Google
This is a digitai copy of a book that was prcscrvod for gcncrations on library shclvcs bcforc it was carcfully scannod by Google as pari of a project
to make the world's books discoverablc online.
It has survived long enough for the copyright to expire and the book to enter the public domain. A public domain book is one that was never subjcct
to copyright or whose legai copyright terni has expired. Whether a book is in the public domain may vary country to country. Public domain books
are our gateways to the past, representing a wealth of history, culture and knowledge that's often difficult to discover.
Marks, notations and other maiginalia present in the originai volume will appear in this file - a reminder of this book's long journcy from the
publisher to a library and finally to you.
Usage guidelines
Google is proud to partner with librarìes to digitize public domain materials and make them widely accessible. Public domain books belong to the
public and we are merely their custodians. Nevertheless, this work is expensive, so in order to keep providing this resource, we have taken steps to
prcvcnt abuse by commercial parties, including placing lechnical restrictions on automated querying.
We also ask that you:
+ Make non-C ommercial use ofthefiles We designed Google Book Search for use by individuals, and we request that you use these files for
personal, non-commerci al purposes.
+ Refrain fivm automated querying Do noi send aulomated queries of any sort to Google's system: If you are conducting research on machine
translation, optical character recognition or other areas where access to a laige amount of text is helpful, please contact us. We encouragc the
use of public domain materials for these purposes and may be able to help.
+ Maintain attributionTht GoogX'S "watermark" you see on each file is essential for informingpcoplcabout this project and helping them lind
additional materials through Google Book Search. Please do not remove it.
+ Keep it legai Whatever your use, remember that you are lesponsible for ensuring that what you are doing is legai. Do not assume that just
because we believe a book is in the public domain for users in the United States, that the work is also in the public domain for users in other
countiies. Whether a book is stili in copyright varies from country to country, and we cani offer guidance on whether any specific use of
any specific book is allowed. Please do not assume that a book's appearance in Google Book Search means it can be used in any manner
anywhere in the world. Copyright infringement liabili^ can be quite severe.
About Google Book Search
Google's mission is to organize the world's information and to make it universally accessible and useful. Google Book Search helps rcaders
discover the world's books while helping authors and publishers reach new audiences. You can search through the full icxi of this book on the web
at |http: //books. google .com/l
Google
Informazioni su questo libro
Si tratta della copia digitale di un libro che per generazioni è stato conservata negli scaffali di una biblioteca prima di essere digitalizzato da Google
nell'ambito del progetto volto a rendere disponibili online i libri di tutto il mondo.
Ha sopravvissuto abbastanza per non essere piti protetto dai diritti di copyriglit e diventare di pubblico dominio. Un libro di pubblico dominio è
un libro clie non è mai stato protetto dal copyriglit o i cui termini legali di copyright sono scaduti. La classificazione di un libro come di pubblico
dominio può variare da paese a paese. I libri di pubblico dominio sono l'anello di congiunzione con il passato, rappresentano un patrimonio storico,
culturale e di conoscenza spesso difficile da scoprire.
Commenti, note e altre annotazioni a margine presenti nel volume originale compariranno in questo file, come testimonianza del lungo viaggio
percorso dal libro, dall'editore originale alla biblioteca, per giungere fino a te.
Linee guide per l'utilizzo
Google è orgoglioso di essere il partner delle biblioteche per digitalizzare i materiali di pubblico dominio e renderli universalmente disponibili.
I libri di pubblico dominio appartengono al pubblico e noi ne siamo solamente i custodi. Tuttavia questo lavoro è oneroso, pertanto, per poter
continuare ad offrire questo servizio abbiamo preso alcune iniziative per impedire l'utilizzo illecito da parte di soggetti commerciali, compresa
l'imposizione di restrizioni sull'invio di query automatizzate.
Inoltre ti chiediamo di:
+ Non fare un uso commerciale di questi file Abbiamo concepito Googìc Ricerca Liba per l'uso da parte dei singoli utenti privati e ti chiediamo
di utilizzare questi file per uso personale e non a fini commerciali.
+ Non inviare query auiomaiizzaie Non inviare a Google query automatizzate di alcun tipo. Se stai effettuando delle ricerche nel campo della
traduzione automatica, del riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) o in altri campi dove necessiti di utilizzare grandi quantità di testo, ti
invitiamo a contattarci. Incoraggiamo l'uso dei materiali di pubblico dominio per questi scopi e potremmo esserti di aiuto.
+ Conserva la filigrana La "filigrana" (watermark) di Google che compare in ciascun file è essenziale per informare gli utenti su questo progetto
e aiutarli a trovare materiali aggiuntivi tramite Google Ricerca Libri. Non rimuoverla.
+ Fanne un uso legale Indipendentemente dall'udlizzo che ne farai, ricordati che è tua responsabilità accertati di fame un uso l^ale. Non
dare per scontato che, poiché un libro è di pubblico dominio per gli utenti degli Stati Uniti, sia di pubblico dominio anche per gli utenti di
altri paesi. I criteri che stabiliscono se un libro è protetto da copyright variano da Paese a Paese e non possiamo offrire indicazioni se un
determinato uso del libro è consentito. Non dare per scontato che poiché un libro compare in Google Ricerca Libri ciò significhi che può
essere utilizzato in qualsiasi modo e in qualsiasi Paese del mondo. Le sanzioni per le violazioni del copyright possono essere molto severe.
Informazioni su Google Ricerca Libri
La missione di Google è oiganizzare le informazioni a livello mondiale e renderle universalmente accessibili e finibili. Google Ricerca Libri aiuta
i lettori a scoprire i libri di tutto il mondo e consente ad autori ed edito ri di raggiungere un pubblico più ampio. Puoi effettuare una ricerca sul Web
nell'intero testo di questo libro da lhttp: //books. google, comi
"^^^Akà,
%^^,.,m^^^^[
'AìAàAà.-
■^.'^f'AMr.
''^r\nr:W
■nnnW;T'
rf\r\nf^.
Kt.^
N.l.'i.'i
XJU- ■>■' 1^"^
«* #'zz-J
I la AUifkt' Maàtn-ma ^yneueta SptcTT*" *■'
t laAUfk(-M<id(y
m^^ ilUt^t' ■'^ adarma'
^a(r'fiii'.i/a^b«mtH hrf^fMff' ()0 prete piii -
|hrritf. (tfU* 4«haMs' tt ftìMC AiibreAar\
^o^Mi IcfOp-.iforo tp|0|,-riht lifi-U'hte obtvnK
aJAfoL U
harxii-
'ji apiiTni ir' t^natiimC' the ^ai ^ecitf a tnitn' -
r-Hi*D4*It"Cfài4i. Jiiwf X^UdJ■>^opTrlh■■-^«^d'
Ji^,
1. i«rti4*ii"C tai'n» tiitur rtautdi
tft*tt dcitn*'. c{)e Scc\tnÀ<i ì\A* nu^ Aiuti
HftAwLifVJr (^.tj/rmoltc fVl'UoSri' ala «
'R^
rtoa,
Ioni
Hi*nlo bili MoiMntimflt(M.rt(|"oiVfBh -
GYNEVERA
DE LE CLARE DONNE
lOANKE PADINO DE U ARIEHTI
aiRIMKlIil.BICCIIinULEU
PRESSO ROMAGNOLI-DALL- ACQUA
PREFAZIONE
I.
Il libro che noi pubblichiamo fu
Iscpittppep Ginevra Sforma dei Ben-
f tiTOglìo e per lei ebbe il titolo di
I Gynevera de le Clarc Donne.
Le Jodi, onde Sabadino degli A-
I rienti parla delle virtù e del ma-
I gnifico aspetto di lei, fanno temere
\ assai della sua sincerìtii.
Principiando le biografie delle
I donne celebri scrive : « Tanto più
I voluntieri a la presente fatica
Ime dispono, quanto sei degna cs-
msere in supremo loco fra loro
\colocata per le tue. optime con~
W'ditioni, per le quali piceli et grandi
'X's■i^%
^^
"■ ,_
adaman^', smiraìdi. to-
tìcj' et margarite. Insomma fa
Ed' ogiii cosa un po' senza molta de-
I tenuinatezza. Sempre chiara è però
1 1' allusione a Ginevra e perciò
sempre chiara la ragione del ti-
tolo. Dopo averlo chiamato sfor~
Cesco gynevcro, licenzia l'opera con
Ile parole: « mia opera, illu-
I sLrata del nome eterno de Gyne-
|vera Sforza Bentivoglio, non te
I ornare de auro, né de argento, so
I non de fronde di gyuevero , in
[HO de leticia et pace. >
Ginevra, figliuola d' Alessandro
FSforza signore di Pesaro , andò
in Bologna sposa a Sante Benti-
voglio nel maggio del 1454. Non
aveva che dodici anni!
Le feste elle si fecero allora per
ricevere questa bambina, destinata J
agli amplessi A' imo fra i piii for-
tunati signori d' Italia, furono tali I
d' aver pochi riscontri nella storia. ,
Tutti i cronisti bolognesi, che trat-
tano di quei tempi, le narrano dif-
fusamente non celando quasi una
disgustosa sorpresa.
Si demolìroii sino alcune caseJ
per allargare le vie onde doveva I
passare il corteggio. Gaspare NadiJ
scrisse die « questa sengularis—
sima festa e trionfo bastarla ia|
chorte de re de chorona. »
Una cosa nullameno penniso a
alcuni vecchi ed austeri bolognesll
di predir male a lei e per lei. LbT
porte del tempio, che non s'erano |
chiuse mai iu faccia alle fanciulle
che andavano a giurar fede di
moglie iunauzi agli altari, si chiu-
sero per la giovinetta principessa
Dalle case dei Bentivoglio,
S. Donato, erano partite seicento-
trentaquattro coppie di giovani e
cinquantasei copie di fanciulle. In
mezzo a queste e^a la sposa.
Quando giunsero nella piazza
maggiore e furono per salire in
S. Petronio, le porte della chiesa
furono serrate e nessuno potè eu-
ti'are.
L'ordine era mosso dal celebre
cardinal Bessarione, il quale non
volle che nella casa di Dio en-
trassero donne che, per la ricchezza
smodata delle vesti e dei gioielli,
dimostravano di non rispettare
r austerità del tempio e la legge
che pochi giorni innanzi egli a-
veva fatto gridare per porre un
limite all' eccessivo lusso femmi-
nile.
E Nadi infatti ci dice che tren-
taseì copie di donne erano « ve-
stite de iralinrchado a «ro e de
charmessui, e venti cbopie vestite
de rossa e laorelo. »
U corteo allora retroces^ un
po' disordinato fra la folla ed entrt)
nella chiesa di S. Giacomo, dove
i frati celebrarono le nozze. Sante
BentÌTOglìo, per dissimulare l'in-
diretta offesa del cardinale, rad-
doppiò le feste e le aUegrezse, le
qaali si prolungarono per parecchi
giorni in concerti, trionfi, giostre
e balli.
I frati furono costo interdetti,
ma, per intercessione dello stesso
Signore, tornarono ben presto in
grazia del sapiente Libato.
4
Ginevra non tarda troppo a ma-
nifestare un' indole irrequieta . ed
avida di ricchezze senza misura e
ili lotte, la quale alla prima or;i
di timore e di sgomento dovevii
degenerare in ferocia.
Alcuui r ha»uo lodata per 1' a-
more che sembra portiisse alle arti.
Non è facile stabilire se questo
amore provenisse dalle disposizioni
naturali di lei. dal suo ingegno
insomma o dal suo gusto, o s'ella,
«om' b più probabile, obbligasse il
marito a spendere o spendesse nelle
arti per la sola vanità di posse-
dere palazzi, villo e tesori supe-
riori alle maraviglie delle vicine
Corti.
È certo intanto che cinque anni
appena dopo le nozze, cominciò a
lamentare la povertà delle case
bentivolesclie . e tanto fece che
persuase il marito a cominciare il
famosissimo palazzo che sorgeva
dove oggi si trova il Teatro Co-
munale.
La prima pietra fu posta con
solennità nell'aprile del 1460; ma
Sante mori il primo giorno d' ot-
tobre del 1163 e fu ben lungi dal
veder compiuta la vasta opera, co-
minciata con tanto ardore.
Gine\Ta quando rimase vedova
non aveva che veiituu anni.
Fu fedele al primo marito ? Le
lodi di castità che le profonde
Sabadino valgono a dileguare il
dubbio ?
Sì dice eh' ella sposò in seconde
nozze Giovanni II perch<^ l'amava
ardentemente. Ma quando nacque
([uesto amore, s' ella si diede a
Giovanni dopo che Sante era morto
da soli sette mesi ?
Dunque s' ella non rispetta né
anche il lotto, che s' imponeva, al-
meno per un anno, in quei tempi
in citi la vedovanza era aasai più
d' oggi rigorosamente osservata,
aarii lecito dubitare che una forte
passione la conducesse a Gìovauni
gì£i prima della morte di Sante.
È certo intanto che lo strano
nuttrimonio noti fece buona im-
pressione. I cronisti lo registrano
in àae righe e Io stesso Nadi, ligio
ai Bentivoplio, non accompagna
come di solito la notizia ne d'una
lieta considerazione, né dall" au-
gurio: Mauser Idia sia laudato
sempre l
IV.
Ginevra ebbe de tanto marito
sedici Qgli dei quali cinque mori-
rono « chi in fasae et chi in pue-
rile aetata. » Degli undici che le
rimasero si veggono i ritratti in una
splendida pittura di Lorenzo Costa
conservata nella cappella Uenti-
voglio in S. Giacomo di Bologna.
Sono tulli volti brutti b antipatici
col naso l'iticagriato. con le ir
sceLe pronuticiatisaima e le labbra ]
troppo curve. In questo dipinto,
inginocchiati ai Iati d'un trono 3U '
cui siede la Vergine col putto, sono
anche Giovanni e Ginevra. Quegli
ha un volto poco esprimente, che 1
bpn ritrae 1" indole sua senza e-
nergia , mentre 1' imagine della '
i rivela a im tratto la riso-
lutezza e saremmo per dire la tri-
stezza dell' anima sua, Il dipinto è
del 1488 e Ginevra, quantunque
avesse allora quarantasei anni, pure
conserva le traccie d'una discreta
bellezza la quale meglio risulta dal
ritratto, dipinto da Francesco Cessa,
che 3i trova a Parigi nella collezione
Dreyfus, e dalla medaglia senza ro-
vescio conservata nel Museo di Mi-
lano e attribuita (forse erroneamen-
te) a Sperandìo. Si ha ricoi-do d' un
altro ritratto di Ginevra in quadro
oggi smarrito e che sì trovava nella
cbiesTiola della villa bentivolesca
di Poledrano , qgI quale era di-
pinta la Madonna col putto sopra
santa Lucia, san Sebastiano e san-
t' Apollonia, e i due offerenti Gio-
vanni e Ginevra.
Giovanni Gozzadiui credette an-
che di scorgere nella pittura della
lunetta di fronte neUa stcasa cap-
pella di S. Giacomo, 1' imngiue di
Ginevra nella figura die sì vede
sorgere sull'idra dalle sette lesti:
Se Io storico bolognese s' appose
al vero, dal pennello dell' artefice
ferrarese usci un ben fiero, ariclin
se involontario, epigramma!
Con gli anni l' ìndole di Ginevra
doveva incrudire. Sino a che la
gìoviueìiza le sorrise o la stalla
della sua casa montò, ella fu sod-
disfatta dei tesori che si spre-
mevano ai Bolognesi par prepa-
rarle dimore e feste reali. Ma
poi, come s' accorse del mal-
contento che serpeggiava fra il
popolo, e temette le congiure dei
nemici, ruppe il freno alla sua ira
sanguinaria e superstiziosa, e spinse
gli 8t«3si suoi tìgli a vendette per-
Nel luglio del 1498 fece bru-
ciare viva una doima di nome
Gentile moiera de ser AUsandro
di Zimieri « perchè avea fato piìi
e più mali e spizialniente in cliassa
del fiigniore mesaer Zoane di Ben-
tivoli e fati guarire. » Cosi il Nadi
che continua: « lìechordo come
adi 23 de otovere 1498 madonna
Zanevera dona del signiore messer
Zoanue di Bentivoli fé' apichare
un pelachan a nome piero de Bris-
I
a morto uno innìgn
de Ja dita madonna iera hecliarn
del signiorc. »
Per tal modo Ginevra si sosti-
tuiva al magistrato della giustizia.
Voleva; o r.ió di' essa voleva, Gio-
vanni era costretto a permettrere.
Fu lei che sguinzagliò i tìgli e
i partigiani, come cani affamati di
preda, contro i Malvezzi colpevoli
d' una congiura non riuscita ; fu
1^ che eccitò Ermes all'eccidio dei
Marescotti. inconscio lo stesso Gio-
vanni; fu lei infine che allonìami
tutti gli animi dei Bolognesi dalla
sua casa. E cosi, quando Giulio II
s'accostò a Bologna, Giovanni capi
che non gli restava che uscirne e
la notte del 2 novembre 1506 partì
coi figli, coi nipoti e con la fa-
tale Ginevra.
Ma forse . uscendo , costei spe-
rava di presto tornarvi. Invece gli
vero parve ben acerbo a lei, che
comprese in un momento tutte le
sue colpe!
E mori, improvvisamente, di cre-
pacuore. Abkì non mancò chi spar-
gesse la voce che s'era strangolata!
VI.
Cotì fini la gloria di Ginevra
delta casa bciitivolesf^a. Che.
cosa pensasse di lutto ciò Sabadino
degli Arienti non sappiamo. Egli
si trovava già a Ferrara ad adu-
lare nuovi padroni e nuovi pro-
tettori.
Ma perchè la sua parola non
acquisti un po' di fede allorché di-
pinge Ginevra, restano ìu compenso
altri scritti, i quali provano come Ìl
ritratto che abbiam fatto di lei
non sia per nulla esagerato.
U Caeio scrisse il teti'aatìco :
rji* e" dice « che circolava per Ro-
togoa dopo la di lei morte. »
St fti k1 wM" tati d'oggi tìiìo
bpi, nllgu, inn e utilirili,
Or M kI Stiglio Big» inaltula
Oxd'ip fiilirpnrlDiipplino.
Se il Mi^ in b l'ortiche ha fatto nspiiio.
(A imi ^téì i' Ehrta iniil[¥ nw naia.
Vi pii DÌ diol ib« l'ilsia In lomriliU
Tn nilli pent « fitti Ji pmiptoo.
Tii litri Ebrei \m\ik iffii n»! Wn.
Pijrlttle ts(apÌ4 di mi utrì» morii
E con ( quii or ni omiieii purgare.
I 11 protervo tm-hìo mio (Oisorte
Sirrimi fmli tm » ripìuri
Cosi t' issilo io le tarlare porli.
Siiir autenticità di questo sonata
to, che ricorda in qualche parte
i' epigramma del Garzoni avrem-
mo da far grandi riserve e solle-
vare gravi dubbi. Ma per ora a
noi basta mostrare quali siano
stati i giudizi knciati contro quetlal
terribile viragine.
vn.
Quando Sabadìno tìoriva, Bolo-I
gna non aveva che pochi e me- 1
diocri poeti. La scliiera sapiente ]
degli Umanisti s'era oltremodo di- ]
l'adata e i pochi limasti Del glo-
rioso Studio vivevano eolinglii nell
loro amore pei classici. Giovatinìl
Filoteo Achillini stampò il suol
Viridario quando già la famiglia 1
dei Bentivoglio era decaduta da J
qualche anno.
Sabadino non ebbe quindi convl
petitorì. Egli fu il letterato uffi-*'.
date della corte beiitivolesca ;
raccolse onori e quattrini; quindta
lodò, lodò tutto e tutti, lodo senzal
I suoi scrìtti concorrono tutti t\
iniigniiicare le r^se cui servi.
Del resto, la protezione dei Ben-
tìvoglio. prima che a lui, sembra che
fosse accordala ii suo nonno e a
800 padre, barbiere e loro costante
partigiano. Lo stesso Sabadino rac-
conta : « La prima volta che la fa-
miglia Beotivoglio et la famiglia
Canetala pigliarono l'arme cum li
loro amici per insangninarsi, Gio-
vanna Bentivoglia per ausiliare ,
come valorosa donna senza paura,
il magnifico Antonio Gagliazo et
Ilercule suoi fratelli , fece cosa
degna in una donna de perpetua
memoria in persuadere et armare
li amici ad inquinarse le mane
net sangue de li inimici ; et lei
oum le propre mane armò il
mio genitore che fu la prima volta
prese 1' arme per eredità pa-
terna per la facione bentivoglia es-
sendo anchora doloacente ; che più
volte me disse che mai conobbe
donna de piii ma^itudìne de ani"'
mo de iei. » Cosi il nostro lette-
rato sapeva, colorendo forse un |
po' la storia, invocare i diritti di f
una protezione assoluta e costante i
come la fede do' suoi padri e di lui.
Non e' è che dire : Sabadino co- i
nosceva perfettamente l'arte dei j
cortigiano !
Sabadino fu quindi cordialmente I
protetto dai Dentivoglio e non :
va forse lungi dal vero pensando ]
che, in quei tempi in cui il liglio 1
seguiva quasi sempre l'arte pa-
terna, egli potesse invece dei raso!
e del sapone usar penna ed in-
chiostro, per benefizio del Signore, ;
messo a studi severi e nobili sia |
dall' infantia.
In seguito servi 'infatti per ven-
t" anni come segretario Andrea
Bentivoglìo e scrisse le Poi'rettane
perchè si trovava con lui ai bi
della Porretta. Questo però non
gì' impedì di volgere pifi tardi la
dedica del libro ad Ercul« duca di
Ferrara, nella corte del quale era
passato in qualità di secoudo ca-
meriere !
Vili.
Non rifaremo qui la biografa di
Sabadino, né ci dilungheremo ad
esaminare l' intricatissima, serie dei
suoi lavori. Uno studio simile oc-
cuperebbe un volume e forse un
volume più grosso che importante.
Egli non fu né scrittore elegante
né originale. Se gli artisti bolo-
gnesi, non escluso il gi-ande Fran-
cia, subirono l' influenza de' Fer-
raresi per la pittura, Sabadino la
subì per la letteratura non esclusi
tatti i latinismi che danno a' suoi
scritti un colore fidenziano.
La letteratura specialmente l'ar-
te splendevano alla Corte degli E-
stensì e la loro luce irradiava an-
che la dotta Bologna. Si può aiuti
dire che sino al 1400 circa, oasia
per gran tempo di siguoria benti-
volesca. r arte In questa città non
fossa esercitata se non dai Ferrare-
si, e a provare questa asserzione ,
bastano t nomi di Galasso di Matteo
Piva , d* Ercole Roberti, d* Ercole
Grandi, di Francesco Cosaa e di
Lorenzo Costa.
Quanto alla disposizione del libro,
come per le Porre/lane imitò il
Decameron, cosi per la Qynevera
de le CUir'e Donne segui l' esem-
pio d' alcuni libri allora assai noti.
Lasciando, se si vuole, a parte Le
donne famose del Boccacci, nel
testo latino e nella traduzione di
M. Donato degli Allanzani di Casen-
tino detto rApeniiiuigona, non dob-
biamo diineuticare la O/oriu ìHU-
Uerum. e il Decor puellarum edite
di Nicolò Jeiison nel 1471. Si po-
trebbe qui citare anche l' opera
edita sin dal 149G De claris mi»-
lieribusChrisHanìS di frate Jacopo
Filippo da Bergamo, ma non è 8Ì-
curameitte noto se fosse scritta
prima della Gynevera che reca la
data del U83.
IX.
Nella Gyneoera sono raccolte
trentati'e vite femminili, in gran
parte di signore vìtisute nel secolo
XV. Non mancano quindi i cenni
biografici d' altre Borite qualche
secolo prima, ma fortunameate sono
pochi e nessuno dell' auticliità clas-
sica.
Per questo il libro acquista pre-
gio. L' autore in gran parte rac-
colse notizie (lii-ette sui latti e i
costumi (Ielle gentil(]onne
scrisse. Abbiamo già citato un pas-
so della vita di Giovanna Bentì-
voglio, ove figura il padre di Sa-
badino. Il lettore ne trovei'ù molti
altri ne' quali si fa ricordo delle
persone che gli comunicarono note
e ricordi preziosissimi , come ad
esempio quelli che per Giovanna
d'Arco gli recò di Francia ÌI cro-
nista bolognese Fileno dalle Tuate.
Non mancano anche parecchie
pagine scritte con sentuneuto e con
leggiadria. Ma in complesso è da ■
ritenersi che, pur restando l'opera
miglìurd dì Sabadino, più che un
lavoro letterario, sì deve conaide-
rai'e mi lavoro storico e didat-
tico. An/i la smania continua
di dare esempi di virtù alle let-
trici del suo tempo, l'ha fatto lo-
dare qualche volta per gentilezza,
la debolezza ; per coraggio, la cru-
deità, per narattere fermo, la te-
nacità (iella vendetta, o. come nella
vita di Caterina de' Vigri, per u-
miltà la acliifezza, cui quella donna,
in tonte cose veramente insigne,
s' abbandonava per amor di Dio!
Gentìlo è la biografia di Fran-
cesca Bruni sua moglie , dì cui
parla con teueroua e riconoscenza,
perchè, mentr'ella, essendo di fa-
miglia nobile et antiqua et pe-
rilltcstrata de regii privilegii,
poteva aspirare ad homini de più
oondicHone et fortuna , preferì
invece l'amore del giovine lette-
rato, che uè descrivo la morte
con profonda pietà. Curioso ò
poi il cenno su quella che al
presente el bel nome si tace. Il
Fantuzzì afferma: « Si compi-onde
esser stata una sua innamorata ».
Ma noi non sappiamo trovar trac-
cia d'alcun amore. Non si può trarre
il concetto d' un affettuoso riserbo
dal titolo già riprodotto, perchè
lo stesso Sabadino dice: « E no-
me, ben che sia de molto splen-
dore, a mi non piace altrimenti
explicare, perchè fin a la fine non
se può r huomo chiamare beato ».
Pel disinteressato augurio cbe a
lei vedova esprime di t[-ovar nuovo
e degno marito e per la escla-
mazione: < Beato colui a chi per
felice sorte tochar:\ tanta donna ! »
a noi sembra che si debba ve-
dere neir aifetto di Sabadino per
la bella incognita una semplice per
quanto intonsa amicizia , per la
quale non fa certo difetto la frase:
« Li nostri animi furono sempre
pudicamente uniti. »
Chi fosse costei non ci è dato
sapere con precisione, Sabadino
scrive che ebbe il nome della fi-
(jliola del re Meiabo ossia Co-
4
so'ive che nacque « de
egregii parenti, decorati in tutti li
honori et dignitate de la nostra
magniflca republica » e che sua
madre si chiamò Marglierita; scri-
ve che suo marito fu de bona fa-
mif/lia e che gi ebbe tri belli et
candidi fìgliuoH; scrive che ri-
mase vedova nel 1477. Ricono-
eciamo che le Indicazioni sono più
che sufficienti per produrre le ri-
cerche sul casato di lei, ma il
nostro esame sul Delfi e sul Mon-
tefani, raccoglitori di goneaiogie
bolognesi, no» diede risultato.
Prima delle vite è una specie
di proemio o dedica in cui libera
a volo sfrenato le adulazioni più
sfacciate a Ginevra Sforza, al pa-
dre di lei Alessandro, a Giovanni
II BenUvfìglio, di cui accenna alle
imprese eroiche; enuioera quindi
tatti i figliuoli di Giovanni, di cia-
scuno de' quali narra in succinto
virtù e fatti, illustrando per tal
modo la pittura ricordata del Co-
sta. Conclude tornando a prostrar-
si ai piedi di Gine^Ta, della quale il
lettore ora sa qnulcosa, esaltan-
done « le parole nel consigliare
prudenti, la gratiositA di costumi,
1' afiabiliU^, la mansuetudine, la
pietata, In religione et il liberale
servire cum la magnitudine de
l'animo et finalmente la discreta
pompa de omne ornamento et reale
prestantia! »
L' autore chiude ran una licenza
o òistructione dt'U' opera, nella
quale dapprima dic^ al libro d'ire
n trovar Ginevra nel palazzo di
Helpog^o , deliziosa villa benti-
volesca ch'ei qui descrive « cJie
I
trovava nelle colline bologneai
a im cliilometi-o da porta S. Ste-
fano, nel luogo, circa, in cui oggi
sorge la villa dei principi Hercolani.
Prende in fine argomento per
fare una rapida rassegna di molte
altre gentildonne, massime bolo-
gnesi, e compiere cosi il liliro cor-
tigiano lusingando quasi tutte le
famiglie nobili d' allora. Ricorda
ÌDl^tti Elisabetta de' Dianclietti in
Bentivoglio; Beatrice Saliceti in
BeuUvoglìo; Giulia, moglie ad Er-
cole Bentivoglio; Cleofe Zoboli in
Malvezzi; Lucrezia Foscherari con-
sorte di Florio dalla Nave; Ales-
sandra 2onzanina; Gentile « ve-
doa, modestissima, figlia che fu de
Baviera principe a quelli di de'
moderni physici »: Antonia moglie
di Lodovico da Castel-San-Pìetro
dottore, cavaliere e patrizio; Eli-
sabetta Bentivoglifi moglie a Ko-
meo Pepoli; Lucrazia Bentivoglio |
in Albergati; Gentile ed Elena
Gozzadini ; Giovanna Ludovìsa mo- |
glie d' Antonio Magnani di cui ri-
parleremo ; Antonia de' Bardi si- I
gnora di Verniù, consoi-te di Gia-
romo Orsi; Margheriti vedova di 1
Giovanni da Loiaiio ; Margherita j
Reccadelli « maritata giii nel uo-
hile mercatante Domenico de li 1
Odofredi »; Giacoma Odofredi in \
Gnadtavillani ; Maddalena fientiro-
glio dei Lambertini, Cornelia Lam-
bertini sposa a Giacomo Uccellani ;
Cassandra figlia di Vincane Pa-
leotti giureconsulto ; Camilla da
Sala moglie di Nicola Aldrovaiidi
e le sue figliuole Antonia ed Elena
maritate rispettivamente nelle case
Grassi e Zancliini; Gentile Bian-
chetti in Zancliini ; e 1' eroica vii-
lauella Angelina da Poggio Re-
natico moglie d'Agostino Malucelli.
Da tulle ((UtìSte donne bolognesi
ptissa a far memoria d' alti-e, fo-
restiere, come di CaterÌDa dei
Benri consorte a Pietro Vespiicr.i ;
di Calmila « tìglia de Marino duca
di Sesso et [irbci|ie de Rosano,
consorte glA de Constantio Sforza
principe di Pesaro » ; d'EJisabetta
nata di Federioo dnca d' Urbino.
roaritata a Roberto Malateista; di
Bianca Maria d" Este consorte a
Golaotto Pico delia Mii'andola; di
Costanza BerjtivogHu moj^lie ad
Antonio Maria Pico delia Miran-
dola; di Beatrice d" Este sposa ii
Tristano Sforza; di Lucrezia Ma-
lavolta senese moglie a Roberto
Sanseverinn ; delia celebre Cas-
sandra veneziana; di Caterina nata
dai Cornerò « regina de Cyprì,
moglie ette fu del re Jaclies, ctim
t dola di cento milia ducati » ; d'E-
leonora d' Aragona, moglie ad Er-
cole d' Este duca di Ferrara, e d
Beatrice sua sorella, regina d'Un-rl
gheria ; di Bona Maria di Franoì
moglie di Galeazzo Maria Sforzad
d' Isabella d' Aragona moglie
Giovanni Galeazzo Sforza. Final
mente si spinge oltremonto e rì-i
corda Anna figlia di Luigi di Fraa-I
eia e Isabella moglie a Ferdin
re di Spagna.
Di tante, fra le mentovate donnj
illustri, ha con frasi vaglie e ipetS
holicbe lodata la virtii, ma di tant^
altre ha brevemente ricordati avJ
veoimenti che non mancano d' ira*!!
portanza.
Quest' opera , tutta insieme , è ""
quindi di non poco valoi-e storico
e di qualche pregio letterario, e
valeva ben la fatica di pubblicarla
in questa collezione dì opere ine-
dite e rare ove ci è piaciuto darle
posto.
Da iteatarìiM]oe capitoli du
> quest'opera (I) sohanto
otto sono stati pubblicati, piattoeto
nalameote, per le stampe, e sooo
i segneslì:
I. — La bioffretìa De Janna poÌ-
eetla gaya de Franzo- — A pag.
17 dell' Alm^macco slalistieo-ar-
eheoiogico hologììcse del 1S35, in
nota air elogio «lì Francesca Brunì
d^lì ArieDtL un anonimo (forse
Gaetano Giordani) scrìve clie Fran-
cesco Tognetti professore d' elo-
quenza air Università « si piacque
gentilmente tnootrargb la rarìssima
edióoDe.... rfdi' elogio della rìoo-
. (1) Kell'iadin aembruM 33, ma A da
matissima e sventurata GioYaima
Gaja di Francia celebre col nome
di Giovaana d' Arco detta la Poi-
cella d' Orleans. Questa stampa è
ia due foglietti iu 8" eseguita al
finire del secolo XV, o al prin-
cipio del secolo XVI in Bologna.
È il Bolo esemplure che si co-
nosca. » Molti dei libri e dei ma-
noscritti appartenenti al Toguetti
sono passati alla Biblioteca Comu-
nale di Bologna, altri sono andati J
diapersi in varie vendite. Fra que-l
3ti ultimi è r opuscolo citato, og^J
introvabile.
II. — < Vita de la beata Ca-J
therina da Bologna de Y ordina)
de la diva Clara del Corpo del
Cbristfl. » Ih tìne: « Quivi finisse^
la vita de la beata Catlierina Bo-
lognese de l'ordine del seraphico
Francesco. Stampata in l' inclita
cita de Bologna jier Zuau antonto J
de li benedicti citadiui Bolognese
del MCCCCCII a di iiiì de Mai-zo. »
la 4.* — Il Fantuzzi attribuisce
questa vita a fra Dionigi Paleotti,
ma il confronto col manoscritto
della Gyneoera di Sabadino degli
Alienti toglie ogni dubbio. — Del
1538 gli eredi di Girolamo Bene-
detti stamparono in Bologna due
libercoli con Le armi necessarie
alta haltaglia spirituale della B.
Catherina da Bologna in 8" e il
Libro della Vita della Beata Ca-
therina, la qua] vita non è con
ben poche varianti che quella di
Sabadino divisa in capitoli , con
una specie di preghiera innanzi e
quattro capitoli aggiunti in fine,
nei quali sono narrati i molti mi-
racoli che ha operaio idio per
quella Beata, con una appendice
di poesie e di preghiere sulla San-
ta. — Lu stessa biografia dell' A-
tlt tv, V. — « Ba^ £ Fnn-
WMiHfc Bmaà aNgfi» iM oaUkrt Gìik.
(talM^iirMi Juiiii Anelli: U'ÌDtitme. >
-u. AÌ~]
iiittìi». '-i-^.
VI. — « Elogio a Diana Sali-
[ ceto B^tiroglio scritto dal celebre
I Gtovamu Sabadioo degli Arìentì
I bolognese, pubblicalo per le noue
Fava-Saraceni. > Bolc^na, al segao
\ deUa Volpe, 1835, in 8."
VII. — « EIo^o della princi-
I pessa Battista Sforza moglie del
I famoso Federico da Montefeltro.
I Duca d' Urbino, iscritto dal t>olo-
se Gio. Sabadino degli Alienti,
con annotazioni (del cav. Gaetano
Giordani) ». Pesaro, tip. Nobili,
1830, in 8.'
Vni. — « Giovanna Bentìvoglio,
cenno biografico di Sabadiuo degli
Arienti edito per le nozze Car-
ducci-Gnacoariui da Corrado Ric-
I ci., » Bologna, tip. Fava e Gara-
goani, 1887: in IG." Ma .questo
L è OD estratto della presente edi-
'ziooe.
A noi non sono note altre parti
(Iella Gynevera stampate. Dello
stesso Sabadiiio si ha anche la
« Vita di Anna Sforza moglie
d' Alfonso d" Este duca di Fer-
rara » edita in qnella città pei
tipi di Domenico Taddei e figli,
1874 in 8" grande, ma non fa parte
della G-ynevera e si sa che fu
scritta nel 15IX).
XII,
I codici che conosciamo della
Gynevera sono tru. Uno del se-
colo scorso e di pochiasinio valore ;
gli altri due di mano dello stesso
Sabadino.
Descriviamo, di questi ultimi,
prima quello che ha servito alla
presente edizione, e che si trova
neir Archivio di Stato dì Bologna.
È cartaceo e consiste in cen-
totrentotto earto, di ram. 305 X
i
i
I
mm. 203, delle <|uali soltanto il
verso della carta 135 e le carte
136, 137 e 138 sono bianche.
La legatura è 1' originale, coi
piani ili legno coperti di baz^taria
ad impressioni a secco di puro stile
del Rinascimento. I leriuagli d' ot-
tone assai deperiti hanno noi dorso
la forma di foglie d" edera.
Su ciascuno dei due riguardi
coperti di carta è disegnato a penna
nn San Giorgio che uccide ìl drago.
Il S. Giorgio che è disegnato nel
riguardo posteriore è opera di pes-
simo artefice. Le proporzioni peri'i
e le movenze delia figura non inte-
ramente errate lasciano pensare
che fosse tratto da un originale
a bastanza buono. I fori d'ago che
si scorgono sotto le linee del di-
seguo provano infatti che si tratta
d' un cosidetto calco. Il S. Giorgio
invece che si vede sul riguardo
anteriore, (come il lettore può
dicare dalla riproduzione che
diamo) è disegnalo con molta fran-
chez7.&. Evidentemente è d'uno dei
tanti pittori di scuola fer-rarese
che fioriscono sotto gli auspici di
Giovanni II Bentivoglio. Non è
mancato chi La pensato al Fran-
cia, ma questa ipotesi non ci seni'
bra nò meno degna di discussione.
Il Francia ne" suoi lavori era d'una
gentilezza, d' una delicate^tza e di
Una correzione senza esempio. 11
S. Giorgio del nostro libro è bensì
disegnato con insolito ardire, ma
con molte scorrezioni. Il Francia
non avrebbe mai così stranamente
e cosi malamente esagerato i mu-
scoli, quali si vogliono nelle gambe
e nel torace del nostro S. Giorgio.
Qualche linea può ricordare l'arte
d' Amico Aspertini, ma cosi di-
cendo siamo ben lontani dal vo-
giu- ^^M
ihe ne ^^B
I
JiUtl
lerlo attribuire a questo bizzarro
pittore.
S. Giorgio doveva essere uno
dei aajiti prtjdiletti e venerati di
casa Beiitivoglio, se lo vediamo
riprodotto anclio dal Francia sulla
mirabile targa bentivolescit che si
conserva in Bologna dal marchese
Kodriguez.
La prima pagina del codice è
da noi riprodotta, per mostrare la
leggiadra miniatura della lettera
iniziale, il carattere di Sabadino
degli Artenti, e il simbolo o ùn-
presa sottoposta, sulla quale dob-
biamo apendere qualche paro-
la. Consiste quesf impresa in un
cervo in riposo, il cui ventre è
circondato di tiararae. Sopra gli
gira una fuacia col motto Ntl de-
sperandum sera duce, tratto dal-
l'oraziano Nil despcrandum Teu-
cro duce (Od, I, 7). All' uso dei
codici o per manco d' ortografia
certo in esso si legge sera invece
di serra, parola che, significando
scffa, allude ai Bentivoglio i quali
appunto hanno la sega uel loro
stemma. Cosi il motto è di facile
spiegazione : « Nulla è da pa-
ventare se guida o protegge Ben-
tìvoglio. *
Non è improbabile che anche le
fiamme che s' alzano e lingueg-
giano ai fianchi del cervo, simbolo
dì prudenza, abbiano rapporto aral-
dico coi Bentivoglio. È noto che
la sega non era in origine che una
fila di fiamme. Oltre a ciò non
dobbiamo dimenticare che il qua-
drupede fra le fiamme era un'im-
presa bentivolesca, come si rileva
da una scimitarra, già della col-
lezione d' armi del conte Gozxadini,
e da un mattone smaltato del pa-
vimento nelEa cappella Bentivoglio
in S. Giacomo di Bologna.
Due parti di quest' impresa aon
ci è stalo possibile comprendere.
Non sappiamo che significhino le
due stelle che sono fra le corna
del cervo e le lettere T. A. Non
è da omettere però che queate sono
d" altro carattere e d' altro in-
chiostro , malfatte e certamente
aggiunte dopo. Non sappiamo del
pari di chi sia lo stemma che si
vede fra le nubi e i raggi, di fronfa
al cervo. D Canetoli nel Blasone
bolognese offre mio stemma iden-
tico, cioè di azzurro al monte di
sette cime al capo d' Angió . per
la famiglia degli Avvocati; ma non
si pud loro attribuire nel caso
nostro; prima di tutto perchè gli
Avvocati erano famiglia non no-
bile e quindi lo stemma a loro ri-
spetto è relativamente moderno e
forse cervellotico; in secondo luogo
perché gli Avvocati non appaiono
in nessuna pai;iaa deUa storia hen-
tivolesoa. Forse Don si va lungi
dui vero congetturando che possa
essere lo stemma d'una delle mol-
tJssimó donne maritate nei Beri-
tivoglio.
Tornando al codice diremo che
le biografie si succedono di se-
guito, senza aspettare il recto di
lina nuova carta, né salire al capo
d" una nuova pagina. I titoli di
ciascuna vifa sono se^^nati in rosso,
ti m rosso o indaco e qualche volta
in verde sono segnate le iniziali
per tutto il libro. In fine v'ha, in
un foglietto aggiunto, un indice
delle vite, ma recente.
XIII.
Il codice esistente nella Regia
Biblioteca di Parma k meno ricco
del bolognese , ma in compenso
assai pin conservato. Il FaiitnzKÌ
nel 1781 e I' annotatore all'Elogio
di Francesca Bruni edito nell'A/-
manaoco citato del 1835> ci fanno
sapere che questo codice era n
libreria dei Padri Carmelitani di
Parma, mentre dii un frammento
di pergamena unito al riguardo
posteriore possiamo inferire anclie
che, avanti che passasse ai detti
Padri, fu di Michele Colombo. Pri-
ma ancora appartenne a Violante
Benlivoglio. Sul riguardo poste-
riore è scritto: « Questo libro si
è di me -violante bentivolìa . chi
lo ara e no me lo darà . a casa
dal dtavol aiidarù . in anima et in
corpo if portarà. »
In casa Bentivoglio noi tro-
viamo due Violanti. La prima, B-
gliuola della nostra Ginevra e di
Giovanni II, maritata nel 1489 a
Pandolfn Malatesta. auperha e sde-
gnosa come sua madre, cosi da
contribuire non poco alle sventure
dei Malatesta ; l' altra, figlia d'A-
lessandi'o, maritata a Giampaolo
Sforza marchese dì Caravaggio,
donna colta , gentile e piena di
spirito, che il Domenichi fece Ìii-
terlocatrice d' uno de' suoi dialoghi
editi nel 154!).
Riteniamo che la Violante che
possedette il codice fosse questa
ultima, perchè il carattere delle
parole riprodotte è certo della metà
circa del secolo XVI , e perchè
il libro ebbe, come vedremo, dap-
prima, e mentre proprio fioriva lu
Violante di Ginevra, una proprie-
taria cui r inviò lo stesso Sabadtno.
Descriviamo intanto II codice
parmense. Come ÌI bolognese, ha
la legatura originale coi piani dì
I
legno coperti di bazzana con im-
pressioni A secco, legatura che si
dere allo stesso artefice che legò
il primo codice faceodovi identici
. In mezzo, fra gli ornati
, si scorge lo stemma dei
Bentivoglio.
Questo codice è cartaceo, con-
siste iu carte centosessanta di mm. ^
3U7 X mra. 206. (di cui soltanto
il verso dell'ultima è bianco) e
reca la segnatui-a moderna HH. I,
70, n. 1295.
Nel primo riguardo coperto, di
pergamena di carattere posteriore
a quello del codice è scritto prima :
Al nome de idio e de la gloriosa
vergine tnaria; poi Intra le altre
nostre matrone antique (parole
con le quali Sabadino comincia l'e-
logio di Pezola di Piatesi); poi
Ne la mi" afecionatamcnte Gi~
nevern Sforcin (prime parnle del '
proeinio) e fiiialmeate Y ottava:
Voi eh) di Ul billì tnberta (sic) ìM.
Spnunln siur « tli loi [rutti brini,
Mte duidìcs mie (sic) deb, riguirlit»
Quel eie ftt m se itrggie a drinn r lirsinn.
It niuro mio cor, dico, giiMits
D' ispri feri ratito srilere in fianis.
làinltl tutto, esmjiul bei»,
Crudo! cU pir foi jento ttnùi (sic) \m.
Nel «e/'so della carta membra-
nacea unita al riguardo aiiterìore
o carta di guai'dìa si legge :
Ilhisfri d. Gineverae Sporttae de
B(mtìVo!(/s Andreas Maffnamts
Salutem.
S' io polotsi tUdoua in (jnCsste Carllie
EiptHn il Counplo del mio ture
Ti [irei rtin nei Tersi liuto bouort;
TJm nilUU uruli in %vt \u\».
tb ti pa shIiìkIo ii m%iit \' a\t
E il bel itisrpo uith »fii colote:
l t'hfpk m preta el m bwt
%n Mille inni mki riva Imtrte.
Elorìsu citi fra l'iltN JD tem:
teli» iigiiir di Ul CiHUorle
Pidiu il u^ stnpn in pi« t h pan.
Copia HO h giimai di coli! sotit:
C!i( AfflBM e W( i: ni sol pts^p miti
Qnl mi WD Initcliari [grlra o niorlt,
Di quesf Antonio Magnani au-
tore d'altri sonetti, fa ricordo lo
atesao Sabadino che ii! fine della
Gynevera lo chiama gratioso et
splendido cavaliero.
La prima pagina del codice è
miniata evidentemente dalla stessa
mano che ha miniato il codice bo-
lognese, ma meno riccamente. In
basso, invece dell' impresa del cer-
vo, sì vede il ginepro, solito sim-
bolo di Ginevra Sforza, a cui è
appeso uno stemma inquartato tega |
e scacchiera ossia Pepoli-Denti-
voglio.
Questo !jteiuma indica senza dul>- i
bio la persona cui 1' esemplare
parmense fu offerto in origine ,
probabilmente da Sabadino stesso.
Intanto . allora , nessuna doiuia
di casa Pepuli, luidò sposa a un
I
BetttÌToglio. Invece ti-oviamo che
Elisabetta « tìgliuola della dolce
memoria di Antonio Galeazzo Beii-
tivogbo (figlio di Giovanni II e dì
Ginevra) gloria del bologn«se no-
me » fu maritata a Romeo Pepoli
che lasciò la vita nella battaglia
di Ravenna, nel 1512. È vero che
([uando Sabadìno scriveva la Gy-
nevera, Elisabetta era già morta
(pagina 375); ma egli stesso scrivo
dite righe più -avanti « che de lei,
in laude del suo pudico ventre,
sono cinque belli figliuoli. <1ue
maschi, H tre l'emine vedoe de
grande honestate et de optima
fama, che luti sono ornamenti de
la nostra citate. »'Ad uno adunque
di questi figbuoli e forse meglio ad
una della figliuole, come suggeri-
sce la natura del libro, fu molto
probabilmente offerto il codice che
ora si trova a Parma.
XIV.
Di poca o nessuna importaiua
è la copia cartacea scorrettissima
fatta nello scorcio del secolo pas-
sato, e che si trova nella Biblio-
teca Comunale di Bologna rozza-
inonte legata in cartone. Nel dorso
è scritto Arienti — Ginevra —
dare Don. Manca rtì frontespizio
e comincia con l'indice, cbe oc-
cupa tre pagine d' un foglio non
numerata. Le carte numerate co-
minciano ilal proemio e sono cen-
tosettanta di nira. 301 X 207. Nel
verso dell'ultima carta si leggo:
< Tutto il retroscritto Libro com-
posto di CArte n. 170 intìtolato
Opera rtotnmata Oynevem de te
Giare donne composta per me
Joanne Sabalùw de li Arienti ad
la n lustre Mmhmnn t>;/tfrer*t
l^horta di hentivogli è statai
trasuntato fedelmente dal suo ori-
(^ule Libro scritto in cai'ta co-
muae con cartoni dì Legna coperti
di Bazzana contrassegnato al rli
fuori col n. (17, conservato nello
scrigno esistante in iiuesto pub-
blico Arcliivio di Bologna. In fede
ecc. Questo di 12 settembre 1794. >
Sotto è un' auteiiticaKinne flì no-
taro eoa un bollo inintelligibile:
« IBoitoi Ita est Julius Ca'sar An-
drttas Maria d. Fardinandi Maz-
aoUtni Notaì-ius Publicus Colle-
giatm liononiip Aposto/icus atque
Imperialis et unus err Pressi-
dibìis in dieta puhlico Archimu.
In quorum etc. »
Questa copia 6 certo quella in-
dicata, nel 1835, dall'editore del-
l' elogio di Francesca Bruni degli
Arienti. nelle parolf: « Una pre-
i copia aiitenti<:ai.a ed esattis-
sima si i^ossiede dal eh. Fraucesco
Tognetti , già professore d' Elo-
quenza nel patrio Arcbìgiaiiasio
ed attuai Pro-Sefjretario nella no-
stra Pnittiflcia Accademia dì belle
Arti. »
Id una miscellanea manoscritta,
conservata nella R. Biblioteca Uni-
versitaria di Bologna col n. 83,
appartenuta gìA ad Ubaldo Zanetti,
al n. 10 si trova In « Vita della
Beata Caterina da Bologna di Gio.
Sabbadiiio degli Arieiiti. » Con-
tiene un opusrolo di diciotto carte
di min. 391 X 308. Nel r«cto della
carta 2 è scritto; « Vita di S. C-at-
terina da Bologna levata dal libro
intitolato Opera nommaftì ecc.
esistente odio scrigno del poblico
Archivio dì Bolo^pia. al fot. 67 r.
di detto libro. > U carattere £
qnesta copta 4 del 8«ooio passalo.
Non s'hanao aotina (f «hn ro-
dici , nìi mono frammentari , delln
Gijneoera.
XV.
Per la presente edizione abbia-
mo seguito diplomaticamonte il co-
dice dell' Arcliivio di Stato in Bo-
logna, come il codice più ricco,
datato dal 1483, e di mano dì
Sabadino. Il codice parmense è
pure autografo, ma senza data e
meno splendido , quantunque più
conservato. Del resto, la lezione è
identica e le poche varianti non
sono che ortogralìrhe e cos\ in-
concludenti da tornar perfetta-
mente inutile riprodurle in nota.
lUcliiesto per noi il codice di
Parma, il Ministero della Pubblica
Istruzione fu sollecito a permet-
tere che fosse inviato nella Bi-
blioteca lliiivei-sitaria di Bologna.
-Mlora, pei coufronti indìsponsabili
col codice dell' Archivio di Stato, bì
cliiese al Ministero degli Interni di
potflr trasportare il codice dall' Ar-
chivio alla Biblioteca, nella stessa
cittÀ. con sorveglianza immediata
rfegl" impiegati governativi. Sape-
vamo che i regolamenti non sono
favorevoli per la consegna di carte
arcliivistiche ai privati , ma pen-
savamo eziandio che esistevano
precedenti in nostro favore, che
il codice richiesto era semplice-
mente letterario, e che si trattava
di portarlo da un istituto gover-
nativo ad un altro.
Ciò non valse. Il Ministero de-
gl" Interni no» ci favori, come fa-
vori altre volte un senatore bolo-
gnese. Non e' è che dire. Anche
in Italia il favore agli studi di-
pende dalla posizione politica !
GYNEVERA
CLARE DOI^NE
Opera nominata Gynevera de le Giare
donne Composta per me Jeanne
Sabadino de li Arientl ad la II-
lastre Madonna Gynevera Sphorza
di Bentivogli.
Ne la mia affactionata mento, Gj-
nevera Sphorza illustro Madonna, cs-
sendu spesso cum dolceza stimolato,
per beniRiiità del tuo mt^ifico aspe-
cto et virtute, che ingrato essere non
debba a la aparente estimatione, che
hai por tua mansuetudino facto di me
da la adoloscante mia aotate fin a la
gioventù presente, ho preso piacere,
in dolce fatica del fi-ucto del mio
obtuso ingegno, scrivere del valore de
alcune eccellente donne, die, secundo
ne li nostri Anali trovo et por audito
de optimi ingegni de reverenda fede,
quasi, molt^i se può dire, a la nostra
aetato cum excellentia TÌxe[i'o]: le
quale certo non sono manche degne di
poema et de hystoria che de le anti-
que et gentile da preclari scriptori, per
aeterua memoria de loro £icti, ^xaltate.
Et tanto più Toluntieri a la presente
fetica me dispone, quanto sei degna
essere in Bupromo loco fra loro co-
locata per le tue optime conditioni,
per le quale picoli et grandi plaudendo
gridano : Gynovera , Gynovera tuo
odorifero nome. Non 6 da maravi-
gliare perhù de tanta tua gloria, per
elle prima li Cieli te hano creata de
caste bcleze piene de gratin singulare,
prudente et costumate et figliuola
già de Alexandre Sphoi-za clarissimo
principe et de la disciplina militare
Imperatore pracstante, quanto al pre-
sente seculo fuBSe già mai, in forma che
il nome latino et il Sphorzesoo sangue
aeternumcnte cum summa laudo et
gloria perillustrati Bono. Tu sei ad
contento del Bolognese populo copu-
lata al più felice Cavaliero del mondo.
Joailue Beativoglio secundo, strenuo
in arme, Gubernatore generale Du-
cale de le gente d' armo et Senatore
perpetuo, primo de tanta illustro cita,
quanto è la nastra, grata a tuti i
pontentati Italici, li (juali a prova
r uno de l' altro desiderftno honorarlo
existimando la sua virtute, anctorita
et reputatione a loro de non poco fo-
mento, come in effccto se è veduto
ne la cruda gueiTa del nostro Inclj^to
Duca Ilercule, che por la serenissima
liga prcsontandose luì prima in Fer-
rarese, nel pere li bastioni in difesa
del ducal Stato de quel Signore conb'o
la superba invasione de le potente co-
pie Venete, ne prese, ad terrore de li
1 Victoria optima speranza.
Poi in Mantuana, ne la squisita A-
80la .oppicìo fortissimo et bello, e
ne r altre teiTe di Bressana dimostrò
granileza de animo in forma che '1 suo
nome, cum degna gratia ei laude de
Alpbonsio do Aragonìa Capitanio savio
et excclao del Ilo re nt issi aio esercito,
atinse le stello. Hai auchora hattno
de tanto marito, gloriosa Madonna,
angelica sobole de sexdeci figliuoli,
di quali cinque (zoé; Hannibal, Cor-
nelio, Lodovico, Donina ot Isota)
lassando, chi in fosse et chi in pae-
rile astate la mortai vita, andarono
a la Bctcrna, dove, ornati de gìrlnnde
de fronde de Gynepro per il materno
nome, triumphando noi clioro de li An-
goli orano per te la Muìcsta divina, ot
Quella in angelica voce magnificano
cantando oxanna. O quanto questo a
ti fia celeste et divina gratia, per che
tu puoi dire bavere già la destra
mano uel regno del cielo!
