    A.    ranunculi,    458;    A.    rhammi;    A, 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


9:ì.'3 


ruinicis,  458;  A.  sambuci ,  453,  739;  A.  scabiosae, 

507  (fig.),  A.    trifola,    458;   A.  urtiate,    739;  .1. 

viburni,  453,  458. 
Aphodius,  439,  470,  048;  A.  fimetarius,  705. 
Aphoruridae,   192. 
Aphroslasia  pedinatile,  460. 
Aplirophora,   712   (tìg.). 
Aphthoroblattina   johnsoni,    100    (fia.). 
Aptcra,  199. 
Aptengota,  192,202;  Apterigoti,  170,  190,  191,   192, 

201,   265,   276,   286,   398. 
Apterina,  410. 
Aptt  rygogenea,  200. 
Aptilotus,  410. 
Aquilegia,  458. 
Arachnides     acaridiennes,   198;     A.  antennés  tra- 

chealts,  198;  A.  crustacéennt  s,  198. 
Arachtiidi,  2,  4,  5. 

Arachnocephalus,   493;   A.   vestitus,   491   (fig.). 
Aruneidi,   5,    105. 
Arasehnia  levami,  Tav.  V,  fica.  9;  .4.  levano  prorsa, 

Tav.  V,  tìg.  10. 
Archegocimex  geinitzi,  171  (fig.). 
Airh,  ulani, m,   200.   201. 
Archeognatha,  202. 
«  archi  opodo  »  (stadio),  274. 
Archeoptilus  gaullei,  438. 

Archimylacridae,   160;  162;  Arehimilacridi,  102. 
Archilestes,  521   (fig.). 
Archinsetti,   201. 
Architipulidi,   169. 
Architteri,   201. 
Archizigotteri,   167,   181. 
Aretia,   724;  .4.  caja,  317;  318    (fig.);  358,  420.  442: 

A.  flavia,  739;  .4.  seZene,  405  (fig.). 
Arctiidae,  193;  Arctiirti,   177. 
Argas,   19,  23;  82,  84;  .4.  americanus,  SO;  .4.  coni- 

ceps,   87,   88;   A.   miniatus,  86;  A.   persicus,   22: 

si,  86;  -4.  persicus  v.  fìrmatus,  84;  A.  ratl>ntits, 

86;  .4.  reflexus,  22,  81,  83,  84,  87;  A.  reflexus  \  ar. 

magnus,  84;  A.  sanchezi,  86. 
Argasidae,  82;  Argasidi,  80;  Argasini,  83. 
Argiope,   123,   126;  A.  basilica,   116  (fig.);  A.   ?«■;(»- 

nicfct,   114  (fig.),   115,  126;   A.  cophinaria,    115, 

119. 
Ar^Hs,  739. 
Argynnis,  407,    722;    A.    adippe,    722:    A.    paphia, 

243. 
Argyrestia   nitidella,   740. 
Argyrodes   paradoxus,    112   (fig.). 
Argyroiuta,   741;   A.    acquatica,    118,    120   (tìu'.);    125 

(fig.),    126. 
Ariannes  flagellimi,  112  (fig.). 
«  Armée   de   serpents  »,   572. 
Armitermes,     878:     A.     neotenicus;    884    890    (fig.), 

891. 
«  Arrenotoehìa   ,  357. 
A  /-c/i  1  ■mini.f,  14:  A.  abbreviator,  A.  maculator  A.  tube- 

ratus,   14  (figg.). 
Arrhinotermes,  873,  895,  890:  A.  /faiws,  876. 
Arstophila  bombìformis,  711. 
Arthropleona,  170,    202,    204. 
Artropodi,    1,   2. 
Arum    r//v(,  „,,,  ,,/,/v,    477. 
Anturi,,,  552;  A.  donax,  539,  551,  501. 
Ascalaphinoi ,  205. 
Asclera  caerulea,  234,  235  (fig.). 
Ascodi  pteron,   420. 
«Asimmetrìa»,  420. 
Asì7;'rfac,    194,   711. 
Asilus,  544;  A.  crabronijormis,  711. 


Aspidìotus,  201;  A.  héderae,   170. 

Aspidomorpka  puncticosa,  210  (fig.). 

Astata,  544,  548,  5.50;  A.   unicolor,  550  (fig.). 

Astia   citata.    124   (fig.). 

Astigtnata,  28,   29,   30. 

Astomella  apiformis,  711. 

Attlcstus,  408. 
At.  Ila    ,   351,   352,   394;   395;   404  (fig.),   -107,    131. 
433:    di    adattamento,    395.   «  Atidismo  »,    395, 
398  (fig.). 

«ateliche»  (forme),  396  (fig.). 

Athalia,  738;  A.  anmilata;  A.  scutellariae;  A.  spina- 
rum,  740. 

AiAeuciw,  261,  527,  529  (fig.),  531,  534,  537;  A. 
lalicollis,  537;  A.  socer,  530  (fig.);  A.  semi- 
■punctatus,   73,   667   (fig.). 

Allunarla  testacea,  498. 

Atroposidae,    192. 

Alriplex,  74,  458. 

A«a,  710  (fig.),  836;  A.  (Oecodoma)  cephalotes  (L), 
863  (fig.);  A.  (O),  «exrfens  L.,  864. 

Attacus  cynthia,  475. 

Attelabus  coryli,   503;   A.   curculionoides,   022. 
11    ra  partenogenetica»  (femm.),  457. 

«attera  »  (forme),  286. 

Atteri,    190,    197,    198,  351. 

Atteri  di  Termiti,  871  (fig.). 

1  Atti  oziosi  »,   754,   831. 

Attilli,   109. 

Atypus,   118,   125;  A.  sulzeri,   118. 

Atzeca,  851;   A.   trigona,  S51    (fig.). 

Auchenorrhyncha,  202,  205. 

Aucheromyia  luteola,   752. 

Augiades  comma,  491   (fig.). 

Aulocara  allioti,  556  (fig.). 

Aulacopus,    408. 

Aulcnogyrus  striatus,  237  (fig.). 

«  Aumpan  »,   84. 

Ausonia  phlexippas,  309  (fig.). 

«  Aurelia  »,   259. 

«  Atuat  »,   99. 

«  Autoemorrea  »,    740. 

«  Autofagla  »,    743. 

«  Autofilassi  »,  708. 

«  Autolinforrea  »,  738. 

Automeris  viridescens,  Tav.  VII,   fig.   5. 

«  Autospasla  »,    742. 

■1  Autotomia  »  correttrice,  740;  economica,  740; 
e  su  viale,  741;  evasiva;  difensiva,  offensiva, 
parassitaria,   740;  riproduttrice,  740,   742. 

Avicuìaria,  125. 

Avieularie,    119;   Aviculariidi,    125. 


Babesia,  81,  85;  B.  bigemina,  90;  B.  bovis,  22,  90 
(fig.)  91,  93;  B.  canis,  22;  82  (fig.),  88,  89,  92, 
93;  B.  equi,  91;  B.  mutans,  91;  B.  parva,  89,  90, 
91,  93. 

..  Babtsiosi»,  81,  88. 

Bacca  lugens,  313  (fig.)- 

Bacillothrips,  400;  B.  lineari*,  400  (tic). 

Bacillus  gallicus,  368;  B.  oleae,  241,  679,  702: 
B.  rossii,  732,  733  (fig.),   758. 

«Baco  da   s   tfl    ,   238,   356,   .157,   74S  (fig.),   749. 

Batteria  mexicana,  745. 

Bagous,  765. 

Baìanirius,  512,  525,  544:  B.  lincimi,  512  (fig.); 
527    (fig.). 


934 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


Ballota  foetìda,  561. 

Basilarchia  archippus,   728. 

Batocera,   54. 

Batonota,  413. 

«  Batumen  »,    825. 

Bdella,  96;  B.  longirostris,  97  (fig.). 

Bdellorhynchus  polymorphus   21    (fig.),   53. 

«  Begattungszeichen  »,  502. 

«  Beharungslave  »,  457. 

Bclisariiw;  B.  xambeui,  131. 

Belonogasier,  806. 

Belonuchus,  411. 

Belostoma,    438,    717,     737;     B.     flumineum,     717 

(fig-). 
B?lostomidi,    171. 
Bembecinae,  538. 

Bembex,  415,   544,   546,   547,   550,   555,   733. 
Beronthinae,  205. 
Berlesia,  70. 
Bertea,  416. 
Beta,  458. 
«  Brebguez  »,   84. 
«  Bianchella   del  riso  »,    67. 
Bibio,    416,    666;     B.    hortulanus,    391,    417     (fig.); 

B.  marci,  667  (fig.). 
Bibiocephala  elegantula,  416  (fig.). 
Bibionidae,   194;  Bibionidi,    169. 
«  Bifundikala  »,    87. 
o  Bimpusi  »,   87. 
Biorhiza,   624;   B.   opterà,   622. 
Bitorzoli,  362,    523. 
Bittacomorpha  flavipes,  259  (fig.). 
Bittacus,  227. 
Bittacusidae,  205. 

Blanìulus  gutttilatus,   135,   136  (fig.). 
Blaps,  54,   768;   B.  edmondi;  B.  gigas;    B.    magica, 

B.  mortisaga,  768;   B.  plana,   760. 
Blastophaga,  284,  285,  351,  414. 
Blatta,  277;   B.   germanica,  2J7. 
Blattaeformia,  204. 
Blattidae,  192. 
Blatte-idea,  202,  204. 
Blatloidea  carri,   160. 

Blattoidi,    156,    160;   Blattoidei,   159,   181. 
Bledius,  408;  B.  unicornis,  409  (fig.);  B.  taurus,  409 

(fig.),  425. 
Blemus,  765. 
Blcnnocampa  albipes;  B.   ephippium;   B.    fuscipen- 

nis,    366. 
Blepharda  rhois,   252  (fig.). 
Blepharocera,  399,  416. 
Blepharoceridae,    194,    236. 
Blissus  leucopterus,  435  (fig-). 
Boarmia  plumigera,  404  (fig.). 
Bocidium  globulare,  401   (fig.). 
Bolboceras  mobilicornis,   408. 
Bombinae,  821. 
Bombii,  63,  292,  360,  392,  415,  603,  606,  665,  711; 

759,   805,    806,    810,   821,   822,    823,    824,  (fig.). 

825;    B.    kirbyellus,    823;    B.    lapidarim,    392; 

B.   muscorum,    672   (fig.);    822   (fig.),    823   (fig.); 

B.  terrestris,  823. 
Bombycidac,    193. 
Bombyliidae,  194. 
Bombylius,  654,  711. 
Bombyx,  496,   501,   700,   764;  B.  lanestris,   753.   B, 

mori,  277,  345,  465  (fig.);  476,  503,  627,  764;  B, 

neustria,  214  (fig:);  B.  polyphemus,  358;  B.  guer 

cus,  358,  477;  B.  ruòi,  475,  700. 
Boophilus,    83;    B.    annulattis,    75    (fig.),    77    (fig.) 

79     (fig.),     89,    91;    B.     a»m.     var.     argenitnus 


B.  ann.  var.  calcaratns,  90;  B.  «b.b.  var.  caudatus, 

B.  ann.  var.  microplus;   B.  decoloratiti,  81,   91. 
Boreidac,  205. 

Boreus,   227,   403;   B.   hyemalis,  403   (fig.). 
Bostrichidae,  194. 
Bostrichuo,   pusillus,   222   (fig.). 
Bothriomyrmex;  B.  decapitane,  845. 
Boft's  potamogalis,   215. 
«  Bozzolo  »,   317   (fig.),    318   (fig.),    319   (fig.),    320 

(fig.),  322  (fig.),    323  (fig.),  324  (fig.),  325  (fig.), 

326    (fig.). 
Brachieeri,   173,   177,   181,    193. 
brachittera-e   (forma-e)   435. 
Braconidae,    194. 
Brachydesmus,   135. 
Brachyjulus,  136. 
Brachynus,   736   (fig.),    737;    B.    bombarda;    B.    ere- 

pitans;    B.    explodens;   B.   sclopeta,  736. 
Brndysia,  416. 
«  Branchie  »,   235. 

Brancsikia  aereoplana,  667,   669  (fig.). 
Braida,  285,  351;  B.  raeco,  506. 
Braulidae,   194. 
Brephidae,  724. 
Brephos,  724. 

Bruchophagus  funebris,  209  (fig.). 
Bruchìdae,   194. 

Bruchus,  282,  284,  271;  B.  /a6ae,  282. 
Bryobia,  95;  B.  praetiosa,  95,96  (fig.).;  B.  pratensis, 

'96. 
Bryophila  muralis,   732. 
B«6as,  531;  B.  Jrason,  533  (fig.). 
Bucculatrix,  343;  B.  pomi  foli  ella,  319  (fig.). 
Bufaga  africana,   80. 
Bulimus,  551,  552. 

Buprestidae,    194;    Buprestidj,    173,    177. 
Buthiw  europaeus;  B.  occitanus,  130. 
Buxiis  sempcrvirens,   67. 
Byrsocrypta  pallida,  459. 


Gaecilius  piceus,   426. 

Caeculux;   C.    echinipes,   99   (fig.). 

Ceramius,  540. 

«  Cairopartenogenesi  »,   357,   451. 

Calabrone,  320  (fig.),  815  (fig.),  818  (fig.). 

Calandra  granaria,  65. 

Oalchosoma  alias,   423   (fig.). 

Calicurgus  anmdatus,  541. 

Galiptamus,   543,   548;   C.   italioti*,   398   (fig.),   399. 

Caligo,  723,  Tav.  VII,    fig.   1;    C.   telamonius,    723. 

«  Caìiptodomi  »    (Imenotteri),    813;    815,    817  (fig.). 

Callidium,   239. 

Callimenus,   739. 

Callimorpha,  724;  C.  7»era,  635  (fig.). 

Calliphora,    268    (fig.),    298,    300,    304,    654    (figg.), 

665,  683  (fig.),  685  (fig.),  686  (fig.);  764,  771. 
Calliroa  limacina,  253,  254  (fig.). 
Callithaea,  407. 
Caloptenus  italicus,  267  (fig.). 
Calopterigidae,  193,  204. 
Calopteron,  709  (fig.). 
Calopteryx  splendens,  392  (fig.),  741;  C.  fjrgro.  391, 

667   (fig.). 
Calosoma,  735  (fig.),  C  sycaphanta,  475. 
Calotermes.  868,  875,  878,  882,  887,  889;  C.  dilatatus, 

875,  877  (fig.).  C.  flavicollis,  866;  C.  nodulosus; 

C.  rugosus,  875. 


rNDICE   DEI   NOMI   SISTEMATICI,    BIOLOGICI,   ECOLOGICI,    ECC. 


935 


Calyptamus,  518  (fig.);  C.  italicue,  575,  742. 

Campodea,  202,  221,   276  ((ig.). 

Campodeidae,    192,    202,    2i>4:    Campodeidea,    204. 

acnmpocìeiformi»   (larve),   221. 

C7omponofttó,    835,    836,    848;    C.    inflatus.    85S;    C. 

ligniperda,  S44  (fig.);  C.  senex,  851;  C  truncatus, 

836,  848 
«  Canapuccia    .  840  (fig.). 
Canestrinia,  54,  70;  C.  blaptis,  54  (fig.),  C.  carabi- 

cola;    C.   dorcicoln;  C.  cerambicis;    C.  giardi;    C. 

manicata;  C.  microdisca;  C.   neglecta;    C.    nepa 

lensis;  C.  procera;    C.   procrusti;  C.   remiganti;  C. 

rotunda;  C.  spedando;  <".  transitoria,  54. 
l'uni  striniidae,   25. 
CanestrinieUa;  C.  amplexans,  54;  C  togata.    54.    55 

(fig.). 
«  Cannello  »  d'uova,   217. 
Cantharidae,    194. 
Cantharis,  282. 
Caparinia,  20,   48. 
Caprimulgvs  europaeus,  70. 

Capritermes,   STs.    879,   890;   C.   apnea*.   872   (fig.). 
Capsidae,   193. 

Carabidae.   194;  Carabidi.  173,  177. 
Carabus  auratus,   765,    768;   C.  co  ncellotus;  C.  coria- 

ceus,   469;   C  sp.,  54;  C.   violacene,  222  (fig.). 
«  Caratteri  sessuali  »,   375;   primari.  375;  secondari. 

375. 
«  Carceag  »,  89. 

Carcinocorìs,  402;  C  capusi,  402  (fig.). 
Carcinus   moenas,  740. 
Cardiocondyla,  834. 
Cariolyssus  lacertarum,   88. 
Carpocoris  piirpureipennis,  497  (fig.). 
Carpoglyphus  passularum.   59  (fig.). 
Can/a,  460. 
C'assida,  253;  C.  aiiriehalcacea,  252  (fig.);  C.  rubigi 

nosa,    222    (fig.). 
«  Casta-.-  »,  420,  429:  801;  etcrocrone,  420;  sincrone, 

420. 
«  Castrazione    parassitaria  »,    377. 
Catocala,    724;    C.   convergetti,    725;    C.    elocata,   725 

(fig.);   C.  fraxini;  C.  fulminea,  725. 
«  Cavallucci  »,  732. 

Oebrio  carrenoi,  4u7;  C.  gigas,  222  (fig.). 
tCei  idii  »,     362. 

Cecydomyiet   lycitidis,   275   (fig.). 
Cecìdomyidae,    194. 
Ceculidi,  99. 

0  li  iiU rati,  371. 

«  Celle  opercolate  »,  320  (fig.). 

1  '  lonites,  540,  565;  C  abbreviatile,  565  (fig.). 

it  cellaris    dioecia  »    (fenim.),    457;    «  monoecia  »    o 

«  monoica  »  (i'emm.),  456,  457. 
Cemonus,  544. 
Cera,  704. 
Cerambycidae,   194. 
Cerambyx,    234    (fig.),    258    (fig.);    C.    cerdo,     761: 

G.  heros  54,  500;  G.  miles,  760. 
Ceramius,  550,  563;  C.  lusitanicus,   563. 
Ceraphron   niger,    415  (fig.). 
Cerapterus,  C.  quatuormaculatus,  737. 
Cerati  no,  552.  557;  C.  alMlabris;  C.  caerulea;  C.chalci- 

tes;C.  callosa,  552;  C  cucurbitina,  553   (fig.). 
Cerati tis,  417. 

Ceratophyus   momus,  410  (fig.). 
Cerceris,   544,   555,   550  (fig.);   C.  bupresticida,  544: 

C    magnifica,    545,    547;    C.    ornata,    547    (fig.): 

C    4cincta,    550    (fig.);  C   rubiensis,  545,    547: 

C  tuberculrtto,    548    (fig.). 
Cercophora,   202. 


'  'r  rcopidae,   193. 

Cercopis   vulnerata,   739. 

i  (  rtoùft  a  ui  spiformis,  71 1. 

Cermatia    variegata,    139. 

Cerocoma,  739,  409;  C.  schreberi,  410  (fig.). 

C  '(  rapali  s,     542. 

Ceroplasti  s    rusci,    250,   369. 

Ceroputo,  400;  C.  superbus,  398,  396  (fig.). 

t  li  ìumen  »,  824. 
«  Ci  stella  »,   830  (fig.). 
Cetonia,  261,   423,   527;   C.   aurata,   667   (fig.);   759, 

764;    C.    metallica,   54;    t'.   morio,   717. 
(  'r  nl'irrhynelnis.  765. 

Cini  leali, lo,.     194. 

Chalichodoma,  55,  277,  539,  554,  566,  621,  622;  C. 

malaria,  566,  567  (fig.),   621,   622;   C.  rufeeeens, 

568  (fig.);   C.   rufttarsis,   56S. 
Chaliodes  junodi,  326  (fig.). 
Chalmis,  413. 
Cìtampsomynm  r,    836. 
Cliaraxes  jasius,  405,   406,   442. 
Cìiartergue,  813,  821;    C.    apicalis,    813,    8i6;    821; 

C.  chartarius,  814  (fig.);  820  (fig.),  821. 
Chaitophorue  aceris,  Ch.  pópuli,   366. 
Ghaulioididae,  205. 
Chi  ili  tir  Li,  52,  57. 
Cheimatobia  bramata,  285  (fig.),  404  (fig.),  475,  500 

(fig-)- 
Cheiracanthium    punctorium,   125. 
Cheiridium  museorum,   '01,  102  (fig.). 
'  'heirocoptes,  20. 
'  '//.  licerati,  2. 

i  la  lorrhina  polyphemus,  Tav.   IV. 
Ghelifer  cancroides,  10],  102  (fig.). 
Chi  liti  ri,    102  (fig.). 
'  7/r  rmes,   362,    366;    C/t.     abieticolens,    Ch.    abietie 

460;    C/i.     cembrae,    455;     C'ft.     coccineus,     455: 

C7Y.     lapponicus,     456;     CTi.     laricifoliae,     460. 

C/i.    orientalis,    455,    462;    CT.    pire;',    455,    462; 

C/(.   sibiricus,  455;   C/i.   strobilobìus,    455. 
Chermesini,  460. 
Cherttctidi,  101. 
Chernes  nodosus,  101. 
Chersodromyia,  416. 
Cheyletia   heteropalpa,  22. 
Cheyletiella  heteropalpa,  52. 
Cheyletus,  57,  96;  C  doctus  57;  C.  eruditue,  57  (fig.); 

C.    ri  nn^ti i<i mus,   57;   C.  vorax,  57   (fig.). 
Chia-sognathii.t  granii,  Tav.  IV. 
«  Chicken  Tick  »,  86. 
Chilobrachys  stridulane,    124  (fig.). 
Chilocorus,  739;  C.  eimilie,  312  (fig.). 
Chilopodi,   131,   133,   136. 
Chionaspis  salicis,  501   (fig.). 

»ccr,   416. 
Chironomidae,  194. 
Chironomus,    204   (fig.),    215     fig.),    227,    235,    246, 

260  (fig.),  314,  416,  677,   693,   700;  C.  dareaZ^, 

205   (fig.). 
Chlorion,  566. 

Choeromyia  cherophaga,  752. 
Chordriimiila,  ,    133. 
Choretra,  416,  632,  697. 
Chorioptee,    20;    C    auricularum,   48;    C.    bovis,    50; 

C    caprae;    C.    cuniculi,    51;    C    ecaudatue,  48; 

C  egM'',  23;   50  (fig.),  51;  C.  oih-b;  C  symbiotes; 

C.  epatiti 'ferite,   51. 
Chresmoda  obecura,  170  (fig.). 
Chritoptee  monoioigiiiculosiis,   67. 
Chryeididae,  194. 
Chryeocorie  feetaiella,   209   (fig.). 


936 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI.    ECOLOGICI.    ECC. 


Chrysomela,  739;   C.  sp.,    74. 

Chrysomelìdae,  194. 

Ckrysomphalus,  379  (fig.). 

Chrysopa,  209  (6g.),  211;  214  (fig.),  244,  250;  252 
(fig.),  344  (fig.),  350,  6(55,  683;  C.  Tamburi,  241. 

Chrysopidae,   193,  205. 

CI»  rysophora,  411. 

Cicada,  277,  649  (fig.);  C  haematodes:  C.  orni, 
433;  C.  pZeòeia,  208  (fig.),  338  (fig.),  483  (fig.); 
522  (fig.);  C.  septendecim,  243,  449,  451,  520 
(fig.),  521  (fig.);  549  (fig.),  765,  767;  C.  tredici)», 
243,  549. 

Cicadidae,    193;  Cicadi.li,  174. 

Cicadina,  202. 

e  ìcindela  campestri*,  469;  C.  connata,  761;  (7. 
hybrida,  222  (fig.);  C.  gì  Uuralis,  46S  (fig.); 
C.    tri.-iiij natii,    46S   (fig.). 

<  ,n  ),<!<  li/lur,    194;    Ci  ilei'  li    i,    177. 

»  Ciclo -i»,  449-457;  annuale,  449,  450,  454,  457: 
anormal  ,  biannuale,  biennale,  449,  450,  455, 
457;  catanomico,  44S,  45  ;  cielopartenoge 
nico,  450,  452;  difilico,  trimorfo,  4^0;  di 
sitico,  449,  453,  457;  doppi  -,  450;  tt  roico 
449,  454,  evolutivo,  448,  450;  incoili 
pi  to,  450,  456,  457;  ip  rnomi^o  o  s  ipra 
normali ,  448,  450;  monofilico,  dimorfo,  mo 
nomorfo  450  ;  multiannuale,  449;  normale 
448,  449,  450,  457;  ome  fili  'o  (od  omofi- 
lieoì,  449,  451,  457;  politili -o,  452  (a  ma 
s  hio  atelico,  450;  a  maschio  eutelico,  450, 
457;  tetrafilico,  pentamorfo,  459;  trifìlieo, 
tetramorfo,    450;    semplice,    450). 

«  Ci<  loparti  nogf  ni  si  »,    357;    irregolare,    357,     361; 
r^  gtiart ,  357. 

«  ciclopie- rme  »  (larva),  221,222,  223  (fig.),  271, 
272  (fig.);  274,  275  (fig.),  276,  281,  283  (fig.); 
(stato),   434. 

Ciclorafi,  177,   181,  339,  340. 

Cilix  spinula,  733. 

allibano  romana,  73  (fig.). 

Cimbex,  686  (fig.);  C.  femorala,  738  (fig.). 

Cimex  lectularius,  398  (396,  fig.). 

«  Cimici    i  i  Miàne  h  »,  84. 

Cimicidae,   193. 

Cii  ipi>  i,  362. 

Cionus  fraxini,  231   (fig.),   322. 

Cisteltdae,   194. 

«  Cistici  reo  »,  371. 

«  Città  di  T.  rmiti  »,  894  (fig.). 

Cladium  jamaicense,   838  (fig.). 

Cladobius  populneus,   453. 

Cladonotus  latiramus,  398  (fig.). 

Cleridae,   194. 

Cleonus,  548    fig.). 

n  Cli  ptobic  si  »,  853. 

Clithra,  vidi:   Clytkra. 

Clisiocampa  americana,   214  (fig). 

Clown,  399,  609.;  C.  dipterum,  399  (400  fig.), 
508  (fig.),  509  (fig.),   610,   765. 

Clostera  curtula,   73  I . 

Clubiona,    I -'■_'. 

(  'Imito,   416. 

Clytanthus  varius,  503. 

I  'lytus  lineria,    761. 

Clytra,  250,  326;  C.  longipes,  210,  326  (fig.);  C. 
i-punctata,  210  (fig.);  C.  senegalensis,  422;  G. 
taxicornis,   210   (fig.). 

Cnaphalodes  strobilobius,  449,  450,  454  (fig.),  455 
(figj;    456  (fig.),    460. 


Cnemìdocoptes,  20,  39,  46;  C.  coìumbne,  40,  47  (fig.) 

G.  gallinae,  46  (fig.),  47;  C.  mutane,  46  (fig.). 
Cnemirlotiis,  236. 
Cncorhriniis    albicane,    733. 
Cnetocampa,    573;    C.    pythiocampa,   573   (fig.). 
Coccidae,  193;  Coccidi  i,  180,  400;  Coccoidea,  205. 
Coccidula,   739. 
Coccinella,  739;  C.  bipunctata,  667,  697;  C.  10-punc- 

tata,  739;  C.  7-punetata,  575,  672  (fig.). 
Coccinettidae,   194;  Coccini  llicìi,   177. 
Cochylis,    258   (fig.). 
Golaspis,   234,   235  (fig.).  . 
Coleoglyphus,   54. 
Coleophora,  666    (fig.). 
Coleopistìa  nematicida,  524  (fig.). 
Coleoptera,  193,  203;  C.  genuina,  193,  204;  Coleopte- 

roidea,    204. 
Coleopterophagus,  54;   C.   megnìni,   54. 
Col  ott.ri,   166,   168,   173,   1*77,    181,   191,   193,   196; 

197,   198,   203,   407,   434,   739;   C.   viri,   193;  Co- 

Lott  ro-Im'  nott  ri,     196;    C.    maerotteri.     196; 

C.   Micrott  ri.    196. 
Colias,  472,  473,  508,  72 1;  C.  aurorinus,  v.  heldrei- 

chi,  508  (fig.).  C.  edusa,  v.  helice,  508;  C.  erate, 

472;   C.    hyale,   472,   473;   C.   poliographus,   472, 

473. 
Colobopsis,    836,    837;    C.    culmicola,    838   (fig.);    C. 

cylindricus,   836;   C.   etiolata,   838   (fig.);   C.   leo- 

nardi,    836. 
«  Colonie  »,   799,   800;   «  prot  ttive  »,   800;   «  sinneot 

ti  he  »,    800;   «  t.mporanee  »,    576. 
«  Colonnetta  »,  304  (li-.). 
Colopha    compressa;    C.    eragrostidis;    C.    ulmicola, 

459. 
Colorazione,  429. 
Colymbetes  fuscus,   608. 
Collembola,    192,    204;    Coli  mboli,    176,     181,    192, 

434. 
Colletes,  560  (fig.);  C.  succinctus,  558  (fig.). 
«  Collina  di  Ti  rmitaio  »,  893  (fig.). 
«  Cornpas   Tirmit-  »,    888   (fig.),    893. 
Composit  ,  458. 
l 'ondylognatha,  202. 
Coniopterygidae,   1 93,  205. 
Conocephaloides  nitidulus,  727. 
Conocephaìus,  4S0,  494,  518;  C.  mandibularìs,  718, 

727.   742. 
Conopidae,   194. 
Conops,  292. 
Conorrhyncha,   202. 
Contarinia   pyrivora,    525   (figg.). 
«  Controp  ttine  »,  841. 

Copeognatha,    202;    204;    Cop?ognati,    192,    399. 
Cupidi/ras  gloveri,    209   (fig.). 
«  Cippia  r  al    »  (vi  ra)  di  IVrmiti,  868,  869;  id.  «  di 

sostituzione  »,  868. 
Copri phis,  20,  70. 
Capris,   408,   427,    530   (fig.),   531    (figg.),    534,   536; 

C.   carolina,  536  (fig.);  C.  hispanus,  534  (fig.), 

768,  355  (figg.);  C.  ìunaris,  536  (fig.). 
Coprolaelaps,   71. 
Coptotermes,  895,  S96;  C.  ceylonicus,  895,  873  (fig.), 

878  (fig.);  C.  gestroi,  873;  C.  lacteus,  893. 
Cori  idae,   193. 

Corethra,    227,    246,    684    (vedi    anche    (  horctra). 
Corixa,  673. 

Corixidae,  193;  Corixidi,   171. 
«  Corrai  »,    709. 

Comitermes,  S79,  884;  G.  striatila,  S92. 
Cornus,  459. 
«  Corona  caudale  »,  314  (fig.). 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


1)3  7 


Corotocha,    217. 

«  Corpi  ganglionoidì    ,  292, 

n  Corpo   giallo  -,   299. 

Corridori   (Ortotti  ri),    L98. 

Corrodenti,    181,    192,    203,    399,    866;   Corrodentia, 

192,  199,  202,  204. 
(  'ory  lalis,  <  '.  cornutus,  403  (fig.). 
Confitta  avellana,   35. 
(  '  trythyca,   51 1    (fig.). 
Coscinoptera  dominicana,  250. 
i  fosmisoma  eh  gans,  410. 
Cosmoderus   erinaceus,   398   (fig-). 
Cosmotriche  potatoria,   475. 
Cossidae,    193,    724. 
Cossus,  228  (fig);  C.  coasjw,  238,  240,  243.  255  (fig.), 

317  (fig.);  33S  (fig.),  339  (fig.),  679,  695  (fig.), 

765.;  C.  lìgniperda,  292. 
Cràbro,  544,  .556,  559;  C.  cribrarius,  489;  C.  formica 

i  "*.    545;    C.    interrupto-fasciatus,     560     (fig.): 

C.   luti  i citili s;   C.   wesmaeli,   545;  ('.  (Lindenius) 

pygmaeus,  545  (fig.). 
(  'rabronidae,  538;   Crabroninar,   538. 

(  'l:IS/if/l)lliil,       745. 

Craspedosoma,   134,    135. 

Crataegus,   468,  460. 

Cratotecus,  311,  312  (fig.),  415  (fig.). 

«  Creazione  »,       440,       470. 

«Cremastar»,       260,       310      (fig.),        311       (fig.). 

Crematogaster,    834,    836,    843;    C.   schenki,   851;    C. 

scutellaris,    S43,    851. 
Crioceris,  253;  (,'.  asparagi,  423  (fig.). 
Criptostigmati,  62  (fig.). 
Crisomi  liili,    1 73,    177. 
«  Crittismo  »,    714,    716;      aggressivo,    717      ini:n 

li".    716. 
Crobilocerus  megìlliformis,  711. 
Crostacei,  2. 

Cryptes  baccattte,  389  (fig.). 
Cryptocephalus,   326   (fig.):    G.    aureolus,    210    (fig.); 

C.    bipunclnltis,    210    (fig.);    C    labiatus   C.    niti- 

dus,  503. 
'  'rii/it  ore  rata,  202,  205. 

(  'ry  piacerti*  ani/ti/osiis,  835  (fig.).  C.  varianti,  833(fig.). 
Cryjitolaemus   nmntrtizieri,   254  (fig.). 
Cryptostigmata,  28.  29. 
Cteidofori,    5,    128. 
Ct'iuza,     118,     125;     C     fodiens,     118;     C    sanali  i, 

550   (fig.). 
t'Iamcep/mlu.-;    39S    (396    fig.). 
C  Vi  implinra,    416. 
Giibitermes  bilobatus,  887  (fig.);  C.  fungifaber,   890 

(fig.),  891   (fig.),  892. 
Cuculila  verbasci,  318,  319  (fig.). 
«  Cucuyos  »,    485. 
Culex,  225  (fig.),  227,  673  (fig.);  (7.  anrmlatus,  667 

(fig.):    C.    piiiiena,    765. 

Culicidàe,   194. 

Curculionidae,   194;  Curculionidi,   173,    177. 

Cyelops,   222  (fig.). 

Cyelorrapha,  202,  205. 

(  'yclosa,   1  19. 

Cydania.    45S,   460. 

Cylindromyrmex  striatus,   865  (fig.). 

e  'ylindrostoma,  502. 

('ipnalnphlebia   bmifmlata,    170    (fig.). 

Gymbi  x  /i  annata,   740. 

('i/mbiiiac,    719. 

Cynipidae,   194. 

Cynips;   C.   aiicnlata-,   C.   divisa;   C.    piln:  '  '.   spon 

gifica,  362. 
Cynorhaestes   aegyptius,  92. 


Cyphomyrmex  di   California,   864  (fig.);  C.  rimosus, 
864    (fig.). 

Vypiiania   fincata,    401    (fig.). 

Cyphonidae,  236. 

Cyphriierana    animili,    732. 

t'yrtuncuru,    298    (fig.);    ' '.    stabulami,    60. 

Cyrtaiichi  iiias  cltniaatits,    118,    119  (fig.). 

Cyrtot/rachelua,  412. 

Cytodites,   20,  39;  C.  gtfaòer,  47;  (7.   nudi**,    19,  47, 

48   (fig.). 
Cyloleiehus  sarcoptoides,    47. 


Dacws,   257   (fig.),   501    (fig.),   524   (fig.),   525   (fig.), 

679.   702. 
Danais,  311  (fig.). 
Dasypoeìa  piami pes,  557   (fig.). 

0  de  alata  »  (femmina),  835,  841. 

Decticus,  480,   493  (fig.),   494  (fig.),   518,   627,   628; 

D.    albifrons,    493    (fig.),    494   (fig.),    517    (fig.), 

519,   742,   744;   Z>.   verrucivorus,  491   (fig.),   627, 

672   (fig.),    695   (fig.). 
Deformazioni  di  organi  vegetali  per  opera  di  Acari, 

31. 
Dcilephila   elpenor,    289   (fig.);   £>.    eitphorbiae,    685; 

Z>.  rceni,  574,  718  (fig.);  719. 
Demodex,    6,    19;    £>.    caninus,   37;   folliculorum,    36 

(fig.);   var.   òoots,   23,   38  (fig.)   v.    carais,  23,    37 

(fig.);    v.  caprae,  23;   v.  cerft;   v.    e?»/,   23:  v.  /io- 

i».»/.s,    23,  37  (fig.);  v.  oots,  23;  v.  phylloides,  23; 

38   (fig.);    var.   smìs,   38. 
Demodi  i..i,  35. 
Denia,  217. 

Dendrolimus  pini,   753. 
Dendrothrips,    666   (fig.). 
Dermaccntor,  83,  92;  £>.   occidentalis,  92;  D.   reticu- 

latus,  92,  93  (fig.). 
D  rmanissidi,  67. 

Dermanyssus  gallinae,  19,  20,  23,  67  (fig.),  68,  70. 
Dermaptera,   199,  202,   204. 
/'.  ruminai,   48. 
Dermatodectes  equi,   49. 
Dermatokoptes  communis,  49. 
Dermatophagoides,    1 9. 
Dermatophagus,   19;  7).  bovis,  51. 
Dermestidae,    194. 
Dermestes  vulpinus,  246. 
«  desmergati  •  (Operai),  835. 
D.  terminazione  del  sesso,  430,  431. 
Diacamma,   836;   D.   ;/<  "/»■  trienni,   846  (fig.). 
Diapheroincra   fenmrala,    733    (fig.). 
Diaspis,    367;    £>.    pentagono,    315,   316   (fig.),    320 

(fig.),  367,  379  (fig.). 
Diaspiti,   288,   515. 

1  >n,  Il  ara,    202,    204. 
Dichirnìa  aprilina,  732. 
Dicranomyia,    502. 
Dicranophora   fureifera,   416    (fig.). 

Dicranota,  416;  Z>.   bimaculata,  226  (fig.   235  (fig.) 
Dicranura,   253;   D.   wìjimJos,   254   (fig.),   255,   256. 
o  Dicromismo  »,    375;   s  ssuale,    391. 
«  dichta -'iigyni  »   (Operai),   835. 
Dieconeurn   arenata,    158   (fig.). 
«  Difagìa  »,   4 1 7. 

Difesa)  708;  id.  delle  Termiti,  878. 
«  Diff  renz     s  ssuali  »,   415     (fig.);     sessuali    s  <"n 
darie,   417. 


\    Beklese,  '■'■    Insetti.  II. 


118. 


938 


LNDKE    PEI    NÓMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


della    specie,     56S;     id.   nelle    Termiti, 


occasionale,    389;    sessuale, 


388, 
(fig.). 


Diffusione 

880. 
Dilaridac,   2o.j. 
«Dimegetismo  »,    3' 

388;   vero,   388. 
■  dimorfiche»  (forme)  396  (fig.). 
1  Hmorfismo  s;  ssuale  »,    283   (fig.),   284,   3' 

393,   404  (fig.),  406,  414  (fig.),    420,   833 
«  dinergati  »   (Operai),   635. 
Dineura    verna,    366. 
Dinomorplius  pimelioides,   413   (fig.). 
Dinychus,    73. 

Diodontus,  544,  556;  D.  minulus,  550  (fig.),  556. 
«  dioiche  ■  (speci.  ),   458. 
«  Dioplismo  »,    418. 
Diphysis,  562. 

Diplax;  D.  flaveola;  D.  vulgata,  574. 
Diplogomphus  capusi,    402   (fig.). 
Diplojulus,  136. 
Diplolepis  gallae-tinctoriae,  362. 
Diplomerata,   202. 
Diplopodi,  131,  133. 
Diploptera,    538. 
Diploglossata,    204. 
Diplosis   buxi.    67;    D.    oleisuga,    66;    D.   tritici,  525 

(fig-)- 
Diplura,  202. 
Dipneumoni,   125. 
Dipsacee,  459. 
Diptera,  193,  202,  204,  205. 
«  Dischi    invaginali  »,     290, 

297   (fig.). 
Discoeliua;  D.  zonali*,  544. 
u  Disitia    ,   44ii. 
Dismorphia  fortunata,   709  (fig. 


D. 
292 


na,  193,   199. 
'(fig.),    296    (fig.), 


728. 


409    (fig.); 
409  (fig.). 
191,    193, 


D.    dama, 


196,    197, 


Disparipes,   63:  D.   bombi,   63  (fig.);   D.  claviger,   63 

(fig.). 
Distigmatus   pilosus,    95. 
Distoma,  371. 
Ditina  tiliae,   47".. 
Ditis-idi,   173. 
Ditomua,    408:    D.    corn-utus, 

409  (fig.);  D.  tricuspidatus 
Ditteri,    169,    173.    177,    181 

198,   203,    415,   434,    739:    D.  ciclorafi,     196;   D. 

veri,   193,  41Ó. 
Dociostaurus  maroccamis,  4SI   (rìt:.  i.   •"■  7 2,   575,    742. 
Dolichoderus  quadripunctatus,  848. 
Dolichopidat ,    1 94. 
Dolichopoda,  493. 
Dolichurtts,   544,    546,   550;  D.   cornicidus,   550;   D. 

hermorrhous,  546, 
Dolomedes  mirabilia,    122 
Donacia,   676;  D.  simplex,   503. 
Doratiophora,  172. 
Dorcadion,   427,    606. 
Dorcus,    408,     76S;    D. 

678;  D.  sp.  54. 
Doritites  bosnìaski, 
Dorylina,  835. 
Dorylus,   859,    860, 

helvolus,   859  (fig.). 
Doryphora  tessellata,  54. 
Drepanidac,  193,  734. 
Dreyfusia  abielis  piceae;  D.  niìsslini,  460;  D. 

notar,   455;   Z).   piceae,  460. 
Dmìms  -,  398  (396  fig.). 

Drivi  r   Aids  »,    - 
Drosophila,    259    (fig.);    -D.    cellaris,    313    (fig.);    Z>. 

rubrostriata,   763. 
Dryaphis,  453. 


parallelepipedus,    .".4, 

177   (fig.). 

861;   D.    a^/ìi's,    S36  (fig.): 


Dryophanta  folti,  363  (fig.);  D.  lasccmbergi,  363  (fig.), 
364. 

Dryopteryx,  253. 

»  Dulosi  »,  856;  facoltativa;  necessaria,  856. 

Dynarchus  dasypus,  739. 

Dynastes,  439;  D.  hercules,  393;  439;  Z>.  neptioiif.; 
Tav.   111. 

Dytiscidae,   194. 

Dytiectts,  230  (fig.),  489  (fig.),  494,  502,  613,  673, 
674  (fig.);  676  (ti-.),  737,  694  (fig.),  697,  737:  ZA 
latissìi  ("^   (fig.);   -D.    marginalia,  340   (fig.), 

495  (fig.),  502  (fig.),  524  (fig.),  765,  768;  Z>. 
punctulatus,   698  (fig.). 


410, 


.". 


Earios  chloraìia,    719. 

Ecitomyia  wheeleri,  415  (fig.). 

Eciton,  861;  E.   hamatum,  861   (fig.);   .E.   mexicana, 

861  (fig.). 
«  Ecrivain  »,  367. 
Ectobìa,   544. 

..  ectoblastiei  »   (Insetti),   200. 
«  Ectofagia,  539. 

Ectopsocus  brìggsi,  v.  tneridionalis,  369. 
Edessa   bvbalus,    4i>2. 
Efemeridi,    193,   203;   Efemeroidi,   161. 
Efialtitidi,  173,  181. 
Elachiptera,  416. 
Elapheozygum  goctzei,  403. 
Elateridae,    194;    Elateridi,    173. 
Elateroìdes     dermestoides,     425;  typus;    var.    marci; 

var.  niger,  425. 
Ki.a, .a    gemizi,    168   (fig.). 
Eleanidi,  167. 
«  Elementi  somatici  »,   370. 
Eleutherata,   198. 
Elithroptcra,   199. 
Elmidae,  236. 

«  elmintoidi  »   (o   «vermiformi»)   (larvi),    221. 
Elmi.?,   675;   £7.   aeneus,   676  (fig.). 
Elythrophora,  200. 
«  Ematimu-ia  »,  90. 
Emòiffl,    705,    747     fig.);    E-    wirr/or,  515  (figg.);    E 

ramb'i,,,     748    (fig.). 
Embidobia,  515. 
Embiidae,    192,     202,    204;    Embidiaria,    204;    Em- 

biidi,  192,  866;  Enfi '   /.  204;  Embioidi,  176, 

181. 
Emerobia,  732. 
Emesa,  498;  E.  longipes,  500  (fig.);  E.  mantifm 

627   (fig.). 

roderne   domestica,   627  (fig.)- 
mi  iehe    ,   ninfe,   309,    327. 
«emigrante  »  (feram.),   457. 
«  Errirr.t  tabolla  »,     266. 
•  Emipedogenesi  »,   355. 
■i  emettere  »,   (forme),    286. 
Enitt.ri,    181,    191,    193,    197,    198,   203,   400,   402 

(figg.),  434,  739. 
Emmenognatha,  203,  205. 
n  Emocrocina  »,  700. 

Emoglobinvjria  epizootica  »,  90. 
«  Emofeina  »,   700. 
«  Emopirrina  »,    700. 
«  Emoprasina  »,   700. 
«emosteatii'i         (tessuti),   702. 
lEmoxantina  »,    700. 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


939 


278,     280,     285 


109  (fig.), 
126:    e 


Empiane,  194. 
Emphytua   ci  net  un,    740. 

jo,  399,  434;  E.  gongylodes,  398  (6g.). 
none  brachyura,   405   (fig.). 

•  endoblastici  i    (Ins  tti),    200. 

Endofagìa  »,  353,  S 
Endoplerygota,  201. 

■  Energia   diffusiva  «,   568. 
Entomobryidae,   L92,  202,  204. 
Entomosericinae,  538. 
Entozoon  tolliculorum.  36. 
Eocicada  binici  rei,    173  (fig.). 

K 'ninfa.,    268    (fig.),   272    (fig.) 

(fig.). 
«eoninfale      (stato),  431. 
Eopticopteridi,    169. 
'■tomidae,   139. 
Epeira,   115,   ".42:  E.  diadema,  106  (fig. 

113   (fig.),    114,    119,    120,    121    (fig.), 

quadrata,   119;  1  .   119. 

Ephemerella   rotunda,   511    (fig.). 
Ephemerida,  193;  EpUmeridae,  193,  202,  204;  A>/ ■  • 

meroidea,  2"4. 
Ephialtiies  jurassicus,   173  (fig.). 
Ephippigera,  480,  518,    548    (fig.):    E.    brunneri;    E. 

lerrestris,    739;    A'.    .   r  -,/„,    742;    E.    zelleri,  398 

(fi?-). 
Ephite.cn,  266   (fig.). 
Ephrya  pi  ndularia,  443. 

trfa,  282,  739;  E.  tritiate,  281  (fig.). 
Epicomctis,  503. 
Epidapus,   416. 

Epidema  (Patdisca)   penkleriana,   740. 
Epidermoptes,  4S;  A.   bilobati^,  51  (fig.). 
Epidermoptidi,  48. 
Epiìachna,  739. 
Epipheidole  inquilino,  833. 
Episema  coenUeocephala,  358. 
Epitrimerus,  31. 
Eragrostis,  459. 
Erastria  sditila,  250,  251  (fig.),  325. 

•  ergatandri  »  (individui),  833. 

«  ergatogine  »  (femmine),  833,  834. 

tergatoMi  »  (maschi),  833  (femm.),  834. 

«  ergatomorfi  «  (rraschi),  833  (fig.). 

Erineuni,   30,    31,    33. 

Erinosi,  33;   E.   della  Vii-,   32  (fig.). 

Eriocampa  luteola,  366;  E.  oraf-7,  366,   740. 

Eriocera;  E.   fultonensis,  343   (fig.);  .E.  longicornis, 

343   (fig.);  j&.   spinosa,  343  (fig.). 
Eriofidi,   30. 
Eriophyes,   30,   31;    2?.    coryligallarum    35   (fig.),    33 

(fig.);  E.  pop»?»,  31;  E.  pyri,  33  (fig.).   E. 

33  (fig.). 
Eristalis,   236;  313  (fig.),  314,  671,  673  ;E.  tenax, 

(fig.);    764. 
«  ermafrodito  »,  371. 
Ero  f arcata,    119   (fig.). 
Eruca,  222. 

■  e rucif ormi  »  (larve),  221,  222,  272  itìg.). 
Eryophyes  pseudogallarum,  31. 
Eryopis,  739. 

Erypkanis  polyxena,  Tav.   VII,   fig.    2. 

Erystalis  (Erystalomygia)  lenax,  711  (vedi  anche  E- 

rista  ' 
Erythraeus  phalangioides,   96. 
Eschnidi,    176. 

ilda,  392. 
Esperidi,    177. 
Estinzione  »  della  luce  oculare,  608 
estivale -i  »  (forma), 


i esule -i»  (femm.),  456,  4~.T. 

Et  i  471. 

«  eri,   193,  406. 

Et  rocromìa    .    424,       El   r»  romisi  li  i    .    419. 
Eteroflehidi,   167. 

Et  rotivi ,M    ,   618. 

Et  rogonìa    ,  420. 
Eterogynis,  434;   E.  paradoxa,  404  (fi 

Et  roichla  »,  446,  461. 

Eteroidìa  »,    420. 
■  etiromegi  tifi  .   430. 

Et  romegi  tismo  »,  419,  424. 

El    i  taboli»,   272  (fi§ 

Et  rometabolia   .  2'i7. 
ii  Eteromisie    ,    420,    42'. 

Et  romorfia  »,   471. 

Et  romorfismo  »,   424;   s  ssuale,   375. 

Et  roparteriogenc  si   ,  262,  361. 

Et  ropsia    ,  420,  421. 
Efrostigmati  o  Tarsoncmidi,  27,  63. 

Eterot   Uà    ,   419. 
Et  rotta  ri,   191,   193,  203,  401. 
Eubleptu-s  daniélsi,   \'~,   (fig.),  432. 
Enea  la tus,  159  (fig.);  E.  ovatus,  159  (fig.). 

Eucera,  558;  E.  longicornie,  538  (fig.): 
Eucheila  (Hypocrita)  jacobeae,   739. 
Eucheira  sociali.*,  322  (fig.). 
Eucheìnts,     412;     R.     (Cheironotui)     machleai,     412 

(fig.);  E.  longimanus,  411. 
Euchloe,  508;  E.  damane,  720,  Tav.  V,  figg.,  5,  6. 
Euchroma  columbica,  222  (fig.). 

Euciclo  i,    44^. 

la,   2!4  (fig.):   E.   keilini,  275  (fig.). 
I  i£    tti),    t'.o7. 
Eudemia  ptera,   202,   204. 
Eudorina,  799. 
Eudryas  graia,  209  (fig.). 
Eugaster;  E.  guyoni,  739. 
Eugereon,    153,    168;   A.   boeclrinat,    163,   (fig.),    164 

(fig-)- 
Euglossala,  200. 

Eulachnus,  453. 

Eulye-s;  E.  melanoptera,  402  (fig.). 

Eumegalodon,  434. 

Eumene*,    544,    552,  554,    564,    565;    £\    angastata, 

565;    E.      trbu.storum,    550     (fig.);     E.    circi. lalis, 

565  (fig.):  .E.  coangustata;  E.   ioricus,  565  (fig.); 

E.     germanii,     665;     A.     pr</.  .    564    (fig.), 

565. 
Eumenidi,  550.   Eumeninae,  538. 
Eumolpus  vilis,  367. 

eumorfieo  i        stato  i),    387,   394,   396  (fig.),    434. 
•  Eumortìsmr  »,    394,    398    (fig.);    ancestrale,    434; 

non  omeomorfico,   404  (fig.). 
Euphilippia,   516. 
Eupitecia    oblongata,    443,    727. 
Euplessott:ri,  203;  Euplexoptira,  204. 
Euproctis,  517;  E.  chrysorroea,  251,  475,  517  (fig.^, 

754. 
Eupterygosoma,   96. 
Eurycnema    herculeana,    368. 
Eurynchota,  200. 
Euryloma,  209    (fig.). 
Euscorpius,  130,    131;   E.   carpaihicus;   E.   fanzagoi, 

131;    E.    flavicaudis,   130    (fig.),  131:  E.   italicu-s, 

131. 
E  il   Ila    .  :;:'4. 
Eutermes,   878,  886,  S90,  892,  894;  E.  arborum,  896; 
rsitermes)   diversimiles,  p.  873.  fiimipennis. 

p.      872       fig.);      inquilinii-s,       741:.       lacustri^, 

871;      miitimit-s,       8^3,        896:       E.      monoceros 


940 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


877  (fig.),  885;  parvus,  895;  pyriformis,  888 
(fig.),  893  rippertii,  890  (fig.),  896;  rotundiceps, 
893;  (Botunditermes)  rotundiceps,  890  (figg);  891, 
892,  893;  (  Velocitermes)  velox,  873. 

Eutettix,  401  (fig.)- 

Evamidae,   194. 

«  evoiche  »   (ninfe),   312,   327. 

«  Evoluzione  »  431,  432;  434;  ipermegetiea;  ip;rt?- 
liea;  ornamentale,  428;  speciosa,  428;  vera,  431, 
436. 

Exhocnmus;   E.    auritus,    739. 

Exerinae,  538. 

Exopterygota,  201. 

Eyles,  434. 


«  Fagoriti  »,   303. 

«  Fagocitosi  »,   698,   699,   700. 

Falangiai,    100   (fig.). 

Falcìger  rostratus  21   (fig.),   53. 

«  Falsi  bruchi  »,  254. 

«  Famiglia-e  »,  446,  463,  467. 

»  Fantrismo  »,  726. 

Fasmidi,  360;  Fasmoidi,  181. 

«  Favo  »,   826,   827,   828;   829  (fig.). 

«  Febbre  del  Texas  »,  90;  «  maculata  delle  mon- 
tagne; rocciose  »,  92;  «  delle  zecche  »,  90; 
«  littorale  »,    89. 

Fertonius  545. 

Filago,  459. 

Fdnrin  praestans,  87. 

«  Fili  d'autunno;  Fili  di  Maria;  Fili  della  Ma- 
donna;  Fili  della  Vergine  »,   121. 

Filltrii,  33. 

Fillcss  ra,   62. 

Fisapodi,  191,  193,  203,  400. 

Fitopti;   Fitoptidi,   30,   31,   32. 

Fitoptosi,  33. 

Foaiella  danesi-i,  453. 

«  Fohtrismo  »,   734. 

«  Focaccia  di  Funghi  »  (Termiti),  885. 

«  fondatrice-i  »  447,  452,  453,  455,  457. 

Forficula;    F.    auricularia,    471. 

Forficulidae,    192,   204.   Forficulidi,   203. 

«  Forme  »,  463. 

Formica,  836,  837  (fig.);  840,  845,  857;  F.  exsecta, 
844,  852;  F.  /usca,  500,  836,  844,  845,  851,  856; 
857  F.  incerta,  837  (fig.);  F.  migrogyna,  833, 
834;  F.  pratensis,  844,  848  (fig.),  852,  853,  S54; 
F.  rubra,  854;  F.  rufa,  759,  838  (fig.),  839,  840, 

844,  845,  859,  852,  853;  F.  rufibarbis,  836,    S44, 
857;    F.    sanguinea,   465   Ifig.),    833,    837    (fig.), 

845,  856;  F.  echini  fussi,  857;  F.  truncicola,  844, 
845. 

«  Formicaio -i  »,   843,   846,   847  (fig.),  848-852    (fig.); 

artificiali,   861. 
Formicaleone   comune,   347   (fig.). 
Formiche,  360,  805,  806;  F.  amazzoni,  856;  F.  melli- 

fere,  857;   F.  nomadi,  859;  F.    scacciatrici,  860; 

F.  tagliafoglie,  863;  F.  visitatrici,  861. 
Formicidae,  194;  Formicicli,   177. 
Formicoxenus  833;   F.   nitidulus  833   (fig.),   854. 
«  Fortuna  »,    I  39. 
Fossores,   53S. 
«  Fourmis    bianche  s  »,    865. 
«  Fowl  Tick  »,  86. 

«  Fragmocittari  »  (Vespai),   813,   814  (fig.). 
Frangala,    458. 


Fraxinus,   459. 

Freyana,  22;  F.  anodina,  21  (fig.),  53;  F.  anserina, 

53;   F.    (Michaelichus)   caputmedusae,   421  (fig.); 

F.   (M).  hetoropus,  421   (fig.). 
Friganee,    203;    Friganidi,     17);    Friganoidei,     169; 

Friganoidi,    177  (fig.),   181. 
Fringilla,  54. 
Frontales,  198. 
Fuchi,  359. 

Fulgora,  401;  486;  F.  ln/rritarin,  486,  Tav.  IV. 
Fulgori  d.ae,    193;   Fulgoridi,   171,   177. 
«  Fungaia  »  di  Termiti,  885,  886  (fig.). 
Funghi    coltivati    dalle    Formiche,    863;    id.    dalle 

Termiti,   885,   886. 


Galeodes,  102,  103,  104;  67.  araneoides,  102,  103  (fig.); 

F.  fatalis;   67.  graecus,   102. 
Galeodidac,   105. 
Galerita  lecontei,  224  (fig.). 
Galerucella,  327,  739;  G.  calmariensis,  282.  214  (fig.). 

309;   G.  luteola,   739. 
Galla-e;    «  ad    ananasso  »,    455   (fig.);    diversa    362, 

523. 
Galleria,   251,   407;   G.   mellonella,  240,   688,  692. 
Galleria  materna,   526,   528   (fig.);    gallerie   larvali, 

526,  528  (fig.). 
«  gallieola-e  »   (forma),    454,    457;     id.     «  monoica  > 

(femm).,  456;  id.  «  dioica  o  migrant  ■    »  (femm.), 

456. 
Gamasidae;  Gamasidi,   20,   67;   Gamasini,   67. 
Gamasus,   12;  G.  coleoplratorum,   16  (fig-),   17  (fig.), 

72;  G.  lunaria,  18. 
«  Gamete  »,    370. 
«  Gamogenesi  »,   369,   371. 
«  Gamosoma  »,    371. 
«  Garibguez  »,    84. 
Gastemcanlha,    112,     126;    G.    arcuata,    112    (fig.); 

67.   doriae,    111. 
Gascardia   madagascariensis,    325    (fig.),    345    (fig.). 
Gastropatia  pini,  358;  67.  potatoria,  358;  67.  quercifo- 

Ha,  277. 
Gastrophysa  raphani,  358. 
Gastrolheoidea,  204. 
«  Gatta    porcina  »,    65. 

Gekobia;   67.   latasti;   67.   ncumanni,  96  (fig). 
«  Genia-e  »,   463. 
Geofilo  elettrico,   132. 
Geometra  papilionaria,  719. 
Geometridae,   193,  724;  Geometridi,  177. 
Geomyza,  416. 
Geophilidae,   137. 
Qeophilus,   132;  67.  electricus,   137. 
Geotrupes,  531,  533,  534,  536,  647,  768;  67.  momus, 

410;    67.   stercorarius,   529   (fig.),    665,    759,   765; 

67.  (Typhaeus)  typhaeus,  410,  533. 
«  Genìa-e  »,  463,  464,  467. 
Geniates,  412. 

Gerarus  longicollis,   158  (fig.). 
Gerris,    170,   498;   67.   lacustris,   631   (fig-);   67.   najas, 

499   (fig.). 
Gì  ivi i sin,    134. 

«  Giardino  di  Funghi  »  (Termiti),   885. 
«Gibbinidi  »  (Vespai),   813. 
Gillettea  cooleyi;  67.  coweni,  460. 
«  gimnodomi  »  (Vespai),   813. 
«  ginandromorfe  »  (forme),   833. 
«  Ginandromorfismo  »,   420,   465  (fig.). 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


941 


Ginnotti  ii,   196. 

ginonoegi  tiche  »    (specie),  430. 
«  (  ìinoneìa    ,   351. 
Olio  i  "I,  459. 
Glomeridae,  133;    Glomerideo,   Tav.    II;    GlomericB, 

131. 
Qlomeris,    134:    G.    connexa,    \.    lunatosignata,     134 

(fig.). 
Glossata,  198. 
Glossina,  217. 

Qluvia;  ti.  dorsalis;  G.  striolata,  1 04. 
Glycyphagus,  57,  01;  G.  canestrinii,  56;  ','.  ./,-,„, ,/,;»», 

56,  57,  59  (fig.) j    (■■'.    palmijer;    (1.    plinti ì fri;   58. 

Gnaphalium,  459. 
Gnaptor,  Tu::.  704. 
Gnathopteres,  198. 

(.' Il'lt'ipti  TOH,    7(14. 

Goliathus;  G.  regius,  439. 

Golopha,  411;  &'.  portevi,  393;  Tav.    111. 

Gomfidi,    176;    Gomphidae,    167,     193,    202,    204. 

Gomphocerus   maculatila,   742. 

<  Gongilidii  »,    864. 

Gonepteryx,  721;  G.  rhamni,  488,  500  (fig.). 

Goniodes,  399;  (?.  bicuspiidatus,  399  (fig.). 

Goniopterix   libatrix,    730. 

Gonium,  799. 

Gonyhptes,   100    (fig.),    101. 

Gordius,   122. 

Gorytes,   544,   556;   G.   punclulatus;    G.    punctuosus, 

556;  G.  sulcifrons,  544. 
Gorytinae,  538;  Goritini,  544. 
Graminee,   458,   459,   460. 
u  Granuli  zimogeni  e   prozivnogeni  »,   687. 
Graptopsocus  crueiatus,  426. 
Greenìa,    69  (fig.);  G.  afkeni,  70  (fig.);  G.  perkin-si, 

69. 
«  Griboari  »,  367. 

