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Full text of "Glossario etimologico Piemontese"

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in  2010  with  funding  from 

University  of  Toronto 


http://www.archive.org/details/glossarioetimoloOOpozz 


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GLOSSARIO  ETIMOLOGICO  PIEMONTESE 


MAGGIORE   DAL   POZZO 


GLOSSARIO  ETIMOLOGICO 


PIEMONTESE 


TORINO  ^ 


41  ' 


F.    CASANOVA,    Libraio-Editore 

Via  Accademia  delle  Scienze  (piazza  Carignano) 

1888 


PROPRIETÀ    LETTERARIA 


Torino  —  Tip.  Vincenzo  Bona. 


Al   Cortese   Lettore 


Sono  tre  mila  vocaboli,  scelti  nel  conversar  famigliare 
piemontese  tra  i  più  caratteristici  per  radicale  o  desi- 
nenza, oppure  spigolati  nei  dizionari  tra  i  più  obsoleti 
per  antichità,  de'  quali  ho  cercata  la  origine,  volendo 
stabilire  il  grado  di  parentela,  che  il  dialetto  del  Pie- 
monte propriamente  detto,  ha  colle  lingue  romanze  dei 
popoli  finitimi. 

E  perciò,  premessa  una  breve  genealogia  del  popolo 
nostro,  ho  fatto  questa  raccolta  di  voci  e  di  frasi,  indi- 
candone la  pia  diretta  provenienza  e  quel  tanto  di 
etimologia  che  basti  per  presentarla  al  pubblico  come 
un'aggiunta  a'  vocabolari  più  stimati  del  vernacolo  pie- 
montese. 

Gran  parte  di  queste  etimologie  ho  cavate  dai  libri 
de'  maestri  in  Linguistica  ;  talune  ho  tentato  trovarle 
coll'aiuto  della  filologia  comparata  e  àeW assonanza  ; 
sempre  però  sommesso  all'aforismo  del  Max  Miiller,  il 
quale  dice  esser  la  etimologia  una  scienza  in  cui  la 
identità  ed  anche  la  somiglianza  sia  di  suono  che 
di  significato^  non  ha  alcuna  importanza. 

Tùtt'assieme  questo  lavoro  è  poca  cosa,  prego  però 
il  cortese  lettore  a  tenermi  conto  della  pazienza  impie- 
gatavi e  considerare  il  proverbio  de'  nostri  vecchi,  che 
dice:  Se  tati  i  trop  a  trop'so,  anche  i  pciti  poc 
a  fan  '/  haron  gross. 

Viù,  Agosto  1887. 

Il  Maggiore  DAL  POZZO. 


I>^RTE    F»IIIM^ 


POPOLO    E    DIALETTO    PIEMONTESI 
ORIGINE  STORICA 


Il  dialetto  piemontese,  parlato  com'è  ancora  oggidì,  fu  giustamente 
annoverato  fra  i  monumenti  storici  della  linguistica.  In  esso  si  con- 
tano parecchi  vocaboli,  i  quali  sono  reliquie  di  lingue  morte  antichis- 
sime, principalmente  celtiche  e  molti  altri,  i  quali  provengono  da 
lingue  de'  vari  popoli  coi  quali  il  nostro  subalpino  si  trovò  a  contatto 
durante  la  sua  lunga  esistenza  di  ben  trenta  secoli,  vale  a  dire,  Gal- 
lici, Germanici,  Slavi,  Greci,  Latini,  Borgognoni,  Provenzali,  Cen- 
troni,  Keto-Eomanesi  ed  infine  Francesi,  Spagnuoli  ed  Italiani. 

Però  tutto  questo  centone  di  parole  strane,  aspre  talvolta  alla  pro- 
nuncia, talvolta  incomprensibili  ad  orecchio  anche  paesano,  non  for- 
mano il  fondo,  la  parte  fissa  del  linguaggio  piemontese.  Queste  parole, 
che  Dante  avrebbe  chiamate  illustri  e  che  noi  chiamiamo  diffìcili, 
non  sono  che  cimelii  storici,  di  cui  approfitta  il  filologo  per  rintrac- 
ciare la  storia  del  popolo  che  le  ha  tramandate  fino  a  noi  e  le  ha 
incastonate  nel  suo  vernacolo,  la  cui  sostanza  invece  è  omogenea  per 
tipo,  desinenze  e  sintassi  con  quella  di  tutte  le  altre  lingue  romanze 
sue  consorelle. 

La  ricerca  pertanto  delle  origini  di  queste  parole  diffìcili  piemon- 
tesi aiuta  la  ricerca  della  origine  e  del  progresso  storico  del  popolo 
che  le  parla  ed  a  vicenda  ne  è  aiutata  per  rispondere  ai  tre  quesiti 


—  10  — 

seguenti  :  primo,  donde  è  venuta  la  gente,  che  da  tre  mila  anni  si  è 
posata  e  vive  tuttora  robusta  nella  regione  pedemontana^  poi,  con 
quali  altre  genti  ha  quella  avuto  contatto  dalla  sua  prima  venuta 
fino  ad  oggi?  ed  infine,  quale  r  stata  la  origine  e  quale  è  il  tipo  del 
suo  linguaggio  attuale? 


II. 


Carlo  Promis  nella  Storia  dell'antica  Torino,  racconta  e  prova 
come  «  or  sono  30  secoli,  un  popolo  taurisco,  di  stirpe  illirica, 
venuto  d' Amona  (oggi  Lubiana)  in  Stiria  e  Carinzia,  si  affacciò  alle 
porte  del  paese  che  fu  poi  detto  Italia  e  calatosi  nella  valle  del  Po, 
non  guadabile  alla  sua  foce,  ne  risali  la  sponda  sinistra,  tutta  occu- 
pandola fino  alla  sorgente  —  che  poi,  sopraffatto  dalli  Etruschi,  venuti 
dalle  Alpi  Eezie,  diretti  a  Eoma,  fu  ridotto  a  tenerne  soltanto  le  due 
estremità,  una  ad  oriente,  che  fu  la  Venezia  e  l'altra  ad  occidente, 
nella  pianura  traspadana,  uscita  di  fresco  dalle  acque  eridanee  e  la- 
sciata sgombra  da'  ghiacciai  alpini  e  questo  popolo  furono  i  Taurisci, 
antenati  nostri,  cosicché  Veneti  e  Piemontesi  siano,  ab  antico,  vera- 
mente fratelli  ». 

Erano  adunque  Illirici  i  Taurisci.  Dice  Strabone  che  quelli  Illirici 
vestivano  come  i  Celti,  ma  non  parlavano  celtico  ;  assevera  Max  Miiller 
non  esistere  reliquia  di  quella  antica  lingua  illirica,  la  quale  ci  possa 
mettere  in  grado  di  formarci  una  opinione  sulla  parentela  sua  col 
greco  0  con  qualunque  altra  famiglia  di  favelle,  e  Promis  cita  tre  soli 
vocaboli,  tramandatici  da  Columella  e  da  Plinio,  della  lingua  parlata 
dai  padri  nostri  prima  della  romana,  fosse  dessa  la  celtica  oppure  il 
dialetto  taurisco  e  sono  la  segala  ch'essi  dicevano  asia,  le  vacche 
alpine  che  chiamavano  ceve,  e  gli  acquiceli  che  erano  il  torrone  o 
pinocchiata  con  miele.  Né  questo  nome  illirico  può  accennare  ad  una 
qualche  origine  slava;  poiché  soltanto  verso  il  500  dell'era  moderna, 
le  tribù  slave  cominciarono  ad  avanzarsi  nella  Mesia  e  nella  Tracia, 
cosicché  il  moderno  illirico,  _cioè  il  Serbo,  il  Croato  e  lo  Sloveno,  i  cui 


—  Il  — 

frammenti  letterari  non  sono  anteriori  al  X  secolo,  non  potè  essere 
lingua  delli  antichi  Taurisci. 

Ma,  prosegue  il  Promis  «  qualunque  fosse  la  loro  lingua,  rinserrata 
com'era  il  paese  nostro  tra  Liguri,  Elveti,  Galli  tras  e  cisalpini,  la 
lingua  portata  dall'IUirio  non  poteva  durare  contro  tanti  elementi  si- 
mili e  preponderanti,  tanto  piti,  che  essendo  tutti  Celti,  il  fondo  del 
parlare  era  comune.  —  Così  600  anni  a.  C,  allorquando  accaddero  le 
grandi  immigrazioni  galliche  di  qua  dell'Alpi,  seguite  da  costante 
contatto  con  quella  nazione,  assai  dovette  affievolirsi  il  primitivo  tau- 
risco,  per  scomparire  totalmente  dopo  la  invasione  cartaginese  e  la 
occupazione  del  suolo  fatta  dai  Galli  ». 

Quindi  risulterebbe  già  un  millennio  dalla  immigrazione  taurisca 
alla  calata  d'Annibale  in  Italia,  durante  il  quale,  in  quella  terra,  che 
solamente  nel  decimo  terzo  secolo  dell'E.  M.,  fu  poi  detta  Piemonte, 
si  parlò  principalmente  una  lingua  antica  illirica,  la  quale  non  era  di 
tipo  slavo  e  che  modificatasi  lentamente  nella  comune  celtica  delle 
Gallie,  finì  per  scomparire  tutta  quanta  ;  sendo  che  un  popolo  «  possa 
mutare  il  proprio  idioma  senza  mutare  il  proprio  nome  »  (Max  Miiller) 
e  una  nazione  possa  colla  sua  influenza  sospingere  fino  ad  un  certo 
punto  un'altra  a  cambiare  i  nomi  materiali  delle  cose,  ma  non  a  dare 
nuova  forma  e  nuovo  ordine  al  pensiero  »  (Biondelli). 


III. 


La  nostra  immigrazione  illirica  venne  ripartita  in  sei  tribù  :  la  mag- 
giore di  queste,  il  futuro  nucleo  della  nazione,  fu  la  tribù  Taurisca 
propria  egemonica^  quella  che  stanziò  nel  piccolo  paese  avente  per 
limiti  l'Orco,  il  Po  e  la  curva  delle  Alpi  taurine.  Confinava  con  essa 
a  ponente  la  tribù  Secusina  in  Val  di  Dora  Kipuaria,  per  cui  si  aveva 
l'unico,  ma  facile  accesso  alle  Gallie;  e  verso  settentrione  stanzia- 
rono i  Salassi,  che  dal  Piccolo  San  Bernardo  scendevano  giù  per 
la  Dora  Baltea  al  Po,  e  più  oltre  i  Leponzi,  i  quali  tenevano  Val 


—  12  — 

di  Sesia,  e  dopo  essi  li  Agoni  sotto  alle  Alpi  novaresi  e  infine  li 
Ittimnìi,  cavatori  d'oro,  stanziati  tra  la  Dora  Bai  tea  e  la  Sesia  sino 
all'Orco  ed  al  Cervo. 

I  Galli  finitimi  circondavano,  ma  non  s'erano  imposti  a  nessuna  delle 
sei  tribù  suddette,  le  quali  furono  sempre  dai  Galli  tenute  come  loro 
consanguinee  e  rimasero  indipendenti  e  indipendenti  durarono  fino  ad 
Augusto  che  cominciando  collo  sterminare  la  tribù  de'  Salassi,  gente 
fierissima,  finì  col  togliere  alle  altre  tutta  la  Circumpadana,  sempre 
però  lasciando  autonoma  la  pianura  de'  Taurini:  che  in  quel  tempo 
era  già  cessato  il  nome  celtico  de'  Taurisci  ed  era  stato  assunto  quello 
di  Taurini  più  cònsono  colla  forma  latino-romana.  Plinio,  nel  primo 
secolo  dell'E.  M.,  distingueva  ancora  la  lingua  taurina  come  alquanto 
diversa  dalla  gallica  e  Promis  nota  come  in  quel  tempo  non  fosse  pur 
anche  ben  stabilita  la  forma-  che  avrebbero  preso  i  nomi  gallici  ro- 
manizzati. 

Così  poiché  Vimperio  romano  fu  esteso  a  tutta  la  terra  italiana  ed 
il  celticismo  fu  distrutto  dal  romanesimo,  come  questo  venne  a  sua 
volta  distrutto  dal  germanesimo  che  dura  e  domina  tuttavia  «  Roma 
attese  a  dilatare  in  tutta  la  penisola  l'elemento  italico  ed  il  Piemonte 
pel  continuo  transito  romano  per  la  valle  di  Susa,  fu  sojn-affaffo  di 
civiltà  latina.  Le  molte  famiglie  venute  di  Roma  a  stabilirsi  nelle 
nostre  terre,  avevano  invase  tutte  le  cariche;  la  città  di  Torino  era 
stremata  tanto  di  popolo,  che  Cesare  dovette  faiTi  colonia  per  ristorarla 
—  ma  i  Taurini  non  furono  conquistati  dai  Romani  mai.  L'antica 
scliiatta  non  fu  mandata  ad  esterminio;  solamente,  perduta  l'auto- 
nomia delle  città  affollate  di  coloni,  si  ridusse  alle  campagne  e  nelle 
fide  rocche  della  Inalpe,  sinché,  spente  poi  le  famiglie  romane  o  ro- 
manizzate, la  razza  indigena  tornò  a  soverchiare  per  numero,  per  forza 
e  per  averi  »  e  con  essa  tornò  in  valore  anche  la  lingua  avita.  DifFatti 
«  le  lapidi,  che  vennero  fino  a  noi,  portano  ancora  nomi  celtici  fino 
al  IV  secolo  dell'E.  M.  nel  Piemonte  superiore  e  soltanto  fino  al  I  se- 
colo nel  Piemonte  inferiore.  —  Quanto  alla  influenza  de'  dialetti 
italici,  se  mai  potè  farsi  sentire  sulla  sponda  destra  del  Po,  sulla 
sinistra  di  esso  fu  affatto  nulla  »  (Promis). 


18  — 


IV. 


Euinarono  finalmente  giù  dai  monti  i  barbari  contro  Roma  a  ven- 
detta dell'umana  dignità.  Nel  secolo  V  Alarico  con  Visigoti,  Alani, 
Vandali,  e  Svevi;  Attila  cogli  Unni,  Slavi  e  Germani,  ed  Odoacre  con 
un'accolta  di  Eruli,  Rugi,  Sciti  e  perfino  Turcilingi;  nel  secolo  VI 
Teodorico  coi  Goti;  nel  VII  Alboino  con  Longobardi,  Gepidi,  Bulgari, 
Sarmati,  Svevi  e  Sassoni,  e  dall' Vili  al  IX  secolo  Carlomagno  coi 
Franchi.  Essi  erano  pressoché  tutti  di  stirpe  germanica,  ma  non  tutti 
parlavano  la  stessa  lingua  ed  oltre  a  ciò  fu  sempre  corta  la  durata  di 
ciascuna  invasione  raramente  oltrepassante  il  secolo,  perchè  o  si  estin- 
guevano 0  si  accomunavano  coi  vinti  e  così  avvenne  che  molti  di  essi 
restarono  nelle  nostre  terre,  specialmente  Goti  e  Longobardi,  quali  per 
rifugio,  quali  per  elezione  e  quali  messivi  dalli  stessi  imperatori  ro- 
mani a  lavorar  i  molti  campi  rimasti  diserti  e  fra  queste  fu  sopra 
tutte  notevole  la  colonia  de'  Sarmati  messa  da  Costantino  circa 
l'anno  337  nell'agro  pedemontano. 

Racconta  il  Promis  che  «  quei  Sarmati  o  Polacchi,  posti  in  gran- 
dissimo numero  a  coltivar  terreni  in  Italia,  vi  avevano  15  stazioni, 
delle  quali  7  erano  in  Piemonte,  tre  alla  destra  del  Po  con  Pollenza, 
Valenza  ed  Acqui-Tortona,  e  quattro  alla  sinistra  con  Torino,  Vercelli, 
Novara  e  Quadrata-Ivrea  ».  Due  secoli  dopo  altri  Sarmati,  Svevi  e 
Bulgari,  di  cui  si  ha  traccia  presso  Cavour,  vennero  a  fissarsi  in  Pie- 
monte, ed  è  a  questo  stanziamento  di  gente  Slava,  cui  si  possono  at- 
tribuire le  poche  parole  e  frasi  slave,  che  rimangono  nel  nostro  dialetto, 
le  quali  appunto  perchè  appartengono  allo  slavo  cristiano  non  potevano 
farsi  risalire  fino  all'Illirico  de'  Taurisci  e  su  quello  ha  fondamento 
la  tradizione  viva  in  alcune  famiglie  nostre,  le  quali  si  affermano, 
ab  antico,  originarie  russe,  e  si  può  spiegare  il  fatto  storico,  che  al- 
l'epoca del  passaggio  de'  Russi  di  Souwaroff,  questi  facilmente  si  af- 
fratellarono coi   nostri   campagnoli,  perchè,  come   dicevan  essi:    noi 


—  14  — 

jìarlavamo  a  modo  loro.  Cosi  il  classico  countagg  sarà  stato  molte 
volte  ben  accentuato  e  capito  nel  furore  del  combattimento  da  ambe 
le  parti  ed  avrà  fatto  posare  da  ambe  le  parti  sciabole  e  forconi. 

Ed  ecco  trascorso  un  altro  millennio  dalla  invasione  cartaginese  a 
quella  dei  Franchi  di  Carlomagno,  durante  il  qual  tempo  il  Piemonte 
sebbene  latinamente  incivilito,  pure  conservò  la  sua  autonomia  e  l'in- 
dole cranica  del  suo  linguagrorio. 


Ma  poiché  Gallia  divenne  Francia,  e  il  vecchio  celtico  andò  spe- 
gnendosi neirVIII  secolo;  dal  sec.  IX  al  XIV,  pel  miscuglio  definitivo 
dei  due  popoli  germanico  e  romanzo  (in  cui  però  quest'ultimo,  si  con- 
servò sempre  superiore),  li  idiomi  latini  popolari  cominciarono  a  mo- 
dificarsi e  diedero  vita  alle  lingue  romanesi  o  latine  moderne^  delle 
quali  sono  principali  la  spagnuola,  la  francese  e  la  italiana  e  se- 
guono secondarie  la  portoghese,  la  valacca  e  quella  de'  Grigioni  chia- 
mata reto-ronianese  o  rouniancia. 

La  lingua  francese  si  bipartiva  allora  nell'antico  francese  nordico, 
ossia  lingua  d'oli  e  nella  lingua  d'oc,  che  un  buon  secolo  dopo  si 
formò  come  lingua  de'  trovatori,  in  Provenza,  donde  ebbe  il  nome  di 
lingua  occitana  o  provenzale.  Oli  ed  oc  sono  due  parole  equivalenti 
all'oMi  del  moderno  francese,  diversamente  pronunciato  a  seconda  che 
Voìl  si  parlava  al  nord  e  l'oc  al  sud  del  fiume  Loire.  La  lingua  dì  oli 
oltrecchè  normanna  e  piccarda  fu  principalmente  horgognona  e  assai 
prima  che  la  occitana  o  provenzale  influì  sul  linguaggio  del  Piemonte, 
dove  i  Borgognoni  s'infiltrarono  popolando  la  valle  di  Susa,  quella 
di  Mathi  ossia  delle  tre  Sture  occidentali  e  la  valle  d'Aosta,  da  essi 
conquistata  sui  Franchi.  Poi,  spenta  nel  1032  la  dinastia  de'  Bur- 
gundi, quando  Umberto  Biancamano  ne  ebbe  raccolta  la  corona  e 
la  Casa  di  Savoia  cominciò  il  suo  fatale  andare  verso  Italia  e  il  Cam- 
pidoglio, la  influenza  borgognona,  popolo,  costumi  e  linguaggio,  corse 


15  — 


giù  per  tutte  le  nostre  valli  dalle  Alpi  Cozie  alle  Graje  ed  il  lin- 
guaggio piemontese  si  arricchì  di  parole,  desinenze  e  costruzione  prin- 
cipalmente borgognona,  quindi  occitana. 


VI. 


Il  popolo  piemontese  adunque  è  per  stirpe  celtico,  per  famiglia 
ILLIRICO.  —  Immigrato  in  Piemonte,  il  cui  suolo  ebbe  occupato  senza 
prepotenze,  cominciò  col  modificare  il  suo  primitivo  linguaggio  illirico 
a  seconda  del  linguaggio  gallico  de'  popoli  che  lo  circondavano  e  coi 
quali  aveva  affinità  d'origine;  ma  conservò  sempre  e  tenacemente  la 
sua  indipendenza  ed  autonomia  politica.  Col  tempo  e  sotto  la  influenza 
della  civiltà  latina,  seguitò  modificando  la  flessione  de'  suoi  vocaboli 
antichi  nel  parlare  quotidiano,  ma  conservò  i  nomi  delle  famiglie  e 
delle  località  celticamente  caratterizzate. 

Dopo  il  rinnovamento  della  Società  romana,  avvenuto  pel  fatto  di 
Cristo  e  dei  Barbari,  il  linguaggio  piemontese  seguì  la  sorte  della 
lingua  latina  scompostasi  in  lingue  romanesi  o  romanze,  divenne  lingua 
romanza  anch'esso,  e  tale  si  conserva  oggidì,  romanzo  quanto  il  Gri- 
gione,  il  Provenzale  e  il  Borgognone.  Le  vicende  politiche  influirono 
ad  introdurre  in  esso  molte  parole  sti*aniere:  le  guerre  franco-ispane 
che  disertarono  per  tre  secoli  il  Piemonte,  spiegano  le  78  parole  spa- 
gnuole,  che  risultano  dal  Glossario,  tra  le  quali  è  caratteristica  quella 
àeì  pìchcchio  chiamato  spagneul;  e  sebbene  veramente  l'italiano,  come 
nota  il  Burguy,  sia  quella  fra  le  lingue  romanesi  che  abbonda  più  di 
vocaboli  greci,  tuttavia  se  si  riflette,  che  Susa  nel  VI  secolo,  E.  M., 
era  ancor  presidiata  dai  Greci  di  Belisario  e  di  Narsete,  si  capisce 
l'origine  delle  41  parole  greche  che  noi  inconsciamente  adoperiamo; 
e  finalmente  le  spedizioni  in  Oriente,  i  Saraceni  annidatisi  nelle  Alpi 
occidentali,  il  commercio  colla  Provenza,  la  lingua  ebraica  fiorente 
in  Marsiglia,  la  occupazione  tedesca  della  finitima  Lombardia,  le  cat- 
tedre ed  il  culto,  tutto  contribuì  a  naturalizzare  tra  noi  un  buon 
numero  di  vocaboli  strani. 


—  16 


VII. 


Ora,  a  conferma  delle  fatte  indagini  storiche,  dallo  scrutinio  intra- 
preso su  tre  mila  vocaboli  i  quali  non  fossero  interamente  o  francesi 
od  italiani  o  latini,  ne  è  risultata  una  proporzione  percentuale  dei 
vari  elementi  che  compongono  il  dialetto  piemontese,  vale  a  dire  su 
ogni  100  vocaboli  risultarono: 

48,9  di  elemento  gallico 
35,7  di  elemento  latino 

2,9  di  elemento  spagnuolo 

7,0  di  elemento  tedesco 

1,9  di  elemento  celtico 

1,5  di  elemento  greco 

1,9  di  elemento  slavo 

0,2  di  non  valori. 
La  preponderanza  dello  elemento  gallico  è  evidente.  Esso  forma 
pressoché  la  metà  del  linguaggio  vivo  nostro  odierno;  e  sebbene  giu- 
stamente osservi  E.  d'Azeglio,  che  «  molti  francesismi  possono  aver 
la  parola  identica  in  italiano  »,  ciò  vuol  dire  che  l'etimologista  vi 
troverà  comune  la  radicale  latina  o  greca,  ma  per  il  linguaggio  pie- 
montese la  origine  del  vocabolo  è  pur  sempre  gallica,  cioè  questo  ci  è 
stato  imparato  dal  nostro  commercio  colla  Gallia  prima  e  colla  Francia 
poi.  Si,  la  parola  è  gallica:  ma  il  vernacolo  è  essenzialmente  linguag- 
gio indigeno,  paesano.  Il  suo  carattere  è  come  quello  del  popolo  che 
lo  parla:  onesto.  Esso  non  ha  bestemmie  né  turpiloquio;  è  vibrato, 
conciso  come  conviensi  a  gente  che  lavora  ed  a  cui  non  avanza  tempo 
a  ciaccole.  Non  ha  cantilena  sguaiata,  perché  esce  da  petti  robusti  e 
perchè  la  valentìa  di  un  popolo  sta  in  ragione  diretta  coU'energia  del 
suo  parlare.  Non  ebbe  vita  italiana  e  questa  fu  gran  ventura  pel  Pie- 
monte, il  quale  abbandonato  sempre  a  se  stesso,  costretto  sempre  a 
fé  feu  d'  so  base,  era  naturale  che  guardasse  con  sospetto  e  molte  volte 
con  disgusto,  con  quel  disgusto  che  provarono  li  stessi  Vandali  al  co- 


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spetto  delle  ignominie  romane,  li  avvenimenti  e  i  cento  diversi  vessilli 
d'Oltre-po.  Circondato  da  vicini  potenti  ei  dovette  pensare  anzi  tutto 
ad  esser  forte  anche  a  costo  di  parer  barbaro.  Sua  impresa  fu  Vanga 
e  Spada  non  liuto  e  pennelli^  malgrado  che  i  Pontefici  romani  an- 
dassero lamentando,  perchè:  Conquiescere  non  sinit  Italiani  Sabaudae 
tuhae  clangori 

Ora  per  i  mutati  destini  della  patria  fatta  comune,  siccome  la 
lingua^  ossia  la  favella  d'una  nazione  si  alimenta  alle  fonti  vive  dei 
dialetti  per  cui  essa  si  sviluppa  e  si  mantiene,  così  anche  il  linguaggio 
piemontese  s'è  fatto  rivolo  del  gran  fiume  italiano;  è  diventato  dialetto 
della  lingua  romanza  italiana,  romanzo  esso  stesso,  e  vi  porta  etno- 
graficamente il  nerbo  e  la  concisione  gallica  nello  stesso  modo  che 
politicamente  alla  Nazione  ha  già  portato  lo  splendido  patrimonio  della 
sua  storia  e  delle  sue  virtù. 


P^RTE   SECONDA 


GLOSSARIO  DEL  DIALETTO  PIEMONTESE 


AUTOEI  CITATI  NEL  GLOSSAEIO 


Albino  S.,  Dizionario  piemontese  italiano. 

Alfieri  V.,  Citazioni  del  M.  E.  d'Azeglio. 

AzEGUO  (d')  E.,  Studi  d'un  ignorante  ecc. 

Baetsch,  Chrestomathie  de  FA.  fran9ais,  Vili -XV  siècles. 

BiONDELLi,  Dialetti  gallo-italici. 

BuEGUY,  Grammaire  de  la  langue  d'Oil. 

Canini,  Études  étimologiques. 

Caenisch,  Taschen-TVòrt.  der  Ehaetoromanischen  Sprache. 

Danneil,  Wòrt.  der  altmàrkisch-platt-deutschen  Mundart. 

DiEz,  Etim.  Wòrt.  der  romanischen  Sprachen. 

Flechia,  Di  alcune  forme  di  nomi  locali  ecc. 

LiTTRÉ,  Dictionnaire  de  la  langue  fran9aise. 

]^1ax  Mùller,  Scienza  del  linguaggio  ;  traduzione  Nerucci. 

MiGNARD,  Vocab.  du  dialecte  et  du  patois  de  Bourgogne. 

Obbr  Mùller,  deutsch-Keltisches  Wòrterbuch. 

Peomis  Carlo,  Storia  dell'antica  Torino. 

Pipino,  Grammatica  piemontese. 

Pont  A.,  Origines  du  patois  de  la  Tarantaise. 

Koget,  Etnogénie  gauloise. 

Zalli,  Vocabolario  piemontese. 


PHOSODI^ 


Nella  pronunzia  de'  vocaboli  piemontesi  e  nella  loro  espressione 
grafica  si  noti,  che: 

La  e  muta  vien  rappresentata  con  un'apostrofe:  p.  es.  M'ssa,  la 
messa. 

La  0  generalmente  ha  suono  cupo  e  viene  espressa  col  dittongo 
provenzale  ou. 

La  u  suona  sempre  acuta  come  la  n  francese. 

Le  e  e  ^  sono  sillabate  come  in  italiano. 

La  e  finale  ha  sempre  un  suono  duro  come  la  h. 

Le  doppie  ce'  e  gg'  finali  ed  apostrofate  hanno  un  suono  dolce, 
palatale  come  il  ci  e  gi  italiani. 

La  n  finale  semplice  ha  sempre  suono  leggermente  nasale  ;  quando 
la  n  deve  avere  questo  suono  nasale,  trovandosi  nell'interno  del  vo- 
cabolo, viene  graficamente  rappresentata  colla  n  spagnola  ;  senza  però 
che  ne  abbia  il  suono  spagnolo. 

Se  avanti  le  vocali  a,  o,  u  si  pronuncia  italianamente  sca,  sco, 
scu;  ma  nello  se  avanti  le  vocali  e,  i,  la  s  si  distacca  dalla  e  e  fa 
sillaba  da  sé;  questo  distacco  vien  rappresentato  graficamente  con 
un'apostrofe:  p.  es.  s'ciavandè,  s'ceirè. 

La  s  quando  è  sola  ha  suono  sibilante,  tagliente;  se  invece  deve 
avere  suono  grasso,  vien  rappresentata  con  la  doppia  ss,  come  in 
italiano. 

Il  piemontese  ha  due  soli  dittonghi  eii  ed  ou  jpronunziati  alla 
francese;  in  ogni  altro  incontro  di  vocali,  queste  vengono  pronunciate 
ciascuna  separatamente. 

Le  parole  delle  lingue  straniere  sono  in  questo  Glossario  scritte 
tutte  con  caratteri  italiani;  una  sola  lettera  della  lingua  slava,  la 
quale  mancando  nel  nostro  alfabeto  equivale  al  je  francese,  vien  rap- 
presentata colla  j  e  vi  è  posta  accanto  l'annotazione  (j  fr.  ). 

NB.  Il  dialetto  piemontese  non  ammette  alcuna  consonante  doppia ^ 


INIZIALI  lyDICANTI  LA  LLN^GUA  0  IL  DIALETTO 

da  cui  origina  il  vocabolo  citato 


(C),  Celtico  antico  e  neo-celtico. 

(B),  Borgognone,  compreso  il  normanno  ed  il  piccardo. 

(P),  Provenzale  antico  e  moderno. 

(F),  Francese  dal  secolo  Vili  a  tutt'oggi. 

(CR),  Centrone,  dialetto  della  Tarantasia. 

(L),  Latino  classico  fino  al  VII  secolo. 

(I),  Italiano  volgare;  lingua  parlata. 

(E),  Roumancio,  reto-romanese  o  de'  Grigioni  e  deU'  Engadina. 

(S),  Spagnolo  e  portoghese. 

(IG),  Inglese  moderno. 

(T),  Tedesco  antico  e  moderno. 

(GX),  Gotico. 

(LG),  Longobardo. 

(SL),  Slavo,  russo  moderno. 

(G),  Greco  letterario  antico. 

(0),  Onomatopea. 

(DP),  Derivato  dal  dialetto  piemontese. 

(D),  Puplicato. 


A,  (C),  particella  che  nella  coniugazione  dei  verbi  ripete  il  pronome 
di  terza  persona,  singolare  e  plurale.  Es.:  chiel  a  fa,  lour  a 
fan;  colui  fa,  coloro  fanno.  In  centrone:  han  a  Vat  hekerien 
deins  Vide;  quando  egli  ha  qualche  cosa  pel  capo  (A.  Pont). 
In  celtico  ha  è  un  pronome  relativo  che  nel  medio  evo  si  scri- 
veva a  in  gallese  ed  in  brettone  (Koget):  ef  a  char,  chiel  a 
ama-,  egli  ama.  (Bullet.). 

Ababià,  (DP),  appiattato;  dal  piemontese  habi,  babbio,  rospo;  appiat- 
tato come  un  rospo. 

Abbà,  abà,  (F),  capo  festajolo;  dal  francese  abah,  impiegato  del  re; 
celtico  amaifìi  (Diez,  abait).  A  Viti  vige  ancora  un'antica 
usanza  borgognona,  secondo  cui  ogni  Abbà  nuovo  eletto  deve 
essere  portato  dritto  in  piedi  sulle  spalle  dello  Abbà  scaduto 
fino  alla  Casa  comunale. 

Abossèt,  (P),  vinaccia,  buccia  dell'acino  spremuto  dell'uva;  a  pro- 
stetico  è  l'articolo  femminino  la  aferesato;  bossèt,  provenzale 
bossotm,  buccia;  la  bousseto,  la  buccia;  ital.  borsetta,  fr.  gousse, 
gousset,  guscio.  —  Ital.  abbozzetto  da  abbozzo  dei  pittori. 

Abti,  (L),  bure,  barra  ricurva  che  congiunge  il  vomere  al  giogo  dei 
buoi.  Latino  bura;  greco  aura  bous,  coda  bove;  celtico  òeo,  bu, 
vacca.  —  Abu  (Biondelli),  parola  alpigiana  che  significa  con, 
appresso,  dal  provenzale  e  latino  ab,  fr.  avec,  ted.  bei,  presso. 

Acì,  (P),  manicaretto  di  carne;  francese  hachis,  ammorsellato.  Eusso 
schtschi,  zuppa  di  cavoli  e  carne. 


—  24  — 

Acudì,  (S),  attendere  a  checchessia;  spagnuolo  acudir,  aiutare,  ital. 
accudire. 

A  dssoneùs,  (L),  inutilmente;  a,  prostetico,  dssoneùs  dal  lai  dis- 
sOnus,  discordante;  parie  a  dssoneùs,  parlare  senza  costrutto. 

Adùss  (L),  scaturigine  (Biondelli);  lat.  ductiare,  condottare  acqua; 
duciioìies  aquarum  (Vitruvio);  a  prostetico,  duss  v.  frane,  dois, 
zampillo;  à  la  fontaine  doni  li  dois  son  bruiant,  al  fonte  dai 
romorosi  zampilli  (Bartsch).  —  Il  provenz.  ha  anche  aduerre, 
condurre;  vous  adusi  de  nouvellos,  vi  porto  notizie. 

Afài  (B),  strega;  —  borgognone  e  provenzale  fae,  feje,  persona  do- 
tata di  virtù  soprannaturale;  faer,  incantare,  incantesimo  (Bur- 
guy,  fae);  celt.  be,  ba,  signora  (Ober  Mùller);  lat.  fatum,  de- 
stino, a  prostetico,  articolo  la  aferesato;  la  fai,  la  strega. 

Afaitè,  faitè  (B),  conciar  le  pelli;  borgog.  afaiter,  adornare,  prepa- 
rare (Burguy,  afaiter). 

Afe,  pie  un  afe  (B),  perseguitare,  vessare  qualcuno;  borgog.  fais, 
fes,  imbarazzo  ;  se  niettre  à  fais,  prender  un  compito  ;  à  fais, 
pesantemente;  così^^'è  un  afe,  sopraccaricare  qualcuno  colla  celia. 

Afoà  (F),  afifocato  ;  vfr.  fou  fuoco,  foyer,  focolare;  lat.  focus,  fornello, 

Afr  (F),  raccapriccio;  dal  v.  frane,  afre,  spavento,  frane,  aifreux, 
pauroso,  tedesco  eivar,  orrido  (Diez,  afre). 

Aghi  (L),  ghiro;  a  prostetico,  giù  dal  lat.  glis,  gliris,  ghiro;  greco 
skiouros,  scojattolo. 

Agìicia  (L),  ago  (in  genere),  latino  acucìila,  acicìila.  Spilla,  a^us, 
ago  ;  paglie  del  grano. 

Ahidè  (F),  esclamazione  di  dolore;  frane,  à  Vaide!  aiuto! 

Aira,  èjra  (F),  aja;  frane,  aire,  lat.  area.  Spianata  per  battervi  il 
grano. 

Air* te  (F),  bacche  estive  di  Lanzo;  fr.  aigrettes,  da  aigre,  acido. 

Airòr  (DP),  colui  che  miete,  raccoglie  e  batte  il  grano  sull'aja 
(Zalli),  derivato  dal  piemont.  aira. 

Airòra  (DP),  piccola  incudine  su  cui  Yairòr  rifò  il  filo  alla  falce, 
martellandone  la  strada.  Ber.  dal  piem.  airor. 

Ajassìn  (P),  callo;  provenz.  agacin,  dal  frane,  agacer,  irritare. 


—  25  — 

Ala  (T),  tettoia  del  mercato;  tedesco  halle,  sala  (Diez,  halle),  lat. 
aula,  cortile. 

Alìs  (F),  Uri,  giglio;  a  prostetico,  lìs  dal  fr.  lis,  giglio,  lat.  lilium, 
greco  leìrion. 

Alp  (C),  alto  pascolo  montano  ;  celtico  al-pen,  roccie-montagna  (Ob. 
MùUer). 

Amandola  (I),  mandorla,  ital.  amàndorla,  fr.  amande,  dal  greco 
amigdàli. 

Amia,  (L),  zia;  latino  amila,  sorella  del  padre. 
Amola-Un-lòn  (L)  ampolla  ;  latino  hamìUa,  secchiello. 

Ana  (G),  dose,  porzione;  dalla  preposiz.  greca  anà,  per,  anà  mèros, 
per  porzioni;  lat.  àna,  ana  tres-  uncias,  per  tre  oncie. 

Anàit,  anànss  (B),  avanti;  borgog.   anneit,  primogenito   (Burguy 

naistre). 

Anandiè  (DP),  eccitare,  stimolare;  —  dal  piem.  de  Vandi.  V.  Andi. 

Anbabiolè  (D),  stordir  a  ciancie.  V.  Bahiòla. 

Anbacuchè  (I),  imbacuccare  ;  ital.  bacucco,  capuccio  per  coprir  la 
faccia. 

Anbajè  (F),  socchiudere;  fr.  entra  hailler,  id. 

Anbardè  (F),  allestire  (Biondelli),  hardes,  arnesi  dei  cavalli,  ital. 
bar  datura. 

Anbastì  (B),  cucire  provvisoriamente  a  gran  punti  ;  borgog.  bastir, 
imbastire  (Burguy,  baste). 

Anb'rborè,  (L),  imbibire,  inzuppare  ;  latino  borbor,  melma,  fan- 
ghiglia. 

Anb'rlifè  (D),  impiastrare;  V.  B'rlifàda. 

Anbiavà  (DP),  brillo,  mezzo  ubbriaco;  dal  piemont.  biava,  avena, 
sendo  che  l'avena  sia  il  vino  de'  cavalli. 

Anbibì  (L)  inzuppato,  intondito  ;  lat.  Ubere.  V.  Bibi. 

Anbionè  la  Vssia  (P),  pareggiare  il  bucato  nel  tino;  prov.  biou, 
biaoii,  gora  ;  dimoiare  i  panni.  —  Fr.  piloner,  follare  ;  6wèe, 
bucato. 

Anbironè  (D),  imperniare;  V.  Biròn. 


—  26  — 

Anbolàss  —  ràss  (Zalli)  (L),  corda  di  quercioli  che  congiunge  il 
timone  al  collo  de'  buoi  ;  lat.  hovum  laquem,  laccio  de'  bovi. 

Anborlè  (D),  abbicare.  V,  Boria. 

Anbòss,  anhosslìa  (T),  bocconi,  capovolgere,  smettere;  tedesco  am 
hauche,  sulla  pancia;  amboss'la!  smetti! 

Anbossòr,  anhotòr  (I),  imbuto;  ital.  imhottatore. 

Anbòsta  (F),  manata,  giumella  ;  misura  di  quanto  cape  o  sia  nel 
cavo  di  ambo  le  mani  congiunte  ;  fr.  hoisseau,  misura  di  capa- 
cità per  le  biade  ;  roumancio,  hoffa,  manata,  inna  hoffa  nuschs, 
na  pugna  d'noiis,  una  manata  di  noci  (Carnisch.). 

Anbrignèsse  (DP),  infischiarsene;  dal  piem.  hrigna,  esclamazione 
per  indicare:  scappa!  giuggiole! 

Anbrochè  (DP),  colpir  giusto  ;  dal  piem.  hroca,  chiodo,  centro  del 

])ersaglio. 

Anbroujè  (F),  imbrogliare,  frane,  brouiller,  id. 

Anbrune  (T),  bacche  della  mortella;  ted.  birne,  pera  e  qualunque 
frutto  consimile;  lat.  prumim,  prugna. 

Anburì  (I),  umbilico;  ital.  bellico,  fr.  nomimi,  id. 

Anburiè  (D)  coprir  di  limaccio  p.  e.  i  prati.  V.  Buria. 

Anbussè  (L),  come  Anbionè;  b.  lat.  busselliis.  fr.  boisseau,  staio. 

Ancalè  (P),  peritarsi,  osare  ;  provz.  amala,  imbarazzare,  lat.  calére 
esser  nell'imbarazzo;  ital.  calere,  curarsi,  star  a  cuore. 

Ancheìij  (B),  oggi;  lat.  liane  hodie  (Elechia);  borgog.  anc-hui; 
Dante  {Purg.,  xxxiu,  96)  ancoj. 

Anc'ma  (T),  tacca  ;  ted.  krinne,  karnen  (Diez,  cran)  ;  an  per  in; 
roumancio  crenna,  ancarna,  angolo  rientrante;  lat.  crena,  fr. 
créneau,  merlatura  d'un  muro. 

Ancia  (F),  linguetta  di  stromenti  a  fiato  ;  frane,  anche,  id. 

Ancocièsse  (I),  ostinarsi  ;  ital.  incocciarsi,  da  coccio  per  testa  dura; 
an  per  in. 

Ancròja,  ancròcia,  (I),  befana,  donna  vecchia  ;  ital.  crojo,  indurito 
come  cuoio  bagnato  poi  seccato;  lat.  croceus  del  color  zafferano, 
che  ha  pelle  gialla. 


—  27  — 
Ancùso  (L),  incudine  ;  —  lat.  incus,  incadis,  fr.  endume,  id. 

Ancutì  (L),  arruffare,  aggrovigliare  i  capelli;  —  lat.  quatere,  scuo- 
tere, agitare. 

Andana  (P),  stesa  che  un  falciatore  può  abbattere  ad  ogni  suo 
passo;  provz.  andana,  dal  verbo  ital.  andare.  —  Abitudine,  an- 
damento. 

Andare  (P),  indietro;  provz.  arretra,  endareira,  id.  1.  Andrera. 

Andi  (T),  abbrivo,  l'aire  ;  ted.  anden,  andare  (Roget,  ande),  mossa, 
slancio.  —  Lista  di  lavoro  fatto  da  un  capo  all'altro  del  campo: 
piante  lì  Vandi  e  'l  camp,  partirsene  issofatto.  Desse  d'andi, 
scuotersi,  avviarsi. 

Andiè  (t)P),  anandiè,  avviare;  dal  piem.  andi. 

Andrèra  (P),  sul  finire;  provz.  anderreira,  a  reire,  lat.  a  retro., 
borgog.  darei,  ultimo.  (Diez.  retro,  Mignart  dairien).  «  L'alo 
fate  goi?  —  un  pò  'n  sV andrèra,  ma  am  piaseiva  pi  la  sipa  » 
T'ha  dato  gusto?  —  così,  un  po'  sull'ultimo,  ma  mi  è  piaciuta 
più  la  zuppa. 

Anfìcèsse  (F),  non  curarsi;  frane.  flcher,je  m'en  fiche,  me  ne  fotto; 
fiche,  gettone,  cosa  da  nulla. 

Anflè  (B),  lordare,  insudiciare;  borgog.  flaistre,  id.  (Burguy  ib). 
An  per  in. 

Anfonghè  (D),  tuffare;  Y.  Founghè. 

Angabiolè  (P),  abbindolare  ;  provz.  angahiolà,  metter  in  gabbia. 

Angabusè  (B),  darla  ad  intendere  ;  borgog.  gahois,  gaheis,  inganno, 
gah,  burla;  angusè  a  dande,  borgog.  gas,  come  gal)  (Burguy,  gah). 

Angarboujè  (I),  raggirare;  ital.  garbuglio,  viluppo. 

Angarìe  (L),  soprusi  ;  lat.  angaria,  fatica  forzata  ;  it.  angherie. 

Angàssa  (T),  cappio,  legaccio;  langàssa,  langassìn  dia  ronca,  lac- 
cetto  della  conocchia;  ted.  liangen,  pendere;  l  prost.  artic.  afe- 
resato. 

Angavignè  (D),  aggrovigliare;  V.  Gavign. 

Angh'rnì  (L),  sparutino,  gracile;  lat.  aegrere,  esser  malato;  ital. 
segrenna,  persona  magra,  sparuta. 


—  28  — 

Anghìcio,  inghicio  (F),  far  cilecca,   inuzzolire;  s'aguincher,  farsi 
bello  (Diez.  guicìie). 

Angiaolè  (D),  legar  i  covoni;  fr.  javelles,  covoni.  V.  Giavele. 

Angignèsse  (P),  ingegnarsi  desse  d'ardrìss  ;  frane,  s'mgèmer,  provz.    . 
senginià.  id  ;  dal  lat.  ingemum,  fr.  engignier,  gabbare  il  pros- 
simo (Diez,  ingegno). 

Angioironè,  —  angioiresse  (D),  mangiar  a  crepapancia,  sovracari- 
carsi  di  vestimenta.  V.  Giojro. 

Angosà-5è  (Zalli)  (F),  ingozzato,  soffocato  alla  gola  ;  fr.  gosier:  lat. 
giitiur,  gola. 

Angossà  (F),  angosciato,  soffocato  dal  dolore;  fr.  angoisse,  angoscia; 
lat.  angustiatus,  contui'bato,  inquieto. 

Angourdì  (F),  intormentito;   fr.  engourdi,  id.,  latino  e  spagnuolo 
gurdus.  uomo  grossolano. 

Angranchìsse  (D),  rattrappirsi,  aggrovigliarsi;  V.  G-ranghia. 

Angrignèsse  (DP),  burlarsi  di  checchessia  ;  dal  piem.  grignè,  ridere. 
y.  Anfìcesse. 

Angringèsse  (F),  cacciarsi  dentro:  per  angrangesse;  frane,  grange, 
rimessa  de'  covoni. 

Angrumlì  (D),  rannicchiato;  Y.  Gromo. 

Angrìiss  (d'angruss)  (L),  gravoso,   spiacevole;  lat.  [angor,  angoris, 
disgusto;  fr.  aigrir,  irritare. 

Angusè  a  ciance  (F),  darla  ad  intendere;  fr.  gueuser,  accattonare  ; 
le  favole  dell'accattone. 

Animaj  (B),  bovi  e  vacche  ;  borgog.  almaille  (Burguy  ib.)  ;  centrone 
arniailles,  id.  (A.  Pont). 

Anliè  i  dent,  (L),  infatuare  i  denti  con  cibi  agri  ;  lat.  alligare,  con- 
trarre. 

Anluchì  (F),  lusingar  a  parole;  luquer,  abbarbagliare  (Diez,  ib.  Fle- 
chia).  V.  Sbalucà. 

Anòi  (Zalli)  (P),  esclamazione;  animo!  provenz.  imperativo  del  verbo 
anà,  andare;  andate! 

Anorfantì  (L),  istupidito;  lat.  orplmnus,  analogia  collo  stato  d'a- 
nimo in  chi  ha  perduto _i  suoi  più  cari. 


—  29  — 
Anpàj  (F),  strame;  sottotetto  delle  case  coloniche;  iv. palile,  paglia. 

Anpole  (T),  lamponi  ;  tedesco  ombeer,  Jiimpel  beere,  id.  (Diez,  lam- 
pione). 

Anp'rmudè  (L),  prender  a  prestito;  lat.  prò  mutuare,  id.;  fr.  em- 
primter,  id. 

Anp'ssi  (D),  intirizzito;  V.  B'ssL 

Anratà  (F),  brillo  dal  vino  ;  fr.  rat,  capriccio,  il  lui  prend  un  rat 
(Littré),  gli  salta  un  ghiribizzo. 

An  ress,  an  r'ssa  (D),  in  fila;  Y.  R'ssa. 

Anrossè  (F),  far  mazzi  di  biancheria  pel  bucato;  vfr.  rote  miicchio 
(Bartsch). 

Anssarì  (F),  arrecare;  vfr.  enserì,  fatto  sera  (Diez,  Sera);  eifetto 
che  fa  sulla  voce  lo  esporsi  al  raffreddamento  serale. 

Anssìn  (P),  uncino,  innesto  ;  provenz.  enser,  innestare  ;  lat.  uncus, 
uncino. 

Anssissè,  tanssissè,  sissè  (F),  abbastanza  ;  frane,  assez,  aitisi  asse^, 
basta  così. 

Anssola  (L),  annelli  pel  manico  della  secchia  ;  lat.  ansa,  fr.  anse.  id. 

Anssorghè  (I),  ricorcare  nel  solco;  it.  rissolcare,  sorco  per  solco. 

Ansupè  (P),  inciampare  col  piede,  forte  urto;  provenz.  s'assipà, 
acipado,  urto;  fr.  cliopper,  inciampare. 

Anssupìsse  (F),  sonnecchiare;  fr.  s'assoupir,  addormirsi  leggermente. 

Ante  (L),  li  scuri  della  finestra;  lat.  antes,  stipite  dell'uscio;  fr. 
vantali,  imposta. 

Antajèsse  (DP),  accorgersi;  dal  piem.  taj,  fr.  taille,  tacca,  che  si 
fa  su  due  listelli  uguali  per  ricordare  una  quantità,  ital.  ad- 
darsi. 

Antamnè  (P),  intaccare  ;  provenz.  entamenà,  fr.  entamer,  greco  en- 
tamnein,  intaccare;  latino  laminare,  sporcare,  guastare  super- 
ficialmente. 

Antàpa  (F),  stretta  di  mano  a  contratto  fatto;  fr.  taper,  id.  ted. 
tap2)e,  zampa  (Littré),  piem.  fé  antàpa,  patto  fatto. 

Antàr  (D),  bisognare  (Biondelli),  aferesi  di  vantar.  V.   Venta. 


-  30  — 

Ante?  (P),  dove?;  provenz.  oimfè'/  oit-n-t-est?  dov'è?   vountè?  id. 

Ant'rborè  (L),  intorbidare  (Zalli);  lat.  turhidus,  torbido;  fr.  trouble, 
V.  Fi-hol 

Ant'rdoà  (L),  indeciso,  grullo  :  lat.   inter  duos,   fraddue  (Promis). 
Ant'rgèa,  dragèa  (F),  pallini  di  piombo  per  caccia  ;  frane,  dragèe,  id. 
Ant'rnasà  (L),  intasato  ;  lat.  intermis,  internato,  penetrato  a  fondo 
(internusatus). 

Antèrpi  (L),  impacciato;  lat.  interpedes,  frappiedi  (Promis). 

Ant'rtoujè  (F),  attorcigliare;  frane,  entoriiller,  id. 

Ant'ssna,  anfsna  (D),  tessera;  V.  T'ssna. 

Antivist  {stè  antivist)  (I),  vigilare;  ital.  antivedere^   guardar   in- 
nanzi {star  in  vista). 

Antràpp  (F),  inciampo,  fr.  trappe,  ted.  trapo^  it.  trappola. 

Antrègh  (L),  disadatto,  zoticone;  lat.  integer,  lomb.  intregh  (Diez. 

intero). 

Antruchèsse  (D),  urtarsi;  V.  Truc  (urto). 

Anvajrèt  (I),  ulive  ed  àcini  d'uva  che  invàjano,   nereggiano;  lat. 
acini  varii,  ital.  invajare. 

Anvalè  (B),  uguagliare  le  bovine  secondo  la  età  loro;  borgog.  ewal 
(Burguy  ewer);  lat.  valere,  aver  lo  stesso  valore. 

Anv'rtoujè,  atifrvoujé  (Zalli)  (D),  avviluppare.  V.    V'rtoujè. 

Anv'sà  (B),  invecchiato;  borgog.  vez,  vecchio  (Burguy  viel). 

Anveùja  (B),  invoglio,  guscio  ;  borgog.  veile,  velo  (Burguy  voile). 

Anvia' (F),  voglia;  fr.  envie,  id.,  la  anvìa  d'I  mul,  satiriasi. 

Anviarè  (P),  avviarsi  verso  la  città  (Zalli);   provenz.   viero,  città. 

Anvlòpa  (F),  coperta,  guscio,  busta  da  lettere  ;  fr.  enveloppe,  involto. 

Anvm  (P),  udire;  provenz.  oouvì,  fr.  om>,  lat.  audire,  id. 

Apasiàus  geni  da  Un!  (Zalli)  (DP),   chetatevi  buona   gente!  dal 
piem.  pas,  pace,  pasiève,  tranquillatevi,  V.  Fasi. 

A  pè  d'  poula  (I),  parola  sformata  dall'ital.  a  cappello,  esattamente. 

A  pèndi  (L),  copiosamente;   lat.  ahunde,   abbondantemente;  a  Va 


—  31  — 

dijne  a  pende,  gliene  ha  dette  tante  da  farsi  impiccare ,  à  se 
faire  penare. 

Aprèi  (F),  ponga;  fr.  appareil,  pompa. 

Apreù  (B),  appresso;  borgog.  preu,  vicino  (Burgiiy  ib.). 

Aptit  (F),  appetito  ;  fr.  appetii,  id. 

Ara  (CE),  aratro  a  due  orecchie;   centrone   are  (A  Pont),  borgog. 
araire  aratro  (Burguy,  arer).  V.  Arn. 

Arabie  (F),  lambicco;   testa  d'arahic,  testa  balzana;  fr.   aìambic, 
lambicco;  borgog.  cìieval  arabi,  bàrbero  (Burguy,  arabi). 

Arac  (S),  anticaglia,  acciaccoso;  V.  Ràcola. 

Arac  (S),  aquavite  di  riso  fermentato;  Spagn.   arac,  arabo   araca, 
fr.  rack,  acquavite. 

Aram  (B),  rame  ;  borgog.  araim,  lat.  aeramen,  id.  (Burguy,  arain). 

Arambè  (P),  accostare;  provenz.  ramblà,  adossare,  it.  arrembaggio. 

A  randa  (T),  rasente;  ted.  rand  margine;  lat.  radere,  rasentare. 
—  Arandòn,  sgarbo,  urtone. 

Arangèsse  (F).  ingegnarsi,  accommodarsi  ;   fr.  s'arranger^  accon- 
ciarsi, adattarsi. 

Arbecinèsse  (F),  lo  azzimarsi  delle  donne  ;  fr.  biche,  cervia  e  gio- 
vinetta. 

Arbèra  (F),  cassa  da  morto;  frane,  hière,  bara,  feretro. 

Arbi  (L),  truogolo;  lat.  alveus,  id.  (Flechia;  album  porcorum,  lat. 
labrum,  bacino.  (Cibrario,    Chieri). 

Arbioùn  (L),  piselli:  erbioun,  dalla  pianta  erbacea  lunga  donde 
nascono;  lat.  ervum,  ervo,  lenticchia. 

Arbotù  (DP),  cipigliato  (Biondelli),  per  rabotù,  dal  piem.  rabot, 
pialla,  cioè  ruvido  come  un  raschiatoio. 

Arbra  (P),  pioppo  nero;  provenz.  aubra,  lat.  alba  populus,  pioppo 
(Promis). 

Arbrochè  (DP),  rintuzzare  per  le  rime  ;  piem.  broca,  chiodo  ribadito. 

Arbufè  —  fon  (F),  rabbuffare  e  seconda  aratura;  fr.  beuf,  bove,  ripas- 
sare col  bove;  v.  fi-,  buffier,  schiaffeggiare  (Diez,  biif). 


—  32  — 

Arbùs  {a  Varhùs)  (F),  a  capriccio;  (Biondelli),  a  rovescio  (Zalli); 
frane,  a  rebours,  id. 

Arbutòn  (D),  spintone  ;  V.  Buton. 

Arcède  (I),  it.  richiedere. 

Arcìn  (1),  barbatella;  per  reciti,  it.  racimolo,  racemo,  grappolo  d'uva. 

Arciìis  (B),  tanfo;  borgog.  cius  cieco,  luogo  senza  luce,  chiuso,  it. 
rinchiuso. 

Archincà  (F),  azzimato  ;  frane,  se  requinquer,  agghindarsi. 

Àrda  (F),  bada!;  borgogn.  ardez!  aregardez!  badate!  (Littré). 

Ardrissè  (DP),  riassettare  i  mobili  di  casa;  dal  piem.  drissè,  riz- 
zare; rimetter  dritte  le  stoviglie  nella  guardaroba;  li  scanni 
della  mensa,  ecc.;  fr.  dresser,  dirizzare. 

A  rèis  (D),  di  seguito;  V.  Reis. 

Arèngh  (T),  arringa,  suono  di  campana  per  uno  che  viene  avviato 
al  patibolo;  ted.  harinc,  arringa;  ted.  liring,  circolo',  piazza  di 
riunione  del  popolo. 

Arèngh  (F),  aringa  pesce;  fr.  Jiareng,  id. 

Ar'sca,  r'sca  (I),  spina  dei  pesci  ;  a,  prostetico  ;  r'sca,  l'sca,  italiano 
lisca  (Diez  ih.). 

Arfàita  (F),  compenso;  v.  fr.  fayre,  fare;  ital.  rifare,  restituire. 

Arfrànse  (Zalli)  (L),  far  la  seconda  aratura,  come  arhufè;  lat.  fran- 
gere, sminuzzare  le  zolle. 

Argaocèsse  (B),  tirar  su  le  gonne;  borgog.  caucJie,  calzare,  rin- 
calzare, rimboccare  la  veste  (Borguy  cauche). 

Argh'rssè  (D),  rimetter  in  ordine  la  provvisione  del  pane  sul  gra- 
ticcio; Y.  Gh'rssa. 

Argich,  argìt  (D),  rampollo;  V.  Grit 

Argignèsse  (D),  ingegnarsi;  V.  Angignèsse. 

Argir  (I),  ital.  raggiro. 

Argniflù  (F),  arcigno  ;  v.  fr.  hargne,  litigio  ;  fr.  hargneux,  accatta- 
brighe; la  desinenza  flu,  ingl.  full,  pieno,  ted.  voli,  it.  pieno 
di  stizza. 


—  33  — 

Argrignà  (I),  raggricchiato;  per  angirgnà;  it.  giro,  ravvoltolato. 
Veramente  argrignesse  vuol  dire  lo  accosciarsi  della  persona  o  il 
rattrappirsi  d'un  membro,  braccio,  dito,  gamba  :  provz.  s'agroiichà, 
accoccolarsi. 

Argringè  (D),  ficcarsi,  penetrare;  V.  Angringè. 

Ariana  (D),  chiavica;  V.  Riana;  it.  rigagnolo. 

Aribèba  (I),  zampogna  che  si  suona  tenendola  tra  i  denti;  ital.  ri- 
beba; a  prostestico. 

Ariòrda  (L),  secondo  fieno  ;  lat.  re-ordior,  ricomincio.  A  prostetico  : 
è  l'art.  la  aferesato,  la  riorda. 

Arìss  (L),  scorza  spinosa  delle  castagne  e  per  analogia,  il  porco  spino; 
lat.  ericius,  ital.  riccio,  fr.  hèrisson. 

Arlamè  (D),  allentare;  V.  Lam. 

Arlàn  (fé  arlàn)  (F),  dar  l'aìre  alla  roba,  sperperare,  de  Vandi  a  la 
roba;  fr.  relan,  atto  di  scovar  la  fiera,  inseguimento  ad  oltranza. 
Arleùri  (T),  orinolo;  v.  ted.  orlei  (Diez,  oriolo). 
Arleùri  (P),  stravagante  ;  provz.  arièri,  originale.  V.  Arila. 

Arila  (L),  ubbìa,  superstizione;  lat.  hariÒlus ,  it.  arìolo ,  mago, 
indovino. 

Armàri  (P),  armadio  ;  provz.  armari,  id. 

Armìs  (P),  usato;  fr.  remise,  cosa  abbandonata;  it.  rimesso. 

Armistèri  (I),  strepito,  fracasso  (Biondelli);  it.  armi,  romore  d'armi  ; 
i  suffissi  eri,  erio,  era  indicano  quantità. 

Armnùre,  ramnùre  (D),  cose  sciupate;  V.  Ramnè. 

Armognè  (B),  borbottare,  ram^gnè;  borgog.  tnaumener,  malmenare, 
che  fa  moigne  al  presente  (Burguy,  mener);  lat.  minari,  mi- 
nacciare ;  fr.  moue,  tener  il  broncio. 

Armuss'ciè,  smurdé  (B) ,  rovistare  ;  borgog.  muscier,  nascondere  ; 

esmuscier,  cavare  la  roba  nascosta  (Burguy,  mucer). 
Arn  (T),  aratro;  ted.  aren,  lat.  arare.  V.  Ara. 

Arnèis  (P),  masserizie  contadinesche  ;  provz.  arnès,  borgog.  hernois, 
fr.  ìiarnais,  it.  arnese  (BuTguy  liarnas)  —  brut  arneis,  birbac- 
cione,  anticamente  uomo  di  guerra  (Diez,  arnese). 

3 


-   34  - 

Arneschè  (F),  rinvigorirsi,  vestirsi  da  festa;  fr.  harnacher,  bardar 

il  cavallo. 
Arnoìis  (F),  musone;  fr.  hargneux,  ringhioso. 

Arpatèsse,  arpatinà  (I),  rifarsi  al  gioco,  in  salute;  it.  pattare; 
rimpannucciarsi.  V.  Paia. 

Arposìs  (L),  terreno  lasciato  in  riposo;  lat.  pausatio,  pausare,  ar- 
restarsi. V.  Pós. 

Arprim  (P),  cruschello;  provz.  reprin,  seconda  farina.  In  Toscana 
si  dice  crusca  al  fior  di  farina;  in  Piemonte  la  crusca  è  il  hren, 
ossia  la  buccia  del  grano  macinato.  Cruschello  è  la  crusca  mi- 
nuta della  seconda  stiacciata. 

Àrssa  (L),  asciutta;  hoiica  arssa,  bocca  asciutta;  lat.  ardeo,  arstcs, 
borgog.  ardóir,  bruciare  (Burguy  ib.). 

Arssàj  (T),  ansamento,  ràntolo,  ted.  rasseln,  remore  di  strascico. 

Arssàut,  al  saùt  (F),  sbalzo;  fr.  ressaut,  risalto. 

Arssensè  (L),  sciacquare;  b.  lat.  resincerare,  fr.  rincer,  nettare 
fi-egando  (aigayer,  guazzare). 

Arssenti  (I),  ernioso;  ital.  risentire,  far  crepature  nel  muro. 

Arss'tta  (G),  secondo  fieno;  come  Y Ariorda;  ^qq,o  ar.so5,  prateria; 
borg.  heu,  fieno,  seute,  seguito  (Borguy,  sevre). 

Arssìa  (F),  archetto  degli  uccellatori;  fr.  marchette,  fuscellino  che 
sostiene  la  stiaccia. 

Arssià  (DP),  asciutto  (Biondelli)  dal  piem.  arssuà.  V.  Sue. 

Arsiss  (F),  stantio  ;  fr.  ra^sis,  raffermo,  p.  e.  pane  cotto  da  piti  giorni. 

Arssivóli  (B)  archivolto:  guardò  farsivóU,  esser  soprapensiero  (Bion- 
delli), frivolezze  ;  Borgog.  arvol,  archi  e  volte  ;  roumancio,  arveult, 
vòlto;  piem.  guardi  j'usej  c'a  volou. 

Arssonè  (F),  salutare  sì  alla  partenza  che  all'arrivo  di  chi  è  in 
arcioni;  fr.  arron,  it.  il  bicchiere  della  staffa. 

Arstròbi.  arstoUè  (Zalli)  (F),  spigolare;  ristoppiare,  cioè  seminar 
un  campo  senza  lasciarlo  riposare;  fr.  étouble,  stoppia  (Diez. 
stoppia). 


—  ab   — 

Artabàn  (L),  nome  d'un  re  dei  Parti  che  vinse  molte  volte  i  Eo- 
mani  —  fier  coìti  n  Artaban. 

Artajoìir  (F),  pizzicagnolo;  fr.  retailìe,  vendita  al  minuto. 

Artapè  (F),  increspare;  fr.  retaper,  arricciare  i  capelli. 

Artogarè  (I),  (voce  del  1480);  ital.  rifar  la  toga  o  il  tetto  nuovi. 

A  rub  e  quìndes  (DP),  locuzione  popolare  per  esprimere  il  buttar 
malamente  la  roba,  oppure  smettere  improvvisamente  un  negozio 
incominciato.  Il  riihho  essendo  misura  di  25  libbre,  smetter  di 
contar  il  secondo  rubbo  a  sole  15  libbre,  oppure  a  chi  compra  un 
rubbo  di  roba,  darne  per  spensieratezza  15  libbre  di  soprappiù. 

Aruè,  a  rìie  (B),  arrivare,  sul  margine;  borgog.  ruve,  riva,  ru, 
rui,  ruscello,  lat.  rivus  (Burguy,  riu). 

Arvàngia  (F),  rivincita;  fr.  venger,  vendicare,  revanche. 

Arvèrs  (F),  supino  ;  fr.  revers,  lat.  reversus,  rovesciato  ;  —  vin  arvers, 
vino  guasto. 

Arvià  (DP),  svegliato,  destro  ;  per  ravìà,  ravivà,  avvivato. 

Arvirè  (DP),  rigirare;  dal  piem.  virc,  voltare,  arvirè  i  dent,  l'atto 
del  cane  che  digrigna;  arvirè  'n  sgiaflòn,  menar  una  ceffata. 

Arvojtè  (B),  rovesciare,  vuotare,  traboccare  ;  borgog.  voide,  voidier, 
vuotare  (Burguy,  vuit);  ital.  voltare,  capovolgere. 

Arvoùgsse  (D),  a  rivederci!  V.  Voughe. 

Ass  (L),  asso;  lat.  as  unità. 

A  sdòss  (F),  a  bisdosso;  frane,  dos,  lat.  dorsum,  dorso. 

Asi  (L),  attrezzi  ;  si  riscontra  questo  elemento  in  arnesi;  frane,  aises, 
agi,  comodità  ;  provz.  aisi,  abitazione,  aisinar,  disporre;  —  quindi 
i  mezzi  per  lavorare,  cioè  li  attrezzi  domestici  (Diez,  agio)', 
lat.  vas,  vasis,  attrezzi  d'un  podere  (Ulpiano). 

Asie  (L),  assillare,  temere  l'assillo;  lat.  asilus,  tafano. 

Asìl  (F),  aceto;  fr.  aisil  it.  (Diez,  aisil). 

Asinèl  (P),  acino,  granello  dell'  uva  ;  provz.  agi  di  cui   acinello  è 

il  diminutivo. 
Aso  (B),  asino;  borgog.  asne,  id. 


—  36  — 
Assai  (I),  it.  sala;  fr.  essteu,  lat.  axiculus  (Diez,  essieu). 
Assola  (D),  anelli  pel  manico  della  secchia;  V.  Ànssola. 

Assùl,  sul,  assùr,  (S),  azza  ;  assul  spag.  asi^ela,  pialla,  lat.  ascia, 
fr.  ^acAe,  mannaj a,  scure  senza  manico,  ascia  grande;  sul  aferesi 
di  assiti;  assur,  la  r  rammenta  la  securis  latina,  scure  piccola 
italiana;  prov.  aissa. 

Assillasse  (L),  incaricarsi;  lat.  adsumere,  assumersi. 

Autìn(P),  vigneto;  provz.  ooufin,  celtico  aithin,  piccola  altura  (Ob. 
MùUer);  in  term.  notarile  alieno;  fr.  tonnelle,  pergola. 

Aurantè,  olantè  (P),  volentieri  (Biondelli)  fr.  volontier. 

Avàit  (F).  agguato;  fr.  aux  aguets.  V.   Vajtè. 

Avasì  (B),  acquazzone  (acquazzo,  avazzo);  borgog.  iava,  ava,  ted. 
wasser,  acqua. 

Avasslòr  (P),  imbottatoio;  provz.  ava  vessa,  acqua  versare. 

A  venta  (D),  bisogna;  V.   Venta. 

AYèriole,  pie  d'avèrtale  (L),  svignarsela;  lat.  avertere,  voltar  altrove. 

Avìvie  (I),  infiammazione  glandolare  de'  cavalli;  it.  vivoìe. 

Avòi  (B),  molto;  borg.  avoi,  viva!  (secondo  Biondelli  significa  con, 
appresso,  fr.  avec,  insieme)  ;  lat.  evoè,  greco  evoì!  grido  delle 
Baccanti  ;  —  Ah  !  una  ciosina  parej  d'vu,  fa  gioia  avoi;  ca- 
ranta  gioja  e  peu  ancul  —  una  cMusina  (o  cosina)  come  voi 
fa  piacer  molto  —  quaranta  piaceri  e  poi  ancora  !  (Viù).  —  Diez, 
registra  Y  avoi  con  pronunzia  acoà,  come  un'interiezione;  ital. 
eh  via!  (Diez,  avoi). 


37  — 


Babàcìo  (I),  semplicione;  it.  hahaccio,  lat.  habulus,  babiger,  babbeo 
(Diez,  babbeo). 

Babào  (P),  la  befana,  l'orco;  provz.  babau,  lat.  papae,  greco  babai, 
slavo  babà,  voci  per  far  paura  ai  bambini;  pape  satan,  o  papa 
satanasso!  (Dante). 

Babèro,  bebèro,  bèro  (D),  agnello;  V.  Bèro,  con  ripetizione  della 
prima  sillaba. 

Bàbi  (L),  rospo;  b.  lat.  babbius  (Promis),  provz.  babi,  minchione. 

Babìa  (P),  cicaleccio  ;  fr.  babil,  ted.  babbeln,  greco  babazo,  cicalare  ; 
slavo  babà,  femmina. 

Babiòla,  anbabiolè  (F),  inbubbolare  ;  fr.  babiole,  balocchi,  bubbole. 

Babòcc*  (SL),  can  barbone;  slavo  babà,  montone,  per  la  somiglianza 
che  questo  cane  ha  nel  pelo  col  montone. 

Babòcia  (S),  siero,  parte  acquosa  del  latte  ;  spag.  bocera,  resto  del 
cibo  0  del  bere  sulle  labbra  (Diez,  buz),  frane,  babeurre  (Zalli) 
ba,  particella  peggiorativa,  come  bar,  bes. 

Babòja  (P),  verme,  insetto;  V.  Boja,  con  ripetizione  della  sillaba 
iniziale  —  fé  babòja,  far  capolino,  spiare;  provz.  faire  babou. 

Bàbola  (L),  fandonia;  lat.  bàbulus,  stu])ìdo;  ital.  bubbola,  habaìone; 
slavo  babà,  femmina. 

Babòrgnie  (DP),  percosse  alla  cieca,  dal  piem.  bòte  da  bòrgnio. 

Baborìn,  base  7  baborìn  (F),  accettare  dure  condizioni;  espressione 
triviale,  baciare  le  bas  du  beuf  (bovin)  ;  genovese  le  ciigie. 

Bac  (C),  gatto,  macchina  per  conficcar  pali;  celtico  bag,  carico,  involto 
(Burguy  bague). 

Bacajè  (F),  balbettare  (Zalli)  ;  fr.  begajer,  id. 

Bacala  (S),  merluzzo  seccato  al  vento  ;  spagn.  bacalào.  id. ,  tedesco 
bakdeljau,  id.  (Diez,  cabeliau). 


—  38  — 

Bacàn  (P),  villanzone;  provz.  pacan,  lat.  paganus,  uomo  rustico; 
celt.  bachaim,  bere  (Ob.  Mùller). 

Baciàss  (P).  paciàss,  pozzanghera;  V.  Paciostrè;  provz.  hachàs,  ba- 
cino d'una  fontana. 

Baciòla  (L),  cassa  quadrangolare  senza  fondo  dei  carri  campagnoli; 
lat.  baccia,  bigonzo;  celt.  baikoid,  cesta  (Roget.  bascaudu). 

Baciòro,  bacioràss  (D),  villanzone;  per  batiòro  (Zalli)  V.  Batàro. 

Bacioìic  (DP),  assonnato,  mezzo  intondito;  lat.  baceolus,  greco  bà- 
kilos,  imbecille  (Diez,  baciocco)  piem.  ciouc,  mezzo  ubbriaco; 
prefisso  ba,  bar,  particella  peggiorativa  (Littré). 

Bacùc  (I),  cappuccio;  it.  bacucco. 

Badine  (F),  celiare;  frane,  badiner,  id.  (Diez,  badare). 

Badò  (P),  carico  morale;  fi\  bat  aii  dos,  basto  sul  dosso;  am'a  cariarne 
un  bel  badò,  m'ha  dato  un  noioso  incarico. 

Badòla,  bade,  badàro  (B),  minchione  ;  provz.  badaou,  badando,  stu- 
pido;  celt.  bad,  stupidità  ;  borgog.  bad,  badaud  (BuTguj,  baer, 
Diez,  badare). 

Bafòja  (B),  faccendiere,  cicalone  (Biondelli);  borgog.  baffe,  celia; 
frane,  bafouer,  minchionare  (Littré). 

Bafrè,  bafròn  (P),  mangiare,  mangione;  fr.  bafrer,  stramangiare. 

Bagàgi  (F),  bagaglio  ;  fr.  bagage,  id.,  b.  lat.  baga,  sacco,  baule,  (Bur- 
guy,  bague). 

Bagagiàss(B), passione  isterica;  borgog.  bajasse,  bagasse;  celt.  baches, 
donnetta  (Burguy,  bajasse). 

Bagàj  (L),  marmocchio,  bambino;  b.  lat.  haga,  gioiello;  ted.  burgei, 
piccolo  cittadino. 

Bagassa  (I),  baldracca;  ital.  bagascia;  sanscrito  bhaga,  la  fica;  ted. 
bagaosch,  sacco  di  stracci  (Danneil). 

Bagàt  (SL),  ciabattino  dei  tarocchi;  slavo  bogàtsc,  riccone;  lat.  pàgat, 
termine  di  gioco;  —  scarte  bagàt,  mancar  al  proprio  dovere, 
sbiettare,  fuggirsene  nascostamente,  come  al  gioco  lo  si  scarta, 
quando  pericola,  per  salvarlo;  scopasse  bagat,  giocar  ai  tarocchi, 
V.  Scopas. 

Bagna  (I),  salsa;  it.  bagnare^  come  il  bagno  dell'intingolo  —  bagnè 


—  39  — 

7  nas  a  quaicim,  fr.  cracker  au  nez ,   fargli  vergogna  —  voce 
scolaresca  —  superare  in  istruzione  il  compagno. 

Bàita  (T),  capanna;  ted.  hauen,  gebaut,  edificare  e  coltivare  il  campo; 
arabo  haì/t  edificio  (Canini), 

Bàja  (I),  burla,  beffa;  ital.  haja,  borgog.  baie,  spagn.  vaja,  scherzo 
(Diez,  baja)  —  Giuciu  la  baja!  vergognatevi!  it.  dar  la  baja, 
fr.  donner  la  baie,  spagn.  dar  vaya,  far  cose  da  nulla. 

Bagolòn,  bagolò  (B),  chiacchierone;  borgog.  baigouU,  cicalare  (Mi- 
gnart,  bai),  provz.  bagou,  ciaramella. 

Bài  (L),  color  bajo;  lat.  badiiis,  id. 

Bàj,  bajè  (F),  sbadiglio,  sbadigliare;  fr.  bàiller,  id.  —  tire  i  baj,  morire, 
tirar  li  ultimi  sbadigli. 

Bajèt  (G),  fantaccino;  greco  bajòs,  piccolo  meschino;  sincope  di  bayon- 

nette,  fr.  bajonetta. 
Baj'tta,  bautta  (T),  lòbia,  balcone,  loggia  ;  ted.  bauen,  fabbricare. 

Bàjlo,  bàjla  (P),  balio,  balia;  b.  lat.  bailus  (LMim),  provz.  bailo,  mam- 
mana; lat.  bajidus,  facchino  —  mai  pi  vdulo  dop  eh'  i  Veu  dolo 
a  bajla  —  non  lo  conosco  punto. 

Bàjlo  (I),  it.  abbaglio; 'pie  un  bajlo,  sbagliare. 

Bai  {de  'l  bai)  (F)  congedare;  fr.  bail,  b.  lat.  baliimi,  contratto; 
restituir  le  carte  del  contratto.  * 

Bàia  (F),  palla;  fr.  balle  ;èsse  d'bàla  con  quaicùn;  complottare;  borgog. 
baillir,  aver  tutela  di  qualcuno,  esser  d'intesa  (per  far  del  male). 

Balàda,  baladoùje  (S),  ruzzare,  spassarsi  ;  spagn.  baladrà,  schiamaz- 
zare; port.  baladeira,  bayadère,  ballerina  delle  pagode  indiane 
(Diez,  baladrer,  Littré);  Slavo  balagurìt,  scherzare. 

Balàfra  (F),  sberleffo;  fr.  balafre,  sfregio  in  volto,  taglio,  dal  ted. 
leffur,  lat.  bis-labrum;  i  due  labbri  che  sono  formati  da  un  taglio 
nella  carne  viva  (Diez,  balafre). 

Balafrè  (D),  mangiar  avidamente.  V.  Bafrè  —  telo  balàfra,  un 
piccolo  mangione. 

Baiane  (D),  sbilenco;  male  sulle  anche.  V.  B'  sancà. 

Balàndra  -  an(?ròw  (S),  baldracca,  bagascione;  spagn.  balandran, 
sottanone,  balandra,  nave  a  un  solo  albero,  barcaccia. 


-  40  — 

Balaridòn  (D),  chiassone;  metatesi  da  haladarè.  V.  Balada. 

Balconèra  (I),  cateratta  d'una  gora  ;  ital.  balconiera,  dal  ted.  halken, 
trave. 

Baldòria ,  hallòria  (B) ,  allegria;  borgog.  balderie  (Burguy,  bald)-, 
ted.  bald,  libero  andare.  —  Porro  id  genus  ludi  patrio  vocabulo 
haUoriam  vocant,  così  chiamavano  la  ridda  o  falò  che  si  bru- 
ciava la  vigilia  di  San  Giov.  Battista  in  Piazza  Castello  a  Torino. 
Pingone,  1577,  citato  da  E.  d'Azeglio. 

Bàie  (SL),  frottole;  lai  baiare,  dir  assurdità;  greco  abàie!  eh  via! 
slavo  balui,  panzane,  baliassnitsciat,  contar  panzane. 

Baie  (B),  ballare;  borg.  baie  (Burguy,  &a?er)  -  òaféZ«,  morire;  remi- 
niscenza del  morir  ridendo  dei  Normanni  (Kicotti). 

Baleùs  (P),  guercio;  ba,  bar,  particella  peggiorativa;  provz.  luzi, 
splendere,  fr.  loucher,  lat.  luscus,  senza  pupilla,  come  gene- 
ralmente si  fanno  gli  occhi  delle  persone  nella  statuaria. 

Bàlma  (C),  caverna;  celt.  bai-ma,  monte-sito  (Ob.  Mùller);  balfen, 
caverna  (Diez,  balme);   bal-maen,  alta  pietra  (Roget,   balma). 

Balòss  (SL),  furfante,  birboncello  ;  slavo  balowstro,  birbonata. 

Balossè,  balocè,  baluzè  (D),  strabuzzare;  fr.  ba-loucher,ìà.  Y.  Baleus. 

Balòta  (P),  pallottola;  provz.  ballato,  pillola;  mond  balata,  mon- 
dacelo; vej  balòta,  vecchio  balordo. 

Balù'tte,  baluch'tte  (L),  barbaglio;  lat.  balluca,  balux,  scintillìo  di 
sabbia  d'oro  (Diez,  baluz). 

Bambàs  da  lum,  bambìflo,  barbiflo  (T),  grosso  minchione  ;  lat.  ba)n- 
balio,  greco  bambalòs,  timballo;  ted.  bambucks,  uomo  poltrone 
il  cui  fegato  sta  nei  bucks'n,  calzoni  (Danneil). 

Bamblinè  (L),  dondolarsi,  sciamare;  normanno  hamboler,  cullare 
(Diez,  bamho);  lat,  deambulare,  passeggiare. 

Banàstre  (S),  ciarpame,  mestrui  ;  spagn.  banasta,  cestone  ;  centrone, 
in  carretis  suis  et  super  sìmls  banastas  (A.  Pont),  ne'  suoi  carri 
e  sopra  li  suoi  stracci.  Slavo  banntscJcaja  hrow,  sangue  delle 
mestruazioni. 

Banda  (B),  concerto  di  stroraenti  musicali  ;  borgog.  bondir,  suonare 
(Burguy,  bondir). 


—  41  — 

Bande  (T),  da   noste  bande,   a'  nostri  paesi;  ted.  band,  bandiera; 

—  bandum  seguite!  uno  dei  comandi  militari  pei  Centurioni 
romani,  equivalente  all'odierno  avanti,  marche!  (Muratori  -  Dis- 
sert.).  Vuol  dire  dove  sventola  la  nostra  banda  o  bandiera. 

Bande  (P),  tendere  con  sforzo;  •  fr.  bander,  id.;  les  nerfs  se  ban- 
dent  (Littrè),  tensione  dei  nervi. 

Banfè,  banf(¥),  fiatare,  soffio;  fr.  bou/f er,  shu^3i.re;  (baufer,  banfè) 

—  bdnfa  pa  !  non  fiatare  ! 