Del residuo di viventi tuoi oma-
tisaimi figliuoli , hai per il sexto
Biancha, maritata in Nicolao Rangono
nobilissimo Cont« et do la nostra il-
lustro RepublicB felice Capitaneo : sep-
timo figliuolo Francesca, quale fu
copulata a Galeotto Manfredo virtuoso
principe de Faenza; ottavo figliuolo
Hannibal seeundo mio signor Com-
patre, quale avanti lo illustre se-
puicro del Sanctissimo Dorainico fu
posto ne l'ordino eiueatro da Chri-
Btiemo Re de Datìa et poi, cum
molta gloria et triumpho do tata
la cita nostra, matrimoniai mante te
congiunse cum Lucrctia, savia figliuola
dell' alto Duca Hercule Esterge, come
difusamente habiamo scripto no l'opera
de lo Hj-raeneo : nono figliuolo è Lio-
Qom moglie del fiituro successore del
paterno stato Giliberto, de la citA no-
stra magnifico Duca d' arm<! et Aglio
primo do Marco Pio splendido Signor
de Carpo; decimo figliuolo, Antonio
Oaleazo apostolico Protbonotarìo re-
verendo et monificiente ; undecime,
Camilla egregia vergeno, la quale
a li servitii del celeste principe nel
monastero de Sancta Clara se è ren-
clusa, che a ti sia cumulo de divino
thesauro; duodecimo figliuolo, Vio-
lante, consorte de Pandolpbo Malatesta
de Arìmino folicissimo principe, nel
quale già se indica le glorie do' suoi
progenitori j
(Irò ornato d
t^rzodecimo, Alexàìt-
1 militare splendore da
Alphonsio Duca de Calabria, Fponso
de .Ioanna Agliuola già de Roberto
Malatesta Principe de .Vrimino, quale
1 diva giuria fu uno fulghure de
Marte al mondo; quartodecimo, Lau-
ra, elio come lauro verdegia sempre
de Tirtute Pt costumi; Ìl quintodeci-
mo figliuolo, Hermes, che in li suoi
puerili anni estende benignità te et
gratia do futura celsitudine; el sex-
1^ e cimo figliuolo è Isola secunda,
clarìssima fanzuletta sponsa in Otta-
viano già primo genito del Conte Hie-
ronymo de Rìario, Signore inclito de
Imola et de Fnrlì citate in Flaminia
de non poca imiiortantia per li co-
La natività de quisti toi figlioli, certo
non Ci manco presso noi iocuiida per
loro futura alteza, et au^umento del
felice nome Bentivoglio, che fusse in
Creta quella de Jove, il quale da lo
Nyniphe fu in rose et viole elevato
et nntritù io tant* delide, s^^andi.' ft
narraui da pj^Jli, che nuu fu [liu beato
nascimento. IJ h'/mini , le doase et
li £uiinli dunclia iasianifute, come ?bo
simnlacn.!, te miran;' et co Qtfm plano
et pe&fsjio serrirti esaltando il tuo
g«oero»> WMBe et U beatitudine del
tuo lecnndo ventre, percbe ottra le
narrate coo^tìoDe li etrenge U dol-
eeia de le tue parole nel 'cons^iliare
pradente, la gratidsità di costumi,
la aSabUiU, la mansnetadiiM, la pie-
tate, la religione et il liberale tao
aeTTÌre cum la magnitadine de Y aiti-
mo, et fiiialinenl« U discreta pompa
d« onme ornameata et reale pre-
stantia, in modo che la cita, nostra in
ogni canto splende piti cbe le geme
et Toro: onde, secundo donna, non sei
in alcana parte inferiore a le inefiabile
Tirtn del tuo sangne et del tuo il-
lastre consorte. Che debbo io dunque
, essendo de tante tue excellentio
infiammato, se non afaticare la
mano et l' inge^o in Msa gentile.
per gratificare U tiu bnugsa mente
S tua alterna loode in exemplo de i]a>-
loBcha (ioaaa Tort eooee^uiiv booore,
tassawla de aitìfieiara lì Tisi loco la
coatìana cnr* M vaas «t ksjra
speeUo, SMita Tatto w^aiiatare del
b«tw nrwan, ^a eod bceado^ »A
tenìae de na ràa, «un ìli aìgia
baakuMmaa Q «ocial vi^ et «•-
Auano &a S beati spiriti ée le fr*
Booe <1«U0 ad frnra fMflk aoHf»-
tatwt patria, doTe è gmA* Moik
»b taa Sìcaoria, a ab «t* ywma K
da le nre d» k tMitkndfi^ te
1^ «t dd tv atila^ ■• |wm itt t
■■ fùfi ràfegM» «• Ih mano a ta
I
tua felice et cum consìglio dii la mìa
devota musa, la presente opera Gene-
rerà ìntitulando ad aeterna tua me-
moria nel 1183
S. D» TheoiJolInda paiola da Qaribaldo
Ha da' B avari.
La tna Signoria, duncha, glorioBa
Madonna, primamcate debbe inten-
dere, che Oarìbaldo, di Bavari illustre
Re, ebbe una figliola, che de reale
corona molto refulse. nominata Theo-
dolinda , la quale fu de speclabila
forma et belleza, et de generosità
de' costumi clarìssima apare: fu sa-
via et de costumi de castitate, de
eloi^uentia et de religione circunspecta,
et de molta gratia fiorente pìU che
de altra regia donna, che a i|uel
tempo 80 sapesse. Gartbaldo dunque,
essendo nel regno suo da aspra et
lunga guerra molestato, mandù in
ItaL'a la figliuola Theodobnda ad An-
tario Re Uè' Longobardi, prima da
quello disponsataì che cum asprissiina
guerra tormentava Italia: et ad Ve-
rona matrimdnialmente cum solemne
triumpho insieme se copularono. Stato
questi reali spanai uno anno coniu-
gati, il marito Re Antario moritte.
Li Longobardi duci, in affanno vivendo
per vedere! del suo Re privati, feceno
consiglio de creare uno Re, et non
potendose concordare fra loro, per pru-
dente consiglio conclusero che Theodo-
linda..., per che era donna de gran-
dissima virtute de animo et de inge-
gno et de singular redimento de
homini, do stati et de regni, e vera-
mente degna che li I^ongobardi fe-
cessono tal iudicio de lei, come se
estende le sue eicollentie por le
Epiatole del divo Gri'gorio e per le
opere de essa. Lei ultimamente po-
nendo in effecto il prudente judicio
fitcto do lei presso il Castello de Lao-
mello de la cìtft di Pavia dechiarò, et
per suo marito et Re de' Longobardi,
Aginolfo Duca ile' Taurini, homo belli-
■
Il
eosissimo et de grandissima virtù, do
animo ^ioyene et de fiirma Teramente
prestante. Et fu detto Aginolfa quarta
Re de' Longobardi. ReoevTito dunque
che ebbe luì il Regno, subito firmò
la pace ciim Cacano Re de li Hunni,
domandata quella per lui per legati
da Panonia- Similmente per inter-
cessione del Duca di Tridentini firmò
la pace cutit il Re di Pranza. Di poi
ocise Munulpbo Duca de l'isola de
Sancii luliano, et Zaiigriilfo Duca
do Voronisi , et Qaidulpho Duca
di Bei^amensi, a li quali liarea per-
donato. Suscepe ancora guerra contra
Romani, et Roma per un anno abae-
diò, et a quella molte dado dede.
ObsedJA la cita di Pavia inmunita do
fosae et de mura, che allora queste
citate avea dirute da Totiia. Tutti
lì hedìficij de materia de ligname fa-
bre&ctì, quasi tutti, da Longobardi col
foco destructi furono; similmente el
castello di Monteselice. Seguito que-
sto, Godestaldo suo genero cum la
12
figliola, presso la cita de Parma, fu-
rono presi Ja Galenico prefecto de
Romani, et manilati ad Coastantino-
poli a lo Imperatore.
Aginolfu, radunate da ogni loco co-
pio militare, obsesse Cremona et fino
al solio la destrusae. Similmente expu-
gnante Manilla, i' abbandonoe senza
mura, Ogni loco questo ìmraanissimo
tormentava con ferro, foco et sangue,
in modo che chi potoa, fugiva cura
le famiglie credendo bavere salute ad
r aspre montagne. Questo nefando
malo dolendo al Sanctissimo Grcj^orio,
scripse ad Theodolinda, cognoscendola
per eccellente fama donna de grao-
diasima bontado et vìrtuto, che per
timore dell' Omniputente Re del Cielo
volesse iare cunscienza al He suo
marito, che non facessse più tan-
to male. Cosi lei, come roligiosia-
sima Regina, per le sancte rasone
de Gregorio, rofrenO l' aspro furore
de Aginolfo, et de' Longobni-di destni-
gitori do Italia bella. Per la qiial
cosa el prefato Sanctissimo Gtegiìrìo
non poco consolato et per fere cosa
grata a Theodolìnda felicisBÌma Re-
gina et benemerita do' tanta sua o-
pora, dignissima <Ie' laud«, a lei in-
scripse ol libro de' Dialoghi li quali
grati ti farono, si pur la eccellonzia
de eaai, et si per la inmortalit& del
dono. Et legendoli lei cura magior
flagrantia che non era, ee detto a la
Christiana religione, in modo che in-
dusse la ferocifà del marito, che li
LoDgobardi se abdicai'ono da la ido-
latria et da la heresia, che non erano
boni io la Christiana fède, et converti
l'animo del Re Aginolfo ad religione
et a pace cum tutti li Longobardi, et
la vita et costumi di quali converso
al virtuoso operare.
Fece anchora questa Regina che '1
Ro Aginolfo operò, che li Longobardi
restituirno li beni de le cbicsìo, ohe
baveano tolti, et a queUe fece molti
doni. Non havendo lei ^liolo maschio,
pregoo el glorioso Joann« Baptìsta
14
suo devoto, cbe intercedesse presso
t'aita Maiestft divina, lei har esso uno
figliolo, li ftdificarebbo un insignito
tempio ad sua reverentia. Facto la
promissione, habìtando essa a Modoe-
cia, cbe ora Monza diciamo, ad con-
gruo tempo hebbe uno bellissimo fi-
gliola, a cui pose nome Adoaldo : per
il che fece edificare il promesso tem-
pio in Modoecia, molto prestante, in-
titulato del nome del glorioso Bapti-
sta, et per decorarlo de grande orna-
mento, essendo lei Labondanto de
splendide riciieze, se privò de pos-
sessione, de geme, de auro, et de
argento. Cosi li Longobardi pigliarono
il divo Baptista in loro precipuo pa-
trone. Visse sempre in grandissimo
amore et reputatione del marito et
de li Longobardi, li quali amavano
pia lei che 'l Re, per che optime
conditione, fdonee a regore tutto il
mondo non che '1 stato, avea, se cosi
è lecito a dire. Morto che fu il Re
Aginolfo suo marito, Àdooldo figliolo.
1
et Lei restarono heredi del regno
cum grande fovore de' Longubardi,
a ciò che ella luces^ et splendesse de
reali honori. Nel stato vìduile [visse]
tanta honestate, castimonia et
splendore reale de clementia, de iu-
slKìa et de liberalitate, che la benigna
)^tia da lei aquisita nel pnuci[iio
" i Italia, cum augii-
mento de quella, per tal forma se
conservò, che regettji et refrenoe cum
molta destreza li fieri et valorosi Duci
et molti Longobardi meglio cum pa-
role, che facesseno do loro li preteriti
Re cum l'arme et asiwritate: overcr
mansuetudine, che credo a lei tantft
gratia per speciale dono da Dio fusse
concessa. Fece fare uno celebre mo-
nastero in honoro del divo Colombano
in Bubio, et altri monasteri, ornati de
cose opportune al culto divino, che sa-
rcbboDO bastati a li molti templi edi-
ficati per la serenissima et eanclissi-
ma Regina Helena genetrica de lo Im-
peratore Constaiitino. Concesso The»-
j
doUnda anchora doni et grazie ot dt-
gniUtfi a li Italici pc^U, et non sola-
mente a li Templi et a locbi pi) fece
doni grandi in nome del Re sno fi-
gliolo, ma ancora per più celebre roa
memoria instraaroe citate et cartelle
disolate per le passate gaerre. Coà lei
regnando in tanta cortesia, lìberaliU
et m^nificentia, passò de questa TÌta
cnm inclrta (ama, et per TotantA de
lei, secundo ordinO ìn la sua vita, re-
(nlgente de reale corona, il suo pu-
dico corpo nel suo edificato tempio
del glorioso Joanne Baptista fu se-
pulto cnm grandissima pietate, sin-
gulti, pianti et suspiri et funerale
booore et pompa come a corpo de
tanta Regina conTenia: la cui me-
moria duDcha prima babiamo ne la
Gynevera opera recordata per ornare
bene de fronde del nostro amato G^-
nevcro, che tanto letifica per sua
virtù ciascuno. Ma per duplicarli or-
uamento explicaremo noi sequenta
dire, le opere, degne de per{>etaa laude.
^
17
Aé P«saU Piatese, cha a quiUI tempi
se dubitava che una altra de più
gemoroso core de lei fusse iufra
l'altre Bolognese donne.
9. D» PBtolt dlinìiifma netleia di PMttl
Botognaii.
Infra l'altro nostre matrone anti-
que, illustre Madonna, trovo una
donna, in stato vidaile, de' Piatesi, fa-
miglia nobile et prìsca in la cita no-
stra, nominata Pezola; ma il nome
del padre, uè del marito non habiaino
potuto sapere por essere molto scri()-
ture oombuate per le civile battaglie
già de la cita nostra; ma pur pos-
siamo aflìrniare essere stata figliola
de degno padre, et de sangue et
de virtù nobilissima. Lei, come coniu-
gata visse cum optìma fama, cosi se
conservò vedoa, et cum degna re-
putatiouo da la aetate de anni qua-
raiitadui, che fu priva del marito,
fin a In compita vechieza. Fu donna
18
non grande, ma groBea et de grato
aspecto, vestiva politamente de lugu-
bri panni , cooie prestante vedoa,
portava a le camiire, dal casto pecto
Un a li piedi, in loco de butotu, ambii
^ossi neri cum gambi do argento:
portava una cintola larga di seta
nera, folcita de lettere do argento, do-
rata, che diceano la Salutatione del
celeste Nunzio, che fece a la Regina
di Cieli, quando il figliolo di Dio in-
carno do Lei. Portava il capo cum
uno lombo del manto coperto sopra
[de] candidissimi veli pendenti fino in
terra, et il manto cum longa coda a
terra. Fu de animo, do ingegno et
de piotate grande et liberale. Era
richa, vivea molto bonorata et cum
lionestat'O aiutava assai, in quello che
ella potea, li poveri. Spesso andava
nel consiglilo, in presidio et aiuto do lo
povere donne, et non forsi cum meno
ardire et onorate parole, che facesse
Ortensia, figliuola de lo illustre ora-
tore Ortensio, iu la Romana Re pu-
10
Mica, nel tempo d^l iriaaTìrata. quan-
do liberà U moltituilina de la danne
d» U gnTtxza. de U pecunis a loro
imposta per sabsidìo de In Re pu-
btica, che omo non si trovA si ar-
dito se volesse movi're ad prender©
la difensioDe de le doimo, avanti il
TriDDTÌrato, escepto OrtoiLsia. Una
Tolta questa Pezola matrona degna,
essendo grandissima penuria in la citA
nostra de Bologna, andò in Io con-
siglio et portò seco, in peccunia, quat-
tro marchi di argento, de quali faarea
facto de pochi mesi avanti batere
monete al cunio de la sua munifica
Re publica, a la quale de fare mone-,
ta auctoritil liavoa concessa Henrioo
sext^ Imperatore, ne li anni de la
Saluto mille cento dieci, dicendo in
qaesta forma : Citadini mei cari, per
pietate Iio al vostro populo, por il
grandissimo sinistro patisse di questa
penuria, sono venuta ad voi cura lo
lachrjrae agli occhij , perchè para
non faciate alcuno provldimcnto. ICt
porche inU'Ddo che no lo e
é peccunia, io ve ho portalo «luisti
mei denari, ben che non siano ad
eafficientia, a ciò se mandi per for-
mento in qualche loco. Et voi come
maniaci, similmente ponete le mane
a le ruGtre borse, pigliando esemplo
de mi che «ono femina, et i]uello
poco et assai che poteti exbarsatfi,
et mandesi per grani, come amatori
de la vostra Re publica, et aiutareti
el vostro sfamato populo; che fa-
reti cosa che mollo sìa acepta a
Dio, et ad voi vendicareti gratìa et
netcrna fama. Et cum revercntia pose
iine a le soe parole. II consiglio, inten-
dendo la caritevole persuasione, et
vedendo la liberalità grande de la
domia, tutti) inteneritte, et, a prova
l'un de r altro, prestarono diinarl,
et clii non havea denari, ne facevano
de le cenlure et de le anella, tn forma
che '1 populo fu socorso de biave et
di pane cum singular laude d' eia.
Di poi, oltra le sue usato devotione,
volse fare, de fuori la porta de Sancto
Marno, UDO oraculo in reverentia de la
gloriosa vergane sopra uno monte, et
dìraentre lì maestri stallavano el L-
gaame, venne una culomlia, animale
casto et pui'o, et col rostro pigliava
le fruscolo del legname se lavorava
et quelle portava so|ira el monte,
dove è ddi Acato il devoto tempio
de la Regina di cieli; sì che li mae-
stri volseno vedere quello, che fa-
cea la colomba, et videno che ella
andava ponendo le portante fruscoli
r una dricto l'altra facendo uno
g^nde tondo. Li maestri per vedere
più cose, gi& pioni de admiratione
guastavano cum li piedi il tondo de le
fntscole, et come era guasto, la co-
lomba per divina istruciione el re-
conciava. Per la qual cosa parendoli
segno miraculoso et stupendo, el
mauilestaroDo a lo Episcopo, Ìl quale,
inteso questo, subito li andò et vide
quello facon la colomba. SI die exi-
stimundo lui de grandissimo eifecto
questo essera proprio segno del (
leste stato, pregoe ogni persona por
obidcutia fratri , prct
monache, che facesseno devote ora-
tione tt la Maiestfi divina, la quale li
signific-asse questa che dire volea.
Boppo alcuni di 1" om nipote nte Dio ro-
vello ad uno religioso, che era divina
volontà, che quosta prestantissima
donna, la qnule vulea aedificarc l'o-
raculo ad lauilo de la Vergene gli>-
riosa, sopra quello suo monte, lo e-
didcasso, sopra quollo altro monte
gli 6 opposito, che se chiama el monte
de Sancto Benodecto. Il pvudentis-
BÌmo Episcopo alhora mandò per la
donna, et dissoli, che uU.imamento
el non placca a Dio, che lei facesse
quello oraculo, dove fare volea;
ma facosselo sopra quello altro monte
quale gli è opposito, nominato do
SanctJ Benedecto. La devota donna
resposo , che quello monte aon era
BUo, ma quello, dove havea incomin-
ciato, ora suo. Resposo lo Episcopo
£3
et disse: Madonna Pegola, di poi che
di beni de fortuna seti copiosa, com-
prati questo monte, et sopra esso
fati lo oraculo, che cosi ù voluntft da
Dio. La danna rispose esser contenta,
et comprò il monte. Et lo Episcopo
cum solemne processione de tutto il
clero de la cita, et cum U reveren-
dissimi patri Arcevescovo de Rliavona,
Episcopo de Imola, Episcopo de Fer-
rara et Episcopo de Modena, Invi-
tati a tanto devoto oraculo, andò ad
darli princìpio. II quale oracolo là
donna fece fare proprio grande
et tondo, secundo la ostensione do la
celesta colomba, come anchora del
tempio antiquo Ìl tondo se vede. Et
intìtularonlo nel nome de la glorio-
sissima Vergene, quando ascese glori-
ficata ne lo aot«rno Regno. Costructo
dunctia questo sancto oraculo crebbe
in tanta fama jle devotione che quasi
tutta Italia ad visitarlo cum devoti
fucili , incensi et oblatione conco-
reva, vedendosi a la giornata infiniti
1
L ^lÙBdeci giani de
Angosto, per U eelebmite feau b
U militante chie^ia. ABchoia questa
tutta ilevotione beataawntA tire, m
memoria de tanta dffrota et nidi-
fica donna, la qnale fa fempre de
ekmosiiie a li peregrini liberale. Pren-
dea dOecto cam robba, cum denari et
«un ogni opera in <|iiello potea ma-
ritare polceUe. Cos'i, in queste Tiriate
el opere magnifiche rivenda, paMA
anti'ina de questa yita in gratia de lo
aeterno Signor Dio et lande de tuta
la cita de Bologna, ad confusione de
quelle donne, piene di stato de for-
tima et de ricbeze, che sono tonto
a r ararizia date che non pooo (ar
opera de lande degna, credendo por-
tar seco le suo tante amate ri-
cbeze, o¥ero non credendo morire
i mai, né per curare la Eua me-
moria resti cum virtaosn fama in-
sieme cara l' altre dare donne a
rombra del nostro pudico fìynevero,
che onora ciascuno, cho lo contompU
et mira.
1. Da Utthilda Ccmltlna
Mathilda Comìtìssa fu donna vera-
mente illustre et do grandissimo or-
ntiDtento, de la cui vita et condi-
tione trovamo da vari scriptori divor-
ftamente Bcripto, anchora dm ciascuno
de lei parli gloriosamente, pur non
senza fatica liutiiamo potuto sumere
do tanta dorma le celebrate virtute.
Trovamo duncba Matliildu essere
stata figliola de Io illustro niarchexe
Bonifacio da Canossa, opido àe la cit&
de Regio, potentissimo et rieiiissimo
Duca d'arme, et de la sua consorte
Beatrice figliola de Ilnnrico terzo Im-
peratore. Coetei fu assai formosa, ale-
vata et nutrita da la madre, per tempo
do vinti anni, doppo la morte del pati'e,
in ^iindiBsima virtute et tfrnamento
de costumi et do lettere, come con-
26
venia a la escellentìa del suo san-
gue. Parlava latino, gfallico et ger-
manico. Fu savia, eloquente, pudica
et (lo alto iuditio. Doppo la mort«
de la madro, sucesse per materna
heredità nel stato et dominio del ca-
stello do Canossa, do Mantua, de
Modena, de Ferrara, de Regio, do
Pisa, et de tutta quella parte de la
Etliruria, che se appella el Patrimo-
nio. Gubomosso cura Eingular pru-
dentia et gratia de' suoi populi cum
iustitia, mansuetudine, clementi a et
Uberai! tA grande, come fusse stata
imperatri(;e del mondo. Visse sempre
cum cjtndido manto de pudicicia et
religione, come optima Christiana per
timore de Dio et por esemplo de
suoi populi. Costei 30 copulò matri-
monialmeate In Italia cum Gotifredo
potentissimo prìncipe, et cum luì fu
valorosa donna ad favore et bene-
ficio de la chie'sia contra Ricjtrdo
et Gnilielmo Duci do Apulia, repri-
menclo la forza et putentia loro con-
27
fra li Pontifici maximi, che in di-
spretio de la ehiesia gli erano contra
cum fiero esercito per Toiuntà de
Henrico Imperatore inimico de lachJe-
sia, per modo lei fece restituire molte
cose a la cliiesia, che tolte le have-
ano. Questo iatendeado, Henrico Im-
peratore mandò e! figliolo cum florido
esercito In auxilio do Ricardo et de
Guilielmo valorosi Duci. Et essendo
Matliilda in campo presso Panna in-
sieme col marito, essa fu da li ini-
mici superata, et ociso fu no la bat-
taglia Gotifredo suo marito.
Lei, come provida donna, per for-
teza, se remaritò ad .\zzo marelioxo
da Este. Dimorato poi cum lui al-
quanto, sentcsse essere a lui conìunta
de sangue in quarto grado, per il che
come donna pudica, continente et
de sanctimunia piena, cognubbe Ìl suo
errore, et, per consiglio de Gregorio
septimo pontefice maxime, fece el
divorilo dal marito, vivendo sempre
casta, cum vigilie, ^emosino et ora-
tiene, per penitentia de la ignoranza
del peccato. Fa apechio et cicmplo
de magnanimità, virtù de tanto splen-
dore, che da essa Tirtti tutte 1' al-
tre procedono ; la quale poi fano li
mortali degai del Ciclo. Essendoli
rìbelata Ferrara, quella nssediù per
haverla hereditata da Bt^atrice sua
maire, la quale era restata herede
de Bonifacio suo marito, figliolo del
marchexo Tedaldo. Quale, b avendo
bavuto Ferrara da la chiesia, edificò
in la dieta cita' nno castello, il quale
nomina Castello Tedaldo in memoria
del suo nome.
In fra 1" altre excellontie de ma-
gnanimità, questa donna fu studiosa
de le 'sue proprie substantie in ma-
ritare donzello et donare jwr Dio et
dignilìcare de titoli et do robba et ri-
clieze gli botnini de virtufe et bon-
tate et specialmente li amici, pur la
auctorìta imperialo havea hereditata
da Buoi progenitori. Lei fondò dui
monasteri, l'uno a Trixonoro, presso
'I
la citA de Luca, et l'altro a Canossa
opido in quello de Hegio, cum dota
do molta possessione ad substenta-
tnento do li religiosi liabìtanti. Il ma-
gniflcontiasirao monaslero del divo
BancUectu in lo agro Maritiiario, in-
ooinincialu dal principe Tedaldo, suo
, augumentù ricamentn. La plebe
de Sancta Maria da Carpa da lei fu do-
tata. Lo mouasterio de Sancto Cesa-
rio, diocese Diutini?n8e, munifico de la
corte do Guiliagna. Amplio anchora
felici ssitua in ente de possessione, auro
et argento, et coso preciose la Hab-
batia de Nonantula, dove grandissimo
numero de' monaci lì habìtavìino. Quasi
tutti li ponti de Italia do pietra so-
pra li fiumi fece construire, cum
tanto animo et magnificenti a, che sa-
rebbe bastata a la ingente richeza
de Cleopatra Regina do Egypto mo-
glie de Marco Antonio, et a la po-
tante rJcheza di Elisa lìgliola di Belo
del Re Ftilico de Fenicia, che poi fu
chiamata Dido, perchè fu donna vi-
rile ot do singular valoro, che in
Phinìcìa lingua Dido vole dire virago;
la quale poi sopra le ciaere de Si-
cheo, Bua charo marito, cum le proprie
mano, presente li suoi citadiiii Cap-
thaginensi se dette la morte. Sequendo
noi valore do Matbilda, aucesse clie in
la Apostolica sede, Gregorio septirao la
loco de Alexandre Pontifice maxima,
admoaitte Henrico Augusto, cbe nel
tempo de quarantaottu anni dol suo
imporlo era staio disprwiatore de
l'aito Dio et deila Christiana religio-
ne de sumrai Pontifici, excepto hebbe
pur riguardo a Nicolao SGCundo pon-
ti£ce, perchè de sua Sanctità luì, una
cum Agiicte st^a consorte, ricevette
la corona de l'Imperio. Ma morto
Nicolao, et creato Aloxandro bo-
cundo, contro esso Alexaridro venne
scisma, et reclamante et gridante
Agnete Imperatrice creò pontifice
Coddo Episcopo de Parma, al quale
tutti li Cisalpini obedivano, excepto
Mathilda, perche non era vero papa,
per la quale scisma molti ini^endii,
rapine et raort* successeno. Ma poi
Henrico, cognosciuto il suo errore, di-
mandò iniiulgentia et mercede , et
qaella consegue.
Morto Alesandro, successa Greg^orio
septimu grato a Dio et a li homiui, qua-
le subito nel principio del suu pontifi-
cato ad moni! te Henrico Imperatore
et sua consorte, che più non cora-
metesaeno ad alcuno li ecclesiastici
benefici per simoniaca cupiditti, et
che come christìani principi de subli-
me serenità vìveSseno religiosamente.
Ad queste admonitione non vol-
seno (ibtemporaro , et specialmente*
Henrico essendone desuoso da Gili-
berto Episcopo de Rhavona ; el quale
come homo seditioso concitò crudel-
, mente, centra Gregorio, Ciucio eita-
dino romano figliolo del prefecto de
Roma, il quale, come temerario cum
insidie, prese Gregorio la nocte da
Natale celebrante la messii, et iguo-
niiniosamente incarcorolo in una mu-
nitissima torre. Il sequente giorno
il populo Romano stomocato da tanto
facinoroso casa, persequitarono Ciucio
et liberarono il pontilìce, et fine al
fondamento ruinarono la torce, et le
case di Cineio gettarono a terra, et
a li bomini et a le donne de la stia fa-
miglia tiMncnrono il naso, et Cincio
fugitte in ncrmania ad Ilenrico, dove
fu fidelmente accolto.
Gregorio alborn, perhonoro do la Ma-
ieeta divina, non potendo più tanta in-
iurìa suportare, privù de tutti li bonon,
digaitate et benefleij cum excomuiii-
catìone prophana Ghiberto arcbiepisco-
po et il 8UO clero, cum Cincio, et an-
chora esso Heiirico privò excoinunica-
tamente de tutte le cesaree dignìtate.
Ma poi Mathilda come e orni fissa de re-
ligione, de i^verentin et de singulare
auctorita reconciliù a la ecclesia Henri-
co. Fece questa gloriosa Mathilda per
sua virili et excellentia, clie Henrico
Imperatore se (ransferitte ad Canossa,
ot Gregorio summo pontiUce, et a li
piedi dtìl quale andù sopra el sazzo
cum li pioJi nudi tre voltfi a diman-
darli perdono.
Ma poi lui in&inxe li pacti de U
pace cum suasione de Ghikei^, la
qual cosa intendendo Gregorio feca
sinodo et consiglio, et ìnterdixe
Gfaiboi'to sotto pena di escomunica-
tionc, a ciò non gaude^o lì doni epi-
scopali. Olirà di questo, coiiHrmA la
pertinentia et decreti de magiori
ad rescindere la macula de la si-
monia. Primamente interdisse che li
cleri et sacei'doti non linvesseno mo-
gliere, nò cum donne liabitasscno, es-
ccpto quelle, che li sacri canonici
hano permesso nel sjnodo in Grecia ;
la qual cosa despreciando li preti,
et non yoleado obodire, il papa al-
liora Comandò a li christiani, che non
Budissono messa del coiicubinorio sa-
cerdote, et comandò anchora a tutti
li fideli Christian! che li sabatini giorni
non mangiasseno carne et similmente
a IJ monaci. Per questo Hcnrico, più
» 'i» ^'^IMM» ì^'4
Ine eU mn vote la benedttione, ha-
' fMH Corado, saccedette ne
9 Henrico quarto sao figliolo, Ìl
qnle, sudato ad Roma, come aon d^
gaenaie de la prophana roluntà de'
noi progeniton, prese U ponfifice. La
^nl oxa dispiacendo a Mathìlda, su-
Uto li mandò suoi oratori a pri^rlo
cfae lassasse il dicano de Jesu Chri-
sto com Q clero. Lo imperatore, per
riTerentia, per credito et per repu-
talione, temendo la sapientissima Ma-
tliilda, liberò il papa. Partemlose poi
da Roma lo imperatoi-e per andare
in Germania, rolse visitare questa fa-
mosa et felice Malbilda, la quale era
ft Bibiancllo castello regiano, che
bora dicemo le Quattro castella, hedifl-
cato da essa. Intendendo 1*3Ì la venu-
ta de lo imperatore cum grandissimo
aparato et degna pompa, aon lo volse
spelare, ma andò a luì, et cum sua
Cesarea maiesta , stette tri giorni
predicandoli, cnm efBcace
dente raaone, I" honore et timore da
Dio, et conservare la pace et anione
de la Christiana re pablica, come in
tanta rirtii dovea ogni suo studio,
ingollo et forza operare. Quisti
prudenti recordi et consigli, exposti
curo eloquentia et maiesta, piacqueno
tanto a lo imperatore, clie a lei con-
finnd tutto le dignità et rasune im-
periale havute li suoi precessori da li
passati Cesari. Manificà ancora a que-
sta Mathilda tutte le cita che sono
Mpra il fiumu de Pado, da la ripa
de Piasenza. Più volte disse lo im-
peratore, che mai credea che Y ha-
maaa. natura producesse più di^nis-
flima fcmìna de costei. quanto bene
disse il vero, perchè quanto più de lei
se ode et lege, tanto più sono le sua
magnificentie et virtute, le quale non
sono mancho degne de gloria, che
ciano quello de Zanobla do la stirpe
di Tholomei de Egypto, regina di Pa-
lorminì, che fu tanta dcsprcciatrice
I
37
i edsfmiii femioei, che domava per
A li leopardi, li orsi et U leoni,
pui tloppo molte sue vìctorie
< morto Odeoalo suo marito
ilreUa fbgiro verso la cita
, et di poi presa cum li
Fn presentata ad Amoliaoo
imperatore de' Romani per
B de Galiano et de Claudio
Aogufto, di che Amelìoao oltra modo
Ìi«to triamphù de lei eum li iìgUoli
legata sopra quello triampbal carro de
auro et de geme, che essa havea
tatto, credetido triumphare del Roma-
Bu imperio. Non più oltra diremo do
Matfailda, excepto questo poco sigillo
di sua sancta fama. Loi duncha, essen-
do andata ad Roma a far reverentia
a lì piedi del Vicario di Christo, et tì-
nitatu devotamente tutti li sancti lochi,
et recevuta le bcncdlctìoiio del Santis-
simo volto, et andandosene ad casa
al Bondeno , agro mantuano in la
ripa de Sintbia, che ora Bondanello
dicemu, dove stata aliiuaiiti giorni
30
{atti de la sua hereditate a chi erana
obligati. Condito questo suo et sancto
testamento, et preso la estrema un-
tione dal sancto epìscopo rendette l' a-
nima al suo divìoo fuctore, et sepolita
fu cum felicissima pompa al mo-
nastero del divo Bcaedecto, in agro
mantuano, quantuncha altri dica che
a Pisa sia sepulta; le cui ossa iacia-
no pur dove se vogliano, di poi
che lei essendo ascesa in cielo, ha las-
sato al mondo etti' ma et sancta
fuma. Cosi ogni altra donna se forci
menare la sua vita cum tanta vir-
tute et gloria per farse in terra ot in
cielo beata, et per dai'e do sua vir-
tude dolceza a chi amara la benigna
fama del nostro pudico Ginovero,
6. Di TliMdora dì Rodtldl
eotttorta da Olharo Oarlaendo Cstallaro
Boloinais.
Thoodora, fiRliola de Onorio Rodaldo
assignato citadino Itolognese, fu mo-
gliero de Olìvoro di Oarisondi pre-
Btantissimo cavaliero de la cita do
Bologna. A la nubilìtà dei suo sangue
non ha dato poco fulgore de etterna
fama, che, per virtù et magnitudine del
Buo animo, f^re, in ìactura do suoi no-
mici, marito primo homo de la cita
come narrarerao. Se debbo duncha in-
tendere, che intor el cavaliero Olivero
di Gariscndi etThomasio di Burgari,
splendidi cavalieri de la cita nostra
de Bologna, nacque mortale inimicitia
por difiirontie de confine do certa
loro poaseasione, in forma che *1 cava-
liero Garisendo ociee uno figliolo del
cavaliero di Burgari ; per la qual
cosa la cita fu tutta sotto l' arme,
essendo famiglio grande de affinità
el conditione. Di che el cavaliero
Garisendo fu espulso et posto in exi-
liu; il quale, corno sdegnato, et non vo-
lendo per vergogna habitare in Italia,
se trasferitte nel regno di Franca
dal Re Filippo, et cnm sua Serenità,
ae pose recomandandoee molto a lui
4t
per quello gli era intravonuto. Il Re,
eome sorenissimo ot magnanimo prìn-
cipe, parendoli ralurusu cavaliero, li
ooDstitut honorato stìpondio, et da indo
pochi mesi, cum numerosi cavalieri,
condusse seco, adeompagnanduso cum
Ricardo Ro de Ingii il terra , et cura
fiurente esercito passarono in Siria
per acquistare al nome de Christiano
Hierosolima tolta dal Re Saladino a
Guido Lusignano de gencratione Gal-
lico, già Re de HiecosoUma. Il che
Btriagendosi il Saladino, questi signori,
Re di Franza et do Inghilterra, insieme
contendendo del principato de Hiero-
solima a chi tochare dovesse, il Re di
Franza indignato abandonò l'impresa
et retornf) nel regno suo. Et di poi il
Re di Inghilterra, doppo alcuni belicosi
gesti a l'impresa di Hierosolima, (la
quale hehbtì in recompensatione de
l'ysola de C^'prì) nel suo regno ri-
tornò, et fece guerra poi al Re di
Franxa, ne la quale el cavaliero
Onrisendo se portò tanta Btrunna-
inMit«. die 1 Re P&Oippa li poap fn^
de anbifi-, ■io(iaailu& olcn el coi»titaiu>
iittp<>tidìi>. or rteaah, or ffìtaa, or
txnh, «t i pert » om» et qoeiralb»»
to cori d fwlMiB Oiiwndo <
de l> patrift,d T o J en Jat . rieoaaarfA
■tolti den^ a fe iloanik eoa aani-
nau Tbeodon, fidala de Owrio £
RodAldi, che faro— e bn om beOa
torre, a ciù nm parawB ie mtao eoa-
dltione de gli ahrt dladini, perente Ìb
<|aillì tempi per pompa et ^lona de le
fkmiglie-«e labrKaTa tante torre coma
bogi di aacbora ae Tede, et a questo
non perde«se tempo, percbA qnando
repatriane, come gperara, ad suo
contento la vedesse, altrimenti ella
■penule già mai Tcderìo. Theodora,
reccTUlo li denari, respose al ma-
gniUco marito, che farebbe la volontà
BUA. Poi Infra ee dicea : Per certo
questo mio marito 6 mosso da va-
prudente consii^lio, esseudo ia ini-
inicitia et in exUio, che solo gratìa
doverebbe corcare. Et cosi in questa
adouratione stantio, ella fii consi-
gliata da nascosa virtù per gloria
Bua, permntiinrio pensiero, ei in la sua
anima disse : Mìo marito ha più ne-
cessità al presente (come per effecto
TÌde nel suo expelimento) de amore de
homini, che de pietre et de calcina.
Consigliatasi duncha cusi fare cum
fermo propooimento, maniJava hogì
per questo, domane per quello altro
citadìno, che li paresseno homini de
animo et de intellecto, li quali di suf-
fragio indigenti fusseno, et a chi cum
grande prudentia et discretione presta-
va, et a chi donava poco o assai, usan-
doli in augumcnto del servìtio cum
astutia et arte, come donna de valoroso
animo afFectionate parole, che da loro
altro non volea se non fussero de lei et
del marito amantissimi, dal quale leir
iere havea rccevuto, in le quale facea
de loro amorevole recordo, onde lei
li predava quando accadesse parlas-
44
seno do lui aquistandolJ amora, a
ciò quello in restitutione de la patria
li faaae adiiimeato, Costoro rospon-
d e vano che non solamente el loro
amore a lui et a lei donavano ,
ma la vita, et quella di proprii fi-
glioli disponevano a li piaceri de lei,
come credere se debbc, poi-che l' a-
raore et la fede degli homini cum
liberalità, munificentia et servire so
aquista.
Or seqaendo el cavali ero Oari-
aondo ogni anno mandai-e a la moglie
denari et geme, usava ella pur
cum prudentia, et cum quella taci-
turnità, gli era possibile, il principiato
effecto del suo pensiero, et al cava-
liero Garisendo suo marito scrivea,
che la torre se faceva, la quale a la
sua tornata vederelibe bella et oia-
ravigliosa più che allra no la citA
fuEse, perchè molti optimi maestri
la facevano, onde attendesse pur in
questo megio a la gratin del tornare.
Il cftvalioro , come vago de questa
cosa, 80 alegrava et solicitava man-
darli denari percliè presto se finisse.
Dimorato in exilio el eavaliero circa
dieci anni, ad intercessione del suo
signore Re Philippe , essendo morto
Thomasio, eavaliero di Burgari suo
inimico, la nostra iUusfre Re publica
restituì ad esso Oliviero eavaliero
Garisendo la gratia de la patria,
cum promissione non offendere li soi
ndversarij. Habiuto el cavaliere là de-
siderata gratia, se parti cuin affoctio-
nata liceutia, dal Re di Pranza, et
venne ad Bologna, ma prima intrasse
ne la cita la provediita Theodora
mandò seo rettameli te per li aquistati
amici, et {[uilli armati li Dascose in
casa del marito, et amonìto loro, cho
havesseno ad fare ne lo advento del
marito in questa forma: Charì fratelli,
essendo stato proprio divina provi-
dentia, che in voi babia posto ogni mia
fede et speranza, io ve ho chiamati
in ausilio et suffragio per vendicare la
gloria del mio marito. Voi sapeti cum
4R
quanta iactura et vergogna de lui, et
de la casa fu caciato, per il che é stato
tanto tempo, cum mio sin^lare af
fanno, in exilio. HogÌ, debbo venire
ad fruire la carissima patria col vo-
stro emore; per il che, come fia
giunto, ve prego charamcnte, se la
vostra ftìda et promessione debbono
valere, vogliati essere seco in far
vendecta da 1' ont« recevute da lì
Buoi ■ inimici, li quali inproveduU tro-
yareti in forma saroti vincitori, et li
nostri consuli restarano pieni de tanto
timore, che sareti administratori del
stato de la Re publica, che non fla
senza utile et vosti'a reputai ione.
Aduncha, non guardando a le mie
parole de femina, benché vore, vi
prego siati forti, animosi et costanti,
che ne le vostra mani resti la salute
de la Victoria, la quale tutta via vedo
ne li vostri virili aspecti, onde questo
mio disio ad voi dolci fratelli ra-
comando.
Costoro, giÀ iaanimati fieramente
per le auscultate parole, resposeno,
che già Torclil>eno essere a lo mane
et do questo lei non Jubitasso.
Or entrato ne la cita el e^valiero,
andò prima ad lare revereiitia a li
signori Consuli, l'ingratiandoli de la
gratia li haveano concessa; poi se
n'andò ad casa adcompagnat^ da
molti parenti. Come giunse in casa di-
scavalcho, et insieme cum la valorosa
moglie se abrazarono et oscularono.
Il cavalioro disse poi : Theodora mia,
dove è la torre? Respose ella: Hora la
yederai. Et, fece chiamare li nascosti
amici coperti d'arme, li quali venuti,
lei cnm vivace aspecto et gagliarde
parole a lui se volse dicendo : Si-
gnor mio, quisti amici sono la balla
torre, che io le ho facta, onde pre-
sto presto, rimonta ad cavalo, et
vendica l' onte recuvute da li toi ini-
mici senza guardare ad alcuna pro-
messione di pace, che meglio è mo-
rire cura gloria, che havere de ver-
gognosa onta bindato il viso.
48
Et confortoio cum tale virilo core
ot gosti strenui a. la vendetta, che poco
manchó lei non se cingesse la spada et
sequire lui non cum manclio feracità
et ardire che facesse Tliiara il suo
marito Lucio Vitello, fratello de
AuUo ViteUo, principe de Romani, nel
nocturno tempo, in Terracina costello
de Volsi munito de molte gente
d'arme, sotto il Duca Juliano, et do
più marinari de la romana armata
poco lontana dal Cereo monte, la
quale dimorava sotto Apolinaro pre-
fecto per la nata discordia infra
Viteilto Cesare et Vespesiano. Di cha
Thiara eombattenilo fu casone che '1
marito fusse vincitore.
Il cavaliero duncha, vedondoso per-
suadere a tanto effecto da una fomi-
na, et stimulnto da lo oculto inimi-
co, subito armare so foce et remuntò
ad cavalo, et usci cum li armati amici
de casa caciando mano a la militare
spada, et andò ad casa fu de Tlioma-
sio cavaliero di fiurgai'i, et ocisa
4S
ano ano fratello et scorse la ciU ad
casa, or de (|iiesto parente, or mnj'co
de'Bnrgari, inimici de lui, quali fe-
riti, quali marti, et quali iufagati
ÌD modo tale, che spaventò tutta la
cita, de la quale, finché '1 visse, retnase
il primo citadìno, coiiBcrvandose lo a-
raore de li suoi fideli amici cum lamio
de la valorosa donna. La quale poi,
a la etate de anni cinquantasepte per-
venuta, se infirmò de crudele morbo,
por la cui forza ella so sentiva fi-
nire. Di che, ne la conscientia stimo-
lata, come cori-elio al core, in contri-
tìono do' suoi peccati, et specialmente
por esseró stata sola casone che '1 ma-
rito fuaee traditore de la sua fede,
per lo inÌq[]o consiglio et maledecta
jwrBuasione dette a lui lìe lo extermi-
nio de quisti suoi inimici, pregò il ma-
rito, cum gli occhij de laehr.ymo pre-
gni, che di poi havea vincto ut il suo
honore recuperato, che non era senza
gravo peccato et infamia de lui et de
lei pe[' lu rota feilo, che volesse ivrao-
fi
tni^Éwirw>ii«ii «r I
I
I
recordata per oraamcnUt del nostro
fulgontissimo Gynevoro, quale per piA
splendore lo ornaremo de le s^qtiento
virtute de Maria Futeolana bi?UatrÌM.
0. D» UvIm Putaoluia beltatrjei.
In la cita di Puieoli, che bora di-
c«mo Pozuolo in campagna de Roma,
citA reverendissimo, trovamo che li
fu ana femina de taDla generosa et
memoranda virtù, che non par« (judta
tacere per splendore del nostro Gy-
nevero, qaantuncha non habiano pos-
. sutu trovare il nome et Origene di;
parenti excepto el beatissimo nomo
•no consequito al sacro fonte. Ma
certo , «e bene cogitaremo le sne
opere , judicaremo essere stata de
egre^ et ririlì parenti , conciosia
che 'l para che, de seme plebeo ei
basso, non baverebbe potuto atin^re
quella virtil do animo et de forze,
che atinae costei, perche la clarita
del valoroso sangae non se può in-
quinare se qualche caligine de ci-
Ireina soi-te infonde in quello pes-
simi costumi do parenti, (juantuncha
le più Tolte se vede de pleliesca
focia surgere valoroso animo et alto
ingegno.
Questa feiiiina iluncha fu chia-
mata Maria Puteolana, la quale fu
strenua do forze et de effigia più
presto grande che mediocre ; fu de
poche parole, ma virile et prudente.
Non era grande mangiatrice, et non
Itevea so non aque vìve. Hebbe in 8è
ornamento grande do virginità et a-
nimo disposto sempre ad cose alte.
Conversava continuamente cum gli
homini armati, et specialmente cum
quilli che haveano strenuo et pre-
stante core. Mai d'alcuno fu conta-
minata, et noD mono per paura de lei,
che per roverentia li era portata,
perché le savio donne, che hano l'tt-
tiimo invicto de li lassivi parlari et
risi et libidinosi pensieri et de vaghe-
giamonti de gli homini, sono habiute
in reverentia et timore; et quando pur
53
da la fortuna sodo 1« fune de podj-
ciiia cuutractal« pt^r mottissimì uudi,
sono certu invano per le narrale ro-
eooe. Era costei perhA più presto de
corpo d«^icato a I' anup, che a la
pndicicia; pur ìu lei fu summa Tìr-
luie de oraaiueiito virginale. Fu
duuclia più ttcta et dÌB]Jueta a 1' arme,
die ad umamenlo mulicltre, per uodo
l ette molti desideravano cumbutere
I cnm lei a piedi et a cavallo, et com-
I batendo erauo du lej BUpei-a1Ì. Era
[ eertu de rara et inconsuetta dex-
1 del corpo. Non ei'a data ui
} tesser^-, a la ructia, ali' aco, al fuso,
L BC al Sicilie) , ma a r arco, a la
[ faretra, al dardi) et tuta a 1' arme.
Costei non era noliilitata de la-
[ Hvi baci et de abraciameuti de gli
l'Iiamlm , ma illustrata de cicatrice
|atliuail« ne le balagUo. L'auinio suo
sempre per gloria dispreciatore
[ dì ferro et dì morte.
Coml)att«a lei. rome lierede di pier-
['«, cum li confinanti per defensai-e
«ite a^^ J> l> JU
^IHÉlrt II ■■■<■■« l«
M«. ■VlWMd MÉV '<Ma» « !4i< 1
55
In tante faticho ultimamene, et
non in longheza di tempo, di fe-
mìma se fece de virtù et de ferro
Iiamo strenui ss imo. Molti de quelle
parte aliene venivano ad vederla per
maraviglia, et alcuni por provare
seco le loro forze, per vìrtU d' arme.
In q Delle parte navicando Roberto
feliciasimo de Sicilia , come l'o de
gloriosa virtute, non sdegnò andare
od vedere questa valorosa donna.
Dica Francesco Peirarcha preclaro
poeta, che essendo andato in quelle
parte per vedere li siti di Romani
principi, vide costei in arme et arma-
ta come strenuo duca d'arme, inten-
dendo de lei opere strenue de aet-
t«ma gloria. Di che, essendo lui cum
Barbano da Sulmena doctissimo homo,
da questa femtna, tutta armata cum
r elmo in testa, fa salutato, et lui a
lei rendette la salute credendo fusse
proprio uno cavalliero d' arme.
Ma poi cum cenni et moti,' il Pe-
tmrclia fu facto inlelligento l«i essere
femìna et non Uomo. Et pieno d»
icai-aviglia, cum licentia de' superiori
(le la cita, andò cum alcuni altri
sopra la rodi a puteolana ad ve-
derla combatere cura alcuni forti lio-
mini durati per exercitio A' arme,
quali orano venuti de diverse parto
del mondo per provare seco le loro
forzo et da lei furono domati. Poi
uno giorno olla sola disannata, tro-
vandose avanti il tempio de la citA,
et suso et gì oso cogitalionda an<-
ilando, il Petrarcha la pregò, per pre-
stantia del Buo animo, volesse fare
de le sue fonie alcuno expcrim^nto.
I.ei, come fumina umana do animo
gentile, per gratificare il Petrarclia
parendoli homo degno, so fece por-
tare uno grave Baso et uno grande
palo di ferro, et 1' uno drieto 1' altru
geltoli come lieve dardo. Questo La-
vendo facto, disse iocosamente verso
il Petrarca et a li altri astanti, che
prendcsscno il tr.abo et U saxo, ot
die lo getasseuo.
11 Petrarcha, piono de Blupore et
maraviglia resposc : essere più acto
a sulivare il calamo , che simile
pODdo ili ferro. CLe dunque più de
costei dire ai puote de dextreKza ,
de forza, et de superare ogni uomo,
ohe '1 Petrarca de vergogna se oc-
capò per vedere il eexo feminco
tanto il virile saperaro, dicendo, se
gli ocehij suoi non fusseno stati le-
stimonij , mai tanta cosa haverebbo
creduto 7 Ultimamente questa bella-
trice Maria, uno giorno, combattendo,
fu nel fianco ferrìta per la quale
ferrilta se moritte, liavendo de lei las-
eato noD manche nome, laude et glo-
ria che habia, in Grecia, Pantasilea
regina de le Amazone bellatrioe su-
coBaa nel regno a le due regine Ori-
tia et Antiope ; quantuncba alcuni al-
tri dicano morisse di comune morte.
La valorosa virtù de questa, Puteol-
lana femina habiamo, al meglio che
possuto, narrato ad honore del glorioso
Oj'nevero, do le cui fronde vogliamo
58
il nostro fronte ornare, et non cum
manco gloria de le nostre lucubratione,
che facesse le sue li poeti, li cavalieri,
li duci e li imperatori, di lauro, di
myrto, overo di querce, de loro aquisiti
triumphi, imperij, stati et regni, come
anchora ne ornaremo, narrando, una
generosa gratitudine cum altri pre-
stanti costumi de una illustre donna
da Polenta, che fìa infrascriptaraente
benigna intelligentia.
7. De Frànoesoà Venusta
del Conte Bernardo da Polenta,
Francesca, figliola del conte Ber-
nardo, magnifico signor de Polenta,
et moglie honoranda de Albertho di
Galuzi splendidissimo cavaliere de
la cita de Bologna (il quale, stato
cum lei circa tredici anni, moritte)
fu donna honestissima et belissima
de corpo, et de viso excellente, per
la cui gratia era nominata la Venu-
sta Fracesca. Di che, com' è naturai-
mento che le belle cose ptaceno, fu
molto combatuta da gii occliij de'
giovani et da altre lascive battaglie.
Ma lei come savia donna visse cum
grandissima h onesta te, pndlcitia et
continentio, et ogai opera et insidie
dì lascivi amanti lassava a 1' aere
et ài vento per non inquinare l'a-
nima et la generosittl del suo san-
gue et r lionore de la cara memoria
del moritto.
Visse maga incarnente in rcputa-
tione de pudica fama, cum servi et
serve conforme a la gloria del suo
eangue. Fu devota dot stato del pa-
radiso, et in quanto a Dio et al
mondo, fu liberale, et fu per la sua
honorata dota habundante de richeze.
Fu donna morale et in lettere latine
assai intelligente. Fu in lingua, et
cum il calamo facunda. Pigliava non
poco dilecto de la pictura et de la
masica. Fu devota molto in laude de
la virginità de la Regina di Cieli. Pi-
gliava piacere come reale dilocto
Francesca, intendendo la deliberationo
dal popub, come valorosa donna de
animo et de ingegno, ne pivse sin-
gular speranza de futura TÌctoria ;
per il cho, non sapendo lei altiora
altro che fare, mandò per degno co-
stume de sua magniflcentJa, a pre-
sentare il capitan e o del bolognese
exercito, tri fiaschi coperti de pavera,
uno era argentato, 1' altro aui-ato, et
l' altro naegio aurato et megio ar-
gentato de fin auro et argento, (cre-
do perchè se cognoscessero ) quali
erano pieni. In uno era lulebbo, in
r altro solemne vino, et in l' altro
aceto rosato : et mandoli una grande
cesta di candidissimo pane condito
de zucharo et de aqua rosata. Et
cura questo presente, di sua pro-
pria mano, in questa forma, una
lettera li scripse reco man cianci oli el
bolognese popolo per la futura ba-
taglia : < Signor mio, valoroso ca-
pitaneo; mossa io sincei'aniento da
la alTectione, cho Uu a la cscollonlia
02
de le tuo virtote, e dal deaidorio
grande vedere liberata questa ciUt da
li aSanai, ineendij et jaoture, che
patisse per la presente guerra del
tjranno, il quale vote de Lberì farne
servi a lui, scrivo la presente let-
tera a In tua alteza, ìd campt^nia
de lo esiguo presonto de mi tua de-
vota feminella- Il quale to mando per
confortarti li spìriti quando fusseno
aflannati da la calda stosone per la
fiitica do lo anno. Te pre^ro duncha
strenua Ciipittaneo sì^or mio, te sia
racomandato 1' unica speranza del
felsineo populo, che ha in la tua mi-
litare viitute ; che cobi operando farai
cosa dì to degna et renovarai U
gloria do' toi progenitori, quali sem-
pre cum felice victorìe illustrarono
la militare disciplina. A la tua dun-
cha graodìssima virtù me race
mando, et recordoto che io sono mi-
nor figliola, perché cosa mìa da Po*
lenta è de aflìnita ptr autiquo ce
iunctd cum2 casa Malatesta. Prego
Dio prosperi li toi dcsidcrij conco-
detuioti la desiderata Victoria ^r
nostra etterna fama. Al capìttaneo fu
iocundissìmo il presento do la ma-
^illca donna, laudando niotto il suo
prestante animo. Venoto il tempo da
la terminata battaglia, il papulu ar-
mato as'dte fuori de la citA., et cum
el suo capittanco esaltarono stronua-
mento et cum g^randissimo ordino li
inimici, li quali rupeno et spellarono
Cam ultima clade. Kt in luemoria do
tanta felice Victoria, la n>pubblica a
prìeglii do la excetlente donna, de la
pictura multo va^a (come decto ha-
biamo)la fece cfligiore in un oraculo
nel bel tempio del sarapho Francesco,
a sinistra mano ingredìendo dentro,
verso li vaghi niuntì. La ijual bat-
taglia, instaurando qui^Uii oraculo, fu
ruinata, che certo quando li penso
ne suspìro et piango ; me doglio che
li nostri primarij citadini do la re-
publica patri circunscripti, che non
sono curiosi conservare lo exemplo
64
de le glorie de loro passati per re-
putatione de la nostra cita, et per
acendere li posteri ad simile , o-
vero a magior glorie. In questa
bataglia de la aquisita Victoria, che
se chiamava la bataglia de san Rophil-
lo, perchè al ponte de san Rophillo
presso la cita nostra tre miglia fu
facta, se vedea el capitaneo grande,
grosso et rubicondo cum la spada
in mano, sopra leardo cavallo apo-
melato, in animare le copie di militi
contro le hostile squadre. Se vedeano
le gente da piedi et a cavalo, chri-
state variamente , et mischiate et
avilupate, et questo et quello ca-
duto in terra, chi morto et chi ferito
et chi piegato fin sopra la gropa
di cavali per li recoputi colpi, et
chi passato da V un canto a V altro
cum li accuti ferri de le lanze. Parea
proprio vedere exire sangue vivo de
le ferrite. Se vedeano li tronchoni do
le spezate lanze, parte ne V aere, et
parto in terra. So vedeano do li ca-
es
vali vivi et morti roveraati in terra,
ot alcuni cespit^ati ne 1Ì pavesi, ctie
erano abandotiati da 1" inilii-azatori.