Gryllidae,    102,  204;   Grillidi.    1C7,    170,    548. 
Grillotalpa,  480,  491  (fig.),  492  (fig.),  494,  528  (fig.), 

529  (fig.). 
Grillotalpini,   175,  181. 
Gryllotalpa,  277;  (7.  vulgaris,  527,  759. 
Gryllotalpidae,  204. 
Gryllus,  168,  494,  543,  760;  0.  campestris,  478,  491 

(fig.)|  493,  739,  742;  G.  (fomesiieus,  478,   742:  <?. 

tp-isfiìiiplt  ras,    742. 
«  Qui  ribguez  »  (o  «  Goribguez  »),   84. 
Gueriniella  serratulae,  369. 
Gymnoci  rat  ;  202,  205. 

Gymnoph  unta,   537;   (7.   pillulorius,  537   (fig.). 
Gymnoptera,  199. 
Gynacantha,   170. 

•A/*,    I  '14. 
Gyrinus,  236;  631;  (?.   morÙMW,  631  (fig.);  6".  raw>ta- 

tor,    705. 
Gyrophlaebia   longicollis,  158   (fig.). 
Gyropidae,    192,   204. 
Gyropus,  399. 


H 


Ha&roa  sfata  /"<?>  r,   124. 

Hadentomum  americanum,  IC2  (fig.). 

HadiU  s  ti  ■!•  narioid*  s,  1 10. 

Haemaphysalis,    83;    92;    ff.    leachi;    v.     australi-s, 

93.   H.    leporis   palustris,   80;   //.   punitala,    93; 

H.   rosea,  90. 
Haemogamasus,   20,    72. 


Haemonia,     0,4,      675,      765;     //.      appendiculata, 

077    (fig.). 
Halacarus  humt  rosus,    !  5  (fig.). 
Balarachne,  19,  69,  70  (fig.);  B.  attenuata,  6,  li!),  70 

(fig.):  H.  halichoeri,  69,  70  (fig.). 

Unirmi,  1,1.    401. 

Halia  (Fìdonia)   wavaria,   732. 

Halichoerus,  69. 

Halictus,  547  (fig.),  557  (fig.),   558;  //.  malachurus, 

558;   //.    nylanderi,    557;    //.    quadricinctus,    557 

(fig.);  if.  quadristrigalus,  557. 
Haliplus,  075.  //.  elevatus,  765. 
Halizytus,  416. 
Baltica,  739. 
Hali/zia,   739. 
Eamamelis,  459. 
Bamamelistes   spinosus,   459. 
Bamitermes  meridionalis,   888  (fig.). 
Baploembia  solierì,  747   (fig.). 
Baplognatha,  202. 
Harmoncopoda,  203. 
Hnrmonia,   730. 
Harpactor  iracundus,  710. 
Barpalus,   759. 

Barpyia,  253;  #.  /aj/,  256  (fig.). 
Haustellata,  199. 
«  Htersclange  »,  572. 
«  Hi  ervurm  »,   572. 
Beliconia,  406. 
Belicopis   acis,    405   (fig.). 

Helicopsyche,     249,     250;     H.     shutleworthi,     249. 
Beliocopris  gigas,  Tav.   III. 
Beliotrhrips  dracenae,   358;   i/.    haemonoidalis,  524, 

526  (fig.). 
SeMa:,  538,  551,    552,    553,    554;    H.   adspersa,    502; 

i/.    candidissima,    v.    major,    554;     .ff.    pisana, 

553  (fig.),   554  (fig.). 
Belops  cerberus,  760;  i/.  pngmaeus,  761. 
Bemeroludae,   193,   205. 
//i minn  ridne,    202,    204; 
B emimetabola,    202. 
Hemiptera,  193,  204. 
Bemipleroiidea,  205. 
Bepatozoon  perule  iosum,   71. 
Bepialidae,    193,   724. 

Bepialu.i,  488;   ff.   humuli,  343;  if.   lupuli,  512. 
//'  otagenia     pulchella,     511     (fig.). 
Beriades  rubicola,   552. 
//'  riicstes,  80. 
Besperidae,  193. 
Betaerina,  392. 
Beterocera,   193. 
B eterometabola,   200. 
//-  ti  iitnomia,   745. 
Beterophaget,  203. 
Beteropsorus,  48. 
Hiln opterà,  193,  202,  205. 
Beteroptis  ventricosus,   66. 
Heterostigmata,  28,  30. 
Bexisopodidae,    105. 
Hill' ni  in   drfitl l'aria,   285   (fig.). 
Hiemalis  (l'emm.),  457. 
Hilara,  739. 
Hiiiiniitiiriiiitì,   137;    //.   gabrielis,     137;    H.    rìigulo- 

-uni.    137  (fig.). 
Hippobosca;    H.    equina,  500. 
//  ippoboscidae,   194. 
Bippodamia,  739. 
BippolyU   varians,  727. 
Bipporhinus     heeri,      177     (fig.). 
ffispa,  413. 


942 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECO. 


Hìster,   648,    inacquali.?,   422. 

Histeridae,  194. 

Histeropteron,  314;  77.  apterum,  314  (fig.);  77.  gryl- 
loides,  315,  497  (fig.),  544. 

Histiogaster  ■spermaticus,    19. 

Il  ist  i automa,  55, 56  (fig.); 60  (fig.),  61;  H.  muscarum  ,61. 

Hodotermes,  885;  77.  convulsionarius;  H.  mossam- 
Incus,  879. 

Holconeria  spinosa,  402  (fig.). 

Holostaspis,  73;  77.  badius,  18,  73  (fig.);  77.  margi- 
natilo 18  (fig.),  73;  77.  pisentii,  77.  vemalis,  73. 

Holothyrits,    74;  77.  coccinella,  74  (fig.). 

Holzneria  poschingeri,  459. 

Homalomyia,   654;    664;  757. 

Homaloneura,  160. 

Homalonotus;  H.  colossus,  439. 

Homalotus  obscurus,  325  (fig). 

Homoptera,   193,   202,   204,   205. 

Homopus,  58;  H.  talpae,  60  (fig.),  61. 

Hoplia,    ili;    77.    cacrulca,    393. 

Hoplites,  408. 

Hoplocampa  brcvis,  366. 

Hoploderma  carinatum,   62   (fig.). 

Hoploscelis,   411;   77.   crassipr?,   412   (fig.). 

Hormaphis  hamamelidis,   459. 

Hotinus,  401,  486;  77.  candelarius,  480;  77.  dslcsserti, 
401  (fig.). 

Huinulus,  459. 

Hyalomma,  76,  83,  91;  77.  aegyptium,  22,  70,  78; 
91  'fig.);  77.  aegyptium,  v.  droiiinlarii;  v.,  im- 
pressum;  v.  lusitanium;  77.  anatolium,  77.  corna- 
ger;  H.dentatum-.H.  creava/ a  ai;  77.  gmssum,  92;  7/. 
hi  spanimi;  H.  impressimi;  77.  lusitanicum;  77.  ma- 
gi natimi,  77.  rufipes;  77.  triuncatum  ;  77.  uiriculus,  92. 

Hyaìopleriis  aguilegiae-,  458;  7/.  annidi nis,  458; 
77.   pram  458,   574;  77.   trirhodus,    158. 

Hydaticus  transversalis,    765. 

Hydrachna  geographica,    13,    15  (fig.). 

Hydraena  riparia,    676. 

Hydrocharis,  230. 

Hydrocampa    677;    77.    ni/mpliacala,    677    (fig.). 

Hydrodoma    rubra,   13  (fig.),   16  (fig.). 

Hyclrogamasus,    73. 

Hydromiira,  631;  77.  stagnai  a  ai,  7ii.".. 

Hydropìiilidac,  194. 

Bydrophilus,  21G  (fig.),  277  (fig.),  607,  613,  647;  77. 
piceas,   513  (fig,),  672  (lìu.). 

Hydrophylax    aquivolans,    666    (fig.). 

Hydroporus,  761;  77.  dorsali?,  77.  paluslris,  765; 
77.   thermalis,   764. 

Hydropsyche,  236. 

Hydropsychiclae,   193. 

Hydroptilidae,   193,  236. 

Hydrous  caraboides,  765. 

Hylesinus   piniperda,    767. 

Hylóbius  abìclis,  765. 

Hylophila  bicolorana,  724;  77.  prasinana,  7 III,  724. 

Hylotoma,  522;  77.  pagana,  520,  522  (fig.);  77.  rosae, 
321,    740. 

Hi/iiiciioptcra,  193,  202,  204;  Hymcnoptcroìdca,  201. 

Hyperchiria,  725. 

Hypidrus  ovatus,  765. 

Hypocrita  jacobeae,  724. 

Hypoderma  Unicità,   215  (fig.). 

Hypolimas  misippus,  Tav.  V.  fig.  3,  4. 

Hypanomenta,  268  (fig.);  77.  cognatcllus,  740;  77. 
iiialinclla,    302    (fig.). 

Hypopus,  17,  58,  60  (fig.);  61;  77.  julorum,  61; 
77.  krameri;  77.   muscarum;    77.    spinitarsus,  00. 

Hyptiotes,    115. 

Hypulus,  234. 


K 


Kalligramma  haeckeli,    171,    172   (fig.). 

Kallina,  721;  K.  inachis,  722  (fig.). 

«  Katipo  »,    108. 

.e  Kedani  »,   22. 

«  Kené  »,    88. 

«  Kibu  »,    87. 

«  Kimputu  »,  87. 

«  Kittsubstanz  »,  502. 

Kb:  i  stagnala,  198. 

Koenc  ilici,  127;  7v\  mirabilis,  127  (fig.). 

Kolbia  quisquiliarum,  4211. 

«  Kórehenkuge  la  »,  292. 

«  Kulm  Kafer  »,    156. 


«  Ica  »,  864. 

Teoria,  807,  815,  817;  7.  variegata,  816  (fig.). 

7cen/a,  516;   705;  7.  purchasei,  398,  396,  (fig.);  510 

(fig.)- 

Ichneumonidae,   194;   Icneumonidi,   173. 

Icius  milratus,    124   (fig.). 

Idiops,   1  17. 

Idrocorisi,  403. 

Idrofilidi,   173,    177. 

Idrofilo,   675  (fig.). 

«  iemale -i  »  (femm.),  455,  456. 

Imenotteri,  177,  181,   191,  193,   196,  197,   198,   203, 

414,   434;    I.    predatori,   540;    I   solitarii,   538. 
«  Incrisalidamento  »,   309. 
Incurvarla,  524. 
«  Individuo  »,   798. 
Insetti,  2;  «  bassi  »,  286;  «  menorinchi  »,  230;    «  mo. 

nognati  »,    230;    «  metagnati  »,   230. 
«  Iperadresìa  »,  351;   352. 

«  Iperatelìa  »,  397,   433;  «  Iperatelismo  »,  398  (fig.). 
«  Iperciclo  »,  448. 
«  Ipercromisroo  »,  395. 
«  Ipermegetismo  »,      389;     femminile,      389     (fig.), 

maschile,  391  (fig.). 
«  Ipermetamorfosi  »,     190,      191,    221,    279;      vera, 

279;     spuria,  281. 
«  ipermorfiche  »   (forme),    396   (fig.);    «  ipermorfico  » 

(stato),    396   (fig.). 
«  Ipermorfismo  »,    394,    395,    398    (fig.),    405    (fig.); 

406  (fig.),  432,  434;    dimorfico,  412. 
.<  Iperteìla  »,    395,    431,    432;    «  Ipertelismo  »,   428. 
Iphis,  70;   alvearius,  71   (fig.). 
Ipludulns,  70;  7.  plumiger,  97  (fig.). 
«  Ipnosi  »   delle    Termiti,    873    (fig.). 
«  Ipocielo  »,    448;   omeofilico,    bisessuale,    451;    pò- 

lifìlieo    a   maschi   atelici,    453;    polii,    a  maschi 

eutelici,  452;  polif.  a  maschi  polimorfici,  453. 
I  schi  ropsalidae.    100. 
Jschnocera,  204. 

Ischnogastcr,  813,   815,   S17;   7.   micans,   816  (fig.). 
Isometrus    europaeus,    130. 
Isophia   acuminata,    494    (fig.). 
Isoptera,    192,    202,    204. 

Isosoma,  143;  7.  grande,  443  (fig.);  7.  *r£«ic?",  443. 
Isotoma,    276   (fig.). 
Isotteri,   181,   192,   203,  866. 
«  Istoblasfi  »,  290,  292. 
«  Estogenesi  »,  291,  301. 


INDICE    DEI    NUMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


943 


"  lstolisi  »,    291,    299. 
[stone-i  ».   369,    798. 
Ithytrichia  lamellaris,  678  (fig.). 
Ixodes,    76   (fìg.),    SS;    /.    africanus,   I.   algerieruis, 

92;   I.   annulatus,   90;   I.   avisugus,   77   (fig.);   I. 

bovis,   90;   /.    carnei  inns,    ì.    fabrìcii;     1.    graci- 

Icn/iis,  !i2;  /.  hexagonus,  22,  88;  I.    reduvius,    88; 

I.  rieinus,  22,  88  (fìg.);  /.  savignyi,  92. 
Ixodidae,  74,  82;  Ixodinae,  82;~Ixodidi;  I-sodini,  8S. 
Ixodiphagus  texanus,  80. 


Japygidae,  192,  202,  204. 

Jassidae,  193. 

Julidae,  133. 

Julodis,  413;  J.  hirsuta,  414  (fìg.). 

JmZks,   132,   135  (fig.).    136;  I  sabulostts,   135  (fìg.), 

136. 
«  Justaposizione  »    (immagine    per),    606,    607. 


Labiduri,   175,   181. 

Labidocarpus  megalonyx,  52  (fig.). 

Lachnosterna,   496   (fig.). 

Lachntis;    L.    faseiatus;  L.  grossus,  739;   L.  juniperi, 

449;   450,  453;  L.  nudus,  453;  L.   viiiiinalis,  739. 
Lacon   murinus,    760. 
Lactuca,   459. 

Laceoptera  excavata,   253  (fig.). 
Laelaps,    20,  70,  71,  72,  73;  L.  agilis,  7!:  /..  casalis, 

57;  i.   celiiihiiiius,    71,   72   (fig.);  i/.   marginatila, 

57. 
Loemosthemis  complanatus,   739. 
Laestes  viridis,  219  (fig.). 
Lagoa  opercularis,   344   (fig.). 
:<  lambenti  a   (Insetti),   201. 

Lamellicorni  coprofagi,  531:  Lainellicornidi,  173. 
Lami  nosioptes,  20;  39;  i.  cysticola,  19,  47,  48  (fig.). 
Lampyris,  284  (fig.),  285,  351,  434,  4S4,  485,  607; 

i.  noctiluca,  407  (fig.),  484,  503.   605,  738,   739. 
Lam/iuriza,   485. 
«  Langosta  »,   04. 
l.'i:  li  ria   bomboides,   711. 
Lapsana,  459. 
La: ir;  L.  americana,  160. 
Latra,  543,   555,   5.30;  i.  uiia/ciua,   513;  £.   modesta, 

567  (fig.). 
Larrìnae,  538,  544. 
Larropsis,  543. 
«Larva  »,  207,   220. 
«  larveformi  »   (femmine),    4  04. 
iasiocampa;    !..    betulifolia,   730;   L.  ilici/olia,   730; 

7..  /"/i».  358;  i.  populifolia;  L.  guercus,  475. 
Lasiocampidae,    193,  724. 
Lasius,  S42,  S4s. 
Lasius    [Acanthomyops)   cìaviger,  835  (fig.);    L.    (.4). 

latipes,  834,  8b5  (fìg.):  L.  (£.)  /fai;»*,  812  (fig.). 

i.   (£).  Wjrer,  843,  844,  847,  848. 
»  Latenslarve  »,  457. 
i  Leti  i- iii ii  1  i  ■■    (Imenotteri;    Vespai),    S13,    SI4.    SI7 

(fig.). 
Latrodecles,   108,   126;  L.   mactans,    108;   L.   malmi- 

guaita,    108     (fig.);     £.    scelio;    L.     13-guUatus, 

10S. 


Libia;   L.   scapularis,   282. 

Lecanium    hesperidwn,     355,     307;     L.     {Xaissetia) 

oleae,  250,  368,  510  (fig.). 
I.'  '  aniti,   515. 
Ledra  attrita,  731. 
Legge   dell'incrocio,   372,   373. 
/.'  inijnatlnis,    20.   OS. 
Lcismannia,  85. 
Le  aptidi,   67. 
Lcpidoptera,   193,   203,  205. 
Lepidotteri,  171,  177,  181,  191,  193,  196,  197,  198 

203,  404,  434,  739. 
Lepisma,    176,    197. 

Lepismidae,   192,  202;  Lepìsmoidea,   204. 
I.iptanilla,   859. 
Leptidae,   194. 
Leptidia,  508. 

Leptinia,  099;  L.  attenuata,  743  (fig.). 
Leptinoplerus,    422;  i.  v-niger,  422  (fig.). 
Leptoceridae,    193. 
Lcptochirus,  408. 
Leptogenys,  836. 
Leptomyrmex,  858. 

Leptot/iora.e,  S34,  836,    854;   L.   emersovi,  854. 
Leptura,  393. 
Lepft«,   19,  20,    22,   23,   26  (fig.).    96,   98  (fig.),  99 

(fig.). 
Leptynia    attenuata,    360;    L.    (Bacillus)  hispanica, 

360,   368. 
Lepus  varìabilis,  734. 
«  Lestobiosi  »,  853,  854. 

Lethrus,  408  (fig.);  i.   cepkalotes,   212  (fig.). 
Leucania,  763. 

Levcaspis,  234;  i.  jfaos,  236  (fig.);  £.  pusilla,  435. 
Leucocytozoon  cams,  89. 
Leucoma   (Stilpnotia)    saUcis,    739. 
Levcotermes,    890;  i.  lucifugus,  866,    870  (fig.)    874 

(fig.),  875  (fig.),  876  (fig.),   881,  882,   884,    889. 
Leueotìiyris  vietorina,   709  (fig.),   728. 
Libellula,   170,  392;  £.  brunnea;  L.  cancellata,  392; 

L.    depressa,    392,    665;    L.    flaveola;    L.    fulva; 

L.  sanguinea;  L.  vulgata,  392. 
«  Libellula  »,  macchina  volante,  635,  646,  tipo,  665. 
Libillulidae,  193,  202,  204;  Libellulidi,  170;  JW&eZZu 

loidea,  204. 
Licenidi,  177. 

Ligaeus  equestris;  L.   saxatilis,   739. 
Limacodes  testudo,   273   (fìg.). 
Limanthria,    517;   L.   dispar,   317   (fig.),   348    (fig.), 

358,   404  (fìg.),   449,   450,   465  (fig.),   517   (fig.), 

572,   745,  748  (fìg.),   749. 
Lìmanthriidae,  T2i. 

Limnobatcs,  510;  L.  stagnorum,  510  (fìg.). 
Limnochares   holosericeus,    13,    16   (fig-). 
Limnophilidae,    193. 
Iji/nothrips  poapliagus,   209  (fig.). 
/.imi  papali,   55,   255. 
Lindi  Itili*,    545. 
Linguatula;  L.  pusilla;  L.  recurvata,  9;  L.    rhinaria, 

7;  L.  subtriqut tra,  9.  i.  taenioides,  8  (fig.). 
/./  ngualulat ,  6,  7. 
Linocoples  coccincllae,  56  (fìg.). 
Linopodes   motatorius,    12   (fig.). 
Liriyph  ia,    110,    123. 
Liogryllus,    494;     543;     £.     campestris,     391    (fig.), 

442,  47S,   479  (fig.),   713. 

Limili  topini!     lliieroct  piallimi,     851. 

/.<■>//<.  <i/(«,    192,    204. 

Lipeurus,  399;   /..  lii/>;liuuti,  266  (fig.). 

Lipocteni,  5. 

Li /militatila,  202. 


944 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


Liplotena,  420. 

Lispinus,  408. 

Lisi  rofi  ridi,  52. 

Listrophonis  gibbus,  52  (fig.). 

IAthinus  nigrocrista'us,  732  (fig.). 

Lilliobiidae,   137. 

Lithobius,    136,    741;    L.    impressivi,    137    (fig.).    L. 

montanus,    137. 
Litliomantis,   160;  L.  carbonaria,   158. 
Lithosia  griseola,  731,  739. 
Lite  si  i,   177. 
Lixu-s  barbiger,  414   (fig.). 
Lobogaster,    1 69. 
Lobopelta,  836. 
Loboptera    decipiens,    550. 
Locusta,  480;   L.   viridissima,  391,   667   (fig.). 
Locustidae,  192,  204;  L<  custicli,  170,  548;  Locustoidea, 

204;  Locustoi.lt  i,    107. 
Locust  psidi,    167,    170. 
Lonicera,  459. 

Lophoproctus   lucidus,    134  (fig.). 
Lophopteryx  camelina,   735  (fig.). 
Lophoptes  patavinus,  23,  68  (fig.). 
Lophyrus,    414;    L.    pili»,   415   (fig.). 
Lucanidne,    1  94. 
Lucanus  cervus,  243,  315  (fig.). 
Lucerla  virens,  719. 
Lucilia,   346;  L.  cacsar,  679. 
Luciola,  485;  L.  ttaZico,  485  (fig.). 
Ludovix  attenuatus,   512. 
«Luminosità»,   483. 
Luperus,  739. 
Lycaena,  425,  426,  470;  L.  agrestis,  443;  L.  arrago- 

nensis,   468,   470;   L.    corydon,   470;   L.    escheri- 

radiata,  467  (fig.);  L.  floienlina,  468;  L.  polysper- 

chon-amintas,   441. 
Lycaenidae,   193. 

Lycocercus  goldenbergi,   157  (fi-g.). 
Lycosa,  118,  126,  626;  L.  carolinensìs,  119  (fig.);  L. 

tarentula,  106  (fig.),  107  (fig.),  118,   126. 
I/ygaeus,  738. 

Lygonematus  erichsoni,  524  'fig.). 
Lymnodytes   gerriphagus,    632. 
Lyogryllus,    vedi    Liogryllux. 
Lyroda,  543. 

Li/ita  (Canlharis),  739;  L.  optabilis,  499  (fig.). 
I. limantria  dispar,  ve.  i:  Limanthria  d 


M 


Mackilidae,    202;   Machiloidea,    204. 

Machilis,   176,  202,  221. 

Mnriuiiitrus,  412. 

Macrodontia,  409. 

Macrogaster   platypus,   36. 

Macroglossa,  602,   648,   664;   Af.   onoterae,  345;     A/. 

sJeM  in  mm,   602. 
«  macrogina-e  »  (fc-mmina-e),  S..4. 
Macromeris,   565;   il/,   splendida,   565. 
Macropodites  niellii,  412  (fig.). 
Macropus   longimanus,    411. 
Macrosiphum  cereale;  M.   rosae,   459. 
Mmro.iita  carolina,  315  (fig.);  316  (fig.). 
ci  inacrotttra-e  »  (fi  rma-i  ),   435. 
«  Madre   fondatrice  »,   366. 
Maggiolino,   497    (fig.),   503. 
Malacodermidae,    194. 
Mnlncosoma,  739;  Af.  neustria,  753. 
Malattia   di  1    «  mi  Bi  ioni    »,    65,    66    (fig.). 


.<  Malie  h  »,    84. 

Mallofagi,    189,    192,    203;    Mallopluxga,    202,    204 

«  Malmignatta  »,    108   (fig.). 

Afoius,  458,  460. 

Mandibulata,   199. 

Mantid,!,.    192,    204. 

Mantis,  274  (fig.),  277,  502,  543,  727,  735,  758,  760; 
Af.  religiosa,  216  (figr.)i  275;  734  (fig.),  741,  744 
(fig.),  759;  Af.  prosino,  713  (fig.).  746,  747  (fig.). 

Mantispa,  282. 

Mantispidae,   193,  205. 

Afantoidea,  202,  204;  Mantoidei,  163,  181. 

Margarodes  vitium,  761. 

Margaropus,  83;    1/.   annulatus,  90. 

Masaridae,  538;  Masaridinae,  538;  Masarinae,  540. 

Mastodermes  darwiniensis,   866  (fig.). 

Mecaptera,  202. 

Mecocerus,  408. 

Mecomastyx  montravelii,  409  (fig.). 

Meconema,  492. 

Mt  cotti  ri,  203. 

Mecyma,  724. 

Mi  ausa,  37  I. 

Megacaneslrinia;   M.  mucronata  54. 

Megaceras  chorinaeus,  Tav.  III. 

Megachile,  55,  174,  415,  554;  561,  562;  il/,  ani/tra- 
cina, 562;  Af.  centuncularis,  561  (fig.);  AL 
disjuncta;  M.  ericelorum;  M.  imbecillii;  M.  larvata; 
M.  p'cicornis;    M.  sericans,  562. 

Megalolaelaps,  72. 

Megaloptrra,   205. 

Megalothoracidae,  204. 

Megalothrrps,  400. 

Megaloileri,   166,   169,   177. 

Meganeura,   160,   161  (fig.);  AL  brongiarti,  160. 

Megaptilus,  438. 

M  gasfc  copti  ri,    161,    181. 

»  Mi  gì  tismo  »,   379,   436. 

Megilla   maculata,   325   (fig.). 

Mcgninia,  22,   53;  AL   cubilaàs,  53  (fig.). 

Melandrya,  234. 

Melandryum  album,  458. 

..  Mi  lanina  ».   700. 

Mi  Imi  il is  leda,  443. 

,1/.  lane/plus  fenzwr-rubrum,  575;  il/,  spretus,  574,  575. 

^l/i  Inrgia  galathea,  468;   A/,  galene,  468. 

Melasoma,  739;   AL  aenea;  M.  populi,  503. 

«  Mi  lata  »,    691. 

Melipona,  360,  415,  821,  823,  824  (fig.);  A/.  faZ- 
mpes,   824  (fig.);  A/,  scutellaris,  360. 

.AI.  lìponi  ,   806. 

Meiiponoryctes  succini,   178  (fig.). 

Mcìissiiia,    813,    814. 

Melithara,  407,  467;  Af.  didyma.,  467  (fig.);  .1/ 
armoni  min.  41.7  (fig.);  .1/.  wullschlegeli,  467  (fig.). 

Melitoma  grisella,  562  (fig).. 

Mi  llimniir,    538. 

Melliniis  arvensis,   556. 

AfeZòe,   L77;  282,  393,  398  (396,  fig.),  408,  739.     • 

M.  lci.i,  220. 

Melolontha,  277  (fig.),  408,  527,  529  (fig.),  648; 
Af.  //ippocastani,  503;  il/,  miinlmìtlia,  469,  503, 
765,  767;  il/,  vulgaris,  243,  665. 

«mtlclontoide-i»  (larva-e),  272  (fig.).  221,  222 
(fig.);    234   (fig.). 

Melophaguà,   285,   351;   AL   ovinus,   380  (fig.),   506. 

Melopliorus,  835;  A/,  bagoli,  858. 

Mi  mliiiniilin;    193;   Membracidi,  397. 

Mi  mbrana   emostatica,    743. 

»  M.  navoni  »,    108. 

Mengca  tcrtiaria,   177  (fig.). 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


945 


Mentila,  459. 

.1/.  nopon,  380  (fig.). 

Ment  nales,    L98. 

«  Mi  riniti  rgati  s  »,  835. 

idae,  205. 
.M   postomi,   2. 
Mi  BOblattini,   167. 

Mesobelostomum  deperditum,   171  (fig.). 
Mesoaa   curcuìionoides,   760. 

Mesostiqmata,   28,   30;   M   s  stigmati   I,   67,    li,    74. 
Messor,    836,    839;    .U.    bar&oru*,    839,  840  (tigg.); 

849    (fig.). 
M,  tabula,    200. 
M.  tabolìa  »,   198,  270,  380. 
Me  tanti,  369. 
«  M.  t amorfi  si  »,    2C7,    269    (fig.),    288,    420,    421; 

«compKta»,   267,   269  (fig.);   289  (fig.); 
Metapodius,  401. 
Metopodontus  blanchardi,  391    (fig.);   M.   umhangi, 

425   (fig.). 
Mi  tazei,   369. 

Meieorus  hyphrantiae,  344  (fig.). 
Miastor,  353,  354  (fig.)  355;  M.   metraloas,  353. 
Micetophilidae,    194,  Min  t<  tifi,  i,  173. 
Micraspis,  739. 
i  Mii  riamo  »,   428. 
Microcerotermes  stranici,  896. 
Microrcntru.s  retincrvis,  215  (fig.),  518. 
Micrococcus,  400;  M.  sib-estrii,  382  (fig.),  398  (fig.). 
.'  mi ■  roi  rgati  »  (Operai),   835. 
«  njcrogyna-e  »  (f  mmina-t  ).   834. 
Microlickus,  48. 
MicropU  rygidae,   193. 

M  t  e  ropte.ryx,    343,    524;    .1/.    purpuriclla,    344    (fig.). 
Mi  n  t   lifonicj,   127. 
Microtermes,  878. 
«  mi  tri  triti  »   (Formirhi  ),   840. 
«  migrant  -i  »  (forma  i  ),  447,  453,  457;  «  dioica-he  », 

454,    457;    «  monoiea-he  »,    454. 
«  migrata*  »  o  «  iemali  -i  »  (ftmm.  ),  456. 
«  Migrazioni  »,  568;  di  forme  giovani,  Ó72:  ili  adulti, 

573. 
Hill  sia  cràbroniformis,  711. 
i  Mimi  tismo  »,  «  aggr.  ssivo  »,  710;  «  critti  :o    .   71-!, 

717;   Kfanerico»,   70S,  709,  710. 
«  Mioc  iti  »,   296,   303. 
«  Miogeni  si  »,  302. 
Miriapodi,   131. 
Miri  atomi,    131,    133,    139. 
mirm  'Ci  file-i,   animali;   piante,   865. 
Mirotermes,  884,  879;  M.  atrox,  892;  .1/.   cheeli,  872 

(fig.);     M.     (Cubitermes)     arboricola,      893;     .1/. 

manina,  872  (fig.);  M.  saltans,  895,  sui. 
Miscocyttarus,  813,  815,  817;  M.  labiatus,  816   (fig.). 
Miscophus,  542,  aài'v,  M.  bicolor,    M.    gaUitCUS;    M. 

spuria*,  542. 
Miscoptera  woodwardi,  162  (fig.). 
a  Misurini  »   O   «  Compassi  »,    231    (fig.). 
Mitogramma,   217. 
Mitosata,   198. 
Mixoti  riniti  i'!i,   162. 
Mìzìru  .   415. 
Moina,  369,  370. 
Moma  orion,  732. 
Mcmandr opterà  incrina,  743  (fig.):  Af.  ' nuneans,  741, 

745,    746    (fig.). 
Monardia,  416. 
Moru  dula,   544. 
Monti  -."  //"  i  ntomophaga,  57. 
Monodontomerus,  414. 
«  monogina  »  (Società),   823. 


Muiiulianiiins  titillatili;    409    (fig.). 

Monomorium,  834,  855;  Af.  floricola,  834,  835  (fig.); 

.17.    saìamonis,   855. 
«  Monto  f/f//<    Furili  ielle  »,   843. 
Montezumia,  565. 
«  Monyata  »,  87. 
«  mordenti  »  (Ins  tti,  201. 
n  Morfe  »,  463. 
Mmici  planata,   54. 
Moritzii  Ila   corticali*,   453. 
Mormolyce,  413:  Af.  phyllodes,  413  (fig.). 
M„r/>l,<i,  406,  723;  Af.  achille*,  723;  Tav.  Vii,  fig.  3. 
Mosca,   649  (fig.),   653;   M.   comune   (o  domestica), 
209   (fig.),    347   (fig.),   429   (fig.).   488   (fig.);   M. 
rosisega,   520. 
Mosca»,   macchina   volante,    646,    648   (fig.);    649 
(fig.),  tipo,   665. 
■  Mo  ci  "ie  »,    (mal  ttia  del),    65,    66   (fig.). 

Mi  struosità  »,  463,  464. 
«  Movimento  -i  dell'ala»;  di  pronazione;  di  ro- 
tazioni ,  658:  di  supinazione  »,  658  (659  fig.); 
misti,  659;  principali,  659  (fig.);  puri,  659; 
secondarvi,  660;  Movila.  «  respiratori  »,  671,  672 
(fig.). 
Musca,  217,  358;  .1/.  domestica,  258  (fig.),  259  (fig.), 

1 19,   665. 
Muscidae,   194. 

M'iltllitlnt;    538. 

M nei to/iliila,    253;    M.    ancyliformans,    253    (fig.). 

Mgilas  pergrandis,  438. 

Mygale,   125,  540;  Tav.  I;  Af.  avicidaria,   125;   M 

biondi,  125;  Af.  hentzii,  541;  Af.   javannensis;    1/ 

ursina,    1 25. 
Mi/labri.-;   282. 
Mijìacridae,   160. 
Myobia,  93. 

Myocoptes  tenax,   52   (fig.). 
Myonyssus,   20.   71. 
Myosotis  palustris,  458. 
Mitrmecia,   834. 
Mtirmecocysttis,  835,  857;  .1/.  bombyeinus,  839  fig.); 

Af.    hortideorum,    858   (figg.);    Af.    melliger,    857, 

588;  Af.  semirufus,  849  (fig.). 
Mi/nnecolax  nietneri,  414  (fig.). 
Mijimecejplula,    398   (396,   fig.). 

Myrmica,   835,    840,    844;    854;    il/,    brevinodis,   854; 
*  .1/.   rafcra,   843;  Af.  scabrinodis,   837  (fig.),  843. 
Mi/nitifina,  S36. 
Munii -Inm,    6,   323. 

Myrmileonidae,    193;   Myrmi leoni nae,   205. 
Mysia,  739. 

Mystacides  punctata,   488. 
Mytilus,  416. 
Myzus  radicis,  453. 


Nacerdes,  234. 

Naucoridac,   193;  Naucoridi,    I  i  1. 

X,  Inni    arenaria,    490    (fig.). 

Ne   inferi,  530,   531,   532~ 

«  Necromimismo  »,    714,    716. 

Necrophorus,    703,   704;     W.    cespillo,  529  (fig.);  530 

(fig-)- 
Ni  crotauliidi,    169. 
Nectarirìia,  807,  808,  809;  .V.  lechagnana,  809  (fig); 

A\    nullifica,    819    (fig). 
.V.  r  /,././.,   202. 


A.  Berlese  ,    Gii  Insetti,   li. 


119. 


946 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI.    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


o  Nefrociti  »,  702. 
Nemastomidae,  100. 
Nematoceri,   193. 

Xiinrilus  gollieoìa,  366;  AT.  varus,  255  (fig.);  N.   ven- 

tricosus,  358. 
Nemeophila  planiagìnis,  426,  var.  hospita,  426. 
Nemesia,   118,  125,  542:  N.  badìa,  552;  Ay.   suffusa, 

ns. 
Vemestrina  bombi  foniti*,  711. 
Xi  un -.1  rimo.    711;    X'rniititri  n  iilae,     194;    Nemestri- 

ni.li,    173. 
A  r  mobius  sylvestris,   742. 
Xi  iiiiirn.   403:   A".    Imiti  riiln,   403   (fig.). 
Xeoberìrsia  equitanti,   71. 
Neocapritermes  opaeus,  879. 
ir  neogallioola-e  »   (fenim.),   457. 
Xinìuiiipriiia    atlolpliinac,    408    (fig.). 
Neoliodes  theleproctus,   62,   63  (fig.). 
«  Neometabolia  »,    308. 
,\  ,  .,/„//<  <././«/.  (ili/cu  ,    204. 
Neophyllobiìis,  96. 
«  neoradicicola-c  »    (forma-e),    454. 
.,  Neotenia  »,    262,    273,    283,    284,    286,    350,    355. 
«  neotenica-o  »    (femmina),    287    (fig.);    (stato),  396 

(fig.)- 

Nepa,  498,  674,  675;  AT.  cinerea,  499  (fig.),  765. 

Nephila,   123. 

Nephrophagus   sanguinarius,    19. 

Nepidae,  193;  Nepidi,  171. 

Neuroptera,   193,  204,  203,  205,  Neuropteridae,  205; 

Neuropti  roidi  a,  205. 
Xeiirattrus,    362;    A",    fumipennis,    362,    363    (fig.); 

A',  spulino, lastre,  363  (fig.),  A",  trieolor.  363  (fig.). 

Xr Ululili  lllls,    427. 

Neurotteri,  166,   168,  171.  177.   lsl,   191,    193,  197, 
198,  203,  403. 

«  neutre -i  »,    374,  832,  S39,  424,  801;  alati,  801;  at- 
teri,   801. 

Nidi  concentrici  (Termitai),  882;  N.  composti,  853; 
X.  coperti;  N.  definiti,  813;  N.  d'uova,  314; 
N.  indefiniti,  813:  N.  in  muratura,  564;  N.  non 
concentrici  (Termitai,  882;  N.  pedotrofici,  527; 
N.  scavati  nei  legnami,  558;  X.  scoperti  o  nudi, 
813. 
Ninfa»,  272  (fig.),  280,   285  (fig.),  304. 

«  ninfale  •  (stato),   434.. 

«  Ninfe  protette  -,  314 

Ninfalidi,    177. 

«  ninfogeni  »  (Insetti),  506. 
Ninfosi  ».    290,    291,    295. 

Nitela,    544. 

Xi/rlinai,   538. 

Noctuidae,    193. 

Nola,   475. 

Nothrus  ìiirarinalus.   62  (fig.),   63. 

Notoedrus,  20,  39,   44.  45;  A",  coti,   23,  44.  45  (fig.); 

.V.     r  un  nuli,     23. 

Notodonta  zig-zag,  735  (fig.). 

Notodontidae,    193,   724. 

Nologonia,   543. 

Notonetta,  632,  673,  674,  675  (fig.);  N.  glauca,  76.",. 

Nutom  finito .    193:   Notonectidi,    171. 

«  Nucleo  centrale  di  cella  reale  «(Termiti),  889  (fig.), 

Nycteribia,  285,  351,  506. 

Nyet,  rilniiltu  ,    191. 

Nymphalidae,    193. 

Nymphalis,  407. 

A"  lini  l'In  siila,  ,    205. 

Nymphila,  236. 
Nyssonìnae,  538. 


0 


(Ibi  si  um,     101. 

..  Ohihopio  »,   87. 

i  ir  m,  m   i/ispar,   217,   243  (vedi  anche:  Idmanthria 

ilispar). 
(iiliiirrus,  539,    544,    548   (vedi   anche:  Odynerus). 
Oclonata,   193,  198,  204;  Odonati,  167,  170,  176,  181; 

192,   193,  203,  400. 
Oliai, rstis  primi,  475. 
Odontolabis  cuvera,  Tav.  IV. 
Odontomachus,  834. 

Odolermes,  886;  0.  turkestanicus,  881  (fig.). 
Odynerus,  539,  544,  535,  548,  554;  O.  alpestris,  55  4: 
0.     minili, itti*,     562    (fig.);    O.    eallosus;     O.     co- 
gnatus,    561;    0.   delphinalis,   552;    O.     gatticus; 
O.  inaurilanicus,  561;  O.  nobilis,  547;   L.    pari,!, 
iius,   561;    O.     parietum,    563   (fig.);    0.     pimeli- 
zona,    545:    O.    reniformis,    550  (fig.);  O.    rossii, 
554,    561;    0.    rubìcola,    561;    0.    tipinìprti,    544; 
563;  0    trieolor,  563. 
Oeeuntlius,    277;    0.    niveus,   391;    0.    pellucens,    479 

(fig.),  491  (fig.),  519  (fig.). 
'  ecophylla,  S7S;  O.  smaragaina,  851  (figg.),  852. 
< i,.i,  nn-ro,  <*\i;  O.  rufofemorata,  412  (fig.). 
Oedi  wen  fcte?,    194. 

(>■■!,:„  ,l,i,  543,   732;    0.  caerules^ens,   718,   720,   742: 
var.   min  otta,   718,  719  (fig.),   720.   7  42;   0.   ,■/„„• 
i.rnli,  ri,  742. 
0 ■•itiseli m    williamsoni,   159   (fig.). 
Oestridae,   194,   711. 
»  oligomero  »    (stadio),    275.    280. 
Oliiioiuiiru,   202,    204. 
«  oligopodo  »,    272    (fig.)     (stadio,    278    (fig.),    240, 

434;    a  oligopodiale  »    (stadio),    271. 
Oligolo/r  i  antiqua,    176. 
o/A»  abdominalis,  464  (fig.). 
«  olomegetiche  »   (specie),   431. 
Olometabola,  202;  Olometaboli,  272  (fig.). 
«  olometabole  »   (larve),   273   (fig.). 
«  Olometabolìa  »,   262,   267. 
«  oloteliehe  »  (specie),  431. 
Ombrelli*  re,  458,  459. 
,,  omeomorfiche  »  (forme),  396  (fig.). 
«  Omeomegetismo  »,  424. 

«  Omeomorfismo  »,  424,  730;  in  difette,  395;  in    co  -•- 
so,  395;  sessuale,  375;  sessuale  atelico,  396  (fig.); 
sessuale   eumorfico,  396  (fig.)    sessuale  in   rn 
fico,  396  (fig.). 
.e  Omocromìa  »,    424:    «  Omoeromismo  »,    717 
i  omogenei  »   (individui),   799. 
,<  omomegetiche  »    (specie),    430. 
»  Omomegetismo  »,    3S8. 
Omoplata  normalis,  413  (fig.). 
Omotti  ri,    19),    193,   203,   400,   434. 
Onectra   pilleriana,   544. 
Onicofori,  2.  3. 
Onthophagus,  410,  44(1.  470,  533,  64S;  0.  rangifer 

408  (fig.). 
«  Ootassi  »,  512. 

o  Ooteca-he  »,   210,   216,   513,   514. 
Oonops-  pnlili, < .-',    1  19. 
Operaia-i-o  ».  424.  806,  S27  (fig.),   828  (fig.),  S30. 
(fig.)  832,  834,  835,  836,  837,  83S,  839;  di  Tel- 
imi i,   867,   868,   870   (fig.),   873,   S74   (fig.),    877. 
Oph  iun  idae,   545. 
Ophionyssus   nalricis,   68. 
Ophideres,   172. 
Ophiiiliis,   136. 
Opilionidi,   5,    100. 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


947 


■  Oramorfismo  »,   420,   441. 

Orasema,  s.'ì  I. 

Orchesella,  609. 

Organi  musicali,  478. 

Organismi  pluricellulari  (somatici),  .'174:  unici  Mil- 
iari (asomatici),  371. 

Orgya,  217:  0.  antiqua,  246,  475,  759;  0.  leucostigma, 
246,  285  (fig.),  356. 

Oributuln   eliminiti,    03;    O.   pluntivaga,   62   (tic.),    03. 

Orina,  739. 

«  Ornamentazione  »,  390;  cromatica,  391,  395; 
plastica,    393. 

Ornithodoros,  82;  0.  megnini,  87;  0.  montata,  80, 
82,  80  (fig.);  O.  pavimentosus,  88;  O.  savignyi; 
O.  talaje,   87,  88;   O.    Iholozani,   si.    xs:    0.    /,, . 

rienln,    S4,    87. 
Ornillioinyin,   500. 

Ornithoseatoules  decipiens,    123,   733. 
Orinili, iplcra,  420;  0.  butlerianus,    120;    formi'    fem. 

minili:   achates,   agenor,  alcanor,   anceus,  anura, 

batteria nu<,  distantianus,  dobera,  erebinus,  esperi, 

geranio,   ìjyrtia,   Mera,   hollopia,   imperiosa,   lao- 

medon,    ili/In,    phoenix,    ria  I,  mirimi, i,     si/uìensis, 

trochila,  venusta,   oinius,  tutte,  pag.  420. 
Orphania  denticaudatà,    739. 
Orthezia,  510,  705:  i>.  ìnsignis,  510  (fig.);  (>.  urticae, 

510    (fig.). 
Ortcziola,   705. 
Ortoflebiicli,   169. 
«  Ortogenesi  »,  279. 
Orthoptera,    192,    202,    204;    O.    genuina,    192,    199; 

O.    gressoria;    O.    oothecaria,   saltatoria,    202;    O. 

socialia,  199,  202. 
Orthopteroidca,   204. 
Orthorrapha,  202,  205;  Ortorafi,  338,   339;    O.   Ne. 

matoceri,   177,   181. 
Ortotteri,    107,    170,   175,    181,   191,    192,   198,  203, 

398,  434,  739;  O.  veri,  192. 
Oryctes,  73,  008  (fig.);  700;  O.  nasicorn  is,  324  (  fig.  ),  765. 
Oryctoblattinidae,   159. 
Oscinis,  416. 
«  Osmeterium  »,   255. 
Osmio,    415,    538,    552,    553,    554,    501,    562,    823; 

O.     alpestris,    553:    O.    aurulenta,    O.    bicornis; 

O.   cornuta,   561;   O.   cristata,  554;    562:   O.  cya- 

noxantha,    554;    O.    detrita,    552;    O.    ferruginea, 

O.  fertoni;  O.  fossoria,  553;  O.  lanosa,  554,  502;  O. 

mélanogastra,    553;   O.   papaveris,   554,    562;  O. 

perezi,    502;   O.    nifóhirta,   553    (fig.),    554  (fig.); 

O.  tridentata,  552:  O,  tunensis,  553;  O.  saundersi, 

554;  O.  versieolor;  O  viridana,  553. 
Osmylidae,  205. 
Osphya  bipunctata,  411. 

«  ospite  »,   primario,    454;    secondario,    454. 
«  ostetrici  »  (maschi),  382. 
Otodectes,  20,  48,  50;  O.  cynotis,  23,   48. 
«  ovovivipari  (Insetti),  508. 
«  Oviparità  »,   .304. 
«  Ovisaceo  »,   510. 
«  Ovuli;  fecondati  »,  370. 
Oxybelus,    415,    544. 
Oxypomyrmex   santschii,    849    (fig.). 
Oxyeoryphus    compressicornis,    742. 
Oxytelus,  408. 


Pachycnema,  411;  P.   crassipes,  412  (fig.) 
Paehycorinus    dimorphus,  426. 


Pachyjidus,    136;  P.   flavipcs,    135,    136;   P.   oenolo- 

gus,   130;  P.   vari tis,   135  (fig.). 
Pachylichus,  4s. 

l'urli  Illusi;  Ili,     117:     P.    SCalops,     118    (fig.). 

l'urh y pus  cornutus,  407  (fig.). 

Pachytilus  mìgratorius,   04,  574,  575,   742. 

Pachylrortes   brunneits,    206   (fig.). 

Pad  us,  458. 

Paleophlebia   superstes,    107,    174. 

Palcobltiuimi  douviUei,    155. 

Paleocossits  furassieus,    171    (fig.). 

Paleodielyopti'ru,  156;  PaleodittiotWi,  150,  157,  181 

Paleoemitteri,    104,    181. 

l'nl, iimtinlis,     163. 

l'ai,  uiitiniili,   171. 

Palmodes,   543. 

l'ululili  un  tlissìmilis,   218  (fig.). 

Palpares    libelluloides,  241. 

Palpigradi,  5,   127. 

l'uni phagus  canonicus,   399;   P.   numidicus,   759. 

Panchlnra  maderae,  741. 

Pandinus  africanus,    imperator,   Tav.   I. 

l'uii isriis  glaucopterus,  358. 

Panorpa,  227;  P.  communis,  519  (fig.),  545,  605; 
P.    Mmfi',    235    (fig.). 

Panorpuln  ,  2e2,  205;  Panorpati,  169,  171,  181,  203. 

Panorpidae,    193,    205;    Panorpoidea,    205 

Pantopodi,  2. 

Pnnurgus,   545. 

■e  Papasi  »,  87. 

Papaver,  458. 

Papilla,   311   (fig.). 

Papilio.  255  (fig.);  398,  404,  405,  426,  429,  434, 
436,  440,  657,  721;  P.  a^ereor,  Tav.  VI;  P. 
o/ra-,  442;  P.  alcanor,  Tav.  VI;  P.  buthlerianus, 
Tav.  VI;  P.  eoo»,  405  (fig  );  P.  dardanus,  398 
(390  fig.),  404,  420,  427  (fig.);  Tav.  V;  sue 
forme  femminili,  427  (antinorii,  427  (fig.); 
Iiinia,  420;  dionyssus,  420;  Menisi,  426,  427  (fig.); 
Tav.  V;  Mppocoon,  420;  niavioides,  427  (fig.); 
niobe,  420;  niobioides,  420;  trophonissa,  420);  P. 
gyrtia,  Tav.  VI;  P.  lilipuziano,  429;  P.  machaon, 
441,  442,  443,  469,  665;  P.  memnon,  404,  462, 
430:  Tav.  VI;  P.  merope,  426,  427;  P.  podalirius, 
409;  P.  pMloxemus,  405  (fig.);  P.  telamonides; 
P.  walsM;  P.  marcellus,  442. 

Papilioìiidae,    193;   Papilionidi,    177. 

Papiriidae,   192. 

Parafai rimiriti  gracilis,   712  (fig.). 

l'nriiltt'rim  lini    tiimulosa,    2S5    (fig.). 

Paraphylloxera  glabra,  453. 

Paraponyx,   236. 

Parasita,    198;  Parassiti,   199. 

«  Parassitismo    sociale  »,    854. 

Parlatorio  bianchardi,  435  (fig.);  P.  zizipM,  516 
(fig.). 

Parmelia,   731;  P.   crinita,   732  (fig.). 

Parnassius,  502,  503,  721;  P.  apoiJo,  469,  503  (fig.); 
P.  orteansi,  503  (fig.). 

«  Partenogenesi  »,  262,  356,  357;  accidentale,  357; 
anfitoca,  369;  arrenotoca,  369,  807;  ciclica, 
357,  359,  361;  ciel.  regolare,  362:  cicl.  irregolare, 
366;  normale,  357,  359;  norm.  costante,  36S; 
norm.  occasionale,  357;  telitoca,  262,  369. 
«  Passaggi  »  (di  Farfalle);  (di  Libellule);  (di  Caval- 
lette), 574. 

Passalidae,  422. 

Passaloecus,  544,   556. 

Patella,  416. 

i  Paurometabolia  »,    266,    267   (fig.). 

Pauropodi,   133,   136. 


948 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,     ECC. 


Pecilandrìa  »,    420,    424,    atelica,    425;   ipsrtelioa 
425  (fig.). 
«  Peciloginia  »,  420,   424;   atelica,   427. 
«  Pecilopedìa  »,  424. 
«Pedici  Ilo  »,  4  2. 

Pediculidae,   193,  202,   204;  Pediculidi,   203. 
Pediculoìdes,  6,  27,  63,  64.  65,  67;  P.  mesembrinae; 
P.   tritici,    66;    P.    venlricosus,    7,    19,    27,  64,  65 
(fig.),    60   (fig.). 
Pedicuhts,    197,    198. 
Pedipalpi,  5. 
«Pedogenesi»,    262,   273,   350,   351,   352,   353,   354 

(fig.);  371;  vera,  355. 
«  Pedopeeilìa  »,,  420,   424. 
Pelargonium,  562,   602. 
Pelecinidi,   177. 
Pelidnota,  411. 
Pelobius,   236. 
Pelopaeus,  542,  565. 
Pelota,   172. 

Peloribates  humeralis,   63. 

Pcmphigus   bursarius,    459,    574,   800;    P.    filaginis; 
P.    follicnlaris;   P.    gnafalii;    P.     lactucarius;   P. 
ovato-óblongus;    P.     pyriformis;    P.    semilunaris, 
459. 
l'i  mphredon.    544,    553. 
Pemphredoninae,   538;   Penfrcdonini,   556. 
Penfigidi,  459. 

Penicillidia  Icachi,  285  (fig.). 

Penta-stoma  (o  Pentastonum),  8,  9;    P.  denticulatum 
8;  P.  emarginatum,  8;  P.  serratum,  8;  P.  tu,  nioi- 
des,  8. 
Pentastomidi ,   5,   7. 

Pentatoma,  497;  643  (fig.);  P.  nìgricomis,  667  (fig.). 
Pentatomidea,    193. 
Penthaleus  haematopus    94. 
Pentheria,  416. 
Penlhina  pruniana,  733. 

Pentodon,  73,   398  (396,  fig.);  P.  punctatus,  54. 
Pcperonota  harringtoni,  410. 
Pcpsis,  541;  P.  formosa,  541  (fig.). 
Pericolila,  724. 
Peripatus,  3,  4;  P.  balfouri,  3;  P.  capensìs,  3,  (fig.). 

P.  edwardsi,  p.  3;  p.  ncwae  zealandiae,  3,  (fig.). 
Periplaneta  americana,  741;  P.  orienlalis,   216  (fig.), 

217    (fig.J,   382   (fig.). 
Peritrichia,    393. 

Peritymbia  vastatrix;  P.  vitifolii,  460. 
Perisphaera  glomeriformis,    716  (fig.). 
Perisphaeri"   stylifera,    283    (fig.). 
Perla-ria,  1  .''.V,   Perlariae,  204;  Perlarii,  166,  176,  181, 

192,   193. 
Perlidae,  193,  202,  204;  Perlidi,  203;  Perloidea,  204; 
Perya   dorsalis,    522   (fig.). 
Petaha.   170. 

Peyerinhoffia    subterranea,    287    (fig.). 
Phcducns  canariensis,   840  (fig.). 
«  Phalanga  »,    102,     104. 
Phalangiìdae,    100. 
Phalangodesidae,    100. 
Phalangium   opilìo,    100    (fig.). 
Phalaris,   459. 

Phanaeu.s  ensiger,    Tav.   III. 
Phaneroptera,   480,    518. 
Phanoptis  cyanomelas,   709  (fig.),   728. 
Phasmidae,  192,  204:   Pkasmmdea,  202,  204. 
Pheidole,    836,    837;    PA.    absurda,    839    (fig.);    FA. 
cnitensis;  Ph.  froggatti;  Ph.  kingi,  836;  PA.  iresto- 
òi'Zis,  832  (fig.);   P/i.    palliatila,   832   (fig.),     837; 
PA.  taurus,  839  (fig.);  Pft.  «a,tZiii,  836. 
Phidippus  morsitans,  109. 


Phigalia,  475. 

Philanthinae,    538,    544. 

Philanthus,  545,  546,  547,  555,  556;  PA.  triangulun, 

545,  556;  PA.  vcnustulus,  556. 
Philippia,  516. 
Philodontis  palpino,  731. 
Philomastis  glaber,  522  (fig.). 
Philonthochila,    401. 
Philopteridae,    192,   204. 
Phlaeothripidae,    193,   204. 
Phloea,  731:  PA.  corticata,  731   (fig.). 
Pholcus,  119,  741;  PA.  phalangioides,  120  (fig.).  125. 
Phonergates  bicoloripes,  80. 
Phora:  Ph.  bergenstammi;  Ph.  rufipes,   763. 
Phorodon  humuli,  459. 
Photophorus,    485. 
Phosphaenus,   845;  PA.  hemipterus,  407  (fic  )    408  • 

503. 
Phragmites,    458. 
Phrictus,   401,   4S6. 

Phryganaea  striata,   672  (fig.). 

Phryganeidae,    193;   Phryanoidea,    205. 
Phrynidae,   128. 

Phrynus  pollasti,   127  (fig.). 

Phthartus  rossicus,   163  (fig.). 

Phthiracams    lentulus   62    (fig.). 

Phthirattv  ri,   201. 

«  Phthistrgates  »,  835. 

«  phtisogine  »    (femmine),  834. 

Phlychoptera  contaminata,    691. 

Phylacteophaga  eucalypli,  522  (fig.). 

PhyUerium,  30,  31. 

Phyllidae,   204. 

Phylhum,  730;  PA.  crurifolium,  746  (fig.);  PA. 
pulchri/olium,    730;    PA.    siccifolium,    730    (fig). 

Pliyllocoptes,  31. 

Phyllodroinia,  277. 

Phyllodromus,  565. 

Pliyllognalhus,  73. 

Phyllomorpha,  402,  434;  PA.  algirica,  402  (fig.): 
PA.  capicola,  402  (fig.). 

Phyllotettix  foliatus,  433  (fig.). 

Phylloxcra,  362;  PA.  quercus,  449,  450,  454,  460; 
461;  P/>,.  querc.  vai.  fiorentina,  460;  PA.  t'add- 
irà, 361  (fig.),  450;  PA.  wtós,  449. 

Pìiylloxeroides  ilalicus,  453. 

Phylo  depressiti,   760. 

Phyloptera,  200. 

«  Phylum  »,   769. 

Phymatodes   variabilis,    240,    692. 

Phyrrarchia  isabella,   246. 

Pliyscia,   731. 

Physogasler  larvarum,   66. 

Physapoda,    193;   Physopoda,    199,   204. 

Phytelus  spumarius,   544. 

Phytonomus,   544;   PA.    punctatus,   246. 

Phytoptus,   31;    PA.    ròsa,    30. 

Piante   «  mirmecofile  »,   865. 

Pìcea;  P.  excelsa;  P.  morìnda;  P.  orienlalis;  P. 
pungens,  460. 

«  Pidocchio  dell'Ape  »,  506;  «  Pidocchio  pollino  », 
67   (fig.). 

Pieridae,    193;   Pieride-i,    177,   649   (fig.). 

/'«,)'«,  277,  398  (396  fig.);  P.  brassicae,  311  (fig.) 
324  (fig.),  443,  469;  P.  na/n,  469,  672  (fig.) 
P.  octavia;  P.  octavia-scramus;  P.  rapae,  443 
P.    seranius,   443. 

Piestus,   408. 

Piezata,    1!)S. 

Pimelia   coronata,    413. 

Pimpla,    524   (fig.);   P.   conquisitor,    324   (fig.). 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOOICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


94!) 


Pimplidi,   173. 

Pinco*   pini,    465,    460;     P.    pi  nitori  lei*-,     P.    pi. 

nijoliae,    400:    P.  sibiricus,  455,   400;    P.  strobi, 

460. 
Pinna,    460;    P.     cembro;    P.    lancio;    P,  moni, nm, 

460;  P.  sylvestris,  400.  461. 
Piophila,  628;  P.   cast  i,   229  (fig.),   235,   236  (fig.). 
Pipiza  radicans,  313   (fig.). 
Piralidi,    177. 

Piroplasma  bigeminum,  90. 
Pi  rosi  olio,   90. 
«  Piscia  sangue  »,   90. 
Pison,   565;   P.   erytrkopus,   565   (fig.). 
Piatetela,  459. 
«  Placchi.-  »,    292. 
Plagiolepis,    835. 
Planiceps,    542;   P.    fulvieentris,    552:    P.    plicatus; 

P.     rubriventris,    542. 
Planipenni,    193;   Planipennia,    193,    199. 
Piati  taanti,  371. 

Platyblemnus  lusitaniens,  399  (fig.). 
Platydactylus  mauritaniaue,  96. 
Platygaster,   222  (fig.),   276;  P.   herricki,   274  (fig.), 

275. 
l 'lalynaxpia,  739. 
Plotypezidae,   194. 

Platyphyllum   concernimi,   209   (fig.). 
Pimi, i  ìiywa   giornae,   742. 
Piatyptyllus  castoris,    285   (fig.) 
Plalyptcryx,  253. 
Platyecelis;  P.  grisca;    P.  intermedia;   P.    leeséllata, 

742. 
Plalystohis  pachygasler,   739. 
Platypria  echidna,   414  (fig.). 
Platypleryx   f alenila,    40  6. 
Plecia,    169. 
Plecoptera,  202,  204;  Plecotteri  163,  166,  170,   176, 

181,    192. 
Pleìstodonles  imperiali*;   284  (fig.),  423   (fig.). 
Plenoculiis,  544. 
«  Plesobiosi  »,    853,    854. 
«  Pie  uropodi  »,   271. 
«  Plumulc  »,   488. 
Plusia;  P.    ain;  P.  chrysitis;    P.    devergens;    P.    ho- 

chenwarti;    P.    microgramma,   724. 
Platon  unii  zwierleinii,    138  (fig.). 
Podapolipus,    6,    27,    03,    64;   P.    berlesei,    64    (fig.); 

P.  grassii,  64. 
Podisus  spinosus,  209  (fig.). 
Podocimim,   70. 
Podura,    197. 
Poduridae,   192. 
Poecilocapsus  lineatilo,   522. 
Poeci lostoma  pulveratum,  306. 
Pogonomyrmex   barbatila,    838    (fig.),    840    (fig.);    P. 

occidenlaiis,   848    (fig.). 
«  Poliandrìa  »,  424. 
«  Policromismo  »,  419,  422,  423. 
«  Poliembrionia  »,  261,   281. 
«  Polii  rgia  »,   618. 
«Polifilia»,    420,    445,    802;    delle    Api,    828:    delle 

Formiche,  831;  delle   Termiti,  867,  879;  P.  non 

sociale-,  446.  448;  sociale,  802,  807. 
o  Poligenesi  »,  509. 
»  Poligenia  »,  261. 
«  Poliginia  »,  424;  atelica,  426. 
Poligonata,    198. 
Poligonia  c-album,  720  (fig.). 
«  Polirne  gè  tismo  »,   419,   422,    423. 
«  polimero  »   (stadio),   275,    277   (fig.),    280. 
«Polimorfismo»,    281,    419,    422,    423;    «  atelico  », 


429,  434,  435;  «collettivo»,  440;  adi  casta  . 
145;  «  di  stagione  »,  375,  420,  441;  ci  individuale  », 
420,  421,  427:  «  ipertelioo  »,  430,  434;  o  non  so- 
ciale »;  «  periodico  »;  «  permanente  »;  «  pro- 
gressivo »;     «  regressivo  »;    «  sociale  »,  375,   420. 