Baòcia  (T),  erbata;  fr.  baugue,  bauque,  miscuglio  di  piante  marine 
rigettate  dal  Mediterraneo  (Eittré). 

Baod'tta  (B),  scampanìo  allegro:  borgog.  band,  baudor ,  allegro 
(Diez,  baldo),  (Burguy,  bald)  -  Esbaudisses  -  vous  et  buves  frais 
«  sbatacchiate  allegramente  e  cioncate  fresco  ». 

Baodroùn,  baudroim  (I),  bracciòlo  della  scala;  it.  balìadore,  ballatojo. 

Baotiè  (I),  bàoti,  bàuti,  baodìs,  dondolare,  altalena;  ted.  baumeln, 
da  baum  penzolare  tra  le  piante,  ivalten  (balten),  ondeggiare. 

Bara,  bara  (I),  sbarra  e  colpo  di  stanga  —  ital.  sbarra:  —  na  bara 
'n  s' j  ourie,  una  mazzata  tra  capo  e  collo. 

Baràba  (SL) ,  monello  ;  slavo  barabanit,  da  barabàn ,  tamburo  ; 
barabàla,  saccheggiatore;  greco  arabèo,  far  del  chiasso. 

Barabàn,  barabio  (P),  il   diavolo  de'  bambini;   provz.   barban,   la 

bestia  nera. 
Barabìn  (D),  un  pò  d'  feu!  gioco  fanciullesco.  V.  Baràba. 

Baràca  (S),  tettoja,  vecchio  mobile;  spagn.  baracca,  capanna;  la- 
tino barra,  sbarra-  (Diez,  baracca,  dove  accenna  ad  un'origine 
araba);  slavo  baracJdo,  rottami. 

Baracàn  (SL) ,  stoffa  di  pelo  caprino  ;  slavo  barakan,  b.  lat.  bo- 
racanus,  cambellotto. 

Barachìn  (S),  gavetta,  scodella  militare;  spagn.  burjacha,  gamella 
de'  marinai.  V.  Bojàca. 

Baràgna  (P),  taràgna,  anguillare,  filare  di  viti;  provz.  baragno, 
imragno,  filare  da  para,  adornare,  metter  in  bella  mostra. 

Barai  (B),  barile  a  doghe  di  forma  piatta  pel  vino;  borgog.  ba- 
reil,  id.  (Burguy,  barre);  celtico  barre,  pezzo  di  legno. 


—  42  — 

Barane  (T),  zoppo,  che  arranca;  ted.  ranken,  torcere  (Diez,  ranco). 

Baraónda  (S),  confusione  di  gente  ;  spagn.  bara  hunda,  baraunda, 
cagnara. 

Bararòta  (SL),  gioco  marziale  dei  ragazzi,  veduto  eseguire  a  Stoc- 
colma in  Svezia,  in  egual  modo  che  a  Torino  ;  slavo  borot  rota, 
lottare  in  schiera;  fr,  barre,  striscia  segnata  sul  terreno;  fr. 
prendre  barre,  due  partiti  di  fronte,  che  si  rincorrono,  cercando 
fare  e  liberare  prigionieri;  centrone  barra  route,  sbarrar  la 
strada. 

Baràsa  (SL),  landa,  catapecchia;  furiano  baraz,  sterpeto,  sodaglia 
(Flechia). 

Barate  (B),  cambiare;  borgog.  barai,  frode,  nel  senso  francese  (don- 
ner  le  change)  scambiare,   far  perder  le  tracce. 

Barato  (B),  barattolo:  borgog.   baretel,  frascherìe,  ninnoli. 

Baravàl-yeZ  (C),  panico;  celtico  bara,  pane,  vai  o  vel;  dal  lat. 
v'tìlosHs;  fr.  velli,  peloso. 

Baravantàn  (I),  stravagante;  ital.  Beneventano,  da  Benevento  do- 
v'era il  famoso  noce  delle  streghe,  —  testa  baravantana,  cervel 
bizzarro. 

Barba  (I),  zio;  ital.  barba,  usato  fin  dal  782  (Muratori);  protet- 
tore di  femmine,  —  bondl  barba!  è  finita  la  pacchia. 

Barba  boìic  (F),  raponzolo  selvatico;  fr.  barbe  de  bone,  barba  di 
becco. 

Barbaròt  (F),  pizzo  del  mento:  fr.  barbe  de  coq,  bargiglione. 

Barbe  (DP),  barbar  (Biondelli),  rubare,  consumare;  dal  piem.  ipo- 
tetico ba-robè.  —  Barbò  le  gliète,  uccidere;  fr.  guétres  ^er  gre- 
gues,  calzoni  (Littré),  rubar  i  calzoni  a  qualcuno,  spogliarlo,  am- 
mazzarlo. 

Barbe!  (I),  stoppa;  ital.  barbe,  peli  delle  penne^  piume. 

Barbìs  (L),  mustacchi;  lat.  barbitium,  baffi  (Promis)  —  ste  anitna 
ima  e  barbis  d'  gat,    star  in  panciolle  (latino  di  sacrestia). 

Barbìsa  (L),  fanln,  uccello  (bsàbsa);  lat.  emberyza  citrinella,  or- 
tolano dei  boschi. 

Barca  (I),  battello;  lat.  ed  ital.  barca,  elemento  celtico  bare,  id. 
(Burguy,  hargaine). 


—  43  — 

Barche!  (I),  eh  via!  esclamazione  che  esprime  stupore  e  diffidenza,  ed 
è  un  guasto  di  bah!  che? 

Barche  via  (I),  cessare ,  scemare,  dileguare  (Biondelli)  ;  it.  harca, 
imbarcar  via.  V.  Svachè. 

Bardàss  (F),  marmocchio  ;  fr.  hardache,  figlioccio  (Diez,  hardascia). 

Bardòt  (F),  muletto  dal  cavallo  e  dall'asina  ;  fr.  hardot,  id.  da  harde, 
sella  (Littré). 

Barìcc*  (B),  guercio,  losco;  borgog.  har,  particella  peggiorativa,  iex, 
ix,  occhi,  occhi  cattivi  (Burguy,  oil). 

Baricele  (P),  occhiali;  provz.  hericles,  id. 

Baril  (I),    botte  vinaria,   caratello;   ital.    barile,   elemento  celtico 

(Littrè). 

Barìolà  (F),  screziato;  fr.  bar  -  riolé,  stranamente  segnato  (Diez, 
hariole). 

Bariolèiro  (F),  artajoùr,  fondiché;  pizzicagnolo,  droghiere;  fi\  ba- 
rioìer,  perchè  usano  dipingere  la  facciata  della  loro  bottega  a 
molteplici  colori. 

Barivèl  (B),  biricchino  ;  borgog.  bar  reveler,  rivel,  scherzare  (Bur- 
guy, reveler)  ;  slavo  pod  -  badrivat,  tener  allegra  la  brigata. 

Barlòta  (I),  piallone;  it.  barlotta,  id.  V.    Varlopa. 

Barolè  (F),  cercine  per  sostenere  calze  e  calzoni;  fr.  bas  roulès, 
calze  ravvolte. 

Baròn  (GT),  mucchio;  gotico  bairan,  carico  d'un  uomo;  greco  bà- 
ros,  peso. 

Baròssa  (I),  carretta  a  due  ruote  tirata  da  buoi;  it.  baroccio,  bi- 
roccio, a  due  ruote  (Diez,  biroccio). 

Baròssè  (DP),  ranchettare;  dal  piem.  baròssa,  dal  modo  di  cam- 
minare di  quella  sorta  di  carro,  a  sbalzi,  come  le  oche. 

Baròt  (S),  randello  ;  spagn.  barroto,  sbarra  per  assicurare  la  chiusura 
di  porte  e  finestre. 

Baroùss  (F),  rossiccio  ;  fr.  ba  -  roux,  rosso,  ba,  particella  peggio- 
rativa come  bar. 


—  44  — 

Basàn  (P),  verde  mezzo,  come  le  biade  tra  il  verde  e  il  secco; 
provz.  ahasanì,  color  livido. 

BasàSa  (F),  esca;  fr.  basane,  spago,  badana,  arabo  bitìmnet,  pelle 
di  montone  (Diez,   badana). 

Bass'cina  (I),  per  basti'na;  ital.  basto  per  somari. 

Basicele  (G),  gironzolare,  bazzicare;  dal  greco  basis,  passo,  pianta  del 

piede  umano. 
Basìn  (L),  bacio;  lat.  basium,  id.  venez.  un  baso  non  fa  buso. 
Bassmàn  (F),  tornaletto;  fr.  soubassement,  basamento. 

Bassìn  (F),  bacile,  bacino  ;  fr.  bassin  id.,  elemento  celtico  bac,  cavo 
(Diez,  bacino). 

Bàsola  (L),  taffiera,  vaso  piatto  per  refettorio  de'  frati;  lat.  bus- 
seUiis,  fr.  boisseau,  staio;  lat.  vas  (vasolum). 

Bassòt  {euv  bassòt)  (T),  nova  poco  cotte;  ted.  ba-sotten,  gesottene, 
bollite;  lat.  asso,  arrostire. 

Basta  (1),  abbastanza;  ital.  bastare,  fr.  baste,  spagn.  basta,  avasta, 
id.,  termine  marinaresco;  a  j  ti'  jè  pa  basta  —  non  ce  n'è  ab- 
bastanza. 

Basta  (B),  ripiegatura  nei  panni;  borgog.  baste,  ted.  bestan,  rap- 
pezzare (Burguy,  baste). 

Bàta  (D),  tutto  quanto;   prefisso  corrispondente  al  paia.  V.  Fata. 

Bataclàn  (F),  confusione;  fr.  bataclan,  traino  imbarazzante;  ingl. 
bata-clan,  tribù,  famiglia,  tutta  la  folla  (A.  Pont);  slavo  va- 
tòga,  truppa,  famiglia. 

Batànfi'  (D),  tutto  gonfio.   V.  Botenfi. 

Batàro  (D),  imbecille,  grossolano.  V.  Taro. 

Batiàje  (DP),  confetti  pel  battesimo;  dal  piem.  battè,  fr.  baptiser, 
battezzare. 

Batibeùj  (DP),  trambusto;  dal  piem.  beuj,  bolle,  col  prefisso  baia, 
tutto  bolle. 

Baticòle  (F),  a  cavalluccio;  fr.  bdt  au  con,  basto  al  collo. 

Batifolè  (F),  ninnolare;  fr.  batifoler,  folleggiare,  b.  lat.  battifollum, 
bastione  dove  i  ragazzi  andavano  a  giocare  (Littré). 


—  45  — 

Bativòl  (DP),  rimbalzo;  dal  piem.  ribate  al  voi. 
Batòcc'  (I),  battente  di  campana  e  di  portone;  ital,  battoccMo,  da 
battere. 

Batù  (I),  confratelli  di  cappa  e  cappuccio;  ital.  battuti,  per  la  disci- 
plina che  si  picchiavano  sulle  spalle. 

Baudusàri  (T),  esser  messo  al  tormento  (Cibrario)  ;  voce  latinizzata 
in  senso  passivo  dall'elemento  tedesco  baum,  in  piem.  bandisse, 
bautiè,  quindi  dar  la  corda.  V.  Baotiè. 

Baule  (L),  abbaiare  ;.  lat.  baulari,  ted.  bellen,  id.  (Diez,  bajare). 

Bàus  (P),  luogo  incolto  montano  ;  provz,  bàou,  roccie,  anche  in  ma- 
rina, dirupi  lungo  le  spiaggie;  vfr.  baus,  dirupi;  ital.  babe 
(Diez,  ballare). 

Bav*ta  (DP),  zinnale;  dal  piem.  bave,  riparo  contro  il  bavume  dei 
bambini. 

Bàvo,  bdo  (LG),  spranga  ricurva  per  portar  bigonce;  inglese  bow, 
arco;  lat.   bajido,  io  porto. 

Bebé  (0),  bambino;  Onomatopea:  voce  infantile  per  chiamar  le  pe- 
core;  è  anche  voce  albanese. 

Bèbola  (I),  cennamella  ;  ital.  ribeba,  zampogna  che  si  suona  tenen- 
dola tra  i  denti. 

Bec  (C),  beg  (Biondelli),  becco;  celtico  beo,  id. 

Becc'  (F),  puzzo  di  stantìo  ne'  panni  ;  fr.  bicìie,  cervia  ;  puzzo  di 
selvaticume. 

B'cè  (D),  nonno;  provz.    bssat,  bisnonno.  V."  Pcè. 

Bècia  (R),  Vocia,  cerm;  roumancio  bèsc' ia,  pecora;  fi.'.  bicJie,  id. 
(Diez,  biche). 

Bedaìna  (F),  scalpello  pedano;  fr.  bedanne,  scalpelletto,  bec  d'àne 
(Zalli). 

B'dra  (SL),  pancia;  slavo  bedrà,  l'anca. 

Beichè  (B),  &?«c7jè,  guardare;  &?<c,  sguardo.  Beichè  m  vece  di  vejchè 
viene  dal  borg.  vejer ,  vedere  e  buche,  bue,  derivano  dal  normanno 
hicjuer,  provz.  luca,  guardare  di  traverso  (Diez,  luguer). 


—  46  — 

Bèjva  (B),  bocca;  borgog.  heivre,  bere  —  doiij  dì  s'  la  bèiva  —  due 
dita  sopra  la  bocca,  cioè  proprio  sul  naso.  V.  Bèive. 

Bèjve  (B),  bere;  borgog.  hevre,  heivre,  heire,  hojvre,  hojre,  id.  (Bur- 
guy,  boivre). 

Bel  (L).  bello,  pulito  ;  lat.  hellus,  diminutivo  di  benus  :  —  bela  copia, 
slavo  na  bielo,  in  pulito,  bianco;  a  la  bela  siejla,  alla  bianca 
luce  delle  stelle. 

Bnà  (DP)  fólairà,  follìa,  fandonia  (Zalli,  Biondelli);  allegrie  e  rac- 
conti fatti  nelle  benne.  V.  B'nna. 

Bnal  (D),  capannone  rustico,  fienile.  V.  B'nna. 

B'nna  (F),  capanna;  fr.  benne,  venna,  casipola  coperta  di  strame; 
celtico  e  lat.  benna,  id.  (Diez,  benna);  combennones,  compagni 
sul  carro  fatto  a  benna;  fé  la  b'nna,  esser  malato,  si  dice  delle 
bestie;  slavo  biednii,  povero. 

B'rboìij  (I),  vecchio;  ital.  barbogio. 

B'rgè  (F),  Pecoraro;  fr.  berger,  lat.  berbix,  vervex,  id.  (Diez,  ber- 
bice). 

B'rgiabào  (P),  b'rssabào,  il  diavolo,  un  terrore  non  motivato  ;  provz. 
il  hao  delle  bergie,  babau  delle  montagne.  V,  Babào. 

B'rgiojàda  (D),  cosa  da  nulla.  Y.  B'rgioaté. 

B'rgioatè  (F),  careggiare;  fr.  bourgeois,  borghese  —  careggiarsi 
come  fanno  i  buoni  e  grassi  borghesi;  specialmente  si  usa  per 
esprimere  un  caricarsi  di  vestimenta  inutili. 

B'rgnia  (L),  bergnoccola,  brigna,  pruna;  lat.  pruna. 

B'rgne!  (DP),  nespole!  esclamazione  di  paura,  allusiva  al  cader 
che  vi  fanno  adosso  dall'albero  le  prune,  che  invece  potrebbero 
essere  sassate  o  moschetteria. 

B'rgnìf,  il  diavolo;  ted.  bernen,  bruciare. 

B'rla  (L).  cacherella;  lat.  pinula,  sterco  di  cavallo;  perula,  punta 
del  naso  (Diez,  perla). 

B'rlàita  (F) ,  babòcia ,  siero  di  latte  ;  fr.  bar  -  lait,  petit  lait,  id. 
(Diez,  bis);,  bar  particella  peggiorativa. 

B'rlàn  (F),  trai,  gioco  d'azzardo;  fr.  brèlan,  biscaccia. 


—  47  — 
B'rlandòt  (I),  gabelliere;  ital.  hoUandotio,  da  bollare. 

B'rlichè  (I),  leccare;  ital.  ber -leccare  (Diez,  bis),  leccar  un  poco; 
ber,  bar,  ba  particelle  peggiorative. 

B'rlìk  e  b'rlók  (F),  invocazione  magica  de'  ciurmadori,  locuzione 
senza  senso;  fr.  brèlique ,  brèloque,  cose  di  nessun  valore.  A 
b'rlich,  a  risico  (Zalli). 

B'rlifàda  (D),  insudiciatura  ;  V.  B'rla  e  Anflè. 

B'  rlùse  (F),  luccicare,  aver  le  traveggole  ;  fr.  berlue,  ber  -  lucere, 
offesa  alla  vista  (Littré). 

B'rnàsa  (T),  bernagi,  la  paletta  del  fuoco;  ted.  bernase,  id, 

Bérnia  (T),  bèrgna,  giubbone,  veste  rozza  contadinesca  (Biondelli), 
a.  ted.  bero,  facchino  (Vopisco,  1564). 

B'rnùfìa  (F),  sb'rnufia,  donna  schifiltosa;  ani  fr.  nifler,  mostrar 
ripugnanza  (Littré),  berner,  burlare. 

Bèro  (T),  babèro,  agnello;  ted.  bar  produttivo  (Diez,  barone). 

B'rssàc  (L),  bisaccia,  zotico;  —  brut  òVsac,  imprecazione  storica  contro 
il  generale  francese  Cosse  de  Brissac  che  fece  tanta  rovina  in 
Piemonte,  al  tempo  del  Duca  Carlo  III;  lat.  bis  saccus,  sacco 
doppio  (Diez,  bisaccia). 

B'rtavèl  (L),  nassa,  bettovello;  b.  lat.  e  fr.  bertavellus  id. 

B'rtavèla  (DP),  taravèla,  far  favela,  parlantina;  del  piem.  favela, 
arcolaio,  analogia  col  cicalare  sbalorditolo,  che  gira  gira  e  mai 
respira.  Il  ber  iniziale  è  particella  peggiorativa. 

B'rtèl  (B)  tramoggia;  borgog.  burefel,  it.  buratello  (Burguy,  buire). 

B'rtoùn  (I),  cavallo  dalle  orecchie  mozze;  zuccone;  ital.  bertone,  id. 

B'rtondè  (F),  cimare  il  grano,  tagliar  corti  i  capelli  ;  fr.  bre  -  fau- 
der  {bre,  ber,  bar),  tosar  malamente;  tauder,  v.  fr.  per  tondre, 
tosare. 

B'sancà  (T),  sciancato,  ted.  ancha,  gamba;  bes,  male,  male  in 
gamba  (Diez,  bis). 

B'sbiàda  (I),  bisbiglio,  ital.  bisbigliata. 

B'scànss  (L),  a  sghimbescio;  lat.  canfhus,  cerchio  non  esattamente 
rotondo,  e  bes,  male  (Diez,  canto). 


—  48  — 

B'scarè  {^),  sberciare  ;  spagn.  carear,  confrontare,  e  bes,  male  ;  non 
colpir  direttamente,  fallire  il  segno  —  7  tron  V  a  h'scaràlo,  il 
fulmine  lo  ha  sfiorato. 

B'ss'cia  (F),  bioccolo  di  lana,  ciocca  di  capelli  ;  fr.  mèdie,  mesche, 
(hescJie),  riccioli  —  piesse  p'r  le  h'ss'cie,  acciuffarsi. 

B'slòng  (F),  bislongo;  fr.  bar -long,  id.  ;  bar,  ber,  bes,  particelle 
deprezzati  ve  (Diez,  barlong). 

B'sriònd  (DP),  bistondo;  per  bes -tondo,  dal  piem.  riond,  rotondo 
e  bis  0  bes,  malamente. 

Bèssa  (F),  marra  per  scavar  terre  ghiaiose  (Promis),  fr.  bécìie,  id. 
(Diez,  becco). 

B'ssì,  p  ssi,  anp'ssì  (F),  intorpidito;  fr.  èpaissi,  ispessito  (provz. 
dets  gobi),  dita  gobbe,  che  non  si  possono  più  comandare  prese 
come  sono  dal  freddo). 

B'ssonè  (T),  partorir  gemelli;  meglio  p>'ssonè;  dal  brettone  besk, 
ambidue  (Diez,  bis),  ted.  solin,  figlio, 

B'standè,  V stende  (DP),  indugiare;  dal  piem.  bes  -  andé,  andar 
malamente:  la  ^  è  eufonica. 

B'stàj  (DP),  sghembo;  dal  piem.  taj,  taglio  e  la  part.  peggiorativa 
bes,  tagliato  male;  ^/r  Vstaj,  a  sghembo. 

B'stòrn  (F),  monorchite,  pianta  d'un  bulbo  solo;  fr.  bistorte  {la 
renouèe,  Littré),  specie  di  geranio. 

Betònica  (S),  arnica  montana;  spagn.  betonica,  dai  Vettones  che 
la  fecero  conoscere  (Littré). 

Béttole  (T),  capanne  di  montagna;  elemento  di  questa  voce  può  es- 
sere il  ted.  bett;  letto  e  Vor,  monte;  giaciglio  montano. 

Beùcc*  (I),  buco;  it.  bugio. 

Beùsma  (I),  impasto  per  umidire  la  tela,  ital.  boszhna. 

Beìiz,  beiis  (L),  immaturo  ;  lat.  peiis,  ted.  bós,  cattivo  (Suòkau,  hOs). 

Bla  (C),  tronco  d'albero  segato;  celtico  bilie,  id.  (Littré). 

Bla  (F),  pallottola  per  giuocare;  fr.  bilie,  lat.  bulla, 

Bià  (S),  mietitura  completa  delle  biade  ;  spagn.  biazas.,  sacco  ;  vuol 
dire  che  il  raccolto  è  tutto  quanto  insaccato. 


—  49  — 

Bialèra  (C),  hialiè,  gora,  fossa  d'acqua;  hiarU^  acquajolo,  distribu- 
tore delle  acque  ;  celtico  Mal,  acqua  :  la  desinenza  era  indica 
quantità. 

Biaràva  (T),  barbabietola;  fr.  betterave,   lat.  beta  rapa  (Flechia). 

Biautè  (D),  dondolarsi  coll'altalena;  V.  Baotiè. 

Bibi  !  (L),  voce  di  scherno  contro  li  ubbriacbi  ;  lat.  Mbio,  Ubo,  ub- 
briacone;  frane,  bihus^  cosa  spregi evole;  felices  quibus  vivere 
est  bibere!  (Muratori,  Dia.). 

Bice*  (S),  foricc\  manuale  muratore;  spagn.  bicìio,  piccino. 

Biciolàn  (I),  biscottini  vercellesi  —  forse  è  un  guasto  di  Vercelìani. 

Bicochìn  (F),  calotta  da  prete;  fr.  bicoquin,  calotta  a  due  punte. 
(Diez,  bicocca). 

Bìdòn  (I),  recipiente  in  latta  per  acqua;  dall'inventore  ingegnere 
Bidone,  amico  di  Massimo  D'Azeglio;  fr.  bedon,  anticamente 
tamburo,  poi  uomo  a  grossa  pancia. 

Bièt  (B),  stramaturo,  mézzo  ;  borgog.  e  provenz.  blet  (Burguy  blet), 
lat.  vietiis,  it.  vieto  (Promis);  ted.  bleizza,  ammaccatura;  slavo 
cpiet,  maturo. 

Bièt    F),  biglietto;  fr.  bilìet,  b.  lat.  bilia,  rescritto  (Littré). 

Bif  e  baf  (P),  tautologia;  provz.  baffe,  minchionatura  —  di  bif  e 
baf  d  qualcun,  tagliar  i  panni  addosso  a  persona  assente. 

Bifè  (F),  cancellare  ;  fr.  biffer,  id. 

Biga  (IG),  scrofa;  inglese  pig,  porco  (Diez,  biga). 

Bigàt  (L),  baco  da  seta;  lat.  bombyx,  bonbigatto  (Diez  baco). 

Bigioulà  (D),  lentigginoso;  V.  Giajolà. 

Bigieùia,  Vgieìija  (SL),  santino,  immaginetta  qualunque  ;  slavo,  bog, 
dio,  bòjii  (j  fr.),  divino. 

Bign'tta  (F),  frittella,  cosa  schiacciata;  fr.  beignet,  id. 

Binde  (T),  bindel,  legare,  legaccio,  nastro  ;  ted.  binden,  legare. 

Biò  (P,  ghermo,  paniere;  ital.  biodo,  giunco  palustre  per  far  stuoie, 
campanella  pei  pulcini. 

Biòc  (I),  armnure,  stoppa,  concia;  it.  biòccolo.  V.  Biùc. 

4 


—  50  — 

Biòcia  (L),  scampolo,  ritaglio  di  stoffa;  lat.  biochus,  tronco  (Diez,  hioc). 
Biòla  (F),  biòra  piòha,  betulla;  fr.  bouleau,  lat.   betulla  —  r'ssiè 

d'biòle,  russare. 
Biòn  (F),  tronco  d'albero  da  segare  per  ridurlo  a  tavole  o  bie;  fr. 

billot,  id.  V.  Bia. 

Biòra  (C),  corso  d'acqua;  celtico  bior,  fonte  (Ob.  Mùller). 

Biòsc  (S),  vista  annebbiata;  spag.  bi0co,  losco;  lat.  bes  oculus,  oc- 
chio cattivo,  it.  fosco.  —  Tra  'l  lousc  e  'l  Mouse,  tra  il  veder 
poco  e  l'appannato;  verso  sera. 

Bioìit  (T),  nudo,  meschino  ;  ted.  blut,  blut  arm,  poverissimo  (Diez, 
biotto);  borgog.  blous,  spogliato  (Burguy,  blos). 

Birba  (S),  birbo,  birbante  ;  metatesi  dello  spagn.  bribar,  accattare, 

accattone. 
Biribìss  (I),  biribàra,  gioco  intricato;  ital.  biribisso. 
Bìrlo  (S),  tròttola;  spagn.  Urlo,  trottola  o  ladro  biricchino. 
Bìrlo  (IGr),  stornello;  ingl.  bird,  uccello. 

Biro  (L),  pito,  gallinaccio  ;  lat.  birrus,  rosso  —  rouss  com'  un  pito. 
Biròcc'  (L),  birocìn,  cocchio;  lat.  birotum,  a  due  ruote. 
Biròn  (F),  cavicchio;  fr.  piron,  sorta  d'arpione. 

Bìsa  (F),  vento  gelato;  fr.  bise,  id.,  ted.  bize,  morso,  da  beissen, 
mordere:  beiswind,  id. 

Bische  (F),  eiché,  arrovellarsi,  fr.  bisquer,  provenz.  bisco  ;  centrone, 
biska,  collera. 

Bisègle  (F),  lisciatoio  de' calzolai;  fr.   besaigue,  ital.  bisegolo,  a 

doppio  taglio. 
Bisèl  (L),  taglio  ad  ugna;  lat.   bisellium  (Littré),  forma  a  conca 

della  sedia  romana;  fr.  biseau,  taglio  obliquo. 

Bisòc  (I),  pinzocchero,  collo  torto;  ital.  6mocco,  testa  debole  (Diez, 

hÌ220CC0). 

Bisodiè  (L),  masticar  pater  nostri;  dal  verso  del  Pater,  da  nobis 

hodie. 
Bissa  coperà  (DP),  tartaruga;  dal  piem.  bissa  con  la  coupa  d'pèra, 

biscia  colla  coppa  di  pietra. 


—  51  — 

Bissochèt  (F),  fumajolo:  fr.  òicoquet,  bicoque,  piccolo  castello. 

Bistòrcc'  (L),  crescione,  menta  romana;  lat.  nasturtium,  fr.  nasi- 
tort,  id.  (Diez,  nasturzio). 

Blue  (I),  capecchio,  pettinatura  della  canepa  (Biondelli) ;  it.  pilltt- 
care,  staccar  poco  per  volta. 

Biùm  (L),  tritume,  pula,  rosume  del  fieno  ;  b.  \2it.  pihimen,  pestatura. 

Bivàc  (F),  bivacco  ;  fr.  Mvaque,  hivouaqtier,  serenare  al  campo  ;  ted. 
Benvache,  guardia  straordinaria. 

Blaghè  (F),  millantarsi;  fr.  hlaguer,  contar  frottole;  celtico  hlagh^ 
soffiare  (Littré). 

Blan  blàn  (L),  posapiano;  lat.  blennus,  stupido  (Promis). 

Blaterò  (L),  cicalare;  lat.  blaterare,  id. 

Bleù  (F),  color  turchino;  fr.  bleu,  azzurro.  La  frase  piemontese  dèje 
'l  bleu,  liberarsi  da  qualcuno,  far  scomparire,  può  essere  una 
espressione  pittorica,  perchè  col  bleu  che  è  un  color  freddo  si 
allontanano  gli  oggetti  nei  vari  piani;  e  può  anche  essere  un 
ricordo  storico,  perchè  nella  ristorazione  dell'anno  1814  in  Pie- 
monte si  dava  la  caccia  ai  tre  colori  francesi  coprendoli  colla 
tinta  nazionale  turchina. 

Blìctri  (L),  sgasaràda,  un  zero,  un  niente.  Il  Parini  nel  suo  discorso 
sulle  caricature  dice:  «  questi  aveva  ridotto  ogni  cosa  al  blictri», 
lat.  bliteus,  spregi  e  vole. 

Bloc  (T),  masso;  ted.  blok,  tronco  d'albero  (Diez,  bloc). 

Bloùc  (L),  barbagianni;  lat,  alùcus,  it.  alocco.  V.   Otdouc. 

Bò  (SL).  particella  affermativa  ;  slavo  bo  perchè. 

Bòba  (I),  smorfia  ;  voce  fanciullesca,  fr.  ed  ital.  bobo. 

Bóce  (P),  gioco  alle  pallottole;  borgog.  boce,  rigonfio  nel  centro  dello 
scudo  (BorguY,  boce),  provz.  bocho,  boccia. 

Boch  (F),  caprone  (Zalli);  fr.  bouc,  it,  becco. 

Bochè  na  cosa  (F),  ottenere;  fr.  aboucher,  id. 

Bochèt  (I),  cateratta  per  piccola  gora;  it.  bocchetta;  V.  Balconera. 

Bociardè  (F),  insudiciare  e  chi  tiene  il  gioco  delle  boccie;  fr.  po- 
chade, da  pocìier,  dipingere  alla  grossa  ;  V.  Bocce. 


—  52  — 

Bocìn  (L),  vitello  dai  10  ai  15  mesi,  stupido;  lat.  huciilus,  id. 

Bodèro  (P),  pancione;  provenz.  boudouire,  id.  V.  B'dra. 

Bodiflo  (P),  musone;  fr.  hotider,  tener  il  broncio  ;  provenz.  houdenfky 
—  a  lou  comr  boudenfio;  ha  il  cuor  gonfio. 

Bògia,  bòga  (L),  pesce  salato  (Cibrario)  ;  lat.  bocas,  pesce  marino. 

Boìna  (F),  palina,  biffa;  fr.  boline,  traversa. 

Bòiro  (D),  imbratto;  V.  Boudrè. 

Boiròn  (S),  beverone;  fr.  boire,  bere;  spagn.  boudn'o,  zuppa  de'porci. 

Bòja  (B),  insetto,  blatta;  borgog.  boe,  bojer,  id.  fr.   boue,  pantano 

(Burguy,  boe). 
Bòja  (L),  carnefice;  lat.  boja,  collare  in  ferro  per  li  schiavi  (Burguy, 

buie);  slavo  boi,  guerriero,  bojatse,  spaventarsi. 
Bojàca  (S),  scodella  dei  marinai;  combriccola;  far  comunela;  spagn. 

borjàca,  zaino  dei  pellegrini. 

Bòia,  boléngh  (P),  pantano;  provenz.  bouille  id.;  le  Pot  bouille,  di 

Zola,  it.  bulicame;  in  turco  bulanyk,  torbido,  bulanyk-su,  acqua 

stagnante. 
Bòia  (F),  pianta  delle  scope  (Zalli)  ;  fr.  bouleau,  lat.   betìda,  ital. 

betulla;  V.  Bióla. 
BoFtta  (F),  disperazione  a  denaro;  fr.  boulette,  sciocchezza,  sbaglio; 

slavo  boljeti,  addolorarsi. 

Bolssoùn  (F),  chiavarda;  fr.  boulon. 
Bomba  (F),  arcuato;  fr.  bomber,  curvare. 
Bondisserèa  (I),  saluto;  ital.  buon  dì,  signoria. 

Bondròyt  (F),  camera  da  letto  nuziale  (Cibrario)  ;  fr.  bon  droit,  il 

buon  dritto  maritale. 
Bonomèri  iDP),  bonaccione;  dal  piem.  bonom,  buon  uomo.  La  de- 

smenza  eri  come  era,  indica  abbondanza  di  bonomia. 

Bòrea  (S),  legno  forcuto;  spagn.  horca,  forca. 

Bordèl  (B),  lupanare;  borgogn.  barde,  piccola  casa  (Burguy,  borde); 
celtico  buar-dae,  vacche-casa  (Ob.  Muller).  Dante  aveva  già  ita- 
lianizzato questo  vocabolo  provenzale,  chiamando  Italia  : 

Non  donna  di  provincie,  ma  bordello! 

{Purg.  6°). 


—  53  — 

Bordòc  (P),  piàttola  (Zalli),  blatta  dell'alto  novarese  ;  provenz.  hour- 
dillo,  spazzatura. 

Bordonàl  (C),  pianerottolo  esterno  rialzato  di  casa  signorile  (Ci- 
brario);  celtico  lorde,  casa. 

Borei  (F),  collare  de'  sellai  ;   fr.  bourrelet,  cércine. 

Borèla  (F),  palla  pel  gioco  de'  birilli  ;  fr.  bourlet,  palla  fatta  di 
borra. 

Borènfi  (F),  hotènfi,  gonfio;  fr.  bourre  en^ée,  peau  -  enflée,  gonfio 
alla  pelle. 

Borgh  d'I  cMr  (D),  forca  del  carro  su  cui  posa  la  sala  ;  V.  Borea. 

Borgia  (I),  dall'ital.  borgata  (Diez,  borgo). 

Borgiachìn  (DP),  taschino;  piem.  borsln  dia  giàca. 

Borgiatè  (I),  b'rgiouatè,  b'rgiovatè;  it.  ovattare,  caricar  di  vestimenta. 
V.  B'rgiojatè. 

Bòrgnio  (F),  cieco;  fr.  borgne,  cui  manca  un  occhio;  it.  bornio, 
di  corta  vista;  borgog.  born-icle,  oculi  bornes  (Diez,  borgne). 
Cent,  born,  cieco  (A.  Pont). 

Borieùl  (DP),  asinelio;  piem.  boricheùl  da  borie. 

Bòria  (G),  borlaclim,  capala,  grègnia,  fascio  di  12  covoni  (in  Francia 
di  soli  10),  bracciata  di  fieno;  greco  bora,  foraggio,  vettovaglia; 
spagn.  boria,  nappina  d'oro  o  d'argento  —  per  imitazione  di 
un  fascio  di  spighe  —  borlaelùn,  fascetto  di  spighe. 

Borie  (F),  scivolare,  metat.  di  brolè;  fr.  rouler,  rotolare.  La  b  iniziale 
farebbe  pensare  ad  un'  aferesi  del  tedes.  herab  -  rollen,  rotolar 
abbasso. 

Borio  (F),  broncio,  cattivo  umore;  fr.  bourréletnent,  sensazione  mo- 
rale noiosa  come  di  coscienza  inquieta  (Littré);  V.  Torlo  -  borio. 

Bornò  (T),  bornèl  (Biondelli)  doccia,  fontana  artificiale  nel  Biellese 
e  Canavese;  ted.  brunnen,  fonte  (Flechia). 

Borss  (L),  storss,  bolso;  lat.  pulsus,  colpito  (Diez,  bolso). 

Bósa  (B),  pantano,  bòzzo;  borgog.  bos,  radura  di  bosco  (Burguy, 
bois). 


—  54  — 

Bosaràda!  (I),  bosaroùn,  hoscaràda,  esclamazione  di  maraviglia  e 
anche  di  dispetto;  l'italiano  volgare  ha  bùggera,  sbaglio,  arrabbia- 
tura, quindi  buggerata,  buggerone;  slavo  boga  ra<?*,  dio  grazia  ! 

Bòs'ra  (I),  bizza,  venez.  bosara,  id. 

Bossèt,  borsèt  (F),  buccia  dell'acino  dell'uva;  fr.  gousset,  saccoccia. 

Bòsso  (I),  pruno  o  spino  per  siepi;  it.  bosso,  lat.  buxus,  fr.  buis, 
busso. 

Bòt  (L),  cet  (Biondelli),  figlio;  lat.  votum,  voto,  il  mio  voto;  spagn. 
boda,  nozze  (Diez,  boda);  celtico  boi,  corpo  rotondo. 

Bot  (B),  urto,  colpo;  borgog.  bot,  id.  (Burguy,  boter)-,  slavo  bit, 
battere. 

Bot  die  róde  (F),  barilotto,  mozzo;  fr.  bout  des  roties  (Alfieri)^ 
estremità,  sporgenza. 

Bota  (I),  colpo;  ital.  botta;  bela  bota,  che  meraviglia!  è  proprio  così! 

Bota  (F),  pesce  ghiozzo;   fr.  cìiabot,  id. 

Bota  (SL),  travàj  a  bòia,  a  cóttimo;  slavo  rabòta,  lavoro. 

Botènfi  (D),  gonfio;  V.  Borenfì,. 

Botìira  (F),  barbatella;  fr.  bouture,  id. 

Bou  (L),  voce  fanciullesca;  lat.   bua,  da  bere! 

Boìicc'  (L),  a  bei  boucc',  a  mucchi,  insieme  ;  b.  lat.  bocius,  ted.  butz, 
cespo. 

Boucìn,  bocc',  bocioùn  (P),  lecco;  provz.  bocioun.  id. 

Boucioun  (F),  tòrtoro;  béttola;  fr.  bouchon,  fascio  di  paglia  attor- 
tigliata per  strofinar  cavalli  e  insegne  d'osteria  (Littré). 

Boudìn  (F),  sanguinaccio;   fr.  boudin,  id.  (Diez,  boiider). 

Boudrè  (S),  mescolare;  spagn.  boudrio,  zuppa  pei  porci,  miscela; 
provz.  à  boudres,  a  profusione. 

Bouè  (P),  bovaro;  provz.  bouhiè,  fr.  bouvier,  id. 

Boufè  (F),  boùff,  buffare,  buffo;  fr.  bouffer,  id.,  ted.  puffen,  id. 
(Diez,  buf). 

Boughè  (F),  carrozzella  a  due  ruote;  fr.  boghei,  id.  (Littré),  lat. 
biga,  bis  jugum,  carro  antico  romano  a  due  cavalli. 


—  55  — 

Bougè  (P),  muoversi;  fr.  bouger^ìà.;  hougia!  animo,  muoviti  !  6o^<- 
gianèn,  nomignolo  inventato  da  Brofferio  pei  Piemontesi,  i  quali 
non  sono  soliti  di  entusiasmarsi  per  cose  da  poco  e  per  cui  è 
rinomata  la  canzone: 

Noi  souma  ì  fieuj  d'  Giandaja 
noi  souma  i  bougia  nen; 
ma  guai  s' la  testa  an  rouja 
se  '1  dì  die  bota  a  ven!... 

Bougiarìn  (DP),  ardiglione,  puntale  della  fibbia;  dal  piem.  hoiigè. 

Boùjro  (D),  miscuglio,  intruglio;  V.  Bojron. 

Boìija  (F),  bùja  (Biondelli),  mastello  (Zalli),  inzuppamento;  pie 
mia  bouja,  un  acquazzone;  fr.  boiiillons,  ondate  d'un  liquido 
che  spande  (Littré). 

Boìije!  (F),  lassa  &owje  /  lascia  correre  !  sbollire;  fr.  bouillir,  hoWìre. 

Boulè  (L),  ftingo;  lat.  boletus.  Boulè  porchin,  lat.  bóletus  porcinus 
(Promis),  ftingo  mangereccio;  lat.  boletus  edulis;  (piacentino, 
mondott). 

Boulichè  (I),  brulicare;  it.  bulicame,  acqua  che  sorge  bollendo; 
lat.  bullescere,  formar  bolle,  globuli. 

Boulognè  (DP),  ammaccare,  bastonare;  piem.  &m?o«,  spintone,  ì)u- 
lonè.  V.  Bulon. 

Boùra  (F),  bourassù,  borra,  cimatura,  lanuginoso;  fr*.  bourre,  borra 
—  lasse  la  boura  lasciar  l'inviluppo  delle  ossa,  —  morire. 

Bouràcia  (S),  borraccia,  fiaschetta  a  tracolla;  spagn.  borracJia,  id. 
(Diez,  borra).  Originalmente  era  una  fiaschetta  per  tenervi  les 
bourres  o  stoppacci  pel  fucile. 

Bouràcio  (I),  persona  panciuta;  it.  bambolone,  fatto  o  ripieno  di  borra. 

Bourgiòjsa  (F),  benestante;  fr.  bourgeoise,  sì  dice  per  indicare  una 
donna  della  borghesia,  agiata  ed  indipendente. 

Bourìc  (L),  ronzino,  bardotto;   lat.  burricìms,  piccolo  cavallo. 

Boìiro  (L),  sbaglio;  lat.  bura,  burlila,  fr.  bourle,  inganno  (Littré). 

Boùstica!  (D),  la  boustica,  esclamazione:  càpperi!  che  noia!  V. 
Boustichè. 


—  56  — 

Boustichè  (P),  ciapussè,  annoiare  (Alfieri),    provz.    bomtigà,   fru- 
gare, spiare. 
Bout  (D),  scopo;  V.  But. 

Bout  (F),  i  polpacci  delle  gambe;  fr,  le  bout  de  la  jamhe. 
Boìita  (B),  bottiglia;  borgog.  ioute,  id.  (Burguj',  botte). 

Boute!  (B),  ciamè  boùte,  an-endersi:  borgog.   bonteit,   bontà,  pietà 
(Burguy,  bon)  ;  fr.  bouquer,  ceder  alla  forza;  je  bouque!  je  boute! 

Bovrè,  hoiirè  (F),  abbeverare  li  animali;   fr.  abreuver,  id. 

Brac,  bracòt  (T),  cane  bracco;  ted.  braccho,  cane  da  caccia. 

Brac,  brec,  bru  (K),  arboscello  simile  al  tamarigio;  fr.  brou,  rou- 
mancio  bruch  (lat.  erica  vulgaris,  erbaccia  per  strame). 

Brac  (S),  bracòt.,  uomo  di  bassa  statura,  tozzo;  spagn.  braco,  naso 

camuso. 
Bràdia  (L),  (Biondelli)  presso,  vicinanza  —  il  Biondelli  propone  il 

lat.  praedium,  possesso  campestre;  V.  Braida. 

Bragalè  (P),  sbragalè,  schiamazzare,  vociare:  provz.  bradalà,  fr. 
braiUer,  b.  lat.  bragire,  gridar  forte;   cimrico  bragal,  id. 

Braghe  (I),  uomo  dappoco;  ital.  braghiere. 

Bràida  (L),  orto  fruttifero,  voce  del  1200  (Cibrario),  b.  lat.  braium, 
brajotum,  terra  grassa  (Burguy,  braì). 

Brajè  (B),  sgridare,  strillare;  borgog.  braire,  ragliare,  fr.  brailler, 
schiamazzare,  slavo  branit,  brontolare. 

Bràje  (B),  calzoni,  brachesse;  borgog.  braie,  celt.  braies,  lat.  braca  e 
id.,  indumento  che  distingueva  marcatamente  il  vestire  celta 
dal  greco  e  latino. 

Branbòi  (D),  fringuello;  V.  Frangòi. 

Branca  (I),  spanna  ;  ital.  brattea,  artiglio  (Diez,  branca),  fr.  branche, 
ramo. 

Branda  (I),  letto  militare  ;  letto  da  campo  in  uso  presso  le  masse 
de'  contadini  realisti  capitanati  dal  maggior  Branda  de'  Lucioni 
nel  1799,  nemico  operoso  de'  francesi  invasori  del  Piemonte. 

Branda  (F),  acquavite;  dal  fr.  brandevin,  acquavite. 

Brande  (T),  alari;  ted.  brennen,  bruciare,  brani,  tizzone;  fr.  brander, 


—  57  — 

esser  in  fiamme,  provz.  almndar,  ahrà,  accendere,  bruciare  — 
Brande,  cuocere  (Diez,  brando,   Littré,  Flechia). 

Brando  (P),  andè  an  hràndo;  specie  di  ballo;  far  il  bravaccio  (Zalli). 
Provz.  branda,  ital,  brandire,  impugnare,  e  scuotere  con  violenza, 
fr.  hrandeìer,  branìer,  scuotere;  mnè  'l  brando,  fuggirsene, 
sbatter  la  sciabola  tra  le  gambe. 

Brassà  (P),  bracciata;   fr.   brassée,  id,  (radicale  bras,  braccio). 

Bràssabosc  (DP),  edera;  dal  piem.  ambrassa  7  bosc,  abbraccia 
la  pianta. 

Brassàl  (F),  bracciale;  fr.  brassard,  id.  La  flessione  piemontese  al 
equivale  alla  francese  ard  che  deriva  dall'anglo-sassone  hard,  Jieard, 
duro,  crudele,  ardito.  Har,  her  è  un  elemento  che  indica  armato, 
guerresco  (Suckau).  Brassard  e  br assai  adunque  vogliono  dire 
essenzialmente  :  bras-liard,  braccio  armato. 

Brav  (P),  buono;  provz.  brave,  docile  (Diez,  bravo);  ^Irno  pravii, 
giusto,  cìir abrava,  valente. 

Brècio  (F),  a  brecio,  in  quantità;  fr.  brécìie,  breccia,  che  presenta 
un  ammasso  di  rottami;  dal  ted.  breclien,  rompere. 

Brèn  (P),  crusca;  celtico  bran,  crusca  (Diez,  brenna)-,  provz.  bren,  id.; 
jpiè  d'bren  a  vale,  a  che  prò'  vagliar  la  crusca? 

Breu  (C),  brodo;  celtico  breu,  id.,  quand  la  lima  a  Va  7  reu,  o 
veni  0  breu:  se  la  luna  ha  il  cerchio  o  vento  o  brodo  (pioggia). 

Breùge  (D),  ruttare,  mugire;  V.  Brogè. 

Brio  (T),  punta  montana;  ted.  brechen,  rompere,  donde  bruchig, 
{bricJiig),  crepacciato.  Diez  assegna  a  questa  voce  un'origine 
anglo-sassone,  brice,  frammento,  da  break,  rompere  (Diez,  bricco) 
gotico  brika,  id.  a  cagione  della  forma  generale  che  hanno  le 
punte  montane.  Bricliesse,  arbrichesse,  arrampicarsi  pei  dirupi, 
figurativ.  affannarsi  per  ottenere  checchessia. 

Bric  a  bràc  (F),  ferravecchi;  fr.  brio  à  brac,  onomatopea  dal  v. 
ted.  brecha,  azione  del  rompere,  rottami  (Littré,  brécJie). 

Bricaireìil  (D),  colligiano;  V.  Bric,  diminutivo  di  bricaire,  abi- 
tante dei  bric. 

Bricèl  (I),  ital.  burchiello. 


—  58  — 

Brichét  (D),  somarello  ;  sincope  di  bouricJiet  ;  V.  Bouric. 

Brichèt  (F),  acciarino,  zolfanello;  fr.  hriqitet,  pezzo  d'acciaio  che 
serve  a  cavar  scintille  dalla  pietra  focaja  —  e  per  analogia  zolfino. 

Brìcio  (1),  minuzzolo;  pelo  di  barba;  ital.  briciolo  —  piesse  py 
hricio,  accapigliarsi;  ital.  ricciolo  ;  anglo-sassone  hrice^  frammento. 

Bricòccola  (D),  bricca,  luogo  selvaggio;  V.  Bric. 

Bricòla  (F),  altalena  de'  pozzi,  tolleno;  fr.  bricole,  catapulta  del 
medio  evo,  a  cui  somiglia  il  tolleno  (lat.  tolleno)  ;  provz.  bricole, 
bretella,  perchè  la  secchia  vi  è  attaccata  ad  una  lunga  bretella. 

Brifè  (F),  divorare  mangiando;  fr.  brifer,  celtico  brìfa,  avidità 
(Eoget,  Rufius). 

Brighèla  (C),  maschera  piemontese  che  rappresenta  un  uomo  bo- 
naccione ed  allegro;  celtico  brig,  alpe. 

Brilè  'l  ris  (F),  lucidare  il  riso;   fr.  briller,  id. 

Brin  (F),  pelo;  fr.  brin,  parola  celtica  (Littré),  che  esprime  cosa 
cottile  e  lunga. 

Brinda  (P),  brenta,  1/2  ettolitro;  provz.  brindo,  gerla;  ted.  brànte, 
vaso  di  legno  (Diez,  brenta). 

Brìsa  (F),  frisa,  stiss,  bricciolo;  fr.  briser,  rompere  (Littré,  Bur- 
guy,  briser);  celtico  6m,  bruis,  rottura. 

Brìsca  (SL),  carrozza  con  carro  a  coda;  slavo  briwska,  id. 

Broc^:(T),  fastello,  fascio  di  legna  minuta  o  paglia,  ecc.;  ted. 
brocken,  brecJien,  gebrochen,  roba  rotta  ;  it.  brocco,  stecco  (Diez, 
brocco). 

Bróc  (L),  rozza;  screanzato;  b.  lat.  broccTius,  ostinato  (Diez,  broncio). 

Bróca  (C),  chiodetto;  celtico  broc,  brog,  punta  (Diez,  brocco,  Bur- 
guy,  broc)  —  d'broca  vola,  dar  nel  brocco  a  volo,  di  balzo,  su- 
bito —  broca  è  il  centro  del  bersaglio,  perchè  segnato  con  un 
chiodetto. 

Bròda,  bròdo  (B),  cavicchio;  borgog.  broce,  palo  aguzzo  (Burguy, 
broc). 

Broch'tte  (DP),  chiodetti,  dal  pieni,  broca  —  baie  le  broch'tte  — 
pestar  i  talloni  pel  freddo. 


—  59  — 

Brode  (F),  ricamare;  celtico  e  francese  broder,  id. 

Brogè  (P),  mugghiare;  provz.  brugìr,  far  romore  (Burguy,  bruire). 

Bròja  (P),  baòcia,  erbata;  provz,  brouas,  macchione,  ammasso  di 
arbusti  cresciuti  alla  rinfusa. 

Brojòn  (B),  innesto;  tonchio,  gorgoglione;  borgog.  brolhar,  tallire; 
tonchio,  insetto  che  divora  le  gemme. 

Bróla  (I),  coiìcou!  nulla  (Zalli),  forse  il  broUo  Dantesco,  spogliato 
di  checchessia  (Diez,  brullo)  —  brola  ti  dia  tal  cosa!  nulla  — 
per  te. 

Bròm.bo  (T),  tralcio  della  vite;  capaccione;  ted.  brom,  pungente, 
brombeer,  bacca  selvaggia. 

Broncè  (F),  esitare,  inciampare;  fr.  broncher,  id.  —  brouncia  pà! 
non  fiatare! 

Brònda  (P),  brondè,  ramo  d'albero;  scapezzare  (Biondelli)  per /reme?», 
ramoscello  con  foglie  —  brondè  j'  èrbo,  tajèje  la  bronda  — 
scapezzarli;  provz.  broundos,  frasche,  rami  superflui,  da  cui  si 
mondano  li   alberi. 

Bròpa  (I),  bròpe,  broncone,  palo  a  croce  per  sospendervi  le  viti; 
ital.  brocco.  V.  D'sbrossè. 

Bròsse  (B),  rosume  del  fieno;  borgog.  broce^  minutaglia,  spagn. 
broza,  rosumi  (Burguy,  broce);  fr.  broutilles,  bricciole. 

Brot  (F),  ciàbre;  ragazze  sul  Chierese,  le  quali  svelgono  le  erbe 
cattive  nei  campi  seminati  a  guado  (erba  colla  quale  si  tin- 
gono i  panni  in  azzurro)  —  e  raccolgono  lo  stesso  guado.  Lo 
Zalli  dà  per  origine  di  questo  vocabolo  la  celia  che  fanno  a 
quelle  ragazze,  gridando  loro  brot,  brot,  dal  fr.  brouter  come 
se  fossero  tante  capre  che  rosicano  le  erbe. 

Broìia  (I),  sponda,  margine;  ital.  proda;  lat.  prodeo,  innol trarsi 
su  una  estremità. 

Broun,  bròn  (F),  ciocca;  (Zalli)  guasto  dal  fr.  marron,  ciocca  di 
capelli  annodata  con  un  nastro. 

Brouè  (F),  brovè  (Zalli),  sbroaciè,  lessare:  fr.  brouir\  ted.  bruejen, 
arso  dal  sole  (Littré  -  Diez,  brouir). 


—  60  — 

Broùnssa,  broùnss,  brounssòn  (F),  ubbriacatura  ;  fr.  hroncher, 
incespicare. 

Broìinssa  (I),  ramino;  ital.  bronco. 

Brounssàje  (F),  sterpeto;  fr.  broussailles,  id. 

Broùss  (F),  cacio  fermentato;  fr.  brousse,  brus;  proveniente  dalla 
Eresse  nel  Delfinato  (Zalli). 

Broùssa  (I),  pustola;  ital.  brozza,  bollicella  pruriginosa;  fr.  peau 
rousse,  pelle  arrossata. 

Broìisse  (B),  primo  latte  che  vien  munto  dopo  sgravata  la  vacca  ; 
borgog.  brusc,  petto. 

Broussìn  (D),  escrescenza  in  taluni  alberi;  fr.  brout,  gemma  di 
pianta.  V.  Brutìn. 

Broutè  (F),  brucar  l'erba;  fr.   brouter,  id. 

Bru,  brac  (C),  erica;  cimrico  brug,  sterpo;  provz.  brugi-,  fr.  bru- 
yères;  ital.  brughiera,  arbusto  che  cresce  nei  luoghi  sterili  ed 
incolti  —  ital.  brontoli,  scope  (Flechia). 

Brucio  (D),  biòccolo  ;  V.  Bricio. 

Brìisa  (F),  giughè  a  brusa;  fr.  friser,  rasentare.  Negli  indovinelli, 
quando  si  è  prossimi  a  trovar  la  spiegazione,  si  suole  gridare: 
a  brusa!  —  per  indicare  che  si  è  vicini  al  vero. 

Brusè  (B),  bruciare,  scottare  ;  borgog.  brusler,  id.  (Burguy,  id.). 

Brùstia  (T),  scardasso  per  canape,  pei  cavalli  ;  ted.  bursten,  biirste; 
fi-,  brosse,  striglia,  stregghia. 

Brutìn  (F),  ujèt,  grumolo;  fr.  brut,  gemma  vegetale. 

Bssàc  (F),  mucchio  ;  fr.  bissac;  ital.  bisaccia  —  andè  a  bssac  e 
b'sest:  andar  tutto  a  catafascio. 

B'sest  (T),  collera,  scompiglio  (Biondelli),  fé  7  b'sest,  far  il  dia- 
volo a  quattro  (Zalli),  saotè  'l  b'sest,  incollerire  (S.  Albino),  la 
mamma  dice  del  suo  bimbo  —  a  V  è  un  b'sest  c'as  peni  f>'ssne 
n'sun  bin  —  a  m'a  fame  na  paura  d'I  bsest;  ted.  bósesf,  il 
pessimo;  il  diavolo. 

Bu  (D),  manico  dell'aratro  e  secondo  Biondelli  preposizione;  con,  ap- 
presso.  V.  Abu. 


—  61  — 
Bua  (P),  dente  d'un  pettine;  provz.  pues,  pliies,  id. 
Bua  (L),  voce  de'  bambini,  che  chiedono  da  bere;  lat.  bua,  id. 
Buàta  (I),  bambola;  ital.  pupattola;  lat.  pupa;  fr.  poupée. 
Bubòn  (G),  bubbone;  greco  bouhon,  id. 

Buche,  huc  (D),  guardare,  sguardo;  V.  Beichè  —  tute  persone  cJie 
per  tem  avenir  buchasem  he  lezessem...  (Vernacolo  del  secolo  XV, 
E.  Azeglio). 

Buèl,  buèle  (B),  budello;  borgog.  boel,  buele  (Burguj^  boel),  id. 

Bufabrèn  (F),  deretano;  fr.  bouffe-bren;  celtico  Iran,  materia  fe- 
cale; fr.  embrener,  id. 

Bugnòn  (P),  furoncolo;  provz.  bougnoun;  borgog.  bugne,  tumore 
(Burguy,  bugne;  Mignard,  beugne). 

Bìija  (D),  mastello;  lite,  rancore  (Biondelli);  V.  Bouja. 

Bùia  d'  vis  (L),  pula,  guscio;  lat.  bulla,  bollicola;  apluda,  id. 

Bùio  (T),  bravaccio.,  fastoso;  celtico  pul,  ted.  buJile,  amasio  di  me- 
retrice (Diez,  buio). 

Bulòn,  butòn  (D),  urtone;  V.  Butè. 

Bùra  (SL),  vento  del  nord;  slavo  bura,  tempesta. 

Buràt  (I),  frullone;  ital.  buratto,  stamigna. 

Burb  (D),  furbo;  V.  Birba. 

Burba  (I),  bùrbora  (Zalli),  cilindro  orrizzontale  per  sollevar  pesi  ; 
ital.  bùrbera. 

Bure  (F),  pruss  bure,  pera  butirrosa;  fr.  poire  heurée,  id. 

Burèra  (DP),  zàngola;  dal  piem.  bur,  butirro. 

Burla  (SL),  corrente  d'acqua  torbida;  V.  Bura,  di  cui  è  un'ag- 
gettivo. 

Burla  (L),  facezia,  burla  ;  lat.  burrula,  da  burrae,  minchionerie, 
tranello;  fr.  bourle,  id. 

Bùrnia,  burnìna  (L)  (Zalli),  alberello;  lat.  burranicum,  sorta  di 
vaso. 


—  62  — 
Busa  (F),  sterco  bovino;  fr.  house  (Diez,  house;  Mignard,  housée). 

Busca  (P),  fuscello;  provz.  husco,  huscaya,  trùccioli;  fr.  hiìche; 
ted.  husch,  id. 

Busèca  (I),  busecchia;  ital.  huzza,  pancia  (Diez,  hozza). 

Bùss  (L),  bosso;  lat.  huxus,  id. 

Bùss  d'avìje  (P),  arnia;  provz.  brusc,   fr.  ruche,  alveare. 

Buss  e  martèl  (I),  identità  di  cosa;  ital.  bosso  e  bossolo. 

Bussa,  hussèt  (I),  ceppo  de'  calzolai;  ital.  bussetto;  scopa  di  bussole 
per  lustrar  le  scarpe. 

Bùssia  (L),  busse  die  rode,  bronzine,  bucole,  cerchio  dì  ferro  per 
guernire  il  mozzo  d'una  ruota;  lat.  huccìila,  piccola  bocca. 

Bussòn  (P),  huss,  bussola,  cespuglio;  fr.  buisson,  id.  —  tra  fossàl 
e  bussòn  a  fa  mal  dì  stia  rasòn  —  (A.  Pont),  tra  due  mali 
cattivo  scampo. 

Bustighè,  busfkhè  (P),    stuzzicare;   provz.    boustigà,    frugare;   fr. 

boutis,  luogo  dove  il  cignale  grufola. 
But  (P),  scopo;  fr.  but,  id.,  variante  di  bout,  parola  celtica  (Littré). 
Bìita  (F),  marra;  fr.  buie,  arnese  di  maniscalco  (Littré). 
Butè  (B),  germogliare,  but,  germoglio;    borgog.    bouter,    pullulare 

(Burguy,  boter). 

Butè  (B),  mettere  e  supporre;  butèsse,  accingersi  ed  acconciarsi; 
butùra,  moda,  sono  tutte  forme  del  borgognone  bouter,  met- 
tere; provz.  boutà,  id.  — jouena  feinna,  pan  teindre,  bouè  veir, 
b'ton  la  ma'ijon  en  deseir  (A.  Pont,)  ;  donna  giovane,  pan  fresco 
e  legna  verde  fan  della  casa  un  deserto. 

Bùzia  (B),  bùggia,  bùza,  incontro  di  due  fiumi  o  torrenti  gonfi,  nel 
Lago  Maggiore  ;  dal  borgog.  buisser,  urtare  ;  svizzero  butz,  urto 
(Burguy,  buisser). 


63  — 


Cabàna  (C),  capanna;  cimbrico  cahan,  id.  (Diez,  capanna),  b.  lat. 
capana,  id.;  gaelico  cobhan,  casetta  (Biondelli). 

Cabaret  (F),  vassoio;  fr.  cabaret,  id. 

Cabàssa  (F),  cabassìn,  gerla  che  si  lega  per  di  sopra;  facchino; 
fr.  cabas,  cestone  per  portar  differenti  oggetti;  b,  lat.  cabàcus, 
cesta  per  i  fichi. 

Cablai  (SL),  bestiame  dato  a  nutrire  in  società;  slavo  kablla,  giu- 
menta; fr.  cJieptel  (scetel),  capitale  (Biondelli). 

Caboùrna  (P),  catapecchia;  provz.  caborno,  caverna,  ripostiglio; 
centr.  e  roumancio  caboùrna,  piccola  bottega. 

Caca  (L),  voce  bambinesca;  lat.  e  ital.  cacare;  greco  JcaJcJci,  escre- 
mento; celtico  kakk,  sporcizia  (Canini). 

Cacàm  (A),  pri masso;  sincope  dell'arabo  haim-mahan,  dignità  di 
luogotenente. 

Caccarè  (F),  grido  delle  galline;  fr.  carcailler,  verso  della  quaglia. 
Cacò  (D),  sbirciare;  V.   Vacè,  vajtè  (guaite,  cacè). 

Cachet  (F),  ciancia,  orgoglio;  fr.  caquet,  parlantina  —  fé  basse 
7  cachet,  far  ammutolire. 

Cadànssa  (F),  marce  d'cadanssa,  esser  brillo;  fr.  m^mce,  cadenza 
in  senso  burlevole. 

Cadrèga  (L),  sedia;  lat.  cathedra,  id.  (Diez,  chaire). 

Cafàss  (I),  cespo,  mucchio;  ital.  catafascio;  anche  mucchio  di  erbe 
e  virgulti. 

Cagnàra  (I),  strepito;  ital.  rincorrersi  dei  cani  attorno  alla  cagna. 

Cagnìn  (P),  stizzoso;  roumancio  hignan;  lat.  canis,  ringhioso. 

Calabroùn  (I),  scalabroim,  insetto;  ital.  calabrone. 


—  64  — 

Calè  (F),  ribattere  sul  prezzo,  mancare;  fr.  caler,  abbassare;  ital. 
calare;  greco  clialan,  abbandonare;  piccardo  calar,  cedere  (Diez, 
calare)  ai  cala  des  minute;  mancano  dieci  minuti;  oli  i  hej 
sufrìn!  f  oùma  calàje!  (ricordo  di  tempi  molto  lontani!) 

Calèssa  (F),  calesse;  fr.  caléche;   slavo  colesse,  ruota,  kolaska,  id. 

Calie  (L),  calzolaio;  lat.  caligarius,  fabbricante  ài  galigae,  calzatura 
dei  Galli;  fr.  galosces,  uose  di  cuoio  (Littré). 

Calign'tta  (L),  lucernino;  lat.  lychnus,  lampada. 

Calmoìic  (I),  pannolano  di  pelo  lungo;  ital.  calmucco,  id. 

Calóta  (F),  lattone,  bussa;  fr.  calotte,  calotter,  dar  lattoni;  slavo 
hoìotit,  battere. 

Calùso  (L),  fuliggine;  lat.  caligo,  id. 

Camàica  (A),  sorta  di  ballo  arabo;  Camaika. 

Carnàio  (S),  facchino  genovese;  spagn.  carnai,  catena  di  schiavo; 
uomo  di  fatica. 

Cambiò  (,L),  cambiare;  lat.  camhire,  parola  celtica  latinizzata  (Ko- 
get,  camhiare). 

Cambòssa  (B),  gambòssa,  gàvio-,  (S.  Albino),  quarto  di  ruota;  bor- 
gog.  camhoiser,  curvare  ;  V.  Gavei  (Diez,  gamba)  ;  greco  gàmp- 
sos,  curvo;  in  francese  cambouis,  vecchio  unto  delle  ruote; 
provz.  camboi,  sugna;  lat.  gambosus,  che  ha  il  garretto  gonfio. 

Camofèt,  camoflèt  (F)  (Zalli),  lattone,  scapellotto;  fran.  caìnouflet^ 
affronto. 

Càmola,  gàmola  (S),  tarlo,  tignuola;  spagn.  cama,  cuccia  degli  ani 
mali,. donde  il  buco  del  tarlo  (Diez,  cama). 

Camoujìn  (I),  sorta  di  pera;  ital.  pera  di  Camogli. 

Camoùro,  gamoìiro  (P),  musone  ;  provz.  camus,  gamus;  fr.  camard, 
naso  piatto,  unito  al  piemon.  mauro,  muso  dal  naso  piatto. 

Campò,  tampè  (F),  gettare;  fr.  camper,  situare,  porre  —  campè 
aut,  giocar  a  crous  e  pila.  V.  Crous  e  pila. 

Càmu  (C),  amico,  compagno  (Biondelli),  forse  dall' armorico  Jcamu, 
l'arco  (Roget,  camulus);  per  indicare  l'amico,  il  compagno  dei- 
uomo,  come  oggi  si  direbbe  allo  schioppo. 


—  65  — 
Càna  (L),  pelo  bianco  per  vecchiaia  ;  lat.  canutus,  fr.  cliemi  canuto. 

Canàula  (L),  testa,  annello  mobile  a  cui  si  unisce  la  catena  del  giogo; 
lat.  canalicula,  piccolo  condotto;  e  che  questo  sia  l'elemento  vero 
del  vocabolo  lo  si  deduce  dal  suo  nome  francese  frion  (Zalli) 
che  è  appunto  un  piccolo  canale  d'acqua  per  cui  passano  le 
barche. 

Canav'tta  (L),  canestra,  panierone  per  bottiglie;  lat.  canàva,  campa, 
taverna,  cantina. 

Canaveùid  (F),  canàpuli;  fr.  canne  vide,  chenevotte;  lat.  cannabis 
cdnepa. 

Canavròla,  canavròta  (DP),  sterpazzola,  capinera;  dal  piem.  cànua, 
canepai,  dove  questo  uccello  usa  annidare. 

Canssòn  (L),  canzone;  lat.  cantiimcula,  piccolo  canto. 

Cantabrùna  (T),  pévera,  imbuto  in  legno;  fr.  chantepleure,  id. 

Cantìn  (I),  corda  di  violino;  ital.  canto;  fr.  chanterelle,  la  corda 
piti  acuta. 

Cànua  (P),  cànepa;  provz.  canahe,  roumancio  coniv,  lat.  cannabis,  id. 

Capala  (F),  bòria,  bica,  massa  di  covoni;  v.  fr.  capeaulx,  corona 
(Bartsch). 

Capàra  (L),  caparra;  dal  lat.  cape  arrJias,  prendi  un  acconto. 

Caparùcia  (I),  ciuffo,  cresta;  it.  capo  riccio;  slavo  capar,  cappuccio. 

Capòt  (F),  vola,  vincer  tutto;  fr.  capot,  id.  al  gioco  del  picchetto; 
barca  che  si  rovescia  col  fondo  in  su. 

Cara,  cara  (B),  carratello,  in  piem.  è  una  botte  di  gran  dimensione, 
oblunga,  pel  trasporto  del  vino  ;  borg.  chare,  carro  (carrata). 

Caracò  (F),  giubba  donnesca;  fr.  caracò,  id.;  lat.  caracalla,  veste 
latina  rotonda  con  cappuccio. 

Caramàl  (L),  calamaio;  lat.  càlamus,  penna. 

Carcavèja  (F),  incubo;  v.  fr.  cauclier,  lat.  e  ital.  calcare;  —  veja, 
fr.  vieille,  vecchia,  soffocare  sotto  una  vecchia.  Questa  voce  cor- 
risponde al  cauchemar  fr.  composto  anch'esso  dal  v.  fr.  caucher 
e  dal  ted.  tnar,  incubo  (Littrè). 

Care,  carerà  (B),  careggiata,  botte  da  vino;  borg.  care,  careggiare. 

5 


—  66  — 

Carèa  (D),  sedia;  venez.  carèga;  dal  fr.  cliaire;  provz.  cadeira. 
V.  Cadrega  —  andè  a  papa  carèa,  andar  sulla  sedia  del  papa 
—  cioè,  pollato  a  spalle  d'uomini;  spassarsela. 

Caròla  (F),  appiombo;  fr.  carrer,  quadrare;  borgog.  quarre,  quarrel, 
quadrato  (Burguy,  qitarre);  fora  d'  caréla,  strapiombare. 

Cari  (G),  sorta  di  uva;  greco  karia,  provincia  dell'Asia  minore  donde 
proviene;  borgog.  car,  carne,  perchè  uva  carnosa;  slavo  karii, 
grigio-nero  (fr.  noiron). 

Carie  (F),  duri,  gabbano;  fr.  carrik,  id.,  di  cui  il  piem.  chìri  è 
parola  trasformata. 

Carie  (F),  caricare;  fr.  charroyer,  careggiare. 

Carlèt  (F),  ago  da  sellaio;  fr.  carrelet,  id. 

Carmàssa  (F),  sgualdrina;  fr.  charmeresse,  incantatrice ;  greco 
cìiàrìna,  allegria. 

Carocè  (L),  cacciar  su  mal  a  proposito  (Zalli);  lat.  carruca,  car- 
retta. 

Caroùbi  (L),  acqua  grassa  pel  bestiame;  quadrivio;  lat.  colluvies, 
acque  immonde-;  slavo  koròva,  vacca;  ital.  quadrivio  (Flechia). 

Carpione  (I),  marinare;  ital.  carpione,  fr.  carpe,  id.;  dal  modo  di 
preparar  questo  pesce  nell'aceto  —  a  Vati  carpiona  'l  V'sco; 
hanno  imbalsamato  il  vescovo;  ancarpionesse,  innamorarsi  cotto. 

Carpògn,  ch'rpògn  (G),  avvizzito,  spongioso  (Biondelli);  greco 
karfòo,  disseccare. 

Carssàj  (I),  squarcio  fatto  nella  siepe  per  un  passaggio  tempo- 
raneo;  ital.  callaja. 

Cartroìin  (1),  cartapesta;  ital.  cartellone,  grosso  ed  erto  foglio  di 
carta  straccia. 

Carìiba  (I),  guainella,  frutto  ;  ital.  caruha,  fi'utto  del  carrubo,  albero 
sempreverde  che  aligna  sul  litorale  Mediterraneo, 

Casachin  (F),  giubba  donnesca;  fr.  casaqìie,  ital.  casacca,  giac- 
chetta leggera  per  casa. 

Cassèt  (B),  paiuolo  per  la  polenta;  borgog.  casse,  padellone  a  lungo 
manico  (Burguy,  ih.). 


—  67  — 

Cassùl  (T),  ramaiuolo;  ted.  hessel,  id.  o  dal  lat.  capsìila,  scato- 
letta (Eatti). 

Castagne  (B),  castigare,  trappolare;  borgog.  cJiastier,  castoier:  lat. 
castigare,  rimproTerare  (Biirguy,  chastier). 

Catabìij  (D),  baccano  ;  Y,  Batibeuj. 

Cataplàn  (0),  scataplan,  scatafloùn,  sputacchio;  Onomatopea. 

Gate  (B),  comperare;  borgog.  acater;  ital.  accattare  (Burguy,  acater), 
fr.  acheter,  id. 

Cat'rle  (L),pofrle,  cispa;  b,  lat.  coecufire,  veder  torbido,  fr.  chassie, 
cispa. 

Catèrma  (L),  caterva,  squadra  di  gente;  lat.  caterva,  truppa;  cel- 
tico, la  legione  gallica  (Roget,  caterva). 

Catòrba  (I),  gìughè  a  catòrha;  ital.  giocare  a  gatta  orba. 

Caudàna  (I),  calor  febbrile,  sangue  alla  testa;  ital.  caldana. 

Caussàgna  (L),  fossatello,  cavo  d'acqua,  solco  (Biondelli);  latino 
camis  aquae,  passo  dell'acqua;  fr.  cìiamsée,  argine. 

Cavagna  (I),  cesto,  paniere;  ital.  cavagna. 

Cavalla  (P),  cavària,  correggiato,  doppio  bastone  per  batter  il  grano 
sull'aia;  provz.  encavalà,  pestatura  del  grano  coi  cavalli  e  for- 
mazione del  pagliaio  (ital.  trebbia;  spagn.  trillo;  ted.  dresch 
flegel;  lat.  tribìilum;  greco  tribòlon;  fr.  fléau). 

Cave  (F),  semplicione  ;  fr.  caver,  cavar  i  denari  di  saccoccia  al  gioco 
(Littré). 

Caviòt  (P),  cavicchio;  provz.  caviho;  fr,  chevUle,  id. 

Cavioun  (P),  bàndolo.  Il  borgognone  ha  caviaus,  capello,  dal  lat. 
caput,  capo  del  filo  nella  matassa,  ma  la  desinenza  oim  accenna 
ad  origine  provenzale.  In  provz.  caviJio-quouè  vuol  dire  far  coda 
sul  cavicchio  del  naspo,  cioè  sbagliarsi  nello  avvolgere  il  filato 
per  far  la  matassa,  il  che  equivale  ai  piem.  pèrde  'l  cavioiin 
e  per  contro  troimè  'l  cavioiin,  sarebbe  ritrovare  il  filo  sul  giusto 
cavicchio,  cosicché  caviotm  vuol  dire  originalmente  cavicchio. 

Cavrià,  cravià  (I),  la  trave  maggiore  d'una  tettoia;  ital.  capra: 
lat.  capreoli  (Zalli). 


—  es- 
ce (D),  nonno,  avolo.  V.  Fcè. 

Cèa  (I),  graticcio,  canniccio;  ital.  zea,  formentone;  fr.  claie,  gra- 
ticcio formato  colle  canne  del  formentone. 

Ceca  (F),  c'chè,  ciachè,  buffetto,  dar  buffetti  ;  fr.  chiquenaude,  id. 

C'chè  (I),  acciaccare;  ital.  ciaccare. 

C'fi    T),  fitto,  spesso;  ted,  schieferig,  a  strati  fitti  come  l'ardesia. 

C'goujè,  ciagoujè  (DP),  rimescolar  violentemente  un  liquido.  V.  Goùi. 
11  prefisso  ci,  ce,  eia  è  la  ripetizione  della  prima  sillaba  go  mo- 
dificata: slavo  tsciagat,  pescare,  diguazzare. 

Cèir  (B),  s'ceirè,  chiaro,  lume,  vederci;  ital.  ciaro;  borgog.  esclairer, 
rischiarare  (Burguy,  cìair). 

C'mì,  ciimiì  (F),  covare;  si  dice  delle  legna  che  covano  il  fuoco, 
ardono  stentatamente  e  anche  di  malattie  che  covano,  di  acqua 
stagnante  che  si  corrompe;  fr.  cliemer,  immagrire. 

Cenìsia  (L),  sinìsia,  cenere  scottante;  lat.  ciniscultcs,  residuo  di 
cenere. 

Cerea  (G),  cerèja,  saluto  di  sussiego;  sincope  di  signoria;  greco 
chere!  sta  allegro! 

Cerèse  (S),  ciliegie;  spagn.  cereza,  fr.  cerne,  lat.  ceràsum,  id. 

Cerfìisa  (C)  (Zalli),  brodo  fatto  con  aceto,  aglio  e  sale  cotti  nella 
padella;  cimrico  cwnvf,  birra,  cervogia  (Burguy,  cervoise). 

C'rlic,  trlìn,  cWlàc  (0),  strambo,  brillo  ;  onomatopea  del  verso  della 
quaglia  (Diez,  quaglia),  la  quale  in  Piemonte  si  chiama  anche 
la  piourousa,  ossia  la  piagnucolona. 

C'rlo  (B),  caprone,  barbazzule;  borgog.  chevrel  (Burguy,  chèvre); 
fr.  chevrieul;  lat.  capreolìis,  capriolo. 

Cet  (DP),  p'cet,  figlio;  aferesi  di  picei,  picciotto,  o  di  mass'cety 
maschietto. 

C'ti  (I),  fiatare;  ital.  zittire. 

Ceùgn  (L),  lento,  pigro;  lat.  somnium,  sonno. 

Ch'chè,  ch'càire,  cecàire  (0),  tartagliare,  balbuziente;  onomatopea 
delle  difficoltà  di  pronunziare  specialmente  la  e  dura;  in  geno- 
vese il  checa. 


-  69   - 

Chèina,  cMTia  (F),  catena;  fr.  cJiaine,  id. 

Chèrpo  (L),  carpine;  lat.  carpinus,  id. 

Ch'rpògn  (D),  avvizzito;  V.   Carpògn. 

Ch'rssoùn  (T),  crescione;  ted.  Jcresse,  id.  (Diez,  heccabungia). 

Chetigli  (F),  gioco  a  rimpiattano;  fr.  coin,  cantone;  V.  CJieùit  (Diez, 
coin). 

Cheùit  (B),  gioco  a  rimpiattello;  borgog.  coit,  quei,  tranquillo;  lat. 
quietus  (Burguj,  coit);  fr.  se  tenir  coi,  coite,  star  celati  ;  slavo 
hoc  gdiè?  dov'è? 

Cheìiv  (L),  covone;  lat.  covm,  id.  (Diez,  covone). 

Cheìiva  (D),  letto  di  paglia,  covonata.  V.  Clieuv. 

Chìch  (D),  carrozzella  a  due  ruote;  V.  GJiigh. 

Chièl,  cMla  (B),  lui,  lei;  borgog.  chel,  chele,  id.  (Burguy,  chiel, 
icel). 

Ghiri  (D),  gabbano;  V.  Carle. 

Chistounè  (B  ■,  fra  chistoim,  questuare  importunando;  borgog.  querre, 
queste,  questua  (Burguy,  querre). 

Ciabòt  (C),  casupola;  casa  in  borgog.  si  pronunzia  cliase;  ciabot, 
sincope  di  ciahanot;  l'elemento  di  questo  vocabolo  è  il  cimbrico 
cab,  cappa,  mantello  (Diez,  capanna). 

Ciabalèri  (I),  stamberga:  per  trahaleri:  ital.  travata,  da  travi.  — 
Il  suffisso  eri  indica  quantità,  accozzaglia  di  travi. 

Glabra  (L),  fischiata,  schiamazzo;  nelle  antiche  Costituzioni  del 
Piemonte  vi  è  un  capitolo:  «  de  sabra  non  facienda  »  (Zalli. 
ciabra);  b.  lat.  charivarium,  fr.  cJiarivari;  ted.  schabernack. 
da  necken,  minchionare. 

Giacolè  (I),  ciaramellare;  venez.  ciàccole,  chiacchere. 

Giacotè  (^B),  questionare;  borgog.  chicoter,  disputarsi  per  cose  da 
nulla. 

Giadèl  (D),  chiasso,  ed  anche  sesto,  ordine  (Zalli)  per  lo  più  in  mala 
parte:  Ve  un  bel  ciadel!  è  un  bel  disordine!  —  V.  Ciadlè;  slavo 
fsciado,  ragazzo. 


—  70  — 

Ciadlè  (B),  ciadlanf,  persona  ordinata,  dar  sesto  alle  cose;  borgog, 
chadeler,  guidare,  ordinare  (Biirguy,  cìievetaine). 

Ciadeùvra  (F).  capolavoro;  fr.  chef  d'oeuvre,  id.  ;  fé  ciadeùvra, passe 
ciadeùvra,  significa  piìi  specialmente  quel  saggio  della  propria 
perizia,  che  deve  dare  un  operaio  per  esser  dichiarato  maestro. 

Ciafènda  (DP),  tautologia  del  pieni,  facónda,  ital.  faccenda. 

Ciaflàssa,  ciaflù  (F),  paffuto;  fr.  joufflu,  id.  ;  ital.  cefl'o;  ciaf 'ria 
(Biondelli)  guancia. 

Ciàfri  (F),  intrighi,  confusione;  fr.  affaires,  faccende. 

Ciamb'rlùc  (I),  pastrano;  ital.  zamberlucco,  veste  orientale. 

Ciambiroùn  (L),  calzare  d'alpigiano  piemontese;  b.  lat.  camelotus. 
stoffa  di  pelo;  ital.  cianibellotto ;  cambellotto,  drappo  di  pelo, 
già  di  cammello,  ora  semplicemente  di  capra. 

Ciampejrè  (L),  s'ciampejrè,  scompigliare,  metter  in  fuga;  lat,  com- 
pellere,  spingere,  forzare. 

Ciamp'tta  (P),  ciamporgnia,  sgualdrina;  provz.  escampetto,  escapado; 
azione  imprudente  d'un  giovane;  piem.  scapada;  it.  scapataggine. 

Cianfrignè  (F),  srauzzare  li  spigoli  di  un  sasso;  frugacchiare;  per 
cianfrugnè;  fr.  dian fremer,  smuzzare  spigoli;  fr.  fouiller;  V. 
Froujè. 