Pareano li cavali, cutn spuiaanti fi'eni
per la fatictia, sentire fremira, li qua-
li Dou cum mancliu felicita pai-eano
pinoli, che fusse il cavalo pincto
da AppoUea, eccellentissimo do tutti li
picturi, tanto naturalroente formato,
che gli altri cavalli vedendolo inco-
minoiarano fremire. So vedoano an-
chura 1' arme di militi, et il vieo de'
pedoni insanguinati et pulveroEÌ per
la percossa terra da cavalli et da
gli ho mi ni combattenti. Se vedea
dono Alonso, nepote del nobilissimo
Egidio cardinale di Spagna iu Bo-
logna degnissimo Legato, cum molto
ferite morto cadere a terra in fa-
vore del bolognexe populo. S« vedeann
cum strenui acU et gestì li arceri
tiranti le nervoso corde de li duri
archi. fin a lo aurecbie, die le saetto
coxavano , et BÌmìlmento le baliste
caricare et trare. Si vedeauo li irom-
betti pubicundi cum le guangll^m^
fiate per la forza del fiato che da-
vano a lo tube per inanimare li com-
batlenii. Se vedeano li pavaglioni
et li tentorij tesi, et molti instru-
menti bellici. Se vedea el vexillo de
Santa Cbiesia, et vedeaae quello del
pupulo et libertà de Bologna, donato
al valoroso capitano , et quello de
esso capittaneo cura malateste insegne,
che pareano dal vento combatuti; si
vedeano ancJiora ventilanti li vexilli
do li coliegij de l' arte de la cita. Se
vedeano poi pigliare de li inimici, et
menare a la citA et rapire li sten-
dardi per intiera Victoria, che certo
credo a nostri tempi che cosa bellica
più degnamente pineta gii mai se ve-
desse. Altro non restava se non au-
dire vociferare li alBgurati eomba-
tenti. Lassiamo duncho questa gloria
passare, di poi ch'altri non cura; et
torniamo a l' opere degne de la va-
lorosa donna de quanto por annali
et recordi de fedeli ingegni habiamo
67
potuto sapei-e, die '1 presente anchorjt
de lei de li aurati fiaschi al capitaoeo
erano pinctl.
Questa donna doncha per suo co-
stume pio et de liberalità, molti do
li nemici presoni, feri'iti, menati in la
cita, che erano poveri, fece del suo
proprio medicare cum grande pie-
tade, et molti altri per sua inter-
cessione fece liberare, et ^ chi donno
panni et denari, et mandoli via in
pace cum dolce memoria de lei, et
non cum manco grafia de liberalità
(data la equalità del stjito et con-
ditione) clie fusse la Libéralissima
Busa decta Paulina femina pugliese,
oriunda de Canusia, verso la molti-
tudine grande de quilU che fuggirono
a Canusia cita confederata a li Ro-
mani, per la strage grande dette Ha-
nibal a li Romani. Li quali fugtti tutti
strachi, ferriti, insanguinati, nudi et
percosai , da la magnìtlca Busa senza
spavento de la terribile strage del
polontissiiiio vincitore llanibale, fu-
rouo recevoti, confurtati, vestiti et
faeti medicare ne le sue proprie pos-
sessione, et datoli arme cum gran-
dissima pietate et liberalità maravi-
gli osa.
Questa Venusta Francesca, per più
intelligcDtta de la prestantia del suo
animo, pigliavi^ piacere de' falconi,
come de sopra, in fra 1' altre sue
virtù preclaro I labi amo deeto. Uno
giorno el suo falcoaiero perdette il
falcone, di che lei di doglia non potea
morire. Fu a l' tiara uno nostro e-
gregio citadìno, nominato Andrea di
Magnanimi , famiglia nubile et an-
tiqua de la cita nostra de Bologna,
che per coruptione se dice Magnani,
la quale coruptione troviamo causasse
per UDO cJtadino de questa famiglio,
homo fiero et de viso nero come cali-
ginoso, par il che era chiamato Magna-
no. Questo Andrea duncha dì Magna-
nimi, che era acto a qualuncha pre-
stantia, sentendo el dispiacere de la
^onna per il perduto falcliona ti mnndò
sinceramL'nte a donare uno falcono
pelogrino dio avea, et non già por-
cbd fusee de 1» donna ftimiiìare, ma
a lei era affectionato per la ma-
gnificentia et virtule do essa, co-
me costunfio do li animi gentili, che
amano le persone de yirtuto ornato,
ancora da loro sicno state vedute
già mai. La donna restò assai con-
solata, et considerando che il dona-
tore non poten essere se non gena-
roso, die non essendo fra lui et lei
alcuna amicitia, ne fatto a lui be-
nefitio, l'havosso muniscala de sì
gentile prestante, la discreta donna,
existimando tanto la ezcellentia del
core dd donaforo, per non ossero
innata del ricevuto dono, più volte
fu teraptata nel secreto animo pren-
derlo per marito, dicendo, che a la
nobiltà del core de lui non manchava-
se non bona fortuna, et indicando
che la robba sarebbe presso lei de
piti splendore , senza mormorationo
70
del viilgu, pessimo detractore di chi
vole cum virtuosa gloria vivere, et
non volendo essere nel numero de
quello fanaine petulante, che estimano
più le vane et transitorie rlcchejje,
che do gh horaini el valore, et non
attendono se non Gindimre or que-
sto , or quello ÌD cose frivole et
pieno de vento. Ma pur non volendo
mancare del splendore de la sua tÌ-
duita, et vedendose havere satiefacto
debito al tempo et debito a la etata
se spoliù cum multi sani argumenti
in tutto de tal pensiero, et al ma-
gnanimo Andrea mandò a donare uno
hellissimo cavallo fallerato egregia-
mente de fraponi do scarlato, come
se costumava per li magnifichi ci-
tadini; per il quale presente tutta ia
cita ne parlò cum gloria de lei, per
k quale il nostro Ojnovero ne or-
nerà cura dilecto le sue verdegiante
et vaghe fronde ; come quello an-
chora augumentaremo do ornamento
per li fulgori de pi'udeiitia de Cathc-
rina Vesconto duchessa prima de Mi-
]aiiu che seque mio narri! re ino in
fi u est a forma.
8. Da Datherlna Vaaoonta
Duohuta prima di Ullano.
Essendo morto al magnanimo Joan-
ne Galiazu Yesconte primo duca
de Milano E!,vsabeth sua consorte, fi-
gliola dal re di Boemia, et non ha-
vendone habiuto figlioli, ee non una
fomìna molto valorosa Dominata Va-
lentjna, cho fu moglie de Loysì duca
de Orliena fratello di Curalo re di
Pranza cum ducati quattrocento milia
de dota et del stato de la citA do
Asti, se copulò cura Caterina figliola
illustre do Bernabò Yesconte sua
consobrina, de la quale liebbe dui fi-
glioli: l'uno fu Joanne Maria, et
r altro PhiUppo Maria. Morto che fu
il marito Joanne tìaliazo, subito le
perniclossissìme fuctiono de* Guelfi,
et de' Ghibilini Be inovarono , lo
quale giti per ducente anni erano per
Italia vagate, in forma eho tutte le
cita haveano cmn effusÌQne de sangue
a r arme concitate. Ugolino Caval-
caboTe, opresso li Ghibilini, tolse in
£e il dominio di Cremona; Octo terzo,
morto li Russi nobilissimi et po-
tenti parmesani, ottenne la cita de
Parma ; li Suardi, Pergamo ; li Ro-
Bconi, Como; li Vignantesi, Lodi, Ver-
celli et Alexandria cum molte sue
regioni et castello. Et Pino Ordo-
lapho da Galiazo da Furlì ritorna in la
patria signore. Similmente Faventia
nel pristino 8U0 stato retornò, che
da li conti de Como era stata o-
pressa da dura bataglin. Facin Cane
nobilissimo duca de armati, e Oui-
Uelmo da la Scala, caciato do lo im-
perio de Verona, et Carolo Vesconte
figliolo do Bernabove, pigliando spe-
ranza ritornare De li loro dominir,
solicitarono tutti li nobili populi et
altri principi a la presente rebel-
lione. Tutta Italia fu piena de ter-
rore, incendi! , dìreptione et morte,
come dimostro II cielo per la cometa
ne l'anno che '1 duca Joanne Galiazo
moritte. Questa italica discensione in-
) Carolo christianissimo Re di
Pranza, preso speranza havere lo
imperio de Italia. Subito cum grande
eXercito mandò Bucichab, suo strenuo
cavalliero, perito molto no l' armi, a
la cita de lonua (la quale era an-
chorn tumultuosa per essere morto
albera il Duce Antoniotto Adorno
terzo) et ebbe lenua. Di poi non per-
dendo tempo in la principiata Victoria,
prese Terdona cita nobile gi& colonia
de' Romani; et tuttavia so ingegnava
seijuire la Victoria per consequire Ìl
ducato de Milano. Questo vedendo
la duchessa Cathcrina, che era donna
de grande animo, ingegno et indu-
stria, non se spaventò, ma invocando
prima il divino auxilio, aliraciù cura
singular modestia li suo citadlni, et
Baroni; a li quali, por conservarti
in la fede de lei et de' figlioli, in
cunservatione del ducal stato et a
loro beneficio et salute, in questa
forma mosse le sue parole:
« Chari citadìn'i nicì: l'è morto la
GxcellentÌB del mio marito, signore
vostro. Quanto fusti de lui amatis-
aimi, erodo per multi efTecti et espe-
rienza el sapiate. La cui morte certo
me sarebbe de magior dolore, se
non cognoscesse me et mei figlioli
amati da voi. Voi vedete che tutto
il mondo à sotto l' arme per queste
maledecte s;.^ditioni, le quale hano
provocato l' alteza del Re di Pranza
ad Gubiugarne tutti. Lui ha gi&
preso Jenna et Terdona cita nostra,
che fia precipuo fondamento de in-
tiera Victoria de suoi pensieri , se
noi non faci amo prò vedi mento. Io
sono pur femina cum quìsti duo fi-
glioli non grandi ; bisogna la vostra
fede, le forze et facultate a la con-
servatione de questo stato, che è
proprio vostro, bavendo voi per longo
tempo babiuto per signore la famiglia
de' Vesconti, Sarebbe pur male qniUi
mutasti senza peccato per oxteraa
natione. Voi sapeti quello haveti ; pre-
gavi dunclia vogliati staro constanti,
forti et animosi, clie infine ad voi
stessi sareti. DÌ che pare a me che
se conToehi tutti li potentati amici
et populì prestanti ad guprimere la
superbia de quisti Galli , altrimenti
saremo espulsi, non solo del stato,
ma de le proprie case, et in servi-
tìilù posti. »
Questi citatimi, havcndo auilito lo
persuasive parole piene de affectione,
diventarono teneri verso lei, et eum
amore et animo grande Tesposeno
volere fare ciò, ohe ella desiderava
fin ad exporo la robba, li figlioli et
la propria vita in salute del suo
stato. Cosi insieme consigliandosi con-
vocarono li valorosi Principi che
erano inimici, et ns eme ^e confe
dorarono cum la Du he'^a la q ale
venendo anchon n so od uto el
gagliardo Fran s da e onza^l » f
oaao florido exercito. pigtiando iadn-
bitata speranza reaqaì stare 11 per-
duti stati de questa Duchessa , et
caciare de Italia el superbo cava-
liero Bucichalo, il quale cam gestì
et parole contumeliose disprezava il
nome et gì' homini latini. Hodunati
dimqae quisti Itati ci principi cum
ordinate 9(|uadre de cavalieri armati
a la opu^atione de le superbe forze
de Bucicbalo, reaquLstaroDO la per-
duta cita de Terdotia, già per Facin
Cane reci»nciliafo a la Duchessa. Ga-
liazo de Gonzagba,cbe era homo pi-
colissimo, ma forte, gagliardo et da
animo praestantissimo , et generoso
non potendo sufiVire la coaturoelta
et superbia do questo Bucicbalo, il
recbedette a corpo a corpo de ba-
taglia. Bucicalo, intendendo questo in-
rito, ne fece derisione assai, perchè
luì ora gi*ande ia forma, che Oaliazo
Gonzagba li agiungeva a rimbilicolo.
In fìno Bucicaldo fu provocato a la
bataglia , et combatendo fu getato
I
T7
a t«rra del cavallo dal valoroBo Ga-
lìazo Gonzaga, il quale l' liaverebbo
senza dubiu do vita finito, se li pro-
ceri overo baroni do esso Bocichaldo
non r avesseno l'etrato. Vedendosi
Bpcichaldo superato du si pi colo bomo
presso lui, hebbo tanto sdegno et ver-
gogna, cLe mai più volse portare arme,
et tornosse in Franza; et duppo questa
Victoria la Duchessa reaquistù tutti
gli altri stati perduti. Lei se f];overnA
sempre cura grande pruJeatia et di-
scretione. Fu pietosa, fu casta, fu li-
berale sì nel spirituale come nel
temporale, et observatricc de justitia,
la quale da lei fu mai d' avarilia
violata, ma bone alcuna volta por
' clainentia temperava discrctamenie
la juslitia. Doctrinava li suoi populì
al virtuoso vivere. Rìiigratiava Dio
che r havea fncta madonna de tanto
stato et de tanti populi. Queste vir-
tute la faceaiio molto amare et re-
veriro, et più lei, che li figliuoli, et
specialmente JoaTine Mariu, sccundo
p
^1
RwiB mm li bBÙKHM «WK.
1
■4m ^& -Ufi fiMBdi^ >■«- OMnn^
«• fa». dB lit.iiiii ta» il a
aMafb* Pan» iC la CWBB ai- H
iih iC dk> MOa •» OB» I «Mi
75)
princìpi por iustitia degni del stato del
cielo. Volesse (ìunque lui sequire li
paterni exempli, pop gloria sua et de
la famiglia Vesconte , la quale fu
mai inquinata, so non da lui. Yo-
lesso per Dio salvare la reputatione
del duca! stato de cosa sua, che doppo
liavea il padre possedutù quel stato
XIII anni sotto il titolo del Conte de
rirtufe, obtonne el ducal titolo cum
costo de florini cento raillia da Vin-
cislao imperatore por mano de lo ar-
chiepiscopo de Milano oratore, il quale
li presentò la biretta et 1' altre du-
cale insegne per parte de esso impe-
ratore, altrimenti non disponendosi al
virtuoso et laudabile vivere, vedea lei
in lui aspro ìudicìo. Lui respondea
a lei : « Andato, andate pur madonna
madre. Non può essere alcuno de
famiglia illustre, che non la de ogni
cosa. » Cosi lui mischino dedito et
involuto net ncphando vivers, essendo
a udire celebrare la messa, fu cruda-
mente da" suoi caraarii.Ti ucciso. Et
il fratello PliÌli|i[PO Maria magnanimo
principe aol diicid stato successe.
Ma li cieli furono benigni a la pru-
dente Duchessa, che a se la rocol-
seno cum gloria da lionestissima vidui-
tà, avanti la morte de l' ociso figliolo,
a ciò noD recevosse tanto dulore; cbe
Itavendo cum li figlioli regnata dieci
anni, noi decimo et octavo giorno de
octolire ne li anni de la saluto mìlla
quati-o cento quatro in Modecia passò
de questa vita.
singular donna, da essere cum
divine laudo alcìata al summo tronol
Chi è quella donna de si grande
phasto aen se ^umiliasse fiirse su-
bì etta et devota ad tua memorìii
per le tue inclite virtutel Quale è
quella do sì alto stato et degna de
governo se reputi, non prenda esem-
plo dal splendore do la tua dìgnis-
sima vita? Tu hai il sexo femìneo
honorato per cibare iocundamente il
nostro pudicissimo et alto (Ijnevero
do lo cui fronde se orna le chiome
81
(le cbi virtuosamente a la nostra
etate vive, come anchora faremo per
1' opere clai-e de Zoanna duchessa
de Austria nel dire soquente in questa
propria forma.
8, Di Zoanna leaunda Dueheiia de Aulirla.
Zoanna secunda duchessa de Au-
stria fu figliuola del re Carolo « da
la pace >, già de Lagrslao del re
Ruberto re de NeapoU et de Sicilia,
et raogliero del ducha de Austria.
Morto esso ducha suo marito, et non
havendo figliuoli, se ne tornò a Neapoli
dal re Aloise suo fratello, el quale
poi morendo senza figliuoli, ella come
le il regno, et senza
eontradiziono se fece regina. Et re-
gnando, come costume de sua inpu-
dica natura, fu motto dedita a li
libidinosi abraciamenti , quali per
honesta a me narrare non lice; per la
quale sceleragino fierto so non fus-
se che alcuni suoi focti de me-
moria degni non me pare sotto sci-
lentio passare, non che quilli, ma
pur ci suo unico nome soripto liaverei,
per tema non ofiendere 1Ì animi de
le pudictie et oneste donne et do le
illustre rogioe; ma me perdonarano,
perche siamo obligati cum publica
laude exaltare la tìKCi, o in alto
basso luoco , dove la troviamo ,
quantunque sia coperta da dishonesto
velo. Or costei regnando cum splen-
dida corte et h avendo alcuni omiui
posti al grande stato, non piacque
a li Magnati del regno, come savli,
essere recti da una lassiva femina:
per it che prese lui in marito el conte
Jacobo do la Marcia duca de Ner-
bona de lo parti de Francia, homo
di tempo, costumato et idoneo al
reale regimento. Ma non volseno li
Magnati ohe lui se chiamasse re, ma
marito de la regina et generale gu-
bernatore del regno.
Questo duncha conte Jacobo duca
di Nerbona, venendo nel regno, di-
I
83
smontato a Manfredonia, molti ba-
roni SG li feceno contro et special-
mente quilli, elle non haveano grazia
cum la regina, dicendoli che mai
sarebbe re fin che 'I grandtì Sforaa de
li Atendoli da Cotignola grande com-
mestabile del regito, ereato dal defonte
re AJoise, et Pandolpho de casa AJoppo
magno cont« camerlengo sopra tutti
li thesauri del regno, et alcuni altri
vivesseno : per il clie questo duca di
Norbona fece il grande Sforza incar-
cerare a Benivento , et a Pandolpho
fece troncare la testa. Et intrato in
Neapoli cum grande calidità condusse
la regina in Castello Capoano et come
in honeste carcere la tenne cum molte
gentil donne. Stata così la regina
per alquanti mesi, il duca la licentiiì
per quella volta ad requisitlono de
Otino di Caratiolt Rossi de Neapoli
gentilhomo degno, perchè honorassc
lo nuptie liei figliuolo di esso Ottino,
Uscita elio fu la regina del Castello
cum suoi amici, che bavea il spirito
elevato ad grandissiiDi &cti, ora
tale serliztono contro il re suo i
rito, che lo fece fugire in Castello
Novo per salvarse la vita, il qnale
assediò per tal forma , che se luì
volse essere liberato bisogna farsa
servo de la regina, et liberare il
grande Sforza, et ciascuno altro per
lei incarcerato. Uscito che fu il re
de lo assediato Castcilo, et vedendo
lui non essere quello solea, de furto
munto in uno triremo, overo galea,
ettornossone ad casa sua, et la regina
restò libera maritata et senza marito,
gloriandose che il marito se li era do-
nanti levato. Fece Serzano de Carazoli
Neri magno siniscalco.
In questo duncha suo stato vi-
ve ndo Ubera et lieta senza tema
de contraria sorte , come Semiramia
de Babilonia scelerata regina , che
volse il bene placito fusse licito a
ciascuno, il re Àloise secundo, cum
ausilio de sanctn chiesin, et de la
oxcelsa Republica l'ìrcntìna, essendo
in Pranza asoldò molti uci d' armi
italici et del regno de la felice
Cicilia , et cum maritima armata ,
parte a Mai-silia et parte a Genova
venne strenuamente nel regno Par-
tbenopeo, et acamposse presso le mura
de Neapoli. Sentendo questo la ma-
gnanima regina fece al meglio pos-
setto, et cum ordine grande oppor-
tuni rimedii a la sua difesa; et ve-
dendosi assediata, mandò legati ad
Alphonso re de Aragouia, che già per
altro tempo bavea sottoposto Cathe-
logna et Barcelona clie venisse a Uì-
fensarla, che lei lo farla suo adoptivo
figliuolo.
11 re Aiphonso, che era come quasi
caciato de Borgelona , se ne era ve-
nuto cum grossa armata ad Bonitatio
isola bella et forte subietta a' Je-
nuisi, la quale tema assediato dan-
doli ogni dì aspra battaglia, et per
soccorla li Jenuisi haveano fatto in
mare grandissima armata. 11 re Al-
plionso conoscendo non potere domare
la ixola do Bonifacio per il potente si
corso de l'armata jenueso habandonù
r impresa acoptando l' invito de la
regina Joanna aecunda. Se condusse
cum trìunpho a Napoli, dove prima la
regina spontaneaménto per più sua
secureza li dette Castello do l' Ovo et
Castello Novo, et insieme cum U Neo-
politani fece atrocissima guerra cum
li Anzoini, et valorosi facti de arme
cum gente ìtalice , che ivi erano
campati cum lo re Aloj'se, al quale
ianchora che molti misi fuaseno stati
in campo, et havessi>no dato il pegio
al re Alfonsi), et a. la regina, fu forztt
per mancharli denari tornarsene in
Pranza in Marsia; per la qual cosa
le gente italice d' arme che sotto
esso re Aloise militavano per U
partita de sua majestà presena novo
partito: chi se pose al stipendio de
sancta chiesia, et chi cum la regina
et re Alphonso insieme. De li quali
militanti il grande Sforza era grande
conieatabilo perii re Aloise, et acon-
87
ciose cum la regina, et cava el re
Alphonso, cuiu conditione se caso ad-
venisse, che iti fra loro serenità na-
scessiì discordia, dovesse esso grande
Sforza servirò a chi prima el vo-
casse. Accadette che essendo quisti
reali principi stati alcuni misi in
pace, venne voluntà al re Alphonso,
come costume de nostri insatiabili
animi , propriarse a se solo tutto il
regno, spoliandone la regina. Di che
convocati sol signori Cathellani et
Spagnoli, che seco aveva et altra
gente d' arme corse al palazo Aeìa
regina per pigliarla, et porla ad sua
posta, la qual cosa da lei sentita
animosamente fugitte in Castello Ca-
poano, dove subito fu assediata dal
re Alphonso già facto de lei adopUvo
figliuolo; et per difleusarae mandò per
il grande Sforza, che ora in Beiiivento,
il quale essendo prima stato rechesto
da la regina venne al suo aubaidio
in ordine cum cavalli et fanterie
contro al re Alphonso che la città
tcuea ; ot 0011*0 ilentro da Neapuli
per la porta pi-essu Castello Capoaao
faccDdo ùicto (l*annQ cum CatheUani,
Spagnoli et Ragonesì , IJ quali tutti
dal grande Sforza streDuameate fu-
rono rotti ot spezati ; et ia quel
giorno prese cento vintesei signori
de quilli, che erano cum el TÌncto
re AlphoDso. Et lo lafaute de Ca-
stiglia fratèllo do esso Re se salvò
in Castello Novo, et il re Alphonso ia
li trirenii: el quale vedendose supe-
rato et rotto retornO in Spagna . la
donde refeco una più fiorente annata,
che la prìmB, et retornò ad Neapo-
li per via de li Castelli, et il porto,
che anchora in roano havea, per il
che fu opportuno al grande Sforza
levarse da la bellicosa impresa, et per-
ché da l'altra parte sentiva Bratio va-
loroso capìtaneo venirli per nimico. Et
uscendo de la citta tolse la regina
et mandola per consiglio de lei a la
terra adcompagnata circa da tre
inilliu donne , duchesse , comit«sse ,
principesse, et nobile donno ueajio-
litane. Et il grande Sforza aDd&ndu
per trovare Brado che era in Abru-
zio a Civita de Tietl et passando il
fiume do Pcscbera se aaegò et il suo
valoroso figliuolo conte Francesco cum
le gente d'armo se retornò in Terra de
Lavoro, di che la regina non cum
manco animo de qualuncba regina
de le amazoue chiamò seco il pre-
fato conte Francesoo, et andò a campo
ad Neapoli , dove sì virilmente et
caiidamente soppo fare, che reaquìstò
la città, et de quella ne cacio el re
Alphonso, et similmente de Terra de
Lavoro. Àlhora la victoriosa regina
fece notìficare a tutto il mondo che
come per la inobedlentia et rebellione
contra de lei usata dal re Alphonso,
quello exhereditato havea de materni
beni; et cosi solennemente fece. Facto
questo deliberò bavere uno figliuolo
successore a lei pei' sano consigho
de' suoi baroni ; mandò per lo re
Aloise aecundo, quale creò suo adop-
tivo figliuolo per la privatione de Al-
phonso. Vomito dunque a Neapoli il
re Aloìee da la regina bonignaniQnte
fu ricevuto et di Calabria creato
glorioso duca. Et poi cominciò per-
Bequire esso re Alphonso per diversi
luochi, in tal modo clie forza li fu a-
bandonare tutta terra ferma et per
aqua fugiraone, per la qual cosa la
regina libera rimase. Ma perchè
Braciu in quel tempo eum grandis-
sime copie de armati infestava l'Aquila
tenendola assediata et dandoli conti-
nuamente asperime battaglie, la regi-
na mando il conte Francesco Sfurza
et altre gente de arme poste insieme
cum quelle dela chiessa, contra il
strenuo capitarne Bracio et debe-
lando aspramente esso Bracio fu su-
perato , rott« et fei'ito et preso et
come de la cbiesia ribello mandato
ad Roma; et per doglia de la sua
strage , non volse mai mangiare , ne
medicarse, per il che come disperato
luoritte. Visse poi questa magnanima
regina gran tempo insieme cura Io re
Aloise figliuolo obidente in tranquilla
paca, cho essa ucl regio stato visas TJn-
tiquatro anni cum grandissima libe-
raiitd , donando denari , gerae , re-
gni, stati et honori; et vechia passò
de questa mortai vita doppn la morte
de sci mesi del re Aloise. O cuci
quanta più benigna et gloriosa lama
havereblie finito 1Ì suoi . giorni, se
lasiva nou fusse stata, quaatuncha
essendo venuta ala rechleza se com-
punse flebilmente il core a peoi-
tentia del suo male operare! Et non
sapendo sciogliere la lingua in di-
mandare mercede- al Re superno,
pregò il suo confessore dignissimo
theologo che in nome de lei li com-
ponesse bynni, psalmi et orazione, a ciò
poi lei le potesse dire, per havere in-
dulgentia da Dio. Et così fece il pre-
stantissimo theologo , li quali psalmi
et orationi in forma de uno psalmista
ho veduti et lectl; et che certo per ef-
ficacia et Eubstantìa sono degni de
sìngulare reverentia et devotione.
Questa regina duocLa conlJDua-
mente, dal giorno de la sua contri-
tìono Gin a la morte, dicea li prefati
[isalmi et oratìono per lo ({uale exi-
stimo, che Dio lì habia havuto mise-
ricordia , perchè tarde furoa mai
gratie divine; benché simil pentire
tordo giammai non lodo. Che fusse
piaciuto al cielo havossu li suoi gran
facti questa regina Joanna secunda
adcompagnati de quella religione, che
fece la succedente regina, la quale
fu uno vero spechio de la feminea
gloria, come narraremo per dare fe-
licissimo ornamento al nostra Gyne-
vero, che so passe et ciba de vir-
tuosa et sancta fama.
g. Da liabelta Hsgina
aontofti dtl He Btlatn.
Ixabella regina fu de prole illustre,
et consorte del re Rainero Andcga-
veuse Anzoina. Fu donna bellissima,
savia, de grande ingegno, magnanima,
iusla, clemente, libéralissima, affabile.
eloquente; et fu de tanta pudicìtia,
religione et venerando aspecto cum
generosi costumi, che più presto era
indicata divina, che humana. In fra
l'altre dote et gratie de natura, hebbe
ne lo acquistare ci regno di Neapoli
et quello gubernare grandissima pru-
dentia et virtitte, per modo non poco
splendore giunse alla sereniti del suo
sangue, come narraremo in gloria de
tanta donna.
Sa debbo duncha cum atentione
intendere , che essendo orbato el
l'egno de Neapoli di reali principi
per la morte del re Aloise et de la
regina Joanna secunda, li baroni del
regno tuti concordi mandarono per
il re Rai nero g̣i fratello del re
Aloise aocundo, che se dicava juridi-
camente succedere in la heradità del
regno. Il re Alphonso de Aragonia.
subito come intese la morte de la
regina Joanna, havendo disposto pos-
sedere questo regno , come figliolo
adoptivo de la regina , et non cu-
rando essere esheredato per le rft-
sono habiamo no li eff^ctt àe la re-
gina .Ioanna narrati, pregò Btretta-
nieute Carolo duca do Borgogna suo
attinente che mandasse per il re
Rainero, come suo presone, che io
hatagUa da lui, faceano alquanti
anni , era stato preso et lassatola a la
militare fede, che ad ogne reijuisi-
tione de esso duca de Bei^ogna an-
darebbe a lui. In quel medesimo
tempo el re Rainiero hebbe legati dal
prefato duca de Bergogna che an-
dasse a lui et legati da li baroni
del regno de Neapoli, che andasse
come re a. possedere il regno. Il re
Rainero integerimo et non de mancho
fede del romano Attilio combatuto
da la rechesta di legali, volse più
presto observare la militare fedo, che
consequitare ci partbenopeo regno.
Et andoasene in Bergogna, lA donde
molto tempo dal duca ad instantia
del re Alphonso fu tenuto incarcerato.
Isabella regina alhora sentendo an-
05
dare il re suo consorte ad le ber-
gognone carcero, come Talorosa re-
gina et de non manco aninno de la
regina Dido quando fugitte de le
parte de Tjrro, per essere morto
Slcheo suo caro marito da Pigmaleon
suo fratello, se pose senza dimora
cum el duca Zoanne suo unico fi-
gliuolo et cum molti procori et genti-
Ihominì anzoini; et mandò in nave et
voltando la prode et alciando lo vele
al prospero vento se tranaferite ad
Neapoli, dove fu facta regina, et del
regno sola gubernatrice , havendo la
reale donna tanto titolo aquisito,
come humaaissima et prudente. Et
come quella, che sopra ogni altra cosa
estimava degl' horaini la virtuto, non
parse a lei honesto, che una feraina
sola dovesse regere tanto regno.
Fece in Neapoli per consiglio eleo-
tiono de alquanti gentilbomint , che
cum lei havesseno a regere la citate
et il regno. Non è de questo da ma-
raviglitire , perchè sempre fiumana
et grata ne la sua audi«atia et T«-
rerento verso il facto consiglio, con-
sultando ]e oc^areatie del reale stato,
visse in ogni tempo et fortuna cam
grandissima modestia, temperaotia et
religione in gesti et in parole. Non
fecea come alcune regine , duchesse
«t Gomitesse, overo quelle, che to-
gliono il tìtolo de 1' alte matrone, le
quale o per lasivia, o per sensualità
usano costumi et parole puerile et
a le volte bestiale, così nel stare in
camera lasivando , come nel man-
giare, et si come nel dorniire, parendo
a loro per la sub fortuna tali costumi
et vita convenirsi. bestiale loro
estimatione, che non pensano che
quanto la persona è più excelsa et
de generosità splende, tanto più vitu-
perevole sono in loro lì vituperosi
costumi, et fiagìtii, come le machie
ne la candide veste! Et tal cam loro
de sue lasivittl se rìde per piacerli, che
dipoi ne fa scherno doppo loro, jn-
dicandole impudiche; ma vivendo cn
97
splendore de sancti costumi et vir-
tnte fin a lì angeli è forza cam di-
lectìone ho n orarle nel cielo. Circa
ciò più non mi voglio estendere las-
sando la hystoria per scrivere satira.
Credere duncha se debbc, che Isa-
bella fu regina de digui&sima luco
nel vivere reale. In questo tempo
duncha sentendo il re Alphonso che']
re Rainero era incarcerato et facto
re de NeapoU et Ixahella regina
dentro la citate, se ne venne nel
regno de NeapoU cura florente ar-
mata mariti ma. Et asoldati molti
baroni de! regno incominciò tur-
bare cum aaprissime guerre el paese.
Per la qual cosa Isabella regina
exitte ìirilmeute cum florente eier-
cito contro il suo inimico Alphonso
non altrimenti facesse Tamiris re-
gina de li Sitii possedetrice del regno
loro quando cum feroce esercito li
venne Cyrro per torli el regno, più
presto perhù per gloria, che per ac-
crescimento de imperio. Cosi duu-
cha guercsando la regina Iiahella
corno fusse stata usa e perita ne
l'arme et in molti lochi prosperando,
in Une, come fortuna volse, che a
belli principi! voluntier contrasta, il
re Alfonso preso la Puglia cum Ba-
silicata, per il che a l' hora se inco-
mincìd cantare quella cantilena:
Per Dio non mi chiamate più Itugina
chiamati me Ixabclla sve a turata.
Haio perduto Capua gentile,
la Pugliit piaua cum Basilicata.
Cosi ella guerezando molti anni cum
grande valore et ardire, pregò tutti li
principi e signori di Franza, che per lei
intórcedesBono la liberatione del suo
conaorte re Rat nero dal duca Carolo
de Bergogna. Ad queat« intercessione
esso duca lassù el re Rainero , el
quale ad Neapoli ne vene ma poco
vi stette , che la valorosa Isabella
prudentiasima regina armata de le
catholice arme pose Une a li suoi
extremi giorni ; la quale da tutto il
regno tu amarissima mente pianta, et
fin a le stelle, dove la sua sancta
&ma se extondeit, et meritamente,
perchè era de singular gloria, et
frncto a. tutto il regno de gratis,
de amore, de liberalità et de cle-
mentia.
Essendo ne la flebile doglienza de
gentilhomini recordato, che a lei fu
decto dovesse come regina suntuo-
samente vestire , perchè de panni
nari vestiva, lei respose che non
conyenia andare cum liete et pom-
pose veste per la captora dol re suo
marito. Da l'altra parte li buoi ape-
titi furono sempre alieni da sump-
tuoai abiti , fogie et portamenti ,
perchè non poteano generare se non
lasivia , vanitate et mate ezemplo.
Ma ben satisfacea, cho andava ve-
stita de tre gemme le quale la fe-
ceano sopra ogni altro ornamento
pomposa et radiante. La prima gema
era il titolo do la regina concesso
da Dio ; la seconda gema era la
iustìtìa del regno ; la terza gema era
la gratia di populì.
Isabella HancUssima regina quan-
to sei degna de sempiterna laude
per quella tre beate geme che te
ornarono al mondo , et per molte
altre virtute, che in to regnarono!
Credo che mai natura produoeese
donna al mondo de magìor grati a
et excellentia di te, oxcepto quella
che nel suo 8ocratÌssÌmo ventre portò
la salute del genu umano. Che più
di te se può dire, felicissima regina!
Se non come fusti in terra beato
esemplo de ogni excellentia, cosi
credo che nel regno do' cieli de le
tue glorie cum li altri glorificati spi-
riti presso lo eterno principe gaudi
et triumphi. Cosi de la tua beatitudine
el nostro gentile Oinevero ne pren-
derà jocundità et piacere.
10, De Janna Pohella gd/a de Franta.
Noi logiamo de Camilla valorosa
vergono figliuola do Methaho re dei
Volaci, che quando il patre per re-
101
pentioa sedutione dei saoi cittadini
fu cacìato del regno , non potendo
altra cosa portare ciie la figliuola Ca-
milla de poclii giorni avanti nata, a
lui sopra ogn 'altra cosa chara, essendo
la matre Cosmilla do lei morta nel
parto, et fugiendo giunse al fiume
de Masceno, et quello non potendo
passare por essere da la piogia in-
grossato , subito per favore del cielo
fu inspirato da necessitato pensiero;
pose la figliuola in una cortice de ar-
bore de EUvero et cum teneri salici
lunghi ligO la cortico cum uno capo
et cum r altro ad una lanza, overo
dardo, et avotando la figliuola a la
Dea Diana se ella salvava, et cum
forte brazo getò la lanza di U dal
fiume conficandola sopra la ripa.
Lai poi subito nato ìl lìume et giunto
sopra la ripa lieto tirò il legame et
ebbe salva la figliuola. Cum la quale
entrò ne li boschi, dove la gubernó
vei^ene et devota de Diana in ob-
servantia del promesso voto. Lei di-
102
venendo fiera e gagiUarda drieto le
fiere cum l' arco et cum el dardo
et essendo morto il patre fu da 1!
Volsci popoli i-evocata per sua virtù
de loro reg'ina. DÌ che poi cum molta
gente da Volaci andò in campo in
favore de Turno re de' Rutoli contra
el Trojaoo Enea , che per moglie
avea presa Lavino, et uno giorno
atre Du amen te combattendo drieto a
Corebo fu da Aronto ferita, et in
fra li armati eserciti cadde morta
cum dolore de Turno.
La virtù de questa vergono Ca-
milla habiamo recordata per compa-
ratione, volendo dimostrare a moderni
tempi la nostra Janna polcella gaja
essere stata non de minor gloria et
valore che fosse 1' antiqua Camilla,
come explicaremo. Dobbiamo duncha
sapere , che questa Janna polcella
gaja nacque in Pranza nel paese de
Barois, la quale da la etate de octo
anni fin a li sedexe fu guardatrice
de pecore et sempre se esercitò co-
I
103
rene in quella parte, et in questa
altra insieme ciim altre fauci ule
guardatrice de pecore, et cnm una
^ossa verga come asta, la quale
sotto il brazo se poneva stringendola '
come li cavalieri d' arme le lanze ;
et colpiva ne li piedi de li arbori et
talvolta montava a cavalo de qualche
cavalla de altri pastori correndo si-
milmente, che chi la vedea cum pia-
cere se ne maravigliava, per modo
divenne fiera et gagliarda,
Lei fu bella, de viso brunetto al-
quanto et de trezze bionde, fu ver-
geno , fu devota et per suo auxilio
sempre el nome del bon Jesii, et de
la gloriosa Vergene chiamava secundo
il publico grido. Hebbe dolce lingua
et bono sentimento, che haverebbe ba-
stato fusse stata nutrita in la scuola
de pnidentia e optimi costumi , non
che a la custodia de le pecore.
In questo tempo Henrico re de
Inghilterra albera adoloscent« facea
fare cnm grandissimo ozerei to per
lO-l
suoi capitani aspra guerra a Carolo
re di Pranza. Et già havea preso la
regale cita do Parise ot grande
parie del regno ot duri sa imamente
tenoa obsessa Oriiens, che in latino
diciamo Aureliano, hedlficata in me-
moria del suo nome sopra la ripa
del fiume de Lera anticamente chia-
mato Ligeris. Questa cita era tanto
duramente strotta, che parea impos-
sibilo ch'el re di Pranza, che havea
assai minor oxercito del re de In-
ghilterra potesse soccorrerla , per
modo ne vivea in molto affanno, per-
chè il perdere et mantenere essa
cita alhora tanto importava, quanto
Talea tutto il regno di Pranza.
Cun ciò fusse che perduto Orliena
tutto el regno era pei-duto. In que-
sta dunque extremitA essendo consti-
tuto il re de Pranza cum ol suo
Regno , questa Janna polcella , così
disponendo la divina clemenza, lassò
la guardia de le pecore, che era per-
venuta iu la etatc de anni sedexe,
1(»
et andò in campo ad trovare il re.
Giunta duncha a la regìa corto disse
che volca por cose iinpoi-taate par-
lare al re, perchè era Uà Dio man-
data a. la sua Mujestil. LI barunt se
ne fiicevano scherno, vedendo una
villanella (benché venusta fusse) che
cum tanto urdire voleese parlare al
re et manda vanla via negandoli
l'audieutio, dicendo in fra loro: « Altro
soccorso ne biaognarebel > Lei pur
importunando parlam al re, dìsseno
li baroni per leyai'sela denanti tutta-
vìa motegiandola cum qualche forai
laasive parole a la costuma do Franza:
cPolcella, quello 6 il rei » mostrandoli
UDO barone per il re: < Vk e parla a
lui ». Ella rispose: « Quello non è il re,
ma è quello che è là appoggiato. » Et
acìgnòlo col dito, quantuuqua mai
r havease veduto , che fu propria
divina conoscenza. Ultimamente fu
lassata andare al ro.
Giunta duncha avanti a la sua
l'egiu mu,!(>sta, li lece genudexa re-
106
verentia et disse a la pres^ntìa di
baroni et de li prìncipi: « Signor re
io partita da la guardia de le peco-
re. Tengo ad voi mandata da Dio
per lùularTi recuperare et mantenere
el vostro regno ; fate che io sìa
creata capitanea et gubematrìce del
TOBtro exercito. Et non ve maraTÌ-
gliate che io sia povera polcetla et
ardisca pigliare tale impresa , che
così piace a Dìo ; et credeti , credeti
a le mie parole', che ne vedereti ef-
fecto de grande gloria. »
Il re gTiardando ne 1" aspecto de
questa polcella et havendo inteso
r alto et efficace pai'lare de lei, girò
gli occhii a li baroni per maraviglia,
li quali anchora tutti l'un l'altro se
gnardavano pieni de admJratione sum-
mìssamente parlando, come de ce-
leste cose, n re disse: < Polcella, tu
dici che vieni ad me mandata da
Dio per aìutarme. A che modo sei
venuta? Tu pur beri venisti al moudo?
et vtìi avftre 1' imperio del mio e-
107
xercito. Questo non è opera da poi-
cella: guarda quello che parli et clie
offerì. » Respose olla: < Signor re non
cei>cate più oltra; Dio che mi ha
mandata ad voi, provederà ad quello,
che sarà bisogno. Non perditi più
tempo, se chara aveti la salute del
vostro regno , et a ciò che vero sia,
audite quello, che secrettamente vo-
glio dire. Et cosi il re per mano la
prese et menolla ne la secretta ca-
mera; quello che ella li dicesse non
se seppe. Il re havendola audita, doppo
forsi alcuno suo argumento, remase
occupato et confuso dal volere del
cielo; et senza ìndusia la fece impe-
ratrice del suo exercito senza con-
traditione de li soi baroni.
cosa incredibile, o forai mai più
Don audita, che tutti li excelle nti
signori baroni et duci d' arme, et il
proprio re subito se sub mete Bseno
senza contraditione al militare im-
perio de lo esercito de tanto re de
una vile polcella iie peccore guarda-
trìce. Constituta dunclta cost«Ì a tanta
militare altcza, il re la fece ornare
de lacentissinie arme et poro sopra
potente cavallo parato di seta ale-
xandrina rechamata tutta a gigli de
^auro fino, che essendo bello cum la
celata in testa crìstata cum tre penne
de struzzo et sotto nsivano le trozze
bionde, pendente sopra li bumerì;
proprio parsa uno cavaliero d'arme
dal ciclo mandato in terra. Et cum
lo regio esercito seriosamente se a-
propinquò a la obsessa cita de Orliens
per lo illustre conte di Salsberi
potontÌBsimo capittanio de Henrico re
de Inghilterra , et cum luì fece facto
d' arme cum grandissimo ordine et
perìtia militare, di che lui fu morto
cum dieci mila inglesi da la valo-
rosa polcella. Et Orliens cum gran-
dissima gloria fu occupcrata, cosa che
fu miracolosa reputata et incredibile
a chi non l'havcsse veduta, come dice
alcuni die ancora vivono in Pranza,
che iu quel tempo de Uinta gueiTa
109
se trovarono militanti sotto l'imperio
de la diva palcella: et come me ha
coroborato Fileno Turata nostro gentil
mercante, che essendo a Biamone
presso tre leghe a Renso havere au-
dito da dui prischi mìliti del re di
Pranza opere mirande, che in quel
tempo adolescenti pagi se trovavano
et specialmente ne 1' ultinaa guerra
avanti Rohano, che la terra fu di
sangue bagnata. Di poi seguendo la
guerra cum ferma speranza de in-
tiera Victoria, la valorosa polcella per
tempo do octo anni de continua guerra
spesso se afrontava cum U inimici fa-
cendo facto d' arme ordinatamonta,
lei cum la spada in mano sopra po-
tente cavalo, correndo ta questa
parte et in quella in fra li armati
comandava a le squadre se facesseno
or avanti, or a dietro. Et similmente a
li arcieri comandava andasse no or
quinci, or quindi trahendo a li ini-
mici : provodea a lì pericoli per con-
sequire Victoria senza paura vedere
no
gì' homini vulnerati morti cadere i
terra, che certo quando lei ae movea,
parsa la deità de Marte et de la
Dea Bellona in terra. Cessato poi il
facto d'arme, provedea al bisogno
del campo il giorno et la nocte cum
guardie et e ipl oratori prudentissi-
mamente, che mai se vide tanta cosa,
per modo il ro no stupiva cura suo sin-
gular conforto. Trontadno volte fece,
facto d' arme do ordinata hataglia
sempre restando vincitrice. Et prese
Tallflhoth altissimo et famoso capit-
t-aneo degli Inglesi et triumphalment«
lo dette presone al re de Pranza.
Per la qua! cosa la vietoriosa poi-
colla menò el re Carolo de Pranza
appellato alhora de Valoia , perchè
r avo fu conte de Valois , ad Rens,
che Renus diciamo ìn latino, ad farlo
cousecrara et coronare, perchè an-
cora non era coronato , nò uncto
re; et per forza, et al dispecto de li
Inglesi, che occupavano Rens cum
tutto el paese intorno fu uncto et
Ili
coronato cum gloria et trìumpho nel
magnifico tempio cathodrale de Reas,
perché secuodo !a constitutione del
regno in altro loco non é licito
conaecrare li re, so non ìd la dieta
cita et tempio, dove sono recondito
le recale insegne de la Cas^ Sereois-
sìma dì Pranza, et l'ampoleta de la
sacra unctione portate da cielo da
l'angelo al re Clodoveo di Pranza
quando cum grandissimo fervore di
fede se fece christiano: che quando
il prefalo Henrico, re do Inghilterra,
havuto Parise et la citate de Rens,
se volse in Parisi fare ungere de
la sacra unctione et coroaarse re di
Pranza , se trovo per miracolo di-
vino secca l'ampoletta do la unctione,
perchè non era Justo, nò legiptimo
re, ma ungere se fece do olio sancto
extrema unctione credendo satttsfare.
Ma quando esso Carolo de Valois,
come insto et vero re, volse essere
coronato retrovosso la celesta unctio-
ne ne r ampoletta miracolosamente
retornato, et cum infinite laodo et
gratie a Dio fu di essa uncto,
Or questa polcclla essendo in flo-
rentt st-ato et gloria d' arme circa
gli anni de la salute mille ecce
et tuttavia debellando et oltra l'infinite
victorie habiuto , uno giorno , come
lei isteasa predisse la morte del foco,
fu presa in bataglia da li inimici
Inglesi et conducta ad Rothomago
che Rohano appelleino, dove li In-
glesi desiderosi do la morte de ella,
per consiglio del re loro fu iniuata-
raente condennata a la pena del fuoco,
acusandola pubi icam ente per loro
iusta vÈndecta maga et incantatrice.
Così fu il crudele fine de la bella,
et strenua polcclla, avendo do sua
f.itate, secundo se disse, anni vinti-
«luattro apunto.
Ma da poi molti anni il re Carolo
avendo con([UÌstato Rhoano, in me-
moria de tanta polcella fece pore
nel loco, dove lei fu combusta, una
altissima croce di bronzio aurata
egregiamente fabricata.
113
Morto poi il re Carolo, il re Aloìse
suo figliuolo genitore del presente re,
dolendoli che'l regno liberato li havea,
fuaee a si vituperosa morte, et su-
plicio conderanata, impetrò dal papa,
che mandasse ad Rohano dui Auditori
de Rota, che havessero a rivedere
ci facto processo contro la polcella
per lo consìglio del re de Inghilterra.
Citati adunchi dui de li ialsi consi-
glieri et reveduto il processo, dilìgente-
mente retrovoroao tutto essere falso
quanto operato haveano contro la
valorosa vergene, ma lei essere stata
catbolìca et fidelo christrìana. Per la
qual cosa condennarono ti dui viventi
consiglieri et le ossa dì defonti nel
foco , publicando lì loro beni , de lì
quali è etata hodificato una bella ec-
cleaia nel loco, dove fu lei combusta,
et doctata per tal modo de li pu-
blìcati beni, che ogni giorno molte
messe se dicono.
pietoso effecto dt re degno de
laude, che non hai voluto la memoria
115
nominata Zoanna, che per coruptione
del nomo crn appellata Zanna, la
quale non poco fulso al moado de
laudatìsBÌmo nume , et valore per
modo meritando lei esaere ornato de
incljto marito, il patre la dÌEpoDEÙ
per parole de futuro a l'unico fi-
glio de Francesco da Carara cir-
cumspecto principe do Padua, quan-
tuncha lei fusse in tenera ctate, ma
de questa matrimonialo protnosaione
non piacque a la iniqua soi'te sequiase
effecto, perchù quasi in uno me-
desimo tempo ambidui quisti prin-
cipi del stato et do la vita precipi-
tarono.
Li parenti di poi volendo al con-
gruo tempo rem ari tare la valorosa
donna, lei disse, che volendo darle mar
rito, li desseno sopratutto marito, che
fusse amico del sangue Bentivoglio.
Di che ne li anni de la beata gratia
mille quattrocento undeci anni la co-
pularono per prudente consigUo a
Gasparo di Mal viti generoso cita-
Ila
£bo de Is citate nostra. Onesta donm
eome sempre risse cnm pablìea lan-
de, cosi cnm el marilo se conseirò
enia gratia, bunore, hoaestAt« et pò-
dicicia. Fa bella donmi et de fenoa
mediocre ; fa alquanto bmns de carne,
BOB la pingaa, hebbe dui belissiiiu et
vigili occhi cam spacioeo Eroate. Heb-
Im le mane ù belle, che darano boo
poca gn^ a le annella. Pn de ma-
gnifico aspecto. Hebbe andare pom-
poso de gronde honestate; il parlare
moderato cam benigni acenti, pro-
dente, dolce et facondo. Non parlava
qaasi a persona, che cum laade de
lei QOB li restasse sSectionaio. Fu
molto stadioea et vaga ne Y opera de
Dante, in qaelia del Petrarcba et dei
Bocacio, cibandose cam piacere de la
loro dolce lira et eloqnentìa, el acco-
modatamente in li Booi ([uoloqaii qni-
sti poeti sapea alegare cum qualche
Teraetto de la Sacra ScHptura, qnaB-
tancha non saresse latino, che era
ana prestaatia andirla. Hebbe artifi-
UT
cioBO mane in egregna virtute mulie-
bre. Cum multa felicità et Tagheza,B
fiori (le margarita rccharoù una vesta
de finissima scarlato a Margarita sua
prima figliuola. Fu donna splendida
et, oltra il costume naturale del sexo
feraineo, fu molto cortese et liberate,
che furono effectl de virtute grande
in lei non nascosi a le egregio parole,
che in epsa non si potea dire el trito
proverbio de pessimo effecto et na-
tura, che facesse come la galina che
canta bene et raspa male. Fu de ca*
lidissimo et preclaro ingegno, fu hu-
mana, affabile et dolco nel conversare
et cum lioneatate et castimonia. Fu
grata sempre in quello che possette
di bcniflcii recevuti; perdonava a le
volte cum dificultà a chi la olFondea.
So mostrava cum parole dolce suri-
dendo a li offenditon per vendicai'se
cum discreto modo de li receputi de-
spiaceri, salvo che pur a quilli che se
mostravano penitenti de le loro of-
fese perdonava per non essere dega-
nerante a la magnanìinìt& paterna.
Ebbe (lodaci figliuoli de laudabile foi^
ma, tre femine et novo maschi, de'
quali ne fu assai ia parte fortunata.
n primo hebbe nome Margarita donna
de animo ot de prudcntia, la quale
fu copulata in Guidantonio primo di
Lambertini, precipuo citadino de an-
tiqua richeza et de generosità de san-
gue, quale morìtte ditatore; il secundo,
Eljsatìetha maritata in lo eximio do-
ctore Aibertho AzoguJdo; il terzo fi-
gliuolo, Achylle che fu Ilierosolìmitano
cavaliero do grande magnificentia; il
quarto, Virgilio che fu in la republica
de aapecto, de prudentia et de consi-
glio illustre patricio; il quinto. Elena
donna venusta, virago et de grande
liberalità in li amici, come dimostrò
a la sua fine, che in servitio de lì
amici se truvarano quasi lutti lì panni
et zoglie sue prestate, la quale fu
maritata a Lodovico BentivogUo che
fu ornato de militar splendore cum
tutti lì suoi posteri dal poiitifìce Ni- i
119
colao quinto cma manificentia de la
Sacra Spada, che tono li pontifici la
noeta de la natività del celeste principe
in signi fi catione che per iustitia nacqae
la sua divina Maiestà, che poi de tal
dono non se dignifica se non li re,
imperatori et gran signori , perché
siano de iustitia observanti. Il sexto
figliuolo fu Carolo quale de nocturno
tempo i n opi Datarne ti to fu ferito in uno
bracìo da certi gìovenì, per la quale
ferita terminò la vita. Il aeptimo fi-
gliuolo, Lodovico strenua duca d'arme
decorato de militia come vero cava-
liero in la guerra sopra le port« de Mi-
lano, che fu tanto valoroso, che Fran-
cesco Sforza, poi prìncipe de Milana,
alhora imperatore de 1' alto dominio
venetlano hehhe a dire che havendo
ad fare electionc de tre migliore lanze
de Italia , eligireb)>e per una de le
terze questo cavalieri). Lo octavo fi-
gliuolo fu Zanichino; il nono, Nestore,
quale fu privato in uno momento de
vita da una spingarda in ia civile ba-
taglia contra li Canetuli sanguioatl'
inimici de'B^ntivogli; il decimo :
lo Antùniogaliazo il quale moritte in
&DtÌle astate; 1' undecimo figliuo-
lo, Horculo valoroso duca d'a
minato per Hercule Bontivoglio, fra-
tello de lei che ne l' ingresso de la
chiesia, prima reoevesae 1' aqua del
cristiano fonte, fu nominato Bentivo-
glio; qaale Ilercule insiorae cum al-
tri strenui duci d' armi furono nel
Friule presi da fiora invasione de' nn-
raerosi Turclii et conducto al grande
Turclio moritte nel camino. Il duo-
decimo et ultimo figliuolo fu Pjrrho
dignissimo patricio del felsineo Senato.
