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Full text of "Hesiodou tou Askraiou Erga Kai hemerai. Hesiodi Ascræi Opera et dies"

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H2I0A0T 
EPTA    KAI    HMEPAI 

GRAECE     LATINE    ITALICE. 


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H2IOAOT  TOT  A2KPAIOT 

EPrA  KAI  HMEPAI 

HESIODI  ASCRAEI  OPERA  ET  DIES 


DI  ESIODO  ASCREO 

I  LAVORI  E  LE  GIORNATE 

OPERA     CON     L.     CODICI     RISCONTRATA 

EMENDATA    LA    VERSIONE    LATINA 

AGGIUNTAVI     e'  ITALIANA     IN     TERZE     RIME 

CON    ANNOTAZIONI. 


FIRENZE    1808. 

NELLA  STAMPERIA  CARLI  E  C°.  IN  BORGO  SS.  APOSTOLI 
CON    APPROV AZIONE. 


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Lepta   suavissimus  Hesiodum  ediscat,   et   habeat  in  ore 
Tug   J''  apiTvii;    iSpaTci- 

M.  T.  Cicero  Episfc.  L.  VI.  ig. 


AI  FELIGISSIMI   SPOSI 

SIG.  ANGELO  LORENZO 
GIUSTINIANI  RECANATI 

ED 

ELENA  TIEPOLO  PP.  VV. 


LUIGI      LANZI. 


J-Jsce  fmalmente  a  luce  l'Esiodo  tradotto  co- 
me il  meglio  io  seppi  e  comentato  ;  libro 
annunziato  da  altre  penne  al  pubblico  fin 
dall'  anno  1773.  e  per  non  so  quale  timidita 
trattenuto  sernpre  fra  le  opere  inedite  in- 
sieme  con  la  Bucolica  di  Teocrito  ,  e  con  Ga- 


VI 

tullo  da  me  similmente  volgarizzati .  E  parto 
di  un  mediocre  ingegno  ,  ma  diligente  ;  che 
per  mold  anni  e  ito  migliorandolo ;  ed  ora 
il  produce  solo  per  ubbidire  ad  un  Signore 
di  merito  conosciuto  fin  da  prim'  anni  , 
cui  non  seppe  non  compiacere .  Era  1'  Esiodo 
destinato  a  solennizzare  le  faustissime  vostre 
nozze  ;  ma  se  piu  tardo  ,  comparisce  ora  piu 
lieto  per  festeggiare  la  nascita  recente  di 
un  infante  amabilissimo,  che  rassicura  la 
progenie  de'Giustiniani ,  illustre  nella  Storia 
di  XV.  secoli ;  al  quale ,  crescendo  ,  non  sara 
men  che  utile  si  fatto  libro  .  Sappiam  de' Ro- 
mani,  che  a' tempi  di  M.  Tullio  da  esso  in- 
cominciavano  la  prima  istituzione  de'fanciulli ; 
non  trovandosi  fra  gli  antichi  altro  piu  adat- 
to  ad  inserire  per  tempo  giuste  massime  di 
morale  con  maravigliosa  chiarezza ,  brevita , 
ed  eleganza  .  II  metro,  in  cui  e  tradotto,  ajuta 
a  ritenerne  i  precetti  a  memoria ;  e  le  co- 
piose  note,  ond'e  corredato.,  servono  ad  emen- 
dare  i  pochi  errori,  che  la  superstizione  vi 
mescolo  ,  ed  a  sviluppare  i  semi,  quasi  dissi, 


VII 

di  ogni  scienza  clie  1'  accorto  Scrittore  vi  spar- 
se per  entro.  Cos!  1'opera  e  ridotta,  pare  a  me, 
utile  ,  e  dilettevole  alia  prima  eta  puerile  ; 
purche  da  savio  precettore  sia  instrutta.  Per- 
cid  anclie  ho  scelto  un  modo  di  scrivere  piano  9 
per  quanto  il  libro  lo  permetteva,  e  facile; 
senz'  ambizion  di  correggere,  e  di  citare  mol- 
ti  testi  greci  e  latini ;  contentandomi  di  ac- 
cennare  per  lo  piu  i  luoghi  ove  sono  inse- 
riti ;  affmche  egli  abbia  il  piacere  di  riscon- 
trargli   e   giovarsene   in   eta  piu   matura . 

Vi  troverete  piu  volte  biasimato  il  sesso 
donnesco ,  ragione  per  cui  non  parrebbe  be- 
ne intitolato  a  sposi  cosi  felici .  Ma  oltreche 
ad  un  Poeta  non  tutto  si  vuol  credere  cio 
clie  dice ,  sara  per  1'  uno  di  Voi  una  vera 
consolazione  V  essersi  abbattuto  in  una  don- 
zella  ,  ch'  e  al  coperto ,  pe'  suoi  egregj  co- 
stumi?  di  ogni  biasimo  ;  e  per  l'altra  di  Voi 
sara  un  vero  piacere  il  considerarsi  immu- 
ne da  quelle  tacce ,  che  si  danno  a  tante 
e  tant'  altre ;  e  amendue  godrete  in  vedervi 
adombrati  in  quella   sentenza  (  v.  702.  )  che 


VIII 

1'  uomo  non  ha  sorte  migliore  che  trovar 
buona  la  Donna ,  con  cui  si  lega  .  Nel  resto 
entrando  voi  ora  in  una  vita,  die  vi  costi- 
tuisce  padre  e  madre  di  famiglia,  vi  trove- 
rete  precetti  acconcissimi  alia  condizione  vo- 
stra ;  ed  in  tanto  numero ,  che  alcuni  dotti 
han  riposto  il  libro  fra  gli  economici  piutto- 
sto  che   fra'  georgici . 

Gradite^  umanissimi  Signori,  le  mie  qua- 
lunque  fatiche ,  e  sianvi  testimoni  perenni 
del  mio  giubilo  per  la  felicita  chevietocca, 
di  tramandare  all'  eta  future  le  virtu  delle 
vostre  famiglie  quali  le  riceveste  dagli  esimj 
e  incomparabili  genitori ,  ed  essi  da'  loro  avo- 
li  celebri  fin  dal  nascere  della  patria  vostra. 
Vivete  felici . 


DELLA  VITA  E  OPERE 


DI 


ESIODO    ASCREO. 


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Ilia  e  sciagura  comune  di  que'che  vissero  in  Grecia  prima 
del  cominciamento  delle  Olimpiadi,  che  quasi  nulla  dai  poste- 
ri  se  ne  sappia ,  che  non  sia  deformato  dalla  favola ,  o  sogget- 
to  a  gravissime  controversie.  Delle  memorie  di  taliUomini  non 
erano  compilate  storie  dai  loro  contemporanei ;  n'era  deposita- 
ria  la  fama  pubblica;  e  cib,  che  male  udito  avea  da'maggiori, 
peggio  raccontava  a'minori.  Esiodo,ed  Omero  son  di  quest'epo- 
ca;  ond' e  che  le  notizie  loro  raccolte  dopo  lor  morte  non  han 
piu  fede  di  quel  che  abbiano  i  romanzi,  se  non  vi  entri  di  mez- 
zo la  cricica  a  sceverare  il  dubbio  dai  certo,  il  vero  dai  falso,e, 
come  dice  Plucarco  nel  suoTeseo,  a  far  che  la  favola  ripurgata 
col  raziocinio  prenda  sembianza  di  storia. 

II  secolo,  la  pacria,  il  lignaggio  di  quegli  antichi,  che  vis- 
sero in  molta  gloria,  son  cose  il  piii  delle  volte  conosciutissime: 
ma  in  Omero,  e  in  Esiodo  sono  alcrectanti  punti  di  storia.  Noi 
per  ovviare  ancora  alia  stucchevolezza  consideriamo  nelle  an- 
notazioni  molti  di  que'dubbj  circa  Esiodo,  che  son  fondati 
nelle  Opere,  e  nelle  Giornate :  giacche  in  questp  libro,  egli 
poeticamente  ,  ma  pur  diede  alcuna  relazione  di  se,  e  delle  co- 
se sue.  E  ordendo  fin  da  principio  si  fece  originario  di  Cuma 
Eolide  (a):  ove  subito  nasce  questione  s' e'  fosse,  o  no  parente 
di  Omero.  Lo  arFerma  Eforo;  dicendo  che  Atelle,  Meone,  e 
Dio  Cumani  erano  fratelli;  de'quali  Dio  il  padre  di   Esiodo, 

(a)  Oper.  v.  636. 


2 

passb  in  Ascra ;  A  telle  morto  in  Curaa  lascio  Criseide,  onde 
nacque  Omero ,  non  in  Cuma  ,  ma  a  Smirne  ,  ove  Criseide 
si  era  condotta  (a):  cosi  Omero  sarebbe  nipote ,  non  carnale, 
siccome  parlano ,  di  Esiodo  .  Taccio  per  ora  di  Proclo  (b) ,  e 
della  genealogia  che  ne  tesse .  Ma  Eforo,  il  quale  a  giudizio 
di  Seneca  spesso  e  ingannaro ,  spesso  inganna  (c),  non  sia  atteso, 
speciaimente  ove  a  Cuma  sua  patria  vuol  procacciare  un  decoro  si 
specioso,  qual  e  farla  autrice  de'due  poeti  piii  nobili  della  Gre- 
cian men  fede  merita  dopo  che  Leone  Allacio  ha  invincibilmen- 
te  mostrato,  che  la  patria  di  Omero  fu  Scio.  Cosi  tolta  fra  que- 
sti  due  la  comunione  della  patria  ,  svanisce  ancora  ogni  co- 
munione  di  sangue. 

Piii  difficile  e  a  decidere  la  eta  loro;  e  con  quale  inter- 
vallo  di  anni  e'vivessero;  questione  agitatissima  fra  gli  Antichi, 
come  si  raccoglie  da  Seneca,  Luciano,  Pausania,  Sesto  Empiri- 
co,  che  non  si  fidano  di  definirla  (J).  Alcuni,  fra'quali  e  Ta- 
naquille  Fevre  nella  Storia  degli  antichi  Poeti,  fanno  Omero 
molto  di  Esiodo  piii  antico:  Poiflrio,  ed  altri  degli  Scrittori  letti 
da  Suida  (e)  lo  fanno  anteriore  di  circa  100.  anni,  Vellejo  Pater- 
colo  (/)  di  cento  venti,  Solino  (g)  di  centrentotto,  Gio.  Tzetze 
di  324.  (/i),  Catone  presso  M.  Tullio  nel  Jibro  da  citarsi  po- 
co  appresso,di  molti  Secoli.  Mal'opinione  piu  vera,  e  piu  dai 
moderni  seguita  e  che  insieme  vivessero,  la  qual  e  assai  ben 
provata  dal  Longomontano,  dall'Orsini,  dal  Vossio,  dai  Dod- 
wello,  dal  Quadrio,  dal  Robinson.  Essi  fondansi  sull'  autorita 
degli  Antichi,  i  quali  pressochc  tuiti  ,  per  quanto  Gellio  avea 
letto  (/'),  concorrevano  in  questa  sentenza  ,  o  che  convivessero 
nel  medesimo  tempo  ,  o  che  Omero  fosse  di  poco  ad  Esiodo 
anteriore:  e  noi  lo  sappiaroo  espressamente  di  Erodoto  (k),  di 

"     (a)  Vulg.  Plutarchusde  vita  Homevi  .     (b)  In  vers.  299.     (c)  Natural.  Quaest. 

Lib.  VII.  cap.  16.      (d)  Sen.  ep.  89.  Luc.  in  encomio  Demosth.  c.  9.  Paus.  in 

Boeot.  Sex.  Emp.  lib.  cont.   Cram.  p.  259.       (rj"Suid.  v. 'H^/oeTof  .      (  f)  Lib.  I. 

extremo  .      (g)    Cap.   40.  Polyhist.      ih)  Chil.   XII.  cap.  3$>p.      (i)  Lib.  XVII. 

c.  21%       {hf  In  Euterpe  . 


3 
Varrone(a),  di  Cassio  (6),  di  Plinio  (c).E  Plutarco(i),  Filostra- 

to  (e) ,  Dion  Grisostomo  (f),  Libanio  (g)  non   solo  dicono,  che 

vissero,  ma  che  cantarono  insiememence.  S.  CirilJo  Alessandri- 

no  (h)  Ii  fa  vivere  165.  anni  dopo  la  presa  di  Troja  ,  Clemente 

Alessandrino  (z)  circa  a  200.  anni ;  e  que'  che  segnano  il  tempo  del 

Regno  di  Salomone,  o  di  Roboamo,  come  S.  Girolamo,  Sincel- 

lo,  Cedreno ,  Faculfo,  non  iscompagnano    l'uno  dall'altro.  Ne 

gli  scompagna  il  Carli,  che  ha  facto  il  calcolo  della  eta  di  Ome 

ro,  e  di  Esiodo  riportandogli  all' anno  906.  avanti  Gesu  Cristo. 

Veggasi  la  lettera  di  lui  al  Tartarotti  pag.  XXXVIII.   e  segu.  e 

notisi  con   quale  felicita,  e   come  ben  combinando  un  luogo  di 

antico  ed  un   altro  provi  il  suo  assunto. 

All'autorita  degli  Antichi  si  aggiugne  il  computo  astrono- 

mico,  che  su  l'asserzione  di  Esiodo,  a'cui  tempi  1' Arturo  na- 

sceva  60.  giorni  dopo  la  bruma,  si  asserisce,  non  poter  essere 

cio  awenuto,  che  900.  anni  in  circa  prima  dell' Era  cristiana: 

o  953.  come  vuole  il  solo  Riccioli .  Ma  al  900.  in  circa  si  rapporta 

la  eta  di  Omero,  e  di  Esiodo  giusta  la  numerazione  di  Erodoto, 

e  di  molti  de'citati  autori:  il  qual  computo  dee  leggersi  confer- 

mato  presso  il  Robinson,  che  fece  farlo  giusta  il  dato  astronomi- 

co  dianzi  detto  a  Giuseppe  AtweJ   astronomo  insigne.    Aggiu- 

gni  quelle  leggi  di  Critica,  che  dallo  stile  di  due  Autori  argo- 

mentano,  che  fra  l'uno  e  1' altro  non  pote  correr  gran   tempo, 

le  quali  in  Esiodo,  e  in  Omero  maravigliosamente  concorrono. 

Aggiungasi  la  eta   avanzata  di  amendue  .   Omero  morl  di  114. 

anni .  Esiodo  dovette   viverne  ancor  piu  ,   quando  la  sua  vec- 

chiezza  al  par  di  quella  di  Nestore  restb  nella  Grecia  in  pro- 

verbio  (/).  Adunque  e  troppo  ragionevole  il  supporre,  che  per 

qualche  tempo  insieme  si  abbattessero  a  vivere,   se  non  pon- 

[a)  Ap.    Gellium   lib.  TIL  cap.    II.  (b)  Ap.    Gell.  lib.  XVII.    cap.  21. 

(c)  Confer  librum  ejus  VII.  cap.  16.  et  1.  XIV.  in  piaef.  f.d)  Symp.  V.  p.  6^5. 
(e)  In  Heroic,  cap.  18.  {{)  Or.  II.  de  Regno  .  (g)  Lib.  Apol.  S^crntis  .  (Ii)  I.  li- 
bro  contra  Julianum  p.  II.     (i)  I.  libro  Stromatum  pag.  3Sp.     (Z.)  V.  Suidnm 


4 

ghiamo  fra  di  loro  una  smisurata  distanza  di  tempo,  la  quale 

e  l'autorita  e  la  ragione  ci  vietan  di  ammettere. 

Piu  oscura  cosa  e  a  decider  se  Omero  nascesse  prima  o 
dopo  Esiodo.  Ne  fu  questione  fra  gli  Antichi,  su  la  quale  sap- 
piamo  avere  scritto  in  fra  gli  altri  Eraclide  Pontico  ,  e  nei 
suoi  scritti  aver  profittato  da  Camaleonte  (a).  In  questa  dispu- 
ta  la  maggior  parte  degli  Autori  da  1'anteriorita  ad  Omero: 
ma  non  percio  e  decisa  la  lite.  Quei  piu,  clie  dicono  Omero 
nato  prima  di  Esiodo,  sono  dietro  Giuseppe  Ebreo  tutti  que'Pa- 
dri  che  considerano  Omero  come  il  primoScrittor  profano,che 
ci  rimanga.  Non  e  perb  da  trasandare  in  proposito  di  loro,  e 
dialquanti  anco  de'Gentili,  che  tenner  la  stessa  sentenza,  la  ri- 
flespione,  che  dopo  Sesto  Empirico  (b)  fa  Leone  Allazio:  Semper 
magna  ingenia  praeferuntur ;  et  uti  priora  laude,  ita  prima,  licet 
posteriora  aetate,  judicantur  (c).  Senza  cioavverto  ilprimo,  che 
i  piu  Antichi  favoriscono  Esiodo  rammentandolo  innanzi  Ome- 
ro, come  Erodoto  :  'Htr/oJov  x.ai  "Opupov  due  volte  (d) .  Lo  sces- 
so  fanno  nominando  i  piu  antichi  Poeti  con  quest'  ordine :  Or- 
feo ,  Museo  ,  Esiodo,  Omero;  lo  fanno  io  dico ,  Platone  (e) , 
Ermesianatte  (f)  Cicerone  {g)  Aristo£me  (Ji)  ;  nve  lo  Scolia- 
Ste  avverte  cot;  Tcpum  ovroe,  'Ho-idfu  (jlI ' (amtcu  ,  uti  prius  Homero 
existentis  Hesiodi  meminit .  Ne  e  da  sprezzar  Eforo,  che  quan- 
tunqueper  favorire  la  patria  ne  facesse  oriundi  i  due  gran  Poeti; 
nondimeno  fece  Zio  di  Omero  il  nostro  Esiodo,  avendo  potuto 
fiire  il  contrario:  ma  lo  rattenne  la  pubblica  persuasione  dell'an- 
teriorita  di  Esiodo.  Lo  stesso  dee  dirsi  dell'Autor  del  Certame 
fra  Esiodo,  e  Omero,  che  non  avria  fatto  il  secondo  pronipote 
del  primo,se  non  avesse  avuta  la  famapublica  piu  conforme  all' 
anteriorita  di  Esiodo.  La  quale  fu  dianni  quasi  30.,  se  vale  l'au-r 
torica  de'marmi  arundelliani,  ch'e  stimata  gravissima.  L'autor  di 
essi  vivuto  circa  un  secolo  dopo  Eforo  par  persuaso  della  sua  opi- 

(a)  Laertlus  in  Heraclide  .  (b)  Loco  citato  .  (c)  de  Patria  Homeri  I.  c.  5. 
(d)  In  Euterpe  .  (e)  In  Apolog.  Socratis  .  (/)  Ap.  Athenaeum  lib.  XIII. 
pag.  Spz.       {g)  Lib.  I.  de  Nat.  Deorum  cap.  1 5.       (h)  In  Ranis  v.   io65. 


5 
nione,  scrivendo  cosi;   dtp  «  'Ho-foSbt;  ityavvi ,  try  Th  HTiAA... 

ove  i  dotcissimi  Interprets  del  Monumenro  suppliscono  un  A,  e 
fanno:  Ex  quo  Hesiodus  floruit ,anni  DCLXX.  di  poi  'Aq>  £"0/uvipo<; 
itpctvy,  '{in  Th&&&&111  ,  Ex  quo  Homer  us  floruit,  anni  DCXLIII. 
Quest'autorita  de'marmi  arundelliani  ignota  al  Petavio,  chepero 
mise  Omero  mille  anni  in  circa  prima  di  Cristo ,  ha  maravigliosa- 
mente  persuasi  i  moderni,  Robinson,  il  Carli,  l'Arivabene,  i 
quali  o  espressamente  si  son  dichiarati  per  l'anterioritadi  Esiodo, 
o  han  mostrato  di  propendere  a  questa  sentenza.  Special  men- 
zione  deggio  far  del  Co.  Zamagna,  il  quale  nella  bellissima  edi- 
zione  del  suo  Esiodo  tradotto  in  latino,  e  publicata  1'anno  1785. 
si  degna  di  annunziare  questa  mia  opera;  e  per  la  maggior  sem- 
plicita  che.  scuopre  in  Esiodo ,  e  per  1'  autorita  de'  marmi  arun- 
delliani,  inclina  a  crederlo  anteriore  ad  Omero. 

Oppongono,  che  a  Salmasio  (a)  parve  Omero  men  colto, 
e  per  conseguenza  piu  antico.  Rispondo,  che  il  paragone  non 
vuol  farsi  tra  l'lliade,  e  lo  Scudo  d'Ercole,  opera  secondo  Lon- 
gino  il  criticissimo,  per  lo  meno  sospetta  ;  ma  fra  l'lliade,  o 
l'Odissea,  e  le  Opere,  e  le  Giornate  ,  lavoro  certo  di  Esiodo: 
e  in  questo  alcuni  presso  il  Vossio  (6)  e  Giusto  Lipsio  nel  pri- 
mo  libro  di  Patercolo  riconoscono  in  Esiodo  majorem  simplici- 
tatem,  et  rudiorem  antiquitatem.  II  giudizio  e  si  comune  a'gior- 
ni  nostri,  che  l'Ab.  Lenglet  (c)  appoggiato  su  di  esso  da  sen- 
za  piu  l'anzianita  ad  Esiodo  .  Sebbene  ,  a  riflettere  col  Fa- 
brizio  (i)  in  una  eta  si  vicina,  qual  comunemente  si  mette  fra 
Omero,  ed  Esiodo,  non  si  fa  una  variazione  cosi  grande  di  stile, 
che  possa  conoscersi  chi  sia  primo,  chi  sia  secondo.  Ma,  ri- 
pigliano  alcuni  e  antichi,  e  moderni,  fra'quali  il  Bogano  (e) ,  il 
Fevre  (/)  ,  l'Osservatore  britannico  (g) ,  ed  altri,  sono  in  Esio- 
do alquanti   versi  presi ,  o    imitati  da  Omero    con   certa  servi- 

(a)  In  Solinum  pag.   867.         (b)  De   Poetis   Graecis  pag.    II.  (c)  Tavol. 

Cronol.  Tom.  I.  pag.  2^0.          (d)  BibLGr.  lib.  I.  cap.  1 3.  pag.  8?.  (r)  De  Ho- 

rtiero  ct  Hesiodo  hebraizonte  in  Appendice  .          (f)  In    vitis  Poet.    Graec. 
(g)  Tom.  II.  pag.  814. 


6 

lita,  che  fa  comparirlo  vero  emulatore  di  quel  grand'  Uomo. 
Ma,  ripiglio  io,  i  versi  opposti  chi  pub  dire  che  non  sian  de- 
rivati  da  qualche  poeta  piu  antico,  da  cui  arnendue  gli  abbian 
attinti?  Chi  pub  dire,  che  non  siano  intrusi  in  Omeroistesso  dal- 
le opere  di  Esiodo,  o  in  Esiodo  dalle  opere  di  Omero?  Certo  so 
no  in  Omero  mokissimi  versi,  che  l'Antichita  ebbe  per  sospetci, 
e  1'  edizione  del  Villoison  ce  ne  rende  certi ;  e  di  Esiodo  pronunzia 
il  Ruhnkenio  nella  seconda  Lettera  critica,  che  niun  altro  poeta 
e  scato  piu  spesso  interpolato.  Chi  dunque  pub  asserir  con  certez- 
za,  se  que' versi  prima  sieno  stati  nell'uno,  o  nell'altroPE  di  al- 
cuni  mostro  nelle  note,  che  deon  essere  stati  prima  in  Esiodo. 
Piu  sottile  e  l'objezione  del  Clarke  (a),  il  quale  osserva, 
che  Omero  usando  270.  volte  la  voce  x.a-\o<;  sempre  ne  fa  lun- 
ga  la  prima  sillaba ;  ov' Esiodo  spesso  la  fa  anche  breve:  fi  an- 
che  brevi  doricamente  1'  estreme  sillabe  di  Jtapag  ec.  che  Omero 
avea  semprer  allungate:  e  la  estrema  di  oV<yp/;'o$  similmente  sem- 
pre lunga  in  Omero,  abbrevia  al  v.  674.  delle  Opere,  e  Gior- 
nate.  Adunque  fu  egli,  come  dice  Tullio,  molti  secoli  inferiore 
ad  Omero;  e  si  valse  della  maniera  di  pronunziare  introdotta 
piu  recentemence .  Ma  con  buona  pace  di  bl  grand' Uomo,  dice 
il  Robinson,  dalla  prosodia  de'due  Autori  niun  argomento,  che 
stringa,  si  pub  dedurre.  Se  vi  fossero  altri  poeti  ,  che  stabil- 
mente  avessero  seguitato  Omero,  potrebbe  sospettarsi  del  tem- 
po di  Esiodo;  ma  non  ci  essendo,  chi  ci  assicura,  che  questi 
non  abbia  seguice  altre  regole  di  prosodia,  e  pronunziato  a  nor- 
ma del  suo  paese ,  piuttosto  che  di  Omero  ?  Quanto  a  Cicero- 
ne, osservo  io,  che  mal  si  applica  la  sua  autorita  alia  questio- 
ne  presente ;  giacche  non  e  egli ,  ma  Catone  che  dice :  Home' 
rus  mult  is ,  ut  mihi  vbdeiar ,  ante  saeculis  fuit  etc.  (b).  Cib  pub 
aver  tratto  Tullio  da  qualche  opera  smarrita  di  Catone. 
Nel  resto  era  troppo  illuminato  il  suo  secolo,  e  troppo  da  Cor- 
nelio  Nipote  istruito  nella  Cronologia  (c)  per  non  mettcre   fra 

(a)  In  II.  B.       (b)  De  Senectute  cap.  XV.      (c)  V.  Gellium  1.  XVII.  c.  21. 


1 

J'uno,e  l'altro  Poeta  tanto  intervallo  di  tempo;  e  noi,dove  Ci- 
cerone parla  piu  di  proprio  sentimento,  lo  abbiatn  citato  co- 
me fautore  della  nostra  sentenza. 

L'Einsio  oppone  qualche  vocabolo  usato  da  Omero  in  un 
significato,  e  da  Esiodo  in  un  altro;  come  rvKfia/po/uou,  che  presso 
Omero  significa  compiere,  presso  Esiodo  volere ,  o  pensare.  Ma  in 
significato  di  pensare  l'uso  anche  Omero,  come  nella  Iliade  H^o. 
onde  svanisce  la  difficolta.  Similmente  dal  non  trovarsi  presso 
Omero  la  voce  vo/uo<;,  e  presso  Esiodo  si,  nulla  pub  conchiu- 
dersi  a  favore  dell'anteriorita  di  Omero,  presso  cui  non  e  da 
pretendere  di  trovar  tutta  la  greca  lingua  ;  come  bene  asseri- 
scono  il  Clerc,  e  il  Robinson:  ma  di  cio  meglio  nelle  note. 

Spacciati  di  questo  dubbio,  veniamo  all' altro  della  vera 
patria  di  Esiodo,  se  fosse  Cuma,  o  Ascra.  Pare  che  ne  dubitas- 
se  Virgilioje  percib  ora,  chiamasse  Ascreo,  or  Cumano  il  Poeta 
Esiodo  (a).  Strabone  al  contrario  (b) ,  Stefano  Bizantino  (c),  Sui- 
da  (J)  lo  fan  di  Cuma,  alia  qual  sentenza  piega  il  Salvini  nel 
Comento  di  Eustazio  aggiunto  al  Politi  (e) ,  e  dice  che  chia- 
misi  Ascreo  dal  Iuogo  della  educazione  :  praestantius  enim  est 
educari ,  quam  nasci .  Tuctavia  contrario  e  il  maggior  nuraero  dei 
Classici ,  fra' quali  e  O^idio  mentre  scrisse  di  .Ascra  :\Ar  fue- 
rat  terra  geniius  qui  scripsit  in  ilia  (/),  e  Vellejo  Patercolo  (g) , 
che  Ascra  chiama  sua  patria  patriam  a  qua  erat  mulct atu & . 
A'quili  si  pub  aggiugnere  1' Epitaffio  di  Esiodo  nell' Antologia 
(h)  'Ao-zpouov  yivivip  'H<r/oJbi>  kcit^^co,  Ascraeum genus  hesiodum 
claudo.  Piu  di  tutto  mi  fa  forza  il  detto  del  Poeta  stesso,  il  quale 
attesta  di  non  aver  fatto  altro  viaggio  marittimo,  che  quello  a 
Calcide.  E  quegli,  che  il  fan  di  Cuma,  possono  spiegarsi  quan- 
to  alia  origine,come  quel  di  Properzio  ,  che  chiama  Augusto: 
longa  servator  ab  Alba.  In  Ascra  dunque  luogo,  come  osser- 
viam  nelle   note,  non  cosi  spregievole,   come   par   che    il   de- 

(a)  Eel.  IV.  v.  4.  Eel.  VI.  v.  70.  (b)  Lib.  XITI.  pag.  622.  (c)  V.  K*>»> . 
(d)  V. 'Ht/ocTo;  (c)  In  Prooemium  .  (/)  De  Ponto  lib.  IV.  Episc.  14.  vers.  33. 
(g)  Lib.  L  extremo  .     (7t)  IIL  25. 


8 
scriva  Esiodo,  venne  Dio  padre  di  Esiodo,  o  fosse  per  omici- 
dio,  o  fosse  per  debito,  o  fosse  per  desiderio  di  migliore  for- 
tuna;  giacche  queste  tre  sentenze  han  ciascuna  qualche  antico 
tutore  .  Quivi  ammogliatosi  con  Picimede ,  generb  Esiodo,  e 
Perse;  cui  lascib  morendo  in  buono  stato,  e  da  non  aver  bi- 
sogno  di  altrui,  purche  con  saggia  economia  custodisser  l'ere- 
dita.  Un'altra  eredica  n' ebbe  Esiodo,  se  io  non  m' inganno ; 
e  fu  un  amor  per  le  lettere,  degno  di  essere  insinuato  da  un 
che  veniva  dall'Asia;  seppur  non  si  dee  dire,  che  Dio  istesso 
avesse  di  quesre  qualche  tintura,  e  a!  figlio  la  comunicasse. 
Certo  e,  che  la  Grecia  rozza  ebbe  qualche  principio  di  colturadi 
letcere,  non  dalla  Etruria  ,  come  spacciano  gli  Ecruscisti  senz'al- 
tro  fondamento  che  i  sogni  de'lor  maggiori;  ma  dall'Asia, 
e  nominatamence  dalla  Giudea,  come  prova  il  Bogano  nel  dot- 
to  libro:  de  Home.ro  hcbraizonte ,  e  il  Mazzochj  nello  Spicilegio, 
ove  tratta  del  creduto  Orfeo,  e  de'suoi  versi  (a).  Ma  ebbelo 
per  mezzo  della  Fenicia,  di  cui  moke  colonie  furon  nella  Beo- 
zia.  Quindi  Esiodo  pote  secondo  Cedreno  scriver  m  qso/i'iKU 
res  Phoenicum ,  e  par  da  intendersi  delle  donne  fenici  che  in- 
seri  nelle  sue  Eee.  (Z>) .  Non  nego  perb ,  che  dalla  Grecia  an- 
cora  qualche  cognizione  potesse  trarre;  come  qualche  insegna- 
mento  morale,  che  Piteo  savio  antichissimo  della  Grecia  la- 
sciato  avea,  e  ch'  Esiodo  ha  innestato  nelle  sue  opere  (c)  .  Cos! 
parte  per  cognizioni  estere,  parte  per  greche  giunse  Esiodo 
a  forrnarsi  in  testa  un  tesoro  di  notizie,  per  cui  la  Grecia  gli 
da  il  titolo  di  a-otpoc,,  come  fa  Platone  nel  IV.  de  Repub. ,  Te- 
mistio  presso  Stobeo  al  Serm.  119.,  Dione  Crisostomo  alia  ora- 
zione  sectima;   ed  altri  lo  accumolan  d'altri  elogj . 

Che  che  siasi  di  cib,  Esiodo  flnge  che  il  suo  sapere  tut- 
to  gli  vcnisse  dalle  Muse.  Era  Ascra  situaca  alle  radici  dell' 
Elicona,  luogo  assai  atto  a'pascoli;  ed  Esiodo  in  quelle  valli 
pascea  il  gregge ,  professione  onorata  anche   da'figliuoli  de're- 

(a)  Pag.  1.     [V)  Cedren.  paulo  post  initium  .     (c)  Plut.  in  Theseo  . 


\ 


v  9 

gi  ne' tempi  eroici  (a),  cioe  dugenc'anni  innanzi.  Ivi  gli  appar- 

vero  le  Muse ,  e  rampognatolo  dell'  oziosita ,  gli  porsero  un 
bel  ramo  d'alloro,  e  gl'inspiraron  l'arte  di  cantare  il  passato, 
e  d'indovinare  il  futuro.  Tanto  dice  Esiodo  stesso  (b);  e  dee 
prendersi  per  poetica  finzione,  come  se  un  magnano  dicesse  di 
essere  stato  da  Vulcano  istruito  nell'arte  sua.  Ma  quancunque 
per  finzione  l'interpretasse  e  Pausania  (c),  e  Aristide  (d),e  Mas- 
simo Tirio  (e)  ;  molti  piu  mostrano,  che  la  tennero  storia , 
siccome  Dionisio  Alicarnasseo,  Libanio,  Celso  (/),  e  gli  al- 
tri  che  di  tale  credulita  son  da'Padri  della  Chiesa  derisi,  e  bef- 
fati.  Taccio  i  Valentiniani ,  i  quali  giudicavano  Esiodo  il  Pro- 
feta  della  gentilita  (g)  .  Sinesio  racconta  il  fktto  altramente : 
dice  che  addormentatosi  Esiodo,  sognb  di  parlar  con  le  Mu- 
se (A)  ,  e  destossi  poeta ;  Niceforo ,  che  le  Muse  gli  dessero  a 
mangiar  deH'alloro  (/);  Alceo  nell'epitafio,  che  gli  desser  bere 
da' sacri  fonti  d'EIicona  (k)  ;  Virgilio  che  lo  regalasser  d'una 
sampogna,  col  cui  suono  traesse  le  querce  (/) .  Ne  questo  solo: 
ma  di  cosi  poco  seme ,  come  il  Casaubono  rirlette  (m) ,  nacque 
una  messe  copiosissima  di  favole,  di  cui  i  buoni  Poeti,  e  piu 
spesso  i  cattivi,  fecero  uso  nei  loro  componimenti.  Anco  il  Ci- 
terone,  e  il  Parnaso  divenner  sedi  delle  Muse,  perche  all'Eli- 
cona  vicinij  l'lppocrene,  1' Aganippe,  quanti  fonti,  o  flumi  so- 
no  per  que'paesi  divennero  prodigiosi  a  formar  poeti;  ognuno, 
che  sapesse  far  versi  gloriavasi  di  aver  sognato  in  quegli  antri ; 
ogni  alloro  gustato  potea  formare  un  poeta;  ogni  pastore  era 
allievo  delle  Muse  in  poesia .  Omero  non  ne  fece  mai  motto , 
o  che  sdegnasse  cose  si  nuove,  o  che  non  le  avesse  udite.  Esio- 
do ne  disse  il  poco  che  abbiam  contato;  e  di  quel  poco  nacque 

(a)  Homer.  Odys.  XIII.  223.  (b)  Theogon.  v.  22.  (c)  Pag.  689.  (d)  Paneg. 
Romae  p.  398.  (e)  Dissert.  XXI.  (  f )  Dion.  Hal.  de  Panegyr.  Liban.  pag.  348. 
Celsus  ap.  Orig.  contra  eundem  lib.  II.  («)  Nat.  Alex.  torn.  V.  pag.  1 3. 
(h)  Synes.de  insomniis  pag.  i36.  edit.  Petavianae .  (£)  Niceph.  Comment,  in 
Synes.  pag.  32 1 .  (k)  Alcaeus  Antholog.  lib.  III.  cap.  25.  (Z)  Virg.  eel.  VI.  v.  ?o. 
(;n)  Casaub.  in  prolog. Persii. 

2 


IO 

il  molto,  che  i  posteri  finser  di  lui;  il  moltissimo,  che  finser  di 
alcri.  Cos!  e  avvenuto  di  altre  favole  ,  che  semplicissime  da 
principio,  a  poco  a  poco  crebbero  a  dismisura. 

Qualunque  fosse  la  scienza  di  Esiodo,  e  comunque  acqui- 
stata,  nulla  gli  giovo  nella  lite  ch'ebbe  con  Perse  suo  fratello, 
il  quale,  morto  il  Padre,  con  donativi  guadagno  i  giudici,  sic- 
che  gran  parte  dell'  ereclita  toccasse  a  lui  in  pregiudizio  del  Poe- 
ta  .  Egli  se  ne  querela  nella  favola  del  rosignuolo  afferrato 
dallo  Sparviere,  di  che  noi  a  suo  luogo.  Qui  a  decoro  di  Esio- 
do direrno,  che  non  lascio  di  ajutare  il  Fratello  comunque  in- 
grato,  comunque  discolo,  e  con  le  sostanze,  e  co'consigli;  al 
qual  fine  compose  il  libro  dell'Opere.  Ebbe  pur  molestie  da 
un  tal  Cercope,  che  fu  quasi  il  suo  Zoilo,  sprezzato  perb  da 
Tommaso  Maestro,  quasi  un  Marsia,  che  vuol  dar  briga  ad 
A.pollo  (a).  Ev  rammentato  ancor  con  disprezzo  da  Laerzio  (b) . 
Sebbene  io  non  so  persuadermi ,  che  fosse  si  da  poco  un  Uomo, 
di  cui  dubitavasi  da' Grammatici,  che  fosse  autor  dell'Egimio, 
recato  da  molti  ad  Esiodo  (c)  .  Cio  che  pote  opporsi  al  nostro 
Poeta  fu  una  cosa  sola;  cioe  ch'egli  non  sapesse  suonar  la  ce- 
tra ;  motivo  per  cui  presentatosi  a'giuochi  Pizj  ne  fu  esclu- 
so  (i) .  Suo  costume  fu  cantar  tenendo  in  mano  un  bastone,_  o 
ramo  di  alloro;  il  quale  se  spogliato  di  fronde  diceasi  pa'/S/o?, 
a  cui  aggiunto  pJti ,  si  chiamasser  quasi  pct/3JpJoi  que' che  can- 
tavano  con  esso;  vestito  di  frondi  diceasi  xAai??,  come  divisa 
il  Bonarruoti  (e).  E  tanto  fu  proprio  d' Esiodo  questo  ramo,  che 
con  esso  in  mano  lo  effigiavano  sempre  i  pittori,  e  gli  scultori; 
sicche  Pausania  disapprova  una  statua  di  lui,  che  in  vece  del 
ramo  teneva  in  mano  una  cetra  (/) . 

Col  ramo  dunque  presentavasi  alle  feste,  nelle  quali  sole- 
va  cantarsi  a  prova;  il  qual  esercizio,  utilissimo  alia  gioventii, 
vuolsi  da  alcuni,  che  cominciasse  in  Grecia  a' tempi  d' Esiodo. 

(a)  In  Argum.  Ranarum  Aristophanis .     {b)  In  Vita  Socratis  p.  44.     (c)  Athe- 
naeilib.  XI.  pag.  5o3.     (d)  Pausan.  pag.620.     (e)  Vetri  pag.  221.     (/)  Pag.  585. 


1 1 

Evfama,  che  con  Omero  gareggiasse  in  Delo,  di  che  siallega  un 
frammento  troppo  sospetco  (a)  .  L'anonimo  autor  del  contrasto 
fra  Esiodo,  e  Omero  gli  fa  anco  competere  in  Aulide;  notizia 
similmente  incerta,  perche  ci  vien  da  Iui  forse  solo.  Piu  ragio- 
nevole  e  il  credere,  che  cib  avvenisse  nell'esequie  di  Alcida- 
mante  in  Calcide,  il  quale  essendo  Re  di  quella  Citta,  e  di  tut- 
ta  Eubea,  oggidi  Negroponte, voile  assalir  gli  Eretriesi  con  flot- 
ta  navale,  e  combatcendo  ivi  mori.  Gannittore  figliuolo  di  lui, 
e  successore  fece  bandir  giuochi  funebri,  e  premj  solenni  per 
le  sue  esequie;  ove  infra  gli  altri  dandosi  Juogo  a'poeci  di  con- 
correre ,  dicono  che  Omero,  ed  Esiodo  gareggiassero  in  cantare 
aprova.  Cosi  racconta  Plurarco  (b) ,  Filostraco  (c),  Temistio  (d), 
Libanio  (e) ,  Gio.  Tzetze  (/)  citati  dal  Fabrizio,  il  quale  in  vi- 
sta di  si  bel  numero  di  antichi  non  osa  negare  il  fatto  (g) ,  sic- 
come  pure  fan  Dodwello  (/i),il  Quadrio  (/),  il  Robinson  (£),  che 
soli  cito,  perche  la  questione  esaminarono  a  fondo,eil  lor  vo- 
to  e  di  sommo  peso.  Quanto  alle  circostanze  essi  non  le  garan- 
tiscono  almeno  tutte  ;  essendo  dagli  autori  raccontate  diversa- 
mente  .  E  in  prima  Tzetze  vuole  ch'  Esiodo  non  si  cimentasse 
col  grande  Omero,  ma  con  Omero  Focense  figliuolo  di  Eufo- 
rione  distante  per  ben  quattro  Secoli  da  Omero  il  grande  :  la 
qual  sentenza,  comecche  paja  probabile  al  P.  Politi  nel  proemio 
del  suo  Eustazio ,  in  vigor  delle  cose  gia  dette  non  puo  ammet- 
tersi.  Altre  circostanze  si  trovano,  compendiate  nel  libro,  che 
hapertitolo:  'O^w'py ,  ^  'H<noJu  dycov  Homer i  ,et  Hesiodi  concerta- 
tio\  che  dato  in  luce  dallo  Stefano  nel  1573.  e  stato  dopo 
lui  riprodotto  dal  Barnes,  e  dal  Robinson.  E  questi  benche 
veggano,  che  dee  essere  stato  scritto  dopo  Adriano  quivi  nomi- 
nato;  pur  non  gli  derogan  fede,  potendo  contener  cose  discese 
da  antica  tradizione,    o  da  antichi  scritti.  Adunque  in  questo 

(a)  V.  Robinson,  in  diss.  deHesiodo.  (b)  Vid.  Symposiacon  V.  pag.  675. 
(c)  In  heroicis  pag.  727.  [d)  Or.  II.  de  Regno.  fe)  Apologia  Socratis  . 
( f)  Prolegom.  in  Hesiod.  (g)  B.  G.  L.  II.  cap.  8.  (K)  Dissert,  de  Cyclis  Graecor. 
(I)  Quadrio  vol.  IV.      {\\  Dissert,  de  Hesiodo  . 


12 

Opuscolo  sifanno  interrogazioni  in  verso,  e  in  verso  risponde- 
si  presso  a  poco  come  fan  Dameta,  e  Menalca  appo  Virgilio, 
cioe  senz'ordine,  e  senza  metodo:  sempre  si  dan  le  parti  d'in- 
terrogare  ad  Esiodo,  di  rispondere  a  Omero;  e  si  fa  con  tanta 
profondita,  e  buon  modo,  che  ben  si  vede  l'Autore  essere  par- 
titante  d'Omero,  e  averlo  voluto  anteporre  ad  Esiodo.  Ma  Le- 
sche  presso  Plutarco  (a)  racconta  diversamente,  e  dice  ,  che 
avendo  prima  recitato  l'uno,  e  l'altro  versi  composti  a  bell' agio, 
piacquero  ugualmente,  e  metteano  in  forse  la  vittoria,  finche 
Omero  propose  una  questione,  ed  Esiodo  con  molto  spirito  la 
sciolse,  e  cosi  vinse. 

Un'altra  particolarita,  in  cui  l'Anonimo  autor  dell' Opusco- 
lo discorda  da  Plutarco,  e  a  Filostrato,  e  a  Tzetze  conformasi, 
e  questa;  che  ove  Plutarco  ascrive  la  vittoria  ad  Esiodo  in  vi- 
gor de'  versi  repentini ,  egli  vuole,  che  dopo  essi  il  favor  del  pub- 
blico  fosse  per  Omero ;  ma  che  Panide  fratello  di  Anfidaman- 
te,  e  uno  de'giudici,  comandasse  in  oltre,  che  ognun  de'due  re- 
citasse  qualche  tratto  delle  sue  poesie  meditatamente  com- 
poste ;  e  ch' Esiodo  scegliesse  quel  passo  della  sua  Georgica  : 
HXtii d^cov  'ArXotyivioov  i7rmWo[j.iva.cov  etc.  ed  Omero  dopo  lui 
quell'  altro  della  Iliade  N.  v.  126.  'Ajutpi  J'  a.pvAioumtc,  cJW$  'hcuno 
ipctXayytt;  etc.  o  come  vuol  Tzetze,  cinque  versi  piu  sotto;  che 
agli  altri  sembrasse  aver  prevaluto  Omero;  al  solo  Panide  pa- 
resse  miglior  Esiodo  in  quanto  avea  cantate  non  le  arti  della 
Guerra,  ma  quelle  della  Pace  tanto  migliori:  e  che  per  tal  rae- 
rito  il  coronasse,  e  gli  desse  il  tripode. 

Se  ad  alcuno  paresse  strana  tal  risoluzione,  io  non  diro  con 
Filostrato  grande  ammiratore  della  Esiodica  soavita,  ch'Esiodo 
prevalse  pel  miglior  talento  di  gestire  (b)  ;  ne  con  Dione  Crisosto- 
mo,  che  cio  avvenne  per  colpa  degli  astanti  rozzi,  e  leziosi(c); 
ne  col  Fabrizio,  che  Omero  gia  vecchio  pote  esser  vinto  da  Esiodo 
giovane,  come  Eschilo  daSofocle  (d).  No,  niuna  di  queste  rispo- 

(a)  Conv.  Sapient,  pag.  154.      (b)  Loco  cit.      (c)  Orat.  XXX.      (d)  Loco  cit. 


*3 

ste  pub  sodisfare,  almeno  compiutamente .  Rispondero  piutto- 

sto,  che  simili  posposizioni  de'dotti  a' men  valenti  erano  comu- 
nissime,  fosse  per  cabala,  o  fosse  perche  la  miglior  voce,  e  la 
migliore  apparenza  afFascinasse  i  giudici .  Euripide  autor  eccel- 
lente  di  75.,  o  come  altri  voile  di  02.  tragedie  vinse  in  5.  sen- 
za  piu  .  Menandro  vinse  solo  8.  volte ,  e  fu  superato  da  File- 
mone .  Pindaro,  cio  che  appena  si  crederebbe,  fu  5.  volte  vin- 
to  da  Corinna  .  Per  simil  guisa  pote  ad  Esiodo  cedere  Ome- 
ro; ne  senza  infamia  di  Panide;  il  quale  per  quanto  si  applau- 
dissedi  aver  dato  alia  Grecia  un  buon  documento  morale,  chele 
opere  della  pace  prevalgono  a  quelle  della  guerra,  ella  non  glie 
ne  seppe  ne  grado,  ne  grazia;anzi  inventb  il  proverbio  TiaviSov 
■\viqioe,  Panidis  suffvagiiim  in  proposito  di  coloro,  che  tortamen- 
te  giudicano  ;  siccome  diligentemente  spiegarono  Erasmo  ,  e 
Manuzio.  II  vincitore  poi  alle  Muse  consagro  il  tripode  ,  ag- 
giuntavi  una  iscrizione,  dice  Varrone  presso  Gellio  (a),  e  non 
pochi  altri ;  il  cui  senso  era  questo : 
A  le  canore  Muse  d'  Elicona , 

Poiche  in  Calcide  ha  vinto  il  div'  Omero 
Nel  canto,  Esiodo  vincitor  lo  dona  (Z>). 
Ma  il  tripode  conservavasi  fino  a' tempi  di  Pausania  (c);  1' iscri- 
zione non  gik;  altrimenti  egli  non  avria  detto ,  che  dopo  ave- 
re  investigato  con  diligenza  molta  il  vero  su  la  eta  de'  due  Poe- 
ti,  non  gli  era  riuscito  di  trovar  cosa,  onde  decider  la  questio- 
ne.  Bene  dunque  giudico  il  Salmasio  (d),  che  quel  titolo  sia  ope- 
ra di  qualche  ammiratore  di  Esiodo . 

Sopravvisse  il  Poeta  a  questa  gara  alquanti  anni,  come  rac- 
cogliesi  dal  libro  de'Lavori,  e  delle  Giornate  ,  in  cui  senza  no- 
minar  Omero,  ne  fa  menzione.  L'Anonimo  peio,  che  descrisse 
il  Certame,  e  Tzetze  lo   trasportan  subito  per  mare  in  Delfo 

(a)  Lib.  III.  cap.  n.  (c)  Paus.  in  Boeot.  pag.  585.  et  588- 

(6)  'Hy/oJo?M»Va<s'EX/xa;i'/o'i  tovJ"  dvi$nv.iv       (t£)  In   Solin.  pag.  S6$. 
"Tf*vo>    nxrirai;    gi>  XaXx/J/    Siiov  "Oftn^ov. 
Anthol.  III.  2?. 


*4 

a  consultare  l*Oracolo.  S.  Girolamo  sembra  aver  avuta  la  me- 
desima  persuasione,  quando  alludendo  certamente  al  canto  di 
Calcide  cosi  scrisse:  Hesiodus ,  Stesicorus ,  Simonides ,  grandes 
nam,  cycneum  nescio  quid,  et  solito  dulcius  vicina  morte  cecine- 
runt .  Piu  verisimile  e,  ch'egli  da  Ascra  passasse  in  Delfo,  luo- 
go, ch'era  in  venerazione  a  tutto  il  Mondo ;  e  che  ivi  secondo 
il  costume  chiedesse  l'Oracolo.  E  l'ebbe,  dice  anche  Tucidide 
grave ,  e  verace  istorico;e  fu,  che  si  guardasse  daNemea,  che  ivi 
si  apprestava  il  fine  alia  sua  vita .  Tanto  dice  Tucidide  (a)  ;  e 
l'Anonimo  ancora,  il  quale  recitando  l'oracolo,  specifica  anche 
piu  il  luogo  A/o\  Ni/u'Ja  cLXo~o<;,  Jovis  Nemaei  lucum;  il  che  Tu- 
cidide esprime  pure  in  altra  maniera  :  bi>  •»  Aioc,  w  Ns^e/a  ra>  /gp£  : 
in  Jovis  Nemaei  delubro.  Esiodo,udito  l'Oracolo,  si  guardo  dall' 
andare  in  Nemea  del  Peloponneso,  ov'era  tempio,e  bosco  sa- 
cro  a  Giove;  ma  non  riflette,  che  nella  Locride  v'era  la  pic- 
ciola  Citta  d'Enoe,  o  Eneone,  come  la  chiama  Tucidide,  la  qua- 
le aveva  l'istesso  nome ,  per  quanto  dichiara  Tzetze  ;  i^ctkeiio 
Si  w  'Oipovi  Atos  Nefjieix  hpov.  Vi  venne  dunque  sicuro  parecchi 
anni  ,  secondo  me  ,  dopo  il  canto  di  Calcide  ;  ed  alloggib 
presso  Gannittore  suo  ospite  ,  e  padre  di  Ctimeno,  e  di  An- 
tifo,  per  nominargli  coi  nomi,  che  danno  loro  Eratostene  (b), 
Pausania  (c),  Plutarco  (i),  e  Suida  (e):  quantunque  l'autordel 
Certame ,  e  Tzetze  al  padre  dicano  Feseo  J' uno,  Fegeo  Pal- 
tro;  a'figli  Gannittore,  e  Amfifone.  In  questo  mezzo  tempo  av- 
venne,  che  una  figliuola  dell' Ospite,  detta  Ctemene  fu  violata: 
del  qual  delitto  fu  incolpato  Esiodo,  come  contr'ogni  apparen- 
za  di  vero  affermano  alcuni  presso  Pausania  al  citato  luogo,  non 
riflettendo  che  la  buona  morale,  che  spicca  in  ogni  pagina  del 
Poeta,  lo  mette  al  coperto  d'ogni  tale  impostura.  Piu  verisimile 
si  e,  che  l'autor  dello  stypro  fosse  Demode,  compagno  di  viag- 
gio  d' Esiodo ;   e  che  al  piu  il  buon  vecchio  desse  consiglio,  e 


(a)  Histor.  lib.  III.  pag.  23S.       (b)  Ap.  auctorem  Certaminis  .     (c)  Pag.  58<?. 
(J)  De  sollema  animalium  pag.  969.      (e)  V.  'H<r/e<?ej. 


'5 


opera  a  occultare  il  misfatto;  come  Plutarco  (a)  racconta;  dice 
pero,  che  fu  falso  sospetto. 

Furibondi  i  due  giovani  uccidono  Esiodo  (b),  uccidono  De- 
mode (c);  uccidono  un  altro  giovinetto,  che  accompagnavagli, 
chiamato  Troilo  (d) ,  il  cui  cadavere  trovato  presso  uno  sco- 
glio,  gli  die  il  nome  di  Troilo:  finalmente  la  male  arrivata  fan- 
ciulla,  dice  l'autor  delCertame,  disperatamente  si  strangola  (e)  . 
Ne  i  due  omicidi  sopravvissero  che  pochi  giorni  :  perciocche 
entrati  in  una  barca  peschereccia  per  sottrarsi  all'ira  de'loro 
conciccadini ,  e  dirizzatisi  a  Creta ,  nel  viaggio  percossi  da  ful- 
mine  perirono,  e  si  afFogarono,  come  attesta  Alcidamante  nel 
suo  Museo  (/) .  Ma  niun  tratto  di  questa  lugubre  storia  e  si  va- 
riamente  contato,  come  la  morte  dicoscoro.  Eratostene  gli  dice 
tornati  dal  viaggio  di  Creta,  e  puniti  di  morte  in  Enoe  da  Eu- 
ricle  Aruspice  secondo  le  leggi  (g) .  Pausania  gli  vuol  tragitta- 
ti  da  Neupatto  lor  patria  in  Molicria,  e  quivi  scoperti,  e  mor- 
ti  (/i).  Plutarco  aggiugne,  che  furono  gittati  in  mare,  e  le  case 
loro  demolite  (/).  Plutarco  stesso,  che  piu  volte  ne  discorre, 
ove  scrive  il  libro  de  sollertia  animalium  (k) ,  par  che  ivi  suppon- 
ga ,  che  nel  bosco  stesso  di  Giove  ucciso  fosse ,  e  che  gli  omi- 
cidi fossero  dal  cane  di  Esiodo  scoperti;  o  da'cani  come  emen- 
da  Polluce  (/) ,  i  quali  non  partendosi  dal  cadavero  dell' ucciso, 
non  prima  videro  arrivare  i  colpevoli ,  che  co'latrati  gli  pale- 
sarono.  L'autor  del  Certame  e  d'avviso,  che  il  corpo  del  Poe- 
ta  fosse  gettato  in  mare,  ove  raccolto  da' Delflni ,  il  terzo  di 
lo  depositarono  a  terra,  quando  i  Locresi  quivi  raunati  cele- 
bravan  la  festa  d'Arianna;  e  che  gli  uccisori  morissero  d'una 
tempesta;  dal  qual  racconto  Tzetze  poco  si  allontana.  Fra  que- 
ste  varieta  di  opinioni  non  vi  e  altra  certezza,  se  non  la  morte 
sciagurata  di  Esiodo.    Ed  a  molti    de' Poeti    grandi    par  fatale 

(a)  In  Conv.  scptem  Sap.  p.  162.  (£>)  Paus.  et  Plutarch.  1.  c.  (c)  Erarost.  ap. 
Auct.  Certaminis.  (d)  Plutarch.  Item  auctor  Cevtaminis.  (e)  Ap.  eundem  . 
(/)  Ap.  eund.  (g)  Ap.  eund.  (7i)  Pag.  589.  {i)  In  Conv.  Sapient,  (it)  P.  969. 
(Z)  Onomast.  lib.  V.  cap.  5. 


i6 

morire  sventuratamente.  II  Barnes  nella  vita  di  Euripide  ne  tes- 
se  il  catalogo,  che  io  credo  di  far  cosa  grata  al  lettore  se  lo  ri- 
produco  variato  di  poco.  Cominciando  da' piu  antichi,  Orfeo 
inori  lacerato  in  brani ,   Museo  percosso  da  Alcide,  Esiodo  di 
ferro,  Omero  di  fame,  Anacreonte,  e  Sofocle  d' un  acino  d' uva, 
Empedocle  del  fuoco  etneo,   Archiloco  ucciso  dagli   assassini, 
Euripide  sbranato  da'cani,   Licofrone    di    saetta ,   Teocrito   di 
laccio ,  Terenzio  di  naufragio,  Cornelio  Gallo  della  sua  spada, 
Lucrezio  della  stessa  morte,  Ovidio,e  alcunigli  annetton  Proper- 
zio,  rilegato  da  Augusto,   Seneca  e  Lucano  svenati  da  Nerone. 
Ai  quali  se  aggiungasi  Dante  cacciato  in  esilio ,  e  i  Poeti  delle 
recenti   nazioni   d' Europa,    morti  sgraziatamente ,    il   catalogo 
potrebbe  aumentarsi  non  poco.  Lascib  oltre  il  fratello,  che  Sui- 
da  annovera  tra  i  poeti ,    Mnasea  suo  flgliuolo  (a)  .  Filocoro  ed 
Aristotile  vi  aggiungono  Stesicoro  (b)  natogli  da  Climene,  o 
Archiepe;  che  altri  credon  moglie  di  Esiodo  (c) ;  ma  la  patria, 
e  la  eta  di  questo  Poeta  ci  vietano  di  dar  fede  a  tale  sentenza. 
Per  continuare  il  filo  della  interrotta  narrazione  ,   Esiodo 
per  la  sua  celebrita  fu  dai  Locresi  pianto,  e  nel  territorio  di 
Naupatto   non   molto  Iungi  ad  Enoe ,  o  Eneone   sepolto .  Qui 
Proclo   (d)  da  una  notizia   interessantissima  dedotta  da  Aristo- 
tile nella  descrizione  della  llepubblica  degli  Orcomenj ;  ma  la 
riferisce  in  guisa,  che  senza  il  sussidio  di  Pausania  non  s' in- 
tende  pienamente  (e).  Narra  dunque,  che  in  Ascra  entrarono 
i  Tespiensi,    popoli   assai   vicini  ;  e   che  misero  a  fil  di  spada 
quanti  degli  Ascrei  poteron  trovarvi.   Una  parte  perb  di   loro 
si  rifugio  presso  gliOrcomenii  Minii,  popolo  inclito  di  Beozia, 
diverso  dagli   Orcomenj  d' Arcadia.  Quivi    sorta  una  terribile 
pestilenza,    mandarono  per  rimedio  a   consultare   1' oracolo  di 
Apollo  Delfico;  il  quale  per  mezzo  della  sua  Pizia  rispose,  che 
1*  unico    modo  di  liberarsene   saria  stato    toglier   dalla    campa- 

(a)  Procl.  et  Tzetz.  ad  vers.  Operum  2^1.     (b)  Ap.  Scholiastas  .      (c)  Gyraldi 
in  vita  Hesiodi.     (d)  Ad  v.  Operum  640.     (e)  Lib.  IX.  pag.  600. 


n 

gna  di  Naupatto  l'ossa  d'Esiodo,  e  traportarlc  in  Orcomeno:  il 
luogo  dove  giaceano  sarebbe  loro  additaco  da  una  cornacchia. 
Gl'  inviati  tornando  a  casa,  e  passando  da  Naupatto,  ov'era 
gia  ito  in  dimenticauza  il  luogo  del  sepolcro  di  Esiodo,  trova- 
rono  una  cornacchia  posata  sopra  di  un  sasso.  Sotto  il  quale 
guatando  vider  1'  ossa  di  Esiodo  indicate  loro  da  un  epigram- 
ma  (a),  che  tradotto  qui  riferiremmo,  se  vero  fosse.  Ma  vi  son 
nominati  i  Minii,  cioe  gli  Orcomenj ,  e  Pausania  lo  ascrive  a 
Cherse  lor  cittadino  e  poeta:  senza  nome,  e  alterato  alquanto  si 
ha  nel  III.  libro  dell' Antologia  greca.  Or  io  lo  credo  piuttosto 
messo  dagli  Orcomenj,  che  nella  gran  citta  loro  avean  due  tom- 
be  veneratissime,  quella  di  Minia  autor  della  nazione,  e  questa 
di  Esiodo.  In  luogo  dunque  di  questo  epigramma  malconcio 
citeremo  un  altro  epigramma  dell'  Antologia  (b) ,  che  in  nostra 
lingua  suona  cosi :  parla  il  sepolcro  . 

//  grand'  Esiodo  Ascreo  chiuder  mi  vanto, 

Corona  della  Grecia,  onor  del  canto. 
Alia  tomba  pure  dagli  Orcomenj  avuta  dopo  quella  di  Nau- 
patto, e  alia  vecchiezza  d'Esiodo,  e  a  quel  proverbio  JV^  7rouSz<; 
01  yipovise,,  bis  pueri  senes ,  allude  un  bell' epigramma,  che  Sui- 
da  ascrive  a  Pindaro;  ed  e  questo  (c). 

Xoupz  Si$  y/3v{<rci<;  j£  Siq  rcttpov  dvTt8oXy<ra.(; 

'HtnoS'    ctvOpcoTTOit;  (/.{rpov  \yoov  q-q^'cac,. 
Salve  Esiodo  gentil,  che  due  sonisti 

Fanciullezze,   e  due  tombe:  e  al  maggior  colmo 

Dell'  umano  saper  fra  noi  salisti . 
Benche  mi  affretto  a  finire,  diro  che  il  Gravina  avrebbe  vo- 
luto  cv  *vBpoo7roie,,  e  percio  segui  la  lezione  tratta  dal  Cod.  Vos- 
siano  fxirpct  yicovjj-o<p'm\c,y  hominibus  tradens  modum  sapientiae. 
Ma  non  veggo  perche  abbiasi  per  sospetta  una  rcostruzione , 
che  in  Esiodo  si  trova  (d) :  *pecv  Si  Spot;  vAxpw  fd»  n  <p{pu  j3u- 
Xavbt; ,  (A.i<r<rm   Si  fiiXla-a-oK;,  in  momibus  vero  quercus  summa  qui- 

{a)  Paus.  p.  600.     (b)  Lib.  III.  c.  25.     (c)  v.  'H<r,We;     (c/)  Opera  et  Dies  v.  232. 

3 


i8 

dem  fen  glandes ,  media  vero  apes;  ove  oupurt  e  in  luogo  di  iv 
ovpio-i.  E  il  Fabretti  (a)  riporta  dalle  schede  Barberine  l'epi- 
gramma,  e  dalla  Biblioteca  vaticana  la  traduzione,  che  dice: 
humanae  qui  modus  es  Sophiae.  Credetemi,  oLettore:  gran  par- 
te delle  correzioni,  che  si  fanno  a  lezioni  approvate  dal  mag- 
gior  nurnero  de'codici,  e  cosi.  Ed  e  insoffribile  la  licenza  di 
questi  Aristarchi ,  e  di  questi  Zenodoti,  che  per  ostentazione 
d'ingegno  son  prodighi  de' lor  obeli;  e  come  a'poetie  lecito  fin- 
gere  cio  che  vogliono;  cosi  loro  par  lecito  scancellare  negli  au- 
tori  e  mutar  cib ,  che  loro  e  in  grado. 

Vengo  agli  onori  prestati  alia  memoria  diEsiodo;  che  gran- 
di  furono,  e  poco  men  che  divini.  Non  ne  abbiamo  come  di 
Omero,  1'  apoteosi  in  marmo  ;  ma  troviamo  scritte  cose  non 
poche,  ch'  equivalgono  a  tal  superstizione.  II  principal  fonda- 
mento  era  la  fola,  ch'ei  fosse  nato  di  Picimede  moglie  di  Dio, 
e  figliuola  d' Apollo,  come  crede  Tautor  del  Certame;  e  l'altra 
fola,  ch'ei  discendesse  da  Orfeo  e  da  Calliope,  come  Proclo 
accenna.  Ma  senza  cio,  la  familiarita  colie  Muse,  la  scienza  in- 
fusa,  la  fa  ma  de'delfini,  che  ne  trasportarono  il  cadavere,  face- 
vanlo  riguardare  come  divino,  ch'e  il  titolo,  che  gli  da  Plutar- 
co  nel  libro  de  oraculorum  defectu.  Per  le  campagne,  almeno  in 
qualche  luogo  della  Beozia ,  era  considerato  come  il  Semidio 
de'Pastori;  in  sua  lode  cantavasi  im  inno  oggidi  smarrito;  era 
in  altre  guise  venerato  al  pari  di  Dafni  nella  Sicilia  (/>).  Sopra 
lui  era  scritto  un  poema  epico  da  Euforione,  intitolato  /'  Esio- 
do ,  citato  da  Suida,  e  pieno,  come  vuol  credersi,  di  titoli  da 
tenerlo  cosa  piii  che  umana .  Socrate  (c)  riguardavalo  come  am- 
messo  al  ruolo  de'Semidei,  e  fra  coloro,  che  doveano  nell'al- 
tro  mondo  fare  il  soggetto  della  sua  beatitudine.  Quindi  le  co- 
tante  statue  erettegli  nelle  Citta,  e  pe'Ginnasii.  Pausania,  che 
dovette  rainmentar  le  piu  celebri,  una  ne  vide  nella  piazza  di 
Tespia,  una  nel  delubro  delle  Muse  in  Elicona,  una  nel  tempio 

(a)  Inscript.  dom.  p.  675.     (b)  Faber  in  VitisPoet.  Graecorum.     (c)  V.  Pla- 
tonis  Apologiam. 


di  Giove  Olimpico,  accompagnata  da  quella  di  Omero,  lavori 
ambedue  di  Glauco  Argivo  (a)  .  In  Costantinopoli  era  una  sua 
statua  di  bronzo  in  atto  di  cantare  soavemente,  di  che  l'Anto- 
logia  (b)  . 

Da  queste,  e  da  altrettali  statue  crediam  propagata  la  fiso- 
nomia  di  Esiodo;  seppure  si  puo  dire  volto  di  Esiodo  un  volto, 
che  finto  come  quelle*  di  Omero  ci  fa  supporre  Plinio:  Edam 
quae  non  sunt ,  finguntur ,  pariuntque  desideria  non  traditi  vultus , 
sicut  in  Homer  o  evenit  (c),  e  in  ogni  altro  soggetto,  che  sia  vi- 
vuto  prima  della  invenzione  della  pittura,  e  della  perfezione 
della  statuaria:  quantunque  Cupero  si  opponga  all'asserzione 
di  Plinio  (i),  di  che  non  e  ora  luogo  da  quistionare.  La  testa  di 
Esiodo  e  molto  difficile  a  rintracciare .  Loesnero  ne  rapporta 
una,  che  io  credo  d'Aristippo,  persuaso  dal  Vetro  con  nome 
antico  di  questo  Filosofo,  che  pubblicai  l'anno  1805.  V'e  una 
gemma  nell'Orsini  col  nome  H2IOAOC,  che  io  tengo  per  im- 
postura,  quantunque  riferita  da  piu  d'uno  ne'loro  Esiodi .  V'ha 
una  testa  in  erma  doppio,  di  Omero,  e,  come  parmi,  di  Esio- 
do, nel  Clementino,  ed  una  negli  orti  di  casa  Colonna;  che  si 
somigliano  assai .  Questo  e  il  piu  sicuro  Esiodo  che  m'abbia 
yeduto.  Egli  e  nominato  insieme  con  Omero  suo  coetaneo  da 
quasi  tutti  i  Classici,  ed  etroppo  connaturale,  che  anche  ne'marmi 
si  accompagnassero,  com'eran  usi  di  fare  gli  statuarj  de'sogget- 
ti  simili ;  unendo  verbigrazia  Milziade  e  Temistocle,  Erodoto  e 
Tucidide,  Epicarmo  e  Metrodoro  in  ermi,  o  teste  duplicate. 

Passando  dall'  uomo  al  Poeta,  cercasi  primieramente  se  que- 
sto nome  di  Poeta  gli  sia  dovuto.  Gliel  nega  il  Vossio,  dicen- 
do,  ch'egli  e  teologo  nella  Teogonia,  e  fisico  nella  Georgica(e). 
E  parimente  gliel  negano  il  Castelvetro,  il  Varchi ,  il  Minturno, 
ilRapino,il  Bossou,  e  glialtri  Critici  italiani,  e  franzesi  (J),sic- 

(a)  Paus.  p.  582.  585.  et  33p.  (b)  Anthol.  1.  V.  c.  6.  (c)  H.  N.  1.  XXXV.  c.  2. 
(d)  In  Homeri  Apotheosim .  (e)  De  artis  Poeticae  natuia .  (/)  V.  il  Crasso  nel- 
la Storia  de'poeti  Greci  alia  paiola  Esiodo,  e  Baillet  ne'Iugements  des  Sa- 
vante  tomo  VI. 


..^- 


20 

comeaquello  chc  manca  d'invenzione,  e  ne  fragli  Epici  ne  fra' 
Melici,  ne  fra'Drammatici  non  ha  luogo.  Costoro  pero  sembran 
regolarsi  da'suoi  piu  noti  poerai;  senza  riflettere,  che  gli  anti- 
chi  il  fann'autore  di  alcuni  altri,  in  vigor  de'quali  e  da  com- 
putarsi  fra'poeci.  In  fatti  PJatone  non  gli  diniega  tal  vanto  (a), 
ne  Proclo,  che  presso  Fozio  il  mette  fra  gli  Epici  (b),  come  pur  fa 
1'AnonimoaV  rerum  inventoribus  publicato  dal  Fabrizio(c):  Tlorn- 
Ttti  7TZVTS,  "O/uwpot;,  <H<r/oJogi  JJeia-ctvJ'poi;^  II  m>u  cur /$,  'A^T/^a^o? • 
Nel  resto  non  e  la  sola  mancanza  della  invenzione,  e  il  non 
pocersi  ridurre  fra  gli  Epici,  o  i  Melici,  che  ad  Esiodo  contra- 
sta  il  nome  di  poeta;  e  anche  la  dicitura  piana,  naturale,  e  quel 
sorger  di  rado,  come  parla  Quintiliano,  raro  assurgit  Hesiodus  (d). 
Al  che  io  rispondo,  che  non  dee  misurarsi  lo  stile  di  que'  pri- 
mi  poeti  con  cib  ,  che  scrissero  i  poeti  posteriori  .  Prima  che 
venissero  in  onore  gli  Storici,  e  gli  Oratori,  bastava  a' Poeti  di- 
lungarsi  dal  coraune  uso  di  favellare,  il  che  ottenevano  merce 
del  metro;  nel  resto  erano  non  curanti  di  certi  ornamenti  piu 
gaj,  che  divertendo  l'animo  del  lettore  dalla  immagine,  che 
gli  si  dipinge,  sciolgon  l'incanto,  che  fabbrica  alia  sua  fanta- 
sia una  poesia  che  imita  il  vero  a  perfezione  (e) .  Ed  ecco  in 
che  sta  il  maggior  merito  di  Omero,  e  di  Esiodo,  e  di  quan- 
ti  altri  scrissero  in  quella  felice  eta ,  che  lo  Scaligero  chiama 
primavera  della  poesia:  descriver  le  cose  con  una  inarrivabile 
naturalezza .  La  quale  par  soverchia  in  Omero  e  in  Esiodo, 
specialmente  per  le  molte  repetizioni  di  una  medesima  frase, 
e  talora  di  una  medesima  cadenza.  A  purgare  Omero  (lo  stesso 
val  per  Esiodo)  di  ogni  nota  di  tautologia  adduce  varie  ragio- 
ni  dopo  Mons.  Boivin  il  Sig.  Angiolo  Ricci  (J),  e  specialmente 
queste;che  tal' era  1' uso  d'Oriente  in  que'  primi  secoli ;  che 
[siccome  il  verso  serviva  al  canto,  era  dilettevol  cosa,  che  una 
cadenza  fosse  ripetuta  con  sobiieta  nel  medesimo  tuono ;  che 


{a)  Legum  1.  X.      (b)  Photius  pag.  982.     (c)  B.  G.  T.  IX.  p.  $99.      (d)  Inst. 
Orat.  1.  X.  cap.  I.     (e)  Gravina  Epist.  ad  Maffejum.     (  f)  Dissert,  in  Homer.  VI. 


21 

Macrobio  stimava  queste  ripetizioni  si  conformi  al  resto  della 
poesia  di  Omero,  che  non  le  avria  cangiate  con  le  piu  studia- 
te  variazioni  de'recenci. 

Ma  dato,  che  cib  sia  riprensibile  ,  questa  e  colpa  non 
della  persona,  ma  del  tempo  in  cui  visse  Esiodo,  compensata 
da  tante  bellezze  ,  che  la  fanno  poco  men,  che  scomparire .  A 
lui  si  da  la  palma,  dice  Quintiliano,  in  quel  genere  di  dire, 
che  si  chiama  mezzano  (a),  cib  che  pure  era  stato  il  sentimen- 
to  veneratissimo  di  Dionigio  Alicarnasseo  negli  elogj,  e  pub 
dirsi  di  tutta  l'antichita.  La  soave  armonia  ,  che  risulta  dal 
suo  verseggiare  non  solo  e  in  ammirazione  al  predetto  Dioni- 
sio  (b) ,  ma  a  Quintiliano,  e  Vellejo  (c)  ;  per  questo  Alceo  pa- 
ragonb  i  suoi  versi  al  latte  ed  al  mele  (d),  per  questo  Ateneo  (<?) 
chiama  Esiodo  soavissimo ,  e  Callimaco  mellifluo  in  supremo 
grado  (/).  Per  questo  Demetrio  Falereo,  benche  non  lo  nomi- 
ni,  lo  toglie  piu  volte  in  esempio  dello  stil  grazioso  e  gentile; 
ed  Ermogene  insegnando  il  carattere  della  soavita,  e  dicendo 
che  nell'Jonico  dialetto  specialmente  risiede,  percib,  soggiun- 
ge  ,  tanto  piacque  a  Omero  ,  e  ad  Esiodo  .  Che  se  Tze- 
tze  (g)  lo  dice  incolto,  vacillante  nel  metro,  scarso  di  pensie- 
ri,  pieno  di  tautologie,  indegno  d'essere  paragonato  ad  Ome- 
ro; l'Einsio  ne  fa  buona  difesa,  e  tutto  rifonde  nella  poca  pe- 
rizia  del  Critico  (/i).  Ne  da  colpa  anche  al  tempo,  in  cui  Tze- 
tze  viveva,  e  applaudivasi  alle  sue  Chiliadi,  che  tutte  insieme 
non  vagliono  un  verso  del  nostro  Poeta  . 

Cosi  avessimo  noi  i  versi  di  Esiodo  quali  usciron  dalla  sua 
penna!  Ma  egli  anche  in  questo  e  simile  ad  Omero,  che  i  suoi 
versi  per  ventidue  secoli  stati  in  mano  d'indiscreti,  slan  alteratis- 
simi .  Scio  enim ,  .dice  il  dottoRuhnken  (/')  neminem  ex  antiquis poe- 


(a)  Inst.  Orat.  l.X.c.  I.  (b)  Tlifi  Axjuos-S-.  invima^  (c)  Histor.  lib.  II.  multis- 
sima  dulcedine  car minum  memorabilia  .  (d)  Anthol.III.  25.  (e)  Lib.  III.  p.  1 1 6. 
M*<riv.u)'iuit>v .  ( /")  Epigr.  29.  MtX/xpowTO)-.  {<£  In  Opera et Dies  v.  238.  (ft)  Pag  95. 
(z)  Epistola  critica  I. 


tis  crebrius  interpellatorum  manus  expertum  esse ,  quam  Hesiodum. 
I  Rapsodi,  cantandolo,  ove  qualche  cadenza  non  era  a  lor  mo- 
do,  audacemente  mutavanla ;  come  dopo  gli  antichi  congettura 
il  Grevio .  I  Cricici,  fra'quali  Aristarco  flagel  d'Omero,  e  Plu~ 
tarco  Beoto  prevenuto  a  favor  d'Esiodo,  sicche  ogni  neo  gli  sia 
una  imputazione,  spesso  lo  alterarono.  Ne  solo  ne  sono  stati  es- 
clusi  i  versi  creduti  non  degni  di  tant' uomo  (ma  che  per  esser 
uomo,  e  vivuto  in  tal  secolo  dovean  lasciarsi),  ma  alcuni  pure, 
che  o  non  son  citati,  o  citati  variamente,  o  che  sono  in  alcuni 
Codici ,  e  in  altri  no.  Possiam  pero  consolarci.  Almeno  abbiamo 
il  testo  di  Esiodo  quasi  qual  si  leggeva  nella  eta  di  Plutarco,  co- 
me risulta  da  Proclo  e  dagli  altri  Scoliasti,  che  ne  riferiscono  le 
correzioni.  Cio  non  interviene  in  altro  Classico,  e  ci  risparmia 
il  pensiero  ordinariamente  di  fare  altre  congetture  per  emen- 
darlo.  L'  emendarlo  consiste,  se  io  non  erro  ,  in  ridurlo  quale 
era  in  quell' eta.  Da  tutto  questo  io  raccolgo  quanto  parca- 
mente  nell'emendare  Esiodo  si  deggia  dar  luogo  a  congetture. 
Non  ci  paja  vero  il  ridurlo  qual  leggevasi  a  tempi  loro .  Os- 
serviam  bene  i  MSS.  confrontiamogli ,  non  ci  partiamo  dalla 
lor  fede,  se  vogliamo  recare  ad  Esiodo  qualche  vantaggio. 

Seguita  di  dire  delle  poesie  di  Esiodo  in  particolare,  la  mag- 
gior  parte  smarrite.  Tie  ce  ne  avanzano,  le  Opere  e  Giorna- 
te,  la  Teogonia,  lo  Scudo  d'Ercole.  Fino  a' tempi  del  gram- 
matico  Tzetze ,  n'esistevano  varie,  parte  vere,  come  dee  cre- 
dersi,  parte  supposte  ;  delle  quali  egli  ne  novera  cinque  nel 
prologo,  e  la  sesta  nel  decorso  del  suo  commento.  Altre  son  ci- 
tate  a  nome  da  varj  Greci,  e  Latinij  le  autorita  de'quali  riu- 
ni  insieme  il  dottissimo  Giannalberto  Fabrizio  nella  Bibliote- 
ca  de' greci  scrittori  per  tessere  il  piii  accurato  catalogo  che 
delle  poesie  di  Esiodo  vedesse  luce  (a).  Esso  regolerk  ancora 
il  nostro. 

I.  vEpyet  *)  'Hjui'pcu.  Le  Opere  e  Giornate.  II  piii  celebre,  e  il 
piu  stimato  di  tutti  i  libri  di  Esiodo,  e  per  tradizion  de'Beo- 

(a)  Fabr.  Bibl.  Gr.  lib.  II.  c  8. 


23 
ti,  l'unico  ch*  egli   scrivesse  ;  ma  di  csso  a   bastanza  diremo 

nella  prefazione. 

II.  Qioyovla..  La  Generaziom  degli  Dei.  Questa  poesia  e  ri- 
conosciuta  per  legitcima  da  tutti  gli  antichi,  specialraente  da 
Gio.  Diacono,  e  da  un  Anonimo,  che  ne  fecer  comento. 
Pausania  solo  defer!  troppo  alia  tradizione  poc'anzi  detta,  e 
appena  cito  mai  la  Teogonia,  che  non  mostrasse  di  dubitarne, 
finoa  dire,  che  ugualmente,  che  i  versi  di  Lino,  gli  parea  fal- 
sa (a).  Ma  non  e  questa  difficolta  che  merici  d' essere  attesa. 

III.  'Aa-7Tic,  'UpctTtXiat; .  Lo  Scudo  d'Ercole.  Exla  terza  delle  poe- 
sie  che  rimangonci  sotco  nome  di  Esiodo,  su  di  cui  abbiam  le  chio- 
se  di  Giovanni  Diacono,  e  di  Gio.  Tzetze.  Quasi  tucti  gli  antichi 
il  danno  o  per  apocrifo  ,  o  almen  per  sospetto ,  fra' quali  e  il 
gran  Longino,  detto  per  certa  eccellenza  il  criticissimo  (b)  6 
hpit/kcotutoi;.  Le  ragioni  di  tal  sospetto  posson  vedersi  nelle  os- 
servazioni  critiche  degli  eruditi  Britanni  del  1733.  Ivi  pure  si 
trovano  le  risposte  di  un  dotto  Anonimo,  alle  quali  il  Robin- 
son aggiunse  le  sue  l'anno  1737.  nella  uuova  edizione  di  EsioT- 
do.  Per  quanto  si  sieno  ingegnati  questi  due  bravi  oltramonta- 
nt  di  rispondere  alle  objezioni  addotte ,  quel  libro,  a  dir  poco, 
e  sospetto  molto. 

Di  queste  tre  opere  colla  giunta  degli  antichi  Scoliasti  fe- 
ce  Daniel  Einsio  una  bella  edizione  nel  1603.  Fra  gli  Scoliasti 
manca  il  migliore,  che  fu  Plutarco,  quantunque  e'sia  nelle  co- 
se, che  deon  supporsi  le  piu  interessanti,  trascritto  da  Proclo. 
Mi  dispiace  di  vedere  nel  catalogo  degl' Interpreti  d'Esiodo  es- 
cluso  Plutarco,  mentr'e  citato  da  Gellio  il  quarto  libro  de' suoi 
Commentary  in  Esiodo(c).  Oppongono  che  questi  libri  non  sien 
notati  nel  catalogo  di  Lampria  (<i);  ma  cio  non  dee  addursi  per 
indizio  d'essere  spurj;  avendo  avvertitoil  Fabrizio,  che  quel  ca- 

(a)  Paus.  in  Arcadicis  pag.  483.  (b)  Tanaq.  Faber  in  vitis  Poetarum  Grae- 
corum  „  opus  illius  non  est::  quod  aliis  probare  non  contendo  argumentis, 
quam  quod  peritissimi  antiquitatis  illud  numquam  agnoverint ,,.  (a)  Lib.  XX. 
cap.  8.     (d)  Fab.  B.  G.  torn.  ill.  pag.  343.         __ 


^ 


24 

talogo  non  fu  trovato  compiuto,  ma  tronco  e  lacero.  Oppon- 
gono,  che  la  notizia  citata  da  Gellio  si  riscontri  nel  trattato  de 
hide  et  Qsiride;  ma  cio  non  prova  quel  che  Robinson,  e  prima 
dilui  Lambecio,  e  Scioppio,  e  Prousceo  vorrebbono;  che  tal  no- 
tizia appartenga  a  quel  solo  volume ;  pocendo  una  stessa  cosa 
cadere  in  acconcio  di  varj  libri.  Oppongono,  che  non  trovasi  ci- 
tato fuor  che  da  Gellio  il  commentario  di  Plutarco  in  Esiodo; 
lo  che  e  falso.  Proclo  e  gli  altri  Scoliasti  lo  citano  se  non  col 
nome,  almeno  nel  sunto .  Se  in  qualche  cosa  par  riprensibile 
Plutarco,  cio  e  nella  facilita  di  scancellare  da  Esiodo  quel,  che 
non  gli  pare  perfetto ;  cio  che  pur  riprendesi  in  Aristarco  ris- 
petto  a  Omero. 

Dopo  Plutarco  il  primo  per  tempo  e  per  autorica  e  Proclo 
Licio  Diadoco,  uno  de'piu  accreditati  uomini  del  suo  secolo, 
che  fu  il  quinto  di  Cristo;  autore  non  solo  della  Crestoma- 
zia  (a),  madimolte  opere  platoniche,  parte  rispettate  dal  tem- 
po, parte  smarrite.  II  Platonismo,  di  cui  resse  cattedra  in  Ate- 
ne,  e  il  suo  forte;  e  ne'commentarj  stessi  di  Esiodo  cerca  i  se- 
mi della  dottrina  di  Platone;  e  mostra  di  esserne  sollecito  piu 
che  di  altra  cosa:  in  proposito  di  che  vedi  l'Olstenio  nella  vi- 
ta di  Porfirio.  Giovanni  Tzetze  e  il  secondo  degli  Scoliasti, 
autor  delle  Chiliadi,  e  di  altri  libri,  che  inediti  giacciono  per 
le  librerie,  specialmente  sacri :  per  cui  il  Cave  (b)  gli  da  luo- 
go  nel  suo  catalogo  degli  Scrittori  Ecclesiastici .  Egli  prorkta 
delle  fatiche  di  Proclo ;  ma  nel  tempo  stesso  non  riflna  di  biasi- 
marlo  con  una  liberta,  che  sa  dipetulanza;  cio  che  pure  fa  con 
Esiodo,   come  notammo.  II  terzo  e  Moscopulo  trascrittore 

assai  volte  di  Proclo,  buono  indagatore  del  senso  letterale  e 
della  frase  di  Esiodo:  il  quale  si  crede,  che  fiorisse  nel  secolo 
XIV  (c) .  Siaggiungano  a  questi  tre  le  note,  che  Gio.  Protospa- 
tario  distese  su  le  Giornate  di  Esiodo  in  grazia  di  un  suo  figliuo- 

(a)  Photius   in  Biblioth.  cod.  23p.     (b)  Cave.  Script.  Ecclesiast.  historia  lit- 
teraria  .  Tom.  II.  ad  an.  C.  1 160.      (c)  Fab.  B.  G.  lib.  II.  c.  8.  T.  VII.  pag.  37. 


H 


lo,  a  cui  le  indirizza.   Ecco  i  greci  Scoliasti   de' lavori  e  gior- 
nate  :  degli  alcri  libri  ,  si   ricordarono   altrove. 

V'e  in  Einsio,  oltre  le  sue  note,  una  introduzione  alia  dot- 
trina  d'Esiodo  su  Je  Opere  e  le  Giornate;  vero  sogno,  di  cui  a 
lungo  si  pa.rla  nella  Prefazione  .  Un' alcra  edizione  ne  fece  il 
Grevio,  nel  1667.  corredaca  delle  note  dello  Scaligero,  e  del 
Gujeto,  e  delle  sue  proprie,  dotte,  ma  spesso  arbitrarie,  o 
dettate  da  cattivo  codice.  Una  terza  ne  diede   Giovanni 

Clerc    nell'anno    1701.   ove    riferi  le  annotazioni    de'predetti, 
del    Padre;  e  le  sue  ancora;  ma  con  troppo  ebraismo. 

La  quarta  Edizione  degna  d'esser  saputa  e  quella  del  Robin- 
son in  Oxford  nel  1737.  di  cui  parlano  vantaggiosamente  gli 
Eruditi  di  Lipsia  ne'nuovi  atti  del  1738.  In  una  previa  disser- 
tazione  si  distende  molto  su  la  eta  di  Esiodo,  e  su  di  altri  punti 
di  critica  accennati  da  noi  poco  sopra;  aggiugne  alcune  sue  no- 
te a  quelle  de'chiarissimi  uomini,  che  poc' anzi  nominammo. 
Ne  vi  manca  il  Contrasto  fra  Omero  ed  Esiodo. 