Ciào  (P),  buon  dì;  provz.  cliaou  (ciau);  celtico  ciao,  id. 

Ciaodròn  (F),  ciaudrounè,  giovane  che  balla  sgarbatamente:  fr. 
cliaudron  «  cattivo  stromento  musicale  ». 

Ciàp  (C),  coccio;  celtico  clap,  mucchio;  crap,  rupe,  sasso,  ciottolo 
(Flechia). 

Ciàpa  (DP),  nàtica,  parte  di  checchessia;  dal  piem.  ciàp,  coccio: 
così  la  nàtica  è  parte  d'un  tutto  più  rotondo.  Il  latino  barbara 
aveva  già  detto  di  San  Cristoforo,  che 

....  passabat  aquas 
sine  bagnare  ciapas. 

Ciapè  (P),  pigliare;  provz.  aehapà,  id.  ;  lat.  capere;  slavo  chapàty 
aggranfare. 


—  71  — 

Ciapèl  (P),  brecciara,  rovina  di  sassi  in  montagna;  provz.  dapiè^ 
mucchio;  chaple,  rovina;  V.  Ciàp. 

Ciapèle,  ciapHie  (D),  discordia,  rottami  (Zalli);  V.  Ciàp. 

Ciapìn  (S),  ferro  da  cavallo;  spagn.  chapin,  pantofola,  chapar, 
metter  al  cavallo  un  ferro  a  papuccia,  cioè  più  grosso  dentro 
che  fuori. 

Ciapolè,  ciàpole  (D),  ciaramellare,  inezie,  baie;  per  ciacolè.  V. 
Ciacolè. 

Ciapostrè,  ciapussè  (D),  tramestare  disordinatamente;  V.  Paciostrè. 

Ciapulè,  ciapuloùr,-hira  (P),  tritare,  mezzaluna;  provz.  chaplà, 
chapulà,  tritare. 

Ciarabaschè  (D),  tarabaschè,  frugacchiare;  V.  Rahastè. 

Ciaràfì,  ciarafìè  (T),  ciarpami,  faccendiere  ;  ted.  raffen;  fr.  raffler, 
portar  via. 

Ciaramlè,  ciaramVta  (I),  it.  ciaramellare. 

Ciaramolèta  (DP),  arrotino;  dal  piem.  gira  molefa,  gira  la  ruota, 
0  arrotino. 

Ciàs,  ciós  (F),  ricinto,  brollo;  fr.  clos,  lat.  daudere,  cintare. 

Ciàss  (F),  suono  di  campana  a  morto;  fr.  glas,  ìd.;  lat.  dassicum, 
suono  di  tromba. 

Ciàuda  (F),  fé  dauda,  fé  dflis  (Zalli),  mancare  sul  meglio;  fr. 
échouer,  incagliare. 

Ciat  e  dn  (B),  gatto  e  cane;   borgog.  cat  e  diien,  id. 

Ciavè  (DP),  chiavare,  serrar  con  chiave  ;  praticar  femmina.  Il  dia- 
letto piemontese  non  ha  turpiloquio;  questa  è  forse  l'unica  parola 
che  innocentissima,  derivando  dal  piem.  dav,  chiave,  tuttavia  fa 
sobbalzare  chi  la  sente  pronunziata  da  una  ingenua  ragazza,  la 
quale  vi  dica:  «  i  son  fame  davo  'nt  la  stànssa  »,  mi  sono 
fatta  chiudere  in  camera  — 

Ciàve  (I),  specie  di  cornacchie:  Pirrhocorax  alpinus  (Eatti);  in 
napol.  dàvole.  Onomatopea  della  voce  che  mandano  tali  animali. 

Ciavèl  (L),  furoncolo;  lat.  davulus,  cancro. 


—  72  — 

Ciavrinè  (0),  strimpellare  ;  onomatopea  del  vrin  vrin,  delli  stromenti 
musicali  a  corda. 

Cib*ra  (I),  ctncèrla,  pòsca,  vinello;  ital.  cerbonea,  cerhoneca,  vino 
pessimo,  cercone,  vino  guasto  ;  fr.  ripopée,  miscuglio  degli  avanzi 
di  varii  vini  (lat.  vappa)  —  vin  arvers,  vino  che  ha  voltato. 

Cica  (S),  ciche,  masticare  tabacco  ;  spagn.  chico,  piccolo  ;  fr.  chiqtie, 
tabacco  da  bocca  ;  centrone  ;  a  va  pà  na  chica  (A.  Pont).  «  non 
vale  una  pipa  di  tabacco  ». 

Ciche  (B),  bische,  dispettare,  arrovellarsi;  borgog.  chicoter,  litigare 
per  un  nonnulla,  fr.  chicaner,  cavillare  (Diez,  cica).  In  piemon- 
tese, quando  uno  si  arrovella,  si  usa  dirgli: 

guarda  li  ch'it  ciche 
ma  i't  ciche  p'r  dahòn, 

come  per  dirgli  «  guarda  come  sputi  amaro  »,  forse  alludendo 
alla  sensazione  disgustosa  che  prova,  chi,  non  avezzo,  cica,  cioè 
mastica  tabacco  (Ratti). 

Cichèt  (P),  bicchierino;  provz.  chiquet;  fr.  chiquet  de  vin,  id. 

Cichignè,  cicogne  (F),  litigare;  fr.  chicaner,  accattar  brighe;  slavo 
chikanje,  id. 

Cicìn  bujì  (DP),  cecino,  poltrone;  dal  piem.  cicia  carne,  e  huìja, 
bollita,  tenerume.  Si  dice  d'uomo  mingherlino,  sfibrato  come  se 
fosse  di  carne  bollita,  cioè  priva  in  parte  della  sua  sostanza 
(Ratti). 

Cieulìca  (F),  passeraio;  it.  cicaleccio;  oppure  cìeux  lice,  gazzarra 
nel  cielo,  negli  alti  alberi,  fatta  da'  passeri  nell'ora  dell'annidarsi. 

Cìflis  (L);  fé  ciflis,  mancamento],  far  brutta  figura;  lat.  deficere 
«  melius  est  bandare,  quam  far  ciflis  »  latino  maccheronico, 
dal  proverbio  latino:  melius  est  abundare  quam  deficere. 

Cìfo  (G),  stizza,  dispetto;  greco  kifin,  vespa. 

Cifognè,  cinfrognè  (P),  sgualcire,  sciupare;  fr.  chiffonner,  id. 

Cifòta,  cifola  (F),  bagatella;  fr.  chiffe,  panno  debole  —  cìfola  è 
vino  cattivo,  dice  Pipino  nella  sua  Grammatica  piemontese. 

Cim'na,  sim'na,  sisìna  (0),  tentennone,  uomo  irresoluto;  onoma- 
topea del  sì,  ma,  no,  di  questi  re  tentenna. 


—  73  — 

Gimòssa  (P),  orlo;provz.  simouns^.o,  orliccio,  vivagno  del  pannolano. 

Gin,  cicin,  cìcia  (I),  carne;  voce  bimbinesca;  ital.  ciccia,  carne. 

Gin  (P),  cane,  provz.  chin;  borgog.  cien,  cane  (Burguy,  chien). 

Ginfrògn  (F),  cianfrusaglia;  fr.  chiffons,  stracci. 

Ginpè,  ciupinè  (F),  bere;  fr.  chopine  (chopiner)  gotto,  bicchiere. 

Giò,  ciòv  (L),  chiodo;  fr.  clou;  lat.  claviis,  id. 

Giochè  (P),  suonar  campane,  zoppiccare,  tritticare;  provz.  clouchà, 
suonare,  il  moto  della  campana;  le  orìje  am'  ciòco;  frane,  les 
oreilles  me  coment;  le  orecchie  mi  ronzano. 

Giòm  (C),  turfa,  fitta,  terreno  paludoso;  celtico  choum,  fermarsi. 

Gidma  (F),  riposo  delle  vacche;  fr.  chómer,  riposare;  greco  koimào, 
dormire  (Biondelli). 

Giòrgn  (F),  sordo  ;  fr.  sourd,  dal  latino  surdus,  sordo.  La  desinenza 
dialettale  orgn  è  dovuta  all'influenza  della  voce  horgn,  con  cui 
si  è  voluto  far  rima  :  torgn  e  ciorgn  :  quindi  avvenne,  che  il  fi. 
sourd  fu  cominciato  a  pronunziare  sourn,  poi  sorgn,  poi  ciòrgn. 

Giòs,  cioùss  (F),  seuta,  chiocchia;  fr.  glousser,  chiocciare,  crociare. 

Giót  (IG),  pozzetta,  mezza  buca;  ingl.  sJiot,  colpo,  ammaccature. 

Gioùca,  ciotìc  (F),  ubbriacatura,  brillo;  fr.  clocher,  che  dondola  come 
una  campana. 

Gioùc  (T),  gufo;  v.  ted.  cJiouch,  piccola  cornacchia  (Littré,  clioucas). 

Giou'tta  (F),  civetta;  fi*,  chouette,  id. 

Gioùla  (SL),  ciolè,  stupido,  burlarsi;  slavo  tsciùdnii,  tioien,  éka 
tsciudòvii  pàren,  oh  il  bell'originale!  ital.  ciullo,  aferesi  di  fan- 
ciullo. 

Giovènda  (L),  siepe;  lat.  claudenda,  da  chiudersi;  butesse  an  cio- 
venda,  frase  militare  burlesca,  allinearsi.  Onomatopea  della  voce 
che  manda  l'uccello. 

Girla,  Ciri  (L),  chierica,  chierico;  voce  guasta  dal  lat.  clericus,  o 
piuttosto  dal  greco  Jcliros,  condizione  distinta,  clero. 

Girighìn  (B),  efw  al  cirighìn,  uova  al  tegame;  borgog.  cirge,  cera; 
ova  cotte  alla  fiamma  del  cerino. 


—  74  — 

Girimela  (SL),  gioco  infantile;  slavo  tsciròJc,  bastoncino  corto  piz- 
zuto, che  si  fa  saltare  picchiandolo  per  l'un  dei  capi.  Indentico 
gioco  l'ho  veduto  eseguire  a  Stoccolma  ed  in  Kussia,  dove  si 
chiama  tsciroc. 

Cirimìa  (I),  aribeba;  ital.  cennamella. 

Girli  {andè  an)  mìrli,  f  rte  (F),  vestir  attillato;  lat.  cirriis,  riccio; 
mirabilis,  meraviglioso  ;  flores,  fiori  ;  fr.  mirli  flore,  bellimbusto. 

Giròss  (G),  calcestruzzo:  greco  kiròs,  cera. 

Gisàmpa  (P),  brinata  ;  provz,  cisampo,  sisampo,  bisa,  vento  glaciale. 

Gìser  (L),  cece;  lat.  cicer,  id. 

Gisse  (T),  aizzare;  ted,  hit^en,  hetzen,  incitare  (Burguy,  hisser). 

Giucà  (F),  capata,  urto  del  capo  ;  fr.  cJwc,  urto. 

Giucè  (L),  succhiare;  lat.  sugio,  id. 

Giuc'rla  (DP),  vino  cattivo  (Pipino);  piem.  ducè;  ital.  cercone.  V, 

Cih'ra. 
Giuciìirle  (L),  semi  di  popone;  lat.  cucurbita,  zucca. 
Giìifo  (T),  ciuffo;  ted.  sopf,  id.  (Diez,  ciuffo). 
Giumì  (D),  covare;  V.  C'nù. 

Giumìs  (L),  tanfo  mefitico;  odor  di  rinchiuso;  dumi  per  mucì;  lat. 
mucidm  da  mucere,  muffare;  fr.  nwisis,  id. 

Giupì  (S)  (Zalli),  socchiudere;  ciupì  feuj,  ammiccare;  vocabolo 
portoghese  cliouvir,  chiudere. 

Giupinè  (D),  bere  allegramente;  V.  Cinpè. 

Giusiè,  ciusionè  (F),  pispigliare;  fr.  chuclioter,  id. 

Giusìne  (1),  valligiane  tra  Viù  e  Lemie,  venute  dalle  Chiuse  di 
Val  Susa  pel  Colle  S.  Giovanni;  distintivo  delle  quali  è  la  Gin 
od  Agin,  graziosa  acconciatura  dei  capegli.  V-  Grin. 

Giùto!  (P),  silenzio!  provz.  chutto;  fr.  chut!  id. 

Goalèra  (DP),  corteo,  codazzo;  metatesi  di  coarèla,  composto  del 
piem.  eòa  e  rèla:  eòa,  coda;  rcla  (dal  fr.  raie)  striscia. 

Gòca  (F),  gallina;  voce  fanciullesca;  fr.  coq,  gallo;  coca  la  fem- 
mina del  gallo. 


—  75  — 

Cocèt  (L),  pan  cocèt,  pappa,  pan  cotto  (oggi  pan  pisi,  pan  trito); 
dal  lat.  coqueo,  coctus,  cuocere,  cotto. 

Il  Claretta  nella  sua  narrazione  storica  su  Adelaide  di  Sa- 
voia, duchessa  di  Baviera,  racconta  come  quella  principessa  am- 
malatasi nel  1640  «  veniva  sostentata  col  mezzo  di  confetti  com- 
posti di  polvere  di  perle,  coralli  e  corna  di  cervo!  poi  prendeva 
a  nutrirsi  di  pan  cocchietto,  specie  di  pane  casalingo  ». 

Lo  Zalli  dice  essere  il  pati  cocet  un  fiore  primaverile;  il 
S.  Albino  cita  il  pan  cocèt,  ma  poi  si  dimentica  registrarlo.  A 
questo  fiore  forse  allude  lo  strambotto  nostro  popolare; 

tiro  liro,  pan  cocèt, 
tute  le  fije  'n  t'un  taschèt, 
tuti  i  fieuj  an  paradis, 
tute  le  vèje  a  ca  d'  b'rgnif. 

Cochèt  (F),  bozzolo;  fi',  coque,  guscio. 

Cociòn  va  'nans  (F),  locuzione  popolare  al  gioco  delle  boccie;  ital. 
giocare  al  grillo;  v.  fr.  cochonnet,  maialetto  —  va  avanti,  che 
poi  ti  mangeremo. 

Cocionà,  couciounà  (DP),  stopposo;  dal  piem.  concia,  stoppa. 

Coconà  (F),  cestuto,  fitto  di  foglie  come  il  cavolo;  fr.  cocon,  bozzolo. 

Cocoìin  (DP),  specie  di  fungo;  dal  piem.  còco,  uovo;  ital.  cocolla; 
lat.  cucullus,  id. 

Códr  (F)  dia  slojra,  vomere;  fr.  coutre,  lat.  culter,  ital.  coltro. 
Codroùn  (F),  grondaia  (gouttroun);  fr.  gouttière,  id. 

Còfo  (L),  cofano;  lat.  cophinus,  cesta;  fr.  coffre,  id.  (Diez,  coffre); 
celtico  kow,  cosa  che  fa  pancia  (Koget). 

Coi  capussìn  (P),  cavolo  cappuccio;  provz.  cooulet  cabus;  latino 
caulis;  fr.  choux  cahus;  slavo  JcapusJca,  cavolo. 

Còlta  (F)  (Zalli),  desiderio,  prurito;  v.  fr.  covir,  bramare  (Bartsch) ; 
piem.  cheuita,  esser  cotto,  innamorato  pazzo  per  una  persona  o  cosa. 

Cojèndra  (F),  Inesca,  bagolaro;  fr.  micocoulier;  V.  Tnèsca. 

Cojrè  (F)  (Zalli),  bastonare;  fr.  cuir,  cuoiame. 


—  76  — 

Còmba  (B),  valle  bassa;  borgog.  comhe,  id.  ;  cìmbrico  cwm,  gallico 
comb,  id.  (A.  Pont,  Diez,  combo;  Burguy,  combe). 

Combàl  (L),  alveo  della  comba  ;  lat.  concallis,  convalle,  valle  lunga 
tra  poggi  alti. 

Compre,  erompe  (B),  comprare;  borgog.  comperer,  id.  (Bartsch). 

Con  e  ron  (L),  principio  e  fine;  ogni  particolarità  d'una  cosa;  la- 
tinismo che  si  poneva  in  fine  dell'alfabeto  et  con  ron,  ecc.  (Zalli). 

Còna  (L),  sciàvero;  asse  de'  fianchi  d'una  pianta,  segato  da  una 
banda  sola  (fr.  dosse)  lat.  cuneiis,  triangolo,  figura  della  sua 
sezione. 

Conche  (F),  conchèra,  paraninfi  (Biondelli);  fr.  conquet,  acquisti 
fatti  durante  la  comunione  dei  beni  delli  sposi  (Littré). 

Cònssa  (I),  salsa;  ital.  concia. 

Contàgg'  (SL),  tagg,  contàsca!  esclamazione  pretta  piemontese,  che 
esprime  noia,  dispiacere,  dispetto  o  meraviglia,  secondo  il  tuono 
di  voce  con  cui  viene  pronunziata.  Essa  è  certamente  di  origine 
Slava.  La  radicale  del  vocabolo  sta  nel  tiàjelo  (j  fr.),  che  il  russo 
ha  ogni  momento  in  bocca  ed  esprime  noia,  difficoìfà,  gravezza. 
Il  piemontese  dice  anch'esso  semplicemente  tàgg  !  il  con  è  un 
prefisso  che  ha  origine  nel  JcaJc  russo  (quanto!  cotne!),  che  per 
eufonia  si  cambia  in  Jean  kon,  cosicché  la  frase  russa  JcaJc  tiajelò 
(j  fr.),  che  vuol  dire  quanto  è  pesante!  si  pronuncia  anche  in 
slavo  hon  tiajelo  (j  fr.)  ed  è  il  nostro  con-tagg'  —  Parimenti  la 
esclamazione  contàsca,  che  è  un  contàgg  più  moderato  ed  è  con- 
sono col  russo  hah  tiajka  (j  fr.),  si  tradurrebbe  in  volgare  per 
casxnta!,  in  genovese  per  romxn  cugge  e  via  via. 

Contìgia  (I),  calze  suolate  di  cuoio;  ital.  contigia. 

Corbèla  (F),  corbello;  fr.  corbeille,  cesto;  sauté  d'val  an  corhèla, 
dal  vaglio  alla  cesta,  proprio  di  chi  discorre  senza  conchiudere. 

Corènta  (C),  ballo  monferrino  che  si  fa  correndo  in  giro;  ha  un'ori- 
gine antichissima  celtica,  giacche  il  suo  nome  viene  dal  cim- 
brico  korwynt,  horuent,  turbine  (Canini). 

Corioìir  (F),  conciatore;  fr.  corroyer,  lustrar  il  corame;  lat.  co- 
rium,  pelle. 


—  77  — 

Cormà  (I),  porticato  rustico;  ital.  colmata. 

Cornàj  (I),  corniolo;  ital.  corniola,  frutto. 

Corniòla  ([),  gemma,  donna  attempata;  \i\\.  corniola,  bella  gemma, 
ma  dura. 

Corvè  (F),  fatica  imposta;  fr.  corvée;  b.  lat.  corvada,  id. 

Còspa  (C),  casa  (Biondelli);  celt.  cospuden,  capanna  selvaggia  (Ob. 
Mùller,  ib.);  gallico  cohhan,  casetta  (Biondelli):  in  lombardo 
cospe,  sono  scarpe  di  legno. 

Cospià  (L),  cestito;  dicesi  quando  le  biade  vengono  su  con  molte 
fila  da  un  sol  ceppo  ;  lat.  cospicatus,  id. 

Costìire  (F),  cuciture  su  costa;  fr.  couture;  lat.  consuere,  cucire 
insieme. 

Góta  (C),  cotin,  coutrioun,  veste;  celt.  Jcot  (Canini),  ingl.  coat  veste; 
fr.  cotte,  cotta. 

Còti  (F),  morbido;  fr.  cotir,  ammaccare;  dal  lat.  quatere,  scuotere. 

Cótre  (D),  vomero  che  taglia  da  una  parte  sola.  V.  Godr  dia  sloira. 

Cotìira  (L),  terra  del  solco  smossa  dall'aratro,  terra  vegetale; 
lat.  cultura,  it.  coltura. 

Coìibi  (F),  coubiè,  appajato,  appaiare  ;  fr.  couple,  roumancio  cublar, 
lat.  copulare,  it.  coppia,  accoppiare. 

Coùcia,  còda  (T),  capecchio,  stoppa;  ted.  kotse,  cliozzo,  pannolano 
grossolano  (Diez,  cotta). 

Coùcia  (F),  cucia;  fr.  couche,  talamo;  sÌ2ìyo  husctscia,  tenda,  capanna. 

Coùcou  (F),  cuculo;  fr.  coucou,  id. 

Couè  (F),  covare;  fr.  couver,  lat.  cubare,  id. 

Cougè  (F),  coricare;  v.  fr.  couchier,  id.  (Bartsch). 

Cougiòira  (DP),  barbatella;  dal  piem.  cougè,  perchè  si  corica  sotto 
terra  per  farla  barbicare. 

Coìija  (S),  coujoùn,    cojùss,  sbaglio;  spagn.  cojear  zoppicare. 

Coùjrou  (P),  ammasso  di  mota  nelle  falde  degli  abiti  ;  provz.  couiho  ; 
fr.  couche,  strato  di  calcina  per  arricciare  un  muro. 


Coùmo  (D),  grossa  gorbina  per  fogliame.  V.   Gouma. 
Coùna  (F),  cotenna;  fr.  couenne,  id. 
Coup  (L),  tegola;  lat.  ciqya,  specie  di  brocca  (Promis). 
Coupatè  (F),  sbevazzare;  fr.  coupé,  tazza;  ital.  coppa. 
Coupon  (F),  scapellotto,  cedola;  fr.  coup,  colpo,  couper,  tagliare. 
Courèja  (F),  correggia;  fr.  courroie,  id.,  cuir,  cuoio. 

Cournagg!  (P),  còMrwq;.' esclamazione  di  rabbia;  provz.  gounmou! 
stupido  ! 

Cousì  cousì  (F),  all'incirca;  v.  ii.couci  couci,  id. 

Coììssa  (I),  metatesi  di  suca;  ital.  zucca;  fr.  curge;  lat.  cucurbita,  id. 

Coutriòn  (F),  vestiario  sciammannato  ;  fr.  cotillon,  gonnella. 

Couvìss  (F),  uovo  vizzo;  fr.  couvi,  uovo  guasto. 

Cov  (F),  pietra  per  affilare,  cote;  fr.  queux;  lat.  cos,  id.,  donde  il 
cambio  della  s  latina  in  v. 

. . .  come  la  cote  è  acconcia 

il  ferro  ad  affilar,  non  a  tagliare. 

Coviè  (CR),  corno  incavato,  dove  il  falciatore  umetta  la  cote;  cen- 
trone  covier,  id.  (A.  Pont.). 

Cràcia  (L),  feccia;  lat.  crassus,  grasso,  fangoso. 

Cran  (F),  tacca;  fr.  cran;  lat.  crena,  id. 

Cràpa  (P),  feccia;  popone  che  si  guasta;  provz.  crapo,  feccia,  da 
crapos,  la  parte  piti  grossolana  della  calcina,  che  resta  nel  setaccio. 

Creàda  (S),  fantesca;  spagn.  criado,  servitore,  da  criar,  allevare 
(Diez,  criado). 

Crèire  (B),  credere;  borgog.  creire,  id.  (Burguy  croire). 
Crèp  (L),  colpo,  botta;  lat.  crepitus,  scroscio  (Promis). 
Crèse  (D),  credere;  V.  Creire:  provz.   cresereou,  credulo. 

Cr'sta  (P),  ch'sta  (Zalli),  cresta;  chip/ sta,  perà  la  cr'sta,  cioè  rimane 
come  un  gallo  cui  abbian  tagliata  la  cresta,  beffato  dal  debitore, 
compianto  da  nessuno;  provz.  cresta,  castrare. 

Creùs  (F),  profondo,  incavato;  fr.  creux,  b.  lat.  crosum,  id. 


—  79  — 

Creùve  (D),  coprire.  V.  Curvi. 

Crìbi  (L),  crivèl,  vaglio;  lat.  cribrum,  id, 

Crìbio!  (F),  esclamazione  di  meraviglia:  fr.  sacrebleu! 

Crìca  (F),  saliscendi,  nòttola  di  legno  (Biondelli);  fr.  cric,  mac- 
china per  sollevar  pesi;  slavo  kriok,  uncino. 

Crichèt  (F),  ronzino;  fr.  criquet,  id. 

Crin  (C),  majale;  celtico  cruina,  grein,  id,    (Flechia). 

Crina  (L),  voce  di  scherzo  per  indicar  uno  strumento  musicale  da 
corda  ;  lat.  crinis,  capello  ;  Gironi  dia  crina  ;  maschera  pie- 
montese, Grerolamo  dal  contrabasso. 

Crinèire  (D),  cattivo  suonatore,  strimpellatore.  V.  Crina. 

Cristian  d*6r  (SL),  Cristian  d'I  doi,  per  indicar  un  uomo  te- 
stardo; slavo  krestianin,  villano  —  ór  dallo  slavo  ^ora,  monte; 
paisan  d'  montagna  —  Cristian  d'I  doi  d'I  culi;  it.  dell'orcio 
dell'olio,  per  indicar  un  uomo  bonaccione. 

Cristo  !  (G),  esclamazione  ;  il  piemontese  non  ha  bestemmie  nel  suo 
dialetto  primitivo.  Il  cristo  è  una  esclamazione  greca,  christòs, 
che  vuol  dire  eccellente!  molto  bene! 

Criseùl  (G),  crogiolo;  greco  chrisos,  oro;  fr.  cremet,  crogiolo. 

Crivèl  (L),  setaccio;  lat.  cribellum,  id.   V.  Crìbi. 

Crivèla  (F),  falchetto;  fr.  crécerelle,  id. 

Croàss  (I),  corvo;  ital.  corvaccio;  fr.  corbeau,  id. 

Croc  (C),  crocei,  uncino;  celtico  crog  (Burguy  eroe),  rampino  ;  provz. 
crouchet,  gancio. 

Crocia  (L),  cioùss,  gallina  chioccia  ;  lat.  crocio,  crocitare.  V.  Ciouss. 

Croche  (F),  scrosciare;  fr.  croquer,  scricchiare. 

Crocio  (F),  crocioùn,  tozzo  di  pane;  punte  ripiegate  dei  grissini; 
fr.  croute,  crouton,  crostone  ;  fr.  grignon,  crosta  di  pane  più  cotta. 

Croè  (F),  crovè.,  cadere;  fr.  crouler,  cader  abbasso,  rovinare. 

Croucionèsse  (P),  acchiocciolarsi;  provz.   s'agrouchà,   accoccolarsi. 

Cròi  (I),  vizzo,  mézzo,  frutta  non  più  fresca  ;  ital.  crqjo,  duro,  rozzo. 


—  80  — 

Crot  (B).  croutoùn,  grotta,  sotterraneo,  tana,  prigione  militare;  borg, 
croie,  sotterraneo;  slavo  Jcrot,  cavo. 

Cròta  (P),  cantina;  provz.  crouta,  vòlta. 

Croùs  e  pila  (P),  campè  aut,  gioco  fanciullesco;  provz.  croux  ou 
pielo;  Avril  dice  che  le  antiche  monete  di  6  denari  in  Provenza 
avevano  su  una  faccia  una  colonna  di  teste  coronate  e  nel  ro- 
vescio una  croce,  la  colonna  era  la  «  pile  »  —  pila  italiana- 
mente è  anche  il  ferro  su  cui  s'improntano  le  monete;  fr.  pile 
ou  face;  slavo  hilà  na  bilà,  alla  buona  fortuna. 

Cm  (P),  crudo;  provz,  crm;  roumancio  cru,  id. 

Cruci  (L),  crocidare;  lat.  crocire;  fr.  croasser,  jid.  S.  Albino  spiega 
cruci  per  chiocciare.  V.  Crocia. 

Crus  (C),  cruss,  brocca  ;  celt.  eruche,  id.  crus  d'  hira,  bottiglia  di 
grès  per  la  birra. 

Crùssi  (L),  croce,  afflizione  ;  lat.  crucium,  cruccio;  slavo  Jcruscenie,  id. 

Cìica  (Sj,  fandonia;  spagn.  cucar,  burlare;  it.  cuculiatura. 

Cuce*  (I),  cane  giovane;  ital.  cuccio,  id.;  la  vergine  cuccia  del  Parini. 

Cucia  (I),  ital.  cuccia,  canile. 

Cucù  (S),  cuculiare,  beffare;  spagn.  cucar,  burlarsi  di  qualcuno 
(Diez,  cucco).  —  Lo  stesso  elemento  deve  aver  dato  origine  alla 
frase  :  ciucili  la  haja,  voce  infantile  per  svergognare  un  bimbo, 
con  miscela  di  spagnuolo  e  d'italiano,  dar  la  haja. 

Cugìr  [L),  costringere  (Biondelli);  lat.  cogere,  id. 

Cuìja  .(P),  retata;  fr.  cueillir,  cogliere. 

Culòte  (L),  droghe  di  cucina;  lat.  culina,  cucina. 

Culotè  (F),  annerire  fumando  il  culo  della  pipa;  fr.  culoter,  id. 

Cuncc*  (P),  seimcc\  sporco;  provz.  cunchià,  sporcare;  centrone  kontzi; 

it.  sconcio. 
Cuniè  (F),  cugnè  f  euj,  ammiccare;  fr.  cligner^ìd.  V.  Ciupi. 
Cupìss  (B),  nuca,  occipite;  borg.  cupe,  cape,  coppa  (Burguy  cape). 
Cùria  (L),  botala,  tinozza;  lat.   curva,  curvida,  perchè  rotonda  (?); 

borg.  cue,  fr.  cuvier,  tinello. 


—  81  — 

Curt  (F),  tutmrt,  insomma,  con  poche  parole;  fr.  tout  court,  id. 

Curvi  (F),  creìwe,  coprire  ;  fr.  comrir,  id.  ;  slavo  hroU,  tetto.  —  La 
desinenza  creuve  può  esser  originata  da  un  ipotetico  crouvir, 
ma  ha  molta  affinità  collo  slavo  kruit,  che  fa  kròjo,  kròjesch, 
krojet,  copro,  copri,  copre. 

Cusì  (L),  cucire;  lat.  consuere;  fr.  coudre,  cousu,  cucire,  cucito. 


—  82 


Dabon?  (F),  davvero?  fr.  tout  de  hon?  veramente. 

Dagnè  (S),  gocciare  ;  spagn.  danar,  guastarsi  ;  provz.  dan,  danno. 
(Burgu}'  domage). 

Daj  (B),  dagn  (Biondelli)  falce  fienaia;  borg.  dail,  ferro  della  falce 
(Burguy,  dail)  ;  scandinavo  da'ie:  (A.  Pont.)  ;  provz.  dayà,  falciare. 

Dàja,  dàya  (L),  distribuzione  che  in  fin  d'ogni  settembre  si  faceva 
di  grano,  vino  e  ceci  in  onore  di  S.  Teodoro  (Cibrario);  latino 
dare;  piem.  taja  (?)  imposta. 

Dalòra  !  (1),  esclamazione  ;  it.  da  quell'ora  !  è  già  gran  tempo  ;  fran- 
cese des  lors,  quindi  in  poi. 

Damigiana  (F),  bottiglione;  fr,  dame  Jeanne,  dal  nome  delF in- 
ventore. 

Dauà  (I),  disperatone;  it.  dannato;  danà  com'  un  coup,  disperato 
come  una  tegola  condannata  a  starsi  ferma  ad  ogni  intemperie. 

D'angrèus  (L),  d'angrùs,  doloroso,  molesto  (Biondelli)  ;  lat.  àngor, 
angoscia. 

Dapàra  (I),  dietro;  it.  al  riparo. 

Dare  (L),  di  dietro;  lat.  de  retro  (Littré)  id.;  fr.  derriere,  id. 

Darmàgi!  (B),  peccato!  rincresce!  borg.  damage,  danno;  fr,  doìn- 
mage,  id.  ;  lat.  dan-maticum,  metatesi  di  damnaticum,  dannoso 
(Flechia). 

Darmassìn  (1),  prugna;  it.  pruna  dalmatina,  della  Dalmazia. 

Dassp'rmì  (L),  lì,  -chièl,  ecc.  ;  di  per  me,  là  intorno,  da  sé,  ecc.  la- 
tino ex  parte  mea,  ecc. 

Davano  (P),  annaspare,  delirare;  provz.  debanà,  annaspare  e  per 
analogia  del  girare  l'arcolajo  dipanando,  ve  il  girar  della  testa 
per  delirio. 


—  83  — 

De,  dàjla  e  toùca  e  poùssa!  (DP),  esclamazione  per  dire  falla  fi- 
nita! it.  dare. 

D'cò  (I),  anche;  it.  ed  co;  lat.  et  cum;  adirne,  ancora  (Zalli);  da 
co,  da  capo  (Biondelli). 

Degolè  (F),  appassire,  vegetale  che  perdendo  l'umore  languisce  ;  per 
analogia,  frutto  maturo  che  si  fa  cadere  dall'albero;  fr.  gauler, 
sbatacchiare  un  albero. 

Degàn  (P),  d'gun,  nessuno  (Biondelli);  provz.  degun,  id. 

Delùri  (F),  mangione;  fr.  leurre,  il  lógoro,  stromento  per  richiamar 
il  falcone. 

Delurì  (F),  uomo  spregiudicato  ;  fr.  luron;  uomo  ardito. 

Damènt,  tnì  damènt  (P),  ricordarsi  ;  far  attenzione  ;  provz.  teni  damen, 
osservare,  spiare. 

Dèmoda  (L),  lezione  settimanale  ;  lat.  hehdomas,  -  niàdis,  settimana. 

D'moùra  (L),  dimorèsse,  desmorèsse,  spasso,  ricrearsi  ;  lat.  diei  mora, 
riposo  del  giorno.  —  mora  temporis  (Ovidio)  ;  spag.  demora,,  in- 
dugio (sospendere  il  lavoro). 

D'rnèra  (P),  d'  rnè  lombaggine  ;  provz.  desrenar  ;  fr.  s'éreinter,  di- 
lombarsi. 

Des  (B),  dieci;  borg.  dex,  id. 

D'sbàucc*  (B),  dissoluto  ;  borg.  banche,  luogo  del  lavoro  —  quindi 
uomo  che  abbandona  il  lavoro;  fr.  débauché,  crapula. 

D'sbèla,  d'sblè  (F),  disfare;  fr.  des-assembler,  disunire. 

D'sbironà  (D),  sperniato.  V.  Biròn. 

D' sbrina  (D),  scapigliato.  V.  Brin. 

D'sbrossè  (D),  svellere  li  pali  (Zalli)  p.  d'sbropè.  V.  Bropa. 

D'sbroujà  (F),  sgombro  ;  fr.  de  brouiller,  sgavignare,  levar  d' im- 
barazzo. 

D'scàuss  (L),  scalzo;  lat.  discalceatus  (Zalli),  fr.  déchaussé,  id. 
roua  d'scàussa ,  ruota  scalzata,  cioè  senza  il  canthus  o  cerchione 
di  ferro,  it.  mascalzone  (mal-calzato). 

D'scoundioìin  (P),  di  nascosto;  provz.  descoundoun,  id.  V.  Na- 
scondioun. 


—  84  — 
D'scoùnss  (D),  spettinato  (Zaili).  V.  Conssà. 
D'scoùbi  (D),  dispajato:  it.  scoppiato.  V.  CoùU. 
D'scrouc'tà  (D),  resta  sfibbiato.   V.  Croc,  crocei. 

D'scutì  (L),  ravviare,  sbrogliare,  opposto  di  Ancutì;  lat.  discutere^ 

risolvere. 
D*sdàit,  d'sdè  (I),  allentare;  ital.  sdarsi,  cessare  da  un'occupazione 

per  pigrizia. 

D'sdeìisi,  d'sdeìiit,  dsadeìiit  (L),  senza  garbo,  disadatto;  latino 
deses,  ozioso;  des-deiiit.  V.  Deiìit. 

D'sfergnà  (D),  sfrenato;  fr.  effrené,  id. 

D'sgagièsse  (F),  sveltirsi;  fr.  se  dégager,  sbarazzarsi. 

D'sgavignèsse  (D),  distrigarsi.  V.  Gavìgn. 

D'sghicè  (D),  snicchiare.  V.   Ghicc'. 

D'sghindà  (F),  sciamannato;  fr.  se  guinder,  aifettarsi,  —  tZes  parti- 
cella distruttiva. 

D'sgichè  (D),  trapiantare.  V.  Gich,  levare  les  jets,  i  rampolli. 

D'sgiochè  (D),  trasportarsi  di  casa  altrove.  Y.   Giono. 

D'sgognè  (D),  guastare.  Y.  Sgognè. 

D'sgordì  (F),  svegliato;  fr.  dégourdi,  id. ;  lat.  gurdus,  attrappito; 
spagn.  gourdo,  zuccone  e  la  particella  risolutiva  des,  lat.  ex,  dis. 

D'sgringè  (F),  snidare,  cacciar  fuori ,  si  dice  specialmente  degli  in- 
setti; come  in  fr.  graigner  vale  gringner  (Bartsch),  così  gringe 
vale  grange,  granaio:  quindi  d'sgringè  deriva  da  un  ipotetico 
des-granger,  cioè  cacciar  fuori  dalla  grange  o  granaio. 

D'sgrojatà  (D),  fatto  uomo;  uscito  dal  guscio.  Y.  Greùja. 

D'smèntia  (L),  dimenticanza;  lat.  ex  mente,  uscir  di  mente. 

D'smoscàj  (D),  peverana,  orlo  sfilato.  Y.  Dramoscàj. 

D'snaudiè,  •  nandiè  (D),  (Zalli),  distornare;  opposto  di  anandiè. 
Y.  Anandiè. 

D'spatagnè  (D),  sbendarsi.  Y.  Paia. 

D'spiocliè  le  nous  (D),  smallare  le  noci;  per  d'spluchè;  piemon- 
tese pluchè.  Y.  Pluc. 


—  85  — 

D'spnissè  (D)  le  castagne;  levarle  dal  riccio.  V,  Pniss. 

D'srissè  (D)  le  castagne;  dìricciarle.  V,  Riss. 

D'stajolà  (D),  scarrucolato.  V.  Tajòla. 

D'st'rvojè  (D),  sviluppare;  per  d'sv'rtojè.  V.   V'rtoujè. 

D'stiè  (P),  stigliare  la  canapa;  provz.  teyà:  fr.  teiller,  gramolarli 
cànape; 

D'stiànd  la  canoa, 

Sfojànd  la  mèlia, 

Con  nostra  tàvola 

Sout  na  nousèra, 

Le  foumne  e  j  omini 

Seta  p'r  tèra 

Contand  die  fròtole, 

Mangiand  d'  salàda, 

S'fa  la  balàda.  Calvo. 

D'sticotè  (I),  bisticciarsi;  it.  discutere. 

D'stiss  (L),  smorzato  ;  lat.  titio,  tizzone. 

D'stoùrna  (F),  de  la  d'stoùrtia,  far  celia,  dar  la  berta  e  più  pre- 
ciso frastornare,  far  perdere  una  traccia;  fi',  tur,  tour  sono  va- 
rianti di  tor  (Burguy,  for),  lat.  tiirnus,  giro:  fr.  mettre  aii  tor, 
far  cadere  nella  trappola;  détourner,  sviare  qualcuno  dal  suo 
pensiero;  tourner  le  lièvre,  girare  il  lepre;  provz.  detournà,  ìn- 
terrompere  :  quindi  il  senso  ordinario  del  piem.  de  la  d'stoùrna 
è  alludere  con  un  giro  di  parole  a  cosa  che   dispiaccia   altrui. 

D'strà  (I),  sollevato  da  terra:  it.  terra,  dis-terrare. 

D'strèit  (B),  morsa;  borg.  destrèit,  serrato;  lat.  destringo,  mordere. 
(Burguy,  destroit);  it.  strettojo. 

D'strighèsse  (P),  spicciarsi;  provz.  destrigar;  borg.  detrièr.  (Burguy, 
détrier,  Diez,  tricare). 

Deùrve,  dreùve  (D),  aprire.  V.  Durvì. 

Deìiit  (B),  garbo  ;  borgog.  deitè,  suprema  eleganza  (Burguy,  Deus)  ; 
lat.  dignitas,  dignità. 

D'fòra  (SL),  di  fuori;  slavo  dfor,  cortile,  na  dforè,  faori  casa. 


—  86  — 

Diào,  fé  'l  diao  a  quat  (F),  far  i  quattro  diavoli  ;  Mignard  racconta 
che  nel  15°  secolo  alle  rappresentazioni  dei  Misteri  si  cominciò 
ad  introdurvi  due  diavoli  che  vomitavano  fuoco;  poi  per  rad- 
doppiar l'effetto  questi  diavoli  furono  quattro;  donde  il  detto 
popolare  «  (aire  le  diàble  à  quatre  ». 

Diasene,  diane  (L),  diào!  esclamazione;  it.  diamine;  lat.  dia-ne 
per  Giove;  dios^  dialis,  di  Giove. 

Dibùto  (F),  in  piedi  (Pipino,  1480);  fr.  debout,  dritto  in  piedi. 
Di  cicc',  di  fot  (I);  it.  ciancie,  fotte. 

Dièta  (L),  epoca  (Biondelli);  h.  lat.  dieta  da,  dies,  che  in  cancelleria 
romana  equivaleva  al  cammino  che  un  uomo  isolato  può  fare  a 
piedi  in  un  giorno;  cioè  40  kilometri,  ossiano  16  miglia  pie- 
montesi. 

Dì  (L),  giorno;  lat.  dies,  id. 

Dil  (L),  dito;  dal  lat.  digitulus,  la  punta  del  dito. 

Diòjmo,  ghiòjmo  (F),  pialla  da  falegname;  dal  nome  dell'inventore 
Guillaume  (Zalli). 

Disnè  (B),  pranzare;  borgog.  disner,  fr.  diner,  id.  (Burguy,  dignar; 
Diez.  visto);  ted.  disch,  tiscìi,  tavola  (Cibrario). 

Dissne  a  pende  (F),  ingiuriarsi;  fr.  à  se  faire  pendre,  roba  da 
chiodi. 

Dnè  (F),  denaro;  fr.  denier,  id. 

Dòira  (F),  rigagnolo  ;  fr.  doire,  fiume,  da  cui  presero  il  nome  i  ri- 
gagnoli della  città  di  Torino;  celtico  ^wr,  divr^  acqua  (Canini, 
Ob.  Miiller);  it.  dora. 

Dondonè,  dondole  (I),  it.  dondolare. 
Dòrgna  (D),  bernoccolo.  V.  Brògno. 

Dorìn  (.F),  gir  d'  dorin,  vezzo,  collana  formata  da  una  filza  di  ulive 
d'oro,  molto  pregiata  dalle  nostre  campagnuole;  fr.  dorè,  àovdito. 

Doseìil  (D),  strige.  V.  Dtìso. 

Doss  (F),  polla,  vena  d'acqua;  fr.  doiiche;  lat.  ductus,  condotto 
d'acqua;  it.  doccia. 

Dòssa  (F),  baccello;  fr.  gousse,  guscio. 


—  87  — 

Doucc'  (F),  grazioso;  fr.  doux,  dolce,  carino;  slavo  douscià  mòja, 
anima  mia  —  'dèjla  doussa,  adulare. 

Doìija  (L),  dota,  orciolo  ;  lat.  doìUwn,  boccale  (Promis)  ;  slavo  dòjti, 
allattare,  bere  (Canini). 

Douleùri  (F),  indolenzito;  fr.  doideur,  dolore;  lat.  dohrosus,  sof- 
ferente. 

Doumà  (L),  noumà,  soltanto;  lat.  dummodo,  purché,  solamente. 

Doìiss  (D),  dolce.  V.  Doucc\ 

Douvrè,  douvrà  (F),  adoperato,  usato;  oeuvre,  ouvrage,  opera,  lavoro; 
la  prefissa  d  vale  dès,  dès-ceuvre,  fuori  opera,  fuori  uso. 

Dramouscàj  (I),  sfilacciato;  it.  trama  per  mosche. 
Drè  (D),  indietro.  V.  Lare. 

Drèto,  drìto,  dritòn  (B),  accorto,  furbaccione;  borgog.  dreif,  di- 
ritto, giusto  (Burguy,  droit);fY.  adroit,  svelto,  intelligente;  cel- 
tico druth,  gagliardo. 

Drochè,  droc,  drogh,  drochèri  (F),  sfasciarsi,  macerie,  rovine;  ita- 
liano diroccare;  v.  fr.  dérochier,  id.  (Bartsch). 

Dròga!  (SL),  antico  grido  delle  sentinelle  in  Piemonte  per  chiamare 
il  rimpiazzo;  slavo  drug!  un  altro!  —  Brogliò;  fr.  droguer, 
perder  il  suo  tempo  annoiandosi  (Littré). 

Dròga  (F),  spezierie;  fr.  drogiie,  droga,  parola  celtica  (Littré). 

Drògno,  dòrgna  (P),  bernoccolo;  provz.  trougne,  visaccio;  rouge 
trogne,  naso  d'ubbriacone  ;  celtico  tron,  naso,  bernoccola  (Koget 
Brouggos). 

Dròlo  (F),  lepido  ;  fr.  dróle  ;  ted.  drollig,  allegro  ;  celtico  droll,  ma- 
caco (Diez,  dróle). 

Dròmpe  (I),  drònte,  ammollire,  abituare;  ital.  dirompere,  ammollar 
una  superficie,  temperare  una  miscela. 

Drossè  (F),  abbattere;  fr.  roclier,  des-rocher,  diroccare,  buttar  giù; 
V.  fr.  derochier,  id.  (Bartsch). 

Drot  (D),  abituato;  vino  mischiato,  dirotto,  participio  passato  del 
verbo  Dròmpe.  V.  Dròmpe. 


Drù  (B),  fitto,  schifo  per  sazietà:  borg.  dru,  compatto  (Burguy,  drut)\ 
celt.  dru^  ted.  drut,  robusto  (Diez  drudo),  v,  fr.  dru,  fitto,  ser- 
rato  (Bartsch),  —  èsse  dru,  sentirsi  ben  pasciuto. 

Drùgia  (G),  letame:  gi-eco  trix^  melma;  ted.  drech,  sterco;  inglese 
diri,  id. 

Dsadeùit  (D),  goffo.  V.  B'sdeùit 

Dsoneìis  (D),  senza  prò.  V.  Adsonem. 

Due  (F),  alocco;  fr.  due,  cìiouvette. 

Duce'  (D),  leggiadro  (Biondelli).  V.  Boucc'. 

Dìina!  (G),  presto!;  néìVArtabàn  bastona  del  Calvo  è  scritto  d'una, 
come  a  dire  in  una  sol  volta;  greco  deinà,  repente  (e  anche 
terribilmente);  deinà  evròntise  o patir  andrònde  sseòtide. 'Omero. 
—  repente  tuonò  il  padre  degli  uomini  e  degli  Dei. 

D'urbi  (T).  padre  (Biondelli),  per  drubi;  ted.  der  tìher,  colui  che  è 
sopra  noi.  Quanti  famàut  a  cospa  de  mon  durhi  j'avajisunt  de 
gerp  e  gliigiò  je  crevo  sci  de  gJièisil  —  Quanti  famigli  in  casa 
di  mio  padre  hanno  abbondanza  di  pane  e  qui  io  crepo  di  fame  ! 
Parabola:  Il  fìgliuol  prodigo,  in  dialetto  di  Val  Soana,  nella 
raccolta  del  Biondelli. 

Durvì  (P),  d'reùve,  aprire;  provz.  durbì,  id.  (Diez,  ouvrir). 

Duso  (L),  cioùc  d'  montagna;  gufo,  barbagianni;  celtico  e  latino 
dusius,  folletto,  cattivo  genio. 

Dvinàja  (B).  andvinàja,  indovinello;  borg.  devinaille;  fr.  deviner, 
indovinare;  (Burguy,  id.). 


89 


Èira  (D),  aja.  V.  Àira. 

Èmbo  (L),  con,  appresso  (Biondelli)  ;  lat.  ambo,  in  due  e  quindi 
vicini,  insieme. 

Enta  (F),  innesto;  fr.  enter,  innestare;  greco  èmfiton,  piantato 
dentro  (Littré,  Diez,  eìiie). 

Erbàgi  (F),  stoffe  antiche  per  mobiglie  a  fiorami  (E.  Azeglio)  ;  fran- 
cese Jierhage,  tutto  ciò,  che  ha  rapporto  colla  verdura. 

Erbalùs  (B).  uva  bianca:  borg.  erbe  per  uva;  luisir,  chiarezza 
(Burguy,  herbe-luire). 

Erbioùn  (L),  piselli  (Zalli)  ;  lat.  robilia,  legume  selvatico  simile  al 
pisello;  lat.  ervum,  ervo;  fr.  ers,  veggiòlo,    pianta  leguminosa. 

Erbo  (B),  albero ;^borg.  herbe,  erba;  questo  vocabolo  ebbe  perfino 
il  significato  di  veleno  (Burguy,  herbe)-,  latino  arbor,  proven- 
zale aoubre,  id. 

Erbo  forcù  (F),  fé  Vèrbo  forcù,  star  ritto  sulla  testa  co'piedi  in  alto  ; 
fr.  arbre  foiirché,  id.  ;  provz.    aoubre  drech;  (ted.  piirzelbaum). 

Erca  (L),  madia;  lat.  arca,  cassone. 

Ere  (B),  pie  Vere,  alzar  i  tacchi,  scappare  ;  borgognone  erre,  viaggio  ; 
it.  Valre. 

Erio  (T),  fé  Vèrlo,  ringalluzzarsi ;  tedesco  herrlein,  signorino;  erlo, 
smergo,  oca;  fr.  harle,  herle  (Zalli),  id. 

Ersso  (F),  arginello  nelle  risaje;  fr.  erse,  id. 

Èsgiapàre  (P),  spaccare,  fendere  (Pipino,  voce  del  1480).  V.  S'ciapè; 
provz.  esclapà,  id. 

Eùli  (B),  olio;  borgog.  ole;  fr.  huile,  id.  (Burguy,  oile). 


—  90  — 

Eva,  èjva  (B),  acqua;  borgog.  aigue,  iave,  ieva  (Littré,  Diez,  eau)\ 
celtico  ea,  èva,  eive  (Canini),  acqua. 

Evìva  e  tòpa   (F),   evviva  e  toccala!  fr.  vive  et  fope;  ted.  toppen, 
annuire  con  una  stretta  di  mano. 


i 


—  91 


I^ 


Fa  (P),  tempo  fa,  tempo  scorso;  provz.  facli,,  fatto;  a  fach,  c'en 
est  fait!  è  morto! 

Fabiòc  (L),  balordo;  lat.  fabens,  schiavo;  potrebb'  anch'essere  una 
reminiscenza  storica  del  temporeggiare  di  Fabio  Massimo  contro 
Annibale,  che  parve  esitanza. 

Facia  proibìa  (I),  locuzione  popolare  indicante  una  faccia  da  ga- 
lera antica  ;  it.  maschera  non  permessa. 

Faciarìa,  face  (F),  briga,  impiccio,  mortificare;  fr.  fàcJier,  fàcherie; 
provz.  facharìè,  rattristare. 

Fa  fioche  (DP),  babbolone  ;  locuzione  popolare  per  esprimer  un  uomo 
che  si  crede  padrone  degli  elementi  :  che  fa  -  fioccare,  volendo; 
oppure  dal  piem.  fabiòc,  fahiochè. 

Fai,  fàja  (D),  fata,  strega.  V,  A  fai. 

Faitàrd  (P),  pigro;  provz.  faitarcì,  id. 

Faitè  (D),  conciare.  V.  Afaitè. 

Fàla  (B),  sbaglio,  guasto;  borg.  faille  (Burguy,  faillir)  —  comare 
falìa,  donna  che  si  credeva  incinta  e  non  era. 

Falabràc  (I),  omaccione  buono  a  nulla;  it.  bracco  che  falla,  sba- 
glia la  selvaggina. 

Falò  (F),  farò,  farà,  fuoco  di  gioia  ;  fi*,  falót,  lanterna  ;  greco  fanòs 
faro  (Diez,  falò). 

Falòpa  (I),  bozzolo  non  terminato  da  cui  si  cava  la  filossela,  il  pie- 
montese fìoret;  it.  falloppa,  uovo  fallito. 

Falòpa  (F),  sbaglio  ;  fr.  faux  pas,  passo  falso. 

Falòpa  (I),  analogia  dell'uovo  sbagliato;  it.  uomo  dappoco. 

Falùspa  (1)  (Biondelli),  favilla;  per  fallisca,  da  un  ipot.  ital.  fa- 
villusca.  V.  Sbina. 


—  92  — 

Famàut  (R),  servo,  famiglio  (Biondelli)  :  roumancio  famaigl,  ser- 
vitore alpigiano   (Diez,  famiglio). 

Fandonia  (D),  favola,  menzogna;  ted.  finden,  fauci ,  trovata  d'im- 
maginazione, it.  fandonia. 

Fanìn,  fanèl  (I),  barbìsa,  zìzi;  ital.  fanello,  ortolano  dei  boschi. 

Fàoda,  faudàl  (P),  grembo,  grembiale;  provz.  fa^udo;  ital.  falda 
(Diez,  falda):  YOumaLiiCÌo  faulda,  -piega;  slavo  2>odòll^  grenbiale: 
ja  vamm  zavorotsciù  podùll,  io  vi  alzerò  le  gonnelle  {Decame- 
rone  russo,  Nov.  23). 

Fara,  farà  (D),  fuoco  di  gioia.  V.  Falò. 

Faravòsca  (I),  fanfaluca;  ital.  metatesi  di  favolesca,  materia  vo- 
latile di  cosa  abbruciata  che  il  vento  leva  in  alto  ;  in  fr.  flam- 
mèche,  favilla;  figurativo,  frascherie,  racconti  di  fantasia. 

Fardèl  (IG),  corredo;  ìug\.  fardel,  involto;  v.  francese  fardelet,  id. 
(Bartsch). 

Fàrfo  (SL),  scemo;  slavo  farfor,  porcellana;  idoli  grotteschi  così 
fatti. 

Farinèl  (LB\  lestofante;  longob.  fare,  famiglio. 

Fasàgna  (F),  macola;  accozzamento  malizioso  delle  carte  da  gioco; 
fr.  faire,  distribuire  le  carte;  (a  cJd  touca  fé?)  faisagne,  id. 

Faseùl  (I),  minchione;  ital.  fagiolo. 

Fassìna  (I),  fascina;  ital.  piccolo  fascio  di  legna,  fastello. 

Fass'la  (F),  cascino,  formella  del  cacio;  fr.  faisselle;  lat.  fiscellus, 
canestrino,  cestella  tessuta  di  vinchi;  ted.  fass,  botte;  lat.  vas, 
orciolo;  ital.  fiscella. 

Fassolèt  (T),  pezzuola,  fazzoletto;  ted.  fetsen,  cencio  (Diez,  fazzuolo). 

Fat  (Fj,  insipido;  fr.  fade  (Diez, /af),  id. ;  lat.  vapidus,sì  dice  del 
vino  alterato. 

Fat  (L)  d'  rìje,  accenno  di  ridere;  dal  latino  di  Plauto,  factare, 
far  atto. 

Fata  (L).  incantatrice ;  latino  fafum,  destino;  provz.  fada,  idiota. 
V.  Afài. 


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—  93  — 

Fatòn  (IGr),  capitone,  seta  per  ricamare;  ingl.  fathom,  filo  (bourre 
de  soie). 

Fatràss  (F),  guazzabuglio  di  cose;  fr.  fatras,  lat.  farrago,  farrag- 
giue  (Zalli). 

Faussìa  (F),  falce;  fr.  fauciUe,  lat.  falcala,  id.  (Burguy,  faus). 

Fèa,  fèja  (L),  pecora;  lat.  feta,  feto,  partorire  (Diez,  fede):  proven- 
zale fedo;  lat.  feo,  produrre;  anglo-sassone  vieh,  feoh;  gotico 
ve,  feìiu,  bestiame. 

Fèil«s,  fèils  (L),  felce;  lat.  filix,  id.  (fr.  fougère). 

Fenèri  (L),  fienili  (Pipino,  voce  del  1480);  lat.  fenus,  feneris,  pro- 
dotto della  terra. 

F'no  (IG),  culo;  inglese  fen,  palude,  luogo  sporco. 

Feramiù  (F),  rigattiere;  fr.  ferraill-ùs,  ferrailles  vieux  (invece  di 
vieilles)  ;  ferravecchi. 

F'rdìn  e  frdòn  (F)  (Biondelli);  fr.  frédaine,  frédonner;  strim- 
pellare stromenti  musicali  da  corda. 

F'rfoìii,  frfla  (P),  frugolino,  lesto,  vivace;  provenzale  farfouyà, 
metter  sottosopra  le  robe;  fr.  farfoidller  (Littré);  it.  farfogliare; 
fr.  freluchet,  farfallino  (Diez,  id.); 

Feri  (T),  manòt,  bezzi,  quattrini  ;  dall'impresa  di  casa  Savoja  «  feri  », 
la  quale  era  forse  impressa  su  qualche  moneta,  manot,  spiccioli 
alla  mano. 

Fèria,  frle  (L),  germoglio,  ramoscello;  lat.  ferula,  feridae;  fran- 
cese freliiches,  sono  quei  piccoli  fili  che  si  vedono  volteggiare 
per  aria  entro  un  raggio  di  sole. 

F'rlèca  (L),  sberleffo,  ferita;  lat.  ferùlae  ictus,  colpo  di  feria;  te- 
desco verletst,  sciupato,  intaccato. 

F'rlìn  (T),  ferlino,  moneta  antica;  il  quarto  d'un  denaro;  pezzo  di 
piombo  stampato  ;  ted.  ferding,  liardo,  centesimo  ;  lat.  ferlingus 
(Zalli). 

F'rlingòt  (L),  lestofante,  damerino  (E.  Azeglio):  lai /"mt/Z^a,  per- 
sona gaja.  V.  F'rlin. 

F'rlochè  (D),  cTiiacchierare  divagando;  proprio  delle  donne,  quindi 
V.  F'rlòca. 


-  94  — 
F'rlòca  (F),  cuffia  delle  fanciulle;  fr.  f reluche,  fiocchetto. 

F'rluchèt  (F),   soggettino,  vanarello;   fr.    diminutivo    di   freluche, 
tìocchetto;  giovane  carico  di  frónzoli. 

F'rpa  (Fj,  zabò,  gala   allo    sparato   della  camicia;  fr.  frappé,  ina- 
midato. 

F'rssèla  (F).  scorza  del  canape  ;  fr.  ficelles,  piccole  corde  ;  stia  del 
canepuccio. 

F'rsse  (F),  tritume  dì  majale:  fr,  fressure;  lat.  frixura,  id. 

F'rtè,  f'rtadòr  (L),  scopa,  fregare;  latino  frictare  (Diez,  frettare); 
fr.  frotter,  fregare. 

F'rte,  fé  sue  frte  (P).  far  il  suo  prò,  furto;  provz.  fretos,  faire 
ses  fretos,  guadagnare,  far  bene  i  suoi  affari. 

F'rtoìij,  frtòr,  frtòn  (D),  strofinaccio.  V.  F'rtè. 

F'rvàja,  fruàja  (L),  bricciola;  lat.  friare,  far  a  pezzi. 

F'rzàja,  frisàja  (L),  civaje;  lat.  viridarium.  orto;  lomb.  verze. 

Feùi  (F).  andè  fora  d'ij  feui;  fr.  feuille,  lat.  folium;  farneticare, 
uscir  dal  seminato,  legger  cose  che  non  sono  nel  libro. 

Feìija  (F),  foglia  di  pianta;  fr.  feuille,  id. 

Feurò  (F)  (Zalli),  fodero,  guaina;  fr.  fourreau,  id. 

Fiàca  (L),  flemma;  lat.  flacidus,  molle;  it.  fiacco. 

Fiajì  (L),  fiatare;  vaso  non  ben  turato;  lat.  flare,  id. 

Fiajrè,  fieirè  (L).  puzzare;  latino  fracere,  foetere,  id.;  it.  fetore; 
borg.  fiens,  letame. 

Fiàm'a  (B),  lancetta  per  salassar  bestie;  borgog.  flame;  francese 
fiamme,  id.  (Burguy,  flame). 

Fiamèngo  (P).  squisito,  frese 3;  ^toyz.  flamenc;  it  fiammingo,  esatto 
come  i  lavori  di  Fiandra,  dipinti,  ricami,  ecc.  (Diez,  hraiman); 
neuv  e  fiamant:  provz.  flame  noou. 

Fiàona  (T),  fìàuna,  buccia,  coda,  gambo  di  cipolle  (Biondelli);  te- 
desco fiaun,  lanugine. 

Flap  (T),  passi,  avvizzirò;  ted.  flap,  id.  (Diez,  fiap)pio). 

Fiàra  (D),  /ara,  fiammi.  V.  Falò. 


—  95  — 
Fic  (F),  presto!  (Biondelli),  in  vece  di  fit;  fr.  vite,  id, 

Ficlièto  (F),  chi  si  caccia  da  per  tutto  e  comunque  (E.  Azeglio); 
fr.  se  fìcher,  ficcarsi. 

Ficia  (F),  mastietto,  cardine;  fr.  fiche,  id. 

Ficognè  (P),  cacciar  dentro,  ficcare;  provz.  affichà  e  cougnà,  far 
entrare;  v.  fr.  fìcJiier,  nascondere  (Bartsch). 

Fidèj,  fidUn  (T),  vermicelli;  ted.  fledel;  ingl.  fidale;  lat.  fidicula, 
corde  da  violino:  per  la  analogia  della  forma  esigua  e  prolun- 
gata di  quel  genere  di  paste. 

Fi'sca,  fisca,  fiàsca  (L),  spicchio;  b.  lat.  flichia,  freccia,  donde  è  ve- 
nuto il  fr.  fiòche  de  lard,  fetta  di  lardone  (Burguy,  fliche). 

Fifa,  fòfa  (G),  battisòffiola,  paura;  greco  fòbos,  paura;  venez.  fìfìo  id. 
(Canini).  V.  Fòfa. 

Filàgn,  taràgna  (P),  filare  di  viti  ;  provz.  fielagno,  filza  di  fichi  e 
frutta  secca. 

File  (F),  camininar  svelto,  che  non  è  ancora  scappare  ;  v.  pop.  fran- 
cese filer,   andarsene,  ritirarsi;  armeno  firar,   fuggire  (Canini). 

Filerà  (I),  lunga  fila,  codazzo;  it.  fila;  il  suffisso  era  indica  quan- 
tità; il  fr.  ha  filière,  trafila. 

Filòn  (F),  mariolo,  persona  astuta.  A  Parigi  nel  secolo  17"°  que- 
sto vocabolo  voleva  dire  persona  di  perduta  fama;  poi  si  modi- 
ficò in  fì,lou,  ladruncolo;  in  piem.  ha  un  significato  migliore, 
cioè  di  persona  astuta  che  la  sa  lunga! 

Filìira  (P),  fessura;  fr.  felure,  id. 

Finànssa  (L),  confine;  lat.  finis,  termine;  limite  d'un  podere. 

Fin  dij  fin  (P),  insomma;  provz.  a  la  fin  finalo  (lat.  scecula  sce- 
culorum). 

Fìnta  (DP),  fé  fìnta  d'nen,  far  lo  gnorri;  provz.  faire  veia,  far 
vista  di  nulla. 

Fiòca,  neve  (L),  lat.  floccus,  bioccolo  di  lana;  slavo  viogà,  turbine 
di  neve. 

Fiòn  (1),  fé  'l  fiòn,  flonè,  sfoggiare,  far  lo  spaccone  ;  ingl.  flaunting, 
vanarello,  azzimato. 


—  96  — 
Fiotè  (I),  bische,  dispettare,  arrovellarsi;  ital.  fiottare. 

Firà  (F),  reti  da  caccia  e  da  pesca;  per  filar;  fr.  filets;piè  ant  ij  flrà, 
pigliar  nella  rete. 

Fiùsa  (L),  fiducia  ;  lat.  fiducia  ;  proYZ.  se  fisa,  fidarsi  ;  an  sia  fiùsa., 
facendo  fidanza,  assegnamento. 

Fiìisca  (B),  spicchio.  V.  Fi'sca. 

Flacù  (D),  vanaglorioso,  turgido:  fi",  flasque;  lat.  flacddm,  id. 

Flamboèsa  (F),  lampone;  albagìa  (Zalli);  fr.  framboise,  lampone; 
fr.  flamboyer,  fiammeggiare. 

Flanèla  (F)  (fé  d'flanèla),  proverbio,  lassèla  fé  d'flanèla,  lasciar  inav- 
vertita una  ragazza,  lasciarla  a  casa  a  lavorar  la  lana  uso  ro- 
mano: fr.  flaner,  piem.  flaìiè,  gironzare. 

Flìn,  flina,  stizm  (T),  ted.  flennen,  andar  in  collera  (Diez,  frignare). 
V.  PUnesse. 

Flìnga  (T),  verga;  ted.  flegel,  flagello. 

Flonè  (D),  sfoggiarla.  V.  Fion. 

Flìit  (L),  disperato,  rovinato:  fr.  fliier:  lat.  flmre,  colare:  fluit  vo- 
luptas,  ì  piaceri  ci  abbandonano. 

Fnè  (L),  far  i  fieni,  uccidere,  rovinare;  lat.  foenum;  fr.  fenaison, 
falciare  i  fieni;  lat.  foenerare,  prestar  a  usura. 

Fnòui  (F),  finocchio:  fr.  fènouil;  lat.  foenicidum,  id. 

Fò  (F),  faggio;  lat.  fagus;  v.  fr.  fan,  fo,  id.   'Diez,  faggio). 

Foatà  (F),  staffilata;  fr.  fouetfer^  frustare,  sferzare.  V.  FoH. 

Fòcia  (F),  fòta,  bizza;  fr.  facherie,  cruccio,  stizza. 

Foèt  (F),  frusta,  scudiscio,  staffile  ;  fr.  foiiet,  id.  dal  fr.  fou,  faggio. 

Fòfa  (D),  paura.  V.  Fifa;  spagn.  fofo,  debole,  senza  fiato  (Diez, 
fofo). 

Fòfo  'T),  ciuffo   (Zalli);  ted.  sojyf,  treccia  di  capelli,  codino. 

Fogàgna  (P),  sbirraglia,  compagnia;  provz. /b^ro,  folla;  fogare.  cor- 
rere. 

Fol  (F),  il  matto  alli  scaccili:  fr.  fol,  fon:  persiano  fil,  elefante. 
(Burguy,  alfin). 


—  97  — 

Fono  (F),  profondo;  fr.  fond^  fondo. 

Fora  (F),  satolla;  fr,  fourrer,  ficcar  dentro. 

Forgia  (L),  fucina;  b.  lai  forgia,  incudine  (A.  Pont);  fr.  forger, 
fucinare    (Diez.  foggia). 

Forlàn  (I),  uomo  astuto;  dall'ital.  Friulano,  dove  uomini  e  cavalli 
sono  molto  svegliati;  li  asini  del  Friuli  contendono  col  cavallo 
a  galoppare  e  resistono  ad  una  lunga  corsa.  La  razza  primitiva 
di  quei  cavalli  si  fa  risalire  al  tempo  d'Attila,  che  in  Udine 
aveva  posto  il  suo  quartier  generale. 

Forò  (F),  gonnellino  pei  bambini;  fr.  fourreau,  vestitino  di  bam- 
bini (Littrè). 

Forslìi  (B)  (Zalli),  fotù,  buttato  via  malamente  ;  borg.  forz,  fot  equi- 
valgono a  fori,  forte;  fotèpaule  per  forte  épaule  (Mignard, 
Bartsch),  quindi  forshì  come  fotù  (^  san  fotiA),  vuol  dire  so- 
praffatto dalla  forza,  rovinato. 

Fortunin  (I),  trovatello;  italiano  fortuna,  o  nato  di  Domenica  (il 

sonntags-hind  dei  tedeschi). 

Fòte,  fotìi  (L),  conoscer  femmina,  rovinato  ;  lat.  futuo,  fottere  ;  fran- 
cese foutre;  questo  verbo  manca  nei  dizionari  di  lingua  pur- 
gata, ma  esiste  nel  vocabolo  Jean  foutre,  piem.  gianfoutre,  pez- 
zaccio  ;  nel  centrone  A.  Pont  registra  je  m'  foto  d'  tet,  me  ne 
infischio  di  te;  a  l'et  fotù,  è  perduto. 

Foùble  bachèt  (F),  esclamazione  di  meraviglia  e  dispetto  ;  v.  fran- 
cese foihle  (faible),  debole  e  hachet  dal  teutonico  bacon,  lardo, 
passato  in  francese  haquet:  come  a  dire,  poco  lardo,  poco  con- 
dimento, roba  scipita. 

Fougnè,  fojè  (CR),  frugare  ;  centrone  fouegnier,  ficcar  il  naso  ovun- 
que (A.  Pont);  fr.  fouiller,  frugare. 

Fouìn  (F),  faìna;  fr.  fouine,  id. 

Foujòt  (B),  tegamino;  borg.  fou;  lat.    focus,  fuoco  (Burguy,  feu). 

Fouliro  (P),  scimunito;  provz.  fouletro,  stravagante;  fr.  fou,  folte, 
follia. 

Foìimna,  fòmena  (R),  femmina,  moglie;  roumancio  feumena;  fran- 
cese femme;  lat.  foemina,  id. 

7 


—  98  — 

Foundriùm  (G),  feccia,  deposito;  fr.  effondriUes,  fondigliolo. 

Founghè  (I),  calcare,  affondare  in  una  fitta,  poco  a  poco,  per  fonde  ; 
ital.  andar  a  fondo,  impantanarsi;  la  desinenza  in  ghè,  indica 
un  elemento  francese,  fonger,  inzuppare. 

Fourìcc'  (Gr),  manovale  muratore  ;  greco  foreùs,  portatore.  V.  Gacìn. 

Fousonè  (F),  sovrabbondare  ;  fr.  foisonner  ;  lat.  fusio  ;  borg.  fuson, 
abbondanza. 

Fout,  foutànt  (DP),  bizza,  irritante.  V.  Foùte. 

Foìita  (T),  sbaglio,  colpa  ;  fr.  faute  dal  verbo  falloir,  il  cui  vero 
senso  primitivo  è  mancare,  mancamento  (Mignard  fattoi). 

Foùte  (L),  buttar  via  con  impeto;  lat.  fundere,  rovesciare,  abbat- 
tere, d'onde  il  verbo  fr.  foutre,  gettare.  Foùte  'l  can,  fuggire, 
è  il  fr.  foutre  le  camp,  disertare,  abbandonare  il  campo.  C'è 
inoltre  il  foùte  dal  lat.  futuere;  it.  fottere,  di  cui  in  Giovenale 
cum  futuis  Anfilane,  ecc. 

Foutre  d'  Almàgna  (T),  un  bel  niente;  ted.  futter,  pascolo,  man- 
gime delle  bestie.  A  vai  un  foutre  d'  Almàgna,  vuol  dire  vai 
così  poco  come  un  pascolo  di  Tedescheria  in  confronto  dei  no- 
stri di  Lombardia. 

Foutrichèt  (F),  petulante;  fr.  fou  triquet,  al  giuoco  della  palla- 
corda;  racchetta  matta. 

Frànda  (P),  fionda;  provz.  fronda,  id.  (Diez,  fionda);  latino  funda, 
palla  di  piombo  lanciata  dai  soldati  romani.  Ordinariamente 
quelle  palle  portavano  incise  sigle  ricordante  il  Console  o  il 
capo  dell'esercito  a  cui  appartenevano  i  frombolieri. 

Frandieìil  (D),  giovane  disinvolto  (Pipino),  buon  gittatore  di  fionda. 
V.  Frànda. 

Frangoìij  (L),  franguel,  schinssòn,  fringuello;  lat.  fringuilla;  cel- 
tico ffregg,  chiaccherare  (Diez,   fringuer). 

Fràssa  (l),  provèj,  uncino,  catena  dell'aratro;  it.  ferraccio;  latino 
provehere,  tirare. 

Fràsso  (L),  frassino;  lat.  fraxinus,  id. 

Frè  (P),  ferrare,  le  spese;  fr.  ferrer,  ferrare;  fr.  les  frais,  le  spese. 


—  99  — 

Frècio  (B),    fratello  (Biondelli)  ;  borg.   freire;  lat.  frater,    fratello. 

Frèid  (B),  freddo;  borgog.  freid,  id.  (Biirguy,  froit). 

Frèisa  (F),  sorta  d'uva;  fr.  fraise,  fragola,  a  cagione  del  suo  sa- 
pore. 

Frèja,  (rèa,  friè  (B),  fregola,  dei  pesci  ;  borgog.  frejer,  froier  ;  fran- 
cese frayer,  frai  (Burguy,  froier). 

Frèl  (L),  fratello;  lat.  fratellus,  dim.  di  frater. 

Frèsa  (F),  saetta  del  trapano,  gorgiera,  zabò  ;  fr.  fraise,  dalla  forma 
del  ferro  simile  ad  una  fragola;  fr.  fraise,  colletto  alla  spa- 
gnuola  del  16"  secolo;  fraiser,  increspare. 

Friàja  (D),  bricciola,  fruèja.  V.  F'rvàja. 

Friceìil  (F),  frittella,  frittola;  fr.  frire,  friggere. 

Friceùl  (I),  librattolo;  dall'it.  libricciòlo,  (bricieul,  fricieul). 

Frìcio  (I),  anello   (Biondelli);  it.  fregio  (Diez,  fregio). 

Friciolè  (P),  friggere;  provz.  fregi,  id. 

Fricudè  (F),  scialacquare  (Biondelli);  fr.  fricoter  tout  son  hien, 
scialacquare  il  fatto  suo, 

Friplè,  friplón  (F),  stracciare,  straccione;  fr.  friper,  sciupare;  fri- 
pon,  canaglia. 

Fris  (L),  trecciòlo;  b.  lat.  frisium,  ricamo  (Littrè);  borgog.  frisle, 
fibbia;  latino  flectere,  intrecciare  (Burguy,  orfrais). 

Frisa  (L),  minuzzolo;  lat.  affrio,  ridurre  in  polvere;  greco ^no,  se- 
gare: celt.  hris,  rottura;  roumancio  frir,  gettare;  anglo-sassone 
òrice,  frammento. 

Frisa  (F),  coltre  da  mortorio;  fr.  frise,  id. 

Frisàja   (D),  legumi.  V.  Frzaja. 

Frognè  (D),  frugare.  V.  Froujè. 

Fròlo  (F),  morbido,  tenero,  pan  fròlo  (Alfieri),  pan  molle  ;  francese 
fróler,  toccar  leggero;  it.  frollo,  sollo. 

Fròsna  (I),  ital.  fiocina  per  pescare. 

Froùj  (F),  catenaccio:  fr.  verrou,  id. 


—  100  — 

Froujè  (SL),  frugare;  slavo  vrojo  da  vret,  scavare;  frane.  fouUlery 
fruirire. 

Froujèl  (B),  fratello;  borg.  freire,  id. 

Frust  (L),  logoro;  lat.  friistum,  pezzo  (Diez,  frusto). 

Fubiàna  (L),  salamandra,  lucertola  del  Canavese;  lat.  foveàna,  da 
fovea,  fessale. 

Fùfna  (T),  gherminella;  ted.  x>fiffig,  astuto,  da  pfiff,  astuzia. 

Fumé  (B),  sbuffar  per  collera  ;  borgog. /«mer,  ftimare  (Burguy,  funi). 

Fumèla  (F),  fumlè,  fumlàn,  donna,  donnaiolo  ;  fr.  fernette,  femmina. 

Fùrfa  (F),  calca,  folla  irruente;  fr.  fourrer,  ficcare,  col  raddoppia- 
mento della  prima  sillaba  in  senso  intensitivo:  foiirr,  fourrer^ 
donde  foùrfou,  fùrfe,  fùrfa. 

Furiòn  (F),  riàvolo  dei  fornelli  de 'vetrai  e  fornai;  fi-,    fourgon,  id. 

Furnì  (L).  finire;  b.  lat.  frunire,  id.  (Promis). 

Furti,  fourtì  (P),  ostinarsi  nella  propria  opinione  ;  asseverare  contro 
verità;  provz.  affourtì,  id. 

Fustignè  (L),  frugare;  lat.  fustis,  bastone  (Diez,  frugare). 


101  — 


c^ 


Gàba  (C),  bindolo;  chi  dice  una  cosa  e  ne  fa  un'altra  (Alfieri); 
celt.  gai)  scherzo,  ital.  gabbo,  gabbare. 

Gabèla  (I),  litigio;  tachè  gahèla,  zuffa  a  mani  vuote;  ital.  gabella; 
affigger  l'editto  di  un'imposta  e  conseguente  resistenza  a  non 
volerla  pagare. 

Gabiàn  (T),  stolido;  a.  ted.  galauhjan,  credere  (Diez,  ricredersi), 
credenzone. 

Gablè,  gabloùs  (D)  (Zalli),  questionare,  litigioso.  V.  Gabèla. 

Gaboìija  (P),  alterco;  provz.  garbugi,  disputa;  fr.  grabuge,  lite, 
briga,  y.  Gabèla. 

Gabùs  (F),  cavolo  capuccio,  uomo  ostinato  ;  fr.  cJioux  cabus,  cavolo 
cestuto,  difficile  a  sfogliare,  quindi  la  caparbietà. 

Gacìn  (F),  fouricc,  manovale  muratore;  fr.  gàcher,  impastare  la 
calce. 

Gadàn  (SL),  stolido,  semplicione;  slavo  gadina,  uomo  stucchevole. 

Gag'tta  (F),  grilletto  d'arma  da  fuoco;  fr.  gdcJiette,  id. 

Gàida  (LB),  gherone;  longobardo  gajda  (Diez,  ghiera),  id. 

Gaitàgi  (DP),  guardia  notturna;  dal  piem.  vaitè;  ted.  Wcichter, 
guardiano  (Cibrario). 

Gàj,  gàja,  glie  (F),  corvo  ghiandaio;  fr.  geai\  lat.  gracìilus,  gazza. 

Gajòfa  (L),  gorgozzule  ;  lat.  Galli  offa,  elemosina  (Diez,  gaglioffo). 

Gàia  (L),  sfoggio,  ornamento;  palla  di  legno  pel  gioco  della  neusa; 
lat.  elegans;  borgog.  gale  (Burguy,  id)  gala.  Y.  Ghila. 

Galafròn,  galafrtiè,  galafrè  (B)  (Zalli),  mangione;  borg.  galàfre 
(Mignard,  se  gaulfretiè);  provz.  galavard,  mangione. 

Galarìn  (F),  piletta  a  cannella;  fr.  galerie,  sfogo  per  acque. 

Galarù  {l),galàss,  galinè,  gallerino,  civettone;  it.  galloriare,  gal- 
luzzare:  gallo  della  checca  -  tutto  vuole,  tutto  becca  (Muratori). 


—  102  — 

Galavèrna  (C),  brinata;  celtico  galerne,  gwalarn,  vento  NNO  (Bur- 
guy,  galerné). 

Galàvia  (D),  trebbia;  metatesi.  V,  Cavalla. 

Galinè,  galinòjre  (D),  effeminato;  ital.  gallina.  V.  Galarù. 

Galìtole  (L),  salòdre,  salidole,  sark7o?a,  5ewse*>o?m,  fungo  prataiolo  ^ 
lat.  holetus  cantharellus,  da  canthtis,  forma  di  vaso. 

Galòrda  (C),  popone  scipito  di  Chieri  (?);  celtico  galradh,  malattia. 
Galòria  (I),  allegrezza  grande;  ital.  gallòria. 

Galòssa  (F),  caloscia,  calzatura,  pala  di  legno;  fr.  galoche;  latino 
gallica,  calzatura  gallica  che  copre  le  scarpe  :  così  \ien  chia- 
mata la  pala  perchè  ne  imita  la  forma. 

Galucè,  galussè  (D),  sbirciare.  V.  Luscìiè;  lat.  hi-lusco  (Diez,  her- 
lusco);  ga  per  ba. 

Galùcio  (I)  (Zalli),  parte  dolce  della  noce  se  cavata  intera,  gher- 
lucio;  it.  gheriglio. 

Galufrè  (D),  scuffiare  (Biondelli),  per  galafrè.  V.  Bafrè. 

Galùpp  (F),  leccardo,  ghiottone  ;  fr.  goulu,  gouliafre  (Diez,  gouliard), 
lat.  gulosus^  id.  —  consta  l'è  galùpa!  questa  è  ghiotta  ! 

Gamàcio  (B),  gimèro,  gh'rnàcc',  nano;  borgog.  gamache,  calzatura 
bassa. 

Gambòssa  (D),  quarto  del  cerchione  della  ruota.  V.  Canibòssa. 

Gamlòt  (F),  drappo  di  pelo  caprino;  fr.  camelot;  b.  lat.  camelòtuwiy 
da  camèlus,  id. 

Gamòro  '(D),  burbero,  zotico.  V.  Camotiro. 

Ganàssa  (I),  mascella,  mangione,  chiacchierone;  ital.  ^a«asc«a ;  la- 
tino ganea,  taverna,  ganeo,  ubbriacone. 

Gambìsa  (P),  collare  di  legno  per  legare  il  bestiame  in  stalla  ; 
provz.  gambi,  id.,  per  appendere  i  sonagli  alle  pecore. 

