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EPTA KAI HMEPAI
GRAECE LATINE ITALICE.
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H2IOAOT TOT A2KPAIOT
EPrA KAI HMEPAI
HESIODI ASCRAEI OPERA ET DIES
DI ESIODO ASCREO
I LAVORI E LE GIORNATE
OPERA CON L. CODICI RISCONTRATA
EMENDATA LA VERSIONE LATINA
AGGIUNTAVI e' ITALIANA IN TERZE RIME
CON ANNOTAZIONI.
FIRENZE 1808.
NELLA STAMPERIA CARLI E C°. IN BORGO SS. APOSTOLI
CON APPROV AZIONE.
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Lepta suavissimus Hesiodum ediscat, et habeat in ore
Tug J'' apiTvii; iSpaTci-
M. T. Cicero Episfc. L. VI. ig.
AI FELIGISSIMI SPOSI
SIG. ANGELO LORENZO
GIUSTINIANI RECANATI
ED
ELENA TIEPOLO PP. VV.
LUIGI LANZI.
J-Jsce fmalmente a luce l'Esiodo tradotto co-
me il meglio io seppi e comentato ; libro
annunziato da altre penne al pubblico fin
dall' anno 1773. e per non so quale timidita
trattenuto sernpre fra le opere inedite in-
sieme con la Bucolica di Teocrito , e con Ga-
VI
tullo da me similmente volgarizzati . E parto
di un mediocre ingegno , ma diligente ; che
per mold anni e ito migliorandolo ; ed ora
il produce solo per ubbidire ad un Signore
di merito conosciuto fin da prim' anni ,
cui non seppe non compiacere . Era 1' Esiodo
destinato a solennizzare le faustissime vostre
nozze ; ma se piu tardo , comparisce ora piu
lieto per festeggiare la nascita recente di
un infante amabilissimo, che rassicura la
progenie de'Giustiniani , illustre nella Storia
di XV. secoli ; al quale , crescendo , non sara
men che utile si fatto libro . Sappiam de' Ro-
mani, che a' tempi di M. Tullio da esso in-
cominciavano la prima istituzione de'fanciulli ;
non trovandosi fra gli antichi altro piu adat-
to ad inserire per tempo giuste massime di
morale con maravigliosa chiarezza , brevita ,
ed eleganza . II metro, in cui e tradotto, ajuta
a ritenerne i precetti a memoria ; e le co-
piose note, ond'e corredato., servono ad emen-
dare i pochi errori, che la superstizione vi
mescolo , ed a sviluppare i semi, quasi dissi,
VII
di ogni scienza clie 1' accorto Scrittore vi spar-
se per entro. Cos! 1'opera e ridotta, pare a me,
utile , e dilettevole alia prima eta puerile ;
purche da savio precettore sia instrutta. Per-
cid anclie ho scelto un modo di scrivere piano 9
per quanto il libro lo permetteva, e facile;
senz' ambizion di correggere, e di citare mol-
ti testi greci e latini ; contentandomi di ac-
cennare per lo piu i luoghi ove sono inse-
riti ; affmche egli abbia il piacere di riscon-
trargli e giovarsene in eta piu matura .
Vi troverete piu volte biasimato il sesso
donnesco , ragione per cui non parrebbe be-
ne intitolato a sposi cosi felici . Ma oltreche
ad un Poeta non tutto si vuol credere cio
clie dice , sara per 1' uno di Voi una vera
consolazione V essersi abbattuto in una don-
zella , ch' e al coperto , pe' suoi egregj co-
stumi? di ogni biasimo ; e per l'altra di Voi
sara un vero piacere il considerarsi immu-
ne da quelle tacce , che si danno a tante
e tant' altre ; e amendue godrete in vedervi
adombrati in quella sentenza ( v. 702. ) che
VIII
1' uomo non ha sorte migliore che trovar
buona la Donna , con cui si lega . Nel resto
entrando voi ora in una vita, die vi costi-
tuisce padre e madre di famiglia, vi trove-
rete precetti acconcissimi alia condizione vo-
stra ; ed in tanto numero , che alcuni dotti
han riposto il libro fra gli economici piutto-
sto che fra' georgici .
Gradite^ umanissimi Signori, le mie qua-
lunque fatiche , e sianvi testimoni perenni
del mio giubilo per la felicita chevietocca,
di tramandare all' eta future le virtu delle
vostre famiglie quali le riceveste dagli esimj
e incomparabili genitori , ed essi da' loro avo-
li celebri fin dal nascere della patria vostra.
Vivete felici .
DELLA VITA E OPERE
DI
ESIODO ASCREO.
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Ilia e sciagura comune di que'che vissero in Grecia prima
del cominciamento delle Olimpiadi, che quasi nulla dai poste-
ri se ne sappia , che non sia deformato dalla favola , o sogget-
to a gravissime controversie. Delle memorie di taliUomini non
erano compilate storie dai loro contemporanei ; n'era deposita-
ria la fama pubblica; e cib, che male udito avea da'maggiori,
peggio raccontava a'minori. Esiodo,ed Omero son di quest'epo-
ca; ond' e che le notizie loro raccolte dopo lor morte non han
piu fede di quel che abbiano i romanzi, se non vi entri di mez-
zo la cricica a sceverare il dubbio dai certo, il vero dai falso,e,
come dice Plucarco nel suoTeseo, a far che la favola ripurgata
col raziocinio prenda sembianza di storia.
II secolo, la pacria, il lignaggio di quegli antichi, che vis-
sero in molta gloria, son cose il piii delle volte conosciutissime:
ma in Omero, e in Esiodo sono alcrectanti punti di storia. Noi
per ovviare ancora alia stucchevolezza consideriamo nelle an-
notazioni molti di que'dubbj circa Esiodo, che son fondati
nelle Opere, e nelle Giornate : giacche in questp libro, egli
poeticamente , ma pur diede alcuna relazione di se, e delle co-
se sue. E ordendo fin da principio si fece originario di Cuma
Eolide (a): ove subito nasce questione s' e' fosse, o no parente
di Omero. Lo arFerma Eforo; dicendo che Atelle, Meone, e
Dio Cumani erano fratelli; de'quali Dio il padre di Esiodo,
(a) Oper. v. 636.
2
passb in Ascra ; A telle morto in Curaa lascio Criseide, onde
nacque Omero , non in Cuma , ma a Smirne , ove Criseide
si era condotta (a): cosi Omero sarebbe nipote , non carnale,
siccome parlano , di Esiodo . Taccio per ora di Proclo (b) , e
della genealogia che ne tesse . Ma Eforo, il quale a giudizio
di Seneca spesso e ingannaro , spesso inganna (c), non sia atteso,
speciaimente ove a Cuma sua patria vuol procacciare un decoro si
specioso, qual e farla autrice de'due poeti piii nobili della Gre-
cian men fede merita dopo che Leone Allacio ha invincibilmen-
te mostrato, che la patria di Omero fu Scio. Cosi tolta fra que-
sti due la comunione della patria , svanisce ancora ogni co-
munione di sangue.
Piii difficile e a decidere la eta loro; e con quale inter-
vallo di anni e'vivessero; questione agitatissima fra gli Antichi,
come si raccoglie da Seneca, Luciano, Pausania, Sesto Empiri-
co, che non si fidano di definirla (J). Alcuni, fra'quali e Ta-
naquille Fevre nella Storia degli antichi Poeti, fanno Omero
molto di Esiodo piii antico: Poiflrio, ed altri degli Scrittori letti
da Suida (e) lo fanno anteriore di circa 100. anni, Vellejo Pater-
colo (/) di cento venti, Solino (g) di centrentotto, Gio. Tzetze
di 324. (/i), Catone presso M. Tullio nel Jibro da citarsi po-
co appresso,di molti Secoli. Mal'opinione piu vera, e piu dai
moderni seguita e che insieme vivessero, la qual e assai ben
provata dal Longomontano, dall'Orsini, dal Vossio, dai Dod-
wello, dal Quadrio, dal Robinson. Essi fondansi sull' autorita
degli Antichi, i quali pressochc tuiti , per quanto Gellio avea
letto (/'), concorrevano in questa sentenza , o che convivessero
nel medesimo tempo , o che Omero fosse di poco ad Esiodo
anteriore: e noi lo sappiaroo espressamente di Erodoto (k), di
" (a) Vulg. Plutarchusde vita Homevi . (b) In vers. 299. (c) Natural. Quaest.
Lib. VII. cap. 16. (d) Sen. ep. 89. Luc. in encomio Demosth. c. 9. Paus. in
Boeot. Sex. Emp. lib. cont. Cram. p. 259. (rj"Suid. v. 'H^/oeTof . ( f) Lib. I.
extremo . (g) Cap. 40. Polyhist. ih) Chil. XII. cap. 3$>p. (i) Lib. XVII.
c. 21% {hf In Euterpe .
3
Varrone(a), di Cassio (6), di Plinio (c).E Plutarco(i), Filostra-
to (e) , Dion Grisostomo (f), Libanio (g) non solo dicono, che
vissero, ma che cantarono insiememence. S. CirilJo Alessandri-
no (h) Ii fa vivere 165. anni dopo la presa di Troja , Clemente
Alessandrino (z) circa a 200. anni ; e que' che segnano il tempo del
Regno di Salomone, o di Roboamo, come S. Girolamo, Sincel-
lo, Cedreno , Faculfo, non iscompagnano l'uno dall'altro. Ne
gli scompagna il Carli, che ha facto il calcolo della eta di Ome
ro, e di Esiodo riportandogli all' anno 906. avanti Gesu Cristo.
Veggasi la lettera di lui al Tartarotti pag. XXXVIII. e segu. e
notisi con quale felicita, e come ben combinando un luogo di
antico ed un altro provi il suo assunto.
All'autorita degli Antichi si aggiugne il computo astrono-
mico, che su l'asserzione di Esiodo, a'cui tempi 1' Arturo na-
sceva 60. giorni dopo la bruma, si asserisce, non poter essere
cio awenuto, che 900. anni in circa prima dell' Era cristiana:
o 953. come vuole il solo Riccioli . Ma al 900. in circa si rapporta
la eta di Omero, e di Esiodo giusta la numerazione di Erodoto,
e di molti de'citati autori: il qual computo dee leggersi confer-
mato presso il Robinson, che fece farlo giusta il dato astronomi-
co dianzi detto a Giuseppe AtweJ astronomo insigne. Aggiu-
gni quelle leggi di Critica, che dallo stile di due Autori argo-
mentano, che fra l'uno e 1' altro non pote correr gran tempo,
le quali in Esiodo, e in Omero maravigliosamente concorrono.
Aggiungasi la eta avanzata di amendue . Omero morl di 114.
anni . Esiodo dovette viverne ancor piu , quando la sua vec-
chiezza al par di quella di Nestore restb nella Grecia in pro-
verbio (/). Adunque e troppo ragionevole il supporre, che per
qualche tempo insieme si abbattessero a vivere, se non pon-
[a) Ap. Gellium lib. TIL cap. II. (b) Ap. Gell. lib. XVII. cap. 21.
(c) Confer librum ejus VII. cap. 16. et 1. XIV. in piaef. f.d) Symp. V. p. 6^5.
(e) In Heroic, cap. 18. {{) Or. II. de Regno . (g) Lib. Apol. S^crntis . (Ii) I. li-
bro contra Julianum p. II. (i) I. libro Stromatum pag. 3Sp. (Z.) V. Suidnm
4
ghiamo fra di loro una smisurata distanza di tempo, la quale
e l'autorita e la ragione ci vietan di ammettere.
Piu oscura cosa e a decider se Omero nascesse prima o
dopo Esiodo. Ne fu questione fra gli Antichi, su la quale sap-
piamo avere scritto in fra gli altri Eraclide Pontico , e nei
suoi scritti aver profittato da Camaleonte (a). In questa dispu-
ta la maggior parte degli Autori da 1'anteriorita ad Omero:
ma non percio e decisa la lite. Quei piu, clie dicono Omero
nato prima di Esiodo, sono dietro Giuseppe Ebreo tutti que'Pa-
dri che considerano Omero come il primoScrittor profano,che
ci rimanga. Non e perb da trasandare in proposito di loro, e
dialquanti anco de'Gentili, che tenner la stessa sentenza, la ri-
flespione, che dopo Sesto Empirico (b) fa Leone Allazio: Semper
magna ingenia praeferuntur ; et uti priora laude, ita prima, licet
posteriora aetate, judicantur (c). Senza cioavverto ilprimo, che
i piu Antichi favoriscono Esiodo rammentandolo innanzi Ome-
ro, come Erodoto : 'Htr/oJov x.ai "Opupov due volte (d) . Lo sces-
so fanno nominando i piu antichi Poeti con quest' ordine : Or-
feo , Museo , Esiodo, Omero; lo fanno io dico , Platone (e) ,
Ermesianatte (f) Cicerone {g) Aristo£me (Ji) ; nve lo Scolia-
Ste avverte cot; Tcpum ovroe, 'Ho-idfu (jlI ' (amtcu , uti prius Homero
existentis Hesiodi meminit . Ne e da sprezzar Eforo, che quan-
tunqueper favorire la patria ne facesse oriundi i due gran Poeti;
nondimeno fece Zio di Omero il nostro Esiodo, avendo potuto
fiire il contrario: ma lo rattenne la pubblica persuasione dell'an-
teriorita di Esiodo. Lo stesso dee dirsi dell'Autor del Certame
fra Esiodo, e Omero, che non avria fatto il secondo pronipote
del primo,se non avesse avuta la famapublica piu conforme all'
anteriorita di Esiodo. La quale fu dianni quasi 30., se vale l'au-r
torica de'marmi arundelliani, ch'e stimata gravissima. L'autor di
essi vivuto circa un secolo dopo Eforo par persuaso della sua opi-
(a) Laertlus in Heraclide . (b) Loco citato . (c) de Patria Homeri I. c. 5.
(d) In Euterpe . (e) In Apolog. Socratis . (/) Ap. Athenaeum lib. XIII.
pag. Spz. {g) Lib. I. de Nat. Deorum cap. 1 5. (h) In Ranis v. io65.
5
nione, scrivendo cosi; dtp « 'Ho-foSbt; ityavvi , try Th HTiAA...
ove i dotcissimi Interprets del Monumenro suppliscono un A, e
fanno: Ex quo Hesiodus floruit ,anni DCLXX. di poi 'Aq> £"0/uvipo<;
itpctvy, '{in Th&&&&111 , Ex quo Homer us floruit, anni DCXLIII.
Quest'autorita de'marmi arundelliani ignota al Petavio, chepero
mise Omero mille anni in circa prima di Cristo , ha maravigliosa-
mente persuasi i moderni, Robinson, il Carli, l'Arivabene, i
quali o espressamente si son dichiarati per l'anterioritadi Esiodo,
o han mostrato di propendere a questa sentenza. Special men-
zione deggio far del Co. Zamagna, il quale nella bellissima edi-
zione del suo Esiodo tradotto in latino, e publicata 1'anno 1785.
si degna di annunziare questa mia opera; e per la maggior sem-
plicita che. scuopre in Esiodo , e per 1' autorita de' marmi arun-
delliani, inclina a crederlo anteriore ad Omero.
Oppongono, che a Salmasio (a) parve Omero men colto,
e per conseguenza piu antico. Rispondo, che il paragone non
vuol farsi tra l'lliade, e lo Scudo d'Ercole, opera secondo Lon-
gino il criticissimo, per lo meno sospetta ; ma fra l'lliade, o
l'Odissea, e le Opere, e le Giornate , lavoro certo di Esiodo:
e in questo alcuni presso il Vossio (6) e Giusto Lipsio nel pri-
mo libro di Patercolo riconoscono in Esiodo majorem simplici-
tatem, et rudiorem antiquitatem. II giudizio e si comune a'gior-
ni nostri, che l'Ab. Lenglet (c) appoggiato su di esso da sen-
za piu l'anzianita ad Esiodo . Sebbene , a riflettere col Fa-
brizio (i) in una eta si vicina, qual comunemente si mette fra
Omero, ed Esiodo, non si fa una variazione cosi grande di stile,
che possa conoscersi chi sia primo, chi sia secondo. Ma, ri-
pigliano alcuni e antichi, e moderni, fra'quali il Bogano (e) , il
Fevre (/) , l'Osservatore britannico (g) , ed altri, sono in Esio-
do alquanti versi presi , o imitati da Omero con certa servi-
(a) In Solinum pag. 867. (b) De Poetis Graecis pag. II. (c) Tavol.
Cronol. Tom. I. pag. 2^0. (d) BibLGr. lib. I. cap. 1 3. pag. 8?. (r) De Ho-
rtiero ct Hesiodo hebraizonte in Appendice . (f) In vitis Poet. Graec.
(g) Tom. II. pag. 814.
6
lita, che fa comparirlo vero emulatore di quel grand' Uomo.
Ma, ripiglio io, i versi opposti chi pub dire che non sian de-
rivati da qualche poeta piu antico, da cui arnendue gli abbian
attinti? Chi pub dire, che non siano intrusi in Omeroistesso dal-
le opere di Esiodo, o in Esiodo dalle opere di Omero? Certo so
no in Omero mokissimi versi, che l'Antichita ebbe per sospetci,
e 1' edizione del Villoison ce ne rende certi ; e di Esiodo pronunzia
il Ruhnkenio nella seconda Lettera critica, che niun altro poeta
e scato piu spesso interpolato. Chi dunque pub asserir con certez-
za, se que' versi prima sieno stati nell'uno, o nell'altroPE di al-
cuni mostro nelle note, che deon essere stati prima in Esiodo.
Piu sottile e l'objezione del Clarke (a), il quale osserva,
che Omero usando 270. volte la voce x.a-\o<; sempre ne fa lun-
ga la prima sillaba ; ov' Esiodo spesso la fa anche breve: fi an-
che brevi doricamente 1' estreme sillabe di Jtapag ec. che Omero
avea semprer allungate: e la estrema di oV<yp/;'o$ similmente sem-
pre lunga in Omero, abbrevia al v. 674. delle Opere, e Gior-
nate. Adunque fu egli, come dice Tullio, molti secoli inferiore
ad Omero; e si valse della maniera di pronunziare introdotta
piu recentemence . Ma con buona pace di bl grand' Uomo, dice
il Robinson, dalla prosodia de'due Autori niun argomento, che
stringa, si pub dedurre. Se vi fossero altri poeti , che stabil-
mente avessero seguitato Omero, potrebbe sospettarsi del tem-
po di Esiodo; ma non ci essendo, chi ci assicura, che questi
non abbia seguice altre regole di prosodia, e pronunziato a nor-
ma del suo paese , piuttosto che di Omero ? Quanto a Cicero-
ne, osservo io, che mal si applica la sua autorita alia questio-
ne presente ; giacche non e egli , ma Catone che dice : Home'
rus mult is , ut mihi vbdeiar , ante saeculis fuit etc. (b). Cib pub
aver tratto Tullio da qualche opera smarrita di Catone.
Nel resto era troppo illuminato il suo secolo, e troppo da Cor-
nelio Nipote istruito nella Cronologia (c) per non mettcre fra
(a) In II. B. (b) De Senectute cap. XV. (c) V. Gellium 1. XVII. c. 21.
1
J'uno,e l'altro Poeta tanto intervallo di tempo; e noi,dove Ci-
cerone parla piu di proprio sentimento, lo abbiatn citato co-
me fautore della nostra sentenza.
L'Einsio oppone qualche vocabolo usato da Omero in un
significato, e da Esiodo in un altro; come rvKfia/po/uou, che presso
Omero significa compiere, presso Esiodo volere , o pensare. Ma in
significato di pensare l'uso anche Omero, come nella Iliade H^o.
onde svanisce la difficolta. Similmente dal non trovarsi presso
Omero la voce vo/uo<;, e presso Esiodo si, nulla pub conchiu-
dersi a favore dell'anteriorita di Omero, presso cui non e da
pretendere di trovar tutta la greca lingua ; come bene asseri-
scono il Clerc, e il Robinson: ma di cio meglio nelle note.
Spacciati di questo dubbio, veniamo all' altro della vera
patria di Esiodo, se fosse Cuma, o Ascra. Pare che ne dubitas-
se Virgilioje percib ora, chiamasse Ascreo, or Cumano il Poeta
Esiodo (a). Strabone al contrario (b) , Stefano Bizantino (c), Sui-
da (J) lo fan di Cuma, alia qual sentenza piega il Salvini nel
Comento di Eustazio aggiunto al Politi (e) , e dice che chia-
misi Ascreo dal Iuogo della educazione : praestantius enim est
educari , quam nasci . Tuctavia contrario e il maggior nuraero dei
Classici , fra' quali e O^idio mentre scrisse di .Ascra :\Ar fue-
rat terra geniius qui scripsit in ilia (/), e Vellejo Patercolo (g) ,
che Ascra chiama sua patria patriam a qua erat mulct atu & .
A'quili si pub aggiugnere 1' Epitaffio di Esiodo nell' Antologia
(h) 'Ao-zpouov yivivip 'H<r/oJbi> kcit^^co, Ascraeum genus hesiodum
claudo. Piu di tutto mi fa forza il detto del Poeta stesso, il quale
attesta di non aver fatto altro viaggio marittimo, che quello a
Calcide. E quegli, che il fan di Cuma, possono spiegarsi quan-
to alia origine,come quel di Properzio , che chiama Augusto:
longa servator ab Alba. In Ascra dunque luogo, come osser-
viam nelle note, non cosi spregievole, come par che il de-
(a) Eel. IV. v. 4. Eel. VI. v. 70. (b) Lib. XITI. pag. 622. (c) V. K*>»> .
(d) V. 'Ht/ocTo; (c) In Prooemium . (/) De Ponto lib. IV. Episc. 14. vers. 33.
(g) Lib. L extremo . (7t) IIL 25.
8
scriva Esiodo, venne Dio padre di Esiodo, o fosse per omici-
dio, o fosse per debito, o fosse per desiderio di migliore for-
tuna; giacche queste tre sentenze han ciascuna qualche antico
tutore . Quivi ammogliatosi con Picimede , generb Esiodo, e
Perse; cui lascib morendo in buono stato, e da non aver bi-
sogno di altrui, purche con saggia economia custodisser l'ere-
dita. Un'altra eredica n' ebbe Esiodo, se io non m' inganno ;
e fu un amor per le lettere, degno di essere insinuato da un
che veniva dall'Asia; seppur non si dee dire, che Dio istesso
avesse di quesre qualche tintura, e a! figlio la comunicasse.
Certo e, che la Grecia rozza ebbe qualche principio di colturadi
letcere, non dalla Etruria , come spacciano gli Ecruscisti senz'al-
tro fondamento che i sogni de'lor maggiori; ma dall'Asia,
e nominatamence dalla Giudea, come prova il Bogano nel dot-
to libro: de Home.ro hcbraizonte , e il Mazzochj nello Spicilegio,
ove tratta del creduto Orfeo, e de'suoi versi (a). Ma ebbelo
per mezzo della Fenicia, di cui moke colonie furon nella Beo-
zia. Quindi Esiodo pote secondo Cedreno scriver m qso/i'iKU
res Phoenicum , e par da intendersi delle donne fenici che in-
seri nelle sue Eee. (Z>) . Non nego perb , che dalla Grecia an-
cora qualche cognizione potesse trarre; come qualche insegna-
mento morale, che Piteo savio antichissimo della Grecia la-
sciato avea, e ch' Esiodo ha innestato nelle sue opere (c) . Cos!
parte per cognizioni estere, parte per greche giunse Esiodo
a forrnarsi in testa un tesoro di notizie, per cui la Grecia gli
da il titolo di a-otpoc,, come fa Platone nel IV. de Repub. , Te-
mistio presso Stobeo al Serm. 119., Dione Crisostomo alia ora-
zione sectima; ed altri lo accumolan d'altri elogj .
Che che siasi di cib, Esiodo flnge che il suo sapere tut-
to gli vcnisse dalle Muse. Era Ascra situaca alle radici dell'
Elicona, luogo assai atto a'pascoli; ed Esiodo in quelle valli
pascea il gregge , professione onorata anche da'figliuoli de're-
(a) Pag. 1. [V) Cedren. paulo post initium . (c) Plut. in Theseo .
\
v 9
gi ne' tempi eroici (a), cioe dugenc'anni innanzi. Ivi gli appar-
vero le Muse , e rampognatolo dell' oziosita , gli porsero un
bel ramo d'alloro, e gl'inspiraron l'arte di cantare il passato,
e d'indovinare il futuro. Tanto dice Esiodo stesso (b); e dee
prendersi per poetica finzione, come se un magnano dicesse di
essere stato da Vulcano istruito nell'arte sua. Ma quancunque
per finzione l'interpretasse e Pausania (c), e Aristide (d),e Mas-
simo Tirio (e) ; molti piu mostrano, che la tennero storia ,
siccome Dionisio Alicarnasseo, Libanio, Celso (/), e gli al-
tri che di tale credulita son da'Padri della Chiesa derisi, e bef-
fati. Taccio i Valentiniani , i quali giudicavano Esiodo il Pro-
feta della gentilita (g) . Sinesio racconta il fktto altramente :
dice che addormentatosi Esiodo, sognb di parlar con le Mu-
se (A) , e destossi poeta ; Niceforo , che le Muse gli dessero a
mangiar deH'alloro (/); Alceo nell'epitafio, che gli desser bere
da' sacri fonti d'EIicona (k) ; Virgilio che lo regalasser d'una
sampogna, col cui suono traesse le querce (/) . Ne questo solo:
ma di cosi poco seme , come il Casaubono rirlette (m) , nacque
una messe copiosissima di favole, di cui i buoni Poeti, e piu
spesso i cattivi, fecero uso nei loro componimenti. Anco il Ci-
terone, e il Parnaso divenner sedi delle Muse, perche all'Eli-
cona vicinij l'lppocrene, 1' Aganippe, quanti fonti, o flumi so-
no per que'paesi divennero prodigiosi a formar poeti; ognuno,
che sapesse far versi gloriavasi di aver sognato in quegli antri ;
ogni alloro gustato potea formare un poeta; ogni pastore era
allievo delle Muse in poesia . Omero non ne fece mai motto ,
o che sdegnasse cose si nuove, o che non le avesse udite. Esio-
do ne disse il poco che abbiam contato; e di quel poco nacque
(a) Homer. Odys. XIII. 223. (b) Theogon. v. 22. (c) Pag. 689. (d) Paneg.
Romae p. 398. (e) Dissert. XXI. ( f ) Dion. Hal. de Panegyr. Liban. pag. 348.
Celsus ap. Orig. contra eundem lib. II. («) Nat. Alex. torn. V. pag. 1 3.
(h) Synes.de insomniis pag. i36. edit. Petavianae . (£) Niceph. Comment, in
Synes. pag. 32 1 . (k) Alcaeus Antholog. lib. III. cap. 25. (Z) Virg. eel. VI. v. ?o.
(;n) Casaub. in prolog. Persii.
2
IO
il molto, che i posteri finser di lui; il moltissimo, che finser di
alcri. Cos! e avvenuto di altre favole , che semplicissime da
principio, a poco a poco crebbero a dismisura.
Qualunque fosse la scienza di Esiodo, e comunque acqui-
stata, nulla gli giovo nella lite ch'ebbe con Perse suo fratello,
il quale, morto il Padre, con donativi guadagno i giudici, sic-
che gran parte dell' ereclita toccasse a lui in pregiudizio del Poe-
ta . Egli se ne querela nella favola del rosignuolo afferrato
dallo Sparviere, di che noi a suo luogo. Qui a decoro di Esio-
do direrno, che non lascio di ajutare il Fratello comunque in-
grato, comunque discolo, e con le sostanze, e co'consigli; al
qual fine compose il libro dell'Opere. Ebbe pur molestie da
un tal Cercope, che fu quasi il suo Zoilo, sprezzato perb da
Tommaso Maestro, quasi un Marsia, che vuol dar briga ad
A.pollo (a). Ev rammentato ancor con disprezzo da Laerzio (b) .
Sebbene io non so persuadermi , che fosse si da poco un Uomo,
di cui dubitavasi da' Grammatici, che fosse autor dell'Egimio,
recato da molti ad Esiodo (c) . Cio che pote opporsi al nostro
Poeta fu una cosa sola; cioe ch'egli non sapesse suonar la ce-
tra ; motivo per cui presentatosi a'giuochi Pizj ne fu esclu-
so (i) . Suo costume fu cantar tenendo in mano un bastone,_ o
ramo di alloro; il quale se spogliato di fronde diceasi pa'/S/o?,
a cui aggiunto pJti , si chiamasser quasi pct/3JpJoi que' che can-
tavano con esso; vestito di frondi diceasi xAai??, come divisa
il Bonarruoti (e). E tanto fu proprio d' Esiodo questo ramo, che
con esso in mano lo effigiavano sempre i pittori, e gli scultori;
sicche Pausania disapprova una statua di lui, che in vece del
ramo teneva in mano una cetra (/) .
Col ramo dunque presentavasi alle feste, nelle quali sole-
va cantarsi a prova; il qual esercizio, utilissimo alia gioventii,
vuolsi da alcuni, che cominciasse in Grecia a' tempi d' Esiodo.
(a) In Argum. Ranarum Aristophanis . {b) In Vita Socratis p. 44. (c) Athe-
naeilib. XI. pag. 5o3. (d) Pausan. pag.620. (e) Vetri pag. 221. (/) Pag. 585.
1 1
Evfama, che con Omero gareggiasse in Delo, di che siallega un
frammento troppo sospetco (a) . L'anonimo autor del contrasto
fra Esiodo, e Omero gli fa anco competere in Aulide; notizia
similmente incerta, perche ci vien da Iui forse solo. Piu ragio-
nevole e il credere, che cib avvenisse nell'esequie di Alcida-
mante in Calcide, il quale essendo Re di quella Citta, e di tut-
ta Eubea, oggidi Negroponte, voile assalir gli Eretriesi con flot-
ta navale, e combatcendo ivi mori. Gannittore figliuolo di lui,
e successore fece bandir giuochi funebri, e premj solenni per
le sue esequie; ove infra gli altri dandosi Juogo a'poeci di con-
correre , dicono che Omero, ed Esiodo gareggiassero in cantare
aprova. Cosi racconta Plurarco (b) , Filostraco (c), Temistio (d),
Libanio (e) , Gio. Tzetze (/) citati dal Fabrizio, il quale in vi-
sta di si bel numero di antichi non osa negare il fatto (g) , sic-
come pure fan Dodwello (/i),il Quadrio (/), il Robinson (£), che
soli cito, perche la questione esaminarono a fondo,eil lor vo-
to e di sommo peso. Quanto alle circostanze essi non le garan-
tiscono almeno tutte ; essendo dagli autori raccontate diversa-
mente . E in prima Tzetze vuole ch' Esiodo non si cimentasse
col grande Omero, ma con Omero Focense figliuolo di Eufo-
rione distante per ben quattro Secoli da Omero il grande : la
qual sentenza, comecche paja probabile al P. Politi nel proemio
del suo Eustazio , in vigor delle cose gia dette non puo ammet-
tersi. Altre circostanze si trovano, compendiate nel libro, che
hapertitolo: 'O^w'py , ^ 'H<noJu dycov Homer i ,et Hesiodi concerta-
tio\ che dato in luce dallo Stefano nel 1573. e stato dopo
lui riprodotto dal Barnes, e dal Robinson. E questi benche
veggano, che dee essere stato scritto dopo Adriano quivi nomi-
nato; pur non gli derogan fede, potendo contener cose discese
da antica tradizione, o da antichi scritti. Adunque in questo
(a) V. Robinson, in diss. deHesiodo. (b) Vid. Symposiacon V. pag. 675.
(c) In heroicis pag. 727. [d) Or. II. de Regno. fe) Apologia Socratis .
( f) Prolegom. in Hesiod. (g) B. G. L. II. cap. 8. (K) Dissert, de Cyclis Graecor.
(I) Quadrio vol. IV. {\\ Dissert, de Hesiodo .
12
Opuscolo sifanno interrogazioni in verso, e in verso risponde-
si presso a poco come fan Dameta, e Menalca appo Virgilio,
cioe senz'ordine, e senza metodo: sempre si dan le parti d'in-
terrogare ad Esiodo, di rispondere a Omero; e si fa con tanta
profondita, e buon modo, che ben si vede l'Autore essere par-
titante d'Omero, e averlo voluto anteporre ad Esiodo. Ma Le-
sche presso Plutarco (a) racconta diversamente, e dice , che
avendo prima recitato l'uno, e l'altro versi composti a bell' agio,
piacquero ugualmente, e metteano in forse la vittoria, finche
Omero propose una questione, ed Esiodo con molto spirito la
sciolse, e cosi vinse.
Un'altra particolarita, in cui l'Anonimo autor dell' Opusco-
lo discorda da Plutarco, e a Filostrato, e a Tzetze conformasi,
e questa; che ove Plutarco ascrive la vittoria ad Esiodo in vi-
gor de' versi repentini , egli vuole, che dopo essi il favor del pub-
blico fosse per Omero ; ma che Panide fratello di Anfidaman-
te, e uno de'giudici, comandasse in oltre, che ognun de'due re-
citasse qualche tratto delle sue poesie meditatamente com-
poste ; e ch' Esiodo scegliesse quel passo della sua Georgica :
HXtii d^cov 'ArXotyivioov i7rmWo[j.iva.cov etc. ed Omero dopo lui
quell' altro della Iliade N. v. 126. 'Ajutpi J' a.pvAioumtc, cJW$ 'hcuno
ipctXayytt; etc. o come vuol Tzetze, cinque versi piu sotto; che
agli altri sembrasse aver prevaluto Omero; al solo Panide pa-
resse miglior Esiodo in quanto avea cantate non le arti della
Guerra, ma quelle della Pace tanto migliori: e che per tal rae-
rito il coronasse, e gli desse il tripode.
Se ad alcuno paresse strana tal risoluzione, io non diro con
Filostrato grande ammiratore della Esiodica soavita, ch'Esiodo
prevalse pel miglior talento di gestire (b) ; ne con Dione Crisosto-
mo, che cio avvenne per colpa degli astanti rozzi, e leziosi(c);
ne col Fabrizio, che Omero gia vecchio pote esser vinto da Esiodo
giovane, come Eschilo daSofocle (d). No, niuna di queste rispo-
(a) Conv. Sapient, pag. 154. (b) Loco cit. (c) Orat. XXX. (d) Loco cit.
*3
ste pub sodisfare, almeno compiutamente . Rispondero piutto-
sto, che simili posposizioni de'dotti a' men valenti erano comu-
nissime, fosse per cabala, o fosse perche la miglior voce, e la
migliore apparenza afFascinasse i giudici . Euripide autor eccel-
lente di 75., o come altri voile di 02. tragedie vinse in 5. sen-
za piu . Menandro vinse solo 8. volte , e fu superato da File-
mone . Pindaro, cio che appena si crederebbe, fu 5. volte vin-
to da Corinna . Per simil guisa pote ad Esiodo cedere Ome-
ro; ne senza infamia di Panide; il quale per quanto si applau-
dissedi aver dato alia Grecia un buon documento morale, chele
opere della pace prevalgono a quelle della guerra, ella non glie
ne seppe ne grado, ne grazia;anzi inventb il proverbio TiaviSov
■\viqioe, Panidis suffvagiiim in proposito di coloro, che tortamen-
te giudicano ; siccome diligentemente spiegarono Erasmo , e
Manuzio. II vincitore poi alle Muse consagro il tripode , ag-
giuntavi una iscrizione, dice Varrone presso Gellio (a), e non
pochi altri ; il cui senso era questo :
A le canore Muse d' Elicona ,
Poiche in Calcide ha vinto il div' Omero
Nel canto, Esiodo vincitor lo dona (Z>).
Ma il tripode conservavasi fino a' tempi di Pausania (c); 1' iscri-
zione non gik; altrimenti egli non avria detto , che dopo ave-
re investigato con diligenza molta il vero su la eta de' due Poe-
ti, non gli era riuscito di trovar cosa, onde decider la questio-
ne. Bene dunque giudico il Salmasio (d), che quel titolo sia ope-
ra di qualche ammiratore di Esiodo .
Sopravvisse il Poeta a questa gara alquanti anni, come rac-
cogliesi dal libro de'Lavori, e delle Giornate , in cui senza no-
minar Omero, ne fa menzione. L'Anonimo peio, che descrisse
il Certame, e Tzetze lo trasportan subito per mare in Delfo
(a) Lib. III. cap. n. (c) Paus. in Boeot. pag. 585. et 588-
(6) 'Hy/oJo?M»Va<s'EX/xa;i'/o'i tovJ" dvi$nv.iv (t£) In Solin. pag. S6$.
"Tf*vo> nxrirai; gi> XaXx/J/ Siiov "Oftn^ov.
Anthol. III. 2?.
*4
a consultare l*Oracolo. S. Girolamo sembra aver avuta la me-
desima persuasione, quando alludendo certamente al canto di
Calcide cosi scrisse: Hesiodus , Stesicorus , Simonides , grandes
nam, cycneum nescio quid, et solito dulcius vicina morte cecine-
runt . Piu verisimile e, ch'egli da Ascra passasse in Delfo, luo-
go, ch'era in venerazione a tutto il Mondo ; e che ivi secondo
il costume chiedesse l'Oracolo. E l'ebbe, dice anche Tucidide
grave , e verace istorico;e fu, che si guardasse daNemea, che ivi
si apprestava il fine alia sua vita . Tanto dice Tucidide (a) ; e
l'Anonimo ancora, il quale recitando l'oracolo, specifica anche
piu il luogo A/o\ Ni/u'Ja cLXo~o<;, Jovis Nemaei lucum; il che Tu-
cidide esprime pure in altra maniera : bi> •» Aioc, w Ns^e/a ra> /gp£ :
in Jovis Nemaei delubro. Esiodo,udito l'Oracolo, si guardo dall'
andare in Nemea del Peloponneso, ov'era tempio,e bosco sa-
cro a Giove; ma non riflette, che nella Locride v'era la pic-
ciola Citta d'Enoe, o Eneone, come la chiama Tucidide, la qua-
le aveva l'istesso nome , per quanto dichiara Tzetze ; i^ctkeiio
Si w 'Oipovi Atos Nefjieix hpov. Vi venne dunque sicuro parecchi
anni , secondo me , dopo il canto di Calcide ; ed alloggib
presso Gannittore suo ospite , e padre di Ctimeno, e di An-
tifo, per nominargli coi nomi, che danno loro Eratostene (b),
Pausania (c), Plutarco (i), e Suida (e): quantunque l'autordel
Certame , e Tzetze al padre dicano Feseo J' uno, Fegeo Pal-
tro; a'figli Gannittore, e Amfifone. In questo mezzo tempo av-
venne, che una figliuola dell' Ospite, detta Ctemene fu violata:
del qual delitto fu incolpato Esiodo, come contr'ogni apparen-
za di vero affermano alcuni presso Pausania al citato luogo, non
riflettendo che la buona morale, che spicca in ogni pagina del
Poeta, lo mette al coperto d'ogni tale impostura. Piu verisimile
si e, che l'autor dello stypro fosse Demode, compagno di viag-
gio d' Esiodo ; e che al piu il buon vecchio desse consiglio, e
(a) Histor. lib. III. pag. 23S. (b) Ap. auctorem Certaminis . (c) Pag. 58<?.
(J) De sollema animalium pag. 969. (e) V. 'H<r/e<?ej.
'5
opera a occultare il misfatto; come Plutarco (a) racconta; dice
pero, che fu falso sospetto.
Furibondi i due giovani uccidono Esiodo (b), uccidono De-
mode (c); uccidono un altro giovinetto, che accompagnavagli,
chiamato Troilo (d) , il cui cadavere trovato presso uno sco-
glio, gli die il nome di Troilo: finalmente la male arrivata fan-
ciulla, dice l'autor delCertame, disperatamente si strangola (e) .
Ne i due omicidi sopravvissero che pochi giorni : perciocche
entrati in una barca peschereccia per sottrarsi all'ira de'loro
conciccadini , e dirizzatisi a Creta , nel viaggio percossi da ful-
mine perirono, e si afFogarono, come attesta Alcidamante nel
suo Museo (/) . Ma niun tratto di questa lugubre storia e si va-
riamente contato, come la morte dicoscoro. Eratostene gli dice
tornati dal viaggio di Creta, e puniti di morte in Enoe da Eu-
ricle Aruspice secondo le leggi (g) . Pausania gli vuol tragitta-
ti da Neupatto lor patria in Molicria, e quivi scoperti, e mor-
ti (/i). Plutarco aggiugne, che furono gittati in mare, e le case
loro demolite (/). Plutarco stesso, che piu volte ne discorre,
ove scrive il libro de sollertia animalium (k) , par che ivi suppon-
ga , che nel bosco stesso di Giove ucciso fosse , e che gli omi-
cidi fossero dal cane di Esiodo scoperti; o da'cani come emen-
da Polluce (/) , i quali non partendosi dal cadavero dell' ucciso,
non prima videro arrivare i colpevoli , che co'latrati gli pale-
sarono. L'autor del Certame e d'avviso, che il corpo del Poe-
ta fosse gettato in mare, ove raccolto da' Delflni , il terzo di
lo depositarono a terra, quando i Locresi quivi raunati cele-
bravan la festa d'Arianna; e che gli uccisori morissero d'una
tempesta; dal qual racconto Tzetze poco si allontana. Fra que-
ste varieta di opinioni non vi e altra certezza, se non la morte
sciagurata di Esiodo. Ed a molti de' Poeti grandi par fatale
(a) In Conv. scptem Sap. p. 162. (£>) Paus. et Plutarch. 1. c. (c) Erarost. ap.
Auct. Certaminis. (d) Plutarch. Item auctor Cevtaminis. (e) Ap. eundem .
(/) Ap. eund. (g) Ap. eund. (7i) Pag. 589. {i) In Conv. Sapient, (it) P. 969.
(Z) Onomast. lib. V. cap. 5.
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morire sventuratamente. II Barnes nella vita di Euripide ne tes-
se il catalogo, che io credo di far cosa grata al lettore se lo ri-
produco variato di poco. Cominciando da' piu antichi, Orfeo
inori lacerato in brani , Museo percosso da Alcide, Esiodo di
ferro, Omero di fame, Anacreonte, e Sofocle d' un acino d' uva,
Empedocle del fuoco etneo, Archiloco ucciso dagli assassini,
Euripide sbranato da'cani, Licofrone di saetta , Teocrito di
laccio , Terenzio di naufragio, Cornelio Gallo della sua spada,
Lucrezio della stessa morte, Ovidio,e alcunigli annetton Proper-
zio, rilegato da Augusto, Seneca e Lucano svenati da Nerone.
Ai quali se aggiungasi Dante cacciato in esilio , e i Poeti delle
recenti nazioni d' Europa, morti sgraziatamente , il catalogo
potrebbe aumentarsi non poco. Lascib oltre il fratello, che Sui-
da annovera tra i poeti , Mnasea suo flgliuolo (a) . Filocoro ed
Aristotile vi aggiungono Stesicoro (b) natogli da Climene, o
Archiepe; che altri credon moglie di Esiodo (c) ; ma la patria,
e la eta di questo Poeta ci vietano di dar fede a tale sentenza.
Per continuare il filo della interrotta narrazione , Esiodo
per la sua celebrita fu dai Locresi pianto, e nel territorio di
Naupatto non molto Iungi ad Enoe , o Eneone sepolto . Qui
Proclo (d) da una notizia interessantissima dedotta da Aristo-
tile nella descrizione della llepubblica degli Orcomenj ; ma la
riferisce in guisa, che senza il sussidio di Pausania non s' in-
tende pienamente (e). Narra dunque, che in Ascra entrarono
i Tespiensi, popoli assai vicini ; e che misero a fil di spada
quanti degli Ascrei poteron trovarvi. Una parte perb di loro
si rifugio presso gliOrcomenii Minii, popolo inclito di Beozia,
diverso dagli Orcomenj d' Arcadia. Quivi sorta una terribile
pestilenza, mandarono per rimedio a consultare 1' oracolo di
Apollo Delfico; il quale per mezzo della sua Pizia rispose, che
1* unico modo di liberarsene saria stato toglier dalla campa-
(a) Procl. et Tzetz. ad vers. Operum 2^1. (b) Ap. Scholiastas . (c) Gyraldi
in vita Hesiodi. (d) Ad v. Operum 640. (e) Lib. IX. pag. 600.
n
gna di Naupatto l'ossa d'Esiodo, e traportarlc in Orcomeno: il
luogo dove giaceano sarebbe loro additaco da una cornacchia.
Gl' inviati tornando a casa, e passando da Naupatto, ov'era
gia ito in dimenticauza il luogo del sepolcro di Esiodo, trova-
rono una cornacchia posata sopra di un sasso. Sotto il quale
guatando vider 1' ossa di Esiodo indicate loro da un epigram-
ma (a), che tradotto qui riferiremmo, se vero fosse. Ma vi son
nominati i Minii, cioe gli Orcomenj , e Pausania lo ascrive a
Cherse lor cittadino e poeta: senza nome, e alterato alquanto si
ha nel III. libro dell' Antologia greca. Or io lo credo piuttosto
messo dagli Orcomenj, che nella gran citta loro avean due tom-
be veneratissime, quella di Minia autor della nazione, e questa
di Esiodo. In luogo dunque di questo epigramma malconcio
citeremo un altro epigramma dell' Antologia (b) , che in nostra
lingua suona cosi : parla il sepolcro .
// grand' Esiodo Ascreo chiuder mi vanto,
Corona della Grecia, onor del canto.
Alia tomba pure dagli Orcomenj avuta dopo quella di Nau-
patto, e alia vecchiezza d'Esiodo, e a quel proverbio JV^ 7rouSz<;
01 yipovise,, bis pueri senes , allude un bell' epigramma, che Sui-
da ascrive a Pindaro; ed e questo (c).
Xoupz Si$ y/3v{<rci<; j£ Siq rcttpov dvTt8oXy<ra.(;
'HtnoS' ctvOpcoTTOit; (/.{rpov \yoov q-q^'cac,.
Salve Esiodo gentil, che due sonisti
Fanciullezze, e due tombe: e al maggior colmo
Dell' umano saper fra noi salisti .
Benche mi affretto a finire, diro che il Gravina avrebbe vo-
luto cv *vBpoo7roie,, e percio segui la lezione tratta dal Cod. Vos-
siano fxirpct yicovjj-o<p'm\c,y hominibus tradens modum sapientiae.
Ma non veggo perche abbiasi per sospetta una rcostruzione ,
che in Esiodo si trova (d) : *pecv Si Spot; vAxpw fd» n <p{pu j3u-
Xavbt; , (A.i<r<rm Si fiiXla-a-oK;, in momibus vero quercus summa qui-
{a) Paus. p. 600. (b) Lib. III. c. 25. (c) v. 'H<r,We; (c/) Opera et Dies v. 232.
3
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dem fen glandes , media vero apes; ove oupurt e in luogo di iv
ovpio-i. E il Fabretti (a) riporta dalle schede Barberine l'epi-
gramma, e dalla Biblioteca vaticana la traduzione, che dice:
humanae qui modus es Sophiae. Credetemi, oLettore: gran par-
te delle correzioni, che si fanno a lezioni approvate dal mag-
gior nurnero de'codici, e cosi. Ed e insoffribile la licenza di
questi Aristarchi , e di questi Zenodoti, che per ostentazione
d'ingegno son prodighi de' lor obeli; e come a'poetie lecito fin-
gere cio che vogliono; cosi loro par lecito scancellare negli au-
tori e mutar cib , che loro e in grado.
Vengo agli onori prestati alia memoria diEsiodo; che gran-
di furono, e poco men che divini. Non ne abbiamo come di
Omero, 1' apoteosi in marmo ; ma troviamo scritte cose non
poche, ch' equivalgono a tal superstizione. II principal fonda-
mento era la fola, ch'ei fosse nato di Picimede moglie di Dio,
e figliuola d' Apollo, come crede Tautor del Certame; e l'altra
fola, ch'ei discendesse da Orfeo e da Calliope, come Proclo
accenna. Ma senza cio, la familiarita colie Muse, la scienza in-
fusa, la fa ma de'delfini, che ne trasportarono il cadavere, face-
vanlo riguardare come divino, ch'e il titolo, che gli da Plutar-
co nel libro de oraculorum defectu. Per le campagne, almeno in
qualche luogo della Beozia , era considerato come il Semidio
de'Pastori; in sua lode cantavasi im inno oggidi smarrito; era
in altre guise venerato al pari di Dafni nella Sicilia (/>). Sopra
lui era scritto un poema epico da Euforione, intitolato /' Esio-
do , citato da Suida, e pieno, come vuol credersi, di titoli da
tenerlo cosa piii che umana . Socrate (c) riguardavalo come am-
messo al ruolo de'Semidei, e fra coloro, che doveano nell'al-
tro mondo fare il soggetto della sua beatitudine. Quindi le co-
tante statue erettegli nelle Citta, e pe'Ginnasii. Pausania, che
dovette rainmentar le piu celebri, una ne vide nella piazza di
Tespia, una nel delubro delle Muse in Elicona, una nel tempio
(a) Inscript. dom. p. 675. (b) Faber in VitisPoet. Graecorum. (c) V. Pla-
tonis Apologiam.
di Giove Olimpico, accompagnata da quella di Omero, lavori
ambedue di Glauco Argivo (a) . In Costantinopoli era una sua
statua di bronzo in atto di cantare soavemente, di che l'Anto-
logia (b) .
Da queste, e da altrettali statue crediam propagata la fiso-
nomia di Esiodo; seppure si puo dire volto di Esiodo un volto,
che finto come quelle* di Omero ci fa supporre Plinio: Edam
quae non sunt , finguntur , pariuntque desideria non traditi vultus ,
sicut in Homer o evenit (c), e in ogni altro soggetto, che sia vi-
vuto prima della invenzione della pittura, e della perfezione
della statuaria: quantunque Cupero si opponga all'asserzione
di Plinio (i), di che non e ora luogo da quistionare. La testa di
Esiodo e molto difficile a rintracciare . Loesnero ne rapporta
una, che io credo d'Aristippo, persuaso dal Vetro con nome
antico di questo Filosofo, che pubblicai l'anno 1805. V'e una
gemma nell'Orsini col nome H2IOAOC, che io tengo per im-
postura, quantunque riferita da piu d'uno ne'loro Esiodi . V'ha
una testa in erma doppio, di Omero, e, come parmi, di Esio-
do, nel Clementino, ed una negli orti di casa Colonna; che si
somigliano assai . Questo e il piu sicuro Esiodo che m'abbia
yeduto. Egli e nominato insieme con Omero suo coetaneo da
quasi tutti i Classici, ed etroppo connaturale, che anche ne'marmi
si accompagnassero, com'eran usi di fare gli statuarj de'sogget-
ti simili ; unendo verbigrazia Milziade e Temistocle, Erodoto e
Tucidide, Epicarmo e Metrodoro in ermi, o teste duplicate.
Passando dall' uomo al Poeta, cercasi primieramente se que-
sto nome di Poeta gli sia dovuto. Gliel nega il Vossio, dicen-
do, ch'egli e teologo nella Teogonia, e fisico nella Georgica(e).
E parimente gliel negano il Castelvetro, il Varchi , il Minturno,
ilRapino,il Bossou, e glialtri Critici italiani, e franzesi (J),sic-
(a) Paus. p. 582. 585. et 33p. (b) Anthol. 1. V. c. 6. (c) H. N. 1. XXXV. c. 2.
(d) In Homeri Apotheosim . (e) De artis Poeticae natuia . (/) V. il Crasso nel-
la Storia de'poeti Greci alia paiola Esiodo, e Baillet ne'Iugements des Sa-
vante tomo VI.
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comeaquello chc manca d'invenzione, e ne fragli Epici ne fra'
Melici, ne fra'Drammatici non ha luogo. Costoro pero sembran
regolarsi da'suoi piu noti poerai; senza riflettere, che gli anti-
chi il fann'autore di alcuni altri, in vigor de'quali e da com-
putarsi fra'poeci. In fatti PJatone non gli diniega tal vanto (a),
ne Proclo, che presso Fozio il mette fra gli Epici (b), come pur fa
1'AnonimoaV rerum inventoribus publicato dal Fabrizio(c): Tlorn-
Ttti 7TZVTS, "O/uwpot;, <H<r/oJogi JJeia-ctvJ'poi;^ II m>u cur /$, 'A^T/^a^o? •
Nel resto non e la sola mancanza della invenzione, e il non
pocersi ridurre fra gli Epici, o i Melici, che ad Esiodo contra-
sta il nome di poeta; e anche la dicitura piana, naturale, e quel
sorger di rado, come parla Quintiliano, raro assurgit Hesiodus (d).
Al che io rispondo, che non dee misurarsi lo stile di que' pri-
mi poeti con cib , che scrissero i poeti posteriori . Prima che
venissero in onore gli Storici, e gli Oratori, bastava a' Poeti di-
lungarsi dal coraune uso di favellare, il che ottenevano merce
del metro; nel resto erano non curanti di certi ornamenti piu
gaj, che divertendo l'animo del lettore dalla immagine, che
gli si dipinge, sciolgon l'incanto, che fabbrica alia sua fanta-
sia una poesia che imita il vero a perfezione (e) . Ed ecco in
che sta il maggior merito di Omero, e di Esiodo, e di quan-
ti altri scrissero in quella felice eta , che lo Scaligero chiama
primavera della poesia: descriver le cose con una inarrivabile
naturalezza . La quale par soverchia in Omero e in Esiodo,
specialmente per le molte repetizioni di una medesima frase,
e talora di una medesima cadenza. A purgare Omero (lo stesso
val per Esiodo) di ogni nota di tautologia adduce varie ragio-
ni dopo Mons. Boivin il Sig. Angiolo Ricci (J), e specialmente
queste;che tal' era 1' uso d'Oriente in que' primi secoli ; che
[siccome il verso serviva al canto, era dilettevol cosa, che una
cadenza fosse ripetuta con sobiieta nel medesimo tuono ; che
{a) Legum 1. X. (b) Photius pag. 982. (c) B. G. T. IX. p. $99. (d) Inst.
Orat. 1. X. cap. I. (e) Gravina Epist. ad Maffejum. ( f) Dissert, in Homer. VI.
21
Macrobio stimava queste ripetizioni si conformi al resto della
poesia di Omero, che non le avria cangiate con le piu studia-
te variazioni de'recenci.
Ma dato, che cib sia riprensibile , questa e colpa non
della persona, ma del tempo in cui visse Esiodo, compensata
da tante bellezze , che la fanno poco men, che scomparire . A
lui si da la palma, dice Quintiliano, in quel genere di dire,
che si chiama mezzano (a), cib che pure era stato il sentimen-
to veneratissimo di Dionigio Alicarnasseo negli elogj, e pub
dirsi di tutta l'antichita. La soave armonia , che risulta dal
suo verseggiare non solo e in ammirazione al predetto Dioni-
sio (b) , ma a Quintiliano, e Vellejo (c) ; per questo Alceo pa-
ragonb i suoi versi al latte ed al mele (d), per questo Ateneo (<?)
chiama Esiodo soavissimo , e Callimaco mellifluo in supremo
grado (/). Per questo Demetrio Falereo, benche non lo nomi-
ni, lo toglie piu volte in esempio dello stil grazioso e gentile;
ed Ermogene insegnando il carattere della soavita, e dicendo
che nell'Jonico dialetto specialmente risiede, percib, soggiun-
ge , tanto piacque a Omero , e ad Esiodo . Che se Tze-
tze (g) lo dice incolto, vacillante nel metro, scarso di pensie-
ri, pieno di tautologie, indegno d'essere paragonato ad Ome-
ro; l'Einsio ne fa buona difesa, e tutto rifonde nella poca pe-
rizia del Critico (/i). Ne da colpa anche al tempo, in cui Tze-
tze viveva, e applaudivasi alle sue Chiliadi, che tutte insieme
non vagliono un verso del nostro Poeta .
Cosi avessimo noi i versi di Esiodo quali usciron dalla sua
penna! Ma egli anche in questo e simile ad Omero, che i suoi
versi per ventidue secoli stati in mano d'indiscreti, slan alteratis-
simi . Scio enim , .dice il dottoRuhnken (/') neminem ex antiquis poe-
(a) Inst. Orat. l.X.c. I. (b) Tlifi Axjuos-S-. invima^ (c) Histor. lib. II. multis-
sima dulcedine car minum memorabilia . (d) Anthol.III. 25. (e) Lib. III. p. 1 1 6.
M*<riv.u)'iuit>v . ( /") Epigr. 29. MtX/xpowTO)-. {<£ In Opera et Dies v. 238. (ft) Pag 95.
(z) Epistola critica I.
tis crebrius interpellatorum manus expertum esse , quam Hesiodum.
I Rapsodi, cantandolo, ove qualche cadenza non era a lor mo-
do, audacemente mutavanla ; come dopo gli antichi congettura
il Grevio . I Cricici, fra'quali Aristarco flagel d'Omero, e Plu~
tarco Beoto prevenuto a favor d'Esiodo, sicche ogni neo gli sia
una imputazione, spesso lo alterarono. Ne solo ne sono stati es-
clusi i versi creduti non degni di tant' uomo (ma che per esser
uomo, e vivuto in tal secolo dovean lasciarsi), ma alcuni pure,
che o non son citati, o citati variamente, o che sono in alcuni
Codici , e in altri no. Possiam pero consolarci. Almeno abbiamo
il testo di Esiodo quasi qual si leggeva nella eta di Plutarco, co-
me risulta da Proclo e dagli altri Scoliasti, che ne riferiscono le
correzioni. Cio non interviene in altro Classico, e ci risparmia
il pensiero ordinariamente di fare altre congetture per emen-
darlo. L' emendarlo consiste, se io non erro , in ridurlo quale
era in quell' eta. Da tutto questo io raccolgo quanto parca-
mente nell'emendare Esiodo si deggia dar luogo a congetture.
Non ci paja vero il ridurlo qual leggevasi a tempi loro . Os-
serviam bene i MSS. confrontiamogli , non ci partiamo dalla
lor fede, se vogliamo recare ad Esiodo qualche vantaggio.
Seguita di dire delle poesie di Esiodo in particolare, la mag-
gior parte smarrite. Tie ce ne avanzano, le Opere e Giorna-
te, la Teogonia, lo Scudo d'Ercole. Fino a' tempi del gram-
matico Tzetze , n'esistevano varie, parte vere, come dee cre-
dersi, parte supposte ; delle quali egli ne novera cinque nel
prologo, e la sesta nel decorso del suo commento. Altre son ci-
tate a nome da varj Greci, e Latinij le autorita de'quali riu-
ni insieme il dottissimo Giannalberto Fabrizio nella Bibliote-
ca de' greci scrittori per tessere il piii accurato catalogo che
delle poesie di Esiodo vedesse luce (a). Esso regolerk ancora
il nostro.
I. vEpyet *) 'Hjui'pcu. Le Opere e Giornate. II piii celebre, e il
piu stimato di tutti i libri di Esiodo, e per tradizion de'Beo-
(a) Fabr. Bibl. Gr. lib. II. c 8.
23
ti, l'unico ch* egli scrivesse ; ma di csso a bastanza diremo
nella prefazione.
II. Qioyovla.. La Generaziom degli Dei. Questa poesia e ri-
conosciuta per legitcima da tutti gli antichi, specialraente da
Gio. Diacono, e da un Anonimo, che ne fecer comento.
Pausania solo defer! troppo alia tradizione poc'anzi detta, e
appena cito mai la Teogonia, che non mostrasse di dubitarne,
finoa dire, che ugualmente, che i versi di Lino, gli parea fal-
sa (a). Ma non e questa difficolta che merici d' essere attesa.
III. 'Aa-7Tic, 'UpctTtXiat; . Lo Scudo d'Ercole. Exla terza delle poe-
sie che rimangonci sotco nome di Esiodo, su di cui abbiam le chio-
se di Giovanni Diacono, e di Gio. Tzetze. Quasi tucti gli antichi
il danno o per apocrifo , o almen per sospetto , fra' quali e il
gran Longino, detto per certa eccellenza il criticissimo (b) 6
hpit/kcotutoi;. Le ragioni di tal sospetto posson vedersi nelle os-
servazioni critiche degli eruditi Britanni del 1733. Ivi pure si
trovano le risposte di un dotto Anonimo, alle quali il Robin-
son aggiunse le sue l'anno 1737. nella uuova edizione di EsioT-
do. Per quanto si sieno ingegnati questi due bravi oltramonta-
nt di rispondere alle objezioni addotte , quel libro, a dir poco,
e sospetto molto.
Di queste tre opere colla giunta degli antichi Scoliasti fe-
ce Daniel Einsio una bella edizione nel 1603. Fra gli Scoliasti
manca il migliore, che fu Plutarco, quantunque e'sia nelle co-
se, che deon supporsi le piu interessanti, trascritto da Proclo.
Mi dispiace di vedere nel catalogo degl' Interpreti d'Esiodo es-
cluso Plutarco, mentr'e citato da Gellio il quarto libro de' suoi
Commentary in Esiodo(c). Oppongono che questi libri non sien
notati nel catalogo di Lampria (<i); ma cio non dee addursi per
indizio d'essere spurj; avendo avvertitoil Fabrizio, che quel ca-
(a) Paus. in Arcadicis pag. 483. (b) Tanaq. Faber in vitis Poetarum Grae-
corum „ opus illius non est:: quod aliis probare non contendo argumentis,
quam quod peritissimi antiquitatis illud numquam agnoverint ,,. (a) Lib. XX.
cap. 8. (d) Fab. B. G. torn. ill. pag. 343. __
^
24
talogo non fu trovato compiuto, ma tronco e lacero. Oppon-
gono, che la notizia citata da Gellio si riscontri nel trattato de
hide et Qsiride; ma cio non prova quel che Robinson, e prima
dilui Lambecio, e Scioppio, e Prousceo vorrebbono; che tal no-
tizia appartenga a quel solo volume ; pocendo una stessa cosa
cadere in acconcio di varj libri. Oppongono, che non trovasi ci-
tato fuor che da Gellio il commentario di Plutarco in Esiodo;
lo che e falso. Proclo e gli altri Scoliasti lo citano se non col
nome, almeno nel sunto . Se in qualche cosa par riprensibile
Plutarco, cio e nella facilita di scancellare da Esiodo quel, che
non gli pare perfetto ; cio che pur riprendesi in Aristarco ris-
petto a Omero.
Dopo Plutarco il primo per tempo e per autorica e Proclo
Licio Diadoco, uno de'piu accreditati uomini del suo secolo,
che fu il quinto di Cristo; autore non solo della Crestoma-
zia (a), madimolte opere platoniche, parte rispettate dal tem-
po, parte smarrite. II Platonismo, di cui resse cattedra in Ate-
ne, e il suo forte; e ne'commentarj stessi di Esiodo cerca i se-
mi della dottrina di Platone; e mostra di esserne sollecito piu
che di altra cosa: in proposito di che vedi l'Olstenio nella vi-
ta di Porfirio. Giovanni Tzetze e il secondo degli Scoliasti,
autor delle Chiliadi, e di altri libri, che inediti giacciono per
le librerie, specialmente sacri : per cui il Cave (b) gli da luo-
go nel suo catalogo degli Scrittori Ecclesiastici . Egli prorkta
delle fatiche di Proclo ; ma nel tempo stesso non riflna di biasi-
marlo con una liberta, che sa dipetulanza; cio che pure fa con
Esiodo, come notammo. II terzo e Moscopulo trascrittore
assai volte di Proclo, buono indagatore del senso letterale e
della frase di Esiodo: il quale si crede, che fiorisse nel secolo
XIV (c) . Siaggiungano a questi tre le note, che Gio. Protospa-
tario distese su le Giornate di Esiodo in grazia di un suo figliuo-
(a) Photius in Biblioth. cod. 23p. (b) Cave. Script. Ecclesiast. historia lit-
teraria . Tom. II. ad an. C. 1 160. (c) Fab. B. G. lib. II. c. 8. T. VII. pag. 37.
H
lo, a cui le indirizza. Ecco i greci Scoliasti de' lavori e gior-
nate : degli alcri libri , si ricordarono altrove.
V'e in Einsio, oltre le sue note, una introduzione alia dot-
trina d'Esiodo su Je Opere e le Giornate; vero sogno, di cui a
lungo si pa.rla nella Prefazione . Un' alcra edizione ne fece il
Grevio, nel 1667. corredaca delle note dello Scaligero, e del
Gujeto, e delle sue proprie, dotte, ma spesso arbitrarie, o
dettate da cattivo codice. Una terza ne diede Giovanni
Clerc nell'anno 1701. ove riferi le annotazioni de'predetti,
del Padre; e le sue ancora; ma con troppo ebraismo.
La quarta Edizione degna d'esser saputa e quella del Robin-
son in Oxford nel 1737. di cui parlano vantaggiosamente gli
Eruditi di Lipsia ne'nuovi atti del 1738. In una previa disser-
tazione si distende molto su la eta di Esiodo, e su di altri punti
di critica accennati da noi poco sopra; aggiugne alcune sue no-
te a quelle de'chiarissimi uomini, che poc' anzi nominammo.
Ne vi manca il Contrasto fra Omero ed Esiodo.
La quinta classica edizione e quella di Loesnero, del 1778.
il quale ha riprodotto quanto si era dato da Robinson, con note
di Ruhnkenio, e coi confronti dell'edizioni piu insigni, e di alcuni
codici assai pregiati . L'ottimo Autore hafatto desiderare nella sua
edizione l'indice del Pasore per non crescerla troppo, e le corre-
zioni alia versione latina, che niuno saria stato piu di lui abile
a fare, dicendo che o convien tutta far di nuovo tal versione, o
astenersene. Nel che spero di essere scusato, se mi diparto dal
suo consiglio, ed emendo alcuni creduti errori del Clerc, o del
Robinson, avvertiti anche talor da lui; parendomi meglio pur-
garne la mia edizione, che lasciargli correre.
La sesta ed ultima e quella, che ne feceilCav. Brunck fra'
poeti gnomici greci , degna nelle note della stima, che gode in
Europa di conoscitore profondo di lingua greca. In una cosa
non so approvarlo; ch' egli riduce a 773. versi il poema, che
anche Loesnero avea condotto a 828. I 55. versi, che ne ha tol-
4
/ , ^
2<5
ti, se da qualche autore, o da qualche codice son condannati,
son difesi da altri ; e non ci permette M. Tullio d' imitare Ari-
starco, che Homeri versum negat quern non probat (a). Pochi let-
tori gradiranno di aver cosi tronca un' opera classica: piutcosto
i versi dubbj pajon da linearsi per distinguerli da'certi.
Vi ha pa recchie traduzioni di Esiodo in diverse lingue. In ver-
si latini fu volta dall' Ulpio, e da Niccolo de Valle la sua Geor-
gica, da Bonino Mombrizio la Teogonia, da Gio. Ramo de Goes
lo Scudo d'Ercole. Di tutto Esiodo abbiamo avuto ultimamente
)a versione latina con alcune note del Sig. Ab. Co. Za magna; il
quale se traducendo l'Odissea di Omero pare che abbia tolta in
presto la penna da Virgilio, lo stesso ha fatto latinizzando Esio-
do. Gl'Inglesi vantano la traduzione di tutto Esiodo fatta dal
Hooke, e pubblicatain due tomi nel 1728. La stimano una delle
piu celebri di lor lingua, e pregiatissime sono le osservazioni
ond'e corredata . In verso francese ne diede una il Baif del-
la sola Georgica: un'altra di tutte l'opere ne ha data in pro-
sa Mons. Bergier Principale della Universita di Besanzon, pre-
messovi un discorso mitologico, e aggiuntevi alquante note (for-
se sistematiche troppo) a schiarimento della dottrina, e del te-
sto. Fra gl'Italiani, oltre la elegante traduzione della Teogo-
nia del Carli, vi e quella di tutte l'opere di Esiodo fatta colla
usata inerenza alia frase greca del Sig. Ab. Antonmaria Salvini.
Ella e opera postuma, e fra le molte versioni dilui, che sono usci-
te, questa e forse la men corretta. Fu impressa in Padova nel-
la bella edizione di Esiodo del 1747; ma il Sig. Zanolini che
presede a quella stampa, ebbe il MS. assai guasto, e mancante
di varj versi. Vien dopo il Salvini nelle Opere e Giornate, il
Brazzuoli, seguace anch' egli della mcdesima scuola nella fedel-
ta, e nel far versi, che piuttosto son prosa. Lo stesso impegno
prese il Sig. Con. Arrivabene; e vi riusci meglio. Il suo verso e
verso, ed ha inerenza grande. Giudiziose sono anche le note,
onde ha corredata la sua edizione. Meno scrupolosamente si
(a) Epist. III. II.
n
attacca al tesco, ma piu poeticamente si solleva il Reverendiss.
P. M. Pagnini dell'Ord. de' Carmelitani, che tutto Esiodo ci
volgarizzo fin dall'an. 1797-, degno soggetto, e in traduzioni
espertissimo, colJe quali hacresciuta la stima a'corchi bodoniani.
Madelle poesie, che ci restano di Esiodo, non altro. De'poe-
mi che sieguono, rimane qualche fiammento. E dee procedersi
con cautela prima di credergli veramence suoi. Eliano (a) ci fa
sicuri, che moke opere gli furon supposte; ed uno degl' impo-
stori, per quanco scrive Ateneo (b), fu Eutidemo Ateniese . Ed
anche altri poemi si possono annoverare non gia falsati, ma im-
maginati, e riposti nondimeno nel ruolo delle poesie attribui-
te ad Esiodo. II Quadrio gli ascrive un libro di Botanica(c), sic-
come fecero alcuni altri presso il Giraldi; ne di cid vi ha fon-
damento alcro che tenue ed apparente nella storia di.Plinio.
Anche un poecico trattato di medicina gli ascrive il Quadrio
su l'affermazion di Cleodomo; il quale commendando i precet-
ti di Esiodo a Perse circa la misura de'cibi, la salubrita delle
acque, Tinnacquamento del vino e altrectali cose, conchiude,
ch' egli dovette conoscersi di medicina (d) : ma tutco quesco
all'intendimento del Quadrio e niente. Lascio stare la piena c
lunga Georgica favoleggiata dall'Einsio; di cui nella prefazio-
ne ; ove pure del libro (xzydXct Ipyct. Ripigliamo intanto l'inter-
messo catalogo.
IV. Oeioi Xoyoi • I ragionamenti divini o degli Dei. Massimo
Tirio nella dissertazione sedicesima gli distingue dalla Teogonia.
V. Hctpountrit; vt uttoQUtlou Xeip&vo/;. La istruzione ovvero i pre-
eetti di Chirone. Si sa che in questa parenesi era introdotto il
Centauro Chirone ad ammaestrare Achille (e). Quintiliano (/)
(a) Ael. de var. Hist. 1. XII. pag. "736. editionis perizonianae: ap. Fabiiciura.
{b) Athen. 1. III. p. 116. (c) Storia della Poesia vol. IV. pag. 67. (d) Cleod.
ap. Plutarchum in Conviv. septem Sap. (e; Paus. in Boeot. iraqctiviviv Xs/fuvo;
ivi &ifa<T*.a\i'a. 'Ax.'XXe'«{ . V.Fabricium in Chirone p. 1 5. (f) Quint. Instit. Orat.
1. I. c. I. In qua sententia Hesiodum esse plurimi tradunt, qui ajite Aristopha-
nem Grammaticum fuerunt: nam is primus wV»^Vk«c negavit esse hujus Poetae.
^
28
ci attesta, che un tal poemetto si credea indubitatamente di
Esiodo infino a' tempi di Aristofane il Grammatico vivuto sot-
to il regno di Tolomeo Filadelfo; e come opera genuina era sta-
ta riconosciuta da Isocrate e da Aristotile , se ben si apposero i
Commentatori di Quintiliano (a) .
VI. MsXafJiTToS/ a $ tie, rov fxctvriv MiXotjU^-oSct. Melampodia, o
sia Poema su /' indovino Melampo . Ev citato da Ateneo , da Pau-
sania, da Clemente Alessandrino, da Eustazio, dal commenta-
tore di Licofrone. Fu compreso almeno in tre libri ; dacche Ate-
neo ne ha citato il terzo (b) . Fu poesia forse epica.
VII. IIse/ 'lSbuav AclktvXcov . De Dattili Idei . Pote questo an-
cora essere un poema epico, in lode diquegli che abitarono i pri-
mi in Creta alle radici del monte Ida; e dicevasi essere stati
da Cibele ammaestrati in diverse arti . Fra quelle, che insegna-
rono, la piu decantata dagli antichi e quella di lavorare il fer-
ro, di che vedi il Giraldi (c) .
VIII. 'E7r/6xAci(*to<; Hykiooc, $ ®{riSo$. V Epitalamio di Peleo
e Tetide. II Commentator Greco di Licofrone ce ne ha conser-
vato il titolo, e due versi, che si trovano tra' frammenti. Essi
combinano con un passo di Catullo nel suo poemetto elegantis-
simo su quelle nozze . Quindi sospetto il Quadrio, ma con poco
fondamento (d) , che il Latino potesse aver preso molto, e for-
se anche tradotto dal Greco.
IX. Qyicricog &e, tov 'A/dV ytcLvx^cta-ic,. La discesa di Teseo all'
Inferno. Pausania nel lib. IX. riferisce che alcuni lo ascrissero
ad Esiodo. Da questo poema, certamente antichissimo, come
osserva il Meursio, dovettero derivare moke delle favole, che
di Teseo e di Piritoo giasi contarono; le cui spiegazioni veggan-
si presso lo stesso Meursio nel Teseo, che dottamente le ri-
flmsse ad istoria.
X. 'E7rrKii£eio<;eJ<; Btxrpixxoi> • Epicedioin morte di Batraco. Sui-
(a) In notis ad loc. piraed. (b) Cit. Fabricius Bibl.Gr.T. I. p. 99. (c) I. Sya
;m. fW) Quadiio Storiadclla Poesia vol. II.
29
da riferendo quest' opera nel catalogo, non dice se non che Ba-
traco fu amico di Esiodo. v
XL TUq Tr&zJioS'oi; . II giro delta Terra. Ev citato da Strabone
nel iibro settimo pag. 302. e da cio che ivi aggiugne, e da va-
rie altre citazioni e sue e di altri scrittori pub farsi congettura,
che non poche belle notizie vi si contenessero su i regni e i
popoli antichi.
XII. 'AtylfjLioq. UEgimio. Si disputo fra' Critici , se ne fosse
autore o Esiodo, o il suo grand' emolo Cercope. Cosi Ateneo
al libro XI. Nelle note a questo scrittore dubito il Dalecampio
che il titolo dovess' essere cdytvofjuouy o sia I 'arte di pascer ea-
pre : ma none solo Ateneo, che nominasse l'Egimio; v'e anche
il chiosator d'Apollonio nel lib. 4. e Stefano alia parola5/A/3a*>r/£;
di che e da vedere il Pineto .
XIII. v~Ej7ty\ fzouiriKx x) £%viyr,<rei<; ini TBpetriv • Poesie divinato-
rie e inter pretazioni circa i prodigj . Esistevano a' tempi di Pau-
sania, che ne parla nel lib. 0. Luciano o non le seppe, o le
attribui ad altro autore; giacche introducendo Esiodo a scusar
quella sua parola della Teogonia, ove si .vanta dell' arte d'indo-
vinare , non ne fa menzione .
XIV. 'Ao-Tpovop/oL [SAydXyi, yj clo-tojim ,3//SXog. La gmnde Astro-
nomia, ovvero il libro degli asrri . Plinio ed Ateneo la citano co^
me apocrifa o dubbia (a). Tzetze, e il chiosatore di Arato non
dan segno didubitarne ; e, cio chepiii monta, ne tampoco Calli-
maco, insigne non meno in critica, che in Poesia. Egli scrisse
altre cose in lode di Arato (b), e specialmente un epigramma,
in cui fa menzione di Esiodo , e di questa opera (c) .
XV. Kw'oxo? yctfAoc,. Le nozze di Ceice. Plutarco nella 8. qui-
stione delle conviviali mostra, che a'suoi tempi era inserito que-
sto poemetto fra le poesie di Esiodo ; ma che si credeva d'altra
(a) Plin. 1. XVIII. c. 25. Hesiodus (nam hujus quoque nomine cxtat Astrolo-
oia) tradit etc. Athen. 1. XIII. pag. 491. ** 0 t»v a's "H?lo$ov dvctQtqopivrw vot>i<?rz<;
niv 'Ag-i*y»fii<xv. (5) Vit. Arati ap. Petav. in Uranol. T.III.p. 149. (c) Seal,
in notis ad Manil. II. Casaub. in Theocr. Bend, in Callim.
><
3°
penna. Lo stessoe il giadizio de' Grammatici presso Ateneo(a).
XVI. Kipzpeit;. I Fornaciai . Cosi intitolano i Grammatici
alcuni pqchi versi , che rapporta Erodoto come composti da
Oraeroj ma per altri furono ascritci ad Esiodo. Veggasi Pollu-
ce libro X. capo 23. segm. 85.
XVII. BouKo\/x,oy. La pastorale . Opera moltodubbia, non ci-
tata da veruno degli antichi, da Fulgenzio in fuori (b). I mano-
scritti variano. Alcuni hanno in bucolico carmine, altri in bucolico
ludicro , come osserva Munckero. Lo Scriverio contraddetto spe-
cialmente da Gronovio dichiara l'opera apocrifa(c). Ma non par
da discredere, che alcuna pastorale poesia d' Esiodo conosces-
sero gli antichi. Virgilio non gli avria di leggieri messo in ma-
no la sampogna, se non lo avesse considerato come scrittore di
pastorali.
XVIII. MiydXa. '{pya.. Magna opera. Ateneo nel libro VIII.
pag. 364. cita questo poema; ma i versi sono della Georgica
conosciuta. Proclo lo cita anch' egli a pag. 44. yivoc, dpyup%ov
to £' dpyvpiov ivtQt tyi yvt aKovxan, "kiyovnc,-, on ivroic, yLiyct'Koic, ep-
yoic, to dpyvpiov iHq yve, yivictkoyet , quidam vero verbum apyvptov
terrae subaudiunt , diceptes quod in magnis operibus argenti ter-
rae genealogiam texit; il che pure dee intendersi della georgica
conosciuta.
XIX. KcvmXoyoi. I Cataloghi . Cos! generalmente si chiama-
no, secondo il Meursio, tre diverse opere, che alcuni dotti
nan considerate come una sola (d); e pretendesi, che tutte in-
sieme le considerasse il Chiosatore di Omero, citandonel secon-
do libro b) KcLTokoyoic, ; e gli altri che scrivono b> xctTuXcy&>, come
Strabone e Pausania (e). Suida nomina Tvvoukgov vipcoivcov xoltuXo-
yov oi> fiifiXiQK, i, il catalogo dell' eroine diviso in cinque libri .
II Fabrizio congettura, che i primi tre fossero veramente con-
trassegnati con questo norae ; giacche lo Scoliaste di-Apollonio
(a) Athen. 1. II. p. 49. (6) Fulgent. 1. III. p. 704. (c) V. Casaub. in Sveton.
II. cap. 67. Iacob. Gvonov. de Dodone . Fabric. 1. II. c. 8. 23. {d) Meurs. Le-
wtionum Atticaium 1. III. c. 20. (e) Stiabo 1. 1. Paus. in Attic, p. 41 .
3r
scrive iv jrpamy KctraXoyojy , e Arpocrazione iv t?J.t&) yvvaxiicov ■no.-'
raXoya {a): ne sappiamo, che questi tre libri con altro nome fos-
ser discinci. Ma il quarto libro, siegue il Fabrizio, e quello che
con alcro nome chiamavasi 'Ho/a*, owero 'ilo7cu fj.iya.Xxz. La ra-
gione di questa sua congetcura e perche il principio dello Scu-
do d' Ercole : w oih 7rpoXi7rovcra £ofjov<; *) TrarpIJa. yaiav con mol-
ti altri versi che sieguono, si trovaVa nel quarto libro de'ca-
taloghi per testimonianza duun ancico chiosacore di quel poe-
mecco: adunque tal libro era quello, che dalla frequence ripe-
tizione di quesca Voce w o7y fu chiamaco l'Eee, o le grandi Eee;
qual ch'egli sia il significato di quesca voce; di che poco ap-
presso . Finalmence il quinto libro dovea contenere la genea-
iogia degli eroi detca da Gio. Tzetze rpcooyovia, e distinta da
lui dal cacalogo delle donne; onde si raccoglie, che fosse un
libro a parte. Che poi succedesse- all' altro, e vi fosse in alcun
modo connesso, par che lo afFermi Massimo Tirio (/>); Ka.6a.7np
0 'H<r/oSbt; "xcoplc, fXiv ru>v v\pooaov a7ro yvvaxttcov ap^ojucvoi; , 7i.ara.Xi-
ycov rdyim , o?i<; «'£ ws \<pv. Siccome Esiodo, che dalle donne in-
cominciando separatamente novera le scirpi degli eroi > e chi di es-
si da questa o da quella sia nato . Questo libro nomina il com-
mentator di Licofrone wp<y/;cwV yiviaXoylav , ed Asclepiade ne fa
distinta menzione fra le principali opere del Poeta nell' epigram-
ma riferico nel cerzo libro dell' Antologia greca; il cui ultimo
verso e, ch' Esiodo canto
E la stirpe de'Numl, e degli Eroi.
Questi cinque libri pertantosi vogliono accennati dagli antichi
con que'loro termini generali di catalogo, o di cataloghi .
Non trapasseremo intanto sotto silenzio la famosa questione
mossa e dibartuta con grandissima varieta di opinioni circa il ti-
tolo dell'Eee. Ella si cita or sotto nome di 'Uo7at, ora di fj.iya.Xam.
'Ho7ou. La denominazione e venuta dal cominciarsi gli elogi dell'
Eroine, cheivisi celebravano sempremai colla stessa voce n c7;i ■
Alcuni frammenti rimastici possono servire di esempio
(a) Sctiol. Apoll. 1. HI. Harpocr. in (b) Max. Tyr. Dissert. XVI.
32
*H 6/yi $9/ti %up/r6)V a.7rc ztiKhoc, t^ovca. etc.
*H 6/y Yp/w 7ruKiv6(ppcov WlvKtoviKYi etc.
' H 6m o/du{j(,i4$ h^ovq vctloiKTct TtoXcoviiC, etc.
Noto il Cantero , che fra gli antichi si giudicb essere ascosa
in questa iterazione d'uno stesso vocabolo un'allusione ad un no-
me proprio. Come Omero amando Penelope, la voile adombra-
ta in tanta parte di sue poesie ; cosi amando Esiodo una don-
zella nomata Eea, voile che ne. sonasse il nome per tutto un
poema di femmine illustri; nella cui enumerazione ella dovett'
esser la prima, e tale che sola riunisse in se medesima i pregi
delle piii gloriose eroine ; tale qual'era stata Alcmena, quale Ftia,
quale Uria, e cosi delle altre. Favorisce questo senso la bellis-
sima operetta elegiaca di Ermesianatte presso Ateneo, nella qua-
le noverando il Poeta infino da Orfeo quei della sua professione
che passionatamente avevano amato, di Esiodo scrive la storia
o favola gia narrata. Eccone la particella che qui e necessaria ,
da noi voltata in versi latini
Fabor ut ille domum , et boeotica tecta reliquit
Omnigenae Hesiodus conditor historiae;
Atque volens latos Heliconis venit in agros .
Illic Eoeam dum perit Ascraicam ,
Multa tulit cecinitque miser ; fecitque libellis
Semper ab Eoeae nomine principium .
Cosi tutto il gergo del titolo, e della ripetizione si riduce a un
equivoco, esprimendosi con una stessa parolae il nome della don-
zella, e il passaggio d'una in un'altra Eroina. E della vita, e del-
le poesie di Esiodo non altro.
PRE FAZIO NE.
33
rima che io m' inoltri , Lettor cortese, a spiegarvi il fine, il ca-
rattere, la divisione, le qualita tutte dell' Opera che io vi presento
di Esiodo Ascreo, permettetemi, che alquanto vi trattenga sul nietodo,
che ho tenuto per illustrarla. Gomunque ella fosse malmenata ne' tem-
pi antichi , e anteriori a Plutarco , noi l'abbiamo quasi cosl corretta ,
come la ridusse Plutarco concittadino delFAutore, e abitante in luo-
ghi, ove non ne mancavano i migliori esemplari, e la ridusse ne' prin-
cipj dell' era nostra. Proclo, Tzetze, Moscopolo ne son testimoni. Ove
Plutarco dissente dalla comun lezione, il primo specialmente di loro
lo avverte; e ci fa sapere come si leggesse da piu antichi, e come Plu-
tarco voglia , che si legga . Negli altri Classici pu5 dubitarsi se il cor-
sodimolti secoli gli abbia alterati: in questo nb; tolti que'passi, che
espressamente diconsi da Plutarco, o corretti, o tronchi. E questi fa-
cilmente riduconsi al loro essere, rammentandosi che il difetto di Plu-
tarco fu come in Aristarco, un concetto troppo elevato del suo Au-
tore; per cui ne voleva escluso tutto cib che pareagli difettuoso, sen-
za rammentarsi ch'Esiodo era pur uomo, ed uomo che componeva cou
pochissimi sussidj d' arte , quasi con le sole forze della natura.
Malgrado queste testimonianze di Plutarco,. e degli Scoliasti, mal-
grado le piu belle edizioni degli Aldi , de'Giunti, dello Stefano, del
Trincavello , del Commelino; malgrado l'autorita de'Godici, che con-
cordano e con gli Scoliasti, e con le celebri edizioni, cinquanta dei
quali codici abbiam noi consultary, o per noi o'per altri, e ne diamo
il catalogo al fin dell' Opera; vi sono stati emendatori piu affaunosi,
che necessarj, i quali non han lasciato verso, per cost dire, senza voler
mutarlo. Tali sono l'Einsio, il Gujeto, il Grevio specialmente; che
ingannato anche da un MS. Vossiano, che credea correttissimo, ed era
scorrettissimo, ha alterato, e guasto Esiodo piu che niun altro; colpa
di non aver veduti i migliori codici, e percib colpa da condonarglisi ,
come a'predetti. Vi han pure contribuko lo Scaligero, il Casaubono, e
in qualche tolleranza almeno il Robinson, e il Loesnero. Questi due
eccellenti in ogni parte di buon commentatore sono, a mio credere, ri-
prensibili in questo solo, che conoscendo l'inutilita delle correzioni de'
Critici precedenti , le hanno ammesse ue'libri loro. Qaeste correzioni
5
34
sono in gran parte simili a quelle , che Giusto Lipsio condanna nella sua
saporitissima satira menippea, fondate non nell'autorita de'libri, main
deboli, e talora temerarie congetture (a), per non dire a quelle cheilPo-
pe per eraendare Virgilio mette in bocca di Martino Scriblero nella
sua giudiziosissima Gritica •, correzioni fatte per correggere , emenda-
zioni fatte per emendare. Ecco dunque in che mi troverete, Lettor cor-
tese, assai dissomigliante alle nuove edizioni: io in vigor di tanti codici,
e di tant' edizioni, e di tanti Scoliasti, quanti Omero stesso appena ne
ha, richiamo le antiche lezioni. Ma le altre fan comparir Esiodo piu
costumato, dice Plutarco. E chi ci assicura, ripiglia il Grevio, che lo
fosse? E poi lo fan comparire miglior prosodista; dicono gli altri. Gioe,
potrebbe rispondersi , migliore astronomo . A' suoi tempi non eran fis-
sate alcune regole , che poi il consenso de' grammatici ha canonizza-
te. Deggiam noi cercare tai regole in lui, che nato avanti il loro sta-
bilimento non pote saperle (b) ? Altronde l'autorita di Plutarco , e le
tante altre, che citammo poc'anzi, favoriscono le contrarie lezioni: non
6 una specie di an:oganza voler mutarle? Non e un torto a que' solenni
grammatici, che le rividero, e le approvarono? Non e un arrogarsi piu
scienza di loro nella costruzione e proprieta dell' antica poesia greca ?
E se cib si permette in Esiodo, quale autor greco o latino potra salvar-
si? Dissi o latino, perche il paragone preso da questa lingua emolto op-
portuno. Emiio, Accio ,. Lucilio han cose, che non son passate in esem-
pio: perci6 deono aversi per nulla? percib mutarsi?
Corretto cosi il testo in alcuni passi piu dubbj, anche della ver-
sione latina ho procurato di essere benemerito, emendandola in alcuni
luoghi, che mi parevan resi con meno felicita, alcuni de'quali avean
dato nell'occhio agli editori, che ho nominati di sopra: ma eran pas-
sati nell' edizioni loro. Nella traduzione toscana, giacche 1' Italia ne
ha quattro in versi sciolti; ho amata la rima; tanto piii che in que-
sta mi par che stia quel dolce incanto della poesia italiana, che sen-
za ritmo langue e scade. E quanto alia fedelta, che della rima par
oimica, ma fermaraente non e; io mi sono attenuto a qael detto di
(a) Bivium ad corrigendum, libri, et conjectura: prima via satis certa, et
tuca est ; lubrica altera, praesertim quum in earn audaces ec temerarii ado-
lescentes inciderint, aut adolescentium similes senes. Sat. Menip. p. ^'22.
(b) V. Becucci Prosodia Graeca pag. 287.
35
Tullio : nee converti tit interpres, sed ut orator ( dirb io ut poeta), non
verbum pro verbo necesse habui reddere: sed genus omne verborum vim-
que servavi : non enitn ea emunerare lectori putavi oportere , sed tan-
quam appendere (a). II che se traducendo dal greco Eschine e Demo-
stene fu lecito a lui , molto piu. sara lecito a me traducendo in rime
un Poeta . Contuttocib io vi assicuro , o Lettore , che poche traduzio-
ni rimate troverete voi in Italia fedeli del pari al]a mia , piii fede-
li pochissime . Ho usata la terza rima perche acconcissima al caratte-
re di chi istruisce; di che fa larga fede il Menzini, che fu quasi l'Ora-
zio della lingua italiana. La ho divisa in dieci capitoli; al che mi ha
animato l'esempio di M. Tullio, che distinse l'Economico di Senofonte
in tre parti; e il riflettere , che tal divisione, oltre l'esser conforme ai
canti di Dante e del Petrarca, e acconcissima a mostrar Tordine del
Poemetto , che ad alcuni suol parere disordinato , e scritto con poco me-
todo . Quanto e alle note , mi troverete piu minuto che nelle cose gram-
matiche, nelle critiche, e nelle filologiche. Ho profittato talora degli
Scoliasti greci latinizzandogli . Essi hanno cose notevolissime, attinte
specialmente, come par, da Plutarco; de'quali insegnamenti , come pu-
re di altri , mi e paruto bene di far parte al lettore per non obbligar-
lo o ad imparar greco s'egli nol sa, o a restar privo di assaissimi lumi
conducenti, quanto altri mai, alia intelligenza di Esiodo.
Ora e da vederne l'argomento , traendolo parte dall' Autore mede-
simo, parte da altri degli antichi, e specialmente da' greci suoi Sco-
liasti . Ebbe il- Poeta un minore fratello chiamato Perse , il quale se ne
crediamo al Lessico di Suida (b) , scrisse pure alcuna cosa di Poesia .
Morto il Padre , sorsero tra' due fratelli differenze e discordie . La di-
versita e contrarieta delle indoli e de'eostumi, piu che altro, le fo-
mentava. Esiodo moderato di temperamento , amantissimo di quiete, e
tutto formato su la norma e il dettame di que'buoni antichi, divide-
va le sue occupazioni fra gli ameni studj , e gli affari domestici , inge-
gnandosi di acquistare e di conservare giusta le leggi di una savia e
retta economia. Perse all' opposito , litigioso, inquieto, scaltrito pas-
(a) Cic. de opt. genere oratorum, cap. 5. (b) Suidas v. YIi(c-»^. 'Ao-xpa/oj,
fcVsiro/»'j , d£t\<pos 'H<ri6fov vS HroimZ : David Ruhnkenius epist. critica prima ,
meo periculo lege ytunrovog; nam agrum coluit Perses , non ingenium . Ecco
l'esempio di una correzione mal intesa. E donde seppe Ruhnkenio, che Per-
se coltivasse campagne non ingegno?
36
sava i di or tra' litigi del Foro, or tra' cicalamenti delle botteghe: nfc
di fatica, ne di risparmio, ne di cura domestica si dava pensiero. Ri-
solvettero di separarsi; e dopo qualche lite su la eredita, il buon Esio*
do if ebbe la peggio: che dov' egli affidato nella bonta della sua cau-
sa nou pensava piii oltre; il malizioso fratello con ossequj e con dona-
tivi comperato si avea de' venali giudici le sentenze. E forseche da
questo perverso giudizio mosse quel biasimo , che in quest' opera me-
desima egli fece ad Ascra (a): certo e almeno per testimonianza di
Vellejo Patercolo (b), che que' contumeliosi versi gli furono dettati da
spirito di vendetta verso i suoi popolani , dopo un giudizio pubblico
sfavorevole a' suoi interessi. Ma checche siasi di cib, vero e'l prover-
bio, ch'altri cangia'l pelo , anzi che'l vezzo (c). Gontinub il Giovane,
appresso la division -dal fratello, nella prima sua scioperaggine: e pe-
nuriando di vitto, talor minacciava nuova briga ad Esiodo, talora gli
chiedeva sovvenimento . Ne il Poeta gliene fu scarso: ma tutto insie-
me gli venne preparando un.miglior dono e soccorso in questo libro ,
che intitola delle, Opere e delle Giornate , dettatogli veramente dalle Mu-
se e dalle Grazie . In questo libro adattandosi del tutto al bisogno del-
lo scorretto e ozioso fratello , s' ingegna con ogni maniera di argomen-
ti di ridurlo a buon senno, e a voglia di faticare; e tutto insieme di
acconcissimi precetti il fornisce per vivere onestamente ad un tempo , ed
agiatamente. Pel" primo fine l'istruisce nella miglior morale, che a que'
di fosse nota in Grecia; pel secondo gli somministra certe scelte av-
vertenze circa l'agricoltura, ed alquante circa la mercatura; e chiude
1 opera con una distinta notizia delle giornate o prospere o sfavorevoli
a checchessia, secondo le vane osservazioni di que' ciechi tempi.
Quest' opera ci rappresenta il costume degli antichi Orientali , usi
ad ammaestrare i fanciulli e i giovani con alcuni sensati, ma pur di-
lettevoli componimenti, da recarsi a memoria, e da tenersi come re-
gola delle particolari azioni. Tali sono i sapienziali della divina Scrit-
tura,che oggidi ci rimangono-, egli altri dettati da Salomone, e noti
anche per la testimonianza di Gioseffb Ebreo (d). E tali furono do-
po Esiodo i versi di Teognide, di Solone, di Tirteo, di Focilide e di
altri presso Plutarco de Pythiae praculis: succeduti gli Oratori a' Poe-
(a) In Operibus vers. 640. (&) Lib. I. cap. 7. (c) Pete. Par. I. Son. 96^
(J) Ios. Hebr. Antiquitatum Judaicaium lib. VIII.
37
ti in si laudevole ufficio, le orazioni parenetiche sottentrarono in quel-
la vece; fra le quali le orazioni d' Isocrate valsero piuttosto a sgomen-
tare la posterita, che ad accenderla ad emulazione; tanto riuseirono
belle e perfette. Ognuno di questi componimenti con proprio vocabolo
era detto 7rctpcl>tXYi<rti;, se contenea solamente esortazione ; se vi aggiun-
geva precetti , come nota il Wolfio (a) , diceasi piu propriamente tto,-
pouvia-tt;; della qual voce, favellando di quest' opera di Esiodo, si valse
Luciano (b). E veramente ella e divisa, se non in due libri, come pur
si trova in alcuni codici, almeno in due priucipali parti; la prima del-
le quali continuata insino al quarto capitolo , e una gravissima esor-
tazione alia giustizia e alia fatica; a cui succede l'altra parte istrut-
tiva della coltivazione , del trafHco, di alcuni ufizj della vita.
Ecco la divisione del libro. Quanto alia forma dello scrivere, el-
la e pure sul costume degli antichi savj , ed all' indole si avvicina de'
Sapienziali gia da noi ricordati; gravi sentenze , raccorvti che tendono
al morale , verita nascoste sotto il velame delle allegorie ; notizie di
naturali cose con certa disinvoltura seminate e sparse a luogo a luogo;
discreto uso delle antiche tradizioni de' fatti e de' proverbj ; autorita di
parlare, che fondata spesso nella Religione , or la speranza maneggia,
ed ora il timore ; formole il piu delle volte brevi , concise , vibrate ,
non solo nelle morali sentenze; ma negli altri precetti eziandio; e in
questi e in quelle certo slegatnento e liberta e independenza di un sen-
timento dall'altro; sicche sembrin talora raccolti , ma nondisposti, mes-
sivi dall' arbitrio , non collocati dalla ragione . Or questo gusto di com-
porre in materie istruttive non manca chi lo reputi traspiantato dal-
la ebrea lingua nella greca , almeno in gran parte . E certo ne dan
fondamento quegli antichi e dottissimi Padri della Ghiesa (c), i quali
affermano e dimostrano, che i Filosofi. e i Poeti antichi della Grecia
non poche delle cognizioni attinsero da' savi ebrei , e da' divini volu-
mi: al che si pu6 aggiugnere 1'osservazione del Bogano, che nel suo
libro de Homero hebrqizonte, notb come per giunta, non poche frasi
e sentenze di Esiodo; le quali maravigliosamente rispondono all' ebrai-
cotesto. Ne forse e da sprezzare una conghiettura ; che vivendo Esio-
(a) Wolf, in argum. Orat. ad Demonicum. (£) Lucian. dissert, cum He-
aodo. (c) Clem. Alex. 1. I. Strom. Iustin. M. Apolog. II. Ovig. lib. VI. con-
tia Celsum etc.
S A
38
do, cora'e parere di mold, a' tempi di Salomone, il cui nome anclie
presso la gentilita grandissimo era ; di quell' immenso flume d'ogni sa-
pere qualche rivo pur diramasse, o qualche idea almeno di giovare l'eta
puerile colla operetta smarritasi detle Ipoteche , e la giovanile colla pre-
sente delle Opere e delle G iornale ; siccome quel divino scrittore indiriz-
zati aveva alia eta piu acerba i Pfoverbj , e alia gioventu piia adulta
rEcclesiaste (a) . E il suo disegno di giovare all' eta fresca non and6
punto fallito . Nella educazione degli Ateniesi fanciulli aveva parte
la spiegazione di questo libro, come accenna Soloue presso Lucia-
no (b), del pari con Omero. Gomune era l'uso anclie presso i B-omani,
come si raccoglie da M. Tullio e da Columella (c) , di farlo recare
a memoria nelie scuole a' fanciulli, per inserire a tempo ne'loro animi
ottima semenza di dottrina iusieme e di virtu vera; e cresciuti ch'e'
fossero , quelle medesime sentenze, quasi oracoli, si sentivano inter-
pretar , e incujcare da' professori delle facolta piu severe ; come si era
fatto da quegli delle piu amene. E cib non in una facolta solamente,
ma in tutte. Siccome Esiodo, qualunque siasi lo scopo di questa poe-
sia, ha in essa accolti principj di gentilesca teologia, di politica, di
etica, di economia, di agricoltura, di nautica, di astronomia, di me-
dicina, dibotanica, di fisica, e pressoche di ogu' altra dottrina, che
costituisse allora la scienza degli uomini di lettere ; gli e avvenuto,
quasi come ad Omero, che presso qualunque genere di scrittori l'au-
torita di lui sia tenuta da molto , e quasi a gara prodotta. Se quest'
opera si fosse per ingiuria di tempi venuta a srnarrire; io credo certo,
che chi avesse accozzati i versi che sparsamente si trovano di lei ci-
tati presso gli antichi , e che servono maravigliosamente ad emendarla ,
come si vedra nelle note, ci avria potuto ristorare di quella perdita,
almeno per la maggior parte; il che di niun' altra opera simigliante
si pub afFermare; e vale senz' altra pruova a mostrare in quanta opi-
nione l'avessero i maestri d'o^n' arte .
fa) In Proverbiis informat puerum .... in Ecclesiaste informat juvenem .
A Lapide Comment, in Ecclesiastem ex Orig. Nyss. Theod. etc. (b) De gy-
mnas. T. II. p. 902. (c) Cic. Epist. ad fam. 1. 6. 18. Lepta suavissimus ediscat
Hesiodum etc. Colum. de re vust. 1. I. c. 3. A primis cunabulis , si modo liberis
parentibus est oriundus, audisse potueiit Oof ay /Soj7j dvoXotr «' fx» ytiixv xaxB'f «».
Hes. V. ctiam Iulianum in Misopogone .
3V
Sebbene, a estimar diritto, niuna cosa tanto accredita questo poe-
metto, quanto l'aver servito di esemplare a Virgilio nel lavoro della
divina Georgica; non ch'egli prendesse o potesse prender Esiodo per
norma o si spesso, o si propriamente , come fece con Omero e Teo-
crito : ma in maniera tuttavia , ch' egli segui Esiodo , imitb Esiodo ,
e talora tradusse Esiodo , come quegli altri due (a) . Io veggio , o Let-
tore , che questo luogo richiede pur qualche comparazione tra V origi-
nale , se cosi puote chiamarsi , e la copia ; tanto piu. , che niuno de'
Gritici si e di proposito applicato a paragonar queste due opere , e
questi due Autori ; come han fatto di molti altri . Egli e vero , che
non e il medesimo confrontar Pindaro con Orazio , o Tucidide con
Sallustio, o Demostene con Cicerone-, i quali corsero un arringo me-
desimo , e si provarono ad una giostra ; cib che non dee dirsi , sen-
za qualche limitazione , nel caso nostro . Ma nondimeno cosi Esio-
do, come Virgilio sono i primi nel caratter mezzano, ciascuno della
sua lingua; e questo libro dell' Opere, quantunque per alcuni sia col-
locato in altro ruolo , secondo il parere de' piu e una vera georgica .
Che merito dunque ebb' Esiodo, dopo la stima di tanti secoli, che di
lui si scrivesse (b) : Omisso Hesiodo , cuius universa Opera ne cum uno
quidem versu Georgicon sunt comparanda •etc. ? Gome ? Almen que'
versi, che apertamente Virgilio tradusse da questo poema, non sa-
ran da paragonare a' virgiliani ? o quegli almeno, che per idea di ot-
timo stile han citati i buoni maestri dell' antica eloquenza? o quegli
altri su la virtu , che appena trovasi rinomato scrittore greco o la-
tino, che non ricordigli; sicche niuna risposta di Apollo Pizio e
piii trita , piu ricordata , piu riverita di questi ? Vegga lo Scaligero ,
che i difensori di Esiodo non gli producano contro si altri , e si un do-
mestico testimonio , che afferma non essere stata in lui sufKciente pe-
rizia di greche lettere per impacciarsi di sitnili paragoni; tanto piu
ch' egli e suo figliuolo ; e uno de' piu solenni grecisti , che dopo il
risorgimento delle lettere sian comparsi al mondo (c) . Ma lasciato il
parere dello Scaligero, copioso fu Virgilio, dilettevole, ameno , genti-
le; in un tema perb, che maravigliosamente lo ajutava ad esserlo,
non che alcun ostacolo gliene facesse . Egli scrive a Mecenate , a
(a) Gell. N. A. IX. p. Ser^. in argumento Georgicae etc. (b) Iulius Caesar
Scaliger Poetices 1. V. c. 5. (c) Scaligeriana II. v. Orpheus.
£d
40
disegno di recargli diletto coll' armonia del canto , e colla piacevole
dipintura delle bionde messi , de'varj pometi, de'candidi armenti , e
delle dorate api ; e per questi oggetti , e per gli altri , che i piu. va-
ghi sono della natura, si guida dietro la fantasia del lettore rapita sem-
pre e dalla rappresentazione delle cose , e dal suono delle parole (a) .
Cosi 1' argomento scelto tutto a senno dell' Autore , senza particolarita
ne di persona, ne di luogo, ne d' altra cosa , e maneggiato da un in-
gegno natoallaPoesia, ha prodotta un' opera che in certo modo incan-
ta 1' anirno di chi legge . Esiodo per lo contrario scrisse in quel tenia ,
che il fatto da noi esposto gli presentb ; e proponendo per fine alia
sua poesia 1'indurre il fratello alia fatica per vivere agiatamente; a
questo scopo dirizza ogni suo argomento • Trova Perse maldisposto a
secondarlo , e perche; voglioso di vivere dell' altrui , e perche dalla in-
giustizia de' giudici spalleggiato , e perche spensierato naturalmente .
Non dovea egli , prima d' istruirlo nel suo mestiere , rimuovere tali
ostacoli , e moralizzare siccome fece ? Ma potea , se non altro , essere
piu abbondante , e far poema piu copioso . Si se non iscriveva ad uno
scioperato , ad un ozioso , ad uno, che in eta omai virile, dall'assenna-
to fratello e chiamato per rimprovero bambo e fanciullo . Come all*
eta fanciullesca non si coafa una lunga istituzione •, cosi ne anco a
quel costume . Un lungo poema a costoro e come agli svogliati una
larga vjvanda; non che recarlosi a mente , vorran-no appena volgervi
un suardo . Che fa in tal situazione di cose il giudizioso Esiodo ? Non
cerca tanto il piu raro , quanto il piu vantaggioso . Coglie il piu bel
fiore delle precezioni , che a que' di costituissero un uomo onesto , e
di quelle che formassero un' agricoltore perito; e conqualche mescola-
mento di ameua descrizione , le unisce insieme in uno stile il piu. ac-
concio per l'acutezza a penetrare nell'animo, ed a fermarvisi. Non ha
esso il bello dello stile virgiliano ; ma non e senza il suo bello , e dirb an-
che raaraviglioso . I gravi sensi chiusi in poco , e da poetico numero
commendati , e incredibile come agevolmente destino la maraviglia e
il diletto . La moltitudine , quantunque di si ottuso palato , ne gusta
pur nondimeno. Una bella sentenza per osservazione di Seneca, an-
corche recitata da'mimi, fa levar grida di applauso a teatri interi (b).
(a) Plin. Hist. Natur. lib. XIV. in Prooemio . Quamquam videmus , Virgi-
lium praecellentissimum vatem — e tantis quae rotulit, florcs modorerum dc-
ceipsisse etc. (b) Seneca. Epist. I op.
41
Quindi 1' Einsio di queste due opere pronunzi6, che gli parevano, an-
corche dissomiglianti , tuttavia uguali (a) . Non oserei dire altrettanto ,
posto che il consentimento de'saggi abbia giudicato diversamente (b).
Dico solo ch' Esiodo avria errato scrivendo per V appunto come Vir-
o-ilio; giacche" il suo tenia richiedea diversa andatura ; dico che una
ne tenne conformissima al suo argomento ; dico in fine che a questo prin-
cipalmente si dee far considerazione da chi voglia librarne il tnerito con
giusta lance .
Quanto alio scopo dell' opera , 1' Einsio non ci perraette di spac-
ciarcene in pochi sensi . Egli compose una lunga dissertazione , che
va annessa al suo Esiodo, e porta questo titolo in fronte: Introdu-
ctio in doctrinam quae in libris Hesiodi tpycov & yfjiipcov continetur:
in qua opinio , quae hactenus de iis obtinuit , refutatur ; totum Poetae in-
stitutum probatur . La somma di questa dissertazione e mostrare in pri-
ma, che scrivesse gia Esiodo una piena e copiosa georgica, la quale
oggidi e smarrita: quindi, che il libro delle Opere e Giornate non ap-
partenga ristrettamente all' agricoltura; ma generalmente alia econo-
mica facolta. E siccome a questa facolta, die' egli, la Fortuna presiede;
cosi pretende , che questa Dea sia adombrata nella Pandora di Esiodo ;
ed ella sia pressoche il tutto di questo poemetto ; a tal che deggia esso
avere un altro titolo , e chiamarsi il Regno delta Fortuna . Questo siste-
ma e stato variamente ricevuto dagli eruditi . Giannarrigo Boeclero gli
fa grandi applausi* (c) , Stefano Clerc gli consente, che il nostro Poeta
scrivesse in agricoltura piii di quello che a noi n'e giunto; e che ve-
ramente sia questo un trattato economico , anziche georgico : cosa con-
ceduta ancor dal Fabrizio (d). Quasi co' medesimi termini ne ha scrit«
to il Giornalista di Trevoux del 1701. sennonche assai disapprova l'al-
legoria di Pandora e della Fortuna , cui chiama vana sottigliezza e
chimera . Ne essa piacque a Qio. Clerc , che inserendola nella sua edi-
zione, mostrb che non voleva, piuttosto che non potesse impugnarla.
II Robinson e il Loesnero insieme con le note dell' Einsio han ripro-
(a) Heins. in prolegomenis adHesiodum. (b) Varchi nell'Ercolano pag. 166.
Virgilio combatte con Teocrito, supero Esiodo, giostro di pari con Omero.
V. anche Menagiana t. 4. pag. 167. il Gravina, Ragion poetica pag. 98. e il
Rucellai delle api v. 23o. (c) Boeder, de Poetis Graecis in Hesiodo. (d) Fabr.
Bibl. Graecae lib. II. pag. 3?3.
6
^
42
dotta , senza dime ne ben ne male, questa dissertazione . II Co. Zama-
gna 1' ha compatita , ed ha detto , che 1' Einsio avea messa a luce una
Fortuna poco fortunata (a). Questi sono i pregiudizj, per cosl dire, del-
la causa. Ma ella non e stata raai finora trattata come si converreb-
be all' autorita dell' opera di Esiodo , e alle ragioni dell' Einsio : il che
se altri avesse fatto , egli conteria forse minor numero di soscrittori.
Facciamolo brevemente.
II primo che attribuisse ad Esiodo un'altra Georgica, fu Giuseppe
Scaligero , il quale uel comento a Manilio interpretando strettamen-
te alcuni versi di quel Poeta, pose i fondamenti di questa nuova sen-
tenza. Adottolla Daniel Einsio, quantunque dissimuli il nome del pri-
mo autore , e con nuovi argomenti la nancheggib ; avvisandosi che Vir-
gilio non imitasse Esiodo nel libro , che ci rimane ; ma piuttosto in un
altro in oggi smarrito. Questo dovea essere intitolato yicopyiKoov, e con-
tenere un lungo dettaglio su la qualita de' terreni , su la coltivazio-
ne delle vigne , degli oliveti , degli orti , e su quanto altro pub desi-
derarsi in opera cosi fatta: aver dunque Giulio Cesare Scaligero fat-
ta ingiuria al greco Poeta, posponendolo di lunga mano al latino, sen-
za vedere il poema , che almeno avria posta in dubbio la palma .