«  PoJimorfosi  »,  281. 

Polipo   idroide,    371. 

«  polipodiale  »  (stadio),   271. 

«  polipodo  »  (embrione),  277  (fig.),  280  (stato),  272 
(fig.)!   434. 

«  Polisitia  »,  461. 

PoIìsks,  355,  360,  553,  813,  815;  P.  americani!*, 
808;  P.  canadensìs,  815,  816  (fig.);  P.  gallica, 
(uà),  354  (fig.),  808,  815,  817  (fig.);  P.  marginali*. 
807. 

Polybia,  813,  820  (fig.),  821  (fig.);  P.  brunnea,  821; 
P.  lilìacea,  P.  rcjecta,  820;  P.  scutellaria,  807, 
820:  P.  singolari*,  821. 

Pohjclesmidae,    133. 

Polydesmus,  137;  P.  complanatus,  134;  P.  diamilus, 
135  (fig.). 

Polydrosua  cervinus,  550  (fig.). 

Polyergus,  834,  856,  857;  P.  lucidila,  857:  P.  ru 
liscili*,   856. 

Polygonia  interrogationis,  209  (fig.). 

Polynema   natane,    632. 

Polypìiaga,   204. 

Polyphylla,  73,   408;   P.   fullo,   410   (fig.). 

Polyrrhachis,  852  (fig.);  P.  arachne,  852;  P.  bilia- 
mata,    865   (fig.);   P.    simplex,   P.    thrinax,    852, 

Polystocchotidae,  205. 

Póly stoma  taenioides,  8. 

Polyxenidae,   133. 

Polyxenus  laguriis,    134   (fig.). 

Polyzonidae,    133. 

Pompilidae,  194;   538;   Pompilidi,   540,   541. 

Pompilus,  556;  P.  apicalis,  541;  P.  cinctellus;  552; 
P.  crassitarsis,  P.  effodiens,  542;  P.  ncUab  naia, 
541  (fig.);  P.  pectinipes,  552;  P,  plicatus,  550 
(fig.);  P.  vagans,  542;  P.  viaticus;  P.  (Wesmae- 
lius)  saiiguinolentiis,  552. 

Panerà,  833'  (fig.),  834;  P.  eduardi,  833  (fig.);  834; 
P.  punciatissima,  833  (fig.);  P.  stigma,  846  (fig.). 

Populus,  459,  460;  P.  Ir,  mulo.  31. 

«  Porcellini  terrestri  »,   131. 

Porocephalvs,  9;  P.  annulatus,  6,  (fig.),  9;  P.  armilla- 
tus;  P.  crotali;  P.  lari,  9;  P.  proboscideus,  6, 
(fig.). 

Pnrtln  aia  chrysorroea,  217,   243. 

Portschinsl-ia   bombi  formi*;    711. 

Potamogeton,   677. 

«  Precopula  »,   386,   489. 

Preistonychue  dalmaticus,    490  (fig.). 

Prenolepis  imparia,  858. 

Presosìernum  svhulatum,  209   (fig). 

Prist  vitelli  a  aquatica,  632. 

«  primario  »  (ospite),  454. 

Priui  nemis,   547. 

Prionoderma  lanceolalwm,  P.  rhinarium,  8. 

Prionotue,  401. 

Prionyx,  556  (fig.). 

Pn*opus,   170. 

Projapygidac,   202,    204. 

Preeerus,   54. 

Procf  ssionaria  della  quercia,  754  (fig.).  Processio- 
narie,  316;   Processionarii,   573. 

Proci pliilii*  acri/olii;  P.  bumcliae,  P.  nidificus; 
P.  tesscllatus;  P.  xylostei,  460. 

Proerustes  coriaceus,  54. 

Proctanura,  202. 

Proctophyllodes,  22,  54. 


050 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


xus,  524;  7'.  cinereus,  273  (fig.). 
Erogene  si    .   279,   280;   larvale,   273. 
Progi  aia    .  273. 
Proglottide,  371. 

atha  guadricornis,  409  (fig.). 
progrediens  (femm.),   457. 

rodromus,   169  (fig.  |. 
Proli  eitina.  7(»;. 

.  Pronazione  e    supinazione   del  preremigio      (mo- 
vimento .li).  660. 
Proninfa»,    268   (fig.),   272   (fig.),   280;    286   (Mg.). 
Pronotepis,    835. 

l'i'  unì  a,  524:  7'.  yuccaseìla,  525:  526  (fig.). 
.  Propoli  »,  826. 
Propomacrtis  bimucronatus,  412. 

i  repulsori  »,  230,  233  (fig.). 
Prosqpis,  545,  560;   7'.   confusa,  552;    7'.    variegata, 
560. 
pvsojiogi ni  »   (Insetti),    506,    507. 
.   Prosopon    .    220,    266,    271,    272   (fig.);    280. 
Prospaltelìa,   315,   367,   452;   7'.   berlesei,   316  (fig.), 

367,  449,   450. 
Prostigmata,   28,  30;   Prostigmati,  03. 

Protandrìa    .   502. 
Prolapteron,  130. 
Protascalaphus,    160, 
Protefemeridi,    161,    181. 
Protemerobiidi,   169,    181. 
Protentomon,  200, 
Proti  /'ione.   708. 
l'r.i'oblatt'iixi, .     160;    Protoblattoidei,     I"''.':    Proto 

1  lattoidi,   162,   181. 
]'n  tuiiriii?,   412.    4.'>'.i;    7'.    coiossus,   430. 
/  '    [oct'mex  s*7urtcu£,   155. 
l'i    t., lunati.  160,  102.   181. 
Protoemitteri,   163,   181. 
Protogcmiii*  hypponas,  406, 
/'  i     myrmileon,    HIT.:   Protomirmileonide,  160. 
ProtopìiasrHa  diamosi,   159  (fig.),   160. 
Protopììwsm  idai .   1 60. 

protopodiale  ■  (stadio),   27o. 
i  potopodo  »,  272  (fig.),  (stadio),  275,  277  (fig.),  280; 
(embrione),    -74    (iig.):    oligomero,    271;     poli- 
mero. 271. 
Protorifidi,   100. 
Protortotteri,    158,   159,   181. 
Protosiricidi,   17:;.   181. 
Protracheas,   200. 
Protrazione  »,  dorsale,  dorso-ventrale    (movimento 
di,  660;  venti-ale  ventro -dorsale  (mov.  di),  660. 
Proturi,    131,    102. 
Pruni/*.  4.".s:    /'.    persica,  450. 
Psalis'op!',   117. 

tfJviomyia,  4  Hi. 
Pselafidi.    177. 
Psen,   544:  P.   atratus,  552. 
Pseudagenia,   565;  7'.    carbonaria,   eoi'  itig.). 
Pseudidiops  opilex,    1  '  S  (tìg.). 
«  Pseudoametabolia    .  266  (fig.),  207. 
o  Pseudobranchie    .   235. 

ri   ICOCCttó,   è  lo.    è  10;  P.  cftrl,  389  (fig.),   515    (fig.); 

P.  farinosus,  7:!'.'. 
o  pseudoconi  »   (Insetti).   607. 
Pseudocreobotra  ocellata,  720  (fig.). 
•  pseudogine  ■   (femmine),  834. 
Pseudomyrmex  gracitis,  710  (fig). 
Pseudonèurotti  li,    191,    192,    399. 

Pseudonucli  ì   ,  298  (fig.). 
Pseudorhynchota,  204. 
Pseudoscorpioni,  5.   UH. 
Pseudos  r,  :■   -p.,   I  7::  | 


Pseudotsuga,  460;  7'.  douglasi,  400. 

Psicidi,  177. 

Psicodidi,   173.    170. 

PsilJidi,   180. 

Psilopa  /"trulli.  210.  702. 

Psilura  monodia,  420. 

.  .    192,   204:    Psocidi,    I7IÌ.    181,   203,   405 
Psorcdges,  48. 
Psorergates,  03. 
Psoroptes,   20.   4s.   50;    /'.    bovi*,    23,    is.    tu   (fig.); 

P.   communta  var.   egui,  40;  P.  cuniculi,   23.  50; 

P.  (710',  23,  4S;  P.  longirostris  var  «fUt,  40;  P. 
s,  23,  è". 
Psyche,  400:    P.    <i/ra,     501    (fig.);    P.     </''«"'"'"'■'<', 

P.  qiiadriniiiìtliirìs,   250. 
Psychidae,   193. 

Psychodidae,    104:  Psychoptinae,   205. 
I'.-'i,llular.    103:    Psylloidea,    205.  PsyUina,   202. 
Psyllomorpha,  401. 
Pfc  ri  mts,  4  10. 
77.  ritimii  /no  o,   204. 
Pterigoti,   101.   102. 
PterocaUis  nini,  /'.  jtiglandis,  730. 
7  7.  rochroza   maculi/oliti,   731   (fig.). 
Pterocolus,  22,  54. 
/''.  rolichus,   54. 

Pteromalus,   545  (fig.);  7'.   rmparum,  358. 
/7(  romylacridai .   100. 
P'frun ii/lin iris   paradoxa,    160. 
/':     l-.r/rr//N,   2.'>6. 
Pteronyssus,  22.  53. 
/7.  rophoridae,    103. 
Pfc  roptidi,  67,  69. 

l'i,  niìiii.i.    20;    /'.    vi  s/ii  .'tìlìonix,    69   (fig.). 
Pterygogenea,  200;  201 

"-M.  202. 
Pterygophorus   cinctus,   522   (fig.). 
Pticopteridi,   169. 

Ptìloccrm,  401;  7'.   /«.<«,■,  402  (fig.)). 
/  7  «c-to,   199. 

.  '-  io.  259  (fig.). 
Pulce  del  Gatto,   218  (fig.). 
«  Pulci  di  terra  »,  411. 
Puiea;,  197. 

Pulicidae,   104.  202,  205;   Pulicidi,  203. 
PuiOTnarto,   320   (fig.),   515,   516. 
pungenti»  (Insetti),   201. 
Pupa    .    207,   313. 
»  Pupario  »,  313  (fig.),  506. 
l'i, !>■  l'uni,    199;   Pupipari,   177,    193,  506. 
Pycnopogon    api/orme,    711. 
Pygera   bucepkala,    754. 
Pymephorus,  63. 
Pygomorpha  grylloides,  742. 
1-iimliiìac,    193. 
Pyrameis  atalanta,   720,    721  (fig.);  P.    ca«2u»,  574 

(fig.)- 

Pyrgonota   bifoìiatu,   308   (396,   fig.). 
Pyrochroa,    739. 
PijrochìOuìiii ,    194. 
Pyrodes;  P.  pulcherrimus,  302. 
Pyrophorus;   V.   canàelarius;    P.    latemarius,    4sò; 
P.    noctilucus,   4.S5   (fig.),    751;   P     pyrotis,  4S5. 
Pyrops,  4S6. 
Pyrrhoehoridae,   103. 

choris,    407;    7'.    apterus,    759. 
Pyru.s'.   45S.    460. 


INDICE    DEI    siimi    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI      BOI 


951 


Quercia  ondulata,   S.78. 

Quercus;   Q.  cocci/era,    460;    Q.    il  r,    4.71,    160;    Q. 
pubescens;  Q,  robur,  154;   460. 
.  80. 


«  radicicola-e      (forma-p),  4."i4,   157. 

Rafidioidi  i.  177,  181. 

Rafignatidi,    94. 

(Bagni  d'acqua    ,  631  (fig.). 

Rati atra,  675,  694;  B.  lineai    .  628 

Banunculus,  458,  460. 

Raphiderus   scabrosu»,    713   (fig.),    711.    746 

747    (j 
Raphidia,   l'l'7. 

Raphydiidae,    193.    205.    Raphidioidea,   205. 
Razzi     .     Hit.    4ii7,    468;    biologiche;    eterobi 
eterogeniche;  eteroiche,   469;   locali,  4<;s,  471. 
(O  Ila),  828,    829  (fig.);       C   ppia    :   vedi 
i  oppili    reale    I. 

tinidi     (Vespai),  813,  815,  817  (fig.). 
l:  i  .il'  idi,    l'.J. 
.  371. 
I'.'       il'  Ih     Api    ,   3*10;       !;•    .     I;    ■_:■•■   ili    - 
zioni     ,  868. 
<  reduce-i     (forma-i  ),  473,  -i ~, t ; . 
din,    193. 
Ri  gina    ,     124,     823,     828,     83 

ili  '/  .   ^m  (fig.). 

/;  ighardia,  9. 

411. 
Rhabdura,   202,   J'M. 

Rhagium,   393;    /.'.    bifasciatum,    760;    A',    indagator, 
7iiii,    761. 

a  p/jorMa)  fulva,  ah:;. 
ih  '  .    x7i'  |  fig.  |,   s7:;  |  fig,), 
,416. 
Rhipicentor,  83. 

82. 
y.'/.i/  5.),  83,  89,  90; B.  appendiciti 

R.  ■  n  90;  89;   /.'.  I  ,  90  (fig.);  /,'. 

calcaratus,  90;    B.  39;     B. 

R  .   -  B9;  B. 

■'■■;  B.   (-fi.)  bovis,  22. 
Rhizobiw  159. 

Uocera,   193;    Ropaloceri,    193. 
Rho/j  .'!■•;   li.   laclucae,    /" 

/.'.    perMcae;    /,'.    e.', ....    4.79. 
ophilidtm,  193,  236. 
- 

.   622;   B.   raòer,  525. 
.    -7.74. 
203. 

.    84. 
feoto,   202. 

.   70. 
i-rum  equinum,   72. 
10;   B.  persuasoria,  -722. 

-.   117:   /,'.  structor,  117,  118  (fig.). 
Rhyzobius,   95. 

Rhyzog  58,  60.   lil   (fig.). 

4.7:i. 
Richiamo    ,    474. 


Rifidi,    169. 

Rigi  ih  razione    ,   744;   ipotipica,   745. 
Ripidotti  ii,   198. 

Ripiptera,   193;   Ripitti  ri,   191,   193,   U3. 
Rincoti,   168,    171,    176, 

Riproduzione    agamica    .   370;   ali   mante    .    371; 
gami  tica  0   -    -  uali    ,      istonica    .  prol 
370. 

Ria  manza  croi ini  tica    .   727. 

Rivoliaaia,  48. 

R01  li\    VIountairj    spotb  d    fevi  r    ,   92. 

Rogna  follicolari      di  I  Cane,  :ì7;  (sareoptica),  39 
Rosa,  4.7S.   4.711. 

Rougi  <    ."il  iinnal  »,    99. 
/,'..  Ut  s  gongylephora,   864. 
Ru&a  .   179.   539,  552,   77:;. 
//'///. 1  r,    158. 
Rimiia  crataegata,  727. 
Rumori  di  He  Ti  rmiti,  879. 
Rulela   pulchella,   40.7   (fig.). 
Ryngota,    198. 


192,   193  (fig.);  191:  .V.  serrato,  368 
;:   S.   buqw  ti,    111    (lig.). 
Saldidae,   193. 
Salix,  459. 
Salticiis,  126  (fig.).  &  scemctt*,  129;  >'.  formicari 

1 23. 
5  ■/,,,'.,(.-//.*,  458. 
Sandalorrhyncha,  2m'. 
Saperda  populnea,  242,  429. 

Sarcophaga,  217,  665;  S    cornano,  507;  S.  haemor- 
ìalì  .  292. 
"ni    .   303   (fig.). 
Sarcophagidae,   194. 

Sarcopayll  -  '<"- 

389 

:.'./' .  202. 
SarcopU  rus,  93. 

.  20,  39,  43,  4.7,  19,  170;  >.  cameii,  4o:  .">'. 
canin:  S.  eaprae,  23,  44:  &  cynolis,  48;  S. 
dromedarii,    il:   >'.   eoui,   23     14,   51;   >'.   /■•/'//■•< 

.,  40;   S.    gerlachi;  S.  laevis    var.    >•  ■  ■ 
47:  S.  /■/...    Hi:  S.   nudi».  47:   N.  cwi*,   23,    14;  >'. 
".  23,  44:  S.  parvolus,  23,  t".   14; 
.    _':;.   40  (fig.),   4:i:   S, 
.    23,   44. 

.     20;    avicoli    od    Analgi  adi,    21    (fig.) 
dermicoli,     48;    domestici     nostrali, 
I  tira  li    0    Canestrinidi,  54;     lib 
ticoli,    .7.7:    pilcoli    o    gliricoli, 
micoli,  39;  vi  rmiformi,  30. 

.   744:    S.   carpini,    HA:   S. 
106    (fig.),    119   (fig.),    474,    47.7. 
Saturni 

I    _  linus, 

723. 

.  39,    19.   4  1:    S.    norvi  gica    .     13;    1 
.   49. 
Sceliphr'on,  .742. 
Scaraboeidae ,   1 94. 
Scaraboeus  centaurus,  74. 
«  Scatoconca  »,   210. 
Scaridae,   193. 
Scatophaga,  213  (fig.),  209  (fig.). 


052 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


Sceliphron,   552,   565,   566;   S.   ckalybaeus,   566;   S. 

desi  illatori us;    S.     fistularìus,    565;    S.    laetum, 

566  (fig.);  >S'.  spiri/ex,  565,  566  (fig.). 
Schidmaenus   tarsatus,    222   (fig.). 
Schizocera  funata,  415  (fig.). 
Sckizocercus  privatus,  214  (fig.). 
Schistocerca   paraensis,   64,   575;   S.  peregrina,    307 

(fig.).  337  (fig.);  498  (fig.),  518,  575. 
Schizoneura   americana,     S.    fodiens,    S.    lanìgera, 

453,  460,  509  (fig.);    S.    lanuginosa-,  S.    pyri;   S. 

l'Imi,  460. 

Sciaphylus  asperatus,  503. 

Sciapteron  tabaniforme,  711. 

Sciara  Militari.*,   572. 

Scioniyza,   4  10. 

«  Si  irò  »,    42. 

Scolia  flavifrons,  392;  S.  rufifrons,  324  (fig.). 

Scoliidae,   194,  538. 

Scolopendra    cingulata,    133    (fig.),     138    (fig.);    S. 

ilari  in»;   S.   dalmatica;    S.     morsitans,    138;   >S'. 

subspinipes,  Tav.    II. 
Scolopendrella,  200,   276;  S.  immaculala,    136  (fig.). 
Scolopendridae,   137. 
Scolytidae,   194. 
Scolylus  rugulosus,  528  (fig.). 
Scorpioni,  5,   128. 
Scorpio   imperalor,    131. 
Scaligera,    131,    741;    5.    aranoides,    139;    S.    coleop- 

trata,  137,  139  (fig.). 
Sin!  nli  riil'lc,    137. 

Scymnus,  95,  739. 

«  secondario  »  (ospite),  454. 

Segestria  perfida,  541;   <S.   senoculata,   109. 

«  Si  gnalazione-i  »,   474,   475,   478. 

Ni  iiiIhs;    S.  vepallidus,    70. 

Seius,  70. 

Selandrya  caryae,  254  (fig.). 

Selenis,  413;   6'.   perforata,   413   (fig.). 

o  Si  li  zinne  »;   naturale;   sessuale,   376. 

iSi  i  iiiiphorinac,   538. 

Si  i  a  iistomatidae,    193. 

Si ,  n  l'thrombìum    holosericeum,    97    (fig.). 

iS(  imiila,   739. 

Serphus,  511   (fig.). 

Sesia,  343,  711;  <S.  andrenaeforritis;  S.  antrhaciform.; 
S.  astati f.;  S.  bibionif.;  S.  cephif.;  S.  chaicidif,; 
S.  chrysidif.;  S.  conopif.;  S.  culicif.;  S.  dolerif.; 
S.  empif.;  S.  faenusaef.;  S.  foenif,;  S.  formicaef.; 
S.  hymenopterif.;  8.  masarìformis.;  S.  muscaef.; 
S.  mussinif.;  S.  myopaef.;  S.  osmiacf.; S.  pi;iizi/.: 
S.  scoliaef.;  S.  spkaecif.;  S.  stomoxyf.;  S.  syr- 
phif,;  S.  tipulif,;  S.  urocerif.;  S.  vcspif.;  tutti 
pag.   711. 

Sesiidae,    193;  Sesiidi,   177. 

«  st  ssunta-e  »  (forma-e),  454. 

o  si  ssuati  »  alati,  457;  atteri,  457  (maschi,  fenun.), 
456,  457;  eutelici,  457;  di  complemento  o 
di  sostituzione,  869,  870  (fig.),  876;  di  Ter- 
miti, 876. 

«  ressupara-e  »,   447,   452,    454. 

«Sfarfallamento»,  291,  308  (fig.);  337  (fig.),  340 
(fig.),   341    (fig.);    345,   348   (fig.). 

«  Sfere  di  granuli  »,  292,  304. 

.  Sferociti  »,  685. 

Sfinge  «  testa  da  morto  »,  751. 

Sfingidi,   177. 

Sialidae,  193,  202,  205. 

Sialis,  227,  236. 

Sulirope,  721. 

Sifonatteri,  201,  203. 

Sili  ha  obscura,  222  (fig),  759. 


Silphidae,   194. 

Sima  natalensis,   846  (fig.). 

«  Simmetria  »    bilaterale;   raggiata;    spirale,    789. 

Simonea  follicidorum,  36. 

Simuliidae,   194. 

Stmulium,   227   (fig.);   259  (fig.). 

Sinfili,   131,   133,  136. 

Sino  Icmlron,   408. 

Sinoeca,  813,  814,  820  (fig.);  S.  cyanea,  820. 

Siphocoryne    capreae;    S.    pastinaca^;  S.  saliceti-.  S. 

umili  ll'it'truiit;   S.   xylostei,   459. 
Siphonaptera,   202;   Siphonatt  ri,   199. 
Si jilionophora  rosae,  449,  450,  453,  739;  <S.  urticae, 

739. 
Siphunculata,  202,  204. 
Sirex,   228  (fig.);   S.    gigas,   523    (fig.);   S.   Juventus, 

392. 
Siricidae,  194,  204;  Sirieidi,  173. 
Sironidae,   100. 
«  sistens  »  (femm.),   457. 
Sisyra,  236. 
Sisyridae,  205. 

Sitaris,   624;  S.  muralis,  622. 
Sili  raptes,   07. 
Silima,   544. 

Sitotroga  cerealella,  707. 
Sminuii, iis  ocellata,   475,   727,   Tav.   VII,  fig.   4;  S. 

papali,  358,  475;  S.  tiliae,  345. 
Sminthuridae,    192,   202,   204. 
Sminthurus,   176. 

Società  »,  446;  799;  800. 
Solarium   nigrum,   458. 
Solenopsis  fugax,  854. 
«  Soldati  »,  806,  832,  836,  839,  di  Ti  imiti,  867,  868, 

870  (fig.);   872  (fig.),   874  (fig.),   877;   «   nasuti  a 

forchetta»,   S72  (fig.),   885. 
Solenius;  S.  lapìdarius,  552;   S.  rubicnla,  553   fig.); 

S.  vagus,   552. 
Solenicephalus  obsolelus,   556. 
Solenopsis  geminala,  80. 
Soliere-lla,    543,    544,    553;    S.    compedita;    S.  xam- 

buei,    553. 
Solifughi,    5,    102. 
Snlpugidae,    105. 
»  Sonia  »,  370. 
.'imitimi    umilissima,   70. 
Somatericola  levinseni,  70. 
Sonchus,  459. 
«sorbenti»   (Insetti),    201. 
Sorex,  58. 

«  sospese  »,   (crisalidi),   310,   327. 
«  Sottospecie  »,    468. 

«  Sovrapposizione  »  (immagine  per),  607  (fig.),  608. 
«  Superpositionbild  »,    607. 
Spargonotis  pilleriana,  753  (fig.). 
Spathaegaster,  362. 
«  Spatola  sternale  »,  235. 
«  Speeia  »,  464,  470;  «  biologiea-e  »,  470,  618;  «  mor 

fologica-e  »,   470,   618. 
i  .Spi  rmatoforo-i»,    123,    491    (fig.),    492,    493,    494 

(fig.);    495   (fig.). 
«  Spennato phylax  »,    491    (fig.),   492,    494. 
!  Spermatozoi  a,    370. 
Sphaerogyna   ventricosa,    66. 
Sphaerotherium,  Tav.  II. 
Sphi  a  nac,  538. 

S/ihccius,    544,    555,    556;    >S'.    speciosus,    549    (fig.) 
Sphecodes  subquadratus,  558. 
Shpaerozetes  orbìcularis  62  (fiir.). 
Sphacgida, ,    194,    638. 
Sphex,  543,   544,  555;  iS.  ichneumonea,  555;  S.  mar- 


ENDICE    DEI    NOMI   SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


953 


xiHosa,  543,  550  (fig.);  S.  (Prionyx)  atrata,  556 
(fig.)j    S.    occitanicus,    548   (fig.);    S.    subfuscata, 
543,    548;   S.   tibialis,   555. 
Sphingonotus,  543;  S.  caerulans,  720,  742. 

Sphyngidae,    193. 

SphitKc,  239,  277,  649  (fig.),  664,  665;  S.  convolvuli, 
648;   S.  ligustri,  358,  698. 

Spilasma  artifex,    116  (fig.). 

Spilosoma,  475;  S.  mendica,  Tav  VI,  figg.  ti,  7; 
S.  mentkastri,   739. 

Spirachtha,   217. 

Spirobolìts,   136. 

Spirochaete,  81;  6'.  duttoni,  82  (fig.),  87;  £.  gallina- 
rum,  S4.  85,  86,  87;  S.  pallida,  82;  5.  theileri,  91 

1  Spilo, ■];,  ti  fi    .,    81. 

Spiros«rep«t«,  136;  &  («dus,  Tav.  II. 

Spongophorus  battista,  401  (fig.);  <S.  bermeli,  401  (fig.). 

«  Sputacchina  »,  712  (fig.). 

Stach?/.<:.  561. 

Stafihnidi,    177:   Staphylinidae,   194. 

Staphylinus  mazillosus,  667  (fig.). 

Stati  embrionali,    280. 

«  Stati  di  Formiche  »,  853. 

Statura,  429. 

Stauronotus    marocchanus,    217     (fig.),      218     (fig.); 

219  (fig.). 
Stauropu.*  fagi,   73.3  (fig.). 
Steatozoon  foUiculorum,    36. 
Stegaspis,  710  (fig.). 
Stegomyia  fasciata,  499   (fig.). 
Stegosoma   testudo,    112  (fig.). 
Stelita  taenaria,   11". 

«  stelocittari  »  (Vespai),   813,    814;   817    (fig.). 
Stemmaiomopoda,  203. 
Stemmoderus  singidaris,  411  (fig.). 
Slenobothrus,  277,  S.  bicolor,    742;    S.    dorsalus:    S. 

nigromaculatus,  742. 
Stenodictya   lobata,   156  (fig.). 
Stencdontcn,   409. 
Stenoflebidi,   167. 
Stenoneura  fayoli,   160. 
Stenu<  bipunctatus,  224  (fig.). 
«sterili  »   (individui),  424. 
Sterncdontis  damicornis,    101. 
Sternostcmum  rhìnolethrum,  70,  71  (fig.). 
Stethophygma  fuscum,  742. 
Stilopidi,  354. 
Stizinat .  538. 
Stizus,  415,  544,  550. 

Stothis,   117:  S.  «.y<»K  117;  5.  coenobita,  118  (fig.). 
Straticmydae,  194. 
Straticmys,  313,  314  (fig.),  762,  763;  S.  chamoeleon, 

257  (fig.). 
Strepsilas  interpres,  70. 

Strepsiptera,   199;   203,   204;   Strepsitteri,    177,    181. 
«  Stridulazione  »,  478. 
StTongylognathus,  855;  S.  huberi,  857;  S.  testaceus, 

855  (fig.). 
Stri  i  i,;//i-i  //.'/,  134. 
Strophoscmus  coryli,  503. 
StyZi  /"/,;..   194,  204. 
S(ylops,  377. 
Subcoccinella,   739. 
«  Subimago  »  346. 
Suctoria,  202,  205. 
«  succinte  »,  (crisalidi),  310,  327. 
«  Suggello  escrementizio  »,  526. 
«  Supinazione  del  velo  »  (movimento  di),  660. 
Sylvia,  54. 

Symbiotes  ecaudatus,  48,  S.  egut,  51. 
Symmyrmica,  834. 

A.  Bf.rlese,  Gii  insetti,  II.  —  120. 


SymphUa,  202,  204. 

Symphronis,  282. 

Symphypleona,  176,  202,  2U4. 

Synagria  sicheliana,  806. 

Synagetes  pietà,  119. 

Synaptera,  200. 

Synistata,  198. 

Syntermes  chaquimayensis,  883,  890  (fig.),  891  (fig.); 

896;   5.   dtms,  890  (fig.).  891  (fig.). 
Syphocorine  capreae,  453. 
Syphonaplera,  202. 
Syrmntia  dorylas,  405  (fig.). 
Syrphidae,   194,  711. 
Syrphiis,  67 1 . 


Tabanidae,  194. 

Tabanus,  649  (fig.),  655  (fig.),  656  fig.);  T.  bovinus, 
695  (fig.);  T.  4-notatus,  214  (fig.). 

Taehardini,  800. 

T achina,  217. 

Tachinidae,  194. 

«  Taehipedìa    .    262. 

Tachista,    416. 

Tachysphex,  543,  544,  556;  2\  /litei;  T  juliam 
54:!:  T.  hittnilri^,  544;  T.  manticida,  543;  T-rufì.- 
vi  ntralis,  544. 

Tachytes,  543:   555  T.  morosus,  567  (fig.). 

Tacnia  lanceolata,  8;  T.  rhinaria,  8. 

Talaeporia,  343. 

«  Tampan  »,    84. 

Taphrodercs   distortus,    421,    422   (fig.). 

Tapinoma,   845;   T.    erraticum,   545;   845,   853. 

«  Tarantella  »,   107. 

Tardigradi,    2. 

Tarsonenius,  63,  67;  T.  6«xi;  T.  intectus,  67;  2*. 
monmmguiculosus,  66;  I1.  oryzae,  63.  T.  uhcì- 
natus,   67. 

Tarsophlubia  esimia,    171    (fig.). 

T>i<.«>[/olipus,  6,  27,  63. 

Tatoo,   813;   821;   T.   morio,   814. 
Taubenzecke    ,  83. 

Tauroma,  413. 

Taxus  boccata,  31. 

Techla  aphnae,  405   (fig.). 

7'.  rlmomijrmcx,    834. 

Tegenaria  domestica,   109.    116,   117  (fig.),    125. 

Teicophora   vulnerata,    498. 

Tele  e  Nidi  (di  Ragni),  111. 

Telea  polyphemus,  725. 

Teleas,  T.  ovulorum,  283   (fig.). 

Telepharus,    607,    738;    T.    (Cantharis)    fusca,    739. 

«  Telitochìa  »,   157. 

Tellina  calcarea,  510,  511  (fig.). 

Telyphonidae,   127. 

Telyphonus,  127;  T.  caudatus,  128  (fig.);  T.  giganteus, 

128. 
Temnostoma  vespiforme,    711. 
7    noria  «rama,  723. 
Tenebrie-,  688;  T.  molitor,  688,  749. 
Tenebrionidae,  1 94. 
Tentredinidae,  194,  204. 
Tennipxdpus,  96;   T    palmatus,  96  (fig.). 
Tephrocystia   absintiata,   475. 
Teraphosa   leblondi,  119. 
7't./.,  364. 

Terebranti,  176,  193,  524;  Terebrantia,  193,  202, 
204. 


954 


INDICE    DEI   NOMI   SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


Terias,  311    (fig.). 

Termes,  197,  886;  adulto,  869  (fig.);  T.  beUicoms, 
867,  882,  883  (fig.),  886,  887  (fig.);  892,  893, 
894  (fig.),  895  (fig.);  T.  carbonarius,  879;  T. 
dirus,  890  (fig.);  T.  lacteus,  389  (fig.);  T.  lateri- 
cius,  886  (fig.);  892  (fig.);  T.  lilljeborgi,  879;  T. 
malayanus,  889  (fig.);  T.  mycophagus,  S90; 
T.  obsuriceps,  S79;  T.  redemanni,  889  (fig.); 
T.  riogranadensis,  879;  T.  vulgaris,  891  (fig.). 
«  Termitaio-i  »,  886,  889,  895;  «  a  bussola  »  893; 
894  (fig.),  «  a  camino  »;  «  a  collina  »;  «  a  co 
lonna  »,  892;  «  a  piramide  »,  893;  «  a  sfera  », 
894;  a  «  testa  di  moro  »,  893;  «  a  torre  »,  892, 
893;  concentrici,  889,  890  (fig.);  di  cartone, 
893  (fig.);  di  terra,  892;  diversi,  888  (fig.); 
misti,  893;  non  concentrici,  889,  890  (fig.); 
tipo  «  Kimberley  »,  888  (fig.),  893. 

Ti  i-mite  bellicosa,  895  (fig.);  T.  nera,  885. 

Termiti,  203,  805,  806,  865. 

Termitidae,    192,    202,    204:     Termitidi,     176,     181. 

«  termitofili  »   (animali),   895,   896. 

Termopsis,   881,   882. 

«  Testa  di  negro  »,   896. 

Tetragoni  ii ria,   214   (fig.). 

Tiimmorium  S55;  T.  caespilum,  833,  839,  855  (fig.), 
857. 

Tetrapneumoni,   125. 

Tetraneura  boyeri;  T.  caerulescens;  T.  rubra;  T. 
itimi;  T.  zeae-maydis,  460. 

Tetranichidj,  94. 

Tetranychopaia  horrida,  95  (fig.). 

Tetrarvych.ua;  T.  gibbosus;  T.  latus;  T.  major;  T. 
minvmus,  95;  T.  pilosus,  94;  T.  telarius,  24,  94 
(fig.),  95;  T.  tenuipes;  T.  ulmi,  95. 

Tetti  gonio  viridis,  739. 

Tliaìcssa   lunator,    523    (fig.). 

Thamnotrizon   chabrieri,   480    (fig.). 

Thaumatoxenidar,  202. 

Thecarthra  semaphora,  21    (fig.). 

Thereva,  733. 

Theridion,  116;  T.  polleria,  119  (fig.). 

Theriamoptea,  67. 

Thomisus  cambridgi,  126  (fig.). 

Thripidae,    193,   204. 

Thrips,  239. 

Thymala   briichias,    405   (fig.). 

Thymnidae,  538. 

Thyridopteryx  (o  Thirid.),  343;  T.  ephemeraeformìe, 
285  (fig.),   344  (fig.). 

Thyaanoptera,  202,   204. 

Thysamira,  192,  198,  199,  202,  204;  T.  ectotropha; 
T.  entotropha,  202. 

«  Ticopartenogesi  )>  (o  «  Tichoparlen.),  357,  451. 

«  Tick  fever  »,  90. 

Tilua,  393. 

Timarcha;  T.  brachydera;  T.  elliptica,  739;  T.  pime- 
lioides,  738  (fig.);  T.  tenebricosa;  T.  violaceonigra, 
739. 

Tìnta,  507:  T.  biseliella,  240;  692;  T.  harisella,  251, 
252  (fig.). 

T'umilili,    193;  Timidi,    177. 

Tingidae,   193. 

Tinaia,  401. 

Tùmidi,   J77. 

Tipula,  416,  502,  665;  T.  flavicans,  259  (fig.);  T. 
infuocata,  339  (fig.);   T.  oleracea,  513,  667  (fig.) 

Tipulidae,  194;  Tipulidi,  169,  173 

Tiroglifidi,  55. 

«  Tirosinasi  »,  700. 

Tisanotteri,  176,  1  SO,  181,  193. 

Tisanuri,   176,   181,   192,  203,  434. 


«  tisanuriformi  »  (larve),  221. 

Tìtanophasma  fayoli,  158. 

Tortrici,  251;   Tortricidae,   193;   Tortricidi,   177. 

Tortrix  viridana,  252  (fig.),  719. 

«  Touille-Canards  »,   74   (fig.). 

Trachusa,  562;   T.  serratulae,  562. 

Trackyrmyrmex   septentrionalis,    863    (fig.). 

■•  Trasformazioni  »,    267. 

Tremex  columba,  273  (fig.). 

l'inhacis  remulus,  223  (fig.). 

Trichiosoma,  739,  740;  T.  sorbi,  738. 

Trichina,  393. 

Trichodactylus,  58. 

Tniliodectidae,  192,  204. 

Trichodea,  739;  T.  amnioa,  761. 

Trichoptem,  193,  199;  203,  205. 

Trichotaraua,  58,   69;   T.  xylocopae,   58,   60  (fig.). 

Tricomi,  33. 

Tricorythiw  allectiis,  511   (fig.). 
Tricotteri,   193,  201,  203. 
Tridattilidi,   175. 

Tri  fui  ni  ni,  458. 

Trigona,  823,  824,  825;  T.  cupira,  824.  T.  nifi  :rua, 
824. 

Trigonalidi,  177. 

Ti  igonaspis  megaptera,  364  (fig.);  T.  renum,  364  (fig.). 

Triphlepa  insidiosus,  209  (fig.). 

Triphillua  ìniri.   177  (fig.). 

Triplosoba  pulchella,  161  (fig.). 

Tripoxylini,  565. 

■  Tristeza  »,  90. 

Tritaena  tricuspidata,  110,  126. 

«  Triungulino-i  »,   220,   242,   271,   282   (fig.). 

Trixion,  688,   689,   691,   699. 

Trochilivm  api/orme,  711  (fig.);  T.  crabroniformc 
T.    pimplaeforme,    711. 

Trochobola,  502. 
Trofooiti  »,  298. 

Trogulidae,  100. 

Trogulua,  101;  T.  tricarinatus,  100  (fig.). 

Trombidium,  18,  19,  20,  26,  97;  larve  20,  22,  23,  26 
(fig.).   T.  tinctorium,  97. 

Trii/nii  nìiim,    602. 

«  Tropismi  »,    726. 

Trox;    T.   sabuloms,    733. 

Trydactylidae,  204. 

Trypanoaoma  gambiense,   87. 

Trypoxylinae,  ."i.'is,  542. 

Trypoxylon,  542,  "i44,  .365;  T.  figulus,  552;  T. 
Irtijìdtnit,  544;  T.  fugax,  553;  2\  rejector,  565  (fig.). 

«  Tubercoli  »  (vedi:  «  Galle  »,  523. 

Tubuli/era,  193,  202,  204;  Tubuliferi,  176,  193,  524. 

Tubuliflore,  458. 

Tussilago,  458. 

Tydaeus,   94:   2\    folìonim,  94  (fig.). 

Tyramnus,  80. 

V i/r/domi/ri.i   /nrmicarum,    864   (fig.). 

Tyroglyphua,  56;  T.  krameri,  58,  60;  21.  longior,  56, 
59  (fig.),  61  (fig.);  T.  mycopìiagus,  58,  50;  2\ 
Siro,  56,   57,    56  (fig.). 


Vloborus,   115. 

Ulmus,  459,  460;   £7.  americana;  U.  campestris,  460! 

C/.  effusa,  459;    f7.  montone,  460. 
Ulonata,   198. 
Unogata,  198. 
«  unisessuali  »,  371. 


INDICE    DEI    NOMI    SISTEMATICI,    BIOLOGICI,    ECOLOGICI,    ECC. 


955 


«  Unità  biotica  »;  anasomatiea,  somatica,  708. 

Uova-o,  Rinculate,  208;  U.  di  Formica  »,  233;  d'in- 
vern  ,  366,  447,  457;  durevole;  fecondato;  non 
fecondato,  457;  opercolate,  208;  partenogenetico, 
457. 

Urania  craesus,  405  (fig.). 

Uranidina,  700. 

Uraniide,   193. 

Uropoda,  16  (fig.),  73. 

Uropodidi,    ninfe    peduncolate,    74    (fig.). 

Uroseitts,  73. 


Valvola  arcnifera,  249. 

«  Vancoho  »,    108. 

Vanessa,  407,  475,  657;  T*.  antigone,  442;  V.  an- 
tiopa, 442,  466  (fig.);  V.  arlrmis,  442;  V.  atalanta, 
442,  443,  466  (fig.);  V.  C-album,  406  (fig.), 
665;  V.  cardui,  449,  442,  466  (fig.);  V.  dixeyi, 
442;  I".  elymi,  442,  466  (fig.);  V.  epione; 
V.  crythromclas;  V .  fi-scheri,  442;  V.  kygiaea;  V. 
klymene,  442,  466  (fig.);  V.  ichnusa,  442,  443, 
574;  T*.  ichnusoides,  442;  466  (fig.);  V.  io,  442, 
429,  720  (fig.);  var.  ioides,  429;  V.  merrifu  Idi, 
442;  V.  piato,  177  (fig.);  V.  polaris,  442;  V. 
polychloros,  429,  442,  720;  V.  porima,  441,  442; 
V.  prorsa,  442;  V.  prorsclevann,  441;  V.  testndo, 
442;  V.  urticae,  310  (fig.);  429,  442,  443,  466  (fig.); 
720.  726;  V.  weismanni;   V.  wiskotti,  442. 

«  Variabilità  »,    431. 

u  Variazioni  »  individuali,  422,  423;  in  rapporto  ai 
sessi,  424. 

«  Varietà  »,  .420,  463,  468;  individuali,  464;  locali, 
468,  472. 

«  Vendangeur  »,  99. 

«  Verme -i  delle  case  »,  752;  «a  coda  di  topo  », 
236;  «  dragoni  »,  «  processionarii,  militari  », 
572;      rinario  »,   8;   «  topi  »,   673. 

Vespa,  258  (fig.),  360,  649  (fig.),  S07  (fig.),  811  (fig.), 
813,  817,  818,  819;  V.  crabro,  711  (fig.),  809 
(tip.),  sii  (fig.),  815  (fig.),  818  (figg.);  V.  crabro- 
niformis,  S18;  V.  germanica,  665;  812  (fig.), 
815,  819:  V.  media,  819;  V.  orientalis,  S18;  V. 
rufa,  819;  V.  sylvestris,  815,  819  (fig.);  V.  ve- 
lutino,  SIS;   V.  vulgaris,  815. 

«  Vespaio-i  »,  812,  813;  definiti,  813;  indefiniti, 
813. 

Vespe  sociali,  806, 

Vesperus,  407;    V. 

Vespidae,  194. 

Viburnutn,  458. 

Vieia,  458. 

«  vii  Liinopara-e  »  (forma-e).  452,  454,  457. 

«  Visione   a  mosaico  »,   605. 

Vitis,  460. 

«  Viviparità  »,  504,  507:  polipodogena,  507. 

Volo,  632;  «  a  drago  »,  657;  «  di  sostegno  »,  657  «nu- 
ziale »,  495. 

Volucclla,   292   (fig.),   306;    V.   inanis,   711   (fig.). 

Volvaria  euriza,   ss.".. 

Volvox,  799. 


807. 

luridus,   398,   396  (fig.). 


W 


«  Wand  Luis  »,  84. 
W  asmanniella,  416. 
Wheeleriella,  855;   W. 
«  Weissen  Ameiscn  », 
«  White  Ants  »,  p.  865. 


santschi,  855. 
865. 


«  Xehobiosi  »,  853,  854. 

Xenoneura  antiquorum,   158. 

Xenos,   285;   X.   pallidus,  414  (fig.);   X.   vesparum, 

354   (fig.),   355. 
Xiphidion    (o  Xiphidium)    dorsale,  742;  X.  ensife- 

rwm,  274  (fig.);   275,  277   (fig.);   X.  fuscum,  491 

(fig.). 
Xylaria  nigripes,  S85. 
Xyletinus  serricornis,  239  (fig.). 
Xylocopa,    55,    60,    69,    552,   559;    X.    violacea,    58; 

613   (fig.),   552,   559. 
«  Xvlophyton  »,   732,   733  (fig.). 
Xyloriza  venosa,   234  (fig.). 
Xylosteum,  459,  460. 

Xylotrupes  gideon,  222  (fig.);  471;  Tav.  III. 
Xysmatodonta  melanella,  426. 


Yucca,  526  (fig.). 


Zabrus,  384. 

Zaitha,  277. 

«  Zampe  false  »  e  «  zampe  vere  »,  231  (fig.),  232  (fig.) 

Zanzara-e,    340    (fig.),   417    (fig.),   498,    499    (fig.). 

Zaraea,  358. 

«  Zecca-he  »,    20,    22,    23,    77,    78,    79,    80,    81;    dei 

Colombi,    83. 
Zegris,  508. 

Zephyrus  betulae,  Tav.  V,  figg.  7,  8. 
Zelhus,  565. 
Zi  tini  idi,   177. 
Zilla,  542. 
Zigotteri,  170,   181. 
Zoepodi,  199. 
«  Zona  argentata  »,    676. 
Zonabris  (Mi/labris),   739. 
Zonitis,  739. 

Zygaena  (Anlhocoera)  trifola,  397,  500  (fig.). 
Zygaenidae,   193. 
Zygt  ulama,  202. 
Zygoptera,  204. 


SUPPLEMENTO  ALLA  BIBLIOGRAFIA  DEI  SINGOLI  CAPITOLI 


Aggiungo  qui  la  citazione  di  altri  lavori  relativi  alla  Biologia  degli  Insetti,  precedentemente  sfuggiti,  oppure 
comparsi  dopo  la  pubblicazione  della  Bibliografìa  dei  cingoli  capitoli,  fino  alla  Une  dell'anno   1923. 


Capitolo  II. —  Bibliografia  intorno  alla  Antichità  degli  Insetti  (vedi  pag.  182). 

Brues  C.  T.,  Ancient  inseets;  fossils  in  Aniber  and  other  deposits  (The  scientifìc  Monthly;  Lancaster; 
Pa.   XVII;   pp.    289-304;    1923). 

Cameron  A.  E.,  Fossil  inseets,  with  special  reterence  to  those  of  the  tertiary  lake  deposits  of  the  Si 
milkameen  Valley,  B.  C.  (Proceed.  British  Columbia  Entomol.  Society;  Victoria,  n.  10;  pp.  21-29; 
1918). 

Cockerell  T.  D.   A.,    A  fossil  Honey-Bee  (The  Entomologist,  pag.   227-229;  London,    1917). 

A  fossil  tsetse  fly  and  other  Diptera  from  fiorissant,  Colorado  (Proceed.,  Biolog  Society  of  Wa- 
shington,   XXX,    pp.    19-23;    1917). 

Descriptions  of  fossil  inseets  (2  new)  (Ibidem,  XXX;  pp.   79-82;   1917). 

New  tertiary  inseets.  (Proceed.  of  the  U.  S.  National  Museum;  L1I;  pp.  373-384;  Washington; 

1917). 

Some  fossil  inseets  from  Fiorissant.  Colorado    (Ibidem,  LUI;  pp.  389-392;  Washington:   1917). 

Some  fossil  parasitic  Hymenoptera   (The  American  Journtl   of  Science,   New    Haven,   Conn., 

XLVII,    pp.    376-380;    1919). 

—  —  Some  eocene  inseets  from  Colorado  and  Wyoming  (Proc.  of  the  United   States   National   Museum; 

Washington;   LIX;    pp.   29-39;    1921). 

A  fossil  moth  from  F.orissant,  Colorado.  (American  Museum  Novità  tes;  New  Jork;  n.  34;  1922). 

The  fossil  saw-flies  of  Fiorissant,   Colorado   (The   Entomologist,   London;    1922;    pp.    49-50).    - 

Fossil  inseets  from   the  Eocene  of  Texas  (The  American  Journ.  of  Science,  New  Haven;  Conn.; 

V;   pp.   397-400;    1923). 
■  Inseets  and  other  arthropods  of  the  green  River  formation  (U.  S.  Geol.  Surv.  Bull..  729;  pp.  23-30; 

1923). 

—  — -A  new   genus  of   mayflies,  from  the  miocene  of  Fiorissant,  Colorado  (Psyche;  Cambridge,  Mass. 

XXX;  pp.    170.172;   (1923). 

Crampton  G.  C,  Notes  on  the  ancestry  of  the  hymenoptora  (Proceed.  of  the  Entomol.  Soc.  of.  Wa- 
shington; XXIII;  pp.  35-40;  1921). 

Felt  E.  P..  Origin  and  evolution  of  the  insesta  (The  SeientiSe  Monthly,  Lancaster;  Pa.  XVI;  pp.  588- 
593;    1923). 

Haxdlirsch  A.,  Revision  der  palaeozoischenlnsekten  (Denkschr.  Math.-Naturw  Klasse,  Acad.  Wissens. 
Wien;    CXVI;    pp.    511-592;    1923). 

KrN-SEY  A.    C.  Fossil  Cynipidae  (Psyche,  Cambridge,  Mass.;  XXVI;  pp.  44-49;   1919). 

Krausse  u.  Wolff,  Etne  Uebersicht  ùber  die  bisher  aufgostellten  fossilen  und  rezenten  Insekten- 
ordnungen  (Arch.    f.  Naturgesch.;  Berlin;   1919,  A.   3.;  pp.   159-171). 

Meunier  F.,  Sur  quelquos  Diptères  de  l'ambre  de  la  Baltique  (S  Gravenhage  Tydschr.  Ent.,  59,  1916, 
pp.   274-280). 


958  SUPPLEMENTO    ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI    SINGOLI    CAPITOLI 

Meykick  R.,  Note   on  some  fossi!  insects  (Ent.  Mo.  Mag;  London,  52;  1916;  pp.  180-182). 

Stichel  W..  Zar  Phylogenesis  eines  geologiseh  jungen  Formenkreises  der  Kaefer,  der  Ditominen  {Har 

palidae).    (Zeitschr.    f.    wis-sensch.   Insektenbiologie;    Berlin;   XVIII;    pp.   209-242;    192:}). 
Tillyaed  R.  J.,  Mesozoic  and  tertiary  insects  of  Queensland   and   New  South  Wales  (Queensl.  geol., 

Surv.,   253;  1910;   47   pp.). 
WlCKLAM  H.  F.,  The  fissil  Elatendae  of  Florissant  (Bull.  Mus.  Harvard,  60,  n.  12,  1916;  pp.  493-527); 
Fossil  beetles  from  Vero,  Florida   (The  American  Journal  of  Science;  New  Haven,  Conn.;  XLVII. 

pp.    355-337;    1919). 

Capitolo  IV.  —  Bibliografia   relativa    agli    stadi    giovanili  degli    Insetti. 

a)  Uova,  Laeve,  Ninfe,  Bozzoli  (vedi:  pagg.  327;  328;  330;  382). 

Bsai'ee  F..  Kurze  Charakteristik  der  Dipteren-larven,  zur  Bekiàftigung  des    neuen  von  Dr   Schiner 

entworfenen   Dipteren-systemes.  (Verhani  1.  d.  Zool.  Bot.  Geselsch.,  t.   19,  p.  843-852;    1869). 
Cabot,  The  immature  stage  of  Odonata  (lllustrated  Catalog,  Compar.  Zool..  5;  8;  17.  —  1872;  1881: 

1890). 
C'oknelsen  H.,  Kòmien  die  Raupen  horen?  (Entomol.  Zeitschr.,  Frankfurt  a.M..  XXXIV;  p.  36;    1920) 
('uni  A.,  Notes  sur  les  larves  primaires  des  Meloidae  avec  indication  de  larves  nouvelles.  Ann.  de  la 

Soc.  Entomol.  de  Franco,  Paris,  LXXXVIIT;  pp.  261-297:  1921). 
Deecener  P.,  Zur  Beurteilung   der  Verhaltens    des   Darmepithels  der    Insektenpuppe)  (Zool.    Anz. 

-      Bd.  37.  pp.   495-505;  Leipzig;   1911). 
Soz'iologische  Studien  an Raupen  und  Bemerkungen  uber  licbt-und  statischon  Sinn.  (Archiv  fùr 

Naturgeschichte.  Berlin;  1920;  A.  10;  pp.  91-154). 
Dewitz  J.,  Veranderung  der  Verpuppung  bei    lnsektenUnven    (Ai'chiv    f.    Entwicklungsmech;    XI; 

1901). 
—  —  Ueber  Wachstumshemimmgen  liei  Insecten-larven  (Naturwiss.    Zeitsch    f.    Forst  und  Landw.; 

Jahrg.  11  Hft.  9;  pp.  431-440;  Stuttgart;   1913). 
AussereMerkmale  der  Goschlechter  bei  Insektenlarven  (Zool.  Anz.  Leipzig.,  XLVII;   pp.  124-126; 

1920). 
Dubois  R.  Cotjvbevjr  E.,  Études  sur  le  ver-à-soie  pendant  la  periodo  nynpha  le  (Ann.  Soc.  Linn.  de  Lyon; 

1901). 
Emden  F.,  Beitrag  zur  Kennzeichnung  der  holometabolen  (heteroruorphen)  Insektenlarven  (Zool.  An- 

zeiger,  Leipzig;  LIV;   pp.  231-235;  1922). 
Ferris  G.  F.,   Observations  on  the  larvae  of  some  Diptera  Pupipara,  with  description  of  a  new  sp.  of 

Hippoboscidae   (Parasitology;  London:  XV;  pp.  54-58;  1923). 
Fhost  S.  \V..  The  function  of  the  anal  comb  of  certain  lopidopterous  larvae   (Journ.  of   economie  En- 
tomol.;  Concord,  N.  H.,  XII;  pp.  446-447;   1919). 
Godoelst,  L.,  Le     trimorphisme   larvaire  des  Oestrides   (Comptes  Rendus  des  Sconces    de   la  Société 

de  Biologie;   Paris.   LXXXVI:   pp.    501-504;   1922). 
Haupt  H.,  Zur  Biologie  der  Libellenlarve  (Naturwissensch.;  Stuttgart,  78,  p.  466;  1907). 
Einiges  aus  dem  Leben  der  Libellenlarve  (Wochensch.  f.  Aquanen-u  Terrarienkunde;  5;  p.  24U 

1908). 
Hecht  E.,  Notes  biolog.  et  histolog.  sur  une  larve  de  Diptere  (Microdon  mutabilis  L.  (Arch.  d.  Zool. 

exper.   et  génór.;   3  sòr.;    T.   7;  p.   363;    1899). 
Heli.lns  I.,  On  the  variable  number  of  moults  in  larvae  from  the  same  hasch  of  eggs  (Entom.   Monthly 

Mag.;   18  voi.;    p.   86;    1881). 
Hoffmakm  O.,  Baukunsto  der  Phryganiden  (Berichte  des  naturw.  Vereines  zu  Regensburg;  H.  4,  lt>!>2- 

1893). 
Hyemons  R.,   1  ugendformen  von  Machilis  alternata  Silv.  (S.  B.  Ges.  naturf.  Freunde;  Berlin;   1905). 
Klilln  D.,  Supplementary  note  on  the  formation  of  a  eocoon  by  cycloraphous  Dipterous  larvae.  (Para- 
sitology, voi.  XI,  n.  2.  febb.  1919,  p.  238). 
On  the  structure  of  the  Larvae  and  system.  Position  of  the  genera    Mycctobia  Mg.,  JDitom/yia 

Vinn.,   and    Symmerus  Wall-  (Ann.  and  Magaz.  of  Nat  Hist.;  sez.  9;  voi.  Ili;  1919.  p.  33). 
Knab  F.,  Tlie  secretions  employed  by  Bhynchophorus  larvae  in  eocoon  making.    (Proc.  Ent.  Soc.   17 

Washington,   pp.    154-158;    1915). 


SUPPLEMENTO    ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI    SINGOLI    CAPITOLI  959 

Johannsen  0.  A.,  Stratiomyid  larvae  and  puparia  of  the  Northeastern  states.  (Journal  o{  the  New 

York  Entomologioal  Society;  XXX;  pp.   141-153,   1923). 
Lenz  F.,  Stratiomyidenlarven  aus  Quellen.  Ein  Beitrag  zur  Metamorphose  der  Stratiomyiden  (Arc-hiv 

f.  Naturgesehichte;  Berlin.  A.  II;  pp.  39-62;   1923). 
Lyle  G.  T.,  On  the  eocoon  colour  of  various  insects  (The  Scottish  Naturalist;  Edimburg;  1917;  pp.  219- 

229.   e  The  Entomologist;  pp.  153;  1917). 
Mac  Gillivray  A.  D.,  Immature  Stages  of  the  Tenthredinoidea  (1  pi.)  (Report  44  ann.  of  the  Entom. 

Soc.  Ontario;   1913;  Toronto;  1914). 
Mac.  Lachlan  R.,  Note  sur  les  ótuis  de  genre  Helicopsycke  (Ann.  Soc.  Entom.  Franco;  5  ser.    5,  Bull. 

pp.  77;   1875). 
Marchand  W.  W.,  The  early  stages  of  Tabanidae  (Monog.  Rockofeller    Inst.  Med.    Re.?.;   n.    13;    203 

pp.;  1921). 
Martens  E.,  Ueber  die  Drehungsriehtung  der  achne^kenfòrmigen  Gehàuse  von  Insektenlarven  (Sitz. 

Ber.  Ges.  Nat,    Fretmde;  Berlin;  pp.  79-85,  1891). 
Me'Jère  (De)  J.  C.  H.,  Beitrag  zur  Konntn.  d.  Dipteren-Larven  und  Puppen  (Zool.  Jahrb.  Abt.  Syst., 

Bd.   40;    1916). 
■ Ueber  die  Larve  von  Lonchoptera.  Ein  Beitrag,  zur  Keniitnis  der  cyclorhaphen   Dipterenlarven 

(Zool.  Jahrb.;  Abt.  f.  System.  Geogr.  und  Biol.  d.  T.,  Bd.  14;  pp.  87-132;  Tav.  5-7;  Jena;  1900). 
Morris  H.  M.,  The  larvai  and  pupal  stages  of  the  Bibionidae  (Bull,  of  Entomological  Research;  London: 

XII;  pp.   221-232;   1922). 
Muggenberg  Fi'..  Larve  und  Puppe  von  Cylindrotoma  glabratn  Meig.  Ein  Beitrag  zur  Kenntnis  der  Ti- 

puliden  (Arch.  tur  Naturgesch;  Beiheft;  pp.  169-186,  Tav.  V.;  1901). 
Ostwald  W.,  Experimentaluntersuchungen  ùber  den  Koeherbau  der   Phryganeiden-larven  (Zeitschr.  f. 

Naturw..  Stuttgart,  72.  pag.  49;  1899). 
Peyerimhoff  P.  (de),  Études  sur  le-s  larve?  dei  Cdéaptcres,  I  (Annales  de  la  Soc.  Entomol.   de  France 

Paris;  XC;  pp.  97-1)1;   1922). 

■ Le  mécanisme  de  l'óclosion  chez  les  Psoques  (Allg.  Zeitschr.  f.  Entom.,  7,  Bd.  No.,  23;  p,  517) 

Pigorini  L..  Sul  meccanismo  di  formazione  e  sul  significato  biologico  del  bozzolo  (Ann.  R.  Staz.  Bac. 

Voi.  XL1T;    pp.  72-92;  Padova;  1917). 
Reijne  A.,  A  cocoonspinning  Thrips  (Tijdshrift  voor  Entomologie;  The  Hague,  Holland;  LXIII;  p.   40. 

45;   1920). 
Scott H.,  Loiigevity  ofaCerambycid  larva  (The  Entomologist's  MonthlyMagazine;  London;  1923;  p.  90) 
Strcck  R.,  Neue  und  alte  Trichopterenlarvengehause.  Ili  (Zeitschr.  f.  Ent,;  4;  pag.  117;  1899). 
Thinemann  A.,  Die  Bauten  der  Chironomidenlarven  (Zeitschr.    f.    d.    Ausb.    d.    Entwicklungslehre;  3, 

pag.  1;    1909). 
Verhoeff  Iv.  W..  Beitrage  zur  Kenntnis  der  Coleopterenlarven  mit  besonderer  Beriicksiehtigung  der 

Clavicornia.  Zur  Kenntnis  der  Cantharidenlarven  (Arch.  f.  Naturgesehichte;  Berlin;  A.  I,  pp.  1- 

109;    110-137;    1923). 
TJeber  Larventypen  der  Coleopt,  und  die  Auflósung  der  alten  Malacodermata  (Zeitscr.  fur  wis- 

senschaftliche  Insektenbiologie;  Berlin;  XVIII;  pp.  115-125;1923. 
Vogler  C.  H.,  Weitere  Beitrage  zur  Kenntnis  von  Dipteren  Larven  (lllustr.  Zeitsch.   f.    Entom.;  V; 

pp.  273-276,   8  fig.;   1900). 
Wl-'enberg  Lund  C,  (Von)  Ueber  die  Biologie  der  Phryganaca  grandis,  und  iiber  die  Mechanik  ihres 

Gehaùsenbaues  (Internat.  Revue  d,  ges  Hydrobiol.  u.  Hydrograph.;   Bd.  IV;  p.  05;  1911). 
Wili.f.  J.,  Biologische  und  physiologische  Beobachtungen  undVersuche  and  der  Kasefliegenlarve  (Pio- 

phila  casci)  (The  Florida  Entomologist,  Gainesville,  Florida,  XXXIX;  Zool.;  pp.  301-320;  1923. 
Yiasa  H.,  i  ìlassification  of  the  larvae  of  the  Tenthredinoidea  (Illinois  Biol.  Mon.,  VII;  n.  4,  1923). 