Gàncio  (I),  ruffiano;  ital.  ganzo,  ganzare,  far  all'amore. 

Gàndia  (GT),  ghèro,  bastone  ricurvo  per  cacciare  la  gala  nel  gioco 
della  neusa:  gotico  vandian,  far  girare  (Burguy,  gandir). 

Gangàj  (GT),  dipanino;  gotico  ganga,  ÌQà.gehen,  andare  (girando). 


—  108  — 

Ganivèl  (P),  sbarbatello,  bricconcello;  ital.  ganimède-,  t^toyz.  ganipo; 
fr.  guenipe,  donna  da  trivio. 

Gànssa  (T),  cappietto,  trecciòla;  fr.  gmtse,  trina. 

Garabìa  (F),  garahùgg'  (Zalli),  garbuglio  ;  fr.  charabia,  parlar  che 
non  si  fa  capire  (Littré). 

Garabìa,  noce  grossa.  V.  Giungale. 

Garàoda,  garàuda  (C),  cianca,  calzatura  di  feltro  per  riparar  le 
gambe  dal  freddo;  gambe  sottili,  uomo  mal  calzato;  cimrico 
gàr,  coscia;  brettone  gar,  tibia  (Diez,  garra). 

Garavèla,  garavlù  (F),  caussinass,  sfasciume;  fr.  gravier, gravois, 
vfr.  grave,  greto;  provz.  gravo,  ghiaia,  gravas,  burrone. 

Garaviolè  (P),  caraviolè,  salire  a  disagio  come  chi  va  su  per  una 
breccia.  V.  Garavèla. 

Garbàgna  (B),  cestone;  borgog.  garbe,  covone,  pel  cui  trasporto  è 
fatta  la  garbàgna. 

Garbè,  gh'rbè  (B),  ventre,  pancia  (Biondelli);  borgog.  garbier,  ma- 
gazzeno del  pane. 

Garb'na  (D),  vuoto  d'un  albero  (Zalli),  pancia  della    pianta.  Vedi 
,    Garbè. 

Garbin  (D),  truogolo.  V.  Àrbi. 

Garbìna  (D),  corbina,  gerla.  V.  Garbàgna. 

Garèla  (F),  gJdtida,  sghembo  ;fr.  se  garer,  farsi  in  disparte,  cam- 
minar a  sghembo. 

Gargamèla  (P),  strozza;  provz.  gargamèla,  lat.  giirges,  greco  gar- 
gareon,  gozzo. 

Gargh  (T),  pigro;  ted.  Jcargr,  pigro  (Diez,  gargó). 

Gargoujè,  giargoujè  (F),  cinguettare;  fr.  gasouiller,  id.  V.  G'rgon. 

Gargòta  (F),  bettolaccia;  fr.  gai^gote,  id. 

Gariboldìn  (I)  (Zalli),  garibaldin  (S.  Albino),  passap'rtut,  grimal- 
dello, chiave  falsa  ;  dall'  ital.  rubare,  da  cui  si  ha  prima  ru- 
baldo,  poi  ribaldo.  (Diez,  ribaldo).  Il  prefisso  ga  è  particella 
intensitiva.  Quindi  ga-ribaldo,  gribaldo  modificato  in  grimaldo 
origina  il  diminutivo  italiano  grimaldello  ed  il  diminutivo  pie- 
montese gribaldin,  garibaldin. 


—  104  — 

Garibolè  (P),  frugare  forando;  provz.  garrì ^  piem.  giari,  sorcio; 
hoier,  sfondare,  forare  (Bartsch). 

Garicc',  garìj  (G),  gheriglio;  greco  karia,  nocciolo. 

Gariè  (F)  (Biondelli),  scavare;  francese  curer,  per  nettare;  latino 
curare,  id. 

Garìj  (I).  dia  ciàv,  ingegni  della  chiave;  ìtal.  gheriglio;  per  la  so- 
miglianza che  questi  ingegni  hanno  col  gheriglio  della  noce. 

Gariòt  (F),  strozza;  fr.  garguelotte;  arabo  gargua,  id.  (Diez,  gar- 
gatta). 

Garnàcc*  (S),  ciarpame  ;  spagn.  garnacha,  vesti  de'  giudici  di  Tri- 
bunale. 

Garsamèla  (P),  laringe,  gola;  provz.  gargamela  (Diez,  gargatta); 
composto  dell'elemento  garge  ;  (lat.  gurges)  e  del  guascone  gamo, 
gola  (Burguy,  gargate). 

Garsèul  (I),  cacchio  della  vite,  grùmolo  del  cesto  erbaceo;  italiano 
garzuolo. 

Gariìlla  (R),  meretrice;   borg.   garul,  uomo  lupo  (Burguy,  garoT). 

Garusòla  (B),  stamberga  ;  borg.  garison,  garite,  rifugio  ;  provz.  garrì, 
topo,  topaia  (Burguy,  garir). 

Garv  (T),  sollo,  terreno  non  assodato;  ted.  gcirhen,  conciare. 

Gasìa  (L),  acacia;  lat.  acacia,  id.  (Littrè),  greco  akakìa,  id. 

Gàta  (B),  bruco,  litigio;  borg.  gaster,  devastare:  provz.  gatignoux, 
uomo  fastidioso,  che  rode  pian  piano  come  fa  il  bruco. 

Gatabùja  (IG),  prigione;  ingl.  gate,  porta  e  borg.  buje,  ceppi. 

Gatafrìist  (L)  (Zalli),  fionda,  guasto  dal  latino  catapulta,  macchina 
per  lanciar  saette. 

Gatagnàu  (P),  onomatopea  del  gatto  che  miagola;  provz.  gaiami- 
aulo,  id.  Significa  anche  andar  carpone,  come  i  gatti. 

Gàta  morbàna  (L),  impostore;  latino  morbonia,  ire  niorboniam, 
andar  al  diavolo. 

Gatiè  (P),  solleticare;  gatìj,  solletico,  provz.  gatJiìà,  gatìllar,  fran- 
cese cìiatouìller,  ted.  hìt-seln,  titillare  (Diez.  cJiatouìller). 


—  105  — 

Gaudinète  (B),  allegria;  borgog.  godinete,  donne  del  bel  tempo; 
lat.  gaudére,  godersela. 

Gav,  gàva  (S),  buca  più  profonda  che  larga;  spagn.  gavia;  italiano 
cava. 

Gavàss  (F),  pirlo,  gozzo  ;  fr.  gave,  gozzo  degli  uccelli  (Littré,  Diez, 
gave)',  slavo  gavarrir,  parlare. 

Gavassè  (F),  ammassare;  fr.  gaver,  empir  il  gozzo. 

Gavèj,  cavèi  (R).  gàvio,  raggi  di  ruota  ;  roumancio  gaveigl,  id.  ;  la- 
tino cavus,  corrispondente  al  greco  campsis  ed  al  lat.  aòsis  di 
cambossa. 

Gavèl  (P),  cavalletto;  fr.  javelle,  fascio  di  listelli;  provz.  gaveon, 
sermento. 

Gàvia  (L),  conca,  catino;  lat.  cavea,  apertura  in  genere,  da  cavus, 
concavo. 

Gavìgn  (L),  viluppo  intricato  di  cose  filamentose  ;  lat.  vincliim,  vin- 
cire,  vìncolo,  legare:  il  prefisso  ga  per  ha  è  particella  peggio- 
rativa, quindi  cattivo  vincolo,  garbuglio. 

Gèira  (D),  ghiaia;  it.  gìiiara,  rena  grossa  mescolata  con  sassolini. 
V.  Giajre. 

Gèna  (F),  impaccio,  soggezione;  fr.  gène  (Diez,  ib.),  v.  fi: gehenner, 
prendersi  soggezione;  ebraico  gehenn,  donde  l'inferno  dei  nostri 
preti.  Max  Mùller  nella  Scienza  del  linguaggio  scrive:  «  ben 
si  sa  che  Gehenna  fu  da  prima  il  nome  della  valle  di  Hinnom, 
presso  Gerusalemme,  il  Tophet,  dove  i  Giudei  bruciavano  i  loro 
figli  e  le  loro  figlie  nel  fuoco  e  di  cui  Geremia  profetizzò,  sa- 
rebbe detta  la  valle  dell'  uccisione,  perocché  «  essi  seppelli- 
ranno in  Tophet,  finché  non  vi  resti  più  posto  »  —  Ben  pochi 
pensano  adesso  ai  sacrifizi  offerti  da'Giudei  a  Moloch  nella  valle 
di  Hinnom,  quando  richiedono  i  loro  amici  di  non  darsi  inco- 
modo e  dicono  «  ne  vous  génez  pas  ».  Cornovagliese  gene, 
vessazione  (Biondelli). 

Geneùria  (L),  gentaglia;  lat.  gaenus,    -eris,  razza;  ital.  gente  ria. 

G'nit,  g'nic  (G),  genuino,  puro;  greco  gnisios,  autentico;  Ì3Ltjunix; 
fr.  genisse,  giovenca. 


—  106  — 

Gent,  avèi  cV  geni  (F),  partorire  ;  lat.  genitus^  generato  ;  grama  geni, 
canaglie  !  fr.  gens,  popolo. 

G-èp,  giàpp  (0),  latrato,  scatto  di  voce  canina.  Onomatopea. 

Gèrba,  g'rhola  (F),  covone,  giavella;  fr.  gerhe;  provz.  garba,  fascio 
di  grano  tagliato;  greco  karjìòs,  grano. 

Gèrbo,  gèrhola  (D),    pane,  cioè  il  prodotto  del  covone.   V.   Gerla. 

Gèrbola,  gerh  (P),  sodaglia;  provz.  ger,  gerhou,  motta  coperta  di 
erba  minuta. 

G'ergoùj,  g'rgouiè,  giagoujè  (F),  gorgheggiare;  fr.  gazouiller,  il 
ciaramellare  degli  uccelli. 

G'rgoìin  (T),  lingua  corrotta  o  birbesca;  fi\  jargon;  it.  gergo. 

Gèrla,  orcio  (P),  provz.  gerlo;  vfr.  geurle,  id. 

G'rlè,  g'erlèra  (L),  persona  sudicia;  lat.  geridus,  facchino;  gerula, 
bambinaia. 

G'ta  (L),  gettaione;  git,  seme  del  gettaione;  lat.  gethyum;  borgo- 
gnone gleton,  nigella;  ted.  Mette,  id. 

G'tàl  (B),  stringa;  borgog.  giet,  legame  (Burguy,  geter). 

G*tì  (I),  squittire;  it.  zittire;  fr.  clatir;  il  gep  del  bracco  che  insegne 
il  lepre.  V.  Sch'sì. 

Gh'ddo  (F),  garbo,  grazia;  fr.  se  guinder,  affettarsi,  smancerie,  — 
vocabolo  preso  dai  pittori,  fr.  giiède,  pastello,  pittura  molto 
aggiaziata  e  di  colori  vivaci  ;  desse  d'  gh'ddo,  far  il  grazioso. 

Ghègia  (R).  voce  di  sprezzo  per  donna;  roumancio  giegia,  violino; 
frane,  gagiii,  donna  pacioccona  (Littré).  Così  per  dire  che  una 
donna  vai  pochi  denari,  si  dice,  Tè  na  ghègia  da  hon  pat,  un 
violino,  cioè  strumento  da  suonare,  che  costa  poco. 

Ghèisi  (D),  fame  (Biondelli).  V.  Sgheiìsa. 

Gh'mne,  glnmne  (T),  modi  affettati;  tedesco  ivimmern,  lamentarsi; 

borgog.  gemer,  gemere    (Burguy,  it.),  star  sempre  sul  quipH  e 

quindi  (w-gu). 
Ghen,  ghin  (C),  majali  (Biondelli);  celi  grein,  gruina,id.{F\ech\a.). 

V.  Crin:    da  stretji   drent  gist  cmè  ant  ra   fanga  i  ghin;  da 

cacciarviti  dentro  giusto  come  nella  fanga  i  majali.  —  (Sonetto 

del  Ferraris). 


—  107  — 
Gh'nìa  (G),  cosuccia,  bazzecola;  greco  gnì,  nulla. 

Ghèr  (P),  guardatevi!  esclamazione;  provz.  gueiro!  fr.  gare!  v.  te- 
desco waron,  se  garer,  guardarsi. 

Ghèrcc'  (I),  storto;  ital.  guercio. 

Gh'rmo  (I),  hiò,  cesto  pei  pulcini,  e  per  avviare  i  bambini  ai  primi 
passi.  V.  Biò;  Gh'rmo  per  V'rmo;  ital.  vermena^  sottile  i-amo- 
scello  di  pianta. 

Gh*rnàcio  (DP),  omiciattolo,  arfasatto  (Ponza);  dal  piem.  Gh'rmo, 
cioè  tanto  alto  che  cammina  dentro  il  cesto  dei  bambini. 

Ghèro  (P),  bastone  ricurvo  pel  gioco  della  neusa;  fr.  garer,  evitare, 
perchè  con  esso  si  cerca  di  disviare  la  direzione  della  gala  alle 
buche. 

Gh'rssa  (P),  gh'rssiòt  o  niicòn,  gKrssìn;  sorta  di  pane  lungo  ri- 
dotto a  bastoncino;  provz.  greisso,  graticcio,  sul  quale  appeso 
al  soffitto  si  disponeva  il  pane  per  la  famiglia.  Rousseau  nelle 
sue  Confessioni,  epoca  A.  1728  al  1731,  racconta,  che  «  on  me 
donna  de  la  giunca  (du  lait  caillé)  et  avec  deux  grisses  de  cet 
excellent  pain  de  Piémont,  que  j'aime  plus  qu'aucun  autre,  je 
fis,  pour  cinq  ou  six  sous,  un  des  bons  dìners  que  j'aie  faits 
de  mes  jours.  —  Ma  giunca,  mon  fromage,  mes  grisses  et  quel- 
ques  verres  d'un  gros  vin  du  Monferrat  à  couper  par  tranches, 
me  rendaient  le  plus  heureux  des  gourmands  ».  V.  Grissìn. 

Gh'rssè  (D),  spicciarsi;  argr'ssè,  ardrissè,  metter  ordine.  Vedi  Ar- 
cJrissè. 

Ghèta  (F),  uosa,  puttana;  fr.  guétre,  uosa;  borgog.  gaitreux,  pez- 
zente (Diez,  guétres). 

Gheusàja  (F),  bordaglia  ;  fi\  gueusaille,  id.;  spagn.  (/««sano,  verme; 
ted.  gesindel,  canagliume  (Diez,  fourmiller). 

Ghicc*  (T),  bugigattolo;  scandinavo  ivili,  ridotto  (Littré). 

Ghicèt  (F),  sportello;  fr.  guichet,  finestrino  ad  altezza  d'uomo. 

Ghìga  (F),  c'cca,  buffetto;  fr.  chique-naiide,  id.  V.  Ceca. 

Ghigna  (F),  aspetto,  ordinariamente  ceffo  ;  fr.  guigner,  guardar  sot- 
t'occhi;  spagn.  guinar,  ammiccare,  far  l'occhiolino;  òruta  ghi- 
gna, brutto  ceffo. 


—  108  — 

Ghignoùn  (F),  dispetto,  disdetta;  fr.  guignon,  guigner,  disdetta  al 
gioco;  borg.  verguigne,  vergogna. 

Ghìla  (B),  palla  pel  gioco  della  neusa;  gala;  borg.  guile,  furberia, 
perchè  si  cerca  far  entrare  la  gìiila  in  una  buca,  malgrado  l'op- 
posizione del  gliero. 

Ghinda  (F),  gvìnda,  glugnàrda,  garèla  (E.  d'Azeglio),  sghembo; 
fr.  guingois,  contrario  alla  linea  retta  (Littré);  ted.  ivindung, 
circonvoluzione  ;  andè  d' ghinda,  il  barcollare  dell'ubbriaco. 

Ghinoùja  (DP),  giudeo;  dal  pieni,  del  Monferrato  ghen,  ghin,  ma- 
jali;  slavo  gibnut,  ridotto  a  mal  partito. 

Ghiòmo,  diòjmo  (D),  pialla  spanderuola.  V.  Biòpno. 

Ghirindòn  (F),  candelabro;  fr.  guéridon,  id. 

Ghisa  (F),  ferraccio;  francese  gueuse,  id.;  tedesco  guss,  fondita 
(Diez.  gueuse). 

Giàc,  giàea  (I),  giubba;  ital.  giaco,  corsaletto  in  maglia  di  ferro. 

Giàj  (F),  nero;  fr.  jais,  giavazzo,  sorta  di  bitume  nero. 

Giàj  (DP),  voglia  (Biondelli):  è  un  guasto  di  goj  piem.,  gusto. 

Giajètt  (F),  minutissimi  anelli  di  vetro  colorato;  fv.ja'iet;  greco  ga- 
gdtis;  ital.  giajetto,  id. 

Giajeìil  (I),  ital.  gliiaggiòlo,  iride  bulbosa,  pianta  le  cui  barbe  hanno 
un  grato  odore  di  viola  mammola. 

Giajolà,  gajolà  (I),  chiazzato  di  varj  colori,  vajuolato;  ital.  vajo, 
diventar  vajo,  nereggiare  come  fa  l'uva  maturando;  e  analoga- 
mente butterato  dal  vajolo. 

Giàjre  (L),  ghiaie;  lat.  glarea,  id.;  it.  gliiara. 

Giagoujè  (D),  rimestare  nell'acqua.  V.  Ciagoujè. 

Giamèj  (I),  da  capo,  voce  carapagnuola;  ital.  ora  meglio,  ricomin- 
ciamo ! 

Giandùja  (DP).  maschera  vero  tipo  piemontese  d'uomo  astuto  ma  one- 
sto, leale,  coraggioso,  non  spavaldo;  Nicomede  Bianchi  lo  dice 
succeduto  alla  maschera  più  antica  di  Gironi  e  dà,  per  origine 
del  suo  nome ,  il  piem.  Giovàn  dia  doùja,  originario  di  Caglia- 
netto  della  Valle  immaginaria  di   Dondona,  o  dell'Ondona.  V. 


—  109  — 

Bouja.  Però  in  russo  tsciànn  vuol  dire  tinozza  e  doìf,  mungere, 
bere  (Canini):  non  si  potrebbe  riferire  l'origine  del  nome  di  Gian- 
diija  allo  Slavo  tscian-dojo —  bevo  nel  tino? 

Gianìn,  (DP),  gioanìn,  baco  che  guasta  le  frutta,  bruco;  forse  dal 
piem.  giovanìn,  che  si  sviluppa  nel  San  Giovanni  in  fin  di 
giugno. 

Gianssè  (F),  combinare;  fr,  cìianche,  sorte. 

Giappè,  giapì  (D),  squittire.  V.  Gep. 

Giaràda  (D),  di  carriera;  ted.  gerade,  dritto. 

Giargiàtole  (I),  ninnoli,  ital.  giocattoli. 

Giargotin  (D),  dialetto  guasto.  V.  G'rgoùn. 

Giàri  (P),  topo,  sorcio;  provz.  garri,  topo;  ted.    scharren,  grattare. 

Giàss  (L),  strame  ;  lat.  jacére  ;  ital.  giaciglio. 

Giàssa  (F),  vetro,  specchio,  ghiaccio;  fr.  giace,  specchio  e  ghiaccio. 

Giassìl,  ciassìl  (F),  imposta  di  finestra;  fr.  chàssis,  id. 

Giatèsse  (L),  millantarsi;  lat.  jactari;  ital.  giattanza. 

Giaunìssa  (F),  itterizia;  h\  jaimisse,  id.  ;  (lat.  morbus  regius,  ma- 
lanno dei  Re). 

Giavèla  (F),  manata  di  spighe  ;  fr.  javelle  ;  lat.  capella  (?)  (Littrè), 
(Diez,  gavela). 

Gibassè  (F),  borsa  di  cacciatori  e  signore  ;  fr.  gihecière,  dal  v.  fran- 
cese gihecer,  cacciare  selvaggina,  poi  borsa  per  signora,  che  si 
portava  appesa  al  braccio;  provz.  agihassido,  gobbo,  panciuto. 

Giborè  (F),  acciarpare;  fr.  chafourer,  imbrattare. 

Gic,  gichè,  gite  (D),  germogliare.  V.  Git. 

Gieìij  (D),  gioglio,  loglio.  V.  Leùi. 

Gigg*,  g'igèt  (C),  uzzolo,  gaiezza,  vivacità;  celtico  gig,  solletico; 
slavo  jijn,  vita;  (le  due  j  pronunciate  alla  francese). 

Gigh  (IG),  calessino;  ingl.  gig.  id. 

Gigiò  (D),  voce  infantile  per  cavallo.  V.  Gigg\ 

Gilantè  (F),  altalenare;  per  hilautè,  fr.  halancer,    id.  V.  Gilichet. 


—  110  — 

Gilàrd  (L),  sporcaccione;  lat.  hi-luridus,  due  volte  sudicio.  V.  G^*- 
ì'ccUt 

Gilichèt  (F),  leggiadrino ;  fr.  Ulicher,  leccare,  cosa  ghiotta,  —  po- 
trebbe anche  esserne  elemento  il  pagliaccio  Gille,  già  rinomato 
in  Francia,  e  cosi  gilautè^  equivarrebbe  a  fuggire  a  modo  di 
GiU;  gilard,  sarebbe  Gille  col  suffisso  ard  spregiativo,  e  gili- 
chèt sarebbe  Gill  col  suffisso  lucliet,  grazioso. 

Gimèro  (S),  gamàcio,  uomo  bassotto;  spagn.  cimerò,  cosa  che  forma 
punta,  cosa  piccola. 

Gin,  od  Agìn  (B),  cofanetto  di  cartone  più  o  meno  ricco  di  pa- 
gliuzze d'oro,  dentro  il  quale  le  Ciiisine  racchiudono  le  treccie 
de'loro  cappelli  e  così  forma  il  centro  di  una  acconciatura  del 
capo  graziosissima.  Forse  è  un  diminutivo  del  magio,  magìn: 
il  roumancio  ha  agien,  mirifico  ;  aguin,  spillone  ;  ma  l'elemento 
di  questo  vocabolo  vuol  essere  cercato  nel  borgognone.  V.  Magio 
e  Giojìn.  È  notevole  che  in  Russia  (Tartaria)  la  festa  d'uno  spo- 
salizio si  chiama  djiìnn,  (j  fr.). 

Ginbè,  gonhè  (L),  curvar  il  legno  col  fuoco;  lat.  gibhosus,  gobbo; 
ted.  hiegen,  gebogen,  curvare,  curvato. 

Ginoujoìin  (R),  ginocchioni  ;  horg.  àgitioillons;  h:  genou,  ginocchio. 

Giòbia  (L),  gieùves,  giovedì,  per  giòvia;  lat.  Jovis  dies;  spagnuolo 
jueves  (Diez,  giovedì).  Un  proverbio  cosmopolito  è  quello  della 
smana  dij  tre  giòhia,  la  settimana  dei  tre  giovedì,  per  indicare 
un  avvenimento  impossibile  a  verificarsi;  Flammarion  nella 
Astronomia  popolare  racconta  il  fatto,  da  cui  in  Spagna  ebbe  ori- 
gine questo  proverbio. 

Giòja  (L),  esclamazione  d'affetto;  lat.  di  Plauto  jo/wa.'  caro  mio! 

Giòje,  ciòje,  ciàve  (F),  cornacchie;  fr.  choucas;  ted.  chouch,  pic- 
cola  cornacchia  (Littré). 

Giojìn  (F),  monili,  giojelli;  fr.  joyaux,  le  gioie;  b.  lat.  joeales 
(Littré)  —  figurativo,   7  me  giojìn,  il  mio  tesoro. 

Giòjo  (F),  amante,  tesoro;  fv.  joyau,  giojello. 

Giojoùs  (P),  allegro,  contento;  provz.  jhouyoiix;  fr.  joyetix,  id. 

Giòia  (T),  fiamma,  alle(;-i a  (Biondelli);  teutonico  joZ,  giulivo  ;  slavo 
jgla  (j  fr.)  bruciata,  lai  verbo  jetsch  (j  fr)  ;  gaelico  giolam,  festa 
(Biondelli). 


—  Ili  — 

Giòncole  (L),  giùngole,  catena  per  legare  i  bovi  al  giogo;  latino 
junceus,  di  gionco;  ìa.t  jungere,  Gongìangere;  jugum,  giogo. 

Giontrài  (B),  dontrài,  dontrè,  due  o  tre,  alcuni  (Biondelli);  il  gi 
per  di;  borgog.  doux-trei,  id. 

Giòra  (G),  vacca  vecchia;  greco  ghiràos,  vecchio,  ghiràja,  vecchia; 
ted.  gurre,  rozza  (Diez,  gorre). 

Gioùc,  giùc  (P),  pollaio;  provz.  aijouquiè,  s'ajoucà,  jucher,  appol- 
laiarsi; fr.  jucJwir,  bastone  del  pollaio. 

Gioìijro  (DP),  sudicione,  l'amoroso;  gi  per  bi;  bi-oujro,  due  volte 
sudicio  e  per  contrario,  il  mio  bello,  me  gioujro!  dal  piemon- 
tese oujro,  otre. 

Giouvatà  (F),  ò'rgioatà,  per  gioiatà,  screziato,  splendente  di  vari 
colori  a  guisa  di  gemma;  fr.  joyau,  gioiello. 

Gioìivo  (P),  giovane;  provz.  jove;  lat.  juvenis  (Burguy,  j«(e/)ie),  id. 

Gìpa  (B),  giubba;  horg.gipe;fr.jupe;teà.gippe,  id,  (Diez,  giubba). 

Girab'rchìn  (F),  trapano  a  mano;  fr.  vrille-brequin,  id. 

Girolè  (I),  sciamare;  ital.  girellare. 

Giromèta  (F),  la  moglie  di  Giróni,  poi  del  suo  successore  Gian- 
diija;  fr.  Jeromette;  —  cantalena  rusticana: 

«  Girom'ta  die  montagne 
«  torna,  torna  a  to  pajis 
«  va  a  mangè  le  toe  castagne, 
«  e  lassa  stè  '1  nost  ris  »  ecc. 

Giróni  (P),  maschera  piemontese  antecessore  del  Giandùja;  stesso 
tipo,  ma  un  po'  più  bonaccione,  come  erano  più  tranquilli  i 
tempi  in  cui  esso  agiva  sul  teatro;  provz.  Girorme;  italiano 
Girolamo. 

Git,  gite  (F),  rampollo,  germogliare  ;  fr.  jet,  nuovo  germoglio  del- 
l'albero. 

Giumàj  (T),  oramai;  ted.  zu  mal,  una  volta;  lat.  jamjamque,  id. 
(Zalli). 

Giùn  (F),  digiuno;  fr.  jeiin;  horg.  geun,  id. 

Giungale  (F),  grosse  noci;  lat.  jùnglans  nuxy  id. 


—  112  — 

Giuràje  (B  ).  confetti  decfli  sponsali  :  borg.  jùrer,  fidanzare  (Burguy, 
id.);  in  Val  Stura  di  Lanzo  si  distribuiscono  noccioli  dalli  sposi. 

Giìiss  (F),  sugo:  lat.  jus;  fr.  jus,  id. 

Giutè  (L).  aiutare;  lat.  af?;Mfare,  sollevare;  provz.  ajudà;fr.  aider, 
aiutare. 

Givo  (G),  scarafaggio;  greco  kifin,  calabrone. 

Gnèro  (P),  piccolino  mal  cresciuto;  provz.  niero,  pulce. 

Gniàc,  nacc  (I)  (Zalli),  che  ha  il  naso  schiacciato;  metatesi  di  cagn; 
it.  rincagnato,  che  fa  la  smorfia  del  cane  ringhioso. 

Gniàgnera  -  ara  (R),  dispetto,  pigrizia;  lat.  indignatio,  sdegno; 
am  fa  vnì  la  gniàgnara.  mi  impazienta;  roumancio  ^«ew,  gne- 
gnar,  gemere. 

Gniànca  (I),  ital.  neanche;  gniànca  p'r  futi  i  gniànca.  in  nessun 
modo;  —  a  marcia  eh' la  camisa  ai  loca  gniànca  'Icul,  marciar 
impettito. 

Gniaognè  (0),  miagolare:  onomatopea;  fr.  miaider,  id. 

Gniàrd  (F),  pigro,  vizioso:  aferesi  del  vfr.  mignarder,  vezzeggiare. 

Gnièc,  gnìc  (L),  schiacciato,  massiccio,  stramazzone;  lat.  necto,  ag- 
glomerare ;  slavo  gniess,  premere  ;  greco  neo,  ammassare  —  per 
analogia  colpo  dato  sul  terreno  da  corpo  che  cade.  V.  Patagniéc. 

Gnièla  (I),  gitterone,  erba;  it.  nigella,  id. 

Gnìfa,  sgnìfa  (T),  smorfia  del  bambino  che  si  dispone  a  piangere; 
ingl.  neese,  naso;  ted.  niesen,  starnutare;  svizzero  niffen,  arric- 
ciar il  naso  (Diez,  niffa). 

Gniòc  (S),  stupido,  manicaretto  di  pasta;  spagn.  gnoclos,  it.  gnocchi, 
e  per  analogia  uomo  impastato  alla  buona. 

Gniòca  (1),  grùzzolo  di  denari,  battitura;  ital.  nocchio,  gonfiamento 
ne'rami  degli  alberi,  per  similitudine  un  pacco  di  denari;  pro- 
venzale agnoco,  ammaccatura  ;  pan,  vin  e  gnoca ,  ospite  che 
offre  ogni  ben  di  Dio,  per  cui  dal  1848  in  poi  fu  famoso  e 
ben  sfruttato  il  Piemonte. 

Gniògne  (S),  moine  ;  spagn.  noTio,  vecchio  rimbambito ,  fr.  mignar- 
dise,  mignonnement,  vezzeggiare. 


—  113  — 

Gniùc,  gniùca  (E),  testardo,  testa;  roumancio  ^rm'wcc,  stupido;  fran- 
cese nuque,  it.  nuca;  greco  knikos,  montone. 

Goblòt  (F),  bicchiere;  fr.  gobelet,  ciòtola. 

Goernè  (L),  guardare,  conservare;  lat.  guhernare,  id.  (Tlechia). 

Goff  (I),  gaglioffo;  it.  goffo,  spagn.  gofo,  id.  (Diaz,  goffo)\  —  gof 
coni  un  tupìn.  V.  Tupìn. 

Gògio,  gogò,  gogò  (F)  (Zalli),  cattivo  mulo,  babaccione  ;  fr.  nigaud, 

stupido. 

Gognìn  (G),  piccino  ardito,  greco  goni,  ragazzo;  fr.  Gonin,  nome 
proprio  d'un  famoso  lestofante  francese,  slavo ^o^w,  cavallo:  nel 
piacentino  gognin,  vuol  dire  majaìeito. 

Gogò,  magògo  (C),  andè  an  gòga  magòga,  scialarla,  godersela; 
celtico  gog,  abbondanza  (Diaz,  gogne);  fr.  gogue,  scherzo. 

Gògola  (G),  góla,  enfiatura,  greco  gógghilos,  rotondo. 

Gol  (B),  diletto;  borgog.  goie,  da  go'ir,  godimento  (Burguy,  id.);  la- 
tino gaudium,  allegria  (Flecchia);  v.  frane,  se  degoiser,  divertirsi 
(Bartsch). 

Goìm  (E),  cristiano  in  gergo  ebraico;  dall'  ebraico  gelìl  haggoyim, 
circolo  de'gentili  (Renan,   Vie  de  Jesus). 

Gòja  (1)  (Zalli),  ridotto  d'acqua  morta;  ital.  gora,  canale  d'acqua 
per  inaffiare  campi: 

«  mentre  noi  correvàm  la  morta  gora....  > 
Dante,  Inf.,  8. 

Muratori  deriva  gora  da  gola,  gorgo  ;  Orazio  usa  gurges,  gorgo 
per  palude;  Diez  dice  gora  dal  venez.  gorna,  pietra  incavata 
per  dar  esito  alle  acque  piovane.  Le  lettere  ?  ed  r  qui  si  equi- 
valgono, quindi  facilmente  gora  venne  pronunziata  dapprima 
gola,  poi  modificata  nel  piem.  goja.  V.  Gouj. 

Góla  (F),  scudiscio,  bernoccolo;  fr.  gaule,  bacchetta;  lat.  virgula, 
ramoscello.  V.  Gògola. 

Gola  (F),  boccata,  sorso;  fr.  goulée,  id.,  ital.  gola. 

Goliàrd  (F),  ghiottone,  fr.  goliart,  id. ;  lat.  gula  (Diez,  goliarf). 

Gombè  (D),  curvare;  fé  gòniba,  far  curva.  V.  Gimhè. 


—  114  — 

Gómbina  (I),  pelle  d'anguilla  seccata  che  congiunge  i  due  bastoni 
della  cavàlia:  it.  gómbina.  V.   Gornhè. 

Gomià,  gomionà  (DP),  urto  col  gomito;  dal  piem.  gòmo^  gomito  — 
aussè  'l  gòmo,  bere  soverchio. 

<Jonfièsse  (F),  empirsi  la  pancia;  annoiarsi,  gonfiare;  insuperbire; 
fr.  golìi frer,  mangiar  troppo,  gonfler,  diventar  gonfio  e  tronfio. 

Gòra,  gorìn  (1),  gorra,  vetrice;  ital.  gorra,  vermena,  vimine. 

Gòrbina,  garbìna  (P),  gabbia,  carcere;  ^yoyi.  gouerbo,  gourbin,  ca- 
nestro, it.  corba,  tessuto  di  vimini,  gabbia,  quindi  carcere. 

Gorègn  (SL),  tiglioso,  duro  sotto  ai  denti;  slavo  horenn,  radice; 
ital.   gora,  fr.  coriacé,  coriaceo. 

Górga,  gòrgia,  gòrsa  (F),  modo  particolare  di  emettere  la  voce  par- 
lando, canale  della  gola;  fr.  gorge,  strozza. 

Góri  (T),  uomo  (Biondelli);  ted.  ìierr,  signore;  nella  stessa  Val 
Soana  gòria  vuol  dir  meretrice,  cioè    astrattamente  una  donna. 

Górna  (I),  ital.  gorna,  pietra  per  lo  scolo  delle  acque  piovane. 

Gosè  (F),  gozzo;  fr.  gosier,  id. 

Goùff  (P),  soffice;  fr.  gonfie,  il  rigonfio  della  lana  ammucchiata. 
V.  Bouff. 

Goìij  (F)  (S.  Albino),  pozze,  buche  nella  strada  ripiene  d'acqua; 
fr.  gouille,  aferesi  di  gar-gouille,  gronda  il  cui  gocciare  scava 
pozze  nel  terreno  sottostante,  nel  qual  caso  viene  enunciata  la 
causa  per  Teff  etto.  Gargouille  che  Littré  dice  di  incerta  pro- 
venienza potrebbe  derivare  il  prefisso  gar  dal  v.  ted.  warón  o 
dal  .V.  fr.  garir,  ricoverare,  preservare,  metter  in  serbo  e  gouille 
dal  V.  fr.  goule,  gola,  come  a  dire:  gargouille,  gola  che  rac- 
coglie l'acqua  piovana. 

Goùj  (F),  lisca,  capecchio  (Biondelli);  fr.  regayure,  id. 

Goùma,  coùma  (D),  grossa  górbina  per  portar  fogliame  ;  sincope  di 
gómbina. 

Goùmo  (L),  ital.  gómito:  —  euli  d'  gomo,  fatica  di  braccia. 

Gra  (I),  céa,  graticcio;  ital.  grata;  lat.  crates  (Diez,  grata);  por- 
toghese grade,  id. 


—  115  — 

QxhG.  (T),  grafie,  uncioo  fatto  specialmente  per  pescare  le  secchie  nel 
pozzo;  V.  ted.  chrapfo,  uncino,  grapfen,  raffen;  fr.  rafler,  ac- 
chiappare sveltamente  cosa  che  galleggi. 

•Grafiòn  (T),  ciliegia  duracina,  o  marchiana  (marchigiana?);  questo 
vocabolo  ha  il  suo  elemento  nel  piem,  grafi,  grafie,  uncino,  che 
insieme  al  francese  grappe,  grappolo,  deriva  dal  v.  ted.  chrapfo, 
uncino  (Littré,  grappe).  È  un  traslato  per  significare  che  quelle 
grosse  ciliege  sembrano  appese  al  ramo  con  uncini:  così  grafi 
è  uncino  e  grafiòn  è  frutto  pendente  da  un  grosso  uncino.  Il 
grafiòn  (in  fr.  higarreau),  ci  viene  dalla  Spagna,  dove  è  chia- 
mata  cereza  garrafel,    che  vuol  dire  enorme  e  che  può  anche 

<        essere  la  radice  di  grafiòn. 

Gràm  (T),  guasto,  malvagio;  ted.  gramm,  cattivo;  gramo,  termine 
Dantesco  (Burguy,  grani). 

Gramissèi,  grumissèl  (B),  gomitolo;  borgog.  greniissèa,  id.  (Mi- 
gnard,  ih.);  latino  glomus,  donde  il  diminutivo  glomicellus, 
(Promis). 

Gramìssia  (D),  malvagità.  V.  Gram. 

Gramole  (I),  maciullare  canepa  o  lino:  italiano  gràmola,  maciulla 
(Diez,  grama). 

Grana  (I),  seme,  granista,  cicalone  insopportabile  ;  ital.  granelh  da 
grano,  —  piante  la  grana,  vuol  dire,  tirar  in  lungo  una  festa, 
una  baldoria,  una  seccatura  qualunque,  come  chi  incominciasse 
il  racconto  d'una  piantagione  fin  dal  momento  che  fu  buttato 
il  seme. 

Granfi  (T),  granchio,  spasimo;  ted.  ^ram^/",  convulsione;  fr.  crampe, 
contrazione  di  muscoli. 

Granghìa,  garancìùa  (T),  grovigliolo  del  refe  troppo  torto;  tralcio 
della  vite  che  si  attorciglia,  viticcio;  ted.  ringen,  torcere;  ita- 
liano granare,  pigliare  con  violenza  (Diez,  granchio). 

Gràngia  (F),  fattoria,  fame  (Biondelli);  fr.  grange,  b.  lat.  granea, 
granica,  sito  destinato  per  battervi  il  grano  (Flechia,  Littré, 
Diez,  granja)  ;  la  fame  è  metafora  tolta  dal  granajo  vuoto.  — La 
grangia  a  hat  'l  Castel,  arrendersi  per  fame  (Zalli). 

Grat,  gret  (P),  forfora;  fr.  gratelle,  volatica,  scabbia. 


—  116  — 

Gratùsa  (B),  grattugia;  borgog.  ^m^wser,  raspare  (Burguy,  grever). 

Grègnia  (I),  bica;  ital.  gregna,  fascio  di  biade  secche. 

Grèle,  esse  a  le  grèle  (F),  esser  ridotto  a  mal  partito;  fr.  gréle, 
gracile,  —  avoir  Taire  gréle,  parer  miseria;  gréle,  grandinata. 

Grènon  (B),  esclamazione  ;  borgog.  grènon,  mustacchi,  modo  antica 
di  giurare  pe'suoi  mustacchi  (Burguy,  grènon);  fr.  sacr'  non 
crènon,  da  sacre  nom  de  Dieu  ! 

Greùja  (P),  guscio,  scorza;  provz.  gmèyo,  guscio;  francese  gruger, 
schiacciare  coi  denti. 

Grev,  greve  (F),  grave,  pesante,  noiare;  fr,  griéver,  gréver,  far  torto; 
borgog.  graveir;  provz.  grevà,  id.;  it.  greve,  voce  poetica  — 
trovasi  in  Dante  ;  tutte  dal  lat.  gravari,  pesare. 

Grìa  (F),  graticella;  fr.  grille;  lat.  graticula,  id.  (Diez,  grata). 

Griboùja  (F),  maschera  adottiva  piemontese,  scioccone;  frane.  Jean 
grihouille,  bonaccione;  borgognone  grihoulai,  tremar  dal  fredda 
(Mignard,  grihoulai),  slavo  grubian,  goffo.  —  per  antitesi  si 
dice:  furh  coni  Griboùja  c'a  sfrmava  i  so  dnè  an  sacocia 
df  àuti,  per  metterli  al  sicuro  dai  ladri. 

Gridlìn  (F),  vispo,  vagheggino;  fr.  grédin,  cagnolino. 

Grièt  (L),  sguraboursòt,  uccello  gambetta;  latino  calidris  pigmea^ 
vive  lungo  il  Po  (Zalli). 

Grif  (F)  (Zalli),  graffio;  fr.  griife,  id.;  ted.  griif  da  greifen,  impu- 
gnatura (Diez,  grif). 

Grignè  (B),  ridere  arrabbiato  ;  borgog.  grigner,  mostrar  i  denti  ;  a.  te- 
desco grinan,  n.  ted.  greinen,  digrignare  (Diez,  grinar).  —  Ma- 
rìjte  peni  grigna  ! 

Grìnfe  (T),  artigli;  ted.  greifen,  abbrancare.  V.  Grif. 

Grinòr  (F),  benevolenza  (Zalli);  fr.  agréer,  aggradire. 

Grìnssa  (T),  vagliatura,  baccelli  smallati  (Biondelli);  teutonico 
hreinsa,  pulire  (Littré,  rincer). 

Grinta  (T),  facia  scura,  paurosa,  pleùja,  volpone;  v.  tedesco  griim- 
mida,  tiranno  (Diez.  grinta)-,  grinsen,  ghignare;  trentino  grinta^ 
collera. 


—  117  — 

Grionè  (L),  frugare,  andar  cercando  (Zalli),  mondare;  lat.  inquirere, 
cercare  o  dal  piem.  passe  p'r  la  grìa,  vagliare. 

Oriòta  (F),  amarasca;  fr.  aigriotte;  greco  dgrios,  selvaggio. 

Orisa,  cousta  l'è  grisa!  (T),  esclamazione;  it.  questa  è  marchiana! 
ted.  gries-gram,  cattivo  umore  composto  di  grimm,  collera  (Su- 
ckau,  gries). 

Griseùl  (F),  crogiolo;  fr.  cremet,  id. 

Grissìn  (T),  pane  a  bastoncini  allungati;  ted.  gerte,  bastoncino, 
verga  ;  centrone  crescein^  pane  grossolano  piatto  e  sottile.  I  gris- 
sini, rinomata  specialità  di  pane  torinese,  cominciarono  a  farsi 
nel  secolo  17^^°;  erano  dapprima  pani  allungati  fini  di  tre  once 
circa  di  peso  chiamate  grìssie.  Migliorata  la  pasta,  recandola  a 
tale  tenacità  da  potersi  tirare  in  cordicelle  lunghe  un  braccio, 
senza  romperle,  si  procedette  all'invenzione  dei  grissini  (Cibrario, 
Torino).  «  Il  Dottore  Pecchio  di  Lanzo,  chiamato  a  curare  il 
giovanetto  Duca  Vittorio  Amedeo  II,  malaticcio,  sbandì  pozioni 
e  boccette  ed  ogni  generazione  medicinali,  lo  fece  nutricare  di 
pane  grissino^  onde,  la  natura  ajutante,  il  suo  corpo  rinvigorì  ». 
(Carutti,  Storia  di  Vittorio  Amedeo  II,  Gap.  IV). 

Grìva  (F),  tordo;  fr,  grive,  merlo. 

Grivoè  (F),  grivòesa,  groè,  groèsa,  persona  accorta;  fr.  grivois,  gri- 
voise,  uomo  di  carattere  disinvolto,  furbo;  slavo  igrìvii,  burlone. 

Grizza  (T),  solco  (Vopisco,  1564);  ted.  greissen,  fendere. 

Grògno  (I),  trògno,  tricgno,  visaccio;  it.  grugno.  V.  Trògno. 

Grojòn  (L)  (Zalli),  tonchio,  tarlo  dei  legumi;  lat.  curculio,  insetto 
che  buca  il  grano  ed  i  legumi;  it.  gorgoglione. 

Grojonè  (DP),  dicesi  del  bucarsi  che  fanno  i  legumi  per  opera  dei 
gorgoglioni  che  li  rodono  (Zalli);  it.  gorgoliare.  V.  Grojòn. 

Gròle  (P),  ciabatta,  scarponi;  provz.  groulo,  ciabatta. 

Gròmo  (L),  matòc,  mazzocchio;  lat.  grumus,  piccolo  mucchio  di 
terra  (Diez,  grumo);  teà.krumme,  bricciola  (Burguy,  esgrumer). 

•Grosòn  (L),  giallo  carico,  arancio;  lat.  croceus,  safferano. 

Grétola,  grotolù  (B),  bernoccolo,  bitorzoluto;  borgog.  groe,  sasso 
(Burguy,  groe). 


—  118  — 

Groùlo  (F),  le  manette;  fr.  grélots,  ciondoli,  così  detti  per  irbaiM.- 

Groum'tta  (F),  barbazzale  del  morso  pei  cavalli  ;  fr.  gourmeite,  id. 

Group,  gròiipè  (F),  nodo,  legare;  fr.  grouper,  metJter  assieme;  ita- 
liano groppo^  gruppo. 

Gonfie  (I),  scuffiare  (Biondelli);  ital.  ^rifo\  muso  del  porco.  V.  Grumiè. 

Grùm,  gritma  (G),  i  vecchi  di  casa;  greco  grumaijà,  vecchi  cenci;, 
modo  di  dire  scherzevole;  —  ij  me  ^rr^m,  i  miei  vecchi  ;  cornova- 
gliese  grualì,  vecchia  (Biondelli). 

Grumèla  (L),  seme  ;  b.  lat.  gtumellìis,  piccola  massa  coagulata  ;  fran- 
cése grumeamc^  grumo. 

Grumiè  (L),  grufolare  dei  porci;  latino  gumia^  ghiottone  (Promis), 
fr.  groin,  gmgno. 

Grùpia  (P),  greppia;  provz.  crùpia  (Diez,  greppia);  borgog.  crebe, 
crihiia,  culla,  stalla  (Burguy,  crebe);  anglo-sassone    crybh,  id. 

Gruss  (F),  crusca  di  gran  turco,  saggina;  (6rew,  crusca  in  genere); 
fr.  gruis;  ted.  hrnsch,  id.  (Diez,  crusca). 

Guajtè,  vacè,  vajtè  (T),  spiare;  ted.  ivachen,  far  guardia;  ivàchter, 
guardiano.  V.   Vacè  e  Gajtàgi; 

Gùlia,  agùlia  (I),  obelisco  con  punta  acuta  ;  ital.  guglia,  fr.  aiguille  ; 

id.  dal  latino  acus,  aculeus,  punta. 

Crumè.  gubè  (L),  sgobbare;  latino  gibba,  gobba.  —  monssu  Gunm, 
sgobbone. 

Gurè  (D),  sventrare,  mondare.  V.  Sgurè. 

Gussìn  (F),  cugino  (voce  del  1480);  fr.  cousin,  id. 


—  119  — 


I    J 


I  (DP),  pleonasmo;  ripetizione  del  pronome  di  prima  persona  sin,- 
golare,  di  prima  e  seconda  plurale;  la  qual  ripetizione  è  una 
caratteristica  dei  dialetti  pedemontani  (Biondelli).  —  Mi  i  fass, 
noi  i  foùma,  voi  i  fé,  io  fo,  noi  facciamo,  voi  fate.  V.  It. 

lavèla  (D),  bica,  massa  di  cpvoni;  fr.  JQ,p^ll^;  V.  (^iavèla. 

If  (F),  nasso,  tasso,  a,bete;  fr.  ^/,  id. 

Indrìt  e  invèrss  (F),  solatìo  e  bacìo,  sud  e  tramontana  d'una  valle,, 
^i^to^  e  rovescio  d'una  stoffa;  fr.  en  droit  et  envers;  provenzale 
adrecJi,  uhac  (lat.  opacus;  Ficchi  a). 

Inghìcio,  fé  Vinghìcio  (D),  far  cilecca.  V.  A/nghìdo. 

Inghildòn,  andè  an  Inghildòn  (IG),  andar  in  capo  al  mondo  ;  in- 
glese England,  Inghilterra. 

Impiànt  (I),  frottola;  it.  impianto,  primo  stabilimento  d'un  negozio  ecc; 
in  piem.  ha  subito  il  sospetto  d'esser  proposta  d'un  negozio  losco; 
quindi  de  d'j  impianti,  vuol  dire  darle  a  bere,  contar  frottole. 

Jòna,  fé  na  jòna  (B),  commetter  un  marrone  per  ignoranza,  esclusa 
la  malizia;  borg.  Jone,  giovane  (Burguy,  juèfne). 

Irt  (L),  avversione,  pie  Viri,  de'  Viri,  partire,  cacciar  via,  romper^ 
l'amicizia  ;  lat.  irate  (sincopato),  in  collera.  Il  provz.  dice  :  iroou, 
fuori  !  via  !  V.  Ere. 

Istòr,  stor  (P),  lavorante,  affittavolo,  contadino  che  risiede  nel  fondo, 
che  lavora;  provz.  istà,  risiedere  ;  ingl.  store,  magazzeno. 

It  (L),  ripetizione  del  pronome  personale,  2*  persona  singolare;  la- 
tino tu;  ti  it  fass,  tu  fai.  V.  L 

Jussàrma,  jussérma,  visàrma  (B),  nome  d'  arma  antica  a  doppio 
taglio  (Cibrario)  ;  borg.  guisarma,  jusarme,  id.  (Burguy,  guiser). 

Jùsi  (P)  (Zalli),  storto  di  gambe;  provz.  jousiou,  giudeo,  perchè 
ne'  secoli  passati  erano  i  giudei  del  ghetto  piuttosto  tutti  mal 
conformati. 


120  — 


L  (DP),  particella  eufonica,  che  congiunge  due  vocali  ;  i  Vai^  a  Tà, 
i  l'ouma^  a  Van;  i  vad.  Vistess. 

Labrè  (F)  (Biondelli),  ghiottone  ;  per  laprè  ;  francese  laper,  lambire 
V.  Làpa. 

Lacét  (F),  stringa,  animella;  fr.  lacet;  lai  laqueus,  id. 

Lacinàda  (F),  incamiciatura  di  calce;  metatesi  per  calcinata;  fran- 
cese laquer,  inverniciare. 

Làja  (S),  brando,  sciabolone;  scherzo  sullo  spagn.  laya,  vanga. 

Lajeùl,  ajeùl  (L),  ramarro;  lat.  angiiis,  anguicula,  serpentello; 
gaelico  luachair,  Incerta;  —  Ve  pa  facil  fé  V ajeùl,  far  lo  gnorri. 

Lam  (T),  allentato,  lento;  ted.  lahm,  zoppicante  (Diez,  lam). 

Lama  (L),  acquitrino,  piscina;  marmitta  dei  torrenti  in  montagna; 
lat.  lama,  pozzanghera;  ital.  lama,  bassura,  palude;  provz.  lama, 
sommergersi  (Diez,  laìna),  fr.  lame,  ondata. 

Lambèl  (F),  lamhriòn;  brandello,  tentennone;  ital.  lembo;  francese 
lamheau,  id.;  lamhiner,  tentennare. 

Lamòn  (L),  uncino  per  la  pesca;  l  prostetica;  it.  amo,  lat.  humm; 
fr.  ham£gon,  id. 

Lamòn  (I),  cerchione  di  ferro  per  la  ruota;  metatesi  di  molon,  le 
grandi  molle  che  sostengono  la  cassa  de'veicoli;  ital.  lamone, 
grossa  lama. 

Lamprè  (S),  pesce  lampreda;  spagn.  lamprea;  fr.  lamproie,  id.  (Diez, 
lampreda);  ted.  lamprete,  id.  dal  lat.    lampetra  murcena. 

Landa  (0),  landra,  leziosaggine,  seccatura;  celtico  land,  pianura 
(Diez,  landa),  cosicché  dicendo  oh  che  landa!  è  come  dire:  oh 
che  interminabile  sodaglia,  e  metaforicamente  «  oh  che  grande 
noia!  »  così  il  detto,  founia  gnune  lande,  significa  «  non  mi 
noiare!  » 


—  121  — 

Langàssa  (T),  angàssa,  cappio;  ted.  hangen,  appendere,  ital.  legaccio. 

Langrignù  (F),  rachitico;  fr.  langoureux;  lat.  languere,  languire. 

Làni  (I),  làngna,  coltroncino  per  bambini;  ital.  lano;  fr.  lange,  id. 

Lampa,  la?npè,  lampià  (F),  bicchierone  pieno  di  liquido  ;  francese 
lampée;  provz.  lampa,  cioncare,  bere  tutto  d'un  fiato. 

Làpa,  lapè  (L),  piacere,  pacchia  ;  —  coulal'èna  lapa!  che  pacchia! 
latino  epulcB,  festini;  fr.  laper,  bere  uso  cane,  lambire;  anglo- 
sassone lappian,  id. 

Làpola  (D),  bardana;  passo  attraverso  fossati  secchi;  lat.  lappa, 
lappolone.  V  Nàpola. 

Lasèrta  (D),  lucertola.  V.  Ltcsèria. 

Latiniè  (DP),  per  matiniè,  mattiniero;  borg,  matinet,  aurora;  pie- 
montese latin,  svelto,  perchè  ne'tempi  andati  chi  sapeva  di  la- 
tino passava  per  uomo  onnisapiente  (Diez,  latino). 

Lavàda  d' testa  (1),  ramanzina  ;  locuzione  avuta  dal  paganesimo, 
che  ricorda  l'usanza  greca  e  romana  di  lavarsi  la  testa  in  espia- 
zione de'propri  peccati;  ital.  lavata  di  capo;  provz.  lava  la 
testa,  id. 

Lavèl  (L),  siè  (Zalli),  acquajo;  lat.  lahellum,  mastello  (fr.  évier,  id. 

Lavouroìir  (P),  giornaliere  campagnuolo ,  bifolco  ;  provz.  laouraire: 
fr.  lahoureux,  bovaro. 

Lee  (I),  segno  al  gioco  delle  piastrelle,  ghiotto;  ital.  lecco;  greco 
lekos^  piatto,  leccone. 

L'ca  (T),  percossa;  ted.  letxen;  lat.  Icedo,  ferire. 

L'chèt  (F),  l'eliso,  leccornìa,  cosa  attraente  ;  fr,  alléchement.  V.  Lee, 
allettamento;  —  dèje  'l  l'chèt,  attirarlo. 

Len  (I),  spossato;  ital.  letio,  spossato;  ingl.  lean,  magro. 

Len  (F)  (avverbio),  subito!  (Biondelli);  fr.  latini  (laèn,lén),  svelto 
(Diez,  latino). 

Lèndna  (I),  ovicino  del  pidocchio;  ital.  lendina  (Diez,  lendine); 
borgognone  lend  (Burguy,  lend);  provz.  lende,  id. 

Lènga  (F),  lingua;  fr.  langue;  latino  lingua;  v.  fran.  lengue,  id. 
(Bartsch). 


—  122^  — 

Lèsa  (D),  traino,  caiTetta  senza  ruote,  traino  per  sgombrare  la  neve, 
Vsèt,  slitta,  Vss,oim,  sghijarola ,  sdrùcciolo,  tutte  parole  deriyajit^ 
dal  V.  Usèsse. 

L'sca  (T),  erba  palustre;  ted.  lisca^  felce  (Diez,  lisca),  càrice  con 
cui  s'intessono  le  seggiole  e  si  vestono  i  fiaschi  (Flechia). 

Lesèna  (L),  parasta,  pilastro  adossato  alla  parete,  controcolonna  ;  lat. 
lacinia^  segmento  di  un  corpo. 

L'sèsse  (B),  sghijè,  scivolare,  sdrucciolare  per  divertimento  ginna- 
stico; borg.  linser\  provz.  linsà,  scivolare  (Diez,  glisser); 

Lèsna,  lèisna  (B),    lesina;  fr.  alène,  ted.  alaiisa;  borg.  alesne,  id. 
(Burguy,  alesne). 

L'ssìa  (F),  bucato;  fr.  lessìve;  lat.  lixivia-,  it.  liscivia. 

Lest  (I).  svelto;  ital.  lesto;  provz.  lesto;  slavo  Ijest,  arrampicarsi; 
fr.  lestement,  sveltamente;  lestofante,  un  fante  svelto  in  senso 
birbone. 

Lèta  (F),  scelta,  elezione,  per  elèta;  fr.  élite;  lat.  eligere,  scegliere. 

Leùbi  -  lèubi  (B),  grullo  grullo,  mogio  mogio;  roumancio  lubir  per- 
mettere, nunluhèu,  non  permesso;  lat.  libet,  luhet,  bene  sta. 

Leùfì,  lòfi  (F),  spossato,  gonfio  (voce  marinaresca);  fr.  lofer,  cercar 
il  vento;  quindi  le  vele  sono  sgonfie  (Diez,  lof)\,  inglese  loof; 
fiammingo  loef  id.  ;  v.  ted.  Ufi,  la  mano  piatta,  il  guanto,  che 
sembra  una  mano  vera  e  non  è. 

Leùgn  (P),  lontano;  fr.  loin;  provz.  luen,  id. 

Leìii,  gieùj  (B),  luglio;  ir.  juillet,  id.  ;  borg.  juinet,  il  7™°  mese 
dell'anno,  luglio,  più  tardi  chiamato  juillet  per  avvicinarlo  ^,1 
latino  (Burguy,  juinet).  V.  Lugn. 

Leva,  la  leva  (L),  lievito;  lat.  levare  (Diez,  lievito). 

Liàm  (L),  liamè,  letame,  letamaio;  lat.  limus;  borg.  lum,  fanga 
(Burguy,  lum). 

Liamèt  (P),  fettuccia;  provz.  lianie,  cordicella;  it.  legame. 

Limocè  (F),  limòcia,  lellare,  tentennare;  fr.  limace,  lumaca. 

Linbes  (L),  tambellone,  mattone  di  terra  refrattaria;  lat.  imhrex, 
tegola  piana;  it.  embrice  (fr.  nouette). 


—  123  — 

Lìngher  (T),  stiletto;  invece  di  ringher,  come  linghiera  ìd  vece  dì 
ringhiera;  ted.  ringen,  lottare  ;  provz.  linje,  affilato. 

Lingòt  (F),  verga  di  metallo  fuso;  fr.  lingot;  inglese  ingoi,  massa 
metallica  (Diez,  lingot). 

Lìpa  (I),  gioco  alle  buche.  V.  Neusa;  in  Piemonte  è  il  gioco  della 
Girimela;  ital.  lippa.  Anche  questo  gioco  usa  in  Eussia  egual- 
mente che  presso  noi. 

Lìria,  Uri  (B),  giglio  ;  borg.  Uri  (Burguy,  lis)  ;  lat.  lilius.,  id.  spagn. 
lirio  (Diez,  giglio)  ; 

Lìss  (F),  liccio  del  tessitore;  fr.  lice;  lat.  licium,  filo  della  trama. 

Lissèt,  hisègle  (I),  bozzolo  dei  calzolai  ;  ital.  lisciare  e  bisegolo. 

Listèl  (F),  travicello;  fr.  listel,  id. 

Lìtra  (L),  savej  d'  Idra,  esser  istruito;  latino  Uttera,  scrittura, 
istruzione. 

Livrèa  (F),  assisa,  distintivo  della  famiglia  a  cui  appartiene  un 
servitore;  fv.  livrèe,  id.  ;  b.  lat.  liberata,  dono  d'abiti  fatto  dal 
padrone  al  suo  servitore  e  suo  nutrimento  (Burguy,  liver);  nodo 
di  nastri  coi  colori  della  sposa,  che  questa  offre  ai  suoi  cono- 
scenti il  dì  delle  nozze;  provz.  lioureyo  e  nastro  alla  bottoniera 
di  chi  accompagna  la  sposa  in  chiesa. 

Lo?  (I),  che  cosa?  interrogazione,  pronome  ;  lo  c^'^Y  <?i;e.^  cosa  dici? 
je-lo?  va-lo?  ce  egli?  va  egli?  lo  per  quello.  V.  Lon. 

Lòbia  (T),  baj'tta,  altana,  loggia  di  legno;  ted.  laubja,  laupia,  fo- 
gliame, gallerie  nelle  chiese  (Diez,  loggia),  laube,  pergola  (radic. 
laub,  foglia);  celi  loib,  cantuccio  (Ob.  Mùller);  roumancio 
lobgia,  lauchia,  id. 

Locè,  docile  (F),  barcollare  ;  fr.  locher,  clocher,  zoppicare  ;  piem.  fé 
cioca,  dondolar  come  le  campane;  provz.  Iodio,  mettre  en  locho, 
appendere  ad  un  carro  cosa  che  dondola. 

Lodroìin,  lodnoùn  (I),  allodola  dal  ciuffo;  it.  lodolone. 

Lòfa  (I),  lòfìa,  lo  fé,  vescia,  spetacchiare  ;  it.  loffa;  slavo  slovonie, 
puzza;  ted.  laufen,  scorrere. 

Lòira  (P),  loìrassù,  sleùje,  svogliatezza,  poltroneria,  spirito  languente; 
fr.  loir,  pigro  ;  provz.  lejrà,  annoiare. 


—  124  — 

Lòiro  (F),  damerino;  fr.  godelureaud,  civettone. 

Lòja  (D),  fossa  d'acqua.  V.  Bòja. 

Lon  (L),  quello,  cosa;  aferesi  del  lat.  illum,  id. 

Lòsa  (T),  lastra  di  sasso;  frane,  lauze  (Diaz,  Iosa);  provz.  laouso; 
slavo  loja  (j  fr.)  strato. 

Lòsna,  losnè  (SL),  slussiè,  balenare;  slavo  lossnitze,  diventar  lu- 
cido, lossk,  luccichio;  V.  fr.  esluisir,  leusant  rilucente  (Burguy, 
esclistre), 

Lotòn  (F),  ottone;  fi-,  laiton,  id. 

Lòtra  (L),  lontano  (Biondelli),  metatesi  del  lat.  ultra,  oltre. 

Loùc  (D),  sciocco.  V,  Ouloùc. 

Loùnsa  (F),  arista,  schiena  del  porco;  fr.  ìonge;  latino  himhus,  id. 
(Little). 

Loùrd,  loiirdià  (F),  lurdisòn,  stordimento;  fr.  abalourdir,  stordire; 
—  i  son  lourdcoum  na  sòtola,  il  capo  mi  gira  come  una  trottola: 
lourd,   pesante;  provenzale  liirdugi,  vertigine. 

Lòva,  lòvia  (L),  panocchia  di  meliga;  lat.  loha,  paglia  di  miglio; 
greco  lovos,  guscio;  pana  d'  melia,  panocchia. 

Luchèt  (F),  lucchetto,  sorta  di  serrame;  fr.  loqttet;  inglese  locJc; 
celtico  galukan,  chiudere  (Diez,  loc). 

Lue  sùbi  (L),  pecorone;  lat.  insulsus,  insulso;  parola  sformata. 

Lùdria  (L),  lontra,  lùffia,  bagascia;  persona  che  ama  il  ben  man- 
giare; latino  lutm;  fr.  loutre,  lontra,  mammifero  carnivoro  che 
piglia  i  pesci  di  nottetempo. 

Luganig'hìn  (L),  luganiga;  latino  lucanica,  dalla  Lucania,  nell'Italia 
meridionale  (Diez,  luganega). 

Lùgn  (D),  leùi,  luglio.  V.  Leùi\  la  desinenza  in  ugn  di  questo 
nome  è  caratteristica,  essendo  la  sola  che  corrisponda  al  giugn, 
giugno,    di  cui  luglio  è  il  diminutivo  (Diez,    luglio  -  jicillet). 

Luì  (F),  attecchire;  luì  per  tiui,  francese  nouer,  il  fiore  che  passa 

in  frutto. 
Lume  (B),  slumé,  lumàda,  adocchiare,  occhiata;  lat.  lumen,  occhio  ; 

borgognone  lumer,  faire  des  éclairs,  far  chiaro:  figurativamente 

colpo  d'occhio. 


I 


—  125  — 

Lum*ta,  lùm  (P),  lampada  a  coda  ;  provz.  lume,  id. 

Lumìn  (DP),  lucciola;  dal  piem.  Zwm,  diminutivo.  V.  Lum. 

Lùpia  (F),  tumore  non  doloroso;  fr.  loupe,  id. 

Luriotin,  luròn  (P),  volpone;  provz.  luron^  sveltone;  veneziano,  Indro; 
fr.  luron,  buon  tempone ;  latino  ludere,  giocare;  centrone  luron, 
lurena,  robustone. 

Lus  (C),  erba-lùs,  uva  bianca;  celtico  lus,  erba;  è  una  ripetizione, 
come  a  dire:  erba-erba  (Roget). 

Lusà  (D),  caduta,  stramazzone  (Biondelli),  per  tusà,  stramazzata. 
V.  Tusà. 

Luschè  (F),  involar  con  destrezza;  v.  fr.  liiquer,  guardar  di  traverso, 
appunto  come  fanno  i  tiraborse. 

Lùse  (B),  splendere;  borgog.  luisir,  rilucere. 

Lusèjo  (B),  (voce  del  1480);  lusèl,  abbaìno,  lucernario;  borg.  luisir; 
lat.  lucere,  tramandar  luce;  b.  lat.  lucellus,  locellus ; yfr.  luseau, 
scatola,  per  la  forma  che  ordinariamente  si  dà  alli  abbaìni  sopra 
i  tetti. 

Lusèrta  (I),  per  lasèrta;  it.  lucertola;  lat,  lucerla;  fr.  lézard,  id. 

Lusi  (F),  He,  ragnare;  dicesi  dei  panni  logori;  fr.  user,  logorare, 
ed  anche  dal  fr.  luisir,  che  la  luce  vi  passa  di  traverso. 

Lusòr  (P)  (Pipino),  tra  il  chiaro  e  il  fosco;  provz.  luzour,  lucen- 
tezza ;  borg.  luor  ;  fr.  lueur  ;  it.  lucore. 

Lustr  (F),  doppiere;  fr.  lustre,  id. 

Luv  ravàss  (B),  lupo  gatto,  lupo  manaro;  (lat.  cerviarius,  francese 
loup  cervier);  borgog.  ravasser,  sbattersi,  delirare  ;  latino  rabies 
(Burguy,  resve).  Luv  ravàss  può  anche  essere  una  metatesi  di 
Varàss,  loup  garou:  svedese  varulf  (Littré),  uomo  che  di  notte 
tempo  urla  come  i  lupi.  A  Roma  cotesti  lupi  manari  sono  fre- 
quenti, effetto  forse  delle  febbri  miasmatiche  del  deserto  che  cir- 
conda per  un  raggio  di  80  miglia  la  Capitale  italiana. 

Luvertìn  (L),  Vvrtìn,  luppolo  (fr.  hublon);  lat.  lupus  salictarius 
(Zalli),  humulus  lupulus  (S.  Albino)  ;  dal  greco  lòpos,  it.  loppa 
(lava):  la  desinenza  in  Un  accenna  all'elemento  urtìa,  ortica,  es- 


—  126  — 


sendo  il  luppolo  una  pianta  della  famiglia  orticacea  :  in  tal  caso 
l'origine  di  luvertìn  sarebbe  lova-urtìa. 

Luviotin,  fior  d' louvioùn  (F),  tasso  barbasso  ;  fr.  houillon  Mane, 
perchè  se  ne  fanno  bevande  téiformi,  decotti  per  sudare;  la 
fleur  du  houillon. 


127  — 


IVE 


Mac  (I),  solamente;  ital.  ma  che;  si  legge  in  Dante: 

non  avea  pianto  ma  che  di  sospiri .  .  . 
e  non  avea  ma  che  un'orecchia  sola 
né  si  dimostra  ma  che  per  eflfetto .  . . 

Dice  il  Commento  essere  questo  ma  che  il  mas  que  dei  provenzali, 
ch'essi  fecero  dal  7ìmgis  quam,  dei  latini  e  valere:  piucchè.  Ma  in 
volgare  il  ma  che  vuol  essere  preceduto  da  una  negativa  che  vien 
soppressa  nel  dialetto.  11  provz.  dice  anche  :ma2  que  bouffè,  es 
content:  egli  è  contento  purché  mangi;  slavo  machòm,  ad  un 
tratto;  sdjeìat  sto  libo  na  mach,  far  alcun  che  ad  un  tratto. 

Macaco  (L),  bigonzo,  brutto  di  figura;  lat.  wacc^fs,  imbecille;  macio, 
il  buffone  etrusco,  l'odierno  Pulcinella.  —  Scimmia  frugivora, 
fornita  d'un  serbatoio  pel  cibo,  detta  Macacco. 

Macassia  (I),  comunque,  negligentemente  ;  questo  dall'it.  comechesia. 

Maceiròn,  maciaironè,  macheiròn,  maragnòla,  massa  piramidale  di 
fieno;  latino  maceria,  ammasso  di  rottami,  od  anche  di  fieno; 
fr.  macer,  masser,  ammassare;  tedesco  machen  heu,  metter  in 
ordine  il  fieno. 

Maciacùla  (B),  stramazzone,  batter  le  natiche  in  terra  come  una 
mazzata;  borgog.  mache,  mazza  (Burguy,  mace),  far  mazza  del 
culo, 

Maciafèr  (F),  scoria  del  ferro,  rosticci;  fr.  machefer,  fer  maché, 
ferro  masticato. 

Maciòca  (I),  ammasso;  macioflù,  uomo  paffuto;  ital.  ìnazzocchio. 

Macola  (L),  maciòcia,  mariuoleria  al  gioco  delle  carte,  intrigo;  sve- 
dese maha,  concertar  una  cosa;  tedesco  mit-machen,  mettersi 
d'accordo  (Burguy,  maqueriau);  lat.  maculare;  ital.  maccatella, 
bindolerìa.  Y.  Mie  -  mac. 


—  128  — 

Madòna,  andò  a  durmì  con  la  tnadòna  (DP),  andar  a  letto  senza 
cena  o  senza  la  moglie,  la  quale  per  puntiglio  va  a  dornaire  colla 
suocera^  che  in  piem.  è  chiamata  madòna. 

Madròn  (F),  sfppa,  tavolone;  fr.  madre,madrier,  tavolone,  ted.  masar 

id.  (Littré). 
Màfìo  (F),  zotico,  uomo  bozzacchiuto  ;  fr.  maffle,  mafflù,  paffuto. 

Magàra  (G),  magari,  sì;  oh  magava  !  certamente;  greco  macarios, 
fortunato  (Diez,  tnacari). 

Màgio  (I),  cono  di  cartone  che  le  villanelle  campagnuole  prioresse 
di  confraternite,  in  occasione  della  festa  del  Santo  protettore, 
precedute  dagli  Abbà  con  alabarda,  portano  in  testa,  tutto  or- 
nato di  lunghi  nastri  a  vari  colori  (Zalli)  ;  ital.  majo,  ramo  di 
albero,  che  i  villici  piantano  avanti  l'uscio  dell'  innamorata,  la 
vigilia  del  1°  maggio;  spagn.  mayo^  e.  sopra;  Maya,  ragazza 
vestita  di  bianco  che  vien  portata  in  spalla  dalle  compagne  per 
domandar  l'elemosina  della  S.  Croce  nel  mese  di  maggio. 

Magìster  (L),  maestro;  lai  magister,  id. 

Magna  (L),  zia;  b.  lat.  magna  (avuncula)  (Promis). 

Magnin  (B),  calderaio;  borg.  magnien,  magnin,  id.  (Burguy,  niagnan); 
magninà,  anmagninà,  chi  ha  il  viso  sporco  come  un  calderajo 
(Ratti).  Il  piem.  magnin  è  stretto  parente  coli'  ital.  magnano, 
il  quale,  sebbene  tratti  toppe,  chiavi  ed  altri  minuti  lavori  di 
ferro,  mentre  il  magnin  lavora  unicamente  il  rame,  pure  ha  co- 
mune la  origine  nello  spagn.  ìnana,  dal  lat.  machina,  artifìcio. 
Anche  il  fr.  volgare  ha  magnan,  magnier,  fabbro  ferraio  e  pro- 
priamente artefice  (Diez,  mana). 

Magòn  (T),  corruccio;  ted.  magen,  stomaco;  genovese  tnagun,  bizza 
(Diez,  magone). 

Maisìn,  meisìn  (F),  isolotto,  acquitrino:  mojsìn,  moijss;  fr.  mouiller, 
bagnare;  v.  fr.  tnoifite,  umido,  rnarais,  palude. 

Maitàs,  maitès,  martàs  (I),  maitàst,  maitòst,  magai-i,  avere  gran 
desiderio  d'una  cosa;  ital.  mai  tosto,  come  si  dice  m^i  sempre, 
borg.  moultaise,  molto  volentieri. 

Maimòn,  gat  maimòn  (I),  specie  di  scimmia;  it.  gatto  mammone. 


—  129  — 

Màjra,  la  màjra  (P),  la  Morte  ;  fr.  maigre,  magro,  perchè  la  Morte 
viene  ordinariamente  raffigurata  sotto  forma  di  scheletro  colla 
falce. 

Majroschìn  (I),  persona  alquanto  magra,  ma  non  spiacente  ;  italiano 
magr uccio  (magruccino),  con  flessione  piemontese  majre,  magher, 
magro. 

Malesi,  maleùsi,  molasi  (F),  a  disagio;  fr.  malaise,  incommodo. 

Mal'so  (F),  larice;  fr.  mélèze,  id. 

Maleùr  (F),  disgrazia;  fr.  malheur,  id.  ;  v.  fr.  mal  aur;  dal  latino 
malum  augurium  (Max  Muller). 

Malfàit  (B),  hrut  malfàit!  improperio  ;  borg.  malfait,  mostro,  bestia 
feroce  (Burguy,  faire). 

Malìngher  (F),  mingherlino;  fr.  malingre,  macilento. 

Malòca,  malòc,  groùmo  (L),  mucchio  ;  lat.  moles,  massa,  diminutivo 
ipotetico  molecula. 

Malpinà  (B),  affaticare,  penare  ;  fr.  mal  peiner,  id. 

Malssoà  (B),  inquieto  ;  borgog.  mal  soig,  —  soig,  souci,  inquietezza 
(Burguy,  soin). 

Malta,  màota  (D),  fanga.  V.  Màota. 

Man  (F),  turno  al  gioco;  fr,  niain,  levata  delle  carte. 

Manàn  (F),  villano,  manesco;  fr.  manant,  tànghero. 

Mànavèle  (I),  per  scherzo,  le  gambe;  ital.  manovelle;  —  e' a  stenta 
a  rahlè  le  mànavèle,  chi  a  stento  si  regge  in  piedi. 

Mane  (B),  non  sufficiente  :  fène  a  mane,  farne  a  meno  ;  borgognone 
mane,  manchevole;  lat.  mancus,  mutilato  (Diez,  manco). 

Manca  (T),  a  bizzeffe  ;  ted.  manch,  parecchi  ;  —  aj  n'a  jè  manca, 
ce  n'è  in  abbondanza. 

Mandìa,  mendìa  (DP),  voce  contadinesca;  dal  piemon.  mandè  via; 
maritar  una  zitella,  cosicché  propriamente  mandia  è  una  zitella 
da  marito. 

Mandolèra  ([),  adunanza  femminina,  cicalio  (Alfieri);  it.  mandòla, 
piccolo  liuto  per  accompagnare  li  stornelli  nelle  serate  popolane 
e  relativo  chiacchierìo.  Il  suffisso  era  indica  quantità. 

9 


—  130  — 

Mango,    manganò   (1),  macchina  per   dar  il  lustro    alle  stoffe;  ita- 
liano màngano;  spagn.  mango,  manico  (Diez,  manico). 

Mangoujè  (B),  palpeggiare,  sciupare;  borgog.  manoier,  maneggiare 
(Burguy,  id.);  spagn.  mango,  manico. 

Mania  (I),  manica,  ital.  manica;  —  a  l'è  n'àut  pàjra  d'  manie,  è 
tutt' altra  cosa,  è  un  vestito  piìi  convenevole. 

Mania  (IGr),  moltitudine;  inglese  maìiy,  molti;  ted.  menge,  quantità; 
—  a  son  na  mania  d'  birbànt,  è  tutta  una  camorra  (Diez,  manico). 

Manigàda,  manigànssa  (F),  combriccola;  fr.  manigance,  càbala; 
ted,  mannig,  molti. 

Manigòt  (T),  lattughella;  ted.  mangold,  pianta  bietola  (Diez,  ma- 
nigoldo). 

Manòcia  (F),  monco;  fr.  manchot,  id. 

Manòt  (L),  quattrini;  lat.  nummi,  moneta.  V.  Feri. 

Manoìija,  mani  (L),  boncinello,  manico:  lat.  manuhrium;    italiano 

maniglia. 
Mantàr  (D),  bisognare,  per  vantar,  ventar.  V.   Venta. 
Mantèna  (I),  bracciolo  delle  scale;  ital.  mano   tenére,    mantenere. 

Mantìl  (L),  mantile;  lat.  mantele,  tovaglie  da  tavola,  manus  tela, 
tovagliolo  con  cui  si  pulivano  le  mani  quando  si  mangiava  an- 
cora senza  posate,  anche  alle  mense  signorili. 

Màota,  ìnàlta,  mólta  (I),  mota;  ital.  malta;  lat.  malfha,  cemento, 
bitume  (Diez,  malta);  ted.  maìilen,    macinare. 

Maràgna  (S),  sterpeto;  spagn.  maranas,  id. 

Maràja,  .mam;òto   (C),  bimbo;  irlandese  mar,  figlia  (Biondelli). 

Maramàn  (L),  manamàn,  correr  il  rischio;  lat.  mala  tnanu,  con  mano 
sgraziata,  se  per  disgrazia....  ;  provenzale  tnaraìnagno,  discordia. 

Marbroùc  (T),  carrettone,  forse  de'tempi  delle  armate  del  Malhou- 
roiig  donde  venne  il  modello  ;  ted.  mar,  cavallo  e  hrechen,  rom- 
pere, —  ammazza  cavalli. 

Marèla  (DP),  matassa  ;  dal  piemont.  man  -  rela,  mano  -  righe  (dal 
fr.  raie),  ammasso  di  fili.  Lo  spagn.  ha  madexa;  vfr.  madaìse, 
dal  lat.  mataxa,  metaxa,  seta  greggia.  —  Na  marèla  d'  disgrazie, 
un  subbisso  di  cose  spiacevoli. 


—  131  — 

Marèsc,  maràsc  (F),  fuscello,  festuca;  v.  fr.  niaresc ,  fr.  marais; 
italiano  marese,  luogo  più  o  meno  profondo  dove  stagnan  o  acque 
(Diez,  mare),  e  dove  prosperano  le  alghe. 

Margàj  (L),  cencio,  roba  sporca,  sornacchio;  dal  lat.  mulgarium, 
vaso  per  mungere,  alle  cui  chiazze  di  latte  possono  somigliare 
certi  sputacchi.  È  un  lombardismo  che  ricorda  i  versi  del  Porta 
nel  sonetto:  Vorho  e  V etico,  dove  conchiude; 

in  scarabi  del  pan  tri  d  ranca  el  spuvìn, 

e  giù  tucc'  i  margaj peuh  !  che  porcon  ! 

Marghè,  malghe  (I),  margàro,  venditore  di  latte,  conduttore  di 
malga,  o  mandra;  lomb.  malga,  mandra  di  bovini  in  genere  e 
suo  ricetto;  lat.  miilgeo  ;  ted.  melken,  mungere  ;  greco  amelgo,  id. 

Margòlfo  (I),  uomo  brutto,  scimunito;  ital.  margutto;  ted.  man- 
wulf,  uomo  lupo;  ital.  margolla,   befana. 

Margòta  (I),  provàna;  ital.  margotta;  frane,  marcotte,  provm,  pro- 
paggine. 

Marìj  (B),  sparuto,  malandato  ;  borg.  marrir,  attristarsi  (Burguy 
e  Diez,  mar r ir). 

Marlàit  (IGr),  marVstìn,  un  poco,  un  pocolino,  appena  ;  ingl.  small, 
superlativo  smallest,  piccolo,  il  più  piccolo.  Il  vocabolo  piemon- 
tese è  originato  dallo  smallest,  inglese,  piccolissimo,  e  ne  è  la  prova 
il  suo  sinonimo  marVstin,  citato  dallo  Zalli. 

Marminola  (I),  ital.  gherminella. 

Marmlìn  (B),  dito  mignolo;  borg.  merme,  piccolo;  lat.  minimus 
(Diez,  inerme);  irlandese  marmmear  (Biondelli). 

Marmorà  (I),  predicare  (Biondelli),  it.  mormorare  o  dall'it.  marmo, 
cioè  parlare  dai  marmi  del  pulpito  o  dell'altare. 

Maròca  (I),  marame,  ciarpame,  scarto;  fr.  marrir,  smarrire  (Diez, 
murrir);  l'elemento  mar  ha  per  idea  tipo  V oscurità,  la  confusione. 

Marògna  (D),  landa,  sterpeto.  Attorno  Verona  si  chiamano  marogne 
i  lunghissimi  muri  fatti  coi  sassi  raccolti  per  sgombrare  i  campi 
dalle  morene  delli  antichi  ghiacciai  di  vai  d'Adige.  V.  Maràgna. 

Maròn  (I),  marote,  castagne;  it.  marrone:  fr.  marronnier,  castagno, 
maron,  castagna  intera,  non  a  due  spicchi. 


—  132  — 
Maròn  ìF),  riccio  di  capelli  annodato  con  fettuccia  ;  fr.  maron,  id. 