Questa Zoanna fecunda donna se
alegrava quando harea figliuoli, per-
chè dicea quilì aquistarebeno de li
amici al sangue bentìvoglio. Spesso
dicea rasonando de le condìctionc de
li stati, et come a quilli per varii modi
ac aacendea, che parlare no sapea. Se
esistimava per suo naturale
dento et sopra ciO in tal modo se in-
I
fìamara, deponendo la timidità femi-
nile, che spesse volte disse, che non
li manchava altro chB 'I segno virile
per dare stato et reputatìone a la
casa Bentivoglia ad confusione de' suoi
inimici. Lei se forciava cum parole
et cum quello potea per conservare
r amore et la fede de' partesani et
aquistare da' novi. La prima volta
ohe la famiglia Bentivoglia et la fa-
miglia Canetula pigliarono l'arnie cum
li loro amici per insanguinarsi, lei per
auxìliare come valorosa donna senza
paura il magnifico doctore Antonio-
galiazo et Hercule suoi fratelli fece
cosa degna in una donna de perpetua
memoria in pei'suadore et armare li
amici ad inquiaarae le mane nel san-
gue de li inimici; et lei cum le pro-
prie mane armò il mio genitore che
fu la prima volta preso l'arme per lie-
reditA paterna per la facioue benti-
Toglia essendo anchora deloscente: che
più volte me disse che mai cognobbe
donna de pilli magnitudine de animo
122
de lei, come intenderasse nello ini
'ie le seguite facione.
Dobiamo duncha sapere che essendo
papa Ioanne vocato ad concilio ad Ba-
silea in AJamania, menò seco Antonio-
galiazo doctorc ìUastre, Baptista da
Canetnlo et alcani altri nostri ma^l-
fìci citadini. Di che papa Ioanne fu
deposto del pontificio. Luì per que-
sto sdegnato, pensando farne vendecta,
licentiù quisli citadini havea menato
seco, li quali per molte efBcace rasone
pei-suase che come fusseno a Bologna
tolesseno la cita in se a la chiesia, che
lui presto li sarebbe a le spale in loro
favore. Cosi feceno tutti come amici,
che erano concordi et feceno sexdeci
Dobilissimi citadini grubernatori al sta-
to, quatro per quartiero, da li quali
nominarono il Regìmento, officio dì si-
gnori sexdeci. Quisti Canotuli, spe-
cialmente Baptista, che havea l'animo
et r ingegno alto et per splendore de
le sue richezo, incominciò slimulato
da la ambitJone partegiare cum An-
123
toniogaliazo di Bentìvoglì, lovandoli
per forza de robba et de denari de
li amici; la qual cosa dispiacendo ad
Antoniogaliazo, foce venire Cambio
Zambecuro doctore prestante , ini-
mico de' Canetuli, che era in exilio, et
misselo cum aiuto de alcuni signori
Antiani secrettamente in !o loro pa-
lazo, et lui a le spale cum molti suoi
amici per reprimere la superbia de
11 canetuli pensieri; et erali suo fra-
tello Hercule Bentivoglìo ; armati et
auxiliati tutti da la valorosa donna.
' Li Canetuli, questo intendendo, subito
cura le arme se levarono et corsene
in piaza. E^t Mattheo Canetulo, patre
de l'alto Baptista, andava ad cavallo,
confortando il popolo se levasse, gotto
colore de conservare la populare U-
berta, dicendo a la gente che le arme
pìgliasseno, porche Antoniogaliazo era
in palazo per iarse, come fece il pa-
tre, signore do la cita, et che non
stesseno a perdere tempo, che dolce
cosa era per la liberta morire. Ad
q aea e penaanme E tn fMRi i
L Ad «sto WatmiiJu. |Baea»
P Hr ii - I I . p« 1 Mici. 4i
« 1 ZiahBckav» HlH
;elMe^ifi *wte
:4
■a (Midi Idi inni Whnn f
ntam •_ ab «• 1 I
■ érkta <k* a» santa; ik tews «
k Ba« ciB I r^iMI, «t« 1»
ff n i h i l iii I II» Il I. f» ij. to^
i <• k I
. B 8 pe«tol CiiliJ
Biftiite D tM liw f B a, CKnliatti *» g^
41*0 it 4» HfMMìMi gnkk. fw»-
125
mandaniloli la loro vita: così per pie-
tate furono da lui salvati. Ma ad Ve-
rona li roandaronu in perpetuo exilio.
La valorosa donna de questa Vi-
ctoria iubilava: ma volea nel primo
furore insieme cum molti amici fusse
levato la vita a li superati inimici, a
ciò non molestasseno mai più li Bes-
tivogli. Ma ad Antonìogaliazo non pia-
qne, come doctore magnanimo, di-
cendo che solo li bastava la gloria do
bavero viacto, come bavoa premesso
al cavaliero Bentivoglio. Se ateg^ava
tei hor cum questo amico, or cum
quello altro, laudando la virtù, animo
et prodeza loro per varii roodi, gesti
et qualità de parole, che era cosa da
non credere in una donna, che sarebbe
stato sufficiente ad uno victorioso ca-
pitaoio verso lì suoi militi.
Antoniogaliazo duncha restato de la
cita primo citadino, regea quella a
stato et libertà populare, senza titolo
de la ecclesìa; la qualcosa non pia-
cendo a papa Martino de casa Co-
Icinna, mando et sig. Brazo peranno
oirm floronte esercito ad campo a la
citate àe Bologna ^er trovare Anto-
niogaleazo et ridurla al solito ^e-
o la chiesia. Dì che Antonìoga-
vedendose stretto da lo eser-
cito et non parendoli potere resist<>re
et consigliatone fidelmento da csa<j si-
gnor Brazo, perche già fu soldato del
signor suo patre, dette la citA a la
chiesia; et partisse de Bologna et an-
doseno ad Castello Bolognese donatoli
dal papa, che di poi el convenne re-
stituire al papa et pigliare altra ha-
bitatione. 11 pontifico maximo, havuto
la cita, mando in quella per Legato
il Cardinale de Spagna il quale
persuase il pupa che male la citate
se potea tenere ttecura senia spalo de
qualche parte, et che li parea se re-
vocasse li Canetuli : et cosi furono
dal suo esilio do Verona chiamati.
Venuti che furono, hebbeno t-al caldo
dal Legato che vcneno in grandis-
simo stato et reputatione, essendo loro
127
hornini de aoimo, de ingegno, de abun-
dante richeze et de quelle molto li-
berali, por forma cho '1 Legato non
facea se non quello che loro desi-
gnavano; et incominciarono a perae-
gnitare li amici bentivoglii, levando
hogi la vita a questo et domane a
questo et a quello altro, et «luesto et
quello tormentando et confinando, dei
quali fu el mio genitore uno: cho an-
cora de pietato me aSligo, recordan-
dome bavere da sua memoria inteso
il tormento et passione che hebbe de
r aspra ot molta tortura, cura li ferri
a li piedi in la torre do le bore et
per più tormento postoU aopra li ferri
una grave lorica, et de li suoi beni
spogliata la casa; et il stento patito
ne lo exilio, nel quale alcune volte
per vivere le radice de lo herbe con-
venne cnm li altri amici mangiare;
come questo corroborando, Cola au-
sculano, secretarlo vecchio de la be-
nigna memoria de Antoniogaliazo, me
disse, connumerandome nel numero di
prischi amici.
Partito poi questo Legato Cati-
naio de SpB^a do Bologna ne vcnD<>
il Cardinale de Sancta Cicilia, nomi-
nato Lodovico, il quale fu poi ila'Ca-
netuli cacciato, toUendo loro la cita
in se a la chiesia: et il stato a loro
BG propriarono, Il papa Martino, que-
sto non volendo comportare, mando
lacobo Caldora prestantissimo capit-
taneo cum grande cxercito ad campo
a la cita de Bologna, per recuperare
de quella il perduto stato; et man-
dóli Antoni ogaliazo cum li amici suoi,
per il cui auxilio sperava, havendo la
parte dentro, havoro presto la citate ;
che seguito li sarelibe li suoi pensieri,
se la fede del capitaneo noa fusse
stata violata. Che diremo anchora de
questa valorosa donna, la quale, sen-
tendo il fratello, da lei sopra ogni al-
tra cosa amuto, in campo cum li suoi
amici, senza timore cominciò ad ope-
rare la virtù del suo ingegno et ma-
gnitudine de l'animo in svegliare quilli
amici che erauo dentro al subsidio del
129
pi^, per pore il fratello in casa, quale
non {ratea patire fusae tenuto expulBo
da la superbia de li inimici. Teona
pratica cuni el papa per suo proprio
ingegno darli la cita de Bologna et
caciare li Canetuli suoi inimici; et lei
de sua mano ad sua beatitudine gcrì-
pse. Usava grandissima arte et cali-
dita significare per lettere al fratello
come conviene per pigliare li stati,
che era cosa stupenda; che ordinata
havea darli una porta de la cita, et
mandava certo fidate donne cho l'nnn
non sapea de l'altra fuori de la cita,
facendo diraostratione andare per nec-
ceasità ad cercare legne, et facea po-
nere le lettere sotto certi arbori in
terra coperte de scudelle et porta-
vano risposta, che in quella scudelle
trovavano, come havea ordinato cum
el fratello. La pratica, come volse la
contraria sorte, se scoperse et furono
presi alcuni citadìni et morti iusticial-
mentoT et oltramodo dolente fugitte
per salvare la vita in casa de la clara
130
famiglia do' Bolognini et poi aodosenc
ad Modena che era gravida de Pyi^
rho, quale habiamo de sopra nan-ato
per il duodecimo figliuolo. Come lei
fu giunta ad Modena, non come ti-
mida donna et priva da alteza de ani-
mo, ficripso da sua propria mano a
la SanctitA del Papa non desistesse
da r impresa per molto efficace ra-
Boner ch« forza sarebbe a li inimici
abandonare la terra, perchè non pò-
teano più U citadini portare le loro
iacture:et recomandólj el fratello d^
monatrandoli che più devoto e fìdele
do lui naa potea in Bologna bavere.
Lei poi doppo alquanto, pervenuta al
termine de discaricarsi del nascoso fi-
gliuolo, il quale partoritte et fu no-
minato PjttIio, per il cui parto fu
oppressa da tanta debilita corporea
cum grande febbre che ne consequite
la morte nel mille quattrocento sxviiiì,
che cum optìma et sancta contritione
de suoi peccati patientemente sostenne,
quantunctia dicesse che piti contenta
131
sarebbe, ae prima havofise Bsntito che
il fratello, il charo marito et li amici
essere felici retornati in caea, dipoi
che ella per sua opera non havea po-
tato:' ma questo suo desiderio a la
divina provideutia rocomandava.
Moria duncha questa magnamina
donna, fu cuni pietose laudo scpulta
cum bonoreyole esequie dal modenese
populo, nel quale esequie il reverendo
Carolo di Boiardi episcopo de essa
cita et il conte Brandulino cum gran-
dissima carità se adoperarono, percliè
a lei furono de spirituale affinità con-
iuQcti, conciosia che li haveano le-
vato dal sacro fonte il parturito fi-
gliuolo. Questa morte cum singular
merore dolse al marito, a li ligliuoli,
al caro fratello Antoniogaliazo et non
a Hercule, perchè già moUo facea
ora morto de uno scontro di lanza. Et
a tutti li amici dolse ancora, perdendo
la speranza de retornare a la caris-
sima patria; et ancora Martino poD-
tefico maximo ne pianse, dicendo che
una taota donna refnlgente de phau-
>ta clarìtate come costei, dovea mo-
rire ^& mai.
Voi duncba donna ch« al Etato mi-
litate o vero militare desiderate, spe-
chiative in le opere prestante de la
degna memoria de U valorosa donna
iMntiTogUa, per felice gloria del no-
stro Gynevero, che de la sua gratìa
ombrerà li nostri disii. A li quali per
dare più odore gTDOvero, narraremo
nel snccedonte dire le illustre virtuto
de Baptista da Montefeltro Malatesta,
che fu di? benìvulentia coniuncta cura
i?l valore de la aopra nominata Ioanna
Ifontivoptia.
II. De Baplitìa da Monleftllro di Utittesti.
Guido terzo da Montefeltro, nobi-
lissimo conto et de Urbino magnifica
principe, fu dotato per munificentìa de'
benigni cielì de una figliuola nominata
Baptista, per le cui opere refulse de
lucido splendore : la quale fu cara
133
consorte de Galeazo Malatcsta digois-
simo principe di Pesaro. Questa donna
duncha l'u formosa molto et hebbe
gratia aaai de illustri et sancti co-
stumi; fu catholica et do optima cou-
soieatia et religione, et de prestante
ingegno; fu da ornato et facondo e-
loquio, materno et latino, in lo quale
fu erudita per modo, che trabeva in
admiratione qualuncha 1' audiva. Heb-
be luculente oratione a la Cesarea
Maieslà da Sigismondo et a' cardi-
nali. Se lego do lei molti argomenti
de' oomentarii do pliilosophia et de
sacre questione de sumrai homini.
Scripse anchora non poco de la con-
ditione de la vita liumana et da la
religione eruditamente. Fece una ora-
tione a la felicissima memoria de papa
Martino de casa Colorana in laude de
la sua sanctita, et in coia,mendatioDe
del proprio stato, la fjuale fu de tanto
ornato et ciceroniano stile et senti-
mento, che '1 prefato pontifice la di-
gnitìcù de Bumme laude et celebri ti-
toli, &CGndola degna de quanto lei àe-
siderava. Compose cura egregio stile
molte epÌEtolc, sonetti et cantilene
morale, le quale a chi le legea et a chi
le audiva donavano admiratione et di-
lecto, non altrimente facesseno li com-
posti versi de la romana Sempronia,
quando volca, che fu in lettere latine
et grece tanto docta, quanto altra se
trovasse. Fu costei ancora donna iusta,
clemente, pia et liberale in acti vir-
tuosi. Quando li erano presentati qual-
chi versi latini o vero vulgari in sua
laude, era opportuno, so ben so haveese
ilovuta spogliare di propri! paani ,
come inamorata de lo lettere, li usasse
munifìcentia spesso. Era da molti ex-
cellcnti ingegni do quel tempo visi-
tata cum eloquente epistole et loro
Uà lei. Non se curò mai in pompa del
vestire , perche dicea da quella non
procedoa la repotatìone, né la gloria
né il bisogno de'subditi, se non da le
proprie virtute; ma prendea dilecto
in la pompa de bavere belli et ornati
135
libri, et de la compagnia da virtuose
et honeate donne, et de la gloria del
bon nome, Gubernava meglio il stato,
per testimonio de nostri magiorì, che
il marito ; per la qual cosa fu molto
cara et in suraroa veneratioue a li sub-
diti suoi. Hebbe una figliuola non
maiicho bella et savia de lei, chiamata
Elysabelha, maritata al signor Pietro
ile Varano, Morto che fu el marito
de questa pi'eclara Baptista, stette
alquanti anni ho ne s ti sai inamente in
stato viduile al mondo, incoronata de
quatfo excellentie: beleza, pudicicia,
modestia et doctrìna; poi se rencluse
per più secura sanctitate viduile nel
monasterìo de santa Clai'a de Urbi-
no , dove sanctamente finite li suoi
giorni; lassando di so dolce memoria,
piena de exempH revorendi al vivere
catholico et virtute sancte, che ornano
cura splendore el nostro gentile Qy-
12. Df Cleof» di Lapì da Cilena.
Cleofc figliuola de LqiIotÌco de la
clarìsEima prole di Lapi da Cesena,
fa cara moglie del magnìfico Pietro
di Genaro da Pesaro, habitante in ta
cit& do Arimino, por longo tempo al
consiglio di princìpi Malatesti. Questa
donna, de quanto liabìamo de sua con-
ditione possuto intendere, troTÌamo fu
de tanto valore, che la generosità del
suo sangue non fece poco radiante.
La quale fu fonnosa asnì, prudente
et docta, fu optìina musica de tenore
et soprano et de contra, et sapea for^
mare le note del canto; gubernava
uno sparviero et uno falcone egreigia-
mente, et quilli ucellava non a modo
di femina, ma de uno experto ucet-
latore. Fu donna de convorsatìone le-
pidissima et sempre cura grande fao-
nestate; fu benigna et catholica; fu
magnanima virago, come dimostra-
re mo.
13T
Dobiamo duacha intondere, che es-
sendo Azzo di Lapi homo magnìlìco,
fratello de questa donna, al Cesena-
tico porto mortalmente assalito da
uno fiero marinaro venitiano, chiamato
Marchetto, per darli morte, per certa
inimicitia era infra loro, la donna ad
fortuna se li trovò, in compagnia de
la illustre matrona Violante Colonnese,
moglie del principe Malatesta Novello
de Cesena. Vedendo questa crudele
invasione et V armo denudato coatra
il fratello, subito depose la mansue-
tudine feminea, acendendose de focoso
animo et ardire; trasse per subita
forza una portesana de le mane de
uno che era al crudoUe insulto: et nel
suo coro chiamando el nome de lesu in
suo auxìlio, cnciosse centra el fiero ma-
rinaro et il fratello strenuamente dife-
se, per tal modo, che se '1 marinaro
volse fugire la morte, li fu necessario
getai'Se nel mare, et in una navicella
recuperò la vita, llebbe costei ancora
animo grande ad ogni hunorata im-
138
presa; quando li parea, sapca pòre d
canto la rocha et scrivere bone let-
lere do forma et de ornate parole.
Hcbbe egm 1' agho virtuose mane; fu
de la casa sua degna gubernatrice et
bi' ni guani ente officiosa in li coniuDcti
et amici,
donna da essere celebrata cnm
optìme laude, che almeno non consu-
masti li tuoi anni intorno al fuoco
cum la rocha, fuso, naspa et arcolaio
dicendo male del proximo, overo fa-
vole piene de pacia, sentimento et la-
sivia, Cfjme molte legiere fano! Le
quali poi , convenendoli fare qualche
laudabile opera, manchano de spirto,
de ing-^gno, de animo et do virtute,
che poi conoscendo el loro defecto ,
ne suspirano, et talvolta, secundo lo
accidente, ne chiamano la morte.
Ultimamente, costei fu donna de
tanto ornamento, che lo episcopo E-
gidio de Arimino et Seneca de la Mai'-
ca et molti altri poeti et oratori la
celebrarono cura epj-taphii eloquenti»-
ctore in ArimtBO, dorè od tcaplo M
divu CatluUo, in T
I
e testo degaa de pei^
bri. teste et triuflM Mwr Mciiiw U
ma TìrtotA grande.
13. Ot PmU —ttMcaint et flwr/<(>fc
Lflft flirt n n ftf Iwmìiti !* ^aw^iiff** do' Ooi^
teglia, «e po6 fir» Tahre Mie giorie
cM óelo ocntentere d« ewers itete
nm^ iimiii ululali» boMinte <fe la ex-
eeOeatia de ina Axuka, qoaato de aJtim
se poma reqwiwre : the ut Paak, di-
iMta AgUwla de lUaloU di Peaaro,
t piiaeìpe, «t eo— a rt e dri
fllnriain TiiinauffinrnTii iln nnnnighi.
certameate de molto splendore. Qiiei
duncha excel lentiBsima donna fu do
delissima fonD.i, de gratioso a.specto
et reverendo, eloquentiasiiua, benigna
molto a piccoli et a* grandi et de
qaaluncha stato; fu caritevole et ele-
mosinante molto, consolatrice de li
aflicti, inimica de la avaricia radice
do tutti i mali ; fu gratìssima a li po-
puli suoi: il ano consìglio fu pruden-
tissimo et estimato non solo dal pro-
prio stato, ma da li alieni ; fu affabile
et liberale in l' audientia, dicendo lei
non solamente a so istossa, ma a
tutta la republica del proximo essere
nata, di che il prìncipe marchese suo
manto ne iubilava. Hehbo sei figliuoli,
quattro maschii et due femine. *n
prìmo chiamato Lodovico, che sucesse
primogenito nel stato. Il seoundo
fu Carolo, che fu signore do Viadana
et de altre castrile in Cremonese, et
no r arme fu valoroso duca. Il terzo
fa Joanne Lucido, il ijuale per poca
gratia de natura fu difomo, di che
d
^
poco visse dopo la morte del patre.
Il quarto figliuolo fu Alexandre, el
quale anchora luì essendo deforme
molto et de optima conscientia, non
pocu se dette a la conversatione Aa
religiosi de sancto Dominico ot de
altri devoti religiosi; dominde Canedo
et altre castelle di Bressana : il quale,
Bensa figliuoli morendo, il marchesa
Ludovico suo fratello hereditù il stato
de questo castelle. La prima figliuola
hebbe nome Margarita, dispoasata al
gentilissimo marchese Leonello esten-
se. La secunda figliuola hebbe nome
Cecilia, la quale essendo per futuro
parole desponsata al primo duca de
Urbino et lui vivendo, ella, per iii-
spiratione divina de più eecuramento
salvare la sua anima, se fece monacha
de sancta Clara et in quella sancta
vita terminò li suoi giorni.
Fu questa Paula fondatrice in laude
de r Omnipotente principe de alquanti
monasteri de monache do sanctissiraa
vita de santa Clara: et tutti li altri
monasteri de Maotua et, del Mantuano, ]
de homini et de donne, ad vera et ad
sancta observantia fece, privando
coDTcntu&li , come ancora a quisti
tempi ad suo felice nome se observa,
di che le mantuane parte di devotione
splendono.
Questa di gn issi ma donna de spo-
etata virtù divenne ne la sua belis-
sima gJOTentude in gobosìtate: per il
cba pare, secundo el iudicio de alcuni,
cMe la posterità de lei ancora ne senta.
Fu opressa de mali de fianchi et de
podagre et do altri varii morbi, in
forma cbe le mane non se potea po-
nere a la bocha; et lei pacìentissìma
l'alto Dio de ogni cosa rengrotiando,
come de Jesu Christo fidelissima mar-
tire. Per sua devotione se fece fare
uno loco presso il fabricato monastero
de sancta Clara in Mantua, dove come
lìdelo cristiana finitte la sua sancta
vita, doppo la morte del marito de
quattro anni, havendo lei de la sua
etate compito anni sexanta. ì'ev questa
143
BUE religiosa vita et sancta fine fu
predicata per beata et sancta, come
per molti se vede, esaondo albera re-
copdato cum pietose voce et affectio-
nate parale le sue spirituale magnì-
ficentie, la charità grande dimostrata
a li suoi subditi, le elemosine, li doni
in le persone virtuose et costumate,
lì deiunii, le abstinentie, li officu, le
oratione usate da lei et la singular
patientia de le sue inflrmitate, che
chi audiva i^ueste divino virtuto, in-
sieme cura chi le recordava per dol-
ceza de core, cum le mane giunte
benediceano la felice anima de tanta
donna.
Certo se questa sanctissima donna
fusse stata al tempo del divo Hiero-
nymo, non manco da la sua celeste
cloquentia sarebbe celebrata la sua
nobilitate, escellentia et virtute, che
fusse Paula alarissima romana , fi-
gliuola de Paulo, del sangue del greco
principe Agamenon, et de la sua con-
sorte Btasillu,do la stirpe dì Scipioni
144
et di Grachì, et moglie de Tosatio
do la casa Julia. Et voi duncha, il-
lustre donne, che tanto nel fasto et
pompa del mondo viveti, non sdegnate
contemplare la virtù de tanto splen-
dore che fu in Paula Gonzagha , la
quale mai noi fiora de la sua bcleza,
ne il splendore et suavità del stato,
abandonò do Dio il timore, conside-
rando la mortai fine, et mai manclide
de clementia et charyta al proximo,
che cosi lei dicea essere a questo de-
bito nata. Certi sai ma menta de la vir-
tute et beati costumi de tanta donna
la marchionissa Todeeca sua nera,
consorte del suo primogenito, fu vera
imitatrice, in gloria del sexo femìneo;
come secundo la exit ita del nostro
ingegno sinceramente explicaremo. Per
il che, come fono 1Ì angeli ìn cielo,
le humane monte de tanta degna ot
suavo memoria ne pigliano coneola-
tione, corno precipuamente ancora a
mi paro vedere jubìlaro il nostro Gy-
nevero, come vaghe fronde da suave
nura nel tempo estivo.
]4. Da Barbara Tedesca
tiouRSla Uarebioaisia dì Manlaa.
Cam casta laude dunque se debite
sapere, che Barbara Tedesca, consorte
de Lodovico Gonzagha , felicissimo
marchese de Mantua, nata delio il-
lustre marchese Joanne di Brondin-
borgho do Alamania et del eh ristiano
imperio dignissirao electore, quando
questa preclara donna venne ad ma-
rito, furono celebrate le nuptio cura
tanta gloria, triumpho, liberalità et
abundantia, quante altre de alcuna
fortunata donna se possa rocordaro,
quando lei cum augusta liberalità molti
egregi! doni a signori, a conti, a ca-
valieri, a doctori, a gi-atilh omini ot
a nobile donno et a lochi pii et de-
voti. Fu donna bella, biancha, man-
sueta et de venerando aspecto, cum
ochii neri do gravita grande; hebbo
prestante ingegno ad ogni cosa; il
parlare suo era savio, raro, prudente
146
6t benigno; fu conti nentÌBsi ma, pttj
charjtativa; volontiera ee interpo-
neva, non perdonando a fatica, inge-
nuamente infra li suol cittadini, dove
era scditione, discordia, poro pace,
concordia et unione. Hobbe animo ge-
neroso, non solo al gorerno de la
splendida corte familiare; cbé cum
singular ordine et gratia gubernd
su ella; ma al stato non fu de poco
fructo et fomento, Mai volse eogno-
acere avaritia, do la quale fu sempre
pessima inimica, pei-chó lei dicea che
chi se ciba de avaritia, se notriva in
corpo e in r anima mortai veneno.
Tenea corte de donne et da donzello
nobile, costumate et pudiche, le quale
insieme cum lei se diportavano cam
honcsti eserciti! et piaceri, come fus-
sono state in una religione. Visitava
li templi et lochi devoti cura oblationc,
incensi et fochi, ad revcrentìa de l'alta
niaieatà divina. So crede che '1 terzo
de le sue latrate dispensava a li po-
veri de Dio, et in maritare donzelle.
Dava di se a li aubditì optimo esem-
plo. Orava la pietà de Dio, cum divini
officii et dejunii, che justamente se
poteBse gubernare. Fu non manco bo-
uigaa et affabile, che liberahssima de
audientia. Alcuno mai se parti'a dal
suo coDSpecto mai contento. Se ha-
veano torto de quello adi mandavano,
overo orano incusati, li confortava per
tal forma, cum optJme rosone, che da
lei patienti se partivano. Era tanto
humana et tanto estimava le creature
et specialmente le lioneste et "virtuose
et de boni costumi (ancora che povere
fuBseno) che non potea patire le Bu-
rnisse reverentie che loro li faceano; et
non 8i presto vedea le persone chinarse
in honore de lei, che subito lì andava
centro per levarle et non voleva au-
dire alcuno cum el capo scoperto ne la
sua grata audientia, prendendo spesso
or questo or quello per mano, perché
lei dicea, ben che per dono de Dìo
fnsse superiore a tal persone, ogni
homo ossore faeti de una massia de
148
carne, et in polvere convenire tornare. '
Ultimamente , uno fanciulo lì havo-
rebbo parlato.
Vi Tea cum grandissima sobrietà et
cibandose era una proatantia a vedere.
Havea dolcissimo piacere quando ve-
dea una bella donna che honesta fusse;
così se astomachava, quando sentiva
era impudica, dicendo; < Oh quanto
è speciosa cosa, che la beleza de la
donna sia in corpo casto et pudico,
che e come una orientale perla legata
in auro I Così quando sia ìn corpo tn-
pudico, è proprio come una gomma
nel naso de una porcha. Et le misero
non co^noscono tanto dono de natura
ila Dio concesso, che '1 suo fedissimo
et lordo cft'ecto non so debba sapere:
et non pensano che la evangelica sen-
tentia dice, che nulla cosa 6 tanto ocul-
ta, che una volta non venga in luce! »
Veramente eredo che questa religiosa
donna ìn se de A-lamania tutta la gloria
et felicità portasse, per dare più splen-
dore a la nostra Italia.
149
Generò felicemente dicci figliuoli,
cinqao femine et altri tanti mascliii.
Il primogenito fu Federico, che su-
ccBse nel marchionato stato; il secondo,
Joannefran Cesco ; il terzo, Francesco,
quale fu folicissimo cardinale, et de la
citate nostra per la sancta romana
ecclesia moritte reverendissimo le-
gato; il quarto, Rodulpho, degno duca
à' arme; il quinto, Lodovico, reveren-
dissimo et liberale presule de Mantua.
La prima figliuola fu Susanoa meri-
tamente instituita do tal nomo , dc-
sponsata al conte Galoazomaria pri-
mogenito de Francesco Sphorza, invi-
ctìssimo duca de Milano: la quale es-
sendo divenuta gibosa, se reacluse nel
monastero de sancta Paula. La se-
cunda SgLìuola fu T>orothea molto bel-
la, che in loco de Susanna fu despon-
sata al prefato conte Galooazomarìa
che fu duca de Milano, la quale mo-
ritte; la terza figliuola Cicilia, quale
nel terzo ordine monacba se fece, la
quarta figliuola Barbara, per il ma-
150
temo nome, suuìiatftd dami
ia V«rtiiiilMnli; la quii
Pula, slUmeate ia Alsiawiia i
tata al conte de Gurìcia. Da questi
digaissimi figliuoli fu amala tìt rcve-
rita sempre, li quali, per opera de lei,
da lo illustrissimo marcbexe suo ge-
nitore furono nel testamento honora-
tamente do stato et de reputatione
tractati. Visse lei tri anni doppo la
morte del signore marchese suo mari-
to, cum grande roputatione et utile al
stato; et havendo anni cinquanta et
nove de la sua etate, lassò la dolente
vita. Fu pianta cum puUiche laclirjmo
et gran mcrore et mestitia per li Ct-
tadini, et specialmente da li cari fi-
glioli ; et non solo honorata da li hu-
mani lionori, ma exaitata cum li di-
vini, facendoglie ad ogni 1m\) potere
illustre cxequio, come a matre, che in
fra l'altre de mirabile et ingenita da-
rita et virtute, refulse de gloria et
de clementia.
Oh Jonne che sotta la grande vu-
n
151
stra fortuna lassivando vivete, ohe non
curate, a laude do Dio et ad gloria
del mondo, lassare de voi commen-
dabile fama , come ha facto la exce-
lentissima donna, che net preclaro vi-
vere ne insegna; et credete poi pos-
sedere el regno del cielo ! Non curate,
se non come de vile ancìle, per il ia-
8to della vostra fortuna et grandi ri-
che£e, la bontate et virtuta delle ho-
neste donne ornate de gentili costami,
carente di stato et di fortuna, quale
gentile non appellate, né degne de
voi. Ob sciocha estìmatione et vano
argomentare, che non pensate che voi,
come loro, essere subìette a la mortai
. Et quelle donne che sono honeste, vir-
tuose et de costumi prestanti, sono
meritamente por vera lego egregie et
degne de illustri titoli; come in que-
sta vita etternamente se ha cum dolce
gratia vendicato la felicissima Barbara
ogni beato titolo ad contento et gloria
de la cita de Dio; et a dolceza et or-
namento del nostro felicissimo Gyne-
vero, cbe a la citA nostra rendo t
xuaré odoro, angamentarft inteudendo
le felice conditione furono in Constan-
IÌ8 Gonzaga ia la seguente forma.
ìS. Da ConlaBllt Stroit da Boniaiht.
Non possiamo ancora per Tenti ta-
cere, in au^nmento de la clarita del
nome Gonzaga, per le narrate escel-
lentie de Paula et de Barbara matrone
illustre, che noi non agiungiamo a quel-
le cum publjca laude la degna con-
sorte già del magnanimo Francesco
Gonzagba, prestantissimo duca d'ar-
me et signore de Nuvolara. Questa
donna dunqno refulgente in fra 1' al-
tre de generosità de sangue, fu chia-
mata al sacro fonte Constantia figlia
del magnifico cavaliero aurato et o-
ratore preclaro Nicolao Stroza. Lei
fu bellissima et de costumi prestanti.
Uebbe animo molto generoso, elevato
sempre ad cose excelse , degne de
gloria; l'andare et il stare suo fu cuin
153
maicstà grande; et hebbe occhi belli,
quali girava et levava cum gravità
reverenda. Il parlare dolce, suave et
prudente et non degenerante a la fa-
cuniiia paterna ; et non tal virtù per
troppo studio aquisita, ma per special
dono da Dio, che chi l'audiva et suoi
legiadri gesti vedea, ile consolatione
occupato restava. Quando ne venne a
le nuptie matrimoniale, essendo cum
el richo bocentoro adcompagnata dal
principe duca Borao estense et da
sua duca! comitiva, in ringratiare la
sua alteza de tanta humanità et pi-
gliare Ucentia, li fece la prestante
donna luculcnte oratìone, per la quale
esso duca et tutta la illustre compa-
gnia admirundi judicarono che mai
sentirono sposa de più dolce et elo-
quente parole. Fu pudiciBsìiua et ol>-
servante l'honore et gratia del ma-
goifioo consorte, et non cum mancho
dilectìune, che facesse lulia al caro ma-
rito Pompeo. Oh virtù preclara et de
molta honorihcentia al mondo et grata
154
al aammo Opifice ! Pn benigas, M^^
tativs in visitare rinfirmì et lì albft-
nati, confortando^ com dolce panile,
cam roba et cam denari, et non sde-
gnando cnm la propria persona de
richi drappi vestita famaUuii. Hono-
ròe sempre gì' homini virtooai, se
l>ene fasseao hnmilniente nati, dicendo
ciie se la virtù non dedìgnava in rile
corpo habitare, ancora lei non volea
Bdi-gnare renderli honore; di che ti
porgeva de' suoi soffragli, come libe-
rale et pietosa donna. Fa, come de
reli^ne piena, precipua edificatrice
in la sua terra de Navolara del Mo-
nastero de la sancta religione de ob-
serrantia carmelita de Maria beatis-
sima rei^ne, per essere lei devota
a tanta religiosa vita; di che la terra
et il paese de tanto devoto tempio se
pono chiamare contenti. Li suoi habiti
et portamenti non furono mai lasivi, ma
magnifici et de honesta pompa. Ten-
ne, secundo e1 euo bonoraado stato
corte do pudiche et virtuose donne et
I
155
donzelle, mantenendole sempre ad con-
gruo tempo in virtuosi exercitii, come
una Minerva, qualo legiamo essere
stata prima inventrice de li exercitii
muliebri. Per il che questa valorosa
donna è stata inventrice, per sutilita
del suo ingegno et virtuose mane, ef-
figiare de auro, de argento et di seta,
cum opera d* aglio , prati de diversi
fiori et vaghe herbette et boschi de
vani albori, cum animali dentro re-
levati, come naturali; cosa de ingente
laude et dilecto a vedere. Onde non
è manco degna de tal lavoro essere
da egregi! acriptori celebrata, che la
greca Panfila per essere stala inven-
trice filare el bambaco et quello tes-
sere poi, et Gaia Cirila romana, cara
sposa del prischo Tarquino re dei Ro-
mani, la quale per fugire l'otio (quan-
tunque possedesse fehcemente ci regio
stalo) fu inventrice filar la lana et
farne panni.
Prendca ancora questa donna dilecto
et piacere cnm li ilocti ingegni certai-o
de Iettare, de le quale en amu-
tissima. Legea cnm dolceza le hìstorie
spirituale et gentile, et de quelle ad
memoria mandava, come memorabQe
et vagha de le mtiBe de li illustri
poeti; di che non se potea lei de
molte hjstone temptare, non lliaTesse
a memoria. Argoìa, respondea et con-
futava, et de li effècti de comani stati
del mondo, a li quali harea non poco
confonne l' animo et l' ingegno. La
sua famiglia gubernò cnm grandissimo
ordine et religione et cum honorifi-
centia et abundatia. Hebbe cinque for-
mosi et omatissimì figliuoli a lei obe-
■lientissimi. Uno mascliio uominato.
Zampetro conte et cavaliero et valo-
roso duca d'arme, et quatro filmine
de singular venustate, altamente ma-
ritate, il nome de le quale si e Hj[>-
polita, Lucretia, Alouisa et Alexandra.
Visse alcun tempo doppo la fine del
magnitico marito in stato viduUe cum
singulare honestatc, pudicitia et splen-
dure; ma come spesso accade, cbe a
4
le grande donne crescie inopinate oc-
cupalione cum soUcitudine per la pri-
vatione di mariti, ot per stare lei ren-
clusa et inusitata quieto de la per-
sona, fu assalita da morbosi humori
che li parturirono certo fluxo splene-
tico et epatico, del quale fu liberata
per phjaico argomento. Fu poi doppo
non molto, credo, non mancandoli lì
mentali affanni, de flore et de dolori
renali, cum materie harenose ot lapi-
dee, fu aspramente Tesata, che Li ul-
cerarono le rene et li rognoni in modo
finitte la sua tormentata vita. Quale
cum grandissima toleranza et virtute
sostenne, ringratiando sempre cum be-
nigne parole ot voce pia l'omn ipotonie
principe. Fu Toramonte in queste e-
gritudine crudele et lunghe pacientis-
sima, come ora nel tempo da la va-
Utudine in le cose advei-se et ne lo
secunde temperata. Finalmente fu vera
constantia de ogni virtute et dar!
costumi, che meritamente tale felice
nome possedette : come ancora la fui-
158
TÌda (amA ne rive et Tiierà sempra
nel nome de CouUatù. Co« am
questa etterna grati* easendo in eV-
Ut« senile passò de qnesta rita ad
possedere Le celeste sede fra l'altre
illustre et dire matrone ad ^ria de
la Stroia et Gonzaga sterpe, et ad iip
telUgentia del nostro olente et sapien-
tiseimo Gjaerero, al qaale per piti
odore piangeremo la gnude magni-
ficentia et probitate de la figliuola
del conte de Foia, in La in&ascrìpta
Torma.
16. De Ilaria fliUuola tStl conti <l» Foli
Maria fa nobiliesima figliuola de
Carolo illustre cont« de Foia, che in
latina lingaa dice de fuso: et la matre
fa figlia de circumspecto re de Navara,
et fu prima coniuncta de GniUelnio
tnctjto marchese de Monferato. Questa
reale donna fu de tanta virtute et
excellentia et cortesia, che non poco
splendore rofalse al suo preclaro ori-
gine. Fu ie corpo bellìsaìma et orna-
tissima de generosi costumi , virtate
et bontate; fii piena de religione et
sanctimonia: et, come docta, era vaga
de le spirituale doctriae. Fu humana,
benigna, clemente et liberale,
laato effecto et esemplo de excelionte
vita, che altro che ho nori fi centi ss ima-
mente pur tutta Pranza dì lei ao par-
lava; onde il suo nome divenne ful-
vido et radiante de perpetua claritate
fin a li giorni nostri. la ogai efTecto
lei, purché le forze fusseno state al
prestante suo ingegno corrispondente,
era liberale cum tale benignità et dol-
cezza, che altri li devenia cum fede
perpetuo servo, ad esporre la propria
vita per lei et per il stio stato. Usava
essa molta parsimonia noi vivere suo,
por potere donare per Dio a li poveri
naendicauti et pudibondi. Questa vir-
tute sanctissima usOe cos'i quando ora
damisella, come maritata. Il conver-
sare suo cum r altre donne per sua
felice Immanità non dimostrava phasto
né grandesa, per essere figliuola se-
condo la aetate.
Quanto lei se partì de Guascogna,
suo natalo sito, por venire in Italia
al marito, fu adcompagnata cum sia-
gular pompa et specioso triumpho.
Ma non se parti senza piauti et cla-
mori de'suoi populi et specialmente
di poveri, L quali dolendosi in questa
foiTna ; < Oh miseri noi, orbati del
nostro sufIVagio et patrocinio! Chi ne
aiuterà in lo nostre necessitate? Oh
Maria , dama bella , unica nostra
speranEa, tu ne vai, lassando noi in
relieta navel Quanto sono U nostri
dolenti animi per la tua partìtal Oh
Italia, spoliatrice del nostro thesauro,
lien te poi chiamare felice, bavere
tanto ornamento 1 Quanto invidia et
odio te portamo I » Et de molte altre
simile parole diceano, pione de amore,
che era compassiono et dolceza audìro,
Or venuta la pianta donna in Italia,
et celebrate cum grandissima gloria
le nuptic in Alba, et dovendose partire
ti suoi, che l' liavenno adcoin pognata
al marito p«r retoniarserie 3<l can
loi-o, li quali furoQo meglio do qua-
trocento infra signori et gentilhomini.
scuderi et ultra minuta gente, cum
bellissimi cavali et fkìerati ricliAment^;,
mossa k'i da l'ardore de la soa usata
liberalità, dondi' a tutti, da! minimo
al magìore, et disti-ibnitte ia&a loro
sue argentarle «t gemme et cose priv
ciose, dando a ciascuno poco et as-
sai, secundo la qualilft et grado de la
persona; ot tanto donùe, cho non li
restando altra cosa da donare, ruppe
cnm grandissima magni¢ia alquan-
to sue catheue picola et grande de auro
fino, le quale aeco havea portate, et
uno pecio inunitìoò ciascuno , fin al
minimo servo et pagìo da stala; do
la quale muniflcentia ancora in Mon-
forato et in Frnnza cura dolce memo-
ria di questa magnifica donna se pat^
la, et parlarassi sempre nel paese de
Monferrato. Se vendicò non manco
gratlosa et aettoraa lama che se ha-
I patria, perdiè 8e'^
mostrò beoigaa, grmtìou et lilierala '
« cittscuoo, et |irerìpoitm«nt« a li pò- |
veri, a li quali se (&ceii procuratri<
et advDcata, pigliando U protectjond '
loro , auxiliandoli non meno do
roba che del favure. La quale virlute
et magni Gcentia lanlo b dobiamo più
lampegìante indicare, quanto rara in
donne se vede, perché la tenacità et
avaritia non solo gli è ^migliare ,
ma innata e de propria natura cum
et picolo animo.
Quando ancora cavalcava ella per lu I
paese, come spesso era consueta, et cliu ,
li fusBO Htato porto supplicatione per ]
alcuna povera persona, la tenea de
routiono in la lilieralo mano, overo |
<]uella so ponea nel casto seno, mai
lassandola fino non havesse facto pro-
risione u dcliberatìone per la occo-
rentia del supplicante. vii-tù pietosa
et discreta de costei, r]uanto fìa i\e~
gna de perpetua laude! Che li piaceri
et raorbi(k'2a del l'ìcho ^tato non la
163
fac^a obUta ilei bisogni» di subditi,
come feno alcuue, tanti) dedite a le
voluptate et piaceri, che non curano
nO estimano lì sìuiatri altrui, et senza
pictado regono IÌ suoi popuU.
Tenea questa pientiasima donna in
sua compagnia corte de dizotte gen-
til donne de egregie famiglie, ultra
lo deputato servente a li serviti exer-
citii; et cum tanta dolccza, modestia
ót carità verso tutte se diportava, che
mai alcuna de loro li audite: una re-
prensibile parola. Fu de tanta pru-
dentia et ingegno, che mai alcuna de
loro possette comprehender© quale fus-
se a lei pia chara, tanta equalita verso
ciascuna servava.
Visse al charo marittì tre anni et
hebbe due figliuole, de le quale la
prìina fu copulata al marchese Lodo-
vico de Saluclo. Nel parto de la secun-
da passo de questa vita iu l' altra, corno
de molto tempo avanti li fo prono-
sticato. Questa morte, do tanta iactura
al stato et a lì populi, fu de non pi>ci>
mefure et meritamrnto pianta da la
Ultutre marito, et da tutti li aubditi,
Cttm eingulsr pietate. Pregiamo dan-
cha Dio, come lei visse ia questa ter-
rena vita gloriosamente, La possjamo,
cum girlanda del felice GineTero, ne
r eterna glorificata vedere, a paro a
paro cum AgDola da Nugarola, per
merito d<r lo sue illustre virtute. Quale
in questo modo sefjuendo, faciamo me-
moria.
17, Da Aiiìota da Huiarolà
dal conte Antonio lìgnor dt Arot
Agnola figliuola del conto Antonio
da Nugarola, famiglia in Verona per
untiquitA, per nome et per gloria de
TÌrtat« clarissima, refuisc de tanto
splendore poetico, che non nutrita del
nostro italico lacte, ma proprio de]
castalio parse. Fu cara moglie del ma-
gnifico conte Antonio signor de Ar-
cho. Fu donna formosa, biancba de
carne et venusta, et occhi non troppo
165
neri. Li denti havea come avolio. Fu
hamano, putlica et dù custumi reve-
rendi et de dolce eloquio adcompa-
gnato sempre cura morali exempli, che
chi r audiva ne pigliava molta conso-
latione. Fu docta cum egregia ela-
quentia poetica, et in li hum^inì stu-
dii; et quiìlì non poco da lei furono
honorati, per modo che presso li poeti
de quel tempo fu ÌI suo nome non
manco celebre che divo, Fece alcune
egloge, cum tanta arte et doctrina,
che fu arbitrato non fusseno de manco
pretio che '1 verso elyconio et molti
altri versi, scripti per Cornìficia di-
gnissima de memoria, intelligente de
la sacre scripture et discipline et de
arte poetica, al tempo del sanctissimu
Hieronjmo, secundo lui scrivo che fu-
rono in alto et caro valore.
Fu ancora questa Agnola , presso
tanta sua virtuto, de la sua nobilia-
sima famiglia optima gubernatrice,
cura prestante ordine et oroaniento.
Se conservò sempre, coma donna ppu-
166
denU, cum le sao iustìssime i
epleadida et liberale infra li dao ex-
tremi de la prodigalità et avaricia, «t
specialmente cura U suoi tÌcuiL Fu
clemente, devota et carit«volo; sem-
pre cum grandisdma modestia, tem-
perantta et pudìcitìa t» mant«aRe ne
la gratia del magnifico marito. Fu
molto dilecta dal suo populo al qnale
sempre administrft juEtitia, clemen-
tia et pietate; in ogni stato sem-
pre religiosamente visse. Essendo Te-
nato il tempo de pervenire a quella,
ctie e terminatrice do tutti li EocuLnri
afiknni, de cornane egrìtudiae linile li
suoi illustri giorni, lassando do lo eae
virtù preclara, benigna et eterna fama,
per beatamente adcompagnare la glo-
ria del nostro felicitaimo G^evero,
insieme cum la infrascrìpta fama de
una altra singular donna de la st}Tpo
Nugarola, come virtuosamente inteso
fia.
Ì8 Da Ganerera
coniorle d«l conte Brunoro da Gamban.
Ginevera, consorte del circumspecto
et felice conte Branoro da Gambara,
fu figliuola de Leonardo da Nugapola
veronese, splendidissimo conte, et de
Bianca Bonromea, donna de grandie-
sima claritate. A li quali genitori que-
sta figlia Genevera per suo vlrtute
Fulsc molto lume, et a lei gratiosa et
cttema Eama. Fu dona bella, savia,
prudente et benigna, religiosa, devota,
grata et liberale; et sopra l'altre ex-
cellentje de vintute fU molt^ affabile
in recogliere altrui: che mai in quilli
tempi fu cognosciuta donna in simili
acti et maniere tanto benigna, et tu
rendere honoro a quilli, i quali la lio-
noravano; che ella lo facea cum tanta
maiesta de reverentia et lieta fronte,
che era una sanctità a vedere. Non
facea come fano alcune indisci-ettfi
donno, o per viltà de costumi, per ('S-
sere male natrite, cbe quando àKri
le salata et ùaaìi hoDore et rerereii-
tia, pare li sia de uno sterco àula per
incenso sotto il naso; overo sono tante
altiere de la loro gloria rana, che non
degnano altrui. Fa costei erudita sotto
la disciplina de molti famoEÌ et elo-
quentiseimi homini, di che lei divenne
ai disciplinata, che fu de gravissima
et singular facundia, come ost^ndeno
le sue luculente epistole et oratioue.
Il parlar sao fu sempre modesto et
magnifico, lì gesti snoi furono ossi-
gnati, et il stare et l'andare fii cum
assai prestantia et splendore ; li ha-
biti suoi furono pudichl et cum ido-
nea pompa et senza lasivia: che se
Claudia Quinta romana fusse slata co-
me costei temperata ne li suoi legia-
dri portamenti et polìteze, né tanto
curiosa del splendore de sua vagheza,
non se ne sarebbe de lei mormorato
essere men che pudica et casta. Quan-
tuncha che nel tempo de la secunriu
guerra Africana, essendo consoli Mar-
co Cornelio et Publio Sempronio, di-
mostrasse lei essere sempre stata pu-
dica, tirando la matro de li dei ne la
nave sola cum uno cingulo dove volse,
che la forza de la moltitudine degli
homini mai posetto fare. Di che la
opinione et mormoramento habiuto de
olla men che servata pudicitia se re-
volse in grandissima laude.
Fu questa Gynevera, come pudica et
casta, de la matrimonialo fode obser-
vatrice. Infra lei ed il signor suo con-
sola fu sancta dilectione; et special-
mente ella tanto lui castamente l' a-
móe, per la honostissime et fervunto
fiamme del coniugale amore, che ogni
male de lei, quantuncha grande, hu-
verebbe cum patientia portato, ex-
cepto quando Io vedea nel caro ma-
rito, che quasi de alfantio non moria;
perche, afflrmando cura pai'ole, dicoa
che più avea caro la valitudine del
marito ohe la propria. Per la qual
cosa se iudìcava, so ella veduta havesse
la fiuo del marito non havrehbe doppo
lui voluta vivere; pensando non hs- '
i liabiuto contento, se bave-
rebbe data la morte, et noa cnm man-
I che lacesse Portio, dglia de
Marco Cato, qoando senti per ven-
detta di Cesare moriiìnte essere morto
Decio Bruto suo marito. Lei ancora
non fu manco tenera de 1' honore et
fama del marito, che fusae de quello
ì cum rosone iudlcaro Emi-
lia Terza, illustre eposa del primo Af-
fricano, che tanto lei refulse de lu-
cido splendore, per conservare la lio-
iioratn fama de ia memoria del stre-
nuo marito. Conservò ne la magnifica
famiglia de la casa del prefato ma-
rito uno amore, una pace ot una tran-
'(uìlitate, cho fin al cielo ne iubilava,
come per heredita beata fin ad nostri
tempi, ad trìumplio del Oumbaro no-
me, se vede, ode, sente et gusta. Fu
ella ancora ne li suoi subditi molto
bumana; pigliava piacere gratificare
quilli et concordare lo loro dllferentie,
quando nascevano. Visitava per ca-
I
ritd li ioferinl, et qaali cura ;
et quali cum doni confortava ciiru bel-
lo, mansuetto et gratioso aspecto et
de grate et ornate parole: et ilove
pocLedea la rasone Pt il bisogno ,
era familiare, dolco, huniana et pia,
et Et benigna a li suoi, che dire se
putea loro compagna, sorella, et non
madonna ; spesse volte accadendo ,
disse che li savi! homint et donne
doveano fugira la ambitione presso
el vulgo, ma forzare se doveano pia-
cere et essere grati a quilli che me-
ritamente erano laudati
Oh che pili singoiar virtù se po-
trebbe trovare in una illustro, alta et
prudentissima donna ? Sarebbe an-
cora lungo volere ogni cosa de 1' in-
gegno et integriti d« la mente de
costei esplicare. Fu ancora, in ogni
tempo et fortuna, olltciosa in U amici;
non sdegnò mai, anzi cum grande a-
more et huniilìtà auscullava li povei-i.
Fu grata et memoranda di recevutJ
scrvitij, et constante cum iustitia nel
172
suo sancto proposito, per moAo eìie '
invano s'afatìcava chi cercava remo-
vet'la da quello. Fu focunda de bel-
liasiniì et illustri figliuoli, por li qaalì
a sé istcssa ha dato, per loro virtutti
glorie et magnificenti e, uno oruatuento
ot UDO fulgore de benigna fama, che
non solaiiienU' la regione Bresana, tua
tutta Italia se ne gloria et exulta de
tunti figliuoli.
Questa felicissima donna, florenta
de inimortal gloria, finìtte li suoi gior-
ni in giovenile etate. Di che fu eum
grandissimo mcrora da picoli et grandi
bonorata de molte lachrjrme et sepuita
cum pomposo exequio, come donna de
molto splendore et do non manco glo-
ria, che fUBse la vergene sua sorella,
che nel succedente dire narreremo, al
magi or ornamento del nostro odo-
rifero G,ynevcro, che cum tanta dol-
ccEa et liberalità spande li suoi rami
charichì de' desiderati fìructi, quali de
odore augumentano per la pudica et
sancta fama de la illusiff memoria
de Oj-nevera da Gambara, che fldel-
mento mentuamo infra le donne dare.
E ta dunque, da Gambara folicisaima
prole, dol noma do tanta donna de
meritata laude ringratiando il cielo,
gaudi, triumpha, iubila, canta et fa
festa, come facio io curo lo mio ca-
lamo fidele.
19. Da Itola rtrgant da Nugarola
Ben te poi chiamare beatissimo con-
to, Leonardo da Nugarola, che '1
oiolo et la natura te habiano beati£-
cato de tal sorella et figliuole, che
non solamente uno novo sole al tuo
sangue, ma al nome latino hano dato
splendidissimo ornamento, cosa da
stanchare in le suo laude ogni divino
oratore 1 Che diremo duncha nuì mor-
tali, col nostro basso idioma, de laota
tua figliola, per la cui virginìtA et
docti'ina il suo nome in fra le donne
dare ha meritato perpetuo fulgore?
l'ui-, spigando nel celeste favore et
174
ne] dosidorio de far cufia iuounda al
nostro Gynevepo, cgaì sequiremo, Isot-
ta dunque primamente fu vergeno fe-
lice et de tanto animo et dì speranza
in Io divino auxilio, che in tutto do-
gi' liomini il concubito negleso ; né al-
cuno degno partito, ancora cbe glo-
rioso fusse, posselte inclinare la ce-
lebre sua mento a prendere marito,
ne de tuie virginale proponimento non
hebbe forza, conforto, perguasions et
consiglio de amici et parenti remo-
verla mai. Non altrimenti od questo
staffi vii^inale Isotta se dispose, che
facesse Marcia de Varone, perpetua
vergene, la quale non constreta da
superiore, né da obbligatione de sa-
cerdotio vestale, né per voto de Diana,
ma per propria volontà et intesiti
del coro nel stato virginale volse mo-
rire; che per lo suo mirabile ingegno
et virtute de le proprie mane, despre*
ciando li muliebri misteri, et per fu-
gire r ocio, incitatìvo a la lasciva con-
cupiscentia, se detto tutta al studio
175
de la pictura et sculptura, et pinae et
Bcnlpse si egregiamente in ebumio, in
brongio et in marmo, et maxima men-
te la sua figura, che superò Sopole et
Dionisio, de la Eua aottate &moBÌssimi
picturi.
Ma Isotta, por scperare da sé l'ocio,
se dette al studio de lo scieutie, et
in quelle divenne non meno excellente,
che Martia nel studio de la pictura.