6)   Sviluppo  postembrionale.   Mute. 

Andries  M..  Zur  Systematik.  Biologie  und  Entwicklung   von   Mtcrodnn  Meig.  (Zeitschr.  f.  wiss.    Zool., 

Bd.  103,  pag.  300,  1912). 
Batalllon  E.,  Nouvelles-  recherches  sur  les  mécanismes  de  revolution   chez   le  Bombvx  mori,  i  Revue 

bours.  de  l'Ens.   sup.  T.  IV,  n.  3,  1893). 
Beauregard  U.,  Note  sur  le  développement  de  Mcloe  autunnalis  (C.  R.  Soc.  Biol.  Paris  (9).  Tome  1, 

pag.  55-57;   1889). 


960  SUPPLEMENTO   ALLA    BIBLIOGKAFIA  DEI  SINGOLI   CAPITOLI 

Blunck  H.,  Die  Entwicklung  des  Dytiseua  marginalis  L.  vcm  Ei  bis  zur  Imago.  (Zeitschr.  f.  wiss.  Zool. 

Leipzig.  -    Teil  I.  Das  Embryonalleben,  31  fig.  Bd  CXI,  pp.   76,    151;    Tei!   2;  ibid.,  Bd.  CXVII, 

pp.   1  129;   1921.   Ibidem,    Bd.  CXXI,  pp.   171-391;   1923). 
BucklekW.,  Ls  the  number  of  moults  of  Lepidopterous  larvae  Constant  in  the  sanie  species?  (Entom, 

Monthly  Mag.  Voi.  17,  pag.  42-43,  1880). 
Chapman  T.  A.,  The  Relationship  between  the  Larvai  and  Imaginal  Legs  of  Lepidoptera.  (Entom.  Ree. 

Journ.  Var.  Voi.  12,  p.  141-145,  177-179,  1  Tav.  1900). 
Deegenef.  P.,   Zur   postembryonalen  Entwicklung  des  Inseetendarms.   iZool.  Anz.  XXVI  Bd..  n.  703, 

Leipzig,   1903). 
Dewitz  U.,  Beitràge  zur  Kenntniss  der  postembryonalen  Gliedmsssenbildung  bei  den  Insccten  (Zeit- 
schr.  f.   wiss.   Zool.   Bd.   XXX,    1878). 
Dieckel  O.,  Entwiekluneeschichtliehe  Studien  am  Bienenei  (Zeitsch.  wiss.  Zool.  Lipsia,  Bd.  77,  pp.  481- 

527,  2  Tav.,  46  figg.;  1904). 
Dup.ken  B.,  Die  post  embrionale  Entwicklung  der  Tracheenkiemen  und  ibi  er  Muskulatur  bei  Ephemereìla 

ignita  (Zool.    Jahrbucher,   Jena.   XL1V.  Anat..  pp.   439-626,   1923). 
En  rjques  P.,  Intorno  alla  deposizione  e  crescita  delle  uova  nelle  mosche  {Callipkora  erythrocepltala). 

(Mem.  R.  Accad.  Sci.  Istit.  Bologna,  CI.  Sci.  Fis.,  IT,  pp.   158-164;   1920). 
Fu  LLER  C,  Studies  on  the  post-embrycnic  development  of  the  ;mtennce  of  Teimites.  (An.   Natal  Mus., 

IV,   pp.   235-295;   1921). 
Heliins,  J.,  On  the  variable  number  of  moults  in  larvae  from  the  same  batch  of  eggs.  (Entom.  Month. 

Mag..  voi.  18,   1R80,  p.  86). 
Jost   IL,   Beitràge  zur   Kenntnis  des  Entwkklungsgf  ng  der  Larve    von   Hypoderma    bovis    De  Geer. 

(Leipzig.    Zeitschr.    wiss.    Zool.    1907;    72   pag.). 
Keilin  D.,  Sur  l'Anatomie  et    le  clèvelcpperrent  de  Belgica    antartica  Jac,    Chironomide  antarctique  à 

ailes  r.duites  (C.  R.  Aead.    Se.  Paris;  T.  154,  1912,  p.  723). 
Licjnières  J.,  Étude  des  mues  subiesparles  chenilles  de  la  livree  (Bombyx  neustria).  (Bull.   Soc.  Zool. 

France,  T.  18,  n.  3,  p.  129-132). 
M  atheson  R.,  Number    of  Moults    of  the  Fenile  of  Uaityioi  ivs  Citri  (The  Cf nadian  Entomologist, 

pag.   284-288:    1907). 
Meijere  J.  C.  H.  (de),  Zur  Evolution  der  Zeichnung  bei  den  holometabolen  Insekten  (Tijdschrift  voor 

Entomologie,  The  Hague,  Hollande,  LXI,  pp.  57-75;   1919). 

—  —  Beitriige  zur  Kenntnis  der  Dipteren-larwen  und  Puppen  (Zool.  Jahrb.  Jena,  XL,  Abt  f.  Syst, 

pp.    177-322;    192(1). 
Nassonow  N.,  Sullo    sviluppo  postembricnale  di  Laiius  jlavvs  (in  lingua  russa)  o  (Società  degli  amici 

delle  scienze.  Mosca,   1886). 
Pagenstecher  A.,      Die    TJngesehlechtliehe    Veimehiung    der    Fliegenlarven  (Zeitschr.    f.  wissensch. 

Zool..    Bd.    XIV,    Leipzig;    1864). 
Pictet  A.,  Des  Diapauses  embrycnnaires,  larvaires  et  nyrrphales  chez  les  Insectes  lépidoptères  (Bull. 

Soc.  L^pid.,  Genève,  Voi.   I,  fas.  2,  pag.  98-153,  Genève  1906;. 
Popovtci  Baznosanu  A.,  La  mue  des  larves  de  Megatema  nudata  (C.  R.  Soc.  Biol.,   T.  68,  p.  728-930, 

1  fig.  Paris   1910). 
Pospjelow  W.,  Die  postembiyt  naie  Entwicklung  une]  die  imaginale  Diapause  bei  den  Lepidopteren, 

(1911). 
Rees  van  J.,  Over  de   post-embrycnale  Entwikeling   van  AJvsea  romitorio  (Maandblad  v.  Natuurwe- 

tenschappen,    1885,    n.    6,    p.    11). 
Regen  J.,  Die  Entwicklung  des  Flugelgeàders  bei  Gryllvs  campestris  L.  1  Mitteilung  (Sonderabdruck 

a.  d.  Zoolog.  Anzeiger,  Bd.  L1V,  n.   ]/,,  pp.  27-30,  Leipzig  1922). 
Riley  C.  V.,  Remarkable  case  of  retarded  development  (Amer.  Naturalist;  voi.  15;  pp.  748-749;  1881). 

—  —  Number  of  Molts  and  Length  of  Larvai  Life  as  influenced  by  Focd  (Ibidem,  voi.  17,    p.  547-548; 

1882). 
Schoyen  W.  M..  Remarkable  laets  in  the  development  and  metamorphosis  of  inseets.  (Bergen  Natw. 

rew.,    39;    14-23;     51-57;    1915). 
Smith  R.  C.  The  life  historiec  and  stages  ol  some  Hemerobiicls  and  allied  species   (Annals  of  the  Ente 

mol.  Soc.  of  America.  Columbus,  Ohio,  XVI,  pp.   129-142;   1923). 
Strindberg  H.,  Zur  Kenntnis  der  Hymenopterenentv  ii  klung.  Vespa  tu/tjransnebsteinigenBemerkungen 

ueber  die  Entwicklung  von  Trachitsa  serratidac  (Zeitschr.  f.  wiss.  Zoologie.  Leipzig,   CXII,  1-47). 
Ttllyard  R.  J.,  Further  observation  on  the  emergence  cf  dragon — fly  larvae  from  the  egg.    (Proceed., 

Linnean  Society  of  New   Sentii  Wales.  Sydney,  XLI,  pp.  388-416;  1917). 


SUPPLEMENTO     ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI    SINGOLI    CAPITOLI  961 

Usslni;  Hj..  Tlie  development  of  Oerria  ìacuslris  and  Nepa  cinerea  (Kobenhavn  Nat.  Medd.,  ti(i;  77-80; 

19ir>). 
Vbkson  I*"..  Zur  Entwioklung  des  Verdauungskanals  Lei  Bomby.r.  Mori  (Zeitschr.   f.  wissenseh.   Zoologie 

Bd.  I.XXXII,  pp.    523-600.  Con  4  tav.,   19(15). 
—  Ancora  lo  sviluppo  postembrionale  degli  organi  sessuali  nel  maschio  del  B.  mori    (Atti  e  mem. 

R.  Acc.  di  Se.  L.A.Padova  XI  1895)  (Monitore  Zool.  Ital.,  a.  IV,  Firenze  189Ò.  Arch.  Ital.  Biol., 

T.  24,  Torino  1895). 
Verson  E.  e  Bisson  E.,  Sviluppo   postembrionale  degli  organi  sessuali  accessori  nel  maschio  del  B 

mori  (con  2  tav.).  (Rie.  Anat.  d.  Staz.  Bac,  Vili,  Padova  1895). 
Die  postembryonale  Entwicklung  der  Ausfiihrungsgaenge  und  der  Nebendriisen  beim  maennlichen 

Gosehlechtsapparat  vonB.  mori  (Zeits.  f.  wiss.    Zoologie,  LXI,  1896). 
W'ahl  B.,  Ueber  die  Entwickelung  der  hypodermalen  Imaginalscheiben  ira  Thorax  und  Abdomen  der 

Larve  von  F.ristaUs  Latr.  (Zeit.  wiss.  Zool.;  Bd.  70;  pp.  181-201,  1901). 

—  Ueber  neuere  Arbeiten  auf  demGebiete  der  postembryonalen  Entwicklung  der  Inrekten  und  speziell 

der  hoheren  Dipteren  (Verh.  zool.  bot.  Ges.  Bd.  56.   p.   16-17,  Wien;   1906). 

—  —  Ueber    die    Kopfbildung   cyclorhapher    Dipterenlarven   und   die   postembryonale   Entwicklung 

des  Fliegenkopfes  (Arb.  a.  d.  Zool.  Inst.  Univ.    Wien    und   d.    Zool.   Station   in   Tiieste    Bd.  20, 

Hoft  2.  pp.  159-272;  Wien  1914). 
Weismann  A.,  Ueber  die  Entstehung  des  vollendeten  Insekts  in  Larve  u.  Puppe    (Frankfurt,     1S63). 
Willers  W.  Cellulare  Vorgange  bei  der  Hautung  der  Insokten    (Zeitschrift  f.  wissensch.  Zool  Leipzig.. 

CXVI,    1919). 
Yersin  A.,  Note  sur  les  mues  du  Grillon  champètre  (Bull.  Soc.  Vaudoise  de  Se.  nat.,  T.  IV,  Lausanne). 

e)  Metamorfosi.  Ninfosi  (vedi  pag.  333). 

Anglas    !..  Quelques  remarques  sur  les  métamorphoses  internes  des  Hyménoptères  (Bull.  soc.  Ent. 

Franco;    pp.    104-107;    1901). 

Quelques  caractòres  essentiels  de  l'histolyse  pendant  la  mHamorphose  (Ibidem.;  n.   17.   1901). 

Nouvelles  observations  sur  les  métamorphoses  internes  (Arch.  Anat.  Micr.  Paris;  Tome   5;  pp.  78- 

121;    1902). 
— -  — -  Les  tissus  de  remplacement  I  L'histolyse  II  L'histcgénèse.  (Rev.  génér.  des  sciences,  T.  15;  1904). 

—  —  Du  róle  des  trachées  dans  la  métamorphose  des  Insectes  (C.  R.  Soc.  Biol.  Paris;  T.  56;  pp.  175-176; 

1904). 
Bataillon  E..  La  théorie  des  métamorphoses  de  Ch.  Perez  (Bull.  Soc.  Ent.  fr.;  14  fév.  1900). 
Batatllon  E.  et  Couvreur  E.,  La  t'onction  glycogénique  chez  le  ver-à-soie  pendant  la  métamorphose 

(C.  R.  Soc.  Biol.  Paris.;  Tome  4;  pp.  669-671;   1892). 
Berlese  A  ,  Intorno  alle  modificazioni  di  alcuni  tessuti  durante  la  ninfosi  della  CaUiphora  erythroeephaln 

(Bull.  Soc.  Ent.  Ital..  F,renze;  anno  32;  pp.  253-288;  1900). 

—  —  Sulle  concrezioni  cristalline  contenute  negli  organi  in  dissoluzione  e  nelle  sostanze  albuminoidi 

in  vi.v  di  digestione,  nelle  ninfe  degli  insetti  metabolici.  (Anat  Anz.;  21  Bd.  pp.  33-48;  1902). 

La  essenza  della  Ninfosi  (sunto).  (Monit.  zool.  ital..  an.  11;  suppl.  pp.  31  33). 

Poas  J.  E.  V.,  Nogle  Bemàrkninger  om  Insekternes  Métamorphose.    (Ov.    Danske  Vid.  Selsk.  Forh., 

pp.  273  291;   1899). 
Bordage  E..  Phénomènes  de  transformation  de.   tissus  larvaires  chez  les  insectes  métaboles  (Bull.  Soc. 

Entomol.  de  France,  Paris;  1917:  pp.  270-272). 
Borner  C,  Parametabolie  und  Neotenie  bei  Cocciden  (Zool.   Anzeig,  Bd.   XXXV,  n.   18,  1910.  p.  553). 
Die  Verwandlungen  der  Insekten  Vorl.  Mittheil.  Sitzler.  Ges.  Nat.  Freunde;  Berlin;   1909,  n.  5; 

p.  290',. 

—  —  Die  Verwandlungen  der  Insekten  (Naturwiss.  Wochensohr.,  Berlin;  4  sept.  1910). 
Brocher  F..  Le  mécanisme  phy&iologique  de  la  dernière  mue  des  larves  des  Agricnides  (transformation 

en  imago)  (Ann.  Biol.  lacustre.  Bruxelles.  IX.  pp.  183-199;  1920). 
Brunelli  G..  Le  metamorfosi  deeli  Insetti  e  la  Filogenesi  dei  Coleotteri    (Biv.  ital.  So.  Nat.;  Siena;  a. 

XXIV;    1904). 
Bugnton  Ed..  Résumé  des  recherehes  de  M.  Jules  Gonin  sur  la-  métamorphose  des  Lépidoptères  (Mittheil. 

Schweiz.  Entom.  Ges.,  8.  Bd.,  10  Hft.,  p.  403-407)  (Abstr.  in:  Journ.  R.  Micr.  soc.  London,  1893. 

P.  3,  p.  321-322). 

A.   Berlese,  Gli  insetti,  II.  —  121. 


962  suppiemexto   alla    bibliografia   dei   singoli  capitoli 

Burnens  A.,  Sur  les  leucocytes  et  lem-  influenre  dans  la  mótamorphose  (Bull.  Soc.  Vaud.  Lausanne  vo- 
lume 34  Proc.  Verb.,  pp.  34-35  1899)  (Arch.  Soc.  Se.  Phys.  S.  Nat.  Genève;  T.  S,  n.  8,  p.   182-183. 
C'apparelli  A.,  Contribuzione  allo  studio  della  Fagocitosi  (Boll.  Accad.  Gicenia  di  scienze  nat.  in  Ca- 
tania; fase.  18,  26  apr.  1891.  (Sunto,  Archiv.  ital.  Biol.,  T.  XV.  p.  472,  1891). 
Ckampton  G.  C.  Remarks  on  the  origin  and  significante  o£  metamorphosis  among  insects   (Bull,  of  the 

Brooklyn  Entomol.    Society;  XIV;  pp.  33-40;   1919). 
De  Gkyse  J.  J.,  The  hypermetamorph  sis  of  the  Lepidopterous  sapfee.lers  (Proced.  Entomol.  Society 

of   Wasghington;    XVIII,   pp.    164-168;    1917). 
Dewitz  J.,  La  suppression  de  la  mótamorphose  ehez  des  larves  d'Insectes  (C.  R.  Soc.  Biol.  Paris,  Tome 

54,  pp.  747-748;  1902). 
— ■  —  Bedeutung  der  oxydierenden  Fermento  (Tyrosinase)  fùr   die   Verwandlung  dor  Insektenlarven 

(Zoolog.   Anz.   XLVII  p.   123-4,   Leipzig). 
Dutrochet  R.  J.   H.  Mémoire  sur  les  métamorph.   du  canal  ali  ir.  ent  aire  chez  les  Insectes  (Journ. 

de  Physiq.  T.  LXXXVI,   1918);   deb.    die  Metam.  des  Darmcanals  der   Ins.    (Meckel's  Archiv. 

Bel.  IV). 
Edwakds  W.  H.,   Effeet   of  cold  applied   to  Chrysalids   of  Limenitis  dissipila   (Psyche,  voi.  3;   1881, 

p.    174). 
Emerton  J.  H..  Changes  of  the  internai  organs  in  the  pupa  of  the  milkweed  butterfly  (Proc.  Boston 

Soc.  N.  H.  voi.  23,  p.  457-460,  T.  3,  1888). 
Enp.iquez  P.,  Sulla  ninfosi  della  Mosca;  della  separazione  della  sostanza  anisotropa  delle  fibre  mu- 
scolari larvali  e  di  un  suo  probabile  derivato  cristallizzabile.   (Anat.  Anz.  20.  Bd.  n.  819;  1901). 
Fakkas  K.,  Ueber  den  Energieumsatz    des    Seidenspinners    walu'end    der    Fntwicklung    im    F.i    und 

wàhrend  der  Metamorphose  (Arch.  Ges.  Physiol.,  Bd.  98,  pp.  490  546,  4  figg.;  B>nn;  1903). 
Henneguy  F.,  Sur  la  multiplication  des  cellules  ganglionnaires  dans  les  centres  nerveux  chez  les  insectes 

à  l'état  de  larves  et  de  nymphes  (Bull.  Soc.  entom.  de  France,  n.  19,  1903.  pag.  324-326). 
Hikovo  Ito.,  On  the  metamorphosis  of  the  silk  glands  of  Bomtyx  mori  L.  (The  Bull,  of  the  Imp.  Tokyo 

Serie.   College,  voi.  I;  n.  2;  pp.  19-40;  Tokyo  1915). 
—  On  the  metamorphosis  of  the  salivary  glands  of  Bombyx  mori.  L.   (Ibidem,  voi.  I,  n.  3.   pp.  45-55; 

Tokyo    1916). 

On  the  metamorphosis  of  the  silk  glands  of  Bombyx  mori  (Ibidem;  pp.  19-43;  1916). 

— On  the  metamorphosis  of  the  malpighian  tubes  of  Bombyx  mori  L.  (Ibidem,    1920). 

On  the  Metamorphosis  of  the  Alimentary  Canal  of  Bombyx  mori  L.  (Ibidem,  Voi.  Il,  n.  1;  pp.  1-46; 

Nishigahara  Tokyo;    1920). 
Hollande  A.  C,  Formations  endogènes  des  eristalloìdes  albuminoìdes  et  des  urates  des  cellules  adipeuses 

des  chenilles  de  Vanessa  io  et  V.  urlicele  (Arch.  Zool.  exp.  Paris;  1914:  gr.  20  pp.;  1  pi.). 
Hufnagel  A..  Mótamorphose   de  l'appareil  sericigene  de  YHypoyiomeula  padella  L.  (C.  R.  Soe.  Biol. 

Paris;    T.    73;    pp.     41-44;     1912). 
Metamorphose  des  tubes  de  Malpighi  de  i'Hyponomeuta  padella  L.  (Ibidem;  T.  73;  pp.  100- 1C2; 

1912). 
Recherehes   bistologiques  sur  la  metamorphose  d'un  lépidoptère    (Hyponomeuta  padeVa)    (Arch. 

de  Zool.  Expér.    et   generale,  Paris,  LVII;  pp.  47-202;  1919). 
Jauet  O,  Sur   l'origine  du  tissu  adipeux  imaginal  pendant  la  nymphose  chez  les  Muscides    (Bull.   Soc. 

Entom.   France,    pp.    350-351,   Paris    1907). 
Kaìiawaiew  W.,  Vorlaufige    Mittheihing  tiber  die  innere  Metamorphose  bei  Ameisen  (Zool.    Anz.;  20 

Bd.;    n.    543;    pp.    415-422;    1897). 
Kellogg  V.  L.,  Studies  for  students  2  The  Histoblasts  (Imaginal  buds)  of  the  Wings  and  Legs  of   the 

Giant  Crane-Fly  (Hólorusia.rubiginosa)   (Psyche,  Voi.  9,  pp.  246-250:  1901). 
Kowalevsky  A.,  Zum  Verhalten  des   Riickengefàsses  und  guirlnndenfonnigen  Zellstrangs  der  Musciden. 

wahrend  der  Metamorphose    (Biol.    Centrnlbl.j  Bd.  VI;  p.  74;  Leipzig;  1886). 
Ivrìzenecky  J.,  Ueber  die   beschleunigende   Einwhkung  cìes  Hungerns  auf  die  Metamorphose  (Biol. 

Centralbl.;  Bd.    34;    n.   1,   pp.  46-59;  Leipzig;   1914). 
Keìjger  E.,  Ueber  die   Entwickelung  der  Flùgel  der    Insekten  mit   besonderer  Berucksichtigung  der 

Deckflùgel   der    Kafer   (Gottingen). 
Ktthlgatz  Th.,  Beitrag  zur  Kenntns  der  Metamorphose  gefiùgelter  Heteropteren  (Zool.  Jchrb.;  Suppl. 

Vili;    1905;   p.   595). 
Lame::re  A.,  La  métabolie  des  insectes  (Revue  génér.  des  se.  pures  et   appliquées;  XXVII;  pp.  370-376; 
Paris:    1916). 


SUPPLEMENTO      kLLA     BIB :nni     DE]    SIN CAPITOLI  963 


Lecckart  R.,  Uè  ber    Métamorphose,   ungesohlechtliche   Vermehrung,    Generationswechse]    (Zeitschr. 

f.  n-Ì3S  Zool.;  Bd.  ìli;  1851). 
Marshall  W.  S.,  The  Development  of  the  Wings  of  a  Caddis-fly  (Plalyphylai  designatila  Walk).   (Zeit- 
schr. f.  wiss.   Zool.;  Bd.   CV;  Heft  4.;  p.  :>74.  Leipzig  1913). 
The   Development  of   the    H.-irs  up  in  the  Wings  of  Platyphylctx  designatila  Walk  (Ann.   Entom. 

S  ...  Amerio*;  Vili.   1915;  p.   L53). 
—  The  formati. .il  of  the  middle   Membrane  in  the  Wings  of  Plotyphylox  designatila  Walk    (Ìbidem 

\  111;    1915;   p.   201). 
Mesntl  F..  Qnelques  remarques  au  sujet  chi  «  d  torminisme  de  la  metamorpIin.se  »  (C.  R.  Soc.  Biol., 

Paris.   Tome  52;   pp.   U7-150;   1900). 
Mosheb    E..    Metamorphosia     of     Lepidoptera    (Bull.     Illinois    State   Lab.    Nat.    Hist.;    1916;     12; 

pp.    17-159). 
Nokdenskiòld  E..  Observotion  sur  la  métamorphose  de  la  musculature  chez  les  Lépidoptères  (C.  R. 

Soc.  Biol.  Paris;  T.  70;  pp.  906-908;  Paris  1911). 
Péxeau  J..  C'ontribution  à  l'étude  des  métamorphoses  des  Hémiptères  (Bull,  sci,  nat.  Nantes;  24;  1914; 

pp.    19-23). 
Troisième  eontribution  a  l'étude  des  métamorphoses  des  Hémiptères.  (Bull.  Soc.  Sci.  Nat.  Ouest 

de  la   France;  Nantes   1921;  pp.  35-43). 
Perez  Ch.,  Sur  la  métamorphose  des  insectes  (Bull.   Soc.   Entom.    France;    1899;   n.    20;  pp.  398-402). 

Sur  qnelques  points  de  la  métamorphose  des  Fourmis.   (Ibidem    1901,  pp.  22-25). 

Histolyse  des   tubes   de    Malpigli!   et   des   glandes  sérieigènes   chez  la  Fourmi    rousse   (ìbidem 

pp.    307-310;     1901). 
Contribution    à  l'Étude   des    Métamorphoses.    (Bull.     Se.    Fr.    et    Bel?.,  T.   37;    pp.    195-427; 

Faris   1902. 
Pictet  A..    Sur  le   développement  aérien  des  ailes  des  Lépidoptères  (Arch.  Se.  Physiq  H.  N;  Genève; 

Tome  7;  p.  281;   1899). 
Plotnikow  W.,  Contributo  alla  cognizione  dei  processi  della  muta  negli  Insetti  (Lavori  della  Soc. 

Imp.  d.  Naturalisti  di  Pietroburgo;  voi.  38,  disp.  I;  pp.  17-23;  1907.  In  lingua  russa,  con  sunto  in 

tedesco). 
Pospjelow,  Sviluppo  postembrionale  della  diapausa  imaginale  nei  lepidotteri.  (In  lingua    russa  con 

sunto    in    tedesco).    (Pubblicazione    separata    dalle    Memorie    della    Società    dei  Naturalisti   in 

Kiew,  1911,  pag.   103-418). 
Reinberger  G.,  Beitrag  zum  «  Treiben  der  Schmetterling-puppen  »  I  (Illustr.  Zeitsch.  f.  Entom.;  5 

Bd.;  n.  23:  p.  370;  II  n.  24;  p.  382,  1900). 
Schaeffer  C.  Beitrage  zur  Histologie  der  Insekten  (Z.  Jahrb.  morph.  Abth.,  3,  Bd.pp.  611-642;  T.  29 

30;  1889). 
Semichon  L.,  Signifìcation  des  réserves  azotées  du  corps  adipeux  des  larves  d'insectes  (Bull.  Soc.  Entom. 

France;  i  .   1913;  n.  17-18;  pp.  435-436;  Paris  1913). 
Seurat  L.  G.,  Sur  la  formations  de  la  téte  des  Hyménoptères  au  moment  de  leur  passage  à  l'état  de 

nymphe  (Compt.   Rend.;   Tome   128:   p.   55;    1899). 
Szwajoswna  P.,  Le  metabolismo  physiologique  chez  les  larves  du  Tenebrio   molitor,  (Comp.   Rendus 

Séan.  Soc.  Sci.  Varsavie;  IX;   1916.  pp.  405,  427). 
Tangl    F.,    Zur    Kenntnis    des  Stoff-  und  Energie   umsatzes  holometaboler  Insekten.    wahrend    der 

Métamorphose.    (VI    Beitrag    zur    Energetik     der    Ontogenese).    (Arch.    ges.   Physiol.;    Bd.    130; 

pp.    1-4.  2  figg.   Bonn  1909,  (Oleiche  Umbildungsarbeit  bei  alien  metabolen  Insekten  mit  Pup- 

penstadium). 
Terre  L.,  Sur  l'hi-tolyse  musculaire  des  Hyménoptères  (C.  R.  Soc.  Biol.  Paris;  T.  52;  n.  4;,  pp.  91-93; 

1900). 

Sur  l'histolyse  du  corps  adipeux  chez  l'Abeille  (Ibidem,  T.  52;  n.  7.  pp.    160-162. 

Tower  W.  L.,  Some  of  the  Internai  Changes  whieh  accompary  Ecdj-sis  in  Insects  (Science  n.  s.;  vo- 
lume 12:  n.  295;  pp.   302-303). 
Ulmer  G.,   Beitrage  ziu-  Métamorphose  der  deutschen  Triehopteren  (Neudamm,   Zeitschr  Entomol.; 

1902. 
Weitere  Beitrage  zur  Métamorphose  der  deutschen  Triehopteren  (Stettin  Ent.  Zeit.;  64  Jahrg.; 

pp.179-226;    1903) 
Vaney  C,  Contribution  à  l'étude  des  larves  et  des  métamorphoses  des  Diptères  (Ann.  de  l'Univ.  de 

Lyon;  nouv.  ser.   Se.   méd.;  fase.  9;  Lyon:   1902). 


96)  SUPPLEMENTO    ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI    SINGOLI    CAPITOLI 

Vaney  C.  et  Maignon  F.,  Contribution  à  l'étude  physiologique  des  métamorphoses  du  ver-à-soie  (La- 

borat.   d'études  de  la  soie;  Voi.  XII;  Lyon  1900). 
VERSONE.,Der  Schmetterlingsflugeì  und  die  sog.   Imaginalscheibe  desselben  (Zool.   Anzeiger;  XIII; 

n.  329;   1890). 
— .  —  et  Couvreur  E  ,  La  f  onction  glycogénique  chez  le  ver-à-soie,  pendant  la  métamorphose  (Compt^s 

Rend.;  Soc.  Paris  (9);  T.  4;  n.  27;  pp.  669-671). 
Wahl  B.,  Die  Entwicklung  der  hypodermalen  Imaginalscheiben  im  Thorax  und  Abdoraen  Jer   Larve 

von  Erystalis  (Zeitschr.  f.  -wiss.  Zool.;  Bd.  20;  p.  171;  Leipzig;  1901). 
.  Ueber  das  Tracheensystem  und  die  Imaginalscheiben  der  Larve  von  Erystalis  tenax  L.  (Arbeit. 

a.  d.  Zool.  Inst,  Wien;  T.  XII;  p.  54;  Wien,  1899). 
—  —  Ueber  die  Kopfbildung  cyclorhapher  Dipterenlarven  und  die  postembryonale  Entwicklung  des 

Fliegenkopfes  (Wien  1914.  Alf.  Hólder). 
■\Veinland  E..  Ueber  den  anaeroben  (anoxybiotischen)    Abschnitt    der    intermediàren    chemischen 

Prozesse  in  den  Puppen  von  Calliphora  (Z.  B.;  XLVIII;  1906;  pp.  87-140  LI;  p.  197;  1908). 
Whittnq  P.  W.,  Observations  on  Blow  Flies;  Duration  of   the  Prepupal  Stage  and  Colour  Determ; 

nation  (Biol.  Bull.  Mar.  Biol.  Lab.  Woods  Hole,  Mass.,  XXVI;  n.  3  pp.  184-194;  1914). 
Zick  K..    Beitràge    zur  Kenntnis  der  postembryonalen  Entwicklungsgeschichte  der  Genitalorgane  bei 

Lepidopteren  (Zeitschr.  fur  wiss.  Zool..  XCVIII,  Bd.;  III  Hft.;  pp.  430-477;   Leipzig  1911). 


Capitolo  V.  —  Bibliografia  relativa  all'Adulto  ed  agli  atti  per  la  conservazione  della  specie. 

a)  Sfarfallamento.    Assestamento,    maturanza    sessuale.    Segnalazione  e   richiamo.    Accop- 
piamento, determinazione  del  sesso  (vedi  pag.  576). 


Balbiani  E.  G.,  Sur  le  méeanisnie  de  la  fécondation  chez  les  Lépidoptères  (C.  R.,  LXVIII;  18 

— .  —  Sur  les  conditions  de  la  sexualité  chez  les  Pucerons  (Interméd.  Biol.,  I;  1898). 

Basile  C,  Influenza  della  lecitina  sulla  determinazione  del  sesso  e  sui  caratteri  mendeliani  (Rendic. 

Accad.  Lincei;    Sez.  V,  anno  XVII,    1908). 
Bateson  W.,  The  determination  of  sex  (Nature,  London,  CVI,  pp.  719-721;  1921). 
Bisson  E.,  Intorno  alla  differenziazione  sessuale   nel  Filugello    (Lettera   al  sig.  Comm;  Marini)  (LTnd: 

serica,  a.  XXXII;  n.  30;  Torino  1902). 
Boas  J.,  Organe  copulateur  et  accouplement  du  Hanneton  (Oversight  over  d.  kgl.    vidensk.   Selskabs 

Forhandll   i  Aaret;    1892;   pp.   239-261;   Copenhagen;    1893). 
Borgmann  H.,  Zur  Begattung  der  Insekten   (Entom.  Nacliricht.;  Bd.  IX,  pp.  114-116;    Putbus    18S3). 
Bresslau,    Ueber    die    Versuche    zur  Geschlechtsbestimmung    der    Honigbiene    (Zool.   Anz.;    22  dèe. 

1908). 
Brocher  F.,  Le  mócanisme  physiologique  de  la  dernière  muedeslarves  des  Agrionides  (transformation 

en  imago)  (Ann.  Biol.  lae.;  IX;  pp.   183-200,   1919). 
Bùttel-Reepen,   Ueber   den  gegenwartigen   Stand  der  Kenntniss  von  den  geschlechtsbestimrienden 

Ursachen  bei  der  Honigbiene;    Pràformation    (Verh.  deutsch.    Zool.   Ges.;    1904;    pp.  48-77)    vedi 

anche  (Zeitsch.  Insektbiol.,  I.  pp.    441,  1905). 
Castle,  Sex  determination  in  bees  and  ants  (Science  XIX;  pp.  389;  1904)  (vedere  anche:  Discussione  di 

Wheeler;   ibid.,  p.  537). 
Gavazza  F..  Studio  sperimentile  di  alcuni  casi  di  determinazione  del  sesso  e  di  partenogenesi  («  Redia  », 

voi.    XV.   1924,  p.  19,  Firenze). 
Cuénot  L.,  La  determination  du  sexe  chez  les  animaux  (Bull.  Se.  France  et  Belgique;  XXXII;    1899). 
Delage  Y.,  et  Goldsmith  M.,  La  Parténogénèse  naturelle  et  expérimentale  (Bibl.  Phil.  Scient.    Flam- 

marion;   Paris,    1913). 
Dobson,  Emergence  of  Aeschna  grandis  (Entomologist;  36;  p.  253;  London  1903). 
Doncaster  L..  On.  the  Relations  between  Chromosomes,  sex-limited  Trasmission  and  sex  Determination 

in  Abraxas  grossulariata  (Journal  of  genetics.,  voi.  4;  n.  1;  pp.  1-21:  London.  1914). 
Drz.,  Les    mécanismes    qui  provoquent  l'éclosion  des  papillons  (Rev.  Scient.  1920,  pp.  52-3). 
Emery  C,   Sulla   teoria  della  determinazione  del  sesso    (Atti   R.    Accad.   Lincei,   anno   319.  Sez.  V. 

T.   XXI;   1912). 
Enriques  P..  Sulla  determinazione  del  sesso  nelle  Mosche  («  Bios  »)  voi.  III,  fase.  1;  1915). 


SUPPLEMENTO    ALLA    BIBLIOGRAFIA    DKI     SINGOLI    CAPITOLI  965 


Feytaud  J.,  À  propos  de  l'attirance  des  sexs  chez  les  Microlópidoptères.  (Pr.  verb.  Soc.  Linn.;  Bordeaux, 

69;   1916). 
Flechter  J.  E.,  Controling  sex  in  Lepidoptera  (Entomologist,  Voi.  VII;  1874). 
Hiuowo  Ito.,   Sur  les  glandes  attractivesdespapillons  du  vers-à-soie  (Bull.de  l'Ass.  s4ric  du  Japon.; 

I  A.;  n.  12  pp.  1-4;  Tokyo  1915). 
Joannis  J.  (de).  Sur  l'heure  d'óclosion  de  certains  Lépidoptères.  (Paris,  Bui.  Soc.  eht.  pp.  76-78;  1916). 
Mallock  A.,  Expansion  of  the  wings  of  Lepidoptera  after  emergence  from  the  chrysalis  (Nature,  London; 

CXII;  pp.   7-8;    1923), 
Morgan  T.  H.,  Sex  determination  in  Phylloxera  and  Aphids  (Science,  voi.  XX\",    1908;    Journ.    Exp. 

Zool.  VII,   1909). 
Pictet  A.,  Note  sui-  les  métamorphoses  des  chrysalides  des  Rhopalocères  (C.  R.  Soc.  Physiq:  H.  N., 

Genève;   15,  fase;  pp.   8-11;   1890). 
Poletajewa  O.,  Osservazioni  sulle  cause  dello  sgusciamene  delle  ali  di  un  insetto,  nel  suo  passaggio 

allo  stato  perfetto  (Lavori  della  Soc.  entom.  russa;  voi.  13;  12  p.   1881).  (in  lingua  russa). 
Podlton  E.  B.,  Mr.  W.  A.  Lamborn's  observation  mi  marriage  by  capture  by  a  West  African  Wasp. 

(Rept.  of  the  British  Assoc.  for  the  Advancement  of  Sci.;  London;  LXXXIII;  pp.   511-12). 
RÉGIMBART  IL,  Recherches  sur  les  organes   copulateurs    et    sur   les  fonctions  génitales  dans  le  genre 

Dytiscus.   (Ann.  Soc.  Entom.  France;  Ser.   V.;  T.  VII,  pp.  263-274;  Paris  1877). 
Schmidt  E.,  Ueber  die  Beteilung  der  Mannchen  einiger  Belostomiden  an  der  Brutpflege.  (Sitzungsber. 

Naturi.  Freunde;  Berlino,  p.  38;   1895). 
Schrader  e  Stprtevant,  A  note  on  the  theory  of  sex    determination.    (The   American     Naturalist, 

Lancaster;  LVII;  pp.  379-381   1923). 
Siltala  A.  J.,  Ueber  den  Laich  der  Trichopteren  (Acta  Soc.  prò  Fauna  et  Flora  Fenilica,  28;  n.  4;  1906). 
Sokolowsky,  Vorbereitungsspiel  zur  Paarung  bei  Orectochilus  villosus   (Zeitschr.   f.    Entom.;  Breslau; 

XVIII;    1899). 
Surcouf  J.  M.  R.,  Note  sur  un  accouplement  aberrant  chez  les  diptere^.  (Ball,  de  la  Soc.  Entomol. 

de  France;  Paris;   1921;  pp.  46-47). 
Weber  L.,  Abnorme  copula  bei  Melolontha  vulgaris  (Zool.  Anzeiger;  Leipzig;  XLVI;  pp.  219-221;  1919). 
Wesenberg-Lund  C,  Fortpamzungsverhaltnisse;  Paarung  und    Eiablage    der    Susswasser-Insekten. 

(Fortschritte  d.  Naturw.  Forschung;  VIII  Bd.  ;  pp.  161-286;  Berlin  1913). 

b)   Omeomorfismo   e   dimorfismo   sessuale,   polimorfismo,     polifilia  non    sociale,     variazione 

DELLA    SPECIE.    ANOMALIE    (vedi    pag.    577). 

Adler  H.,  Ueber  den  Generationsweshsel  der  Eicheu-Gallwespen  (Zeitsch.  f.  wiss.    Zoo  .;  XXXV;  2; 

1881). 
Anderegg  E.,  Generationswechsel  bei  Insekten  (Bern.  Mittheil.;  1892). 
Arendsen  Hein,  S.  A.,  Studies  on  variation  in  the  menlworm  Tenebria  molitor    (Journ.  of  genectics; 

Cambridge,    England.;    X;    pp.    227-264;    1921). 
Assmuth   J.,    Ametabolie   und  Hermaphroditismus   bei   den  Termitoxeniiden   (Biolog.    Zentralblatt.; 

XLIII;   pp.  26S:-281;   1923). 
Balbiani  E.  G.,  Le  Phylloxera  du  Chène  et  le  Phylloxera  de  la  Vigne  (Paris;  1884). 

-  Mémoire  sur  la  generation  des  Aphides  (Ann.  Se.  nat.  Zool.;  (5);  XI,  XIV,  XV;  1869-70-72). 
Bandermann  F.,  Umbeschriebene  Aberrationen  (Soc.  Entom.  Stuttgart.;  31,  pp.    58-59;   1915). 
Berlese,  Sopra  una  anomalia  negli  organi  sessuali  esterni  femminei  di  Locusta  viridissima  L.  («  Redia  », 

voi.   Ili,   p.   306;   7  fìgg.    1905). 
Bertin  L.  L..  L'étude  expérimentale  de  la  variation  chez  les  insectes  (La  Nature,  1921,  pp.  184-189; 

196-200;    Paris.). 
Bird  J.  F.,  Aberrations  of  Airjyimis  aglaia  and  some  other  notes   (The    Ent.  Record    of.  Journ.  Var.; 

Voi.   XXVII;    p.    70;    1915). 
Bonfigli  B.,  Intorno  ad  un  fillosserino  del  Populus  alba  (R.  Acc.  Lincei,  Roma.   Vo'.  XVIII  pp.   397- 

403.   Seduta  del  7  novembre  1909. 

-  Ancora  sul  ciclo  della  Phylloxera  quercus  (Ibidem,   Voi.  XVII    pp.  Ì48-256,   1908). 
Ulteriori  ricerche  sulla   Phylloxera  quercus,   Boyer  (Ibidem,  Voi.   XVIII   pp.   25-30);   1909. 

-  Nuove  osservazioni  sulla  Phylloxera  quercus  Boyer  de  Fonsc  (ibidim,  voi.  XVIII     pp.  706- 
712;  1909). 


966  SUPPLEMENTO    ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI    SINGOLI    CAPITOLI 


Bockouee  L.,  Anomalie  d'une  larve  de  «  Dytiscus  ».  (Annales  des  Sciences  Naturelles;  Paris;  Zoologie; 

V.;   pp.  391-397;   1923). 
Camekano  L  .  Descrizione  di  insetti  mostruosi  (Zool.  Anzeig.,  1879;  p.  146). 
Campos  F.,  Algunos  casos  teratologicos    observados    en  los  artropodos    (Annals,  Entomolog.  Soc.  of 

America;   XI;   pp.     97-98;   Columbus   (Ohio);    1918). 
Ceballos  G.,  Nota  sobre  un  himenoptero  ginandromorfo  (R.  Soc.  Espan.  Hist.  Nat.;  Madrid;   1921; 

pp.   79-81). 
Christeller  E..  Untersuchungen  an  kiinstlich  hervorgebrachten  Hermaplii'oditen  bei  Schmetterlinge 

(Schriften  der  Physikalisch-òkonomischen  Gesellsch.  zu  Kònisberg  in  Pi'.;  LIX:   pp.   1-20;   1922). 
Cockayne  E.  A.,  Gynandromorphism  (Tr.  London  Nat.  Hist.  Soc;  1914;  pp.  75-85;  1915). 
The  relation  between  the  secondary  sexual  characters  and  the  gonads  and  accessory  sexual  glands 

in  Insects  (The  Trans,  of  the  Entom.  Soc.  of  London;   1916;  pp.  336-342;   1917). 
Dabbert  H.,  Ein  Hermaphrodit  von  Dytiscus  marginalia  (Societas  Entomologica,  Stuttgart.  XXXVIII; 

pp.    1-3;    1923). 
Dalla  Torre  K.  W.  u.  H.  Friese,  Die  hermaphroditen  und  gynandromorphen  Hymenopteren.  (Ber. 

Natumiss-med.    Ver.    Innsbruck.;    24;   pp.    3-96;    1899). 
Delétang  L.,  Sobre  dos  casos  de  teratologiae  in  insectos  Hemipteros  (Physis.  Buenos  Aires.;  2,  pp.  43- 

44;    1915). 
De  Long  D.  M.,  The  occurence  of  a  probable  gynandromorph  in  the  homoptera.    (Ohio    Journal  of 

Science.   Columbus;   XVIII;   pp.    174-176;    191S). 
Dewitz  J.,  Untersuchungen  ueber  Gesehlechtsunterschiede  (Zool.  Anz.  XLVII;    p.  126-132;    Leipzig). 
Der  Apterismus  der  Insekten,  seine  kiinstliche  Erzeugung  und  seine  physiologische  Erklarung. 

(Ardi.  f.  Anat.  u.  Phys.  Physiol.;  Abth.;  Lipsia;  pp.  61-67;  1909). 
Dixey  F.  A.,  Sexual  dimorphism.  (Proceed.  of  the  South  London  Entomol.  andnaturalHistcry  Society, 

London;    1920-21;    pp.    12-23). 
Donisthorpe  H..  On  some  abnormalities  in  Ants  (The  Entomolog.  Record.,  London;  XXXIV;  pp.  81- 

85;    1922). 
Durken  B.,  Ueber  die  Wirkung  verschiedenfarbiger  Umgebung  auf  die  Variations  von  Schmetterlings- 

puppen.  Versuche  an  Pieris  brassicae  (Zeitschr.  f.  wissensch.  Zool.;  Leipzig.;   CXVI;   pp.    587-626; 

1920). 
Edwaeds  f.  w.,  Dimorphism  in  the  antennae  of  a  male  midge  (The  Entomclogist's  Monthly    Maga- 

zine;  London:  LVI;  pp.  135-136;  1920). 
Enderlein   G..     Ein    hervorragender     Zwitter     von     Xylocopa     mendozana    aus     Argentinien.    Hit 

einem     Verzeichnis     aller     bisher     beobachteten    gynandromorphen     Hymenopteren.     (Stettiner 

Entomol.   Zeitung.,    pp.    124-140;    1902). 
Engelhardt  V.  (von).  Ueber  den  Bau  der  gynandromorphen  Bienen  (Apis  mellifica)  (Zeitschr.   f.  wis- 
sensch.  Insektenbiologie;   XI;   pp.    161-7). 
EwingH.  E.,  Selection,  regression and  parent  progeny  correlaticnin  Aphys  avertete.  (Trans.  Illinois  Ac.  Se. 

X;  pp.  303-332;  1921). 
FoÀ  A..  Intorno  all'uovo   durevole  (uovo  d'inverno  dell'  Acanthokermes  quercus  Rollar.  (R.  Acc.  Lincei 

Roma.    Voi.   XVIII.   pp.  Ò40-541;   1909. 
FoÀ  A.  e  Grandori,  Studi  sulla  Fillossera  della  vite.  Differenze  tra  la  Fillossera  gallecola  e  la  Fillossera 

radicieola.  Ibidem,  Voi.  XVII,  pp.   276-281,  1908. 
Frohawk  F.  W..  Gynandromophous  Pieris  rapae.  (The  Entomologist  London.   1923.  p.  235). 
Gatenby  J.  B..  Polyembryony  in  parasitic  Hymenoptera  (Quarterly  Journal  of  Microscopical   Science; 

London;  LXIII;  pp.   175-196;   1918). 
Gerould  H.  The  inheritance  of  seasonal  polymorphism   in   Butterflies  (Amer.    nat.  50;  pp.  310-310; 

1916). 
Gerschler  M.  W.,  Melanismus  bei  Lepidopteren  als  Jlutation  und  individuelle  Variation  (Zs.  indukt. 

Abstammg.;  Berlin.;   13,  pp.  58-87;  1914). 
Giard  A.,  La  Poecilogonie  (Bull.  se.  de  la  France  et  de  la  Belgique;  Paris;  T.  XXXIX:  p.   153;  1905). 
Gibson  A.,  Variation  in  the  colorir  of  the  bristles  of  the  hedge-  hog  cartepillar  Isia  isabella  S.  e  A.  (To- 
ronto Ent.  Soc.  Ontario;  45  th.  Ann.  Rep.  pp.  117;  1915). 
Goldschmidt  e  Machida,  Ueber  zwei  eigenartige  Gynandromorphe  des  Schwammspinners  Lymanìria 

dispar.  (Zeitschrift  fur  induktive  Abstammungs-und  Vererbungslehre;  Leipzig;  XXVIII;   pp.  249- 

258;    1922). 
Grassi  B.  e  FoÀ  A.,  Le  nostre  ultime   ricerche  sulla  Fillossera  della   Vite  (R.  Acc.   Lincei    Roma. 
Voi.  XVIII.  fate.  6,  pp.  161-169),    1909. 


SUPPLEMENTO    ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI     SINGOLI     CAPITOLI  967 


<;k\s.si  B.  e  Grandori  G.,  tJlterìori   ricerche  sulle  Fillossere  gallecole  della  Vite  (R.  Acc.  dei  Lincei, 

Roma.  21  giugno,  2  agosto   1908. 
Haviland  M.  D.,  Preliminary  note  on  antenna]  variation  in  un  Aphis  (Myzus  rlbis)  (Proc.  Cambridge 

Phil.   Soc;  XX;  pp.  35-41;    1921). 
Heikertinger  F.,    Ueber   Sexualdichroismus  boi  palaearktìschen  Halticiden  (Zeitschr.  f.   wissensch. 

Insectenbiol.;  Bd.   Vili,    1912;   pp.    14-17). 
Janicki  V..  Ergebnisse  der  neuen  Forschungen  in  Italien  ubar  die   Biologie  der   Phylloxeriden  und 

insbosondere  der  Reblaus  (Zoolog.  Zentralblatt;  IV,  Band.;  1908  n.  12-13). 
Joicev  e  Talbot,  A  gynandromorph  o£  Pupillo  lucophron  (Proceed.  of  the  Zoolog.  Soc.  of  London  ;  1917; 

pp.    273-270). 
Keilin  D.,  Sur  quelques  eas  d'anomalie  chez  les  DipU-res    (Bull.    Soc.    Entom.    Franco;     1917;    n.  12, 

p.   193). 
—  e  Nuttall,  Hermaphroditism and o ther  abnormalities  in  Pediculus  humanus  (Parasitology,  London, 

XI.   pp.   279-328;   1920). 
Kojewnikow  G.,  Sur  les  Abeilles  hermaphrodites  (IX  Congrès  intern.  de  Zool.  à  Monaco.  ;  25-30  Mare 

1913;  Rennes,  1914). 
Labitte  A.,  Une  extraordinaire  aberr.ttion  genitale  d'un  Orthoptère  aeridide,  le  Pamphagus  numidicus. 

(Bull,  du  Muséum    d'Hist.  nat.;   Paris;    1917;   p.   401). 
Laurent  Ph.,  Notes onVariations and  abnormal  Form. s  of  three  Species  of  Saturnidae  (Entom.  News. 

Voi.  XXIX;  n.  5;  pp.   161-102;  Philadelphia;   1918). 
Lindner  E..  Missbildungen  bei  Schmetterlingen  (Zs.  wiss.,  Insektenbiol.;  Berlin;  11;  pp.    129-131;   1915). 

Eine  Raupe  mit  Puppenantennen  [ìbidem,  p.  244;  1915). 

Luigioxi  I'..  Un  caso  di  antenna  bifida  in  un  Cerambyx  scopolil  (Atti  Accad.  Pont.  Romana  Nuovi  Lincei; 

LXXX1V;  p.   130;   1921;  Roma). 
Marschner  H.,  Ein  Hermaphrodit  von  Erebia  ligea  L.  D.  (Ent.  Zs.  Berlin;  1916;  p.  202). 
Mehling  R.,  LTeber  die  gynandromorphen  Bienen  des  Eugster'sehen  Stokes  (Verhandl.  d.   physik.  medie. 

Ges.  Wurzburg,   N.  F.  Bd.  XLIII,  1915). 
Mercier  L.,  Caractère  sexuel  secondane  chez  les  Panorpes.  Le  róle  des  glandes  salivaires  des  màles. 

(Arch.  zool.,    Paris;  55  (Notes  et  Revues  1-5);  1915). 
Morgan  J.  H.,    The  Eugster  gynanch'omorph  Bees  (Amer.  Nat.  50,  1916,  pp.  39-45). 
Muschamj?  T.  A.  H  ,  Gynandromorphism  in  a  mongrel  brood  of  Lymantria  dispar  and  ita  race  var.  ja- 

ponica  (Ent,  Ree;    London,  28;  1910;  pp.  102-105). 
Onslow  H.,  The    iridescent  colours  of  Insects  (Nature,  London,  CVI;  pp.  149-152;  181-183;. 215-218; 

1920). 
On  a  periodic  structure  in  many  Insect  scale  and  the  cause  of  their  iridescent  colours    (Phil. 

Trans.  R.    Soc.    London;  B.  CCXI;  pp.  1-74:   1921). 
Ostwald,    Ueber    die    Variabilitàt    der    Gehause    der    Trichopterenlarven.    (Zeitschr.     f.    Naturw., 

Stuttgart.  74.    p.  95,  1901).. 
Perkins    R.    C.  H.,  Male  and  Worker   eharacters,  combined  in    the  same  individuai   of    Stenamma 

(Westwood   Knt.  M.  Mag.  (2);  2  :  123;  1891). 
Philiptsohenko  J.,   Studien  ueber  Variabilitàt.  3.  Ueber  die  Variabilitàt  der  Collembolen  (Zeitschr. 

fui-  mduktive  Abstammungs   und  Vererbungslehre;   Leipzig;  XXX;   pp.    145-162;    1923). 
Pictet  A.,  Recherches  sur  le  ròle  des  ócailles  dans  la  coloration  et  la  variation  des  papillons.  (Bull. 

Inst.    Nat.    genévois;    XLI;    pp.    321-330;    1921). 
Poisson  R.,  Brachyptjrisme  et  aptérisme  dans  le  genre  Gerris.  (Comptes  Rendus  des  Séancef  del'Acad. 

de   Sciences,    Paris;    CLXXV;    pp.    947-950;    1922). 
Porta  A.,  Le  differenze  sessuali  secondarie  quantitative  del  Carabus  aurutus  L.  (Bull.  Soc.  Entom.  ital.; 

anno  XXXIV;  Firenze,    1902). 
Prell  H.,  Ueber  die  Beziehungen  zwischen  primiiren  und  sekundaren   Sexualcharacteren  bei   Schmet- 
terlingen (Zool.  Jalirb.:  Jena,  XXXV,  Abt.  f.  allg.  Zool.  u.  Physiol.;  pp.  594-602;  1920). 
Rabaud  E.,  Recherches  sur  la  variation  chromatique  et  rhomochromie  des  arthropodes  terrestres  (Bull. 

biolog.  de  la  Franco  et  de  la  Belgique;  Paris;  LVII;  pp.  1-69;1923). 
Regen  J.,  Eine  Nymphe  von  Gryllus  campcstrls  L.  9  mit  drei  Cerci  (Sonderabdruck  a.   d.  Zoolog.  An- 

zeiger;  Bd.  LII;  Hft.  s/7;  pp.  2;  Leipzig  1921). 
Saussure  R.  (de),  De  quelques  aberrations  (Bull.  Soc.  Lép.  Genève;  3  pp.  77-80;  1914). 
Shannon  R.  C,  Another  anomalous  dipteron  added  to  the  Rhyphidae    (Proceed.    of    the  Entomol. 

Soc.  of  Washington  D.  C;  XXIII;  pp.  50-51;  1921). 


968  SUPPLEMENTO    ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI    SINGOLI    CAPITOLI 

Shelford  V.  E.,  Color  and  color-pattern  meehanism  of  tiger  beetles    (IlHnois  Biolog.  Monography, 

Urbana;     III;     134     pp.     1918). 
Smith  F.,   On  Hermaphroditism  in  Ants  (Ent.  Ann.;   pp.   147-148;    1874). 

—  —  On  a  Hermaphrodite  Ant,  Myrmica  laevinodis  from  Cheshire   (TTans.  Ent.  Soc.  London;  Proc; 

p.    IV;    1874). 
Springer  F.,  Ueber  den  Polyniorphismus  beidenLarven  von  M iastor  tnetraloas  (Zool.  Jahrb.,  Jena; 

XL;   Abt,   f.   Syst;   pp.   56-118;   1920). 
Strand  F.,  Eine  Andrena  mit   monstruosem  Geader  (Entomol.   Zeitschr.,   Frankfurt  a.   M.;   XXXIV; 

pp.    11-12;    1920. 
Stumper  R.,  Ueber  einige  Anomalien  des  Ameisenlebens  (Arch.  f.  Naturgeschichte;  Berlin;  1919,  a.  5; 

pp.    184-191). 
Swynnerton  C.  F.  M.,  Experiments  and  observations  hearing  on  the  explanation  of  forra  and  coloring. 

(Journ.  of  the  Linnean  Soc.  of  London;  XXXIII;  pp.  203-385;   1919). 
Tanaka  Y.,  Sexual  dimorphism  of  gametie  series  in  the  reduplication  (Bull,  del' Ass.  sèrie,  du  Japon; 

II  a;  n.  4;  pp.  5-6,  Tokyo  1916). 
Teodoro  G.,  Alcune  note  sulle  cause  di  variabilità  delle  colorazioni   (Boll.  d.  Soc.  Entom.  Ital.  Firenze; 

LI;    pp.    44-48;     1920). 
Tillyard  R.  J.,  Ischnura  heterosticha.  Dimorphism.  in  the  temale  (Zool.  Anz.;  29;  p.  454;  1905). 
On  Dimorphism  in  the  male  of  Ischnura  heterosticha  (Proc.  Limi.  Soc.  New.  South    Wales;  30; 

p.  302). 
Topi  M..  Sulla  esistenza  delle  alate  gallecole  della  Fillossera  della  Vite  (R.  Acc.   Lincei,    Roma,    18  di- 
cembre  1910). 
Tornier  G..  Das  Entstehen  von  Kafermissbildungen:  Hyperantennie  uncl  Hypermelie  (Arch.  f.  Entom. 

medi.,  IX;    1899-1900). 
Tremoleras  J.,  Sobre  cuatro  casos  teratologicos  en  Coleopteros  (Physis,  Revista   de   la   Sociedad  ar- 
gentina de   ciencias  naturales;  Buenos    Aires,   III;  pp.  94-96;   1918). 
Uhmann  E.,  Zwei  Staphyliniden  mit  anormalen  Bildungen  (Entom.  Mitteil.;  Bd.  VIII;  n.  10-12;   26  no- 

vembre   1919;   p.   214). 
Verity  R.,  Contributo  allo  studio  della   variazione  nei  I  epidotteri,  tratto  specialmente  da  materiale 

di  Toscana,  delle  Marche  e  di  Calabria  (Boll.  Soc.  Entom.  Ital.,  45;  pp.  203-238;  Firenze  1913). 
Le  variazioni  geografiche  della  Lycaena  coridon  Poda  (Firenze  ;  Bull.  Soc.  Entom.  ital.;  46;  1915; 

pp.   128-138). 
Viehmeyer  H.,  Anomalien   am  Skelette  der  Ameisen  (Entom.  Mitteil.;  Bd.  VI;    n.  '/3;   1917,  p.  66). 
Voroncowsky  P.,  Contributo  alla  conoscenza  della  variabilità  della  colorazione  e  della  vita  sessuale 

dei  Coleotteri   del  genere  Myìabris  Fabr.  (Orenburg  Izv.  old.  geogr.  Obsè;  24.  pp.  110-145,  1914) 

(in  lingua  russa). 
Wasmann  E.,   Ueber  ergatoide  Weibchen  und  Pseudogynen  bei  Ameisen  (Zool.  Anz.;  20;    pp.  251-253; 

1897). 
Wheeler  W.  M.,  Some  New  gynandromorpheus  Ants,  with  a  Beview  of  the  previously  recorded  cases 

(Bull.  Amer.  Mus.  Nat.  Hist.;   19;  pp.   653-683;   1903). 

—  —  Exstraordinary    Females    in    three    species  of  Formica,  with  Remarks  on   Mutation  in  the  For- 

micidae    (Ibid..    p.    639-651;    1903). 
Worker  Ants  with  Vestiges  of  Wings  (Ibid.  21;  pp.  405-408;  1905). 

-  Two   gynandromorphous  Ants.  (Psyche;  Cambridge,  Mass.,  XXV;  pp.  1-9;   1919). 
Williams  H.  B.,  Parallelism  in  Variation  in  Butterflies   (Transact.   of  the   London  Nat.  Hist.  Society; 

1919;    pp.    13-17). 
Zeleny  C,  Decrease  in  sexual  Dimorphism  of  bar-eye  Drosophila  dui  mg  the  course  of  selection   for 

low  and  hig  facet  number  (The  American  Naturalist,  Lancaster,  Pa.  LV,  pp.  404-411;  1922). 

e)     Pedogenesi,    partenogenesi,    gamogenesi    (vedi    pagina    585). 

Baehr  W.  B.  (von),  Ueber  die    Zahl  der    Richtungskòrper   in   parthenogenetisch    sich    entwickelden 

Eiern  von  Bacilìus  rossii  (Zool.  Jahrb.  Anat.,  XXIV,   pp.   175-191). 
Bolivar  L,  La  rarthenogenesisinlosOrthopteros(ActasdelaSoc.espanòla  deHist.nat.. Madrid;  1897). 
Crawley  W.  C,  Parthenogenesis  in  Worker  Ants,  with  special  reference  to  two  colonies  of  Lasius  niger, 

Linn.   (Trans.   Ent.   Soc;   pp.   657-663;   London;    1912). 
Dewitz  J..  Die  tur  die  kunstliche  Parthenogenesis  angewandten  MittelalsErreger  fur  andere  biologische 

V.rgange  (Biolog.  Centralbl.;  Leipzig;  XXXVII;  pp.  498-503,  1920). 


SUPPLEMENTO    ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI   SIXGOLI    CAPITOLI  9  1!» 