La  quinta  classica  edizione  e  quella  di  Loesnero,  del  1778. 
il  quale  ha  riprodotto  quanto  si  era  dato  da  Robinson,  con  note 
di  Ruhnkenio,  e  coi  confronti  dell'edizioni  piu  insigni,  e  di  alcuni 
codici  assai  pregiati .  L'ottimo  Autore  hafatto  desiderare  nella  sua 
edizione  l'indice  del  Pasore  per  non  crescerla  troppo,  e  le  corre- 
zioni  alia  versione  latina,  che  niuno  saria  stato  piu  di  lui  abile 
a  fare,  dicendo  che  o  convien  tutta  far  di  nuovo  tal  versione,  o 
astenersene.  Nel  che  spero  di  essere  scusato,  se  mi  diparto  dal 
suo  consiglio,  ed  emendo  alcuni  creduti  errori  del  Clerc,  o  del 
Robinson,  avvertiti  anche  talor  da  lui;  parendomi  meglio  pur- 
garne  la  mia  edizione,    che  lasciargli  correre. 

La  sesta  ed  ultima  e  quella,  che  ne  feceilCav.  Brunck  fra' 
poeti  gnomici  greci ,  degna  nelle  note  della  stima,  che  gode  in 
Europa  di  conoscitore  profondo  di  lingua  greca.  In  una  cosa 
non  so  approvarlo;  ch'  egli  riduce  a  773.  versi  il  poema,  che 
anche  Loesnero  avea  condotto  a  828.  I  55.  versi,  che  ne  ha  tol- 

4 


/  ,  ^ 


2<5 

ti,  se  da  qualche  autore,  o  da  qualche  codice  son  condannati, 
son  difesi  da  altri ;  e  non  ci  permette  M.  Tullio  d'  imitare  Ari- 
starco,  che  Homeri  versum  negat  quern  non  probat  (a).  Pochi  let- 
tori  gradiranno  di  aver  cosi  tronca  un' opera  classica:  piutcosto 
i  versi  dubbj  pajon  da  linearsi  per  distinguerli  da'certi. 

Vi  ha  pa recchie  traduzioni  di  Esiodo  in  diverse  lingue.  In  ver- 
si latini  fu  volta  dall'  Ulpio,  e  da  Niccolo  de  Valle  la  sua  Geor- 
gica,  da  Bonino  Mombrizio  la  Teogonia,  da  Gio.  Ramo  de  Goes 
lo  Scudo  d'Ercole.  Di  tutto  Esiodo  abbiamo  avuto  ultimamente 
)a  versione  latina  con  alcune  note  del  Sig.  Ab.  Co.  Za magna;  il 
quale  se  traducendo  l'Odissea  di  Omero  pare  che  abbia  tolta  in 
presto  la  penna  da  Virgilio,  lo  stesso  ha  fatto  latinizzando  Esio- 
do.      Gl'Inglesi  vantano  la  traduzione  di  tutto  Esiodo  fatta  dal 
Hooke,  e  pubblicatain  due  tomi  nel  1728.  La  stimano  una  delle 
piu   celebri  di  lor  lingua,  e  pregiatissime  sono  le  osservazioni 
ond'e  corredata .         In  verso  francese  ne  diede  una  il  Baif  del- 
la  sola  Georgica:  un'altra  di  tutte  l'opere  ne  ha  data  in  pro- 
sa   Mons.  Bergier  Principale  della  Universita  di  Besanzon,    pre- 
messovi  un  discorso  mitologico,  e  aggiuntevi  alquante  note  (for- 
se   sistematiche  troppo)  a  schiarimento  della  dottrina,  e  del  te- 
sto.         Fra  gl'Italiani,  oltre  la  elegante  traduzione  della  Teogo- 
nia del  Carli,  vi  e  quella  di  tutte   l'opere  di  Esiodo  fatta  colla 
usata  inerenza  alia  frase  greca  del  Sig.  Ab.  Antonmaria  Salvini. 
Ella  e  opera  postuma,  e  fra  le  molte  versioni  dilui,  che  sono  usci- 
te,  questa  e  forse  la  men  corretta.  Fu  impressa  in  Padova  nel- 
la  bella  edizione  di  Esiodo  del    1747;  ma  il  Sig.  Zanolini  che 
presede  a  quella  stampa,   ebbe  il  MS.  assai  guasto,  e  mancante 
di  varj  versi.   Vien  dopo  il  Salvini  nelle  Opere  e  Giornate,  il 
Brazzuoli,  seguace  anch' egli  della  mcdesima  scuola  nella  fedel- 
ta,  e  nel  far  versi,   che  piuttosto  son  prosa.  Lo  stesso  impegno 
prese  il  Sig.  Con.  Arrivabene;  e  vi  riusci  meglio.  Il  suo  verso  e 
verso,  ed  ha  inerenza  grande.   Giudiziose  sono  anche  le  note, 
onde  ha  corredata  la    sua  edizione.    Meno  scrupolosamente  si 

(a)  Epist.  III.    II. 


n 

attacca  al  tesco,  ma  piu  poeticamente  si  solleva  il  Reverendiss. 
P.  M.  Pagnini  dell'Ord.  de'  Carmelitani,  che  tutto  Esiodo  ci 
volgarizzo  fin  dall'an.  1797-,  degno  soggetto,  e  in  traduzioni 
espertissimo,  colJe  quali  hacresciuta  la  stima  a'corchi  bodoniani. 
Madelle  poesie,  che  ci  restano  di  Esiodo,  non  altro.  De'poe- 
mi  che  sieguono,  rimane  qualche  fiammento.  E  dee  procedersi 
con  cautela  prima  di  credergli  veramence  suoi.  Eliano  (a)  ci  fa 
sicuri,  che  moke  opere  gli  furon  supposte;  ed  uno  degl' impo- 
stori,  per  quanco  scrive  Ateneo  (b),  fu  Eutidemo  Ateniese .  Ed 
anche  altri  poemi  si  possono  annoverare  non  gia  falsati,  ma  im- 
maginati,  e  riposti  nondimeno  nel  ruolo  delle  poesie  attribui- 
te  ad  Esiodo.  II  Quadrio  gli  ascrive  un  libro  di  Botanica(c),  sic- 
come  fecero  alcuni  altri  presso  il  Giraldi;  ne  di  cid  vi  ha  fon- 
damento  alcro  che  tenue  ed  apparente  nella  storia  di.Plinio. 
Anche  un  poecico  trattato  di  medicina  gli  ascrive  il  Quadrio 
su  l'affermazion  di  Cleodomo;  il  quale  commendando  i  precet- 
ti  di  Esiodo  a  Perse  circa  la  misura  de'cibi,  la  salubrita  delle 
acque,  Tinnacquamento  del  vino  e  altrectali  cose,  conchiude, 
ch'  egli  dovette  conoscersi  di  medicina  (d) :  ma  tutco  quesco 
all'intendimento  del  Quadrio  e  niente.  Lascio  stare  la  piena  c 
lunga  Georgica  favoleggiata  dall'Einsio;  di  cui  nella  prefazio- 
ne ;  ove  pure  del  libro  (xzydXct  Ipyct.  Ripigliamo  intanto  l'inter- 
messo  catalogo. 

IV.  Oeioi  Xoyoi  •  I  ragionamenti  divini  o  degli  Dei.  Massimo 
Tirio  nella  dissertazione  sedicesima  gli  distingue  dalla  Teogonia. 

V.  Hctpountrit;  vt  uttoQUtlou  Xeip&vo/;.  La  istruzione  ovvero  i pre- 
eetti  di  Chirone.  Si  sa  che  in  questa  parenesi  era  introdotto  il 
Centauro  Chirone  ad  ammaestrare  Achille  (e).  Quintiliano  (/) 

(a)  Ael.  de  var.  Hist.  1.  XII.  pag.  "736.  editionis  perizonianae:  ap.  Fabiiciura. 
{b)  Athen.  1.  III.  p.  116.  (c)  Storia  della  Poesia  vol.  IV.  pag.  67.  (d)  Cleod. 
ap.  Plutarchum  in  Conviv.  septem  Sap.  (e;  Paus.  in  Boeot.  iraqctiviviv  Xs/fuvo; 
ivi  &ifa<T*.a\i'a.  'Ax.'XXe'«{ .  V.Fabricium  in  Chirone  p.  1 5.  (f)  Quint.  Instit.  Orat. 
1.  I.  c.  I.  In  qua  sententia  Hesiodum  esse  plurimi  tradunt,  qui  ajite  Aristopha- 
nem  Grammaticum  fuerunt:  nam  is  primus  wV»^Vk«c  negavit  esse  hujus  Poetae. 


^ 


28 

ci  attesta,  che  un  tal  poemetto  si  credea  indubitatamente  di 
Esiodo  infino  a'  tempi  di  Aristofane  il  Grammatico  vivuto  sot- 
to  il  regno  di  Tolomeo  Filadelfo;  e  come  opera  genuina  era  sta- 
ta  riconosciuta  da  Isocrate  e  da  Aristotile ,  se  ben  si  apposero  i 
Commentatori  di  Quintiliano  (a) . 

VI.  MsXafJiTToS/ a  $  tie,  rov  fxctvriv  MiXotjU^-oSct.  Melampodia,  o 
sia  Poema  su  /'  indovino  Melampo .  Ev  citato  da  Ateneo ,  da  Pau- 
sania,  da  Clemente  Alessandrino,  da  Eustazio,  dal  commenta- 
tore  di  Licofrone.  Fu  compreso  almeno  in  tre  libri ;  dacche  Ate- 
neo ne  ha  citato  il  terzo  (b) .  Fu  poesia  forse  epica. 

VII.  IIse/  'lSbuav  AclktvXcov  .  De  Dattili  Idei .  Pote  questo  an- 
cora  essere  un  poema  epico,  in  lode  diquegli  che  abitarono  i  pri- 
mi  in  Creta  alle  radici  del  monte  Ida;  e  dicevasi  essere  stati 
da  Cibele  ammaestrati  in  diverse  arti .  Fra  quelle,  che  insegna- 
rono,  la  piu  decantata  dagli  antichi  e  quella  di  lavorare  il  fer- 
ro,  di  che  vedi  il  Giraldi  (c) . 

VIII.  'E7r/6xAci(*to<;  Hykiooc,  $  ®{riSo$.  V Epitalamio  di  Peleo 
e  Tetide.  II  Commentator  Greco  di  Licofrone  ce  ne  ha  conser- 
vato  il  titolo,  e  due  versi,  che  si  trovano  tra' frammenti.  Essi 
combinano  con  un  passo  di  Catullo  nel  suo  poemetto  elegantis- 
simo  su  quelle  nozze .  Quindi  sospetto  il  Quadrio,  ma  con  poco 
fondamento  (d) ,  che  il  Latino  potesse  aver  preso  molto,  e  for- 
se anche  tradotto   dal  Greco. 

IX.  Qyicricog  &e,  tov  'A/dV  ytcLvx^cta-ic,.  La  discesa  di  Teseo  all' 
Inferno.  Pausania  nel  lib.  IX.  riferisce  che  alcuni  lo  ascrissero 
ad  Esiodo.  Da  questo  poema,  certamente  antichissimo,  come 
osserva  il  Meursio,  dovettero  derivare  moke  delle  favole,  che 
di  Teseo  e  di  Piritoo  giasi  contarono;  le  cui  spiegazioni  veggan- 
si  presso  lo  stesso  Meursio  nel  Teseo,  che  dottamente  le  ri- 
flmsse  ad  istoria. 

X.  'E7rrKii£eio<;eJ<;  Btxrpixxoi>  •  Epicedioin  morte  di  Batraco.  Sui- 


(a)  In  notis  ad  loc.  piraed.     (b)  Cit.  Fabricius  Bibl.Gr.T.  I.  p.  99.      (c)  I.  Sya 
;m.         fW)  Quadiio  Storiadclla  Poesia  vol.  II. 


29 
da  riferendo  quest' opera  nel  catalogo,  non  dice  se  non  che  Ba- 

traco  fu  amico  di  Esiodo.  v 

XL  TUq  Tr&zJioS'oi; .  II  giro  delta   Terra.  Ev  citato  da  Strabone 

nel  iibro  settimo  pag.  302.  e  da  cio  che  ivi  aggiugne,  e  da  va- 

rie  altre  citazioni  e  sue  e  di  altri  scrittori  pub  farsi  congettura, 

che  non   poche  belle  notizie  vi  si  contenessero  su  i  regni  e  i 

popoli  antichi. 

XII.  'AtylfjLioq.  UEgimio.  Si  disputo  fra'  Critici ,  se  ne  fosse 
autore  o  Esiodo,  o  il  suo  grand' emolo  Cercope.  Cosi  Ateneo 
al  libro  XI.  Nelle  note  a  questo  scrittore  dubito  il  Dalecampio 
che  il  titolo  dovess' essere  cdytvofjuouy  o  sia  I 'arte  di  pascer  ea- 
pre :  ma  none  solo  Ateneo,  che  nominasse  l'Egimio;  v'e  anche 
il  chiosator  d'Apollonio  nel  lib.  4.  e  Stefano  alia  parola5/A/3a*>r/£; 
di  che  e  da  vedere  il  Pineto . 

XIII.  v~Ej7ty\  fzouiriKx  x)  £%viyr,<rei<;  ini  TBpetriv •  Poesie  divinato- 
rie  e  inter pretazioni  circa  i  prodigj .  Esistevano  a'  tempi  di  Pau- 
sania,  che  ne  parla  nel  lib.  0.  Luciano  o  non  le  seppe,  o  le 
attribui  ad  altro  autore;  giacche  introducendo  Esiodo  a  scusar 
quella  sua  parola  della  Teogonia,  ove  si  .vanta  dell' arte  d'indo- 
vinare ,  non  ne  fa  menzione . 

XIV.  'Ao-Tpovop/oL  [SAydXyi,  yj  clo-tojim  ,3//SXog.  La  gmnde  Astro- 
nomia,  ovvero  il  libro  degli  asrri .  Plinio  ed  Ateneo  la  citano  co^ 
me  apocrifa  o  dubbia  (a).  Tzetze,  e  il  chiosatore  di  Arato  non 
dan  segno  didubitarne  ;  e,  cio  chepiii  monta,  ne  tampoco  Calli- 
maco,  insigne  non  meno  in  critica,  che  in  Poesia.  Egli  scrisse 
altre  cose  in  lode  di  Arato  (b),  e  specialmente  un  epigramma, 
in  cui  fa  menzione  di  Esiodo ,  e  di  questa  opera  (c) . 

XV.  Kw'oxo?  yctfAoc,.  Le  nozze  di  Ceice.  Plutarco  nella  8.  qui- 
stione  delle  conviviali  mostra,  che  a'suoi  tempi  era  inserito  que- 
sto poemetto  fra  le  poesie  di  Esiodo ;  ma  che  si  credeva  d'altra 

(a)  Plin.  1.  XVIII.  c.  25.  Hesiodus  (nam  hujus  quoque  nomine  cxtat  Astrolo- 
oia)  tradit  etc.  Athen.  1.  XIII.  pag.  491.  **  0  t»v  a's  "H?lo$ov  dvctQtqopivrw  vot>i<?rz<; 
niv  'Ag-i*y»fii<xv.  (5)  Vit.  Arati  ap.  Petav.  in  Uranol.  T.III.p.  149.  (c)  Seal, 
in  notis  ad  Manil.  II.  Casaub.  in  Theocr.  Bend,  in  Callim. 


>< 


3° 

penna.  Lo  stessoe  il  giadizio  de' Grammatici  presso  Ateneo(a). 

XVI.  Kipzpeit;.  I  Fornaciai .  Cosi  intitolano  i  Grammatici 
alcuni  pqchi  versi ,  che  rapporta  Erodoto  come  composti  da 
Oraeroj  ma  per  altri  furono  ascritci  ad  Esiodo.  Veggasi  Pollu- 
ce  libro  X.  capo  23.  segm.  85. 

XVII.  BouKo\/x,oy.  La  pastorale .  Opera  moltodubbia,  non  ci- 
tata  da  veruno  degli  antichi,  da  Fulgenzio  in  fuori  (b).  I  mano- 
scritti  variano.  Alcuni  hanno  in  bucolico  carmine,  altri in  bucolico 
ludicro ,  come  osserva  Munckero.  Lo  Scriverio  contraddetto  spe- 
cialmente  da  Gronovio  dichiara  l'opera  apocrifa(c).  Ma  non  par 
da  discredere,  che  alcuna  pastorale  poesia  d' Esiodo  conosces- 
sero  gli  antichi.  Virgilio  non  gli  avria  di  leggieri  messo  in  ma- 
no  la  sampogna,  se  non  lo  avesse  considerato  come  scrittore  di 
pastorali. 

XVIII.  MiydXa.  '{pya..  Magna  opera.  Ateneo  nel  libro  VIII. 
pag.  364.  cita  questo  poema;  ma  i  versi  sono  della  Georgica 
conosciuta.  Proclo  lo  cita  anch'  egli  a  pag.  44.  yivoc,  dpyup%ov 
to  £'  dpyvpiov  ivtQt  tyi  yvt  aKovxan,  "kiyovnc,-,  on  ivroic,  yLiyct'Koic,  ep- 
yoic,  to  dpyvpiov  iHq  yve,  yivictkoyet ,  quidam  vero  verbum  apyvptov 
terrae  subaudiunt ,  diceptes  quod  in  magnis  operibus  argenti  ter- 
rae  genealogiam  texit;  il  che  pure  dee  intendersi  della  georgica 
conosciuta. 

XIX.  KcvmXoyoi.  I  Cataloghi .  Cos!  generalmente  si  chiama- 
no,  secondo  il  Meursio,  tre  diverse  opere,  che  alcuni  dotti 
nan  considerate  come  una  sola  (d);  e  pretendesi,  che  tutte  in- 
sieme  le  considerasse  il  Chiosatore  di  Omero,  citandonel  secon- 
do libro  b)  KcLTokoyoic, ;  e  gli  altri  che  scrivono  b>  xctTuXcy&>,  come 
Strabone  e  Pausania  (e).  Suida  nomina  Tvvoukgov  vipcoivcov  xoltuXo- 
yov  oi>  fiifiXiQK,  i,  il  catalogo  dell' eroine  diviso  in  cinque  libri . 
II  Fabrizio  congettura,  che  i  primi  tre  fossero  veramente  con- 
trassegnati  con  questo  norae ;  giacche  lo  Scoliaste  di-Apollonio 

(a)  Athen.  1.  II.  p.  49.  (6)  Fulgent.  1.  III.  p.  704.  (c)  V.  Casaub.  in  Sveton. 
II.  cap.  67.  Iacob.  Gvonov.  de  Dodone .  Fabric.  1.  II.  c.  8.  23.  {d)  Meurs.  Le- 
wtionum   Atticaium  1.  III.  c.  20.         (e)  Stiabo  1. 1.  Paus.  in  Attic,  p.  41 . 


3r 
scrive  iv  jrpamy  KctraXoyojy ,  e  Arpocrazione  iv  t?J.t&)  yvvaxiicov  ■no.-' 
raXoya  {a):  ne  sappiamo,  che  questi  tre  libri  con  altro  nome  fos- 
ser  discinci.  Ma  il  quarto  libro,  siegue  il  Fabrizio,  e  quello  che 
con  alcro  nome  chiamavasi  'Ho/a*,  owero  'ilo7cu  fj.iya.Xxz.  La  ra- 
gione  di  questa  sua  congetcura  e  perche  il  principio  dello  Scu- 
do  d'  Ercole :  w  oih  7rpoXi7rovcra  £ofjov<;  *)  TrarpIJa.  yaiav  con  mol- 
ti  altri  versi  che  sieguono,  si  trovaVa  nel  quarto  libro  de'ca- 
taloghi  per  testimonianza  duun  ancico  chiosacore  di  quel  poe- 
mecco:  adunque  tal  libro  era  quello,  che  dalla  frequence  ripe- 
tizione  di  quesca  Voce  w  o7y  fu  chiamaco  l'Eee,  o  le  grandi  Eee; 
qual  ch'egli  sia  il  significato  di  quesca  voce;  di  che  poco  ap- 
presso .  Finalmence  il  quinto  libro  dovea  contenere  la  genea- 
iogia  degli  eroi  detca  da  Gio.  Tzetze  rpcooyovia,  e  distinta  da 
lui  dal  cacalogo  delle  donne;  onde  si  raccoglie,  che  fosse  un 
libro  a  parte.  Che  poi  succedesse-  all' altro,  e  vi  fosse  in  alcun 
modo  connesso,  par  che  lo  afFermi  Massimo  Tirio  (/>);  Ka.6a.7np 
0  'H<r/oSbt;  "xcoplc,  fXiv  ru>v  v\pooaov  a7ro  yvvaxttcov  ap^ojucvoi; ,  7i.ara.Xi- 
ycov  rdyim ,  o?i<;  «'£  ws  \<pv.  Siccome  Esiodo,  che  dalle  donne  in- 
cominciando  separatamente  novera  le  scirpi  degli  eroi  >  e  chi  di  es- 
si  da  questa  o  da  quella  sia  nato .  Questo  libro  nomina  il  com- 
mentator di  Licofrone  wp<y/;cwV  yiviaXoylav ,  ed  Asclepiade  ne  fa 
distinta  menzione  fra  le  principali  opere  del  Poeta  nell' epigram- 
ma  riferico  nel  cerzo  libro  dell' Antologia  greca;  il  cui  ultimo 
verso  e,  ch' Esiodo  canto 

E  la  stirpe   de'Numl,  e  degli  Eroi. 
Questi  cinque  libri  pertantosi  vogliono  accennati  dagli  antichi 
con  que'loro  termini  generali  di   catalogo,  o  di  cataloghi . 

Non  trapasseremo  intanto  sotto  silenzio  la  famosa  questione 
mossa  e  dibartuta  con  grandissima  varieta  di  opinioni  circa  il  ti- 
tolo  dell'Eee.  Ella  si  cita  or  sotto  nome  di  'Uo7at,  ora  di  fj.iya.Xam. 
'Ho7ou.  La  denominazione  e  venuta  dal  cominciarsi  gli  elogi  dell' 
Eroine,  cheivisi  celebravano  sempremai  colla  stessa  voce  n  c7;i  ■ 
Alcuni  frammenti  rimastici  possono  servire  di  esempio 
(a)  Sctiol.   Apoll.  1.  HI.  Harpocr.  in         (b)  Max.  Tyr.  Dissert.  XVI. 


32 

*H  6/yi  $9/ti  %up/r6)V  a.7rc  ztiKhoc,  t^ovca.  etc. 
*H  6/y  Yp/w  7ruKiv6(ppcov  WlvKtoviKYi  etc. 
'  H  6m  o/du{j(,i4$  h^ovq  vctloiKTct  TtoXcoviiC,  etc. 
Noto  il  Cantero ,  che  fra  gli  antichi  si  giudicb  essere  ascosa 
in  questa  iterazione  d'uno  stesso  vocabolo  un'allusione  ad  un  no- 
me  proprio.  Come  Omero  amando  Penelope,  la  voile  adombra- 
ta  in  tanta  parte  di  sue  poesie ;  cosi  amando  Esiodo  una  don- 
zella  nomata  Eea,  voile  che  ne.  sonasse  il  nome  per  tutto  un 
poema  di  femmine  illustri;  nella  cui  enumerazione  ella  dovett' 
esser  la  prima,  e  tale  che  sola  riunisse  in  se  medesima  i  pregi 
delle  piii  gloriose  eroine ;  tale  qual'era  stata  Alcmena,  quale  Ftia, 
quale  Uria,  e  cosi  delle  altre.  Favorisce  questo  senso  la  bellis- 
sima  operetta  elegiaca  di  Ermesianatte  presso  Ateneo,  nella  qua- 
le noverando  il  Poeta  infino  da  Orfeo  quei  della  sua  professione 
che  passionatamente  avevano  amato,  di  Esiodo  scrive  la  storia 
o  favola  gia  narrata.  Eccone  la  particella  che  qui  e  necessaria , 
da  noi  voltata  in  versi  latini 

Fabor  ut  ille  domum ,  et  boeotica  tecta  reliquit 

Omnigenae  Hesiodus  conditor  historiae; 
Atque  volens  latos  Heliconis  venit  in  agros . 

Illic  Eoeam  dum  perit  Ascraicam , 
Multa  tulit  cecinitque  miser  ;  fecitque  libellis 
Semper  ab  Eoeae  nomine  principium . 
Cosi  tutto  il  gergo  del  titolo,  e  della  ripetizione   si   riduce  a  un 
equivoco,  esprimendosi  con  una  stessa  parolae  il  nome  della  don- 
zella,  e  il  passaggio  d'una  in  un'altra  Eroina.  E  della  vita,  e  del- 
le poesie  di  Esiodo  non  altro. 


PRE  FAZIO  NE. 


33 


rima  che  io  m' inoltri ,  Lettor  cortese,  a  spiegarvi  il  fine,  il  ca- 
rattere,  la  divisione,  le  qualita  tutte  dell' Opera  che  io  vi  presento 
di  Esiodo  Ascreo,  permettetemi,  che  alquanto  vi  trattenga  sul  nietodo, 
che  ho  tenuto  per  illustrarla.  Gomunque  ella  fosse  malmenata  ne'  tem- 
pi antichi ,  e  anteriori  a  Plutarco ,  noi  l'abbiamo  quasi  cosl  corretta , 
come  la  ridusse  Plutarco  concittadino  delFAutore,  e  abitante  in  luo- 
ghi,  ove  non  ne  mancavano  i  migliori  esemplari,  e  la  ridusse  ne' prin- 
cipj  dell' era  nostra.  Proclo,  Tzetze,  Moscopolo  ne  son  testimoni.  Ove 
Plutarco  dissente  dalla  comun  lezione,  il  primo  specialmente  di  loro 
lo  avverte;  e  ci  fa  sapere  come  si  leggesse  da  piu  antichi,  e  come  Plu- 
tarco voglia ,  che  si  legga .  Negli  altri  Classici  pu5  dubitarsi  se  il  cor- 
sodimolti  secoli  gli  abbia  alterati:  in  questo  nb;  tolti  que'passi,  che 
espressamente  diconsi  da  Plutarco,  o  corretti,  o  tronchi.  E  questi  fa- 
cilmente  riduconsi  al  loro  essere,  rammentandosi  che  il  difetto  di  Plu- 
tarco fu  come  in  Aristarco,  un  concetto  troppo  elevato  del  suo  Au- 
tore;  per  cui  ne  voleva  escluso  tutto  cib  che  pareagli  difettuoso,  sen- 
za  rammentarsi  ch'Esiodo  era  pur  uomo,  ed  uomo  che  componeva  cou 
pochissimi  sussidj  d' arte ,  quasi  con  le  sole  forze  della  natura. 

Malgrado  queste  testimonianze  di  Plutarco,.  e  degli  Scoliasti,  mal- 
grado le  piu  belle  edizioni  degli  Aldi ,  de'Giunti,  dello  Stefano,  del 
Trincavello ,  del  Commelino;  malgrado  l'autorita  de'Godici,  che  con- 
cordano  e  con  gli  Scoliasti,  e  con  le  celebri  edizioni,  cinquanta  dei 
quali  codici  abbiam  noi  consultary,  o  per  noi  o'per  altri,  e  ne  diamo 
il  catalogo  al  fin  dell'  Opera;  vi  sono  stati  emendatori  piu  affaunosi, 
che  necessarj,  i  quali  non  han  lasciato  verso,  per  cost  dire,  senza  voler 
mutarlo.  Tali  sono  l'Einsio,  il  Gujeto,  il  Grevio  specialmente;  che 
ingannato  anche  da  un  MS.  Vossiano,  che  credea  correttissimo,  ed  era 
scorrettissimo,  ha  alterato,  e  guasto  Esiodo  piu  che  niun  altro;  colpa 
di  non  aver  veduti  i  migliori  codici,  e  percib  colpa  da  condonarglisi , 
come  a'predetti.  Vi  han  pure  contribuko  lo  Scaligero,  il  Casaubono,  e 
in  qualche  tolleranza  almeno  il  Robinson,  e  il  Loesnero.  Questi  due 
eccellenti  in  ogni  parte  di  buon  commentatore  sono,  a  mio  credere,  ri- 
prensibili  in  questo  solo,  che  conoscendo  l'inutilita  delle  correzioni  de' 
Critici  precedenti ,   le  hanno  ammesse  ue'libri  loro.  Qaeste  correzioni 

5 


34 

sono  in  gran  parte  simili  a  quelle ,  che  Giusto  Lipsio  condanna  nella  sua 
saporitissima  satira  menippea,  fondate  non  nell'autorita  de'libri,  main 
deboli,  e  talora  temerarie  congetture  (a),  per  non  dire  a  quelle  cheilPo- 
pe  per  eraendare  Virgilio  mette  in  bocca  di  Martino  Scriblero  nella 
sua  giudiziosissima  Gritica  •,  correzioni  fatte  per  correggere ,  emenda- 
zioni  fatte  per  emendare.  Ecco  dunque  in  che  mi  troverete,  Lettor  cor- 
tese,  assai  dissomigliante  alle  nuove  edizioni:  io  in  vigor  di  tanti  codici, 
e  di  tant'  edizioni,  e  di  tanti  Scoliasti,  quanti  Omero  stesso  appena  ne 
ha,  richiamo  le  antiche  lezioni.  Ma  le  altre  fan  comparir  Esiodo  piu 
costumato,  dice  Plutarco.  E  chi  ci  assicura,  ripiglia  il  Grevio,  che  lo 
fosse?  E  poi  lo  fan  comparire  miglior  prosodista;  dicono  gli  altri.  Gioe, 
potrebbe  rispondersi ,  migliore  astronomo .  A'  suoi  tempi  non  eran  fis- 
sate  alcune  regole ,  che  poi  il  consenso  de'  grammatici  ha  canonizza- 
te.  Deggiam  noi  cercare  tai  regole  in  lui,  che  nato  avanti  il  loro  sta- 
bilimento  non  pote  saperle  (b)  ?  Altronde  l'autorita  di  Plutarco ,  e  le 
tante  altre,  che  citammo  poc'anzi,  favoriscono  le  contrarie  lezioni:  non 
6  una  specie  di  an:oganza  voler  mutarle?  Non  e  un  torto  a  que' solenni 
grammatici,  che  le  rividero,  e  le  approvarono?  Non  e  un  arrogarsi  piu 
scienza  di  loro  nella  costruzione  e  proprieta  dell'  antica  poesia  greca  ? 
E  se  cib  si  permette  in  Esiodo,  quale  autor  greco  o  latino  potra  salvar- 
si?  Dissi  o  latino,  perche  il  paragone  preso  da  questa  lingua  emolto  op- 
portuno.  Emiio,  Accio ,.  Lucilio  han  cose,  che  non  son  passate  in  esem- 
pio:   perci6  deono  aversi  per  nulla?  percib  mutarsi? 

Corretto  cosi  il  testo  in  alcuni  passi  piu  dubbj,  anche  della  ver- 
sione  latina  ho  procurato  di  essere  benemerito,  emendandola  in  alcuni 
luoghi,  che  mi  parevan  resi  con  meno  felicita,  alcuni  de'quali  avean 
dato  nell'occhio  agli  editori,  che  ho  nominati  di  sopra:  ma  eran  pas- 
sati  nell' edizioni  loro.  Nella  traduzione  toscana,  giacche  1' Italia  ne 
ha  quattro  in  versi  sciolti;  ho  amata  la  rima;  tanto  piii  che  in  que- 
sta mi  par  che  stia  quel  dolce  incanto  della  poesia  italiana,  che  sen- 
za  ritmo  langue  e  scade.  E  quanto  alia  fedelta,  che  della  rima  par 
oimica,   ma  fermaraente  non  e;  io  mi   sono  attenuto  a  qael   detto  di 


(a)  Bivium  ad  corrigendum,  libri,  et  conjectura:  prima  via  satis  certa,  et 
tuca  est ;  lubrica  altera,  praesertim  quum  in  earn  audaces  ec  temerarii  ado- 
lescentes  inciderint,  aut  adolescentium  similes  senes.  Sat.  Menip.  p.  ^'22. 
(b)  V.  Becucci  Prosodia  Graeca  pag.  287. 


35 

Tullio :  nee  converti  tit  interpres,  sed  ut  orator  (  dirb  io  ut  poeta),  non 
verbum  pro  verbo  necesse  habui  reddere:  sed  genus  omne  verborum  vim- 
que  servavi :  non  enitn  ea  emunerare  lectori  putavi  oportere ,  sed  tan- 
quam  appendere  (a).  II  che  se  traducendo  dal  greco  Eschine  e  Demo- 
stene  fu  lecito  a  lui ,  molto  piu.  sara  lecito  a  me  traducendo  in  rime 
un  Poeta .  Contuttocib  io  vi  assicuro ,  o  Lettore ,  che  poche  traduzio- 
ni  rimate  troverete  voi  in  Italia  fedeli  del  pari  al]a  mia ,  piii  fede- 
li  pochissime .  Ho  usata  la  terza  rima  perche  acconcissima  al  caratte- 
re  di  chi  istruisce;  di  che  fa  larga  fede  il  Menzini,  che  fu  quasi  l'Ora- 
zio  della  lingua  italiana.  La  ho  divisa  in  dieci  capitoli;  al  che  mi  ha 
animato  l'esempio  di  M.  Tullio,  che  distinse  l'Economico  di  Senofonte 
in  tre  parti;  e  il  riflettere ,  che  tal  divisione,  oltre  l'esser  conforme  ai 
canti  di  Dante  e  del  Petrarca,  e  acconcissima  a  mostrar  Tordine  del 
Poemetto ,  che  ad  alcuni  suol  parere  disordinato ,  e  scritto  con  poco  me- 
todo .  Quanto  e  alle  note ,  mi  troverete  piu  minuto  che  nelle  cose  gram- 
matiche,  nelle  critiche,  e  nelle  filologiche.  Ho  profittato  talora  degli 
Scoliasti  greci  latinizzandogli .  Essi  hanno  cose  notevolissime,  attinte 
specialmente,  come  par,  da  Plutarco;  de'quali  insegnamenti ,  come  pu- 
re di  altri ,  mi  e  paruto  bene  di  far  parte  al  lettore  per  non  obbligar- 
lo  o  ad  imparar  greco  s'egli  nol  sa,  o  a  restar  privo  di  assaissimi  lumi 
conducenti,  quanto  altri  mai,  alia  intelligenza  di  Esiodo. 

Ora  e  da  vederne  l'argomento ,  traendolo  parte  dall'  Autore  mede- 
simo,  parte  da  altri  degli  antichi,  e  specialmente  da' greci  suoi  Sco- 
liasti .  Ebbe  il-  Poeta  un  minore  fratello  chiamato  Perse ,  il  quale  se  ne 
crediamo  al  Lessico  di  Suida  (b) ,  scrisse  pure  alcuna  cosa  di  Poesia . 
Morto  il  Padre ,  sorsero  tra'  due  fratelli  differenze  e  discordie .  La  di- 
versita  e  contrarieta  delle  indoli  e  de'eostumi,  piu  che  altro,  le  fo- 
mentava.  Esiodo  moderato  di  temperamento ,  amantissimo  di  quiete,  e 
tutto  formato  su  la  norma  e  il  dettame  di  que'buoni  antichi,  divide- 
va  le  sue  occupazioni  fra  gli  ameni  studj ,  e  gli  affari  domestici ,  inge- 
gnandosi  di  acquistare  e  di  conservare  giusta  le  leggi  di  una  savia  e 
retta  economia.  Perse  all' opposito ,  litigioso,  inquieto,   scaltrito  pas- 

(a)  Cic.  de  opt.  genere  oratorum,  cap.  5.  (b)  Suidas  v.  YIi(c-»^.  'Ao-xpa/oj, 
fcVsiro/»'j ,  d£t\<pos  'H<ri6fov  vS  HroimZ  :  David  Ruhnkenius  epist.  critica  prima , 
meo  periculo  lege  ytunrovog;  nam  agrum  coluit  Perses  ,  non  ingenium  .  Ecco 
l'esempio  di  una  correzione  mal  intesa.  E  donde  seppe  Ruhnkenio,  che  Per- 
se coltivasse  campagne  non  ingegno? 


36 

sava  i  di  or  tra'  litigi  del  Foro,  or  tra'  cicalamenti  delle  botteghe:  nfc 
di  fatica,  ne  di  risparmio,  ne  di  cura  domestica  si  dava  pensiero.  Ri- 
solvettero  di  separarsi;  e  dopo  qualche  lite  su  la  eredita,  il  buon  Esio* 
do  if  ebbe  la  peggio:  che  dov' egli  affidato  nella  bonta  della  sua  cau- 
sa nou  pensava  piii  oltre;  il  malizioso  fratello  con  ossequj  e  con  dona- 
tivi  comperato  si  avea  de' venali  giudici  le  sentenze.  E  forseche  da 
questo  perverso  giudizio  mosse  quel  biasimo ,  che  in  quest'  opera  me- 
desima  egli  fece  ad  Ascra  (a):  certo  e  almeno  per  testimonianza  di 
Vellejo  Patercolo  (b),  che  que' contumeliosi  versi  gli  furono  dettati  da 
spirito  di  vendetta  verso  i  suoi  popolani  ,  dopo  un  giudizio  pubblico 
sfavorevole  a' suoi  interessi.  Ma  checche  siasi  di  cib,  vero  e'l  prover- 
bio,  ch'altri  cangia'l  pelo ,  anzi  che'l  vezzo  (c).  Gontinub  il  Giovane, 
appresso  la  division -dal  fratello,  nella  prima  sua  scioperaggine:  e  pe- 
nuriando  di  vitto,  talor  minacciava  nuova  briga  ad  Esiodo,  talora  gli 
chiedeva  sovvenimento .  Ne  il  Poeta  gliene  fu  scarso:  ma  tutto  insie- 
me  gli  venne  preparando  un.miglior  dono  e  soccorso  in  questo  libro , 
che  intitola  delle,  Opere  e  delle  Giornate ,  dettatogli  veramente  dalle  Mu- 
se e  dalle  Grazie .  In  questo  libro  adattandosi  del  tutto  al  bisogno  del- 
lo  scorretto  e  ozioso  fratello ,  s'  ingegna  con  ogni  maniera  di  argomen- 
ti  di  ridurlo  a  buon  senno,  e  a  voglia  di  faticare;  e  tutto  insieme  di 
acconcissimi  precetti  il  fornisce  per  vivere  onestamente  ad  un  tempo  ,  ed 
agiatamente.  Pel"  primo  fine  l'istruisce  nella  miglior  morale,  che  a  que' 
di  fosse  nota  in  Grecia;  pel  secondo  gli  somministra  certe  scelte  av- 
vertenze  circa  l'agricoltura,  ed  alquante  circa  la  mercatura;  e  chiude 
1  opera  con  una  distinta  notizia  delle  giornate  o  prospere  o  sfavorevoli 
a  checchessia,  secondo  le  vane  osservazioni  di  que' ciechi  tempi. 

Quest'  opera  ci  rappresenta  il  costume  degli  antichi  Orientali ,  usi 
ad  ammaestrare  i  fanciulli  e  i  giovani  con  alcuni  sensati,  ma  pur  di- 
lettevoli  componimenti,  da  recarsi  a  memoria,  e  da  tenersi  come  re- 
gola  delle  particolari  azioni.  Tali  sono  i  sapienziali  della  divina  Scrit- 
tura,che  oggidi  ci  rimangono-,  egli  altri  dettati  da  Salomone,  e  noti 
anche  per  la  testimonianza  di  Gioseffb  Ebreo  (d).  E  tali  furono  do- 
po Esiodo  i  versi  di  Teognide,  di  Solone,  di  Tirteo,  di  Focilide  e  di 
altri  presso  Plutarco  de  Pythiae  praculis:  succeduti   gli  Oratori  a' Poe- 

(a)  In  Operibus  vers.  640.        (&)  Lib.  I.  cap.  7.        (c)  Pete.  Par.  I.  Son.  96^ 
(J)  Ios.  Hebr.  Antiquitatum  Judaicaium  lib.  VIII. 


37 
ti  in  si  laudevole  ufficio,  le  orazioni  parenetiche  sottentrarono  in  quel- 
la  vece;  fra  le  quali  le  orazioni  d'  Isocrate  valsero  piuttosto  a  sgomen- 
tare  la  posterita,  che  ad  accenderla  ad  emulazione;  tanto  riuseirono 
belle  e  perfette.  Ognuno  di  questi  componimenti  con  proprio  vocabolo 
era  detto  7rctpcl>tXYi<rti;,  se  contenea  solamente  esortazione ;  se  vi  aggiun- 
geva  precetti ,  come  nota  il  Wolfio  (a) ,  diceasi  piu  propriamente  tto,- 
pouvia-tt;;  della  qual  voce,  favellando  di  quest' opera  di  Esiodo,  si  valse 
Luciano  (b).  E  veramente  ella  e  divisa,  se  non  in  due  libri,  come  pur 
si  trova  in  alcuni  codici,  almeno  in  due  priucipali  parti;  la  prima  del- 
le  quali  continuata  insino  al  quarto  capitolo  ,  e  una  gravissima  esor- 
tazione alia  giustizia  e  alia  fatica;  a  cui  succede  l'altra  parte  istrut- 
tiva  della  coltivazione ,   del    trafHco,  di   alcuni  ufizj  della  vita. 

Ecco  la  divisione  del  libro.  Quanto  alia  forma  dello  scrivere,  el- 
la e  pure  sul  costume  degli  antichi  savj ,  ed  all'  indole  si  avvicina  de' 
Sapienziali  gia  da  noi  ricordati;  gravi  sentenze ,  raccorvti  che  tendono 
al  morale ,  verita  nascoste  sotto  il  velame  delle  allegorie ;  notizie  di 
naturali  cose  con  certa  disinvoltura  seminate  e  sparse  a  luogo  a  luogo; 
discreto  uso  delle  antiche  tradizioni  de'  fatti  e  de'  proverbj ;  autorita  di 
parlare,  che  fondata  spesso  nella  Religione ,  or  la  speranza  maneggia, 
ed  ora  il  timore ;  formole  il  piu  delle  volte  brevi ,  concise ,  vibrate , 
non  solo  nelle  morali  sentenze;  ma  negli  altri  precetti  eziandio;  e  in 
questi  e  in  quelle  certo  slegatnento  e  liberta  e  independenza  di  un  sen- 
timento  dall'altro;  sicche  sembrin  talora  raccolti ,  ma  nondisposti,  mes- 
sivi  dall'  arbitrio  ,  non  collocati  dalla  ragione .  Or  questo  gusto  di  com- 
porre  in  materie  istruttive  non  manca  chi  lo  reputi  traspiantato  dal- 
la ebrea  lingua  nella  greca ,  almeno  in  gran  parte .  E  certo  ne  dan 
fondamento  quegli  antichi  e  dottissimi  Padri  della  Ghiesa  (c),  i  quali 
affermano  e  dimostrano,  che  i  Filosofi.  e  i  Poeti  antichi  della  Grecia 
non  poche  delle  cognizioni  attinsero  da'  savi  ebrei ,  e  da'  divini  volu- 
mi:  al  che  si  pu6  aggiugnere  1'osservazione  del  Bogano,  che  nel  suo 
libro  de  Homero  hebrqizonte,  notb  come  per  giunta,  non  poche  frasi 
e  sentenze  di  Esiodo;  le  quali  maravigliosamente  rispondono  all' ebrai- 
cotesto.  Ne  forse  e  da  sprezzare  una  conghiettura ;  che  vivendo  Esio- 

(a)  Wolf,  in  argum.  Orat.  ad  Demonicum.  (£)  Lucian.  dissert,  cum  He- 
aodo.  (c)  Clem.  Alex.  1.  I.  Strom.  Iustin.  M.  Apolog.  II.  Ovig.  lib.  VI.  con- 
tia  Celsum  etc. 


S  A 


38 
do,  cora'e  parere  di  mold,  a' tempi  di  Salomone,  il  cui  nome  anclie 
presso  la  gentilita  grandissimo  era ;  di  quell'  immenso  flume  d'ogni  sa- 
pere  qualche  rivo  pur  diramasse,  o  qualche  idea  almeno  di  giovare  l'eta 
puerile  colla  operetta  smarritasi  detle  Ipoteche ,  e  la  giovanile  colla  pre- 
sente  delle  Opere  e  delle  G  iornale ;  siccome  quel  divino  scrittore  indiriz- 
zati  aveva  alia  eta  piu  acerba  i  Pfoverbj ,  e  alia  gioventu  piia  adulta 
rEcclesiaste  (a) .  E  il  suo  disegno  di  giovare  all'  eta  fresca  non  and6 
punto  fallito  .  Nella  educazione  degli  Ateniesi  fanciulli  aveva  parte 
la  spiegazione  di  questo  libro,  come  accenna  Soloue  presso  Lucia- 
no (b),  del  pari  con  Omero.  Gomune  era  l'uso  anclie  presso  i  B-omani, 
come  si  raccoglie  da  M.  Tullio  e  da  Columella  (c) ,  di  farlo  recare 
a  memoria  nelie  scuole  a'  fanciulli,  per  inserire  a  tempo  ne'loro  animi 
ottima  semenza  di  dottrina  iusieme  e  di  virtu  vera;  e  cresciuti  ch'e' 
fossero ,  quelle  medesime  sentenze,  quasi  oracoli,  si  sentivano  inter- 
pretar ,  e  incujcare  da'  professori  delle  facolta  piu  severe ;  come  si  era 
fatto  da  quegli  delle  piu  amene.  E  cib  non  in  una  facolta  solamente, 
ma  in  tutte.  Siccome  Esiodo,  qualunque  siasi  lo  scopo  di  questa  poe- 
sia,  ha  in  essa  accolti  principj  di  gentilesca  teologia,  di  politica,  di 
etica,  di  economia,  di  agricoltura,  di  nautica,  di  astronomia,  di  me- 
dicina,  dibotanica,  di  fisica,  e  pressoche  di  ogu' altra  dottrina,  che 
costituisse  allora  la  scienza  degli  uomini  di  lettere ;  gli  e  avvenuto, 
quasi  come  ad  Omero,  che  presso  qualunque  genere  di  scrittori  l'au- 
torita  di  lui  sia  tenuta  da  molto ,  e  quasi  a  gara  prodotta.  Se  quest' 
opera  si  fosse  per  ingiuria  di  tempi  venuta  a  srnarrire;  io  credo  certo, 
che  chi  avesse  accozzati  i  versi  che  sparsamente  si  trovano  di  lei  ci- 
tati  presso  gli  antichi ,  e  che  servono  maravigliosamente  ad  emendarla , 
come  si  vedra  nelle  note,  ci  avria  potuto  ristorare  di  quella  perdita, 
almeno  per  la  maggior  parte;  il  che  di  niun' altra  opera  simigliante 
si  pub  afFermare;  e  vale  senz' altra  pruova  a  mostrare  in  quanta  opi- 
nione  l'avessero  i  maestri  d'o^n'  arte . 


fa)  In  Proverbiis  informat  puerum  ....  in  Ecclesiaste  informat  juvenem  . 
A  Lapide  Comment,  in  Ecclesiastem  ex  Orig.  Nyss.  Theod.  etc.  (b)  De  gy- 
mnas.  T.  II.  p.  902.  (c)  Cic.  Epist.  ad  fam.  1.  6.  18.  Lepta  suavissimus  ediscat 
Hesiodum  etc.  Colum.  de  re  vust.  1.  I.  c.  3.  A  primis  cunabulis ,  si  modo  liberis 
parentibus  est  oriundus,  audisse  potueiit  Oof  ay  /Soj7j  dvoXotr  «'  fx»  ytiixv  xaxB'f «». 
Hes.  V.  ctiam  Iulianum  in  Misopogone  . 


3V 

Sebbene,  a  estimar  diritto,  niuna  cosa  tanto  accredita  questo  poe- 

metto,  quanto  l'aver  servito  di  esemplare  a  Virgilio  nel  lavoro  della 
divina  Georgica;  non  ch'egli  prendesse  o  potesse  prender  Esiodo  per 
norma  o  si  spesso,  o  si  propriamente ,  come  fece  con  Omero  e  Teo- 
crito :  ma  in  maniera  tuttavia  ,  ch'  egli  segui  Esiodo ,  imitb  Esiodo , 
e  talora  tradusse  Esiodo ,  come  quegli  altri  due  (a) .  Io  veggio ,  o  Let- 
tore  ,  che  questo  luogo  richiede  pur  qualche  comparazione  tra  V  origi- 
nale  ,  se  cosi  puote  chiamarsi ,  e  la  copia ;  tanto  piu. ,  che  niuno  de' 
Gritici  si  e  di  proposito  applicato  a  paragonar  queste  due  opere ,  e 
questi  due  Autori  ;  come  han  fatto  di  molti  altri .  Egli  e  vero  ,  che 
non  e  il  medesimo  confrontar  Pindaro  con  Orazio  ,  o  Tucidide  con 
Sallustio,  o  Demostene  con  Cicerone-,  i  quali  corsero  un  arringo  me- 
desimo ,  e  si  provarono  ad  una  giostra ;  cib  che  non  dee  dirsi ,  sen- 
za  qualche  limitazione ,  nel  caso  nostro  .  Ma  nondimeno  cosi  Esio- 
do, come  Virgilio  sono  i  primi  nel  caratter  mezzano,  ciascuno  della 
sua  lingua;  e  questo  libro  dell'  Opere,  quantunque  per  alcuni  sia  col- 
locato  in  altro  ruolo ,  secondo  il  parere  de'  piu  e  una  vera  georgica . 
Che  merito  dunque  ebb'  Esiodo,  dopo  la  stima  di  tanti  secoli,  che  di 
lui  si  scrivesse  (b) :  Omisso  Hesiodo ,  cuius  universa  Opera  ne  cum  uno 
quidem  versu  Georgicon  sunt  comparanda  •etc.  ?  Gome  ?  Almen  que' 
versi,  che  apertamente  Virgilio  tradusse  da  questo  poema,  non  sa- 
ran  da  paragonare  a' virgiliani  ?  o  quegli  almeno,  che  per  idea  di  ot- 
timo  stile  han  citati  i  buoni  maestri  dell'  antica  eloquenza?  o  quegli 
altri  su  la  virtu  ,  che  appena  trovasi  rinomato  scrittore  greco  o  la- 
tino, che  non  ricordigli;  sicche  niuna  risposta  di  Apollo  Pizio  e 
piii  trita  ,  piu  ricordata ,  piu  riverita  di  questi  ?  Vegga  lo  Scaligero , 
che  i  difensori  di  Esiodo  non  gli  producano  contro  si  altri ,  e  si  un  do- 
mestico  testimonio ,  che  afferma  non  essere  stata  in  lui  sufKciente  pe- 
rizia  di  greche  lettere  per  impacciarsi  di  sitnili  paragoni;  tanto  piu 
ch'  egli  e  suo  figliuolo ;  e  uno  de'  piu  solenni  grecisti ,  che  dopo  il 
risorgimento  delle  lettere  sian  comparsi  al  mondo  (c) .  Ma  lasciato  il 
parere  dello  Scaligero,  copioso  fu  Virgilio,  dilettevole,  ameno ,  genti- 
le; in  un  tema  perb,  che  maravigliosamente  lo  ajutava  ad  esserlo, 
non  che  alcun    ostacolo  gliene    facesse  .    Egli    scrive  a   Mecenate  ,  a 

(a)  Gell.  N.  A.  IX.  p.  Ser^.  in  argumento  Georgicae  etc.         (b)  Iulius  Caesar 
Scaliger  Poetices  1.  V.  c.  5.         (c)  Scaligeriana  II.  v.  Orpheus. 


£d 


40 

disegno  di  recargli  diletto  coll'  armonia  del  canto ,  e  colla  piacevole 
dipintura  delle  bionde  messi ,  de'varj  pometi,  de'candidi  armenti ,  e 
delle  dorate  api ;  e  per  questi  oggetti ,  e  per  gli  altri ,  che  i  piu.  va- 
ghi  sono  della  natura,  si  guida  dietro  la  fantasia  del  lettore  rapita  sem- 
pre  e  dalla  rappresentazione  delle  cose ,  e  dal  suono  delle  parole  (a) . 
Cosi  1'  argomento  scelto  tutto  a  senno  dell'  Autore ,  senza  particolarita 
ne  di  persona,  ne  di  luogo,  ne  d' altra  cosa ,  e  maneggiato  da  un  in- 
gegno  natoallaPoesia,  ha  prodotta  un' opera  che  in  certo  modo  incan- 
ta  1'  anirno  di  chi  legge .  Esiodo  per  lo  contrario  scrisse  in  quel  tenia , 
che  il  fatto  da  noi  esposto  gli  presentb ;  e  proponendo  per  fine  alia 
sua  poesia  1'indurre  il  fratello  alia  fatica  per  vivere  agiatamente;  a 
questo  scopo  dirizza  ogni  suo  argomento  •  Trova  Perse  maldisposto  a 
secondarlo ,  e  perche;  voglioso  di  vivere  dell'  altrui ,  e  perche  dalla  in- 
giustizia  de'  giudici  spalleggiato  ,  e  perche  spensierato  naturalmente  . 
Non  dovea  egli ,  prima  d' istruirlo  nel  suo  mestiere ,  rimuovere  tali 
ostacoli ,  e  moralizzare  siccome  fece  ?  Ma  potea ,  se  non  altro ,  essere 
piu  abbondante ,  e  far  poema  piu  copioso .  Si  se  non  iscriveva  ad  uno 
scioperato  ,  ad  un  ozioso ,  ad  uno,  che  in  eta  omai  virile,  dall'assenna- 
to  fratello  e  chiamato  per  rimprovero  bambo  e  fanciullo .  Come  all* 
eta  fanciullesca  non  si  coafa  una  lunga  istituzione  •,  cosi  ne  anco  a 
quel  costume .  Un  lungo  poema  a  costoro  e  come  agli  svogliati  una 
larga  vjvanda;  non  che  recarlosi  a  mente ,  vorran-no  appena  volgervi 
un  suardo .  Che  fa  in  tal  situazione  di  cose  il  giudizioso  Esiodo  ?  Non 
cerca  tanto  il  piu  raro ,  quanto  il  piu  vantaggioso .  Coglie  il  piu  bel 
fiore  delle  precezioni ,  che  a  que'  di  costituissero  un  uomo  onesto ,  e 
di  quelle  che  formassero  un' agricoltore  perito;  e  conqualche  mescola- 
mento  di  ameua  descrizione  ,  le  unisce  insieme  in  uno  stile  il  piu.  ac- 
concio  per  l'acutezza  a  penetrare  nell'animo,  ed  a  fermarvisi.  Non  ha 
esso  il  bello  dello  stile  virgiliano ;  ma  non  e  senza  il  suo  bello ,  e  dirb  an- 
che  raaraviglioso .  I  gravi  sensi  chiusi  in  poco  ,  e  da  poetico  numero 
commendati ,  e  incredibile  come  agevolmente  destino  la  maraviglia  e 
il  diletto .  La  moltitudine ,  quantunque  di  si  ottuso  palato ,  ne  gusta 
pur  nondimeno.  Una  bella  sentenza  per  osservazione  di  Seneca,  an- 
corche  recitata  da'mimi,  fa  levar  grida  di  applauso  a  teatri  interi  (b). 

(a)  Plin.  Hist.  Natur.  lib.  XIV.  in  Prooemio  .  Quamquam  videmus  ,  Virgi- 
lium  praecellentissimum  vatem  —  e  tantis  quae  rotulit,  florcs  modorerum  dc- 
ceipsisse  etc.         (b)  Seneca.  Epist.  I  op. 


41 

Quindi  1'  Einsio  di  queste  due  opere  pronunzi6,  che  gli  parevano,  an- 
corche  dissomiglianti ,  tuttavia  uguali  (a) .  Non  oserei  dire  altrettanto , 
posto  che  il  consentimento  de'saggi  abbia  giudicato  diversamente  (b). 
Dico  solo  ch'  Esiodo  avria  errato  scrivendo  per  V  appunto  come  Vir- 
o-ilio;  giacche"  il  suo  tenia  richiedea  diversa  andatura ;  dico  che  una 
ne  tenne  conformissima  al  suo  argomento ;  dico  in  fine  che  a  questo  prin- 
cipalmente  si  dee  far  considerazione  da  chi  voglia  librarne  il  tnerito  con 
giusta  lance . 

Quanto  alio  scopo  dell'  opera ,  1'  Einsio  non  ci  perraette  di  spac- 
ciarcene  in  pochi  sensi  .  Egli  compose  una  lunga  dissertazione ,  che 
va  annessa  al  suo  Esiodo,  e  porta  questo  titolo  in  fronte:  Introdu- 
ctio  in  doctrinam  quae  in  libris  Hesiodi  tpycov  &  yfjiipcov  continetur: 
in  qua  opinio  ,  quae  hactenus  de  iis  obtinuit ,  refutatur ;  totum  Poetae  in- 
stitutum  probatur .  La  somma  di  questa  dissertazione  e  mostrare  in  pri- 
ma, che  scrivesse  gia  Esiodo  una  piena  e  copiosa  georgica,  la  quale 
oggidi  e  smarrita:  quindi,  che  il  libro  delle  Opere  e  Giornate  non  ap- 
partenga  ristrettamente  all'  agricoltura;  ma  generalmente  alia  econo- 
mica  facolta.  E  siccome  a  questa  facolta,  die'  egli,  la  Fortuna  presiede; 
cosi  pretende ,  che  questa  Dea  sia  adombrata  nella  Pandora  di  Esiodo ; 
ed  ella  sia  pressoche  il  tutto  di  questo  poemetto ;  a  tal  che  deggia  esso 
avere  un  altro  titolo ,  e  chiamarsi  il  Regno  delta  Fortuna .  Questo  siste- 
ma  e  stato  variamente  ricevuto  dagli  eruditi .  Giannarrigo  Boeclero  gli 
fa  grandi  applausi*  (c) ,  Stefano  Clerc  gli  consente,  che  il  nostro  Poeta 
scrivesse  in  agricoltura  piii  di  quello  che  a  noi  n'e  giunto;  e  che  ve- 
ramente  sia  questo  un  trattato  economico ,  anziche  georgico :  cosa  con- 
ceduta  ancor  dal  Fabrizio  (d).  Quasi  co' medesimi  termini  ne  ha  scrit« 
to  il  Giornalista  di  Trevoux  del  1701.  sennonche  assai  disapprova  l'al- 
legoria  di  Pandora  e  della  Fortuna  ,  cui  chiama  vana  sottigliezza  e 
chimera .  Ne  essa  piacque  a  Qio.  Clerc ,  che  inserendola  nella  sua  edi- 
zione,  mostrb  che  non  voleva,  piuttosto  che  non  potesse  impugnarla. 
II  Robinson  e  il  Loesnero  insieme  con  le  note  dell' Einsio   han  ripro- 

(a)  Heins.  in  prolegomenis  adHesiodum.  (b)  Varchi  nell'Ercolano  pag.  166. 
Virgilio  combatte  con  Teocrito,  supero  Esiodo,  giostro  di  pari  con  Omero. 
V.  anche  Menagiana  t.  4.  pag.  167.  il  Gravina,  Ragion  poetica  pag.  98.  e  il 
Rucellai  delle  api  v.  23o.  (c)  Boeder,  de  Poetis  Graecis  in  Hesiodo.  (d)  Fabr. 
Bibl.  Graecae  lib.  II.  pag.  3?3. 

6 


^ 


42 

dotta ,  senza  dime  ne  ben  ne  male,  questa  dissertazione .  II  Co.  Zama- 
gna  1'  ha  compatita ,  ed  ha  detto ,  che  1'  Einsio  avea  messa  a  luce  una 
Fortuna  poco  fortunata  (a).  Questi  sono  i  pregiudizj,  per  cosl  dire,  del- 
la  causa.  Ma  ella  non  e  stata  raai  finora  trattata  come  si  converreb- 
be  all'  autorita  dell'  opera  di  Esiodo ,  e  alle  ragioni  dell'  Einsio :  il  che 
se  altri  avesse  fatto  ,  egli  conteria  forse  minor  numero  di  soscrittori. 
Facciamolo  brevemente. 

II  primo  che  attribuisse  ad  Esiodo  un'altra  Georgica,  fu  Giuseppe 
Scaligero ,  il  quale  uel  comento  a  Manilio  interpretando  strettamen- 
te  alcuni  versi  di  quel  Poeta,  pose  i  fondamenti  di  questa  nuova  sen- 
tenza.  Adottolla  Daniel  Einsio,  quantunque  dissimuli  il  nome  del  pri- 
mo autore ,  e  con  nuovi  argomenti  la  nancheggib ;  avvisandosi  che  Vir- 
gilio  non  imitasse  Esiodo  nel  libro ,  che  ci  rimane ;  ma  piuttosto  in  un 
altro  in  oggi  smarrito.  Questo  dovea  essere  intitolato  yicopyiKoov,  e  con- 
tenere  un  lungo  dettaglio  su  la  qualita  de'  terreni ,  su  la  coltivazio- 
ne  delle  vigne ,  degli  oliveti ,  degli  orti ,  e  su  quanto  altro  pub  desi- 
derarsi  in  opera  cosi  fatta:  aver  dunque  Giulio  Cesare  Scaligero  fat- 
ta  ingiuria al  greco  Poeta,  posponendolo  di  lunga  mano  al  latino,  sen- 
za vedere  il  poema ,  che  almeno  avria  posta  in  dubbio  la  palma . 

Un  parlare  tanto  sicuro  promette  prove  molto  gagliarde;  e  noi  ab- 
biam  diritto  di  esigerle  •  Noi  abbiam  dalla  nostra  il  silenzio  degli  an- 
tichi ,  che  pur  dovevano  chiaramente  nominare  quest'  opera .  A  vin- 
cere  il  peso  di  tal  ragione  non  basta  qualche  autorka  oscura  ed  equi- 
voca .  Gonvien  produrre  tai  documenti ,  che  non  dian  luogo  a  tergi- 
versare  ;  scrittori  che  veramente  mostrino ,  che  quel  silenzio  non  e  di 
tutti ;  frammenti  che  non  possano  recarsi  ad  altra  poesia,  fuor  che  a 
quest'  una .  Gosi  conosciamo  noi  le  tant'  altre  opere  di  Esiodo  invola- 
teci  dal  tempo .  E  di  questa  dovean  rimanerci  piu  che  di  niun'  altra , 
chiari  argomenti .  Ella  avea  servito  di  njodello  a  Virgilio ;  era  dunque 
assai  miglior  cosa,  che  questa,  la  qual  noi  tortamente  ,  dice  1' Einsio, 
chiarniamo  Georgica :  dovea  essere  il  capo  d'  opera  della  poesia  istrut- 
tiva  de'  Greci,  il  miracolo  di  quella  lingua,  1'  unico  didascalico  ,  che 
a  fronte  di  Virgilio  sostenesse  il  decoro  di  quella  nazione'.  Dicamisi 
dunque:  perche  ella  sola  non  e  citata  a  nome  da  niun  antico?  perche 
niun  precettore  di  Rettorica  o  di  Poetica  ,  niun  Grammatico,  niun  racco- 

(a)  Nota  in  argumentum  ad   Opera  ct  Dies. 


43 
glitor  di  vocaboli  non  la.  nomina?  perche  Suida,  Luciano,  Massimo  Ti- 

rio  ,  Pausania  ,  e  chiunqne  altro  tesse  il  catalogo  delle  poesie  migliori  di 
Esiodo  l'involge  in  un  profondo  silenzio  ?  perche  Servio,  e  glialtri, 
che  illustrarono  Virgilio ,  non  producono  pure  un  verso  toko  da  lei  ? 
perche  gli  Scoliasti  di  Esiodo ,  e  fra  essi  Proclo ,  dottissimo ,  come 
1'  Einsio  confessa ,  non  se  ne  valgono  per  illuminar  quella  parte  di 
agricoltura ,  che  ne  abbiam  tuttavia  ?  perche  gli  scrittori  delle  cose  del- 
la  campagna,  Varrone,  Plinio,  Columella  non  ne  danno  qualche  sen- 
tore?  E  pure  non  cosi  han  fatto  con  questa  opericciuola  di  Esiodo,  che 
deil'arte  rustica  tiene  si  pochi  versi.  Ella  eammirata,  lodata,  confronta- 
ta  con  Virgilio  da'  latini  grammatici :  e  da'  greci  con  seco  stessa  .  Ella 
nella  storia  e  ne'  precetti  di  agricoltura  e  citata  a  nome  *,  la  sua  dottri- 
na  e  pressoche  compendiata  da  Plinio  il  vecchio;  alcana  delle  sne  no- 
tizie  fino  a  tre  volte  dal  medesimo  Plinio  in  diversi  luoghi  ci  e  incul- 
cata .  Che  oltre  ?  Ove  Luciano  in  quel  suo  mordace  dialogo  si  inette  a 
motteggiar  Esiodo  su  la  scienza  delle  rusticane  cose  ;  il  Poeta  non  pro- 
voca  egli  ad  altra  Georgica ,  salvo  solamente  a  questa ;  da  questa  sce- 
glie  alcuni  versi  per  sua  difesa  (a).  Or  io  domando;  qual  prevenzio- 
ne ,  qual  parzialita ,  qual  fascino  anzi ,  o  quale  fatalita  inducesse  non 
uno  o  due ,  ma  tutti  gli  antichi  a  venerar  quasi  ogn'  apice  d'un  librieciuo- 
lo  di  poche  pagine  ;  e  a  volerne  avvilito  e  negletto  un  altro  di  tan- 
ta  piu  mole  e  valore  ,  che  pur  era  di  una  stessa  peuna ,  e  per  giudizio 
di  Virgilio  tenea  piu  merito  ?  O  poteva  tal  libro  non  esser  noto  se  non 
a  quegli ,  i  quali  parve  all'  Einsio  che  ne  parlassero?  o  smarrirsi  in 
guisa ,  che  a'  tempi  vicinissimi  a  loro  qualche  segno  ,  o  vestigio  non  ne 
rimanesse  ?  Ed  eccovi ,  o  Lettore ,  uno  de'  piu  forti  argomenti  dell'  ar- 
te critica,  opposto  alle  novita  dell' Einsio  (b).  II  silenzio  degli  antichi 
su  di  un'  opera  di  grande  autorita ,  che  loro  spesso  cadde  in  acconcio  di 
nominare ,  e  una  certissima  pruova  della  falsita  di  tal  opera ;  e  quando 
elia  si  trovi  in  antichi  MSS.  si  da  per  apocrifa.  Quanto  maggiormente 
questo  vuol  farsi  di  un'  opera ,  che  altro  fondamento  non  abbia ,  fuor 
di  pochissime  autorita  dubbie  ,  oscure ,  e  facili  ad  applicarsi  ad  un' 
altra  dello  stesso  autore  ,  certa ,  incontrastabile ,  conosciuta  da  tutti  ? 


(a)  Luciani  Opera  T.  III.  p.  240.        (b)  Io.  Clericus  Artis  Criticae  parte  III, 
Sect.  2. 


44 

Gi  oppone  egli  il  verso  1^6.  del  2.  della  Georgica:  Ascraeumquc 
cano  romana  per  oppida  carmen .  Virgilio  non  avria  parlato  cosi  in  un 
libro,  che  tutto  e  della  coltivazione  degli  alberi ,  se  Esiodo  della  cura 
degli  alberi  non  avesse  cantato  a  lungo:  e  poiche  di  cib  non  si  trova 
quasi  parola  nelle  Opere  e  Giornate ,  pub  e  dee  credersi  che  ne  scrives- 
se  in  altra  poesia .  Ma  Esiodo  non  pote  parlare  a  lungo  di  alberi ,  per- 
che  mold  non  se  ne  conoscevano  in  quei  primi  tempi,  ue'qualila  Grecia 
n'era  scarsissima .  L'  Attica ,  e  val  a  dire  la  provincia  della  Grecia  piu 
colta,  insino  a'tempi  di  Pisistrato ,  che  visse  alquanti  secoli  dopo  Esiodo, 
rimase  poco  men  che  selvaggia;  come  afferma  Dion  Grisostomo  (a) . 
Nosti  enim  haiid  dubie  quod  Pisistrato  praecipiente  et  imperante ,  in  civita- 
tem  quidem  non  descenderunt  populi ;  sed  in  regione  c ommor antes ,  agri- 
colae  Jacti  sunt ;  et  Atticam  antea  glabram ,  arboribus  carentem ,  oleis 
conseverunt  . 

MaPlinio,  oppone  l'Einsio,  sente  d'altra  maniera;  e  cita  Esiodo  come 
autore  di  notizie  recondite  in  genere  di  piante  •,  le  quali  dovean  essere 
certamente  in  altra  Georgica;  giacche  in  questa  non  pavla  egli  se  non 
di  alberi  triviali  e  comuni .  Non  pub  sodisfarsegli  compiutameate  se 
non  si  ponga  sotto  degli  occhi  1'  intero  testo  di  Plinio .  Mud  satis  mi- 
rari  non  queo ,  interiisse  quarundam  ( arborum )  memoriam  ,  atque  etiatn 
nominum*  quae  auctores  prodidere  ,  notitiam  .  Quis  enim  non  communicato 
Orbe  Terr  arum  maiestate  romani  imperii ,  perfecisse  vitam  putet  commercio 
rerum  ac  societate  festae  pads  ,  omniaque  etiatn  quae  occulta  ante  fuer ant , 
in  promiscuo  usu  facta  ?  At  Hercule  non  reperiuntur  qui  norint  multa  ab 
antiquis  prodita:  tanto  priscorum  cura  Jertilior ,  aut  industria  Jelicior  Jiiit , 
ante  mille  annos  inter  principia  literarum  Hesiodo  praecepta  agricolae 
pandere  orso  ,  subsecutisque  non  paucis  hanc  cur  am  ejus  ,  unde  nobis  crevit 
labor ;  quippe  quum  requirenda  sint  non  solum  postea  inventa ,  verum 
etiam  ea  quae  invenerant  prisci ,  desidia  rerum ,  interneciane  memoriae  in- 
ducta  (b) .  Osservi  in  prima  il  lettore  che  qui  Esiodo  fu  nominato  solo  per 
fissar  1'  epoca  de'  libri  di  coltivazione,  e  perche  si  vegga  ,  che  lo  Scrit- 
tore  non  dee  durare  poca  fatica  a  tracciar  le  memorie  di  ben  dieci  seco- 
li; e  di  tanti  autori,  come  sono  Gatone,  Varrone,  Gelso,  Attico,Fene- 
stella  ,  Fabiano,  Democrito ,  Teofrasto,  Magone,.  che  scrisse  18.  libri 
di  Agricoltura .  Osservi  per  secondo,  che  circa  agli  alberi,  e  a'loro  no- 

(a)  Dion  Chiysost.  diss.  XXV.         (b)  Plinius.  Lib.  XIV.  in  pirologo. 


45 
mi  si  dice  che  a  que'  giorni  se  ne  ignoravano  non  molti,   ma  alquanti, 
e  questi  rammentati  non  da  Esiodo,  ma  dagii  antichi,  uno  de'quali  eCa- 
tone  (a) .  Gome  dunque  lascib  scritto  l'Einsio :  pleraque  quae  ab  Hesiodo 
commemoratafueruntarborum  ignorari  coeperint  nomina?  quasicheo  Esio- 
do sia  il  solo  antico,  o  tai  nomi  fossero  moltissimi .    Dira  taluno,  ch' 
egli  citb  anche  le  precise  parole  di  Plinio,  ove  dice  ,  che  ne'  tempi  di 
Esiodo,  per  testimonio  di  quel  Poeta,  niun  piantatore  di  ulivi  colse  mai 
frutto  dalle  sue  piantagioni ;  si  tardi  allora  fruttavano  (b) :  Hesiodus  . . . 
negavit  oleae    satorem  Jructum   ex  ea  percepisse   quemquam :    tarn  tarda 
tunc  res  erat .  Le  quali  parole  non  che  si  trovino  in  questa  breve  Geor- 
gica ;    il   vocabolo  stesso  di  ulivo   non  vi  si  nomina  .    Tutto  e   vero ; 
ma  all'  intendimento  dell'  Einsio  tutto  e  niente .  A  riprodurre  una  di- 
menticata  Georgica ,  che   tanto  meritava  d' esser  saputa,  altro  vi  vuo- 
le,  che  una  staccata  e  solitaria  notizia ,  che  pub  aver  luogo  o  per  mo- 
do  di  similitudine ,  o  di  ornamento  ,  in  temi  disparatissimi  dall'  agricol- 
tura  •  E  proprio  di  chi  possiede  varie  e  moltiplici   cognizioni  l'arric- 
chime  volentieri  le  sue  poesie :  e  una  vivida  fantasia  presso  ogni  tema 
che  riguarda ,  vede  molti  altri  oggetti ,  ove  pub  ella  trascorrere  e  spa- 
ziare .  Crederemo  dunque ,  che  il  divino  Esiodo ,  scrivendo  di  agricol- 
tura ,  non  parlasse  di  ulivi  ?    Non   veggo  che  ingiuria  gli  si  faccia  a 
creder  cosi .  Egli ,  torno  a  dire ,  scrisse  d'  agricoltura ,  non  a  chiun- 
que ,  ma   a  Perse ;    e  in  proposito  del  clima ,  dov'  era  Perse ;   e  della 
campagna ,  che  avea  ereditata  Perse ;  e  per  avventura  in  tale  e  si  cir- 
costanziato  argomento   gli  ulivi   non  dovean  aver   luogo   piu  che  i  ci- 
pressi  nella  votiva  tabella  ,  che  dipingesi  per  un  naufrago .   Gosi  dee 
scusarsi,  pare  a  me ,  e  questa    ed    altre,   che  in  Esiodo   compariscono 
mancanze;  altramente  per  poco  si  va  a  cadere  o  nel  biasimo  invere- 
condo  dello  Scaligero ,  o  nella  violenta  difesa  di  D.  Einsio . 

Procediamo;  e  veggiamo  com'ei  discorra  su  di  un  sentimento  di  Ca- 
tone  presso  M.  Tullio-,  il  quale  cosi  lo  introdusse  a  parlare  nel  dialo- 
oro  della  vecchiezza .  Quid  de  utilitate  loquar  stercorandl  ?  dixi  in  eo  libro  , 
quem  de  rebus  rusticis  scripsi :  de  qua  doctus  Hesiodus  ne  verbum  quidem 
fecit,  quumde  cultura  agri  scriberet .  At  Homerus  qui  mult is ,  ut  mihi  vi- 
detur  ,  ante  seculis  Juit,  Laertem  lenientem  desiderium  ,  quod  capiebat  e  fi~ 

(a)  Plin.  l.XIV.  c-  4.  Catonum  ille  primus  —  pauca  attigit  vitium- genera, 
quamndam  ex  iis  jam  etiam  nominibus  abolitis  .        (6)  Plin.  1.  XV.  c  I. 


4<5 

Ho  ,  colentem  agnun  ,  et  entn  stercorantem  facit  (a)  •  Come  potrebbe  Ca- 
tone  ,  dice  1' Einsio ,  querelarsi,  che  in  Esiodo  manchi  questa  parte  di 
agricoltura ,  se   avesse   ragionato  del  libro  delle  Opere  e  delle  Giorna- 
te?  Anzi  avrebbe  detto,  che  molte  cose  vi  mancano,  e  pressoche  tut- 
te    quelle ,    di  cui  avea    trattato  accuratauiente  Gatone  stesso  ne'  suoi 
libri  de   re   rustica.   Forza  e   dunque  che   ragioni  d'  un'  altra   opera  di 
Esiodo  molto  piu  abbondante .  Se  questo  discorso    provasse    meno ,  egli 
proveria  piu :  ma  non  fa  forza  ,  perche ,  a  ben  rid ettere  ,  prova  piu  del 
dovere  .   Adunque  la  smarrita   Georgica  dovea  trattare   di   tutto  cib , 
che  ha   Catone  insegnato  .?  Ma  qual  Poeta  pub  in  un  discreto  volume 
raccogliere  tante  cose  ?  Quel  savio  Latino  scrive  leggi ,  anzi  che  precet- 
ti ;   il  suo  stile  par  che  ritragga  le  dodici  tavole  ;  pub  dirsi  ch'  e'  sia  il 
modello  e  l'idea  d'un  pretto  laconismo  romano  .  Virgilio ,  che  delle  fac- 
cende  della  villa  non  parlb    per   iscorcio  ,   ne  in  secolo   poco  dotto  in 
agricoltura ,  non  credo  che  delle  cose  di  Gatone  abbia  delle  venti  par* 
ti  una  .   Chi  dunque  pub  di  Esiodo  sospettare   altrettanto  ? 

Resta  per  ultimo  a  sciorre  il  piu  forte  nodo ,  che  avviluppasse 
1'  Einsio  in  questo  proposito;  ed  aggirasi  ne'  seguenti  versi  di  Ma- 
nilio  ,  il  quale  delle   opere  di  Esiodo  cantb  cosi : 

Hesiodus  memoral  JJivos,  Div unique  parentes , 
Et  Chaos  enixum   Terras ,  Orbemque   sub   Mo 
Infantem  ;    et  primos  titubantia  sidera  partus : 
Titanasque  senes ,   Iovis  et  cunabula  niagni  ; 
Et  sub  fratre   viri  nomen  ,  sine  Jratre  ,  parentis , 
Atque   iterum  patrio  nascentem  corpore  Bacchum  , 
Omniaque  immenso  volitantia  Numina  Mundo  . 
Quin  etiam  ruris  cultus,  legesque  novandi, 
Militiamque  soli:  quod'colles  Bacchus  amaret , 
Quod  Jbecunda  Ceres  canipos ,  quod  Pallas  utrumque ; 
Atque   arbusta   vagis  essent  quod  adultera  pom  is : 
Silvarumque  Deos ,  sacrataque  Numina   Nymphas , 
Pads  opus ,  magnos  naturae  condit  in  usus  (b) . 
Or  in  questo  luogo   di  Manilio  intervenne  all'  Einsio  cib  che  raccon- 
tasi    accaduto  ad   alcuni ,    che  prevenuti  da  viva  persuasione ,   che   la 
Luna  fosse  abitata ,  vi  scorgevano  per  entro  e  fiumi,  e  boschi ,  e  forse 

(a)  Cic.  dial,  de  Senect.  n.  i5.        (b)  Manil.  Astronomicon  II.  v.  12.  seqq. 


42 
gran  folia  di  abitatori .   Gli  altri  che  leggono  que'versi,  credono  tro- 

varvi  un  qualunque  coaipendio  delle  due  piu    note  e   piu  certe  opere 

d'Esiodo,  /uaKctpav  y{voc,>  ipyct  re,  come  le  unl  in  un  suo  epigramma 

Asclepiade  (a) .  Ma  il  Batavo  ne'  primi  sei  versi  ravvisa  la  Teogonia  ; 

nel  settimo  tutto  il  libro   delle  Opere  e  Giornate :    perche  il  tema  di 

questo,   secondo  il  sistema  suo,  non  altro  e  che  il  Regno  della  Fortu- 

na ,  la  quale   iusieme  co'  Genj ,  regge  il  freno  e  il  governo  delle  uma- 

ne  cose  :  e  flnalmente  ne'  sei  ultimi  versi  riscontra  quella  vasta  e  com- 

piuta  Georgica ,  a  cui  e  stato  il  tempo  si  furiosamente  nemico .    Ed  e 

notevole  il  triopfo  ch'  egli  mena  di  tale  scoperta  .  Vid.es ,  ut  in  superiori- 

bus ,  plant  ationem :  quae  pars  praecipua  horum  librorum  hie  nusquam  ap- 

paret :  it  a   ut  ex  hoc  Manilii  testimonio  plantatio  et  propagatio   vineae , 

insitio   arborwn   omnium  ,  librorum   illorum  argumentum  fuerit :  quae  loca 

praeterea   his  vel  illis  commoda  vel  incommoda  sint,  in  iis  Hesiodus  mul- 

tis  probarit...  postremo  vagatus  in  iis  PoetaJli.it   circa  sylvarum  ,   hor- 

torum ,  fluviorumque  descriptionem ,   amoenitatemque  illorum;   quam  Poe- 

tae  plerwnque  ,   ut  hie  Manilius ,  Satyronun   et  Nympharum   nomine  desi- 

gnant .  Ma  io  non  veggio  come  in  un   Poeta,  che  per  incidenza  ram- 

menta  1' opere  di.un  altro,  possa  un  Critico  fondarsi  tanto .    Se  Mani- 

lio  fosse  ad  Esiodo  ci5  che  Asconio  a  M.  Tullio ,  ajuterebbe   molto  a 

fortnare  il  piano  di  un'  opera  gia  smarrita .  Ma  da  un  Poeta ,  che  pub 

ritrarsi?  Ogni  poeta  considera  queste  cose  come  le  altre;   vuole  che  in 

queste  pure  campeggi   quella  naturale  sua  liberta  di    osar  tutto   entro 

certi  limiti;  sceglie  a  suo  talento  cib  che  lusinga  la  fantasia  con  ido- 

letti  gai  e  leggiadri ,   e  abbandona  il  resto  alia  oblivione  ed  al  silenzio . 

Se  dunque  io  dirb  di  Manilio,  che  quel  suo  tratto   aspergesse  di  qual- 

che  finzioncella,  saria  forse  una  strana  difesa  (b)  ?  e  se  io  dirb,  che  toc- 

ca  ivi  gli  argomenti  di  parecchi  libri  smarriti  (c) ,   sarb  convinto  mai , 

che  tai  libri  deggiano  essere  d'  una  lunga  e  piena  Georgica  ?  O  se  an- 

ehe  dirb ,  che  forse  nelle  Opere  e  Giornate  di  Esiodo  vide  Manilio  in- 

seriti  pur  alcuni  versi,  che  a  questi  di  o  per  giudizio  de' critici,„o  per 

incuria   de'  copisti   sieno  smarriti;  dirb  io  forse   altramente   da  quello 


{a)  Anthologiagraecal.IV.  c.  2%.  {b)  Simile  liberta  si  piese  Properzio  al 
L.  II.  E.  34.,  ove,  come  avverte  il  Sig.  Volpi,  finge  che  Virgilio  nella  Bucco- 
lica  scrivesse  il  dono  del  capretto,  che  in  Teocrito  si  legge,  non. in  Virgilio. 
(c)  Veggasi  la  edizione  padovana  di  Esiodo  pag.  252-  e  271. 


48 
che  giudicarouo  un  Grevio  ed  un  Glerc  (a)  ?  Sebbene  io  uiedesimo  non 
ricuso  di  cadere  dalla  mia  causa ,  quando  il  testimonio  di  Manilio 
sia  maggior  d'  ogni  eccezione  ;  e  val  a  dire  quand'  egli  sia  un  autore 
diligente ,  esatto ,  osservante  nelle  relazioni  delle  opere  altrui .  Ma  egli 
certo  non  e  tale  .  Veggasi  il  suo  rapporto  della  Teogonia  d'  Esiodo , 
da  noi  citato  poco  sopra .  Non  conta  ivi  la  favola  di  Bacco  rinascen- 
te  da  Giove ,  quasi  fosse  di  Esiodo ,  mentre  in  Esiodo  non  se  ne  par- 
la ,  e  forse  la  prima  volta  che  s1  incontri,  e  in  Euripide  (b)}  Non  di- 
ce ivi  della  nascita  di  Vulcano ,  e  de' Titani  parecchie  cose,  che  lo 
Scaligero  stesso  ha  censurate  in  Manilio,  quasi  per  incuria  attribuis- 
se  ad  Esiodo  cib ,  che  per  altri  Poeti  era  stato  favoleggiato  (c)  ?  Or 
come  si  accordan  queste  due  cose ,  che  Manilio  non  sia  punto  esat- 
to parlando  della  Teogonia  ;  e  sia  di  tanta  autorita  parlando  dell'  agri- 
coltura  ?  ci  scuopra  un'altra  Georgica,  perche  non  ben  ci  descrive  que- 
sta  che  abbiatno :  e  descrivendo  non  bene  la  Teogonia  che  ci  resta  , 
non  ci  scuopra  medesimamente  un'  altra  Teogonia  ?  Non  si  fa  dunque 
ingiuria  a  Manilio ,  se  non  gli  e  prestata  fede  in  alcuna  particolarita ; 
dacche  egli  e  un  testimonio  convinto  di  falso  intorno  alia  stessa  per- 
sona di  Esiodo ,  e  pu6  dirsi  anche  nello  stesso  contesto . 

Passiamo  all' altra  parte  della  dissertazione ;  nella  quale,  a  dir  vero, 
e  tanto  di  verisimile ,  che  il  Fabrizio  stesso  l'adotta  ;  ancorche ,  pare  a 
me ,  troppo  facilmente ,  e  senza  ponderar  le  ragioni  per  la  contraria 
parte .  Vuol  dunque  1'  Einsio  ,  che  il  presente  Poemetto  di  sua  pri- 
maria  intenzione  riguardi  nOn  1' agricoltura,  ma  la  economia .  Gosi 
par  che  V  intendesse  Massimo  Tirio,  quando  dice,  ch' Esiodo  scrisse 
Tot  &/$  7ov  /3/ov  Ipya.  ts  Si  S'pctztov ,  x)  tifxipat;,  iv  cue,  Spctstov  (d),  e 
lo  Scoliaste  di  Nicandro  ,  che  citando  quest'  opera ,  dice  £i>  to7<;  Trpctr- 
ropilvoic, ,   (e)  e  Tzetze,  il  qualvuole  ch'Esiodo  scrivesse  a  Perse  7rctpcti- 

vicriv  ySiKiiv ,  x)  otKovofjtiMv  7rat>T0iaui> .  Rispondo  alle  autorita  .  E  incer- 
to  se  Masssimo  Tirio  volesse  intendere  opera ,  quae  in  vitam  ,  ovvero  in 
victum  facienda  ,  et  quibus  diebus  facienda ;  e  se  lo  Scoliaste  di  Nican- 
dro volesse  intendere    in  iis  quae  jlunt   ab  agricolis ,    ovvero  a  patri- 

(a)  Veggansi  le  loio  edizioni  a' versi  99.116.  294.ee.  (b)  Esiodo  scrisse 
questo  solamente  £s/«'A»  ie*e  pa'iiipov  v'tav,  Euripide  nelle  Baccanti  (*»(£... 
Zsf'?--  »?irart  Yw,  femori  airipuit  eum.  (c)  Ios.  Seal,  in  Commentario  in  II. 
Manilii.         (d)  Dissert.  XVI.         (e)  Pag.  27. 


49 
bus  familias .  V  autorita  poi  di  Tzetze  e  falsa,  in  quanto  vuole,  che 
il  tenia  dell'  Opere  e  Giornate  sia  una  esortazione  alf  etica  ,  ed  econo- 
mla  tuttaquanta .  E  chi  e ,  che  non  vegga  maucarvi  le  principali  parti 
dell'  etica  e  dell'economia ;  ed  esservi  anco  le  meno  importanti  dell'agri- 
coltura  ?  Ordinar  che  si  aguzzin  le  falci ,  e  non  far  parola  della  edu- 
cazione  de'  figli  ?  Speciflcare  i  legni  per  minute- ,  che  compongono  il 
carro ,  e  niuna  cosa  dire  delle  qualita  delle  camere ,  che  deon  compor- 
re  una  casa  ?  Chi  potria  perdonargli  queste  e  molte  altre  omissioni , 
se  il  suo  principale  scopo  fosse  stato  di  formare  un  economo ;  men- 
tre  Gatone  ,  Columella ,  Palladio  ,  che  di  primaria  intenzione  forman 
T  agricoltore ,  ne  parlano  si  a  dilungo  ?  Ma  intendendo  ancora  favore- 
volmente  all'  Einsio  i  testi  di  Massimo  Tirio ,  dello  Scoliaste  di  Nican- 
dro ,  di  Tzetze  ,  che  peso  hanno  eglino  in  confronto  di  quasi  tutti  gli 
antichi ,  e  moderni ,  ch'  egli  ci  concede  essere  discordi  dalla  opinio- 
ne    sua?  Poco  o  niuno.  Ma  andiamo  innanzi . 