Questa Isotta duncha fu donna de re-
ligione et sanctimonia, fu a'bstinente
et deiunante, fii piena de gravitti et
de tanta doctrina ed cloquentia, che
credo ogni altra famosisRima donna
de le antique superasse ; la qual cosa
dimostrano le sue luculente oratìone,
acripte a li pontifici masimi , a Ni-
colao quinto et precipuamente a Pio
secundo; quando la Sanctità del quale
so transferì a Mantua, là donde con-
corse li christiani principi per fare il
passagio a domare l' alteza del Tur-
clio, cum tanto studio et furaa cer-
iTiiva extinguere il nome cristiano; la
17R
(|ualo oratione esortava il poniifìce
et il reverendiBsimo colegio de li si-
gnori cardinali et tntti li cristiani prin-
cipi a tanta gloriosa impresa; et fu
de tanta facundia et dpctrina, quanto
se potesse dire, in modo che questa
donna nel publico concistoro di spi-
rituali et secolari principi fu cum di' I
vino laudo moritamente sublimata. H
greco cardinale Niceno, doctissimo in
lo discipUne humane et divino, divene '
stu[>efacto de la virtù de tanta donna
la ((uale volse vedere, quasi non cre-
rlendo elio in una femina fusae tanta
sapientia, et veduto elio V obte, la iu-
dicò più presto celeste creatura die
humana. Fu ella docta in theologia
et in phjlosophìa, de cbc composo uno
grande dialogo, quale fusse più grave
peccato, quello de Adamo, overo
quello de Eva, quando mangiarono il
vetato pomo da 1' omnipotente Dio |
nel terreste para<liso. Havea costei <
quasi tutta la Biblia a memoria et fii
tanto studiosa ne la sacra Scriptura,
m
che de quella venue ai familiare, che
quasi non potoa t'ormare parola senza
eloquente recordo de l'opre de Augu-
stino et de Hìeron^mo. Fu oniatis-
sima de esimii costumi et de degna
preseatia, fu de mediocre forma, più
pingua che macra. Hebbe beliaaimo
viso et rotondo cum molta ^ratia: li
ochii suoi furono gravi, ma arditi et
più presto bianchi che neri. Li habiti
anoi furono viduili : portava el manto
nero et cutu quello portava el capo
coperto. Non facea lei vergane poi-
cella, come fate voi, che non havete
vergogna, o donne vedoe, che dimo-
strate aliene de le nove nuptie, che
uon andate cum el capo coperto, co-
me per reverenda honestà coDvirebbe,
et come hoggidì in la citate nostra
vediamo lo exemplo di perpetua vi-
duitade per Magdalena figlia de lo in-
tegerrimo conte Andrea Bentivoglio
consorte già del prestantissimo nostro
citadino Guidantonio secundo di Lam-
bertiiii : che essendo olla giovone et
178
bella, altrimenti noo se vede, se aan J
tutta di nero coperta. Ma toì andate 1
cura spatiosa fronte et cum li capelli j
ben petinati et bone partiti, et in loco f
de r honeato manto nero portati li can-
didi et pomposi veli, aconcii cum mae-
strevole mane , per dare più splendore j
a la beleza di vostri falsi visi,
siate bene da gioveni mirate. Et senza '
con se lentia et timore de Dio et de >
V honore , de la memoria dì defouti
mariti et de' parenti, prendeti del vo-
stro et peccato loro piacere, che poi
doppo r squisito peccato incorni^ in
la lupina bocha del vulgo, cum vostra I
ottima infamia et mormoratione ; da
la quale vogliate fiigire, come fece
questa Isotta, che sempre come savia
nel suo stuto cum le sanate sue opere
levò via r occasione. Conaervùse lei
sempre a li suoi aervitii donne de i
grande bontate. Visse cum grandìs- J
sima mansuetudine et virginitate t
gratia, non solamente de chi la ve- 1
dea , ma de chi sentiva la saacta ]
179
fema de le sue virtiite. Havendo lei
de sua felice citate compiti anni
trenta et octo, ne li anni mille quat-
trocento Eessantaquattro , passò ver-
gene della mortai vita ad possedere
la etterna, dove credo che insieme
cum r altre divo vergene triumphi de
sua sanctimonia et virginitate ad con-
templare quella, che de tanta unica
gloria et virtute fu solo esemplo;
per il che merita ne le sanctisBime
viscere portare la salute da tutto il
inondo.
Oh Isotta, egregia vergene et de mol-
ta gloria, perchè a roi non è concesso
gratta che possa le tue divine laudo
commodamente narrare, elio giamai
me saciarei esaltarti? Corto tu hai
non solamente lionorato ol tuo natale
aito del sexo femineo, ma l'alieno. Oh
quanto tti hai la tua prosapia illu-
strata de etterno splendore I Che ben
fu beato il tuo nascimento; al quale
obligato me rendo per avere liahiuto
casone cibare la mia mente in le tue
180
virginali- glori i*, aii ioRunditA
stro Gynevem, che rinverdirà <
duplicato odore, por sua grande vir-
tute, dal frutifero amore de la sancta
tua memoria.
20. Da Som de Vullalina
Perchè sempre se debba cura de-
bita lande celebrare la virtate, et sìa
in che loco ella si voglia (ancbora
quello non tasse dt^gno al tutto pos-
sederla), Bona duncha fu femina de
vile conditione, nata et alevata in Vul-
tuiina, territorio ducale de Milano. La
sua paterna origine non para io el
possa sapere^ per la incognìtìono dei
parenti; ma a sé ha dato, per gran-
deza et virtute de animo, etterno no-
me et clarttate.
Fu costei moglie, ma prìma amica,
de Pietro Bruaoro da Parma, stre-
nuo daca d'arme, et da tutti li po-
tentati de Italia molto estimato: il
quale, cavalcando ne lo oxercitio mi-
181
litara per Vultulina, vide costei gio-
vineta driclo le bestie, bruta, nera,
picola, ma molto viva, cotubatendo
virilmente per ìoco cnm li altri guar-
datori de bestie; et coma quasi per
una Btranieza la fece rapire, et con-
dnsela seco cum riso et solazo. Or
costei cresceDdo andava dricto li muli,
menava li cani da caccia, di quali
molto Pietro Bi'unoro pigliava pia-
cere, portava li targhoni, et era molto
straciata ne le fatiche, in modo che
lui quasi non ne facea estima; per-
chó infine era brutissima femina, ma
era de gagliarda lingua , più che
a femina non con venia. Se vestìa
a le volte da homo, secundo la op-
portunità di tempi , cum le stren-
ghe a le bracie. Non perdonò mai
coatei a fatica in soquitare el giorno
et la nocte per freddi, jatzì, neve,
piogie, solo et caldi il suo Pietro Bni-
Doro, quanlunclia lui de tanta fede
facesse poco stima. Et sequendolo nel
regno de Neapoli cum el conte Fran-
••«-•
> « liv*» * h Bi^v. b-
«• am filMIM fMM CM
Bona ^delissima femina , et de leÉ
facto poco estima, mossa da l'ar-
dore de la 8ua fede verso 1' ia-
oarcerato Piero Brunoro, se dispose
tutta a trarlo do le misere carcere,
non temendo alcuna fatica, et fusse
dura et aspra quanto so volesse. Andò
duncha lei, pregando tutti U potentati
et signori de Italia, che se voleaseno
de gratia operare de supplicare al re
Alphonsio che li rendesse el suo Ke-
tro Brunoro. Et non potendose per il
megio de quiati pregati signori et po-
tentati consequire la desiderata libe-
rationo, se ne andò ella in Fransa al
cbristianissimo re et in Borgogna dal
duca Carolo, et da loro hebbe lettere
affec lionate per la salute de Pietro
Brunoro; et cum quelle se condusse
ad Neapoli al re Alphonsio, et pre-
gando sua Serenità presso le presen*
tate lettere, cum dolceza et motevole
parole, percht) quando votea era le-
pida et piacevole femina, li volesse
Jai-e il suo caro Pietro Brunoro, et
non possette &ncto conseguire: di cha
ne rimase afflicta, ma non senza il
suo usato animo et speranza. Cercava
per ogni modo, via et studio placare
la mente del re Alphonsio; cogitava
et dimandaya che cosa era dilecta-
bile al re, et so possibile era, el pu-
neria in efiecto ; come era de' spar-
vieri, falconi, cani et cavalli, andava
mendicando gli altrui sutTrogii per
comprare simil cose et presentavale
al re, dimandandoli per misericordia
il suo tanto amato Piero Brunoro.
Era molto aiutata de denari da gen-
tilhomìni et da signori, perché vivga
cum spesa assai, ne l'andare intorno.
Sempre costei era, de state et de ver-
uo, in camino per Italia, per liberare
costui. Fece che lo ioclyto Senato Ve-
netiano più volte scripse supplicatrice
lettere al re Alphonsio per la libera-
tione de costui, in modo sua Maìestà
se maravigliava che una femntinuza
come cost«ì fusse de tanto animo et
ile tanta (lagrantìa do fede. Kt Jopiw
molte altre parole, a l'ultime lettere,
disse costei : « Sì^or re luio, pur ho-
« gìmai é il tempo che non sola-
« mente la tua Maiestà, ma tutto ÌI
« mondo deverebbe havere compas-
^l^^oe a le mie fatiche. Come puù
' ^sre la tua Maiestà questa gra-
l a tanta Signoria, quale è quella
I Venetia, de non darli il mio
« Pietro BruDoro, et specialmente a
4. mi, che uon cum manco fede tei di-
< mando, ciie facesse la Magdalena
« a li piedi Jesù Cliriato per venia
< de' snoi peccati! Orsù dun^ha, non
« manchare a mi, tua dirota serva, de
« la tua solita magnanimità et gratta,
« da la quale parla tutto il mondo! »
Et decte queste parole se gettò ge-
nuAexa a li piedi del re per baciai'li.
lì Re alhora, come de natura magna-
nimo, mosso a pìetate, considerò ohe
meglio era il vendicare perdonando;
pero che observando la nobilissima
parte de la vendecta, gli volea la in-
dulgentia et il pei-donare: compiacettf.'
186
la serenissima Signorìa de Yenetia et
la orante Bona, a la quale dette il
suo desiderato Pietro BruQoro, ii quale
per opera de la consolata Bona se
aconcio al stipendio cum la prefatd
serenissima Signoria, la quale li dette
prestanza più de vintemillia ducati ad
porlo in ordine, perchè era nudo.
Vedendo Pietro Brunoro la fede et
grande vìrtuto de costei, cho mai l'a-
vea esUraata, se acese in lo suo amore,
et per non essere a tanto beneficio
ingrato, la deaponeò per sua -cara et
honoranda consorte; de la quale ne heb-
be tre figliuoli, dui maschii et una fe-
mina, quale raaritóe lionorevolemente
in Parma. Gubernò costei tutte le fa-
conde del marito; et luì senza suo
consìglio cusa alcuna non facea. Hebbe
lei grandissimo credito cum lo incljto
Sonato de Venetia In honore et utile
del caro marito. Fu costei molto ca-
ritevole et de Dio devota. Vestiva
honorevolmente; portava «no mantello
curto sopra le camure. Menava seco,
18T
quando cavalcava et quando andava a
piedi, bolissioia famiglia. Era de poco
cibo ; beveva acqua per natura. Volea
la sua famiglia fusse ben passata. Ueh-
be grande, provvido et presto inge-
gno, pigliare partito in corabatere una
terra cum l'arme indosso, corno pe-
rita ne la disciplina loititare; come
dimgstrò valorosamente cum uno tar-
ghone in bracio a Io mura de Pavone,
castello munito et forte in Bressana,
per torlo al conte Francesco Sforza,
che facto se era duca de Mìllano, et
darlo a la Signoria de Venetia; ohò
in quella insignita guerra costei se
adoperò cura l' arme indosso et cum
la spada cinta, sopra fiero cavalo, in
favore et honore del marito , per tal
modo che lui no prese gloria, con-
forto et speranza de Victoria, Que-
sta valorosa te mina cum la spada
in mano, correndo col cavalo ora in
questa pai'te, ora in quella altra, co-
mandava a le copie de' militi , come
capittaneo , se facesseno oi' avanti ,
or adridtto, et cosi a li pedot
minandoli a la bataglia ^t vìlìpcndeDilo
li fugicnti; et era tenjuta, che i
a la nostra etate fu veduta tanta vi
militare in una femiaa, excepto in la
gaja polccila di Pranza c!ie nun-ato
liabiamo, perchè fu cosa miracolosa.
A la creatione del principe de Ve-
netia. Pasquale Malepiero, so fece
armigero trìumpho sopra la piaza de
sancto Marco in conquistare uno ca-
stello fabricato de lìgname et monito
de fieri combatenti. Questa Bona, cuna
uno tai^bono in bracio, mai se vide
Etanca, inanimando li pedoni acostarse
al castt'llo strenuamente et fare pere
lo Bchate; et a le volte lassare il tar-
gbone et pigliare una balista; et ca-
rjcavala presto et trabeva a li defeo-
ditori del castello, che era cosa degna
de piacere ad vedere. Cbc più diremo
de costei, che essendo Pietro Brunoro
mandata da la sua illustrissima Si-
gnoria ad Nepi'oponte, ad munirlo et
a fortificarlo, percbó dubitava ohe 0-
189
cloman, altissimo Tni-co, lì vnnisse ad
campo, et havendo questa donna seco,
pia volte la mandù ad Venctia a la
seFenÌBsima Signoria per le ìiaportante
occorrontie de qael laoeo, dove ogni
cosa ctim gpatia obtonnet Retornando
lei iadrìeto, et giunta a Patrasso, senti
dolorosa novella, che Pietro Bronoro
era da gravo egritudine oppresso. Di
che, essendo essa in mare circa mille
miglia da Negpoponte, et presto non
potendo andare, perchè bisognava spo-
etare prospero vento, si fece porre in
terra; ot camino por terra de' Turchi
circa ducento miglia, tanto che giunse
ad Negroponte, dove trovò Petro Bru-
naoro comhatente cum li messi de la
morte; et già havea perduto la lingua
et tenea li occhii serrali. Lei, non pos-
sendo cum forte animo per pietate re-
tenore le lachryme, lo chiamò cum
pia voce, dicendo; «0 capittaneo, si-
gnor mio, non mi cognosci7 > Lui
alhora a la pietosa voce de la Adele
moglie li languidi occhii apci-so: et
bebbe Unto oaatario da la |
lei, cbe lì ratoniò U fisgva,** d
I Bou mia, <
bU la mia Signoiiaf » RttfOM I
« Bb Età motto beae et da coaa
Italinito 06 die io bo sapato «
dare. > Uà ìà, Todeaiolo I
radente «( fiiMe nk
raaima saa ooaie fl corpo, et d
« Ha tn, ratijLaiMW i
cam el nostro Signor Dio! > f
fOtnàa pi* partire, flece e
9 de dinand>M i
serieordia a Dio, at dw ara a la i
Totaatà disposto. Bona albo» da
oùatntiotM d*l flurito i
eoatenta. F«oelo corale ta
corpo et ìb qaaato a T aj
Burnente, afenao phjsìeo r
giovando,
r alira, et tei cnat pìetoM I
lì chht» li I
Feeelo sepetirc '.
csm qoeDa fimetire pompa et «ufai» 1
191
ornando la sepultura de li suoi mili-
tari tropbei. Operò cum quillì rectori
venetiani, chiamati bnlii, die vi erano,
che la militare compagnia del morto
marito se conservasse unita, finche
lei potesse andare ad Vinetia per sal-
varla a li figliuoli. Così fu compia-
ciuta. Facto questo, lei subito inco-
minciò aiutare la compagnia de robba
et de denari, dicendoli: « Figliuoli
mei, non habiate timore, vivoti de
bona voglia, che noi resuscltaremo
uno altro Pietro Brunoro, » In questo
megio furono presentate lettere della
serenissima Signoria, che la roba de
lui fusae scripta et tenuta a conto,
Per la qual cosa Bona, dubitando per-
dere la robba, se mosse, che era ama-
lata de Huxo per la durata fatìcha
del longo camino: et scese in nave^
et venne ad Modon de la Morea, et
ivi discese in terra, et non possette
entrare dentro la terra, perchè ve-
niva da Negroponte, che ora infeoto
de pestilcnt.ia. Di ohe bisognò toleasc
A perehl! «tarm mak, tolw M bslil
«te iBBcU Sbm 4e i|qel tono, pr»-
<|aM «tette, ebo pnipU UpestikiBte
■iwpwt ioB O , ehe fìi liwwta istnre n
Modoa , «t TeAwmvme in eau del
Piararilo, gi* coauBestebaa ik bt 0-
iMtre connmità soati^
i^tendoae nnocfaare eoatoi a la
giornata de le rital Ione, bce testa-
minto; ma prima che altro di lei se-
ffa'fin.te ler« celebrare le raesae del
divo Grirgorio, a le qaale Be fece par-
lare ail andire. Se feee Eare ta se-
pnltora nel tempo del mole et quella
volati cum li proprii occhii vedero; ,
fera d(rai nel lecto iacente per cba- '
ryU de Dìo, cam le proprie mane, de
ducati. Confessala, comaoicata devo-
tamente et armata de la extrema un-
clione per resistere a le bata^lie do
r inimico, et parlando df> Dio,
Kanctament^ in pace.
1
Quale donna duncha, si geuerosa-
montti nata, non fusso de fama luoea-
tissima, et che de molto sptondore il
suo sangue non augomentasse per
tante magnifica opere, de questa fé-
miua si vilmente nata et rapita da la
gnardia de le pecorelle? Non badato
lei fulvido nome a li suoi posterìa
Certo 6Ì. La virtut* infine è più pra-
ciosa che le geme et l'oro; et chi
meritamente quella possedè, se resiste
a li colpi de fortuna, che non siamo
da qui Ili tenuti sepulti sempre. Come
Bona, la quale doppo li atraciamenti
facto de lei, la virtù del suo animo
la redusae in precio et il suo nome
La facto eterno. Et perhò, o donne no-
bile et plebee, non siate pigre ne
lente, sincbd in questa vita peregri-
nate, in far che la virtute sia degna
de voi; che non desdice a le volte iu
loco de la rocha cingervi la spada, per
cosa de gloria et per conservarvi ho-
oeste, pudiche, continente et in vir-
tute grande : perchè quanto de prole
seti più degne, tanto più in voi re-
splender! in virtoto, coite viileiiMi il
nostro OjneTero carico de rubini, a-
damantì, smiraJdi, topoci ot morga-
ril(t, cLe daao a se et a la nostra o-
pera molta gratta et splendoiii, quale
aagumeataremo ancora cum la vJr-
tut« valorosa de la moglie del prin-
cipe de li Torelli, nel seguente diro in
questa forma.
21. Dt UrM'iM VuBOoit Ila li Tefillf-
Orsina Vesconie cam sapiente con-
sigliu fu mati-imon talmente copulata
cum Ouidu Torello, valoroso conte et
signore de alcune belle castella in
Parmesana, territorio ducale. Fu don-
na formosa, quanto altra donna de
quelle parte. Quando venne ad ma-
rito, le noce se celebrarono cum
grande triiimpbo, liberalità et abon-
dantia, come costume de la nobilÌs~
sima famiglia de li Torelli, generosi
parmesani, che pare per natura sia
stuta in Italia de grande mognilicen-
tia et do grande splendore. Questa
donna hebbe andare preatuutc ; il par-
i
195
lare mo fu sempre honesto, ma ve-
loce, et fu virago in moUi effecti,
Hebbe perh6 de l'humano assai; fu
liberale dunna, vJrtù che piacque al
magnifico marito, per essere confor-
me 4 la natura de lui. A le volte lei
usò muoitìcentìa de arme et de ca-
vali, et già in presentia d' altri , es-
sendo invitata por accidentia, se spo-
gliò de le proprie vestimente por do-
nare a le spose, cbo li fusseno pia-
ciute le loro maniere. Donava quando
poteva aoxJlio et presidio, per acQore
do Dìo, ad maritare povere donzelle,
cum molta gratia; lo opere pie ulti-
mamento a lei piaijuono sempre ; ogni
giorno cum dovottone audiva messa ;
dicea sempre l' officio de la Impera-
trico del Paradiso, orava et deiunava
quando poteva; pregava Dio che li
concedesse gratia, potesse iustamente
gratificare li homini suoi cum laude
del marito. Li usurari et le femine
lasive et lorde, cum gli occhii de la
mente non potea vedere. Havea in
Hi, nrtà des» «(
gnta ft Hk Sfl^ve m eamtr^ m
■vte no^nfica «t de tatti li pvMTti,
«nd et tatuiti otoi; per la qnt «on
■tn m i
f^MMte el NO doce FnwwKo F»-
■cari, et iafra Phiirpo Siam daea
SeMU Viaiiiiaiii' OMadù aaa Xreaaa
•naata de St±i»nm pet ti fiatar dd
Paio, et ia le lerR del ^uìte de la
197
savia donna swaeno, per potere poi
cnm novo esercito transeoirere in
Parmeaana: perchè el marito de la
donna era a Milano prosso el prefato
duca, per Adele consiglio et forteza
del duca! stato, Sesa che fu in terra,
se pose a campo al castello de Bre-
sello, et quello in pochi giorni l'hebbe.
Habìuto che l'hebbe,' l'annata andO
al castello de Guastalla, posto sopra
la ripa del fiume de Pado, il qualo
castello per la providentia de la donna
era stato cum grande celerità munito
de ogni cosa oppoi'tuna; et incomin-
cióli dare la batagUa et prese li te-
ragli. La qual cosn intèndendo la va-
lorosa donna, che era nel castello di
Monte rexu, lontano dal castello de
Guastalla circa dieci miglia, subito
fece a se chiamare alquanti homini
d'arme et molti altri homini da conto,
et disse a loro in questa forma : « Fi-
» glioli et fratelli mei, voi sapete che
» BrcscUo è perduto et Oitastalla é
» combntuto per luodii, chi non lo
» soccorre pnsta, pervenire a le ma-
; cosa che oltra ta
» iactura et perdila de le terre del
> conte mio marito, darà grandissimo
» travaglio et disturbo al stato del
> nostro daca de Milano, per modo
> sarebbe meglio a noi la morte che
> la dispiacevole vita. Per ìl che ho
» deUI>erata personal monte , sotto la
> speranza del Tostro aiuto, andare
» ad soccorrere Guastalla. Pertanto,
» fralelli mei, pr^ovi, se amate il
» conte Guido et il duca Pbilippo et
» me, che ardo in la voatra fede et
■ in lo vostro valore, clic me Toglìate
> sequìre ». Ogni homo, a lo virile
et affectionate parole de la donna,
resposeno essere tutti disposti et pa-
rati al suo volere.
AHiora la donna per alegreza fece
dare il fuoco ad una bombarda, et
fecesso armare de coraza, de celata
et de guanti, et monti') ad cavalo bar-
dato, et disse: < Io non me spogliard
» r arme, nv me coprirò d« voli il
> capo, fiu non habin spezato li ini-
» mici ». Et non ciim mancho alteza
de aoimo et astutia militare andù ad
soccorero il combatuto castello, che
facesse Semiramis, nobilissima regina
de li Asiri, la quale facendose peti-
nare et aconciare il capo de treze, et
quello megio interzato, al costume et
fogia del paese, li fu nontiato come
Babilonia se era dal suo imperio ri-
bellata; presto lassò stare il comin-
ciato ornamento del capo, et qnello
megio interzato, prese l' arme valo-
rusamcnte, come parila por longo
exercitio in la disciplina militare; et
mai non volse finire de interzarsi il
capo, fin non hebbe recuperata Babi-
lonia; per la cui gloria, presso li al-
tri suoi gran fatti, fu facta de bron-
gìo una statua di fcmina che bavea
li capelli megì interzati, et megi sparsi
et petiaati, in la prefata cita de Ba-
bilonia.
Or questa valorosa Ursina, essendo
montata ad cavalo, et cum la spada
onltae, a bdfe ■fMdn da fietf «( dft |
eanla, «e eBBJa b |
et csTsleO a r
anKtaDa, li eod tva^ già «nao
perdati, cocne deci» halioiao. Gìoata
ebe i«i fii, JT-""'-"^ coB fina ta-
iaimiea; «t qoilU de U t«fra, rinfraa-
orti de aaiiBO et de fona, ahttarooo
U Talonaa doana per tal modo, dM
l'anaata Ai rota et spaiala totts, «1
IhroBO morti ctrea da^aecento SeUfr»
vddI ; et oacfaora ae fonato morti a»-
aai de le gente de la donna, per modo
y petre fonnio de ssngne mbrìcatai
Lei se adoperara come mio impera-
tore de arme, ìoanimaniio lì SDui ad
ferire li inimici, et fii redola circa tre
volte infra li inimici. Et qtia&i fa opi-
nione che se inquinasse le proprio
mane nel eohiavone sanane, pervbò
de quello era seatnrita sopra l'arne.
SOI
et sopra )a curta camura de panno
eelostre. Per la quale dada recuperò
caia sua sìngular giurìa Guastalla, et
reaquistO Bersello. Il duca Philippe
ot il marito, sentendo questa valorosa
virtù de la donna, cum tutta la diate
de Milano ne feceoo sìngular festa,
per modo ctie '1 prefato duca disse
che più perderò non potea, et che per
tanta astutia et animo femineode costei
dimostrava non per il Bex.o, ma più
presto la virttì de V animo g'eneroso
essere opportuno a lo imperio.
Questa gloriosa donna helibe tri fi-
gliuoli, dui masculi et una femiua. 11
primo fu il conte Christopharo et il
(secondo il) conte Piero; li quali fu-
rono illustri duci de arme in guerre,
et in triumphi de giostre et tornia-
menti, per modo sempre honorarono
Italia de militare splendore. La femioa
bebbe nome Anlonia, maritata in lo
signore Piero Maria Rosso, che fu
homo ne l' arme sìngulare ; la quale
fu de tanta alteza de animo per he-
redita materna, che essendo dì poco "
el conte Francesco Sforza facto duca i
(te Milano, et eBEenilo ia Bressana
seco il marito in campo, contra Io
exeroito dal Veneto Senato, ella so
partì de le soe terre cum molta gente,
et entrò dentro da la cita de Parma
che in liherta vivea, et fornitte esaa
citate contra la voliinia populare, et
dottila al duca Francesco.
Questa Uraina, donna de magnitu-
dine de animo et de coro, non mancò
mai de opere degne, cum grande ho-
neetate ; che cosi per benigna et sancta
fama iiavesse Semiramis le sue illu-
stre opere adcompagnate da pudicicia,
che ancora la sua statua de brongio,
non solamente in Babilonia, ma in
tutto ci mondo sarebbe sfato uno
idolo de sanctitat« et uno simulacro
de pudicitìal l^t la misera non seppe
difensarse da tanta lasivia, che ha in-
quinata la gloria de la multttudine do
li suoi facti. Che cosi non ha fectfl
la inclyta Ui-sina, ta riunìc ìn la
chieza comendabilmcnte pervenuta, fi-
nite li Buoi anni come Gdeìe cristiana,
ha vendo sempre bono conoscimento,
come de tanta gratia havea implorato
r aita maiestà divina. Di che, fin a
r ultimo spirito de sua vita, ponendose
le mane in croco per Tenia do' suoi
peccati, invocò ci nome do Jesù, cho
lei non fusatì da sua pietà divina de-
relicta et abandonata. Così existi-
mamo, come questa donna ha lassato
in questo seculo di se inclito nome,
C031 de quello ne debbe iubilare in
oielo, come de quello citadina; et non
senza angelica relatione de l'orna-
meuto Gyaevero, il quale lucidaremo
de sancto privillegio, narrando per
■uste rosone lo divine opera et virtute
de la nostra beata Catherina colen-
dissima in vita et in mort« al nostro
Gynovero, in questa devota propria
2S. De Calherina Beata da Balagna
Non possendo duiioha noi abstenere
de dare de sanctità illustratìone ul
nostro Gynevero, intendiamo far me-
moria de una donna facta a li nostri
giorni per volunta de Dio nostra ci-
tadiiia; la qnale per observantia, per
liumilità, per piotate, por oratione,
per optimi exempU, et per fortefa
liebbe contra le diabolico bataglie, in
r ordine de sancta Giara del corpo de
Christo s'è facta in terra et in cielo
beata et sancta. Al quale sacrata luoco
la mia excelsa madonna Sa, de a-
more et de affinità dovotamentt' co-
niuncta, per hoveiv? lei una sua ver-
gene et dllecla lìgliuola , nominata
Camilla, in quello rcnclusa; et spe-
cialmente percbe da la beata donna
fu caramente amata, come dimostrava
quando por di voto piacere visitava
dentro el monastero cum apostolica
licentia; clie cum ineffabile charytA
205
et dolcezB la rc^cogliova , pigliandoli
cum le mane il suo bel volto et di-
cendoli: < Sia la ben venuta, la mia
colombina ; » che cosi per la ve-
nuat& et biancheza del viso , cum la
purità dol core et etate giovenile la
chiamava. Et poi, per spiritualmente
cum carvta tionorarla, se facea portare
una sua honesta, et indosso glie la
poneva cum alTabìlità sancta, dicendo:
« Oh quanto sta bene la mia colom-
bina! •
Dobiamo dunque sapere che questa
<lonna, accundo se disse, iiactiUQ in
quel giorno che fece la Regina di cieli:
et fu Chatarina nominata, figliuola de
Zoanne di Vigrt da Ferrara, homo
lìtterato et de egregi costumi; per le
cui virtute fu tenuto sempre in offi-
ci!. Et la matre fu nostra Bologneie,
donua honestissima et de Ponesti pa-
renti, la quale ebbe nome Benvenuta,
et meritamente instituttu de tal nome,
perche é stata la benvenuta al mondi
havendo parturito tanto fruct.o in san-
m. B^ ^ ^
sor
tempo nhe stette al mondo, vìsse in
compiif^niu de la nobilissima Marga-
rita figliuola de Nicolao illustre Mar-
cliexe estenso, et cum le figliuole del
generoso Ci^natino. Venuta che fu poi
tu la aetate de anni circa xìit, in-
spirata da Dio de sccuire a l' alta ma-
iestà de lui virginalmente, per saluti^
de la Bua anima, in lo monastero del
corpo de Cristo se rencluse , \& dove
professa in tanta relif^iono se fece; et
iu sì giovenile aetate, et cum tanta
gratia de le altre religiose donne, cbe
era una beatJtudine et maieEtft a lo
roguardante lei. Per modo che essa
fu felice oausa de fondare quello mo
nastera di Ferrara cum titolo aposto-
lico de santa Clara del corpo de Cri-
sto, ohe prima non era, Essa dunque
per servire a Dio solo integralmente,
se armò il core, l'anima, lu mente et
lo intellecto de nobilissime virtuto et
oonditione.
Prima hebbe in babomìnatioae tute
lo cose e cure del mondo, lassando
tutti li piaceri «t ililecti de quello, ot
la memoria lìe li parenti ei &mm.
Tollerò ferventemente ogni iiiiun'a et
morti fìcationo, et tutti li dispiaceri de-
siderò amare, seguendo la via de la
inamorata croce. Estirpò tutti lì vitii
arti, modi et costumi mondani; ra-
frenó la propria voluntà ; morl.ificó
tiiti ti corporei sentimenti, sottopo-
nendo la carne a lo spinto, ot obteni-
perando per intiera Victoria a la con-
scientia in ogni cosa. Hebbo compas-
sione a la cecliild de li peccatori, per
li quali sempre orava Dio li concedessi!
e! dono de la bona voluntate; et portò
tanta carità al genu humano, che per
la cui salute pregò Dio che solamente i
lei damnasse perpetuamente in la più \
profonda parte de lo inferno, Fu sen^ J
pre occupata in la mente de bonsj
meditati on e.
Quando ei-a insieme oam l'altro]
monache ìli li oxercitii muliebri, in 1
quali era prestantemente scientifica J
et perita, sempre parlava Ù6 cose di-
200
vine; et quando dimoraya sdiente,
meaitava de le cose del cielo, per
modo che le sorelle la vedeano hor
letificare nel volto . et hor nebu-
lare , secundo li offecti de la me-
ditatione. Fu sempre alegra et io-
cunda ili tutte le cose, ma eum mo-
destia et religione; perchè, chi vole
possedere diuturna serenità mentale,
non contradica a la coscieniia, per-
chè bavera sempre pace avanti Dìo
et a li homini del mondo. Non mancA
mai de confìdentia ìn Dìo, nd mai du-
bitò de la sua divina clemeatia.
Humiliosse continuamente sotto li
occorrenti flagelli, et quiìli cum pace
mentale sostenea, a cìó potesse in loro
Cristo trovare. Fu de tanta humilità
nel core et ne li accidenti esteriori,
che sempre più presto ignorante che
sapiente se mostrava. Che non facea
lei come fate voi, o donne de fortuna,
che per elatione sielì sì inprudente,
che non estimate la virtute et consi-
gU altrui.
U
Ann tmere Al «ucps dÌMtta, et «s-
■cfe ami twi Bt Itanada f*'^fnnf i
Is neiiu de tntte fe cose » Dio ri-
bell». iiabbe iocooifite patera fin:
« Colot, il quale me ba eieua, n>-
jfoma. in Io tebermuaila mio. » Sein-
fn dotte Sfera Aignniteraente lan-
dare et magniftiHirB l'alta Dia, dal
qnoli^ lotti li beai procedeaou Tutu
le b«ni^e «t mriifliw parole se aa-
dìvono <Ja lei. et a qoalcfae pFOpoeito
alegava alcuna Tolta reni morali da
•asctiia, da lei campasti cmn mb-
Untif de U ncm Scriptura, come
«
SIS
ardca fare le più vile necessità et oo- ~
corentie del Monastero. Faraulava le
Gorelle in sanclitate et ne la egrota-
tione, cum earitfi tale che fin li le-
chava le puzulente piaghe per acfii-
dente a loro venute; et ad una più
volte leohfi la tig^na per sanarla. Fa ,
a la obìdentìa tanto prona et tanto |
dediln, clie più non si potea deside-
rare. Cun cìi> sia die essendoli per li
Buoi superiori giù comandato per obi-
denlia, nel principio de la sua con-
versione, se dovesse spogliare, et de- '
nudala andasse ad casa de la matre,
et denudata retornasse , subito inco-
minciò spogliarse; ma veduta la sua
obìdentìa fu per honestà retenuta,
ancora li fusse la grata In megio, che
presente non se potca^ vedere. Ma fu
poi a lei comandato che saltasse nel
megio de certo foco disvelato, nel
quale cum lieta faza saltò, ma subito
de quello fu retratta. Et in molte al^ \
tre cose de obedieotia fu probata, por
la quale meritò cum molta laude stare
ne la religione.
213
A. lei fu decto da una de le sorelle,
per compasBiono havea a le sue fa-
tiche, o forsi mossa da inprudente
eonaiglio, che tanto non se afaticasse,
perchè parea la ancilla de tutte; lei
respose cum iocundo volto : « Io
< sono bone anelila ot BcliiaTa de le
« mie madonne spose de Jesù Chri-
< sto; questa fia la mia gloria et il
< mio riposso afaticarme per ciascuna,
< a ciò non mangi el pane del do-
« lore, et non beva el sangue de po-
« veri bomini, et lo sangue de 1' a-
< gnelo non sia el roÌo ludicio. »
Pigliando lei ancora nel principio
de la sua conversione melifluo cibo
de la oratione, ot de quella consequeu-
done celeste fructo. Io inimico inco-
minciò darli bataglia de le tempta-
tioni: perché prima lei se potea glo-
riare, che Dio li havea tanta gratia
concessa et altezn de virtute, che era
stata invictissitna de tcinptattone. Dì
che lui li apparve in forma de cru-
cifìsso: per la qua! cosa fu stimulata
partirse del suo sancto laoco, et an-
dare in loco diserto et soUt-ario, per
conoscere ben Dio; ma pur lei, ar-
mata de divine virtute, pregA Dio li
ponesse in core quello havessc a Èire. '
Cosi fu inspirata noi suo Inoco re- !
manere.
Una altra volta lo inimico li aparve I
in forma de Cristo et de la gloriosa |
Matre Vergene Maria, perché di so
prosumissc. Pur Dio non la abando-
nava, et alcuna Tolta la consolava,
facendoli gustare de la propria feli-
citi del paradiso, per modo cbo ogni
suo spirito de dolceza destilava.
Se dette tanto una volta a la
tione, che perse lo corporee force et
quasi il sentimento, et per la lassitu-
dine uno giorno in la cella apogiata
a r asse so pose et adormentossi ;
et nel somrio li aparvo il divo anti-
sta Thomase do Conturbia, pontificia-
mente parato, dimostrandoli, come
doppo lo orare se dovea piglia
posso, et poi
la (iratione turnare
215
come lai fecea; et come li liebbe in-
segnato, se adherilte a lei, porgendoli
la mano. In questo ella svrgliandosd
aperse gli occhii et bacidli propria-
mente la sanctà mano ; et poi sparve,
lassando la svigliata donna piena de
divino conforto. Lei pur frequentis-
sima il giorno ot la nocte in orare,
confortava le sorella cum egregia do-
ctrina per lo immenso fructo de la
oratione, cbo a quella tutte se do-
nasseno, dicendoli che la oratione vo-
lea septo conditione in so: la prima,
vivere cum mondicia mentale et cor-
porea; la secunda, efficacia de la in-
tentione, zoo continuare indeficiente-
mente, cercare sempre cum desiderio
l'honore de Dio in tutt^ le cose, in-
fine al disprecio dì se istessa ; la terza,
efficacia de perseveranti a, obliarsa li
beni adoperali, et sempre novi beni in-
cominciare; la quarta, humiljtft de con-
ditone, degna non solo de le proprie
colpe, ma ancora de quelle do tutti
li peccaturi, afi'ectaudo intimamente
al summo Creatore, per toro poter?
satisfare; la quinta, detldeotìa, non
se fidare de si istcs-sa, né del proprio
parere, habiente suspecto ogni sua
opera, quantuncha bona, perche e aum-
ma pacia vanagloriarsi; a porfectìone
non se viene cum vera fermcza, se
non per il portare de la penosa croce;
la sexta condictione, divina confiden-
tia, confidarle in Dio, sapendo cheju
sua bontati) non puft abandouare chi
in essa spora et confida; septima et
ultima conditione, divina prcsentia,
zoè che l'anima fìa adornata de lo
dtìcté nònditionè, essa è fftcta dégna
de la presentia divina, in tal modo,
che a tutti li momenli pud levare la
mente senza alcuno megio in Dio. Ma
chi a questo glorioso stato é salito,
sempre stia basso et humile , a oiO
de grande altcza non cada.
Questa beata donna, infra le molte
b&taglie havute cum lo inimico infer-
nale, de le tcmptatione, al matutino
li fu porto nel core unii dolocza de
217
uno parlameato dimostrativo, quanto
Dio havea illustrato l'homo et la donna,
del libero arbitrio de potere fare bene
et male; et come, facondo "bene, Dio
quasi per iustitia lo coronava: et che
lo apostolo Paulo per questa cagione
dicea a si essere de la iustitia reposta
la corona, perché havea in bene el
libero arbitrio exercitato, lassando il
male che havea ia libertÀ de adope-
rare. Ultimamente lei de tante diabo-
lice bataglie remase TÌncitrìce, et più
temptatione alcuna non temea: come
lei disse, che quando venisse a la morte,
schernirebbe et beffarebbe el diavolo.
Questa eccellentìssima et beata don-
na fu de una divina gloria et gaudio
immenso aopra ogni altro perillustrata.
Che, una nocto de la natività del ce-
leste Principe, lei, cum licenlìa de la
sua matre abbatessa, se redusse per
sua devotione tutta quella nocte di-
morare in chicsia per dire mille ave
marie, oratione angelica; quanto ne
hebbo dccto alquanti.', n la quarta bora.
MS
ta laqoale wezktiaaehelTeriiod
Dn ansa», li i
<• I
trie» de lì cieli, «am d na fnfris
fl^iMlii JeM Cliriito à fatm^ et te-
tcb falle Wwàe de h HMta ds^
a qoale pt^, oBcal», et àitaMil»
I» Yugtm Mure.
Se^wtoak* fii enfiai» ditto '
84 de doloesft et souTìtA wsfldi
1, MfBMBM pipjTTD de dBtvte
Menta. Li fiid
aantnode l&'nsnità.et Ìncli»BBi
ma ntù Dio ùd Titjràafe ««ane (
^fvie. Fa aaenca pvr la saa aartitti
I
£19
sublevata, stando in piedi ne la chie-
BÌa ad audire li proprii angeli cantare
et sonare, senza essera veduta da le
sorelle.
Meritò due volte vedere el sera-
phico Francesco, come apare per aori-
pto de la mano de lei nel suo bre-
viario, chiamandone testimonio Dio a
tanta veri tate.
Meritò lei in le sue oralione acqui-
stare l'anime errante da la via de
andare al cielo, prometendo ad una
dimorare per lei in purgatorio, fin a
r ultimo del finale iudicio; et altri che
erano al tutto de la misericoi-dia de
Dio disperati, chiamando lo inimico in
loro aiuto, per le uratione de lei fu-
rono salvati et posti in salute.
Per le sue oratìone anchora vide
cum li proprii occhìi in modo de fum-
mo partire lo inimico, che aveva in-
ducto una anima partita da lo ovile.
Lei ancora ne fece per la illustre
Margarita, %]ia del principe Nicùlao
Estense, consorte fu del beato Ro-
b«rU> MalatesU, 1k qaale era d« sia-
gnlar dolore ocupata : perchè era per
parole de futuro dispoogata ad uno
altro, et lei noa patìya più cougiun-
gersi, essendo statA donna de quel
«aneto. Di che da Dio consequite gr&tia
che r ordinata matina che questa don-
na doTea andare a le secunde noptie,
li Tenne novella essere morto il ma-
rito, et lei la nocle ride ad sé venire
el beato Roberto, il quale la sposava,
dicendo: « Sapiate, Margarita, ohe
io sono el vostro sposo et cosi ve
sposo, et non voglio che altro ma-
rito habiate. f Et cosi lei, bone con-
ftcentìente, in vidnitate devotamente
visse.
Meritò ancora vedere questa bsata
Catherìna per il suo orare per la cita
nostra de Bologna, vexata alhora da
bellici accidenti, per volunta de Phi-
lippu Maria duca de Millano, al tempo
che '1 magnìfico Hanibal Bentivóglio,
nostro fidelissiino citadino, cum le spala
del nostro a lui aflectionato populo,
221
ruppe il conte Alivise dal Verme com
el 6U0 fiorente esercito, capitaneo
del prefato duca. La quale clade, co-
mò fu proprio, predisse questa beata
Catlierina, coma spirito prophetlco,
quanto fusse stata Erltea, sopra l'al-
tre notabile Sybilla; la quale fu de
tanta furza de ingegno, de devotione
et orntione et virginità et inerito nel
conopecto de Dio, che non solamente
predisse la prosperità de' Gl'eoi et le
adversità de le loro batagtìe et la
destructiono de' Troiani et de lo Im-
perio de' Romani et de' loro vari! casi,
ma predisse la incarnatione del Verbo
divino et tutti li f^cti de Cristo, il
nascimento et la vita lìn a la pas-
sione, et il glorioso triumpho de la
resurectìone cum lo suo ascendere in
cielo, et lo advenimento no lo ex-
tremo iudìcio.
Ancora orando per la cita de Con-
stantinopoli, la quale int«ndea essere
obsessa da li inlìdcllì, vide per spirito
sancto la desiructione de essa cita et
Wot» h «atrata, i eàft più Id i
P«r armUane meritò radere T am-
m de U na propria nrella lanaarha
ia la aettena vita eolocala.
Heniò per oratiimD Tsdere ramna
de Zoaana, beato astista de Perran,
aflceadere b ààa in V bora de la
t«na a modo de ndiaalA stalk, et
ehiaind una so», et dine lietamente:
« Vedet), Tedeti, l* anima de lo epi-
■oopo ascendere in cielo! »
Per orationt* meritò trorane a la
eanonizatione de s&ncto Bernardino, et
a lai in «lueila solemaitate adimando
l'anima del suo fral^ilo, volta in mala
ria, che la )>ona seqoisse, et fa exau-
dita.
Id le sue oratione merita che da
la propria bocha de Dio dovesse ac-
ceptare lo ofltcio abatossal*! del mo-
nseteru de lìolo^a. Di che el diavolo
disse lei avere vedato più volte visibil-
mi^nte fare suo forcio per gf^tlsrlo a
fcrre et di6&re il suo nome. Ma lei
non ei temeva per la foiia de le sue
oratione; per modo li diavoli juoo-
minciarono bavere di lei spavento, et
andavano ululandu et rugiendo, come
cani rabiati , per non poterli nocere.
In questa saactita vivendo, le mo-
nache terminarono pigliare dui mo-
nasteri, uno in la cita nostra de Bo-
logna, l'altro in la cìt& de Cremona;
et in uno de quisti tractando man-
dare questa beata donna per abates-
sa, lei in suo core disse mai acoe-
ptarebbe tale prelatione, se non in-
tendesse la voluntà de Dio; perché
desiderava sopra ogni altra cosa vi-
vere subbietta et de l'altre serva, per
il che Gagnola se chiamava. Cun cio
fosse che, quando le monache in Fer-
rara ne li primi anni se incarcerarono,
li venne apostolico breve, che dovea-
seno ellegere de loro una abbatessa,
et ligeruno questa beata Catherina;
la quale, come lo int«se, se occupò
de tanto dolore ci pianto, che ne fu
per morire, per modo che tutto ti
monastero cum grandissima devotìoDO
io lei fu provocato a lacrhyraare. Ul-
timamente essa fu constituitft dovesse
venire net monastero do Bologna aba-
tessa: che la mente divina glielo dis-
se. Et quando per lì nostri citadini
fu adimandata a. la monactia Leonai-da,
reverenda atiatissa de Ferrara, li fusse
dato sufficiente donna per abatessa,
reapose: « Io ve voglio dare pTOprio
una secjnda aancta Clara. » Et ben
disse el vero, perchè questa beata
Catherina era tanto coltrice del nome
de Cristo Jesù , che credo l' liavessa
scolpito nel proprio core. Coai per li
Venerandi patri bolognesi, observanti
del seraphico Francesco, frate Fran-
cesco Tintore vicario generale, frate
Jacopo Primadizo et frate Cabrielle
da Bologna, intendendo da lei esser
nata et alcvata a Bologna, lì iopo-
seno per obedientia essa se dovesse
chiamare da Bologna, et così sempre
fece. Di che fu adimpito la risionn
I
che hebbp, qtiaudo a IhÌ fìj mostrato
nel àoìo àae sedie, le qaale adimain
date da lei di chi erano, a tei fa rt-
RpoEto che la inaglore de quelle sa-
rebbe de Bore Cafiierina da Bologna.
Quaudo la aancta donna fu conclasa
abatessa, era gravemente inferma, per
modo ^ conTenoe portare in barra
et colocai'Ia in caretta fin a la nave.
Era tanto gravata, che a quelle §o-
relìe che Teneno seco fu dato nna
candella benedecta per eignarla, du-
lùtaado de qualche mortai accidente.
Ma per divina grafia come fu posta
sopra la caretta, rehebbe tutte le per^
date forze, et giunta a la nave, lieta
M aconcid in quella et rtetili senza
pena quanto altra It fae«e: et costà
gagliardamente ad Bologna ginnse ne
r ordinato monasfii-ro, dove per tri
giorni cum spii'ituale letilia -^ carità
fa visitata da uumerosi nostri cita-
dloi, li quah suutmamente la lauda-
rono de costumi reverendi, de parole
■ et de ingegno prestante, eh*
mai fti veduto tanta cosa, reapondew
cuna sanctiloquio hor a questo, hor a
quella visitante.
Or lei por le coniinue orationo a Dio,
dio li (lesso gratia. potesse ad sua lau-
do et gloria ampliare de habìtatìone
el monaatepo, che alhora era picelo et j
vile, el cum molti pi i catione de le sue
servo, di che molto donno iatrandoli,
incominciù esserli usate rauDÌflcentie
de pietre, de calcina, de ligname et
de ogni altra cosa opportuna, per
modo d' alhora in qua se e ampliato
cum tal spirituale magoiflcentlB et
grandoxa, chu se crede Ituliu non habia
il simiglJante, che per il circuito de ,
r alto mura pare una grande citata 1
murata.
Se fonava per ingentissima carìtA
questa donna durare ogni fatica, a
ciò che le monache che erano albera,
et quelle haveano ad venire, pot«s3eDo
seiiEa affanni ben servire a Dio.
In queste fatiche, a lei gratiose, de
carità piene, diulurmtmente havendo
227
durate , se in6i'iDù gravemente ( an-
cora che, multi anni fusaeno, bavesse
habiuto molti morbi de morene, cnm
molta effusione de sangue) de pas-
> de pecto, doglia de capo et dì
febre. Et lei, sapendo per inspiratlone
divina essere venuta la sua line, se
fece pore sopra uno lecto in mezo la
starna, a ciA che tutte la andisseno,
et disse a loro che poco liavea a stare
seco, perché de quella infirmila con-
venia morire; et incoraincióle ad con-
fortare et exortare a la unione et a
la pace, cum tanta dolceza ei carità,
che scrivere non lo potrei; et essondo
essa torchiata dal male, incomincid
combattere cum li mìssi de la morte.
Per il che le sorelle tutte furono ri-
piene de pianto et de dolore, per la
perdita de tanta mntre, che era el
loro conforto et gaudio; la quale per-
dita non polendo li loro dolorati cori
tollerare, forzarono Dio cum le loro
fervente oralione, che per quella Tolta
non la volesse a se chiamare. Et in
ifutOo rumbstimenta ie U morti! fii
rapito il nu efàiio, et meiuto in noo
ftato d# nwran^lioBa belata et de
t ttUcìU, e
, qcuaU) dire et pensare
■e possa. Nel m-?3o <lel <]iuli> era l' al-
ta Priikcipe ia mairtme a ■«dere ao-
frm Boa sedia d« aitaBda belea,che |
fi poni harea: ■■« «n il martire |
L«arestio et l'altro Tioestio,cam mo
asgriì tatomo et a lato la saa ina
sia; a la dextra naso ara la ava di-
lecta GeBetric«, che ad redere era
Biiraliilisaima dignità et exeellentia;
et aranti a la diTina m&ìestft del Pria-
eìpe era duo goDante una TÌoletts. Il
snaiia de le corde riaoaaTano qn»-
ite parole: et gloria rita in u ci-
d^ifur; et mai altro snonoi, verso et
canto tnaU che questo. Et 3 grande
Iddio distese il bracio dritto et pn
lei, dicendoli; t Figliuola intendi bene
quello cbe risona questo suono: et
gloria eìM in te lidetiitur. » Ma
non sapendo che dire, né ardire ad
respondcn.- a tania oiaie?^te, Dio or-
I
dinatamente o^ cosa aperse a lei et
dimoEtrdli, come non dovea de quella
infirmita morire; et come li hebbe
questo ilecto, S|)arTe. Et lei subito fu
megliorata molto, et cuta molta jo-
cundita; et ìubilù per molti mesi do
tanta beata visione, repetendo: et glo-
ria eius in te videòitur: per il che
fa opportuno che le sorelle per obi-
denlia li Irovasseoo ana rioletta; la
quale babluta, sonò lei più folte, et
cum inoomperabile dolceza cantava,:
et gloria eitu in te videbiiur. Et a
lo Tolte stava come mata, cum la faza
verso cielo, che ricordare facca la
sancta lira del divo re Davit. he so-
relle, vedendo qoesta armonia, sta-
vano admirande, non cognoscendo la
perfectione de la sancta donna; pian-
gevano pur ancora percbè stava male;
et lei dicea: < Non piangeti, che an-
cora starò cum voi: che Dio per-
doni a chi n' è stato casone. » Et
così levandosi de l^cto et non senza
grave male, andò per il monastero
; SonOe aSeete ìs CMit* et
eordnle ■•e Cg&aolt, aoa i« m
p«aoM B RHO loago An, pa«kè
■pero qwalo ib raitÓBo e>| MW fa
efae fivA ft k Toetre evita; io bob
o A «tara pfé eoa voi, et in bevve
v«d«r«ti la mk fia& Fate, dolee !•
mie %(niole, re asata tutte in a-
rilA , nipporluuio li delTecti T om
de r altra. Voi seti tatte le tiu« fi-
glinole et aeti membre de ano ca-
po, sK)é Chrìata, Non i
4
231
le^ermenti, ma cota portati ve 1' una
r altra , et fati che habiate ia me-
moria le mi» parole , et maxlma-
meattì quando se reti temptate. Re-
cordative la vita mia, quale è pas-
sata sempre cum varia inSrmitft et
alDictione. La mia fine è venuta
et vadomene alegramente : et sem-
pre me è stato gaudio a patire per
Christo. Io ve lasso la pace mia.
Donovi la pace mia. Aiaatlve 1' u-
na r altra. Et molte altre cose
disse, ma loro non la tntenderono,
credo fusstì divina voluntà; perchó se
loro r avesseao intosa, certo l' have-
retibeno cum baci et abraciameiiti man-
giata, per il smisurato amore li por-
tavano.
Finito tiuesto capitulo, et il sabato
et la domenica slette seco cum molta
consolatìone. La domenica sera, poi
che lei heblie cenato cum Le sue so-
relle et figliuole, se pose nel lecto et
più non se levò, infirma di febre et
de li altri suoi soliti morbi, che gli
erano per uno mai-tirio a parte a parli'
xxviii anni durati; poi ci martedì de
r altra septimana disse a le sorelle
mandassouo per il confussoro, quale
venuto stette assai cuia lei. Veaato
il giorno del mercuri, ad ore xxtìii,
disse remandasseno presto per il con-
fessore, et che parasseno de pore
el corpo de Christo , et de dare la
estrema untione; et che da li piedi
li fosse uno cnicifixo posto et che
poi'lasseno l' acqua sancta et candele
benedecte.
Le sorelle, questo intendendo, tutte
se smorirono, imperho die alcuno se-
gno in lei non vedeano da morire;
et iiicomìnciòli ili questa forma bre-
vemente a pai'Iare, per suo testa-
mento, che fu a li nove giorni de
marzo , in li anni de la saluto
ucccdxiij. Io vado; et più non sard
cum voi presente altrimente. Io vi
salso la pace, la quale sopra tutto tì
recomando. Reconiandovì la vicaria,
la quale sempre a mi u stata bona
233
et Adele figliuola. Prego vi che la
mia gonitrico ve sia recomandata.
Reooraamlove le novice, le presento
et lo future. Guardative bene tutte,
che mai veruna cerchi , né tratti, né
dentro né fuori, che ninna sia man-
data altrove, et che alcuna ce no
venga. Et chi questo cercasse , io
ne diuiandarò vendecta al divino
imlicio, et pregarò Dio che la ca-
stighi. Vqì seti tutte donno , et
non fanz alette. Non cercati altro.
Amalive insieme de cordiale amore.
Chi (laesto fora, serano mie figliuo-
le, et preparò por loro che siano
consolate; et meglio vi fatò ns l'al-
tra vita, che in questa non £acÌo.
Consolatile duncha tutte , figlinole
mie , che questo si è lo nsio testa-
mento.
Le sorelle alhora, per ti loro pie-
tosi cori in tanta matre, incomincia-
rono a piangere tutte et sospirare et
condolersi per si subita et volante
partita da loro; cun ciù fusse che tu
234
quilll pochi giorni Biotte nel ìedo,
visse tutta iocunda, facenilosi spesso
cantaro quella laude:
Afu'ma benedeeta
da {' alto Creatore,
eonficto, che 'l te aspcela.