Dominique  J.,  Parthénogénèse  et  Thélytokie  chez  le»  Phasmides  (Bull.  Soc.  Sci.  Nat.  Ouest  Fr..  IX, 

1899;    pp.    127-13(3). 
Edwards   F.   W-,   Some  parthemgenetic   Chironomidae   (Armala  and   Magazine  of  Naturai    History; 

London;     III.     pp.     33-42;      1919). 
Ganln   M..    Neue    Beobachtungen  iiber  die  Fortpflanzung    der  viviparen   Dipteren-larven   (Zeitschr. 

f.    wiss.    Zool.;    Bd.    XV;    Hft.    4;    1865). 
Goldschmidt  R.,  On  a  case  of  facoltative  Parthen  >gene3is  in  Gypsy-moth,  with  a  discussion   of  the 
relation  of  Parthenogenesis  to  sex  (Biolog.  Bull.,  Marine  Biolog.  Laboratori,   Woods  Hole,   Mass.; 

XXXII;   pp.  35-43;    1917). 
Grlmm  O..  Die  ungeschlechtliche  Fortpflanzung  einer  Chironomus  (Mém.  Acad.  imp.    S.  Pótersbourg; 

XV;    1870). 
Hertwig  P.,  Abweichende  Form  dei'  Parthenogenese  bei  einer  Mutation  von  Rhabditis  pellio  (Arch. 

Mikrosk.  Anat.j  XCIV;  pp.  303-307;   1921). 
Hewitt   C.    G.,  The  cytological  aspe  t  of  Parthenogenesis  in  Insects  (Mera,  and  proceed.  of  the  Man- 

Chester  lit.  and.  philos,  Society;  pp.   1-40;   1906). 
Jaxet  C,  Considórations  pur  Tètre  vivant.  Pt.  2.  L'individu.  la  sexualité,  la  parthénogénèse  et  la  mort, 

au  point  de  vue  orthobiontique.  (Beauvais;  1921;  pp.  196). 
Kahle  W.,   Die  Paedogenesis  der  Cecidomyiden  (Zoologica;  fase.  55;  XXI;  pp.  1-80,   Stuttgart,    1908) 

(Riassunto  in  Zool.  Centralbl;  4  maggio  1909;  p.  256). 
Keferstein  A.,  Ueber  jungfràuliche  Zeugung  bei  Schmetterlingen  (Stettin.  Entom.  Zt .;  22  Jhg.;  1861). 
Kellog  V.  L.,  Artificial  Parthenogenesis  in  the  Silk-worm  (Biol.  Bull.;  voi.  VIII;  n.  1;  1907). 
Lécaillon  A..  Sur  la  ponte  des  oeufs  non  fécondés  et  surla  parthénogénèse  du  Bombyx  du  MÙrier  (B. 

mori).  (Acad.  d.  se.  C.  R.  hebd.  des  séances;  T.  162;  n.  6;  p.  234-236;  Paris;   1916). 
Sur  la  sigaification  d;s  changements  de  couleur  qui  se  produisent  normalement  dans  certains 

oeuf;  non   fécondés  de    Bombyx  mori    et    sur   la    format ion,    dans  cette  espèce    de    verit  ibles 

chenille     d'origine   parthée.ogd'nésique   (Ibidim;    T.    165.  n.  5  p.   192-194,    Paris,   1917). 
—  —  Sur  Taptitude  à  la   parthénogénèse   naturelle,  considera  chez    diverses   races    ou    variétés  de 

Bombyx  da  Murier   (Ibidem.   T.  165,  n.  20  pp.  799-801). 
Leuchart  R.,  Sur  l'arrliénotokie  et  la  parthénogénèse  des  Abeilles  et  des  autres  Hyménoptères  qui 

vivent   en  société  (Bull.  Acad.  Roy,   Belg.;  (2);  XII;   1857). 

Die  ungeschlechtliche  Fortpflanzung  der  Cecidomyienlarven  (Arch.  ftir  Xaturg.;  XXXI;  I,  1865). 

Marchat.  P.,  Les  Cécidomies  des  Cére  des  et  leus  parasites  (Ann.  Soc.  Entom.  France,  T.  LXVI,  1897j . 
Nabocrs  R.  K.,  Parthenogenesis  and  crossing-over  in  the  grouse  Locust,  Apotettix    (The    American 

Xaturalist.  Lancaster.  Pa.  LUI;  pp.  131-142;   1919), 
Xachtsheim    H.,     Parthenogenese,     Eireifung    und    Geschlechts-Bestimmung    bei     der     Honigbiene 

(Vorl.  Mitt.  Sitzber.  Ges.  Morph.  u.  Physiol.;  8;  Munchen,  1912). 
Osborne  J.  A.,   Parthénogénèse  chez  les  Coléoptères  (Nature;  XV  et  XXII,  1779-18S0)(Entom.Month. 

Mag.;  XVII  et   XVIII;   1880-1881);  (Entom.  Nachtrich.,  Vili,   1881). 
Pagexstecher  A.,  Die  ungeschlechtliche  Vermehrun1.'   der  Fliegenlarven  (Zeitsch.  f.  wiss.  Zool..  XIV; 

p.  737;   1864). 
Paktel  J.  et  De  Slnetv  R.,  Sur  l'apparition  des  màles  et  d'hermaphrodites  dans  les  pontes   parthénogé- 

nétiques  des  Phasmes  (C.  R.  Ac.  Se.  Paris;  1908). 
Parker  G.   H.,   Possible  pedogenesis  in  the  Blow-fly  Calliphora  erythrocephala   (Psyche,   Cambridge, 

Mass.;  XXLX;  pp.   127,131;   1922). 
Petrl-n-kewitsch  A.,   Kiinstliche   Parthenogenese   (Zool.   Jahrb.   Suppl.;   ^"I]    Festschrift  Weismann; 

pp.   77-138;    1904). 

—  —  Naturar  and  artificial  Parthenogenesis  (Amerio.  Natur.;  XXXIX;  pp.  65-76;  1905). 
RossrM  A.  J.  (vox),  Parthenogenesis  by  Bladwespen.  (Tijdschr.  Entom.  The  Hagué;  D.  45;  p.  5-11;  70-72; 

1903). 

—  —  Parthenogenesis  bij  Bladwespen  (  'fc  d.  D.  49,  pp.  VI-XIII,  LXI-LXVI;  1906). 
Sanson  A.,  La  parthénogénèse  chez  les  Abeilles  (Ann.  Se.  Nat.;  1878). 

Shtjll  A.  F.,  Parthenogenesis  in  Anthocoris  verbasci  (Rep.  Michigan  Ac..   16:   1914:  pp.  46-48). 
Sen-ety  R.  (de).  Sur  la  parténogénèse  des  Phasmes  (Orthopt).  (Bull.  Soc.  ent.  Fr.,  n.9;  1900,  pp.  195-197). 
Tichomiroff  A..   Nochmals  ùber  Partenogenesis  bei  Bombyx  mori  (Zool.   Anz.,   XI;   1888). 
Wi  sesbeko-Ltjxd    G,    Fortpflanzungsverhàltnisse:    Paarung   und   Eiablage    der     Susswasserinsekten 
(Fortschr.  d.  Natunvissensch.  Forschung;  \ail  Bd.;   1913,  p.   161). 

A.  Berlese,  Gli  insetti,  II.  —  122. 


97(1  SUPFLEMEXTO    ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI    SINGOLI    CAPITOLI 


</)  Prolificazione,  nidificazione,  diffusione  della  specie  (vedi  pagina  587). 

Andrews  H.  V.,  Migration  Lepidoptera  (Boston,  Mass.;  Ili,  pp.  89-90;  1920). 

Bakber  G.  W..  A  note  on  migration  of  larvae  of  the  housefly  (Journ.  of  Econom.   Entomol.  Concord, 

N.  H.  XIII;  p.  493;   1921). 
Blackbotjrn  B.,    Some    observations  on   Mantids,    with  special  reference  to  the  reproduction  of  lost 

limbs.   (Victorian  Nat.   XXXVIII;   pp.   30-33;    1921). 
Bohls.,  Wanclerungen  der  Libellen.  (Jahresber  d.  Vereins  f.  Natnrkunde  d.  Unterweser;  I;  1898). 
Camerano  L.,  Osservazioni  intorno  alla  Neotenìa  negli  Insetti  (Bull.  Soc.  Entomol.  Ital.  Firenze,  anno  17; 

pp.   89-94,   1S85). 
Cappe  De  Baillon  P.,  Contribution  anatomique  et  physiologique   à   l'étude  de  la  reproduction  chez 

les   Locustiens    et  les  Grilloniens  I.  La  ponte  et  l'éclosion chez  les  Locustiens.  (La  CeUule,  XXXI, 

pp.  1-245,   1921). 
Cleare  L.  D.,  Butterfly  migrations  in  British  Guiana  (Transact.  of  the  Entomol.   Society  of  London; 

1920;  pp.  331-339). 
Courrler  R.,  Sur  l'existence  d'une  sécrétion  intranuclóaire  dans  l'épithélium  du  sperma  thèque    de   la 

reine  d'abeille;  sa   signification  (Comptes  Rendus   des    Séances  de  la  Société   de  Biologie,  Paris; 

LXXXV;  pp.  941-943;  1922). 
Curran  G.  H.,  Notes  on  some  Diptera.   Observations  on  the   Oviposition  of  Senotainia  trilìneata.   (Ca- 

nadian  Entomol.  Guelph;  LV;  pp.   150-174;   1923). 
Debaisietts  P.,  Les  débuts  de  l'ovogénèse  dans    le    Dytiscus    marginalis    (La    Cellule;    Tome  XXV; 

1;   1909). 
Dubuisson  H.,  Dégénérescence  des  ovules  (C.  R.  Soc.  Biol.  Paris;  Tome  57,  p.  554-555;  1904). 
Enriques  P.,  Intorno  alla  deposizione  e  crescita  delle  uova  nelle  Mosche  (Callìphora  eryth.);  (Acc.  Se.  Istit. 

Bologna,   1915). 
Gerstaecker  A.,  Ueber  die  Fortpflanzungsweise  von  Miastor  (Sitzber.  d.  Ges.  naturf.  Freunde,   Berlin; 

Mai,    1865). 
Haber  V.  R.,  Oviposition  by  an  Evaniid,  Evania  appendigaster  (Canadian  Entomol.,  London,   Canada; 

LII;  p.  248,    1920). 
Hall  C,  Migratory  Swarm  of  Libellula  quadrimaculata  (Entomol.  Month.  Mag.;  25;  p.  324;  London; 

1890). 
Hartwieg,  Eiablage  und  Zucht  von  Nemeobius  lucilia  (Entom.  Zeitschr.;  Jahrg.  27;  pp.  49-50;   Frankfurt 

a.  M.;    1913). 
Hennegny  L.  F.,  Les  modes  de  reproduction  des  Insectes   (Bull.  Soc.  Philomath.;    (9);  I;  Paris  1899). 
Hogben  L.  T.,   Oogenesis  in  the  Hymenoptera  (Proc.  Royal  Soc.  London;  B.,  XCI;  pp.  268-293;  1920). 
Hollande  A.  C,  Action  du  venin  des  Hymónoptères  prédateurs.  (Comptes  Rend.  d.  Séances  de  la  Soc. 

de  Biologie;   Paris;   LXXXIII;   pp.   9-11;    1920). 
Hyde  R.  R.,  Fertility  and  sterility  in  Drosophila  ampelophila  (Journ.  of  Experim.  Zoology;  Philadelphia; 

XVII;    pp.    173-212;    1914). 
Hyemons  R.,  Ueber  den  Nachweis  d.  Viviparitàt  bei  Eintagsfliegen  (Zool.  Anzeiger;  n.  533;  XX;  p.  205; 

Leipzig,    1897). 
Jacentkovsky  A.  V.    Sugli   spermatofori    e    sulla    viviparità  in  Panolis  griseovariegata  Goeze.  Rev. 

russ.  ent.  Petrograd.;  14;  1914;  pp.  XCIX-CIII;  1915)  in  lingua  russa). 
Jhering  H.  (de.)  Quelques  observations  sur  les  nids  d'Insectes,  faits  d'argile  (Congrès  Internat.  Zool. 

Mosca;   2  sess.;   I.   P.;  pp.   246-252;   1892). 
Johnson  S.  A.  An  Emergency  Case  in  Insect  Architecture.  (Entom.  News.;  Philadelphia;  voi.  17;  p.   139; 

1906). 
Kaxiyi  H.,  Beitràge  zur  Vorgànge  beim  Eierlegen  der  Blatta  orientalis  (Zool.  Anzeig.,  Bd.  II,  1879). 
Kett.Tn  D..  Sui'  la  viviparitó  des  Diptères  etleslarves  deDiptères  vivipares  (Arch.  zool.;  Paris;  55;  pp.  393- 

415;    1916). 
Klatt  B.,  Beitràge  zur  sexual  Physiologie  des  Schwammerspinners  (Biolog.  Centralbl.;   Leipzig.;  XL; 

pp.  539-558;  1920). 
Kùnckel,  d'HERCTTLAis  J.,  Mécanisme  physiologique  de  la  ponte  chez  les  Insectes  orthoptères   de  la 

famille  des  Aeridides.  Ròle  de  Fair  cornine  agent  mécanique  et  fonctions  multiples  de  l'armure  ge- 
nitale  (Compt,   Rend.   Acad.   d.    Se;   T.    CXIX;    1894). 


SI   rrLEMKNTO   ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI    SINGOLI    CAPITOLI 


Mac  Culloch  e  Yuasa,  Notes  on  the  Migration  of  the  Hessian-fly  larvae  (Journ.  of  Animai  Behavior, 

Cambridge;    VII;    pp.    307-323;    1918). 
Mac  Lachlan-  R.,  Note  on  Oviposition  o£  Agrion  (Ent.  Month.  Mig.,  voi.  21;   p.   211;    Lon  lon   s.  N., 

1885). 

On  exeeptional  Ovoposition  in  Pyrrhosoma  minimum  (Ibidem;  6,  p.  180;  1895). 

Oceanie  Migration  of  a  nearly  cosmopolita!!  Dragonfly  (Pantalea  jlamscens)  (ìbidem  7;  p.  284; 

1S90). 
Nonidez  J.  F..  The  internai  phenomena  of  reproduction  in  Drosophila.  (Biolog.  Bull,  of  the  Marine  Bio- 
log.  Laboratory;  Woods  Hole,  Mass.;  XXXIX;  pp.  207-230;  1921). 
Parker  J.  B.,  Notes  on  the  nesting  habits  of  some  solitary  Wasps.  (Proceed.  The  Entom.    Soc.    of 

Washington;  XVII;   pp.   70-77). 

Notes  on  the  nesting  habits  of  Tachytes  [Ibidem.;  XXIII;  pp.  103-107;  1921). 

Parshley  H.  M.,  A  note  on  the  Migration  of  certain  Waterstridera   (Bulletin  of  the  Bronklyn  Entomo- 

logieal   Society;   XVII;   pp.    136-7;    1923). 
Picard  F.,  Le  d?terminisme  de  la  ponte  chez  un  Hyménoptère  térébrant,  le  Pim/pla  instigaìor  (Comp. 

Rend.  des  séances  de  lAcad.  d.  sci.  Paris;  CLXXII;  pp.   1617-1619;   1921). 
Plath  O.  E.,  Notes  on  the  nesting  habits  of  several  N.  Amer.  Bumble  bees  (Psyche,  Cambridge  Mass.; 

XXIX;    pp.     189-202;     1922). 
Observations   on   the  so-called   trumpeter   in  Bumblebee   colonies.   (Psyche,   Cambridge   Mass.; 

XXX;     pp.      146-154;      1923). 
Riley  C.  F.  C,  Migratory  responses  of  water  striders  during  severe  droughts.  (Bull,  of  the  Brooklyn 

Entomol.    Society;    XV;    pp.    1-10;    1920). 
Roubaud  E.,  Le  venin  et  revolution  paralysante  chez  les  Hymónoptères  prédateurs  (Bull.  Biolog.  de 

la  Fi-ance  et  de  la  Belgique:  Paris,  LI;  pp.  39,   419;  (1918). 
Rudow,  Die  Wohnungen  der  Hantflugler  Europas  (Beri.  Entom.  Zeitsclir.;   pp.  383-429;   1901). 

—  Verzeichnis  der  Nesterbauenden  Hautfliigler.  (Entom.  Jahrbuch  fui-   1903;    pp.     182-209;  Leipzig; 

1903). 
Sacchi  R.,  Contributo  allo  studio  delle  funzioni  generatrici  delle  farfalle  del  baco  da  seta  (Le  Staz.    Sper. 

Agr.  Ital.,  voi.  L;  fase.  I;  pp.  25-32;  Modena,   1917). 
Schultz  W.  A.,  Zur  Kenntnis  der  Nestweise  von  Euglossa  cordata  L.  (Aligera.  Zeitschr.  f.  Entomol.; 

Bd.  7;  N.  7-8;  pp.   153-1.54;   Neudamm.   1902). 

Ueber  das  Nest  von  Bombus  cayennensis.  (Zool.  Bot.   Gesellsch.;  Wien;   1911). 

Schumacher  M.  F.  R.,  Brutpflege  bei  der  Wanze  (Clinocoris  grìseus  L.)  (Entomol.  Mitteil.;    Bd.  VI; 

n.   7-9;   1917;   p.   243). 
Siebold  (von)  Th.,  Ueber  die  viviparen  Musciden  (Foriep's  neue  Notzich;  Bd.  2;  1838). 

—  Ueber  che  Fortpflanzungsweise  der  Libelluliden   (Germars  Zeitschr.  fiir  Entom.;  Il;  1838-1841. 
Sjóstedt  Y.,  La  construction  des  nids  chez  les  Insectes  (Rev.  gén.  sci.;  Paris  26;  pp.  85-90;   1915). 
Stirling  F.,  Southern  Migration  of  Butterflies.  (The  Florida  Entomologist    Gainesville;  Florida;  VII; 

pp.    8-9;    1923). 
Vandevelde  G.,  La  construction  de  la  coque  ovigère  de  l'Hydrophile.  (Annales  de  la  Soc.  Entom. 

de  Belgique;  Bruxelles;  LVIII;  pp.  205-208;   1920). 
"Webster  F.,  Method  of  oviposition  in  the  Tipulidae  (Bull.  Ohio  agrie.  exper.  St.;  Techn.,  Ser.;  voi.  I; 

p.    151;    1893). 
Weiss  A.,  Bermerkungen  iiber  die  Lebensweise  eines  heiruchteten  H  ydroph  iltis  piceus  (Stettin.  Entom. 

Zeitschr.;    50;    p.    343;    1900). 
Weltner  W.,  Laichform  von  Insekten  (Sitzungsber.  Gè?  nat.  Freunde;  Berlin;   18S9). 
Williams  C.  B.,  Records  and  problems  of  Inse:t  Migration.  (Transact.   of  the  Entomol.  Society  of 

London;    1923;    pp.    207-233). 

Capitolo  VI.  —  Bibliografia  relativa  alle  funzioni  fisiologiche  degli   Insetti. 

a)  Funzioni   fisiologiche  in  generale.  Funzioni  tegumentali  (vedi  pagg.  772,  773). 

BrocherF.,  Biologie  et  Physiologie  des Dytiscides.  (Ann.ils  Soc.  Entom.  de  France;  Paris,  XCI;  pp.  329- 

335;    1923). 
Dohler  W.,   Beitrage  zur   Systematik  uni  Biologie  der  Trichopteren.   (Sitz.  naturf.  Gesell.;   Leipzig; 

1914;   pp.   28-102). 


972  SUPPLEMENTO    ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI    SINGOLI    CAPITOLI 

Haffer  O.,  Bau  und  Funktion  der  Sternwarzen  von  Saturnia  pyri,  und  die  Haarentwicklung  der  Sa - 

turnidenraupen  (Arch.  f.  Naturgesehichte;  Berlin;   1921;   pp.   110-166). 
Hungerford  H.  B.,  The  biology  and  ecology  of  aquatic  and  semiaquatie  Hemiptera.  The  male  genitalia 

as    characters    of  speeific  value  in  certain  Cryptocerata    (Kansas  Univ.  Sei.  Bull.;    XI;    pp.    1-336; 

Lavrence;    1920). 
Richmond  E.  A.,  Studies  on  the  biology  of  the  aquatic  Hydrophilidae  (Bull,  of  the  American  Museum 

of  Naturai  History;  New  York.;  XLII;  pp.   1-94;   1920). 
Verhoeff  K.  W.,  Studien  ueber  die  Organisation  und  Biologie  der  Staphylinoidea;  IV.  Zui'  Kenntnis 

der   Staphyliniden-larven  (Arch.  f.  Naturgesehichte;  Berlin;   1919;  6;  pp.   1-111). 

6)  Sistema  nervoso,  sensi.  Funzioni  mentali.  Atti  riflessi  (vedi  pagg.  774-779). 

Adlerz.  Lefnadsforhallanden  och  istinkler  inom  familijerna  Pompilkìac  och  Sphegidae  (Kongl.   Svenska 

vetensk.    Handingar;  Upsala  et  Stockholm;   1910). 
Ainslie,  C.  N..  A  remarkable  case  of  homing    instiiu-t  (Canadian  Entomol.;  London.  Canada;  LII; 

pp.    50-52;    19211). 
Allen.  Grant.,  The  colour  sense  in  Inserta,  Lts  development  and  reaction   (Pi-oc.  R.  Istit.;  London; 

voi.   9;   I'.    2;   pp.   201-202;    1S79). 
Ast  F..  Ueber  den  feineren  Bau  der  Facettenaugen  bei  Neuropteren.  (Zoolog.  Jahrb..  Jena:  XLI;  Abt.  f. 

Anat.;   pp.   411-458;    1916). 
Baker  A.  C.  Suine  sènsory  structure  in  the  Aphididae.   (The  Canadian  Entomologist;  London,  Ontario; 

1917;   pp.   378-384). 
Baldi  E.,  Studi  sulla  tisiologia  del  sistema  nervoso  negli  Insetti  (The  Journ.    of  Experim.   Zool.   Phi- 

ladelphia;    XXXVI:    pp.    211-288;    1922). 
Bouvier  E.  L.,  The  psychic  lite  of  Inseets  (An   Rept.  Smiths.  Inst.;  Washington.  1918:  pp.  451-459). 
Sur  l'origine  et  les  modifications  de  l'instinct  des  Hyménoptères    paralyseurs    («  Scientia  »,  Bo. 

logna;    XXVI:    pp.    449-59:    1919). 
Brltv'  K..  Weitere  Ùntersuchungen  ueber  die  Fernorientierung  der  Ameisen  (Biolog.  Centralbl.;  Leipzig; 

XXXVI;    pp.    261-303;    1920). 
Psychologische  Forsehungen  an  Ameisen  (Aus.  Handbuch  der  biologischen  Arbeitsmethoden; 

Abt.  VI;  Teil  D.  H.  2  Verlag  Urban  u.  Schwarenberg;  Berlin  u.  Wien;  1922). 
Buddenbrock  W.,   Einige  Bemerkungen  zu  Demoll's   bueh:   Die   Sìnnesorgane  der  Arthropoden,  ihr 

Bau   un  ihre   Funktion   (Biol.   Zentralb.,  Leipzig.   XXXVIII;   pp.   385-391;   1919). 
Die  vermutliehe  Losung  der  Halterenfrage.  (Pflugers  Archiv.  f.  Physiol.;  CLXXV;  pp.  125-164; 

Bonn   1921). 
—  —  Die  Lirhtkoiui>as-.lio\ve_'un'_'en  bei  den  Insekten.  insbesondere  den  Schrnetterlingsraupen    (Sitz. 

Heidelb.  Akad.  Wissensch.,  Math.  Nat.  Klas.;  Vili;  pp.  1-20:   1921). 
Erhabdt  E.,  Zur  Kenntnis  der  Innervierung  und  der  Sinnesorgane  der  Flugel  von  Insecten  (Zool.  Jahrb. 

Jena;  XXXIX;  Abt.   f.  Anat.:  pp.  293-234:  1920). 
Ferton    Ch.,    Osbervations   sur    Fistinet    de    quelques  Hyménoptères  du  genre  Odynerus  Latr.   (Act. 

Soc.  Linn.  de  Bordeaux;   1896). 
Frisch  K..  Ueber  die  •  Sprache  i  der  Bienen  (Verlag  G.  Fischer.  Jena.  pp.  186.  1923  e  Zool.  Jahrb..  XL. 

pp.    1-lSti.    Jena). 
. Methoden  sinnesphysiologischer  und  psychologischer  Ùntersuchungen  an  Bienen   (Aus.    Hand- 
buch der  biologischen  Arbeitsmethoden;  Abt.  VI;  Teil  2.  Verlags  Urban  u.  Schwarzenberg.  Berlin  u. 

Wien,   pp.   112.  40  figg.;   1922). 
Galant  S..  Reflex  und  Instinkt  bei  Tieren  (Biolog.  Centralbl.  Leipzig;  XLI;  pp.  193-210;  1921). 
Herter  K..  Ùntersuchungen  ueber  den  Temperatursinn  der  Hausgrille  (Acheta  domestica)  und  der  roten 

Waldameise  {Formica   rufa)   (Biolog.   Centralblatt.   Leipzig;   XL11I;   pp.   282-285;   1923). 
Hess  C,  Messende  Untersuchung  des  Lichtsinnes  der  Biene  (Pflugers  Archiv  f.  Phys.;   CLX1II:  pp.  289- 
320;    1920). 

. Neues  zur  Frage nach  einen  Farbensinne  bei  Bienen.  (Die  Naturwissenschaften;  Berlin;  XL VIII; 

pp.    297-299;    1921). 
Jordan  K.,  On  the  sensory  organ  found  on  the  head  of  many  Lepidoptera.  On  the  scent-organs  in   the 

males  oi  certain  American  Castniidae  (Novitates  Zoologicae;    Tring  England;  XXX;  pp.  155-66, 
1923). 


SUPPLEMENTO     MI    \    BIBLIOGRAFIA    DEI    SINGOLI    CAPITOLI  973 

Kathariner  L.,  Das  Sehen  der  lnsekten  (Zeitsoh.  f.  wissensch.  liisektenbiologio;  XIV;   L91B;  pp.  301- 

304). 
Lodge  O.  C,  An  examination  of  the  scuso  re  ìctiims  of  Flies  (Bull,    of   Entomol.   Research;  London; 

IX;   pp:   141-152;   1919). 
Locket  G.  H.,  Tactile  vision  of  Inserta  and  Arachnida  (Nature,  London;  CXI;  pp,  570-71;  848;    1923). 
Mast  S.  O.,  Photic  orientatimi  in  Insorts.  with  spci  il  reterei  ice  io  the  drone  tly,   Eristalis  linux  and 

the  robber-fly,  Erette   ru/ib  irbis  (The  ■!  nini  il  of  Experimenfcal  Zoology;  Philadelphia;  XXXVIII; 

pp.    109-205;    1923). 
Mutschler  O.,  Der  Farbensinn  der  Biene  (Naturwissensrhaft.  Wochenschrift,  Jena;  XX:  pp.  349-350; 

1922). 
NatzmbrG.  v.,  Beitràge  zur  Instinctpsychologie  der  Ameisen  (Zeitschr.  f.  wissenschaft.  Insektenbiologie; 

Berlin;   XII;    1916;   pp.    288-292  1. 
O'Hea  F.  P.,  Tactile  vision  of  Insecl     an  I    arachnida  (Nature,  London,  CXI,  p.  498,  1923). 
Pintner  T.,  Das  Orientierungsproblem  bei  den  Ameisen  (Schr.  Ver.  Verbr.  Naturw.  Kennt.;  Wien.; 

LVI;    pp.    113-146;    1921). 
Rabaud  E.,  Róle  de  clivers  ganglions  nerveux  dans  l'immobilisation réflexe.  (Bull.  Soc.  Zool.  Fi.:  XLII; 

pp.    158-166;    1917). 
Regen  F.,  D.is  tymp.imle  Sinnesorgan  von  Thamnotrizon  apterus  Fab.  (/,  als  Gehorapparat  exper- 

mentell  nachgewiesen  (Sitzungsber  d.   k.  Akad.  Wissenschaft.;  Wien;    Bd.   CXVII;   Abth.     Ili; 

1908). 
Ueber  die  Orientierung  des  Weibchens  von  Liogryllus  campestris  L.  nach  deio  Stridulationschall 

des  Mànnchens.  Ein  Beitrag  zur  Physiologie  de}  tympanalen  Sinnesorgans  (Sitzungsberichten    d. 

Akad.  d.  Wissensch.  in  Wien.  mathem.  naturw.  Klasse;  Abt.  I;  132,  Bd.;  4-6  Hit  ;  pp.  81-88;  AVien; 

1923). 
Ueber  die  Anlockung  des  Weibchens  von  OryUus  campestris  L.  dureb  telephonisch  iibertragene 

Stridulationslaute  des  Mànnchens  (Pfluger's  Arch.  f.  die  gesamte  Phjsiologie  des  Menschen   und 

d.  Tiere;  Bd.  155;  Ht't,  3-5;  pp.  193-200;  Bonn;  1913). 
Sànchez  Y.  et  Sànchez  D.,  Sobre  la  existen?ia  de  un  aparato   tàctil   en  los  ojos  compuestos    de  las 

Abejas  (Trab.  Lab.  Invest.  Biol.  Univ.  Madrid;  T.  XVIII;  fas.  4;  1921). 
Schoenichen  W.,  Dar  Richtungssinn  bei  den  solitaren  AVespen  (Naturw.  Wochenschr.    Berlin;   Bd. 

19;   pp.   856:859.    1904). 
Smith  e  Maxwell  Lefroy.,  A  comparative  study  of  certain  sense-organs  in  the  antennae   and  palpi  of 

Diptera.  (Proceed.   of  the  Zool.  Soc.  of  London;  1919;  pp.  31-69). 
Stumper  R.,  Études  sur  les  Fourmis.  Recherches  critiques  sur  l'odorat.  (Bull,  de  la  soc.  Entomol.  de 

Belgique;    Bruxelles;  III;    pp.    24-30;    1921). 
Wasmann  E..  Die  Sinne  der  Ameisen.  Vortrag  gehaltenauf  der  Wander-Versammlung    «  Luxemburger 

Naturfreun.de  »  in  Ettelbriiek,   am.   3.   Mai    1908;   Luxemburg.   P.   Worre-Merkens.;    1908). 

■  L'udito  nelle  formiche  (Riv.  Fis.  Mat.  Sci.  Pavia;  pp.   1-7,   1908). 

Wolff  B..  Schlammsinnesorgane  (pelotakische   Organe    bei   Limnobimenlarven    (Jenaische    Zeit.    f. 

Naturw.;    LVIII;    pp.    77-144;    1922). 

e)  Produzione  ni  suoni,  odori  luce  (vedi  pag.  782). 

Batllon  De  P.  C,  Note  sui'  le  mécanisme  de  la  stridulation  ehez  Meconema  varium  (Pfiasgonuridae) 

(Annales  de  la  Soc.  Entomol.  de  Franco,  Paris;  XC;  pp.  69-80;  1922). 
Burge  W.  E.,  A  comparaison  of  the  catalase  content  of  lurninous  and  non  Iuminous    Insects    (Bui. 

Nela  Res.  Lab.  gen.  Elect.  Co.,  Cleveland,  Ohio;  I;  pp.  448-449:   1923). 
Dahlgren  U.,  The  production  of  light   by  animala  (Journal  The  Franklin    Institute,;  Philadelphia; 

1917;  pp.   323-348). 
Forbes  W.  T.  M..  The  position  of  the  Dioptidae.  Stridulation  in  another  family  of  Lepidoptera.  Haploa 

and  Callimorpha  (Journal  of  the  New  Yorck  Entomological  Society;  XXX;     pp.   71-72;    1922). 
Gounelle  E.,  Sur  des  bruits  produits  par  deus  espèces  Américaines  de  Fourmis  et  de  Termites  (Bull. 

Soc.  Ent.  France  Paris,  pp.    168-169;    1900). 
Hebard  M.,The  stridulation  of  a  North  American  Noctuid,  Heliocheilus  paradoxus  Grote  (Lep.)  (Ento- 
mologica]  News,   voi.  XXXIII;  n.   8;   p.   244;    Philadelphia;    1922. 
Kleine  F.  R.,  Haben  die  Hylobius-B,rten  einen  Stridulations  appara t?  (Zeitschr.  f.  wissenschaft.  Insek- 

tenbiologie;  Berlin;  XVI;  pp.  137-142  (eont.);   1921). 


974  SUPPLEMENTO    ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI     SINGOLI     CAPITOLI 


Lienhart  R.  Le    niécanisme    de  la  stridulation  chez  Cyrtaspis  sculetta  (Annales  de  la  Soe.    Entomol. 

de  France;   Paris;   XC;   pp.   156-160;   1922). 
Me.  Indoo  N.  E.,   The  scent-produciiig  organ  of  the  Honey-bee  (Proc.  Acad.  nat.  Se.    Philadelphia 

voi.    66;    pp.    542-555;     1914). 
Meyrick  E.,  A  luminous  insect  larva  in  New  Ze  iland.  (Entomol.  Monthly  May.  London;  voi.  22;  pp.  266 

267;  Apr.   1886). 
Minnick  D.  E.,  The  photic  reietions  of  the  Honey-bee,  Apis  mellifcra.  (The  Journ  of.   Experimental 

Zoology.;    Philadelphia;    pp.    343-426,     1919). 
Moznette  G.  F.,  Luminous   Beetles  of  Florida.  (The  Florida  Entomologist;  Gainesville;  IV;  pp.  157- 

172;    1921). 
Regen  J.,  Untersuchungen  ùber  die  Stridulation  von  Gryllus  campestris  L.  3    unter  Anvendung   der 

photo graphischen  Registriermethode;  (Sondersabdruck  a.  d.  Zool.  Anzeiger;  Bd.  XLII;  n.  3,  pp.  2; 

Leipzig;    1913). 
Untersuchungen  ùber  die  Stridulation  und  das  Gehór  von  Thamnotrizon  apterus  Fab.  <5   (Sitzun- 

gsberiehten  der  Kaiserl.  Akad.  d.  Wissenschaften  in  AVien.  mathem.  naturw.  Klasse;  Bd.  CXXIII; 

Abt.  I,   pp.  40;  Juli  Wien  1914). 
Haben  die  Antennen  fiir  die  alternierende  Stridulation  von  Thamnotrizon  apterus  Fab.  J    eine 

Bedeutung?  Ein  Beitrag  zur  Frage  des  Gehòrsinnes  bei  den  Insekten  (Pflùger's  Archiv.;   Bd.  155; 

p.    8;    Bonn;    1913). 
Swinton  A.  H.,  Note  on  tlie  Stridulation  oi  Myrmica  ruginod is  and  other  Hymenoptera  (Ent.  M.  Mag.; 

14;    1S7;   London,    1878-1879). 

d)  Attività  muscolare.  Locomozione,  movimenti  (vedi  pagg.  779-782). 

Kopec  S.,  The  influenee  of  the  system  on  the  development  and  regeration  of  muscles  and  integument  in 

Insects  (The  Journ.  of  Experimental  Zoology;  Philadelphia;  XXXVII;  pp.  15-25;  1923). 
Monnot  E.,  Le  mécanisme  du  saut  chez  les  Elatérides.  (Bull.  Soc.  Se.  et  Med.  Ouest  de   la   France; 

Nantes;  XXVIII;   pp.   17-37;   XXIX;   pp.   19-28;   1922). 
Roch  F.,  Beitrage  zur  Physiologie  der  Flugmuskulatur  der  Insekten.  (Biolog.  Centralbl.,  Leipzig;  XLIII; 

pp.   359-364;    1922). 
Ukhanco  L.  B.,  Musculature  and  mechanism  of  movement  of  the  tarsi  in  Aphids  (Psyche;  Cambridge 

Mass.;  XXVIII;   1921;  pp.  63-67). 

e)  Nutrizione.  Nutrizione  plastica.    Respirazione.  Riserve,   Circolazione.  Fagocitosi.  Escre- 
zione (vedi  pagg.   783-790). 

Bordas  L.,  Étude  anatomique  et  histologique  de  l'appareil  digestif  des  Lépidoptères  adultes   (An.    Sci. 

Nat,;    Paris,    Zoo].;    Ili;    pp.    175-250;    1921). 
—  —  Sobre  la  estructura  y  funcionamento  de  los  estigmas  en  el  Ortoptero  Blatta  orientalis    (R.  Soc. 

Espan.  Hist.  Nat.   Madrid;    1921;   pp.   24-41). 
Brocher  F.,  Étude  expórimentale  sui'  le  fonctionnement  du  vaisseau  dorsal  et  sur  la  circulation  du 

sang  chez  les  Insectes.  La  Vespa  crabro  (Annales  de  la  Soc.  Entom.  de  France;   Paris,  LXXXIX; 

pp.   209-232;   1921). 
Étude  xspérimentale  sur  le  fonctionnement  du  vaisseau  dorsal  et  sur  la  circulation  du  sang  chez 

les  Insectes.  V.  {Ibidem;  XCI,  pp.   156-64;  1923)  et  (Arkiv  for  Zoologi;  LX;  pp.  1-45;  Stockholm; 

1922). 
Bruch  C, ,  Regimen  de  Alimentation  de  algunas  Hormigas  cultivadoras  de  Hongos  (Physis.  Revista  de  la 

Soc.  Argentina  de  Ciencias  Naturales;  Buenos  Aires;  V;  pp.  307-311;   1922). 
Buddenbrock  u.  Rohr.,   Die  Atmung  von  Dixippus  morosus  (Zeit.  f.  aligera.  Phys.,   XX;  pp.   111-160; 

Jena;    1923). 
Dewitz  ,L,  Bedeutung  der  oxydierenden  Fermento  (Tyrosinase)  fiir  die  Verwandlung  der  Insektenlarven 

(Zool.   Anzeiger;    Leipzig;    XLVTI;   pp.    123-124;    1920). 
Ely  C.  R.,  Recent  entomologica!  chemisti  v  and  some  notes  concerning  the  food   of    Insects  (Proceed. 

Entomol.  Society  of  Washington,  XX  pp.  112-114;  1918). 
Gericke  H.,  Atmung  der  Libellenlarven  mit  besonderer  Berùcksichtigung  der  Zygopteren  (Zool.  Jalirb 

Jena.   Abt.  f.   allg.   Zool.;   XXXVI;   pp.    157-196;    1921). 


SUPPLEMENTO    Ali    \      B .KUIA     IMI     SINGOLI    I    M'ITOLI  97."i 


Hagen  H.  A.,  Reapiration  of  the lax vae  of  Euphaea  (Calopteryx)  (Entom.  Monthly  Mag.  London;  voi.  17; 

p.  90;  1880). 
Sasebrock  K..   Die  Dopaoxydase.  eìn  nenos  inelanisiorendes   Ferment  im  SchmetterlingsOTganisiniis. 

(Biol.    Centralbl.,    Leipzig;    XLI;    pp.    367-373;     1921). 
Hungerford  H.  B.,  Oxyhaemoglobin  presenl  in  backswimmer,  Buenoa  marga/rìtacea.  (Canadian  En- 

tomol.  Guelph  Canada;   L1V;    pp.    262-263;    1922). 
Koch  A..  Die  Atmung  der  Culicidenlarven  (Mit.  Zool  In-t .  Westf.  W'ihl.  Univ.  Mùnster;  111;  pp.  31-41; 

1921). 
Ki'hl  W.,  Der  feinere  Bau  des  Zirkulationssystems   von  Dytiac/us  marginalia  (Senckenbergiana;  Frank- 
furt a.  M.;  Ili,  pp.  10-19;  1921). 
Meikle  Brown  I.,  Some  points  in  the  anatomy  of  the  larva  of  Tipula  maxima.  A  contribution  to  our 

Knowledge  of  the  Respiratimi  and  Circulation  in  Inseets  (The  Transac.  of  the  Lin.  Soc.  of.  London; 

voi.  XI;  part.  7:  pp.  125-13-3,   1910). 
Muttkowski  H.  A..  Studies  on  the  blood  of  Inseets   (Bull,  of  the   Brooklyng  Entomological    Society; 

XVIII;    pp.    127-130;    1923). 
Studies  on  the  Respiration  of  Inseets  I.  The  gases  and  respiratory  proteins  of  Insect  blood   (An- 
nate of  the  Entomol.  Society  of  America;   Columbus,   Ohio;  XIV;   pp.   150-156;   1921). 
Petersen,  H..  Beitràge  zur  vergleichenden  Physio logie  der  Verdauung  V.  Die  Verdauung  der  Honigbiene 

(Ardi.   ges.   Physiol.;    145  Bd.;   pp.    121-151;    1912). 
Regen  J.,  Der  Kropf  von Liogryllus  cani pesi r ì a  L.als  Organzur  Aut'nahme  von  Luft  zur  Zeit  der  Hautung 

(Sitzungsberichten  der  Akademie  der  Wissenschaften  in  Wien  mathem.  naturw.  Klasse;  Abt.  Ili, 

130  und    131    Bd.;   pp.   21-23;  Wien    1922). 
Sartn  E.,  Ueber  Fermento  der  Verdauungsorgane  der  Honigbiene  (Biochem.    Zeit.;  Berlin;  CXXXV; 

pp.    59-84;    1922)'. 
Vax  der  Heyde  H.  C,  On  the  respiration  of  Dytiscus  marginalia    (The  Journal  of  Experim.  Zool.; 

Philadelphia;    XXXV;    pp.    335-352;    1922). 
Welch  P.  S.,  The  respiratory  mechanism  in  certain  aquatic  Lepidoptera  (Trans.  Amer.   Microscop. 

Soc.;  XLI;  pp.  29-50;   1922). 

/)  Autofilassi.  Secrezioni  difensive,  Autoemorrea,  Autotomia,  Rigenerazione  e  transplanta- 
zione,   Necromtmismo,   Mimetismo,   Atteggiamenti  difensivi   (vedi  pagg.    790-7915). 

Bemmelten  J.  F.  (vak),  Das  Farbenmuster  der  mimetischen  Schmetterlinge.  (Zool.  Anzeiger;  Leipzig; 

LII;   pp.    269-277;    1921). 
Cholodkovsky  N.,  Sur  les  papilles  eversibles  des  larves  Tentr4dinides  du  genre  Nenmtus  (Revue  Zo.  ili  ig. 

Russe;  Moscow.;   I;   pp.  216-219;    1917). 
Cockerell  T.  D.  A.,  A  Wasp  resembling  a  Bee  (Entom.  News;  voi.  XXVI;  p.  268;  Philadelphia;  1915). 
Dixey  F.  A..  The  gè 3graphieal  factor  in  Mimiery.  (Transact.  of  the  Entomol.  Society  of  London;  1920; 

pp.  208-211). 
Donisthorpe  H..  Mimiery  of  ante  by  other  Arthropods    (Transactions  of  the  Entomological  Society 

of  London;   1921;  pp.  307-311). 
Eikertinger  F.,  Exakte  Begriffsfassunu'  un  1  Terminologie  im  Problem  der  Jlimikry  und  verwandter 

Erscheinungen.  (Zeitschr.  f.  wissenschaft.  Insektenbiologie:  Berlin;  XV;  pp.  57-65  1920). 
Fourcroy  (de)  A.  F.,  Sur  la  natiu'e  chimique  des  Fourmis  et  sur  l'existence  simultanee  de  deux  acides 

chimiqnes  dans  ces  Inseetes  (Ann.  Mus.  Hist.  Nat.;  1;  333;  1802). 
Gahan  C.  J.,  The  «  death  wacht   >:  notes  ani  observations  (The  Entomologist,  London;  1918;    pp.    121- 

125). 
Giacomelli  E.,  Mimetismo  verdadero  y  espurio.  (l'hysis.  Revista  de  la  Soc.  Argentina  de  Ciencias  na- 

turales;  Buenos  Aires;   V.;   pp.   224-229:    1922). 
Hartman  C,  Swarming  Inseets  simulating  Snoke  (Science.  Garrison  on    the    Hudson;    New    York; 

LVTI;   pp.    149-150;    1923). 
Heikertlnger  F.,  Die  morphologisch  —  analytische Methode  in  der  Kritik  der  Mimikrvhypothese.  dar- 

gelegt  an  der  Wespenmimikry  der  Bockkafer.  (Zool.  Jahrb.;  Jena:  XLIV;   Abt.  f.   Syst.,  pp.  267- 

296;    1921). 
Ueber  die  angebliche  Giftwirkung  des  Coccinellidenblutes,  (\\  iener  Entomol.  Zeitung;    Wien; 

1921;    XXXVIII;    pp.    109-113). 
Die  Wespenmimikry  oder  Sphekoidie  (Verhandl.  d.  zoologisch-botanischen  Gesellschaft  in  Wien; 

LXX;    pp.    316385;    1922). 


976  SUPPLEMENTO    ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI    SINGOLI    CAPITOLI 

Holmberg  E.  L.,  Un  caso  de  mimetismo  en  las  Abejas  («  Physis  »,  Revista  de  la  Sociedad  Argentina  de 

Cieneias  naturales,  Buenos   Aires;  III;  pp.  90-91;  234-237;   1918). 
Hovvlett  F.  M.,  Proteeti  ve  movements  and  rs  nge  o£  vision  in  Platypezid  flies  (Pro.  Fourth  Ent.  Meet. , 

Pusa:   pp.   279-286;    1922). 
John  O.,  On  a  case  of  probable  Regeneration  of  a  leg  in  a  Thysanopteron.  (Annals  and  magaz.  of  Nat. 

Hist.;   London:   XII;   pp.   532-534;    1923). 
Lyssy  R.,  Recherches  expérimentales  sur  le  venin  des  Abeilles   (Archiv.   Intein.   Physiol.,  Paris;  XVI; 

pp.     272-287;     1921). 
Mottram  J.  C,  Some  observations  on  the  feeding-habits  of  Fish  and  Birds,  with  special  reference  to 

warning  eoloration  and  Mimicry  (Journal  of  the  Linnean  Soc.  of  London;  XXIXV;  Zool.;  pp.  47-60; 

1920). 
Paillot  A.,  Ròle  des  humeurs  dans  la  destruction  extracellulaire  des  Microbes  chez  les  Insectes  (Comp. 

Rend.  des    Séances  de  l'Acad.  de  Sci.  Paris;  C'LXXII;  pp.  876:878;   1921). 
Pantel  e  Sinety.  Réaction  chromatique  et  non  chromatique  de  quelques  Phasmides  aux  excitations 

dependant  de  la  lumière  (Bull.  Biolog.  de  la  France  et  de  la  Belgique;  Paris;    LII;    pp.    177-283; 

1919). 
Perfiljew  P.,  Ueber  den  mechanismus  der  Kiemen.-Autotomie  bei  den  Larven  einiger  Libellen  (Archiv 

f.  mikroskopische  Anatomie  und  Entwicklungf-meth;  nik;  Peilin:  XCVIII;  pp.  282-291;  1923). 
Poppitjs  tjnd  Bergroth,  Beitrage  zur  Kenntnis  der  myrmecoiden  Heteropteren   (Anni  les    Historico- 

Naturales  Musei  Nationalis  Hungarici;  Budapest;  XVIII;  pp.  31-88;  1922). 
Pryer:  H.  J.  S.,  On  two  remarkable  cases  of  Mimicry  from  Elopura,  British  Northern  Borneo  (Trans. 

Entomol.  Soc.  London;  1885;  P.  Ili;  pp.  369-374). 
Przibram  H..  Fangbeine  als  regenerate  Fussglieder  an  kaeferfùlilern.  Regeneration  beim   hautflùgler 

Cimbex  axillaris    (Archiv   f.    Entwicklungsmechanik   der    Organismen;  Berlin,   XLV;   pp.   39-82; 

1921). 
Reh   L.,    Die   Wespenmimikry   der   Sesien  (Verhandl.   zoologisch-botanischen  Gesellschaft    in    Wien; 

LXX;    pp.    99-112;    1922). 
Regen  J.,  Regeneration  der  Vorderflugel  und  des  Tonapporates  bei  Gryllus  campestris  L.  (Sonderab- 

druck  a.  d.  Zool.     Anzeiger  Bd.;  XXXVIII;  pp.  4;  Leipzig;  1911). 
Rlley  N.  D.,  Translation  of  Finkler's  communication  on  the  Head-transplantation  in  Insects  (The  en- 

tomologist,    London;    LVI;    pp.    143-144). 
Scttaxel  e  Adensamer,  Ueber  experimentelle  Verhinderung  der  Regeneration  bei  Phasmiden  (Zoologi 

Anzeiger;   Leipzig;   LVI;   pp.    128-33;    1923). 
Sttjmper  R.,  Le  venin  des  Fourmis  en  particulier  l'acide  formique.  (Annales  des  Sciences  Naturelles; 

Paris;  Zoologie;  V;   pp.    105-112;   1922,   Paris,   LI,   pp.   174-176;   1923). 
Nouvelles    observations    sur    le    venin    des  Fourmis  (Comptes  Rendus  de  l'Acad.  des  Sci.  Paris; 

CLXXIV;   pp.   413-415;    1922). 
Thomson  A.  L.,  Notes  on  the  Regeneration  of  the  fore-limb  in  various  genera  of  Mantidae   (Archiv  f. 

Entwicklungsmechanik  der   Organismen;   Berlin;   L.;   pp.    192-202;    1922). 
Uvarov  B.  P.,  A  new  case  of  trasformative  deceptive  Resemblance  in  long-Homed  grasshoppers   (Tran- 

sactions  of  the  Entomol.  Soc.  of  London;   1922;  pp.  269-274). 
Vignon  P.,  Sur  le  Mimétisme  des  Sauterelles  Pterochrozées  (Comptes  Rendus  des  Séances  de  l'Acad. 

des  Sciences;  Paris;   1923;  pp.   1348-1350). 
Que  faut-il  penser  du  Mimétisme?  (Rev.  Scientifique;  Paris;  LXI;  pp.  515-520;  1923). 

g)  Sonno  e  letargo.  Ibernazione.  Vitalità  e  longevità.  Morte  (vedi  pagg.  796-797). 

Baumb  erger  J.  P.,  Hibemation:  a  periodical  phenomenon  (Annals,  Entom.  Society  of  America;    X, 

pp.    179-186;   Columbus,   (Ohio)   1917). 
Finck  D.  E.,  Hibernating  habits  of  two  species  of  lady  birds.  (Journ.  of.  Economie  Entomol.  Concord., 

N.  H.,  XII,  PP-  393-395;   1919). 
Keilin  Di.,  Sur  quelques  modes  particuliers  de  resistance  des  larves  de  Diptères  contre  la  dessication. 

(Bull.  Soc.  Entom.  de  France;  Paris;   1918;  pp.  66-68). 
Maxwell  H.,  The  Hibemation  of  the  House-fly  (Nature;  London  C1V;  pp.  435-436;  1920). 
Metcalf  Z.  P.,  The  age  of  Insects   (Journ.  Eliska  Mitchell  Sci.  Soc,  XXXVII;  pp.  19-53;  Chapel  Hill, 

N.  C.   1922). 


SUPPLEMENTO   ALLA    BIBLIOGRAFIA    DEI    SINGOLI    CAPITOLI  977 

Passerini  N.,  Sulla  morte  degli  Insetti  per  inanizione.  (Bull.  il.  Sue  Entomol.  Italiana;  XVII;  pp.- 217- 

228;    Firenze;    1885). 
l'i:  \iiL  R.,  The  biology  of  Death.  Experimental  studies  on  the  dura  timi  of  Life  (The  Sdentine  Monthlyj 

Lancaster  Pa.;  XIIIj  pp.   144-164;   L921). 
FIegen  J.,  Untersuehungen  iiber  den  Wintorschlaf  iler  Larven  vo'n  Gryllus  eampestris  L.  (Sonderab- 

druck  aus  dem  Zool.  Anzeiger;  Bd.  XXX;  n.  5;  pp.  7;  Leipzig;  1906). 
Rolbaud  E.,  Sommeil  d'hiver  cedant  à  l'hiver  chez  leslarves  et  nymphes  de  Muscides.  (Comptes  Rendus 

de  séances  de  l'Acad.  des  Sciences;  Paris;  CLXXIV;  pp.  964-966;    1922). 
Szymanski  J.  S.,  Die  sogennante  tierische  Hypnose  bei  einer  Insektenart  (Prhmci's  Archiv.;   CLXV1; 

pp.  528-530;  Bonn,   1923). 

Capitolo  VII.  —  Bibliografia  relativa  alle  Società  degli  Insetti  (vedi  pag.  897). 

Bti  kford  E.  E.,  Ueber  die  Morphologie  und  Physiologie  der  Ovarien  der  Ameisen-Arbeiterinnen  (Zool. 

Jahrb.,   Abth.    Syst.  9;  pp.   1-26;   1895). 
Bovino  A.  G.,  The  larvae  and  pupae  of  the  social  Beetles,  Coccidotroph.ua  socialis,  and  Eunausibius 

wltccleri,  with  remarks  on  the  taxonomy  of  the  family  Cucujidae  (Zoologica.  Scientific.  Contribu- 

tions  of  the  New  York  Zoological  Society;  III:  pp.  197-224;  1922). 
Bruch  C,  Estudios  mirmecologicos    (Ri-vista  del  Museo  de  la  Piata;  Buenos  Aires;  XXVI;  pp.   175- 

191;    1923). 
Britn    R.,    Die    moderne    Ameisenpsv<']i<>|onje   ein   anthropomorphistischer   Irrtnm?   (Biol.  Centralbl., 

Leipzig,    XXXVII;    pp.   357-372;    1920). 
Burrell  e  Smith..  Key  to  the  species  of  Wisconsin  Ante,  with  notes  on  their  habits  (The  Ohio  Journ. 

of  Science;  Columbus;  XIX;  pp.  279-92;   1919). 
Doflein  F.,  Der  Ameisenlòwe  (Verlag  v.  Fischer,  Jena,   1916). 
Donisthorpe  H..   The  colony  founiling  of  Acanthomyops  (Dend 'rotasi us)  juliginosus  (Biological  Bull. 

of  the  Marine  Biological  Laboratory,  Woods  Hole,  Mass.;  XLIII;  pp.  173-184;  1922). 
Heikertinger   F.,  Die  metoke  Myrmekoidie.  Tatsaehen.  Material   zur  Lòsung  des  Mimikryproblems. 

(Biolog.   Centralbl.;   Leipzig;   XXXIX;   pp.   65-102;   1920). 
Zur  metoken  Myrmekoidie  (Zeitschr;  fur  wissenschaft.  Insektenbiologie,  Berlin;  XXV;  pp.  31-42; 

1923). 
Schrottky  C,   Soziale  Gewonheiten  bei  solitaren  Insekten  (Zeitschr.  f.  wissensch.  Insektenbiologie;. 

Berlin,   XXII;   pp.   49-57;    1922). 
Stumper  R..  Ueber  einige  Anomalien  des  Ameisenlebens  (Archiv.  f.  Naturges.,  Berlin;  1919;  A  5;  184-91); 
Études  sur  les  fourmis.  II  Observations  sur  la  genèse  d'une  piste  du  Lasius    fuliginosus  (Bull. 

de  la  Soc.  Entomol.  De  Belgique;  Bruxelles  III;  pp.  84-88;  1921). 
L'établissement  des  nouvelles  colonies  chez  les  Fourmis.  (Annales  de  sciences  naturelles,  Zoologie 

Paris;    1923;   VI;   pp.  95-105). 
. Études   sur  les  Fourmis.  V.  Les  réflexes  de  nettoyage  (Bull,  de  la  Societé  Entomologique  de  Bel- 
gique,   Bruxelles;   V;   pp.    29-31,    1923). 
Wasmann  È.,   Alte  Berichte  ueber  die  Atta-nester  Sudamerikas,  mit  einem  statischen  Vergleich  der 

Anpassungen  an  Atta  und  an  Eciton  (Biolog.  Centralblatt;  Leipzig;  XLIII;  pp.  106-115;    1923). 
Wheeler  \V.  M..  Astudy  of  some  social  Beetles  in  British  Guiana  and  of  their  relationes  tothe  Ant-plant 

Tachigalia.  Notes  on  the  habits  of  European  and  X.  Am.  Cucujidae    (Zoologica.  Scientific  Contri- 

butions  of  the  New  York  Zoological  Society;  III;  pp.  35-136;  173-183;  1922). 
A  new  case  of  parabiosis  and  the  «  Ant  gardens  »  of  Britisch  Guaiana    (Ecology;  II;  pp.  89-103; 

1921). 
Observations  on  Army-ants  in  Britsch  Guiana.  (Proc.  Amer.  Acad.  ArtseSci.  Boston LVI;  pp.  291- 

328;    1921). 


A.   Berlese,  Gii  insetti,  II.   —  123. 


Indice  degli  Autori 
i  cui  lavori  sono  citati  nella  Bibliografia  dei  singoli  capitoli 


Cap.  I.   Gli  affini  degli  In--.  1: —   Ai    C^p.  V.  L:adult-o  negi:  zione  della 

specie;   —  i-in)  Cap.  II.  L'antichità  degli  Insetti;    —    (CI)    Cap.  HI.  Classificazione  ::    — 

(G)  Cap.  IV.   Le  età  giovanili  degli  Insetti;  —    l     Cip.  VI.   L'individuo   □   .  per  la  propria 
vazione:  —  (.5)  Cap.   VII.   Le   Società. 


Aaron   S.    I.    -    (Ad).    58? 

ne  A.     .!  r  .      587 
Acqua    C.    -    (I  . 
Adensamer.     vedi:      Sehasel. 
Adler  H.   -  (Ad).   577 
Adlerz     G.- 
Agnus   31.    -    (Ai.;.     1S2. 
Ainslie  C.   X.   -     I  .   y74. 
Aiutolo  (De)  '-  143. 

Albin   E.  140,    117. 

Albors  X.   31.    -      - 
Albrecht    J.    P.    ■ 
Aldovrandu?  U. 

1S2:    .?  .    909. 
Alessandrini  G.  28: 

Aliken  J.   D.   -     - 

>us   A    -      - 
Alien  E.   C.   - 
Alien     Grant       2 
AUen   H.    A..    -    (in''.     182 
ATlmann    G.    -      A  .    143. 
Alsari ..  .        mas 

143. 
Alt     -     il        7S 

Alte  -  31.   -    .-:    .   1^2. 

Amans  P. 
Anderez;   E.- 
Anderlini  F.    -     G  .    332. 
André    E.    -    (<?);    33'-         -        -    - 

909. 
Andreucci    A.    - 
Andrews    H.    V.     - 
Andries    31.     -      G  .    Sòl. 

.    -  i  ■  :    78 

Araki   T.    -      l 
Arendsen  Herc   - 
Armbrufter    L.    ■       - 
Arnhart    L.    -     .1 

143. 
Ashmead  W.    H.    -     Ad.    587 


Ashworch  J.   H.   -     /  .    796. 

Assmuth    J.    - 

Ast  F.  -    ;     -" 

Athus  31.    - 

Aubé;     vedi:     Raspali. 

Aubert  H.  et  Wimma  F. 

583 
Audouin  J.   V.  .    147: 

:       797. 
-  Tlianus:      vedi     Alsarius. 
Aurifaber  A.   - 
Auriviflius  a 

vedi    anche:    Mayr. 

Ausserer    A.    -     A  .    147. 
- 


Babak    -    (J 

Bach  31.    - 

Bachelier   L.    -     A.  .    149. 

Baehmann    31.         (1 

-    • 
Bachmetjew  P.  -  [Ad      "'     581 
Baehr  W.  B.    v:n.  - 
Baelz  E.  e 

- 
Raillon  P. 

Baker  A.    -  777 

Ralbiani  E.  57 

583 



Raldi  E.   -     l      774 
BaKouT   F.   31.    -     A  .    142. 

e   LaneastT  142. 

330. 
Balzan  L.    -  ( 
Bandelc-    E.    -     ; 
I  Bandenfleth    ed  78 

Bandennann   F.    -     4 
U,  147 


Bar    - 

Barber    G.    W.    ■ 
Barboteau    -      S  .    909. 
Barchard   E.    V.  - 

Barclay   J     .      - 

■ri    H.    - 
Barfurth    D.    - 

909. 
Barker    E.    E.      - 
Barker  E.  W.         .-: 
Barici   W.    F.    - 
Barre. r     O.    -      fi  ,    906. 

vedi   anche:  Fairc-hild    D. 

Barro Tvs   TV.   31.    -     :       773 
L.  A.  De  - 
- 
Basile   C.    -     Ad  .    966. 
Bassett   H.   F.    -     A 

e  --.  •:.  a.  -    a 

-.    A.    -      :       782 
Baiali:  :,.  961.  963. 

e  Couvreur  E.  -    G  .  963. 

Bates  H.  W.  - 
Bateson  W 
332: 

e  Brindi ey  H.  -  ( A     ,578 

Bath  W.  - 

Baudenrnann   F.    -    (G :,    330. 
Baumann   E.    -      - 
Baumberg  J.  P.        2        -       797 
78 
E   rtner  W.   I.    - 
Baunacke    - 

Beaurr,  m  :    radi    DuOey    P.    K- 
Beauregard   H  UH. 

l.  -    a  .     a 

Beddard  -     _" 

:•:.  w.  - 

31.    e    Quai^t    E.     - 

-- 

- 
Benec: 


980 


INDICE    DEGLI    AUTORI    I    CUI    LAVORI    SONO    CITATI    NELLA     BIBLIUC 1RAFIA 


Bonetti    W.    -    (S),    904. 
Bengtson    S.    -    (67),    328. 
Benmelten  J.  F.  (van)    -    (I),  977. 
Benton   F.    -    (S),    904. 
Berendt    G.    C.    -    (Ari),    182. 

;  vedi  anche:  Koch  F.  C.  L. 