Un parlare tanto sicuro promette prove molto gagliarde; e noi ab-
biam diritto di esigerle • Noi abbiam dalla nostra il silenzio degli an-
tichi , che pur dovevano chiaramente nominare quest' opera . A vin-
cere il peso di tal ragione non basta qualche autorka oscura ed equi-
voca . Gonvien produrre tai documenti , che non dian luogo a tergi-
versare ; scrittori che veramente mostrino , che quel silenzio non e di
tutti ; frammenti che non possano recarsi ad altra poesia, fuor che a
quest' una . Gosi conosciamo noi le tant' altre opere di Esiodo invola-
teci dal tempo . E di questa dovean rimanerci piu che di niun' altra ,
chiari argomenti . Ella avea servito di njodello a Virgilio ; era dunque
assai miglior cosa, che questa, la qual noi tortamente , dice 1' Einsio,
chiarniamo Georgica : dovea essere il capo d' opera della poesia istrut-
tiva de' Greci, il miracolo di quella lingua, 1' unico didascalico , che
a fronte di Virgilio sostenesse il decoro di quella nazione'. Dicamisi
dunque: perche ella sola non e citata a nome da niun antico? perche
niun precettore di Rettorica o di Poetica , niun Grammatico, niun racco-
(a) Nota in argumentum ad Opera ct Dies.
43
glitor di vocaboli non la. nomina? perche Suida, Luciano, Massimo Ti-
rio , Pausania , e chiunqne altro tesse il catalogo delle poesie migliori di
Esiodo l'involge in un profondo silenzio ? perche Servio, e glialtri,
che illustrarono Virgilio , non producono pure un verso toko da lei ?
perche gli Scoliasti di Esiodo , e fra essi Proclo , dottissimo , come
1' Einsio confessa , non se ne valgono per illuminar quella parte di
agricoltura , che ne abbiam tuttavia ? perche gli scrittori delle cose del-
la campagna, Varrone, Plinio, Columella non ne danno qualche sen-
tore? E pure non cosi han fatto con questa opericciuola di Esiodo, che
deil'arte rustica tiene si pochi versi. Ella eammirata, lodata, confronta-
ta con Virgilio da' latini grammatici : e da' greci con seco stessa . Ella
nella storia e ne' precetti di agricoltura e citata a nome *, la sua dottri-
na e pressoche compendiata da Plinio il vecchio; alcana delle sne no-
tizie fino a tre volte dal medesimo Plinio in diversi luoghi ci e incul-
cata . Che oltre ? Ove Luciano in quel suo mordace dialogo si inette a
motteggiar Esiodo su la scienza delle rusticane cose ; il Poeta non pro-
voca egli ad altra Georgica , salvo solamente a questa ; da questa sce-
glie alcuni versi per sua difesa (a). Or io domando; qual prevenzio-
ne , qual parzialita , qual fascino anzi , o quale fatalita inducesse non
uno o due , ma tutti gli antichi a venerar quasi ogn' apice d'un librieciuo-
lo di poche pagine ; e a volerne avvilito e negletto un altro di tan-
ta piu mole e valore , che pur era di una stessa peuna , e per giudizio
di Virgilio tenea piu merito ? O poteva tal libro non esser noto se non
a quegli , i quali parve all' Einsio che ne parlassero? o smarrirsi in
guisa , che a' tempi vicinissimi a loro qualche segno , o vestigio non ne
rimanesse ? Ed eccovi , o Lettore , uno de' piu forti argomenti dell' ar-
te critica, opposto alle novita dell' Einsio (b). II silenzio degli antichi
su di un' opera di grande autorita , che loro spesso cadde in acconcio di
nominare , e una certissima pruova della falsita di tal opera ; e quando
elia si trovi in antichi MSS. si da per apocrifa. Quanto maggiormente
questo vuol farsi di un' opera , che altro fondamento non abbia , fuor
di pochissime autorita dubbie , oscure , e facili ad applicarsi ad un'
altra dello stesso autore , certa , incontrastabile , conosciuta da tutti ?
(a) Luciani Opera T. III. p. 240. (b) Io. Clericus Artis Criticae parte III,
Sect. 2.
44
Gi oppone egli il verso 1^6. del 2. della Georgica: Ascraeumquc
cano romana per oppida carmen . Virgilio non avria parlato cosi in un
libro, che tutto e della coltivazione degli alberi , se Esiodo della cura
degli alberi non avesse cantato a lungo: e poiche di cib non si trova
quasi parola nelle Opere e Giornate , pub e dee credersi che ne scrives-
se in altra poesia . Ma Esiodo non pote parlare a lungo di alberi , per-
che mold non se ne conoscevano in quei primi tempi, ue'qualila Grecia
n'era scarsissima . L' Attica , e val a dire la provincia della Grecia piu
colta, insino a'tempi di Pisistrato , che visse alquanti secoli dopo Esiodo,
rimase poco men che selvaggia; come afferma Dion Grisostomo (a) .
Nosti enim haiid dubie quod Pisistrato praecipiente et imperante , in civita-
tem quidem non descenderunt populi ; sed in regione c ommor antes , agri-
colae Jacti sunt ; et Atticam antea glabram , arboribus carentem , oleis
conseverunt .
MaPlinio, oppone l'Einsio, sente d'altra maniera; e cita Esiodo come
autore di notizie recondite in genere di piante •, le quali dovean essere
certamente in altra Georgica; giacche in questa non pavla egli se non
di alberi triviali e comuni . Non pub sodisfarsegli compiutameate se
non si ponga sotto degli occhi 1' intero testo di Plinio . Mud satis mi-
rari non queo , interiisse quarundam ( arborum ) memoriam , atque etiatn
nominum* quae auctores prodidere , notitiam . Quis enim non communicato
Orbe Terr arum maiestate romani imperii , perfecisse vitam putet commercio
rerum ac societate festae pads , omniaque etiatn quae occulta ante fuer ant ,
in promiscuo usu facta ? At Hercule non reperiuntur qui norint multa ab
antiquis prodita: tanto priscorum cura Jertilior , aut industria Jelicior Jiiit ,
ante mille annos inter principia literarum Hesiodo praecepta agricolae
pandere orso , subsecutisque non paucis hanc cur am ejus , unde nobis crevit
labor ; quippe quum requirenda sint non solum postea inventa , verum
etiam ea quae invenerant prisci , desidia rerum , interneciane memoriae in-
ducta (b) . Osservi in prima il lettore che qui Esiodo fu nominato solo per
fissar 1' epoca de' libri di coltivazione, e perche si vegga , che lo Scrit-
tore non dee durare poca fatica a tracciar le memorie di ben dieci seco-
li; e di tanti autori, come sono Gatone, Varrone, Gelso, Attico,Fene-
stella , Fabiano, Democrito , Teofrasto, Magone,. che scrisse 18. libri
di Agricoltura . Osservi per secondo, che circa agli alberi, e a'loro no-
(a) Dion Chiysost. diss. XXV. (b) Plinius. Lib. XIV. in pirologo.
45
mi si dice che a que' giorni se ne ignoravano non molti, ma alquanti,
e questi rammentati non da Esiodo, ma dagii antichi, uno de'quali eCa-
tone (a) . Gome dunque lascib scritto l'Einsio : pleraque quae ab Hesiodo
commemoratafueruntarborum ignorari coeperint nomina? quasicheo Esio-
do sia il solo antico, o tai nomi fossero moltissimi . Dira taluno, ch'
egli citb anche le precise parole di Plinio, ove dice , che ne' tempi di
Esiodo, per testimonio di quel Poeta, niun piantatore di ulivi colse mai
frutto dalle sue piantagioni ; si tardi allora fruttavano (b) : Hesiodus . . .
negavit oleae satorem Jructum ex ea percepisse quemquam : tarn tarda
tunc res erat . Le quali parole non che si trovino in questa breve Geor-
gica ; il vocabolo stesso di ulivo non vi si nomina . Tutto e vero ;
ma all' intendimento dell' Einsio tutto e niente . A riprodurre una di-
menticata Georgica , che tanto meritava d' esser saputa, altro vi vuo-
le, che una staccata e solitaria notizia , che pub aver luogo o per mo-
do di similitudine , o di ornamento , in temi disparatissimi dall' agricol-
tura • E proprio di chi possiede varie e moltiplici cognizioni l'arric-
chime volentieri le sue poesie : e una vivida fantasia presso ogni tema
che riguarda , vede molti altri oggetti , ove pub ella trascorrere e spa-
ziare . Crederemo dunque , che il divino Esiodo , scrivendo di agricol-
tura , non parlasse di ulivi ? Non veggo che ingiuria gli si faccia a
creder cosi . Egli , torno a dire , scrisse d' agricoltura , non a chiun-
que , ma a Perse ; e in proposito del clima , dov' era Perse ; e della
campagna , che avea ereditata Perse ; e per avventura in tale e si cir-
costanziato argomento gli ulivi non dovean aver luogo piu che i ci-
pressi nella votiva tabella , che dipingesi per un naufrago . Gosi dee
scusarsi, pare a me , e questa ed altre, che in Esiodo compariscono
mancanze; altramente per poco si va a cadere o nel biasimo invere-
condo dello Scaligero , o nella violenta difesa di D. Einsio .
Procediamo; e veggiamo com'ei discorra su di un sentimento di Ca-
tone presso M. Tullio-, il quale cosi lo introdusse a parlare nel dialo-
oro della vecchiezza . Quid de utilitate loquar stercorandl ? dixi in eo libro ,
quem de rebus rusticis scripsi : de qua doctus Hesiodus ne verbum quidem
fecit, quumde cultura agri scriberet . At Homerus qui mult is , ut mihi vi-
detur , ante seculis Juit, Laertem lenientem desiderium , quod capiebat e fi~
(a) Plin. l.XIV. c- 4. Catonum ille primus — pauca attigit vitium- genera,
quamndam ex iis jam etiam nominibus abolitis . (6) Plin. 1. XV. c I.
4<5
Ho , colentem agnun , et entn stercorantem facit (a) • Come potrebbe Ca-
tone , dice 1' Einsio , querelarsi, che in Esiodo manchi questa parte di
agricoltura , se avesse ragionato del libro delle Opere e delle Giorna-
te? Anzi avrebbe detto, che molte cose vi mancano, e pressoche tut-
te quelle , di cui avea trattato accuratauiente Gatone stesso ne' suoi
libri de re rustica. Forza e dunque che ragioni d' un' altra opera di
Esiodo molto piu abbondante . Se questo discorso provasse meno , egli
proveria piu : ma non fa forza , perche , a ben rid ettere , prova piu del
dovere . Adunque la smarrita Georgica dovea trattare di tutto cib ,
che ha Catone insegnato .? Ma qual Poeta pub in un discreto volume
raccogliere tante cose ? Quel savio Latino scrive leggi , anzi che precet-
ti ; il suo stile par che ritragga le dodici tavole ; pub dirsi ch' e' sia il
modello e l'idea d'un pretto laconismo romano . Virgilio , che delle fac-
cende della villa non parlb per iscorcio , ne in secolo poco dotto in
agricoltura , non credo che delle cose di Gatone abbia delle venti par*
ti una . Chi dunque pub di Esiodo sospettare altrettanto ?
Resta per ultimo a sciorre il piu forte nodo , che avviluppasse
1' Einsio in questo proposito; ed aggirasi ne' seguenti versi di Ma-
nilio , il quale delle opere di Esiodo cantb cosi :
Hesiodus memoral JJivos, Div unique parentes ,
Et Chaos enixum Terras , Orbemque sub Mo
Infantem ; et primos titubantia sidera partus :
Titanasque senes , Iovis et cunabula niagni ;
Et sub fratre viri nomen , sine Jratre , parentis ,
Atque iterum patrio nascentem corpore Bacchum ,
Omniaque immenso volitantia Numina Mundo .
Quin etiam ruris cultus, legesque novandi,
Militiamque soli: quod'colles Bacchus amaret ,
Quod Jbecunda Ceres canipos , quod Pallas utrumque ;
Atque arbusta vagis essent quod adultera pom is :
Silvarumque Deos , sacrataque Numina Nymphas ,
Pads opus , magnos naturae condit in usus (b) .
Or in questo luogo di Manilio intervenne all' Einsio cib che raccon-
tasi accaduto ad alcuni , che prevenuti da viva persuasione , che la
Luna fosse abitata , vi scorgevano per entro e fiumi, e boschi , e forse
(a) Cic. dial, de Senect. n. i5. (b) Manil. Astronomicon II. v. 12. seqq.
42
gran folia di abitatori . Gli altri che leggono que'versi, credono tro-
varvi un qualunque coaipendio delle due piu note e piu certe opere
d'Esiodo, /uaKctpav y{voc,> ipyct re, come le unl in un suo epigramma
Asclepiade (a) . Ma il Batavo ne' primi sei versi ravvisa la Teogonia ;
nel settimo tutto il libro delle Opere e Giornate : perche il tema di
questo, secondo il sistema suo, non altro e che il Regno della Fortu-
na , la quale iusieme co' Genj , regge il freno e il governo delle uma-
ne cose : e flnalmente ne' sei ultimi versi riscontra quella vasta e com-
piuta Georgica , a cui e stato il tempo si furiosamente nemico . Ed e
notevole il triopfo ch' egli mena di tale scoperta . Vid.es , ut in superiori-
bus , plant ationem : quae pars praecipua horum librorum hie nusquam ap-
paret : it a ut ex hoc Manilii testimonio plantatio et propagatio vineae ,
insitio arborwn omnium , librorum illorum argumentum fuerit : quae loca
praeterea his vel illis commoda vel incommoda sint, in iis Hesiodus mul-
tis probarit... postremo vagatus in iis PoetaJli.it circa sylvarum , hor-
torum , fluviorumque descriptionem , amoenitatemque illorum; quam Poe-
tae plerwnque , ut hie Manilius , Satyronun et Nympharum nomine desi-
gnant . Ma io non veggio come in un Poeta, che per incidenza ram-
menta 1' opere di.un altro, possa un Critico fondarsi tanto . Se Mani-
lio fosse ad Esiodo ci5 che Asconio a M. Tullio , ajuterebbe molto a
fortnare il piano di un' opera gia smarrita . Ma da un Poeta , che pub
ritrarsi? Ogni poeta considera queste cose come le altre; vuole che in
queste pure campeggi quella naturale sua liberta di osar tutto entro
certi limiti; sceglie a suo talento cib che lusinga la fantasia con ido-
letti gai e leggiadri , e abbandona il resto alia oblivione ed al silenzio .
Se dunque io dirb di Manilio, che quel suo tratto aspergesse di qual-
che finzioncella, saria forse una strana difesa (b) ? e se io dirb, che toc-
ca ivi gli argomenti di parecchi libri smarriti (c) , sarb convinto mai ,
che tai libri deggiano essere d' una lunga e piena Georgica ? O se an-
ehe dirb , che forse nelle Opere e Giornate di Esiodo vide Manilio in-
seriti pur alcuni versi, che a questi di o per giudizio de' critici,„o per
incuria de' copisti sieno smarriti; dirb io forse altramente da quello
{a) Anthologiagraecal.IV. c. 2%. {b) Simile liberta si piese Properzio al
L. II. E. 34., ove, come avverte il Sig. Volpi, finge che Virgilio nella Bucco-
lica scrivesse il dono del capretto, che in Teocrito si legge, non. in Virgilio.
(c) Veggasi la edizione padovana di Esiodo pag. 252- e 271.
48
che giudicarouo un Grevio ed un Glerc (a) ? Sebbene io uiedesimo non
ricuso di cadere dalla mia causa , quando il testimonio di Manilio
sia maggior d' ogni eccezione ; e val a dire quand' egli sia un autore
diligente , esatto , osservante nelle relazioni delle opere altrui . Ma egli
certo non e tale . Veggasi il suo rapporto della Teogonia d' Esiodo ,
da noi citato poco sopra . Non conta ivi la favola di Bacco rinascen-
te da Giove , quasi fosse di Esiodo , mentre in Esiodo non se ne par-
la , e forse la prima volta che s1 incontri, e in Euripide (b)} Non di-
ce ivi della nascita di Vulcano , e de' Titani parecchie cose, che lo
Scaligero stesso ha censurate in Manilio, quasi per incuria attribuis-
se ad Esiodo cib , che per altri Poeti era stato favoleggiato (c) ? Or
come si accordan queste due cose , che Manilio non sia punto esat-
to parlando della Teogonia ; e sia di tanta autorita parlando dell' agri-
coltura ? ci scuopra un'altra Georgica, perche non ben ci descrive que-
sta che abbiatno : e descrivendo non bene la Teogonia che ci resta ,
non ci scuopra medesimamente un' altra Teogonia ? Non si fa dunque
ingiuria a Manilio , se non gli e prestata fede in alcuna particolarita ;
dacche egli e un testimonio convinto di falso intorno alia stessa per-
sona di Esiodo , e pu6 dirsi anche nello stesso contesto .
Passiamo all' altra parte della dissertazione ; nella quale, a dir vero,
e tanto di verisimile , che il Fabrizio stesso l'adotta ; ancorche , pare a
me , troppo facilmente , e senza ponderar le ragioni per la contraria
parte . Vuol dunque 1' Einsio , che il presente Poemetto di sua pri-
maria intenzione riguardi nOn 1' agricoltura, ma la economia . Gosi
par che V intendesse Massimo Tirio, quando dice, ch' Esiodo scrisse
Tot &/$ 7ov /3/ov Ipya. ts Si S'pctztov , x) tifxipat;, iv cue, Spctstov (d), e
lo Scoliaste di Nicandro , che citando quest' opera , dice £i> to7<; Trpctr-
ropilvoic, , (e) e Tzetze, il qualvuole ch'Esiodo scrivesse a Perse 7rctpcti-
vicriv ySiKiiv , x) otKovofjtiMv 7rat>T0iaui> . Rispondo alle autorita . E incer-
to se Masssimo Tirio volesse intendere opera , quae in vitam , ovvero in
victum facienda , et quibus diebus facienda ; e se lo Scoliaste di Nican-
dro volesse intendere in iis quae jlunt ab agricolis , ovvero a patri-
(a) Veggansi le loio edizioni a' versi 99.116. 294.ee. (b) Esiodo scrisse
questo solamente £s/«'A» ie*e pa'iiipov v'tav, Euripide nelle Baccanti (*»(£...
Zsf'?-- »?irart Yw, femori airipuit eum. (c) Ios. Seal, in Commentario in II.
Manilii. (d) Dissert. XVI. (e) Pag. 27.
49
bus familias . V autorita poi di Tzetze e falsa, in quanto vuole, che
il tenia dell' Opere e Giornate sia una esortazione alf etica , ed econo-
mla tuttaquanta . E chi e , che non vegga maucarvi le principali parti
dell' etica e dell'economia ; ed esservi anco le meno importanti dell'agri-
coltura ? Ordinar che si aguzzin le falci , e non far parola della edu-
cazione de' figli ? Speciflcare i legni per minute- , che compongono il
carro , e niuna cosa dire delle qualita delle camere , che deon compor-
re una casa ? Chi potria perdonargli queste e molte altre omissioni ,
se il suo principale scopo fosse stato di formare un economo ; men-
tre Gatone , Columella , Palladio , che di primaria intenzione forman
T agricoltore , ne parlano si a dilungo ? Ma intendendo ancora favore-
volmente all' Einsio i testi di Massimo Tirio , dello Scoliaste di Nican-
dro , di Tzetze , che peso hanno eglino in confronto di quasi tutti gli
antichi , e moderni , ch' egli ci concede essere discordi dalla opinio-
ne sua? Poco o niuno. Ma andiamo innanzi .
E in prima si vuol supporre , che di alquante opere antiche non e
facile determinare lo scopo, nelapartizione. Quali dubbj si eccitarono,
per recarne un esempio solo, sul Panegirico d'Isocrate (a), se egli ap-
partenga al genere deliberativo , o all' esornativo ? e se sia veramente
panegirico della Grecia, o esortazione a una guerra da intraprendersi
da' Greci contro i barbari ? E di tal genere debb' essere il presente
Poemetto non facile a ridursi ad una unita incontrastabile , ne a di-
visarsi nelle sue parti. Nondimeno ancor qui dee giovare il principio,
che il gran critico Quintiliano suggerisce per quando si dubita se una
orazione deggia ridursi ad uno, o ad un altro genere, e distinguersi in
uno , o in un altro modo . Osservisi , die' egli , quid sit quod Orator
sibi praecipue obtinendum intelligit (b) . Con questo filo , che mi par sicu-
rissimo , e che dal Wolfio e accennato nella controversia del Panegirico
d' Isocrate , io credo potermi disimbarazzare da' cavilli dell' Einsio .
Adunque 1' Einsio dice , che 1' Opera e economica , avendo in vista
T acquisto , e il mantenimento delle sostanze , e non limitandosi all'
agricoltura , ma abbracciando anco la mercatura , di cui da precetti :
e parimente etica per gl' insegnamenti morali , de' quali e sparsa . Tut-
to bene , ripiglio io , ma qual e lo scopo che specialmente si prefigge ?
E di formare un agricoltore . Per questo comincia dal fuoco , o sia
(a) V. Wolf, in aigumento ejusdem. (b) Instit. Orat. 1. III. cap. 6.
2
5°
dal vitto nascosto da Giove agli uomini ; per cui trovare , convengasi
cercarlo con la fatica . E siccome il Fratello , per declinar la fatica ,
avea con donativi pervertiti i giudici; cosieglicon buoni principj s' in-
gegna di persuadere all' uno , e agli altri la giustizia ; e molta cura
si prende di ridurre Perse dalla oziosita al lavoro .
Prima di proceder piu oltre si vuol notare, che non e contro 1'unita
del Poema la trattazione anche ampia di qaeste cose . L' arte imita la
natura; e come il fuoco nell'ardere unlegaofauna sola azione, disgom*
brandone l'uinidita col fuino, e introducendoci poi la fiamma; cosl Esio-
dofann sol poema, rimovendo gl'impediinenti , che alienano.il Fratello
dal lavorare, che sono specialmente l'ingiustizia , e 1' oziosita, e rivolgen-
dolo, e istruendolo alia fatica. Ma a qual fatica? Perciocche economo,
secondo che eel descrivono Aristotele e Senofonte, pub essere un citta-
dino , il quale intendendosi de' lavori della campagna , vada di tanto in
tanto a rivedergli . Ma a Perse s'incnlca di fargli per se stesso , e di non
vergognarsene , e spesso se gli rammentano i doni di Gerere , de' qua-
li debbe andar ricco. Questa e la prima parte del poemetto , la quale
ottimamente e espressa da un dotto , che dice : duo agit , primo ut volun-
tarium habeat agricolam ; passa di poi alia seconda , deinde ut peritum (a) .
Cib che fa in 23o. versi in circa , lie' quali raccoglie poeticamente
quanto in ogni stagione dee fare F agricoltore . Vien poi alia mercatura ,
cioe ad un'arte, che pub ajutare l'agricoltura , portando a vendere al-
trove cib che in patria meno varrebbe ; ma cib non prova , ch' Esiodo
tratti di questa parte come dell' agricoltura , e che a lei 1' uguagli , sic-
che lasci dubbio qual delle due parti sibi praecipue obtinendam intelligat .
Si spaccia dalla mercatura, tolti gli episodj , in pochissimi versi; prescri-
ve a Perse di attendere al campo tutto l'anno , e star fuor di casa pochi
di ; gl' insegna cose minutissime in gener di coltivazione ; e in genere
di negoziazione , come nota anco un de' greci interpreti , poco piu che
niente. Dipiudopo avergli comandato e con gravissimi termini inculca-
to il lavoro della campagna, prende circa la navigazione un tenor di
consiglio, e si contenta di avere in bocca se vuoi, se ti aggrada, se a
cib far ti disponi . Questo non e metterla al pari con l'agricoltura, ma
molto al di sotto. Anco la vita venatoria pub ajutare; e come ajuta-
(a) In veteri Operum et Dierum argumento apud Crispinum , Schrevellium ,
Zanolinum etc.
51
trice, serva, e ministra del la vita rustica la considera Aristotele, eCa-
tone , e Virgilio ; e Pier Crescenzi tra' nostri dietro la coltivazione ste-
samente parla della caccia degli animali. Gontuttocib pub ella raettersi
del pari coll' agricoltura ? Pub all' agricoltura contrastare il vanto , di
esser come prima cosa considerata nel poema di Virgilio , nel trattato
di Aristotele, di Gatone , e di Pier Grescenzio? Nb certo-
Sieguono ntili precetti su la moglie , su' figli ; e varj altri ne avea
dati su i servi , e le sostanze domestiche ; tie' quali quattr' oggetti tutta
raggirasi la scienza economica , secondo Aristotele e Senofonte . Cib pa-
re che favorisca l'Einsio , ma non e cosi . Esiodo , torno a dire , forma
1' agricoltore ; e al suo stato attempera i precetti che da . Anco in Ga-
tone , e in Varrone , e in Columella si parla di queste quattro cose ;
ma perche se ne parla in proposito di agricoltura , niuno e che le tor-
ca all' economia in generale . Ed Esiodo non fa il medesimo ? La moglie
par deggia essere tessitrice (a), mestiere che alia moglie dell'agricoltore
assegna anche Virgilio nella*Georgica (b); il figlio dee pascere il greg-
ge (c) ; i servi deon far le faccendq rusticane (d); la serva dee accompagna-
re i bovi (e); le sostanze sono buoi, aratro, grano, vino , cib che colti-
?ata rende la terra. Ma la scelta degli amici, e degli ospiti , ma i tanti
precetti di morale che han che fare coll' agricoltore? L' agricoltore e
uomo , e vive anch' egli nella societa , e gli appartengono mold ufi-
z) , che sono comuni a' cittadini , e a'sovrani ancora . -Che di questi par-
lisi a Perse , qual raaraviglia ? Isocrate a Nicocle , Dion Crisostomo a
Trajano , Sinesio ad Arcadio scrivon di Regno : contuttocib non vi fra-
mischian bellissimi insegnamenti su le amicizie , su le ospitalita , su la pie-
ta, su la temperanza , da poter servire ancora a un privato? Torniamo
onde partimmo . Riguardisi il fine , che specialmente ha avuto in mi-
ra il Poeta , ch' e stato sicuramente formare un agricoltore ; e siccome
tal professione ordinariamente non va disgiunta da conjugio , da figlio-
lanza , da servitii, da vicinato, da ospitalita, da amicizie, da molte
altre relazioni ; queste s' innestin pure , o per modo di principale discor-
so, o per modo di episodio nella Poesia: ella non lascia di essere una
Georgica; col qual titolo e distinto questo libro di Esiodo nel bel codi-
ce laurenziano del secolo XII. 0 forse XI. che citiamo a suo luogo .
Resta nella dissertazione dell' Einsio la favola di Pandora , di cui
(a) v. ti9- (A) v. 293. (c) v. 3^6. (<*) v. 5o2. hn- (<o v. 406.
52
egli si applaude sopra modo : parendogli aver trovata in quell' allegoria
della Fortuna la chiave del sistema platonico, meglio che Proclo, o che
altri di quella Scuola . Recita in oltre a tratto a tratto qualche squar-
cio di un greco inno da se composto sopra la Fortuna simboleggiata
in Pandora . Noi non dubitiamo con gli Annalisti di Trevoux di dichia-
rare quest' allegoria un sogno , e di affermare , che chi ha in capo un
bel sistema , spesso ci ha un bel delirio . Cora' e possibile , che' la favo-
la di Pandora nella Teogonia , cib ch' egli concede , sia riferita per mo-
do d' istoria , e nelle Opere e Giornate per modo di allegoria ? A chi
pub capire nell'animo, che la Fortuna rc/^w nemrneno sianorainata da
Omero nella Iliade e nella Odissea (a), e al piu ne'stiowinni sia men-
tovata bensi , ma non come Dea potente : e da Esiodo nel secolo stes-
so sia come dispensatrice de' beni tutti della Terra cantata e propo-
sta a quanti leggessero il suo poema? Com' esser pub, che fin da que'
tempi fosser noti i suoi simboli; il Cornucopia che la dichiara Reina
della Terra , e preside dell' agricoltura ; il timone , che la dichiara Dei-
ta marittima e preside della mercatura; se Bupalo statuario fu il pri-
mo, che le mise il corno di Amaltea in una mano (fe) , e il timone in
piu bassi secoli le fu messo nell' altra (c)? anzi qual luogo ci puo avere
1' allegoria, s'ella non pub spiegarsi tutta , e tutta riferirsi alia Fortu-
na? Gome Pandora pub simboleggiar la Fortuna, quando ella ha tutt' i
beni, o tutt' i doni- degli Dei, ma in una maniera incommunicabile ad
altrui , cioe gli ha personalmente ? Com' e la Fortuna una donna , in cui
oggimai non rimangono beni da dispensare, ma soli mali? E che ha
che fare con la Fortuna Prometeo , che vieta ad Epimeteo ricever do-
ni da Giove ? Gonchiudiamo . II sistema allegorico buono a spiegare al-
cune favole , e inutile a questa . Dico di piu , e dannoso alio scopo di
Esiodo : il quale scrivendo ad un povero agricoltore , non pub sperare ,
che arrivi ad intendere un' allegoria , di cui tanta parte riraaue oziosa .
Non trovo pertanto altra via da spiegar tutto , fuorche il sistema
istorico, tenuto da'Padri della Ghiesa ; i quali riconoscorio in Pandora
la prima Donna Eva cagione di tutt' i mali nel Mondo co' suoi vezzi .
Similmente le prime tre eta non hanno migliore spiegazione , che quel-
(a) Macr. Saturn. 1. V. cap. 16. (b) Paus. in Messenicis p.2~4. \c) Aven-
do vcdute pc'Musei d' Italia moltissime statuette in bronzo della Fortuna con
questo simbolo, tuttc le ho trovate de' tempi degl'Iinperadori.
la, che la Scrittura ci suggerisce. Di tutto partitamente si dira. nelle no-
te; qui brevemente ne faremo un generale discorso. E certo la fama
della prevaricazione de' primi padri , e de'primi capi del Genesi dovett'
esser seiuinata nel Mondo fin dalla dispersione de' nipoti di Noe; giac-
che qualche oscura voce ne sonb fra' Galdei , fra gliEgizj, fra gl'India-
ni , fra'Greci, fra' Latini , e fin fra' Ginesi (a). Ma appunto fu oscura;
perciocche intanti anni, in tanti luoghi, senza guida di storia, alteran-
dosi cV anno in anno le tradizioni , qual dovett' essere divenuta dopo
parecchi secoli ? Send questo _vero Lattanzio , e piu volte lo espresse .
Nel II. libro delle divine Istituzioui al capo II. ragionando delle cose
scritturali maneggiate da' poeti dice: eafabulis et obscura opinione col-
lecta et depravata ■ . . nullo non addente illiquid ad ea quae audierat , carmi-
nibus suis comprehenderunt . E nel I. libro de falsa Religione al capo II.
Non res ipsas gestas finxerunt poetae , sed gestis addiderunt quendam
colorem rebus . La fama de' grandissimi avvenimenti e la piu facile ad
essere alterata , perche dipende da molti ; ma e la piii difficile ad esser
estinta, perche dipende da tutti.
Esiodo moltissimi anni dopo il diluvio trovo la fama delle pris-
che eta alterata molto ; ma non cosi sfigurata , che salvi alcuni anacro-
nismi ed alcune circostanze apocrife , non si possa ravvisare per dessa .
Chi non ravvisa 1' eta dell' oro negli Angeli ? che in sentenza anco
di Origene (b) creati molti secoli prima dell' uomo , son dati poi per
custodi al genere uraano (c)? E in Prometeo chi non ravvisa quell' An-
giolo , che secondo la tradizion degli Ebrei falsa , e compresa solo nel
libro apocrifo d' Enoch rapi il fuoco , cioe la scienza dal Gielo , e agli
uoniiai la coraunico? E nella seconda eta il cui carattere e la lunghez-
za degli anni, l'ignoranza, la discordia, la noncuranza degli Dei, chi
e , che non ravvisi il tempo di Adamo , in cui si stendeva la vita a piii
secoli, ma era accorciata dagli omicidj, come in Abele ; e in cui dopo
molt' anni Enoch, che non si sa che. avesse gran seguito, coepit invoca-
re nomen Domini? La terza eta de' facinorosi e qnella che nelle scrit-
ture e detta de' Giganti , da Simmaco traducendo , de' violent! , da Aqui-
la degli assalkori; la quale si spegne col diluvio, rimanendo salvo il
solo Deucalione figlio, com' Esiodo dice (d) , di Prometeo, edi Pandora.
{a) Schubart T. X. Antiqu. Gron. pag. "joi. Bianchini Istoria Universale, De-
ca I. cap. 2. ec. {b) Origeniana pag. 68. (c) Lact. Firm. Div. Inst. 1. IL c. lS.
(d) Schol. Apoll. Rhodii l.JII. v. io85.
54
Altro anacronismo e questo ; ma semplice anacronismo, che stabilisoe
Adamo ed Eva , ove andava Noe ; dal cui tempo comincia la eta degli .
Eroi. Dopo tal tempo comincia la eta del ferro , a cui dee seguirne una
migliore , giusta 1' oracolo gia adempiuto in G. G. et ipse erit expectatio
Gentium : notisi che non dice solamente d'Isdraele, ma de' Gentili anco-
ra , presso i quali serpeva una oscura voce del miglioramento del Mon-
do , che avea ad avvenire .
Ecco in poco tutto il sistema diEsiodo. Domando io: tspiuprobabile,
che sia finto dalla testa di un solo; o che sia dedotto dalla voce del-
le vere cose, ma guasta in parecchi secoli , e falsificata? Se fra gli
Ebrei stessi, ov'erano isacri codici, corsero tante favole, quante piu ne
dovean correre fra' Gentili? Edunque cosa da fare maraviglia, che pur
tanto vero si scuopra a tra verso di qualche falso. II qual vero sempre
piu manifestasi dagli scrittori posteriori , i quali raccolsero altre tradizio-
ni de' lor paesi, e forse quelle de' libri santi . Per figura Esiodo nel se-
col d'oro non fece men zi one di nudita, ne di mansuetudiue di fiere, ne
di colloquj con animali; ma queste cose rammentate furono da Platone
nel suo Politico. Arato fa in quel secolo menzione di agricoltura (a), cib
che non fa Esiodo , e mostra di aver creduta quella sacra parola : posuit
eum (hominem) in paradiso voluptatis, ut operaretur et custodiret ilium (b).
Enellaeta del bronzo, Esiodo non dice, che fosse distrutta col diluvio,
ma lo dice Apollodoro (c), eProclo(^); e Luciano (e) aggiunge , che cib
fu in pena degli atroci misfatti comunissimi a quella eta; che 1' inon»
dazione venne dalla Terra e dal Gielo ; e che Deucalione con la fami-
glia , e con tutte le specie degli animali a due per due , maschio e fem-
mina ristrette in una nave se ne salvo . Piutarco {f) vi annette il fat-
to della colomba , che lasciata da Deucalione in liberta, gli diede av-
viso, che duravan le acque tornando nell' area, e che cessate erano
scomparendo . Ma piu che altri Beroso e Niccolao Damasceno , se pre-
stiam fede a Giuseppe Ebreo (g), furon eonformi alle narrazioni del
sacro Testo .
Da cib che abbiam detto risulta , che i Gentili ed Esiodo stesso tennero
per cose istoriche cib che asseriscono delle prime eta del Mondo. Ghe dun-
(a) Phaenom. v. 112. (b) Genes, cap. 2. (c) Bibl. 1. I. p. 41. (d) In
v. 85. pag. 3o. (e) De Dea Syria pag. 458. (/) De soleitia animalium
pag. 968. (g) Contra Apionera lib. I.
55
que l'Einsio ci esca fuori con delle allegorie su la Fortuna; che van-
tisi di aver trovato il vero sistema Platonico, che Proclo col tanto spe-
colar su Platone non avea saputo indagare ; che canti un bell' inno gre-
co su la Fortuna , tenuto da Niccolb Scaligero (a) per opera di un an-
tico inedita; noi di queste cose ci rallegriamo con lui, ma, con suabuo-
na pace, non gli crediamo niente . Eustazio condanna coloro, che
comentando il divino Omero 1' oscurarono con importune allegorie :
Homed carmen alii obumbrarunt , et quasi eos puderet , si Poeta more lo-
queretur humano , reduxerunt omnia transtuleruntque ad allegoriam(b). Lo
stesso vuol dirsi di Esiodo ; e tanto maggiormente , quantoche s' inge-
gna di persuadere al fratello la fatica . II che se facciasi per via di sto-
ria , avra gran forza il discorso , come 1' avrebbe presso un Cattolico ,
a cui si rammentasse quel divino Oracolo: in sudore vultus tui vesceris
pane tuo (c) . All' incontro , se si proponga come un' allegoria , non ha
piu autorita divina, ma umana; e di un poeta, che finge cio che mette
bene al suo intendimento. Per la qual cosa lasciamo pure, che ciascu-
no siegua nelle altre favole quel sistema che piu gli piace : ma nelle fa-
vole, che riguardano i primi secoli del Mondo, esclnso ogni altro siste-
ma , tengasi lo scritturale . Chi non fa cosl , o per desio di novita , o
per odio alia Scrittura Santa , di vera luce tenebre dispicca (d) .
(a) Disseitaz. inseiita nelle Memorie dell' Accad. di Berlino in proposiro dell'
Einsio an. 1747. (b) In Prooemio ad Iliadem ex versione P.Politi . (c) Gene-
sis 3. (d) Oante Cantica II. Canto 1 5.
5«
PIANO DI TUTTA L' OPERA.
I. Capitolo. S'ingegna il Poeta di ritrarreil Fratello dalla mala garat
cioe dalle liti, e di volgerlo alia buona, cioe alia emulazione della Jati-
ca in genere di agricoltura specialmente ; posto il voler di Giove, che ha
nascosto il vilto all* uman genere fin da tempi kU Prometeo e di Pandora,
la cui favola descrive 'elegantemente .
II. Gontinua occultamente amostrare la necessita della fatica, che se
in altr eta del Mondo non era necessaria , e necessaria in questa ; la cui
trista condizione in ogni linea , e specialmente nel costume , vien deplorando .
III. Presa occasione dalla Jug a di Astrea, rimuove il primo impedi-
mento della sua causa , cK e tingiustizia ; avendo il Fratello corrotto i giu-
dici con donativi. A' quali giudici da ottimi precetti di politica.
IV- Rimuove Valtro impedimento della sua causa, cti ' e la oziosita del
Fratello. Dopo avergli dunque raccomandata la giustizia, gli raccoman-
da la operosita. , biasimdndo la dannosa vergogna, e quant' altr o il distor-
na daW agricoltura, e mettendogV in vista i beni, che ne derivano. J»co-
mincia quindi a formare il nuovo agricoltore in varj suoi uffizi verso gli
Dei, verso gli amici, verso i vicini, e generalmente tratta di economia.
V. Dopo di aver Jbrmato V ag icoltor volontario , comincia a farlo pe-
rito . Gli da dunque precetti su lo stabilimento della casa , su la provvisio-
ne degli attrczzi domestici, e rusticani; e specialmente dijfondesi nella se-
mina, e nelle altre Jaccende delt autunno .
VI. Ragionasi della stagione del verno, e di cib che dee schivare f agri-
coltore in quel tempo , e di cib che dee fare a riparo di sua salute , e a
vantaggio de1 suoi interessi .
VII. Si dan precetti sul potar delle viti a primavera ; e sul mietere ,
trebbiare , e riporre il grano la state; si torna aW autunno, e si discorre
deW arte di Jare il vino , e dell' aratura . A' quali discor&i 5' interpongono
altri utili consigli sul reggimento della casa convenevoli a un agricoltore.
VIII. Si dichiara come un agricoltore possa aiutarsi ancora con la'
mercatura , navigando in paesi esteri per poco tempo . Con questa occasio-
ne racconta il suo viaggio a Calcide , e il premio che cantando ne riportb .
IX. Siegue ad istruire il nuovo agricoltore circa altri ufizj , che non
appartengono alia sua projessione, ma sono confacevoli alio stato suo .
X. Delle opere , di che ha trattato finora, insegna quali siano i gior-
ni favorevoli , quali gli avversi .
H2IOAOT TOT A2KPAI0T
EPfA KAI HMEPAI
fHESIODI ASCRAEI
OPERA ET DIES
CUM LATINA VERSIONE.
LE OPERE E LE GIORNATE
DI
ESIODO ASGREO
VOLGARIZZATE IN TERZA RIMA.
58
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Ty'v J* iripyw , 7rpoTspy\v fxiv eyeivctm N^ ipifiivvvi ,
Qvixi Si [jlip Kpoi>/S>n; v\i<£vyoc, 3 cti^ipi voueov ,
io
M.
usae ex Pieria carminibus gloriam conciliantes
Adeste quaeso , dicite vestro patri hymnum ,
Per quern mortales homines pariter obscurique sunt , et clari ,
Nobiles , ignobilesque Jovis magni voluntate .
Facile enim extollit , facile etiam elatum deprimit ;
Facile praeclarum minuit , et obscururn auget ,
Facileque corrigit pravum , et superbum attenuat
Juppiter altitonans , qui supremas aedes incolit .
Audi intuens et auscultans , et juste rege judicia
Tu : ego vero Persae vera dicere queain .
Non sane unum est contentionum genus , sed in terra
Sunt duo : alteram quidem probaverit sapiens ,
Altera vituperanda : diversa autem sentieutem animum habent .
Nam haec bellum exitiosum, et discordiam adauget ,
Noxia : nemo banc amat mortalis , sed necessario
Immortalium consiliis litem colunt molestam .
Alteram vero priorem genuit Nox obscura ,
Posuit vero ipsam Saturnius sublimis in aethere habitans
59
C A P I T O L O I.
V,
oi , che date co' versi eterno vanto ,
A tesser inno a Giove , onde nasceste ,
Muse , Pierie Dee , movete il canto .
Chiunque mortal velo in terra veste
E cliiaro al Mondo , o scuro ; inclito , o vile ,
Pur come aggrada al gran Motor celeste .
Ei di leggier' ogn' uomo in signorile
Stato solleva , e 1 sollevato prostra ,
E scema il grande , e crescer fa 1' umile ;
E a chi va torto il cammin dritto mostra ;
E i superbi deprime il sommo Nume ,
Che regna , e tuona in su 1' eterea chiostra .
O tu , die vedi , e ascolti , or col tuo lume
Drizza i giudizj , e m' odi ; intanto ch' io
Di veri sensi a Perse empio il volume .
Due gare ha in terra ; e '1 savio , a parer mio ;
L' una lodar , biasmar 1' altra devria ,
E varia hanno tra lor mente , e desio .
Perversa e 1' una , e brighe e guerre cria ,
Ne piace ad uom; ma, perche a' Numi piacque,
E forza che tra noi si onori , e stia .
L* altra e piu antica , e da la notte nacque ;
E di porla chi d' alto ogni ben dona
Nosco , e neir ima terra si compiacque :
<5o
Veuve, r iv p7£vwv , kou dv$pd.<ri ttoXXov a/u&sra.
"H ts kou d7rd)\ctfjiv6v 7rip , o f/.coe, (711 ipyov (yetp^i • 20
E/g irepov ydp Tie, ts iScov spyoio ^ari^oov
HXxcriov , dc, (TTTivSei /utv dpo u^ivc/jl , yidi (p'jTev&v ?
OIkov T id $i<rScu ' fy)\o7 JV re yeimva. yeiiwv ,
E/; dyivov <r7rzvd*ovT ' ayaSyi S1 Ipic, vi'Si /SpowJcri ■
Kou Kipctf.uve, mpa^ei kctssi , kou rszrori tsktwv , 25
KoU TTTWXpC, 7TT0))(M (pSoViti 5 KOU CtOltiOC, dotdu) .
'£2 liipCTYt ; (TO Ji TUVTtt TSCp iVlKO.T$iO $U(J.<f) '
MwJY <t '(pie, Kaxo^oLpmc. dw zpyou §uy.ov ipvKOi
N&K'i OTTITTTSUOI'T , ayopilC, <c7T0iK0V0V iOVTtt ■
vQ,p;i ydp t oXlyyi yriXirzu v&KiCov r dycpiav ts , 3o
c D.i mi fjLvi /3/oc. tvdbv irrWiiuioc, KcnzcKetrcu
'Xlpouoc. ) tvv youcc (pip&t , Avi^Tspot; ctKinv .
Tov Ki Kopicrcrd/uii'oc, ve'rKiO. ■> kou. dvipii1 otpzXXoic,
KrJi(/.<x<r (n dXAoTpiGic, ■ o~oi S' ovk(ti dtVTspov i-?cu
'XlcT' epjetv a'AA' du2ri cPia.Kpii'tofAid'ct veizoc, ^
iSeivuri SiKoue,, out (k Aioc, €4<riv api^ctt.
vHJw fxiu ydp K7\iipov (J'u<r(rd/ui&' ' dXXct ts ttoXXcc
'ApTrd^coy ((pop&e, , (Aiycx. kvSouvcou ^cktiX^clc,
Terrae et in radicibus , et in hominibus , longe meliorem .
Haec quamtumvis inertem , tamon ad opus excitat .
Alium enim quispiam intuens opere vacans
Divitem , et ipse festinat arare , atque plantare ,
Domumque recte gubernare . Aemuljufctir enim vicnium vieinus ,
Ad divifcias contendentem : bona ergo haec contentio hominibus .
Et figuliis figulo succenset , et fabro faber ,
Et mendicus mendico invidet , et poeta poetae .
O Persa , tu vero haec tno repone in animo :
Neque malis gaudens contentio animum luum ab opere abducat,
Lites spectanbem , concionum auditorem existentem .
Cura enim parva esse debet litiumque et fori ,
Cui non est victus domi in annum repositus ,
Aestate collectus , quern terra fert , Cereris munus ,
Quo satiatus lifces ac rixam moveas
De facultatibus alienis . Tibi vero non amplius licebit
Sic facere : sed in posterum dirimamus controversiam
E.ectis judiciis , quae ex Jove sunt optima .
Olim quidem hereditatem divisimus : alia autem multa
Rapiebas , valdc demulcens reges
69
CAPITOLO I.
V.
oi, che di ben cantare avete vanto,
A tesser inno a Giove , onde nasceste ,
Muse, Pierie Dee, movete il canto.
Chiunque mortal velo in Terra veste
E chiaro al Mondo , o scuro ; inclito , o vile ,
Pur come aggrada al gran Motor celeste.
Ei di leggier' ogn' uomo in signorile
Stato solleva , e '1 sollevato prostra ,
E scema il grande, e crescer fa l'umile;
E a chi va torto il cammin dritto mostra;
E i superbi deprime il sommo Nume,
Che regna, e tuona in su l'eterea chiostra.
O tu, che vedi, e ascolti, or col tuo lume
Drizza i giudizj, e m'odi; intanto ch' io
Di veri sensi a Perse empio il volume.
Due gare ha in Terra ; e '1 savio , a parer mio ,
L' una lodar , biasmar 1' altra devria ,
E varia hanno tra lor mente, e desio.
Perversa e Y una , e brighe e guerre cria ,
Ne piace ad uom ; ma , perche a' Numi piacque
E forza che tra noi si onori , e stia .
L' altra e piu antica, e da la notte nacque,-
E porla Giove, che ha nel Ciel corona,
Nell' ima Terra , e fra noi si compiacque :
6o
r otitis r iv p/^o"/ , zed dvSpd&i ttoXXov dixeiva •
H re ■nou a.7rctXoiiXvov Trip ,. ofxcoc, iTrt ipyov iyeip&t- ao
E/£ irepov yelp tic, ts iScov ipyoto yjXTl^OOV
YiXxCTlOV , OC, CTTTivSei fXiV etpo/UfJUfOU , YlSi fyUTSUPtV,
Qixov t it) SicrScw ^nXo7 Je ts yeitovct yeiiwv >
E/'c utpivov a-7TivSovT ' dyctSnt eP iptc, )5'<A (BpoTDta-i •
KoU KipCLfAiUC, MpCt/U&i KOTSCi , JCOW TSX.WVI TSXTWV , 25
Kca Tma^os TTTto^ot) (pSovin , v.ou doiSoc, doiSui •
\Q UipCil y (TO Si TCtVTCX. TSSO iVDtdrOiO $U U'2 '
Mwjy or Iptc, kclko yap-roc, oltt 'ipyov Suftov sppxoi
NeiXi 07Tl7TTiV0VT , CtyopYI C, iTTCtKOVOV ioVTtt •
£lpn yap r oXiyw TriMrou vtixicov r dyopicov is y 3o
' 12/ TtVl [XVI /3/oC, ivSoV iTTYIbTUVOC, KcnUKGlTOU
Qpouoc, } tov youa. <p{p&i , AvifjJnpoc, clktav ■
Tov xt xopio~<rafA.ivoc, v&xict , nod Snpiv ctyiXXoic,
Kwfxota- <i7r ctXXoTploic, • col S oukiti Sivrepov 'i<?ou
' <(lS' £'p JW ' dXX' dvSri SictxpivcofAiOct vhk.cc, 35
l9eir>o~t Slxcuc,-, out e'jc Atdc, «V/y dpi^ou .
H.Sw fJiiv ydp zXyipov i Sourer d{/i& ' ' ctXXd ts ttoXXx
'ApTrdfcov ityop&ic, , fXiyot xvSouvcov (BetcriXyictc,
Terrae' et in radicibus , et in hominibus , longe raeliorem .
Haec quamtumvis inertem , tamen ad opus excitat .
Alium enim quispiam intuens opere vacans
Divitem , et ipse festinat arare , atque plan tare ,
Domumque recte gubernare . Aemulatur enim viGinum vicinus ,
Ad divitias contendentem : bona ergo haec contentio hominibus .
Et figulus iigulb succenset , et fabro faber ,
Et mendicus mendico invidet , et poeta poetae .
O Persa, tu vero haec tuo repone in animo :
Neque malis gaudens contentio animum tuum ab opere abducat ,
Lites spectantem, concionum auditorem existentem .
Cura enim parva esse debet litiumque et fori ,
Cui non est victus domi in annum repositus ,
Aestate colleetus, quern terra fert , Cereris munus ,
Quo satiatus lites ac rixam moveas
De facultatibus alienis . Tibi vero non amplius licebit
Sic facere : sed in posterum dirimamus controversiam
Rectis judiciis , quae ex Jove sunt optima.
Olim quidein hereditatem divisimus : alia autem multa
R.apicbas y valde deinulcens . reges
6i
Ed e molto per noi cosa piu buona;
Pero che l'uomo, ancor die pigro e tardo.
Non pertanto a fatica incita e sprona.
Spesso a piantar s affretta uomo infmgardo >
A stampar solchi , a regger sua famiglia,
Perche ad un ricco volse emulo il guardo:
Che 'nvidia nel vicin ratto s' appiglia
Verso 1 vicin_, che farsi ricco ambisce .
Buona e tal gara, a cui l'industria e figlia.
Vasaro per vasaro aschio nodrisce;
E'n sirnil guisa un fabbro , ed un mendico,
E un poeta per 1' altro ingelosisce.
Chiudi nel cor quant' io , Perse , ti dico ;
Ne gara iniqua dai lavor ti stoglia
Fatto del Foro e d' udir liti amico.
Di liti e foro aver non de' gran voglia
Chi dell' estiva fruge , che rinnova
Cerere ogn' anno , in casa non accoglia
Tanto, che iniino all' altra stagion nova
Basti a nodrir ; onde all' altrui sostanze ,
Sazio del suo, briga e litigio mova.
Seguir piu non potrai si fatte usanze,-
Ma i buon giudizj , opra del Re superno ,
Tutte quetin. fra noi le discordanze:
Che gia partimmo in due 1' aver paterno,
E piu rapisti assai , molta blandizia
Facendo a'Begi, ch'han di noi governo;
62
Aeopoipayovt; > o'i TttvSi Slzvw i^iXova-i Sizdtrau.
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Kpu-^owTet; yap i%ov<rt Snot filop dp^poo7roiari ■
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Xli; 7? tn z etc; ipiavrop i^eip, zou d-pyop iovvx.'
hi\d zi 7rnSdXiop (/.ip vTrtp zawvQ zaTzx^o, 4-5
Epyct poeop d a.7roXoiw , zou Y\yn6pooP Trzhoapyaip •
AAAa 2jIvc, izpu^i ^oXeotrd/uiPOQ (ppttriv y\o~ip ,
"Orr/ fJtiP i^and-mari Upo/MiSivt; dyzuKo^wtc, ,
Txvik ap ctvSrpoo7roio~ip if/.yararo zviaitx. Xvypd •
Kpx/^s «Ts 7rvp • to pip avbic, zdt; Trait; 'Ioi7ri7o7o , 5o
EzXi-^ dpSrpooTTOiari Aioc, Trap a (AVTioivToe,
Ep zoiXca pdpBwzi , Xx&cop At a ■np7rtz{pavP0P .
Top Si yo'hooo'afxivoc, 7rpoar<t<py vKpiXviyipim T^ivc, '
'ictTTiTlOPlSvi , TrdpTWP 7Tipi p.Y\$iCL etSdOC, ,
Xctip&t; 7rvp zM-^at; , zed i/jtdq tppipac, iiTripoTTidtrat; ; 55
So/ r avT&> (Mya Tnifia-, zou dvSpdcrip .iomo~o[tiPoio't ■
To7q <f lyoo dprl 7rvpo<; Scotrco zazop , $ zip a7ravnc,
Donorum appetentes, qui hanc litem volunfc ( iterum) judicare
Stulti : neque sciunt quanto plus dimidium sit toto ,
Neque quam magnum in malva et asphodelo bonum .
Occultarunt enim Dii victum horninibus ;
Facile enim alioqui vel uno die tantum acquisivisses ,
Ut in annum quoque satis haberes , etiam ociosus :
Statimque clavum quidem in fumo poneres ;
Opera vero boum cessarent , mulorumque laboriosorum .
Sed Juppiter abscondit irato animo suo ,
Quia ipsum decepit Prometheus versutus :
Quocirca horninibus machinatus est tristia mala .
Abscondit vero ignem; quern rursus - egregius Japeti filius
Surripuit ad hominum usum Jove a consulto
In cava ferula , fallens Jovem fulminibus gaudentem .
Huncque indignatus affatus est ruibes cogens Juppiter :
Japetionide omnium maxime versute ,
Gaudes ignem furatus , quodque animum me urn deceperis ?
Tarn tibi ipsi magnum erit malum, quam horninibus post futuris.
Ipsis namque pro igni dabo malum , quo omnes
Gente che doni ingolla, e con malizia
Novo fomento a questa lite porge ,
O di senno fanciulla e di perizia!
Quanto sia piii del tutto non s'accorge
II mezzo! Ne qual pro le malve fanno,
O F asfodillo , che pe' boschi sorge !
Ohime ! nascoso il vitto i Numi ci hanno:
Che in un di leggiermente uom troverebbe
Da nutricarsi scioperato un anno,-
E tra'l fumo il timon sospenderebbe ,
E de' muli operosi il grave stento ,
E quel de' tardi bovi a fin verrebbe.
Ma Giove il cela a noi: che mal talento
L' inganno di Prometeo in cor gli pose ;
Di che a noi destino duro tormento.
E il foco in prima agli uomini nascose,-
Ma per giovarci di Japeto il buon figlio
A torlo al savio Giove si dispose;
E'l chiuse in cava ferula; e il consiglio
Scherni di lui che in Ciel folgora, e piove.
Allora il sommo Re con torvo ciglio
Irato disse : o astuto si , che altrove
Non hai pari, Prometeo! or fai tu festa
Pel furto , e per la befia ordita a Giove?
Gran pena a te , gran pena anco s' appresta
Agli uomin, che verranno: i' daro al mondo
Cosa, del foco in vece , aspra e funesta;
<*3
T»p7r&)i>Tcu, xxm Svuov > icv xctxov a.u.<pa.y&7rcdVTsc,.
*£Lc, itpctr ■ ix S iyiXcunn 7rot,mp dvSpcov re &icov ts .
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Kou <r&U'0$ , cl^ojjcltcuc, Si Oiouc, eig cotto, i'io'XHV
TlcLpSnvixyc, xctXcv eiSoc, tTrttpamp ■ avmp 'A&vPiiiym
vEpyct S'tSct<rxy\<xax , 7roXvSadSctXov 'kttop u%cu-hv-
Kai %aptp ctfAtp/^icu xi<pa.\y p($v<rftv 'ApporVw." , 65
Kou 7to§ov ctpyaXiov , xou yvioxopovc, fXtXiSuPctc, '•
'Jiv Si SifAiP XVPiOV 75 POOP , XOU i7TlxX07T0P W&OC,
'Epoetin? ypcoyi Sidxmpop ' ApyeityoryfP •
c\Ct£ i <pct& • 01 S i7ri&0PTV Aii' Kpopicovi dvctxri .
Avr/xct S' ix ycuYic, 7rXdo~<n xXutoc; 'A/jttpiyoyien; 70
Tictp^ivui cuSoiy ixiXop KpovISito Sid. /3ouXd<; .
Zcocri Si ) xou xo<r(xy<ri $id yXctvxcoTric, 'AStfpvi.
'Aptpi Si 01 Xdpi7S$ 7S Siou , xou TrQTipa He^Sco
"Op/uout; yjpvar&ovc, i$i<row Xpo? * dfxtpi St. TYivyi
Oblectent animum , suum malum vehementer amantes.
Sic ait : risitque pater homirjumque Deorumque .
Vulcanum vero inclytum jussit quam celerrime
Terram aquae miscere , hominisque indere vocem ,
Et robur , immortalibus vero .Deabus facie similem reddere
Virginis pulch'ram. form am peramabilem : at Mitiervam ,
Opera docere, ingeniosissime telam texere*.
Et gratiam circumfundere capiti auream^ Venerem ,
Et desiderium vehemens , eb ornandi corporis curas :
Indere vero impudentem mentem , et fallaces mores
Mercurium jussit nuncium Argicidam \
Sic dixit . Illi autem obtemperarunt Jovi Saturnio regi ,
Moxque ex terra finxit inclytus Vulcanus
Virgini verecundae similem Jovis cortsiliis .
Cinxit autem, et ornavit Dea caesia Minerva.
Circum vero Charitesque Deae,et veneranda Suada .,
Monilia aurea imposuerunt corpori ; ipsam porro
<*5
Sebben tal male a ognun parra giocondo;
E molto 1' amera : ridendo il disse
L'autor d' uomini , e Divi almo e fecondo.
E all' inclito Vulcan quinci prescrisse ,
Che tosto acqua con terra avesse intriso;
E voce d'uomo, e polso v' inserisse;
E una Donzella di soave riso,
E di bell1 atto vuol che ne conformi,
Che le immortali Dee somigli al viso.
Vuol, che la mente Pallade le formi
Ne' donneschi lavori, e a la testura
Di tele ingegnosissime la informi:
Grazia l'idalia Dea senza misura
Le sparga in testa; e femminile ardente
Voglia , e d' ornar le membra alta premura .
Fallace vezzo, invereconda mente
Ispiri 'n lei Mercurio messaggiere,
Ond' Argo e le sue luci giacquer spente.
Disse , ed empiero i Dei 1' alto volere :
E gia di terra il Zoppo un' opra ha fatta ,
Che pudica donzella pud parere.
A senno del gran Giove era compatta;
Quinci la Dea Minerva al gran lavoro
La dilicata vesta , e 1 cinto adatta .
L'augusta Pito, e de le Grazie il coro
Intorno a lei ristrette, ora un monile,
Or altro le ponean di lucid' oro .
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66
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Tiv£i, A/ot; fiovXycri /2apuKTU7rov iv J'' d,pa (pcovvtr
®Hx.i Sicov XYipuZ • ovdftyvi JV riv&i yvicuKct 8o
Yloui^copvw • on TrctvTic, oXv^ia. S'cJfxctr i^ovrsc,
Acopov idcoptftrav , 7tyi fx dv^pdcrtv a.X<py<7Yto~it> •
AvTtip i7rei SoXov cu7rvv ot[jt,w%aji>oi> i^iiiXiarcriv ,
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&wpov ciyovizx. $i&ii> Tct-xpv (tyyihov . Oud 'ETsr/yUwSWs 85
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Ai^cicr&cu 7rdp TjWvoc, 6?\v[X7riov , dXX a.7T07riyL7reiv
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Noucrcov r dpycthioov , out dv^pdori nypcic, g deoKcut .
„ A\\ct ydp iv. KCtKOWTl Bpowi namy w p etc kovct 1 •
Horae pulchricoraae coronarunt floribus vernis .
„ Omnem vero illius corpori ornatum adaptavit Pallas Minerva
At in pectore illi nuncius Argicida
Mendacia blandosque sermones , et dolosum morem
Condidit , Jovis consilio tonantis ; sed nomen illi
Imposuit Deorum praeco ; appellavit autem mulierern hancce
Pandoram : quia omnes coelestium domorum incolae
Donum contulerunt , detrimentum liominibus Industriis .
At postquam dolum perniciosum , et inevitabileni absolvit ,
Ad Epimethea misit pater inclytum Argieidam
Munus ferentem Deorum celerem nuncium . Neque Epimetheus
Cogitavit quod illi praecepisset Prometheus, ne quando munus
Susciperet a Jove Olympio , sed remitteret
Retro , necubi mali quippiam mortalibus eveniret .
Verum ille recepto eo , cum jam malum haberet , sensit .
Prius namque in terra vivebant homines
Et sine malis , et sine difficili labore ,
Morbisque molestis , qui hominibus mortem afferunt .
„ Statim enim in afliictione mortales conseaescunt .
61
La cinser le Stagion dal crin gentile ,
» Di fior di Primavera , ed all' ornato
Tutto , diede Minerva ordine , e stile .
E poi ch' ebbe Mercuric- in lei spirato
Menzogne , e inganni tra lusinghe instrutti ,
Da lui medesrno nome le fu date
Pandora la chiamo; pero che tutti
Feron gli Dei tal dono, anzi svantaggio,
Che gY industri mortali ha malcondutti .
Ordita Y alta frode , il grari messaggio
De'Dei Giove spedi, perche recasse
II dono a Epimeteo , ch' era men saggio ; .
Ne, che'l fratel Prometeo gli vietasse
Da Giove accettar dono , a mente tenne ;
Ma indietro con rifiuto lo tornasse .
Ne temea pe' mortali il mal , che awenne :
Videlo Epimeteo com' ebbe accolto
II fatal dono , e male indi sostenne .
Innanzi quel suo fatto incauto e stolto
Non era in Terra il viver de' mortali
In grave stento , e tra disagi involto :
Ne fean oltraggio a la salute i mali,
Pe'quai la morte il viver nostro invase;
Che '1 patire a vecchiezza aggiunge V ali .
68
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'Earxs deter '• a.v$p<ti7ro«7i S' iyLYiarcno Mdza. Xvypd . 95
Mou'pyi S' ctvmSi EA^tv's iv a.pp^H.wia-1 S6fxoi<ri
"EvSov e/xein irlSou U7ro ^e/Aecr/y , 06 Si Supctfy
E%i7rw 7rp<j&iv yctp i7r{[x(2ctXi woo pa. 7r'i§oio ,
,, Aiyioxpv fiovXy<ri Ai6$ vitpiXyytpi'mo -
''AXXot, di fxvp/x Xuypoi nctr a.v^rpoo7rovc, ciXctXurou . 100
IIAe/w fxiv yap ycuct Kctxav , 7rXeiv\ Si S cL\cl<tq- a, .
Noc/Vo/ S' a.vSpco7roi<riv i(p wfxlpy »' S" ini vukti
Av7v/ua.7Vi (ponwcri , holkcl Svyitoio'i <pepou<rou
^lyy' eirei (pGovyv i^eiXiro (xv\thtu Ztv<; .
Ovnog xTt 7rou zWi A/o$ v&ov i^aXiourd'ou . lo5
Sed mulier manibus , vasis magnum operculum cum dimovisset ,
Dispersit , hominibus autem immisit curas graves .
Sola vero illic spes in non fractis receptaculis
Intus mansit , dolii sub labris, neque foras
Evolavit ; prius enim injecib operculum dolii ,
,, Aegiochi consilio Jovis nubes cogentis .
Alia vero innumera mala inter homines errant .
Plena enim terra est malis , plenumque mare .
Morbi autem hominibus tarn interdiu quam noctu
Ultro oberrant , mala mortalibus ferentes
Tacite : nam vocem exemit prudens Juppiter .
Sic nequaquam licet Jovis decretum evitare .
Ma poi che '1 gran coperchio tolse al vase
La Donna, infra le genti atra e molesta
Schiera d' aifanni rei produsse e spase :
Solo la speme ivi nel fondo resta,
Ne fuor de 1' orlo estremo si disserra ;
Che l'urna a copeirchiar colei fu presta,
Come Giove volea : ma ogn' altra guerra
Fra noi ne usci; di mali immenso stuolo,
Ond' oggi e pieno il mar , piena e la terra ;
E i morbi notte e di errano a volo
Or qua or la , ove '1 disio gli porte ,
Recando fra le genti angoscia e duolo ,
Taciti e cheti , come cose morte ;
Che la favella ha lor Giove precisa:
Cosi schivar non si* puo mai la sorte,
Che 1 superno Motore in Cielo ha iisa .
69
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E/ J" g3"&A«£, inpov to/ iyco Xoyov %x.nopv(pcJ<rct>
Ev ytcti i7ri<7a.[AtvGo(;' <rv «T' ivl (ppicrt fiaXXio <rvicriv.
Q.C, ofxo&iv yzyaacr/ Siot , BvyitoI r av&pcowo/ ,
Xpvo-iov fxiv 7rpcoT/g-a, yivoc, /uip07rci)i> dv$pco7rcov
ASa.vct.mi 7roiYi<rou> 6XijfX7r/a Scofxctr z%ovts<;. 110
O/ fxiv iTT/ Kpovov v\<rcjjt , cV xpavcjp i /u8a.<riMuiv '
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No<r(p/v cLisp 7t6vgov nod oitvot; ' aJY ri £&Xov
Tiipac, <i7r^v ouei Jg 7r6Sac, nod ^etpac, ofxoioi
TipTTOVT iv SaXiyCT/ XO.X.00V '{iLTO&IV d.7T OlVTOiV , 11.5
,, 'Atpvaoi /uhXo/o-/ , <plXo/ /uta)tdpi<ro~/ Stolen .
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Toia-iv shv xa,p7roi> J' ttp'cpi ZeiSoopoc, dpovpa
KvT0fxa.Tn yroXXov ts xou d<pSovov • oil ef' g'3"sAw/W
*Ho~v%o/ spya nf/avTo o~vv e&Xolo'/v TroXticro'/v . 120
AvTCtp i7TH KiV 7*70 yiVOC, KCtTtt. yOUCt KO.\v\>lV y
To/ (Atv Sodfxovlc, Wov Aioc, /utydXou S/d /SovXag
'E&Xol > iir/yPov/o/ j <puXax.it; Si/vnwu dvSpa>7rcov '
O/' pa (puXdo~o-ovo~ I v ts Slxaq xau o-^TX/a \pya ,
Hi'pa ivvdyLiVO/ , 7rdvm (po/iwvTsc, i7r cuw y is5
Caeterum si voles , alium tibi sermonem paucis expediam
Belle ac scienter : tu vero praecordiis infige tuis .
Ut simul nati sunt Dii , mortalesque homines ,
Aureum primo genus variis articulate loquentium hominum
Dii fecerunt caelestium domorum incolae .
Et ii. quidem sub Saturno erant , cum in caelo regnaret :
Et ut Dii vivebant , securo animo praediti ,
Plane absque laboribus et aerumna : neque molesta
Senecta aderat : semper vero pedibus ac manibus sibi similes
Suaviter vivebant in conviviis extra mala omnia ,
„ Abundantes pomis , cari beatis diis .
Moriebautur autem ceu somno obruti : bona vero omnia
Illis erant : fructum autem ferebab fertile arvum
Sponte sua , multumque et copiosum : ipsique ultro
Quieti ( moderatos ) labores distribuebant cum bonis multis .
Verum postquam hoc genus terra abscondit,
Ii quidem daemones facti sunt Jovis magni consilio
Boni , in terris versantes, custodes mortalium hominum:
Qui quidem observant et justa et prava opera ,
Aere induti , passim oberrantes per terrain ,
C A P I T O L O II.
v
o,
fr io, se vuoi, con brevi e scorte note
Le altre cose diro: fanne tesoro
Nella tua mente , e ve le serba immote .
Quando i Numi , e i mortali a par con loro
Nacquero , allor gli Dei d' uomini 'n prima
Fero una eta , che si nomo dell' oro .
Sedea Saturno de l'Olimpo in cima;
E sotto lui sicura e senz'afianni
Vivea, come gli Dei, la gente prima.
Non v' era egra vecchiezza ; e per molt' anni
La mano , o '1 pie non si facea men forte :
Sempre lieti conviti , e non mai danni .
Ricchi di poma, e piu de la lor sorte,
A' beati del Ciel vivean cari ;
Quasi prendere un sonno era lor morte.
D'ogni ben si godea : frutti non rari
Per se stessi nascean: il vitto e l'opra
Concordi e queti si partian del pari .
Poiche la terra a tal lignaggio sopra
Fu sparta , in buoni Genj e'fur conversi ,
E in guardia de' mortal Giove gli adopra .
In Terra stanno , e liti suoi diversi
Scorron d'aereo vel coperti e cinti,
Notando i giusti fatti , ed i perversi .
7'2
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AAA' iKctTov fxiv Trade, iisa. Tratpoi fxynsp/ xiSvy i3o
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'AAA' orau) w,5wV«e , xou w fivi$ fxirpov 'ixoiro
TlctVp/SlOf tcoiCTXOV iTTl %p0V0V , dXye %)(OVTSC,
A<pp et Si out; • "Y@pti> yap dTtz&ctXov ovx tSvvowm
'AXXv'Xcop a.7riy(p» , »'</' cl9oji> drove,- Sipcnriveiv l35
"YiQiXov , »'J" i'pSetv /uctxdpeou hpoie, iTri fioofxole,,
"H/ Sifxie, dv$rpu)7roi<ri xctr H6ic&. mve, ytiv iTTBita
Zive, Kpou/Syie, lxpu\i ;^oAy fxivoe, , xvixei rifxac,
Oux iSlSovv fjtotx.dpi<ra' i Stole, o'i oXv^ttov £%ovo~/v .
AvTup i7T(x xou wro yivoq xctm yauot, xdXv^i , 140
To/ (AIV V7T0X^0V101 {idxctpiC, &VV\1t)l XCtXiOVTCU.
AiUTtpoi y dXX' lyi.7r'Ae, r/fxy xou Tsiffiv 07rv\£ei .
Ziv\ JV Tramp Tplrov dXXo yivoc, ^poTrcov dv&ptoTreap
XdXx&ov 7to!v\<? , ovx dpyvpat x$iv ofxolov t
Opum datores ; atque hanc regiam dignitatem consecuti sunt •
Secundum inde genus multo deterius postea
Argenteum fecerunt coelestium domorum incolae ,
Aureo neque corporis habitu simile , neque ingenio .
Sed centum annis puer apud matrem sedulam
Nutriebatur crescens valde rudis domi suae :
Cum vero adolevisset , et ad pubertatem venisset ,
Pauxillum vivebant ad tempus , dolores habentes
Ob stultitias ; injuriam enim pravam non poterant
A se mutuo abstinere , neque Deos colere
Volebant , neque sacrificare beatorum sacris in aris,
Vfc fas hominibus, oppidatim. Hos quidem deiude
Iuppiter Saturnius abscondib iratus : quia honores
Non dabant beatis Diis , qui olympum habitant .
At postquam et hoc genus terra occultavit,
Hi quidem subterranei beati mortales vocantur
Secundi : sed tamen honor etiam hos sequitur .
Iuppiter vero pater tertium aliud genus articulate loquentium hominum
Aeneum fecit , omnino argenteo dissimile ,
Essi ci fan quaggiu ricchi e distinti:
Cosi gran ministero, anzi pur regno
Quella gente felice ebbono estinti.
Quinci ujpk secol secondo assai men degno
I Numi fenno; e detto e dell'argento,.
D' altra pasta che 1 prime- , e d' altro ingegno .
Nella materna cura anni ben cento
Stavans' i gran fanciulli ; e in lor magione
Crescean rozzi ne'modi, e nel talento .
Giunti all' eta , che al mento il fior dispone
Pochi vivean degli anni , e sempre aveano
( Colpa e sciocchezza lor) doglia, e tenzone:
Che temprarsi dall'onte non sapeano,
Ne venerar gli Dei , ne , com' e '1 giusto ,
Pubblicamente in are oilrir voleano.
Ma gli ebbe Giove in ira, e questo ingiusto
Secol spense, e nascose, che non volse,
Onorar de' Celesti il coro augusto,
Sebben da ehe la Terra in se gli accolse;
Mortali Genj a cui dicon secondi
Gli feo sotterra , e a qualche onor gli estolse .
Poi Giove un secol terzo avvien che fondi
Di rame , dalT argento altro d' assai ;
Robustissimi petti , e hiribondi .
73
IO
24
E;j fA.iXia.Uj S'hvov ts xcu o/Sp/fAOW oi<riu vApwo$ 1^5
Epy i fAiXi zovavTct kcd v Bpnt;' oil Si ti <r7nv
v¥L&iou , aXX ctSdfAoupTTH; i'%pu KpocTspoppoua, SvfAOU
AzrAaro/ y fAiyotXyj JY Sly ^ ^«pj? cLcA7noi
E% cofxcou i7Ti(pu)tou iwi <?tf3apo7<r/ fjAXia-criu .
Tolq J" yiu %ctXzict fAiuTsd%iet , %oiXK<ioi $i n oinoi , r jw i5o
XaXx.v «T ipyaZpuTo' fAsActt; £' ova i<rni a-/Syipoq-
Kcci to/ fxiu yeipuro-iu U7ro o-tyndpyo-i SctfAiursq
Bri<rai> ic, vjpooivru ScfAou apvipQ 'Ai^ctoy
Neouvfxvoi ' ScLvcnvq <JY nod izwclyXov^ 7rip iovme;
EiXi fAiXctg ) Xa.fA7rpcu S iXi7rov (pdoc, ytX/oiO- l55
Avnxp i7r&i nod 7»to yivoc, Kara, youct xctXv-^iu,
Av&tc, \t aiXXo litotprou ini y^oul TrvXufBoreipy
TLivc, Kpc;'/cTw£ 7roiYt(ri Sinoudttpou zou ctpeiou ,
Avdpoou yipcoeov S&ov yivoc, , o? xctXiovrou
'HfA/B'io/ 7rporepvi yiviy tccct a.7retpouot youaj . 160
Kcu muq fjtiv 7roXifxoq rs xxkoc, kou <pvXo7ric, ouuti }
Too; fxiu i(p i7rm7rvXa) 0i//Svi, Ka^fAYifS/ ycuy ,
£lXio~i fAetpvufAivovi; fAviXeou ivin. OiSittoS'caq'
E fraxinis , vehemens et robustum : quibus Marti's
Opera curae erant luctuosa , ac injuriae : neque quid e tritico
Edebant , sed ex adamante habebant durum animum
Intractabiies : magna vero vis et manus invictae
Ex humeris nascebantur in validis membris .
His erant aenea arma, aeneaeque domus :
Aere vero operabantur : nigrum enim nondum e-rat ferrum •
Et hi quidem manibus suis interfecti ,
Descenderunt squalidam in domum frigidi Plutonis
Ignobiles : mors vero> tametsi terribiles essent, •
Invasit atra , splendidumque liquerunt lumen solis .
Sed postquam et hoc genus terra operuit ,
Bairsum aliud quartum in terra multorum altrice
Juppiter Saturnius fecit justius et melius ,
Virorum heroum divinum genus , qui vocantur
Semidei , priore aetate , per immensam terrain .
Hos quoque bellumque malum et intestina discordia^
Alios quidem ad septem portas habentes Thebas, Cadmaeam terrain ,
Perdidit pugnantes propter oves Oedipi ;
Da'frassini eran nati, e i tristi guai
Seguian di Marte , e i soperchianti torti ;
Ne vitto di frumento gustar mai.
Cor d' adamante , rigidi ad accord,
Cui dal tergo sorgea. vigore immoto ,
E invitte man! in membra altere e forti .
Col rame ogni lavoro a' fabbri noto ,
L' armi., le case ancor facean col rame j
Che 1 bruno ferro era a que.' giorni ignoto .
Poiche l'un V altro uccise, e questo infame
Secol fu spento; ei senza grido o gloria
Sceser del freddo Pluto all' ombre grame:
Che, sebben spaventosi, ebbe vittoria
Morte di loro; e fuor de' rai del Sole
Ne caccio le persone e la memoria .
Sepulti questi , ecco la quarta prole
II gran Padre del Cielo al.Mondo crea,
Gente miglior, che piu giustizia cole;
Gente , che dagli Dei stirpe traea ,
Eroi, che Semidei gia si nomaro
D all' eta prisca, ovunque il di splendea.
Questi pugnando in guerra a morte andaro,
Quai pe' greggi d'Edippo a Tebe intorno,
Tebe cadmea, cui sette porte ornaro;
25
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Tout; Si koI qa> vY\rs.<ro~iv v7T6p fxiyct Xouruet- 3raXd<raryic;
Eg Tpoiw dyotycov 'EXivyit; ivat yivxoij.oio' 166
Et>&' H to i, rove, (Xiv Sou/dm rsXot; d fj.(pi7idXv\,i •
Tot c, Si St-% dv5poo7rit)v (Biotov kou %$■£ o/rdoTctt;
TjIvc, Kpov/Syic, holts Vetera 7rtx.wip it; 7r&ipctTU young ■
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Kou to/ fjAv valour /v dwth'tx, Sv/uov i%ovTS<; 170
Ev /jctKapav vyicro/cr/ Trap 'Q.Kicu>ov /3aduS/i'm>
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Tp/c, tv Wove, SrctXXovTct tp(p&/ ^Scopoc, dpovpet-
Miliar i7r&iT cotpeiXov iyco 7t{(X7tto/o'/ piireivou
AvSpdcr/v y dXX' m 7rp6o~%i Sroiyeiv, w \7thtu yivi&au. \lj>
Nov ydp S\i yivoc, g'gv c/Syfpiov ovSi ttot viftoip
Uaoo-oi'TCU KctjUxm kou 6/^voc, , a'Si 77 vux.ru>p
<&9eipouii'0/- x&Xi7rdc, Si Sfti/ Scoa'ao'/ (Xi^fxvac, •
AAA' i{A7rtit; kou ro7<r/ fjti/u/^iTou i&Xd kolko/ct/v .
Zivq a 6X{ar&i kou txto yivoc, fxipo7rcov dvSpco7rc*)V , 180
Eur' av yeivofxivo/ 7roX/oKpo'mt(po/ T?Xi^eacr/v.
OvSi 7roimp 7raiSicro~/v 6juo//oc, , a' Si r/ 7raiSit;,
OuSt, tetvoe, c^&tvoSoKW j kou iroupot; iraupui ,
Ot/Si Kcto-lyvviTce, (p/Xoc, i'trnrou , cot; to Trdpoc, Trip ■
•
Alios vero in. navibus per ingentem maris amplitudinem
Ad Trojam ducens, Helenae gratia pulchricomae :
Vbi mors quoque oppressit ipsos .
lis autem seorsum ab hominibus vitam et sedem tribuens
Juppiter Saturnius pater constituit eos ad terrae fines .
,t Procul ab immortalibus Saturnus horum Rex est .
Et ii quidem habitant 'securum ani-mum habenfces
In beatomm insulis , juxta Oceanum profundum,
Felices heroes : his dulcem fructum
Ter quotannis florentem profert foecunda tellus .
O utinam ego quinto non interessem
Hominum generi , sed ant mortuus essem prius , aut postea natus !
Nunc enim genus est ferreum : neque unquam aut die
Quiescent a labore. et miseria', aut nocte
Corrupbi : graves vero Dii dabunt curas .
Sed tamen et hisce admiscebuntur bona mal'is .
Juppiter autem perdet etiam hoc genus articulate loquentium hominum ^
Quum (modo) nati circa tempora cani fient .
Neque pater cum liberis concordat, neque liberi cum patre,
Neque hospes cum hospite , neque amicus cum amico ,
Neque frater amicus erit , ut antehac :
E quai varcando a vendicar lo scorno
D' Elena bionda , messo a Troja il piede ,
Ivi morte gli tolse ai rai del giorno .
A' quai Giove Saturnio in premio diede ,
Ghe divisi da noi, la nell'estreme
Falde del Mondo e vita aggiano e sede .
Nell' isole beate accolti insieme
Con Saturno lor Re, gli Eroi si stanno,
Ove l'alto Ocean mormora e freme;
Lungi da' Divi e. ver, ma senz' affanno ;
Anzi felici ; a' quai soave frutto
Porge tre volte l'alma terra ogn'anno.
Alia eta quinta non foss' io ridutto !
Ma fossi spento io prima! o nato allora
Che'l mio secol nojoso fia distrutto!
Secol di ferro, ove quieta un'ora
Di , o notte non si- volge ; ove gran pene
Porgon gli Dei con poco ben talora,
Creder, se dritto estima, si conviene ,
Che questa eta da Giove omai fia spersa,
Quando chi or nasce al pel bianco perviene
Ve'l figlio che dal padre ha idea diversa!
Ve' che un fratello , un ospite , un amico
L'amista ch'ebbe un di coll'altro ha persa!
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Ai-\.ct Si yypd<rx.ovTcte, xrtfjt^<rov<n tomolc, ■ i85
Miu\ovrui S dpct Titc, %ct\i7roic, fidfyrr i7ri>a-<ri
2%irXtoi y xdi Snap o7riv eiSorse,' y<tJY xiv o'tys
Tv\pa.vTza-cri tokivo-iv a.7ro S-p>7rw£/a Scliv ,
XetpoS/zca- i repot; S iripov 7roXiv i^aXct7rd^et ,
OvAi tic, ivopKou x<zej$ itra-iTou y ours cUkou'h , 190
Our aydBS ■ fxdXXov Si xaxoov pizmpct xou v fisjiv
Avipa. T{[Ayi<rou<rt • SfKia S' cv %ip<ri xou odSaoc,
OUX. i^CU' (3Xd-\.H S 0 XCtKOC, 70V OLp&OVO. (£C0 7U >
Mu3rot<rt cntoX/o/c, ivi7rcov , iyrt S* cpttov ofxeirou .
TjyXoc, S dv6pco7ro(cnv 6'iZvpolariv a.7ra.o~iv 1^5
Auvx.e'XaSo<; xctxo\a.pivc, ofxctpwitrei g-uyipcoTrn^.
Kctl TOtt Sfl TTpOC, oXvfXTTOV O.7T0 y^OVCC, iUpuoJ&YIC,,
AivKouriv tyapaa-ari xaXv-\,ctfJievco xpoa x.a,Xovy
AScLVCtTuOV (JATXX. (ptjX' "tlHV , 7TpoXi7rOl'T CtvO pCt}7TXC, >
AiS'ooc, xcu 'Ns'fXic/c,- rvi Si X&i-^irca ciXyict Xvypd 200
Qvyiwit; dvSpco7roio-i • xctxa S' oux. io-viroii dXxy .
Celeriter vero senescentes contumelia afficient parentes .
IncusabunL autem illos molestis alloquentes verbis
Impii , neque Deorum vindictam veriti ; neque hi sane
Senibus parentibus nutritia reddent ,
Violenti ; alter vero arteritis civitatem diripiet .
Neque ulla pii gratia erit , neque justi ,
Neque boni ; magis vero maleficum et injurium
Virum colent . Jus'tilia vero in manibus et pudor
Non erit ; laedetque malus meliorem virum ,
Verbis injustis alioquens , pejerabit vexo .
Livor autem homines miseros omnes
Malos rumores spargens malis gaudens comit^ibitur inviso vultu
Turn demum ad coelum a terra spatiosa
Candidis vestibus tectae corpus pulchrum , . ■
Ad deos ibant , relictis hominibus,
Pudor et Nemesis ; relinquentur autem dolores graves
Mortalibus hominibus ; mali vero non erit remedium .
79
Tosto che per molti anni e fatto antico
Un genitor , la prole empia Y offende
Con aspri fatti, e con parlar nimico;
Ne 1' ira degli Dei" paventa o attende .
Oh iiera ^gente, che'l dovuto merto
Del nodrimento a' genitor non rende!
L' un la cittade altrui ruba all' aperto ;
Ne s'araa il giusto e'l pio: si rende onore
A chi soverchia", ed in mal fare e sperto.
Vergogna ed equita bandita e fuore
DalF opre lor : spesso maligno e cieco
Parla e spergiura un rio contra un migliore.
Veggio il tristo Livor con volto bieco,
Che ree sparge novelle e gusta pianto ,
E a tergo , ovunque mova , ognun 1' ha seco .
Ond'e che avvolte in lor candido manto
Verecondia ed Astrea , vinte da tedio ,
Volan alto dal Mondo al regno santo,
Lassando a noi gran duol senza rimedio.
So
Nt/V J' aivov fiaL<ri\iv<r ipico (ppovioucrt x.cd a,vn7q-
' £1 J1 /pyi% 7rpo<r(&7nv dySovu. .7rotni\6£'&poi> ,
'T-^i fiiaA qjd n<pn<r<ri <p{pcov cvv%i<r<rt /ui/ua,p7rco<;-
H d iXiov j yv<x.(X7TToi<rt 7rz7ra,p/uii>yi dfxtp ovvyicrori^ 205
MfpsTO- nv d by i7T/zpctTe60$ ?rpog (a.v$ov %ei7rf
AcupoviYi , ti XiXazoig-j i%&t vv an 7roXXov dpeicov .
TjicT' «$, y <r ai> iyca 7rtp dyco , kcu doiSov iovca»-
A&7ri>ov cf > oux. tSiXca , Trotycro/uou , tie fJuSjo-oo .
„ ''Atppcov & be, ti iSiXot 7Tpot; npeio-o-ovcLc, dvr Mpi^'i^w 210
„ N/JtW$ 7S s-ipircu, wpoc, r auL<r)(io-iv dXyict 7rd<rx&-
"12 5 ifpar ct)X.U7rim<; 'ipw%-> rasucri7nspoc, opvie,.
?,Q, Hi perm , <rv J" azoui Siwc, , fjw^ v/3e/v otptXM .
"tfiqjLC, ydp ts komii JWvaJ $poTa> ■ » Jg ^gV i&\o<;
'PwJIcot; (piptfMV SvVCtTCU, (ZcLpU&H dY & V7T OLVTYIC,-) 2l5
'Eyx.vp<ra,<; drftriv ' oS'oc, £ iiipytpi 7rctpik^&tv
Sed nunc fabulam regibus narrabo , quamvis soli sapiant .
Sic accipiter affatus est lusciniam gutture variam ,
Alte in nubibus ferens unguibus correptam.
Ilia vero misere , curvis confixa unguibus,
Lugebat : earn autem ille imperiose compellavit .
Infelix, quid strepis? habet te multo fortior .
Hac vadis , qua te duco , licet sis cantatrix ,
Si vero libet , vel epulabor te , vel dimittam .
,, Imprudens autem , quicunque voluerit cum potentioribus contendere:
,, Quippe victoria privatur , et praeter convitia dolores patitur .
Sic ait velox accipiter , latis alis praedita avis .
O Persa , tu vero cole justitiam , neque injuriam fove .
Injuria enim perniciosa est tenui homini ; nam nee dives
Facile ferre earn potest , gravaturque ab ipsa ,
Quoties in damna incidit . Via vero ex altera parte ad ingrediendum
8i
C A P I T O L O III.
A,
-d un tema diverso or io m'appiglio;
E dico a' governanti una mia fola ,
Quantunque aggian e' sol mente e consiglio.
Un usignuol d' armoniosa gola
Avea coll'ugne uno sparvier compreso;
E s'erge in alto, e fra le nubi vola.
Da'curvi artigli il cattivello oifeso
Gemea dolente: allor pien di burbanza
Cosi parlare il predator fu inteso.
Misero! a che garrir? troppo ha possanza
Di te maggior chi 'n sua balia ti tiene , *
Sebben tu di cantore hai rinomanza.
E dei venir ovunque , ch' io ti mene ;
Poi lascerotti , o di te faro pasto
Secondo che talento me ne viene.
Folle chi al piu possente fa contrasto !
Che perde la vittoria; e sempre al fine,
Oltra lo scorno, di dolor si e guasto.
Cosi l'augel veloce a le rapine,
Da le grand' ali . O Perse , ami tua mente
II giusto, e a far ingiuria non s'inchine:
Che al povero e dannosa; ne il possente
In pace sa portarla, e si gli pesa
D'assai, ratto che danno ne risente.
it
82 x
Kpetcro-cov ie, id SiKcact' SIkyi S' yVep vfi&oc, tc^et,
'E? tsAos i%iX&£<rx' 7tcl§oov Si ts VA7TIQC, tyvco .
AvTiTtct ycip rpi^ei "OpKoc, u/uct (tkoXivkti SiKycriv.
TUc, Si Aikyic, po^rot; iXKOfxivYic, y x avSpic, clycotrt 220
Acopoydyot , rxoXtouc, Si Slxauc, X°j.VGO<Tt &e(JU<?Ct,C, ■
'H J' iTTiTOU kXcUOVCT 0L 7r6XlV TS W« Yl'SiCt XdCO V ,
Hi'pct icrarctuivY), xctxov a.v^rpoo7roi<Ti <pipx<ray
O/ TS (AlV b^hXcKTCOITl , fcOU &;c lB~etM> iPfifXOLV .
O/ JV J/^a? £eivoi<rt kcu ivSyyioicri SiSoCtriv 225
'IS"««5, kcw law' 77 yrctpiK^advao'i Sikouh ,
To/o"/ rcd'tfAl woXic, , Aac/ J" dv&ivariv cv olvtvi •
E/pwVw <T' aW ^jf p Kovporpcxpoc, , ovSi ttot civtd/c,
ApyctXiOV 7ToXlfAOV TSKfJLcdpiTCtl iVpV07TCt 'LiUC,'
Ou'Si 7tot i&uSiKoutri [xir tt.vSpa.crt Xiyt.bc, oTrnSet , 23o
OuV aw SaXiY\c, Si (xifXY\Xcntx ipyct vijAovrcn-
Ten (7i (p{ pet (xiv yauct 7roXvv fiiov spi<ri Si Spvc,
vAxpY\ jut'y ts (pipet fiaXdvac, , /ue'co-Yi Si /uiX/a-trct^'
Eipo7TOKOt S' ohc, /uxXXolc, xcact3$/3z.'.$a,<rt '
Melior (quae ducit ) ad justa: Justitia enim injuriam vincit
Ad finem progressa : stultus vero malo suo discit .
Continuo enim cursu sequitur jurisjurandi Deus injusta judicia
Justitiae vero fremitus (est) tractae quocumque viri duxerint
Dona vorantes ; pravis vero sententiis judicarint res .
Haec vero sequitur deflens urbemque et sedes populorum,
Aere induta , malum liominibus adferens ,
Quique ipsam expellere soler.t , neque rectam ferunt sententiam.
At qui jura tam peregrin is , quam civibus reddunt
Recta , neque a justo quicquam exorbitant ,
lis floret urbs , populique florent in ipsa :
Pax vero per terram alma, neque unquam illis
Molestum bellum immittit la^e cernens Juppiter .
Nee unquam justos infestat homines fames ,
Neque nbxa : convivia autem celebrant .
Fert quippe iis terra multum victum : in monLibus vero quercus
Summa quidem fert glandes , media vero apes :
Lanigerae autem oves velleribus onustae sunt:
83
Meglio sen va chi 1' altra via s' ha presa ,
Che conduce a ragion: pero che al torto
Preval Giustizia al fin della contesa:
E a le sue spese il folle si fa accorto ,
Quando appo 1 reo giudizio , come suole ,
Oreo , e la sua vendetta vien di corto .
Freme la Dea Giustizia , e assai le duole
Se venduto a' presenti altri decida ,
E tragga a forza lei dove men vuole :
E per le case e per la Citta infida ,
Che mal decide , e lei caccia ed oifende ,
Va d' aer cinta piagnendo , e il mal vi guida .
Ma dove il dritto al cittadin si rende ,
E al forestier , e non se ne trasmoda ;
Ivi '1 popolo e in fior , la citta splende ,
E fa che 1' alma pace ivi si goda
Quel superno Motor , che largo vede ;
E che suono di guerra ivi non s' oda :
Ne fame o danno altro ivi fa prede ;
Ma ne' conviti i di passan soavi ;
Che '1 frutto da. la Terra in copia riede :
E vanno i greggi di lor vello gravi ,
E le querce pe' monti han su le cime
Ghianda , ed a mezzo il tronco e pecchie e favi:
,84
Tixrdcriv Si yvvoux.it; ioixom lixva. yonvtriv 235
QaXXatriv S' cLyctSoitri S/u/UTTipst;' a'cT' %2ri vv\oov
N eictrovTtti ' xapwov Si (p{pu (^eiSoopoc, dpapct .
Oi <; S vfi&S T* (Ji-i fimXi xcLiai xou <ryjr\ict i'pya, ,
ToiarSi Sixyw KpovlSvq iSKULodpimi iupuo7rct TLivc,-
TloXXctxi xou ^viX7Tct.craL 7roXit; xotxQ civSpoc, aVw'upa 24°
'Otic, ctXirpouvn , xou a.wt&a.Xct [A,ti%'wctcimi ■
Toktiv S ovpavoSnv (xly i7ryya,yi yrii/uu Kpovlcov,
Aiytov SfxQ xou Xoifxov ■ d.7rotp2riw9ovTi Si Xcto! '
OuSi yVVCUXiC, TIXTHTIV' fJAVvS0V<Tl Si 01X01 ,
TjYivoc, (ppa,S(xo<ruvYt<Tiv oXvjutt/h' otXXors J" a.un 24-5
*H Twvyi Tpctrcf ivpvv d/rcoMcrcv > w oyi T&t%o<; ,
*H viae, Qj» 7t4vtm Kpov/Svis aTrorlvuvTCti clvtwv ■
'D. fict<ri\H$ , vfXHC, Si xcnzMppd^i&i xou ctuwt
Tw'vSi Slxyv eyyve, yctp iv <xv%poo7roicriv iovnc,
'AB-otvawi Xivo-o-ua-iv y otroi o~xoXtpo-/ Sixycri 25o
' AXXyXovc, T^j.(Ba<Ti1 Siatv 07riv hx dXiyovTSq.
Tgt$ yap fxvPjo/ eicr/v iwi x^0Vl TrouXufioretpvi
'A&dvciToi TjWoc, , (pvXctxa; Svwriav dvBpco7TCtiV '
Pariunt vero mulieres similes parentibus liberos :
Florentque bonis perpetuo : neque navibus
Iter faciunf : fructum vero profert foecundus ager .
Quibus vero injuria pernieiosa curae est , pravaque opera ,
lis poenam Saturnius par at late cernens Juppiter .
Saepeque universa civitas malum ob virum punitur ,
Qui peccat , et iniqua machinatur .
Illis autem coelitus magnum importat malum Saturnius,
Famem simul et pestem ; intereunt vero populi ;
Neque mulieres pariunt ; minuuntur familiae ,
Jovis Olimpii consilio ; interdum vero rursus
Aut. horum exercitum ingentem perdidit , aut ille murum ,
AuL naves in ponto Saturnius punit ipsorum .
O reges, vos autem considerate etiam ipsi
Poenam hanc ; prope enim inter homines versantes
Dii vident , quotquot pravis judiciis
Se mutuo atterunt, Deorum vindictam non curantes .
Ter enim decies mille sunt in terra multorum altrice
Dii Jovis , custodes mortalium hominum :
«5
Figlian le donne , e il parto il padre esprime ;
Ne si volteggia il mar : che '1 proprio suolo
Porge gran beni a giusti , e messi opime .
Ma per gl' iniqui e rei serba uno stuolo
Giove di guai : spesso per solo un tristo ,
Che pecca , una Cittade intera e in duolo .
Che quegli , onde ampiamente il Mondo e visto
Grave pena dal Cielo in tutti adduce ,
E 1 contagio a la fame erra commisto .
Muojon le genti , e non vien prole a luce ,
Per segreti di Giove alti consigli ,
Che le famiglie a sminuir conduce :
Talor ne sperde tra' guerrier perigli
Le ben fondate mura , o i molti armati ,
O volge al mar la pena , ed ai navigli .
O Regi , e voi che siete al Mondo nati
Per far giustizia , abbiate a lei riguardo ;
Che i Numi a noi dappresso erran celati :
E notano color , cHe con bugiardo
Processo reo frode si fanno indegna ;
Ne curan degli Dei 1' ira o lo sguardo .
Ben trentamila , in cui morte non regna ,
Genj stan quivi in terra , e il sommo Giove
Alia lor guardia e cura noi consegna,
86
O/' pa (puXdcrcrova-tv re Jlxac, xcu cylrXta i'pya. ,
ritpa icrtrctiACvot , yravvj cponwvTsq i7r cuoui>. 2.55
'H cf/ re yrapSrivoc, esv Aim, A tot; ixyzyavta,
KuSpn r uiSot'yi re ^go7^ <?/ ''OXu/umov iyycrtv.
Kcu p" oWr aV r/$ ^/p /SXutttvi arxoXtcoc, ovom^cov ,
Avt/koc, 7rdp At} TrotreJi xctS^opivyi Kpovtcovt ,
TupViT dv$pC0 7TGOV dJlXOV VOOV'otpp OLTTOTltrY, 2(50
Ay uoc, ctTCt<& '&Xj cue, fiatrtXy&iv } o't Xvye,d vozuvtsc;
''AXXyi TrapxXtvovcri dtxagy o-xoXtcoc, ivi7rovTS<;.
Tauriz <pvXct<ro~o/uC4>ot j /3acnXifzc, , i^uvzrs (tuSxt;,
Acopotpayot ■, tntoXtoiv S~£ Stxcov Z7rt7rdyyy XdSi&i •
Or avrta zaxd riv^&t dvvip aXXoj xaxd isv'yuv ' 265
'H JV xanvi fixXn too QovXivo-axri kcck/tyi ■
3; liana tScov'Aidt; otpOaXftot;, xcu 7rdvru voYi'crat; ,
5> Kcu vv 7uS' , cutt e&{Xyifr\ Z7rtMpxzTcu- y'JV s XySei
)> Oi'yv JV xcu vii>S\ Jimp 7roXtt; ivioc, zzpyet.
?, Nov JV sya (amt ctvrot; ca> di>d-poj7rot(rt Jixcuoc, 2^0
3, E'lw, ftwr i/uot; vtot;- inn xaxov , dvJpa Jlxcuov
,, "Epucvcu , ei fjLH^co yz Jtxvw dStxconpoc; £'£'« .
j; 'AAAa za'}/ bV» ioXyra tsX&v At a TspTTtxipawov-
Qui judicia observant , et prava opera ,
Aere induti , passim oberrantes per terrain .
Virgo autem est Justitia , Jove prognata ,
Augusta et veneranda Diis , qui coelum habent .
Et certe, cum quis ipsam laedat impie contumelia afficiens ,
Statim apud Jovem patrem considens Saturnium,
Queritur hominum iniquitatem : ut luat
Populus peccata regum , qui prava cogitantes
Alio infleefcunt jus, injuste sententiam pronuntiantes .
Haec caventes , 0 reges , corrigite sententias ,
Donivori , injustorumque judiciorum prorsus obliviscamini .
Sibi ipsi mala fabricatur vir alii mala fabricans :
Malumque consilium consultori pessimum .
,, Omnia videns Jovis oculus , omniaque intelligens ,
„ Et haec ( siquidem vult) inspicit : neque ipsum latet
,, Qualenam hoc quoque judicium civitas intus exerceat .
,, Ego porro nee ipse nunc inter homines Justus
,, Sim, nee meus nlius :quando malum est, justum
,, Esse , siquidem plus juris injustior habebit .
„ Sed haec nunquam arbitror facturum Jovem fulmine gaudentem
E d' aer cinti van per ogni dove
I giudizj spiando , ed in qual cosa
L' equita , e la giustizia non si trove .
Vergin pura e Giustizia , alma famosa , •
Figlia di Giove , ed. agli olimpj Dei
Veneranda lassuso e gloriosa :
E s' altri pecca , ingiuriando , in lei ,
Assisa a lato al Padre si richiama
Di que' mortali , e de' lor fatti rei ;
Finche punita sia la gente grama
Per chi la regge , e le sentenze obblica ,
E fa con reo giudizio iniqua trama .
Vedete , o Regi , gente a' doni arnica ,
Che retta da voi mova ogni sentenza ,
Dimenticando ogn' ingiustizia antica .
Chi di mal fare altrui non ha temenza ,
A se stesso mal fa : per chi lo porge
Un reo consiglio e di dolor semenza .
L' occhio divin , che tutto intende e scorge ,
Guata anche noi se vuol ; e in questo piato
Com' opri la Citta , vede e s' accorge .
Non io giammai, non altri di me nato
Fia giusto , ove mal pro giustizia faccia ,
Ed al peggior piu di ragion sia dato :
Ma cio credo che a Giove unqua non piaccia.
88
Kcd VV $KVi$ iTTUKOUi, Give, cf' ITTlXyBiO TTCtfXTTCW . ' 2?5
TovSi yctp civSrpco7rot<ri vofxov td-rufy Kpovlov
. 'Ix^vct fav *c" Oyipo-f kcu oicovolc, 7r%inv\vdi ' c, ,
*E&eip a'AAw'Aoc^, ivr&i * Si art eV/V §jr. dwmlc,.
AvSpeo7roi<ri d IScoyti Stwv , # yroXXov a.?j.<?vi
TlviTur (h yap ric, x ibiXy to. Sikou dyopivctv 280
Ttvooa-Kcov , r& i&v r oXfiov S1S0I ivpvo7ra. Ziu$ '-
'Qe, Si xi [AcipTuej.Yi<T 'iv ixoov tTriopxov ofioa-a-ut;
•^ida-iTcu , cv M S'ihw $X&-\a.c, > vnwrov aici&vi ,
Too Si r d/xuvpoTzpn yoviYi ynT07n&i XiXennauf
'AvSpoq cT' iudpaou yeviyi /y,iTV7ri&w dfx&vcov . 285
So/ ^ iyoo i&\d voitov ipsa , fxiya, vy7rn Tliptry .
TxV \xiv toi x.a.K07nm kou iXctSov iarriv iX{&au
"PmSt'eoc,' oXtyy fxsv 6So<; , fxdXct J" iyydSi vadei .
O Persa , caeterum tu haec in animo tuo repone ,
Et justitiae quidem obtempera, violentiae vero obliviscere prorsus
Namque hanc hominibus legem posuit Saturnius;
Piscibus quidem et feris et avibus volucribus ,
Se mutuo ut devorent , quandoquidein justitia carent .
Hominibus autem dedit justitiam, quae multo optima
Est . Si quis enim velit vera in publico dicere
Quae novit , ei opes largitur late videns Juppiter :
Qui vero testimoniis volens pejerans
Mentietur, justitiam impediens, sine spe remedii laeditur ,
Atque ejus obscurior posteritas postea relmquitur :
Viri autem justi posteritas postea illustrior ( est ) .
Caeterum tibi ego bona sciens dicam, valde infans Persa.
Malitiam quideju cumulatim etiaru capere
Facile est : brevis quippe via est , et in proximo habitat •
89
C AP IT OLO IV.
A
te Perse io favello : ascolta e segna
Questi detti nel cor : ama ragione ,
E la forza in oblio fa che ti vegna .
Si fatta legge all' uom Giove propone ;
A' pesci , a fere , ed agli augei pennuti
Che si mangin tra se , da concessione :
Perche senza ragion vivons' i bruti ;
Ma agli uomin die giustizia : e certo e questo
Miglior vantaggio assai , se ben riputi .
Che chi 'n giudizio a dis velar e presto
Tutto 1 vero che sa , ricchezze aspetti
Da Giove che ogni faito ha manifesto .
E chi con rei spergiuri , e infinti detti
Maligno testimon giustizia preme ,
D' immedicabil piaga sente effetti :
E scuro dopo lui resta il suo seme ;
Ove de' giusti genitor la prole
Sempr' e miglior fin all' eta postreme .
Oh di sen no fanciul piu che non suole
Uomo in cotesta eta > io ti vo' dire ,
Perse , e ben so il dover , sagge parole .
Facil cosa e malizia a conseguire
Anche a ribocco : assai ci sta vicino j
Poca strada per lei basta fornire .
12
9°
Tyc, S a'psw$ ISpcom $noi 7rpo7rclpoi$cv i&vixaj>
KSrctvcnoi • /uaxpoq Je xou op3vo$ oJ/uog gV ctdiviv , 290
Kctt rpy\yvc, to 7rpa>Tov i7TY\v £' «s cixpov IWTOU,
Phi din d H7remx ttIXh , %a.Xi7ni Trzp zxcrct, ■
OUTOC, fJ.IV TTOLVOliHS-OC, OC, OLVTM 7T0LV7tX, \0V\0~&i,
„ (bpct<r<r<x,fj,ii>oe, wi x tTrenu xou ie, t{Xoc, ycriv afxeivco-
E&Xo<; cf ctv y.q.KHvoc,, oc, iv ei7rouTt 7ri$ryTou. 2p5
' 0$ Si XI (J.YI& OLVTM VOi-A , fXYtT ciXkov dxXCOV
Ei> $u/u<v (ZdXhmm , oS' ctvr d^pyioc, dvy\p .
'AAAa <rv y n'/uiTspyi<; fAi/uuyj/uii'oq ouzv itpirfuiiq
Epydfyv , Tiiptrvi ) Slov yivoc,, oippd an \i[xoc,
E^^ctipM, <pi\{y Ji ivzitywoc, A^v/wp 300
A/Jo/m, fiiom JV temV 7rifjL7r\y\(ri xctXiyv .
.Aifxoc, ycup tci 7ra.[X7roj) azpyco cru ' fxtpopoc, dvSpJ.-
Tat JV Szoi vifJAo-Goo-i , xou dvzpic,, o c, xcv dtpyoe,
Tacoviy x.titpYii'tcro'i xo&xpoic, 'ixiXoc, cp^wV ,
O/' Tf fx'thi<ro-a.tov xa/uctivv rpv^ova'tv dtpyci 3o5
"EcSwtsi; • <roi S\ipyct <p/A' ezco fxirptct xocrfxetv,
''&,<; xe rot copcuov /3/oth TrXydaxri xatX/ou •
Ante virtutem vero sudorem Dii rfosuerunt
Immortales ; longa vero atque ardua via est ad ipsam ,
Primumque aspera : ubi vero ad summum ( quis ) venerit ,
Facilis deinceps est , quantumvis difficilis fuerit .
Ille quidem optimus est , qui per se in omnibus sapit ,
,, Cogitans quaecunque dein et ad finem usque sint meliora .
Sed et ille bonus est , qui bene monenti paruerit .
Qui vero nee sibi sapit , neque alii parere
In animum inducit, ille contra homo inutilis est .
Verum tu nostri semper praecepti nremor,
Operare , o Persa , Dii genus , ut te fames
Oderit ^ amet autem pulchre coronata Ceres
Veneranda , victuque tuum impleat horreum .
Fames namque semper ignavo comes est viro .
Hunc vero et Dii oderunt , et homines , quicunque otiosus
Vivit, fucis ignavis similis cupiditate ,
Qui apum laborem a»bsumunt otiosi ,
Vorantes : tibi vero opera justa obire gratum sit ,
Ut tibi aestate collecto victu impleantur horrea .
Ma d'innanzi a virtu 1' alto divino
Voler posto ha sudore; e 'n su le prime
Lungo erto e travaglioso e quel cammino :
Ma giunto poscia a sormontar le cime ,
Trovi , che sebben duro un tempo e stato ,
Agevolmente il passo vi s' imprime .
Ottimo e 1' Uom , cui per se stesso e dato
Tutto pensar ; e se un partito piglia ,
II miglior mezzo al fin sempre ha trovato.
Buono e colui , che di chi ben consiglia
Segue il parer : sciocco chi per se stesso
N' e privo , e all' altrui senno non s' appiglia .
Ma tu serbando il mio ricordo impresso
Nella tua mente sempre ; alia fatica ,
Perse germe di Dio , non sii rimesso :
Onde fame ti siugga, e sieti arnica
Cerere dal bel serto , e 1' alma Diva
T' empia la cella di matura spica .
All' infingardo , che travaglio schiva ,
Penuria e sempre a lato ; e si gli avviene ,
Che a' mortali , ed a' Numi in odio viva :
Perche 1' ingegno suo forte conviene
Col fuco ingordo ; che d' ogni opra scarco ,
Del lavoro dell' api si mantiene.
Quinci tu di fatica un giusto incarco
Ama di sostener ; si che 1 granaro
Del vitto della state appien sia carco .
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E£ *pycnv cP dv^pze, woXv (xyXoi r dtpvaoi re-
Kca r ipyaZptxveoc,, ttcXv (plX^pot; d9aji/dmi<riv
Ea-a-icu , y\di /SpeWs- /udXot ydp ^uyiovariv dipyovc,. 3l©
vEpyov S x£iv ovhSoc, , dzpy/yi JV r ovei^oc, .
Ei Si x.cv zpyd^Yi, m%x an fyXcocra dipyoc,
TlXvTivvTvt' ttXhtoj £ ctpiwi kocl xvfot; i>7n\$pi .
Acu/uovi d oi'oc, 9,yi&cl ' to £pyd£i&ou du&vov ,
E/ KC4> &7T dXXorzxoov nrsdvcov di<r!<ppova. Sujuov 3i5
E/$ zpyov rpi\cic, , (XiXitdc, /3/x coc, <rrs KiXiuco •
» Ai'Scoc, S ovx. dyctSvi wxip-nyLivov dvSpa zofxi^tH-
,? Ai^coe, m r dvSpctc, fxiyct g-Ivvtui wd 6vivv\cri.
Ai^cae, rot Trpoq dvoXp'iy , Stzpcroe, JV frpoq cX/3m ■
XpytftCLTCt J' x% dp7i axm " SiooSbTa, 7roXXov dp£iVCO. 320
Ei ydp tic, Y.al "x^pa-i /Sip fieyav oX/Sou iXv\rou ,
*H oy dwo yXeoa'crvic, Xni a-cr<inxi > (did ts 7roXXd
TinTUi, ivr civ JV wip&Q-c, voov i^a.7rctTti<rv\
'Av$pco7rci)i/ , ouSco JY t dvcaSeiYi x.ctTC7rd£t\)
Ex laboribus autem viri evadunt divites et opulenti .
Et laborans , multo etiam cariar immortalibus
Eris ac hominibus -, valde enim oderunt otiosos .
Operari autem non est dedecus , sed ignavia dedecus est .
Quod si laboraveris , raox te aemulabitur et otiosus
Ditescentem : divitias vero potentia et gloria comitatur .
Deo autem similis fueris . Laborare inquam melius }
Si quidem ab alienis facultatibus stolidum animum
Ad opus convertens , de victu sis sollieitus sicut te jubeo .
„ Pudor autem non bonus egenum hominem tenet :
,, Pudor qui hominibus valde et obest et prodest .
Pudor quidem ad paupertatem , audentia vero adjacet ad divitias
Opes vero non rapiendae : divinitus datae multo meliores .
Si quis namque et manu per vim magnas opes paraverifc ,
Aut lingua praedatus fuerit , (qualia multa
Fiunt , quum primum lucri amor mentem deceperit
Hominum , pudorem vero impudeiitia vicerit)
93
Ricco in gregge si viene , ed in denaro
Per la fatica : se ti fai operoso
Agli uomini e agli Dei vivrai piu caro:
Che 'n gran dispetto a loro e il neghittoso ;
E non che P operar ci sia vergogna ,
Solo il non operar c' e vergognoso .