Marosseùr  (P),  marossè,  scozzone,  sensale  di  cavalli  ;  provz.  ìnaloss 
(Biondelli),  mediatore,  che  ha  molta  analogia  con  haloss. 

Marss  (I),  fracido;  ital.  marcio — marss  con' un  holè,  fracido  come 
un  fungo. 

Marssè  (F),  merciajolo;  fr.  mercier,  dall'ital.  mèrci. 

Marssòc  (I),  marsùc,  allocco;  ital.  marzocco,  uomo  abbietto. 

Martàs  (D),  gran  desiderio;  V.  Maitàs. 

Martèl  (I),  bosso  nano;  ital.  martello,  da  mirto;  lat,  mirtulus. 

Martin  cassùl  (C),  martìn  picio,  factotum,  uomo  peritoso;  fé  san 
martin,  cambiare  alloggio  ;  fr.  martin  hdton,  il  bastone  o  il  ra- 
majolo  in  persona  —  martin  j)icio  as  sagrinava  p  r  i  fastidi  d'j 
antri;  it.  buon  minchione;  — p'r  un  poni  martin  VapWdù  Vaso. 
—  Couragi  fieia,  s'i piouma  nen  noi  San  Martin,  fAlmann  an 
fan  fé  San  Martin  a  noi!  Vittorio  Emanuele  alla  battaglia  di  San 
Martino.  —  Conte  martina,  contar  novelle  nelle  stalle,  da  martin, 
vocab.  celtico  mart-duin,  che  vuol  dire  hovaro  (Ob.  Mùller). 

Martine  (DP),  stillarsi  il  cervello  ;  dal  piem.  martlinè,  martellare. 

Marìiff  (F),  ritroso,  fastidioso  ;  fr.  marouffle,  id. 

Marussè  (DP),  levar  il  filo  alle  lame,  per  mal  ussè,  male  aguzzare. 
V.   Ussè. 

Màsca,  masc  (L),  strega,  stregone;  b.  lat.  masca,  maschera  (Diez  ib.); 
slavo  maska,  larva  (Burguy,  mascher). 

Mascarpin  (I),  latticinio  al  fior  di  latte;  ital.  mascherpone,  mascar- 
pone. 

Mascògn,  ìnascheùgn  (B),  secretumi;  borg.  mascogne,  id.  (Mi- 
gnard.  ib.). 

Màscra  (P),  maschera;  provz.  mascarar,  imbrattare  (il  viso). 

Masènt  (D),  governo   di  casa,  di  mezzadria.  V.  Masoè. 

Masentè  (I),  tritare,  per  macentè;  it.  macerare.  V.  Sinasì. 

Masèra(L),  muro  a  secco  ;  lat.  maceria,  id.;  v.  fr.  maisière,  id.  (Bartsch). 

Masnà,  nmsnojàda  (P),  ragazzi,  ragazzata;  borg.  e  provz.  majsniée, 
famiglia  ;  lat.  mansio,  dimora  (Diez,  magione). 


—  133  — 

Masnènga  (D),  servitorame;  V.  Masnà;  la  terminazione  engo  dovuta 
all'influenza  teutonica  in  Piemonte  indica  famiglia  (Flechia), 

Mascè,  masovè  (B),  mezzadro,  colono;  borg.  mase,  fattoria;  prov. 
mas,  mezzadrìa. 

Masoyrèto  (L),  falciòlo;  lat.  coedere,  tagliare;  analoga  a  ta-sojra, 
ma-soyret,  vale  mezza  falce. 

Massòc  (I),  pinolo  a  cui  appendere  chiavi  al  muro;  it.  mazzo  (di  chiavi). 

Massòca  (L),  panocchia,  capocchia  ;  b.  lat.  maxuca  (Littré  massue); 
it,  mazza. 

Mastrojà,  mestrojè  (P),  sciupare;  provz.  mastroijà,  maneggiar  cosa 
guastandola,  gualcire. 

Mat  (L),  mata,  matèl,  matòna,  matòta,  figlio,  figlia,  fanciulli  ;  latino 
amatus. 

Matafàn  (F),  matafàm,  buaccio;  cencio  spaventa  passeri;  fr.  mal 
enfant,  cattivello;  centrone  matafan,  frittella  che  matta,  vince 
la  fame  (A.  Pont). 

Mategònfi  (DP),  pentolone,  tanghero;  piem.  ma  fé  gonfi!  sei  un 
gran  rompi  scatole  ;  nel  secolo  scorso  indicava  persona  poco  di- 
stinta. 

Maunèt  (F),  sudicio,  villano,  disonesto;  fr.  mal  honnéte; — povrèt, 
maunèt,  ma  alèglier!  senza  un  soldo,  sporcaccioni,  ma  allegri! 
maunèt  fa  grassèt,  il  porco  ingrassa  nel  sudiciume.  V.  Vita  del 
B.  Lahré. 

Màusser  (T),  sgarbato,  tanghero;  ted.  maus,  sorcio,  mausen,  cac- 
ciare sorci,  mauser,  cacciatore  di  sorci,  fr.  maussade,  brontolone, 
accigliato. 

Màuta  (D),  terra  argillosa  che  si  adopera  per  fare  muri  a  secco. 
V.  Màota. 

Mèder  (L),  mòdano,  modello;  lat.  metior,  misurare. 

Mègo  (P),  medico;  provz.  megi,   id. 

Mèli,  mèir  (L),  m'jè,  sermento,  tralcio  di  vite  (Biondelli);  latino 
mergus,  propaggine;  it.  magliolo. 

Mèj  ■  mèj  (L),  battisoffiola  ;  sincope  del  lat.  miserere  mei! 


—  134  — 

Mèje  (T),  mietere;  ted.  maìien,  falciare;  lat.  metere,  far  la  messe; 
b.  lat.  moeja  foeni,  raccolta  del  fieno  (Cibrario). 

M'no  (F),  migno,  micio,  gatto;  fr.  minet,  gattino. 

Mèrca  (S),  misura;  spagn.  merca,  compera;  slavo  miera,  mierka, 
misura. 

Mèrlo  (F),  babbione;  fr.  paysan  merle,  bravo  merlo! 

M'rssa  (B),  segni  delle  carte  da  gioco;  borg.  merss,  segno. 

Mes  (I),  maturo  soverchio;  ital.  mezzo ,  id. 

M'ssa  (L),  messa;  lat.  missa;  slavo  m' scia,  id.  E  curiosa  la  os- 
servazione che  fa  il  Canini  sul^^7e  missa  est  chiesastico;  pre- 
mette che  tnessa  è  vocabolo  d'origine  pelasgica:  meshe  -  mesha, 
che  vuol  dire  liturgia,  servizio  divino;  mesJio,  meshig,  celebrar  la 
messa,  e  io  deriva  da  hesoig,  credere,  aver  una  fede  religiosa  ;  lo 
dice  antico  vocabolo  italico  e  conchiude  che  il  derivare  messa  da 
missa  (latino  mittere,  mandare),  è  assurdo  (Canini.  LXXIII, 
Orgia). 

M'ss'ciè  (L),  mescolare;  b.  lat.  misculare;  latino  miseere;  slavo 
mjesciat,  mescere. 

M'ssè  (I),  suocero;  ital.  messere,  titolo  d'onore  dato  ai  vecchi;  pro- 
venzale segne-grand,  signor  nonno. 

M'ssòjra  (F),  falcetto  con  cui  si  tagliano  le  spighe;  fr.  moisson, 
messe  (moissoner)\  lat.  tnessis,  messe. 

Meùje,  meìtj  (F),  immollare;  fr.  mouiller,  v.  fr.  moiller  (donde  il 
dittongo  eu),  bagnare.  (Bartsch). 

Meùle  (L),  macinare;  lat.  molere,  fr.  moudre  (moulai),  slavo  molot, 
macinare,  melnik,   mugnaio. 

Meùsi  (F),  ceùgn,  lento,  tardo;  fr.  moisir,  muffare;  ital.  mogio. 

Mi  (F),  io;  fr.  moi,  io;  slavo  mi,   noi. 

Miane  (L),  fé  tire  d'  miane,  aver  paura,  far  petare;  lat.  meàre, 
passare  —  meat  spiritus  liberius,  si  respira  piìi  liberamente. 

Miàu  (D),  mietitore.  V.  Mèje. 

Mie  •  màc  (F),  roba  sospetta  ;  fr.  mie  -  mac,  intrigo  ;  ted.  misch  • 
masch,  mit  macheti,  mettersi  d'accordo;  lat.  nmchinatio,  id. 


I 


—  135  — 

Mièngh  (I),  fieno  maggese;  it.  volg.  maggiengo. 

Mimìn  (L),  mumìn,  capezzolo;  lat.  mamilla,  id. 

Minca  tànt  •  nèn  -  pòc  (T),  di  quando  in  quando;  tedesco  manch- 
mal;  fr.  maintes  fois;  roumancio  minchatant,  minchia  gì,  (dì) 
minchin,  ciascuno  ;  nelli  statuti  di  S.  Giorgio  di  Chieri,  minch 
dì,  ogni  giorno. 

Mincionarìe  (I),  cose  da  nulla,  balordaggine  ;  ital.  volg.  minchione  ; 
fr,  mince,  minuto,  dal  lat.  minus,  meno;  arie  come  era  indica 
quantità. 

Mineìija  (F),  mineujè,  uomo  tardo,  posa  piano,  indugiare;  fr.  me- 
nuailles,  minuzie,  dal  lat.  minuties,  id.;  spagn.  menudo,  uomo 
che  perde  il  suo  tempo  in  minutezze. 

Mingòn  (T),  indovinello:  qimnti  noccioli  sono  nel  pugno?  dal  tedesco 
mengen,  confondere,  menge,  quantità. 

Mìuusìè  (F),  falegname;  frane,  menu,  menuisier,  tagliare  (Burguy, 
menut). 

Mista  (I),  effigie  sacra,  sussiego;  ital.  maestà. 

Mistòlfa  (T),  cacca;  ted.  mist,  letamaio:  il  suffisso  olfa  viene  dal 
lat.  olere,  odorare,  donde  olfactus,  olfatto. 

Mistrà  (DP),  anicetto;  piem.  mistura;  ital.  mescere,  mescita. 

Mitòcia  (L),  collo  torto;  lat.  mitis  oculus,  occhio  modesto;  borgo- 
gnone mite,  gatto,  chatte  mite,  bacchettone.  V.  Nicròcia. 

Mitòn  -  mitèna  (F),  mezzanamente  ;  frane,  e  provz.  miton  mitaine, 
miton,  guanto  che  copre  solo  il  braccio,  mitaine,  guanto  che 
copre  solo  il  pugno  :  figurativ.  ne  bene  ne  male. 

Mitonè  (F),  cuocere  a  calor  moderato,  crogiolarsi;  frane,  mitonner; 
provz.  mitounà;  piem.  supa  mitonà,  dal  lat.  mitesco,  ammol- 
lare cuocendo;  slavo  mit,  inzuppare. 

Mitràja  (F),  spiccioli  di  monete;  fr.  mitraille,  mitraglia. 

Muà,  mné  (F),  m,anà,  mnàda,  raggirare,  sotterfugio;  frane,  menée, 
secreta  e  malvagia  pratica  per  riuscir  in  qualche  affare  ;  ed  anche 
—  menar  pel  naso. 

Mnis  (L),  vnis,  spazzatura;  lat.  minuties,  minuzzoli;  slavo  metat, 
spazzare. 


—  136  — 
Mòca  (F),  visaccio,  smorfia;  fr.  se  moquer,  burlarsi. 

Modiòn  (F),  sostegno  di  trave,  mensola;  fr.  modillon,  lat.  mutulìis, 
ital.  modiglione^  mensole  per  regger  cornicioni,  ecc. 

Moìss,  ìnoìssa  (F),  balordo  (Zalli)  ;  provz.  mois^  v.  fr.  id.,  cupo,  sornione 
(Diez,  moscio). 

Mojìs  (L),  majìs  (Biondelli),  pantano,  acquitrino;  lat.  moUis,  mol- 
litia,  arrendevolezza  (del  terreno);  borg.  moUere,  pantano;  fran- 
cese mouiller,  bagnare. 

Molèja,  molèa  (P),  midolla  del  pane;  provenz.  mouledo,  moudeìo; 
ital.  mollica. 

Molèta  (I),  arrotino;  ital.  mola. 

Mòlla  (I),  zitto,  smetti  !  ital.  mollare,  cessare,  desistere  ;  la  doppia 
l  contraria  alla  costante  pronuncia  piemontese  che  non  ammette 
doppie,  proviene  dall'esser  questo  un  vocabolo  composto  di  mòla-la; 
smetti-la. 

Monàda  (S),  sciocchezza;  spagn.  monàda,  smorfia,  smancerìa;  ita- 
liano monellata. 

Mondàj  (I),  castagne  allesse  e  caldarroste;  spagn.  e  ital.  mondare, 
pulire  dalla  buccia. 

Montrùc  (T),  poggetto  ;  ted.  rucJcen,  dorso  e  lat.  montis,  dorso  del 
monte;  fr.  monticule,  greppo. 

Mòra  (I),  more,  gelsa,  gelso;  ital.  mora;  latino  morum;  fr.  mure, 
frutto  del  gelso. 

Morbìn  (P),  smòrbi,  smorfioùs,  schifiltoso,  difficile  a  contentare  ;  pro- 
venzale mourhin,  dispetto;  —  a  lou  mourbin,  è  in  collera. 

Mor'sca  (1),  bavella;  ital.  foglia  moresca,  foglia  del  gelso,  quindi 
ebbe  il  nome  di  moresca  anche  la  prima  bava  del  filugello. 

Morfèi  (F),  moccio;  fi*,  morve,  scolo  delle  narici. 

Morgànt  (P),  marùf,  uomo  scortese;  provz.  mourgà;  fr.  morguer, 
far  il  bravaccio. 

Morìn  (F),  moro,  punteruolo  (insetto):  francese  morion,  specie  di 
coleottero. 

Morii,  moronù  (D),  ci  pigliato.  V.  Moùro. 


—  137  — 

Mósca!  (P),  zitto \ pie  la  7nosca;  offendersi;  provz.  moiisco,  vivacità; 
slavo  moltschat,  tacere!  A  Custoza  i  Boemi  austriaci  ci  grida- 
vano moUschat!  silenzio!  E  avevano  ragione:  il  troppo  sbrai- 
tare nella  mischia  sfiata  il  combattente,  impedisce  sentire  gli 
ordini  delli  Ufficiali.  Ho  sempre  ammirato  i  soldati  di  Cromwel 
per  la  loro  taciturnità. 

Mostàss  (I),  mostassà,  mutria,  ripulsa,  mostaccione  ;  it.  mostaccio,  dal 
greco  mustix,  mutis,  muso  (Diez,  mostaccio),  fr.  moustaches,  i 
baffi  :  quindi  mostassà  è  un  colpo  effettivo  o  morale  datovi  sul 
muso  —  propriam.  vedersi  chiuso  l'uscio  in  faccia. 

Méscola  (P),  cocca  del  fuso  per  filare  :  provz.  mescoidim,  id. 

Mossòn  (L),  topo  selvatico;  lat.   mus,  sorcio. 

Mòta  (F),  motèra,  zolla;  fr.  motte,  id. 

Mou  (L),  primo  nato;  lat.   major  (maou),  maggiore. 

Mouc  (F),  mortificato;  b.  lat.  mucus,  stolido;  s\b,vo muka,  tormento; 
greco  mocao,  burlarsi  di  qualcuno,  quindi  il  burlato;  frane,  se 
moqiier,  id.  Diez  propone  il  lat.  mucidus.  (V.  Moscio). 

Mouc  (P),  moucJièt,  mòccolo;  spagn.  moco,  stoppino;  provz.  mouc, 
fungo,  bottone  che  si  forma  in  cima  allo  stoppino  ardente. 

Moucc*  (S),  mout,  monco,  spuntato;  spagn.  mocho,  tronco;  proven- 
zale mout,   mutilato. 

Moùfa  (I),  ital.  muffa. 

Mouflòn  (F),  mostacciata;  fr.  moicfle,  guanto  le  cui  dita  sono  riu- 
nite, come  si  raccoglie  la  mano  per  dare  una  ceffata. 

Moìigia  (L),  vitella  giovane;  lat.   mugìre,  muggire. 

Mougniaquàcia  (P),  santocchio,  gatta  morta;  provz.  monna,  gatta 
e  quechièro,  carezza:  ed  anche  provz.  mounjo,  monaca  e  piem. 
mounia,  id.  e  quacia,    ital.  quatta,  cheta. 

Mouj'tte  (P),  la  moiij'tta  è  il  ferro  di  lamiera;  italiano  molletta: 
quindi  mouj'tte,  si  dicono  per  scherzo  i  denari;  provz.  mouei, 
molle,  morbido. 

Moun  (I),  anticam.  maòn,  mattone  (Flechia);  Diez  lo  deriva  dal  vec- 
chio fr.  volgare  maton,  che  significa  ad  un  tempo  mattone  e 
forma  di  cacio;  ital.  mattonella,  confettura. 


—  138  — 
Moùra  (I),  gioco  del  tocco;  ital.  mora. 

Moùro  (S),  muso^  musone;  spagn.  morrò,  murrio,  faccia  a  grosse 
labbra,  malinconico;  slavo  chmurit,  corrugar  la  fronte  (Diez, 
morrO:  murio).  ^%\V Archivio  di  letteratura  biblica  ed  orientale 
è  detto  che  mouro  è  una  reliquia  di  lingua  etrusca  (Ratti). 

Moùstra  (P),  orologio;  provz.  mouestra;  fr.  montre,  id. 

Moutoìin  (F),  montone,  castrato;  ò.mouton;^roNi.  mouto,  moutoun 
(Diez,  montone^  Burguy,  molton). 

Moutobèn  (L),  benissimo;  lat.  bene  multum;  italiano  molto  bene 
(Promis). 

Moìitria  (F),  faccia,  grugno,  temerità;  fr.  montrer,  lat.  monstrare, 
esporre;  ital.  mutria,  figura  arcigna;  smotrjet,  guardare,  passare 
in  rivista. 

Muànda  (B),  pascolo  di  passaggio,  dove  il  bestiame  si  ricovera  prima 
e  dopo  li  alti  pascoli  delleAlpi  ;  borgog.  muer,  dal  latino  mutare, 
cambiare. 

Mul  (F),  figlio,  mulèt,  piccino:  vfr,  muli,  muli,  moul,  mut,  molto, 
vocabolo  gentile  per  esprimere  il  mio  tutto. 

Mule  (F),  pedignoni,  geloni  alle  calcagna,  il  cui  prurito  incita  a 
tirar  calci  come  i  muli  ed  obbliga  a  portar  le  mules,  pantoffole. 
—  la  mula  d'I  papa,  la  pantoffola  che  il  papa  si  fa  baciare 
dai  credenti  oltre  la  mano  ed  il  ginocchio  ;  il  lat.  mulleus  era  la 
calzatura  dei  senatori   romani. 

Murcàr,  murclùr  (R),  mangiare;  roumancio   mur,   sapore,  gustare. 

Murianèng  (F),  cacio  savojardo;  dal  francese  Maurienne,  la  Morienna, 
ove  si  fabbrica  questo  cacio;  il  suffisso  engo  d'origine  germanica 
indica  famiglia  e  località  (Flechia). 

Murss  (D),  villanzone,  sincope  di  màusser.  V.  Màusser. 

Muss'cè  (B),  frugare;  borgog.  mucer,  muscer,  nascondere  (Burguy, 
mucer).  V.  Armuss'cè. 

Muss'ciss  (F)  meschinello;  fr.  mesquin,  pezzente:  dall'arabo  mesMn, 
b.  lat.  meschinus,  mendico  (Diez,  meschino). 

Muss'ciss  (L),  odor  di  stantìo;  lat.  mu^,  sorcio:  —  a  sa  d' muss'ciss. 
quella  puzza  di  cattivo  muschio  che  spandono  certi  grossi  topi. 


—  139  — 

Muse  (F),  pensare,  riflettere  ;  italiano  musare,  oziare  stupidamente  ; 
fr.  muser,  baloccare. 

Muso  (B),  fé  'l  muso,  tener  il  broncio  ;  borgog.  mouzai,  mauser,  id, 
(Mignard,  mouzai);  tedesco  Jcalmusern,  ruminare  i  fieri  pensieri 
(Danneil) 

Oh  sol  fa  nen  '1  muso  ! 
pensa  ch'i  speto  d'  geni; 
mi  i  sèrco  coùi  c'a  lùso, 
ti  pàrme  fiòca  e  vent. 

Giandujéide  dell'A.    1884. 

Mustèila  (L),  dònnola,  faìna;  lat.  mustèla,  faìna. 


—  140 


IV 


Nà  (P),  andare;  provz.  anà,  id, 

Nacc*  (S),  camuso,  naso  corto  e  schiacciato,  spagn.  nariz  chata,  naso 
schiacciato. 

Nacè  (D),  mortificare.  V.  Nacc\  Analogia  dell'atto  d'una  ripulsa, 
col  tener  indietro  una  persona  dandogli  un  pugno  sul  naso. 

Naivè,  najvoùr,  nejvoùr  (P),  macerar  la  canapa;  provenzale  nayà 
(fr.  rouir),  macerare  lino  o  canapa. 

Nàpia,  napiòn,  nàpola  (L),  nasone;  lat.  napus,  radice  del  navone; 
it.  nappone^  nasone. 

Nàpola  (G),  passaggio  terrapienato  d'un  fosso  asciutto;  greco  nàpi, 
vallone  o  fossatello. 

Nascoundiòn  (P),  maccatelle;  provenz.  descoundoùn,  escondre,  na- 
scondere; ital.  nascondiglio. 

Nasòr  (R),  fossa  dove  macera  il  canape  ;  roumancio  naschar,  ma- 
cerare il  canape;  ted.  nassen,  umidire. 

Nassa  (L),  Vrtavèl,  cesto  di  vimini  per  pescare;  latino  nassa;  rou- 
mancio nassa,  rete  a  pescare. 

Nàsta,  anàsta  (I),  fiuto;  ital.  annasare. 

Nàta  (É),  albero  che  fa  le  ghiande  come  la  quercia  e  della  cui  cor- 
teccia si  fanno  i  tappi  delle  bottiglie;  dal  latino  natare,  gal- 
leggiare sull'acqua;  lo  spagnuolo  per  lo  stesso  motivo  chiama 
nata  la  panna  del  latte. 

Navìa,  nevia  (L),  paletto,  nottolino,  saliscendi  di  legno;  come  dal  lat. 
navis,  nave,  il  fr.  ha  fatto  navette,  la  spola,  sia  per  la  sua  forma 
di  navicella  come  per  il  suo  scorrere  tra  i  fili,  così  il  piem.  ha 
fatto  navìa  dal  fr.  navette,  il  cui  movimento  scorrevole  è  imi- 
tato dal  paletto  o  dal  nottolino  che  serra  un'imposta. 

Nèglia,  nìglia  (L),  fame;  lat.  inedia;  ital.  inedia. 


—  141  — 

Nèc  (P),  corrucciato,  mortificato  ;  provz.  neq,  nequo,  confuso,  stupito; 
greco  nekis,  cadavere  ;  slavo,  chniekat,  piagnucolare,  fr.  nigaud, 
stolido. 

Nèn  (B),  non,  no;  borg.  nen;  slavo  niet,  ne,  no. 

Nèspo  (I),  ital.  nespola. 

N'tiè  (F),  nettare;  fr.  nettoyer,  id. 

Neùit  (B),  notte;  borgog.  noit,  id.  (Burguy,  nuit). 

Nèùja  (F),  noia;  fr.  ennuyer,  enniii,  id. 

Neìisa  (F),  gioco  alle  buche  ;  frane,  noise,  contrasto.  Y.  Ghero^  gala, 
ghila,  pieul. 

Neùse  (F),  nuocere;  fr.  nutre,  nuisahle,  vfr.  neu,  nociuto  (Bartsch) 
come  da  croire  s'è  fatto  crese,  credere,  così  da  nuire,  neme. 

Nià  (I),  nidiata;  dall'italiano  id. 

Nijàj  (DP),  vasi  di  terra  che  si  appendono  ai  muri  esterni  delle  case 
per  attivarvi  passeri  e  colombi  a  nidificare.  V.  Nià. 

Nic  (T),  schiacciato;  ted.  nicken,   neigen,    inclinare.  V.   Grnic. 

Nicròcia  (P),  scusa,  sotterfugio,  nitòcia,  baciapile;  provz.  nicrocho; 
fr.  anicroche,  impedimento;  fr.  sainte  Nitouche  {n'y  touche), 
non  mi  toccare!  ipocrita. 

Niè  (B),  annegare;  borg.  nier;  fr.  noyer,  id. 

Ninè  (I),  cullare;  ital.  ninnare. 

Nìpe  (F),  divisa,  in  senso  burlesco  (Alfieri);  frane,  nippes,  vestiario 
usato. 

Nìsi  (L),  mingherlino;  lat.  nisus,  nixus,  che  fa  sforzi;  ital.  niso^ 
forza  morta;  slavo  m>,  bassura. 

Niss  (L),  lividore;  lat.  niger,   nero. 

Nit  (T),  nuta,  no;  ted.  nichf,  no. 

Noè  (B),  nuotare;  borgog.  noer,  id.  (Burguy,  noer);  fr.  «a^er;  la- 
tino natare;  provz.  necìà,  id. 

Noneùs  (B),  inutile;  borg.  eus,  oes,  uso  ;  lat.  non  e  opm,  non  serve. 
(Burguy,  oes). 

Nonssù  (P),  bambino  stregato;  provz.  nousà,  rachitico. 


—  142  — 
Nora  (B),  nuora;  borg.  nore;  provz.  nouero,  id. 

Noùta  (Zalli),  brindar;  in  Piemonte  sono  due  classi  di  persone,  ì 
Noùta  ed  i  Laghisti,  che  si  dedicano  specialmente  alla  profes- 
sione di  albergatori  e  brentatori.  —  I  Laghisti  sono  coloro,  che 
provengono  dai  vari  laghi  della  Lombardia.  —  I  Nouta  invece 
sono  pressoché  tutti  provenienti  dalla  Val  Mastallone,  o  di  Fo- 
bello  in  Val  Sesia.  I  Nouta  sono  stimati  assai  per  la  loro  onestà, 
diconsi  nouta  dal  loro  modo  di  dire  il  no,  nuta. 

Nòver  (B),  il  noce;  borg.  nojel,  noce  (Burguy,  noix). 

Noumà  (D),  nume,  solamente.  V.  Doumà. 

Nufìè  (F),  fiutare;  v.  fran.  nifler,  aspirar  l'aria  colle  narici  (Littré, 
renifler);  slavo  niouchat-,  fr.  flairer,  id. 

Nusij  (L),  sansa,  pastone  di  olive,  noci  o  mandorle  spremute,  tol- 
tone l'olio;  lat.  nux,  noce. 


—  143  — 


Obàda  (F),  serenata;  fr.  aubade,  mattinata  di  canti  e  suoni  che 
fanno  li  innamorati  alle  loro  belle;  concerto  di  tamburi  che 
anticamente  si  faceva  innanzi  al  domicilio  di  tutti  li  Ufficiali 
del  Corpo  il  dì  della  festa  patronale. 

Obèrgi  (F),  albergo,  locanda  ;  frane,  auberge  ;  borgog.  hauberge,  id. 
(Burguy,  halberc);  ant.  ted.  heri  -  bergau,  moltitudine  -  riparo. 

Obi,  opi  (I),  ital.  opto,  acero  campestre  —  fé  fobi,  palare  una  vigna. 

Obia  (L),  andò  an  obia,  andar  incontro;  latino  obviam,  incontro; 
ted.  oben,  sopra;  celi  ob,   uscita. 

Oblìo  (F),  cialdone;  frane,  oiiblie,  id.;  lat.  oblàta,  offìila,  dolciumi 

d'offerta  (Littré). 

Ofa,  oùfa  (I),  a  ufo;  ital.  ufo,  gratis,  a  spese  altrui;  aufa,  acro- 
stico latino  —  ad  iisum  familice  Augusti;  tessera  per  l'ingresso  li- 
bero ai  giuochi  del  Circo. 

Oliàn,  uliàn,  oliane  (I),  panno  alquanto  usato,  non  più  ruvido  ;  ita- 
liano olio;  coll'olio  si  ammorbidisce  molta  roba. 

Opa,  upupa  (L),  lat.  upupa;  uccello  che  si  pasce  di  cose  immonde, 
fr.  huppe,  it.  bubbola. 

Opa  (F),  fiocco,  nappino;  fr.  houppe,  ciuffo. 

Ora  (B),  vento  montano;  borg.  ore,  brezza,  temporale;  slavo  gori- 
stii,  montano. 

Orbacietil  (L),  cicìgna,  lucertola,  serpente  ;  latino  orbiculus,  perchè 
questo  quadrupede  se  vien  tormentato  si  contrae  in  piccola  massa 
dura,  che  facilmente  va  a  pezzi  (così  lo  Zalli  sotto  sua  respon- 
sabilità). 

Orfantì  (D),  istupidito.  V.  Anorfantl. 

Orieùl  (L),  compare  péro,  rigogolo;  borg.  oriol  (Burguy,  orioT)', 
fi',  compère   loriot,  dal  latino  oriÒlus  galbula,  rigogolo. 


-  144  — 

Orisèl  (L),  orecchia  sinistra  dell'aratro  (la  destra  si  dice  orecchione)  ; 
lat.  auricula,  orecchietta  in  genere  {auricella). 

Orìssi  (D),  uragano.  V.  Ora. 

Orm,  olm  (F),  olmo;  fr.  orme;  lat.  ulmus,  id. 

Orsaretil,  orseùl,  verseùl  (I),  tumoretto  che  viene  sull'  orlo  della 
palpebra;  ital.  orso,   perchè  simile  ad  un  grano  d'orzo. 

Ossa  (F),  gualdrappa;  fr.  Jwusse,  id. 

Oùjro  (P),  otre;  provz.  ouire;  fr.  outre;  lat.  uter,  id.;  — pien  com'un 
oùjro,  rimpinzato  di  cibo  sino  alla  bocca. 

Oùla  (L),  olla,  pignatta;  lat.  olla,  id.  \JAulala  di  Plauto;  piccola 
olla,  salvadanaio. 

Ouloùc  (L),  scemo;  lat.  alùcus,  ulùcus,  gufo  (Diez,  loccó)\  italiano 
allocco,  barbagianni,  gufo;  celt.  lugaidhe,  matto;  ted.  eule,  gufo; 
slavo  oluch,  stolido;  —  kaJcoi  je  (j.  fr.)  ja  oluk,  che  cioula  chi 
son  mi!  quanto  sono  imbecille! 

Oùnse  (L),  ungere;  lat.  ungere;  provz.  ouncho,  unto-,  fr.  oindre,  id. 


—  145  — 


Pàbi  (L),  panico  peloso  delle  risaje;  lai ^aò^fZ^w,  pascolo  (Biondelli). 

Pace  (h),  parÀàda,  mangiar  bene;  \dX. pascere,  pascolare;  ital.  cor- 
pacciata. 

Pacèt,  paciàss,  paciassèt,  pac'ttgi,  (D),  pozzetta,  pozzanghera.  V.  Fa- 
ciostrè. 

Paciàra  (L),  sopramercato;  lat.  pacere;  provz.  pachà  (leggi  pacià), 
contrattare.  —  An  sia  paciàra,  oltre  il  pattuito, 

Paciaràc  (D),  cianfrusaglia;  derivato  spregiativo  di  paciàra,  una 
cosa  da  nulla. 

Paciarìna  (D),  poltiglia.  V.  Paciostrè. 

Pàcio,  pacioucoùn,  pacioflù  (L),  paffuto,  persona  bonacciona  ;  latino 
pax,  pacis,  pace;  il  suffisso  flu,  sarebbe  il  ted.  voli,  pieno; 
pado  -  flit,  pieno  di  pace. 

Paciochè,  paciòc  (D),  fanghiglia;  —  i  paciòc  dji  sp'essiàri,  —  le 
medicine  attuali,  imbratti.  V.  Paciostrè. 

Paciostrè,  ciapostrè  (T),  tramestare;  ted.  patschen,  impantanarsi; 
fr.  patauger,  guazzare  nell'  acqua  sporca;  slavo  hofsciàga;  pa- 
ciàss, pozzanghera. 

Painàrd  (F),  painàc,  padoanàss,  tanghero  ;  fr.  penaud,  imbarazzato; 
ital.  romanesco,  paino,  padroncino,  painàrd,  padroncino  da  burla. 

Pajrè  (SL),  pajrànza,  aver  tempo  ;  frase  veramente  slava,  da  porà, 
ora,  tempo;  —  ipajro  nen,  porà  niet,  tempo  niente,  non  ho  tempo. 

Pajreìil  (P),  paiuolo;  t^toyz.  pejrolo,  caldaia;  —  soupatè  ipajreùj, 
sequestrar  il  mobiglio  di  casa;  picchiarli  per  sentire  se  son  fessi. 

Pajtàss  (L),  pancione;  lat.  pantex,  grosso  ventre,  addome  (Burguy, 
pance). 

10 


—  146  — 

Pajtoùn  (L),  leui,  loglio  selvatico;  fr.  paisson;  lat.  pastio,  tutto 
ciò  che  serve  di  mangime  pei  bovini. 

Pajì  (F),  il  cacare  delle  bestie  (Zalli)  :  fr.  pailUs,  strato  di  concime. 

Pajè  (P),  pagliaio;  provz.  paijè,  id. 

Pajòla  (P),  puerperio;  latino  pario,  partus  hora;  provz.  paillola, 
cuccia  (Diez,  paglia). 

Palacòrda  (F),  trincai,  gioco  alla  palla  corta;  fr.  courte  paume, 
da  paume,  palma  della  mano,  con  cui  dapprima  si  ribatteva  la 
palla  e  courte,  gioco  corto,  perchè  si  giocava  in  locale  chiuso 
tra  muri,  mentre  la  longue  pamne  non  aveva  limiti. 

Palanchili  (S),  leva  fora  terra;  spagn.  palanca,  leva  in  ferro. 

Palandràn  (I),  -ròn;  -ronè;  lungarone;  ital.  palandrano,  veste  da 
camera  da  uomo  ;  a.  ted.  waìlandaere,  gironzolare  (Diez,  palan- 
drano). 

Palàss  (L),  palazzo;  lat.  palatium,  id. 

Palèrma  (L),  lungarone;  latino  Jierma,  kermes,  busto  qualunque  e 
pjalus,  palo;  palo  erma,  palus  kermes,  cioè  un  busto  sopra  un 
palo. 

Palinodia  (L),  sciloma,  filastrocca;  greco  e  lat.  palinodia,  ritratta- 
zione di  cose  già  lette  o  dette,  quindi  una  partita  noiosa;  ri- 
tornello. 

Palòss  (I),  coltellaccio,  spada  corta  d'un  sol  taglio;    ital.  paloscio. 

Paloùc  (SL),  palo,    fittone;  slavo  palka;  lat.  palus,  palo,  bastone. 

Pana,  panòt  (G),  panocchia,  torso  di  gran  turco  sgranato,  coraocchio; 
greco'  pànos,  spiga  e  panocchia  ;  spagn.  panoja,  ciuffo  del  miglio. 

Pancòra  (P),  non  per  anco;  provenz.  pancàro,  panca,  non  ancora; 
fr.  pas  ancore;  roumancio  pancòra. 

Pane  (I),  annebbiare,  offuscare  ;  ital.  appannare  da  panna,  polvere 
finissima  che  copre  per  lo  più  i  fiori. 

Pani  (L),  panico  ;  lat.  panìcum,  sorta  di  miglio  ;  provz.  panisso, 
pianta  graminacea. 

Panòja  ('jT),  giogaia,  pelle  del  collo  de'bovi;  jìanòja^QY  fanòja:  dal 
fanon,  pagliolaja,  giogaja  dei  buoi;  gotico  fana. 


—  147  — 

Pansa  mòla  (F).  panciaterra,  carponi;  fr.  pansé,  pancia  e  molle, 
lasciata  andare. 

Pantalè.a  (F),  velario;  fr.  perde  en   Vair,  pendone. 

Papa  carèa  (F),  porte  en  papacarèa;  fr.  porter  sur  le  carreau  du 
pape,  cuscino,  sedia  gestatoria,  portar  qualcuno  su  quattro  braccia 
intrecciate  in  modo  da  formare  come  una  seggiola  quadra  ;  fran- 
cese papecolas  (Zalli). 

Paparòta  (B),  poltiglia;  pappolata;  borg.  papaie,  pappa  de 'bambini. 

Papi  (F),  non  più;  fr.  pas  plus,  id. 

Papiòta  (F),  triangolo  di  carta  fatto  per  avviluppare  i  ricciolini 
sul  fronte  alle  signore;  fr.  papillotte.  —  Porte  i  làver  en  pa- 
piòta, dicesi  del  vezzo  di  talune  ragazze  di  atteggiar  avanti  lo 
specchio  le  labbra  a  sorriso  prima  di  uscir  di  casa  e  così  du- 
rarla fino  al  loro  ritorno. 

Papotè  (D),  popone,  pussiè,  vezzeggiare.  V.  Poiiponè. 

Paramàl  (P),  pallamaglio  ;  provz.  palamard,  mazzuolo  a  lungo  ma- 
nico col  quale  si  gioca  alla  palla  di  legno. 

Parapèt  (I),  davanzale,  imposta  delle  finestre;  ital.  parapetto. 

Paràstr  (L).  padrigno;  lat.  patraster,  suocero. 

Paravèj  (P),  ^jarwè;,  àncole,  gioncole;  le  due  parti  mobili  del  giogo, 
che  abbracciano  il  collo  de'  buoi;  provenz.  paravoun,  sarmento 
giovane. 

Parèj  (B),  così,  consimile;  borg.  pareti;  b.  lat.  pariciilus  (Littré); 
provz.  parie,  uguale. 

Pare  la  man  (P),  tendere  la  mano;  provz.  para  la  man,  para 
lou  fooudià  (pare  7  faudal),  porger  la  mano,  tendere  il  grem- 
biale. 

Parmèla  (P),  ganghero;  provz.  paramelo,  fran.  paumelle,  grande 
lastra  di  ferro,  che  inchiodata  sulle  tavole  gira  sulli  arpioni 
del  portone  di  casa. 

Paroèl  (S),  ciafeù,  folèra,  capinera;  spagn.  paro,  cingallegra. 

Parpagniàca  (F),  tangoccio;  fr.  parpaing,  pietra  che  occupa  tutto 
lo  spessore  del  muro. 


—  148  — 

Parpajoùn  (L),  farfalla;  lat.  papilio,  id. 

Parpèjla  (L),  palpebra;  lat.  palpebra;  fr.  paupière,  id. 

Parssù  (F),  scorto;  fr.  appergu^  veduto. 

Pascàgi  (F),  agghiaccio;  campo  chiuso  con  una  rete  dove  pernot- 
tano le  pecore;  ix. pacàge,  pascolo. 

Pàsi  (B),  quieto,  mansuefatto  ;  borg,  pais,  paù,  pes,  pace,  donde  il 
fr.  paisiule,  paisihle,  apaiser,  quietare.  —  Pais  àsainte  église, 
la  immunità  chiesastica:  per  cui  un  malfattore  che  riparasse 
nel  sacrato,  sfuggendo  all'autorità  civile,  era  costretto  a  quie- 
tarsi, à  se  tenir  pes,  a  diventar  pasto.  Oggi  questa  voce  esprime 
solamente  la  indole  quieta,  addomesticata  d'un  animale. 

Passaroìij  (L),  passi,  appassito;  fiore  o  frutto  che  illanguidisce;  lat. 
passus,  che  ha  sofferto  e  aridnlus,  che  avvizzisce;  frane,  passar, 
passare  {tout  passe,  tout  casse,  tout  lasse). 

Passòn  (C),  grosso  palo;  borg,  paus,  pijuolo. 

Pastrocè  (L),  pastrognè,  pasireùgn,  pastròcc',  imbroglio,  sgualcire: 
pa  prefisso  uguale  a  ba  particella  peggiorativa  e  lat.  tricae,  im- 
barazzi, difficoltà. 

Pàta  (P),  pezza,  cencio;  provz.  paio,  id.  (Diez,  patta). 

Pata,  bata  (C),  particella  intensitiva,  prefisso,  forse  rimasuglio  di 
antico  linguaggio  (E.  Azeglio),  che  dovette  esprimere  un  super- 
lativo: totalmente.  Per  es.  patapouff,  patabeuf,  tutto  bove,  per 
dir  balordo  (Diez,  patta).  Roget  nel  suo  Glossaire  gaulois,  al 
n.  231  delle  radicali  neo  celtiche,  le  quali  dice  esser  di  una 
evidenza  particolare,  spiega  il  cimbrico  bathàwg,  per  ricco,  opw- 
few^o;  l'irlandese  bathàs,  per  sommità  d'una  casa,  — patauta, 
per  grosso,  enorme.  Il  greco  pas,  pandos,  tutto,  dev'esserne  un 
analogo  elemento. 

Patachìn  (S),  ^;afè^,  raeschinello;  spagn.  patàca,  moneta  portoghese 
di  8  centesimi. 

Patàfia  (P),  patàfio,  donna  commodona;  provenz.  pataflòou,  donna 
pacioccona. 

Patàgn,  patanù  (F),  patào;  interamente  nudo.  V.  il  prefisso  pata, 
tutto  e  il  fr.  nu,  nudo,  nudo  crudo. 


—  149  — 

Patagnèc  (D),  stramazzone;  prefisso  paia  e  V.  Gnec. 

Patalìca  (G),  patarìca,  ciaramella  tutto  lingua;  prefisso  paia  e  il 
greco  likeo,  fr.  claquer,  batter  le  mani,  scoppiettare. 

Pataloìic  (DP),  tabaloùc,  tabaleùri,  buon  uomo,  minchione  ;  prefisso 
paia  e  piem.  ouloùc,  babbeo;  slavo  potolukì,  travicelli  del  sof- 
fitto ;  ruM  V  boM,  glasà  v'  pataluJcì,  le  mani  sui  fianchi,  gli  occhi 
al  solaio;  per  esprimere  l'inerzia  e  la  indecisione.  Così  il  re  tra- 
vicello in  Kussia  si  direbbe:  re  pataloùc. 

Patamòla  (F),  molaccione;  fr.  pàté  molle;  provenz.  ^jas^o  muello, 
pasta  liquida,  indolente;  slavo  potomliat,  stancare. 

Patanflàna,  pataflanàda  (S),  corbelleria,  fanfaluca;  spagn.  patan, 
villanzone,  e  flan,  peto;  peto  d'un  villano. 

Pataràss  (P),  cenci,  grossi  fiocchi  di  neve;  t^toyz.  patarasso,  ceiiGÌo, 

Patatoìic,  -  tàc,  -  toùff,  -  tòn  (0),  onomatopea  del  rumore  che  fa  cosa 
0  persona  cadendo  ;  slavo  potmikat,  battere  contro  qualche  cosa. 

Patatoùc  (0),  tedesco;  onomatopea  del  suo  modo  di  parlare. 

Patatràc  (F),  onomatopea  del  romore  che  fa  un  corpo  rovinando  e 
sfasciandosi;  fr.  patatras,  id. 

Patàu  (F),  poveraccio;  fr.  pataud,  marmittone  di  cucina. 

Paté  (DP),  cenciajolo;  dal  piem.  ixìta,  cencio;  chi  commercia  nelle 

robe  vecchie. 
Patèla  (D),  patoiìn,  botta,  un  attimo.  V.  Patlè;  —  Varmanàc  marca 

paiòle,  si    dice    scherzando   per    minacciar  di  busse    qualcuno; 

an  fna  patèla,  in  un  attimo,  quanto  dura  una  battuta  di  mano. 

Pat'rla,  paf rièra  (I),  ciabatta,  donna  sciamannata;  ital.  haclerla, 
donna  sempliciona  (Diez,  badare);  provz.  patìn,  pantofola. 

Patèt,  pat'tta,  patìss  (L),  meschino;  provz.  patèt,  patetto,  minu- 
zioso, irresoluto;  lat.  patì,  patire. 

Paticòle,  haticole  (F),  cavalcioni  sulle  spalle;  fr.  Mt  au  con,  basto 
sul  collo. 

Patioùn  (Pj,  cencio,  brandello;  provz.  patayoun,  cencio  per  spaz- 
zare il  forno. 

Pativèl,  -  rèi,  ■  rete  (F),  meschinello  ;  fr.  patiras  (da  patir),  zim- 
bello della  gente  (Littré). 


—  150  — 

Patlè  (F),  dar  busse,  per  hatVe,  haiailler;  fr.  hattre;  ital.  battere 
(Diez,  battere). 

Patrtta  (P),  brachetta;  provz.  pateletto,  id. 

Patochè  (I),  per  batoché,  percuotere;  it.  batacchiare  da  batacchio, 
bastone;  lat.  battu'ere,  battere,  colpire. 

Patoujà  (F),  miscuglio  grande;  fr.  patouiìler,  da  patte,  zampa;  ìq- 
àesco  j^aischen,  guazzare  nel  fango;  provz.  patouyà,  smuovere 
acqua  sporca,  sciupar  ciò  che  si  tocca  (Diez,  pattuglia);  —  aj  rCa 
jè  na  patoujà,  ve  n'ha  un  grosso  miscuglio,  una  certa  quantità. 

Patoujè,  patoùi  (D),  guazzare,  scompiglio.    V.  Patoujà. 

Patràca  (F),  cianfrusaglia,  roba  vecchia;  frane,  e  ^yoni. patraque, 
moneta  senza  conio,  di  poco  o  nessun  valore. 

Pàu  (L),  pavana,  paura;  lat.  paveo,  pavere.^  temere. 

Pàuta  (L),  fanga,  dal  lombardo  palta;  lat.  xmlus,  pahìdester ;  ita- 
liano paludoso  (Diez,  pantano).  «  Sàuta,  sàuta  la  pàuta  àuta 
parèj  »  Tautologia  trovata  dagli  Italiani  per  metter  in  bur- 
letta il  dialetto  piemontese. 

Pavàjre  (D),  non  molto,  poco;  fr.  pas,  non.  V.   Vàjre. 

Pavé  (F),  selciato;  fr.  paver;  latino  pavire,  acciottolare  la  strada; 
—  ans'lpavé,  buttato  in  strada,  senza  padrone. 

Pcè,  bcè,  ce  (L),  nonno;  pceroim,  bisnonno;  latino  pater  senior; 
pceroùn,  citato  dallo  Zalli,  suppone  un  elemento  cero.  Diez, 
alla  rubrica  signore,  cita,  sere,  sire,  crjro,  influenzato  dal  greco 
kijrios,  come  sincope  di  signore;  latinamente  senior,  il  più 
vecchio.  Cero  o  cere  adunque  è  la  radicale  di  senior.  La  ]),  o 
la  b  iniziale  di  pcè  e  bcè  è  il  tronco  di  pà  e  bà,  papà  e  babbo, 
come  ma  lo  è  di  mamma.  Pa-cè  o  pcè  pertanto  vuol  dire  papà 
più  vecchio  e  ba-ce  o  bcè  vuol  dire  babbo  piti  vecchio  ossia  il 
nonno. 

Pcit  (I),  piccolo  ;  ital.  picciotto,  piccoletto  ;  fr.  ^je^i7  (pecit)  (Diez, 
jnccolo). 

P'dòc  (1),  ranuncolo  selvatico,  pianta  crescente  sui  muri  vecchi; 
italiano  pie  d'  oca,  foglie  a  zampa  di  oca  (greco  chenopodion; 
chin,  oca). 


—  151  — 

P'gio,  ìpegè  (G),  stramazzone;  greco  piglù,   nàtica;  ital.  pigiare.  — 
pie  'n  p'gio,  proprianiente  batter  col  sedere  in  terra. 

Peli  (B),  pelo;  borg.  peil\  fr.  poil,  id. 

Pèjla  (S),  padella;  CQVLÌronQ  peila  (A.  Pont.);  spagn.  payla;  latino 
patella^  patèna,  piatto  di  terra  o  di  metallo. 

Pèjlo  (F),  camerino  a  stufa;  fr.  poéle,  stufa  (Diez,  poéle);  it.  pello, 
camera  sopra  la  cucina  per  dormirvi  l'inverno  (Cibrario). 

Pelègro  (L),  persona  astuta;  lat.  perègris,  viaggiatore. 

Pen  (R),  goccia  che  trasuda;  lat.  pendere  (pendii);  —  apen  a  xien, 
a  gocciole  ;  pen  d  7  nas,  il  moccio. 

P'na  (R\  forura,  pelliccia;  borg.  pene,  panne,  specie  di  pelliccia 
(Burguy,  penne). 

Pentnè,  pento  (L),  pettinare,  pettine;  lat.  ptecten,  pettine. 

Perèria  (L),  vituperio;  lat.  pereat!  grido  ungherese,  abbasso! 

Pèrla  (I),  piria,  v'rsloùr,  imbuto  in  legno  :  ital.  pévera,  id. 

Pero  (I),  porcello  d'india,  cagnolino;  sardo  perni,  cane. 

P*rgna  (I),   gravida   (parlando  di  bestie  si  dice  pronta,  prevista); 
ital.  pregna. 

P'rgnòc  (D),  bodèro,  rospo;  persona  dalla  pancia  grossa.  V.  P'rgna. 

P'rgòt  (P),  fetore  d'unto  bruciato.  V.  P'rgotè;  il  provenzale  ne  ha 
fatta  un'esclamazione;  pergò!  vale  a  dire  oh  che  pus2a! 

Pergotè  (F),  gocciolare;  fr.  goutter  (faire   goutter),  gocciare  come 
fa  l'unto  sul  girarrosto. 

P*rià  (I),  irabottatojo;  it.  pevera. 

P'rlì  (F),  andar  a  passeggio,  andèaiì^rlì;  fr.  prairies; — alter  aux 
prairies,  andar  al  verde  ;  piem.  p'r  lì  e  pW  là,  di  qua  e  di  là. 

P*rpoujin  (F),  pollino,   pidocchi  ;  ^02<x   des  poules,   insettucci  pa- 
rassiti dei  volatili. 

P'rtusè  (B),  bucare,  forare  ;  borg.  pertuser,  id  (Burguy,  pertus). 

Pnè  via  {S),pnavia!  fuggire,  fuggi!  spagn.  ^jef^,  rupe,  scappare, 

pigliar  i  monti. 
P'ssi  (D),  intirizzito.  V.  B'ssì. 


—  152  — 

P'ssiè  (F),  pizzicare  ;  fr.  pincer,  id,  ;  fr.  apiter,  toccar  colla  punta 
delle  dita  (Diez,  pito  e  pizza). 

P'ssoùn  (B),  pezzo,  pizzico,  brano  e  gemello;  a  toc  e p'ssoùn,  pezzo 
per  pezzo  ;  greco  psajo,  frantumare  ;  borg.  jpegoier,  spezzare:  per 
gemello,  V.  P'ssounè. 

P'ssounè  (L),  binare,  far  gemelli  ;  lat.  bis  nati,  nati  in  due. 

P'ssra  (F),  abete  bianco  da  cui  si  raccoglie  la  pece:  fr.  sapin  pesse; 
lat.  abies  picea,  falso  abete. 

Pestaceùl,  petacietd  (D),  raeschinello.  V.  Petàcio.  È  notevole  come 
nel  dialetto  piemontese  abbondino  i  vocaboli  indicanti  miseria, 
cotanto  ha  sofferto  questo  povero  paese  nel  corso  della  storia 
sua  politica  e  militare! 

Pet  die  vache  (L),  mammella  delle  mucche;  lat.  pectus;  borgo- 
gnone piz,  pis.  id.  (Burguy,  piz). 

P'tàcio  (L),  pancione;  lat.  pantex,  pantices,  budelle,  pancia. 

P'tandòn,  mnè  'Ip'tandòn  (DP),  fuggire  ;  dal  piem.  pet,  scorreggia; 
mossa  del  deretano  in  chi  scappa. 

«  ed  egli  avea  del  cui  fatto  trombetta  » 

Dante  Inf.  XXI. 

P*tè  (I),  scoreggiare;  ital.  potare  (lat.  cacare). 

P'vìja,  puvìa,  pùja  (L),  pipita;  \sit.  pituita,  malore  alla  punta  della 
lingua  dei  polli. 

Pia  (F),  .burella,  cavallo  pezzato  in  nero,  bajo,  sauro  su  mantello 
bianco;  fr.  pie,  gazza,  con  piume  bianche  e  nere;  lat.  pica,  id. 

Piàjo,  piana  (F),  acero  fico,  sicomoro;  fr.  piatane,  piane;  lat. ^?a- 
tanus,  platano  selvatico. 

Piaga  (T),  ^m^Mw,  persona  nojosa;  — oh  che  piaga!  chQ  seccatura; 
ted.  plag,  id.  (Danneil). 

Piànca  (P),  tavola  passatora;  provz.  planca;  fr.  lìlanche;  italiano 
palancola. 

Piànèt  (I),  pialletto;  it.  appianatoio. 


1 


—  153  — 
Piatola  (1),  pidocchio  e  persona  importuna.  Y.  Piaga;  ìt  piattola; 

«  non  missura  cutem  nisi  piena  cruoris  hirudo  ». 

Orazio. 

Pie  (C),  punta  montana;  celt.  gaelico  pie,  punta  e  da  questo  tutti  i 
derivati,  strumenti,  ecc. 

Pie,  ^2C  gaj  (L),  picchio,  torsacòl;  lat.  picius,  id. 

Picè,  piceù  (B),  orciolo;  fr.  piche,  pichet;  borg.  piehier,  picier,  bic- 
chiere (Burguy,  incìiier). 

Pìeio  (B),  piccolo.  V.  Fcit;  membro  virile:  dal  borg.  ^2>,  capezzuolo 
della  mucca. 

Pieiocù  (DP),  gioco  colli  spilli,  punta  o  eulo;  piem.  J?^c^o  o  cu: 
e  vuol  dir  anche  avaro,  perchè  si   risica  poco  a  gioco    siffatto. 

Pìcol,  pcòl  (B),  gambo  delle  frutta;  borg.  pecol,  id.  (Burguy,  piet)\ 
lat.  pedieulus,  piccolo  piede  (Diez,  picciuolo). 

Pie  (P),  pigliare;  provz.  xnlliar,  id.;  lat.  prehendere,  id. 

Padre    Pia  —  l'è  sempre  a  ca; 
Padre  Da    —    l'è  sempre  via. 

Proverbio  nostrano. 

Pièssa  (F),  pezza,  beffa  ;  fr.  pièce,  pezzo  e  commedia. 

Pieùee',  piòcc'  (1),  pidocchio  ;  lat.  pedicu/us  ;  it.  pidocchio  e  pitocco. 

Pieìil  (F),  piuolo,  cavicchio,  zeppa;  fr.  pieu,  palo;  dal  lat.  pilum, 
giavellotto  (Diez  lo  deriva  dal  lat.  palus,  palo.  V.  Pieu).  Quel 
cavicchio  di  ferro,  con  cui  si  fissa  il  giogo  de'  buoi  alla  hure 
oppure  al  timone  d'un  carro  rusticano,  si  chiama  in  dialetto  '? 
ghèro,  forse  dal  greco  ghèrron,  che  vuol  anche  dire  punteruolo. 
Quel  cavicchio  in  origine  doveva  essere  una  mazzetta  ricurva 
all'un  de'capi,  la  quale  tolta  dal  timone  serviva  poi  ai  bovari 
pel  gioco  della  neusa.  V.  Ghèro.  Li  contadini  vi  diranno:  a 
venta  basse  'l  ghèro,  per  significare  che  conviene  raddoppiare  la 
fatica,  perchè  quando  il  bovaro  vuole  ottenere  dai  bovi  maggior 
spinta  al  carro,  ne  abbassa  il  giogo,  fissandolo  ad  un  buco  in- 
feriore dei  tre  che  ordinariamente  son  fatti  nella  parte  ricurva 
del  timone.  —  Pieùl,  come  il  suo  omonimo  italiano  piuolo,  ha 
conservato  la  l  del  jìilum,  latino,  il  che  vuol  dire  che  la  etimo- 
logia di  entrambi  è  latina  (dal  greco  pilèo),  ma  in  Piemonte  è 
venuto  pel  tramite  e  colla  flessione  francese. 


—   154  — 

Pinèn  (B),  non  più;  borg.  pluis,  più,    nent,    niente  (Burguj-,   plu.^ 

-  néant). 

Piòba,  pòbia  (L),  arhròn:  lat.  populus  alba;  ital.  pioppo  bianco; 
fr.  peuplier,  id. 

Piòla,  piolèt  (T),  appia,  assùr,  ascia,  accetta:  persona  di  corta  in- 
telligenza; ted.  piai,  heil,  ascia  (Dìez,  jìialla)  ;  frane,  piocìie,  ac- 
cetta, —  'Z,  count  Piolèt,  è  il  titolo  d'  una  commedia  in  dia- 
letto, del  Tana  d'Entraques. 

Piòn  (F),  picone  ;  il  maschio  della  gazza  ;  fr.  pie,  gazza. 

Piòn  (F),  pedagogo  ;  fr.  piétoti,  perchè  poveraccio  obbligato  a  marciar 
a  piedi,  seguendo  i  suoi  pupilli. 

Piorè  (L),  piangere  ;  piorassè,  piagnucolare  ;  lat.  plorare,  piangere. 
Piòta  (Ij,  zampa; 

forte  spingava  con  ambo  le  piòte. 

Dante.  lìif.  XIX. 

ìt.2nofa;  \at piota,  dsiplauttts,  che  ha  le  orecchie  pendenti  e  il  pie 
piatto;  —  intrèje p'r  na  piòta,  completar  un  bambino  facendogli 
un  piede  per  dover  di  compare. 

Piòta  (F),  pie  na  piòta,  allegria  bacchica,  esser  alticcio,  brillo; 
fr,  pointe,  étre  en  pointe  de  vin,  cominciar  a  sentir  le  punture 
del  vino  al  cervello;  greco  pinò^  pìome,  bere. 

Pìria  (D),  imbuto  in  legno.  V.  P'rià. 

Pìrlo  (L  ),  gavàss,  gozzo  ;  latino  pinis,  pirdlus,  pera,  peruccia,  per 
analogia  di  forma. 

Piròra  (R)  (Pipino),  per  ora,  poco  fa  ;  roumancio  ora,    fuori,  ìiors, 

—  pirora,  più  fuori,  più  lontano,  non  adesso. 

Pischèrlo  (T),  omiciattolo;  ted.  busch-Jcerl,  piccinino  che  può  sgat- 
tolajare  dentro  un  cespuglio;  messere  alto  come  un  cespo. 

Pissacàn  (P),  fungo  velenoso;  provz.  2>isso  can,  id. 

Pissèt  (1),  trina,  merletto;  ital.  pizzo. 

Pista  (S),  pesta;  spagn.  pistar,  pestare,  striscia  di  terreno  prepa- 
rato morbido  per  farvi  correr  sopra  i  cavalli. 


—  155  — 

Pista  (F),   celia,  beffa,  far  dispetto;  francese  dépiter,  id.,  quindi  il 
pieni,  de  la  pista  a  quaicwi,  tormentarlo  con  celie; 

Pistrognè  (L),  scalpicciare;  lat.  pistrlnum,  pistor,    analogia  col- 
l'atto  del  pestar  la  pasta  de'fornaj. 

Pitàca  (S),  plettro,  pinna  per  pizzicar  corde  musicali;  spagn.  pito, 
cannuccia  pizzuta. 

Pitànssa  (F),  pietanza;  fr.  pitance;  lat.  pietancia;   provz.  piiango 
(Diez,  pietanza)  ;  slavo  pitat,  nutrire. 

Pitè  (B),  beccare;  borgog.  pitar^  id.  (Diez,  pito)-,  pitade,  quanto  si 
può  prendere  tra  la  punta  di  due  dita. 

Pìtima  (I),  persona  flemmatica;  ital.  pittima,  spilorcio. 

Pito  (S),  gallinaccio,  piagnolone;  spagn.  pitar,  fischiare;   —  fé  la 
barba  ai  pito,  cosa  impossibile. 

Pitòc  (I),  avaro,    indigente;  ital.  pitocco;   slavo  pitok,   ubbriacone. 

Pitochè  (F),  pitocà,  beccare,  butterato;  metatesi  dal  frane,  picoté, 
beccare. 

Pitois  (F)  (pronunziate  pitoà),  puzzola,  formica;  fr.  putois,  id. 

Piuvsinè  (DP),  ital.  piovigginare;  piem.  pieùva,  pioggia. 

Pivi  (S),  rondone,  rondine  maggiore;  spagn.  pivo,  beccafico;  latino 
hyrundo-apus,  rondone;  onomatopea  del  gridìo  di  siffatti  uccelli. 

Plàgas  (L),    ingiuria  ;    latino  plaga,  ad  plagas,  alle    percosse  ;  — 
n'à  dine  plagas,  ne  ha  dette  tante  da  farsi  bastonare. 

Plàgi  (F),  carnagione;  fr.  pelage,  id. 

Plàja  (L),  sbavatura  del  bossolo  ;  lat.  plaga,  filetti  di  ragnatela. 

Plàndra  (G),  puttana;  gY:QCO poliandra,  cwì  non  basta  un  uomo  solo. 

Plandròn  (F),  poltrone,  piagnone,   neghittoso;   frane,    se  plaindre, 
lamentarsi.  , 

Pie  (F),  pelare;  fr.  peler,  id. 

Pleìija,  _p%"a  (I),  buccia,  volpone;   ìi.  peluria;  fr.  pelure,  buccia; 
pleiija  per  volpone  deriva  dall'ital.  p>elle,'  pellaccia. 

Plìna,  prèis  (I),  caglio;  ital.  pelle,  pellina;  prèis  da   apprendere, 
appreso. 


—  156  — 
Plinèsse  (D),  accapigliarsi;  it.  peli  — xnesse  pr  i  hrin,  acciuffarsi. 

Plòfìa  (I),  ploùfria,  ^jZe?//'n,  plùfri^  pellaccia  penzolante,  floscia; 
ted.  floU-fell  {plott-fell),  id. 

Plot  (T),  pie  7  plot,  de  'l  plot,  darsela  a  gambe;  tedesco  jpZo^^, 
piede  largo,  mettersi  a  correre,  stampar  bene  il  piede  sul  terreno. 

Ploùfer,  ploùnfer  (T),  nomignolo  generale  dei  tedeschi  ;  ted.  plumsen, 
(plump  sein),  essere  pesante. 

Ploìifif,  ploùffate  (0),  tonfo,  onomatopea;  fr.  pouff,  id. 

de   branca  in  brancam  degringolat  et  facit  plouff 

(A.   Poxt). 

Pluc,  p>luchè  (B),  peluzzo,  piluccare;  borg.  pluquer;  latino  pilare, 
spelare  (Diez,  piluccare). 

Pluca  •  pss'te  (D),  tiraborse  volgare  (Zalli).  V.  Pluc  e  Pss'te.  Di- 
sgraziato che  non  sa  elevarsi  all'altezza  d'un  delitto  politico. 

Plùtri  (F),  avaro;  fi:  pleutr e,  uomo  ììuWo;  greco  ploùtos,  ricchezza. 

Pnass,  pnassè,  pnòn  (F),  coda,  spazzare,  pennone;  frane,  panache; 
lat.  penna,  pennacchio. 

Poc'ta  (F),  vinello;  fr.  ^f^zief/e,  vinello  ;  ital.  ^05ca,  acqua  ed  aceto. 

Poc'ta  (F),  violino  per  balli;  fr.  poche,  saccoccia,  violino  tascabile. 

Pòcia  (F),  saccoccia;  fr.  poche,  id. 

Pociàcri,  pàtri  (L),  imbratto,  vivanda  mal  apparecchiata  (Zalli); 
lat.  ^M^rére,  guastarsi  ;^o^n,  lat.  j^o^na;,  ubbriacone  ;  provenzale 
poutringo,  medicinale. 

Pòcio  (l),  nespola;  fr.  pocheter  {les  olives),  farle  maturare  ;  italiano 
nespolo,  nespoluccio,  quindi  il  pocio;  —  fé  7  pòcio,  fare  la 
smorfia  del  bambino  che  vuol  piangere,  quando  le  labbra  prendono 
la  figura  della  nespola  matura. 

Pocionòt,  poponòt  (F),  poisèt,  cecino;  fr.  poupon;  dal  piem.  pocio, 
bambino  carezzevole. 

Pogieùl  (L),  balcone,  terrazzino;  \2iimo  podiuni,  podiolum;  gabbia 
sporgente;  spagn.  poyo,  banco  avanti  la  casa. 

Poglm  (P),  figlio  (Biondelli);  fr.  poulain;   provz.  poulin,  poliedro. 


—  157  — 

Poiràss  (DP),  roncone,  falciolo;  poarìn,  dal  -pìem.  poè,  potare,  ron- 
cola potarina. 

Polènta,  polènda  (L),  squicia  (Zalli),  farina  di  formentone  bollita 
nell'acqua;  lat.  pollen,  farina;  ^lovz.  poulento;  Isitmo  polenta, 
farina  d'orzo  seccata  al  forno  a  tempo  de'  Komani  quando  lo 
zea-ma'is,  il  grano  turco,  venutoci  dall'America,  non  era  ancora 
conosciuto;  latino,  puls,  pidtis,  bollito  di  farinacei;  celtico  bo- 
lauta,  eccellente  (Roget). 

Pòles  (L),  arpioni,  manette;  latino  pollex;  ital.  pollice,  così  detto 
per  la  forma  che  1'  arpione  ha  simile  col  pollice  della  mano, 
e  perchè  le  manette  serrano  principalmente  i  pollici. 

Poligàna  (L),  persona  astuta;  lat.  publicanus,  gabelliere. 

Polìn  (T),  tincòn,  bubone  venereo;  ted.  bolle,  tubercolo. 

Poliòt  (F),  puleggio,  pianta  aromatica;  fr.  pouliot-,  latino  mentila 
pulegium,  id. 

Pom  calvìla  (F),  pomo  carovella  (S.  Albino);  fr.  pomme  de  Calville, 
che  è  un  paese  presso  Lione  (Littrè). 

Pom  ch'rpandìi  (F),  pomo  capendolo;  fr.  court -pendu,  capendu, 
pomo  dal  peduncolo  corto. 

Pom  codògn  (L),  mela  cotogna;  lat.  cydoniiim  nialum  (dalla  città 
di  Cidonia,  nell'  isola  di  Creta)  ;  fr.  coing  (frutto),  cognassier 
(albero). 

Pom  grana  (F),  melagrana;  fr.  grenade  (frutto),  grenadier  (albero); 
lat.  malum  punicum,  perchè  originario  d'Africa. 

Pom  ranèta  (F),  mela  renetta  ;  fr.  reinette  da  rainette  (v.  fr.  raine, 
rana),  così  detto  a  cagione  delle  macchie  che  questo  frutto  ha 
sulla  sua  buccia. 

Poncìn  (I),  matto  alle  carte  da  gioco;  ital.  punto,  puntino. 

Pondrà  (F)  (btisar),  pojàna  ;  piccolo  falco;  fr.  butorde,  femminino 
di  butor,  falco  maremmano  (Littré):  pondrà  è  un  guasto  di 
butarde,  il  busar  ha  origine  tedesca  dal  husshart,  buzzagro  ; 
lat.  biiteo,  id. 

Pónga  (DP),  aprèi,  cannella  de'vasi  vinari,  zipolo  ;  dal  piem.  fònga, 
fonghè,  ficcare. 


—  158  — 

Pongòla  (1),  spugnola  per  fungàia;  ital.  fimgo. 

Popò,  pùpu  (E),  putta,  bùbbola,  uccello,  specie  dì  picchio  ;  latino 
ùpupa;  fr.  épopc,  dal  greco  epops,  picchio  a  due  becchi. 

Porà,  h^nià  (I),  baja  che  si  fa  all'innamorato  licenziato  dalla  bella 
stendendo  una  striscia  di  crusca  {hren)  fino  all'uscio  di  casa  della 
persona  delusa  e  piantandovi  in  cima  utì porro:  it.  porro, granci- 
porro; così  in  piem.  si  dice  anche  s'mnè  la  Vrnà,  seminare  la 
crusca  e  pnantè  un  por,  per  indicare  un  matrimonio  andato  a 
monte;  ai  preti  in  Val  sesia,  invece  del  porro  e  della  crusca  si 
stende  letame  tra  la  canonica  e  la  casa  della  Dulcinea  del  Ke- 
verendo. 

PoriotiSa  (I),  pianta  peperina,  specie  di  lattuga;  it.  paperina. 

Pòrte  (B),  stretto  di  montagna;  borg.  pori,  stretta,  defiU  (Burguy, 
pori). 

Pós  (DP),  raffermo,  riposato;  piem,  ri'jjòs,  riposato;  — a  Va  i  cavàj 
pi  ripòs,  i  suoi  cavalli  sono  più  riposati. 

Pòsca  (1),  vin  leggero,  vinello;  italiano  posca,  acquarella  che  si  ha 
dalle  vinaccie;  lat.  posca,  bibita  antica  militare  fatta  d'acqua 
ed  aceto,  che  ogni  soldato  romano  doveva  portare  con  se.  Quindi 
la  spugna  inzuppata  nella  jposca  che  fu  sporta  da  un  legionario 
al  Cristo  morente  ed  assetato,  non  fu  già  un  atto  di  crudeltà, 
ma  la  solita  bonomia  de'soldati,  che  offrono  ciò  che  hanno. 

Posìa,  xìodìa  (B),  poteva;  dal  piem.  poclèi,  potere;  borgog.  poueir; 
provz.  pousquet,  potere  (Burguy,  pouvoir). 

Possàj  (F),  secchia  del  pozzo:  fr.  fosse,  fossaille,  roba  del  fosso. 

Possoiiè  (F),  poussòn,  spingere,  spintone;  frane,  pousser,  spinger 
forte,  da  cui  s'è  fatto  prima  possòn,  poi  con  questo  il  verbo 
possono. 

Pòsta  (I),  avventore;  it.  pos'a,  guadagno;  pòsta  frèida,  avventore 
il  cui  posto  nello  scanno  della  bottega  è  sempre  freddo. 

Pòste  d'nòver  (L)  (1480),  tavole  di  noce;  horg. ^jostits,  postis;  lat. 
2)ostis,  stipite  di  porta  (Burguy,  postits). 

Potàsca!  (SL),  è  una  esclamazione  che  vuol  esprimere  meraviglia 
—  nello  slavo  poi; sica,  è  una  servente  allegra. 


—  159  — 

Pot'fia  (DP),  svenia,  sninfia;  dal  piemontese  ^o^m  -  ^a,  fia  potìna. 
V.  Fotm. 

Pot'rla  (L),  bossolo,  bianco  spino;  lai  polerium,  astragale. 

Pot'rla  (P),  cispa  agli  occhi;  provz.  poutigno,  id. 

Potìa,  pàtri  (P),  poltiglia;  provz.  pooutija,   bollita  di  pane. 

Potìn(F),  persona  oltremodo  delicatina;  per  tupìn,  piccolo  vaso;  fran- 
cese ^e^?Y  ^oi^,  vasetto;  main  potè,  mano  gonfia,  inabile  al  la- 
voro (Littrè),  chipoter,  lavorar  negligente. 

Pouè  (B),  potare;  borg.  2>o(fer.  id.  (Burguy,  j;or7e;-);  ÌRtìno  putare, 
mondare  (Diez,  piotare). 

Poùi  (B),  pieùcc\  pidocchio;  borgog.  pouil;  frane,  poti;  il  pieùcc', 
origina  dall'italiano  pidocchio. 

Poùja  (D),  pàli,  paura.  V.  Pour. 

Poùla  (F),  pollastra,  donna  astuta  ;  fr.  poule,  gallina. 

<  chila,  Marchesa,  a   l'è   na   poula  veja!    » 

reminiscenza  del  Teatro  Regio  in  temporibus  illis. 

Pouponè  (F),  vezzeggiare;  frane,  poupon,  marmocchio  grassoccio; 
provz.  poupounà,  poupounejà,  carezzare. 

Poiir  (B),  paura  ridicola;  borg.  pàor,  poor  (Burguy,  paor),  dal  la- 
tino pavor,  id.  (Diez.  peur). 

Povrògna  (T),  peverògna,  evhà  anagallide;  ìtpeoerello  (h.  ìnouron). 

Prassà  (DP),  sassata;  dal  piemont.  péra,  pietra;  ma  la  flessione  ha 
un'apparenza  slava.  —  In  slavo  pràsstscia,  è  fionda.  —  stòmi 
da  jìrassà,  uomo  audace,  sfrontato. 

Prè  (B),  ventriglio;  borg.  prest,  pres,  stomaco  (Burguy,  presi):  pre- 
para il  cibo  del  gozzo  per  immetterlo  nello  stomaco. 

Prèis,  X)lÌHa  (1),  caglio;  ital.  presa,  far  presa,  coagulare;  it.  pel- 
lina,  pellicola  che  fa  il  caglio  sulla  superficie  del  latte  nel  vaso. 

Prèjve,  prèvi  (L),  prete  e  insetto  scarabeo;  dall'origine  latina  pre- 
shiter,  il  più  veccliio.  Dai  pescatori  di  Genesareth  alli  Abati  me- 
dievali ed  all'odierno  gesuita.  Dio!  che  pauroso  trasformismo! 
—  hocòn  di  prèjve ,  frane.  sot-V-y-laisse,  Sporta  coita,  la  groppa 
del  pollo.  Prèive,  insetto,  è  il  cavalocchio,  detto  anche  civettone, 


—  160  — 

libellula,  saetta  cavalletta  (in  fr.  demoiselle).  —  È   un  insetto 
nevrottero,  nero  —  e  per  tutte    queste  qualità  fu  detto  :  prete. 

Preù  (B),  daprèss,  vicino;  \a.t.  pro2)e  :  horg.près,  id.  (Bu.rgu.\,prop). 

Preìis,  prusìj  (L),  porca,  solco  ;  lat.  porca,  parte  prominente  del 
solco;  slavo  brasda:  la  forma  preus  viene  da  2^orca  per  proca. 

Pria  (DP),  pietra  ;  dal    piem.  j;èm;  fr.  pierre,  pietra  ;  prie,  pietre. 

Pricàr  (I),  dire;  ital.  predicare. 

Prima  (P),  primavera:  provz.  prim  ver,  id.  (Diez,  ver). 

Privo  (L),  pericolo;  dal  lat.  pavor,  paura.  Questa  voce  usata  sola- 
mente nella  frase  /è  pa  privo,  non  c'è  pericolo,  è  un  guasto 
del  fr.  naijez  pas  peur,  non  abbiate  paura  :  in  tal  caso  privo 
sarebbe  metatesi  di  pivro,  derivante  da  pavro,  in  cui  la  a  del 
latino  pavor  cominciò  col  mutarsi  in  e  nel  francese  peur  (pa-or, 
pe-or,  peur,  Bartsch)  e  quindi  la  e  fu  pronunziata  i  e  si  ebbe 
pi-or,  pivor,  pivro,  privo. 

Proìi  (B),  basta  e  giovamento;  borg.  prou;  lat.  prò,  prodest;  proven- 
zale proou,  basta  (Burguy,  prod);  —  bon  proiì  ff assai  latino 
profìciat,  prosit!  ital.  prò,  buon  prò  ti  faccia! 

Proù  (L),  certamente;  latino  ^;ro&e,  molto  bene  : — aj'è  proù!  certo 
che  ci  sta! 

Proùn  (B),  scojattolo,  ghiro-,  hoi'g.  proier,  predare  (Burguy,  ^mer). 

Provàna  (S),  propaggine;  spagn.  provetta:  fr.  proviti,  provigner, 
tallire  (Diez,  propaggine). 

Provèj  (L),  frassa,  catena  dell'aratro;  lat.  proveho,  tirare;  frassa, 
ferraccio. 

Provenga  (L),  pervinca,  specie  di  mortella  a  foglie  sempre  verdi; 
lat.  pervinca;  fr.  pervenclie. 

Prìiì  (L),  prudere,  smangè;  lat.  prurire,  prudere. 

Pruss  (P),  pèj,  pèir,  pera;  provz.  perus,  pera  tonda;  centrone  pri 
(A.  Pont);  lat.  pyrus,  id. 

Pruss  (F).  rabbuffo,  ramanzina;  r?è  ^^>^Jpms5,  sgridare;  dal  fr.  poir e 
d'angoisse,  sorta  di  pera  acidula,  il  cui  sapore  fa  far  le  stesse 
smorfie,  che  una  buona  sgridata. 


—  161  — 

Pss'te  (Fj,   pezzette,  monete;  fr.  picce;  —  pezza  antica  da  5  soldi 
di  Piemonte. 

Pssuc,  pssucliè  (I),  becco,  battere;  ital.  pizzicare. 

Pula,  Mia  (SL),  guscio.  V.  Bilia;  slavo ^e«fóa,  palla  da  fucile;  — f'e 
la  pula  al  bigliardo,  far  a  chi  vince  l'ultima  palla. 

Punàs  (F),  cimice  dei  campi  ;  fr.  pioiais,  dal  lat.  putidus  (pue  nez), 
puzzolente. 

Pupa  (L),  zinna,  mammella;  lat.  ^wjia,  bambina;  francese ^JOM^^e.id. 
(Littré),  ìt.  poppa. 

Pussiè,  puss  (I),  carezzare,  lezioso  ;  ital.  putto,  bambino. 

Puvìa  (P),  pipita;  provz.  pepida;  lat.  pituita,  pipita. 


11 


—  162  — 


Quacc'  (D),  cheto,  quieto.  V.  Quatè;  it.  quatto. 

Quàj  (F),  vescichetta;  fr.  ccdllof,  da  cailler.  grumo  di  sangue;  la- 
tino coagulare,  coagulare. 

Quàra  (F),  spigolo;  lat.  quadra;  fr.  carré,  quadratura;  —  la  quàra 
(T  l'uss,  lo  spessore  dell'uscio. 

Quatè  (R),  copertare;  borg.  quaiir,  catir  (Burguy,  catir,  coit):  na- 
scondere, dal  lat.  coactus,  nascostx);  fr.  coi,  coite,  accoccolato. 

Què?  (F).  che  cosa;  fr.  quoi?  id. 


163  — 


i=t 


Rabadàn  (R),  baccano;  roumancio  e  in  genovese  ramodan,  fracasso, 
turco  ramadàn^  gran  digiuno  dei  musulmani,  che  di  notte  si 
cambia  in  orgia  ;  provz.  roumadàou,  capriccio,  accesso  di  cattivo 
umore. 

Rabarè  (DP),  radunare,  raccogliere  (Biondelli),  per  arbarè^  metter 
in  conserva  in  certi  vasi  fatti  col  pioppo  bianco,  detti  piem.  ar- 
harèle;  it.  alharclle. 

Rabass'cè  (L),  arraffare,  frugare;  lat.  rapax,  rapace;  la  x  latina 
ha  prodotto  la  ss'c  piemontese;  provz.  rabago,  tartufo  —  in  tal 
caso  rabass'cè  vorrebbe  dire  il  frugare  dei  cani  per  cercar  tartufi. 

Rabastè  (L),  rabastoàn,  trascinare  per  terra,  strascico;  Diez,  ra- 
basta,  lo  deduce  dallo  accapigliarsi  tra  donne  ;  Danneil  (rabbi), 
deduce  il  verbo  rabastem,  da  rabasier,  cioè  colui  che  è  sopraf- 
fatto dalla  fatica,  fracassone;  v.  fr.  t-abater,  far  fracasso  :  italiano 
arrabattarsi;  provenz.  rabastejà,  rissare;  ma  il  vero  elemento 
piemontese  sta  piuttosto,  come  rabastòn,  rezzuola  per  pescare 
in  mare,  nel  lat.  rapere,  trascinare  a  forza;  slavo  (jrabazdat,  dar 
di  piglio,  trascinare. 

Rabèl  (B),  chiasso,  strascico  ;  borg.  ràbi^  uomo  furioso  ;  lat.  rabies, 
rabbia;  slavo  rabb,  servo;  rabèl,  strascico  è  un  derivato  di 
rabìè.  V.  id. 

Rabicànt  (I),  it.  rabicano,  cavallo  di  mantello  bajo  e  bianco. 

Rablè  (S),  rablèra,  rablùira,  trascinare  e  lumaca;  spagn.  rabèar, 
scodazzare  (Diez,  rabo). 

Rabòt  (F),  pialla;  fr.  rabot,  id.  slavo  rabotat,  lavorare. 

Ràcola  (L),  rodò,  inezia,  pretesto,  persona  malaticcia,  buona  a  poco; 
lat.  reculce,  piccole  risorse;  slavo  rocldia,  fanullone. 


—  164  — 

Ràfa,  rafe  (F),  ruberia  e  tirar  di  striscio  al  gioco  delle  bocce;  fran- 
cese rafler;  ted,  raffen.  portar  via  subitamente:  centrone  rafà, 
scivolare;  slavo  rafniat,  livellare  {Dìez,raffare):  —  pr'  rif  e pr 
raf;  dal  fr.  j'ai  nfle  et  raffle  et  roigne  et  taigne,  rubo  ed  ho 
rogna  e  tigna;  it.  ruffa  e  raffa. 

Ràfano  (L),  creti,  ràfano,  radice  di  sapore  acre  e  piccante:  greco 
e  latino  ràfanos;  fr.  raifort,  id. 