Bergevin  (De)  E.   -  (Ad),  578. 
Bergroth;  vedi:  Poppius. 
Bergsoe  V.    -   (A),    147. 
Berlepsch  A.  (von)  -  (S),  904. 
Berlese  A.   -   (A),    140,    144,   149, 

151;   (67),    330,  333,   963;  (Ad), 

578;  967. 
Berlese  A.   N.   -   (A),   144. 
Bernard   C.    -   (7),    787. 
Bernhard   C.    -   (Ad),  587. 
Bernoulli     -     (Ad),     585. 
Berrois    J.    -    (Ad),    587. 
Bert    P.     -     (7),     776,     783,     790. 
Berthelot    -    (S),    909. 
Bertin   L.    -    (Ad),   967;  (7),  785. 
Bervoets  R.  E.   -  (7),  781. 
Bethe    A.    -    (7),    774,    777;    (S), 

898,    899. 
Bethune  C.   J.   S.   -   (S),   904. 
Bettany   G.   T.    -   (S),   909. 
Beutenmùller     W.     -     (Ad),     587. 
Bezzi    M.    -    (Ad).    578. 
Bickford    E.    E.    -    (S),    979. 
Bidie    G.     -    (S),    918. 
Biedermann   W.    -    (7),    773. 
Bigelow   E.   F.    -    (S),    904. 
Bigge    E.    -    (S),    902. 
Bilberg   -    (S),    909. 
Biot   J.    B.    -   (S),    897. 
Bird    J.    F.     -    (Ad),    967. 
Birschall    T.    -    (Ad),    578. 
Birula    A.    -    (A),    147. 
Bisson  E.   -  (Ad),  966. 

;    vedi    anche:    Verson    E. 

Blackbourn   B.    (Ad),   972. 
Blackwal    J.    -    (4),    147. 
Blair  K.  C.  -  (7),   782. 
Blaisdell     F.     E.      -     (Ad),     578. 
Blake  J.   -   (7),   909. 
Blanc    L.    -    (G),    332. 
Blanchard   R.    -    (,4),    142. 
Blanford   W.    F.    H.    -    (S),    918. 
Blasius    -    (Ad),    587. 
Blochmann   F.    -    (Ad),    578;    (S), 

897,    909. 
Blunck    H.    -    (Ad),  576;  (7),  791; 

(G),    961. 
Boas   J.    -    (Ad),    966;    (G),    333, 

963. 
Bode   A   von.    -   (An),    182. 
Boerner    I.    C.   H.    -   (S),    909. 
Boeving    A.    -    (G),    328. 
Bogdanoff   E.  A.    -   (A),    144. 
Bogdanow    E.    -    (7),    786,    787. 
Bohls    J.  (Ad),     972. 
Bohn   G.    -   (7),    778. 
Boisduval,     Rambur,     Grassin,     - 

(G).     328. 
Boiteau   P.    -   (Ad),   585. 
Boldyrev    B.    (Ad),    576. 
Bolivar  J.   -   (.4),    147;   (Ad),  576, 

970. 
Bollman  Ch.   H.   -   (.4),   149. 
Borame    L.     -    (S),    '.mi. 
Bonatelli    F.    -    (S),    909. 


Bonfigli    B.    -    (Ad),    967. 
Bonnet  Ch.  -  (Ad),  578;  (7),  783. 
Bonnier    G.    -    (I),    776. 

(S),    899,    905. 
Bonnior   P.    -   (7),    776. 
Bono   (De)    -    (7),    792. 
Bonomo  G.   C.   (A),    144. 
Bordage  E.  -  (Ad),  578;  (G),  963; 

(I),    792,    793. 
Bordas  L.  -  (7),  786,  790,  791,  976; 

(S),  902. 
Borgert    H.     -     (7),     791. 
Borggreve    H.    •    (Ad),    578. 
Borgmann    H.     -    (Ad),    966. 
Bòmer   C.    -   (A),    151;   (Ad),   578; 

(G),    963. 
Borre  A.   -   (A),    149. 
Borri   C.   -   (7),   783. 
Bory   S.   Vincent.    -   (A),    144. 
Bos   H.    -    (S),    909. 
Boschulte    -    (A),    144. 
Bosniaska  S.   -   (De)   -   (An),    182. 
Bott    P.    -    (S),    905. 
Bouchard   A.    -    (7),    786. 
Bouchard    Ch.    -    (A),    144. 
Bounoure  L.   -   (67),   968;   (7),  773. 
Bourge    W.    E.    -    (7),    782. 
Bourgeois    J.     -     (S),     910. 
Bourguignon    H.    -    (.4).    144. 

—  —  ;  vedi   anche:    Delafond    O. 
Bouvier  L.    -    (A),    142;  (7),   772, 

776,    778,    974;    (S),    899,   905, 

910. 
Bóving  A.   -  (Ad),   587;  (S),  979. 
Bowater    W.    -    (Ad),    578. 
Brand    A.     -    (Ad),    578. 
Brandes   G.   -   (Ad),  578;  (S).  899. 
Brandt    A.    •    (G).    327. 
Brandt  E.  (7),     788. 
Brandt    J.    F.    -    (A),    149. 
Brandt   e   Ratzeburg    -    (A),    142. 
Brauer     F.     -     (Ad),    578;     (An), 

182;  (67),  328,  330,  960. 

-  —   Redtenbacher    J.     e    Gan 
gelbauer    L.    -    (An),    182. 

Braun  M.    -   (.4),    142. 
Brauns   H.    -    (S),   905. 
Braxton  H.   Guilbeau   -   (7),    791. 
Brebisson     •     (,4),      140. 
Breed    R.    S.    -    (G),    333. 
Breitenbach   W.    -   (7),    786. 
Bresslau    -     (Ad),    966. 
!  Brèthes    J.    -    (7).    902. 
|  Breyer    -    (Ad),    585. 
Bridges   C.   B.    vedi    Morgan. 
Briggs   F.    -   (Ad),    579. 
Briggs   T.    -   576,   579. 
Brindley  H.   -  (7),  793. 

-  vedi     anche:     Bateson   W. 
Brocher  F.  -  (Ad),  966;  (67),  963; 

(7).    772,    782,    783,    784,    788, 

973,  976. 
Brodie    P.    B.    -    (An),    182. 
Bròlemann    H.    W.     -    (A),     149. 
Bromell  Magnius  -  (An),   182. 
Brongniart  Ch.  .T.  E.  -  (An),  182- 

183. 
Bruch   Ch.    •   (Ad),   587;    (7),   976; 

(S),    910,    979. 
Briicke    E.    T.    (von)     (67),      333; 

(7),    787. 


Brucher   E.   A.   -   (.4),    144. 
Brues  Ch.   T.   -   (in),  183,   959; 

(S),    910. 
Brulle    A.    -    (An),    183. 
Brun  R.  -   (7),  777,  974;   (S),  899, 

979. 
Brunelli    G.    -    330;  (67),    963. 
Brunn    (von),    -    (Ad),    585. 
Brunner     von    Wattenvvyl    .    (7), 

773. 
Bruntz    L.    -    (7),    790. 
Bruyne    (de)    Ch.    (7),   786. 
Bucher    W.    -    (67),    962. 
Buchholz   R,    -    (S),    897. 
Buckingham  E.  N.  -  (S),  910. 
Buckner   P.    -   (67),   328. 
Buckout    -   (Ad),   587. 
Buddenbrock   W.    -    (von),    •    (7), 

779,     974. 

e   Rohr    -    (7),    976. 

Buffa   P.    -   (Ad),   585. 
Bugnion  E.  (67),  328,  963. 
-   788,  795    (S),  918. 

e   Ferrière  C.    -    (S),  918. 

-    e    Popoff    N.    -    (7).      776; 

(S),    918. 
Buhk   F.    -    (Ad),    576. 
Buist    G.    -    (S),    902. 
Bull    L.     -    (7),    781. 
Burge   W.    E.    (7),    975. 
Burnens   A.   -   (67),   964. 
Burr    M.    -    (Ad),    579. 
Burrell  e  Smith  (S),  979. 
Bushner    -    (7),    778. 
Butschli   O.    -   (7),    784. 
Buttel-Reepen  H  (von)  -  (Ad),  966; 

(7).    777,    778;    (S),    897,     899, 

905, 


Cabot    -    (G),    960. 

Cajal  S.  R.   e  Sànchez   D.    •   (7), 

774. 

;  vedi     anche:     Ramon     S. 

Calori  L.   (Ad),   587. 

Calvert   P.    -   (Ad),   587;   (7),   784. 

Camerano  L.  -  (A),  143,  579,  587; 

(Ad),    968,  972;    (7).   784,  796. 
Cameron  A.  F.   (An),  959. 
Cameron   P.    (Ad),    585;    (7),    795. 
Campos  F.   (Ad),   968. 
Canavari    M.    (An),    183. 
Candèze  E.   -  (7),   791. 

;  vedi     anche:     Chapuis. 

Canestrini    A.    -    (S),    897. 
Canestrini    G.     -    (.4),     144.     147. 

-    e  Fanzago  F.  -  (^4),    144. 
-   e  Kramer  P.  (,4),  144. 

e  Pavesi  P.   -  (.4),   147. 

Canestrini   R.    -    (7),    797. 
Caparini    (A),     144. 
Capellini    G.    -    (An),    183. 
Capparelli    A.     -    (67),    964. 
Cappe  De  Baillon  P.  -  (.4</),  972; 

(7),    782. 


ENDICE    DEGLI    Al'ToHl    l    cri    LAVORI    SONO    CITATI    NELLA    BIBLIOGRAFIA 


98] 


Carlet    G.    -    (0),    328;   (7),    780. 

Carlson    A.    J.    -    (7).    788. 

Carpenter    G.    H.     -     (Ad).    579 
(/).    773;    (S),     897. 

Carpi;     vedi:     Morgenroth. 

Carus   .1.    V.    -    (Ari),    579. 

Casaynmde     1).     {(;).     333. 

Casper     -     (7),     791. 

Casteel  D.   B.   •   (S),   905. 

Castellet    E.    (De)    -    [Ad),    585 

Castelli    G.    -    (A),    149. 

Castels   J.    -    (S),    910. 

Castle  W.  E.  -  (Ad),  9(36;  (S),  897 

Cattaneo    G.    -    (7).    795. 

Causard   M.    -   (.4</).    330,    587. 

Cavanna    G.    -    (A),     149. 

Gavazza  F.  -  (Ad),  576,  579,  966; 
(7).      797. 

Ceballos    G.    -    (<4rf),    968. 

Cecconi    G.    (An),    183. 

Cestoni    D.    -    (.4),     144. 

Chabaud    A.    -    (G).    330.  963. 

Chabrier   J.    -   (7),    781. 

Chaine   J.    ■    (S),    918. 

Champion  G.  et  Chapman   Th.    - 
{Ad),     588. 

Chapellier    -    (7).    797. 

Chapman  Th.   A.    -   (G),  330    962: 
(S),    905. 

;  vedi  anche:  Champion  G. 

Chapuis   et   Candèze   -   ((?),     328. 

Chatany    J.    -    (Ad),    579. 

Chatin    J.     -    (7),     775.     776. 

Cheshire    F.   R.    -    (S),    905. 

Chiabrera     C,     vedi:     Penzig     O. 

Child    e    Young    -    (7),    793. 

Chinaglia    L.    -    (Ad),    579,    588. 

Cholodkovsky  N.  -  (Ad),  576,  579; 
(7),  792,  977;   (S),    899. 
—    Cuénot,    Lutz,    Magretti, 
Porta  ecc.  -  (7),  792. 

Chopard    R.    -    (7),     797. 

Christ    J.   L.    -   (S).   897,   905. 
Christeller    E.    -    (Ad),    968. 
Chyzer    -    (Ad).    588. 
Claus  C.  -  (Ad),  579,  585;  (S),  905. 
Cleare   L.   D.    -   (Ad.),   972. 
Clément    A.    L.    -    (S),    902. 
Clementi    A.    -    (7).    779. 
Clerck  C.   -   (A),    147. 
Clermont    J.    -    (Ad).    579. 
Cobbold   I.    -    (.4),    142,    143. 
Cobelli   R.    -   (S).    899.    910. 
Cockayne    E.     A.     -     (Ad),    968. 
Cockerell  T.  D.  A.  -  (Ad).  579;  (An), 

183,     9.59;     (7),     977. 
Cockle  J.   W.   -  (S).  905. 
Cole   L.   J.    -    (-7).    776. 
Collinge  W.   E.    -   (Ad).    588. 
Combes     P.     -     (S),     918. 
Comstock    J.    H.    -    (7).    784. 
Conte    A.    -    (Ad),    576. 
Conte  A.  e  Levrat  D.  -  (Ad),  :•*.">. 
Contejean   Ch.    -    (7),    784,    792. 
Cope    E.    D.    -    (S),    897. 
Coquerel     Ch.     -     (7).     784. 
Cornelius     C.     -     (S).     902,      918. 
Cornelsen  H.   -  (G).  960;   (7).   771'.. 
Cornetz   V.    -   (.S),   899,   910. 
Cosens  A.   -  (7).   796. 
Costa    A.    -    (.4),     147. 


Costa   O.   G.   -   (.4).    140. 
Cotton  W.  C«-  (A),   147;  (S),  905, 
Coupin  H.   (7),    782;   (S),   910. 
Courrier  R.   -  [Ad),  972. 
Couvreur    E.    -    (G),    333. 

;  vedi  anche:    Bataillon   E; 

;  vedi  anche:  Dubois  R. 

—  ;  vedi  anche:   Verson    E. 
Cowan  Thos  W.  M.  -  (/),  772;  (S). 

9(15. 
IV.,,  ben   Me.    J.    -    (Ad),    579. 
Crampton  H.  E.  -  (7),  772,  793. 
Crampton  G.  C.  -    (An),  959;  ('.'), 

964;    (7),   964. 
—  —  ;  vedi   anche:    Donisthorpe. 
Crawley  W.  C.  -  (Ad),  970. 

-    e     Donisthorpe     •     (S),    910. 
Creplin  F.  C.  H.   -  (S),  905. 
Croisé    •    (Ad),    585. 
Cros   A.   -  (G),  960;  (7).   797. 
C-"k,.r    I.    -    (4),    144. 
Cuénot  L.  -  (Ad),  966:  (7),  772.  786, 
788,  792. 

;  vedi  anche:  Cholodkowsky. 

Cullen.   Jamieson  ecc.   -   (7),   784. 
Curò   A.    -    (Ad).    585. 
Curran   C.    H.    -    (.4rf).    972. 
Curtis    J.    (An),    183. 
Cuthbert  H.  E.   •  (S).  899. 
Cuvier    G.    -    (^1),    140. 


Dabbert    H.    -    (Ad).    96S. 
Da  Costa  Lima  A.  -  (7),  784,  795. 
Daday  E.  -  (A),  149. 
Dahl   Fr.    -    (7),    776. 
Dahlgren  IL.    -   (7),    782,   975. 
Dalla  Torre  C.  W.   -  (S).  905. 

et  Friese  H.  -   (Ad).    968. 

Danieli    G.     -    (S),    910. 
Darwin  C.    -   (Ad),   579;   (S),   897, 

899,     910. 
Dastre  L.   -   (7).   792. 
Davidson  T.  -  (<?),  330;  (7).    786. 
Davis    C.    A.    -    (7),    786. 
Davis   J.   J.   T.    -   (Ad),    579. 
Davis  W.   T.    -   (S),   902. 
Davy  J.    -   (7),   784. 
Dawson  J.  W.  •  (.4»-).   183. 
Dawydoff  C.   -   (7).    789. 
Day    F.    -    (S),    910. 
Debaisieux    P.    -    (Ad),    972. 
Debham  W.   -   (S),   902. 
De    Bruyne    C.    (G).    333. 
Decerfs   N.    -    (.4).    149. 
Dederer    P.    H.    -    (Ad),    579. 
Deegener   P.   -   (6').  330.  333,  960, 

962;  (7).  778.  786:  (S).  897. 
De   Geer    Ch.    (.4).    140. 
De  Gryse  J.   J.    -   (G),   964. 
Deibel     -     (7),     784. 
Deichmuller    J.    V.    -    (An),    183. 
De     la     Baume     Plunivel;     vedi: 

Keilin     D. 
Delafond    O.    e    Bourtruignon    H. 

-    (.4),     144. 


Delage  Y.   -   (Ad),   585. 

-  et  Goldsmith   -   (Ad),   966. 
De    la    Paz.     vedi:     Graells     M. 
Delboeuf    (7),    779. 
Delcourt     A.     -     (Ad),     580. 
Deletang  L,    (Ad),  968. 
Della    Rocca    -    (S),    905. 
De  Long  D.  M.   -  (Ad).  967. 
Demaison   L.    -    (G).    332. 
De  Meijere  J.    C.  H.  -  (CI),    330; 

(7).     784. 
Demolì   R.   -   (Ad),   580;   (7),   781. 
Demoor   J.    -    (7),    780. 
Depoli     G.     -     (Ad),     580. 
Desey   A.    -   (7),    778. 
Desneux    J.    -    (S),    918. 
De  Stefani  T.   -   (S),   902. 
Detmer    W.    -    (7),    7*4. 
Detwiler;     vedi:     Herrick. 
Devaux    H.    -    (S).    899. 
Dewar   J.    -    (7),    776. 
Dewitz  H.  -  (G),  332;  (7).  784,  788, 

(S),    905. 
Dewitz  J.  -  (Ad),  580.  971;  (  G),  328, 

330,   333,   780;    (7),    780,     788, 

968,   976. 
Diechel    O.     -    (G),    962. 
Diehl    A.    -    (S),    910. 
Diesing    -    (4),     143. 
Diez    H.    F.    -    (S),    918. 
Dilger   J.    S.    -    (S),    910. 
Dimmock    A.     K.     -     (G).   328. 
Dimmock   G.   e  Knab   F.    •    (G); 

328. 
Dimo   N.    A.    -   (S),    918. 
Discon  H.   -   (7),   780. 
Disderi     S.     -     (S),     902. 
Dixey    F.    A.    -    (Ad),    580,    968; 

(7).    795,    977. 
Dobson    -    (Ad),    966. 
Doderlein    L.    -    (S).    918. 
Doflein    F.    -    (7),    776;    (S),    910, 

918,    979. 
Dogs    -    (7),    784. 
Dohler  W.      -   (7),  973. 
Dohrn   A.    -    (An),    183. 
Dominique    J.    -    (Ad),    585,    971. 
Doncaster  L.   -  (Ad),   966. 

:  vedi    anche    Crawley. 

Donisthorpe  H.  St.  e  Crawley  W. 

C.  -  (Ad).  968;  (7),  977,   -  (S), 

910.   979;  vedi   anche  Crawley. 
Donnadieu   R.   L.    -   (;!),    144. 
Doorman   G.    -   (7),    780. 
Dor   H.    -    (7).    776. 
D'Orchymont    A.    -    (G).    328. 
Dorfmeister  G.  -  (.4<7),  580. 
Douglas   J.   C.    -   (S),   905. 
Douitz    W.    -    (.4).    144. 
Drabble     -    (Ad).    588. 
Drevfus  L.   -  (Ad),  580. 
Dreyling   L.    -   (S),    905. 
Drory   E.    -    (S),    905. 
Drummond   H.    •   (S),   918. 
Drz     -     (Ad).     966. 
Dubois  R.   ■   (.4).    149:    (7).    774, 

775,     784. 
e  Couvreur  E.  -  (G),  333, 

960. 
Duboscq    O.     -    (7),    788. 
vedi   anche:  Léger. 


982 


INDICE    DEGLI    AUTORI    I    CUI    LAVORI    SONO    CITATI    NELLA    BIBLIOGRAFIA 


Du   Buyssoh  H.  •  (Ad),  972:   (7). 

791. 
Ducceschi    V.;     vedi:    Nazari    A. 
Dueke    A.    (S),    902.    903,    905. 
Dudley  P.  H.  e  Beaumont  -  (S), 

918. 
Dufour  H.  e  Forel  A.  -  (S),  899. 
Dufour  L.   -  (A),    147;   (Ad),  588; 

(G),  330;  (7),  772,  784;  (S),  910. 
Dugés   A.    -   (A),    144;  (O),  330. 
Dugès    Alf.    -    (A).    144,  149. 
Dumas    I.    B.    -    (S),    905. 
Duncan  F.  M.   -   (S),   897. 

e   L.   T.    -    (S).    897. 

Dupetit-Thouarr   L.   M.   A.    -   (S), 

905. 
Duponchel  P.  A.  J.   -  (G),   328. 
Du  Porte  E.  M.   -  (7).   786. 
Durken  B.   -  (Ad),  908;   (GÌ,   962. 
Dutrochet    R.    J.    H.    -    (<?),    964: 

(I),    784. 
Dutton  I.  E.  et  Todd  J.  L.  -  (4), 

144. 
Dwinght    Isely    -    (Ad),    588. 
Dyar  H.  e  Rolla  P.   -   (G),    327. 
Dzierzon    J.     -     (S),     905. 


East    -    (7),    784. 

Eaton  A.   E.    -   (Ad).   585. 

Ebnerus    E.    -    (S),    910. 

Ebrard    E.    -    (S),    910. 

Eekertinger    F.    -    (/),    977. 

Eder  -  (7),   776. 

Edwards   F.   W.  -  (Ad).  968,  971. 

Edwards   H.    -    (S),    903,    910. 

Edwards   W.    -   (6),   330,    964. 

;  vedi  anche  Milne  Ed- 
wards H. 

Ege  -  (7),   784. 

Eggers  F.  -  (7),  776. 

Ehrenfels  J.  M.  (von).  -  (S),  905. 

Eichelbaum  F.   -   (O),   330. 

Eichwald    E.    D.    -    (Ari),    184. 

Eimer  H.   -  (Ad),  5S0;  (7),   782. 

Eltringham    H.    -    (I),    795. 

Elvert;     vedi:     Menninger. 

Ely  C.   R,   -   (7),   787,   976. 

Emden  F.    -   (G),   960. 

Emerton  J.  N.  -  (G).  964. 

Emery  C.  -  (Ad),  184.  966  (I),  780; 
(S),  897,  899,  910,  911,   918. 

Emmelius    V.     .    (S),    911. 

Eneyelopédie   -    (^4),    140. 

Enderlein  G.  -  (Ad),  968;  (An),  184; 
(S),  906. 

Engelhardt  V.  (von)   -  (Ad).  968. 

Engelhardt  W.  M.  -  (7).  797. 

Engelmann   -    (7).  779. 

Enock    F.    -    (Ad),    588. 

Enriques  P.  -  (Ad).  966,  972;  (G), 
962,   964. 

Enteman   Minine    M.    -    (S),    903. 

Erhardt    E.    -    (7).    778.    974. 

Ernst    A.    -    (.4).    143. 

Ernst   C.    -   (S).    911. 

Ersch   et    Gruber    -    (.4),    140. 


Eseherich  K.  •  (S),  899.  911,  918. 
Espinas  A.    -   (S),    897 
Etheridge  Fr.  R.  and.  Oliff.  A.  S. 

-    (An),     184. 
Ewing  H.  E.  -  (Ad).  968;  (7),  784. 
Exner   S.    -   (7),    776. 
Exploration  se.  Alg.    -    (A).     140. 


Fabre  J.  H.  ■  (Ad),  586,  588;  (G), 

330;   (7),    791;    (S),   897,    899. 
Fabricius  J.  C.  -  (^1),  140;  (S),  918. 
Fahringer    J.     -     (S),    906. 
Fairehield  D.  and  Barrett  O.  W.  - 

(S),    906. 
Faivre   E.    -   (7).    774.    779,    784. 
Falk     H.     ■     (/).     778;     (S),     899. 
Fallen  C.   J.   R.   -  (A).    147. 
Fallou  J.  -  (Ad),  580;  (S),  911. 
Fanzago   F.    -   (A).    147,    149. 

vedi  Canestrini  G.. 

Farkas    K.    ((?.),    964. 

Fauvel  A.  -  (CI),  332;  (Ad),  580. 

Féburier     -     (S),     906. 

Fedrizzi    G.    -    (4),    149. 

Felt    E.   P.    -   (An),    859. 

Fere   Ch.    (Ad),    576. 

Fernald  C.   H.   -   (Ad),   588. 

Ferrière  -  (7),   784. 

Ferrière     C.     vedi:    Bugnion     E. 

Ferris  G.  F.   -  (G)    960;   (I),  784. 

797. 
Ferton  Ch.   -  (Ad).   588;   (7),   778, 

974;    (S),    897,    899. 
Feuerborn    J.     -    (7),    782. 
Feytaud     J.     -     (Ad).     967;     (S), 

918,    919. 
Fickert    C.    -    (A).    141. 
Fielde  A.   -  (7).   773.  775;  (£').  899. 

911. 
Filipcenko    J.    -    (7).    791. 
Fink  D.   E.    -   (7),   978. 
Fintzescon   G.    -   (Ad).    588. 
Fiori  A.   -  (Ad).   580. 
Fischer  (de  Waldheim)   G.    -   (.4). 

144. 
Fischer     E.     -     (Ad).     576,     580 
Fischer   F.   -   (7).   776. 
Fitzgerald   J.   R.   -   (S).   906. 
Flammarion    C.    -    (Ad),    577. 
Flechter    J.    E.    (Ad).    967. 
Flecter  I.   I.    -   (.4).    143. 
Fleisehmann  A.  -  (S),  906. 
Floersheim    C.     -    (Ad),    580. 
Fliigel   O.   -   (S).   899. 
Foà   A.    -    (Ad),     580,    968:     (7). 

786. 
;  vedi    anche:    Grassi    B. 

-  e   Grandori  R.    (Ad),    968. 
Fontaine    -    (A),    149. 
Forbes    H.    G.    -    (S),    919. 
Forbes  W.   A.   -   (Ad),  580;   (CI). 

328. 
Forbes   W   T.    M.    -    (7).    975. 
Forel  A.  -  (7),  775    778:  (S),  899, 

900,    911,    912,     919. 

;  vedi    anche:     Dufour. 

;  vedi    anche:    Will    F. 


Forster     B.      -     (An),      184. 
Fourcroy   A.    F.    (7),    977. 
Fowler    W.    W.    -    (7).    795. 
Francois    Ph.    -    (7),    797. 
Fraser  H.   J.   -   (S),   912. 
Fródéricq  L.   -   (7),   784,  788,  792. 
Frenzel  (7),   792. 
Friese  H.  -  (Ad),  588;  (S),  906. 

;  vedi    anche:    Dalla  Torre. 

Frings    K.     -    (Ad).    580. 

Frisch  K.  (von)  -  (7),  778,  974;  (S), 

900. 
Fritsch  A.   -  (An).   184. 
Froggatt  W.   W.   -   (S),  912,  919. 
Frohawk    F.    W.    -    (Ad),    968. 
Frost  S.  W.  -  (G),  960;  (7).  773,  791. 
Fryer  J.   C.   -  (Ad),  580. 
Fukai    T.     -    (S),    912. 
Fullawav    D.    T.    -    (S),    919. 
Fuller  C.  -  (.4),  144;  (G),  962;   (S), 

919. 
Furstenberg  M.  H.  F.  -  (A),   144. 
Fiirth   O.   (von)    -   (7),    773. 

-  et  Schneider  H.  -  (7),  788. 
Fuschini   G.    -   (Ad),   580. 


Gab     -     (.4»),     184. 

Gadeau    de    Kerville    H.     -     (^4), 

577;    (Ad).    149;  (7).  772,   782 
Gaede  H.  M.  -  (7).   790. 
Gahan    C.    J.    -    (7),    977. 
Gal  J.   -  (7),   784. 
Galant   S.    -   (7),   974. 
Galés   -   (.4),    144. 
Gallardo    A.    (S),    912. 
Gandin  Ch.  Th.  et  Strozzi  C.  -  (An), 

184. 
Gangelbauer    L.    vedi:   Brauer   F. 
Ganin   M.    -   (Ad),    971. 
Garb  G.  -  (7),  792. 
Garbowski  T.   ■   (Ad).   586. 
Garnier    J.    -    (7).    775. 
Gatenbv   J.    B.    -    (.4(/),    968. 
Gates,   Bourton  N.   •  (S),  906. 
Gauckler    H.    -    (Ad),    580. 
Gauder   M.   -   (S),    912. 
Gautier    CI.    (7).    773. 
Gay    C.    -    (A),    141. 
Gazagnaire   J.    -   (^1),    149. 
Gebien    H.    -    (S),    912. 
Geer  C.  De   -   (.4),    149. 
Gehlerus  M.   (S),   912. 
Geinitz  F.   E.   -   (An),    184. 
Geipel    E.    •    (7),    782. 
Gene  C.   G.    -   (S).   912. 
Gentry  Th.   (i.    -   (Ad),  577,   580; 

(S),  912. 
Geo.  A.  Dean;  vedi-  Headlee  T.  J. 
Geoffroy  E.  L.   -   (A).    141. 
George  C.  F.   -  (.4).    144. 
Gerard    -    (G).    327. 
Gercke  G.   -   (G),   330. 
Gerhart    IT.    -    (Ad),    577. 
Gericke    H.     (7),     976. 
Gerlach    A.    C.    -    (.4),    144. 
Gennai-    E.    F.    -    (.4»).    184. 


INDICE    DEGLI    AUTORI    I    CUI    LAVORI    SONO    CITATI    NELLA    BIBLIOGRAFI* 


9S3 


Gerould  J.   H.   -   (Ad),   580,   968; 

(7),     795. 
Gerschler    M.    W.     -    (Ad),    9CS. 
Gerstraecker   A.   -  (A),    L44;  (Ad), 

588,    972;    (S),    '."'ti. 
Gervais  P.   -  (.4).    143.    150. 
;  vedi  anche:  Valckenaei  C. 

A. 
Gessard    C.    -    (7),    77.'!. 
Giacomelli  E.  -  (7).  977. 
GiardA.  -(A),  150;  (.]./).  577.  968; 

(.4»)-  18-1;  ('■')•   331,  333,  580, 

586;   (7).   792.    793,    795. 
Gibert    1.    M.    ■   (A),    144. 
Gibson    A.    -    (.4./),    968. 
Giebel  e.   g.   -   (.4»).    184. 
Gill    T.    (G),    329. 
Gillette  E.   P.    -   (.4./),   580. 
Gillmer  M.   -  (Ad),   581. 
Girard   M.,    (.4),    144;    (Ad),    586; 

(7),  781,  789:  (<S),  906. 
Gnauli  A  A.  -  (Al),  327. 
Girod  P.    -   (S),    897. 


(.4,/),  581;    (7),    7S1 


(Ad),    581:  (/), 
J.    G.    (S),    912. 
R.     (Ad),    577, 


(I). 


-  (G),    960. 
(<?),   331. 

-  (.4),  150;  (S),  897, 


Gounelle   E. 

fìraber    V.    • 

776,  780, 


Glaser  R. 
Gleditsch 

Godelmann 

792. 
Godoelst    L. 
Goedart  J.   - 
Goeldi  E.  A. 

912. 

Goeze  I.  A.  E.  -  (S),  903. 
Goldenberg  F.   -   (An),    184. 
Goldsborough   Mayer    -    (7),    775. 
Goldschmidt   R.   -  (Ad),  96S,  971; 
(7),  781. 

e    Maehida   .   (Ad),  96S. 

Gonin  J.  -  (G).  333. 
Goodchild   J.  G.  -  (S),  912. 
Goossens   Th.    -   (Ad),    586. 
Gorka    A.    -    (7),    790. 
Goss    H.     -     (.4ii).     184,     185. 
Gould  W.    -   (8),    912. 

■  (/).  97.5;  (S),  912. 
(Ad),  577;  (7),  775, 
789. 

Graells  M.  de  La  Paz  -  (.4),  147. 
Graenicher    S.    -    (S),    900. 
Grandi  G.  -  (Ad),  586. 
Grandis    e    Muzio    -    (I),    787. 
Grandori  R.    vedi  Foà  A. 
—  ■ —  ;  vedi     anche:      Grassi     B. 
Gras    A.    -    (.4),    144. 
Graslin  vedi:    Boisduval. 
Grassi  B.  -  (A),  147:  (Ad),  581;  (S), 
906,    919. 

e  Foà   A.    (Ad),  581,    968; 

(I),   772. 
-  e  Grandori  R.  -  (Ad),  969. 

e  Sandias  A.   -  (8),  919. 

e  Topi  VC.  -  (Ad),  581. 

— ■  - —  ;  vedi    anche;     Rovelli    G. 
Grataeap     -     (7),     797. 
Gray  J.  E.  -  (A),  143. 

.  vedi:   Newport  G. 

Green  E.  E.  -  (A),    145;     S)  912, 

913. 
Greenwood    M.    J.    •    (7),    784. 
Gréhant     •     (7),     784. 
Grenacher   H.    -    (G),    327. 
Greschik    J.    -    (7),    786,  I 


Griffini  A. 

793. 

Grifiths    A.    B.    (7),    788. 
Grijns  G.  et  1.  de  Haan  -  (A),  145. 
«ninni    O.     -    (Ad),    97i. 
Grinnell   F.   (An),    185. 
Gronen  D.   -   (S),  906. 
Gross  W.    -   (7),    777. 
Grube    A.    ■    (A),    143;     (G),   329. 
Gruber;     vedi:     Erscher. 
Grùtzner     P.     -     (7),     877. 
Gruwel   J    -    (S),    906. 
Gudden    •    (.4).    145. 
Guérin-Meneville  F.  E.  -  (An),  185. 

(S),     913. 
Gueylard  f.  et  Portier  -  (7),    797. 
Guilbeau;    vedi:    Braxton    H. 
Guilding    L.    -    (A),    143. 
Guillebeau  A.  et  Luchsinger  B.   - 

(7),    774. 
Giinther  A.   -   (A),    141. 
Gunther   E.    -   (G),   331. 
Gunthrop    H.    -    (S),    903. 
Guyenot    E.    -    (7),     773, 
Guyot  J.   -  (G),   329. 
Guzzoni  M.    -   (^4),    145. 


786. 


Haan  I.   (de),  vedi:   Grijns  G. 

Haase  E.   -  (A),  150:  (Ad),  581. 

Haber  V.   R.   -   (Ad),   972. 

Haddon  K.  -  (7),  786. 

Hafier  O.   •  (7),  974. 

Hagedorn    M.     (An),     185. 

Hagen  H.  A.  -  (A).  141,    185;  (G), 
329:   (7).  977;  (S),  913,  919. 

Hagens  J  (von)   (S),   913. 

Hagmann  G.   -   (S),   919. 

Hahn   C.   W.    -   (A),    147. 

—  and  Koeh  C    L.  -  (.4).    147. 

Halford   J.    M.    -   (Ad),    588. 

Haliday  A.  H.  -  (S),  913 

Hall     C.     -    (Ad),    972. 

Haller  G.   -  (A),   145. 

Hammond  8.   F.   -  (7),   795. 

ffancok  F.  L.  -  (Ad),  577. 

Handlirsch  A.  (.4»),   185,  959. 

(G).   331;  (Ad),   588;  (7),   772. 
Hanhart    -    (S),    913. 
Hanow  M.   C,    -   (S),   897. 
Hansen  H.  I.  -  (A),  147;  (7).  776. 

et  Sórensen  W.  (*4),  147. 

Hardy  G.  H.   -    (7),   795. 
Harpe    J.    -    (Ad),    581. 
Hart   J.   H.    -    (S),    906. 
H&rter    E.    -    (S).    906. 
Hartig    Th.    -    (Ad),    581. 
Hartman  C.   (Ad),   588:   (7),   977. 
Hartmann   Ph.    J.    -    (An),    185. 
Hartog   M.    -    (S),    900. 
Hartogh  Heys  von  Zouteveen  (7). 

781. 
Hartwieg    -    (Ad),    972. 
Harvey   E.   N.    -   (7),    7S2. 
Hasebrock    K.    -    (7),    977. 
Hassall  A.  vedi:   Stiles  Ch.  W. 
Hatano    J.    and    Torii    S.    -    (7). 
787. 


Haupt  H.    -   (G),    960. 
Haviland   G.  D.   -   (Ad),  969. 
—  —  and   Sharp    -    (S),    919. 
Hazel   A.    -   (S),   913. 
Headlee  T.  J.  and  Geo.  A.  Dean  • 

(S),    913. 
Heat   H,    -   (S),    919. 
Hebard   M.   -   (7),   975. 
Hecht    E.    -    (G),    960. 
Heckel    E.    -    (7),    790. 
Heer    O.    -    (An),    185. 
Heg    E.    -    (S),    919. 
Heikertinger    F.  (Ad),  -  588,  969 

(7),    795,    977;    (S),    979. 
Heister    C.    (von)    -    (S),    897. 
Hellins  J.    -    (G),    327,    332,  960, 

962. 
Henneguy  L.  F.  -  (Ad),  586,  972; 

(G).   333,   964. 
Henning  H.  -  (7),  778;  (S).    900. 
Henninger   et   Elvert   -   (^1),    150. 
Hentz   N.   M.    -  (.4),    147. 
Hepp   A.    -   (.4),    7S1. 
Herbst  C.   •   (7),   793. 
Hering   E.    -   (.4).    145. 
Herman    O.    -    (.4).    147 
Hermann  F.   -   (7),    791. 
Hermann  I.  F.   -  (.4).   145. 
Herold  M.   J.   D.    -   (7),    789. 
Herrera   M.    -   (7).    778,   795. 
Herrick   et    Detwiler    -    (7),    791 
Herter    K.    -    (7),    974. 
Hertwig  P.     -     (Ad),  971. 
Hess  C.  -  (7),  778,  974;  (.9),  900,  906. 
Hess   W.   N.    -   (7),    776. 
Hesse    R.    -    (7).    777. 
Hewitt   C.   G.   -   (Ad),   971. 
Heyden    C.    (von)    -    (Ati),    185. 
Heymons    R    -    (Ad),    588;     (G), 

331,    333. 
Hilbert  R     -   (S),   913. 
Hill   G.   F.    -   (S),   919. 
Hirowo  Ito   -   (Ad),  967;  (G),  964; 

(7),    791. 
Hirschler    J.     -    (7),     794. 
Hislop    S.    -    (An),    185. 

e  Hunter  R.  -  (An),   Isa. 

Hochreuther    R.    -    (7),    778. 
Hoffer    E.    -    (S),    906. 
Hoffmann    O.    -    (G),    960. 
Hogben  L.  H.       (Ad),  972. 
Hollande    A.    Ch.    -    (Ad),    372; 
(G),    964;    (7),    790,    791;     792, 
Hollandie   H.    C.    -    (7),    773. 
Hollidav    M.    -    (S),    913. 
Holmberg   E.   L.   -   (.4),    147;   (7), 

978. 
Holmes    -    (7),    795.    778. 
Holmgren    N.    -    (Ad),    588;    (S), 

913,   919,    920. 
Holtermann    C.     -     (S),    920. 
Hooker  VV.  A.  vedi:  Hunter  W.  D. 
Hope  G.  F.  -  (An),   185. 
Hope    F.    W.    (S),    913. 
Hoppe  •  (7),    784. 
Hoppner  H.   -  (S),   906. 
Hornung     -     (7),     797. 
Horvàth    G.    -    (8),    9^0. 
Houlbert    C.     -    (Ad),    581;    (7), 

772. 
Howlett   F.   M.    -   (I),   772,   97S 


984 


INDICE    DEGLI    AUTORI    I    CUI    LAVORI    SONO    CITATI    NELLA    BIBLIOGRAFIA 


Hubbard  H.  G.  -  [Ad),  588;  (S). 

920 
Huber    F.    -    (S).    906,    907. 
Huber  J.   -  (S),  913. 
Huber     L      -     (S),     907. 
Huber    P.     -     (S),     907. 
Hudson  G.  V.   -  (Ad),   581. 
Huepsch    -    (S),    913. 
Hufnagel    A.  (G),    904. 
Humbert   A.    -    (A),    150. 

;  vedi  anche  :  Saussure  H. 

Hungerford    H.     B.     -     (7),     772, 

974,   977. 
-  et  Williams    F.    X.   (Ad), 

589. 
Hunter    J    -    (S),    907. 
Hunter    R.    vedi:    Hislop    S. 
Hunter  W.  D.  et  Hooker   W.  A.  ■ 

(A),      145. 
Hurthle    K.     -    (/),     779. 
Hutton  F    W.   -   (A),   143. 
Hyde  R.  R.  -  (Ad),  581.  972. 
Hyemons  R.  -  (Ad),  972;  (67),  900. 


Ihering  H.  (von)  -  (Au),  972;  (,s). 

897,   903,  907,  913,  920. 
Ulingworth  T.  F.  -  (7),  794. 
Imhofl  L.    -   (S),   903,   913. 
Imms   A.   D.    -   (CI.),   329. 
Isely     D.     -     (Ad),     589. 
Ishimori  N.   -   (7),   790. 
Itzigsohn   H.    -    (A),    145. 
Ives  H.   E.   -  (7),   782. 


Jacentkovskij   A.   V.   -   (Ad),  972. 
Jacob    N.    -    (S),    907. 
Jacobi   A.    -    (Ad),    581;   (7),    795, 
Jacobscn  E.  -  (Ad),  581;  (S),  913. 

920. 

-  e  Wasmann  E.  -  (S),  913. 
—  ■ —  ;  vedi  anche:    Wasmann  E. 
Jakowlew    -    (Ad),    577. 
Jamevion:     vedi:     Cullen 
Janet   Ch.    -    (Ad),    971;  (7),    781, 

782,  788,  791;  (67),  333,  964;  (S), 

903,     913. 
Janicki  D.   (von)   -  (Ad),  969. 
Janinchen    R.     -    (7),    784. 
Joannis  F.  (De),  -  (Ad),  967;  (I), 

796. 
Jobert    .    (Ad),    586. 
Johannsen  O.  A.  -  (Ad),  586;  (CI), 

329,  961. 
John   O.    -   (7),   978. 
Johnson   S.   A.    -   (Ad),   972). 
Johnson   W.    F.    -   (7),    796. 
Joicey    et    Talbot     -    (Ad),    969. 
Joly   N.    -    (S),    920. 
Jolyet   et   Regnard    -    (I),    784. 
Jonquière    A.    -    (S),    907. 
Jordan  H.  e  Stendel  A.  .  (7),  786. 
Jordan    K    -    (7),    974. 
Jorgensen   P.    -   (S),    903. 


Joseph   G.    -    (Ad),    581. 

Jost    H.     -     (G),     962. 

Jourdain   J.    -    (7),    780. 

Joi  sset  De  Bellesme  -  (7),  778,  781, 

786. 
Jucci  C.   -   (7),   920. 


K 


Kadyi    H.    -    (Ad),    972. 
Kafka  K.   L.   -   (G),   331. 
Kalile  W.   -    (Ad),  971. 
Kahn    R.    H.     •    (7),    779. 
Kalt  E.  -  (7),  777. 
Kaltenbaeh    J.    H.    -     (Ad),    581. 
Kammerer    P.    -    (7),    794. 
Kanitz  J.  G.   -  (Ad),  581;  (7).  789. 
Karawaiew   W.    -    (G),    333,     964; 

(S),    914. 
Karny     H.     -     (Ad),     581. 
Karsch    F.    -    (A),    141,    147. 
Kathariner  L.  •  (Ad),  581;  (7),  777, 

975;    (S),    900. 
Katuric    M.    -    (S),    914. 
Kawakaini;     vedi:     Baelz     E. 
Keferstein    A.    -    (Ad),    971. 
Keilin  D.   -   (Ad),    969,   972;     (67), 

329,  960,  962;  (7),  778,  786,  791, 

797. 

et  De  la   Baume    Plunivel 

-    (G),    329. 

-  et  Nuttall  G.  H.  F.  -  (Ad), 
969. 

Kellog  V.  L.  -  (Ad),  581,  971,  586; 
(G),    964;    (7),    789,    794. 

-  and  Bell  R.  G.  -  (Ad),   581. 
Kennel    J    -    (Ad),    581. 
Kenyon   F     C.    -    (A),    150. 
Kepart  C.   F.   -  (I),  791. 
Kershaw  J.  B.  Muir  F.  -(07),  327 
Keuchenius    P.   E.    -   (7),    773. 
Keyserling   Graf    E.    -    (^4),    147. 
Kieffer    J.     J.    -    (Ad),    581. 
Kienitz-Gerloff     F.     -     (S),     900. 
Kieselbach    Gyula     -    (7),    775. 
Kiesenwetter    -    (S),    907. 

Kina   E.    -    (S),    914. 

King  V.   O.   -   (67),   331. 

Kinsey   A.   C.    -    (An),   959. 

Kirby  W.   F.  -  (7),  796;  (S),  900. 

Kirkarldy    G.     W.    -    (7),    780. 

Klapalek    F.    -    (67),    331. 

Klatt  B.  -  (Ad),)  972;  (7),  794,  972. 

Klein  E'.  J.  -  (7),  792  (S),  907. 

Kleine  F.  R.    -    (7),     782,    975. 

Kleine  G.   -   (S).   907. 

Knab   F.    -    (Ad),    577;    (67),    960. 

;  vedi    anche:   Dimmock. 

Knatter    F.    -    (S),    897. 

Knauer   F.    •   (S),   914. 

Knoll    -    (7),    780. 

Knower  H.   Me.    E.    -   (S),   920. 

Koch   A.    -   (7),    977. 

Koch  C.  L.   -  (A),    141,   145,   147, 

150. 
—  —  ;  vedi  anche:    Hahn  C.   W. 

-  et  Berendt  G.  C.  (An),  185. 
Koch    L.    -    (A).     141. 

Koenig  J.  G.  -  (S),  920. 


Kohbrausch   E.    -   (.4),    150. 
Kojewnikow   G.    -    (Ad),    969. 
Kolbe  H.  I.  -  (67),  333;  (S),  920. 
Kolenati  F.  A.   -  (^4),   148. 
Kolh    F.    -    (Ad),    589. 
Rollar     -     (Ad),     581. 
Kollmann    J.    -    (S),    920. 
Kollmann    M.    -    (7),    789. 
Kopec    S.     -    (Ad),    582;  (7),    794, 

976. 
Korotnefi   A.   -   (G),   334. 
Korschelt  E.    -  (67),  327;  (7),  794. 
Koschevnikov   -   (S),   907. 
Kossel  H.,   Weber   A.,   Schiitz   et 

Miessner     -     (.4).      145. 
Kowalewsky  A.    -    (67),    334,  964. 
Kraepelin    K.     -    (.4),     148,     150. 
Kramer  P.  -  (A),   145;  (Ad),  582; 

(7),    777;    (S),    900. 

—  ;  vedi  anche:    Canestrini. 
Krancher  O.   -  (7),   784;  (S),  897, 

907. 
Kranichfeld  H.   -   (S),  900. 
Krarup-Hansen  C.  I.  L.  -  (7),  7  81 
Krassilstschik  J.   -   (Ad),   582. 
Krause   E.    -    (7),    792. 
Krauss    H.     -     (7),     792. 
Krausse    A.    H.    -    (S),    900. 

e  Wolff  -  (An),  959. 

Krecher    F.    H.    -    (7),    778. 

Kremer    -    (7),    781. 

Kreuger    -    (7),    784. 

Kristof  L.   J.   -   (S).  903,   907. 

Krizenecky    J.      -    (67),    964;    (/), 

794. 
Krodel   E.    -    (Ad),    582. 
Krog  A.  -  (7),  784. 
Krone  E.   -  (67),   329. 
Kriiger    E.    -    (67),    964;    (S),    907. 
Krukenberg  C.  Fr.  W.  -  (7),  786, 

789. 
Kiichenmeister   F.   et  Ziirn  F.   A 

-    (-1),     142. 
Kuen   A    -    (S),    900. 
Kuhl   W.    •    (7),    977. 
Kuhlgatz  Th.    -   (67),   964. 
Kultscher    A.    -    (S),    907. 
Kunckel  d'Herculais  J.-(Ad),  972; 

(67),    329,    331;    (7),    773,     781, 

791. 
Kusnezov    N.    J.    -    (Ad),    589. 
Kutter    H.    -    (S),    914. 


L.  N.  ■   (7),  775. 
La   Baume   W.    -   (O),    331. 
Labillardière   J.    -    (S),    907. 
Labitte    A.    -    (Ad),   969;  (7).   778; 

797. 
Laboulbène  A.   et  Mégnin  P.  (A), 

145. 
Lacaze  Duthiers  H.  et  Riche  A.  - 

(7),    787. 
Lachlan   R.   Mac.    -    (67),    961. 
Lacoe  R.  D.   -   (An),   186. 
Lngerheim   G.    -    (S),    914. 
Lahille   F.    -    (A),    145. 


ENDICE     DEGÙ     AUTORI     I    CUI    LAVnl'.l     SONO     CITATI    NELLA     lilBI.IUGRAFIA 


985 


Laker    A.    -    (G),    332. 
Laluy   -   (S),    900. 
Lamarck   J.    B.    -   (.4).    HI. 
Lambotte    H.     •    (.4).     US. 
Lambrerht     A.    -    (7),    784. 
Lameere    A.      -    (G),      331,     964; 

(>').     807.     014. 
Lampert    K.   •   (.8).   920. 
Lancaster.     vedi:     Balfour. 
Landois  H.   -    (.4),    145;   ((/),    334. 

(7),     781;     (S),    903. 
Langer   J.    -    (7),    791. 
Langhofier    A.    -    (.4),    789. 
Lankester    E.    Rav     -     (.4).      141. 

148. 
Lapouge    G.    De    -    (.4?i),     186. 
Lardner    D.     -    (S),    897. 
Larue    P.    -    (S),    900. 
Lataste    F.    -    (S),    914. 
Latreille   P.    A.    -    (.4).    141.    148; 

(S),    897,    903.    907.     914. 
Lattei'    O.    H.    -    (S),    897. 
Latzel    R.    -    (.4),    150. 
Latzina    F.    -    (S),    897. 
Lannoy    L.    -    (7),    785. 
Laurent    Ph.    -    (Ad),    969. 
Lauterborn    R.    -    (G),    329. 
Leaoh    W.    E.    -    (.4).    141. 
Lebedev   A.    G.    -    (7).    790. 
Lócaillon    A.    -    (Ad),    586.    971: 

(G),    329:    (7),    778,   780. 
Leeoq    H.    -    (7),    789. 
Lefébure   J.    B.    -    (S),    907. 
Lefeuvre  C.   H.    -   (7).    780. 
Léger    L.    et    Duboscq    O.    -   (7), 

787. 
Lehr    R.    -    (7).    778. 
Leidy    J.     -    (S),    900. 
Lemoine    F.    -    (S).    914. 
Lemoine    V.    -    (Ad),    582. 
Lendelfeld  D.   (von)   -  (7),  781. 
Lenz   F.    -   (G),   961. 
Léonard    P.    -    (S).    914. 
Leonardi     G.     -    (4),     145;     (Ad), 

582. 
Lepeletier  de  Saint  Fargean  -  (Ad), 

589. 
Leriche  J.   B.    -   (S).   907. 
Lesley    J.    P.    -    (An),    186. 
Lesne    P.    -    (G).    329. 
Lespès    Ch.    -    (S),    914.    920. 
Lessona    M.    -    (7).    794. 
Leuekart     R.     -     (^1).     142.     143: 

(Ad),   586,  971;  (O).    329.   905: 

(S),    907. 
Levade     -     (S),     903. 
Levrat     D..     vedi:     Conte    A. 
Liais     -     (7).      781. 
Liehtensteiii   J.    -    (Ad),    582;  (G), 

331. 
Liebe   O.    -   (7).    785. 
Lienhart     R.     -     (7).     976. 
Lie    Pettersen    O.    J.    -    (7).    907. 
Light    S.    F.    -    (S).    920. 
Lignieres    J.    -    (G).    962. 
Linden  M.  (von)  -  (.4-7).    582;  (G). 

334:  (7).      773.      7s7. 
Linder    C.    -    (S).    914. 
Lindner    E.    -    (Ad),    969. 
Lindner     H.     (von)     -     (7),     787. 
Linné    -    (.4),     141. 


Linston  V.  (von)  -  (.4</),   5Sl'. 
Lister    M.    -    (^1),     148. 
Lochet    G.    H.    -    (7),    975. 
Lodge  O.   C.   ■   (7).    778.   975 
Loeb    J.    -    (7),    787.    707. 
Lohmann     H.;     vedi:     Piersig     R. 
Lohrmann    -    (.4).    143. 
Lo    Monaco    D.    -    (7).    77.".. 

vedi  anche:   Luciani   L. 

Long.  W.  H.;  vedi:  Wheeler  W.  M. 
Lounsburgy    C.     P.     -     (.4),     145. 
Lovell   J.    H.    -    (S),    900. 
Lubben    A.    -    (G),    331,    334. 
Lubbock  J.   -  (.4).  150:  {Ad),  586; 

(G),   331;    (7),     77s;     (S),     898, 

900,    914. 
Lucas   H.    -   (A),     141,     148,    150, 

903,    907.    914. 
Lucas   W.    J.    -    (Ad).    577. 
Luchsinger  B.;  vedi:  Guillebeau  A. 
Luciani    L.    -    (G),    328. 

-  e  Lo    Monaco     D.    -    (G), 

329.    331;    (7).    785. 
e     Piutti   A.     -     (CI),     328; 

(7).    785. 
Ludwig    A.    -    (S),    907. 
Luhe  M.    -   [Ad),    586. 
Lukewitsch   W.    -    (S),    898. 
Luigioni   P.    -   (Ad),   969. 
Lund   A.    W.    -    (S),    014. 
Lutz      vedi:      Cholodkowsky. 
Lyden    M.    (von)    -    (7),    792. 
Lyle   G.   T.    -    (G),    961. 
Lvonet    P.    -    (G),    331. 
Lyssy    R.    -    (7),    978. 


M 


M.  J.  (anonimo)  -  (S).  907. 
Mac  Atee  W.  L.  -  (.8).  014. 
Machida;  vedi:  Goldschmidt. 
Mac  Clendon  J.  F.;  vedi:  Wheeler 

W.   M. 
Mac   Clerrnont   J.   R.    -   (7).    770. 
Mac  Coock  H.  C.  -  (S),  900.^914. 
Mac  Crackern,   Jsabel   •  (7),   779. 
Mac    Culloch     et    Yuasa     -    (Ad), 

973. 
Mac.    Dermott  F.   A.    -    (7),    782. 
Macdonald   D.   M.    -   (S).   907. 
Mac   Gillivray  A.   D.   -   (G),   961. 
Mac  Gregor  M.   E.   -   (7),   797. 
Mac  Indoo  N.  E.  -  (7),    775,   778, 

792,    976;    (S),    901. 
Mac  Lachlan  R.  -  (Ad),  582,  973; 

(G),  961;   (S),  920. 
Macloskie   C.    -    (7),    785. 
Maeterlink    M.    -    (S),    907. 
Maggi    L.     (S),     914,     915. 
Magretti   vedi:    Cholodkowsky. 
Maigre  E.   -   (7),   778. 
Mainardi    A.    -    (.4tf).    582. 
Maindron    M.    -    l-4</).    589. 
Malfatti    G.    •    (.4»).    186. 
Mallock  H.  R.  A.  -  (.4f/),  967;  (7), 

780. 
Manderà     X.     •     (7).    705. 
Mandoul    H.    -    (7),    773. 


Mann    (v.)    -    (.8).    908. 
Mantero    G.    -    (.4r/).    589. 
Marchal     P.     -     (A),      145;     (Ad), 

582,  586,  589   (7).  772,790.071; 

(.8).    898.    90:;. 
Marchand  \V.   W.   -  (0),   961. 
Marey    E.    -    (7),    781. 
Mailatt    C.    L.    -    (S),    920. 
Marmocchi     F.     ■     (.4).      148. 
Marshall    S.    A.    K.    •    (.4-/).    582. 
Marshall    W.    S.    -    (',•).    965;    (/). 

793;     (S),     915. 
Marschner    H.     -     (Ad).     000. 
Martens    E.    •    (G),    901. 
Martin    R,    -    (7),    796. 
Maityn   Th.    -    (.4),    148. 
Massalongo    A.    B.    -    (An),    186. 
Masi    S.    O.    -    (7).    975. 
Matheson   R.    -    (G),    962. 
Mattozo   F.    Santos    -    (.4),    150. 
Mattila     -     (7),     774. 
Mauduit    I    -    (.8').    903. 
Maulik    S.    -    (S),    785. 
Maurice    Ch.     -    (G),    329. 
Mauvezin     -     (Ad),     589. 
Maxwell    H.    -    (7),    796. 
Maxwell    Lefroy;    vedi:    Smith. 
Mayer    A.  e  Marshall    -    (7).    770. 
Mayet    V.    -    (7),    790. 
Mayor    A.    G.    -    (S),    901. 
Mayr    G.     ed   AuriviUius    C.    (S), 

915. 
Medlicott    H.     B.     -     (An),     180. 
Meehan    F.    -    (S),    903. 
Mégnin    P.    -    (.4),     145. 

vedi  anche:  Laboulbène  A. 

vedi     anche:     Robin     Ch 

Megusar    F.    -    (7),    780,    794. 
Mehling    E.    •    (Ad),    969. 
Meigs    E.    -    (7),    780. 
Meijere  J.  C.  H.  (De)  -  (Ad).  582; 

(G),    961,   962. 
Meikle   Brown   J.    -    (7).    977. 
Meinert  F.  -  (A),   150;    (G),    329. 
Meisenheimer  J.    -    (7),    794;    (S), 

915. 
Meissner    O.    -    (S),    901. 
Meldola    K.     -    (7),     795. 
Melin   D.    -   (7).    795. 
Menge    A.    -    (A),    148. 
Mercati     M.     -     (An),     186. 
Mercier   L.   (Ad),   969;   (G).    334. 
Merian    M.    Sibylla    (G),    331. 
Merrifield    Fr.    -    (Ad),    582,    583. 
Mesnil    F.    -    (G),    965. 
Metalnikofi  S.  •  (G),  334;  (7).  789, 

701. 

—  ;  vedi  anche:   Sieber  N. 
Metealf  Z.   P.   -   (7).   978. 
Metchnikoff  E.  -  (G).  334. 
Meunier   F.    -    (An),    186,   959. 
Mever  Dur  L.    R.    -   (Ad).  583. 
Meyrick  E.  -  (An),    960:  (7).  976. 
Miall     L.    C.    -    (<;),    331. 
Michael    A.    D.    -    (.4).     145. 
Miessner,    vedi:    Kossel    H. 
Miger    F.    -    (G).    329. 
Millet    G.    P.    •    (S),    920. 
Milne    Edward»    H.    -    (.4),     143; 

(S).    903.  910. 
Minnick  D.  E.   -  (7).  070. 


A.  Berlese.  Oli  insetti,  II.  —  rJ4. 


988 


INDICE    DEGLI    AUTORI    I    CUI    LAVORI    SONO    CITATI    NELLA    BIBLIOGRAFIA 


Miram  -  (.4),    143. 

Mirande  M.   -   (7),    787. 

Miyache     H   et   Scriba  J.   -   (.4), 

145. 
Mjoberg     E.     -     (S),     920. 
Moberg    J.   C.    -    (Am),    186. 
Moebius    K.    A.  (I),  789;  (S),  903. 
Moggridge    J.    T.    -    (S),    915. 
Moli    D.    -    (<S),    920. 
Moller    A.    -    (S),    915. 
Molz    E.    -    (Ad),    583. 
Moniez   R.    -    {A),    142,   145,   148; 

(Ail),    586. 
Mounier    •    (7).    785. 
Monnot    E.    -    (7).    97(5. 
Monti    Rina    -    (7),     774. 
Mordwiìko    A.     -    (Ad),     583. 
Morgan    C.    Lloyd    -    (7),    779. 

Morgi  ii   T.   H.    -   (Ad),   577,   583, 
967,   969;    (7),     793,  794. 

Morgenroth    et    Carpi    -    (7),    791. 

Moritz    C.    •    (A),    143. 

Morley     -     (7),     782. 

Morris    A.    W.    -    (7).    795. 

Morris   H.   M.    -   (G),   9S1. 

MorstaM    H.    -    (S),    920. 

Moseley  H.   N.    -   (-4),    143. 

Mosher    E.     (G),    965. 

Motas     -     (A),      145 

Motechoulsky    V.    -    (-4).    148. 

Mottram    J."   C.    -    (7),    978. 

Mouffet    J.    -    (A),    141. 

Mousel;    vedi:    Weale    J.    F. 

Moznette    G.    F.    -    (7).    976. 

Muchardt    H.     -    (S),    908. 

Muekerman    H.     -     (S).    915. 

Mùggenberg   F.    •    (6),    961; 

Muir    F.;    vedi:    Kershaw    J.    B 

Miillenhofi    K.     -    (7).     781     (S). 
898,     908. 

Moller    F.    -    (0),     328:    (S).    898 
908,     915,     920.     921. 

Mùller  H.   -  (S),  901. 

Mùller    J.    -    (7),     777. 

Muller   M.    -   (S).    908. 

Muller    O.    F.     ■     (A).     141.     145 

Muller    V.    -    (7),    785. 

Mùller   W.    -    (S),    915. 

Murray  A.   -  (A),   141;  (An),   186 
(/),    777. 

Muschamp  T.  A.  H.  -  (Ad),  969 

Muth   Fr.    -   (Ad),    583. 

Mutschler  O.  -  (7),  975:  (S),  901 

Muttowski  R.  A.  -  (7).  785,  977. 

Muzio;  vedi:  Grnnclis. 


N 


Nabours    R.    K.    -    (Ad),    971. 
Nachtsheim   H.    -   (Ad),     971    (.5). 