Et la sera ancora se havoa facto que-
sta medesima laude cantare, ot lei
cum loro ancora havea cantato; et
tutte sbigotìfe erano , quasi fuori
de r usato sentimento. Lei cum l' oc-
chio de la piotate a loro se volse, et
dÌ53e:«Fato, figliuole mio, che ve ama-
te insieme; io ve lasso la pace mia. »
Et confortoUe che non dovesseno pian-
gere, che chi piangosse non sarebbeno
sue figliuole- Et disse, per inspiralione
de spìrito sancto, a le donne rotare,
che ivi flebile erano cum l' altro so-
relle, che presto presto andasseno a
la porta, che '1 patre confessore era
Tenuto et che a la porta pulsava. Et
così andarono, et trovarono essere co-
me esaa dicea.
Questo patre confessore entrato deo*
tro et venuto a lei (che parea im-
possibile ftissa venuto por discorso
humano al tempo che fa aditnandato,
ma fu volere divino , et che ella sa-
pesse che a la porta lui fusse giun-
to), la gravata donna a lui parlù
francamente et coufessosso, come non
tiavesso havuto male alcuno. Et vo-
lendola comunicare et non trovando
in lo libro le opportuno parole a dira
a tanto sacramento, e volgendo et ri-
volgendo le caribe, lei disse per in-
telecto de spirito sancto: < Patre, re-
guardate nel megio del libro, che le
trovareti. » Et cdbì foce, et subito
l'hebbo trovate. Et cum grandissima
sanctit4 ella prese ci corpo de Cbri-
sto; et guardando tutte le monache,
disse: < Figliole et sorelle mie, a tutto
dimando perdono de ogni pena et
Beandolo che dato ve havesse ; et
pregate Dio per me. > Et lucìdon-
dose ne la foza ale io gli occhii in
loro, et poi decliiiaudoli U chiuse; et
tre fiate dicendo: < Jesfi. Jcsti, Jeeù >
Epiro la felice anima al sua faetore,'
come ono picelo et dolce suspiro, bn-
vendo de sua ettate anni cinquanta.
In qnesta sua sancta fine se fece
beffe de la apparìtione del diavolo,
come decto Lavea dopo- le victorie
bavea de lui habiute, &oendolÌ tre
volte del mu»o.
Era, morta, più bella assai cbe quan-
do vivea: die certo parca una poi-
cella de quindici anni c)ie dormisse.
Del corpo morto, benché fosse uncto
et impiastrato de cose fetente, ne DS-
siva euave odore, quale fin al pre-
sente giorno dura in dolce memoria
de tanta donna.
Li pianti, li gridi et li lamenti si
levarono infra le monache, si et in
tal modo, che tutto lo monastero de
dolorosi pianti, susplri et singulti ri-
bombava. Et furono de quelle, che
per il grande merore cadono in t«rra
tramortite, per modo chiamarono su-
bito li pbysici per revoenrli ti sma-
237
riti spiriti, et ti confessori ancora ébior
iBaroao per confessarle. Et or que-
sta, or quella per piotate so abraza-
vano, dicencio cura flebile voce : « Gi-
rne, infelice noi, chi sarà più li nostri
conforti 1 Ogni bene abbiamo per-
dntul Oh benigno Dio, habii de noi
piotate ! » Cosi , cum quisti amari
cordogli portarono il corpo in la ec-
clesia per fare lo exequìò : et come
fu avanti al sacramento , fu veduto
tutto il volto morto fare nova jubi-
latione. Ma le tribulate donne non cu-
ravano, per essere tutte occupate de
amaritudine et ang;o£ioso pianto; et
abraciandola, et baciandoli infinite vol-
te il viso, le mane et li piedi, per-
che djceano bavere perduta ogni suo
bene, pace, conforto, gaudio et unica
gloria del suo monastero; che mai
credo in simile grege fuss« magiori
lamenti, stridi et pianti. Et così cum
laelirimabile exequio la portarono jn la
fossa, Ma a quelle ciie la sepelli-
vano, dolendoli por piotati', che quel
Buperiorì pairi, deliberarono àe trarla
de la fossa, et porla m una cassa di
legno, et poi ritornarla in terra ne la
fossa, che cos'i comandò li patri, non
fidandosi bene clie lei fusse intiera-
mente sanala, per l' odore usiva de la
fossa. Così quatro monache secreta
mente feceno fare ta cassa per por-
gliela dentro. Ma quando ta volseno
deaepelire, per la inridia de li diavoli
ao contarhò il t«mpo de tuoni, de
aqua, di tempesta et venti, per modo
desepelire non la poteano. Le qnatro
sorelle deputale a questo officio se in-
genocbiarono sotto la logia a lato al
oimiterio, et fecerono oratione, che Dio
quietasse il tempo , aciù ta potesseno
desepelire; et il tempo quieto se fece.
Ma erano tante le tenebre de la no-
cte , che per niente el luoco dove
era sepulta non poteano vedere. Al-
bera una do questo quatro monache,
nominata Iluminata, figliuola de Lau-
rentio Bemhi, illustre patricio veni-
tiano, entrò nel oimiterio , et scon-
giurando il tempo et le t«nphre euin
la santa croce, pregù Dio, ee de eua
voluntA era, che '1 coi^o de questa
donna ae desepelisse, ne facesse se-
gno. Facta la oratione, subito il cielo,
mìraculoaamente , quanto continea el
cimitero, se fece bello, sereno et ador-
no de lucente stelle, dimostrandose
Ptiebea bella cum la sua rotonditi;
et specialmente sopra la propria se-
pultura parea descendere li ragii de
una stella che dimostrasse il luoco,
non altrimenti &cesse la stella OBten-
ditrice a li orientali principi el luoco,
in donde era nulo el Salvatore. Così
senza impedimento la desipelirono et
poneronla in la cassa, per retornarla
in la fossa; ma subito la portarono,,
come forzate, sotto la logia al cimi-
tero propinqua; la quale, cum tutto
el monastero, fu repieno de'magiorì
odori del mondo. Per la qual cosa
tutte le monache , correndo ad ve-
derla, furono piene de celeste conso-
latione.
-,,.ja=^j
211
n Vìso et li panni lì netarono ,
da la terra iaqaiiiati ; et il naso
et tutto il coppo, che era compre-
muto (la r asse , che li era stata
posta sopra, la quale li era calata per
il pondo de la terra, li reconciarono
oum le dita, et al suo luoco retornó,
at similmente 11 corpo; et usltte del
morto naso vìto sangue, come albora
fusse morta. Come l'hebbeno polita
et no la cassa reconcia, quela pre-
sene per portarla pei' obidentia ne la
fossa, come li era da li superiori pa-
tri imposto. Ma per voluntà divina,
non se advedendo, la portarono come
per forza voltate, in la ecclesia, avanti
ci sacramento. Al quale visibilmento
fu veduto da loro questo corpo, per
tre volte, aluminandose nel viso, farli
reverentia cum expergimento da odore
grandissimo. Di che tutte le sorelle
incominciarono devotamente a gridare
Jesù, Jesù, perche* quello odore li
furava il core , li spiriti et l' anima
per excellcntia, presso la veduta re-
2À2
verentia da loro a Dio. Questo coi^
ad bora ad hora se facea più bello, et
più iocondo, bianco et colorito, su-
dandoli la tazu. n sudore era odore
solenne, quale a le volte paroa co- '
lore di sangue.
Questa cosa sentendose per U ci-
tato nostra, tutti li notabili homini,
cum licentia de Angelo Capranica, car-
dinale do Sancta Croce, apostolico
Ijogato, andarono per cosa miracolosa
ad vedere questo felice corpo. Il pre-
tato Legato, per devotione , volse por
lui la ba.vara, piena de quello odori-
fero liquore del volto do questa san-
cta donna. Volse ancora una copia de
uno libretto, che se trovò scripto do
propria mano de lei, pieno de virtute
divino. Quale libretto scripse nel tempo
de la sua vitu secrettamente , in la
sua povera ceUa de stuore coperta,
in li anni de la saluto mille ccccxxviii,
regnante la abatessa Tadea figlia del
signore niagniflco fiìberto Pio de Car-
po, consorte giit de li .Vlidosi, prln-
cipi He Imola. La quale copia esso
cardinale mandò a donare ad Isa-
bella regina de Neapoli, le cui vir-
tute i nfrascripta mente , per moltipli-
care bene de ornamento il nostro Qy-
nevero, narraremo. Beata quella mo-
naca, che potea bavere de le spoglie,
le quale portava la sancta donna, es-
sendo viva. Per septi giorni fu visi-
tato, viduto et, palpato questa corpo,
che parca pur alhora da TaDima fuBse
lassato.
Fu da molti ìudicato, che per uno
corpo sancto giamai fii il più precioso
et odorifero veduto, come ancora è
Ìudicato, quando per cosa eingular et
degna 6 veduto da hominì et. donne,
da re, principi et signori che passano
per quindi, porto si^co generale de Ita-
lia. Ogni giorno so vede et sente mì-
raculi et gratie da questo corpo, per
chi a la sua delicata anima per pietà
Io non posso ogni virtute al suo
loco expriraero, perchè a mi bisogna-
244
rebbe bavera peculiare U fiimndia et
lo anificto de qael uostro principe et
ambular lume de eloqaentis, Marco
Tulio Cicerone. Ma Doi c« ntaeiere-
mo per EUpplimento a la fidele et
saDcta opera nonuQBta Specbìo de U-
lumioatione, compilata per la illustre
religiosa, sere Iluminata antedeeta,
che Vinetìa hoiioi-a, et al presente
maire et abatessa sanctn de questo
nofftro monastero del corpo de Cbri-
sto (m2}. La quale havendo più che
altra, io. gioTaaìle aetate, lunga tk-
miliarìtate cum la gloriosa aaims de
questa beata Calherina , di costu-
mi, gesti, virtute, oiwre et exemplì,
Cam singular facundia ba scripto ,
per modo ignoro se Italia hnbia una
altra religiosa donna renclusa de tanta
spirituale eloqueiitia et prestantia de
ingegno et suflicientia de guberno ,
et voramento non oblita de le vir-
tute et documenti de questa sua
de fon la matro santii. De la quale
liiihiamn facto dcvot« ot sincera me-
*
moria per lo prelibate rasone , et
perchè in fra le virtute de l' altre
donne el nostru Gynevero habia spi-
rituale contento. Quale certo è te-
nuto in paradisu recordato da la diva
anima de quc^sta Bancta donna, come
in questa mortai vita, cura carità
grande, vocandolo colombina sua, fia
sempre recordata,
23. De lisbtllt de Araionlt
raglm de Haapolì, piana dt Mligione.
laaliella, de' Noapolitani serenissima
repina, fu de tanta clarytà de sangue
et de virtute, quanto de altra presso
noi, in honore del nostro Oynevera,
ae possa cura divine laude celebrare,
nume narraremo. Se debbo dunque
sapere ciie essendo restata herede del
porthinopeo regno la regina Ioanna
Becunda del re Lacislao, et tolto per
marito do Pranza el re lacobo, che
prima se dicea duca di Nerbona, et
da lui poi facto incarcerare il prin-
i <c Vnaa, * koiaa.i
bxb at * k <
>(>ln laMh ini - I «> ,
847
Here nel regno, come aiìoptivo figliuo-
lo: in lo qualp, dop[io molte guerre
Hltimameiite resUito re, et non ha-
Tendo altro unico hopedo cho Ferdi-
nando, Buo figliuolo, dubitò, come ea-
TÌo re, che doppo la morte sua non
intoirenisse qualche defectione nel sta-
to, per esBore il figliuolo Ferdinando,
alhora duca de Calabria, dì etate anni '
ivi; et por firmarlo cum forte spale
ne la successione dei regno, gli dette
per moglio Isabella che era de anni
xxn, cara nepote ( come propria fi-
gliuola) del prìncipe de Taranto, et
figliuola gii del predecto illustre ca-
valiero Tristano. Cun ciò fnsse che,
ijuando esso re Alphonso vonne ad
Nespoli, trovò al principe ào Taranto,
infra gli altri benivoli signori, molto
SQO alfe ctio nato ; et così, regnante Al-
phonso, vixo sempre in grandissimo
favore. Di che indicò essere meglio
uxoraro il figliuolo nel reguu, che fuori
de quello altamente et cum più re-
putatione, come era de tore la figlino-
la del linea de Bergogna, quale g'ij
era cum dogno partito offerta, et a
tanta affiniti da molti baroni del re-
gno era confortato. Ma credo che '1
cielo permetosse, che per il premio
de le virtute de costei fusss del ti-
tolo de la regina dìgiuficata, ot che
poi la sua anima infra lo etheree ot
candide nyroplie dominasse.
Questa Isaliella fu formosissima ,'
quanto mai regina se possa recordare.
Alta de corpo, cum una grata maci-
lentia, colorita biancLeza; Il suoi oo
chii tendevano un poco sul bianco;
li capilli furono biondi et lungissimì.
Infra certe venusta del suo corpo,
mai fu veduta in donna mane più
bianche, nò dete più longhi et ben
proporti nati, che a loÌ. Naturalmente
il suo aspecto ora regale in modo,
che qualuncha incognito l' havesse ve-
duta, o eola, overo in compagnia de
altre donne, non per distinctione de
vestimente, overo altri portamenti,
ma solo per la maiestft de lo aspecto
24»
che era in lei, senza dubio l' bare-
rebbe indicata regina. Fu eloquente,
liebbe dolce sonorità de voce, come
bene organizata; fu humanissima et
affabile , h onesti sa ima in opere et in
parole, senza mormoratJono do alcuna
vanita. Le sue parole per diportarsi
erano savie et benigne. Voluntieri ve-
deva gì' homini dodi et costumati;
lé donne de bona fama et de virtute
haveano gratia cuni lei. In la cort«
sua non li placca tenire gioveni né
homini de legiero sentimento, che quan-
do appiaseno la hocha, el vento li me-
nasse la lingua. Ma donde sentiva ho-
mini prudenti et de grande maturità,
cum ogni industria et spesa se ope-
rava presso se tenerli ; et similmente
questa felice electione usava in le don-
ne et damicelle, che tenea in camera
sua, le quale sempre erano cinidite da
lei, in quanto a Dio et al mondo, al
virtuoso vivere.
Li suoi piaceri et quilli delle sua
damiceli^ fumno sempre cum grande
250
lionestate et sobrìetate , a ciò che Ce-
rea et Bocho non facessero in la sua
pudica cori* Tenere regnare. Del che
ogniuno esigtimava la regia casa non
regale in questo, ma più tosto mo-
naBtero, ovoro de castitA aacratissJmo
tempio. Li suoi habiti et vestiti fu-
rono neapolitani et modestissimi, senza
ostensione de le pumpe, come hogidl
osano molte donne per lasivia, ma
quasi tutto il pecto cum vera bone-
sta portava coperto. Et quisti habiti
non solamente lei usava, ma geu^al-
mente volea che tutte le donne de
aua compagnia usaseno. Infra l'altre
sne innumerabile virtute fu de tanta
constautia, che nel tempo che lei era
duchessa di Calabria, il socero re Al-
phonso teneva castamente per inamo-
rata, per vivei'i- iocundo, la bella Lu-
cretia de Lagaa, per Ja quale esso re '
fece tante m agitili ce ntie , tonte amo^
rose feste et triumplii et doni, et au-
ctoriUi a lei concesse nel regio statoi
che non voglio diru dospiacesse ad
iMbdU . HM ■ la prebU Loereli*
porU tanto hooon «t reremtu, qanh
lo G lamé «tata propm mairt. Del
eli« d re «t tatti ti tagaorì existin»-
roiM> (MbvtU tofra V altre itintn dote
ifo la natura eaaere Etata constaata,
paUente et hnmaniMiaia, perdii gua-
ita Laowtia ora eorae regÌBa hoao-
rate.
Nel tanipo àe nove aoni che Isa-
bella Hl«-t« duchessa de Calabria, cnm
laolta gralia di popnli , helibe cin-
qna figliaolL II primo fìi Alphonsio,
al prea«at« duca de Calabria, preci-
poa gloria in llalia de l'arte mili-
tane; il secando Lionora, duchessa di
Ferrara ; terzo figlinolo Federico, fe-
lice prìncipe de Altaniara; quarto
Joaoou, quale fu colendissimo cardi-
nale; quinto figliuolo fu Beatrice, di-
gnisuma regina de Ungaria. Che poi
foce il sesto figliuolo, quando divenne
rogina , nominato Francesco , quale
moritte.
Morto il rii Alphunso, FerOinando,
oh** era «luca da Calabria, si
nel paterno regno, et lei regina. La
ijuale nel stato regale se guberaù cum
U sua usata religione et serene -vjr-
tuto, per modo che di lei beatamenlo
Be parlava. Quando il regno fu invaso
dal duca Ioanne per occuparlo cum
lunga guerra, havendo il cont* locobo
PicinJDo per suo valoroso capitaneo,
che lin in Neapoli de strenue opere
d'arme ribombare facea, etilre Fer-
dinando cum florido esercito defon-
dendose. Isabella per sei anni sola
gubernò la cittì de Neapoli, capo del
regno, cum ìustitìu et tranquitìt& et
amore de citadini. Lei pur se mostrò»
rigorosa a li delinquenti, et de buoni
fautrice; sempre cum franco animo
conforto il marito a la guerra per
diffensare il regno; fu de tanta con-
tinentia et tollerantia, che essendosi
ribellato el principe de Taranto suo
patruo, et moslrandose acerimo ini-
mico de se et del suo stato, che mai
dissi' parola contra lui. nlie non fusse
huraaiia el reverente. Lei non lassava
opera a fare, per salute del regno et
de li populi, de giorno et de nocte.
Mai fu tanto occupata in le occorentie
del i-egio stato, che ella pre termi te aae
li offici ì, le orationo, le messe, li de-
iunii, le abstìiientie, le discipline et il
portamento de ciiitio, et le elemo-
sine, perchè era catholica, devota et
amante do l)io ; quale contìnuamente
orava, se per el megUo era, li difen-
sasse el regno da la guerra havea.
La quale fu tante lunga et grande,
che '1 re suo marito, molte volte tr.>-
vandese de denari exhausto, lei per la
vendicata a se benivolentia di populi,
era da quìlli confortata cutn aflectio-
nate offerte de denari et de argento,
ogniuno secundo la sua possibilità; et
fu tal giorno, che recoglieva octocento
ducati de subventione. CJuesto subsi-
dio fu de tanto fomento, che '1 re ten-
ne la sua gente de arme al suo ser-
vitìo, la qualo era totalmente delibe-
rata abandonaro il regno, rum evi-
tm. DB (fte li rr, «g^brtaadMe ì
111 éoM» dotate.
B MI ante fa ratte ael
> ^af ftame à k «iw de
rdtJM Ma I
. W4
■fia»» •( d«lore li lervanUe » V-
tìtM et pM0: che Ckirto peoBvtM
dM li taoi aeni fawpBO le ptA TCtta
lilwwi. et wu periiA Ìb tatto alnutì
et ■mwgmti; m A» tìvou nun ui-
mo inncto, die previo kì finn pro-
wtAlaeaio de re&re le rotte gente
de amu). Con lei ae redame nel tem-
pia del dira Pietro mariTro, dorè
foce ekiaroare mohi citadini; et mol-
ti altri Li anilorono per speciale a-
nero , senza cbkto -rocati ;
tanta bonignita '.
255
rito et lei, che ogniuno li prestò a-
morevolmente denari , più che non
comportava lo conditione di t^mpi
et le loro facnlttì, in modo, quando
, prestavano, paroa andasaeno ad pi-
gliare plenaria indnlgentia. Questo au-
xilio et suffragio fu tanto , che '1
PO in campo se refece. Ma vedendo
lei grande difflcultà a la defensiono
del regio stato, per essere a quello
ribollato el principe de Taranto suo
patruo. disposto in tutto a la Vi-
ctoria del duca Joanne , et che per
lettei'e nò per secreti oratori et messi
r havea potuto reconeiliare , andò ad
trovare in secreto luoco el prefato
principe , per rumoverlo da la de-
votione del duca Joanne, et redurlo
a quella del re suo marito, ot non
cum manco animo et virtute , che
andasse Victuria , nobile romana , in
campo ad trovare Coriolano suo tì-
gliuolo , che havea obsossa Roma ;
et in questa forma disse : « Priri-
cipo magnifico, io te ho por patre
sutnpn; liabiuto , et in taata dite- 4
ctìone , che mai de la mìa tiocha
non usitte parola, che non fusse verso
di te honestft, come sempre il mio
core te ha filialmente observato; quan-
tuncha tu me fnei affannatamente tì-
yere , per lo auxìUo doni al duca
Ioanne, che espella il mio signore ma-
rito, il quale me desti cum tanto lieto
animo, a ciò io diventasse regina. Tu
te sei sdegnato seco per eflecto, exì-
stimo, do poco valore. Et la tua si-
gnoria pur elTectualmeiite dimostrò
più che altro signore del regno amaro
el patre Alphonso, quale, come sai,
a ti me domando, a ciò fusti columna
de conservare doppo la sua morte el
figlio nel regno, come quello che ha-
vea in te tutta la sua speranza; et
cosi a lui et a me promotesti. Hora
la tua excellentia non ò de tanta feda.
et speranza obserratrice. Tu me bai
facta regina, et rao' me voi fare va-
salta: che a te, oimè, non sarà al-
cuna laude. Prngoti duncho dolce-
mente, per paterno amore, laasi el
(luca Ioanne, et piglia ci mio marito
per figliuolo, cli6 ancora ne sarai fe-
lice, lassando, come effecto del ma-
gnanimo principe, ogni iniuria et sde-
gno andare al vento. Et quando per
altro la tua signoria non el voglia fare,
facialo per amore di mei figliuoli , li
(]uali fin qui non manco ho alerati per
gloria del tuo nome, elio per quella
del proprio patre. » Et cum molte
altro prudente prole et virile matu-
rità , persuase il rebellato principe ,
che '1 se destolse dal duca Joanno ;
la qual cosa fu felice presidio a la
vendicatione del suo regno, per modo
quello remase cum molta gloria dìfon-
sato; et dipoi fu de esso regno il
marito legjpti marne nte coronato da Pio
secundo, pontefice masimo.
Tranquilato el regno. Isabella non
mancò mai de le sue tUustre opere et
virtute. Et per dieci anni che viie
regina, in tutte le virtute spirituale
et sanctn et secolare se fece splen-
dida et diva, et cum tanta iuslJtia et
beatitudine, che albera se putea in
Neapoli et ìa tutto el reguo dire es-
ser la aetate aurea de Satm-no. Fu
tanto dilccta et cara al re marito, che
por dea l'adorava. Cum grande de-
votione instaura in Neupoli un tem-
pio, chiatuato sancto Petra martire, do
ta religione de Dominico ilirino con-
fesaore, dove lassò octomìlia ducati de
brocati et vestimente sue. Fece molte
altre opere pie et elemosine, ad glo-
ria et laude de Dio. Pigliava dilecto
audlre li certamenti de li theologi et
de legero opere morale et sancte.
Ilebbe spirituale piacere legere la co-
pia dì quello libretto de sancii docu-
menti, composto per la beata Cathe-
rìna da Bologna, che a la regia sua
maiestà mandò in dono Angelo Ca-
pranica cardinale nostro legato, come
in le virtute sancte de essa Caterina
beata habiamo esposto. Non manoA
mai ancora exhtbuiro el debito a la
iustitìa, quantuiiclia fusse de Bua b
259
lura hunianiasima et clemente, mo-
strandose aspra ot rigorosa, quando
rechedea el tempo et la stasone.
Atendea solaraotite cara snnimo stu<
dio a la recta gobernatione del re-
gno. Infra li altri ofTecfi de iustitia,
accadetto uno giorno, che essendose
absentato el re, uno suo carissimo
curiale, chiamato don Ferrante de
Juvara, adimandò de gratia a lei uno
suo creato familiare, che era detenuto
per certi furti et altri commissi de-
licti; et non possendone alcuna gra-
tia consequire, mandò a supplicare al
re, ti facesse gratia de liberare que-
sto suo creato. Cosi il re li fece gra-
tia, scrivendo lettere a la regina por
questa liberatione. Et le lettere, por-
tate ad tre bore de uocte, non parse
a don Ferrante de Juvara indisposto
«1 tempo a presentarle, et il tempo
defferitte a la sequentc matita. Que-
sto sentendo, Isabella regina, come
desiderosa punire li delinquenti se-
cundo loro delieti, avanti giorno de
tre ore, et prima che 3e lettere H ft»-
B6D0 presentAte, f(>ce sospendere el de-
tinqnente. Recepate poi lo iottere, re-
spou al re cho sas MaiesU harea
comandata fusae liberato l' Incarce-
rato, quale non havea, ma non l' ho-
mo inpicbato. Per questo spectacaJo
certo li selerati non manco se spa-
ventavano, che li boni se alegrasseno
de la conserratione de iastitia , et
quiete vivere.
Le opere, costami et sue virtute
furono illustre et de grandissima ex-
celleatia; per le quale certo non ha
manco aobìlitato il sexo femineo, che
facesse la prenominata Victuria, cito
per havere per le suo pietose et pm-
dente parole liberato Roma da la obse-
dione del figlinolo , il Senato Romano,
in memoria de tanta virtuto fece he-
dificare un tempio et lo altare a la
muliebre fortuna; et fece che le doune
fusseno da gì' bomini per la via ho-
Dorate, et che se dovesseno levare in
piedi, dando a loro la vìa, et secondo
4
261
le donne orientale, li fusse lidto por-
tare a lo aurechie le anoelle, et por-
tare potesseno le purpuree Testimente
et fimbre de oro et armìlle. Cosi quasi
dire possiamo, che Isabella regina li-
berasse Neapolì per virtù del suo in-
gegno et ebquentia, havendo levato
da la rebelliuno il patruo, potente
principe de Taranto, come Victuria
liberasse Roma.
Essendo pervenuta in ii anni qua-
rantaono de sua aetate, et viia cum
grandissima continentia, pudicitia et
religione et concordia cum el marito
anni xviiii , zoo nove duchessa et
dieci regina, se infirmò di febro et
de uno accidente, che mai volse dire
per honestate; per la cui forza, es-
sendo confessata et comunicata, finite
sanctamente li suoi giorni et invo-
cando el nome de leso, a li xviiii
giorni de marzo, iu li anni de la
salate millecccc°Ixv. Infra le suo più
chare reUquie et spoghe fu trovato
uno cofanetto, nel quale , credeudose
fusse pieno di geme, If era uno cilicio
et una sferza per la disciplina.
La mort« de questa religiosissima
rc^na adisse il core et l' anima al re
marito ot a li picoli Hgliuoli. Ttittì U
signori et populi del regno fiirono
provocati a lucto, a pianto et a. sn-
spiri, che mai in uno regno fu Te-
duto et inteso magior cordoglio. Il
mesto re, cum magniUcentissima pom-
pa funebre et lugubre et de exequio,
fece recundore el morto corpo nel
tempio del divo Pietro mart^ro, come
lei in vita disse volere essere sepulta.
Il re li fece nobile sepultura, in te-
stimonio del pei-serrato bonore, a ciò
fusae conosciuto cho '1 splendore de
la yirtute non può essere ofuscato per
alcuna tenebre de la adversa fortuna.
11 corpo dunclia de Isabella regina in
questo mondo gloriosamente cum be-
nigna memoria honorato, cosi la sua
anima possiamo iudicare essere in fra
le celeste et dive colocata, orando per
bonore del nostro Oyneveru, che co-
me in questa vita terrena ù felice,
così in la celeste fla beato.
SI De Bìifiohè Uaria Vetaónte,
daohaiaa ita Uìlano quarta.
Per giungere italico splendore al
titolo de r altiBsime donne , recoi-da-
remo Biaiicha Maria, unica figliuola
del magnanimo Pliilippo Vesconte, du-
ca teiYO de Milano, la (juiile per co-
pula matrimoniale, per virtute de a-
nimo, per costumi, per opere illuatre,
beleze, lionestate et religione, ha dato
a la sua preclara styrpe immortai
gloria et benigna fama. Questa dun-
cha Biancha Maria, come fu del ma-
temo ventre discaricata nel mondo, li
prestanti ingegni la celebrarono cum
dive laude in celsitudine del sexo {&-
minoo, come veri censori de la futura
felicità de lei. Fu alevata cum degne
virtute et costumi, quanto altra fi-
gliuola de eminentissìmo principe. Es-
sendo ella pervenuta in la aetate de
anni xvi , fu eposata per pat(>rna To-
InntA al conte Francesco Sphorza de
li Àtendoli da Colinola, oppido in
Flaminia, invictissinio imperatore de
arme, fuori de Cremona, nel castello
de sancta Croce. Ucbbe in dota la
città de Cremona , eum el Cremone-
se, excepto Picìghitonc et Castello
DOTO, per scontro dì quali castelli
hebbe Pontremolo. Prima ohe fussa
dispensata , ci patre duca , per le
occorontie de le corooditato forsi de
qualchi stati, la promisse in dui altri
principi. Ma lei, come donna de alto
iudìcio, et vero lume in le bumaoe
cose, quantunque fosse in tenera ae-
tate, altri non volse mai che '1 conte
Francesco, per il suo alto valore. Credo
fusse proprio volunta del cielo, peiv
che la virtù de tanta donna fuste
copulala eum quello, che è stato de
formosità, virtù et alteza de animo, la
gloria del nome latino, et precipuo
imperatore de la disciplina militare,'
che mai fusse a' nostri tempi, et del
265
stato Bentivogljo fidelÌBsiuiu protectore
in la cit& felsinea.
Costei fu donna doctuta di beleza:
fu grande, fu perfectament^^ formata,
et cum occhi] degni, bene organizata.
Hebbe aspecto do grande maiestA, fu
biancha de carne et candida de co-
stumi, meritamente instituita de tal
nome; fu faceta opportunamente cnm
dolce et casto riso , et li onestissime
parole, ma fu do gravita reverenda;
fu, oltra misura del sexo muliebre,
eloquente; fu casta, pudica, et ne li
cibi temperata, come professa de re-
ligione, Le suo ire et li suoi sdegni
furono sempre cum prudentia tempe-
rati, per modo in lei non duravano.
In ogni loco, tempo et fortuna, hebbe,
come devota Christiana, timore de Dio.
Pigliava piacere degV horaini virtuosi
et Utterati, di quali fu amatrice et
fautrice, et de li loro certamenti ha-
vea dilecto. Havea in fastidio li &&-
gitiosi et lasivi homini et donae; li
buoni et mo rigo l'ali haveaiio grati a
ch0 da picoli et franai i mitijiÉi lu-
de.^ htn lei «t il smo ngpora cooias-
cto fa inexhSBsto molriouiiu^ smo-
ra, eoa che fece sempre iocondo V m-
nano de\ cotAé Praactraco. Dì dw loì
hebbe efScacemeale pia Tolte a dire
che ultra li obli^ harea cam Dio, li
era molto obliato, che l'harea de una
tal donna dtgniflcato, ohe noa bare*
pari el mondo.
lil menlamente dic«a el vero. Per-
che de Ia gloria et celsitudine sua fti
molto studiosa et prompta per modo,
fu precipua causa farlo prìncipe de
Milano; perchè, essendo morto il duca
i'iiilippo Maria suo genitore a li xiiii
do augusto, correnti li anni de la sa-
lute mille quattro cento quaranta se- ^
pte, confortò cum efficace rasone il
conto Francesco suo consorte, ohe di-
poi huvoji poriluto ji statu de la Mai^
267
cha (quale li tolse papa Eugenio, cum
auxilio de Alphonso re de Aragonia),
passasse presto in Lombardia cuna
quelle gente che havea, le quale era-
Do circa quatromilìa persone, ìofra da
piedi et da cavalo; et cos'a fece.
Insieme dunca cum lei, partondose
de la Marcila, ne andò ad Cremona,
cita che havea per dota habiuta. Oiunto
ivi, fece la valorosa donna che '1 ca-
stello de Pavia, insieme cum U cita-
dini, li dctteno el castello de la citA;
et li Milanesi, che se erano vendicati
in liberta per la morte del prefato
duca Philippe, loro signore, et conti-
nuando la principiata guerra infra la
inclita memoria del prefato duca et
la serenissima signoria d« Venetia,
che lo tolseno per loro generale ca-
pittaneo contra essa signoria. Et ha-
vendo il capittanio conte Francesco
r anno sequenle mille cccc'^lviii po-
sto campo a Caravagio, castello mu-
nito et forte , et strìngendolo stre-
nuamente , il sonato veuotiano tolse
pò H» Cattaneo gtnenk d
IkCchOetto 4a Cotigaok. per «oeciwere
rssediato cartello, che seco httrea
quiadeci milUa c«t«1ì de ìm piò AorìdA
gemte àe Italia. Fttrodo qnisti duo cm-
pitAnii a l« mani cam loro exerdti,
presente la Tolonica donna, a caralo
iafra li armati: la quale per la sua
pKsentia et Tirile parole, de affectio-
ne piene, li homini d'arme del suo
coiuorle pìgli arano ardire et foRa
centra li suoi inimici : come sa chi la
ride, et tu lo intendi che l'ascolti.
Ultimamente, come piacque a la br-
lana, fii rotto, domato et vincto lo
exercito veaetiano, per tal forma fii-
rono snervate le sue force, in modo,
secando se disse, se '1 TÌncitore conte
I<'rancesco il corso de la Victoria pro-
seqnito haveiwe, baverebbe tolto tutto
lo italico stato de' Venetiani in terra,
can ci6 fuBse che le loro terre et
forteze se trovavano exhauste de cora-
batenti et de artegliarie, et li subditi
ìnpauriti et proni a rebellione. Sopra
la qual cosa la gloriosa donoa, lieta
et prudente, facea iasìeine cuia el si-
gnore suo marito iudicio de' futuri
effecti de' suoi alti pensieri.
Il senato venetiano, come praden-
tissimo, considerando el grande peri-
culo inminente al stato suo, subito
mandò secretamente Pasquale Malo-
pìero, patricio de sìngular rìrtute et
familiare de li comuni stati, oratore
al conte Francesco, cum latissimo ar-
bitrio de pigliare acordo cum lui ,
nel modo potesse bavere , pur che '1
desistesse dal prosequire la Victoria.
Il conte Francesco , che se repu-
tava non poco iniurato da' Milane-
si, perchè loro tribnivano la virtù de
la Victoria a lì militi braccscbi, et
int«ndea che la sua ruina machina-
vano, diede aurecbie, cum prudente
consiglio de la savia donna, al veneto
oratore, pigliando acordo che '1 sere-
nissimo senato de Venetia dovesse
aiutarlo in conquistare Milaao, et darli
alhora certa quantità de auro, et di-'
?»
«t qastro nìl» caraHi, pagati « tvtta
te qiMs dd veiteto aeasto, fin ebe
MUsaa Amm eonqnnUb). Qusto eoa-
tbmo «t BgiUito, d conte rivottA U
•noi stradatili cestro MìUiio et con-
t» il staio de b libertà de'MiluMi.
«MS ch« mollo piacqoa a la iUoitte
donna. Il senato Teoetiano li obaerrò
la promeMa Sa al mno di aqttambra
a« !i anni Mc<rrc*xlTÌìii. che fd circa
uno anno; in questa trmpo Btringendo
el conte li Milanesi per tal modo, che
sperava essere de loro superiora et
vincitore de l' impresa. Di che D se-
nato Tenetiano, del stato suo dnfai-
tando, per la molto favoreTola for-
tuna del conte, mutò sententia, et re-
vocando le gente havea date in au-
silio al conte, subito prese accordo
et fece iiga cum li oppressi Milanesi,
curo condictione che '1 conte dovesse
desistere da l' impresa contra Milano,
et del suo militare ^to restasse con-
tento; et in fra certo termine do-
271
veese le coDdìtioni de l' aconto rati-
ficare , altrimenti so 'nteudesse , de
r una et (te 1' altra potentia, inimico.
Questo dispiacendo, cum affanno di
monte, al conte, anctiora non man-
ctiasse di speranza do gloriosi effectì,
la valorosa donna il confortò ad non
temere, cEie a lei bastava l' animo,
per essere stata figliuola del duca
Philippo, che svigliarebbo de' Milanesi
lì animi, che non lo abando narìano :
per il che, poi ctie cosi voloa la sorte,
lui non stesse de ratificare il sequìto
acordo. Così el conte, bencliò torto
recevesse, ratificò le condictione et
capttuli. Reasctate dunquo il conto le
cose sue, animosamente et cum aiuto
de la pecunia de la magnifica memoria
de Cosmo di Medici, patre per pu-
Wioo decreto du la ropublica fioren-
tina, prosequitte l' Impresa coiitra Mi-
lano, por forma che lo redusse in
tanta estremità de &me che '1 mogio
del formonto fu venduto ducati se-
xanta. La proveduta donna, operando
272
r ingegno, U astotìa et 1* sH'', cunifl
Ietterò «t nantii secreti dentro da Mi-'
laoo, ch^ la Toissseno insieme cam eì '
cont« suo consorte chiamarli dentro,
ch« beati loro; dicendoli ebe pigUu-
seno exemplo da Pavia, citfl de gran-
dissima importa ritta al dncal stata,
che cnm prudente consiglio se era
data tranquibnente al signor sna can-
sorte ; così li Milanesi dovesseno
fare, perchè lei fu pur dilecla figlinola
del duca Philippo; di che sema re-
sistenza doveeseno acepf-are per loro
Migliore il óonté fluo marito, che ti sa-
r»bbe, non che signore, ma fratello
et patre et compagno; et lei sorella
ut figliuola. Di che, stretti da la fame
et (la lo persuasive parole de pru-
dentia et amoro de tanta donna, chia-
marono il conte per signoro duca a
li xxvi giorni de febraro ne 1Ì ansi
de la salute millececc°L
Facto questo, vixe il duca in pace '
Gum el senato rmietiano seoxa mo-
lestia fìn al mese de aprile nel nulla
273
eccc°lìi. Dipoi osso sonato li mosse
guerra cum florido exeroito no! ter-
ritorio de Milano; et ancora in Par-
mssaiift li ruppeno guerra. Il coat«
alhora, cum pgtente oiercito, adcom-
pagnato da la felicissima donna, passò
in Bressana et liebbe la magjor parte
del comitato di Bressa, ttmcado COD-
ttnuamente la guerra in Uregsana, fin
a l'anno mille cccc^lilii del mese de
La savia donna fu molto amala et
roventa da le gente do arme del suo
signore marito, facendo grandissimo
fondamento in la virtù de 1' animo et
ingegno de lei. Uno giorno venne no-
vulla elle '1 castello de Mon^a era
preso per alcuni ribelli presoni ; lei
genita indusia deliberò recuperare il
preso castello, a ciò el conte non se
impedisse da lo obstaculo del po-
tente esercito venotiano in Bressana;
et disse cum beroica maniera: « chi
me vele bene, me seguiti personal-
mente ; » et a piedi se presentò cum
valorosa gente a ^uel castello,
sua giunta fa de tante terrore et re- '
vorentia alli inimici, che subite senza i
sangue recuperò il perduto castella; I
cosa che fu apavento a li suoi .
mici et conforto al marito, et de le
sue victorie indubitata speranza. Dipoi, j
lei un'altra volta personalmente andA
ad trovare el signor mante, che era
a campo ad lorcinovi, ad confortarlo '
non desistesse da l' impresa, perché
dubitava non se levasse, perché ogni
giorno pioveva; et trovò che '1 conte
havea piantato septe bombarde a la
forte rocha; et lei glie ne fece pian-
tare due altre, solicitando lei stessa >
che giorno et nocte trahesseno, ot ■
cosi facendo, tanto che la percossa
rocha ruinù nel fosso, et la terra se
il ebbe. Questo fu molto augu monto
de conforto al conte, laudandose de
la prudenti» de la donna, non altri-
menti facesse il grande re Mitridate
de Ipsocratea sua moglie: de la quale
prese più conforto fi speranza, che
275
I molto exeroito, che con-
tinuamente da lei cum smisurato a-
more et fede era pcrsoquito. Ma se
Biancha Maria tema non hareese ha-
biuta de l'inìusto mormorare de lei,
che lasiva non fiisse sfata, sempre
haverebbe infra li armati vigilata, et
dormita sotto li pavaglioni, soquendo
lo invictiBsimo et caro marito. Come
flagrante de le sue victorie, sempre
lei intrareniva in li consigli de lo oc-
corentie del campo.
Ultimamente, essendo la pace fine
ì la guerra, se fece la pace infra
«1 senato venetiano et il conte Fran-
cesco, concedendolo Idio, por mesa-
nità del devoto religioso frate Simone
da la Barba, a quili tompì uno se-
cundo Paulo, de 1' ordine heremitano
del divo Angustino, et per "virtù de
la sapientissima donna, cum honore
et vantagio del conte suo marito ne
li anni mccccIÌìÌÌ, del mese de aprile,
pacificando duncha ogni homo.
La felicissima donna, come costume
27fj
de Eua natura, fu luolto bi'iiigii.t til^
aiidientia a lì suoi pupilli, ila li (luoU '
sìngiilaiTnent? fu amata. Adrainistrò |
sompro a loro bona iustitia et cam J
grande clementia et piotate; mai da I
lei alcuuo su partiva senza conforto. \
Non Tolea auscultaro alcuno gena- i
flexo, ne scoperto doì capo, rendendo |
gratie al salutare Dio de li bonori ot I
reverentie gli erano usate. Mai per i
lei eequito de iustitJa alcuno rigore, <
ma sempre cercò gratis universale. '
Molti homini per clementia do <
furono da la morte liberati. Per opera 1
sua ancora molti notiili ot strenui i
homini furono da lo oxilio , de I9 J
carcere liberati , i>recipuament<> C«- 1
roto Gonzaga, nobilissimo duca d' ar- 1
me , cbe se dicea havea macbi-
iiato contro il stato del signor suo
consorte, et Ruiliplmo, illusti'e Mar-
chese de Monfcrato, quale ogni giorno
andava ad visitarlo in castello,
conforto de luì ; che questa cariterol* ^
visìtatione fu pronosticatrice lui dovea j
essere suo figlio gonoro.
I
277
Fu corto, oltra la femtnoa natura,
liberal ÌBsim a. Mai fu ingrata de' re-
ceputi benetìcii, né a la fede do' suoi
servitori, munificandoli de centonara
et numera de mìgliara de ducati, et
similmente a li serritorì del patre,
quando lì erano recordati. Fu benigna
et grata de' beuificii, et de le proprie
substantie. Quando altri U dicea, che
troppo mnnificenlia et doni usava, re-
epondea, levando le bolle et bianche
mane, ornate de rìcbe annella, che
non potea far tanto, satisfacesse in-
tegramente al suo animo, et che molto
era meglio cosi fare, che fare corno
facoano quilli, che per avaritia pone-
vano a la fortuna de' dati uno monte
de pecunia, la quale perdevano, et
poi negavano con blasfeme la deità
de Dio; et clic meglio haverebbeno
facto au]LÌliare uno egregio ingegno,
overo [iualch(> suo morigerato amico,
indigenti de aiuto, che presso Dio ne
liaveriauu conseguito laudo, gloria et
mercede, Fu libéralissima ancora in
2T8
(•Wjnoaioi;, per pMU de 1' alte TKd, '
ioBUaerslHliMBto, et pvr tiftn firn.
Infn r altre >piritoalfl ixugsifie«B&i
teeo io Miiaiwi b^MlifiesTO riduateots
el moaaHero de sueU Miria d* U
IbcotmsIa; et Mrtti li nouttori d«
obaemute doww bea rehaediflcare,
cnm «agmaeBto grande et wfte» aa-
gulare.
Non fb Btai tanto ocespata ntd
«tato, se ti piaoen del ommuIo. che
lassssw V ufficio de la gloriosa Re-
gina del cielo, sabaidio de l'immaaa
salate, de la quale fa molto devota.
Ne la fiestiritA de la asninptioiM de
tanta R^na, d« noct«, privatiistma— J
meiit«?, scalza, aadara ad fare reve-l
rentia al tempio de sancts Mari«l
de r hospitalo Dovd, ti a quello dal
saocta Maria de san Celso fuori de ]
Milano, scalza, del mese di novem-
bre, Hebbe, sopra ogni altra cosa,,
cura, per consolatioue del sao glo- 1
rioso core, dove era discordia et 1
discensione, poro tranqnilitl , iiuìona I
279
et pac«; et in fare abilitate non fo
manco prompta che dispesta ; che per
etfecto de quiati suoi felici pensieri
spontaneamente et secretamente et
publi Cam ente, secundo il tempo, il mo-
do et la natura de l' affinità expen-
deva de le sue proprie facultate. Al-
cuna volta, quando a le sue pietose
aurechie pervenla, che qualche costu-
mato citadino fusse oppresso da qual-
che ira de gtollo, o vero da Etnietra
et scarsa fortuna, overo per altrui
peccato impoverito, che avesse figliuole
da marito et chi; maritare non le po-
tesse, le aiutava de dota. Talvolta
incognita privatamente andava Jn casa
de qualche persone nobile, che costu-
mate fusseno, che sapen haveano fi-
gliuole da marito, li dimandava perchè
non le maritava. Respondoano che
non potevano. La libéralissima donna,
de core magnanimo et clemente, albora
secundo la paterna condìctione de le
figliuole lo dotava, et cum molta gratta
li trovava marito.
^■AnM^cìrib^i
i ftli iilii. Ift «rà HniAk
d« Afap«i>, K « SMSa««d*Hj«-
Spfauvu; ^Mito, Sultana, fofe J
loo^ àM aturhmri OnSaàma; malo
fidliaolo, Lndvneo Micia. galienBtan
2éì
J£lano, Clini tanto animo et pi'nden-
tia, che è inrefraghabile censore de
le cause et Kccìdenti do 1Ì italici stati;
septimo figliuolo, Ascouio cardinale
de non poca alteza et de la nostra
cit& felicigaimo Legato; octavo etiil-
Umo figliuolo, Octaviano, che fu gentil
signore. Per qnìsti altissimi figlinoli
la felicissima donna non poche pro-
nità ^unse a le sue glorie, iiistruen-
duli sempre in k^ opere illustre da
virtute.
Quando fu privata per naturai morte
del marito, lei non se lassò privare
del sentimento da lo ingente merore
recdvette per la perdita grande, uhó
subito seqnitò il transito del signor
marito; cum singular prudentia et
graodeza de animo se gratifìcA cum
li suoi citadini, et a tutte 1« citate
et potentati de Italia scripsii el do-
lorosa caso. Tutti li citadini, doten-
dose cum lei de la morte del duca
loro signorii, se offerirno a la snlva-
tione del stato, cum ogni loro faoul-
Ute de mtdta tbeflOToL SeripM al nw
prìmogeiuto duca Galeno, cèe in Fna-
za precM la maìssU del (rótiaHÌssimo
re M trovara : et reaendo ad Mi-
lano, Al deateouto in le tem del
docn de Saroglia ad naa abbatia, ma
presto fa liberato da Antonio da Ro-
magnano, già Becretariù de la exceUa
dolina, p^r lì optimi deportamenti
liebtx: ila U uxcelleotia de lei. Quando
Bo fecerono lo ducale esequie, li volse
la tribolata donna essere presente ; et
eaaendo portato il corpo du la camepa
na la corticelta, dove qnello se ornava
per lugubre pompa, se ingenocbio cani
le inane giunte et cuni flebile et olle
voce disse verso il cielo: « Oh divina
clementia, vegli avere misericordia de
i' anima del mio signore marito, come
per noitri peccati volesti in croce mo-
rire 1 » Poi basso gli occhii, spar-
gundo infinjl« lachr;>-me verso il corpo,
et disse: « Olmo, caro signor mio,
come te ho perduto I Che vita sari
la mia, so non iadiryiuu et suspiril
Ogni bene et speranza da mi se d
partita I » Così dulendose, fu postala
militar spada a lato il corpo morto.
Lei l'ecominciò il cordoglio, dicendo :
< Epadu che già tanto fusti felice,
dove lassi portare e! tuo signore, die
mai da lui fusti remessa seoza sia-
gular victoi-ie! » Cosi, essendoli cal-
ciati li speroni, disse: « O speroni,
che già fusti cum gloria calciati al
min signore, cuio li quali tante volte
feritte li potenti cavali in la pace, Ìli
la guera, et ne lo feste et triumphi,
oimé, pili da lui saretì adoperati! »
Et molttì altre parole, de gloria piene,
usò, mescolate de lachryme. Et es-
sendo levato il corpo per portarlo al
tempio, el volse abraiare et osculare
infinite volte, bagnandolo tutto de la-
chrjme; per il che lino a le pietre
furono a lachrj-me provocate. Ohe
non so se mal la bella Argia, figliuola
del re Adrasto, cum tante lachr^me
et sti'idi pianse el caro marito Poli-
nice, tìglio do Edippo re di Tebe,
i^uandu infra la moltitudine degli oc-
<;ÌBi r ebbe trovalo.
Doppi) In morto del marito de dai
anni, essendosi portata in guberoara '1
lu stato cum summa religione, cba
tutta Italia cum siugular reverenlia
ne parlava, lei de febre acuta fu gra-
vemente assalito; per la quale, sen-
tendoao venire al fine de la vila ,
senza li fusse recordafo , se arm6
de lo sacrate arme, et al suo pri-
mogcnjto in testamento, in questa
forma, mosse le sue parole : « Vero
et certo ò , Oaleazo figtiuol mìo ,
iocundissimo de tutti li miei figliuo-
li, nullo e a cui liabia portato ma-
gior amore ot affectione che a ti,
et che più l' faabia estimato. Ma come
poi vedere, io ho satisfacto a la na-
tura. Dio per la sua pieift et mise-
ricordia ad se mi chiama, quale se
conviene obediro. lo te recumando la
mia anima, dipoi tutti quisti tuoi fra-
telli et Elisabeth tua sorella, de li
quali è ncceaaarìo che tu patre 1Ì sia;
et pronti cura tatto il core, che ìa
tutte lo cose che ad Bipoli ta neces-
earie sarano, uon lì vo^li manchare;
L-lie sai quanta quella a mi è stala
dulcissima et cara figliuola. Io ti re-
comando li mei Milanesi et tutti lì
altri nostri subditi. Ma li Cremonesi,
li quali per ragione paterna sono mia
dotf, te gli las^o et dono, cum questa
condictione, che la cita sia tua et in
tuo dominio, ma le ìntrate se divi-
dano fra te et ti tuoi fratelli. Tutti
li citadini te recomando. Finalmente
tutta la nostra famiglia tractnrai in
maniera, che intendano chiaramente
non haveri! indarno perso ol tempo
et li suoi servitii. Io, come vedi, per
gratia de Dio et de la sua gloriosa
matre, scrò disciolta fra poco spatio
da le corporeo pene. > Le quale cose
dette, doppa alquante bore, et dato
la sua benedictione a li figliuoli, come
se adormentata ai fusse, uscì de questa
vita gloriosamento negli anni mille
cccc'ixviii , del mese de octobre, ìli
lo cattt^llo de Meliano, lontano dà Mi-
bino dicci miglia, barenda deinneUte
panato antii qoar&ntatrì. Il cielo &-
Ibora, p«r dimostrare al mando che
j]tiesta donna fusse fin a l'alto ragno
gradita, apsrve n^l cielo tino grande
cometa, avanti tri roeaì che man-
chaate, il i]Uftle clurA fin a la saa
morte ; et cosi, come a la soa excel-
lentia a poco a poco manchava il spi-
rito, così a poco a poco venia manco
il cometa ; finito de partire el beato
spirito dal pudico corpo, senza in-
dasia il cornetta sparve. Et per al-
cuni fu decto, che manchato il spi-
rito, de continenti fu veduto cadere
nel cortile del castello de Meliano.
Al transito de lei, per divina vo-
luntA, in testimonio de la sua reli-
giffSB vita et municipale virtute, se il
trovò a cosu, sonza sapere l' ano de
r altro, se existima, tutti U siagularì
religiosi de obscrvantia. come intra:-
venne al transita de la Regina dì
cieli, che tutti li Apostoli principi, in
divvTM parte del raoaà-t dimoranti,
ino pi Datamente se ti trovarono.
Morta duncha questa Biancha Ma-
ria, donna do grande beatitudine, fu
in Milano sepulta , cum triumphal
pompa de exequio, et cam singulti,
pianti et sospiri, da picoli et grandi,
che mai fu reduto, audito o inteso si-
mile o magiorì lamenti, piantj, gridi
et percotimento de mane, per modo
ancora se piange, desiderando la sua
vita per suSr^o di suoi populi. Ma
dipoi che lei. per le degne sue opere,
credere se debbe che trinmpha in
cielo, cosi de sua felice memoria re-
ligiosamente ornaremo il nostro Sfor-
cesco Gynevero che ne farft tocunda
festa, per essere attinente a sua me-
moria insieme Cam 1' altre clare donne;
le quale non se cbiamarebbeno con-
tente senza la compagnia de Baptista
Sforza, duchessa de Urbino , per es-
sere stata de virtute un sole, come
infrascriptamcnte narraremo.
?S. Da Saptitta Sfora duaheìia de Urbtm
Ringratiarao li cieli, che
Dare te nostre gratiose fatiche, ;
hano luminato la mente, per litt«r
incìdenlia. dol preatanto ingegno i
Ioanne Baptìeta Slàto, il quale |
virtut«, costumi et integrilate, la \
tria sua de Fano in la nostra cita
di studii matre non poco ha hcn
rata, dicendomi, cum eSicatia g
che non manchasee, per Dio,
splimdore al muliebre nome de ]
excellente virtute furono in la 1
gna memoria de Baptiata Sfona i
ehessa de Urbino, sorella già de <3
nevera, nostra singular madonna. ]
quale Tirtute intendendo io cum t
t^ gratta, divenni inQamato et )
infra la squadra delle tlluBtro dai
far mentione, parendome non sia a
co degna de ettema laude, che {
la romana Lucretia, bella et pudicj
sima moglie del Colatino, la qn
.glo-
'3Ò celebrì scriptori & Unto e
Ha aoblimatA.
Dobiamo duncha sapere cbe qiMsta
Baptista (a figiiaola iD«rJtaiiieat« cara
de Àlexandra Sfona da CotigiKih,
sapieoiissimo imperstoro de arme, «t
de |a sua consorte Cooataatìa de Va-
rano, iUnstre donna. In la etate de
xriii mesi fa orbata de la nobilissima
matre. Fu alevata generosameDte dal
patre io ^regii costami et vìrtote
et in lettere, in forma non fa dege-
nerante de le excellentie et prestan-
tie de' parenti. Pervennta in li tri
anni de sua aetate incominciò inpa-
rare lettere, et in li quattro anni fii
menala ad Milvia, dal patrao conte
Pranceeco, che di poco liavea conse-
quito el dacato de quella magnifica
cita. Ella li recitò Dna picola oratio-
ne, la qnalo fece maravigliare ciascu-
no, che Dna fanzuletta de qDella etate
bavease tanta gratia de la lingna, po-
tesse exprìmere le parole latine. La
qnal cosa piacque tanto al patnio
duca, insieme cum li altri lepidi gè- I
sti et costumi, che più non la volea j
restituire al patre; il <^uale, essendo I
in Piceno, che la Marcba dicemo, ri-
bohbe la figliuola; ìà donde non ve- j
nivano oratori et principi, cai^nali, 1
i^he lei non li orasse cum ^atia a-
vanti.