Rafatàja  (P),  bordaglia  ;  provz.  rafatàjo,  minutaglia,  residuo  d'una 
scelta. 

Ràfiga  (I),  ghiribizzo  (Zalli):  it.  raffica,  soffio  impetuoso  di  vento 
marino. 

Ràgi,  fé  yà(ji  (L),  attecchire;  lat.  radix;  borg.  rajs,  radice;  fran- 
cese race,  razza  (Burguy,  rais). 

Ràir,  rèir  (F),  rado;  fi",  rare,  raire:  lat.  radus,  id. 

Rajè  (F),  separare;  fr.  rayer;  lat.  radiare ;fr.  raie,  riga,  tirar  una 
riga  tra  due  oggetti.  Rajè  vuol  anche  dire  scegliere  le  uova 
fresche  mettendole  contro  luce  ;  dal  fr.  rayon,  raggio  di  luce  (Ratti). 

Rama  (B),  sprazzo  di  pioggia  o  di  pazzìa;  borg.  ramèit,  rame,  fo- 
gliame (Burguy,  raim),  per  similitudine  collo  spruzzo  che  si 
ottiene  scuotendo  una  pianta  dopo  la  pioggia. 

Ramàssa  (B).  scopa  e  slitta  di  montagna;  donde  la  Ratnàssa  del 
Moncenisio:  borg.  remaisse,  scope  colle  quali,  secondo  racconta 
Mignard,  li  antichi  Borgognoni  usavano  andare  nei  boschi  od 
in  piena  campagna  ad  imitare  i  misteri  delle  città,  facendo  un 
falò  con  gran  tripudio,  la  quale  usanza  durò  finche  una  donna 
ne  fu  perciò  accagionata  d'eresia  e  fatta  bruciar  viva.  Ciò  si  di- 
ceva, rotir  le  halais,  hrusè  la  ranmssa:  analogia  colla  scopa 
delle  streghe  di  Benevento. 

Rami  (1),  arsiccio,  macchia  che  il  ferro  troppo  caldo  lascia  sulla 
tela  bagnata;  ital.  rame. 

Ramina  (I),  pentola,  ramino,  vaso  di  rame  o  di  latta  usato  dai 
Ijarbieri;  it.  rame;  —  butè  la  ramina  al  feti,  preparar  la  minestra. 

Ramnè  (P),  sciupare,  maltrattare;  provenzale  ramenà,  erpicare  un 
campo  —  prou  ramnà,  vi  dirà  una  ragazza  ;  in  italiano,  tenete 
le  mani  a  casa.  Questa  voce  comunissima   nel  dialetto  manca 


—  165  — 

nei  tre  mag-giori  vocabolari  nostri.  Ci   sarebbe    anche  il  frane. 
ramonei\  spazzar  il  camino. 

Ramognàn  (L),  per  armoffnàn,  armignàn,  melìaca,  specie  d'albi- 
cocco; lat.  malum  armeniacum,  pomo  d'Armenia. 

Rampiè  (F),  rarapicare;  v.  fr.  ramper;  italiano  ar-rampicare  (Diez, 
rampa);  provz.  rampeou,  (jnmperau,  picchio  grigio. 

Ranche,  aranchè  (T),  estirpare  (Alfieri),  schiantare,  svellere;  te- 
desco ranken,  cavare  storcendo  (Diez,  ranco,  Flechia,  rancate) 
—  rancachenr,  strappacuori  e  anche  dolore  acuto. 

Ranch'sè  (I),  ranchettare,  zoppicare;  italiano  arrancare,  camminar 
sciancato. 

Ranciàn  (I),  meschino,  sparuto  ;  italiano  rancio,  dal  color  giallo  del 

volto. 

Ranciùso  (F),  piccolino,  voce  di  scherzo  ;  fr.  ranche  ;  latino  ramex, 
piccolo  (Littré). 

Rande,  randa  (B),  rasentare,  rasiera  per  radere  il  colmo  dello 
stajo;  borg.  mwr7^>,  avvicinare  ;  ted.  mwt?,  margine  (Diez,  randa, 
Burguy,  randir). 

Randèl,  hìa  (DP),  ital.  randello,  bastone  per  stringere  le  funi  d'un 
carico,  dal  piem.  rande,  avvicinare. 

Ràngola  (I),  struggimento  e  valetudinario  ;  ital.  ràngola,  gran  cor- 
doglio; —  un  òeù  e  na  ràngola,  denari  e  malanni. 

Rangotè,  rangùt,  rantèl  (T),  il  rantolo  della  morte;  ted-  rimien, 
lottare,  che  fa  ran<i  al  passato.  V.  Ransslc. 

Ranièra  (F),  reniéra.  gocciolatoio,  sporto  per  impedire  lo  scolo  del- 
l'acqua piovana  lungo  i  muri;  fr.  rainure;  v.  ted.  rain,  orlo, 
taglio  fatto  in  lunghezza  sullo  spessore  d'una  tavola;  ingl.  rain, 
piovere;  ted.  regen,  pioggia. 

Ranpìn  (F),  eroe,  uncino;  francese  grappin,  grappe,  grappino;  ciò 
rampìn,  gancio. 

Rànssa  (T),  rama,  falce  fienaja  monferrina,  róncola,  falcetto;  te- 
desco ranzen  {?),  pancia;  forse  dalla  forma  curva  del  ferro. 

Ransslè  (T),  rantolare;  ted.  rasseln,  romore  di  catene,  a  cui  somi- 
olia  il  rantolo  del  morente. 


—  166  — 

Rantàn  (R),  fitta,  terreno  arrendevole;  urantanr,  affondare  in  un 
pantano,  in  terreno  che  cede  sotto  il  piede;  roumancio  raniar, 
restar  incollati,  incatenati  (Carisch)  —  Questo  vocabolo  ha  cor- 
relazione col  celebre  Ran.t  des  vaches  dei  Grigioni,  che  è  il  ri- 
poso, la  siesta  delle  mandre.  durante  la  quale  i  pastori  e  le 
pastorelle  svizzere  cantano  le  loro  egloghe. 

Rapa,  ra2}èt  (F),  grappolo:  fr.  rape:  it.  rappa,  grappolo,  racìmolo 
(Diez,  rappa). 

Ras  (Tj),  misura  di  lunghezza  equivalente  a  60  centim.  ;  braccio, 
colmo;  latino  as,  unità:  la  1  articolo  prostetieo  cambiata  in  r: 
Vas,  r'as:  slavo  ras,  una  volta — ras,  dva,  tri...,  mio,  due,  tre 

Rasa,  a  rasa  (P),  rasente:  provz.  ras,  accosto;  fr.  rez  de  cJiaussée^ 
presso  la  strada,  pian  terreno,  fr.  ras,  rasade.  bicchiere  colmo; 
lat.  radere:  ital.   radere. 

Rasa  (L),  succo  resinoso  do!  pino,  dell'abete  ecc.;  rasa  d'hotàl.  tartaro, 
gromma,  deposito  del  vino:  acqua  ras,  soluzione  di  trementina, 
dal  latino  rasis.  pece  secca  (Diez,  ragia).  11  provz.  rajà,  scolo, 
ha  rapporto  col  gommare  delle  resine  che  si  ottiene  incidendo 
la  scorza  delle  piante  conifere. 

Rasante,  rasente  (1),  ital.  rasente,  prossimo. 

Rasate  (P),  abbrustolire,  avvampare  un  pollo,   abbronzare  la  pelle 

del  viso;  dal    piem.  rase,  radere;  hrusatè,  abbrustolire:  fr.  ris- 

soler:  danese  risi,  arrostire  (Littré). 
Rase  (P),  ruvido,  rozzo;  provz.  rasco,  crosta  (Diez,  rascar). 
Ràsca  (B),  tigna;  borg.  rasclie,  raische,  ital.  raschia,  rogna. 

Rascassòn  (DP),  marmocchio;  dal  piemont.  rasca,  tigna,  sfogo  di 
umori  cui  vanno  soggetti  specialmente  i  bambini. 

Raspe,  rtispc  (S),  raspare;  spagn.  raspa,  gluma  o  scaglia  che  av- 
viluppa il  seme  del  grano. 

Rastèl  (P),  rastello;  provz.  rastel;  lat.  raster.  rastellum.  id. 

Rat  (F),  topo;  fr.  rat;  v.  ted.  rato.,  sorcio. 

Ratafià  (F),  amarasco;  fr.  tafia,  acquarzente  di  canna  e  sciroppo 
di  zucchero;  ra  per  la  prostetieo. 

Ratatoùj  (P),  miscuglio  poco  gradevole;  provz.  ratatouyo;  fr.  ra- 
tatouille,  id.  —  È  anche  usato  come  vezzeggiativo  per  indicar 
persona  cara;  —  7  7ne  ratatoùj!  il  mìo  caro!  V.  Ratoùj. 


—  167  — 

Ratavoulòjra  (DP),  rat  voulofir,  nottola;  dal  piemon.  rat  e  volè; 
it,  ratto  cìie  vola;  provz.  rato  panado,  ratto  pennuto. 

Ratèla.  ratlèire  (B),  cavillo  :  borg.  ratèle,  fegato  :  fr.  dechargcr  sa 
rate,  sfogarsi  (Burguy,  rate). 

Ratòjra  (D),  trappola  per  ratti.  V.  Bai. 

Ratoùj  (P),  bimbo,  carezzevole;  fr.  raion,  petit  rat,  vezzeggiativo; 
—  ì)él  ratoùj!  bella  bimba. 

Raugnè,  raognè  (D),  brontolare.  V.  Bougnè. 

Ravalè  (F),  avvilire  e  inghiottir  di  nuovo;  borg.  avaler,  abbassare; 
fr.  ravaler,  id.;  fr.  avaler,  inghiottire,  ravaler,  inghiottir  nuo- 
vamente. 

Ravàss  (D),  luv  ravàss,  lupo  manaro.  V.  Luv  ravàss. 

Raviòla  (1),  manicaretto;  ital.  raviuolo.  V.  Baviolèsse. 

Raviolèsse  (F),  per  virolèsse,  voltolarsi;  fr.  se  roider;  lat.  revolvere, 

rotolare. 

Ravlìi  (P),  ravassi),  stopposo  ;  provz.  rava,  montone  la  cui  lana  sia 
lunga  e  grossolana. 

Regretè  (F),  rincrescere,  rimpiangere  ;  fr.  regretter,  id.  ;  lat.  mger, 
aegre,  con  rincrescimento;  re-aegre,  due  volte  dispiacente;  la 
part.  inseparabile  latina  re,  indica  duplicazione  (Quicherat). 

Rèidi  (B),  stecchito;  borg.  reidar;  v.  fr.  reit;  fr.  roide,  rigido. 

Reirè  (L),  diradare,  per  rairè,  rairì;  latino  rarus;  francese  rare, 
rarefier,  id. 

Rèis,  a  rèis  (F),  rasente;  radice;  borg.  resa  res;  lat.  radix,  alla 
radice,  presso  terra;  fr.  re.?,  a  rez  de  ....  id. 

Rèla  (P);  striscia,  fila;  provenz.  relìia:  v.  fr.  reille,  solco  dell'aratro 
(Diez,  relha). 

R'ma  (P),  travicello,  abetello,  lungo  palo  per  far  i  ponti  alle  fab- 
briche ;  provz.  reimo,  palo  per  impalcature  ;  fr.  rame,  perticone. 

R'sca  (D),  spina.  V.  Arèsca. 

R'ssa  (F),  tarcujna,  yen,  filare  di  viti  legate  insieme  con  pali  o 
pertiche;  greco  cJiarax,  palizzata,  donde  il  fr.  échalasser  {chu- 
rasser),  palare  le  viti;  ren  è  il  francese  rang,  rango,  linea. 


—  168  — 

Rèssia  (L),  sega;  metatesi  del  provenz.  serro,  id.;  latino  resecare, 
tagliar  via. 

Rèsta,  la  rèsta,  7  rest,  restànt  (DP),  residuo,  render  li  spiccioli; 
dal  piem.  >-es^è,  avanzare. 

Restia,  rèss'cia  (L),  treccia  di  cipolle,  agli,  ecc.;  italiano  resto,  id.  ; 
lat.  restis,  coda  dell'aglio  e  della  cipolla;  —  resies  aliti,  sive 
cceparum  (Diez,  resta)-,  fr.  tresse,  treccia. 

Reù,  reni  (B),  cerchio;  borg.  roe,  ruée,  rom,  ruota  (Burguy,  roe); 
—  se  la  luìia  a  Va  7  reu,  o  veni  o  breu,  se  la  luna  ha  il  cerchio, 
0  vento  0  brodo  (pioggia). 

Reùjda,  ròida  (GT),  corvè,  fatica  comandata;  gotico  raidjan,  pre- 
parare; garaidjan,  garaed,  utensili  da  lavoro  (Burguy,  roi);  la- 
tino regis  dies,  giornata  del  Re;  v.  fr.  roìi,  rey,  re. 

Riàn,  ìiàna,  ariana  (P),  burrone,  scavo  d'acqua,  fogna,  chiavica, 
sentina;  provz.  ricmi,  ruscello  ;  borg.  riu.  id.  ;  lat.  ritana,  id. 
(Promis);  v.  fr.  reu,  fiume;  it.  rigo/ino. 

Ribèba  (I),  cennamella,  in  tedesco,  violino  dei  pastori;  it.  rihèha, 
ribèca:  borgog.  rubèbe;  arabo  rabàh.  id.  (Diez,  ribèba).Y.  Aribeba. 

Ribòta,  ribotè  (F),  gozzovigliare;  fr.  ribote,  gozzoviglia;  v.  fr.  ri- 
baut,  ribault,  crapulone  (Bartsch). 

Rie,  ricco  (T),  teutonico  rik;  fr.  ricJic;  ital.  ricco. 

Ridèla  (F),  lati  del  carro  fatti  a  rastelliera;  fran.  ridelle;  italiano 
rìdoli,  id. 

Rif  e  raf  (D),  comunque.  Y.  Bàfa. 

Rifladòr  (F),  lima  ricurva  degli  orefici;  fr.  rifler,  piallare,  rafler, 
levar  via,  riflard,  piallone. 

Rigodòn  (F),  ballo  svelto;  provz.  ricooudon;  fr.  rigaudon,  id.;  —  baie 
'l  rigodòn,  esser  picchiato  di  santa  ragione. 

Riguziglio  (I),  ragoslo,  ribòta,  parola  sformata  dall'it.  gozzoviglia: 
ted.  ."iich  ergoetzen,  ricrearsi, 

Rinfna  (T),  cavillo,  pretesto  per  disputare;  ted.  rumpfen,  far  viso 
arcigno. 

Riònd  (T),  ariònd,  rotònd,  rotondo;  ted.  rund;  la  i  proviene  dall'i- 
tiiliann  ritondo  (Diez,  tondo). 


—  169  — 

Riondèla  (DP),  malva;  dal  piem.  riónd,  per  la  forma  rotonda  delle 
sue  foglie. 

Rìsi  (G),  ariòrda,  ars' ita,  secondo  fieno;  greco  risa,  radice  che  ri- 
pullula; ted.  reis\,  id.  ;  fr.  regain,  id.  da  gain,,  guadagno. 

Risma  (S),  un  dato  fascio  di  carta;  arabo  risma;  spagn.  resina, 
balla  di  mercanzia;  fr.  rame,  fascio  di  carta. 

Risma  (D),  per  indole,  morale  ;  geni  d'ia  stessa  risma,  dello  stesso 
carattere,  cioè  dello  stesso  formato,  come  si  dice  de'libri,  della 
carta,  ecc. 

Risòira,  reisòira  (G),  barbatella;  greco  risa,  risèion,  radice. 

Rispèt,  con  risxM  parland  (1),  locuzione  di  civiltà  rusticana  ;  ita- 
liano rispetto,  che  si  applica  discorrendo  a  quattro  cose  :  porco, 
vacca,  letto  e  moglie. 

Riss,  arlss  (L),  riccio  delle  castagne,  porco  riccio,  spinoso.  V.  Arìss; 
lat.  cricius,  porco  spino  (Littré)  ;  fr.  hérisson,  id. 

Rista,  ristìn  (T),  canepa,  conocchiata:  ted.  riste,  reiste,  matassa 
di  lino  (Diez,  resta),  rist,  id.  (Danneil). 

Rivàssa  (1),  ripa  imboschita  e  scoscesa,  ripaccia;  ital.  riva;  latino 

ripa,  id.  (Flechia). 
Ròbi,  ròhia  (I),  rosso  ;  lat.  riibeus,  ruhia  (fr.  garance)  ;  ital.  rohhia. 
Roc  (C),  róda,  sasso;  celt.  roc,  rupe,  sasso  (Ob.  Mùller). 
Roc  (SL),  sorte;  slavo  rok,  sorte;  —  tire  V  roc,  tentar  la  sorte. 

Rodò  (F),  sorta  di  mantello;  fr.  Bue  de  Roquelaure,  maresciallo 
di  Francia  sotto  Luigi  XIV  (il  famoso  Ke  Sole,  che  tanto  fece 
soffrire  al  Piemonte  e  che  infine  abbiamo  ben  bastonato  nel  170G 
sotto  Torino). 

Rodò  (D),  persona  rovinata  in  salute.  V.  Bacala. 

Ròcol,  ròpol  (IG),  ragnaja;  ingl.  rook,  torre  oppure  rope,  corda:  torre, 
pel  luogo  elevato  che  richiede  quella  sorta  di  vigliacca  uccel- 
lazione;  corda,  per  il  modo  come  è  costrutta  la  ragnaja. 

Rodèle  (D),  rastelliera  del  carro.  V.  Ridèla. 

Roèj  (L),  roveti;  lat.  rovus,  rovo. 

Roèl  (F),  filatoio  a  rocchetti;  fr.  rouet,  id.  da  roue,  ruota. 

Rognòn  (F),  rene;  it.  arnione;  frane,  rognon,  aumentativo  di  rein, 


—  170  — 

reui  delle  bestie  :  —  un  om  dij  rognòn  dar,  uomo  robusto  e  po- 
tente per  ricchezza. 

Ròi  (L),  slavàss,  acquazzone;  lat.  ruere,  precipitare.  Virgilio  dice: 
ruit  imber,  scroscia  la  tempesta.  V.  Ròja. 

Ròja,  lòja  (B),  torrente:  borg.  roie,  rait,  corso  del  torrente  (Bur- 
guy,  rait). 

Rol  (D),  rovere,  quercia.  V.  Boul. 

Róla  (L),  mallo,  primo  guscio  delle  noci,  mandorle  ecc.;  lat.  rotula, 
viluppo  (fr.  hrou). 

Romanssina,  ramanssina  (I),  rabbuffo,  strillata;  ital.  remanzo; 
dal   latino  monere,  monitus:  fr.  semonce,  ammonizione. 

Ronca  (L),  ranche;  la  ronca  è  una  lama  tagliente  ricurva  in  cima; 
ranche  è  dissodare;  borg.  ronchier:  latino  runca,  runcare,  sar- 
chiare, svettare  e  recidei-e  piante. 

Ronda  (D),  giro  della  coda  del  dindo,  V.  Riònd. 

Rosine  (F),  piovigginare;  fr.  rosee,  rugiada;  arroser,  sprazzare. 

Ross  (I).  penzolo  d'uva,  mazzo  di  frutta;  ital.  rosta,  o  piccia  di 
più  pagnottelle  attaccate  insieme,  come  i  grappoli  d'uva  che  si 
appendono  al  solaio. 

Ross  (F),  mazzo  di  panni  pel  bucato;  fr.  trousse,  id.  V.  Anrossè. 

Rost  (T),  ferravecchio:  cantante  sfiatato;  ted.  rosi,  ruggine,  rovi- 
nato dalla  ruggine. 

Roùa  d'scàussa  (DP),  birbaccione:  dal  piemont.  roua  e  d'scàuss: 
it.  ruota  scalza,  cioè  senza  il  cerchione  di  ferro,  per  cui  rovi- 
nerà presto. 

Roìica  (T),  conocchia;  ted.  spimi  rocken,  id. 

Rougnè,  raugnè  (B),  brontolare;  borg.  airoignou,  l)rontolono,  airer; 
lat.  irasci,  andar  in  collera  (Mignard),  it.  grugnire;  provz.  grò- 
gner;  lat.  grunnire,  id. 

Roujè  (F),  gorgogliare;  fr.  grouiller,  id. 


ma  figliai  s'ia  testa  an  roùja, 
se  '1  (Vi  (Ile  lióte   a  ven  ! 

Bro^feiuo. 


—  171  — 

Roùl,  ròl  (F),  rovere,  querci.i;  fr.  rouvre;  roumancio  ruver;  proven- 
zale roure,  rouve;  lat.'>-o/-,  rohur.  id. 

Rounfè  (F),  russare:  fr.  ronfler,  id. 

Roùnsa  (F),  rovo;  roimsè,  roveto;  fr.  ronce,  spineto. 

Roùsa  (B),  roggia.'gora ;  fr.  ru,  ruisseau;  borg.  rous,  ruz,  rotta, 
strada  che  s'è  fatta  la  corrente  (Burguy,  rompre). 

Rùa,  ruga  (L),  gàia.  baco,  bruco  ;  lat.  eruca,  id. 

Rubàt  (DP),  trebbia;  dal  piem.  ruhatè,n  cagione  del  rotolare  che  fa 
sul  grano  nell'aja. 

Rubate  (B),  cascare,|ribaltare  per  riqmtè;  borgog.  des-rube,  preci- 
pizio: dal  lat.  rupes,  dirupo  (Burguy,  desruhe). 

Rub  (F),  antica  misura  di  peso  piemontese,  pari  a  Kilog.  9,221; 
ossiano  25  libbre  ;]  arabo  el  rebà:  frane,  arrobe,  il  quarto  del 
quintale  spagnuolo,  pari  a  Kg.  11,500  (Littré);  mandè.  lassò 
tut  a  rub  e  (jiùndes,  per  indicare  un  lavoro  cominciato  e  ab- 
bandonato precipitosamente;  fermarsi  alle  15  libbre  e  non  se- 
guitare fino  alle  25  del  secondo  rubbo. 

Rubiòla  (L),  piccolo  cacio;  lat.  rubeola:  ital.  raviggiòlo,  formaggio 
antico  piemontese  annoverato  da  Plinio  tra  i  migliori  d'  Italia, 
per  lo  più  fatto  con  latte  caprino  o  pecorino. 

Rùda  (L),  erba  ruta;  it.  ruta;  latino  ruta  hortensis,  id.  ha  odore 
acuto  e  foglie  di  sapore  amaro. 

Rudà  (F),  cozzata;  fr.  rudoyer,  aspreggiare. 

Rudi  (L),  rm<?,^ruvido,  ripido;  lat.  rudis;  fr.  rude,  it.  rude. 

Ruè  (D),  arue,  a  broim,  sul  margine.  V.  A  rùe. 

Rùfa  (T),  lattime;  ted.  ruf,  id.  (Diez,  rufla). 

Ruìn  (C),  sbùgia  dia  strà,  guasto  della  strada  ;  celtico  rhin,  canale; 
fr.  ravine,  burrone. 

Rumè  (T),  grufolare  del  porco  ;  ted.  grummeln,  il  brontolare  che  fa 
il  maiale  frugando  la  terra;  provz.  roumià,  mangiuccare. 

Rumenta  (L),  truciolo,  spazzatura;  lat.  ramenta,  legna  secca,  il 
rumentum  di  Plauto,  cosa  di  nessun  valore;  roumancio,  ru- 
mienca,  riineni,  scopatura. 


—  172  — 

Rumiàgi,    ronièj   (I),   pellegrinaggio  ad   un  Santuario    qualunque; 
ital.  romeo,  pellegrino  che  è  stato  a  Koma. 

Rùmiè  (P),     ruminare:  provz.  roumià,  mangiuccare:  it.  ruminare; 
lat.  ruma,  esofago,  primo  stomaco  dei  ruminanti. 

Rupia,  rupi  (F),  ruga,  rugoso;  fr.  repU,  piega. 

Rusa  (L),  rusè,  rustie,  litigio,  piatire,  rissare;  lat.  nxa.  rissa;  slavo, 
rugai,  ingiuriare. 

Rùsa  (F),  furberia;  —  dal  fr.  ruse,  astuzia. 

Rusc  (Lj,  brusco,   pianta   spinosa  i  cui  rami  servono  a  far  scope; 
lat.  ruscum,  id. 

Rìisca  (C),  polvere  di  concia;  fr.  rusque;  celtico  rusk,  scorza  (Diez, 

rucìié). 
Ruschè,  russlè  (D),  sarchiare,  lavorar   soverchio.  V.  Rusc,  lavorar 

col  rusc,  raschia,  arbusto  pungentissimo. 

Rusiè  (T),  rosicchiare;  ted.  griisen,  frane,  gruger;  schiacciare  cosa 
dura  coi  denti  ;  slavo  gruiz,  rodere  (lat.  rodere,  rosi,  rosum,  id). 

Rusìj  (D),  torsoli,  rosumi  (Altieri),  avanzo  di  cosa  rosicchiata;  fieno 
0  paglia  che  avanza  alle  bestie.  V.  Busiè. 

Rùso  (L),  ruggine;  lat.  cerugo,  verderame;  slavo  rjà{}  fr.),  ruggine. 

Ruspe  (D),  raspare.  V.  Baspè. 

Russ  (L),  sommaco  per  conciar  il  cuoio;  lat.  rhus;  greco  rou^,  id. 

Russlè  (D),  rovistare.  V.  Busche. 

Russlè  (DP)  (Zalli  e  Ponza),  litigare  ;  dal  piem.  rusè  id. 

Rustì  (SL),  frodare,  gabbare:  slavo  rosi,  usura:  il  fr.  ha  la  frase: 
OH  a  accomodò  cet  Jiomme  tout  de  roti,  è  stato  conciato  per  le 
feste  (Littré\ 

Rut  (IG),  frégola;  inglese  rut,  id.;  —  andè  an  rut,  in  zurlo,  tra- 
sporto d'allegria. 

Rùve,  riie  (1),  larva  delle  farfalle  che  rode  specialmente  le  foglie 
dei  cavoli  ;  ital.  ruca,  animaletto  che  rode  le  erbe  (fr.  chenille; 
lat.  canicula). 

Ruvìna  d'I  sol,  rum,  rovìn  (L),  ital.  ruina,  veemenza;  dal  latino 
ruere,  atterrare,  —  ruit  imher,  riiit  (?'f/?er,  piove  a  rovescio;  slavo 
rvat,  bruciare;  rviot!  scotta! 


—  173  — 


S  (L),  flessione  latina  caratteristica  del  dialetto  piemontese  di  Sa- 
luzzo  che  la  ha  conservata  più  specialmente  nelle  seconde  per- 
.  sone  dei  verbi  :  —  s'il  portes  aura,  se  lo  porti  adesso  {hac  Jiora  - 
aura).  —  La  s  prefissa  ad  una  parola  è  la  ex  latina,  particella 
rinforzante  la  espressione  del  vocabolo.  (Qiiicherat,  vocab.  lat. 
alla  lettera  E).  —  Talvolta  è  l'aferesi  della  particella  des,  dis, 
ed  ha  carattere  negativo. 

Sabàrd,  sahardòn  (D),  zoticone.  V,  Savardòn. 

Sabìss  (L),  monticello  di  sabbia  (Zalli);  lat.  sabuletum;  ital.  sabbia, 
sabbioso  (sabbjìccio). 

Sacaròn  (F),  sach'rdòn,  sacoròto,  esclamazione  di  collera;  dal  frane. 
sacre  nom,  giuraddio  ;  il  sacoròto  è  uà'  attenuante  alla  bizza 
fatta  dalle  anime  timorose. 

Sacabòl  (F),  sacabolè,  trabalzone,  scrollare;  fr.  chabler,  alzar  pesi 
in  aria;  b.  latino  cabìUiis,  urtone  (Burguy,  cadalle),  greco  ka- 
taboU,  rovesciamento.  Piìi  semplicemente  saut  -  cahot,  salto  che 
insacca. 

Sacagnè  (F),  sacagnàda,  dare  strappi,  scrollata;  fr.  saccader,  mo- 
vimento irregolare  e  violento. 

Sàfer  (F),  ingordo,  fanciullo  sfrenato  ;  fr.  safre,  che  si  butta  avida- 
mente sul  cibo. 

Sagajè  (P),  cicalare;  provz.  gazar,  metatesi  zagar  ;  fran.  jaser,  id. 
(Littré). 

Sagrìn  (F),  dispiacere;  fr.  cìiagrin,  id.  (Diez,  chagrin). 

Sairàss,  seiràss  (L),  ricotta;  b.  lat.  seraceum,  id.  (Promis);  siè- 
raccio,  siero  grossolano. 


—  174  — 

Saitòr,  seitòr  (L),    falciatore.  V.  Ssiè:  lat.   sector  da  seco,  segare. 

Sàiva  (L),  sug,  succhio,  linfa;  lat.    sapa    (Littré);    fr.  seve,  succo. 

Sàja  (I),  pannolauo  sottile;  ital.  saja;  frane,  serge,  panno  sottile; 
provz.  sajo,  mantello  da  pecoraro. 

Sales  (L),  salice:  lat.  snlix,  id. 

Salìn  (L),  saliera;  lat.  salinum,  id.  (Promis). 

Salòp  (P),  sucidone;  fr.  e  provz.  salope.  porcaccione:  \\\^\.  slopxvj, 
fangoso  (Diez.  salope):  slavo  scialaste  porcheria. 

Salssèt  (F),  sarsèt,  la  valeriana  ortense;  fr.  doucette,  insalata  che 
per  contrasto  di  gusti  in  italiano  ha  sapore  salso  ed  in  francese 
lo  ha  dolce.  —  Fé  halè  7  sarsèt,  far  ballare  lo  scilinguagnolo, 
loquacità  femminile  talvolta  molto  salata. 

Salvàj,  sarvàj  (L),  selvaggio;  lat.  silvaticus,  id.  (Flechia);  fran- 
cese saiivage.  id. 

Sana  (L),  calice,  bicchiere,  assaggio;  lat.  e  greco  cijatiis,  bicchiere 
(siaius.  sianus,  sanus);  —  sana  scruss'/a,  conca  fessa,  persona 
malandata. 

Sanàt  (R),  vitello  castrato  ;  roumancio  san,  castrato. 

Sanata  (D)  (Vopisco  1480),  quanto  cape  in  un  bicchiere.  V.  Sana. 

Sanbajoùn  (T),  zabaglione;  it.  zahajone,  a.  ted.  zahalón;  tedesco 
tappeln,  sbattere;  provz.  sanibayeii  (Zalli),  id. 

Sandaràca  (L),  sandràca,  resina  gialla;  lat.  sandardcuìii,  solfuro 
rosso  d'arsenico;  fr.  sanderaque,  id. 

Sandòn  (F),  strutto;  fr.  saindoiix  (v.  fr.  sam,  grascia;  do(tx,  dolce 
non  salato);  lat.  sagina,  id. 

Sangiùt  (L),  singhiozzo:  lat.  singidtus:  tr.  sanglof,  id. 

Sanìn  (DP),  bicchierino.  V.  SaTia. 

Sansì  d*  mèj  (F),  p'r  sansi  d'  mcj,  per  mancanza  di  cosa  migliore; 
dal  fr.  changer,  cambiare  {fante  de  mieux,  non  potendo  cambiar 
in  meglio,  farne  a  meno). 

Sansiè,  sansij  (D),  prudere,  prurito.  V.  Zanzii. 

Sàpa  (F),  fé  'na  sàpa,  commetter  un  marrone;  fr.  sape,  scavo  sot- 
terraneo, cagione  di  rovina. 


-  175  — 

Sapèl  (F),  calla] a,  varco,  passo;  fr.  saper,  far  trincee. 

Sapìn  (L),  pino,  abete;  lat.  sapinus  {àbies  alba),  abete  bianco. 

Sapone  (F),  sapinè,  zappare;  fr.  saper,  icl. 

Sapronè  (F),  far  da  cavalier  servente  ;  fr.  chaperonner,  si  dice  di 
persona  attempata  che  per  gentilezza  accompagna  una  giovane 
donna. 

Sarà,  2àra  (SL),  collera,  stizza;  slavo  .mrì,  collera,  .mrit,  irritare. 

Sarabanda  (S),  fracasso,  ballo;  spagn.  sarabanda,    ballo  grave  in 
tre  tempi;  persiano   sarhend,    canzone  con  musica  (Diez,  sarà-  ^ 
banda);  slavo  ssarabanit,  schiamazzare. 

Saràca  (I),  pesce  e  percosse;  ital.  sàrago,  sargo,  specie  di  triglia 
del  mare  egizio,  che  si  fa  seccare. 

su  coule  ex-regie  spale 

ai  mola  na  quatreiia  d'  saràche  proiii  d'  cccur. 

(Calvo). 

Saràja  (P),  sarè,  serratura,  chiudere;  provz.  sarrà,  serrare;  centrone 
seraiUe,  chiusura,  serratura. 

Sari  (L),  s'rbiè,  sarbiè,  sarchiare;  lat.  sarlre,  smuover  leggermente 
colla  vanga  il  terreno.  La  b  di  sarbiè  può  originare  dal  futuro 
sarìbo  del  verbo  sarlre. 

Sarìss  (L),  sq\\q,q, gneiss,  pietra  simile  al  granito;  lat.  silex  (silicens), 
selce. 

Sarnèj  (L),  crivello  (Biondelli);  lat.  cernere,  scerre,  scegliere. 

Sarsì  (P),  rammendare  ;  provz.  sarei  ;  b.  lat.  sarei  re,  id. 

Sarùss  (T),  raccapriccio;  ted.  saner,  acido;  latino  sarissa,  lunga 
picca  antica  macedonica.  Come  gladium  ha  originato  sgiaj 
(Flechia),  così  sarissa  può  aver  originato  sarùss. 

Sarvàn  (D),  riverbero,  folletto  (Vopisco  1560).  V.  S'rvàn. 

Saspè,  sespè  (F),  lavoro  dei  legatori  da  libri,  marmoreggiare;  fran- 
cese jasper,  diaspreggiare. 

Sasslòt,  sarslòt  (F),  forchètula,  uccello  d'acqua;  fr.  cercèlle ;  \diimo 
querquedula. 

Satì  (L),  compresso,  fitto,  stivato;  lat.  satis,  abbastanza;  satiatus, 
saturo. 


—  176  — 

Satùrnio  (L),  umor  malinconico;  lat.  taciturnus  (ingl.  spleen;  Diez. 
som). 

Saul  (DP),  savùj,  savìj,  pungiglione,  spina  delle  api,  vespe,  ecc.; 
dal  piem.  sàiva,  savùm  (come  bava,  baviìm),  indicante  l'umore 
acre  che  quelli  insetti  cacciano  colla  puntura  nella  cute  umana. 

Sauri,  savuri  (B),  saporito,  gustoso,  sapido;  borgog.  savur,  sapore 
(Burguy,  savor). 

Sautìssa  (F),  ?^7ì^^,  salsiccia;  fr.  sancisse;  lat.  sa?5ic?a,  id.  (Littrè), 
salsum  ccedere,  tagliar  carne  salata. 

Sautrignè  (F),  ciaudronè,  scambiettare:  frane,  sautiller ;  italiano 
saltellare. 

Savardòn  (F),  savWdiòn,  grosso  bastone  nodoso;  fr.  savart,  terreno 
da  pascolo,  dove  allignano  stei"peti,  che  somministrano  quella 
sorta  di  mazze  robuste. 

Savàt,  savàta,  savatè  (F),  ciabatta,  percuotere  colla  ciabatta;  fran- 
cese savate,  id. 

Savatìie  (DP),  castagne  sbattute  dalla  pianta;  dal  piem.  savatè, 
sbattere,  percuotere. 

Savussè  (B).  spruzzare  acqua  (Pipino),  come  javussè;  borg.  jave, 
acqua.  V.  Sbaciassè. 

Sbaciassè,  spacia^sé  (D),  guazzare,  bagnar  a  profusione.  V.  Baciàss. 

Sbafumà  (F),  stravolto,  fremente;  fr.  bafouè,  dal  borg.  ba/fe,  min- 
chionatura. 

Sbagè,  sbagg'  (1),  baggiolare,  puntellare  una  casa;  ital.  baggiòlo, 
puntello. 

Sbalucà  (L),  abbagliato;  lat.  òa-^<tó-,  èaZ^/'cm,  sabbia  d"oro,  abbaglia- 
occbio  (Diez,  bagliore),  genov.  abbarliigà,  id. 

Sbarbossè  (I),  strapazzare  ;  italiano  barbossa,  ganascia  degli  equini 
sotto  la  quale  passa  il  barbozzale  (piemont.  groum'tta,  francese 
gourmette)  e  serve  ad  attivare  l'azione  del  morso,  cosicché  dar 
uno  strappo  al  barbozzale,  vuol  dire  cagionar  dolore  alla  bocca 
della  bestia  e  per  traslato  corrisponde  a  correzione  violenta. 

Sbardè  (F),  spanta-,  spandere:  fr.  bard,  gran  traino  su  cui  si  ca- 
ricano mercanzie;  es-barder,  lasciarle  cadere,  disperderle. 


—  177  — 

Sbaròr  (F),  liciajuola  per  torcere  i  denti  alla  segra;  francese  dents 
barrées,  dente  la  cui  radice  è  curva,  come  quelli  della  sega. 

Sbaruè  (I),  sbarnè,  spaventare,  sbaragliare;  italiano  sparuire  per 
spaurire. 

Sbasì  (I),  allibire,  trasecolare,  svanir  di  colore  ;  ital.  basire,  svenire  ; 
celtico  bas,  morbo. 

Sb'fìè  (F),  sprezzare,  sb'fiotìs,  sVfignoùs,  beffardo;  frane,  bafouer; 
ital.  beffare. 

Sb'rgniachè,  -gnichè  (DP),  acciaccare;  dal  piem.  b'rgnia,  pruna  ; 
ridurre  come  una  pruna  acciaccata. 

Sb'rgieirè  (DP),  s'ciampejrè,  disperdere,  fugare,  dal  piem,  giajre, 
ghiaja;  disperdere  come  si  spande  la  ghiaja  :  oppure  dal  pie- 
montese b'rgè,  pecoraro;  cacciar  via  il  guardiano  e  quindi  sper- 
dere il  branco. 

Sbèrgnie  (F),  beffe;  fr.  berner,  beffare;  slavo  shvernii,  osceno. 

Sb'rlancioùn,  sbrouncioùn,  sloncc'  (DP),  sucidone  :  dal  piem.  Vrla, 
cacherella.  V.  Sloncc'. 

Sb'rlifè  (D),  insucidare;  V.  B'rlifàda. 

Sb'rlumàda  (D),  guardata  superficiale.  V.  Lume. 

Sb'rnùfia  (D),  donna  schifiltosa.  V.  B'mùfia. 

Sberssì  (L),  sbris,  sbesì,  ragnare,  panno  che  traluce  dov'è  più  lo- 
goro; b.  lat.  bersa,  graticcio;  provz.  blesi,  logoro,  —  camiè 
blesìdo,  camicia  frusta. 

Sbeìii  (D),  sbigottimento;  piem.  sbujì.  V.  Sburdìsse. 

Sbiandènt,  slandènt,  slandròn  (D),  sciupone,  sciamannato.  V.  Slàndra. 

Sbiavà  (I),  sbiadito;  ital.  biavo,  ceruleo  (Diez,  biavo). 

Sbièss,  p'r  sbièss  (P),  di  sbieco,  di  sghembo;  provz.  esbiai;  frane. 
en  biais  (Diez,  biasare)  ;  latino  bi  -  facies,  bifax,  a  due  faccie 
(Littrè);  ted.  bies,  presa  d'acqua  per  molino  (Littrè). 

Sbignèssla,  svignèssla  (L),  voce  militare,  partir  di  nascosto;  latino 
vinca,  mantelletto,  macchina  di  guerra  d'assedio;  disfar  le  vinee, 
levar  l'assedio. 

12 


—  178  — 

Sbiribèbola  (I),  carrozzella  leggera,  locuzione  formata  da  sbirro  e 
heifa;  legno  romagnolo  fatto  per  sfuggire  allo  inseguimento 
de'  birri. 

Sbironà  (D),  fuor  dei  gangheri.  V.  Biròn. 

Sblùe,  splùe  (B),  scintille:  borg.  éplue,  lampo  (Mignard,  éplttatice): 
prOTz.  beltcgo,  scintilla. 

Sbogiè  (F),  sgaiè,  smuovere,  scavare;  fr.  houge,  buco;  lat.  bù{iia, 
bugigattolo. 

Sbòlss  (D),  bolso,  asma  cavallina  ;  frane,  poussif,  cavallo  che  ha  la 
pousse,  bolsaggine;  lat.  pulsus,  tocco.  V.  Borss. 

Sborè,  sbroU  (F),  sbrucare;  centrone  sbord,  levar  la  grana  d'un 
ramo  facendolo  scorrere  nel  pugno;  fr.  bourre,  capecchio,  lisca 
che  si  cava  dalla  prima  pettinatura  della  canepa  o  del  lino. 

Sbòrgnia  (SL),  sbornia  anche  in  italiano,  ubbriacatura;  slavo 
ssbòrnii  da  ssbor^  decotto  di  erbe;  serate  di  primavera  e  d'au- 
tunno quando  le  giovani  contadine  russe  si  radunano  per  la- 
vorare insieme  e  più  spesso  per  giocare.  Nel  primo  caso  lo  ssbòrnii 
sarebbe  chi  ha  bevuto  molto  decotto  in  senso  ironico,  nel  secondo 
le  ssborgnie  sarebbero  il  risultato  della  veglia  nelle  stalle  russe. 
L'accento  sulla  prima  sillaba  esclude  la  derivazione  da  sborgnià, 
acciecato  da'  fumi  del  vino  :  questa  voce  poi  è  tanto  più  verosi- 
milmente d'origine  slava  in  quanto  che  essa  è  conosciuta  lungo 
il  littorale  nostro  Adriatico,  dove  le  parole  e  la  pronunzia  slave 
abbondano. 

Sborgnè  (P),  abbagliare,  acciecare  ;  provz.  eibournià,  id. 

Sbosarènt  (T),  malvagio,  accorto  ;  ted.  bos.  cattivo  ;  provz.  botmn, 
luogo  di  stravizio,  bosinur,  accattabrighe.  La  desinenza  in  ent 
equivale  ad  un  superlativo;  così  novent  vuol  dire  nuovissimo. 

Sbotifìà  (F),  dicesi  di  persona  malandata  in  salute  e  di  cosa  che 
comincia  a  guastarsi;  dal  fr.  bouter,  urtare,  colpire,  che  Littrè 
e  Burguy  derivano  dal  ted.  medioevale  bózen,  colpire.  Bouter 
si  dice  in  fr.  del  vino  che  volta  al  grasso:  il  provenz.  chiama 
boutis,  boutisso,  quelle  radiche  mangerecce  che  diventano  mol- 
lacce  e  spongiose.  Sbotifìà,  pertanto  avrebbe  la  sua  derivazione 
dal  fr.  ipotetico  es-boutifiè,  cioè  scosso,  rovinato,  guasto. 


—  179  — 

Sbragalè  (D),  schiamazzare.  V.  Bragalè. 

Sbramasse  (D),  sbrajassè,  sgridare,  sbraitare,  grida  minaccevoli. 
V.  Brajè. 

Sbrìcc*,  sbrincc\  shrinc-,  spricè  (T),  spruzzare;  ted.  he-spiitzen,  id. ; 
slavo  hruisg,  sprizzare  con  acqua. 

Sbrinèsse  (D),  sb'rlinèsse.  accapigliarsi.  V.  Brin. 

Sbrìs,  sbrìsa  (F),  minuzzolo,  bricciolo;  frane,  bniiser,  briser,  far  a 
pezzi  (Diez,  bmiser). 

Sbrìss  (D),  logoro.  V.  Sberssi. 

Sbrolè  (D),  sbrolòn,  sfrondare,  sbrucare.  V.  Sborè. 

Sbrònda,  sbrondè  (B),  legname  minuto  per  far  fuoco  :  borg.  broncie, 
fascina;  (Burguy,  bronche),  it.  fronda. 

Sbrouacè  (P),  sbrouacià,  imbrodolare;  provz.  brouei,  brodo;  fran- 
cese brouet,  id.  ;  celtico  breu,  id. 

Sbru'tta,  sbrovtta  (F),  abbrivo,  scivolata;  fr.  brouette,  carriola  così 
detta  per  lo  slancio  che  si  ottiene  con  tal  maniera  di  trasporto  ; 
—  pie  la  sbratta,  prender  un  scivolone. 

Sbrufi,  sbruf  (I),  sbruffare;  ital.  sbruffo,  tossir  leggermente. 

Sbrumè  (Pi,  dimoiare  il  bucato;  provz.  broume,  corda  di  gionco  di 
Spagna,  reticella;  esbrounier,  vuol  dire  levar  la  biancheria  dalla 
rete  e  dimoiarla,  prima  di  metterla  in  liscivia. 

Sbìigia  (1),  sbugià,  sbùgia  dia  strà,  ruln,  borro,  luogo  scosceso 
dove  scorre  l'acqua  —  rotto  della  strada  ;  ital.  bugio,  buco. 

Sbujentè  (P),  scottare  o  sguazzare  con  acqua  bollente;  provz.  ei- 
boìjentà,    scottare   (fr.  échauder);  piem.  beùje,  bollire. 

Sbujì  (L),  corrompersi  fermentando;  lat.  ebidlitio.  combustione. 
Sbujìsse  (D),  sbigottirsi.  V.  Sburdisse. 

Sburdìsse  (B),  sbujìsse,  sbigottirsi;  borg.  bundir,  bondir,  saltare, 
trasalire,  esser  colto  di  soprassalto. 

Sbusichèsse  (I),  sbudellarsi;  italiano  busecchia,  budellame,  oppure 
veuez.  farsi  i  busi  o  buchi. 


—  180  — 

Scacaràt,  fé  dij  scacaràt  (I),  fé  dij  s'cioùnf  d'  rìje;  ital.  cacca, 
scaca^^are;  scompisciarsi  sotto  dal  ridere.  V.  S'ciounfè. 

Scabèc  (I),  pesce  fatto  a  pezzi  e  messo  in  barili;  ital.  scapezzare, 
perchè  per  prima  cosa  gli  si  taglia  la  testa  (Zalli). 

Scabrtta  (L),  scaldapiedi  ;  lat.  scahellum,  sgabello,  sgabelletto;  fran- 
cese escaheau.  id. 

Scafaròt  (I),  scarperotto,  scarpa  bassa;  ital.  scarferone,   stivaletto. 

Scafurlè  (I),  espilare,  rubare  con  destrezza  ;  ital.  scaffare,  giocare  a 
pari  e  caffo,  a  sbaraglino  con  3  dadi. 

Scagàssa  (P),  caussèt  a  la  scagàssa,  calze  a  bracoloni,  sulle  cal- 
cagna; provz.  escagassà,  rovinar  abbasso. 

Scalavrina  (I),  sterpazzola,  uccello;  it.  scalahrino,  id. 

Scalombès,  scalomhèo  (L),  rigògolo,  uccello;  dal  lat.  oriÒlm  gal- 
hida,  id. 

Scalvò  (F),  scope,  sbrancare;  scalper,  sbucciare,  levar  la  buccia  o 
scorza. 

Scanà  (I),  uomo  senza  un  quattrino  in  tasca;  ital.  scannare,  tagliar 
le  canne  della  gola,  svenare. 

guardalo  ben,  guardalo  tutto 

l'uom  senza  un  bajocco  quanto  è  brutto. 

Prov.  romanesco. 

Scanfè,  sganfe,  scancè  (P),  cancellare;  provz.  escarfà,  id. 
Scantinè  (1),  sbagliare,  uscir  di  tuono;  ital.  cantino,  —  sbagliar  la 
corda. 

Scantirè,(IG),  stiracchiare  e  abito  che  non  quadra;  inglese  smw^i/ , 
cosa  meschina,  troppo  stretta  o  corta. 

Scaparòn  (P),  scampolo,  avanzo  di  una  pezza  di  panno,  proven- 
zale escapouron,  coupon,  pezzo  da  tagliar  via  come  una  cedola, 

Scapùss  (I),  inciampo;  it.  scappuccio. 

Scaraboutìn  (I),  bel  visetto;  it.  scarahattola,  stipetto  per  riporvi 
i  tjioielli. 

Scaramàna  (B),  persona  spilorcia;  borg.  éscharsement,  stretta  eco- 
nomia spinta  all'avarizia. 


—  181  — 

Scaranssìa,  schinanssia,  scansslìa  (I),  infiammazione  alla  gola; 
it.  squìnanzia,  angina. 

Scarassè  le  vis,  scalasse  (F),  scarioùn,  palar  le  viti  ;  fr.  éclialasser, 
écMlas,  b.  lat.  carratium,  palo  di  vite. 

Scarbòi  (I),  scarahòt,  viluppo,  intrigo  di  fili,  capelli,  ecc.  ;  italiano 
garòuglio. 

Scarcagnè  (I),  scarcagn'Ua,  calcare,  calca;  it.  calca. 

Scarèla  (L),  tajòla,  carrucola;  lat.  carrulus,  carretto,  perchè  oltre 
la  forma  di  ruota  trasporta  la  fune  girando. 

Scaritùro  (L),  voce  che  secondo  il  Cibrario,  nella  storia  di  Chieri, 
significa  una  piazza  senza  presidio  ;  la  sua  origine  dev'esser  latina 
—  scara  in  latino  vuol  dire  torma  di  soldati  (Quicherat)  :  quindi 
se  ne  sarà  fatto  un  ipotetico  scaritus,  cioè  un  posto  presidiato  e 
scariturus,  che  sarà  presidiato,  ma  attualmente  non  lo  è,  ep- 
perciò  scaritùro,  vorrà  dire  un  posto  senza  presidio. 

Scarmàss  (I),  soffoco  ;  ital.  scalmanare,  scarmana,  malanno  cagio- 
nato da  caldo  e  freddo. 

Scarmàssa  (D),  sgualdrina.  V.  Carmàssa. 

Scarnifleìir  (F),  scroccone;  fr.  écornifleur,  scroccone  di  pranzi  e 
denari. 

Scaròsa  (L),  svergognata;  lat.  squarrosus,  coperto  di  pustole;  in- 
glese carouse,  ubbriacone. 

Scarpentè  (B),  scarp'ntòn,  scapigliare  e  chi  ha  i  capelli  arruffati; 
parola  composta  dal  prefisso  s  (aferesi  della  particella  dissolutiva 
dis),  dal  provz.  cara  (per  cera),  figura,  e  dal  piemont.  pente  per 
penine,  pettinare,  donde  è  riuscito  il  vocabolo  dis  -  cara  -penine, 
s'-carpentè,  spettinare  la  figura. 

Scarpiàtola  (G),   pretesto;  guasto  dal  greco  shèpastron,   pretesto. 

Scarpisè  (F),  pestare  colla  scarpa;  fr.  piser;  provz.  pizar;  latino 
pisare,  assodar  terra  pestandola  con  mazze;  spagn.  ^«sar,  pestare 
co'piedi  :  il  piemontese  ha  adottato  il  piser  francese  col  prefisso 
italiano  scarpa  per  precisare  l'atto  di  pestar  cosa  coi  piedi,  per 
es.  i  calli  del  vicino. 

Scarpolè  (L),  far  un  intaglio  entro  cui  entri  esattamente  un  altro 
pezzo:  Isit  scalpo,  incavar  leggermente  ;  ìngì.  carver,  intagliare. 


—  182  — 

Scarpòn  (I),  villanzone;  it.  scarpa. 

Scarssàj  (L),  scalzata,  calla] a;  lat.  scansilia,  gradini,  passo  attra- 
verso siepe  e  graticciata  o  cancello  per  chiuderlo. 

Scarssolè  (DP),  stralciare  leviti;  piem.  scarss,  diradare  le  foglie, 
i  pampini  o  ramicelli  fogliati. 

Scarsslìa  (I),  ervo,  veccia,  pianta  leguminosa  dei  prati,  delle  quali 
sono  avide  le  vacche,  e  che  somministra  occorrendo  una  povera 
farina  per  far  pane;  —  tempo  di  carestia  pan  di  veccia. 

Scartablè  (I),  it.  scartabellare. 

Scartàri  (L),  quaderno;  b.  lat.  cartarium,  id. 

Scarvàssa  (F),  scrivàssa,  screpolatura;  fr.  crevasse,  crepaccio. 

Seat' riè  (1),  scataflòn,  sputacchiare;  it.  catarro.,  onomatopea  d'uno 
sputacchio. 

Scavìss  (I),  discolo;  ital.  cavezza.,  scavezza  -  collo  {es-cavìss.,  senza 
cavezza). 

S'ceirè,  s'ciairè  (D),  vederci.  V.  Cèir. 

S'cet  (I),  ital.  schietto,  sincero. 

Sch'fì,  schifiòs  (G),  di  difficile  accontentatura  ;  greco  skifi,  verme 
della  farina,  donde  è  venuto  l'it.  schifare. 

Schèrgne  (T),  beffe;  ted.  skernen,  skern,  beffa;  italiano  scherno; 
slavo  skverno,  vergogna  (Burguy,  escharnir);  provz.  eschernir, 
burlarsi  (Mignard). 

Sch'rse  (SL),  sch'rsì,  scWrsinè,  scricchiolare;  slavo  skrejèt  (j  fr.), 
id.;  ted.  knirschen,  scrosciare;  —  la  pi  cativa  roua  Ve  conia  c'a 
sch'rsìss,  0  c'a  sch'rsina. 

Sch'sa  (L),  scheggia  ;  lat.  e  greco  schidiae,  trucioli. 

Sch'se  (L)P),  esclamazione  d'ammirazione,  capperi!  derivato  dal  piem. 
scìisa  e  dal  lat.  schidiae,  come  a  dire:  non  son  trucioli,  ma  son 
cose  d'importanza! 

Sch'sì  (L),  squittire,  verso  proprio  del  cane  che  rincorre  il  lepre; 
dal  lat.  glatire  (Littré)  ;  fr.  clatir;  ital.  squittire  —  nel  dia- 
letto la  ^  si  è  modificata  in  s,  schissire,  sch'sì. 


—  183  — 

Scheù,  scheùi,  seda  (L),  pascolare  (Biondelli);  lat.  pascuum,  pa- 
scila, pascoli. 

Scheùi  (L),  dado  forato  per  madrevite  ;  lat.  cocìilea,  lumaca. 

Scheìise,  scheìiit  (DP),  screpolare,  scortecciato,  scagliato;  dal  piem. 
sch'sa,  che  ha  fatto  sch'se  e  poi  scheùse,  ital.  scheggiare. 

Schinssòn  (B),  fringuello;  borg.  quinson,  id.  (Mignard). 

Schìssa,fè  schìssa  (P)  marinare  la  scuola;  fr.  s'esquicJier,  appartarsi, 
dal  V.  fr.  eschisser,  scivolare  (Littré):  slavo  skitatsse,  vagabondare. 

Schissè  (P),  premere,  provz.  esquichar,  schiacciare. 

Schiviè,  scJiivè  (F),  evitare,  schivare;  fr.  esquiver,  borg.  eshivar^ 
evitare;  v.  ted.  skiuvan,  aver  paura  (Littré). 

S'ciampejrè  (D),  spinger  checchessia  innanzi  se.  V.  Ciampejrè. 

Scianchè  (I),  stracciare;  ital.  schianto; — chitrop  tira,  s' cianca  la 
fira  (il  filo). 

S'cianfrla  (F),  ferita;  fr.  chinfreneau,  sfregio. 

S'cianssòjra  (F),  cateratta  per  la  distribuzione  delle  acque  ai 
prati  ;  fr.  écìianson,  coppiere,  ufficiale  preposto  alla  distribuzione 
del  vino;  ital.  saracinesca. 

S'ciào  (D),  buon  dì.  V.  Ciào. 

S'ciapassè  (DP),  sculacciare;  dal  piem.  ciàpe,  natiche. 

S'ciapè  (SL),  spaccare;  slavo  sctscepàt,  spaccar  legna;  provenzale 
esclapà,  fendere. 

S'ciapìn  (DP),  ciarpone,  guasta  mestieri,  malaccorto;  dal  piemon- 
tese s'ciapè,  spaccare  {sciapabòsc,  spaccalegna)  ;  it.  acciapinare, 
far  cosa  colla  fretta  nelle  mani. 

S' class  (S),  fitto,  compatto,  compresso;  spagn.  cJiato,  piatto  (Diez, 
sciatto);  slavo  ssjatie  (j  fr.),  comprimere. 

S'ciatè  (P),  sciopè,  schiattare;  provz.  esclatar;  frane,  éclater,  id. 
—  crepa  avarizia  e  s'ciàta  lussuria. 

S'ciavandè  (L),  boaro,  bifolco,  mezzadro;  b.  lat.  clavarius,  clavanda, 
da  clavis,  chiave:  colui  che  tiene  le  chiavi. 

S'ciavìna  (I),  veste  da  pellegrino;  ital.  schiavina. 


—  184  — 

S'ciòde  (F),  s'ciòs,  sbucciare,  lo  schiudersi  del  pulcino  dall'  uovo; 
fr.  éclore,  éclos,  schiudere,  schiuso;  lat.  esditdere,  id. 

S'cionfè  (DP),  lo  scoppiare  d'una  passione  trattenuta  —  un  s'ciònf 
d'rìje,  un  s'ciònfòn  d' piòr,  uno  scoppio  di  risa  o  di  pianto  ;  dal 
piem.  s'ciòp,  scoppio  e  come  da  s'ciofta  (fr.  echauffette,  scal- 
dino) s'è  fatto  s'cionftà,  così  da  s'ciòp,  s'è  fatto  prima  s'ciòmp, 
poi  s'ciònf. 

S'cionf ta,  s'dofèta  (F),  fr,  échauffette^  scaldavivande,  da  chauffer, 
^^caldare. 

S'ciòp  (I),  scoppio;  dall'italiano  schioppo  voltato  in  scoppio  (Diez, 
schioppo).  V.  S' dupli. 

S'ciorgnì  (DP),  s'ciurgni,  assordare;  dal  piemont.  ciòrgn,  sordo.  In 
s'durgnì  riprende  il  dominio  la  u  del  latino  surdus,  ma  la  fles- 
sione segue  lo  stesso  procedimento  che  alla  voce  Ciòrgn-,  fran- 
cese abasourdir,  stordire. 

Sciribìss  (D),  ghiribizzo.  V.  GhiriUss. 
Scìrpa  (D),  sciarpa.  V.  Sièrpa. 

S'ciuplì  (L),  crepitare,  lo  scoppiettare  di  scintille  nel  focolare  ;  latino 
scloppus,  romore  che  si  ottiene  battendo  sulle  gote  gonfie  di 
fiato;  b.  lat.  sclopus,  suono. 

S'clìn  (T),  squillante,  suono  acuto  e  penetrante,  sonaglio;  a.  tedesco 
skilla,  campanello  (Diez,  squilla),  oppure  dal  ted.  Mingen,  suo- 
nare, tintinnare  e  la  prefissa  s  intensitiva. 

Scofeìign,  scofòn  (T),  calzari  fobellini  (Val  Sesia);  tedesco  schaf, 
pecora,  della  cui  lana  sono  fatti. 

Scondiòn  (P),  scondrignòn,  nascondiglio,  di  nascosto;  provenzale 
cscondre,  nascondere.  V.  Naseoundioùn. 

Sconsùbia  (L),  comitiva,  moltitudine  (Biondelli);  latino  excubicB, 
uomini  di  guardia,  sentinelle;  nel  parmense  consuhiar  vuol  dire 
combinare,  connettere  (Biondelli). 

Scontradàn  (P),  scontradòn,  sconoscente,  petulante,  seccatore;  dal 
piem.  confra  andè,  contrariare.  —  (fr.  contretemps,  contrattempo). 
V.  Scontrè. 


—  185  — 

Scontrò  (F),  scontrarsi,  offendere  —  scontrò  inai,  capitar  male, 
fr.  rencontre,  scontro,  zaffa.  L'elemento  è  il  fr.  contre,  contro, 
avverso. 

Scopàss  (I),  scupissòn,  scapellotto;  ital.  scapaceiata,  scapaccione. 
V.  Cupìss. 

Scope,  scop  (L).  scapezzare  un  albero;  lat.  scopa;  ital.  scopa,  certe 
scope  sono  fatte  appunto  colle  cime  dei  rami  tagliati; 

Scòrse  (I),  dar  nell'occhio  della  gente;  fesse  scòrse;  ital,  scorgere. 

Scòs  (I),  nascosto;  ital.  nascoso. 

Scoss  (T),  davanzale  delle  finestre  ;  tedesco  geschoss,  ripiano  della 
finestra, 

Scoss'la  (I),  capecchio,  lisca  che  cade  dal  lino  o  canepa;  italiano 
scotolatura  da  scòtola,  coltello  di  legno  col  quale  si  scuotono 
lino  e  canepa  per  mondarle  dalla  lisca. 

Scossòn  (I),  mozzo  di  stalla  —  chi  traffica  e  doma  cavalli  ;  it,  scos- 
sone; V.  fr.  cosson,  dal  lat.  di  Plauto:  cocio,  mediatore. 

Scossonèsse  (D),  accapigliarsi,  bastonarsi  di  santa  ragione,  uso 
scozzoni;  it,  scuotersi.  V.  Scossòn. 

Scot  (F),  buscàja,  minuzzoli  di  legno;  fr.  écot,  rami  eccedenti  sul 
tronco  mal  tagliato;  ted.  scJiuz,  scheggia  (Burguy,  escot). 

Scotiòn  (D),  bordoni,  penne  che  spuntano  alli  uccelli  novellini, 
V.  Scot. 

Scracè  (F),  buttar  fuori  sornacchi;  fr.  cracker  (Flechia);  teutonico 
hràki  (Burguy,  racher);  ital.  scaracchio. 

Scravàssa  (F),  setola  (Biondelli);  fr.  crevasse,  crepaccio  tanto  nei 
muri,  come  sulla  pelle  delle  mani. 

Scrimèri  (F),  fogna,  cosa  fetente;  fr.   écoeurer,  stomacare. 

Scrìve,  vate  fé  scrìve  (I),  va  in  malora;  piem.  scrìvsse,  scriversi, 
per  arruolarsi  soldato  volontario;  fèsse  scrìve,  è  anche  farsi  in- 
scrivere nell'albo  dei  matrimonj  al  Municipio, 

Scròi  (I),  zoccoli  tutti  di  legno  per  star  nell'acqua.  Questa  parola 
è  italiana,  anzi  toscana:  è  registrata  dal  Carena  nel  Vocabolario 
metodico  domestico,    ove  dice:  «  Questi  rozzi  calzari  adopranli 


-   186  — 

in  Viareggio  ed  a  Livorno  i  marinai,  e  costà  appunto  sono  chia- 
mati scrqj,  denominazione  che  pare  derivata  dall'antico  addiettivo 
crojo,  che  vuol  dire  duro,  non  pieghevole,  ecc.  ».  Però  il  borgo- 
gnone esprime  meglio  la  forma  di  questi  zoccoli  incavati  e  li 
chiama  socs-croues,  in  piem.  soco  creus,  zoccoli  incavati. 

Soros,  scrosarìa  (D),  sucido,  porcheria.  V.  Scaròsa. 

Scrussì,  scruss(B),  scricchiare:  borg.  cmssir ;  roumancio  scruscher  ; 
it.  scrosciare  (Diez,  crosciare). 

Scrussì  (F),  crpà,  incrinato,  fesso;  fr.  crevassé,  id. 

Scudèla  (L).  scodella;  lat.  sciita,  scutella;  frane,  écuelle,  id.  slavo 

skudel,  argilla. 

Scùfi  (D),  schifo.  V.  Sch'fì. 

Scufì  (T),  incavato;  tedesco  scìàef,  di  traverso;  inglese  skew,  id. 
(Suckau). 

Scufìòt  (I),  cuffietta  e  lattone;  it.  cuffia  e  per  analogia 5c7«'a/fo ;  vera- 
mente scufiòt  non  è  un  vero  schiaffo  sulla  guancia,  ma  una 
percossa  sulle  orecchie,  scapaccione,  scopellotto. 

Scupissòn    D),  scapezzone.  V.  Scopàss,  Cuplss,  Scufiòt. 

Scuse  (F),  fare  a  meno;  fr.  s'excuser,  dispensarsi  di  far  una  cosa; 
—  e  a  scuso  com'a  peùlo,  s'ingegnino,  provvedano  alla  meglio  ! 

Scuvìglio  (F),  ramassèt,  spazzatura;  fr.  écouvillon,  spazzolone  pel 
forno,  scopino. 

S'ber,  zho  (T).  tinozza,  bigoncia;  tedesco  zuber,  tino  (Diez,  gerla); 
fr.  sehile,  id.;  slavo  jhanyi  (j.  fr.),  tino. 

Sébo  (L),  goffo,  stupido;  lat.  hehes,  ebete.  V.  Zèho. 

Sdè,  d'sdèsse  (D),  anneghittire,  ed  anche  accorgersi.  V.  D'sdait.  Lo 
accorgersi  ha  origine  nell'it.  addarsi. 

Sé  (F),  sì,  voce  plebea  di  affermazione;  frane,  e' est,  è.  —  diràstu 
sempre  sissgnoùr?  —  Sé. 

Seder  (L),  cassetta  del  cocchiere;  celt.  e  latino  essedttm,  can-o  di 
trasporto. 

Sei  (P),  sé,  sete;  provz.  se,  fr.  soif,  id. 


—  187  — 

Sèil  (F),  segale;  fr.  seigle:  lafc.  secala,  id. 

Sèino  (L),  colpo  di  dadi  che  fa  due  sei  al  gioco  del  tric-trac;  lat. 
senis  (Littré),  come  nel  lat.  c'è  hinio  per  indicare  che  i  due 
dadi  han  fatto  due  punti  ;  francese  sonnez^  id. 

Sèira  (F),  sera;  v.  fr  seyr  (Bartsch,  soir),  id. 

Sèja  (L),  setola;  fr.  soie;  lai  seta. 

Sépp  (SL),  ceppi;  slavo  ^^'e^;,  catena;  fr.  cep,  latino  cippus,  tronco 
d'albero. 

S'ppa  (D),  ceppaia.  V.  Sépp. 

S'rbiè  (L),  s'rèià,  sarchiare;  lat.  sarpere,  tagliar  la  vigna;  fr.  serpe, 
falcetto  per  mondare  li  alberi  ;  ted.  saubern,  pulire  il  campo 
dalle  erbe  cattive. 

Sèrcc',  ceree'  (L),  cerchio;  lat.  circus,  circìilus,  circolo  (Canini). 

Sèren,  séme  (L),  scegliere  ;  lat.  cernere  ;  italiano  scerre  ;  —  séme  le 
pùles  a  quaicim,  esaminarne  la  condotta:  buffo  confronto  coll'at- 
tenzione  della  donnetta  che  cerca  le  pulci  nella  sua  camicia. 

Serena  (F),  rugiada,  se  mattutina,  guazza,  se  vespertina;  lat.  serum, 
sera;  fr.  serein,  guazza. 

Seroùn  (L),  specie  di  quercia  (Zalli);  lat.  cernis,  cerro;  fr.  chéne 
cerriis,  id. 

Sèrpa  (T),  cassetto  delle  carrozze  su  cui  siede  il  cocchiere;  v.  le- 
desco  scherbe,  saccoccia,  dalla  forma  primitiva  di  quella  sorta 
sedili, 

Serp'ta  (L),  falcetto;  lat.  sirpicìila,  id.;  fr.  serpe,  falcetto. 

S*rvàj  (D),  selvaggio.  V.  Salvàj. 

S'rvàn  (F),  raggio  di  sole  riverberato;  fr.  cerf- volani,  cometa;  ana- 
logia tra  il  guizzare  di  un  raggio  di  sole  e  il  guizzar  della  cometa 
dei  fanciulli. 

S*sìn  (F),  ano;  fr.  chaise,  sedia. 

S*ssa  (L),  faiissìa,  falce;  lat.  ccedere,  ccesum,  tagliare. 

S'sta  (L),  garbàgna,  garbìna;  lat.  cista;  it.  cesta. 


—  188  — 

Set  (B),  strillo  fanciullesco  fatto  per  spaurire  di  sorpresa  un  com- 
pagno; borg.  cesi,  ecco,  questo  —  à'set  an  quat,  modo  prover- 
biale che  vuol  dire  di  quando  in  quando;  l'origine  può  essere 
un  guasto  del  lat.  :  quum  esset  aliquando ...  e  può  anche  essere 
un  calcolo  aritmetico:  su  sette  volte  riuscirne  quattro. 

Seù,  so  (B),  questo;  borg.  plurale  di  su,  sua,  sue;  forma  latina  di 
suus  fatto  seus  per  analogia  col  meus  (Burguy,  ses). 

Seùgn  (P),  sonno  e  sogno;  provz.  souen,  id. 

Seìija  (DP),  tàca  d'I  botai,  suolo  sostegno  su  cui  posano  le  botti 
in  cantina;  dal  piem.  seul,  suolo. 

Seìili  (F),  liscio,  seuliè,  suliè,  lisciare;  fr.  lisser,  id.  —  Seùli  è  for- 
mato dal  fr.  lis,  liscio,  preceduto  dalla  s  intensitiva,  s'Us;  spa- 
gnuolo  dès-lizar,  id. 

Seùta  (DP),  cioss,  chioccia;  dal  piem.  sòta,    ciòta,  ciòss,  chioccia. 

Sev  (L),  cioènda,  siepe  ;  lat.  sepes,  cinta,  barriera  ;  borg.  seu,  seuvel, 
sambuco,  con  cui  sono  fatte  ordinariamente  le  siepi  (Burguy,  seu). 

Sfardà,  sfardè  (F),  dissoluto,  smascherare;  fr.  fard.,  belletto,  scia- 
mannato che  non  pensa  ad  incipriarsi;  voce  nata  sul  principio 
del  secolo  attuale:  levare  il  belletto,  smascherare. 

Sfòira  (L),  diarrea;  lat.  foria,  diarrea;  fr.  foirer,  foire,  flusso  di 
ventre. 

Sfojoùr  (B),  il  ganzo;  borg.  froyer,  la  fregola  dei  pesci  (Burguy, 
froijer)',  'l  me  sfojoùr  è  come  a  dire:  'Ime  frojour!  cioè  colui 
che  va  in  fregola  per  me. 

Sfòrgo  (L),  lampo  nelle  nuvole:  italiano  folgore,  sfolgorare;  latino 
fulgur,  id. 

Sfourgiounè  (F),  impinzare,  rattizzare  il  fuoco;  francese  four- 
gonner,  id. 

Sfrandà  (D),  slanciato,  senza  ritegno.  V.  Frànda;  lanciato  come 
sasso  dalla  fionda. 

Sfrasè  (R),  lo  sconciarsi  delle  bestie;  il  roumancio  ha  frasegn,  so- 
lido: s frase  sarebbe  desfrasegn,  indebolito,  donde  l'abortire 
delle  bestie.  —  Lat.  frangere,  rovinare,  abbattere. 


—  189  — 

Sflrisè,  sfrìs  (F),  sfregio,  berleffo  sulla  faccia,  rasentare;  fr.  friser, 
passar  rasente  (Diez,  fregare). 

Sfrosè  (L),  far  contrabbando;  lat.  fraus,  it.  froda. 

Sfròsna  (DP),  giovane  mascagno,  diabolico  ;  da  frosna,  fiocina  ;  gio- 
vane che  sa  attirar  i  pesciolini  all'acqua  dolce. 

Sfucinè  (L),  scappar  via  ;  latino  fitgo,  fugito,  id.  ;  greco  fughi,  fuga. 

Sfurmiolè  (DP),  formicolìo  ;  dal  piem.  furmia,  formica.  —  If  ai  le 
man  c'am  sfurmioùlo,  le  mani  mi  prudono. 

Sfurnià  (P),  scappato  dal  nido,  sfurniòr,  nidiace;  provz.  eifournià, 
sfornare,  uccelletti  che  abbandonano  il  nido. 

Sganfaròn,  scanfaròn  (D),  sgorbio,  cancellatura.  V.  Scanfè. 

Sganganà,  sgangarà  (T),  chi  sta  male  in  piedi,  che  cammina  scian- 
cato; dal  ted.  gang,  andatura  e  la  5  prefissa  des  distruttiva. 

Sgaràda  (I),  errore,  sbaglio  grave;  ital.  sgarrare,  fallir  il  colpo, 
perder  la  strada;  fr.  s'égarer,  smarrirsi,  traviare.  Ada  flessione 
provenzale. 

Sgaravèl  (DP),  sprona] a,  sgarro,  squarcio  al  velo  o  pelo  del  ca- 
vallo: dal  piem.  sgar,  da  sgairè,  sciupare  e  vel,  pel,  pelo. 

Sgarbèl  (B),  straccio;  borg.  garbe,  fascio  di  spiche:  es-garher,  sa- 
rebbe disfare  questo  fascio  e  analogamente  scerpare  un  panno, 
sfilacciarlo,  farne  uno  straccio. 

Sgarbèo  (L),  orieàl,  rigogolo;  lat.  galhìlla  (fr.  loriol),  id. 

Sgarboujè  (I),  sbrogliare  ;  it.  garbuglio  (dis-garbugliare). 

Sgardamèl  (1),  sgaravèl,  sgardabèl,  sgarbèl,  spronaja.  Y.  Sgaramel. 

Sgardamlè  (DP),  sgardabèl,  squarcio  fatto  in  mezzo  ad  un  panno; 
dal  piem.  squartamlè,  squartàmel,  squarciare,  squarcio.  —  Eùj 
sgardamlà,  occhi  scerpellati,  le  cui  palpebre  sono  arrovesciate. 

Sgarè  (I),  garssè,  sgalssè,  sviare;  fr.  égarer;  it.  sgarrare,  prender 
errore,  sbagliar  un  colpo. 

Sgarì  (I),  sgàri,  strillare,  strillo;  it.  garrire,  stridere  degli  uccelli; 
celtico  gaìrm,  gridare  ;  lat.  gannire,  gemito  carezzevole  del  cane. 

Sgaribotè,  -  boìè  (D),  foracchiare  un  corpo  solido.  V.  Garibotè. 


—  190  — 

Sgarognè  (F),  scalfire;  per  sharognè,  la  5  è  intensitiva,  il  ba  è 
particella  distruttiva  e  rogne  dal  frane,  ranger,  rodere  superfi- 
cialmente. 

Sgaròsa  (D),  sfacciata.  V.  Scaròsa. 

Sgatè  (B),  scavare,  indagare,  raspare;  borg.  gaster;  latino  vastare 
guastare  (Burguy,  gaster). 

Sgavassèsse  (D),  svesciarsi,  dir  l'animo  suo.  V.  Gavàss. 

Sghejrè,  sgajrè  (B),  sgairòn,  sciupare,  dissipatore  ;  borg.  es-giiarer. 
perder  di  vista,  smarrire  --  da  gare,  ricovero,  esgarer,  levare 
dal  ricovero:  di  qui  origina  l'elemento  piemontese  sgar,  che  in- 
dica sciupio. 

Sghembo  (G),  sglàmho,  storto;  greco  skimhos,  rannicchiato  (Diez 
sghembo);  fr.  guingois,  di  traverso. 

Sgh'nìcio  (D),  uomo  debole.  V.  SgJi'mcio. 

Sgheùsia  (F),  sgheùsa,  fame;  fraine,  gueiiser,  accattar,  cercar  l'ele- 
mosina. 
Sghiaròla  (D),  sdrucciolo;  fr.  glissoire,  id.  V.  Sghiè. 

Sghicè  (T),  sg}ùcc\  s^^^cè^,  schizzare,  schizzetto  ;  ted.  ivitscJien,  sci- 
volare, scappar  via,  italiano  guizzare  (Diez,  ib.)  —  la  prefissa  s  è 
intensitiva. 

Sghicèt  (DP),  sghicc,  sghicè,  cannelletto  per  schizzare,  schizzo,  it. 
guizzo,  analogia  tra  lo  spruzzo  d'acqua  schizzata  fuori  dal  can- 
nelletto e  l'impeto  del  pesce  che  guizza  via. 

Sghiè  (F),  schiè,  squarè,  scivolare,  pattinare;  provenz.  esquihà;  te- 
desco gliischen;  fr.  glisser,  id.  (Burguy,  giace). 

Sghignasse  (1),  sgrignasse,  sghigtioflè,  ghignare,  ridere  villanamente; 
(lat.  cachinnari,  ridere  smodatamente);  ìta.\.  ghignare,  sghignare, 
rider  sotto  i  baffi;  spagn.  guinar;  provz.  guinhar;  fr.  guigtier, 
ammiccare  cogli  occhi  ;  piem.  ghigna,  brutto  viso  per  la  smorfia 
che  cagiona  tal  modo  di  ridere  (Diez,  ghignare). 

Sghìncio  (I),  persona  flessuosa,  l'amoroso  e  lo  sdrucciolo;  —  sgh'nìcio, 
è  un  guasto  di  sghìncio;  ted.  winsch,  obliquo  ;  ital.  schincio  id. 
V.  Sguàncio. 

Sghinssàl  (1),  porta  morso  dalla  parte  sinistra;  it.  sguancia, 
(sguanciale). 


—  191  — 

Sgiàf  (F),  sgiaflòn,  schiaffo,  ceffone  ;  fr.  gifle  :  lat.  cólaphtis,  id. 

Sgiàj  (SL),  ribrezzo;  slavo  ujàss  (j  frane),  spavento;  ussgiassàt, 
giassè  7  sang,  allibire;  provz.  glay,  spada  e  paura;  dal  latino 
gladium,  spada  (Diez,  ghiado,  Biirguy,  glaive). 

Sgichèsse  ,F),  far  pancia,  per  sgitèsse;  frane,  se  déjecter,  forjeter, 
sortir  dall'appiombo. 

Sgimbè  (L),  fé  gomba,  far  pancia,  far  gobba;  proprio  dei  tavoloni 
che  si  curvano;  lat.  gibba,  gobba, 

Sgnèpp  (T),  sgnìpp,  beccaccino  reale;  tedesco  scJmepfe,  id.  (Diez, 
sgneppe). 

Sguiacà  (D),  sgniachè,  sgnichè,  schiacciare.  V.   Gniàc. 

Sgognè  (1),  d'sgognè,  esser  sconveniente,  cosa  che  guasta  ;  ital.  gogna 
esposizione  alli  scherni  del  pubblico  ;  it.  vergogna  (Diez,  gogna). 

Sgòrbi  (I),  indecente,  senza  garbo;  it.  sgorbio,  macchia  d'inchiostro. 

Sgorràta  (F),  scorràta,  legnetto  a  due  ruote,  uso  biga  ;  frane,  chaise 
coltrante,  roulante,  id. 

Sgrafìgnè  (F),  graffiare  e  rubare;  prò venz.  grafignà;  fi:  égratigner, 
graffiare. 

Sgrilì  (F),  crepacciato,  fesso;  fr.  gril,  graticola,  ai  cui  rami  somi- 
glia una  superficie  crepacciata. 

Sgroujatè  (DP),  sgroujè  per  sg rotate,  levar  la  róla  alle  noci  e  spen- 
dere ;  dal  piem.  róla,  mallo  della  noce  ;  per  analogia,  snocciolare 
quattrini. 

Sgrufiè  (I),  scuffiare,  mangiare  con  avidità  ad  uso  maiale  ;  italiano 
grufolare,  dei  porci. 

Sgrugnòn  (1),  sgrognòn,  ceffone  ;  ital.  sgrugnarsi  da  grugno,  pic- 
chiarsi in  volto. 

Sguàncio  (T),  persona  sottile;  ted.  schwanh,  sottile,  di  bella  vita. 

Sguliardàr  (DP),  dissipare  (Biondelli);  dal  piem.  gouUard,  ghiot- 
tone; che  mangia  la  sua  roba. 

Sgurè,  gt(rè  (F),  nettare  raspando;  frane,  écurer:  v.ted.  schuuren, 
spazzare;  lat.  curare,  aver  cura  (Diez^  sgurare). 


—  192  — 

Sgùrma  (DP),  fame  (Biondelli),  per  sgruma;  piem.  grumiè,  gru- 
folare dei  porci. 

Sìa  (L),  secchia:  lai  situla,  urna  pei  voti:  fr.  seel  (Diaz,  secchia, 
Burguy,  seille).  «  guardò  fieui  ari  fi  neuv  regolament  soussì  as 
Clama  secchia;  ma  a  Ve  sempre  una  sia  »  (Scuola  dell  Artigliere). 

Siala  (L),  cicala:  lat.  cicàda,  id. 

Siassè,  siàss{L),  setacciare,  staccio;  lat.  setaceum,  id.  (Diez,  staccio); 
fr.  sas,  b.  lat.  setatium,  da  seta  (Littrè). 

Sicòria  (L),  cicoria  e  testone;  lat.  cicìioreum;  it.  cicorea;  pel  testone 
è  un  guasto  del  lat.  ciconia,  cicogna,  testa  su  un  collo  lungo, 
che  pei  Latini  era  un  segno  spregiativo.  —  A  tergo  quem  nulla 
ciconia  pinsit,  colui  cui  nessuno  ha  mai  fatte  le  corna. 

Siè,  saitòr  (F),  falciare,  falciatore;  frane,  scier  (les  blés),  segare  il 
grano  ;  in  Borgogna  le  falci  usano  dentate  come  seghe  ;  tedesco 
sichel,  falce,  greco  sitos,  grano.  V.  Saitòr. 