898. 
Nagel   W.    ■    (7).    787. 
Nalepa   A.    •    (A),    146. 
Naser    -    (7),    793. 
Nassonow  N.  •  (G),  962;   (S),  915, 

921. 
Natzmer  G.  (von)  -  (7),  975;  (S). 

898,    901. 
Nazari  A.  e  Dueceschi  V.    -    (7). 

789. 


Needharn  J.   G.   -   (G),     328,   331, 

334. 
Needharn   J.   T.   ■   (S),   915. 
Neetzel    W.    -    (<?),    334. 
Neuman  C.   J.   -   (.4),    146. 
Neumann   L.  G.    -    (.4),  142.   146. 
Neven-Lemaire     M.     (A),     142. 
Newell    W.    -    (S),    915. 
Newmànn   H.   W.    -    (S),   908. 
Newport   G.   •   (.4),    150:   (7),   775, 

789,    794    (S),    898. 

—  e  Gray  J.  F.  -  (A),    150. 
Newstead    R.    -    (A).     146. 
Nicholson   C.   -   (7),  796;  (S),  903. 
Nicolas   H.,    -    (Ad),    589. 
Nicolet    H.    -    (A),    146. 
Nieden    F.    -    (Ad).    583. 
Nielsen  J.  C.   -  (Ad),   589. 
Nigmann   M.    -   (G),    329. 
Ninni  A.   P.   -   (.4).    148. 
Nitzsch   C.    L.    -    (7),    785. 
Noel   P.    -   (Ad),    577. 
Nonidez    J.    F.    -    (Ad),    972. 
Nordeskiòld  E.   -  (G),  965. 
Nosotti   J.    -   (A),    146. 
Notthaft    G.    -    (/•),    777. 
Nussbaum  M.    -   (Ad),   583,     586. 
Nùssli   J.    -    (S),    901. 
Nusslin  O.   -  (Ad),   583. 
Nuttall  G.  H.  F.;  vedi:  Keilin  D. 

et  Warburton  C.  (.4),    146 

Xvlander    I.    C.    -    (.4),     146. 


O.    -    (S),    915. 
Oberlé     -     (7).     788. 
O'  Hea    J.    P.    -    (7),    975. 
Ohlert    E.    -   (.4).    148. 
Oksenow    L.    -    (S).    901. 
Olfers  W.  M.   -   (.4/1).    186. 
Oliff  A.  S.;  vedi:  Etheridge  F.  R. 
Omboni   G.    -    (.4»).    186. 
Onslow  H.  -   (Ad),   969,   (7),  773. 
Oppenheim     P.     -     (Ari),     186. 
Orchvmont    A.    D.   -  (7).  785. 
Ormerod    E.    L.    -    (S),    903. 
Orsenow    L.    -    (S),    901. 
Osborne   J.   A.    -   (Ad),   586,    971; 

(G).     332. 
Ost     F.      -     (7),      794. 
Osten-Sacken  (von)  C.  R.  -  (Ad), 

683;  (An),    186. 
Ostwald  W.  -  (Ad),  969;  (G).  961. 
Oudemans   A.    C.    -    (A),    146. 
Oudemans     J.     T.     -     (<?),      329: 

(S),    903,    908. 
Oustalet    E.    -    (An),    187. 
Ozanam    Ch.     -     (A),     148. 


Paasch    A.    -    (G),    332. 
Packard  A.  S.  -  (A),  141,  143,  150: 

(G),    329;    (7),     776. 
Pagenstecher     A.     -     (Ad),     971 

(G),    962;    (iS),    915. 


Paillot    A.    -    (7),    789,    978. 
Pampaloni    L.     -    (An),     187. 
Pantel  J.   -  (G),   329;    (Ad),  583; 
(7),     787,     78S. 
—  et  Sinety  R.    -    (Ad),    971; 
(7),     978. 
Panzer   G.   W.   F.    -   (A),    142. 
Paoli  G.  (Ad),  583;  (An),  187. 
Parcher    J.    B.    -    (Ad),    973. 
Parhon  M.    -   (I),    788,    789. 
Parker    G.    H.    -    (Ad),    971. 
Parshley    H.    M.    -    (Ad),    973. 
Passerini   N.    -    (I),    979). 
Pasteur    L.    -    (7),    782. 
Patch    E.    -    (Ad),    583. 
Paulcke    W.    -    (Ad),    586. 
Pause   J.    -    (I),    772. 
Pavesi    P.    -    (.4),    148. 

vedi  anche:  Canestrini  G. 

Pawlowsky    E.    N.    -    (7),    791. 
Pax   F.    -    (An),    187;    (Ad),    583. 
Peacock   A.    D.    -    (7),    787. 
Pearl   R.    -    (7),    979. 
Peatnikow   W.    -    (G),    329. 
Peckham  E.;  vedi  Peckham  G.  W. 
Peckham    G.    W.    (Ad),    589,    (7), 
778;     (S),     901,     903. 

e  E.    -   (S),  903. 

Péligot     -     (7),     790. 

Pelouze    -    (7),    791. 

Peneau   J.    -    (G),    965;    (S),    903. 

Penzig  O.   e  Chiabrera  C.    -    (A), 

146. 
Perez   Ch.    -    (G),    331.    334,    965; 

(7),   795,    783;   (S),  915. 
Perez    J.    -    (Ad),    586,    589;  (7), 

779;     (S),    908,     921. 
Perfiljew    P.    -    (7),    978. 
Perkins   R.   C.   H.    -    (Ad),    963. 
Perder  E.   -   (67),   331. 
Perris    E.    -    (G),    329. 

■  vedi  anche:   Dufour    L. 

Perroncito   E.    -    (A),    142. 
Petagna    V.    -    (.4),    142. 
Peters   W.    C.   H.    -   (A),    143. 
Petersen    H.     -     (7),     977. 
Petrucei   R.    -    (S),    898. 
Petrunkevitch     A.     -     (A),     148; 

(Ad),    971. 
Pettersen  O.  J.   -  (S),  898. 
Pettigrew   J.   B.    -   (7),    780,   781. 
Peyerimhoff    P.    (De)     (Ad),    586; 

(G),  328,  961;  (7).   794. 
Peyron     J.     -     (7),     785. 
Philipps   E.   F.   -   (S),   908. 
Philipteshenko    J.    -    (Ad).    969. 
Phisalix   C.   -   (7),    773,    791. 
Picard  F.   -  (Ad),   586,    973;  (G), 

334;    (7),    773. 
Piotet   A.    -    (Ad).    577,    583,   967; 
969;  (G),  962,  965;  (7),  773,  779, 
796,    797. 
Pictet   de  la   Rive  E.   J.   •   (An), 

187. 
Piepers    M.    C.    -    (67),     329.    781. 
Pierantoni  U.  -  (Ad),  577,  583;  (I), 

779,     783. 
Pieron  H.  (7),  793.  795:  (S),  901. 
Pierre    A.    -    (Ad),    589. 
Piersig  R.    -   (A),    146. 

—  et  Lohmann  H.  ■  (^4),    146. 


INDICE    DEGLI    AUTORI    I    CUI    LAVORI    SONO    CITATI    NELLA     HI  HI  .H  M  ;  RAFIA 


087 


Pigorini    L.     (67),    961;     (7),     787, 

788. 
Pintner  T.  (7),  975;  (S),  901,  915, 

921. 
Piutti     A.     vedi:     Luciani    L. 
Plateau    F.      -     (Ad),     577,     586, 

589;    (7),    772,    775,    777,    779, 

780,    781,    785,   787,    795,    796, 

797;  (S)  901.     908. 
Piatii   O.   E.   -  {Ad),   973. 
Plieninger  Th.  \V.   H.  -  (.4rf),  589. 
Pligiuskij     V.     -     (7),     782,     790. 
Plotnikow    W.    -    (67),    965. 
Pocock     R.     J.-     (.4),     142,     148. 
Poda    N.     -     (.4).     142. 
Poey    Ph.    -    (S),    908. 
Poisson   R.    -    (Ad),    969. 
Poletajewa    O.    -    (Ad),    967. 
Polimanti   O.    -   (7).    772. 
Porapilian    M.    -    (7),     774. 
Ponzi    G.    -    (An),    187. 
Popoff    N.    vedi    Bugnion    E. 
Popovici  Baznosanu  A.  •  (G),  962. 
Poppius   et   Bergroth    •   (7),    978. 
Porath    C.    O.    -    (A),    150. 
Porta     A.     -     (Ad),     969. 
Porter   C.   E.  -  (A),  150;  (7),  792. 
Porter  C.  J.  A.   -  (7).  776. 
Portier    P.    -    (7),    772,    785,    787, 

789. 
—  —  vedi    anche:    Gueylard   F. 
Pospjelow  W.    -   (G).  962,  965. 
Pott    R.    -    (7),    785. 
Pouchet  Ch.  H.  G.  -  (7),  777,  791. 
Poujade   G.  A.   -   (7),    782. 
Poulton  E.   B.    -    (Ad),  583.    967; 

(G),  331;   (7),   773,   789,   796. 
Poyarkoff     E.     -     (<?),     331. 
Pozzi    Escot    -    (7),    789. 
Pratt   H.   S.    -   (67),    329,    334. 
Prell    -    (.4).    151    (Ad),    969. 
Prest    W.     -     (Ad),    583. 
Preudhomme  de  Borre  A.  -  (Ad), 

583. 
Pricer    J.     L.     -    (S),    915. 
Procaccini  Ricci  V.   -  (An),   187. 
Provancher     L.     -     (S),     915. 
Prudon    X.    -    (S),    901. 
Pryer    H.    J.    S.    -    (7).    97S. 
Przibram  H.  -  (7),  773,  794,  978. 
Puga-Borne   E.    -   (A),    148. 
Pungur    J.    -    (S),    903. 
Punnett    R.    C.    (7).    796. 
Purser    G.    L.     -    (7),    785. 
Puschnig    R.    -    (.4*/),    583. 


Q 


Quajat   E.  -  (Ad),   586;  (G);    328, 
332. 

vedi  anche:   Bellati  M. 

vedi   anche:    Verson   E. 


Raatz     -     (S),     915. 
Rabaud  E.   -   (Ad).   969;  (7),   779, 
793,    796,  797,    975. 


Radan    R.    -    (7),    780. 
Rafin  G.    -   (S),   915. 
Rai    I.    -    (.4).    142. 
Raikem    A.    -    (.4),    148. 
Railliet    A.    -    (.4),    142. 
Rambur;    vedi:    Boisduval. 
Ramon    y    Cajal    S..    -    (7),    777 

—  —  et  Sànchez  D.   (7),     777. 
Rangnow   H.-   (Ad),    586. 
Rankin  H.    -   (S),    921. 
Raspali  F.  V.  et  Aubé  -  (A),  146. 
Raspail    X    -    (7),    775. 

Ràtz    S.    (von)    -    (A),    143. 
Ratzeburg;     vedi:     Brandt. 
Rau    N.;    vedi;    Rau    Ph. 
Rau    Ph.     -    (7),     782;    (S).    903. 
-  e  Rau   Nellie    -   (7),    796, 

796,   797;    (S),    903. 
Ray;     vedi:     L.nkerster     E. 
Rayger     C.     -     (S),     915. 
Réaumur    (De)    R.   A.    F.    -    (A), 

142    (S),    903. 
Rebel    H.    -    (An).     187. 
Rech    L.   -  (7),    978;  (S),  915. 
Rectschmied    F.    -    (S),    908. 
Redi    F.     -    (A),     142. 
Redtenbacher    J.     -    (G),    329. 

—  vedi:  Brauer  F. 
Rees  J.  -  (67).  334. 
Regen  J.   -  (67)  962.  969;  (7),  785, 

796,  975,  976,   977,    978,   979. 
Régimbart   M.    -    (Ad),    583,    589. 

967. 
Regnard  P.  -  <67),  331;  (7).  785. 

—  —  vedi  anche:  Jolyet. 
Regnault    et    Reiser    -    (7),    785. 
Reibisch     L.     -     (7),     776. 
Reiche  L.   -   (7),     783. 
Reichenbach    H.     -     (S),     915. 
Reichensperger    Dr.    (S),    915. 
Reiehert  A.   -  (S).  908. 

Reijne    A.     -     (67).     961. 
Reimarus    J.    A.    H.    -    (7),    785. 
Reinberger    G.    -    (67),    965. 
Reis  M.  -  (An),   187. 
Reiser;     vedi:    Regnault. 
Rengel    C.    -    (67),    334. 
Renucci    S.     F.     -    (.4),     146. 
Reuter    E.    -    (4),    146. 
Reuter    O.    M.    -    (Ad),    583;   (7), 

779    (S),    901. 
Ribaga     C.     -     (Ad).     587. 
Rich   S.   G.   -   (7),   785. 
Richardson    C.     H.     -     (7),     788. 
Riche  A.;  vedi:  Lacaze  Duthiers  H. 
Richmond   E.    A.    -    (7),    974. 
Rigaud     C.     -     (S),     921. 
Riggenbach    E.     -    (7),     793. 
Riley    B.    F.    C.    (Ad),    973;    (7), 

787. 
Riley    C.    -   (.4),    142:    (Ad),    589: 

(67).    328,    332,    962;    (S),    901. 

908,    921. 
Riley    N.    D.    -    (7).    978. 
Rimsky-Korsakoff  Mn.  (von),  (^1), 

151:    (7),    794. 

vedi:  anche:    Lauterbon  R. 

Ris    F.    -    (Ad),    584,    577,    589; 
Risso   A.   -   (4),    142. 
Ritchie   J.    -    (S),    903. 
Ritzema     Bos     J.     -     (Ad),     584. 


Robergitius    L.    -    (S),    915. 
Robert   E.    -   (S),    915. 
Roberts  E    W    -   (7),   776. 
Robin  Ch.   e  Mégnin    P.     -     (.4), 

146. 
—  —  e  Rouyer  -  (.4),   146. 
Robineau-Desvoidy  A.  J.  B.  -  (7), 

776. 
Rocci  U.   -  (7),   791,   797. 
Roch   F.    -   (7),   976. 
Rocquigny-Adauson   -   (Ad),    589. 
Rodon    -    (S),    921. 
Roeber    J.     -    (7),     796. 
Roedel    H.    -    (7),    797. 
Roepke   W.    -   (7),    782. 
Roger   J.    -   (S),   915. 
Rohr:  vedi:  Buddenbrock. 
Rohwer    S.    A.    -    (S),    904. 

-  e  Williams  F.  A.   -  (S).  904. 
Rolla   P.    vedi:    Dyar   H. 
Roller   L.    W.    -    (7),    785. 
Romanes  G.  J.  -  (7),   779;  (S),  898, 

901. 
Rombouts    J.    E.    -    (7).    780. 
Ròmer   J.   J.    -   (A),    142. 
Rondani    C.    -    (An),    187. 
Ronsisvalle  M.   -   (4),    146. 
Rooms     -     (^4),     150. 
Rosa    D.     -    (Asd),    584. 
Rosicky    F.     •    (.4),     150. 
Rossi    P.    -    (.4),     142. 
Rossum  A.  J.   (von)   -  (Ad),  971. 
Rothe    H.    H.    -    (S),    908. 
Rothney    G.    A.    J.     -    (S),    915. 
Rothscùtz    E.     -    (S).    908. 
Roubaud   E.    (Ad),  973:   (7),   772, 

979;  (S),    904. 
Roudow   F.    -   (S),    904. 
Rouyer;     vedi:     Robin     Ch. 
Rovelli  G.  e.  Grassi  G.  B.  -  (A),  146. 
Rucker    A.    (A),     148. 
Rudolphi    -    (A),    143. 
Rudow    F.    -    (S),    904,    915. 
Ruhmer    S.    W.    -    (Ad),    584. 
Rusden   M.    -   (S),    908. 
Russ    E.    A.    L.    -    (67),    334. 
Ruzskv    M.     -    (S),    901. 


Succhi  R.    -   (Ad).   973. 
Sahlberg    J.    -    (Ad),    584. 
Salmon  D.  E.  et  StilesC.  W.  -  (A), 

146. 
Sanchez  D.  -  (7),  774,  777. 

—  vedi  anche:  Ramon    Cajal. 
—  —  vedi    anche:    Sanchez    Y. 
Sanchez  Y.   et   Sanchez  D.   -   (7), 

774,  975. 
Sanderson    E.    D.    -    (7).    796. 
Sandias    A.     vedi    Grassi    B. 
Sanford   E.    W.    -   (7).    787. 
Sanger    -  (.4),   143. 
Sanson     A.     -     (Ad),     971. 
Santschi    F.    -    (S),    901. 
Sarin   E.    -    (7),    977. 
Saussure    H.     (De)     -     (.4),     150; 

(Ad),    969;    (S).    904.     915. 
e  Humbert  A.   -   (A),   150. 


•ISS 


INDICE     DEGLI    AUTORI    I    ITI    LAVORI    SONO    CITATI    NELLA    BIBLIOGRAFIA 


Savage  T.  S.   -  (S),  915,  921. 
Savigny    J.    C.    -    (.4).     142. 
Saville    Kent    W.    -    (N).    921. 
Sawamura    8.     -    (7).    787. 
Say    Th.     -    (A),     150. 
Sbema    S.    -    (.4),    140. 
Scarabelli    G.    F.    -    (An).    187. 
Sehafier    C.    -    (G),    965. 
Schaeffer  J.  C.  -  (.4).  142.  (S),  901. 
Schaxe]  et  Adensamer    -    (7),  97S. 
Schenck   C.  F.    -    (.4./).  589;   [S), 

915. 
Schenkling-Prévòt   -    (S),    921. 
Schenkling    S.     -    {Ad),    587. 
Schepotieff     -     (.4),     151. 
Scheuchezer    J.    J.    -    (An),    187. 
Schiemenz    P.     -    (7).     787. 
Schiff    U.     -     (S),    921. 
Schiodte   J.    r,     -    (G),    :s-J9. 
Schindler    A.    K.    -    (G),    331. 
Schirach   A.   ci.    -   (S).   908. 
Sehlechtendahl    D.    (von)    -    (-4»), 

187. 
Schlùter   K.    -  (S),  901. 
Schmid!    A.    -    (.4).    146. 
Schmidt  E.  -  (.4rf).    967;   (7).   780. 
Schmidt    H.    O.     -    (7),     794. 
Schmidt    J.    A.     -    (S),     915. 
Schmidt    O.    -   (G),    331. 
Schmitz   H.    •    {S),    91.".. 
Schnabl    J.    -  (S),    901. 
Schneider    H.    vedi-    Flirt    O. 
Schoenfeld    P.     -     (/).     787.     789; 

<>i.    908. 
Schoenichen  W.  ■  (S),  9ol:  (7).  908, 

975. 
Scholz    E.    J.     -    (S),    898. 
Schòngast     C.     A.     -     (.4).     148. 
Schoy    C.    -    (S),    908. 
Schoyen    W.    il.     -    (G),    962. 
Schrader    et    Sturtevant     -    (Ad), 

967. 
Sehrank    F.     von     P.   -   (A),    142. 
Schreiner     J.     -     (G),     331. 
Schròder     C.     -     (Ad).     5S4. 
Schroeter   J.    S.    -    (S).    901. 
Sehrottky  C.    -   (S),   970. 
Schubaert      -      (.4).      143. 
Schultz  O.   •   (.4./).   584;   (S),  901. 
Schultz   V.    e;.    M.    -    (/).    776. 
Schnltze    M.    -  (/),    T'.iT . 
Schulz  W.  A.  -  {Ad),  073:  (S),  904, 

908. 
Schulze    P.     -     (7).     791. 
Schumacher     M.    F.    R.     ■     (Ad), 

973. 
Schuster    W.    -    (/).    779. 
Schùtz;    vedi:    Kossel    H. 
Schwiago   P.   -   (7),   790. 
Scopoli    J.    A.    -    (.4),    142. 
Scott     A.     -     (.4'').     589 
Scott    H.     -    (6').     9iìl. 
Scoutetten    -    (.4).    151. 
Scriba      I.;      vedi:      Miyache      H. 
Scudder   S.    H.-    (Ad).    584:    {An), 

1ST.    L88;  (S),  921. 
Seamnn     -     (7).      783. 
Sebastianv     -     (-4).     151. 
Sedlaczek'  W.    •   (.4.7).   584. 
Seillière    G.    -    (7),    787. 
Sellane  E.  H.   -  (.4»),   188. 


Selys   Longchamps   E.  (de)    -   (7). 

"790. 
Semi.hon  L.  -  (G),   965;     (/),   788, 

790,    791. 
Sendel  Nathaniel   -  (.4»).    188. 
Serres  M.    (de)    -    {An),    188. 
Seurat    L.    G.    -    (G),    965. 
Severin   Harrv    C;    vedi:    Severin 

Harry  H. 
Severin  Harrv  H.  et  Severin  Harry 

C.    ■    (I).'  796. 
Shannon  R.   C.   •   (.4c/),   969. 
Sharp    D.    -    (7).    7S5. 

vedi:  Haviland. 

Shelford   V.    E.    -    (Ad).    970;    (7), 

70  1. 
Shimer     -     (.4</).     584. 
Sin,, lev    A.    E.    -    (.4).     143. 
Shull   A.   F.    -    (.4./).    971. 
Shulz    H.     -    (7).     790. 
Sieber    N.   et   Metalnikoff    S.    (7), 

787. 
SieboldC.  Th.  E.  (von)  -  (Ad),  587, 

973. 
Sikora    H.    •    (7),    772. 
Siltala   A.  J.  -  (.4./).  907:  (G),    329- 

330.   331. 
Silvenius    A.    J.    -    (G).    332. 
Silverlok  O.  C.   -  (S).  902. 
Silvestri    E.    -    (.4).    151;  (G),   332; 

(S),    021. 
Simon    E.    -    (.4).    148. 
Simon    G.     ■    (.4).     146. 
Sinéty  R.   (De)   -   (.4./).  971;  (DI), 

332;   (7).    793. 
Sismonda    E     -    (.4»),     188. 
Sitowski    L.     -    (7),     787. 
Sjostedt     Y.      -      (_4(/).     973;    (S), 

02  I . 
Sla.len    F.   W.    L.    ■    (S),  902,  908. 
Slater     ,1.     W.     -     (G).     328. 
Slowtzofi    B.    J.    -    (7).    788. 
Smalian    C.    -    (S),    915. 
Smeathman    H.    -    (<S),    921. 
Smith    F.    -    (Ad),    970;    (S),    S98, 

904.  908. 
Smith    R.    C.    -    (G),    002. 
Smith    W.    W.    -    (S),    916. 
Smith    et    .Maxwell    Lefroy    -    (7). 

778,    075. 
Snellen  van  Vollenhoven  -  (An), 

iss. 
Snyder    T.    E.    -    (S),    921. 

—     vedi:     Thompson. 
Sojiro  H.   -   (7),   788. 
Sokolowskv    -    (Ad).    967. 
Sorby    H.   C.    -   (7).    773. 
Sordelli  F.   -  (An),   188. 
Sórensen    W.;    Hansen    H.    J. 
Sorg   F.   L.   A.   W.   -   (/).    785. 
Soulié   H.    -    (.4),    151. 
Soury    J.    -    {S),    898. 
Spitta   E.  J.   -   (7),   777. 
Sprinter    F.     -    (Ad).    970. 
Stadler    H.    -    (S),    908. 
Stagei    R.   -   (7).   779. 
Stàhala    J.    -    (S),    908. 
Standt'uss    M.    -    {Ad),    584. 
Stango  P.   -   (.4./).   r.s4. 
Staveley    E.    F.    -    (.4).     148. 
Steche    O.    -    (7),    780. 


Stecker    A.    -    (.4),    142. 
Stein    R.    (von)    -    (Ad),    587. 
Steiner   J.    .    (7).    774. 
Steinke   G.    -    (7),    785. 
Stellwaag    F.  -  (7),   780,   782;  (S), 

902,  908. 
Stendel    A.    -    (7),    7s7. 

vedi:    Jordan    H. 

Stephan   J.    -    (Ad),    587. 
Stichel    H.    -    (.4</),    5S4. 
Stichel   W.   (.4).    050. 
Stierlm   R.    -    (S),    904,    908. 
Stiles    C.    W.    •    (.4).     143. 

e  Hassall  A.  -  (.4).    142. 

vedi:    Salmon  D.  E. 

Stirling    F.    -    (Ad),    973. 
Stoehr  E.   -  (An),   188. 
Stohr    L.    M.    -    (7).    779. 
Stokes  A.   C.   -   (S),  921. 
Strand  F.   -  (Ad),  970. 
Strassen    O.    ■    (7).    779. 
Strasser  H.   -  (7),   780,   782. 
Straton;     vedi:      Adler. 
Strikland  E.  H.  -  (jS),  021. 
Strindberg  H.   -   (G),   962. 
Strozzi  C.  :  vedi:  Gandin  Ch. 
Struck   R.    -    (G).    330.    961. 
Stumper  R.   -  (Ad).  070;   (7),   975; 

978;  (S),    916,    979. 
Sturtevant;      vedi:      Morgan. 
— ■  —   vedi:    Seharder. 
Stuxberg   A.    -    (.4).    151. 
Sulc   Karel   •  (7),    784.    791. 
Sundevall  C.  J.   -  (.4),    148. 
Sundwik    E.    -    (7),    791. 
Surcouf    J.    M.    R.    -    (Ad),    967. 
Suslow    -    (7).    790. 
Swajoswna   P.    -   (G),   965. 
Swartz     O.     -     (S),     921. 
Swinton  A.  H.   -   (7),  976. 
Swoboda   H.    -    (S),    909. 
Swynnerton  C.  F.  M.    -   (Ad),  970. 

"(7).    796. 
Sykes    M.    L.    -    (S).       921. 
Szulczewski     A.     -     (S).     909. 
Szymanschi  J.  S.    -    (7).   979;  (S), 

898,     902. 


Taczanowszky     L.      -     (.4).      149. 
Tanaka   K.    -'(-4),  146;  (.4</).  970. 
Tangl    F.     -    (G),    965. 
Tanner    J.    E.    -    (S),    916. 
Targioni  Tozzetti  A.   -   (Ad),  584. 
Taschenberg     O.      -      (Ad),     587. 
Tatin     V.     -     (7).     782. 
Tekstein     -     (.4</),     584. 
Tellhorn    O.    von    -  (An),    188. 
Teodoro     G.     -     (.4rf).     970;      (7), 

772. 
Tepper   J.    G.    O.    -    (S).    916. 
Terre    L.    -    (G).    334:    (G).    965. 
Thesing    C.    -    (7),   793:   {S),   016. 
Thiebe    -     (7),     777. 
Thienemann    A.    -   (G).   332;   (G), 

961;     (7).     785:     (S).     910. 
Thilo    O.    -    (7),    781. 


INDICE   DEGLI   AUTORI   I    CUI    LAVORI   SONO    CITATI   NELLA    BIBLIOGRAFIA 


989 


Thompson  W.   K.   (7),   773;   789. 

-   e   Snyder   -   (S),   922. 
Thomson    A.    L.    -    (7),    978. 
Thomson    Caroline    -    (S).    921 
Thorell    T.     -     (A),     149. 
Thorley   J.    -   (S),    909. 
Tìohomirofi  A.   -    (G),   328;  (Ad), 

587,     971. 
Tillyard  R.  J.    -    [Ad),     589,     970; 

{An),   960;   (<?),   962;   (7),    785. 
Tobias    K.    O.    -    (S),    909. 
Todd  I.  L.;  vedi:  Dulltton  J.  E. 
Tollin   C.    ■   (S),    922. 
Tomascheok    A.    -    (8),    909. 
Tòmòsvàry    O.     E.     -     (A),     151. 
Tompson   C.    B.   -   (S),    909. 
Topi    M.    -    (Ad),    970. 
—  —    vedi:    Grassi    B. 
Torii    S.;    vedi:    Hatano    J. 
Tornier    G.    [Ad),    965;    (7).    795. 
Tosi     A.     -     (An),     188. 
Tothill   J.    D.    -   (Ad),    584. 
Toti    L    .    -    (A),    149. 
Tower    W.     L.     -    (G),    965;     (I), 

773. 
Tragardh  J.   -  (.4),  146;  (8),  922. 
Tremoleras    J.     -    (Ad),    970. 
Treviranus    G.    R.   (7),    785;    (S), 

909. 
Trimen   R.    -   (?),    796. 
Trouessart    E.    -    (A),    146. 
Trouvelot   L.    -    (7),    776. 
Tshirvinskij    P.    N.    -    (7),    773. 
Tuck    W.    H.    -    (S).    909. 
Turner  C.  H.  -  (7),  776:  (S),   902, 

916. 
Tutt  J.  W.  -  (Ad),  589;   (<?),  332. 


Ubiseli    L.    (von)    -    (7),    795. 
Uhmann    E.    -    (Ad),  '  970. 
Uichanco  L.   B.   -   (7).   976. 
Ule  E.   -  (S),   916. 
Ulmer  G.  ■  (G),  332,  965. 
Umpark    J.    -    (S),    916. 
Underwood    L.    -    (A),     151. 
Unzer   J.    A.    -    (S),    916. 
Urech    F.     -    (G),   330,   332.     334; 

(7),     773.     787. 
Urieb    F.    \V.    -    (S),    916. 
Ussing    Hj.    -    (G),    962. 
Uvarov    B.    P.    -    (I),    978. 


Vachal    M.    J.    -   (An),    188. 
Valekenaer  C.  A.  et  Gervais  P.  - 
(A),    142. 

Valenti   A.    -    (.4./).    577. 
Vallisneri  A.  -  (.4»).  188;  (7),  779. 
Valmy    P.    -    (S),    909. 
Van  Bemmelen  J.  F.   -  (G),    332. 


Van  der  Heyde  H.  C.   -   (7),    977. 
Vandervelde     (!.     -     (Ad),     !I7.'Ì. 
Vaney   C.    •   (G),    334.   965. 

e   Maignon   F.   (G),   966. 

Van   Rees   J.    -   (Q),   963. 
Varigny    H.    C.    -    (/).    780. 
Vayssière  A.  -  ('■').  332. 
Verhoeff  C.   -  (.4),  151;  (Ad),  589. 
Verhoeff   K.   W.    •    (6),   961;  (7), 

974. 
Verity    R.    -    (Ad),    584,    970. 
Verri    A.    -    (An),    188. 
Versoli    E.    -  (Ad),    587;  (G),  328, 

330,   334,    963,    966;   (7),   795, 

797. 

—    e    Bisson    E.      -    (<?),    963; 

(7),     785. 

e  Couvreur  E.  -  ((?),  966. 

-  e  Quajal    E.  -  (7),  785. 
Verworn    M.    -    (7),    783. 
Viallanes    H.    -    (Ad),    973,    (&'), 

334. 
Vickery    R.    K.    -    (7),    790. 
Viehmeyer  H.     -    (Ad),    970;    (S), 

916. 
Vigier    P.    -    (7),    774,    777. 
Vignon   P.   •   (7),   978. 
Villard    J.    -    (7),    774. 
Villers    C.    -    (.4),    142. 
Vizioli  F.   •   (.4).    146. 
Vlacovich    G.    P.    -    (G),    328. 
Vogel   F.   W.    -   (S),   909. 
Vogel  R.   •    (7),    774. 
Vogler   C.  H.   (G),   961. 
Vogt    H.     -    (S),    909. 
Vood  T.   W.   -   (G),   332. 
Voroncovsky  P.  -  (Ad),   970. 


W 


Wade  J.   S.   -  (7),   791. 
Wagener     -     (7).     780. 
Wagner    A.    -    (.4),     146. 
Wagner    M.    -    (S),    902. 
Wagner     N.     -     (Ad),     584,     587. 
Wahl  B.  (von)  -   (Ad),    584;    (G), 

963,  966. 
Wailes  G.   -  (S),   904. 
Walckenaer    C.    A.     -    (A),     149. 
Wallace   A.    K.    -    (Ad),    584. 
Wallengren    -    (7),    785. 
Wallis   E.   F.    ■   (7),   783. 
Walsh    Benj    D.    -    (Ad),    584. 
Wanior   T.    W.    -    (Ad),    584. 
Warburton    V.    vedi:     Nutall    G. 

H.    F. 
Warder  J.  -  (S),  909. 
Warren    E.    -    (S),    922. 
Washburn    Marg.    FI.   -   (7).    779. 
Wasmann  E.  -  (Ad),  587,  970;  (7), 

77i).  975;  (S),  898,  902,  910,  917, 

979. 

e    Jacobson    E.  (S),    917. 

vedi    anche:    Jacobson. 

Wasmann    G.    -   (7).    779. 
Waterhouse  C.   O.   -   (S),   909. 
Wa terhou.se    G.    R.    -    (S),    898. 


Watson    E.    B.    -   (S),   904. 
Weale  J.  F.   Mouse!   -  (Ad),  584. 
Weber    A.;    vedi.    Kossel    H. 
Weber    L.    -    (Ad),    577,    967. 
\  i  bster  F.    -   (Ad),   973, 
Weeber   Ed.    •   (7).    780. 
Weed   C.    M.     -     (.4).    149:    (Ad), 

584. 
Weijenbergh      11.     -     (Ad),     587. 
Weinland   E.  ■  (G),   334  966;   (7), 

788. 
Weippl   T.    •   (8),   909. 
Weismann  A.  -  (Ad),  584,  587  (G), 

332,    334,  963. 
Wéiss     A.     -     (Ad),     1173. 
Weissenberg    R.     -    (7),     790. 
Weissendborn     B.     -      (A),     149. 
Welch   F.    H.    -    (.4).    143. 
Welch    P.    S.    -    (7),    977. 
Weltner    W.    -    (Ad),    973. 
Wenke  K.  -  (Ad),  584. 
Werber   I.   J.   -   (.7),   795. 
Werner    F.    -    (7).    793. 
Wesenberg   Lund   C.    (von);   (Ad), 

577,   589,   967,    971;   (<?),    330, 

961. 
Westerlund    A.    -    (S),    909. 
Westring   N.    -    (A),    149. 
Westwood  J.  O.  -  (An);  188;  (Ad), 

585. 
Wetherill    C.    M.    -    (S),    917. 
Weve     H.     -     (7),     778. 
Weyenberg    H.    -    (An),    188. 
Wheeler  W.   M.  -  (A),   149;  (Ad). 

970;    (7),    779;    (S),    898. 

902,     917,     922,     979. 

—  —    e    Bailey    •    (S),    917. 

-  e   Long  W.  H.  (S),    917. 

-  e  Me.  Clendon  J     F.    (S), 
917. 

-  e    Williams    -    (7),    783 
White    A.    -    (S),    904. 
White   F.   B.    -   (S),    917. 
White   W.    -    (Ad),    585. 
White   W.    F.    -   (S),   917. 
Whiting    P.    W.    -    (G),    966. 
Wicklam   H.    F.    -    (An),    959. 
Wiegmann    F.     A.     -     (.4),     143 
Wilcox  E.  V.   -  (7).   797. 

Will    F.   et   Forel   A.    -   (7),    775. 
Wille   J.    -    (G),    961. 
Willem    V.     -    ((?),    330. 
Willers    W.    -    ((.').    963. 
Williams   F.   X.    -   (Ad),   589;   (7), 

783;    (iS),    904. 
vedi     anche  :     Hungerford 

H.    B. 
vedi  anche:   Rohwer   S.  A. 

—  —  vedi  anche:   Wheeler. 
Williams   H.    B.    -   (Ad),   970. 
Williams  Th.    •  (7),   786. 
Williamson    E.    B.    -     (Ad).     577, 

589. 
Wolcott   G.    N.    -    (S),    922. 
Wolff    G.    -    (7),    774,    782,    975. 

vedi  anche:     Krausse. 

Wood  H.   C.    -   (.4),    151. 
Woodburg   T.    W.    -    (S),    909. 
Woss    -    (7),    782. 
Wymann  J.   •  (S),  904. 


990 


ENDICE    DEGLI   AUTORI  T   CUI     f  AVORI  SONO   CITATI  NELLA   BIBLIOGRAFIA 


Xambeau    V.    •    (G),    332. 
Xambeu    P.   -   (I),   777;    (I),   797. 


Yetsin  A.  -  (G),  963;  (7),  774,  775. 
Young  R.  T.  -  (I),  796. 
vedi  anche:    Child. 


Yuasa  H.   -   (G),   961. 

vedi  anche:  Mac  Culloch. 

Yunk   E.    -    (Ad),    585;   (S),  917. 


Zacharias    O.    -    (Ad),    585. 
Zander   E.    -   (S),    909. 
Zang  R.   -   (Ari),   188. 
Zavattari  E.  -   (S),   904. 


Zavrel    J.    -    (G),    330. 

Zawarzin     -     (/),     790. 

Zeleny  C.   -   (Ad),  970. 

Zenker    -    (A),    143. 

Zich     K.     -     G),     966. 

Ziegler  H.  E.  -  (I),  778;  (S),  902. 

Zivago    P.    -    (I),    790. 

Zopf  W.   -   (I),   774. 

Zonteveen,    vedi  :     Hartog   Heys 

(von) 
Zschokke  F.   -   (I),   782. 
Zurn  F.  A.;  vedi:  Kuchenmeiater  F. 


ERRATA=CORRIGE    DEL    VOLUME    II 


Pag. 


1, 

linea  14  -  Entomata 

Entoma 

13, 

»       46  -  Limnocares 

Limnochares 

30, 

»       11  -  Sottordine  VI 

Sottordine  VI.  Notostigmata 

39, 

spiegaz.  fìg.  28  -  Demodes 

Demodex 

42, 

linea  17   -  Redi 

Vedi  Nota  in  fine  di  questa  Errata-Corrige  (p.  ì 

54, 

linea  44  -  mucronata  Fràg. 

mucronata  Trag. 

94, 

spiegaz.  flg.  84  -  Tetranychas 

Tetra  nychus 

96, 

linea   3   -  patensis 

pratensis 

97, 

spiegaz.   fìg.  89  -  Achorolophus 

Abrolophus 

110, 

linea  18  -  totali 

rotali 

111, 

spiegaz.  fìg.  106  -  gastercantka 

gasteracantha 

116, 

linea  5  -  Spilassma 

SpUusma 

123, 

spiegaz.  fìg.   127   -  Blankwall 

Black  wall 

125, 

i            ■>      125   -  BankTvall 

Blackwall 

144, 

linea  36  -  Canestrini  R. 

Canestrini  G. 

150, 

>       39  -  Mainert  Z. 

Mainert  F. 

192, 

»       41   •  Amphibiotila 

Amphibiotica 

193, 

i       24   -  Rediviidae 

Reduviidae 

• 

»       quartultima  -  Zigeriidae 

Zigaenidae 

204, 

»       1   -  paleologici 

paleontologici 

209, 

spiegaz.  fìg.  188  -  Eurytana 

Eurytoma 

■ 

*           »        »     -  Endrias 

Eudri/as 

217, 

linea  31   -  Automyia 

Anthomyia 

255, 

spiegaz.  fìg.   254   -  Grand,  natur. 

-/a  della  grand,  natur. 

268, 

linea  28  -  (fìg.  27) 

(fìg.  271) 

282, 

»        9  -  Mantispe 

Manti8pa 

288, 

Non  vedete  voi  che  noi  siam  vermi 

Non  v'accorgete  voi  che  noi  siam  vermi 

329, 

linea  39  -  encéphales 

eucéphales 

330, 

»       42   -  Chobaut 

Chabaud 

333, 

•       57   -  Janet  E. 

Janet  Ch. 

334, 

•      quintultima  -  Weinlaud 

Weinland 

351, 

■       13  -  Androneia 

A  ndronela 

> 

»       14  -  Ginoneia 

Ginoneia 

1 

i       15  -  ^nfineia 

Ait/ìneìa 

1 

i         6  ed  altre  -  Neotemia;  AI>RES1A 

Neotenla;  Adresìa 

358, 

»       21   -  polyphaemus 

poìyphemus 

362, 

•        8  -  (Cinipedi) 

(Cinipidi) 

364, 

spieg.  fìg.  377  -  magaptera 

viegaptera 

» 

linea  49  -  apporre 

opporre 

369. 

spiegaz.  fìg.   379,  linea  6  -  unita 

unica 

370, 

linee  6,  7  -  pel  medesimo 

per  analogo 

> 

linea  35   -  omonimi 

omonomi 

> 

»       40   -  istomi 

istoni 

371, 

-       22  -  alternate 

alternante 

372, 

■       16  -  e  sessuale 

o  sessuale 

372, 

>       penultima  *  della  Poliembrionla  discor- 

della  Poliembrionla  discorrerò  a  proposito  della 

rerò  a  proposito  delle  uova  ed  ovoposi- 

fagia 

zione 

3S0, 

»       13   -  passivamente 

attivamente 

D 

i       terzultima  -  al  sicuro  e 

al  sicuro   o 

382, 

»       37  •  subito 

sul'ito 

385. 

ultima  •  (fìg.   390) 

togliere:   (fìg.  390) 

398, 

»       12   -  silvestris 

silvestri  i 

402, 

*         4   -  Pyìomorpha 

Phyllomorpha 

403, 

spiegaz.  fìg.  406  -  Broeus 

Boreus 

> 

linea  quartultima  -  N emura 

Neìnoptera 

407, 

spiegaz.  fìg.  415  -  haemipterus 

In  mipterus 

408, 

linea   10  -  haemipterus 

hemipterus 

425, 

spiegaz.  fìg.    453  -  Metapodouluo 

Metapodontus 

458. 

tabella  -  tvonymis 

evonyiuì 

459, 

a         -  umbellatorum 

utitbellatarum 

460, 

linea  23  -  abieticoìeus 

abìetirolcfts 

470, 

■      15  -  per 

pur 

■ 

■       40   -  L.  corydon 

Zi.  arragonensis 

■ 

i        ■    -  L.  arragonensis 

L.   corydon 

994) 


Elido- 


992 


ERBATA-CCRRIGE    DEL    VOLUME    li 


Pag.  491,  spiegaz.  fig.   491  -  Spermatophv 

»  »  »  »      496   -  Deciius 

<  499,         .  »     512   -   Emiteri 

»  506,  linea  35  -  Omìtomyia 

•  50S,       »       43  -  qualche  giorno 
»  515,       »        IH   ■  fig.    501 

«  538,  spiegaz.  fig.   592  -  (Authoforini) 

»  539,  linea  6  •  Anthopora 

»  550,   spiegaz.  fig.   (101    -   Ctenizia 

•  557,  »  »     610    -  quadricìncus 

■  »        linea  quintultima  -   Feston 
»  578.       »         3   -  Basset 

»  587,       »       50  -  Bernnard 

•  616,       ■       34    -  ragione 
»  622,       »       19   -  perdono 

.  623,       »       15   -  Phynchite 

»        i,  .       44   -  ereditariamente 

624,       .       44  -  hominis 

»  627,       »       penultima  -  Bombi* 

»  635,  spiegaz.  fig.  649  -  CdUi  morpha 

■  653.  linea  41    -  il  volo  deglo 
»  671,      »      32  -  Erystalis 

»  691,      .       25  -  Phychoptera 

»  69  7.       »       31   -  Chretra 

»  717,       »       prima  -  Neceomimismo 

>  723,       »       22   -  ambiente 

»  725,       »       12   -  Telea 

»  732.       »       21   ■   Pomi  ci  in 

»  739,       »       42  -  brachìdera 

»  787        •       Bernhard 

.  791,       ,.       Borget 

»  855,   spiegaz.   fig.    833   -    Tetramoriuns 

■  881,         ■  »      8  75    -  Odolermes 
.  894,         <  «      894    -  (1S7) 

•  S97,  linea  49   -  Jheriug   R. 


Spermatophylax 

Deetìcus 

Emittori 

Ornithomyia 

qualche  sera 

fig.    ó»4 

(Autoforini) 

Anihophora 

l 'Ini  i:n 

quadricìndus 

Ferton 

Bassett 

Bernard 

reazione 

perdano 

Nhynchites 

ereditariamente 

homini 

Bombyx 

Culi  ì  morpha 

il  volo 

Eri-itali* 

Phtychoptera 

Corethra 

Necromimismo 

nell'ambiente 

Teleas 

Pannelli! 

brachiitìirit 

Bernard 

Borgert 

Tctruiiioriuiii 

Hodotermes 

(17M) 

Jheriug  H 


Nota.  —  La,  affermazione  che  si  debbano  al  Redi  la  scoperta  e  le  osservazioni  intorno  all'Acaro 
della  Scabbia,  nonché  le  due  lettere  da  Livorno,  V  una  (18  luglio  1867)  a  firma  Giancosimo  Bonomo  (che  vi 
fa  da  prestanome),  indirizzata  al  Redi  e  Feltra  del  15  gennaio  1 7 10,  al  Vallisnieri,  firmata:  Diacinto  Cestoni 
non  è  dimostrabile  categoricamente,  per  quanto,  da  scritti  del  tempo  o  di  poco  posteriori,  nonché  da 
lettere  al  Cestoni  (Vedi,  ad  es.:  in  «  Opere  di  Francesco  Redi  »;  Napoli;  A.  Carfora,  1741,  T.  I.  pag.  156, 
linea  24,  dove,  dal  Vallisnieri  è  attribuita  la  lettera  firmata  G.  Bonomo,  al  Sig.  Redi  ed  al  Sig.  Diacinto 
Cestoni;  T.  II,  p.  144,  lettera  del  Redi  al  Cestoni,  datata  Firenze,  5  luglio  1687,  dove  il  Redi  afferma  di 
aver  accomodato  con  galanteria,  per  la  stampa,  lo  scritto  del  Cestoni  ed  «aggiustato  molte  notizie»)  appaia 
la  rilevantissima  parte  che  il  Redi  ebbe,  almeno,  nella  compilazione  della  suddetta  prima  notizia  pub- 
blicata (18  luglio   1687). 

11  brano  del  presente  volume  a  pag.  42,  da  linea  17  a  linea  36,  va,  dunque,  emendato  così  (linea  17); 

«  Ma  è,  alla  scuola  del  Redi  che  spetta  veramente  il  merito  di  aver  attribuito speziale  » 

(linea    29). 

(linea  30)  «  Nella  lettera  in  data  15  gennaio  1710  ad  Antonio  Vallisnieri,  il  dotto  speziale-naturalista 
Cestoni  Diacinto  di  Livorno  si  confessa  autore  della  lettera  precedente,  indirizzata  al  Redi  e  firmata 
Giancosimo  Bonomo,  nella  quale  è  illustrato,  anche  con  buone  figure,  l'Acaro  della  scabbia,  ne  sono 
indicate  e  figurate  le  uova  ed  il  tutto  è  fatto  conoscere  benissimo  in  questo  scritto  intitolato:  Osserva- 
zioni intorno  ai  pedicelli  del  corpo  umano  (v.  Bibliogr.,  p.  144)  ». 


SOCIETÀ  EDITRICE  LIBRARIA  =  Via  Ausonio,  22  -  MILANO 


STORIA 
UNIVERSALE 

LO  SVILUPPO  DELL'UMANITÀ 

SOTTO     L'ASPETTO     POLITICO,     SOCIALE    E    INTELLETTUALE 

A    CURA    DEL 

Prof.  Don.  J.  von  PFLUGK-HARTTUNG 

COL     CONCORSO     DI     EMINENTI     COLLABORATORI 


SOMMARIO    DEI    VOLUMI 


I, 


L'EVO    ANTICO 


J,  Walther.  —  La  preistoria  della  terra. 

E.  Haeckel.  —  Storia  dell'evoluzione  dell'uomo. 

F.  v.  Luschan.  —  Razze  e  popoli. 

M-   Hoernes.   —  i  primordi  dell'incivilimento  umano. 

J.  Beloch.  —  I  Greci  sino  ad  Alessandro  il  Grande. 

K.  J.  Neumann.  —  Storia  degli  stati  ellenistici  e  della  re- 
pubblica romana. 

R.  v.  Poehlmann.  —  L'epoca  imperiale  romana  e  la  fine  del 
mordo  antico. 


IL    —    IL    MEDIO    EVO. 


J- 
G. 
W 


Le  invasioni  barbariche 


il 


v.    Pflugk-Harttung 
regno  dei  Franchi. 

Kaufmann.  —  L'impero  e    il  papato    sino    alla    fine    del 
XIII  secolo. 

Friedensburg.  —  La  fine  del  medio  evo. 
A.   Brùckner.  —   Ingresso  degli  Slavi  nella  storia  universale. 


Ili 


L'ORIENTE 


C.    Bezold.  —  La  cultura  dell'antico  Oriente. 

C.   Brockelmann.  —  L'Islam    dai    suoi    primordi    ai    nostri 

giorni. 
R.  Stube.  —  11  regno  degli  indo-germani  in  Asia  e  i  popoli 

dell'Asia  centrale. 
A.    Conrady.  —  La  Cina. 
O.    Nachod.   —    li  Giappone. 


IV.    -    STORMI    MODERNA 

L'cpwa  religiosa  1500-1650. 

J.  v.  Pflugk-Harttling.    —   Storia    delle    scoperte    e    delle 

colonie. 
K.   Brandi.   —    Il   Rinascimento. 
Th    Brieger.  —  La  Riforma. 
H.  v.  Zwiedineck  -  SUdenhorst.      -    La  controriforma    in 

Germania.  « 

M.    Philippson.  —  La  controriforma  nell'Europa  meridionale 

e  occidentale. 


V.    -    STORIA    MODERNA 

L  epoca  politica  1650- 1815 

A.  Bruììckner.  —  I  popoli  slavi. 

M.  Philippson.  —  L'epoca  di  Luigi  XIV. 

W.  Oncken  e  E,  Hevck.  —  L  epoca  di  Federico  il  Grande. 

J.  V    Pflugk-Harttung.  —  Rivoluzione  ed  impero. 


VI.  -  STORIA  MODERNA 

L' epoca    nazionale    e    sociale    1&I5  1908. 

P.  Darmstaedter.  —  Gli  Stali  Uniti  d'America. 

K.   Haebler.  —   L'America  centrale  e  meridionale. 

H.  Ulmann.   —  L'Europa  all'epoca  della  reazione. 

K.  Th.  v.  Heigel  e    W.  Hausenstein.    —    L'epoca    della 

unificazione  nazionale. 
E.  Brandenburg.    —    Origine     di    un    sistema     degli   stati 

mondiali. 
K.  Lamprecht.  —  L'espansione  europea. 


CONDIZIONI    DI    ABBONAMENTO 


L'opera  consterà  di  sei  volumi  in-4  di  circa  600  pagine  cadauno,  ricchi  di  oltre  3000  illustrazioni 
intercalate  nel  testo,  tavole  nere  e  a  colori  che  riproducono  i  quadri  più  celebri,  edifici  e  monumenti 
artistici,  incisioni,  monete,  medaglie,  facsi.niii  ed  altri  documenti,  frutto  di  minuziose  ricerche  in 
musei,  monasteri,  biblioteche,  archivi  pubblici  e  privati,  I  volumi  cono  corredati  di  numerose  carte 
geografiche  espressamente  eseguite. 

L'opera  si  pubblica        a  fascicoli  —    Le    tavole    ad    un    colore     saranno 

conteggiate  per  otto  pagine,  quelle  a  più  colori  per  sedici. 


Voi.  II. 


Fase.   28-29. 


Q/liinirntn  del  IO  */•  «iti  preffO 

favate  spese  .• 

(D«ci»i»nf  dell'Alme.  Tip.  Libi,  italiana  28  M 

L.  2.— 


M    5-21. 


Prof.  Dott.  ANTONIO   BERLESB 

Direttore  della   B,  Stazione  ili  entomologia  agraria  di  Firenze 


GLI   INSETTI 

loro   organizzazione,   sviluppo,   abitudini 
e  rapporti  coli' uomo 


VOLUME     SECONDO 

Vita  e  Costumi 
con  particolare  riguardo  agl'insetti  praticamente  interessanti 


o 
o 


Si 


a  o 


"   3 

•-    C 

>   ai 


5  -ce 

•--.  a 

O 

=  ? 

s 

T3    O 


oj  a. 


Società   Editrice   Libraria 

MILANO      Via  ausonio  22       Gali    De-Cristoforis.  54-55 

1921 

Casa  Editrice  Librarla 
ULRICO  HOEPLI 

MILANO   (4) 


■3    <fl 

o 

s  ° 
5  o 

o    C 
e  e 

■bS 

© 

a/s. 

o 


SOCIETÀ    EDITRICE   LIBRARIA    .   Via  Ausonio.  22  -  MILANO 


STORIA 
UNIVERSALE 

LO  SVILUPPO   DELL'UMANITÀ 

SOTTO      L'ASPETTO     POLITICO,     SOCIALE    E     INTELLETTUALE 

A    CURA    DEL 

Prof.  Dott  J.   von  PFLUGK-HARTTUNG 

COL  CONCORSO  DI  EMINENTI  COLLABORATORI 


SOMMARIO    DEI    VOLUMI 


I.    —    L'EVO    ANTICO 

J.  Walther.  —  La  preistoria  della  terra. 

E.  Haeckkl.  —  Storia  dell'evoluzione  dell'uomo. 

F.  v.  LusCHAN.  —  Razze  e  popoli. 

M.  Hohrnes.  —   I  primordi  dell'incivilimento  umano. 

J.   BELOCH.   —  1   Greci  sino  ad  Alessandro  il  Grande. 

K.  J.  Nkumann.  —  Storia  degli  stati  ellenistici  e  della  re- 
pubblica romana. 

R.  v.  Poehlmann.  —  L'epoca  imperiale  romana  e  la  fine  del 
mondo  antico. 


IL 


IL    MEDIO    EVO. 


J.    v.    Pflugk-Harttino.  —    Le  invasioni  barbariche    e    il 

regno  dei  Franchi. 
G.   K\i  1-mann.   —  L'impero  e    il  papato    sino    alla    fine    del 

XI  11  secolo. 
W.  Friedensburg.  —  La  fine  del  medio  evo. 
A.  Bruckner.  —  Ingresso  degli  Slavi  nella  storia  universale. 


III.    -    L'ORIENTE. 

C.   Bezold.  —  La  cultura  dell'antico  Oriente. 

C.   Brockei.mann.  —  L'Islam    dai    suoi    primordi    ai    nostri 

giorni 
R,  Stììbe.  —  Il  regno  degli  indo-germani  in  Asia  e  i  popoli 

dell'Asia  centrale. 
A.  Conrady.  —  La  Cina. 
O.   Nachod.  —  11  Giappone. 


IV      -    STORIA    MODERNA 
L  eptca  religiosa  1500-1650 

J.  v.  Pi- li  -i.k  -Harttung.    —   Storia    delle    scoperte    e    delle 

colonie 
K.  Brandi.   —   11  Rinascimento. 
Tu.    Bkieger.    —   La   Riforma. 
IL   v.   ZwiEDlNECK      Sudenhorst.    —    La  controriforma    in 

Germania. 
M,   PHiUPescwt.  —  La  controriforma  nell'Europa  meridionale 

e  occidentale. 

V.     -    STORIA    MODERNA 

L'epoca  politica  1650-1815 

A.  Bruùckner.  —  I  popoli  slavi. 

M    Philippson.  —  L'epoca  di.i^uigi  XIV. 

W.  Oncken  e  E.  Hevck.  —  L'epoca  di  Federico  il  Grande. 

J.  v.  Pflugk-Harttung.  —  Rivoluzione  ed  impero 


VI. 


STORIA  MODERNA 


L'epoca    nazionale    e    sociale    1815-1908 

P.   Darmstaedter.  —Gli  Stati  Leniti  d'America. 
K,   Haebler.  —  L'America  centrale  e  meridionale, 
i  ma.nn.  —  L'Europa  all'epoca  della  reazione. 
K.  Tu.  v.  Heigel  e    W.  Hausenstein      —    L  epoca    della 

unificazione  nazionale. 
E.   Hrandenburg.    —    Origine     di    un    sistema     degli    stati 

mondiali. 

Lamprecht.  —  L'espansione  europea. 


H 


K 


CONDIZIONI     DI     ABBONAMENTO 

L'opera  consterà  di  sei  volumi  111-4  di  circa  600  pagine  cadauno,  ricchi  di  oltre  3000  illustrazioni 
iutercalate  nel  testo,  tavole  nere  e  a  colori  che  riproducono  i  quadri  più  celebri,  edifici  e  monumenti 
artistici,  incisioni,  monete,  medaglie,  facsimili  ed  altri  documenti,  frutto  di  minuziose  ricerche  in 
musei,  monasteri,  biblioteche,  archivi  pubblici  e  orivati,  I  volumi  cono  corredati  di  numerose  carte 
geografiche  espressamente  eseguite. 


Voi.  II.  —  Fase.  30-31.  L.  2.— 

M  5-22. 

Prof.  Dott.  ANTONIO   BERLESE 

Direttore  della  R.  Stazione  di  entomologia  agraria  di  Firenze 


GLI   INSETTI 

loro   organizzazione,   sviluppo,   abitudini 
e  rapporti  coli' uomo 


VOLUME     SECONDO 


Società    Editrice   Libraria 

et    é.    MILANO     (16)     ■     VIA    AUSONIO,     22    .»    .» 

1922 


J3 


O 

•o 
o 

a 


II 

M 

e*  fl 
00  O 
60  o 

£  -a 

■j»  a 

Vita  e  Costumi  "".s 

con  particolare  riguardo  agl'insetti  praticamente  interessanti  «§  ® 

§8 

il 

2  2 

o    » 

8' 

a  * 


^     00 

o 

o   « 

03    O 

•gj 


SOCIETÀ  EDITRICE  LIBRARIA  -  Via  Ausonio,  22  -  MILANO 

MAURIZIO   HOERNES 

Professore     di    Archeologia     nell'Università    di    Vienna 

L'UOMO 

STORIA       NATURALE      E      PREISTORIA 


Versione  italiana   del   Dott.   VELIO  ZANOLU 

Libero  docente  di  Antropologia  nella  R    Università  di  Padova 
DIRETTA  DAL 

Prof.  ENRICO  TEDESCHI 

Ordinario    di     Antropologia     nella     R.     Università    di     Padova 


Nel  ritmo  vibrante  e  molteplice  della  civiltà 
moderna,  l'uomo  che,  colla  forza  del  pensiero  in- 
stancabilmente operoso,  ha  saputo  sprigionare  ed 
utilizzare  dalla  terra,  dall'aria,  dalle  acque  energie 
terribili  e  meravigliose;  l'uomo  che  ha  saputo  im- 
primere al  progresso  un'andatura  serrata  verso  la 
perfezione,  sente,  nei  brevi  istanti  di  tregua  con- 
cessa al  lavoro  febbrile,  il  desiderio  ed  il  bisogno  di 
volgere  la  mente  riposata  al  passato,  per  conoscere 
come  hanno  vissuto,  come  hanno  operato  i  suoi  pro- 
genitori. Eterno  viandante  che  ascende  faticosa- 
mente i  fianchi  tormentati  della  montagna  (splende 
sulla  vetta  il  sole  radioso  della  felicità),  l'uomo 
tratto  tratto  si  volge  a  misurare  col  guardo  la  lun- 
ghezza del  cammino  percorso,  a  scrutare  le  nebbie 
del  piano,  a  dar  cuore  colla  voce  ai  fratelli  che  si 
affannano  ancora  giù  tra  le  ultime  rupi.  Colla  vi- 
sione chiara  ormai  della  meta  a  cui  deve  giungere, 
egli  vuol  conoscere  il  punto  dal  quale  è  partito  e 
le  sue  mani  frugano  avide  fa  le  rovine  che  il  tempo 
ed  il  fato  hanno  accumulate  sulle  città  antiche,  sco- 
perchiano i  sepolcreti  delle  antichi  stirpi,  mentre 
le  orecchie  ascoltano  attente  le  leggende  ed  i  canti 
che  l'onda  incalzante  dei  secoli  ha  gettate  alle  sue 
prode,  avanzi  del  vasto  naufragio  di  infinite  gene- 
razioni. Ma  questi  canti,  queste  leggende  e  lo  stu- 
dio stesso  degli  antichissimi  idiomi  intorno  ai  quali 
valanghe  di  libri  si  sono  accumulate  negli  scaffali 
delle  biblioteche  del  mondo  civile,  non  possono 
darci    tranquillanti  certezze. 

Né  la  Bibbia,  né  le  tradizioni  tramandateci 
dalle  letterature  classiche,  né  tanto  meno  gli  idiomi 
nei  quali  si  volle  ricercare  il  segno  certo  delle  prime 
mescolanze,  dei  primissimi  costumi,    mettono   luce 


limpida  fra  le  tenebre  fitte  della  preistoria  umana. 
Sicché  lo  studio  negli  ultimi  decenni,  si  è  rivolto 
ai  documenti  materiali  delle  antiche  civiltà,  e,  ri- 
mandando a  tempi  più  maturi  la  fissazioni  delle 
leggi  che  stringono  in  un  solo  tutto  razza,  civiltà  e 
linguaggio  ha  adottato  il  metodo  induttivo-positivo 
proprio  delle  scienze  naturali.  La  maggiore  razio- 
nalità del  sistema  ed  il  mirabile  fervore  dei  dotti 
nelle  nuovissime  ricerche  hanno  condotto  finalmente 
a  risultati  notevoli  sia  per  copia,  che  per  rigore 
scientifico. 