E  in  prima  si  vuol  supporre ,  che  di  alquante  opere  antiche  non  e 
facile  determinare  lo  scopo,  nelapartizione.  Quali  dubbj  si  eccitarono, 
per  recarne  un  esempio  solo,  sul  Panegirico  d'Isocrate  (a),  se  egli  ap- 
partenga  al  genere  deliberativo ,  o  all' esornativo  ?  e  se  sia  veramente 
panegirico  della  Grecia,  o  esortazione  a  una  guerra  da  intraprendersi 
da'  Greci  contro  i  barbari  ?  E  di  tal  genere  debb'  essere  il  presente 
Poemetto  non  facile  a  ridursi  ad  una  unita  incontrastabile ,  ne  a  di- 
visarsi  nelle  sue  parti.  Nondimeno  ancor  qui  dee  giovare  il  principio, 
che  il  gran  critico  Quintiliano  suggerisce  per  quando  si  dubita  se  una 
orazione  deggia  ridursi  ad  uno,  o  ad  un  altro  genere,  e  distinguersi  in 
uno ,  o  in  un  altro  modo .  Osservisi ,  die'  egli ,  quid  sit  quod  Orator 
sibi  praecipue  obtinendum  intelligit  (b) .  Con  questo  filo  ,  che  mi  par  sicu- 
rissimo ,  e  che  dal  Wolfio  e  accennato  nella  controversia  del  Panegirico 
d'  Isocrate  ,  io  credo  potermi  disimbarazzare  da'  cavilli  dell'  Einsio . 
Adunque  1'  Einsio  dice ,  che  1'  Opera  e  economica ,  avendo  in  vista 
T  acquisto  ,  e  il  mantenimento  delle  sostanze  ,  e  non  limitandosi  all' 
agricoltura ,  ma  abbracciando  anco  la  mercatura ,  di  cui  da  precetti : 
e  parimente  etica  per  gl'  insegnamenti  morali ,  de'  quali  e  sparsa  .  Tut- 
to  bene ,  ripiglio  io  ,  ma  qual  e  lo  scopo  che  specialmente  si  prefigge  ? 
E  di  formare  un  agricoltore .   Per  questo  comincia  dal  fuoco ,   o   sia 

(a)  V.  Wolf,  in  aigumento  ejusdem.         (b)  Instit.  Orat.  1.  III.  cap.  6. 

2 


5° 

dal  vitto  nascosto  da  Giove  agli  uomini ;  per  cui  trovare ,  convengasi 
cercarlo  con  la  fatica .  E  siccome  il  Fratello  ,  per  declinar  la  fatica , 
avea  con  donativi  pervertiti  i  giudici;  cosieglicon  buoni  principj  s' in- 
gegna  di  persuadere  all'  uno ,  e  agli  altri  la  giustizia ;  e  molta  cura 
si  prende  di  ridurre  Perse  dalla  oziosita  al  lavoro  . 

Prima  di  proceder  piu  oltre  si  vuol  notare,  che  non  e  contro  1'unita 
del  Poema  la  trattazione  anche  ampia  di  qaeste  cose .  L'  arte  imita  la 
natura;  e  come  il  fuoco  nell'ardere  unlegaofauna  sola  azione,  disgom* 
brandone  l'uinidita  col  fuino,  e  introducendoci  poi  la  fiamma;  cosl  Esio- 
dofann  sol  poema,  rimovendo  gl'impediinenti ,  che  alienano.il  Fratello 
dal  lavorare,  che  sono  specialmente  l'ingiustizia ,  e  1' oziosita,  e  rivolgen- 
dolo,  e  istruendolo  alia  fatica.  Ma  a  qual  fatica?  Perciocche  economo, 
secondo  che  eel  descrivono  Aristotele  e  Senofonte,  pub  essere  un  citta- 
dino ,  il  quale  intendendosi  de'  lavori  della  campagna ,  vada  di  tanto  in 
tanto  a  rivedergli .  Ma  a  Perse  s'incnlca  di  fargli  per  se  stesso ,  e  di  non 
vergognarsene ,  e  spesso  se  gli  rammentano  i  doni  di  Gerere  ,  de'  qua- 
li  debbe  andar  ricco.  Questa  e  la  prima  parte  del  poemetto ,  la  quale 
ottimamente  e  espressa  da  un  dotto ,  che  dice :  duo  agit ,  primo  ut  volun- 
tarium  habeat  agricolam ;  passa  di  poi  alia  seconda  ,  deinde  ut  peritum  (a) . 
Cib  che  fa  in  23o.  versi  in  circa  ,  lie'  quali  raccoglie  poeticamente 
quanto  in  ogni  stagione  dee  fare  F  agricoltore  .  Vien  poi  alia  mercatura  , 
cioe  ad  un'arte,  che  pub  ajutare  l'agricoltura ,  portando  a  vendere  al- 
trove  cib  che  in  patria  meno  varrebbe ;  ma  cib  non  prova  ,  ch'  Esiodo 
tratti  di  questa  parte  come  dell'  agricoltura  ,  e  che  a  lei  1'  uguagli ,  sic- 
che  lasci  dubbio  qual  delle  due  parti  sibi  praecipue  obtinendam  intelligat . 
Si  spaccia  dalla  mercatura,  tolti  gli  episodj ,  in  pochissimi  versi;  prescri- 
ve  a  Perse  di  attendere  al  campo  tutto  l'anno  ,  e  star  fuor  di  casa  pochi 
di ;  gl'  insegna  cose  minutissime  in  gener  di  coltivazione ;  e  in  genere 
di  negoziazione ,  come  nota  anco  un  de'  greci  interpreti ,  poco  piu  che 
niente.  Dipiudopo  avergli  comandato  e  con  gravissimi  termini  inculca- 
to  il  lavoro  della  campagna,  prende  circa  la  navigazione  un  tenor  di 
consiglio,  e  si  contenta  di  avere  in  bocca  se  vuoi,  se  ti  aggrada,  se  a 
cib  far  ti  disponi .  Questo  non  e  metterla  al  pari  con  l'agricoltura,  ma 
molto  al  di  sotto.    Anco  la  vita  venatoria  pub  ajutare;   e  come  ajuta- 

(a)  In  veteri  Operum  et  Dierum  argumento  apud  Crispinum ,  Schrevellium , 
Zanolinum  etc. 


51 
trice,  serva,  e  ministra  del  la  vita  rustica  la  considera  Aristotele,  eCa- 
tone  ,  e  Virgilio ;  e  Pier  Crescenzi  tra'  nostri  dietro  la  coltivazione  ste- 
samente  parla  della  caccia  degli  animali.  Gontuttocib  pub  ella  raettersi 
del  pari  coll' agricoltura  ?  Pub  all' agricoltura  contrastare  il  vanto ,  di 
esser  come  prima  cosa  considerata  nel  poema  di  Virgilio ,  nel  trattato 
di  Aristotele,  di  Gatone ,  e  di  Pier  Grescenzio?  Nb  certo- 

Sieguono  ntili  precetti  su  la  moglie  ,  su'  figli ;  e  varj    altri  ne  avea 
dati  su  i  servi ,  e  le  sostanze  domestiche ;   tie'  quali  quattr'  oggetti   tutta 
raggirasi  la  scienza  economica ,  secondo  Aristotele  e  Senofonte  .  Cib  pa- 
re che  favorisca  l'Einsio  ,    ma  non  e  cosi .  Esiodo ,  torno  a  dire  ,  forma 
1'  agricoltore ;  e  al  suo  stato  attempera  i  precetti  che  da .  Anco  in  Ga- 
tone ,  e  in  Varrone ,  e  in  Columella  si   parla  di  queste  quattro  cose ; 
ma  perche  se  ne  parla  in  proposito  di  agricoltura  ,  niuno  e   che  le  tor- 
ca  all'  economia  in  generale .  Ed  Esiodo  non  fa  il  medesimo  ?  La  moglie 
par  deggia  essere  tessitrice  (a),  mestiere   che  alia  moglie  dell'agricoltore 
assegna  anche  Virgilio  nella*Georgica  (b);  il  figlio  dee  pascere  il  greg- 
ge  (c) ;  i  servi  deon  far  le  faccendq  rusticane  (d);  la  serva  dee  accompagna- 
re  i  bovi  (e);  le  sostanze  sono  buoi,  aratro,  grano,  vino  ,  cib  che  colti- 
?ata  rende  la  terra.  Ma  la  scelta  degli  amici,  e  degli  ospiti ,  ma  i  tanti 
precetti  di  morale  che  han  che  fare  coll'  agricoltore?   L'  agricoltore  e 
uomo ,  e  vive  anch'  egli  nella  societa ,    e  gli  appartengono   mold  ufi- 
z) ,  che  sono  comuni  a'  cittadini ,  e  a'sovrani  ancora .  -Che  di  questi  par- 
lisi  a  Perse ,  qual  raaraviglia  ?  Isocrate  a  Nicocle ,  Dion  Crisostomo  a 
Trajano ,  Sinesio  ad  Arcadio  scrivon  di  Regno :  contuttocib  non  vi  fra- 
mischian  bellissimi  insegnamenti  su  le  amicizie ,  su  le  ospitalita ,  su  la  pie- 
ta,  su  la  temperanza ,  da  poter  servire  ancora  a  un  privato?  Torniamo 
onde  partimmo .  Riguardisi  il  fine  ,  che   specialmente  ha  avuto  in  mi- 
ra  il  Poeta ,  ch'  e  stato  sicuramente  formare  un  agricoltore ;  e  siccome 
tal  professione  ordinariamente  non  va  disgiunta  da  conjugio ,  da  figlio- 
lanza ,  da  servitii,   da   vicinato,  da  ospitalita,  da  amicizie,   da  molte 
altre  relazioni ;  queste  s'  innestin  pure ,  o  per  modo  di  principale  discor- 
so,  o  per  modo  di  episodio  nella  Poesia:  ella  non  lascia  di  essere  una 
Georgica;  col  qual  titolo  e  distinto  questo  libro  di  Esiodo  nel  bel  codi- 
ce  laurenziano  del  secolo  XII.  0  forse   XI.  che  citiamo   a  suo  luogo . 
Resta  nella  dissertazione  dell'  Einsio  la  favola  di  Pandora ,   di  cui 

(a)  v.  ti9-      (A)  v.  293.      (c)  v.  3^6.      (<*)  v.  5o2.  hn-     (<o  v.  406. 


52 
egli  si  applaude  sopra  modo :  parendogli  aver  trovata  in  quell'  allegoria 
della  Fortuna  la  chiave  del  sistema  platonico,  meglio  che  Proclo,  o  che 
altri  di  quella  Scuola .  Recita  in  oltre  a  tratto  a  tratto  qualche  squar- 
cio  di  un  greco  inno  da  se  composto  sopra  la  Fortuna  simboleggiata 
in  Pandora .  Noi  non  dubitiamo  con  gli  Annalisti  di  Trevoux  di  dichia- 
rare  quest'  allegoria  un  sogno  ,  e  di  affermare ,  che  chi  ha  in  capo  un 
bel  sistema ,  spesso  ci  ha  un  bel  delirio  .  Cora'  e  possibile  ,  che'  la  favo- 
la  di  Pandora  nella  Teogonia ,  cib  ch'  egli  concede  ,  sia  riferita  per  mo- 
do d'  istoria  ,  e  nelle  Opere  e  Giornate  per  modo  di  allegoria  ?  A  chi 
pub  capire  nell'animo,  che  la  Fortuna  rc/^w  nemrneno  sianorainata  da 
Omero  nella  Iliade  e  nella  Odissea  (a),  e  al  piu  ne'stiowinni  sia  men- 
tovata  bensi ,  ma  non  come  Dea  potente :  e  da  Esiodo  nel  secolo  stes- 
so  sia  come  dispensatrice  de'  beni  tutti  della  Terra  cantata  e  propo- 
sta  a  quanti  leggessero  il  suo  poema?  Com' esser  pub,  che  fin  da  que' 
tempi  fosser  noti  i  suoi  simboli;  il  Cornucopia  che  la  dichiara  Reina 
della  Terra  ,  e  preside  dell'  agricoltura  ;  il  timone ,  che  la  dichiara  Dei- 
ta  marittima  e  preside  della  mercatura;  se  Bupalo  statuario  fu  il  pri- 
mo,  che  le  mise  il  corno  di  Amaltea  in  una  mano  (fe) ,  e  il  timone  in 
piu  bassi  secoli  le  fu  messo  nell' altra  (c)?  anzi  qual  luogo  ci  puo  avere 
1' allegoria,  s'ella  non  pub  spiegarsi  tutta  ,  e  tutta  riferirsi  alia  Fortu- 
na? Gome  Pandora  pub  simboleggiar  la  Fortuna,  quando  ella  ha  tutt' i 
beni,  o  tutt' i  doni-  degli  Dei,  ma  in  una  maniera  incommunicabile  ad 
altrui ,  cioe  gli  ha  personalmente  ?  Com'  e  la  Fortuna  una  donna ,  in  cui 
oggimai  non  rimangono  beni  da  dispensare,  ma  soli  mali?  E  che  ha 
che  fare  con  la  Fortuna  Prometeo ,  che  vieta  ad  Epimeteo  ricever  do- 
ni da  Giove  ?  Gonchiudiamo .  II  sistema  allegorico  buono  a  spiegare  al- 
cune  favole ,  e  inutile  a  questa .  Dico  di  piu ,  e  dannoso  alio  scopo  di 
Esiodo :  il  quale  scrivendo  ad  un  povero  agricoltore ,  non  pub  sperare , 
che  arrivi  ad  intendere  un'  allegoria ,  di  cui  tanta  parte  riraaue  oziosa  . 
Non  trovo  pertanto  altra  via  da  spiegar  tutto ,  fuorche  il  sistema 
istorico,  tenuto  da'Padri  della  Ghiesa ;  i  quali  riconoscorio  in  Pandora 
la  prima  Donna  Eva  cagione  di  tutt'  i  mali  nel  Mondo  co' suoi  vezzi . 
Similmente  le  prime  tre  eta  non  hanno  migliore  spiegazione ,  che  quel- 

(a)  Macr.  Saturn.  1.  V.  cap.  16.  (b)  Paus.  in  Messenicis  p.2~4.  \c)  Aven- 
do  vcdute  pc'Musei  d' Italia  moltissime  statuette  in  bronzo  della  Fortuna  con 
questo  simbolo,  tuttc  le  ho  trovate  de' tempi  degl'Iinperadori. 


la,  che  la  Scrittura  ci  suggerisce.  Di  tutto  partitamente  si  dira.  nelle  no- 
te; qui  brevemente  ne  faremo  un  generale  discorso.  E  certo  la  fama 
della  prevaricazione  de'  primi  padri ,  e  de'primi  capi  del  Genesi  dovett' 
esser  seiuinata  nel  Mondo  fin  dalla  dispersione  de' nipoti  di  Noe;  giac- 
che  qualche  oscura  voce  ne  sonb  fra' Galdei ,  fra  gliEgizj,  fra  gl'India- 
ni ,  fra'Greci,  fra'  Latini ,  e  fin  fra'  Ginesi  (a).  Ma  appunto  fu  oscura; 
perciocche  intanti  anni,  in  tanti  luoghi,  senza  guida  di  storia,  alteran- 
dosi  cV  anno  in  anno  le  tradizioni ,  qual  dovett' essere  divenuta  dopo 
parecchi  secoli  ?  Send  questo  _vero  Lattanzio ,  e  piu  volte  lo  espresse . 
Nel  II.  libro  delle  divine  Istituzioui  al  capo  II.  ragionando  delle  cose 
scritturali  maneggiate  da' poeti  dice:  eafabulis  et  obscura  opinione  col- 
lecta  et  depravata  ■ . .  nullo  non  addente  illiquid  ad  ea  quae  audierat ,  carmi- 
nibus  suis  comprehenderunt .  E  nel  I.  libro  de  falsa  Religione  al  capo  II. 
Non  res  ipsas  gestas  finxerunt  poetae ,  sed  gestis  addiderunt  quendam 
colorem  rebus .  La  fama  de'  grandissimi  avvenimenti  e  la  piu  facile  ad 
essere  alterata ,  perche  dipende  da  molti ;  ma  e  la  piii  difficile  ad  esser 
estinta,  perche  dipende  da  tutti. 

Esiodo  moltissimi  anni  dopo  il  diluvio  trovo  la  fama  delle  pris- 
che  eta  alterata  molto  ;  ma  non  cosi  sfigurata  ,  che  salvi  alcuni  anacro- 
nismi  ed  alcune  circostanze  apocrife ,  non  si  possa  ravvisare  per  dessa . 
Chi  non  ravvisa  1' eta  dell' oro  negli  Angeli  ?  che  in  sentenza  anco 
di  Origene  (b)  creati  molti  secoli  prima  dell'  uomo ,  son  dati  poi  per 
custodi  al  genere  uraano  (c)?  E  in  Prometeo  chi  non  ravvisa  quell'  An- 
giolo ,  che  secondo  la  tradizion  degli  Ebrei  falsa  ,  e  compresa  solo  nel 
libro  apocrifo  d'  Enoch  rapi  il  fuoco  ,  cioe  la  scienza  dal  Gielo  ,  e  agli 
uoniiai  la  coraunico?  E  nella  seconda  eta  il  cui  carattere  e  la  lunghez- 
za  degli  anni,  l'ignoranza,  la  discordia,  la  noncuranza  degli  Dei,  chi 
e ,  che  non  ravvisi  il  tempo  di  Adamo ,  in  cui  si  stendeva  la  vita  a  piii 
secoli,  ma  era  accorciata  dagli  omicidj,  come  in  Abele ;  e  in  cui  dopo 
molt' anni  Enoch,  che  non  si  sa  che.  avesse  gran  seguito,  coepit  invoca- 
re  nomen  Domini?  La  terza  eta  de'  facinorosi  e  qnella  che  nelle  scrit- 
ture  e  detta  de'  Giganti ,  da  Simmaco  traducendo  ,  de'  violent!  ,  da  Aqui- 
la  degli  assalkori;  la  quale  si  spegne  col  diluvio,  rimanendo  salvo  il 
solo  Deucalione  figlio,  com' Esiodo  dice  (d) ,  di  Prometeo,  edi  Pandora. 

{a)  Schubart  T.  X.  Antiqu.  Gron.  pag.  "joi.  Bianchini  Istoria  Universale,  De- 
ca  I.  cap.  2.  ec.  {b)  Origeniana  pag.  68.  (c)  Lact.  Firm.  Div.  Inst.  1.  IL  c.  lS. 
(d)  Schol.  Apoll.  Rhodii  l.JII.  v.  io85. 


54 
Altro  anacronismo  e  questo ;  ma  semplice  anacronismo,  che  stabilisoe 
Adamo  ed  Eva ,  ove  andava  Noe ;  dal  cui  tempo  comincia  la  eta  degli . 
Eroi.  Dopo  tal  tempo  comincia  la  eta  del  ferro ,  a  cui  dee  seguirne  una 
migliore ,  giusta  1'  oracolo  gia  adempiuto  in  G.  G.  et  ipse  erit  expectatio 
Gentium  :  notisi  che  non  dice  solamente  d'Isdraele,  ma  de'  Gentili  anco- 
ra ,  presso  i  quali  serpeva  una  oscura  voce  del  miglioramento  del  Mon- 
do ,  che  avea  ad  avvenire . 

Ecco  in  poco  tutto  il  sistema  diEsiodo.  Domando  io:  tspiuprobabile, 
che  sia  finto  dalla  testa  di  un  solo;  o  che   sia  dedotto  dalla  voce  del- 
le  vere  cose,   ma   guasta   in  parecchi  secoli ,  e  falsificata?   Se  fra  gli 
Ebrei  stessi,  ov'erano  isacri  codici,  corsero  tante  favole,  quante  piu  ne 
dovean  correre  fra' Gentili?  Edunque  cosa  da  fare  maraviglia,  che  pur 
tanto  vero  si  scuopra  a  tra verso  di  qualche  falso.   II  qual  vero  sempre 
piu  manifestasi  dagli  scrittori  posteriori ,  i  quali  raccolsero  altre  tradizio- 
ni  de' lor  paesi,  e  forse  quelle   de' libri  santi .   Per  figura  Esiodo  nel  se- 
col  d'oro  non  fece  men zi one  di  nudita,  ne  di  mansuetudiue  di  fiere,   ne 
di  colloquj  con  animali;  ma  queste  cose  rammentate  furono  da  Platone 
nel  suo  Politico.  Arato  fa  in  quel  secolo  menzione  di  agricoltura  (a),  cib 
che  non  fa  Esiodo ,  e  mostra  di  aver  creduta  quella  sacra  parola :  posuit 
eum  (hominem)  in  paradiso  voluptatis,  ut  operaretur  et  custodiret  ilium  (b). 
Enellaeta  del  bronzo,  Esiodo  non  dice,  che  fosse  distrutta  col  diluvio, 
ma  lo  dice  Apollodoro  (c),  eProclo(^);  e  Luciano  (e)  aggiunge  ,  che  cib 
fu  in  pena  degli  atroci  misfatti  comunissimi  a  quella  eta;  che  1' inon» 
dazione  venne  dalla  Terra  e  dal  Gielo ;  e  che  Deucalione  con  la  fami- 
glia ,  e  con  tutte  le  specie  degli  animali  a  due  per  due ,  maschio  e  fem- 
mina  ristrette  in  una  nave  se  ne  salvo  .  Piutarco  {f)  vi  annette  il  fat- 
to  della  colomba ,  che  lasciata  da  Deucalione  in  liberta,  gli  diede    av- 
viso,   che  duravan  le  acque  tornando  nell'  area,   e  che  cessate   erano 
scomparendo .  Ma  piu  che  altri  Beroso  e  Niccolao   Damasceno ,    se  pre- 
stiam  fede  a  Giuseppe  Ebreo  (g),  furon  eonformi  alle  narrazioni  del 
sacro  Testo  . 

Da  cib  che  abbiam  detto  risulta ,  che  i  Gentili  ed  Esiodo  stesso  tennero 
per  cose  istoriche  cib  che  asseriscono  delle  prime  eta  del  Mondo.  Ghe  dun- 

(a)  Phaenom.  v.  112.  (b)  Genes,  cap.  2.  (c)  Bibl.  1.  I.  p.  41.  (d)  In 
v.  85.  pag.  3o.  (e)  De  Dea  Syria  pag.  458.  (/)  De  soleitia  animalium 
pag.  968.         (g)  Contra  Apionera  lib.  I. 


55 
que  l'Einsio  ci  esca  fuori  con  delle  allegorie  su  la  Fortuna;  che  van- 
tisi  di  aver  trovato  il  vero  sistema  Platonico,  che  Proclo  col  tanto  spe- 
colar  su  Platone  non  avea  saputo  indagare  ;  che  canti  un  bell'  inno  gre- 
co  su  la  Fortuna ,  tenuto  da  Niccolb  Scaligero  (a)  per  opera  di  un  an- 
tico  inedita;  noi  di  queste  cose  ci  rallegriamo  con  lui,  ma,  con  suabuo- 
na  pace,  non  gli  crediamo  niente .  Eustazio  condanna  coloro,  che 
comentando  il  divino  Omero  1'  oscurarono  con  importune  allegorie : 
Homed  carmen  alii  obumbrarunt ,  et  quasi  eos  puderet ,  si  Poeta  more  lo- 
queretur  humano ,  reduxerunt  omnia  transtuleruntque  ad  allegoriam(b).  Lo 
stesso  vuol  dirsi  di  Esiodo ;  e  tanto  maggiormente ,  quantoche  s'  inge- 
gna  di  persuadere  al  fratello  la  fatica .  II  che  se  facciasi  per  via  di  sto- 
ria ,  avra  gran  forza  il  discorso ,  come  1'  avrebbe  presso  un  Cattolico , 
a  cui  si  rammentasse  quel  divino  Oracolo:  in  sudore  vultus  tui  vesceris 
pane  tuo  (c) .  All'  incontro ,  se  si  proponga  come  un'  allegoria ,  non  ha 
piu  autorita  divina,  ma  umana;  e  di  un  poeta,  che  finge  cio  che  mette 
bene  al  suo  intendimento.  Per  la  qual  cosa  lasciamo  pure,  che  ciascu- 
no  siegua  nelle  altre  favole  quel  sistema  che  piu  gli  piace :  ma  nelle  fa- 
vole,  che  riguardano  i  primi  secoli  del  Mondo,  esclnso  ogni  altro  siste- 
ma ,  tengasi  lo  scritturale .  Chi  non  fa  cosl ,  o  per  desio  di  novita ,  o 
per  odio  alia  Scrittura  Santa ,  di  vera  luce  tenebre  dispicca  (d) . 


(a)  Disseitaz.  inseiita  nelle  Memorie  dell' Accad.  di  Berlino  in  proposiro  dell' 
Einsio  an.  1747.  (b)  In  Prooemio  ad  Iliadem  ex  versione  P.Politi .  (c)  Gene- 
sis 3.         (d)  Oante  Cantica  II.  Canto  1 5. 


5« 

PIANO   DI  TUTTA  L' OPERA. 

I.  Capitolo.  S'ingegna  il  Poeta  di  ritrarreil  Fratello  dalla  mala  garat 
cioe  dalle  liti,  e  di  volgerlo  alia  buona,  cioe  alia  emulazione  della  Jati- 
ca  in  genere  di  agricoltura  specialmente ;  posto  il  voler  di  Giove,  che  ha 
nascosto  il  vilto  all*  uman  genere  fin  da  tempi  kU  Prometeo  e  di  Pandora, 
la  cui  favola  descrive  'elegantemente . 

II.  Gontinua  occultamente  amostrare  la  necessita  della  fatica,  che  se 
in  altr  eta  del  Mondo  non  era  necessaria ,  e  necessaria  in  questa ;  la  cui 
trista  condizione  in  ogni  linea ,  e  specialmente  nel  costume ,  vien  deplorando . 

III.  Presa  occasione  dalla  Jug  a  di  Astrea,  rimuove  il  primo  impedi- 
mento  della  sua  causa  ,  cK  e  tingiustizia ;  avendo  il  Fratello  corrotto  i  giu- 
dici  con  donativi.  A'  quali  giudici  da  ottimi  precetti  di  politica. 

IV-  Rimuove  Valtro  impedimento  della  sua  causa,  cti '  e  la  oziosita  del 
Fratello.  Dopo  avergli  dunque  raccomandata  la  giustizia,  gli  raccoman- 
da  la  operosita. ,  biasimdndo  la  dannosa  vergogna,  e  quant'  altr o  il  distor- 
na  daW  agricoltura,  e  mettendogV  in  vista  i  beni,  che  ne  derivano.  J»co- 
mincia  quindi  a  formare  il  nuovo  agricoltore  in  varj  suoi  uffizi  verso  gli 
Dei,  verso  gli  amici,  verso  i  vicini,  e  generalmente  tratta  di  economia. 

V.  Dopo  di  aver  Jbrmato  V  ag  icoltor  volontario  ,  comincia  a  farlo  pe- 
rito .  Gli  da  dunque  precetti  su  lo  stabilimento  della  casa ,  su  la  provvisio- 
ne  degli  attrczzi  domestici,  e  rusticani;  e  specialmente  dijfondesi  nella  se- 
mina,  e  nelle  altre  Jaccende  delt  autunno . 

VI.  Ragionasi  della  stagione  del  verno,  e  di  cib  che  dee  schivare  f  agri- 
coltore in  quel  tempo ,  e  di  cib  che  dee  fare  a  riparo  di  sua  salute ,  e  a 
vantaggio  de1  suoi  interessi . 

VII.  Si  dan  precetti  sul  potar  delle  viti  a  primavera ;  e  sul  mietere , 
trebbiare ,  e  riporre  il  grano  la  state;  si  torna  aW  autunno,  e  si  discorre 
deW  arte  di  Jare  il  vino ,  e  dell'  aratura .  A'  quali  discor&i  5'  interpongono 
altri  utili  consigli  sul  reggimento  della  casa  convenevoli  a  un  agricoltore. 

VIII.  Si  dichiara  come  un   agricoltore  possa  aiutarsi  ancora  con  la' 
mercatura ,  navigando  in  paesi  esteri  per  poco  tempo .  Con  questa  occasio- 
ne racconta  il  suo  viaggio  a  Calcide ,  e  il  premio  che  cantando  ne  riportb . 

IX.  Siegue  ad  istruire  il  nuovo  agricoltore  circa  altri  ufizj ,  che  non 
appartengono  alia  sua  projessione,  ma  sono  confacevoli  alio  stato  suo . 

X.  Delle  opere ,  di  che  ha  trattato  finora,  insegna  quali  siano  i  gior- 
ni  favorevoli ,  quali  gli  avversi . 


H2IOAOT  TOT  A2KPAI0T 
EPfA  KAI  HMEPAI 


fHESIODI  ASCRAEI 
OPERA  ET  DIES 

CUM    LATINA   VERSIONE. 


LE  OPERE  E  LE  GIORNATE 

DI 

ESIODO  ASGREO 

VOLGARIZZATE    IN    TERZA    RIMA. 


58 

„  JJiA-outrou   Http/nd-iv   do/Jfnrt    xh&ovtrou 

„    AiUTS    JV,    SVVi7TiTS    (TtyiTtpov    TTCtTSp    V [AVitOVITOU.  ' 

3,  "Of   re  diet    Qporei  aivSpic,  ofxooe,  cLty&TOi   n  (pctwi   re  , 

■>,  'Pwro/    r    appvTOi   n  A  toe,  /uiyctXoio  iKvtri . 

„    P«a  (xiv  ydp  fipictn  ,   p{ct  St   (BpidovTU    ^aAeVre* '  5 

,,  'P««   /'  d.pify'hov  (jiivuSii,  xcu   oIJyiXov    di^ei- 

„    Pet  at  Si    t    iSvva  (rxoXiov  ,    xou   dyyvopa,  ndpcpei 

},  Ziv<;  v-\>i(2pi(AiW(; ,  oc,  V7r{pTCtm.  ScJ fjuxret  voua . 

„   KXud-i  IScov  dioov  rs  •   Sizy  S'  i&un  QlyLiscte, 

„  Tvvvi  •  iyco   Si   xi  Hippy  iwrv^ot.  (iv^ry\<rcufxv\v  .  10 

Ovk  a.pa  {jlxvov  iviv  tpiScov  yivoc,  ,  a'AA   %7rt  ycua» 
E/o"/    Suco  •  rwV  fxiv  ttiv  i7rou.v<t<rcreii  voyicclc,  , 
H   S'  i7ri(ico(xyivi  ■  Aid  <T  di>Si%tx.  Supov  i%ov(rii>  ■ 
H  fxiv  yap   7r6\i(xov  re  kolkov,    kou   £ypiv   otpiWu  , 
X^irX/yf    xtii;  ryvyi  <p/A«   (Sporoc,  ,  aAA    vtt    avctyxv^ 
ASou/drwv  $ov}\y<riv  i'piv  rifxaci  (Bup&tau>  • 
Ty'v    J*  iripyw  ,  7rpoTspy\v    fxiv  eyeivctm  N^   ipifiivvvi  , 
Qvixi  Si  [jlip  Kpoi>/S>n;  v\i<£vyoc,  3  cti^ipi  voueov  , 


io 


M. 


usae  ex  Pieria  carminibus  gloriam  conciliantes 

Adeste  quaeso  ,  dicite  vestro  patri  hymnum , 

Per  quern  mortales  homines  pariter  obscurique  sunt ,  et  clari  , 

Nobiles ,  ignobilesque  Jovis  magni  voluntate  . 

Facile  enim  extollit ,  facile  etiam  elatum   deprimit ; 

Facile  praeclarum  minuit ,   et  obscururn  auget , 

Facileque  corrigit  pravum ,  et  superbum  attenuat 

Juppiter  altitonans  ,  qui  supremas  aedes  incolit  . 

Audi  intuens  et  auscultans ,  et  juste  rege  judicia 

Tu  :  ego  vero  Persae  vera  dicere  queain  . 

Non  sane  unum  est  contentionum  genus ,  sed  in  terra 
Sunt  duo  :   alteram  quidem  probaverit  sapiens  , 
Altera  vituperanda :  diversa  autem   sentieutem  animum   habent . 
Nam  haec  bellum  exitiosum,  et  discordiam  adauget , 
Noxia  :  nemo  banc  amat  mortalis ,  sed  necessario 
Immortalium  consiliis  litem  colunt  molestam  . 
Alteram   vero  priorem  genuit  Nox  obscura  , 
Posuit  vero  ipsam  Saturnius  sublimis  in   aethere  habitans 


59 

C  A  P  I  T  O  L  O     I. 


V, 


oi ,  che   date   co'  versi   eterno    vanto  , 
A  tesser   inno  a   Giove ,   onde   nasceste , 
Muse ,   Pierie  Dee  ,   movete   il  canto . 

Chiunque   mortal  velo   in   terra   veste 

E   cliiaro   al  Mondo ,   o   scuro ;   inclito ,   o  vile , 
Pur   come   aggrada    al   gran   Motor   celeste . 

Ei   di  leggier'  ogn'  uomo   in   signorile 
Stato  solleva ,   e  1   sollevato   prostra  , 
E   scema  il   grande  ,    e   crescer  fa   1'  umile ; 

E   a   chi   va   torto   il   cammin   dritto  mostra ; 
E   i   superbi   deprime   il   sommo  Nume , 
Che   regna ,    e   tuona   in   su   1'  eterea   chiostra . 

O   tu ,   die   vedi ,  e   ascolti ,    or  col    tuo   lume 
Drizza   i   giudizj ,    e   m'  odi ;    intanto   ch'  io 
Di   veri   sensi   a   Perse    empio  il   volume . 

Due    gare    ha    in   terra ;    e  '1   savio ,  a   parer   mio ; 
L'  una   lodar  ,   biasmar  1'  altra   devria , 
E  varia   hanno   tra  lor   mente ,  e    desio . 

Perversa   e  1'  una ,    e   brighe   e    guerre    cria , 
Ne   piace   ad   uom;  ma,  perche  a' Numi  piacque, 
E    forza    che    tra   noi    si   onori  ,    e    stia . 

L*  altra    e    piu    antica ,    e    da    la    notte   nacque ; 
E    di    porla   chi    d'  alto   ogni    ben    dona 
Nosco  ,   e   neir  ima  terra   si   compiacque : 


<5o 
Veuve,   r    iv    p7£vwv ,  kou    dv$pd.<ri  ttoXXov   a/u&sra. 
"H    ts  kou    d7rd)\ctfjiv6v    7rip  ,  o  f/.coe,  (711    ipyov  (yetp^i  •  20 

E/g    irepov    ydp    Tie,    ts    iScov    spyoio    ^ari^oov 
HXxcriov  ,  dc,  (TTTivSei    /utv  dpo u^ivc/jl  ,    yidi    (p'jTev&v  ? 
OIkov    T    id    $i<rScu  '    fy)\o7   JV  re  yeimva.   yeiiwv  , 
E/;  dyivov  <r7rzvd*ovT  '  ayaSyi   S1   Ipic,  vi'Si  /SpowJcri  ■ 
Kou     Kipctf.uve,    mpa^ei    kctssi  ,    kou    rszrori    tsktwv  ,  25 

KoU      TTTWXpC,     7TT0))(M     (pSoViti    5      KOU      CtOltiOC,     dotdu)  . 

'£2     liipCTYt  ;      (TO     Ji       TUVTtt      TSCp       iVlKO.T$iO    $U(J.<f)   ' 

MwJY  <t    '(pie,  Kaxo^oLpmc.    dw   zpyou  §uy.ov  ipvKOi 

N&K'i     OTTITTTSUOI'T    ,      ayopilC,      <c7T0iK0V0V     iOVTtt  ■ 

vQ,p;i  ydp  t    oXlyyi   yriXirzu  v&KiCov  r    dycpiav  ts  ,  3o 

c D.i  mi  fjLvi  /3/oc.  tvdbv    irrWiiuioc,  KcnzcKetrcu 
'Xlpouoc.  )   tvv  youcc   (pip&t  ,   Avi^Tspot;  ctKinv  . 
Tov    Ki   Kopicrcrd/uii'oc,  ve'rKiO.  ■>   kou.   dvipii1  otpzXXoic, 
KrJi(/.<x<r    (n    dXAoTpiGic,  ■  o~oi    S'  ovk(ti    dtVTspov  i-?cu 
'XlcT'  epjetv    a'AA'   du2ri    cPia.Kpii'tofAid'ct   veizoc,  ^ 

iSeivuri    SiKoue,,    out     (k  Aioc,    €4<riv    api^ctt. 
vHJw    fxiu    ydp    K7\iipov    (J'u<r(rd/ui&'  '    dXXct    ts    ttoXXcc 
'ApTrd^coy    ((pop&e, ,    (Aiycx.     kvSouvcou    ^cktiX^clc, 


Terrae  et  in  radicibus  ,  et  in  hominibus  ,  longe  meliorem  . 
Haec   quamtumvis  inertem ,    tamon    ad   opus  excitat  . 
Alium    enim    quispiam  intuens    opere    vacans 
Divitem ,    et    ipse   festinat    arare  ,    atque    plantare  , 
Domumque  recte    gubernare  .    Aemuljufctir  enim    vicnium  vieinus , 
Ad  divifcias  contendentem  :  bona  ergo  haec  contentio  hominibus  . 
Et    figuliis    figulo    succenset  ,    et    fabro    faber , 
Et    mendicus    mendico    invidet  ,    et    poeta    poetae  . 

O    Persa ,    tu    vero    haec    tno    repone    in    animo  : 
Neque  malis  gaudens  contentio  animum  luum  ab  opere  abducat, 
Lites    spectanbem  ,    concionum    auditorem    existentem  . 
Cura    enim    parva    esse  debet    litiumque    et   fori , 
Cui    non    est    victus    domi    in    annum    repositus  , 
Aestate    collectus  ,    quern    terra    fert  ,    Cereris   munus  , 
Quo    satiatus    lifces    ac    rixam    moveas 

De    facultatibus    alienis  .    Tibi    vero    non    amplius    licebit 
Sic    facere  :    sed    in    posterum    dirimamus    controversiam 
E.ectis    judiciis  ,    quae    ex    Jove    sunt    optima  . 
Olim    quidem    hereditatem    divisimus :    alia    autem  multa 
Rapiebas ,    valdc    demulcens    reges 


69 

CAPITOLO  I. 


V. 


oi,  che  di   ben  cantare   avete   vanto, 
A   tesser  inno   a   Giove ,  onde   nasceste , 
Muse,  Pierie  Dee,   movete   il   canto. 

Chiunque   mortal  velo   in   Terra   veste 

E   chiaro   al   Mondo ,   o  scuro ;  inclito ,   o  vile , 
Pur   come  aggrada   al   gran   Motor  celeste. 

Ei  di  leggier'  ogn'  uomo  in  signorile 
Stato  solleva ,  e  '1  sollevato  prostra , 
E   scema  il  grande,  e   crescer  fa   l'umile; 

E   a  chi   va   torto   il   cammin   dritto  mostra; 
E   i  superbi   deprime  il   sommo  Nume, 
Che  regna,   e   tuona  in  su   l'eterea  chiostra. 

O   tu,   che   vedi,   e   ascolti,   or  col  tuo  lume 

Drizza   i   giudizj,  e   m'odi;   intanto   ch' io 

Di  veri  sensi  a   Perse  empio  il  volume. 

Due    gare    ha   in  Terra  ;    e  '1  savio ,    a  parer    mio , 
L'  una   lodar ,   biasmar  1'  altra  devria , 
E   varia  hanno  tra   lor  mente,  e   desio. 

Perversa  e  Y  una ,   e  brighe  e  guerre   cria , 

Ne  piace  ad  uom ;   ma ,   perche  a'  Numi   piacque 
E  forza  che   tra   noi   si  onori ,  e   stia . 

L' altra  e   piu  antica,   e   da  la  notte  nacque,- 
E  porla   Giove,   che   ha  nel  Ciel   corona, 
Nell'  ima  Terra ,   e   fra   noi  si  compiacque : 


6o 
r otitis  r    iv  p/^o"/  ,    zed   dvSpd&i    ttoXXov    dixeiva  • 
H  re  ■nou  a.7rctXoiiXvov  Trip  ,.  ofxcoc,  iTrt  ipyov  iyeip&t-  ao 

E/£   irepov  yelp   tic,   ts  iScov  ipyoto  yjXTl^OOV 

YiXxCTlOV  ,    OC,    CTTTivSei    fXiV    etpo/UfJUfOU  ,      YlSi     fyUTSUPtV, 

Qixov  t    it)    SicrScw  ^nXo7  Je    ts  yeitovct  yeiiwv  > 
E/'c  utpivov  a-7TivSovT  '  dyctSnt    eP  iptc,  )5'<A  (BpoTDta-i  • 

KoU     KipCLfAiUC,    MpCt/U&i    KOTSCi  ,     JCOW     TSX.WVI    TSXTWV  ,  25 

Kca   Tma^os  TTTto^ot)   (pSovin ,     v.ou    doiSoc,   doiSui  • 

\Q      UipCil  y     (TO      Si     TCtVTCX.      TSSO     iVDtdrOiO      $U U'2  ' 

Mwjy   or    Iptc,    kclko  yap-roc,    oltt     'ipyov    Suftov    sppxoi 

NeiXi      07Tl7TTiV0VT    ,    CtyopYI  C,     iTTCtKOVOV      ioVTtt  • 

£lpn    yap  r    oXiyw    TriMrou    vtixicov  r   dyopicov    is  y  3o 

'  12/    TtVl    [XVI      /3/oC,     ivSoV     iTTYIbTUVOC,     KcnUKGlTOU 

Qpouoc, }    tov    youa.    <p{p&i ,    AvifjJnpoc,    clktav  ■ 

Tov   xt  xopio~<rafA.ivoc,  v&xict ,   nod   Snpiv  ctyiXXoic, 

Kwfxota-     <i7r     ctXXoTploic,  •    col    S   oukiti    Sivrepov  'i<?ou 

'  <(lS'    £'p  JW  '    dXX'    dvSri    SictxpivcofAiOct    vhk.cc,  35 

l9eir>o~t    Slxcuc,-,   out    e'jc  Atdc,    «V/y    dpi^ou  . 

H.Sw    fJiiv    ydp    zXyipov    i Sourer d{/i& '  '    ctXXd   ts    ttoXXx 
'ApTrdfcov    ityop&ic,  ,    fXiyot    xvSouvcov    (BetcriXyictc, 

Terrae'  et  in    radicibus  ,    et  in  hominibus ,  longe  raeliorem  . 
Haec  quamtumvis  inertem  ,  tamen  ad   opus  excitat  . 
Alium  enim  quispiam  intuens  opere  vacans 
Divitem ,  et   ipse  festinat  arare  ,   atque    plan  tare  , 
Domumque  recte  gubernare .  Aemulatur  enim  viGinum  vicinus  , 
Ad  divitias  contendentem :  bona  ergo  haec  contentio  hominibus  . 
Et   figulus  iigulb  succenset  ,   et  fabro  faber  , 
Et  mendicus  mendico  invidet ,  et  poeta  poetae  . 

O  Persa,   tu  vero   haec   tuo    repone  in  animo : 
Neque  malis  gaudens  contentio  animum  tuum  ab  opere  abducat , 
Lites  spectantem,  concionum   auditorem  existentem  . 
Cura  enim   parva   esse    debet   litiumque  et  fori , 
Cui   non   est   victus   domi  in    annum   repositus  , 
Aestate  colleetus,  quern   terra   fert ,  Cereris   munus , 
Quo  satiatus   lites  ac   rixam  moveas 
De   facultatibus  alienis  .   Tibi   vero  non  amplius  licebit 
Sic  facere  :  sed  in   posterum  dirimamus   controversiam 
Rectis   judiciis ,  quae   ex   Jove   sunt   optima. 
Olim  quidein    hereditatem  divisimus :   alia  autem  multa 
R.apicbas  y  valde    deinulcens .  reges 


6i 
Ed  e  molto  per  noi   cosa  piu  buona; 

Pero   che  l'uomo,    ancor   die   pigro   e   tardo. 

Non   pertanto  a  fatica  incita   e  sprona. 
Spesso   a   piantar  s  affretta   uomo  infmgardo  > 

A  stampar  solchi ,  a   regger   sua  famiglia, 

Perche   ad  un  ricco  volse   emulo  il   guardo: 
Che  'nvidia  nel   vicin  ratto   s'  appiglia 

Verso  1   vicin_,   che  farsi  ricco   ambisce . 

Buona  e   tal  gara,    a  cui  l'industria  e  figlia. 
Vasaro  per   vasaro  aschio  nodrisce; 

E'n  sirnil  guisa  un  fabbro ,  ed  un  mendico, 

E   un  poeta  per  1' altro  ingelosisce. 
Chiudi  nel  cor  quant'  io ,   Perse ,  ti  dico ; 

Ne    gara   iniqua  dai   lavor   ti  stoglia 

Fatto   del  Foro   e    d' udir   liti   amico. 
Di  liti   e   foro    aver  non   de'  gran  voglia 

Chi  dell'  estiva  fruge ,    che   rinnova 

Cerere   ogn'  anno ,   in   casa  non   accoglia 
Tanto,   che   iniino    all'  altra   stagion   nova 

Basti   a   nodrir ;   onde   all'  altrui   sostanze , 

Sazio   del  suo,   briga   e   litigio   mova. 
Seguir  piu  non   potrai  si  fatte   usanze,- 

Ma  i  buon  giudizj ,  opra   del   Re    superno , 

Tutte  quetin.  fra  noi  le    discordanze: 
Che   gia  partimmo  in   due  1'  aver  paterno, 

E  piu  rapisti    assai ,  molta  blandizia 

Facendo  a'Begi,  ch'han  di  noi  governo; 


62 

Aeopoipayovt;  >    o'i    TttvSi    Slzvw    i^iXova-i   Sizdtrau. 
Nvi7r/0i'    aa     icraxrip    otrca    7r\iov   vi pua-v    wolvt6<;^  4° 

Oud    Strop   ip    fxctXd^vi    ts    zou    dp-qsoHXa   fxiy    opemp- 
Kpu-^owTet;    yap    i%ov<rt   Snot    filop    dp^poo7roiari  ■ 
'Pv\'u]lcoc,    yelp    zip    zal    i7r     Hfxctri    ipydcrtuo  , 
Xli;    7?    tn     z     etc;    ipiavrop    i^eip,    zou     d-pyop    iovvx.' 
hi\d    zi    7rnSdXiop   (/.ip   vTrtp    zawvQ    zaTzx^o,  4-5 

Epyct    poeop    d     a.7roXoiw  ,  zou    Y\yn6pooP    Trzhoapyaip  • 
AAAa    2jIvc,   izpu^i    ^oXeotrd/uiPOQ    (ppttriv   y\o~ip , 
"Orr/    fJtiP  i^and-mari    Upo/MiSivt;    dyzuKo^wtc,  , 
Txvik     ap    ctvSrpoo7roio~ip  if/.yararo    zviaitx.    Xvypd  • 
Kpx/^s    «Ts    7rvp  •   to    pip    avbic,   zdt;    Trait;    'Ioi7ri7o7o ,  5o 

EzXi-^    dpSrpooTTOiari    Aioc,    Trap  a    (AVTioivToe, 
Ep    zoiXca    pdpBwzi ,    Xx&cop    At  a    ■np7rtz{pavP0P  . 
Top    Si    yo'hooo'afxivoc,    7rpoar<t<py    vKpiXviyipim  T^ivc, ' 

'ictTTiTlOPlSvi  ,     TrdpTWP     7Tipi     p.Y\$iCL     etSdOC,  , 

Xctip&t;    7rvp    zM-^at; ,    zed    i/jtdq    tppipac,    iiTripoTTidtrat; ;       55 
So/   r    avT&>    (Mya    Tnifia-,  zou   dvSpdcrip  .iomo~o[tiPoio't  ■ 
To7q    <f    lyoo    dprl    7rvpo<;    Scotrco    zazop  ,    $    zip    a7ravnc, 


Donorum   appetentes,  qui  hanc   litem  volunfc  ( iterum)  judicare 

Stulti :  neque   sciunt   quanto    plus   dimidium   sit    toto  , 

Neque   quam   magnum   in   malva    et  asphodelo   bonum  . 

Occultarunt   enim  Dii  victum   horninibus ; 

Facile   enim  alioqui  vel  uno   die   tantum  acquisivisses , 

Ut  in  annum   quoque  satis  haberes ,  etiam   ociosus : 

Statimque  clavum   quidem  in  fumo  poneres  ; 

Opera  vero   boum  cessarent  ,    mulorumque   laboriosorum  . 

Sed  Juppiter   abscondit   irato   animo   suo , 

Quia  ipsum  decepit   Prometheus  versutus  : 

Quocirca   horninibus  machinatus  est  tristia  mala  . 

Abscondit  vero  ignem;  quern    rursus  -  egregius  Japeti  filius 

Surripuit  ad  hominum  usum  Jove  a   consulto 

In   cava  ferula ,   fallens  Jovem  fulminibus   gaudentem  . 

Huncque  indignatus   affatus  est   ruibes  cogens  Juppiter  : 

Japetionide   omnium  maxime   versute , 
Gaudes  ignem  furatus ,   quodque    animum   me  urn  deceperis  ? 
Tarn  tibi  ipsi  magnum  erit  malum,  quam  horninibus  post  futuris. 
Ipsis  namque    pro   igni    dabo   malum  ,  quo  omnes 


Gente   che  doni   ingolla,   e  con  malizia 
Novo   fomento   a  questa   lite  porge , 
O  di   senno  fanciulla  e   di  perizia! 

Quanto  sia  piii   del  tutto  non   s'accorge 
II   mezzo!   Ne   qual   pro  le  malve  fanno, 
O   F  asfodillo ,  che   pe'  boschi  sorge ! 

Ohime !  nascoso  il  vitto  i  Numi  ci  hanno: 
Che  in  un  di  leggiermente  uom  troverebbe 
Da  nutricarsi  scioperato   un  anno,- 

E   tra'l  fumo  il   timon  sospenderebbe , 
E  de'  muli   operosi  il  grave  stento , 
E  quel  de'  tardi  bovi  a  fin  verrebbe. 

Ma  Giove  il  cela  a  noi:   che  mal  talento 
L'  inganno  di  Prometeo  in  cor  gli  pose ; 
Di  che   a  noi  destino   duro   tormento. 

E  il  foco   in  prima   agli  uomini  nascose,- 
Ma  per  giovarci  di  Japeto  il  buon  figlio 
A  torlo  al   savio   Giove  si   dispose; 

E'l  chiuse  in  cava  ferula;  e   il  consiglio 

Scherni  di  lui  che  in  Ciel  folgora,  e   piove. 
Allora  il   sommo  Re   con   torvo   ciglio 

Irato   disse :  o   astuto  si ,   che   altrove 

Non   hai   pari,   Prometeo!   or  fai   tu  festa 
Pel  furto ,   e    per  la  befia   ordita  a  Giove? 

Gran   pena  a  te ,    gran  pena   anco  s'  appresta 
Agli  uomin,   che  verranno:   i' daro   al  mondo 
Cosa,  del  foco  in  vece ,  aspra  e  funesta; 


<*3 


T»p7r&)i>Tcu,    xxm    Svuov  >    icv    xctxov    a.u.<pa.y&7rcdVTsc,. 

*£Lc,  itpctr  ■  ix   S    iyiXcunn   7rot,mp  dvSpcov  re  &icov  ts  . 
H(pou?ov    S    ixiXivcn    7nptxXvTvv   i'rrt    Ttiyysa.  60 

Tala»    vSa    (pvpeiv,  iv    S'  d^p'J>7rou    SifJAv    ctuSyv , 
Kou    <r&U'0$  ,    cl^ojjcltcuc,    Si     Oiouc,    eig    cotto,    i'io'XHV 
TlcLpSnvixyc,    xctXcv    eiSoc,    tTrttpamp  ■    avmp    'A&vPiiiym 
vEpyct    S'tSct<rxy\<xax ,  7roXvSadSctXov    'kttop    u%cu-hv- 
Kai    %aptp    ctfAtp/^icu    xi<pa.\y     p($v<rftv    'ApporVw." ,  65 

Kou    7to§ov    ctpyaXiov  ,    xou    yvioxopovc,    fXtXiSuPctc,  '• 

'Jiv     Si     SifAiP      XVPiOV      75      POOP  ,    XOU     i7TlxX07T0P      W&OC, 

'Epoetin?    ypcoyi    Sidxmpop     '  ApyeityoryfP  • 
c\Ct£    i <pct&  •    01    S    i7ri&0PTV    Aii'    Kpopicovi    dvctxri  . 
Avr/xct    S'    ix  ycuYic,   7rXdo~<n  xXutoc;    'A/jttpiyoyien;  70 

Tictp^ivui    cuSoiy    ixiXop    KpovISito  Sid.   /3ouXd<;  . 
Zcocri    Si )  xou    xo<r(xy<ri    $id  yXctvxcoTric,  'AStfpvi. 
'Aptpi    Si    01   Xdpi7S$  7S  Siou  ,  xou    TrQTipa  He^Sco 
"Op/uout;  yjpvar&ovc,    i$i<row    Xpo?  *    dfxtpi   St.  TYivyi 


Oblectent    animum  ,   suum    malum  vehementer  amantes. 

Sic  ait :  risitque   pater   homirjumque    Deorumque  . 
Vulcanum   vero   inclytum    jussit    quam   celerrime 
Terram   aquae    miscere ,   hominisque   indere  vocem , 
Et  robur  ,   immortalibus  vero  .Deabus  facie   similem   reddere 
Virginis   pulch'ram.  form  am   peramabilem  :   at    Mitiervam  , 
Opera  docere,   ingeniosissime   telam   texere*. 
Et    gratiam   circumfundere    capiti  auream^  Venerem , 
Et  desiderium   vehemens  ,    eb   ornandi   corporis  curas : 
Indere  vero    impudentem   mentem ,    et  fallaces  mores 
Mercurium   jussit   nuncium    Argicidam  \ 
Sic  dixit  .  Illi    autem  obtemperarunt  Jovi  Saturnio    regi  , 
Moxque    ex   terra    finxit   inclytus    Vulcanus 
Virgini    verecundae    similem   Jovis   cortsiliis  . 
Cinxit    autem,    et    ornavit   Dea  caesia    Minerva. 
Circum   vero  Charitesque   Deae,et  veneranda  Suada ., 
Monilia   aurea  imposuerunt    corpori  ;   ipsam  porro 


<*5 
Sebben  tal  male  a  ognun  parra  giocondo; 

E   molto   1'  amera :  ridendo   il   disse 

L'autor    d' uomini ,   e  Divi    almo  e  fecondo. 
E  all'  inclito  Vulcan  quinci  prescrisse , 

Che  tosto  acqua  con  terra   avesse   intriso; 

E   voce  d'uomo,  e  polso  v'  inserisse; 
E  una  Donzella  di  soave  riso, 

E  di  bell1  atto  vuol  che  ne  conformi, 

Che  le  immortali  Dee  somigli  al  viso. 
Vuol,   che  la  mente  Pallade  le  formi 

Ne'  donneschi  lavori,  e  a  la  testura 

Di  tele   ingegnosissime  la  informi: 
Grazia  l'idalia  Dea  senza  misura 

Le  sparga  in  testa;   e  femminile  ardente 

Voglia ,   e   d'  ornar  le  membra  alta  premura . 
Fallace  vezzo,  invereconda  mente 

Ispiri  'n  lei  Mercurio  messaggiere, 

Ond'  Argo  e   le  sue  luci  giacquer  spente. 
Disse ,  ed  empiero  i  Dei  1'  alto  volere : 

E  gia  di  terra  il  Zoppo  un'  opra  ha  fatta , 

Che  pudica  donzella  pud  parere. 
A  senno  del  gran  Giove  era  compatta; 

Quinci  la  Dea  Minerva  al  gran  lavoro 

La  dilicata  vesta  ,   e  1  cinto  adatta . 
L'augusta  Pito,  e  de  le  Grazie  il  coro 

Intorno  a  lei  ristrette,  ora  un  monile, 

Or  altro  le   ponean  di  lucid'  oro . 


/ 


66 
'  flpou  KctWixofAoi  <?i(pov  avSttriv  ei&pivoi<ri  .  1& 

„  lidvTtt  <JV  oi  %po?  rJa-fiov  itpypfxoari  UotXXd<;  'ASyvtt  ■ 
'Ev  d  ctpct  01  <^v\%icr<ri  J/XKWpoi;  Apyeitpovwc, 
"^rivSict  3-  cu[w?u'ov<;  ts  Xoyovc,  x.cd  i7r!>t'Xo7rov  vidoc, 
Tiv£i,  A/ot;  fiovXycri  /2apuKTU7rov  iv  J''  d,pa  (pcovvtr 
®Hx.i  Sicov  XYipuZ  •   ovdftyvi  JV   riv&i  yvicuKct  8o 

Yloui^copvw  •  on   TrctvTic,  oXv^ia.  S'cJfxctr    i^ovrsc, 
Acopov  idcoptftrav  ,  7tyi  fx    dv^pdcrtv  a.X<py<7Yto~it>  • 
AvTtip   i7rei  SoXov  cu7rvv  ot[jt,w%aji>oi>  i^iiiXiarcriv  , 
Eic,    E/ri/MiSio!.    7riy.7ri   ^ctrnp    kKutov  'Apy&ttponnv 
&wpov  ciyovizx.  $i&ii>  Tct-xpv  (tyyihov .  Oud    'ETsr/yUwSWs         85 

'E<Ppct<TCl3-'    GOC,    01     iei7Ti    IlpopLYlSiVSy    (JM7T0TS    cfco pOV 

Ai^cicr&cu  7rdp  TjWvoc,  6?\v[X7riov  ,  dXX  a.7T07riyL7reiv 
E^07rlcrao  ■)  /h^ttou  ti   KctK.dv  Suvim'to'i  yivinrax- 

AviUp    6    di^CLfJLiVOt;-,    GTS    JV    XUKOV    &X   j    il'OYWi  ■ 

ITp/V    fXiV    yotp    ^COiO-lLOV    i7Tl     %$Ol't     <pvX      Ctl'^pCt)7TC0V  $0 

£f00-(pil>    OLTSp    TS    KCtKOO  V  ,    X.OU    <X,rSp    yjzhlTrOlQ    7TCV010) 

Noucrcov  r    dpycthioov  ,   out    dv^pdori  nypcic,  g  deoKcut  . 
„  A\\ct  ydp   iv.   KCtKOWTl   Bpowi   namy w p etc kovct 1  • 


Horae  pulchricoraae    coronarunt    floribus   vernis  . 

„  Omnem  vero  illius  corpori  ornatum  adaptavit  Pallas  Minerva 

At  in  pectore    illi  nuncius   Argicida 

Mendacia  blandosque  sermones ,  et  dolosum  morem 

Condidit ,  Jovis  consilio  tonantis  ;  sed  nomen  illi 

Imposuit  Deorum   praeco ;   appellavit  autem  mulierern  hancce 

Pandoram  :   quia  omnes  coelestium  domorum  incolae 

Donum  contulerunt  ,  detrimentum  liominibus  Industriis  . 

At  postquam  dolum  perniciosum  ,  et  inevitabileni  absolvit , 

Ad  Epimethea  misit  pater  inclytum  Argieidam 

Munus  ferentem  Deorum  celerem  nuncium  .  Neque  Epimetheus 

Cogitavit  quod  illi  praecepisset  Prometheus,    ne  quando  munus 

Susciperet  a  Jove  Olympio  ,  sed  remitteret 

Retro  ,  necubi  mali  quippiam  mortalibus  eveniret  . 

Verum  ille  recepto  eo  ,  cum  jam  malum  haberet ,  sensit  . 

Prius  namque  in  terra  vivebant  homines 

Et  sine  malis ,  et  sine  difficili  labore  , 

Morbisque  molestis  ,  qui   hominibus  mortem  afferunt . 

„  Statim  enim  in  afliictione  mortales  conseaescunt . 


61 

La  cinser  le  Stagion    dal  crin   gentile , 
»    Di  fior  di   Primavera ,  ed  all'  ornato 

Tutto ,   diede  Minerva  ordine ,  e  stile . 
E  poi  ch'  ebbe  Mercuric-  in  lei  spirato 

Menzogne ,  e  inganni  tra  lusinghe   instrutti , 

Da  lui  medesrno  nome  le  fu  date 
Pandora  la  chiamo;  pero   che  tutti 

Feron  gli  Dei  tal  dono,  anzi  svantaggio, 

Che  gY  industri  mortali  ha  malcondutti . 
Ordita  Y  alta  frode ,  il  grari  messaggio 

De'Dei  Giove  spedi,  perche  recasse 

II  dono  a  Epimeteo ,   ch'  era  men  saggio ;    . 
Ne,  che'l  fratel  Prometeo   gli  vietasse 

Da  Giove  accettar  dono ,  a  mente  tenne ; 

Ma   indietro  con  rifiuto  lo  tornasse . 
Ne  temea  pe'  mortali  il  mal ,  che  awenne : 

Videlo   Epimeteo   com' ebbe   accolto 

II  fatal  dono ,  e  male  indi  sostenne . 
Innanzi  quel  suo  fatto  incauto  e  stolto 

Non  era  in  Terra  il  viver  de' mortali 

In  grave  stento  ,  e  tra   disagi  involto : 
Ne  fean  oltraggio  a  la  salute  i  mali, 

Pe'quai  la  morte   il  viver  nostro  invase; 

Che  '1  patire  a  vecchiezza  aggiunge  V  ali . 


68 

AAA«    yvvvi  xeipzcro'i  7riSou  fxiya.   ttcJ/u   ei(pi\ou<r& 
'Earxs  deter '•    a.v$p<ti7ro«7i  S'  iyLYiarcno  Mdza.  Xvypd .  95 

Mou'pyi  S'  ctvmSi    EA^tv's  iv  a.pp^H.wia-1  S6fxoi<ri 
"EvSov  e/xein  irlSou  U7ro  ^e/Aecr/y ,  06  Si  Supctfy 
E%i7rw  7rp<j&iv  yctp  i7r{[x(2ctXi  woo  pa.  7r'i§oio  , 
,,  Aiyioxpv  fiovXy<ri  Ai6$  vitpiXyytpi'mo  - 

''AXXot,  di   fxvp/x  Xuypoi  nctr    a.v^rpoo7rovc,  ciXctXurou .  100 

IIAe/w  fxiv  yap  ycuct  Kctxav  ,  7rXeiv\  Si  S cL\cl<tq- a, . 
Noc/Vo/  S'  a.vSpco7roi<riv  i(p    wfxlpy  »' S"  ini   vukti 
Av7v/ua.7Vi  (ponwcri ,  holkcl  Svyitoio'i  <pepou<rou 
^lyy'   eirei   (pGovyv  i^eiXiro  (xv\thtu  Ztv<;  . 
Ovnog  xTt  7rou  zWi   A/o$  v&ov  i^aXiourd'ou .  lo5 


Sed  mulier  manibus ,  vasis  magnum  operculum  cum    dimovisset , 

Dispersit ,  hominibus  autem  immisit  curas   graves  . 

Sola  vero  illic  spes  in  non  fractis  receptaculis 

Intus  mansit  ,  dolii  sub  labris,  neque  foras 

Evolavit  ;  prius  enim  injecib  operculum  dolii  , 

,,  Aegiochi  consilio  Jovis  nubes  cogentis  . 

Alia  vero  innumera  mala  inter  homines  errant  . 

Plena  enim  terra  est  malis ,  plenumque  mare  . 

Morbi  autem  hominibus  tarn  interdiu  quam  noctu 

Ultro  oberrant  ,  mala  mortalibus  ferentes 

Tacite  :  nam  vocem  exemit  prudens  Juppiter  . 

Sic  nequaquam  licet  Jovis  decretum  evitare  . 


Ma  poi  che  '1  gran  coperchio  tolse  al  vase 
La  Donna,  infra  le  genti  atra  e  molesta 
Schiera  d'  aifanni  rei  produsse  e  spase : 

Solo  la  speme  ivi  nel  fondo  resta, 
Ne   fuor  de  1'  orlo  estremo  si  disserra ; 
Che  l'urna  a  copeirchiar  colei  fu  presta, 

Come  Giove  volea :  ma  ogn'  altra  guerra 
Fra  noi  ne   usci;  di  mali  immenso  stuolo, 
Ond'  oggi  e  pieno  il  mar ,  piena  e  la  terra ; 

E  i  morbi  notte  e  di  errano  a  volo 
Or  qua  or  la ,  ove  '1   disio  gli  porte , 
Recando  fra  le  genti  angoscia  e  duolo  , 

Taciti  e  cheti ,  come  cose  morte ; 
Che  la  favella  ha  lor  Giove  precisa: 
Cosi  schivar  non  si*  puo  mai  la  sorte, 

Che  1  superno  Motore  in  Cielo  ha  iisa . 


69 


,7°    , 
E/   J"  g3"&A«£,    inpov  to/  iyco  Xoyov  %x.nopv(pcJ<rct> 

Ev   ytcti   i7ri<7a.[AtvGo(;'  <rv  «T'  ivl  (ppicrt   fiaXXio  <rvicriv. 

Q.C,  ofxo&iv  yzyaacr/  Siot  ,  BvyitoI  r    av&pcowo/ , 

Xpvo-iov  fxiv  7rpcoT/g-a,  yivoc,  /uip07rci)i>  dv$pco7rcov 

ASa.vct.mi  7roiYi<rou>  6XijfX7r/a   Scofxctr   z%ovts<;.  110 

O/  fxiv  iTT/   Kpovov  v\<rcjjt  ,  cV  xpavcjp  i /u8a.<riMuiv  ' 

vQiJ    7?    S-Jo/    J     \todOV  ,    OLKYlSia    BufXOV    sx°VTS$i 

No<r(p/v  cLisp    7t6vgov  nod  oitvot; '  aJY  ri  £&Xov 
Tiipac,  <i7r^v  ouei  Jg   7r6Sac,  nod  ^etpac,  ofxoioi 

TipTTOVT     iv    SaXiyCT/    XO.X.00V    '{iLTO&IV    d.7T  OlVTOiV  ,  11.5 

,,  'Atpvaoi   /uhXo/o-/ ,  <plXo/  /uta)tdpi<ro~/  Stolen  . 

®py<rnQ}>  S'  cot;  i>7rvto  SiSfJWfxivo/ '  i&Xd  Si  7rdvm 

Toia-iv  shv  xa,p7roi>  J'  ttp'cpi  ZeiSoopoc,  dpovpa 

KvT0fxa.Tn  yroXXov  ts  xou  d<pSovov  •   oil  ef'  g'3"sAw/W 

*Ho~v%o/  spya  nf/avTo  o~vv  e&Xolo'/v  TroXticro'/v  .  120 

AvTCtp    i7TH    KiV    7*70    yiVOC,    KCtTtt.    yOUCt    KO.\v\>lV  y 

To/   (Atv  Sodfxovlc,  Wov  Aioc,  /utydXou  S/d  /SovXag 
'E&Xol  >  iir/yPov/o/  j  <puXax.it;  Si/vnwu  dvSpa>7rcov  ' 
O/'  pa  (puXdo~o-ovo~ I v  ts  Slxaq  xau  o-^TX/a  \pya  , 
Hi'pa  ivvdyLiVO/ ,  7rdvm  (po/iwvTsc,  i7r   cuw  y  is5 


Caeterum  si  voles  ,  alium  tibi  sermonem  paucis  expediam 

Belle  ac  scienter :  tu  vero  praecordiis  infige  tuis  . 

Ut  simul  nati  sunt  Dii ,  mortalesque  homines  , 

Aureum  primo   genus  variis    articulate  loquentium  hominum 

Dii   fecerunt  caelestium  domorum  incolae  . 

Et  ii.  quidem  sub  Saturno    erant ,  cum  in  caelo  regnaret  : 

Et  ut  Dii   vivebant  ,  securo  animo  praediti , 

Plane  absque   laboribus  et  aerumna  :  neque  molesta 

Senecta   aderat :  semper  vero  pedibus  ac  manibus  sibi  similes 

Suaviter  vivebant  in  conviviis  extra  mala  omnia  , 

„  Abundantes  pomis  ,  cari  beatis  diis  . 

Moriebautur  autem  ceu  somno  obruti  :  bona  vero  omnia 

Illis  erant :  fructum  autem  ferebab  fertile  arvum 

Sponte  sua  ,  multumque  et  copiosum :   ipsique  ultro 

Quieti  (  moderatos )  labores  distribuebant    cum  bonis  multis . 

Verum   postquam  hoc  genus  terra  abscondit, 

Ii  quidem  daemones  facti  sunt  Jovis  magni  consilio 

Boni ,  in   terris   versantes,  custodes  mortalium  hominum: 

Qui  quidem  observant  et   justa   et   prava    opera  , 

Aere  induti ,  passim  oberrantes    per    terrain  , 


C  A  P  I  T  O  L  O   II. 


v 


o, 


fr  io,  se  vuoi,   con  brevi  e  scorte  note 
Le  altre  cose  diro:  fanne  tesoro 
Nella  tua  mente ,   e   ve  le  serba  immote . 

Quando  i  Numi ,  e  i  mortali  a  par  con  loro 
Nacquero  ,   allor  gli  Dei  d'  uomini  'n  prima 
Fero  una  eta ,  che  si  nomo  dell'  oro . 

Sedea  Saturno  de   l'Olimpo  in  cima; 
E  sotto  lui  sicura  e  senz'afianni 
Vivea,  come   gli  Dei,  la  gente  prima. 

Non  v'  era  egra  vecchiezza ;  e  per  molt'  anni 
La  mano ,  o  '1  pie  non  si  facea  men  forte : 
Sempre  lieti  conviti ,  e  non  mai  danni . 

Ricchi  di  poma,  e  piu   de  la   lor  sorte, 
A'  beati  del  Ciel  vivean  cari ; 
Quasi  prendere  un  sonno  era  lor  morte. 

D'ogni   ben  si  godea :  frutti  non  rari 
Per  se  stessi  nascean:   il  vitto  e  l'opra 
Concordi  e  queti  si  partian  del  pari . 

Poiche  la  terra  a  tal  lignaggio  sopra 

Fu  sparta ,  in  buoni  Genj  e'fur   conversi , 
E  in   guardia   de'  mortal  Giove   gli  adopra  . 

In  Terra  stanno  ,  e  liti  suoi  diversi 
Scorron  d'aereo  vel  coperti  e  cinti, 
Notando  i  giusti  fatti ,  ed  i  perversi . 


7'2 

UXouwJoTou-  ;gt)  t«to  ylpctc,  $clo-iXy\iov  '{cyov  . 

ZWrepo:/    0£D7H    J/gVflg    7TcAu    ^etpOTSpOV    f/,iT07n^iP 

'Apyvptov  7rolv\<ruj}  oXv'fJLTrict   Seo/xar    i%ovTee, , 

Xpucrni)    klTS    (pVYIV    iVOtXty-KlOV    &TS    VOVifXCt  ■ 

AAA'  iKctTov  fxiv  Trade,  iisa.  Tratpoi  fxynsp/  xiSvy  i3o 

'ETpttpiT    dnxXXcov  [/,iyct   vyTrioe,  w   tvi  o/xa' 
'AAA'  orau)  w,5wV«e ,  xou   w fivi$  fxirpov  'ixoiro 

TlctVp/SlOf    tcoiCTXOV   iTTl    %p0V0V  ,    dXye     %)(OVTSC, 

A<pp et Si out; •  "Y@pti>  yap  dTtz&ctXov  ovx  tSvvowm 
'AXXv'Xcop  a.7riy(p»  ,  »'</'  cl9oji> drove,-  Sipcnriveiv  l35 

"YiQiXov  ,  »'J"  i'pSetv  /uctxdpeou  hpoie,  iTri    fioofxole,, 
"H/  Sifxie,  dv$rpu)7roi<ri  xctr    H6ic&.  mve,  ytiv  iTTBita 
Zive,  Kpou/Syie,  lxpu\i  ;^oAy fxivoe,  ,  xvixei  rifxac, 
Oux  iSlSovv  fjtotx.dpi<ra' i  Stole,  o'i  oXv^ttov  £%ovo~/v  . 

AvTup  i7T(x  xou  wro  yivoq  xctm  yauot,  xdXv^i  ,  140 

To/     (AIV    V7T0X^0V101     {idxctpiC,    &VV\1t)l     XCtXiOVTCU. 

AiUTtpoi  y  dXX'  lyi.7r'Ae,  r/fxy    xou   Tsiffiv  07rv\£ei  . 

Ziv\  JV  Tramp  Tplrov  dXXo  yivoc,  ^poTrcov  dv&ptoTreap 

XdXx&ov  7to!v\<?  ,  ovx  dpyvpat  x$iv  ofxolov  t 


Opum  datores ;    atque  hanc   regiam  dignitatem   consecuti  sunt  • 

Secundum    inde   genus  multo  deterius  postea 
Argenteum  fecerunt  coelestium   domorum   incolae  , 
Aureo  neque   corporis  habitu  simile  ,  neque  ingenio  . 
Sed  centum  annis  puer  apud   matrem  sedulam 
Nutriebatur  crescens  valde  rudis  domi  suae  : 
Cum  vero  adolevisset ,  et   ad  pubertatem   venisset , 
Pauxillum   vivebant  ad  tempus  ,  dolores  habentes 
Ob  stultitias ;    injuriam  enim  pravam  non  poterant 
A  se   mutuo  abstinere ,  neque  Deos  colere 
Volebant ,  neque  sacrificare  beatorum  sacris  in  aris, 
Vfc   fas  hominibus,    oppidatim.  Hos  quidem  deiude 
Iuppiter  Saturnius  abscondib  iratus  :   quia  honores 
Non  dabant  beatis  Diis ,  qui   olympum   habitant . 

At    postquam  et  hoc  genus  terra  occultavit, 
Hi  quidem   subterranei  beati  mortales   vocantur 
Secundi  :  sed  tamen  honor  etiam  hos  sequitur . 

Iuppiter  vero  pater  tertium  aliud  genus  articulate  loquentium  hominum 
Aeneum  fecit ,  omnino  argenteo  dissimile , 


Essi  ci  fan  quaggiu  ricchi  e  distinti: 

Cosi  gran  ministero,  anzi  pur  regno 

Quella  gente  felice  ebbono  estinti. 
Quinci  ujpk  secol  secondo  assai  men  degno 

I  Numi  fenno;  e  detto  e  dell'argento,. 

D'  altra  pasta   che  1  prime- ,  e   d'  altro  ingegno . 
Nella  materna  cura  anni  ben  cento 

Stavans'  i  gran  fanciulli ;  e  in  lor  magione 

Crescean  rozzi  ne'modi,  e  nel  talento . 
Giunti  all'  eta ,  che  al  mento  il  fior  dispone 

Pochi  vivean  degli  anni ,  e  sempre  aveano 

(  Colpa  e  sciocchezza  lor)  doglia,  e  tenzone: 
Che  temprarsi  dall'onte  non  sapeano, 

Ne  venerar  gli  Dei ,  ne ,   com'  e   '1  giusto , 

Pubblicamente  in   are  oilrir  voleano. 
Ma  gli  ebbe  Giove  in  ira,  e  questo   ingiusto 

Secol   spense,   e   nascose,   che  non  volse, 

Onorar   de'  Celesti   il   coro  augusto, 
Sebben  da  ehe  la  Terra  in  se   gli  accolse; 

Mortali  Genj  a  cui  dicon  secondi 

Gli  feo  sotterra ,   e  a  qualche  onor   gli  estolse . 
Poi  Giove  un  secol  terzo  avvien  che  fondi 

Di  rame  ,  dalT  argento  altro  d'  assai ; 

Robustissimi  petti ,  e  hiribondi . 


73 


IO 


24 
E;j  fA.iXia.Uj  S'hvov  ts  xcu  o/Sp/fAOW  oi<riu  vApwo$  1^5 

Epy    i  fAiXi  zovavTct  kcd  v  Bpnt;'  oil  Si  ti  <r7nv 
v¥L&iou ,  aXX    ctSdfAoupTTH;  i'%pu  KpocTspoppoua,  SvfAOU 
AzrAaro/  y  fAiyotXyj  JY  Sly  ^  ^«pj?  cLcA7noi 
E%  cofxcou  i7Ti(pu)tou  iwi   <?tf3apo7<r/  fjAXia-criu  . 
Tolq  J"  yiu  %ctXzict  fAiuTsd%iet ,  %oiXK<ioi  $i  n  oinoi  ,  r  jw    i5o 
XaXx.v   «T  ipyaZpuTo'  fAsActt;  £'  ova  i<rni  a-/Syipoq- 
Kcci  to/    fxiu  yeipuro-iu    U7ro    o-tyndpyo-i  SctfAiursq 
Bri<rai>  ic,  vjpooivru  ScfAou  apvipQ   'Ai^ctoy 
Neouvfxvoi '    ScLvcnvq  <JY    nod    izwclyXov^  7rip    iovme; 
EiXi  fAiXctg )  Xa.fA7rpcu  S  iXi7rov  (pdoc,  ytX/oiO-  l55 

Avnxp   i7r&i  nod  7»to  yivoc,   Kara,   youct  xctXv-^iu, 
Av&tc,  \t    aiXXo  litotprou   ini  y^oul  TrvXufBoreipy 
TLivc,  Kpc;'/cTw£  7roiYt(ri  Sinoudttpou   zou   ctpeiou  , 
Avdpoou  yipcoeov  S&ov  yivoc,  ,  o?  xctXiovrou 

'HfA/B'io/  7rporepvi  yiviy   tccct    a.7retpouot  youaj .  160 

Kcu   muq  fjtiv  7roXifxoq  rs  xxkoc,  kou   <pvXo7ric,  ouuti } 
Too;  fxiu  i(p  i7rm7rvXa)  0i//Svi,  Ka^fAYifS/  ycuy , 
£lXio~i  fAetpvufAivovi;  fAviXeou  ivin.    OiSittoS'caq' 


E  fraxinis ,  vehemens  et  robustum  :  quibus  Marti's 

Opera  curae  erant  luctuosa  ,  ac  injuriae :  neque  quid  e  tritico 

Edebant ,   sed  ex  adamante  habebant  durum  animum 

Intractabiies :  magna  vero   vis   et  manus  invictae 

Ex  humeris  nascebantur  in  validis  membris  . 

His  erant  aenea  arma,    aeneaeque   domus : 

Aere  vero  operabantur :  nigrum  enim  nondum  e-rat  ferrum  • 

Et  hi  quidem  manibus   suis  interfecti , 

Descenderunt  squalidam  in  domum  frigidi  Plutonis 

Ignobiles :  mors  vero>    tametsi  terribiles  essent,     • 

Invasit  atra ,  splendidumque  liquerunt   lumen   solis . 

Sed  postquam  et  hoc  genus  terra  operuit , 
Bairsum  aliud  quartum  in  terra  multorum  altrice 
Juppiter  Saturnius  fecit  justius  et  melius  , 
Virorum  heroum  divinum  genus  ,  qui  vocantur 
Semidei ,  priore  aetate  ,  per  immensam  terrain  . 
Hos  quoque  bellumque  malum  et  intestina  discordia^ 
Alios  quidem  ad  septem  portas  habentes  Thebas,  Cadmaeam  terrain  , 
Perdidit  pugnantes  propter  oves  Oedipi  ; 


Da'frassini  eran   nati,  e  i  tristi  guai 

Seguian   di  Marte ,  e  i   soperchianti  torti ; 
Ne  vitto   di   frumento  gustar   mai. 

Cor  d' adamante ,  rigidi    ad    accord, 
Cui   dal  tergo  sorgea.  vigore  immoto , 
E  invitte  man!  in  membra  altere  e  forti . 

Col  rame   ogni  lavoro   a'  fabbri  noto , 
L'  armi.,  le  case  ancor  facean  col  rame  j 
Che  1  bruno  ferro  era  a  que.'  giorni  ignoto . 

Poiche  l'un  V  altro  uccise,   e  questo  infame 
Secol  fu  spento;   ei  senza   grido  o  gloria 
Sceser   del  freddo   Pluto   all' ombre  grame: 

Che,  sebben  spaventosi,  ebbe  vittoria 
Morte  di  loro;  e  fuor   de'  rai  del  Sole 
Ne  caccio  le   persone  e  la  memoria  . 

Sepulti  questi  ,  ecco  la  quarta  prole 

II  gran  Padre  del  Cielo  al.Mondo  crea, 
Gente  miglior,   che  piu   giustizia   cole; 

Gente ,  che   dagli  Dei  stirpe  traea , 
Eroi,  che   Semidei  gia  si  nomaro 
D all' eta   prisca,  ovunque  il   di   splendea. 

Questi  pugnando  in  guerra  a  morte  andaro, 
Quai  pe' greggi  d'Edippo  a  Tebe  intorno, 
Tebe  cadmea,   cui  sette  porte  ornaro; 


25 


w  v  -.   ' 

Tout;  Si    koI  qa>  vY\rs.<ro~iv  v7T6p  fxiyct  Xouruet-  3raXd<raryic; 
Eg  Tpoiw  dyotycov  'EXivyit;  ivat    yivxoij.oio'  166 

Et>&'  H to i,  rove,  (Xiv   Sou/dm  rsXot;  d fj.(pi7idXv\,i  • 
Tot  c,  Si   St-%    dv5poo7rit)v  (Biotov  kou   %$■£  o/rdoTctt; 
TjIvc,  Kpov/Syic,  holts  Vetera  7rtx.wip  it;  7r&ipctTU  young  ■ 
55  TwAa    a.7r    ctOouicLmv  rolcri  Kpo'vot;  ifxfiao-/Xiui  . 
Kou    to/   fjAv  valour /v  dwth'tx,   Sv/uov  i%ovTS<;  170 

Ev  /jctKapav   vyicro/cr/  Trap  'Q.Kicu>ov  /3aduS/i'm> 
'OX0/o/   Upcoie,'   to1o~/v.  ftiX/viSitx.   Kc?.p7r6v 
Tp/c,  tv   Wove,  SrctXXovTct  tp(p&/  ^Scopoc,  dpovpet- 

Miliar    i7r&iT    cotpeiXov  iyco   7t{(X7tto/o'/  piireivou 
AvSpdcr/v  y  dXX'  m    7rp6o~%i  Sroiyeiv,  w   \7thtu  yivi&au.  \lj> 

Nov  ydp   S\i  yivoc,  g'gv   c/Syfpiov  ovSi  ttot    viftoip 
Uaoo-oi'TCU   KctjUxm  kou   6/^voc,  ,  a'Si  77  vux.ru>p 
<&9eipouii'0/-  x&Xi7rdc,  Si   Sfti/    Scoa'ao'/   (Xi^fxvac,  • 
AAA'  i{A7rtit;  kou   ro7<r/  fjti/u/^iTou  i&Xd   kolko/ct/v . 
Zivq  a    6X{ar&i  kou   txto  yivoc,  fxipo7rcov  dvSpco7rc*)V ,  180 

Eur'  av  yeivofxivo/   7roX/oKpo'mt(po/  T?Xi^eacr/v. 
OvSi   7roimp  7raiSicro~/v  6juo//oc, ,  a' Si   r/  7raiSit;, 
OuSt,    tetvoe,  c^&tvoSoKW  j   kou   iroupot;  iraupui , 
Ot/Si    Kcto-lyvviTce,  (p/Xoc,  i'trnrou  ,  cot;  to   Trdpoc,  Trip  ■ 

• 

Alios  vero  in.  navibus  per  ingentem  maris  amplitudinem 

Ad  Trojam  ducens,  Helenae  gratia   pulchricomae  : 

Vbi  mors  quoque   oppressit   ipsos  . 

lis  autem  seorsum  ab  hominibus  vitam  et  sedem  tribuens 

Juppiter  Saturnius  pater  constituit  eos  ad  terrae  fines  . 

,t  Procul  ab  immortalibus  Saturnus  horum  Rex  est . 

Et  ii  quidem  habitant 'securum  ani-mum  habenfces 

In  beatomm  insulis  ,  juxta  Oceanum  profundum, 

Felices  heroes  :   his   dulcem  fructum 

Ter  quotannis  florentem  profert  foecunda  tellus  . 

O  utinam  ego  quinto    non  interessem 
Hominum  generi ,  sed  ant  mortuus  essem  prius ,  aut  postea  natus ! 
Nunc  enim  genus  est  ferreum  :  neque  unquam  aut  die 
Quiescent   a  labore.  et  miseria',  aut  nocte 
Corrupbi :    graves  vero  Dii  dabunt  curas  . 
Sed  tamen  et  hisce  admiscebuntur  bona  mal'is  . 

Juppiter  autem  perdet  etiam  hoc  genus  articulate  loquentium  hominum ^ 
Quum  (modo)  nati  circa  tempora  cani  fient  . 
Neque  pater  cum  liberis  concordat,  neque  liberi  cum  patre, 
Neque  hospes  cum   hospite  ,  neque  amicus  cum  amico  , 
Neque  frater  amicus  erit ,  ut  antehac : 


E  quai  varcando  a  vendicar  lo  scorno 
D'  Elena  bionda  ,  messo  a  Troja   il  piede , 
Ivi  morte  gli  tolse  ai  rai  del  giorno . 

A'  quai  Giove  Saturnio  in  premio  diede , 
Ghe  divisi  da  noi,   la  nell'estreme 
Falde  del  Mondo  e  vita  aggiano  e  sede . 

Nell'  isole  beate  accolti  insieme 

Con  Saturno  lor  Re,   gli  Eroi  si  stanno, 
Ove  l'alto   Ocean  mormora  e  freme; 

Lungi  da'  Divi  e.  ver,    ma   senz'  affanno ; 
Anzi  felici ;  a'  quai   soave  frutto 
Porge  tre  volte  l'alma  terra  ogn'anno. 

Alia  eta  quinta  non  foss'  io  ridutto ! 

Ma  fossi  spento  io  prima!  o  nato  allora 
Che'l  mio  secol  nojoso  fia  distrutto! 

Secol  di  ferro,  ove  quieta  un'ora 

Di ,  o  notte  non  si-  volge ;  ove  gran  pene 
Porgon  gli  Dei  con  poco  ben  talora, 

Creder,  se  dritto   estima,  si  conviene , 

Che   questa  eta  da  Giove  omai  fia  spersa, 
Quando   chi  or   nasce  al  pel  bianco  perviene 

Ve'l  figlio  che  dal  padre  ha  idea  diversa! 
Ve'  che  un  fratello  ,  un  ospite ,  un  amico 
L'amista  ch'ebbe   un   di   coll'altro  ha   persa! 