Fu de mediocre statura, bianeha |
de carne et fresca come viva rosa;
Il ebbe belli et modesti ss! mi occhi i,
(|uali raro dimostravano non cogno-
scero bene che fusse al suo pudico con- 1
apecto. Havea bella mano et candidi [
denti. Fu de natura ei complexione
più presto sanguinea, che altro; pre-
sto alcuna volta, per qualche offen-
sione, se adirava, ma presto la ira 1
se partiva. Era alquanto da presto
eloquio, ma facundo, dolce et h
gno, com gratia di chi l' audiva. Fu 1
de tant^ grata audientia, et ne la bon- J
versatione de li suoi familiari et ci- I
tadìni et subditi, che più non si potea i
desiderare. 11 suo andare et il etara J
fu do grande niaÌGstatL>. Fu IJberalta-
sìma in tutti li offeoti virtuosi, et
quando in qiiilli forai parea manchas-
ae, procedea per non poterò. Lì ho-
mini literati et docti fiirono sempre
cum amore favoriti da lei, at qua-
lunctia altro virtuosa iugegno, et de
varie faoultate et exorcitii. Fu tanto
perita in la virtù de l'agho» de re-
chami, et de ogni egregio esercitio
muliobre, che ogni matrona et sue
citadine recorevatio ad lei. per con-
siglio et documento. Fu de tanto or-
namento, per iocuiidìta del suo nobi-
lissimo animo, che quando morltto, se
trovarono in Urbino vinti maestri r«-
chamatori cum molti discìpuli et au-
rifici in quantitate, tutti occupati et
proveduti, senza parsimonia da lei de
grandi lavori, fino bavere infi-a qui-
sU fJicto venire maestri de razzi di
Germania et do Fiandra a li servitii
de lei, tessendo cose morale, vaghe
et gentile, divise et insegne. Infra
l'altre virtute et excallontie, por il
gusto havea de le lettere. cotDendftva
molto la disciplina militarti, per la
(juale diceu sa deponevano li catiri
et uquistavansi U domioii, ti rogiti et
li imporii, che era bella cosa audira,
1 fondate rasane, in una vergond
polcella.
Quando hebbe de sua aetate xi anni
compiti, per la fama de le sue vir-
tut« preclaro, fu non manco adtman-
data in matrimoaio da molti principi,
die fusse Athlante, per le cui vìrtuto
et belezc possedere tanti se poseno
a la morte. Ultimamente, come di-
spose la divina providcnza, lei fu di'
sponaata a Federico da Montefeltpo
conte de Urbino, conveniente marito
a la sua virtute, che poi fu de quello
ereato duca; il quale fu ne Tarme
tanto scientifico, perito et etreuiO)
che s' e facto aetcmo per gloria da |
batagtie.
Pervenuta Baptìsta nel terzodecimo
anno, il duca sposo cum essa ee ooa-
gianse. Consumato che hebbe ci sa-
S03
ero matrimonio, lui convenns andare
cum lloritla gente, come valoroso duca
de arme, nel regno de NeapoU a li
subaidiì del re Ferdinando, alhora
remasto herede del regno per la mor-
te del re patre Alfonso; che tutto il
regno era in grandissima rebellione
et guerra , per la venuta del duca
Jeanne nel regno per occuparlo, Alho-
ra Baptista, sposa illustre, deponendo
ogni molìcia, come cupida de vera
gloria, aiutava cum ogni solicitudine
l'andata del marito, fin ad aiutarlo
cura le proprie mane armare. Et in
ijuesto principio de la sua adolescen-
ti a remase al guberno cum tanta
prudentia et animo, che facea do ma-
raviglia stupire altrui ; per il che tutti
li suoi populi ne haveano gi'andlasiuio
conforto,
Havea contìnua bataglia del calìdo
furore de Sigtsraondu Malatesta prìn-
cipe de Arimino, animosissimo impe-
ratore de arme, il quale sempre ar-
dea de desiderio ciascunu luooo del
^in
■■i
r 4
^H iTmm. n*^ ia imi oim 2 snop»
^^1 1111 1 imliii II Fumi
^H Cmi caMJMoada [•^SM» IBI («-
^^1 nn la •^oaflo [mme. Et poi « m»-
L ■!• tanta diNna; ec ia na
V TOfM ({Bini die (il «maa i^
I
torno , dicendo che» credoa de tale
notale Itulia non havesse simile don-
na de costei. Visitava sposso li sancii
templi et luoohi devoti de essa citA,
et specialmente le vergena vestale;
dimorava cum loro, dicea 1' olScio a
le bore come esse, el giorno et la
nocte ; deiunava li giorni de la sopti-
mana, come faceano loro, in pane
et in aqun. Visitava in Urbino cuoi
frequentili li lochi pii et dovotì. Ha-
vea familiarità grande a ti religiosi
de sanctn vita; et specialmente le
monache de sancta Chiara uran spes-
so da lei visitate. Dicca ogni giorno
I'oIUcÌo, che diceano le prefaie mo-
nache, amate da lei teneramente. Fu
eleraosi natrice ocuìta. Fu liberale iu
tutto, overo in parte, in maritare po-
vere donzelle. Hebbe prompto et acu-
to infogno, per il ohe sempre intra-
venne nel consiglio del Mapientissimo
marito, quale mai havercbbe alcuna
cosa oxpedito, senza comunicarlo seco ;
ut meritamente : perchè esaa , per le
296
glorie et ti'iucQphi , Jiifra le felice
victorie del marito, ae era facta il-
lustre per tutta Italia.
Lei amò sempre , cetili angumenta
de amoro et fede, intìnitamcnt« il ma-
rito; et lui ella similmente, per la
ozcellentia de tanta donna et por
r ardeotissimo zelo de 1' honestate, da
lei habiuto in tatita cura et solicitu-
dine, che alcuna donna, che fusse man-
co che di peso, havea ardire esserli
nominata avanti, come efieoto de' sa-
cri coniugati, Molto volte, quando per
varie expeditione el duca suo marito
esiBt«Ddo in campo, eesa seco dimo'
rava cura virili* animo, senea alcuno
timore; de la qual cosa forsi qualche
inprudente la imputava; ma lei el Ia-
cea per ta ^ando dilectione portava
al marito et per procreare a laude
de Dio uno figliuolo maschio, quale
excessi vamente desiderava , perche
havea habiuto nove figliuole femìne
I' una drioto 1' altra, PregO tanto Ih
divina clouentia et la pietà ile la. re-
gitia del celeste imperio che li con-
cedosse uno figliuolo niascLia, che ella
fu exaudita de uno bello et deside-
rato figliuolo, quale al sacro fonia
nominarono Guido Ubaldo; del cui
felice parto lei, il marito et tutto el
stato feceno festa et trìumpho, et
ogni oraculo et tempio furono visitati
cum oblatione, ineeusi et focLi, rìn-
gratiando Dìo de tanto donu; se mai
lei fu devota et eie mosi natrice, fu più
per r havuto figliuolo. Non facea co-
me molte fano, che ingratamente se
dimenticano li beneficii et gratie re-
cepute dal benigno Dio, come bavea-
seno bevuto de 1' acqua del fiume di
Lethe.
Lei fu clemente , cum grandissimo
zelo de ìustitia. Hebbe pìu presto in-
clinatione ad piotate che ad ae ven-
tate. Cum grande dìscretiona et pru-
dentia fu liberale de gratie et docu-
menti a li subditi. Sempre dice», che
li signori doveano cum ogni sforzo
loro transferire 1' utile , lo richeie
296
« '1 bene a li eabditi et òtadiiù loro,
da li qoali proceda* «1 bene, U fede
et U cecortA d«l Rato ne li loro si-
milori, ìì qoali dorano solameato
triompbare rt godere del titolo od
prinicipe. Caa ciò fìnse die me^to
era pacMdefe il regno ofnlente che
maere. TolleraTa graTenonte qwuido
aleano, per anxiU» de ricben a d'al-
tra fortuna, Tolesse snperare et for-
care lì poTeri et ìnfinni Valen eòa
la tiutttia ogni homo fìaae eqtMla.
Hai non volse se potesse inctamente
pensare, non cbe dire, vendecse le me
gratie et gerritii. Aprosso lì snoi al-
tri ornamenti, fu in li suoi habid et
Tcstimenti de ma^ìGca [Mnapa, et
similmente per suo iocnndo dilecto
Tolea che le snc figlinole fbssero or-
nate ile Tarìi habiti, de illnstre Te-
stimente el di geme, ne le quale molto
si diiectava. Havea grandissimo pia-
cere che li suoi citAdini et donne loro
andaawiìD ornati de Testìmenie. Ma
fa opinìane qnasì de ogni homo, qnaa-
4
299
tunoha lei pigliasse de la sua pompa
tarilo piacere , che sotto le signorile
vipsttmente, Ìd abseatia del marito,
per noa dimenticarse Dio, portasse
d cilicio.
Quando el marito era stato in li
castri, et che ad cosa retornava, di-
cea che non intrava in una casa, ma
si in uno tempio et religione, per
l'ordine sancto li bavea posto lapru-
dentissiroa donna. La quale ultima-
mente, nel tempo che '1 suo glorioso
marito triumphù de la Victoria de la
ribellata cita de Volterra per il po-
pulo trentino, dal quale in Pirenei
recepulo eum gloria, festa et triuoi-
pho, honorì et munificentia, come de
suo victorioso capìtanio, fu assalita
da acuta febre in la cita de Ugubio,
dove era adcompagnata da Octavia-
no. ornato de li humani et phjloso-
phici studii, nobilissimo fratello del
marito. Et non giovando alcano phy-
sico remedio per la corporea eatote,
la egritudine fu inremediabile indi-
300
cala; per il die lei, come savia et^
magnanìiua donna, patieDtemont?, a
Cora fussQ nel Sore de la sua aetAt«,
anni xxvì. a la morte se dispose. Ma |
solo li tloleii non potere vedere el |
caro miirito avanti lu sua fine, il
qoaìe spesso cbiaroava. Adimanda oum
propria ìtoccha tutti li sacramenti de
la cbiesìa, haveiido poco tempo de
vita. Ma non se volse mai dimenti-
care, in la mortai inferroitA, la cura
de li suoi subditi, che fin che pas-
setta nel lecto sedere et che forza
hebbe di parlare, feci' molte gratie,
sìgnando de propria mano supplica-
tjone, cum tanta liberalitA, quanto
mai tacesse ne la prosperità de la
vita.
Sentendo il signor marita, cum suo
singular dolore, il mortai morbo de
la cara sua consorte, subito ne ven-
ne volando ad Ugubio, dove, retro-
vata lei a lo extremo de sua vita,
ella bebbe grandissimo conforto ve-
deDdo(lo), che lauto 1' havea deside-
301
rato. Et non potendo per lotitia par-
lare, ella l'abraciù, et. lui Ini, cum
graudissima tenereza. Poi, retornata
a lei alquanto la lingua, in questa
forma quasi mosse lo sue parole al
marito ; « Signor mio caro, sii el he»
venuto. Ringratio el benigno Dio, die
me ba concesso gratìa che io veda
la tua excellentia avanti la mia fino,
come te ho alTectato, per potere più
in pace morire. Tu vedi in che ter-
i sono: COBI 6 il Une d« la no-
stra misera vita. Per me tutte le
vanità, le pompe, li honori, [p glorie,
le geme, l'auro et l'argento del mon-
do sono passate. Oli quanto e aciocho
colui che pono speranza in la frap-
lita de questo mondo! Boa^> cului,
che tutti li suoi pensieri pone in la
sperama divina! Ct^naico ora intie-
ramente quanto è gravo nim temere
la maiesta de Dio, dal qoaUt proce-
dono tatti li beai. Io me ne vado a
li non cognosetuti luocbi, se non per
vera fede d« J^aii Cristo. Pregoti
duncha, siguor mio, per la nostro
sancta coaiug^al fede, me doni venia,
s6 mai 1« offesi; et recomaodoti In
mia anima; et questo mio cjnerco
corpo pregoti el feci colocare in li
proprii sepulchri de le mie monache
de sancta Clara de Urbino. Et roco-
mandotc li nostri %^uolì. > Li quali,
havendoli avanti, et alciando in loro
li languidi ucchii pioni de pietate, et
prima al flgliuol maechio che era de
cinque mesi, disse: < fìglìuoUno
tanto affectato (osculandolo tenera-
mente) prego io la pietate de Dio,
ad consolatione del tuo patre, lunga-
mente te salvi, cura timore de la sua
divina maiesia, a cio sii vero prin-
cipe appellato, et non tiranno. » Et
poi il le figliuole disse ohe a Dio le
recomandava, che le facesse Bue de-
vote, hoaeete et pudiche. Et a tutti
dette la sua bencdìctìone , usando
molte altre sancte parole do fervido
amore ( ben cum lassitudine ) per le
quale tutu lì asianti furono a pietose
^
4
Isehryme provocati. Il Sebile marito
la conforta cQm qaslle Jolco parolt-,
Poi
infra pochi giorni, mancandoli li vi-
tali spiriti, a li xvii giorni de augu-
sto, ne li anni de ia beata ;gratia
Mcccc''lxx rese 1' anima al suo fa-
ttore. Por il che se levarono pianti
et stridi per tutta la cita, territorio
et coDvicini, et il magnanimo duca
suo marito per l' ingente merore de
havere perduto tanta donna, non pos-
sette cum forte animo retenere lo
lachrvrae, singulti et suspiri , clie ne
fu per morire; tiibuendoli dignissime
laude de pudicitia, fle honcstate et
de prudentia, de consiglio et de re-
ligione, per il che mai più consolato
ìlvirebbe. Et che ciò fusse vero, mai
se reputò consequlre intiero gaudio
et victorie che havesse, non potando
quelle cum lei participare, d ove spes-
so cum sospiri la desiderava.
Cosi per ultimo bonore, in testi-
monio de le virlu de lei, la fece il
304
dolorato duca suo marito aepuUire
eum magnifica et iUust.re pompa lu-
gubre et funebre nel monastero de
aanctji Clara de Urbino in li propri!
aepulchri de le sancte monache, co-
me iiavea lei devotamente ordinato
ne la sua infirmitate. Non volse aii- J
oora Bolo in morte honoraro, ma li]
fece, doppo alquanti giorni de la mor-
te de lei. fare al Bextodecimo kalten-
de di septi^mbre uno solenne i^zequio |
do m agni ficentÌS9 ima pompa et lugu-
bre ornamento, de singulare spesa:
dove r intravenutì tutti li potentati, J
comunitate et repuhliche, et magnati
de Italia, parenti et amici, che fu-
rono insumma cavali ccc°lssxii de li
ex1«rni venuti, et cbi spontaneamen-
te, et chi invitati, nel modo gradual-
mente qualuncha a] luoco suo, tutti
de nero vestiti; et chi non possette
personalmente venire, mandarono U
loro dtgnjssimi oratori.
Et in prima Nicolao Ubaldo peni-
sino, de rota auditore, mandato per |
oratore da Sixlo pontifico maximo.
Benedecto Àtuerino, oratore de La-
tino Ui'sino, digaÌBsimo canlinale.
Pietro Monarbetto, cavalìoro flren-
tino, oratore de la excelsa repnblica
de Fiorenza.
Pietro Jeanne Lutio, oratore de li
signori SeDesi, quale portò cento tor-
ce ot uno vexillo nero.
.lacobo Cortonese, episcopo perusino,
et Zan Jacobo arciprete abbate, oratori
per il populo Peruelno.
Gregorio Paventino, oratore del gii-
bernatore apostolico de li Gesenatìci.
Francosco Orialo et Andrea jur-
conaulto, oratori del prìncipe Pino
de Forlì.
Jeanne Savina, oratore de li Imolesi.
Salvatore Natalìo, oratore de li
Mirandolesi.
Pietro Melino romano . mandato
dal fratello, antista de Urbino.
Salustio Tjphernatio, oratore.
Alexandre Matebica.
Marco Persio, coramissario del cam-
po regio.
: I
306
Francesco Saxatello, strenuo ca-
valiero.
Laurentio oratore di So-
glionoxi.
Ugolino Bando, cum el figliuolo Fe-
derico.
Li oratori di Pennensi, li quali sono
\ in Tappennino jugo.
Leonardo Sforza, mandato da Odo
de Perusino.
Roberto Retorsio.
Ugo Carpegnano.
Jeanne et Federico fratelli Carpe-
gnani.
Jordano , Guidantonio , Francesco
Baptista, Baldinacio, tutti de la fa-
miglia Ubaldina.
Li nobili de Piombino, Leonello,
Guido et Nicolao.
Cento citadini de Eugubio, di quali
septantaquatro de lugubre veste se
mutarono.
De quilli de Cagli cinquanta, di
quali quarantadui lugubrament^ se
vestirono.
De quilli de Fosambmna quaran-
tacinque, ^i quali glie ne era trenta-
tri a nero vestiti.
Et de quilli de Castello Durante li
orano cinquantadui, di quali quaran-
taocto erano obscuramente vestiti.
De Sancto Ang^elo in Vado gli era-
no cinquanta , dì quali quarantatrì
erano mutati de flebile veste.
Da Mercatello gli erano trentaqua-
vintecinque erano de
nero vestili.
De' Pergulani vintecinque gli erano,
di quali sedexe era mutati in scure
veste.
Do la genelogia de quilli da Mon-
tefeltro erano nonanta, di qoali ot-
tantaquatro erano similmenlc de ve-
ste mutati.
Del comitoto ot vicariato de La-
moli, de Pontino, de Massa, de Saxo
Corbaro, de Pietra Rubea quaranta-
ano, di quali trentaquatro furono di
nero vestiti.
Da la parte de la defonta donna
308
connederno ti propinqui, et If %
(te li propinqui, di quali dui
oratori.
Roberto Malatesta, che per t
lentia fa honorato del titolo del ma-
gnifìco ano genero, cum trenta homi-
ni de nero vestiti.
Andrea Agellio, protbonotario apo-
stolico, oratore de la maiestA del Re
Ferdinando.
Gerardo Colenee jurconeulto, ora-
tore de Galeazo Maria duca de Mi-
lano.
Ouilielmo Pinearo, oratore de Her-
cule Estense, duca di Ferrara.
Guido Bologneee et Antonio Bo-
nacto, oratori de Ludovico OonzAga
principe de Mantiia.
Jacobo Antonio, physifìo parmosano,
oratore de Ruberto Severino, illustre
duca d' arme.
Lodovico da Castelsampiero, docto-
i-e et cavaliero, patricio bolognese,
oratore de Jeanne Secundo di Bentt-
vogli, principe del Bolognese Senati)
309
Andrea Ursello et Joanne Flastren-
sa, oratori de Julio Osare de Va-
rano.
Guido BartolÌDo, di Faventiai ora-
tore.
Baptist» Olitense. oratore del duca
Aadrea.
Nioolao Cocapane, oratore de li
signori de Carpo.
Roberto da Montevechio,
Francesco Bolognese, oratore do
Joanne Antonio Scariotto, gìA capi-
tanio de la cita de Bologna.
Bernardino Rainero porusino.
Ouidantonio da Montefeltro,
Doppo costoro sequitavano lì do-
mestici, tutti di nero vestiti.
Il principe Federico, flebile marito,
Octavianu suo fratello.
Pietro Gentile Varano.
Antonio Feltrenso, figliolo de esso
principe Federico.
Retro Antonio Columna, .lulio Ur-
310
Ranulio Fiirnesio.
Conto Joannefrancescù da Oam-
bara.
EvePBo Anguilario.
Ranutio Mat elica.
Carolo Ranorio peni sino.
Et molti allri de generoso sanguo
ma do fortuna alquanto più bassi, de
numero ducentn nunanta, tutti mil— ,
tati in vestimento scure.
Quatro epìscopi et altritatiti al
batì, et de diverse religione, excopttf'
trecento Urbinati sacerdoti.
Montano Cassiano, oratore de Fran-
cesco dì Picolhomini, cardinale senese.
Francesco Decio, oratore dei
nato v« noti ano.
Oratori Anconitani, Firmani, Anscit-
lani, Racinatì, non poterono a tempo
intravenirLi ; perchè quando fiii-ono in
camino, nacque infra loro discordia
de la preoedentia, et poi da certa<
inundatione furono impediti.
Rt Joanneantonio Campano, rove-
i-endo antistB, oratore illusti-e, fece
de
1
^a
^
h 1
^H noi coDspecto de tanta praeclara ^eii- ^^1
^B te funebre oratione, mandato per que- ^^M
^^ sto oaritoTole effecto dal^Tonteficc ^^H
Sixto, per la probatìsBÌma faina era ^^H
restata nel mondu de la defonta ^^^H
Baptista; per il che ogni homo non ^^^H
pDBeettti retenere le lachr^me, che ^^H
non piangesae. ^^M
Baptista Sforza, donna beneme- ^^M
i-ita de divine laude, perche io vita ^^M
fasti per virta felice et in morte ^^M
^ gloriosa et beati, la hai lassato di ^^M
^H la sancta fkma et nome aetteruo; per ^^M
^ giunto non poco splendore, insieme ^^M
cum quello del nostro Oyuevero, tua ^^M
Morella. Lu quale cum benigno animo ^^M
letificarli ogni suo spirito et senti- ^^M
mento de le glorie et eie«ll«nlie di ^^M
tnui costumi, opere et vìrtuie. che ^^M
furono incenso al mondo. Ma di che ^^M
valore saresti stata, se in la senile ^^H
aetal« fosti pervenuta I Credere sì ^^M
debbe, che haverasti vendicato tutti ^^M
li houori et precuniì del mondo, co- ^^|
me iiiiu simiil.ici
gloria.
26. Da Uargarìla regina d» Seooia.
QuoUu Christiernu , sm-ei
ile Datia, cho per suo voto ad Roma
passando per qutiidì da Bologna, il-
lustre Gj'nevcra. che 'l tuo felicis-
aimu figliuolo, Hannìbal secundu Ben-
tivoglio, ornò de cingulo de auro mi-
Utare nel bolissimo tempio del divo
Dominico, hebbe una figliuola nomi-
nata Margarita, moglie de Jacobu
terzo, ro de Scocìa in la Brìtania, che
fu de si ezcelsa et mirabile virtQ,
lielleza, castimonia et prudentia, cb«
per mei'ito debbo essere antìposta, per
inclyta foma, a tutte le donne de
quoUa regione; ot portd al mondo de
belleza de corpo, de pudloitia et de
prudentia unica gloria a splendore.
Fu humanisslma, clemente, devota, et
de motta religione. Fu liberale a li
poveri da Dio et a li! cliìeBÌe, Ut gru-
313
tiijsiina b le altrue btiche; de le eue
gratìe mai fu scarsa a li populi suoi,
a li quali setnpru cum grandissima
iliscratìone, prudeutia et pietate ad mi-
nistrava iustitia. Non se retenne mai
per ambitioae far penare li subditi
de la sua benigna audientia. Fu a-
mata et revei'ita da li populi più as-
sai che '1 re, perche era più idonea a
regere il regno ohe lui; la quale gu-
bernava li pupuU et Ìl stato cum iu-
stitia et sanctimonia, quanto lei fusse
stato uno Numa Pompilio. Ma le suo
viriate preclare, per la sua poca ven-
tura, il marito mai volse cognusceie
voluntieri, cosa ohe molto tormen-
tava, la mente de lei; quantuncha,
come savia, sperando mercede in Dio,
ogni dispiacei'e cum pacientia sostH-
nea. Quanto più con humanita et
dolceza amava Ìl marito, confoi-tan-
dolo al virtuoso vivere de li veri re,
tanto pia dispiacere da lui rocevea;
et le cose del regno andavano in
precipitio. La qual cosa dispiacendo
311
u li pojjiilj, cuiu consentimento d«ì
fratello de luì et de la regina,
prescDo et poneroolo in la rocfaa dt\
Endeburgo, dove alquanto el tenenof
per drizare le coae del stato et per-j
che lui se emendasse; ma ben comsl
re honoratamente servito. Nientedi-]
meiio la regina volse sempre che ',
stato cum titolo del proprio re sua^
marito se gubernasse.
Stato cosi deatcnuto alquanto, cre-
dendo se fusge emendato de quello
che a luì imputavano, fu liberato por
il megio del fratello, cosi come fu
causa per salute del regno farlo iu-
carcerare. Liberato che fu, più odio J
che prima poso a la regina, perchèl
lei consenti a la sua captura; peri
modo che da S6 la scperO lontanai
trenta miglia, che gravida era alher&fl
de uno terzo figliuolo, et mai
volse in vita et in morte vedere, che]
fu tempo de tri anni; nei qual tem-l^
pò vixe cura molta pacientia, rìn^ni-'|
tiando Dio de ogni cosa, et coafor''!
315
tandoee che non vivea in peccato
mortale, et che mai el matrimoniale
thalamo in alcuna maniera da lei fu
violato. Et spesso, per consolatione
spirituale, come havca facto per l' al-
tro tempo, se confessava.
Hebbe tri betìssimi figliuoli. Fu
donna de tanta castità et pudicitia,
secundo se intese, che non se con-
giungea se non a procreatione de fi-
gliuoli, tenendo col marito ootal mo-
do, che quando sapca haver conce-
puto, mai con lui se non doppo il
parto facto se congiungoa, rccbestn
dal marito, ot frenando cura pruden-
tia et sanctita essa li inbonesti ape-
titi de lui. conubio sancto de que-
sta regina, quanto sei degno de lau-
de, et lei de celeste corona de pudi-
citia, che fu del divino ordinamento
observatrìce, che '1 matrimoniale coire
non era se non per inovatione de
prole ! Non fece lei, come molte fano,
che poBtergandose l' h onestate et il
timore divino, per olitemperare a le
■
E^HHI
L
- i
•• la. I «aC dM a> pa*t «~
wti €t «nei <ìaB_. « * la»
amtaiar ffiiil là «tt t»fc
baii.s<>6 aari. ba ili ■ -ili
UO. aa_e a>k> raàa.«
«a» pa. * «.a. i^ì_i U ^^
baMn <fe teaa. fx»! S I-
317
patioDtc regina seperata dal re, che
erano tri anni compiti, fu assalita de
mortai morbo, dal quale sentendose
torchiare, fece in ^atia dimaodare
al re suo marito che fare volea te-
stameato; quale lì fu concesso da
lui : che fu la prima et ultima grafia,
se disse, che mai da lai consoquisse.
Cos'i facto et testamento, et dal re
ratificato, lei, prima che morisse, ci
pose in exequtìone; che furono legati
pìi a chiesie, a hospitali, et a li servi
et serve di lei . per. non «ssere in-
grata, peccato nephando, de la fede
et servitù loro. Dipoi, propinquandose
a la morte, chiamo li figL'uoli, con-
fortandoli al virtuoso vivere; et spe-
cialmente al primogenito queste pa-
role mosse: < Jficobo, pnmogenito
mìo, io me propinquo a la morte vo-
lando; ti prego, per obìdcntia filiale ,
voglì amare et temere Dio, operando
sempre bene, perchè nnlla cosa vio-
lente, sapi, non potere durare. Lì tnoi
fi:ateUi voglì quanto la propria anima
318
bavere cari. Quando nel paterno re-
gno aarai successore, vogali sopra tut-
to <iuanto te medeBÌmo amare H po-
puli cuiD iustitìa, clementia, lìberalitA
et dolceza. Sarai grato do audientiit.
Non temerai feticha. Conservare uniti
li subditi studiarai, salvare ìn pace
et tranquillo stato il regno. Fa che
ìnstitia non sia da avaritìa violata,
la quale vitupera la gloria. Non pi-
gliarsi piacere de la prodigalità con-
sumatrice de le richeze, ma sarai
curo temperantia liberalissitno, come
costume de' savii re. Sarai de la pro-
pria fama tenace , et temperato de
l'honore; et fa che sii del tempo .
avaro. Sarai avido dominare quilli |
che possedè no el thesoro a loro con- j
lento, che molto meglio Ha et de più |
fructo possedere el regno aboodante:
perché povero essere già mai potrai, i
Chiuderai le tue aurechie a li repor- 1
t&tori et seminatori de discordia. Fa- '
girai loro come voneno; che non éi
manco gloria cum iustitia et mode- J
y
SIO
stia regore, che felìcementii acqui-
stai. Parai che non sii superato da
la prospera et ìocunda fortuna, per-
che diventaresti lasivo, et Dio et li
populi et te medesimo olTenderesti.
Ultimamente, fa, che come el solo C
conosciuto da le nebule, tu sii; come
re dal popuio 6 diferente ne V lia-
bito, cosi debba essere ne lì costumi
i^t Tirtute. »
Dato che hebbe lei questo docu-
mento, a lui et agli altri figliuoli det-
te la sua benedìctione ; et dipoi, dop-
po non molte bore, abraoiaodo el cro-
cifisso expiW) la sua felice anima a
l'altra vita, el bavendose cam pesti
et cum parole recomandata a la in-
finita pietà de Dio; che se disse lei
essere per forza di veneno finita. Di
che da li tigliuoli et da la sua re-
lieta famìglia fu honorata do molte
lachryme, singulti et suspiri, et cum
reale pompa de funerale et lugubre
oxequio fu aepultn, come regina bene
morittt de alto honore. Fu iudicatji
in vita et in ijiort« eanct&; d^ In cui
duDcha felice roemorìa honorai'AiDO
el gentil Oynevero, il <\aaie ile le eil'i
fronde corona de lande et amore
igailli, che sotto la sua dolc« ombra
vogliono cum probità passare. A U
«litale ombra, cum sincera laude,
neremo Elysa Sforaa, che di
suetadìne et humiltatc fu a l'ali
donne optìmo esemplo, come infra-
seri piamente inteso fia.
27. Dt Elfta Sforza de San Sattrino.
L" alto ut fortunato Sforza de li
Atendoli da Coti'piola, oppido de Fla-
minia, infra li altri valorosi Agliuoli
liebbe una fìgliuola nominata Eljsa,
la luale, pervennta de aelAto de anni
quindeci, cum alcuni mesi, ni EÌg:nore
Leonello, de la illuBtra Btjrpe Sanse-
verìno, in lo rogne parthenopeo, ma-
tTÌmonialmente congiunse. Questa E-
jysa fu de mediocre grandeza et as-
sai formosa; fu dotata di e;p>egii co-.
381
atumi; fu de iogegao et liogua pre-
sta. Hebbe prestante anima, quale a
le volte fu assalito da subita colera
por qualche offensione , ma presto
quello temperava cum dolceza, in pa-
cientia et tranquilitate. Lei divenne
vedoa, liavendo compito anni xvii de
sua a(>tate; cbe solamente quindeci
mesi era stata col marito; de la cui
morte, per troppo merore, essendo
gravida, quasi non perse ogni vital
spirito, de subita morte, per il gran-
de amore li portava; uon altrimenti
facesse Julia, che essendoli presen-
tata dal servo la insanguinata vesti-
menti del caro marito Pompeio, per
il scaturicDle sangue de la accisa vi-
tima credette fusse stato ociso; di
che morta cadde subitamente, per
r infinito amore lì portava.
Hebbe Elyaa del carti marito uno
unico figliuolo, al quale lu imposto
nome Roberto, per la dolce memoria
do Roberto re de Sicilia et de Hiu-
rusalem, che a quilli tempi, ae a li
codici de digaì scnptorì se |
fede, fii re dì re. Cgst«i mai ad siti
maritare se volse; sempre obserrd^
pudica gloria de perpetua vidajtata. I
Mai volse abaodonare l'unico et caroj
figliuolo, fin che possette portitr l'ar-
me, et cum el proprio suo lacto dh-
trìctflo. Quantunque havesse pressoi
se costumale nutrice, non sdegnb lei'l
essere propria nutrice del figliuolo,!
per tema non fìisse d' alcuno corotto |
sangue intgninata la generosa iafan-
tia, de mali costami et naliira. Sem-
pre orava Dio, li concedesse ^tìa '
al potesse alevnrc, et che de lui ne
hsresae consolatlone et gloria, do-
nandoli spesso a laude de Dio la sua
benedictìone; perctaó In spessa 1>eoe-
dictione de' parenti in li figliuoli é ]
de tanto splendore de ilÌTÌna gratia, 1
che in terra et in cielo diventano
beati; come per contrario, se la pietà
de Dio non soccorre, Ja maledictione
li fa in questa et ne l'altra vita mi-
seri et prophanat) et do ogni gratia
I
privi. Oh felice pensiero et veramente
de^o et beato, del casto pecto de
costei, in nutrire el figliuolo I Perchò
osso de corporea belleza, do magna-
nimità, de liberalità, de clementia, de
affabilità, de costumi clari et de stre-
iiuità fu unico ornamento, et gloria
del nome latino, et in l' arte militare
spechio de vera fede, la quale per
stato, né per thesauro, né por for-
tuna, né per a!tra cosa mai volse
violare: per il che divenne, cum sa-
piente consiglio de tutta Italia, im-
peratore de armati, cum stipendio de
cento et vintemilia ducati l'anno, ti-
tolo che mai homo consequite al
mondo.
De tanto figliuolo questa Eljsa,
presso la gloria del suo spborcesco
sangue, non ha dato a sé istessa man-
co splendore et illustratione, che fa-
cesse la regina di Macedoni OI;^mpia,
moglie de Phjlippo illustre per sin-
gular tituli, del sangue de U Àcedoli,
nobilissimi de tutta Gi-ecia, per l'ha-
« I fi iii l i ■ I I Ì BÉiiia».
daBùn&jUe-
Ofk <ipMnl0 iMnmfeh* barato Uia*
ó» M ogni p«cni <t taàSe p iiaii ,
(bm oce>d«rs tatti li «oagi^di da fi
pRiprii dgcliaofi. BXnptA ras», pioaia
fanciulo, figliuolo del suo figliuolo re
Ozia, che fu por la sorella losabe, fl-
gliuola ài} la crudelÌBsima Atalia, sis
cret.arnenle salvato et nutrito. Et an-
cora cum fi'iTO Gt cum altra gone-
rationc do morte fece occiilere tutti
li maacoli picoti et grandi de la ge-
aeratione de David. Dapoi, come la
divina justitia non perdona al perse-
verante male, die doppo .\talia heb-
be aepte anni regnata, per luandatu
de [oradam, summo pontelko, alavato
che hobbe loas nepote de lei et chia-
matalo re, quale ci^ea come gli al-
tri fusse morto, fu la superba Atalia
a furore de populo levata de la reale
sedia, et measa ne le mane di scele-
rati et ribaldi, li quali senza piotata
la Btrasinarono fin a la porta de Mutli,
dove come ra|ic fu rainuciato, et be-
vuto il sangue da li cani. Cosi la mi-
sera, sotiKa cognoacere lei essere mor-
tale et futuro cibo de vermi, se ne
andò a le tartai'ee force a patire et-
terno suppliclo de la sua superbia et
ambitione.
•l Wi|to *i b t> •' Il T'
■a, «■)«• ■ face ■. k I
la 9 foAM Mffy>«|n.k kam«i^
Mia é» inffà M», «■■ rnw
jfliri'iinfcL.ilnifi^iiTii a» Wtì £
ciltadini honopatamonte al tempio del
seraphico Fraocosco ad sepeliro, dove
le sue ossa ancora cum degno epyta-
phio reposano; che quando de quelle
el sepulcru fia veduto da li visitanti
el tempio, la memoria de tanta don-
na cnra dolce laude è ricordata. Cosi
noi per precipuo honore ornaremo di
gloria il nostro Oynevoro, per essere
stata 8ua amita felice, el splendore
del femineo sphorcosco a&io.
28. Db Dlant SatlMla dì Bùntitoglìi.
Fra r altre nobilissime donne de la
citA nostra de Bologna, me vene a
la memoria una donna fulvida de fa-
moso sangue et de viriate, che fu
consorte cara de lacobo Bentivoglio,
magnìfico conte et cavalìoro; nomi-
nata fa Diana, figliuola de Cantaglino
Saliceto , ricLiasìmo gentil homo de
la cita nostra. La quale non me pare
manco degna recordaro per le sue
civile operp, secundo la sua honesta
fortuna, che stouo sUtUt le fortnari
sime L>t grande.
Costei duDCha fa donna ^ande, ^
niacra più presto che pingas; fu de
carne bruna; hebbe gli occhii neri,
dentatura bianclia et equale, aspecto
^avo, ricta ne l'andare; port* il
capo sempre ornato de belli veli.
Fu de optimo Bermene , et de pre-
sto et elevato ingegno. Fu iocunda
molto ne le sue parole , pigliaudo
sempre piacere cum molti virtuo-
samentij cum altrui contrastare,
specialmente a la mensa, certandose ]
moralmente de qiialchì accidenti et 1
effecto de h^stopie. Lei sempre ro-
spo ndea et argomentava sue oppi-
nione , et quale solvea , cum ms-
giore eiScacia et piacere del mondo;
per la q^ual c-osa accendea l' ingegni I
di certanti, che era grandissii
lecto ad audire. Bisognava bene, quan- |
do a lei piacea, che altri fusse de I
provido et subtile ingegno, die da 1
suoi lepidi colpi se sapesse schrimiro, ]
jmti. Fa sem-
I Euc parole, le
• SÉ poierono existì-
msre. Fn pmSdssiaui et castiagìma
et de r booore et gnlìa del caro ma-
rito fa sopra tutte le eose del mondo
oteervstrìce. Oh amore de inexhaDSto
TÌ^re ad homo felice, per esser do-
tato de Bìmil donna!
Hebbe dai prodenti figUacrli, Anda-
lao et Carolo, quali alerò grandi, cam
optimi exempii et costami. Fa donoa
splendida et misiirata ia ogni tempo
et fortuna, eecundo la necceeità de
li accidenti, in gabemare la. grandis-
Mtna famiglia. Non fa prodiga, ma
&■ liberale, et non cupidisgima di ge-
me et de auro, perche la prodigalità
insieme cum la cupidìtà 6 nephandu
' vitto aellu donna, perché e manifesto
se^o del coropin pecto; et in lei re-
gnando la tenacità et avarìtia, nalla
speranza de lioneetate et de snbstan-
tie de lei ae puole bavere: le qaale
non prima sono aijuJstate, che cam
lo perda tu honoFO sono in
red liete; et le raiscre non pensano J
mai il periculo de le eue Eeosualitattf 1
morlule et laGÌve. A la donna pera
speciale peculio conviene il respar-
mio, et ii custodire ne 1' ordinata I
casa quello che gU 6 n(|UÌslato etdar-l
toli cum fede in guai'dia dal marito. \
Questa virtù (In tantu laudata, quan- i
to fla detestabile la cupidità et ava-
ricia do loro, et disordinato consu-
mamento; perché il iusto resparmìo J
et discreta misura non 6 manco vero j
adiumento che accrescimento de l6 |
richezci, et 6 una felicita do la ùo-
meslica famigUa et tranquilita de le 1
menti et de le fatiche, o vero
dam^nto de lucentissimo fine.
Di che, concludendo, diciamo che
questa prudentissima Diana gubernd '
la grande sua famiglia cum splen-
dore, prudentia et misura, priva de
cupidità et avaricia; et nou solamen-
te de le subatantie de la casa fu sal-
vatrice et dispeosatrici; , ma quelle
331
augumentù, cum i<i proprie mano et
ingegno , de egregii ornamenti. Che
più (li ìùi diremo? Se non che ella
fu de tanta felicita^ che infra marito,
cognati, fratelli, figliuoli, nepoti, con-
sobrini, nore, famigli, servo, et il
concorso de In visitatone de' parenti
et de li amici, che per virtù de tanta
donna dire pur possiamo, una minima
parola discrepante da la pace et u-
nìonu se sentisse già mai; fin a li
cavali fremire (non) se sentivano, né
li molti cani ululavano, né 11 spar-
vieri se raoveano, come lieti de tan-
ta unione; per il che ijuesta illustre
famiglia fu da Paulo secundo ponti-
lice maximo sanctissima apellata. Non
e questa beata vìrtil in costei digni»-
sima de memoria, casone de tanta
unione et pace, che siano state la
memorande opere in le grande for-
tune de l'alte donne? Certo si. Lei
non fu vaga de suoni, canti, feste et
dance; benché honeste fusseno, non
troppo le laudava, per ocio fugire. 11
338
sui> piacer?, i>res5o il mot«Tn1e pa^
laro (le honestft pieno, era la forosls, 1
Becundo la stasone , in ucellarQ per 1
vani modi, et caciare; et a questo!
era sì fiera, non temendo caldo, solai
et fredo, che facilmente se sarebbe 1
uauefacta a la faretra et a l'arco, ad |
caciare li caprioli et cervi cum l'al-
tre Nymphe, al tempo de la Dea T>is- I
na, il cui nome meritamente possodea. f
Infra gli altri tempi de qiiìsti suoi I
foresti piaceri, essendose cum molla
sua famiglia fuori al palazo do Ba-
gnarola transferita per la pestilentìa
che la citA ofTondea, lei, come mae-
stra, ben cum aiuto del maf^ilico
marito afaticandose, ciim la rete chia-
mata coperturo prese mille ducente
quaglie, et cinquuiitatre perdice, et
trenta fasaui; et a la ragna, che in
alto sopra due lanze se distende, pre-
se seicento caciati tordi fra le fronde;
et cum due rete poste in terra, cum
iooo de certi ucellini, che insieme ti-
randole se coogiuQgneno , che parete
apellemo, prese tre millia et oeato-
quaraotacinque nccllini. Et cum cor-
renti cani lìvreri a lasso, gagliarda-
mente, prese deceaepte lepore, sal-
tando «t correndo, secunda bisogna-
va, cum el lasso involto al brazo,
come fiero caciatore, et non come
donna che fusse mole per l'uso dili-
cato de le sue adorne camere, et ri-
chissimi et morbidi lecti. Gubernara
uo sparriero cgreginmente et sapealo
ucellare. Mai in una donna, in quel
tempo, de più solazo et prestante fa-
ticha se vide. Montava et descendea
da cavalo senza aiuto cum molta
dextreza et honestato a sedere; re-
gea il cavallo cum optima mano, et
i^uulla fieramente equità va. Qaando
intraTcnia ad houorare le nuptie de'
parenti et de li amici, ne reportava
pudica et casta laude, et publica gra-
tia. Siipea com carata et honorificen-
tia recevore altrui. P'u cortese, libe-
rale, et de animo magnifico et virìle
dotata. Ku pietosa, l'u catholìea iH
334
caritevole et honestiBBima nel T08tir«,
despreciando le fogie lasive. Sap^n
mostrare turbato viso, reprendendo
or cura savie or cura dolce or cum
aspre parole , chi liavcase falito, se-
eundo la qualità del fallitore et gra-
veza del crimine et peccato. Ultima-
meate, do le virtù et bontate da lei
certo a piene, secundo la mia con-
scicntia, dire non potrei; perciiè in
molti tempi me retrovai a la presen-
tia et opere sue, per le quale non
poco splendore ha dato al Saliceto
sangue, che '1 nome latino nnoranu.
Vivendo in ijuesto fiato contuse,
piaque al corso del cielo lei de acu-
ti ssimo morbo naturale assalire, cum
tal forza, che li spiriti vitali resisterà J
non poterono; per modo, che essendo j
armata da li elfccti do' divini man- j
dati, come Christiana de religione, et |
habiuta la gracia del cielo dal vicft- j
rio del Burarao principe Cristo leet, 1
per plenaria indnlgentia, per la ana I
auctorittl in terra, passò de qnestA 1
terrena vita andando a la aeterna,
che de sua aetate barca anni qua-
rantanno et mesi septe, compiti a
punto. Quanta fusss doglia al caro
marito et a la splendida et sanctia-
sima famiglia la morte de \eì, se
debile credere fuese molto, cuneìd sia
che la sua virtuto era de molto fra-
cto , amore et honorificentia a la
casa: come il rereri^ndo theologo et
poeta, perito in tutte 1' art« liberale,
Baptista di Spagnoli mantimno, ob-
servante carme lita do religione et
sanctimonia, celebnt tanta donna in
la funebre oratìone che tece , doppo
li fu dato lionorata sepultura,
Habiamo la gloria duncha de que-
sta donna eum con solatio ne recor-
data, perchè de lei fussemo sempre
amantissimi; et por ornare insieme
cnm r altre Ulustre donno ci nostro
Gjnovero, il quale son certo che de
la memoria do lei, quanto de altra
donna, ne bavera piacere, per bavere
pia volte gustati li suoi costumi et
dilocti. CoDit; ancora orn&reino al pnv
Éato Qinevero de una altra illustro
donna del Sfopcesoo sangue, la quale
fìa degna de imraortal laude per la
sua lionUde et prestantia de animo;
che gora una folicitft sapere nel mo do
infraacripto, (juanto de altra don)
su sìa recordata.
tlyppolita Sphorza , duchessa
Calabria, oltra a tutte 1' altro doni
senza iiiiuria du altrui, pare, per e
gine do' parenti et per costunu ,
stata donna tanto illustre, che
sarebbe laude tacere de lei, ohe ]
che cose scrivere. Pur, per omam
to de la muliebre gloria, in&a le e
donne, di spoetata virtute, maritate
in quello earà possibile, recordai
Fu dtincha costei figliuola cara <
Francesco Sphorza, coltissimo
cipe de Milano, et do Bianca I
Eua consorte, et mogliere de lu ìq-
cljto duca de Calaliriu AlpUoaeo, pri-
mogenito dal serenissimo re Ferdi-
nando. Fu alevata da li gloriosi pa-
renti, eum grande escellcntia de vir-
tute, dimostrandoli, sopra tutte l' al-
tre cose , havesse in abominatione
r avaritia inimica de ogni virtute et
de ogni gloria. Quando andù ad ma-
rito, fu in la cita nostra, in lo palazo
del principe Bentivoglio, felice marito
de la mia eKcelsu madonna, cousan-
^'uinea de lei, cum tjuello lionore et
fede che fle possibile, receputa. Da la
porta de la cita fìn al palazo Bonti-
voglio fu adorno, in honore et trium-
pho do tanta sponsa, de fronde, fiori,
raggi et insegno ducal do Milano et
sphorcescho et de Aragonie, in fe-
stoni pendenti per le strate. Erano
suoni, canti, balli et speotaculi bollì
in li cauti de vie, elle era una bea-
titudine' a vedere. Lì andò contro la
mia felicissima madonna, cum molte
nobile ilonno de la nostra citato .ad
cavali), egT«giaiui-nl(' ornate, uh*
belissima pompa aii ved*n), et gnin-
ilìssirao attmero do gcoerosi citadìni.
CDiD fogie de nobili Bescalcfai, «t de
molti armegiatori L'um cipuni dì uta
a la sforcescba divisa, sopra legia-
dri cavali, aerati de Bonagli; et in
capo haveano celatino ctim girlande
de tremolante anro, et aste in mane,
piocte a la divisa sphorcesca; et si-
milmente calciati cum scarpe rosse a
la gallica fogia.
Nel tempo do duo giorni cbe quivi
dimorò, liebbe più caro visitare li
templi et li lochi pii et devoti , ette
vederu altre dignitate eecalaro; et
andò al monastero de le monache dei
corpo da Crìsiu ad &r rsverentia al
corpo de la beata Catherina, quale
le monache l' haveano posto ve^to
de damascbin berUno ad sedere eo-
pra r altare de la sua ecclesia : che
è cosa mirando, che uno corpo mor-
to de certi anni consentisse sedere;
quantunoha non sia cosi da moravi-
gliare, permetetido a le volto cosi Dio
simile, vero de magiori effecti in
le cose sue sancte. Questa felicissima
sponsa, havendo al aancf.o corpo facto
rcverontia, cuin egr<?gia oblatione, ctim
aiixilio de una scranna scese sopra
r altare , et devotamente pose una
corona de argento in capo do la bea-
ta donna, dicendo : « A costei ben la
corona so conviene. » Et d'alhora in
qna sempre è stato de quella corona
coronato, come se vede. Dipoi che
lei fu quivi, lia lassato in la cita no-
stra aeterna benivolentia et laude.
Fu bella, biancha, bionda, hebbe
OGchii venusti, naso un poco aquilino
che li dava gratia. Hebbe denti belli,
aspocto de grande inaiustA. Fu più
presto grande che mediocre. Le mane
havea belle, come de colore eburnea,
cum le dita longhe". Lo aspecto suo
fu de grande molesta, mansuet,o et
grati oso. Fu in eloquio facunda et
eloquente. Legea egregiamento cum
aliavi acenti et resonantia, et ioten-
tì» Am B popolL Don rfnfcrrlui h
rHom «t B hiaogao wa ttmàSàn, at-
ùMhmimt «t pmdeato, di ch« li po-
poB diMaBo eh0 lei en a loro bau-
glia niatr*. lUrea eompasnone a
4)tt«IU naitop!' donno cbe tion k con-
•arraTBno io pudica fama; le amo-
nivi CDIB mieto niodu. IJ roDCori et ,
ts diiio»rdi(i Rho infra lì suoi sentiva, i
levava VÌA, redacendoU od beniroìcD- J
tia et a pace. Fu donna devota; de-
iunavii spesso in pane et in aqua,
orava, contemplava, dicea cum fre-
quentia suoi ofScìi et orationi. In la
chiesìa del cestello Capuano, dove
habitava, ogni giorno volea tre mes-
se audir^, et il vespro da sacerdoti,
quaoda ad altri tèmpli non andava.
Vivea sanctamento , come religiosa.
Visitava cum fuochi et oblatJone li
templi ot lochi devoti et pii, et pre-
cipuamente ia chiesta de la Nuntiata,
loco de grande davotioii«. Era ele-
mosinatrice molto. Ogni giorno a la
sua corte facea dare per Dio molto
pane , vino et carne. Auxiliava, Jn
quello polea, de le suo proprie sub-
stantie maiitare donzelle, et de le
persone povere secrete m unificava,
senza che fiisse adi mandata, che pa-
rea proprio havesse lei provato le
miserie de la paupertate, In questa •
magnificentia la sua anima vivea io-
cunda et consolata. Fu libéralissima
in quanto a Dio et al mondo, come
vera figliuola de Dio non che de
rìB, qnE (nrmo a ogtd con febea f
fa XcapoG. ad tOBfdd de saacta
Marà de la N«n, CMÓdoii o^jloto
genenit dì fritì otoCTTutì M w-
nfUeo FnnMMiD, de dna rniDe «t
dooento batti, teao petteatatv a «inu-
lto capitoto, opnoo U altri provMi-
nanti, nu>lti vitelG, notti polaau, mot-
li oattratì, pane, viao, straow ot
biada ila eaTalU, eere «t eudiari, che
(a beliisaima coea ad vodora passare
qneata siiirìtuak magnificentia , la
qaale fa de valore circa docati Mi-
cento, cbe farebbe bastato a la re-
gina Saba; quando essa, partita d« le
extreme parte del mondo por venire
ad audire la sapienlia de Salamone,
cbo al tempio li oifei^o cinque talenti
' d'oro et cose aroraatarie, et geme
preciose oflì^rse de molto valore.
Una volta Constantia de Varano,
bella et morigerata donna, moglie fu
de Carolo Manfi-L'do, expulso dui sta-
to suo de Pavcntia, rechedeiido que-
sta libéralissima Hvppolita da sufli^-
gio al vivere, et non havendo lei
aliiora denari nù altra cosa, quan-
timclia molte altre volte l'havea sub-
stentata, se trasse pietosamente de la
sinistra mano uno bello adamante et
(lotte a la bisognante donna, dicen-
doti cbe atrovasso pur denari che
potesse. Molto altre volte se spoglio
de le proprie vestiraente per donare
per Dìo ad homini et a donne povero
et ancora a riche, benemerite per loro
bontate et virtute; molte geme et
altre coso mobile, portò quando andò
ad marito, finite per lionore de Dio.
Infra l'altre cose tu uno specbio, de
valore de dieci milita ducati, et una
pace, de precio de ducati duo milìa;
duo forcori de fino argento, lavorati
cum singulnr felicita de aieli et smal-
ti; et uno fornimento da cavalo de
argento et auro, cum la sella, de pre-
do ducati quattro millia; che, infra
inpignate et venduto, ne rimase pri-
vata.
Quando andò ad Milaoo ad fiu-
tare la matro per la morte de! pa-
Ire, et a la Eua partita per retornare
ad Neapoli, essa matre li fece dono
do una colana de speciose geme, a)
quale facendo estimare ol duca Oa-
leazo, fratello de essa Hjppolita, per-
ché non li piaque fusse de tanta cosa
privato, tua li detto contanti ducati
trenta milia che fa estimata, li quali
poco tempo li durarono, si per il suo
honesto bisogno, et si per li offocti
illustri, gri'al'i a Dio, del suo magni-
fico animi>. Ricea lei, che per que-sfa
sua munjlìcentia non espenderebbe
mai la dignità de la duchessa nel fu-
turo titolo do la regina, ina obe se
facea una investita di geme in pa-
radiso, p^r fugiro la compagnia de la
scelerata meretrice de avarìcia. Non
fu mai sumptuDsa nel vestire; le sue
vestimento i?rano assai de drappi rasi
paonazo et neri, cum grande potit«za
et prestantia; li ornamenti del capo
oran veli de molta honestudc. Botto
345
li quali el vcausto Toltu rendea mol-
ta gratìa, per la quale se iudieava
come sancta fama de le suo illuBtre
opare la pudicitia del suo pecto et la
integrità de la moute. Fu donna de
grandisaimo naturalo in tutte le cose.
Sapea parlare de hystorio, do le con-
dictiono di stati et di regni, cit come
quilli se doveano aquistare et man-
tonore. Sapea disputare de le cose
urbane, de le arme, de' cavalli, de'
cani, sparvieri, falchoni, do la agri-
cultura, de li eiercitii de le donne
et do varie virtù degl' homiai, che
era una felicità ad audìre. Diesa ohe
li principi di populi aquistarebbeou
più facilmente el regno del cielo, che
li religiosi ne lo spelonclia, quando
cuin timore de Dìo regcssono. Dete-
stava cum angoscia li vitii et spe-
cialmento de le inpudicho donne, et
vituperava quelle che vogliono essere
nel numera de le boneste, che vesti-
vano fogie piene de vanità, frasche
et di vento. Non Laverebbe voluto
che niu ^enlildoniu mnì baT»
ùiclo ano spato et dqo g^stocbe t
Desto noD fuBse stato. Le parole e
lei forotio de tanta Tir(ut« et dul-
ceza, ch« haverebbeno accoso el fao-
cho sei lazzo. Sapea cava p^oàe mo-
destia cum 0^ geni?ratione depor- ,
tarsi, excepto cam li adalatorì, snx»-
roni et riportatori de mali, li i^uoli
fugìva come pestifero morbo, perchd
dic«a erano quilli che ruinavano 1«
citat« et li regni.
Sempre fa de honesle parole et de |
egregii costami. Non fu mai chachi-
nante in piacere che haTeeee, ma be-
ne cum modcstis^mo et casto rìso.
Non Bo se nna altra intra le Ctnd-
nate donne, intra le Pabrlcie, Curìet
Lacretje et Sulpicie, splendide,
cte giovene, ma infra le antique de
proreta Retate, et infra le tUastl'O fi- \
gliuoie del savio et grande Catone,
essere euperalA, Mioa alcuna sentiUa 1
de lasÌTÌa; di che è da essere eial«
tata cum maxima laade, Quando davs^
34-
auilientiii et cho in piedi stava, era
cum tanta inaiestatfì et mansuetu-
dine, che parea uno divino spectuca-
lo. Sfl traheva a lo volte, in la au-
dientia, per uno nobi! gesto spinto
<la propria natura, el guanto da la
dextra roano, et quoUa cum el spo-
gliato guanlo alcuna volta distendea
gioso Eopi'a la camura , batendolo
aìimanto suavemente. Aloiava poi a
le volte gli occbll in C[uillì , a li quali
audientia dava, et calava cum tanta
venerationo, chi> pareano gvstt cele-
sti, non che humani. Mandava ogniu-
Do, aecundo lo condictiono ùe gì' ho-
mini, satis&cti de quello elle potea;
li quali dìceano: « Signor Dio,
quando sarà il tempo che costei sia
regina, chu beato tutto el regno 1 i»
Oh quanto el vero diceano! Glie ae
iudicava non fusse stato donna, molto
tempo facea, de più gratia, virtufe,
bcnivolentin et magnanimitate , per
modo se regina fusse slata , ìl regno
parthinopeo se liavorobbu potuto chia-
34H
[iiai-e beato. Non havorebbp t«inal<
mai el i^gQo Id mjnacìo ile li pontiù*
nù de altri potentati, perché a lei,
il splendore de le ette virtule, se ì
verebbeno facti reverenti , in glori^'l
àe tanta donna, Havtjrebbe dato lej
prudenti; mente a tutta Italia. Non a
cadette a lei dimostrare la bus Tir-
tute In li accidenti di guerra, per
tiavui-e liaruto maritu docto la la mi*
litaro disciplina, et de fona de ani-
mo et da ingegno; ma quando r lei '
aperlcnuto fusse , liaverebbe dimo-
strato non maneo gloria, che habia
facto alcuna altra valorosa doona, et
come vera figliuola de lo invictissi-
mo duca Francesco Sforza.