E ben vedrai , se teco ti dispogna
II mio consiglio a far , di qual maniera
Anch' egl' il pigro ad emularti agogna ;
Quando poggiato in gran fortuna altera
Ti veggia ; a cui possa vien dietro , e fama ,
E quasi degli Dei misto a la schiera .
Oprar e il meglio , e la non saggia brama
Di viver dell' altrui , volgendo all' opre ,
Com' i' t' esorto , il vitto cercar ama .
Or giova or nuoce assai , qualor ci copre ,
Vergogna : al pover nuoce , e 1 guida a stento ;
Ardir la via de le ricchezze scuopre :
Ma di rapirle non aver talento :
Pero die assai van quelle piu sicure ,
Che degli Dei son date a piacimento .
Che se per guise violente e dure
Assai di roba a forza uomo s' aduni ,
O per rubare altrui menta o spergiure :
( Come sovente avvien quando in alcuni
L? amor dell' oro 1' intelletto svia ,
E audacia di rossor gli fa digiuni )
94
'Pad re p/v fxavpooc/ 3W , fjupv&ua't M oJnoi 325
Anej ra> y Trctupov JV r iTTi ^ovov oA/Soc, OTrnSei .
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Toy Si (J,dA/<?ct ntxAeiv y oc, tic, o~i$r<zv iyyuS/ vcuet •
Facile et ilium pessum dant Dii , minuuntur vero familiae
Viri talis : exiguumque ad tempus divitiae adsunt .
Simile vero committit delictum, et qui supplicem et qui hospitem malo
Quique fratris sui cubilia ascenderit , ( afficiet :
Furtivi causa concubitus uxoris, scelerata patrans :
Quique mala cujuspiam fraude deceperit orplianos liberos :
Quique parentem senem misera iu senectute
Probris affecerit , gravibus iucessens verbis :
Huic certe Juppiter irascitur ; ad extremum vero
Pro operibus jniquis gravem exbibet talionem .
Verum tu quidem ab his omnino cohibe stultum animum .
Pro facultate autem sacra facito immortalibus Diis
Caste et pure nitidaque femora adole .
Interdum certe libaminibus et aliis donis placa ,
Et quando cubitum ieris , et quaudo sacra ( aurorae ) lux venerit :
Ut beuevolum erga te cor atque animum habeanL ;
III aliorum emas sortem •, non tuam alius .
Amicum ad convivium vocato , inimicum vero relinque .
Euin vero potissimum vocato, quicunque te prope habitat.
95
Per poco fan gli Dei che afflitto sia
Un cotal uom ; la sua famiglia scema ;
Breve tempo ricchezza ha in compagnia .
Son rei del par chi 1 supplice non tenia ,
O 1' ospite oltraggiar : di pari vanno
Chi 1 talamo fraterno insidj e prema ;
E chi per altrui frode ordisca inganno
Ad orfanelli , e chi 'n vecchiezza acerba
Con aspri detti al padre porga aiFanno .
Contra costui per fermo s' esacerba
L' ira del sommo Giove ; e all' opre ingiuste
Doloroso compenso al fine serba .
Ma tu 1' odia , e con pure ofTerte e giuste ,
Secondo tuo potere , i Numi onora ;
Ove lucide carni sien combuste.
E doni e pio licor porgi talora
Quando ti colchi, e quando i raggi sui
Scuopre tornando a noi la sacra aurora ;
Onde la mente loro a' preghi tui
Sempre s' inchini ; e '1 tuo retaggio , e sorte
Non merchi un altro , e tu merchi 1' altrui .
Apri all' amico tuo , chiudi le porte
Al tuo nimico ognor che fai convito ;
Ma piu '1 vicino di chiamar t' importe :
9« ,
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Yeimvtc, ct^eo^oi txiovr ^coo-umto JV 7rml • 345
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Eu/uopi toi ti{mc, eg r '{profit ye^w.'oc, i&Xov .
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Ed {liv Uirpei&cu 7rctpd ycimvQc,) gtJ <f etyro^vcuy
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Mil KCtKOl KipdcUVHV KCtZai KipS'iCt ]<T UT-ACTIV .
,, Tov tpiXiouTtt (piXeiv , ncu ra> 7rpoortQvri 7rpotreivou .
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Kal 75 CUlKpOV iCV , 70 y iTTCt^VCtlO-CP (p'lXov YlTOp . 36o
Ei yelp step xcu o-fxixpov i7ri o-fj.nipy ■kcltuB&o >
Kcti Sctfict 7»S" ipdoje,, Tix^tx tup fjAyct X) to yivono-
Si enim tibi negotium domesticum aliud (i. e. adversum) eveniat ,
Vicini discincti accurrunt , cinguntur autem cognati .
Noxa tarn magna est malus vicinus, quantum bonus commodum .
Nactus est honorem , quicunque nactus est vicinum bonum .
Neque bos interierit , nisi vicinus malus sit .
Hecte quidem metiaris a vicino (mutuum accipiens ) reeteque redde ,
Eadem men sura , et amplius , si quidem possis :
Ut indigens etiam in posterum promptum invenias .
Ne mala lucra captes : mala lucra aequalia damnis.
„ Amantem te ama , et invisentem invise .
„ Et da ei qui dederit , neque da qui non dederit .
,, Datori namque est qui dat , non danti vero nemo dare solet •
Donatio bona , rapina vero mala atque letifera .
Quicunque etenim vir libens dat, etsi multum dederit,
Gaudet donando , et delectatur suo in animo .
Qui vero libens rapuerit , impudentia fretus ,
Quamvis id sit exiguum , tamen cruciat suum animum .
Siquidem enim parvum parvo addideris,
Et frequenter istud feceris , mox magnum et hoc evaserit .
Che se disastro in casa avrai patito ,
Discinto il tuo vicin ti si offerisce ,
Mentre il parente cingesi 1 vestito .
Buon vicino e gran bene , e chi 1 sortisce ,
Sortisce onor ; e rio vicin gran male :
Senza tal peste un bue non ti perisce .
Prendi a giusta misura , e rendi a uguale ,
Quando dal tuo vicin togli 'n prestanza j
E a maggior , se tua possa a tanto sale :
Cosi in altri bisogni avrai speranza
Che ti sia presto . II reo guadagno aborri :
Fra' danni e rei guadagni e simiglianza .
Am a chi t' ama ; a visitare accorri
Chi da te vien ; e dona anco a chi dona :
Ma in donar chi non dona non precorri .
Si da solo a chi da : pregiata e buona
Cosa gli e il dono ; e la rapina e trista ,
E morte a venir sopra incita e sprona .
Chi largisce di cor, piacer ne acquista ,
Benche gran dono faccia \ anzi ne gode
Ivi entro , 've non giugne umana vista .
Ma chi T aver d' altrui si prende a frode
.Sicuro e baldo; ancor che toglia poco,
Per lo rimorso se n' attrista e rode.
Che chi cio fa sovente, e a poco a poco
Picciola somma a picciola congiunge,
Gran cosa vien a fare al fin del gioco.
*3
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"O? S' sV g'o'fr/ <pi'p(ri , oS' dXu^irou ou&o7rc& Aifxot*
O'jpi my &tv o'tna) KctictneifjLivov dvipet tmSet •
Oixoi fiiAnpov etvau , eV« /SAxfiipov to $v pvifpi ■ 36.5
E&Aci> (xiv, 7rapriovToc, iXicOoti ■ 7riipa, Si Qvpto ,
Xpwf£eii> ct7ri6vToc, , a. <n (ppd'^iarQou avcoya '.
Ap^pfXiVH Si 7r!&ov xou Av\yovwc, xopio-aaScu. ,
M.io~G~6$i (peiSio-frtu - S&vvi S" ivl nu^fxivi (p^tSco .
)y Mi&oc, S dvS& (p/Aco &py[Aii>o<; dpz/oq '{$&. 3^0
„ Kax 7* Kcto-iyvyrco yiAdcrctg iTri fxaprvpot. 3r{&ou .
» II/S"«? S otpa. ofxtog nxu d^t^Iou a Aw 09 dvSpttt; •
MjjJV yvpyf <rs voov 7ruyo?oAo<; ci%ct7ra7U7w ,
A/jUvAct KcoTiAAouo-ct, rstiv Sifpcoo-u. KctAir,v.
„ "0$ Si yvvaXKt 7Ti7roS<i , TTiTrotSr oyi tpyiAtiTyarj . 3^5
Mauoya/ti g Si vrdic, croo'Cpi 7raLrpa>iov olzov
tyipfiifAW 00 c, ydp 7rAxmt; di^ivxi w (xiydpoiG-i .
„ Tvipouog Si Sravoig enpov TrcuS^ $yK<x.mAei7rtk)p.
Veict Si kqm 7rAiovia-cri 7ropot ZsO£ aio-7riiov oAfiov-
HAeicov fjttv 7rAiivw fjtiAiTu , p.&ttov cf' tTri&viKYi ' 38o
Xot a ei 7rAiiTH Svjuoi; iiASivxi bt> <ppi<rh' wcr/^,
' O.S ipSeiV i'pyov Si t i7r ipyoj ipyd^i&ou ■
Qui vero parto adjicit , is vitabit atram fainem .
Neque vero quod domi repositum est, hominem sollicitum habet
Domi melius esse : quOliiam damno obnoxiurn. quod foris est .
Bonum quidem, de praesenli capere : noxa vero animo ,
Egere absente ; quae te cogitare jubeo .
Quum relinitur dolium , et fere est epotum , saturare t
Medio parce : perniciosa vero in fundo parcimonia .
,, Merces autem viro amico constituta sufficiens esto ,
„ Etiam cum fratre ludens , testem adhibeto .
,, Credulitas pariter ac diffidentia perdere solent homines.
Ne vero mulier te animo brachia exornans decipiat ,
Blande garrieus , tuum inquirens horreum .
,, Qui namque mulieri confidit, confidit is furibus .
Vnicus vero Alius servant paternam domum
Eo educaudo : ita enim opulentia crescit in aedibus .
„ Senex autem moriaris , alium filium relinquens .
Facile vero et pluribus praebuerit Juppiter iugenles opes-.
Major autem plurium cura , major quoque accessio .
Tua vero si opes mens appetit in suis cogitationibus ,
Sic facito ; operamque operae subinde addito
99
Chi cresce il suo, la fame non lo giunge ;
E in casa il serbi ; ivi non da pensiero ;
Soggetto e a venir men quando n' e lunge.
E bene in casa aver cio ch' e mestiero ;
Di cio ch' e fuore aver mestiero e doglia :
A tai detti pon mente ; io te 1' impero .
Nel bel principio , e al fin bevi a tua voglia ;
Ma parcamente allor che '1 doglio e a mezzo -,
Risparmiandosi il fondo uomo s' addoglia .
Paga all' amico il concertato prezzo
Pari al lavor : se col fratel contratti , !
Testimony 'n quel patto entrin di mezzo :
Ma paja , che per giuoco ve gli adatti :
Che fidanza del pari e diffidenza
A la perdizion gli uomini ha tratti .
Ne donna ti seduca in apparenza
Gaja e loquace , al tuo granar frugando :
Chi a donne , a' ladri ancora da credenza .
Unico un iiglio , lui ben educando ,
La paterna magion guarda , e provvede ,
La cresce , e ne fa ir penuria in bando :
Ma tu , vecchio morendo , un altro erede
Lassa di te : che dove e piu d' un flglio
Giove gran beni di leggier concede .
Piii roba avendo , arai pena e periglio
Maggior ; ma fia che 1' oro anco ti cresca :
E se brami arricchir , fa il mio consiglio ,
E aggiugner opra ad opra non t' incresca .
IOO
HXwidScov 'ArXctycvzcov i7T/TsXXojUCvot6)i> ,
vAp^so&-' dfxwns • dporoio JV } &vcr<royi.ivdw .
At JV TO/ VVKTttC, 7H XOM VI [ACtm TZG'O'Ct.pa.KOVTU 385
Kixputpxmi ' auric, Je 7riZJt7rXoixivii iviavrk
<&ouvonttt ) id 7rf>6jwt ya9ct<T<rolJL^V010 ccJVpy-
OJto's to/ 7n£icov TriXvmi vofxoc, , o/' 7E .S-aAaco?
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THOVTH XV[Jt,CU.VQV7VC, a7T07rpO%l 7rlova xtop°v ^9°
Nouxcriv' yvfxvov cr7reipeiv , yvfxvov <JV fiocoretVy
Tufxvov cT' dyt,d<xv , ei % co?j.a 7TcLvt t&tXvi&ct
''Epya %o[xll^i^ajt AyifXiiTspog- ooc, toi iKctset
"D.pj. difymi , (M 7TC0C, m fjaict^v %a.ri£fi)v
Tiruxra-Yic, dXXorpiag oixxq , zoti [ayiS'£v avvtrcyc, ■ 3(?5
'£1$ KOU VVV i7r'i[A YlXOiC,' iyco Si 701 XX. i7TlSco(TCO y
OvS' 6 7r/fxiTpy(<rci) ■ ipyaZiv , vy7M Hip<rvi ,
vEpya , irx. r d.v^pU7roicri <9W S/ZTex/uypcu/m ■
M« ttots cvv 7rouSi<T(rt yvvoLiKi ts Svpov d%iUCOV )
Zyrsvyg fiiOTov Kotvx y&nuvac,-, 01 S' d(xiXuanv • 40C
Plejadibus Atlante natis exorientibus,
Incipe metere ; arare vero , occidentibus .
Hae quidem et noctes et dies quadraginta
Latent : rursum vero revoluko anno
Apparent, primum ut acuitur ferrum .
Haec utique arvorum est lex , ( cum iis ) qui mare
Prope habitant, (turn iis) qui valles flexuosas
Mari fluctuante procul pinguem regionem
Golunt . Nudus serito , nudusque arato ,
Nudus quoque metito , si quidem matura omnia voles
Opera ferre Cereris : ut tibi singula
Matura crescant , ne quando interim egens
Mendices ad alienas domos , nihilque efficias .
Sicut et nunc ad me venisti : ego vero tibi non amplius donabo
Neque amplius mutuum 'dabo . Labora, infans Persa ,
Labores quos hominibus Dii per signa demonstrarunt :
Ne quando cum liberis uxoreque animo dolens,
Qua eras vie turn per vicinos , hi vero negligent .
CAPITOLO V.
A,
-11a messe t' appresta allor che s' erge
II segno delle Plejadi d' Atlante ,
E all' aratura quando in mar s' immerge .
Quaranta di si cela ed altrettante
Notti ; e risorge allor che , volto 1' anno ,
S' aguzza il ferro per la messe instante .
Tal legge e a' campi , ed a' cultor che li hanno
Dappresso il mar, e a quei che in terren lieti
Fra valli curve , lungi al mar si stanno .
Semina ignudo , ignudo ed ara e meti ,
Se brami pur , che 'n sua stagione adempi
I lavori di Cerer consueti j
E che le biade tue crescanp a tempi ,
Ne deggi 'ntanto mendicar soccorso
All' altrui porte ; e '1 tuo desir non empi .
Tal , non e guari , avesti a me ricorso ,
Ma ne di dono piu , ne di prestanza
Colle fortune mie sarai soccorso .
O Perse ! o de' fanciul fatto all' usanza !
Com pi i lavori che negli astri scritto
Hanno gli Dei per nostra ricordanza ;
Se non vuoi gire invano egro ed afflitto
Con la tua donna e i figli nel paese
A questo e a quel vicin chiedendo il vitto:
102
At c, fxiv yap xou fp/c, raf^a Tsvfyou • %v J" $ti Xv7ryc,y •
Xpitfua /uif » 7rpn^9i<; , cru <P inoiria 7tgAA' dyopii/ceic, •
' K^hoc, cT' i?cu i7r{c0V vofxcq ' aXXd cr dvcoya
fypaJ^i&au fctiGov re "hvcrtv, Xtfxi r' d\icopyi>.
OiKOf (jliv 7rpooTtTct ■> yvvouaa. re, /2b v r dpovipa , /\.o5
Kmrnv, « yctfxi-wv , wr/5 *ai /2h<tiv i7rono.
Xpn pam J etv oikso 7ravr apfxcva 7rofn<ra&ai.%
Mw cry fxzv ourvic, ct XXov , 6 S apvUmi , <rv Ji Ttrra >
'H <T copy 7rapap.ei/2yi7txt , /utw&vi M rot '{pyov.
Mm'cT' dva(2dXhi£rou iq, r avPjtov , gV£ r' ivvyyiv 410
Oc/ ^ap gT&jir/oip^o? a^wp 7rt f/.7rXv\o'i kolXwv ,
,j Oc/cT avafiaXXofxcvoc, • fxiXivt £{ rot i'pyov opsAAfr
Atei J" a/xfioXiipyoe, dvvip ury<rt 7raXaiei .
'H/uoc, JV Xinyet (uivoc, o^iog mXtoto
YLa.vfA.awc, t S'ctXi fxa ■, (XiT07rcoZ/-^ov o/j, /Bpyc xv me, l±l5
Zyii'ot; ie/&cvi'oc, , /xiwt JV rprt7riTJXt Sporsoc. j&Goe,
TloXXov iXatppdttpoc,- ( JV yap tots creiejioe, aVtfp
BcuoV t/Vep xitpaXiic, KytZJ.Tpi(pi&)v av%pco7rcov
''Ep%iT!zt wfAaTioc., 7tXhov Si ts puktoc, iTravpei . )
Bis enim et ter forsitan consequeris : si vero amplius molestus fueris ,
Rem quidem non facies , tu vero inania multa dices .
Inutilis autem erit verborum copia . Sed te jubeo
Cogitare debitique solutionem , famisque evitationem .
Domain quidem primum , foeminamque bovemque aratorem ,
Foeminam, inquam , famulam non nuptam , quae et boves sequatur ,
Instrumenta vero domi omnia apta para :
Ne tu quidem petas -ab alio , illeque recuset , tu vero careas ,
Tempus autem praetereat , minuaturque tibi opus .
Ne vero differas inque crastinum , inque perendinum :
Non enim laboris fugitans vir implet horreum ,
,, Neque procrastinator . Studium vero tibi opus auget :
Semper autem dilator operum vir cum damnis luctatur .
Quum itaque jam desinit vis fervidi Solis
Calorem sudoriferum , per autumnum pluente
Jove praepotente , movetur humanum corpus
Multo levius; (nam tunc Sol
Paulisper supra caput mortalium liominum
Venit interdiu , magis autem noctu fruitur . )
Ch' egli due volte e tre ne iia cortese ;
Ma se lo noj di piu , repulsa avrai ,
E le gran ciance non saranno attese .
Vana e ragion di ciance . I' voglio omai ,
Che '1 tuo debito a sciorre , ed a schivare
De la nojosa fame pensi i guai.
Casa di tutto in pria, buoi da solcare,
Serva senza marito , a guidargli atta ;
Ed ogni arnese acconcio dei trovare.
Che se da un altro un mobile s'accatta,
E quei non vuol prestar ; resti dolente ,
Ti fugge il tempo e V opra non e fatta .
Ne a la dimane o all' altro di vegnente
Tardar si dee. Mai non empie granaro
Neghittoso cultore , e di man lente .
Cresce il lavoro coll' industria a paro:
E lottan sempremai colle seiagure
Quegli che senza far temporeggiaro .
Adunque allor che le cocenti arsure
Va cessando nel mondo , e '1 sudor molle ,
L' alto pianeta che co' raggi adure ;
Quando piogge d' autunno all' arse zolle
II gran Giove dispensa; e assai piu lieve
L'uomo le membra sue move ed estolle;
(Pero che'l Sol fiammante a tempo breve
Sovra 1 capo di noi guida le ruote
E di piu lunghe notti agio riceve.)
103
104
'Hjuot; dSwrvm-m 7riXivxi TfjwSr&ra, (r/JYpp 420
TAw, ipdXXct S' $ptx£,i x*** > TTTopQoio re Xyyet-
Tv\fxoc, ap tlXowfAeiv [XifAVYifAivoc, toqjov Ipyov ,
'OXfXOV (AiV T2J.7t6Sy\V TUfXVetV , VTTipOV Si rg/V^UjU ,
vA%ovd 3- i7ntt7roSv\v fxdXa. ydp vu 101 dp/ua>ov a to.
E/ St kqv 6KitX7r6Sy\v oltto kou cnpvpoui) ki mfio/o, 42^
T&.<r7rid-ctfAov S' di^tv nz(Ai>eii> SiKotSeopa d/ud^yi ,
UoXX' e7ri KciiU7rdXot xaiXcf <f4pen/ Si yvw , or civ ivpvn;^
'E<; oJkov , xclt opoc, StCp (jlcvoc, , « holt apxpa* ,
II iivivov • oc, yap Batriv dpQv oxup^Tcnvt; isiv
Hut dv ' A&Yivxiyc, S/ucoot; ov iXvpctri 7n($a,$ t$Q>
To[A(poi<rtv 7riXd<ra<; 7rpo<rcLp{pnixi i^ofioyi .
Ao/d Si &{&ou dporpa. , 7roi>vi(rd{A,cvot; Kurd olnov ,
Avioyvov xou ttmtvv ' S7ret ttoXu Xcoiov a to .
E7 x ttzpov y arctic, , '{rspdv y ini fixcr'i /SdXoto .
Acupvnt; S m 7TTcXiy\c, dxicoTUToi iso@OY\ic,. 4-35
Apvog '{Xvpct y 7rpJ.va Si yvvw • /2oi S' QAvctmipco
Quando minime cariei est obnoxia caesa ferro
Silva , folia autem humi fundit', finemque facit germinandi :
Tunc sane ligna secare tempestivum esse opus memor ,
Mortarium quidem tripedale seca, pistillum vero tricubitale,
Axemque septempedalem : valde enim certe conveniens sic .
Si vero octopedalem et malleum inde secueris ,
Trium palmorum curvaturam rotae secato decern palmorum currui ,
Multa praeterea curva ligna : ferto autem burim , cum inveneris ,
Domum , sive in rnonte quaerens , sive in agro,
Iligneam ; haec enim bobus ad arandum firmissima est ,
Si Palladis famulus dentali infigens
Clavis conjungens temoni adaptaverit.
Bina vero facito aratra , laborans domi ,
Non compositum et compactile : quoniam multo optimum sic .
Si quidem alterum fregeris, alterum bobus injicias .
E lauro autem vel ulmo firmissimi temones sunt . "
Equercu dentale , ex ilice burim (facies); boves vero duos novennes
Quando le secche frondi a terra scuote
E da' germogli 1' albero s' arresta ,
E se lo tagli , in lui tarlo non puote ;
Ti rimembri a que' di , che 1' ora e questa
A' legnami opportuna ; e al taglio usato
De le mature piante il ferro appresta.
Con tre piedi il mortar sia misurato ;
Si sollevi a tre cubiti il pestello ,
L' asse di sette pie molto e adattato :
S' egli ha 1' ottavo , fanne anco un martello ;
Dieci palmi aggia il carro ; e di tre spanne
Le volte delle ruote siano in ello.
Gran curvi legni aduna , e in traccia stanne
D' una bura di leccio , e se la trovi
In monte o in pian, con essa a casa vanne.
Che invitta e all' opra degli aranti bovi
Se al timone 1' unisca , ed al dentale
L' innesti il fabbro con infitti chiovi .
Due degli aratri , e 'n foggia disuguale
Faratti , intero 1' un , 1' altro composto :
Cosi tenergli in casa a molto vale:
Che se 1' un si dirompe , all' altro tosto
I bovi sopporrai. L' olmo e l'alloro
Se a' timon degli aratri in Opra e posto ,
Fermezza altra non e pari alia loro:
Ed il leccio alle bure , e 1' aspra e dura
Querce de' tuoi dentali usa al lavoro.
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*'Ap<rct>i x.ix,m&ou ( tu>v yap Srivoc, x'x d\a7ra$vov •)
"H/2yi<; fxirpov s%ovtb- tw ipydfy&ou d^co.
Ook ix.v mo y <tPjL<rajjne, or avXani kx(i(jav dporpov
' A%eta» j to Si %'pyov iiwariov ctuS/ A/Vo/ov . 44°
Tolc, cT a. [Act T5<ra,a.pciKoviTx.iviel adfyoc, i7rono ,
" Apwv $&t7rvnarae, T^rpdrpvipov , oxToi^Xoofxov '
'' O; k i'pya [tzhtTzov iQel-ow atlXax.' iXavvot ,
MyiKer/ 7rct7TTodvcov /ui& ofJw'XiKcit; y dXX' IttI ipyca
®VfJ.OV i%Ct)V " 7K J' »77 VlGoTtpOC, aXXoC, dfACiVtoV 44^
'ETTipf/.oc.TTX Ja<r<ra&cu , jccm gV/<r^-o£/wy dX{a&au .
Kcupdnpos yap dvvtp ^te3" o^Xizac, eTTToiYimti.
<t>pd£<i&ou S' iiir dv yzpctva <qwav i7rax%<rYn;
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'H r dpowio ts <rv\fAX <pipa , nou y^ifxaivc, copm ^&0
AeiKvvei 6[x8pv\pQ ' xpaS/yii> cT tSax.' dvSpoc, dfiovreco .
Aii tvts ^QpiuCeiv '{Xixac, fioctc, iv&ov iovmc, •
PiifSiov yap i7ro<; &7reiv 5 /3oi JV$ xctt d/ua^M> ■
'Pm/JW Sd,7rau>Yivct&ouy7rclpct S' tpyat, $6ia-<riv*
Masculos comparato (horum enim robur non imbecillum est)
Juventutis mensuram habentes ; hi ad laborandum optimi .
Non utique hi dimicantes in sulco aratrum
Fregerinfc , opus vero imperfectum reliquerint .
Hos aufcem simul quadragenarius juvenis sequatur,
Panem coenatus quadrifidum , octo frustorum ,
Qui quidem opus curans rectum sulcum ducat,
Non amplius circumspiciens aequales , sed in opere
Animum habens . Hoc vero neque junior alius melior
Ad spargendum semina , et iteratam sationem evitandam .
Junior enim vir ad coaetaneos evolat animo .
Observa vero , cum voceni gruis audieris
Alte in nubibus quotannis clangentis ;
Quae et arationis signum affert , et hyemis tempus
Indicat imbriferae : cor autem rodit viri bobus carentis.
Tunc sane pasce camuros boves , domi manentes .
Facile enim dictu est , par bourn da et plaustrum :
Facile autem recusare , et dicere , boves occupati sunt .
E due mascoli buoi cerca e procura
Pur di nov' anni : allor non son di sceme
Forze ; che d' eta. fresca han la misura .
Ei sono i meglio ; ne cozzando insieme
L' aratro a' solchi iiaccano ; ne 1' opra ,
Lassan mancante delle parti estreme .
Giovin bifolco a seguitarli adopra ,
Che il pan quadripartite- in otto morsi
Spacci qualor alia sua cena e sopra .
E degli anni quaranta abbia gia corsi ,
Quando amor de' compagni piu nol sugge ,
Ma dritto il solco trae senza distorsi .
Ne gia semina meglio , e non isfugge
Chi ha meno eta di far soprassemenza :
Che dietro de' suoi pari il cor gli fugge .
Al canto della gru poni avvertenza ,
Quando per 1' alte nubi ogn' anno s* ode
Gracchiando rinnovar la sua cadenza ;
E 1 tempo avvisa con rauca melode
Dell' aratura e del piovoso verno , '
E 'n cor chi non ha buoi martella e rode .
Ma tu , come 1' udrai , fa buon governo
A' buoi , che nodri 'n casa ; i quai compresso
Aggiano il corno in un bel cerchio interno .
Prestami '1 carro , e il par de' buoi con esso ,
E a dirsi lieve ; e lieve anco e a negarsi ,
E dire : il par de' bovi in opra ho messo .
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X/Tip/utt ■Kttwt-.ipv7TTtav wSyifA.oo'v vvi ydp cizWn
•
Constituit autem homo , qui opinione sua dives est ,fabricare plaustrum,
Stultus : et hoc nescit , centum esse ligna plaustri .
Horum ante curam habere oportet , ut sibi acquirat .
Cum primum igitur arationis tempus mortalibus apparuerit ,
Tunc aggredere , simul et servi et tu ipse ,
Siccam et huraidam arans, arationis ad tempus,
Sumnio mane festinans , ut itnpleantur tibi.arva.
Vere vertito , aestate vero iterata non te fallat .
Novalem vero serito adhuc levem terrain .
Novalis imprecationum expultrix , liberorum placatrix est •
Supplica vero Jovi infero , Cererique castae ,
Vt matura grandescant sacra Cereris dona
Incipiens arare , cum extremum stivae
Manu capiens, stimulum in bourn dorsum immiseris
Temonem trahentium loris ; puer autem pone
Servus , ligonem tenens , negotium avibus facessat ,
Semen abscondens . Rectus enim ordo optimus
1CH
Tal si tien ricco , e 1 carro omai vuol farsi .
Folle ! ne sa che cento ivi son legni ,
Che pria con molta cura deon cercarsi .
Or come a noi per manifesti segni
Si scopre il tempo che ad arar s'imprenda,
Vo' che i servi, e te stesso all'opra impegni.
Allora umido , o secco il suol si fenda ;
Avacciandoti assai di bel mattino,
Se vuoi che pien di messe il campo splenda.
A primavera il rompi : il buon destino
Cos! non falla ; sol che a' di cocenti
Si rinnovelli coll' aratro inchino .
Molle il maggese sia qualor sementi :
Ei toglie da le lingue i preghi rei ,
E de' figli bambin placa i lamenti .
E sparger voti a Giove inferno dei ',
E a Cerer casta, onde matura e opima
La messe cresca , e i doni almi di lei .
Questo far si conviene allor che in prima
S' esce all' opra , e la mano si congiugne
Gia de la stiva a la superna cima j
E '1 dorso a' buoi con stimolo si pugne ,
Che '1 timon van traendo a mano a mano
Per li duo coreggiali a cui si aggiugne .
E segua i passi tuoi non di lontano
Armato d' una zappa un garzonetto ,
Che dia briga agli augei coprendo il grano.
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QpyiTDit; dpSpumotc,- x.ctH.o$TYi(jio<rtjvYi Si Kuxfati.
'£lSi x.cv dSpoo~upy\ <?d%ui<; vivoicv ipufy ,
E/ liXoc, CLVTOC, 07Tl&QA> OXv ' [A7I 10 >g i&XoP G7rd£ot.
Ex. S dyyicap iXdo-etac, dpd^vict r xou an e'cA/ra 4-7^
rw^wcrw^, fltdm/o g pgj fxzvov '{pSop iovwc,-
Evoypioov S l^iou 7roXiop i'otp • &Si fsepoc, <xX\x$
Avyottriow o~io S' dXXot; aVwp Kifoyf/.ivoc, i'<rxt •
E/ Si X.CV mXioio Tpo7TY\(; dpoyc, )^6i>ct S7om ,
"H./mpo<; a.fmo'€icti oXiyop 7rizX y&poc, iipyoov , 4^0
Apt! a dfyr-ptivav xizopifxtpoc,, ov fjtdXa, %oup<Z)P .
Q/V«£ cT Of (pop^CO ' TTCttjpOt Si Q~i Sm<TQPTCtl ■
''AXXotb S' dWoioq ZjViPog pooc, Alyto^oio '
ApyctXioq S dpSpio-crj kolttx, Svvnvi_<n poyi<rou-
E/ St xcv o •>(.' dpoo-yt; , to Js «.<V to/ <pdp(jt,otx.op enn ■ 4^6
'Hjtto? xcxx.v% xoxxv^et Spvuc, qa> 7rvn&'hoio~i
To 7rpa>7vpy 7sp7rei 7? /3poTX<; i7r d7reipopa. youcui ,
Tvifxoc, 7jiv<; voi r&Tcp yi/uolti , [ah'S' dyroXyyoi ,
Mortalibus hominibus est ; confusio vero pessiraa .
Sic quidem ubertate spicae nutabunt ad terrain ,
Si iinem ipse postea Juppiter bonum praebuerit .
xl vasis autem ejicies araneas : teque arbitror
G avisurum , victu potitum intus reposito .
Bene instructus cibis autem pervenies ad canum ver , neque ad alios
Respicies : tui vero alius vir indigus erit .
Si vero bruma araveris terram almam ,
Sedens metes , pauxillum manu comprehendens ,
Ex adversa parte manipulos ligans pulverulentus , nee valde gaudens
Feres autem in sporta : pauei vero te suspicient .
Alias vero alia Jovis mens Aegioehi :
Sed mortalibus hominibus earn deprehendere difficile .
Sin autem sero araveris , hoc quidem tibi remedium fuerit :
Quando cuculus canit quercus in frondibus
Primum , delectatque mortales in immensa terra ,
Tunc Juppiter pluat triduo , neque desinat ,
1 1 1
Nulla cosa e miglior del buono e retto
Ordine per ogn' uom , che vive al Mondo ,
Nulla cosa e peggior del suo difetto .
Cosi le spiche per soverchio pondo
II capo a terra piegheran da' steli
Sol che da Giove il fin venga secondo ;
E via torrai dei vasi i ragnateli
Lieto e gajo , cred' io , di tanto. acquisto ,
E de la provigion ch' ivi entro celi .
E a la bella stagion verrai provvisto
Senza sguardare altrui : ben fia mestiero
Altrui di pregar te dolente e tristo .
Ma se di verno sol prendi pensiero
D' aprire il suol , farai la messe assiso ,
Peso chiudendo in man poco e leggiero:
E gli opposti covon con poco riso
Legherai polveroso , e porrai 'n sporta :
Pochi ergeranno ad ammirarti il viso .
Altro tenor di cose al Mondo apporta •
Talor la mente dell' Egioco Giove ;
Che a ben saperlo umana mente e corta .
Se tardi arasti , qual rimedio giove
Or ti diro . Qualora intra le frondi
De le querce il cuculio il canto move ,
E gli uomin per la Terra fa giocondi ;
Allor tre di , senza restare unquanco ,
Giove con pioggia i colti ti fecondi :
II<2
/ >
Mwr ap OTTip/S/xXXcou /3oo\ oVAwV, pmr a.7roXei7rcav '
Outw k o^apdwts 7rpcoTnpoTY\ i(ro<pcL?j.£pi . 49°
El> $VfAM £ <eV 7TcLvTZ£ <pv\d<r<TiO ' jUtiSi (Ti Aj/S'C/
Mwr' ictp yivopveov 7roXi6v , ^tw'3- <y£/0£ ofxfipoc,-
Hup £ }'&i ^clXzeiov Sco hop , kou i7r dfe'ct Xicr^vw,
•fip,w X&fAs&y ■> otto7* x-pvoq dvipae, etpyov
'l<rxdw i'vSa, k cLowoc, dvvip piyct ol:tov op«'AA«. 49^
Mm' <ri Kan* x^tfx^voc> dfji,yixau>!vt Ka.irxfxdp-\,vi
Xvf 7TCA>iy> Xl7TT\) dt 7TCtX^V 7roJtX ;£«£/ 7Tfi^0fg.
TLoXXd S' dipyoc, dvyp zcvwr i7r/ i\7ri$a. pi ' fxvcov ,
Xpyir^cop fiiOTOio homo, 'zspoeriAi^ciTo Supp .
'EAzrv; £ an dyct^vi KifcyfAivov dvipa. no fillet , ^00
r'H{AC4>oi> h» \io~xy j ry fjnfl /Slot; dpxio; &-a .
A&KWi JV <fytoJi<rcr/ , Bs'piui; %ri /uio-o-a iovioc,-
Oux. cuei %ipo<; ia-a-^rcti , rroiei&i xaX/d$.
Non utique supra bovis ungulam , neque infra :
Ita et serus arator primo aratori aequalis fuerit .
Animo autem bene omnia reconde : neque te lateat
Neque ver exoriens canum , neque tempestiva pluvia .
Praeteri autem officinam aerariam , et calidam tabernam ,
Tempore hyberno , cum frigus homines vehemens
Detinet : tunc sane impiger vir valde doinum auget .
Ne te malae hyemis diflicultas opprimat
Cum paupertate , macilenta vero crassum pedem manu premas ,
Multa vero ignavus vir vanam ob spem expectans ,
Egens victus , mala versat in animo .
Spes vero non bona indigentem virum fovet ,
Sedentem in taberna , cui victus non sufficiens sit .
Die autem servis, aestate adliuc media existente ,
Non semper aestas erit , extruite casas .
116
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''JLV T CtTTVpti) o'lZli)) KOU Of w'S'gff"/ XivyctXioio'tv . 5s5
Ov ycLp ol \ji\ioc, S&iKPv voptov cpfxyOiii'ou-
AAA' iTTl KV'JJPiCOV O.vS'pCtiV e)V ' fJLOP TS 7T07\IV TS
XrpaxpcfrcUy (BpdSiov <JV 7rawi\X\inG'o~i (pcteivGi -
Kou tots JV Mpaoi kou vyKtpoi vXyikoItou
Avy,ov fxvXiocovrsc, olva. dejct (3v\or<ry<zvc(c/>, 53o
Qwyoutriv , kou 7nx<riv hvi <ppio~i txto [xi/uvXcv ,
Ot trHi7rct. (xouoyavoi 7rvKiva<; mud {Xtovac, i^aci,
Kou yX&tpv 7TiTpycv tots £y relzroJi Gpory iaroi,
Od r i7ri voorct i'ayi) stdpyi cT' etc; oud'a.c, opaLrow
Tea 'iKiXoi (ponwo~iv ) aXivofXQMOi vitpat, XiVKY\v . 535
Kou tots io-o-ct&ou ipvyt-ot ^po<;, &>'<; <rt KiXi'veo)
XXoUVOLV TS [AClXcfKWP ) KOU TSpfX/0C4>VX ^ITWlCf
Smfxov/ <T c-v 7rav'po>) 7roXXviv KpoKO, [jwpv '<r<z£rcu ■
TwV Tri&io'Q-oi&ou , 'fact Wi r^i^ic, drpijUieoo-/ ,
MwcT' cpBou (pziarcrcoo"ii>'y ci,&pof/,ivau koltu trcof^a- 54©
AfXQ)/ Ji ■/TOa-O'l 7TiJ"lXot fioOC, I (pi KTUydvOlO
v hpfjtsvu, $y\c,cl&ou) 7riXoi<; i 'vto&z ■ TrvKcttraa; •
Tempore hiberno , quando exossis polypus suum pedem arrodit ,
Irjque frigida domo , et in latibulis tristibus .
Non enim illi Sol ostendit pabulum ut invadat :
Sed super nigrorum hominum populumque et urbem
Vertitur , tardius autem Graecis lucet .
Et tunc sane cornutae bestiae et non cornutae silvarum cultrices
Misere dentibus stridentes per nemora clivosa
Fugiunt ; et passim omnibus id curae est ,
Quae tecta inquirentes , derjsas latebras habent,
Et antrum in petra : tunc utique tripodi homini similes ,
Cu jus et humeri fracti sunt , et caput terrain spectat :
Huic similes incedunt vitantes nivem albam .
Et tunc indue munimentum corporis , ut te jubeo ,
Laenam et mollem , et talarem tunicam :
Stamine vero in pauco multam tramam intexe .
Hanc circuniinduito, ut tibi pili non tremant ,
Neque erecti horreant , arrecti per corpus .
Gircum vero pedes calceos bovis vi occisi
Aptos ligato , pedulibus intus condensans .
Fatevi schermo contro il fier Febbrajo,
E i mali di, che i buoi menano a morte,
E 1' aspro giel che in terra crea Rovajo ,
Quando coll' aure sue di Tracia sorte
Di destrier madre , muove del mar 1' onde .
E piagge e boschi si costipan forte ;
E per valli da' monti al suol diffonde
Opachi abeti , e querce uscendo in terra ,
Ed ogni selva con fragor risponde .
Trema qualunque fiera per boschi erra ,
Benche d' irsuto pel cinta e difesa ,
E la ritorta coda al ventre serra .
Che se ispida e la cute , a farle offesa
II freddo vento arriva : i bovi anch' elli
Provan che i duri cuoj non fan difesa .
Fiede le capre , ancor che lunghi han velli ;
Le Pecorelle no : che mai non passa
Rigor di Borea si lanose pelli .
Gli omeri e 1 capo al vecchierello abbassa:
Solo di molle vergine pudica
Per le tenere membra non trapassa ;
Che appo sua madre in casa si nodrica ;
Si lava , e d' olio s' unge , e a notte riede
Di verno al letticciuolo , e vi s' implica ,
"5
1 14
Mil vet JV Xvivoucovci, xctx.' vi uamt , /SsSopct 7ravm,
Thtov dXzvet&ctf xcu TTYiyctSctc,^ cur S7rt yououf 6o5
TlvzuarauiToe] fiopicto , Sv<rv\Xiy{<ic] TeXi9ov<ru> •
'Oc, TS Sid ©p/KM^ ITTTTOTpdtpx iVpil 7T0VTCO
E/U7rn urate, co'ejvt' ptiftuxt Si ycuet xou vXy
TloXXctc, Si Jpy? v-\ixd uxe\ *, iXdwtc, ts 7rct%&ci<; ,
Oupioe, cv Sn'crcrpe; ttiXvo. , %$rovi 7r%Xv(2oTSipy 5lO
~EiA7ri7nwv, nod TTcta-at, 0oa tots me/Toe, u'Xy.
0wps<; JV tpcjcrcrouG' > ou'pde, S "Jsro* /fctfe^g i%cvTo ?
T<yi> jco* Xdyi'y Sipuet iLctmcrxtov ctXXd pv xcu twu
"$~u^oc, ioov Sictvio-i j Scttrv^ipvoov Trip idvnav ■
Kou ts Sid pn'S fioct; ip^irai > hS( aiv 'tercet . 5i5
Kou ts Si ctiyet divert Tuvvr&xct' TTodici S' xrr
OiiviK iTryiiTcivou r^j.^ie, clvtwv , 06 Std'A<riv'
,xl£ dvifjLx BopiH' rpo^aXov Si yipovwt t/Sykti..
Kou Sid TTCLpBoMimc, a.TrctXd'^poc, a Stdycriv ,
"H ts Sdfxoov ivro&i ipfXy Trctpct fZYirse/ yJfiVH 7 520
Ov7rco spy eiSvict ttoXv^vctx AtppoS/mt;'
'Ears XoicrcrctfXiPti rspeva, ^oet , xcti Xitt iXou<&
'X°j.<rcL(Aivn 5 vvyjy xcnztX.i^iTztt i,vSo9ov o'/xh
Mensem vero Lenaeonem, malos omnes dies boves excoriantes ;
Hunc vitate : et glacies , quae quidem super terrain
Flante Borea molestae sunt :
Qui per Thraciam equorum altricera late mari
Inspirans illud movet : constringitur autem terra et silva:
Multas vero quercus alticomas , abietesque densas,
Montis in vallibus dejicit , terrae multos pascenti
Incumbens , et omnis reboat tunc ingens silva .
Ferae autem horrent , caudasque sub pudenda ponunt ,
Eae etiam quarum villis cutis densa est . Sed et harum
(Gutem) frigidus quum sit perflat villosas licet pelles habentium .
Quinetiam per bovis pellem penetrat , neque ipsum arcet .
Etiamque per capram flat longospilos habentem : ovium autem greges
Eo quod valde densi ipsarum villi sunt , non perflat ( non item :
Vis venti Boreae : incurvum vero senem facit .
Et per tenelli corporis virginem non perflat ,
Quae in aedibus suam apud matrem manet ,
Nondum opera sciens aureae Veneris :
Beneque lota tenerum corpus , et pingui oleo
Vncta , noctu cubat intra domum
Qu.ant' e Y ugna d' un bue > ne piu ne manco ,
S' erga il caduto umor : oosi al piu pronto
Ogni tardo arator puo stare al fianco .
Chiudi nel cor quant' io scrivo e racconto ;
Onde non sia che inosservata lasce
O pioggia che a' bifolchi metta conto ,
O chiara primavera allor che nasce .
"$
CAPITOLO VI.
N,
el tempo che 1' inverno si rinnova ,
Quando gli uomini un giel preme gagliardo \
E assai 1' industre a la famiglia giova ;
Trapassa , si che non ti dian ritardo
De' fabbri le fucine , e F altre sedi ,
Ove si scalda e garre ogn' infingardo ,
Perche lo stremo e il mal non ti depredi
In quella rea stagion , ne ti convenga
Premer con magra mano enfiati i piedi .
Chi senza cibo aver che lo sostenga
Sta aspettando ozioso in vana spene ,
E .forza- che gran mal covando venga .
Non buona e la speranza a cui s attiene
Chi del vitto ha penuria , e le giornate
A' ridotti sedendo s' intertiene .
E dillo a' servi mfin da mezza state :
Non sempre sara estate e tempo gajo:
I tugurj per tempo fabbricate .
m
i r
Mentre ne' freddi suoi tristi antri il piede
II grasso polpo a roder si conduce ;
Che pasco da' sfamarsi allor non vede ;
Ne gliene scopre il Sol , che 1 carro adduce
Sovra regni e citta. dl gente fosca ,
Ed a tutti gli Achei piii tardo luce .
Ciascuna belva cui la selva oiFosca,
Di corno armata o inerme , i denti batte ,
E per erte fuggendo si rimbosca .
Tutte punge una cura , e cercan ratte
II noto asilo di boschetto folto ,
E di petrosa tana , che le appiatte .
E van di neve paventose molto ,
In guisa d' uom , che con tre pie s' avaccia ,
Rotto le spalle ed atterrato il volto .
A schermo delle membra allor procaccia
Morbido manto e lunga sottovesta ,
E in poc' ordito assai ripien si faccia .
Di lei vo' che ti copra , e ti rivesta ,
Che non tremino i peli , e intirizziti
Ergans' indosso come secca resta .
A' piedi porta acconciamente uniti
Calzar di bue per viva forza estinto ,
Che dentro di buon feltro sian vestiti .
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Primogenitorum vero hoedorum, cum frigus tempestivum venerit,
Pelles consuito nervo bovis , ut super humeros
Contra pluviam injicias munimentum ; supra caput vero
Pileum habeto elaboratum , ne aures humefacias :
Frigida enim aurora est Borea cadente :
Matutinus vero super terram a coelo stellifero
Aer foecundus extenditur beatorum super opera :
Qui haustus e flumiuibus perennibus ,
Alte super terram levatus venti procella ,
Interdum quidem pluit ad vesperam, interdum flat,
Densas Thracio Borea nubes excitante .
Hunc antevertens opere perfecto domum redi ,
Ne quando te caelitus tenebrosa nubes opprimat ,
Gorpusque madefaciat , vestesque humectet.
Sed evitato •■, mensis enim gravissimus hie
Hibernus , gravis animantibus , gravisque hominibus .
Tunc medium bobus , homini vero amplius adsit
Alimoniae : longae enim noctes succurrunt illi? ■
I K
E perche da la pioggia non sii vinto ,
Pelli di primogeniti capretti
Cuci con bovin nervo ; e vanne cinto
Agli omeri nel freddo : e 'n capo metti
Benfatto un pileo , che gli orecchi tegna
All' umido del giel chiusi e costretti .
Gelida 1' alba e quando Borea regna ,
E dal Ciel nel mattino un aer si stende
Sopra i colti de' ricchi , e 1 suolo impregna ;
Che da' perenni fiumi il vapor prende ;
Poi turbinoso vento in alto 1' erge
Tanto che lungi dalla terra ascende ;
Ed or di pioggia a sera la cosperge ,
Ed altre volte sofiia, allor che i densi
Nugoli il trace Borea muove , e sperge .
A prevenir quest' ora io vo* che pensi ;
E al tuo nido per tempo ti raccolga ,
L' opra compiuta de' diurni pensi ;
Si che la fosca nube non ti colga
Di colassuso , e non t' immolle i panni ,
E fra T umido suo te stesso involga .
Guardati ; che cagion di mold aifanni
Questo mese del verno e sempre stato ,
E danni a greggi , e ad uomini fa danni .
Allor a la meta del vitto usato
Il bove , e a poco piu 1' uom sia ridutto,
Che lor da le gran notti ajuto e dato .
12©
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Qwy&p Si arKttpouq-&uKit$ , %m iw i» wi-mv ,
„ Haec observans, totum in annum
Aequato noctesque et dies, donee rursum
„ Terra omnium mater fructum omnigenum proferat .
Quum autem sexaginta post Solstitiunr
Hibernum exegerit Juppiter dies , tunc sane astrum
Arcturus'relinquens sacrum aequor Oceani ,
Primuin totus apparens erf oritur vespertinus .
Post hunc mane lugens Pandionis venit hirundo
In lucem hominibus , vere nuper coepto .
Hanc praevertens vites incidito : sic enira melius .
At quum domiporta ( cochlea ) e terra plantas ascender.
Pie jades fugiens , tunc nou amplius fodiendae vites ,
Sed falcesque acuito, servosque excitato .
Fugito vero umbrosas sedes , et matutinum somnum.
121
Questa norma di cibo , onde t' ho istrutto ,
Paragonando colle notti i giorni ,
Tutto 1' anno terrai ; fin che ogni frutto
La madre antica a germinar ritorni .
C A P I T O L O VII.
p
oi che Giove del verno avra donate
Sessanta intere luci dopo quelle
Che da lo star del Sole son nomate;
Incomincian d' Arturo le facelle ,
Le sacre acque del mar lasciando a sera,
Tutte ad aprire lor sembianze belle .
Dopo esso agli occhi nostri appar primiera
La rondinella , e piagne in sul mattino ,
Sorta di pochi di. la primavera .
Or poi che questo tempo fie vicino
Potar le viti , e diradar si vuole ;
Questo e '1 miglior partito al contadino .
Ma come dalle Plejadi s invole
Quella che a tergo la magion si porta ,
E di terra alle piante ascenda, e vole,
Zappar viti non dei ,• ma la ritorta
Falce raffina , e su la cote appunta ,
E de' grani a la taglia i servi esorta .
E schiva il sonno da che 1' Alba spunta ,
E i seggi ombrosi , quando 1 gran si affascia ,
E corpo e lena dal sole ci e smunta :
16
122
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Apt I op dxpaioc, fytpdpou Tpi^ounvx 7rpo<rco7rov ,
Tempore messis , quando.Sol corpus attenuat ,
Tunc festina , et domain fruges congere ,
Diluculo surgens , ut tibi victus sufficiens sit .
Aurora enim operis tertiam sortitur partem ;
Aurora magis promovet quidem viam , magisque promovet laborem ;
Aurora quae apparens multos ingredi fecit viam
Homines, pluribus vero juga bobus imponit .
Quum vero carduusque floret , et canora cicada
Arbori insidens dulcem fundit cantum
Frequenter sub alis , aestatis laborioso tempore ;
Tunc pinguesque caprae , et vinum optimum ,
Salacissimae vero inulieres , et viri imbecillissimi
Sunt -j quoniam caput et genua sol affligit ,
Siccum vero corpus ob aestum . Sed tunc jam
Sit in antro umbra, et Biblinum vinum,
Libumque lacteum , lacque caprarum non amplius lactantium,
Et vaccae quae frondibus pascitur caro nondum enixae ,
Primogenitorumque hoedorum ; praeterea nigrum bibito vinum,
In umbra sedens , corde saturatus cibo ,
Contra purum Zephyrum obverso vultu ,
Ma t' aifretta , e per tempo il letto lascia ,
Onde a la tua magion raduni allora
Gran , che a viver ti basti senz' ambascia .
De' travagli del di spetta all' aurora
La terza parte : ella i viaggi a noi ,
Ella i lavori ci vantaggia ancora .
Ratto che spande i primi raggi suoi
Mold 1' aurora mette uomini 'n via ,
Molti all' usato giogo unisce buoi .
Ma poi che '1 cardo i fior novelli cria ,
E spesso la cicala intra le foglie
Di sotto 1' ali sue spande armonia ;
Porge la state allor aifanni e doglie ;
E piu grasse le capre , i vin piu grati ,
Piu son le donne accese in le lor voglie ;
E piu che unquanco gli uomini spossati ;
Che le ginocchia e 1 capo il Sol fa stanco ,
E i corpi la gran vampa ha stenuati ;
All' ombra d' uno speco allora il fianco
Dei riposar : e vin che a Biblo nasce ,
E pan lattato non ti venga manco ,
Latte di capra che figliuol non pasce ,
Primi capretti , e vacche paste a frondi ,
Che mai di parto non sentiro ambasce :
E volto il viso a' zeffiri giocondi ,
Saziati , assiso all' ombra , di tal esca ,
E '1 nero vino all' arse labbia infondi .
123
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Xapa bit tva.ii y xou ivrpo^xXo) cv dXcaYi .
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Hdvizx (Btov KOLTttOyOU t7rdp/!/,2voi> ivj'o&cv 01X.0U ,
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Al£i&OU xiXo/UOU • %CtXi7TH J' VTTOTTOpTte, i'?j$o<; .
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Ovpxvdv, 'ApxTxpov S' i<riJv\ poS'oSdxTvXoe, Ha>$, 610
Fontemque perennem ac defluentem, quique illimis sit.
Tres partes aquae infunde, quartam vero partem vini admisce .
Famulis autem impera Gereris sacrum munus
Triturare , quando primum apparuerit Orion ,
Loco in ventis exposifco , et bene planata in area.
Mensura vero ( usus) diligenter recondito in vasis ; sed postquam
Omnem victum deposueris bene conditum intra •domuni,
Servum domo carentem conducere , et sine liberis ancillam
Inquirere jubeo : molesta est autem quae liberos habet ancilla .
Et canem dentibus asperum nutrito , nee parcas cibo :
Ne quando tibi interdiu dormiens fur facuitates auferat .
Foenum autem importato, et paleas , ut tibi sit
Pro bobus ac mulis annuum pabulum ; sed postea
Servorum refocilla cara genua , et boves solve .
Quum vero Orion et Sirius in medium vencrit
Coelum , Arcturum autem inspexerit roseis digitis Aurora,
l2S.
Limpido fonte di viva onda fresca
Vi corra j e infondi dell' umor che versa
Tre parti , e per la quarta il vin si mesca .
Or come prima d' Orion' emersa
Vedrai la face , a la famiglia imponi ,
Che la mano a trebbiare sia conversa .
De la spicosa Dea tritura i doni
In aja rasa , in loco all' aura esposto :
E misurando in vasi gli riponi .
E poi che tutto in casa e ben riposto
II tuo vitto , una fante , ed un famiglio
A' domestici ufficj ne sia posto .
L' un senza casa , e 1' altra senza figlio
Bada che sia . Serva che nutra eredi
Sempre di noja e seme , e di scompiglio .
Nodri can d' aspro dente , e lui provvedi
Largo di cibo : che le tue fortune
Chi dorme il giorno , a notte non depredi .
Delia paglia e del iieno , esca comune
A' muli e a' buoi , quanto bisogna a un anno ,
Tanto a' fenili tuoi se ne raguni .
Poscia rinfranca del sofTerto danno
Le debili ginocchia a' servi lassi ,
E disciolti da giogo i buoi n' andranno .
Ma quando a mezzo il Ciel muovono i passi
Canicola , e Orion ; e gia 1' Arturo
A la rosat' Aurora incontro stassi ;
12(5
'il HipO-YI , TOTS 7ra.VTCtC, Ct7roJpi7Ti o'tKOtJ'i fioTfiVC, !•
Aei^ou S' iiiX/p Swat, r vi fxcarx. x.ou S$x.ct vvktu^-
Tlii>7V Si (ru<rKici<rou , iKTta J' &C, ctyyi d(pv<r<rcu
Aapct A/avv'trx 7ro\vyw$-{o(; ■ ctvmp eVw r JV
TlXyituSn; £■' , 'TctSa; re, to te efrgVos '.QeXafcs 6i5
kuVCtiPlV , TOr' i7T6iT CtpOTV fXifXfilJUifOg &POU
'Q.pcuou • TrXeicov JV Kara* x§ovo$ apfj-zvoc, elvi .
E/ ei <ri yavTiXtiftc, £v<T7ri{A(pi\x 7yApo<; a/p« ,
EcJr a; HXtitd Si\ , e&gro^ q/2&/uoi> '£lqj.covoc>
Qivyovarau , 7ri7nw<riv ie, inipoeiSict 7t6vtov , #2©
^W 70 73 7TCWTVIC0V Ctvl fXCOV SvOVtTlV tXYiTCtf
KoU TOTS fXyiKiTl VWCtC, i )(HV QA>1 01V07TI 7T0VT&)'
rifi> J" ipyatji&ou {jn/upyi[j,ii>o<; , wc, <rg KiXiveo-
Nwa cf' gV w7reipov ipvtrou. , 7ruKci<rou t? XiSokti
HcIvtv&zv , o<pp 'I %cof dvifxcav y.ivoc, uy>pv caviwy , 6a5
O Persa , tunc omnes decerpe et fer domutn uvas .
Exponito vero Soli decern dies, totidemque nodes.
Quinque autem in locum opacum repone , sexto in vasa conde
Dona laetitiae datoris Bacchi . Sed postquam utique
Pleiadesque Hyadesque ac vehemens Orion
Occiderint , tunc deinde arationis memor esto
Tempestivae ; ita annus in opere rustico bene dispositus sit .
Quod si te navigationis periculosae desiderium ceperit ,
Quando utique Pleiades , vehementem Orionem
Fugientes , subierint obscurum pontura ,
Tunc certe variorum ventorum strident flamina ;
Et tunc ne amplius naves habe in nigro ponto ;
Terram autem exercere memento ita ut t« jubeo .
Navem vero in continentem trahito , munitoque lapidibus
Undequaque , ut arceant ventorum vim humide flantium ,
Tutti vendemmia i grappi , e all' abituro
Recagli , o Persa ; e dieci di gli tieni
Con altrettante notti all' aer puro .
Indi per cinque all' ombra gli sostieni ;
E de' doni , onde gioja da Lieo ,
Nel sesto giorno i vasi fa ripieni .
Al fin , quand' Orione in mar cadeO
Con le Plejadi , e F Iadi , ad arar pensa ;
Che tempo e gia : cosi 1' anno febeo
A' campestri lavor ben si dispensa .
127
C AP IT OL O VIII.
s
e poi nel cor ti nascera talento
Di sospingere in mar legno spalmato ,
Opra piena di risco , e di cimento ;
Nel tempo che Orion fuggendo armato
Si dileguan le Plejadi nel mare,
E di venti diversi spira il fiato ;
Le navi al fosco mar piu non fidare ,
Ma de' fertili campi a la coltura ,
Cosi com' io t' esorto , dei pensare .
Traggi '1 navilio in terra , e 1' assicura
Contra gli umidi venti e i lor contrasti ,
Facendo a lui di pietre alta chiusura .
128
Xel/xupov u%ipv<rot<; , i'va. ijm Trudy Atot; oju/Spoi;.
OttXcc J' i7rdp(A£vct 7rdvTvt tsoj iyxdrSio olxcoj
lLuKO(r(/.eoc, ^oXta-ctc, vmc, 7rrepd 7rovw7ropoio .
HyidaiXioir J' ivipyic, VTTip xct7rvQ x.pi(jtd<ra&ou.
Av'tvi; £ copouov fxt [xv&v ttAoov , &<roxcv I'A^n , 63o
Kou tote viict Soyv aAa^T iXxi yew , cv Si rs (popwv
''Appcvov QA>TUva.&au , 'iv oltxctSi XipSoc, etpyoUy
"\l<T7rip ifioc, ts Trcfrnp xou <roc, , ysya. i^'tth Hi pent ,
TLXcoi '£ga" xcv vwert , filx xi^'Afxivoc, i&Xx .
' Q$ 7T0TB XOU TYlS' mA.^S , 7T0\vi> Sid 7TOVTT3V O.VUO'Crai.C,-, 635
Ku/uyii> AtoXiSa. <®fo7\i7roov , o» vy\\ [A:\ouvy '
j, Ovx cttpoMoc, ipivycdv -, a* Si ttAsstcV te, xou o)\fiov y
,, 'AXXd xolxav 7rc#JY!i> , wV Z?y? zvSpi<r<ri SI Soon .
'Ndtrertx.To cT' a>-^ ''EXixoovoc, 6i£upy ivi xco/uviy
''Arxpy, %ei[Aa xctxy , Sspsi dpyaXiy , nSi 7ror 6o9-Am - 040
Tt/Vw J*1', » Ili'po-M , '{pycov uijjLVAyAvoc, ekvcu
'Upoucov TrctvTitiv , 7ri?} vavriXiAC, Si fxetXt^a ■
Nw oXiyyv cuveiv , [xiy&Xy & evi (poprla. Si&cu-
M&i^cop (xiv tpopwt;, [X&t^ov S' eV/ xipSn xipSo$
vE<rcri7V£t , « x' dn/aoi yi xxxott; d/ri^ao-iv aVraJS • 6^5
Sentina exhausta , ne putrefaciat Jovis imber .
Arraamenta vero disposita omnia domi tuae repone,
Recte contrahens navis alas pontigradae .
Clavura vero fabrefaetum super fuinum suspendito .
Ipse autem tempestivam expectato navigationem , dum veniat
Tuncque navem celerem in mare deducito , intus vero onus
Aptum imponito , domum ut lucrum reportes ,
Quemadmodum meusque pater , et tuus , stultissime Persa ,
Navigabat navibus , victus indigus boni .
Qui olim et hue venit , immensum pontum emensus,
Cumam Aeolidem relinquens, in navi nigra:
„ Non reditus fugiens , neque opulentiam , ac facilitates ,
,, Sed malam pauperiem , quam Juppitor liominibus dat .
Habitavit autem prope Heliconem misero in vico ,
Ascra , hyeme malo , aestate autem molesto, nunquam bono.
Tu vero , 0 Persa , operurn meinor esLo
(Vt) tempestive omnia (fiant,) navigations vero maxime .
Navem parvam laudato , magnae vero onera imponito .
Majus quidem onus , majus vero lucrum ad lucrum
Erit , si quidem venti malos contineant flatus .
129
Vuotane la sentina ; che nol guasti
L' umor piovuto ; e 'n casa ti riponi
Gli ordigni ad un ad uno , onde 1' armasti .
E 1' ali sue piegando ben componi ,
E F adatto timone al fumo appendi
Iniin che i giorni a valicar sien buoni .
Allora al mare il pin veloce rendi ,
E giusto incarco per entro vi stiva
Se con acquisto ritornar pretendi .
Tale il mio padre e tuo , perche pativa
Di buon vitto penuria , o stolto Perse ,
Sen gia d' una varcando in altra riva .
Che misurar gran pelago sofferse ,
Quando con nave a queste piagge venne
E dall' Eolia Cuma si converse .
Ne gia fuggia con le spiegate antenne
Ricchezze , agj , ed aver ; ma la penosa
Poverta, che da Giove ad uom provenne.
Presso Elicona , in Ascra disagiosa
Resto , vil borgo da la state afflitto ,
E reo nel verno , e non mai buona cosa .
Or tu vedi che 1 tempo a noi prescritto
In ogni opera , o Perse , si mantegna ,
Ma piu che altrove nel marin tragitto.
Loda il legnetto , ed al vascel consegna
Le merci : piu e piu lucro e , ov' e piu carco ,
Se il vento le sue furie ne contegna.
n
66o
665
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,, Qvii ti vaLVTiXiyc, <r tG-ot$i<r pivot; , are ri vveov ■
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„ 'EXXdSbc, 6% itpvic, Tpoi'viv it, ■naXXiyu 'vcuKot .
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,, 'Ifxvcp viY.v\<ra»itx ^ipav r?j.7roS" oonoovrtt .
„ Tcv [Xiv iyco M«<nj£ 'EXiKGoviaSto~o~ dv{$viKct ,
„ "EvSd fxi to TTpamv XtyvpXi; i7Ti/2yi(rxv doiSiic,.
„ Toarorov mi vyioov yi 7ri7reipa./j,ou TroXvyo [/.(pcov ■
,, 'AXXd nod coc, ipico Z,mo\ voov cdyioyoio .
Wlxaraz yap fj. iStSa^uuv d^sa-<pa.Tov u fxvov deiSetv.
''Yifxarct TrcyjtiKOVTiz fx<m T.po7rdc, viiXioio,
'Eg liXoc, iXSrovioc, Bs'pioq KafxotTwSioc, &>p>n;, •
t£lpau6e, 7riXitcti SvyitoIc, 7rXdo; • xts Ki viia,
Quando autem ad mercaturain verso imprudente animo ,
Volueris et debita efFugere , et famem molestam ,
Ostendam tibi rationes sonori maris ,
Etsi neque navigandi peritus , neque navium •
Neque enim uiiquam navi transmisi latum mare ,
Nisi in Euboeam ex Aulide ; ubi quondam Graeci ,
ExpecLata teinpestate 5 magnum coilegerunt exercitum
" Graecia e sacra ad Trojam pulchris foeminis praeditam .
Illuc ego ad certamina strenui Amphidamantis
',' Chalcidemque trajeci; indicta (per praecones) vero multa
„ Praemia constituerunt juvenes magnanimi: ubi me dico
Carmine vie tore in tulisse tripodem auritum •
Quern ego quidem Musis Heliconiadibus dicavi ,
" Vbi me°primum duleis eompotem fecerunt cantus .
,',' Tantum naves expertus sum inultos clavos habentes .
„ Sed tamen dieam Jovis consilium Aegiochi ,
Musae enim me docuerunt divinum carmen canere .
Dies quinquaginla pot>t Solstitium ,
Ad finem progressa aestate laboriosi temporis,
Tempestiva est mortalibus navigatio ; nee certe navem
Dunque se, volto a mercatura e imbarco
II folle tao pensier , vuoi d' ogni parte
Di debito e di fame gire scarco;
Del lempestoso mar poss' io mostrarte
I tempi , e le ragioni ; ancor che istrutto
Non foss' io mai di navi o di tal arte :
Che gli ampj spazj del marino flutto
Con legno non premei , se non se allora
Che nell' Eubea fjii d' Aulide condutto ,*
Ove di Grecia sacra uscendo fuora
Per Troja , il grand' esercito s'unio
Aspettando al tragitto il tempo e 1' ora .
La prima , e poscia in Calcide venn' io
Quando all' onor del prode Anfidamante
Spettacolo solenne si bandio .
Promise e die gran premj la prestante
Sua prole ; ed io tripode ansato n' ebbi ,
Che ad ogn' altro cantor fui messo avante :
E l'eliconie Dive indi ne accrebbi
La Ve del canto la gentil scienza
Merce di loro , e da' lor fonti bebbi .
Tanto , e non piu , di navi ho sperienza ;
Pur di Giove i consigli avvien ch' io dica
Poi che del divin metro ho conoscenza.
Quando la state piu non ci fatica ,
Per ben cinquanta di dopo il solstizio ,
Ricorre l'ora a'naviganti arnica:
,3I
132
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Fregeris, neque homines perdiderit mare,
Nisi dedita opera Neptunus terrae quassator ,
Aut Juppiter immortalium rex velit perdere
Penes hos enim potestas est simul bonorumque malorumque .
Tunc vero facilesque aurae , et mare innocuum ,
Tranquillum : tunc navem celerem , ventis fretus ,
Deducito in pontum : onus vero bene omne colloca .
Propera autem quam celerrime iterum domum redire :
Neque vero expectato vinumque novum , et autumnalem imbrem
Eb hyemem accedentem , Notique molestos flatus,
Qui concitat mare , comitatus Jovis imbre
Multo autumnali : asperum vero pontum facit .
Sed alia verna est navigatio hominibus ,
Nempe cum primum quantum incedens comix
Vestigium fecit , tan turn folia homini appareant ■
Summa in iicu : turn sane pervium est mare .
Verna autem haec est navigatio; non ipsam ego tamen
Probo : neque enim meo animo grata est ,
J33
E cortese porgendo al legno ospizio
Non tel fracassa il mar ; ne le persone*
Sormontato trabocca al precipizio;
Se in cor di ruinarle non si pone
Giove o Nettun : pero che sta in lor mano
E del bene e del male pgni ragione .
Schiette 1' aure , tranquillo e 1' Oceano ,
E sicuro a que' di : iida il tuo legno
A' vend , e . '1 traggi nel ceruleo piano .
Vedi , che tutte poste a buon disegno
Vi sian le merci , e ratto il »piu che possa
Di ritornar premura abbi ed impegno .
Non aspettar vin novo , e che sia scossa
Pioggia d' autunno , e '1 verno che avvicina ,
Quando da tristo Noto e 1' aura mossa ;
Che in mar destando va turbo e ruina
Seguitato da spessa autunnal pioggia ;
E paurosa rende la marina .
Un altro tempo ancora , un' altra foggia
V ha di tragitto , allor che '1 verno passa
E la nova stagion rinasce e poggia.
Quando in vetta del iico non trapassa
La foglia il breve giro di quell' orma ,
Che la cornacchia camminando lassa ,
Varcar si puote il mar ; in questa forma
Ha Primavera il suo marin viaggio ;
Sebben nol lodo , che mal si conforma
m
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"Au&p<»7roi pitpvauv di$p&y<ri vooio 685
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MviJ' cvi vwvcriv cL7rou>vz /3iOf x.oiXy<n r/'3-«c&az •
'AXXd 7rXico Xdirziv , ra? Si [A&iova (popr/fy&eu- 690
&&tvov yap 7roviH [/.itu KU(/.a<ri Trypan xvpcrxi.
&<hvov y\ etx e<p dfta^cw V7rip/2ivi> ax^oc> delpae,,
"A^ova x.avd£ou$, vx Si <poprt" dpavpco&eivi •
Mirpa tpuXd<r<ri&af KOtpot; S' itti 7rd<riv d&soc,.
'D.pouog Si ywudixa isgv ttot/ olxov dyi&ai . 69$
Mwre tqjmkovtmv iizcov fiaXa 7T0XX' ^bTwXeiTTCOV ,
Mn'r' i7ri$ei<; fxaXa 7roXXd' ydpoc, Si to/ af&oi; »ro<j .
'H Si yvvvi TiTvp rifipYi, 7Ti/U7rrot) Si ya/uo7w .
Hxp$cvtMv Si yafieiP , cot; KmHSna, xiSva SiSdJryc,.
Quia occasio ipsius invadenda; aegre quidem effugeris malum; sed ta-
Homines faciunt stultitia mentis. ( men et haec
Opes enim sunt anima miseris mortalibus .
Miserum vero est mori in fluctibus . Verum te jubeo
Considerare haec omnia in animo quaecunque tibi consulo.
Ne vero intra naves omnem substantiam cavas pone :
Sed plura relinquito : pauciora vero imponito .
Miserum enim ponti in fluctibus in malum incidere :
Miserum etiam , si in currum praegrande onus imponens
Axem fregeris , onera vero corrumpantur .
Modum serva . Tempus vero in omnibus optimum ,
In flore vero aetatis uxorein tuam ad domum ducito .
Neque triginta annis valde multum inferior,
Neque superans multum : nuptiae vero tibi terapestivae hae .
Mulier autem quatuordecim annos pubescat , quintodecimo nubat .
Virginem vero ducito, ut mores castos doceas .
Al genio mio: 1' ora di tal passaggio
Rubar si vuole ; • e a stento ivi s' evita
Qualche impensato di fortuna oltraggio .
Pur anche a tal periglio corre ardita
La follia de'mortali: che il danaro
E per 1' uomo infelice anima e vita .
E miseranda cosa intra 1' amaro
Flutto lasciar la spoglia ; onde rifletti
Teco quant' io cantando apro e dichiaro .
Ne tutte in cavo legno aduna e metti
Le tue sostanze : il piu ne lascia in terra ,
E all' elemento infido il men commetti .
In mare incorrer danno e cosa acerba ;
Come avviene talor che si costipa
Nel carro il peso , e modo non si serba :
Si rompe 1' asse , e '1 carico si scipa .
■35
I
CAPITOLO IX.
n tutto che * farai serba misura ,
Ed opportuno in tutto il tempo cogli ,
Che molto giova quando ben si fura .
Moglier' in eta verde in casa togli .
Quando a' trent' anni , o circa s' e levata ,
E matura 1' etade in che t' ammogli .
Cresca sett' anni e sette , e sia menata
Di quindici la donna , ancor donzella ,
Perche al ben viver sia da te formata.
i36
TtfV JV (xdXiTot, ya.fj.9tu yi'th; (tIStzjh iyyuBi vouet' £00
UcIvtu fuoiX' d/u(pig IScov , /uv y&rocri ^dpfuctrce ynyt-fc, •
Oo (jav yap ri yui>zix.o<; dvyp Aw/^r' ayL^ivov
T'yh; dyaSHc,' rye, £ cturs xcfuyc, a plyiov aAAo
£.&7rvo'ho,xy\c}' v\t .cLvSpct xou 'i'^ifxov Trip iovwc.
ILuh ctizp SaXa , xou cofxf yripoii S'cokz.v • £05
Ec/ cT ottiv a.r$JwcLTU)V (xctytcipoov 7ri<pv\cty/!Aivo<; eivou-
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E/ JY Ki 7ro/y(<ry\<; > /uyi (jliv 'zepoTzpoc, ■x.clx.qv ip^vit;-
M.mJV -^evJi^ca yXu<r<rwc, xctg/v & M x.a> dpx*i)
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A/$ meet Tivvv&au (jLiuvAixivoc,- «' JV x.cv avSrig
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TloietTM ' <Ti Si (UYI Tl VOQV ZdTsXiy^iTlO ckSoC, .
MtfJV TToXt/^fil'OP j (J.nJ' CL^CiVOV KO.\{l&OU , ?sl5
MmcJY nctnoov iutpov , (uvS' i&\a>v vemi^yipa •
Earn vero potissimum ducito si qua te prope habitat :
Omnia diligenter circum contemplatus , ne vicinis ludibria ducas
Neque enim muliere quicquam vir sortitur melius
Bona : rursus vero mala non gravius aliud
Commessatrice : quae virum licet robustum
Torret sine face, et in praematura senecta constituit.
Bene vero reverentiam erga Deos immortales observato .
Neque fratri aequalem facito amicum :
Quod si feceris , ne ipsum prior malo afKcias .
Ne vero mentiarls solatii caussa. Sin autem coeperit
Aut verbum aliquod dicere ingratum , aut facere,
Bis tantum punire memineris : si vero rursus
Bedeat in gratiam , poenam autem velit dare ,
Becipe . Pauper quidem vir amicum alias alium
Facit : tuum vero ne quid animuin coarguat vultus .
Ne vero multorum hospes , neve nullius hospes dicaris ,
Neve malorum socius, neque bonorum convitiator .
T37
Se 1' hai vicin di casa , attienti a quella ;
Ma per non aver beffa da' vicini ,
Guata ben tutto e prendine favella .
La virtuosa donna infra' destini
Per 1' uomo e 1 meglio ; e il peggio e la cattiva ,
Che a laute cene di soppiatto inclini .
Essa un marito , che robusto viva ,
Brucia pur senza faci , e discolora ,
Si che immature- a la vecchiezza arriva .
De'venerandi Dei rispetta ognora
L' alta presenza . Un amico sincero
Meno , che '1 tuo fratello , ama ed onora .
Se un amico t' acquisti ; a lui primiero
Onta non far , ne tanto digli o quanto
Ne anco a scherzo mai , che sia men vero .
Ma s' egl' incominciasse dal suo canto
Con parole o con opre a farti offesa,
Rendi male per mal due volte tanto .
Pero se a rappaciarsi cerca presa ,
E presto a satisfare si offerisce ,
La tua pristina grazia gli sia resa .
Or uno , or altro d' amicarsi ambisce
II pover' uom : te non accusi '1 vol to ,
Ch' ei dissente dal core , e che fallisce .
Ne inospitale , ne ospitale molto ,
Ne compagnon di tristi sii chiamato ,
Ne morditor di buoni audace e stolto .
18
i38
Mtldi 7T0T 0V\0{A,il>YlV 7TZVIYW &UfA0$Q6p0V dv$o).
TtrXaS oveidi^&tv , fxctxdpoov Jtitrtv ouiv ioviuv.
rXeocra-ni; to/ $Yiaruvpo\ cv dv$-p6)7roi<riv cL<y.<?o$
<&9idGt)\ii<;y 7rXH9Y\ JV X^&S K<Z™C jU'erpOU loV<TV\$- £20
E/ di XCtKOV ZiTTVISi TDt%<X, K ctvioc, fxeil^ov OLKiiO-OUt;.
MwdV 7roXv^eiva Souwt; &v<T7r(yi.tyiXoe, &vou
Ex. xoivov • 7rXeig-yi Si ;£#?;<;, dct7rdvA r 6\iyi<?y.
MxJ/ 7tot o^ wove, Ai'i Xfi/2ei!> auSo7ra. oliov
Xeptr/V dvi7not<rtv , /uyiS' ctXXoic, ct$rcu>ctwi<rii/ . lib
Ou ydp rolyi xXva&iv y ~)>?rv7rTV%o-i d( r dpdq-
Mw^' dvr tizX/o/o TtTpctfAfAivoc, op^oc, OfXl^eiV •
Aurizp i7ryv xi dvv\ , fxiyLvyyiivoc, , £'<; r dviovroe, .
MwV df o£a> ) {A.WT ixioc, 6 Sou 7rpo/3dSnv ap>/crjt£,
MtfcT ')krn?yuuvGo$reic> • fxaxotpeov to/ vvkts$ lacriv. ^3©
'E^o/ucvot; S' oyi Seioc, dvvip 7ri7rvvpt.{vcL eiSeac,^
*H oyi 7rpoc, Toiyov 7rihdara,e, ivipxtot; ac/Aw<;.
MyS' ouSola. yovy 7ri7rccXay/j,iP0i; ipSo&Qjp o'Jxx
'E^ty i[X7rikdS6v 7rapct<paxviyLQJi> , aAA' d\{ct&ou .
MviS' ")vrv Juo'tyYif/.o/o raspy 's^7mvo^Y\o-a^TOt ^35
X/np/Jiouveiir ytviviv , «'AA' a.$ou>ctTWP !&& SbuT0$>
Neque unquam miseram pauperiem animum comedentem, homini
Sustineas exprobrare , divorum doiium imraortalium .
Linguae certe thesaurus inter homines optimus
Parcae , plurima vero gratia , si modum servet .
Quod si malum dixeris , forsan et ipse ma jus audies .
Ne in convivio , quod multi amici instruunt , sis morosus
Ex communi (quum comeditur) ; plurima enim gratia , suiuptusque mini-
Neque unquam mane Jovi libato nigrum vinum (niue.
Manjbus illotis, neque aliis immortalibus .
Neque enim illi exaudiunt, respuunt vero etiam preces -
Neque contra solem versus erectus mejito ,
Sed etiam postquam occidit memor ejus rei, usque ad (ipsum) orientem
Neque in via , neque extra viam inter eundum meias ,
Neque denudatus : Deorum quippe noctes sunt.
Sedens vero divinus vir et prudens ,
Aut ad parietem accedens bene septae caulae .
Neque pudenda se mine pollutus intra domum
Focum juxta revel at 0 , sed caveto .
Neque a feralibus epulis reversus
Seminato progeniem , sed Deorum a convivio.
i39
Ne al poverello il suo misero stato
Che rode il cuore , rimprocciar giaminai :
Che dagli eterni Dei tal dono e da to .
Parca lingua e un tesoro ; e merto assai
A chi e temprato parlator si rende .
Se dici mal , forse che peggio udrai .
Ne al pasto sii ritroso , ove si prende
Infra gli amici a scotto ; e pensa ch' ivi
S' aggrata molto , e ben poco si spende .
Lordo le mani , a Giove o ad altri Divi
Non libar vino mai quando il di nasce ;
Che a' voti tuoi saranno irati e schivi .
Ne a la vescica 1' acqua si rilasce
In piedi , o al Sol ; e poi che 1 giorno cade
Tal contegno terrai fin che rinasce ;
Che camminando , in via, ne fuor di strade,
Ne mal velato il faccia . II tempo scuro
Di notte annolo i Numi in potestade .
II savio , che dal Ciel divino e puro
Tragge costume , assidesi in tal opra ,
O di chiuso cortil s' arretra al muro .
Ne al sacro focolare sidiscopra
Vergogna immonda entro del tuo soggiorno ;
Ma sempre in cose tai riserbo adopra .
Qualor cenasti a' sepolcreti intorno
A prole non attendi; ma ben quando
Da la mensa de' Numi fai ritorno .
140
MYlJt 7T0T dcvdcov 7T0TZXU&)1> KdXXt ppOQV U Scop
Yiotrci 7npav', 7r?).v y iu%y iSoov i$ zxXa pi&pa >
Xvpucc. vi\a.fx<tvoe, 7roXvYtpdrM viari Xiuxso •
"O? 7T0TUU0V cT/flt/Sjl , HCtKOWTl JY y^ftpO.^ CtVlTTTOC,, I^Q
"Toidi S101 vt/jutraxri , )tau dXyia dooK'Vi 07r/o~o~6)-
My J" "^W 7rcvm£,o/o , Qioov hi) Sour] SaXeiy ,
Kvov Xtd yXoopx Tttfxveiv aiScovi cr/JVpi).
MyiJz 7T0T OIVO-^OVW T&i fXCV xpv\7iipo$ UTTipScv
Huovmv oXovi yap S7r a.vru> fxoipct t^tuktixi • 7 4 5
MtfJV S6/J.0V 710100 V, dvl7Tl^t^0V K.aiTX.Xei7rHV ,
Mw TO/ itylCpfJiiw Kpoofy XctKtpvt,OL KOpGoVA.
MwcT' ^ctdv ^rpo^-oJa^ a.Vi7TipplX.T(0V aViXilTOt m
''Ea&W [AYlS'i Xoi&CU • i7T&i KOU TDl ' C, gVl 7T01VA .
MwcT' eV cL'x.ivwtvio'i Kct%it,eiv («' ^ap auwov) 7^0
IlcuJa Svoo^ittctTauLov , or amp' dvn'i'opa yroi&t '■
MwJV cbcoSiKCLfAyiVOV ICOV KCU THTO TSTUXTVtt .
MtfJe yuuouKHti} Xxrp:o }%oa (pcuJpuvi&ou.
Avipa,' XivyocXiv yap tni y^ovov %f eV/ kcw rjji
Tloivn • [jwS' i'polcriv sV aiSou.ivoi<ri nvpytrac, , ^55
Mao/uiveif d/S'vtXa • $i6q rt xou m vifxica-a .
Nee unquam perennium fluviorum limpidam aquara
Pedibus transito, priusquam tfraveris aspieiens pulchra flumina ,
Manus lotus amoena aqua limpida .
Qui fluvium transient, malitia vero inanus illotus,
Ei suceensent Dii, et damna dant in posterum.
Ne vero a manu , D'eorum in celebri convivio ,
Siecum a viridi reseca nigro ferro.
Neque unquam vas , ex quo vinum funditur, pone super craterem
Bibentium : pernieiosum enim in eo fatum est situm .
Neque domum faciens imperfectam relinquito ,
Ne forte insidens croeitet stridula cornix .
Neque ab ollis nondum dedicatis capiens ( cibum )
Comedito , neque lavator: quia et hisce noxa inest .
Neque super immobilibus locato ( non eniin bonuin. est )
Puerum duodecennem : quia virum inertem facit :
Neque duodeciin mensium : aequale et hoc est .
Neque muliebri in balneo corpus abluito
Vir : gravis enini suo tempore erit et hujus rei
Poena . Neque in sacrificia accensa incidens ,
Reprelieude arcana : Deus quippe et haec indig*ne fert .
141
Ne lassa , i vivi fiumi oltre guadando ,
D'orar, volto la faccia a l'onde belle,
Le mani al puro e fresco umor lavando.
Chi non terso le man varca per quelle ,
Peccando in prova, a' Numi in ira viene.
E gli dan pena del voler ribelle.
Ne dal vivo del dito si conviene
Tagliar col ferro Tugna arida e morta
Nelle sacre agli Dei celebri cene .
Sovra la coppa , che per tutti e porta ,
Tazza non poni a mescer vino eletta ;
Che malvagio destino in cio s' apporta .
Ne la casa che fai , lascia imperfetta ,
Onde ivi a crocchiar con triste note
La garrula cornacchia non si metta .
Ne fuor dell' olle su tre piedi imraote
To' da mangiar , se sacre non son fatte ,
Ne da lavar : che cio pena riscuote .
Sovra d' immobil seggio non s' adatte
Fanciul, che corre il dodicesim' anno;
E se un ne conta , egli del par s' abbatte ,
E al maschile vigore allor vien danno.
Ne in bagno femminile uomo si mondi ,
Che grave un di se ne riscuote affannO .
Ne schernir cose occulte ; ove a' profondi
Sacrifizj vedrai , che '1 fuoco e acceso :
Che cio rende gli Dei nosco iracondi ,
«
142
„ MnJi 7tot bit 7rpo)(py 7rcmfAwi> dXctSi 7rpopidi>7wyy
„ MvS <i7ri xpwdcov ape* // • fjtdXct S <y%<zX<ia.&ou.
,j Mud op ' ct7ro-\v)(Hv ' to ydp ov to/ Xooiov i<?tv
' D.S ipS&lV SbiVAV Si (BpOTWU VTZOtXiViO (f}V, ' UY\V - 760
Vjjjttw ^ap 75 x.ctx.11 7riAvm.i y novipyt fjLiv ctapcu
cP«a fxdX\ dpyotXtn Si <pipen> , %ct\i7rvi S' ")>?m$r{&au-
$>Vfxvi S' a r/5 7rd.{X7T'JJj d7roXXvTxi > v\v rivet 7roXXoi
Aaoi <pY\[Ai£pu<ri' &io<; vv tic, g'sv xou ctvm •
HMEJ'AI.
V
JL M-uctTct S ix. Sto'Scv 7n<pvXa.y(x{voc, , to kolto. fJtolpaM y6&
HappctJi/xcv dfA6oi<r<ri • TP/yiKotSbt fJLvwoc, d^i^hu
„ ''iLpyct t <t7ro.7TTiueiv , iS' dp [jlclXiyi 'i> Sclts d&cu ■
5, ~Evt dp ctXwSeiyv Xaoi Kiivovrse, ayaxriv *
Ai'Si ydp Yi/Lupcu &o~i Aice, wctpd (jwtioqjvtoc,.
Tipoowv IvYi , TSrpac, rs , kou iSSo/uvij hpov vi/uetp. HO
Tyi ydp ATrdXXcoPct "fcvordopa, yeivaro Awra.
„ Nee unquam in alveo fluviorum mare influentium,
,, Neque super fontes mejito : quin valde evitato .
,, Neque ventrem exonera; id enim nihilo est melius
Sic facere ; gravem vero mortalium evitato famam .
Fama enim mala est, quae celeriter quidem excitatur
Facillime , molesta vero portatu , difficilisque depositu .
Fama vero nulla prorsus perit , quarn quidem multi
Populi divulgant ; quippe Dea quaedam est et ipsa .
DIES.
M I irjes vero ex Jove observans , bene secundum decorum
„ Praecipe servis ; tricesimam mensis optimam
„ Ad opera inspieienda, demensumque dividendum :
„ Nempe cum vere judicantes populi (dies) aguut .
Hae enim dies sunt Jov^e a prudente .
Primum , novilunium , quartaque , et septima , sacra dies :
Hac enim Apollinem ense aureo armatum genuit Latona .
H3
Ne dal corpo disgombra inutil peso
A' fonti , o di real flume a la corrente ,
Ma di cio guardia e gran pensier sia preso»
Schiva la trista fama appo la gente .
Mala cosa e la fama ; a sorger presta ,
Grave a portar , dura ad uscir di mente t
Spenta del tutto mai fama non resta ,
O sia di buona cosa o sia di rea:
Che molte lingue lei fan manifesta ,
Ed ella pure in se medesma e Dea .
CAP. X. LE GIORNATE.
D
i ciascun giorno , che per Giove splende ,
Osservando il tenor , insegna bene
A' servi i giorni adatti alle faccende .
Nel di che d' ogni mese estremo viene ,
De le mercedi a' servi far dispensa
E visitarne 1' opre si conviene ,
Ma cio val tra le genti, ove si pensa
A notare i di veri : il saggio Dio
A tali affar tai giorni ci dispensa .
II primo di che nova Luna uscio
E '1 quarto , e '1 settim' anco , in che Latona
Febo dall' aureo brando partorio ,
i44
OyJodvt r , ivdvf ts , JV<y yi -/uif yi/uxtu (jwvoq
^Z°X aiifyfAivoio /Spoma-ia. i'pya m'vi&ou.
EvdiKCtTH TS , dVCOtSiKCLW T , a. rx<pco yi fJLiU t&Xod .
H fxiv oi<^ 7reiKen' , yj J"' ivtppovu. Kctp7rov cipx&ou- 2^5
H JV dvcodiaaw wc, iv£i*.cimc, uiy aue'.icov.
Tvi yap to/ V9i vvi {/.ctr d:pa*i7?07}t7vt; ctpct^i'vit;
''HfActTot; tx. 7rXeJz , gts r 7 6 W*§ vaopov OLfxarctt .
Tvj J izov g-iicrcaw yvvvi , (mpoficLXotro ts spyov.
M.YIVQC, cT' l^a.fxivH T?jo-x.ouch)ia7tti> dXtaarSou 780
XTrtpucnvt; dp'taSTou- (pvm, sT wdp{-\ct&ou d?(.^tt ■
"EZ7ft cT' JJ [/.iCTG-YI (JLcLX CICTV fXtpopo't; i?t (pUTD/CiV
' hvSpoyovoc, r dya^y • axpvt J" a cruf/.^opo<; i?jv ,
OJre ^c^t&cw TTpcor , «V #p yd/ua dvriQoXvi<rou.
Ouai (xiv ti teptom iK7n Kxpy ts ycvi&au 785
''Ap^c*^, a'^ i?j(pai; Tvi/uveiv kcu 7rct>ict jUv'Xeov y
Xyx.Qi' r a./u{p/3ciXeiv 7rotfXvv\iov httiov m fActp .
'E&Aw eT' dvSpoyovoc,, (piXi&t Si ts Kiprofxa fid^&v,
~i'iuStd 9', oupLVAiac, ts Xoyzc,) Kpup/as r cct&<r/ms<;.
Octavaque et nona ambae dies mensis
Egregie erescentis ad curandum opera mortalium .
Vndeciraa vero , duodecimaque , ainbae quidera bonae :
Haee quidem tondendis ovibus , ilia laetis segetibus metendis
Duodecima tanien undecima multo melior .
Hac enim net fila in aere suspensus araneus
Die adulto , quum et prudens formica acervum colligit .
Hoc telam ordiatur mulier , et inchoet opus .
Mensis autem inchoati decimatertia caveto
Sementem facere incipias : plantis vero educandis optima est •
Sexta vero media valde incommoda est plantis :
Viripara bona : puellae vero non utilis est ,
Neque gignendae primum , nee nuptiis tradendae .
Nee prima quidem sexta puellae gignendae
Apta est , sed hoedis castrandis et gregibus ovium ,
Stabuloque circumsepiendo pastorali benigna dies est,
Bona vero viripara, amatque convitia loqui ,
Mendaciaque , et blandos sermones , et occulta colloquia.
Ond' egli e sacro ; indi 1' ottava e nona
Luce del mese , che gia in alto sale ,
Per gli umani lavor la sorte han buona .
L' undecimo e 1 seguente anch' ei 1' han tale
Per tonder 1' uno greggia , e 1' altro spica ;
Ma il dodicesmo a quello assai prevale :
Perche gli stami suoi iila ed implica
Sospesp il ragno in mezzo a tal giornata ,
Mentre che '1 grano ammassa la formica .
E 'n questo di la tela disegnata
Ordisca pur la savia tessitrice ;
E veder 1' opra faccia incominciata .
II tredicesmo Sol tristo e infelice
£ a cominciar semente : in cio Y evita :
A far nesti di piante e il piu felice .
La sedicesma luce e mal sortita
A piantagioni : e buona ad uom che nasce ;
Non a donna che nasce o si marita .
Ne gia la sesta , dopo che rinasce
II nuovo Mese , e lieta a la pulzella ,
Se viene allor nel mondo e ne le fasce .
Ma capretti ed agnei sanare in ella
Fia ben , e cinger mandre di ricinto ,
Ed anco ad uom nascente e fausta e bella .
Ama tal parto per nativo instinto
Susu rri occulti , e tenere parole ,
Pungenti motti , e ragionare infinto .
45
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Mio-o-yi S' i(BSofxa.iyi Ay[M'rspo<; hpov aKvjv 8o5
'Ev fxaX' 07Ti7TTiVonze ivrpo)(_ctXu) <zv aXcoy
Mensis vero octava caprum et bovem valde rnugientem
Castrato , mulos autem duodecima laboriosos .
Vicesima vero in magna , pleno die , prudentem virum
G-enerato : valde enim animo sapiens est .
Bona autem viripara decima , puellae vero et quarta
Media ; hac vero et oves , et pedes flectentes camuros boves
Et canem asperis dentibus , mulosque laboriosos
Cicurato , manum imponens . Teneto vero memoria
,, Quarta die ut vites finientis et inchoantis mensis
,, Doloribus conficere animum ; valde haec sacra est .
Quarta autem mensis uxorem domum ducito ,
Observatis avibus , quae ad banc rem sunt optimae .
Quintas vero evitato : quia noxiae sunt et graves .
In quinta enim ajunt Furias obaiubulare ,
Orcum vindicantes : quern Eris in perniciem genuit perjurorum.
Media vero septima Cereris sacrum mumis
Diligenter inspiciens bene aequata in area
Del mese agli otto di sanar si vtiole
II bue lungi mugghiante , e '1 capro irsuto :
E il forte mulo al dodicesmo Sole .
Ma poi che '1 gran ventesmo sia venuto ,
Genera , pieno il di , germe maschile ;
D' alto consiglio fia , d' ingegno acuto .
Ave il decirno ancor fato simile ,
E ne' maschi e cortese : a nata infante
Il quarto appresso '1 decimo e gentile :
E in lui pecore , e buoi di curve piante ,
E can mordaci , e muli faticosi
Fa mansueti colla man trattante .
Vedi che doglia nel tuo cor non posi ,
O nasca il mese , o gia tramonti e parta ,
Ne' quarti di , d' assai sacri , e famosi .
A menar moglie eleggerai la quarta
Luce del mese ; e da' migliori augelli
Ve' che 1' augurio in prima si comparta .
I quinti giorni travagliosi e felli
Pensa a schivar : poiche la fama grida
Che le Furie maligne errin per quelli .
Brama di vendicare Oreo le guida
Nato da la Discordia per far trista
Qualunque lingua a giuramento e infida .
Del grano , a' diciassette , fa' rivista ,
E in aja piana scevera il formento
Da la mondiglia che vi iia commista :
i48
BdAXav • vXoiifxov 75 TtXfAefy SctXctfAM'ict JQpet ,
Nw/a re %vXx. 7roXXa , id r dp/ucvu vwarl 7t{\qvt(U.
TirpdJi J" etp^i^rcfj. vifete, 7ryyw&au dpoudc,-
Etvdc, J4' »' [Aiarcrvi iTriJeJiAct Xeo'iov w /uotp 8lO
Ilpajr/Vw a' Givdc, 7roL»cL7rv\ fxcov dv§poo7roi<riv .
E<£"A>/ ^s? ^ap -9" w'Jg (puTiVi/ucv y w'JV ycv{&cu>
'Aui'ej- r tiJz yiv.axKi ■ hcw s7rore 7rdy)tct)iov y fxctp .
Hetvpoi S etvr /'cretin , T&.cretvdJa. pi/woe, dojsluj
'' Ap^ct&cd ts 7r/Ssy xcu art "Cvyav ctv^vct SeZvcu 8i5
BOUCTI KOU WfMOVOlCTl X.OU l7T7r0iq COKV7ToJi(T<n.
N^(X 7T0\V)tXM 'Jet a3"0wV ftf? 0lV07TCt 7r6vT0V
JLipvftcvcu • 7rctvpoi J{ t dXv\^r{ct KiK\w<ntx<ri .
TirpetJi J' O/yi TTlfjOV- 7Ti0j. /TOIVTWV lipov YlfJiCtp
M/cO-W • TTCtVpOl J" CtVTS (AiT ^lKCtJoC, {AYIVOC, d.^J.<TWV , 820
'Hove, ytvofAivwc,' t7nJeiiXct J' i<7i ^zpeicov •
Ai'Ji fXiv yfxipau ejeriv iTriyQovloie, fjt&y ov&tap ■
A/ cT' dAXou [XiTU Jz7Toi , d.zviZ'Oi') * ft <p£pov<rcu*
Ventilato : roborumque sector incidito cubicularia ligna 7
Navaliaque ligna multa , et quae navibus congrua sunt .
Quart a vero incipito naves compingere tenues .
Nona autera media pomeridiana melior dies .
Prima vero nona prorsus innoxia hominibus.
Bona siquidem est ad plantandum , et ad generandum ,
Tarn viro quam mulieri : nee unquam prorsus mala dies .
Sed pauci rursus sciunt tertium nonum mensis optimum
Relinendis doliis , et ad jugum collo iniponendum
Bobus et mulis et equis celeribus .
Navem multa transtra habentem celerem in nigrum pontum
Deducito . Sed pauci verum dicunt .
Quarta vero aperi dolium . Prae omnibus sacra dies est
Media : pauci vero post vicesimam mensis optimam ,
Aurora existente ; pomeridiana vero est deterior .
Et hi quidem dies sunt hominibus inagno commodo .
CeLeri autem (dies) cassi sunt , nihil fati habentes , nihil ferentes
i49
E molti legni a incider non sia lento
II tagliator , in uso d' ediflzj ,
E per varcare il mobil elemento .
Agil navigio a fabricar s' inizj
Nel quarto di ; ma i decimo appo il nono ,
Dopo il meriggio , e rueglio a tali uflzj .
Danno non mai , talor fa grazia e dono
II di nove del mese : ed il piantare
E ordir la vita a maschio , e a donna e buono .
Or diro cosa a poche menti e rare
Palese e conta. II nono appresso i venti
E '1 piu felice i vini ad assaggiare ;
E ad aggiogare i muli e i pievvalenti
Cavalli , e i tori ; ed a varar la nave :
Ma pochi a ben nomarlo sono attenti .
Nel quarto di la botte si dischiave ;
L' altro quarto , che 1 decimo seconda ,
Come il piu sacro si riguarda e pave .
E 1 quarto del ventesmo assai gioconda
Ha la mattina , e '1 vespro un po' malignoj
Sebben questo mio vero ai piu s' asconda .
Questi son giorni di tenor benigno ;
Gli altri ne buona sorte hanno ne ria ,
Ne fato certo che a notar sia digno .
l5°
''AAAos d1 ctftxotlw odv&t , 7rctvpoi JV r 'iccktiv-
"AAAcre ixvnpviYi Triha tipz'pyt, afoore ^wwp . 825
T ' 0.60V iV&OLlfXGOV TS X.CU oXQlOC, } OC, 7CtJi TTCtVTU
Ei^cot; ipyd^vna/ , dvcurtoc, dSavctToifiv ,
vOpvi$a.t; X.&.VGOV , xxu V7rip@u<rictc, ctMeivcov .
T E A O 2
Sed alius alium laudat , pauci vero norunt .
Interdum noverca est dies , interdum mater .
De his beatusque et felix , qui haec omnia
Sciens operatus fuerit , inculpatus Diis ,
Auguria observans , et delicta evitans .
FINIS.
151
Loda chi 1' un chi 1' altro ; il ver si spia
Da pochi : e la giornata a noi mortali
Or noverca maligna , or madre pia .
Oh bermato colui che cose tali
Ha conte , e ne' lavor tutte le osserva ,-
E senza taccia aver dagl' immortali
Guarda gli augurj , e giusto si conserva .
*53
NOTE
ALLE OPERE E GIORNATE
DI ESIODO ASCREO.
I. JJaSs-w etc. Questo Proemio , o sia quest! dieci vers! non sono di Esio-
do . Pausania attcsta , che i Beozj presso Elicona aveano il poema di Esiodo
scritto di carattere antichissimo senza tal proemio (a) ; e quantunque Dion
Crisostomo nella Orazione XII. ed Eustazio lo dian per legittimo , pure Plu-
tarco (b) , Aristarco , Prassifane scolare di Teofrasto , ed altri comunemente
lo credono spurio . E' dunque opera di qualche Rapsodo , o di alcuno , che
a' Rapsodi facesse versi , il quale per adattarsi al costume di praefari Jo~
vem , tenuto in particolar modo da' poeti (c) , e da quei specialmente , che
recitavan or uno , or altro passo de' versi Omericani (d) , ve lo inserisse.
Noto , che forse Arato , grande imitatore di , Esiodo per sentimento di Cal-
limaco , comincio senza lodar Giove ; e quel proemio che oggidi corre ,
V antichitk ebbelo per sospetto . Cosi attesta 1' autor greco della sua vita;
sebbene riferitine altri tre esordj, che condanna come illegittimi e indegni
di tanto Autore , difende il quarto come d' Arato , ed e quello che anche
oggidi sta a capo de' Fenomeni .
2. TliiqinS-sv . Nome di pat:ria3 come nota Proclo . Le Muse nacquero in Pie-
ria , dice anche Fedro (e) ; ma il loro soggiorno piu favorito e Elicona . Tzetze
spiega : Muse da Pieria , dite come Giove *JV uv rfoirov ; per modo di chi in-
terroga , e aspetta risposta.
2. Asj/tf . Moscopulo chiosa ayne , e lo chiama verbo esortativo : bene in
questo particolare ; male pero , ove vuole che la risposta delle Muse inco-
minci da A/05 ptyd'hoio ix-tin . La qual sentenza , come innaturale , abbiam ri-
fiutata. Vero e pero , che Niccola Valla nella traduzione di Esiodo in versi
esametri fatta, e dedicata a Pio II. la siegue.
Dicite cur hominum pars haec sine nomine vitam
Ducat? et illius cur fama aeterna per ahum
Evolet? Haec J ov is est magni divina voluntas.
5. 'P«a (xiv ?a? /Seidei . Tolleri il discreto lettore, che qualche questione
gramatica io gli accenni di rado , perche nulla manchi al mio libro . Alcuni
vollero toglier quel [*iv , perche il verso ben procedesse : altri voller mutare,
come F Aldo , e il Giunta , il ?'«a in iia , perche il verso cominciasse da
(a) Lib. IX. p. 588. (b) Quaest. Conviv. Lib. IX. c. 1. (c) V. Comment.
Arativ. i.Thcocriti Idyl. XVII. 1. Virgilii Eel. III. v. do- (d) Pind.Nem.ll.
(c) Lib. III. in prologo.
SO
'54
anapesto ; licenza che. talora si prese Omero come nell' II. IX. v. 5. Bape'x; , x^
Zi<pu%o% , ed Od. II. vers. 28p. etc Ma si salva la quantita , facendo che f'««
per sunizesi si cangi in una sola sillaba lunga ; cosa usata da Esiodo, e da
Omero, e da' piu moderni ancora. Simil esempio e al v. 33. ove var.ea si
prende per uno spondeo ; e ve ne ha moltissimi in progresso , specialmente
in ttov come dyyiwv , in mv come x?va,i»v , in nxi , come ,<3«x -noa • de' quali Esiodo si
£ servito non per necessifca , ma per compiacenza dell' ionico dialetto . 11
voler mutargli ha esercitato indarno 1' industria de' nostri critici .
7. i'5-uvet c-x.o\icv . Forse di qua, o da altro simil verso non raro presso il
nostro Poeta , discese negli Stoici simil parlare . Considerando essi cio ch' £
conforme a ragione per diritto i&u'v rectum , cio che n' e diftorme per torto
c-x.oXiov tor turn , introdussero queste solenni voci ne' loro scritti , delle quali
abbondano Seneca e Persio pretti Stoici; e ne fa uso anche Orazio, eclet-
tico scrittor di filosofia : scilicet ut possem ciirvn dignoscere rectum (a) . 11
modo poi con cui Giove drizza chi e curvo , o rimette nel buon senliero
chi avea presa una strada torta , e a detta di Moscopulo , irouJxyvyiuv dv-mv ,
cioe mostrandogli il buon sentiero ; il qual senso abbiam seguito nella no-
stra versione .
8. J-±i0fe[xtms , altitonans . Epiteto , che fin dal primo nascere della pocsia
latina adatto a Giove il poeta Ennio (b) .
p. K\£6i voce con cui Orfco spesso comincia e chiude gl' inni , dal Sal vim
tradotta esaudisci . Per tal formola , e per altre del contesto , specialmente
per quell' i&ws 3-s^igag , stimo assai men verisimile il parer di coloro , che
dietro 1' Einsio tai parole credono indirizzate a Perse , non a Giove . Si
fondano in molti MSS. ne' quali e scritto Tliqi* , quasi fosse un vocativo ,
non TUfcrri terzo caso . Debole fondamento a fronte de' tie Scoliasti , e di
quasi tutti i moderni, e di parecchi buoni Codici , i quali o nel testo , o
nelle note interlineari hanno 1' altra lezione .
Ivi. i'Jwv , dicov T$,videns et audiens , espressiono che non pud adattarsi a
Perse senza'somma difficolta . Al contrario a Giove si adatta maravigliosa-
mente . Plinio (c) Quisquis est Deus . . . . totus est scrims, totus vims, totus
auditus .
Ivi. tSvve &iui$a.s , dv'ige j udicia . Manifestamente questo passo e indirizzato
a Giove, a cui spetta , secondo la pagana teologia, dar lume a' giudici ,
onde decidan bene. Di questa sua presidenza a' giudizj v. lo Spancmio (<i) .
Ebbevi anco il tempio , ebbevi 1' ara di Giove Forcnse ricordata da Pausa-
nia (e) 'Ajojais A/s'f /S&j/uo'f.
11. Ojx. aqa. etc. Comincia il poema di Esiodo con un gajo , e giudizioso
esordio su le due Gare . Avvene una traduzione del celebre Vincenzio Gra-
vina in una lettera che scrive al March. Maft'ei :
(a) Epist.ll. 2. v. 44. (Z>) Apud Columnam pag. 240. (c) Hist. Nat.
11. cap. 7. (<i)In Callim. 1. v. 8l. (ej Lib. III. pag. 181. ct lib. V. pag. 3 1 5".
*55
Noil e di Gare al mondo un solo genere ;
Ma due son le Contese ; una che gloria
Trarra dall' uomo saggio , e 1' altra biasimo etc.
Egli uso una fedelta , non difficile a chi e libero dal vincolo della rima .
Noi abbiamo sacrificato all' incanto della rima il primo verso, sicuri che
sia lo stesso il dire : Non e un sol genere di Gare in Terra ; ma son due ; e il
dire : Due Gare ha in Terra . Si assicuri pero il lettore che rarissimi esempi
trovera qui di tal fatta ; tolti gli epiteti perpetui , che poco aggiungono in
greco , e farian cattivo sentire in toscano . Non cosi siamo scrupolosi in ag-
giungcre qualche epiteto , o qualche vocabolo , che meglio dichiari il testo,
o meglio serva alia rima .
12. eVa/iteVs-s/s . Emenda il Grcvio eVa/v>/V«s ; dicendo che cosi ha edito
Isingrino in Basilea , cosi portano due MSS. vossiani , cosi meglio suona , che
doppiando la » , col dire sVouveVo-as , o eVoavaWae . Ma come noi leggonoProclo,
lo Stefano , Aldo , iGiuntinella prima stampa , e nella seconda , il Trincavel-
lo , il Commelino , V Einsio , quattro Codici presso Loesnero , piu presso noi ;
e cio che assai monta , nella edizione Basileese d' Isingrino del i$$o. e scrit-
to eTouvrireits con doppia <r .
14. 'H fttv 5 a? etc. Erran coloro , che nella cattiva Eride riconoscono la
passione della Invidia ; la cui pecca e propriamente attristarsi del bene al-
trui . Piu veracemente e quello spirito di discordia , che Plutarco ed Euna-
pio dicon cosi innato in ogni uomo , come ad ogni lodola cappelluta il suo
pennacchietto (a) , e che non pare poter mai esser senza qualche oggetto ;
talche mancandooi nimici al di fuori , ci aizza contro i domestici . Quindi
la Guerra mutua,che 1' Hobbes porto troppo innanzi ; ma non lascid di esser
conosciuta dallo stesso Pittagora , che ne' versi d' oro (b) cosi ne canta :
An??* 7ap cj/i'OTracf sf ep'J pkair'niar-ct XjXh-9-cv
Hv HQims , nv a £a Tr^oo-dyitv , eixovm £4 (pevyetv .
tristis enim Eris comes latenter nocet congenita } qaam provocare non convenit ,
sed cedendo vitare .
\S. d\\' dv avu-)x»s . La necessita imposta agli uomini da' Numi consiste
solo in onorar questa Dea fra gli Dei nocivi ; il culto de' quali e antichissimo ,
come appare dagl' Inni del creduto Orfeo , fra' quali ve n'e per 1' Eumenidi.
17. TjJk J" tit?*' irgoTtgnv ^tiv etc. All' altra Gara , cioe all' Emulazione , pas-
sione lodevolej assegna la primogenitura ; di che il platonico Proclo da una
ragione plausibilissirna ; ed e,che le cose buone son nate prima che le cat-
tive : nella quale opinione si scuopre un raggio di quella divina parola :
Vidit Dcus cuncta quae fecerat , et erant valde bona- Nel i\esto le due Gare
nacquero amendue dalla Notte, con questa differenza , che la prima fu par-
fcorita senz' aver padre, la seconda ebbe per padre 1' Erebo (c) .
(a) Tract, dc utilitate ex inimicis capienda pag. 91. Eunap. vitae Philoso-
phorum in Oribasio pag. lyo. {b) Versu So. (cj Thcogoniae vers. 225, et
Tzetzcs heic.
156
rp. Tod»i r iv ?i%?<ri xj dv&edvi , terrae et in radicibus et in hominibus .
Eride e nell' ima Te-rra in quanto , secondo anche Empedocle, e principio
delle cose , non meno che 1' amicizia ; ed e fra gli uomini in quanto gli sti-
mola al lavoro . Onde il if1 e il ^J ci stan benissimo , ne per quanto Gujeto
dica > che altri ometta il ts, mi e riuscito di trovarne esempio .
20. Jl Brunck persuaso dal suo codice , contro 1' autoriti de' tre Scoliasti ,
e dell' edizioni , e MSS. migliori vuol qui mutare dirdXafxvov in dvaXnuov ,
perche al metro non si faccia forza . Ma niuna forza si fa al metro , leg-
gendo uTrdXctuvov , perciocche una vocale innanzi pv e comune , come prova
il Gretsero nella sua gramatica .
2.5. Kou xe?oi(xsij$ x.st>a{xii Korea . Nel Tomo 11. delle Osservazioni critiehe in-
gles! condannasi questa giacitura di parole , come troppo semplice e disa-
dorna > e con Aristotele (a) si emenda x«i Ki^auu r.t»oiittu% x.oria : al qual can-
giamento si adatta il Sig. Brunck . Ma que' Critici non si avvidero che
quella non e citazione , mentre il Filosofo non dice che proverbialmente
quelle due voci congiunte con un <j>? . Ncl resto come noi leggono Platone (b) ,
PJutarco (c) , Dionp Crisostomo (ci) , Stobeo (e) , Prisciano (_/■") , Filostrato (g) ,
a' quali non parve quel testo degno di riprensione . E certo lo stil mezzano,
in cui Esiodo e principe , ammette quell' ordine di parole .