Siè  (D),  lavèl,  acquajo.  V.  Sìa;  luogo   dove  si  tengono  le  secchie. 

Sièrpa  (T),  sciarpa  ;  ted.  scherbe,  saccoccia  (Littrè);  fr.  écharpe,  id. 

Sigilìn  (I),  secchiolino;  lat.  sitìilus,  id. 

Sigògna  (I),  gancio  della  gronda;  ital.  cicogna,  dalla  forma  ordi- 
naria che  si  dà  al  collo  delle  gronde. 

Sim  (L),  sego;  lat.  sehum,  sevum;  fr.  suif,  sego. 
Sìugia  (L),  cinghia  ;  lat.  cingula,  id. 
Sinìsia  (L),  cenisia;lat.  cinis,  cenere. 
Sira  (F),  cera;  fr.  ciré,  id. 

Sirà  (R),  sirognà,  sire,  storto  ;  imbrogliare,  far  la  spia  a  qualcuno; 
roumancio  schirau,  storto;  piem.  sdrà,  volto  male. 

Sirignòla  (DP),  sivignòla,  manovella  del  pozzo;  dal  piemon.  sìa, 
secchia  e  lignòta,  cordicella  :  oppure  dal  piem.  sirà  per  la  forma 
ordinaria  che  si  dà  al  ferro  del  manubrio,  foggiato  ad  s. 

Siròc  (1),  vento  sud-est  ;  italiano  scirocco  ;  arabo  chàrqui  TLittrè) , 
slavo  suiroi,  umido. 

Sirògic  {L)j  chirurgo;  b.  lat.  medicus  cirogie,  nel  1313  (Cibrario, 
Torino). 


—  193  — 

Sìsia  (L),  ascella;  lat.  axilla;  fr.  aisselle,  id. 

Sislèca  (I),  burla;  it.  cilecca,  scilecca  (fr.  niche),  id. 

Sissè  (F),  assai,  fr.  assez,  id.  V.  Ansissè. 

Sìtola  (I),  sivltola,  so'tta,  civetta  passerina;  ital.  civetta;  francese 
chouette,  id, 

Sivaliè  (F),  pavoncella  di  mare;  frane,  cìievalier,  cavaliere,  pel  suo 
umore  pugnace,  diffatti  in  latino  è  tringa  pugnax. 

Sivè  (DP),  falce  (D'Azeglio);  dal  piem.  siè,  falciare. 

Sivè  (F),  sala;  fr.  civière,  barella  da  trasporto. 

Sivè  (F),  intingolo  di  lepre;  fr.  civet,  id. 

Slanbanè  d'I  rie  (I),  smascellare  dalle  risa;  ital.  slomharsi. 

Slàndra  (P),  slandrina,  sgualdrina;  provz.  landrino,  donna  vaga- 
bonda; a  la  slandrina,  trascuratamente. 

Slanpè  (F),  spander  liquido  per  scossa  al  vaso  ;  fr.  lampée,  macchia 
cagionata  da  un  liquido. 

Slàr  d'I  let  (I),  sia,  sopraccielo  del  letto;  it.  solajo. 

Slavandòn  (DP),  rovescio  di  pioggia;  dal  piem.  lave,  lavanda,  la- 
vare, lavata,  e  la  s  intensitiva. 

Slavandròn  (L),  sgiaflòn,  ceffone,  manrovescio;  lat.  alàpa,  schiaffo 
{alapone,  lapandone,  lavandone)  —  garòfo  d'sinc  feùje,  in  senso 
burlesco,  italianamente  una  cinquina. 

Slayhss - ssùn - ndòn  (F),  ròi,  acquazzone;  fr.  lavasse,  pioggia  im- 
provvisa. V.  Bòi. 

Slèivo  (SL),  strutto;  slavo  slivàt,  fondere. 

Slèpa  (IG),  ceffata,  v.  lombarda;  ingl.  slap,  pacca,  battere;  ted.  Jclapps, 
id.;  lat.  alàpa,  schiaffo;  slavo  sslepat,  batter  colle  mani. 

Srsèsse  (D),  scivolare;  ted.  schlitten,  id.  V.  Lesèsse. 

Sletij  (C),  sfinito,  languente  (Biondelli),  lombardismo,  leùj,  sonno- 
lenza, donde  il  piem.  lòira,  ffiaccona;  dal  celtico  lochd,  high, 
languido. 

Sleùs  (B),  sbiadito  ;  borg.  luisir,  (es-luisir),  che  ha  perso  il  suo  lu- 
cente. V.  Baleùs. 

13 


—  194  — 

Slinguè  (L),  slovè,  slaivè,  liquefare,  sgelare;  lat.  liquens,  liqueo, 
sciogliersi  in  liquido  ;  tedesco  lingen,  stendere  (Suckau,  long)  ; 
slovè  dal  lat.  solvi,  sciogliersi;  slaivè  dal  borg.  aive,  acqua. 

Slipà,  slipè,  Upè  (T),  smussare  ;  tedesco  lippen,  labbro  :  come  a  dire 
slabbrare. 

Slòfate,  andè  a  sia  fate  (T),  andar  a  letto;  b.  tedesco  slofen  per 
sclilafen,  dormire. 

Slòfi,  lòfi  (IG),  spossato;  ingl,  loof  orza,  bordeggiare:  stato  delle 
vele  mai  piene  di  vento. 

Slòjra  (P),  aratro  ;  provz.  seloujro;  iv.  silloire  (Diez,  aratro);  basso 
latino  celoria:  così  i  nota]  scrivevano  l'aratro  nel  1615.  (Promise 
Cibrario). 

Sloncc'  (DP),  sucido,  sconcio,  sciattato  della  persona  (Pipino);  sin- 
cope dal  piem.  sb'rlonciòn. 

Slònse  (DP),  pedinare  qualcuno;  piem.  oungie,  unghie;  andèje  su 
f   oungie  dìj  pè,  id. 

Slurdissòn  (D),  lourdià,  stordimento.  V.  Lourd. 

Slussiè  (D),  lampeggia,  frequente.  V.  Lòsna. 

Smachè  (F),  svergognare;  frane.  ìnasque,  «fe-z/tasg-ieer,  smascherare; 
it.  sniaccare. 

Smangè  (F),  prudere;  fr.  démanger,  id. 

Smargàj  (D),  cencio.  V.  Margàj. 

Smasì,  smasinè  (G),  stemperare;  greco  maza,  pasta,  farina  col 
latte;  slavo  smàzinat,  smaz.  ungere;  lat.  macerare. 

Smijè  (L),  rassomigliare,  parere;  lat.  similo,  donde  un  ipotetico  s?'- 
mile)\  somigliare;  —  am  smija,  mi  pare,  credo. 

Smilss  (I),  smìmer  (Zalli),  gracile,  smmgol,  mingherlino;  italiano 
smilzo,  poco  meno  che  senza  milza  (Diez,  milza). 

Smorflòn  (D),  mostaccione,  dato  col  dosso  della  mano.  V".  Mouflòn. 

Smoune  (P),  esibire;  borg.  setnondre;  provenz.  seìnoundre,  offrire, 
proporre. 

Smulinè  (B),  stnofè,  smottare;  borg.  muiller;  ital.  mollare^  cedere 
(Burguy,  mol)  (fr.  s'ébouler,  id.). 


—  195  — 
Smurcè  (D),  rovistare.  V,  Armuss'cè. 

Snìss  (L),  canerino  e  fringuello:  lat.  fringuilla  serinus;  francese, 
serin  de  Provence. 

Snojèt  'jiaùn  (S),  gionchiglia,  narciso  di  Spagna;  spagn.  _/Mwgw7?o, 
da  juncus,  giunco;  fr.  jonquille,  id. 

Soà  (B),  fiducioso,  tranquillo;  mal  sod,  sfiduciato,  irrequieto;  bor- 
gognone seoir,sooir,  situarsi  (Biirguy,  seoir);  lat.  sedatus,  calmo. 
Odisse  sedatum,  odiare  i  posa  piano.  Orazio. 

Soàstr,  sonasti-  (B),  gomena,  grossa  fune  di  canepa;  borgog.  cìieve- 
sfre,  cavezza  (Mignard);  lat.  capistrum,  legaccio  per  attaccar 
le  viti. 

Soàt  (I),  sovàt,  soèt,  cuoio  per  cavezza;  it.  sovatto,  id. 

Soc  (F),  ferro  di  punta  dell'aratro;  frane,  soc,  id.:  gaelico  soc,  id. 
(Burguy,  sechon). 

Sòche  (L),  scarpe  colla  pianta  di  legno;  lat.  soccus,  calzatura  dei 
comici  ;  borg.  soc,  socon,  zoccolo. 

Socrolè  (F),  scroU,  scrolàda,  scuotere,  scossa;  frane,  som  crouler, 
sbattere,  far  cadere  abbasso  (Littré). 

So'tta  (D),  uccello  raonferrino;  assiuolo,  uccello  notturno  simile  alla 
civetta,  V.  Sitola. 

Soi?  (B),  soli;  cosa?  quello;  borgog.  co,  ce,  icliele,  celui  (Burguy, 
icel,  iceo). 

Sòia  (L),  suola  di  scarpe;  lat.  solea,  sandalo;  francese  sole,  suola; 
—  aussè  le  sole,  alzar  i  tacchi,  scappare. 

Sola  (F),  pialla  ;  frane,  essau,  pialla  incurvata  per  lavorar  l'interno 
delle  botti. 

Sole  (F),  sole  mort,  soffitto  della  camera,  solaio,  sottotetto;  frane. 
solier;  lat.  solarium,  il  più  alto  spazio  aperto  della  casa,  gra- 
naio; fr.  osuvres  mortes,  galetas. 

Sole  '1  bust,  sole  le  scarpe  (F),  allacciare  il  busto;  francese 
sous-lier,  enlacer,  lacer,  id. 

Soli,  sorì  (DP),  solatìo;  dal  piem.  sol,  sole,  esposto  a  giorno. 

Soli  (F),  quello  (pronome);  fr.  celai,  id. 


—  196  — 

Soma  (B),  asina,  somarella;  borg.  so;we,  bestia  da  soma;  b.  latino 
salma;  greco  sagma,  basto,  carico  (Burguy,  somme). 

Sòma  d'aj  (B),  pane  unto  coll'aglio;  borgog.  som,  punta  (Burguy, 
punta). 

Son  e  lon  (B),  questo  e  quello;  borg.  son;  latino  suum,  suo;  lon^ 
aferesi  del  lat.  illum.,  quello. 

Sonàmber  (I),  sonaj,  balordo;  it.  sonnambulo. 

Sonès  (D),  due  dadi  che  scoprono  il  6.  V.  Sèino. 

Sopànta  (F),  trampèt,  soppalco;  frane,  sous-pente,  sotto  il  pendìo 
del  tetto. 

Sopèt,  a  pè  sopèt  (1),  a  pie'  zoppo  (fr.  clocìiepied)  \  it.  zoppicare 
(saltellar  su  una  gamba  sola). 

Sor  (I),  non   assodato,  soffice  come  la  neve   caduta  di   fresco,   pan 

fi-ollo;  it.  sollo. 
Sorgnòn  (I),  surniòn,  5t<5or^wòw,  cupo,  uomo  taciturno  ;  it.  sormowe; 

fr.  sournois.  dissimulato. 

Soriàn  (I),  color  bigio  strisciato;  derivato  dall'it.  gatto  di   Sorta. 

Sortumòs,  sorsìss  (F),  acquitrino,  polla  d'acqua;  fr.  sourdre;  la- 
tino surgere,  scaturiginosus,  abbondante  di  polle  d'acqua. 

Sossi  (F),  questo;  fr.  ceci,  id. 

Sòsta  (P),  riparo,  rifugio;  provz.  s'assoustà,  sousto,  ricovero;  latina 
sub  stare,  mettersi  sotto. 

Sót  (D),  buca  piana.  V.  Ciót. 

Sotòc,  sobòc  (P),  sbalzo,  scossa;  provz.  satacuou,  culata. 

Sòtola  (F),  trottola,  uomo  goffo;  frane,  sautiller,  saltellare;  latino 
totutilis,  che  va  al  trotto  (Diez,  trottare). 

Soupatè  (F),  sbattere;  fr.  sous  battre,  id. 

Souquè  (L),  un  pezzetto,  un  tantino;  parola  sformata  dal  latino: 
nescio  quid,  un  non  so  che. 

Spaghèt  (SL),  tremarella;  slavo  ispug,  spavento. 

Spagnelù  (S),  pidocchio;  spagn.  espanol,  ricordo  storico  dei  Gallo- 
ispani  che  disertarono  orribilmente  il  Piemonte  colle  guerre  dei 
secoli  XVI  e  XVII. 


—  197  — 

Spantiè  (L),  spaiare,  sbardè;  lat.  ex-spandere,  sparpagliare,  span- 
dere. —  Spaiare  le  andane  e  i  maciairòn,  spandere  il  fieno  ta- 
gliato ed  ammucchiato. 

Spaolè  (L),  spaulè,  spàula,  spòca^  spatula,  scotola;  scotolare  il  lino 
e  la  canepa;  lat.  spatula^  excutere.  V.  Scoss'la. 

Spapamoc  (I),  voce  stramba;  it.  scapellotto. 
Sparm  (F),  sparmison,   spavento;  frane,   spasme^   spasimo:  la  s  si 
cambia  in  r  (Burguy,  pag.  XX). 

Sparve  (F),  persona  sfrontata;  fr.  épervier,  sparviero. 

Spassèsse  (F),  fare  a  meno  di  una  cosa,  non  incaricarsene;  fr.  s'en 
passer,  id. 

Spatùss  (C),  sfarzo,  sfoggio  di  ricchezze;  questa  voce,  se  non  è  una 
parola  sformata  dal  latino  /as^ws,  fasto,  orgoglio  (in  cui  la  /"si 
sarebbe  mutata  in  p  colla  metatesi  di  past  in  spai),  e  se  nem- 
meno origina  dal  greco  spaiali^  godersela,  adornarsi;  gli  è  molto 
'  probabile  che  abbia  un'  origine  celtica  e  parentela  col  piemon- 
tese paia  0  baia  ed  anche  col  patlss  di  questo  Glossario.  Roget 
al  n-  231  e  nella  tavola  5^  delle  radicali  galliche  ricorda  come 
in  una  commedia  latina  del  IV  secolo  il  Dio  Lare  dica  ad  un 
tale:  — vattene  a  vivere  sulle  rive  della  Loire;  ibi  toium  licei: 
si  dives  fueris,  Paius  appellaheris,  cioè,  colà  tutto  è  lecito  e 
se  ti  arricchirai  sarai  chiamato  Patus!  Oggi  si  direbbe  a  f  daràn 
d'I  monssà.  In  tal  caso  Paius  sarebbe  parola  celtica,  vorrebbe 
dire  ricco^  ahbondanie,  magnifico  e  corrisponderebbe  allo  spaitiss 
piemontese,  rinforzato  dalla  5  prefissa  intensitiva.  E  patìss,  che 
fu  detto  di  origine  latina  dal  verbo  paiì,  patire,  sarebbe  mediante 
l'addolcimento  della  u  in  i  il  rovescio  di  patus,  cioè  un  ine- 
schinello. 

Spatrinà  (F),  scamiciato,  sciorinarsi  (Alfieri);  frane,  se  spoitriner, 
scolacciarsi. 

Spegàss  (F),  imbratto;  lombardismo  spegasc  ;  fr.  f/àcher,  far  un 
lavoro  grossolano. 

Sp'rmisòn  (DP),  tenèsmo;  piem.  sp'rme;  it.  spremere. 

Sperss  (F),  desiderio  di  persona  assente,  smarrito;  a.  fr.  esperdre, 
h\  éperdu,  id.  Littrè  e  Burguy  lo  fanao  derivare  dal  lat.  ^:)e/-- 
ditum,  ma  veramente  lo  sperss  piem.  ha  maggior  espressione 
di  rincrescimento  che  non  il  perdere  latino. 


—  198  — 
Sp'rssòn  (I),  pinoli  fitti  nel  muro  a  uso  scala;  it,  sporgere. 

Sp'rv'so  (D),  gigèt,  ruzzo,  prurito,  uzzolo,  voglia  grande;  lat.  super 
vivax  {?).  V.    V'so. 

Spicassè  (F),  spitassè,    bezzicare;  fr.  piqueter,   becqueter,   beccare. 

Spiciaròta  (I),  pissaròta,  spiciorVe,  zampillo,  gocciare,  filo  d'acqua 
che  trapassa  una  fessura;  it.  spicciare,  scaturire. 

Spiègola  (F),  spiègla,  persona  spilorcia;  ti*,  espiègle,  scaltrito,  nel 
senso  che  sa  evitare  le  pièges  o  trappole  tese  a  suoi  denari. 

Splèsse  (I),  splinèsse,  splùra,  scalfittura;  it.  spelarsi. 

Splùa  (D),  scintilla.  V.  SUùe. 

Splufrì  (D),  mencio,  floscio.  V.  Plòfia. 

Spnìss  (D),  spnicè,  riccio  di  castagne,  sdiri cci are.  V.  Pniss. 

Sponciòn  (F),  pungolo,  stimolo;  fr.  poingoti,  punzone;  it,  spontone; 
fi*,  esponton,  mezza  picca  già  usata  dalli  Uffiziali  di  fanteria. 

Sporì  (T),  fiacco  (Zalli),  frutto  che  aggrinzisce;  ted.  sporen,  sentir 
la  muffa;  fr.  pourri.,  fracido. 

Spòsa  (SL),  oh  spòsa!  esclamazione  per  chiamar  una  contadina: 
slavo  gospòja  (j  fr.),  signora! 

Spotrignèsse  (L),  per  spoltigliesse,  vivanda  troppo  cotta  che  va  in 
pastume;  it.  poltiglia.,  da  puls,  pultis,  polenta. 

Spron  fi),  attributo  delle  pulzellone  ;  it.  speroni  —  perchè  alle  gal- 
line invecchiando  s'ingrossa  il  pollice  della  zampa;  oppure  dal 
frane.  cJiajjeron,  acconciatura  propria  delle  donne  attempate;  co- 
sicché buté  ij  spron,  vorrebbe  dire  esser  tempo  di  vestire  il 
chfiperon;  ted.  sporen,  muffire. 

Squaquarè  (0),  svesciare  tutto  ciò  che  si  sa;  onomatopea  del  grido 
delle  papere. 

Squarè  (l),  scivolare  e  riquadrare;  it.  sgarrare;  fr.  écarrir,  quadrare. 

Squarssè  (I),  it,  squarciare;  fr.  écarteler,  far  a  quarti. 

Squassò,  svasso  (L),  scialaquare;  lat,  quassus,  scosso,  rovinato. 

Squicè  (T),  sqiiitè,  franare;  squicia,  polenta;  ted,  schleichen,  che  fa 
gescJilichen,  scorrere,  come  fa  la  farina  nella  mano  di  chi  rimesta 
la  polenta. 


—  199  — 
Squìncio  (D),  l'amoroso.  V.  Sghìncio. 

Srèa,  srèja,  serèa  (L),  santoreggia,  erba  di  santoreggia;  lat.  satu- 
reja  hortensis;  fr.  sarriette,  savorée,  id. 

Stàbi  (I),  stàita,  sterco  degli  animali  da  caccia;  it.  stabbio,  qua- 
lunque sterco  da  letame. 

Stàca  (T),  legaccio,  falde  pei  bambini;  tedesco  stàken,  sostenere 
(Burguy,  stancener)\  provz.  estaqueitos,  straccali. 

Stafòu  (1),  pedana  per  salir  in  carrozza;  it.  staffa. 

Stag  (I),  io  sto;  it.  stare;  —  mi  i  stag,  io  sto. 

Stagn  (L),  cicciuto;  lat.  stanneits,  di  stagno;  metallo  solido  e  fles- 
sibile: così  figurativamente  si  dice  delle  carni  sode  e  morbide. 

Stanga  (T),  avaro;  v.  ted.  stanga,  catenaccio:  perchè  l'avaro  sbarra 
fortemente  le  sue  casse. 

Stè  (F),  staio;  fr.  setter,  id.  ;  lat.  sextarius,  misura  latina  che  pei 

liquidi  era  un  sesto  del  cow/io  o  54  centilitri,  e  pei  solidi  un 

sedicesimo  del  modio. 

* 
St'bbi  (T),  muro   di  tramezzo;  ted.  stabel,  pertiche,  colle  quali  si 

connette  il  telaio  pei  muri  siffatti. 

Stèiva,  stiva  (L),  manico  dell'aratro;  lat.  stiva;  it.  stegola,  id. 

Stèla,  sfVtta  (B),  schegge,  trucioli;  borg.  esteule,  stoppia;  latino 
stipula;  ital.  stelo.  —  le  stèle  a  smìjou  ai  sac,  chi  di  gallina 
nasce  convien  che  raspi. 

Stèmbo  [L),  ujà,  pungolo;  lat.  stimulus  booorum,  punta  ferrata 
per  aizzare  i  buoi. 

Stènse  (L),  soffocare;  lat.  estinguere;  fr.  èteindre,  spegnere;  slavo 
stjessnjati,  opprimere. 

St*ppa  (L),  taolòn,  còna;  lat.  stipes,  tronco  d'abero. 

St'rfognè  (D),  strafougnè,  st'rfòi,  gualcire.  V.  Fougnè. 

St'rmè,  strèm  (P),  nascondere,  nascondiglio;  provz.  estrema,  ritirare, 
da  estremo,  riporre  cosa  in  parte  lontana  ;  s'estrema,  nascondersi  ; 
latino  stram^ntum,  borgog.  estrain,  paglia  che  si  stende  sul 
terreno  e  lo  copre:  it.  ermo,  luogo  appartato,  solitario. 

St'rnàj  (L),    ninnoli,  gale   ridicole,  cose  da  nulla;  latino  externa, 


—  200  — 

fronzoli:  la  flessione  ailles  fr.  od  ari,  are  it.  indica  quantità. 
—  Brut  sfrnàj!  birichino,  guarda  sto  sfrnàj!  vedi  un  po'  sto 
pivetto!  un  nonnulla  che  vuol  parere! 

Stèrni    (L),  selciato;  lat.  sternere,  spianare,  selciare. 

St'rnuè  (L),  sternutare;  lat.  sternuere;  fr.  éternuer,  id. 

St'rvojòn  (F),  sturvojòn,  viluppo:  fr.  étoupillon,  stopacciolo. 

Steìira  (L),  steùja,  stuoia;  lat.  stjrea,  id. 

Stibiè  (L),  sfbiè,  riscaldar  tepido;  dal  piem.  fbbi:  latino  tepidus: 

it.  tiepido. 
Stime  (L),  stimare;  lat.  cestimare,  id. 

Stirè  (F),  stirare,  soppressare;  fr.  étirer,  stendere;  slavo  stirai,  la- 
vare, imbiancare,  lisciar  grosse  tele. 

Stiribàcola  (T),  capitombolo;  ted.  stirn,  fronte  e  hauch,  pancia. 

Stissè,  stìssa  (L),  stìss,  gocciare,  gocciola;  lat.  stilla,  stiria,  goccia 

che  pende  —  la  Z  passa  facilmente  in  r  e  dall'r  in  s. 
Stór  (D),  pigionale  campagnuolo.  V.  Istòr. 

Storce  (P),  storciòn,  strofinare,  strofinaccio  ;  fr.  forcher,  torchon,  id. 

Storn  (L),  sbadato;  lat.  torpidus;  it.  stordito. 

Stòrsa  (T),  stèssa  d'avìje,  cotèi,  fiale,  favo  (pezzo  di  cera  lavorato 
dalle  api  nelle  cui  celle  depongono  miele  ed  uovi)  ;  ted.  storse, 
indica  un  oggetto  lungo  e  stretto  appunto  com'è  il  favo,  e  il 
ted.  5^055,  indica  ammasso  (di  uova  e  miele). 

Stoufè  (F),  soffocare;  fr.  étouffer,  id.;  spag.  estufar,  riscaldar  colla 
stufa  tanto  da  levarvi  il  fiato  —  parola  d'origine  tedesca  (Diez. 
stufa). 

Stoufiè  (1),  annoiare,  saziar  fino  alla  nausea;  it.  stufare,  stufo. 

Stoìipa  (F),  fé  'na  stoùpa  commettere  uno  sbaglio,  un'  imprudenza  ; 
fr.  acJiopper,  inciampare  {pierre  d'acJwppement,  intoppo). 

Stoupè  (F),  turare;  fr.  étouper,  tappare  (Diez,  stoffa). 

Stoùpla!  (SL),  smetti!  taci!  esclamazione  per  indicar  amichevol- 
mente silenzio  ;  slavo  ustupat,  cedere  :  turar  la  bocca.  V.  Stoupè. 

Stoupòn  (F),  stoupolòn,  turacciolo;  borg.  estope;  frane,  estopillon, 
turacciolo  (Burguy,  estope);  fr.  top,  cima  (Diez,  tappo). 


—  201  — 

Strà  (L),  strada;  lat.  sfrata,  il.;  — strà grossa,  in  montagna  equi- 
vale a  strada  mulattiera,  strada  principale. 

Strabaossè,  -haussè  (I),  strambale;  it.  trabalzare,    traballare. 

Strabiè  (T),  sparagnare;  ted.  straiiben,  recalcitrare  (a  spendere); 
latino  strabus,  lercio,  perchè  l'avaro  ha  uno  sguardo  sottocchi 
tutto  suo. 

Strabuchè  (DP),  trabalzare;  piem.  trabùc,  misura  lineare;  uscir 
dalla  direzione    marciando,  andar  a  zig  zag  come  li  ubbriache 

Stràc  (P),   stanco;  prov.  estracar,  stancare;  italiano  stracco  (Diez, 

straccare). 
Strafalàri  (L),  spropositone,  uomo  pedante;  lat.  fallare,  sbagliare, 

chi  trova  tutto  in  fallo  :  voce  di  bassa  latinità,    stra  -  falarius, 

come  contra-bulari  da  contrarius  bullarius,   per  dire   vi   sta 

contro  il  Bollarlo,  ecc. 

Straforssìn  (I),  spaghetto;  it.  sforzino,  cordicella. 

Strafugàri  (I),  erba  dìj  pouj;  ital.  stafisagra,  erba  il  cui  infuso 
uccide  i  pidocchi. 

Stragichè  (F),  per  stragitè,  scalmanarsi  ;  fr.  agitar,  agitare,  stra  - 

agitarsi. 
Stramb  (I),  strambale,  bisbetico,  zoppicare  ;  italiano  strambo  (Diez, 

strambo);  piem.  stramb,  che  arranca. 

Strangè  (B),  straniero;  borg.  estrangier,  fr.  étranger,  id. 

Stranòm  (L),  nomignolo:  lat.  extra  nomati,  fuori,  oltre  il  suo  nome, 

Stranòt  (I),  ital.  strambotto,  da  versi  strambi  o  strani  ;  —  stram- 
motta,  ridicula  cantiuncula  a  strammu  (it.  strambo)  (Diez , 
strambo);  spag.  estrambote,  canzone  ritornello,  v,  fr.  astrabot,  id. 

Stransì  (F),  estenuato,  smingolo;  fr.  transi,  intirizzito. 

Stransiano  (L),  eccitavano  (Vopisco  1482);  latino  adstringere,  ob- 
bligare. 

Stranpalèsse  (DP),  per  stranpajèsse,  sdraiarsi  sconciamente  sulla 
paglia  ;  dal  piem.  stra-ampajèsse. 

Strapassè  (F),  sgridare,  strappazzare  ;  fr.  estrapassar,  faticar  troppo 
un  cavallo;  strapassè  'l  m'stè,  acciabattare;  it.  agire  come  un 
pazzo;  dal  v.  ted.  parzian,  bar  zen,  arrabbiarsi,  inferocire. 


—  202  — 
Strassapàt  (l),  per  un  uonnulla;  ital.  vendere  a  patto  di  stracci. 

Strasse  *1  coeùr  (I),  spezzare  il  cuore;  it.  straziare:  slavo  stra- 
scit.  augosciare. 

Stravacà  (F),  ribaltato;  frane,  vache,  cesta  a  bagagli  che  si  mette 
suir  imperiale  delle  vetture  ;  extra  -  vacher,  saltar  fuori  dalla 
cesta  suddetta. 

Stravirà  (TP),  stralmm,  stravolto,  stralunato;  dal  piem.  virè,  gi- 
rare; fr.  bouleverser  {verser  la  houle);  straluna.,  persona  che 
sbarra  gli  occhi  come  un  lunatico. 

Stravìss   (B),  sorprendente;  borg.  viste,  svelto  (Burguy,  viste). 

Strem  (D),  nascondiglio.  V.  St'rniè. 

Strep  (T),  strappata,  stramazzata;  ted.  streben,  sforzo. 

Strìa  (F),  striglia;  fr.  étrille,  stregghia. 

Strìa  (L),  strega;  latino  strix,  strega;  strige,  uccello  notturno  che 
divorava  i  bambini  cattivi. 

Strìj  (0),  ribrezzo,  schifo;  celtico  stria;  latino  strix,  strega  (Diez, 
strega).  V.  Striméri. 

Strimèri  (L),  strimela,  strumèla,  cosa  fetente,  carogna;  lat.  strig- 
mentiim,  sucidume  della  pelle:  —  a  spiìssa  come  na  strumèla, 
fetore  da  levar  il  respiro. 

Strincòn  (T),  strappo,  scossa  violenta;  ted.  strengen,  da  stritigen, 
far  uno  sforzo. 

Striplòn  (F),  stripèla,  striplè,  sira.CGÌSiYe,  straccione;  y.  fr.  estraper; 
lat.  estirpare  (Diez,  straripare). 

Strìsci  (L),  mingherlino;  lat.  strigòsus,  sfiancato. 

Strivàss  (D),  frusta,  staffile  ;    fr.  cravache,  scudiscio.  V.  Strivèra. 

Strivèra  (F),  laccetto  o  cappiettino  che  fissa  la  conocchia  alla  spalla, 
pensiere  (fr.  cJiamhrière),  e  staffile,  striscia  di  cuoio  che  regge 
la  staffa  ;  francese  étrivière,  id. 

Striviè  (I),  strusciare,  far  passar  il  filato  tra  un  pannolano;  ita- 
liano strihhiare,  stropicciare  per  pulire. 

Strobiè  (I),  per  stoppie,  svellere  la  seccia  dopo  la  mietitura;  ita- 
liano stoppia. 


—  203  — 

Strogè  (SL),  picchiare;  slavo  stroghii,  duro;  ted.  streng,  id. 

Strojassà  (GT),  slongairà,  sdraiato  sconciamente;  gotico  straujan, 
espandersi  (Diez,  sdrajarsi).  L'elemento  piemontese  treuja,  trqja, 
darebbe  streujassà:  invece  il  ted.  stroh,  paglia  e  il  borg.  ja^er, 
giacere,  formerebbero  il  composto  strohjazer,  buttarsi  sulla  pa- 
glia, seppure  questa  voce  non  è  un  guasto  dell'  ital.  sdrajarsi 
(  sdrajesse,  sdrajassèsse ,   s  trojassèsse  ) . 

Strompè  (I),  strompòr  per  stronchè;  it.  troncare,  rompendo:  pa- 
rola composta  dal  piem.  ròmjje  colla  s  intensitiva  e  la  #  eufo- 
nica; s-t-ròmpe,  l'accento  sulla  è  finale  è  una  flessione  francese. 

Stronà  (D),  sbalordito.  V,  Strun. 

Stroulè  (R),  sbattere;  dal  piem.  scroulè;  borgog.  crohr,  sbattere 
(Diez,  roc). 

Stroìip  (I),  branco,  stormo;  it.  strupo;  fr.  troupeau,  id. 

Strùn,  stronà  (I),  scossa,  rombo,  rintronata;  v.  it.  trono  per  tuono 
(Diez,  trono). 

Struse  (B),  strusa  dapra,  erpice  di  sterpi  e  sgualdrina;  borg.  estruser, 
svellere  (Burguy,  torser);  ital.  strusciare,  consumare,  struggersi. 

Stìica  (T),  imbeccata,  donativo  per  corrompere  un'autorità;  tedesco 
stecJien,  corrompere  con  donativi  ;  sttìck,  pezzo:  da  sfecken,  pungere. 

Sturdì,  sturnl  (I),  sbalordire;  it,  stordire.  V.  Strun, 

Sturlimàndi  (L),  voce  arbitraria  per  supplire  a  un  nome  che  non 
si  rammenta;  lat.  historia    mundi;  tautologia:  vàttela  a  pèsca. 

Sturniè  (F),  stuniichè,  fantasticare;  frane,  tournoger,  girondolare 
soprapensieri. 

Sua  (F),  cicuta:  fr.  cigue,  id. 

Suàss,  squàss  (D),  scialacquo.  V.  Sqiiassè. 

Subiè  (B),  suhiòìa,  suhièt,  zufolare,  minchione,  fischietto;  borg.  su- 
olai, zufolare;  lat.  suhulo,  sùbio,  suonar  il  flauto  (Promis),  si- 
bilare; —  fas  bel  subiè!  perdi  il  tuo  tempo!  slavo  2ub,  dente. 

Subrìc  (F),  frittella;  fr.  sur  brique,  cotta  sui  cocci. 

Subrichèt  (F),  nomignolo  e  giovanetto  pretenzioso;  frane,  sobriquet, 
nomignolo  fondato  su  una  specialità  morale  o  fisica  della  per- 
sona a  cui  si  allude. 


—  204  — 

Subriscò  (P),  ciò  che  si  deve  oltre  lo  scotto;  provenz.  suhrescot; 
fr.  sur  écot,  id. 

Sue,  siica  (SL)  (Zalli),  ceppala,  ràdica;  slavo  ssuJc,  branco,  nodo 
nel  tronco;  b.  lat.  soccus:  frane,  soucìie;  provz.  soticJio,  ceppo, 
tronco  di  ràdica  d'albero. 

Sùca  (I),  per  burla  zuccone,  testone;  it.  zucca. 

Sucà  (P),  capata,  urto  della  testa;  provz.  sucado,  colpo  sulla  testa, 

0  sul  collo. 

Sue,  sùit  (P),  succ\  sùitifia,  asciugare,  asciutto,  siccità  ;  prov.  eissù, 
essoùc;  fr.   essuyer,  lat.  siccare,  asciugare;  slavo  suchoi,  secco. 

Sùf  (B),  intrepidità  (Zalli);  borg.  sueyf,  tranquillità,  prima  condi- 
zione dell'esser  intrepido  (Burguy,  soef).  —  àvej  hon  suf,  butè 
hon  suf,  far  buon'animo. 

Sufrìn  (F),  zolfanello:  fr.  soufre,  zolfo,  zolfino. 

Sugiàss  (DP),  scolo  della  stalla  nel  letamaio;  dal  piem.  sug  d'I 
giàss,  sugo  dello  strame. 

Sulle  (D),  lisciare.  V.  SeùU. 

Sul  (D),  ascia;  aferesi  di  Assùl. 

Sùmia  (L),  scimmia;  latino  simia,  id.  —  'l  pian  die  sùmie  che  i 
Piemontesi  a  Massaua  hanno  tradotto  «  il  piano  delle  ubhria- 
cature  ». 

Sùmia  (T),  ubbriacatura;  ted.  siimmer,  simmer,  un  quarto  di  botte. 

1  Lessici  fanno  derivare  la  frase  pie  na  sùmia,  ubbriacarsi,  da 
ciò  che  l'ebbro  imita  i  lazzi  della  scimmia,  ma  il  verbo  pie, 
prendere,  conduce  ad  altra  spiegazione.  Il  siimmer  tedesco  è  un 
quarto  del  malter  (fr.  muid;  lat.  modius:  ital.  moggio),  che  è 
una  botte  vinaria  di  litri  264;  il  siimmer  ne  contiene  litri  66 
presso  a  poco  la  nostra  brenta  {}/^  ettolitro),  cosicché  pih  na 
sùmia,  è  la  traduzione  in  vernacolo  della  frase  tedesca  ganz  ein 
siimmer  getrunken,  i  l'ai  bùne  na  brinda.  Gianduja  da  bravo 
viticultore  ha  nel  suo  vernacolo  adottate  tutte  le  varianti  della 
voce  cionca,  cosicché  è  diventata  una  voce  cosmopolita;  dal  tedesco 
siimmer.  ha  fatto  sùmia,  dallo  slavo  sbornii,  ha  fatto  sbornia,  dal 
latino  ebriosus  ha  fatto  brounsa  e  dal  francese  pointe,  ha  fatto 
piota. 


—  205  — 

Supì  (D),  ansupì,  sonnecchiare.  V.  Ansupìsse. 

Sus  (I),  segugio,  cane  da  caccia;  da  Susa,  città,  donde  pare  sia 
originaria  detta  razza  di  cani  susini  (Diez,  segugio). 

Susnè  (L),  goliare;  lat.  cevcre,  carezzare  dei  cani  agitando  la  coda. 

Susnì,  nitrire  (L),  lat.  hinnire;  fr.  hennir,  id, 

Sussambrìn  (T),  giuggiola;  ted.  sUsse  birne,  pera  dolce. 

Sust  (I),  contegno,  sostenuto;  it.  su  stare,  sussiego. 

Svachè  (T),  barche  via,  svanire,  dileguarsi  (Zalli);  ted.  schwachen, 
indebolirsi. 

Svajassèsse  (L),  divagare,  frastuono;  lat.  evagari,  spandersi. 

Svaluri  (L),  scolorare;  lat.  valere  (ex-valere,  perdere  il  valore). 

Svasonè  (F),  mareggiare  le  biade  dopo  seminate,  lavorar  colla 
marra;  fr.  evaser,  allargare  ;  lat.  vasum  (ex-vasare),  non  lasciar 
che  la  semente  si  accumuli  in  pozze. 

Svàss,  sguàss  (T),  sfoggio,  sguazzare;  b.  tedesco  washan,  lavare; 
fr.  gàcìier,  gàchis,  lavorar  a  guazzo. 

Svèrgnie  (D),  smorfie,  beffe.  V.  Sbèrgnie. 

Sv'rlèra  (D),  colpo  d'arma  da  taglio,  busse.  V.   V'rlèra. 

Svicc'  (L),  svegliato,  brioso,  gaio:  lat.  vivax;  borgog.  viste,  vivace 
(Burguy,  vivre). 


—  206  — 


Tabaleùri  (R),  tahaloùc,  uomo  semplicione:  roumancio  dell'  Enga- 
dina  tahalori,  tamberl,  tamherland,  id.  :  ted.   tólpel,  id, 

Tabàss  (F),  tamhàss,  tamburello;  fr.  tamhour  de  hasque  (Zalli), 
tamburello  spagnuolo;  provz.  fabust,  fracasso  (Burguy,  tabor); 
lat.  tìjmpanum  cantabricum. 

Tabìa  (L),  deschetto,  scagnello  da  ciabattino;  lat.  tabula  {tabilla). 

Taboùj  (IG),  cagnolino  e  voce  vezzeggiativa,  per  cui  una  ragazza 
dirà  al  suo  adoratore:  7  me  taboùj,  il  mio  Gagnolo;  ingl.  tably, 
maculato,  dal  pelo  di  vario  colore. 

Tabouret  (F),  scanno;  fr.  tabouret,  piccolo  tamburo;  slavo  tabòr, 
accampamento,  scanno  da  campo. 

Taboùrn  (L),  (Pipino  1480),  tamburi;  b.  lat.  taburlum;  persiano 
tamburi  arabo  tonbùr  (Diez,  tamburo);  borg.  tabòr,  tamburo 
(Burguy,  tabor). 

Tabussè  (P),  tabùss,  bussare,  battaglio;  provz.  tabust,  tabasà,  mar- 
tellare (Diez,  tabìist). 

Tàc  (F),  ouomatopea  per  esprimere  un  attimo;  pezzetti  di  carta  dalli 
stampatori;  fr.  taque,  piastra,  lastra. 

Tàca  (P),  macchia,  taglio,  ampolline  nella  fusione  del  vetro;  ita- 
liano tacca:  provz.  taclio;  fr.  tàche,  macchia. 

Tacàda  (I),  tafiàda,  mangiata;  it.  attacco. 

Tachè  (C),  attaccare;  celt.  tac,  chiodo,  tutto  ciò  che  attacca:  — pìja 
feu,  ma  tàca  nen,  mi  riscaldo,  ma  non  m'invischio,  mi  piaci, 
ma  non  ti  credo;  fr.  attacher,  id. 

Tachignè  (F),  bisticciarsi,  contrastare;  fr.  taquiner,  contrariare. 


—  207  — 
Tàccia  (I),  bagascia;  it.  tàccola,  uccello  loquace,  tresca. 

Taconè,  tacòn  (B),  rattoppare,  brandello,  rappezzatura;  borg.  tacon, 
pezza  (Burguy,  iaiclié). 

Tadào,  tadeiì,  tòdo  (S),  toh,  tòfo,  talòcia,  imbecille,  babbeo;  spa- 
gnuolo  todo,  intiero;  —  anche  nel  piem.  antregh,  ha  lo  stesso 
significato. 

Tàfa  (G),  tremarella;  greco  tàfos,  stupore,  tomba. 

Tafanàri  (T),  deretano;  ital.,  provz.  e  roumancio  tafanari,  id.  — 
latino  teutonico,  la  cui  origine  comune  sta  nel  v.  ted.  tamfìan, 
soffocare,  tampf,  dampf,  vapore;  it.  tanfo;  la  desinenza  ari  in- 
dica quantità,  raccolta,  ripostiglio  del  tanfo. 

Tafìè  (T),  far  una  buona  mangiata;  ted.  tafeln,  imbandir  la  mensa. 

Tafùs  (G),  trappola,  prigione;  greco  tàfos,  tomba. 

Tàj,  vnì  a  tàj  (I),  opportunità,  cader  acconcio;  it.  attagliarsi,  adat- 
tare; —  tut  ven  a  tàj,  finaf  oùngie  a  pie  l'aj,  tutto  serve  fino 
le  unghie  a  sbucciar  l'aglio. 

Tàja  (B),  imposizione  ;  borg.  faille,  imposta  ;  fr.  tailles,  imposta  che 
pagavano  le  persone  non  nobili,  ne  ecclesiastiche  (Littrè). 

Tajìss  (F),  bosco  ceduo;  frane,  bois  taillis;  lat.  tailUnatum,  id. 
(Flechia,  tainaté). 

Tajochè  (F),  tagliuzzare;  fr.  tailler,  tagliare,  da  cui  si  ha  il  vol- 
gare tailloches,  ritagli,  che  è  l'origine  del  piem.  tajochè. 

Tajòla  (L),  scarèla,  ciasèla,  carrucola;  lat.  trocMea,  puleggia. 

Tajòla  (I),  trappola,  usuraio;  ital.  tagliola,  morsa  a  scatto,  e  per 
esatta  analogia,  usuraio. 

Talàps  (L),  talàspi,  erba  liperite,  senapa  selvatica;  latino  thlaspi, 
specie  di  crescione. 

Talocè  (F),  talonè,  sgambettare;  frane,  talon,  calcagno,  tacco  delle 
scai*pe,  talonner,  incalzare  ed  alzar  i  tacchi  per  correre. 

Talocè  (DP),  talòcia,  nicchiare,  rammaricarsi,  titubare.  V.  Locè. 

Taloùp  (L),  tagliere  per  la  polenta  ( Viù)  ;  metatesi  del  lat.  tabula 

(taluba),  desco. 
Tamnandàn  (F),  tentennone,  cencio;  tautologia  del  fr.  en  attendant, 

aspettando:  persona  che  non  si  sa  mai  risolvere. 


—  208  — 

Tampa  (S),  pozza,  fossa,  buca  pel  letame;  portoghese  tampa,  co- 
perchio (Diez,  tape). 

Tananàj  (1),  susurro  di  voci  di  più  persone  raccolte  insieme;  ita- 
liano tana;  onomatopea  del  susurro,  che  farebbero  le  fiere  nel 
loro  covile  ;  la  desinenza  aj  è  il  suffisso  fr.  aiUes,  corrispondente 
all'it.  ari,  indicante  quantità. 

Tanbournarìa  (1),  corbelleria;  it.  tamburo;  racconto  del  tambu- 
rino nel  corpo  di  guardia. 

Tanburlèt  (I),  randello  per  impastoiare  i  cani;  campanaccìo  della 
bestia  che  guida  la  mandra;  it.  tamburello. 

Tanf  (G),  tanfo,  fetore  di  luogo  chiuso;  greco  taggki,  odore  di  ran- 
cido; ted.  tampf,  dampf,  vapore,  fumo  (Diez,  tanfo). 

Tàngher  (B),  stupidone;  borg.  tangre,  testardo  (Burguy,  tangre); 
it.  tanghero. 

Tanpè  (D),  buttare.  Y.  Campò. 

Tàola  (L),  tàula^  tao,  misura  di  superficie  antica  di  Piemonte,  pari 
a  38  centiare;  latino  tabula,  quadrato  di  terreno;  —  afe  d' poche 
tende,  roba  di  poca  spesa. 

Taolàss  (F),  taulàss,  bersaglio,  tavola  pel  tiro  a  segno;  v.  fr.  ta- 
levas  (tavelas),  sorta  di  scudo  (Diez,  taleva^)-,  b.  latino  talleva- 
cium,  il  nostro  taolàss  (Cibrario,  Storia  di  Chieri);  spagnuolo 
tablado,  impalcatura  e  per  tutti,  la  radicale  latina  tabula,  tavola. 

Taparè  (F),  cacciar  via  ;  fr.  tape  -  parer,  parare  un  colpo  di  mano  ; 
ted.  tappen,  dar  spintoni. 

Tapassiè  (D),  metter  sossopra  ;   metatesi  per  patassiè.  V.  Patoiijè. 

Tapèsse  (F),  azziraarsi  ;  frane,  taper  les  cheveux,  increspar  i  capelli 

(Littré). 

Tapinabò  (F),  ciapinabò,  tartufo  di  canna  bianco  ;  fr.  topinanbour, 
brasiliano. 

Tapine  (F),  caminàda,  scapinàda,  marciar  di  buon  passo  ma  a  di- 
sagio; fr.  tapin,  quel  che  batte  il  tamburo  (Littré);  greco  ta- 
peinos,  umile;  it.  tapino,  meschino,  obbligato  marciar  a  piedi. 

Tapis  (F),  tappeto;  fr.  tapis:  lat.  tapes;  greco  tapis,  id. 

Tapùra  (D),  increspatura  de 'capelli;  fr.  tapure.  V.  Tapèsse. 


—  209  — 

Tara  (P),  diffalco  ;  il  provenz. ,  lo  spagn.  e  l'ital.  hanno  adottata  la 
stessa  voce  tara;  in  fr.  tare,  per  diffalco  ne'  conti  niercantili ; 
—  questa  voce  avuta  dall'  arabo  tarali,  tarli,  metter  da  parte, 
è  entrata  in  Piemonte  per  il  tramite  provenzale  (Diez,  tara). 

Tarabàcola  -bacolè  (1),  letto  pieghevole  per  la  gente  di  servizio  e 
di  guardia  nelle  anticamere;  gironzolare;  donna  da  trivio;  ita- 
liano trabacca. 

Tarabàsca  -basche  (P),  donna  cicalona,  cicalare;  provz.  taì^abustà, 
tormentare  ;  fr.  tarabuster,  disturbar  con  rumori  o  frequenti  in- 
terruzioni. Tarabè,  è  un  pappagallo  del  Brasile  ;  tarabuso,  è  un 
uccello  di  palude  che,  immergendo  il  becco  nell'acqua,  produce 
un  remore  simile  al  muggito  del  toro. 

Taràgna  (D),  r'ssa,  filare  di  viti,  allodola  dei  boschi  appiè  delle 
Alpi.  V.  Baràgna. 

Taràna  (GrT),  grosso  canape;  got.  tairàn:  anglo-sassone  taràn,  ti- 
rare tanto  da  strappare,  fune  di  gran  forza  (Bm'guy,  tirer). 

Taravèla  (P),  tartavèla,  ciaramella;  provz.  taravelo,  trivella,  mac- 
china che  fa  grossi  buchi  nel  legname,  analogia  col  fruscio  e 
colle  punture  che  fa  una  lingua  bene  affilata. 

Tarlantàna  (F),  droghetta,  sorta  di  tessuto  grossolano  di  lino  e 
lana;  fr.  tirelaine. 

Tarèf  (P),  sbotifià,  tarlato,  malaticcio;  provenzale  tara,  verminoso; 
fr.  taret,  tarma. 

Targa  (F),  averi,  possessioni,  sostanza  (Biondelli);  fr.  targe;  spa- 
gnuolo  (7ay(/a,  scudo:  la  sostanza  è  scudo  contro  la  miseria;  fran- 
cese se  targuer,  far  ostentazione. 

Tariu  (F),  fringuello;  centrone  tarein,  tari;  provz.  turin;  fr.  tarin, 
lucherino  (Diez,  tarin);  —  tari pretlmmet  ton  lar pet  frotà  mon 
pan  (A.  Pont.),  o  fringuello  prestami  il  tuo  lardo  per  fregarne 
il  mio  pane. 

Tanna  (F),  zuppiera;  fr.  terrine,  id. 

Tarin  -  barìn-balìn  (L),  confusione;  tautologia  del  latino  labyrin- 
thm,  labirinto;  slavo  torìt  barin,  tribola  padrone. 

Tarissè  (D),  it.  aizzare,  V.  Gisse. 

14 


—  210  — 

Taro  (aferesi  di  hatàro)  (F),  uomo  grossolano,  maleducato  (questa 
voce  manca  nei  vocabolari  del  dialetto);  dal  fr.  hàt,  basto,  con 
flessione  provenzale;  batùro,  è  adunque  un  uomo  da  basto,  sia  per- 
chè avezzo  a  praticare  colle  bestie  da  soma,  sia  perchè  nato  tra 
i  basti,  donde  è  venuto  poi  il  vocabolo  bastardo,  in  fr.  hàtard, 
voce  plebea  usata  per  indicare  chi  non  ha  potuto  ricevere  una 
educazione  qualunque  (BnYgnx.bastard):  (il  solito  litigio  tra  il 
basto  e  la  sella).  —  Centrone  tara,  difetto:  frane,  tarare,  voce 
fantastica  indicante  disprezzo  (Littrè). 

Tarò  (F),  terriccio  per  concime;  fr.   terreaux,  id. 

Tarpòn  (L),  talpòn,  grossa  talpa;  lat.  talpa;  fr.  taupe,  talpa. 

Tàrtara  (F),  latticini;  fr.  tarte  (Diez,  torta). 

Tartìfla  (P),  patata;  provz.  tartifle;  borg.  tartufle;  lat.  tert^ce  tuher 
(Diez,  truffe). 

Tass,  tassòn  (T),  specie  d'orso  che  dorme  assai;  tedesco  dachs,  id.; 
fr.  taisson  (le  blaireau),  id. 

Tass  (I),  grossa  incudine;  it.  tasso:  fr.  tas,  incudine  portabile. 

Tass  barbàss  (L),  verbasco;  it.  tasso  verbasco;  latino  tapsus  ver- 
bascum  (Zalli).  V.  Luviòn. 

Tassèl  (B),  tassello;  borg.  tassel,  rappezzatura;  lat.  tessella,  piccolo 
quadrato  per  le  opere  in  mosaico. 

Tasso  (I),  sorta  di  abete  de 'luoghi  alpini;  it.  tasso;  lat.  taxus,  id. 

Tasta  (I),  fé  tasta,  tèita,  i  primi  passi  del  bambino;  italiano  andar 
tastone. 

Tastè  (B),  tustegè,  assaggiare,  tastare;  borg.  taster:  fr.  tatsr,  toc- 
care e  gustare;  provz.  fasta,  id. 

Tavàn  (B),  mosca  cavallina;  borg.  e  provz.  iavàn;  francese  taoti; 
it.  tafano;  lat.  tabanics. 

Tavanàda  (DP),  melonaggine:  dal  piemon.  tavàn,  far, cosa  che  vi 
annoji  come  la  puntura  di  quell'insetto. 

Tavola  (L),  quadrone  dei  muratori:  b.  lat.  tavella,  specie  di  mat- 
tone ;  lat.  tabula,  quadrato  di  terreno  (o  di  pavimento)  ;  francese 
taveler,  chiazzare  (Littrè).  V.  Tìvola. 


—  211  — 

Tavola  (F),  arcolaio  delle  setaiole;  fr.  tavelle,  passamano  strettissimo, 
,    fettuccia;  forma  che  prende  la  seta  innaspata,  cavata  dal  bozzolo. 

Tavòta  (I),  sempre:  it.  tuttavolta,  ogni    qualvolta,   continuamente. 

Tè  (F),  reggi,  prendi;  fr.  tiens,  id. 

T'cca  (I),  ital.  lecca,  tecola,  piccolissimo  schizzo  di  fango,  oppure 
una  macchia. 

Tecc*,  fgg'  (T),  atticciato,  tozzo;  a.  ted.  thik,  tedesco  dick,  grasso 
(Diez,  tecchire,);  slavo  tiessnil,  premere. 

Tèit  (L),  cuèrt,  piccola  possessione  con  casa  (Flechia);  ital.  tetto; 
fr.  toit;  lat.  tectum;  —  teda  silveslra,  domus  tectum,  casa  di 
campagna  (Cibrario,  Chieri). 

Telònio  (L),  banco  del  lavoro,  scrittoio  degli  impiegati;  —  an- 
doùma  al  telònio,  andiamo  all'  ufficio;  latino  teloneum,  ufficio 
dell'  esattore,  banco  di  cambiavalute  (Burguy,  tolieu),  italiano 
telonio. 

T'ma  (P),  timore:  it.  ^e/wa ;  provz.  teme,  apprensione,  tema,  temere. 
Tènca  (C),  pesce  di   stagno;  celt.  tenca  (Bullet);  lat.   tinca:  fran- 
cese tanche  (Roget,  tinca). 

Tenplè  (DP),  annoiare;  aferesi  di  contemplè,  star  in  continua  am- 
mirazione. 

T'ppa  (P),  zolla  erbosa;  provz.  tepa;  celt.  top,  mucchio;  borgognone 
touffe  (Burguy,  toffe). 

T'po  (D),  tettoia  a  pilastri;  —  un  t'po  d'fen,  una  massa  di  fieno 
che  cape  tra  due  pilastri.  V.  Tppa. 

T'rbi  (L),  erica  da  spazzola,  gramigna  (fr.  chiendent);  latino  tri- 
bulus,  tribolo;  greco  triho,  fregare. 

T'rbol  (F),  torbido;  frane,  troiihle;  lat.  turbulentus,  ciò  che  non  è 
limpido. 

T'rdochè,  tòder,  tèicc  (T),  parlar  duro,  incompreso  ;  lat.  teutonicus  ; 
fr.  tudesque,  guasto  dal  der  deutsch,  il  tedesco. 

T'rgniàc,  trognàc  (F),  persona  piccola  ma  complessa  ;  fr.  trogne,  id . 

T'rla,  frlè,  and'e  an  t'rle  (I),  zurlo,  trasporto  di  allegria  e  tremito 
nervoso,  propriamente  come  tremola  la  coda  del  gatto  in  fregola 


—  212  — 

0  la  trottola  quando,  diminuito  l'impeto  rotatorio,  comincia  a 
saltellare.  —  Trlè  d'gòi,  far  salti  d'allegria  —  Sossi  am  frla, 
ceci  me  froisse,  ciò  urta  i  miei  nervi.  L'ingl.  ha  trill,  gorgheg- 
giare, il  fiammingo  trilìen,  tremare  ;  l'it.  trillare  vuol  anche  dire 
scuotere.  I  vocabolari  traducono  t'rla  per  0urlo,  trasporto  d'alle- 
gria: in  tal  caso  la  3  {ds  o  ts)  di  zurlo  fu  ridotta  a  t  per  la  sop- 
pressione della  s  e  zurlo,  rimasto  turlo,  sarebbe  l'elemento  del  pie- 
montese frlè,  che  proviene  dal  lat.  surire  (radicale:  sus,  maiale) 
e  vuol  dire:  andar  in  fregola. 

T'rlin  (1),  trina  di  poco  valore,  guasto  da  trina  .trinella,  tirlenna). 

T'rlindèna  (B),  abito  leggero;  provz,  trideino,  cencio-,  frane,  tire- 
taine,  id. 

T'rlìss  (F),  tela  a  3  fili  rada  e  lucente;  fr.  treillis;  latino  trilix; 
b.  latino  trilicium,  graticola,  tela  gommata  e  lucente;  italiano 
trilicio. 

T'rlùc  (D),  minchione.  V.  T'rlè. 

T'rmeùsa,  ant'rmeùj  (F),  tramoggia;  fr.  tremie;  lat.  tremélluniy 
trèmula  (Littrè),  id. 

Tèrmo  (L),  termine;  lat.  termen;  borg.  terme. 

Tèrmo  (F),  pioppo  tremulo;  fr.  tremhle;  lat.  populus  tremula,  id. 

T'rssa  (F),  treccia;  frane,  fresse;  ani  fr.  trace:  provz.  tressa,  2(7. ,  dal 
greco  tricha,  tripartito,  perchè  un  intreccio  non  si  ottiene  se  non 
con  almeno  tre  liste  fluenti. 

T'rsse  (B),  andè  an  frsse,  andar  in  zurlo  ;  borg.  trescher,  dime- 
narsi (Burguy,  id.). 

T'rssè  (F),  arare  la  terza  volta;  it.  terzare;  lat.  tiercer,  id. 

T'rta  (I),  pillacchera;  it.  terra  (terretta). 

T'rtoùj  (F),  randello;  fr.  tordu,  torto:  per  la  forma  nodosa  che  di 
solito  hanno  siffatte  mazze. 

T*surè  (F),  stringer  troppo;  fr.  très-serrer,  id. 
Tèsna,  t>ssna  (L),  tessera;  latino  tèssera,  segno  di  riconoscimento. 
T'stana  (I);  solinata,  dolor  di  capo;  it.  testa,  tetano  di  testa. 
T'stàss  (I),  testardo;  it.  testacela. 


—  218  — 

T'stassà  (I),  testa,  capata;  it.  testa  (testata). 

Tèsta  viròjra  (P),  persona  girellaia,  stravagante;  provz.  virourià, 
girare  attorno. 

T'sòira  (P),  cesoie,  forbici;  provz.  tosoira;  lat.  tonsories,  ciò  che 
serve  a  tondere;  fr.  cisoir  (Diez,  tesoira,  Burguy,  tondre). 

Téta,  této  (1),  in  senso  burlesco,  fanciullone,  zinna:  it.  zito,  bimbo 
(Diez,  zito);  slavo  tjètuscka,  zia. 

Tiflèsse  (P),  azzimarsi;  provz.  tifer,  ornare  e  acconciare  con  ricerca- 
tezza (Diez,  tifò).  La  l  prostetica  accusa  un  volgare  tifeler. 

Tignòla  (L),  gelone;  it.  tigna:  lat.  tinea,  tineóla;  fr.  teigne,  verme 
roditore,  per  analogia  al  prudore  che  si  soffre  pe'geloni. 

Tignòn  (F),  mazzocchio  di  checchessia  e  oggidì,  capelli  acciuffati 
insieme  sulla  nuca  delle  donne  :  fr.  chignon,  id. 

Timinàda  (L),  lungaggine;  lat.  timiditas.  V.  Mna. 

Tina  (L),  bigoncio;  latino  tina,  vaso  per  mettere  il  vino:  tina,  ter- 
mine di  gioco  ai  tarocchi  ;  —  fé  la  tina,  perder  la  partita,  giocar 
tutto  il  vino  (?). 

Tinivlòt  (Fj,  tinivèla,  succhiello,  trivella;  frane,  tenon,  caviglia  e 
vriìle,  vite  fatta  a  spira;  lat.  terehrellum,  trapano. 

Tìnola  (D),  quadrella  per  pavimento.  V.  Tìvola. 

Tiòrba  (L).  liuto  a  due  manichi;  it.  tiorba:  frane,  théorhe:  latino 
tnorha  (Zalli). 

Tir,  tire  (I),  colpo,  tratto,,  tentativo;  it.  tirare,  trarre;  frane,  trait:  lat. 
trahere;  fr.  traire:  —  un  bel  tir  d'  memoria  (in  provz.  estiradó), 
un  lungo  tratto  di  strada,  analogia  con  chi  impara  a  memoria  un 
lungo  tratto  di  libro,  passo  passo,  riga,  riga. 

Tirèje  v'rde  (SL),  tirèje  sùjte,  stentare  la  vita  o  correr  gran  ri- 
schio, faticare  oltremodo;  tirèje  vrde,  è  locuzione  che  insieme 
al  pàjro  nen.  al  countagg  ed  a  parecchie  altre  parole  di  minore 
importanza,  potrebb 'essere  reliquia  del  linguaggio  parlato  dalle 
colonie  Slave  rimaste  in  Piemonte  ne'secoli  IV  e  VI.  Essa  si 
trova  registrata  dal  S.  Albino,  manca  nello  Zalli,  che  le  sosti- 
tuisce un  tirèje  sùjte;  cosicché  il  tirèje  vrde  potrebbe  parere 
di  moderna  accettazione.  —  Tirèje  vrde  a  prima  vista  parrebbe 


—  214  — 

significare  cavare,  cogliere  un  frutto  verde,  acerbo,  come  il  ti- 
rèje  sujte,  potrebbe  esprimere  una  frase  troppo  verista.  —  Io 
penso  che  lo  Zalli  non  sapendo  come  spiegare  il  v'rde,  gli  abbia 
sostituito  il  sujte.  Ad  ogni  modo  nel  latino  troviamo  vèredus, 
cavallo  da  corsa,  cioè  da  strapazzo  e  terere,  frustare,  cosicché 
si  potrebbe  tradurre  terere  veredum,  rovinare  un  cavallo  da 
corsa.  Ovidio  ha  terere  longam  viam,  far  lunga  strada  (donde 
il  piemontese  un  hon  tir  d'  memoria) .  Il  Miguard  registra  an- 
ch'esso vredai,  vreder,  che  in  dialetto  borgog.  vuol  dir  correre 
e  appunto  lo  deduce  dal  veredus  latino,  ca\  allo  da  posta  che  in 
Marziale  è  cavallo  da  caccia:  sempre  però  cavallo  di  gran  fa- 
tica. C'è  inoltre  il  greco  teiro,  io  logoro:  c'è  l'inglese  tired,  fa- 
ticato, stanco;  c'è  il  borgog.  tire,  tedio.  La  spiegazione  slava, 
secondo  me,  calza  meglio  che  non  la  latina  e  le  altre  ;  il  russo 
dice  :  terèfsse  o  tiràfsse  vredòm,  esser  consumato  dal  malanno, 
tirèje  vrde.  in  ital.  esser  ridotto  al  verde. 

Tirìn  burìn  (D),  labirinto.  V.  Tariti  bariti.  —  a  Ve  un  bel  tiriti 
haliti,  è  un  famoso  imbroglio. 

Tirolìro,  tiroVrliro  (P),  ritornello  d'una  canzone  campagnuola;  in- 
dovinello; fr.  turelure  (Zalli):  provz.  tiro  viro,  biribisso,  gioco 
d'azzardo. 

Tiro  lìro  pan  croucèt,  ecc.  V.   Coucèt. 

Tiroiìr  (B),  cassetto;  borg.  tirours,  csiutìevì  (Mignard,  ^«Vors);  fran- 
cese tiroir,  id. 

Tìvola  (F\  pianella,  quadrella;  lat.  tegiila:  fr.  tulle  per   tiule,  id. 

Tnèa  (L),  sch'rpòrina,  atanasia,  erba  delle  siepi;  latino  tenacètutn. 
volgare   tenacèa. 

Tni  da  ment  (P),  adocchiare,  osservare  attentamente;  provz.  tetti 
damètz,  id. 

Tnì  pè  (P),  tener  fermo:  provz.  tetti  pè,  tien  bougè,  resistere,  non 
muoversi.  —  Tni  gamba,  star  a  paro  con  chi  corre. 

Toc  (I),  pezzo,  taccone;  tasto;  it.  tocco,  da  toccare;  v.  fr.  se  touclier 
de  qtielqtie  chose  (Dìez,  toccare),  separarsi  da  alcun  che;  inglese 
take,  prendere;  lat.  tactus,  tatto. 

Toc  e  pssoìin  (D),  a  pezzetti.  V.  P'ssoùn. 


—  215  — 

Tòdo,  tòfo,  tòdros  (D),  minchione.  V.  Tadào. 

Tòi  (L),  i  maiali;  per  soi,  soui;  lat.  sus,   porco;   slavo   fo^,   quello 

là;  modo  pulito  per  indicare  i  maiali;  coui  là,  toi! 
Toisòn,  tousòn  (B),  figlio;  borg.  touse,  giovinetta. 

Tòla  (F),  latta,  faccia  tosta;  fran.  taule  (fer  blanc){DÌQi,tóle);  — 
a  Séto  la  tòla  consta  poc,  si  dice  alludendo  ad  uno  sfacciato, 
perchè  a  Settimo  Torinese  si  fabbrica  molta  latta.  I  pochi  nostri 
troupiers  dia  Veja,  che  ancora  sopravvivono,  ricordano,  sorridendo, 
i  taroc  d'tóla,  che  per  economia  usavano  i  Veterani  d'Asti. 

Tomàra  (G),  tomaio  delle  scarpe;  greco  tornavi,  cuoio  ;  slavo  formr 
id.  (Diez,   tomaio). 

Tombarèl  (F),  botola,  trappola,  carro  leva  ;  dal  piem.  tombe,  cadere; 
fr.  tombereau,  carro  leva  barroccio. 

Tombe  (P),  cadere;  provz.  toumbà;  fr.  tomber,  id. 

Ton,  desse  d'  ton  (F),  impettirsi,  prender  sussiego;  lat.  tonus,  ac- 
cento; fi-,  ton,  contegno. 

Tontonè  (Gr),  brontolare  sommesso;  greco  tontoriso,  mormorare. 

Tòo,  tor,  to,  tuf  (L),  tufo  ;  lat.  tophus,  id. 

Top  (DP),  oscuro,  buio;  piem.  stopp,  turato,  chiuso. 

Tòpa  (F),  eviva  e  tòpa,  evviva  e  toccala;  fr.  tope!  qua  la  mano! 
ted.  tappen,   toccare. 

Topè  (F),  ciuffo  di  capelli  ritti  sul  mezzo  della  fronte,  molto  di 
moda  a'  tempi  di  Luigi  Filippo;  fr.  toupet;  v.  frane,  totip;  ted. 
zopf,  ciuffo.  V.  Tapèsse. 

Tòpia  (L),  pergolato;  lat.  topia;  voce  romana  dell'età  d'Augusto  — 
Abitazione  coperta  di  frasche,  pittura  di  paese  (Vitruvio,  Prorais). 

Tòpica,  fé  na  tòpica  (L),  sfigurare  ;  lat.  topica,  termine  retorico, 
luoghi  comuni,  dire  una  corbelleria. 

Tòrio  borio,  torobòro  (L),  parola  sfigurata  dal  lat.  turbulens,  in- 
quieto ;  provz.  turuburlu,  turloberlu,  uomo  stordito. 

Torna  (I),  di  nuovo;  ital.  tornare. 

Torna  fràter  (I),  grido,  segnale  di  fuga  dato  da  Italiani  che  mi- 
litavano nell'esercito  greco  (A.  579),  ricordato  dal  Muratori,  come 


—  216  — 

saggio  di  lingua  volgare  antica;  voltatevi  indietro  fratelli!  hm- 
lescamente  —  couragi  fìeiìi,  scapoùnia! 

Toronà  (F),  che  ha  pigliato  su  scoppole:  fr.  tournoi,  torneo,  dove 
il  cavaliere  sia  stato  picchiato. 

Tòrse  (F),  torcere;  tv.  tordre,  torcere;  lat.  torqueo,  torsi,  torsum. 

Tòrse  (I).  mangiare;  analogia  coli' atto  di  chi  strappa  bocconi  di 
pane  torcendolo;  it.  torcere. 

Tòta  (T),  tousa,  damigella;  ted.  tochter,  figlia;  borg.  touse,  tosel, 
tousete,  giovinetta;  il  Canini  pensa  a  tokta,  generata,  tutto  pre- 
feribile all'  intonsa,  dai  capelli  sciolti  e  lunghi  o  mai  tosati, 
che  non  mi  persuade. 

Touàja  (B),  touvàja,  tovagliolo;  borgog.  toaille,  asciugamani;  da 
tuahan,  lavare  (Burguy,  id. 

Toùc  (I),  etico:  it.  tocco  (nei  polmoni). 

Touchè  (F),  touc,  toccare  ;  fr.  toucher,  id,  ;  —  èsse  a  le  tomhe,  in  fin 
di  tavola,  al  toccar  de'bicchieri,  o  prossimi  alle  botte. 

Toujrè,  toùjro,  tojròr  (F),  rimestare,  miscela,  mestola  per  la  po- 
lenta (lat.  rudicula,  spatola);  fr.  tourner,  girare, 

Toùlo  (S),  babbeo;  spag,  tolòndro,  stordito;  dal  piemontese  cioula. 

Toùma  (P),  cacio  fresco,  formagella  ;  provz.  ^owmo,  formaggio  fresco  ; 
greco  tomi,  formella. 

Tourcèt  (B),  ciambella;  borg.  tortellet,  tarte,  pane  rotondo  (Burguy, 
tarte). 

Toùsa  (L).  monaca,  dal  lat.  tonsa,  perchè  tosata.  V.  Tosa. 

Tousoùn  (S),  ramanzina  ;  spagnuolo  tozolan,  lattone  ;  —  j'eu  dàje 
un.tousoìm,  allusivo  per  ischerzo  all'ordine  del  Toson  d'oro,  dove 
il  decorando  riceveva  una  piattonata  di  spada  per  esser  fatto 
cavaliere. 

Tousonè  (B),  radere  i  capelli;  borgog.  tousonà,  radere.  Qui  mi 
giova  ricordare  di  aver  veduto,  all'epoca  della  incoronazione  del- 
l'attuale imperatore  di  Russia,  passarmi  innanzi  una  carovana 
di  condannati  alla  Siberia,  nella  quale  li  uomini  avevano  tutti 
la  destra  metà  del  capo  rasa  fino  alla  pelle,  il  che  loro  rendeva 
impossibile  la  fuga. 


—  217  — 

Tov  (D),  tufo.  V.    Tòo. 

Tra  (T),  ponta,  spago  impeciato  dei  ciabattini;  ted.  dralit  filo. 

Trabàt  (T).  crivèl,  setaccio,  staccio;  ted.  iràber,  cucchiaia,  draga 
ricurva  con  lungo  manico  per  estrarre  sabbia;  latino  cribrare, 
stacciare. 

Trabiàl  (L),  -Uà,  travà,  tettoia  pel  fieno;  latino  irabeus,  trave,  e 
piuttosto  dallo  slavo  travà,  erba,  ripostiglio  per  l'erba  secca,  o 
fieno. 

Trabùc  (L),  misura  di  lunghezza  antica  piemontese,  pari  a  M.  3,083; 

lat.  trabecìila,  trabicìtla,  piccola  trave,  che  avrà  servito  d'unità 

di  misura. 

Tracàgn  (D),  uomo  tozzo;  metatesi  di  trògnac.  V.  Trgniàc. 

Traciòla  (I),  piccolo  villaggio;  it.  terricciola. 

Tramanèt  I),  fracasso;  voce  de' tessitori  ;  il  rumore  cagionato  dal 
continuo  alzarsi  ed  abbassarsi  del  congegno  della  trama. 

Tramantrè  (B).  per  intanto;  borg.  demantrè  (Burguy,  id.);  latino 
dum  interim,  intanto  (Diez,  mentre). 

Tramolè  (L).  frmouU,  tremolare;  lat.  tremulus,  tremolo;  francese 
tremhler,  tremare. 

Tramontana  (L),  la  stella  polare  ;  lat.  trans  montes,  che  sta  oltre 
i  monti;  —pèrde  la  tramontana,  smarrire  la  strada,  oppure  il 
sentimento. 

Tramùd  (S),  sgombero  d'alloggio;  spagnuolo  tra -mudar,  cambiar 
abitazione. 

Trami,  tràmif  (L),  sentiero  tra  due  filari  di  vigna;  latino  trames, 
tramite,  sentiero. 

Tramus'ciè  (D),  brancicare.  V.  Muss'ciè. 

Trandòl  (F),  tremarella  (Zalli),  per  transol,  transòr:  fr.  transir, 
transe,  ansia. 

Tranfìè  (I),  trànfl,  ansare;  it.  trafelare  (lat.  anhélus),  venir  meno 
per  la  soverchia  fatica. 

Tranpèt  (F),  botola;  fr.  trappe:  ted.  trajjo;  it.  trappola. 

Tran  tran  (F),  solito  andazzo;  v.  fr.  trantraner;  olandese  tranten, 
andar  qua  e  là. 


—  218  — 

Tra  Ónde  (L),  travònde,  inghiottire,  ingollare,  per  trafonde;  latino 
infundere,  trans  fundere,  far  andar  giù,  ingoiare. 

Trapè  (F),  traponè,  trapolè,  prender  in  trappola;  frane,  attraper, 
trappolare. 

Trap'ta  (D),  pastoia.  V.   Trampèt. 

Trapionè  (T),  il  muovere  de 'primi  passi  ne'bambini:  ted.  trappeln, 
camminar  pesantemente,  stentatamente. 

Tràssa  (F),  terrazzo,  altana;  fr.  terrasse  (lat.  solarium),  id. 

Trav  (C),  trave;  celtico  traivst;  lat.  trahs^  id. 

Travà  (I),  tettoia  per  arnesi  rustici  e  fienile;  italiano  travi;  slavo 
travà,  erba. 

Trefèn  (T),  trambusto;  ted.  trèffen,  urto. 

Tregn  (F),  per  terèn,  teiTeno;  fr.  terrain,  id. 

Trèna  (F),  coppia  di  bovi  di  rinforzo;  fr.  traine,  trainer,  tirare. 

Tren  (F),  andamento,  ordine  di  casa;  fr.  train,  id. 

Triè  fF),  trìj,  tritare,  pesto  fino;  fr.  trier;  lat.  terere,  tritare. 

Trifola  (P),  tartufo;  provz.  tartìfle,  patata;  latino  terrm  tuber,  id. 
(Diez,  truffe);  fr.  truffe,  tartufo. 

Trìga  ■  mìga  (P),  cabala,  raggiro;  provz.  rigou  migou,  cattiva  piega; 
portoghese  trigar  (lat.  triedri),  far  difficoltà;  meigo,  gesuitica- 
mente (Diez,  tricare,  -  mego)  ;  ted.  du  triegest  mich,  tu  me  la 
dai  da  intendere. 

Trigo  -  miri  (1),  complicazione;  parola  sformata  dall'it.  trigonome- 
trico, roba  da  calcolo. 

Triiùàj,  tondin  (1),  rete  da  pesca  e  da  caccia;  it.  tramaglio;  fran- 
cese tramail,  id. 

Trinca,  ne ùv  d' trinca  (L),  nuovissimo:  lat.  truncare;  fr.  trancher, 
tagliato  or  ora. 

Trinca  (L),  aggrumato;  lat.  truncare;  fr.  trancher,  perchè  la  su- 
perficie del  liquido  aggrumato  si  spezza. 

Trìncabàle  (F),  carro -leva;  frane,  trique  -  halle  :  ital.  trincapalle; 
olandese  trehken,  tirare  e  halle,  palla. 


—  219  — 

Trincèt  (F),  j^oarìn,  Mcetto;  fr.  tranchet,  tvìnGetto;  poar in  dsipoè, 
potare. 

Trincòt  (F),  mestola,  mazzetta:  frane.  Iriquet,  mestola  stretta  pel 
gioco  della  pallacorta. 

Triòn  (C),  chiuso  per  le  pecore;  celt.  trion,  circolo;  latino  triones, 
bovi  da  lavoro. 

Trìpa  (F),  pancione;  frane,  tripe,  budellame;  ital.  trippa,  ventre  e 
quanto  esso  contiene. 

Trociòn  (B),  trisseùr,  truffatore  ;  borg.  turgonnerie,  ingiuria,  torto 
(Burguy,  id.);  slavo  truss,  vigliaccone;  frane.  tricJwr,  trucher, 
barare  al  gioco,  baro. 

Trògno  (F),  musone.  V.  Drògno;  provz.  trougno,  visaccio. 

Tron  (P),  tuono;  lat.  tonitrum;  fr.  tonerre:  provenz.  tron^  trounà, 
tuono,   tuonare. 

Trondonè  (I),  tondone  per  sansone,  gironzolare;  ital.  totido,  giro, 
andar  a  zonzo,  sciamare. 

Trop'sè  (DP),  stroppiare  ;  piem.  trop,  troppo  ;  —  tiiti  i  trop  trop'so, 
il  troppo  stroppia. 

Trouss  (B),  torso,  torsolo;  borg.  ^1*05,  torso  (Burguy,  tros);  Giaco 
frous,  nome  popolare  d'un  famoso  beone. 

Trousse,  me  a  le  trousse  (F),  incalzare;  fr.  trousser,  vestimenta; 
aux  trousses,  alle  calcagna. 

Troussoùn  (F),  uomo  nerboruto  ;  metatesi  di  toursoìm;  frane,  torse, 
busto. 

Trùbia  (F),  cerchiala,  rete  da  pesca;  fr.  truble,  id. 

Trìic  (F),  antruchè,  urto,  urtare;  v.  fr.  ime,  urto;  ted.  drucJc  da 
drucken,  spingere;  —  a  l'è  un  bel  trùc!  è  cosa  da  stupire! 

Trùc  [S),  bigliardo;  spagn.  truc,  urto  di  due  palle  (Diez,  trucco); 
piem.  trùc,  asta,  canna;  truche,  cambiare;  provz.  truc,  cambio. 

Trùc  (T),  schiena  di  monte;  ted.  ruchen,  dorso;  la  ^  è  l'art,  der, 
apocopato:  d'nicken,  fruc. 

Truche  (P),  trucciare,  scambiare;  provz.  truc,  cambio,  truca;  fran- 
cese troquer,  barattare  ;  ingl.  truck,  cambio. 


—  220  — 

Trùna  (T),  tninè,  sotterraneo,  sepolcreto;  frane.  #;-(?2<,  buca:  tedesco 
traugum,  id.  (Littrè,  trou). 

Trusschè  (T),  contraddire;  ted.  trotzen,  contrastare. 

Trusschìn  (F),  rlgareùl,  rigoletto,  compasso;  fr,  tracer,  tracciare; 
fr.  frusquin  (Za! li). 

Trìiss  (I).  concime,  màcero;  it.  terriccio:  frane,  terreau,  id.  (ipot. 
ferraccio). 

Tudèl  (S),  tuèl,  fittone,  radice  principale  della  pianta  ;  spagn.  tudel, 
tubo,  linguetta;  fr.  tuyau  (Diez,  tudel). 

Tuf  (P),  afa;  provz.  touffo,  calor  fortej  spagn.  tufo,  esalazione  di 
vapori  di  carbone;  greco  tifos,  vapore  (Diez,  tufo). 

Tùmel  (T),  sorbo  degli  uccellatori:  ted.  tummeln,  ubbriacare. 

Tùna,  de  la  tana  (S),  dar  la  soia,  beffa,  burla;  spagn.  tuna,  vita 
vagabonda. 

Tupìn  (P),  pentolino,  uomo  stupido;  provz.  toupin,  piccolo  vaso  di 
terra;  centroue  tepein,  grosso  vaso  di  terra;  iepìn  fumerai,  il 
turibolo;  provz.  atiqn,  mionàìto;  centrone  sor  kemein  on  tepein 
(A.  Pont);  sourd  coìn  un  tupìn:  slavo  tupoi,  stupido;  presto 
f  tupik  jevo  postàvil,  lo  lasciò  come  istupidito;  on  stali  f 
tupiJc,  rimase  istupidito. 

Turcimanè  (I),  terrorizzare;  it.  turcimanno,  ricordo  storico  dei  Sa- 
raceni nella  contea  di  Nizza;  così  il  proverbio:  furo  e  moro, 
per  dire  uomo  inflessibilmente  spietato. 

Tìirgia  (P),  vacca  sterile;  provz.  tuergo,  capra  sterile;  portoghese 
ioura:  lat.  taura,  sterile  (Diez,  toura). 

Turlupinè  (F),  dar  la  baia;  fr.  turlupin,  che  fu  un  buffone  fran- 
cese di  Luigi  XIII  (Diez,  turlupin). 

Turtin  (F),  piccolo  viluppo;  fr.  tourdu,  contorto. 

Tusà  (D),  percossa  col  capo.  V.  Tussòn. 

Tuvèj  (L),  specie  di  azigola  mangereccia  ;  lat.  tuhellus,  gambo  cavo. 


—  221  — 


TU 


Uaj!  (P),  bah!  interiezione  di  disgusto;  provz.  huail  borgog.  wa; 
ital.  guai. 

Uchè,  uc  (SL),  vociare  prolungato  in  montagna;  slavo  iiJcat,  aukat 
da  auka,  lupo,  gridar  al  lupo;  borg,  hucìier  (Burguy,  ihJ),  id. 
(ted.  holla  mfen,  darsi  la  voce). 

Uja  (P),  ago,  spilla;  provz.  aguyo:  slavo  igla:  fr.  aiguille;  latino 
acicala,  ago. 

Ujà  (P),  ujonn,  pungolo;  provz.  aguyacìo,  punta  dei  bovari:  fran- 
cese aiguillon,  pungolo. 