IT 


if 

Ai-\.ct  Si  yypd<rx.ovTcte,  xrtfjt^<rov<n  tomolc,  ■  i85 

Miu\ovrui  S    dpct  Titc,  %ct\i7roic,  fidfyrr    i7ri>a-<ri 
2%irXtoi  y  xdi   Snap  o7riv  eiSorse,'  y<tJY    xiv  o'tys 
Tv\pa.vTza-cri   tokivo-iv  a.7ro   S-p>7rw£/a  Scliv  , 
XetpoS/zca-  i repot;   S  iripov  7roXiv  i^aXct7rd^et , 
OvAi   tic,  ivopKou  x<zej$   itra-iTou  y  ours  cUkou'h  ,  190 

Our    aydBS  ■  fxdXXov  Si    xaxoov  pizmpct   xou   v  fisjiv 
Avipa.  T{[Ayi<rou<rt  •  SfKia  S'  cv  %ip<ri    xou  odSaoc, 

OUX.    i^CU'    (3Xd-\.H    S     0     XCtKOC,    70V    OLp&OVO.    (£C0  7U  > 

Mu3rot<rt  cntoX/o/c,  ivi7rcov  ,  iyrt    S*  cpttov  ofxeirou  . 

TjyXoc,  S    dv6pco7ro(cnv  6'iZvpolariv  a.7ra.o~iv  1^5 

Auvx.e'XaSo<;  xctxo\a.pivc,  ofxctpwitrei  g-uyipcoTrn^. 

Kctl    TOtt    Sfl     TTpOC,    oXvfXTTOV    O.7T0    y^OVCC,    iUpuoJ&YIC,, 

AivKouriv  tyapaa-ari  xaXv-\,ctfJievco  xpoa  x.a,Xovy 

AScLVCtTuOV    (JATXX.     (ptjX'    "tlHV  ,    7TpoXi7rOl'T     CtvO pCt}7TXC,  > 

AiS'ooc,  xcu   'Ns'fXic/c,-  rvi   Si   X&i-^irca  ciXyict  Xvypd  200 

Qvyiwit;  dvSpco7roio-i  •  xctxa    S'  oux.  io-viroii  dXxy  . 


Celeriter  vero  senescentes  contumelia  afficient   parentes  . 

IncusabunL  autem  illos  molestis  alloquentes  verbis 

Impii ,  neque  Deorum  vindictam  veriti ;  neque  hi  sane 

Senibus    parentibus   nutritia  reddent  , 

Violenti ;  alter  vero  arteritis  civitatem  diripiet  . 

Neque  ulla   pii   gratia   erit ,   neque   justi , 

Neque  boni ;   magis    vero  maleficum  et  injurium 

Virum  colent  .  Jus'tilia  vero  in  manibus  et  pudor 

Non  erit ;    laedetque   malus   meliorem    virum , 

Verbis  injustis  alioquens ,  pejerabit   vexo  . 

Livor    autem   homines    miseros    omnes 

Malos  rumores  spargens  malis  gaudens  comit^ibitur  inviso  vultu 

Turn  demum   ad  coelum  a  terra   spatiosa 

Candidis  vestibus  tectae  corpus   pulchrum  ,  .  ■ 

Ad  deos  ibant ,  relictis  hominibus, 

Pudor  et  Nemesis ;  relinquentur  autem  dolores  graves 

Mortalibus  hominibus ;  mali  vero  non  erit  remedium  . 


79 
Tosto  che  per  molti  anni  e  fatto   antico 

Un  genitor ,  la  prole   empia  Y  offende 

Con  aspri  fatti,   e  con   parlar  nimico; 

Ne  1'  ira  degli  Dei"  paventa  o  attende . 
Oh  iiera  ^gente,  che'l  dovuto  merto 
Del  nodrimento  a' genitor  non  rende! 

L'  un  la  cittade   altrui  ruba   all'  aperto ; 

Ne   s'araa  il  giusto  e'l  pio:   si  rende   onore 
A   chi  soverchia",  ed   in  mal   fare  e  sperto. 

Vergogna  ed   equita  bandita  e  fuore 
DalF  opre   lor :   spesso    maligno   e  cieco 
Parla   e  spergiura   un   rio   contra  un  migliore. 

Veggio  il  tristo  Livor   con  volto  bieco, 
Che  ree   sparge  novelle  e  gusta  pianto , 
E  a  tergo  ,  ovunque   mova ,   ognun   1'  ha  seco . 

Ond'e  che  avvolte  in  lor  candido  manto 
Verecondia  ed  Astrea ,  vinte  da  tedio  , 
Volan  alto  dal  Mondo  al  regno   santo, 

Lassando  a   noi   gran   duol  senza   rimedio. 


So 

Nt/V  J'  aivov  fiaL<ri\iv<r   ipico  (ppovioucrt  x.cd  a,vn7q- 
'  £1  J1    /pyi%  7rpo<r(&7nv  dySovu. .7rotni\6£'&poi> , 
'T-^i  fiiaA    qjd  n<pn<r<ri  <p{pcov  cvv%i<r<rt  /ui/ua,p7rco<;- 
H   d  iXiov  j  yv<x.(X7TToi<rt  7rz7ra,p/uii>yi  dfxtp    ovvyicrori^  205 

MfpsTO-  nv  d   by    i7T/zpctTe60$  ?rpog  (a.v$ov  %ei7rf 

AcupoviYi ,  ti   XiXazoig-j  i%&t  vv   an  7roXXov  dpeicov . 
TjicT'  «$,  y  <r   ai>  iyca  7rtp  dyco  ,  kcu  doiSov  iovca»- 
A&7ri>ov  cf  >  oux.   tSiXca  ,  Trotycro/uou ,  tie  fJuSjo-oo . 
„  ''Atppcov  &  be,  ti    iSiXot   7Tpot;  npeio-o-ovcLc,  dvr  Mpi^'i^w        210 
„   N/JtW$  7S  s-ipircu,   wpoc,  r    auL<r)(io-iv  dXyict  7rd<rx&- 

"12 5  ifpar    ct)X.U7rim<;  'ipw%->  rasucri7nspoc,  opvie,. 
?,Q,  Hi  perm ,  <rv   J"  azoui  Siwc, ,  fjw^  v/3e/v  otptXM  . 
"tfiqjLC,  ydp  ts   komii    JWvaJ   $poTa>  ■  » Jg   ^gV  i&\o<; 

'PwJIcot;    (piptfMV  SvVCtTCU,    (ZcLpU&H  dY  &   V7T     OLVTYIC,-)  2l5 

'Eyx.vp<ra,<;  drftriv  '  oS'oc,  £  iiipytpi  7rctpik^&tv 


Sed  nunc   fabulam  regibus  narrabo ,  quamvis  soli  sapiant . 
Sic  accipiter  affatus  est  lusciniam   gutture  variam  , 
Alte  in  nubibus  ferens  unguibus  correptam. 
Ilia  vero  misere ,   curvis  confixa  unguibus, 
Lugebat  :  earn  autem  ille  imperiose  compellavit  . 

Infelix,  quid  strepis?  habet  te  multo   fortior  . 
Hac  vadis ,  qua  te  duco  ,  licet  sis  cantatrix , 
Si  vero  libet ,   vel  epulabor  te  ,  vel  dimittam  . 

,,  Imprudens  autem ,  quicunque  voluerit  cum  potentioribus  contendere: 
,,  Quippe  victoria  privatur ,  et  praeter  convitia  dolores  patitur  . 

Sic  ait  velox  accipiter ,   latis  alis  praedita  avis  . 
O  Persa  ,  tu  vero  cole   justitiam  ,   neque  injuriam  fove  . 
Injuria  enim  perniciosa   est  tenui   homini ;  nam  nee  dives 
Facile  ferre  earn  potest ,  gravaturque   ab   ipsa , 
Quoties  in  damna  incidit .  Via  vero  ex  altera  parte  ad  ingrediendum 


8i 

C  A  P  I  T  O  L  O   III. 


A, 


-d  un  tema  diverso  or  io  m'appiglio; 
E  dico  a'  governanti  una  mia  fola , 
Quantunque  aggian  e'  sol  mente  e  consiglio. 

Un  usignuol  d'  armoniosa  gola 

Avea  coll'ugne  uno  sparvier  compreso; 
E  s'erge   in  alto,   e  fra  le  nubi  vola. 

Da'curvi  artigli  il   cattivello  oifeso 

Gemea  dolente:   allor  pien   di  burbanza 
Cosi   parlare  il   predator  fu  inteso. 

Misero!   a  che   garrir?  troppo  ha  possanza 
Di  te  maggior  chi  'n  sua  balia  ti  tiene ,    * 
Sebben   tu   di  cantore  hai  rinomanza. 

E  dei  venir   ovunque ,   ch'  io   ti   mene  ; 
Poi  lascerotti ,  o   di  te  faro  pasto 
Secondo   che  talento   me  ne   viene. 

Folle   chi  al   piu   possente  fa  contrasto ! 
Che  perde   la  vittoria;  e   sempre  al  fine, 
Oltra  lo   scorno,  di  dolor   si  e  guasto. 

Cosi   l'augel  veloce   a   le  rapine, 
Da  le  grand'  ali .   O  Perse ,   ami  tua  mente 
II  giusto,  e  a  far  ingiuria  non   s'inchine: 

Che  al   povero  e  dannosa;   ne  il  possente 

In  pace  sa   portarla,   e  si  gli  pesa 

D'assai,   ratto   che   danno  ne  risente. 

it 


82  x 

Kpetcro-cov  ie,  id  SiKcact'  SIkyi  S'  yVep  vfi&oc,  tc^et, 

'E?  tsAos  i%iX&£<rx'  7tcl§oov   Si   ts  VA7TIQC,  tyvco . 

AvTiTtct  ycip  rpi^ei  "OpKoc,  u/uct  (tkoXivkti   SiKycriv. 

TUc,   Si    Aikyic,  po^rot;  iXKOfxivYic,  y   x    avSpic,  clycotrt  220 

Acopoydyot ,   rxoXtouc,  Si    Slxauc,   X°j.VGO<Tt   &e(JU<?Ct,C,  ■ 

'H    J'    iTTiTOU    kXcUOVCT 0L    7r6XlV    TS    W«     Yl'SiCt    XdCO  V , 

Hi'pct  icrarctuivY),   xctxov  a.v^rpoo7roi<Ti    <pipx<ray 

O/     TS    (AlV    b^hXcKTCOITl  ,    fcOU    &;c    lB~etM>    iPfifXOLV  . 

O/    JV  J/^a?  £eivoi<rt  kcu  ivSyyioicri  SiSoCtriv  225 

'IS"««5,  kcw   law'  77  yrctpiK^advao'i  Sikouh  , 

To/o"/   rcd'tfAl  woXic, ,  Aac/  J"   dv&ivariv  cv  olvtvi  • 

E/pwVw  <T'  aW  ^jf p  Kovporpcxpoc,  ,  ovSi  ttot   civtd/c, 

ApyctXiOV    7ToXlfAOV    TSKfJLcdpiTCtl    iVpV07TCt    'LiUC,' 

Ou'Si  7tot    i&uSiKoutri  [xir  tt.vSpa.crt  Xiyt.bc,  oTrnSet ,  23o 

OuV  aw  SaXiY\c,  Si  (xifXY\Xcntx  ipyct  vijAovrcn- 
Ten (7i  (p{ pet  (xiv  yauct  7roXvv  fiiov  spi<ri   Si  Spvc, 
vAxpY\  jut'y  ts  (pipet  fiaXdvac, ,   /ue'co-Yi  Si   /uiX/a-trct^' 
Eipo7TOKOt  S'  ohc,  /uxXXolc,  xcact3$/3z.'.$a,<rt ' 


Melior  (quae  ducit )  ad  justa:  Justitia  enim  injuriam  vincit 

Ad  finem  progressa  :    stultus    vero   malo   suo  discit  . 

Continuo  enim  cursu  sequitur  jurisjurandi  Deus  injusta  judicia 

Justitiae  vero  fremitus  (est)  tractae  quocumque  viri  duxerint 

Dona  vorantes ;  pravis    vero  sententiis    judicarint  res  . 

Haec  vero  sequitur  deflens  urbemque  et  sedes  populorum, 

Aere  induta  ,  malum  liominibus  adferens , 

Quique  ipsam  expellere  soler.t ,  neque  rectam  ferunt  sententiam. 

At  qui  jura  tam  peregrin  is  ,  quam  civibus  reddunt 

Recta  ,  neque  a  justo  quicquam  exorbitant , 

lis  floret  urbs  ,  populique  florent  in  ipsa  : 

Pax  vero  per  terram  alma,  neque  unquam  illis 

Molestum  bellum  immittit  la^e  cernens  Juppiter  . 

Nee  unquam  justos  infestat  homines  fames  , 

Neque  nbxa  :  convivia  autem  celebrant  . 

Fert  quippe  iis  terra  multum  victum :  in  monLibus  vero  quercus 

Summa  quidem  fert  glandes  ,  media  vero  apes  : 

Lanigerae  autem  oves  velleribus  onustae  sunt: 


83 
Meglio  sen  va  chi   1'  altra   via  s'  ha   presa , 

Che  conduce  a  ragion:   pero  che   al  torto 

Preval   Giustizia  al   fin    della   contesa: 
E  a  le  sue  spese   il  folle  si  fa  accorto , 

Quando  appo  1  reo   giudizio ,  come  suole , 

Oreo ,  e  la  sua  vendetta  vien  di  corto . 
Freme  la  Dea   Giustizia  ,    e  assai  le  duole 

Se  venduto  a'  presenti  altri  decida , 

E  tragga  a  forza  lei  dove  men  vuole : 
E   per  le   case   e  per  la   Citta  infida , 

Che  mal   decide ,  e  lei  caccia  ed  oifende , 

Va   d'  aer  cinta  piagnendo ,   e  il  mal  vi  guida . 
Ma   dove   il   dritto  al  cittadin   si   rende , 

E   al  forestier ,    e   non   se   ne    trasmoda ; 

Ivi  '1  popolo   e   in  fior  ,   la   citta   splende , 
E   fa   che   1'  alma  pace    ivi  si   goda 

Quel   superno    Motor ,   che   largo   vede ; 

E   che   suono  di  guerra  ivi  non  s'  oda : 
Ne   fame   o   danno   altro   ivi  fa   prede ; 

Ma  ne'  conviti   i   di   passan   soavi ; 

Che    '1  frutto    da.  la    Terra   in  copia   riede : 
E  vanno  i  greggi   di  lor  vello    gravi , 

E   le   querce    pe'  monti  han  su  le  cime 

Ghianda  ,   ed    a   mezzo  il  tronco  e  pecchie  e  favi: 


,84 

Tixrdcriv   Si  yvvoux.it;  ioixom  lixva.  yonvtriv  235 

QaXXatriv   S'  cLyctSoitri  S/u/UTTipst;'  a'cT'  %2ri  vv\oov 

N eictrovTtti '   xapwov  Si  (p{pu  (^eiSoopoc,  dpapct  . 

Oi  <;  S   vfi&S  T*  (Ji-i fimXi  xcLiai  xou  <ryjr\ict  i'pya,  , 

ToiarSi  Sixyw  KpovlSvq  iSKULodpimi  iupuo7rct  TLivc,- 

TloXXctxi  xou   ^viX7Tct.craL   7roXit;  xotxQ  civSpoc,  aVw'upa  24° 

'Otic,  ctXirpouvn  ,    xou   a.wt&a.Xct  [A,ti%'wctcimi  ■ 

Toktiv  S    ovpavoSnv  (xly    i7ryya,yi   yrii/uu   Kpovlcov, 

Aiytov  SfxQ   xou  Xoifxov  ■  d.7rotp2riw9ovTi   Si  Xcto! ' 

OuSi    yVVCUXiC,    TIXTHTIV'    fJAVvS0V<Tl    Si     01X01   , 

TjYivoc,  (ppa,S(xo<ruvYt<Tiv  oXvjutt/h'  otXXors  J"  a.un  24-5 

*H   Twvyi  Tpctrcf  ivpvv  d/rcoMcrcv  >  w   oyi  T&t%o<; , 
*H   viae,  Qj»   7t4vtm  Kpov/Svis  aTrorlvuvTCti  clvtwv ■ 

'D.  fict<ri\H$ ,  vfXHC,  Si    xcnzMppd^i&i   xou   ctuwt 
Tw'vSi  Slxyv  eyyve,  yctp  iv  <xv%poo7roicriv  iovnc, 
'AB-otvawi  Xivo-o-ua-iv  y  otroi  o~xoXtpo-/   Sixycri  25o 

'  AXXyXovc,  T^j.(Ba<Ti1  Siatv  07riv  hx  dXiyovTSq. 
Tgt$  yap  fxvPjo/  eicr/v  iwi  x^0Vl    TrouXufioretpvi 
'A&dvciToi  TjWoc,  ,   (pvXctxa;  Svwriav  dvBpco7TCtiV ' 


Pariunt  vero  mulieres  similes  parentibus  liberos  : 

Florentque  bonis  perpetuo  :  neque  navibus 

Iter  faciunf :  fructum  vero  profert  foecundus  ager . 

Quibus  vero  injuria  pernieiosa  curae  est ,  pravaque  opera , 

lis  poenam  Saturnius  par  at  late  cernens  Juppiter  . 

Saepeque  universa  civitas  malum  ob  virum  punitur  , 

Qui  peccat  ,   et  iniqua  machinatur  . 

Illis   autem   coelitus  magnum    importat  malum   Saturnius, 

Famem  simul  et  pestem ;  intereunt  vero  populi  ; 

Neque  mulieres  pariunt  ;  minuuntur  familiae , 

Jovis  Olimpii  consilio  ;  interdum  vero  rursus 

Aut.  horum  exercitum  ingentem  perdidit ,  aut  ille  murum , 

AuL  naves  in  ponto  Saturnius  punit  ipsorum  . 

O  reges,  vos  autem  considerate  etiam  ipsi 
Poenam  hanc  ;  prope  enim  inter  homines  versantes 
Dii  vident ,  quotquot  pravis  judiciis 
Se  mutuo  atterunt,   Deorum  vindictam  non  curantes  . 
Ter  enim  decies  mille  sunt  in  terra  multorum  altrice 
Dii  Jovis  ,  custodes  mortalium  hominum  : 


«5 
Figlian   le   donne ,   e  il   parto   il   padre  esprime ; 

Ne  si  volteggia   il   mar  :  che   '1   proprio   suolo 

Porge   gran  beni   a  giusti ,   e   messi   opime  . 

Ma   per   gl'  iniqui   e   rei   serba  uno   stuolo 
Giove   di  guai :   spesso  per   solo   un  tristo , 
Che   pecca ,   una   Cittade  intera   e  in  duolo . 

Che    quegli ,    onde    ampiamente  il   Mondo  e  visto 
Grave   pena   dal   Cielo   in   tutti   adduce , 
E  1  contagio   a   la  fame   erra   commisto . 

Muojon   le   genti ,   e   non  vien   prole   a  luce , 
Per  segreti  di   Giove  alti   consigli , 
Che  le   famiglie    a  sminuir  conduce : 

Talor   ne   sperde  tra'   guerrier   perigli 

Le   ben   fondate   mura ,   o   i  molti  armati , 
O   volge   al  mar  la   pena ,    ed  ai   navigli . 

O    Regi ,   e   voi   che  siete   al  Mondo  nati 
Per   far   giustizia ,   abbiate   a  lei   riguardo ; 
Che  i  Numi   a  noi   dappresso   erran  celati : 

E  notano   color ,    cHe  con  bugiardo 
Processo   reo   frode   si    fanno    indegna ; 
Ne   curan   degli    Dei   1'  ira  o  lo  sguardo . 

Ben  trentamila  ,   in   cui  morte    non  regna , 

Genj    stan    quivi  in  terra ,   e   il  sommo   Giove 
Alia  lor   guardia    e   cura  noi  consegna, 


86 

O/'  pa  (puXdcrcrova-tv  re  Jlxac,  xcu  cylrXta  i'pya.  , 
ritpa  icrtrctiACvot ,   yravvj  cponwvTsq  i7r   cuoui>.  2.55 

'H   cf/  re  yrapSrivoc,  esv   Aim,  A  tot;  ixyzyavta, 
KuSpn   r    uiSot'yi  re  ^go7^  <?/  ''OXu/umov  iyycrtv. 
Kcu  p"  oWr   aV  r/$  ^/p  /SXutttvi  arxoXtcoc,  ovom^cov  , 
Avt/koc,  7rdp  At}   TrotreJi  xctS^opivyi  Kpovtcovt , 

TupViT     dv$pC0  7TGOV    dJlXOV    VOOV'otpp    OLTTOTltrY,  2(50 

Ay uoc,  ctTCt<& '&Xj cue,  fiatrtXy&iv  }  o't    Xvye,d  vozuvtsc; 

''AXXyi  TrapxXtvovcri  dtxagy  o-xoXtcoc,  ivi7rovTS<;. 

Tauriz  <pvXct<ro~o/uC4>ot  j  /3acnXifzc, ,  i^uvzrs  (tuSxt;, 

Acopotpayot  ■,    tntoXtoiv  S~£   Stxcov  Z7rt7rdyyy  XdSi&i  • 

Or   avrta   zaxd  riv^&t  dvvip  aXXoj  xaxd  isv'yuv '  265 

'H  JV  xanvi  fixXn   too   QovXivo-axri  kcck/tyi  ■ 

3;  liana  tScov'Aidt;  otpOaXftot;,   xcu   7rdvru  voYi'crat; , 

5>  Kcu   vv  7uS' ,  cutt   e&{Xyifr\  Z7rtMpxzTcu-  y'JV  s  XySei 

)>  Oi'yv  JV  xcu   vii>S\   Jimp  7roXtt;  ivioc,  zzpyet. 

?,  Nov  JV  sya   (amt    ctvrot;  ca>   di>d-poj7rot(rt   Jixcuoc,  2^0 

3,   E'lw,  ftwr    i/uot;  vtot;-  inn    xaxov  ,   dvJpa  Jlxcuov 

,,  "Epucvcu ,  ei  fjLH^co  yz  Jtxvw  dStxconpoc;  £'£'«  . 

j;  'AAAa  za'}/  bV»  ioXyra  tsX&v  At  a  TspTTtxipawov- 

Qui  judicia  observant ,  et  prava  opera , 

Aere  induti ,  passim  oberrantes  per  terrain  . 

Virgo  autem  est  Justitia  ,  Jove  prognata  , 

Augusta  et  veneranda  Diis  ,  qui  coelum  habent  . 

Et  certe,  cum  quis  ipsam  laedat  impie   contumelia  afficiens  , 

Statim  apud  Jovem  patrem  considens  Saturnium, 

Queritur  hominum  iniquitatem  :  ut  luat 

Populus  peccata  regum  ,  qui  prava  cogitantes 

Alio  infleefcunt  jus,  injuste  sententiam  pronuntiantes  . 

Haec  caventes  ,  0  reges  ,  corrigite  sententias , 

Donivori ,  injustorumque   judiciorum  prorsus  obliviscamini . 

Sibi  ipsi  mala  fabricatur  vir  alii  mala  fabricans  : 

Malumque  consilium   consultori  pessimum . 

,,  Omnia  videns  Jovis  oculus ,  omniaque  intelligens , 

„  Et  haec  (  siquidem  vult)  inspicit :  neque  ipsum  latet 

,,  Qualenam  hoc  quoque  judicium  civitas  intus  exerceat  . 

,,  Ego  porro  nee  ipse   nunc  inter  homines  Justus 

,,  Sim,  nee  meus  nlius  :quando  malum  est,  justum 

,,  Esse ,  siquidem  plus  juris  injustior  habebit  . 

„  Sed  haec  nunquam  arbitror  facturum  Jovem  fulmine  gaudentem 


E   d'  aer  cinti  van  per  ogni  dove 
I   giudizj   spiando ,   ed  in   qual   cosa 
L'  equita ,  e  la  giustizia   non   si  trove . 

Vergin   pura    e    Giustizia ,    alma   famosa ,  • 
Figlia  di  Giove ,   ed.  agli  olimpj    Dei 
Veneranda  lassuso  e   gloriosa  : 

E    s'  altri   pecca ,    ingiuriando ,   in    lei , 
Assisa   a  lato  al    Padre  si  richiama 
Di  que'  mortali ,    e   de'  lor  fatti    rei ; 

Finche    punita    sia   la    gente    grama 

Per  chi  la  regge ,   e   le   sentenze   obblica , 
E   fa   con   reo  giudizio   iniqua   trama . 

Vedete  ,   o   Regi ,   gente  a'  doni   arnica , 
Che   retta   da  voi    mova   ogni  sentenza , 
Dimenticando    ogn'  ingiustizia    antica  . 

Chi   di   mal   fare   altrui  non  ha  temenza  , 
A  se  stesso  mal  fa :  per    chi  lo   porge 
Un   reo    consiglio   e   di  dolor    semenza  . 

L'  occhio   divin ,  che   tutto   intende  e   scorge , 
Guata   anche  noi   se    vuol ;   e   in  questo   piato 
Com'  opri  la    Citta ,    vede  e  s'  accorge  . 

Non    io    giammai,    non  altri    di    me   nato 
Fia    giusto ,    ove    mal    pro    giustizia  faccia , 
Ed   al   peggior   piu  di  ragion    sia    dato : 

Ma  cio   credo    che  a   Giove   unqua  non  piaccia. 


88 

Kcd    VV    $KVi$    iTTUKOUi,    Give,    cf'    ITTlXyBiO    TTCtfXTTCW .   '  2?5 

TovSi  yctp  civSrpco7rot<ri  vofxov  td-rufy  Kpovlov 
.      'Ix^vct  fav  *c"    Oyipo-f  kcu  oicovolc,  7r%inv\vdi ' c, , 
*E&eip  a'AAw'Aoc^,  ivr&i  *  Si  art  eV/V  §jr.  dwmlc,. 
AvSpeo7roi<ri  d    IScoyti  Stwv ,  #   yroXXov  a.?j.<?vi 
TlviTur   (h  yap  ric,  x    ibiXy  to.  Sikou    dyopivctv  280 

Ttvooa-Kcov ,  r&  i&v  r    oXfiov  S1S0I  ivpvo7ra.  Ziu$  '- 
'Qe,  Si  xi  [AcipTuej.Yi<T 'iv  ixoov  tTriopxov  ofioa-a-ut; 
•^ida-iTcu  ,  cv  M  S'ihw  $X&-\a.c,  >  vnwrov  aici&vi , 
Too  Si  r    d/xuvpoTzpn  yoviYi  ynT07n&i  XiXennauf 
'AvSpoq  cT'  iudpaou  yeviyi  /y,iTV7ri&w  dfx&vcov  .  285 

So/    ^  iyoo  i&\d  voitov  ipsa  ,  fxiya,  vy7rn  Tliptry  . 
TxV  \xiv  toi  x.a.K07nm  kou   iXctSov  iarriv  iX{&au 
"PmSt'eoc,'  oXtyy  fxsv  6So<;  ,  fxdXct  J"  iyydSi  vadei . 


O  Persa ,  caeterum  tu  haec  in  animo  tuo  repone  , 
Et  justitiae  quidem  obtempera,  violentiae  vero  obliviscere  prorsus 
Namque  hanc  hominibus  legem  posuit  Saturnius; 
Piscibus  quidem  et  feris  et  avibus  volucribus , 
Se  mutuo  ut  devorent ,  quandoquidein  justitia  carent . 
Hominibus  autem  dedit  justitiam,  quae  multo  optima 
Est .  Si  quis  enim  velit  vera  in  publico  dicere 
Quae  novit  ,  ei  opes  largitur  late  videns  Juppiter  : 
Qui  vero  testimoniis  volens  pejerans 

Mentietur,  justitiam  impediens,  sine  spe  remedii  laeditur  , 
Atque   ejus  obscurior  posteritas  postea  relmquitur  : 
Viri  autem  justi  posteritas  postea  illustrior   ( est ) . 
Caeterum  tibi  ego  bona  sciens  dicam,  valde  infans  Persa. 
Malitiam  quideju   cumulatim  etiaru  capere 
Facile  est :  brevis  quippe  via  est ,  et  in  proximo  habitat  • 


89 

C  AP  IT  OLO  IV. 


A 


te   Perse  io  favello :  ascolta    e  segna 
Questi   detti  nel   cor :   ama   ragione , 
E   la   forza   in   oblio   fa   che  ti  vegna  . 

Si  fatta  legge    all'  uom   Giove    propone ; 
A'  pesci  ,   a   fere ,  ed   agli   augei   pennuti 
Che   si   mangin   tra   se ,    da   concessione : 

Perche   senza    ragion   vivons'  i    bruti ; 

Ma   agli  uomin   die   giustizia  :    e   certo  e  questo 
Miglior   vantaggio   assai ,    se    ben    riputi . 

Che   chi  'n   giudizio  a  dis  velar   e  presto 
Tutto   1  vero   che   sa ,    ricchezze    aspetti 
Da    Giove   che   ogni   faito  ha  manifesto . 

E   chi   con   rei   spergiuri  ,    e   infinti    detti 
Maligno  testimon   giustizia  preme  , 
D'  immedicabil  piaga  sente   effetti : 

E  scuro   dopo  lui   resta   il   suo   seme ; 
Ove    de'  giusti   genitor   la   prole 
Sempr'   e   miglior  fin  all'  eta   postreme . 

Oh   di   sen  no   fanciul   piu   che   non   suole 
Uomo   in   cotesta   eta  >   io   ti  vo'  dire  , 
Perse  ,   e   ben  so  il  dover ,   sagge   parole . 

Facil   cosa   e   malizia   a   conseguire 

Anche   a   ribocco :  assai   ci   sta  vicino  j 
Poca  strada  per  lei   basta  fornire  . 


12 


9° 

Tyc,  S    a'psw$  ISpcom  $noi    7rpo7rclpoi$cv  i&vixaj> 

KSrctvcnoi  •   /uaxpoq  Je   xou  op3vo$  oJ/uog  gV  ctdiviv ,  290 

Kctt  rpy\yvc,  to   7rpa>Tov   i7TY\v  £'  «s  cixpov  IWTOU, 

Phi  din  d    H7remx  ttIXh  ,  %a.Xi7ni   Trzp  zxcrct,  ■ 

OUTOC,    fJ.IV    TTOLVOliHS-OC,    OC,    OLVTM     7T0LV7tX,    \0V\0~&i, 

„  (bpct<r<r<x,fj,ii>oe,  wi  x    tTrenu  xou   ie,  t{Xoc,  ycriv  afxeivco- 
E&Xo<;  cf  ctv    y.q.KHvoc,,  oc,  iv    ei7rouTt   7ri$ryTou.  2p5 

'  0$    Si     XI    (J.YI&    OLVTM    VOi-A  ,    fXYtT     ciXkov    dxXCOV 

Ei>  $u/u<v   (ZdXhmm  ,  oS'  ctvr    d^pyioc,  dvy\p . 

'AAAa    <rv   y    n'/uiTspyi<;  fAi/uuyj/uii'oq  ouzv  itpirfuiiq 

Epydfyv ,  Tiiptrvi )  Slov  yivoc,,  oippd  an  \i[xoc, 

E^^ctipM,  <pi\{y  Ji  ivzitywoc,  A^v/wp  300 

A/Jo/m,  fiiom  JV   temV  7rifjL7r\y\(ri  xctXiyv . 

.Aifxoc,  ycup   tci  7ra.[X7roj)   azpyco   cru ' fxtpopoc,  dvSpJ.- 

Tat   JV   Szoi    vifJAo-Goo-i ,   xou   dvzpic,,  o c,   xcv  dtpyoe, 

Tacoviy   x.titpYii'tcro'i   xo&xpoic,  'ixiXoc,  cp^wV , 

O/'  Tf  fx'thi<ro-a.tov  xa/uctivv  rpv^ova'tv  dtpyci  3o5 

"EcSwtsi;  •    <roi   S\ipyct  <p/A'  ezco  fxirptct  xocrfxetv, 

''&,<;  xe   rot  copcuov  /3/oth  TrXydaxri  xatX/ou  • 


Ante  virtutem  vero  sudorem  Dii  rfosuerunt 

Immortales  ;  longa  vero  atque  ardua  via  est  ad  ipsam  , 

Primumque  aspera :  ubi  vero  ad  summum  ( quis )  venerit  , 

Facilis  deinceps  est ,  quantumvis  difficilis  fuerit  . 

Ille  quidem  optimus  est ,  qui  per  se  in  omnibus  sapit , 

,,  Cogitans  quaecunque  dein  et  ad  finem  usque  sint  meliora  . 

Sed  et  ille  bonus  est ,  qui  bene  monenti  paruerit . 

Qui  vero  nee  sibi  sapit ,  neque  alii  parere 

In  animum  inducit,  ille  contra  homo  inutilis  est  . 

Verum  tu  nostri  semper  praecepti  nremor, 

Operare  ,  o  Persa  ,  Dii  genus ,  ut  te  fames 

Oderit  ^  amet  autem  pulchre  coronata  Ceres 

Veneranda  ,  victuque  tuum  impleat  horreum  . 

Fames  namque  semper  ignavo  comes  est  viro  . 

Hunc  vero  et  Dii  oderunt  ,   et  homines  ,  quicunque   otiosus 

Vivit,  fucis  ignavis   similis  cupiditate  , 

Qui  apum  laborem  a»bsumunt  otiosi  , 

Vorantes  :  tibi  vero  opera  justa  obire  gratum  sit , 

Ut  tibi  aestate  collecto  victu  impleantur  horrea  . 


Ma  d'innanzi   a  virtu  1' alto   divino 

Voler  posto  ha   sudore;   e  'n  su  le  prime 
Lungo   erto  e  travaglioso  e   quel  cammino : 

Ma  giunto   poscia  a  sormontar  le  cime , 
Trovi ,   che  sebben  duro  un  tempo  e  stato , 
Agevolmente   il   passo  vi  s'  imprime  . 

Ottimo  e   1'  Uom ,   cui  per   se   stesso   e  dato 
Tutto   pensar ;   e   se   un   partito   piglia , 
II  miglior  mezzo   al  fin  sempre  ha  trovato. 

Buono   e  colui  ,   che   di  chi  ben  consiglia 
Segue  il  parer  :  sciocco   chi  per  se  stesso 
N'  e   privo  ,   e  all'  altrui   senno  non  s'  appiglia . 

Ma  tu  serbando  il  mio  ricordo  impresso 
Nella  tua  mente  sempre  ;  alia  fatica  , 
Perse  germe  di  Dio ,   non  sii  rimesso : 

Onde   fame  ti  siugga,  e  sieti  arnica 
Cerere   dal   bel  serto ,  e   1'  alma   Diva 
T'  empia  la   cella  di   matura  spica . 

All'  infingardo  ,    che  travaglio  schiva  , 

Penuria   e   sempre   a  lato ;  e   si   gli   avviene  , 
Che  a'  mortali  ,   ed  a'  Numi  in  odio  viva : 

Perche  1'  ingegno   suo   forte    conviene 

Col  fuco   ingordo ;   che    d'  ogni  opra   scarco  , 
Del  lavoro  dell'  api  si  mantiene. 

Quinci  tu  di  fatica  un  giusto  incarco 
Ama  di  sostener  ;  si  che  1  granaro 
Del  vitto  della  state  appien  sia  carco . 


n 

E£  *pycnv  cP    dv^pze,  woXv  (xyXoi  r    dtpvaoi  re- 
Kca   r    ipyaZptxveoc,,  ttcXv   (plX^pot;  d9aji/dmi<riv 
Ea-a-icu  ,   y\di   /SpeWs-  /udXot  ydp  ^uyiovariv  dipyovc,.  3l© 

vEpyov  S   x£iv  ovhSoc, ,  dzpy/yi  JV  r    ovei^oc, . 
Ei   Si   x.cv  zpyd^Yi,  m%x  an  fyXcocra  dipyoc, 
TlXvTivvTvt'  ttXhtoj  £   ctpiwi   kocl   xvfot;  i>7n\$pi . 
Acu/uovi  d     oi'oc,  9,yi&cl  '   to   £pyd£i&ou  du&vov , 
E/    KC4>  &7T    dXXorzxoov  nrsdvcov  di<r!<ppova.  Sujuov  3i5 

E/$  zpyov  rpi\cic, ,  (XiXitdc,  /3/x  coc,  <rrs  KiXiuco  • 
»  Ai'Scoc,  S  ovx.  dyctSvi  wxip-nyLivov  dvSpa  zofxi^tH- 
,?  Ai^coe,  m   r    dvSpctc,  fxiyct  g-Ivvtui  wd    6vivv\cri. 
Ai^cae,   rot   Trpoq  dvoXp'iy  ,   Stzpcroe,  JV   frpoq  cX/3m  ■ 
XpytftCLTCt   J'  x%  dp7i axm  "   SiooSbTa,  7roXXov  dp£iVCO.  320 

Ei   ydp  tic,  Y.al   "x^pa-i    /Sip  fieyav  oX/Sou  iXv\rou , 
*H  oy    dwo  yXeoa'crvic,  Xni a-cr<inxi  >  (did  ts  7roXXd 
TinTUi,   ivr    civ  JV  wip&Q-c,  voov  i^a.7rctTti<rv\ 
'Av$pco7rci)i/ ,  ouSco    JY  t    dvcaSeiYi  x.ctTC7rd£t\) 


Ex  laboribus  autem  viri  evadunt  divites  et  opulenti . 

Et  laborans  ,  multo  etiam  cariar  immortalibus 

Eris  ac  hominibus  -,   valde  enim  oderunt  otiosos  . 

Operari  autem  non  est  dedecus ,  sed  ignavia  dedecus  est . 

Quod  si  laboraveris ,  raox  te  aemulabitur  et  otiosus 

Ditescentem  :  divitias  vero  potentia  et   gloria   comitatur  . 

Deo  autem  similis  fueris .  Laborare  inquam  melius } 

Si  quidem  ab  alienis  facultatibus  stolidum  animum 

Ad  opus  convertens  ,    de  victu  sis  sollieitus  sicut  te    jubeo  . 

„  Pudor  autem  non  bonus  egenum  hominem  tenet  : 

,,  Pudor  qui  hominibus  valde  et  obest  et   prodest  . 

Pudor  quidem  ad  paupertatem ,  audentia  vero  adjacet  ad  divitias 

Opes  vero  non  rapiendae  :  divinitus  datae  multo  meliores  . 

Si  quis  namque  et  manu  per  vim  magnas  opes  paraverifc , 

Aut  lingua  praedatus  fuerit ,  (qualia  multa 

Fiunt ,  quum  primum  lucri  amor  mentem  deceperit 

Hominum ,  pudorem  vero  impudeiitia   vicerit) 


93 
Ricco  in   gregge  si  viene  ,    ed  in   denaro 

Per   la  fatica :  se   ti   fai   operoso 

Agli  uomini   e  agli  Dei  vivrai  piu  caro: 

Che   'n   gran   dispetto  a  loro  e  il  neghittoso ; 
E  non  che  P  operar   ci   sia  vergogna , 
Solo   il  non  operar  c'  e  vergognoso . 

E  ben   vedrai ,  se   teco   ti   dispogna 

II  mio   consiglio   a  far ,   di  qual  maniera 
Anch'  egl'  il  pigro    ad    emularti   agogna ; 

Quando  poggiato  in   gran  fortuna  altera 

Ti   veggia ;   a  cui   possa  vien   dietro ,    e  fama , 
E  quasi   degli  Dei  misto  a   la  schiera  . 

Oprar    e   il  meglio ,    e  la  non   saggia  brama 
Di  viver  dell'  altrui  ,   volgendo  all'  opre  , 
Com'   i'  t'    esorto ,  il  vitto  cercar   ama  . 

Or  giova  or  nuoce  assai ,  qualor  ci   copre  , 

Vergogna  :  al  pover    nuoce  ,   e  1   guida  a  stento ; 
Ardir  la  via  de   le  ricchezze   scuopre  : 

Ma   di   rapirle   non    aver    talento : 

Pero  die   assai   van  quelle   piu   sicure  , 
Che   degli   Dei   son  date   a  piacimento  . 

Che   se   per   guise  violente    e   dure 

Assai   di   roba    a   forza   uomo   s'  aduni , 
O   per   rubare    altrui   menta   o   spergiure : 

(  Come  sovente   avvien  quando  in   alcuni 
L?  amor   dell'  oro  1'  intelletto   svia  , 
E    audacia    di    rossor    gli   fa    digiuni ) 


94 
'Pad  re  p/v  fxavpooc/  3W  ,  fjupv&ua't  M  oJnoi  325 

Anej  ra>  y  Trctupov  JV  r   iTTi  ^ovov  oA/Soc,  OTrnSei . 
'Io-ov  £    oc,  £■    ikityiv  oc,  re  %eivov  xclkov  i'p%&t' 
Oc,  re  xcuriyviflToio  in    dvd   Siyt,v/ct  (Bouvo/ 
Kpu7mzS/vi<;  ivviic,  dAo^ys  }  7rctpaxcu£jiot  pi^cov 
Oc,   re  Tiv  d(ppctS/'vic,  dA/TcuviTou  optpavd  tskvoc.  •  33o 

Og  re  ^oj'wa  ytpovia.  JtattJ  S77-/   yy'pxoc,  sSm 

N&X&iYI    X&7\i7T0l(Tl    KCtSciTrTO/MVOC,    i7TiicrO-/l' ■ 

Tp  Jw   to/  T^ivc,  dvwc,  dyadvwii  y  ic,  JV   TsAivviv 
'  Epycuv  dvr    ctdtTteov  %_ct\i7rv\v  eVg'^M/CC*  diio/ftyv  ■ 
'AAAd  o-v   twv  fxiv  7rd[A7rcu>  iipy    dicrl<ppova.  Svpcv  ■  325 

Ka.S'Jdi'tx.fA/v  a    zpdav  'up  uS'-ivdm/a"/  Siolo~/p 
'Ayvcoc,  xad  Kct$ctp6)  c,  -t  %'7ri    S'  dyActd  /uwzict  kouw 
''AAAots  JV  <r7rov£-,]c,  Sveicrcri   ts  i Xdcnti&cu , 
H  /^p    or    ivvaQy }   kcu   otoui  (paoc,  tipov  tASy 
"£lc,  ni  to/  '/Actov  KpctS/vw  nod  $u/uov  zycoo-zv ■  34c 

vO(pp  d'AAeou  oovy   uAypou ,  ^w    top  reoV  olAAoc,. 
Top  (p/Aioi'T    <k7r/    Source  xctA&v  >  top  cf'  z%$poi>  idcrau. 
Toy  Si   (J,dA/<?ct  ntxAeiv  y  oc,  tic,  o~i$r<zv  iyyuS/  vcuet  • 


Facile  et  ilium  pessum  dant  Dii  ,  minuuntur  vero  familiae 

Viri  talis  :  exiguumque  ad  tempus  divitiae  adsunt . 

Simile  vero  committit  delictum,  et  qui  supplicem  et  qui  hospitem  malo 

Quique  fratris  sui  cubilia  ascenderit ,  (  afficiet : 

Furtivi  causa  concubitus  uxoris,  scelerata  patrans  : 

Quique  mala  cujuspiam  fraude  deceperit  orplianos  liberos  : 

Quique   parentem  senem  misera  iu   senectute 

Probris  affecerit ,   gravibus  iucessens  verbis  : 

Huic  certe  Juppiter  irascitur ;  ad  extremum  vero 

Pro  operibus  jniquis  gravem  exbibet  talionem  . 

Verum  tu  quidem  ab  his  omnino  cohibe  stultum  animum  . 

Pro  facultate  autem  sacra  facito   immortalibus  Diis 

Caste  et  pure  nitidaque  femora  adole  . 

Interdum  certe  libaminibus  et  aliis  donis  placa  , 

Et  quando  cubitum  ieris ,  et  quaudo  sacra  (  aurorae  )  lux  venerit  : 

Ut  beuevolum  erga  te  cor  atque  animum  habeanL ; 

III  aliorum  emas  sortem  •,  non  tuam  alius  . 

Amicum  ad  convivium  vocato ,  inimicum  vero  relinque  . 

Euin  vero  potissimum  vocato,  quicunque  te  prope  habitat. 


95 

Per   poco   fan   gli  Dei  che   afflitto  sia 

Un  cotal   uom ;   la   sua   famiglia  scema  ; 

Breve  tempo  ricchezza   ha  in   compagnia . 
Son   rei  del   par   chi  1   supplice  non   tenia , 

O   1'  ospite  oltraggiar :    di   pari   vanno 

Chi   1  talamo  fraterno  insidj   e  prema ; 
E  chi  per  altrui  frode   ordisca   inganno 

Ad   orfanelli ,  e   chi   'n   vecchiezza   acerba 

Con   aspri   detti  al  padre   porga   aiFanno . 
Contra   costui  per   fermo  s'  esacerba 

L'  ira   del   sommo   Giove  ;  e   all'  opre   ingiuste 

Doloroso  compenso   al  fine  serba . 
Ma   tu   1'  odia ,  e  con    pure   ofTerte    e    giuste , 

Secondo   tuo  potere ,   i   Numi    onora ; 

Ove   lucide    carni   sien   combuste. 
E    doni  e   pio   licor    porgi  talora 

Quando    ti   colchi,   e   quando  i   raggi   sui 

Scuopre   tornando   a  noi   la   sacra   aurora ; 
Onde    la  mente   loro   a'  preghi    tui 

Sempre   s'  inchini  ;    e   '1   tuo   retaggio  ,    e    sorte 

Non   merchi  un  altro ,    e   tu   merchi   1'  altrui . 
Apri   all'  amico  tuo ,  chiudi   le   porte 

Al  tuo   nimico   ognor    che    fai  convito ; 

Ma   piu  '1  vicino   di  chiamar    t'  importe  : 


9«  , 

Ei  yelp  ro/  acu  ^Hfz    iyyto&ov  uXXo  yimrtUy 
Yeimvtc,  ct^eo^oi  txiovr  ^coo-umto  JV   7rml •  345 

Ily  {Act   x.ctx.6c,  yenwv  ,    oararov  r    etyetSoe,  {xiy    ovfiap- 
Eu/uopi   toi  ti{mc,  eg  r    '{profit  ye^w.'oc,  i&Xov  . 
Ov£    dv  (3oue,  ct7TQ\oiT  ,  ei  ^  yeimv   kctKoc,  &ty  ■ 
Ed    {liv  Uirpei&cu   7rctpd  ycimvQc,)  gtJ   <f  etyro^vcuy 

AVTM     TO)     fXirpM  ,    H.CU    XcolOVy    OUKi    SuVAOU'  350 

r\Q$  ctv  %ptim/£w  ,  x.cu   ic,  vo-Tspou  etpxiov  k5W. 

Mil     KCtKOl     KipdcUVHV     KCtZai     KipS'iCt    ]<T     UT-ACTIV  . 

,,  Tov  tpiXiouTtt  (piXeiv  ,   ncu  ra>   7rpoortQvri   7rpotreivou  . 

yy    Kod    SoUCV   oc,   KiV    Jm  ,    kcu   {ni\    So/ua>   oc,    HOP    UVI    ££ . 

,,   AcJry  fiiv  rig  g'JWc?  ,  ci^ary  ^  ovtic,  iJcokcp  ■  Z55 

Aae,  ayadm  ,  otpTra^  JV  hum   Savetwto  Soreipet. 

'Oc,  fxiv  yelp   kop  civvip  iS{\cov  ,  oyi  nap  aiyct   tyy 

Xodp&    TCti    J 'CO p<$  ,    H.CU    TSpTTiTCCl    OP    ltOtTK    §VfJLOP. 

"Oc,   M  kcv  cIvtoc,  iXmoti ,  cipou^eiyipi   7ri%Yio~eic,y 

Kal    75    CUlKpOV   iCV ,    70 y     iTTCt^VCtlO-CP    (p'lXov    YlTOp  .  36o 

Ei   yelp  step  xcu   o-fxixpov  i7ri   o-fj.nipy   ■kcltuB&o  > 

Kcti  Sctfict   7»S"    ipdoje,,  Tix^tx  tup  fjAyct  X)  to  yivono- 


Si  enim  tibi  negotium  domesticum  aliud  (i.  e.  adversum)  eveniat , 

Vicini  discincti  accurrunt  ,  cinguntur   autem  cognati  . 

Noxa  tarn  magna  est  malus  vicinus,  quantum  bonus  commodum  . 

Nactus  est  honorem ,  quicunque  nactus  est  vicinum  bonum  . 

Neque   bos  interierit ,  nisi  vicinus  malus  sit  . 

Hecte  quidem  metiaris  a  vicino  (mutuum  accipiens )  reeteque  redde  , 

Eadem  men  sura ,  et  amplius ,  si  quidem  possis  : 

Ut  indigens  etiam  in   posterum  promptum  invenias  . 

Ne  mala  lucra   captes  :  mala  lucra  aequalia  damnis. 

„  Amantem  te  ama  ,  et  invisentem  invise  . 

„  Et  da  ei  qui  dederit ,  neque  da   qui  non  dederit  . 

,,  Datori  namque  est  qui  dat  ,  non  danti  vero  nemo  dare  solet  • 

Donatio  bona  ,  rapina  vero  mala  atque  letifera  . 

Quicunque  etenim   vir  libens  dat,    etsi  multum  dederit, 

Gaudet  donando  ,  et  delectatur  suo  in  animo  . 

Qui  vero  libens  rapuerit ,  impudentia  fretus , 

Quamvis  id  sit  exiguum  ,  tamen   cruciat  suum  animum  . 

Siquidem  enim  parvum  parvo    addideris, 

Et  frequenter  istud  feceris  ,  mox  magnum  et  hoc  evaserit  . 


Che  se  disastro  in  casa  avrai  patito , 
Discinto  il  tuo  vicin  ti  si  offerisce  , 
Mentre   il   parente   cingesi  1   vestito . 

Buon   vicino  e  gran  bene ,  e  chi  1  sortisce  , 
Sortisce   onor ;   e   rio  vicin   gran  male : 
Senza  tal   peste  un  bue  non   ti  perisce  . 

Prendi  a  giusta  misura  ,  e  rendi  a  uguale  , 
Quando  dal  tuo  vicin  togli  'n  prestanza  j 
E   a  maggior ,  se    tua   possa  a   tanto    sale  : 

Cosi    in   altri   bisogni   avrai   speranza 

Che   ti   sia   presto .   II   reo   guadagno   aborri : 
Fra'   danni   e   rei   guadagni  e   simiglianza . 

Am  a  chi  t'  ama ;  a  visitare   accorri 

Chi   da   te   vien ;   e   dona   anco   a   chi  dona  : 
Ma  in  donar   chi  non  dona  non  precorri . 

Si  da  solo  a  chi  da :   pregiata  e   buona 
Cosa  gli   e   il   dono  ;  e   la   rapina  e  trista , 
E   morte  a   venir   sopra  incita   e  sprona . 

Chi  largisce   di  cor,  piacer   ne  acquista  , 
Benche   gran  dono  faccia  \   anzi  ne  gode 
Ivi  entro ,   've   non    giugne   umana   vista . 

Ma   chi  T  aver   d'  altrui  si  prende    a    frode 
.Sicuro  e  baldo;  ancor  che  toglia  poco, 
Per  lo  rimorso  se   n'  attrista   e   rode. 

Che  chi  cio  fa   sovente,   e  a  poco  a  poco 
Picciola  somma  a  picciola  congiunge, 
Gran  cosa  vien  a  fare  al  fin  del  gioco. 

*3 


n 


n  98  _ 

"O?  S'  sV  g'o'fr/  <pi'p(ri ,  oS'  dXu^irou  ou&o7rc&  Aifxot* 

O'jpi   my    &tv  o'tna)  KctictneifjLivov  dvipet  tmSet  • 

Oixoi  fiiAnpov  etvau  ,  eV«  /SAxfiipov  to   $v pvifpi  ■  36.5 

E&Aci>  (xiv,  7rapriovToc,  iXicOoti  ■  7riipa,  Si   Qvpto  , 
Xpwf£eii>  ct7ri6vToc,  ,  a.   <n   (ppd'^iarQou  avcoya  '. 

Ap^pfXiVH  Si    7r!&ov  xou   Av\yovwc,  xopio-aaScu. , 
M.io~G~6$i  (peiSio-frtu  -  S&vvi  S"  ivl  nu^fxivi  (p^tSco  . 
)y  Mi&oc,  S    dvS&  (p/Aco  &py[Aii>o<;  dpz/oq   '{$&.  3^0 

„  Kax   7*  Kcto-iyvyrco  yiAdcrctg  iTri   fxaprvpot.  3r{&ou  . 
»  II/S"«?  S  otpa.  ofxtog  nxu   d^t^Iou  a  Aw 09  dvSpttt;  • 
MjjJV  yvpyf  <rs  voov  7ruyo?oAo<;  ci%ct7ra7U7w , 
A/jUvAct  KcoTiAAouo-ct,  rstiv  Sifpcoo-u.  KctAir,v. 
„  "0$  Si   yvvaXKt    7Ti7roS<i ,  TTiTrotSr    oyi  tpyiAtiTyarj .  3^5 

Mauoya/ti g  Si    vrdic,  croo'Cpi  7raLrpa>iov  olzov 
tyipfiifAW  00 c,  ydp   7rAxmt;  di^ivxi  w  (xiydpoiG-i . 
„  Tvipouog  Si  Sravoig  enpov  TrcuS^  $yK<x.mAei7rtk)p. 

Veict  Si    kqm  7rAiovia-cri    7ropot   ZsO£  aio-7riiov  oAfiov- 

HAeicov  fjttv  7rAiivw  fjtiAiTu ,  p.&ttov  cf'  tTri&viKYi '  38o 

Xot    a    ei  7rAiiTH  Svjuoi;  iiASivxi  bt>  <ppi<rh'  wcr/^, 

' O.S    ipSeiV  i'pyov  Si  t    i7r   ipyoj  ipyd^i&ou  ■ 

Qui  vero  parto  adjicit  ,   is  vitabit  atram  fainem  . 

Neque  vero  quod  domi  repositum  est,  hominem  sollicitum  habet 

Domi  melius  esse  :  quOliiam  damno  obnoxiurn.  quod  foris  est . 

Bonum  quidem,  de  praesenli  capere  :  noxa  vero  animo , 

Egere    absente  ;    quae  te   cogitare  jubeo  . 

Quum  relinitur  dolium  ,  et  fere  est  epotum  ,  saturare  t 

Medio  parce  :  perniciosa  vero  in  fundo  parcimonia  . 

,,  Merces  autem  viro  amico  constituta  sufficiens  esto , 

„  Etiam   cum  fratre  ludens  ,  testem  adhibeto  . 

,,  Credulitas  pariter  ac  diffidentia  perdere  solent  homines. 

Ne  vero  mulier  te  animo  brachia  exornans  decipiat , 

Blande  garrieus ,  tuum  inquirens  horreum  . 

,,  Qui  namque  mulieri  confidit,  confidit  is  furibus  . 

Vnicus  vero  Alius  servant  paternam  domum 

Eo  educaudo  :  ita  enim  opulentia  crescit  in  aedibus  . 

„  Senex  autem  moriaris ,  alium  filium  relinquens  . 

Facile  vero  et  pluribus  praebuerit  Juppiter  iugenles  opes-. 

Major  autem  plurium  cura  ,  major  quoque  accessio  . 

Tua  vero  si  opes  mens  appetit  in  suis  cogitationibus , 

Sic  facito ;  operamque  operae  subinde  addito 


99 
Chi  cresce  il  suo,  la  fame  non  lo  giunge ; 

E   in   casa  il  serbi ;  ivi  non   da   pensiero ; 

Soggetto   e  a  venir  men  quando  n'  e  lunge. 

E  bene     in   casa   aver  cio   ch'  e  mestiero ; 

Di  cio  ch'  e   fuore   aver  mestiero  e    doglia  : 

A   tai   detti  pon  mente  ;  io   te   1'  impero . 

Nel  bel    principio ,   e   al  fin  bevi   a   tua  voglia  ; 
Ma   parcamente   allor  che  '1   doglio   e   a  mezzo  -, 
Risparmiandosi  il  fondo  uomo   s'  addoglia . 
Paga  all'  amico  il  concertato  prezzo 

Pari  al  lavor  :    se  col  fratel    contratti ,         ! 
Testimony   'n  quel   patto   entrin   di   mezzo : 

Ma   paja ,   che   per   giuoco  ve   gli  adatti : 
Che   fidanza   del   pari   e    diffidenza 
A  la  perdizion   gli  uomini  ha  tratti . 

Ne   donna   ti   seduca   in   apparenza 

Gaja  e   loquace  ,   al  tuo   granar  frugando  : 
Chi   a  donne  ,  a'  ladri   ancora   da   credenza . 

Unico  un   iiglio ,  lui  ben  educando , 

La   paterna  magion   guarda ,   e   provvede , 
La   cresce  ,    e   ne  fa   ir   penuria  in  bando  : 

Ma  tu ,   vecchio   morendo  ,   un   altro   erede 
Lassa   di  te :    che    dove   e    piu   d'  un    flglio 
Giove    gran    beni   di  leggier   concede . 

Piii   roba   avendo ,    arai  pena  e   periglio 

Maggior ;   ma   fia   che   1'  oro   anco    ti   cresca : 
E  se   brami   arricchir ,  fa  il  mio  consiglio , 

E  aggiugner   opra  ad  opra  non   t'  incresca . 


IOO 

HXwidScov  'ArXctycvzcov  i7T/TsXXojUCvot6)i> , 
vAp^so&-'  dfxwns  •    dporoio  JV  }  &vcr<royi.ivdw  . 

At     JV    TO/    VVKTttC,    7H    XOM    VI  [ACtm    TZG'O'Ct.pa.KOVTU  385 

Kixputpxmi  '  auric,  Je   7riZJt7rXoixivii  iviavrk 
<&ouvonttt )  id  7rf>6jwt  ya9ct<T<rolJL^V010  ccJVpy- 
OJto's  to/  7n£icov  TriXvmi  vofxoc, ,  o/'  7E  .S-aAaco? 
'Eyyv&i  fcwe7aa<r  y  01   r    ay  ma.  /2n<rcnicvrK 

THOVTH    XV[Jt,CU.VQV7VC,   a7T07rpO%l    7rlova   xtop°v  ^9° 

Nouxcriv'  yvfxvov  cr7reipeiv ,  yvfxvov  <JV  fiocoretVy 

Tufxvov  cT'  dyt,d<xv  ,  ei  %    co?j.a  7TcLvt    t&tXvi&ct 

''Epya  %o[xll^i^ajt  AyifXiiTspog-   ooc,  toi  iKctset 

"D.pj.  difymi ,  (M   7TC0C,  m  fjaict^v  %a.ri£fi)v 

Tiruxra-Yic,  dXXorpiag  oixxq ,  zoti  [ayiS'£v  avvtrcyc,  ■  3(?5 

'£1$    KOU    VVV    i7r'i[A     YlXOiC,'    iyco    Si    701    XX.    i7TlSco(TCO  y 

OvS'  6  7r/fxiTpy(<rci) ■  ipyaZiv  ,  vy7M  Hip<rvi , 

vEpya  ,  irx.  r   d.v^pU7roicri  <9W  S/ZTex/uypcu/m  ■ 

M«    ttots  cvv  7rouSi<T(rt  yvvoLiKi    ts  Svpov  d%iUCOV  ) 

Zyrsvyg  fiiOTov  Kotvx  y&nuvac,-,  01   S'  d(xiXuanv  •  40C 


Plejadibus  Atlante  natis  exorientibus, 
Incipe  metere  ;  arare  vero  ,  occidentibus  . 
Hae  quidem  et  noctes  et  dies  quadraginta 
Latent :  rursum  vero  revoluko  anno 
Apparent,  primum  ut  acuitur  ferrum . 
Haec  utique  arvorum  est  lex ,  (  cum  iis )  qui  mare 
Prope  habitant,  (turn  iis)  qui  valles  flexuosas 
Mari  fluctuante  procul  pinguem  regionem 
Golunt .  Nudus  serito ,  nudusque  arato , 
Nudus  quoque  metito ,  si  quidem  matura  omnia  voles 
Opera  ferre  Cereris  :  ut  tibi  singula 
Matura  crescant ,  ne  quando  interim  egens 
Mendices  ad  alienas  domos ,  nihilque  efficias  . 
Sicut  et  nunc  ad  me  venisti :  ego  vero  tibi  non  amplius  donabo 
Neque  amplius  mutuum  'dabo  .  Labora,   infans   Persa  , 
Labores  quos  hominibus  Dii  per  signa  demonstrarunt : 
Ne  quando  cum  liberis  uxoreque  animo  dolens, 
Qua  eras  vie  turn  per  vicinos ,  hi  vero  negligent . 


CAPITOLO    V. 


A, 


-11a  messe  t'  appresta  allor  che  s'  erge 
II  segno   delle   Plejadi   d'  Atlante , 
E   all'  aratura   quando   in  mar  s'  immerge . 

Quaranta   di   si  cela   ed   altrettante 

Notti ;   e   risorge  allor  che  ,   volto  1'  anno , 
S'  aguzza   il  ferro   per  la    messe   instante . 

Tal  legge  e  a'  campi ,  ed  a'  cultor  che  li  hanno 
Dappresso  il  mar,  e  a  quei  che  in  terren  lieti 
Fra  valli  curve ,  lungi  al  mar  si  stanno . 

Semina  ignudo ,   ignudo  ed  ara  e  meti , 
Se  brami  pur  ,  che  'n  sua  stagione  adempi 
I   lavori  di  Cerer  consueti  j 

E  che  le  biade  tue  crescanp  a  tempi , 
Ne  deggi  'ntanto  mendicar  soccorso 
All'  altrui   porte  ;  e  '1  tuo  desir  non  empi . 

Tal ,   non  e   guari ,  avesti  a  me  ricorso , 
Ma  ne  di  dono  piu ,  ne  di  prestanza 
Colle  fortune  mie  sarai  soccorso . 

O  Perse  !  o  de'  fanciul  fatto  all'  usanza ! 
Com  pi  i  lavori  che  negli  astri  scritto 
Hanno  gli  Dei  per  nostra  ricordanza ; 

Se  non  vuoi  gire  invano  egro  ed  afflitto 
Con  la  tua  donna  e  i  figli  nel  paese 
A  questo  e  a  quel  vicin  chiedendo  il  vitto: 


102 
At  c,  fxiv  yap  xou  fp/c,  raf^a  Tsvfyou  •  %v  J"  $ti  Xv7ryc,y     • 
Xpitfua  /uif  »   7rpn^9i<;  ,  cru   <P   inoiria  7tgAA'  dyopii/ceic,  • 
' K^hoc,  cT'  i?cu  i7r{c0V  vofxcq  '   aXXd  cr    dvcoya 
fypaJ^i&au  fctiGov  re  "hvcrtv,  Xtfxi  r'  d\icopyi>. 
OiKOf  (jliv  7rpooTtTct  ■>  yvvouaa.  re,  /2b  v  r    dpovipa ,  /\.o5 

Kmrnv,  «  yctfxi-wv ,  wr/5  *ai  /2h<tiv  i7rono. 
Xpn pam  J    etv  oikso  7ravr    apfxcva  7rofn<ra&ai.% 
Mw   cry   fxzv  ourvic,  ct XXov ,  6  S   apvUmi ,  <rv   Ji    Ttrra  > 
'H  <T  copy  7rapap.ei/2yi7txt ,  /utw&vi   M  rot    '{pyov. 
Mm'cT'  dva(2dXhi£rou  iq,  r    avPjtov  ,   gV£  r'  ivvyyiv  410 

Oc/  ^ap  gT&jir/oip^o?  a^wp  7rt  f/.7rXv\o'i  kolXwv  , 
,j  Oc/cT  avafiaXXofxcvoc,  •  fxiXivt  £{  rot  i'pyov  opsAAfr 
Atei  J"  a/xfioXiipyoe,  dvvip  ury<rt  7raXaiei  . 
'H/uoc,  JV  Xinyet  (uivoc,  o^iog  mXtoto 

YLa.vfA.awc,  t S'ctXi fxa  ■,  (XiT07rcoZ/-^ov  o/j, /Bpyc xv me,  l±l5 

Zyii'ot;  ie/&cvi'oc, ,  /xiwt   JV  rprt7riTJXt  Sporsoc.  j&Goe, 
TloXXov  iXatppdttpoc,-  (  JV  yap  tots  creiejioe,  aVtfp 
BcuoV  t/Vep  xitpaXiic,  KytZJ.Tpi(pi&)v  av%pco7rcov 
''Ep%iT!zt  wfAaTioc.,  7tXhov  Si   ts  puktoc,  iTravpei  . ) 


Bis  enim  et  ter  forsitan  consequeris :  si  vero  amplius  molestus  fueris , 

Rem  quidem  non  facies  ,  tu  vero  inania  multa  dices  . 

Inutilis  autem  erit  verborum  copia  .  Sed  te  jubeo 

Cogitare  debitique  solutionem ,  famisque  evitationem  . 

Domain  quidem  primum  ,  foeminamque  bovemque  aratorem  , 

Foeminam,  inquam  ,  famulam  non  nuptam  ,  quae  et  boves  sequatur  , 

Instrumenta  vero  domi  omnia  apta  para  : 

Ne  tu  quidem  petas  -ab  alio ,  illeque  recuset  ,  tu  vero  careas  , 

Tempus  autem  praetereat ,  minuaturque  tibi  opus  . 

Ne  vero  differas  inque  crastinum ,  inque  perendinum  : 

Non  enim  laboris  fugitans  vir  implet  horreum  , 

,,  Neque  procrastinator  .  Studium   vero  tibi  opus  auget : 

Semper  autem  dilator  operum  vir  cum  damnis  luctatur . 

Quum  itaque  jam  desinit  vis  fervidi  Solis 

Calorem  sudoriferum ,  per  autumnum  pluente 

Jove  praepotente  ,  movetur  humanum  corpus 

Multo  levius;  (nam  tunc  Sol 

Paulisper  supra  caput  mortalium  liominum 

Venit  interdiu  ,  magis  autem  noctu  fruitur  . ) 


Ch'  egli  due  volte  e  tre  ne  iia  cortese ; 
Ma  se  lo  noj  di  piu ,  repulsa  avrai , 
E  le  gran  ciance  non  saranno  attese  . 

Vana  e  ragion  di  ciance .  I'  voglio  omai , 
Che  '1  tuo  debito  a  sciorre  ,  ed  a  schivare 
De  la  nojosa  fame  pensi  i  guai. 

Casa  di  tutto   in  pria,   buoi    da   solcare, 
Serva  senza  marito ,  a  guidargli  atta ; 
Ed  ogni  arnese  acconcio  dei  trovare. 

Che  se  da  un  altro  un  mobile  s'accatta, 
E  quei  non  vuol  prestar ;  resti  dolente , 
Ti  fugge  il  tempo  e  V  opra  non  e  fatta . 

Ne  a  la  dimane  o  all'  altro  di  vegnente 
Tardar  si  dee.  Mai  non  empie  granaro 
Neghittoso  cultore  ,  e  di  man  lente . 

Cresce  il   lavoro  coll' industria  a  paro: 
E  lottan  sempremai  colle  seiagure 
Quegli  che  senza  far    temporeggiaro . 

Adunque  allor  che  le  cocenti  arsure 

Va  cessando  nel  mondo ,  e  '1  sudor  molle , 
L'  alto  pianeta  che  co'  raggi  adure ; 

Quando  piogge  d'  autunno  all'  arse  zolle 
II  gran  Giove  dispensa;  e  assai  piu  lieve 
L'uomo  le  membra  sue  move  ed  estolle; 

(Pero  che'l  Sol  fiammante  a  tempo  breve 
Sovra  1  capo  di  noi  guida  le  ruote 
E  di  piu  lunghe   notti    agio  riceve.) 


103 


104 
'Hjuot;  dSwrvm-m  7riXivxi  TfjwSr&ra,  (r/JYpp  420 

TAw,  ipdXXct   S'  $ptx£,i  x*** >  TTTopQoio  re  Xyyet- 
Tv\fxoc,  ap  tlXowfAeiv  [XifAVYifAivoc,  toqjov  Ipyov , 

'OXfXOV    (AiV    T2J.7t6Sy\V    TUfXVetV  ,    VTTipOV    Si     rg/V^UjU  , 

vA%ovd  3-    i7ntt7roSv\v  fxdXa.  ydp    vu   101  dp/ua>ov  a  to. 
E/  St   kqv  6KitX7r6Sy\v  oltto   kou  cnpvpoui)  ki  mfio/o,  42^ 

T&.<r7rid-ctfAov  S'  di^tv  nz(Ai>eii>  SiKotSeopa  d/ud^yi , 
UoXX'  e7ri   KciiU7rdXot  xaiXcf  <f4pen/  Si   yvw  ,  or    civ  ivpvn;^ 
'E<;     oJkov  ,  xclt   opoc,  StCp (jlcvoc,  ,  «   holt   apxpa* , 
II iivivov  •  oc,  yap   Batriv  dpQv  oxup^Tcnvt;  isiv 
Hut    dv  '  A&Yivxiyc,  S/ucoot;  ov  iXvpctri  7n($a,$  t$Q> 

To[A(poi<rtv  7riXd<ra<;  7rpo<rcLp{pnixi  i^ofioyi . 
Ao/d  Si   &{&ou  dporpa.  ,  7roi>vi(rd{A,cvot;  Kurd  olnov  , 
Avioyvov  xou   ttmtvv '  S7ret  ttoXu   Xcoiov  a  to  . 
E7  x    ttzpov  y    arctic, ,   '{rspdv  y    ini   fixcr'i   /SdXoto . 
Acupvnt;  S   m   7TTcXiy\c,  dxicoTUToi  iso@OY\ic,.  4-35 

Apvog  '{Xvpct  y  7rpJ.va  Si   yvvw  •  /2oi  S'  QAvctmipco 


Quando  minime  cariei  est  obnoxia  caesa  ferro 

Silva ,  folia  autem  humi  fundit',  finemque  facit  germinandi  : 

Tunc  sane  ligna  secare  tempestivum  esse  opus  memor  , 

Mortarium  quidem  tripedale  seca,  pistillum  vero  tricubitale, 

Axemque  septempedalem  :  valde  enim  certe  conveniens  sic  . 

Si  vero  octopedalem  et  malleum  inde  secueris , 

Trium  palmorum  curvaturam  rotae  secato  decern  palmorum  currui , 

Multa  praeterea  curva  ligna  :  ferto  autem  burim ,  cum  inveneris  , 

Domum  ,  sive  in  rnonte  quaerens  ,  sive  in  agro, 

Iligneam  ;  haec  enim  bobus  ad  arandum  firmissima  est , 

Si  Palladis  famulus  dentali  infigens 

Clavis  conjungens  temoni  adaptaverit. 

Bina  vero  facito  aratra  ,  laborans  domi , 

Non  compositum  et  compactile  :  quoniam  multo  optimum  sic  . 

Si  quidem  alterum  fregeris,  alterum  bobus  injicias  . 

E  lauro  autem  vel  ulmo  firmissimi  temones  sunt .    " 

Equercu  dentale  ,  ex  ilice  burim  (facies);  boves  vero  duos  novennes 


Quando  le  secche  frondi  a  terra  scuote 
E   da'  germogli  1'  albero  s'  arresta  , 
E  se  lo  tagli ,  in  lui  tarlo  non  puote ; 

Ti  rimembri  a  que'  di ,  che  1'  ora  e  questa 
A'  legnami  opportuna ;  e  al  taglio  usato 
De  le  mature  piante  il  ferro  appresta. 

Con  tre  piedi  il  mortar  sia  misurato ; 
Si  sollevi  a  tre  cubiti  il  pestello , 
L'  asse   di  sette  pie  molto  e   adattato : 

S'  egli  ha  1'  ottavo ,  fanne  anco  un  martello ; 
Dieci  palmi  aggia  il  carro  ;  e  di  tre  spanne 
Le  volte   delle  ruote  siano   in    ello. 

Gran  curvi  legni  aduna ,  e  in  traccia  stanne 
D'  una  bura  di  leccio ,  e   se  la  trovi 
In  monte  o   in  pian,  con  essa  a  casa  vanne. 

Che  invitta  e  all'  opra  degli  aranti  bovi 
Se  al  timone  1'  unisca  ,  ed  al  dentale 
L'  innesti  il  fabbro   con  infitti  chiovi . 

Due   degli   aratri ,  e  'n  foggia  disuguale 
Faratti ,   intero  1'  un  ,  1'  altro    composto  : 
Cosi  tenergli   in   casa  a  molto  vale: 

Che  se  1'  un  si  dirompe ,   all'  altro  tosto 
I  bovi  sopporrai.   L' olmo  e  l'alloro 
Se   a'  timon  degli   aratri  in  Opra   e   posto , 

Fermezza  altra  non  e  pari  alia  loro: 

Ed  il   leccio  alle  bure ,  e  1'  aspra  e  dura 
Querce  de' tuoi  dentali  usa  al  lavoro. 

H 


io5 


io6 

*'Ap<rct>i  x.ix,m&ou  (  tu>v  yap  Srivoc,  x'x  d\a7ra$vov  •) 

"H/2yi<;  fxirpov  s%ovtb-  tw  ipydfy&ou  d^co. 

Ook  ix.v  mo  y    <tPjL<rajjne,  or   avXani   kx(i(jav  dporpov 

'  A%eta»  j   to  Si  %'pyov  iiwariov  ctuS/  A/Vo/ov .  44° 

Tolc,  cT    a. [Act  T5<ra,a.pciKoviTx.iviel  adfyoc,  i7rono  , 

"  Apwv  $&t7rvnarae,  T^rpdrpvipov  ,  oxToi^Xoofxov  ' 

'' O;  k    i'pya  [tzhtTzov  iQel-ow  atlXax.'  iXavvot , 

MyiKer/  7rct7TTodvcov  /ui&  ofJw'XiKcit;  y  dXX'  IttI  ipyca 

®VfJ.OV    i%Ct)V  "    7K     J'    »77    VlGoTtpOC,    aXXoC,    dfACiVtoV  44^ 

'ETTipf/.oc.TTX  Ja<r<ra&cu ,  jccm   gV/<r^-o£/wy  dX{a&au . 

Kcupdnpos  yap  dvvtp  ^te3"   o^Xizac,  eTTToiYimti. 

<t>pd£<i&ou  S'  iiir  dv  yzpctva  <qwav  i7rax%<rYn; 

"£~\,6&<zv  ix.  n<p{eov  iviavvict  x.iKXyiyv/w<;  ■ 

'H  r    dpowio  ts  <rv\fAX  <pipa ,  nou  y^ifxaivc,  copm  ^&0 

AeiKvvei  6[x8pv\pQ  '  xpaS/yii>  cT  tSax.'  dvSpoc,  dfiovreco . 

Aii   tvts  ^QpiuCeiv  '{Xixac,  fioctc,  iv&ov  iovmc,  • 

PiifSiov  yap  i7ro<;  &7reiv  5  /3oi  JV$  xctt  d/ua^M>  ■ 

'Pm/JW  Sd,7rau>Yivct&ouy7rclpct  S'  tpyat,  $6ia-<riv* 


Masculos  comparato  (horum  enim  robur  non  imbecillum  est) 

Juventutis  mensuram  habentes ;  hi  ad  laborandum  optimi  . 

Non  utique  hi  dimicantes  in  sulco  aratrum 

Fregerinfc ,  opus  vero  imperfectum  reliquerint  . 

Hos  aufcem   simul  quadragenarius  juvenis  sequatur, 

Panem  coenatus  quadrifidum ,   octo  frustorum , 

Qui  quidem  opus  curans  rectum  sulcum  ducat, 

Non  amplius  circumspiciens  aequales  ,  sed  in  opere 

Animum  habens  .  Hoc  vero  neque  junior  alius  melior 

Ad  spargendum  semina  ,  et  iteratam  sationem  evitandam . 

Junior  enim  vir  ad  coaetaneos  evolat  animo  . 

Observa  vero  ,  cum  voceni  gruis  audieris 

Alte  in  nubibus  quotannis  clangentis  ; 

Quae   et  arationis   signum   affert ,   et  hyemis  tempus 

Indicat   imbriferae  :  cor  autem  rodit  viri  bobus  carentis. 

Tunc  sane  pasce   camuros  boves  ,  domi  manentes  . 

Facile  enim  dictu  est ,  par  bourn  da  et  plaustrum  : 

Facile  autem  recusare  ,  et  dicere  ,  boves  occupati  sunt  . 


E  due  mascoli  buoi  cerca  e  procura 

Pur  di  nov'  anni :  allor  non  son  di  sceme 
Forze  ;  che  d'  eta.  fresca  han  la  misura . 

Ei  sono  i  meglio  ;  ne  cozzando   insieme 
L'  aratro  a'  solchi  iiaccano ;  ne  1'  opra  , 
Lassan  mancante    delle   parti   estreme . 

Giovin  bifolco   a   seguitarli  adopra  , 
Che  il  pan  quadripartite-  in  otto  morsi 
Spacci  qualor  alia   sua  cena  e  sopra . 

E  degli  anni  quaranta  abbia  gia  corsi  , 

Quando  amor  de'  compagni  piu  nol  sugge  , 
Ma  dritto  il  solco  trae  senza  distorsi . 

Ne  gia  semina  meglio ,  e  non  isfugge 
Chi  ha  meno  eta  di  far  soprassemenza : 
Che  dietro  de'  suoi  pari  il  cor  gli  fugge . 

Al  canto  della  gru  poni  avvertenza , 

Quando  per  1'  alte  nubi  ogn'  anno  s*  ode 
Gracchiando  rinnovar  la  sua  cadenza  ; 

E  1  tempo  avvisa  con  rauca   melode 
Dell'  aratura  e  del  piovoso  verno  ,  ' 
E  'n  cor  chi  non  ha  buoi  martella  e  rode  . 

Ma  tu  ,   come  1'  udrai  ,   fa  buon  governo 

A'  buoi ,  che  nodri  'n  casa ;  i  quai  compresso 
Aggiano  il  corno   in   un   bel    cerchio  interno . 

Prestami  '1  carro ,  e  il  par  de'  buoi  con  esso  , 
E  a  dirsi  lieve ;  e  lieve  anco  e  a  negarsi , 
E  dire  :  il  par  de'  bovi  in  opra  ho  messo . 


ro8 
$yi<ri   S  dvrip  (ppivat;  dtyvetoc,  7ry£ct&cu  xjuct%ou>,  ^55 

Nw  57705*  a'cfg   to y    01S' ,  exctTov  Si    ts  Sodpa.&  dfxd^yii;  . 

T«y/>    7Tf>0&CV    fAlXiTHV    <i  %i /UCV  ,    0 1  Mitt.    Si&OU- 

Ear    oiv  JV  7rpcoTi?    aporo$  Si>y\to7o~i   <pun>fin , 

An   tot    itpopfxviSvivou, ,  ofxooq  Spcoie,  ts  xou   clvtoc,  , 

Auyv  Kcci  Snpwv  dpocov ,   dpoioio  x.a.S'  oopnv  ,  4^0 

Ilp&i-  fx.tx.Xtt.  o~7rivScov  'iva,  to i  7r7\Yi$oocnv  dpapcu- 

EittZA  7roXeiv  *    &ipio$  Si   vico^ivn  «    cr'  d.7rcmiar&i  ■ 

N&gv  Si   cr7reipeiv  ?ti  xov<p/£>ao~ajv  apoopoui. 

N«o$  dXi^/dpn ,  7rcdScov  iuxyiXyTsiptt.  • 

Ev%i£rou  Ss   Aii'  %Soi>iM  ,  An^Tspj.  <9-'  dyvy  ,  4"^ 

'EKTsXitt.  (3?}.$eiv  AyfJMTspoc,  iipov  dxiriv 

KpyofAQsVOc,  to.   7rpaoT    dpo-m,  otcw  d'xpov  s'^sVAh^ 

X«?i   Xctfioov  op7rtiKtt  fiooov  t7Tl    VGOTOV   ixycu 

v~EvSpvoy  iXxovmv  jUi<rd/3&-  6  Si  tvtBgc,  otti&cv 

Api6)oq}  i%cov  fxttKiXytf ,   7tovov  cpvi$rio-o~i  TiSelvi  4T0 

X/Tip/utt   ■Kttwt-.ipv7TTtav  wSyifA.oo'v vvi  ydp   cizWn 


• 


Constituit  autem  homo ,  qui  opinione  sua  dives  est  ,fabricare  plaustrum, 

Stultus  :  et  hoc  nescit  ,  centum  esse  ligna  plaustri  . 

Horum  ante  curam  habere  oportet ,  ut  sibi  acquirat  . 

Cum  primum  igitur  arationis  tempus  mortalibus  apparuerit , 

Tunc  aggredere  ,  simul  et  servi  et  tu  ipse , 

Siccam  et  huraidam  arans,  arationis  ad  tempus, 

Sumnio  mane  festinans  ,  ut   itnpleantur   tibi.arva. 

Vere  vertito ,  aestate  vero  iterata  non   te  fallat  . 

Novalem  vero  serito  adhuc  levem  terrain  . 

Novalis  imprecationum  expultrix  ,  liberorum  placatrix  est  • 

Supplica  vero  Jovi  infero  ,  Cererique  castae  , 

Vt  matura  grandescant  sacra  Cereris  dona 

Incipiens  arare  ,  cum  extremum  stivae 

Manu  capiens,  stimulum  in  bourn  dorsum  immiseris 

Temonem  trahentium  loris ;  puer  autem   pone 

Servus  ,   ligonem  tenens  ,  negotium  avibus  facessat , 

Semen  abscondens  .  Rectus  enim  ordo  optimus 


1CH 

Tal  si  tien  ricco ,  e  1  carro  omai  vuol  farsi . 
Folle  !  ne  sa   che  cento  ivi  son  legni , 
Che  pria    con  molta  cura   deon   cercarsi . 

Or  come  a  noi  per  manifesti  segni 

Si  scopre  il  tempo  che  ad  arar  s'imprenda, 
Vo'  che  i  servi,  e  te  stesso  all'opra  impegni. 

Allora    umido  ,   o  secco  il  suol  si  fenda  ; 
Avacciandoti  assai  di  bel  mattino, 
Se  vuoi  che  pien  di  messe  il  campo  splenda. 

A  primavera  il  rompi :  il  buon  destino 
Cos!  non  falla  ;  sol  che  a'  di  cocenti 
Si   rinnovelli   coll'  aratro  inchino  . 

Molle  il  maggese  sia  qualor  sementi : 
Ei  toglie  da  le  lingue  i  preghi  rei , 
E  de'  figli  bambin  placa  i  lamenti . 

E  sparger  voti  a  Giove   inferno  dei ', 
E  a  Cerer  casta,  onde  matura  e  opima 
La  messe  cresca ,   e  i  doni   almi  di  lei . 

Questo  far   si   conviene  allor   che  in   prima 
S'  esce  all'  opra  ,  e  la  mano  si  congiugne 
Gia   de  la  stiva   a  la   superna   cima  j 

E  '1  dorso   a'  buoi   con  stimolo  si  pugne  , 
Che  '1  timon  van  traendo  a  mano  a  mano 
Per  li  duo   coreggiali  a  cui  si   aggiugne  . 

E  segua  i  passi   tuoi  non  di  lontano 
Armato    d'  una   zappa   un    garzonetto , 
Che  dia  briga  agli   augei  coprendo  il  grano. 


I  IO 

QpyiTDit;   dpSpumotc,-  x.ctH.o$TYi(jio<rtjvYi  Si   Kuxfati. 
'£lSi  x.cv  dSpoo~upy\  <?d%ui<;  vivoicv  ipufy  , 

E/     liXoc,    CLVTOC,    07Tl&QA>     OXv ' [A7I 10 >g    i&XoP    G7rd£ot. 

Ex.  S   dyyicap  iXdo-etac,  dpd^vict  r  xou  an  e'cA/ra  4-7^ 

rw^wcrw^,  fltdm/o  g pgj fxzvov   '{pSop  iovwc,- 
Evoypioov  S   l^iou  7roXiop  i'otp  •  &Si  fsepoc,  <xX\x$ 
Avyottriow  o~io  S'  dXXot;  aVwp  Kifoyf/.ivoc,  i'<rxt  • 
E/   Si   X.CV  mXioio  Tpo7TY\(;  dpoyc,  )^6i>ct  S7om  , 
"H./mpo<;   a.fmo'€icti  oXiyop  7rizX  y&poc,  iipyoov ,  4^0 

Apt! a  dfyr-ptivav  xizopifxtpoc,,  ov  fjtdXa,  %oup<Z)P . 

Q/V«£    cT     Of    (pop^CO  '    TTCttjpOt    Si     Q~i    Sm<TQPTCtl  ■ 

''AXXotb  S'  dWoioq  ZjViPog  pooc,  Alyto^oio ' 
ApyctXioq  S    dpSpio-crj   kolttx,   Svvnvi_<n  poyi<rou- 
E/  St   xcv  o •>(.'  dpoo-yt; ,  to   Js  «.<V  to/  <pdp(jt,otx.op  enn  ■  4^6 

'Hjtto?  xcxx.v%  xoxxv^et  Spvuc,  qa>   7rvn&'hoio~i 
To   7rpa>7vpy  7sp7rei  7?  /3poTX<;  i7r    d7reipopa.  youcui , 
Tvifxoc,  7jiv<;  voi  r&Tcp  yi/uolti  ,  [ah'S'  dyroXyyoi , 


Mortalibus  hominibus  est ;  confusio  vero  pessiraa  . 

Sic  quidem   ubertate  spicae  nutabunt    ad  terrain , 

Si  iinem  ipse  postea  Juppiter  bonum  praebuerit . 

xl  vasis  autem  ejicies  araneas  :  teque  arbitror 

G  avisurum ,  victu  potitum  intus  reposito  . 

Bene  instructus  cibis  autem  pervenies  ad  canum  ver  ,  neque  ad  alios 

Respicies  :  tui    vero   alius  vir   indigus  erit  . 

Si  vero  bruma  araveris  terram  almam , 

Sedens  metes ,  pauxillum  manu  comprehendens , 

Ex  adversa  parte  manipulos  ligans  pulverulentus ,  nee  valde  gaudens 

Feres  autem  in  sporta  :  pauei  vero  te  suspicient  . 

Alias  vero  alia  Jovis  mens  Aegioehi : 

Sed  mortalibus  hominibus  earn  deprehendere  difficile  . 

Sin  autem  sero  araveris ,  hoc  quidem  tibi  remedium  fuerit  : 

Quando  cuculus  canit  quercus  in  frondibus 

Primum  ,  delectatque  mortales  in  immensa  terra  , 

Tunc  Juppiter  pluat  triduo  ,  neque  desinat , 


1 1 1 

Nulla  cosa  e  miglior  del  buono  e  retto 

Ordine  per  ogn'  uom ,  che  vive   al  Mondo  , 
Nulla   cosa  e  peggior   del   suo   difetto  . 

Cosi  le  spiche  per  soverchio  pondo 
II  capo  a  terra  piegheran  da'  steli 
Sol   che   da  Giove  il  fin  venga  secondo ; 

E   via   torrai   dei   vasi  i  ragnateli 

Lieto  e  gajo  ,  cred'  io ,   di   tanto.  acquisto , 
E  de  la  provigion  ch'  ivi    entro  celi  . 

E  a  la   bella  stagion  verrai  provvisto 
Senza  sguardare   altrui :  ben  fia  mestiero 
Altrui  di  pregar  te  dolente   e  tristo . 