2.6. ><g£} doifos 'd'oifu . L' invidia de' poeti fra loro e la piu acuta delle invi-
die . Marziale querelavasi , che a' suoi versi tutti facessero applauso , fuor-
che i poeti :
. . . Roma legit , requirit hospes ,
Non deridet eques , tenet Senator,
Legunt caussidici , poeta carpit (h) .
2.J. ~il Ilepo-w . Noto Servio esser proprio de' didascalici che siano indiriz-
zati su 1' esempio di Esiodo a determinata persona : cosl Virgilio a Mecena-
te , Lucrezio a Memmio , Orazio a' Pisoni ; c fra gli esordj di Arato rifiutati
nella sua vita, ve ne ha due}l'uno ad Antigono , 1' altro ad Anclide .
Ivi ■ iviKurS-io $v[*a> . Sentenziosamente Dante (i)
Apri la mente a quel ch' io ti paleso ,
E fermalvi entro ; che non fa seienza
Senza lo ritenere averc inleso .
28. Mx^g ir"E»/f etc. Questo verso contiene la proposizione del poema.Noti
il Lettore come spontaneamente discenda dall'Esordio delle due Gare ; che
qui viene a riunirsi quasi in un punto ; ove Perse si ritrae dalla mala Eri-
de, e s' invita alia buona.
2p. Ne/W onrtirreuovat. , Lites spectantem j non perche un' altra volla pensi a
liligare , come parve ad alcuni lnterpreti ; ma perchd curiosamente Perse
si tiatteneva nel Foro, e vi perdea tempo. Era allora il Foro un ridotto di
(a) 11. c. io. Rhetoric. (Z>)inLyside (c) De tranquillitate animi p. 473.
(d) O.iat. 77. (e) Serm. XXXV111. (/) Instit. gram. Lib. XV111. (g) De
vitis Sophistarum pag. 544. (h) Epigr. lib. XI. 25. (i) Cant. 111. 5. 40.
!57
oziosi , come si raccoglie da un passo di Omero nella descrizione dello scu-
do di Achille > che mi piace di riferire : Aaoi <T hv dyo?? etc. Populi autem in
foro erant frequentes: ibi enim contentio orta eratj duo enim viri contendebant
gratia milltae propter virum interfectum • . . Cives autem utrisque acclamabant ;
hinc inde fautores (a) . Or in una Citta, ov' erano tai costumi , potean man-
care i briganti , quale per sua natura era Perse , d' intervenire nel Foro ,
prender partito , pr'omette.re testimonianze ? Anzi ve n'eran molti>che Aristo-
fane chiama «?»? «S vte/Lt^ififxetiet , e presso i latini son detti concionales > sub'
rostranei, circumforanei, come il Grevio osserva.
3o. *ii?« ?-«'? t' ixiyit . L' Einsio ed albri , voglion <wp« tempus con ispirito
aspro ; e noi accordiamo , che con energia si direbbe , che chi manca di vit-
to , non ha tempo da spender nel Foro. Seguiamo tuttavia i MSS. migliori,
gli Scoliasti , e Suida (b) , che scrivono <Sfn , e spiegan cura ; ne ci pare che
perda punto d' energia il testo , dicendosi : non dee curarsi molto di Foro
chi non ha vitto . Abbiamo anco a favor nostro il dotto Scoliaste di Sofocle ,
il quale al verso 56. delle Trachinic ei irarfig Ns'uo/ t/V co?av , si patris curam
gerit aliquam j comenta tiyav <p%ovr!fa> cof igq 'Ho-ZocPej *flf« yd? r i\iy* nriXiTw. .
i. e. curam , ut etiam Hesiodus Cura enim porva est, cioe debet esse.
34. col d" ouxtri Sivrsqov \<;cu 'ilcf Iq&av etc. Luogo difficile ; ma che spiegasi
dependentemente dalla nostra sentenza , di sopra accennata ; cioe che Perse
non pensi a litigar nuovamente , comunque sollecitato da' giudici . Gli dice
dunque ilFratello: Non potrai sazio del tuo, muovermi lite: giacche appres-
so la divisione sei caduto in poverta, e non hai luogo di prender di casa
cio che vuoi . Adunque , se altra pretensione avrai, converra che ti accamo-
di al giudizio tenuto. Fa difficolta , come giudizj si rei possan chiamarsi
i&et'yo-i fixats ; ma quell' epiteto equivale a twcftois per sentimento degli Sco-
liasti ; e vuol dire legittimi giudizj , proceduti da chi avea facolta di giudicare .
38. 0a?i\»ns, Reges . Termine equivocq inGrecia. Ne' tempi eroici era ve-
ramente la somma delle cose presso i regi , ma dependentemente dalle leggi,
e dalle costumanze (c) : ne conoscevano per s£ soli le cause , ma avean col-
laterali i principali del regno, che Omero chiama pur /Sas-Awaj , d^icrou^ ,
ytfavittg . 11 regno di Alcinoo conta molti di tal grado. Dopo i tempi eroici,
distrutte le monarchic , durd il nome di re. Ne parteciparono i posteri delle
famiglie, che in qualche citta aveano signoreggiato , come presso gli Scepsj
ne' discendenti di Ascanio , e Scamandro (d) . In altre citta , come in Atene ,
ne partecipavano i soprintendenti alia religione . In Ascra questi che chia-
mansi regi, non erano, dice Prodo, che cf/*a;-ai , ed dfx!""Tsi > judices et
praefecti urbis .
3P. 7»'vJ>e i'mnv i$i\ouri &txa.<rax : x.t>7vou commentano gli Scoliasti , e vietano
che quel &i*.d<rcu traducasi judicas^e . Adunque io spiego judicare , e secondo
il parer di Proclo che aggiunge aj$-i<; ci sottintendo iterum ; per modo che
(a) lliack XVIII. v. 497. etc. (b) V. &>'f <**/«' raj . (c) Dion. Halic. Hist.
Rom. lib. V. p. 337- (d) Strabo lib. XIII. pag. 607.
21
■5».
i giudici per la speranza di nuovi doni aizzino Perse , per quanto disastrat©
sia , a litigar di bel nuovo .
40. Nniriof »<T i<r»?tv } Stulti , neque sc'mnt etc. II Cav. Brunck vorrebbe sVe' ,
essendo breve , die' egli , la prima d' ta-ao-i . Ma presso Omero , come rilevasi
dall' indicedel Barnes, specialmente nell' Odissea , le piu volte e lunga.
Ivi. irXiov li'uiTu ira ii$ ydimidium plus est toto . Molte spiegazioni si son date
a questo luogo d' Esiodo . A me piu di tutte piace.quella che si raccoglie da
tutto il contesto ; che sia migliore dell' avarizia che tende ad aver tutto , la
mediocrity di fortuna, detta uirov } [tirqiov , usa-im; , etc. che Orazio nomino
aurea (a) , Basso (b) oitima . In questo modo interpreta il proverbio Dione Cri-
sostomo , ragionando dell' avarizia ; e Suida(c) ,che ne i-eca 1' origine ad un
savio , diverso da Esiodo. E certo Esiodo pote averlo trovato ,e inserito ne'suoi
poemi , come fece di altri proverbj . Nel resto Platone (d) lo prende per un
documento a' governanti di voler esigere poco da'sudditi.
41* Ov&"Z<rov. Alia malva erba notissima anche fra noi, unisce 1' asfodelo ,
erba nota in Grecia e comune , come abbiamo da' Commentatori di Nican-
dro (e) . I Latini lo chiamaron asphodilum , o asphodillum (f), ovvero hcroion t
e come vuol Salmasio albucium , e alimon («) . Plinio lo chiama de clarissitnit
herbarum (h) > non solo perche nobilitato da' versi di Esiodo , che cita piu volte»
ma perche nominato da Omero specialmente nella descrizione che-nella Odis-
sea fa dell' Inferno , ove conta di un prato pieno d' asfodelo ; talche Luciano
nella materia de' navigj di colaggiu fa menzione della stessa pianta (t,1. Lo
scopo per cui ha fatto qui ricordanza della malva , e dell' asfodelo e di lodare
la parsimonia , e la semplicita del vitto , come crede quel Periandro , che
Plutarco introduce a parlare nel convito de' sette savj (k) . Gli antichi pero vi
trovarono un senso piu recondito 3 ancorche falso ; ed e che il Poeta alludes-
se all' alimo , cioe ad una composizione di malva, e di asfodelo, che man-
giata cacciava la fame e la sete : cos-i Proclo , rna in dubbio . Ma pai-e anzi
ch' Esiodo abbia con quell' erbe simboleggiato il vitto frugale } come Ari-
stofane lo simbolcggia nelle lenticchie (Z) , Orazio nella malva e nella cico-
ria (m) .
42. Kp£/'4o»"rec etc. Gli Dei , cioe il solo Giove , avverte il Grevio , secondo
il parlar de'poeti, che ascrivono a tutto un ceto cio che proprio e di un
solo, nascosero agli uomini il vitto, non piu facendolo nascere spontanea-
mente come faceano nel secol d'oro- L' Alamanni si servi di simil' espressio-
ne la dove disse : „ ascose 1' esca
,, Sotto la dura terra ; onde non saglia
,, Fuori all' aperto Ciel , se in mille modi
,, Non la chiama il Cultore (n) .
(a) Lib. II. ode 10. (b) Anthol. 1. 48. (c) Verbo » pto-tia (d) De leg. 111.
(e) In Ther. v. 534- (/) Pallad.l. 37. (g) Salmas. Exerc. Plin. pag. iop8.
(h) L. XXII. 22. (z) De vera historia lib. II. pag. 12). (k) Pag. \Sj.
{!) In Pluto v. ip2- {m) Ode 3l. lib. I. (») Coltivaz. 11. 3$7.
T59
48. "O-rr/ (xiv etc L' inganno di Prometeo £ contato nella Teogonia a'versi53S.
Sacrificd egli un bue a Giove 5 e messe sotto 1' adipe dall' una parte le ossa ,
dall' altra le carni , disse a Giove di scene qual delle due parti volesse , la-
sciando agli uomini 1' altra. O che Giove fosse ingannato j come Igino raccon-
ta(a)j e scegliesse il peggio ; o che si avvedesse della beffa, come piu con-
venevolmente iinse Esiodo ; concepi tant' odio verso 1' istesso Prometeo, che
dimentico dell' amicizia lino a quell' ora professatagli , e de' consigli presine ,
e de' serv-igj importantissimi ricevutine , voile punirlo con gli uomini da
lui protetti (b) .
'4p. TSviH af dv$^coirota-iy etc. Quocirca hominibus machinatus est tristia ma-
la ; cioe una laboriosa vita , come chiosa Proclo ; o come Jerocle (c) le malat-
tie , la poverta , la perdita delle persone a noi piu care , il disdoro nella citta .
Eschilo spinge piu innanzi 1' odio di Giove contro gli uomini , ai\wa-a^ etc. . .
distrutto tutto il gencre Ne volea generate un altro nuovo ; come traduce Mon-
signor Giacomelli (d) .
So. Kft/-|e ii nruf, Abscondit vero ignem . Che deggia intendersi per questo
fuoco, lo cercan gl' inteipreti . Io credo, che sia la scienza , che da princi-
pio fu creduta nascosa all' uomo ; e da Prometeo comunicata al genere uma-
no. Platone cosi V interpreta : 'H<pa/'$-* etc. Vulcani et Minervae aufert artificio-
sam cum igne scientiam (e) ■ Da questo fuoco , dice Eschilo (f) , i mortali impa-
reranno molte artii tut te le arti agli uomini derivano da Prometeo • come
1' agricoltura , la nautica , l' arte di fabbricare ec.
Jl. g»s trdi'i 'Ictirema E'xXs^s , bonus filius Iapeti Furatus est. Chi sia questo
figlio d' Japeto, o sia questo Prometeo si e cercato dagl' Interpret! . 11 Fa-
brizio vi riscontra Adamo (g) . lo credo che la favola dedotta sia dalla Scrit-
tura , ma guasta dalle tradizioni degli Ebrei , e specialmente espressa nel
libro d' Enoc . lvi si racconta, che un Angelo dato in guardia al genere
umano , e per conseguenza protettor suo , come si iinge Prometeo , prima
del diluvio , prevaricasse con le figliuole degli uomini , e insegnasse le scien-
ze e le arti : ift'iafy etc. palam fecit secreta , et quae in Coelis occulta erant
saeculo revelavit (h) . Lo stesso errore degli Angioli maestri degli uomini in
varj generi , insegnarono Tertulliano (i) , Taziano (k) , Clemente Alessan-
drino (Z) , di cui son queste parole Philosophia non missa est a Domino ■ sed
ve nit fur to subrepta vel a fure donata .
j 2. 'Ei; xoi'Xu vd^nv.i\, in cava ferula . E' quesla una specie di frutice non ra-
ro in Italia , specialmente in Puglia , e in altri paesi di mare . V. Teofra-
sto nel libro V. delle piante , e Plinio nella Storia Naturale ; che anche di-
(a) Pocticon Astronomicon lib. II. cap. 1 5. (£) V. Aclianum de var. hist,
lib. XII. cap. zS. et Perizonium heic. (c) In versum aureum 17. Pythagorae .
(di Tiaduzione di Eschilo nel Prometeo legato . (e; In Protagora.
(/) Trag. citata v. 254. (g) Cod.Pseudogr. p. 7. {h) Edit. Gabii pag. 35o.
(i) De cultu feminaiu.n pag. 400. (k) Oratione ad Graecos pag. 28.
(Z) I.Strom, pag. 366. •
i6o
cc : ignem ferulis optime servari certum est, easque in Aegypto praecellere (a) .
S$. Xa*f«s , Gaudes etc. Origene cita ben 27 versi di questo contesto , e fra.
le altre varianti ne suggerisce quclla di x^f'S senza interrogazione fortasse
gaudes conforme anche a varj MSS. di Esiodo della Laurenziana , e di altre
librerie. Un erudito Britannico nelle osservazioni del 1733. ed anche Robin-
son fan poco conto di quest' autorita per alcuni errori di sillabe , che pos-
sono ascriversi a' copisti. A me pare gravissima ; perche oltre il noto talen-
to di Origene , egli visse e professo umane lettere in Alessandria mold anni ,
ove tanto si fatico da' miglior ingegni per la correzione di Omero , e de' buoni
antichi , specialmente da Zenodoto , Aristofane , cd A.ristarco . Tuttavia in que-
sto luogo nulla par da mutare : tanto prevalgono le autorita in contrario .
Sj. Tots cf' eya> etc. Quels ego etc. Questo fatto da Esiodo contato come isto-
rico fu dall' Einsio riportato come allegorico , e con molte stiracchierie adat-
*ato alia Fortuna . Gli antichi tutti 1' intesero della Donna istoricamente ;
fra' quali Igino (b) pro quo Jupiter facto mortalibus parem gratiam referensmtdie-
rem reddidit . Potrei addurre qui molti altri antichi , che vi hanno alluso or
piu , or men chiaramente , massime parlando in biasimo delle Donne , siccome
sono Sofocle , Euripide , Simonide , Platone , Plutarco , Tibullo , Ovidio : ma
mi contento di riferire un bellissimo epigramma di Pallada che volto in vol-
gar lingua suona cosi (c) .
Altro foco e la Donna , a noi renduto
Da Giove in pena del rapito foco :
Deh non avesse occhio mortal veduto
Ne foco mai , ne donna in verun loco :
Ma 1' un si spegne : inestinguibil vampa
E' 1' altra , ed ogni cosa arde , e divampa .
5p, "il; etpu-r' i* cT' £yi\ae<ri etc. Sic ait, risitque . 11 riso e proprio di questo
luogo ; ma non se ne capisce il perche , se non dopo alcuni versi ; quando si
vede che il male che mando Giove al Mondo. fu la Donna ; male , ma vera-
mente giocondo all' Uomo per sua debolezza . Origene legge : *ilj epctr tiwi.
Xto-ai , che fa sen so piu vibrato, dixit per fecit ; detto fatto . Questa lezione
nel III. Tomo delle Osservazioni Britanniche trovasi lodata da un Critico , e
biasimata da un altro . E veramente e aliena da' MSS. ne dee taccrsi , che la cri-
tica degli Alessandrini fu acuta, ma licenziosa ; come nota il Volho ne' Pro-
legom. ad Omero (d) .
60. "Hipou^ay etc. Paragonisi la descrizione di Pandora , che il Poeta fa in
questo luogo con quella che avea fiatta nella Teogonia (e) . Parra vedervi un
Pittore , che fatto un bel quadio , passati alcuni anni ne fa un altro sul me-
desimo tema assai piu vago , e pomposo . Quando non ci fosse rimaso altro di
Esiodo , che questa descrizione di Pandora , avremmo potuto ravvisare in es-
sa 1' emolo di Omero . Osservisi ancora come fra le tenebre di questa favola
(a) Lib. Xlll. cap. iz. (b) Poeticon Astronomicon lib. II. cap. iJ.
(c) Anthol.l. I. cap. ip. (c/) Pag. 23o. (e) Vers. 571.
i6i
Craluce la veriti dell'istoria santa : formavit Deus hominem delimo terrae (a).
6z. K» 5-3-s'va; , Et robur . Origene legge ^ voov , et mentem , lezione assai
plausibile, poiche esprime 1' intendimento ; laddove o-9aVo; significa la robu-
stezza del corpo , meno necessaria in una donna . Ma tuttavia e necessaria ,
onde vim la dice lo Zamagna , vigors , lena , polso gl' Interpreti italiani ;
solo Gujeto chiosa i. e. •\uz'iv •
63. nai$svt/.>is e lezione approvata da Proclo , dalle glosse di un MS. Va-
ticano, e di un altro Vossiano , e da buon numero di C«>dici ; quantunque
un numero alquanto maggiore di MSS. e tutte 1' edizioni citate al v. 12.
abbiano nrue$evix.ou; . Scelg'< la prima lezione , perche mi pare piu naturale .
65 • K&a >«a"' e';c* ^£ veimstattm etc. Oltre la bellezza comunicata da Vul-
cano a Pandora , Venere le comunica la grazia ; dono diverso } come ap-
par da Catullo :
Lesbia formosa est , quae cum pulche>rima tota est
Turn omnibus una omnes surripuit Veneres (Z>) .
Ivi. y^uo-Hv 'Apfsfiriiv, del qual epiteto usato da Omero non rade volte, e
inserito da Virgilio nella sua Eneide , rende Eustazio (c) varie ragioni .
La prima e perche si ornasse di vesti d' oro . La seconda e perche aurotransi-
gitur . La terza e perche gli antichi tutte le belle e pregevoli cose diceano
auree , come osserva anche il Valesio (d ) . L' epiteto par venuto di Egitto ;
poiche in Tebe , dice Diodoro Siciliano , Venerem ob vetustam quamdam tra-
ditiunem am earn appellant (e) .
66.-K.ou toS-ov d^yaX-ot , Et desiderium mole s turn . Tassa qui la donna per
quel desiderio impotente , che naturalmente ha in ogni cosa, non badando
a spesa , purch' ei si adcmpia ; onde Giiivenale : Non unqttam rcputant quanti
sibi gaudia consent [f ; : ma sopra tutto qui si parla del desiderio libidinoso,
in cui la donna supera l'uumo, per sentenza di Tiresia , e per osservazio-
ne di Properzio (g) .
Objicitur toties a te mihi nostra libido :
Crede mihi i vobis imperac ilia magis .
Ivi. ^ yuioxtitx; uiki&w.et, , et ornandi corporis curas . 11 Gujeto , e moderna-
mente il Ruhnkenio , e il Brunck vorrebbono anzi yvio$o qx<; , epiteto che si-
gnifica membra depas< entes etnas; e lo approvano come piu. conforme alia
Esiodica semplicita . Nulla si rinnuovi contro la fede de' MSS. ch' escludono
aft'atto questa correzione . Altronde la ragiune insegna , che nella donna e
vizio innato la cura di ornarsi soverchiamente > e percio non e credibile ,
che sia sfuggita alia investigazione diEsiodo . Giovenale nella cilataSatira (h)
Est in consilio matrona , admotaque lariis
Emerita quae cessat acu . Sententia prima
Hujtis erit ■• post hanc aetate , atque arte minores
(a) Genesis II. 7. (b) Carm. 85. (c) In Iliad. III. v. 0*4. (d) Ob sew.
critic, lib. III. c. 7. (<-) Libro 1. p. 88. (/) Sat. VI. v. 364. |g) Lib -111.
eleg. XIX. vers, 1. (h) Sat. VI. vers. 4p6".
22
1 62
Censebnnt , tanquam famae discrimcn agatur ,
Aut animae : tanti est quaerendi curd decoris .
67. xv'veov ii viov , caninam mentem . Appella alia impudenza , come in Ome-
ro xt/fcf tpfxaiai t^wv (a) , per sentimento di Eustazio . E% questo nella donna
vizio piu raro , ma piu notabile , dopo che una volta ha mandato in bando
la pudioizia . Properzio (b)
Vos ubi contempti rupistis fraena pudoris
N^scitis captae mentis habeie modum .
Tuttavia non tanto mi par che voglia in questo luogo notarsi la femminile
impudenza , ch' e di poche , quanto la femminile stizza , ch' e di moltissimc ,
come si ha a lungo pressoStobeo , che ne cita ben molti autori (c) . E' in que-
sto vizio pure , che la donna supera 1' uomo', onde Plutarco ywuoux.es dvaqwv
o'f-yiXarsfou (d) , e piu c'he all'uomo le si alfa il canino carattere .
Ivi • nff\ ivtx-XoTov ■ >!3-o; , tt falluceni movem . Tei mina il cominciato carat-
tere femminile con la simulazione j di cui un ignoto poeta (e) :
Crede ratem ventis , animum ne crede puellis ,
Namque est fe mine a tutior unda fide .
Intanto £ da notare quanto giudizioso dipintor di caratteri sia Esiodo , che
il debole del sesso donnesco ha ridotto a quattro propriety, impotenza di vo-
lere , cura di ornarsi , furor di stizza , infingimento di costume . Se si con-
sultino tutt'i biasimatori delle donne , che questo frivolo tema han trattato ,
. . . * .
come sono Euiipide , detto Feminaritm osor(f), specialmente nella Medea } e
nell' Ippolito ; Giovenale nella citata Satira , il Boccaccio nel Iilocopo , l'A-
lamanni nella Satira X. si vedra , che i lor biasimi per lo piu battuno in una
di queste cose ; che deon dirsi non biasimi del sesso , ma delle sciagurate
del sesso .
73. XaeATs's Ti ©eou, et Charites Deae . Aglaja, Eufrosine , Talia, secondo
Esiodo (o) 7 a cui aderi Onomacrito presso Pausania , che or ora citeremo.
Ma Proclo a Talia sostituisce Pito} aderendo , come si raccoglie da Pausa-
nia (h) , alia opinione di Ermesianatte : siccome Omero sostitui Pasitea . Ma
circa i nomi , il numero,e i natali delle Grazie , veggasi oltre 1' autor men-
tovato anche Seneca al 1. de Beneficiis cap. 3. e Fornuto al capo i5.
Ivi . TlziSu . Presso i Greci fu celebratissima per la virtu di muovere gli
animi,e di piegarli a quel che si vuole . Fu tenuta moglie di Mercurio ; fa-
vola che presso i Greci antichi non si trova ; in Nonno autore de' Dionisia-
ci si ha(?)> e forse egli 1' attinse dagli Etruschi ; perciocche : Etmsci dice'
bant , Facundiam ipsi Deo nuptam fuisse Cyllenio (k) ; favola propriissima , per-
che Mercurio e preside della eloquenza . Ma n«m ostante la* celebrita che
Pilo ebbe presso i Greci, e gli Etruschi, i Latini poco o nulla la curarono ;
(a) Iliad. 1. 225. (b) III. eleg. XIX. v. 3. (ef) Stob. Sevm. tfl. (d) De
ira cohibenda pag 4S7. (e) In fragm ap. Petron. Arbitr. pag. 5^9- (/) Cell.
XV. 20. (g ) Theug. v. po8. (h) Lib. IX. pag. S96. (i) Lib. VIII- v. 221.
{k) Mart. Capella , in Nuptiis Phil. lib. II.
e quantunque Ennio s'ingegnasse d'innestarla fra gli Dei romani , chiaman-
do il facondo Cetego Suadae mednllam (a) , tuttavia Suada e Suadela pochis-
simo furono nominate da'Latini; anzi Quintiliano par che ne disapprovi per-
fino il nome-: Neqite enim mihi permiserim eadem uti declinatione , qua Ennius
M. Cethegum Suadae medullar:! vocat(b) . L' ofFese forse- che Suada invece di
Persuada fosse chiamata ; mentre suadeo signihca consigliare ; persuadeo in-
indurre a fare cid che vuolsi .
jS. Hfou , florae . Deon intendersi quelle tre , che il Poeta nella Teogonia
nomind Eunomia , Dice , Irene (c) . Con gli stessi nomi son mentovate dal
creduto Orfeo negl'inni, da Pindaro nelle Olimpiadi , da Diodoro nella sto-
ria al Lib. VI. Le han tenute figlie di Tetni, con la quale insieme si veg-
gono scolpite in antico termine presso il Pighi(c?) . Si confa al presente luogo
il notare , che le Ore ebbon presso gli antichi anche presidenza alle nozze ;
onde giudiziosamente son qui introdotte ; giacch£ Pandora si uni in matri-
monio con Epimeteo ,o come altri vuol con Prometeo, e nacque di essa Deu-
calione . Moeco di Europa ^ oi Xix°i tvrwjov ~£lfou , et Horae ei parahant le-
dum (e) , e Apulejo nel VI. libro descrivendo le nozze di Psiche : Horae rosis
et ceteris florihu-i purpurabant omnia (f) .
j6. ndvm Si oi *got } etc- Et omnem aptavit corpori Pallas ornatnm . Questo
£ commentato da Proclo "Kaimoj noc-fxov ; cio£ la cresta , i sandali, e quant' al-
tro compone il mondo muliebre . Con questa nota di Proclo , che suppone il
consenso ancor di Plutarco , bastevolmente confutiamo Ruhnkenio , che
questo verso e tenebriconis manu esse ducit : e il Brunck che l'esclude dal
contesto , quasi non debba essere stata opera di Minerva 1' ornar Pandora.
Se Minerva presso Omero provvedc Giunone di belle vesti («) , se nella Teo-
gonia orna Pandora , perche non pud farlo in questo luogo ?
77. Piu. difficolta han seco i verei che sieguono , riputati da alcuni presso
Proclo illcgittimi : perciocche se Vulcano avea dato la loquela a Pandora ,
come ora gliela da Mercurio ? Ma a costoro rispose il Grevio meglio di Pro-
clo j prendendo quel.ipww; non per voce, ma per nome, come presso Omero
Tleiauo; S' 'EXivOji ix.<xXio-iraio <puvy , Priamus Helenam vocavit nomine.
82. Awpoy 3 Donum , voce equivoca , e che significa cosi i buoni doni , come i
cattivi . Omero Aaifiov ola Siiu3Tiyr.at.iv, z<TeQo<; Si idcov, donorum quae dat ma-
lorum , alter vero bonerum (ft) .
83. SoXov a[x>ixavov j dolum inevitabilem , che abbiam tradotto alto, ha se-
condo gl' lnterpreti questo senso , che la don'na , per cui mezzo s' ha a pro-
pagare la specie (che prima di essa gli uomini uscivan da' tronchi), ha messo
i mortali in necessita di essere infclici , malgrado la industria portata in
terra col fuoco : perciocche o 1' uomo non si ammoglia) e gli convien vivere
senza compagna , e morir senza erede ; o si ammoglia , e gli conviene fati-
(a) Annal. IX. p. 1 J8. (ft) Instit. Orat. lib. X. c 1. (c) Theog. vers. poi.
(d) Thesaur. Antiq. Graecar. torn. IX. (e) Pag. 162. (fj Pag. 55.
(g) Iliad. XIV. v. 178. (ft) Iliad. XXIV. J28.
164
car molto per nutricar la famiglia , e supplire alle spese del donnesco lusso .
Fa al proposito il proverbio presso Apostolio ,
K^avaiBV i$i X.-XX.OV ygj uvayx.cu.ov ywuri .
ImmO'tali femina est malum, et necessarium (a) .
84. E/'f 'Eir/j'twS-a'a , Ad Epimetheum . Atticismo invece di ,7r?o'? . Epimeteo e sti-
mato scioceo ; e il rovescio di Prometeo ; come bastevolmente indica il no-
me , che suona tardiapprendi . Pindaro lo chiama o-^ivoov , (6) Tzetze uszqa!2v'> ov,
post consultantem (c) , Platone nel Crizia lo dice compagno di Prometeo nel
formare uomini ed animali ; ed aggiugne , che negli animali consumo le fa-
colta necessarie a mantenersi ; che meglio avria consumate nell'uomo .Clau-
diano lo fa autore degl'improvidi ,
Deteriore luto quod pravus condidit auctor j
Quern merito Graii perhibent Epimethea votes
Et riihd aether <i spar sit per membra vigoris (d) •
88 II Brunck voile cangiar yevnieci in yivons , dicendo che il luogo richiede-
va ottativo 5 non soggiuntivo . Ma questa sua correzione di solecismo non
ammessa da' Codici e una osservazione , che non potrk mai provarsi aver luo-
go a' tempi di Esiodo , e nel locale di Ascra . Corre gran difterenza fra
il correggere una composizione di uno scolare , e di un antichissimo . Tzetze,
e in altri luoghi gli altri Scoliasti han lasciati questi modi come gli han tro-
vati . Gli lasceremo anco noi tali quali ; tanto piu che ci mancano molti
de' libri , che in antico esistevano , e che facevano tutta 1' occupazione di
que'Gramatici , deboli in etimologie , ma duttissimi nel resto. V. il verso
497. e la nota .
89. huiaa 0 J'e^dfjtaiog etc. Sed qui recepit , quum jam malum haberet sensit.
E' detto con tacita allusione al nome di Epimeteo. II mal ch' ebbe fu la
donna , e i tanti mali che usciron dall' urna di Pandora . Non e fuor di pro-
posito 1' avvertire jche da questa favola dell' urna, Plutarco (e) .par che rac-
cojga ch' Esiodo sia posteriore ad Omero: poiche da Omero , e da' suoi due
dolj pieni di beni e di mali ( f) par derivato il dolio ch'Esiodo mette in
mano a Pandora. Noi veggiam possibile il contrario ; e rispettiam troppo
l'autorita de' mamii arundelliani , che fanno Esiodo anteriore ad Omero
di trent' anni .
92. xifPrt; iSu-:auv , afferunt mortem ; non >•>>?«? , afferunt s-encctutem ; quantun-
que sia meglio legato col verso seguente , se leggasi }*{>«?. Ma il verso se-
guente e di Omero (g) , e come di Omero lo citano Calliergo nelle note a
Teocrito , e cio che piu e , Plutarco (h) , a' tempi del quale , siccome a quegli
di Origene e di Proclo istesso non si leggeva in Esiodo, giacche l'omettono.
L' errore debb'esser nato da un Copista , che trovato il verso di Omero in
(a) pag. 281. (b) Pyth. V. (c) In Chiliad, torn. IV. Poelarum Graec.
pag. 370. (d.) Lib. 11. in Eutrop. v. 495. (e) De consolat. ad Apollonium
pag. io5. (/) Iliad. XXIV. vers. 528. (o) Odys. XIX. vers. 36o. (h) Lib.
de audiendis poetis t. II. pag. 24.
1 65
Esiodo citato al margine come nota , lo inseri nel testo, credendol testo -
del che molti esempj ha raccolti il Bentley nelle annotazioni sU la poetica
di Orazio . Ne da gran tempo mi pare imjerito ; avendo osservato che niuno
Scoliaste , niuno de' MSS. piu antichi il riporta ; quantiinque no' piii moder-
ni , e nelle edizioni tutte si trovi . Quindi Brunck omette il verso hi^a ec.
e legge xw^a? . Noi non l'omettiamo , ma lo contrassegniamo come sospettis-
eimo , e leggiam x«?«j ; lezione comportabile , anche quando succeda il ver-
so di Omero .
P4. iruu d<t>t\ov<?a, operculum removens . Proclo seguito da Moscopulo v. 89. chio-
sa cosi : Promethr-us quum a Satyris malorum dolium accepuset , iduue apud Epi-
metheum statuisset , admonuit ne Pandoi am reciperet ■ Ma.n'e deriso daTzetze
quasi narrator di menzogne , come se le altrc fossero verita ! La donna dun-
que , a cui mal si conveniva portare in mano un doglio , ch'era la maggior o<-
pera della figulina , non fece altro che scoperchiarlo ; e tanto bastd perche
tutt' i mali si spandessero per la terra , come nota Servio alia VII. Ecloga ,
ove cita due versi di Esiodo .
96. Mav» J' au™$i "E\irt<; , Sola vero illic spes . Dee concedersi al Comano ,
che 1' allegoria poteva essere ideata meglio . Perciocche o la speranza e un
bene ; e perche si colloca fra'mali? o s' e rimasa nel doglio , come si trova
fra gli uomini ? Rispondono alcuni, che nel vaso erano tutt' i mali e tutt' i
beni (a) ; e che sparsi i mali per la terra, i beni volarono al cielo , toltane
la speranza, la qual tuttavia si finge nascosta , perche comunemente non si
verifica , ma per una speranza che viene a capo , cento altre falliscono . E
Giove ci6 voile per escluder dall' uomo la disperazione , che saria il sommo
de' mali . Altri , com' Eschilo , atti ibuisce a Prometeo il merito di aver fatto
il cuore umano cosi sensibile alia speranza ; il qual Prometeo interrogate
come avesse fatto a salvare gli uomini dal timor della morte , risponde :
caeuas in eis spes collouavi (b) , onde sperando sempre di vivere , lavorassero
la terra , solcassero i mari ; come comenta il suo Scoliaste .
Ivi . tv d?4>ixToi<7i foftota-i , in non fractis receptaculis . Seleuco ( gramatico
riputatissimo presso Suida ) cambio il Jiuoio-t in iri&oirt . Ma non ve n'e bi»
sogno , mentre alia voce Jo'juoj corrisponde il 9-u'f<x%i , che manifestamente
& extra januam ; ed anche presso Euripide (c) addotto dal Clerc si dice :
'Ex. J' iXaTa xi&ei wv &6u-av 'Ea-SHm , educens cedrinis domibus , i. e. receptaculis
vestem : al che si puo aggiugnere , che anche presso i latini domus significa
ricettacolo di ogni sorta ; nido d' uccelli , tana di here , e , come prova il Fa-
bretti , sepolcro di morti(J).
97. Zfj.i{xvi e la lezione comune contro 1' aufcorita della massima parte de' Co-
dici di Esiodo : correggo col Sig. Brunck ifxuvt , come legge Plutarco pag. 101.
e Stobeo pag. S80. Esempj di tal voce sono in Omero Odys. IX. verso i5d.
in Callimaco Fragm. Bentl. 106*. in Teocrito ec.
(a) Theognis in Sent, u 3:. (b) In Prometheo vincto vers. 249. v. Schol.
pag. 3o. (c) In Alcesti v. 1J8. (d) Fabrettj Inscript. domest. pag. u3.
23
1 66
pp. Aiyiox* ■ Verso dubbio se sia di Esiodo . Contro la legittimita di esso
trovo una gravissima difEcolta , cd e 1' auturita di Plutarco , che omette que-
sto verso nel libro della Consolazionc ad Apollonio, adducendo gli altri del
contesto (a) . Noi a difesa di esso verso possiam produrre il comento che ne fa
Moscopulo e Tzetze , il trovarsi in tutte 1' edizioni migliori, il leggersi in
quasi tutti i MSS. 1' esser verso degno di Esiodo, il quale si serve qui del
dialetto ionico , ridondante e pomposo a par del vesiito di quella nazione ,
come osserva il Salmasio nel su>< Ellenismo . Nel resto confessiamn, che il si-
lenzio diPlutarco , e di Proclo ci fa gran forza per crederlo spurio; sicco-
me parve all' Einsio,anche prima di legger Plutarco. E notabile il modo con
cui ne scrive . Libere xxra -av 'A^i^x^xov versum hunc^ induct- nd'um jnaicavera-
runs ■ Hunc sententiam nostrum Plutarchi calculo confirmari ihp< ehendimns . qui
in Consolatione ad Apollunium , ubi totum hunc locum adducit, solum hunc
Versum praetermittit , vel ut vo$ius <m , vel ut ignotum omni-io tunc tem;joris -
Ne e da pretermettere che il Grevio spiega quel xarat 'Ap/ -a?xov per sccondo
Aristarco , quando V Einsio voile dire liber amente alia maniera di Aristarco .
Cid che par pia incrcdibile e, che Clerc , Robinson, Loesnero nun hanno
avvertito questo errore > che pero e inavvertenza , e non nuoce al merito di
questi letterati.
\o6. E/ S iS-e'Xa; , Si vis, alia maniera che i latini inseriscono si vacat
ne' loro racconti , come Virgilio (b) .
Jin . 'i<nqov . . . Xoyon , aire rum • . • sermonem , non in quanto sia di tema diverso
dal fatto finora , ma in quanto n' e continuazionc . '£ rspoj qui e lo stesso che ctX-
Xoj , e COsi dicesi h'AAoj Ao'joj , come «XXo a-uua rfliquum lOtpin, aXXo /SiGXiov t
reliqua lib) i pars . 11 Salvini traduce alzare un altro conto • Dormitat Homerus •
Apollodoro , gli Sooliasti , e comunemente gli antichi ascrivono alia terza
eta il cangiamento del mondo, quanto alia carenza del vitto spvntuneo. Esio-
do come sovrano Poeta ha cominciato da essa ; ora risale alia ptima, e se-
conda eta, tramutando per usterologia l'ordine delle cose.
107. *v <F ivi <p%$Ti (ZuWio rrJTi , tu vero tuis infi^e p' aecordii* . Ne'fram-
menti di Orfeo , e nella lliade di Omeio e si fatto emistichio ripetuto piu
volte : ne Esiodo e parco di tali repetizioni . Ma nel volgarizzamento con-
viene variar frasi . Qui l'abbiam tolta da Dante (c) .
108. ilf Luo&iVy Ut sirtiul . Cosi i traduttoii latini ; ascrivendo 1' of*o$ct> a.
tempo, eodem tempore , siccome >iw$-o> ,auiorae tempore- Ma i chiosatori spie-
gano indidem , ascrivendo ofx6$-cv a origine ; come quando il crcduto Omero
scrive HoTg te x-cto-iyvii-wig , 91 ts/ suo-^ev yiydasiv 3 et. t uis fratiibus qui indidem te-
cum , cioe ex eadem stirpe nati sunt (d) . Anzi general mente il dotto Scoliaste di
Apollonio Rodio (e) osserva, che in Omero o«» sempre vale nel mede^imn luo-
go, benche i Poeti posteriori lo rechino ancora al medesimo tempo. Vcnen-
do all' applieazionc della dottrina , io ho tradotto a par con !o>o , frase e-
(a) P. II, pag. 71. (bt Aeneid. I. 373. (c) Cantica 111. canto 1.
(d) Hymno IV. vers. 1 3 5. (ej I. vers. 107P.
i6y
quivoca , che significa nel medesimo tempo , e dal medesimo lubg&, o sia della
medesima stiipe. Nel piimo senso sappiamo , che Anassagora {a) fece gli uo*
mini ooevi agli Dei : Win* ygriuwnx ytyovivou. iuly e lo stesso fece Seneca : ho-
mines prima uuos mixtos Deis profudit aetas b) . Nel secondo senso Pittagora ,
$rto-; ysvog let ,6%oTai<7.' , divinum genus est mortal ibu s (c) , e Tulliu ineiendo
a'principj di Platone : animum esse ingeneratum a Dip ; ex </U" vfere vtl agna-
tic nobis cum coelestibu\ , vel genus, v<l sttrps appellaii debet yd). Taccio Lu-
crezio , Arato , Ovidio, Manilio , ed albvi d'gli antichi , i quali quantunque
discordi in altri punti di fcilosofia , in questo si accordano , nel dare all'uo-
mo un' origine divina: il che pave disceso da quella divina parola: inspira-
vit in faciem ejus spiracultim vitae,et fact us est homo in ammam viverrtem'Qs) .
iop. Yf'JfZov fti» etc. Incumincia la descrizione delle vavie eta del mondo,
che Proclo vovrebbe spiegare allegoricamente , e rifecirle alia elk dell' uo»
mo ; altri soritturalmente , fino a farvi degli anacronismi , e liferirle al So-
gno di Nabucco , come Farnabio al I. delle Metamorfosi di Ovidio. Io son fer-
mo nel mio sistema > che sian cose dedotte dalla Scrittura} o a meglio dire
dalla orale tradizione de' primi tempi del mondo , ma corrotte poi e guaste
da' Gentili a segno , che appena ye ne resti una traccia . Ma questa e chiaris-
sima ; ed io mi compiaccio in questo confronto ; e verro facendolo piu esat-
tamente forse che non si e fat to finora , a onore della Scrittura santa , a
oui vendono testimonianza di verita anche gli scrittori profani .
Ivi • >je$QTru>v av$-oioir ov , articulate Utqueniium hominum , come spiega il Clar»
ke in Omero , scguendo il preteso Didimo . Ed e quest' articolazione una giu-
diziosissima dilferenza fra 1' uomo , e gli altri animali , il cui parlare son ur-
li , e incondite voci . 1 nostri traduttori voltano diversis Unguis loipucntium
hominum ; il che se pud ammettersi negli uomini delle piu tarde eta 5 mal si
confa agli uomini dell' eta prima , ch' erano lubii itnius .
IIO- AS-yfani nroiti-rav . Chiosa Moscopulo £ Zej/'s p.i'.o^ t'lroi'na-w , solus Juppiter
fecit: maler, perohO Giove non rcgnava per anco : intendo pertanto questo
pjasso, di Saturn©-, e de' suoi Dei consiglieri .
III. O/' u-iv inri KfoVot/ >t row , Hi v<-ru s<b Saturnn erant . In Satuvno il Bian-
chini, il Lavaur , ed altri ravvisano Adamo nello stato dell' innocenza . Ne
giova opporre , che questo stato fu di breve durata: mentre chi pote impedi-
re , che appresso la dispersione non si tingesse tale stato di alcuni secoli ?
Ne fu portata la n.itizia per tutto il mondo ; c quante alterazi<»ni soiierse fra
gl'lndiani, fra gli Egizj , fia altri popoli , ne' quali fu propagata ( f ?
III. "fi? re §ni rf' tXao\i , Lt ut Dei viv<bant ■ Emenda il Brunck rJ? rfe Son'
Xwi7/.ov , e cita un verso vicino, ov'Esi<do avea pailato cosi : quasi non sia
buona ragione qursta med'.'sima di scrivcr £%uo per mutar frase .
Ivi- d*n#i* S-u/jov i%ovTf{ , stcururn animum habenus . Enumerando i beni,
(a) Laertius in Prooemio. (b) In Hippolyto v. 51+. (c) Vers. aur. 6}.
ubi vid<- Hicro l<m. pxg. 27p. id) 1. de L"gibus cap. 8- (e) Genesis 11. 7.
(/; V. il Bianohini Storia universale pag. 65.
1 68
che si godevano dagli uomini del secol d' oro , e riducendogli specialment©
a que' tre > che stabilisce il Pope nel suo Uonto :
Sol di felicita portan 1' impronta
La sanitil , la pace , e il ben che resta
Necessario alia vita (a).
comincia dalla quiete , e avvedutissimamente . La quiete dell' animo e il pri-
mo ingrediente della felicita naturale , permodoche il Muratori nella sua Fi-
losoiia morale giudica bastar per se sola a far 1' uomo beato . Ovidio (6) nella
descrizione del secol d' oro tutto su le pedate di Esiodo :
Mollia sectirae pevagebant otia gentes .
Ii 3. Abbiam rimesso come stava da principio ait? m-Cvuv giacche' Tzetze ci
dice esser V o in questo luogo comune, in vigor della liquida che la siegue .
Cosi faremo altrove > ridendoci di que' magvi gramatici , che hanno alterato
Esiodo j perche non iserisse a norma de' lor precetti .
Ivi . aVe n Att'kov r»pa? etc. Eccoci alia seconda condizione della felicita
simile agli Dei , i quali sono avoa-oi e dynqaoi secondo Plutarco. Godon sani-
ta , immuni da malattie , liberi delle mani , e de' piedi , esenti da vecchiaja ,
ch' e per se stessa una malattia .
li 5. liyitovi iv S-aXirnri , D elect abantur in conviviis , ch' e il terzo mezzo di
viver felice , abbondare di quelle cose che sono necessarie alia vita. Gli
Stoici troppo stimavano la virtu , asserendo ch' ella sola pud far V uumo
felice . Gli Accademici considerando ch' egli e composto di spirito e di cor-
po, anche i beni del corpo ebbono in veduta ; fra' quali primeggia il convito.
Ma perche sia conducente alia felicita debb' esser copioso non tanto di vi-
vande , quanto di fiatellevole affetto . I latini imitavano i conviti di que' pri-
mi tempi ne' Saturnali , introdottavi ancora una temporanea uguaglianza
fra' servi , e i padroni (c) .
lid 'Aipveioi pyiXoitTt . Verso che manca negli Scoliasti , e in tutt' i MSS. che
ci rimangono . Lo trovd il Grevio in una citazione di Diodoro Siculo(d) , t
dopo lungo esilio lo richiamo al suo luogo , se gia vi fu mai ; leggendosi in
Diodoro dopo il verso 120. ove qui e il v. iio\
Ivi . MitXx e equivoco in greco , e tanto vuol dir pomi , quanto greggi ; per-
modoche ha dalo luogo ad equivocare nella spedizione di Ercole , credendosi
che andasse per pomi , quando andava per greggi (e) . Qui il Grevio traduce
ricvhi di pomi , parendogli piu conforme all' eta dell' oroil nodrir quella gen-
te di pomi, che di alt 10 ; tanto piu che Varrone nel libro II. dice, che
fra le vite , la prima fu quella de' frutti, la seconda la pastorizia , la terza
quella dell' agricoltura. Ma nulla osta , che questo passo si adatti a' greggi ;
purche essi non pascessero di lor carni i padroni , ma sol di lor latte . Nel
qual proposito Tibullo parlando appunto di que6ti tempi,
(a) Traduzione dell' Adami epist. 4. (b) Metam. I. v. 100. (c) Horat.
Serm. II. 7. (d) Bibl. V. pag. 335. (e) Varro R. R. II. cap. 1.
169
.'. . . . . . ultroque ferebant
Obv'ia securis libera lactis oves(a)t
chiosa il dottissimo Sig. Heyne , pro quo Virgilius ubera lactea .
i\6. <p/A.5/ (x/xxafis-crt Siolm. Prendo questo passo non in senso di iv^ai/jtovi^ f
felices , come chiosa il Grevio , perciocche questa sarebbe inutile ripetizione ;
ma in senso di familiari , ed amici degli Dei } cari beatis Diis . Ed e comune
persuasione , che gli Dei colla gente del secol d' oro , merce della sua inno-
cenza , dimesticamente convevsassero , specialmente Astrea ; di che a lungo
Arato ne'Fenomeni , e brevemente Nonno ne' Dionisiaci (b) : Tla^S-i.oz 'A^^oun
X?wb»»j d-fiirreifcx -ysvi'9-Xn^ , Virgo Astraea aurei generis nutrix : favole , riflette il
VoJpi in Catullo , che le accenna , che hanno lor principio nella Storia San-
ta (c) e nella domestichezza con cui Dio trattd 1' uomo nello stato della in-
nocenza.
'17. Ovits-xov <P ws vnrvcp $i£p*iA'cvat , moriebantnr vero ceu somno domiti . L' Au-
tor de' versi sibillini conformossi manifestamente a questo luogo , quando de'
primi uomini nati d' Adamo cosi scrive : o'ftrtv etc.
Hisque diu superesse dedit , mortisque dolorum
Expettes plaaido vitam deponere leto ,
Infuso veluti sensim per membra sopore .
Iv'i . iS-Xcl Si' truv<m , Intendi de' beni dell' animo con gli Scoliasti , accioc-
che si schivi piu che si pud la tautologla : torna poi a' beni corporei con
ordine piu poetico, che naturale • nominando il vitto spontaneo , che troppa
ha connessione coll' opera fin da' primi versi .
118. y.a^'Ttov £' z<pi?i XnSu^o^ ajafa AutsucIdi iroXXiv , fructum autem ferebat fertile
arvum spante sua multnm . Tzelze comenta anco m; fia\dvovg,glandes . Ma Esiodo
assegna a -quella eta vitto piu mite, come io congetturo dall' epiteto %etfu?os ,'
che vien da JW , spelta , hordei genus , di cui si servivano innanzi fl ritro-
vamento del grano . Anzi Arato 3 e Claudiano (<7) assegnan frumento a .que-
gli della eta d' oro .
Up. hviauci'Di , sponte sua,, come in simile argomento si esprimono Lucre-
zio , e Claudiano. Giuseppe Ebreo (e) , e specialmente Filone(f) imputa alia
colpa di Adamo , e de' posteri la infecondita della terra; permodoche cessan-
do il peccato torncrebbe , secondo lui,l'antica abbondanza ; error c j perche
la maledizione da Dio data alia terra fu in perpetuo . Io noto ch' Esiodo as-
sai si avvicina al sacro testo , imputando a colpa di Prometeo solo la man-
canza del vitto spontaneo ,come noi al peccato del primo uomo : non a volon-
ta di Gi'-ve , perche 1' uomo non fosse ozioso , come il resto de'Gentili.
120. zpyct vifiovto , (moderatos) labores distr ibuebant . Ch' Esiodo non esclu-
desse ogni fatica dagli uomini di questo tempo , si raccoglie dal verso 43.
di quest' opera . Anche Adamo fu messo ncl paradiso terrcstre gf^ttgWd** daih
(a) Eleg. I. 3. 4*. {b) Lib.XLI. v. 214. (c) In Catull. carm. 63. v. 584.
(d) De Pvaptu Proserp. 111. v. 24. (e) Antiq. I. (/) De opiiicio mundi.
24
i2©
>£ q>u\ci<r<Tiiv , ut operaretur , et custodiret ilium {a); cioe con una fatica. , che
avesse ragione di divertimento . Tzetze spiega quell' t?ya la ricolta de' frutti
apontanei, e quel vtpovro la distribuzione di essi ; percio egli lo chiosa >fS-iov,
comedebant .
122. To< [xtv Sax^ovic, ftn , Hi daemnnes quidem sunt . Siamo al luogo , ch' Esiodo
divien maestro di uno de' principali dogmi della pagana religione . Princeps
Hesiodus , dice Plutarco b) , plane et distincte exposuit i atione utentium genera
quatuor , Deos, indc Genios midtos ac bonos , mox Heroas , turn homines. Par-
lando ora de' Genj , e falsissimo il sistema di un Dotto , che pretese , la
cognizione degli Angeli esser derivata da' Caldei ne' Persiani , e da questi
nella venuta di Serse recata in Grecia. Essi eran noti fin da' tempi di Esio-
do ; e sono lo stesso Angeli e Genj , o Demoni , come dimostra il Petavio (c)
citando gli antichi : basti nominare Filone : Hos Daemones Graeci , Moyses An-
gelas appellat .
Ivi . 11 Mcursio , 1' Einsio , il Grevio avvertirono , che questi versi 122. e
123. in alcuni libri son prodotti diversamente da quel che i Codici ora gli
rappresentino . Platone, Plutarco , Aiistide, Teodoreto , riferiti nelle va-
rianti , han citati i predetti versi con qualche diversita , che io ascriverei
all' aver gli recitati a memoria : ond' e che discordan tra loro. Tuttavia nel
piu essi convengono , ch' e come siegue pressa Platone:
' Ayvoi dXe^i'x.ax.01 (puXaxsg S-vhtuv dv&^uirmv ,
La lor lezione forse preferibile a quella che abbiamo , e nondimeno nella ao-
stanza conforme ad essa ; onde nun ho stimato di cangiarla , come fa il
Brunck , senza sicuvezza di aver data la vera lezione di Esiodo . Fa difficol-
ta , che Giove , che allora non regnava , dicasi autore della mutaaione delle
anime de'primi uomini in Demoni ; ma questo puo essere avvenuto dipoi,
quando Giove prcse le redini del mondo , e tante mulazioni vi fece .
123. Per quell' i<r$-\oi , che vuol dir buoni , che Platone, Aiistide, Plutar-
co in due luughi , Teodoreto e Fozio , mutano in dyvoi , puri , tacitamente
insinua 1' esistenza di altri Demoni cattivi , conforme alia sacra tradizione .
Considero pure quell' etn^oviot , in luogo della qual parola con manifcsta
scorrezione lessero Aiistide e Fozio, e molli MSS. viro%S-ovioi . E-n- r^ivioi ap-
pella a luogo , volendo dire che son Genj di terra , non di mare, non d' in-
ferno . Le loro proprieta sono quell' as- S-W , boni ; dXt%ix.axoi , malorum depulso-
res , che da' latini son detti averrunci , e quel pi/Aaxf j Ovnwv avS-fwircov , ch' c
custodes hominum , che Proclo espone {pyXarwrej dvmv dirtiuova tbv (iiov , inco-
lumem custodientes hominum vitam • Or chi non ravvi.sa in questi Genj gli
Angeli santi , de' quali e scritto: An^elis sius mandavit de te , ut custodiant
le in omnibus viis tuis{d)?
127. Aa'tfTOfoy aun ?ivo$ , Secundum inde genus etc. Ancor questa eta dee
(a) Genesis 2. (b) Plut. de Oraculorum defectu pag. 415. (c) Theol.
Dogm. torn. 111. lib. 1. cap. I. (d) Psal. XC. v. II.
I21
avere il suo fondo nell'istovia sagra > ma. depravata . Che se cio avrenne
-presso i medesimi Ebrei , che tante cose credettero della citta di Caino , e
delle altre particolarita che interessan quest' epoca , quante cose ne deono
aver credute i Gentili ? 11 carattere generale della eta seconda e la' goftaggi-
ne ; ed e espressa a bastanza nel parlare di que' primi uomini , che conoscia-
mo nelle Scritture nipoti di Adamo ; qual era Lamech : Audite vocem meam
uxores Lamech , auscultate sermonem meum : quoniam occidi virum in virtnus
meum , et adolesce ntulum in livorem meum (a) ■ Alle ingiurie scambievoli pud
aver dato lu«.go di credcrle 1' omicidio di Caino nella persona del fratello
Abele j e le soverchierie che il suo lignaggio faceva, giusta il racconto di
Giuseppe Ebreo , J,Sgi^av: fin la eletba stirpe di Seth dice , che dopo sette ge-
nerazioni comincio a tralignare (Z>) . Degli onori , che non rendevano a chi
in Cielo sedea , parla Giuseppe in maniera simile ad Esiodo : fi>irs raj vcyo-
fjticrutvac, Tt/uols tm &sv nraqz '%ovt*$ etc. ne que honores debiios Deo reddentes . Do-
po quesla descrizione passa anche Giuseppe alia generazione de' Giganti .
i3o. 'AAA.' ix.ci.TBv etc. Si dice cento anni , giusta 1' inteipretazione degli Sca-
ligeri j per dir molti . Adunque dovean vivere molti piu anni i loro educato-
xi j cio che combina con la eta di que' primi patriarchi , e con cio che leggesi
nella Scrittura , che Seth comincio ad aver prole di io5- anni ; Enos di po.
e cosi gli altri di 6o. di 70. ec.
i3l.'Efiq>tT dmUktav , Nuti iebatur crescens valde rudis domi suae . Accortamente
incomincia dalla educazione materna , ch'e molle , ed inetta naturalmente .
Platone riflctte che Ciro e Dario educati a' costumi guerrieri , divennero va-
lorosi ; ove i lor figli tcnuti in ozio fra donne delicate e ricche furon da
nulla . E notisi , che in questo secolo ancora eran donne ; e che Pandora fu
la prima del terzo secolo, non la prima del mondo .
133. riac/p/cT/oi/ jfaiWxoi/ ,Parum vivebant . Cioe poco rispetto alia eta, che pro-
metteva una si lunga fanciullezza. Nel resto quei che non si accorciavano
la vita co' disordini viveano lungamente.
134. Lascio dtpoaaiouc. nel suo possesso ; giacche cosi hanno le migliori edi-
zioni , e \\n buon numero di Codici : noto pero , che non minore forse e il
numero di que' che hanno a'ppa^/Vj , dialetto ionico familiarissimo ad Omero
e ad Esiodo , come notammo . V. Chiave Omericana a pag. zSl. e notisi cio
una volta per sempre .
1 3 5. af d$a»ci~Kc, 9-ifxirtvetv "HSehov . E' troppo verisimile , che questo non
voler servire agli Dei, si deggia intendere del culto esteriorc , che si fa
public e , pagatim ,oppidatim . Altrimenti , se fosse ro stati empj. e avesser nc-
gato anche il culto interiore , come dopo morte esser cangiati in Genj ? An-
che nella Scrittura Enos figlio di Seth , e nipote di Adamo, di cui si dice(c),
che coepit invocaie nnmen Dnmini, comincio a istituir feste , ed opere di culto
pubblico ; mentre il piivato era in uso prima di lui . Con che si emendano
(a) Genesis Cap. 4. {b) Antiq. lib. I. (c) Genesis IV. 26. ride Calmct
pag. 77.
T22
coloro , che spiegano quel x*t' tibia , juxla morem : facendo menzion di costu-
me , ove costume non era. Per ultimo offerire, detto cosi assolutamente , co-
me abbiam noi fatto nella traduzionc , e quanto offer ir sacrificio , nel modo
che Dante, citato dalla Ciusca ,'fa nel Canto X11I. del Pavadiso .
141. lot fttv oirox&o'i'ioi etc. Restituisco alia sua vera lezione il testo di E-
siodo , togliendone quell' ehrjjc&.owi) che contro il parer di Proclo , e di Mo-
seopuljo , e contro la fede di quasi tutt'i libri editi , e MSS. ci aveva messo
il Clerc , c gli editori oltramontani dopo lui , segtiendo Tzetze . Questo Gra-
matico fondato nella parola Jiunfoi, avea congetturato , che tutte le quali-
ty, che competono a' Genj della etk 'dell' 010 , competessero a quei dell' ar-
gentea : quando non e cosi . 11 luogo d' Esiodo va costruito , come Proclo lo
costrui, unro^ovtoi , $vwoi t Siwnqot , subtenancy , m or tales , secundi: sono dun-
que sotterranei per luogo , perche abitanti nell' inferno , mortali per condi-
zione , siccome altri Genj nominati da Plutarco e da Capella (a) , secondary
per rango , perche i primarj Demoni sono i Genj del secol d' oro . Dee no-
tarsi , che Proclo invece di /U«xjtfg$ legge pi/Xaitej , e comenta rivuv Js ptl'ket-
xej ; etc. quorum vco praesides ? ninrirum animarum , quae in Mis versantur lo-
cis , quaeque ne juxta naturam quidem vixerunt .
142,. d\\' iunrttg 7itu>} rv] -rets-tv oifnSii f at honor eos quidem etiam sequitur .
Questi presidi d' Inferno forse sono i Demonj , i quali poteron esser con-
siderati per Genj , ma non per reprobi . Fors' anche questa favola vien da
altra favola scritturale. Anche Dante riconosce un terzo genere di Angioli,
che esule dal Cielo , e tuttavia esente dalle pene degli Angioli ribelli , e tie-
ne un luogo vicino all' inferno tra gli sciocchi :
Mischiate sono a quel cattivo coro
Degli Angeli , che non furon ribelli,
Ne fur fedeli a Dio , ma per se foro (a) ■
143. Zswj cTtv irctrif etc. Tutto questo Secolo e fondato nella Scrittura piu
ehiaramente de' precedenti , come han notato Atenagora nella legazione ,
Eusebio nel V. della Preparazione Evangelica, capo 4. S. Metodio nel Ser-
mone della Resurrezione di Cristo , ed altri .
145. 'Ex fnXiav : cioe <?id i^v ftO.iuv come comenta il Tcobaldo prcsso Ro-
binson ; in modo che congiunto senza interrompimento con quel fnviv n ,
che vien dopo, faccia questo senso : propter hastas (ueXiui val anche hastae)
terribiles etc. La spiegazione e ingegnosa ; ma non necessaria , men t re e
appoggiata in congruenze debolissime per escludere 1' altra esposizione da"
frassini eran nati ; il che e secondo la persuasione degli antichi . Per tacer
degli altii , Stazio ha distesa la fecondita degli Uomini non solo a' frassi-
ni, ma a piu sorte di alberi
nondum , atva, domusque , nee itrbes
Cannubiisque modus. Queruus , laurique fetebant
Cruda puerperia , ac populos umbiosa creavit
{a) Plut.de orac. defectu . Capella de Nuptiis etc. lib. II. (b) Cunt. I.e. \
Fraxinus , et foeta viridis puer excidit or no (a) .
11 creduto DiJimo (b) riferisce l'origine istorica di questa favola ; ed e che
prima della invenzione delle case le donne partorissero spesso nelle cavi-
ta degli alberi , nelle quali trovati i bambini si credeano nati da essi.
Jvi ofa-iv 'Actios etc. Simil carattere fa a questa eta Giuseppe Ebreo ove
dice de' Giganti Scrittuvali : progeniem procreaverat insolentem , et Jiducia ro-
boris omne jus et fas contemnentem .
146. »Vs' t/ o-itov *H<T$iav , neque quid f rum enti edebant . Proclo dice che man*
giavan carni di here ; il che e secondo il sentimento di Seneca , che per
vitto alia terza eta assegna la cacciagione , qw>d sequi cursu fcras auderet
acres (c) • Ed e verisimile, che quantunque ve ne sia divieto nel Genesi (d)
come di carni immonde , i Giganti della Scrittura ancor ne mangiassero.
1-5 1. y-e^*s «*" »'* e's-xe a/Vuf 0; . Emistichio presso lo Scoliaste d'Euiipide nel-
le Fenisse v. iop8. 1 Greci lnterpreti dicono,che una certa temperatura ren-
deva il rame pari al ferro ; onde di rame erano nun solo le armi , ma gl'istru-
menti tutti , che poi si fecer di ferro. Io non niego questa temperatura ; av-
verto si bene, che le spade, ei coltelli , e le altre armi di bronzo rimase-
ci , che si veggono ne' musei , sono di una composizione , nella quale per qual-
che parte entra il ferro ; mentre ove si limino , alcune particelle di esse so-
no attratte dalla calamita, come osservo il Sig. Caylus . Nel resto carenza
di ferro non fu mai al mondo ; ma solo in alcuni luoghi . Tubalcain uno dei
primi uomini fuit faber in cuncta opera aeris , et ftni(e). In Gieciaj dicesi
da Esiodo , da Diodoro (f) , da Callimaco (°)esser venuto il ferro da' Calibi .
1 54 IXoiwyoi ha la seconda comune seguitando la liquida y . Non so perche
il Brunck voglia vdvuyvot edito da noi per errore .
1 Jp ^kviqdiv nqoiuv 3-eiov yivs<; etc. Virorum heioum divinum gtnus. Succede
la eta degli Eroi j che incomincia da Deucalione, o sia da Noe ; nuova con-
fermaj ch' Esiodo non segui qui verun' allegoria , ma si attenne al sistema
istorico , qual raccontavasi . Proclo e Apollodoro dicono , che al fine della
terza et& venne il diluvio , e piu chiaramente Servio h) : Juppiter quum pero-
sum habcret humanum genus propter feritatem gigantitm , scilicet quod ex illo-
rum sanguine editi tram mortales , dduvio mundavit terras, et umnes homines
necavit , exceptis Pyrrha et Deucalione . Deucalione era iiglio di Pandora, da
cui Esiodo comincio il catalogo delle donne illustri . Nel resto la memoria
del diluvio universale fu comune a tutte le nazioni , come osserva Giuseppe
Ebreo(j'). Ved. Monsig- Falconieri nell' aureo opuscolo sul Medaglione del
diluvio (it); del qual Medaglione scrissero ancora Froelich, e i miei amici
Bartheleiny ed Eckhel (I) uomini dottissimi .
(a) Thebaidis IV. v. 278. (£) In Iliad. XX11. v. 126. (c) V. de tota re
Senec. in Octav. v. 403. (d) Genesis cap. IX. v. 3. ubi v. Calmet. \,e) Genesis
lV.v.22. (/) Lib. V. p. 333. (g) Elegia de coma Berenicis ap. Catull. v. 48.
(7i) In Eel. VI. v. 41. ( i) Lib. I. c. 4. (k) Dissertutio dt Nummo Apumeiisi Deu-
culionei dduvii typum exhibente . (/) Doctrina Num.Veterum vol. III. p. 1 35.
25
»74
i6o.'Hf*l*t°i etc. 1 termini "Hpw?, ed 'H.u/>S9j si confondono; ma esattamente
parlandosi deon distinguere. Semidei sono quei che nacquero d' un genitore
immortale , d'altro moitale , come Achille , Enea , e simili ; Eroe e termine
di virtu, come attesta Servio : Heros nomen virtutis emeritae ; plerumque et
generis est (a) . Oltre a cio Semidei , e non Eroi si chiamano anco gli Dei di un
rango secondario , ut Faurii , Nymphae , Silenux (b) , e qucsti medesimi}e gl'in-
ventori delle arjti , e gl' indovini , e gli Dei di secondo rango chiama Capella
Semones (c) quasi semihimines , da homones che in antico dicean per homines,
Ivi. x«t' dTtitqova yxiou/ , per imrnensam terram: tvanne i Persian! ^ ove si
chiamavano Artei . Hesichio interpreta questa voce heroes apud Persax .
161. -<<g\ tpuXoirii; cuvii . Comentano gl' interpreti : et inte.stina discordia , allu-
dendo alia guerra di Tebe , che non fu come la Trojana di esteri con este-
ri , ma fu una discordia civile in origine , che provoco anche le armi stra-
niere . In Toscano puo risparmiarsi il nome di discordia; perciocche guerra
dicesi anco della civile .
162. Toy; fxiii irp iirTstiruXw ®>i!jyi etc. Alios quidem ad septem portas habentes
Thebas, Cadmeam terram . Cadmea si dice da Cadmo Fenicio, che primo la fon-
do secondo 1' opinione piu divolgata, e tenuta da Apollodoro nel lib. III., da
Nonno Panopolita nel V. da Igino nella favola 76. Ben e vero , che altri , fra
i quali e Varrone ,1a credon fondata da Ogige . La favola si e alterata o per-
che le cose antichissime si dicean Ogigie , di che Spanhemio ha raccolti vari
esempi (d) , o perche dopo Cadmo ivi regnasse un Ogige, come vuol lo Scolia-
ste di Licofrone (e) .
Ivi . ivravdXw . Delle sue sette porte , che a' tempi ancora di Pausania si
vedevano , rendon varie ragioni gli autori secondo le varie sentenze che
adottano . L' autore de' Dionisiaci le vuol fondate da Cadmo , e scelto il nu-
mero settenario in ossequio de' sette pianeti (./). tilostrato crede che sian
opera di Anfione , di quello cioe , che tolto il regno alia famiglia di Cadmo,
s'impossesso di Tebe, e che da sette toni musici , che Virgilio chiama se-
ptem discrimina voutim , desse loro il numero settenario (o) . I nomi furon
presi dalle sette figlie di Anrione . Gli recita Igino (h) e sono Tera , Cleodo-
xa , Astinomc , Asticrazia , Chia , Ogigia , Clori. Altri nomi si leggono prcsso
Pausania e presso i Tragici , che fan congetturare , che una porta avesse
piu nomi .
1 <5"3 . unXuv eVe*' OiJitoJxo , propter greges Oedipi . Lo Scoliaste di Licofrone
cita questo emistichio al v. p33; e vi fa questa glossa: u»\uv ttvri t« ttXjJts ^
fi'xo-iXncigrgOiJt'iroJoi; , gregum pro divitiis et regno Oedipi. Proclo : oi vaXccioi etc.
nntiqui enim in quadrupedibus substantiam habebant . Regum quippe liberi an-
te nuptias pastores erant ; sponsisque boves et pecudes muneri dab ant . 11 V. Idil-
lio di Mosco par fatto per comentar questo passo di Proclo : ove Dafni venu-
(a) In VIII. Aeneid. v. 464. (b) Serv. in Eclogam VI. v. 3t. (c) De Nuptiis
Phil. Libro II. (d) In Callim. hymn, in lovem . vers. 14. (e) Versu 1205.
(/; Lib. V. vers. 54. (g) Lib.l. lmag. c. 10. (h) fab. LXIa.
/25
to a conchiuder le nozze con una 'donzella , le propone iin da principio la
condizione di Paride bovajo : Tdv irivwrdv etc. Prudentern Helenam Paris rapuit ,
bubulcus alius; e in appresso discorrendosi di dote da stabilirsi dal marito ,
le promette , Universum gregem , omnia nemora et pasuua habebis.
\65. EXeVx; ivix.' »6'x.ouoto , causa Helenae bene comatae ; ma e notabile cio chc
Isocrate accenna (a) : bellum gerebant . . . verbo quidem pro Helena Mtnelai
uxore; re ipsa vero ne Graecia vel consimilia pateretur a barbaris , vel qualia
pruts passu erat , qtium Pelops totam Peloponnesum , Danaus urbem Argivorum ,
Cadmus Thcbas occnpasset . Omero nella divina lliade ebbe in mira di mantener
ne' suoi Greei viva questa gelosia de' regni esteri , ed insieme di far loro co-
raggio ad invadergli , mostrando loro quanto potessero con£dare nelle lor for-
ze,ove fossero unite contro gli stranieri. Y.Gravina della ragion poetica(b).
Ttfp. TuXov dv d^cwdiwv tela-i Kfovo; ip,6aai '\zvs f Procul ab immortalibus ,
Satui nus horum rex est. 11 verso manca in quasi tutti i MSS. ed e rifiutato da
Proclo , e dagli altri Ciitici antichi , insieme con un altro seguente , che
dovea esser diverso da quello , che oggi abbiamo. La ragione che ne addu-
ce e , perche questo e un verso nugatorio , il che io interpreto per la dimo-
ra di Saturno negli Elisi negata da molti , e creduta solo favolosamente
da' barbari , come afferma Plutarco (c) . E veramente nel Tartaro lo dice
racchiuso Eschilo (d) , 1' autor de' Dionisiaci ye) , Ovidio ( f ) , Claudiano (g) , ed
altri. Ma non mancano autorita anche per la contraria sentenza . Pindaro
siegue in cio Esiodo (h) tniXow 6.tv? etc. peregerunt Jovis viam ad Saturni uv-
bem , ubi beatorum insulas Oceanitides aurae perflant . II Gvevio aggiugne la
Iscrizione di Regilla moglie di Erode , e si pu6 annettere Diodoro citato dal
Grevio stesso , Luciano nel T. 111. pag. 38p. la Tavola VII. del Sepolcro de'
Nasoni , ove Mercurio a Saturno presenta un' anima da giudicare .
170. a'xxefs'a Suuov tx0V'reS > securum animum habentes . Non sembra questa la
teol jgia di Omero. Achille vorrebb' essere anzi un servo fra' vivi, che un Re
fra' morti ( 1 ) . Ma Omero mette tutti gli Eroi nell'Erebo : e Pindaro ineren-
do a lui dice , che Achille per le preghiere di Teti passo indi agli Elisj .
Avea dunque ragion di dire Achille cosi male della sua sorte . Liberato pero
egli dall'Erebo, e cosi liberati gli altri eroi, o per sovvenimento di qual-
che Nume , o perche aveano espiate le macchie di lor vita , e condotti negli
Elisj, ivi viveano senz' affanni. E tali dovean essere a' tempi di Esiodo gli
Eroi di Tebe , e di Troja ; mentre non recenti dalla lor morte , come gli Eroi
trojani di Omero , ma corso gran tempo possedevano unacompiuta beatitudine.
171. 'Ev uxxdfwv vhtois-1 etc Quali siano queste isole de' beati , si dubita
ancora. Ma la opinione piu verisimile e , che sian le isole Mauritaniche , og-
gidi Canarie , la quale opinione e sostenuta da Cellario (k) . Di esse Strabone :
(a) In Panathenaico pag. 4P2. (b) Delia ragion poetica pag. LX11I. ediz.
fioientina. (c) Tom. II. pag. 420. eto^i. (d) In Promethco v. iip. (e) Lib.
XXIV. v. 236'. (f) Metamorph. I. 1 13. (a) De raptu Proser. 1. Il5. (/i)01ymp.
ll.v.127. (/) Odyss.XI. 488. (k) Tom. II. pag. ^7-
n6
insulae beatorum quae etiamnum apparent , novimusqtte eas non multum distan-
tes ab extremis Mauritaniae{a) . E Plinio ; Ju&a de Fottunatis Jnsulis ita inqui-
sivit . . . primam vocari Ombrion . . . proximam Canariam vocari a multitudine
canum ingentis magnitudinis , ex quibus perducti sunt Jubae duo{b). Unantico
chiosatore di Orazio , mutando sito,dice su quelle parole degli Epodi Ode \6.
Nos mariet Oceanus circumvagus ; arva beata
Petamus arva , divites et insulas
Fortunatas insulas quae sunt supra Britanniam , ultra Orcades insulas , ubi mil-
los nisi pios habitare scripserunt Graeci . Plutarco nel Sertorio le colloca dieci
mila stadj lungi dalla Libia. Tzetze pur nomina la Brettagna al v. izoo. di
Licofrone •" A/ >«'? etc. hae enim beatorum insulae juxta tiesiodum , Homerum ,
Euripidem , Plu.tarchum , Dwnem , Procopium , Philostrotum , et reliquos . Nam
circa Oceanian Britannia insula est et Thule . Dicunt autem mortuorum
animas heic habttare .
171. iraf 'ilxzowiv fiaS-uJivw . Gli Scoliasti comentano xam 'Slxecwov , ad Ocea-
num. L' Einsio vuole , che s' abbia a interpretare ultra Oceanum , nel qual
proposito cita Silio Italico , che dice
Verum ultra Oceanum sacra contermina fonti
Ltthaeos laticcs} et sacra oblivia potat'c).
Cio vorrebbe dire , che agli antichi fosse noto il nuovo mondo , il che e
dubbio molto , e richiederebbe non una nota , ma una dissertazione (dj . Quel
che pare inncgabiJe e , che gli antichi alle terre fortunate credettero non
potersi andare se non per acqua ; come raccoglie il Buonarroti da' sepolcri ,
ove si veggono effigiate Ninfe e Genj , ed anime che veleggiano (e) .
173. Tf/'s to gwj etc. I descrittori delle lsole fortunate, Plutarco, Plinio ,
Strabone , non lasciano di rammentare la loro straordinaria fertilita. Me-
la (/") •" Fortunatae insulae abundant sua sponte genitis , et subinde aliis super
aliis innascentibus nihil sollicitos alunt . Eschine Sociatico , che senza indivi-
duarne il luogo , le chiama aJa-z&iv x®%ov) locum pioium, ne fa una bellissima
descrizione(g)> che io pretermetto, perche troppo lunga. Volentieri poi can-
gio t?i's trsog in Tf/5 to s'toj , lezione autorizzata dal maggior numero de' Co-
dici, e dall' edizioni riferite al verso 12.
17?. * inrtiist ya/i<r$-cu. Comincia il secol quinto , o del ferro ; ed Esiodo si
augura di esser nato quando questo sara linito. E come sapeva , che il sesto
saria migliore? Primieramente per congettura. Non potendo csser peggiore
di quel ch' era il suo secolo , era verisimile, che dovendo durare il mondo,
e' migliorasse . Secondariamente vivendo in tempi tanto piu vicini al diluvio ,
ed avendo avuta notizia, comecche alterata, di tante cose scritturali , non
saria maraviglia, se avesse avuto qualche sentore di una futura rigenerazio-
ne. Gesu Cristo dovea essere desidei atus cunctis Gentibus, giusta V oracolo
(a) Strabosubinit. (£i Lib VI. cap. 32. (c Lib. XIII. v. JS3. (d) Exhibet
LipsiusT.lV.pag. 5p3. (e) Medaglioni pag. Uf (/) Lib. III. p. $79>
(g) Dialogo 111. pag. 11 5-
diGiacobbc (a) , e vcramente fu desiderato da ognuna , benche confusamente ,
in vigore della notizia che di lui sparsero i primi populatori della teria(6).
E Ja notizia era, che a quest' ordine di cose un altro miglior ne succedereb-
be. La tradizione degli Egizj e espressa in quell' Asclepio , la cui traduzione
e attribuita ad Apulejo : Me Dominus malignitatem omnem' alluvione diluvii,
vcl igne conutmens , vel morbis pestilentibus usque per diversa loc.a dispersis
finiens , ad antiquum facitm mundum revocabitic) . Confucio il maestro de' Ci-
nesi predice presso a poco lo stesso (d) . Le scuole de' Greci tutte n' ebbero
qualche sentore . E de' Pittagorici ne fa fede Giorgio Scubart ne] principio
dell' Opera De Diluvio Deucalionis . Degli Stoici basta legger Seneca in piii
luoghi , fra' quali e insigne questo : omne animal ex integro ger.erabitur , du-
biturque Terris homo inscius scelcrum , ct melioribus auspiciis natus (e) . De'
Platonici si legga Platone nel suo Politico . Ed e notabile s che intorno
alia venuta del Divin Verbo il mondo si mettesse in aspettazione di qualche
gran mutazione , siccome per tacerne altre prove fa fede Svetonio esse in
fans, ut eo tempore Judaea prof ecti rerum potirentur (f) . Virgilio ancora com-
pose un'egloga intitolata in piu. Codici : Saeculi renovatio .
176. Nt7v >a'p S-,i yivos i$i <ri£>l?iov. A quest'epoca del ferro ciascun degli an-
tichi rapporta la sua eta ; Platone nel Cratilo, Virgilio nell' Egloga lV.Ora-
zio negli Epodi Ode i3- Macrobio de Somnio Scipionis lib. 11. anzi Luciano (g)
c Giovenale (h) trovan mite questa espressione ; e dicono , che la eta loro e
qualcosa sotto il piombo ; onde debb' essere di terra, o di loto .
Ivi . Hi ttot' Hua? etc. Comincia la descrizione del secol di ferro, nella
quale sempre abbiam volto in presente (quasi dica suole)ci6 ch' Esiodo ha
espresso in tuturo ; di che molti esempj presso il Grevio nella greca lin-
gua, e 1' osserva anche Casaubono in Persio nella latina (z) a quel verso:
At bona pars procerum tacita hbabit acerva , cioe solet libare .
175). 'AW iuirm; etc. sed tamen ethisce admiscebuntur bona mails . Cercasi
da' Hlosofi se il dolore e il piacere si dispensi con equilibrio ; nel qual pro-
posito Montpertuis crede che il male prevalga ; altri che v' abbia equili-
brio, rispetto alia massa del genere umano , non rispetto agl' individui. A
me piace la senlenza di Euripide nelle Supplici v. 196. YlXuu etc.
Plura bona quam mala esse homuiibus (judico)
Nisi enim hoc esset non essemns in hac luce.
l8i.Ei/V av tjiiviixwoi etc. Pochi versi di quest' opera meritano attenzione al
pari di questo. 11 Grevio riprova a ragione la spiegazione che davasi comu-
nemente prima di lui: postquam facii juetint cai.i : e sostituitce quell'altra
presa da Moscopulo : quum vix n'ati canescant \ la qual'e piaciuta dipoi quasi
a ogn' altro interprete. Tzetze ci somministra una terza spiegazione , che sc
(a) Gen. XL1X. 10. (b) V. l'Eminentiss. Gerdil Intro'luz. alio studio del-
la Religione pag. 200. (c) Apuleius pag. 1 5o. (d) Huetius Dt-monstr. Evang.
Par. I. extrema (e) Natur. Quaest. lib. Ill pag. 36j>. (/) Sveton. pug. S41.
(#) Epist. Saturn, torn. 111. p. 40J. (7i)Sat. XIII. v. 3o. (i) Safcyra II. v. 5.
26
io non erro , e la vera . Egli eomenta : hviku isXt'&uTi xj vvd^%uc-i iroXiox.fompoi xj
y-ttfauoi yaviptvoi xj itx&iVTsi;: quando facti sine can! circa tempora et seneS qui gi-
gnuntur , ac pariuntur . E tale spiegazione ha il suffragio di Aristide . Sembra
egli maravigliarsi ch' Esiodo, essendo indovino , abbia stabilito il fine della
eta del ferro alia vecchiezza di que' che allora nascevano, e non piuttosto
alia fondazione della citta di Roma , quando in terra furono ricondotte la
equita e la verecondia (a) . E noto in prima eontro la spiegazione di Grevio,
ch'eJ/E e avverbio di tempo , siccome avverte Eustazio (b) , tor', dv tirigfapd
*?' x$ov'*gv , '!70-' ri? bis , adi'crbium temporis est , aequivalens verbo quando; ove
che possa usarsi per quam , o quandoquidem , non e senza qualche difhcolta .
Noto per secondo , che nella medesima spiegazione di Grevio si suppone ,
ch' Esiodo argomenti la vicina cessazione del secol di ferro dalla brevita del-
la vita , ch' era a' suoi giorni : quum vix nati canescam . Ma cio e manifesta-
mente supporre il falso . Una giusta vecchiezza si compieva a' suoi di nel ptf.
anno (c) , cosa , ch' Esiodo scrive , e debb' essere stata non rara in Ascra >
Ivi . nroXtoxgoiucpoi, cani circa tempora. L'uomo prima che altrove incanu-
tisce nelle tempie , come osserva Aristetile nel libro V. de genemtione ani~
malium al cap 4. onde raccogliesi , che il Poeta dava al suo secolo einquan-
ta,o sessant' anni di vita.
182. ot/efa nretrif , neque pater filiis est similis ■ I Comentatori l'intendono dei
pareri , quasi si quereli il poeta, che discordano i figli da' genitori.- Proclo
e Moscopulo l'intendono ancora delle fattezze , quasi si lamenti , che manchi
quel segno , che Orazio loda nel secol d' Augusto : lawlantur simili prole puer-
perae (d) , ch' e un segno di prole legittima . Io ho seguita questa sentenza ,
la qual mi pare piu acconcia ad escluder da Esiodo la tautologia ; mentre
appresso nuovamente si querelerebbe della discordia fra padri e figli.
i85. A'Ta eTe ynfas-xovTou etc. Teognide quasi colle stesse parole ,
O" ef' diroyxpda-x.Bv'Kts dri[xu%XTi 7sx«af (e) .
186. BajfovT' iiritwi. Tzetze 'Avvi to fid^oyisg' is Juikov dvrt to v\v9-uuurixS , ug
sg^ "j ' 'Ou»^(ii • *il Adx.101 virt pivytis ; vuv boot i^ov . Dtinle pro plurali , ut aptid
Homerum : O Lycii quo ftigitis? Nunc veloces estis ? Arcaisino notabile .
187- a'eft (*iv oTye . Mendose se.quente verbo modi optativi. Cor. aefe xtv . B runck .
Buona nota se Esiodo non fosse poeta antichissimo .
188. dvo 9-ftnrm'fia Jucv . Esige la natura , che si rendano gli alimenti a' ge-
nitori vecchj , che gli han dati a' figli mentre erano in eta«da non poter
procacciarsi il vitto da se . Quindi degli uomjni morti giovani , Omero II.
IV. e XVII. 3oi. quasi con le stesse parole di Esiodo a'eft nx.eu<ri 3-^nrfa pi'Xoif
«Ve'J'(ux£, neque parentibus nutrvtia caris reddidit. Su questo dovere V. Eliano
in proposito della Cicogna , lerocle de ojjiuiis erga parentes , lo Spondano ver-
so il fine del libro IV. della lliade .
l8p. "E-re jiof ef* e'is?« iroXiv itctXair d%u , Alter alteram urbem diripiet ." Grozio ri-
(a) In ElogioRomae torn. I. pag. 3p8. (&) Tom. I. pag. 188. (c) Ausonius
Idyll, cui tituius Hesiodium pag. 187. (d) Lib. IV. ode S. (e) Gnom. v. 8ip.
l19
ferisce una legge degli Anrizioni, che non si saccheggiassero le citta vinte(a).
E Cicerone (b) De evertendis autem diripiendisque urbibus considerandnm eric
ne quid temeie, ne quid crudchter .
Iy2. Jix-h J' iv x1?*1' ySA cu^co^ Oux ifcu, jnatitia in manibus et pudor non erit .
Abbiam tradotto Vergugna , termine usato dal Petrarca nella stessa forza :
Onestate , e Vf-rgogna alia front' era(c) . Sebbene rispetto alia Giustizia , e alia
Verecondia , fa piu. a proposito citar Tullio : Est autem quod differat inter Justi-
tiam , et Verecundiam . Ju^wiae partes sunt non violare homines, Verecundiae
non offendere ; in quo maxima perspicitur vis dccori (d): consiste la verecon-
dia (in latino pudor) in non offender e la delicatezza degli uomini ; non disgu-
starli , ma usar civilta , cmveriienza , modestia , onde Plutarco la chiama coa-
djutrice della Giustizia . Cosi il Silva comentando il luogo di M Tullio .
ip3- Lo Scoliaste di Sufocle ( Philuct. v. 462. ) riporta parte di questo Tor-
so, cangiando /SX«'4« in ,5? aVre; . /
\oS . ZjTAsj cf' dv$x(umoi7iv etc. Invidia vera homines comitatw . Semplice , ma
vera, e ingegnosa e la descrizione che fa dell' Invidia , che in pochi tratti
di penna spiega 1' indole , le sembianze, il costume, la frequenza di questo
vizio . Ovidio ncl II. delle Metamorfosi verso 77J. fa una descrizione della
Invidia piu estesa , ma non piu sugosa.
198- h.iu*.oiTiv tpotfiej-o-t , Candidis vesnbus . <Pd?oi; corrisponde al pallium dei
latini . Suida(e) ipa'f'J , ipdriov, wegifiaXutov . . . . \iyi<mt Je iirl yovouxof . Pallium
amicu/um: dicitur vero de mulieris amivtu ; cioe piu prupriamente , giacche
conviene anche agli uomini. Cingevasi con zona. Candido era il colore , che
gi attiibuiva ad alcune Dee ; siccome alia Fede ed alia Speranza lo ascrive
Orazio (/) , alia Pace Tibullo ( g) , alia Virtu che compare ad Ercole Seno-
fonte(7i), alia Monarchia figlia di Giove Dione Crisostomo (z) , alia Giusti-
eia ed alia Verecondia Esiodo .
200. A/Vn;; jgcj HipiTi;. Queste due virtu congiugne insieme ancora Ome-
ro (k) , d\X' iv tpftvi $i<r$i exa?os A/Vw ^ Na'.ueo-/;/ . Sect in mentibus reponite
unusqiiisque pudor em , et justam reprehcnsionem . Da questo lucgo di Omero
trasse Gio- Tzetze la sua chiosa Ns'usf's Strata fti'p^t;, justa vituperatio i ch' e
cio , che Suida insinua in quella sua spiegazione della voce Nemesi , ^£/"4'f »
A/xw , ipS-oi/d; , S{2°k; , tu'xv ; ove preferisce a tutte le interpretazioni ui/u-^tg.
Dal Clerc in poi si quistiona qual Deita sia questa Nemesi ; volendo egli ,
che sia diversa dalla Nemesi uhe punisce ; ma una Dea che previene il de-
litto col timor di una giusta vituperazione . Plutarco nel libro de Orac. de-
ftutu , la nomina la giusta indignazione Ma tutti quegli , che fan menzione
di queslo volo , e del posto che fu dato fra gli astri alia Dea volante , e
chiaramente appellano ad Esiodo, tutti, dico,la chiaman Dice, Giustizia
(a) Lib. II. cap. 5. (b) De Officiis 1. 24. (c) Trionfo della Castita v. yg.
(d) I. de Officiis 28. (e) Tom. 11. pag. io3i. (/) Lib. I. ode 3>. vers. 21.
{g) 1. Eleg. jo. vers. 68. (A) Pag. 738. in Memor. 11. (i) Oratione I.
(k) X11I. II. v. 122.
1 8a
Astiea, Temide : che bisogno abbiamo di altro comento ? Arato ne' Fenomeni
ver. i33. la chiamo Dice; VirgiKo nella Georgica al libro II. v. 474. la no-
mind Giustizia ; Ovidio nelle Metamorfosi al libro I v. 14P. la disse Astrea,
cd Astrea pure 1' autor della Otlavia al v. 417. Lo stesso nome di Astrea , o
di Giustizia le da Claudiano alia Poesia 111. v. 36) Giovenale Sat. VI. v. 19.
Igino nelle favole astronomiche capo 25. Nonno ne' Dionisiaci 1. XLI. v. 214.
Ammiano Marcellino 1. XXII. c. 10. Bastano ancora? O si vuol che lo stesso
Esiodo faccia 1' interprete a se stusso ? E nol fa a sufficienza ove dopo aver
esposto poco innanzi , che la Vergogna e la Giustizia e fuor delle mani ( e
vuol dire dell'opre) del secol di ferro , dice ora , che abbandonan la Terra
la Vergogna , e Nemesi; che altra Dea non puo essere che la Giustizia? Osta
che nella Teogonia Dice e Nemesi son distinte con proprieta diverse . Ma
Esiodo nella Teogonia non fece punto ; e come dopo aver quivi descritto una
Gara , nelle Opere e Giornate ne descrisse un' altra ; cosi puo dopo una
Nemesi aver descritto anche la seconda .
2.02. Nuv cT ou-jov etc. Nunc vero fab id am etc. Questa e la prima favola , che
si trovi in autor profano , per cui molti han dato ad Esiodo 1' onor di primo
inventore di questo ramo della morale hlosofia. Tal e quel Cleodemo presso
Plutarco : Mihi autem videtur Aesopus reciius sese Hesindi discipulum p-ofite-
ri (a) . Quintiliano : videtur earttm primus aiutor Hesiodus [b) . Giuliano Augu-
sto : Sic Hesiodum genus dlud tractasse constat > turn } qui eum est sequutus , Ar'
clulouhum (c) . La favolae maniera d'istruire usitatissima dagli Orientali,
di cui porse motivo il ragionamento del Serpente con Eva , come pretendo-
no alcuni presso Calmet: almeno e certo cio che osserva V Einsio , che gli
apologi tutti si rapportano al secol d' oro .
Jvi. (pfovitta-i ^ au'ieli;. E' verisimile che sia awi»7f per solis ;„giacche il
grand' Etimologico spiega anche uivo^ quell' tv-ro% . E in cio Esiodo punge ga-
gliardamente i giudici , quasi soli sapiant , proverbio , che presso il Manuzio
dicesi de'superbi3 che sprezzan gli altri .
2o3. dnioja Troix.i\of<HfOJ } lusciniam canoram. L'usignuolo e usato simbolo
de' poeti presso Callimaco Epigr. 2. presso Teocrito ldil. V. i3tf . presso Jone
Anthol. 111. cap 25. epigr. 3i. ove chiama Euripide fxe\i'?n?uv dxdova, dulce lo-
qUentem lusciniam .
Ivi . Quell' epiteto Tro/x/XoJg/po;, che oltre il consenso di tutt' i Codici (d) ,
ha per se la citazione di Ammonio , non ha bisogno di esser cangiato in
nroixiXoyngvs , variae vocis come il Sig. Ruhnkenio vorrebbe. Egliprende, mi pa-
re, troppo materialmente quella voce Sa^n collum ; e vuole che il collo dell'
usignuolo non sia altrimenti vario di colore e di penne : il che quando an-
che sia vero , non e vero che collo non possa pvendersi ancora per gola ,
(a) In Convivio Sept. Sapientum pag. 1 58. (b) I. O. Lib. V. pag. 236". (c) Orat.
VI. pag. ap. Petav. 387. (t/) E' vano senza gravissima ragione opporsi a talc
autorita . II buon critico scripturam quam omnes annuant nonnisi graViasimiS
de caussis loco muvet : Wolfius Proleoom. in Homerum circa initium .
i8r
di che ci da liberta. Esichio , comentando <?j/?t» per dvx»v. Ne fbrse altro epi-
tctoili confa meglio alia gola dell' usignuolo sempre varia nel suo verso, e
nelle sue note . L' osservano gli autori , fra' quali Qppiano lo chiama aioXo'^w-
vov y variae vocis ; iroixiXcptovoy Moseopulo e Tzetze , che val lo stesso, e Pli-
nio ne fa una bella descrizione , che io pretermetlo perche troppo lunga (a) .
2o5. yva/.tm-ToiiTi ovu'xeerej , curvis unguibus ■ Fra'simboli di Pitagora uno e
questo yya{f^wvv%a fxn Tftpetvy curvis unguibus animalia non nutrienda ; cioe
rapaces homines fugiendi , come spiega il Giraldi .
2io. *Appa»» etc. Aristarco presso Proclo scancellava questi <jue versi , per-
che non e convenevole, che un animale irragionevole proferisca sentenze ;
la qual ragione approva il Grevio. Ma tortamente : perciocche, siccome
Tzetze riflette , e ridicolo che a' bruti si accordi il parlare umano ; ma non
che si accordi dopo tal concessione il parlare sentenzioso . E nel vero presso
Fedro troviam sentenze bellissime in bocca a'bruti , come quella dell'Agnello:
facit parentem bonitas , non necessitas(b) ; o quella della Cieogna : sua quisque
exempla debet aequo animo pati (c) .
214. "Yfi-Zf-t; ydf is x.xx.» rf«X« /Sjotw ■ xfi [x£v i&Xct; 'P»/'^'<i»j tpi^tficv Jiivanttt ,
Injuria enim perniciosa est tenui homini , nee dives facile earn ferre potest.
Passo intraltA»to piu per la contrarieta degl' Interpreti , che per la sua oscu-
rita. Lasciando gli altri , Plutarco ce ne somminis^tra presso Proclo una chia-
lissima spiegazione , chiosando quell' £&\o$ non uomo dabbene , con^| altri fa;
ma piuttosto ricco , e potente ry tux? f '&! TV ^uud/un -op oj^ovra . In questo sen-
so anche il bonus prendesi da' latini , come quando Plauto disse : Est mise-
Torum , ut malevolentes sint, atque invideant bonis (d) . Sicche il senso di questo
emistichio e come siegue: l'ingiui-ia e cattiva pel povero , perche lo diserta :
il ricco poi , quantunque possa tollerarla , non la tollera, ma se ne risente.
• 21 6. ot3~o$ J1' iitfriipt irapsX^H.* etc. via ex altera parte melior est ad ingredien-
d urn , quae ducit adjusta. Cosi comenta Moseopulo: o#l<; &i t?i xa-5-' »ri?av
fJlft'ifa, XfttTTGjv } u><;t nraqiXOuv uwniv \iyco >i «; id J it-axa dyovtra .
218. 'Ej tj'Xo; IfciXSZa-a. , o «j WXo? , come legge lo Scoliasle di Euripide
nell' Ecuba al v. 1187. Ad jinem progrcssa . La Giustizia divina non si cono-
sce se non nel fine. Lascia prosperare il reo per qualche tempo; ma al fine
lo arriva per lo piu ancor vivente : talora almen dopo morte ; il che se non
facesse Iddi.o, non avendolo punito in vita, e non essendosi pentito mai, sa-
ria ingiusto .
2ip. 'Avtixu yd? t?ix<*"0?x.o<; . Oreo e il Dio che si fecero i Gentili per pre-
sedere alia religione de' giuramenti . Opportunamente ne fa qui menzione il
Poeta in proposito de' torti giudizj. Demostene X?*' tci'vwu etc. Oportet veo,
vin Athenienses , Mud etiam consideretis , atque ob ocuLos habeatis , quod ju~
rati hue venistis ex lege judicaturi (e) .
220. T»i <?t A/x»; f'o'5-af i \*.ouiv>\<; etc. 11 Guieto e gli altri v'intendon yiwmi .
(a) H. N. Lib. X. cap. 2j>. (b) Fab. 111. iJ. (c) I. 2d. (d) Capt.IlI.4- Si.
(p) Contra Leptinem.
n
l8<2
E si fa un f remit o dalla Giustizia , interpretando ps'5-oj per fremito , dedotta
la metafura dal fremito delle onde , e de' flutti , come spiegano i due Sfrolia-
sli piu recenti. Ma Proclo seguita Plutarco , presso cui ?c9-oj e via angusta ,
sinistra, aspra , in dialetto beotico. Onde il senso e justiciae est aspera semi-
ta > come traduce Robinson . Ma chi ci assicura , che a' tempi d' Esiodo aves-
se quel significato strano , che a' tempi di Plutarco? Vi corrono circa mille
anni . Cio che siegue favorisce piu la prima sentenza , che la seconda .
222. snrercu . . . . jfS-ea \uu>v , sequitur sedes populorum ."Ettztcu , sequitur e lo
stesso che inseqiiitur . Cosi Virgilio : Auritosque sequi lepor es(a) . Persiegue le
case de' popoli perch' essi non sono esenti da colpa ne' giudizj rei : primo ,
perche godevano di tener giudici ingiusti , <?£f Xaaj <%S xou?°v'mv 7»'»'"? Sn-tt-
<;&>■<;■, come comentano gl' Interpreti : secondo , perche nella decision* influi-
vano non poco , favoreggiando anche quella parte, ch' era meno assistita
dalla giustizia .
Aaol «f' •auapOTefOirtv eirvTvov } duQis df&iyoi .
Populi autem tit risque acclamabant , utrinque fautores (b) .
22$. O* &i ft'xag etc. Incomincia qui un parlare di Esiodo , in cui promet-
tendo premj a'giustij e gastighi agl' ingiusti , par che riduca tutta la politi-
ca alia pieta. Percio e assai criticato da Gio. Clerc (c) , quasi non inse-
gnasse 1' esperienza , che ugualmente son piu felici i buoni de' cattivi , e i
cattivi de" buoni . Ma c difeso Esiodo da Robinson , il qual mostra , che la
S.Scrittura ove per Mose a' giusti -non si promettono se non beni tcmporali ,
e plena di tai promesse , le quali quantunque non si abbian da prendere
strettamente , danno buona speranza a' giusti dell' ajuto divino . Ed io non
ho dimcolta di asscrire , che le piii volte s' adempiono , e che verissimo c
quel detto de' Proverbj (d) : Jwstitia elevat gc.ntes ; miseros autem facit populos
peccatum . Lo conobbero anco i Gentili ; e Platone (o) paragonato questo luogo
di Esiodo con altro simile di Omero , attesta , che fino al suo tempo niuno
avea lodata la giustizia se non come datrice di onori , di gloria, di donij
per cui Orfeo le da 1' epiteto di m-o\uo>>(it .
23 i. Tot ci <pi%et [*iv yoaa iroXvv fiiov , Et eis quidem terra fert multum victum .
Se questa felicita sia esistita mai presso i giusti e stato soggetto di ricerca
fra gli antichi . Omero 1' ascrive a' Ciclopi , gente secondo' lui giustissima ,
da Polifemo in fuori(f). Piu celebri sonoi Macrobj diEtiopia, de'quali Soli-
ao («): Hi Macrobii justitiam colunt , amant aequitatem , plurimum valent rubor e ,
praecipua decent pulchritudine , ornantur acre , aura vinctda faciunt noxiorum .
Locus apitd ipsos est Heliotrapeza , opiparis epulis semper refertus , quibus in-
discrete omnesvescuntur s namet divinitus eas augeri ferunt . Cio che quasi con
le stesse parole afferma Mela nel 111. libro c. io.
233. "Axfw (iiv ts <p£?et etc. Summa quidem fort glandes, media vero apes.
(a) Georg. I. vers. 308. (b) Homer. 11. XVIII. v. Sol- (c) In v. 281. et 284.
(d) XIV. 34. (e) Lib. II. dc Repub. (/) Odys. IX. iop. (g) Cup. 3o.
.83
II fero anche in latino ha due significati ; di produn-e , e di portare . Plinio
tutto prendendo in signiricato di ptodurre : robot a ferunt et viscum et mella ,
ut auctor est Hesiodus (a) , e Teofrasto (b) altneno ne dubita « <?i y» x.<x$"H<ri'o-
iav (pi'tH fJiiXt r&\ jUsX/tik;, si vera juxta Hesiodnm j, loquendum est) producit met
et apes. Tuttavia a me pave piu naturale e pia vero il significato , che da al
luogo la rigura dello Zeugma frequentissima a'poeti, di cui molti esempj
raccolse Monsig. Giacomelli nel suo Prometeo al verso 3i- ed e figura , che
ad un vocabolo annette divei'si sensi . Adunque par« , rispetto alle ghiande ,
prendasi per produrle , e rispetto al mele , e alle pecchie , si prenda qui per
fiag-a^n t sastintt , habet . In questo senso la Terra di Palestina e chiamata
nelle Sciittuve ■}» f's's^a yd\a ^ fxiki , terra fluens lacte et melle , per le
moltissime pecchie agresti , che melliticavano negli alberi , come prova il
fatto di Gionata ( Reg. I. 25.) ed altri. della Scrittura, e racconta Maudrel
muderno viaggiatore (c) .
235. TixTv-iv As ywcux-fg etc. Pariunt vero mulieresfilios similes patribus . Plutar-
co citando questo verso (rZ), e Libanio alludendovi (e) , fan vedere quanta
parte della felicita pubblica collocasser gli antichi nella somiglianza della
prole col padre ; creduta da loro un indizio della onesta materna . Quindi
non la tace Catullo in occasione di augurare ogni bene- a Manlio nel pren-
der moglie ( f) , ne Marziale laseia di rilevarla in Nipote suo grande ami-
co (g) . Ma questo e un segno molto equivoco della materna onesta , come
ben nota il Volpi al citato luogo di Catullo.
23p. Totcrfz Ji'xOm etc. I piesenti versi Tzetze nota d'imbecilli, ed inutili ,
contenendo cose altre volte dette . lo 5 per quanto lo rimproveri 1' Einsio di
♦ovcrchia liberta nell' accusare Esiodo , non saprei daigli torto del tutto.
240. YloWdxt etc. Saepe universa civitas malum ob vit um panitur . Verso citato
da Eschine de falsa legatione , e da altri. Cercan gl' Interpreti come deggia
intcndersi ; non parendo della Giustizia di Dio punir molti per un colpevo-
le , quando non si sian fatti colpevoli anch' essi per 1' imitazione , o almeno
per la tolleranza del delitto ; come avvenne nel greco esercito punito di pe-
ste j per aver tollerata la violenza di Agamemnone . 11 Clerc specialmente
condanna Esiodo. Lo difende per6 il Bergero con alcuni suoi principj > che
ometto ; e lo difendo io stesso coll' esempio di Acabo ladro , e percio solo in
nascondere iJ suo furto dalle spoglie di Gerico ; e nondimeno cagione della
sconlitta sostenuta da tutto 1' esercito di Giosue . Dio faria contro giustizia,
se togliesse la vita a titolo di pena personale per delitto non personale: ma la
toglie in tai casi pel supremo dominio che ha su la vita dcgli uomini ; co-
me ragiona il Grozio al lib. 11. capo 21. §■ 14-
Jvi. X-axis dvffos ctTDt'ufa. Lodo 1' acutezza del Grevio , ch' emenda 1' ivaufti
ch' era in tutte 1' edizioni antecedcnti , ed e in molti MSS. c lo muta in
(a) Hist. Nat. XVI. cap. 8- (b) Hist. Plantarum L. 111. cap. 9. (c) Voya-
ge de Jerusalem p. 1 10. e 1 14. (d) Reipublicae gcrendae praecepta. (e) Ep. 242.
(/) Carm. LX. v. 221. (g) Lib. VI. cpigr. 20.
i84
dir»'t/f»t ch' e in Eschine(o) citatore di questo verso, come pur fanno alia
stessa maniera altri molti antichi addotti da noi nell' indice delle varianti .
242. 11 Sig. Briinck , trovato in Plutarco p. 1040. gWAaa-e invece di iiniyayt ,
tien la nuova lezione malgrado tutt' i Codici . Abbiamo osservato , che gli an-
tichi citando a memoria i passi de'piu antichi spesso errano.
243. Ai/asv opi ^ Xoipiv,' Famem simul et pestem. Due gastighi , che non
vanno quasi mai disgiunti tra loro ; 1' uno produce l'altro. Livio : Deinde
duo simul mala ingentia exorta , fames pe stile ntiaque foeda pecori , foeda ho-
mini: vastati agri sunt; urbs assiduis exhausta funeribus (b) .
244 Una bella imitazione di Esiodo somministra Callimaco nell'inno sopra
Diana al verso 127. e seguenti .
245. "H wvyi ff*iiv etc. Aut Tiorum exercitum ingentem perdidit . Solone , di
cui pococi e rimaso , non poco setnbra avere attinto da Esiodo; come ove dice (c):
'E* ydf 3v(?[Jiwi'j)V tu^ius nroXvi^aisv a$v
TfC^STau iv auuo$oi$ y to/j dSr/-i?i (pi X»j etc.
ab hostibtis enini urbs amabilis subtto opprimitw dum in conciliis sunt qui pa-
catas injuria afficiunt etc. siecome inter venne di Socrate , riflette Massimo Ti-
rio (d) y la cui ingiuria £u punita con la sconhtta degli Ateniesi : Mortuut
est Soarates: damnati autem fuerunt Athcnienses : judex Deus fuit et Veiitas.
Ivi . H oyt i*rx°<;- H Gujeto l'avea mutato in -nyt. II Robinson con lunga
nota fa vedere, che quell' Sys ha una particolar enfusi, che aggiunge after-
mazione . Lo prova coll' autorita di Esiodo v. 32i. di questa opera, e con al-
tre di Omero, e di Callimaco.
247. "H victq iv nrivTu etc. Vel naves in ponto etc. Ad ingiustizia , e a somma
temerita de' Consoli ascrive Polibio la tempesta , che deserive nel primo li-
bro al capo 37. la piu dannosa forse di quante ne conti l' antichita .
248. 'Q> fictTiXeis etc. ll Bogano adduce qui quell' apostrofe del Salmo 2. ^
vuv /SasrAwt rv'vtm , et nunc reges intelhgite . Questo sia come saggio di quella
dottrina che si suppone avere attinto Esiodo dagli Orientali , e che ha da-
feo motivo al libro di Bogano Homerus ct Hesiodus hebraizontes .
25o. 'ASavxTot "kiwro-xtriv , Dii vident. Di questa persuasione veggasi a v. I22.
di quest' opera . Circa il vero sito di questi versi se vadano collocati a v. 122.
o qui, o in ambcdue i luoghi 5 come fan tutt' i Qodici , ne lascio libero il
giudizio al lettore .
252. Tf/'j yd? (xvqtoty Ter enim decies mille sunt. Questi versi sono addotti da
Clem. Alessandrino nella sua Parenesi a pag. 35. Traduciamo trenta mila ;
ma ognun sa , che la miriade e simbolo di gran numero , e che il ternario e
presso i Greci , e presso i Latini ancora posto invece del superlativo. Lo
ha notato Strabone nel primo libro : Sua ^ w; yVe^/SoA*?? etc. praesertim quum
haec hyperbole sit omnibus usitaia , quum dicant ter beatos , ter miseros . Quindi
Moscopulo chiosa iroWdxif iroWoi ; e Tzetze dvri ™ 91-0XW . Proclo s' ingcgna
(a) Oratione contra Ctesiphontem. (£) Lib. 111. pag. 3 18. (c) Fragm. II. ▼. 21.
(cZ) Dissert. XXXIX. pag. 232-
di spiegare a lettera il passo di Esiodo , riferendolo alle tre specie de' Genj
finte da' Platonici . Non credo che questo ternario fosse noto a' tempi di
Esiodo. Ben si sapeva tra gli Ebrei il gran numero degli Angioli , da cui e
nata tutta questa favola . Del qual numero ved. il Petavio de Angelis c. 14.
Nel resto le tre specie de' Genj , primi , ultimi, medj , o sia ragionevoli, ir-
ragionevoli , partecipi dell' una specie, e dell' altra, non possono ammetter-
si , ne e favola discesa da verita scritturale .
253- Zhvos etc. Immortales Joins. Suppliscon gl' Interpreti vTrvgsrca, vtra^yol ,
ministri . Cio e secondo 1' uso anche de' Latini , che lasciano il famulus, se-
condo le osservazionidiMonsig. Fabretti(a), dicendo v. gr. CIMBER 'L1VIAE-
AMANDVS • M-MEC1- Per meglio dichiarare il passo si dee supporre , che
ciascuna Deita maggiore avea nella opinione de' Gentili molti suoi Genj par-
ticolari , non gia come assessori, cio che contro un valente Italiano ha con
buone ragioni impugnato il Sig. Canonico Vida (b) , ma- come servi , e mini-
stri. E da esso si denominavano Gioviano , Apollonio , Ateneo , Dionisiaco ,
Ermeo (c) • Proclo passa piu oltre 3 e dice, che si compiacciono di essere sa-
lutati col nome del lor Padrone ; cioe Giovi , Apolli , Mercurj (d) . Che sian
rappresentati ne' monumenti co' simboli delle loro Deita principali, e osser-
vazione del Buonarroti (e) . Credo pertanto questi esser Genj di Giove , 'AS-«-
2S4. Of ?« (puXdo-o-xiriv etc. qui observant etc. Contro questo dogma della pa-
gana teologia , se crediamo a Plutarco (f) , si elevo Euripide nel suo Sisifo ,
tragedia smarrita , di cui rimangon frammenti ; ma temendo gli Anfizioni
di Atene , mise in bocca di Sisifo i suoi sensi • Disse , che un qualche poli-
tico, per frenar l'umana cupidita, avea trovata e sparsa nel volgo la favola
degli Dei , che spiano i delitti ancora piu occulti (_§) . L' esser poste tali pa-
role una volta in bocca di un malvagio , non basta per creder Euripide per-
suaso della stessa sentenza. Lo avria fatto piu volte; come piu volte lo han
fatto certi moderni pensatori , fino alia sazieta.
256". 'H Si tc nrafSivos s\i biw , Virgo autem est Justitia etc. Gellio riferiscc
la descrizione che fa Crisippo della Dea Giustizia . E' pregio dell' opera log-
ger tutto il capo 4. del libro 14. del quale noi non riferiremo , che alcune
parole : facit quippe imaginem Justitiae ; fierique solitam esse dicit a pictori-
bus , fictoribusque antiquioribus ad nunc ferine modum : forma , atque filo vii-
qinali , aspectu vchementi et for mid a b Hi , luminibus oculorum acribus ; neque
humilis , neque atrocis , sed reverendae cujusdam tristitiae dignitate . Noto di
passaggio , che ho mutato rhetoribus in fictoribus scorto da Cicerone ,ove di-
ce: Decs ea facie novimus qua pictores fictoresque voluerunt (h) .
(a) lnscr. domestich. pag. 40. e 41. (b) Antiquit. Benevent. dissert. II.
(c) Plutarch, de Oraculorum defectu. (d) Commentar. ad I. Dialogum Al-
cibiadis (e) Mcdaglioni pag. 28.042. (f) De Placitis Philos. Lib. I. cap. 7.
(o) Carmeli Tom. XX. pug. 188. (h) De Natura Deorum Lib. IT.