Poco  si  conosce  ancora  in  Italia  di  questo  in- 
tenso lavoro  compiuto  con  metodo  rinnovellato  nel 
campo  della  scienza  delle  origini,  ed  opportuna 
quindi  ed  utile  ad  ogni  categoria  di  persone  colte 
ci  sembra  la  traduzione  dell'opera  del  prof.  Mau- 
rizio Hoernes  illustre  e  profondo  archeologo  del- 
l'Università di  Vienna. 

Nei  due  volumi  della  «  Storia  naturale  e  prei- 
storia dell'Uomo  »  sono  raccolti  ed  esposti  con  sin- 
tesi ordinata,  armonica  e  comprensiva  tutti  i  risul- 
tati delle  moderne  ricerche,  fatte  con  metodo  diretto 
nel  campo  fisico,  psicologico  e  storico  del  genere 
umano. 

La  frase  facile  ed  elegante  dello  scienzato  te- 
desco suscita  la  vita  nel  regno  delle  morte  cose; 
per  essa  i  frammenti  delle  ossa,  delle  armi,  degli 
utensili,  narrano  con  un  loro  linguaggio  di  sugge- 
stione e  ad  un  tempo  di  scienza,  le  ferocie,  gli  ef- 
fetti, le  industrie  e  le  arti,  i  costumi  delle  genti  tra- 
volte ormai  nel  gran  turbine  del  tempo;  per  essa 
infine  si  sollevano  dalle  profonde  tenebre  del  Qua- 
ternario la  figura  ancora  incerta  del  vaticinato  uomo 
scimmia,  e  quella  oramai  precisa  dell'uomo  fossile. 


SOMMARIO  DELL'  OPERA 
Introduzione  Storica.  —  Sviluppo  e  concetto  dell'antropologia  fisica.  -  Descrizione.  —  Nozioni  di  antropologia 
fisica  che  si  riferiscono  particolarmente  all'origine  ed  all'evoluzione  umana.  —  Comparazione.  -  L'uomo  ed  il  regno 
animale.  -  Posto  dell'uomo  nella  natura.  —  Origine.  -  Forme  -  stipiti,  età  e  patria  dellumanità.  —  Periodo  medio 
dello  sviluppo.  -  L'uomo  nel  quaternario.  —  Periodo  recente.  -  Il  periodo  geologico  attuale.  —  Introduzione  sto- 
rica. -  Evoluzione  dell'archeologia  preistorica  e  dell'etnologia  dei  popoli  naturali.  —  Le  basi  fondamentali  della  ci- 
viltà. -  La  civiltà  come  mezzo  e  fine.  Disuguaglianza  e  sue  cause.  -  I  bisogni  nutritivi.  -  Le  forme  di  coltura,  loro 
importanza,  loro  significato.  —  Il  bisogno  di  riposo  e  di  sicurezza.  —  Le  industrie.  —  La  vita  consociata.  — 
Mezzi  di  comunicazione  e  di  rappresentazione.  —  Mezzi  di  soddisfazione  intellettuale. 


L'opera  consta  di  due  voi.   in-4o  di  compless.  pagine  1270  illustrate  da  479  figure  intercalate  e  i6  tavole. 

Lire  80.— 


Voi.   II.  —  Fase.   32-33.  (pag.    753-776)  L.  2.— 


M   7-22. 


.a 

Prof.   Dott.  ANTONIO   BERLESE  % 

Direttore  della  R.   Staziona  di  entomologia   agraria  di  FireoM  o 

. o 

5 

3 


GLI   INSETTI 


*    *    MILANO    II»)    ■     VIA    AUSONIO,    ti    £    * 
1922 


SI 


o 

ri   ■_ 


a  i 

fi 


loro   organizzazione,   sviluppo,   abitudini 

e  rapporti  coli"  uomo  o 


a   3 


5  a 
ti  - 


•-  se 


VOLUME     SECONDO 

"5  .  3* 

Vita  e  Costumi 

"ab  J 

3> 

Ci«  particolare  riguardo  agl'insetti  praticamente   intere«aaatf 

*  2 

Si 

■1 

=3-1 

■a  o 

»  ? 

S  2 

o    — 

a. 

. 

o  £ 

=b  3 

o-5 

e   *• 

3  * 

aj    «a 

3    <D 

fig^%| 

J2  S 

^    oc 

3 

^Sév^UtSkS^ 

£° 

JBs2rHIff^V 

ti   0 

B(™_1""'|  irf 

-    fl 

y-^^1  " 

■BJ 

Società    Editrice    Libraria 

o 

g 

SOCIETÀ  EDITRICE  LIBRARIA  -  Via  Ausonio,  22  -  MILANO 


MAURIZIO   HOERNES 

Professore     di     Archeologia     nell'Università    di    Vienna 

L'UOMO 


STORIA       NATURALE 


PREISTORIA 


Versione  ital»&n&  del   Dott.    VELIO   ZANOLLI 

Libero  docente   di  Antropologia  nella  R    Università  di  Padova 
DIRETTA  DAI. 

Prof.  ENRICO  TEDESCHI 

Ordinario     di     Antropologia      nella     R.     Università     di     Padova 


Nel  ritmo  vibrante  e  molteplice  della  civiltà 
moderna,  l'uomo  che,  colla  forza  del  pensiero  in- 
stancabilmente operoso,  ha  saputo  sprigionare  ed 
utilizzare  dalla  terra,  dall'aria,  dalle  acque  energie 
terribili  e  meravigliose;  l'uomo  che  ha  saputo  im- 
primere al  progresso  un'andatura  serrata  verso  la 
perfezione,  sente,  nei  brevi  istanti  di  tregua  con- 
cessa al  lavoro  febbrile,  il  desiderio  ed  il  bisogno  di 
volgere  la  mente  riposata  al  passato,  per  conoscere 
come  hanno  vissuto,  come  hanno  operato  i  suoi  pro- 
genitori. Eterno  viandante  che  ascende  faticosa- 
mente i  fianchi  tormentati  della  montagna  (splende 
sulla  vetta  il  sole  radioso  della  felicità),  l'uomo 
tratto  tratto  si  volge  a  misurare  col  guardo  la  lun- 
ghezza del  cammino  percorso,  a  scrutare  le  nebbie 
del  piano,  a  dar  cuore  colla  voce  ai  fratelli  che  si 
affannano  ancora  giù  tra  le  ultime  rupi.  Colla  vi- 
sione chiara  ormai  della  meta  a  cui  deve  giungere, 
egli  vuol  conoscere  il  punto  dal  quale  è  partito  e 
le  sue  mani  frugano  avide  fa  le  rovine  che  il  tempo 
ed  il  fato  hanno  accumulate  sulle  città  antiche,  sco- 
perchiano i  sepolcreti  delle  antichi  stirpi,  mentre 
le  orecchie  ascoltano  attente  le  leggende  ed  i  canti 
che  l'onda  incalzante  dei  secoli  ha  gettate  alle  sue 
prode,  avanzi  del  vasto  naufragio  di  infinite  gene- 
razioni. Ma  questi  canti,  queste  leggende  e  lo  stu- 
dio stesso  degli  antichissimi  idiomi  intorno  ai  quali 
valanghe  di  libri  si  sono  accumulate  negli  scaffali 
delle  biblioteche  del  mondo  civile,  non  possono 
darci    tranquillanti  certezze. 

Né  la  Bibbia,  né  le  tradizioni  tramandateci 
dalle  letterature  classiche,  né  tanto  meno  gli  idiomi 
nei  quali  si  volle  ricercare  il  segno  certo  delle  prime 
mescolanze,  dei  primissimi   costumi,    mettono    luce 


limpida  fra  le  tenebre  fitte  della  preistoria  umana. 
Sicché  lo  studio  negli  ultimi  decenni,  si  è  rivolto 
ai  documenti  materiali  delle  antiche  civiltà,  e,  ri- 
mandando a  tempi  più  maturi  la  fissazioni  delle 
leggi  che  stringono  in  un  solo  tutto  razza,  civiltà  e 
linguaggio  ha  adottato  il  metodo  induttivo-positivo 
proprio  delle  scienze  naturali.  La  maggiore  razio- 
nalità del  sistema  ed  il  mirabile  fervore  dei  dotti 
nelle  nuovissime  ricerche  hanno  condotto  finalmente 
a  risultati  notevoli  sia  per  copia,  che  per  rigore 
s:ientifico. 

Poco  si  conosce  ancora  in  Italia  di  questo  in- 
tenso lavoro  compiuto  con  metodo  rinnovellato  nel 
campo  della  scienza  delle  origini,  ed  opportuna 
quindi  ed  utile  ad  ogni  categoria  di  persone  colte 
ci  sembra  ìa  traduzione  dell'opera  del  prof.  Mau- 
rizio Hoernes  illustre  e  profondo  archeologo  del- 
l'Università di  Vienna. 

Nei  due  volumi  della  «  Storia  naturale  e  prei- 
storia dell'Uomo  »  sono  raccolti  ed  esposti  con  sin- 
tesi ordinata,  armonica  e  comprensiva  tutti  i  risul- 
tati delle  moderne  ricerche,  fatte  con  metodo  diretto 
nel  campo  fisico,  psicologico  e  storico  del  genere 
umano. 

La  frase  facile  ed  elegante  dello  scienzato  te- 
desco suscita  la  vita  nel  regno  delle  morte  cose; 
per  essa  i  frammenti  delle  ossa,  delle  armi,  degli 
utensili,  narrano  con  un  loro  linguaggio  di  sugge- 
stione e  ad  un  tempo  di  scienza,  le  ferocie,  gli  ef- 
fetti, le  industrie  e  le  arti,  i  costumi  delle  genti  tra- 
volte ormai  nel  gran  turbine  del  tempo;  per  essa 
infine  si  sollevano  dalle  profonde  tenebre  del  Qua- 
ternario la  figura  ancora  incerta  del  vaticinato  uomo 
scimmia,  e  quella  oramai  precisa  dell'uomo  fossile. 


SOMMARIO    DELL    OPERA 

Introduzione  Storica.  —  Sviluppo  e  concetto  dell'antropologia  fisica.  -  Descrizione.  —  Nozioni  di  antropologia 
fisica  che  si  riferiscono  particolarmente  all'origine  ed  all'evoluzione  umana.  —  Comparazione.  -  L'uomo  ed  il  regno 
animale.  -  Posto  dell'uomo  nella  natura.  —  Origine.  -Forme  -  stipiti,  età  e  patria  dell  umanità.  —  Periodo  medio 
dello  sviluppo.  -  L'uomo  nel  quaternario.  —  Periodo  recente.  -  Il  periodo  geologico  attuale.  —  Introduzione  sto- 
rica. -  Evoluzione  dell'archeologia  preistorica  e  dell'etnologia  dei  popoli  naturali.  —  Le  basi  fondamentali  della  ci- 
viltà. -  La  civiltà  come  mezzo  e  fine.  Disuguaglianza  e  sue  cause.  I  bisogni  nutritivi.  -  Le  forme  di  coltura,  loro 
importanza,  loro  significato.  —  Il  bisogno  di  riposo  e  di  sicurezza.  —  Le  industrie.  —  La  vita  consociata.  — 
Mezzi  di  comunicazione  e  di  rappresentazione.  —  Mezzi  di  soddisfazione  intellettuale. 


L'opera  consta  di  due  voi.   in-4o  di  complexs.  pagine  1270  illustrate  da  479  fìyure  intercalate  e  i6  tavole. 

Lire  80.— 


SOCIETÀ  EDITRICE  LIBRARIA  -  Via  Ausonio,  22  -  MILANO 


I  COSTUMI  DEL  MONDO 

ILLUSTRAZIONE  POPOLARE 

delle   usanze,   dei   riti,   delle  cerimonie   di  tutti  i   paesi 

A  CURA    DI 

WALTER  HUTCHINSON 

colla    collaborazione    degli    illustri    specialisti 

Sir  Harry   [ohnston  -  Sir  George  Scott  -  Sir  Sven  Hedin  -  Prof.   Baldwin  Spencer  -  Dr.  Kramer 

-  W.  W.  Skeat  -  T.  Athol  Joyce  -  Sir  Everard  im  Thurn  -  Sir  Richard  Temple  -AC.   Addon 

-  C.  G.  Seligmann  -  Henri  Maitre  -  Edgar  Thurston  -  Charles  Hose  ed  altri 


L'opera  che  presentiamo  al  pubblico  italiano 
offre  alcune  particolari  caratteristiche  che  meritano  di 
essere  segnalate.  Anzitutto  quella  della  assoluta  novità: 
giacché  se  esistono  esposizioni  frammentarie  delle 
usanze  dei  varii  popoli,  l'argomento  vasto  e  com- 
plesso degli  usi  e  costumi  di  tutto  il  mondo 
non  è  stato  affrontato  prima  d'ora,  anche  per  l'e- 
sauriente motivo  che.  fino  a  pochi  anni  addietro, 
talune  regioni  del  globo  erano  rimaste  affatto  ine- 
splorate o  insufficientemente  note  riguardo  a  ciò 
che  costituisce  l'oggetto  del  nostro  lavoro.  'L'inte- 
resse del  libro  non  ha  bisogno  di  essere  dimostrato. 
Si  tratta,  invero,  della  descrizione,  da  parte  di  scrit- 
tori competenti  e  di  osservatori  diretti,  delle  parti- 
colari costumanze  che,  secondo  la  mentalità  delle 
varie  razze,  il  grado  di  civiltà,  le  influenze  naturali 
ed  economiche,  l'uomo  osserva,  nei  diversi  paesi, 
in  ciascun  nucleo  sociale,  nelle  singole  tribù,  ri- 
spetto alla  nascita,  alla  fanciullezza,  all'adolescenza 
al  matrimonio,  alla  religione,  alla  superstizione, 
alla  morte,  alla  sepoltura,  al  lutto.  Intereresse  non 
solamente  di  curiosità,  ma  di  ordine  anche  più  ele- 
vato, poiché  se  ci  alletta  il  conoscere  gli  atteggia- 
menti strani,  in  confronto  alle  idee  nostre  evolute, 
che  assumono  i  nostri  simili  meno  civili  riguardo 
a  fenomeni  comuni,  quegli  stessi  atteggiamenti  ta- 
lora ci  offrono  motivo  di  meditazione  e  ci  fanno 
qualche  volta  rimanere  perplessi  se  tutto  nei  nostri 
costumi  presenti  quei  caratteri  di  superiorità  di  cui 
ci  vantiamo. 


L'opera  è  scritta  in  forma  popolare  e  costituisce 
una  lettura  utile  e  piacevole  pei-  tutti. 

E  agevole  comprendere  come  l'indole  del  la- 
voro non  si  presti  a  darne  un  riassunto  che  ne 
faccia  conoscere  il  contenuto  fuorché  nelle  sue  linee 
generalissime.  Migliaia  di  usanze  delle  più  singo- 
lari sfilano  davanti  a  noi:  fanciulle  racchiuse  in  una 
gabbia  fino  a  che  non  giunga  un  fidanzato  a  chie- 
derle in  spose  e  giovani  che  attendono  dalle  fan- 
ciulle una  proposta  di  matrimonio;  giovinette  acqui- 
state dall'uomo  che  aspira  a  condurle  a  nozze,  e 
mariti  comprati  dalle  donne  che  anelano  ad  unirsi 
con  loro;  strani  modi  di  trarre  gli  auspici  pel  fu- 
turo matrimonio;  solenni  festeggiamenti  nuziali  e 
semplici  unioni  senza  alcun  rito;  divorzi  accompa- 
gnati da  cerimonie  solenni;  speciali  vincoli  famigliari, 
inimicizie,  vendette;  abitazioni  separate  per  ciascun 
sesso;  curiose  società  segrete;  donne  che  lavorano 
e  governano  la  famiglia  mentre  i  mariti  se  ne  .stanno 
in  ozio;  stravaganti  riti  religiosi;  sacrifici  umani;  ce- 
rimonie propiziatorie;  processioni  secondo  un  pro- 
tocollo assai  complicato;  penalità  crudelmente  raf- 
finate; incantesimi,  magia,  stregoneria;  cadaveri  con- 
servati in  gran  pompa;  riti  funebri  complessi  e  pit- 
toreschi; custodia  delle  anime  dei  defunti;  loro  tutela 
contro  i  cattivi  spiriti Splendide  e  copiose  illu- 
strazioni, tratte  da  fotografie,  rappresentano  al  vero 
le  costumanze  descritte  nel  testo  e  permettono  al 
lettore  di  media  coltura  di  farsi  una  precisi  idea 
delle  condizioni  di  civiltà  dei  differenti  popoli. 


L'opera  consterà  di  due  volumi  in-4  di  complessive  pagine  1000  circa,  stampali  su  carta  patinata  ric- 
camente illustrali  da  oltre  1000  figure  tratte  da  fotografie,  molte  delle  guati  a  pagina  intera  e  da  oltre  ?j 
taiole  in  tricromia. 

La  pubblicazione  sarà  fatta  a  fascicoli  di  24  pagine  la  maggior  parte  dei  quali  conterrà  una  favela  a 
colori  che  sarà  conteggiata  per  otto  pagi  ut . 

Prezzo  per  ogni  lascicelo  Lire  UNA. 


SOCIETÀ   EDITRICE  LIBRARIA  =  Via  Ausonio,  22  =  MILANO 


LE 

MERAVIGLIE   DEL   MONDO 

ILL(lSTRftZIONE    POPOLARE 

delle  più  portentose  opere  della  natura  e  dell'uomo  esistenti  oggidì 

a  cura  degli  illustri  viaggiatori 

Sir  HARRY  JOHNSTON  ,  ALAN  H.  BURGOYNE  -  PERCEVAL  LANDON  ,  J.  THOMSON,  ed  altri 

Nel  loro  mondo  ristretto,  tutto  limitato  alle  regioni  limitrofe  del  Mediterraneo,  gli  antichi 
contavano  e  vantavano  solo  sette  grandi  meraviglie.  Ma  nel  mondo  moderno  di  tanto  più  ampio 
dell'antico,  e  che  si  è  andato  distendendo  fino  agli  ultimi  confini  della  terra,  comprendendo  tutti  i 
paesi  e  tutti  i  popoli,  quanti  prodigi  naturali,  ignorati  e  trascurati  per  l'addietro,  sono  stati  scoperti, 
quanti  portenti  artistici  sono  stati  creati,  per  sostituire  quei  capolavori  distrutti  inesorabilmente 
dalla  corsa  edace  del  tempo,  e  dall'incurante  vandalismo  degli  uomini  ! 

Tutti  e  cinque  i  continenti,  di  cui  ora  risulta  composto,  gli  portano  a  gara  il  loro  contributo, 
concorrendo  ad  arricchirlo  di  ogni  sorta  di  meraviglie. 

L'Asia,  l'antica  culla  del  genere  umano,  contrada  misteriosa  dalle  città  interdette  ai  profani  e 
dalle  sommità  inaccessibili,  è  anche  il  paese  favoloso  del  sogno  che  innalza  al  cielo  i  suoi  "  templi 
fantastici   in  cui   risplendono  i  metalli  più  rari  e  le  gemme  più  preziose. 

L'Oceania,  è  la  strana  contrada  delle  estensioni  sterminate,  in  cui  si  scatenano  liberamente  i 
venti,  delle  caverne  di   stalattiti   meravigliose,  e  dei  geysers  zampillanti  dal  suolo. 

In  Africa,  accanto  ai  vestigi  di  una  civiltà  millenaria  trionfa  quasi  dappertutto  ancora  una  na- 
tura grandiosa  e  selvaggia,  in  attesa  che  l'uomo  intraprenda  anche  colà  la  sua  lotta  tradizionale, 
per  sottometterla  e  addomesticarla. 

In  America,  presso  alle  pampas  immense  e  ondeggianti  come  il  mare,  in  cui  risuona  il  galoppo 
delle  mandre  selvagge,  si  erge  il  moderno  grattacielo  enorme  e  grottesco,  delle  grandi  città  indu- 
striali e  commerciali. 

La  vecchia  Europa  finalmente,  nonostante  le  sue  bellezze  naturali,  è  sopratutto  il  paese  del- 
l'arte,  di  cui   racchiude  i  più  grandi  capolavori,  e  i  più  ambiti  tesori. 

Natura  ed  Arte  :  queste  due  fonti  inesauribili  di  meraviglia  e  di  diletto,  dispiegheranno  di- 
nanzi agli  occhi  sorpresi  e  alla  mente  attonita  del  lettore,   tutti  i  loro  innumerevoli  portenti. 

Più  di  mille  splendide  illustrazioni,  riprodotte  direttamente  da  fotografie,  raccolte  senza 
badare  a  spesa,  da  ogni  parte  del  mondo,  e  numerose  tavole  a  colori,  dipinte  espressamente  da 
valente  artista,  gli  permetteranno  di  compiere  un  mirabile  giro  del  mondo,  al  quale  avrà  forse 
pensato  molte  volte  come  a  un  sogno  irraggiungibile.  E  questo  giro  del  mondo  incantevole  e 
istruttivo  a  un  tempo,  ei  lo  potrà  fare  giorno  per  giorno,  senza  muoversi  di  casa,  nell'ambito  pia- 
cevole della  propria  famiglia,   presso  la  dolce  intimità  del   domestico  focolare. 

L'opera,  scritta  da  eminenti  viaggiatori  e  condotta  sul  modello  delle  due  grandiose  e  ben  note 
pubblicazioni  :  «  Le  Razze  Umane  »  e  «  Gli  Animali  Viventi  »,  sarà  come  quelle  di  grande  inte- 
resse per  tutte  le  persone  di  media  coltura,  costituendo  un  necessario  e  degno  compimento  delle 
medesime. 

CONDIZIONI    D'ASSOCIAZIONE: 

L'opera  consterà  iti  due  volumi  111-4  di  complessive  1000  pagine  circa,  stampati  su  carta  patinata,  riccamente 
illustrati  da  oltre  inno  figure  tratte  da  fotografie .  molte  delle  quali  a  pagina  intera  e  da  oltre  20  tavole  in  tricromia. 

La  pubblicazione  sarà  fatta  a  fascicoli  di  24  pagine  la  maggior  parie  dei  quali  conterrà  una  tavola  a  co/ori, 
clic  sarà  conteggiata  per  otto  pagine. 

Si  pubblicheranno  possibilmente  due  fascicoli  al  mese.  Prezzo  di  ogni  fascicolo  Lire  UNA. 


Voi.  II.  —  Fase.  34-37       (pag.   777-808  con  urna  tavola)  h.   i. 


M    8-22. 


Prof.  Dott.  ANTONIO   BERLESE 


GLI   INSETTI 

loro   organizzazione,   sviluppo,   abitudini 
e  rapporti  coli' uomo 


VOLUME     SECONDO 

Vita  e^Costumi 
con  particolare  riguardo  agl'insetti  praticamente   interessanti 


13 


Direttore  della  R.  Stazione  di  entomologia  agraria  di  Firenze  o 


.a  e 

o  a. 


O  d 
T3  a 
o  — 

=  o 

.si 

2  1 

«3    **" 


I! 

o 

©  ti 
A  _ 
a  n 

">  s 

s  - 

—     - 

a  — 

■e  * 


4    £ 

£  I 

■SS 

> 

a  2 

.—  — 

-  _3 

2  * 


e 
o  « 
«  e 
o  a 

Q 


Società    Editrice    Libraria  § 

e 

*    *     MILANO     (16)     -     VIA    AUSONIO,    22    *    4 

1922 


SOCIETÀ  EDITRICE  LIBRARIA  -  Via  Ausonio,  22  -  MILANO 


MAURIZIO   HOERNES 

Professore     di     Archeologia     nell'Università    di    Vienna 

L'UOMO 

STORIA       NATURALE       E      PREISTORIA 

Versione   italiana  del    Dott.    VELH)    ZANOLLI 

Libero  docente  di  Antropologia  nella  R    Università  di  Padova 

DIRETTA  DAL 
Prof.   ENRICO  TEDESCHI 

Ordinario     di     Antn.pologia     nella     R.      Università     d'     Padova 


Nel  ritmo  vibrante  e  molteplice  della  civiltà 
moderna,  l'uomo  che,  colla  forza  del  pensiero  in- 
stancabilmente operoso,  ha  saputo  sprigionare  ed 
utilizzare  dalla  terra,  dall'aria,  dalle  acque  energie- 
terribili  e  meravigliose;  l'uomo  che  ha  saputo  im- 
primere al  progresso  un'andatura  serrata  verso  la 
perfezione,  sente,  nei  brevi  istanti  di  trégua  con- 
cessa al  lavoro  febbrile,  il  desiderio  ed  il  bisogno  di 
volgere  la  mente  riposata  al  passato,  per  conoscere 
come  hanno  vissuto,  come  hanno  operato  i  suoi  pro- 
genitori. Eterno  viandante  che  ascende  faticosa- 
mente i  fianchi  tormentati  della  montagna  (splende 
sulla  vetta  il  sole  radioso  della  felicità),  l'uomo 
tratto  tratto  si  volge  a  misurare  col  guardo  la  lun- 
ghezza del  cammino  percorso,  a  scrutare  le  nebbie 
del  piano,  a  dar  cuore  colla  voce  ai  fratelli  che  si 
affannano  ancora  giù  tra  le  ultime  rupi.  Colla  vi- 
sione chiara  ormai  della  meta  a  cui  deve  giungere, 
egli  vuol  conoscere  il  punto  dal  quale  è  partito  e 
le  sue  mani  frugano  avide  fa  le  rovine  che  il  tempo 
ed  il  fato  hanno  accumulate  sulle  città  antiche,  sco- 
perchiano i  sepolcreti  delle  antichi  stirpi,  mentre 
le  orecchie  ascoltano  attente  le  leggende  ed  i  canti 
che  l'onda  incalzante  dei  secoli  ha  gettate  alle  sue 
prode,  avanzi  del  vasto  naufragio  di  infinite  gene- 
razioni. Ma  questi  canti,  queste  leggende  e  lo  stu- 
dio stesso  degli  antichissimi  idiomi  intorno  ai  quali 
valanghe  di  libri  si  sono  accumulate  negli  scaffali 
delle  biblioteche  del  mondo  civile,  non  possono 
darci    tranquillanti  certezze. 

Né  la  Bibbia,  né  le  tradizioni  tramandateci 
dalle  letterature  classiche,  né  tanto  meno  gli  idiomi 
nei  quali  si  volle  ricercare  il  segno  certo  delle  prime 
metcolanze,  dei  primissimi   costumi,    mettono    luce 


limpida  fra  le  tenebre  fitte  della  preistoria  umana. 
Sicché  lo  studio  negli  ultimi  decenni,  si  è  rivolto 
ai  documenti  materiali  delle  antiche  civiltà,  e,  ri- 
mandando a  tempi  più  maturi  la  fissazioni  delle 
leggi  che  stringono  in  un  solo  tutto  ralzza,  civiltà  e 
linguaggio  ha  adottato  il  metodo  induttivo-positivo 
proprio  delle  scienze  naturali.  La  maggiore  razio- 
nalità del  sistema  ed  il  mirabile  fervore  dei  dotti 
nelle  nuovissime  ricerche  hanno  condotto  finalmente 
a  risultati  notevoli  sia  per  copia,  che  per  rigore 
s:ientifico. 

Poco  si  conosce  ancora  in  Italia  di  questo  in- 
tenso lavoro  compiuto  con  metodo  rinnovellato  nel 
campo  della  scienza  delle  origini,  ed  opportuna 
quindi  ed  utile  ad  ogni  categoria  di  persone  colte 
ci  sembra  ia  traduzione  dell'opera  del  prof.  Mau- 
rizio Hoernes  illustre  e  profondo  archeologo  del- 
l'Università di  Vienna. 

Nei  due  volumi  della  «  Storia  naturale  e  prei- 
storia dell'Uomo  »  sono  raccolti  ed  esposti  con  sin- 
tési ordinata,  armonica  e  comprensiva  tutti  i  risul- 
tati delle  moderne  ricerche,  fatte  con  metodo  diretto 
nel  campo  fisico,  psicologico  e  storico  del  genere 
umano. 

La  frase  facile  ed  elegante  dello  scienzato  te- 
desco suscita  la  vita  nel  regno  delle  morte  cose; 
per  essa  i  frammenti  delle  ossa,  delle  armi,  degli 
utensili,  narrano  con  un  loro  linguaggio  di  sugge- 
stione e  ad  un  tempo  di  scienza,  le  ferocie,  gli  ef- 
fetti, le  industrie  e  le  arti,  i  costumi  delle  genti  tra- 
volte ormai  nel  gran  turbine  del  tempo;  per  essa 
infine  si  sollevano  dalle  profonde  tenebre  del  Qua- 
ternario la  figura  ancora  incerta  del  vaticinato  uomo 
scimmia,   e   quella  oramai  precisa  dell'uomo  fossile. 


SOMMARIO  DELL'  OPERA 
Introduzione  Storica.  —  Sviluppo  e  concetto  dell'antropologia  fisica.  -  Descrizione.  —  Nozioni  di  antropologia 
fisica  che  si  riferiscono  particolarmente  all'origine  ed  all'evoluzione  umana.  —  Comparazione.  -  L'uomo  ed  il  regno 
animale.  -  Posto  dell'uomo  nella  natura.  —  Origine.  -Forme  -  stipiti,  età  e  patria  dell  umanità.  —  Periodo  medio 
dello  sviluppo.  -  V  uomo  nel  quaternario.  —  Periodo  recente.  -  Il  periodo  geologico  attuale.  —  Introduzione  Sto- 
rica. -  Evoluzione  dell'archeologia  preistorica  e  dell'etnologia  dei  popoli  naturali.  —  Le  basi  fondamentali  della  ci- 
viltà. -  La  civiltà  come  mezzo  e  fine.  Disuguaglianza  e  sue  cause.  I  bisogni  nutritivi.  -  Le  forme  di  coltura,  loro 
importanza,  loro  significato.  —  Il  bisogno  di  riposo  e  di  sicurezza.  —  Le  industrie.  —  La  vita  consociata.  — 
Mezzi  di  comunicazione  e  di  rappresentazione.  —  Mezzi  di  soddisfazione  intellettuale. 


L  opera  consta  di  due  col.   in-Jc  di  compiess.  pagine  127.0  illustrale  da  479  fiyure  intercalate  e  io'  tavole. 

Lire  80.— 


SOCIETÀ  EDITRICE  LIBRARIA  -  Via  Ausonio,  22  -  MILANO 


I  COSTUMI  DEL  MONDO 

ILLUSTRAZIONE  POPOLARE 

delle   usanze,   dei   riti,   delle  cerimonie   di  tutti  i   paesi 

A  CURA    1)1 

WALTER  HUTCHINSON 

colla    collaborazione    degli    illustri    specialisti 

Sir  Harry  Johnston  -  Sir  George  Scott  -  Sir  Svkn   Hedix  -   Prof.   Baldwin  Spencer  -  Dr.  Kramer 

-  W.  W.  Skeat  -  T.  Athol  Joyce  -  Sir  Everard  im  Thurn  -  Sir  Richard  Temple  -  A     C.   Addon 

-  C.  G.  Seligmann  -  Henri  Maitre  -  Edgar  Thurston  -  Charles  Hose  ed  altri 


L'opera  che  presentiamo  al  pubblico  italiano 
offre  alcune  particolari  caratteristiche  che  meritano  di 
essere  segnalate.  Anzitutto  quella  della  assoluta  novità: 
giacche  se  esistono  esposizioni  frammentarie  delle 
usanze  dei  varii  popoli,  l'argomento  vasto  e  com- 
plesso degli  usi  e  costumi  di  tutto  il  mondo 
non  è  stato  affrontato  prima  d'ora,  anche  per  l'e- 
sauriente motivo  che,  fino  a  pochi  anni  addietro, 
talune  regioni  del  globo  erano  rimaste  affatto  ine- 
splorate o  insufficientemente  note  riguardo  a  ciò 
che  costituisce  l'oggetto  del  nostro  lavoro.  'L'inte- 
resse del  libro  non  ha  bisogno  di  essere  dimostrato. 
Si  tratta,  invero,  della  descrizione,  da  parte  di  scrit- 
tori competenti  e  di  osservatori  diretti,  delle  parti- 
colari costumanze  che,  secondo  la  mentalità  delle 
varie  razze,  il  grado  di  civiltà,  le  influenze  naturali 
ed  economiche,  l'uomo  osserva,  nei  diversi  paesi, 
in  ciascun  nucleo  sociale,  nelle  singole  tribù,  ri- 
spetto alla  nascita,  alla  fanciullezza,  all'adolescenza 
al  matrimonio,  alla  religione,  alla  superstizione, 
alla  morte,  alla  sepoltura,  al  lutto.  Intereresse  non 
solamente  di  curiosità,  ma  di  ordine  anche  più  ele- 
vato, poiché  se  ci  alletta  il  conoscere  gli  atteggia- 
menti strani,  in  confronto  alle  idee  nostre  evolute, 
che  assumono  i  nostri  simili  meno  civili  riguardo 
a  fenomeni  comuni,  quegli  stessi  atteggiamenti  ta- 
lora ci  offrono  motivo  di  meditazione  e  ci  fanno 
qualche  volta  rimanere  perplessi  se  tutto  nei  nostri 
costumi  presenti  quei  caratteri  di  superiorità  di  cui 
ci  vantiamo. 


L'opera  è  scritta  in  forma  popolare  e  costituisce 
una  lettura  utile  e  piacevole  per  tutti. 

E  agevole  comprendere  come  l'indole  del  la- 
voro non  si  presti  a  darne  un  riassunto  che  ne 
faccia  conoscere  il  contenuto  fuorché  nelle  sue  linee 
generalissime.  Migliaia  di  usanze  delle  più  singo- 
lari sfilano  davanti  a  noi:  fanciulle  racchiuse  in  una 
gabbia  fino  a  che  non  giunga  un  fidanzato  a  chie- 
derle in  spose  e  giovani  che  attendono  dalle  tan- 
ciulle  una  proposta  di  matrimonio;  giovinette  acqui- 
state dall'uomo  che  aspira  a  condurle  a  nozze,  e 
mariti  comprati  dalle  donne"  che  anelano  ad  unirsi 
con  loro;  strani  modi  di  trarre  gli  auspici  pel  lu- 
turo  matrimonio;  solenni  festeggiamenti  nuziali  e 
semplici  unioni  senza  alcun  rito;  divorzi  accompa- 
gnati da  cerimonie  solenni;  speciali  vincoli  famigliali. 
inimicizie,  vendette;  abitazioni  separate  per  ciascun 
sesso;  curiose  società  segrete;  donne  che  lavorano 
e  governano  la  famiglia  mentre  i  mariti  se  ne  stanno 
in  ozio;  stravaganti  riti  religiosi;  sacrifici  umani;  ce- 
rimonie propiziatorie:  processioni  secondo  un'  pro- 
tocollo assai  complicato;  penalità  crudelmente  raf- 
finate; incantesimi,  magia,  stregoneria;  cadaveri  con- 
servati in  gran  pompa;  riti  funebri  complessi  e  pit- 
toreschi; custodia  delle  anime  dei  defunti;  loro  tutela 
contro  i  cattivi  spiriti Splendide  e  copiose  illu- 
strazioni, tratte  da  fotografie,  rappresentano  al  vero 
le  costumanze  descritte  nel  testo  e  permettono  al 
lettore  di  media  coltura  di  farsi  una  precisi  idea 
delle  condizioni  di  civiltà  dei  differenti  popoli. 


L'opera  consterà  di  due  volumi  in-./  di  complessive  pagine  1000  circa,  stampati  su  carta  patinata  ric- 
camente illustrati  da  oltre  1000  figure  tratte  dà  fotografie,  molte  delle  quali  a  pagina  intera  e  da  oltre  27 
tavole  in  tricromia. 

La  pubblicazioni  sarà  fatta  a  fascicoli  di  24  pagine  la  maggior  parte  dei  quali  conterrà  una  tavola  a 
colori  che  sarà  conteggiata  per  otto  pagine. 

Prezzo  per  ogni  lascicelo  Lire  UNA. 


SOCIETÀ   EDITRICE   LIBRARIA   =   Via  Ausonio,  22  -  MILANO 


LE 

MERAVIGLIE   DEL   MONDO 

ILLUSTRAZIONE    POPOLARE 

delle  più  portentose  opere  della  natura  e  dell'uomo  esistenti  oggidì 

a  cura  degli  illustri  viaggiatori 
Sir  HARRY  JOHNSTON  *  ALAN  H.  BURGOYNE  -  PERCEVAL  LANDON  -  J.  THOMSON,  ed  altri 

Nel  loro  mondo  ristretto,  tutto  limitato  alle  regioni  limitrofe  del  Mediterraneo,  gli  antichi 
contavano  e  vantavano  solo  sette  grandi  meraviglie.  Ma  nel  mondo  moderno  di  tanto  più  ampio 
dell'antico,  e  che  si  è  andato  distendendo  fino  agli  ultimi  confini  della  terra,  comprendendo  tutti  i 
paesi  e  tutti  i  popoli,  quanti  prodigi  naturali,  ignorati  e  trascurati  per  l'addietro,  sono  stati  scoperti, 
quanti  portenti  artistici  sono  stati  creati,  per  sostituire  quei  capolavori  distrutti  inesorabilmente 
dalla  corsa  edace  del  tempo,  e  dall'incurante  vandalismo  degli  uomini  ! 

Tutti  e  cinque  i  continenti,  di  cui  ora  risulta  composto,  gli  portano  a  gara  il  loro  contributo, 
concorrendo  ad  arricchirlo  di  ogni  sorta  di  meraviglie. 

L'Asia,  l'antica  culla  del  genere  umano,  contrada  misteriosa  dalle  città  interdette  ai  profani  e 
dalle  sommità  inaccessibili,  è  anche  il  paese  favoloso  del  sogno  che  innalza  al  cielo  i  suoi  templi 
fantastici  in  cui   risplendono  i   metalli  più  rari  e  le  gemme  più  preziose. 

L'Oceania,  è  la  strana  contrada  delle  estensioni  sterminate,  in  cui  si  scatenano  liberamente  i 
venti,  delle  caverne  di  stalattiti   meravigliose,   e  dei  geysers  zampillanti  dal  suolo. 

In  Africa,  accanto  ai  vestigi  di  una  civiltà  millenaria  trionfa  quasi  dappertutto  ancora  una  na- 
tura grandiosa  e  selvaggia,  in  attesa  che  l'uomo  intraprenda  anche  colà  la  sua  lotta  tradizionale, 
per  sottometterla   e   addomesticarla. 

In  America,  presso  alle  pampas  immense  e  ondeggianti  come  il  mare,  in  cui  risuona  il  galoppo 
delle  mandre  selvagge,  si  erge  il  moderno  grattacielo  enorme  e  grottesco,  delle  grandi  città  indu- 
striali e  commerciali. 

La  vecchia  Europa  finalmente,  nonostante  le  sue  bellezze  naturali,  è  sopratutto  il  paese  del- 
l'arte,  di  cui   racchiude  i  più  grandi  capolavori,   e  i   più  ambiti  tesori. 

Natura  ed  Arte  :  queste  due  fonti  inesauribili  di  meraviglia  e  di  diletto,  dispiegheranno  di- 
nanzi  agli  occhi  sorpresi  e  alla  mente  attonita  del  lettore,   tutti   i  loro  innumerevoli  portenti. 

Più  di  mille  splendide  illustrazioni,  riprodotte  direttamente  da  fotografie,  raccolte  senza 
badare  a  spesa,  da  ogni  parte  del  mondo,  e  numerose  tavole  a  colori,  dipinte  espressamente  da 
valente  artista,  gli  permetteranno  di  compiere  un  mirabile  giro  del  mondo,  al  quale  avrà  forse 
pensato  molte  volte  come  a  un  sogno  irraggiungibile.  E  questo  giro  del  mondo  incantevole  e 
istruttivo  a  un  tempo,  ei  lo  potrà  fare  giorno  per  giorno,  senza  muoversi  di  casa,  nell'ambito  pia- 
cevole della  propria   famiglia,   presso  la  dolce  intimità  del   domestico  focolare. 

L'opera,  scritta  da  eminenti  viaggiatori  e  condotta  sul  modello  delle  due  grandiose  e  ben  note 
pubblicazioni  :  «  Le  Razze  Umane  »  e  «  Gli  Animali  Viventi  »,  sarà  come  quelle  di  grande  inte- 
resse per  tutte  le  persone  di  media  coltura,  costituendo  un  necessario  e  degno  compimento  delle 
medesime. 

CONDIZIONI     D'ASSOCIAZIONE: 

L'opera  consterà  dì  due  volumi  in -4  di  complessive  rooo  pagine  circa,  stampati  su  carta  patinata,  riccamente 
illustrati  da  oltre  rooo  figure  halle  da  fotografie,  motte  delle  quali  a  pagina  intera  e  da  oltre  20  tavole  in  tricromia. 

La  pubblicazione  sarà  falla  a  fasi  ìcoti  di  24.  pagine  la  maggior  parie  dei  quali  conterrà  una  tavola  a  colori, 
che  sarà  conteggiata  per  otto  pagine. 

Si  "pubblicheranno  possibilmente  due  fascicoli  al  mese.  Prezzo  di  ogni  fascicolo  Lire  UNA. 


Voi.   II.  —  Fase.  38-41  (pag.   809-848)  L.   4.- 


M   1-23. 


GLI   INSETTI 

loro   organizzazione,   sviluppo,   abitudini 
e  rapporti  coli' uomo 


Società    Editrice    Libraria 

*    *    MILANO     (16)    ■     VIA    AUSONIO,    22    *    £ 
1923 


2 


T3 


Prof.  Dott.  ANTONIO  BERLESE 

Direttore  della  R.   Stazione  di  entomologia  agraria  di  Firenze  o 

00 

o 


J3    0 

S"3. 

oo    3 

0/    &. 

o  3 

tJ    3 
O    — 

So 
e  "o 


S  g 
3  3 


§! 

J3    S 
_    O 

J3 


>  5 


VOLUME     SECONDO  II 

Vita  e  Costumi  ">  §■ 

con  particolare  riguardo  agl'insetti  praticamente   interessanti  a  c 

^  2 

-  & 

o   n 


.3  «s 
■o  2 

.a 

«  > 

> 

5  2 

0  a. 

o-  » 

o  £ 


o  :" 

e   <- 

.§1 


o   « 

03    O 
o    C 


SOCIETÀ  EDITRICE  LIBRARIA  -  Via  Ausonio,  22  -  MILANO 


MAURIZIO   HOERNES 

Professore     di     Archeologia     nell'Università    di    Vienna 

L'UÒMO 

STORIA      NATURALE       E      PREISTORIA 


Versione  italiana  del  Dott.   VELIO  ZANOLLI 

Libero  docente  di  Antropologia  nella  R.   Università  di  Padova 
DIRF.TTA  DAL 

Prof.  ENRICO  TEDESCHI 

Ordinario    di     Antropologia     nella     R.     Università    di     Padova 


Nel  ritmo  vibrante  e  molteplice  della  civiltà 
moderna,  l'uomo  che,  colla  forza  del  pensiero  in- 
stancabilmente operoso,  ha  saputo  sprigionare  ed 
utilizzare  dalla  terra,  dall'aria,  dalle  acque  energie 
terribili  e  meravigliose;  l'uomo  che  ha  saputo  im- 
primere al  progresso  un'andatura  serrata  verso  la 
perfezione,  sente,  nei  brevi  istanti  di  tregua  con- 
cessa al  lavoro  febbrile,  il  desiderio  ed  il  bisogno  di 
volgere  la  mente  riposata  al  passato,  per  conoscere 
come  hanno  vissuto,  come  hanno  operato  i  suoi  pro- 
genitori. Eterno  viandante  che  ascende  faticosa- 
mente i  fianchi  tormentati  della  montagna  (splende 
sulla  vetta  il  sole  radioso  della  felicitai,  l'uomo 
tratto  tratto  si  volge  a  misurare  col  guardo  la  lun- 
ghezza del  cammino  percorso,  a  scrutare  le  nebbie 
del  piano,  a  dar  cuore  colla  voce  ai  fratelli  che  m 
affannano  ancora  giù  tra  le  ultime  rupi.  Colla  vi- 
sióne chiara  ormai  della  meta  a  cui  deve  giungere, 
egli  vuol  conoscere  il  punto  dal  quale  è  partito  e 
le  sue  mani  frugano  avide  fa  le  rovine  che  il  tempo 
ed  il  fato  hanno  accumulate  sulle  città  antiche,  sco- 
perchiano i  sepolcreti  delle  antichi  stirpi,  mentre 
le  orecchie  ascoltano  attente  le  leggende  ed  i  canti 
che  l'onda  incalzante  dei  secoli  ha  gettate  alle  sue 
prode,  avarizi  del  vasto  naufragio  di  infinite  gene- 
razioni. Ma  questi  canti,  queste  leggende  e  l,o  stu- 
dio stesso  degli  antichissimi  idiomi  intorno  ai  quali 
valanghe  di  libri  si  sono  accumulate  negli  scaffali 
delle  biblioteche  del  mondo  civile,  non  possono 
darci    tranquillanti  certezze. 

Né  la  Bibbia,  né  le  tradizioni  tramandateci 
dalle  letterature  classiche,  né  tanto  meno  gli  idiomi 
nei  quali  si  volle  ricercare  il  segno  certo  delle  prime 
mescolanze,  dei  primissimi   costumi,    mettono    luce 


limpida  fra  le  tenebre  fitte  della  preistoria  umana. 
j  Sicché  lo  studio  negli  ultimi  decenni,  si  è  rivolto 
ai  documenti  materiali  delle  antiche  civiltà,  e,  ri- 
mandando a  tempi  più  maturi  la  fissazioni  delle 
leggi  che  stringono  in  un  solo  tutto  razza,  civiltà  e 
linguaggio  ha  adottato  il  metodo  induttivo-positivo 
proprio  delle  scienze  naturali.  La  maggiore  razio- 
nai.tà  del  sistema  ed  il  mirabile  fervore  dei  dotti 
nelle  nuovissime  ricerche  hanno  condotto  finalmente 
a  risultati  notevoli  sia  per  copia,  che  per  rigore 
srientifico. 

Poco  si  conosce  ancora  in  Italia  di  questo  in- 
tenso lavoro  compiuto  con  metodo  rinnovellato  nel 
campo  iella  scienza  delle  origini,  ed  opportuna 
quindi  ed  utile  ad  ogni  categoria  di  persone  colte 
;i  sembra  la  traduzione  dell'opera  del  prof.  Mau- 
rizio Hoernes  illustre  e  profondo  archeologo  del- 
l'Università di  Vienna. 

'  Nei  due  volumi  della  s  Storia  naturale  e  prsi- 
storia  dell'Uomo  «  sono  raccolti  ed  esposti  con  sin- 
tesi ordinata,  armonica  e  comprensiva  tutti  i  risul- 
tati delle  moderne  ricerche,  fatte  con  metodo  diretto 
nel  campo  fisico,  psicologico  e  storico  del  genere 
umano.  5 

La  frase  facile  ed  elegante  dello  scienzato  te- 
desco suscita  la  vua  nel  regno  delle  morte  cose; 
per  essa  i  frammenti  delle  ossa,  delle  armi,  degli 
utensili,  narrano  con  un  loro  linguaggio  di  sugge- 
stione e  ad  un  tempo  di  scienza,  le  ferocie,  gli  ef- 
fetti, le  industrie  e  le  arti,  i  costumi  delle  genti  tra- 
volte ormai  nel  gran  turbine  del  tempo;  per  essa 
infine  si  sollevano  dalle  profonde  tenebre  del  Qua- 
ternario la  figura  ancora  incerta  del  vaticinato  uomo 
scimmia,  e  quella  oramai  precisa  dell'uomo  fossile. 


SOMMARIO    DELL'OPERA 

Introduzione  storica.  —  Sviluppo  e  concetto  dzll'  antropologia  fisica.  -  Descrizione.  —  Nozioni  di  antropologia 
fisica  che  si  riferiscono  particolarmente  all'origine  ei  all'evo! jzione  umana.  —  Comparazione.  -  L'uomo  ed  il  regno 
animale.    -    Posto  dell'uomo    nella  natura.    —    Origina.  -Forme  -  stipiti,  età  e  patria  dellumanità.  —  Periodo  medio 

dello  sviluppo.  -  L'uomo  nel  quaternario.  —  Periodo  recente.  -  Il  periodo  geologico  attuale.  —  Introduzione  sto- 
rica. -  Evoluzione  dell'archeologia  preistorica  e  dell'etnologia  dei  popoli  naturali.  —  Le  l->asi  fondamentali  della  ci- 
viltà. -  La  civiltà  come  mezzo  e  fine.  Disuguaglianza  e  sue  c.uisj.  1  bisogni  nutritivi.  -  Le  forme  di  coltura,  loro 
importanza,  loro  significato.  —  li  bisogno  di  riioso  e  di  sicr.svzza.  —  Le  industrie.  —  La  vita  consociata.  — 
Mezzi  di  comunicazione  e  di  rappresentazione.  —  Mezzi  di  soddisfazione  intellettuale. 

L'opera  consta  di  due  col.    in-4o  di  compiesti,  pagine  VJlO  illustrate  da  479  figure  intercalate  e  i6  tavole 

Lire  44  -• 


SOCIETÀ  EDITRICE  LIBRARIA  ■  Vìa  Ausonio,  22  -  MILANO 


LE 

MERAVIGLIE   DEL   MONDO 

ILLUSTRAZIONE    POPOLARE 

delle  più  portentose  opere  della  natura  e  dell'uomo  esistenti  oggidì 

a  cura  degli  illustri  viaggiatori  i 

air  HARRY  JOHNSTON  -  ALAN  H.  BURGOYNE  -  PERCEVAL  LANDON  -  J.  THOMSON,  ed  altri 

Nel  loro  mondo  ristretto,  tutto  limitato  alle  regioni  limìtrofe  del  Mediterraneo,  gli  antichi 
contavano  e  vantavano  solo  sette  grandi  meraviglie.  Ma  nel  mondo  moderno  di  tanto  più  ampio 
dell'antico,  e  che  si  è  andato  distendendo  fino  agli  ultimi  confini  della  terra,  comprendendo  tutti  i 
pa,esi  e  tutti  i  popoli,  quanti  prodigi  naturali,  ignorati  e  trascurati  per  l'addietro,  sono  stati  scoperti, 
(pianti  portenti  artistici  sono  stati  creati,  per  sostituire  quei  capolavori  distrutti  inesorabilmente 
dalla  corsa  edace  del  tempo,   e  dall'incurante  vandalismo  degli   uomini  ! 

Tutti  e  cinque  1  continenti,  di  cui  ora  risulta  composto,  gli  portano  a  gara  il  loro  contributo, 
concorrendo  ad   arricchirlo   di   ogni   sorta   di   meraviglie. 

L'Asia,  l'antica  culla  del  genere  umano,  contrada  misteriosa  dalle  città  interdette  ai  profani  e 
dalle  sommità  inaccessibili,  è  anche  il  paese  favoloso  del  sogno  che  innalza  al  cielo  i  suoi  templi 
fantastici   in  cui  risplendono  i  metalli   più  rari  e  le  gemme  più  preziose. 

L'Oceania,  è  la  strana  contrada  delle  estensioni  sterminate,  in  cui  si  scatenano  liberamente  i 
venti,   delle  caverne  di  stalattiti   meravigliose,   e  dei  geysers  zampillanti  dal  suolo. 

In  Africa,  accanto  ai  vestigi  di  una  civiltà  millenaria  trionfa  quasi  dappertutto  ancora  una  na- 
tura grandiosa  e  selvaggia,  in  attesa  che  l'uomo  intraprenda  anche  colà  la  sua  lotta  tradizionale, 
per  sottometterla   e   addomesticarla. 

In  America,  presso  alle  pampas  immense  e  ondeggianti  come  il  mare,  in  cui  risuona  il  galoppo 
delle  mandre  selvagge,  si  erge  il  moderno  grattaculo  enorme  e  grottesco,  delle  grandi  città  indu- 
striali  e  commerciali. 

La  vecchia  Europa  finalmente,  nonostante  le  sue  bellezze  naturali,  è  sopratutto  il  paese  del- 
l'aite,  di   cui    racchiude   i   più   grandi    capolavori,   e   i   più   ambiti   tesori. 

.Natura  ed  Arte  :  queste  due  fonti  inesauribili  di  meraviglia  e  di  diletto,  dispiegheranno  di- 
nanzi   agli   occhi   sorpresi   e  alla   mente  attonita   del   lettore,    tutti   i   ioro   innumerevoli   portenti. 

Più  di  mille  splendide  illustrazioni,  riprodotte  direttamente  da  fotografie,  raccolte  sertza 
baciare  a  spesa,  da  ogni  parte  del  mondo,  e  numerose  tavole  a  colon,  dipinte  espressamente  da 
valente  artista,  gli  permetteranno  di  compiere  un  mirabile  giro  del  monda,  al  quale  avrà  forse 
pensato  molte  volte  come  a  un  sogno  irraggiungibile.  E  questo  giro  del  mondo  incantevole  e 
istruttivo  a  un  tempo,  ei  lo  potrà  fare  giorno  per  giorno,  senza  muoversi  di  casa,  nell'ambito  pia- 
cevole  'l'Ila  propria  famiglia,  presso  la  dolce  intimità  del   domestico  focolare. 

L'opera,  scritta  da  eminenti  viaggiatori  e  condotta  sul  modello  delle  due  grandiose  e  ben  note 
pubblicazioni  :  «  Le  Razze  Umane  »  e  «  Gli  Animali  Viventi  »,  sarà  come  quelle  di  grande  inte- 
resse per  tutte  le  persone  di  media  coltura,  costituendo  un  necessario  e  degno  compimento  delle 
medesime. 

CONDIZIONI     D'ASSOCIAZIONE. 

L'opera  consterà  dì  due  volumi  in- idi  complessive  /uno  pagine  circa,  stampati  su  carta  patinata,  riccamente 
illustrati  da  olire  tooo  figure  tratte  da  fotografie,  motte  delle  quali  a  pagina  intera  e  da  oltre  so  tavole  in  tricromìa. 

La  p.lbblicazioiie  sarà  fatta  a  fascicoli  di  2/  pagine  la  maggior  parte  dei  quali  conterrà  una  tavola  a  co/ori, 
che  sarà  conteggiata  per    otto  pagine. 

Sì  pubblicheranno  possibilmente  due  /'asti,  oli  al  mese .  Prezzo  di  o^ni  fascicolo  Lire  UNA. 


SOCIETÀ   EDITRICE   LIBRARIA  -  Via  Ausonio,  22  -   MILANO 


Storia  Universale 


della   Letteratura 


GUSTAVO  RARPELES 

Traduzione   con  note  ed  aggiunte  del  Dott.  EUGENIO  LEVI 


Quanto  più  progredisce  la  civiltà,  tanto  più  si 
raffinano  i  bisogni  dell'intelligenza.  Uno  dei  più 
grandi  popoli  moderni,  e  proprio  quello  maggior- 
mente compenetrato  dalla  febbre  dell'odierno  verti- 
ginoso progresso,  li  popolo  degli  Stati  Uniti,  doveva, 
or  non  è  molto,  riconoscere,  per  bocca  del  suo  capo, 
che  le  cose,  le  quali  realmente  contano  nella  vita, 
sono  le  cose  dello  spirito.  Sebbene  le  odierne  inter- 
pretazioni materialistiche  della  storia  non  vedano 
più  in  queste  correnti  ideali  la  forza  motrice  del 
progresso  umano,  nessuno  però  potrebbe  negare  che 
di  questo  progresso  esse  sieno  l'indice  costante  e 
luminoso.  Fra  questi  processi  d'idee  che  segnano  la 
superstruttura  sociale,  la  letteratura  occupa  certo  il 
posto  più  cospicuo,  poiché  i  poeti  non  solo  hanno 
l'intuito  mirabile  del  loro  tempo,  ma  meglio  degli 
altri  esercitano  la  loro  reazione  sugli  impulsi  della 
vita  ambiente.  Le  lettere  sogliono  cosi  intrecciare 
tali  e  tante  attinenze  con  tutta  la  cultura  dello  spi- 
rito, da  diventarne  l'espressione  più  fedele,  e  in 
questo  senso  non  aveva  torto  Voltaire  di  chiamare 
i  letterati  pionieri  della  civiltà. 

Quindi  una  Storia  universale  della  lettera- 
tura può  considerarsi  come  un  processo  discorsivo 
dell'idea  umana  attraverso  al  tempo  e  allo  spazio, 
e  non  può  non  richiamare  l'attenzione  di  tutti  co- 
loro che  non  sanno  prescindere  nella  vita  da  un 
certo  senso  d'indagine  intorno  a  quei  grandi  problemi, 
che  se    talvolta    sgomentano  la   coscienza  moderna, 

Eccone  frattanto  il   prospetto    analitico-; 
VOLUMI  PRIMO  E  SECONDO 

INTRODUZIONE  GENERALE 

LIBRO  I.  -  L'ORIENTE.  Introduzione.  La  Cina.  -11  Giappone.  -L'In- 
dia. -  L'Egitto.  -  La  Babilonia  e  l'Assiria.  -  Gli  Fbrei. -L'Arabia. 
-  La  Persia.  -  La   Turchia.  -  Appendice:  I  popoli  allo  stato  di  natura. 

LIBRO  IL  -  L'ANTICHITÀ  CLASSICA.  Introduzione.  La  Grecia.  -  Roma. 

LIBRO  III.  -  IL  CRISTIANESIMO.  Introduzione.  La  letteratura  del 
nuovo  Testamento. 

LIBRO  IV.  -  I  PAESI  NEO-LATINI.  Introduzione.  -  La  Francia.  -  L'Ita- 
lia. -  La  Spagna.  -  Il   Portogallo. 


ne  formano  pur  sempre  il  decoro  più  nobile,  il 
sottostrato  più  eletto.  A  tale  bisogno  appunto  risponde 
l'opera  di  Gustavo  Karpeles. 

Con  processo  rigorosamente  scientifico  e  con 
parola  nitida  e  chiara  l'illustre  critico  tedesco  viene 
esaminando  lo  svolgersi  progressivo  delle  grandi 
correnti  letterarie  e  indaga  con  analisi  acuta  profonda 
quanto  esse  offrono  e  quanto  esse  attingono  a 
tutti  i   dominii  della  civiltà. 

Applicare  oggi  anche  alle  letterature  quel  me- 
todo comparato,  a  cui  tante  vittorie  debbono  le 
scienze  glottologiche  e  le  ricerche  psichiche,  è,  si 
può  dire,  un'esigenza  imperiosa;  e  a  tale  studio 
comparativo  quest'opera  può  servire  da  guida  sicura. 

Noi  la  presentiamo  ora  ai  nostri  connazionali 
liberamente  svolta  e  tradotta  sebbene  conservata  nei 
suoi  tratti  caratteristici.  Per  ciò  che  si  riferisce  alla 
.letteratura  italiana,  essa  è  rifatta  quasi  per  intero  ; 
e  rifatti  sono  i  capitoli  che  riguardano  le  giovani 
letterature  contemporanee,  le  nuove  correnti  che 
allacciano  il  presente  all'avvenire,  che  schiudono  allo 
spirito  le  terre  vergini,  gli  orizzonti    lontani. 

L'accoglienza  lusinghiera  che  1'  opera  ebbe  in 
Germania  al  suo  primo  apparire,  come,  è  una  prova 
evidente  della  sua  opportunità  e  dei  pregi  intrinseci 
che  l'adornano,  ci  affida  che  anche  in  Italia  essa 
sarà  accolta  con  ugual  favore  da  quanti  apprezzano 
fra  noi  il  culto  e  l'incremento  dei  buoni    studi. 


VOLUMI  TERZO  E  QUARTO 

LIBRO  V.  -  I  PAESI  D'ORIGINE  GERMANICA.  Introduzione.  L'Inghil- 
terra (Irlanda,  Scozia,  America  del  nord).  -  I  paesi  germanici. 
-  I  Paesi  bassi.  -  La  Finlandia  ed  Estonia.  -  La  Scandinavia  (Da- 
nimarca, Norvegia,   Svezia) 

LIBRO  VI.  -  I  PAESI  SLAVI.  Introduzione.  La  Bulgaria.  -  Gli  Slavi 
del  sud.  -  La  Polonia.  -  I  Lituani.  -  La  Russia.  -  La  Russia 
minore.  -  La  Boemia.  -  Appendice  al  Libro  II.  Gli  Epigoni  dell'an- 
tichità classica.  -  I  Neo-Elleni.  -  I  Rumeni. 

Appendice  all'Opera:  Ungheria.  Fonti  e  note.  -  Indice  alfabetico  dei 
nomi. 


L'opera  consta  di  quattro  volumi  di  2450  pagine  di  testo  in-8  illustrate  da  634  figure  intercalate  nel 
testo  e  da  96  tavole  staccate  in  nero  ed  a  colori.  Prezzo  Lire  08.  —  Legata  in  tela  all'inglese.  Lire  80. — 


Voi.  II.  —  Fase.  42-61      (pag.  i-x  e  849  a  fine  voi.  II)  L.  20.— 

M   1-25. 

Prof.  Dott.  ANTONIO  BERLESE 

Direttore  della  R.   Stazione  di  entomologia   agraria  di  Firenze 


GLI   INSETTI 

loro   organizzazione,  sviluppo,   abitudini 
e  rapporti  coli' uomo 


VOLUME     SECONDO 

Vita  e  Costumi 
con  particolare  riguardo  agl'insetti  praticamente  interessanti 


Società   Editrice   Libraria 

£       *       MILANO    ■    VIA     AUSONIO,    22       £       » 

1925