Ma  se  di  verno  sol  prendi  pensiero 
D'  aprire  il  suol ,   farai  la  messe  assiso , 
Peso  chiudendo  in  man   poco   e   leggiero: 

E   gli  opposti   covon  con  poco  riso 

Legherai    polveroso ,   e   porrai  'n  sporta : 
Pochi  ergeranno  ad  ammirarti  il  viso  . 
Altro   tenor   di  cose   al   Mondo   apporta  • 
Talor  la  mente  dell'  Egioco  Giove  ; 
Che  a  ben  saperlo   umana   mente   e  corta . 
Se  tardi  arasti ,  qual  rimedio  giove 
Or  ti  diro  .  Qualora   intra  le  frondi 
De  le  querce  il  cuculio  il  canto   move  , 
E  gli  uomin  per  la  Terra  fa  giocondi  ; 
Allor  tre  di ,  senza   restare  unquanco  , 
Giove  con   pioggia  i   colti  ti   fecondi : 


II<2 
/  > 


Mwr    ap  OTTip/S/xXXcou  /3oo\  oVAwV,  pmr    a.7roXei7rcav ' 

Outw  k   o^apdwts  7rpcoTnpoTY\  i(ro<pcL?j.£pi .  49° 

El>    $VfAM    £     <eV    7TcLvTZ£    <pv\d<r<TiO  '    jUtiSi    (Ti    Aj/S'C/ 
Mwr'  ictp  yivopveov  7roXi6v ,  ^tw'3-  <y£/0£  ofxfipoc,- 
Hup  £   }'&i  ^clXzeiov  Sco hop  ,   kou   i7r   dfe'ct  Xicr^vw, 

•fip,w  X&fAs&y  ■>  otto7*  x-pvoq  dvipae,  etpyov 

'l<rxdw  i'vSa,  k    cLowoc,  dvvip  piyct  ol:tov  op«'AA«.  49^ 

Mm'  <ri  Kan*   x^tfx^voc>  dfji,yixau>!vt  Ka.irxfxdp-\,vi 

Xvf    7TCA>iy>    Xl7TT\)    dt    7TCtX^V    7roJtX    ;£«£/    7Tfi^0fg. 

TLoXXd   S'  dipyoc,  dvyp   zcvwr  i7r/    i\7ri$a.  pi ' fxvcov , 

Xpyir^cop  fiiOTOio  homo,  'zspoeriAi^ciTo  Supp  . 

'EAzrv;  £  an  dyct^vi   KifcyfAivov  dvipa.  no  fillet ,  ^00 

r'H{AC4>oi>  h»  \io~xy  j  ry  fjnfl  /Slot;  dpxio;  &-a  . 

A&KWi  JV  <fytoJi<rcr/  ,  Bs'piui;  %ri  /uio-o-a  iovioc,- 

Oux.  cuei  %ipo<;  ia-a-^rcti  ,  rroiei&i   xaX/d$. 


Non  utique  supra  bovis  ungulam  ,  neque  infra : 

Ita  et  serus  arator  primo  aratori   aequalis  fuerit  . 

Animo  autem  bene  omnia   reconde  :  neque   te  lateat 

Neque  ver  exoriens  canum  ,  neque  tempestiva  pluvia  . 

Praeteri  autem  officinam   aerariam ,  et  calidam  tabernam , 

Tempore  hyberno  ,    cum  frigus  homines  vehemens 

Detinet  :    tunc  sane  impiger  vir  valde  doinum  auget  . 

Ne  te  malae  hyemis  diflicultas  opprimat 

Cum  paupertate  ,  macilenta  vero  crassum  pedem  manu  premas , 

Multa  vero  ignavus  vir  vanam  ob  spem  expectans  , 

Egens  victus  ,  mala  versat  in  animo  . 

Spes  vero  non  bona  indigentem  virum  fovet , 

Sedentem  in  taberna  ,  cui   victus  non  sufficiens  sit  . 

Die  autem  servis,   aestate  adliuc  media  existente  , 

Non  semper  aestas  erit ,  extruite   casas . 


116 

HfxatTt  x&jUieJ-V )  or    dvosios  ov  7roSa.  rsvSet , 

''JLV  T    CtTTVpti)   o'lZli))    KOU    Of    w'S'gff"/   XivyctXioio'tv .  5s5 

Ov  ycLp  ol  \ji\ioc,  S&iKPv  voptov  cpfxyOiii'ou- 

AAA'    iTTl     KV'JJPiCOV    O.vS'pCtiV    e)V '  fJLOP    TS    7T07\IV    TS 

XrpaxpcfrcUy  (BpdSiov  <JV   7rawi\X\inG'o~i  (pcteivGi  - 

Kou  tots  JV  Mpaoi   kou  vyKtpoi  vXyikoItou 

Avy,ov  fxvXiocovrsc,  olva.   dejct  (3v\or<ry<zvc(c/>,  53o 

Qwyoutriv ,  kou   7nx<riv  hvi   <ppio~i  txto  [xi/uvXcv  , 

Ot   trHi7rct.  (xouoyavoi  7rvKiva<;  mud {Xtovac,   i^aci, 

Kou  yX&tpv  7TiTpycv  tots   £y    relzroJi   Gpory   iaroi, 

Od    r    i7ri    voorct  i'ayi)  stdpyi  cT'  etc;  oud'a.c,  opaLrow 

Tea   'iKiXoi  (ponwo~iv )  aXivofXQMOi  vitpat,  XiVKY\v .  535 

Kou  tots  io-o-ct&ou  ipvyt-ot  ^po<;,  &>'<;  <rt   KiXi'veo) 

XXoUVOLV  TS     [AClXcfKWP  )    KOU     TSpfX/0C4>VX    ^ITWlCf 

Smfxov/  <T  c-v  7rav'po>)  7roXXviv  KpoKO,  [jwpv '<r<z£rcu  ■ 

TwV  Tri&io'Q-oi&ou ,   'fact  Wi  r^i^ic,  drpijUieoo-/ , 

MwcT'  cpBou    (pziarcrcoo"ii>'y  ci,&pof/,ivau  koltu  trcof^a-  54© 

AfXQ)/     Ji     ■/TOa-O'l     7TiJ"lXot    fioOC,    I  (pi    KTUydvOlO 

v  hpfjtsvu,  $y\c,cl&ou)  7riXoi<;  i 'vto&z ■  TrvKcttraa;  • 


Tempore  hiberno  ,  quando  exossis  polypus  suum  pedem  arrodit , 

Irjque  frigida  domo ,  et  in  latibulis  tristibus  . 

Non  enim  illi  Sol  ostendit  pabulum  ut  invadat : 

Sed  super  nigrorum  hominum  populumque  et   urbem 

Vertitur ,   tardius  autem  Graecis  lucet  . 

Et  tunc  sane  cornutae  bestiae  et  non  cornutae  silvarum  cultrices 

Misere  dentibus  stridentes  per  nemora  clivosa 

Fugiunt ;  et  passim  omnibus  id  curae   est , 

Quae  tecta  inquirentes ,  derjsas  latebras  habent, 

Et  antrum  in  petra  :  tunc  utique  tripodi  homini  similes , 

Cu jus  et  humeri  fracti  sunt ,  et  caput  terrain  spectat : 

Huic  similes  incedunt  vitantes  nivem  albam  . 

Et  tunc  indue  munimentum  corporis ,  ut  te  jubeo , 

Laenam  et  mollem  ,  et  talarem  tunicam  : 

Stamine  vero  in  pauco  multam  tramam  intexe  . 

Hanc  circuniinduito,  ut  tibi  pili  non  tremant , 

Neque  erecti  horreant ,  arrecti  per  corpus . 

Gircum  vero  pedes  calceos  bovis  vi  occisi 

Aptos  ligato  ,  pedulibus  intus  condensans  . 


Fatevi  schermo  contro  il  fier  Febbrajo, 
E  i  mali  di,  che  i  buoi  menano  a  morte, 
E  1'  aspro  giel  che  in  terra   crea  Rovajo , 

Quando  coll'  aure   sue  di  Tracia   sorte 

Di   destrier  madre ,   muove  del  mar   1'  onde . 
E   piagge   e   boschi  si   costipan  forte  ; 

E  per  valli  da'  monti   al   suol    diffonde 

Opachi  abeti ,   e   querce    uscendo  in  terra , 
Ed  ogni  selva   con  fragor   risponde  . 

Trema    qualunque   fiera   per    boschi    erra , 
Benche   d'  irsuto  pel  cinta   e   difesa  , 
E  la  ritorta  coda   al   ventre   serra . 

Che  se   ispida   e  la  cute ,  a  farle  offesa 
II  freddo   vento  arriva :   i   bovi    anch'  elli 
Provan   che  i   duri    cuoj   non   fan    difesa . 

Fiede  le   capre ,   ancor  che   lunghi  han   velli ; 
Le   Pecorelle  no  :    che   mai   non  passa 
Rigor  di   Borea   si   lanose   pelli . 

Gli   omeri   e  1  capo  al   vecchierello  abbassa: 
Solo  di  molle  vergine   pudica 
Per  le  tenere   membra  non  trapassa ; 

Che   appo  sua  madre  in  casa  si  nodrica ; 
Si   lava ,   e   d'  olio   s'  unge ,  e  a  notte   riede 
Di   verno  al  letticciuolo  ,  e  vi   s'  implica  , 


"5 


1 14 

Mil  vet   JV  Xvivoucovci,  xctx.'  vi uamt ,  /SsSopct  7ravm, 

Thtov  dXzvet&ctf   xcu   TTYiyctSctc,^  cur    S7rt   yououf  6o5 

TlvzuarauiToe]  fiopicto  ,   Sv<rv\Xiy{<ic]  TeXi9ov<ru>  • 

'Oc,    TS    Sid    ©p/KM^  ITTTTOTpdtpx   iVpil     7T0VTCO 

E/U7rn  urate,  co'ejvt'  ptiftuxt  Si   ycuet  xou   vXy 
TloXXctc,  Si   Jpy?  v-\ixd  uxe\  *,  iXdwtc,  ts  7rct%&ci<;  , 
Oupioe,  cv   Sn'crcrpe;  ttiXvo. ,  %$rovi   7r%Xv(2oTSipy  5lO 

~EiA7ri7nwv,   nod  TTcta-at,  0oa  tots  me/Toe,  u'Xy. 
0wps<;  JV  tpcjcrcrouG'  >  ou'pde,  S   "Jsro*  /fctfe^g  i%cvTo ? 
T<yi>  jco*  Xdyi'y  Sipuet   iLctmcrxtov  ctXXd  pv  xcu   twu 
"$~u^oc,  ioov  Sictvio-i  j  Scttrv^ipvoov  Trip  idvnav ■ 
Kou  ts  Sid  pn'S  fioct;  ip^irai  >  hS(  aiv  'tercet .  5i5 

Kou   ts  Si  ctiyet  divert  Tuvvr&xct'  TTodici   S'  xrr 
OiiviK    iTryiiTcivou  r^j.^ie,  clvtwv  ,  06  Std'A<riv' 
,xl£  dvifjLx  BopiH'  rpo^aXov  Si   yipovwt  t/Sykti.. 
Kou   Sid  TTCLpBoMimc,  a.TrctXd'^poc,  a   Stdycriv , 

"H   ts  Sdfxoov  ivro&i  ipfXy  Trctpct   fZYirse/  yJfiVH  7  520 

Ov7rco  spy    eiSvict   ttoXv^vctx    AtppoS/mt;' 
'Ears  XoicrcrctfXiPti  rspeva,  ^oet  ,   xcti  Xitt    iXou<& 
'X°j.<rcL(Aivn  5  vvyjy  xcnztX.i^iTztt  i,vSo9ov  o'/xh 


Mensem  vero  Lenaeonem,  malos  omnes  dies   boves  excoriantes  ; 

Hunc  vitate  :  et  glacies  ,  quae  quidem  super  terrain 

Flante  Borea  molestae  sunt : 

Qui  per  Thraciam   equorum    altricera  late    mari 

Inspirans  illud  movet :   constringitur  autem  terra  et   silva: 

Multas  vero  quercus  alticomas  ,   abietesque  densas, 

Montis  in   vallibus   dejicit  ,  terrae   multos  pascenti 

Incumbens  ,   et  omnis    reboat  tunc  ingens   silva  . 

Ferae  autem  horrent ,  caudasque  sub  pudenda  ponunt , 

Eae  etiam  quarum  villis   cutis  densa  est .  Sed  et    harum 

(Gutem)  frigidus  quum  sit  perflat  villosas  licet  pelles  habentium  . 

Quinetiam  per  bovis  pellem  penetrat ,  neque  ipsum  arcet . 

Etiamque  per  capram  flat  longospilos  habentem  :  ovium  autem  greges 

Eo  quod  valde  densi  ipsarum  villi  sunt ,  non  perflat  ( non  item  : 

Vis  venti  Boreae  :  incurvum  vero  senem   facit . 

Et  per  tenelli  corporis  virginem  non  perflat  , 

Quae  in  aedibus  suam  apud  matrem  manet , 

Nondum  opera  sciens  aureae  Veneris : 

Beneque  lota  tenerum  corpus  ,  et  pingui  oleo 

Vncta  ,  noctu  cubat   intra  domum 


Qu.ant'  e  Y  ugna  d'  un  bue  >  ne  piu  ne  manco , 
S'  erga  il   caduto  umor  :   oosi   al   piu  pronto 
Ogni  tardo   arator   puo   stare   al  fianco . 

Chiudi  nel  cor  quant'  io    scrivo   e  racconto  ; 
Onde  non  sia  che  inosservata  lasce 
O  pioggia  che  a'  bifolchi  metta  conto , 

O  chiara   primavera   allor  che  nasce  . 


"$ 


CAPITOLO  VI. 


N, 


el   tempo  che   1'  inverno   si  rinnova  , 
Quando  gli  uomini  un  giel  preme    gagliardo  \ 
E  assai  1'  industre  a  la  famiglia   giova  ; 

Trapassa  ,   si  che   non  ti   dian  ritardo 
De'  fabbri  le  fucine  ,   e   F  altre   sedi , 
Ove   si   scalda  e  garre  ogn'  infingardo  , 

Perche   lo   stremo   e   il  mal   non  ti   depredi 
In   quella  rea  stagion  ,   ne   ti  convenga 
Premer    con   magra   mano   enfiati  i   piedi . 

Chi   senza  cibo   aver   che   lo  sostenga 
Sta  aspettando  ozioso  in  vana  spene , 
E  .forza-  che   gran   mal   covando  venga . 

Non   buona   e   la  speranza  a  cui  s  attiene 
Chi   del  vitto  ha   penuria ,  e  le    giornate 
A'  ridotti   sedendo   s'  intertiene  . 

E  dillo   a'  servi  mfin   da  mezza   state : 
Non  sempre   sara   estate    e   tempo   gajo: 
I   tugurj   per   tempo   fabbricate  . 


m 


i  r 


Mentre  ne'  freddi  suoi   tristi  antri  il  piede 
II  grasso   polpo  a  roder  si  conduce ; 
Che  pasco   da'  sfamarsi  allor   non    vede  ; 

Ne  gliene   scopre    il   Sol ,  che  1  carro  adduce 
Sovra  regni  e  citta.  dl  gente   fosca  , 
Ed  a  tutti  gli  Achei  piii   tardo   luce . 

Ciascuna  belva   cui  la  selva  oiFosca, 

Di  corno    armata  o  inerme ,  i  denti   batte , 
E   per   erte  fuggendo   si  rimbosca  . 

Tutte   punge   una   cura ,   e   cercan  ratte 
II  noto  asilo  di  boschetto   folto  , 
E  di  petrosa  tana  ,  che  le  appiatte  . 

E  van  di  neve  paventose  molto  , 

In  guisa   d'  uom  ,  che   con  tre  pie   s'  avaccia , 
Rotto  le  spalle   ed  atterrato  il  volto . 

A   schermo   delle   membra   allor  procaccia 
Morbido   manto  e  lunga  sottovesta  , 
E  in  poc'  ordito  assai  ripien   si  faccia . 

Di  lei  vo'  che  ti  copra ,  e   ti  rivesta , 
Che  non  tremino  i  peli  ,  e  intirizziti 
Ergans'  indosso  come  secca  resta  . 

A'  piedi  porta  acconciamente   uniti 
Calzar  di  bue  per  viva  forza   estinto , 
Che  dentro  di  buon  feltro  sian  vestiti . 


/ 


n8 

Tlpcomyoveov  £'  iPjLtpcov ,  cttots  ttpxloc,  cogjtov  t'XSy , 
Aep fxxra,  cuppdwrnv  vivpa  (Boot;  ,  o(pp  ztt/  vcaro) 
Tax  dptpifidXy  dXzyv •   KitpxXyipi  ef  VTripScv  5^.5 

H/Xov  t'x&tv  dfntwrov ,    Hv    ovarct  fj.ii    KontxS'ivyi ' 
"irv^Yi   ydp  r    vicoc,  7TiXzTou  /Sopzoto  7r'i<rovToe,  • 
Haos  £    i7n    youctv  a.7r    xpojix   d^zpocvwi; 
'Awp  TTvpoyopoc,  tstiztcu.  fj,otkdpav  i7ri   zpyoic,' 
"Oc,  re  cLpvartrcitAivoc,  7roTctfxeov  d.7ro  cd^ctovrnv ,  55q 

'T-^ou   V7rip  youy<;  dp&eit;  ctvzfxoio  SveXXviy 
yAAAore  (xiv  #'  vet  7rori   zo~7rzp.ov ,  dXXor    d'yitrt , 
Tlvrtvu  Qpyiix/a  Qopix  ve(pict   uXovzovtoc,  ■ 
Tov  q>$dfAOi>oe,  >  zpyov  tsXz 'o~ a. c,  ,  olnov  Si  pa&cu  , 

MwVo7S    G"    j/pW3"CV    CrnOTOQV    v{(pOC,    d.U(pl)tOt.X^'\-Yi  •  555 

XpCOTtt    7H    fXvSctXiOV    &&YI)     KClSd    9'  &t jUOCTCt    SiUCTYI. 

'AAA'  v7rctXsvct&cu  ,  fx&it;  ydp  ^aXz7rco7tx,Toc,  £ltoc, 

X&{iz'e/o$  >  xotXi7ro<;  <spo/2dw/(;  ,  %a.Xz7ro c,  ^  dv^pco7rotc,  • 

Tyyuoc,  ^cofxicrv  /3x<rii>}  Z7r'  dvioi  J£   7rXiov  eiv\ 

'Ap {ActXwt;  •   (JtctKpou  ydp  i7rippo$oi  zotppcvou  ei<r! •  5oo 


Primogenitorum  vero  hoedorum,  cum  frigus  tempestivum  venerit, 

Pelles  consuito  nervo  bovis  ,  ut  super  humeros 

Contra  pluviam  injicias  munimentum  ;  supra  caput  vero 

Pileum  habeto  elaboratum  ,  ne  aures  humefacias  : 

Frigida  enim  aurora  est  Borea  cadente  : 

Matutinus  vero  super  terram  a  coelo   stellifero 

Aer  foecundus  extenditur  beatorum  super  opera  : 

Qui  haustus  e   flumiuibus  perennibus  , 

Alte  super  terram  levatus  venti  procella , 

Interdum  quidem  pluit  ad  vesperam,  interdum  flat, 

Densas  Thracio  Borea  nubes  excitante  . 

Hunc  antevertens  opere  perfecto  domum  redi , 

Ne  quando  te  caelitus  tenebrosa  nubes  opprimat  , 

Gorpusque  madefaciat ,  vestesque  humectet. 

Sed  evitato  •■,  mensis  enim  gravissimus  hie 

Hibernus ,  gravis   animantibus ,   gravisque  hominibus  . 

Tunc  medium  bobus  ,  homini  vero  amplius  adsit 

Alimoniae  :  longae  enim  noctes  succurrunt  illi?  ■ 


I  K 


E  perche   da  la  pioggia  non   sii   vinto  , 
Pelli    di    primogeniti  capretti 
Cuci   con  bovin   nervo ;  e  vanne   cinto 

Agli  omeri  nel   freddo  :   e  'n  capo  metti 
Benfatto  un  pileo ,  che   gli  orecchi   tegna 
All'  umido  del   giel  chiusi  e  costretti . 

Gelida  1'  alba  e  quando   Borea    regna , 
E  dal   Ciel  nel  mattino  un  aer  si  stende 
Sopra  i  colti  de'  ricchi ,  e  1  suolo  impregna  ; 

Che  da'  perenni   fiumi  il  vapor  prende  ; 
Poi  turbinoso   vento  in  alto  1'  erge 
Tanto   che   lungi   dalla  terra   ascende ; 

Ed  or  di  pioggia  a  sera  la  cosperge , 

Ed  altre    volte  sofiia,    allor    che  i  densi 
Nugoli  il  trace   Borea    muove ,  e  sperge . 

A  prevenir  quest'  ora  io  vo*  che  pensi ; 
E  al  tuo  nido  per  tempo  ti  raccolga , 
L'  opra  compiuta    de'  diurni  pensi ; 

Si  che    la  fosca    nube   non  ti   colga 

Di  colassuso  ,   e   non  t'  immolle   i  panni , 
E  fra  T  umido  suo  te  stesso   involga . 

Guardati ;  che   cagion  di   mold   aifanni 
Questo   mese   del   verno  e  sempre   stato  , 
E  danni  a   greggi  ,  e  ad   uomini   fa  danni . 

Allor  a  la  meta  del  vitto  usato 

Il  bove  ,    e  a  poco  piu  1'  uom   sia   ridutto, 
Che   lor   da  le   gran  notti  ajuto   e  dato . 


12© 

„  Tctvvx  (puXa<rcro '/utcvot; ,  7sreAgcr//eV©j>  &$  hnavwp 

„    'lo-ii&OU    VVMCLC,    IB    KCU    % (AciTU  ,    CiCTOKCV    avSiq 

}>  Ti\    wdvTWv  fjt,yinp  napwop  cvfA,y.iK7op  iv&Hy. 

Ev   r   up  £'  itynopTtx.   {Xird  rp07rdc,  iiXioio 

XeifXiZA  ixTeXitry  Zivt;  tifjutruy   JV  pa  roV  aVu'p  ^5 

'ApXWpO?    <®ft0Xt7TCdV    hp6l>    pOOP     Q.HiOLi'O/0  , 

Jlpcowp  7roL(/.(pouvcov  e-7r nzXXvim   ctxpoMUpcuoq. 

Top  Si  (Jtir    opSrpoyovi  TLavJiOPtt;  to  pro  yjXtJav 

'E<?  <pcto;  fl.pSpa>7roic,  J  e'apo?  )lo)  Ifctfiipoto ;    . 

TwV  q>Sd(ACt>o(;  oh  etc,  Tn&mfxpi '  (xiv '•'  (8$  yap  *pen>oi>.  5?o 

'AAA'  oWr    a>  (pipsoiKoe,  awo  %$ovo$  dp    (pvm  /Saipy, 

IlXwdSai;  (pitlyatir  >  rcn  JV  cntdtpot;  4kiri  otviaiv' 

'AAA'  apTrctq  &  xuPa<r(r^f/'iUCU  >  *""   Jt**>u$  ty&P&v  - 

Qwy&p  Si   arKttpouq-&uKit$  ,  %m  iw   i»   wi-mv , 


„  Haec  observans,  totum  in  annum 

Aequato  noctesque  et  dies,  donee  rursum 
„  Terra  omnium  mater  fructum  omnigenum  proferat . 
Quum  autem  sexaginta  post  Solstitiunr 
Hibernum  exegerit  Juppiter  dies ,  tunc  sane  astrum 
Arcturus'relinquens  sacrum  aequor  Oceani , 
Primuin  totus  apparens  erf  oritur  vespertinus  . 
Post  hunc  mane  lugens  Pandionis  venit  hirundo 
In  lucem  hominibus ,  vere  nuper  coepto  . 
Hanc  praevertens  vites  incidito  :  sic  enira  melius  . 
At  quum  domiporta  (  cochlea  )  e  terra  plantas  ascender. 
Pie  jades  fugiens ,  tunc  nou  amplius  fodiendae  vites  , 
Sed  falcesque  acuito,  servosque  excitato  . 
Fugito  vero  umbrosas  sedes ,  et  matutinum  somnum. 


121 

Questa   norma   di   cibo ,  onde  t'  ho   istrutto  , 
Paragonando  colle    notti  i   giorni , 
Tutto  1'  anno  terrai ;   fin    che   ogni   frutto 

La  madre   antica  a   germinar  ritorni . 


C  A  P  I  T  O  L  O    VII. 


p 


oi  che    Giove    del  verno  avra   donate 

Sessanta   intere   luci  dopo   quelle 

Che   da  lo  star  del   Sole    son   nomate; 
Incomincian  d'  Arturo   le   facelle  , 

Le   sacre   acque   del  mar   lasciando  a  sera, 

Tutte  ad  aprire  lor  sembianze   belle  . 
Dopo   esso   agli   occhi  nostri  appar  primiera 

La   rondinella ,  e  piagne   in  sul    mattino , 

Sorta    di   pochi  di.  la   primavera . 
Or  poi  che  questo  tempo  fie  vicino 

Potar  le  viti ,   e  diradar  si  vuole  ; 

Questo  e  '1  miglior  partito  al  contadino . 
Ma  come  dalle    Plejadi  s  invole 

Quella   che   a   tergo   la   magion   si  porta  , 

E    di   terra    alle    piante    ascenda,   e   vole, 
Zappar  viti  non    dei  ,•   ma   la   ritorta 

Falce   raffina ,  e   su  la  cote    appunta , 

E   de'  grani  a  la  taglia   i   servi   esorta . 
E  schiva  il  sonno  da  che  1'  Alba  spunta  , 

E   i  seggi  ombrosi ,  quando   1  gran  si  affascia , 

E  corpo  e  lena  dal  sole   ci  e  smunta : 

16 


122 

"Xlpw  op  dfAHTV  ,  ots  r    wlXioe,  ytpct  adp(pfi ,  &1^ 

TitfAXToc,  <T7r{v£eiv  ■)   xod  otKctS'z  Kctf>7rov  dy&p&p , 

''Op.S'pa  dviFcl/ucvot; )  n'ct  to/  /3/oe,  dpz/oc,  &jy- 
Hcoc,  yctp  t  Ipyo/o  T?j.iyiP  aTTOjueipzTCt/  alara» . 
HeJq  toi  <®po<pe'psi  y&v  6S~ov  ,  <zs?o$lp&t  JV   x.cu  i'pya' 
Hcoc,  yi'ts  q>OL»ei<ra.  7roXia.c,   i7rifiv\<ri  KiXiuSx  58o 

'AvSpco7rovc, ,  7roXXo7o'/  S   eV/    tvyd  (Zoucri   T/Sryo'/p  . 
'H/uoc,  Si    crytoXviAoc,  r    dvQel  ,   kou   w'^stk  tstti% 

AcvSptp  itpi^o (xcvot;  X/yvpyp  i7r/yiviT    doiSvip 

Hvkvop  V7ro    TTtipvyoov  ,   %{pioc,  KctfActnoSiot;  copy  , 

Tiiftoc,  7riOTa,TuI  r   aiyic,,   stcu  o/voc,  dlt^oc,,  585 

TActyXoTixwt/   Ji    yvvauxic, ,  dtyctvpomtToi  dY  ts  oivSpzc, 

E/V/V.j  «V«   KUpctXrfp  nod  yovvam.  X&paoc,  a£«, 

AvxXiOC,    JY    TS     "&GOC,    V7T0     TtOCV  fXCtTOC,'    dXXd    TOT     » dH 
E/'tf    7TiTpaUV\    TS   <r;t/w  ,    zed    fi'ifiX/POC,   OIVOC,  , 

Ma^ot  r    dftoXyouri  y  yctXa.  r   odycov  o-Scvpuftcvdap ,  5po 

Kcu   0oo c,  vXoipdyo/o  Kpicnc,  fj.v\7rco  tstvxu/wc.) 
HpooToyovcov  r    i&itpcop ,  tyri    S'  ou&07rct  7tiv{(a<±v  ot  pop  y 

Ep   army    itpfJtCVOV,    KiKOptifAiPOP    MTOp    iShxPiis, 

Apt  I  op  dxpaioc,  fytpdpou  Tpi^ounvx  7rpo<rco7rov , 

Tempore  messis  ,  quando.Sol  corpus  attenuat , 

Tunc  festina  ,  et  domain  fruges  congere , 

Diluculo  surgens  ,  ut  tibi  victus  sufficiens  sit  . 

Aurora  enim  operis  tertiam  sortitur  partem  ; 

Aurora  magis  promovet  quidem  viam  ,  magisque  promovet  laborem  ; 

Aurora  quae  apparens  multos  ingredi  fecit  viam 

Homines,  pluribus  vero   juga  bobus  imponit  . 

Quum  vero  carduusque  floret ,  et  canora  cicada 
Arbori  insidens  dulcem  fundit  cantum 
Frequenter  sub  alis  ,  aestatis  laborioso  tempore  ; 
Tunc  pinguesque  caprae  ,  et   vinum  optimum  , 
Salacissimae  vero  inulieres ,  et  viri  imbecillissimi 
Sunt  -j  quoniam  caput  et  genua  sol  affligit  , 
Siccum  vero  corpus  ob  aestum  .   Sed  tunc   jam 
Sit  in  antro  umbra,   et  Biblinum   vinum, 

Libumque  lacteum  ,  lacque  caprarum  non  amplius  lactantium, 
Et  vaccae  quae  frondibus  pascitur  caro  nondum  enixae , 
Primogenitorumque  hoedorum ;  praeterea  nigrum  bibito  vinum, 
In  umbra  sedens ,  corde  saturatus  cibo  , 
Contra  purum  Zephyrum  obverso  vultu  , 


Ma  t'  aifretta ,  e  per  tempo   il  letto  lascia  , 
Onde  a  la  tua   magion   raduni   allora 
Gran ,  che  a  viver  ti   basti  senz'  ambascia  . 

De'  travagli  del   di  spetta   all'  aurora 
La  terza   parte :   ella  i  viaggi  a  noi , 
Ella  i  lavori  ci   vantaggia   ancora  . 

Ratto   che   spande   i   primi   raggi  suoi 
Mold  1'  aurora   mette   uomini   'n  via  , 
Molti   all'  usato   giogo    unisce   buoi  . 

Ma  poi    che  '1  cardo  i  fior   novelli  cria , 
E  spesso  la  cicala  intra  le  foglie 
Di  sotto   1'  ali  sue   spande   armonia ; 

Porge  la  state  allor  aifanni  e  doglie  ; 
E  piu   grasse  le  capre ,   i  vin  piu  grati  , 
Piu  son  le  donne   accese  in  le  lor  voglie ; 

E  piu  che  unquanco   gli  uomini  spossati ; 
Che  le  ginocchia  e  1  capo  il  Sol  fa  stanco  , 
E  i  corpi  la  gran  vampa  ha  stenuati ; 

All'  ombra   d'  uno  speco  allora  il  fianco 
Dei  riposar  :  e  vin  che  a  Biblo  nasce , 
E  pan  lattato   non  ti  venga   manco  , 

Latte  di  capra  che   figliuol  non  pasce  , 
Primi   capretti ,   e   vacche   paste   a  frondi , 
Che  mai  di  parto  non  sentiro  ambasce  : 

E  volto  il  viso  a'  zeffiri    giocondi  , 

Saziati ,   assiso   all'  ombra  ,    di   tal  esca  , 
E  '1  nero  vino  all'  arse  labbia  infondi . 


123 


if 4 

Trjlc,  6'Skwi;  7rpo)({eiv ,  w  JV  Terpcnov  iifxcv  oivov> 

A/u&xri    £'  i7roTpvv&v  AyifjWTtpoc,  hpdv  dicmv 

Awzfxcv,  iur    dv  7rpatwt  (p'juvy   &ivoc,    D.qJ.coi/0/; , 

Xapa  bit   tva.ii  y   xou   ivrpo^xXo)  cv  dXcaYi  . 

Mirpa   cT'  iv  x.o{J.t<rct&ou  Of  a.yyi<riv  ctvwtp  iTrviv  JV  600 

Hdvizx  (Btov   KOLTttOyOU  t7rdp/!/,2voi>   ivj'o&cv   01X.0U  , 

0mt'  doixov  7roi&t^ou  }  kou   drsxvov   '{qj&ov 

Al£i&OU    xiXo/UOU  •    %CtXi7TH     J'    VTTOTTOpTte,    i'?j$o<; . 
KoU     XVVCt    HCtp^CtpO  Joi TVt    KO/UGif  j    [Ail     (p&JiO    (TllX  - 

Mw'  ttots  <r'  ii/uipdzoimc,   dvvip   "fcW  ^m'/uclS'  iXyjrou.  6o5 

~X.oprov   cT'  i<nio(Jii<rcLi  xou   cruptpimv }  otppd  mi  &n  y 
Boucr/   xou  vifjLicvoicriv  i7rmTxuov •  aviup  67r&iJtt 
Afxaoac,  dvct\v^ou  (piXct  yivctrct ,   xou   fidi  Xv<rau. 
Eur'  a)v  cT    Q-Z-icov  xou   iZeiejoc,  ic,  (xicov  s'XSyi 
Ovpxvdv,  'ApxTxpov  S'  i<riJv\  poS'oSdxTvXoe,    Ha>$,  610 


Fontemque  perennem  ac  defluentem,  quique  illimis  sit. 

Tres  partes  aquae  infunde,  quartam  vero  partem  vini  admisce  . 

Famulis  autem  impera  Gereris  sacrum  munus 

Triturare  ,  quando  primum  apparuerit  Orion  , 

Loco  in  ventis  exposifco  ,  et  bene  planata  in  area. 

Mensura  vero  (  usus)  diligenter  recondito  in  vasis ;  sed  postquam 

Omnem  victum  deposueris  bene  conditum  intra  •domuni, 

Servum  domo  carentem  conducere  ,  et  sine  liberis  ancillam 

Inquirere  jubeo  :  molesta  est  autem  quae  liberos  habet  ancilla  . 

Et  canem  dentibus  asperum  nutrito  ,  nee   parcas  cibo  : 

Ne  quando  tibi  interdiu  dormiens  fur  facuitates  auferat . 

Foenum  autem  importato,  et  paleas ,  ut  tibi  sit 

Pro  bobus  ac  mulis  annuum  pabulum  ;  sed  postea 

Servorum  refocilla  cara  genua  ,  et  boves  solve  . 

Quum  vero  Orion  et  Sirius  in  medium  vencrit 
Coelum ,  Arcturum  autem  inspexerit  roseis  digitis  Aurora, 


l2S. 

Limpido  fonte   di  viva    onda   fresca 

Vi  corra  j  e  infondi  dell'  umor  che  versa 
Tre  parti ,  e  per  la  quarta  il  vin  si  mesca  . 

Or  come   prima   d'  Orion'  emersa 

Vedrai  la  face  ,   a  la  famiglia  imponi  , 
Che  la  mano  a  trebbiare  sia  conversa  . 

De  la  spicosa  Dea  tritura  i  doni 

In  aja  rasa  ,  in  loco  all'  aura  esposto  : 
E  misurando  in  vasi  gli  riponi . 

E  poi  che  tutto  in  casa  e  ben  riposto 
II  tuo  vitto  ,  una  fante ,  ed  un  famiglio 
A'  domestici  ufficj  ne  sia  posto . 

L'  un  senza  casa  ,  e  1'  altra  senza  figlio 
Bada   che  sia .  Serva   che   nutra  eredi 
Sempre  di  noja  e  seme  ,  e  di  scompiglio . 

Nodri  can   d'  aspro   dente  ,   e  lui  provvedi 
Largo  di  cibo  :  che  le  tue  fortune 
Chi  dorme  il  giorno ,    a  notte  non  depredi . 

Delia  paglia  e  del  iieno  ,  esca   comune 

A'  muli  e  a'  buoi  ,  quanto   bisogna  a  un  anno , 
Tanto   a'  fenili  tuoi  se  ne  raguni  . 

Poscia  rinfranca  del  sofTerto  danno 
Le  debili  ginocchia  a'  servi  lassi , 
E  disciolti  da  giogo  i  buoi  n'  andranno . 

Ma  quando  a  mezzo  il  Ciel  muovono  i  passi 
Canicola ,  e  Orion  ;  e  gia  1'  Arturo 
A  la  rosat'  Aurora   incontro   stassi ; 


12(5 

'il    HipO-YI  ,    TOTS    7ra.VTCtC,    Ct7roJpi7Ti     o'tKOtJ'i    fioTfiVC, !• 

Aei^ou  S'  iiiX/p  Swat,  r    vi fxcarx.   x.ou  S$x.ct  vvktu^- 

Tlii>7V  Si  (ru<rKici<rou  ,  iKTta  J'  &C,  ctyyi  d(pv<r<rcu 

Aapct  A/avv'trx  7ro\vyw$-{o(;  ■  ctvmp   eVw  r  JV 

TlXyituSn;  £■' ,  'TctSa;  re,   to  te  efrgVos  '.QeXafcs  6i5 

kuVCtiPlV  ,    TOr'    i7T6iT     CtpOTV    fXifXfilJUifOg    &POU 

'Q.pcuou  •  TrXeicov   JV    Kara*  x§ovo$  apfj-zvoc,  elvi . 

E/   ei   <ri  yavTiXtiftc,  £v<T7ri{A(pi\x   7yApo<;  a/p«  , 
EcJr   a;  HXtitd Si\ ,  e&gro^  q/2&/uoi>  '£lqj.covoc> 
Qivyovarau  ,  7ri7nw<riv  ie,  inipoeiSict  7t6vtov  ,  #2© 

^W     70  73    7TCWTVIC0V    Ctvl fXCOV    SvOVtTlV    tXYiTCtf 

KoU    TOTS    fXyiKiTl    VWCtC,    i  )(HV     QA>1     01V07TI    7T0VT&)' 

rifi>  J"  ipyatji&ou  {jn/upyi[j,ii>o<; ,  wc,  <rg  KiXiveo- 

Nwa  cf'  gV  w7reipov  ipvtrou.  ,  7ruKci<rou  t?  XiSokti 

HcIvtv&zv  ,  o<pp   'I  %cof    dvifxcav  y.ivoc,  uy>pv  caviwy ,  6a5 


O  Persa ,  tunc  omnes  decerpe  et  fer  domutn  uvas . 
Exponito  vero  Soli  decern  dies,  totidemque  nodes. 
Quinque  autem  in  locum  opacum  repone  ,  sexto  in  vasa  conde 
Dona  laetitiae  datoris  Bacchi .  Sed  postquam   utique 
Pleiadesque  Hyadesque  ac   vehemens  Orion 
Occiderint ,  tunc  deinde  arationis  memor  esto 
Tempestivae  ;  ita  annus  in  opere  rustico  bene  dispositus  sit . 

Quod  si  te  navigationis  periculosae  desiderium  ceperit , 
Quando  utique  Pleiades ,  vehementem  Orionem 
Fugientes ,  subierint  obscurum  pontura  , 
Tunc  certe  variorum  ventorum  strident  flamina  ; 
Et  tunc  ne  amplius  naves  habe  in  nigro  ponto  ; 
Terram  autem  exercere  memento  ita  ut  t«  jubeo  . 
Navem  vero  in  continentem  trahito  ,  munitoque  lapidibus 
Undequaque  ,  ut  arceant  ventorum  vim  humide  flantium  , 


Tutti  vendemmia  i  grappi ,   e  all'  abituro 
Recagli ,   o  Persa  ;  e   dieci  di  gli  tieni 
Con  altrettante   notti   all'  aer  puro . 

Indi  per  cinque  all'  ombra  gli   sostieni ; 
E  de'  doni ,  onde  gioja  da  Lieo , 
Nel  sesto  giorno  i  vasi  fa  ripieni . 

Al  fin  ,  quand'  Orione  in  mar  cadeO 

Con  le  Plejadi ,  e  F  Iadi ,  ad  arar  pensa  ; 
Che  tempo  e  gia  :  cosi  1'  anno  febeo 

A'  campestri  lavor  ben   si  dispensa  . 


127 


C  AP  IT  OL  O    VIII. 


s 


e  poi  nel  cor  ti  nascera  talento 
Di  sospingere  in  mar  legno  spalmato  , 
Opra  piena  di  risco ,  e  di  cimento ; 

Nel  tempo  che   Orion  fuggendo  armato 
Si  dileguan  le  Plejadi  nel  mare, 
E  di  venti   diversi  spira  il  fiato  ; 

Le  navi  al  fosco  mar  piu  non   fidare  , 
Ma  de'  fertili  campi  a  la  coltura , 
Cosi   com'  io  t'  esorto  ,    dei  pensare  . 

Traggi  '1  navilio  in  terra  ,   e  1'  assicura 
Contra  gli  umidi  venti  e  i  lor  contrasti , 
Facendo  a  lui  di  pietre  alta  chiusura . 


128 

Xel/xupov  u%ipv<rot<; ,  i'va.  ijm   Trudy  Atot;  oju/Spoi;. 

OttXcc  J'  i7rdp(A£vct   7rdvTvt  tsoj   iyxdrSio  olxcoj 

lLuKO(r(/.eoc,  ^oXta-ctc,  vmc,  7rrepd  7rovw7ropoio . 

HyidaiXioir  J'  ivipyic,  VTTip  xct7rvQ   x.pi(jtd<ra&ou. 

Av'tvi;  £    copouov  fxt [xv&v  ttAoov  ,  &<roxcv  I'A^n  ,  63o 

Kou   tote  viict  Soyv  aAa^T  iXxi yew ,  cv   Si   rs  (popwv 

''Appcvov   QA>TUva.&au  ,   'iv    oltxctSi   XipSoc,   etpyoUy 

"\l<T7rip  ifioc,  ts  Trcfrnp  xou  <roc,  ,  ysya.  i^'tth  Hi  pent , 

TLXcoi '£ga" xcv  vwert  ,  filx  xi^'Afxivoc,  i&Xx  . 

'  Q$    7T0TB    XOU     TYlS'    mA.^S  ,     7T0\vi>    Sid    7TOVTT3V    O.VUO'Crai.C,-,  635 

Ku/uyii>  AtoXiSa.  <®fo7\i7roov  ,  o»  vy\\  [A:\ouvy  ' 

j,  Ovx    cttpoMoc,  ipivycdv -,  a*  Si    ttAsstcV  te,   xou   o)\fiov  y 

,,  'AXXd  xolxav  7rc#JY!i> ,   wV  Z?y?  zvSpi<r<ri  SI  Soon  . 

'Ndtrertx.To  cT'  a>-^    ''EXixoovoc,  6i£upy  ivi   xco/uviy 

''Arxpy,  %ei[Aa  xctxy  ,   Sspsi  dpyaXiy  ,  nSi   7ror    6o9-Am  -       040 

Tt/Vw  J*1',  »    Ili'po-M ,   '{pycov    uijjLVAyAvoc,   ekvcu 
'Upoucov   TrctvTitiv ,  7ri?}  vavriXiAC,  Si    fxetXt^a  ■ 
Nw    oXiyyv  cuveiv  ,  [xiy&Xy  &    evi    (poprla.   Si&cu- 
M&i^cop  (xiv  tpopwt;,  [X&t^ov  S'  eV/    xipSn    xipSo$ 
vE<rcri7V£t ,  «   x'  dn/aoi  yi  xxxott;  d/ri^ao-iv  aVraJS  •  6^5 

Sentina  exhausta  ,  ne  putrefaciat  Jovis  imber  . 

Arraamenta  vero  disposita  omnia  domi  tuae  repone, 

Recte  contrahens  navis  alas  pontigradae  . 

Clavura  vero  fabrefaetum  super  fuinum  suspendito  . 

Ipse  autem  tempestivam  expectato  navigationem ,  dum  veniat 

Tuncque  navem  celerem  in  mare  deducito ,  intus  vero   onus 

Aptum  imponito  ,  domum  ut  lucrum  reportes , 

Quemadmodum  meusque  pater ,  et  tuus ,  stultissime  Persa , 

Navigabat  navibus  ,  victus  indigus  boni  . 

Qui  olim  et  hue  venit  ,   immensum  pontum  emensus, 

Cumam  Aeolidem  relinquens,  in  navi  nigra: 

„  Non  reditus  fugiens  ,  neque  opulentiam  ,  ac  facilitates , 

,,  Sed  malam  pauperiem  ,  quam  Juppitor  liominibus  dat  . 

Habitavit  autem  prope  Heliconem  misero  in  vico  , 

Ascra  ,  hyeme  malo  ,  aestate  autem  molesto,  nunquam  bono. 

Tu  vero  ,  0  Persa  ,  operurn  meinor  esLo 
(Vt)  tempestive  omnia  (fiant,)  navigations  vero  maxime  . 
Navem  parvam  laudato  ,  magnae  vero  onera  imponito  . 
Majus  quidem  onus ,  majus  vero  lucrum  ad  lucrum 
Erit ,  si  quidem  venti  malos  contineant  flatus  . 


129 

Vuotane  la  sentina  ;   che  nol  guasti 

L'  umor  piovuto ;  e  'n  casa  ti  riponi 

Gli   ordigni   ad  un  ad  uno ,  onde   1'  armasti . 

E  1'  ali   sue  piegando   ben   componi  , 
E  F  adatto   timone  al   fumo   appendi 
Iniin  che  i  giorni  a  valicar  sien  buoni . 

Allora   al   mare   il  pin  veloce  rendi , 
E  giusto   incarco  per   entro   vi   stiva 
Se  con   acquisto  ritornar  pretendi . 

Tale  il  mio  padre  e  tuo  ,  perche  pativa 
Di  buon  vitto  penuria ,  o  stolto  Perse  , 
Sen  gia  d'  una  varcando  in  altra  riva  . 

Che  misurar   gran  pelago  sofferse , 

Quando  con  nave  a  queste   piagge  venne 
E  dall'  Eolia   Cuma  si  converse  . 

Ne   gia  fuggia  con  le   spiegate   antenne 
Ricchezze  ,  agj  ,  ed   aver  ;  ma   la  penosa 
Poverta,  che  da  Giove  ad   uom  provenne. 

Presso   Elicona  ,  in   Ascra   disagiosa 
Resto ,  vil  borgo   da   la  state  afflitto  , 
E   reo  nel   verno  ,  e  non  mai  buona   cosa . 

Or  tu  vedi  che  1   tempo   a  noi  prescritto 
In   ogni   opera  ,  o  Perse  ,  si  mantegna , 
Ma   piu   che   altrove  nel   marin  tragitto. 

Loda  il  legnetto  ,   ed  al  vascel   consegna 

Le   merci :  piu  e  piu  lucro  e ,   ov'  e   piu  carco , 
Se  il  vento  le  sue   furie  ne  contegna. 

n 


66o 


665 


T3° 

Eur    dv  i7r    z{j.7roe/.yi>  rpe->f,,wj  dirtippovct  ^vfxov , 
BisXycu  Si  ^icc  ts  7rpotpoyeiv ,  kou   Xt/uov  dT*p7ri\  , 
Aei£co  JV  to/  [Airpot,  7roXv(pXoio~(3oio  $aXda~<rH<; , 
,,   Qvii  ti  vaLVTiXiyc,  <r tG-ot$i<r pivot; ,  are  ri  vveov  ■ 

>)    Od    yelp    7TCO7T0TS    VA'i    y      iTTiTrXcoV    ivpict    7TQVT0V  ,  65o 

v  E(   fxvi   ic,  Etifioiow  6$;  AvX/Soq ,  ri   ttot    'A%auoi , 

3,  Meivowjsc,  %etpcovx  }  ttoXvv  o~uv  Xclov  cty&tpajf 

„  'EXXdSbc,  6%  itpvic,  Tpoi'viv  it,  ■naXXiyu 'vcuKot . 

\,    Ev&dd'  iyoov  i7r    aiSXa.  aodfypovoc,    Ap.(piSd(/,avro^ 

_,,  XaXx/Sa.  t  et<ri7r£p'A<r<x.-  tu  Si  <ssf>07r i<pp a <l[Aiv a.  7roXXd        655 

},  rA6X'  i$i<ruu>  jraxSic,  [AiyaXiATvpu;  •  tvSd  ya  QYipi 

,,  'Ifxvcp  viY.v\<ra»itx  ^ipav  r?j.7roS"  oonoovrtt  . 

„  Tcv  [Xiv  iyco   M«<nj£  'EXiKGoviaSto~o~    dv{$viKct , 

„  "EvSd    fxi  to  TTpamv  XtyvpXi;  i7Ti/2yi(rxv  doiSiic,. 

„  Toarorov   mi  vyioov  yi  7ri7reipa./j,ou  TroXvyo [/.(pcov  ■ 

,,  'AXXd  nod  coc,  ipico  Z,mo\  voov  cdyioyoio  . 

Wlxaraz  yap  fj.    iStSa^uuv  d^sa-<pa.Tov  u fxvov  deiSetv. 

''Yifxarct  TrcyjtiKOVTiz  fx<m   T.po7rdc,  viiXioio, 
'Eg  liXoc,  iXSrovioc,  Bs'pioq  KafxotTwSioc,   &>p>n;,  • 

t£lpau6e,  7riXitcti  SvyitoIc,  7rXdo;  •  xts  Ki  viia, 

Quando  autem  ad  mercaturain  verso  imprudente  animo , 
Volueris  et  debita  efFugere  ,  et  famem  molestam , 
Ostendam  tibi  rationes  sonori  maris , 

Etsi  neque  navigandi  peritus ,  neque  navium  • 
Neque   enim  uiiquam  navi  transmisi  latum  mare  , 
Nisi  in  Euboeam  ex  Aulide ;  ubi  quondam  Graeci , 
ExpecLata  teinpestate  5  magnum  coilegerunt  exercitum 

"  Graecia  e  sacra  ad  Trojam  pulchris  foeminis  praeditam  . 
Illuc  ego  ad  certamina  strenui  Amphidamantis 

','   Chalcidemque  trajeci;  indicta  (per  praecones)  vero  multa 

„  Praemia    constituerunt  juvenes    magnanimi:  ubi   me   dico 
Carmine  vie  tore  in  tulisse  tripodem  auritum  • 
Quern  ego  quidem  Musis  Heliconiadibus  dicavi , 

"  Vbi  me°primum  duleis  eompotem  fecerunt  cantus  . 

,','  Tantum  naves  expertus  sum  inultos  clavos  habentes  . 

„  Sed  tamen  dieam  Jovis  consilium  Aegiochi , 

Musae  enim  me  docuerunt  divinum  carmen  canere  . 
Dies  quinquaginla  pot>t    Solstitium  , 

Ad  finem  progressa  aestate  laboriosi  temporis, 

Tempestiva  est  mortalibus  navigatio  ;  nee  certe  navem 


Dunque  se,  volto  a  mercatura  e  imbarco 
II  folle  tao  pensier ,  vuoi  d'  ogni  parte 
Di  debito  e  di  fame  gire  scarco; 

Del  lempestoso  mar    poss'  io   mostrarte 
I  tempi  ,  e  le  ragioni ;  ancor  che  istrutto 
Non  foss'  io  mai  di  navi  o  di  tal  arte : 

Che  gli  ampj  spazj  del  marino  flutto 

Con  legno  non  premei ,  se  non  se  allora 
Che  nell'  Eubea  fjii  d'  Aulide  condutto  ,* 

Ove  di  Grecia  sacra  uscendo  fuora 
Per  Troja ,  il  grand' esercito  s'unio 
Aspettando  al  tragitto  il  tempo  e  1'  ora . 

La  prima ,  e  poscia  in  Calcide  venn'  io 
Quando  all'  onor  del  prode  Anfidamante 
Spettacolo  solenne  si  bandio . 

Promise   e  die  gran  premj  la  prestante 
Sua  prole ;  ed  io  tripode  ansato  n'  ebbi , 
Che  ad  ogn'  altro  cantor  fui  messo  avante : 

E  l'eliconie  Dive  indi  ne  accrebbi 
La  Ve  del  canto  la  gentil  scienza 
Merce  di  loro ,  e  da'  lor  fonti  bebbi . 

Tanto ,  e  non  piu ,  di  navi  ho  sperienza ; 
Pur  di  Giove  i  consigli  avvien  ch'  io  dica 
Poi  che  del  divin  metro  ho  conoscenza. 

Quando  la  state  piu  non  ci  fatica  , 
Per  ben  cinquanta  di  dopo  il  solstizio , 
Ricorre  l'ora  a'naviganti  arnica: 


,3I 


132 


Ketvet^uiq     xt    avSpctc,  "emHp&fo-eH  6dXctc<rct  y 
Ei  pit  JV   7rp6$pcav  yi  Tioa-ei^oLcou  bfovi^m , 
H  Ziuj  dScwct'mv  (2ct<rt\iv<;  iS{\Wiv  oteWou  . 
Mv  toIc,  ya.p  teAos  eV/V  Jfia$  dyaSav  n  Kctaav  re. 
Twites  «T"  wx.&i>h$  r   ctupcu  ,  zed  ttovtoc,  d.7rvi(xoov  ,  670 

Ev  «wAog-    7D7H  wet  ^omV  uvifxoicn  7r/Silo-a<; 

EAiiipQ*    IC,    7TQV TOV  ,    pc/pjW    J"    gj    TTCtVUt    TlSl&ou. 

T2>7Tiu£eip  d"  otti  my/Tot  7rct\iv  oinovSi  vli&au  ■ 

Mj/dfc    [XiPGiV    01  POP    TS    PiOP    KOU    Ci7TCtiZJ.VQV    0  uBpop 

KCU   X&t(AtoV    S7Tl'j:TtX.  ,  VQT010    TS   Setpolc,   avimc, ,  675 

' Oc,  r    w&vi    SolXcag-g-om ,  o/ua,pma~a,<;  Ajoq  oufipa 
HoXXa  OTTcopivcp  •  %ctAi7rop  Si  ts  ttgptop  zS-tut&r  . 

''  KXkoc,  S   &a,&i>o<;  7rz\iTZti  7rXooc,  d.v&poo7roio-ip  ■ 

'HfXOq    JV    TO    <2Bpit)TOP  yCO'OU    T     i7Tl/3uO"a.    XOpCdPH 

''l%poq  i7T0ina'cv  >  tootg-ov  7ritctX    dpJpjL  (pauyelvi 
Ev  zpdSy  UKpoTury  tots  S    a.fx@ct.Toc,  g'sv  Sra.Xa.a-ffn. 
Eia.qj.voc,  S'  ovtoc,  7nMTCti  7rX6oc,'  h   fxiv  'iyeoyi 
AipyifX'  a  ya.pt  ifxu>   OufXM    ■n.i^a.qj.a-fxivoc,  i^lv  , 


680 


Fregeris,  neque  homines  perdiderit  mare, 

Nisi  dedita  opera  Neptunus  terrae  quassator , 

Aut  Juppiter  immortalium  rex  velit  perdere 

Penes  hos  enim  potestas  est  simul  bonorumque  malorumque  . 

Tunc  vero  facilesque  aurae ,  et  mare  innocuum , 

Tranquillum  :  tunc  navem  celerem  ,  ventis  fretus  , 

Deducito  in  pontum :  onus  vero  bene  omne  colloca  . 

Propera  autem  quam  celerrime  iterum  domum  redire : 

Neque  vero  expectato  vinumque  novum ,  et  autumnalem  imbrem 

Eb  hyemem    accedentem  ,  Notique  molestos  flatus, 

Qui  concitat  mare  ,  comitatus  Jovis  imbre 

Multo  autumnali :  asperum  vero  pontum  facit  . 

Sed  alia  verna  est  navigatio  hominibus  , 

Nempe  cum  primum  quantum  incedens  comix 

Vestigium  fecit  ,  tan  turn  folia  homini  appareant    ■ 

Summa  in  iicu  :  turn  sane  pervium  est  mare  . 

Verna  autem  haec  est  navigatio;  non  ipsam  ego  tamen 

Probo  :  neque  enim  meo  animo  grata  est , 


J33 

E  cortese  porgendo  al  legno  ospizio 

Non  tel  fracassa  il  mar ;  ne  le  persone* 

Sormontato  trabocca  al  precipizio; 
Se  in  cor  di  ruinarle  non  si  pone 

Giove  o  Nettun :  pero  che  sta  in  lor  mano 

E  del  bene  e  del  male  pgni  ragione  . 
Schiette  1'  aure  ,  tranquillo   e  1'  Oceano  , 

E  sicuro  a  que'  di :  iida  il  tuo  legno 

A'  vend ,  e .  '1  traggi  nel  ceruleo  piano . 
Vedi ,  che  tutte  poste  a  buon  disegno 

Vi  sian  le  merci ,  e  ratto  il  »piu  che  possa 

Di  ritornar  premura  abbi  ed  impegno  . 
Non  aspettar  vin  novo ,  e  che  sia  scossa 

Pioggia   d'  autunno ,   e  '1  verno   che  avvicina , 

Quando  da  tristo  Noto  e  1'  aura   mossa  ; 
Che  in  mar  destando   va  turbo   e  ruina 

Seguitato   da  spessa  autunnal  pioggia ; 

E  paurosa  rende  la  marina . 
Un  altro   tempo    ancora  ,   un'  altra   foggia 

V  ha  di  tragitto ,   allor  che  '1  verno   passa 

E  la  nova  stagion  rinasce  e  poggia. 
Quando  in  vetta  del  iico  non  trapassa 

La   foglia   il  breve   giro   di  quell'  orma  , 

Che  la  cornacchia  camminando   lassa  , 
Varcar   si  puote   il  mar ;   in  questa   forma 

Ha   Primavera  il   suo  marin   viaggio ; 

Sebben   nol  lodo ,  che  mal  si   conforma 


m 

'ApwaKTo^'  yaXnraic,  th  (pvyoit;  kakov  aXXd  vv  £j  rat 

"Au&p<»7roi  pitpvauv  di$p&y<ri  vooio  685 

Xp^fxavx,  yap  -\>vxh    7TiXvrui  SeiXoicri  @poroi<rt  ■ 

Aavcv  S'  171  Scwetv  /mm  xu/uatriv  •  aXXd  <r    dvcoya 

QpclQi&ou  tdSi  7rdvitt  (jlitu  <ppi(riv  o<t<t    dyopivoo • 

MviJ'   cvi    vwvcriv   cL7rou>vz  /3iOf  x.oiXy<n  r/'3-«c&az  • 

'AXXd  7rXico  Xdirziv ,  ra?  Si   [A&iova  (popr/fy&eu-  690 

&&tvov  yap  7roviH  [/.itu  KU(/.a<ri  Trypan  xvpcrxi. 

&<hvov  y\  etx   e<p    dfta^cw  V7rip/2ivi>  ax^oc>  delpae,, 

"A^ova  x.avd£ou$,  vx  Si  <poprt"  dpavpco&eivi  • 

Mirpa  tpuXd<r<ri&af  KOtpot;  S'  itti    7rd<riv  d&soc,. 
'D.pouog  Si  ywudixa  isgv  ttot/   olxov  dyi&ai .  69$ 

Mwre  tqjmkovtmv   iizcov  fiaXa   7T0XX'   ^bTwXeiTTCOV  , 
Mn'r'  i7ri$ei<;  fxaXa  7roXXd'  ydpoc,  Si  to/  af&oi;  »ro<j  . 
'H   Si  yvvvi  TiTvp  rifipYi,  7Ti/U7rrot)  Si  ya/uo7w  . 
Hxp$cvtMv  Si  yafieiP  ,  cot;  KmHSna,  xiSva  SiSdJryc,. 


Quia  occasio  ipsius  invadenda;  aegre  quidem  effugeris  malum;  sed  ta- 

Homines  faciunt  stultitia  mentis.  (  men  et  haec 

Opes  enim  sunt  anima  miseris  mortalibus  . 

Miserum  vero  est  mori  in  fluctibus  .  Verum  te  jubeo 

Considerare  haec  omnia  in  animo  quaecunque  tibi  consulo. 

Ne  vero  intra  naves  omnem   substantiam  cavas  pone  : 

Sed  plura  relinquito  :  pauciora  vero  imponito  . 

Miserum  enim  ponti  in  fluctibus  in  malum  incidere  : 

Miserum  etiam  ,  si  in  currum  praegrande  onus  imponens 

Axem   fregeris ,  onera  vero    corrumpantur  . 

Modum  serva  .  Tempus  vero  in  omnibus  optimum , 
In   flore   vero  aetatis  uxorein  tuam  ad  domum  ducito  . 
Neque  triginta  annis  valde  multum  inferior, 
Neque  superans  multum  :  nuptiae  vero  tibi  terapestivae  hae  . 
Mulier  autem  quatuordecim  annos  pubescat ,  quintodecimo  nubat  . 
Virginem    vero  ducito,  ut  mores  castos  doceas  . 


Al  genio  mio:  1'  ora  di  tal   passaggio 
Rubar  si  vuole ;  •  e  a  stento  ivi  s'  evita 
Qualche   impensato  di  fortuna  oltraggio . 

Pur  anche  a  tal  periglio   corre   ardita 
La  follia   de'mortali:  che   il   danaro 
E  per  1'  uomo  infelice  anima  e  vita . 

E  miseranda   cosa  intra  1'  amaro 

Flutto   lasciar   la  spoglia  ;   onde  rifletti 
Teco  quant'  io  cantando  apro  e  dichiaro . 

Ne  tutte  in  cavo  legno   aduna  e  metti 

Le   tue  sostanze :  il  piu  ne  lascia  in  terra  , 
E  all'  elemento   infido  il  men  commetti . 

In  mare   incorrer  danno   e  cosa  acerba ; 
Come  avviene  talor  che   si  costipa 
Nel  carro  il  peso  ,  e  modo  non  si  serba : 

Si  rompe  1'  asse  ,  e  '1  carico  si  scipa  . 


■35 


I 


CAPITOLO     IX. 


n  tutto   che  *  farai   serba  misura , 

Ed  opportuno   in  tutto  il   tempo  cogli , 

Che   molto   giova   quando  ben  si  fura . 

Moglier'  in  eta  verde  in  casa  togli  . 

Quando   a'  trent'  anni ,  o  circa  s'  e  levata , 
E   matura  1'  etade   in   che   t'  ammogli . 

Cresca  sett'  anni  e  sette  ,   e   sia   menata 
Di  quindici  la  donna  ,   ancor   donzella , 
Perche  al  ben  viver  sia  da  te  formata. 


i36 

TtfV  JV  (xdXiTot,  ya.fj.9tu  yi'th;  (tIStzjh  iyyuBi  vouet'  £00 

UcIvtu  fuoiX'  d/u(pig  IScov ,  /uv    y&rocri  ^dpfuctrce  ynyt-fc,  • 

Oo   (jav  yap  ri  yui>zix.o<;  dvyp  Aw/^r'  ayL^ivov 

T'yh;  dyaSHc,'  rye,   £   cturs  xcfuyc,  a   plyiov  aAAo 

£.&7rvo'ho,xy\c}'  v\t  .cLvSpct   xou   'i'^ifxov   Trip   iovwc. 

ILuh  ctizp   SaXa  ,  xou   cofxf  yripoii   S'cokz.v  •  £05 

Ec/   cT  ottiv  a.r$JwcLTU)V  (xctytcipoov  7ri<pv\cty/!Aivo<;  eivou- 

MmJV   xaviyvATM  )<rov  7roiet&cu  iraupov 

E/   JY  Ki  7ro/y(<ry\<;  >  /uyi    (jliv  'zepoTzpoc,   ■x.clx.qv  ip^vit;- 

M.mJV  -^evJi^ca  yXu<r<rwc,  xctg/v  &  M  x.a>  dpx*i) 

"H  ti  i'Trog  (iTTCov  IhroSv (J-tov  j  MS    max  zp^ctt;,  710 

A/$  meet  Tivvv&au  (jLiuvAixivoc,-  «'  JV  x.cv  avSrig 

HyUr7  it;  (p/Aowraf  >  J/x.yii>  J"  e&'Awov  7rapa<r^€ii'y 

Ae%ot&cu .  S&Xoc,  7ve  «Wp   (piXov  uXXotb  dXXov 

TloietTM  '    <Ti     Si     (UYI    Tl    VOQV    ZdTsXiy^iTlO    ckSoC,  . 

MtfJV    TToXt/^fil'OP  j    (J.nJ'    CL^CiVOV    KO.\{l&OU  ,  ?sl5 

MmcJY   nctnoov  iutpov ,  (uvS'  i&\a>v  vemi^yipa  • 


Earn  vero  potissimum  ducito    si    qua  te   prope   habitat : 

Omnia  diligenter  circum  contemplatus ,  ne  vicinis  ludibria  ducas 

Neque  enim  muliere  quicquam  vir  sortitur  melius 

Bona  :  rursus  vero  mala  non  gravius  aliud 

Commessatrice  :  quae  virum  licet  robustum 

Torret  sine  face,  et  in  praematura  senecta  constituit. 

Bene  vero  reverentiam  erga  Deos  immortales  observato  . 

Neque  fratri  aequalem  facito  amicum : 

Quod  si  feceris ,  ne  ipsum  prior  malo  afKcias  . 

Ne  vero  mentiarls  solatii  caussa.  Sin  autem   coeperit 

Aut  verbum  aliquod  dicere  ingratum ,  aut  facere, 

Bis  tantum  punire  memineris  :  si  vero  rursus 

Bedeat  in  gratiam  ,  poenam  autem  velit  dare  , 

Becipe  .  Pauper  quidem  vir  amicum  alias  alium 

Facit  :  tuum  vero  ne  quid  animuin  coarguat  vultus  . 

Ne  vero  multorum  hospes ,  neve  nullius  hospes  dicaris  , 

Neve  malorum  socius,  neque  bonorum  convitiator  . 


T37 
Se  1'  hai  vicin  di  casa ,   attienti  a  quella  ; 

Ma  per  non  aver  beffa  da'  vicini , 

Guata  ben   tutto  e  prendine   favella  . 

La  virtuosa  donna  infra'  destini 

Per  1'  uomo  e  1  meglio ;  e  il  peggio  e  la  cattiva , 
Che   a  laute  cene   di   soppiatto  inclini . 

Essa  un  marito  ,   che  robusto  viva  , 
Brucia   pur   senza  faci ,  e  discolora , 
Si  che  immature-  a  la  vecchiezza  arriva . 

De'venerandi  Dei  rispetta   ognora 
L'  alta   presenza  .  Un  amico  sincero 
Meno ,  che  '1  tuo  fratello  ,  ama  ed  onora  . 

Se  un  amico  t'  acquisti ;  a  lui  primiero 
Onta  non   far ,  ne   tanto   digli  o  quanto 
Ne  anco   a  scherzo  mai ,  che  sia  men  vero  . 

Ma  s'  egl'  incominciasse   dal  suo   canto 
Con  parole  o  con  opre  a  farti  offesa, 
Rendi  male  per  mal  due  volte  tanto  . 

Pero  se  a  rappaciarsi  cerca  presa  , 
E  presto  a  satisfare  si  offerisce  , 
La  tua  pristina  grazia  gli  sia  resa . 

Or  uno ,   or  altro  d'  amicarsi   ambisce 
II  pover'  uom :  te  non  accusi  '1  vol  to  , 
Ch'  ei  dissente   dal  core ,  e  che  fallisce  . 

Ne   inospitale  ,  ne  ospitale  molto , 

Ne  compagnon    di  tristi  sii  chiamato  , 

Ne  morditor  di  buoni  audace  e  stolto . 

18 


i38 

Mtldi     7T0T     0V\0{A,il>YlV    7TZVIYW    &UfA0$Q6p0V    dv$o). 

TtrXaS   oveidi^&tv  ,  fxctxdpoov  Jtitrtv  ouiv  ioviuv. 
rXeocra-ni;  to/  $Yiaruvpo\  cv  dv$-p6)7roi<riv  cL<y.<?o$ 

<&9idGt)\ii<;y    7rXH9Y\    JV    X^&S    K<Z™C    jU'erpOU    loV<TV\$-  £20 

E/    di     XCtKOV   ZiTTVISi    TDt%<X,    K     ctvioc,    fxeil^ov    OLKiiO-OUt;. 

MwdV   7roXv^eiva  Souwt;  &v<T7r(yi.tyiXoe,  &vou 
Ex.  xoivov  •  7rXeig-yi  Si  ;£#?;<;,  dct7rdvA  r   6\iyi<?y. 
MxJ/   7tot    o^  wove,  Ai'i   Xfi/2ei!>  auSo7ra.  oliov 
Xeptr/V  dvi7not<rtv  ,  /uyiS'  ctXXoic,  ct$rcu>ctwi<rii/  .  lib 

Ou   ydp   rolyi   xXva&iv y   ~)>?rv7rTV%o-i   d(  r    dpdq- 
Mw^'  dvr    tizX/o/o  TtTpctfAfAivoc,  op^oc,  OfXl^eiV  • 
Aurizp  i7ryv  xi   dvv\ ,  fxiyLvyyiivoc, ,  £'<;  r    dviovroe, . 
MwV   df  o£a>  )  {A.WT    ixioc,  6  Sou   7rpo/3dSnv  ap>/crjt£, 
MtfcT   ')krn?yuuvGo$reic> •    fxaxotpeov  to/  vvkts$  lacriv.  ^3© 

'E^o/ucvot;  S'  oyi  Seioc,  dvvip   7ri7rvvpt.{vcL  eiSeac,^ 
*H  oyi  7rpoc,  Toiyov  7rihdara,e,  ivipxtot;  ac/Aw<;. 
MyS'  ouSola.  yovy   7ri7rccXay/j,iP0i;  ipSo&Qjp  o'Jxx 
'E^ty  i[X7rikdS6v  7rapct<paxviyLQJi> ,   aAA'  d\{ct&ou . 
MviS'   ")vrv    Juo'tyYif/.o/o  raspy   's^7mvo^Y\o-a^TOt  ^35 

X/np/Jiouveiir  ytviviv ,  «'AA'   a.$ou>ctTWP  !&&    SbuT0$> 

Neque  unquam  miseram  pauperiem  animum  comedentem,  homini 

Sustineas  exprobrare  ,  divorum  doiium  imraortalium  . 

Linguae  certe  thesaurus  inter  homines  optimus 

Parcae  ,  plurima  vero  gratia  ,  si  modum  servet  . 

Quod  si  malum  dixeris  ,  forsan  et  ipse  ma  jus  audies  . 

Ne  in  convivio  ,  quod  multi  amici  instruunt ,  sis  morosus 

Ex  communi  (quum  comeditur) ;  plurima  enim  gratia ,  suiuptusque  mini- 

Neque  unquam  mane  Jovi  libato  nigrum  vinum  (niue. 

Manjbus  illotis,  neque  aliis  immortalibus  . 

Neque  enim  illi  exaudiunt,  respuunt  vero  etiam  preces  - 

Neque  contra  solem  versus  erectus  mejito  , 

Sed  etiam  postquam  occidit  memor  ejus  rei,  usque  ad  (ipsum)  orientem 

Neque  in  via  ,  neque  extra  viam   inter   eundum  meias  , 

Neque  denudatus  :  Deorum  quippe  noctes  sunt. 

Sedens  vero  divinus  vir  et  prudens  , 

Aut  ad  parietem  accedens  bene  septae  caulae  . 

Neque  pudenda  se mine  pollutus  intra  domum 

Focum  juxta  revel  at  0  ,  sed  caveto . 

Neque   a  feralibus  epulis  reversus 

Seminato  progeniem ,  sed  Deorum  a  convivio. 


i39 
Ne   al  poverello   il  suo  misero  stato 

Che  rode   il   cuore ,   rimprocciar  giaminai  : 

Che   dagli  eterni  Dei  tal   dono  e  da  to  . 
Parca  lingua  e  un  tesoro ;  e  merto  assai 

A  chi  e  temprato   parlator  si  rende  . 

Se  dici  mal ,  forse  che  peggio  udrai . 
Ne  al  pasto  sii  ritroso ,  ove  si  prende 

Infra  gli  amici  a  scotto ;  e  pensa  ch'  ivi 

S'  aggrata   molto  ,  e  ben   poco  si  spende . 
Lordo  le  mani  ,  a  Giove  o  ad  altri  Divi 

Non  libar  vino   mai  quando  il  di  nasce  ; 

Che  a'  voti  tuoi  saranno  irati  e  schivi . 
Ne  a  la  vescica  1'  acqua  si  rilasce 

In  piedi ,  o  al  Sol ;  e  poi  che  1  giorno   cade 

Tal   contegno  terrai  fin  che  rinasce  ; 
Che  camminando ,   in  via,  ne  fuor  di  strade, 

Ne  mal  velato  il  faccia .   II  tempo  scuro 

Di  notte   annolo  i  Numi  in  potestade . 
II  savio ,   che   dal   Ciel   divino  e  puro 

Tragge  costume  ,   assidesi  in   tal  opra , 

O    di  chiuso   cortil  s'  arretra   al  muro . 
Ne  al  sacro  focolare  sidiscopra 

Vergogna  immonda  entro  del  tuo   soggiorno  ; 

Ma  sempre  in  cose  tai  riserbo   adopra . 
Qualor   cenasti   a'  sepolcreti   intorno 
A  prole  non  attendi;  ma  ben  quando 
Da  la  mensa  de'  Numi  fai  ritorno . 


140 

MYlJt     7T0T     dcvdcov    7T0TZXU&)1>    KdXXt  ppOQV    U  Scop 

Yiotrci  7npav',   7r?).v  y    iu%y  iSoov  i$  zxXa   pi&pa  > 
Xvpucc.  vi\a.fx<tvoe,  7roXvYtpdrM  viari  Xiuxso  • 

"O?    7T0TUU0V    cT/flt/Sjl  ,     HCtKOWTl    JY    y^ftpO.^    CtVlTTTOC,,  I^Q 

"Toidi  S101    vt/jutraxri  ,  )tau   dXyia   dooK'Vi  07r/o~o~6)- 
My  J"   "^W   7rcvm£,o/o  ,   Qioov  hi)   Sour]   SaXeiy  , 
Kvov  Xtd    yXoopx   Tttfxveiv  aiScovi  cr/JVpi). 

MyiJz     7T0T     OIVO-^OVW    T&i fXCV    xpv\7iipo$    UTTipScv 

Huovmv  oXovi   yap  S7r    a.vru>  fxoipct  t^tuktixi  •  7 4 5 

MtfJV    S6/J.0V    710100 V,    dvl7Tl^t^0V    K.aiTX.Xei7rHV  , 

Mw     TO/    itylCpfJiiw    Kpoofy    XctKtpvt,OL    KOpGoVA. 

MwcT'    ^ctdv   ^rpo^-oJa^    a.Vi7TipplX.T(0V   aViXilTOt  m 

''Ea&W    [AYlS'i     Xoi&CU  •    i7T&i     KOU     TDl ' C,    gVl    7T01VA  . 

MwcT'  eV  cL'x.ivwtvio'i  Kct%it,eiv  («'  ^ap  auwov)  7^0 

IlcuJa   Svoo^ittctTauLov ,  or    amp'  dvn'i'opa   yroi&t '■ 

MwJV    cbcoSiKCLfAyiVOV    ICOV    KCU    THTO    TSTUXTVtt . 

MtfJe   yuuouKHti}   Xxrp:o  }%oa   (pcuJpuvi&ou. 
Avipa,'  XivyocXiv  yap  tni   y^ovov  %f   eV/    kcw  rjji 
Tloivn  •  [jwS'  i'polcriv   sV  aiSou.ivoi<ri  nvpytrac, ,  ^55 

Mao/uiveif  d/S'vtXa  •  $i6q  rt  xou   m   vifxica-a  . 


Nee  unquam  perennium  fluviorum  limpidam  aquara 

Pedibus  transito,  priusquam  tfraveris  aspieiens  pulchra  flumina  , 

Manus  lotus  amoena  aqua  limpida  . 

Qui  fluvium  transient,  malitia  vero  inanus  illotus, 

Ei  suceensent  Dii,  et  damna  dant  in  posterum. 

Ne  vero  a  manu ,  D'eorum  in  celebri  convivio , 

Siecum  a  viridi  reseca  nigro  ferro. 

Neque  unquam  vas ,  ex  quo  vinum  funditur,  pone  super  craterem 

Bibentium  :  pernieiosum  enim  in  eo  fatum  est  situm  . 

Neque  domum  faciens  imperfectam  relinquito , 

Ne  forte  insidens  croeitet  stridula  cornix  . 

Neque  ab  ollis  nondum  dedicatis  capiens    ( cibum ) 

Comedito  ,  neque  lavator:  quia  et  hisce  noxa  inest  . 

Neque  super  immobilibus  locato  (  non  eniin  bonuin.  est  ) 

Puerum  duodecennem  :  quia  virum  inertem  facit  : 

Neque  duodeciin  mensium  :  aequale  et  hoc  est  . 

Neque   muliebri  in  balneo  corpus  abluito 

Vir  :   gravis  enini  suo  tempore  erit  et  hujus  rei 

Poena  .  Neque  in  sacrificia  accensa  incidens  , 

Reprelieude  arcana  :  Deus  quippe  et  haec  indig*ne  fert  . 


141 
Ne  lassa  ,  i  vivi  fiumi  oltre  guadando , 

D'orar,  volto  la  faccia  a  l'onde   belle, 

Le  mani  al  puro  e  fresco  umor  lavando. 
Chi  non  terso  le  man  varca  per  quelle , 

Peccando  in  prova,  a' Numi  in  ira  viene. 

E   gli  dan  pena   del  voler  ribelle. 
Ne  dal  vivo  del  dito  si  conviene 

Tagliar  col  ferro  Tugna  arida  e  morta 

Nelle   sacre   agli   Dei   celebri  cene . 
Sovra  la  coppa ,   che  per  tutti   e  porta , 

Tazza  non  poni  a  mescer  vino  eletta ; 

Che  malvagio   destino  in    cio  s'  apporta . 
Ne  la  casa  che    fai ,  lascia  imperfetta , 

Onde    ivi   a  crocchiar    con   triste   note 

La   garrula  cornacchia   non   si   metta . 
Ne  fuor  dell'  olle   su   tre   piedi   imraote 

To'  da   mangiar ,   se   sacre  non  son   fatte , 

Ne    da  lavar :    che   cio    pena  riscuote . 
Sovra    d'  immobil   seggio  non   s'  adatte 

Fanciul,    che   corre  il  dodicesim'  anno; 

E    se   un  ne  conta ,  egli   del   par   s'  abbatte , 
E  al   maschile   vigore  allor  vien   danno. 

Ne   in   bagno   femminile   uomo  si  mondi , 

Che   grave   un   di   se   ne  riscuote   affannO . 
Ne   schernir  cose    occulte ;   ove    a'  profondi 

Sacrifizj   vedrai ,    che   '1   fuoco  e  acceso  : 

Che  cio  rende   gli   Dei  nosco  iracondi , 


« 


142 

„  MnJi   7tot    bit    7rpo)(py  7rcmfAwi>  dXctSi  7rpopidi>7wyy 
„  MvS   <i7ri    xpwdcov  ape* // •  fjtdXct   S   <y%<zX<ia.&ou. 
,j  Mud     op ' ct7ro-\v)(Hv  '   to   ydp  ov    to/  Xooiov  i<?tv 

'  D.S     ipS&lV    SbiVAV    Si    (BpOTWU   VTZOtXiViO    (f}V, '  UY\V  -  760 

Vjjjttw  ^ap    75    x.ctx.11   7riAvm.i y  novipyt  fjLiv  ctapcu 

cP«a  fxdX\  dpyotXtn   Si   <pipen>  ,  %ct\i7rvi   S'    ")>?m$r{&au- 

$>Vfxvi  S'   a    r/5  7rd.{X7T'JJj  d7roXXvTxi  >   v\v  rivet  7roXXoi 

Aaoi  <pY\[Ai£pu<ri'  &io<;  vv   tic,  g'sv    xou  ctvm  • 


HMEJ'AI. 


V 


JL  M-uctTct  S  ix.  Sto'Scv  7n<pvXa.y(x{voc, ,  to  kolto.  fJtolpaM     y6& 
HappctJi/xcv  dfA6oi<r<ri  •   TP/yiKotSbt  fJLvwoc,  d^i^hu 

„  ''iLpyct  t   <t7ro.7TTiueiv ,  iS'  dp [jlclXiyi 'i>  Sclts d&cu  ■ 

5,  ~Evt    dp  ctXwSeiyv  Xaoi    Kiivovrse,   ayaxriv  * 

Ai'Si  ydp   Yi/Lupcu  &o~i  Aice,  wctpd  (jwtioqjvtoc,. 

Tipoowv    IvYi  ,  TSrpac,  rs  ,  kou   iSSo/uvij  hpov  vi/uetp.  HO 

Tyi  ydp    ATrdXXcoPct  "fcvordopa,  yeivaro  Awra. 


„  Nee  unquam  in   alveo  fluviorum  mare  influentium, 
,,  Neque  super  fontes  mejito  :  quin   valde  evitato  . 
,,  Neque  ventrem  exonera;   id  enim  nihilo  est  melius 
Sic  facere  ;   gravem  vero  mortalium  evitato  famam  . 
Fama  enim  mala  est,  quae  celeriter  quidem  excitatur 
Facillime  ,   molesta  vero  portatu  ,  difficilisque  depositu . 
Fama  vero  nulla  prorsus  perit ,  quarn  quidem  multi 
Populi  divulgant  ;  quippe  Dea  quaedam  est  et  ipsa  . 

DIES. 

M    I  irjes  vero  ex  Jove  observans ,  bene  secundum  decorum 

„  Praecipe  servis ;  tricesimam  mensis  optimam 

„  Ad  opera  inspieienda,  demensumque  dividendum  : 

„  Nempe  cum  vere  judicantes  populi  (dies)  aguut  . 

Hae  enim  dies  sunt  Jov^e  a  prudente  . 

Primum ,  novilunium  ,  quartaque  ,  et  septima  ,  sacra  dies  : 

Hac  enim  Apollinem  ense  aureo  armatum  genuit  Latona  . 


H3 
Ne   dal  corpo  disgombra   inutil  peso 

A'  fonti ,  o   di  real  flume   a  la  corrente , 

Ma  di  cio   guardia  e  gran  pensier  sia  preso» 

Schiva  la   trista   fama  appo  la   gente . 
Mala  cosa  e  la  fama  ;  a  sorger  presta  , 
Grave  a  portar ,  dura  ad  uscir  di  mente  t 

Spenta  del  tutto  mai  fama  non  resta , 
O  sia  di  buona  cosa  o  sia  di  rea: 
Che  molte  lingue   lei    fan    manifesta , 

Ed  ella  pure   in  se  medesma  e   Dea  . 


CAP.  X.     LE  GIORNATE. 


D 


i  ciascun   giorno ,   che  per   Giove   splende , 
Osservando  il  tenor ,  insegna   bene 
A'  servi  i  giorni   adatti  alle   faccende . 

Nel  di  che  d'  ogni  mese   estremo   viene , 
De  le  mercedi  a'  servi  far   dispensa 
E   visitarne  1'  opre  si  conviene , 

Ma  cio  val  tra  le  genti,  ove  si  pensa 
A  notare  i  di  veri  :  il  saggio   Dio 
A  tali  affar  tai  giorni  ci  dispensa . 

II  primo   di   che  nova   Luna  uscio 

E  '1  quarto ,  e  '1  settim'  anco ,   in  che  Latona 
Febo   dall'  aureo  brando   partorio  , 


i44 

OyJodvt  r  ,  ivdvf  ts  ,   JV<y  yi  -/uif  yi/uxtu  (jwvoq 

^Z°X    aiifyfAivoio  /Spoma-ia.  i'pya   m'vi&ou. 

EvdiKCtTH   TS  ,   dVCOtSiKCLW   T   ,  a.  rx<pco   yi   fJLiU   t&Xod . 

H  fxiv  oi<^  7reiKen' ,  yj  J"'  ivtppovu.  Kctp7rov  cipx&ou-  2^5 

H   JV   dvcodiaaw  wc,  iv£i*.cimc,   uiy    aue'.icov. 

Tvi   yap   to/   V9i   vvi {/.ctr    d:pa*i7?07}t7vt;  ctpct^i'vit; 

''HfActTot;  tx.  7rXeJz  ,  gts  r    7 6 W*§  vaopov  OLfxarctt . 

Tvj  J  izov  g-iicrcaw  yvvvi ,  (mpoficLXotro   ts  spyov. 

M.YIVQC,  cT'  l^a.fxivH  T?jo-x.ouch)ia7tti>  dXtaarSou  780 

XTrtpucnvt;  dp'taSTou-  (pvm,   sT  wdp{-\ct&ou  d?(.^tt  ■ 

"EZ7ft    cT'    JJ     [/.iCTG-YI    (JLcLX     CICTV fXtpopo't;    i?t    (pUTD/CiV 

'  hvSpoyovoc,  r  dya^y  •  axpvt  J"  a  cruf/.^opo<;  i?jv , 
OJre  ^c^t&cw  TTpcor  ,  «V  #p  yd/ua  dvriQoXvi<rou. 
Ouai   (xiv  ti  teptom  iK7n  Kxpy  ts  ycvi&au  785 

''Ap^c*^,   a'^    i?j(pai;  Tvi/uveiv   kcu   7rct>ict   jUv'Xeov  y 
Xyx.Qi'  r    a./u{p/3ciXeiv  7rotfXvv\iov  httiov  m fActp  . 
'E&Aw    eT'  dvSpoyovoc,,  (piXi&t   Si  ts   Kiprofxa   fid^&v, 
~i'iuStd  9',  oupLVAiac,  ts  Xoyzc,)  Kpup/as  r   cct&<r/ms<;. 


Octavaque  et  nona  ambae  dies  mensis 

Egregie  erescentis  ad  curandum  opera   mortalium  . 

Vndeciraa  vero  ,  duodecimaque ,  ainbae  quidera   bonae  : 

Haee  quidem  tondendis  ovibus  ,  ilia  laetis  segetibus  metendis 

Duodecima  tanien  undecima  multo  melior  . 

Hac  enim  net  fila  in  aere  suspensus  araneus 

Die  adulto ,  quum  et  prudens  formica  acervum  colligit  . 

Hoc  telam  ordiatur  mulier  ,  et  inchoet    opus  . 

Mensis  autem  inchoati  decimatertia  caveto 

Sementem  facere  incipias  :  plantis  vero  educandis  optima  est  • 

Sexta  vero  media  valde  incommoda  est  plantis  : 

Viripara  bona  :  puellae  vero  non  utilis  est , 

Neque   gignendae   primum ,  nee  nuptiis  tradendae  . 

Nee  prima  quidem  sexta  puellae  gignendae 

Apta  est ,  sed  hoedis  castrandis  et  gregibus  ovium , 

Stabuloque  circumsepiendo  pastorali  benigna  dies  est, 

Bona  vero  viripara,  amatque  convitia  loqui , 

Mendaciaque  ,  et  blandos  sermones  ,  et  occulta  colloquia. 


Ond'  egli  e  sacro ;  indi  1'  ottava  e  nona 
Luce  del  mese ,  che  gia  in  alto  sale , 
Per  gli  umani  lavor  la  sorte   han   buona . 

L'  undecimo  e  1  seguente  anch'  ei  1'  han  tale 
Per  tonder  1'  uno  greggia ,  e  1'  altro  spica  ; 
Ma  il  dodicesmo  a  quello   assai  prevale  : 

Perche   gli   stami   suoi  iila   ed  implica 
Sospesp  il  ragno  in  mezzo  a  tal  giornata , 
Mentre    che  '1  grano  ammassa  la  formica  . 