28
1 86
Ivi . A/o? ix-ysyavicc . Dice e iiglia di Giove, e di Temide, secondo Esiodo
nella Teogonia a' versi poi- secondo Eratostene , secondo Igino . Questa e
V antica opinione , comecche si trovi ella talora scambiata con Temide sua
madre , come riflette Marziano Capella (a).
iSj- Kvf?n re ( Augusta ) , il Grevio sostitui a xufvn , che leggevasi in tutte
1' edizioni . Ottimamente , giacche x-uSwi e in rarissimi Codici ; x.oJ?» quasi in
tutti . Gonsentono 1' Etimologico , ed Esichio, che forse ebbe in visba questo
luogo di Esiodo : xt/tJ'po' , gvfotys , o-iuvri , Ttfxia , evrtfzot; .
. 255). Ai/V/xa Trap A// tra.r<^i x.<x6z%o(Aevn . Statim apud patrem Jovem sedens . 11
seder presso Giove e un onore, che a pochi de' principali Dei si concede
dalF antichita • Plufcarco (b) 'H Si A$»va etc. Minerva vero videtur eximium
hunc locum habuisse , ut semper Jovi proxima assideiet ; et hoc Pueta innuit
de Thetide dicens :
Haec vero juxta Jovem sedit , cessit vero loco Minerva .
Giuliano lo stess' onore concede a Rea (c) . Demostene , citando Orfeo , a Di-
ce (d) . Lo stesso accenna Plutarco a pag. 781. ma piuttosto vi colloca il jus.
26"'. A^uoj aTXiS-otXia; fiot<rt\»iav , Ut luat populus peccata reguin . Quidquid de-
lirant reges plectuntur Achivi(e)% e passato quasi in provcrbio ; e si e verifi-
cato ancora in persona di Davide , il cui peccato reco al regno guerra , e
pestilenza . 11 Clerc condanna questo verso di Esiodo . Come difendasi v. al
verso 240.
2.65. Of avTu xaxd itux* etc. Sibi ipsi mala fabricatur vir alii mala fabri-
cans . Proclo chiama divina e sapientissima questa sentenza . Comentasi cosi :
chi nuoce ad altrui nella roba , o nell' onore , lo danneggia in cio ch' e
fuor di lui ; ma intanto danneggia se in se stesso , cioe nel suo spirito ; e
dee aspettarsene punigione. Tale e a un di presso il parer di Tzetze , il
quale bene spiega questa sentenza di Esiodo nolle Chiliadi (f) .
2<Jtf. 'H Si y.oty.Ji fiouX't etc. Et malum consilium consultori pessimum . Fu celebre
fra gli antichi questo detto . Pausania (g) lo applica a Filippo, a cui mori di
veleno un figliuolo , detto Demetrio , ed ei niori di dolore , dopo aver av-
velenati Arato co' due Oratori di Atene. Lo applicarono ancora i Romani
agli Aruspici Tirreni , i quali per odio antico verso Roma, consigliarono ad
espiare un prodigio di una maniera creduta svantaggiosa alia Rcpubblica .
Scoperti furono messi a morte , e allora i fanciulli cantarono per la citta
quel verso Malum consilium consultori pessimum s ch' e inserito anche in Var-
rone , ed in Siro Mimo . Riflette Gellio, ove racconta il fatto(n), videtur
autem hie versus de Graeco illo Hesiodi vcrsu expressus : H Si xaW etc. Noti
qui il lettore , che questi scrittori han tolto qui , cio che secondo i comen-
[ tarj di Budeo puo farsi , variamente il vocabolo fiouXiutcv ; Pausania per mac-
chinare il male ; Gellio per consigliarlo .
(a) Lib. II. (£) Sympos. I. pag. 6*17. (c) Orat. V. (d) Contra Aristogito-
nem (e) Horat. epist. I. 2. 14. (/) Lib. Vll. num. 161. (g) Lib. Jl.
pag. 101. 102. (/j) Lib. IV. cap. S.
16-j. Yldvat I'folv etc 1 sette versi che sieguono , furono da Plutarco , come
Proclo attesta, scancellati , a cui Gujeto e Brunck si accordano . Dissentono
Einsio , Robinson, ed altri . Dal primo vero usci quel detto „• oculi Domini
contemplantur universam Terrain a) ; che al sorger dclla idolatria fu sfigura-
to , applicandolo a Dei rittizj . Dice , il Sole , e Giove sopra tutto ebbe questo
onore , ne di altvi si dee intender Plauto, ove disse : Est profecto Deus qui
quae nos gerimus auditque , et videt(b) ; e Monandro, e quegli altri Comici ,
che cita Arrigo Stefano nella Raccolta pag. 221- Ne altro volea dire nella
muta poesia degli Egizj il simbolo dell' occhio , che il supremo Nume il qual
tutto vede (c) .
2<J8. oux.' iSiXriT, iiri^i^irca , si vult inspicit . Imperfetta idea della Divinita a-
vean gli antinhi, quando credevano che fosse libera a vedere e a hon veder
le cose di quaggiu ; come vuol Eschilo (d) nel suo Prometeo . Meglio Talete
presso Clemente Alessandrino (e) : Dio e quello , a cui non son nascoati ne an-
co i pensieri degli uomini .
169. TtivJe <f/x.(ou , litem. Quale? »v uot aVs/Aef; J n^a-n , risponde Proclo
quam mihi minitaris , o Persa . Non era dunque in lite quando Esiodo scrisse
il poema ; cio che abbiairi notato piu di una volta . Era in pericolo , che il
fratello , schivo com' era della fatica , trovasse per vivere , qualche altro
pretesto per litigate .
270. NJV Si zyui fj.nr' auwg , Nee ego porro inter hominies Justus sim etc. ove
noto , che Stobeo da una picciola variante> cangiando dfix.ui'nfos in driixu'nqoi; .
Da questi versi congettura il Clerc , e il Berger , ch' Esiodo non fosse ottimo
uomo ; mentre e proprio dell' uomo ottimo operar bene per puro amor della
probita , o fruttuosa o infruttuosa che sia . Altrimenti si da in quello sco-
glio , che segna Siro Mimo pag. 16. "
Quum vitia prosunt err at qui recte facit .
Gl' lnterpreti tengono quale una via, quale un'altra per difender Esiodo;
poco felicemente , tolto Robinson, il quale pretende , che nell' ultimo verso
sia la difesa del Poeta . Negli altri versi, die' egli, e espressa una quasi ten-
tazione , come nel Salmo 72. ove si dice : Mei autem paene moti sunt pedes,
paene effusi *unt gressui mei , quia zelavi super iniquos pacem peccatorum v-i-
dens — Ergo sine causa justificavi cor meum , et lavi inter innocentes manug
meas , et fui flagellatus tota die ? Dopo la tentazionc , diciam cosi , vien fuori
con questa finale, mihi autem adhaerere Deo bonum est. Cosl Esiodo , dopo
la sua tentazione cpnehiude con un verso sanissimo , in cui dichiara , che
non si cambiera mai 1' ordine della Provvidenza, sed haec spero nunquam fa-
cturum Jnvem .
273. Gl' lnterpreti latini aveano tradotto quel verso ultimo: sed haec
nondum (bttw) arhitror facturum Jovtm ; il che non si pu6 pensare senza em-
picta , crcdendosi che la Divinita , almeno dopo alcun tempo , possa avere a
(a) Paralip. II. \6. (b) Captivi. Act. 2. sc. 2. v. 63. (c) S. Cyrill. Alex.
contra Julianum Lib. X. (d) Prometh. vers. 3li. (e) Pag. 704.
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male cio ch' e giusto : ma a tutto rimediasi spiegando con Moscopulo quell' sww ,
srfaMwj , numquam , nullatenus , di che vi ha esempj in Omero .
274. 7il Tit fen. Dalla giustizia pubblica passa alia privata , fondato su gli
stessi principj de' beni temporali , che allora erane solamente promessi a' giu-
sti . Questo spirito prevale nel Testamento vecchio , siccome osserva Cal-
met nell' Ecclesiaste al cap. 8. Notisi ch' Esiodo con questa parte del poema
ha preluso alia morale filosofia, si a quella che si chiama dogmatica 3 la qua-
le insegna le massime, si a quella che si chiama parenetica , la quale inse-
gna i particolari doveri verso gli amici , i vicini ec. V. Lipsio(a).
2,75. ef/^Mf tnrdxoue, justitiae obedi . In tal forza presso i Latini obedio :
appetitum rationi obedientem praebeamus (b) . Dalla Giustizia incomincia la
sua morale trattazione , come prima delle virtu morali.
275. Tovfi yd? dv$?uiroi<ri vopov , Hanc vero hominibus legem. Questa parola
vopc$ ha fatto credere ad alcuni , che Omero , presso cui mai non si legge ,
sia anteriore ad Esiodo . II Clerc e il Robinson concordemente riiiutano que-
sta ragione : e veramente non v' era necessita che Omero tutte usasse le vo-
ci , che correvano a' tempi suoi . Egli ha il vocabolo ee'^/j-s? , del quale si
serve nella stessa forza ; e forse gli parve in que' principj piu poetico , e
men comune , e cio che piu monta , piu conforme a' tempi eroici . In qucsti
tempi si reggevano con le costumanze , e co' particolari decreti , e con leg-
gi non iscritte ; non con leggi scritte , che propriamente viftot si appellano .
277. '1^,5-j/V/ (tiv etc. Piscibus etc- Bellissima e questa introduzione , ed oppor-
tuna , secondo quel detto di M. Tullio : pertinet ad omnem officii quaestionem
semper in promptu habere, quantum natura hominis pecudibus , reliquisque bel-
luis antecellat (c) . Questi versi adduce Eliano nella Storia degli animali (d) ,
e Sesto Empirico contro i Retori (e) , ove dice citando Orfeo , che fu un tem-
po, in cui il piu debole serviva di pascolo al piu forte ; sennonche i Celesti
(.specialmente Giove ) mandarono alcune Dee (Iside eCerere)che il vietaron
per legge , proponendo agli uomini de' cibi piu miti .
278. eV« a ftx-n i$-iv gV duioii; , quoniam justitia non est in Mis. Cicerone nel
citato libro : neque ulla re longius absumus a natura fer arum J in quibus inesse
forticudinem saepe dicimus , ut in equis et in leonibus : justitiam , aequitatem ,
bonitatem non dicimus.
282. "O? JV xg fxa?Ti/?/ti<Tiv . Siccome 1' ingiustizia si fa con la forza , e con la
frode, dopo aver parlato della forza, passa alia frode . Eraclide Pontico
racconta , che legge era presso i Licii , che i falsi testimonj convinti erano
venduti schiavi, e il lor patrimonio fatto di pubblica ragione .
284. Tx£& r d[xau?oiirtn etc. Atqae ejus obscurior posteritas postca rclinquitur
11 Clerc fcrmo nelle sue idee , vuole , che qui ancora si minacci cosa , che
non si adempie : esservi molte famiglie di tiranni , e d' ingiusti , che prospe-
(a) Manuductio ad Stoicam philosophiam Tom. IV. pag. 471. (b) Cic. de
Officii* lib. I. cap. 36. (c) De Officiis I. 3o. (d) Pag. 447- 0) Lib- u-
contra Rhethores pag. 2p5.
189
rano ; esservi molte famiglie di pii , che sono ite all' esterminio .Che cio av-
venga talora per segreti , ma giustissimi giudizj di Dio , non puo contro-
verteisi : ma che spesso avvenga, questo e cio che si nega al Clerc , e che
non si provera mai . Oltre la divina parola : Ego Deus fortis, zelotes , visi-
tant iniquitatem pat rum in filios in tertiam , et quartam oenerationem (a) , vi e
una esperienza costanle di tutta 1* antichita prufana , che in ogni paese ha
fatta questa osservazione, che niun delitto restasse impunito , almeno nei
posteri . Cusi Teognide (b) : cosi Solone (c) : cosi Platone (d) : cosi Euripide ne*
frammenti (e) : cosi Eliano(y") , che di tante tirannidi usate inGiecia pochis-
jimo ne rammenta passate alia terza gencrazionc : cosi Or.izio (g) ; taccio
le autorita , o a dir meglio le scancello per non crescere al libro troppo il
volume; cio che ho fat to in molti altri luoghi.
28J. 'Avtffdf <?' cuofxx etc. Viri autem justi posteritas illustnor ■ Ne' Prover-
bj (h) : Qui versatur inculpatus in justitia , beatos filios suos post se relinquet .
286". Sa;' J" fc'j&i etc. Ceterum tibi ego bona sciens dicam valde infans Persa.
Moscopulo , e gli altri antichi spiegano non bene cupiens , come i moderni, ma
bona sciens. E pare opportunissima la spiegazione , quasi Esiudo dica al fra-
tello: tu sei pvivo di senno ; convien che lo attinga da me , che so quel che
dico : e ben buono e colui , che non avendo senno si lascia regolar da chi 1' ha .
/■vi. viyn KfV/e'Ilg'f r» , valde infans Persa. Passa alia prudenza, e dovendola
insegnare al fratello, comincia da mostrargliene il bisogno che ne ha, es-
sendo infante in e,ta matura . Notisi con Plutarco presso Proclo , quanto di-
screto ripiensore sia Esiodo , contentandosi di questo sol motto iiA-irii ; mentre
Timocrate e Metrodoro Epicurei scrissero tante ingiurie 1' un contro l'altro,
benehe fratelli.
287. Trf? fiiv rmi xaxow™ etc. Mallt'iam quidem cumulatim etiam capere etc.
Comincia una sentenza , alia quale dispone il preambolo del passato verso .
La sentenza ha due parti ; prima si parla della malizia , di cui si dice , che
imparasi fucilmente ; il che e vero special mente se vi sia natural cattivo .•
malae naturae nunquum ductoie indigent yi) .
28p. T»j £' dqiiHC, etc. Ante virtutem vero sudor em Dii posuerunt. La secon-
da parte della sentenza parla della viita , e ne spiega la diffioolta . Non e
possibile trovare altro passo di antico poeta ugualmente ceiebre , e dico an-
che ugualmente sensato . Socrate presso Senofonte nelle cose memorabih al
lib 11 e Platone nel IV. delle Leggi , se ne valgono a formare gli animi alia
fil>. sotia come di fondamento . Gli Stoici par che lo comentino in tutt'i loro
prineipi , comeappare special men tc da Epitti'to , e M. Antonino, c specialmen-
te da Luciano (it) , o-juix.^ inr'ffx^wfwv id TruvSnua. f'xuw -ns H<tio£b etc. conti-
riuo inculcans ilia pervulguta H< siodi de virtute cai mina , sudor em que , et in
(a) Exodi XX. S. (b) Vei.-u 730. (c) Fragm. vers- 32. (J) 11. de Rep.
(e P.ig. 2?2- edit. Caimcli . ( f 1 De varia histoi ia lib. VI p 466. (g/Lib.I.
Cairn. XXV11I. vers. 70. (/1) Cap. XX. (t ) Publ. Syius v. 417. (k) In Ne-
cyomantia torn. I. pag. 460.
29
190
sum mum verticem ascensum . Simile uso ne fecero i Pilagorici , proponendo
come simbolo la lettera T , con cui confortavano i loro alunni a prendere
per tempo la miglior via , o sia la desfcra , che conduce a virtu , dura nel
principio , soave nel fine . Sul qual tema abbiamo anche un antico epigram-
ma (a) . Citan pure questi versi , o vi alludono M. Tullio (Z>) , Massimo Tirio (c) ,
Clemcnte Alessandrino (d) , e nello stesso libro cita Simonide , che pur vi
allude (e) , come fa Silio Italico(f), Libanio (g) , Filone (Zi) , lo Scoliaste di
Pindaro nelle Olimpiadi , Euripide nella Medea c nell' Ippolito , ed altri.
Nel ver. 287- leggono i piu iiv ;*iv yd? invece di i»» /ugv tdi . Nel v. 288. leggo-
no Platone e Senofonte : X«'» /uiv invece di i'kiyn fjtiv .
200. 'A-9-aVaw/ etc. Nota qui il Robinson quel pregio , il qual tanto e lodato
in Omero da Dionigi d'Alicarnasso (z) , a cui si puo aggiugnere Dion Crisosto-
mo (fc) , e fra' moderni il Gravina (Z) ; e consiste nel dipingere al vivo la na-
tura delle cose col numero stesso del verso , e colla giudiziosa seelta de' vo-
caboli e delle lettere . E'questo un mavaviglioso segreto dell' arte , e per cosi
dirlo , il sommo fastigio della poesiaj e dell' oratoria . Esiodo non l'ignoro ;
e dipinge la lunghezza della via conducente a virtu con que' tre epiteti quasi
di una stessa terminazione , /uaxfo's , £f9-/aj, r guru's , che congiunti alle cinque
particelle rendono il discorso piu lungo : ne dipinge la difficolta col con-
corso di molte aspre consonanti , e col rompimento del verso a mezzo : ne
dipinge la speditezza del cammino di chi e giunto al sommo con la fluidita
del verso, colla frequenza di dattili , e coll' uso non parco delle vocali.
Ivi . In tutto questo passo traluce il sentimento del Savio , presso cui si
promette di guidare un uomo alia giustizia , ch' e quanto dire ad ogni ma-
niera di virtu: e gli si dice, che in prima dovra passare per vie strette ,
dove convien camminare pie innanzi piede ; appresso non soffrira uguale
strettezza ; finalmente vi potra correre senza inciampo : Ducam te per semi-
tas justitiae , quas quum ingressus fueris , non arctabuntur gressus tui ; et cur-
rens non habebis ojfendiculum (m) .
2pi. eVs/V ^' «f ax-goy ixnrcu , in terza persona , come leggono Senofon-
te, Filone , Clemente Alessandrino. 11 Gujeto , e il Clerc difendono questa
lezione contro quei , che vorrian Yxncu in seconda persona, perche il discorso
e volto a Perse. E il secondo vi sottintende o$o% ; giacche siegue 'fttt^in fem-
minino : il primo vi sottintende ri g , ch' e probabile spiegazione confermata
da Platone (n) : orcw <?e t/j dvnn; a'; ax.fov Ixwm. ; onde non e da mutarsi ; ma
rider dell' espressioni spesso enfatiche , gonfic , e sprezzanti del Grevio.
2p3. oj aurip irdvm varied . Gli Scoliasti notan qui un' aferesi poetica , per
cui aj/Tjj sia lo stesso che tati/ru, e spiegano qui per se ipsum omnia nuscit .
(a) Inter virgiliana , sed non in omnibus editionibus : in Heyne non est.
(b) Epist. famil. 1. VI. ep. 18. (c) Dissert. XXL (d) Strom. IV. pig. S6S.
(e) Pag. S 8 5. ( f) Punicorum XV. v. 101. etc. (g) Epist. 2. Additionis . (A) De
Temulentia . (f) V. tract, de verborum collocationc torn. II. pag. I. {k) Orat
XII. (Z) Ragion poetica c. 4. (»7z) Prov. IV. (n) In Protagora.
i$m
Tanta dovizia di codici , quanta noi ne produciamo , c tant' autorita di lib-ri
editi quanta ne addita Loesnero , che quasi tutti si accordano in confermare
quest' aura , basterebbe ad escludere quell' aw V? , che c'intruse 1' Einsio , e
anche confermo il Grevio . Citasi per 1' a.v™<; Aristotele, che veramente scri-
ve cosi; ma nell' Etica al lib. I. capo 2. nel margine e nurm ; segno che tro-
vasi in qualche codice . Citasi Clemente Alessandrino (a) , di cui Pottero con-
iultati non pochi MSS. dice , che dura vel dorp scripsisse indubium est. Citasi
Aristide (b) , di cui Samuele Iebb attesta , che rammentando piu volte il te-
sto di Esiodo , scrive au'ros una sola volta , o sia sua lezione , o del codice »
Citasi Plutarco , ma tacendosi il luogo , non posso confutare . Citasi Laer-
zio (c) , o sia Zenone presso lui ; di cui Proclo riferendo il testo legge aura .
Cosi anche legge Ammonio alia parola a?™?; e loScoliaste di Sofocle nell' An-
tigone (d) , ed Eustazio al 11. della lliade v. 35o. ove il Politi Sg aura , quod
Daniel Heinsius perperam mutavit in auiit; . Passa anche il Grevio a tacciar di
errore 1' antica lezione , e di contraria all' indole della lingua greca : di che
in vista delle autorita oppostegli non gli crediamo .
2P4. <&fct?s-dactroi; etc. verso , che da molti degli antichi , che citano il passo
di Esiodo , e pretermesso . Quindi forse non e di Esiodo ; ma essendo riferito
da Aristotele , e comentato da Proclo , e degno di essere considerato .
Ivi . r&\ ii <ri\cis ynv dfxeivu . 11 te'Xo? puo spiegarsi del particolare intento ,
a cui si vuol pervenire : ma e voce di scuola , e che significa il fine della
beatitudine a cui deon condurre tutte le opere ; v. gr. in sentenza degli Epi-
curei il piacere , in sentenza degli Stoici la virtu. Di questo scrive Varro-
ne (e) , che singular (sectae) exitum ac telos habent proprium .
2J>5. 'ES-Xo; etc. Zenone invert! 1' ordine di questi versi , ed emendo cosi :
'Eo-3-Xo'j J' au xrixlivos o; at/To'j 'trdvia vo»crli [f\ .
La ragione che ne adduceva era questa ; che il primo comecche non ve^a
tutto da se , tuttavia diretto da altri agisce bene : ove al secondo non si ascri-
Te se non la conoscenza del buono . Ma questa , direbbe il Caro , e una sotti-
gliezza , che si scavezza ; onde senza variarla e lodata questa sentenza da Ari-
stotele (g) , da Cicerone (h, , da Livio (z) , da Isocrate (h) . Chi vcde il meglio,
crdinariamente non fa il peggio . Ma gli Stoici eran pieni di cavilli.
2p8 'AXXa au etc. In seguito della giustizia , e della prudenza, raccomanda
-a. Perse la fortezza in quel grado che gli conviene . Che non forma gia un
eroe per la patria , ma un padre per la famiglia , e un agricoltore per la catn-
pagna ; la cui fortezza sta nel faticare , e nel travagliare : grado infimo , ma
pur grado di fortezza, secondo Cicerone : Animi excellentia magnitudoaue turn
(a) Lib. III. Paedag. cap. 8. (b) Orat. I. de Rhetorica (< ) In Zenone pag.
170. (d) T. II pag. 422. (e) irt^i aiftrtuv Satyra . ( f ) Laertius in Zeno-
ne pag. 170. (g) I. Ethicorum cap. 4. (h) Pro Cluentio . (i) Lib. XXX.
(it) Orat. II. inter expositas a CI. V. Iacobo Facciolato.
Ip2
in augendis opibus utilitatibusque et sibi ct sttis , turn multo magis in his ip^is
despiciendis elttcet(a) .
2pp. llov -}ivo<;. 11 Sevin , nome celebre nell' Accademia delle Iscrizioni di
Parigi congettura , che essendo scritto A/jo yi--o;, Dii films , sia stato mal co-
piato , e per la somiglianza delle due lcttere B,ed » tattone <f?ov . Lo stesso pre-
tende il Brunck , citando il Ruhnkcnio. Nun mi reco a creder 1' errore , riflet-
tendo die aiico Crisippo trecent' anni prima dell' era nostra leggeva cosi (b) ,
e Moscopulo comenta irouJes b.i°u riviq n^afj Tzetze vie A<st/; dopoletto amen-
due &7ov -)ivo, . Par dunque che tacitamentc il richiami alia imitazione del
padre, buono e industrioso padre di famiglia. Ne si opponga che da A/05 dee
dcrivarsi A<7»><; giacche anche Omero disse Aa'fJai'o/ per C^a^Soiviat (c) , e an-
che i Latini gens Romula per Rom idea . Veggasi il Volpi al libro 111. di Pro-
perzio (ci) . Proclo spiega quel Jiov >eVof per genus divinum , e erode che alluda
alia discendenza di Oifeo e Calliope; la qual credo favola inventaLa per no-
bilitare Esiudo, e ignota a' giorni del Poeta.
303. Tw cfg S-ioi etc. Pi d eagioni p^ssono addursi di quest' odio degli uomini ,
e della Divinita. Gli oziosi nelle citta sono i meno sempre . Fa dunque na-
turalmente disdegno a' piu , i quali si considerano come operai di un mede-
simo campy , il veder se in travaglio , e alcuni in ozio . Dio poi odial'ozioj
perche nun h mai innocente : multam mahtiam docuic otiositas (*) ; e di Ma-
mea Augusta conta Erodiano , che avea affezionato il figlio Alessandro a vi-
vere occupato sempre, w; av d%o~A8uwo; etc. at occupato rebus potioribus , ac
necef'Sarti* imperanti yne quod spatium supcres.set vacandi malis artibus { f) .
304. wpvvtTTt x.o$8?oig ?xsXo; ofutiv, fuvii ignavis similis cupiditate. Fuco e un
insetto simile alia pecchia , di mole pero alquanto maggiore , di colore, chn
tira al fosco , privo di aculeo . Ne provengono in ogni alveare in numero 70.
o 8o- volte minore delle api , dalle quuli mal credette Aristotele che nasces-
sero(o). Plinio gli chiamo impirfcctae apes, serotinus forru* , servitia veraium
apum ,h . I moderni hanno seoperto , che questi sono i maschi dell'alveare,
da' quali e fecondata la madre, o sia la reina delle pecchie , eontro Elia-
no(i), che favolosamente vuole,che i fuchi abbiano masohi e fommine. Essi
non lavorano punto per la fabbrica della cera e del mele; ma si s. stengono
co' lavuid delle pecchie; e queste gli sostentano vtQentieri , hn<he son ne-
cessarj al supplemento della loro .specie : verso aulunnu gli cacciano alia
campagna, o gli uccidono . Cos! il Reaumur nel T. 5. della & t • • 1 i a dogl' lnsetti .
lvi. Nell' assegnare V etimolugia di x -9-a?o5 , e la vera spieg..zi..ne , e incre-
dibile quanto varino gl' Interpret!. Per non vagare , raunando ccse da impu-
gnarsi , mi arresto alia chiosa suggerita da Esichio, e da Favoiinu, e da
Proclo ancora: Ko'*»?o;, «'f>os, «Vo tk x.iu$nv ttIv ivfet., piger ab absco/idenda cau-
(a) De Ofhc (Z>) Plutarch, de Stoicorum repugnantiis . (c) 11. 111. v. +56.
Ki^^vri (J-lu, Tfwe;, *j l\a$£oivoi , »/d" (irix-s^oi. (d) Pag. 714. (< ) EccllS. 33.
v.2p (/, Historiarum lib. VI.p.2i5. (g) H. An. lib. IX. 40. (/i) Hist. Nat.
lib. XI. cap. 1 1. (t) Lib. 1- de animalium naturacap. p.
T93
da. Io credo, che la similitudine sia tolta da' quadrupedi, de'quali e pro-
prio per timore e per pigrizia , remulcere caudam . Plinio (a) : Canum degeneres
sub alvum (caudam) reflectutit . •*
Ivi. iff^iv. E' voce di grande uso presso gli Stoici; ma di signihcato contro-
verso . V. il Casaubono al primo capo di Epitteto , e Giusto Lipsio ne' Co-
menti a Seneca al libro II. de Ira cap. I. Ottima al caso nostro mi par la
ipiegazione che ne fa M. Tullio : appetitin animi , quae i?(*>i graece vacatur non
ad quodvis genus vitae , sed ad quamdam formam vivendi videtur data(b),
quale nel fuco , e nell' ozioso e il talento di vivcre delle altrui fatich« .
3o5. 0^ 7? ixiXta-s-aav xafiasv T^J^isc-jv difjoi , Qui apum laborem absumunt otio-
si. L'Einsio noto , che Sbobeo invece di leggere *f0£K°S(»' degyoi y lesse vn'wotvoj
fUsrt , emistichio di Omero (c) . Quante frasi di Omero avranno inserite i
Critici in Esiodo in tanti secoli ; e viceversa quante di Esiodo in Omero!
specialmente Aristarco, solito a mutare in ogni autore cio che gli pareva
men bello , come osserva Wolfio citato altrbve. E poi da qualche verso di
Omero, che qui si trovi , sara lecito d' inferirne la sua anteriorita del tem-
po verso di Esiodo ?
306*. i?yx... ui-r^ia. , justu opera. Sieguo Moscopulo , che comenta vu'fjtfiir^a
ry <rn diwdua , paria tuis viribus ; abbandonando il parere dell' Einsio , che
spiegava labores indefatigatos . Anch'Esichio dice ^s'to/o/, eV/erxwj, convenientes •
3io. "Es-o-eou etc. Questo verso e pretermesso da Stobeo , e da altri . V. 1' in-
dice delle variant!. Forse parve contenere una tautologia . Ma non perci©
era da omettere , anche perche vizio , non hominis , sed temporis .
3 1 1 . >Ef>a/ J1' ZSlv s.eifos, dep)i» Si r ovaio^ , Opus nullum est dedecus ; otio-
±itas veto est dedecus. Ingegnose note su questo verso distesero 1' Einsio , ed
il Clorc ; e n' era degno. Raccontano Senofonte (d) , ed Eustazio (e) , ch' era
spesso in bocca di Socrate , e che i suoi accusatori se ne servironq per ca-
lunniarlo , quasi il suo senso fosse , che niuna opera o buona , o rea e vergo-
gna , quando e lucrosa. Infatti il verso inteso a parola da presa alia calun-
nia . Eustazio percio lo giudica aV*ip<yj y%*$i\/ , ambigue scriptum . Ma Esiodo
fa un' opera che intitola &f}« ^ »',«e'fa/ , intendendo i lavori dejla campagna ,
per £?>« , il piantare , l'arare, il seminare., e gli altri. Di questi special-
mente asscrisce , che niuno puo vergognarsi : e non e obbligato a qualihcar-
gli ogni volta; altrimenti sarebbe intollerabile poeta . Socrate poi per nome
di £?><* non intese se non Jtara tpv'viv t^ya, e siccome spiegava un suo detto,
dovea crederglisi : ma che val ragione in poverta di stato?
Ivi. Che sia vergogna il non operare, lo dichiara a bastanza la legge presso
gli Ateniesi , riferita da Valerio Massimo \f) : Apud Athenienses inertia e la-
tebris suis , languore marcens , in forum perinde ac delictum aliquod protrahi-
tur ,fitque ut facinorosae ita erubescendae rea culpae . Presso i Sardi era leg-
ge simile , come racconta Eliano (g) .
(a) Lib. XI. c. So. (b) DeFinibus Lib. 111. c. 7. (c) Odys. I. 160. (d) Memo-
rab.I.p. 72o. (e) Iliad. II. v. 43 5. (/) Lib. II. p. lz. (g) Var. Hist. lib. IV. c. 1.
3°
ip4
3i3. irXx'rqi J" xftri t(cft xSfot; cw<?ii , divitlas vero et potentia , et gloria comi-
tatur . Molta confusione ha qui.recato la voce a'fSw, intesa come suona , per
virtu morale, lo credo che qui vada spiegata per pmenza , ne so maravigliar-
mi a bastanza , come Proclo, che ineritamenle deferisce tanto a Plutarco,
non l'abbia seguito in. questo signitioato di Wmuis , pote"tia , che da alia vo-
ce d?ini , citando il luogo di Esiodo , che abbiam fra mano(«1. in tal senso
pure 1' intese lo Scoliaste di Omero Oljs. XI. v. 3 5p. e lo Suoliaste di Calli-
maco (b) , e dopo lui Anna Dacier (c) > il che puo confermarsi co' versi di
Teognide citati da essa , e con altri . Non si dubiti'piu clunque della vera
interpretazione di questo luogo; d^tvSj e quella pussanza , che al ricco viejie
dalle aderenze specialmenle conciliates! col denaro .
314. kodnovi <T 0J0; t;t£-a Ota; invece di %uotp'%. Gujeto , ed emenda ioic-3-a ; ma
inutilmente . Dall' eolico y&x invece di »? 5 , per prostesi di una e, si forma
in&a, nel presente del soggiuntivo. Omero: <?v S' a'x. «f<* ibIoi; iv&a (d) . Non
e nuovo che i felici , e i virtuosi si dican simili agli Dei. Antonino Aug.
lib. IV. Oeis dvwi 's Jo^ms 01 j vov S-nqtov , ^ iri-5-nx.o; . Deus videbere Us ipsis , qiu-
bus nunc fera aut simitis ( si ad praecepta animum flectas) .
317. A/rfw'setc. I due versi 317. e 3i8. furono rigettati da Plutarco, e sono
esclusi dal Cav. Brunck , quasi un furto ad Omero . Non si e dato retta al
Cheroneo , e Suida gli cita v. A/Jw; , Stobeo gli riporta ,'■ tutti gli Scoliasti
gli spiegano , quasi tutt'iCodici gli riconoscono . Qual de'due Poeti sia arric-
chito delle spoglie dell'altro e tanto indeciso , quanto e indeciso chi sia
all' altro anteriore . Ma prescindendo da cio , e certissimo , che dovendosi
ritessere quelle rapsodie di Omero, si recarono tra' versi di lui anche ver-
si di altri (e) , e ve ne saranno stati di que' d' Esiodo . Chi puo decidere ,
se scambievoimente cosi avvenne ad Esiodo (e gli avvenne , giacche Ari-
stareo emendo 1' uno e 1' altro ) , qual de'due sia anteriore?
3 1 8- A'^co; in quesfo luogo non ista nel significato , in cui lo trovammo al-
tra volta ; non ista qui in significato di virtu; ma di cosa , che non e ne
virtu , ne vizio da se , come parla Speron Speroni ( f ) , ed e secondo la dot-
trina di Arisbotele (a ) , che la considera come una passione . Di questa pas-
sione pertanto , dice Esiodo ', che talor giova, ci6 che non ha bisogno di co-
mento ; ma talor nuoce, il che e piu oscuro . Plutarco nel libro de vitioso
pudore /z)jConta fra gli effetti della nocevole vcrgogna l'adulazione, la con-
discendenza a cose indebite , e quanto si fa per timore sciocco di non in-
contrare una irragionevole riprensione . Ma il cattivo eftetto che nota qui
Esiodo e il condurre alia poverta ; come si dice de' Tespj , piesso i quali era
vergogna 1' agricoltura ; e fra essi.molti eran poverissirni. Gli Stoici per
(a) Tract, de audiendis poetis pag. 24. (b) Hymn. I. Callimachi ver. pj.
(c) ver. 120. {d) Odyss. XVI. ver.420. (e) Fabric. Biblioth. Graecae lib. II.
c. 2. pug. 271. (f) Tom. II. p. 117. (g) De moribus lib. IV. cap. 1$.
{h) Pag. 140-
T9*
non confonderlacolla onesta vergogna ,le diedero il nome di Svawwiu , perche
diffioilmente si volge a mi rare quel che bisognerebbe .
3ip. Sxqtros Si topor, o^.Sor . 0?dtn>s , nota Gio. Tzetze , est impudent et teme-
raria audacia, $dfTog vera est prudens audentia . Simil diflerenza mettono i
latini grammatici fra audax e auden? , J'uno prendendolo in mala, 1' altro
in buona parte. V. il P. della Cerda al libro X. di Viigilio v. 284.
320. Xfiiftonn eT ax dfirctx.'rx , Divitiae vero non rapiendae . Torna alia giusti-
zia , ch' e il primo tema , inculcate percio assai spesso : con che si fa qual-
che scusa a questa , che a qualche Scoliaste pare tautologia . Era massima
di que' primi Greci osservar la natura , e imitarla a capello. Or noi veg-
giamo, che quando ad alcuno assai preme di una cosa , non si guarda d' in-
culcarla tre e quattro volte in un discorso medesimo(a) .
323. xg'fJo; vCoj lf%anr an Ty etc. qiuim lucri amor mentem deceperit. Morale
quanto altro mai e questo passo , che spiega come una passione giunga a
pervertire. Ella seduue 1' intelletto , sicche si lusinghi o che non vi sia Di-
vinita , o che si plachi fueilmente ; e dopo cio passa a fare invereconda la
volonta ; sicche scacci da se quel riserbo , e quella tcmenza di perder 1' o-
nore , che pon freno alle scorrette voglie. Ed e notabile il modo , con cui
spiega nel contesto V ingiustizia , dipingendola con due parole xs?<T' i^ y^a'a-ei?
in ogni sua parte; perciocche con le mani si commette 1' ingiustizia aperta ,
per la lingua 1' ingiusti/ia dolosa . La divisione e ancora di Dante \b) :
D' ogni malizia ch' odio in Cielo acquista
lngiuria e il fine ; ed ogni fin cotale
O con forza , o con frode altrui contrista .
325. 'P«« is utv /joua?G<ri &iot , cioe dpavpSo-i , ch' Esichio spiega <Dtari'%8(ri-.
32.6. m-v.u%ov Sir tnri ^ivov "\0o$ onraStt , parvo tempore divitiae ad sunt . Nei
Proverb) (c) - Egestas a Domino in domo impii .
327. *lrov <J'o;5-' i%i-rhu , Simile committit delictum et qui supplicem , et qui ho-
spitem malo affixit etc. Chiude questo sensato discorso contro 1' ingiustizia ad-
ducendo varj esempj d' ingiustizie piu solite commettersi , perche piu facili;
ed e diiferenza tra delitto e delitto ; cio che T/etze ottimamente conobbe
contro gli Sboici , che tutt'i peccati credean uguali (d) ■ "'Itov , die' egli , ve-
teres pro opotov ponebant : donee Pythagoras princcps philosophtis , et Archytas ,
et Ariatoteles , et qui deinceps uniwr&am phUosophiam midtarum re>um aggres-
sionem nominarunt , sanxerunt tb i ~oj de quantitate dici , t£ Zuotov de quali-
tate . Quindi traduco non par , come i passati Interpret!, ma simile delictum ,
cioe contro la virtu istessa dclla giustizia .
Ivi. Fra 1' ospite , e il supplice e qualche simiglianza rilevata da Omero,
laddove disse : Zej/'j 6' i'iriTiij.ii'w<> ixiTttais ts^hjuv it , Juppiter autem ultor est sttp-
(a) V. Eurip. ne' frammenti delFEretteo pag. 101. e to2. ovc un padre al
figlio ricorda nello stesso contesto piu volte le ste6se cose . (b) Cant. L
cap. 2. (c) 111. 33. (d) In Commentar..
196
pllcum et hospitum (a) , per cui Eliodoro (£) nomina Giove ospitalete supplies
insieme. 11 supplice pu6 definirsi qui in aliena urbe vel domo, vel in sacro
aliquo loco periculorum perfugium quaerit (c) . Ospite e chi dimora presso altri ,
non per cercarvi rifugio , ma in vigore specialmente di un contratto scam-
bievole,che celebravasi tra famiglia e famiglia , o anche tra privato e citta .
328. dvd Jifxvia, ficuvoi : fiaivet ottativo invece dell' indicativo (Zou.a , ch' e an-
che nelle glosse di Esiodo. 11 Brunek lo riprende : Gretsero fin nell' indice
lo chiama atticismo . 'Avafiaivoi , nota il Bugano , corrisponde alia frase scrit-
turale ascendisti cubile v. gr. patris tui . Ne fu solamente costume degli E-
brei collocare i letti bene in alto , sicche ci si dovesse salire ; ma delle altre
nazioni ancora ; degli Etruschi , come appare dalle loro urne , ove sono rap-
presentati letti con giadino; de'Greci, come costa da Omero {d) : M»irois m%
riwii iiriflnuwcu , nunquam ejus cvbile ancendisie ; de' Latini , ove troviam men-
zione di piu gradini d' avorio : gradibusque acclinis eburnis stat thorus(e).
33o. In agrum pupillorum ne ingrediaris ; nam Dominus qui est redemptor
illorum , est patens , come traduce Calmet (f) . Noto , che 1' edizioni son divise ,
approvando altre « XtialvtTutt , altre aXirpcavemt . II grand' Etimologo , citando
questo verso le approva ambedue ; la prima da dXiTia , fallo ; la seconda da
d\nqa% ) malus .
33 I. "O; te yoviia yifovat etc. Et qui parentem senem etc. Plutarco p. 47p. ^
gx. tg-tv etc. neque majus est impietutis orgttmentum , quam parentum despectus y
et injuriae .
33 5- 'AXXa a-v etc. Sed tu etc. Dopo i generali precetti , specialmente su la
giustizia , viene a' particolaii precetti su gli uffizj della vita , i quali , con-
forme alia dottrina di Lipsio , con bell' ordine distribuisce cosi : considera
Perse come uomo , come parte della societa , come padre di famiglia; istru-
endolo ne' doveri verso gli Dei, verso gli sfcranj , verso i domestici . E notisi
ch' egli procede parcamente , e con principj coerenti alia tela che tesse .
Egli parla ad un agricoltor povero; tutto e piano, tutto e volgare j nulla di
elevato , nulla di grandioso ; quasi tutto misurato coll'util proprio.
336- KttJJu'va/xiv =T' 'iqSn-j etc. Pro facultate autem sacra facito immortalibus
Diis • In prima 1' esser d' uomo fonda l'obbligo di alcune esterne protestazio-
ni di ossequio alia Divinita , di cui qui Esiodo divisa il modo . Primo , dev' es-
ser prestato secondo le forze kcckc Svvtx^iv. Socrate spesso avea in bocca
questo precetto di Esiodo. Da .Altissimo secundum datum ejus, e raccoman-
dato anche nell' Ecclesiastico (or) .
337. 'Ayvu$ , ^ xa5-«j&i; etc. Caste et pure etc. e 1* altra condizione del ser-
vigio degli Dei . Quantunque il Clerc su la fede di Proclo lo creda detto
dello spirito e del corpo insieme ; tuttavia gli altri due lnterpreti lo giudi-
can detto piuttosto ayvut; dello spirito , xa9"Zf<sJ j del corpo . Per secondo dun-
(a) Odys. IX. v.270. (b) Aethiop. II. pag. po". (c) Grotius dc Jure Belli
Lib. 11. cap. 21. (ci) Iliad. IX. i33. (e) Lucan. Lib. II. v. 355. (/) Prov.
XXIII. vers. io. (g) XXXV. 12.
T92
que .raccomanda Esiodo al fratello di far le sue oblazioni oon mente e cuor
pio . La pieta, quando accompagni il sacrificio , pud col semplice farro ren-
derlo accetto ; come concordemente dichiarano Orazio (a) e Persio (b) : tanto
e vero cio che canto Publio Siro , che puras Dfus , non plenas adspicit manus (c) .
Ivi . xa$a?us . Gli raccomanda la mondezza del corpo , o sia 1' esteriore , co-
me abbiam detto ; la qual consiste in essersi astenuto specialmente da piacer
venereo per un giorno (d) , nell' aver pure vesti , che Omero appunto chiama
xabaqd Hfxaiix , e Tibullo puram vestern ■ cioe bianca,e lavata di poco <rw i&mt
viOTrXvvu , come -parlan Moscopulo e Polluce (e) ; nell' usar attrezzi pun, cioe
serbati a solo uso di sacrificio , quali gli chiede Aniitrione presso Plauto(j)
Abi domum , jube vasa pura actntitm parari mihi. La purezza delle mam era
pure raccomandata , e talora con iscrizione sopra la porta del tempio (g) : il
valersi del fuoco puro , diche Fedro : nee de lucerna fas est accendi sacrum (h) :
V offerire vittime pure; su le quali Plinio : Coruncanius ruminales hostias ,
donee bidentes fuerint , puras negavit (i) : il sacrilicare secondo i riti patrjj
xaizi id -rrd-r^ia , come parla Epitteto(fc); e se il sacrificio faceasi in Tempio,
farlo in luogo puro, cioe a?u ,rrzpi?fcwn/?icov (Z) , intra vasa sacra , ch' e una
parte del Tempio, di cui e da veder Polluce (m) .
Ivi. inri i' d.y\<xu /xn^ia. xcuetv , et lucida femora a dole . L'uso della voce luci-
do e nitido per signiflcare pingue , e comune cosi a'Latini , che dicono lucida
ovis (n) , come a' Toscani , dicendo 1' Ariosto : Si ch' era piii che mai nitido e
grassoio) . Questo epiteto e qui dato alle cosce degli animali sacrificati. E' no-
tissimo il Greco rito, che prescriveva il reciderle , doppiarle , coprirle di adi-
pe, e questo colmar di frammenti crudi , recisi da tutto il corpo, e bruciar-
ie . Omero fa la descrizione di tal funzione nel lib. I. della Iliade a' v. 458.
338. "AXXoTt JV o-nrovfys §-uit?a-i & etc. Interdum vero libaminibus , et aliis
donis placa . lnsinua ora un' altra maniera d' onorare gli Dei, ch' e per via
di libazioni , e di altri doni . Porfirio pretende (p) , che questo fosse il solo
sacrificio de' Greci piu antichi ; nel che e facile smentirlo . Prometeo , che
fece l'uomo, secondo che Igino racconta , rese il sacrificio degli animali piu
agevole a' poverelli , instituendo l'uso, che non tutto si ardesse , ma che ne
partecipassero gli ofterenti. Di poi Gecrope in Atene , Numa in Roma, altri
legislatori in altre parti vollero moderare il rito di sacrificare animali , c
sostituire libazioni , ed oblazioni , come da Pausania , e da Plinio si raccoglie (q) .
Ivi. 5-uiKra-t non dee spiegarsi per victimis, come hanno tutte l'edizioniavanti
Robinson, delle quali ha parlato poco.sopra.il poeta ; ne per incenso , come
(a) Lib. III. ode 23. {b) Sat. II. v. 7$. (c) Pag. 3 5. (d) Demost. in Neae-
ram . (e) Lib. 1. cap. i. segm. 24. (/) Act. V. so. I. pag. 58. (g) Lucia-
nusdcSacrifiriis cap. i3. (h) IV. fabula 10. (z) Plin. VIII. Si. (k) Enchi-
rid. cap. 3. (I) Lueianus de Sacrificiis loco cit. (m) Lib. 1. c. 1. sect. 6.
(«) Tibull. ll.eleg.i. v. 61. (o) Orl. Fur. [XXIII. 27. (7) De abstinentia
mimalium . (p) Paus.in Attic. Plin. Hist. nat. 1. XVIII. 2.
3l
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traduce il Salvini , mentre non dovca questo essere oflferfca da povcro agri-
coltore , quando in Roma era ignoto ne'primi secoli, e in sua vece si bru-
ciava il farro (a) ; ne per odori , come fa il Robinson ; poiche 9-v'siv non solo
significa suffire , ma anco libare , cioe porre su 1' altare pomi , spiche , focac-
ce , farro , lauro , e altrettali cose . Lasciando molte altre autorita , che il
confermano , ci contenteremo di Omero , il quale disse ?i%eiv in fovza di sa-
crificare , e buao in forza di offerire placente , come nota Ateneo (b) .
3 3p. "H piv Jt' iuva-Xv , €t quando cubitum ieris , et quando sacra (aurorae)
lux advenerit . Non puo lodarsi a bastanza la consuetudine di venerar la ve-
ra Divinita mattina e sera . Degli Esseni conta Filone (c) A/'j J's x.aS-' £x.d-
g-yiv ri{J.i%av iiuQuetv iv%e3-$-at irt^l rriv z'cv, 3tJ nri^i rriiv ia-nri^aj , Bis vero solent
per dies singulos orare, circa auroram , et circa vesperam . I Gentili la sera,
quantunque sacrificassero a Mercurio (d) , non molto se ne davan pensiero :
la mattina era piu deputata a quest' uiEzio , per cui 1' aurora qui e chia-
mata sacra. Cosi nelle Nuvole di Aristofane , Strepsiade levatosi poco in-
nanzi (c) , 'AAV £u%dfzcvos -tbTo-i $-eo7g Siidtyu-cu , sed Deos precatus erudiar y ed
Enea presso Virgilio : Vota Deumprimo solvcbat Eoo (f), ch' e cio che rac-
comanda.no anche le scritture : oportet praevenire Solem ad benedictionem
tuam et ad ortum lucis te adorare \g) .
341. *Qpg>' aWu'v covri xXiifov, ut aliorum emas hereditatem . 11 vocabolo he^e-
ditas , o sors , che il Grevio ricusa per sostituire quello di aaer , non veego
perche abbia da rimuoversi . 1 due Scoliasti comentano 1' uno x.\»fooy.ia ,1'al-
tro xA«f6^oj-/a , e qui ancoraEsiodo fa vedere la sua deferenza agli Orientali :
xXnpovoutx J(auv [xiT^g-^dipn dXXor^ioiq , hereditas nostra versa est ad alienos (7i) ,
Altra cosa e quando il contesto consiglia, come presso Teocrito , che addu-
ce il Grevio , a spiegar campagna .
342. La seconda parte della istruzione toccaidoveri di chi vive in sociela.
Quei della giustizia rigorosa fondano il gius perfetto s e di essi ha sufficiente-
mente parlato di sopra : viene ora a quelli che spettano a giustizia men rigo-
rosa , e che fondano un gius imperfetto . Justida , dice Cicerone (1) , et hide con-
jun-cta beneficentia,quam eandem benignitatem ,vel liberalitatem appellare licet .
Ivi ■ lev (piXiov^ ear/' Scuta. xaXau, riv cf' ix^?'" zv.tou. , A.micum ad convivium
vocato , inimicum vero relinquito . Chi non fa cosi? dice il Clerc , il piu severo
critico diEsiodo, che pur comenta . E tuttavia Plutarco (k) dice, che sebbene
a certi fin d'allora paresse ridipolo questo precetto di Esiodo5 e sapientissi-
mo , giacche ad alcuni che per non debita vergogna lo han trasgredito , e
costata la vita. Fra essi nomina Evcole figlio di Alessandro Magno , che in-
vitato da Polispcrconte , e accettato 1' invito finalmente per sola mal inte-
sa vergogna, fu nel coiivito strangolato : tanto gli costo il mangiare con un
(a) VulpiusinTibull. III.eleg.4. v. 10. (Z>) Lib. XIV. p. 660. (c)Pag.<fi2-
(d) Interpr. Apollonii Rhodiiad I. Argon. (e) In nubibus v. 127. (f) Aeneid.
XI. 4. (o) Sapient. XVI. 28. (h) Jerem. Thien. V. 2. (0 De Offic. I. 7.
(k) De vitioso pudore pag. 5^0.
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nimico . Riprova ancora Clerc come frcddo e senile questo tratto diPoesia;
dal che il Robinson lo escusa dicendo , che a que'di la semplicita , e la na-
turalezza era il migliore ornamento di uno scrittore ; cio che convalida con
1' esempio di Omero , e de' libri santi ; ove parmi ch' abbia ragione •
343. lov £i paXi^x KctXiiv , u$ rig c-j-9-cv iyyvSi vouh , Eu'n aatem potissimum vo-
ca quicumque prop'e te habitat. Ateneo (a) disapprova molto questo precetto,
quasi Esiodo misuri gli amici dalla vicinanza del luogo . Ma non vede , che
alcuni ufizj son limibali ad alcune persone3e ad alcuni tempi , come ben no-
la Cicerone [b) : sunt ojjicia quae aliis magis quam aiiis debeantur : tit vici-
num citius adjuveris in fructibus percipiendis , quam aut fratrem , aut janu-
liarem : at si lis in judicio sit, propinquum patius , et amiaum , quam vicinum
defenderis . Ilvicino molto partecipa del domestico, ed e dovere , che qual-
che volta stia teco a mensa ; e quando se non allora , che in tua casa e con-
vito ? Terenzio : Vicirdtas , quod ego in propinqua parte amicitiae pitto (c) .
344. E/ >«'f 75/ r$ ^"i"' eyxtact0' aXXo yivnrou . Perse non era , cio che il
Grevio non vide, uonio di campagna; altrimenti Esiodo non gli raccoman-
derebbe di non passar molte ore nelle botteghe } di non perder tempo nel
Foro , di tornare a casa presto d' inverno terminato il lavoro . Onde non dee
il Grevio tanto impegnarsi per far parere negotium rusticum quel che per eu.
femismo e x?«i"' tyxufxiov , o f) ya> ' y.ov } ch'ei vuol sinonimi . Quel negotium do-
vrebb'essere un incendio , una visita di ladri , un'altra cosa da non nominarsi
apertamente ; c p'ero il poeta dice a\\o , come Livio ferte aliam sortem., cioe
adversam . Or che importava chiamar tal disgrazia rusticana , o pagana ? A
me piace senza paragene phi la chiosa diSuida,che comenta e?x_ufiov , oixeiov,
domesticnm negotium , prescindendo dal luogo ove sia la casa , se in campa-
gna , se in villaggio , se in luogo murato , derivando ty^y-ov da xco?:ov locus.
Coincide con questa spiegazione quella dello Scoliaste di Pindaro , il quale, ad-
ducendo senza alcuna variazione i versi 3^.5. e 345. di questo Poemetto , co-
menta quel %?>>«' iyxoiqiov generalmente /3/&>T/xaj ^eicc; , bisogni della vita {d).
345. Tttisnn; a^ag-oi etc. Viciiri discinti accia runt , cinguntur autem cognati .
Era della pubblica decenza il non uscire in pubblico discinto ; ne potea farsi
senza nota di scioperato : Accincti industrii , negligentes discincti , nota Ser-
rio (e) , e il .Comentatore di Persio a quel verso : Non pudet in morem discin-
cti vivere Nattae(f) ? La frase di Esiodo vuol significare , che il buon vicino
chiamato a soccorso , cosi come si trova in casa , accorre j dimcntico ancora
di cio che porta il decoro pubblico . In simil proposito canto Dante di una
donna, che vede il hglio in pericol di vita (g) :
Che prende il figlio , e fugge , e non s' atresia
Avendo piu di lui , che di se cura ;
Tanto che solo una camicia vesta .
(a) Lib. V. pag. 1 8<J. (£) De Officiis I. cap. 18. (c) Tercnt. Heautont.
Act. 1. sc.i. v. 5. (</) Ih od. VII. Nem. pag. 747. (e) In I. Acneid. ver. 210.
(/) Sat. III. ver. 3 1. (g) Cantica I. canto 23.
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Non cosi e del parente. Egli in simile circostanza si cinge il veatito , cio£
accorre men prestamente , forse perche il pericol lontano muove meno , che
il presente .
346. Tlitfta x.ax.1/; yn-mv etc. Noxa malus vicinus , quantum vicinus bonus ma-
gnum est commodum . Proclo racconta un bel fatto : Dicitur Themistocles prae-
diohun vendens jussisse per praeconcm enunciari illud bonum habere vicinum .
Tutto al contrario del cattivo vicino dice Columella : Dementis est ipsum sibi
facere malam fartunam: quod facit qui nequam vicinum suis minimis parat (a) .
348. Ov^ ay etc. Quanto alia perdita del bove , che poi Esiodo soggiugne ,
sospetta PierVettori, commentando 1' addotto passo di Columella , ch' essen-
do Esiodo oriundo di Cuma , abbia riguardo al costume, che in Cuma era,
di cui Eraclide Politico (£>) : Moris erat aptid eos ut vicini omnes conferrent ad
resarciendum quae furto erant ablata.: quapropter pauca furto amittebantur ,
quod universi pariter sua aliorumque diligenter custodirent . Atque hinn videtur
petitum quod apud Hesiodum est: Bos etc. Lo stesso verso cita Giuliano con
poca mutazione alia Epistola 3 5. e Columella al luogo indicato , e Plutarco
nel trattato de audiendis poetis a pag. 34-
345. 'Eu [Xtv [xir^tt&cu 'jra^dyemivot;, Recte quidem metiwis a vicino etc. Esclusa
ogni frode , qual descrive Teofrasto nel carattere XI. ch' e dello scostumuto .
Questi misurando colla misura Fidonia, sceglie quella che al di dentro e al-
quanto rialzata , e rade diligentemente il muggio quando paga a' domestici il
loro compito . In questo precetto di Esiodo vedesi conformita con quel passo
del Levitico: Nolite facere iniquum aliquad in pondcre et mensura. Stateia ju-
sta , et aequa sint pondera , Justus mod ins , aequusque sextarius ,'c).
3 Jo. At/Vfti t« jjtit^ca 7(^j Xui'ov, ouxi diivnou. , Eadem mensura et amplius, siqui-
dem possis • Niuna sentenza di Esiodo lesse M. Tullio con maggiore approva-
zione di questa . Egli ne fa menzione nel 1. degli Ufizj al capo i5. nel XIII.
delle lettere ad Attico , spesso vi allude nelle Orazioni dopo il l'itorno , in
pro di Sestio , in pro di Plancio ; e specialmente nel libro de'chiari oratori
al capo 4. Iliad Hesiodium laudatur a doctis , quod eadem mensura reddere ju-
bet qua acceperis , aut etiam cumulatiore, si possis.
3 5 1, "il? av ^mXo)v etc. ut indigens , etiam in posterum promptum invenias.
Se questo fosse 1' unico fine di quella liberalita , distruggerebbe. affatto 1' idea
della gratitudine, che debb' essere affatto spontanea , affatto libera , affatto
disinteressata . Seneca (d) : Gratus sum , non ut alius mini libentius praestet
priori irritants exemplo , sed ut rem jucundissimam , ac pulcherrimam faciam .
Ma Esiodo ricordevole che istruisce un bisognoso , non iscompagna pvessoche
mai la beneficenza dulla utilita.
3 52. nMff xepJea f<f' drri<riv , mala lucra aequalia damnis . Aperta imitazione
e di questo detto nel Ciclope di Euiipide (e) , Ki^v vovnfd ^nfxiaw »\uu-^ccn ,
Mala lucra damnum reddidere ; ove Barnes adduce questo luogo di Esiodo .
(u)Lib. I. de R.R. c. 3. (i) Libro de Politiis (a) Lev. IX. 3 5. (d) Epist. 82.
(e) Pag. 73.
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iSi Tov tpiXiovtu (piXeiv. Plutarco scancello questo, e i due versi seguenti ,
come indegni di Esiodo , perche troppo illiberali . Clerc benche gli confessi
illiberali, gli riconosce per legittimi : e nel vero, quale riprova abbiamo
noi , ch' Esiodo sia stato incapace di pensare , e di scrivere meno liberal-
mente? Ma io non dispero di difenderlo con la ragione,ehc adduce Tzetze;
ed e , chc questo e precetto positivo , non negativo ; come chi dicesse : non
amare se non chi ama , non visitare se non chi visita . Essendo precetto po-
sitivo non merita censura , siccome non la merita Pindaro ove dice : 91'Xev
tin <p/X«;' , e il Petrarca in quel verso divulgatissimo : Proverbio antico e
fatto : ama chi t'ama. Abbiam notato altre volte, che Plutarco fu trop-
po tenero della ripulazione di Esiodo, ne tollero in esso pure un neo; o
fosse che i suoi Comentarj fosser distesi in eta troppo acerba ; o fosse
che troppo si abbandonasse alia imitazione di Aristarco , che gli antichi
trattava come scolari, cioe ne lineava tutto cio che pareagli scritto men bene.
3 54. Kot oopcv 0; no/ (S'k , Et da ei qui dederit y et nun da ei qui non dederit : datori
namque est qui dat; non danti vero nemo dare solet . Piu. ragionevole par la
censura di questo passo fatta da Plutarco, riferita da Proclo . Ma qui e una
buona risposta . Perciocche vi sono alcuni cosi ingrati e sconoscenti, che
non oorrispondono a' donatori se non con promesse , e speranze : ed e ottimo
consiglio a costoro , come pure agli altr' ingrati, di non dar nulla ; se non
si trovino in estrema 5 o almeno in grave necessita . Cicerone (a) vuole , che
nel beneficare c' infirmiamo del soggetto , e se e ingrato andiamo a rilente :
in deligendis idonais judicium et ddigentiam (debemus) adhibere . Nam prae-
clare Ennui* : bene facta male locata malefacta arbitror(b) . Nel resto poco sot-
to e lodato il far donativi , anche senza speranza di rimunerazione ; il che
vuole intcndeisi de' poveri , che non hanno altra mercede , che la gratitudine .
356. Aw; ayaBn , Donatio bona: ra Xaufiavoiti , acci[>ientiy chiosano i Greci ,
facendo dire ad Esiodo una sentenza da trebbio , quando una ne dice da
liceo. Non e dunque il senso di essa , che il donativo sia buono a chi lo ri-
ceve , ma a chi lo fa: quas deJeri< solas semper habebis opts, dice Marzia-
le (c) . ?vla convien dare del proprio : videndum est ut ea liberalitate utamur
quae prosit amicis , noceat nemini , come rifiette M. Tullio (d) , e come torna
Esiodo a insinuare a Perse , che avea fatto doni a' giudici , ma della robu. del
fratello ; e cosi non senza nota di rapina . ■
357. "O; (UeV yvq etc. Qui enim libens dat ,et*i multum dederit , gaudet donan-
do . Buona conferma e questa della spiegazione data a quel efai; dyai*; spie-
gandosi ora perche. sia buono il donativo; perche rallegra chi'l fa; siccome
la rapina e cattiva , perche rattrista chi la commette . E quanto al donativo,
e tin bellissimo documento quel largire di cuore , «Vo xctffi'ots , £% ^vx^S i Per
cui il donatore sen7a cercare altro premio , si appaga del premio della buona
sua coscienza , secondo quel detto di Seneca (e) : Sit fructus beneficii primus
(a) II, Offic. Vol. X.p. 175. (b) Pag. 4*5. ed. Columnae (c) Epigr.lib.V.
43. ubi v. Raderum p. 401. (J) De offic. I. p. 36'. (e) De Beneficiis 11. c. 3 3.
32
202
ille conscientiae . Colle parole poi lif-vimi 3» x.«rd $u(xov , s' ingegna , come
Proclo riflette , che i benefizj non si divulghino. Questo pure e secondo la
dottrina di Seneca (a) : Beneficia , quae non producunt , neque honestiorem fa-
Giunt'{ accipientem) sed succurrunt infirmitati, egestati , ignominiae , tacite dan-
da sunt , tit nota sint solis , quibus prosunt .
Notisi che vi ha differenza benche piccola fra x°^?il > e Ts'pirsTo/ , e il primo
debb' essere minor del secondo . 11 primo par che corrisponda ad avere allegrez-
za , il secondo ad aver gaudio; due affetti distinti , come riflette un autor
sacro di grandissima autorita in fatto di lingua , citato percio dalla Crus-
ca (b) .
3?p. "O5 &i x.2v etc. Qui autem libens rapuerit , impudentia fretus, quamvis sit
exiguum , tamen cruciat suum animum . QlXov x.Hg portavano tutte 1' edizioni
avanti Robinson, il quale mutd in tpi'Xov vrog coll' autorita di tutt' i MSS. e
di Suida , al quale aggiungo io Stobeo nel Serm. 27. Quanto alia sentenza , io
non so come gli antichi e i moderni interpreti riferiscono quel <p/\ov x*f , o
y™? al cuor di colui ch' e stato pregiudicato ; mentre in vigor di quel tpi'Kov ,
ch' e lo stesso che fJiov (c , e in vigor del contesto , dee riferirsi al cuore
dello stesso rapitore . Egli e} che togliendo altrui e tormentato da' rimorsi
della coscienza , giusta quel detto di Pacato : Habet nescio quos internos mens
scelerata carnifices , aut ipsa sibi carnifex conscientia est (d) .
36l. Ei' yo'f x.sv a/uix-fov etc. Si enim parvum parvo adjieceris , et frequenter hoc
fcceris , mox magnum et hoc evaserit. Eccocio che da pena al rapitore; il
riflettere , che sebbene ha rubato poco per volta , facendo cio spesso , e di-
venuto un ladro considerable . Ove notisi, che la dottrina di Esiodo ripor-
tata da Stobeo (Serm. 2p.) e da Plutarco (p.p.) su i furti minuti e giustissi-
ma. Essi sono assai dannosi alia Societa, perche al fine del giuoco recano pre-
giudizio grande a chi gli sofFre .
56*2. Di mal umore era Clerc , quando in proposito di questi versi scrisse ,
che vel a vetula cogitari , nee frigidius exprimi potuerunt. Troppo altramente
ne sent! Plutarco, il quale nel trattato de liberis educandis, esortando a col-
tivar la memoria de' fanciulli assiduamente , soggiunge : To yd? 'Hrtofetov x«-
Xwf aq-nrax. : Ei yd? etc. E veramente questa e una verita universale applica-
bile a mille temi , cioe a tutti quegli , ove si tratti di far conto di cose pic-
cole, perche la lor somma reca grandi utili, o grandi svantaggi . Per cio e
che Proclo 1' illustra coll' autorita di Aristotele : Kecte ait Aristoteles pessi-
mum esse quod dicunt : non hie vertitur cardo rei (id est non est res magni
momenti) . Si enim singula contemnantur ut parva , male quidem rem gcremus . . .
nam ilia quaecumque per singula jactura magnum ejficiet contemnentibus de-
trimentum .
(a) lb. cap. p. (Z>) Segneri JA.zy. Giugno (0) Heinsius ad II. Idyl. Theo-
criti v. 157. Warton ibidem . Benedictus ad I. Od. Olymp. Pindari. Anna
Fabri et Th. Graevius in Callim. ad Hymnuin II. v. zS. et III. 226. et alii
complures. (d) Orationes veterum pag. S\6.
203
3tf3."Oj J" eV' iivn ptqei etc. Quivero partis adjicit , is vitabit airam famem .
Nota , che a' tempi di Proclo era altro 1' ordine di questi versi; essi erano
collocati , ove ora stanno i versi 370. 71. e 72. 11 luogo piu opportuno pare
che sia questo ; quando parlato di fresco degli uffizj verso ogni gcnere di
persone , e de' contratti , che si fan con. gli amici ; prima di passare agli uffizj
di padre di famiglia , si parli qui de' contratti che fannosi col fratello , e
coll' amico . Ma ancorche ci sia qui un piccol disordine di collocazione , Esio-
do era uomo era , attempato , era in una stagione , in cui nascevan le lette-
re , per cosi dire; 1' aver fatto quel che ha fatto e un prodigio .
Ivi . Comincia la terza classe de' precetti ; i domestici , o vogliam dire gli eco-
nomici , primo de' quali e accrescer le rendite . 11 fine della facolta familia-
re ; dice Aristotele, e la ricchezza • E Cicerone nel I. deOffciis: Res familia-
ris primum parata sit nullo ncque turpi quaestu , neque odwso . . . deinde augea-
tur ratione , diligentiu , parsimo'da .
365. Oixs/ fizXizfov ujou, Domi melius est esse. Altro precetto di buon padre
di famiglia, aver cura dell' acquistato. Ovidio si esprime cosi :
Non minus est laudis , quam -quaerere , parta tueri (a) .
Quiridi prescrivono , che in casa vi siano stanze opportune a custodir tutto .
Senofonte : Sicca tecta frumentum ( exposcunt ) , humida vinum , illustrata quid-
quid operis , et supellectilis petit lucem 'Jb) .
368. 'A?x°!livs ^6' 'klS'* etc. Quum 1 elinitur dolium , et fere est epottim , satU'
rare, medio parce. Proclo, Tzetze , Eustazio al XXIV. della Iliade rendono
di questo detto di Esiodo una probabile ragione; ed e, che il primo vino si
beva nella festa detla Tlid-otyia , quando non era lecito escludere dal berlo
nemmeno i servi ; il fondo e men buono , perche vicino alle fecce ; il me-
dio e 1' ottimo . Plutarco poi (c) , e Maerobio (d) ne rendono una diver-
sa ragione ; ed e , che il sommo del doglio, confinando piu con 1' aria ni-
micissima del vino, dee averlo men buono, e cosi degno di finir presto j il
fondo del doglio per le fecce alle quali e vicino , dee esser men buono e de-
gno di finir presto; in mezzo sta il miglior vino.
Ivi . Due modi v' erano di conservare il vino presso gli antichi ; 1' uno en-
tro i dogli , e questo era il metodo antichissimo , e de' tempi eroici : 'Ev Je'
vi$oi oivoio vaXouS vSwwitiio , ibi vero dolia vini vetei is jucundi (e) . L' altro era
colare il vino , e trasportarlo da' dogli in vasi minori chiamati setiae , diotae ,
amphorae , riporli nelle apoteche , e lasciarli quivi invecchiare per qualche
anno; il qual costume comincio tardi in Roma: Apothtcas fuisse, et diffundi
solita vina anno DCXXXIII. Vrbis , apparet indubitato opimiani vini argumen-
to if).
36'p. tJwvx' <*" ivi TrvS-jjiivi (paSu. Einsio seguito da Grevio cangio tT«v» gravis in
itiXii , com' cgK spiega , sera, senz' altra ragione, che un testo ne' cataletti
(a) Artis Amat. II. vers. i3. (b) Oeconom. pag. 844. (c) Sympos. VII.
quaest. 3. (d) Saturnal. 1. VII. cap. 12. (e) Odys.II. v. 340. (/) Plin. H,
N. lib. XIV. cap. 14.
204
di Virgilio , in cui trova sera parsimonia . Benche Einsio tanto si fidi della.
sua lezione , io non la stimo la migliore: primo , perche tutti gli Scoliasti si
vede che F hanno postergata ; secondo , perche la lezione scartata dall' Ein-
sio e piena di sentimento , e di vigore . Moscopulo fttv* chiosa ^aXeir*/ , per-
niciosa , e Tzetze di cio da per ragionc , perche n t^u'% ivoy\a ^ Atnr« , faex
turhat ! et dolore ajficit . Per risparmiare adunque si fatte molestie a se ,
e a' domestici, quando il doglio e al fondo , si finisca prestissimo, e non si
aspelti che lungamente durando pregiudichi alia salute.
370. Mtc-bos J' aWg/' <pi\u etc. Merces autem homini amico constitnta suffi-
cient esto . 1 versi tyo. 71. 72. mancano in molti de' nostri codici, e sono nel
comento pretermessi da Tzetze . 11 primo di essi fu ascritto a Pitteo zio ma-
terno di Teseo da Plutarco , e da Aristotele (a) . E forse riconobbero que' ver-
si come di Esiodo contro il parere di alcuni critici, credendogli inseriti ,
come nel Vida sono alcuni versi di Orazio e di Virgilio innestati .
371. Kai te xcto-iyirirai etc. Edam cum fratre ludens- testem adhibeto . Proclo
estende questo pvecetto ancor agli amici; giacche vero e quel detto di Dio-
ne Crisostomo (b) , che puo dirsi dell' uomo come della Fortuna , che non si
sa se deggia peiseverare nell' amicizia fino al di seguente .
Ivi . ysXdra; , per giuoco f giustissimo precetto per tutte le azioni odiose ;
onde passato e in proverbio quel ridendo dicere verum quis vetet ?
372.. 11/5-6;; <T u?at: etc. Credulitas pariter et diffidentia perdunt homines. Fe-
dro addotto qui da Gujeto : Periculosum est credere, et non credere(c). Aga-
mennone ,. Alessandro , Giulio Cesare per grandezza d' animo erederon troppo
a' lor traditori, e n' ebbon morte : Caligola , C.imodo , Caracalla diflidanda
di tutti, vennero in odio a tutti, e n' ebbon morte. Nun vi e regola piu sa-
via , e piu generale di quella , che da lsucrate a Demonico , che conviene
diffidar de'cattivi , fidarsi de'buoni, to?? nrovn^oig dnri^Sv , tb*; y^w;oiq trt^ivnv{d)..
373. MrtJg1 you* etc. Nee vero mulier etc. Non male questi due versi, addotti
anche da Stobeo al Sermone 83- a' tempi di Proclo eran eongiunti con que-
gli , ne' quali si raccomanda di tenere il vitto custodito in casa; perciocche
a questo precetto siegue naturalmente quell' altro di custodirlo per6 da'la-
dri , quali sono le donne di mal affare . E per meretrice , o cunoiliatrice di
amori , intendon qui i grammatici quel yv,"i , che ha due epiteti . L' uno e
irvyozi'koc, , che Suida alia medesima voce, e Polluce nel libro 11. capo 4. e
gl' Interpreti spiegano nates exornans . Allude , come Tzetze inteipveta , ad
una zona , che per di dietro stringeva le stole muliebri , o come il Clerc
yimagina , a un nodo che per di dietro le fermasse. Io che ho veduti infinite
volte ne' bassi rilievi e nelle statue gli ornamenti delle donne greche , non
ho mai notato , ch' io mi ricordi , tale ornamento . Tzetze lo ha veduto sol
nelle Peoni , fatte schiave da Basilio il grande. lnclino dunque a un' altra
gentenza , che suggeriscono Suida, il grand' Etimologico,Esichio ,e gl' Inter-
(a) Operum T.l. p.2. (6) Orat.LXXlV. (c) Lib. III. fab. 10. (d) Orat.
I. pag. 12.
205
preti di Esiodo , che la voce wyovroXo; dedueono o da wyun cubitus , o da
iruyvTiov , ch' e secondo Eustazio riferito da Emilio Porto, lo spazio che corre
dal cubito al dito mignolo . Questo ornavan le donne con irag/.S^csx/ov/a/g , ar~
millis , e con JatxTuX/e/; annulis i onde sia ornata nelle braccia , e nelle mani .
la quale spiegazione ancora ammetteTzetze nel comento, e nelle Chiliadi(a),
374. AipiiXsc xwt/XX»3-«j ts>iv fitpwo-a xaXniv , Blancle garriens , tuum inquire/is
horretim; xair/XXao-a c 1' altro. epiteto . Kwr/Xae e rondine in Anacrebnte > e in
Simonide , come osservan gli Scoliasti . E in Teocrito un ignoto sgridand*
Prassinoe , e la compagna della loro femminile loquaeita, dice
Flew' tret cr$' 00 Sij^omoi dva-vvict •/.anriWoioou. ,
Desinite , o miser ae , inutiliter garrientes (b) .
Ivi. naXinv spiegano alcuni tugurium , altri non so con qual fondamento
sinum , qualche lessico horreum , a cui conformandosi il Salvini, e noi stessi
spieghiamo granajo . Moscopulo chiosa quel #i<p'2<rot x.a\t»v } troXuirqaynovieu,
<riv oixiav , che spiega 1' aft'accendarsi in una casa; Esichio ^rara , ch'e quel
cercare , o frugare per casa .
37 5. "Oj <?i yuuouLf.1 irsiro;9-t , ti'itoiS-' Sye QnXiirrttrt , Qui namqtie mulieri credit ,
credit idem furibus . Lo Scoliaste di Euripide (c) legge yuuou^i . Plutarco que-
sto verso da Esiodo scancellw, riconosciuto da tutti,anche dal Sig. Brunck,
per legittimo , e conformissimo alia sua dottrina , da cui altre volte abbiani
difeso il sesso donnesco. E qui lo fa con ragione , posto che favelli di donne
di mal affare , nelle quali non dee supporsi disinteresse .
Ivi. <p»\>iTy<rt . Vocabolo , di cui si e dubitato molto , se dovesse piut-
tosto scriversi ^/X»V»a-/'. Moscopulo interpretando aVaTEwa-zv , par che leggesse
fnXn'rria-t , come legge anche Tzetze : ma alcuni Scoliasti di Esiodo ,testimonio
Eustazio (d) , sonostati per la sola seconda voce. La prima , che noiadottiamo,
ha per se il Codice di Stobeo presso Brunck , e tutt'i MSS. veduti da Robinson ,
c la maggior parte de' molti che noi produciamo j Ma per salvarne 1' etimolo-
gia , i gramatici chi all' eufemismo son ricorsi , chi all' amare ( <piXuv ) 1'altrui ,
chi all' ant ifrasi , perche il ladro e piuttosto odiatore ; chi lo deriva da i/<ps-
XeTjrj per aferesi dell' v , e dell' t, e per 1' ettasi della n, nel che riconoscono
una figura simile al signiricato , vedendo tolte , o sia rubate alcune lettere ;
e chi ad altre (mi sialecito dirlo) stiracchierie . In <j>wA»'thj e chiara la etimo-
logia da ipxXe'w fallo , decipio ; Esichio 1' ammette chiosando (QvXnmna 1 per Xmj-oIj;
pw'Xn^, deceptor e presso Suida . Adunque che osta perche questo vocabolo
non debba aver la greca cittadinanza ? Ecco . Non dicesi cpnXiu , »o-a> ; ma, <pn-
Xou wVw , da cui non pmAw'toj dovria discendere , ma <p*Xui»<; . Ometto che <pnXsu>
e riconosciuto dal Costantini; ma perche si fonda in autorita dubbia , non e
meglio dire , che questo verbo ha avuta terminazione in eu , e in aw; ha avu-
ta doppia terminazione, com'e avvenuto di molti altri e greci e latini; che
ricorrere a tante baje grammaticali ?
(a) Chiliad. CCC. XVIII. (b) Idyl. XV. vers. 87. (c) Med. vers. 416.
(d) Iliad. 11. vers. i$4.
33
20(5
3?6. Mxvoya/>iz $i ircii'; etc. Unicus vero filius servabit paternam domum . Sen-
za far menzione de' pareri diversi , che ci sono staki riguardo all' ordine > e
alia coerenza di questi versi (cio che inutilmente ci occuperebbe lungo tem-
po) espongo il mio sentimento , e non ne dispevo 1' approvazione . Lascio in
primo luogo al posto loro i versi , ne muto 1' interpunzione ; e al testo fo
luce con un verso di Virgilio , che disse :
Sola domum , et tantas servabat filia sedes (a) .
J77. Ma come un sol riglio conservera la casa ? Han finora risposto pascen-
do . Or com' entra qui tutt' a un tratto la pecuaria ? E dato che v' entri ,
che bisogno ci e di applicarvi un figlio , che dee conservare ed accrescere il
patrimonio> e dalla cui assistenza si promette il Poeta 1' ampliamento della
famiglia , quando a tale uopo di pascere il gregge basta uno schiavo? Non
dunque col pascere, ma col sussistere conservera , e crescera 1' avere paterno .
Conseguentemente non ispieghero co' passati Interpret! <pe?/5it*w , pat>cendo }
come sol pcrmettendo tale interpretazione feci altra volta ; ma mutriendo , e
educando . Mi fa scorta Tzetze , il quale a quella parola fa questo comento ;
dvri iS TfitpsS-cu , a cui va d' accordo Esichio : (pip/Serca , T%4<pi<mi .
378. Eccoci al verso, che come indegno di Esiodo fu scancellato da Pro-
clo , da Plutarco, da Aristarco ; da' quali ebbe nota d' inintelligibile , e di
supernuo. Ma queste note non son bastate ne anche al Sig. Brunck per omet-
terlo . Con quelle parole yv?ouig &l 9-dvon; non comanda al fratello di morir
vecchio ; glie l'augura,e lo conforta a procurarlo . Con quell' altre poi srepa*
ToicJ" tyx.ctiuXa'rrwv , alium filium relinquens , gli raccomanda in primo luogo di
assicurar la successione , che non avendo che un figlio e molto incerta:in
secondo luogo lo preserva dal vedere fratelli in discordia, com'erano stati
essi due. Due_fratelli 1' uno grande 1' altro piccolo non contristano mai il
padre con la discordia .
37p. P«a <S~e *tv etc. Facile vero et pluribus Juppiter praebebit ingentes opes.
Va incontro alia difficolta dello scarso patrimonio, che non permette piu di
un figlio; dicendo che Giove puo arrichirne piu d'uno.
380. H'keiuv fMiv ir\%ovu>v fMiXim , jue/<f<wv <T tTi$iix.n , Major plurium cura , major
autem accessio . E' ambiguo nel testo, se si tratti de' figli , i quali piu che
sono, piu dan pensiero , ma piu facilmente possono arricchire; o degli averi ,
i quali piu sono e piu dan pensiero , ma piu facilmente si accrescono . Io contro
il parere di qualche Scoliaste sono per la seconda sentenza . E la ragione che
mi persuade e, che pi^im , ed tir&>ix.n si riferiscono agli stessi , che non po-
tendo essere i figli , son dunque gli averi . 'Evi$n'*.n non e altro , che giunta
a cio che v'eras accessio , appositw, o come traduce Kustero ad Aristofane
nelle Vespe v. i382. e mantissa. Questa e piu facile a chi e gia ricco . Plu-
tarco (b) raeconta di Lampide , che domandato come avesse fatto ad acqui-
star tanta roba : il poco , rispose , ho acquistato con difficolta; il molto con
facilita per la maggior copia de' mezzi , e de' ministri .
(a) Aeneid. VII. rers. Sz. (b) Tom. II. pag. 787.
20?
3 g i . Ttoi S' m wX»'to $u[xo<; liXtftuxi iv Qqtetv ii<rtv . II Grevio in vigor di un solo
MS. (che basta a ohi ha smania di correggere ) muto ja-iv in cria-i, la qual
lezione Robinson dichiara contraria a tutt' i Codicij che vide ; ed io, per-
che contraria a quasi tutti i miei MSS. non so approvarla . E mi pare alte-
rata la spiegazione, che il Grevio aggiugne tua si opes mens appetit in ani-
mo tuo , benche Plauto e Catullo abbiano mens animi , il che non importa mol-
So al caso nostro . Piu natural parlare , e phi fedele tradurre sara : tibi vero
si animus appetit opes in suis cogitationibns ; ch' e la spiegazione che da Mo-
SCOpulo : trou Si ri -\v%ii ft iirtSuuH nrXowrn £v tsj saving X»y«r(J.u> .
382. TrW t %$itv • i?yav Si t' gV l-pyu e'pja'jfac&<« , Sic facito , operamque operae
subinde addito . Dante in simil concetto :
Perch' egli accunvulando duol con duolo (a) .
Cominciano i precetti di agricoltura , necessar j anche a' padroni , benche
occupati . Era occupatissimo dalle civili , e letter arie facc&nde il celebre Pre'
sidente di Montesquieu ; ma non perdeva per questo di mira la direzione della
sua Terra di Brede (b) . Era anch' esso occupatissimo il Padre di Temistio ; e
nondimeno 1' agricoltura era il suo divertimento c) .
383. YlXnTdScav etc. In qualche Codice , in Melantone , Crispino , Enischio ,
Wirterton, Einsio, e qui segnato il libro 11. e nella edizione di Aldo vi e
lettera majuscola , per accennare , che qui comincia un libro nuovo . Noi in
vista de'eodici, e delle edizioni migliori , che omettono ogni distinzione , e
in vista di Servio , che nel proemio della Georgica diVirgilio chiama le Ope-
re di Esiodo librum , e non hbros , lo consideriamo come un solo . Picciola va*-
riazione e quella che si legge in Massimo Tivio irzftTsWopu/ciav .
Venendo al testo , il Petavio nel Tomo III. Parte II. capo p. congettura ,
che a' tempi di Esiodo sorgesse la lucida delle Plejadi circa agli n. di Mag-
gio; 1' ultima a' i5. nel qual tempo cominciavano in Grecia la messe : perche
seguendo gli antichi Greci 1' anno lunare , era fallace 1' indicazione per via
di mesi : di che e da vedere Galeno presso Petavio medesimo al Tomo III.
Parte II. pag. 94. Quindi in cosa di tanta importanza si ricorse ad un punto
fisso , cioe al nascere e al tramontar delle Plejadi . Delle quali anche Filo-
ne (d) scrisse cosi ■' Suopivmv ydq duXani; dvatiuvovmi ispi<; cTofov etc. nam quum
occidunt , sulcos secant ad sementem ; quum autem nasci proximae sunt ,messem
annuntiant ; et ortae agricolas gestientes ad comportationem rerum necessaria-
rum excitant. Arato dice che son sette stelle , delle quali sei sole si Veggo-
no . Igino ne rccita i uomi . I Latini le chiaman Virgiliae . Queste cose , e
molte altre spettanti all' agricoltura trovera il lcttore presso il P. Lodovico
della Cerda , e il Sig. Heyne nel Comento della Georgica di Virgilio ; i quali
libri , siccome han preoccupato il meglio che io potessi dir sopra Esiodo in
questa materia, cosi mi potranno ajutare alia brevita- Nel passo presente
▼ed. il 1. della Georg. al verso 221. che appunto dice :
(a) Cantica I. canto 28. (b) Lastri Corso di agricolt. til- p. %6. (c) The-
mist. Orat. II. pag. So. (d) De opificio miindi.
208
Ante tibi Eoae Atlantides abscondantur .
385. A" JV rot wxb; etc. Jllae quidem novtes et dies quadraginta latent, rur-
sum vero vertente anno apparent etc. II tramontar dellePlejadi cosmico , che
indica il tempo dell' arare sara da noi considerato a' versi 6\S. Ora del loro
tramontare esorger eliaco ; il qual consiste nell'essere involte nella luce del
Sole, e sparire , e nello svilupparsi da essa , e cosi tornare a vedersi : delle
quali cose la prima avveniva a' tempi di Esiodo il di 3 I. di Marzo , la seconda
il di il. di Maggio : cosi il loro oscuramento era di quaranta giorni ne piu ne
meno . E in questo tempo cadeva il fine dell' anno vecchio , e il principio
del nuovo. Ma di quale anno? Esso potria riferirsi ad un anno naturale , e
civile . Infatti Giuseppe Scaligero misura dal sorgere delle Vergilie 1' anno
civile d' Esiodo. Ma Petavio gli e contro; e vuole che da questo punto co-
minci 1' anno rustico , non il civile; e par che abbia ragione .
387. IBs -sjpwra ^stpas-s-o^jVo/o <r<cf»'f8, primum ut acultur ferrum . L' Alamanni
imitatore , e spesso traduttore degli antichi (a) .
Mentre aguzzava ancor la falce e i ferri .
388, Ouiii; tut iriSiwv nrtXiTut vofxoi; , Haec utique arvorum est lex iis qui mare pro*
pe habitant , iis qui valles jlexuosas colunt . Quanto sia ristretto ne' suoi pre-
cetti Esiodo , puo mostrarlo questo luogo , ove non fa menzione che di due
generi di terreni . Ma ve n' ha degli altri, de' quali si potea discorrere ; tali
sono i poggi , e i monti ; de' quali Varrone : infimis alia cultura aptior , quam
summis ; quod haec calidiora , quam summa (b) . E de'luoghi temperati ancora
potea tenersi discorso a parte , siccome fa Palladio , che appunto della messe
cosi favella nel Luglio: nunc locis temperatis messis expletur (c) . E cosi dicasi
de'luoghi umidi , e degli arenosi , che voglion diversa coltura. Ma per non
errare , senza osservar piu che tanto il genere del terreno , e il tempo del-
1' anno , basta attenersi alia legge di Columella : aequaliter flaventibus jam
satis antequam ex toto grana indurescant , cum rubicundum colorem traxerunt ,
messis facienda est(d). Al qual proposito niuno mi vietera di dire } che si Co-
lumella prcfato , e si Varrone , e Catone> e Palladio, e Vegezio ho potuto
avergli emendati su la edizione Lipsiense di Gesnero; una delle fatiche del
P. Gio. Batista Lagomarsini , donatami dal Signor Ab. Gio. Batista Lavagna
dottissimo suo nipote . 11 P. Lagomarsini confronto il libro con 1' edizioni del
Beroaldo , del Poliziano , e di Jenson , e con varj MSS. della Laurenziana , e
di S. Reparata; ed e incredibile quel diligentissimo Scrittore quante altera-
zioni vi trovasse . \
3pi. TXouaa-tv , e due versi sopra scrivo vcuzmx? , riducendo le lezioni del
Grevio vauu<rtv> e vouiiatoo-t a quel ch' erano prima di lui. Egli le muto su la
fede di due MSS. ed io le richiamo su la fede di quasi So. e di tutte 1' edi-
zioni migliori, che invece del dialetto dorico hanno il comune.
Ivi . yvuviv (ttth^siV) yu(xvov Si (soam7v , Tutuvd)i J' dfxdttv, Nudus serito , nudus-
(a) Coltivaz. II. 158. (b) 1. 6. de R. R. (c) Lib. VIII. c. i- (d) De R. R.
1.11. O. 2j.
2 09
que qrato , nudus quoque metito . Vivgilio su le medesime tracce , Nudus ara ,
sere nudus (a) ; ove Servio : id est adeo sereno coelo.,ut vestimentis non egeas . . .
nam non dicit nudum esse debere quasi aliter non oporteat , aut possit . Ma a,
parola osservo il precetto di Esiodo il Dittator Serrano, o Quinzio Cincin-
nato , ad quern missi legati nudum eum arantem trans Tybtrim offenderunt ,
come dice Aurelio Vittore(6). E che cio non ammetta limitazione (tolto che
di una fascia per la modestia) ne fa testimonianza Plinio (c). : Cincinnato
viator attulit dictaturam , et quidem tit traditur nudo . . . Qui viator : vela cor-
pus, inqtut , ut proferam Senatus , popuhque romani mandata . Ne egli fu solo.
Sappiam da Plutarco (d) , che i Romani antichi d' inverno lavoravano con
sola una endromride, e di estate ignudi.
3p2. « x &&■* ttatJt' i&ckriS-cc *E ya x.opi'%ed-cu etc. si matura omnia voles Ope-
ra fen e etc. Catone : Opera omnia mature conficias fuce . N-am res rustica sic
est ; si unam rem sero feccris , omnia opera sero jacits(e) .
3p<5'. 'ilj Jfjtj vuv sV it* n\$i<; , Sicut et nunc ad me veniiti. Uno de' luoghi piu
chiari e questo, con cui provare > che quando Esiodo scrisse il puema , eran
quietate le controversie col fratello; altritnenti questa non sarebbe ito a
cercare il vitto in casa di Esiodo .
3P7- i?7a%zv , viiirie Yli'^crn , labora , stolide Persa , Opera quae Dii hominibus
(per sign*) demonstraiunt . Non so come i latini inlerpreti han tradotto
quel, tf/srefcjupfewre , per labores destinarunt , o imposuerunt . Non adduce altra
ragione il Grevio s se non una glossa, che porta •spos-eiwijayro , e 1' Etimologi-
co , che nxucufa-/ spiega anche x.aT&7-x.iuct%eiv . Gli Sooliasti greci unanimemen-
te spiegano come noi abbiamo esposto . Proclo non solo adotta la interpreta-
zione ; ma loda Esiodo , quasi bene abbia detto , che gli Dei per mezzo delle
stelle , e degli elementi prenunziano le fatiche da farsi , per non avere indi-
genza co' hgliuoli e con la moglie : permodoche chi soifre penuria non possa.
rammaricarsi che di se stesso .
3pp. Mk nrorz a-v'v nrouJiva-t yiwoux.! ts etc. .Ne quando cum liberis et uxore ani-
mo doltns quae i as vLtum per vicinos, hi vero neghgant . Tirteo ha di qua
preso la bella pittura del vinto ; con cui incoraggiva i soldati a vincere , o
a morire , per non riduvsi a mendicare colla moglie , co' hgli , e co' genitori :
T»^ <? auiS 'ZDpoXiirivra. nroXiv yg] Triovat; uyqov$
Y\iidXZuitv > iruvmsv ig-' dvingottcnv
TI\a%6[*ci/ov avv ^.nr^i <p/A;r x&j nrar^i yiqovri y
YiouTt <n tvv fjnnfoT; , xo{/f<J7>t r dXo^w (A .
At siquis urbe sua , pinguibusque arvis rtlictis mendicare cogitur , hoc omnium
est miscrrimum , vagantem cum cava matre et sene parente , cum parvis filiis ,
et adolesccntula uxure .
404. <btza£ia$ou. mitwn <n Xunv, Cogitare debitorumque solutionem. Non so se
(a) Georg.l.2pp. (b Dc Viris illustribus. (c) H. N. lib.XVUI. c.3. (d) Plu-
tarch, in vita Catonis majoiis torn. 1. pag. iiy. (e) Dc R. R. cap. S. (/) Tyr-
taeus in fragm. ap. Lcctium pag. 732.
34
■2lO
a' tempi d' Esiodo , e se in. Ascra fosse la consuetudine , che dagli scritti di
Nicolao riferisce Stubeo (a) : Hsiutwv tvioi etc. Ex Boeotis nonnulh eos qui debitum
non solvunt in forum deductos , et sedere jussos cophino superinjecto cooperi-
uut : qui autem hoc passu* fuerit ignominiosus est . tiujusmodi ignominia etiam
Eunpidis patrem Boeotum genere notatum futant,
4o5. Oi'kov uiv -sjptJr/g-a etc. Domum in primis , jeminam , bovem aratorem , fe-
minarn } inquain y non uxoiem. Tre cose in prima comincia a consigliare al fra-
tello di provvedere ; la casa , una donna che'la guardi, i bovi aratori . E
quanto alia donna , si controverte se debba intende/si la moglie , o debba ri-
ferirsi quel ywjouf.a a quel x-tuthv ,» yapim" ■> che vien dopo ; siccome fanno tutti
gli Scoliasti , lo Scaligero , il Gujeto , il Grevio ; dal"complesso de' quali non
mi fo lecito di dissentire per aderire all' Einsio e alio Zanolini , che spiega-
no uxoiem. E' vero che Aristotele 1' intese anch' esso per moglie (b) ; ma gli
falli la memoiia , facendo punto fermo dopo questo primo verso , ed esclu-
dendo il seoondo , ov' e la dichiarazione della parola ywjcu-iu ; come conget-
tura lo Scaligero . Ripugna al Hlosofo , oltre gli autori soprallegati , il re-
sto del poema , in cui prescrive a Perse di aspettare al trcntesim' anno ad
ammogliarsi , ove la donna, di cui qui trattasi , dee provvedcrla subilo insie-
me con la casa, che .dovra guardare , e co' buoi , o le vacche , seoondo il
Gujeto , che dovra seguire alia pastura .
407. XfJfjttaTK d" «i< oixw trcivr a f pa/a nrotHo-aeScu, Instrumenta vero doini omnia
apta para. Quel Cresino , che fu accusato di avere per incantesimo tratte le
biade da' poderi d'altrui nel suo, perche il suo podere , tuttoche picciolo ,
fruttava piu degli altri : instrumentum rusticum omne in forum attulit , et ad-
duxit famdiam validam , atque , ut ait Piso , bene curatam ac vcstitam , ferra-
rnenta egregie facta , graves Ugones , vomeres ponderosos , boves saturos. Postea
dixit: Veneficia mea , Quiritrs , haec sunt (c) : tanto importa quel piecetto ,
che sieno acconci gl'istrumenti rusticani. Le altre cose al trove leraccomanda.
4! I. xaXin'v horreum . 11 grand' Etimologico (dj spiega questa voce per casa
di legno ; accorda pero che possa abusivamente prendersi per casuccia di
piefcra * e cita questo verso di Esiodo .
4l3. Am £' afx/SoAieyyig cev»p arridi va>,ouii , Semper autem dilator operum vir
cum damnis luetattir . Questa cosa , come interessantissima il mestier dell'
agricoltura , ha accennata Esiodo di sopra ; e torna ora a raccomandarla ,
come fa replicatamente Columella : Praelabentis vero temporis fuga quam
sit irreparabilis qui* dubitat?... Res e^t agresti insidiosissima cunctanti: quod
ipsum expressius vetustissimus auctor Hesiodus hoc versa, significuvit A/a etc. (e).
417. 3-«£ao; aV"'f j cosi chiama il Sole da o-eiftdeiv , che signihca Xapireiv corn-
scare , fervere . Proclo .
418. x.nfiT(i<piuv dv$fa>iruv> hominum fato nutritorum , Corrisponde alia frase
ebraicayzZiws fati , Jilius mortis .
(or) Serm. XLII. pag. 2p3. (b) Oecon. 1. cap. 2. (c) PUn. k XVIII. cap. 6.
(d) V.x*\id. (e) Lib. XI. cap. 1.
«2 I I
^ao. ~Huo<: dSwrnidm . II Gujeto corresse *»««$ tunc , e consente gran parte
de' MSS. Ma 1' antica lezione e assistita anch' essa da molti codici ; dalla
glossa del codice di Loesnero , che cumenta ore ; dalla interpretazione de-
gli Sooliasti'j e dal senso istesso , che il n/-io; riserba al verso seguente .
422. Tttfxog dq v "koTB^-av etc. Tunc sane ligna secure ttmpestivum esse opus me-
mento . Esiodo circa la ulotomia si spaccia con due avvertenze , che si fac-
cia d'aulunno, e quando i'albero si sfronda3 e cessa di metter germogli : e
aceortamente , perche V albero essendo meno abbondante di urn ore , e meno
soggetto ad inverminire . Molte altre avvertenze , e con distinziune da pian-
ta a pianta , trovera il lettore in Catone (a) . e specialmente quella della luna
scema ; il qual precetto e confermato da tutti gli antichi , e specialmente da
Plinio , il quale aggiugnc ,che infinitum reftrt lunaris ratio , nee nisi avicesima
in tricesimam caedi vvlunt (b) ; raccomanda che tagliato I'albero tino al midollo ,
silasci stare finche ne scoli l'umore. Si ridono i moderni di ogni lunare avver-
tenza j e brevemente consigliano , che il taglio si pub fare in tutt" i tempi,
ma meglio e ntlV inverno , dopo colte le ghiande . Cosi il dotto Sig. Dott. Otta-
viano Targioni Tozzetti (c) .
423. "Oluov (xi<j rqtnriSk'j -rduvetv , Mortarium tripe-dale auidem seca , pistillum
vero tricubitale , cxemque septempedalem . Vedesi, ch' Esiodo per queste mi-
nute descrizioni di misure,e per quelle, che troveremo poco appresso , fu de«
riso da alcuni. Plutarco , come attesta Proclo , nc prese la difesa ; e lo scuso
dalla micrologla coll' esempio di Platone , che descrivendo i vasi delle case ,
avea anco pailaio delle misure loro , e con l'esempio di altri antichi, i quali
trattando degl' inventori delle cose utili , e giovevoli alia vita umana,avuti
gli avevano , non ostantc la picciolez/a delle cose, in sommo onore . Al qual
proposito riferisce che i Pitei avendo trovato il doglio Ui9ov , da esso furon
denominati • Aggiugni Stolone denominato da' sermenti , che primo recise .
lvi . Circa il mortaio , e il pestello , e noto che gli antichi se ne serviva-
ne per pestare il grano , o il farro , e quei che in Roma faceano tal mestie-
re nominavan pistores id) : percio fra gl' istrumenti della vigna si computa il
mbrtajo da frumento(e) . Ma era in Roma a' tempi di Plinio di pietra ; e quel
di legno riserbavasi alia zea , ne lapidis duritia corner at (f) .
425 E<' Si -/.in ox-fxTrofti*' etc. Si vero octopedalem et malleum inde secueris .
Tzetze e molto inquietato contro il carro di Esiodo , che chiama disadatto.
Lasciamolo nel suo mal umore.
426. T^io-wi'd-u^iov <?' a-\iv Tu/Jtvav J'sxa^a/fw d(xd%y . 11 Brazzuoli traduce:
Trispannale la volta della ruota
Pel cocchio taglierai diecispannale .
Ma nel testo e diversita . La misura della carretta , che il Brazzuoli traduce
cocchio , e il doro, 0 sia il palmo minore, detto anche Ta.\ou.$n , e iraXd.^t , che
{a) De R. R. c. Ji. {b) Lib. XVI. c. 3j>. (c) Lezioni di Agricoltura t. VI.
p. 112. (J)Plin; Hist. Nat. lib.XVlIl.cn. (e) CatoDe R. R. c. 14. (/)Lib.
XV11I. c. II.
212
acconciamente il Salvini traduce palmo . La misura poi delta ruota e lo spi-
tamo, che Plinio traduce dodrante > il Salvini spanna , adattamente , per-
ciocche questa e la misura che corre nel palmo aperto dal dito mignolo al
grosso; quanto Polluce \a) e Proclo ne pone nello spitamo . Or e una gran
diiFerenza fra il doro, o palmo , che non ha piu di quattro dita , e lo spitamo
che ne ha dodici : onde in queste due misure dovea il Brazzu li mutar frase .
Ivi. Quistiunarsi potrebbe, se questo carro con ruote sia il carro ,che ser-
ve a' trasporti v.gr. delle biade ; o il carro che forma parte dell' aratro: per-
ciocche fu in uso presso gli antichi , specialmente Galli , un aratro con ruo-
te, poeticamente chiamato carro; il qual Virgilio descrive in quel verso:
Stivaque quae currus a tergo torqueat imos(b) .
Dico currus, escludendo cull' Heyne il cm sus , che un erudito Britanno so-
stituiva . Non pare che possa dubitarsi della soluzione . Chi ha veduti gli
aratri con ruote, che sono ancor oggi in moda, specialmente in Lumbardia ,
conosce subito , che in niuna maniera si adatta la loro costruzione alia de-
scriziune del carro di Esiodo , il quale dee aver dieci palmetti di lunghezza,
e ruote ben alte . Anzi non credo che a' tempi d' Esiodo fosser note le ruote
agli aratri . 1 Leontini certamente non le conobbero ; altrimenti in memo-
ria di Cerere , che loro insegno 1' aratura ,come nelle medaglie hanno effigia.
te tre mode di aratro, non avrebbono omessa questa quarta : e in uno de' piu
antichi monumenti dell' aratro che ci rimangano , ch' e nel Museo Etrusco (c) ,
non si veggon ruote : ne di esse fan menzione o Catone , o Varrone , o altro
degli antichi , da Virgilio in fuori , almeno ch' io mi ricordi .
427. lloXX inri v.a.uirv\ot x.a'Xa. • (pcgetv $t jv'lui or' av su f«; , Malta praeterea curva
ligna ; ferto autem bu>im ,quum inveneris etc. Si consiglia primieramente a cer-
care una bura di leccioj yvnv . Virgilio dice, che a' suoi tempi .si curvava a
forza , e per qualche tempo si lasciava cosi curva crescere ed ingiossarsi,
finche fosse a tiro di mettersi in opera per V aratro : e faceasi d' olmo :
Continuo in sylvii magna vi flexa domatur
In bifim , et curvi furmam accipit ulmus aratri (d) .
Ma a' giorni d' Esi'do era una fortuna , che rade volte toccava> il trovarne
una di lecc uspecialmente in Beozia , ove dice Plutarco presso Proclo, il
leccio era legno raro : quindi se trovasi , vuol che a casa si porti .
Ivi. 11 Sig. Heyne dciinisce cosi la bura : tignum rflud iocurvatum , cui et
temo junctus est {a parte anteriori) et vomer ipse (a parte infcriori) : a cui si
potrebbe aggiugnere et stiva (a paite posteriori"., ; perciocche 1' aratro e com-
posto specialmente di queste parti, buri , timone , vomere , dentale , e stiva.
Esiodo , ed altri gli han denominati yois > 'V°.^0S£/f> Svis , t\vua} exstXn; ma
queste voci sono , tolto il Grevio , tortamente esposte da' lessicografi , e da-
gl' interprcti. Non mi distendo molto a spiegarle , siccome pure fa il Cerda ;
notando^che 1' intendere tali cose e mestiere degli occhi , piu che delle orec-
(a) Lib. II. segm. ) S7. (b) Georg. I. v. 174. Heyne pag. 221. (c) Tom. I.
tab. extra ordinem . (d) Georg. I. v. iop.
- l6
chie • Rimando pertanto il lettore alia edizicjne del Clerc , o delLoesnero,
ove in un rame vedra la forma dell' aratro, e in esso le sue parti, tolto il
dentale , coperto dalla estremita della bura , e il timone nascoso fra' buoi .
43o. E^t' civ W^-.yjou-ni; Juno; iv iX-juxrt nr >'t % a c, , Si Palladis famulus dentali in-
Jigens . Chiama servo di Pallade il fabbro , quando pare doversi chiamare ser-
vo di Vulcano . Ma Platone , ollre altre similitudini che trova fra 1' uno e
1' altra nel Crizia , osserva anche questa ; che amcndue son chiari per inven-
ziuni di arti , e per istudio di sapienza . E veramente Minerva ha il cognome
di Ergane da questa sua propriela (a) , e Giuliano Augusto (b) : 'Ofdm, dice ,
?"» i-jiviiB 7»j 'Efj-avwy 'A&nvas faga, Videte a Minerva Orifice quanta in nos de-
rivata sint munera .
Ivi. Traduco iXvpctn dentali . Un egregio Comentator di Virgilio vuole ,
che dentale e vomere sia una medesima cosa , persuaso da un luogo di Co-
lumella, ubi Cehus censet exiguis vomeribus et dentalibus terram subigere (c) ;
quasi 1' autore abbia que' due termini usati per due sinonimi . Ma veramente
par che non siano . Servio gli distingue : dentale est lignum in quod vomer in-
cluditur {d) . Proclo parlando dell' e \v{xa , che corrisponde a dentale, dice,
ia Si l\vfxd ian to ifj/i\n6iV a; 7a tjIv uvvjv x.zts'%ov %uXov . . . ( uvviv v a-iSriqov ) . iSta
Si tu> i\u'uaTfirifi>i<>uo<pou avuSev , i{*fiifiX)i[Jivov a; uini to x.oi\cv Iv : est id quod
inseritur in lignum, quod vomerem continet . . .(voraerem seu ferrum) . Hoc vero
dentali aptatur desuper , insertum in ipsum quod cavurn est . E dovendo il den-
tale far forza a premere il suolo , ed affondare piu che si puo , acconciamente
si ordina, che sia di dura quercia . Fa difHcolta quell' in lignum, quod vome-
rem continet; ma questo legno, a parer mio , non e altro, che la estremita
della bura, in cui e contenuto il dentale, che percio non si vede.
43'. rouostTiv iriXdcrai; zsporup'iijiTnt ig-ofioifi, Clavis conjungens temoni adapta-
verit. Ecco 1' uso della bura. Si dee conficcare sotto , o sia dopo il timone ,
e sopra il dentale . Esiodo non prescrive misura al timone , Virgilio gli da
otto piedi . Notisi che Tzetze per chiudi intende o veri chiodi di ferro, o
anche zeppi di legno .
432. Ao/a H $-='a-S-ca aforpa etc. Bina vero facito aratra laborans domi , non
compositttm , et cothpactile . L'uno c 1' altro aratro spiega Eratostene presso il
Grevio , e meglio Proclo nel suo comento , ove dice: « piv iv etc. Si igitur
unum lignum totum sit buris usque ad jugtim ab dentali , vocatur aratrum du~
tiyuov non compositum . Quum veto buris minor est quam oporteat , inseritur ipsi
aliud lignum conjungens ipsam , et jugum , et vocatur totum aratrum compa-
ctum , lignum vero insertum vocatur temo.
434 E" x sisfov y ci'^oui; etc. St quidem alterum fregeris , alteram bobus inij-
cias . Non sol degli aratri , ma di tutti gli altri rusticani istrumenti , eonsi-
gliasi averc il doppio del bisogno , perche non si stia in ozio in caso che un
si dirompa: Exhoi tandus est (villicus) ad instrumentoium , fei ramentorumque
(a) Aristid. orat. in Mincrvam. (b) In fragrnento oratioijis pag. 53\.
(c) Lib 11. cap. 2. (d) In I. Georg. p. yj.
35
214
curam; ut duplicia quam numerw; servorum exigit , refecta , et reposita custo'
diat , ne quid a vicino petendum sit. Cosi Columella (a).
43 5. Aa'pfjrj «T' w" irnXi»i etc. E lauro autem , vel xdino firmissimi temones sunt;
e quercu dentale , to? i/zce burim (comparato) . 'lnB/3oev's voce di controverso
signiricato ; e percio dal Pasore nell'indice di Esiodo reso temo y e stiva . Si
e notato , che Proclo quantunque come fa Tzetze , lo renda per timone , ag-
giunge : \iyerai mxp ivion; >@4 pcra tiv i%,&rkwt %d\ov : il che favorisce chi tra-
duce stiva. Cosi fanno quasi tutti gl' interpreti latini, e gl' italiani che ho
potuto leggere; giacche fra questi e il Soave , che commesso piu volte in
Milano , mai non mi e giunto.Solo ho trovato che spiegan timone fra latini
il Grevio , fra gl' italiani il P. Pagnini , i quali , quantunque forse soli , io se-
guito ; parendomi improbabilissimo ch' Esiodo avendo usato I<r?ofioeu$ in signi-
iicato di timone a' v. 4? I. come gli avversarj concedono , pochissimo dopo ,
eiue a" ver. 43J. lo usi in signihcato di stiva. Si puo aggiugnere (ma per me-
ra erudizione) che il timone con due piccole ruote fu presso alcune nazio-
ni arnese ancov di soldati , che il portavano a tergo raccomanduto ad
una tenuta > e le due ruote sorpassavano notabilmente il capo. V. Win-
ckelmann Stotia delle arti del disegno : Tom.. III. tav. 22.
436*. Apuif iXupu. Pare al Brunck , che a render ragione di questo verso ,
convenga diilo acefalo , cioe cominciante con sillaba breve; alcuni de' quali
versi trovansi ne' poeti solo antichissimi, come in Omero 4- 2,. giu.sta Ateneo
pag. 6"32. Ma vi e altra maniera di sanarlo : puo Afj/s'j ridursi ad una lunga
per sineiesi dell' v e dell' 0. Esiodo debb' essere pien di licenze, giacche anti-
chissimo : le leggi di gramatica e prosodia. sevcia son fatte da' posteriori
in gran parte.
Ivi. &°e ^' iwxirveo) etc. fioves vero duns novennes etc. Fa qualche difficolta
la eta richiesta ne' buoi , nella quale Vari'one dissente molto da Esiodo : Igi-
tur de omnibus quadni^edibus prima est probatio ; qui idonei sint bovcs , qui
arandi caus^a emuntur , quos rudis , neque minor is trimos, neuue majoris qua-
drimus parandum ; ut viribus magnis sint ac pares , ne in opere firmior imbecil-
liorcm confi.Liat .... turn ita subigendum , ut minutatim assuefaciant , et tyonem
cum veterano adjungant : imitando enim faciliu* domantur (b) ■ Ma la discordia
si concilia cosi : Varrone parla di un fondo avviato gia , in cui sian bovi
vecchj , e per cui servigio si comprino giovenchi giovani , i quali possano
imparare da' piu attempati. Esiodo parla di un fondo in cui non sono buoi
piu attempati , che possano ammaestrare i piu giovani . Convien dunque pren-
dergli di qualche eta .
441, T'0/5 ef' cr.ua. etc. Hns autem simul quadragenwitis juvenis sequatur pa-
ttern coenatus quadnfiduin , ccto frustor.um . 1 pani conosciuti dagli antichi
eran di quattro specie, dice il Sig. Targioni (T. 1. p. 99. ) e quello che d.iva-
si a' servi era il cOnfusaneo , o anche il lurfuraceo; e i pani erano c<inu-
ncmente divisi in quattro parti, come costa da molti bassirilievi , un de' qua-
(a) Lib. I. cap. S. {b) Lib. 1. cap. 20.
2I5
li e in Roma in San Grisogono (a) . None pero che nell'Ercolano non se
ne sian trovati divisi in sei , e in sette parti b) . Percio si spezzava senza
coltello , sicche presso gli Ebrei fractio panis e quanto mangiare . Ateneo
tali pani chiama /SX&i^A/sj «fw{, toj tx°v'mi iyvfttis , »f 'Vuiu.aj.ot x-o^^dn^ \iyxtrt ,
hcibentes incisuras , quos (panes) Romani quadratos dicunt (c) . Or un pane di
quattro quadre vuol Esiodo che spacci il suo bifolco in 32. morsi (che tali
sono nel greco i fiXu^oi) sicche non ispenda piu di otto morsi o bocconi in
ogni quadra. La spiegazione e degli Scoliasti.