Hehbe dui figliuoli, uno maschio,
nominato Ferdinando, principe de Ca- l
pun, et una femìna, nominata Isabel-
la, in memoria do la genetrice del |
marito, cbo celebrata habìamo; la i
quale figliuola, pei- pontificia dispea-
aatiune, ad quiete de li italici stati^ ft -J
copulata al consobrino Zoaone Ga- \
lonzo Becundo, duca quinto de Mi-
lano. Questo principe de Capua, uni-
co figliuolo (Io la oscelloiitissima don-
na, uno giorno, per grandeza et pre-
stantia de animo, travagliando uno
gagliardo cavallo, f|uello lì cade a-
doaao, per modo fu levato, creden-
dosi fusse BJorto, et circa xiii giorni
stelo come exanimnto. La matre, per
questo crudele accidente ol tramodo
dolorata, recorse a la pietAto de Dio
et de la gloriosa Vergono, che retor-
naesenu il figliuolo ne la pristina va-
litudine:ot cosi tutto Neapoli, per la
pietate liaveano a tanta dona, fece
processione, perchè l'Altissimo ren-
desse la salute al figliuolo. Ultima-
mente, essondo uno giorno lei intorno
al figliuolo, cum franco animo lo
chiamava, confortandolo , et che so
recordaase de la misericordia et fede
de Icsù Cristo; et lui come morto
non respondendo, lei se partk cum
pianto et strido, et disse: « prin-
cipe, figliiiol mio, come te ho per-
:i50
dutu! » Bt andò cllu ne la sua ro- ]
mera avanti lajmagini? di la regina
del paradiso, mativ de misorìcurdia,
et percotendosi 11 pecto cura tanto
lachrjme et pr6(^Ì atlimandA la salute '
del figliuolo, chi? non se parti da la
oratione, elio It sraariti, o forai pep-
duti spiriti retornarono ne lo exani- .
inato corpo del figliuolo. Questa sa-
late, Bubilu niititiata a la trìbulata
matre, ossa fu premi de tanta cunso-
latione, che alquanto prima potesso
formare parola, in ringratiare In pio-
tate divina, al figliuola corse ad a-
braciandoto, cum quella tenerezza aha
credere se debbe, per haverlo veduto
da moi-te ad vita resusitaf.o. Li a-
stanti tatti hebbeno tanto gandìo et
tenerezQ de la consolatione d« la s
tre, che tutti piangevano. Da lei, per '
conseguita salute del figliuolo. Dio, et
la gloriosa Vergene, et tutto el patA* - '
diso , cum oblatione et oratione fa- j
rono hoDorati et rengratiati sempre, '
fin che lei vi Se.
351
Dipoi circa alquanti mesi questa
consequita gralla, lei se infirmò de
una apostema nel capo, la qual fu
de tanta crudel forza, per le iniqne
stelle, invideiido q tanto bene con-
nesso al neapolitano regno, ohe pose
fine a li suoi giorni, haveodo de Bua
aetate anni qiiarantadui. Moritte oum
gi-ande contritiono, confessata et co-
municata, existendoli, per saluta de
l'anima, devoti relìgioGi sempre, co-
me lei havea adìmandati, fin a l' ul-
timo spirito de la vita.
La morte de costei dolse a tutto
il regno, al re socero, et a l'alto
marito, et specialmente al principe
suo figliuolo, ciie Gonsolaro non se
potea. Fu sepulta cura quìllì rogali
honorl do exequio, che convenivano
ad uno pudicissimo corpo de tanta
duchessa; de la cui memoria tutta
Italia cum benigna lande ne parta,
et parlarase tanto, quanto da la me-
moria de li Uomini amatori de' co-
stumi '.it virtù coleste, per felice glo-
so. 0( Cinrtk * tahac.
Inbs l'altre Olnstre donne de st jr> |
pe et de hooesta Tidaitat«, Ironuno 1
una notiitiesinia llglhtoJa <iel ^norj
TbonuflO de SaloBo, mardiexe pi»-1
darò, la tjaalo heUw nouw Ritarda,, T
che emn stngnlar finte et trini
fa maritata in Nicalao nardMee E- I
stense, de non poco valore, et di 1
Ferram feUdwimo prìncipe. Pn doniM i
de Tolto bella t cam occhii aeri,
de capelli et peli alquanto rosai, et
di pntentia egregia; et fh de me-
diocre gimadeKa. ti parlai» «ao fa
raro, ma honeeto, prodeate et ornato
de boni costumi, oanvénienti a fi- j
{pinola de tanti) nobÌl<^ marcheM. Fa J
dnonji dnyote, danoetnado sem«
353
come fldole cristiana, bavere da Dìo
timore. Coatinnameate, de quello B6
potea in lei indicare, aestimaTa ogni
persona cum molta humanitate. Per
quello tempo che li visse el marito,
fu cum honore et gratia de lui, et
cum commendati otte de li suoi cìla-
dini. Intendendo lei che 'I signor mar
rìto, come effecto de la fragilitate
huinana, li infriiigca la matrimoniai
fedo, liebbe grandissima tolleranza,
portando grande reverentia, cum sin-
gularc humilità, al prefato signor
marito, quantuncba in la mente li
fusse singular despiacere; perchè a
la maritata donna ■ niuna ooga fi de
più affanno e de più dolore, cbe ve-
derse tore, per strana et inhonesta
femina, quello che una volta gli è
dato per lo sancte lege del matrimo-
nio. Ma la eancta integrità del ma-
trimonio et la conservata castità la
consigliarono a tanta tolleranza, per
la. cui virtute è da eBsero amata et
levata ìn sploodore de altìsEÌraa laude.
Ì3
Hebbv dui formoBÌ fijsijuoli,
etile et Sigismaodo, che di prestan-j
tia et di raion molto ne ì' arme fiit-
seno. Hercuìo, come primogenito, sae-
e««se nel paterno stato, cmn loogo
disio, ne li ansi ririlj. Ma lei, es-
sendo vedoa restata in giovene et&to
cum li picoli figliuoli, et in loro non
restare il paterno stato, forai per cs-
Bore troppo fanciuli, et essendo quel-
lo perT«auto a lo imperio dei dui fi-
gliastri de lei. Tono drieto l'altro,
Leonello et Berso, naturali fratelli de
li figliuoli, prese sdegno et partisse
de Ferrara, et retonò ad Saluio, in
la paterna casa, dicendo che mai in
Ferrara tomarebbe, so in quella pri-
ma non vedesse principi li figliuoli.
Li quali da Leonello furono mandati
ad Neapoli In la corte de Alplionso
de Aragonia, re in qnilli tempi do
grandissimo splendore et virtute,
La illustre donna in la paterna casa
se gubernò sempr? cnm grandissima
hoiiestate et castimonia et gratia dft'
I
qnillì populi, et non gi& per cresoerBÌ
fama de andare a le seconde nozze,
ma per propria bontate et virtate, a
la quale ubiditte fin a la aenectute et
morte. Che certo, essendo lei ^ovene
ut bella, non cansequite manco gloria
de honesta et pudica vidnitate, ohe
facesse la bclissima Antonia minore,
eiemplo de clara vidnitate, figliuola
de Moi'co Ajitoaio triumviro et de
Ootavia sua consorte, et megliere ohe
fa de Drnso, fratello de Tiberio Ne-
rone, figliastro de Octaviano Augusto,
che 'l resto de ia sua vita, doppo la
morte de esso Drnso suo naarìto in
la guerra Oermanica, sì sanctamente
sotto Livia sua socera consumò, che
per celebre viduitate superò li preco-
nii de tutte le donne a lei state a-
vanti. Lei per la sua bona fama, et
per essere giovene et bolla, et indicata
non potere più sperare fruire el stato
del morto marito, fii da de-gni signori
adimandata in matrimonio; et quando
era rìciiiesta , dicea che ancora el
maritg li vìvea. Xoa ohrini^ati f
Valeria, nobiliBniia Romaaa,
doli Toarto Saaio «no raariiu, a qailE
che li dimoDilaviuM U raauoe per^*
noD se remantava, dicea che sempre
il caro marito li virea.
Po perhA coafortita U hoafsttBinui
doDiia cum pradeots couifUo se do-
vesse m&rttare, trovando degno ma-
rito, perché a le vedete, donne gio-
veae et beU^, non deadice per hooore
He la pudica &nia. vivendo nel sodi-
lo, andare a le secunde notze. R«-
flposo loi, essere vero che non li de-
sdirebbe, perchè ad Anna, figlinola do
Isacbcr, genetric« de Maria Verbene,
imperatrice di cieli, non deadiaae nia-
ritaras tre rotte, ch6 morto Ioacbino
gè maritò a Cleophas, che da loro ne
nacque Maria secunda, la (jnala se
marìtA cum Alpheo et Lebbe qaatro i
figlinoli, lacobo minore, Simone, Iud»J
che fu poi nominato Tadco, et loeephfl
insto. Quisti quattro fratelli furono J
chiamati fratelli de Ie«ti Chrìsto,
k
3S7
sondo nati de dui fratelli et eie due
sorelle. Anna poi, morto Cleophas,
suo secusdo marito, se copulù cum
el terzo, tiominato Salomone, De que-
sto matrimonio terzo nacque , cum
molta simiglianza a lesù Christo, la-
cobo magiare et loanne evangelista.
Sì che, ancora disse, essere c^rta che
a lei non desdirebbé andare a le se-
cunde nozze, raa una volta lì bastava
essere stata maritata; et che era in
la paterna casa, et ben veduta, et che
vivea sotto la custodia de Dio; et che
non potea mancare di Eperania in la
divina iustitia, che quella una volta
non restituisse el paterno stato a li
suoi figlioli.
Così dunque, cum questa speranza
in la sua honesta viduitate, essendo
vivuta circa trenta anni abeente' da
li figliuoli, quali pervencno ne lo aspi-
rato stato, et Herculc, come primo-
genito, fu di Ferrara creato secundo
duca, doppo la successa morte natu-
rale, r uno doppo r altro, da li prin-
I nehi ■
t ataCo, «C d pv
v«daU.Tiae b ewolrtK doaM presso
li «Sri ti^aùB dappo b na nuta ad
femn orca qaatM aiun, eoiBen—
daUbacnle et aaa mmm Aa B ^yu o uia
d« Ai^oat» saa aaofa, mog^ del
•no pnawgMìbH et tona taaeora M
Fui fai MB popalD.
Qncfta donaa a ne pane de noUa
honwtate, eentimcnto «t beai eoets-
loi, qaando al duca Uercale, soo pn-
taio prìmo^nito, in Dume de la iUnstn
nuslnt republlca, ewondomi itapoc
359
da lì prestantissimi oratori do (jaella,
conte Andrea Bentivoglio et Albertho
Cathaneo doctore et cavaliere, pre-
sentai cum mia breve oratione, nel
tempo de le triumphante nuptie de
la serena Elyonora antedecta, tri be-
liasimi vasi de Sa cristaLlo, ornati de
auro et de argento, et cum effigiati
adamanti et flori de margarita, divisa
di quel principe, et insegne de la no-
stra comunttatQ, posti egregiamente
cura richi smalti ; che la prefata don-
na, doppo lo rìngratiamcnto del feli-
cissimo figliuolo per lo i-eceputo pre-
sente , a quello CUOI discreta laude
rendette lionore, reconlando cuoi pre-
stante maniera et savie parole in ho-
nore de la nostra citate, il presente
che a le sue propi'ie nuplie fu &cto
per la nostra republica, che a mi
fu iocundo audire.
Venuto il tempo de la fine de la
prudentissìma donna, essendo de anni
piena, se infirmò dì febre, per ta quale
in brevi giorni confessata et comuni-
<.:ata et uitcta <le la extroma nnctl»*'
ne, culli grande devùtjone pormutd la
vita ctim la morte. Li illustrì %lÌiiolìt
dolanti per la perdita de tanta gene-
trìce, hoiioi'ai'ouu il morto corpo aam
ijuello exequio et funebre pompa dio
li conveni'a. Tutto il clero et il popolo
di Ferrara, vestito a nero, li intra-
veniruno cum graudlssimo ordine et
magri ificentia. La virlute dunclin, pru-
dentia et honestate de questa illustra
donna tiabiama recordata, Jnii'a l'altre
donne olare, per insignire de benivolen.- j
tia et honore il nostro Gj-nevero, quale |
soa certo ne participara cum lu pru-
dente Lucretia Estense , sua prima
nora, nepote du la benigna memoria
de la defontn Rizarda , do lei ava
paterna: da la quale, nel tempo che
io feci lo antedecto presente, cum te-
nereza più volte fu ol)sciilata, comò
sua nepoto et cara Ugnila del duca
figliuolo.
^1 31. Da Frani
^P Non pus sia
31. Da Franaama Bruna de fi Arienll
Bologntie.
Non pus siami) fure che a queste
nostre lucubratiom\ por invito di be-
nigni cieli, non agiungiamo cvm debita
laudo la virtA de la dolco mcmaria
de la luia consorte, sì perchò in lei
fu vero amore , fu intera fede del
matrimonio, et la conservata castità;
per il che trovandosi hoggìdì questa
virtù sancta rara, meritamente debbe
essere levata in splendore do non poca
laude; et si porchù fu de le lettere
amatrice; et si perché, vivando, a mi
fu continuo sperone al fianco, dovesse
el mio ingegno afaticare in gloria do
quelle donne che sono state per vir-
tute dare, per ornare el nostro Oy-
nevero, quale da lei fu sempre obser-
vato; et sì ancora perchè du lei fui
tanto teneramente amato, por le san-
ctissìme lega del sacro matrimonio,
che haveadome veduto linii'e, et in
topunendomi porhù a la difesa dì pru-
denti censori, et cum quella pia in-
cropatione che voraao , ad penitentia
del mio humano peccato.
Questa mia consone hcbbe noma
Francesca, figliuola de Cat-olo di Bru-
ni, homo che m qullli tempi, essendo
molto giovene, floritte de integrità et
de li Immani studit, quanto altro Bo-
lognese de k sua aetato. Fu in la
nostra citate la sua famiglia nobile
et antiqua et porillastrata de regii
privilegii da Phjlippo ot da Carolo
re de Pranza. La pudica matre de lei
fu de' Megivilani et Bargelinì, fami-
glie clare in la citfi nostra. Costei a
me fu coniuncfa, vergene polcella, de
anni xviii. Li suoi parenti la poterono
maritare ad homint de più condictiono
et fortuna di me ; ma lei, come temJua
de bona conacientia, non volse, si pei--
cbà le fortune ot rìcheze de quilli tali
non erano bene aquisite, et si perchò in
loro iutendea non essere bone virtute
et beni de l' animo. Ma intondendu
ihwu, 4Ìea t^ S trlii fa — i ^
dlwn). RvU» dW tinlTMB" eeett.
|4«ai d« crawl» luwalalK fc pia fre-
tto bruu «b« Waariia; fii è» hsBdia
IFnuid«ta. Non fii T«aa, at posifgM;
Imr hkVM ptaoitTe, ^muId htnwina
■•■Mtw triliniUi Usde a 1« «ae «pere
-l vliiute, come cihu dulee ■ 1' bn-
inofin larate. Ma I>ìo d« U iiiboita
Iniulii riitf^utiava, per fogin ri ped-
initi] Ao la rsnaglom, perefaè da amo
Din tjfrni Inuiln Bt gloria per tna ma-
iilfliuiiili» procedo, ot non por le ao-
stre opera reputare dobiaoio. Parlava
raro, ma quando pur parlava, erano
prudente le suo pareli?. Era orData
et polita in tutte le coso; che ancora
ia sua polit«za et ornamento, cum sua
benigna memoria, odore me rende.
Era remota. Non fu curiosa in ve-
dere feste. Fu assai virtuosa ne lo
oxorcitio donesco, et discreta guber-
natrice de la casa, iocunda et grata
ìd ricerere li parenti et amìaì , in
forma che uno ucelllno facea parere
falcane. Havaa piacere assai in audirc
logere lì versi do Virgilio; legca lei
voluntiera Plinio de naturali hjstoria,
posto in materna lingua, et de li li-
bri spirituali et sancii. Fu donna
molto devota et de bona conscientia.
Quando a le mane qualche lucro me
pervenea, me dicea guardasse non
fuBse de peccato, perchè più presto
volea l'aqua et il pane, che le deli-
cate vivande contro conscientia. Se-
cnndu le sue substantie fu elcmosi-
natrice. Se dolea alcuna volta non
bavere roba, |k.t muoificare li parenti
et amici, et li poveri de Dio. Iq lei
fu una liberalità fuori de natura del
seio fcmineo ; spesso la vidi per do-
glia fremire li denti, in dispretìo de
potente avare fomine, le quale lia-
veano posto la loro felicità in U loro
ornamenti disordinati et vane pompe;
per che haverubbeno facto cosa oh©
pia gratia et gloria al mondo et a
Dio essere munifice et liberale, et dì
propri] panni spogliarse, vostendona le
povere et costumate donne et don-
xelle , et li nudi , de quello ohe lì
avanza. Lei fu de natura molto pie-
tosa. Quando la nostra citate Ai o-
pressa da grande penuria, che rìcbì
et poveri haveano sinistro del pane,
che mai tanta penuria se rìcordara
per viventi (se audJva il giorno, et
specialmente la sera et la nocte, gri-
dare et piangere li poveri fanciulli
per la citjite , adìmandando il pane
per non morire do fame) , la pietosa
mia consorte se facea chiamare in
casa quilli che pasBavano per la sua
conlrata, et cibavali de quello paco
de pano, che supportava le nostre
aubstautia. Et la nocte, noa potendo
lei patire, per amore de Dio, il pianto
ile li mìseri affamati, so levava del
lecto et facevali, uno, duo, o tre, per
la serva in casa condure; et refrigera-
vali al fuoco, essendo il verno, dan-
doli da mangiaro et da dormire; ohe
io non la seoti'a, ne lo sapea, se non
il sequente giorno, quando me levava.
Fu Bolicita in le sue oratioue. Fu
casta, pudica et contineate, per tale
forma, che più volte hebbe a dire, se
lei Dìo non offendea, et havesse prima
la copula carnale cognosciuta, mai se
sarebbe congiunta ; et a. questo ne
chiamo testimonio Dio et la mia con-
scientia. De lei hebbe octo Ggltuoli,
quali, fin che vise, furono alevati et
nutriti, et in documenti de Dio. Di
quali figliuoli , uno do anni octo in
duo giorni da rei>entina moi'te fu ra-
pito. Questo figliuolo, oltra el sensuale
iii«ì»iK:oQia. ónlntBidp wm ime à
b&Tcn botila a»o JgBiJft. I wwuA»
4e •■• «Btatf ««qàte «ari xxx».
TMiia 0t Bereede i
flC «iMoate , ptrenli «t aiiùd , ae Ìb
rwwnw tftcto de hsi, rirgin^ o om-
i«gMi« fi. linTimiii oBéeL Infr* qinfi ,
flaesdoli TcosU ad rkitan BtatfÌM
dooma d« grudiMtaia UbcnlìU et
reli^oae. «t cwa conhnta del costo
Andra BenlJToglki, alciA U laiign£
occhii, ot disse, per gratitudine di
receputi bonefcìì da tanta donna, et
per la caritevole risitatione , che se
essa andava in luoco de salute, pre-
garla Dio sempre per lei. Poi, il se-
fluente giorno, havondo cum le pro-
prie mane date per Dio alcuni denari,
et satisfacto ad alcune obligatione a
Dio, et havendo dato la sua banodi-
ctione a li nostri figliuoli, cum optimi
documenti, (>t confortato Angelica,
nostra prima figliuolo, che so renclu-
desse a li seiTitii de Dio, che me-
gliore stato non potea trovare; et
disse il simbolo de la nostra fede,
ijuale, per rochesta de lei, dire glielo
nintai. Detto che 1' hebhe , ben affiin-
natamente, pi.<r mancharli a poco a
poco li spiriti vitali, stette alquanta
quieta, et poi misse uno profundo su-
spiro, dicendo: « Oìmél » Il patre de
la sua anima, che intorno gli era,
disse: < O madonna Francesca, el pare
che habiate paura: sperate in Dio,
che e misericordioso. * Respoae lei
guapii-ando: < Tutta la mìa eperanzal
6 in Dio, ma io ho pur pnum de la l
paura^ perche non so dove mo vado. »
Kt poi, sposso Icsù ÌDTocando, iaasò
la misera et dotooto vita; et me, in-
siome cum gli altri suoi coniunti,
starno pieni de pianto ci de ein^ti
Feci vestire l'hoDcsto corpo de aarsa J
bianciia, ad honore de Maria g^loriosftj
et beata Vergine, et così, oiun qaeììi
funebro honore che a aii fu possibile^
al sepolcro mandai. Lu sua animtf
possiamo indicare che se repoasa in- \
fra le beate , orando per il nostro j
Gynevero, che tanto in vita da lelj
dolcemente fu observato;
pre lei fu do affectione a
virtuosa foma de la infrascripta doit<
na, che ancoia vive per honorare t
nostro Gynevero, nel numero de I
dare donne, in questa forma.
Uavendo noi duDcha facto celebre
memoria de la virtù ut splendore de
raolte preclare donne, a mi 6 parso
illastre Oynevera, unica mia oiadon-
na, inconveniente et degno de repren-
stone, et la nostra gratiosa faticba
inperfecta, passare sotto Bcilentio una
nostra felsinea donna, degna di per-
petua laude; la quale, ancora viven-
do, non me poi'o manifeatare il suo
nome , instituito al sacro fonte de
qnello che possedette la valorosa ver-
gane , figliola del l'e Metaho , regina
de' Volsci. n nome danque , ben che
sia de molto splendore , a mi non
piace altrimenti explJcaro, perchè fin
n la fine non se può l' homo chiamare
beato; ancora che costei habja proprio
insito da natura et celeste privilegio,
dal suo nascimento fin qui, in la sua
fiorente aetate, il Iriumpho de grafia.
de n&rae, fsma, pndìcìda, honi
et coDtinentia. Cosi existimo uo for^
tar& victoriosa palma, trÌDmpb&iido,
al cielo.
Se debbe dunque sapere ohe qi
donna, per origine de sangne, é
de egregii parenti, decorali in
li hosori et dignitatc de la nosl
magnifica republica. Lei, sempre il-
lustre et drcanspecta, de una natu-
rale et serena lielleza, de honestate
et de eximii costumi, pioni de molta
Krutiti, et in li di^i oxercitiì et vii
muliebre scientifica et perita
beate quelle donne, che de sàa
versatione aon degne. Li suoi occhi!,
[liù presto bianchi che neri, sono bolli,
do gratta , reverendi, cum ol fronte
spacioso et li onorando. Biancha de
carne; cigli neri perfijati da propria
natura; naso et bocha proporti o nata
a la beleza, quale ostando per bone*
state, più presto celesti' che mortale
La dentatura, de colore de orioni
perle , cbo procodc da la perfectionfl'
olta I
irUt^H
373
del capo et sanità del stomaco, cha
li fano el flato olente. Il suo casto
pecto ha cum honeBtà recolto, et cum
honestissìmo Telo coperto. 11 parlare
prudente et dolce, ma raro et cum sen-
timento assai; che lo sue parole pa-
rono rose et viole , che farebbeno per
rirtute huiniliare un core crudele. Il
riso 9UO casto, cum l'ornamento de non
troppo rosati labri, è. de tanta grati a
et soavitfL, da dolcire l'asentio, che
scrivere noi potrei. Le mane virtuose
et un poco pingue, simigliente quasi
al coloro eburneo, W andare, il stare
suo 6 magnifico , ma summisso per
honestal«, cum habito de religione,
che propm parla cum scilentio. Il
conversare honesto, humano, grave
et mansueto, cum beatitudine dì chi
la vede et gusta. Lei divota, grata
et discreta dì benefioii recepnti, libe-
ralo, iocunda et affabile nel recevore
li amici et parenti ne li suoi conviti,
ornati de ogni prestantia et legia-
driii. El suo proprio cibarse è cum
374
grande modestia, t^mporantia , «t^
brìetiì, scik'ntio ot politela, cho cbiM
la vedo ne piglia dolee piacere <
singular exnmplo. Dlatostra cum inar<9
gnì fiche maniere bone Età altere tìa,V
quando se silegaa de alcuna offaa-J
sione, corendoli el sangue al bianoo'l
viso. Come costume de li animi gen-T
tili, lei, timida de infamia, vergo-<
gnosa et pudibonda, ba prestante in-]
gegno. Certo in molte parto demo-<
stra animo generoso; onde ludico (
affermo, se lei havesse babiuto ilo-^l
minio, stato et fortuna, et !
la generosità del suo pudico coro^J
non sarebbe stata de minor virta^
cscellentia et fama, cho forai se gianofl
state de molte che babiamo narrato; |
come credere se debhe, che la. po-
vertà et la scarsa fortuna le più vol-
te tene sepulto la virtù et prestantia
de li animi generosi; comò lei ne ha
spesso per doglia auspirato, non ba-
ver potuto per inpossibilitA fare,
quanto a Dio et al mondo, upe
gna del suo magnifico animo.
375
Hebbe costei ìntegerimo marito, de
bona famiglia, caramente amato da
lei, cum tanta fede, che mai l'aban-
donù fin a la morte, de quella vene-
nosa egi'itudiae, per la quale ad qui-
stì tempi r un l' altro senza piotate
se abandona. Hehbe do lui tri belli
et candidi figliuoli, che paronu, per
loro bianchesa et costumi, hermelini,
et veri figliuoli de tanta matre, la
quale cum pietate et boni costumi
nutrisse. Se trova, comò pui'a et can-
dida columba, nel stato viduile già
passato Jl quinto a imo, cum molta
houestate et lauda de U sua casta
belleaa et gioventute, de non poca
virtuto ornata. Se existinaa, per con-
tento et consiglio de cari parenti et
amici, et por il sno ascendente, pren-
derà mai'ito, per due raaone: la pri-
ma, per non essere administratrice
de la beredita del marito; la eecun-
da, per non inquinare la sua houe-
state et belleza dal mormorare del
vulgo, crudoiiaaimo censore de 1Ì altrui
:ì76
cnstumi. Ma ben dico, che haelO tò- '
Ini , a chi per felice sorte (.ocharft
tanta donna!
Questa donna, come serapre ha fa-
cto, vive moralmente et cum solitu-
dine in casa, renolusa molto, come re-
ligiosa. Lege, ode et intende Toliin-
tiera cum atiiotione cose gentile, (it
maxime la gloria de quelle donne che
sono state et viveno al mondo -cum
honore, fama et religione. Fuge come
Vtìneno li disonesti et lasivi parlai'i.
Lo facende et oportuuittì de la casa
in quello che a lei conviene, common-
dabìlmente rege et guberna. Ama Dio
Toluntiera, visita li luochi sancti et
devoti templi. Dice l' officio rie la glo-
riosa di cieli Regina; le messe, li of-
ficii divini et verbo de Dio gusta cum
fervore, che chi la vede cum dolceza
de lei, in laude del summn principe,
piglia effectuale exemplo, et cum la
mente loro l' hano in reverentia et
dilectione. Veste in grande politela
panni viduiU et fogie honeste, et il
377
capo et el venerando fronte de lu^-
bri veli coperto. Desprecia li buiu-
ptnusi habiti et portamenti et fogie
vano et lasivc; et li liaamenti de li
visi artificiati non pu6 vedere. Ama
le persone costumate et de virtute :
se aSlìge de le impudiche «t sceloratc
donne. Non lauda quelle donne, che
per ostinatione de alcuno suo apatite
non ee inclinano a 1Ì fideli consigli
de li suoi coniuntì, dicendo che meglio
e prudentemente obedire, che n se
medesima por ostinatione et dureza
satisCire. Costei, ultimamente, e de
tiiula bontato ot virtù circunspcctu ,
quanto credo a li nostri tempi in la
cita nostra so possa trovare.
Oh quanto tii felice il ventre de
ijuella Margarita, sua pudicissima ma-
ire, che la portOe, et quell» castissimo
lacte de le pupo die sorbite, per ìl
che il suo sangue ha nobilitato, et &a
noi de hont^stato il soxo femineu cnm
colesti fulgori illustra I O raatpe, et
tu patre, quanto seti tonuti a Dio et
J78
a la natura, ohe ve Iiabia dotati d«^
tanta figliuola 1 Alegrativene ot fatene
festa, rendcDdone iulìaitc grfttje al Re
superno, perchè ad voi et a la nostra
carissima patria ronde gloria et lio-
nore. A lei non inanca per intiera
felicita Btì non essere copulata, (exi-
stendo al mondo), de marito couy«-
nionte ad sua virtute. Voi dnncha
donne, che lionore, fuma et gratia
desiderate, non ve sia molesto n6 fa-
tieha pigliare esemplo de tanta donna,
che fii la vita casta ot iocuoda de
ciascuna. Et voi misere, ohe lasivando
inliooeslate vivete, ad vostra confu-
sione, pensate in la vita de costei,
che in questa vita i> cum Ingente
laude celebrata. La quale, ad perpe-
tuo ornamento de la nostra Gjnevera
opera, & già facta citadina del celesto
regno , lA donde sempre ee tubila
ot triumpha; che cosi piaza a lo ae-
tei'no principe che insieme cum leii
come li nostri animi fìirono sempre
pudicamente uniti, sua divina MaiestA
379
contemplando, possa tanto gloria et
beatitudiiio degustare, cura rami in
mano del nostro odorifero Gynevero;
per il cui amore , havendu conducto
al desiderato porto la cymba , carica
de le nostre gratlose fatiche , co-
Diandoremo a la Anita, opera, che ne
vada ad trovare quella excellentissima
donna, che perpetuamente la debba
possedere, in gloria del suo odorifero
nome, in questa forma.
33. Inttfacliona da l'opera, ohe so prnonti
a la mìa exoelia Madonna,
dora debba itafs perpotu^menta.
mia opera, illustrata del nome
eterno de Gjnavei-a Sforza Benlivo-
glio, prima che vadi ad sua excellen-
tia, non te ornare de auro, né de
argento, se non do fronde di Gjne-
vero, in segno do letJcia et pace. Poi
andrai ad trovarla, adcompognata de
fede, de amore et di speranza, fuori
de la cita, a Belpogio, palazo de non
poca iocundit* et prestantia, situato '
sopra vag^hi et ameni colli, in la ra-
dice del inont« Apenioo, I& donde,
in compagnia de molt« ^eoerose don-
1 dpsid^rio te aspecta. Ta en-
traraì prima nel bel cortile, cinto do
alte mui-a, come de uno castello, dove
trovai-ai uno fonte fabrichato, che in
alto scaturisse acqua viva, la quale,
per nutrimento, dol tempo estivo rin-
frescLu le vagbe et odorìfere herbe
che ivi sono cum li varii fructi, lauri
ot bussi et gyneveri, come de un bel
giardino. Poi ascenderai dieci gradì
(le scala, facti in pietra viva, larga
quanto fìa el palazo, et pervettirai
sotto la logia de quello, firmata so-
pra odo colonne de i-ossa pietra; et
se quivi, sottfl qupsta logia, overo
sotto la seguente logia, a sinistra
mano, firmata sopra cinque altre ri-
mile colomne, non fusse; overo a la
deitra mano, alato le tre grande fi-
nestre de ferro gabiate, non fusse la
sapientissima Junna; verso quella pur-
3«1
te, dove è dì fuori pincto uno fiero
Hercule, che in una mano tiene sii-
porbament^ uno troncbo, et ne l'al-
tra uno scudo, cuiu l' arma bentivo-
glia et divisa sforcesca, montarai la
scale del palazo, et trovarai lei so-
pra li pogioli de trentasepte coloiD-
nelle de rossa pietra, tondi ot in octo
tacie, dove se vede li fructiftìri monti
curo el piano et tutta la citate. Se
ijuivi ancora non fusse, ella trovarai
o in sala, orerò in una de lo adorne
camere sedere in lepidi rasionainenti,
l'fìchedendolo el tempo et la stasone.
Come la vedrai, fa a lei leveren-
tia, et no le sue mane te poni, di-
cendoli, che se non sei ornata de
quel splendore che a la sua gran vir-
tute convìrebbe, se digni per clemen-
tia perdonarmi, cbo meglio non ho
potato ; ma dignase acceptare la fede,
l' amore, et la speranza che sono in
tua compagnia; lo quale virtute, le-
gendoti, spesso t.rovarà sincere in
loco de la mia inpotnntin. Son certo
che albora, dolcemenl» ridendo, co-
me costume de sua benigna natura,
dirà che sii la ben venuta, et forei
te osculare molte volte, ponendoti in-
fra li suoi più cari thesori, aciò ìa-
gieme come Ìo possa sempre vivere
contento. Ma se lei, overo alcnna de
rjuelle preclare donne ohe sarano cum
lei, dicesseno, perchè non ho facto
memoria or de quegta or de i|uella
altra, defonte, et de quella altra vi-
vente, di bassa et de alta fortuna,
che honestamento «t oum degna vir-
tù vivano, alhora cum reverente or-
diro responderai , che ds tuUe non
habianio possuto sapere; et se ìo ba-
vesse terminato celebrare le vivente,
ne haverei de ogni Stato, cum debita
laude, recordate molte de la nostra
citate.
Come sareblw Elysabetba de' Bian-
chetti, famiglia clara infra 1' altre
felsinee , consorte già do Ludo^nco
Bontivoglio, cavaliera et conto et pa-
tricio prestantissimo, chf i^ pervenuta
383
a r ultimn vechieza, cum laudatiasi-
mo nome de religione, per la qnale
è stata da poeti ot da oratori cum
laude levata al cielo; et de quanto
prudente consìglio ancora se trova.
Et coaie sarebbe de tanta dona la
figliuola Beatrice Salicela, coniuncta
al magnanimo patricio Conte Andrea
BenttTOglio, donna de singular bon-
tate et munificentia , quanto altra
presso noi se trovi: et il prudente
modo, dava a l'unico figliolo essere
liberale; per il che ha meritata la
inscriptiono do I' opera de le excel-
lentie de la Regina di cieli.
Haverci saputo recordare le bel-
leze, virtute et honestato et savio in-
tellccto do Julia, consorte del conte
Hercule Bentivoglio, che fin nel suo
pudico ventre le figliuole sono in mar
trtmonio desiderate; la quale, essen-
do molto cara a l' excelsa tua ma-
donna, forsi cum ossa trovaraì, et
più che altra a li se mostrarà io-
cunda. Quando eilu li fusse, tali se-
g^o d& revorentia , che caù '
Boa Tirttt et sna buntate,
Ilaverei saputo recordare qui
vedoa, donna ila religione piena, Cloofi
di Zoboli, cho fu consorte del darò
cavaliere Matlhoo Malvesto, che lì fi-
gliuoli por adoptioao Bentìvoglii sono
facl.i; quanto nel stato coniugale hl^]
coQsiiquito pudico nome, et quantoj
nel Tiduile stato è degna di laudaci
et quanta effectnal carità, et ciun^V
parole suncti.-. La sempre mostrata Ibf
li afflictì; per la qual cosa è diiocti
conscìa et compagna de la illnstnl
Havereì saputo ancora record arai
de quanta felicita aono le illastre vÌF-'l
tute de le mane ilo Lucretìa Fosca^
rara, eonsorie do Florio da la Nave, '
ìntegerimo doctore, et de la sua ho-
ncstata, costumi et dolceza de lo
prudente parole.
Et presso questa virtuosa donna J
haverei recordato la slDcera fédOfA
molto cara al nostro O^ueTero^ ^
lexandra Zenzanìtia; i>t Qiini la ob-
sflrvantia in esso Gyneverci de Oen-
tik, redoa, modestissima figlia che
fu de Baviera, principe a quilli tempi
do' moderni physici; et (|uaato vale
in parlare et in virtutc muliebre,
Ilaverin saputo recordapo. del pro-
stante doctort? et cavalioro et patrì-
cio Ludovico da Castello san Pietro,
la consorte Antonia, la bontate eum
la prudentia ot la fecundltft de li
egregi figliuoli, liliali non poco U
honorano, ]ierchè, credo, do otaoé
prestantia do virtute siano in tal for-
ma prtìdili, cho altri de la oittft no-
stra.
Ilavcrei supulo meriliiare la grand»
honestato et bon governo, cum la
toUeranKn de lì affanni dentro et fuori,
por lo seditione civile, do Elysibetta
figliuola de la dolce nioraopia de An-
tonio Galeazo Beutivoglio, gloria del
bolognese nomo, ot consorto gill.de
Romeo de' Pepali, prestante doctoi-e
i)t magnifico patricio; che de lei, in
laude de) suo pudico ventre, sono
cinque belli figliuoli, ani maschii, eia-
rissimi conti, et tre femine vedoe de
grande bonestate et de uptlma fama,
che luti sono ornamento de la no-
stra citute.
Non me sarei stato fatica ancora
rectìrdare la singuktre mansuetudine
et honeatate, et In rcverentia grande
in lo marito, de Lucretìa nata del
cavaliero Ludovico Bentivoglio, mo-
glie del quondam tnagniflco dootore
Ludovico Albergato; et quanto par
sua virtute so vendicò eincera beni-
voloutia de li valorosi fi-atellì del ma-
rito, et quanto iu la cita de Roma
et in cam|)agua de quella ha repor-
tato optimo nome, et il buon governo
ba habiuto sempre nel stato cuniu-
gnle, et quello che )ia laudabilmente
uel vidaile, cum lì animosi figliuoli
a le spale.
Anoora havei'ei saputo recordare
la lionestate et la carità gi-ande, cum
munifioentia verso il prosimo, et U
I
affa'bilitA in t! attinenti, cum tene-
reza del core, de Gentile, pudicissima
moglie del generoso cavaliero Ber-
nardino de fìozadini, la quale per
tante sue virtute infra l' altre illu-
stre donne a' è facta clara.
Haverei saputo recordar^, dirai an-
cora, la nepote de questa donna, mia
affine, Elena consorte de PIqo Goza-
dino, quanto vale de animo, de acuto
ingegno, et de la efficacia de le vi-
rile parole, et astutia et arte ubò per
volere salvare el marito, quando li
fu porto sinistra uovella per serpen-
tina lingua, che lui sapea la pessima
coniuratione in la vita del nostro
Bentivoglio principe; che lei subito
se depose li civili panni et ornamento
del capo, ot vestisse do' rustici, et
similmente calciata lutuosamente, pi-
gliò uno costo al bracio, et menando
seco una vìlanela, et cum alquanti
denari in pecto per dare al marito,
et usi fuori do la porta in fra li ar-
mati che quella guardavano ; et an-
- ■ ■ ■ - ~
■m«« «fH
Ht^M « TaaM, > ■■■! k i
««• i> f IW. I u 11 ài
liMlivnèto li emm te ns « il
Imma* fffwtw 4» I» fc^cb, « B
buoni portamenti do' figliastri, et ge-
nerale benivolontia de' suoi parenti et
Havoroi saputo ancora uum dobita
laude reoordaro Margarita, mode§ti8-
sima vedoa, già coniuaota de /oanne
da Loiano, generoso quanto altro no-
stro citadino per antiquo sunguo,
quanto nel stato coniugale ci viduilo
ha conseguito sanctissimo nome; che
quando copulare se volse, lieblie più
caro andare ad nobile liomo et de
hontate, che guardare a la faticha
de' molti figliastri , da' quali e stata
sempre amata et reveritn , quanto li
h avesse nel propiio ventre portati,
per lì optimi doportamenti de lei,
virtiì cbo rara a quisti tempi in don-
na se trovi.
Ha ve rei sapiuto giungere ancora a
questa probatissima donna una altra
Margai'ita de la famìglia Becoadello,
maritata già iit!l nobile mercatante
Domenico de li Odofredi, famiglia
egregia et prisca de la cita nostra;
et da li teneri anoi, fin in questa s
vechioza et stato viduilc, so ha aqui>
sita virtuosa fama. Che essendo morto
il marito in uno giorno cum uno suo
caro %1ìlidIo, quale in le paterne
bracia maiidù pietosamente ainbedut
a la sepultura, cum tal paci'?Dtìa et
savie parole, superando il merora
cum la raso ne, che ogni homo in
commendatione de lei se oiaraTÌglia-
va. Et cum quanta laude reetA ai
governo di figliuoli , de' quali quatro
femine ha alavate cum singulare vitv
tate, et bene maritate. Et dipoi, quan-
do ella doTerebbe possare, e restata,
cum grandissima paciontia, rin^a- !
tiando Dio, al faticoso governo de
qutndeci nepoti nati del suo unico fi-
gliuolo, per la morte de la coniuncta
de lui. Che fia una gloria, in esem-
plo a l'altre donne, vedere cum quao-
fjl pietate et boni costumi li aleva.
De questo optimo et pudico tronco
haverei saputo recordaro nna sua fi-
gliuola, in giuFenilc aetate svedoata.
uuminata Jacoina, cito fu narìtaU in
la prestante £am%lia (to' OiiastiiTilcini,
cum quanta pudìcitia et bonestato
circuQSpecta vive nel viduìle stato,
et cura quanta solìcitudine et reli-
gione ha gubernato et guberna al
virtuoso vivere te flg-liuoLd. Che ohi
ella vedesse cum quello intorno in li
oxercitii muliebri, la iudicarebbo cer-
to un' altra romana Lucrotia.
Ilare ['oi saputo re cordare ancora
la grande virtute del vidtiile stato in
Magdaiona Bentivoglia de' Lamber-
thini, et (juanto sia el suo docto in-
gegno in li-gei'c l' opere morale et
sancte, et quanto vale in seriDotie
iocnndo et grato a chi l'ascolta, oum
el ooniniiìndabilo governo de' figliuoli
et de la sua antiqua richcza. Et il
bel modo el li belli costumi, in gio-
vene aotate, de Cornelia Lambert.bi-
na, ohe fu ooniuocta al generoso no-
stro citadino Jacobo de li Ucellani;
che essendo lei cum uno solo pioolo
figliuolo vedoa roatnta, se conserva
Mlc^lkM! 1
l'«B(aj
fmift-i *»>««
)irr» nn<l i r iil n i fcm*» b<a>
•Mi» <• b H I »«i •acm^aaa
I <ir 4HC* jUH'm. I
303
ilo ìncarcorota in Ferrara ad instan-
tia do Hioronymo del Canale, spocta-
bile citadiiio di Ferrara, per corta
rasonu de bosliamo havca tornito de
lui, pose in carcere el figliuolo in
loco suo, per potersi difeasare; per-
ciiè esso Au(;uBtJno volua domonstrn-
l'e, corno putoa non essere debitore,
per o^rta quietanza havea del fl-
gliiiolu de lo astore. Et nM tempo
che Auguetinu vene al Pogio, per ve-
niro ad Bologna, per consiglio al fa-
vore suo, lo incarcerato figliuolo so
infirmò gravemente: per il clic lo
actore, dubitando per sinistro de le
carcero non morisse, elio se lo feoe
portare ad casa, et in la superiore
parte do quella, denanti, in. una on-
.mera lo fece puro, et cum guardia.
Di che Angelina, moglie de Àugu-
Btino et novorca de lo incarcerato
figliuolo, el vwniie ad gubornam; et
gubernnndolo , t^ilse la mira quanto
era la distantia da le finestre de la
camera, dovi' L'ra el Uglìastro, sin a
394
terra; et vedendolo migliorare, U dis-
se che lai se mostrasES fortemente
gravato, percliù ninno hnvesse più
,8ospecto dì fuga, che lei lo volea U-
borare. Et mando a dite al marito,
che iacesEe la sequente noct« liavi?gBfi
una navicella a. lato le mura di Fer-
rara, et che menata fussa da dui, che
la sapessero menare per incogniti
luochi de le valle, che liborarebbe il
figliuolo. Et fece che Rajnaldo Bivi-
laqua suo compatre li mandasse la
ordinata nocte, al tempo, quatro fa-
migli sotto le finestre de lu camera,
dove era il figliastro, che fusse di-
fensata da qualche inpediraento polca
ìntravonire per li viandanti nocturn!.^
Et cosi lei, questo ordinato, comprd
uno capestro lungho secundo la tolta<
mira, et portello in uno cesto al
brazo, cura paglia, ova et duo para
de polastri sopra, perdio quilli de la
casa, deputati a le guardia do la
scala per dove se andava, non bo-
spectasseno ; et andava lei ulfanuata
I
suapìpando per la casa, per li servi-
tii del figliastro, aciò che altri ere-
desae stesse ben male. Et la nocte,
avanti giorno do tre ore, calò gioso
in terra el figliastro a li deputati &-
migli de Raynaldo Bivilaqua, et lei
poi drieto; et come subito fu aperto
la porta do Ferrara, scese cum lo
figliastro in la navicella, et à salva-
mento in Bologitexe giunse volando.
Per il che costei se è facta clara de
actcrno nome.
Pirai ancora che io haverei recor-
ilato, come sarebbe stato, Catherina
de la splendida famiglia de' Benci
fiorentina; che cum tanto animo, in-
dustria et fatica se adoperò in pre-
gare principi, signori, magnati, et
cum suoi cJtadini et cum oblatione,
oratione et voti continui a Dio, per
liberare de le carcere et de lo exi-
lio el magnifico cavaliero Pietro Ve-
spuci, suo dilecto marito; et la a^-
bilità de lei in recevere li externi
1, cum liberalità grauile.
Dirai ancora cho non sarei i
oblilo dìi-e de Camilla, %lia Ha Ma- ]
rino duca di Susso et principe io i
Rosano, consorte gift de Constantto l
Sforza, principe di Pesaro, et si^or (
de singulare ornamento, quanto fus> |
seno le eximìe virtù do lei cara a ]
tanto marito, et quanto quelle usa ti
la sua honestissima viduitale; et cno
cjuanto animo i>t prudontla, uon s
lassando occupare dal uerore per Ia i
morte del marito, provide a le porte '
de la citate, et a l' altro forteee per 1
salute del stato; et cum quanta in*"!
stitia et prudentia quello ha guber- J
nato et salvato fldelment« a li fiw
gliuoli del marito; et Cam qoaitto J
animo munto ad cavnllo, menando^
seco le gentfì d'arme che teiD.ea
et and6 volando verso ol castello d*l
li Oabici, quale era sbigotito de [
per certa invasione de' Turchi, ^nnttr]
ae lo anconitano porto. Di che el e
stello fu refranchato per la Tenatttl
de lei, et li Turchi fiigirono. Et ]
vesse per cosa del mondo più tolle-
rare, che lì figliuoli del duca Fran-
cesco fusseno de Milano tenuti es-
pulsi, por private passione de Cecho
secretano. Per il che in Milano, ad
confusione de' suoi inimici, entrarono.
Dirai che non haverei pr«termtS8o
ancoi'a Lucretia Mala volta, senese,
moglie fu do Ruberto Sansoverino,
invlctissimo capitaneo, quanto sia de
ingegno prompto et de lingua moral-
mente cori spendente a qudUo, cum
magnifici costumi; et quanto fu caro
al marito il suo iudicio ot parere a
le volte, aopra le importante lettere
recevea; et quanto sia slata la sua
pacientia in le solicitudine et in li
dispiaceri, por li colpi de la varia
fortuna del marilo, noti a tutto il
mondo. Et cum quanta honestale in
la sua viduile vita se governa, ale-
vando li piceli figliuoli cuna lauda-
bile virtuto, et cum gratia de lì illu-
stri figliastri: pei- il che il Senato
Venetiano et stato ducale de Milano
401
senato , come sua figliuola , che sa-
rebbe una beutitudine narrare.
Haverei saputo reoordare le pre-
stantìfj et ornamenti de Eleonora d«
Aragonia, nata del re Ferdinando,
duchessa di Ferrara, et del ducal
stato el magnifico governo; et de la
sua liberalità in adiuto maritare don-
zelle, et de la 9ua munificentia in ùa
rìchi paramenti a le chiesio, et de la
colenda sua affabibtà in li boni reli-
giosi et de doctrina ornati; che sono
effecti da farsi senza ostaculo le ada-
mantino porte del paradiso aprire. Et
de Beatrice sua sorella, regina de
Ilangaria, saputo haverei de la sua
honcBtate, de la gratiosita do le pa-
role, de la religione, del timore de
Dio, de la liberalità usata cum pru-
dentia ci discretione, et del suo bel
modo in parlare latiuo; et lo efTe-
ctuale amore mostra a quilli che
hano egregi! esercitii ; et cum quanta
callidità et prudentia se porta, biso-
gnando infra <]ueUe barbare gente,
por la morte de la regìa moiosti i
marito, che fia degna de graadis
laude.
Harerci sapnto aneura recortla]
de lo bclleze, do lo virtute, di
gtiimi ot splendori do Bona Marla^^
fl(;lia che fu dol ro di Frane» et j
consorte del principe duca de MilanaJ
Qaleazo Maria.
Haverei saputo recordare pra
questa belllsBÌma duchessa la notaki
moglie de Zoannegalìazo, foliclssiin
duca do Milano, et figlia de Alpboiu
duca de Calabria, ttuanto già in qnft^l
sta sua gioTcnile astate vivo
ligione et deiunii, che non se pttò i
non indicare in lei futura cel»tadia
de sanctissimu stato, et. vera figliuola
de Ujppolita Sforza, che fu corno dw
uno ìnexhausto liumo al mondo é
virtute, conio narrato habiamo.
Dirai ancora eliti haverei sapnt
pori; in carte 1' alte virtute t
llgliuola fu de Aluiso re di Fraiutai'J
altissima 'tucbossa de Barbom ,
JS^^
tntte Ifl parte de ponente cum subli-
me lauJe parlano de ki. Essa è uno
sigillo (le terminare le occorcntie de
quUU stati, che, oltra il cuneiglio suo,
non temo cum le gento d' arme ca-
valcare, dovn lìa opportuno, per modo
a le lege de lei subiaceno, Gubema
li suoi stati cum grandissima pru-
dentia; vive cum splendore ie nobile
donne et de baroni in la sua corte;
ama molto li homini de valore; vede
voluntieri lì nostri mercatanti; è don-
na devota et elemosinatrìce ; piglia
piacere ne la magnìficentia del do-
nare, et piaceli in far iare a le volte
feste et triumphl d' arme, che '1 fia
cosa miranda.
Dirai che ancora averci saputo
cnm molta gloria rocordare de quan*
ta illustre fama e gi& facta aeterna
Isabella moglie de Ferdinanilo, glo-
rioso re di Spagna, che se può dire
essere lei sola stata casone, bavere
cum li prudenti suoi conforti conser-
vato tanto tempo il campo el ro suo
marito, cum fiorente exeimó
expugaattoDd del potentisaimo re i
Oranala, per augumenUi (I« la
stiana fedo; fin lei essere stata cm
tinuameate in campo, et intraveatd
no k> batagLio sempre,
ritissimo duca d' arme; et quaoU
tutto lo exorcito et il proprio mai
in lei haveano speranza de victori
«luortTolmente de ella parlando; et""
quanto il domato re dì Granata del
nomo do tanta felice i-egina tcmeu;
«t quanto siano le sue beleze, li suoi
ornamenti et glorie de' costumi, ot
tl« le regie magnitìcentie et magna-
siiuitA in perdonare: et pompo.
presto celeste che human e. Et
iiiolt« altre altissime donne et gr&n
K^na, le quale bora non record
no, che <1« tutte le loro virtute i
buatetc n come hano incomincia
fttn* celebro d« preclara fama, i
tuoi (^r^tfverondo, lassarono a li
Ittri KTÌptori celebrarle, per loro
«MiiM ^oria; perchè, quelle viveudoj
il mi non 6 piaciuto, per prudente
consiglio, le loro vìrtute amplamento
narrare; sì perchè non fuase io iudi-
cato adulatore, peccato nepiiandissl-
mo, et si perche non se può, se non
al termine de la vita, chiamare l'huo-
mo beato. Come corroborare questo
saprei, per bavere vednto a li mei
giorni alcuni bomini et donne in
grande viHute de bonesta vita vissi,
et già celebrati in caribe, et poi in
quello beato stato non se sono con-
servati, per obtemperare ii la buma-
na fragilità di lasìvi apetìti, per il
cbe hanu ìuquinati de sterco la sua
bona fama.
Se a questo argomento, o opera
mia, te fiisse risposto, che io molto
difusamenttì ho celebrato quella pu-
dica donna cbe ancora vive , respon-
derat, che io debbo essere tolleralo,
se in tante mie lucubratione ho vo-
luto refrigerare la mìa mente de le fe-
lice condictione , a mi familiare et
care, de tanta bonesta donna, senza
i«l> ^amm^^
<V 1 aaa» K e
. opero noroiniLta Girne
le dare donne .... pog
2. De Theodolincla figliola ik
Oaiibaldo re de' lìavari . »
3. De Pezola dìg:iii»iiiia vedou. di
Pietesi Bolognese. . . . *
4. De Mathilde comìtiioa . . >
5. Db Theodora di Rodaldi con-
sorte de Olivero Oarisendo
cuvaliero bolognese ...»
U. De Maria PuteolanabeUatrice »
7. De Francesca Venuita, del conto
Bemai-do da l'oleuta . . *
8. De Catherina Vesconte Ducbes-
es, prima de Milano . . *
II. De Zofknna socuada duchessa
de Austria >
9* De lanliellft regina consorte
del Re Rflinoro .... »
10. De Janna polceUu gaja de
IO' De Zanna di Bentivogli bolo-
11. Do Baptisla" da Mootefelti-» di
Malatesti >
12. De Cleufe di Lapi da Ceeeoa >
13. De Paula march lotiissa da Gon-
14. De Bai'bai'a todesoa secunda
Marehionissa di Mantua • *
15. De ConsLtntia Sti-o/a da Gon-
«igha ....... f
w<g» l, __ t m »ju.
408
16. De Maria figliuola del conte
de Pois pag. 158
17. De Agnola da Nugarola, del con-
te Antonio signor de Àrcho » 164
18. De Genevera, consorte del cont^
Brunoro da Gambara . . » 167
19. De Isota vergeuo da Nugarola » ITA
20. De Bona de Vultulina . . » 180
21. De UreinaVes^'onto de li Torelli » 104
22. De Catherina Beata da Bo-
logna » 204
23. De Isabella do Amgonia, re-
gina de Neapoli, piena de
religione » 245
24. De Biancha Maria Vesoonte,
duchessa de Milano quarta » 263
25. De Baptista Sforza, duchessa
do Urbino > 288
26. De Margarita regina de Seccia » 312
27. De Klysa Sforza de San Se-
verino » 320
28* De Diana Saliceta dì Hentivoglii » 327
2^). De Hjppolita S[)horza , du-
chessa <le Calabria ...» 330
30. De Kiziirda do Saluzo , da
Este marchio nissa . . . x» 352
31. De Francesca Bruna de li
Arienti bolognese . . . » 361
32. De quella che al presente el
bel nomo se tace . . . > 371
33. Instructione do V opera, che se
presenti a la mia excelsa Ma-
donna, dove del)l)e stare, per-
petuamente » 370
: 'U^ww-^v.wvuuuuty^ww:
/^,^www«yw^WW«w'J',^ww.
tlOBDOa
jw^ggy^^
55
Sit