E  'n  questo  di  la  tela  disegnata 
Ordisca   pur  la  savia   tessitrice  ; 
E  veder  1'  opra  faccia   incominciata  . 

II  tredicesmo   Sol  tristo  e  infelice 

£   a  cominciar  semente :  in   cio   Y  evita : 
A  far  nesti  di  piante  e  il  piu  felice . 

La  sedicesma   luce  e  mal   sortita 

A  piantagioni :  e  buona  ad  uom  che  nasce  ; 
Non  a  donna   che   nasce  o  si  marita  . 

Ne  gia  la  sesta ,    dopo   che   rinasce 
II  nuovo   Mese  ,   e  lieta  a  la  pulzella , 
Se  viene  allor  nel   mondo  e  ne  le  fasce . 

Ma  capretti  ed  agnei   sanare  in  ella 
Fia  ben  ,  e  cinger   mandre  di  ricinto  , 
Ed  anco  ad  uom   nascente  e  fausta  e  bella . 

Ama   tal   parto  per  nativo  instinto 
Susu  rri   occulti  ,  e  tenere  parole , 
Pungenti   motti ,  e  ragionare   infinto . 


45 


i^6 

Mm'og  S    oySoctry  x&Trpov  kou  @ovv  iojt.yi.vy.ov  790 

Ta/uve/ucy  >  apHat;  Si  SvooSzudTy  TuXcapyovt;. 

EindSi  S   ct>  {/.zydXy  ,  wXicc  tifxctri  ,  It^opa.  q>coTtt 

Tetvctojcu-  fxctXa.  yap   ts  ioov  7ri7rvKct<r  pivot,  i?/v. 

E&Am    S    dvSpoyovoc,  S$x.din ,    sajpy  Si  ts  TSTpdg 

Motic  ty\   Si  ts  /nUXot ,  yxu   eiX/7ro£a<;  iXtxctt;  /?»?,  1^5 

Kou   Ttvvct  actp^apoSovTU  >  kou  apwa;  T&Xoupyiii; 

TLptld'lttrtP  1   iTTl    X&pct   Ti&&<i'   7ri(pv XtX.%0   Si    Svfx<*> 

■>■>  TtrpdS   ctXiua&cu  (pSivovTot;  $' ,  tg-ctf/.ei'a  ts  , 

,)  ''AXyioc.  Sufxofiopeiv  ■   fj.dXct  toi  TSTsXiCfxivov  v\y.ap  . 

'Ev    Si    TSTUpTTI    [AWCC,    uyi&OU    it,    OIKOV    UKOITIV  ,  800 

OlCOVOVC,    K'iJ.VCLC,  ,    of    Z7T     tpyfXCtTl    THTM    dtt?Ol  . 

HifA7rmt;  S'  6'^ctXia^az '  i^ei  %a.Xi7rau   re  kou   cuvod  . 
'Ev  7ri{A7TTy  yelp   q>a.<riv    Epjlvvv&c,  d[/,<pt7roXiv&tv  y 

"OpKOV    TlVVVfXiVCiC,-,    TOP  "EpJ$    TS3LZ    7TY\ [A     i7ri0pK0lC,  . 

Mio-o-yi  S'  i(BSofxa.iyi  Ay[M'rspo<;  hpov  aKvjv  8o5 

'Ev  fxaX'  07Ti7TTiVonze  ivrpo)(_ctXu)  <zv  aXcoy 


Mensis  vero  octava  caprum  et  bovem  valde  rnugientem 

Castrato  ,  mulos  autem  duodecima  laboriosos  . 

Vicesima  vero  in  magna  ,  pleno  die  ,  prudentem  virum 

G-enerato  :  valde  enim  animo  sapiens  est  . 

Bona  autem  viripara  decima  ,  puellae  vero  et  quarta 

Media  ;  hac  vero  et  oves  ,  et  pedes  flectentes  camuros  boves 

Et  canem  asperis  dentibus ,  mulosque  laboriosos 

Cicurato ,  manum  imponens  .  Teneto  vero  memoria 

,,  Quarta  die  ut  vites  finientis  et  inchoantis  mensis 

,,  Doloribus  conficere  animum  ;  valde  haec  sacra  est . 

Quarta  autem  mensis  uxorem  domum  ducito  , 

Observatis  avibus  ,  quae  ad  banc  rem  sunt  optimae  . 

Quintas  vero  evitato  :  quia  noxiae  sunt  et  graves . 

In  quinta  enim  ajunt  Furias  obaiubulare  , 

Orcum  vindicantes :  quern  Eris  in  perniciem  genuit  perjurorum. 

Media  vero  septima  Cereris  sacrum  mumis 

Diligenter  inspiciens  bene  aequata  in  area 


Del  mese   agli  otto  di  sanar  si  vtiole 
II  bue   lungi   mugghiante ,  e  '1  capro  irsuto  : 
E  il  forte   mulo  al  dodicesmo   Sole  . 

Ma  poi  che  '1  gran   ventesmo  sia  venuto  , 
Genera  ,   pieno   il  di ,   germe  maschile ; 
D'  alto   consiglio   fia ,   d'  ingegno   acuto  . 

Ave  il  decirno   ancor  fato  simile , 

E  ne'  maschi  e  cortese :   a  nata   infante 
Il  quarto  appresso   '1  decimo  e  gentile : 

E  in  lui  pecore  ,   e  buoi   di   curve  piante  , 
E  can  mordaci ,  e  muli  faticosi 
Fa  mansueti  colla  man  trattante . 

Vedi  che    doglia  nel  tuo   cor  non  posi , 
O  nasca  il  mese  ,  o  gia   tramonti  e  parta  , 
Ne'  quarti  di ,   d'  assai   sacri  ,  e  famosi  . 

A  menar   moglie   eleggerai  la  quarta 
Luce   del   mese ;  e   da'  migliori  augelli 
Ve'   che  1'  augurio  in  prima   si  comparta . 

I  quinti  giorni  travagliosi  e  felli 

Pensa  a  schivar  :  poiche  la   fama   grida 
Che  le  Furie  maligne    errin  per   quelli . 

Brama  di  vendicare   Oreo  le  guida 
Nato  da  la  Discordia  per   far  trista 
Qualunque   lingua  a  giuramento  e  infida . 

Del  grano  ,  a'  diciassette  ,  fa'  rivista  , 
E  in  aja  piana  scevera  il  formento 
Da  la  mondiglia  che  vi  iia  commista  : 


i48 

BdAXav •   vXoiifxov  75  TtXfAefy  SctXctfAM'ict  JQpet , 
Nw/a   re  %vXx.  7roXXa  ,  id  r    dp/ucvu  vwarl  7t{\qvt(U. 
TirpdJi  J"  etp^i^rcfj.  vifete,  7ryyw&au  dpoudc,- 
Etvdc,  J4'   »'  [Aiarcrvi  iTriJeJiAct  Xeo'iov  w /uotp  8lO 

Ilpajr/Vw   a'  Givdc,  7roL»cL7rv\ fxcov  dv§poo7roi<riv . 
E<£"A>/  ^s?  ^ap  -9"    w'Jg  (puTiVi/ucv  y  w'JV  ycv{&cu> 
'Aui'ej-  r    tiJz   yiv.axKi  ■   hcw   s7rore  7rdy)tct)iov  y  fxctp  . 
Hetvpoi   S  etvr    /'cretin  ,  T&.cretvdJa.  pi/woe,  dojsluj 
'' Ap^ct&cd  ts  7r/Ssy  xcu  art   "Cvyav  ctv^vct  SeZvcu  8i5 

BOUCTI     KOU    WfMOVOlCTl    X.OU    l7T7r0iq    COKV7ToJi(T<n. 
N^(X    7T0\V)tXM 'Jet    a3"0wV    ftf?    0lV07TCt    7r6vT0V 

JLipvftcvcu  •  7rctvpoi   J{   t    dXv\^r{ct  KiK\w<ntx<ri . 

TirpetJi    J'    O/yi    TTlfjOV-    7Ti0j.    /TOIVTWV    lipov    YlfJiCtp 

M/cO-W  •     TTCtVpOl    J"    CtVTS    (AiT     ^lKCtJoC,    {AYIVOC,    d.^J.<TWV  ,  820 

'Hove,  ytvofAivwc,'  t7nJeiiXct  J'  i<7i   ^zpeicov  • 
Ai'Ji  fXiv  yfxipau  ejeriv  iTriyQovloie,  fjt&y    ov&tap  ■ 
A/  cT'  dAXou  [XiTU Jz7Toi  ,  d.zviZ'Oi')  *  ft  <p£pov<rcu* 


Ventilato :  roborumque  sector  incidito  cubicularia  ligna  7 

Navaliaque  ligna  multa  ,  et  quae  navibus  congrua  sunt  . 

Quart  a  vero  incipito  naves  compingere  tenues  . 

Nona  autera  media  pomeridiana  melior  dies  . 

Prima  vero  nona  prorsus  innoxia  hominibus. 

Bona  siquidem  est  ad   plantandum ,  et  ad  generandum , 

Tarn  viro  quam  mulieri  :  nee  unquam  prorsus  mala  dies  . 

Sed  pauci  rursus  sciunt  tertium  nonum  mensis  optimum 

Relinendis  doliis ,  et  ad  jugum  collo  iniponendum 

Bobus  et  mulis  et  equis  celeribus  . 

Navem  multa  transtra  habentem  celerem  in  nigrum  pontum 

Deducito  .  Sed  pauci  verum  dicunt . 

Quarta  vero  aperi  dolium  .  Prae  omnibus  sacra  dies  est 

Media  :  pauci  vero  post  vicesimam  mensis  optimam  , 

Aurora  existente  ;  pomeridiana   vero  est  deterior  . 

Et  hi  quidem  dies  sunt  hominibus  inagno  commodo  . 

CeLeri  autem  (dies)  cassi  sunt ,  nihil  fati  habentes  ,  nihil  ferentes 


i49 
E  molti  legni  a  incider  non  sia  lento 

II  tagliator  ,   in  uso  d'  ediflzj , 

E  per  varcare  il  mobil   elemento . 

Agil   navigio  a  fabricar  s'  inizj 

Nel   quarto  di ;  ma   i   decimo   appo  il  nono  , 
Dopo  il  meriggio  ,  e  rueglio  a  tali  uflzj  . 

Danno  non  mai ,  talor  fa  grazia  e  dono 
II  di  nove    del  mese :   ed   il  piantare 
E  ordir  la  vita  a  maschio ,  e  a  donna  e  buono . 

Or  diro  cosa  a  poche  menti  e  rare 

Palese  e  conta.  II  nono   appresso  i  venti 
E  '1  piu  felice  i  vini  ad  assaggiare  ; 

E  ad  aggiogare  i  muli  e  i  pievvalenti 
Cavalli  ,  e  i  tori ;  ed  a  varar  la  nave  : 
Ma  pochi  a  ben  nomarlo    sono   attenti . 

Nel  quarto  di  la  botte  si  dischiave ; 

L'  altro   quarto ,  che  1  decimo   seconda  , 
Come  il  piu   sacro  si  riguarda  e  pave  . 

E  1  quarto   del  ventesmo   assai   gioconda 
Ha  la  mattina  ,  e  '1  vespro  un  po'  malignoj 
Sebben  questo  mio  vero  ai  piu  s'  asconda . 

Questi  son  giorni   di  tenor  benigno ; 
Gli  altri  ne  buona   sorte  hanno  ne  ria  , 
Ne   fato   certo  che  a  notar  sia  digno . 


l5° 

''AAAos  d1   ctftxotlw  odv&t  ,  7rctvpoi  JV  r    'iccktiv- 

"AAAcre  ixvnpviYi   Triha  tipz'pyt,  afoore  ^wwp .  825 

T ' 0.60V    iV&OLlfXGOV    TS    X.CU     oXQlOC,  }  OC,    7CtJi    TTCtVTU 

Ei^cot;  ipyd^vna/  ,  dvcurtoc,  dSavctToifiv  , 
vOpvi$a.t;  X.&.VGOV ,  xxu   V7rip@u<rictc,  ctMeivcov . 


T  E  A  O  2 


Sed  alius  alium  laudat ,  pauci  vero  norunt . 
Interdum  noverca  est  dies  ,  interdum  mater  . 
De  his  beatusque  et  felix ,  qui  haec  omnia 
Sciens  operatus  fuerit ,  inculpatus  Diis  , 
Auguria  observans  ,  et  delicta  evitans  . 

FINIS. 


151 

Loda  chi  1'  un  chi  1'  altro ;  il  ver  si  spia 
Da  pochi :  e  la  giornata  a  noi  mortali 
Or  noverca   maligna ,  or  madre   pia . 

Oh  bermato   colui  che  cose   tali 

Ha   conte  ,   e  ne'  lavor  tutte   le   osserva  ,- 
E  senza  taccia  aver   dagl'  immortali 

Guarda   gli  augurj ,   e   giusto  si  conserva  . 


*53 


NOTE 

ALLE   OPERE  E   GIORNATE 
DI  ESIODO  ASCREO. 


I.  JJaSs-w  etc.  Questo  Proemio  ,  o  sia  quest!  dieci  vers!  non  sono  di  Esio- 
do .  Pausania  attcsta ,  che  i  Beozj  presso  Elicona  aveano  il  poema  di  Esiodo 
scritto  di  carattere  antichissimo  senza  tal  proemio  (a)  ;  e  quantunque  Dion 
Crisostomo  nella  Orazione  XII.  ed  Eustazio  lo  dian  per  legittimo  ,  pure  Plu- 
tarco  (b) ,  Aristarco  ,  Prassifane  scolare  di  Teofrasto  ,  ed  altri  comunemente 
lo  credono  spurio .  E'  dunque  opera  di  qualche  Rapsodo  ,  o  di  alcuno  ,  che 
a'  Rapsodi  facesse  versi  ,  il  quale  per  adattarsi  al  costume  di  praefari  Jo~ 
vem  ,  tenuto  in  particolar  modo  da'  poeti  (c)  ,  e  da  quei  specialmente  ,  che 
recitavan  or  uno  ,  or  altro  passo  de' versi  Omericani  (d)  ,  ve  lo  inserisse. 
Noto  ,  che  forse  Arato ,  grande  imitatore  di  , Esiodo  per  sentimento  di  Cal- 
limaco ,  comincio  senza  lodar  Giove  ;  e  quel  proemio  che  oggidi  corre , 
V  antichitk  ebbelo  per  sospetto  .  Cosi  attesta  1' autor  greco  della  sua  vita; 
sebbene  riferitine  altri  tre  esordj,  che  condanna  come  illegittimi  e  indegni 
di  tanto  Autore  ,  difende  il  quarto  come  d'  Arato  ,  ed  e  quello  che  anche 
oggidi   sta    a   capo    de'  Fenomeni . 

2.  TliiqinS-sv .  Nome  di  pat:ria3  come  nota  Proclo .  Le  Muse  nacquero  in  Pie- 
ria  ,  dice  anche  Fedro  (e) ;  ma  il  loro  soggiorno  piu  favorito  e  Elicona  .  Tzetze 
spiega  :  Muse  da  Pieria  ,  dite  come  Giove  *JV  uv  rfoirov  ;  per  modo  di  chi  in- 
terroga  ,  e  aspetta  risposta. 

2.  Asj/tf  .  Moscopulo  chiosa  ayne  ,  e  lo  chiama  verbo  esortativo  :  bene  in 
questo  particolare  ;  male  pero  ,  ove  vuole  che  la  risposta  delle  Muse  inco- 
minci  da  A/05  ptyd'hoio  ix-tin .  La  qual  sentenza  ,  come  innaturale  ,  abbiam  ri- 
fiutata.  Vero  e  pero  ,  che  Niccola  Valla  nella  traduzione  di  Esiodo  in  versi 
esametri  fatta,  e  dedicata  a  Pio  II.  la  siegue. 

Dicite  cur  hominum  pars  haec  sine  nomine  vitam 

Ducat?   et  illius  cur  fama  aeterna  per  ahum 

Evolet?  Haec  J  ov  is  est  magni  divina  voluntas. 

5.  'P«a  (xiv  ?a?   /Seidei  .  Tolleri  il   discreto  lettore,   che   qualche  questione 

gramatica  io  gli  accenni  di  rado  ,  perche  nulla  manchi  al  mio  libro .  Alcuni 

vollero  toglier  quel  [*iv  ,  perche  il  verso  ben  procedesse  :  altri  voller  mutare, 

come   F  Aldo  ,  e   il   Giunta  ,  il  ?'«a  in    iia  ,  perche  il    verso   cominciasse  da 

(a)  Lib.  IX.  p.  588.  (b)  Quaest.  Conviv.  Lib.  IX.  c.  1.  (c)  V.  Comment. 
Arativ.  i.Thcocriti  Idyl.  XVII.  1.  Virgilii  Eel.  III.  v.  do-  (d)  Pind.Nem.ll. 
(c)  Lib.  III.  in  prologo. 

SO 


'54 

anapesto  ;  licenza  che.  talora  si  prese  Omero  come  nell'  II.  IX.  v.  5.  Bape'x;  ,  x^ 
Zi<pu%o% ,  ed  Od.  II.  vers.  28p.  etc  Ma  si  salva  la  quantita  ,  facendo  che  f'«« 
per  sunizesi  si  cangi  in  una  sola  sillaba  lunga  ;  cosa  usata  da  Esiodo,  e  da 
Omero,  e  da' piu  moderni  ancora.  Simil  esempio  e  al  v.  33.  ove  var.ea  si 
prende  per  uno  spondeo  ;  e  ve  ne  ha  moltissimi  in  progresso  ,  specialmente 
in  ttov  come  dyyiwv  ,  in  mv  come  x?va,i»v ,  in  nxi  ,  come  ,<3«x -noa  •  de'  quali  Esiodo  si 
£  servito  non  per  necessifca ,  ma  per  compiacenza  dell' ionico  dialetto .  11 
voler  mutargli  ha  esercitato  indarno  1'  industria  de'  nostri  critici . 

7.  i'5-uvet  c-x.o\icv  .  Forse  di  qua,  o  da  altro  simil  verso  non  raro  presso  il 
nostro  Poeta ,  discese  negli  Stoici  simil  parlare .  Considerando  essi  cio  ch' £ 
conforme  a  ragione  per  diritto  i&u'v  rectum  ,  cio  che  n'  e  diftorme  per  torto 
c-x.oXiov  tor  turn  ,  introdussero  queste  solenni  voci  ne'  loro  scritti ,  delle  quali 
abbondano  Seneca  e  Persio  pretti  Stoici;  e  ne  fa  uso  anche  Orazio,  eclet- 
tico  scrittor  di  filosofia  :  scilicet  ut  possem  ciirvn  dignoscere  rectum  (a) .  11 
modo  poi  con  cui  Giove  drizza  chi  e  curvo  ,  o  rimette  nel  buon  senliero 
chi  avea  presa  una  strada  torta  ,  e  a  detta  di  Moscopulo  ,  irouJxyvyiuv  dv-mv , 
cioe  mostrandogli  il  buon  sentiero  ;  il  qual  senso  abbiam  seguito  nella  no- 
stra versione  . 

8.  J-±i0fe[xtms ,  altitonans .  Epiteto  ,  che  fin  dal  primo  nascere  della  pocsia 
latina  adatto  a  Giove  il  poeta  Ennio  (b) . 

p.  K\£6i  voce  con  cui  Orfco  spesso  comincia  e  chiude  gl'  inni ,  dal  Sal  vim 
tradotta  esaudisci .  Per  tal  formola  ,  e  per  altre  del  contesto  ,  specialmente 
per  quell'  i&ws  3-s^igag  ,  stimo  assai  men  verisimile  il  parer  di  coloro  ,  che 
dietro  1'  Einsio  tai  parole  credono  indirizzate  a  Perse  ,  non  a  Giove .  Si 
fondano  in  molti  MSS.  ne' quali  e  scritto  Tliqi* ,  quasi  fosse  un  vocativo  , 
non  TUfcrri  terzo  caso  .  Debole  fondamento  a  fronte  de'  tie  Scoliasti ,  e  di 
quasi  tutti  i  moderni,  e  di  parecchi  buoni  Codici  ,  i  quali  o  nel  testo  ,  o 
nelle  note  interlineari  hanno  1'  altra  lezione  . 

Ivi.  i'Jwv  ,  dicov  T$,videns  et  audiens  ,  espressiono  che  non  pud  adattarsi  a 
Perse  senza'somma  difficolta  .  Al  contrario  a  Giove  si  adatta  maravigliosa- 
mente  .  Plinio  (c)  Quisquis  est  Deus  .  . . .  totus  est  scrims,  totus  vims,  totus 
auditus  . 

Ivi.  tSvve  &iui$a.s ,  dv'ige  j udicia  .  Manifestamente  questo  passo  e  indirizzato 
a  Giove,  a  cui  spetta ,  secondo  la  pagana  teologia,  dar  lume  a' giudici  , 
onde  decidan  bene.  Di  questa  sua  presidenza  a' giudizj  v.  lo  Spancmio  (<i) . 
Ebbevi  anco  il  tempio  ,  ebbevi  1'  ara  di  Giove  Forcnse  ricordata  da  Pausa- 
nia  (e)  'Ajojais  A/s'f  /S&j/uo'f. 

11.  Ojx.  aqa.  etc.  Comincia  il  poema  di  Esiodo  con  un  gajo  ,  e  giudizioso 
esordio  su  le  due  Gare .  Avvene  una  traduzione  del  celebre  Vincenzio  Gra- 
vina  in  una  lettera  che  scrive  al  March.  Maft'ei  : 


(a)  Epist.ll.  2.  v.  44.  (Z>)  Apud  Columnam  pag.  240.  (c)  Hist.  Nat. 

11.  cap.  7.         (<i)In  Callim.  1.  v.  8l.         (ej  Lib.  III.  pag.  181.  ct  lib.  V.  pag.  3 1 5". 


*55 

Noil  e  di  Gare  al  mondo  un  solo  genere  ; 
Ma  due  son  le  Contese  ;  una  che   gloria 
Trarra  dall'  uomo  saggio  ,  e  1'  altra  biasimo  etc. 
Egli  uso    una   fedelta  ,  non    difficile   a  chi  e   libero   dal   vincolo    della  rima . 
Noi    abbiamo    sacrificato  all'  incanto  della  rima  il   primo   verso,   sicuri  che 
sia  lo  stesso  il  dire  :   Non  e  un  sol  genere  di  Gare  in   Terra  ;  ma  son  due ;  e  il 
dire  :  Due  Gare  ha  in  Terra  .  Si  assicuri  pero  il  lettore  che  rarissimi  esempi 
trovera  qui  di  tal  fatta  ;  tolti   gli   epiteti  perpetui  ,  che  poco  aggiungono  in 
greco  ,  e  farian  cattivo  sentire  in  toscano .  Non  cosi  siamo  scrupolosi  in  ag- 
giungcre  qualche  epiteto ,  o  qualche  vocabolo  ,  che  meglio  dichiari  il  testo, 
o  meglio  serva  alia  rima  . 

12.  eVa/iteVs-s/s .  Emenda  il  Grcvio  eVa/v>/V«s  ;  dicendo  che  cosi  ha  edito 
Isingrino  in  Basilea ,  cosi  portano  due  MSS.  vossiani  ,  cosi  meglio  suona  ,  che 
doppiando  la  »  ,  col  dire  sVouveVo-as ,  o  eVoavaWae .  Ma  come  noi  leggonoProclo, 
lo  Stefano  ,  Aldo  ,  iGiuntinella  prima  stampa  ,  e  nella  seconda  ,  il  Trincavel- 
lo  ,  il  Commelino  ,  V  Einsio  ,  quattro  Codici  presso  Loesnero  ,  piu  presso  noi  ; 
e  cio  che  assai  monta  ,  nella  edizione  Basileese  d' Isingrino  del  i$$o.  e  scrit- 
to   eTouvrireits  con  doppia  <r . 

14.  'H  fttv  5 a?  etc.   Erran   coloro  ,  che    nella   cattiva  Eride   riconoscono  la 
passione  della  Invidia  ;  la  cui  pecca  e  propriamente   attristarsi  del  bene  al- 
trui  .  Piu  veracemente  e  quello  spirito  di  discordia  ,  che   Plutarco   ed  Euna- 
pio   dicon  cosi  innato  in  ogni  uomo ,   come   ad   ogni  lodola  cappelluta  il  suo 
pennacchietto  (a) ,  e   che   non    pare  poter   mai   esser   senza  qualche   oggetto  ; 
talche    mancandooi  nimici    al  di    fuori  ,  ci    aizza  contro  i  domestici  .  Quindi 
la  Guerra  mutua,che  1' Hobbes  porto  troppo  innanzi  ;  ma  non  lascid  di  esser 
conosciuta  dallo  stesso  Pittagora  ,  che  ne'  versi  d'  oro  (b)  cosi  ne  canta  : 
An??*   7ap   cj/i'OTracf sf   ep'J   pkair'niar-ct  XjXh-9-cv 
Hv HQims  ,   nv    a   £a   Tr^oo-dyitv  ,   eixovm  £4  (pevyetv  . 
tristis  enim  Eris  comes  latenter  nocet  congenita  }  qaam  provocare  non  convenit , 
sed  cedendo  vitare . 

\S.  d\\'  dv  avu-)x»s .  La  necessita  imposta  agli  uomini  da' Numi  consiste 
solo  in  onorar  questa  Dea  fra  gli  Dei  nocivi  ;  il  culto  de'  quali  e  antichissimo  , 
come  appare  dagl'  Inni  del  creduto  Orfeo  ,  fra'  quali  ve   n'e  per  1'  Eumenidi. 

17.  TjJk  J"  tit?*'  irgoTtgnv  ^tiv  etc.  All'  altra  Gara  ,  cioe  all'  Emulazione  ,  pas- 
sione lodevolej  assegna  la  primogenitura  ;  di  che  il  platonico  Proclo  da  una 
ragione  plausibilissirna  ;  ed  e,che  le  cose  buone  son  nate  prima  che  le  cat- 
tive  :  nella  quale  opinione  si  scuopre  un  raggio  di  quella  divina  parola  : 
Vidit  Dcus  cuncta  quae  fecerat ,  et  erant  valde  bona-  Nel  i\esto  le  due  Gare 
nacquero  amendue  dalla  Notte,  con  questa  differenza  ,  che  la  prima  fu  par- 
fcorita  senz'  aver  padre,  la  seconda  ebbe  per  padre  1'  Erebo  (c) . 

(a)  Tract,  dc  utilitate  ex  inimicis  capienda  pag.  91.  Eunap.  vitae  Philoso- 
phorum  in  Oribasio  pag.   lyo.         {b)  Versu  So.  (cj  Thcogoniae  vers.  225,  et 

Tzetzcs  heic. 


156 

rp.  Tod»i  r  iv  ?i%?<ri  xj  dv&edvi  ,  terrae  et  in  radicibus  et  in  hominibus . 
Eride  e  nell' ima  Te-rra  in  quanto  ,  secondo  anche  Empedocle,  e  principio 
delle  cose  ,  non  meno  che  1'  amicizia  ;  ed  e  fra  gli  uomini  in  quanto  gli  sti- 
mola  al  lavoro  .  Onde  il  if1  e  il  ^J  ci  stan  benissimo  ,  ne  per  quanto  Gujeto 
dica  >  che  altri  ometta  il  ts,  mi  e  riuscito  di  trovarne  esempio  . 

20.  Jl  Brunck  persuaso  dal  suo  codice  ,  contro  1'  autoriti  de'  tre  Scoliasti  , 
e  dell' edizioni ,  e  MSS.  migliori  vuol  qui  mutare  dirdXafxvov  in  dvaXnuov  , 
perche  al  metro  non  si  faccia  forza  .  Ma  niuna  forza  si  fa  al  metro  ,  leg- 
gendo  uTrdXctuvov ,  perciocche  una  vocale  innanzi  pv  e  comune  ,  come  prova 
il  Gretsero  nella  sua  gramatica . 

2.5.  Kou  xe?oi(xsij$  x.st>a{xii  Korea  .  Nel  Tomo  11.  delle  Osservazioni  critiehe  in- 
gles! condannasi  questa  giacitura  di  parole  ,  come  troppo  semplice  e  disa- 
dorna >  e  con  Aristotele  (a)  si  emenda  x«i  Ki^auu  r.t»oiittu%  x.oria  :  al  qual  can- 
giamento  si  adatta  il  Sig.  Brunck .  Ma  que'  Critici  non  si  avvidero  che 
quella  non  e  citazione ,  mentre  il  Filosofo  non  dice  che  proverbialmente 
quelle  due  voci  congiunte  con  un  <j>? .  Ncl  resto  come  noi  leggono  Platone  (b)  , 
PJutarco  (c)  ,  Dionp  Crisostomo  (ci)  ,  Stobeo  (e)  ,  Prisciano  (_/■")  ,  Filostrato  (g)  , 
a' quali  non  parve  quel  testo  degno  di  riprensione  .  E  certo  lo  stil  mezzano, 
in  cui  Esiodo  e  principe  ,  ammette  quell'  ordine  di  parole . 

2.6.  ><g£}  doifos 'd'oifu  .  L' invidia  de' poeti  fra  loro  e  la  piu  acuta  delle  invi- 
die  .  Marziale  querelavasi  ,  che  a'  suoi  versi  tutti  facessero  applauso  ,  fuor- 
che  i  poeti : 

.  .  .  Roma  legit ,  requirit  hospes , 
Non  deridet  eques ,  tenet  Senator, 
Legunt  caussidici  ,  poeta  carpit  (h)  . 
2.J.  ~il  Ilepo-w .  Noto  Servio  esser   proprio  de'  didascalici  che  siano  indiriz- 
zati   su  1'  esempio  di  Esiodo  a  determinata  persona  :  cosl  Virgilio  a  Mecena- 
te  ,  Lucrezio  a  Memmio  ,  Orazio  a'  Pisoni  ;  c  fra  gli  esordj  di  Arato   rifiutati 
nella   sua  vita,  ve  ne  ha  due}l'uno  ad  Antigono ,  1' altro  ad  Anclide . 
Ivi  ■  iviKurS-io  $v[*a> .  Sentenziosamente  Dante  (i) 

Apri  la  mente  a  quel  ch' io  ti  paleso  , 
E  fermalvi  entro  ;  che  non  fa  seienza 
Senza  lo  ritenere  averc  inleso . 
28.  Mx^g  ir"E»/f  etc.  Questo  verso  contiene  la  proposizione  del  poema.Noti 
il  Lettore  come  spontaneamente  discenda  dall'Esordio  delle   due  Gare  ;  che 
qui  viene  a  riunirsi  quasi  in  un  punto  ;  ove  Perse  si  ritrae  dalla  mala  Eri- 
de, e  s' invita  alia  buona. 

2p.  Ne/W  onrtirreuovat. ,  Lites  spectantem  j  non  perche  un' altra  volla  pensi  a 
liligare  ,  come  parve  ad  alcuni  lnterpreti  ;  ma  perchd  curiosamente  Perse 
si  tiatteneva  nel  Foro,  e  vi  perdea  tempo.  Era  allora  il  Foro  un  ridotto  di 

(a)  11.  c.  io.  Rhetoric.  (Z>)inLyside  (c)  De  tranquillitate  animi  p.  473. 
(d)  O.iat.  77.  (e)  Serm.  XXXV111.  (/)  Instit.  gram.  Lib.  XV111.  (g)  De 
vitis  Sophistarum  pag.  544.  (h)  Epigr.  lib.  XI.  25.  (i)  Cant.  111.  5.  40. 


!57 

oziosi  ,  come  si  raccoglie  da  un  passo  di  Omero  nella  descrizione  dello  scu- 
do  di  Achille  >  che  mi  piace  di  riferire  :  Aaoi  <T  hv  dyo??  etc.  Populi  autem  in 
foro  erant  frequentes:  ibi  enim  contentio  orta  eratj  duo  enim  viri  contendebant 
gratia  milltae  propter  virum  interfectum  •  . .  Cives  autem  utrisque  acclamabant ; 
hinc  inde  fautores  (a) .  Or  in  una  Citta,  ov'  erano  tai  costumi  ,  potean  man- 
care  i  briganti  ,  quale  per  sua  natura  era  Perse  ,  d'  intervenire  nel  Foro , 
prender  partito ,  pr'omette.re  testimonianze  ?  Anzi  ve  n'eran  molti>che  Aristo- 
fane  chiama  «?»? «S  vte/Lt^ififxetiet ,  e  presso  i  latini  son  detti  concionales  >  sub' 
rostranei,  circumforanei,  come  il  Grevio  osserva. 

3o.  *ii?«  ?-«'?  t'  ixiyit .  L' Einsio  ed  albri  ,  voglion  <wp« tempus  con  ispirito 
aspro  ;  e  noi  accordiamo  ,  che  con  energia  si  direbbe  ,  che  chi  manca  di  vit- 
to  ,  non  ha  tempo  da  spender  nel  Foro.  Seguiamo  tuttavia  i  MSS.  migliori, 
gli  Scoliasti  ,  e  Suida  (b)  ,  che  scrivono  <Sfn ,  e  spiegan  cura  ;  ne  ci  pare  che 
perda  punto  d'  energia  il  testo ,  dicendosi  :  non  dee  curarsi  molto  di  Foro 
chi  non  ha  vitto .  Abbiamo  anco  a  favor  nostro  il  dotto  Scoliaste  di  Sofocle  , 
il  quale  al  verso  56.  delle  Trachinic  ei  irarfig  Ns'uo/  t/V  co?av  ,  si  patris  curam 
gerit  aliquam  j  comenta  tiyav  <p%ovr!fa>  cof  igq  'Ho-ZocPej  *flf«  yd?  r  i\iy*  nriXiTw.  . 
i.  e.  curam  ,  ut  etiam  Hesiodus  Cura  enim  porva  est,  cioe  debet  esse. 

34.  col  d"  ouxtri  Sivrsqov  \<;cu  'ilcf  Iq&av  etc.  Luogo  difficile  ;  ma  che  spiegasi 
dependentemente  dalla  nostra  sentenza ,  di  sopra  accennata  ;  cioe  che  Perse 
non  pensi  a  litigar  nuovamente  ,  comunque  sollecitato  da'  giudici .  Gli  dice 
dunque  ilFratello:  Non  potrai  sazio  del  tuo,  muovermi  lite:  giacche  appres- 
so  la  divisione  sei  caduto  in  poverta,  e  non  hai  luogo  di  prender  di  casa 
cio  che  vuoi  .  Adunque  ,  se  altra  pretensione  avrai,  converra  che  ti  accamo- 
di  al  giudizio  tenuto.  Fa  difficolta ,  come  giudizj  si  rei  possan  chiamarsi 
i&et'yo-i  fixats ;  ma  quell'  epiteto  equivale  a  twcftois  per  sentimento  degli  Sco- 
liasti ;  e  vuol  dire  legittimi  giudizj ,  proceduti  da  chi  avea  facolta  di  giudicare . 

38.  0a?i\»ns,  Reges .  Termine  equivocq  inGrecia.  Ne' tempi  eroici  era  ve- 
ramente  la  somma  delle  cose  presso  i  regi  ,  ma  dependentemente  dalle  leggi, 
e  dalle  costumanze  (c)  :  ne  conoscevano  per  s£  soli  le  cause  ,  ma  avean  col- 
laterali  i  principali  del  regno,  che  Omero  chiama  pur  /Sas-Awaj ,  d^icrou^  , 
ytfavittg  .  11  regno  di  Alcinoo  conta  molti  di  tal  grado.  Dopo  i  tempi  eroici, 
distrutte  le  monarchic  ,  durd  il  nome  di  re.  Ne  parteciparono  i  posteri  delle 
famiglie,  che  in  qualche  citta  aveano  signoreggiato  ,  come  presso  gli  Scepsj 
ne'  discendenti  di  Ascanio  ,  e  Scamandro  (d) .  In  altre  citta  ,  come  in  Atene  , 
ne  partecipavano  i  soprintendenti  alia  religione .  In  Ascra  questi  che  chia- 
mansi  regi,  non  erano,  dice  Prodo,  che  cf/*a;-ai  ,  ed  dfx!""Tsi  >  judices  et 
praefecti  urbis . 

3P.  7»'vJ>e  i'mnv  i$i\ouri  &txa.<rax  :  x.t>7vou  commentano  gli  Scoliasti  ,  e  vietano 
che  quel  &i*.d<rcu  traducasi  judicas^e .  Adunque  io  spiego  judicare  ,  e  secondo 
il  parer  di  Proclo     che  aggiunge  aj$-i<;   ci  sottintendo  iterum  ;  per  modo    che 

(a)  lliack  XVIII.  v.  497.  etc.        (b)  V.  &>'f  <**/«' raj .         (c)  Dion.  Halic.  Hist. 
Rom.  lib.  V.  p.  337-         (d)  Strabo  lib.  XIII.  pag.  607. 

21 


■5». 

i  giudici  per  la  speranza  di  nuovi  doni  aizzino  Perse ,  per  quanto  disastrat© 
sia  ,  a   litigar  di  bel  nuovo  . 

40.  Nniriof  »<T i<r»?tv }  Stulti ,  neque  sc'mnt  etc.  II  Cav.  Brunck  vorrebbe  sVe' , 
essendo  breve  ,  die' egli  ,  la  prima  d'  ta-ao-i .  Ma  presso  Omero  ,  come  rilevasi 
dall' indicedel  Barnes,  specialmente  nell' Odissea  ,  le  piu  volte  e  lunga. 

Ivi.  irXiov  li'uiTu  ira  ii$  ydimidium  plus  est  toto .  Molte  spiegazioni  si  son  date 
a  questo  luogo  d' Esiodo .  A  me  piu  di  tutte  piace.quella  che  si  raccoglie  da 
tutto  il  contesto  ;  che  sia  migliore  dell'  avarizia  che  tende  ad  aver  tutto  ,  la 
mediocrity  di  fortuna,  detta  uirov  }  [tirqiov ,  usa-im; ,  etc.  che  Orazio  nomino 
aurea  (a) ,  Basso  (b)  oitima .  In  questo  modo  interpreta  il  proverbio  Dione  Cri- 
sostomo  ,  ragionando  dell' avarizia  ;  e  Suida(c)  ,che  ne  i-eca  1' origine  ad  un 
savio  ,  diverso  da  Esiodo.  E  certo  Esiodo  pote  averlo  trovato  ,e  inserito  ne'suoi 
poemi  ,  come  fece  di  altri  proverbj .  Nel  resto  Platone  (d)  lo  prende  per  un 
documento  a' governanti  di  voler  esigere  poco  da'sudditi. 

41*  Ov&"Z<rov.  Alia  malva  erba  notissima  anche  fra  noi,  unisce  1' asfodelo  , 
erba  nota  in  Grecia  e  comune  ,  come  abbiamo  da'  Commentatori  di  Nican- 
dro  (e)  .  I  Latini  lo  chiamaron  asphodilum  ,  o  asphodillum  (f),  ovvero  hcroion  t 
e  come  vuol  Salmasio  albucium  ,  e  alimon  («) .  Plinio  lo  chiama  de  clarissitnit 
herbarum  (h)  >  non  solo  perche  nobilitato  da' versi  di  Esiodo  ,  che  cita  piu  volte» 
ma  perche  nominato  da  Omero  specialmente  nella  descrizione  che-nella  Odis- 
sea fa  dell' Inferno ,  ove  conta  di  un  prato  pieno  d' asfodelo  ;  talche  Luciano 
nella  materia  de' navigj  di  colaggiu  fa  menzione  della  stessa  pianta  (t,1.  Lo 
scopo  per  cui  ha  fatto  qui  ricordanza  della  malva ,  e  dell'  asfodelo  e  di  lodare 
la  parsimonia ,  e  la  semplicita  del  vitto ,  come  crede  quel  Periandro  ,  che 
Plutarco  introduce  a  parlare  nel  convito  de'  sette  savj  (k) .  Gli  antichi  pero  vi 
trovarono  un  senso  piu  recondito  3  ancorche  falso  ;  ed  e  che  il  Poeta  alludes- 
se  all' alimo  ,  cioe  ad  una  composizione  di  malva,  e  di  asfodelo,  che  man- 
giata  cacciava  la  fame  e  la  sete  :  cos-i  Proclo  ,  rna  in  dubbio .  Ma  pai-e  anzi 
ch'  Esiodo  abbia  con  quell'  erbe  simboleggiato  il  vitto  frugale }  come  Ari- 
stofane  lo  simbolcggia  nelle  lenticchie  (Z) ,  Orazio  nella  malva  e  nella  cico- 
ria  (m)  . 

42.  Kp£/'4o»"rec  etc.  Gli  Dei  ,  cioe  il  solo  Giove  ,  avverte  il  Grevio  ,  secondo 
il  parlar  de'poeti,  che  ascrivono  a  tutto  un  ceto  cio  che  proprio  e  di  un 
solo,  nascosero  agli  uomini  il  vitto,  non  piu  facendolo  nascere  spontanea- 
mente  come  faceano  nel  secol  d'oro-  L' Alamanni  si  servi  di  simil' espressio- 
ne    la  dove  disse  :  „  ascose  1'  esca 

,,  Sotto  la  dura  terra  ;  onde  non  saglia 
,,  Fuori  all'  aperto  Ciel  ,  se  in  mille  modi 
,,  Non  la  chiama  il  Cultore  (n) . 

(a)  Lib.  II.  ode  10.       (b)  Anthol.  1.  48.       (c)  Verbo  » pto-tia       (d)  De  leg.  111. 
(e)  In  Ther.  v.  534-         (/)  Pallad.l.  37.        (g)  Salmas.  Exerc.  Plin.  pag.  iop8. 
(h)  L.  XXII.  22.         (z)  De  vera  historia  lib.  II.  pag.  12).         (k)  Pag.  \Sj. 
{!)  In  Pluto  v.  ip2-  {m)  Ode  3l.  lib.  I.         (»)  Coltivaz.  11.  3$7. 


T59 

48. "O-rr/  (xiv  etc  L'  inganno  di  Prometeo  £  contato  nella  Teogonia  a'versi53S. 
Sacrificd  egli  un  bue  a  Giove  5  e  messe  sotto  1'  adipe  dall' una  parte  le  ossa  , 
dall'  altra  le  carni  ,  disse  a  Giove  di  scene  qual  delle  due  parti  volesse  ,  la- 
sciando  agli  uomini  1' altra.  O  che  Giove  fosse  ingannato  j  come  Igino  raccon- 
ta(a)j  e  scegliesse  il  peggio  ;  o  che  si  avvedesse  della  beffa,  come  piu  con- 
venevolmente  iinse  Esiodo  ;  concepi  tant' odio  verso  1' istesso  Prometeo,  che 
dimentico  dell'  amicizia  lino  a  quell'  ora  professatagli ,  e  de'  consigli  presine  , 
e  de'  serv-igj  importantissimi  ricevutine ,  voile  punirlo  con  gli  uomini  da 
lui  protetti  (b)  . 

'4p.  TSviH  af  dv$^coirota-iy  etc.  Quocirca  hominibus  machinatus  est  tristia  ma- 
la ;  cioe  una  laboriosa  vita  ,  come  chiosa  Proclo  ;  o  come  Jerocle  (c)  le  malat- 
tie ,  la  poverta  ,  la  perdita  delle  persone  a  noi  piu  care ,  il  disdoro  nella  citta . 
Eschilo  spinge  piu  innanzi  1'  odio  di  Giove  contro  gli  uomini  ,  ai\wa-a^  etc.  .  . 
distrutto  tutto  il  gencre  Ne  volea  generate  un  altro  nuovo  ;  come  traduce  Mon- 
signor  Giacomelli  (d)  . 

So.  Kft/-|e  ii  nruf,  Abscondit  vero  ignem .  Che  deggia  intendersi  per  questo 
fuoco,  lo  cercan  gl' inteipreti .  Io  credo,  che  sia  la  scienza  ,  che  da  princi- 
pio  fu  creduta  nascosa  all'  uomo  ;  e  da  Prometeo  comunicata  al  genere  uma- 
no.  Platone  cosi  V  interpreta  :  'H<pa/'$-*  etc.  Vulcani  et  Minervae  aufert  artificio- 
sam  cum  igne  scientiam  (e)  ■  Da  questo  fuoco  ,  dice  Eschilo  (f) ,  i  mortali  impa- 
reranno  molte  artii  tut te  le  arti  agli  uomini  derivano  da  Prometeo  •  come 
1' agricoltura  ,  la  nautica  ,  l'  arte  di  fabbricare  ec. 

Jl.  g»s  trdi'i  'Ictirema  E'xXs^s ,  bonus  filius  Iapeti  Furatus  est.  Chi  sia  questo 
figlio  d' Japeto,  o  sia  questo  Prometeo  si  e  cercato  dagl' Interpret! .  11  Fa- 
brizio  vi  riscontra  Adamo  (g)  .  lo  credo  che  la  favola  dedotta  sia  dalla  Scrit- 
tura ,  ma  guasta  dalle  tradizioni  degli  Ebrei  ,  e  specialmente  espressa  nel 
libro  d' Enoc  .  lvi  si  racconta,  che  un  Angelo  dato  in  guardia  al  genere 
umano  ,  e  per  conseguenza  protettor  suo  ,  come  si  iinge  Prometeo  ,  prima 
del  diluvio  ,  prevaricasse  con  le  figliuole  degli  uomini ,  e  insegnasse  le  scien- 
ze  e  le  arti  :  ift'iafy  etc.  palam  fecit  secreta  ,  et  quae  in  Coelis  occulta  erant 
saeculo  revelavit  (h)  .  Lo  stesso  errore  degli  Angioli  maestri  degli  uomini  in 
varj  generi  ,  insegnarono  Tertulliano  (i)  ,  Taziano  (k) ,  Clemente  Alessan- 
drino  (Z)  ,  di  cui  son  queste  parole  Philosophia  non  missa  est  a  Domino  ■  sed 
ve nit  fur to  subrepta  vel  a  fure  donata . 

j  2.  'Ei;  xoi'Xu  vd^nv.i\,  in  cava  ferula .  E' quesla  una  specie  di  frutice  non  ra- 
ro  in  Italia  ,  specialmente  in  Puglia  ,  e  in  altri  paesi  di  mare .  V.  Teofra- 
sto  nel  libro  V.  delle  piante  ,   e  Plinio  nella  Storia  Naturale  ;  che  anche  di- 

(a)  Pocticon  Astronomicon  lib.  II.  cap.  1  5.  (£)  V.  Aclianum  de  var.  hist, 

lib.  XII.  cap.  zS.  et  Perizonium  heic.       (c)  In  versum  aureum  17.  Pythagorae  . 
(di  Tiaduzione  di  Eschilo  nel  Prometeo  legato  .  (e;  In  Protagora. 

(/)  Trag.  citata  v. 254.         (g)  Cod.Pseudogr.  p.  7.         {h)  Edit.  Gabii  pag.  35o. 
(i)  De  cultu  feminaiu.n  pag.  400.         (k)  Oratione  ad  Graecos  pag.  28. 
(Z)  I.Strom,  pag.  366.  • 


i6o 

cc  :  ignem  ferulis  optime  servari  certum  est,  easque  in  Aegypto praecellere  (a)  . 
S$.  Xa*f«s ,  Gaudes  etc.  Origene  cita  ben  27  versi  di  questo  contesto ,  e  fra. 
le  altre  varianti  ne  suggerisce  quclla  di  x^f'S  senza  interrogazione  fortasse 
gaudes  conforme  anche  a  varj  MSS.  di  Esiodo  della  Laurenziana ,  e  di  altre 
librerie.  Un  erudito  Britannico  nelle  osservazioni  del  1733.  ed  anche  Robin- 
son fan  poco  conto  di  quest'  autorita  per  alcuni  errori  di  sillabe  ,  che  pos- 
sono  ascriversi  a'  copisti.  A  me  pare  gravissima  ;  perche  oltre  il  noto  talen- 
to  di  Origene  ,  egli  visse  e  professo  umane  lettere  in  Alessandria  mold  anni , 
ove  tanto  si  fatico  da'  miglior  ingegni  per  la  correzione  di  Omero  ,  e  de'  buoni 
antichi ,  specialmente  da  Zenodoto ,  Aristofane ,  cd  A.ristarco  .  Tuttavia  in  que- 
sto luogo  nulla  par  da  mutare  :  tanto  prevalgono  le  autorita    in  contrario . 

Sj.  Tots  cf'  eya>  etc.  Quels  ego  etc.  Questo  fatto  da  Esiodo  contato  come  isto- 
rico  fu  dall'  Einsio  riportato  come  allegorico ,  e  con  molte  stiracchierie  adat- 
*ato  alia  Fortuna .  Gli  antichi  tutti  1'  intesero  della  Donna  istoricamente ; 
fra'  quali  Igino  (b)  pro  quo  Jupiter  facto  mortalibus  parem  gratiam  referensmtdie- 
rem  reddidit .  Potrei  addurre  qui  molti  altri  antichi  ,  che  vi  hanno  alluso  or 
piu ,  or  men  chiaramente  ,  massime  parlando  in  biasimo  delle  Donne  ,  siccome 
sono  Sofocle  ,  Euripide  ,  Simonide  ,  Platone  ,  Plutarco  ,  Tibullo  ,  Ovidio  :  ma 
mi  contento  di  riferire  un  bellissimo  epigramma  di  Pallada  che  volto  in  vol- 
gar  lingua  suona  cosi  (c) . 

Altro  foco  e  la  Donna  ,  a  noi  renduto 

Da  Giove  in  pena  del  rapito  foco  : 

Deh  non  avesse  occhio  mortal  veduto 

Ne  foco  mai  ,  ne  donna  in  verun  loco : 

Ma  1'  un  si  spegne  :  inestinguibil  vampa 

E'  1'  altra  ,  ed  ogni  cosa  arde  ,  e  divampa . 
5p,  "il;  etpu-r'  i*  cT'  £yi\ae<ri  etc.  Sic  ait,  risitque .  11  riso  e  proprio  di  questo 
luogo  ;  ma  non  se  ne  capisce  il  perche  ,  se  non  dopo  alcuni  versi  ;  quando  si 
vede  che  il  male  che  mando  Giove  al  Mondo.  fu  la  Donna  ;  male ,  ma  vera- 
mente  giocondo  all'  Uomo  per  sua  debolezza .  Origene  legge  :  *ilj  epctr  tiwi. 
Xto-ai  ,  che  fa  sen  so  piu  vibrato,  dixit  per fecit ;  detto  fatto  .  Questa  lezione 
nel  III.  Tomo  delle  Osservazioni  Britanniche  trovasi  lodata  da  un  Critico ,  e 
biasimata  da  un  altro  .  E  veramente  e  aliena  da'  MSS.  ne  dee  taccrsi  ,  che  la  cri- 
tica  degli  Alessandrini  fu  acuta,  ma  licenziosa  ;  come  nota  il  Volho  ne'  Pro- 
legom.  ad  Omero  (d)  . 

60.  "Hipou^ay  etc.  Paragonisi  la  descrizione  di  Pandora  ,  che  il  Poeta  fa  in 
questo  luogo  con  quella  che  avea  fiatta  nella  Teogonia  (e) .  Parra  vedervi  un 
Pittore ,  che  fatto  un  bel  quadio  ,  passati  alcuni  anni  ne  fa  un  altro  sul  me- 
desimo  tema  assai  piu  vago  ,  e  pomposo  .  Quando  non  ci  fosse  rimaso  altro  di 
Esiodo  ,  che  questa  descrizione  di  Pandora ,  avremmo  potuto  ravvisare  in  es- 
sa  1'  emolo  di  Omero .   Osservisi  ancora  come  fra  le  tenebre  di  questa  favola 

(a)  Lib.  Xlll.  cap.  iz.         (b)  Poeticon  Astronomicon  lib.  II.  cap.  iJ. 
(c)  Anthol.l.  I.  cap.  ip.         (c/)  Pag.  23o.         (e)  Vers.  571. 


i6i 

Craluce  la  veriti  dell'istoria  santa  :  formavit  Deus  hominem  delimo  terrae  (a). 

6z.  K»  5-3-s'va; ,  Et  robur .  Origene  legge  ^  voov  ,  et  mentem ,  lezione  assai 
plausibile,  poiche  esprime  1'  intendimento  ;  laddove  o-9aVo;  significa  la  robu- 
stezza  del  corpo  ,  meno  necessaria  in  una  donna .  Ma  tuttavia  e  necessaria  , 
onde  vim  la  dice  lo  Zamagna  ,  vigors  ,  lena ,  polso  gl'  Interpreti  italiani  ; 
solo  Gujeto  chiosa  i.  e.  •\uz'iv  • 

63.  nai$svt/.>is  e  lezione  approvata  da  Proclo  ,  dalle  glosse  di  un  MS.  Va- 
ticano,  e  di  un  altro  Vossiano ,  e  da  buon  numero  di  C«>dici  ;  quantunque 
un  numero  alquanto  maggiore  di  MSS.  e  tutte  1'  edizioni  citate  al  v.  12. 
abbiano  nrue$evix.ou; .  Scelg'<  la  prima  lezione  ,  perche  mi  pare  piu  naturale  . 

65 •  K&a  >«a"'  e';c*  ^£  veimstattm  etc.  Oltre  la  bellezza  comunicata  da  Vul- 
cano  a  Pandora  ,  Venere  le  comunica  la  grazia  ;  dono  diverso  }  come  ap- 
par  da  Catullo  : 

Lesbia  formosa  est ,  quae  cum  pulche>rima  tota   est 
Turn   omnibus  una  omnes  surripuit  Veneres  (Z>) . 

Ivi.  y^uo-Hv  'Apfsfiriiv,  del  qual  epiteto  usato  da  Omero  non  rade  volte,  e 
inserito  da  Virgilio  nella  sua  Eneide  ,  rende  Eustazio  (c)  varie  ragioni  . 
La  prima  e  perche  si  ornasse  di  vesti  d'  oro  .  La  seconda  e  perche  aurotransi- 
gitur .  La  terza  e  perche  gli  antichi  tutte  le  belle  e  pregevoli  cose  diceano 
auree  ,  come  osserva  anche  il  Valesio  (d ) .  L'  epiteto  par  venuto  di  Egitto  ; 
poiche  in  Tebe  ,  dice  Diodoro  Siciliano ,  Venerem  ob  vetustam  quamdam  tra- 
ditiunem   am  earn    appellant  (e)  . 

66.-K.ou  toS-ov  d^yaX-ot ,  Et  desiderium  mole s turn  .  Tassa  qui  la  donna  per 
quel  desiderio  impotente  ,  che  naturalmente  ha  in  ogni  cosa,  non  badando 
a  spesa  ,  purch' ei  si  adcmpia  ;  onde  Giiivenale  :  Non  unqttam  rcputant  quanti 
sibi  gaudia  consent  [f ; :  ma  sopra  tutto  qui  si  parla  del  desiderio  libidinoso, 
in  cui  la  donna  supera  l'uumo,  per  sentenza  di  Tiresia ,  e  per  osservazio- 
ne  di  Properzio   (g) . 

Objicitur  toties  a  te  mihi  nostra  libido : 
Crede  mihi  i  vobis  imperac  ilia  magis  . 

Ivi.   ^  yuioxtitx;  uiki&w.et, ,  et  ornandi  corporis  curas  .  11  Gujeto  ,  e  moderna- 
mente  il  Ruhnkenio  ,  e  il  Brunck  vorrebbono  anzi  yvio$o  qx<;  ,  epiteto  che  si- 
gnifica   membra  depas<  entes  etnas;   e   lo  approvano   come    piu.  conforme  alia 
Esiodica  semplicita  .  Nulla  si  rinnuovi  contro  la  fede  de' MSS.  ch' escludono 
aft'atto  questa    correzione  .  Altronde    la    ragiune   insegna  ,  che  nella  donna  e 
vizio    innato   la  cura   di  ornarsi  soverchiamente  >  e    percio   non  e  credibile  , 
che  sia  sfuggita  alia  investigazione  diEsiodo  .  Giovenale  nella  cilataSatira  (h) 
Est   in   consilio  matrona  ,   admotaque   lariis 
Emerita   quae  cessat  acu  .   Sententia  prima 
Hujtis  erit  ■•  post  hanc  aetate ,  atque  arte   minores 

(a)  Genesis  II.  7.         (b)  Carm.  85.         (c)  In  Iliad.  III.  v.  0*4.  (d)  Ob  sew. 

critic,  lib.  III.  c.  7.         (<-)  Libro  1.  p.  88.         (/)  Sat.  VI.  v.  364.  |g)  Lib -111. 
eleg.  XIX.  vers,  1.         (h)  Sat.  VI.  vers.  4p6". 

22 


1 62 

Censebnnt ,  tanquam  famae  discrimcn  agatur  , 

Aut  animae :  tanti  est  quaerendi  curd  decoris  . 
67.  xv'veov  ii  viov ,  caninam  mentem  .   Appella  alia  impudenza  ,  come  in  Ome- 
ro    xt/fcf  tpfxaiai  t^wv  (a)  ,  per  sentimento    di  Eustazio  .  E%  questo  nella  donna 
vizio   piu  raro  ,  ma  piu  notabile  ,  dopo  che  una    volta  ha  mandato  in  bando 
la  pudioizia  .  Properzio  (b) 

Vos  ubi  contempti  rupistis  fraena  pudoris 
N^scitis  captae  mentis  habeie  modum  . 
Tuttavia  non  tanto  mi  par  che  voglia  in  questo  luogo  notarsi  la  femminile 
impudenza  ,  ch'  e  di  poche  ,  quanto  la  femminile  stizza  ,  ch'  e  di  moltissimc  , 
come  si  ha  a  lungo  pressoStobeo  ,  che  ne  cita  ben  molti  autori  (c) .  E' in  que- 
sto vizio  pure  ,  che  la  donna  supera  1' uomo',  onde  Plutarco  ywuoux.es  dvaqwv 
o'f-yiXarsfou  (d) ,  e  piu  c'he  all'uomo  le  si  alfa  il  canino  carattere . 

Ivi  •  nff\  ivtx-XoTov  ■  >!3-o;  ,  tt  falluceni  movem  .  Tei  mina  il  cominciato  carat- 
tere femminile  con  la  simulazione  j  di  cui  un  ignoto  poeta  (e)  : 

Crede  ratem  ventis  ,  animum   ne  crede  puellis  , 

Namque  est  fe  mine  a  tutior  unda  fide . 

Intanto  £  da  notare  quanto  giudizioso  dipintor  di  caratteri  sia  Esiodo  ,  che 

il  debole  del  sesso  donnesco  ha  ridotto  a  quattro  propriety,  impotenza  di  vo- 

lere  ,  cura  di  ornarsi  ,  furor  di  stizza  ,  infingimento   di  costume .  Se  si  con- 

sultino  tutt'i  biasimatori  delle  donne ,  che  questo  frivolo  tema  han  trattato  , 

.    .  .  * . 

come  sono  Euiipide  ,  detto  Feminaritm  osor(f),  specialmente  nella  Medea  }  e 

nell'  Ippolito  ;  Giovenale  nella  citata  Satira  ,  il  Boccaccio  nel  Iilocopo  ,  l'A- 

lamanni  nella  Satira  X.  si  vedra  ,  che  i  lor  biasimi  per  lo  piu  battuno  in  una 

di  queste   cose  ;   che   deon    dirsi    non  biasimi  del  sesso  ,  ma  delle  sciagurate 

del  sesso . 

73.  XaeATs's  Ti  ©eou,  et  Charites  Deae  .  Aglaja,  Eufrosine ,  Talia,  secondo 
Esiodo  (o)  7  a  cui  aderi  Onomacrito  presso  Pausania ,  che  or  ora  citeremo. 
Ma  Proclo  a  Talia  sostituisce  Pito}  aderendo  ,  come  si  raccoglie  da  Pausa- 
nia (h)  ,  alia  opinione  di  Ermesianatte  :  siccome  Omero  sostitui  Pasitea .  Ma 
circa  i  nomi  ,  il  numero,e  i  natali  delle  Grazie  ,  veggasi  oltre  1' autor  men- 
tovato  anche  Seneca  al  1.  de  Beneficiis  cap.   3.  e  Fornuto  al  capo  i5. 

Ivi  .  TlziSu .  Presso  i  Greci  fu  celebratissima  per  la  virtu  di  muovere  gli 
animi,e  di  piegarli  a  quel  che  si  vuole .  Fu  tenuta  moglie  di  Mercurio  ;  fa- 
vola  che  presso  i  Greci  antichi  non  si  trova  ;  in  Nonno  autore  de'  Dionisia- 
ci  si  ha(?)>  e  forse  egli  1' attinse  dagli  Etruschi  ;  perciocche :  Etmsci  dice' 
bant  ,  Facundiam  ipsi  Deo  nuptam  fuisse  Cyllenio  (k)  ;  favola  propriissima  ,  per- 
che  Mercurio  e  preside  della  eloquenza .  Ma  n«m  ostante  la*  celebrita  che 
Pilo  ebbe  presso  i  Greci,  e  gli  Etruschi,  i  Latini  poco  o  nulla  la  curarono  ; 

(a)  Iliad.  1. 225.         (b)  III.  eleg.  XIX.  v.  3.       (ef)  Stob.  Sevm.  tfl.       (d)  De 

ira  cohibenda  pag  4S7.       (e)  In  fragm  ap.  Petron.  Arbitr.  pag.  5^9-       (/)  Cell. 
XV.  20.       (g )  Theug.  v.  po8.       (h)  Lib.  IX.  pag.  S96.       (i)  Lib.  VIII-  v.  221. 
{k)   Mart.  Capella ,  in  Nuptiis  Phil.  lib.  II. 


e  quantunque  Ennio  s'ingegnasse  d'innestarla  fra  gli  Dei  romani  ,  chiaman- 
do  il  facondo  Cetego  Suadae  mednllam  (a) ,  tuttavia  Suada  e  Suadela  pochis- 
simo  furono  nominate  da'Latini;  anzi  Quintiliano  par  che  ne  disapprovi  per- 
fino  il  nome-:  Neqite  enim  mihi  permiserim  eadem  uti  declinatione ,  qua  Ennius 
M.  Cethegum  Suadae  medullar:!  vocat(b)  .  L'  ofFese  forse-  che  Suada  invece  di 
Persuada  fosse  chiamata ;  mentre  suadeo  signihca  consigliare  ;  persuadeo  in- 
indurre   a  fare  cid  che  vuolsi . 

jS.  Hfou  ,  florae  .  Deon  intendersi  quelle  tre  ,  che  il  Poeta  nella  Teogonia 
nomind  Eunomia  ,  Dice  ,  Irene  (c)  .  Con  gli  stessi  nomi  son  mentovate  dal 
creduto  Orfeo  negl'inni,  da  Pindaro  nelle  Olimpiadi  ,  da  Diodoro  nella  sto- 
ria  al  Lib.  VI.  Le  han  tenute  figlie  di  Tetni,  con  la  quale  insieme  si  veg- 
gono  scolpite  in  antico  termine  presso  il  Pighi(c?)  .  Si  confa  al  presente  luogo 
il  notare  ,  che  le  Ore  ebbon  presso  gli  antichi  anche  presidenza  alle  nozze  ; 
onde  giudiziosamente  son  qui  introdotte  ;  giacch£  Pandora  si  uni  in  matri- 
monio  con  Epimeteo  ,o  come  altri  vuol  con  Prometeo,  e  nacque  di  essa  Deu- 
calione  .  Moeco  di  Europa  ^  oi  Xix°i  tvrwjov  ~£lfou  ,  et  Horae  ei  parahant  le- 
dum (e)  ,  e  Apulejo  nel  VI.  libro  descrivendo  le  nozze  di  Psiche :  Horae  rosis 
et  ceteris  florihu-i  purpurabant  omnia  (f)  . 

j6.  ndvm  Si  oi  *got }  etc-  Et  omnem  aptavit  corpori  Pallas  ornatnm  .  Questo 
£  commentato  da  Proclo  "Kaimoj  noc-fxov  ;  cio£  la  cresta  ,  i  sandali,  e  quant' al- 
tro  compone  il  mondo  muliebre  .  Con  questa  nota  di  Proclo  ,  che  suppone  il 
consenso  ancor  di  Plutarco  ,  bastevolmente  confutiamo  Ruhnkenio ,  che 
questo  verso  e  tenebriconis  manu  esse  ducit  :  e  il  Brunck  che  l'esclude  dal 
contesto  ,  quasi  non  debba  essere  stata  opera  di  Minerva  1' ornar  Pandora. 
Se  Minerva  presso  Omero  provvedc  Giunone  di  belle  vesti  («)  ,  se  nella  Teo- 
gonia orna  Pandora  ,    perche  non  pud  farlo   in  questo  luogo  ? 

77.  Piu.  difficolta  han  seco  i  verei  che  sieguono  ,  riputati  da  alcuni  presso 
Proclo  illcgittimi  :  perciocche  se  Vulcano  avea  dato  la  loquela  a  Pandora  , 
come  ora  gliela  da  Mercurio  ?  Ma  a  costoro  rispose  il  Grevio  meglio  di  Pro- 
clo j  prendendo  quel.ipww;  non  per  voce,  ma  per  nome,  come  presso  Omero 
Tleiauo;  S'  'EXivOji  ix.<xXio-iraio   <puvy  ,   Priamus    Helenam  vocavit  nomine. 

82.  Awpoy  3  Donum  ,  voce  equivoca  ,  e  che  significa  cosi  i  buoni  doni  ,  come  i 
cattivi  .  Omero  Aaifiov  ola  Siiu3Tiyr.at.iv,  z<TeQo<;  Si  idcov,  donorum  quae  dat  ma- 
lorum  ,  alter  vero    bonerum  (ft)  . 

83.  SoXov  a[x>ixavov  j  dolum  inevitabilem  ,  che  abbiam  tradotto  alto,  ha  se- 
condo  gl'  lnterpreti  questo  senso  ,  che  la  don'na  ,  per  cui  mezzo  s' ha  a  pro- 
pagare  la  specie  (che  prima  di  essa  gli  uomini  uscivan  da' tronchi),  ha  messo 
i  mortali  in  necessita  di  essere  infclici  ,  malgrado  la  industria  portata  in 
terra  col  fuoco  :  perciocche  o  1'  uomo  non  si  ammoglia)  e  gli  convien  vivere 
senza  compagna  ,  e  morir  senza  erede  ;  o  si  ammoglia  ,  e  gli  conviene    fati- 

(a)  Annal.  IX.  p.  1 J8.       (ft)  Instit.  Orat.  lib.  X.  c  1.      (c)  Theog.  vers.  poi. 
(d)  Thesaur.    Antiq.   Graecar.    torn.    IX.  (e)    Pag.    162.  (fj  Pag.    55. 

(g)  Iliad.  XIV.  v.  178.        (ft)  Iliad.  XXIV.  J28. 


164 

car  molto  per  nutricar  la  famiglia  ,  e  supplire  alle  spese  del  donnesco  lusso . 
Fa  al  proposito  il  proverbio  presso  Apostolio  , 

K^avaiBV  i$i   X.-XX.OV  ygj  uvayx.cu.ov  ywuri . 

ImmO'tali  femina  est  malum,  et  necessarium  (a) . 
84.  E/'f  'Eir/j'twS-a'a  ,  Ad  Epimetheum  .  Atticismo  invece  di  ,7r?o'?  .  Epimeteo  e  sti- 
mato  scioceo  ;  e  il  rovescio  di  Prometeo  ;  come  bastevolmente  indica  il  no- 
me  ,  che  suona  tardiapprendi  .  Pindaro  lo  chiama  o-^ivoov  ,  (6)  Tzetze  uszqa!2v'>  ov, 
post  consultantem  (c) ,  Platone  nel  Crizia  lo  dice  compagno  di  Prometeo  nel 
formare  uomini  ed  animali  ;  ed  aggiugne  ,  che  negli  animali  consumo  le  fa- 
colta  necessarie  a  mantenersi  ;  che  meglio  avria  consumate  nell'uomo  .Clau- 
diano  lo  fa  autore  degl'improvidi , 

Deteriore  luto  quod  pravus  condidit  auctor  j 

Quern  merito  Graii  perhibent  Epimethea  votes 

Et  riihd  aether <i  spar  sit  per  membra  vigoris  (d)  • 
88  II  Brunck  voile  cangiar  yevnieci  in  yivons ,  dicendo  che  il  luogo  richiede- 
va  ottativo  5  non  soggiuntivo .  Ma  questa  sua  correzione  di  solecismo  non 
ammessa  da'  Codici  e  una  osservazione  ,  che  non  potrk  mai  provarsi  aver  luo- 
go a' tempi  di  Esiodo  ,  e  nel  locale  di  Ascra .  Corre  gran  difterenza  fra 
il  correggere  una  composizione  di  uno  scolare  ,  e  di  un  antichissimo  .  Tzetze, 
e  in  altri  luoghi  gli  altri  Scoliasti  han  lasciati  questi  modi  come  gli  han  tro- 
vati  .  Gli  lasceremo  anco  noi  tali  quali  ;  tanto  piu  che  ci  mancano  molti 
de' libri  ,  che  in  antico  esistevano  ,  e  che  facevano  tutta  1' occupazione  di 
que'Gramatici  ,  deboli  in  etimologie  ,  ma  duttissimi  nel  resto.  V.  il  verso 
497.  e  la  nota . 

89.  huiaa  0  J'e^dfjtaiog  etc.  Sed  qui  recepit ,  quum  jam  malum  haberet  sensit. 
E'  detto  con  tacita  allusione  al  nome  di  Epimeteo.  II  mal  ch' ebbe  fu  la 
donna ,  e  i  tanti  mali  che  usciron  dall'  urna  di  Pandora .  Non  e  fuor  di  pro- 
posito 1' avvertire  jche  da  questa  favola  dell' urna,  Plutarco  (e)  .par  che  rac- 
cojga  ch' Esiodo  sia  posteriore  ad  Omero:  poiche  da  Omero  ,  e  da' suoi  due 
dolj  pieni  di  beni  e  di  mali  ( f)  par  derivato  il  dolio  ch'Esiodo  mette  in 
mano  a  Pandora.  Noi  veggiam  possibile  il  contrario  ;  e  rispettiam  troppo 
l'autorita  de'  mamii  arundelliani  ,  che  fanno  Esiodo  anteriore  ad  Omero 
di  trent'  anni . 

92.  xifPrt;  iSu-:auv  ,  afferunt  mortem  ;  non  >•>>?«?  ,  afferunt  s-encctutem  ;  quantun- 
que  sia  meglio  legato  col  verso  seguente  ,  se  leggasi  }*{>«?.  Ma  il  verso  se- 
guente  e  di  Omero  (g)  ,  e  come  di  Omero  lo  citano  Calliergo  nelle  note  a 
Teocrito  ,  e  cio  che  piu  e  ,  Plutarco  (h)  ,  a'  tempi  del  quale  ,  siccome  a  quegli 
di  Origene  e  di  Proclo  istesso  non  si  leggeva  in  Esiodo,  giacche  l'omettono. 
L' errore  debb'esser  nato  da  un  Copista  ,  che  trovato  il  verso  di   Omero  in 

(a)  pag.  281.  (b)  Pyth.  V.  (c)  In  Chiliad,  torn.  IV.  Poelarum  Graec. 
pag.  370.  (d.)  Lib.  11.  in  Eutrop.  v.  495.  (e)  De  consolat.  ad  Apollonium 
pag.  io5.  (/)  Iliad. XXIV.  vers.  528.  (o)  Odys.  XIX.  vers.  36o.  (h)  Lib. 
de  audiendis  poetis  t.  II.  pag.  24. 


1 65 

Esiodo  citato  al  margine  come  nota  ,  lo  inseri  nel  testo,  credendol  testo  - 
del  che  molti  esempj  ha  raccolti  il  Bentley  nelle  annotazioni  sU  la  poetica 
di  Orazio  .  Ne  da  gran  tempo  mi  pare  imjerito  ;  avendo  osservato  che  niuno 
Scoliaste  ,  niuno  de'  MSS.  piu  antichi  il  riporta  ;  quantiinque  no' piii  moder- 
ni  ,  e  nelle  edizioni  tutte  si  trovi .  Quindi  Brunck  omette  il  verso  hi^a  ec. 
e  legge  xw^a? .  Noi  non  l'omettiamo  ,  ma  lo  contrassegniamo  come  sospettis- 
eimo  ,  e  leggiam  x«?«j  ;  lezione  comportabile  ,  anche  quando  succeda  il  ver- 
so di  Omero  . 

P4.  iruu  d<t>t\ov<?a,  operculum  removens .  Proclo  seguito  da  Moscopulo  v.  89.  chio- 
sa  cosi  :  Promethr-us  quum  a  Satyris  malorum  dolium  accepuset  ,  iduue  apud  Epi- 
metheum  statuisset ,  admonuit  ne  Pandoi  am  reciperet  ■  Ma.n'e  deriso  daTzetze 
quasi  narrator  di  menzogne  ,  come  se  le  altrc  fossero  verita !  La  donna  dun- 
que  ,  a  cui  mal  si  conveniva  portare  in  mano  un  doglio ,  ch'era  la  maggior  o<- 
pera  della  figulina  ,  non  fece  altro  che  scoperchiarlo  ;  e  tanto  bastd  perche 
tutt' i  mali  si  spandessero  per  la  terra  ,  come  nota  Servio  alia  VII.  Ecloga , 
ove  cita  due  versi  di  Esiodo  . 

96.  Mav»  J'  au™$i  "E\irt<; ,  Sola  vero  illic  spes  .  Dee  concedersi  al  Comano , 
che  1'  allegoria  poteva  essere  ideata  meglio  .  Perciocche  o  la  speranza  e  un 
bene  ;  e  perche  si  colloca  fra'mali?  o  s' e  rimasa  nel  doglio  ,  come  si  trova 
fra  gli  uomini  ?  Rispondono  alcuni,  che  nel  vaso  erano  tutt' i  mali  e  tutt'  i 
beni  (a)  ;  e  che  sparsi  i  mali  per  la  terra,  i  beni  volarono  al  cielo  ,  toltane 
la  speranza,  la  qual  tuttavia  si  finge  nascosta  ,  perche  comunemente  non  si 
verifica ,  ma  per  una  speranza  che  viene  a  capo  ,  cento  altre  falliscono .  E 
Giove  ci6  voile  per  escluder  dall'  uomo  la  disperazione  ,  che  saria  il  sommo 
de'  mali .  Altri  ,  com'  Eschilo  ,  atti  ibuisce  a  Prometeo  il  merito  di  aver  fatto 
il  cuore  umano  cosi  sensibile  alia  speranza  ;  il  qual  Prometeo  interrogate 
come  avesse  fatto  a  salvare  gli  uomini  dal  timor  della  morte  ,  risponde  : 
caeuas  in  eis  spes  collouavi  (b) ,  onde  sperando  sempre  di  vivere  ,  lavorassero 
la  terra  ,  solcassero  i  mari  ;  come  comenta  il  suo  Scoliaste . 

Ivi .  tv  d?4>ixToi<7i  foftota-i ,  in  non  fractis  receptaculis  .  Seleuco  (  gramatico 
riputatissimo  presso  Suida )  cambio  il  Jiuoio-t  in  iri&oirt .  Ma  non  ve  n'e  bi» 
sogno  ,  mentre  alia  voce  Jo'juoj  corrisponde  il  9-u'f<x%i  ,  che  manifestamente 
&  extra  januam  ;  ed  anche  presso  Euripide  (c)  addotto  dal  Clerc  si  dice  : 
'Ex.  J'  iXaTa  xi&ei  wv  &6u-av  'Ea-SHm  ,  educens  cedrinis  domibus  ,  i.  e.  receptaculis 
vestem :  al  che  si  puo  aggiugnere  ,  che  anche  presso  i  latini  domus  significa 
ricettacolo  di  ogni  sorta  ;  nido  d'  uccelli ,  tana  di  here  ,  e ,  come  prova  il  Fa- 
bretti  ,  sepolcro  di  morti(J). 

97.  Zfj.i{xvi  e  la  lezione  comune  contro  1'  aufcorita  della  massima  parte  de'  Co- 
dici  di  Esiodo  :  correggo  col  Sig.  Brunck  ifxuvt  ,  come  legge  Plutarco  pag.  101. 
e  Stobeo  pag.  S80.  Esempj  di  tal  voce  sono  in  Omero  Odys.  IX.  verso  i5d. 
in  Callimaco  Fragm.  Bentl.  106*.  in  Teocrito  ec. 

(a)  Theognis  in  Sent,  u  3:.       (b)  In  Prometheo  vincto  vers.  249.  v.  Schol. 
pag.   3o.       (c)  In  Alcesti  v.  1J8.       (d)  Fabrettj  Inscript.  domest.  pag.  u3. 

23 


1 66 

pp.  Aiyiox*  ■  Verso  dubbio  se  sia  di  Esiodo  .  Contro  la  legittimita  di  esso 
trovo  una  gravissima  difEcolta ,  cd  e  1'  auturita  di  Plutarco  ,  che  omette  que- 
sto  verso  nel  libro  della  Consolazionc  ad  Apollonio,  adducendo  gli  altri  del 
contesto  (a) .  Noi  a  difesa  di  esso  verso  possiam  produrre  il  comento  che  ne  fa 
Moscopulo  e  Tzetze  ,  il  trovarsi  in  tutte  1'  edizioni  migliori,  il  leggersi  in 
quasi  tutti  i  MSS.  1'  esser  verso  degno  di  Esiodo,  il  quale  si  serve  qui  del 
dialetto  ionico  ,  ridondante  e  pomposo  a  par  del  vesiito  di  quella  nazione  , 
come  osserva  il  Salmasio  nel  su><  Ellenismo  .  Nel  resto  confessiamn,  che  il  si- 
lenzio  diPlutarco  ,  e  di  Proclo  ci  fa  gran  forza  per  crederlo  spurio;  sicco- 
me  parve  all'  Einsio,anche  prima  di  legger  Plutarco.  E  notabile  il  modo  con 
cui  ne  scrive .  Libere  xxra  -av  'A^i^x^xov  versum  hunc^  induct- nd'um  jnaicavera- 
runs  ■  Hunc  sententiam  nostrum  Plutarchi  calculo  confirmari  ihp<  ehendimns  .  qui 
in  Consolatione  ad  Apollunium  ,  ubi  totum  hunc  locum  adducit,  solum  hunc 
Versum  praetermittit ,  vel  ut  vo$ius  <m  ,  vel  ut  ignotum  omni-io  tunc  tem;joris  - 
Ne  e  da  pretermettere  che  il  Grevio  spiega  quel  xarat  'Ap/  -a?xov  per  sccondo 
Aristarco  ,  quando  V  Einsio  voile  dire  liber  amente  alia  maniera  di  Aristarco . 
Cid  che  par  pia  incrcdibile  e,  che  Clerc  ,  Robinson,  Loesnero  nun  hanno 
avvertito  questo  errore  >  che  pero  e  inavvertenza  ,  e  non  nuoce  al  merito  di 
questi  letterati. 

\o6.  E/  S  iS-e'Xa; ,  Si  vis,  alia  maniera  che  i  latini  inseriscono  si  vacat 
ne'  loro  racconti ,  come  Virgilio  (b)  . 

Jin  .  'i<nqov  .  .  .  Xoyon  ,  aire  rum  • .  •  sermonem  ,  non  in  quanto  sia  di  tema  diverso 
dal  fatto  finora  ,  ma  in  quanto  n'  e  continuazionc  .  '£  rspoj  qui  e  lo  stesso  che  ctX- 
Xoj  ,  e  COsi  dicesi  h'AAoj  Ao'joj  ,  come  «XXo  a-uua  rfliquum  lOtpin,  aXXo  /SiGXiov  t 
reliqua  lib)  i  pars  .  11  Salvini  traduce  alzare  un  altro  conto  •  Dormitat  Homerus  • 
Apollodoro  ,  gli  Sooliasti  ,  e  comunemente  gli  antichi  ascrivono  alia  terza 
eta  il  cangiamento  del  mondo,  quanto  alia  carenza  del  vitto  spvntuneo.  Esio- 
do come  sovrano  Poeta  ha  cominciato  da  essa  ;  ora  risale  alia  ptima,  e  se- 
conda  eta,  tramutando  per  usterologia  l'ordine  delle  cose. 

107.  *v  <F  ivi  <p%$Ti  (ZuWio  rrJTi  ,  tu  vero  tuis  infi^e  p'  aecordii* .  Ne'fram- 
menti  di  Orfeo  ,  e  nella  lliade  di  Omeio  e  si  fatto  emistichio  ripetuto  piu 
volte  :  ne  Esiodo  e  parco  di  tali  repetizioni .  Ma  nel  volgarizzamento  con- 
viene  variar  frasi  .  Qui  l'abbiam  tolta    da  Dante  (c)  . 

108.  ilf  Luo&iVy  Ut  sirtiul .  Cosi  i  traduttoii  latini  ;  ascrivendo  1'  of*o$ct>  a. 
tempo,  eodem  tempore ,  siccome  >iw$-o>  ,auiorae  tempore-  Ma  i  chiosatori  spie- 
gano  indidem  ,  ascrivendo  ofx6$-cv  a  origine  ;  come  quando  il  crcduto  Omero 
scrive  HoTg  te  x-cto-iyvii-wig  ,  91  ts/  suo-^ev  yiydasiv  3  et.  t  uis  fratiibus  qui  indidem  te- 
cum ,  cioe  ex  eadem  stirpe  nati  sunt  (d)  .  Anzi  general mente  il  dotto  Scoliaste  di 
Apollonio  Rodio  (e)  osserva,  che  in  Omero  o«»  sempre  vale  nel  mede^imn  luo- 
go,  benche  i  Poeti  posteriori  lo  rechino  ancora  al  medesimo  tempo.  Vcnen- 
do  all'  applieazionc    della   dottrina  ,  io   ho  tradotto  a  par  con  !o>o ,  frase  e- 

(a)    P.   II,    pag.   71.        (bt    Aeneid.    I.    373.        (c)    Cantica    111.    canto   1. 
(d)  Hymno    IV.    vers.    1 3 5.       (ej  I.  vers.   107P. 


i6y 

quivoca  ,  che  significa  nel  medesimo  tempo  ,  e  dal  medesimo  lubg&,  o  sia  della 
medesima  stiipe.  Nel  piimo  senso  sappiamo  ,  che  Anassagora  {a)  fece  gli  uo* 
mini  ooevi  agli  Dei  :  Win*  ygriuwnx  ytyovivou.  iuly  e  lo  stesso  fece  Seneca  :  ho- 
mines prima  uuos  mixtos  Deis  profudit  aetas  b) .  Nel  secondo  senso  Pittagora  , 
$rto-;  ysvog  let  ,6%oTai<7.' ,  divinum  genus  est  mortal ibu s  (c)  ,  e  Tulliu  ineiendo 
a'principj  di  Platone  :  animum  esse  ingeneratum  a  Dip  ;  ex  </U"  vfere  vtl  agna- 
tic nobis  cum  coelestibu\  ,  vel  genus,  v<l  sttrps  appellaii  debet yd).  Taccio  Lu- 
crezio ,  Arato  ,  Ovidio,  Manilio  ,  ed  albvi  d'gli  antichi  ,  i  quali  quantunque 
discordi  in  altri  punti  di  fcilosofia  ,  in  questo  si  accordano  ,  nel  dare  all'uo- 
mo  un'  origine  divina:  il  che  pave  disceso  da  quella  divina  parola:  inspira- 
vit  in  faciem  ejus  spiracultim  vitae,et  fact  us  est  homo  in  ammam  viverrtem'Qs) . 

iop.  Yf'JfZov  fti»  etc.  Incumincia  la  descrizione  delle  vavie  eta  del  mondo, 
che  Proclo  vovrebbe  spiegare  allegoricamente  ,  e  rifecirle  alia  elk  dell'  uo» 
mo  ;  altri  soritturalmente  ,  fino  a  farvi  degli  anacronismi  ,  e  liferirle  al  So- 
gno  di  Nabucco  ,  come  Farnabio  al  I.  delle  Metamorfosi  di  Ovidio.  Io  son  fer- 
mo  nel  mio  sistema  >  che  sian  cose  dedotte  dalla  Scrittura}  o  a  meglio  dire 
dalla  orale  tradizione  de'  primi  tempi  del  mondo  ,  ma  corrotte  poi  e  guaste 
da'  Gentili  a  segno  ,  che  appena  ye  ne  resti  una  traccia .  Ma  questa  e  chiaris- 
sima  ;  ed  io  mi  compiaccio  in  questo  confronto  ;  e  verro  facendolo  piu  esat- 
tamente  forse  che  non  si  e  fat  to  finora  ,  a  onore  della  Scrittura  santa  ,  a 
oui  vendono  testimonianza  di  verita  anche   gli  scrittori  profani  . 

Ivi  •  >je$QTru>v  av$-oioir  ov ,  articulate  Utqueniium  hominum  ,  come  spiega  il  Clar» 
ke  in  Omero  ,  scguendo  il  preteso  Didimo  .  Ed  e  quest'  articolazione  una  giu- 
diziosissima  dilferenza  fra  1'  uomo  ,  e  gli  altri  animali ,  il  cui  parlare  son  ur- 
li  ,  e  incondite  voci  .  1  nostri  traduttori  voltano  diversis  Unguis  loipucntium 
hominum  ;  il  che  se  pud  ammettersi  negli  uomini  delle  piu  tarde  eta  5  mal  si 
confa  agli  uomini  dell'  eta  prima  ,  ch'  erano  lubii  itnius  . 

IIO-  AS-yfani  nroiti-rav  .  Chiosa  Moscopulo  £  Zej/'s  p.i'.o^  t'lroi'na-w  ,  solus  Juppiter 
fecit:  maler,  perohO  Giove  non  rcgnava  per  anco  :  intendo  pertanto  questo 
pjasso,  di  Saturn©-,  e  de' suoi  Dei  consiglieri  . 

III.  O/'  u-iv  inri  KfoVot/  >t  row  ,  Hi  v<-ru  s<b  Saturnn  erant .  In  Satuvno  il  Bian- 
chini,  il  Lavaur ,  ed  altri  ravvisano  Adamo  nello  stato  dell' innocenza  .  Ne 
giova  opporre  ,  che  questo  stato  fu  di  breve  durata:  mentre  chi  pote  impedi- 
re  ,  che  appresso  la  dispersione  non  si  tingesse  tale  stato  di  alcuni  secoli  ? 
Ne  fu  portata  la  n.itizia  per  tutto  il  mondo  ;  c  quante  alterazi<»ni  soiierse  fra 
gl'lndiani,  fra  gli  Egizj  ,  fia    altri  popoli  ,  ne' quali  fu  propagata   (  f   ? 

III.  "fi?  re  §ni  rf'  tXao\i ,  Lt  ut  Dei  viv<bant  ■  Emenda  il  Brunck  rJ?  rfe  Son' 
Xwi7/.ov  ,  e  cita  un  verso  vicino,  ov'Esi<do  avea  pailato  cosi :  quasi  non  sia 
buona  ragione  qursta  med'.'sima  di  scrivcr  £%uo    per  mutar  frase  . 

Ivi-  d*n#i*    S-u/jov   i%ovTf{ ,   stcururn    animum  habenus  .  Enumerando  i  beni, 

(a)  Laertius  in  Prooemio.  (b)  In  Hippolyto  v.  51+.  (c)  Vers.  aur.  6}. 
ubi  vid<-  Hicro  l<m.  pxg.  27p.  id)  1.  de  L"gibus  cap.  8-  (e)  Genesis  11.  7. 
(/;  V.    il  Bianohini  Storia    universale   pag.   65. 