444. Mhjcjt/ vavmivuv f*i$' o,u»'A/xa; , Non amplius circumspiciens aequales •
Columella da consimile precetto rispetto al viJlico , che sia alieno da' diver-
timenti venerei : quibus si se dediderit , non aliud quidquam possit cogitate ,
quam Mud quod diligit (d) .
445- to <T bti v$ui<TSfo% d\\o<; ufteivav etc. Hoc vero neque junior alius melior ad
spargendum semina , et iteratam sationem evitandam . Columella : Unum enim
ac solum dominatur in rusticatione; quidquid exigit ratio culturae semel face-
re s quippe quum emendatur vel imprudentia vel negligentia jam res ipsa dc~
cox it (e) .
448. 'Pfd^es-S-ou J1' eu-r' dv •yepdva <pcav»v i'rrax.istrrts , Considera Vero quum vocem
gruis audieris . Picciola variazione e nelle edizioni migliori tpeovnv ytqdvn , ma
da emendarsi , perche contraria a quasi tutti i MSS. 11 resto e quasi un pro-
totipo imitato da molti poeti , specialmente da Arato v. 1010. e 107?. e da
Aristofane , che cosi introduce a parlar gli uccelli (jf) : Tl?com fxiv etc. Pri-
mum quidem anni tempora nos designamus veris, hyemis , autumni , tit serant
quando grus clangens in Lybiam migrat. Ove e da notare , ch' Esiodo parlo
della partenza verso la Libia , non della venuta delle gru , la quale suol suc-
cedere in primavera; ne allora da segno dell' aratura , che precede la se-
mente . Dico questo, emendando il Ch. Salmasio , che in parlare delle tie
araturc ha tolta per voce della gru vegnente la voce della gru che parte ,
citando Esiodo (g) . Nel resto tal gita si eft'ettua dalla Tracia in Egitto , e
dall'Egitto negli altri luoghi ; dalla Tracia io dico, ov'e il Hume Strimone ,
e il monte Rodope, per cui le gru or Traci sidenominano , ora Strimonie , or
Rodopee da Viigilio (h) , Lucano (i) , Stazio (k) , Nonno(Z), ed altri.
4J2. e'Xocaj /So'a; , camuros boves pasce . Prudentemente qui raccomanda il
far buon governo a' buoi : Nihil est quod magis expediat quam boves bene cu-
rare ( Cato c. 54.) . Camuros Macrobio (m) vuol che sia forestiera voce ; Ser-
vio , e Filargirio la riconoscono per latina in Virgilio ,73) , che fra gli altri
indizj della ottima vacca , e da scersi per far razza di buoi aratori mette
tal segno: Camuris hirtae sub cornibus aures . 11 signiheato e questo, che sian
(a) Winchelmann , Pierres pag. 72. (b) Martorelli de theca calamariap. 38o.
38i. Bajardi Catalogo pag. 3pi. (c) Lib. 111. pag. 114. (d) Lib. XI. cap. 1.
(e) Lib. 1. cap. 8- (/) In avibus ver.-u 710. (g) Ad Solinum pag. 73.0. (ft) X.
Aeneid. vcr. 26S. (£) Lib. V. ver. 711. (k) Sylv. IV. carm. 5. (7) XIV.
Dionysiac. 332. (m) Lib. IV. extremo . (n) Georg. III. J?.
2l6
Gorna rivolte in dentro , che ove sono rivolte in fuori si chiatnan panda .
4-56. sx-aiiv Si it Siqa^ d/xd^ng , Centum esse ligna Plaustri ; cioe molti , come
comentano gli Scoliasti greci . Ma nel 1760. comparve in Germania un libro5
che rarissimo e in Italia , ed ha per titolo : Veterum scriptorum de re rustica
praecepta in dialogos collectu ab Hadriano Ktmbter s in cui veramente si enu-
merano le parti del carro , e se non si arriva al cento, si arriva a un buon
numero . V. il dialogo XIX.
458. Ej/V av Sri irquri<f dt-omg etc. Quum primum igitur aratio mortalibus appa~
merit . . . aggredere . . . siccam et humid um arans etc. Esclude il temporeggiare ,
dice Proclo : perciocche e facile che un dica : e umido il terreno, aspettia-
mo che si secehi ; ovvero : e secco , aspettiamo che inumidisca; e intanto
passi il tempo .
4<52. Eia-y. iroXetv . Tre deon essere le arature , secondo Servio al I. delle
Georgiche , e secondo gli altri scrittori di agricoltura : pochi son quegli che
le facciano arrivar hno a quattro . Per cominciare dalla prima, ch' e 1' ««?<
iro\etv di Esiodo , e il proscindei e de'latini; ella si fa veie novo > non preso
strettamente , dice Columella (a), corne farebbe un astronomo; ma quando
comincia 1' anno dopo la bruma a divenir tiepido; dalle ldi diGennajoin su .
Jvi . S-efiog Si viuptvti a a-' dnrans-et , aestate vero iterata te non alht. 11 se-
condo aramento si fa di e»tate , e si chiama vta-ig , e in latino iteratio .
Alia quale operazione Plinio assegna il Maggio , e il Giugno bj : Stgetes ite-
rare : san\tur vero diebus viginti •
4<J3. Nao'c Si <rirei?iiv in Kstpi^aua-ow ocfufcw , Novalem vero serito adhuc Irvem
terram. La terza aratura si fa quando si sta sul seminare . Tertio cum arant
jacto semine boves dicuntur lirure, i. e. cum tabellis odditis ad v<>mei em , si-
mul et satum jiumentum operiunt in porcis , et sulcant fossas , quo aqua pluvia
delabatur (c) . 11 tempo proprio per tale operazione e verso il line di Otto-
bre , o in Novembre, o sul principio di Dicembre, secondo Palladio . Rinno-
vato cosi il terreno, si chiama ager terciatu^ , o nog rft'iroXog.
454. Ng/o; aXg>/af« etc. Novalis imprecationum txpultrix , libt-rorum placatfix
est • Le imprecazioni si scagliano dalla famiglia in tempo che il capo non ha
da saziarla i e i lamenti si fan da' rigli per la fame che gli strazia : all'un
male e l'altro rimedia il maggese ben coltivato . 11 grand' Etimologico cita
questo verso , e invece di veiig legge veig.
4<J5. Ej/^eifra* Si An ^-S-aw'w etc Supplied vero Jovi infer o et Cereri castae . Che
nel cominciamento di un' opera lustica s' invochi Cerere , s'intende; ma che
s' invochi Giove terrestre e cosa che merita qualche riflessione . Per questo
Nume Proclo intende Giove Pluvio , a cui spetti di dar buon line alle se-
menti con mandar pioggia . Parmi che non abbia dato nel segno . Conviene
distinguer due Giovi ; il Celeste, che propriamente dicesi Giove, e lo Sti-
gio, che altramente e detto Plutone . Questi e il Giove Ctonio , 0 terrestre,
siccome interpreta lo Scoliaste di Aristofane , adducendo questi medesimi
{a) Lib. XI. c. 2. (b) Lib. XVlll.c. z6. ip) VarvoL. I. cap. iy.
-217
versi di Esiodo^a). Che poi s'invochi perche prospen i lavori , che fannosi
intorno alia terra , n' espone Tullio la ragione (£) in questa forma : Ten ena
autem vis omnis atque natura Diti Patri dedicata est : qui dives , lit apud Grae-
cos WKou'tuv , quod recidant omnia in Terras , atque oriantur e Terris.
467. '\?x°!*lvos ""* •sp<"T' «'po'w etc* Incipiens arare . Consento col Grevio in
approvare dfcm invece di d^orqov, che non so come.aveva occupato i MSS.
e l'edizioni migliori . Consento pure col Grevio in tone il punto dopo dx.i*vt
corso fin nella emendatissitna edizione del Loesnero . Cosi attaccandosi il
sentimento che siegue col precedente, si rende buon conto della gramma,-
ticale costvu ione, e si da un bel precetto , che 1' opera , perche ben
riesca, si dee offeiire alia Divinita . Antonino Augusto : s-re yd% dv^-quiri-
V'j» re aveo ms iTi id -Saa a-tuct*a<po^dg ivt&pd^nc, , neque enim rem ullam hu-
manam felicit ei j.erfeceris , nisi earn ad Deos referas (c) . Quindi Nicandro (J)
cominciando a piantar le rose vuol che s' inyochi Temide Olenia ; e i contr*-
dini latini seminando rape e altri erbaggi , dice Columella, precantur ut sibi
et vicinis nascantu , seivantque adhuc antiqu num. coiibUetudincm{e)\ con le
euali parole si cimpiovala vecchiezza di tal rito .
4<58- ofirixse @o£\i e'W vutdv ihvcu, stimuum in bourn dorsum immittas. GujetO
si accorse che qui era una tmesi in lu .go di npiimou vuiiBv, ma non si accorse
dell' errore > scoiso anche nella edizione del G<evio, e nolle seguenti , sti-
mu um bourn terga attigens : the finalmente il Zanolini , non atteso dagli Ol-
tramontani, emendo stnnulo bourn terga attigei is . Ma nemmen cosi e ben resO
quell' sp/xjiou , che Moscopulo chiosa ixTeivys extmdas , Proclo ix-mivav exten*
dens, Tzetze <*i(v\$<, mtas, veibi che si congiungono col quarto caso , on-
de noilo rendiamo stimulum in bourn dorsum immittas . Brunck vorrebbe l^vtixi
contro l'autorita de' MSS. Non giudiero di compiacerlo.
469. 'EvJfuon iXxsfnov (ut?d,6u , Temonem trahentium loris . Mt^xfioi , dice
Tzetze, sono que' correggiali che uniscono il timone al giogo : e si dice
trar e il tin one, prendendo una parte per tutto 1' aratro . Questi lori sono
il furnimento de'gioghi; ond' e che Catone nella Villa fra gli altri attrezzi
vuole juga turn loris ( cioe loris ) ornata t ria (_/")•• Virgilio pure gli nomina,
Sub juga parentes cogit lorata juvencos (g) .
lvi . 0 <fe Tt/r^-ij onri&t-j , ptier autem pone servus ,ligonem tenens, negothtm avi-
bm facessat , simen alscondens . Questa e anche quella operazione , che si dice
itccare i come osserva il Popma nel suo Dizionario rustico . In questo senso
par che Columella dicesse : Sementi facta moccare oportet quod sparseris h) >
cioe la semente . E cio va provveduto , perche non la becchino impiobae
alites vomer em comitantes , corvique aratoiis vestigia ipsa rodentes , come dice
Plinio (/') .
(a) In Pluto v. 727. (b) De Natura Deorum Lib. II. (c) Lib. III. c. 18.
(d) Ap. Athenaeum pag. 683. (e) Columella Lib. XI. cap. 3. (f) De Re
Rustica cap. 10. (g) Moiet. pag. 223. edit. Christ. Heyne . (h) Lib. XL cap. 2.
(i) Lib. XV11. cap. 5.
3*
2l8
471. zu$Hixoevv» yd? dgi'^», rectus enim ordo optimus . Sentenza che hanno
amitata varj scrittorij fra' quali Senofonte : eY' J" tsfsv Sms , <5 yuvcti , w eo^»»
(rrav ou ' <n %t\ov «V£?&)Ve<; wj , A <ra'£/5(a), nihil est, o mulier , neque utile neque
pulchrum ita hominibus , uti ordo. E Columella quasi con le stesse parole ci-
tando e Senofonte e Cicerone : quis enim dubitet nihil essp pulchrius in omni
ratione vitne dispositions atque ordine (b) ? E' degno che si leggan le prove di
quest' asserzione fondate ne' teatri , negli eserciti , ne'navigli, e che appli-
ca 1' autore con molta grazia all' agricoltura .
474. E/' Tf'Xof etc. Si finem postea Juppiter bonum praebuerit . Questo e il
Giove olimpio , a cui spetta secondare le imprese di ogni generej perche
abbian buon esito . Verso troppo severamente scancellato da Ruhnkenio a
giudizio dello stesso Brunck .
47 J. 'Ex. <F dyyiwv etc. E vasis autem ejicies araneas. Solita espressione di
que' recipienti, che sono vuoti , qual era la borsa di Catullo quando scrive-
va : nam tui Catulh Plenus saccultis est aranearum(c) >
476. /Siomio ifi'uusvov , presa la metafora dalla ripienezza dello stomaco , co«
me Moscopulo si esprime, da iguyA ructus ; e prendesi qui dalla molta so-
prabbondanza del vitto . IlGrevio cita un MS. Vossiano, ov' e fiiim aigivijisvo>
che spieghisi fruentem non eructantem , aiEnche si eviti una metafora dura ,
e sgraziata. E per compiacerlo noi , e non fargli stomaco, torremo da Vir-
gilio il verbo eruoto , ch' egli ha inserito nella Eneide fino a tre volte; quan-
tunque poeta di stil piu nobile ch' Esiodo . Nel resto tal voce e ammessa
dagli Scoliasti, e sente di quell' antica naturalezza di parlare.
477. iroXiov ia.% . La primavera dicesi bianca , o perche splendida , o perche
abbondi di bianchi fiori .
47p. E/ it v.iv n'eXioio rqoicni; etc. Si vero brtima araveris terram almam , se»
dens metes etc. Cio che Omero espresse in due parole, auwrej oXiyg-og (d), Esio-
do ampliiica in questi versi , con dire, che sedera il fratello mietendoj che
poco stringera; che polveroso leghera in covoni cio che incontra (ch* e la
.spiegazione del Brazzuoli); che riportera a casa entro la sporta il frumento;
che sara poco lieto ; che pochi lo sguarderanno . Era bene ad un poco rifles-
sivo sminuzzar la materia, e mettere in vista tutti questi particolari , per
determinarlo alia fatica , e seminare per tempo. Vetus est agricolarum prover-
Lium , maturam sationemsaepe decipere solere ; seram nunquam quin mala sit (e) .
482. vai/foi Si o-i S-itn'fovixi , pauci te suspicient . Tanto qui , quanto nel ver-
so 478. e espresso il concetto della voce ragguardevole 3 ch' e quel merito di
tirare a se gli occhi degli spettatori , come a cosa nuova , ed insolita . L' a-
dulatore di Teofrasto e introdotto da quel sommo conoscitore della natura
a dir cosi : iv$t>(j.y <Jj dta^Xiitamv «j c£ 0/ avS^wrroi ; Video* , ut homines in te
convertunt oculos(f)?
(a) In Oeconomico pag. S4*. (&) Lib. XII. cap. 2. (c) Carm> XIII. S.
[<£) Iliad. XIX. vers. 22?. (e) Columella XI. 2. (/) Charact. cap. 2.
2I9 o /
483. "AX Ao re tT' dWotos etc. ^?«cs autem alia Jovis mens Aegiochi , sect morta-
libus hominibus comprehrndere earn difficile esc . Plinio confessa questa diffi-
colta , provenientc specialmente dalla variazione delle stagioni : Accidit ,
confessa rerum obscuritas , nunc praecurrente nee paucis diebus tempestatum
significatu, quod tifoxsi^cia-iv Graecivocant, nunc postveniente > quod gV/^g/'/uao-zvee
plerumque alias citius , alias tardius coelieffectu ad terrain deciduo (a) . In modo
simile discorre Columella nel bel principio dell' opera. Quanto e a Giove
Egioco , o coperto nella spalla sinistra di egide or vera , or imitata in oro da
Vuloano , son da leggere le Osservazioni del dottissimo Sig. Abate Ennio Vi-
sconti sopra un Cammeo rappresentante Giove Egioco, che fu del nobil Vene-
to ifuliani, che lo avea acquistato in Grecia.
485. E/ &i xsi/ S-vf' «fo'o-ji; etc Si autem sero araveris , hoc tibi remedium file-
rit: quando cuculus canit etc. 11 cuculo suol cantare nel principio della pri-
ma vera ; questo e che diletta gli uomini per tutto il mondo , perche annun-
zia loro , che passato e l'inverno: dura a star con noi fino al nascer della
canicola; poi e rarissimo a vedersi (Z>) . E' uccello , che dal proprio canto
«bbe il nomej che presso gli antichi fu per ischerno detto a' vendemmiatori :
Vindemiator et invictus , cui saepe viator
Crssisset , magna compellans voce cucullum (c) .
486*. Verso addotto dallo Scoliaste di Aristofane negliUccelli al v. Jo5.ove
si vantan gli uccelli che il cuculo e il Re de' Fenicj , che prescrive loro il
tempo della messe cantando xo'xxy; certamente coctii , non cocci, come han
tradotto i partigiani dell' antica pronunzia del greco; ed e inserito anche
nella bellissima edizione di Kustero.*,
489. /3odj oirXnv etc. Verso addotto dallo Scoliaste di Aristofane negli Acarnen-
«i al v. 740. e riferito ancora dallo Scoliaste di Teocrito all' Idillio IV. v. 34.
Ad esso alluseSuida , quando detto } che propriamente iirXtl conveniva alle un-
ghie de' cavalli , nondimeno , soggiugne , Esiodo lo disse de' buoi . E' dunque
da desiderate per un tardo aratore , che cada pioggia , cio che anche inse-
gna Columella (d) • ubi venit imbev multorum dierum sementis uno die surgit ..
4^3. n«'f J' t$t xa\x-ttoi> S-axov rg\ gV dXia. Xg'x&o , Praeteri autem officinam ae-
rariam et calidam tabernam tempore hiberno etc. Scrivo g'tf' dXia. , non inraXix , che
per errore si trova in uno o due codici , e in niuna delle piu accreditate edi-
zioni . Gujeto lo voile per intemperante voglia di novita , e pretese , che ve-
nisse da iiraXv^; e questo da dXig cahdus . Meglio altri grammatici deducono
dxia dal dorico aXtoq per nXios ; ed allora ha lunga la prima , e il verso e
o spondaico per sineresi di £ ed a; o piuttosto dattilico.
Ivi • Lo Scoliaste Biseto fa un ottimo comento (e) : As'o-^aj efg irdXou tXtyov
fnpOO-IXS Tivdi IBTTHi; j iv 0/f 01 %oX»l> a/Of'JSf i x.a$i"£ovJ9 . "O/WMfOJ
(a) Lib. XV11I. 25. (b) Aelian. De Natura Animalium Lib. III. cap. 3o.
(c) Hor. Lib. 1. Sat. 7. ove Acrone spiega 1' uso di chiamar cuculj i vendem-
miatori, e le ingiurie , ch'essi replicavano a kale insulto. (d) Libro II,
cap. 8. (e) In Nubes Aristoph. vers. 1482.
220
OuP e'S-a'Xe/s tu&uv ^«Xx»Tev g'j fipov s'AS-Ji*
• 'Hg' its g'j Xg'jc&y ;
Ag'&aj oZi'ct vocabant pubhcos quosdam locos , in quibus otium exercentes sede-
bant . Homerus :
Hon vis dormire in officinam aerariam profectus s
Sive m lescham ?
Opportunamente Omero congiugne anch' egli , come fa Esiodo , le lesche , e
le oflicine de' ferrai ; alle quali si vogliono aggiugnere quelle de' barbieri ,
testimone Aristofane (a) , che avendo delta non so qual bubbola raccontata
gV/ niTt KVfeioicri in tonstrinis , da motivo al suo Scoliaste di schiarirlo con
questa nota <?t*,8ctk\et etc. Exagitat Athenienses, ut qui dies consumebant in ton-
strinis ignaviter . E veramente gli Ateniesi eran di lor natura cicalieri , fino
ad avere in citta , dice Proclo , trecento sessanta lesche . Vero e che in esse
si teneano ancora , dice lo stesso Proclo, discorsi utili ; e in qualche tempo
i Filosofi stessi vi ei ragunarono a disputare , come abbiam da Jerocle .
4^J. iv$ot k aoxvoi; dv>fg fJ-iyct oixov oipiWet , tunc sane impiger vir valJe domum
juvat. Plinio computa fra gli oracoli dell' agricollura : malum patrem fa'
nulias, quisquis interdiu facerety quod noctu posset ibj . Lo stesso Plinio (c), e
Columella {d) individuano alcuni lavmi, che possono e deon falsi di m>tte ,
il che vuole intendersi specialmente del verno, che le ha lunghissime. Tali
gono il preparar pali per le vigne , il fare alveari , il tesseie sporte , e ca-
nestri , l'incider faci , l' aguzzare i ferri , 1' adattarvi i manichi , il raccon-
ciare i dogli : nam ine> tis est agricolae expectare diet brevitatem , per con-
chiudere con Columella al citato luogu .
4P7« \sirrri <$i <irax_u> vid'a. xeifi vitiate, mucilenta vero crassum pedern manu
pvemas . Dicon gl' Interpret!., esser effetto consueto della fame, stenuarc
tutto il resto del corpo , ed enfiare i piedi . Aggiugne Pioclo , che in Efeso
fu legge di non potere i padri esporre i tigliuoli se non avean per sovcrchio
di fame enhate le piante . Noto di passaggio contro Brunck , che 1' ottativo
iriiX°'s Pu" stare, quanlunque dipenda dalla stessa particella /u>» , da cui di-
pende il soggiuntivo xaiw^ua? 4ji . Agli Scoliasti ncn venne in capo di emen-
darlo , siccome non venne in capo agli Scoliasti di Omero di emendare il
verso itfo. del 1. della lliade , ove da una stessa particella diptndono due
modi diversi,
4P$. no>Xa «T a'gpjo; civ iff etc. Multa autcm ignavus vir vanam ob spem expe-
Ctans , egens victus mala vertat in animo . Grozio nelle scntenze scelte da
Stobeo, traduce : perpetito mala multa suo sub corde volutat . L' ozio non solo
e detestato , come origine di molta malizia nelle sacre carte , ma presso i
profani sciittori ancora: fra' quali Columella si csprime cosi (e) illud va-
rum ist M. Catonis oraculum , Nihd agendo homines male ageie ducunt . Che
ge all' ozio si aggiugne la poverta , gran virtu e richiesta a non prevari-
(a) In Pluto 3 3;. (£) Lib XV111. cap. 6. (c) XV111. l6. (d) XI. z.
(e) Lib. XL cap. i.
22 1
care. Tlevia, JafdrxH J' aviqu t>T ^«a v-urAv (a) , pauper -t as docet hominem ob
necessitatem malum : ch' e quel che conferma 1' Ecclesiastico : propter ino~
piam multi deliqnerunt (6) .
5oo. 'EXir/j J1' ex dyct^ti etc. «?pes autem non bona indigentem virum fovet su-
dentem in taberna , cui victus non sufficiens sit. Fu detto di Sjcrate riferito
da Stobeo : ai trovnqai iXirtits us-irif oi x.axoi Sdtryoi iiri to ajuajw^seia ayur-iv tSpes
malae sicut mali viae ductores ad extrema dttuunt (e) .
5o3- iroiuS-i x.a'Xidf, extruite casas . Oppoi'tuno precetto a' sevvi da favsi in
tempo di estate . La loro abitazione dovea essere vicino alle pecore ,o a' buoi,
ch'essi custodivano (r/) ; ed era buon consiglio il prepararsela di state, per
aveila pronta nel verno.
S04. lAiivrx. Si Xnvou(ova etc. Mensem vero lenaeonem vitate . Plutarco presso
Proclo nega che presso i Beoti vi fosse il mese Leneone a suo tempo ; ma dice)
che a' tempi d' Esiodo fosse il primo mese dell' anno corrispondente al nostro
Gennajo , e al Gamelione degli Attici , e al Bucazio , che in progresso di
tempo sostituirono i Beoti o i Tebani che vogliam dire . Altri poi col Febbrajo
pid ragionevolmente lo paragonano , o sia coll' Antesterione degli Attici, e
conl' Ermeo che adottarono i Beoti , o i Tebani . E la ragion e perche questo
mese sembra che cominciasse nove giorni prima delle Calende di Febbrajo,
cioe a' 24. di Gennajo. Or un mese che conta soli otto giorni di Gennajo, e
ventidue di Febbrajo , posto che non vi sia intercalare , non e dovere di
farlo corrispondere piuttosto al primo che al secondo. Ho dette piu cose,
che han bisogno di prove , specialmente in vista dell' avversario che ho
nella persona di Moscopulo , dell'autor delle Chiose , del grand' Etimologi-
co , per tacerc di varj , e diversi moderni . Essi pretendono , che risponda il
Leneone al Gennaio; e v' e fra loro chi asserisce , che a' tempi di Esiodo fos-
se solamente questo il nome di un mese dell' anno in Beozia; cioe del Gen-
najo. Ma in processo di tempo non fu solo in Beozia, fuinAtene, ove simil-
mente fu mutato , testimonio Tzetze ; fu presso i Magneti, i quali lo segnano
in un loro decreto ne' marmi di Oxford (e) ; fu presso gli Efesj , che in quel
mese fccero lo psefisma in grazia de'Giudei , riferito da Giuseppe Ebreo (f) ;
fu in Jonia , e a tempo pcrfin di Proclo non d'altra maniera chiamavan que-
sto mese ; e fu quasi in tutta 1' Asia , come si legge nel celebre Ci>dice Lau-
renziano , ove sono i nomi de' mesi secondo lo stile di piu nazioni , Cudice
illustrato la prima volta dal P. Audiich , dotto Scolopio(«). Or in questo Codi-
ce i mesi dell'Asia son segnati con quest' ordine : Posidaon IX. Kal. Januarias
Lenaeus ( corrige Lenaeon ) IX. Kal. Februarias . E' dunque il Leneone un
mese, che ha del Febbrajo la maggior parte; e per conseguenza che debbe
aver la denominazione da questo mese , come veramente da questo mese
gliela danno Seldeno , e gl' illustratori de' marmi Arundelliani , e come in
(a) Stob. cap $6. (b) Cap. XXVII. 1. (c) Stob.cap. de spe extremo . (d) Co-
lum.lib. I.e. 6. (e) V. Piidcaux. Marm. Oxon. p. 35. (f) Antiquit. 1. XIV.
c 10. (g) Instit. Antiquai iue pag. 33.
37
222
dubbio glie la da Proclo; il quale lo paragona o al Gamelione , o all'Ermeo;
cioe al primo , o piuttosto al secondo mese dell' anno . Tocca anco questa que-
stione il P. Corsini antiquario di primo rango (a).
507. "O; it Aid ©fw'xw; iirTTor^oipu etc. qui (boreas) per Thraciam equorum al-
tnccm . Che la Tracia sia ferace in cavalli generosi , e valenti , si puo rac-
corre anco da Virgilio (Z>) , che ne'giuochi equestri di Sicilia fa cavalcare il
solo Priamo in cavallo trace:
quern Thracius albls.
Portat equus bicolor maculis ■
Ma sopra quanto possa dirsene a tai destrieri onorevole e 1' oracol d' Apol-
line presso lo Scoliaste di Teocrito all' Idillio XV. il qual disse : Todns (*tv
ttccths to irt\aa-)t*6v vAf>o; afjteivev , "Imirot Q^'ixtoa , Ten >ae totius pelasgicum Argos
est optimum , equar. Thraciae etc.
Ivi . Notisi, che di qui oltre comincia la gran descrizione del verno , che
fa Esiodo , a cui non so se altra uguale ne porga l'antichita. 11 Toaldo, la
cui memoria io venero come di buon letterato e mio amico , cosi ne scrisse
nella Meteorologia apphcaia all' agricoltura , dissertazione premiata nell' Ac-
cademia di Montpellier 1' anno 1775- Che a fare abbia il verno colla fame e
col freddo di chi e.mal parato ognun vede. Dunque Omerico si chiami Esiodo
per quel suo grande inverno di versi 70. ec. (c) .
508. uif*vx.t it -)oua. >($ u\n , et eonstringitur terra et sylva . Me'juyxe puo esser
perfetto da pu%dw ; e allora vuol dir risonare, e pui esser perfetto da uv'u ,
e allora vuol dire costiparsi dal freddo : ho seguita la seconda interpretatio-
ns , perche il senlimento sia piu vario , parlandosi pochi versi appresso del
suono , o muggito , che Borea eccita per le selve .
5t2-Con picciola varieta rileggesi questo sentivncnto pochi versi appresso.
Vedi al v. 320. la difesa che si puo fare.
5i 3. d\Xd vu ^ tuv . Avverto dopo Moscopulo , e alcune note inedite, che
<mv in questo luogo sta invece di txtusv , onde propriamente il sentimento sia,
sed et harum (cutem) frigidus cum sit , perflat r'illosas licet pelles habentium .
S\6. Train A' st< , ovium vero greges non item. Proclo contro questa proposi-
zione cita Aristotele j^he aiferma , non sol le capre, malepecore ancora cu-
rare il freddo .
519. Verso citato da Plutarco nel trattato de animi tranquillitate pag. 46 5-
in prupoiito de'ginecei, ove freddo non penetra ; ma si atfanni e mali di spi-
rito . Volentieri cito Plutarco, che in moltissimi luoghi degli opuscoli ci ri-
stora della perdila de' suoi Comentarj in Esiodo, opera bellissima .
522- Eoib Xee^aetutw etc. Buneque lota tenerum corpus et pingui oleo uncta
cubat. Eccettua dal sentire i rigori-del verno le verginelle , che lavate , e
unte vanno a letto . Simonide della donna molle e inhngarda :
(a) Fasti Attici , torn. II.pag.4u. (&) Aeneid. V. ver. 565. (c) Pag. 127.
223
houiui ii Trains w,Ms'?Hf airo fuircuv
A/;, aXXoTE rp/'f, ycy uv fo/f dXettpBTat .
Lavat diebus singulis ab sor dibits
Bis terve corpus , et ungttentis ungitur (a) .
524. or avo^eos ov nr'oia. re'v^si , quando exossis (polypus) sttum pedem rodit .
Che dvo<;to<; sia fra' Lacedemoni il nome proprio del polipo lo afferman Proclo ,
eMoscopulo. Che pui egli di verno si mangi alcuno degli otto piedi che ha,
e cosa da Eliano raccontata (b) , da Plutarco (c) , e dal grand' Etimologico .
Ma e negata come favola da Aristotele (d) , il qual dice , che alcuni di essi
han veramente corrosi i piedi da' congri , altro genere di pesci , ma non da
loro stessi. II medesimo ripetono e Plinio [e) , ed Ateneo (f) .
515. ' Ev r dirii '?(? Sixi/i , Frigida in domo . La caverna del polipo, 0 polpo , si
dice fredda pel luogo ; nel resto e coperta di gusci di conchiglie , e di altri
frutti marini ; indizio a cui riconoscono i pescatori dov'egli abiti . Percioc-
che stolido nel vimanente , nella conservazione di so e sagace ; e porta a casa
e conserva quanto gli puo servire per vitto ; e mangiata la conchiglia , e il
pesce predato , ne getta via il guscio o la spina (g) •
516. Ou yu% ol iiiXtaq etc. Hon enim Mi sol ostendit pabulum . I polipi escono
dal lor nascondiglio , e vanno a mangiar erbe, e salgono perhno negli alberi
a cibarsi di frutti in tempo di state; ove trovati son presi dagli agricoltori ,
e recati a' loro padroni , come dice Eliano (h) ; se gia merita fede in tal rac-
conto , chi non la merita in molti altri. Di questi frutti parla forse Esiodo ,
che il Sole non gli scuopre d'inverno.
527. 'AAV iiri x-ucwiui1 d-j&ywv etc. Sed super nigrorum hominum popitlumque ,
et urbem vertitur ; tardius autem Graecis lucet . Per popoli neri intende gli
Etiopi , e gli altri popoli meridionali ; per Panelleni intende i Greci , spe-
cialmente settentrionali. Questi a differenza de' veri Elleni ( cioe i popoli
della Ftiotidej cosi detti da Ellene figlio di Deucalione e lor Re ) avean no-
me di Panelleni a' tempi di Omero, e di Esiodo. Ma dopo non si fece tal dif-
ferenza , ed Elleni furon chiamati tutti i Greci.
533- TBTt i'i T?firo<?i /Sforw la-oi , tunc tripodi viro similes, paragona le here , che
fuggono dalla neve a un vecchio , che porti bastone ; questo e esser tripode .
E' tioppo noto per doversi ripetere 1' indovinello della Stinge> qual fosse
quell' animale , che in sul mattino cammina con quattro piedi , nel meriggio
con due j a sera con tre ; ch' e l'unmo.
535- Kat isis etc. Et tunc etc. Ordinaa Perse di qual maniera vada intessuta
la vcste , quasi egli o abbia a farla per se stesso , o debba assistere alia sua
formazione . Cio e tutto secondo il divisamento dell' Hume, che nel T. I.
de' suoi Suggi Politici tradotti dal Dandolo , alia pag. 145. cosl si esprime :
(a) In fragm. H'-n. Stephani. (b) Lib. XI V. de animalibus cap. 2.6. (c) De
s«deitia animalium p. $65. (d) Histor. animalium lib. VIII . c. 2. (e) Plin.
H.N.lib.lX cap.2p. (/) Lib. VII. pag. 3 16. (g) Aiistotcles H. A. lib. IX.
c.37. (h) Lib. IX. cap. 45.
224
Ne'primit e piii incohi secoli . . . gli uomitu eran comenti chile produzioni del
loro terreno , o di quelle rozze preparazioiai , ch' essi pntevan farvi da per lo-
ro . . . la lana dtl gregge veniva filata nella rcspettiva fumigUa , e lavorata da
un tessitor vici'iO , il quale riceveva in pagamento o biada , o lana ec.
Slj. ~X\ouvdv -n (j.u'Kav.nv , Laenam mollt-m etc. Veste propria anche de' Roma-
ni ; chiamata da essi laena , da cui e il cognome de' Lenati ; siccome il chi-
tone da' Latini e chiamato tunica . Moscopulo in due parole spiega 1' uso di
queste due vesti : x^<**ya ™ eX7i»S >m tzxu™<!°v ' xnuv ii ivSoii^ca. La prima, detta
anche x*«/""'s , dunque era veste al di fuori , e piii densa ; la seconda era
veste al di dentro .
Ivi. ksm fe^UcvTu x'r"v,x y et tajarem tunic am . Veste, come si e detto , che
si portava al di dentro . Non usando di aver camicia , la portavan sopra la
carne; siccome faceva Ulisse; di .cui egli non per anco scopertosi > dice a
Penelope •' Tov Si ^/t&T/ ivimrcx, nti^i %>?i <rt?a\ct7i& : tunicam veto ob>ervavi cir-
ca cutein, stupendam (a). Quella che consiglia al fratello, Esiodo chiama
tunica talare per difcsa del verno ; perche v' era la tunica corta per altri
tempi e mestieii •
538. ~Zr»y.ovi S' iv nruJ^Cf) iroWvv x.qox.a. fXH^o'a-xS-aa , Stamine vero in paui o rnul-
tam tramam intexe . 11 grande Etimologico e Suida lb) ravvisano un poetico
metaplasmo in quel xpoxa invece di xjoxwi', come in Omero iwxa per iaxiiv.
Trama e stame sono ancor nominati in un verso della Batracomiomachia , in
cui Pallade rammentando il suo peplo roso da' topi , dice che avealo tessuto
'Ex f'o'Ja'ywf XeTTj#5 , jgjj $it[xova XtntTOJ ivtira .
Ex trama aubtili : et stamen nibtile nevi (c)
S^o. MnS ofSou ( Tf/^ej) q>?'o-<7u?iv y Neque erecti (piii) horreant . Pei'sio de-
scrivendo gli effetti di un timor grande > tocca questo del rizzarsi i peli so-
pra la carne : Alges quum extussit membris timor albus aristas (d) . Ho tradot-
to : ergans' indosho come secca resta , aggiugnendo di mio una similitudine ; ma
mi e paiuto ch' ella sia adattatissima a spiegare quel (pqieeuatv .
541. 'A^pi Si nra<7<jl iriStXa etc. Circum vero pedes calceos bovis vi occisi
Apios ligato , pedulibus intus condensans . Eustazio nel II. Tomo pag. 370. cosi
spiega questo passo . Anche Telemaco levatosi : ironri S' uirou Xnratfoi ntv iSn-
own xciXd TTgSiXa f pedibusque &ub unctis ligavit pulchra caJceamenta . Vuolsi
che il bue , che ha da somministrare la pelle per le scarpe non sia morto
di malattia , ma sia ucciso con forza ; affinche la malattia non abbia con in-
debolire la macchina , indebolito anche il cu<jo del bue. 1 peduli co'quali
per cntro le scarpe , esse van condensate, il Salvini , e il P. Pagnini tradu-
cuno Jiltro, che a me pare cosa propriissima , e la ritengo.
Ivi. 11 Clerc ripete qui i suoi soliti sarcasmi contro Esiodo, deridendolo ,
che dia piecetti, quali ogni vecchieiella saria capace di dare. Anzi gli da
sensulissimi : che se in qualche luogo ve ne framischia de' comunali , cio fa
per trattar la materia con piu pieuezza . Omero ha il medesimo gusto; e le
(«) Odyss.XIX. v. 232. (£)V.*f9*». (o) Vers. 182. (d, Satyra 111. v. llJ".
225
circostanze presso 1'uno e 1' altro Poeta minutamente descritte , han loro
conciliato il nome di dipintori.
542. 11 Brunck vorrebbe irvxd?<ras , perche la seconda di wxaVa; e breve.
In Omero si; ma in Esiodo conviene che sia comune , postoche l'autor del
grand' Etimologico , e il Chiosator di Esiodo 1' abbiano in questo luogo per
Junga .
543. HfuTsyoviov tf s'fitpav etc. Primage nitorum vero hoedorum . . . pelles consuito
nervo bovis • Si ha in pregio la primogenitura in tutti gli animali ; e presso
Omero , Merione fa voto ad Apollo di una ecatombe di cento agnelli primo-
geniti d^vdiv Tjuwjo'nuv. Perche di primogeniti ? Perche sian piu forti , dice
Tzutze , come nati di genitori piu giovani .
544. Invcce di &>(«&>, tutte 1' edizioni citate al num. 12. e tutt'i codici han-
no Wry , che suona lo stesso , e non so per qual capriccio e stato rimosso da
Grevio . Egli dice che Moscopulo cosi lesse ; ma quel grammatico espose vuia
per uffa come altre voci del contesto per altre equivalenti . Dice pure, che
trattandosi di vestir pelli , mal si direbbe , che si adattano vurw al tergo ;
ma a(jtca agli cmeri ; riflessione che non ha fatla il gran grammatico Proclo ,
menando buono ad Esiodo il suo vara ; riflessione che non ha fatta Apollonio
Rodio quando ha detto , che le tre Dee eran cinte di caprine pelli, afxift re
vutu jQtj *%"'*(> circa tergu et lumbos (a). Quanto Grevio e minor di se emen-
dando Esiodo !
545. *£<p3(AH<p< £* Cirtp&ev Tl7\ov zxiiv aVxn-rai/, IV ttatu fj.v y-ecnxfiuy } supra caput
vero Pileumhabeto elaboration ne (tares humefacias . Fu costume de' Greci an-
tiohi , e de' Romani andar ordinariamente col capo scoperto , fuorche ne' viag-
gi , per cui Ulisse , come gran viaggiatore , fu rappresentato la prima volta
col berretto , o da Apollodoro , come vuole Eustazio (b) , o da Nicomaco figlio
c discepolo di Aristodemo , come vuol Plinio (c) . Ma v'eran de' casi ne' quali
si faceva uso di berretto, qual era 1' eccessivo freddo di Ascra.
J47. "Yu^i >«p r' »oig iriXtiui /So^e'ao ttso- 0^755 , frigida auiem aurora est , Boxca
cadente . Alcuni si sono maravigliati, che ove Omero nomina i quattro venti
conosciuti per principali dagli antichi , cio sono Euro, Noto , Zemro , e Bo-
rea (d) , Esiodo in due Juoghi della Teogonia non nomini se non Noto , Zem-
ro , e Borea (e) . 11 Clerc non ad ignoranza di Esiodo ascrive questo disordi-
ne , ma a tiasuuraggine : il che non puo ammettersi, giacche non e in un
sol luogo, che cosi faccia , ma in due. Adunque dicasi chiaramente, che
ignoro il quarto vcnto , e questa prova si aggiunga alle altre, che dichiara-
no Esiodo anteriore ad Omero . O dicasi , che siccome distinse i venti uti'li
dagl'inutili , e dannosi , e quegli fece figli dell' Aurora e di Astreo , e questi
disse nati di Tifeo ; cosi pote riputare il ve,nto Euro fra' secondi in Ascra ;
alia cui posizione era forse inimico .
(a) Arg. IV. I34P- {b) Ad Iliad. K. (t) Lib. XXXV. cap. 10. (d) Odys.
E. v. 2pS. (e) Theog. vers. 3?p. et 870.
O0
lz6
548. 'HJ>»j <T iirl ycuxn etc. Matutinus vera super terram e coelo stellifero aer
foecundus extenditur beatorum ( cioe divitum) super opera. 'A>f'p in questo luo-
go e nebbia ; e chi come il Ruhnkenio non vuol crederlo , e percio nega che
il verso sia d' Esiodo, spieghi il v. 255. ove i Genj si dicono 'Hs'fa i-<ruuivoi .
Dante espresse lo stesso concetto ; ma da poeta filosofo (a) :
Ben sai come nell' aer si raccoglie
Quell' umido vapor che in terra riede
Toeto che sale dove '1 freddo il coglie .
5qp< Ottimamente fece Robinson a richiamar 1' antica lezione nrv^oipo^o^ ri-
ttt-rui , e a sbandir la sostituita nru^o^of ivriturou , che non ha per se un codi-
ce , che la difenda .
55o. "b$ Ti d^vT-d[Aivo^ iroirtfjuv dirl sdevao j<o>v , Qui haustus e fluminibui pe-
renmbus etc. Ha moltissima affinita questo luogo con quel di Omero nel-
la Ulissea : M>$4) <T fa nro^ftS 4^'^,'' *»/« nu&t t^co , Aura enim ex flnvio fri-
gida spirat matuiino tempore (sfil . Ragione per cui Plinio scrisse : Homerus
(e poteva aggiugnere et Hesiodus) ommno e flumine semper antelucanas auras
insilnbres verissime tradidit {c) . I venti cjie spiran da'fiumi propriamente son
detti ivu$£j.ot , secondo Achille Tazio nella isagoge di Arato , gvc cita Aiistc-
tele e Callimaco.
554. ToV <p9df*zvoi; etc- Hunc antevertens opere perfecto dnmum redi . Ecco un
altro argomento , con cui piovare , che Perse stava in citta , e non in cam*
pagna : la premura che mostra Esiodo perche presto in casa ritirisi , per non
immollar se , e le vestimenta . Saria inutile tal precetto, se non si Irattasse
dv altro ; se non di far pochi passi per entrare dal campo in casa .
558. XaXsirej -5yo,5«73/j , gravis non gregibus , come hanno spiegnto, dando
motivo a Robinson di dire , che agli autori di prima sfera e lecito talora di
contraddirsi . E si contraddirebbe Esiodo* se avendo detto , che il freddo
non passa per la lana delle pecorelle , ora lo faues.se penetrare ne' greggi ,
per cui s' intendono specialmente le pecore . Ma -apo/Saix sigaifica general-
menle mtqam-oia quadrupcdes , come notano lo Scoliasle di Omero ( 11. XIV.
v. 124-) allegando questo luogo di Esiodo , ed Eustaziu addotto con altri dal
Costantini.
$5a. TH/Jiog S-M/Jiiri/ jS»<r/V etc. Tunc medium bokus, homini vero amplius adsit
Alimoniae • longae enim noctes succurrunt Mis. 11 precetto e giusto , e da' La-
tini osservato . Catone d) : Famihae uibaria qui opus fucient pet hytmem ,tritici
modios IV. per acstatem modios IV. S. etc. E Columella (e) tjantearii meuse...
foeni pondo XXX. .... me rise Febiuario pier unique ealem cibaria sujjioiunt .
Martia et Aprili debet ad foeni pondus udjici , quia terra proscinditar : sat
autem erit pondo quadra^ena singulis dari.
56i. Tuutu tpuXao-Topcios etc. Questi tre versi furonoscanccllati da Plutar-
00 . Pruclo ne da la spicgazione, quale noi la diamo ; e aggiunge , che scan-
(a) Purgat. V. verso lop. (Z>) Odys»\ V. vers. 460. (cj Lib. XVIII.
H. N. cap. 6. (d) Cap. S7. (e) Lib. VI. cap. 3.
227
eellati ancora tai versij sarebbono ben legate le eose che sieguono. Ragione
debole per torli di mezzo; ne so come il Sig. Brunck gli ometta , ne come il
Grevio ne restasse capacitato iino a scrivere : rectius sane abessent . A me
pare 3 che alquanto resti tronco il precetto , se non si dice , come si abbia a
regolare il vitto nel rimanente dell' anno; e quando deggia iinire qiiella par-
simonia . I citati scrittori di agricoltura , e gli altri , che potrebbon citarsi,
assegnan tal tempo : perchc Esiodo non dovea farlo in qualche modo ?
561. \vi<&ou wv-Ttxc, >n rg] »unize, Aeqnato noctesque et dies; non gia dies, et
rtoctes . E' osservazione del Grozio (a), che Talete il piu antico de' Filosofi
insegno , che le tenebre piu. antiche erano della luce; opinione conformis-
sima alia Scrittura: che lo stesso mostrano di aver creduto i seguaci di Or-
feo ed Esiodo: e che i popoli piu tenaci delFantichita numeravano item-
pi incominciando dalle notti e non da' giorni.
56"4- Ha t' av d" {%nx.ovat etc. Qnum autem sexaginta post solstitium hibernum
exegerit Juppiter dies etc. 11 solstizio brumale , o sia la bruma a' tempi di E-
siodo , secondo il Petavio , cadeva a' 3o. di Dicembre : a tempo d' Ipparco egli
1' assegno a' i 5- di Dicembre (6) , i Caldei a' 24. del medesimo mese (c) , Plinio
intorno a' 25. (d) .
566. 'Apxrapo; <&po'knruv liqov p -,ov 'SLksovoTo etc. Arcturus relinquens sacrum
fluctum Oceani Primum totus apparent exoritur vesper tinas . Arturo , o sia Ar-
torilace , o sia Boote ha ora il suo nascimento vespertino a' 5. di Marzo (e),
cinque giorni dopo i] piano d' Esiodo 5 che non si dubita, che segnasse il ve-
to tempo, essendo stato, anche per confessione del Petavio, critico esatto
e peritissimo in Astronomia secondo i suui tempi. Dice che questo astro
60. giorni dopo il solsti/io iemale comincia ad apparir tutto la sera : con-
viene peio ricordaisi , ch' Esiodo parla della nascita apparente , che sempre
e anteriore alia nascita vera ve*pertina dell' astro ; di quanto non puo deter-
minarsi , ma n anteriore di alquanti giorni.
Ivi . 'UfCv foot , sacrum fluctum . Sacro si chiama il flutto dell' Oceano sic-
come egli b Nume , e partecipe della Doita del Cielo e della Terra, de' quali
e finto primogenito nella Teogonia (f ) . Presso Valerio Flacco e con onori
divini salutato e pregato :
Ipse ter aequoreo libans carchesia Patri
Sic ait Aesonides : o qui spumantia nuttt
Kegna qnaiis, terrasque solo complecteris onirics (g) .
568. Tivft tar ofS'foyCn Ylav^iovi^ oj?tb ys'XuS'cov, Post httnc mane htctens Pan-
dioni* vmit hirundo Verso considerato dallo Scoliaste di Licofrone alv. 442.
Sofocle nella ti-agedia che intitolo il Tereo , come dice Tzetze , disse che
Tereo di Tracia prendesse in moglie Progne riglia di Pandione Re di Atene :
dopo alcun tempo torno in Atene a prendere Filomela , e condurla alia so-
fa) De Verit. Relig.Ch list. (£) Columella XI. (c)Colum.ib. (d) Lib.
XV11I pag i3o. (e) Petav. 1. II. variar. Dissert, cap. 8. (/) Vers. i3J.
(2 ) I' Argon, pag. 20.
228
rella , ch' era in Tracia ; ma giunto in Aulide di Beozia la violo , e le fcronco
la lingua, perche nulla a Progne rivelas&e . Ella venuta in Tracia, per via
di un tessuto , in cui scrisse 1' accadutole , di tutto ragguaglid Progne ; la
quale insieme con la sorella , ucciso Iti , che Progne avea partorito, aTereo ,
glielo porsero a mangiare , ed egli nol sapendo ne fece pasto . Risaputo poi
il fatto , mentre vuol vendicarlo , e mette mano alia spada , le donne, per
pieta degli Dei, furono mutate in uccelli , Filomela in rondine, Progne in
usignuolo ( sebbene molti mitologi raceontino queste mutazioni viceversa )
e Tereo in npupa, che le perseguiti . Ho raccontato il fatto secondo Sofocle e
Tzetze , e Achille Tazio , che nel V. Libro degli amori di Clitufonte spiega
copiosamente una pittura di questa favola ; e ]a spiega in guisa da potere
istruire non meno il iilologo che il pittore (a) .
Ivi . ogSgoyon. Imitazione di questo passo comparisce in Anacreonte laddo-
ve rimprovera la rondine che svegli Batillo viro^6^iai<xt <pu>vou<; (b) .
S6p. 'E$ <p«aj a'.-5-fwVo/j, ia^oi; viov i^-xuivoio , in lucem ( Venit) hominibus , vere
nuper coepto . Notabile e la formola di cui si vale il Poeta per esprimere 1' ar-
venimento delle rondini . Vengono , die' egli , in luce agli uomini , senza im-
pegnarsi a decidere , se passino a' climi piu caldi , secondo 1' opinione di Ari-
stotele e degli antichi ; o se passato 1'inverno sott'acqua, o nelle buche
della terra , si lascin rivedcre a primavera , come sentono celebri naturalisti
moderni. Su la qual questione e da leggere cio che scrisse il Dottor Saverio
Manetti nella sua Ornitologia , difendendo la prima delle due sentenze , fon-
dato su le osservazioni di alcuni viaggiatori filosoh , e su la struttura inter-
na ed esterna di questo uccello . E' anche da avvertire , che il loro ftpparire
non e segno infallibile della primavera cominciata di poco ; attestando Pli-
nio , che in quell' anno stesso , in cui scriveva , advenas ( hirimdines) ante diem
VI. Kal. Februarias spem veris attulhse ; mox saevissima hyeme conflictatas \c) %
570. Tnv (pS-a/xevas oivctg irsa/.Tu^tvi^iiv ■ tog ydq d/ueivov , Hanc praevertens vites
incidito : sic enim melius. Altrr non assegnan tempo. Catone prescrive solo
la sollecitudine nel potare(<i) : Vineas , arbor esque mature face incipias putare .
Ma il Calendario rustico della Biblioteca Farnesiana nel mese di Marzo es-
pressamente segna vineae . . . pntantur . Ove Fulvio Orsini , che lo comenLu,
adduce un passo di Columella, che ne determina sempre piu il tempo: A
Kalendis Mnrtii eximia est vitium putatio usque in X. Kalendarum Aprilium ,
si tami'tt se gemmae nondum movtant 1 e) ; e uno di Palladio , che dice: Mar-
tio mense Incis f • igidis putatio vinearum cilebratur . In quel locis frigidis si
vede cio che manehi ad Esiodo; la distinzione de' luoghi ottimamente av-
vertita da' moderni ; fra' quali e il Soderini(f), e il Davanzati nella Col-
tivazione toscana a pag. 2.5. Sebbene chi vuol vedere quanto il nostro Se-
colo sia raffinato in genere di coltivazione , legga il Sig. Cav. Re (g) , il
(a) In Chiliad, pag. 38i. torn. IV. Poet. Graec. (£) Ode XII. pag. 26".
(p) Lib. XV11I. cap. 2.S.. (d) Cap. 32. (n) Lib. XI. pag. 7S1. (/) Coltivaz.
delle viii pag. 37. (g) Elem. di Agricolt. Vol Ill.png. So. e segg. della 3. ediz.
229
quale nota pure la differenza fra terreno e terreno , ma fra vite e vite ,
fra stagione e stagione , fra anno di eta ed anno . Tali osservazioni ha
egli fatte per se stesso , e le ha in oltre cavate da'migliori libri di agri-
coltura, come dal Bertholon, dal Mitterpacher , dal Gallo , e specialmen-
te dal Sig. Verri , nel Saggio di agricoltura pratica , che giudica un de' mi-
gliori libri editi in fatto di coltivazione , sennonche pargli troppo nimico
della teorica .
Jvi . Consideriamo quelle parole sic cnitn iupVus . Si pote dubitare un tempo
se lc viti si dovesser potare, o lasciarle crescere a lor voglia . Dopo il fatto
di quel giumento , il quale avendo mangiati i sarmenti di una vite , ella avea
pi-'dutto maggior frutto, e se n'era cavato miglior vino, i Gveci comincia-
rono'a potar le viti, e a non lasciar disperdere 1' umore in tralci sterili :
e quel giumento fu rappresentato in sasso , come racconta Pausania (a) ,
quantunque par che dubiti della verita del suo racconto .
571. AXX' sir JT av etc. Sed quum domipoi ta (Cochlea ) e terra plantas astenderit
Plfjidfs fugiens . La chiocciola (pejso/Ko? , che teme le Plejadi , e percio sale , e
vola negli alberi , secondo Dionisio Trace riferito da Proclo, e seguito da
Gio. Tzetze , e un animaluzzo simile ad ape , che appiattato d'inverno , esce di
state , traendo seco un picciolo guscio al di dietro , che lo costituisce nel
genere delle chiocciole . Dicesi essere in Arcadia; e vuole intendersi spe-
cialmente in Arcadia : perche Esiodo scrive in Beozia, e suppone che vi si
vegga . Poeticamente parlando fugge le Plejadi > e vuol dire , che fugge il
caldo della state, la quale comincia dalla comparsa di tutte le Plejadi a
scntimento ancora di Ovidio (&) :
Plejades adspicies omnes ■, totumque sororum
■ AgniPii ubi ante idus nox erit una super.
Turn mi hi non dubiis auctoribus incipit aestas ,
Et tepidi finem tempura veris habent .
£72. Ts'iE <?»' etc. tunc non amplius fodiendae sunt vites . Passa per giudizio
del Gujeto , ma poco felicementej a suggerire un' altra operazione di agri-
coltura; ch' e zappar le viti dopo che sono potate ; aggiungo , o vangate .
Catone : Vincam putatam circumfodito (c) . Plinio citandolo : Vineam statuito,
alliguto , crtbro fodito{d) . Varrone : inter vergiliarum exortum et sohtitium
haec fieri debent: vineas novellas fodere , aut arare (e) . E Columella spiegan-
dolo : quum delude germinavtrint , fossor instquitur , ac bidentibus eas partes
subigit quas lubirtius non potuit pertingere . Mox . . . insequitur pampinatar {f) .■
Fra' muderni ecco ciij che ne scrive il ch. Sig. Dottore Ottaviano Targioni,
distinguendo , com' e suo costume, terreno da terreno: .si zappano le viti di
poggiu , e si vangano quelle di piano dopo che son potate... Vien lodato, ed e
utile di zappar di nuovo le viti ntlV uutunno , e da altri anche dopo la fiori-
tura , vale a diie tre volte V anno, e anche piu se fosse possibile , cioe a dire
(a) Pag. 157. (b) Fast. V. v. S99. (c) De R. R. cap. 33- (d) H. N. lib.
XVII. cap. 22. (ej De R. R. lib. 1. cap. 3i. (/) Lib. V. cap. 5.
39
o30
cgni mese , secondo il sentimento del S g. Lastri. E' conformissimo a Columel-
la, il qual dice : pZnis fodiendi vineam nullus est : nam quanta saepius foderis ,
tanto uberiorem fructum reperies (a). Sul qual punto veggast anche cio che
scrive il teste citato Sig. Cav. Re (b) .
Ivi. Chiara prova dell' essere stata poco innanzi 1' agricoltura a' tempi di
Esiodo e , che ne qui ne altrove fa menzione di cio che i Latini dicono
pampinatio . E' una operazione che si fa in Maggio , e consiste nel tor via i
germogli inutili prodotti dalle radici della vite (stolones) acciocche non con-
sumin l'umore dovuto agli utili . Presso i Romani fu cosi in credito, che
Varrone (c) eb1oe a dime: vites pampinari , sed a sciente ; nam id quam putare
majus .
573. 'AXV cpTra; 7t xa$a?<ripev<xx , j@tj d^wa; £yet%siv , sed falcesque acuito , et
servo-, txcitato . Ripiglia il precetto dato a' v. 383. ove espressamente si dice
che al comparir delle Plejadi , si appresti la mietitura . Columella vuole , che
il villico preceda , ed esorti : Hoc igitur custodire opoitet villicum ;' ne statim
a prima luce familia curictanter et languide procedat etc. Qui le parti del vil-
lico si commettono a Perse stesso : tanto e vero , che il libro tende a fare
un buono agricoltore, anzi capo di agricoltura.
574. Qivyav Si a-*.tt\&$ ■Sw'xac ?ge} iir »u xoTtbv , Fugita-vero umbrosas sedes , et
matutinum somnum tempore messis . Combina questo precetto con cio che gra-
ziosamente al suo solito dice il citato Columella : nam ut in itinere conficiew
do sacpe dimidio maturius pervenit is qui naviter , ct sine ullis concessationi-
bus commeabit , quam is qiu quum una sit profcctus umbras arborum, fonticulo-
rumque amienitatc-m , vel aurae 1 efrigei ationem captavit ; sic in agresti negotio
dici isix potest quid navus operai ius ignavo et cessatore praestet (d) .
578. 'Hw? ja'p t' iqyoio T^'nLu dirouit^mi ouvow , Aurora etenim operis tertiam
sortitur partem. Cio intendondo 1' agricoltore di Euiipide nella Elettra , esce
al lavoro sul far del giorno , e dice : iyti £' ap vu-^a Bsj a? etf«p«f «V/SaX«V
<riret><o yu'ut; etc. il qua] sentimento rec6 in volgar lingua il Carmeli cosi:
lo poi
In sul fare del giorno i buoi guidando
Nella campagna, la soloata terra
Seminero : perche nessun che pigro
Giacciaj avendo per bocca i Numi , senza
Fatica il vitto ne potra raccorre (e) .
582. TH,«of &i <rxo\upos r «f^« , Quando vero scolymus floret . Ha qui ragione
Salmasio di reclamare contro gli erbarj , che quasi tutti o-xo'Xt/^ov han tra-
dotto carduum , non eccettuando lo slesso Teudoro Gaza , che ci ha latiniz-
zato Teofrasto. Kivd?x e il cardo , e a-xoXvpo*; e una delle moltc specie di esso :
(a) Lib. de arboribus cap. \z. (b) Pag. Si. (c) Lib. 1. cap. 3i. Columel-
la: magis pampinatio quam puiatio vitibus consulit . E Plinio ci da notizia,
che pampinatio inventa prima Stoloni nomen dedit; tanto plauso riscosse uni-
versalnaentg. (d) Ibidem. (e; divjieli torn. XX. pag. 40".
23 1
Scolym/ts carduorum generis , dice Plinio (a) , ab iis distat , quod radix ejus vc-
scendo est decocta. E ancora meglio al nostro proposito disse: Scolymus flo-
ret sero , et dm (b) . Ora con quel seio viene a confermare cio ch'Esiodo avea
detto , che contemporaneamente le cicale fanno armonia , e lo scolimo met-
te fiori; il che avviene di state avanzata .
583. r$rj ri^i'ia ti'tt/2; etc. et canora cicada arbori insidens dulcem fundit can-
turn frequenter sub alis . Le ali sono alle cicale in luogo di voce . Perciocche ,
dice Eliano (c) , non fanno uso le cicale come 1' uomo della lingua, ma xaTw
w'" iljpv hti \a\i<;ani circa ilia loquacissimae sunt \ ch' c quel che disse Pli-
nio (d) pectus ipsum fistulosum : hoc canunt achctvtae : e achaetae son le cica-
le j che cantano , maschi ; poiche le femmine si stan sempre senza cantare .
585. Ma^Xoistnti Si ■yiwdix.i; , d<pau?iiuTi>i Si it avJfe; } Salacissimae vero mulie-
res , et viri imbecillissimi sunt , quoniam caput, et genua sol sijcat . Proclo ci
ha conservato un frammento di Alceo , che contiene un' apertissima imita-
zione di questo , e de' superiori versi di Esiodo . L' Einsio, e il Grevio si sono
ingegnati di supplirlo: il che sarebbe meglio loro venuto fat to , se avesser
notato , che Ateneo (e) ne cita alcuni vcrsi , e sono i seguenti :
Ttyys m-vs'i/fxovcts oivu •
Ts ?-ap aj-foi" iriftTiWeiai • a S' ooqa yjxki'wdi .
Tldvnt Si St-^n wrro na^uaw; ,
Humecta pulmon.es vino :
Sydus exoritur : grave tempus est.
Acstu sitiunt omnia .
Dopo le quali parole par da collocare il resto che malconcio si ha in Proclo ,
che noi diamo secondo la correzionc dell' Einsio .
'A^« S' ix. trtTuXruv dSia av titti^
'A^a ra\ o-x.o\u,uo; • vvv Si uia^coTarou
r<//joux.ls • AeirW St -ni dvS^ig.
Canit vero ex foliis suave cicada ,
Et scolymus floret. Nunc vei o foedissimae sunt
Mulieres: viri autem imbecilles .
588. d>\d tot" tlSti etc. Sed tunc jam sit in antra umbra . Ilir^oun c-x.iv e 1' om-
bra , che fa 1' antro ; come avverte il Grevio.
58p. ksh fiiBXno; oivo$ . 11 Clerc cita una lunga nota dell' Olstenio , a cui si
conforma in tutto , per provare che qui va scritto fii(s\t/os non @J@'Kivo$ ; e
intanto si nella greca , che nella latina lingua , il suo stampatore , e gli air
tri ancora in gran parte, fan legger Byblinos . Non si nega , che in Egitto vi
fcia stata una Citta chiamata ^v',6A.o{, come attesta lo Scoliaste di Eschilo ( f) ,
e l'autor dell' Etimulogico grande , che la fa celebre in vino. Un' altra Cit-
ta del medesimo nome e in Celesiria al Libano , di cui vuole Dalecampio ,
che parli Ateneo in quel verso: tov S' dirl Qoivix.*; /?«? tbv /Su'fiXivov cuvtu , Lau-
(a' H. N. lib. XXI. cap. \6. (b) H. N. loco cit. (c) De animal. 1. 1. c. 20.
(d) H. N- 1. XL cap. z6. (e) Lib. X. p.^30. (/) Prometh.jv. 810.
0 <2 0
do vinum byblinum a sacra Phoenicia (a) . Ma il Biblo , di CUi Esiodo parla , e
in Tracia; e l'uva onde si fa il vino Biblino era in Grecia , in Italia, in
Sicilia • E' da vedersi Ateneo [b) , presso il quale si ha, che 1' Argivo Polli
Re un tempo di Siracusa v' inti'odusse una specie di vino dolce , le cui viti
ebbe d' Italia , e questo in origiue era vin Biblino. 11 Barnes comentando Eu-
ripide(c) ha meglio di tutti messo in chiaro la provenienza di tal vino , ch' e
in Biblo luogo di Tracia, o fiume , o monte , o citta , o altro che sia , giac-
che in questo gli autori non son concordi. Ne son concordi in iscriverlo
per v, o per /; giacche Ateneo, che cita Epicarmo , Jilino , Armenida , Ippia
di Reggio , sempre lo scrive per / , e lo stesso fanno Euripide, Moscopulo ,
Esichio ; al contrario Proclo , e Tzetze lo scrivon per v erroneamentejingannati
forse da qualche codice mal trascritto . Anche Teocrito fa il medesimo (d) ;
ma egli parla forse del vin navigato di Feniciaj o di Egitto ; benehe cio in
uno scrittor di Sicilia e duro a credersi. Era vino stimatissimo , perche leg-
giero, e secondo Filino , facile a dileguare i fumi del la crapula ; ragione
per cui Esiodo ne consiglia 1' uso di state; ove il vin calorcso non fa che
aggiugnere fuoco a fuoco .
Jpo. Majfa t' duoXyouti etc. Et libum lacteum . Non so aderire al Grevio , che
per maza intende la polenta , fondato in Esichiu , che dice : Md£a , dXtpira Tre-
tpi/^iva uJari , y^j iXaxv ; at farina mixta aqua et oleo , quasi la focaccia non
sia farina mista con olio ed acqua . Ateneo (e) citando questo lu^gn di Esio-
do , e discorrendo di altri geneii di maze descritte da Trifune , lo fa dopo
aver parlato lungamente di pani , quasi di ci-sa , che co' pani abbia afKnita ;
e dice espressamente ch' era fatta a modo di mammella, e che avea luogo
ne'sacrificj ; cose , che fan vedere in essa non polenta, ma pane. Gli Sco-
liasti tutti, e anche i Glossatori , e 1' Etimologico si servono della stessa vo-
ce cifrej panis nel commentarlo ; e chi lo dice aftog yd\ax.ri i^vuufxi'vog , panis
lacte fermentatus , chi dfB? fxtiu yd\ax.-n><; e'vre-3 fuuuivog , o ydXaxri nrt<pv$U£. og3
panis lacti mixtus , lacte perfusus . Or chi in questo parlare troverebbe po-
lenta , se non chi ce la mettesse di suo ?
5j>i. Verso citato dallo Scoliaste di Teocrito (1. 6) senza cangiamenti.
5p2. TlftvTsyovcov t,' e'f/ipajv, et primojremtorum hoednrum . Qual merito abbiano
sopra gli altri i primogeniti capretti , 1' abbiam detto di sopra, comentando
il verso 5^3. Ma notisi 1' artifizio del Poeta , che in ogni cosa presenta non
pure il buono , ma l'ottimo ; e non si cura di mutare vocabolo , purche l'ot-
timo si presenti : capretti primogeniti , latte di capra spoppata , carne di
vitella che non ha mai partorito, e che mangi frondi , pane che sia il chifel
di que' tempi, vin di Biblo. L' istesso e delle vesti , 1' istesso e dell' aratro ,
1'istesso del mangiare all' ombra , in faccia al zeffiro , appo una corrente
di acqua pura .
Jvi. inri J' ouSottx iriviixzv otvov , praeterea nigrum, bibito vinum. Non e questo
(a) Lib. I. p.2p. (b) Lib. p.3l. (c) In lone torn. 11. pag. 262. (d) ldylL
14. et v. Scholiast, t. I. p. 187. (?) Alhen. 1. 111. p. 11 5-
233
un nuovo vino da bersi; ma di qui pu6 congetturavsi, che il vin di Biblo
fosse nero. Ne avean gli antichi anche del bianco, dice Ateneo(a); ma il
nero per osservazione di Mnesiteo Ateniese , avea piu di tutti del nutriti-
vo; specialmente se fciri al dolce , qual cvediamo essere il vin di Biblo.
Plinio (b) assegna a' vini questi colori : colores vini quatuor: albus , fulvus t
sanguineus, niger ; ma vuole intendersi di un rubicondo piu carico ; poiche
assolutamente nero non esiste . Eustazio (c) , e Omero stesso non lo distin-
gue , chiamando il vin maroneo , di cui abbiamo a pavlar nella nota seguen-
te or [xi'Xa.v nigrum , ora iqvSqov rubrum .
596.TtifoJcciBs irqoyinv , tres partes aquae infunde , quartam veto partem vini
admisce . T$>;'j ucfaro; leggono quasi tutt' i codici , e le edizioni citate da noi
al verso 12. ne giova con molte parole confutare le novita del Clerc , che
voile rp/j «F {/faros , e fu ciecamente seguitato . Basta osservare col Winter-
ton, che Tf/'s in vigor della terminazione e comune . Piuttosto noteremo , che
Esiodo insegna a temperare il vino discretamente , laddove Anacreonte
all'Ode 56- dice rd. fxiv Si* tyxil "TfcTaTo; f-m ttivte £' otvou Kc/a'-S's; , decern infunde
aquae , quinqtie vero vini cyathos .
Ivi .Tf/j etc. 11 metodo poi degli antichi nel fare il vino contribuiva a ren-
derlo piu. gagliardo , che ora non- riesce . II vin di Biblo, benche de'piumi-
ti , avea bisogno di tre quarti d'acqua per esser bevuto senza danno . 11 vin
maroneo, di cui fa lungo elogio Omero (d) , ed Euripide (e), avea bisogno
di 20. misure d'acqua per ogni simile misura di vino. Lo stesso vin maro-
neo mille anni dopo Omero, a' tempi di Plinio, quando dovea aversi impara-
to a renderlo piu. bevibile , ritenea molto di quell' antica sua forza ; e non
potea bersi , se ad ogni sestario di vino non se ne mescevano otto di acqua ,
come osservo Muziano tie volte Console, essendo Preside in que' paesi (_/") .
Pu6 anche raccorsi la generosita de' vini antichi dall' usanza de' Komani ,
fra' quali gl' ingenui fino al 3o. anno non ne beevano ; dagli Statuti de' Lo-
crensi , fra' quali per legge di Zaleuco era punito di morte chi ne faceva uso
senza licenza del medico , e fuor del caso di salute danneggiata (g) ; e da
molti altri argomenti.
Spy. Auu>?i d"' z'TroTfv'vsiv etc. Famulis autem impera Cereris sacrum munus tri-
turare, quando primum apparuerit Orion. Teofrasto nel libro de'venti, dice
che Orione nasce tv a?zv ws c/Vwpaj , initio autumni : il Petavio avverte , che
(a) Lib. I. pag. 19. (Z>) Lib. XIV. cap. 9. (c) In A. Iliad, vers. 46*2.
{d) Odys. IX. io6\ etc. (e) In Cyclop, vers. 141. (/) Plin H. N. Lib.
XIV. cap. 4. Ne' libri editi non si legge sextarios singulos octoganis aquae mi-
sctri , ma octonis : la qual correzione par equa ; parendo troppo da venti ,
ch' era a'tempi d'UJisse, passare a ottanta a'tempi di Plinio, quando dovea
succedere il contrario; e Plinio non avr%bbe lasiiato di osseivar qucsta
gran meraviglia. Ma .1' Arduino ci attesta, che ortogenis e in tutt'i Co-
dici; e che sostiluive octotus fu audacia d' interpolatori ; a noi pare -auda-
cia il difendere 1' antica lezione . (g) Athen. 1. X. pag. 429.
40
deesi intendere dell' estate , che gia. declina, passato il solstizio di qualche
giomo . Quest' apparenza si computa dalla nascita eliaca, o mattutina, che
voglia dirsi j della stella lucida del pie d' Orione ; cio che avviene in Lu-
glio ; e nellatercolo Petaviano precisamente ai dodici . Ne dee dimenticarsi
cio che di questi nascimenti altra volta abbiam notato , che secondo tempi
e luoghi si cambiarono : quae res, dice il Petavio(a), morosam , ac propemo-
dum inextricabilevi istarum return investigationem facit .
599. Xw'pw iv zvcti'i , ^ ivTqoxdXtfi iv dXari , Loco in ventis exposito , et bene
planata in area. Sit autem area loco sublimi , et undequaque perflabili, dice
Palladio (b) , rispetto al primo precetto , che 1' aja sia esposta a' venti . Ri-
spetto al secondo precetto , che 1' aja sia bene spianata , e necessario , come
dice Virgilio (c) , di osservarlo :
Ne subeant herbae , neu pulvere victa fatiscat ;
Turn variae illudunt pestes . Saepe exiguus mus ,
Aut oculis capti fodcre cubilia talpae j
Inventusque cavis bufo , aut quae plurima terrae
Monstra ferunt , populatque ingentem farris acervum
Curcuio , atque inopi metuens formica senectae .
Quindi si prescrive da' maestri dell' arte 3 che l'aja sia scavata nel sasso vivo
del monte , e sia munita di pavimento di pietra , vel sub ipso triturae tempore
sit unvulis pecorum et aquae admixtione solidata{d). Lodasi anco lo sminuzza-
re la terra, e bene aspei-gerla di morchia d' olio , ch' e nimicissima dell' er-
be , delle talpe, delle formiche , de' topi ; quindi appianarla con cilindro ,
secondo il consiglio di Catone (e) .
600. MsTpw d" it x.o[Ai'<Ta3-ou iv ayyetriv , Mensura vero (usus) diligenter recondito
in vdsis. Tzetze interpreta quell' a yyenv per xifiur/oi; , che vuol dir casse di
legno , in cui i medimni misurati si ripongono ( f) . Valevansi specialmente
de' dogli di legno , o sia delle cupe a custodire il grano per mare , e su' ba-
stimenti(o). Vero e, che a conservarlo conviene sollevarlo spesso con la pa-
la, e tramutarlo da un piano superiore ad uno inferiore , specialmente quan-
do il grano e nuovo , come insegna il Sig. Targioni (h) ■ lo in questo luogo
spiegherei quell' ayyuriv per dogli fittili. Catone fra mobili della villa ne vuo-
le iino a 20. Dolia frumentaria XX. {1) .
601. 0>7r' aotKov iroieiS-ou , %£ arewov iftSov etc. Servum domo carentem condu-
cere, et sine liberis ancillam quaerere jubeo . Cioe servo senza moglie ne fi-
gli , come interpreta Proclo , e serva che non abbia figliuolo . E1 cio secondo
le condizioni di Perse , ristrette , e limitate ; nel resto : danda opera ut
(praefecti ) liabeant pecidium , et conj uactas conservas , ex quibus habeant
filios : eo enim fiunt firmiores , ct conjunctiorcs fundo , e precetto di Varrone (k) .
Vi si aggiunge la condizione de' tempi ; perciocche i Prefetti , o Fattori , 0
(a) Diss.variar.lib.il. cap. 8. (b) L. T. tit. 3tf. (c) Georg. I. 180. (d) Pall,
lib. 1. p. 887. (e) R. R. cap. i2p. (/) In commentario. (g) Alfen. Dig.
ip. tit. 2. leg. 32- (7i) Tom. V. p. 18. (i) Cap. 11. (it) Lib. I. cap. 17.
235
Villici eun ufKzio imeno noto a' piu antichi, quando i padroni attcndevano per
loro medesimi a' proprj interessi(a) : e Perse dovea essere un di questi padro-
ni , che facesse anco da agente .
Ivi . tqi$ov etc. Per ci6 che spetta alia donna , Senofonte (b) ben altre qua-
lita richiede dalla donna di casa : <riv Si inniow tirana-aptS-a eV/o-xe^a'/ucfo/ fins
Hfxtv i&oxu avou iyx^ang-din ^ ?*?? o's , rg\ ofva , jgq own , Jgtj avJgaiv e-UMOueias ,
promam vera conduximus postquam consideraverimus quae nobis videretur esse
temperantissima , et ventris , et vini , et somni , et societatis virorum ; al che
aggiugne 1' aver buona memovia , e buona disposizione a sentire i beni e i
mali del padrone . Ove notisi quel •mpt'ow iiroinTautGa, corrispondente al nroiHr^ou
spiJ-ov di Esiodo; e si aggiunga questo esempio ai molti raccolti dal Grevio
per provare che nrotuv pu6 anche significar quaerere , e compararc .
6*04. Kai xi/Va x.a?xctf6Jov<7u xouiiv etc. Et canem asperis dentibus nutrito, nee
parcas cibo , ne quando tibi interdiu dormiens (fur) facultates auferat . Con-
sente Varrone : Canes potius cum dignitate et acres paueos habendum, quam
muhos : quos consuefacias potius r.octu vigilare , et interdiu clausos dormire (c) ;
e altrove : ddtgenter tit habeant cibaria providendum ;<i) . Bellissimo poi e il
composto vui^onoitoi; j e inimitabile in altra lingua per significare il ladro ,
che dorme di giomo per vubare di notte .
606. Xo'pwv <£' c'a-Kofxta-ou etc. Foenum autem importato , et paleas, ut tibi sit
pro bobus et mulis annuum pabulum . Parla del ragunar ne' fenili il neno e
la paglia per provvista del bestiame , quando non pasce . Vuole che cio si
faccia prima di dar vacanza a' servi ed a' buoi ; cioe prima del tempo autun-
nale , e come dice Varrone : quinto intervallo inter caniculam , et aequinc
ctium autumnale oportet stramenta desecari, et acervos consirui (e) . V. il Sig.
Ab. Lastri ( f) presso il quale si hanno ancora utili cautele per riporre i pre-
detti strami ben soleggiati , e inariditi , e sparsi di crusca , e tritello ; £-
nezze che non posson cercarsi in Esiodo.
Ivi . Piu avvertenze perche il lieno sia riposto senza pericolo che nuoca
al bestiame j o che possa concepir fuoco, trovansi presso il Sig. Re nel
Vol. II. p. 204.
608. A«(wa; dva-$v%oa ptXa yisvottu , >&j 0oe Xvc-at, Servorum refocilla cara ge-
nua, et boves solve. Abbiamo piu esempj fra' latini di simile discretezza
verso i buoi , e molto piu verso gli uomini . Per rinfrancarli nelle forze ,
dopo aver lavorato , si facean feste , nelle quali giusta Orazio vacat otioso
Cum bove pagus (g) , e Tibullo :
Solvite vincla jugis; nunc ad praesepia debent
Plena coronato stare boves capite (h) .
Delle feste a Cercre ved. Virgilio nel 1. delle Georg. v. 340; di quelle a Gio-
(a) Columella XII. cap. I. (£) Memor. Socratis lib. V. p. 84?. (c) Lib. I.
cap. 21. (d) Id. lib. II. cap. p. (e) Lib. I.e. 33- ( f) Corso di Agric. torn. IV.
pag. 29. V. anche il Sig. Targioni torn. V. p. 1 82. e segg. (g) Horat. lib. 111. ode
18. {h) Eleg. i.librill.
236
ve Dapale disse Catone : eo die ferlae buhus , et bubulcis(a). Ne* Compifeali,
e Saturnali lo stesso vuol che si aggiunga un congio di vino al giorno alia
famiglia, e de' buoi da in generale questo precetto: Nihil est quod magis ex*
pediat , quam boves bene curare (b) . Ma a' tempi di Esiodo doveano esser rade
le feste rustiche , delle quali niuna menziune e in tutto il poema : piutto-
sto , dice Proclo, si usava co' buoi una certa discretezza , non prestandosi
a' fabbricatori delle case per portar pietre , e avendo loro ogni altro riguar-
do; e verso degli uomini raccomandasi il rinfrancarne le forze dopo le gravi
fatiche della state; come vedesi nel presente verso citato dallo Scoliaste di
Aristofane ; il quale vi fa una nota opportuna al caso nostro : d^yxTiv ol yta>%-
yol 7»7s <m ciftifrii (c) , otiantur rustici tunc per messrm.
6op. Ei/'t' uv P'£l%iuv yaj Sa£yof £5 fxiaov Ixs-ji , Postquam vero Orion et Snius
in medium venerit Coelum, At cturum vero inspexerit roseis digitis Aurora . Sag-
giamente , dice Proclo, Esiodo congiugne a mezzo il Cielo e il Can Sirio , e
Orione , essendo costellazioni vicinissime tra loro; nel qual tempo accade il
nascimento eliaco , o mattutino di Arturo , ch' e cio che il poeta esprime per
quel suo detto: quando V aurora riguarderii Arturo- 11 giorno in cui questo
succede e ora a' 21. di Settembre ; ma non dee mai dimenticarsi quanto no-
tammo a' versi 385- e $$7.
6"u. La vera maturita della vendemmia non da astri dipende; ma da os-
servazione locale , per cui in alcuni paesi e un magistrato , che ne determi-
na il tempo ; usanza lodevolissima . E il vero tempo e quando cominciano
acadere le foglie , quando il picciuolo veste un colore di legno , appassisce,
ed incurvasi sotto iJ peso del grappolo , e i granelli cadono ad ogni piccola
scossa . Altre avvertenze di grandissima utilita in questo genere trovera il
lettore nel Vol. 111. del Sig. Re pag. 65. ec.
6*12. Ati§a« cf' tiiXiai etc. Exponito vero (uvas) soli decern dies et decern r.octes ,
quinque autem in umbra repone , sexto in vasa conde . Deride Tzetze queste
leggi , e le chiama simili a quelle, che detto Platone per la sua rcpubblica .
Proclo al coritrario le considera come co e vere , e usate a' tempi di Esiodo.
E certamente chi sa la cura che si usa anche oggidi in iscegliere e piepa-
rare le uve a fare il vero Montepulciano , non discredera che tanta se ne
impiegasse in antico a formare un buon vino. Ne questo e 1' unico esempio
che ne abbiamo . Fra gli antichi e da veder Columella nel modo di fare il
vin passo (d) : Uvam praecoquam bene muturam legere: acina arida aut vitiosa
rejicere . . . in sole pandere uvas,et noctibus tegere ne iirorentur : quum deinde
exaruerint , acina deuerpere et in dolium, aut in seriam conjicere : eodem mu-
stum quam optimum, sic ut grana submersa sint , adjicere: ubi combiberint u-
vae seque impleverint , sexto die in Jiscellam conferre , et prelo premere\ pas-
sumque tollere. Trapasso sotto silenzio moltc consimili autorita degli anti-
chi, e molte de' modemi , fra' quali il Sig. Targioni (ejnel modo di fare il
(a) Cap.i32. (b) Cap. $4. (c) In Iron. v. 1170. (d) Lib. XII. cap. lp.
(e) Lez. di Agricolt. torn. VI. pag. 174. torn. 111. pag. 21 1-
237
vin sanfco, l'aleatico, il piccolit , ove anche loda l'uso di riporlo in vasi di
terra cotta , come anch' oggi si costuma nella Spagna. Bene anche ne scri-
vun!) il Sig. Lastri , e il Sig. Re , che col predetto Sig. Targioni formano un
triumvirato di scriltori d' agricoltura, da potercis' invidiave da molti esteri,.
614. aviuq iiriiv i'n IlXwi'acfgj 0','Ta<^sj fe , ia te 3-ivoi; '£lfiuvo$ Av vuviv , Sed post-
quam i'lejadesque , Hjadesque , et vehemens Orion occiderint . Ripiglia il con-
sigliu dato a' versi 384. di arare al tramontar delle Plejadi. Questo tramon-
tare e uiattutino , ma non eliaco ; e cosmico , e a' tempi d' Esiodojnterveni-
va , dice il Petavio, circa a'prinoipj di Novembre . Lo stesso vuole intender-
si delle ladi , e di Orione, astri che tramuntano poco prima, o poco dopo le
Plejadi; di che leggasi il Petavio nella Parte II. del Tomo 111. Dissert. II.
cap ■ 8. speeialmente e $.
617. vXeiu 6i xad ^■S-oy&j d^pcvo; an, annus veto operum quae fiunt in terra
fincmhabuerit , traduce il Costantini v.af/usi-oj; ovvero annus completes fuor it .
IlAaw'; per anrtw> e vocabulo usato da Licofrone , ammesso da Esichio , deri-
Tato a paver di Teone (a) appunto dalle Plejadi , quasi regolatrici dell' anno
rustico. Ma quell' afpsvos non puo spiegarsi per completes, quantunque un
comento di Proclo favorisca tale interpretazione ; dee intcndersi per a^piSioz y
come in altro comento segnan lo stesso Proclo, e Moscopulo ; e vuol dire
aptif. , accommodates *«?« X&0V°S circa terram, cioe circa opera ter re stria , circa
opeta nistica. E' opportunissima clausula di cio che ha detto Esiodo dal v. 383.
ove ha incominciato , e senza interrompere ha iino ad ora proseguilo a trat-
tare di agricoltura; divisandone i lavori dell' autunno , del verno , della
primavera, della state, hnche di nuovo torna all' autunno.
6i 8. E/' &i ?e vauTtXitt; etc. Quod si te navigationis periculosae dcsiderium
ceperit , ijuando utique Plejadcs vehementem Orionem fugientes etc, Le Plejadi
nell' occaso mattutino precedono Orione , e percio poeticamente e detto che
lo fuggono . 'A/f« han tultiinostri codici , eccetto un solo , che ha cu?>J . Cor-
regger la lezione di tanti codici come fa 1' Aldo , mi par troppa animosita.
622. K<« tote etc. Et tunc ne amplius naves haOe in mgro panto; terrum uutem
exe>cere memento ita tit te jubeo, Questo consiglio , ritenuto stabilmente ,
loda M. Tullio al I. de Officiis cap. 42. Mercutura . . .. si satiata queitu , vel
contrnta potius , ut saepe ex alto in portum , ex ipso portu se in agros possessio-
nesque contulerit , videtur jure optimo posse laudari .
627. "OtX« J' iird?[*ivct etc. Armamenta vera di*posita omnia domi tube repo-
ne . lntende gli ordigni, onde si anna la nave prima di metterla in corso-
1' albero , i re mi „ le mulle funi , il timone , lc vele .
628- Eux.io-fxios etc. Recte conirahens navis alas pontigradae . Le vele accon-
ciamcnte son chiamate ale, giacche alia nave fair 1' uffizio , che le ale, dice
Proclo, agli uccelli . Quindi il mare e da Virgilio (b) chiamato vclivolum ;
e volare linteo e detto da Catullo il navigare (c) , ed Eschilo piu per noi a
(a) In comment, ad Aratum (b) I. Aeneid. v. 224. (c) Carm. IV. pag. ij>,
4*
•238
proposito AtvoTTTsf ivfe vaoTi'Xuv ozriuwrn , invenit navitarum currus lineas alas
habentes (a) .
629. UitidXiov <r sv s?yz; etc. Et temonem fabre factum super fumam suspendito .
Per secoarlo dalla umidita ed indurirlo. In simil guisa faceano agli aratri
pel fine istesso . Fulgenzio nel pritno della Mitologia : Largo fumo lurida pa-
riclibus pendebant aratra (b) .
65o. Ak'ot; <f' u^ouov pi'.uveiv ttXo'o.', as-ojcev iXSri etc. Ipse autem tempestivam ex-
pec tato navigationem 3 duni veniat ; et tunc navem celerem in mare deducito etc.
La navigazione in tempo d' inverno pochissimo era in uso presso gli. antichi
Greci; ma soliti erano di aspettare le feste di Dionisio, che facevansi in
primavera . Uno de' discursi sciocchi , che fa il garrulo presso Teofrasto e
<n}v $-d\x<r<?ow ix Aisi/j/swW irXui'fxov iivcu , mare post Dionysia esse navigabile (c)\
Ove Casaubono pretende , ch' essendo detto semplicemente Dionysia si abbia
ad intendere delle feste grandi , che a Dionisio o Bacco si faceano nella
citta (di Atene) in primavera; non delle picciole , che nelle campagne si
facean d' Autunno . Altri piu probabilmente vuole , che quell' e'x Aiowe/cov
s'intenda dell' une e dell' altre feste; passate le quali fosse tempestiva la
navigazione. Aristotele (d) assegna a lei altra festa e'x iuv TlowaQnvouuv 0 ttAsj ;
festa che cadeva in Giugno. Samuel Petit nel libro de LegLbns Atticis lo spie-
ga della sicura navigazione. Nel resto la navigazione in Atene par che si
aprisse alquanto prima della gran festa di Bacco ; giacche in essa , pratica-
bile gia il mare , si portavano in Atene i tributi dalle isole e dagli altri
luoghi (e) ; ed e notabile , che gli Ateniesi , favorendo il commercio , avean
fatto legge , che ne' mesi della navigazione fosse vietato il litigare ; la qual
legge dichiara il Petit.
633. "Cla-wi? tpis is W!»{ ^ <70f etc. Qnemadmodum 3 meusque pater et tuns ,
itolidissime Persa , navigabat navibus . Togliamo alcune notizie dagli Scolia-
sti greci . 11 padre di Esiodo fu chiamato Dio , come dicemmo al v. 2pp. owe-
ro Foronide ; la prima tradizione par che sia di Eforo , a cui conformansi
Tzetze e Moscopulo ; la seconda e di Ellanico citato da ProcloT La madre
di Esiodo fu Picimede , dice Tzetze; gli antenati , dicon quasi tutti , Orfeo
e Calliope .
(J34. iS<8 jcs^Hfie'i'o; i S-XS , victus indigus boni . yk-)a$-ou. >&j £ix.a!ov chiosa Mo-
scopulo , victus boni et honesti . E Proclo soggiugne , ch'essendo il padre di
Esiodo indebitato , per sottrarsi alle molestie de' creditori , intraprese il
viaggio da Cuma ad Ascra . Eforo poi , Cumano anch' esso , nega questa po-
verta , e questi debiti ; e dice , che il padre d' Esiodo lascio la patria per
omicidio . Io non credo quest' omicidio ; perche se indi fosse venuta la po-
verta, confiscati i beni pel delitto , come dice il Poeta , che vien da Giove ?
(a) Prometh. v.4?8- (£)Pag.p. (c) Theophr. Charact. c. 3. et Casaub. p. I2p.
(J) Lib. I. deGenerat. Animal, c. 18. (e) Palmerius ex Schol. Aristoph. Ex«r-
citationum pag. 618.
239
Pavla dunque piu verisimilmente di una poverta , in cui il padre era nato ,
e cresciuto .
636. Kv'alui hioXiJ't ■ofoXtnrwv , Cufnam Aeolidem relinquens . Tzetze cihacon-
servato il nomc di questa Cuma o Cyme , con cui chiamavasi ne' suoi bassi
tempi; ed era Fricotide.
6iy. Ouk apevos ipiuyai etc. Non reditus fugiens , neque opulentiam etc. Se si
avessero a tone , dice il Clerc , tutt' i versi che sono indegni di un poeta
di tanta fama , quanta Esiodo ne ha raccolta ; questo verso c il seguente ,
essendo freddissimi , andrebbon lineati , e veramente lineati gli ha il Signer-
Em^ k ; a torto se io non m' inganno . La fama e'relativa al tempo, in cui
vive un autore ; e ch' Esiodo , comunque scrivesse , sia giunto nello scrivere
tant' oltre , e cosa simile a prodigio , e da conciliargli gran fama. Che poi
non sia esente da alcune imperfezioni , e vano a pretenderlo . Lo stesso Otne-
ro non ne fu esente; ed e criticato Aristarco per la sua troppa severita in
ftmendarlo . 11 Critico e anche istorico ; e dee trasmettere ogni verso a'po-
Steri quale lo ha ricevuto .
638. 'AXXa y.axriv irwiku ,sed fugiebat malqm pauperiem • Molte cose dice Teo-
gnide della fuga dalla poverta , come dal sommo de' mali,. dal verso 172. e fra V
gli altri ha questo sentimento :
Xf» ydq "o^w; ivi yitv -re , ^j evjecc vwTtt^ S-aXaVo-nj
&i%i£tcu ^aX£7rw; , Kufve , \vvtv vevi'vi .
Oportet enim simul super terram , et lata dorsa maris
Quaerere gravis, Cyme, liberationem paupertatis .
II che e quello > che con piu spirito disse Orazio al principio delle sue Epistole :
Irnpiger extremos currit mercator ad Indos
Per mare pauperiem fugiens , per sax a , per ignes ■
61$. NaWaia ct" ayx 'EX/xwVoj o'i%u?v ivi xwuri, Habitavit vera prope Helico~
nem misero in vico. E pur questo borgo ha egli chiamata citta (voX/j) a' v.
269. del presente poema. Lo stesso nome le da Stefano alia pag. 12 J. Proclo
la dice m-oXi-^viov parvam itrbem ; c benche da Moscopulo si raccolga che non
avesse muiaglie, cio non osta perche almeno non possa dirsi citta picciola :
giacche Tucidide ha espressamente detto. trdXa a.<nix'S°S , urbs sine moenibus .
Ora dunque lo chiama borgo per disprezzo ; siccome pare aver nolato Vellejo
Patercolo , che di Esiodo scrive : patriamque et parentes testatus est ; sed pa-
triam , quia multacus ab ea erat , contumeliosissime (a) .
640. "Ac-xfM x6^/"a xax-y , &s?n uyyctkin , ov£i ttot i&Xy , Ascra , hyeme ma-
la , aestate molesta, nunquam bona. Notisi dyyaXiy e un dattilo per la gi-
nercsi di £ cd 1 , seguendo vocale . Ecco i versi contumeliosissimi di Pater-
colo ; a' quali pero in gran parte si accordano e Plutarco che Ascra dice
inabuabde , ed Eudosso che la chiama senza sole , e Proclo , che ne descrive la
posizione . Stavasi su la via per cui andavano a visitare il bosco e il tempio
sacro alle Muse , alle falde dell' Elicona : onde non potea essere esente
(a) Lib. I. extremo .
240
da venti impetuosi, e da nevi l'inverno, e da una penosa e lunga trar.quil-
lita d'aria la state. Era nondimeno , se vuol credcrsi all' autor dell' epitaflio
di Esiodo , troXv Xnia^ (a) , Qiob fertile di ft umento , e se nan mentc Zenodoto
tro\u^dipv><og , fet tile in via e in vino (b) , e in tutto fe.conda , se ben la descrisse
Sidonio Apollinare , ove disse : Non heic Hesio.dea pinguis Ascrae spectes car-
mina (c) .
643. N»i' iXtyttv (uveiv , psydXri d' ivi tpoqtla &e£-cu, Navem parvam laudato ,
magtiae vero onera imponito , Di qua par che Virgilio derivasse que' versi ,
come noto Turnebo ne.' Cummentarj: Laudato ingentiarwa , Ex'guum colito(d).
<$4<$, E#t' $■» sV ipirqftut Tgifyps <xtTi<p<>oyct $ufxov , Ubi autem ad met uaturam
veneris imprudentcm animum , ftigere veto et dtbita vulueris etc. Pi Tfs^aj,
che il Gujeto vorrebbe qui intrudere , vedi le varianti .
648. A«5&> d>' 7a/, non dt , come contro la fede della piu parte de' Codici
legge lo Stefano ; il che ha dato ansa a formare un canone , che <?£ , ii fyi ,
y-i , piv , >«'?> T*?3 n£i, <rvv » e simili. si faccian Junghe , seguendo qualunque
consonante . Principio falso , dice Winterton : le pai ticelle finite in e non si
allungano se non in oesura , e seguendo liquida ; le altre terminate in li-
quida , o in ; , in ccsura e fuori ,
6"4p. Oini tt vctuTiXins etc. Etsi neqtie navigandi peritus nequc- navium. Noil
mi appaga il Gujeto, quando de' due veisi che sieguono pronunzia : hi duo
versus, teste Proclo , insititii videntur Plutai vho qutm vide. Placet judicium
Plutarchi . Ma il giudizio di Plutarco e molto piu rigido a detta di Proclo:
Txunu trcivTa etc. Omnia haec circa Chalcidtm Amph:da'iianris , et agotiem , et
tripodem insititia dicit Plutarchus , nullum habentia utihtatem ■ Par poco ra-
gionevole la difficolta , che si fa ad Esiodo ; che niun utile, abbia questa
sua narrazione . E' qualche utile il sapere un tratto deila vita d' un valen-
tuomo che gli fa onore . Ma poi non abbia utile : percio non la scrisse Esio-
do ? E che. utile hanno le tante e tante volte ripelute lo.di di M, Tullio , che
egli fa a se , d'aver salvata la repubblica , e di esserne in benemerenza
stato ricondotto dall' csilio sopra i suoi omeri ? Eppuie chi nego mai , che
M. Tullio le scrivesse ? Di tutto il passo dunquc , che anche il Brunck rise-
co tutto , non par da scartare se non il verso "Tuvm vix»?ctvr Vv XxXniJi eitov
"Ofxttfov , che in alcuni esemplari leggevasi a' tempi di Proclo; e che Puusa-
nia (e) non noto nel tripode di Esiodo , che pur vide,
6"5o. Ou yd? nrutrore vn'i y eirjirXuv s-Jfitx itovtov , Neque eni>n unquam navi
trammisi latum viare , Filostrato ( f ) nella vita di Eliano racconta , che que-
sto Sofistaj contuttoche scriva con eleganza veramente attica , era Aolito di
dire , wf diro$%Snp.\r?.ivou. ir-n lis y»S virtq W"! 'IraXwv ^w'fo* , yn#i i'J&rivcu. vauv,
put&i yvuvou S-dXarrow , numquam se ulla parte terrarum peregrinatum ultra ha-
lorum fines , neque navem conscendisse , neque expertum esse mate.
<55i. Et ft:i 85 Evfioia* i\ AvXt'fos, Nisi in Euboeam ex Aulide . Breve tragitto
(a) Paus.lib.lX.p.tfoo. (b) Ap. Strabonem Lib. IX. pag. 41 3 (c) Pag. 304.
(d) Georg. IL 412. (e) Lib. IX. pag. 588. (/) In vitis Sophist, lib. II. p. 62$.
241
passar d' Aulide , citta picciola di Beozia , in Eubea . Pausania descrittore
esatto di tutta Grecia : 'Ev Si^ifi ii Ei/p/Vs mv Eu/Soicw . . diro n<; Boicotuiv £itkq-
yovTm; . . . i$tv Au'Xi't; , ad Euripi dexteram dividentis Euboeam a Boeotiorum fini-
bus . • . est Aulis (a) .
Ivi. ji vot 'Ax.a*<j/' etc. ubi olim Graeci , expectantes tcnpestatem , magnum
collegerunt exeicitum . Notissimo e il racconto , che lungamenfce aspettasse
1' esercito greco in Aulide il vento propizio per passare in Troja , e l'otte-
nesse , sacrificando a Diana l'innocente Ifigenia. Dice XaaV ayet?xv ; perche
Agamennone dopo risoluta la guerra di Ti'oja nel tempio di Giove , poi det-
to Omagirio , ove convennero tutt' i principi della Grecia , comandu che il
populo, o sia i soldati, si raunassero in Aulide.
65^.. 'Ev-S-a'cT iyeav etc. Illuc ego ad certamina strentu Amphidamantis , Chalci-
demque trajeci. Questo Anfidamante fu Re di Eubea , e cumbattendo in mare
contvo gli Eretriensi , mori. Piu. altri Anfidamanti conto 1' antiohita , come
il figli.j d' Aleo Re d' Arcadia , rammentato da Pausania (b) j e il padre del
medesimu Aleo , chiamato Anfidamante il vecchio dallo Scoliaste di Apollo-
nio Rodio (c) , uno Scrittore dimitolugia, che nomina Antonino Liberale (d) ,
ed altiij che saria perduta opera andar divisando .
655. to <?£ TfoireipfaJ'/u&'va iro~>\a. 'A^X' i^iaaM nrou^l? /uej-aXj/rapfj } indicta (per
praecones) vuro multa Praemia conatitucrunt juvenes magnanimi . 1 figli di An-
fidamante , come dicono gl' Interpreti greci , posero multi premj , dopo aver-
gli fatti promettere per mezzo de' baridituri . Quindi comcntano -spoj-xsxs-
fuyuiva . E nel preconio se ne facea menzione ; come in quello , che con-
vocando gli Dei presso Giuliano usa Mercurio :
'O TSui' xctWig-uiv
"AS-Xcov nap/as ,
Incipit quidem certamen pulcherrimorum praemiorum judex (e). Ove noto di
passaggio , che questi preamboli spesso facevansi in versi , ma dozzinali ,
come raccogliesi dal Giove Tragedo di Luciano; ove Mercurio avendo co-
minciato a fare il suo invito in prosa , e da Giove ripreso perche nol faccia
in versi; ed egli sdegnando que' de' Rapsodij perche mal fatti , e nun essen-
do poeta, impasta alcuni versi di Omero.
6Sy. T-qiTroJ' utwcviu , tripodem auntum- Non e da ricorrere per aver notizia
di questo tripode a quelle medaglie , che ci rappvesentan tripudi gieci o
romani sostenuti da elevati piedi ; e che servon d' altari , dando luogo a farvi
de' sacrifizj . Gli antichi , dice Ateneo ( /) , ebbon due sorte di tripudi, che
dissero anche lebeti . Alcuni eran destinati a temperare il vino cull' a^qua ,
e questi chiamarono aVt/f»s , cioe che non aveano .sentito fnoco . Altri erano
destinati a scaldar acqua per lavare il corpo , c specialmente i piedi, e
questi chiamaron XoeTfo^iej, ovvero ifxiru&fictmt; , c tenevangli al fuoco con-
(a) Paus. lib. IX. p. S70. (6)Pag.4<5o. (c) In I. Argon, ver. 161. (J) Me-
tamorph. cap. 3p. (e) In Caesaribuspag. 3l8. (/) Lib. II. pag. 37.
42
tinuamente . Parecchi de' tripodi erano auriti , altri no , cioe alcuni avean
anse, alcuni no . Aurito fu quello , che descrive Omero (a) , messo in premio
da Achille , che tencva ventidue misure di liquid! , che tocco a Diomede;
siccome aurito e questo , ch' ebbe in premio Esiodo .
658. Tov uiv iyd M«Vcn; etc. Quern ego quid em Musis Heliconiadibus dicavi . E si
vedeva a' tempi di Pausania , come dicemmo . Anche quello di Diomede fu
dedicato ad Apollo Delfico , aggiuntavi una iscrizione , che riferisce Eusta-
zio [b) , sebben sospetta. Richiamiamo 1' antica lezione di quasi tutt'i MSS.
M6v<rcur , cangiato in Marw;, che anco e scorso nella nostra edizione .
<JSp. "Evdci ui etc. nbi me primum dulcis compotem fecerunt cantus . 11 Clerc
a questo verso fa la m>ta seguente : Contrarium hoc est Us quae habuimus in
Theogonia v. 3o. et sequentibus : ma non a me solo , ma anco a' greci Scoliasti
par conformissimo a cio che dice nella Teogonia dal verso 22. fino al 32.
ove racconta d' essere stato dalle Muse fatto poeta nel monte Elicona ; monte
in cui fu consagrato il tripode ,
do"?. 'H/t/ara vivnuoviee etc. dies quinquaginta post solstitium , ad finem
progressa aestate laboriosi temporis Tempestiva est mortalibus navigatio . Al
Clerc e paruto Esiodo ignaro affatto dell' arte di navigare , quando coercet
omnetn navigationem intra quinquaginta dies , quorum initium sumatur a solstitio
aestivb , quum praesertim solstitium aestivum inciderit in III. Julii . Quindi stimo j
fuor della opinione degli Scoliasti , che mancasse prima qualche verso , in
cui si lodasse la navigazione cinquanta giorni avanti il solstizio estivo ;
giacche anche questo e tempo opportuno a navigare. Si a questi tempi, si
in questi paesi , si con maggiore pericolo . L' arte di navigare era ancora
fanciulla a' tempi di Esiodo ; e il legno poco si scostava di terra. Cio special-
mente in Grecia ed in Ascra ; ove anche potean esser venti impetuosi al co-
minciar della state, miti al finire . Ed Esiodo, che in ogni precetto sceglie
1' ottimo ,come avvertimmo , anche in questo punto avra scelto il tempo piu.
opportuno a' tragitti ; in cui senza una straordinaria disgrazia fosse sicuris-
simo il navigare .
Ivi. fzsTBt rpoiraj »i\loto . Sistole dorica in quel rfoiraj accusativo plurale
della seconda declinazione de' semplici : nella prima ancora si trova , ma piu
di rado , come in Teocrito v/^ueg w'/raj • J yd? .
66$. ' Slqdioi; viXeiKi $-v»v>?<; nrXio* . Ho tradotto : Ricorre V ora a naviganti a-
mica; usando il vocabolo ora per tempo, siccome fece il Petrarca , quando
disse : Cose che a ricoi darle e breve I' ora(c). Ed anche fra le Ore , che sono
le allegorie de' tempi, Igino computa Euporia (d) , ch' e 1' Ora che presicde
alia felice navigazione .
66y. Ei fxn Sri tupi<p^u>v etc. Nisi dedita opera Neptunus terrae quassator , ant
Juppiter immortalium Rex velit perdeie ■ Nomina queste due Deita come re-
golatrici del mare ; Nettuno perche Re di esso ; Giove perche dispotico dcll'a-
(a) Iliad. XXIII. vers. 26"4- (b) Pag. 1431. (c) Trionfo di amore cap. II.
(d) FabulaCLXXXIII.
243
ria , e de'venti, che mandandogli sfavorevoli , pu6 sommergere i legni , c
gli uomini .
6yh TtniufHv f r6rri idx"?1*- etc. Propera autcm quam celerrime iterum domum
redire . Non prescrive tempo determinate) , sicche alquanto prima o alquanto
dopo i cinquanta giorni deggia tovnave a casa : dice di tornare il piu presto
che sia possibile . Alquanto piu si facean lecito di trattenersi in mare i Fe-
nicj a tempo di Luciano , de' quali egli dice : aVas-ow ydg Wto* dxmv etc. omne
enim isti litus , et oram omnem , ut ita dicam , singulis annis pevscrutati , sero
per autumnum domum suam revertuntur (a) ; ove nondimeno si vede , che al
cader dell' autunno anco i Fenicj , spertissimi in navigare , si riducevano a
casa loro .
674. MjfcTe fjtivitv oiviv <u vtov , Neque expectato et vinum novum etc. Nsom'a ,
nova vina, era una festa in Atene, in cui beveasi il vin nuovo: era dedicata
a Bacco ; e celebravasi in essa la invenzione di questo liquore , per cui Lon-
go (h) iv ioqrn Aiovd<7ou , >@uj oivx ycvzTtt . Di tal festa vedi il Jonstonio (c) .
67 5. Kcci £«,««/ iviovra , votoio -re £iijd$ a'MTsig , Et hyemem accedentem } notique
molestos flatus . Plinio (d) : Post eos (Aquilones ) rursus Austri... Vergiliarum
occasus hyemem iuchoat , quod tempus in III. Idus Novembres incidere consue~
vit ; ma prima a' tempi di Esiodo .
678. *AXXo; <T ii'afivot; etc. Sed alia vet 11a est navigatio hominibus ■ Plinio nel
capo stesso : Ver ergo aperit navigantibus maria ; cujus in principio Favonj
hibernum molliunt caelum Ma non e del principio della primavera , che il
nostro Poeta discorfe ; e della primavera inoltrata , quando il fico comincia
a mettere le sue foglie ; il che avviene diAprileje allora permette di porsi
in mare ; sebben quasi furtivamente pel pericolo che si correva a' que' tem-
pi di far naufragio .
684. d\\d vu yg\ Twetc Sed tamen et haec homines faciunt stultitia mentis. In
vece di iw il Brunck voile 7ai/,cioe trXoov . Perche ? Percho cosi trovava scrit-
to nel solo suo codice . Del tragitto d' inverno furono i primi sperimentatori
i corsali , seoondo Plinio; poi gli avari : Piratae primum coegere mortis peri-
culo in mortem mere , et hiberna experiri maria ; nunc idem hoc avaritia co-
git (e) .
686. Xfwaw ydp ■lux'' etc. Opes enim sunt anima miseris mortalibus . In si-
mil senso disse Filostrato : "A-ttokti tTe jfw'o/f nv 4yX"' •rexe* , cunctis vero viven-
tibus anima sunt filii(f)} e piu. propriamente Timocle parlando anch' egli di
averi : 4y/t"' fi?o<mi*ii> atf/id r gf/v dpyvpos , anima et sanguis mortalibus est argen-
tumyg) .Noi abbiam tradotto danaro, che fin da' tempi eroici era in uso nella
Grecia , quantunque non segnato , come vogliono i piu: ma consistente in
oro, argento , bronzo pesati . V. Feizio Antiq. Homer. Lib. II. cap. 10.
(a) In Taxavitom. Il.pag. Jn. (b) Pastoral, lib. II. p. 3o. (c) Gronov. The-
saur. antiq. Giaecar. t. VI. (d) H.N. lib. II. cap. 47. (ej Ibidem. (/) In
Apoll. Thian. 1, II. ( g) Apud Natalem Comitem lib. II. Mythol. cap. 2.. p. 40.
244
<5p4. Me'rj>a puXaTtrt^-ax • xoupos J' ivi tra.au> ao/,g-»g , Modum serva : tempu3 veto
£« omnibus optimum . Si e dubitato fra gl' Interpret! , se questo sia un sol pre-
cetto , o debba dividersi in due. L' Einsio e il Gujeto 1' intesero quasi dices-
ae ,u£Tfa Jia<f»: il Grevio dietro gliScoliasti lo divide in due, serva modum ; ser'
va tempus, quod est optimum in rebus omnibus. Noi seguiamo la sentenza del
Grevio, perche ci pare che tutto' il presente capitolo riguardi il modo ■ nel
senso che spiegheremo ; e il capitolo seguente risguardi il tempo, cioe le
giornate prospere , ad ogni affare : cosi scuopresi sempre meglio 1' ordine di
tutto il poemetto. Per ora dichiariamo due sensi dclla voce f*i??ov .
Adunque in primo luogo [j-irqav e quella misura , che gli antichi raccoman-
davano in tutte non solo le azioni , ma ne' desideij altVesi , e nelle speranze ;
e finsero la Dea Nemesi , che mostrando il cubito , misura comune , tacita-
mente minacciasse di non eccederla in cosa niuna , dando nel soverchio.
Un altro senso ha la voce pirqov , come insinuano due de' Comentatori gre-
ci , spiegando a-uupiTqia. ; che signihca ivi dicevdezza , c<~>nveiitvolezza . Di
cio il Gievio al v. 506". ove Esiodo notnina unqia. epjoc, adduce varie testi-
monianze , come di Platone , che ha uirqiox; xiyitv , di Tucidide , che ha litrfimf
sinreiv . In questo senso la voce (terfov conviene a tutt' i pveoetti , che si dan-
no in questo capitolo ; in cui ripassando il Pueta molti degV insegnamenti dati
ne' precedenti capitoli , senza esprimer sufficientemente il m<.do di esegu'n gli ,
e dandone anche de.' nuovijdi tutti insegna come convenevolmente, e dicevol-
mente mettergli in pratica. V. gr. avea nel capo quarto parlato di far saciiiiuj;
ora ne mostra il modo, che si ofteriscano con nettezza; e cosi insegna i mo-
di di trattare gli ospiti, i parenti, gli amici , i convitati : i piu de' pre-
cetti riguardano questo capitolo quarto ; ma tuttavia al quinto appartiene
il non lasciar le case imperfette; al sesto il non cicalar troppo, e cosi di altri.
Vano sarebbe ricercar ordine in questi ammaestramenti , che come dicemmo,
sono dettati all'uso orientale espresso ne' libri di Salomone .
Ivi. KoMpdf S' ivi vaartv detT°s • Con questo verso prelude, come dicemmo,
al capitolo delle Giornate ; ma generalmente ancora si puo intender di quel-
la opportunity, che in ogni cosa e da aspettarsi , e da seguirsi . E'questo un
bellissimo insegnamento, inculcato ancora nelle sacre carte: Fili conserva
tempus (a), ove il P. Calmet fa questo comento : Stride, ut omnia suo tempore
facias : suum enim est loquendi tempus , suumque tacendi ; aedificandi tempus
et destruendi . Gravissimum hoc est sapientiae officium . Interdiun enim quae
optima natura sunt, pessima fiunt quod suo tempore gesta non fueiint. Abbia-
mo su di cio un altro proverbio preso da Esiodo, di uno de' sette Sav j , che
l'erma Clementino , ed Ausonio ascrivono a Pittaco T i?vu<rx.t *.ou%ov [b\ Nel resto
cio che dice Esiodo arji^ov, Terenzio 1' espresse per primum rerum omnium ,
laddove disse : In tempore ad earn veni , quod rerum omnium est primum (c) .