Ujà  (F),  agugliata,  lunghezza  di  refe  da  infilar  nell'ago;  fi'ancese 
aiguillée;  lat.  acia,  id. 

Ujèt  (F),  occhiello,  garzuolo,  grumolo  interno  ne'cavoli,  nelle  la- 
tughe  e  simili;  fr.  oeiìlet,  occhiello. 

Uliàn  (D),  morbidezza  de'pannilini  usati.  V.  Oliàn. 

Upìa  (F),  popò,  bubbola,  specie  di  picchio:  fr.  hiippe:  lat.  upupa. 
V,  Tòpo. 

Usèl  (P),  uccello:  provz.  auseh  id. 

Usèl  (D),  abbaìno  V.  Lusèio. 

Usmè  (B),  ustolare,  aspettar  avidamente  il  pasto  come  fanno  i  cani  ; 
borgog.  osnier,  odorare  (Burguy,  osme):  greco  osmi,  nasta;  spa- 
gnuolo  husma,  nasta  (Diez,  orma). 

Ussè  (I),  it.  aguzzare;  lat.  acuere;  fi*,  aiguiser,  id. 

Uva  trama  (I),  per  uva  rama,  uva  dei  frati,  ribes;  frane,  ramer; 
provz.  arma,  ramata  come  i  fagiuoli,  piselli,  ecc.,  per  differen- 
ziarla dall'uva  della  vite. 


■y)o 


'V 


Vacè,  vajtè,  guaite  (B),  vaciò,  spiare,  aspettare,  star  in  agguato  ;  e 
campare  :  borgognone  waitè,  guaite  (Burgu}-,  gaitier). 

Vagnè  (B),  guadagnare;  borg.  gaaigner.  vagnè,  vaing,  lavorar  !a 
terra  (Diez,  guadagnare,  Burguy.  gaagnier).  Lavoro  e  guadagno 
hanno  un'origine  comune  —  la  vanga. 

Vàj  (1),  rado,  lento  non  fìtto;  per  van:  it.  vano. 

Vajlèt  (B),  vitello  ;  borg.  veel,veale,  giovenca;  lai.  vitellus,  vitiilus, 
vitello.  V.-  Veil 

Vàjre?  (B).  quanto?  guari:  borg.  vaire:  provz.  gaire,  pas  guaire; 
fr.  guère:  ted.  yej^aro,  molto  (Burguy,  gaires,  Littré);  italiano 
guari:  —  vajre  èrne?  quanti  erano?  pa  oajre,  non  molti. 

Vajrè  (D),  vagliare,  per  vaile.  V.    Val. 

Vajròle  (F),  vaiolo;  b.  lat.    variÒla;  fr.  variole,  id.   (Diez,  vajolo). 

Val  (L),  vaglio  a  mano,  vassoio;  lat.  vallus  diminutivo  di  vamius; 
ital.  vaglio  (Diez,  vaglio)-,  slavo  vjejat,  vagliare. 

Vàlba  (T),  regione  di  campi,  zone  da  coltivar  a  riso;  tedesco  wall, 
fosso  e  hauen;  gotico  haua.  coltivare. 

Valòsca  (D),  membrana  carnosa  del  fungo,  guscio  del  frumento. 
V.    Vòlva. 

Vane  (F),  vagliare  ;  frane,  vanner,  id.  ;  lombardo  vanta,  vanniiare, 
mondare  col  vanno  o  vaglio;  lat.  vannus,  vaglio. 

Vantè  via  (F),  svanire,  dicesi  dell'uva  che  non  approda;  fr.  venter, 
lat.  vanitare,  soffiar  via;  it.  vaneare.  riuscir  vana. 

Vàod,  vàud  (B),  glasto.  erba  colla  quale  si  tingono  i  panni  in  az- 
zurro, borg.  ivaide,  gaide:  fr.  guède,  pastello;  ital.  guado;  a. 
ted.  weit,  id.  (lat.  isàtis,  lattuga  tintoria)  (Burguy,  voaide). 


à 


-  223  — 

Vàoda,  vàuda  (0),  landa,  paese  incolto;  celt.  ivald;  tedesco  wald; 
ingl.  vood^  bosco;  lat.  silva  vualda;  quanto  va  tra  Po,  Stura, 
Alpi  ed  Orco,  era  bosco,  e  ancora  tiene  nome  di  Vaude,  dal 
teutonico  o  celtico  Wald,  Sylva  walda  dicendosi  in  documento 
del  1000  (Promis,  Torino  antica). 

Varadìn  (DP),  cialtrone  (Zalli),  forse  dal  fr.  Varades,  capo  luogo 
del  cantone  nella  Loira  inferiore  o  dal  turco  Varadino;  ad  ogni 
modo  ricordi  storici  (come  lo  spagneul,  pidocchio)  delle  guerre 
con  Francia  e  Spagna  e  delle  spedizioni  in  Terra  Santa. 

Vardè  (B),  pièsse  vàrda,  guardare,  guardarsi  :  borg.  •  vardè,  prendre 
varde,  far  attenzione  (Burguy,  garder). 

Varìscio  (F),  guidalesco  (Zalli),  lesione  sul  dorso  delle  bestie  da 
soma:  fr.  varice;  lat.  varix,  varice  (dilatazione  di  vene). 

Varlòpa  (F),  verlòpa,  barlòta,  rahòt,  pialla;  fr.  varlope;  spagnuolo 
f/arlòpa,  id.  ;  dal  v.  ted.  weerloop,  id. 

Varvèla,  vervèla  (L),  màpa,  ganghero;  lat.  valvce,  valvarum,  porta 
a  battenti;  it.  bandella. 

Veilè,  veilà,  veil  (F),  sgravarsi  delle  vacche,  vitello;  v.  fr.  veel,  vi- 
tello, veau,  velar,  metter  basso  delle  mucche.  V.    Vajlèf. 

Vèir,  vir,  vejrè  (L),  vanga,  vangare;  lat.  vehere,  trasportare  —  veja 
parola  antica  osca,  carretto.  (Quicherat,  voc.  lat.). 

Veisso,  si  vèisso  (L),  questa  sera;  latino  vesper,  sera:  si  per  ce, 
quello. 

Vèje  (B),  vedere;  borgog.  veer,  vejer  (Burguy,  veoir),  id. ;  proven- 
zale veire,  id.  —    Vejvou?  vedete  voi? 

Vèjna  (L),  guaina  di  coltelli:  lat.  vagina:  fr.  game,  guaina. 

Vèjra  (L)  ghiera;  lat.  viria,  braccialetto  (Diez,  virar).  Il  piera.  ha 
virè,  voltare,  ma  il  dittongo  di  vèjra  accusa  un'origine  più  di- 
rettamente latina  :  es.  vejo,  video  -  hejvo,  hiho,  ecc. 

Vengh  (L),  venghè,  vimine,  vimineto;  it.  vinco,  specie  di  salcio, 
delle  cui  vermene  si  fan  le  ceste;  lat.  vimen,  vimine,  vinclum, 
tegame. 

Venta,  a  venta  (B),  ventar  (Biondelli),  bisognare  ;  borg.  avenant, 
esser  conveniente  (Burguy.  venir). 


—  224  — 

Verdioùn  F),  bastone  corto,  batacchio;  dal  frane,  gourdin,  id.  o 
perchè  tagliato  di  fresco  è  ancor  verde;  serve  per  bastonare. 

Vrgantà,  vimnà,  (I),  graticcio  per  impedir  il  passo  alle  bestie  nei 
campi  ;  it.  verga,  vimine. 

V'rlèra  (L),  u'rlòca,  vrlochè,  bussa,  percuotere  ;  lat.  ferula,  verga, 
staffile,  da  ferio,  ferire.  V.  F'rlèca. 

Verm  (I),  verme ,  —  centrone  tre'ie  la  rer  da  nà,  tirèje  'l  verm  dal 
nas;  fr.  vrai,  la  verità.  Antica  usanza  di  Normandia  secondo 
cui  chi  si  confessava  aver  mentito,  lo  esprimeva  tirandosi  il 
naso  (A.  l*ont);  noi  diciamo  anche  oggi  ai  bambini:  guarda 
che  ìa  busìa  at  va  su  p'r  7  nas. 

Vermoùt  (F),  vino  conciato  all'  assenzio;  ted.    wermouth,  assenzio. 

Verna  (F),  ontano:  provz.  verno:  fr.  vergne,  ontano;  celtico  gwern, 
palude. 

Vèrss  (1),  gridìo,  modo  spicciativo  del  dialetto  piemontese  per  evi- 
tare d'esprimere  con  vocabolo  speciale  ogni  grido  di  animali; 
ital.  verso,  canto  d'uccelli. 

Vertigòt  (F),  verdugòt,  capriccio  ;  fr.  vertigo  ;  lat.  vertigo,  vertigine. 

Vrtoujè  (P),  antv'rtvujè,  anfrvoujè,  avviluppare;  provz.  mrfew;»; 
fr.  tortiller;  lat.  involvere;  slavo  vertuivat,  torcere. 

Vèrza  (I),  verzotto,  cavolo;  it.  verza;  lat.  viriditas,  verzura, 

Vés  (L),  stantìo;  lat.  vietus,  invecchiato. 

Ves  (SL),  vess,  vessa,  cane,  cagna  ;  slavo  pess,  pssà,  pssiza,  id. 

Vso  (B),  v'son,  sp'rv'so,  uzzolo;  ital.  vezzo;  borg.  vets,  vessie,  abi- 
tudine (Burguy,  vice). 

Vssè  (F),  lofè,  vesciare;  fr,  vesse,  vesser;  it.  vescia. 

Vetupè  (1),  sucidume  (Zalli);  it.  vituperare,  imbrattare. 

Veùid  (F),  vuoto;  fr.  vuit,  vide,  vuoto  (Diez,  voto). 

Viarà,  a  la  viarà  (DP),  immantinente;  ^\Qm.. giarada;  ted.  gerade, 
dritto.  V.  Giaràda. 

Viàl  (l),  per  viat,  volta;  it.  fiata,  dal  lat.  fieri,  factum,  fatto,  av- 
venimento. 

Vie  (F),  vegliare;  fr.  veiller,  id. 


—  225  — 

Vièt  (D),  vizzo,  appassito.  V.  Bièt. 

Vimnà  (D),  chiuso  con  vimini.  V.    Virganià. 

Vin  an!  (L),  vieni  qua!  lat.  veni  hac! 

Vindo  (T),  arcolajo;  v.  ted.  wìndan,  winde;  s^^ign.  guindar,  girsne 
(Diez,  ghindare)',  it.  guìndolo,  bìndolo. 

Violòn  (F),  prigione  di  polizia;  fr.  violon,  prigione  provvisoria  at- 
tigua ai  corpi  di  guardia. 

Viòrn  (F),  pastàmòla,  viburno,  arboscello  per  siepi;  lat.  vihmnum 
lantana;  fr.  viorne,  id. 

Vira,  vi'rè,  viroifjè,  virolesse  (F),  gita,  girare;  frane,  virer,  rotolare 
(Diez,  virar);  fi-,  virole,  ghiera;  lat.  viriola,  id.  ;  —  virè  'l  cantòn, 
morire.  V.   Vejra. 

Vira  volta  (P),  ogni  tanto;  provenz.  viro  vooù,  ad  ogni  cantonata; 
it.  giravolta. 

Vironiè  (P),  virole,  gironzare;  provz,  virourià,  id.;  che  corrisponde 
meglio  al  piem.  virou^è. 

Virabourìc  (DP),  batacchio,  randello;  piem.  vira  e  hourìc,  guide 
dell'asinelio  (fr.  gourdin). 

Visàrma  (D),  arma  a  doppio  taglio.  V.  lussàrma. 

Viscàssa  (I),  birbonata,  baronàta  ;  it.  biseaccia,  bisca,  dove  si  ten- 
gono giuochi  rovinosi.  \ 

Vischè  (F),  accendere  il  fuoco;  frane,  biiche,  legna  tagliata  per  ac- 
cendere il  fìioco  (siciliano  vusca). 

Vist  non  vist  (DP),  in  un  attimo;  dal  piem.  visi;  it.  vedere  (Diez, 
visto);  borg.  viste,  vegeto  (Burguy,  ib.). 

Vitòn,  vit  (C),  montanaro;  celt.  guik,  villaggio;  lat.  vicm,  id. 
(Burguy,  wicket)  ital.  guitto,  sucido  (*). 


(*)  Nella  Guida  pél  villeggiante  nel  Bielìese  del  Sigg.  Eatti  e  Pertusi,  a  pag.  323 
viene  espressa  l'opinione  che  il  piem.  Viton  sia  una  contrazione  del  nome  degli 
antichi  Ictumuli  o  Victumuli  ricordati  da  Plinio,  de'  quali  s'è  fatto  cenno  a 
pag.  12  di  questo  Glossario.  —  Però  li  Ittimuli  erano  tra  le  sei  tribù  abo- 
rigene Taurische  la  più  distinta  per  industria  e  ricchezza,  tanto  da  dare  ombra  ai 
Romani  i  quali  finirono  per  proibir  loro  l'esercizio  delle  aurifodine  Vercellesi 
—  mentre  in  Piemonte  l'attributo  di  Viton  indica  più  specialmente  un  uomo 
grossolano,  montanaro,  pastore. 

15 


—  226  — 

Vnìs  (D),  spazzatura.  V.  Mnis. 

Voaj!  (D),  bah!V.   Uaj! 

Vóga  (F),  remare  e  riputazione  ;  ital.  vogare,  a  forza  di  remi  ;  fran- 
cese voglie,  voga,  fama;  tedesco  wagon,  muoversi  (Littré),  — 
fé  voghe  7  pintòn,  far  andar  in  giro  la  brocca  del  vino. 

Vola  (F),  capòt,  vincer  partita  sana;  al  gioco  del  pallone  lanciarlo 
a  tutta  distesa  fin  oltre  il  segno;  fr.  devole,  faire  le  mie,  vincer 
tutte  le  mosse;  fr.  volée,  distesa;  —  d'  broca  vola,  imbroccar 
il  segno  di  primo  lancio. 

Vòlva  (L),  vorva,  pula,  loppa,  lolla  (Alfieri);  lat.  volva  (ipotetico 
volvusca,  diminutivo),  involucro  del  fungo.  V.  Valòsca:  latino 
volvere,  inviluppare. 

Voùghi  (D),  vedere.  V.   Vèje. 

Voùgn  (G),  io  vado,  io  vo;  greco  voo,  vaino,  andare  (Canini). 

Voulàja  (F),  pollame;  fr.  volatile,  id. 

Vrèra  (F),  finestra  impannata  con  carta  in  luogo  di  vetri,  v.  bur- 
lesca; fr.  verrière,  vetrata,  gran  finestrone  a  vetri  dipinti. 

Vrinè  (F),  vrin,  vrinèt,  succhiello,  forare,  trivellare;  frane,  vrille, 
trivella. 

Vronè  (0),  strimpellar  musica;  onomatopea  del  vron-vron,  degli 
strumenti  a  corda. 


i 


—  227 


Zabèta  (F),  donna  cicalona;  fr.  jaboter,  parlar  molto;  jabot,  gozzo. 

Zabò  (F),  gala,    merletto  allo  sparato  della  camicia;  fr.  jabot,  id. 

Zac!  (0),  bacate!  sàfate!  onomatopea  per  esprimer  colpo  e  sveltezza. 

Zagajè  (P),  gargagliare,  remore  fatto  da  molti  che  chiacchierano; 
provz.  gasar;  fr.  jaser,  cicalare;  sagajà  [charivari)  (S.  Albino). 

Zanàda  (I),  buifonata  ;  it.  Zanni,  noto  buffone  veneziano  del  tempo 
di  Goldoni. 

Zanziè,  zanzlj  (I),  prudere,  prurito;  it.  zanzara,  analogia  col  piz- 
zicore che  quel  noiosissimo  insetto  gobbo  lascia  dove  punge. 

Zara,  sarà  (1),  stizza,  collera;  ital.  zara,  risico,  gioco  con  3  dadi; 
—  zara  a  chi  tocca  ;  cioè  si  grida  zara,  quando  si  scuoprono  punti 
vietati  e  chi  perde  va  in  bischeri. 

Zaspè  (D),  brizzolato,  vajolato.  V.  Saspè. 

Zavalì  (F),  pòver  zavalì!  buon  uomo;  francese  cìievalier,  detto  per 
ironia,  come  il  conte  in  romagna,  lo  tnarcheise  nel  genovesato,  ecc. 

Zèbo  (I),  minchione  ;  it.  zeba,  maschio  della  zeba,  ossia  il  caprone 
che  fa  una  curiosa  figura,  quando  in  mezzo  alle  capre,  gli  ap- 
pendono uno  zinnale  sotto  la  pancia. 

Zèga,  fé  zèga  (SL),  fuggire;  antico  slavo  z'ga,  ardore  (Canini). 

Zèmbo,  dèje  d'  zèmbo  (S),  dar  di  sghembo,  far  girar  una  pallottola 
urtandola  sul  fianco;  spagn.  zambo,  sbilenco;  lat.  scambus,  id. 
(Diez,  zambo). 

Zichìu  -  zichèt  (I),  issofatto  ;  ital.  zecchino,  nuovo  di  zecca,  pagato 
subito. 


—  228  — 
Ziribèbola  (I),  cosa  da  nulla  ;  ital.  ziro,  orcio  di  terra  cotta.  V.  Bebola. 

Zìzi,  barbisa  (L),  ortolano  delle  siepi;   lai   emberim  cirlus:  fran- 
cese   zùì  bruant.  id. 

Zìzola  (I),  inezia  ;  it.  giuggiola. 

Zonzonè  (P),  il  zonzare    delle  pecchie,  vespe,  ecc.;   provenz.  zoun- 
£ounià,  id. 


% 


i 


CORREZIONI  ED  AGGIUNTE 


Pag.     17,  linea  pe nuli  dopo:  politicamente  aggiungi  «  il  popolo  pie- 
montese... 


Pag.  27,  Ancutì,  lin.  2^,  aggiungi  :  «  excutere  comas,  sciogliere  i 
capegli;  incutere,  avrà  un  significato  opposto,  cioè  ar- 
ruffare, donde  il  piem.  Ancutì. 

»       27,  dopo  la  voce  Andare,  aggiungi: 

And'rnà  (I),  slombato;  it.  reni  (direnato). 

»       28,  Anorfantì,  correggi   «  (S),  istupidito  ;  spagn.  orfandad, 
orfanità;  fr.  orphanité,  id.  ;  dal  lat.  orphanus,  ecc. 

»       29,  Anrossè,  lin.  2*  agg.   «  antroussè;  fr.  trousse,  fascio. 


Pag.     39,  Bagolòn,  questa  voce  deve  far  seguito  a  Bagna. 

»  45,  Baudusàri,  lin,  2*  dopo  baum,  agg.  «  albero  e  dal  latino 
ducere,  ductarius,  che  serve  a  tirare;  ductarius  funis, 
fune  per  traino,  tonneggio;  questa  è  la  origine  del  pie- 
montese bandisse,  ecc. 

»       49,  Biét,  lin.  3*  invece  di  cpiet,  leggi  «  sspiet. 

»       51,  Boch,  leggi  Boc,  dopo  Bòba. 

»       51,  Bociardè,  lin.  2*,  invece  di  Bòcce,  correggi  «  Bòce. 


—  230  — 

Pag.     52,  dopo  Bojàca  si  aggiunga  : 

Bòjta  (P),  cassetta  e  per  traslato,  scanno  da  lavoro;  pro- 
venzale houito;  fr.  hoiste,  boite,  cassa.  —  Andoùma  a 
là  bòita,  andiamo  al  lavoro,  è  come  dire  andoùma  al 
telònio,  modo  scherzevole  per  indicare  lo  andarsi  a  rin- 
chiudere in  una  cassetta  qual'è  lo  stretto  stallo  d'ufficio. 

»       53,  Brògnio,  lin.  2%  dopo  born-icle,  leggi  «  icles  {acuii)  bornèSy 
vista  limitata  (Diez,  bornio 

»       56,  Bràje,  lin.  3*,  leggi  «  dal  greco  e  dal  latino 


58,  dopo  Bràje  aggiungi: 

Brame  (F),  cupo  fremito  delle  fiere  affamate;  fr.  braìner, 
grido  del  cervo  (Littré),  v.  ted.  breman,  n.  ted.  bremmen, 
muggire;  greco  vremein,  iremere  (Diez,  bramare)-,  ital. 
bramare,  desiderio  ardente,  appetito  carnale. 

59,  Brojòn,  lin.  1%  dopo  tallire,  agg.  «  e  per  correlazione  cosi 

vien  chiamato  il  tonchio 

60,  Broùnssa,  leggi  Broùnsa  (L),  e  dopo  ubbriacatura  ag- 

giungi «  lat.  ebrìosus,  ubbriacone  ;  —  broùnss  coni!  na 
sforna  0  na  sùpa.  V.  Sùmia. 


Pag.     67,  correggere  interamente: 

Caussàgna  (F),  argine,  rialto  di  terra  posticcia;  caus- 
smjna  è  anche  un  fossatello  per  scolo  delle  acque  ;  una 
strada  lasciata  libera  in  mezzo  al  campo  pel  carreggio 
—  e  si  chiamano  caussagne,  quei  solchi  che  si  arano 
lunghesso  i  limiti  d'un  campo,  normali  all'aratura  ge- 
nerale per  utilizzare  il  terreno;  dal  fr.  chaussée,  argine, 
strada  in  rilievo. 

*       68,  Cèa  (F),  graticcio,  canniccio;  fr.  claie,  graticcio  formato 
colle  canne  dello  ^ea  o  formentone. 

»       68,  dopo  Ch'chè  aggiungi: 

Chèle  (B),  qualche;  borg.  kelke;  quelque,  id.  (Burguy,g'MeZ^. 


—  231  — 


Pag.     71,  correggere  interamente: 

Ciaràfi  (S),  ciaf  ri,  ciarafiè,  ciarpami,  ingombri  inutili  e 
faccendiere;  spagn.  eìiarro,  che  nel  Basco  significa  cat- 
tivo, dappoco  (Diez,  charro);  in  provz.  charro,  indica 
superfluo  di  parole  (ciarla?).  Il  suffisso  fri  di  dafri  e 
^  di  ciaràfi,  indicherebbero  il  fr.  affaires,  charro  -  af- 
faìres,  quisquilie,  minuzie. 

>       77,  Coiìcia,  dopo  kotze  aggiungi  ».  a.  ted.  cìiozzo. 

*       79,  Crocio,  lin.  2*,  «fr.  eroe,  crochet,  uncino,  ecc. 


Pag.  96,  Fnè,  lin.  2*,  dopo  falciare  i  fieni,  si  cancelli  il  lat.  foe- 
nerare,  e  si  aggiunga:  «  e  per  antitesi  uccidere,  rovinare, 
cioè  buttar  steso  a  terra  come  colla  falce  il  fieno. 

C3- 

Pag.  103,  Garabìa,  agg.  «  (S),  spagn.  caraha,  noce  d'acajou,  il  cui 
olio  serve  per  la  tintura. 

»     104,  aggiungi  dopo  la  voce  Garsamela. 

Garsè  (1),  levar  il  pelo  ai  panni  ;  it.  garzare,  garzo,  dal 
lat.  carduus,  cardo. 

»     107,  Ghèro,  lin.  3»  agg.  «V.  Pieùl. 

»     108,  Ghinda  (F),  correggi  «(T). 

»     119,  Grojòn,  correggi  «  (I). 

Pag.  127,  Macassìa,  in  vece  di  «questo,  correggi  «guasto. 

»  129,  Mandia,  mendìa  (DP),  correggere  «(L);  edalla  linea  3» 
aggiungere  :  «  così  dice  lo  Zalli  ;  ma  in  Plauto  si  trova 
mandare  filiam  viro,  per  maritarla;  pare  adunque  più 
corretto  il  dire  esser  la  origine  di  Mandìa  l'attributo 
latino  mandabilis,  equivalente  a  nubile. 

»     132,  Martin  cassili  (C),  correggi  «(F). 


—  232 


Pag.  166,  correggere  interamente  : 

Raspe  iS),  rasp,  resp,  r'spa,  raschiar  la  terra  colle  zampe 
e  pulir  colla  raspa;  spag.  raspa,  gluma  o  scaglia  ap- 
piccicosa che  avviluppa  il  seme  del  grano;  lat.  asper, 
aspro,  ruvido,  fr.  rdper  (rasper),  a.  ted.  rdspòn,  raspare 
(Littré); 

»  172,  Ruspe,  correggi  «  (I),  grattar  la  terra  co'  piedi  proprio  dei 
polli;  ital.  ruspare,  dal  lat.  rustare,  sterpare,  svellere, 
V.  Raspe. 


Pag.  179,  correggi: 

Sbramasse  (P)  (Zalli  e  Ponza),  sgridare,  sbraitare,  grida 
minaccevoli.  Lo  credo  piuttosto:  grido  d'animale  che 
va  in  fi'esfola.  V.  Brame. 


APPENDICE 


Etimologia  di  SOPERGA. 

Nel  secolo  scorso  fu  proposto  per  etimo  di  Soperga  una  specie  di 
acrostico:  suxìer  terga  montmm,  sul  dosso  de'monti. 

Cesare  Balbo  cominciò  ad  intravederci  un'origine  teutonica  e  pro- 
pose il  3um  Berg^  al  monte. 

Eecentemente  un  assonantista  credette  trovarla  nel  cliaux  -  berg, 
pronunziato  so-herg  a  cagione  di  certe  cave  di  calce,  che  si  trovano 
ne'fianchi  di  quella  montagna. 

Ma  la  piti  razionale  finora  è  la  etimologia  proposta  dal  Promis,  il 
quale  in  carta  dell'A.  1034  trovò  come  il  monte,  su  cui  nel  IS"^" 
secolo  fu  poi  innalzato  il  monumento  a  ricordo  della  fiaccata  prepo- 
tenza francese:  quel  monte  si  chiamava  3Ions  lovis,  monte  di  Giove, 
come  difatti  tutte  le  vette  cospicue  nel  mondo  romano  venivano  a 
quel  Dio  consecrate.  Poi  negli  ordinati  comunali  nostri  dell'A.  1389 
trovò  lo  stesso  monte  denominarsi  Sarohergia  ed  in  esso  una  loca- 
lità chiamata  Sarm  (dove  tuttora  scorre  il  torrente  Barra),  e  l'illu- 
stre storico  della  Torino  antica  pensò  che  il  vocabolo  Sarohergia 
potesse  significare  teutonicamente  Sarra-herg,  cioè  il  monte  di  Sarra. 

Però,  Sar  è  parola  prettamente  celtica  che  vuol  dire  eccelso,  emi- 
nente (Ob.  Mùller),  berg  è  il  2)erg  teutonico,  elemento  di  monte. 
Parrebbe  quindi  più  corretto  dire  che  i  Celti,  secondo  il  loro  costante 
costume,  avessero  già  designata  la  vetta  di  Soperga,  coli'  aggettivo 
sarò  che  la  qualificava  come  vetta  eminente,  e  che  in  seguito  i  Teu- 
toni vi  abbiano  aggiunto  il  loro  suffisso  Berg,  come  porta  il  carat- 
tere del  loro  linguaggio,  e  che  perciò  il  vocabolo  Saro  -  berg,  lati- 
nizzato dall'Archivista  comunale  in  Sarohergia,  significherebbe  il 
monte  eccelso. 

La  0  finale  di  sarò  segna  il  genere  neutro;  la  r  celtica  vien  te- 
nuta come  vocale  nell'alfabeto  sanscrito,  e,  come  si  suol  dire,  masti- 
cata (in  fr.  grasseyée),  quindi  il  sarò  fu  pronunciato  dapprima  sào, 
poi  50  colla  0  larga  e  coU'accento  circonflesso;  ma  i  Piemontesi  pro- 
nunziano la  0  sempre  colla  ou  provenzale,  e  così  ne  risultò  che  il 
primitivo  Sarohergia  del  Promis,  divenne  prima  Saóhergia,  poi  Só- 
bergia,  poi  So-perga  e  finalmente  Superga. 

M.  D. 


ESTRATTO 

dal  SAGGIO  DEI  OIALETII  GALLO-ITALICI  di  B.  BIONOELLI 

Milano,  1853. 


Divisio'ne  e  posizione  dei  dialetti  pedemontani. 

I  dialetti  pedemontani  sono  oltreraodo  importanti,  collegandosi 
strettamente  nelle  estreme  loro  modificazioni  occidentali  cogli  oc- 
citanici, mentre  a  mezzogiorno  si  fondono  nei  liguri,  ad  oriente 
coi  lombardi  e  cogli  emiliani. 

Questo  ragguardevole  ramo  della  famiglia  gallo-italica  è  conter- 
minato, a  settentrione,  dalle  Alpi  graje  e  dai  monti  che  dividono 
i  tronchi  superiori  della  Val  Sesia  e  della  Valle  d'Aosta  dalle  sot- 
toposte valli  del  Cervo,  dell'Orco  e  della  Stura  ;  ad  oriente  dal 
corso  del  Sesia,  che  sino  alla  sua  foce  nel  Po  lo  divide  dai  dialetti 
lombardi,  e  quindi  da  una  linea  trasversale  che  da  Valenza  sul 
Po  raggiunge,  serpeggiando,  l'Apennino  presso  Bobbio,  per  la  quale 
è  separato  dalla  regione  dei  dialetti  emiliani;  a  mezzogiorno  dalle 
Alpi  marittime  e  dall'Apennino  ligure;  ad  occidente,  dalle  stesse 
Alpi  marittime  e  dalle  graje,  lungo  le  quali  va  fondendosi  nei  dia- 
letti occitanici. 

In  tanta  estensione  di  territorio,  avuto  riguardo  alle  più  salienti 
e  caratteristiche  dissonanze  nella  pronunzia,  nella  forma  e  nelle 
radici,  esso  dividesi  in  tre  gruppi  distinti,  che  dalla  regione  ri- 
spettivamente occupata  possiamo  designare  coi  nomi  di  piemontese, 
canavese  e  monferrino.  Ciascuno  poi  consta  di  un  maggiore  o 
minor  numero  di  svariate  favelle. 

Posizione.  Il  gruppo  Piemontese  è  il  più  diffuso;  esso  occupa 
tutta  la  regione  occidentale  conterminata,  a  settentrione,  dalle  Alpi 
graje  e  dal  corso  del  fiume  Orco;  ad  oriente,  dal  corso  dello  stesso 
fiume  sino  alla  sua  foce  nel  Po,  indi  da  una  linea  serpeggiante  at- 


—  285  ~ 

traverso  i  colli  del  Monferrato,  la  quale  congiunge  la  foce  dell'Orco 
con  Asti  ;  e  per  ultimo  dal  tronco  superiore  del  fiume  Tanaro  che 
dalla  sorgente  sull'Apennino  ligure  discende  sino  ad  Asti;  avver- 
tendo, che  il  corso  dell'Orco  separa  il  gruppo  piemontese  dal  ca- 
navese,  e  la  successiva  linea  serpeggiante  col  tronco  superiore  del 
Tanaro  lo  dividono  dal  monferrìno;  a  mezzogiorno,  è  conterminato 
dalla  catena  delle  Alpi  marittime  che  separano  la  Provenza  dal 
Piemonte,  intersecata  fra  le  due  sorgenti  del  Tanaro  e  della  Stura 
meridionale;  ad  occidente,  dalle  Alpi  marittime  e  graje  che  divi- 
dono il  Piemonte  dalla  Francia  e  dalla  Savoja. 

Il  gruppo  Canavese,  che,  come  abbiamo  avvertito,  ad  occidente 
confina  col  piemontese  lungo  il  corso  dell'Orco,  si  estende  a  set- 
tentrione sino  ai  monti  che  dividono  il  Piemonte  dal  ducato  d'Aosta  ; 
ad  oriente  raggiunge  la  destra  sponda  del  Sesia  sino  alla  sua  foce 
nel  Po,  lungo  la  quale  si  fonde  nei  dialetti  lombardi;  e  a  mezzo- 
giorno è  conterminato  dal  tronco  del  fiume  Po  racchiuso  tra  le 
due  foci  del  Sesia  e  dell'Orco. 

Questo  medesimo  tronco  segna  appunto  il  confine  settentrionale 
della  regione  occupata  dal  gruppo  monferrìno,  il  quale,  seguendo 
le  linee  da  noi  superiormente  tracciate,  ad  oriente  è  conterminato 
dai  dialetti  eìmlmm,  a  mezzogiorno  dai  liguri,  e  ad  occidente  dai 
piemontesi. 

Torna  affatto  impossibile  il  designare  con  precisione  il  luogo  ove 
un  dialetto  finisce  e  l'altro  incomincia,  ciò  che  avviene  per  leggeri 
e  quasi  impercettibili  gradazioni;  devonsi  quindi  risguardare  le 
linee  superiormente  designate  come  diametri  di  altrettante  zone  più 
0  meno  larghe,  lungo  le  quali  1  dialetti  di  due  gruppi,  o  di  due 
famiglie  distinte,  vanno  assimilandosi  e  fondendosi  insieme.  Di  qui 
appunto  deriva  l'indeterminato  numero  di  varietà  nei  dialetti  d'un 
medesimo  gruppo,  del  quale  gli  estremi  di  due  opposti  confini  dif- 
feriscono tra  di  loro  assai  più,  che  non  ciascuno  d'essi  coU'estrerao 
della  famiglia  o  del  gruppo  limitrofo. 

Incominciando  ora  dal  gruppo  Piemontese,  esso  è  rappresentato 
dal  dialetto  Torinese  che  ne  è  principal  tipo,  e  che  in  ogni  dire- 
zione si  distende  lungo  la  circostante  pianura,  lungo  i  colli  e  le 
moltephci  valli  che  dalla  cerchia  delle  Alpi,  quasi  raggi  concentrici, 
convergono  verso  la  capitale;  se  non  che,  di  mano  in  mano  che 
c'inoltriamo  su  per  l'erto  dei  monti,  il  dialetto  piemontese,  trasfor- 
mandosi, assume  alquante    forme   dei    dialetti   occitanici,    ciò   che 


—  236  — 

porge  nuovo  interesse  al  linguista  che  neirincorrotta  favella  del- 
l'alpigiano scopre  ancor  vive  le  vestigia  della  lingua  dei  Trovatori. 
E  perciò  in  questo  gruppo  è  d'uopo  sceverare  i  dialetti  del  piano 
e  della  parte  inferiore  dei  monti  da  quelli  delle  più  alte  pendici. 
Tra  i  primi,  i  principali  sono:  il  Torinese.  V Astigiano,  il  Fossmmse, 
il  Valdese  ed  il  Lanzese. 

11  Torinese  è  parlato  con  leggere  varianti,  oltre  alla  capitale,  in 
tutti  i  circostanti  paesi,  inoltrandosi  a  mezzogiorno,  su  per  le  valli 
sino  a  Gherasco,  Savigliano,  Saluzzo  e  Pinerolo  :  e  ad  occidente  sino 
a  Susa. 

h' Astigiano  è  proprio  della  città  d'Asti  e  del  rispettivo  terri- 
torio, nel  quale  a  poche  miglia  di  distanza  verso  occidente  si  va 
assimilando  al  Torinese,  e  verso  oriente  si  fonde  nel  gruppo  Mon- 
ferrino. 

Il  Fossanese  è  parlato  nella  parte  superiore  della  valle  della 
Stura  racchiusa  fra  Savigliano  e  Dalmazzo  al  disopra  di  Cuneo. 

Il  Valdese  è  proprio  di  tutta  la  valle  di  Luserna  presso  al  ver- 
sante settentrionale  del  monte  Viso. 

Il  Lanzese  è  parlato  nella  valle  della  Stura  settentrionale,  all'imo 
della  quale  va  assimilandosi  al  Torinese. 

Tra  i  secondi,  che  distingueremo  col  nome  di  alpigiani,  o  meglio 
coll'aggiunto  di  occitanici,  sono  da  notarsi  i  dialetti  seguenti:  quel 
di  Limone,  parlato  alle  falde  del  colle  di  Tenda;  di  Valdieri,  par- 
lato nella  valle  di  Gesso;  di  Vinadio,  proprio  degli  abitanti  del  più 
sublime  tronco  della  valle  Stura  meridionale;  di  Castebnagno, 
presso  alle  sorgenti  del  Grana;  di  Elva  e- di  Acceglio,  presso  alle 
sorgenti  del  Macra;  di  San  Peire,  parlato  nel  tronco  superiore  di 
valle  Varaita;  di  Oncino,  posto  presso  alle  sorgenti  del  Po;  di  Fi- 
nestrelle, parlato  in  tutto  il  tronco  superiore  di  vai  elusone;  di 
Giaglione  e  d'Oulx,  verso  le  sorgenti  della  Dora  Riparia;  di  Viù 
e  di  Usseglio,  presso  quelle  della  Stura  settentrionale.  - 

Il  gruppo  Canavese,  che  abbiam  veduto  racchiuso  fra  l'Orco, 
il  Sesia,  l'Alpi  ed  il  Po,  consta  pure  d'un  numero  ragguardevole 
di  svariate  favelle.  Esso  è  rappresentato  dal  dialetto  di  Ivrea,  che 
con  leggere  modificazioni  è  parlato  in  tutta  la   regione   racchiusa 


—  2:^7  — 

tra  la  Dora  Baltea  ed  il  corso  dell'Orco.  Ivi  è  solo  distinto  per 
proprietà  speciali  il  dialetto  della  Val  Soana,  parlato  nei  villaggi 
d'Ingria,  Ronco,  Valprato  e  Gampiglia.  Nella  regione  poi  racchiusa 
fra  la  Dora  ed  il  Sesia  prevale  il  dialetto  di  Biella,  che  si  distende 
con  poche  varianti  in  tutta  la  sottoposta  pianura  ;  e  verso  i  monti 
sono  da  sceverarsi  il  dialetto  di  Andorno,  che  quasi  anello  con- 
giunge il  gruppo  canavese  col  lomhardo-verhanese.  e  quello  di  Set- 
timo Vitione  posto  presso  al  confine  del  ducato  d'Aosta. 

Il  gruppo  Monfer^rino,  posto  fra  il  Tanaro  e  l'Apennino  ligure, 
è  rappresentato  dal  dialetto  Alessandrino,  parlato  non  solo  in  tutta 
la  pianura  d'Alessandria  e  tra  i  vicini  colli,  ma  altresì  lungo  tutta 
la  valle  della  Bormida  sino  a  Bistagno  al  di  sopra  d'Acqui.  Più 
oltre  prevale  il  dialetto  d'Alba,  che  si  parla  con  lievi  modificazioni 
nella  regione  superiore  fra  il  Tanaro  e  la  Bormida;  e  per  ultimo, 
il  dialetto  di  Mondo-m,  che  per  gli  elementi  eterogenei  onde  consta, 
congiunge  il  gruppo  Piemontese  al  Monferrino,  ed  entrambi  alla 
famiglia  dei  Liguri.  Meglio  poi  d'ogni  altro  segnano  il  passaggio 
dal  Monferrino  alla  famiglia  Ligure;  i  distinti  dialetti  del  Cairo,  sulla 
vetta  dell'Apennino  presso  le  sorgenti  della  Bormida,  di  Gat^essio 
e  di  Ormea,  presso  quella  del  Tanaro,  ove  la  Liguria  è  divisa  dal 
Piemonte. 

Proprietà  distintive  dei  tre  gruppi  Piemontese, 
Canavese  e  Monferrino. 

La  prima  e  la  più  ovvia  osservazione  sommaria  generale  per  la 
quale  i  tre  gruppi  pietnontese,  canavese  e  monferrino  appaiono 
distinti  fra  loro,  si  è  la  complessiva  forma  di  ciascuno,  che  rivela 
nel  primo  le  impronte  caratteristiche  dei  dialetti  della  Francia 
meridionale,  nel  secondo  quelle  dei  dialetti  lombardi,  nel  terzo 
quelle  dei  liguri,  per  modo  che  l'aspetto  loro  si  assimila  rispetti- 
vamente a  ciascuna  di  quelle  disparate  famiglie. 

Questa  generale  distinzione  per  altro  non  è  se  non  il  risulta- 
mento  di  molte  peculiari  differenze  che  richieggono  un  diligente 
e  circostanziato  confronto,  e  delle  quali  appunteremo  le  precipue 
e  le  più  caratteristiche. 

Primieramente,  il  Canavese  distinguesi  dagli  altri  due  gruppi 
per  la  terminazione  in  àr  di  tutti  gli  infiniti  dei  verbi  di  prima 
conjugazione,  che  il  Piemontese  ed  il  Monferrino   volgono   in  è: 


—  238  — 


Italiano 

atidare 

portare 

fare 

stare 

Ganavese 

andar 

portar 

far 

star 

Piemontese  ) 
Monierrino  ) 

andè 

porte 

fé 

stè 

Il  Monferrino  alla  sua  volta  si  distingue  dal  Piemontese  e  dal 
Canui'ese,  permutando  d'ordinario  in  acc\  ice'  le  finali  dei  participi, 
che  gli  altri  due  volgono  in  àit,  à,  et,  it,  o  altrimenti: 


Italiano 

dato 

fatto 

andato 

.   detto 

Monferrino 

dacc' 

face' 

andacc' 

dice' 

Piemontese 

dàit 

fàit 

andÀit 

dit 

Ganavese 

dèi 

fèt 

andèi 

dit 

Questa  distinzione  deriva  dalla  proprietà  del  Monferrino  di  scam- 
biare sovente  in  ce'  le  tt  delle  sillabe  finali  delle  parole,  dicendo 
iancc"  per  tanti,  ticc'  per  tutti,  e  simili.  Per  una  tal  proprietà, 
mentre  questo  gruppo  distinguesi  dagli  altri  due,  va  assimilandosi 
ai  lombardi  d'oltre  Po;  che  anzi  dobbiamo  avvertire  come  la  stessa 
penetrasse  ancora  in  alcuni  dialetti  del  gruppo  Canavese,  posti 
lungo  il  Sesia  ad  immediato  contatto  coi  dialetti  verbanesi,  ai  quali 
pure  è  comune. 

Da  uno  degli  esempi  succitati  appare  altresì,  come  il  Monferrino 
scambi  talvolta  la  il  in  i  pura,  ciò  che  parimenti  lo  distingue  dagli 
altri  gruppi. 


Italiano 

uno 

tutti 

fosse 

gettare 

Monferrino 

in 

ticc' 

fìssa 

bitte 

Piemontese 
Ganavese 

un 

iùtt 

fuss  . 

^  hiltè 
\  eruttar 

Il  Piemontese  poi  va  chiaramente  sceverato  dagli  altri  due  gruppi 
per  la  proprietà  quasi  esclusiva  di  ripetere  i  pronomi,  non  solo 
quando  esprimono  il  soggetto,  ma  eziandio  quando  rappresentano 
l'attributo  d'una  proposizione.  A  meglio  chiarire  una  tal  proprietà 
valgano  alcuni  esempi:  nei  dialetti  lombardi  ed  emiliani  si  ripete 
costantemente  nelle  seconde  e  terze  persone  dei  verbi  il  pleonasmo 
dei  pronomi:  ti  te  dìset,  lù  el  dis,  oppure  le  la  dis,  per  tu  dici, 
egli,  0  ella  dice,  ove  ti  te,  IH  el,  le  la  sono  ripetizioni  dello  stesso 
pronome,  sebbene  sotto  forma  diversa.  Lo  stesso  avviene  nei  dialetti 
pedemontani  di  ciascun  gruppo,  ove  per  lo  più  lo  stesso  pleonasmo 
ha  luogo  eziandio  nelle  prime  persone  singolari  e  plurali:  ini  ì  eu, 
ti  Vas,  chièl  a  l'à,  noi  i  ama,  ecc.  per  io  ho,  tu  hai,  egli  ha, 
noi  abbiamo,  ecc.,  ove  mi  i,  eqivalgono  ad  io  io;  ti  V,  a  tu  tu,  e 


—  239  — 

COSÌ  di  seguito  ;  ma  in  questi  esempi,  che  dimostrano  la  proprietà 
stessa  comune  a  tutta  la  famiglia  gallo-italica,  i  pronomi  sono 
sempre  rappresentanti  il  soggetto  del  verbo  ;  laddove  nel  gruppo  pie- 
montese lo  stesso  pleonasmo  ha  luogo  eziandio  quando  i  pronomi 
rappresentano  l'attributo: 

Italiano  egli  mi  ha  detto  io  Vho  veduto  tu  l'haiperduto 

Piemontese  chièl  a  irCà  dime  mi  i  Veu  vdiilo  ti  V  l'as  perduto 

Ganavese  chièl  m/à  dit  mi  i  l'ù  vist  ti  V  l'è  pers 

Monferrino  cul-là  m'à  dice'  me  a  Vò  vist  tè  V  ras  pers. 

Di  qui  si  vede  come  il  Piemontese  ripeta  il  pronome  mi  e  lo,  che 
fa  le  veci  dell'attributo,  suffiggendolo  ai  participi,  ciò  che  non  ha 
luogo  in  ver  un  caso  nei  dialetti  degli  altri  due  gruppi. 

Lo  stesso  avviene  colle  particelle  pronominali,  ossia  coi  pronomi 
reciproci,  ove  il  pleonasmo  è  di  regola: 

Italiano  egli  ne  ha  fatto  ne  è  stato  si  è  perduto 

Piemontese  chièl  n'à  faine  n'è  stane  s'è  perdesse 

Ganavese  chièl  n'à  fèt  n'è  stèt  s'è  pers 

Monferrino  cul-là  n'à  face'  n'è  stacc'  s'è  pers. 

Sebbene  esclusiva  del  gruppo  piemontese,  questa  proprietà  rin- 
viensi  ancora  nel  dialetto  di  Mondovì,  il  quale  porge  il  singolare 
fenomeno  di  riunire  i  caratteri  più  salienti  dei  due  gruppi  pie- 
montese e  monferrino,  mentre  più  d'ogni  altro  si  assimila  alla  fa- 
miglia ligure.  Ed  è  appunto  per  questo  che,  mentre  potrebbe  a 
buon  dritto  associarsi  al  primo  gruppo,  abbiamo  preferito  ranno- 
darlo al  secondo  come  più  omogeneo  nella  complessiva  sua  forma. 

Italiano  l'ha  visto  Vha  baciato  s'è  alzato  gli  ha  detto 
Mondovì      r'à  vistro      r'à  basàro         s'è  aussàsse     u  j'à  dìje. 

In  questi  esempi,  se  il  pleonasmo  è  caratteristico  del  piemontese, 
i  pronomi  ro,  u  per  lo,  egli,  sono  alla  lor  volta  caratteristici  del 
gruppo  monferrino,  e  lo  distinguono  dagli  altri  due.  Ghe  anzi  le 
medesime  voci  u,  ul,  er,  ro,  ra  valgono  talvolta  a  rappresentare, 
oltre  ai  pronomi  personali,  anche  gli  articoli  il,  lo,  la,  come  presso 
i  dialetti  liguri. 

Italiano  il  padre  il  cielo  del  pane  la  parte 

Monferrino      er  pari  u  sé  der  pan  ra  part. 

Altro  carattere  distintivo  dei  tre  gruppi  abbiamo  nell'uscita  dei 
futuri  dei  verbi,  che  è  sempre  in  eu  oppure  ai  nel  primo  gruppo, 
ù  nel  secondo,  ed  ó  nel  terzo. 


—  240 


Italiano 

io  dirò 

io  farò 

io  porterò 

io  andrò 

Piemontese 

'ini  i  direu 

i  fareu 

iportreu 

i  andreu 

Ganavese 

mi  i  dirù 

i  farù 

iportrù 

i andrù 

Monferrino 

me  a  dirò 

a  farò 

a  portrò 

a  andrò. 

Numerose  varianti  sono  da  notarsi  altresì  nella  pronunzia,  la 
quale  è  più  stretta  nel  piemontese,  e  resa  aspra  dal  frequente  ac- 
cozzamento di  molte  consonanti  per  la  soppressione  delle  vocali 
radicali;  più  aperta,  più  vocalizzata  e  sonora  nel  monferrino,  che 
segna  il  passaggio  alle  vocali  aperte  dell'emiliano  ;  più  piena  e  più 
schiacciata  nel  canavese,  che  sente  dell'influenza  lombarda. 

Inoltre  è  caratteristico  nel  Piemontese  un  suono  nasale  affatto 
distinto  da!  nasale  lombardo  e  francese,  il  quale  è  assai  temperato 
nel  Monferrino,  e  si  dilegua  presso  che  interamente  nel  Canadese. 

Così  il  suono  della  eu  tanto  frequente  nel  Piemontese,  va  sce- 
mando nel  Canavese,  e  si  dirada  oltremodo  nel  Monferrino. 

Altra  serie  non  meno  ragguardevole  di  radicali  dissonanze  fra 
i  tre  gruppi  ci  porgono  i  lessici  rispettivi,  in  ciascuno  dei  quali  si 
trova  un  numero  stragrande  di  radici  strane  e  primitive  ignote 
agli  altri  due. 

Se  non  che  tutte  queste  voci  strane  appartengono  solo  ad  uno 
0  a  più  dialetti,  non  mai  a  tutti  i  componenti  l'uno  o  l'altro  gruppo. 

Proprietà  distintive  dei  smigoli  dialetti. 

Nel  gruppo  Piemontese  abbiamo  superiormente  distinto  i  dialetti 
del  piano  e  della  parte  inferiore  dei  monti  dagli  alpigiani,  come 
quelli  che  più  si  accostano  alle  forme  occitaniche  ;  a  render  ragione 
ed  a  chiarire  nel  tempo  stesso  questa  prima  divisione  sommaria, 
valgano  alcune  osservazioni. 

Primieramente,  d'ordinario  gli  alpigiani  risolvono  in  dittonghi 
alcune  vocali  radicali  italiane,  che  il  piemontese  conserva: 


Italiano 

padre 

fratello 

muojo 

tocca 

Piemontese 

pare 

padre 

fratèl 

m,ei(jro 

toca 

Alpigiano 

pàire 

pàtri 

fràire 

fràiri 

muèro 

tuòccia. 

Più  sovente  ancora  raddolciscono  il  suono  duro  della  e,  scam- 
biandolo nella  ci  italiana,  in  quelle  voci  che  i  Francesi  raddolci- 
scono pure,  permutandolo  nella  sibilante  eh. 

Italiano        peccato           capretto  cantare  calzare 

Piemontese  pecà               cavrèt  cantè  caussè' 

Alpigiano     pecià              ciabri  ciantàr  ciatcssàr 

Francese     pèché             chevreau  chanter  chausser. 


—  241  — 

Permutano  ancora  nello  stesso  suono  ci  italiano  la  t  nelle  sillabe 
finali  ta,  te,  ti,  to,  tu,  ciò  che  abbiamo  notato  come  caratteristico 
del  gruppo  monferrino  a  distinguerlo  dal  piemontese. 

Italiano  detto         fatto         quanti       punta         giunto 

Piemontese      dit  fàit  quanti        ponta  riva 

Alpigiano        dice'         face''        quancc'      puncia       giunec'. 

A  simiglianza  dei  dialetti  occitanici,  alcuni  alpigiani  fanno  plu- 
rali i  loro  nomi  e  gli  aggettivi  aggiungendovi  un'5,  che  pronunciano: 

Italiano       i  porci  i  miei  amici       le  femmine       allegri 

Alpigiano    lus  cusciùns     Tnuns  amis        les  femmes       allègres. 

Nella  costruzione  di  alcune  frasi  gli  alpigiani,  seguendo  la  forma 
occitanica,  premettono  al  verbo  il  pronome  reciproco,  che  i  Pie- 
montesi pospongono,  come  gli  Italiani. 

Italiano        per  levarsi  di  ritornarmene  per  godermi 

Piemontese  p'r  levèse  d'artornèmne  p'r  gòd'mla 

Alpigiano     per  se  levar  de  m'en  tornar  per  me  regiuì 

Francese      pour  se  lever  de  m'en  retourner  pour  m£  réjouir. 

Per  ultimo  il  vocabolario  dei  dialetti  alpigiani  è  molto  più  affine 
a  quello  degli  occitanici,  che  non  il  piemontese.  Basta  notare  le 
voci  maisùn,  valès,  repàt,  cujùn,  répondu,  rien,  baiché,  e  tante 
altre  voci  quasi  prette  occitaniche. 

Ciò  premesso,  fra  le  proprietà  più  caratteristiche  del  dialetto 
Torinese,  e  quindi  ancora  della  maggior  parte  del  gruppo  dal  me- 
desimo rappresentato,  sono  da  notarsi: 

La  frequente  elisione  delle  vocali  nel  mezzo  delle  parole,  che 
ne  rende  aspra  la  pronunzia  coll'accozzamento  di  molte  consonanti 
di  sèguito. 

Italiano  ancora    per    menare    minuto    visto    sottometterlo 

Torinese        dcò  p'r     mnè         mmu       vdu      sotTullo. 

La  mancanza  del  suono  z  duro  italiano  caratteristico  dei  dia- 
letti lombardi  occidentali  e  dei  francesi,  coi  quah  confina,  al  cui 
posto  sostituisce  il  suono  della  s  grassa. 

Italiano     prefazione     colazione    grazia     avanzare    sostanza 
Torinese  prefassión     colassión    grassia    avanssè      sostanssa. 

La  soppressione  della  sillaba  finale  re  nei  verbi  terminanti  in 
italiano  ere  breve. 

16 


—  242  — 

Italiano  scrivere        rompere        ridere        riconoscere 

Torinese         scrive  rompe  rie  arconòsse. 

La  permutazione  in  è  grave  o  aperto  dell'uscita  in  are  dei  verbi 
di  prima  coniugazione. 


Italiano 

andare 

am^re 

fare 

addocchiare 

lodare 

Torinese 

andè 

amè 

fé 

docè 

lode. 

La  mancanza  del  suono  italiano  se,  al  quale  sostituisce  la  s 
grassa. 

Italiano         conoscere      scimia      suscitare      scegliere      scena 
Torinese       conòsse  ssumia      ssussitè        ssème         ssèna. 

La  permutazione  delle  sillabe  iniziali  ra,  ri  in  ar. 

Italiano        raccomandare       ribattere     rimproverare    ricetta 
Torinese      ar  comande  arhàte       arprocè  arssèta. 

La  permutazione  dell'ai  nel  dittongo  àu  quando  si  trovano  unite 
in  fine  di  sillaba. 

Italiano  alto       alzare       calzare       scaldare        calce 

Torinese         àut        aussè         caussè         scaudè  caussina. 

Talvolta  ancora  evita  l'accozzamento  delle  due  consonanti  cr, 
scambiandole  in  ch'r. 

Italiano       crédere     crescere      lievito       crepare        credenza 
Torinese      ch'rde       ch'rse         ch'rsènt    ch'rpè  ch'rden^a. 

U Astigiano  è  oltremodo  affine  al  Torinese  partecipando  gene- 
ralmente di  tutte  le  sue  proprietà  caratteristiche,  con  leggere  ec- 
cezioni. Se  non  che,  essendo  posto  a  contatto  col  gruppo  mon- 
ferrino,  ne  senti  l'influenza  così  nella  pronunzia,  che  nel  periodo 
è  più  sonora,  come  nelle  voci,  alcune  delle  quali  sono  caratteri- 
stiche del  Monferrino,  come  p.  e.  cost-qul,  che  il  piemontese 
esprime  con  cost-si,  o  chiel-si;  f  éì  per  avete  e  talun'altre. 

Questa  influenza  per  altro  del  Monferrino  è  molto  più  manifesta 
Xi(^' astigiano  rustico,  ove  appaiono  gli  articoli  er,  ra,  ro  in  luogo 
dei  piemontesi  7,  la;  dove  la  u,  come  nell'Alessandrino,  si  cangia 
talvolta  in  i,  dicendosi  tilt  per  tuUi,  vnì  per  venuto,  Mtè  per  butè, 
ossia  mettere,  gettare.  Per  questo  appunto  abbiamo  detto,  essere 
Vastigiano  l'anello  che  congiunge  il  gruppo  piemontese  al  m,on- 
ferrino,  sebbene  quello  che  si  parla  nella  città  d'Asti  sia  quasi 
identico  al  torinese. 


—  243  — 

Lo  stesso  dobbiam  dire  del  Fossanese,  il  quale  si  distingue  a 
mala  pena  dal  Torinese  per  una  pronunzia  più  stretta  che  solo  un 
fino  orecchio  può  sceverare,  e  per  qualche  modificazione  leggera 
di  voci,  come  frèl  per  fratèl,  vilèt  per  vitèl,  e  simili.  Ove  però  si 
vada  scostandosi  dalla  città  per  entro  i  monti,  la  rustica  favella 
vi  assume  alcuni  caratteri  dei  dialetti  alpigiani  coi  quali   confina. 

Così,  p.  e.,  a  Cuneo  i  participi  dei  verbi  che  nel  torinese  escono 
in  alt,  si  volgono  in  èit. 


Italiano 

andato 

fatto 

dato 

mandato 

fatto 

Torinese 

andàit 

fàit 

dàit 

Tnandàit 

stàit 

Cuneo 

andèit 

fèit 

dèit 

mandèit 

slèit. 

Ben  più  distinto  dal  Torinese  si  è  il  dialetto  Valdese  parlato  in 
tutta  la  valle  di  Luserna,  il  quale  sebbene  partecipi  dei  principali 
caratteri  di  quello,  pure  segna  chiaramente  il  passaggio  dal  pie- 
montese all'occitanico.  La  sua  pronunzia  è  alquanto  piana,  non  sop- 
primendo le  vocali  intermedie,  e  talvolta  ancora  serbando  le  finali. 
Scambia  d'ordinario  la  vocale  o  in  u,  ciò  che  lo  distingue  dagli 
altri  dialetti  piemontesi. 


Italiano       lo    appressare 

servitore 

órdine 

padrone 

con 

Valdese       lu    apprucià 

servitù 

ùrdine 

patrùn 

cun 

Piemontese  l'      avsinè 

s'rvitòr 

òrdin 

padròn 

con. 

A  differenza  dei  Piemontesi,   termina  tutti  i  verbi  della  prima 
coniugazione  in  à. 

Italiano    dimxmdare  Mciare  toccare  am^mazzare  tornare  entrare 
Valdese    demanda     Msà       tocca     massa  turnà     intra 

Piemontese  d'mandè  Msè       tochè     m/issè         artorm  intrè. 

Distinguesi  pure  dagli  altri  piemontesi  colla  terminazione  èi  nella 
prima  persona  del  futuro,  in  luogo  di  eu,  ai. 

Italiano  dirò  farò  leverò  tornerò  berrò 

Valdese  direi  farei  leverei  turnarèi  beurèi 

I  direu  fareu  Vvreu  tornareu  bevreu 

Piemontese        j  ^^.^^^.  ^^^^^.  ^,^^^  torn'rài  b'vrài 

Del  resto  cosi  la  costruzione,  come  il  vocabolario  sono  afiatto  si- 
mili al  Piemontese. 

Varcando  il  Po,  troviamo  nell'opposta  valle  di  Lanzo  il  dialetto 
Piemontese  affatto  simile  a  quello  della  capitale.  La  sola  differenza 

16* 


—  244  — 

di  qualche  importanza  consiste  in  alcune  voci  meno  usitate  nel 
piano,  come  veUàt,  frèl,  per  vitello,  fratello,  e  nell'uscita  in  à  degli 
infiniti  dei  verbi  di  prima  coniugazione,  come  abbiamo  avvertito 
nel  Valdese. 


Italiano 

menare 

mangiare 

fare 

chimnare 

trovare 

Lanzese 

mnà 

mingià 

fa 

ciamà 

trova. 

Alcune  varianti  di  maggior  conto  riscontransi  nel  superiore  dia- 
letto di  Corio,  la  cui  forma  sebbene  affatto  piemontese,  pure  se 
ne  discosta  per  alcune  dissonanze.  Ivi  appare  in  molte  voci  il  suono 
a  (tedesco)  dei  dialetti  emiliani,  come:  fàt,  andai,  stài,  e  in  tutte 
le  seconde  persone  plurali  del  presente  dei  verbi;  andà,  mna, 
purtà,  e  cosi  di  seguito. 

Come  il  Valdese  scambia  quasi  sempre  la  o  in  u,  dicendo:  sgnur, 
cumpassmn,  flùr,  truvàr,  ìuèritu,  meuru,  per  signore,  compas- 
sione, fiore,  trovare,  oìièrito,  m.uojo. 

Come  i  dialetti  del  gruppo  canavese,  col  (juale  confina,  termina 
gli  infiniti  dei  verbi  di  prima  coniugazione  in  ar,  ciò  che  segna 
appunto  il  passaggio  dall'uno  all'altro  gruppo;  come:  truvàr,  sunàr, 
sercàr,  star.  Questo  passaggio  viene  segnato  altresì  dall'intrusione 
di  alcune  voci  che  non  sono  prette  piemontesi,  o  meno  usitate. 

Altro  carattere  che  distingue  il  dialetto  di  Corio  da  quelli  del 
primo  gruppo  si  scorge  nelle  uscite  delle  prime  e  terze  persone 
plurali  del  presente  indicativo.  Le  prime  sono  sempre  in  èn  mentre 
il  piemontese  termina  in  orna. 

Italiano  m^angiamo    andiamo   facciamo  stin/mo  cliiamiamo 

Corio  mingièn       andèn       fasèn        stasèn   ciamèn 

Piemontese      mangioum,a  andouma  fouma      stoumM  ciamouma. 

Le  terze  in  en  muto,  laddove  il  piemontese  termina  in  o. 

Italiano       mangiano    andavano    facevano    abbiano    avevano 
Corio  'inàngien      andàven     faslen        àbien        avìen 

Piemontese  màngiou      andàvou     fasiou        àbiou       aviou. 

Procedendo  a  favellare  dei  dialetti  alpigiani,  abbiamo  teste  ap- 
puntati alcuni  caratteri  pei  quali  distinguonsi  dagli  altri  piemontesi, 
e  vanno  assimilandosi  agli  occitanici. 

Il  dialetto  di  Limone  possiede  i  due  suoni  distinti  del  z  italiano  ; 
il  duro  cioè  in  alcune  voci,  come  mazzàr,  azzàl,  ed   in   altre  in 


—  245  — 

luogo  della  t,  dicendo;  diz,  faz,  tuz,  per  detto,  fatto,  tutti;   ed  il 
suono  dolce  che  sostituisce  in  luogo  della  gi  italiana. 

Italiano  mangiare        giudicare        giusto        giurare 

Limone  manzàr  zudicàr  zùsio  zicrar. 

Permuta  sovente  nelle  voci  la  e  in  a,  ciò  che  ne  rende  la  pro- 
nunzia molto  aperta. 


Italiano    ancora 

bene 

degno 

entrare 

sempre 

preso 

Limone    ancara 

ìjan 

dagn 

antràr 

sampri 

pras. 

Termina  in  àn  accentato  le  prime  persone  plurali  dei  presenti 
dei  verbi,  che  i  dialetti  di  Valdieri,  Vinadio,  Acceglio,  Gastelmagno 
e  talun  altro  volgono  in  èn. 


Italiano 

mungiamo 

cominciamo 

andiamo 

stiamo 

Limone 

mxmzàn 

com,ansàn 

anàn 

stàn 

Valdieri 

m£ngèn 

cormnsèn 

anèn 

sten. 

Il  dialetto  di  Valdieri  alla  sua  volta  distinguesi  dai  circostanti 
per  la  forma  che  suol  dare  ai  futuri,  che  è  pure  occitanica,  o  meglio 
francese. 


Italiano 

dirò 

farò 

porterò 

custodirò 

Valdieri 

vai  dir 

vai  far 

vai  portar 

vai  gardàr 

Francese 

je  vais  dire 

faire 

porter 

garder. 

Il  dialetto  di  Vinadio,  oltre  alla  forma  complessiva  delle  voci  e 
delle  frasi,  che  ancor  più  degli  altri  si  accosta  alle  occitaniche,  ne 
va  principalmente  distinto  per  una  pronunzia  nasale  assai  stretta, 
e  per  una  forte  appoggiatura  sulle  vocali  finali,  che  produce  un 
canto  distinto. 

La  terminazione  in  o  dei  nomi  femminili  è  un  carattere  strano 
che  distingue  i  dialetti  di  Acceglio,  S.  Peyre,  Oncino  e  Giaglione 
dagli  altri  alpigiani;  valgano  d'esempio:  la  ciarestìo,  una  vesto, 
la  prim.0  vestimento,  campagna,  musico,  chesto  allegrìo,  i  quali 
nomi,  come  si  scorge  dagli  articoli,  conservano  il  genere  femminile. 

Il  dialetto  di  Finestrelle  è  talmente  composto  di  voci  e  frasi 
francesi  raccozzate  insieme  con  sintassi  francese,  ma  forzate  alla 
forma  e  desinenza  piemontese,  che  anziché  un  dialetto  italiano, 
semhra  un  dialetto  francese  travestito  all'italiana.  All'udirlo  parlare, 
si  direbbe  la  favella  d'un  Francese,  che  si  sforza  italianizzarla  per 


—  246  - 

farsi  intendere.  Così  p.  e.  Votre  fràire  è  vengu,  e  votre  papà  à 
ticà  un  vel  gra,  perchè  eh' a  l'à  trubà  an  bune  sandà,  vostro  fra- 
tello è  venuto  e  vostro  padre  ha  ammazzato  un  vitello  grasso, 
perchè  lo  ha  trovato  in  buona  salute.  (Parabola  del  figliuol  prodigo). 
Non  lasceremo  per  altro  di  notare,  come  esclusiva  e  peculiare 
di  questo  dialetto,  l'uscita  in  èie  della  prima  persona  singolare  nel 
futuro,  come  nei  seguenti  esempi: 

Italiano  dirò         troverò         andrò         leverò         sarò 

Finestrelle      dirèic      trubarèic      anarèic      levarèic       serèic. 

Del  pari  che  quest'ultimo  i  dialetti  di  Giaglione  e  à'Oulx  po- 
trebbero per  le  loro  proprietà  caratteristiche  dirsi  piuttosto  fran- 
cesi che  piemontesi,  non  serbando  di  questi  se  non  deboli  traccie. 
In  essi  infatti  compaiono  i  suoni  s  tagliente  q\\  gè  o  je  fr.,  non  che 
le  II  molli  (l  'inouillèej,  ignoti  ai  piemontesi  propriamente  detti,  e 
sì  famigliari  e  frequenti  nei  francesi,  dai  quali  ancora  attinsero  e 
vocabolario  e  forme  grammaticali.  Non  mancano  per  altro  di  ele- 
menti bastevoli  per  essere  collegati  agli  alpigiani  italici,  quali  sono 
il  pronome  eufonico  u,  come:  u  Ve  turnà,  u  l'ère  perdAi,  e  simili; 
la  forma  sintetica  di  alcune  frasi,  e  alquante  radici  loro  peculiari. 
Noteremo  ancora  come  carattere  proprio  di  Oulx  il  suono  ih  (in- 
glese) che  in  alcune  voci  sta  invece  della  s,  e  nel  dialetto  di  Gia- 
glione la  voce  ot  per  ha,  che  non  trova  riscontro  veruno  negli 
altri  dialetti  pedemontani  o  francesi. 

Per  ultimo,  nel  tronco  superiore  della  valle  di  Lanzo,  segnata- 
mente a  Viù  e  ad  TJsseglio,  i  dialetti  partecipano  egualmente  dei 
piemontesi  e  dei  francesi.  Rozzi  ed  informi,  non  porgono  una  fiso- 
nomia  loro  propria,  né  un  carattere  determinato,  tranne  quello 
d'un'assoluta  irregolarità  nelle  forme,  d'una  pronunzia  incerta  e 
d'una'  mistura  di  voci,  che  accennano  ad  un  accozzamento  dei  varii 
dialetti  circostanti,  riunendo  più  o  meno  le  peculiarità  da  noi  ac- 
cennate degli  altri  dialetti  alpigiani. 

Nel  tracciare  le  proprietà  distintive  dei  tre  gruppi,  abbiamo 
notato  alcuni  caratteri  più  salienti  che  più  generalmente  rinven- 
gonsi  nei  dialetti  del  Canadese,  fra  i  quali  abbiamo  annoverato 
come  varietà  distinte  dal  rappresentante  comune  d'Ivrea,  i  dialetti 
di  Val  Soana,  di  Biella,  di  Andorno  e  di  Settimo  Vittone. 

Sebbene  le  poche  dissonanze  ivi  appuntate,  massime  nelle  fles- 
sioni dei  verbi  e  dei  loro  participi,  valgano  a  sceverare  il  gruppo 


—  247  — 

canamse  dal  piemontese,  ciò  nulladimeno  non  sono  bastevoli  ad 
imprimervi  un  aspetto  distinto  ;  che  anzi  dobbiamo  avvertire,  come 
il  Canavese  si  assimili  nel  resto  al  primo  gruppo  avendo  comune 
collo  stesso  e  la  pronunzia,  e  la  sintassi,  e  poco  discordando  nel 
lessico.  Ciò  vale  per  i  dialetti  racchiusi  fra  l'Orco  e  la  Dora  Baltea, 
rappresentati  da  quello  d'Ivrea,  e  appena  distinti  fra  loro  per 
leggere  e  non  curabili  differenze  ;  ma  non  già  per  le  varietà  sum- 
mentovate,  le  quali  differiscono  considerevolmente,  non  solo  dai 
Piemontesi,  ma  altresì  dai  vicini  Canavesi. 

Tra  queste  emerge  anzi  tutto  il  dialetto  della  Valle  Soana, 
parlato  nei  villaggi  d'Ingria,  Ronco,  Valprato  e  Gampiglia,  che 
presenta  lo  strano  fenomeno  di  pronunzia,  forme  e  radici  ignote 
a  tutti  1  circostanti,  e  che  può  quindi  considerarsi  come  un  dia- 
letto separato  e  distinto  da  tutti  i  tre  gruppi.  Noi  lo  abbiamo 
posto  nel  Cmiavese,  non  già  perchè  vi  abbia  maggior  rapporto 
di  affinità,  ma  solo  per  ragione  geografica,  trovandosi  nel  mezzo 
di  questo. 

Tra  le  molte  speciali  proprietà  che  lo  distinguono,  noteremo 
nella  pronunzia  un  suono  aspirato  ben  distinto  in  alcune  voci,  ed 
appena  sensibile  in  molte  altre;  la  permutazione  del  suono  ca  in 
eia,  dicendo  ciaussàr,  ciarestìa,  cex^rèi,  ciargiàr,  per  calzare,  ca- 
restia, capretto,  caricare  e  simili;  manca  del  suono  eu,  comune 
a  tutti  i  pedemontani  e  lombardi  ;  ed  in  generale  è  scorrevole, 
dolce  e  sonoro,  evitando  l'accozzamento  di  più  consonanti,  e  facendo 
uso  frequente  dei  dittonghi  e  dei  suoni  gg' ,  cc\  j  fr.  che  sostituisce 
sovente  al  duro  ed  aspro  delle  medesime  lettere. 

Quanto  alle  forme  delle  voci,  sono  per  lo  più  affini  alle  francesi, 
mentre  quelle  delle  frasi  e  della  sintassi  sono  prette  italiane.  Sono 
da  appuntarsi  le  flessioni  dei  verbi  nelle  terze  persone,  che  serbano 
la  caratteristica  latina  t  nel  singolare,  nt  nel  plurale,  avvertendo 
che  vi  è  pronunziata,  e  non  già  solo  scritta  per  ragione  etimologica, 
come  nel  francese. 

Italiano       ha    avesse    viene    era    aveva    voleva    entrasse 
V.  Soana     fiat    usset       vint      èret    avèit      volèit      intràsset. 

Cosi  pure  nelle  terze  persone  plurali: 

Italiano     fossero     ìnorivano     mangiano    davano     avanzano 
V.  Soana  fussent    crevàvont     ciicunt         doncivant  avànsunt. 

Più  di  tutto  per  altro  questo  dialetto  distinguesi  da  tutti  gli  altri 
per  una  serie  di  radici  affatto  strane  ed  esclusivamente  sue  proprie. 


—  248  — 

come  gori  e  durM  per  padre;  cospa  per  casa;  poglìn  per  figlio; 
murcàr  per  mangiare,  e  molte  altre  (V.  il  Glossario). 

Il  dialetto  di  Biella,  e  con  esso  un  buon  numero  dei  circostanti, 
distinguesi  dai  dialetti  posti  sulla  riva  destra  della  Dora,  per  la 
flessione  dei  participi,  che  finiscono  in  acc',  ice',  come  dacc\  dice', 
anziché  in  et  ;  per  la  terminazione  in  è  negli  infiniti  dei  verbi  di 
prima  coniugazione,  che  gli  altri  canavesi  volgono  in  ar;  nel  che 
si  collega  ai  Piemontesi;  come  pure,  a  simiglianza  di  questi,  fa 
uso  costante  del  pleonasmo  nei  pronomi  reciproci  e  personali,  di- 
cendo: s'è  aussàsse,  s'n'e  anóAssne,  a  Va  vdulo,  evitato  sempre 
dai  Canavesi. 

Distinguesi  pure  dagli  uni  e  dagli  altri  pel  frequente  uso  del 
suono  se  italiano,  che  sostituisce  alla  ci,  dicendo:  porscèi,  sciò, 
panscia,  per  porci,  ciò,  pavida.  Nel  resto  partecipa  più  o  meno 
dei  cai^atteri,  così  del  piemontese,  come  del  canavese  e  del  mon- 
ferrino. 

I  dialetti  di  Andorno  e  di  Settimo  Vittone,  posti  al  settentrione 
di  Biella  sui  monti,  e  che  possono  risguardarsi  come  varietà  di 
quello  che  parlasi  in  Biella  stessa,  ne  differiscono  solo  per  una 
pronunzia  più  rozza,  e  per  alquante  radici,  che  palesano  origine 
latina,  come:  andci  an  óbia,  per  andare  incontro,  óbmam  ire; 
recollecc',  dal  latino  recollectum,,  per  raccolto;  vestimenta  per 
vesti,  ed  altre.  Sono  pure  da  notarsi  radici  strane  così  nell'uno 
come  nell'altro  dialetto;  per  le  quali  vanno  dagli  altri  distinti, 
come:  mat,  'inatèi,  toisòn,  mici,  mulèt,  ^^qv  figlio;  tòi,  niglia, pricà, 
squajà,  per  majale,  farne,  dire,  ammazzare  (V.  il  Glossario). 

V Alessandrino,  e  con  esso  i  dialetti  parlati  nella  campagna  cir- 
costante e  lungo  la  valle  della  Bormida  sino  al  di  sopra  di  Acqui, 
sono  precipuamente  caratterizzati  dalle  proprietà  già  mentovate, 
quali  sono  :  la  permutazione  della  u  in  i,  come  ticc'  per  tutti;  l'ar- 
ticolo er,  pel  maschile,  e  ra  pel  femminile,  che  fanno  der,  ar,  dar, 
dra,  ara,  darà,  nei  casi  obliqui;  la  sostituzione  della  ce'  alla  t 
nelle  sillabe  finali  di  molte  voci,  come  quaticc',  tècc',  siàcc\  andàcc\ 
per  quanti,  tetto,  sfato,  andato;  e  la  costante  presenza  dell'eu- 
fonica u,  che  talvolta  fa  le  veci  del  pronome  egli,  e  più  spesso  tien 
luogo  dell'eufonica  a  degli  altri  dialetti  piemontesi  e  lombardi. 

Ciò  non  pertanto  a  questi  caratteri  dobbiamo  aggiungere  l'uso 
di  volgere  le  o  in  u  nel  maggior  numero  delle  voci,  massime  in 
fine  di  sillaba: 


—  249  — 

Italiano   presto  gióvane  ordine  trovare  tornato  ancora  lontano 
Aless."     prestu  giuvu      ùrdin    truvè      turnà    ancura  luntàn. 

Come  pure  nelle  flessioni  dei  verbi  che  i  Piemontesi  terminano 
in  o: 

Italiano  andavamo    mangiano    suonavano   credevano 

Alessandrino  andavu         mangiu        sunavu         cherdiu 
Piemontese     andavo  m,angio        sunavo  eh'' r  dìo. 

L'uso  di  permutare  le  terminazioni  ino,  ina,  in  èn,  ènna  nasali, 
dicendo:  sitadèn,  sitadènna,  stivalèn,  cassènna,  per  cittadino,  cit- 
tadina, stivalino,  cascina,  e  simili. 

E  per  ultimo  l'uso  di  alcune  voci  peculiari,  come  ist  per  questo, 
che  ricorda  Viste  dei  Latini,  acsì,  acsi-chì,  per  cosi  o  qui,  che  ac- 
cennano, del  pari  che  la  pronunzia,  all'influenza  del  gruppo  emi- 
liano col  quale  confina  a  mezzogiorno. 

Risalendo  il  corso  della  Bormida  e  del  Tanaro  il  dialetto  mon- 
ferrino  si  accosta  al  piemontese,  così  nelle  forme  come  nelle  voci, 
per  modo  che,  dopo  avere  già  assunto  in  Bistagno  la  eu  piemon- 
tese, che  l'Alessandrino  appena  fa  sentire  in  poche  voci,  depone 
in  Alba  alcune  proprietà  distintive,  e  ne  riceve  altre  dai  Piemontesi 
medesimi. 

Ivi  infatti  cessa  la  permutazione  delle  u  in  i  o,  delle  t  in  ce;  ed 
incomincia  il  pleonasmo  dei  pronomi  reciproci,  affatto  caratteristico 
e  distintivo  del  Piemontese;  cosi  pure  a  molte  voci  proprie  del 
monferrino  succedono  voci  e  frasi  piemontesi. 

Ciò  non  pertanto,  insieme  alle  altre  proprietà  monferrine,  vi  per- 
durano e  la  tf  eufonica,  e  gli  articoli  ed  i  pronomi  er,  ra,  ro,  che 
stringono  in  un  solo  fascio  questo  gruppo,  assimilandolo  alla  fa- 
miglia ligure;  e  questi  articoli  e  tutte  le  altre  proprietà  distintive 
accompagnano  i  dialetti  della  parte  superiore  delle  due  valli  del 
Tanaro  e  della  Bormida  sino  alla  vetta  dell'Apennino,  ove  grada- 
tamente si  fondono  nei  liguri  limitrofi. 

Il  dialetto  di  Mondovì,  che,  come  abbiamo  altrove  avvertito, 
riunisce  i  principali  caratteri  del  monferrino  e  del  piemontese,  si 
distingue  da  entrambi  per  una  pronunzia  più  aperta  e  più  voca- 
lizzata, facendo  uso  di  molti  dittonghi  in  luogo  delle  semplici  vocali, 
come  màirit,  per  m£rito,  vnàiva,  dàiva,  tourncàva,  aura,  per 
veniva,  dava,  tornava,  ora,  e  simili.  Distinguesi  ancora  pel  suono 
duro  della  ^ignoto  agli  altri  gruppi,  dicendo:  zi  per  qui;  auzè, 
mazze,  prezìus,  per  alzare,  ammazzare,  prezioso. 


—  250  — 

Raggiungendo  la  vetta  dell'Apennlno,  troviamo  a  Millesimo,  al 
Cairo  e  a  Montenotte  il  dialetto  monferrino  con  tutte  le  sue  pro- 
prietà, e  con  una  tinta  dei  liguri,  resa  manifesta  dalla  modifica- 
zione di  alcune  desinenze,  dalfelisione  della  r  in  alcune  voci,  come: 
servitili,  per  servitori,  e  dall'introduzione  di  qualche  parola  e  frase 
genovese. 

Questa  tinta  ligure  è  assai  più  forte  e  prevalente  nei  dialetti  di 
Garessio  e  di  Ormea,  che  per  gli  elementi  onde  constano  possono 
del  pari  essere  classificati  nella  ligure  famiglia,  assimilandosi  alle 
favelle  vernacole  della  riviera  di  ponente.  I  caratteri  quindi  che 
li  distinguono  dai  rimanenti  del  gruppo  monferrino,  si  desumono 
egualmente  dalla  pronunzia,  che  dalle  forme  e  dal  lessico.  La  prima 
è  dolce  e  scorrevole,  per  l'affluenza  delle  vocali  e  dei  dittonghi, 
per  la  frequenza  dei  suoni  gè  e  je  fr.,  ce'  e  gg'  e  per  l'uso  di 
evitare  le  voci  tronche,  terminandole  per  lo  più  in  vocale.        ^ 

Le  forme  sono  affatto  liguri  nei  participi,  che  finiscono  in  acio, 
icio,  oppure  ào,  uo,  io: 

Italiano       dato     detto    andato    maìidato     venuto    sentito 
Garessio      dado   dicio    andào      niandao     vgnuo      sentìo. 

Sono  liguri  nella  permutazione  della  p  in  e  dicendo  ciù,  incìsse, 
per  più ,  empirsi,  e  simili;  e  lo  sono  del  pari  nella  sintassi,  che 
non  è  punto  diversa  dalla  genovese. 

Nel  dialetto  poi  di  Ormea  le  forme  liguri  prevalgono  talmente 
sopra  ogni  altra,  da  non  poterlo  collegare  in  verun  modo  al  ramo 
pedemontano;  lo  abbiamo  qui  inserito,  perchè  trovandosi  sul  ver- 
sante settentrionale  dell'Apennlno,  e  formando  parte  della  valle 
del  Tanaro  è  ancora  politicamente  racchiuso  nella  Provincia  di 
Mondovì. 


FINE. 


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f^Uium^  SECT.  MAY  7  -  IS