1 68 

che  si  godevano  dagli  uomini   del  secol  d'  oro  ,  e  riducendogli  specialment© 
a  que'  tre  >  che  stabilisce  il  Pope  nel  suo  Uonto  : 
Sol  di  felicita  portan  1'  impronta 
La  sanitil  ,  la  pace ,  e  il  ben  che  resta 
Necessario  alia   vita  (a). 
comincia  dalla  quiete  ,  e  avvedutissimamente  .  La  quiete  dell' animo  e  il  pri- 
mo  ingrediente  della  felicita  naturale  ,  permodoche  il  Muratori  nella  sua  Fi- 
losoiia  morale  giudica  bastar  per  se  sola  a  far  1'  uomo  beato  .  Ovidio  (6)  nella 
descrizione  del  secol  d' oro  tutto  su  le  pedate  di  Esiodo  : 
Mollia  sectirae  pevagebant  otia  gentes  . 
Ii  3.  Abbiam  rimesso  come  stava  da  principio  ait?  m-Cvuv  giacche'  Tzetze  ci 
dice  esser   V  o  in  questo  luogo    comune,  in  vigor  della  liquida  che  la  siegue . 
Cosi  faremo  altrove  >  ridendoci  di  que'  magvi  gramatici  ,  che  hanno  alterato 
Esiodo  j  perche  non  iserisse  a  norma  de'  lor  precetti . 

Ivi .  aVe  n  Att'kov  r»pa?  etc.  Eccoci  alia  seconda  condizione  della  felicita 
simile  agli  Dei  ,  i  quali  sono  avoa-oi  e  dynqaoi  secondo  Plutarco.  Godon  sani- 
ta ,  immuni  da  malattie  ,  liberi  delle  mani ,  e  de' piedi  ,  esenti  da  vecchiaja  , 
ch'  e  per  se  stessa  una  malattia . 

li  5.  liyitovi  iv  S-aXirnri  ,  D elect abantur  in  conviviis ,  ch' e  il  terzo  mezzo  di 
viver  felice  ,  abbondare  di  quelle  cose  che  sono  necessarie  alia  vita.  Gli 
Stoici  troppo  stimavano  la  virtu  ,  asserendo  ch'  ella  sola  pud  far  V  uumo 
felice  .  Gli  Accademici  considerando  ch'  egli  e  composto  di  spirito  e  di  cor- 
po,  anche  i  beni  del  corpo  ebbono  in  veduta  ;  fra'  quali  primeggia  il  convito. 
Ma  perche  sia  conducente  alia  felicita  debb' esser  copioso  non  tanto  di  vi- 
vande  ,  quanto  di  fiatellevole  affetto  .  I  latini  imitavano  i  conviti  di  que'  pri- 
mi  tempi  ne'  Saturnali  ,  introdottavi  ancora  una  temporanea  uguaglianza 
fra'  servi  ,  e    i  padroni  (c) . 

lid  'Aipveioi  pyiXoitTt .  Verso  che  manca  negli  Scoliasti  ,  e  in  tutt' i  MSS.  che 
ci  rimangono  .  Lo  trovd  il  Grevio  in  una  citazione  di  Diodoro  Siculo(d)  ,  t 
dopo  lungo  esilio  lo  richiamo  al  suo  luogo  ,  se  gia  vi  fu  mai  ;  leggendosi  in 
Diodoro  dopo  il  verso  120.  ove  qui  e  il  v.  iio\ 

Ivi .  MitXx  e  equivoco  in  greco ,  e  tanto  vuol  dir  pomi  ,  quanto  greggi ;  per- 
modoche ha  dalo  luogo  ad  equivocare  nella  spedizione  di  Ercole  ,  credendosi 
che  andasse  per  pomi  ,  quando  andava  per  greggi  (e)  .  Qui  il  Grevio  traduce 
ricvhi  di  pomi ,  parendogli  piu  conforme  all' eta  dell'  oroil  nodrir  quella  gen- 
te  di  pomi,  che  di  alt  10 ;  tanto  piu  che  Varrone  nel  libro  II.  dice,  che 
fra  le  vite ,  la  prima  fu  quella  de'  frutti,  la  seconda  la  pastorizia  ,  la  terza 
quella  dell' agricoltura.  Ma  nulla  osta ,  che  questo  passo  si  adatti  a' greggi  ; 
purche  essi  non  pascessero  di  lor  carni  i  padroni  ,  ma  sol  di  lor  latte .  Nel 
qual  proposito  Tibullo  parlando  appunto  di  que6ti  tempi, 


(a)  Traduzione  dell' Adami  epist.  4.       (b)  Metam.  I.  v.   100.       (c)  Horat. 
Serm.  II.  7.       (d)  Bibl.  V.  pag.  335.       (e)  Varro  R.  R.  II.  cap.  1. 


169 

.'.   .   .   .   .    .   ultroque    ferebant 

Obv'ia  securis  libera  lactis  oves(a)t 
chiosa  il   dottissimo  Sig.  Heyne  ,  pro  quo  Virgilius  ubera  lactea  . 

i\6.  <p/A.5/  (x/xxafis-crt  Siolm.  Prendo  questo  passo  non  in  senso  di  iv^ai/jtovi^ f 
felices  ,  come  chiosa  il  Grevio  ,  perciocche  questa  sarebbe  inutile  ripetizione  ; 
ma  in  senso  di  familiari  ,  ed  amici  degli  Dei  }  cari  beatis  Diis  .  Ed  e  comune 
persuasione  ,  che  gli  Dei  colla  gente  del  secol  d'  oro  ,  merce  della  sua  inno- 
cenza  ,  dimesticamente  convevsassero  ,  specialmente  Astrea  ;  di  che  a  lungo 
Arato  ne'Fenomeni  ,  e  brevemente  Nonno  ne' Dionisiaci  (b) :  Tla^S-i.oz  'A^^oun 
X?wb»»j  d-fiirreifcx  -ysvi'9-Xn^  ,  Virgo  Astraea  aurei  generis  nutrix  :  favole  ,  riflette  il 
VoJpi  in  Catullo  ,  che  le  accenna  ,  che  hanno  lor  principio  nella  Storia  San- 
ta (c)  e  nella  domestichezza  con  cui  Dio  trattd  1'  uomo  nello  stato  della  in- 
nocenza. 

'17.  Ovits-xov  <P  ws  vnrvcp  $i£p*iA'cvat ,  moriebantnr  vero  ceu  somno  domiti  .  L' Au- 
tor  de'  versi  sibillini  conformossi  manifestamente  a  questo  luogo  ,  quando  de' 
primi  uomini  nati  d' Adamo   cosi  scrive  :  o'ftrtv  etc. 

Hisque  diu  superesse  dedit ,  mortisque  dolorum 
Expettes  plaaido  vitam  deponere  leto , 
Infuso  veluti  sensim  per  membra  sopore . 
Iv'i .  iS-Xcl  Si'  truv<m ,    Intendi  de' beni  dell' animo    con  gli  Scoliasti  ,  accioc- 
che  si  schivi  piu  che   si  pud  la  tautologla  :    torna    poi   a' beni    corporei  con 
ordine  piu  poetico,  che  naturale  •  nominando  il  vitto  spontaneo  ,  che  troppa 
ha  connessione  coll'  opera  fin   da'  primi  versi  . 

118.  y.a^'Ttov  £'  z<pi?i  XnSu^o^  ajafa  AutsucIdi  iroXXiv  ,  fructum  autem  ferebat  fertile 
arvum  spante  sua  multnm  .  Tzelze  comenta  anco  m;  fia\dvovg,glandes .  Ma  Esiodo 
assegna  a -quella  eta  vitto  piu  mite,  come  io  congetturo  dall' epiteto  %etfu?os ,' 
che  vien  da  JW ,  spelta ,  hordei  genus  ,  di  cui  si  servivano  innanzi  fl  ritro- 
vamento  del  grano  .  Anzi  Arato  3  e  Claudiano  (<7)  assegnan  frumento  a  .que- 
gli  della  eta  d'  oro  . 

Up.  hviauci'Di ,  sponte  sua,,  come  in  simile  argomento  si  esprimono  Lucre- 
zio  ,  e  Claudiano.  Giuseppe  Ebreo  (e)  ,  e  specialmente  Filone(f)  imputa  alia 
colpa  di  Adamo  ,  e  de' posteri  la  infecondita  della  terra;  permodoche  cessan- 
do  il  peccato  torncrebbe  ,  secondo  lui,l'antica  abbondanza  ;  error c j  perche 
la  maledizione  da  Dio  data  alia  terra  fu  in  perpetuo  .  Io  noto  ch'  Esiodo  as- 
sai  si  avvicina  al  sacro  testo  ,  imputando  a  colpa  di  Prometeo  solo  la  man- 
canza  del  vitto  spontaneo  ,come  noi  al  peccato  del  primo  uomo  :  non  a  volon- 
ta  di  Gi'-ve  ,  perche  1' uomo  non  fosse  ozioso  ,  come  il  resto  de'Gentili. 

120.  zpyct  vifiovto  ,  (moderatos)  labores  distr  ibuebant .  Ch' Esiodo  non  esclu- 
desse  ogni  fatica  dagli  uomini  di  questo  tempo  ,  si  raccoglie  dal  verso  43. 
di  quest' opera  .  Anche  Adamo  fu  messo  ncl  paradiso  terrcstre  gf^ttgWd**  daih 


(a)  Eleg.  I.  3.  4*.       {b)  Lib.XLI.  v. 214.       (c)  In  Catull.  carm.  63.  v.  584. 
(d)  De  Pvaptu  Proserp.  111.  v.  24.       (e)  Antiq.  I.       (/)  De  opiiicio  mundi. 

24 


i2© 

>£  q>u\ci<r<Tiiv ,  ut  operaretur ,  et  custodiret  ilium  {a);  cioe  con  una  fatica.  ,  che 
avesse  ragione  di  divertimento  .  Tzetze  spiega  quell'  t?ya  la  ricolta  de'  frutti 
apontanei,  e  quel  vtpovro  la  distribuzione  di  essi  ;  percio  egli  lo  chiosa  >fS-iov, 
comedebant  . 

122.  To<  [xtv  Sax^ovic,  ftn  ,  Hi  daemnnes  quidem  sunt .  Siamo  al  luogo  ,  ch'  Esiodo 
divien  maestro  di  uno  de'  principali  dogmi  della  pagana  religione  .  Princeps 
Hesiodus  ,  dice  Plutarco  b)  ,  plane  et  distincte  exposuit  i  atione  utentium  genera 
quatuor ,  Deos,  indc  Genios  midtos  ac  bonos ,  mox  Heroas ,  turn  homines.  Par- 
lando  ora  de' Genj  ,  e  falsissimo  il  sistema  di  un  Dotto  ,  che  pretese  ,  la 
cognizione  degli  Angeli  esser  derivata  da' Caldei  ne' Persiani  ,  e  da  questi 
nella  venuta  di  Serse  recata  in  Grecia.  Essi  eran  noti  fin  da' tempi  di  Esio- 
do ;  e  sono  lo  stesso  Angeli  e  Genj ,  o  Demoni  ,  come  dimostra  il  Petavio  (c) 
citando  gli  antichi  :  basti  nominare  Filone  :  Hos  Daemones  Graeci ,  Moyses  An- 
gelas appellat . 

Ivi .  11  Mcursio  ,  1' Einsio  ,  il  Grevio  avvertirono  ,  che  questi  versi  122.  e 
123.  in  alcuni  libri  son  prodotti  diversamente  da  quel  che  i  Codici  ora  gli 
rappresentino .  Platone,  Plutarco  ,  Aiistide,  Teodoreto  ,  riferiti  nelle  va- 
rianti ,  han  citati  i  predetti  versi  con  qualche  diversita  ,  che  io  ascriverei 
all' aver  gli  recitati  a  memoria  :  ond' e  che  discordan  tra  loro.  Tuttavia  nel 
piu  essi  convengono  ,   ch' e  come    siegue    pressa  Platone: 

' Ayvoi  dXe^i'x.ax.01  (puXaxsg  S-vhtuv  dv&^uirmv , 
La  lor  lezione  forse  preferibile  a  quella  che  abbiamo  ,  e  nondimeno  nella  ao- 
stanza  conforme  ad  essa  ;  onde  nun  ho  stimato  di  cangiarla  ,  come  fa  il 
Brunck ,  senza  sicuvezza  di  aver  data  la  vera  lezione  di  Esiodo .  Fa  difficol- 
ta , che  Giove ,  che  allora  non  regnava  ,  dicasi  autore  della  mutaaione  delle 
anime  de'primi  uomini  in  Demoni  ;  ma  questo  puo  essere  avvenuto  dipoi, 
quando  Giove  prcse  le  redini  del  mondo  ,  e  tante  mulazioni  vi  fece  . 

123.  Per  quell'  i<r$-\oi  ,  che  vuol  dir  buoni ,  che  Platone,  Aiistide,  Plutar- 
co in  due  luughi  ,  Teodoreto  e  Fozio  ,  mutano  in  dyvoi  ,  puri  ,  tacitamente 
insinua  1' esistenza  di  altri  Demoni  cattivi  ,  conforme  alia  sacra  tradizione  . 
Considero  pure  quell'  etn^oviot  ,  in  luogo  della  qual  parola  con  manifcsta 
scorrezione  lessero  Aiistide  e  Fozio,  e  molli  MSS.  viro%S-ovioi .  E-n- r^ivioi  ap- 
pella  a  luogo  ,  volendo  dire  che  son  Genj  di  terra  ,  non  di  mare,  non  d' in- 
ferno .  Le  loro  proprieta  sono  quell' as- S-W  ,  boni  ;  dXt%ix.axoi ,  malorum  depulso- 
res ,  che  da'  latini  son  detti  averrunci  ,  e  quel  pi/Aaxf j  Ovnwv  avS-fwircov  ,  ch'  c 
custodes  hominum  ,  che  Proclo  espone  {pyXarwrej  dvmv  dirtiuova  tbv  (iiov  ,  inco- 
lumem  custodientes  hominum  vitam  •  Or  chi  non  ravvi.sa  in  questi  Genj  gli 
Angeli  santi ,  de' quali  e  scritto:  An^elis  sius  mandavit  de  te ,  ut  custodiant 
le  in   omnibus   viis   tuis{d)? 

127.  Aa'tfTOfoy  aun  ?ivo$  ,  Secundum    inde  genus    etc.   Ancor    questa    eta    dee 

(a)  Genesis  2.        (b)  Plut.  de  Oraculorum  defectu  pag.  415.       (c)  Theol. 
Dogm.  torn.  111.  lib.  1.  cap.  I.       (d)  Psal.  XC.  v.  II. 


I21 

avere  il  suo  fondo  nell'istovia  sagra  >  ma.  depravata .  Che  se  cio  avrenne 
-presso  i  medesimi  Ebrei  ,  che  tante  cose  credettero  della  citta  di  Caino  ,  e 
delle  altre  particolarita  che  interessan  quest'  epoca ,  quante  cose  ne  deono 
aver  credute  i  Gentili  ?  11  carattere  generale  della  eta  seconda  e  la'  goftaggi- 
ne  ;  ed  e  espressa  a  bastanza  nel  parlare  di  que'  primi  uomini ,  che  conoscia- 
mo  nelle  Scritture  nipoti  di  Adamo  ;  qual  era  Lamech  :  Audite  vocem  meam 
uxores  Lamech ,  auscultate  sermonem  meum  :  quoniam  occidi  virum  in  virtnus 
meum  ,  et  adolesce ntulum  in  livorem  meum  (a)  ■  Alle  ingiurie  scambievoli  pud 
aver  dato  lu«.go  di  credcrle  1' omicidio  di  Caino  nella  persona  del  fratello 
Abele  j  e  le  soverchierie  che  il  suo  lignaggio  faceva,  giusta  il  racconto  di 
Giuseppe  Ebreo  ,  J,Sgi^av:  fin  la  eletba  stirpe  di  Seth  dice  ,  che  dopo  sette  ge- 
nerazioni  comincio  a  tralignare  (Z>) .  Degli  onori  ,  che  non  rendevano  a  chi 
in  Cielo  sedea  ,  parla  Giuseppe  in  maniera  simile  ad  Esiodo  :  fi>irs  raj  vcyo- 
fjticrutvac,  Tt/uols  tm  &sv  nraqz '%ovt*$  etc.  ne que  honores  debiios  Deo  reddentes  .  Do- 
po quesla  descrizione  passa  anche  Giuseppe  alia  generazione  de'  Giganti  . 

i3o.  'AAA.'  ix.ci.TBv  etc.  Si  dice  cento  anni ,  giusta  1' inteipretazione  degli  Sca- 
ligeri  j  per  dir  molti .  Adunque  dovean  vivere  molti  piu  anni  i  loro  educato- 
xi  j  cio  che  combina  con  la  eta  di  que'  primi  patriarchi ,  e  con  cio  che  leggesi 
nella  Scrittura  ,  che  Seth  comincio  ad  aver  prole  di  io5-  anni  ;  Enos  di  po. 
e  cosi  gli  altri  di  6o.  di  70.  ec. 

i3l.'Efiq>tT  dmUktav  ,  Nuti  iebatur  crescens  valde  rudis  domi suae .  Accortamente 
incomincia  dalla  educazione  materna  ,  ch'e  molle ,  ed  inetta  naturalmente . 
Platone  riflctte  che  Ciro  e  Dario  educati  a' costumi  guerrieri ,  divennero  va- 
lorosi  ;  ove  i  lor  figli  tcnuti  in  ozio  fra  donne  delicate  e  ricche  furon  da 
nulla  .  E  notisi  ,  che  in  questo  secolo  ancora  eran  donne  ;  e  che  Pandora  fu 
la  prima  del  terzo  secolo,  non  la  prima  del  mondo  . 

133.  riac/p/cT/oi/  jfaiWxoi/  ,Parum  vivebant .  Cioe  poco  rispetto  alia  eta,  che  pro- 
metteva  una  si  lunga  fanciullezza.  Nel  resto  quei  che  non  si  accorciavano 
la  vita  co' disordini  viveano  lungamente. 

134.  Lascio  dtpoaaiouc.  nel  suo  possesso  ;  giacche  cosi  hanno  le  migliori  edi- 
zioni  ,  e  \\n  buon  numero  di  Codici  :  noto  pero  ,  che  non  minore  forse  e  il 
numero  di  que'  che  hanno  a'ppa^/Vj  ,  dialetto  ionico  familiarissimo  ad  Omero 
e  ad  Esiodo  ,  come  notammo  .  V.  Chiave  Omericana  a  pag.  zSl.  e  notisi  cio 
una   volta  per  sempre  . 

1 3 5.  af  d$a»ci~Kc,  9-ifxirtvetv  "HSehov .  E'  troppo  verisimile  ,  che  questo  non 
voler  servire  agli  Dei,  si  deggia  intendere  del  culto  esteriorc  ,  che  si  fa 
public e ,  pagatim  ,oppidatim  .  Altrimenti  ,  se  fosse ro  stati  empj.  e  avesser  nc- 
gato  anche  il  culto  interiore  ,  come  dopo  morte  esser  cangiati  in  Genj  ?  An- 
che nella  Scrittura  Enos  figlio  di  Seth  ,  e  nipote  di  Adamo,  di  cui  si  dice(c), 
che  coepit  invocaie  nnmen  Dnmini,  comincio  a  istituir  feste  ,  ed  opere  di  culto 
pubblico  ;  mentre  il  piivato  era  in  uso  prima  di  lui .  Con  che  si  emendano 

(a)  Genesis  Cap.  4.       {b)  Antiq.  lib.  I.         (c)  Genesis  IV.  26.  ride  Calmct 
pag.  77. 


T22 

coloro  ,  che  spiegano  quel  x*t'  tibia ,  juxla  morem  :  facendo  menzion  di  costu- 
me ,  ove  costume  non  era.  Per  ultimo  offerire,  detto  cosi  assolutamente  ,  co- 
me abbiam  noi  fatto  nella  traduzionc  ,  e  quanto  offer ir  sacrificio ,  nel  modo 
che  Dante,  citato  dalla  Ciusca  ,'fa  nel  Canto  X11I.  del  Pavadiso  . 

141.  lot  fttv  oirox&o'i'ioi  etc.  Restituisco  alia  sua  vera  lezione  il  testo  di  E- 
siodo  ,  togliendone  quell'  ehrjjc&.owi)  che  contro  il  parer  di  Proclo ,  e  di  Mo- 
seopuljo  ,  e  contro  la  fede  di  quasi  tutt'i  libri  editi  ,  e  MSS.  ci  aveva  messo 
il  Clerc  ,  c  gli  editori  oltramontani  dopo  lui  ,  segtiendo  Tzetze  .  Questo  Gra- 
matico  fondato  nella  parola  Jiunfoi,  avea  congetturato ,  che  tutte  le  quali- 
ty, che  competono  a' Genj  della  etk  'dell'  010 ,  competessero  a  quei  dell' ar- 
gentea  :  quando  non  e  cosi .  11  luogo  d' Esiodo  va  costruito  ,  come  Proclo  lo 
costrui,  unro^ovtoi ,  $vwoi  t  Siwnqot  ,  subtenancy  ,  m or  tales  ,  secundi:  sono  dun- 
que  sotterranei  per  luogo  ,  perche  abitanti  nell'  inferno  ,  mortali  per  condi- 
zione  ,  siccome  altri  Genj  nominati  da  Plutarco  e  da  Capella  (a)  ,  secondary 
per  rango  ,  perche  i  primarj  Demoni  sono  i  Genj  del  secol  d'  oro  .  Dee  no- 
tarsi  ,  che  Proclo  invece  di  /U«xjtfg$  legge  pi/Xaitej ,  e  comenta  rivuv  Js  ptl'ket- 
xej  ;  etc.  quorum  vco  praesides  ?  ninrirum  animarum  ,  quae  in  Mis  versantur  lo- 
cis  ,  quaeque  ne  juxta  naturam  quidem  vixerunt  . 

142,.  d\\'  iunrttg   7itu>}    rv]  -rets-tv    oifnSii  f    at    honor    eos   quidem    etiam    sequitur  . 
Questi    presidi    d' Inferno    forse   sono  i   Demonj ,    i   quali  poteron  esser    con- 
siderati  per   Genj ,  ma  non  per  reprobi  .    Fors'  anche    questa   favola  vien  da 
altra  favola  scritturale.  Anche  Dante  riconosce  un  terzo   genere  di  Angioli, 
che  esule  dal  Cielo  ,  e  tuttavia  esente  dalle  pene  degli  Angioli  ribelli  ,  e  tie- 
ne  un  luogo    vicino  all' inferno  tra  gli  sciocchi  : 
Mischiate  sono  a   quel  cattivo  coro 
Degli  Angeli  ,  che  non  furon   ribelli, 
Ne  fur  fedeli   a  Dio ,  ma  per  se  foro  (a)  ■ 

143.  Zswj  cTtv  irctrif  etc.  Tutto  questo  Secolo  e  fondato  nella  Scrittura  piu 
ehiaramente  de'  precedenti  ,  come  han  notato  Atenagora  nella  legazione  , 
Eusebio  nel  V.  della  Preparazione  Evangelica,  capo  4.  S.  Metodio  nel  Ser- 
mone    della  Resurrezione    di    Cristo  ,   ed   altri . 

145.  'Ex  fnXiav  :  cioe  <?id  i^v  ftO.iuv  come  comenta  il  Tcobaldo  prcsso  Ro- 
binson ;  in  modo  che  congiunto  senza  interrompimento  con  quel  fnviv  n  , 
che  vien  dopo,  faccia  questo  senso :  propter  hastas  (ueXiui  val  anche  hastae) 
terribiles  etc.  La  spiegazione  e  ingegnosa  ;  ma  non  necessaria  ,  men t re  e 
appoggiata  in  congruenze  debolissime  per  escludere  1'  altra  esposizione  da" 
frassini  eran  nati ;  il  che  e  secondo  la  persuasione  degli  antichi  .  Per  tacer 
degli  altii  ,  Stazio  ha  distesa  la  fecondita  degli  Uomini  non  solo  a' frassi- 
ni, ma  a  piu  sorte  di  alberi 

nondum  ,  atva,  domusque ,  nee  itrbes 
Cannubiisque  modus.   Queruus ,   laurique    fetebant 
Cruda  puerperia  ,  ac  populos  umbiosa  creavit 

{a)  Plut.de  orac.  defectu  .  Capella  de  Nuptiis  etc.  lib.  II.     (b)  Cunt.  I.e.  \ 


Fraxinus ,  et  foeta   viridis  puer  excidit  or  no  (a)  . 
11  creduto  DiJimo  (b)  riferisce  l'origine  istorica  di  questa  favola  ;  ed  e  che 
prima  della  invenzione   delle  case  le  donne   partorissero  spesso  nelle  cavi- 
ta  degli  alberi  ,  nelle  quali  trovati  i  bambini  si  credeano  nati  da  essi. 

Jvi  ofa-iv  'Actios  etc.  Simil  carattere  fa  a  questa  eta  Giuseppe  Ebreo  ove 
dice  de' Giganti  Scrittuvali  :  progeniem  procreaverat  insolentem ,  et  Jiducia  ro- 
boris  omne  jus  et  fas  contemnentem  . 

146.  »Vs' t/  o-itov  *H<T$iav ,  neque  quid  f rum enti  edebant .  Proclo  dice  che  man* 
giavan  carni  di  here  ;  il  che  e  secondo  il  sentimento  di  Seneca  ,  che  per 
vitto  alia  terza  eta  assegna  la  cacciagione  ,  qw>d  sequi  cursu  fcras  auderet 
acres  (c)  •  Ed  e  verisimile,  che  quantunque  ve  ne  sia  divieto  nel  Genesi  (d) 
come   di  carni  immonde  ,  i   Giganti    della   Scrittura   ancor   ne    mangiassero. 

1-5 1.  y-e^*s  «*"  »'*  e's-xe  a/Vuf 0; .  Emistichio  presso  lo  Scoliaste  d'Euiipide  nel- 
le Fenisse  v.  iop8.  1  Greci  lnterpreti  dicono,che  una  certa  temperatura  ren- 
deva  il  rame  pari  al  ferro  ;  onde  di  rame  erano  nun  solo  le  armi ,  ma  gl'istru- 
menti  tutti  ,  che  poi  si  fecer  di  ferro.  Io  non  niego  questa  temperatura  ;  av- 
verto  si  bene,  che  le  spade,  ei  coltelli ,  e  le  altre  armi  di  bronzo  rimase- 
ci  ,  che  si  veggono  ne'  musei  ,  sono  di  una  composizione ,  nella  quale  per  qual- 
che  parte  entra  il  ferro  ;  mentre  ove  si  limino  ,  alcune  particelle  di  esse  so- 
no attratte  dalla  calamita,  come  osservo  il  Sig.  Caylus .  Nel  resto  carenza 
di  ferro  non  fu  mai  al  mondo  ;  ma  solo  in  alcuni  luoghi .  Tubalcain  uno  dei 
primi  uomini  fuit  faber  in  cuncta  opera  aeris ,  et  ftni(e).  In  Gieciaj  dicesi 
da  Esiodo  ,  da  Diodoro  (f)  ,  da  Callimaco  (°)esser  venuto  il  ferro  da'  Calibi . 

1  54  IXoiwyoi  ha  la  seconda  comune  seguitando  la  liquida  y .  Non  so  perche 
il  Brunck  voglia  vdvuyvot  edito  da  noi  per  errore . 

1  Jp  ^kviqdiv  nqoiuv  3-eiov  yivs<;  etc.  Virorum  heioum  divinum  gtnus.  Succede 
la  eta  degli  Eroi  j  che  incomincia  da  Deucalione,  o  sia  da  Noe  ;  nuova  con- 
fermaj  ch' Esiodo  non  segui  qui  verun' allegoria  ,  ma  si  attenne  al  sistema 
istorico  ,  qual  raccontavasi  .  Proclo  e  Apollodoro  dicono  ,  che  al  fine  della 
terza  et&  venne  il  diluvio  ,  e  piu  chiaramente  Servio  h)  :  Juppiter  quum  pero- 
sum  habcret  humanum  genus  propter  feritatem  gigantitm  ,  scilicet  quod  ex  illo- 
rum  sanguine  editi  tram  mortales  ,  dduvio  mundavit  terras,  et  umnes  homines 
necavit  ,  exceptis  Pyrrha  et  Deucalione .  Deucalione  era  iiglio  di  Pandora,  da 
cui  Esiodo  comincio  il  catalogo  delle  donne  illustri  .  Nel  resto  la  memoria 
del  diluvio  universale  fu  comune  a  tutte  le  nazioni  ,  come  osserva  Giuseppe 
Ebreo(j').  Ved.  Monsig-  Falconieri  nell' aureo  opuscolo  sul  Medaglione  del 
diluvio  (it);  del  qual  Medaglione  scrissero  ancora  Froelich,  e  i  miei  amici 
Bartheleiny  ed  Eckhel    (I)  uomini  dottissimi  . 

(a)  Thebaidis  IV.  v.  278.  (£)  In  Iliad.  XX11.  v.  126.  (c)  V.  de  tota  re 
Senec.  in  Octav.  v.  403.  (d)  Genesis  cap.  IX.  v.  3.  ubi  v.  Calmet.  \,e)  Genesis 
lV.v.22.  (/)  Lib.  V.  p.  333.  (g)  Elegia  de  coma  Berenicis  ap.  Catull.  v. 48. 
(7i)  In  Eel.  VI.  v.  41.  (  i)  Lib.  I.  c.  4.  (k)  Dissertutio  dt  Nummo  Apumeiisi  Deu- 
culionei  dduvii  typum  exhibente  .       (/)  Doctrina  Num.Veterum  vol.  III.  p.  1 35. 

25 


»74 

i6o.'Hf*l*t°i  etc.  1  termini  "Hpw?,  ed 'H.u/>S9j  si  confondono;  ma  esattamente 
parlandosi  deon  distinguere.  Semidei  sono  quei  che  nacquero  d' un  genitore 
immortale  ,  d'altro  moitale  ,  come  Achille  ,  Enea  ,  e  simili  ;  Eroe  e  termine 
di  virtu,  come  attesta  Servio  :  Heros  nomen  virtutis  emeritae ;  plerumque  et 
generis  est  (a) .  Oltre  a  cio  Semidei ,  e  non  Eroi  si  chiamano  anco  gli  Dei  di  un 
rango  secondario  ,  ut  Faurii ,  Nymphae  ,  Silenux  (b)  ,  e  qucsti  medesimi}e  gl'in- 
ventori  delle  arjti  ,  e  gl'  indovini  ,  e  gli  Dei  di  secondo  rango  chiama  Capella 
Semones  (c)    quasi    semihimines ,  da  homones  che  in  antico  dicean  per  homines, 

Ivi.  x«t'  dTtitqova  yxiou/  ,  per  imrnensam  terram:  tvanne  i  Persian!  ^  ove  si 
chiamavano  Artei .   Hesichio   interpreta  questa  voce  heroes  apud  Persax  . 

161.  -<<g\  tpuXoirii;  cuvii .  Comentano  gl'  interpreti  :  et  inte.stina  discordia  ,  allu- 
dendo  alia  guerra  di  Tebe  ,  che  non  fu  come  la  Trojana  di  esteri  con  este- 
ri  ,  ma  fu  una  discordia  civile  in  origine ,  che  provoco  anche  le  armi  stra- 
niere .  In  Toscano  puo  risparmiarsi  il  nome  di  discordia;  perciocche  guerra 
dicesi  anco  della  civile . 

162.  Toy;  fxiii  irp  iirTstiruXw  ®>i!jyi  etc.  Alios  quidem  ad  septem  portas  habentes 
Thebas,  Cadmeam  terram  .  Cadmea  si  dice  da  Cadmo  Fenicio,  che  primo  la  fon- 
do  secondo  1' opinione  piu  divolgata,  e  tenuta  da  Apollodoro  nel  lib.  III.,  da 
Nonno  Panopolita  nel  V.  da  Igino  nella  favola  76.  Ben  e  vero  ,  che  altri  ,  fra 
i  quali  e  Varrone  ,1a  credon  fondata  da  Ogige .  La  favola  si  e  alterata  o  per- 
che  le  cose  antichissime  si  dicean  Ogigie  ,  di  che  Spanhemio  ha  raccolti  vari 
esempi  (d)  ,  o  perche  dopo  Cadmo  ivi  regnasse  un  Ogige,  come  vuol  lo  Scolia- 
ste  di  Licofrone  (e) . 

Ivi .  ivravdXw .  Delle  sue  sette  porte  ,  che  a' tempi  ancora  di  Pausania  si 
vedevano  ,  rendon  varie  ragioni  gli  autori  secondo  le  varie  sentenze  che 
adottano  .  L'  autore  de'  Dionisiaci  le  vuol  fondate  da  Cadmo  ,  e  scelto  il  nu- 
mero  settenario  in  ossequio  de' sette  pianeti  (./).  tilostrato  crede  che  sian 
opera  di  Anfione  ,  di  quello  cioe  ,  che  tolto  il  regno  alia  famiglia  di  Cadmo, 
s'impossesso  di  Tebe,  e  che  da  sette  toni  musici  ,  che  Virgilio  chiama  se- 
ptem discrimina  voutim  ,  desse  loro  il  numero  settenario  (o) .  I  nomi  furon 
presi  dalle  sette  figlie  di  Anrione .  Gli  recita  Igino  (h)  e  sono  Tera  ,  Cleodo- 
xa  ,  Astinomc  ,  Asticrazia  ,  Chia  ,  Ogigia  ,  Clori.  Altri  nomi  si  leggono  prcsso 
Pausania  e  presso  i  Tragici  ,  che  fan  congetturare  ,  che  una  porta  avesse 
piu    nomi  . 

1  <5"3 .  unXuv  eVe*'  OiJitoJxo  ,  propter  greges  Oedipi .  Lo  Scoliaste  di  Licofrone 
cita  questo  emistichio  al  v.  p33;  e  vi  fa  questa  glossa:  u»\uv  ttvri  t«  ttXjJts  ^ 
fi'xo-iXncigrgOiJt'iroJoi; ,  gregum  pro  divitiis  et  regno  Oedipi.  Proclo  :  oi  vaXccioi  etc. 
nntiqui  enim  in  quadrupedibus  substantiam  habebant .  Regum  quippe  liberi  an- 
te nuptias  pastores  erant ;  sponsisque  boves  et  pecudes  muneri  dab  ant .  11  V.  Idil- 
lio  di  Mosco  par  fatto  per  comentar  questo  passo  di  Proclo  :  ove  Dafni  venu- 

(a)  In  VIII.  Aeneid.  v.  464.  (b)  Serv.  in  Eclogam  VI.  v.  3t.  (c)  De  Nuptiis 
Phil.  Libro  II.  (d)  In  Callim.  hymn,  in  lovem  .  vers.  14.  (e)  Versu  1205. 
(/;  Lib.  V.  vers.  54.        (g)  Lib.l.  lmag.  c.  10.        (h)  fab.  LXIa. 


/25 

to  a  conchiuder  le  nozze  con  una  'donzella ,  le  propone  iin  da  principio  la 
condizione  di  Paride  bovajo  :  Tdv  irivwrdv  etc.  Prudentern  Helenam  Paris  rapuit , 
bubulcus  alius;  e  in  appresso  discorrendosi  di  dote  da  stabilirsi  dal  marito  , 
le  promette  ,  Universum  gregem  ,  omnia  nemora  et  pasuua  habebis. 

\65.  EXeVx;  ivix.'  »6'x.ouoto ,  causa  Helenae  bene  comatae  ;  ma  e  notabile  cio  chc 
Isocrate  accenna  (a)  :  bellum  gerebant . . .  verbo  quidem  pro  Helena  Mtnelai 
uxore;  re  ipsa  vero  ne  Graecia  vel  consimilia  pateretur  a  barbaris  ,  vel  qualia 
pruts  passu  erat ,  qtium  Pelops  totam  Peloponnesum ,  Danaus  urbem  Argivorum , 
Cadmus  Thcbas  occnpasset .  Omero  nella  divina  lliade  ebbe  in  mira  di  mantener 
ne' suoi  Greei  viva  questa  gelosia  de' regni  esteri  ,  ed  insieme  di  far  loro  co- 
raggio  ad  invadergli  ,  mostrando  loro  quanto  potessero  con£dare  nelle  lor  for- 
ze,ove  fossero  unite  contro  gli  stranieri.  Y.Gravina  della  ragion  poetica(b). 

Ttfp.  TuXov  dv  d^cwdiwv  tela-i  Kfovo;  ip,6aai '\zvs  f  Procul  ab  immortalibus , 
Satui  nus  horum  rex  est.  11  verso  manca  in  quasi  tutti  i  MSS.  ed  e  rifiutato  da 
Proclo  ,  e  dagli  altri  Ciitici  antichi ,  insieme  con  un  altro  seguente  ,  che 
dovea  esser  diverso  da  quello  ,  che  oggi  abbiamo.  La  ragione  che  ne  addu- 
ce e  ,  perche  questo  e  un  verso  nugatorio  ,  il  che  io  interpreto  per  la  dimo- 
ra  di  Saturno  negli  Elisi  negata  da  molti  ,  e  creduta  solo  favolosamente 
da'  barbari  ,  come  afferma  Plutarco  (c)  .  E  veramente  nel  Tartaro  lo  dice 
racchiuso  Eschilo  (d)  ,  1'  autor  de'  Dionisiaci  ye) ,  Ovidio  ( f ) ,  Claudiano  (g) ,  ed 
altri.  Ma  non  mancano  autorita  anche  per  la  contraria  sentenza  .  Pindaro 
siegue  in  cio  Esiodo  (h)  tniXow  6.tv?  etc.  peregerunt  Jovis  viam  ad  Saturni  uv- 
bem  ,  ubi  beatorum  insulas  Oceanitides  aurae  perflant  .  II  Gvevio  aggiugne  la 
Iscrizione  di  Regilla  moglie  di  Erode  ,  e  si  pu6  annettere  Diodoro  citato  dal 
Grevio  stesso  ,  Luciano  nel  T.  111.  pag.  38p.  la  Tavola  VII.  del  Sepolcro  de' 
Nasoni  ,  ove  Mercurio  a  Saturno  presenta  un'  anima  da  giudicare  . 

170.  a'xxefs'a  Suuov  tx0V'reS  >  securum  animum  habentes  .  Non  sembra  questa  la 
teol  jgia  di  Omero.  Achille  vorrebb' essere  anzi  un  servo  fra' vivi,  che  un  Re 
fra'  morti  ( 1 ) .  Ma  Omero  mette  tutti  gli  Eroi  nell'Erebo  :  e  Pindaro  ineren- 
do  a  lui  dice  ,  che  Achille  per  le  preghiere  di  Teti  passo  indi  agli  Elisj  . 
Avea  dunque  ragion  di  dire  Achille  cosi  male  della  sua  sorte  .  Liberato  pero 
egli  dall'Erebo,  e  cosi  liberati  gli  altri  eroi,  o  per  sovvenimento  di  qual- 
che  Nume  ,  o  perche  aveano  espiate  le  macchie  di  lor  vita  ,  e  condotti  negli 
Elisj,  ivi  viveano  senz'  affanni.  E  tali  dovean  essere  a' tempi  di  Esiodo  gli 
Eroi  di  Tebe  ,  e  di  Troja  ;  mentre  non  recenti  dalla  lor  morte  ,  come  gli  Eroi 
trojani  di  Omero  ,  ma  corso  gran  tempo  possedevano  unacompiuta  beatitudine. 

171.  'Ev  uxxdfwv  vhtois-1  etc  Quali  siano  queste  isole  de' beati  ,  si  dubita 
ancora.  Ma  la  opinione  piu  verisimile  e  ,  che  sian  le  isole  Mauritaniche  ,  og- 
gidi  Canarie  ,  la  quale  opinione  e  sostenuta  da  Cellario  (k) .  Di  esse  Strabone  : 

(a)  In  Panathenaico  pag.  4P2.  (b)  Delia  ragion  poetica  pag.  LX11I.  ediz. 
fioientina.  (c)  Tom.  II.  pag.  420. eto^i.  (d)  In  Promethco  v.  iip.  (e)  Lib. 
XXIV.  v.  236'.  (f)  Metamorph.  I.  1 13.  (a)  De  raptu  Proser.  1.  Il5.  (/i)01ymp. 
ll.v.127.       (/)  Odyss.XI.  488.       (k)  Tom.  II. pag.  ^7- 


n6 

insulae  beatorum  quae  etiamnum  apparent  ,  novimusqtte  eas  non  multum  distan- 
tes  ab  extremis  Mauritaniae{a) .  E  Plinio ;  Ju&a  de  Fottunatis  Jnsulis  ita  inqui- 
sivit . . .  primam  vocari  Ombrion  . . .  proximam  Canariam  vocari  a  multitudine 
canum  ingentis  magnitudinis ,  ex  quibus  perducti  sunt  Jubae  duo{b).  Unantico 
chiosatore  di  Orazio  ,  mutando  sito,dice  su  quelle  parole  degli  Epodi  Ode  \6. 
Nos  mariet  Oceanus  circumvagus  ;  arva  beata 
Petamus  arva  ,  divites  et  insulas 
Fortunatas  insulas  quae  sunt  supra  Britanniam  ,  ultra  Orcades  insulas ,  ubi  mil- 
los  nisi  pios  habitare  scripserunt  Graeci .  Plutarco  nel  Sertorio  le  colloca  dieci 
mila  stadj  lungi  dalla  Libia.  Tzetze  pur  nomina  la  Brettagna  al  v.  izoo.  di 
Licofrone  •"  A/  >«'?  etc.  hae  enim  beatorum  insulae  juxta  tiesiodum  ,  Homerum  , 
Euripidem  ,  Plu.tarchum  ,  Dwnem  ,  Procopium  ,  Philostrotum  ,  et  reliquos .    Nam 

circa   Oceanian  Britannia   insula  est et  Thule  .    Dicunt  autem  mortuorum 

animas  heic  habttare . 

171.  iraf  'ilxzowiv  fiaS-uJivw  .  Gli  Scoliasti  comentano  xam  'Slxecwov ,  ad  Ocea- 
num.  L' Einsio  vuole  ,  che  s' abbia  a  interpretare  ultra  Oceanum  ,  nel  qual 
proposito  cita  Silio  Italico  ,  che  dice 

Verum  ultra  Oceanum  sacra  contermina  fonti 
Ltthaeos  laticcs}  et  sacra  oblivia  potat'c). 
Cio  vorrebbe  dire  ,  che  agli  antichi  fosse  noto  il  nuovo  mondo  ,  il  che  e 
dubbio  molto  ,  e  richiederebbe  non  una  nota  ,  ma  una  dissertazione  (dj .  Quel 
che  pare  inncgabiJe  e  ,  che  gli  antichi  alle  terre  fortunate  credettero  non 
potersi  andare  se  non  per  acqua  ;  come  raccoglie  il  Buonarroti  da'  sepolcri  , 
ove  si  veggono  effigiate  Ninfe  e  Genj ,  ed  anime  che  veleggiano  (e) . 

173.  Tf/'s  to  gwj  etc.  I  descrittori  delle  lsole  fortunate,  Plutarco,  Plinio  , 
Strabone ,  non  lasciano  di  rammentare  la  loro  straordinaria  fertilita.  Me- 
la (/")  •"  Fortunatae  insulae  abundant  sua  sponte  genitis ,  et  subinde  aliis  super 
aliis  innascentibus  nihil  sollicitos  alunt .  Eschine  Sociatico  ,  che  senza  indivi- 
duarne  il  luogo ,  le  chiama  aJa-z&iv  x®%ov)  locum  pioium,  ne  fa  una  bellissima 
descrizione(g)>  che  io  pretermetto,  perche  troppo  lunga.  Volentieri  poi  can- 
gio  t?i's  trsog  in  Tf/5  to  s'toj  ,  lezione  autorizzata  dal  maggior  numero  de'  Co- 
dici,  e  dall' edizioni  riferite  al  verso  12. 

17?.  *  inrtiist  ya/i<r$-cu.  Comincia  il  secol  quinto  ,  o  del  ferro  ;  ed  Esiodo  si 
augura  di  esser  nato  quando  questo  sara  linito.  E  come  sapeva  ,  che  il  sesto 
saria  migliore?  Primieramente  per  congettura.  Non  potendo  csser  peggiore 
di  quel  ch'  era  il  suo  secolo ,  era  verisimile,  che  dovendo  durare  il  mondo, 
e'  migliorasse  .  Secondariamente  vivendo  in  tempi  tanto  piu  vicini  al  diluvio  , 
ed  avendo  avuta  notizia,  comecche  alterata,  di  tante  cose  scritturali  ,  non 
saria  maraviglia,  se  avesse  avuto  qualche  sentore  di  una  futura  rigenerazio- 
ne.   Gesu  Cristo  dovea  essere  desidei  atus  cunctis  Gentibus,    giusta   V  oracolo 

(a)  Strabosubinit.       (£i  Lib  VI.  cap.  32.        (c  Lib.  XIII.  v.  JS3.       (d)  Exhibet 
LipsiusT.lV.pag.  5p3.       (e)  Medaglioni  pag.  Uf       (/)  Lib.  III.  p.  $79> 
(g)  Dialogo  111.  pag.  11 5- 


diGiacobbc  (a)  ,  e  vcramente  fu  desiderato  da  ognuna  ,  benche  confusamente  , 
in  vigore  della  notizia  che  di  lui  sparsero  i  primi  populatori  della  teria(6). 
E  Ja  notizia  era,  che  a  quest'  ordine  di  cose  un  altro  miglior  ne  succedereb- 
be.  La  tradizione  degli  Egizj  e  espressa  in  quell'  Asclepio ,  la  cui  traduzione 
e  attribuita  ad  Apulejo  :  Me  Dominus  malignitatem  omnem' alluvione  diluvii, 
vcl  igne  conutmens  ,  vel  morbis  pestilentibus  usque  per  diversa  loc.a  dispersis 
finiens  ,  ad  antiquum  facitm  mundum  revocabitic) .  Confucio  il  maestro  de' Ci- 
nesi  predice  presso  a  poco  lo  stesso  (d) .  Le  scuole  de' Greci  tutte  n' ebbero 
qualche  sentore  .  E  de'  Pittagorici  ne  fa  fede  Giorgio  Scubart  ne]  principio 
dell' Opera  De  Diluvio  Deucalionis  .  Degli  Stoici  basta  legger  Seneca  in  piii 
luoghi ,  fra'  quali  e  insigne  questo  :  omne  animal  ex  integro  ger.erabitur  ,  du- 
biturque  Terris  homo  inscius  scelcrum  ,  ct  melioribus  auspiciis  natus  (e)  .  De' 
Platonici  si  legga  Platone  nel  suo  Politico  .  Ed  e  notabile  s  che  intorno 
alia  venuta  del  Divin  Verbo  il  mondo  si  mettesse  in  aspettazione  di  qualche 
gran  mutazione  ,  siccome  per  tacerne  altre  prove  fa  fede  Svetonio  esse  in 
fans,  ut  eo  tempore  Judaea  prof ecti  rerum  potirentur  (f) .  Virgilio  ancora  com- 
pose un'egloga  intitolata  in  piu.  Codici  :  Saeculi  renovatio . 

176.  Nt7v  >a'p  S-,i  yivos  i$i  <ri£>l?iov.  A  quest'epoca  del  ferro  ciascun  degli  an- 
tichi  rapporta  la  sua  eta  ;  Platone  nel  Cratilo,  Virgilio  nell' Egloga  lV.Ora- 
zio  negli  Epodi  Ode  i3-  Macrobio  de  Somnio  Scipionis  lib.  11.  anzi  Luciano  (g) 
c  Giovenale  (h)  trovan  mite  questa  espressione  ;  e  dicono  ,  che  la  eta  loro  e 
qualcosa  sotto  il  piombo  ;  onde  debb'  essere  di  terra,  o  di  loto . 

Ivi .  Hi  ttot'  Hua?  etc.  Comincia  la  descrizione  del  secol  di  ferro,  nella 
quale  sempre  abbiam  volto  in  presente  (quasi  dica  suole)ci6  ch' Esiodo  ha 
espresso  in  tuturo  ;  di  che  molti  esempj  presso  il  Grevio  nella  greca  lin- 
gua, e  1' osserva  anche  Casaubono  in  Persio  nella  latina  (z)  a  quel  verso: 
At  bona  pars  procerum  tacita  hbabit  acerva  ,  cioe  solet  libare . 

175).  'AW  iuirm;  etc.  sed  tamen  ethisce  admiscebuntur  bona  mails  .  Cercasi 
da' Hlosofi  se  il  dolore  e  il  piacere  si  dispensi  con  equilibrio  ;  nel  qual  pro- 
posito  Montpertuis  crede  che  il  male  prevalga  ;  altri  che  v'  abbia  equili- 
brio, rispetto  alia  massa  del  genere  umano  ,  non  rispetto  agl' individui.  A 
me  piace  la  senlenza  di  Euripide  nelle  Supplici  v.  196.  YlXuu  etc. 
Plura  bona  quam  mala  esse  homuiibus  (judico) 
Nisi   enim  hoc  esset  non  essemns  in  hac  luce. 

l8i.Ei/V  av tjiiviixwoi  etc.  Pochi  versi  di  quest' opera  meritano  attenzione  al 
pari  di  questo.  11  Grevio  riprova  a  ragione  la  spiegazione  che  davasi  comu- 
nemente  prima  di  lui:  postquam  facii  juetint  cai.i  :  e  sostituitce  quell'altra 
presa  da  Moscopulo  :  quum  vix  n'ati  canescant  \  la  qual'e  piaciuta  dipoi  quasi 
a  ogn' altro  interprete.  Tzetze  ci  somministra  una  terza  spiegazione  ,  che  sc 

(a)  Gen.  XL1X.  10.  (b)  V.  l'Eminentiss.  Gerdil  Intro'luz.  alio  studio  del- 
la Religione  pag.  200.  (c)  Apuleius  pag.  1  5o.  (d)  Huetius  Dt-monstr.  Evang. 
Par.  I.  extrema  (e)  Natur.  Quaest.  lib.  Ill  pag.  36j>.  (/)  Sveton.  pug.  S41. 
(#)  Epist. Saturn,  torn.  111.  p. 40J.       (7i)Sat.  XIII.  v.  3o.      (i)  Safcyra  II.  v.  5. 

26 


io  non  erro  ,  e  la  vera  .  Egli  eomenta  :  hviku  isXt'&uTi  xj  vvd^%uc-i  iroXiox.fompoi  xj 
y-ttfauoi  yaviptvoi  xj  itx&iVTsi;:  quando  facti  sine  can!  circa  tempora  et  seneS  qui  gi- 
gnuntur ,  ac  pariuntur  .  E  tale  spiegazione  ha  il  suffragio  di  Aristide  .  Sembra 
egli  maravigliarsi  ch'  Esiodo,  essendo  indovino  ,  abbia  stabilito  il  fine  della 
eta  del  ferro  alia  vecchiezza  di  que' che  allora  nascevano,  e  non  piuttosto 
alia  fondazione  della  citta  di  Roma  ,  quando  in  terra  furono  ricondotte  la 
equita  e  la  verecondia  (a) .  E  noto  in  prima  eontro  la  spiegazione  di  Grevio, 
ch'eJ/E  e  avverbio  di  tempo  ,  siccome  avverte  Eustazio  (b)  ,  tor',  dv  tirigfapd 
*?'  x$ov'*gv  ,  '!70-'  ri?  bis ,  adi'crbium  temporis  est  ,  aequivalens  verbo  quando;  ove 
che  possa  usarsi  per  quam ,  o  quandoquidem  ,  non  e  senza  qualche  difhcolta  . 
Noto  per  secondo  ,  che  nella  medesima  spiegazione  di  Grevio  si  suppone  , 
ch' Esiodo  argomenti  la  vicina  cessazione  del  secol  di  ferro  dalla  brevita  del- 
la vita  ,  ch'  era  a'  suoi  giorni  :  quum  vix  nati  canescam .  Ma  cio  e  manifesta- 
mente  supporre  il  falso  .  Una  giusta  vecchiezza  si  compieva  a' suoi  di  nel  ptf. 
anno  (c) ,  cosa  ,  ch' Esiodo  scrive  ,    e  debb' essere  stata  non  rara  in  Ascra > 

Ivi  .  nroXtoxgoiucpoi,  cani  circa  tempora.  L'uomo  prima  che  altrove  incanu- 
tisce  nelle  tempie  ,  come  osserva  Aristetile  nel  libro  V.  de  genemtione  ani~ 
malium  al  cap  4.  onde  raccogliesi  ,  che  il  Poeta  dava  al  suo  secolo  einquan- 
ta,o  sessant'  anni  di  vita. 

182.  ot/efa  nretrif  ,  neque  pater  filiis  est  similis  ■  I  Comentatori  l'intendono  dei 
pareri ,  quasi  si  quereli  il  poeta,  che  discordano  i  figli  da' genitori.-  Proclo 
e  Moscopulo  l'intendono  ancora  delle  fattezze  ,  quasi  si  lamenti ,  che  manchi 
quel  segno  ,  che  Orazio  loda  nel  secol  d'  Augusto  :  lawlantur  simili  prole  puer- 
perae  (d)  ,  ch'  e  un  segno  di  prole  legittima .  Io  ho  seguita  questa  sentenza  , 
la  qual  mi  pare  piu  acconcia  ad  escluder  da  Esiodo  la  tautologia  ;  mentre 
appresso  nuovamente  si  querelerebbe  della  discordia  fra  padri  e  figli. 

i85.  A'Ta  eTe  ynfas-xovTou  etc.  Teognide  quasi  colle  stesse  parole  , 
O"  ef'  diroyxpda-x.Bv'Kts  dri[xu%XTi  7sx«af  (e)  . 

186.  BajfovT'  iiritwi.  Tzetze  'Avvi  to  fid^oyisg'  is  Juikov  dvrt  to  v\v9-uuurixS ,  ug 
sg^  "j '  'Ou»^(ii  •  *il  Adx.101  virt  pivytis  ;  vuv  boot  i^ov  .  Dtinle  pro  plurali  ,  ut  aptid 
Homerum  :   O  Lycii  quo  ftigitis?  Nunc  veloces  estis  ?   Arcaisino  notabile  . 

187-  a'eft  (*iv  oTye .  Mendose  se.quente  verbo  modi  optativi.  Cor.  aefe  xtv .  B runck . 
Buona  nota    se  Esiodo  non  fosse   poeta   antichissimo  . 

188.  dvo  9-ftnrm'fia  Jucv  .  Esige  la  natura ,  che  si  rendano  gli  alimenti  a'  ge- 
nitori vecchj ,  che  gli  han  dati  a' figli  mentre  erano  in  eta«da  non  poter 
procacciarsi  il  vitto  da  se .  Quindi  degli  uomjni  morti  giovani  ,  Omero  II. 
IV.  e  XVII.  3oi.  quasi  con  le  stesse  parole  di  Esiodo  a'eft  nx.eu<ri  3-^nrfa  pi'Xoif 
«Ve'J'(ux£,  neque  parentibus  nutrvtia  caris  reddidit.  Su  questo  dovere  V.  Eliano 
in  proposito  della  Cicogna  ,  lerocle  de  ojjiuiis  erga  parentes  ,  lo  Spondano  ver- 
so il  fine  del  libro  IV.  della  lliade  . 

l8p.  "E-re jiof  ef*  e'is?«  iroXiv  itctXair  d%u  ,  Alter  alteram  urbem  diripiet ."  Grozio  ri- 

(a)  In  ElogioRomae  torn.  I.  pag.  3p8.  (&)  Tom.  I.  pag.  188.  (c)  Ausonius 
Idyll,  cui  tituius  Hesiodium  pag.  187.        (d)  Lib.  IV.  ode  S.       (e)  Gnom.  v.  8ip. 


l19 

ferisce  una  legge  degli  Anrizioni,  che  non  si  saccheggiassero  le  citta  vinte(a). 
E  Cicerone  (b)  De  evertendis  autem  diripiendisque  urbibus  considerandnm  eric 
ne  quid  temeie,  ne  quid  crudchter  . 

Iy2.  Jix-h  J'  iv  x1?*1'  ySA  cu^co^  Oux  ifcu,  jnatitia  in  manibus  et  pudor  non  erit . 
Abbiam  tradotto  Vergugna  ,  termine  usato  dal  Petrarca  nella  stessa  forza  : 
Onestate ,  e  Vf-rgogna  alia  front'  era(c) .  Sebbene  rispetto  alia  Giustizia  ,  e  alia 
Verecondia  ,  fa  piu.  a  proposito  citar  Tullio  :  Est  autem  quod  differat  inter  Justi- 
tiam  ,  et  Verecundiam  .  Ju^wiae  partes  sunt  non  violare  homines,  Verecundiae 
non  offendere ;  in  quo  maxima  perspicitur  vis  dccori  (d):  consiste  la  verecon- 
dia (in  latino  pudor)  in  non  offender e  la  delicatezza  degli  uomini  ;  non  disgu- 
starli  ,  ma  usar  civilta  ,  cmveriienza  ,  modestia  ,  onde  Plutarco  la  chiama  coa- 
djutrice  della  Giustizia  .  Cosi  il  Silva  comentando  il  luogo  di  M  Tullio  . 

ip3-  Lo  Scoliaste  di  Sufocle  ( Philuct.  v.  462. )  riporta  parte  di  questo  Tor- 
so, cangiando  /SX«'4«  in  ,5?  aVre; .  / 

\oS .  ZjTAsj  cf'  dv$x(umoi7iv  etc.  Invidia  vera  homines  comitatw .  Semplice  ,  ma 
vera,  e  ingegnosa  e  la  descrizione  che  fa  dell' Invidia  ,  che  in  pochi  tratti 
di  penna  spiega  1' indole  ,  le  sembianze,  il  costume,  la  frequenza  di  questo 
vizio .  Ovidio  ncl  II.  delle  Metamorfosi  verso  77J.  fa  una  descrizione  della 
Invidia  piu  estesa  ,  ma  non  piu  sugosa. 

198-  h.iu*.oiTiv  tpotfiej-o-t ,  Candidis  vesnbus .  <Pd?oi;  corrisponde  al  pallium  dei 
latini  .  Suida(e)  ipa'f'J  ,  ipdriov,  wegifiaXutov  .  .  .  .  \iyi<mt  Je  iirl  yovouxof  .  Pallium 
amicu/um:  dicitur  vero  de  mulieris  amivtu ;  cioe  piu  prupriamente  ,  giacche 
conviene  anche  agli  uomini.  Cingevasi  con  zona.  Candido  era  il  colore  ,  che 
gi  attiibuiva  ad  alcune  Dee  ;  siccome  alia  Fede  ed  alia  Speranza  lo  ascrive 
Orazio  (/)  ,  alia  Pace  Tibullo  ( g)  ,  alia  Virtu  che  compare  ad  Ercole  Seno- 
fonte(7i),  alia  Monarchia  figlia  di  Giove  Dione  Crisostomo  (z)  ,  alia  Giusti- 
eia  ed  alia  Verecondia  Esiodo . 

200.  A/Vn;;  jgcj  HipiTi;.  Queste  due  virtu  congiugne  insieme  ancora  Ome- 
ro  (k) ,  d\X'  iv  tpftvi  $i<r$i  exa?os  A/Vw  ^  Na'.ueo-/;/ .  Sect  in  mentibus  reponite 
unusqiiisque  pudor  em  ,  et  justam  reprehcnsionem  .  Da  questo  lucgo  di  Omero 
trasse  Gio-  Tzetze  la  sua  chiosa  Ns'usf's  Strata  fti'p^t;,  justa  vituperatio  i  ch' e 
cio  ,  che  Suida  insinua  in  quella  sua  spiegazione  della  voce  Nemesi ,  ^£/"4'f  » 
A/xw ,  ipS-oi/d;  ,  S{2°k;  ,  tu'xv  ;  ove  preferisce  a  tutte  le  interpretazioni  ui/u-^tg. 
Dal  Clerc  in  poi  si  quistiona  qual  Deita  sia  questa  Nemesi  ;  volendo  egli  , 
che  sia  diversa  dalla  Nemesi  uhe  punisce  ;  ma  una  Dea  che  previene  il  de- 
litto  col  timor  di  una  giusta  vituperazione  .  Plutarco  nel  libro  de  Orac.  de- 
ftutu  ,  la  nomina  la  giusta  indignazione  Ma  tutti  quegli  ,  che  fan  menzione 
di  queslo  volo  ,  e  del  posto  che  fu  dato  fra  gli  astri  alia  Dea  volante  ,  e 
chiaramente  appellano    ad  Esiodo,  tutti,   dico,la    chiaman    Dice,  Giustizia 

(a)  Lib.  II.  cap.  5.  (b)  De  Officiis  1.  24.  (c)  Trionfo  della  Castita  v.  yg. 
(d)  I.  de  Officiis  28.  (e)  Tom.  11.  pag.  io3i.  (/)  Lib.  I.  ode  3>.  vers.  21. 
{g)  1.  Eleg.  jo.  vers.  68.  (A)  Pag.  738.  in  Memor.  11.  (i)  Oratione  I. 
(k)  X11I.   II.    v.    122. 


1 8a 

Astiea,  Temide :  che  bisogno  abbiamo  di  altro  comento  ?  Arato  ne' Fenomeni 
ver.  i33.  la  chiamo  Dice;  VirgiKo  nella  Georgica  al  libro  II.  v.  474.  la  no- 
mind  Giustizia  ;  Ovidio  nelle  Metamorfosi  al  libro  I  v.  14P.  la  disse  Astrea, 
cd  Astrea  pure  1' autor  della  Otlavia  al  v.  417.  Lo  stesso  nome  di  Astrea  ,  o 
di  Giustizia  le  da  Claudiano  alia  Poesia  111.  v.  36)  Giovenale  Sat.  VI.  v.  19. 
Igino  nelle  favole  astronomiche  capo  25.  Nonno  ne'  Dionisiaci  1.  XLI.  v.  214. 
Ammiano  Marcellino  1.  XXII.  c.  10.  Bastano  ancora?  O  si  vuol  che  lo  stesso 
Esiodo  faccia  1'  interprete  a  se  stusso  ?  E  nol  fa  a  sufficienza  ove  dopo  aver 
esposto  poco  innanzi  ,  che  la  Vergogna  e  la  Giustizia  e  fuor  delle  mani  (  e 
vuol  dire  dell'opre)  del  secol  di  ferro  ,  dice  ora  ,  che  abbandonan  la  Terra 
la  Vergogna ,  e  Nemesi;  che  altra  Dea  non  puo  essere  che  la  Giustizia?  Osta 
che  nella  Teogonia  Dice  e  Nemesi  son  distinte  con  proprieta  diverse  .  Ma 
Esiodo  nella  Teogonia  non  fece  punto  ;  e  come  dopo  aver  quivi  descritto  una 
Gara ,  nelle  Opere  e  Giornate  ne  descrisse  un'  altra  ;  cosi  puo  dopo  una 
Nemesi  aver  descritto  anche  la  seconda . 

2.02.  Nuv  cT  ou-jov  etc.  Nunc  vero  fab  id  am  etc.  Questa  e  la  prima  favola ,  che 
si  trovi  in  autor  profano  ,  per  cui  molti  han  dato  ad  Esiodo  1' onor  di  primo 
inventore  di  questo  ramo  della  morale  hlosofia.  Tal  e  quel  Cleodemo  presso 
Plutarco  :  Mihi  autem  videtur  Aesopus  reciius  sese  Hesindi  discipulum  p-ofite- 
ri  (a)  .  Quintiliano  :  videtur  earttm  primus  aiutor  Hesiodus  [b)  .  Giuliano  Augu- 
sto  :  Sic  Hesiodum  genus  dlud  tractasse  constat  >  turn  }  qui  eum  est  sequutus  ,  Ar' 
clulouhum  (c) .  La  favolae  maniera  d'istruire  usitatissima  dagli  Orientali, 
di  cui  porse  motivo  il  ragionamento  del  Serpente  con  Eva  ,  come  pretendo- 
no  alcuni  presso  Calmet:  almeno  e  certo  cio  che  osserva  V  Einsio  ,  che  gli 
apologi  tutti  si  rapportano  al  secol   d'  oro  . 

Jvi.  (pfovitta-i  ^  au'ieli;.  E'  verisimile  che  sia  awi»7f  per  solis  ;„giacche  il 
grand' Etimologico  spiega  anche  uivo^  quell'  tv-ro%  .  E  in  cio  Esiodo  punge  ga- 
gliardamente  i  giudici  ,  quasi  soli  sapiant ,  proverbio  ,  che  presso  il  Manuzio 
dicesi  de'superbi3  che  sprezzan  gli  altri . 

2o3.  dnioja  Troix.i\of<HfOJ  }  lusciniam  canoram.  L'usignuolo  e  usato  simbolo 
de' poeti  presso  Callimaco  Epigr.  2.  presso  Teocrito  ldil.  V.  i3tf .  presso  Jone 
Anthol.  111.  cap  25.  epigr.  3i.  ove  chiama  Euripide  fxe\i'?n?uv  dxdova,  dulce  lo- 
qUentem  lusciniam  . 

Ivi .  Quell'  epiteto  Tro/x/XoJg/po;,  che  oltre  il  consenso  di  tutt'  i  Codici  (d)  , 
ha  per  se  la  citazione  di  Ammonio  ,  non  ha  bisogno  di  esser  cangiato  in 
nroixiXoyngvs ,  variae  vocis  come  il  Sig.  Ruhnkenio  vorrebbe.  Egliprende,  mi  pa- 
re, troppo  materialmente  quella  voce  Sa^n  collum  ;  e  vuole  che  il  collo  dell' 
usignuolo  non  sia  altrimenti  vario  di  colore  e  di  penne  :  il  che  quando  an- 
che sia   vero  ,   non  e  vero   che   collo   non  possa  pvendersi   ancora  per   gola , 

(a)  In  Convivio  Sept.  Sapientum  pag.  1  58.  (b)  I.  O.  Lib.  V.  pag.  236".  (c)  Orat. 
VI.  pag.  ap.  Petav.  387.  (t/)  E'  vano  senza  gravissima  ragione  opporsi  a  talc 
autorita .  II  buon  critico  scripturam  quam  omnes  annuant  nonnisi  graViasimiS 
de  caussis  loco  muvet :   Wolfius  Proleoom.  in  Homerum  circa  initium  . 


i8r 

di  che  ci  da  liberta.  Esichio  ,  comentando  <?j/?t»  per  dvx»v.  Ne  fbrse  altro  epi- 
tctoili  confa  meglio  alia  gola  dell'  usignuolo  sempre  varia  nel  suo  verso,  e 
nelle  sue  note  .  L'  osservano  gli  autori ,  fra'  quali  Qppiano  lo  chiama  aioXo'^w- 
vov  y  variae  vocis  ;  iroixiXcptovoy  Moseopulo  e  Tzetze  ,  che  val  lo  stesso,  e  Pli- 
nio  ne  fa  una  bella  descrizione  ,  che  io  pretermetlo  perche  troppo  lunga  (a) . 

2o5.  yva/.tm-ToiiTi  ovu'xeerej ,  curvis  unguibus  ■  Fra'simboli  di  Pitagora  uno  e 
questo  yya{f^wvv%a  fxn  Tftpetvy  curvis  unguibus  animalia  non  nutrienda ;  cioe 
rapaces  homines  fugiendi ,  come  spiega  il  Giraldi  . 

2io.  *Appa»»  etc.  Aristarco  presso  Proclo  scancellava  questi  <jue  versi  ,  per- 
che non  e  convenevole,  che  un  animale  irragionevole  proferisca  sentenze  ; 
la  qual  ragione  approva  il  Grevio.  Ma  tortamente  :  perciocche,  siccome 
Tzetze  riflette  ,  e  ridicolo  che  a'  bruti  si  accordi  il  parlare  umano  ;  ma  non 
che  si  accordi  dopo  tal  concessione  il  parlare  sentenzioso .  E  nel  vero  presso 
Fedro  troviam  sentenze  bellissime  in  bocca  a'bruti  ,  come  quella  dell'Agnello: 
facit  parentem  bonitas  ,  non  necessitas(b)  ;  o  quella  della  Cieogna  :  sua  quisque 
exempla  debet  aequo  animo  pati  (c)  . 

214.  "Yfi-Zf-t;  ydf  is  x.xx.»  rf«X«  /Sjotw  ■  xfi  [x£v  i&Xct;  'P»/'^'<i»j  tpi^tficv  Jiivanttt , 
Injuria  enim  perniciosa  est  tenui  homini  ,  nee  dives  facile  earn  ferre  potest. 
Passo  intraltA»to  piu  per  la  contrarieta  degl'  Interpreti  ,  che  per  la  sua  oscu- 
rita.  Lasciando  gli  altri  ,  Plutarco  ce  ne  somminis^tra  presso  Proclo  una  chia- 
lissima  spiegazione  ,  chiosando  quell'  £&\o$  non  uomo  dabbene  ,  con^|  altri  fa; 
ma  piuttosto  ricco ,  e  potente  ry  tux?  f  '&!  TV  ^uud/un  -op oj^ovra .  In  questo  sen- 
so  anche  il  bonus  prendesi  da'  latini  ,  come  quando  Plauto  disse  :  Est  mise- 
Torum  ,  ut  malevolentes  sint,  atque  invideant  bonis  (d)  .  Sicche  il  senso  di  questo 
emistichio  e  come  siegue:  l'ingiui-ia  e  cattiva  pel  povero  , perche  lo  diserta  : 
il  ricco  poi  ,  quantunque  possa  tollerarla ,  non  la  tollera,  ma  se  ne  risente. 
•  21 6.  ot3~o$  J1'  iitfriipt  irapsX^H.*  etc.  via  ex  altera  parte  melior  est  ad  ingredien- 
d  urn ,  quae  ducit  adjusta.  Cosi  comenta  Moseopulo:  o#l<;  &i  t?i  xa-5-'  »ri?av 
fJlft'ifa,  XfttTTGjv  }   u><;t   nraqiXOuv    uwniv    \iyco  >i  «;  id  J it-axa   dyovtra  . 

218.  'Ej  tj'Xo;  IfciXSZa-a.  ,  o  «j  WXo?  ,  come  legge  lo  Scoliasle  di  Euripide 
nell' Ecuba  al  v.  1187.  Ad  jinem  progrcssa  .  La  Giustizia  divina  non  si  cono- 
sce  se  non  nel  fine.  Lascia  prosperare  il  reo  per  qualche  tempo;  ma  al  fine 
lo  arriva  per  lo  piu  ancor  vivente  :  talora  almen  dopo  morte  ;  il  che  se  non 
facesse  Iddi.o,  non  avendolo  punito  in  vita,  e  non  essendosi  pentito  mai,  sa- 
ria   ingiusto  . 

2ip.  'Avtixu  yd?  t?ix<*"0?x.o<;  .  Oreo  e  il  Dio  che  si  fecero  i  Gentili  per  pre- 
sedere  alia  religione  de'  giuramenti  .  Opportunamente  ne  fa  qui  menzione  il 
Poeta  in  proposito  de' torti  giudizj.  Demostene  X?*'  tci'vwu  etc.  Oportet  veo, 
vin  Athenienses ,  Mud  etiam  consideretis  ,  atque  ob  ocuLos  habeatis  ,  quod  ju~ 
rati  hue  venistis  ex  lege  judicaturi  (e) . 

220.  T»i  <?t  A/x»;  f'o'5-af  i \*.ouiv>\<;  etc.  11  Guieto  e  gli  altri  v'intendon  yiwmi . 

(a)  H.  N.  Lib.  X.  cap.  2j>.  (b)  Fab.  111.  iJ.  (c)  I.  2d.  (d)  Capt.IlI.4-  Si. 
(p)  Contra  Leptinem. 

n 


l8<2 
E  si  fa  un  f remit o  dalla  Giustizia  ,  interpretando  ps'5-oj  per  fremito ,  dedotta 
la  metafura  dal  fremito  delle  onde  ,  e  de' flutti ,  come  spiegano  i  due  Sfrolia- 
sli  piu  recenti.  Ma  Proclo  seguita  Plutarco  ,  presso  cui  ?c9-oj  e  via  angusta , 
sinistra,  aspra  ,  in  dialetto  beotico.  Onde  il  senso  e  justiciae  est  aspera  semi- 
ta  >  come  traduce  Robinson  .  Ma  chi  ci  assicura  ,  che  a' tempi  d' Esiodo  aves- 
se  quel  significato  strano ,  che  a' tempi  di  Plutarco?  Vi  corrono  circa  mille 
anni  .  Cio  che  siegue  favorisce  piu  la  prima  sentenza  ,  che  la  seconda . 

222.  snrercu  . . .  .  jfS-ea  \uu>v  ,  sequitur  sedes  populorum  ."Ettztcu  ,  sequitur  e  lo 
stesso  che  inseqiiitur  .  Cosi  Virgilio  :  Auritosque  sequi  lepor  es(a)  .  Persiegue  le 
case  de'  popoli  perch'  essi  non  sono  esenti  da  colpa  ne'  giudizj  rei  :  primo  , 
perche  godevano  di  tener  giudici  ingiusti  ,  <?£f  Xaaj  <%S  xou?°v'mv  7»'»'"?  Sn-tt- 
<;&>■<;■,  come  comentano  gl' Interpreti  :  secondo  ,  perche  nella  decision*  influi- 
vano  non  poco ,  favoreggiando  anche  quella  parte,  ch' era  meno  assistita 
dalla  giustizia . 

Aaol  «f'  •auapOTefOirtv  eirvTvov }   duQis   df&iyoi  . 

Populi  autem  tit  risque  acclamabant  ,  utrinque  fautores   (b)  . 

22$.  O*  &i  ft'xag  etc.  Incomincia  qui  un  parlare  di  Esiodo  ,  in  cui  promet- 
tendo  premj  a'giustij  e  gastighi  agl'  ingiusti  ,  par  che  riduca  tutta  la  politi- 
ca  alia  pieta.  Percio  e  assai  criticato  da  Gio.  Clerc  (c)  ,  quasi  non  inse- 
gnasse  1' esperienza ,  che  ugualmente  son  piu  felici  i  buoni  de'  cattivi ,  e  i 
cattivi  de"  buoni .  Ma  c  difeso  Esiodo  da  Robinson  ,  il  qual  mostra  ,  che  la 
S.Scrittura  ove  per  Mose  a'  giusti  -non  si  promettono  se  non  beni  tcmporali  , 
e  plena  di  tai  promesse  ,  le  quali  quantunque  non  si  abbian  da  prendere 
strettamente ,  danno  buona  speranza  a' giusti  dell'  ajuto  divino  .  Ed  io  non 
ho  dimcolta  di  asscrire  ,  che  le  piii  volte  s' adempiono  ,  e  che  verissimo  c 
quel  detto  de'  Proverbj  (d)  :  Jwstitia  elevat  gc.ntes  ;  miseros  autem  facit  populos 
peccatum  .  Lo  conobbero  anco  i  Gentili  ;  e  Platone  (o)  paragonato  questo  luogo 
di  Esiodo  con  altro  simile  di  Omero  ,  attesta  ,  che  fino  al  suo  tempo  niuno 
avea  lodata  la  giustizia  se  non  come  datrice  di  onori ,  di  gloria,  di  donij 
per  cui  Orfeo  le  da  1'  epiteto  di  m-o\uo>>(it . 

23  i.  Tot  ci  <pi%et  [*iv  yoaa  iroXvv  fiiov  ,  Et  eis  quidem  terra  fert  multum  victum  . 
Se  questa  felicita  sia  esistita  mai  presso  i  giusti  e  stato  soggetto  di  ricerca 
fra  gli  antichi .  Omero  1' ascrive  a' Ciclopi  ,  gente  secondo'  lui  giustissima  , 
da  Polifemo  in  fuori(f).  Piu  celebri  sonoi  Macrobj  diEtiopia,  de'quali  Soli- 
ao  («):  Hi  Macrobii  justitiam  colunt ,  amant  aequitatem  ,  plurimum  valent  rubor e  , 
praecipua  decent  pulchritudine  ,  ornantur  acre  ,  aura  vinctda  faciunt  noxiorum  . 
Locus  apitd  ipsos  est  Heliotrapeza  ,  opiparis  epulis  semper  refertus  ,  quibus  in- 
discrete omnesvescuntur  s  namet  divinitus  eas  augeri  ferunt .  Cio  che  quasi  con 
le  stesse  parole  afferma  Mela  nel  111.   libro  c.  io. 

233.    "Axfw  (iiv  ts  <p£?et  etc.    Summa   quidem  fort  glandes,    media   vero    apes. 


(a)  Georg.  I.  vers.  308.      (b)  Homer.  11.  XVIII.  v.  Sol-      (c)  In  v.  281.  et  284. 
(d)  XIV.  34.       (e)  Lib.  II.  dc  Repub.       (/)  Odys.  IX.  iop.      (g)  Cup.  3o. 


.83 

II  fero  anche  in  latino  ha  due  significati  ;  di  produn-e ,  e  di  portare .  Plinio 
tutto  prendendo  in  signiricato  di  ptodurre :  robot  a  ferunt  et  viscum  et  mella  , 
ut  auctor  est  Hesiodus  (a) ,  e  Teofrasto  (b)  altneno  ne  dubita  «  <?i  y»  x.<x$"H<ri'o- 
iav  (pi'tH  fJiiXt  r&\  jUsX/tik;,  si  vera  juxta  Hesiodnm  j,  loquendum  est)  producit  met 
et  apes.  Tuttavia  a  me  pave  piu  naturale  e  pia  vero  il  significato  ,  che  da  al 
luogo  la  rigura  dello  Zeugma  frequentissima  a'poeti,  di  cui  molti  esempj 
raccolse  Monsig.  Giacomelli  nel  suo  Prometeo  al  verso  3i-  ed  e  figura  ,  che 
ad  un  vocabolo  annette  divei'si  sensi .  Adunque  par«  ,  rispetto  alle  ghiande  , 
prendasi  per  produrle  ,  e  rispetto  al  mele  ,  e  alle  pecchie  ,  si  prenda  qui  per 
fiag-a^n  t  sastintt ,  habet .  In  questo  senso  la  Terra  di  Palestina  e  chiamata 
nelle  Sciittuve  ■}»  f's's^a  yd\a  ^  fxiki  ,  terra  fluens  lacte  et  melle ,  per  le 
moltissime  pecchie  agresti  ,  che  melliticavano  negli  alberi  ,  come  prova  il 
fatto  di  Gionata  (  Reg.  I.  25.)  ed  altri.  della  Scrittura,  e  racconta  Maudrel 
muderno  viaggiatore  (c)  . 

235.  TixTv-iv  As  ywcux-fg  etc.  Pariunt  vero  mulieresfilios  similes  patribus  .  Plutar- 
co  citando  questo  verso  (rZ),  e  Libanio  alludendovi  (e) ,  fan  vedere  quanta 
parte  della  felicita  pubblica  collocasser  gli  antichi  nella  somiglianza  della 
prole  col  padre  ;  creduta  da  loro  un  indizio  della  onesta  materna .  Quindi 
non  la  tace  Catullo  in  occasione  di  augurare  ogni  bene-  a  Manlio  nel  pren- 
der  moglie  (  f)  ,  ne  Marziale  laseia  di  rilevarla  in  Nipote  suo  grande  ami- 
co  (g) .  Ma  questo  e  un  segno  molto  equivoco  della  materna  onesta ,  come 
ben  nota   il   Volpi  al  citato  luogo   di  Catullo. 

23p.  Totcrfz  Ji'xOm  etc.  I  piesenti  versi  Tzetze  nota  d'imbecilli,  ed  inutili  , 
contenendo  cose  altre  volte  dette .  lo  5  per  quanto  lo  rimproveri  1' Einsio  di 
♦ovcrchia  liberta  nell'  accusare  Esiodo  ,  non  saprei  daigli  torto  del  tutto. 

240.  YloWdxt  etc.  Saepe  universa  civitas  malum  ob  vit  um  panitur  .  Verso  citato 
da  Eschine  de  falsa  legatione ,  e  da  altri.  Cercan  gl'  Interpreti  come  deggia 
intcndersi  ;  non  parendo  della  Giustizia  di  Dio  punir  molti  per  un  colpevo- 
le  ,  quando  non  si  sian  fatti  colpevoli  anch' essi  per  1' imitazione  ,  o  almeno 
per  la  tolleranza  del  delitto  ;  come  avvenne  nel  greco  esercito  punito  di  pe- 
ste  j  per  aver  tollerata  la  violenza  di  Agamemnone  .  11  Clerc  specialmente 
condanna  Esiodo.  Lo  difende  per6  il  Bergero  con  alcuni  suoi  principj >  che 
ometto  ;  e  lo  difendo  io  stesso  coll'  esempio  di  Acabo  ladro  ,  e  percio  solo  in 
nascondere  iJ  suo  furto  dalle  spoglie  di  Gerico  ;  e  nondimeno  cagione  della 
sconlitta  sostenuta  da  tutto  1' esercito  di  Giosue .  Dio  faria  contro  giustizia, 
se  togliesse  la  vita  a  titolo  di  pena  personale  per  delitto  non  personale:  ma  la 
toglie  in  tai  casi  pel  supremo  dominio  che  ha  su  la  vita  dcgli  uomini  ;  co- 
me  ragiona  il  Grozio  al  lib.  11.  capo  21.  §■  14- 

Jvi.  X-axis  dvffos  ctTDt'ufa.  Lodo  1' acutezza  del  Grevio  ,  ch' emenda  1'  ivaufti 
ch' era  in    tutte   1' edizioni  antecedcnti  ,   ed  e  in  molti    MSS.  c  lo   muta  in 

(a)  Hist.  Nat.  XVI.  cap.  8-  (b)  Hist.  Plantarum  L.  111.  cap.  9.  (c)  Voya- 
ge de  Jerusalem  p.  1 10.  e  1 14.  (d)  Reipublicae  gcrendae  praecepta.  (e)  Ep.  242. 
(/)  Carm.   LX.  v.  221.       (g)  Lib.  VI.  cpigr.  20. 


i84 

dir»'t/f»t  ch' e  in  Eschine(o)  citatore   di  questo  verso,  come   pur  fanno  alia 
stessa  maniera  altri  molti  antichi  addotti  da  noi  nell' indice  delle  varianti  . 

242.  11  Sig.  Briinck  ,  trovato  in  Plutarco  p.  1040.  gWAaa-e  invece  di  iiniyayt , 
tien  la  nuova  lezione  malgrado  tutt'  i  Codici .  Abbiamo  osservato  ,  che  gli  an- 
tichi citando  a  memoria  i  passi  de'piu  antichi  spesso  errano. 

243.  Ai/asv  opi  ^  Xoipiv,'  Famem  simul  et  pestem.  Due  gastighi  ,  che  non 
vanno  quasi  mai  disgiunti  tra  loro  ;  1'  uno  produce  l'altro.  Livio :  Deinde 
duo  simul  mala  ingentia  exorta  ,  fames  pe stile ntiaque  foeda  pecori ,  foeda  ho- 
mini:  vastati  agri  sunt;  urbs  assiduis  exhausta  funeribus  (b) . 

244  Una  bella  imitazione  di  Esiodo  somministra  Callimaco  nell'inno  sopra 
Diana  al  verso  127.  e  seguenti . 

245.  "H  wvyi    ff*iiv   etc.  Aut  Tiorum  exercitum  ingentem  perdidit .  Solone  ,  di 
cui  pococi  e  rimaso  ,  non  poco  setnbra  avere  attinto  da  Esiodo;  come  ove  dice  (c): 
'E*  ydf   3v(?[Jiwi'j)V  tu^ius  nroXvi^aisv   a$v 

TfC^STau   iv    auuo$oi$  y  to/j    dSr/-i?i  (pi  X»j   etc. 
ab  hostibtis  enini  urbs  amabilis  subtto  opprimitw   dum  in  conciliis  sunt  qui  pa- 
catas  injuria  afficiunt  etc.  siecome  inter venne  di  Socrate  ,  riflette  Massimo  Ti- 
rio  (d)  y  la  cui  ingiuria   £u  punita    con   la   sconhtta    degli  Ateniesi :  Mortuut 
est  Soarates:  damnati  autem  fuerunt  Athcnienses  :  judex  Deus  fuit  et  Veiitas. 

Ivi .  H  oyt  i*rx°<;-  H  Gujeto  l'avea  mutato  in  -nyt.  II  Robinson  con  lunga 
nota  fa  vedere,  che  quell'  Sys  ha  una  particolar  enfusi,  che  aggiunge  after- 
mazione  .  Lo  prova  coll' autorita  di  Esiodo  v.  32i.  di  questa  opera,  e  con  al- 
tre  di  Omero,  e  di  Callimaco. 

247.  "H  victq  iv  nrivTu  etc.  Vel  naves  in  ponto  etc.  Ad  ingiustizia ,  e  a  somma 
temerita  de'  Consoli  ascrive  Polibio  la  tempesta  ,  che  deserive  nel  primo  li- 
bro  al  capo  37.  la  piu  dannosa  forse  di  quante  ne  conti  l' antichita  . 

248.  'Q>  fictTiXeis  etc.  ll  Bogano  adduce  qui  quell'  apostrofe  del  Salmo  2.  ^ 
vuv  /SasrAwt  rv'vtm  ,  et  nunc  reges  intelhgite  .  Questo  sia  come  saggio  di  quella 
dottrina  che  si  suppone  avere  attinto  Esiodo  dagli  Orientali  ,  e  che  ha  da- 
feo  motivo  al  libro   di  Bogano  Homerus  ct  Hesiodus  hebraizontes  . 

25o.  'ASavxTot  "kiwro-xtriv ,  Dii  vident.  Di  questa  persuasione  veggasi  a  v.  I22. 
di  quest'  opera  .  Circa  il  vero  sito  di  questi  versi  se  vadano  collocati  a  v.  122. 
o  qui,  o  in  ambcdue  i  luoghi  5  come  fan  tutt' i  Qodici ,  ne  lascio  libero  il 
giudizio  al  lettore . 

252.  Tf/'j  yd?  (xvqtoty  Ter  enim  decies  mille  sunt.  Questi  versi  sono  addotti  da 
Clem.  Alessandrino  nella  sua  Parenesi  a  pag.  35.  Traduciamo  trenta  mila  ; 
ma  ognun  sa  ,  che  la  miriade  e  simbolo  di  gran  numero  ,  e  che  il  ternario  e 
presso  i  Greci  ,  e  presso  i  Latini  ancora  posto  invece  del  superlativo.  Lo 
ha  notato  Strabone  nel  primo  libro  :  Sua  ^  w;  yVe^/SoA*??  etc.  praesertim  quum 
haec  hyperbole  sit  omnibus  usitaia  ,  quum  dicant  ter  beatos ,  ter  miseros .  Quindi 
Moscopulo  chiosa  iroWdxif  iroWoi  ;  e  Tzetze    dvri  ™  91-0XW  .  Proclo  s'  ingcgna 

(a)  Oratione contra  Ctesiphontem.  (£)  Lib.  111.  pag.  3  18.  (c)  Fragm.  II.  ▼.  21. 
(cZ)  Dissert.  XXXIX.  pag.  232- 


di  spiegare  a  lettera  il  passo  di  Esiodo  ,  riferendolo  alle  tre  specie  de'  Genj 
finte  da' Platonici .  Non  credo  che  questo  ternario  fosse  noto  a' tempi  di 
Esiodo.  Ben  si  sapeva  tra  gli  Ebrei  il  gran  numero  degli  Angioli  ,  da  cui  e 
nata  tutta  questa  favola .  Del  qual  numero  ved.  il  Petavio  de  Angelis  c.  14. 
Nel  resto  le  tre  specie  de'  Genj  ,  primi ,  ultimi,  medj ,  o  sia  ragionevoli,  ir- 
ragionevoli ,  partecipi  dell' una  specie,  e  dell'  altra,  non  possono  ammetter- 
si ,    ne  e  favola  discesa  da   verita  scritturale  . 