6$5. 'flfoieo; Si yvxioux-n , In flore vero aetatis uxorem tuam in do mum dacito. II
Grevio a quel mature, con cui traducevano V'Slfoosg, sostitui in aetatis florc;
(a) Eccli. IV. 23. (6) Loco cit. v. 212. (c) Hcaut. A. II. sc. 3. pag. 218.
245
ma perciocche lo fece fuori diluogo , cioe a' versi po3. della Teogonia, percio
non fu atteso non dico da Gujeto e da Clerc , ma ne anche da Robinson , e
da Loesnero . Nel resto w?a val pulchritudo , e wpouoj pulcher , o come Esiehio
chiosa zv'fxoftpos, E siccome , riflette il Grevio , la eta della bellezza degli
uomini e la gioventu, cosl <6?cuo; si prende per giovane da Esiodo . Al qual
proposito riporta lo Scoliaste di Teocrito , che cosi lo espone (a) ; e citan-
do Esiodo nel luogo presente , <o%ouos } interpreta dxpu%Gjv,iri aetatis flore con-
stitutes .
6p6. Mif 75 TPj.wA.ivmv inuv etc. Neque triginta annis vulde multum inferior , neque
super ans multum. Questi versi son riferiti da Stobeo (b) senza la mutazione di
TQ/Ltixov-Tav in TSf.ny.ojvx , che Tzetze vorrebbe introdurre non solo in questo ,
ma in tutt' i numerali iiniti in «, come ircv-nKovac ; la quale ortografia e ap-
provata anche da Gujeto amantissimo sopra ogni credere di novita ; la qual
lode io gli rinunzio .
Ivi . Quanto alia eta , ch' Esiodo prescrive ad ammogliarsi , Platone nel V.
della Repubblica , e nel VI. Libro delle Leggi a^giugne cinque anni di dila-
zione : uxorem quisque a trigesimo usque ad quintum et trigesimum ducat .
Solune avea stabilito alle nozze il quinto settenario della vita , che incomin-
cia ai 28. anni (c). Agli Spartani era concesso da Licurgo di prender moglie
nel piu bel fiore della eta, iv dxua2$ iwv a-wp.d'mv , dum vigerent corpora (d) , ne
poneasi differenza di anni fra uomo , e donna.
(Jp8. H H ywii timf h/Suv, Ttinnnw Si yauoi7s, Mulier vero quatuordecim an-
nos pubescat , quintodecimo vero nubat . Lascio nfiav , senza mutarlo in vfiaoi ,
quantunque i piu de' codici cosi consiglino ; perche gli Scoliasti tutti leggo-
no w',flw>t . 11 passo e controverso . I piu dietro Moscopulo ci sottintendono Six-a. ,
presa tal numerazione da' mesi lunari . E nelle chiose assai belle pubblicate
da Loesnero , tanto sopra tew?' e scritto inri £s'x.ct , quanto sopra tts'^tttw e scrit-
to Six.a . Proclo accenna tale spiegazione ; ma accenna pure quella di Tzetze ,
difesa da Robinson , che la donzella si avanzi nella puberta , fino a' 14. e
aspetti poi cinque anni , e maritisi al ip. Ma se questo e , pcrisce il fine, che
ha Esiodo, prescrivendo alle nozze un tempo, che la donzella possa essere
educata virtuosa dal marito : perciocche a' ip. anni si c presa comunemente
la piega verso la virtu, o il vizio ; cio che non avviene ne' i5.
Ivi. Credo, che 1' equivoco stia nella parola » 0a» , che Tzetze vuole in-
tendcre strettamente per pubesco , e va intesa per pubesco in senso piu lar-
go , cioe per cresco . Cosi la prende 1' Interprete di Omero chiosando ».3a'ai<rx
di una vite , dx.fid^ua'a (e) . Or siccume una vite comincia a crescere dopo pian-
tata , cosi la verginella dopo nata cresce fino a' 14. anni, dopo i quali nel
quindicesimo si mariti. E circa a questo tempo celebravano le nozze i piu
degli antiohi. Senof\>nte che propone Isomaco per esemplare di economia , gli
fa dire, che la moglie era stata sposata prima di compiere il quintodecimo
(a) Idyll. I. versu lop. (6) Cap. dp. (c) Censor. (d) Xenophon de Repub.
Lacedaem. (e) Odyss. V. vers. Jo.
43
246
anno, ii» vwco irtvitx.«i£iK<x yeyovu7ct (a) . Epitteto riflette, che le donne eran
chiamate x-uqtax Slgnore da' lor mariti ei/'Wj «V« -reu-capeo-xtw'tfexa siai/ , subit©
dopo i 14. anni (6) . Platone prescrivendo alle fanciulle il termine dclle noz-
ze : ydfxa Si ofov uvou xo?>t fxiv cItto ixHodSiKcx £<mv «j etKon j dai 16. anni , fino a'2.0. (c).
<Jpp. Ilapd'Ei'/iorv «Tj yapeiv etc. Virginem vero ducito , wr mores castos doceas .
Fa onore ad Esiodo il precetto di menar moglie di iS. anni , e vergine , per po-
terla istruire nel buon costume : giacche da una madre di famiglia morigc-
rata dipende in gran parte il morale di tutta la casa. Aristotele nel 1. degli
Economici cap. 4. adducendo questo verso di Esiodo , lo loda in quanto con-
ducente a formar la donna di carattere simile all' uomo , cio che molto gio-
va alia concordia - Nel resto , come ben riflette Plutarco , piu utile e all'a-
more scambievole, che l'uomo e la donna siano in una eta non molto diver?
sa, e gia maturi; siccome prescrisse a' suoi Spartani Licurgo,il qual vieto an*
che le doti (d) e continua : Romani vero natas XII. annis et minus jungunt nuptiis :
ita potissimum corpus et mores illibatos et puros in manns viri censentes perven-
turos . Sunt autem superiora (la legge di Licurgo di cui prima avea detto),
ut patet , ad liberorum procreationem magis naturae consentanea ; have ad
vitam conjugalem aptandis nwribus (e) . Un' altra ragione si puo derivarc
dall' Eolo di Euripide pel metodo de' Romani , e di Esiodo ; ed e che la donna
invecchia prima dell' uomo ; onde collocata presto si trova in certa eta quasi
coetanea dell' uomo , ancorche egli sia piu attempato ; il che giova alia scam-
bievole dilezione , massime ne' piu. inoltrati anni. Ecco le- parole del Poeta-
secondo la traduzione dell' esatto P. Car meli (_/'):
Con giovane garzon male s' accoppia
Giovane donna ; perocche ne' maschj
Piu a lungo si mantien forte la lena ,
E il fiore femminil presto svanisce .
700- TvvSi f*a\i$-x yet ««» etc. Earn vero potissimum ducito , si qua te prope habitat ;
omnia diligenter circum contemplatus, ne vicinis ludibria ducas . II consiglio e
buono in quanto tende a congiugner piu strettamente le famiglie con due rela-
zioni , 1' una di parentela , 1' altra di vicinita . Ma il seguente e migliore ; e
Moscopulo chiosa quell' tSuv^ che ilatini Interpreti rendono contemplatus , per
ua$uv , che significa dopo essetti infarmato j cio che noi abbiamo espresso con
prendine favella . Ev poi necessario al buonnome de'iigli ilbuonnome della ma-
dre; i quali nascendo di madre di dubbia fama, per tutta la vita sonoinfami (g).
702. (V [Aiv ydf n etc. Neque enim muliere quidquam vir soititur melius bona :
rursus vero mala non gravius aliud . Simonide apertamente imitando Esiodo ,
come avverti Clemente Alcssandrino (li) :
(a) In Oeconomico pag. 816. {b) Enchir pag. $7. (c) Plato lib. VI. de le-
gibus pag. 556. (d) Justin. Histor. lib. 111. pag. 6p. (e) Tom. I. pag. 77.
(/") Tom. XX. pag. 8. (g) Plutarch.de liberis educandis . (h) Strom. VI.
pag- 744-
242
'EtSXv; a/.iHvov f iSi qi'yiov xaxtis •
Muliere bona nihil melius sortitur vir ; nihil horridius mala. Fra le sentenze
de' Comici raccolte da Enrico Stefano (a)
ruiiri yclf oixa irnuat r*j <rwm% t<* ,
Mulier enim salus et exitium est aedibus.
704. As/irvoXo'^«; . Fra le devivazioni di questa voce niuna mi piace piu di
questa : dm-i to Xoy^av rs Silirvov , ab insidiando coenis , a captando coenas , coe-
nipeta . Lo Scoliaste pubblicato da Loesnero la risolve in due ; tj7; iuw^vti^ ,
j@t^ Xo^wa-xj Tav iavn!; av£?a , commessatricis et insidiantis suo viro; ma queste
insidie van pur riferite a sodisfare la propria golosita , per cui essa o di
soppiatto si prepari in casa miglior vitto di quel che voglia il marito ; o con
iscuse e bindolerie sel procuri fuori di casa: cosi colei, che presso Ariste-
neto(£) trovata dal vecchio marito a un convito , con femminile astuzia il
delude. E'bellissima la novella, ma troppo lunga all'intento presente. Ca-
tone (c) raccomanda che la moglie del villico : ad coenam ne quo eat, neve
ambidatrix siet .
Ivi. w-r' avJfa etc. quae virum licet robtistum tor ret sine face . Tibullo (d) con
espressione del tutto contraria a questa, sebben da questa derivata :
Uror io : remove saeva puella faces .
705. K^t &>>«u y>ifxc Suhcv, et praematurae senectae tradit. Ottimamente ha
notato Robinson , che cruda senecta , come han tradotto, presso i Latini ha
forza di robusta vecchiezza , qual e quella di Caronte nel VI, dell'Eneide ; a
cui aggiunse Virgilio viridisque . Sostituiamo pertanto praematurae a cru-
dae . ufxu ?»?ou fwntv e in tutte 1' edizioni piu corrette, in tutt' i codici
veduti dal Robinson , e dal Loesnero , e in tutt' i nostri . Nondimeno vulgata
lectio, dice francamente ilGrevio, nan potest ferri: a cui io non oppongo se
non il detto di Omero riportato dal Costantini (c) , sV&ixev ofu'vyai ,tradidit do-
loribus . Ben gli accordo , che cfwxcv forse e di mano recente , e da mutarsi ,
poiche Proclo e Tzetze chiosano ri&ela-a , e Stobeo ancora lesse 9-tixev; e la
medesima lezione segue Plutarco (f) .
706. Et? ef' owiv a'&a*dmv etc. Bene vero reverentiam erga Deos immortales ob~
servato . Detto il modo delle nozze , che si fa una volta sola in vita comunemen-
te > va discorrendo per altre opere giornaliere ; e comincia dal timor degli
Dei presenti. Cosi Proclo intende questo precetto ; le cui parole son degnis-
sime di esser tradotte , e lette , e, toltone l'errore della pluralita degli Dei,
meditate ancora : Plato ait : Qui in Deum praesentem intnetun-^ curat se ab 0-
mni peeulantia et impietate continere : etenim et qui viros bonos veretur ab
ejusmodi operibus abstinet Us praesentibus . Quid vero ego Deos loquor , quid
viros bonos? Atqui vel imagines bonorum quidam verentur, et mali aliquid coram
ipsis facere non audenl ; quemadmodum amatrix ilia quae coram Xenocratis sa-
(a) Pag. 204. (!>) Epistolarum lib. 1. pag. 24. (c) Cap. 14?. (d) Lib. II.
pag. 77?. (e) V. Ai'Juui. (/) De cupiditate divitiar. pag. $26\
248
picntis imagine minime amasium quidquam indecori facere passa est . Earn re~
verentiam erga Deos multo magis exhibere opus est .
707. Mn^i Kcto-tyviiru etc. Neque fratri aequalem fieceris amicum . Dopo gli Dei
considera le due principali relazioni della vita, la consanguineita , e 1' ami-
cizia ; e di amendue stabilisce il modo ; cioe , che 1' amicizia debba ceder la
mano , almeno comunemente , alia parentela piu stretta-, perche questa e
vincolo di natura , che dee preferirsi a quello di volonta ; e perche il vin-
colo dell' amicizia pu6 disciorsi , ove quello della parentela , e molto piu della
fratellanza , e indissolubile .• Plutarco (a) stabilisce i confini , entro i quali
dee restringersi 1' amicizia rispetto alia fratellanza : cioe , che sempre la
relazione della fratellanza deggia precedere nell' ottar le magistrature , nello
invitare a' conviti , nella conoscenza de' principi , e in tutte quelle cose , che
a parer comune recan gloria , dignita , splendore . Nell' amore parimente , e
nella benevolenza comunemente va preferito il fratello all' amico ; percioc-
che le piu delle amicizie , dice Plutarco stesso (b) , son ombre , imitazioni , so-
miglianze di quella prima che la natura ingenera a' figli verso i padri , a'fra-
telli verso i fratelli . Ma pur qualche volta e il contrario ; e allora giovera
piu un amico senza parentela, che un parente strettissimo senz' amicizia , co-
me dice Dion Crisostomo (c) ; e avra luogo la sentenza , che da' Comici scel-
se , e noto Arrigo Stefano (J) : No>/?' aVsXipas- to? «x»tSvv°c>s <p',\s$ , Fratres judica
veros amicos. Ma deon esser amici verii percio anco nella versione ho ag-
giunto sincero .
708. E/' H xe Trowo-iif etc. Si vero feceris, ne ipsum prior malo officios. Tro-
vato 1' amico vero , e uguagliatolo nell' amore al fratello , il primo precetto
e non gli fare oifesa ; il che non e lecito fare nemmeno a scherzo : amicum
laedere ne joco quidem licet (e) , anzi non ha a parer possibile offenderlo :
racr»TO H d^iav x.o/Vet nv <pi\icur etc. Tanti vero aestimat amicitiam , tit neminem
judicet unquam ab amico esse violatum : sed hoc unum de Us esse , quae vocan-
tur impossibdia : cosi Dione Crisostomo (f) .
7op. MHcTe ■\iv£2<?S-cu y\cd?i7>]s X"S^V} neque mentiaris solatii caussa . II secondo
precetto nell' amicizia e non mentirc all' amico. Proclo: Monuit quoque Plato
eum qui volens mentiatur , merito esse infidum ; qui vero sit infidus eum ab amici-
tia esse alienum . E Cicerone nel libro dell' amicizia a cap. 18. Firm amentum
autem stabilitatis constantiaeque est ejus , quam in amicitia quaerimus , fides :
nihil enim est stabile quod infidum est E tanto e necessaria la fede fra gli
amici , che il mentire all' amico non si puo , a parere di Esiodo , nemmeno
in giuoco ; e questo acciocche 1' amico non sospetti, che vi sia cosa , che
daH'altro amico gli si voglia tener celata . II Salvini j-Xm'ccjjs x*Civ traduce
per grazia di lingua j ne noi ci allontaniamo guari da questo valentuomo
volgarizzando per sollazzo.
Ivi. a Si km aqx.V ) *H ri ^"s «'»'«*■•' etc. Si vero coeperit aut verbum aliquod
(a) Plut. de amore fraterno pag. 4pi. (b) lb. pag. 47p. (c) Orat. Ill
(d) Pag. 2$$. (e) P.SyvusSent.34. (/) Orat. 111.
H9
dicere ingratum, aut facer? , bis tantum punire memineris . Qui il Poeta , che
prescindendo dalla superstizione di que' tempi, era stato buon maestro di mo-
rale , da un pessimo consiglio , approvando la pri vata vendetta , non solo a pro-
porzione della colpa , che fu errore di altri moralisti antichi,maraddoppian-
done la pena. Tanto e vero ,, Che ragion dietro i sensi ha corte 1' ali ,, e
che i Savj non illuminati dalla santa religione han sempre uvtato in qualche
#coglio ; il che non pure in Esiodo si osserva , ma anco in Epitteto e in An-
tonino . La vera vendetta in casi simili e slontanarsi a poco a poco dal falso
amico; e dico a poco a poco, perche farlo ad un tratto puo nuocere, ov'egli
sia consapevole de' nostri segreti , o almeno per non dare occasione di cian-
cej e di romori a'malevoli.
711. H&i mo adbis etc. si vero rursus redeat in gratiam , satisfactionem autem
Velit dare , recipe . Cicerone : nihil magno , et praeclaro viro dignius placabi-
litate et dementia (a) . E Seneca: reconciliatio tua et facilis sit et certa{b).
7l3. JsAoj rot clviio etc. pauper quidem vir amicum alias alium facit: tuum
vero ne quid animum coarguat vultus . Dopo che il Gujeto aveva osservato ,
che questo precetto e staccato, e non ha che far con cio che precede, non
■o perche si sia rispettato 1' error del traduttore ( ma si e fatto troppe altre
volte) che tbi ha volto namque s quando e particella asseverativa , o esple-
tiva . 11 senso a mio parere e questo . Dopo aver dato Esiodo precetti di a-
micizia stabile , e quando non sia , della maniera con cui debba riconciliar-
ji , passa a discorrere dell' amicizia sincera. A questa si oppone talora la
poverta . 11 povero ha bisogno or di questo or di quello , che son talvolta
fra lor nimici ; e discorrendo con essi , anche contro coscienza , da ragione
ad uno , che intemamente crede aver torto. Tal vizio vuole allontanar dai
fratello Esiodo. 2a (invece di <7a all' uso di Omero ) viov , il tuo animo non
aia mai smentito dal volto , c dall' apparenza . Taci piuttosto ; ma non fare
1' amico, non lo essendo ; o non dar ragione a chi ti pare aver torto. Una
bella orazione scrissc Lisia contro questo genere di amici , alia cui familia-
rita pubblicamente e solennemente rinunzio (c) .
71S. MxJe' ito\v%mov , [And' a^etvov xctXsiS-ou, Neque vero multorum hospes , neque
nullius hospes dicaris . Dici ed esse e una medesima cosa . Nell' Ecclesiasti-
co (d) pri xXm^mj 4'*"?°? > ne appelleris stisurro ; cioe ne sis ; modo anche fami-
liare a' Latini. V. Calpurnio all' Egloga III. pag. 475. 1 Greci interpreti , e il
Gujeto hanno interpretato ^vo; per amico in questo luogo ; il Clerc meglio
per ospite nel senso ovvio ; aggiugnendo , che inospitale non si dovea essere ,
perche viaggiando era troppo incomodo a chi non avea ospiti viver sempre
a sue spese ; e ospite di molti non si poteva essere , senza disastrarsi , es-
gendo di limitate sostanze. Vie un luogo di Aristotele (e) , ove il Filosofo di-
stingue, e c' insegna a distinguere la ospitalita dall' amicizia , spiegando
Esiodo ste.;so nel luogo , che abbiam prcso qui in considerazione .
(a) De Offic. I. 2 J. (b) Epist. 106*. (c) Pag. 109. (d) Cap. V. 1 6.
(e) De moribus Lib. IX. cap. 10.
44
250
y\6. M«JV kukuv ziuqw, neque malorum socius (esto). La sentenza e bellissi-
ma , specialmente per la eta giovanile. A questo riduce Plutarco il simbolo
di Pitagora /"»' ytutS-ou (JuXdviseov , ne gustes melanurum , cioe commercium cum
improbis ne habeto (a) .
lvi . jwmJ" i<r&'kwv y«xea-7»pa : neque bonorum conviciator . Comincia un altr'or-
dine di cose : del modo da tenersi con la lingua; e prima raccomandasi il
non dir male de' buoni . E la ragione par quella addotta da un Comico pres-
so lo Stefano (b) : 'Av?/f Jg 2S"S'°S aST'1* * i"'3"^ iron , nunquam odit vir bonus bo-
num. Questo era il peccato del brutto Tersite , aver sempre che rimprove-
xare a' migliori dell' esercito , ad Agamennone , ad Achille , ad Ulisse . E que-
sti con universale applauso de' Greci lo bastono , e lo fece piagnere (c) ; sic-
come Achille con applauso universale dell' esercito gli trasse con uno schiaf-
fo i denti , e il sangue , e la vita(ci) . Zoppo , gobbo , deforme , e per natura
nimico di tutt' i buoni.
717. Mjfdg m-or dXofxhlw etc. Neque unquam miseram pauperiem animum come
dentem homini sustineas exprobrare , Divorum donum immortalium ; ove il let-
tore rammentisi , che Jufov, o $6<th; e voce media; e significa largizione buo-
na e cattiva . Teognide , che spesso dilata cio ch' Esiodo disse piu brevemen-
te , ha dilatato anche questo sentimento (e) .
71.9. rA&j'o-s-wf to/ S-ttvau? o's etc. Linguae certe thesaurus inter homines optimus par-
cae;plurima vero gratia ,si modum servet. Gellio faunachiosaopportunaa questa
! sentenza, quando alludendo ad essa scrive cosi {f) : Hesiodus poetarum pru-
dentissimus linguam non vulgandam , sed recondendam esse dicit peri'ide ac
thesaurum . V e ne' Proverbj (g) una lode della lingua del giusto , in cui
parrebbe che avesse riguardato Esiodo, se il sistema del Bogano dovesse am-
mettersi : doyv t>o; irzirooufxivoi; yXuo-va. cf/xou's , argentum electum lingua justi.
721. E/ Si iLCfuov avrig etc. Quod si malum dixeris , for sit an et ipse majus au-
dies. Proclo cita un verso di Alceo di simile sentimento : a*' <kiroi% iu flg'Xa?,
d%i<7*t% id x.' & $-i\et$ , Si dixeris quae velis , quae nolis et audies ; e Tzetze ne
cita uno di Omero, che leggermente sbagliato si emenda cosi. 'Oiriro76v *' mttho--
•9-a gVof , mi ov x' gVaxaVauj {h) , Quale dixeris verbam , tale et audies .
722. Mnfi iro\u%elvis etc. neque in convivio , quod multi amid instruunt ,
sis morosus . Nel testo della mia edizione il punto e dopo hoivS . Mi piace
per6 1' ortografia, che difende l'Einsio, e che fa punto dopo avou . E' tenu-
ta da Ateneo (i) , e da' Gieci Scoliasti . E' insinuata ancora da Favorino ,
mentre spiega questo testo di Esiodo , e dice che Jv3-nrz\u<pz\os e sinonimo
di Jw-j-jcoXo;, difficile a venire benche pregato (k) • In occasione di essere pre-
gato, o invitatu , e anche consiglio di Lucilio , 1' esser pieghevole ; tit mu-
nifici ( che presso gli antichi signirico compiacenti ) comesque amicis nostris
(a) De liberis educand. pag. 12. (b) Pag. ipo. (c) Horn. Iliad. II. 266.
(d) Q. Calaber. I. p. <S8. (e) Versu iSS. (f) Lib. I. p. 110. (g) X. 20.
(h) Iliad. XX. ver. 2J0. ,{i) Lib. VIII. pag. 36^. (k) Apud Phavorinura
[V. #u?irzuQs\os .
25r
videamur viri (a) . Il pranzo di cui qui si parla non credo essere alcuno dei
conviti , che per certe feste eran celebrati da'Greci; come #*irva tpvXinxd ,
i conviti delle tribu , o &n[j.0Ti*.a. de' borghi , o tpfxr?tx.u delle curie, pe' quali
ciascuno portava la sua simbola (b) ; ove il malcreato chiedeva di potere in-
trodurre anche i figli senza pagar per essi(c). Esiodo par che parli- di que-
gli , che diceansi i^avoi, nominati da Omero (d) , ed erano conviti frugali ,
e a comuni spese aij fxas-Tos n xofttretcv , come dice lo Scoliaste di Omero , ed
emenda il Barnes.
723- 'Ex Koivs irXtiV" ^s /Ce2/5 , £&irdvtt r oXiytg- n . Ex communi ( quum comedi-
tur ) plurima gratia est , ec iumptus minimus . Quella sociabilita lega non
poco 1' animo de' circostanti , e fra la ilarita de' commensali si concilian be-
nevolenze, come nota Plutarco , si stringono amicizie (e) . Quanto alia spesa,
ch' era a' que' tempi tenuissima in Ascra , convien dire che fosse considera-
ble in Palestina, e che ivi si facessero con piu lusso , giacche Salomone
ne'Proverbj (f) vieta questi conviti a scotto appunto pel dispendio che re-
cano : Noli esse in conviviis potatorum , nee in commessationibus eorum qui car-
ries ad vesuendum conferunt: quia vacantes potibus , et dantes symbola consu-
mentur .
724. M«tJe itot i% w'Ss etc. Neque unquam mane Jovi libato nigrum vinum ma-
nibris illotis , neque aliis immortalibus . Come a' versi 3 38. aVea consigliate le
mattutine libazioni; cosi ora ne spiega il modo , dicendo che si facciano con
le mani pure , e lavate . V. il Brissonio nella formola manus purae (g) . Quin-
di Nestore (h) nel far libazione pel ritorno d' Achille , chiede acqua , e i ban-
ditori la portano . Per certi sacrificj piu solenni lavavasi tutto il corpo .
Tornando alia lavanda delle mani, Tzetze ci avverte, che fu un simbolo di
Pitagora, «f« xa-J-^faTf S-v'siv xe?Tl '• cioe (*■* d\\a piv @>s\&uv , afka £i dqclv ; la qual
notizia pu6 aggiugnersi al Valeriani , e al Giraldi , che dottamente ci espo-
sero quella mistica filosofia .
726". aVoiTTj/ss-/ &i r* d?d; , respuunt vero etiam pieces. Fa al proposito il co-
mento di Proclo , il quale spiegando la parola d?od dice , che sono enrcc^ai nu.1%
Sus-iou; , » tuIi; s-rrovJous in a<5 '6 \ucv cu , preces quae sacrificiis et libationibus adci"
nuntur . Ma qui ove si tratta di libazioni private, private ancora , e recita-
te in piana voce , e senza canto deon esser le preci che le accompagnavano .
727. M«<T dvr' neXioto rtr^aufiivo^ oy-^sf opix&v , Neque contra solem versus
erectus mejito . Sieguono alcuni precetti sul modo, la decenza , e il tempo
dell' orinare ; il qual luogo male inteso da Salmasio , quasi Esiodo voglia »
che solamente di nutte si orini , ne fu dal Petavio agramente ripreso ( i ) .
Clerc approva il parer del Petavio , e noi 1* abbiam seguito nella traduzione.
Laerzio fra' simboli di Pitagora quasi colle parole di Esiodo: tq»i'j iiXisv isr^afi-
(a) Reliquiae ex Satyr. lib. XXVI. p. 1 5i. (b) V. Potterum in Archaeol. grae-
ca 1.1. cap. p. (c) Theophr. charact. XI. (d) Odyss. I. pag. '. 5. (e) InPrtoem.
lib. IV. Sytnpos. pag. 660. (/) Cap. XXIII. ver. 20. (g) De formulis pag. 4.
(h) Iliad. IX- 171. (*') In miscellis exercitation. cap. I.
252
fiivov fxn iuix^'a) . Ove il Giraldi : Discipulos monet Philosophus ut omnibu?
in rebus } omnique loco pudorem verecundiamque servent .
728. Aw rap ivnv xi Su* etc. Sed etiam postquam occidit memor ejus rei usque
ad solem orientem , cioe o che il sole sia occulto , o che ricomparisca > si dee
usar riserbo nell' orinare .
72p. M>fV £v ofa t (Atir tx.ii{ ofS ■zspo^d.Hw spxVjfj , finf drroyu/jivuS-ag , Neque in
via neque extra viam inter eundum mejas, neque denudatus . In via vieta que-
st'atto per riverenza alia Dea Enodia , dice Moscopulo , e Proclo; fuor di
via semplicemente per decenza. Ove noto , che questa Enodia e uno de' molti
nomi , che chiese e impetro Diana da Giovej detta percio iroXvuvupin , di che
v. lo Spanemio(6) .- In vigor di tal nome , a Diana Enodia si dedicavano i
trofei eretti nelle pubbliche vie (c) , e il suo simolacro , o le tre sue teste
iti ponevano ne' trebbj , ov' era specialmente onorata , pei-che guardasse le tre
vie : uno de' quali simolacri di tre teste e in questa Imperial Galleiia . Hqofidinv
qui e camminando mvvpevos , signiiicato ben raro , come nota Polluee .
?3o. paxafav tb/ vux-res Icttriv , Deorum quippe nodes sunt. Reca Proclo una ra-
gione diquesto detto > ch'e approvata dal consenso degli altr'idolatri ; sicche
io non so per qual cagione il Grevio dica , che non est nauci . Ecco la ragione
di Proclo : quia tunc maxime fiunt apparitiones rieorum , propter quietem a vul-
go. Quintiliano (d) addotto dal Grevio medesimo in ischiarimento di questo
luogo : omnis religio templorumj omnis religio lucorumy quum tacuere mortalia ,
«t profani procul , errare sedibus tons , solitndine frui , et de suis dicitur exire
simulacris . Si puo aggiugnere ohe presso Aristofane (e) Esculapio visita di
notte i malati , e prescrive loro i rimedj opportuni ; e che Stazio addotto dal
Grevio stesso di tutt' i Numi brevemente asserisce jche si dile'ttano delle ter-
rene cose in tempo di notte :
sub nocte silenti
Quum Superis terrena placent , tua turba relicto
Labetur Coelo (f) .
73 1. 'EJfqueVo; <*" oyi -fraoj avwp etc. Sedens veto divinus vir et prudens , aut ad
parietem accedens bene septae caulae . II titolo dLdivino dato da Omero a Eu-
melo porcajo, si da ora da Esiodo a chi fa le sue necessita sedendo , o al
muro . Convien cercare in qualche Scoliaste come temperarlo ; e Moscopulo
ne somministra alcun altro vocabolo equivalente , come 0 $ea ivvoico txwv>
qui habet Dei cogitationem , 0 I vS-so? , qui Dei spiritu afflatus est , chi in somma e
di buon costume. 'Eifo|Uovo? vuol dir *a£»>evo? secondo le glosse sedens, quale
era presso gli Egizj il costume degli uomini a' tempi di Erodoto(g); e forse
di la era venuto, e conservatosi da' piu morigerati in Grecia.. L' altro mo-
do di orinar con decenza e , per osservazione ancora di Plinio , ritirarsi al
muro di chiuso cortile (h) : Hesiodus juxta obstantia {lotium) reddi suadet ne
(a) Pag.218. (b) Callim.Hymn. 3. p. I2p. (c) Anthol. graeca lib. I. cap. V.
epigr. 24. (d) Decl. X. (e) In Pluto vers. 708. (/) Sylv. 1. I. pag. IJH
{g) Lib. II. pag. <J4. (h) Lib. XXVI II. 6.
253
Beam aliqtiem nudatio ojfendat . Ed «'«'.»' traduciamo cordis; il che e secon-
do la spiegazione del Grevio , a cui pero non accordiamo, che sub dio essent
si fatte fabbriche, almen sempre . Anzi spesso si coprivano per difendere il
bestiame dagli eccessivi caldi , non meno che dagli eccessivi freddi : percio
Varrone cohors exterior crebro operta stramentis , et palea (a).
7?4. 'Ernji iixirtXaiov etc. Focum juxta revelato, sed caveto . Era il focolajo pres-
so gli antichi una cosa sacra , cioe un altare di sacrificj , e di libazioni do-
mestiche ; e percio degno d' ogni riguardo . Bella e la riflessione , che difen-
dendo Esiodo fa Plutarco, al riferire di Proclo , su questo precetto , che par
minuto troppo , ed esile : siccome non e gran lode , parlando , astenersi da' so-
lecismi , ma e gran vitupero 1' incorrervi ; cosi il non fare alcune cose non
e molto commendabile , ma il farle e assai biasimevole ; onde avvertirle, co-
me fa Esiodo , non e altro che bene .
73 5". M»-f' «iro fu<7<p>iy.oio m<pa etc. Neque a feralibus epulis reversus etc. <nx<po<;
e voce che ugualmente significa sepolcro , e cena ferale . In questo luogo dee
prendersi nel secondo significato , perche il Poeta l'oppone al convito degli
Dei; come bene il Grevio riflette : ma non dee escludersi , com' egli fa, il
primo senso ; perciocche era anche mal augurato 1' attendere ad alcune cose
quando uno avea v. gv. portati doni a un sepolcro , anco senz' avervi cenato :
anche quest' atto rendea 1' uomo funesto ; e avea bisogno di purgazione .
737. Mw^s vor devacov ironxuav etc. Neque unquam perennium fluviorum limpi-
dam aquarn tramitopedibus , prtusquamo> averis adspiciens pulcra flumina . No-
tabile e cio che osserva Proclo su le acque perenni: at nraXaioi etc. omnem quidem
aquarum speciem , utpote ad nutriendaa augendasque rerum naturas accommo-
datam veteres sacram putabaru : maxime vero perennes fluvios divinos crede-
bant , indeficientem Deorum substantiam commode imitantes . La orazione do-
vea farsi al Fiume medesimo , ed e verisimile , che vi si nominassero anco
le Ninfe fluviatili , come fa Virgilio (b) . La formola , che potrebbe aggiu-
gnersi al Brissonio , e accipe , o accipite secondoche al solo Fiume , o al Eiume
e a Lie Ninfe si fa la preghiera . II Cerda lo comprova(c), paragonando con
Virgilio e Sofocle , e Livio , e Stazio , e Nonno , e Properzio ; e ancora , sog-
"•iugne , vi si espiimeva cio che le circostanze di quel passaggio potevano
consigliare .
73p. X«fa; vi-^d/Jtcvo^ etc. Manus lotus amoena aqua limpida. Virgilio osser-
vantissimo dipintore di tutti i sacri riti dell' antichita , non fece , che il suo
Enea trasgredisse questo ; anzi nel luogo accennato cosi V esprcsse :
Surgit , et aetherei spectans orientia solis
Lumina , rite cavis undam de flumine palmis
Suitulit , ac tales effudit ad atthera voces .
Nymphae , Laureates Nymphae , genus umnibus unde est,
Tuque, o Tybri , tuo genitor cum numine sancto
Accipite Aeneam , et tandem arcete periclis .
(a) P.. R. lib. I. pag. \66. (b) Aeneid. VIII. 71, (c) Tom. III. p. l5<?. l5o.
45
254
742. MxtT diro <irtvTB%oto etc. Neque vero a- manu , Deorum in celebri convivio,
siccum a viridl reseca nigro ferro . Inarrivabile e la gentilezza della greca
lingua . Chiama la mano il cinque rami dalle cinque dita , che quasi rami
sorgon da essa : chiama secco quella porzione di unghia , che col ferro si se*
para dall' unghia viva, ed annessa al dito , che nomina il verde: metafora
propriissima . L' epiteto di ou$uv si da alle cesoje , o ad altro attrezzo di fer-
ro , o perche luccicante , o perche attivo a par del fuoco in vigor della tem-
pra , da cuSco candeo , uro . Cercare allegorie , come fanno i Greci Interpreti ,
in cose si piane , come si faria ne' simboli di Pitagora , e una vanita. Ne
altro , credo, intese Pitagora stesso quando vieto di tagliarsi l'ugne a' sa-
crificj : tra^d Sutiow (j.>i ovuxi£x [a j , se non rammentare a' suoi , che simili pre-
parazioni convenivano al di precedente } ch' e il sensoj che trova anche Plu-
tarco nel verso di Esiodo(£).
74.4. MxtJ'g ivot oivo^olw etc. Neque unquam vas, ex quo vinum fun d itur , pone
super craterem bibentium : perniciosum enim in eo fatum est sltum . Ho mutato
1' tirceum de' passati Interpreti in vas , persuaso , che gli antichi non si vales-
sero di orci per cavare il vino da' dolii , o da' crateri, e metterlo su le tazze;
ne che gli orci si mettessero mai sopra i crateri , se non per una bizzarria .
Oivoxir\ e cosa molto diversa dall' orcio ; e un bicchiei-e , o tazza , che ha
lungo manico , il qual preso in mano 3 e affondato nel dolio o nel cratere ,
se n'estrae il vino. Proclo male inteso dagl' Interpreti , meglio che altri ha
schiarito questo punto : 0 y.£v yd.% n^an^ ■zdp&xenz: x.otvo<; £v tcu<; f anri^ou^ • ex tfg <n$
Btvox<>n$ dquipwoi ivivev oi aiw^eiwSvng , crater communis statuebatu? in niensis;
ex oenochoe vero haurientes bibebant convivae . 11 cratere dunque era un gran
vaso a campana ; molti de' quali conservatisi ne' sepolcri , son venuti fino
a' di nostri ; e dal cratere collocato nella tavola si estraeva il vino, e si
ponea ne' bicchieri . Ovidio : Terra rubens crater, pocula fagus erant (c) . Ma
siccome ciascuno avea il suo bicchiere , e saria troppo sconvenevole cosa ,
che si tuffasse nel cratere ogni volta che si avea a bere ; cosi v' era un bic-
chier comune , onde si empivan gli altri, come vidi in un' urna etrusca ; c
questo chiamavasi oenochoe. Ho detto che questo era un bicchiere, perche
sotto questo nome ce lo esprime Proclo medesimo: oCvox.olw xt/a$-ov \iy*<?i , oe-
nochoen cyathum nominant . Ho detto che avea lungo manico, perche in altra
maniera non si poteva estrarre il vino quando era ridotto al mezzo , o al
fine del cratere . Era dunque 1' enocoe simile a' sirnpuli sacri , de' quali gran
numero e rimaso ne' musei , sennonche notabilmente piu grande .
74J. oXori ydq etc. perniciosum enim in eo fatum situm est. Lo spirito del
precetto , che gli Scoliasti si sono ingegnati di spiegare allegoricamente ,
non e che una superstizione anile ; delle quali anc' oggi in tanta luce di
lettere e pieno il mondo; ne han luogo solamente nel volgo , ma nel ceto
nobile ancora. Tal'e il non assidersi ad una tavola, in cui sian tredici le
(a) Inter Symbola num. 27. in Hierocle . (3) De Iside pag. 352. (c) Fa-
ster. V. ver. 522.
255
posatc Quantc piii superstizioni, e quanto piu credute erano a' tempi di E-
siodo ? Delle quali vergognandosi i Greci posteriori han procurato d' incro-
staile , riducendole ad allegorie .
74<J. Mxsfg' fapov ir'aiwv etc. Neque domum faciens imperfectam relinquito , ne
forte insidens super earn crocitet garrula comix . 11 Salvini inerendo al greco
«yeir/§Sf ok , che viene da i;e'» rado , polio, traduce :
Quando casa tu fai non lasciar buche ,
Che assiso non vi gracchi il cornacchione .
Tutto ci6 per mera superstizione: giacche Plinio (a) : ipsa ales est inauspica-
tae garrulitatis; a auibusdam tamen laudata ; cioe lodata nelle nozze 3 per le
quali era la voce della cornacchia di felice augurio; come dopo varj antichi
osserva il Cerda (b) .
748. Mn^' dtro xur?0lr^uv etc. Neque ab ollis nondum dedicatis capier.s (cibum)
comedito , neque lav a t or : quia et hisce noxa inest . Si fa questione in primo
luogo della voce xv^rqinrovt; , che vale olla co' piedi ; della qual forma al-
cuna ve n' e in qualche Museo ; e in tal senso 1' interpreta qui Atcneo citato
a.' v. 65j. e Moscopulo xur?°'7r<> '?''"' dvri to %ufcov .
Si controverte in secondo luogo il significato della voce dveirtf ? iamv , voce
composta dall' a privativo , da &W , e da $iX,<>> sacrifico , e percio un di quei
f nvvS-nzi composti di tre voci, che son rarissimi presso Omero, come nota
il suo Scoliaste , ed il Barnes nella lliade XXIV. £40. e XXII. 528. II senso
ovvio , che noi seguiamo e, che siccome gli antichi usavano di non mangia-
re se non da' vasi consacrati con la libazione ; onde la gran patina di Vi-
tellio chiamata per ischerzo clypeus Minervae , fu dedicata prima di metterla
in opra (c) ; cosi si parli di una libazione, con cui sia dedicato il caldano ,
o 1' olla di cui si parla . Ma Plutarco , secondo che scrive Proclo , da una se-
conda sposizione, e 1' intende de' quotidiani desinari, e delle quotidiane la-
vande, e vuol che questo sia il senso di Esiodo : non prender cibo , o Per-
se j prima che abbj libato agli Dei qualche parte del contenuto nel cutro-
pode. Mi sia lecito di rifiutare questa spiegazione , perche porta seco una
servitu intollerabile .
Si controverte in terzo luogo il senso di quella voce dveXovm, che Samuel
Bochart (c/) seguitato dal comune degl' Interpreti spiega rapiens, e vuol che
sia detto di coloro , che senz' aspettare che le carni del sacrifizio sian finite
di cuocere , le strappano dalle olle, e ne mangiano ; della quale ingordigia
e accusato Vitellio Augusto (e) . Ma non vi e bisogno di ricorrere a questa
rapina; mentre d.'tXovm ci e spiegato per \xfiovm nelle glosse di Loesnero , e
in Omero di'SXia. rf' ?o-' uviXovre; (f) , non puo spiegarsi ne non praemia aequalia
capientes ; onde siouramente ho mutato il rapiens in capiens . Senza che du-
rissimo mi pare ove 1' autore dice olle non santificate intender olle , il cui sa-
crificio non e compiuto .
(a) Lib.X.c. 12. (b) Tom. I. p. i<?o. (c) Svet. in Vitellio p. 530. (d) Hieroz.
Part. I. lib. II. cap. 5o. (e) Svet. ibid. (/) Iliad. 4. ?36.
2&6
ySo. M»J' eirt a'x.r»Ttii(Ti xct$-i'^etv etc. Neque super immobilibus locnto (non enim
bonum est) pacrum ehuodece'nnem , quia virum inertem facit , neque dnodecim
me isium: aequale et hoc est. E' questo un precetto , ohe tutto riguavda la sa-
lute de' fanciulli . E per tale 1' ha inteso Plutarco nel Conv. p. i 58- \xT%f*-o<;
yd? 'HfioSof etc. Medians enim Hesiodus , neque indiligenter , neque imperite de
victu , et urn vim , deque vi> tute aquae, et balnei di sputa ns , et tempore nndie-
bi\s congres^us , et sessions puerorum . E Proclu : Plutarchus ait sinere non opar-
tere , ut i ecens natl sine mntu sint , et in immobilibus colloctntur ; fiunt enim im-
becilliores : sed movendi maxime sunt ; e siegue a dire , che vi sono alcuni
letticciuuli , o curie agitabili , delle quali si puo servire . Ma ancora questo
de' fanciulli di dodici anni ? Per questi basti il precetto generale di non
collocaili sopra immobile seggio , in guisa che non possan far moto , come
farebbe chi messigli ad un' arte sedentaria , pretendesse di tenervegli im-
nvibili tutto il giorno. DLr co' varj Interpreti , che qui si vieta il metter
bambini a seder su la terra , perche non vengan men fovti , e un opporsi alia
contraria esperienza de' villanelli . Dir che qui si vieta di fargli seder su' se-
polcri > su' termini , su gli altari , e fin su le leggi , perche cose immobili ,
e un mettere a tortura 1' ingegno per provare il falso . Perche laceomanda-
re questo riserbo non agli uomini, ma a' fanoiuUi di un. anno o di dodici?
753 MnJi yajuoux-eiw Xour^u etc. Neque muliebri in balneo corpus abluito vir :
aravis enim suo tempore erit et hujus rei poena . Questo ancora e precetto
medico , avvertito dal Mercuriale nell' Arte Gimnastica (a), da cui dopo aver
citato Esiodo conchiude : ubi et feminaium lavationes etiam antiquities apud
Graecos distinctas fuisse , et viris eas ingredi ob salubritatem vetitum apparet ;
cio che Plutarco ancora avea avvertito, ma piu oscuramente . Proclo mol-
to apertamente : Ex corporibus mulierum quacdam effluvia manant , quibus ra-
pid viros foedum est. L' Einsio crede tal precetto fatto pe' bambini ; e vor-
ria trasportar questi versi al passo di sopra, ove. si fa menzione della eta.
di dodici anni, e innestarli quivi : non riflettendo che il Poeta dice dvi-
f«, non TcaJcc, Anche Clemente V Alessandrino (&) l'intese generalmente di
qualsivoglia eta; la ove riferito il lui>go di Esiodo , si duole che a' suoi tem-
pi fossero x.otvd dviquetv }$ yujvout,! tbc (ixXajzict . Veggansi i suoi comentatori ,
e le autorita che adducono per provare , che anco in Roma era questo disor-
dine , riparato , ma temporaneamente , da Adriano, Antonino , e Seveio ;
poiche fu rinnovato sotto 1' infame Eliogabalo ; di cui Lampridio nclla storia
Augusta : in balneis semper cum mulieribus fait (c) .
jSS. f*n<F it?o?Tiv etc neque in sacrificia accensa incidens reprehende area-
n a : Deus quippe et haec indigne fert . Inclino a credere cio che 1' Einsio sup-
pose nel numero precedentc ; cioe che i Grammatici nimium misere trunca-
rnnt , rnutilarunt , auxerunt , transposuerunt olim tanquam vtdtures quid am,
Homerum et Hesiodum . Non vi e passo in Esiodo piu fuor di luogo che quc-
(a) Capite 10. {b) Paedag. 111. pag. 27$. (c) Hist. Aug. pag. 870. Xiphili-
nus inter Historicos graecos Romanae Historiae . Tom. 111. pag. 447.
257
sto Nulla combina con cio ch' e detto ; nulla con cio che vien dopo ; e vi
era luogo opporbunissimo a questo insegnamento dopo i versi 749. Che che
gia della disposizione , il significato e ambiguoj come notano gli Sooliasti ;
potendosi prendere difuXa invece di ciJ>i\u<; occulte , e nel propiio senso oc-
culta. Occulte vuol dire in cuor tuo . Occulta possono essere i mistevj stessi ,
di cui non si possa a chi vede render ragione; e nondimeno chi gli vede
dee n<>n riprendergli , ma venerargli . Questo piu verisimilmente c il senso
del preoetto , il quul tende a salvare tutt' i riti del gentilesimo , e a rispet-
targli , comunque stiani. E certamente ve ne dovean essere de' superstizio-
sissimi, e degni di risa , come raccogliesi da' profani stessi. Uno di essi
sorpreso per accidente3 come appunto porta la voce xuft'trag , cosi parla a co-
loro , che lo avevan sorpreso: Pro'endo igitur ad genua vestra supinas ma-
nus ; petoque , et oro , ne noctur/iai religiones jociim risumque faciatis , neque
traducere vehtis tot annorwn secreta , quae vix ulli homines noverunt (a) .
756. flga'j ri invece di %zi% vu t< e in quasi tutt' i Codici , e 1' edizioni
notate al verso 12.
757 M»efa iroT iv tnpoy_o^ etc. Nee unquam in alveo fluviorum mare irifluen-
tium , neque super fontes mejito: quin valde evitato . Neque vent rem exonera J
id emm nihilo est melius sicfacere: Proclo e Moscopulo dicono , che Plutarco
togliea questi versi da Esiodo come indegni del magistero delle Muse; ma
essi scusan 1' autore , dicendo che probabilmente ebbe in mira i piu volgari ,
che non si guardano da tai cose. Nel resto Plutarco (b) dice, che Crisippo
avea SCrittO xccXoUt; fx-v uir<X\oqzvetv tbv YiriaSoj «; troiufjibg i(Ctf xpyW; afeiv ,recte ve-
tare Hesiadum in fluvios , et fontes mingere , autorita che prova , che infino
da' tempi di Crisippo questi versi eran tenuti indubitatamente per suoi: cio
che forsc ha indocto il Sig. Brunck a risparmiargli . Potrebb' essere , che il
Poeta avesse tal riserva verso i fiumi attinta da'Persiani, ch'erano a' suoi
dl la pia colta forse nazione del mundo ; di cui dice Erodoto , che non solo
non orinavan ne' fiumi , ma ne anco vi sputavano; e che veneravangli sopra
tutte le cose c) • Tralascio la spiegazione pitagovica di Tzetze ; giacche men
pitagorica non puo essere : lo stesso fa troppe altre volte.
760 &£' tfJetv- tS'eivn'v Si finowv utraXtijto <p>iulw, Sic facitoi gravem vero mor-
tal ium evitato fa mam ■ GV Interpreti greci considerano quell' <ud" t?Jet come
un epilfgo di tutto il detto fin qui su la dicevolezza dclle azioni; quasi di-
cesse : in somma in ogni ufizio verso i dome.stici , e gli amici , e gli ospiti ,
e gli Dei proccdi colle misure predette; e guardati che non si parli sini-
• tramente di te . Anche il Savio raccomanda : Cur am habe de bono nomine:
hoc enim mugis permanebit tibi qnam multae divitiae pretiosae et magnae(d) .
761. Q»'un >a'p te xttmJ nriXitax etc. Fama enim mala est , quae celeriter quidem
txcitatur facillime , molesta vera poitatu, difficilibque depositu. Virgilio nel IV.
dell' Eneide {e) dilato a maraviglia questo sentimento; e fece una descrizio-
(a) Pctr. Arbit. Salyr. pag. 5o. (b) De Stoicorum repugnantiis pug. 104S.
(c) Pag. 37. (dj Eceles.XLI. iS . (e) Versa 174.
46
258
ne della Fama- , che si riguarda come una delle piu belle di quel poema , tutfca
poetica, tutta degna di lui . Ne prendero qualche parte che illusfcra il poeta
nostro ••
Fama , malum quo non alirtd velocius unquam . . .
Tarn ficti pravique tenax , quam riuntia veri .
V. ancora Ovidio nel XII. delle Metamovfosi , e Stazio nel III. della Te-
baide , e Nunno nel principio del libro XV11I.
7(53. *»«» <*" » rii irafxirca/ dnriWviai etc. Fama vero nulla unquam protsus
pent, quam multi quidem populi divulgant . I molti popoli che divulgano una
fama dieder motivo a Virgilio di quelle gaje finzioni :
Monstrum horrendum , ingens ; cui quot sunt corpore plumae ,
Tot vigiles ocuh subter {mirabile visu)
Tot linguae, totidem ora sonant , tot subrigit aures .
I citati versi di Esiodo passarono in proverbio presso gli antichi , ed erano
in bocca di ognuno , dice Aristide (a) . Essi porsero un luogo oratorio a due
gran dicitori di Grecia (b) Demostene ed Eschine : essi formarono ad Aristo-
tele una prova dell'autorita chc risiede nel consenso delle genti (c) .
764. bios vtJ' Ti? i<rTt *&>, uv'th , Quippe Dea quaedam est et ipsa . Questo par det«
to per provare la perennita della Fama, ch' essendo Dea e immortale. Prova
ancora , secondo Moscopulo , ch' ella ha multomm hominum consens<<m , et
assecutionem veritatis . Di fatti per credere alia Fama, di questo argomento
si valse Libanio (c/) : 'Evig-^ov p.iv etc Fidem habebam ipsis nuntiis qui Ari-
staenetum optimum orator em esse ferebant: quum autem ipse veniens piaesew
tern se sisteret et splenderet , fumam vere Deam esse deprehendi . Sinesio (e)
prende a scherno questa veracita della Fama accordatagli da Esiodo per es«
ser Dea , e potea pure prendere a scherno Marziale , ove dice :
Credo tibi : verum dicer e , Fama , soles [f) .
Ivi. Questa Deita Esiodo nella Teugonia non la conobbe ; nelle Opere e Gior-
nate la da per Dea, ma non ne tesse la genealugia. Al che han supplito al-
tri . Libanio la fa iiglia di Giove (o) ; Virgilio piu giudiziosamente :
lllam Terra parens ira irritata Deorum
Extrcmam^ut perhibtnt , Coeo , Enceladoque sororem
Progenuit (h) .
Fu dunque dalla Terra partorita in odio degli Dei, sorella de' Giganti , e co-
me tale , aggiugne Valerio Flacco , Giove non la vuole in cielo, ma la lascia
nel mondo a confusion de' viventi :
ilia fremens habitat sub nubibus imis ,
Non Erebi , non Diva Poli , terrasque fatigat
Qua datur ( i ) .
J6S. vH««w J" s'x Jidbcv etc. Dies vero ex Jove observans , bene secundum de~
(a) Plutonica II. p. 24P- (b} De falsa legatione pug. 33o. (c) De moribus
VII. c. 4. id) Epist. 1002. (e) Epist. 44. pug. ic 1. if) Lib. Vll. pag. 32?.
(g) Epist. ,972. fh) Aen. IV. 178. (f) Lib. II. vers. up.
259
corwn praecipe serwis.il libro de' Giorni e distinto in alcuni Codici ,e in alcu>
ne edizioni , dul libro delle Opcre . Cio e dovuto a' moderni Greci ; giaoche i
piu antichi non fecero tal distinzione , e citando quosto lavoro di Esiodo ,
dicono tv i^yoii;, ovvero t'v c*p>o/{ >&} fiui^cti^^ ecco per qual ragione 1' Einsio e
il Grevio tolgono tal divisione , siccome fa pure il Fabricio (a) . Nei resto
niuna parte di questo lavoro e men utile che quella delle Giornate . Sono
in essa raccolte le osservazioni non si sa se provenute da' Caldei (a quibus
dies, tanquamut Chaldeis petebatur (b) ) , o se da altra nazione , dalla Fenicia
v. gr. o dalla Egizia , o fatte in Grecia stessa su la felicita , e infelicita di
alcuni giorni del mese rispetto a certe opere specialmente di agricoltura ,
per cui Esiodo vuole, che i servi le imparino. Ad altre cose ancora serviva
la osservazione de' giorni , come si raccoglie , fra gli altri , da Petronio , il
qual nel Triclinio di Trimalcione dice , che v' era una dipintura co' sette
pianeti, e la lunajef qui dies boni , quique incommodi essent , distingttente
bulla notabantur ■ c) .
Ivi . Anche i Pagani piii accorti han derise queste follie , come Plutarco
nel Cmamillo , Sesto Empirico nell' opera contro i Matematici . Dico follie le
cose di astronomia giu'diziavia ; non le fisiche , nelle quali qualche parte
puo aver la luna, che agisce ne' corpi sublunari , secondo Aristotele (t/) e i
filosofi antichi, per via del maggior caloie o del maggior freddo , che fa
a luna crescente o a luna scema ; dal qual principio partendosi Gio. Pro-
tospatario ha fatto sopra le Giornate di Esiodo il commento che ci rimane .
Virgilio pure sulle tracce di Democrito (e) osservo i di della luna , ma come
nota Servio, assai piii brevemente di Esiodo (/) . L' Alamanni ancora della
luna discorse , ma poeticamente iinse , ch' ella
. . . quante ha nel Ciel erranti o fisse
Studj di visitar , e cio che in esse
Trova di bene o mal , lo versi in noi (g) .
Gli effetti della luna si ripetono dalla pressione specialmente ; ma non e
questo luugo da favellarne .
766. Tfinxxocc (ikoos dpiglw etc. Tricesimam mensis optimam ad opera inspi-
cienda , demensumque dividendum . L' Economo di Senofonte visita i lavori
de' servi piu spesso, che una volta il mese: inrztfoiv $£ i\$aj si\ dy%ov etc.
quum autem rus venio, sive qui mihi senility sive novales insti uunt , sive semi-
nant , seu fructus important , inspeotis omnibus quo pacto fiant singula, corri'
gendo concinnius facio etc.{h) 11 compito ( demensum) e quella misura di
vitto, che si dava a' servi : i Greci par che lo pugassero al fin d' ogni mese ,
i Romani al principio. Plauto (/) :
Voi meministis quot calendis petere demensum cibum ;
(a) Bibl. Graec lib. II. cap. 8. (b) Cicero pro Murena. (V Satyricon.
pag. p3. (d) De generatione animalium lib. 11. c. 4, (. ) Plin. lib. XVIII.
cap- 32. (f) Geoig. I. vers. 276. ubi ad verbum recital hos tres versus
(g) Coltivaz. lib. VI. v. 36- (h) In Oecon. p. 85o. {1} In Sticho Act. I. sc. 2.
2 do
il che era quattro moggia di grano , secondo Donato (a) , a cui Seneca un
allro moggio aggiugne , e cinque denari : Servus est ; quinque modios aciipit ,
et quinque denarios (b) .
768. Et/V dv dXuSstlfju Aao/ x-ftvovres uyavtv , N'jmpe cum popttli veram triacada)
judwantes agunt . Questo senso han dato saggiamente gli Scoliasti al verso
di Esiodo; ed e il senso, come pare, che gli diede anco Plutarco , e Lutta
1' antichita La cosa e manifesta. I Greci avean bisi'gno di tenere in un
certo equilibrio 1' anno sulare di 36S. giorni , e un quarto , coll' anno lunare
ch' e di giorni 554. in circa; altrimenti il Giugno saria coll' andar del tempo
caduto nel iitto verno, e il Gennajo di estate , come Gemino racconta essere
avvenuto agli Egizj per aver trascurato il quarto di un giomo, che annual-
mente avanza dai 365. di . Altronde l'Astronomia vagiva ancora , ne vi era noti-
zia piena ne de' giorni che costituiscono 1' anno sulare , ne di que' che comp< n-
gono 1' anno lunare: onde con osservazioni fatte cosi alia meglio , e in di-
grosso s' intevcalavano dove piii e dove men giorni, dove un intero mese lu-
nare , e dove una parte di esso ; in alcun luogo ad ogni biennio, in altro ad
ogni triennio ; e nundimeno continuamente trovavano nuovi errori , e ricor-
revano a nuove intei oalazioni: permodoche il granPetavio ebbe a dire : Plu-
tarchtu pru (enter admonet in istarum return indaiiandis u^iginibus nimium sub'
tiles et exuetos esse non opo> tere (a) . Or ecco cio che dice Esiodo; essere ac-
concio il 3o. di ogni mese a rivedere i lavori , purche i popoli nun si rego-
lino in detcrminarlo da popolari pregiudizj , ma dalla verita delle fasi lu-
nari ; il che in tanta oscurita era difficilissimo .
Ivi ■ Xecoi x.?ivov7s$ ayuiTiv, populi jndic antes agunt. Lo Scaligero , e il Clerc
a questo parere fan guerra , e voglion piuttosto che si paili dell' ora , in cui
si da ragioiie dal popolo nel foro , o sia' del pieno giomo . C.intro tale spie-
gazione ho piu ragioni . La prima e che se dyziv e vci b>> di giudizio , molto
piii e di festa , dicendosi continuamente aytu eopra? , d-)nv h.i\jaia. ,e cosi iyuv
Tr/.nx.dtfct : secondo , non sono i popoli che giudicano , almeno ordinariamen-
te , ma i giudici, o i regi da loro eletti : terzo , se il trentc&imo di ogni
mese era cosi occupato in rivedere i lavori , e in pugaie il compito, non so
chi potesse eohvenire al Foro d' Ascra ; non i padn di famiglia , non i servi ,
non i contadini : ed io inclino a credere , che in paese si piccolo fosse piut-
tosto vacanza dal Foro, che azione di liti .
76"p. Ai'oe >a'j> »(Xi?ou etc. Hienim dies sunt Jove a prudente. II Gujeto vuo-
le , che di qui cominci il trattato delle Giornate , e che i quattro versi pre-
cedenti sieno spurj. Son pero in tutt'i Codici ; e niuno prima, ne dopo Gu-
jeto ha dubitato , che sian genuini ; neminen Plutarco, hemmeno Biunck,
i due piu seyeri giudici del Poeta . Angelo Poliziano a ragione confutato
dall' Einsio , e di paieie, che solo a' tie giorni prossimi debba riferirsi l'ap-
partenere a Giove . Gli antichi tutto ripetevano da Giove , cd alcune volte
lo nominano , dice 1' Einsio , e* 'rno^TK , di soprappiii, per usanza ; siccomc
(a] In Phorm. Terentii act. I. sc. 8. (b) Epistola 8l. (c) T. 1. pag. uJ.
2(5l
fa qui Esiodo , che poco sopra lo avea nominato , ma come autore de' giorni
in generale , onde da' Romani fu detto Diespiter, da' Salj ne' lor versi Luce-
tins , da' Cretesi n ri^i^a (a) . Ed ora torna a nominarlo come aufcor de' gior-
ni significanti .
770. Tifioiav £v?i, TETpa; it, >$ ifs&ofxn , itqav tifiettg , Primum, novilunium , quar-
tinque , et septimus >sacer dies. Convien premettere, per contezza delle cose
che deon succedere , la maniera onde i Greci divideano i lor mesi , e di-
atingueano i lor giorni . Ogni mese era diviso in tie parti , mese incomin-
ciante , mese medio, mese terminante . Dieci giorni avea il mese incomincian-
te , che si contava dalla nuova luna , chiamata iw ; cosi il due #evri?a i?ci-
tiivs , il tre Tf/w ig-etfjiivu } e in pari modo fino al dieci. Dopo dicevasi lepum ,
e i&jii^a , e %im /ues-svie^ , ovvero gVx tut*? , ovvero itri Jix-a fino al ventesi-
mo, che dicevasi ««'; , o axo;- h ■ e seguivano medesimamente dicendo ^>i»'w
inri axd^i , o «jj«'n tpSivovnx; , e cosi degli altri giorni fino al trentesimo ; o
»e v' era ampliazione , fino al trentunesimo j di che , come dicemmo , non
si puo dar regola generale . Un' altra maniera tien anche Esiodo , av-
vertita dopo Proclo da Moscopulo; ch' e di chiamare il mese i\dfxivov fino
a' di 20. e dipoi dire ■zdpa><m qS-i'vovib; f S&<riqn (pS/vovas etc Ecco come si conta-
vano i giorni del mese a' tempi di Esiodo. Solone , o secondo altri Talete,
vi fece qualche cangiamento. Nomind ivlui , ^ view , che han tradotto lun am
veterem et novam i e mostro di aver capito Omero, dove volendo indicate il
giorno del Novilunio disse [b) :
Ts fJttv <p$-tvovi3<; uiivof y to J1' itrrauivoto
Hoc quidem desinente mense , alio vero ineunte .
Voile di piii , che i giorni che seguiano il ventesimo si numerassero con or-
dine retrogrado fino al trentesimo; cioe il 21. ivvditi cpS-ivovnc. , nanus menus
abeuntis , il 22- iydouvt <p$ivovmc , octavus mensis abeuntis , e cosi nel resto .
Tanto dice Plutarco c) ; e Polluce , insegnando a contare i giorni, siegue
e insegna il metudo moderno(d).
Ivi. UfuTav evti etc. Verso presso Clemente Alessandrino pag. 71 3. con la
▼ariante t&j ififouov . lntrodotto da Solone il nuuvo mudo , si chiamo Nxulwia
il giorno che succedeva al trentesimo, chiamato da lui fvti rg\ via.. Questo
giorno era sacro per antichissima istituzione presso tutt' i popoli : quindi
la favola presso Eliano (e) , e Proclo, che la formica in quel di non fatichi;
quindi 1' usanza presso i Greci di non lavorare in tal di, anzi di premetter-
gli il digiuno, e la lavanda; inoltre con limosine si sollevavano i pove-
ri , s' intimavano sacrificj sulenni , si accorreva a' tempj a pregare per la
patria e per se (f) . Tanto raccoglie il Meursio da varj Classici , fra' quali
campeggia Omero . Cercasi a qual Nume. fosse sacra quella solennita . A' tem-
pi eroici pare che fosse sacra ad Apollo , nel cui bosco finisce la pompa ap-
(a) Macrob. Saturn. 1. cap. 1 5. (b) Odys. XIX. v. 307. (c) Tom. I. p. p2.
(d) Lib. I. p. 41. (e) Aelian. de animalium naturalib.I. c 22. (f) Meurs.
Graec. feriatae lib. V.
47
262
prestata in Itaca presso Omero (a) . Posteriormente pare che fosse sacra agli
Dei in genere (b) , e che fosse una di quelle feste , che chiamavansi fe>iae
publicae ; ma in modo particolare par che fosse dedicata ad Ecate , cioe alia
Luna; giacche la cena , che imbandivasi a' poveii in Alene , chiamavasi
Senrvoo Exa77f j (c) .
Ivi . !e?ov ti;j.*q , non vuol dir qui sacro giorno , ma fausto , come ben nota
il Clerc , paragonando questo verso al v.8i£- del presente p^emetto. Prosperi
son questi giorni secondo i numeri pitagorici , e platonici , de' quali fecero
conto anche i PP. della Chiesa; perche parte di quella hlosofia , che profes-
savano essi , e i luro avversarj altresi . Conosciutane la vanita , bastera
dame a' lettori un breve saggio. L'unita ch' e contenuta in quell' £-Ai , e la
celebre monade ; di cui basti dire cio che ne dice Macrobio (d) : Haec monas
initiam finisque omnium, neque ipsa principii aut finis sciens , ad summum re-
fertur Deum . Quanto al numero quaternario , Esiodo lo fa sacro in tutt' e trc
le decadi ; cio che prova non essere stata Pitagora il primo , che lo mettesso
ih onore.E tanto fu in onore presso i Pitagorici, che il massimo lor giura-
mento era pel quaternario : n $i xaAs/ue'vw Ts-rpaxTj/'j /uiyt^oc H'v o?xo; , dice Plutar-
co (e) , a cui consente Macrobio nel luogo citato. La sua prerogativa cunsistc
in questo . Pitagora stabiliva la decade per numero perfetto , e similmente il
quaternario , perche in esso la decade si contiene , giacche computandosi i nu-
meri , che lo precedono , ed aggiugnendusi esso, viene a formarsi il dieci cosi 1
La prerogativa poi principale del sette e questa ; che sia quasi senza madre, 2
percioeche da niun numero e generato come gli altri , facendo due e due 3
quattro, trc e tre sei ; ma non procedendosi al sette se non per via di rotto 4
o di mezzo . E' anche vergine , perche dentro la diecina niuno ne genera ( f ). To
Per altre innumerabili prerogative S. Agostino (g) il chiama perfetto , Filo-
ne(/i) protesta> che non puo lodarsi a bastanza , Varrone (i) presso Gellio
trova il settenario nel Cielo , nella Terra , nelle opere di natura , e di ar-
te , ed in tante di esse, che il leggerlo fa maraviglia. E pur tante non ne
addita quante Fabio Paolini ne' sette libri sul Settenario , editi in Venezia
nel i58p. che bastici aver nominati .
771. Tm yd? ''AtroWavx etc. Hoc enim ApoUinem ense aureo arm at um genuit
Latona . Nacque Apollo nel di 7. del mese Bisio , primo mese dell' anno Del-
ficoj o del Targelione Ateniese [k) , nel qua! giorno i cittadini di Atene ono-
ravanlo , dice Proclo , lawum gestantes , coronantea canistrum 3 et Deum hymno
celtbrantes . Ne solo a' di 7. del Targelione , ma d' ogni mese , nel qual senso
e chiamato da Eschilo (Z, ifcfotxayims , septimi diei (cujusque novi mensis )
praefectus i non gik di ogni settimana , come per zelo del Sabato interpre-
(a) Odyss. XX. 278. (£>j Plutar. in quaest. Rom. torn. II. p. 270. (c) Schol.
Aristophanis in Plutum pag. 3o. (d) De somnio Scipionis lib. 1. p. 3p. (e) De
Iside et Osiride torn. II. p. 38i. ( f) Hierocles in Aurea Carmina Carm. 47.
(g) Quaest. in Exodum. (h) De Opif. Mundi pag. 28. (i) Lib. 111. cap. 10.
(h) Laert. in vita Platonis pag. 70. (/) Septem ad Theb. v. 73.0.
2 63
tano Clem. Alessandrino , cd Euscbio Cesariense (a) . V e un'altra ragione ,
onde il sette sia dedicato ad Apollo , 1' esser numero armonioo , essendo sette
le vici che compongono 1' armonia , onde Virgilio citato altrove parlando
di Oifeo.Z)):
Obloquhur numeris septem discrimina vncum .
Ivi. ^vs-dofct dulla spada d' oro e epiteto Omericano e di Virgilio, che il
rese armatum auro (c) ; sebbene anco 1' arco e la faretra , a detta di Callimaco ,
ha d'oro ; anzi d' oro hail vestito , e la fibula , e la lira, e i calzari (d) , di-
cono , perche figurato nel sole. Intanto notisi, che a tempo di Omero , Apollo
era rappresentato con spada ; ne' secoli posteriori amaron gli artefici di armar-
lo d'arou e di saette, inerendo credo ad Omero nel principio dell' lliade .
772. 'Oj-^sjt/ t' , iycim ie etc. Octavatjue at nana, ambae dies mentis egregie
crescenti* ad curandum opera mortalium . II numero ottavo , non meno che il
settimo e crcduto pieno da M. Tullio (e) : Nam quum aetas tua septenos octies
solis anfractus, reditusque converter it ; duoque hi numeri, quorum liter que ple-
nus , alter altera de causa habetur , circuitu naturali summam tibi fatalem con-
fecerint i in te unum , atque in tiium nomen sese tota convertit civitas . La pre-
rogativa del numero otto e 1' essere primo cubo ; come lo denominano Cle-
mente , Plutarco , Eulogio , Capella citati da Meursio al capo 10. Per com-
prendere il mistero di questo cubo , basta far conto che il quattro non sia
che una superficie chiusa entro quattro punti ; a cui aggiugnendone sopra
altri quattro, venga a fare otto; ed ecco formato il cubo, o sia il corpo so-
lido misurabile per tutte e tie le proporzioni , in lungo cioe , in largo, in
profondo . La perfezione anco di questo numero comprovarono colle otto sfere .
Ivi. 11 nono era in uguale o maggiore onore che l'otto. E Platone morto
per l'appunto in eta di Ji. anno , ch' e formato da nove vie nove , fu percio
riputato da' Magi, che a caso si trovavano in Atene , qualcosa piu che uo-
mo , e onorato con immolazione afoggia di Nume , o di Eroe almeno (/). La
perfezione di questo numero, dice Eulcgio , sta in questo; ch' e il primo
quadrato , perche risulta dal tre moltiplicato per tie ; ed e il primo quadra-
to , che risulti da numero impari , piii degno del pari, secondo i Pitagorici,
che lo chiamarono a'suwas^come dice un alti'o comentatore . Giovanni Pro-
tospatario aggiugne , che questo numero era in onore presso gli antichi in
vigore delle nove Muse. Virgilio diversamente da Esiodo , ma non men su-
perstiziosamente :
nona fugae melior , contraria furtis (g) .
774. Ev£tx.uT>t T3 , $uu&it.a.T4 n etc. Undecimwi veto et duodecimos , ambo qui-
dem boni , hie quidem tondendis ovibus , die vero laeris segttibus metendis; duo-
decinnts tamen undecimo multo melior. Per mictere , Varrone approva tutto
il contrario : quaedam jacienda in agtis potius crcscente luna , quam senescen-
(n) Strom. V. pag. 713. et Praep. Evang. X11I. 7. {b) Aen. VI. vers. 646.
(c) Aen. III. v. 517. (</j Hymn, in Apoll. v. 32. (e) De Somn. Scip. pag. 5.
(f) Seneca epist. 5$. (g) Virg. 1. Georg. v. 280".
264
te; quaedam contra, quae met as, ut frumenta et caeduam sylvam (a) . Plinio
al cuntrario phi confurmc ad Esiodo asserisce , che i grani mietuti a Luna
crescente , qual' e nell' undecimo e duodecimo di della Luna , nell' aja ricre-
scono : Crescente enim luna fmmenta grandescunt (b) .
Ivi . Quanto alle lane , Varrone e di parer conforme ad Esiodo : Ego ista etiam ,
inqitit Agratius-i non% solum in ovibus tondendis , sed in meo copillo a patre
acceptum servo-) ne decrescente luna tondens calvus fiam (c) . Notisi il verbo
"B-axs/i/ , che propriamente signiiica vellere ; ma qui e x-sifsu tondtre, secondo gli
Scoliasti di Esiodo , secondo quel di Teocrito ( v. 98. ), secondo Esichio . Da'quali
raccoglie Clerc , dopo Bochart (d) , che 1' uso di carpir le lane alle pecore ,
benche fosse a Roma una volta , mai non fosse in Grecia ; e che quivi sem-
pre le tondessero col ferro .
777. Tw ydf tbi v£ etc. Hoc enim net fila in aere suspensus araneus . ds^s-iirc-
•whs aja^fwj. 11 dotto Catullo emulo questo verso: Ne tenuem ttxens suhlimis
aranea telam (?) . Suidaeil grand' Etimologico notano , che il nome di d%d%vr<;
quando ev di genere maschile e 1' insetto , quando di femminile e la tela, che
tesse . Contraddice a quest' asserzione Eliano col fatto , scrivendo : t»v Si
d?d%vluu v (f/vs'ii; a-op>ii/ «j i \uqyiatr iS-nnttiqync-i , araneam vero natura sapientem
ad textrinum opus instituit (f) • II che e piu secondo Aristotele , che il la-
voro e Ja caccia, e cosi il piu. ascrive alia femmina; e al maschio il solo
godere insieme colla femmina della preda : efyd^ereei Si ^ -5-xpsW * S»\eta. , #
S' dfflw o-VMUiroXduH (g) .
778. 'Haauf ix. ttXhs j Die adulto . E' ambiguo , onde 1' abbiamo reso anche
ambiguamente . 11 Gujeto seguendo i greci chiosatori, spiega quel irXg/a#
giorno estivo ; giacche le giornate d' inverno sono dimidiate . Lo Scaligero al
contrario ed il Clerc spiegano en plein jour , verso 1' ora del mezzo giorno.
Se ho a dire il parer mio , la prima interpretazione mi sodisfa piu che la se-
conda , perche le mosche e gli altr'insetti onde i ragni vanno a caccia son
frequenti nella state ; e cosi facili a guastar le lor tele , e ad impegnargli spesso
a rinnovarle . Dico spesso , perche non e vero , che sol d' estate lavorino, e
come Proclo si esprime , a Luglio e in Agosto , quando le giornate son lunghe
assai ; molto meno e vero, che aspettino 1' undici e il dcdici della Luna, c
l'ore piu calde. Basta disfar le lor tele per vedergli subito in opra a rimet-
terle in ordine : e'a'» Si t/j XufJttjvuroa ii d^a^vi'a , irdXtv a^liat <n$ ulpiig , quod SI
quis laedat opus aranei , it enim. texturam inchoat , dice Aristotele.
Ivi. ots r iSqjls (rafiv dfxurou , quando et prudens (formica) acervum colligit .
Ecco un'altra ragionc , che impugna la sentenza di Scaligero e del Clerc.
Le fatiche delle formiche si fan d' estate, e non sono legate ad ore calde,
dicendo Plinio (h) , che operantur et noctu plena luna, cio che scrivon anco
Aristotele , ed Eliano citati dall'Arduino. E' degno di osservazione il nome ,
(a) De R. R. 1. 37. (b) Lib. XVIII Jo. (c) Ibid. (of) Hieroz. P. I. lib.
II. c. 4^. (e) Cavm. LXV1I v. 4*. (/) Lib. I. pag. 28. (g) Histor. Animal.
IX. p. 718. (h) L. XI. cap. Jo.
2(55
onde in Esiodo e chiamata la formica quasi per eccellenza '<?&$, e vuol dire,
come interpretanoProclo e Tzetze , e>Tr«?oj 5 cioe prudens , ch'c quel che disse
Virgilio inopi metuens formica senectae .
779. T» <P ifov g-Tta-oaiB ywii etc. Et hoc die telam ordiatur mulier , et inchoet
opus. i$lv s-iirxiTB propriamente vuol dice jugum erigat . Esichio /r»'?> ib o?S-ov
%u\o; wf vsw'f y&j ib iltpavTix.oi' , est rectum lignum navis , et textoiium . Allude
all' antico modo di tessere . Collocavano due legni per ritto , a' quali racco-
mandavano lo stame perpendicolarmente , che appunto diceasi ^»fx<av dird vi
S-wctw, come in latino stamen a stando: dipoi ritte con una verghetta termi-
nata in una punta vi andavano intrecoiando orizontalmente la trama sub-
temen; cominciando dall' ima parte , e salendo sempre verso la cima , e cam-
minando sempre. Quindi Artemidoro: Tela recta mutum et peregrinationem
{in sumnis) significat , textricem entm deambulare oportet(a) . Vedesi tal fog-
gia di telaio nel Codice di Virgilio del secolo VII. che fu al Vaticano , ed e
ripoitata da Monsignor Ciampini fra gli antichi monumenti (Z>) , e dal P. Lu-
pi nell' epitamo di Severa(c;.
780. Mufaj cf l^a.^xida T^/.a-x.ouJ'ix.ccrluj dXiaa-^cu etc. Mensis veto inchoati decimo
tertio caveto seme ntem facer e invipias : plantis educandis autem optimus est- 11
mese incominciante nun passa il dieci nel computo pi 11 recente ; a' tempi di
Esiodo arrivava al venti ; ma vi era ancora l'altvo computo di /"es-Bvraj , come
sopra dichiarammo . 11 rp/s-xsaei'sjiaW I^afxiva ( e lo stesso potria dirsi di simili
numerazioni ) e frase esiodea. La giornata, dicon gli Scoliasti , e Plutarco,
8 soggetta al soverchio umore , opinione , che segui anco Y Alamanni (c£) :
Quel che siegue costor, contrario al seme
E secondo al piantar : che '1 troppo umore
Come in quello e nemico , in questo e caro .
781. ev^fi-^cto-dtiu (non ix.T?i^ao-Sou (come contro la fede di quasi tutt' i co»
dici vuol Gujeto ) c dubbio se voglia dire innestare , o allevar le piante ; on-
de il Salvini usa 1' una e l'altra voce. Secondo Moscopulo e allevarle . eig
to ev9-fe-{K?$ou , vytsv , die' egli , 'Kiqftd'h^ajt. » r&\ fl^d^lai dva.Si,'OJL Veiita-ou dqiavn ,
i. e. ad circumfovendas , et ad efficiendum ut germen emittant optimus.
782. *E»w d" » nio-an etc. Sextus vero medius valde incommodus est plantis .
Guasto e il luogo di Polluce , per error di stampa , ove cita questo verso (e),
e dovea col Sebeto rassettarsi cosi : 'Hs-zWoj fiiv t*.rlw /uia-lw <pn<rl y rtu g-KTHv ?&j
ttxctrlw \iyuv ; piuttosto che condannarne 1' Autore , come fa Clerc .
783. 'Av<?foyovo$ r dyaSj etc. Viriparus bonus: puellae vero non ntilis esf,
netjue tfignendae primum , neque nuptui collocandae . S' ingegna Proclo di dare
la ragion fisica , onde il 16. giorno alia generazione delTuomo sia prospero ,
della donna infeJire. A lui rimettiamo il lettore vago di udir cose nuove ,
ma non vere .
785. OJii (uiv » -spur* tKTu etc. Nee primus quidem sextus puellae gignendao
(a^ Lib. III. p. 200. (b) Tom. I. p. 104. (c) Pag. 28. (d) Coltiv. VI. S3.
(e) Lib. 1. cap. 7. segm. 63.
48
266
aptus est . II primo sesto , dice il sopra nominato Proclo , 6 sacro a Diana
che venne a luce il di innanzi ad Apollo , nato nel sefcfcimo della luna • e
presto alia madve , per partorirlo , gli uiizj di ostetrice in Delo . Tanto as-
scriscono Libanio (a) , e Servio (b) ; il quale da per ragione dell' allegoria
che la notte a cui presiede la Luna , e anteriore al giorno , a cui presiede
il Sole . Che che sia di cid , alia favola si oppongono Aristone , e Callimaco
e come pare , Omero stesso, ed altri ; dicendo chi che solo Apolline nacque in
Delo; Diana in Ortigia (c) ; chi che amendue nacquero in Ortigia , chi che
l'uno e 1' altra in Creta . E' poi curiosa la ragione 3 che adduce Proclo dell' es-
sere il sacro giorno di Diana felice per chi nasce uomo , infausto per chi
nasce donna. Perche, dic'egli, Diana e vergine , e non voile mai generare.
Ma perche non favoriie i parti delle fanciulle , e favorire que' de' fanciulli
che dovriano per la stessa ragione andar male? Tutti quasi i MSS. e 1' edi-
zioni xoy'pii is ywi&ou , il che perche sia mutato in xoofyn non saprei dirlo .
786. dW tfi'tpxs Tu/jvetv etc. sed hoedts castrandis , et gregibus avium , et
stabulo cirvumsepiendo pastor ali benignus dies est. Plinio al contrario : Verres,
juvencos , a<ietes , hoedos deer esc ente luna castrato (J) ; e Columella (e) in locis
frigidis ab idtbus Martii usque in idus Majas omnia recte pecora castranttir .
788. 'Es-S-Ah' cf' dvdqoyivoc, etc. Bonus vero viriparus ; amatque convicia loqui ,
mendaciaque , et blandos sermones, et occulta ajl.lojuia . Si dice questo giorno
sacro a Venere ; e il costume, che se ne deriva , par proprio di quella Dea .
Pitagora volea, che il sesto giorno alcuna cosa a Venere si sacriiicasse :
'AppodVrjf $i 77 $u<rid%etv ix-rl'(f) • Altre molte autorita aduno il Meursio (o).
Intanto noti il lettore , come fin da' tempi di Esiodo appaian vestigj della
fscienza vana degli Oroscopi > cresciuta tanto a' di di Manilio ; di cui son quei
versi per chi nasce sotto il segno del Tauro (h) :
Plt'iadas duoit , quibus aspirantibrn almam
In lucem eduntur Bacchi , Venerisque sequaces ,
Perqtie dapes mensamque super petulantia corda ,
Et sale mordaci dulces quaei entia risus . . .
Semper amare parum est ; cupient et amare videri •
J90. Mxi/df <f iySoury etc. Octavo vero mensis caprum> et bovc.m valJe mugien-
tern, castrato ; mulos autem duodecimo laboriosos - L' otto della Luna nuova c
sacro a Nettuno ; a cui s' immolavano arieti e tori: Taurum Neptuno (i) .
Vuolsi che gli dedicassero tali animali per essere di lor natura impetuosis-
simi j com' eg li e , e L> mostra specialmente ne' tremuoti ascritti a lui.
792.. EixdJi J' iv fXiyotXn etc. Victsimo vero in magna, pic no die 3 prudentem
virum generato . A' versi 778. si diehiaro quella formola ^inus i'» irXtiu per am-
bigua , potendo significare e le lunghe e piene giornate di state ; e V ora del
(a) Orat. XXXlI. torn. II. pag. 662. (b) Aencid. 111. v. 74. pag. z?S. (c) V.
Spanhemium Hymn, in Delum p. 477. et 478. {d) XV1I1. 32. (e) Lib. XL
: cap. 2. pag. 753. ( f ) Jambl. in vita Pythagorae Lib. I. cap. 28. (.g) Gr. fe-
rial, cap. 8. (h) Lib. V. pag. i2p. (£) \Tirg. HI. Aen. vers. up.
mezzo di in circa . A quel passo richiamiamo il lettore . 11 ventesimo chia-
masi qui oran niorno , perche ha annessa la sorte principale fra le sorti de-
gli altri giorni , cioe di poter generave maschio dotto , saggio , d' indole ele-
vata . Cosi gl'intcrpreti . Ma essi nos frustrantur , dice l'Einsio, il qual vuo-
le, che si possan contare dieci ventesimi , cioe 20. 21. 22. e cosi fino a 2p. e
che questo sia L' ultimo , e il gran ventesimo . Si fonda in quel verso di Ari-
stofane : o?uv dyouj-av i»v <rs\>ii>(w etKoi£u<;(a.) , che a giudizio dello Scoliaste fa
contro lui. E senza cio, se il gran ventesimo e il 29. perche in plurale Ari-
stofane disse etx.dSa$ ?
7p3. [jtdXa yd% 75 voov 7mrux.y.TUivog irriv , Valde enim ammo strictus; 1. e. sa-
piens est . 11 Salvini tradusse assai. fedelmente : ch' egli e di mente assai ser--
rata, e stretta; ed e frase molto opportuna a spiegare la felicita di quelle
menti , che molte idee, e cognizioni disparate uniscono strettamente insie-
me , e con giusta combinazione le compongono , e ne deducono conseguenze
opportune. I Greci amano assai questo parlare, pvSia nrunvd ,consilia cordata ,
ruxvd xfafiH, prudens cor , 01 iruxvoret'oi , sapientiores . I Latini poco lo frequen-
tano : nondimeno Manilio aspiro anch' egli alia venusta di questo ellenismo
laddove disse (b) : stiictas pondere mentes Prudentes habuere vvi.
7P4. 'Ec9-A» J' ivi^oyivoz JgxflfTK. etc. Bonus autem viriparus decimus. Delia per-
fezione del nuraero X. abbiam. pLLilato poco sopra.. Alle notizie ivi addotte
aggiugniamo ora un passo di Capella al libro VII. decas vcro ultra omnes
habenda quae omnes numeros diversae vii tutis et perfectionis intra se hubet ;
e un altro di S. Cirillo in Osea al capo terzo : a-uiifloXov Si TsXeioiTfiiis 0 Si**
tg-iv d&Spi$ , nrowdXeto; tav : symbolum ve.ro perfectionis numerus est decimus, quum
pirrfectissimus sit . Questa dottrina e anche di S. Agostino , e di quanti altri
han prestato orecchio a queste cose . Che se Esiodo comtnenda sopra tutti il
ventesimo , e da credere che cio faccia perche contiene il decimo due volte.
J$5. ry Si n (uiiXx etc. hoc Vero et oves , et pedes flectentes camuros boves , et ca-
nem asperis dentibus , mulosque laboriosos cicurato , manum imponens .11 palpaie
i vitelli , e a proporzione gli altri animali , per cicurarli , e raccomandato
da chiunque ha scritto del governo di essi . Palladio (c) : boves quum teneri
fuerint frequcnti manus attrectatione mansuescant . Columella [d) aggiunge il
venir loro davanti , e lo spargerli di vino, e l'usare una voce blanda : turn
demum ad alligatos boves neque a posteriore parte , rn que a latere , sed adver-
su<s pi acid e , et cum quadam vocis adulatione venito . . . mos etiam convenit
tota tergora et tractare et respergere mcro , ut familiar tores bubulco fiant .
7p8- T=r-acf dXevctS-ou <p$ivoinis 3', !<;afjtiva te etc. Quarto die vites firdentis et in-
choa ntis [menus) doloribus canficere auimum .Proclo ci da notizia,che Plutarco
quattro versi ( dovea dir due) ha stimati men degni di Esiodo. Ecco come
cio nun ostante nell' atto di accusarli gli difende ; quod riduulum sit prae-
cipese , non oportere dolorcs iis.diebus in s<* commovere , quasi vero per alios
quosdam dies id facere oporteret . Sed non hoc praecipit : verum sacris hisce
{a) Nubcs v.{i7. (£) Lib. I. p. 27. (c) IV. 12. (d) Lib. VI. cap. 2.
2(58
diebus maxime amovendas actiones quae taedio ac dolori sint , quas si alias
ut necessarias subire necesse est, in his non oportere ; sentimento, che trascri-
ve Moscopulo .
799. fjtdXu Tat TeisXerpivov »ftafy valde enim hie perfectus est. Moscopulo chio-
sa , ifn\e?fjisv)t tips^x , »?*» isfd . 11 qual senso seguendo il Clerc , dice che
tutt' i giorni piu solenni si passavano piu lietamente ; per modo che non
entrasse malinconia a intorbidarli . Tuttavia il Salvini spiega il luogo per
giorno peifetto a divorare il core col dolore . Gli altri due Scoliasti favori-
scono la sua versione ; Proclo liXnax «'; -n> fixd-^ou , per feed dies ad laedendum ;
e Tzetze : dironXeo-fA'xrix.ou etc. fatales enim dies sunt hi ; et quomodo oris tunc
affectus , ita diu permanebis . Quantunque la interpietazione del Clerc piu ci
soddisfaccia ; abbiam tuttavia nella versione conservato 1' equivoco .
800. 'Ei> Si tiTuqTn (xn-uoz etc. quarto autem mensis uxor em domum ducito . Ma-
crobio nel I. de'Saturnali insegna i giorni fausti a celebrare le nozze: ncc
hoc praetermiserim quod nuptiis copulandis Kalendas , Nonas , Idus religiosas ,
id est devitandas c ensue runt (a) , e siegue dichiarandone il perche. Ovidio
nel VI. de' Fasti (b) loda il 14. di Giugno come acconcissimo :
Tunc mihi post sacras monstratur Junius idus
Utilis et nuptis , utilis esse vi'is .
Ma Esiodo loda il quarto giorno del mese , dicono, perche sacro a' due feli«
cissimi sposi, Mercurio e Venere .
801. Oiuvus x-^ivag etc. observatis avibus , quae ad hanc rem sunt optimae . Pro-
clo : quod vetus sit avium divinatio , his etiam probatur ; et quod eaedem aves ad
alia quidem sint dexterae, ad aha laevae> plane declai avic , ajens : quae ad hanc
rem sunt optimae . 11 che specialmente si avvera nella cornacchia, che infausta
per altre cose 3 per nozze era fausta . Cio si credeva } perche la cornacchia e sim-
bolo di concordia maritale , come osserva dopo Angelo Poliziano (c) , il P- la Cer-
da (cZj . La stessa superstizione di osservar gli uccelli ne' matrimonj fu in antico
presso i Romani, come si ha da Tullio (e) ,e piu chiaramente da Valerio Massi-
mo ( f): quo ex more nuptiis etiam nunc auspices interponuntur . Qui quamvis auspi-
cia petere desierint, ipso tamen nomine veteris consuetudinis vestigia usurpant .
802. Tie (jtnrvecs S' s^aXs'aS-ou . Quintos vero evituto . Tzetze limita questa super-
stizione alle nozze: gli altri la estendono al cominciamento d' ogni opera.
Virgilio (g) senza limitazione veruna : quint am fuge; ove Servio : quint a Luna
nullius operis initium sumas : dicirur enim hie numerus Minervae esse constcra-
tus , quam sterilem esse constats unde etiam omnia stenlia quinta Luna nata
esse dicuntur , ut Orcus , Furiae , Gigantes ; come meglio spiega Virgilio da
citarsi nella nota seguente.
803. 'Ev ire'jUTTTM ja? etc. In quinto enim Furias ajunt obambulare Orcum vin-
dicates . Virgilio (7i) rende la ragione soprindicata, per cut questo di sia in-
(a) Pag. 325. (b) Vers. 223. (c) Miscell. cap. 67. [d) In Eclogam IX.
vers. 1 5. (e) lib. II. de Divinat. (/) Lib. II. pag. 24. (g) Georg. I. 277.
(h) Loc. cit.
2<5p
fausto : pallidas Orctis , Eumenidesque satae: turn partu Terra nefandn Coeum-
que Japetumque creut <tc. L'Alamanni si attenne anzi ad Esiodo (a) :
Fugga il quinto ciascun con quegl' insieme ,
Ch' hanno il nume da lui : che in cutali ore
L' empie Furie infernali intorno vanno
Tutta empiendo d' orror la Terra e 1' onde .
1 Pitagorici , dice Proclo , tenevanu il numero cinque sacro alia Giustizia ,
di cui e proprio punire i malfattori. E i giuiamenti falsi fatti a' cinque del
uiese , eianu puniti di morte ne' medesimi di ; come arterma Gio. Tzetze trop-
po credulo in qucsto articolo .
804. wi''E2/j te'*s nrn[x tirio^naig , quern Eris in perniuiem pcperit perjurorum .
Quest' Oreo fu finto da Esiodo a' versi 2.3 1 - della Teogonia qua! preside dei
giuiamenti. Per distinguerlo da Oreo Plutone , il Clerc vuol che si scriva
con aspii azione , come per testimonio di Servio al citato luugo , faceva Probo .
805. Mg's-o-M d' zfidouarn etc. Medio vero septimo Cerei is sac am mnnus diligen-
ter inspiciens bene aequata in area ventilate) . Plinio (b) : Ventilari quoque et
Condi frumenta-} ac legttniina citra extremam Lunam jubent. Dell' aja dXta>l non
a'Xo;? com' e in Clerc, bene appianata , v. al verso Jpp.
807. uXot6[jov re la^iiv "S-a^ay-nVa <SS?a, arborumque sector incidito cubicularia
liana . Columella (c) , e Palladio (d) vogliono , che si aspetti pel taglio delle
le<*na la luna scema . E Varrone nota , che quanto piu e scema la luna, tanto
ineglio riescono alcune operazioni , fra le quali e l'ulotomia: Et si qua sene-
icente ( Luna ) fieri conven:ret , melius quanto minus habei et ignis id asti um (e) ;
ragione per cui 1' Alamanni al precetto d' Esiodo, che a' 17. del mese vuol
(*he s'incida il legname . aggiunse quest' altra opinione 1 f) :
Pu'sse in questo atterrar ne i boschi alpestri
L' alto robusto pin, 1' abete , e '] faggio
Nel verno a fabbiicar palazzi , e navi ;
Benche fuise indugiar quando e piu scema
L' alma sua luce in Ciel , non spiace a molti.
808. N»'(3 is ty'ka iro\ku etc. Navaliaque ligna multa , et quae navibus con-
grua sunt. Altii vog'iiono, che i legni , che deono lottar coll' acqua si at-
terrino nel giorno del novilunio; nel qual pioposito e da sentir Plinio (g ) :
Infinitum nfert et lunarcs latio; nee nisi a vigesima in trigttimam caedi vo-
Iwit . lnt<r nmnes vero couv< nit utdissime incoitu Lunae sterni, qucm diem
alii interlunium , alii silentis Lunae appellant . Sic certe Tib< rius Caesar , ooncre-
mato potite naumachiarin , lai ices ad restituendum caedi in Rhetia praejinivit
Hop. TiTfC.Ji 6'' a^xi7^ou etc. Quai to veto incipito naves cumpmgere tenues .
Tenues tradusse il Clerc , aliuiiendu alia sotligliezza delle pareti delle navi :
poteva traduisi anche levis ; giacche Moscopulo e Proclo comentan xoj/ipas .
(a) Coltivazionc. Lib. VI. v. 67. (£) Lib. XVIU. e. 11. (c Lib, XI. c. 2.
(d) Lib. 11. titolo 22. (e; Lib. J. cap. I7. (_f) L. pied. ver. 74. (g ) Lib.
XVI. cap. 3p.
49
810. E/V«f cT » pi<?an eV/cTg/sXa Wrac «.««?» Nanus autcxn medius pomeridiarius
melior dies. Catone (a) .• Matenem omnem quum ejfadies Luna decreacente exi-
mito post meridiem. Proclo : neipie mtegros wodo dies iputarunt nonnulli fa-
tum habere bonum , ad auaedam opera ordienda ; sed et partes diei ; nella qual
divjsione niuno cerchi press*) gli antichissimi le ore, che lovo furono ignote .
N«n parlo degli Egizj : in Omero, e in Esiod" nun ve n' c segno; e i Latini
compilatori delle dodici tavole nun le conobbero .
8 1 1 • n?«T/;w d" Hvui etc Piimus vero nonw> prorsus innocuus hominibus . Bo-
nus siuuidem est ad plantandum , et generandum, tamviro quam mulieri . Virgi-
lio, come dicemmo , al. nono del mese annette il destino d' esser buono a fug-
gire , contrario a'fuiti : al pianta-r viti , al domare i buoi , al tessere prefe-
risce il diciassette .
814. Ylxvqoi cT' ctJT Ivan , rn/.a-iivdi'a ulu>o$ dqi^hu etc. Pauci vero rursus sciunt
tertium nonum mensis optimum rehnendis dolus, et ad jtiguni collo imponen.'
dum bobus et mutis; et ec/uis oeleribus . Vi e stato disparer fra gl' lnterpreti
au la voce T:iTtrsa&a , che signiiica tre volte nove . Presa ncll' ovvio senso vuol
dir 27. e questo signiricato le die Gujeto Presa in senso piii recondito signi-
fica la terza volta che il nove si dice in un mese; cioe a' nove > a' dicianno-
ve , a'ventinove; e questo c il vero significato che qui le danno i greci
Scoliasti , e il latino Clerc-
8 1 5 -"A?%a£-od is irt'ds, relinendo dolio . Circa il doglio , a'versi 8i5. consiglia
a saggiarne il vino ai 2p- del mese ; ma a manometterlo , a'versi 8ip. consi-
glia il 14. del mese , che seguita , o di altro mese. Proclo mi fa luce a que-
sta interpretazione , ove cosi si spiega : xgXj'ug/ tiv iri^ov dvoiynv .^ w otvts
nrtt^af AotfxfidvHv , jubet ape) ire dolium , et vim capere experimentum .
817. N>Ta iro\ux.Anifa etc. Navem multa transtra habentem eclerrm deducito in
nigrum pontum . oivoirci nrovtav e la frase di Esiodo , il qua] voile dire, che il
mare avea colore di vino. Gujeto tradusse purpurenm , Clerc nigrum. C me
poter conciliate l'una con F altra spiegazione v a'versi 5p~ V. ancora il
dotto Francesco Redi nelle Annotazioni al Ditirambo pag. 1 81 • il quale par
che lo prenda per un rosso, che tira al nero.
818. Travqoi Si r dXfiS-e'rt Kix.AHs-xuTi , Sed pauci verum die tint . 1 Greci Scolia-
sti credono , che cio sia detto in proposito degli Ateniesi , i quali non chia-
mavano quel giorno col vero suo nome .
8ip. TiT(>d$i J' oiys vrifrov etc. Quarto vero aperi dolium . Piae omnibus Nacer
dies est medius . Fral'818. e V 8 ip. versi , F edizionc del Trincavello interpo-
ne3 dice il diligentissimo Loesnero , un verso di questo tenore :
T»jUO{ dSfKotan irtAtmt T{xv$-*ira, o-idnq<».
Tunc immunis carie ( cor. a ^oxtbtotw est recisa fcrro ;
ch' e rifevito da noi e spiegalo a' v. 420. Mi fa meraviglia , che la edipionfc
del Trincavello regolata sul prezioso Codicc di Demetrio Triclinio , per
quanto mi assicura il Sig. Abate Morelli eclebratissimo Bibliotecario di San
{a) Cap. Ii.
27 1
Marco, abbia in luogo cosi impropvio , ed alieno quel verso. Ma da cio me-
desimo il Lettore potra comprendere quanto quest' opera abbia bisogno di
esser rettiiicata su bu^ni MSS. Pruclo riporta questo medesimo verso in luo-
go pia pioprio , cioe tra il v. 808. e il v. 809. ove si fa raenzione di taglio
di legnaine . N <ndimeno lo credo anche ivi fuor di lu<>go per quel iriXovrcu con
cui termina il v. 808. e mi par difficile ch' Esiodo abbia voluto metterlo si
appresso al irtXemi del verso insitizio .
Ivi . II precetto e di aptir la botte il decimoquarto del mese . In Atene
era una festa di Bacco detta HtSoiytu (a) , che celebravasi agli undici del
mese Antesterione , in cui le primizie gustavano del nuuvo vino padroni,
amici , servi in abbundanza ; e i Latini avean per costume di fame prima
una libazione , pregando ,che loro non nuoeesse , magiovasse anzi alia salute.
820. nrav^oi «?' ajre utr eixaJa etc. pauci vero post vicesvnum mentis optimum ,
aurora existente , poineridianus vero est detcrior . Ms^erw • irxvqoi S~ ctu re wgr' six.aJ'ce
rtkus; d^i^luj e in buona parte de' nostri codici , e in quasi tutt' i libti MSS.
cd editi confrontati da Loesnero , che non son pocbi , e quel ch' e piu. in
Proclo e in Moscopulo . Non veggo perche abbia a ritenersi il pzaann , e le
altre correzioni del Grevio , che appena han l' appoggio di uno o due dei
nostri codici. Ma e piu elegante scriver cosi. Sia . Cerchiam noi di emen-
dare il menu elegante , o di rapprcsentare il vero testo di Esiodo per quanto
si puo ? Non mi diparto intanto dalla opinione del Guieto , il quale vuole che
fxir tindfa sia il 24. del mese . Tzetze e Giovanni Protospatario lo prendono pel
21. dicendo il secondo, che gli Ateniesi appunto cosi chiamavano il 21. pf*
ux-afa . Ma questa pare un' appellazione nata dopo i tempi d'Esiodo , e nella
eta di Solone . A' tempi di Esiodo si procedeva piii semplicemente ; e uno ,
due, tie , quattro dopo il venti erano 2t. 22- 23. 24. e cosi nel resto.
822. A?rfe uiv riui^ax e€c- Et hi qiiidem dies sunt huminibus magna commodo .
Abbiam da ultimo riservato 1' esame su 1' influsso lunare , aociocehe detto
tutto , potcssimo sceverarne il vero dal falso , il probabile dall' inverisimile .
Che la luna iniluisca su le opere meramente morali , quale il menare a casa
!a donna , e solenne supeistizione . Che possa influire in alcune opere iisi-
che , qual e il tagliar de' legnami , e il riporre il vino , e qucstione ; ma non
tale , che possano adattaisi gl' istessi giorni a ogni clima; ma forse regolan-
dosi ogni clima con particolari , e per lungo tempo comprovate osservazioni .
Qu<;llo ch' e certo si e , che la luna agisce sulla nostra atmosfera come sul
mare; pioducendovi un continu . movimento di flusso e riflusso , a cui son
legate le meteore , che tanto influiscono nella economia vegetabile ed ani-
male . Prova dell'azione della luna nella nostra atmosfera e il barometro,
che si alza quando la luna e nel suo apogeo , e si abbassa quundo e la luna
nel perigeo (b) . Escludoila dunque afiatto da qualunque influenza su le cose
sublunari e stato un pregiudizio di que' dotti, a' quali e bastato il veder che
(a) Plutarch. Sympos. 111. quaest. 7.
torn. 11. p. 87.
(b/ Cours complet d' agriculture.
il popolo troppo si era abbandonato a queste osservazioni per condannarle
Lutte . Tutte condannar non si possono; ma secondo i cliini, come io dice-
va , adottarle , non contentandosi di osservazioni di pochi anni, ma attenen-
dosi alia storia d\ molti e molti .
82.3. A/ $' dXXai (j.iTufts'irot etc. Ceteri autem (dies) cassi sunt, nihil fati ha-
bentes , nihil ferentes ; sed aim* alium laudat ; pauci vero riorum. Abbiam se-
guita nella versione la bella nota di Guieto nel primo verso. Pochi, con-
chiude Esiodo , sanno il vero ; anzi , conchiude Plutarco , nelle cose morali,
niuno ; in un giorno medesimo i Romanic furon vinti sotto Cepione da'Cim-
. bri, e sotto Lucullo vinser Tigrane e gli Armenj (a) . Le Calende le None ,
le 1 di erano presso loro in osservazione , guardandosi da' giorni che imme-
diatamente lor succedevano; e pure in tai giorni avvenner loro cose van-
taggiusissime . Gli Ateniesi> nota ^ruclo , ebbono un calendariu di giorni
fausti ed infausti proprio loro, e diverso da tutti gli altii: non prova que-
sta incoerenza medesima , oltre mille altri fondamenti, che il tenor dei
giorni e noto non a pochi, come dice il Poeta , ma a niunu?
825. "AWore u»r^Lin triXtt tifts?* , aWojs i-Mivq , Inter dum noverca est dies,in-
terdum mater. Gellio (b) cita questo verso, e vi fa questa chiosa : eo ve<su
signiflcatitr , non omni die bene esse posse, sed istu bene , ataue alio male : ch'e
cio che disse !' Alamanni (c) :
Che matrigna talor , tal volta madre
Vien la luce del di nell' opre umane .
Con simil metafora parla Claudiano (d) della Terra, quando comincio a ne-
gare il vitto spontaneo a'mortali:
Sed jam quae genitrix mortalibus ante fuisset
In dirae subito mores transire novercae .
827. dvouriog dS-owuisis-iv , Inculpatus Diis . L' essere innoccnte presso gli Dei
va connesso con ci6 che siegue , in quanto il giusto , dice il Poeta, serva
gli augurj , che ci manifestano il voler degli Dei , e schiva il soverchio ,
ch'e contrario al modo , alia misura delle umane azioni , prescritta dagli
Dei , e raccomandata tanto da Esiodo: Tlavruv uir$ov d&^ov vnrtf/3a<rt'» J akt-
eii") , Omnium optimus est modus; tiansgreaio vero vitanda , dice Focilide .
(a) In Camillo (Z>) Lib. XVII. cap. 12. (c) Loc. cit. r.py. (d) Deraptu
Proserp. 111. pag. 27.
273.
Codices quibus ad emendandum Hesiodum usi
sumus in locis magis dubiis, et controversis .
lA-mbrosiani sex. Contulit Clar. D. Aloysius Buchettus anno 1774. non
observato plutei et libri numero, cui quique codices responderent . Is Medio-
lano Venetias traductus, et R. librorum Censor dictus , repetere memoriam
facti non potuit . Opere functus est diligenter ; immortalemque eidem ha-
beo eruditi laboris giatiam ; quern si alicubi imperfectum reliquit , facile ex-
cusabitur a lectore, qui sciat distracto eum animo , atque occupatissimo per
id tempus fuisse .
Britannicus I. 2. 3. exhihiti sunt a Robinsonio in Hesiodi laudatissima
editione : eos autem Bodlejanos nominat num.699. et23l.et 60 ; quos nos
primum , et secundum, et tertium Cod. Britannicum nominamus. Quartu:
Britannicus codex est, quern a R. Societate Londinensi profectum ipse Ro-
binsonius versavit . Quintus codex , quem Coislianum idem auctor appel-
lat , non nisi ex loco , unde prodiit , codex Britannicus nuncupatuf ; cete-
rum ejus notitiam in primo Gallico requiras . Sextus et Septimus Britanni-
cus quam habeant patriam iguoro; nisi quod ad Jo. Georgium Giaevium
ec\s misit ex Anglia Isaacus Vossius chartaceos , et recentes ; quorum pri-
mus glossas interlineares continebat , secundus non item . Multa in eorura
commendationem , primi praesertim , v-ir doctissimus scribit : ego vero tarn
saepe dissentientem a. Scholiastis , a celeberrimis editionibus , a codicibus
reliquis , quos videre Graevius non poterat, non magni pendo; immo si quid
in observationibus hesiodeis auctor peccat , in hoc codice inculcando , de-
fendendo , sequendo , ni fallor , plerumque peccat. De quo licuit ei dicere
Phaedrianum illud : Carbonem, ut ajunt , pro thesauro invenimus .
Florentini sunt , quos extra Bibliothecam Laurentianam Florentiae repe-
ri , alterum apud PP. Benedictinos optimis animadversionibus ornatum , et
figuris aratri veteris insignem ; alterum apud NN. Richardios , quem eru-
ditissimi Ab. del Signore beneficio tractare licuit. Chartaceus uterque , sed
optimae notae .
Gallicus primus Procli is est , quem Marquardi Gudii manu postea exa-
ratum Graevius legit , et a Vossiano II. distinxit pag. 46. et 22. Itaque miror
CI. Montfauconium eundem esse cum Vossiano affirmare . Gallicus secun-
dus , ut nuper dixi , Coislianus a Robinsonio appellatur . Fuit autem in
bibliotheca Cancellarii Seguerii , et variantes ejus lectiones cum editione
Clerici collatas misit ad Robinsonium P. Montfauconius . Gallicus tertius is
est j quo CI. Brunckius R. Inscriptionum Academiae Socius usus est , eumque
petitum a R. Bibliotheca, et ni fallor optimum, Regium vocat .
Germanicos voco a Vindobonensi bibliotheca diversos , quos bene de
Hesiodo merentissimms Chr. Frid. Loesnerus consuluit in Poetae editione.
Horum primum nomino Lipsiensis bibliothecae Senatoriae proprium ; secun-
dum vero bibliothecae Paullinae Lipsiensis, quem Academicum simpliciter
auctor appellat •, uterque chartaceus est , uterque ad initia circiter quinti-
decimi saeculi referendus . Tertius est bibliothecae Augustanae , ab eodem
Loesnero citatus , et ab Heingero , et Reisero ante descriptus in catalogo
Manuscriptorum ejus bibliothecae .
Mediceos novem contuli an. in3. et diligentius C. V. Gaspar Bencinius
bibliothecae Laurentianae Pro-Bibliothecarius an. 1806. eos item descripsit
luculenter. Primus e pluteo est XXXI. codex 5. saeculi XIV. chartaceus,
quod intelligo , si quid in contrarium non moneo , cum commentariis ad
marginem , et glossis interlinearibus . II. eodem ex pluteo est codex 23.
5°
2*24
saeculi XV. ceterum supenoii persimilis . III. codex ejusdem plutei est
n. 24. saeculi XVI. cum glossis. IV. codex 2?. plutei ejusdem , saeculi XIII.
cum glossis ab alia manu aaeculi XVI. pluribus paginis suppletus . V. co-
dex plutei ejusdem 29. membranaceUs cum glossis . Pertinet ad saec. XII.
fortasse ad XI. Celeri licet manu conscriptus, pretiosus est, lectiones , no-
tasque continet valde observabiles . VI. codex est e pluteo XXXII. uti se-
quentes , num.2, positus , e saeculo XIV. cum scholiis , ct glossis. VII. si-
milis, sed sign. num. 16. et ad sacc. XIII. pertinens; optimae notae . VIII. 36.
saec. XV. cum glossis non perpetuis . IX. codex 41. membranaceus saec. XVI.
Vaticanos quatuordecim contulit mihi amicissimus Cajet. Mavinius ejus-
dem bibliothecae custos primus, et Tabulario S. Sedis Praefectus, Sanctis-
simi D.N. Pii VII. Cubiculaiius ; quos etiam descripsit , et perhumaniter
mecum communicavit : sunt autem chaitacei omnes. I. num. 53. saec. XIV.
II. num. 44. saec. XIII. cum commentario Tzetzis . III. num. 49. saec. ejus-
dem cum commentario Procli: deest aliquid . IV. V. num. 5o. et num. 5l.
saeculi ejusdem cum scholiis. VI. num. Sj- saec. XIII. multum deest.
VII. num. 121. saec. XIII. cum scholiis. VIII. num. 92. saec. XV.
Codices qui sequuntur nuniero quinque ad Fulvium Ursinum V. C. perti-
nuerunt.- IX. codex l3 1 1 . cum scholiis est saec. XV. X. codex cum
scholiis imperfectus est , et revocatur ad saec. XIII. uti etiam XI. qui nota-
tur nuniero Io63. XII. vero qui notatur numero 1384. et XIII. qui nota-
tur numero 1421. pertinent ad__saeculum XV. et scholia habent. XlV. de-
nique cum scholiis Reginae Christinae olim fuit, et ad saec. XIV. referri
debet .
Vindobonenses. habui VII. quorum notitia est in libro Danielis Nessel ,
cui titulus : Com meat aria Lambeciana Viennae , et Norimbergae 1790. qui
omnes chaitacei, eodemque ordine a Nesselio citantur v. Hesiodus . Con-
tulit autem , sive conferri curavit amicissimus mihi Josephus Eckellius eo
tempore Musei Imp. et Reg. Praeses . I. Codex est inter Medicos 16. im-
perfectus , et saeculi XV. II. 198. et reliqui inter Philosophicos , omnei
saeculi XV. omnes imperfecti praeter sequentem . III. qui signatur num. 200.
et integer est. IV. qui habet num. 242. V. habet num. 256. VI. num. 289.
VII. n. 292.
Tantam codicum messem , quantam vix ulli aut Graeco , aut Latino re-
cognoscendo, atque emendando paratam esse autumo, mihi praesto esse
duxi -, ut videas , lector humanissime, quantopere inemendatum Hesiodum
haberemus , et quot passim locis emendandum . Neque enim fieri potuit ,
ut integer uno in Codice , quern Graevius tanti fecerat , traditus nobis esset ;
in reliquis' autem e tot locis Orbis Terrae congestis nonnisi corruptus le-
geretur ; conjecturae autem quibus ad eum emendandum Usi erant Hein-
sius , Gujetus , Graevius ipse, Clericus, Robinsonius, Brunckius , tanti fa-
ciendae non esse videntur , saltern communiter, quanti tot codicum, addo
etiam tot editionum, et ut longius provehatur oratio , tot antiquoium in
Hesiodo citando vel explicando consensus . At grammatici erant primae notae
qui emendarant . Nimirum grammatici posterioris multo temporis, qui
licentias , qui metrum , qui leges , quas Hesiodus Ascrae sequebatur , igno-
rabant . Quae quidem aut in MSS. et in veteribu-; requirendae , aut de tarn
veteri pceta emendando desperandum est . Quare habe tibi hoc qualecum-
que opus , in quo si complura , humanissime lector, requires , quae tenuitati6
nostrae modum excedebant , illiid tamen spero percipies commodum, quod
antiquissimum Poetarum graccorum mendis expurgatum compluribus, qua*
correctionum nomine viri summi sed codicum indigentes adspeiscrant, ex-
purgatum, inquam , atque emaculatum habebis . Vale.
Vulgatae lectiones .
2. Asw-re <f>t twinrBts
Ambros. I. 2 3.6.
Med. I. 2.3. 4. 7. 8. 9.
Vat. 3 4 6. 9. 10. 1 1. 12. 14.
Vind. I. 4. 5.
Schol. omnes, Dio Chr.
S. f«a fitv , . .
Omnes codd.
5. ?Va ciV
Ambr. I. 2. 3. 4. 6
Med. 5.
Vat. 1. 2. 13.
Vind.
Flor. 1. 2.
Lectiones aliae .
zxs
dv
Ambr. 4.
Med 5. (5.
Vat. 2. 7. i3.
Vind. 3.
lo. rTefyji
Ambr. 6.
Med. 1.2.3.
Vat. 4. 6.
Vind.
Scholiastae omnes .
Editiones omnes .
Flor. I. innotis ru Tii^trvt .
Aid. Steph. Com. Heins.
Eust. in t Horn.
8 Viirirs
5.
5.
2. 5. S.
2.
f e'a dg
Ambr. 5.
Med. reliqui. Flor. I. 2.
Vat.3.4.5.6. 7.9. 10. 11. 12. 14.
Vind. I. 2. 3. 4. 5.
f. Omnes Codd. Robin, fereo-
mnes Loesner. Aid. Jun. 1.2.
Trine. Steph. Com. Heins.
Aristid. p. 363.
ne'pcrw sine jota subscripto
Ambr. 1. 2. 3. 4. 5.
Med. 4 5. 6. 7. 8. 9.
Vat. 1. 3. 5.7.8.9.10.11.12.13. 14.
Vind. 1.2.3.4.5.
Flor. 2.
12. iiraxvyia-tii
Ambr. 4. 5. 6.
Med. 6. 7.
Vat. 12.
Vind.
ip. Fflf/'jlf fy
Gujetus ex debili c
ctura .
onje-
22. CtfBflUeVOU
Ambr. 2. 3. 6.
Florent.
Med. 1. 2.3.8.
Vat. i.3 4. 5. 11. i3. 14.
Vind. 1. 2. 4.
Tzetz. Moschopul.
25. xtfapto's xfpctUM
Omnes Interpretes , et li-
inruAvtvcmt
Ambr.
Med 2. 3. 4. 8.9.
Vat. 3. 4. 6. 1 1. ivcuvn'ette 14.
CUm * supra w. gVoo'gWws 1-
10. cum w supra i.
Vind. 1.3.
Procl.
ra/«j t' iv
Codices omnes. Editi libri an-
te Gujetum omnes..
dgofitveu
1.4 5.
I. 2 uqiutvett cum *» supra 0
4- 5 7-9-
8. 12.
3.
Gall. 3.
Stob. Serm. 29.
Kt^af-iH xt^afXi'Jf
Aristoteles, qui V. de Rep. cap.
aqufjtwai
'2.6. 1. 9. IO.
5.
n6
Vulgatae lectiones .
Lectiones aliae .
bri editi et MSS. item Plato io. citat Hesiodi non verba, sed
et antiqui quinque . V. no- sensum .
tas .
io. "ilfW
Atnbr. 2. 4. 5,
Flor. 1 . 2.
Med. 6. 7.
"&<>■» cum adspiratione
1.2.6.
I. 2. 3. 4. 8. 9. in 5. erat spiritus
lenis .
Vat. 1.2.4.6.7.8.9.10.12.13. 5. 11. 14.
Vind. 3. 4. 1.5.
Schol. omnes . Edit, fere o-
mnes.Suidas. Int. Sopho-
clis , et Glossator Hesiodi .
33. oipAXo/f
Codd. fere omnes . Schol.
omnes. Edit, omnes .
Ambr. I. 4. 5. 6.
Med. 1.2.3.4.6.7.8.9.
Vat. 2.3. 4. 8.9.. io. 11. 12.
13 14.
Vind. 1.2. 5.
Int. omnes. Edit, reliquae.
37. *AXXa rt nroXkd. 'AXXa' itc troWa
Lectio intentata usque ad Guj. solus jubet , lege a'XXa t*
Gujetum . cui editorum nemo obediit .
o'<pe'Xe/{ o0£XX«/{
Codices rarissimi
2.3.
5.
1.5.7.
3.4-
i&a.a'eafxi&a.
vel
i&ixa-afxlS-a.
Aid. Junctae
I. 2. Trine.
3p. eT/xaViroii
Ambros.
Brit.
Flor.
Med. 1.3.6.7.
Vat. 4. 5. 8. II.
Vind.
8.0.
Sin.d<rcu
1.2.3.4.5.6.
1.2.
2.
2. 4. 5.
1.2.3.6.7.9. 10. 12. i3. 14.
I. 2.3. 4.5.
Germ. Cod.Senat. Acad. August.
Mosohop.Glossator Hesiod. Edi-
tiones fere omnes ante Cleri-
cum .
V
43. ifyoio'cn* iqyavvoua
Ambr. I. 4. 5. 6. 2. 3.
Med. 1.4.5.6. 2. 3.7-3.9.
Vat. 6.8. 9. 10. 11. 12. l3. 3.4-5.14-
Vind. I. 2. 3. 4. 5.
48. dyx.v\a/x>lms dyiuiXipnTK;
Ambr. 2. 3. 4. I. 5. 6.
Med. 4. 5. 6. 7. 1.2. 3. 8. 9.
Vulgatae lectiones
Vat. 6. p. 12.
Vind. 4.
Lectiones aliae
I. 3. 4. 7. 10. 11. i3. 14.
I. 2. 3. 5. Glossator Hesiod.
Moschopulus docet nrotx.i'Xi-
(xnri; j^oXo^uxT/f, et reliqua
verba ejusdem naturae per
/? scribenda .
nx
$5. ftTrtfoiriuo-ag
Ambr. 6.
Med. I. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
Vat. 8. 9. 10. 11. 14.
Vind. 3. 4. 5.
Glossator Hes.
8.9.
i. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 12.
1. 2.
Coisl.
1.4. J. uvefovei/T»( 2.
13.
63. ira? 6ivix.Hi;
Ambr. 4. 5.
Med. 4. 5. 6. 2-
Vat. 2. 6. 2- 8. p. 10. 12.
Vind.
Procl. Glossator Hesiodi.
V. Notas.
irafSeviX-oug
1.2.3.6.
1.2. 3. 8. p.
1. 3. 4. 11. i3. 14.
1.2.3.4. 5.
Omnes prope editiones an-
te Clericum .
pi. *ATTp TE XOOtcSv
Ambr. 1. 2.
Brit, plerique
Flor. I.
Med. 1.2. 3. 5.8. p.
Germ. I. 2.
Vat. 1.3.4.2.9.10.11. l3.I4.
Vind. 1.3.5.
Editiones aliquae .
*Ate§> xaxwy
3.4.5,6.
4. 6. 2.
3.
2. 5. 6. 12.
2. 4-_
Editiones aliquae
P2. "yifa^ Xttfas
Solus Cod. 12. Vat. Magis Keliqui Itali , Brit. Germa-
probat Robins, et editores nici fere . Gloss. Hesiodi .
prope omnes . Orig. Proclus , Tzetzes.
p3. A/4a 7"?
Ambr. I. 2. 3. 5. 6.
Med. 1.2. 3. 6. 8. p.
Vat. 1. 2. 3. 4. p. 10. 11. 12.
i3. 14.
Vind. 1. 2. 3. 4. 5.
Deest
In 4.
In 4. in 5. 2- deest : in 6. ad-
ditur in margine .
In 5. et 2- deest: in 6. addi-
tur in margine .
Omittitur a Schol. ab Orig.
a Plutarcho .
Ambr. 5.
Med. 4. 5.
Vat. p. 10.
Vind. 5.
Editiones omnes:
perperam .
e/stive
1.2.3.4.6.
1.2.3.6. 2.8. p.
1.3. 4. 5. 2- 11. 12. i3. 14.
I. 2. 3. 4.
Praeterea Flor. I. 2. Brit. I. 2. 3. Gall. 3.
Germ. I. 2. Plutar. Stob.
278
Vulgatae lectiones Lectiones aliae
pp. Kiyiox°v
Ambr. I. 5. 6. Deest in 2. 3. et4-
Med. exeat in omnibus codicibus Mediceis .
Vat. I. 2. 3. 4. 2- 8. 9. 10. 1 1. 12. 13. 14. Deest in 5.
Vind. 1. 2. 3- 4 5. in Plutarchi citatione deest .
102. e?>' "'."ep? ipHfJiif' vel s'ip>/'(Uspo/
O nines fere codd. et Brit. 2. Med. 4. Giaev.
Edit. Kreboius Stob. Plutarchus .
102. W inri aW eW
Ambr. I. 3. 5. 6. 2. 4.
Med. 3. 2 4 5. 6. 1- S. 9. I. » e manu secunda
Vat. 2. 3. 9. 10. I 3. 4 2- II. 12. l3. 14. in 5. « supra «e.
Vind. I.2.3.45.
Flor. 2. Brit. 2.
IOj. TTS WW
Ambr. 1. 2. 3 6. 4. 5.
Med. 1. 2. 3. 8. 0. 4. 5. 6.
Vat. 1.3 4. 5. 14. 2. 7. 9. 10. 12.
Vind. 1. 2. 3. 4. 5- '
utraque particula abundat ap. Hesiodum .
107. EJ jgt} etc.
Extat in omnibus Codd. praeterquam in uno , in quo est
deletus , et in ejus locum haec nota addita •%' fortasse ex
Procli sententia , qui hunc videtur non agnovisse .
Il3. «7Sf TTOVCllV
CiTEf
yi OCTgf TB
Ambr. 2. 3. 4. 5.
I. 6.
Med. 3. 4. 5.
6.
1.2.2.8.9.
Vat. 2. 5. 7.8.9. 10. 11. 12.
• 1.3.4. i3. 14.
Vind. 3.4.
1.2.5.
Tzetzes .
Diod.Sic. p. 335
ntf. 'A<pveioi etc. Deest in omnibus Codd. et editionibus ante
Graevium, qui hunc versiculum a Diodoro Siculo citatum
heic inseruit . V. Notas .
120. i qya viuovro iqy ivijAovn
A- br. I. 2.
Med. 2. 3. S. 9. 1.4.5.6.2.
Vat. 3. 4. II. i3. 14. I. 2. 5. 2- 8.9. 10. 12.
Vind. I. 2. 3.4. 5. Flor. 2.
Tzetz. Gloss. Hesiodi .
122. Plato V. de Rep. ita legit: To/ fjtiv fetluovei; iS-Xoi inctx^o-
vtoi reXiS-ovTiv ' Ayvol a'Xi^i'x.ax.oi . Citat et in Ciatylo eodt-m
modo. Thoodoretus Sermone de Martyribus . Item Ari-
Stides in Platonica II. p. 184. sed pro -mi legit 0! , ct pro
TiXi^UTiv xotXiovrui , et pro iirix&ovioi , vnrox^ovioi ; item ayvoi
primo loco, secundo loco so^W. Eodem modo Phocius
Vulgatae lectiones . Lectiones aline ^
Lectiones aliae.
p. 121. et Plutarch, p. 417. et de Orac. defectu pag. a3i
Ayvcc , wxW'j »A«x«f etc. Lactantius Lib. II. Insti-
tute. 15. nihil mutat. Macrobius I. in Somn. Scip. c. o
si dtatio marginalis piisca est , nihil mutat . V. Notas
t. • arraXXuv arrnXuv
isritan. q . /-> <-, „
a l - . ,. , 2 <*. 4- Germ. 2. Germ. 3.
M»,4 t ,<V o 2. Flor. 1.2. Ambr. I.
Med. I. 4. 5. 6. 7. 8. o 3 q
Vat 2 .5.1.8.9.10. 12.14. i'.3.4."ii. 13.
Vind. 0.4. 1.2.5
Amb. i.3.Wet6.i„marg. 3 4% d" a*?a^"'
Med. 1.23.8.9. ° 44657 5
Vat I. 3 4 11. 13. 14. 24.5.ZZ8.p.io.i2.
Vind. 1. 2. 3. 4. 5, ^
Gloss. Hes. Flor. 1. »s cum «< sup. ». MS. 6. Brit
141. ivizMviii v<*oX*iv,ot '
Ambr. 4. 6. 12 3
Med. 4- 6. 7. I.' 2.' 3.' 5. 8. p
v"'/-12" 1.2.3.4.5.6.8.9. 10. 11. 13. 14.
1.2.3.4.5. 4
Moschop Procl. Libri editi ante
Clericum . MSS. Brit. 4. 5. Germ.
2. 3. Flor. 1. V. Notas.
Tzetz.
Ambr. 1. 2. 3. 4. 5.6.
Med. I. 5. 6. 9. 23478
Vat. 1.5.8. 10. is. 2.3:4.Y9.'li.l3. 14.
Moschop. Tzetz. Brit. 4. Gall. 3. Germ. 3. Fl. 2.
148. "Am-Xac-ot *A*tfi«W/
Ambr. 4.5. r. 2.3 6.
Med. 4. 5. 6.7. 1.2.3 8 o
Vat I 2.8.9.12. 3.4-5.7. 10. ir.13.i4.
Vind. 6. 1.2.3.4 5.
Mosc. Procl. Codex Gall. 3 . Brit
2. 5. Germ. 2.3. Flor. 1. 2.
1*3. ■ *f«f» est in Guieti editione; sed MSS. omnes
Medicei et Floientim , et ediriones ante et post
eum,etSchol.habent ^vstf praeter aliquos codi-
ces MSS. atque editos , qui habent xft/8?oV.
Ml" Deest hic versus in primo Mediceo ; ceteri habent.
I<?7. oVaWaj ■inrdrrac
Ambr 2 A % a a ~, J ~ • vv» >
Med. 2. 3. 4. 6. 7. 8.9. 1.5.
28o
VulgQtae lectiones .
Vat. 3.4. 5. 9. II.'
Vind. 1.5.
Ttfp. T>TX» air'
Est in Vatic. 12 et in Brit.
6. Proclus extra locum eum
recitat , et exclusum dicit
a criticis cum sequente . V.
Not.
173. Tf<; 67E0;
Ambr. 4. 5.
Med. 4. 5. 6. 7.
Vat. 2. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 12.
Vind.
Palat. FI. 2.
Lectiones aliae .
2. 6. 2- 8. 10. 12. 14. onrdo-cu . J.
2.3.4.6.
Aid. Junt. 1.2. Trine. Cod. Brit. 2.
Germ. 3. Flor. 2.
Abest ab omnibus fere codicibus,
et ab omnibus libris editis ante
Graevium ; post Graevium agnosci-
tur fere ab omnibus .
Tf><5 to ei*s
2. 3. 6. et in 1. Itoj cum e«? sup. «?.
1.2. 3.8.9.
I. 3. 4. II. l3. 14.
1.2. 3. 4. 5 6.
Gloss. Scholiastae . Brit. I. 2. 5. 7.
Fl. I. Germ. 2. 3. editiones omnes
citatae v. 5.
187. ov&i ovre
Ambr. 2.4. Vatic. I. Stob. Reliqui omnes codices fere.
Omnes fere editiones . Tz. 0 5? o-uvSurpo; irkiova(zi
1.2.3.4.5.6.
1.4.5.6.8.
2. 5. 6. i- 9- 10. i3.
1.2.3.6.7.
Flor. I. 2. Germ. 3.
<pb\ov
1.2.3. 4. 5.6.
1.2. 3 4. 5. 6. 7.9.
1.2. 3.4.5. 6. 8.9. 10. 11. 12. i3. 14-
1. 2. 3.4. 5.6. jj%
Cod. i.Brit. Steph. Heins. Glossae. <pu\ov. yivos . Ita Mosc. Tz.
Aid. Trine. Com. Junct. 1.2. Cod.
Gall. 3. Brit. 1.4.^ Cod. Germ. 2. 3.
Flor. 2. Soph, ad Oed. Col. V. 1670.
ip8.
"kiV
xolcriv
Ambr.
Medic
. 2.
3.7
•9-
Vat. 3
4.
II.
12.
14.
Vind.
5.
ipp.
<pv
X'
Ambr.
Med.
Vat.
Vind.
I PP. I1BV
Ambr. I. 2.6
Med. I.2.3. 8.9.
Vat. 1. 3. 4. 11. 1 3.
Vind. 2.3. 5. 6. 7
3.4-5-
4.5.6.7.
2.5. 6. 7. 8. 9. 10. 12. 14.
1.
Mosc. Gall. 3. Brit. 1.4. 5. Junct. I. 2. Cod. Brit. 1. 7- Gall. 3.
Flor.2.Ger.2.3. Aid. Trine, citatur a Brunckio Soph. Schol. sed
Com. per errorem .
205. \i\uXUf
Cod. 2. Vind. et 14. Vatica-
nus ■ Item Heins. Proclus
Xs'Xwxa;
Codices nostri reliqui. Item Brit.
1.2.3.4.5.6. et Gall. 2.3. item Tzet.
et Schol. Eurip. in Hippol. 146.
Vulgatae lectiones
210- "Aipgaiv etc.
N/x>t{ etc. versus su-
specti .
221. o-xoX/odf tTgV/xauf
28l
Lectiones aliae
2IO. Extant in Stob., sed x-t 6i\oi .
Extant in omnibus codicibus; et in
.plerisque, quo dedimus ordine .
Aequa prope codicum auctoritas hine atque hinc.
222. WiX/y is rg]
nroXiv >@j
AniDi. I. 3.
2. 4. 5 6.
Med. 1. 2.3. 6. 8.9.
4-5. 7-
Vat. I. 3. 4. n.
5, 6.7. 8.9.
10. 12. 13.24.
Vind. 1.2.3. 5.6. 7.
4-
224. tfysXd&wri
i%
l\da-tt(ri
. . . Xasa-i
. . , utrtv
Ambi. 4 5. 6.
2.3.4.5.
Brit. 1.2.3
Med. 4. 0. 0. 7.
I. 2. 3. 8.9.
Moschop.
Vat. 7. 8. 10. 1.
3
4. 5. 9. 11. i3. 14
6 a-wa-i cum 8 SUp.».
Vind. 4. 3
6
I. 2. 5.7.
Brit. 6. 7. Flor. 2.
Gloss. Germ. 2. 3.
editiones vers. 5.
23o. i$u£ix.ajt.tTi
iSuttiKtlo-t
l9u^lX.BI<Tl
Aim 1. I. 2. 3. 4. 6.
5.
Med. I 2. 3. 9.
4.5.8.
6.7.
Vat. 3. 4. 11.
6. 14.
5. 7.8. 9. 10. 12. i3.
Vind. 1.2.3.5.6.2-
4.
Flor. 2.
Piocl. Tzetz.
Brit. 1.6.
"
233. "Axf>r *Axf»
Ambr. 1. 2. 3.4.5.6.
Medic. 1. 5. 0. 1. 8. 2. 3.4.9.
Vat. I.3.5.6.2.8.9.10.11.12.13.14. 4.
Vind. 1. 2. 3. 4. 5. 0. 7. ' Brit. 6.
Plato II. de Rep. Schol. Nicandri ad
v-447-
237. N«V ero vmi
Hn'a-oi/rou
tita-trovrou
Ambr. 1 2. 3. 6.
4-
Med. 1. 2.3. 6.8.9.
4
5.
7-
Vat. 1. 3. 4. 11. i3. 1
4-
5.
6.
2- 12.
Vind. 1. 2. 3. 5.0. 2.
Proclus. Alii item
Mosc. Tzetz.
Nu'o-a-ovrau ; sed rarissimi .
240. Cfirilvfx
tvav
?s7
Ambr. 5.
1
2.
3
4.6.
Medic. 4. 5. 6. 7.
1
2
8
9-
Vat. 2. 5. 6. 2. 9- 10
12.
1
3
4-
11. i3. 14.
Vind. 4.
1.
y_
3.
5.6.2-
Brit. 0. Flor. 2. Aesthines in Glos. Cod. Brit. 1.2. 3. 4. 5. 7.
Cte.siph. sed deinde dXit^aivK . Germ. 2. 3. Flor. I. Edit, omnes
Tzetz. Eust. in I. II. Schol. Pin- qUas retulimus v. 5. sed praeva-
dari ad Pyth. 3. Li ban. dec. 43. let tot antiquorum auctoritas .
Sen. Horn. 1. 42.
52
282
Vulgatae lectiones Lectiones alias
246. oye tsTx°S liyi rel %o;
Lectio Codd. editionumque o- Lectio furtasse inaudita ante
mnium revocata aRobinsone . Gujetum , Clericum , Graevium.
iSo. 'Addfotroi \euT<r>s<riv 'Abdvcnft <pfd£ov<mi
Ambr. (Xe'c/3-80-/, vel ... iv) 1.2.6. 3. 4. 5.
Med. 1. 3. 3. 8. 9. 4. 5. 6. 7.
Vat. 1.3. 4- II. 2. 5. 6. 7. 9. 10. 12. i3. 14.
Vind. 1. 2. 3. 5. 6. 7. * 4.
Cod. Germ. 2. 3. sed . . . .<nt<ri , Cod. Brit. I . Flor. I. fuit etiam
vel .... <rsnv . in 2. Flor. sed_delrtum est , et
\iuvo-x<riv restitutum .
O.nnes fere codices; etiam ex- Cod. Ambr. 2. 5. Vind. 7. Vat. 2.
teri. RestituitGraeviusexPro- Brit. 3. Editionesante Graevium .
cli, et grarnmaticor. consensu. Stob. xedV»' .
2tfl. /Saa-i\»eov (iaciXtuv
Ambr. I. 2. 3. 4. 5.6.
Med. 1.2.3.5. 6.8.9. 4- 1-
Vat. 1. 3. 4. 5. 7. 9. 1 1. 12. l3. 14. 2. 6. 8.
Vind. 1 . 2. 3. 4. 5. 6. 7. Cod. Flov. I .
Tzetzes ait coalescere *« ct «v in
unam syll. longam .
2<J3. |Wf'-£s; J7xa;
Ambr. I. 2. 3. 5. 6. 4.
Med. 1.2.3.6.7.8. 9. 4. 5.
Vat. 1.3.4. 5. 9. 11. 2. 6. 7. 8. 10. 12 i3. 14.
Vind. I. 2. 3. 5. 6. 7. 4.
Brit. 3.
7.65. Of cji/tJ O/ y dura Of r dura
Ambr. I. 2. 5. 6. 3. 4.
Med. 1.2. 3. 8.9. 4.5.6.7.
Vat. i.3. 4. 6. 11. 5. 7.3. 9. 10. 12. i3. 14-
Vind. 1 2. 5. 6. 4. 3.7.
Sch. omnss. Plut.T.II. p. 564. Brit. 6. Flor. I. 2.
le°it of <F a aXw xax-d Teu%<n t'ai xa-
x.oy fiirctTi Tev'xii'
278. eV' dvTai% iv duiBij
Ambr. 1. 2. 3. 4. 5. 6.
Med. 1.2 3. 8.9, 4. 5. 6 7.
Vat. 1.4 11. l3. 5.6.7.8.9. 10. 12. 14.
Vind 1.2.3.5.6.7. 4. Flor. 1.2.
Moichop. Aelianus Hist. Anim. VI. 5oi. At Sext.Em-
pir. pag. 295. (*iTy duroiv . Item Clem. Alex.
Strom. I. Item Plut. de solertia animalium .
2po. eflr' dviiv If ct'uriv
Ambr. 1.2. 3.6. 5.
Vulgatae lectiones.
Med. I. 2. 3.8. 9.
Vac. 1.2 0.4 8.9 10. 11. 12. 1 3.
Vind. 1. 2. 3. 4. 5.6. 7.
Moschop. Proclus.
Lectiones aliae.
4-5.6.2.
5. 6.7. 14.
Plato .
283
1p\. ix-nax IX.HTM
Vaticanus 7. Reliqui codices , et editiones omnes,
Scaliger , Meursius , He- et veteres qui Hesiodum citant .
insius studio novitatis . Gujetus subintelligit w's . V. Notas.
2p3. 0; dviig
Medic. 6.
Heinsius,et Graevius stu-
dio novitatis .
05 aura)
Reliqui Codd. et editiones prope 0-
mnes . Item veteres qui Hesiodum
citant prope omnes , saltern in mar-
gine . V. Notas.
294. Est in codicibus , ideo conservandus . Scholiastae etiam ex-
plicant : veteres citant, ut Aiistot. Ethic. 1.2. Stob.Serm.3. At Ari-
stides Plat. 2. praeterit, et CI. Alex. Paedag. III. et Eust. in I. Iliad.
2ptf. /utiV dviis
Ambr. I. (05 $i i&j )
Med. 5. 6.
Vatic.
Vind.
Aristotel. Clem. Alex.
i. 2. 3 4. 5. 6.
1. 2.3.4. I- 8. 9.
Omnes .
Omnes . Praeterea Moschop. Codd.
Flor. omnes. Germ. 2. 3. Brit. 2. 3.
4. 5. Editiones numeri 5. Stob. bis .
Aristid. torn. III. pag. 44.
3oO. Qt\in &s iii$i<pa*es pi^in <?i cr' iO'ft<pat>os
Ambros. 2. Moschop. Reliqui codd. italici ;
Medic. 6. item Brit. 2. 3. et Germ. 2. Aid.
Phurnut. de N. D. t. 28. iuv\o- Trine. Steph. in marg.
nauoi; .
3IO. a£j>>«{
Ambr. 2. 3. 5.
Medic.
Vat. 2. 5. 7. 8. 9.
Vind. 7.
aepyov-
I. 4. 6.
1.2 3 4 6. 7. 8. 9. in 5. deest.
1.3 4 I ! . 12. 14. in6.aspy»c cum evsup. *t.
1.2.3 4.5.6.
Ceterum suspectus est versus, quern codex Med. 5. omnium an-
tiquissimus, et Stob. c. 29 et binae editiones omittunt .
3 1 8- AfVwf » r avJfctg ptc. Plutarchus habuit suspectum hunc
versum ; sed eum Stobaeus c. 29. et codd. agnoscunt . In 5. Me-
diceo additur in margine.
3ip. eivo\/3t'nv o\@ov
Ambr. 3. 4 5. 6. 3. 6.
Med. 6. 7. 6. 7.
Vat. 1. 2. 6. 7. 8. 9. 10. 12.
Vind 4. 2. 4.
Codices Britan. 6. 7,
dvo\j3i'*i . . oX0u
12. 1. 2. 4. 5.
I.2.3.4.5.8.9. similiter
3 4. 5. I (. 14. similiter
1.2 3.5.6.7. 1.3.5.6.7.
Prod. Glos. et Moschop. sub-
284
Vulgatae lectiones . Lcctiones aliae .
Tzetz. Stobaeuscap. 29. audiunt ira^axiimi . Cod. Brit.
2. 3.4. 5. Germ. 2. 3. Floren. 1.
Editiones cit. ad vers. 5.
32.5. 'Pact t( (iiv (xaufSo-i d(xav%iari
Ambr. 1.4.6.6. 3. at 2. (Jtav^olvi
Med. 'P«a -re , vel f&et&i (xiv (xav?9<n. \. 2.
3.4.5.6.7.8.9.
Vat. Pita ii (xiv , vel . . . J£ (J-tv [xavqio-i .1.2.
3. 4. 5. 8. 9. 10. 11. 12. i3. 14. 6.1.
Vind. 'Pita ii uev /uau^io-i y vel ..-ft fxiv (xav-
fS<ri.V. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
Cod. Brit. 4. irav<>oio-i , at 7. dfJ.'xvqifi.
3 3 3. d-ycuemt
Omnes codices praeter quatuor, 8.9. Vat. dyiimi , 10. dydtiui
qui diversas cxhibent lectiones. 4. Vind. dyai(i<7ni cumesup. ax.
338. fTroi'J'jt ; vel ctrov^y oitovSvkti trvovSriGtv
Amtu. 4. 1.2.3 5.6.
Med. 2. 1.2.3.4.5.6.8.9.
Vat. 7. 12. 2.3 4. 5.6.8.9. 10. 11. 13.14. I.
Vind. 1.2.3.4.5.6.2.
Cod. Brit. 1 . 4. 5. 6. Germ. 1 .2. 3. Aldus .
Junct. 1.2. Trine. Steph. Com. Tzetz.
3 38. Svtsreri $ui9xri $uiirt
Ambr. 1.2. 3. 4. 5. 6.
Med. 1.2.3. 7. 8.9. 4. 6. 5.
Vat. 3. 4 9. 12. 14. 2. 3. 4. 5. 6. %. 8. 10. 1 1. l3.
Vind; 1.2.3.4.5.6.7.
Glos. Brit. 7.. Editio Steph. et Fl. I. Brit. I. 4.
aliae praestantes.
344. rot ii
Ambr. 2 4. 5. 6. 1. 3.
Med. 1. 2.3.4.7. 8.9. 5. 6.
Vat. 2 3.4.6.7 .8.9.10.1 1. 12. l3.I4. I. 5.
Vind. 2. 4. 5. 7. I 3.6.
6. Ambr. habet iy*-u> (*.iov , item Fl.
2. et Steph. verbo i^'p.
3 52. ?<7-' *<r* , vel, <W
Ambr. I. 3. 4. 5. 6.
Med. 1. 2. 7. 8. 9. «■ 4.5. 6. 3.
Vat. 1. 3. 4. 8. 11. 12. i3. 14. 2. 5. 9. 10. 6. 7.
Vind. 1.2. 3. 5. 6. 7. 4. /o-.a arwo-iy ArtemidorusRigaltii
Oneirocritica cap. 61 , et Scob.
serm. 10.
353. 354. 355. Hos versus ut illiberales delebat Plutarchus; sint:
idcirco delendi? Imo explicant omnes scholiastae, habent omnes
codices, citat Suidas.
Vulgatae lectiones Lectiones alia*
»«$
3 57. Kad (xiya ioly x.nv pi'ya. /«'„
.Ambr. 3. 1.2.4.5.6. 1.2.3.4.5.
Med. 5. 7. 1.2.3.4.6.8.9. omnes
Vat. 2. 2-8. 10. ciimes, exc. 2. 8. et 10. sed I. hi "v piya .». et
10. cyi fjii ya ....
Vind. omnes omnes
Cod. Brit. 1- Cod. Brit. 1.2.3.5. Gall. 3. Germ. 2- 3. Flor. 1. 2.
eait. omnes quae cuantur v. 5.8tob. 8erm. 10.
Seiiohastae .
3<So. <pi^ov x«p in nullo cod. habetur : *i\ in uno : in reliq. wY , et tpi^or
nro? ; ^uain leotionem tuetur Suiaas T. I. pag. 9O6. et 8tob. Serm. 10.
semel <Y , et rot , et raw in codd. et excusis.
Ambr. 4.0. 4.6. 1.3. I.2.4.
Med. 2. 3. 4. 6. 7. 3. 9- 4.5.6.7. _ 1.5. 1.2.3.8.9.
Vat. 2.0.7.9.10.12-13. 1.3. 4. 5. 8. 11. 14.
Vind. 4. 2- 1- 2- 3. 5.6.
Brit. 6. 7. Britann. 1. 2. 3. 4. German. 3.
Flor. I. 2. Editiones prope omnes
relatae au. v. 5. Procl. et Moschop.
qui inteipretantur xa'Ki'rr^ •
370. Mfo-S-o's .... Deest
Amor. I. 2. 3. 5. 6. in 4. in 5. additur recentius.
Med. 1.2.3.8.9. 4.5. 6. 7.
Vat. I. 3. 4 8. 11. i3. 14. 2. 5.6.7. 10. 12. in 9. addit. recenter .
Vind. I. 2. 3. 5. 0. 2- 4- in ^rit. 6. cum duobus seqq.
371. Kai is Deest
Ambr. I. 2. 3. 5. 6. 4. in 5. additus recentius .
Med. I. 2. 3. 8.9. 4.5.0.7.
Vat. 1. 4. 8. 11. 13. 14. 3. 5. 6. 7. 10. 12. in 9. additus recen.
Vind. 1. 2.3. 5.0. 7. 4.
372. n<Vaf Deest
Ambr 1.2.3.5.6. 4. in 5. additus recentius.
Med. I. 2. 3. 8. 9. 4.5.6.7.
Vat. 1. 3. 4. 8. 1 1. 13. 14. 2. 5. 6. 7. Jo. 12. in 9. additus recent,
Vind. 1.2.3. 5. 6. 7. 4.
37?. <p<X>»T>ia/y vel . . . . <ri ^WKiiTnTi
An.br. I. 4. 5. 6.
Med. 8. I. 2.3. 5.6. 7. 9. sed cum <r/o
Vat. 1.3. 4. 8. 6 7.9.10.11. 12.14. 2.5.13.
Vind. 5. 2 3. 4.6.7.
Glos. Hesiodi , Gall. 3. Cod.Brit. I. 2. 3.4.5. Flor.a. Tzetz.
}j6. <rto%oi tin cum gl. vtrdf^ri
Ambr. I. 2. 6. 4. r. m 3. conect. in c&i'J'o/
Med. 1.2 3. 8. 9. 5. 6. in 4. et 7. mutatum in <ruX»i
Vat. 3 4. 8. 9. 11. i3: 14. ■ 2. 5.6. 7. 10. 12.
Vind. 2 3 5.6.7. 4.
Interpreter Brit. I.
53
286
Vulgatae lectiones Lectiones alias
3 8 1 . pqifi vviri, Vel eyTiv pftriv yitiv
Ambr. 5. 12.3 | 6. s'ed in 2. jTo-/ .
Med. i.a. 3.4 5.6. 7. 8. 9. '
Vat. 10. 3.9. 1.3.4.5.6.7.8.11.13.13.14.
Vind. 4. 3.3.5.6.2.
Cod Brit 7- Cod. Flor. I. Cod. Bntan. 1.3-3 4. 5. item Cod.
Germ. 1.3. Cornel. f*rts sed edi-
tiones reliquae citatae v. 5. j»V< ,
382. 'f i'av • e?yov $i r sV i?yro 'ip$nv' x^ Zqyov iv' t^yta
Ambr. I. 3 5. 6. 3. 4.
Med. J. 3. 3. 9. 5.6. 7. sed 8. i?$uv iqyw <?i r sV
iqyoi , •
Vat. I. 3. 4 9. 1 1. 1 3. 14. 3. 5. 6. 7. 8. 10. sed 13. tir'igy*
Vind. 2.3. 5. 6. 7. 4.
Brit. I. 3. 3 4. 5. Flor. 3.
Distinctio inter prinvum et secundum librum saltern ma-
joii littera , vel maiori spatio indicata in Hi'siodi editionibus
usque ad Graevium mansit , melioribus codicibus invitis .
385. drXayiviuv drXtxycvdav
Ambr. 1 3.6. 5. arXayytvdcov , at 3. et 4. drrXrtyoviv
Med. 3. 3 4. 6. 7. I. 5. 9. sed 8. drXxyiwduv
Vat. I . 3 4. 5- I I. l3. 14. 3. 6. 7. 8. 9. at IO. aTXajma'aii'
Vind. 3. 3. 5. 6. 4.7.
Interpr. tres . Athen. par;. 490. Cod. Germ. 1. dr\aya/duv cum * sup. «'.
Schol. Homed Iliad. XVIII. v.
4S6. Dio Chrys. Ora-t. II.
384. df/mif JuTo-ouivdav dfAttieJo . .. £u?o[xtvauv
Ambr. omnes 1.2-3.5.6. 4.
Med. omnes 12 3.8. 4.5.6.7.9.
Vat. omnes 2.3.4 6 7.8.9.10. 5. 13.
II. l3.I4.
Vind. 3.3.4.5.67. 3.3.5.6.7. 4.
Dio Or. II. Athen. p. 490. Int. Horn.
II. £.486. Eust.Il.T. 4S7. Brunck.
3Sp. vculmucr' vouemua-' vel ... vti vel .. . *nv
Ambr. 5. 1.2 3.4- 6.
Med. 4. I.2.3.6.7.9. 8. 5.
Vat. 2.9. 3.4.5.6. 7.8. II. 12. 14. 10. 1 3".
Vind.. 2.3.5.7. 4- Flor.I.Gall.3.
Brit. 6. 7. unde Grae- Glos. Hes. Cod. Brit. I. 2. 3. 4. 5. Cod. Germ. 2. 3.
vii ememiatio. Editiones omnes relatae ad v. 5. et Brunck.
3p 1. vxi'uviy \e\...<riv vouuti vel . . . . VIV
Ambr. 5. 2. 3. 4 6. I.
Med. 4. 1. 5.6. 3.3. 7. 8. 9.
Vat. 3. 1.5.6.7.8. 12. 3411. l3. 14.
Vind. 4. 5. 3. 3. 7.
Glos. Hes Cod. Germ. Cod. But. I. 2. 3. 4. 5. Ger-
3. Gall. 3. Edit. Aldi , m. 3. Flor. 1.3. Ed. Trine,
etjunct 1.2. Steph. Com. Heins.
ift?
Vulgatae lectiones . Lectiones aliae.
3p2. dudtiv dfjiicri-cu.
Ambr. 4. 6. 1.2. 3. 5.
Med. 4. 5. 6. 7. 1.2.3.8.9.
Var. 2. 6. 9. 10. 12. l. 3. 4. 5. 8. 1 1. l3. 14.
Vind. 4. 5. 2. 3. 7.
Brit. 6. Gall. I. Codex Britan. I. 2. 3. 4. 5. Germ. 2. 3.
Flor. 2. Edit, citataead v. 5. Mosch. Procl.
3p5. irTW3-|7»»S
a'wsTit;
TTwVwf
«yt/0-J);
Ambr.
2 3.
1.4. 6. sed 5. ayu'vips
Med. I. 2. 3. 6.7. 9.
2.3.4. 8.9.
4.5.8.
I.5.6.7.
Vat. omnes : exc. 1 . 5.
1.3.4. 11. i3. 14.
1.5.
2.5.6. 7. 8.9. 10. 12.
Vind.
3.2.
2. 4. 5.
Mosch. Tzetz. Glos.
Glos.
Mosch.
408. a<T»T; d^viiitti dtiBi; dfvliittt
Ambr. I. 2. 3. 5. 6. ' 2.3. 4. 1.4,5.6.
Med. 1.2.3.4.5.6.7.9. 1.2.3.6.8.9. 8. 4.5.7.
Vat. 2.3.4. 5.6 9. 10. 12. 14. 1.2.3.4. 5. 11. l3. 7-H.i3. 6.7.8.9.10.12.14-
Vind. 2 3.5.7- 2. 3. 7.
Mosc. Procl. Glos. Mosc.
4op. ,«/XJ/'5-)) fJ.lVV$it
Ambr. 1.3. 5. 6. 2. 4.
Med. 1.2.3. 4. 8.9. 5.6.7.
Vat. 1. 2. 3. 4. 5. 10. i3. 6. 7. 8. 9. 11. 12. 14.
Vind. 2.5. 7- 3.
Tzetz. Glos. in Hesiod. Moneo in sequenti Pollucem legere lv»9i
p. 44. Scholiastem Aristoph. s'wiijw pag. 243.
412. 'Ou<S' dva,3a\\ofxivos . Deest in Cod. 4. Britan. item'in
Est in omnibus fere Codd. et in 2. Flor.
omnibus editionibus, et quod mi-
reris in Brunckiana .
413. "Amta-i pleraeque editiones veteres habent, et Columella locum
hunc citans 1. XI. c. I. et Eustathius in II. II. pag. 480. sed «tj«-i omnes
.prope codices .
420. 'Huo; Quum T»(uo; Turn
Ambr. I. 2. 3.4. 5. 6.
Med. 1. 2. 3. 9. 4. 5.6. 7. 8.
Vat. 1. 3. 4. 11. i3. 14. 2. 5. 6. 7. 8.9. 10. 12.
Vind. 2. 3. 5. 7.
Periodus continuat ut ostcndunt Scholiastae , exponentes an : hinc
majori codicum numero minorem praetulerim .
422. T»fuo{ etc. Hie versus deest in cod. Germ. 1. sive Senatorio ;
agnoscitur a reliquis , itemque a Servio in I. Georg. v. 175. et Interpr.
42J. diro ><m dwl *e. dnri xtv
Ambr. I. 2. 3. 5. 4.6.
5.
2.
5.
7-
6. p. io.
yofxpn<rtv
I.
i83
Vulgatae lectiones . Lectiones alia*.
Med. 1.2. 3. 8. 9. 4.6.
Vat. I. 3. 4. 5. 8. II. 14. 7. 12. 13.
Vind. 2. 3. 7.
43 1 . yifAQOKTiv yo>J.(p»itri
Amfar. 6. 2 3. 4.
Med. 1. 2.3.7.9. 4. 5. 6.8.
Glos. Germ. 3.
4J1. m-^oTaoti^iiai O.nnes codices : irgoToc?»'<remi 10. Vatic et perpauci .
43 (J. Trf/v* efg >-£/ifi/ trqivH yvttv
Ambr. 3. 4. 0. 1. 2. ;it 5. 7"'»f
Med. 4. 0. 6. 7. 1. 2. 3. 8. 9.
Vat. 2. 6. 6. 7. 9. 10. 1. 3. 4. 8. 1 1. 12. i3. 14.
Vind. 2. 3. 7. sed 5. irs'"» is j-j/hj
Suid. Etymol. magnum , S'chol. Aiistoph. v. 179. Moschop. Tzetz. citant
nrqtvx ii : g'x irf/t» nrqivivoi , quod habet v. 329. Suid. v. irqlvivoi , Sch. A-
ristophanis loc'. cit. et ita emendacum inveni in codice Riccardiano ,
.in quo ante legebatur nrqivcov , sicut vgiyvtov in Loesnero : utraque le-
ctio in paucis codicibus .
43p. rcoy iqlo-avTK; rwyt iqiacwK, vel... vr'
Aiiibi. 2. 3. 5. 6. 1.2.3.4. 1.4. 5.6.
Med.omnes 1.2. 7.9. 3.5.6.8. 4.
Vat. 3.4. 11. I. 5.6. 7.9. 10. 12. 14. 2. ..vt»8.
Vind. ' 2. 3. 4. 5. 7.
Tres Scholiastae Hesiodi . Glossae in Hesiodum , Britan. 3. Flor.
1.2. Germ. 3. Suid. in ?uyopaxetv •
442. Deest hie versus in codice Senatorio ; est in reliquis .
448. (puvitv yifdvs reperi in Proclo , et in tribus MSS. et in omnibus,
nescio quo pacto , editionibus . Restituo veterem inversum ordinem
vCrborum quern habent omncs prope codices , et Tzetzes , et Bisetus
ad Aves Aristoph. v. 710. ytqdva <puv>iv , atque etiam Brunckius ex MS.
457. piXi-r-nv ixipiv fxiXimv <$il txl,v fitXirxv tXH
Ambr. 2.3. 4. 5. 6. I.
Med. 4 b. 6. 7. I. 2. 3. 8. 9.
Vat 2. 5. 6. 7. 9. 10. 12. 3. 4. 8. II. 13.14. I.
Vind. 4. 5. 7. 2. 3.
Tzetz. Brit. 2. Germ. 3. Glossator .
4?p. JV tct' , OmneJ codd. praeter tres , ubi d« tot r quibusadde duoi
Bntannicos Robinsonis .
4<J2. s«p<. Pollux lib. I. cap. 12. segm. 223. et Brunckius, sed ««f liar
bent excusi et Codices et Scholiastae .
4<$5>. fJSTafiur (jiea-dSai
Aiubr. 3. 5. 6. 1.2 sed 4. non bene intelligitur .
Medic. 4. O.7. 1.2.3.8.9.
Vulgatae lectiones
Vat. 2. 5.6.9. II. 12. 14
Vind.4 5. 1-
Brit. 6. 2. Tzetz.
Lectiones aliae
28(?
471. STre'e/Urtiw
Ambr. I. 2. 3. 4. 6.
Med. 6.
Vat. 7. p.
Vind.
472. xctxoS-nfxotruvn
Ambr. 3. 4. 5.
Med. 2. 3.4. 5. 2.8. p.
Vat. 3.4. 5. 2 -8. p. 10. 1 1. 1 2. 1 3. 14
Vind. 2. 5. 2-
Procl. Tzetz.
1.3. 4.8. 10.
2.3.
Brit. I. 2. 3. 4. 5. Germ. 2. 3. Aid. Trine. Steph.
Com.Heins. Proclus , Mosch. Glossator ; juxta
c^uos : bobus trahentibus loro .
xax.xfvir'wv o-irif/ua xa-retx p& in&jv
2. 5. I. 3.4. 5. 6.
1.2. 3. 4- 5. 1- 8. p. sed 6. a-nrtf/uara xfoTrmv
t.2. 3. 4. 5. 6. S. 10. 11. 12. i3. I4.in2-etiam
et p. xawxp ....
a 2. 3. 4! 5. 2-
Britan. I. 2. 3. 4. 5. German. 2.3. Trine.
Junct. 2. Moschop. Procl.
xxx.oS-i/fxo<ru'v)i
I. 2. 6.
1.6.
1. 2. 6.
3.4.
477. 'Et/o^sW 'EyO^£0)V 'Euk)%lUV
Ambr. I 3. 2. 4. 5. 6.
Med. I. 2.3. 4. 5. 8. p. 2- 6. cor. A'o^5-6«i'
Vat. 3. 4. 5. 8. 11. 1 3. 14- 1.2,6.7.10.12. p.
Vind. 2. 3. 7. 4- 5.
Mosch. Procl. Eustath. Cod. Brit. I. Aid. Junct. 1. 2. Steph. Com. Tzetz.
475. Cur rpoTral? plerique editorum scripserint quum tj>o griff MS'S. o-
mnes quos consului , 'exhibeant , divinare non possum; nisi forte He-
siodum nolint iomca dialecto usum , quam in primis adamasse etiam
testatur Hermogenes .
485. a?o<rei<;
Ambr. 4.
Med. 4. 2-
Vat. 2. p. 12.
Vind. 245.
MS. 6. Brit, quo solo au-
ctore Graevius hanc le-
ctionem amplexus est.
490. i&oQafi'Zei
Ambr. I. 2.
Med.
Vat. 5.
Vind. 2.
Cod. Brit. 7.
ap oa-xf
1.2. 3.5.6.
1.2.3.5.6. 8. p.
I. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 10. n. i3. 14.
3 6.7.
MS. Brit. 1. 2. 3. 4. et ita emendatum est in
Flor. 2. Item Germ. 2. 3. Gall. 3. Editiones
omnes relatae ad v. 5. Brunckius .
.... p/<fo/ . . . p/Jfj,
3. 4. 5. 6.
4-5.6.2. 1.2. 3. 8. p.
2. 6. 2. p- 10. 11. 12. 13.14. 1.3.4.8.
4-5.2. 3.6.
Flor. 2. Heins. Gujetus ,
Graevius , Brunckius .
4P3 . iiraXia inr d\ta
Ambr. 1. Vatic. I. Canterus Reliqui codd. quorum habere potui notitiam
ex cod. Gujetus ob ratiun- et editiones, et Aristid.inPlaton.il. Scholia-
culam . stae Hes. Eust. citatus a Stephano , Winterton .
54
Vulgatae lectiones Lectiones aliae
4P4. et^yov &?yov te?y«v
Ambr. I. 2. 3. 5. 4. 5. 4
Med. 1. 2.3. 4. 8. p. 5. olim uv iqyuvj. 6. dim «ik
Vat. 1.2.3. 4. 8. 9. 10. 1 [. 14. 5.6.7. 12.
Vind. 2. 3. 5. 6. 7. 4. olim »v, quae lectio videtur Procli fuisse .
Glossat.
4p5. ftrxcivti o<piWit ierx^vri o<ps'XX>t
Amb.2. 4.5. I.2.3.4.5. 1.3.
Med. 4. 5. 6. 7. 1.4.5.6.7.9. 1.23.8.9. 2.3.8.
Vat. I 2. 5.6. 7.9. 10.12. 2. 5.6. 7.9. 10. 12. 3.4.8. 11. 13.14. 1. 3.4.8. 11. 13.14.
Vind. 4. 2.3 5.6.7. simil'ter.
Tzetz. Brit. 1.2.3.4- Germ. I. 2.3.F1. 2.
Mosch.
4P7. "7r/s'<fo/j vit%ris
Ambr. 2. 4. I. 3.
Med. 4. 5. 6. 7. 1.2.3.8. p]
Vat. 2. 5. 7. 9. 10. 12. I 3.4.6. S. 11 13.14.
Vind. 4. 2.3.5.6.7.
Moschop. Procl. Glos. Cod. Brit. 5. Germ. 3. Fl. 2. Gall. 3.
5o6. &v?n\tyiz<; codd. fere omnes . JWaXj^eoj . Brit. 4.
5iO- fivTvys iriXva. fi>i<r<Tn?i vel fitimvi fufvi
Ambr. 2. 3. 4.
Med. I 2.3.4.6.7.8.9. similiter. B.^rittiet 5. iriXna
Vat. 2.3. 4. 9. ip. 11. 12.14. I-2 3.4.5.6.7.13. 5.8.i3. 7. at I.et 6. /3wV»f
Vind. 2.3 4. 5.6. 7. 2. 3.4.5.6. 7.
Mosc.
5 10. irx'Xv@OT<k%ri mo\v(&a<Tti qy
Ambr. 2. 34. I.
Med. 1 2.3.4.6. 7.8.9. 5.
Vat. I. 3. 4. 6. 7. 10. 11. 12. 1 3. 14. 5.8.9. sed. 2. T8X;/3au/?ji
Vind. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
5i 3 - Ante vers. 5l2. ponunt Aid. et Ju.nct. I. 2.
5z5. oixu }&j iv riSiit, Ita omnes codices praeter 5. Medic, et 5. Vatic,
ct 3. Vindob. qui habent oix-u ^ $$s<ri,
53o. Auyqiv Sqva. Atiyfai; Jq'ta
Ambr. 2. I. 3. 4.
Medic, omnes . omnes
Vat. 3. 4.5. 6. 7. 8. II. 12. 13..14. 2. 9. 10. 1.2.3 4.5.6.7.8.9.1 1. I2.l3. 14.
Vind. 2.3.4.5.6.7.
Moschop. qui vcrtit ^.aXEir&c, Glos. Urit. 2.3.5. Germ. 2.3.
Tzetz. Gall. 3. Steph. Juncta I.
537. •xXouvow [i{v xXcu'av tb
Ambr. 1.3. 2. at 4. x*-°"vt** r'
Med 1.2.3.8.9. 4.5.6.7.
Vat. 3. 4. 8. 11. i3. 14. 2 5. 6. 7. 9. 10. 12. at I. xXoaVor xee
Vind. 2. 3. 6. 7. 4.5.
Aid. et reliqui citati ad v. 5.
Vul pratae lectiones
Lectionea aliae ,
29I
S43. ivore MSS. omnes praeter 2. Ambr. et 4. Medic, qui habent eirirew J
sed 5. Med. s'ttot' ov ut Trine. Retinendum erewre quurn extrema produ-
catur vi caesurae , et vi mutae cum liquida subsequentis .
544 a/Jtu sub-tituerunt nimium creduli Graevii editores voci vuru quae
erat in omnibus codieibus , et editionibus . V. animadversiones .
S-jp. ir^pipsfo; ivTiiwmi. Sic erat in Ambrosiano 3. sed correctum est,
et autatu.n in nrv^oipi^o^ timiui . Clericus et invitis codd. et editionibus
ante eum , et Proclo , et Mosghopulo , et Auctore Glossarum , qui tru^o^c,
probant , edidit T^pofoj .
$$0 ouivaoiiuv cdiv icvmv ditvvaoviwv
AmlM. 3. 4- 1. 2.
Med. 2 3.6 78.9. Med. 4. 5. sed I. edtvotivniv
Vat. 3. 4- 8. I t . I<3. 14- !• dieiv diviuv
Vind. 4. sed 2.3. 5. 6. 7. diiv dovnov
diiv vuovtuv Vat. 2. 5. 6. 7 9. io. 12. Glos. Aid. Trine. Junct. 1.2.
5Sp. fix? iTri <f a.vie/. fixTt'v iirt <?' dviqt vel fitscriv sir' dvig/. dV
A.nbr. 4.
Medic.
Vatic.
Vindob.
I 2.3.
1.2.3.8.9.
1. 3. 4. 8. 11. i3. 14.
2.3.6.2.
4 5.6.7.
2. 5. 6. 7.9. 10. 12.
4-5.
Flor. 2.
/Ssa/Veditiones f. omnes . Brit. I. 4. Germ. I. 2. 3. Fl.
I. Gall. 3.
568 . ofS-payo*
Ambr. 2. 3.
Med. i. 2.6. 7. 8.9.
I.4
3.4. 5.
Vat. 2. 3 4 6.7. 11. 13. 14. 1. 5. 8. 9. 10. 12.
Vind. 2.3. 5.6. 7.
Flor. I. Procl. Mosch.
570. irie/.Tttpve'/Jcv
Ambr. 2. 3. 4-
Medic, omnes
Vat. I. 3 4. 5. 7-8. 10. 12.
Vind. 2.3. 4. 6. 2,
Tzetz.
4-
Auctor glos. Cod. Germ. 2. 3. Junct. I. 2.
Etymolog. Magn. in o?$-oyo>i , Tzetz.
I.
vel rrree/.T\i[zpivcv
57?. xa'fipii
Ambr. 2. 4.
Vat. 6. sed 10. xa?p« cum « sup. « et Germ. 2. 3. et Gall. 3.
Vind. 5.
2. 6.9. 11. i3. 14.
5.
Germ. 3. Brit. 6. Moschop.
xdftpet
Reliqui codices nostri : item Brit. 2. 3. 4.
S77. 0?6?tt 0j>>«
Ambr. I. 2. 4. 3.
Med. 1.2 3 4 6.7 9. 5.8.
Vat. 1.2.3.4.5.6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 14. i3.
Vind, 2. 3. 4. 5. 6. 7. Ties S'choliastae.
292
Vulgatae lectiones Lectiones aliae
Ambr. 2. 1.3. at 4. y-xttcxioemi
Med. 5.6. 1. 2. 3 8. 9- at 4. x«w;csw et y £VtveW
Vat. 2. 5. 7.9. 10. 12. 1.3. 4. 6.8. 11. i3. 14.
Vind. 5. 2.3.4.6.7.
Glos. Cod. Germ. 2. 3. Moschop.
584. x.afjtotno'feog x.cto/JictiuJ'tss
Ambr. 1 2. 3. 4.
Med. 2.3. 4. 5. 7.8.9. 1.6.
Vat, 2. 3.4-5.8. 9. 10. 12. 6. 7. 11. i3. 14. sed 1. xa(cWJ«fs
Vind. 2. 3. 5. 6. 7. Brit. 6. 2-
58tf. &i re avSqi^ $i tbi avJfis
Ambr. 1.2. 3. sed 4. St r <ZvJ?i;
Med. I. 2 3. 8. 9. 4. 5. 2- in 6. deest ■*
Vat. 1. 3. 4. 2- 11. 1 3. 14. 2.6.9. 10. 12. sed 5.JV «W?ef , et 8.^' r'^cTpsc
Vind.2. 3. 4.6. 2. 5.
Arist. Probl. Sect. 4, Junct. 1 . 2. $i <? «Vf£f . Flor. 1. et 2.
?8p. fiv'@\ivo<; fii/3\tvos
Ambr. 2. 3. 1.4.
Med. 4. 6. 2- 1.2. 3. 5. 8.9.
Vat. 1 . 6. 1 1. 14. 2.3.4.5 2.8. 9. 10. 12. l3.
Vind. 4. 2- 2. 3. 5. 6.
Procl. Tzetz. Int.Theocr. Glos. Cod. Brit. 2. 3. Gall. 3. Flor. I. et fuit in
2. Germ, et 3. Aid. Trine. Junct. 1.2. Mosch.
5p4> dx.eai'o$ iux-qareos
Ambr 24. 1, axpas'u? . 3. nxpee'o;
Med. 1 2 3. 5. 2- 8. 9. 4. 6. gt/xpaeoj
Vat. 1.3. 4. 6. 8. 9. 5. 2- io-H-12. 13. 14. dxpa/of, sed 2. ... **ef
Vind. 2. 6. 4. 2 aS5? sed 3. 5. . . . -re'a?
Moschop. Procl. Glos. Cod. Brit. 1.3 4. 5. Germ. I.2.3.F1. 1. et2.
Aid. Junct. 1. 2. Com.
£94. •aptxrwirov tepoaoiira
Ambr. I. 4. 2. 3-
Med. 1.4. 5. 6. 2. S. 2. 3. 9.
Vat. 1. 2. 6. 2. 8.9. 3. 4. II. 14.
Vind. 4. 5. 2- 2. 3. 6.
Tzetz. Glos. Brit, l . 4. 5. Germ. 3. Fl. 2. Mosch. Procl.
/
5P51. Kp^'vwf ■*■' uevats Kpiim t' utvvdu
Ambr. I.2.3.4.
Med. 1.2.3.4.5.6.2.9. I.2.3.4.9. &• 5.6. 8. sed 7. t' oicva's
Vat. 2. 3. 4. 6. 7.8.10. 4.6.12. 1.5. 2. 5. 7.8. 9.*io. 11. 13. 14. sed
11.12. 14. 3. eucvdx
Vind. 2. 5.6. 7. 3. oua>dn sed 4. *' «iW8
Germ. 2. 3. Junct. 2. Fl. 2. «*«»«*.
5p5. Tp/f J" J^a-m; . <T abest ab omnibus Codd. et ab omnibus editioni-
bus ante Graevium .
6oz. OUta aoitov nullus codex, quod sciam, nulla editio habct ante
Graevium .
Vulgatae lectiones .
Lectiones aliae .
rari 0>jt' aoix.ov
293
Qifm t' uoix-ov
Ambr. I. 2. 3. 4.
Med. 2 3.4. 5. 7. 8.9. 1. 6.
Vat. 1. 3. 3. 4. o. 7.9. 10. 5. 8. 11. 12. l3. 14.
Vind. 5. 0. 2. 3. 7. sed 4. 0>»?a f aoixov
Cod. B1.1t. 1.2.4.5. Germ. 1.2. Glos. Cod. Brit. 3. Germ. 3. Flor. 1. 2.
Editiones omnes cit. ad v. 5. Procl.
Am Dr. 2. 4. I. 3.
Med. 4. 5. 6. 7. 1. 2. 3. S. 9.
Vat.1.2. 5. 7.9. 10.12. 14. 3 4. 8. 11. i3.
Vina. 6. 2. 3 4 5. J.
Flor. 2. Bru. 2. 5. Germ. 1 . 2. Trine. Ald.Mosch. Procl.
618. cu?y non reperi nisi in Vindobonen. 2. neque Glossator habet, neque
Mo5. Floisnt. habtmt tamen editioneo aliquae . Oertissima lectio est <*'?« •
633. Ea.iem prcpe ratio est in fnyavnvis quod non agnoscunt Vaticani
quatuordecim , sed tantuin Afnbrosianus 2. Medicei 5. o. et Vindobonen-
ses quatuor ; itaque scnbo peya. niirie .
•S-fc'pa r' dqy ,
5-a'g^ d" a fj- . ,
12. sed 5. Hqr\ f dg
640. -9-f'f « ap)a\e'tt
Ambi. I. 2 3. 4.
Med. 1. 2. 3. 0. 7. 8. 9. 4. sed -9-g'e*
Vat. 1. 3. 4. 7. 6. ii; i3. 14. 2. 9. 10.
Vind. 2 3. 4. 6. 7. Item Strabo Vind. 5.
pag. 409. et Schol. Nicandri ad
v. 1 1 . I her. et Eustath. T. II.
pag. £43. sed •?•£>?.
(J4<5. T.s4«f . Miror Guieto T?s'4aj placuisse , quod -vix reperi in Codice
Vmaobonensi 4. t?i^vz autem habent bcholiastae , et codices; et ex
suo eoa. probat Bruncfcius.
047. pt}y,ou Si Xiuov «7Ffirw fitsXtcu £i aitfirza \i[Xov
£a "■ 2. 3. 4.
Med.2.3.8.9. 4-5. 5.6.7. at4 W 2. 3. 6. 7. 8.9,
Vat. I.3.4.8. II. I3.I4- 2.9.IO. 2. 5.V9.IO- 1 2. 1.3.4 5.7.8.1 1. 12 13.14.
Vind. 2. 3. 4.5. 5.6.7. at 4./SaAP Je 2. 3. o. 7. Cod. Gail.3.
Brit. 1. 2.5. Genu. 3.
<J5l. ej Eugota* ^ 'Ac/X/Js; «VEt/,3 . . . . «V 'As/A . . .
Amor. 1. 2.3. I.2.3.4. 4-
Med. 1.2 3.4.5.8 9. 1.2.3 4.5.6.8.9. 0.7 7.
Vat. 3. 4.0. 11. 13.14. 1.2. 3.4 5. 8. 9. 10. 1 2.5.9. 10.12. at7. 7- 12,
11. 1 3. 14. eV 'Eufi
2.3.0.0.7. 4.5.6.7. ties Interp. 4.
Vind. 2.
<JJ8. Miaya
Amur.
Med. 4. 7.
Vat. 2. 9. 10.
Vind. 5. Mjja-jif
1.2. 3. 4. non intelligitur
I 2 3. 5.6.8.9.
I 3 4.5.8.1 L. i3. 14.
2.3.4. 6. 7.
Brit. I. 2. Germ. 3.
55
394
Vulgatae lectiones Leotiones aliae
660. vnuv yt iriiretfit/Acii vewv .... vevei^vucu
Arabr. 4. sed deest yt 4. 1 . 2. at 3. Tniriynuaj. .
Med. I. 2.3. 4.5.6. 7. 8. 9. Onirics Codices .
sed in 1 .2. 4.6. 8. 9. deest yi
Vat. I. 2. 3.4. 5. 7.8. 9. *ou 1.2. 11. 12. l3 .14. 3. 4. 5. 7. 8. 10. at 9. /
II 12. l3. 14. sed in 4-5. viv^nfxat cum « sup »
et 14. deest ye
Vind. 2.3.4.6.7. at 3. et %. sinews 2.4.6. vivifnftii 3. 7.
<5<5z. Mso-ou . Hie versus extat in omnibus codd. sed in 5. Med. fere
est erasus.
573. Hie versus est in omnibus codd.
677. i$etx.cv in editionibus Clerici , et Graevii male erat pro f%e»,
688. i?<r' dyoq&u) &>$ <r ctyoq&ioo w$ ayo^Aeo
Arabr. 1 2. 3. 4.
Med. 1.2.3 4.6. 8.9. 5. 7.
Vat. 3 4. II. i3. 14. 1.2.56 7. S 9. 12. 13.
Vind. 2. 3. 7. 4 5. 6.
/ Cod. Brie. 1.5. Germ. 2 3 Cod. Brit. 7. Flor. 2.
Aid. Junct. I. 2. Steph. Trine. Mosc.
dpi. nrrifzaiTi placuit Graevio , et Clerico ob novitatem : ceterum non
reperi nisi in 5. cod. Vindobonensi , et in Richaidiano. nrn'^xri habent
reliqui codices, nisi quod in Britan. 5. et Germ. 2. et Mediceo 3. legi-
tur iriiixxiK .
Ambr. 3. 1 2.4.
Med. I 2.3.4.8.9. 5. 5.6.7. 1.23.46.8.9.
Vat. 8. 11. i3. 14. 6.9. 6.7. 9.10. 12. 1.3.4.5.7.8.IC.11.12.13.14.
Vind. 6. 4.5. 2.3.4.5.7. 2.3.6.7.
Brit. 6. Procl. Mosc.Procl. Aid. junct. I. Cod. Brit. I 2.3.5.
Tzetz. 2. Trine. Steph. Cod. Germ. 3.
Com. Heins.
6$6- t y.iiv.ovTu>v btscoV T.y.vx.ovrx iiiiav
Ambr. I. 2 3. 4.
Med. 1.2.3 4.5.7.8.9. 6. sed t jtwovT' . . . .
Vat. i. 3 4 6. 8. 9/11. i3. 14. 2. 5. 7- 10. 12.
V Vind. 2 3. 4. 5. 6. 7. et Codex Richard, et Brit. 7.
Procl. Moschop. Plutar. p. 753. Junct. I. 2. Steph. in rmaig. Tzetzes.
<5p8. tijSom v/Saoi
Ambr. 1 . 2 3 . 4.
Med. 7. 1.2 3 4.5.6.8.9.
Vat. 3.5.6. 8. 9. 11. i3. 14. • 1.2 4- 7- 10 12.
Vind. 4. 6. 2.3.5.7.
Procl. Mosc. Pollux pag. 27. Stob. Cod. Germ. 3. Junct. I. 2.
cap. 6^. Plut. pag. 573. Etymol. Magn.
JO$ . "}v?ou Svxcv yrifoti fuxcv
Procl. Tzetzes, Stob. Plut. Mosch. omnes codd. et editiones ante
pag. 527. Graevium ; etiam cod. Brunckii .
Vulgatae lectiones
7IO. liTo; r etiraiv
Ambros. 3.
Med.
Vat. 2. 9.
Vind. 5.
712. 'Hynr'
Ambr. I. 2.0.4.
Med. I 2. 3.4 8.9.
Vat. 1.3 4. 1 I. 14.
Vind. 2 3. 6. 7.
Mosch Prod.
Lectiones alike
tiros httuv
I.2.4. ">
omnes
1.3. 4. 6.6.7.8. II. 12. i3. 14.
2.3.4.6.7
'H>«t'
5.6.
2.5.6.7.8.9. 12. i3.
45.
Cod. Brit. I. 3. Junct. I. 2. Trine. Tzetz.
*9$
Amb. I. 2
veixsmea
3. at 4- "«x»we«
Med. I. 2. 3. 8. 9. Spd 4. vxxes-afa 5. 6. 7.
Vat. 1.2.3 4 8. 9. 1 1. i3. 14. 6. 7. 12. sed. 5. vix»no»
Vind. 2 3. 5. 6. in 4. et 7. mxwwf*
Mosohop.
721. x-ccko'v &iroi<;. Cur hanc lectionem sequuti fuerint , divinare nescio :
earn enim ine eulatam. vix reperi in 5. Vindoboncnsi, et in 2. et 9.
Vaticano : reliqui habent htjtj vel aim? vel httw; .
728. dvioVTsg
A ibr. 4.
M d.6. 7.
Vat. 27. 9. 10. 12. 14.
Vind. 2. 4. 5.
Prod.
73o. diroyuuvubas
Ambr. I 2 3.
Med. 1.2 3 4. 5. 7-8 9-
Vat. I. 2.3. 4. 8. II. i3. 14.
Vind. 3. 6.
Mosch.
a vtov<m
1.2 .3
1.2. 3.4. 5.8.9.
I, 3.4.8. 11. i3.~
3.6.7.
Gallic. 2. Germ. 2. Aid. Moschop.
oiwoyv(Jivti>9,jis
6.
5. 7. 9. 10. 12.
2.4.5.7.
Tzetz.
73o. tcta-a-iv nullo in cod. reperi , sed iao-tv , vel rarissime £ cto-i .
duvvdcav
in 7- dicvduy
12. sed 7- etiivvuv
737. dtvdwv divvo'otv
Ambr. 3 I. 2.
Med. 1 . 2. 3 4. 6. 8. 9. 5.
Vat. 1.3.5. i3 14. 2.4.8.9.10.11.
Vind. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Junct. 1. 2.
742 c*' <Ja<™' est in 4. Vindobonen. in reliquis & fowri ; item in
Plutarcho Tom. II. pag. 352.
j$6. $ii; w t nullo in codice reperi : sed 5-so; -at saepe ; raro ^£cj vu rot
781. a"7rgf '<«to; ap^aT&ou a-nrifycttct odo-ao-^cu
Ambr. 1.2 3 4.
Med. 1 2.3. 4-5 1- 8-9- 6.
Vat. I.4.5.7 .10. II. 12. l3. 14. 2.6 9. sed in 2- et 6. $do-o-ot3-ou .
in 8 o-irif/:ix7B$ £>io-vao-Scu .
Vind. 3. 5. 6. 7. 4. sed £a'o-<rcio-$oa .
Mosch.
296
Vulgatae lectiones Lectiones aliaii
781. cvS^i-^a^^-ou ix.fi-±cto-$-oa
Ambr. I. 2. 3. 4.
Med. omnes
Vat. I. 4. 5. 6. 11. 12. i3. 2. 2.
Vind. 3. 4. 6. 6. 7. Mosch.
785. x»?;t<7/ 7we'cr5-oa xsp>i re ywso-9-ou
Ambr. 4. I. 2. 3. sed pro ^g habent H .
Med. 1. 2. 3.4 5. 7.8.9. spd 6. x«p »tc-/ re ^cc. .,
Vat. 4. 6. p.sed 12. a*?**?/ Js' yw ... I. 5. "7.8. IO. 1 1. l3.I4. sed2.xs'?>f ywivbau.
Vindob. 3.5.6.2-
Brit. 1.3. 4. Germ. 2. 3 Fl. 1.2.
Aid. et ceterae editiones cit. ad v. 5.
7^3. Ftivtxo-S-cu prope in omnibus codicibus. yivar^ou in Vat. 6. ytivs<r$ou
in Vat. 2. et in Vind. 4.
7P4. xxfya-i .... in Vindobon. xa'f jt &i re read's . Correctio visa Gujet.
tantum4- et in Britannic. 6. quod se'd exeat in omnibus fere codd. Me-
Graevius alteri lecuoni audacter diceis , et in Vaticano p. reliqui ha-
praeposuit . bent »«f n Si <ref«<; .
801. sV gf,u«T/ est in 2. et 6. Vaticano , et in 5. Vindobonensi; reliqui
codd. liabent eV1 trypan .
804. nvvi/uzvct's rivuptvag ysivofxcvov
Ambr. 1.2. 3. 4.
Med. 6. 1.23.4.9. 5. at 2-7'^V. ••
Vat. 2. p. IO. 11. 12. l3. 14. in 1. 4. 5. 8 v'ptvov 6. at l.^ivi^. • •
Vind. 3. 4. 5.6. 7. at 5. correct, vmvutvov Brit. 6.
Moschop.
8l2. <punuifzcv (pursuav
Ambr. 4. I. 2. 3.
Med. 5.6. 7. 1.2.3. 4. p.
Vat. 2. 4.5. 6. 7. p. IO. 12. I. 8. II. 13. 14.
Vind. 3. 4. 2- " 6.
Britan. 6. Brit. 3 5.Germ.2.3.Flor. i.Ald.Junct. I. 2. Ste-
ph. in marg.
820. Mio-evn ' rravfot Si fxir eiy.dSa . Ita invenit Graevius in suo Britan-
nico 6. addidit quod placet , et Hesiodo quern minium fidens eidem
Codici corruptissimum dederat , exrremam manum imposuit . Ex nostris
habet 2. et p. Vatic, qui consentiant •, reliqui dissentiunt : disscntit et
Brunckius .
820. Me'<3-<rW iravfot S' aure vel fifffn- rraufoi J" dure uti Gall. 3.
Ambr. I.4. 2.3. /us'o-crn- rrau^oi Sirs fxtr dun
Med. I. 2. 3. 4. 6. 7. p. 5. /"eVn • nrau^ot Si re uir' eixdSa . . .
Vat 1.5.6. 2- IO. I 1 .12 1 3 14. 4. 8. /"£«■« • rrau^oi S' dure . . .
Vind. 3. 4. 6. 7. sed in uno
[tiecrnv , in alio S' a'aw
Tot lectionibus anteposui usVj-h • vau^oi S' ai/rs, quae praeter supra
incUcatos codices pro se habet Britann. 1. 3. 4. 5. German. I. 2. 3. et edi-
tiones Junctae 1.2. S'teph. Com. Heinsii .
Q91
Index Scriptorum , praesertim veterum, qui in Opere
nominantur.
xJLehilles Tatius. De Clitoph. et Leucippes amorib.G.L. ap.Commelin. in 8.1606.
Aeliaous . De varia Uistoria G. L. ex edit. Gronovii. T. li. in 4. Laga. Bat. I73l.
Iaem ae Instona aniinalium G. L. in 10. apud Tornesium an. loll.
Aesciiyh Tragoeaiae G. L. cum suo Schohaste , et notis Stanleii . Londini 1664.
AesLhinis Orationes cum Demosthene G.L. in fol. Francofurti 1O04.
Aescnuns Socratici aiaiogi G. L. cum adnot. Jo. Clerici . Amstelod. 171 1.
Anacreon gracce cum notis Hoist, in 8. Lipsiael^d2.
Anton. Liuciaiis , et Antonini Imp. de vita sua G. L. in 8. Basileae 1 568.
Apoiimans Sidonii Opera , in 8. Paris. i5p8.
Apoiloaori Bibiiotneca cum Heyne. G.L. in 8. Gottingae l8o5.
Apolionu rlliotiii Aigonautica cuin sctioi. ec nocis G. L. in 8. Oxonii 1779-
Apulejus. Opera vana , in 8. Florentiae apud Junctas l5l2.
Aristophanis Comoeuiae G.L. accurante Kustero, in fol. Amstelod. 1 7 10.
Anstiaes . Orationes G. L. Cantero interprete . T. HI. in 8. an. 1 604.
Aristoteles G.L. ex interpr. ^asauboni. 1. II. in fol. Aureliae Allobrogum l6l5.
Arnobius et Tertuiiianus cum ue la Bar, in fol. l58o.
Artemidorus de Somniorurn inturpretationibus, in S. Lug.iuni 1546.
Athenaei Dipnosoph. G. L. cum Lasaubono . T. Ii. in fol.Luitio Commelin. 1608.
Ausonius cuin ios. Scaligen notis, in 12. Lugduni 1645.
Bionis et Moschi luyilia G.L. et Gallice, in 8. Venetiis 1746.
Bonarruoti . O-servazioui sopra alcuni mcdaglioni , in 4. Koma 1698.
Lo stesso . Frarnmenti di vetri antichi in 4. Firenze \~i 16.
Brissonii ue formulis juris, in 4. Francofurti 1692.
Q. Calabii praetermissa ab Homeio accurante Paw. G. L. in 8. Lugduni 17«H-
Callimacnus cum notis variorum , et cum explicationibus Spanhemii G. L.
Tomi II. in 8. Ultrajecti 1 697.
Calmec . Com.nentarius in 5. Scupturam . T. X. in fol. Venet. 1792-
Catullus cum Conwnentar. Jo. Antonii Vulpii , in 4. Patavii I'fil-
Censorinus de die natali, cum Manutii notis, in 8. Venetiis l5Sl.
Ciceronis opera omnia, cum nocis variorum, accurante Verburgio. Tomi XI.
in 8. Venetiis l?3l.
Clavis Hoirerica cum proverbiis Apostolii . Londini 1727-
Clementis Alexandrini opera cum Pottero G. L. Tom. II. in fol. Venetiis 1755.
Comitis Natali- Mythologia, in 4. Venetiis 1 568.
Cornelii Nepocis vitae cam notis omnium Interpretum , in 8. Patavii 1700.
Correctissimus Clauuianus , in 8. Venetiis 1642.
Corsini Eduardi Fasti Attici . Tom. IV. in 4. Florentiae 1744-
S. Cyrillus Alexandrinus , et Julianus Aug. in folio G.L. Lipsiae 1696.
Demostiienis et Aescninis Orationes cum (Jlpiani commentano G. L. in folio,
Fiancofdici 1O04.
Dio Chrysostomus , in fol. Lutetiae 1604.
Diodorus Sicuiu- G.L. in fol. Hanoviae 1604.
Dionysii Halicarnassaei Opera omnia G.L. Francofurti 1 586.
Eckel Dotuna Nummorum veterum Tom. VIII. in 8. Vinaobonae 179I.
Ennii fragmenta cum explicationibus Columnae, in 4. Neap. 1690.
Epictett v.anuale G.L. in 12. Lucae 1769.
Eui.apins . Vicae Philosophorum , G.L. in 8. Antuerpiae 1 568.
Euripniis Tragoediae cum veteri Scholiasce , et notis Barncsii G.L. in 4. To-
mi III. Lip-iae 1778.
298
Lo stesso con la spiegazione -del P. Carmeli . T. VII. in 8. dal 1743. al i?55.
Eusebii Pamphili Demonstratio et Praeparatio Evangelica . Basileae . . . .
Eustathii in Homerum Commentar. G. L. T. Ill, in fol. Florentiae l73o.
Fabretti Inscriptione.s antiquae , in fol. Romae 1702.
Fabricius Jo. Albertus . Bibliotheca graeca Tom. XIV. in 4. Hamburgi 1718.
Festus cum notis Scaligeri , in 8. i585.
Gellii Noctes Atticae cum notis Gronovii et Corradi . T. II. in 8. Lipsiae 1762.
Heliodori AethiopiGa G. L. apud Commelinium i5^6.
Heraclides Ponticus G. L. Ad calcem Heliodori .
Herodiani Historiae G. L. cum Boeclero Tomi II. in 8.
Heiodoti Historia G. L. in fol. Excudebat Henr. Stephanus \§lo.
Hesiodi Opera G. L. cum Scholiastis et notis Heinsii in 4. Raphelengii l6o3.
Eadem cum animadversionibus Jo. Georgii Graevii in 8.
Eadem ex recensione primum Robinsonii, deinde Loesneri in 8. Lipsiae 1778.
Eadem ex recensione Brunckii in 12. Argentorati .
Hesychii Lexicon cum notis variorum , praesertim Alberti. Tom. II. in folio
Lugduni Batav. 1746.
Hieroelis Commentar. G. L. in aurea Pythagorae Carmina , in 12 Lcndini l65l.
Historiae Augustae Scriptores cum Comm. Casauboni et Salmasii. Tom. II. in 8.
Lugd. Bat. 1672.
Homerus G. L. cum Scholiaste et notis Barnes. T. II. in 4. Cantabrigiae 161 r.
Horatii Flacci Carmina cum notis Desprezii. T. II. in 4. Ba«sani 1774.
Hyginus Fulgentius et alii Mythologi, cum commentario Munckerii. Tomi II.
in 8. Amstelod. 1681.
Jamblicus de Mystertis , Proolus de Anima et Daemone, Porphyrius de Divi-
nis et Daemonibus, in 12. 1607.
Isocratis Orationes et Epistolae G. L. cum versione Wolphii, in 8. 1604.
Juliani Augusti et S. Cyrilli Alexandrini in eum opera G. L. in folio, Li-
psiae 1696.
Justini Historiae cum lucubrationibus variorum , in 8. Argentorati 1621.
Juvenalis et Persii Satyrae cum commentariis veteris Scholiastae, et variorum,
in 8. Amstelod. 16S4.
Lactantii Opera in folio, cum notis Isaci . Caesenae 1646.
Laertius cum Menagii et variorum notis G. L. in fol, Londini 1664.
Libanii Opera G. L. Tom. II. in fol. Lutetiae 1627.
Lipsii Justi Opera. Tom. IV. in fol. Antuerpiae 1687.
Livius cum notis Dujaci et Clerici . Tom. VI. in 4. Venetiis 17 14.
Longi Pastoralia G. L. cum notis Moll in 4. Franekerae 1660.
Lucianus G. L. cum variis commentatoribus . Tomi IV. in 4. Amstelod. 1243-
Ejus Index , Trajecti ad Rhen. 1747.
Lucilii Satyrarum reliquiae Douza illustratore , in 8. Patavii 1 708.
Lycophron cum suo Scholiaste in fol. 1697.
Lysiae Orationes G. L. in 8. Moguntiae l6b'3.
Macrobius in 12. Lugduni i585.
Manilii Astronomicon cum notis . Ex recensione Bentleii in 8. Argentorati 1 16%. '
Martialis ad usum Delphini illustratus a Collesio . T. II. in 4. Venetiis 1 739.
Idem cum Radero , in fol. Moguntiae 1627.
Maximi Tyrii Dis^ertationes G. L. cum Heinsio, in 8. Lugduni Batavorum ltf04.
Melae de Situ Oibis cum Olivario. Inter Antiquitatum Scriptores , in 12. 1552.
Minutii Felicis Octavius cum notis variorum etc. in 8. Lugduni Batav. 1709.
Mythologi antiqui . V. Hyginus.
Nemesianus et Calpurnius . Inter rei venaticae scriptores cum notis, in 4. Lugd.
Batav. 1727.
Nicandri Scholiastes.
2P9
Nonius Marcellus cum Gothofredi notis, in 8. Paris. 1 586.
Orationes panegyricae veterum Oratorum , in 8. Venet. I ^ip.
Ovidii Opera omnia cum notis variorum , ex recensione Burmanni. Tom. IV.
in 4. Amstelod. I 724.
Palmerii Exercitationes in optimos fere-auctores graecos, in 4. Lugd.Bat. 1668.
Pausaniae Destriptio Graeciae G. L. in fol. Hanoviae l6i3.
Persius cum Casaubono , in 8. Paris. l6i5.
Petavius. De doctrina Temporum . Tom. III. in fol. Veronae ab an. 1734. ad 3<5.
Petronii Arbitri Satyricum cum notis variorum , in 8. Amstelod. 1669.
Phaedri Fabulae cum notis ad usum Semin. Patav. in 12. Patavii 1233.
Philonis Opera in 8. Basileae 1554-
Philostratus G. L. cum notis Oliverii , in fol. Lipsiae 1709.
Photius G. L. cum comment. Scotti , in fol. Coloniae 161 1.
Pindari Carmina G. L. cum antiquo Scholiaste , et notis Heyne. Tom. V. in 8.
Gottingae 1^98.
Platonis Opera. LugJuni, infol. l57o. Aliae praeterea editiones v. gr. de Legibus
Amstelod; Tom. II. G. L. in 8.
Plauti Comoediae cum notis multorum, ex recensione Gronovii Tom. II. in
8. Amstelod. 1684.
Plinii Epistolae, in 12. Lugduni t6p3.
Plinii Historia naturalis cum Harduino . Tom. III. in fol. Paris. 1712.
Plutarchi Opera G. L. Tom. II. in fol. Lutetiae Paris. If 24. '
Poetae Graeci G. L. Tom. IV. in fol. Aureliae Allobrogum 1606.
Pollucis Onoma-'ticum G. L. T. II. in 4. cum notis variorum . Amstelod. I^io.
Pr p:-rtius cum notis , ex recensione Vulpii. T. II. in 4. Patavii 1255.
Pythagorae Aurea Carmina . V. Hieroclem.
Quintilianus cum notis Parei, in 8. Genevae 1641.
Romanae Historiae Scriptores Graeci minores G. L. in fol. Francofurti 1690.
Sallustius et veterum historicorum fragmenta , in 12. Venetiis 1666.
Sdiptores Rei Rusticae, Cato , Varro , Columella , Palladius etc. cum Gesnero .
Tom II. in 4. Lipsiae 1733.
Senecae Stoicorum Principis Opera omnia cum variorum notis, in fol. Basi-
leae 1 5-3.
Spnecae Tragoediae cum del Rio, in 4. sine loco et anno .
Servii Comm. in Virgilium, in 4. Genevae l636.
Sextus Empiricus G. L. ex recensione Fabricii , in fol. Lipsiae 1718.
Sidonius Apollinaris, in 8. Parisiis 1598.
Sinesii cum Nicephori scholiis et Petavii notis G. L. in fol. Lutetiae Paris. 1 64©.
Solinus cum exercitatione Salmasii Tom. II. infol. Paris. 1629.
Sophoclis Tragoediae cum Scholiaste et notis Capperonnier , et Vauvilliers .
Tom. II. in 4. Paris. 1781.
Statius cumPlacido, Lactantio , et aliis, in 8. Lugd. Batav. 167 1.
Stephanus de Urbibus cum Pinedo G. L. infol. Amstelod. 1678.
Stephani Henrici Comicorum Graec. sententiae , in 16. Excud.Henr. Steph. lS6f.
Stobaei Sententiae G. L. in fol. Aureliae Allobrog. 1609.
Suetonius Bi'belonii ad usum Delphini in 4. Venetiis 1787.
Suidas Studio Aemilii Porti latinitate et scholiis donatus . G. L. in fol. Colo-
niae Allobr. 1619.
Symmachi Epistolae, in 8. Francofurti 1616.
Syrus Publiu* cum notis docti viri , in 8. Patav. 174°-
Tacitus cum notis Justi Lipsii et Josiae Mercerii , in 8. Paris. 1606.
Tatiani Oratio ad Graecos G. L. cum notis Cave praesertim , in 8. Oxonii 1 700,
Terentius cum Minellio, in 8. Neapoli 1766.
Themistii Orationes G. L. in 8. Parisiis l6i3.
goo
Theocritus ejusque Scholiastes graece , cum notis Warthon . Tom. II. in 4.
. Oxonii 1770.
Theophrasti characteres G. L. cum commentario Casauboni, in 8 Lugduni l5oo.
Taucydides . De bello Peloponnesiaco, in foi. Excud. Henricus Stephanus 1588.
Tibullus cum notis Vulpii in 4. Patavii 1749.
Idem cum comrnentariis Heyne, in 8. Lipsiae 1798.
Valerius Flaceus Latine et Italice cum nous. Opera P. Butii . Mediol. 1736.
Valerius Maximus per Aldum seniorem 1034.
Vellejus Paterculus, inter Epitom. Histonae kom. T. I. in 8. Florentiae 1723.
Virgilii Opera cum notis Ludovioi della Cerda . Tom. III. in fol. Lugd. IO19.
Idem cum notis Christiani Heyne . Tom. IV. in 4. Lipsiae 178b.
Winkelmann Gio. Storia delle arti del disegno presso gli antichi con note del
Sig. Aw. Fea. Tom. III. in 4. Roma 1773. e 74.
Description des pierres gravees , in 4. a Florence 1 760.
Xenophon cum Leunclavio , G. L. Tom. II. in fol. Francof. l5p6.
Xiphilinus G. L. in fol. Inter Romanae historiae Scriptores minores Francof. l5o».
Zosimi Historia nova cum notis variorum G. L. in 8. Cizae IO79.
Indice delle cose piu
st' Opera .
XA-gricoItore, dee essersollecito p.23o.
Agticoltura poco avanzaca a' tempi di
Esiodo 23o. Precetti che di essa si
danno 207. e segg. Gli suumenti, che
la riguardano debbon esser bene ac-
conci 200. Si consiglia averne il dop-
pio del bisogno 2)4.
Aja , debb' essere esposta a' venti , e
bene spianata 234.
Alberi, quando debban tagliarsi 211.
Amico , dee amarsi 201. 248. Non gli si
dee mentire . Ivi . Falsi amici 249.
Anassagora fa gli uomini coevi agli
Dei 167.
Anfidamante Re d' Eubea 241. Piu An-
fidamanti conosce 1' Antichitk. Ivi .
Animali , come si mansuefacciano 267.
Apollo , quando nato 262. 266. A' tempi
d' Omero , e d' Esiodo rappresentato
con spada 263.
Arare . Quante volte , e in quali tempi
debba aiarsi 21 6. 237. Chi ara nel
solstizio d' inverno scarsamente rac-
coglie2l8. Si ari nudi 209. II tardo
aratore dee desiderar pioggia 219.
Aratro con ruote ignoto a' tempi d' E-
siodo 212. Sue parti. Ivi e segg. Deg-
giono aversene due . Ivi .
'Apew spiegata per potenza 194.
Argenro . Eta d'argento e suoi caratte-
ri 171.
Aii^tarco , solito mutare negli Antichi
cio che gli parea men bello 193.
Arturo . S'uo nascimento vespertino222-
Ascra . Se potesse dirsi citta 239. D'in-
felice situazione , ma pcro fertile.
Ivi e 240.
Asfodelo. Pare, ch' Esiodo simboleggi
in esso e nella malva il vitto fru-
gale i58.
Astrea conversava colla gente del se-
col d' oro 169.
Astronomia , vagiva a' tempi d' Esio-
do 260.
JJagno . Non dee 1' uomo lavarsi nel
bagno delle donne 256.
Bambini , perche si credessero nati da-
301
notabili contenute in que-
gli alberi 123.
Beati . Isole de' beati quali sianoi25.
176.
Bovi . Si consiglia averne due di 9. an-
ni 214. Si dee far loro buon gover-
110 2l3.
Buoni . Non deesi dir mal de'buoni25o.
c,
lalzari . Non voglion farsi della pelle
di bue morto per malattia 224.
Cane dee tenersi per difendersi da' la-
dri 235.
Canizie , incomincia dalle tempie 178.
Capo , portavasi scoperto fuoiche nei
viaggi 225.
Carro rustico . Suo uso , e sue dimen-
sioni 211. 212. Sono moltissime le
sue parti 2 16.
Casa , dee farsi di state , e vicina ai
greggi 221. Non dee lasciarsi imper-
fetta 255.
X«i?siv difFeriace da is?nrta$cu 202.
Chiocciola 229.
Cibo. Antichissimamente il piu debole
serviva di cibo al piu forte 188.
Cicala 23 1.
Ciclopi , giustissimi secondo Omero.
182.
Consiglio malvagio dannoso al consul-
tore 186.Se ne adducono esempj. Ivi.
Convito . Dee accettarsene 1' invito
25o. Per certe feste si celebravano
conviti da' Greci 25 1. Conviti a scot-
to vietati da Salomone pel gran di-
spendio . Ivi .
Cornacchia , simbolo di concoidia ma-
ritale 268.
KoS-oc/fog . Sua etimologia 192.
Credulita , e diffidenza hanno ugual-
mente pregiudicato 204.
Cresino accusato di aver per incante-
simo tratte le biade dai poderi altrui
nel suo , con bel modo si difende in
giudizio 210.
Cristo, desiderato da ogniNazione 176.
in-
Cuculo, canta nel principio della pri-
mavera 219.
57
302
Cuma ne' bassi tempi chiamavasi Fri-
cotide 23p.
n
"anaro , fin da' tempi eroici usato in
Grecia 243.
Debitori . Trattamento che lor faceva-
si in Ascra 2IO.
Decenza, che dee conservarsi nelle fun-
zioni del covpo25l.
Aenri>o\6xit$ . Etimologia di questa vo-
ce 247.
Diana , quando venisse a luce 266.
Diluvio , al fine della terza eta 123.
Divinita . Gli antichi ebber di essa idea
imperfetta 187. Doveri dell' uomo
verso di lei 196. e segg. Si venerava
nel levarsi dal letto e nel coricarvisi
198. A lei deesi offerir 1' opera , per-
che ben riesca 212- Timore della Di-
vinita presente fa astener dal ma-
le 247.
Doglio , quando debba manomettersi
270. 271.
Doni , come, e cui debban farsi20i.
Donna .Essa e il male, che mando Giove
•al mondo in pena del fuoco rapito da
Prometeo 160. Se ne descrive il ca-
rattere 162. l63. Consiglia Esiodo il
fratello a procacciarsi una donna per
la cura della casa e del bestiame 2 10.
R
iconomia . Precetti , che la riguarda-
no 2o3.
Einsio crede che le Opere e Giornate
d' Esiodo appavtengano alia facolta
economica ; riconosce in Pandora la
Fortuna ; e pensa ch' Esiodo scrives-
se una piena e copiosa georgica oggi
smarrita. Si dissente da lui 41. e segg.
Enodia , nome di Diana 252.
Epimeteo , stimato sciocco 164. Rice-
ve Pandora e ne ha male . Ivi .
Eroi . Secolo degli Eroi 1^3.
Esiodo, figlio di Dio 192. e secondo al-
tii di Foronide 238. Originario di Cu-
ma I. Dissenso di Eforo e diProclo
snlla causa , per cui il padre d' Esiodo
si trasportasse da Cuma in Ascra 238.
Se fosse parente d' Omero 1 . 2. Se an-
teriore a lui 2. r seop\ Gli antichi nel
menzionargli rammentano Esiodo per
primo 4. Gli dan 1' anteriorita i Mar-
mi Arundelliani 4. 5. Se nascesse in
Ascra , o in Cuma 7. Finse che il suo
sapere venisse dalle Muse 8. e segg .
Ha lite con Perse suo fratello , e la
perde per la corruttela do' giudici IO.
36. Compone il libro delle Opere per
dar consigli al fratello . Ivi . Non
seppe suonar la cetra, percio escluso
da'Giuochi Pizj . Ivi . Cantava tenen-
do in mano un ramo d' alloro . Ivi . Se
gareggiasse con Omero , e oveil.e
segg. Chi di loro prevalesse 12. l3.
240. Esiodo consulta 1' oracolo di Del-
foi4- Accusato di aver violata Cte-
mene . Ivi . Percio ucciso l 5. I suoi
uccisori periscono miseramente . Ivi.
Esiodo pianto dai Locresi , e sepolto
nel territorio di Naupatto 16. Le ossa
di lui si trasportano in Orcomeno per
comando dell' oracolo di Delfo 17. O-
nori prestati alia memoria di Esiodo
18. 19. Se gli sia dovuto il nome di
poeta 19. e segg. Suoi versi alterati 21.
Catalogo delle sue opere, Comentatori
antichi di esse , ed edizioni piu rino-
mate 22. e segg. Mania di emendare
Esiodo 33. 34. Corretto in questa edi-
zione ne' passi piu dubbj , ed emen-
data la versione latina 34. Qualita ot-
time d' Esiodo -, cattive di Perse 35.
36. Divisione delle Opere e Giornate
e stile di esse 32 . 38. Stmtenze d' Esi-
odo rispondenti ai libri santi 3". 184.
Le Opere e le Giornate avean parte
nell' educazione de' fanciulli Atenie-
si e Romani 38 Esiodo fu in esse e-
sempio a Virgilio nella Georgica Sp.
Esame d' amendue 39. 40. D' altri e
non d'Esiodo e il proemio delle Ope-
re 1 53. Non era in lite con Perse,
quando lescrisse 187.209. Difeso 187.
199. 201. 2®2. 224. 239: Riprensordi-
screto del fratello [89. Versi di Ome-
ro inseriti in Esiodo , o viceversa 193.
Peritissimo in astronomia pe' suoi
tempi 227. Non navigo che dall'Au-
lide nell' Eubea 240.
'Eo-S-Xo'f, in significato di ricco e po-
tente 181.
"Ei^fo? lo stesso che a\\og 166.
Euripide , difeso lS5.
F,
ama . Sua descrizione 257- 258.
Fame . Suoi effetti 220.
Fanciulli . Precetto di Esiodo , che si
permetta loro il moto 256.
Favola . Esiodo e il piu anrico autor
profano , che abbia fate' uso di es-
sa 180.
Fenici , espertissimi nel navigarc 243.
Ferro . Secolo di ferro e il quinto ram-
mentato da Esiodo 176. Sue qualith
177. e segg. Ciascun degli antichi ri-
porta ad es-:o la sua eta . Ivi .
Feste rustiche 235. 236.
Figli . Somiglianza dei figli col padre cre-
duto indizio d' onesta. materna l83.
Come un sol figlio conservi la casa
206. Nou assicura perd la successio-
ne . Ivi .
Fieno dee ragunarsi ne'feniliper prov-
vista del bestiame quando non puo
pascere 235.
Fiumi . Religioni degli antichi verso
di essi 253. 257-
Focolare , sacro presso gli antichi 253.
Formica, lavora d' estate 264.
Foro , ridotto d' oziosi I hi-
Fortezza , raccomandata da Esiodo a
Perse 191.
Fortuna . V. Einsio. Mediocrita di for-
tuna migliore dell' avarizia 158.
Frumento , pestavasi ne' mortaj 21 1 . Si
custodiva in cupe 234-
Fuco , qual insetto sia 304.
Furie , quando generate 269.
Furto . II vapitore e tormentato dalla
coscienza 202. Quello ancora , che
rubando poco alia volta si accorge,
facendo cio spesso , d' esser divenuto
ladro considerabile. Ivi .
G-.
"ara . Sono due; una buona , l'al-
tra cattiva i55. 1 56.
Genj . Lo stesso che Angeli e Demo-
nj [70. Buoni e cattivi . Ivi . Ciascu-
na Deita maggiore avea molti Genj
come servi e ministri 185.
Gineceo . Ne' Ginccei non penetra fred-
do 222.
Giorni . II libro de' giorni distinto dal
resto in alcuni codici, ed editi : deesi
a' moderni Greci 259- Osservazioni
de' giorni da chi provenute . Ivi. In
uso presso gli antichi . Ivi . II trente-
simo ottimo per visitare i lavori . Ivi.
Primo giorno del mese sacro pres-
so tutti i popoli per antichissima isti-
tuzione 261. Varie operazioni pre-
scritte in varj giorni ; e su ci6 dissen-
so degli antichi 263. e segg. Fausti ed
infausti nel calendario degli Atenie-
si 272.
Giove , presiede ai giudizj 154. Nasco-
se agli uomini il vitto 1 58. Seder vi-
cino a lui e onore che a pochi si con-
cede dei principali Dei 186. Giove
Stigio perche invocato nel comincia-
mento delle opere rustiche 217- Gio-
ve Omagirio 241. Dispotico dell'aria
e de' venti 243. Tutto ripeteasi da
lui 260.
Giusti . Premj di essi, e castighi dei
malvagj 1:82.
Giustizia . La Divina giustizia non si
conosce che nel fine 18 1. Descrizio-
ne fattane da Crisippo 1 85. Siede vi-
cino a Giove 186.
Greci . Aspettano in Aulide il* vento
propizio per andar contro Trbja , e
1* ottengono col sacrifizio d' Ifige-
nia 241.
Grecia , dall' Asia , non dagli Etruschi
ebbe la cultura . 8. Attinse cogni-
zioni dagli Ebrei 3y.
Gru , annunziano i tempi delle fac-
cende rustiche 2l5.
-Lngiustizia, si commette colle mani e
colla lingua 195. Esempj d' ingiusti-
zie piu solite commettersi. Ivi .
Invcrno . Bella descrizione di esso in
Esiodo 222.
Invidia 129-
JLiampide. Sua saggia risposta 206.
Lastri , Sig. Proposto Marco , lodato
235. 237.
Legna , quando debbano tagliarsi 269.
Leneone . Se questo mese presso iBeoti
corrispondesse al Gennajo , ovvero al
Febbrajo 221. 222.
Lesche , che fossero 220.
Letti con gradini presso gli antichi 196.
Libazioni , deon farsi con mani pure e
lavate25l. Accompagnate da preci .
Ivi .
Licii. Loro legge intorno ai falsi te-
stimonj 188.
3°4
Lingua parca e un tesoro 25o.
Lucro ingiusto uguale a danno 200.
Luna,non influisce nelle opere rnora-
li 22 1 . Nelle fisiche e questione. Ivi.
M,
-acrobii d'Etiopia celebri per la giu-
stizia 182.
Malizia imparasi facilmente 189.
Malva . V. Asfodelo .
Malvagj non deon praticarsi 25o.
Matdmonio. Dee 1' uomo menar mo-
glie quand' e nel fior dell' eta 245.
La donna dee maritarsl di l5. anni .
Ivi , e 246. Dee scegliersi ne.l vicina-
to . Ivi . L' uomo e la donna non deb-
bon essere in eta molto divevsa. Ivi.
Moglie buona e gran bene 247.
M«|fa e pane 2o2.
M£Xa . Doppio significato di questa vo-
ce , ed equivoco nato da essa nella
. spedizionc d' Ercole 168.
Mendicita . Mezzi per iscansarla 209.
Mesi. Come gli dividessero i Greci 261.
MeVpuK . Si dichiarano due sensi di que-
sta voce 244.
Mietitura . Si faccia al 'comparir delle
Plejadi 2-3o.
Miriade , simbolo di gran numero 184.
Misura . Deesi restituire con la misu-
ra medesima, e anche piu colma di
quella con cui e stato a noi misu-
rato 200.
Mortajo e pestello . Loro dimensioni
ed uso 211.
Muse , nacquero in Pieria , ma soggior-
nano piu volentieri in Elicona 1 53.
N
avigazione 237- D' inverno pochis-
simo in uso presso gli antichi 238.
Tempo che se le assegna . Ivi e 243.
Ancor fanciulla a tempi d' Esiodo
242. Prima i Corsali , poi gli avari
navigaron d' inverno 243.
Nemesi , la stessa che la Giustizia
179. 180. Rappresentata mostrando
il cubito 244.
Necf/a , Festa in Atene 243.
No'^»s . Dal non trovarsi questa parola
in Omero non pud arguirsi ch' ei sia
anteriore ad Esiodo 188.
Notte, opportuna per alcuni lavori ru-
stici22o. E" degli Dei perchc seguo-
no allora le loro apparizioni 252.
Numeri . Superstiziose opinioni degli
Antichi su di essi 262. 263. 267.
ccare 217.
Occhio. Qual simbolo fosse presso gli
Egizj 187.
Oceano , Nume , e partecipe della Dei-
ta del Cielo e della Terra 227.
O/vo^o'm, era un bicchier comurae , che
tuffavasi nel cratere per empir gli
altri 254.
Olle con piedi 255.
O.nero . V. Esiodo e N0/U25 .
Oreo, Dio dei giuramenti iSl. 269.
Quando generat >. Ivi.
Ordine . Nulla e piu bello del buon or-
dine 218.
Ore , ignote negli antichissimi tem-
pi 270.
Orientali . Uso loro di ammaestrare i
fancitilli con sensati e dilettevoli
componimenti da recarsi a memoria.
Simile a loro Esiodo in questa Ope-
retta, ed altri Greci dopo di lui36. 37-
Orione . Suo nascimento 233.
'0?|U>» , voce di significato controver-
so 193.
Oro . Beni del secol d' oro 167. e segg.
Ospite . Fra 1' ospite e il supplicante e
somiglianza 195. 196. Non si dee es-
sere ne ospiti di molti , ne inospita-
li . 249.
Ottativo , invece dell' indicativo 196.
Ozio , origine di molta malizia 220.
Ozio-d odiati dalla Divinita , e dagli
uomini 192.
andora. Sua descrizionc e doni fat-
tile dagli Dei 1 60. e segg. V. Einsio.
Pani . Di qual figura , e di quante specie
fossero presso gli antichi 214. 2l5.
Parentela . A lei dee ceder 1' amicizia
248. Talora e il contrario. Ivi .
Pavticelle . Falso canone formato dai
Grammatici per alcune di esse 240.
Perse , scrittore di versi 35. Scioperato
1 56. Esiodo cerca distorlo dal litiga-
re l57- Stava in citta, non in campa-
gna 226. V. Esiodo .
fynXiims .Spiegazione di questa voce 205.
Pitagora . Sua superstiziosadottrina su i
numeri 262.
Tliboiyict , festa di Bacco in Atene 271.
Plejadi 207. 208. 23Z-
Plutarco , coiresse V Opere e i Giorni
d' Esiodo •, e noi gli abbiam quasi
com' ei gli ridusse 33.
Polipo . Piu cose intorno ad esso 223.
Poverta, maestra del male 221. Sommo
dei mali 239-
Pieconj , fatti in versi dozzinali 241.
Primogenitura avuta in pregio in tutti
gli animali 225. 232.
IIpo/SaTO , significa generalmente -nr^a-
vo$a 226.
Piometeo. Sua favola dedotta dalla
Scrittura 1 5p.
Punizione . Molti talora puniti pel de-
litto d' un solo 1 83. 184. Popolo puni-
to pe' peccati del Re 186. Costante
csperienzadi tutta l'antichita profa-
na , che niun delitto resti impunito ,
almen ne'posteri 189.
Iluyo^iXoi . Significato ed etimologia di
questa voce 204. 2o5.
uadta . Che sia 21 5.
Q
XVagni . Loro caccia , e tempo dei lor
lavori 264,
Rame . Secolo di rame 172. 1 23. Uso
del rame nelle armi , e negli stru-
meriti tutti prima del ferro 123.
Re . Termine equivoco in Grecia 1 52.
Re , Sig. Cav. Filippo , lodato 229.
Ricchezze . Piu sono piu dan pensiero;
ma piu facilmente si accrescono 206.
Sono 1' anima de' mortali 243.
Riti del Gentilesimo strani e supersti-
2iosi 252-
Rondine . Opinioni degli antichi e dei
moderni su questo volatile 228.
Oapienti antichi non illuminati dalla
S.Religione hanno urtato in qualche
scoglio 249.
Saturno , dimora negli Elisi 125.
Scolimo, quando fiorisca 23l .
Scrittura Santa. Da lei debbono toglier-
si le interpretazioni delle favole, che
riguardano i primi secoli del mondo
53. e segg. I secoli d'oro, d'argento ,
e di rame hanno il fondo nella Santa
3°5
Scrittura 162. e segg.
Semidei , che siano 124-
Servi . Esiodo vuol che Perse abbia il
servo senza moglie , e la serva sen-
za figli 234. Misura di vitto , che lo-
\ ro si dava 259 a^°-
Socrate , difcso 190.
Solstizio brumale quando cadesse ai
\tempi d' Esiodo 222-
SpWanzav^imane nel doglio di Pandora
l65>Gattiva speranza che produca
221.
Stelle , prenunziano le fatiche dell'A-
gricoltura 209.
Stoici , forse preser da Esiodo il loro
rectum e tortum 1 54. Pieni di cavil-
li 191.
Superstizione 255.
A d(po; vale sepolcro e cena ferale
253.
Targioni , Sig. Dott. Ottaviano , loda-
to 232-
Tebe . Sua fondazione , sue porte , c
guerra dei sette Prodi 124.
Te'Xof , voce di scuola , che significa il
fine della beatitudine, a cui deono
condurre tutte le opere 191.
Tempo 244.
Tenebre piu antiche della luce 222-
Tereo . Sua favola 222- 228.
Ternario , invece del superlativo 184.
Terra, maledetta da Dio inperpetuo 16.
Terreni. Di due soli generi di essi fa
menzione Esiodo 208.
Tessitura . Come tessessero gli anti-
chi 265.
©«os. Spiegazione di questa voce 252.
©vsiv , in senso di libare 198.
Tracia, ferace in cavalli 222.
Tripodi . Di due sorte n' ebber gli an-
tichi 241 Alcuni avean anse , altri
no 242.
asi . Non mangiavano gli antichi
se non in vasi prima consacrati 255.
Vele, ale della nave 232-
Vendemmia . Tempo per eseguirla 236.
Venere , perche si dicesse auiea 161.
Volea Pitagora, che le si sacrificasse
alcuna cosa nel sesto giorno del me-
se 266.
5«
306
Venti . Esiodo non nomina Euro 225.
I venti , che spiran dai fiumi , sono
freddi ed umidi 226.
Vergogna insieme con Nemesi abban-
dona la terra 1 80. Vergogna e il non
operare 1 93. Eifetti della nocevole
vergogna 194.
Veste . Come Perse dovesse intesser la
sua 223.224.
Vicini . Debbon chiamarsi ai conviti,
perche piu pronti si prestino all' uo-
po 199. Buon vicino e gran vantag-
gio ; com' e svantaggioil cattivo 200.
Villico . Ufizio men noto agli antichi
235.
Vino . Modo di conservarlo presso gli
antichi 2o3. Biblino 23l. 232. Varj
colori di esso233. In che proporzio-
ne si mescolasse coll' acqua . Ivi . Gli
antichi il rendevan gagliardo coll' ar-
te. Ivi. Diligenze che prestavano alle
uve per fare il buon vino . 236.
Virgilio imito Esiodo nellaGeorgica 39.
Virtu. Difficolta di essa 189. 190.
Viti . Quando si debban potare 228.
Quando zappare 229.
u
ccelli . Uso presso i Romani di os-
servargli ne' matrimonj 268.
Ugne . Vietavasi tagliarsele ai sacri-
fizj 254.
Ulisse rappresentato col berretto per-
che viaggiatore 225.
Uomo . Consenso degli antichi in dar-
gli origine Divina 167. Le anime dei
primi uomini si convertirono in De-
moni o Genj . 1 70. Anche quelle de-
gli uomini del secol d' argento 172.
Doveri scambievoli degli uomini
198. e segg. Uomo tripode e uomo
col bastone 223.
Usignuolo , usitato simbolo dei Poeti
180.
z
aleuco . Sua legge intorno al
vino 233.
ber
CORREZIONI, E AGGIUNTE.
Pag. ip. lin. 25. Epicuro 25. 1. 7. Guieto 67. 1. n.De'Dii 70. 1. 24. ge-
nus articulate 71. 1. 14. viveano 71. lin. 21. Cui Giove in guardi*
de'mortali io5. 1. 20. farati i3p. 1. 2(5. Non attender a prole;
141. 1. 11. Tazza non poire ivi 1. 17. Torre a mangiar 1 55. 1. i5. doppio <r .
idl. 1.23.Corbaccio \6j. 1. 4. Pitagora 177. 1. 30. Maupertuis
ip8. 1. 35. trasgredito ( agg. ) mangiando con un nimico 208. 1. 32. Girolamo
Lagomarsini 22p. I. ). nota non pure ; siccome altra volta suppliscasi ne .
245.I. 3p. si mariti ( agg. ) Pud anche la puberta cominciare al 12. anno , e
compiersial \6. 25p. 1. 17. Cammillo 2.61. 1. 3o. primo quadrato ( agg. )
degl'impari Ivi 1.32. un altro scrittore .
Si trovera qui qualche rarissimo vocabolo non ammesso dalla Crusca . Esso pero
e sempre ammesso in Toscana, e in Italia dall' uso , arbitro delle lingue ;
ed e autorizzato dauno di quegli Scrittori, che a supplemento degli antichi
da tutta Italia scelse la Crusca nel 1786. ; di che v. il Sig. d'Alberti nel
suo Dizionario universale pag. XL1V.
A di 25. Ottobre 1808.
Noi sottoscritti Censori Deputati Accademici
della Crusca avendo esaminata 1' opera del Sig. Abate
Luigi Lanzi intitolata i Lavori, e le Giornate d' Esiodo
versione in terza rima dal Greco , arricchita di
note , non abbiamo in essa riscontrato errori di
lingua .
Francesco Fontani .
Giuseppe M. Pagnini Carmel.
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