253-  Zhvos  etc.  Immortales  Joins.  Suppliscon  gl' Interpreti  vTrvgsrca,  vtra^yol  , 
ministri  .  Cio  e  secondo  1' uso  anche  de' Latini  ,  che  lasciano  il  famulus,  se- 
condo  le  osservazionidiMonsig.  Fabretti(a),  dicendo  v.  gr.  CIMBER 'L1VIAE- 
AMANDVS  •  M-MEC1-  Per  meglio  dichiarare  il  passo  si  dee  supporre  ,  che 
ciascuna  Deita  maggiore  avea  nella  opinione  de'  Gentili  molti  suoi  Genj  par- 
ticolari  ,  non  gia  come  assessori,  cio  che  contro  un  valente  Italiano  ha  con 
buone  ragioni  impugnato  il  Sig.  Canonico  Vida  (b)  ,  ma- come  servi ,  e  mini- 
stri. E  da  esso  si  denominavano  Gioviano ,  Apollonio ,  Ateneo  ,  Dionisiaco  , 
Ermeo  (c)  •  Proclo  passa  piu  oltre  3  e  dice,  che  si  compiacciono  di  essere  sa- 
lutati  col  nome  del  lor  Padrone  ;  cioe  Giovi  ,  Apolli  ,  Mercurj  (d)  .  Che  sian 
rappresentati  ne' monumenti  co'  simboli  delle  loro  Deita  principali,  e  osser- 
vazione  del  Buonarroti  (e) .  Credo  pertanto  questi  esser  Genj  di  Giove ,  'AS-«- 

2S4.  Of  ?«  (puXdo-o-xiriv  etc.  qui  observant  etc.  Contro  questo  dogma  della  pa- 
gana  teologia  ,  se  crediamo  a  Plutarco  (f) ,  si  elevo  Euripide  nel  suo  Sisifo  , 
tragedia  smarrita  ,  di  cui  rimangon  frammenti  ;  ma  temendo  gli  Anfizioni 
di  Atene  ,  mise  in  bocca  di  Sisifo  i  suoi  sensi  •  Disse  ,  che  un  qualche  poli- 
tico, per  frenar  l'umana  cupidita,  avea  trovata  e  sparsa  nel  volgo  la  favola 
degli  Dei  ,  che  spiano  i  delitti  ancora  piu  occulti  (_§) .  L'  esser  poste  tali  pa- 
role una  volta  in  bocca  di  un  malvagio ,  non  basta  per  creder  Euripide  per- 
suaso  della  stessa  sentenza.  Lo  avria  fatto  piu  volte;  come  piu  volte  lo  han 
fatto  certi  moderni  pensatori ,  fino  alia  sazieta. 

256".  'H  Si  tc  nrafSivos  s\i  biw  ,  Virgo  autem  est  Justitia  etc.  Gellio  riferiscc 
la  descrizione  che  fa  Crisippo  della  Dea  Giustizia  .  E'  pregio  dell'  opera  log- 
ger tutto  il  capo  4.  del  libro  14.  del  quale  noi  non  riferiremo  ,  che  alcune 
parole  :  facit  quippe  imaginem  Justitiae ;  fierique  solitam  esse  dicit  a  pictori- 
bus ,  fictoribusque  antiquioribus  ad  nunc  ferine  modum  :  forma ,  atque  filo  vii- 
qinali ,  aspectu  vchementi  et  for  mid  a  b  Hi ,  luminibus  oculorum  acribus  ;  neque 
humilis  ,  neque  atrocis  ,  sed  reverendae  cujusdam  tristitiae  dignitate  .  Noto  di 
passaggio  ,  che  ho  mutato  rhetoribus  in  fictoribus  scorto  da  Cicerone  ,ove  di- 
ce:  Decs  ea  facie  novimus  qua  pictores  fictoresque  voluerunt  (h) . 


(a)  lnscr.  domestich.  pag.  40.  e  41.  (b)  Antiquit.  Benevent.  dissert.  II. 
(c)  Plutarch,  de  Oraculorum  defectu.  (d)  Commentar.  ad  I.  Dialogum  Al- 
cibiadis  (e)  Mcdaglioni  pag.  28.042.  (f)  De  Placitis  Philos.  Lib.  I.  cap.  7. 
(o)  Carmeli  Tom.  XX.  pug.   188.       (h)  De  Natura  Deorum   Lib.    IT. 

28 


1 86 

Ivi .  A/o?  ix-ysyavicc .  Dice  e  iiglia  di  Giove,  e  di  Temide,  secondo  Esiodo 
nella  Teogonia  a' versi  poi-  secondo  Eratostene  ,  secondo  Igino .  Questa  e 
V  antica  opinione  ,  comecche  si  trovi  ella  talora  scambiata  con  Temide  sua 
madre  ,   come  riflette    Marziano    Capella  (a). 

iSj-  Kvf?n  re  (  Augusta )  ,  il  Grevio  sostitui  a  xufvn  ,  che  leggevasi  in  tutte 
1'  edizioni .  Ottimamente  ,  giacche  x-uSwi  e  in  rarissimi  Codici  ;  x.oJ?»  quasi  in 
tutti  .  Gonsentono  1' Etimologico ,  ed  Esichio,  che  forse  ebbe  in  visba  questo 
luogo  di  Esiodo  :  xt/tJ'po' ,  gvfotys  ,  o-iuvri  ,  Ttfxia  ,  evrtfzot; . 
.  255).  Ai/V/xa  Trap  A//  tra.r<^i  x.<x6z%o(Aevn .  Statim  apud  patrem  Jovem  sedens .  11 
seder  presso  Giove  e  un  onore,  che  a  pochi  de'  principali  Dei  si  concede 
dalF  antichita  •  Plufcarco  (b)  'H  Si  A$»va  etc.  Minerva  vero  videtur  eximium 
hunc  locum  habuisse ,  ut  semper  Jovi  proxima  assideiet ;  et  hoc  Pueta  innuit 
de  Thetide  dicens : 

Haec  vero  juxta  Jovem  sedit ,  cessit   vero  loco  Minerva  . 
Giuliano  lo  stess'  onore  concede  a  Rea  (c) .  Demostene  ,  citando  Orfeo  ,  a  Di- 
ce (d) .  Lo  stesso  accenna  Plutarco  a  pag.  781.  ma  piuttosto  vi  colloca  il  jus. 

26"'.  A^uoj  aTXiS-otXia;  fiot<rt\»iav ,  Ut  luat  populus  peccata  reguin  .  Quidquid  de- 
lirant  reges  plectuntur  Achivi(e)%  e  passato  quasi  in  provcrbio  ;  e  si  e  verifi- 
cato  ancora  in  persona  di  Davide  ,  il  cui  peccato  reco  al  regno  guerra  ,  e 
pestilenza .  11  Clerc  condanna  questo  verso  di  Esiodo  .  Come  difendasi  v.  al 
verso  240. 

2.65.  Of  avTu  xaxd  itux*  etc.  Sibi  ipsi  mala  fabricatur  vir  alii  mala  fabri- 
cans  .  Proclo  chiama  divina  e  sapientissima  questa  sentenza  .  Comentasi  cosi : 
chi  nuoce  ad  altrui  nella  roba  ,  o  nell'  onore  ,  lo  danneggia  in  cio  ch'  e 
fuor  di  lui  ;  ma  intanto  danneggia  se  in  se  stesso ,  cioe  nel  suo  spirito  ;  e 
dee  aspettarsene  punigione.  Tale  e  a  un  di  presso  il  parer  di  Tzetze  ,  il 
quale  bene  spiega  questa  sentenza  di  Esiodo  nolle  Chiliadi  (f)  . 

2<Jtf.  'H  Si  y.oty.Ji  fiouX't  etc.  Et  malum  consilium  consultori  pessimum  .  Fu  celebre 
fra  gli  antichi  questo  detto .  Pausania  (g)  lo  applica  a  Filippo,  a  cui  mori  di 
veleno  un  figliuolo  ,  detto  Demetrio ,  ed  ei  niori  di  dolore  ,  dopo  aver  av- 
velenati  Arato  co'  due  Oratori  di  Atene.  Lo  applicarono  ancora  i  Romani 
agli  Aruspici  Tirreni ,  i  quali  per  odio  antico  verso  Roma,  consigliarono  ad 
espiare  un  prodigio  di  una  maniera  creduta  svantaggiosa  alia  Rcpubblica  . 
Scoperti  furono  messi  a  morte  ,  e  allora  i  fanciulli  cantarono  per  la  citta 
quel  verso  Malum  consilium  consultori  pessimum  s  ch' e  inserito  anche  in  Var- 
rone  ,  ed  in  Siro  Mimo  .  Riflette  Gellio,  ove  racconta  il  fatto(n),  videtur 
autem  hie  versus  de  Graeco  illo  Hesiodi  vcrsu  expressus :  H  Si  xaW  etc.  Noti 
qui  il  lettore  ,  che  questi  scrittori  han  tolto  qui  ,  cio  che  secondo  i  comen- 
[  tarj  di  Budeo  puo  farsi ,  variamente  il  vocabolo  fiouXiutcv  ;  Pausania  per  mac- 
chinare  il  male  ;  Gellio  per  consigliarlo . 

(a)  Lib.  II.  (£)  Sympos.  I.  pag.  6*17.  (c)  Orat.  V.  (d)  Contra  Aristogito- 
nem         (e)  Horat.  epist.  I.  2.  14.  (/)  Lib.  Vll.  num.  161.  (g)  Lib.  Jl. 

pag.  101.  102.         (/j)  Lib.  IV.  cap.  S. 


16-j.  Yldvat  I'folv  etc  1  sette  versi  che  sieguono  ,  furono  da  Plutarco  ,  come 
Proclo  attesta,  scancellati  ,  a  cui  Gujeto  e  Brunck  si  accordano .  Dissentono 
Einsio  ,  Robinson,  ed  altri .  Dal  primo  vero  usci  quel  detto  „•  oculi  Domini 
contemplantur  universam  Terrain  a)  ;  che  al  sorger  dclla  idolatria  fu  sfigura- 
to  ,  applicandolo  a  Dei  rittizj .  Dice  ,  il  Sole  ,  e  Giove  sopra  tutto  ebbe  questo 
onore  ,  ne  di  altvi  si  dee  intender  Plauto,  ove  disse  :  Est  profecto  Deus  qui 
quae  nos  gerimus  auditque  ,  et  videt(b)  ;  e  Monandro,  e  quegli  altri  Comici , 
che  cita  Arrigo  Stefano  nella  Raccolta  pag.  221-  Ne  altro  volea  dire  nella 
muta  poesia  degli  Egizj  il  simbolo  dell'  occhio  ,  che  il  supremo  Nume  il  qual 
tutto  vede  (c) . 

2<J8.  oux.'  iSiXriT,  iiri^i^irca  ,  si  vult  inspicit .  Imperfetta  idea  della  Divinita  a- 
vean  gli  antinhi,  quando  credevano  che  fosse  libera  a  vedere  e  a  hon  veder 
le  cose  di  quaggiu  ;  come  vuol  Eschilo  (d)  nel  suo  Prometeo .  Meglio  Talete 
presso  Clemente  Alessandrino  (e)  :  Dio  e  quello  ,  a  cui  non  son  nascoati  ne  an- 
co    i  pensieri    degli  uomini . 

169.  TtivJe  <f/x.(ou ,  litem.  Quale?  »v  uot   aVs/Aef;  J  n^a-n ,    risponde   Proclo 
quam  mihi  minitaris  ,  o  Persa  .  Non  era  dunque  in  lite  quando  Esiodo   scrisse 
il  poema  ;  cio  che  abbiairi  notato  piu  di  una  volta .  Era   in  pericolo  ,  che  il 
fratello ,  schivo   com'  era   della   fatica ,   trovasse    per   vivere  ,  qualche  altro 
pretesto  per  litigate  . 

270.  NJV  Si  zyui  fj.nr'  auwg ,  Nee  ego  porro  inter  hominies  Justus  sim  etc.  ove 
noto ,  che  Stobeo  da  una  picciola  variante>  cangiando  dfix.ui'nfos  in  driixu'nqoi; . 
Da  questi  versi  congettura  il  Clerc  ,  e  il  Berger  ,  ch' Esiodo  non  fosse  ottimo 
uomo ;  mentre  e  proprio  dell' uomo  ottimo  operar  bene  per  puro  amor  della 
probita  ,  o  fruttuosa  o  infruttuosa  che  sia .  Altrimenti  si  da  in  quello  sco- 
glio  ,  che  segna  Siro  Mimo  pag.  16.  " 

Quum  vitia  prosunt  err  at  qui  recte  facit . 
Gl'  lnterpreti  tengono  quale  una  via,  quale  un'altra  per  difender  Esiodo; 
poco  felicemente  ,  tolto  Robinson,  il  quale  pretende  ,  che  nell' ultimo  verso 
sia  la  difesa  del  Poeta .  Negli  altri  versi,  die'  egli,  e  espressa  una  quasi  ten- 
tazione  ,  come  nel  Salmo  72.  ove  si  dice  :  Mei  autem  paene  moti  sunt  pedes, 
paene  effusi  *unt  gressui  mei ,  quia  zelavi  super  iniquos  pacem  peccatorum  v-i- 
dens  —  Ergo  sine  causa  justificavi  cor  meum  ,  et  lavi  inter  innocentes  manug 
meas ,  et  fui  flagellatus  tota  die  ?  Dopo  la  tentazionc  ,  diciam  cosi  ,  vien  fuori 
con  questa  finale,  mihi  autem  adhaerere  Deo  bonum  est.  Cosl  Esiodo  ,  dopo 
la  sua  tentazione  cpnehiude  con  un  verso  sanissimo  ,  in  cui  dichiara ,  che 
non  si  cambiera  mai  1' ordine  della  Provvidenza,  sed  haec  spero  nunquam  fa- 
cturum  Jnvem  . 

273.  Gl' lnterpreti  latini  aveano  tradotto  quel  verso  ultimo:  sed  haec 
nondum  (bttw)  arhitror  facturum  Jovtm  ;  il  che  non  si  pu6  pensare  senza  em- 
picta  ,  crcdendosi  che  la  Divinita  ,  almeno  dopo  alcun  tempo  ,  possa  avere  a 

(a)  Paralip.  II.  \6.  (b)  Captivi.  Act.  2.  sc.  2.  v.  63.  (c)  S.  Cyrill.  Alex. 
contra  Julianum  Lib.  X.       (d)  Prometh.  vers.   3li.       (e)  Pag.  704. 


i88 

male  cio  ch'  e  giusto :  ma  a  tutto  rimediasi  spiegando  con  Moscopulo  quell'  sww  , 
srfaMwj ,   numquam  ,  nullatenus ,  di  che  vi  ha  esempj  in  Omero  . 

274.  7il  Tit  fen.  Dalla  giustizia  pubblica  passa  alia  privata ,  fondato  su  gli 
stessi  principj  de'  beni  temporali ,  che  allora  erane  solamente  promessi  a' giu- 
sti .  Questo  spirito  prevale  nel  Testamento  vecchio ,  siccome  osserva  Cal- 
met  nell'  Ecclesiaste  al  cap.  8.  Notisi  ch'  Esiodo  con  questa  parte  del  poema 
ha  preluso  alia  morale  filosofia,  si  a  quella  che  si  chiama  dogmatica  3  la  qua- 
le insegna  le  massime,  si  a  quella  che  si  chiama  parenetica  ,  la  quale  inse- 
gna  i  particolari  doveri  verso  gli  amici  ,  i  vicini  ec.  V.  Lipsio(a). 

2,75.  ef/^Mf  tnrdxoue,  justitiae  obedi  .  In  tal  forza  presso  i  Latini  obedio : 
appetitum  rationi  obedientem  praebeamus  (b) .  Dalla  Giustizia  incomincia  la 
sua  morale  trattazione  ,  come  prima  delle  virtu  morali. 

275.  Tovfi  yd?  dv$?uiroi<ri  vopov ,  Hanc  vero  hominibus  legem.  Questa  parola 
vopc$  ha  fatto  credere  ad  alcuni  ,  che  Omero  ,  presso  cui  mai  non  si  legge , 
sia  anteriore  ad  Esiodo .  II  Clerc  e  il  Robinson  concordemente  riiiutano  que- 
sta ragione  :  e  veramente  non  v'  era  necessita  che  Omero  tutte  usasse  le  vo- 
ci ,  che  correvano  a' tempi  suoi .  Egli  ha  il  vocabolo  ee'^/j-s?  ,  del  quale  si 
serve  nella  stessa  forza  ;  e  forse  gli  parve  in  que'  principj  piu  poetico  ,  e 
men  comune  ,  e  cio  che  piu  monta ,  piu  conforme  a' tempi  eroici .  In  qucsti 
tempi  si  reggevano  con  le  costumanze  ,  e  co'  particolari  decreti ,  e  con  leg- 
gi  non  iscritte  ;    non  con  leggi  scritte  ,  che  propriamente  viftot  si  appellano  . 

277.  '1^,5-j/V/  (tiv  etc.  Piscibus  etc-  Bellissima  e  questa  introduzione ,  ed  oppor- 
tuna  ,  secondo  quel  detto  di  M.  Tullio  :  pertinet  ad  omnem  officii  quaestionem 
semper  in  promptu  habere,  quantum  natura  hominis  pecudibus ,  reliquisque  bel- 
luis  antecellat  (c)  .  Questi  versi  adduce  Eliano  nella  Storia  degli  animali  (d)  , 
e  Sesto  Empirico  contro  i  Retori  (e)  ,  ove  dice  citando  Orfeo  ,  che  fu  un  tem- 
po, in  cui  il  piu  debole  serviva  di  pascolo  al  piu  forte  ;  sennonche  i  Celesti 
(.specialmente  Giove  )  mandarono  alcune  Dee  (Iside  eCerere)che  il  vietaron 
per  legge  ,   proponendo  agli  uomini  de'  cibi  piu  miti . 

278.  eV«  a  ftx-n  i$-iv  gV  duioii; ,  quoniam  justitia  non  est  in  Mis.  Cicerone  nel 
citato  libro  :  neque  ulla  re  longius  absumus  a  natura  fer arum  J  in  quibus  inesse 
forticudinem  saepe  dicimus ,  ut  in  equis  et  in  leonibus :  justitiam  ,  aequitatem  , 
bonitatem  non  dicimus. 

282.  "O?  JV  xg  fxa?Ti/?/ti<Tiv .  Siccome  1'  ingiustizia  si  fa  con  la  forza  ,  e  con  la 
frode,  dopo  aver  parlato  della  forza,  passa  alia  frode  .  Eraclide  Pontico 
racconta  ,  che  legge  era  presso  i  Licii  ,  che  i  falsi  testimonj  convinti  erano 
venduti  schiavi,  e  il  lor  patrimonio  fatto  di  pubblica  ragione  . 

284.  Tx£&  r  d[xau?oiirtn  etc.  Atqae  ejus  obscurior  posteritas  postca  rclinquitur 
11  Clerc  fcrmo  nelle  sue  idee  ,  vuole  ,  che  qui  ancora  si  minacci  cosa  ,  che 
non  si  adempie  :  esservi  molte  famiglie  di  tiranni  ,  e  d' ingiusti ,  che  prospe- 

(a)  Manuductio  ad  Stoicam  philosophiam  Tom.  IV.  pag.  471.  (b)  Cic.  de 
Officii*  lib.  I.  cap.  36.  (c)  De  Officiis  I.  3o.  (d)  Pag.  447-  0)  Lib-  u- 
contra  Rhethores  pag.  2p5. 


189 

rano  ;  esservi  molte  famiglie  di  pii  ,  che  sono  ite  all' esterminio  .Che  cio  av- 
venga  talora  per  segreti  ,  ma  giustissimi  giudizj  di  Dio ,  non  puo  contro- 
verteisi  :  ma  che  spesso  avvenga,  questo  e  cio  che  si  nega  al  Clerc  ,  e  che 
non  si  provera  mai  .  Oltre  la  divina  parola  :  Ego  Deus  fortis,  zelotes ,  visi- 
tant iniquitatem  pat  rum  in  filios  in  tertiam  ,  et  quartam  oenerationem  (a)  ,  vi  e 
una  esperienza  costanle  di  tutta  1*  antichita  prufana  ,  che  in  ogni  paese  ha 
fatta  questa  osservazione,  che  niun  delitto  restasse  impunito ,  almeno  nei 
posteri .  Cusi  Teognide  (b)  :  cosi  Solone  (c)  :  cosi  Platone  (d)  :  cosi  Euripide  ne* 
frammenti  (e)  :  cosi  Eliano(y")  ,  che  di  tante  tirannidi  usate  inGiecia  pochis- 
jimo  ne  rammenta  passate  alia  terza  gencrazionc  :  cosi  Or.izio  (g)  ;  taccio 
le  autorita  ,  o  a  dir  meglio  le  scancello  per  non  crescere  al  libro  troppo  il 
volume;  cio  che  ho  fat  to  in  molti  altri  luoghi. 

28J.  'Avtffdf  <?'  cuofxx  etc.  Viri  autem  justi  posteritas  illustnor  ■  Ne'  Prover- 
bj  (h)  :  Qui  versatur  inculpatus  in  justitia  ,  beatos  filios  suos  post  se  relinquet . 

286".  Sa;'  J"  fc'j&i  etc.  Ceterum  tibi  ego  bona  sciens  dicam  valde  infans  Persa. 
Moscopulo  ,  e  gli  altri  antichi  spiegano  non  bene  cupiens  ,  come  i  moderni,  ma 
bona  sciens.  E  pare  opportunissima  la  spiegazione  ,  quasi  Esiudo  dica  al  fra- 
tello:  tu  sei  pvivo  di  senno  ;  convien  che  lo  attinga  da  me  ,  che  so  quel  che 
dico  :  e  ben  buono  e  colui  ,  che  non  avendo  senno  si  lascia  regolar  da  chi  1'  ha  . 

/■vi.  viyn  KfV/e'Ilg'f  r»  ,  valde  infans  Persa.  Passa  alia  prudenza,  e  dovendola 
insegnare  al  fratello,  comincia  da  mostrargliene  il  bisogno  che  ne  ha,  es- 
sendo  infante  in  e,ta  matura .  Notisi  con  Plutarco  presso  Proclo  ,  quanto  di- 
screto  ripiensore  sia  Esiodo  ,  contentandosi  di  questo  sol  motto  iiA-irii  ;  mentre 
Timocrate  e  Metrodoro  Epicurei  scrissero  tante  ingiurie  1' un  contro  l'altro, 
benehe  fratelli. 

287.  Trf?  fiiv  rmi  xaxow™  etc.  Mallt'iam  quidem  cumulatim  etiam  capere  etc. 
Comincia  una  sentenza  ,  alia  quale  dispone  il  preambolo  del  passato  verso  . 
La  sentenza  ha  due  parti  ;  prima  si  parla  della  malizia  ,  di  cui  si  dice  ,  che 
imparasi  fucilmente  ;  il  che  e  vero  special mente  se  vi  sia  natural  cattivo  .• 
malae  naturae  nunquum  ductoie  indigent  yi) . 

28p.  T»j  £'  dqiiHC,  etc.  Ante  virtutem  vero  sudor  em  Dii  posuerunt.  La  secon- 
da  parte  della  sentenza  parla  della  viita  ,  e  ne  spiega  la  diffioolta  .  Non  e 
possibile  trovare  altro  passo  di  antico  poeta  ugualmente  ceiebre  ,  e  dico  an- 
che  ugualmente  sensato  .  Socrate  presso  Senofonte  nelle  cose  memorabih  al 
lib  11  e  Platone  nel  IV.  delle  Leggi ,  se  ne  valgono  a  formare  gli  animi  alia 
fil>. sotia  come  di  fondamento  .  Gli  Stoici  par  che  lo  comentino  in  tutt'i  loro 
prineipi  ,  comeappare  special  men  tc  da  Epitti'to  ,  e  M.  Antonino,  c  specialmen- 
te  da  Luciano  (it)  ,  o-juix.^  inr'ffx^wfwv  id  TruvSnua.  f'xuw  -ns  H<tio£b  etc.  conti- 
riuo  inculcans   ilia  pervulguta  H<  siodi   de    virtute  cai mina  ,  sudor  em  que  ,  et   in 

(a)  Exodi  XX.  S.  (b)  Vei.-u  730.  (c)  Fragm.  vers-  32.  (J)  11.  de  Rep. 
(e  P.ig.  2?2-  edit.  Caimcli  .  (  f  1  De  varia  histoi  ia  lib.  VI  p  466.  (g/Lib.I. 
Cairn.  XXV11I.  vers.  70.  (/1)  Cap.  XX.  (t )  Publ.  Syius  v.  417.  (k)  In  Ne- 
cyomantia  torn.  I.  pag. 460. 

29 


190 

sum  mum  verticem  ascensum  .  Simile  uso  ne  fecero  i  Pilagorici  ,  proponendo 
come  simbolo  la  lettera  T  ,  con  cui  confortavano  i  loro  alunni  a  prendere 
per  tempo  la  miglior  via  ,  o  sia  la  desfcra  ,  che  conduce  a  virtu  ,  dura  nel 
principio  ,  soave  nel  fine .  Sul  qual  tema  abbiamo  anche  un  antico  epigram- 
ma  (a) .  Citan  pure  questi  versi ,  o  vi  alludono  M.  Tullio  (Z>) ,  Massimo  Tirio  (c) , 
Clemcnte  Alessandrino  (d)  ,  e  nello  stesso  libro  cita  Simonide  ,  che  pur  vi 
allude  (e) ,  come  fa  Silio  Italico(f),  Libanio  (g)  ,  Filone  (Zi)  ,  lo  Scoliaste  di 
Pindaro  nelle  Olimpiadi  ,  Euripide  nella  Medea  c  nell'  Ippolito  ,  ed  altri. 
Nel  ver.  287-  leggono  i  piu  iiv  ;*iv  yd?  invece  di  i»»  /ugv  tdi  .  Nel  v.  288.  leggo- 
no  Platone  e  Senofonte  :   X«'»  /uiv  invece  di  i'kiyn  fjtiv . 

200.  'A-9-aVaw/  etc.  Nota  qui  il  Robinson  quel  pregio  ,  il  qual  tanto  e  lodato 
in  Omero  da  Dionigi  d'Alicarnasso  (z) ,  a  cui  si  puo  aggiugnere  Dion  Crisosto- 
mo  (fc) ,  e  fra' moderni  il  Gravina  (Z) ;  e  consiste  nel  dipingere  al  vivo  la  na- 
tura  delle  cose  col  numero  stesso  del  verso  ,  e  colla  giudiziosa  seelta  de'  vo- 
caboli  e  delle  lettere  .  E'questo  un  mavaviglioso  segreto  dell' arte  ,  e  per  cosi 
dirlo  ,  il  sommo  fastigio  della  poesiaj  e  dell' oratoria .  Esiodo  non  l'ignoro  ; 
e  dipinge  la  lunghezza  della  via  conducente  a  virtu  con  que'  tre  epiteti  quasi 
di  una  stessa  terminazione  ,  /uaxfo's ,  £f9-/aj,  r  guru's  ,  che  congiunti  alle  cinque 
particelle  rendono  il  discorso  piu  lungo  :  ne  dipinge  la  difficolta  col  con- 
corso  di  molte  aspre  consonanti ,  e  col  rompimento  del  verso  a  mezzo  :  ne 
dipinge  la  speditezza  del  cammino  di  chi  e  giunto  al  sommo  con  la  fluidita 
del  verso,  colla  frequenza  di  dattili ,  e  coll' uso  non  parco  delle   vocali. 

Ivi .  In  tutto  questo  passo  traluce  il  sentimento  del  Savio  ,  presso  cui  si 
promette  di  guidare  un  uomo  alia  giustizia  ,  ch'  e  quanto  dire  ad  ogni  ma- 
niera  di  virtu:  e  gli  si  dice,  che  in  prima  dovra  passare  per  vie  strette  , 
dove  convien  camminare  pie  innanzi  piede  ;  appresso  non  soffrira  uguale 
strettezza  ;  finalmente  vi  potra  correre  senza  inciampo  :  Ducam  te  per  semi- 
tas  justitiae  ,  quas  quum  ingressus  fueris  ,  non  arctabuntur  gressus  tui  ;  et  cur- 
rens  non  habebis  ojfendiculum  (m)  . 

2pi.  eVs/V  ^'  «f  ax-goy  ixnrcu  ,  in  terza  persona  ,  come  leggono  Senofon- 
te, Filone  ,  Clemente  Alessandrino.  11  Gujeto  ,  e  il  Clerc  difendono  questa 
lezione  contro  quei ,  che  vorrian  Yxncu  in  seconda  persona,  perche  il  discorso 
e  volto  a  Perse.  E  il  secondo  vi  sottintende  o$o%  ;  giacche  siegue  'fttt^in  fem- 
minino  :  il  primo  vi  sottintende  ri g ,  ch'  e  probabile  spiegazione  confermata 
da  Platone  (n) :  orcw  <?e  t/j  dvnn;  a';  ax.fov  Ixwm. ;  onde  non  e  da  mutarsi  ;  ma 
rider  dell' espressioni  spesso  enfatiche ,  gonfic  ,  e  sprezzanti  del  Grevio. 

2p3.  oj  aurip  irdvm  varied .  Gli  Scoliasti  notan  qui  un'  aferesi  poetica  ,  per 
cui  aj/Tjj  sia  lo  stesso  che   tati/ru,  e  spiegano   qui  per  se  ipsum   omnia    nuscit . 

(a)  Inter  virgiliana  ,  sed  non  in  omnibus  editionibus  :  in  Heyne  non  est. 
(b)  Epist.  famil.  1.  VI.  ep.  18.  (c)  Dissert.  XXL  (d)  Strom.  IV.  pig.  S6S. 
(e)  Pag.  S 8 5.  (  f)  Punicorum  XV.  v.  101.  etc.  (g)  Epist.  2.  Additionis  .  (A)  De 
Temulentia .  (f)  V.  tract,  de  verborum  collocationc  torn.  II.  pag.  I.  {k)  Orat 
XII.       (Z)  Ragion  poetica  c.  4.       (»7z)  Prov.  IV.       (n)  In  Protagora. 


i$m 

Tanta  dovizia  di  codici ,  quanta  noi  ne  produciamo ,  c  tant' autorita  di  lib-ri 
editi  quanta  ne  addita  Loesnero  ,  che  quasi  tutti  si  accordano  in  confermare 
quest'  aura ,  basterebbe  ad  escludere  quell' aw  V?  ,  che  c'intruse  1'  Einsio ,  e 
anche  confermo  il  Grevio  .  Citasi  per  1'  a.v™<;  Aristotele,  che  veramente  scri- 
ve  cosi;  ma  nell'  Etica  al  lib.  I.  capo  2.  nel  margine  e  nurm  ;  segno  che  tro- 
vasi  in  qualche  codice  .  Citasi  Clemente  Alessandrino  (a) ,  di  cui  Pottero  con- 
iultati  non  pochi  MSS.  dice ,  che  dura  vel  dorp  scripsisse  indubium  est.  Citasi 
Aristide  (b)  ,  di  cui  Samuele  Iebb  attesta ,  che  rammentando  piu  volte  il  te- 
sto  di  Esiodo ,  scrive  au'ros  una  sola  volta ,  o  sia  sua  lezione ,  o  del  codice  » 
Citasi  Plutarco ,  ma  tacendosi  il  luogo  ,  non  posso  confutare .  Citasi  Laer- 
zio  (c)  ,  o  sia  Zenone  presso  lui ;  di  cui  Proclo  riferendo  il  testo  legge  aura  . 
Cosi  anche  legge  Ammonio  alia  parola  a?™?;  e  loScoliaste  di  Sofocle  nell' An- 
tigone (d)  ,  ed  Eustazio  al  11.  della  lliade  v.  35o.  ove  il  Politi  Sg  aura  ,  quod 
Daniel  Heinsius  perperam  mutavit  in  auiit; .  Passa  anche  il  Grevio  a  tacciar  di 
errore  1'  antica  lezione  ,  e  di  contraria  all'  indole  della  lingua  greca  :  di  che 
in  vista  delle  autorita  oppostegli  non   gli  crediamo  . 

2P4.  <&fct?s-dactroi;  etc.  verso ,  che  da  molti  degli  antichi  ,  che  citano  il  passo 
di  Esiodo  ,  e  pretermesso .  Quindi  forse  non  e  di  Esiodo ;  ma  essendo  riferito 
da  Aristotele ,  e  comentato  da  Proclo ,  e  degno  di  essere  considerato  . 

Ivi .  r&\  ii  <ri\cis  ynv  dfxeivu .  11  te'Xo?  puo  spiegarsi  del  particolare  intento , 
a  cui  si  vuol  pervenire  :  ma  e  voce  di  scuola ,  e  che  significa  il  fine  della 
beatitudine  a  cui  deon  condurre  tutte  le  opere ;  v.  gr.  in  sentenza  degli  Epi- 
curei  il  piacere  ,  in  sentenza  degli  Stoici  la  virtu.  Di  questo  scrive  Varro- 
ne  (e)  ,   che    singular  (sectae)    exitum    ac    telos  habent  proprium  . 

2J>5.  'ES-Xo;  etc.  Zenone  invert!  1'  ordine  di  questi  versi ,  ed  emendo  cosi  : 

'Eo-3-Xo'j  J'  au  xrixlivos  o;  at/To'j  'trdvia  vo»crli  [f\  . 
La  ragione  che  ne  adduceva  era  questa  ;  che  il  primo  comecche  non  ve^a 
tutto  da  se ,  tuttavia  diretto  da  altri  agisce  bene  :  ove  al  secondo  non  si  ascri- 
Te  se  non  la  conoscenza  del  buono .  Ma  questa  ,  direbbe  il  Caro ,  e  una  sotti- 
gliezza  ,  che  si  scavezza ;  onde  senza  variarla  e  lodata  questa  sentenza  da  Ari- 
stotele (g) ,  da  Cicerone  (h, ,  da  Livio  (z) ,  da  Isocrate  (h) .  Chi  vcde  il  meglio, 
crdinariamente  non  fa  il  peggio  .  Ma  gli  Stoici  eran  pieni  di  cavilli. 

2p8  'AXXa  au  etc.  In  seguito  della  giustizia ,  e  della  prudenza,  raccomanda 
-a.  Perse  la  fortezza  in  quel  grado  che  gli  conviene .  Che  non  forma  gia  un 
eroe  per  la  patria ,  ma  un  padre  per  la  famiglia ,  e  un  agricoltore  per  la  catn- 
pagna ;  la  cui  fortezza  sta  nel  faticare  ,  e  nel  travagliare  :  grado  infimo  ,  ma 
pur  grado  di  fortezza,  secondo  Cicerone  :  Animi  excellentia  magnitudoaue  turn 


(a)  Lib.  III.  Paedag.  cap.  8.  (b)  Orat.  I.  de  Rhetorica  (< )  In  Zenone  pag. 
170.  (d)  T.  II  pag.  422.  (e)  irt^i  aiftrtuv  Satyra .  (  f )  Laertius  in  Zeno- 
ne  pag.  170.  (g)  I.  Ethicorum  cap. 4.  (h)  Pro  Cluentio  .  (i)  Lib.  XXX. 
(it)  Orat.  II.  inter  expositas  a  CI.  V.  Iacobo  Facciolato. 


Ip2 

in   augendis  opibus  utilitatibusque  et  sibi  ct  sttis ,  turn  multo    magis  in   his   ip^is 
despiciendis  elttcet(a)  . 

2pp.  llov  -}ivo<;.  11  Sevin  ,  nome  celebre  nell'  Accademia  delle  Iscrizioni  di 
Parigi  congettura ,  che  essendo  scritto  A/jo  yi--o;,  Dii  films ,  sia  stato  mal  co- 
piato  ,  e  per  la  somiglianza  delle  due  lcttere  B,ed  »  tattone  <f?ov .  Lo  stesso  pre- 
tende  il  Brunck ,  citando  il  Ruhnkcnio.  Nun  mi  reco  a  creder  1'  errore  ,  riflet- 
tendo  die  aiico  Crisippo  trecent'  anni  prima  dell'  era  nostra  leggeva  cosi  (b) , 
e  Moscopulo  comenta  irouJes  b.i°u  riviq  n^afj  Tzetze  vie  A<st/;  dopoletto  amen- 
due  &7ov  -)ivo,  .  Par  dunque  che  tacitamentc  il  richiami  alia  imitazione  del 
padre,  buono  e  industrioso  padre  di  famiglia.  Ne  si  opponga  che  da  A/05  dee 
dcrivarsi  A<7»><;  giacche  anche  Omero  disse  Aa'fJai'o/  per  C^a^Soiviat  (c) ,  e  an- 
che  i  Latini  gens  Romula  per  Rom  idea  .  Veggasi  il  Volpi  al  libro  111.  di  Pro- 
perzio  (ci) .  Proclo  spiega  quel  Jiov  >eVof  per  genus  divinum  ,  e  erode  che  alluda 
alia  discendenza  di  Oifeo  e  Calliope;  la  qual  credo  favola  inventaLa  per  no- 
bilitare  Esiudo,  e  ignota  a'  giorni  del  Poeta. 

303.  Tw  cfg  S-ioi  etc.  Pi  d  eagioni  p^ssono  addursi  di  quest' odio  degli  uomini  , 
e  della  Divinita.  Gli  oziosi  nelle  citta  sono  i  meno  sempre  .  Fa  dunque  na- 
turalmente  disdegno  a'  piu  ,  i  quali  si  considerano  come  operai  di  un  mede- 
simo  campy  ,  il  veder  se  in  travaglio  ,  e  alcuni  in  ozio  .  Dio  poi  odial'ozioj 
perche  nun  h  mai  innocente  :  multam  mahtiam  docuic  otiositas  (*)  ;  e  di  Ma- 
mea  Augusta  conta  Erodiano ,  che  avea  affezionato  il  figlio  Alessandro  a  vi- 
vere  occupato  sempre,  w;  av  d%o~A8uwo;  etc.  at  occupato  rebus  potioribus  ,  ac 
necef'Sarti*  imperanti  yne  quod  spatium  supcres.set  vacandi  malis  artibus  {  f) . 

304.  wpvvtTTt  x.o$8?oig  ?xsXo;  ofutiv,  fuvii  ignavis  similis  cupiditate.  Fuco  e  un 
insetto  simile  alia  pecchia  ,  di  mole  pero  alquanto  maggiore  ,  di  colore,  chn 
tira  al  fosco  ,  privo  di  aculeo  .  Ne  provengono  in  ogni  alveare  in  numero  70. 
o  8o-  volte  minore  delle  api ,  dalle  quuli  mal  credette  Aristotele  che  nasces- 
sero(o).  Plinio  gli  chiamo  impirfcctae  apes,  serotinus  forru*  ,  servitia  veraium 
apum  ,h  .  I  moderni  hanno  seoperto  ,  che  questi  sono  i  maschi  dell'alveare, 
da' quali  e  fecondata  la  madre,  o  sia  la  reina  delle  pecchie ,  eontro  Elia- 
no(i),  che  favolosamente  vuole,che  i  fuchi  abbiano  masohi  e  fommine.  Essi 
non  lavorano  punto  per  la  fabbrica  della  cera  e  del  mele;  ma  si  s.  stengono 
co' lavuid  delle  pecchie;  e  queste  gli  sostentano  vtQentieri  ,  hn<he  son  ne- 
cessarj  al  supplemento  della  loro  .specie  :  verso  aulunnu  gli  cacciano  alia 
campagna,  o  gli  uccidono .  Cos!  il  Reaumur  nel  T.  5.  della  & t •  •  1  i a  dogl'  lnsetti . 

lvi.  Nell'  assegnare  V  etimolugia  di  x  -9-a?o5  ,  e  la  vera  spieg..zi..ne  ,  e  incre- 
dibile  quanto  varino  gl' Interpret!.  Per  non  vagare  ,  raunando  ccse  da  impu- 
gnarsi  ,  mi  arresto  alia  chiosa  suggerita  da  Esichio,  e  da  Favoiinu,  e  da 
Proclo  ancora:  Ko'*»?o;,  «'f>os,  «Vo  tk  x.iu$nv  ttIv  ivfet.,  piger  ab  absco/idenda  cau- 

(a)  De  Ofhc  (Z>)  Plutarch,  de  Stoicorum  repugnantiis  .  (c)  11.  111.  v.  +56. 
Ki^^vri  (J-lu,  Tfwe;,  *j   l\a$£oivoi  ,    »/d"  (irix-s^oi.  (d)  Pag.    714.        (<  )   EccllS.   33. 

v.2p         (/,   Historiarum  lib.  VI.p.2i5.       (g)  H.  An.  lib.  IX.  40.     (/i)  Hist.  Nat. 
lib. XI.  cap.  1 1.       (t)  Lib.  1- de  animalium  naturacap.  p. 


T93 

da.  Io  credo,  che  la  similitudine  sia  tolta  da' quadrupedi,  de'quali  e  pro- 
prio  per  timore  e  per  pigrizia ,  remulcere  caudam  .  Plinio  (a)  :  Canum  degeneres 
sub  alvum  (caudam)  reflectutit .  •* 

Ivi.  iff^iv.  E'  voce  di  grande  uso  presso  gli  Stoici;  ma  di  signihcato  contro- 
verso  .  V.  il  Casaubono  al  primo  capo  di  Epitteto ,  e  Giusto  Lipsio  ne'  Co- 
menti  a  Seneca  al  libro  II.  de  Ira  cap.  I.  Ottima  al  caso  nostro  mi  par  la 
ipiegazione  che  ne  fa  M.  Tullio  :  appetitin  animi ,  quae  i?(*>i  graece  vacatur  non 
ad  quodvis  genus  vitae ,  sed  ad  quamdam  formam  vivendi  videtur  data(b), 
quale  nel  fuco ,  e    nell'  ozioso  e  il  talento  di  vivcre  delle  altrui  fatich« . 

3o5.  0^  7?  ixiXta-s-aav  xafiasv  T^J^isc-jv  difjoi  ,  Qui  apum  laborem  absumunt  otio- 
si.  L'Einsio  noto ,  che  Sbobeo  invece  di  leggere  *f0£K°S(»'  degyoi  y  lesse  vn'wotvoj 
fUsrt  ,  emistichio  di  Omero  (c)  .  Quante  frasi  di  Omero  avranno  inserite  i 
Critici  in  Esiodo  in  tanti  secoli ;  e  viceversa  quante  di  Esiodo  in  Omero! 
specialmente  Aristarco,  solito  a  mutare  in  ogni  autore  cio  che  gli  pareva 
men  bello  ,  come  osserva  Wolfio  citato  altrbve.  E  poi  da  qualche  verso  di 
Omero,  che  qui  si  trovi ,  sara  lecito  d' inferirne  la  sua  anteriorita  del  tem- 
po verso  di  Esiodo  ? 

306*.  i?yx...  ui-r^ia. ,  justu  opera.  Sieguo  Moscopulo ,  che  comenta  vu'fjtfiir^a 
ry  <rn  diwdua  ,  paria  tuis  viribus  ;  abbandonando  il  parere  dell'  Einsio  ,  che 
spiegava  labores  indefatigatos .  Anch'Esichio  dice  ^s'to/o/,  eV/erxwj,  convenientes  • 

3io.  "Es-o-eou  etc.  Questo  verso  e  pretermesso  da  Stobeo  ,  e  da  altri  .  V.  1' in- 
dice  delle  variant!.  Forse  parve  contenere  una  tautologia .  Ma  non  perci© 
era  da  omettere  ,   anche  perche  vizio  ,  non  hominis ,  sed  temporis . 

3  1 1 .  >Ef>a/  J1'  ZSlv  s.eifos,  dep)i»  Si  r  ovaio^ ,  Opus  nullum  est  dedecus  ;  otio- 
±itas  veto  est  dedecus.  Ingegnose  note  su  questo  verso  distesero  1' Einsio ,  ed 
il  Clorc  ;  e  n'  era  degno.  Raccontano  Senofonte  (d) ,  ed  Eustazio  (e)  ,  ch' era 
spesso  in  bocca  di  Socrate ,  e  che  i  suoi  accusatori  se  ne  servironq  per  ca- 
lunniarlo  ,  quasi  il  suo  senso  fosse  ,  che  niuna  opera  o  buona  ,  o  rea  e  vergo- 
gna  ,  quando  e  lucrosa.  Infatti  il  verso  inteso  a  parola  da  presa  alia  calun- 
nia .  Eustazio  percio  lo  giudica  aV*ip<yj  y%*$i\/ ,  ambigue  scriptum  .  Ma  Esiodo 
fa  un' opera  che  intitola  &f}«  ^  »',«e'fa/ ,  intendendo  i  lavori  dejla  campagna  , 
per  £?>« ,  il  piantare ,  l'arare,  il  seminare.,  e  gli  altri.  Di  questi  special- 
mente asscrisce ,  che  niuno  puo  vergognarsi  :  e  non  e  obbligato  a  qualihcar- 
gli  ogni  volta;  altrimenti  sarebbe  intollerabile  poeta  .  Socrate  poi  per  nome 
di  £?><*  non  intese  se  non  Jtara  tpv'viv  t^ya,  e  siccome  spiegava  un  suo  detto, 
dovea  crederglisi  :  ma  che  val  ragione  in  poverta  di  stato? 

Ivi.  Che  sia  vergogna  il  non  operare,  lo  dichiara  a  bastanza  la  legge  presso 
gli  Ateniesi  ,  riferita  da  Valerio  Massimo  \f) :  Apud  Athenienses  inertia  e  la- 
tebris  suis ,  languore  marcens ,  in  forum  perinde  ac  delictum  aliquod  protrahi- 
tur  ,fitque  ut  facinorosae  ita  erubescendae  rea  culpae .  Presso  i  Sardi  era  leg- 
ge simile  ,  come  racconta  Eliano  (g) . 

(a)  Lib.  XI.  c.  So.  (b)  DeFinibus  Lib.  111.  c.  7.  (c)  Odys.  I.  160.  (d)  Memo- 
rab.I.p.  72o.     (e)  Iliad.  II.  v.  43  5.     (/)  Lib.  II.  p.  lz.     (g)  Var.  Hist. lib.  IV.  c.  1. 

3° 


ip4 

3i3.  irXx'rqi  J"  xftri  t(cft  xSfot;  cw<?ii ,  divitlas  vero  et  potentia  ,  et  gloria  comi- 
tatur .  Molta  confusione  ha  qui.recato  la  voce  a'fSw,  intesa  come  suona  ,  per 
virtu  morale,  lo  credo  che  qui  vada  spiegata  per  pmenza  ,  ne  so  maravigliar- 
mi  a  bastanza ,  come  Proclo,  che  ineritamenle  deferisce  tanto  a  Plutarco, 
non  l'abbia  seguito  in.  questo  signitioato  di  Wmuis ,  pote"tia  ,  che  da  alia  vo- 
ce d?ini  ,  citando  il  luogo  di  Esiodo ,  che  abbiam  fra  mano(«1.  in  tal  senso 
pure  1'  intese  lo  Scoliaste  di  Omero  Oljs.  XI.  v.  3  5p.  e  lo  Suoliaste  di  Calli- 
maco  (b)  ,  e  dopo  lui  Anna  Dacier  (c)  >  il  che  puo  confermarsi  co'  versi  di 
Teognide  citati  da  essa ,  e  con  altri  .  Non  si  dubiti'piu  clunque  della  vera 
interpretazione  di  questo  luogo;  d^tvSj  e  quella  pussanza  ,  che  al  ricco  viejie 
dalle  aderenze  specialmenle  conciliates!  col  denaro . 

314.  kodnovi  <T  0J0;  t;t£-a  Ota;  invece  di  %uotp'%.  Gujeto  ,  ed  emenda  ioic-3-a  ;  ma 
inutilmente  .  Dall' eolico  y&x  invece  di  »? 5 ,  per  prostesi  di  una  e,  si  forma 
in&a,  nel  presente  del  soggiuntivo.  Omero:  <?v  S'  a'x.  «f<*  ibIoi;  iv&a  (d) .  Non 
e  nuovo  che  i  felici ,  e  i  virtuosi  si  dican  simili  agli  Dei.  Antonino  Aug. 
lib.  IV.  Oeis  dvwi 's  Jo^ms  01  j  vov  S-nqtov  ,  ^  iri-5-nx.o; .  Deus  videbere  Us  ipsis  ,  qiu- 
bus   nunc  fera  aut  simitis  (  si  ad  praecepta   animum  flectas)  . 

317.  A/rfw'setc.  I  due  versi  317.  e  3i8.  furono  rigettati  da  Plutarco,  e  sono 
esclusi  dal  Cav.  Brunck  ,  quasi  un  furto  ad  Omero  .  Non  si  e  dato  retta  al 
Cheroneo  ,  e  Suida  gli  cita  v.  A/Jw; ,  Stobeo  gli  riporta ,'■  tutti  gli  Scoliasti 
gli  spiegano  ,  quasi  tutt'iCodici  gli  riconoscono .  Qual  de'due  Poeti  sia  arric- 
chito  delle  spoglie  dell'altro  e  tanto  indeciso  ,  quanto  e  indeciso  chi  sia 
all'  altro  anteriore .  Ma  prescindendo  da  cio  ,  e  certissimo  ,  che  dovendosi 
ritessere  quelle  rapsodie  di  Omero,  si  recarono  tra'  versi  di  lui  anche  ver- 
si di  altri  (e) ,  e  ve  ne  saranno  stati  di  que' d' Esiodo  .  Chi  puo  decidere  , 
se  scambievoimente  cosi  avvenne  ad  Esiodo  (e  gli  avvenne  ,  giacche  Ari- 
stareo    emendo   1'  uno  e  1' altro  )  ,  qual  de'due  sia   anteriore? 

3 1 8-  A'^co;  in  quesfo  luogo  non  ista  nel  significato  ,  in  cui  lo  trovammo  al- 
tra  volta  ;  non  ista  qui  in  significato  di  virtu;  ma  di  cosa ,  che  non  e  ne 
virtu  ,  ne  vizio  da  se ,  come  parla  Speron  Speroni  ( f )  ,  ed  e  secondo  la  dot- 
trina  di  Arisbotele  (a )  ,  che  la  considera  come  una  passione  .  Di  questa  pas- 
sione  pertanto  ,  dice  Esiodo  ',  che  talor  giova,  ci6  che  non  ha  bisogno  di  co- 
mento  ;  ma  talor  nuoce,  il  che  e  piu  oscuro  .  Plutarco  nel  libro  de  vitioso 
pudore  /z)jConta  fra  gli  effetti  della  nocevole  vcrgogna  l'adulazione,  la  con- 
discendenza  a  cose  indebite  ,  e  quanto  si  fa  per  timore  sciocco  di  non  in- 
contrare  una  irragionevole  riprensione  .  Ma  il  cattivo  eftetto  che  nota  qui 
Esiodo  e  il  condurre  alia  poverta  ;  come  si  dice  de'  Tespj ,  piesso  i  quali  era 
vergogna    1'  agricoltura  ;  e   fra   essi.molti   eran   poverissirni.   Gli  Stoici  per 


(a)  Tract,  de  audiendis  poetis  pag.  24.  (b)  Hymn.  I.  Callimachi  ver.  pj. 

(c)  ver.  120.       {d)   Odyss.  XVI.  ver.420.  (e)  Fabric. Biblioth.  Graecae  lib.  II. 

c.    2.  pug.  271.       (f)    Tom.    II.  p.  117.  (g)  De    moribus    lib.    IV.    cap.    1$. 
{h)   Pag.    140- 


T9* 

non  confonderlacolla  onesta  vergogna  ,le  diedero  il  nome  di  Svawwiu ,  perche 
diffioilmente  si  volge  a  mi  rare  quel  che  bisognerebbe  . 

3ip.  Sxqtros  Si  topor,  o^.Sor .  0?dtn>s  ,  nota  Gio.  Tzetze  ,  est  impudent  et  teme- 
raria  audacia,  $dfTog  vera  est  prudens  audentia .  Simil  diflerenza  mettono  i 
latini  grammatici  fra  audax  e  auden?  ,  J'uno  prendendolo  in  mala,  1' altro 
in  buona  parte.  V.  il  P.  della  Cerda  al  libro  X.  di  Viigilio  v.  284. 

320.  Xfiiftonn  eT  ax  dfirctx.'rx  ,  Divitiae  vero  non  rapiendae  .  Torna  alia  giusti- 
zia ,  ch' e  il  primo  tema ,  inculcate  percio  assai  spesso  :  con  che  si  fa  qual- 
che  scusa  a  questa  ,  che  a  qualche  Scoliaste  pare  tautologia .  Era  massima 
di  que' primi  Greci  osservar  la  natura ,  e  imitarla  a  capello.  Or  noi  veg- 
giamo,  che  quando  ad  alcuno  assai  preme  di  una  cosa  ,  non  si  guarda  d' in- 
culcarla  tre  e  quattro  volte  in  un   discorso   medesimo(a)  . 

323.   xg'fJo;    vCoj   lf%anr an Ty  etc.   qiuim   lucri  amor    mentem   deceperit.    Morale 
quanto   altro   mai  e  questo    passo  ,   che    spiega   come    una    passione   giunga  a 
pervertire.  Ella  seduue  1' intelletto  ,  sicche  si  lusinghi  o  che  non   vi   sia  Di- 
vinita  ,  o  che  si  plachi  fueilmente  ;  e   dopo   cio   passa  a    fare  invereconda  la 
volonta  ;  sicche  scacci  da  se    quel  riserbo  ,  e  quella  tcmenza    di    perder  1' o- 
nore  ,  che   pon  freno  alle  scorrette  voglie.  Ed  e   notabile  il    modo ,  con  cui 
spiega  nel  contesto  V  ingiustizia  ,  dipingendola  con  due  parole  xs?<T' i^  y^a'a-ei? 
in  ogni  sua  parte;  perciocche  con  le  mani  si  commette  1' ingiustizia  aperta , 
per  la  lingua  1' ingiusti/ia  dolosa .  La  divisione  e   ancora  di  Dante  \b)  : 
D' ogni  malizia  ch' odio  in  Cielo  acquista 
lngiuria  e  il  fine  ;  ed  ogni  fin  cotale 
O  con  forza  ,  o  con  frode  altrui  contrista  . 
325.  'P««   is  utv  /joua?G<ri  &iot  ,  cioe  dpavpSo-i ,  ch'  Esichio  spiega  <Dtari'%8(ri-. 
32.6.   m-v.u%ov  Sir    tnri   ^ivov  "\0o$  onraStt  ,  parvo    tempore  divitiae  ad  sunt .  Nei 
Proverb)  (c)  -  Egestas  a  Domino  in  domo  impii  . 

327.  *lrov  <J'o;5-'  i%i-rhu  ,  Simile  committit  delictum  et  qui  supplicem  ,  et  qui  ho- 
spitem  malo  affixit  etc.  Chiude  questo  sensato  discorso  contro  1' ingiustizia  ad- 
ducendo  varj  esempj  d' ingiustizie  piu  solite  commettersi  ,  perche  piu  facili; 
ed  e  diiferenza  tra  delitto  e  delitto  ;  cio  che  T/etze  ottimamente  conobbe 
contro  gli  Sboici  ,  che  tutt'i  peccati  credean  uguali  (d)  ■  "'Itov  ,  die' egli  ,  ve- 
teres  pro  opotov  ponebant :  donee  Pythagoras  princcps  philosophtis  ,  et  Archytas  , 
et  Ariatoteles  ,  et  qui  deinceps  uniwr&am  phUosophiam  midtarum  re>um  aggres- 
sionem  nominarunt  ,  sanxerunt  tb  i  ~oj  de  quantitate  dici ,  t£  Zuotov  de  quali- 
tate .  Quindi  traduco  non  par  ,  come  i  passati  Interpret!,  ma  simile  delictum  , 
cioe  contro  la  virtu  istessa  dclla  giustizia  . 

Ivi.  Fra  1' ospite  ,  e  il  supplice  e  qualche  simiglianza  rilevata  da  Omero, 
laddove  disse  :  Zej/'j  6'  i'iriTiij.ii'w<>  ixiTttais  ts^hjuv  it ,  Juppiter  autem  ultor  est  sttp- 


(a)  V.  Eurip.  ne' frammenti  delFEretteo  pag.  101.  e  to2.  ovc  un  padre  al 
figlio  ricorda  nello  stesso  contesto  piu  volte  le  ste6se  cose  .  (b)  Cant.  L 
cap.  2.       (c)  111.  33.       (d)  In  Commentar.. 


196 

pllcum  et  hospitum  (a)  ,  per  cui  Eliodoro  (£)  nomina  Giove  ospitalete  supplies 
insieme.  11  supplice  pu6  definirsi  qui  in  aliena  urbe  vel  domo,  vel  in  sacro 
aliquo  loco  periculorum  perfugium  quaerit  (c) .  Ospite  e  chi  dimora  presso  altri , 
non  per  cercarvi  rifugio  ,  ma  in  vigore  specialmente  di  un  contratto  scam- 
bievole,che  celebravasi  tra  famiglia  e  famiglia ,  o  anche  tra  privato  e  citta . 

328.  dvd  Jifxvia,  ficuvoi :  fiaivet  ottativo  invece  dell'  indicativo  (Zou.a  ,  ch'  e  an- 
che nelle  glosse  di  Esiodo.  11  Brunek  lo  riprende  :  Gretsero  fin  nell' indice 
lo  chiama  atticismo .  'Avafiaivoi ,  nota  il  Bugano ,  corrisponde  alia  frase  scrit- 
turale  ascendisti  cubile  v.  gr.  patris  tui .  Ne  fu  solamente  costume  degli  E- 
brei  collocare  i  letti  bene  in  alto  ,  sicche  ci  si  dovesse  salire  ;  ma  delle  altre 
nazioni  ancora  ;  degli  Etruschi ,  come  appare  dalle  loro  urne  ,  ove  sono  rap- 
presentati  letti  con  giadino;  de'Greci,  come  costa  da  Omero  {d)  :  M»irois  m% 
riwii  iiriflnuwcu  ,  nunquam  ejus  cvbile  ancendisie ;  de'  Latini  ,  ove  troviam  men- 
zione  di   piu  gradini  d' avorio  :  gradibusque  acclinis  eburnis  stat  thorus(e). 

33o.  In  agrum  pupillorum  ne  ingrediaris ;  nam  Dominus  qui  est  redemptor 
illorum  ,  est  patens  ,  come  traduce  Calmet  (f) .  Noto  ,  che  1'  edizioni  son  divise  , 
approvando  altre  « XtialvtTutt ,  altre  aXirpcavemt .  II  grand' Etimologo  ,  citando 
questo  verso  le  approva  ambedue  ;  la  prima  da  dXiTia ,  fallo ;  la  seconda  da 
d\nqa% )  malus . 

33  I.  "O;  te  yoviia  yifovat  etc.  Et  qui  parentem  senem  etc.  Plutarco  p.  47p.  ^ 
gx.  tg-tv  etc.  neque  majus  est  impietutis  orgttmentum ,  quam  parentum  despectus  y 
et  injuriae  . 

33  5-  'AXXa  a-v  etc.  Sed  tu  etc.  Dopo  i  generali  precetti  ,  specialmente  su  la 
giustizia  ,  viene  a'  particolaii  precetti  su  gli  uffizj  della  vita  ,  i  quali ,  con- 
forme  alia  dottrina  di  Lipsio  ,  con  bell'  ordine  distribuisce  cosi :  considera 
Perse  come  uomo  ,  come  parte  della  societa ,  come  padre  di  famiglia;  istru- 
endolo  ne'  doveri  verso  gli  Dei,  verso  gli  sfcranj ,  verso  i  domestici .  E  notisi 
ch'  egli  procede  parcamente  ,  e  con  principj  coerenti  alia  tela  che  tesse . 
Egli  parla  ad  un  agricoltor  povero;  tutto  e  piano,  tutto  e  volgare  j  nulla  di 
elevato  ,  nulla  di  grandioso  ;  quasi  tutto  misurato  coll'util  proprio. 

336-  KttJJu'va/xiv  =T'  'iqSn-j  etc.  Pro  facultate  autem  sacra  facito  immortalibus 
Diis  •  In  prima  1'  esser  d' uomo  fonda  l'obbligo  di  alcune  esterne  protestazio- 
ni  di  ossequio  alia  Divinita  ,  di  cui  qui  Esiodo  divisa  il  modo .  Primo  ,  dev'  es- 
ser prestato  secondo  le  forze  kcckc  Svvtx^iv.  Socrate  spesso  avea  in  bocca 
questo  precetto  di  Esiodo.  Da  .Altissimo  secundum  datum  ejus,  e  raccoman- 
dato  anche  nell'  Ecclesiastico  (or) . 

337.  'Ayvu$  ,  ^  xa5-«j&i;  etc.  Caste  et  pure  etc.  e  1*  altra  condizione  del  ser- 
vigio  degli  Dei  .  Quantunque  il  Clerc  su  la  fede  di  Proclo  lo  creda  detto 
dello  spirito  e  del  corpo  insieme  ;  tuttavia  gli  altri  due  lnterpreti  lo  giudi- 
can  detto  piuttosto  ayvut;  dello  spirito ,  xa9"Zf<sJ  j  del  corpo .  Per  secondo  dun- 

(a)  Odys.  IX.  v.270.  (b)  Aethiop.  II.  pag.  po".  (c)  Grotius  dc  Jure  Belli 
Lib.  11.  cap.  21.  (ci)  Iliad.  IX.  i33.  (e)  Lucan.  Lib.  II.  v.  355.  (/)  Prov. 
XXIII.  vers.  io.       (g)  XXXV.  12. 


T92 

que  .raccomanda  Esiodo  al  fratello  di  far  le  sue  oblazioni  oon  mente  e  cuor 
pio .  La  pieta,  quando  accompagni  il  sacrificio  ,  pud  col  semplice  farro  ren- 
derlo  accetto  ;  come  concordemente  dichiarano  Orazio  (a)  e  Persio  (b) :  tanto 
e  vero  cio  che  canto  Publio  Siro  ,  che  puras  Dfus  ,  non  plenas  adspicit  manus  (c) . 

Ivi .  xa$a?us  .  Gli  raccomanda  la  mondezza  del  corpo  ,  o  sia  1'  esteriore  ,  co- 
me abbiam  detto  ;  la  qual  consiste  in  essersi  astenuto  specialmente  da  piacer 
venereo  per  un  giorno  (d)  ,  nell'  aver  pure  vesti  ,  che  Omero  appunto  chiama 
xabaqd  Hfxaiix ,  e  Tibullo  puram  vestern  ■  cioe  bianca,e  lavata  di  poco  <rw  i&mt 
viOTrXvvu  ,  come  -parlan  Moscopulo  e  Polluce  (e)  ;  nell' usar  attrezzi  pun,  cioe 
serbati  a  solo  uso  di  sacrificio  ,  quali  gli  chiede  Aniitrione  presso  Plauto(j) 
Abi  domum  ,  jube  vasa  pura  actntitm  parari  mihi.  La  purezza  delle  mam  era 
pure  raccomandata  ,  e  talora  con  iscrizione  sopra  la  porta  del  tempio  (g)  :  il 
valersi  del  fuoco  puro  ,  diche  Fedro  :  nee  de  lucerna  fas  est  accendi  sacrum  (h)  : 
V  offerire  vittime  pure;  su  le  quali  Plinio  :  Coruncanius  ruminales  hostias , 
donee  bidentes  fuerint  ,  puras  negavit  (i)  :  il  sacrilicare  secondo  i  riti  patrjj 
xaizi  id  -rrd-r^ia  ,  come  parla  Epitteto(fc);  e  se  il  sacrificio  faceasi  in  Tempio, 
farlo  in  luogo  puro,  cioe  a?u  ,rrzpi?fcwn/?icov  (Z) ,  intra  vasa  sacra ,  ch'  e  una 
parte  del  Tempio,  di  cui  e  da  veder  Polluce  (m) . 

Ivi.  inri  i'  d.y\<xu  /xn^ia.  xcuetv ,  et  lucida  femora  a  dole .  L'uso  della  voce  luci- 
do  e  nitido  per  signiflcare  pingue  ,  e  comune  cosi  a'Latini  ,  che  dicono  lucida 
ovis  (n) ,  come  a'  Toscani  ,  dicendo  1'  Ariosto  :  Si  ch'  era  piii  che  mai  nitido  e 
grassoio) .  Questo  epiteto  e  qui  dato  alle  cosce  degli  animali  sacrificati.  E'  no- 
tissimo  il  Greco  rito,  che  prescriveva  il  reciderle  ,  doppiarle  ,  coprirle  di  adi- 
pe,  e  questo  colmar  di  frammenti  crudi  ,  recisi  da  tutto  il  corpo,  e  bruciar- 
ie .  Omero  fa  la  descrizione  di  tal  funzione  nel  lib.  I.  della  Iliade  a' v.  458. 

338.  "AXXoTt  JV  o-nrovfys  §-uit?a-i  &  etc.  Interdum  vero  libaminibus  ,  et  aliis 
donis  placa  .  lnsinua  ora  un' altra  maniera  d' onorare  gli  Dei,  ch'  e  per  via 
di  libazioni  ,  e  di  altri  doni .  Porfirio  pretende  (p) ,  che  questo  fosse  il  solo 
sacrificio  de' Greci  piu  antichi ;  nel  che  e  facile  smentirlo  .  Prometeo  ,  che 
fece  l'uomo,  secondo  che  Igino  racconta ,  rese  il  sacrificio  degli  animali  piu 
agevole  a' poverelli  ,  instituendo  l'uso,  che  non  tutto  si  ardesse ,  ma  che  ne 
partecipassero  gli  ofterenti.  Di  poi  Gecrope  in  Atene  ,  Numa  in  Roma,  altri 
legislatori  in  altre  parti  vollero  moderare  il  rito  di  sacrificare  animali ,  c 
sostituire  libazioni  ,  ed  oblazioni ,  come  da  Pausania  ,  e  da  Plinio  si  raccoglie  (q) . 

Ivi.  5-uiKra-t  non  dee  spiegarsi  per  victimis,  come  hanno  tutte  l'edizioniavanti 
Robinson,  delle  quali  ha  parlato  poco.sopra.il  poeta ;  ne  per  incenso  ,  come 


(a)  Lib.  III.  ode  23.  {b)  Sat. II.  v.  7$.  (c)  Pag.  3  5.  (d)  Demost.  in  Neae- 
ram .  (e)  Lib.  1.  cap.  i.  segm.  24.  (/)  Act.  V.  so.  I.  pag.  58.  (g)  Lucia- 
nusdcSacrifiriis  cap.  i3.  (h)  IV.  fabula  10.  (z)  Plin.  VIII.  Si.  (k)  Enchi- 
rid.  cap.  3.  (I)  Lueianus  de  Sacrificiis  loco  cit.  (m)  Lib.  1.  c.  1.  sect.  6. 
(«)  Tibull.  ll.eleg.i.  v.  61.  (o)  Orl.  Fur.  [XXIII.  27.  (7)  De  abstinentia 
mimalium  .         (p)   Paus.in  Attic.  Plin.   Hist.  nat.  1.  XVIII.  2. 

3l 


i98 

traduce  il  Salvini  ,  mentre  non  dovca  questo  essere  oflferfca  da  povcro  agri- 
coltore  ,  quando  in  Roma  era  ignoto  ne'primi  secoli,  e  in  sua  vece  si  bru- 
ciava  il  farro  (a)  ;  ne  per  odori ,  come  fa  il  Robinson  ;  poiche  9-v'siv  non  solo 
significa  suffire  ,  ma  anco  libare  ,  cioe  porre  su  1'  altare  pomi  ,  spiche  ,  focac- 
ce  ,  farro  ,  lauro  ,  e  altrettali  cose .  Lasciando  molte  altre  autorita ,  che  il 
confermano  ,  ci  contenteremo  di  Omero  ,  il  quale  disse  ?i%eiv  in  fovza  di  sa- 
crificare  ,  e  buao  in  forza  di  offerire  placente  ,  come  nota  Ateneo  (b) . 

3 3p.  "H  piv  Jt'  iuva-Xv  ,  €t  quando  cubitum  ieris  ,  et  quando  sacra  (aurorae) 
lux  advenerit  .  Non  puo  lodarsi  a  bastanza  la  consuetudine  di  venerar  la  ve- 
ra Divinita  mattina  e  sera  .  Degli  Esseni  conta  Filone  (c)  A/'j  J's  x.aS-'  £x.d- 
g-yiv  ri{J.i%av  iiuQuetv  iv%e3-$-at  irt^l  rriv  z'cv,  3tJ  nri^i  rriiv  ia-nri^aj  ,  Bis  vero  solent 
per  dies  singulos  orare,  circa  auroram  ,  et  circa  vesperam  .  I  Gentili  la  sera, 
quantunque  sacrificassero  a  Mercurio  (d)  ,  non  molto  se  ne  davan  pensiero  : 
la  mattina  era  piu  deputata  a  quest'  uiEzio ,  per  cui  1'  aurora  qui  e  chia- 
mata  sacra.  Cosi  nelle  Nuvole  di  Aristofane  ,  Strepsiade  levatosi  poco  in- 
nanzi  (c)  ,  'AAV  £u%dfzcvos  -tbTo-i  $-eo7g  Siidtyu-cu  ,  sed  Deos  precatus  erudiar  y  ed 
Enea  presso  Virgilio  :  Vota  Deumprimo  solvcbat  Eoo  (f),  ch' e  cio  che  rac- 
comanda.no  anche  le  scritture  :  oportet  praevenire  Solem  ad  benedictionem 
tuam    et  ad   ortum  lucis  te  adorare  \g)  . 

341.  *Qpg>'  aWu'v  covri  xXiifov,  ut  aliorum  emas  hereditatem  .  11  vocabolo  he^e- 
ditas  ,  o  sors  ,  che  il  Grevio  ricusa  per  sostituire  quello  di  aaer  ,  non  veego 
perche  abbia  da  rimuoversi .  1  due  Scoliasti  comentano  1' uno  x.\»fooy.ia  ,1'al- 
tro  xA«f6^oj-/a  ,  e  qui  ancoraEsiodo  fa  vedere  la  sua  deferenza  agli  Orientali  : 
xXnpovoutx  J(auv  [xiT^g-^dipn  dXXor^ioiq ,  hereditas  nostra  versa  est  ad  alienos  (7i) , 
Altra  cosa  e  quando  il  contesto  consiglia,  come  presso  Teocrito  ,  che  addu- 
ce il  Grevio  ,  a  spiegar  campagna . 

342.  La  seconda  parte  della  istruzione  toccaidoveri  di  chi  vive  in  sociela. 
Quei  della  giustizia  rigorosa  fondano  il  gius  perfetto  s  e  di  essi  ha  sufficiente- 
mente  parlato  di  sopra  :  viene  ora  a  quelli  che  spettano  a  giustizia  men  rigo- 
rosa ,  e  che  fondano  un  gius  imperfetto  .  Justida ,  dice  Cicerone  (1) ,  et  hide  con- 
jun-cta  beneficentia,quam  eandem  benignitatem  ,vel  liberalitatem  appellare  licet . 

Ivi  ■  lev  (piXiov^  ear/'  Scuta.  xaXau,  riv  cf'  ix^?'"  zv.tou.  ,  A.micum  ad  convivium 
vocato  ,  inimicum  vero  relinquito .  Chi  non  fa  cosi?  dice  il  Clerc  ,  il  piu  severo 
critico  diEsiodo,  che  pur  comenta .  E  tuttavia  Plutarco  (k)  dice,  che  sebbene 
a  certi  fin  d'allora  paresse  ridipolo  questo  precetto  di  Esiodo5  e  sapientissi- 
mo  ,  giacche  ad  alcuni  che  per  non  debita  vergogna  lo  han  trasgredito ,  e 
costata  la  vita.  Fra  essi  nomina  Evcole  figlio  di  Alessandro  Magno  ,  che  in- 
vitato  da  Polispcrconte  ,  e  accettato  1'  invito  finalmente  per  sola  mal  inte- 
sa  vergogna,  fu  nel  coiivito  strangolato  :  tanto  gli  costo  il  mangiare  con  un 

(a)  VulpiusinTibull.  III.eleg.4.  v.  10.  (Z>)  Lib.  XIV.  p.  660.  (c)Pag.<fi2- 
(d)  Interpr.  Apollonii  Rhodiiad  I.  Argon.  (e)  In  nubibus  v.  127.  (f)  Aeneid. 
XI.  4.  (o)  Sapient.  XVI.  28.  (h)  Jerem.  Thien.  V.  2.  (0  De  Offic.  I.  7. 
(k)  De  vitioso  pudore  pag.  5^0. 


i99 

nimico  .  Riprova  ancora  Clerc  come  frcddo  e  senile  questo  tratto  diPoesia; 
dal  che  il  Robinson  lo  escusa  dicendo  ,  che  a  que'di  la  semplicita  ,  e  la  na- 
turalezza  era  il  migliore  ornamento  di  uno  scrittore ;  cio  che  convalida  con 
1'  esempio  di  Omero  ,  e  de'  libri  santi  ;  ove  parmi   ch'  abbia  ragione  • 

343.  lov  £i  paXi^x  KctXiiv ,  u$  rig  c-j-9-cv  iyyvSi  vouh  ,  Eu'n  aatem  potissimum  vo- 
ca  quicumque  prop'e  te  habitat.  Ateneo  (a)  disapprova  molto  questo  precetto, 
quasi  Esiodo  misuri  gli  amici  dalla  vicinanza  del  luogo  .  Ma  non  vede  ,  che 
alcuni  ufizj  son  limibali  ad  alcune  persone3e  ad  alcuni  tempi ,  come  ben  no- 
la  Cicerone  [b)  :  sunt  ojjicia  quae  aliis  magis  quam  aiiis  debeantur  :  tit  vici- 
num  citius  adjuveris  in  fructibus  percipiendis ,  quam  aut  fratrem  ,  aut  janu- 
liarem  :  at  si  lis  in  judicio  sit,  propinquum  patius ,  et  amiaum  ,  quam  vicinum 
defenderis  .  Ilvicino  molto  partecipa  del  domestico,  ed  e  dovere  ,  che  qual- 
che  volta  stia  teco  a  mensa ;  e  quando  se  non  allora  ,  che  in  tua  casa  e  con- 
vito  ?  Terenzio  :  Vicirdtas  ,  quod  ego  in  propinqua  parte   amicitiae  pitto  (c)  . 

344.  E/ >«'f  75/  r$  ^"i"'  eyxtact0'  aXXo  yivnrou .  Perse  non  era  ,  cio  che  il 
Grevio  non  vide,  uonio  di  campagna;  altrimenti  Esiodo  non  gli  raccoman- 
derebbe  di  non  passar  molte  ore  nelle  botteghe  }  di  non  perder  tempo  nel 
Foro ,  di  tornare  a  casa  presto  d' inverno  terminato  il  lavoro  .  Onde  non  dee 
il  Grevio  tanto  impegnarsi  per  far  parere  negotium  rusticum  quel  che  per  eu. 
femismo  e  x?«i"'  tyxufxiov ,  o  f)  ya> ' y.ov  }  ch'ei  vuol  sinonimi .  Quel  negotium  do- 
vrebb'essere  un  incendio  ,  una  visita  di  ladri  ,  un'altra  cosa  da  non  nominarsi 
apertamente  ;  c  p'ero  il  poeta  dice  a\\o ,  come  Livio  ferte  aliam  sortem.,  cioe 
adversam  .  Or  che  importava  chiamar  tal  disgrazia  rusticana  ,  o  pagana  ?  A 
me  piace  senza  paragene  phi  la  chiosa  diSuida,che  comenta  e?x_ufiov ,  oixeiov, 
domesticnm  negotium  ,  prescindendo  dal  luogo  ove  sia  la  casa  ,  se  in  campa- 
gna ,  se  in  villaggio  ,  se  in  luogo  murato  ,  derivando  ty^y-ov  da  xco?:ov  locus. 
Coincide  con  questa  spiegazione  quella  dello  Scoliaste  di  Pindaro  ,  il  quale,  ad- 
ducendo  senza  alcuna  variazione  i  versi  3^.5.  e  345.  di  questo  Poemetto  ,  co- 
menta quel  %?>>«'  iyxoiqiov  generalmente  /3/&>T/xaj  ^eicc; ,  bisogni  della  vita  {d). 

345.  Tttisnn;  a^ag-oi  etc.  Viciiri  discinti  accia  runt  ,  cinguntur  autem  cognati . 
Era  della  pubblica  decenza  il  non  uscire  in  pubblico  discinto  ;  ne  potea  farsi 
senza  nota  di  scioperato  :  Accincti  industrii ,  negligentes  discincti ,  nota  Ser- 
rio  (e)  ,  e  il  .Comentatore  di  Persio  a  quel  verso  :  Non  pudet  in  morem  discin- 
cti vivere  Nattae(f)  ?  La  frase  di  Esiodo  vuol  significare ,  che  il  buon  vicino 
chiamato  a  soccorso  ,  cosi  come  si  trova  in  casa  ,  accorre  j  dimcntico  ancora 
di  cio  che  porta  il  decoro  pubblico .  In  simil  proposito  canto  Dante  di  una 
donna,  che  vede  il  hglio  in  pericol  di  vita  (g)  : 

Che  prende  il  figlio ,  e  fugge  ,  e  non  s'  atresia 
Avendo  piu  di  lui ,  che  di  se  cura ; 
Tanto  che  solo  una   camicia  vesta  . 

(a)  Lib.  V.  pag.  1  8<J.  (£)  De  Officiis  I.  cap.  18.  (c)  Tercnt.  Heautont. 
Act.  1.  sc.i.  v.  5.  (</)  Ih  od.  VII.  Nem.  pag.  747.  (e)  In  I.  Acneid.  ver.  210. 
(/)  Sat.  III.  ver.  3  1.       (g)  Cantica  I.  canto  23. 


200 
Non  cosi  e  del  parente.  Egli  in  simile  circostanza  si  cinge  il  veatito  ,  cio£ 
accorre  men  prestamente  ,  forse  perche  il  pericol  lontano  muove  meno  ,  che 
il  presente  . 

346.   Tlitfta  x.ax.1/;  yn-mv  etc.  Noxa   malus  vicinus  ,  quantum  vicinus  bonus  ma- 
gnum est  commodum  .  Proclo  racconta  un  bel  fatto  :  Dicitur  Themistocles  prae- 
diohun  vendens  jussisse  per  praeconcm  enunciari  illud  bonum  habere  vicinum  . 
Tutto  al  contrario  del  cattivo  vicino  dice  Columella  :   Dementis  est  ipsum  sibi 
facere  malam  fartunam:  quod  facit  qui  nequam  vicinum  suis  minimis  parat  (a)  . 
348.  Ov^  ay  etc.  Quanto  alia  perdita  del  bove  ,  che  poi  Esiodo  soggiugne  , 
sospetta  PierVettori,  commentando  1' addotto  passo  di  Columella  ,  ch'  essen- 
do  Esiodo  oriundo  di  Cuma  ,   abbia  riguardo  al  costume,  che   in  Cuma  era, 
di  cui  Eraclide  Politico  (£>)  :   Moris  erat  aptid  eos  ut  vicini  omnes  conferrent  ad 
resarciendum  quae    furto    erant  ablata.:  quapropter  pauca    furto   amittebantur  , 
quod  universi  pariter  sua  aliorumque  diligenter  custodirent .  Atque  hinn  videtur 
petitum  quod  apud  Hesiodum  est:  Bos  etc.  Lo  stesso  verso  cita   Giuliano   con 
poca  mutazione  alia  Epistola  3  5.  e  Columella   al   luogo  indicato  ,  e   Plutarco 
nel  trattato   de  audiendis  poetis  a  pag.  34- 

345.  'Eu  [Xtv  [xir^tt&cu  'jra^dyemivot;,  Recte  quidem  metiwis  a  vicino  etc.  Esclusa 
ogni  frode  ,  qual  descrive  Teofrasto  nel  carattere  XI.  ch'  e  dello  scostumuto . 
Questi  misurando  colla  misura  Fidonia,  sceglie  quella  che  al  di  dentro  e  al- 
quanto  rialzata ,  e  rade  diligentemente  il  muggio  quando  paga  a'  domestici  il 
loro  compito .  In  questo  precetto  di  Esiodo  vedesi  conformita  con  quel  passo 
del  Levitico:  Nolite  facere  iniquum  aliquad  in  pondcre  et  mensura.  Stateia  ju- 
sta  ,  et  aequa  sint  pondera  ,  Justus  mod  ins ,  aequusque  sextarius  ,'c). 

3 Jo.  At/Vfti  t«  jjtit^ca  7(^j  Xui'ov,  ouxi  diivnou.  ,  Eadem  mensura  et  amplius,  siqui- 
dem  possis  •  Niuna  sentenza  di  Esiodo  lesse  M.  Tullio  con  maggiore  approva- 
zione  di  questa .  Egli  ne  fa  menzione  nel  1.  degli  Ufizj  al  capo  i5.  nel  XIII. 
delle  lettere  ad  Attico  ,  spesso  vi  allude  nelle  Orazioni  dopo  il  l'itorno  ,  in 
pro  di  Sestio  ,  in  pro  di  Plancio  ;  e  specialmente  nel  libro  de'chiari  oratori 
al  capo  4.  Iliad  Hesiodium  laudatur  a  doctis  ,  quod  eadem  mensura  reddere  ju- 
bet  qua   acceperis ,  aut   etiam  cumulatiore,  si  possis. 

3  5 1,  "il?  av  ^mXo)v  etc.  ut  indigens ,  etiam  in  posterum  promptum  invenias. 
Se  questo  fosse  1' unico  fine  di  quella  liberalita  ,  distruggerebbe.  affatto  1'  idea 
della  gratitudine,  che  debb' essere  affatto  spontanea  ,  affatto  libera  ,  affatto 
disinteressata .  Seneca  (d)  :  Gratus  sum ,  non  ut  alius  mini  libentius  praestet 
priori  irritants  exemplo ,  sed  ut  rem  jucundissimam  ,  ac  pulcherrimam  faciam  . 
Ma  Esiodo  ricordevole  che  istruisce  un  bisognoso  ,  non  iscompagna  pvessoche 
mai  la  beneficenza  dulla  utilita. 

3  52.  nMff  xepJea  f<f'  drri<riv  ,  mala  lucra  aequalia  damnis .  Aperta  imitazione 
e  di  questo  detto  nel  Ciclope  di  Euiipide  (e)  ,  Ki^v  vovnfd  ^nfxiaw  »\uu-^ccn , 
Mala  lucra  damnum  reddidere  ;  ove  Barnes  adduce  questo  luogo  di  Esiodo . 

(u)Lib.  I.  de  R.R.  c.  3.  (i)  Libro  de  Politiis  (a)  Lev.  IX.  3  5.  (d)  Epist.  82. 
(e)   Pag.  73. 


201 
iSi  Tov  tpiXiovtu  (piXeiv.  Plutarco  scancello  questo,  e  i  due  versi  seguenti , 
come  indegni  di  Esiodo  ,  perche  troppo  illiberali .  Clerc  benche  gli  confessi 
illiberali,  gli  riconosce  per  legittimi  :  e  nel  vero,  quale  riprova  abbiamo 
noi ,  ch'  Esiodo  sia  stato  incapace  di  pensare  ,  e  di  scrivere  meno  liberal- 
mente?  Ma  io  non  dispero  di  difenderlo  con  la  ragione,ehc  adduce  Tzetze; 
ed  e  ,  chc  questo  e  precetto  positivo  ,  non  negativo  ;  come  chi  dicesse  :  non 
amare  se  non  chi  ama  ,  non  visitare  se  non  chi  visita .  Essendo  precetto  po- 
sitivo non  merita  censura ,  siccome  non  la  merita  Pindaro  ove  dice :  91'Xev 
tin  <p/X«;'  ,  e  il  Petrarca  in  quel  verso  divulgatissimo  :  Proverbio  antico  e 
fatto :  ama  chi  t'ama.  Abbiam  notato  altre  volte,  che  Plutarco  fu  trop- 
po tenero  della  ripulazione  di  Esiodo,  ne  tollero  in  esso  pure  un  neo;  o 
fosse  che  i  suoi  Comentarj  fosser  distesi  in  eta  troppo  acerba  ;  o  fosse 
che  troppo  si  abbandonasse  alia  imitazione  di  Aristarco ,  che  gli  antichi 
trattava  come  scolari,  cioe  ne  lineava  tutto  cio  che  pareagli  scritto  men  bene. 
3  54.  Kot  oopcv  0;  no/  (S'k  ,  Et  da  ei  qui  dederit  y  et  nun  da  ei  qui  non  dederit  :  datori 
namque  est  qui  dat;  non  danti  vero  nemo  dare  solet .  Piu.  ragionevole  par  la 
censura  di  questo  passo  fatta  da  Plutarco,  riferita  da  Proclo .  Ma  qui  e  una 
buona  risposta .  Perciocche  vi  sono  alcuni  cosi  ingrati  e  sconoscenti,  che 
non  oorrispondono  a' donatori  se  non  con  promesse  ,  e  speranze  :  ed  e  ottimo 
consiglio  a  costoro  ,  come  pure  agli  altr'  ingrati,  di  non  dar  nulla ;  se  non 
si  trovino  in  estrema  5  o  almeno  in  grave  necessita  .  Cicerone  (a)  vuole  ,  che 
nel  beneficare  c'  infirmiamo  del  soggetto ,  e  se  e  ingrato  andiamo  a  rilente : 
in  deligendis  idonais  judicium  et  ddigentiam  (debemus)  adhibere .  Nam  prae- 
clare  Ennui*  :  bene  facta  male  locata  malefacta  arbitror(b) .  Nel  resto  poco  sot- 
to  e  lodato  il  far  donativi  ,  anche  senza  speranza  di  rimunerazione ;  il  che 
vuole  intcndeisi  de'  poveri  ,  che  non  hanno  altra  mercede  ,  che  la  gratitudine . 

356.  Aw;  ayaBn  ,  Donatio  bona:  ra  Xaufiavoiti ,  acci[>ientiy  chiosano  i  Greci  , 
facendo  dire  ad  Esiodo  una  sentenza  da  trebbio  ,  quando  una  ne  dice  da 
liceo.  Non  e  dunque  il  senso  di  essa  ,  che  il  donativo  sia  buono  a  chi  lo  ri- 
ceve  ,  ma  a  chi  lo  fa:  quas  deJeri<  solas  semper  habebis  opts,  dice  Marzia- 
le  (c) .  ?vla  convien  dare  del  proprio  :  videndum  est  ut  ea  liberalitate  utamur 
quae  prosit  amicis ,  noceat  nemini ,  come  rifiette  M.  Tullio  (d) ,  e  come  torna 
Esiodo  a  insinuare  a  Perse ,  che  avea  fatto  doni  a'  giudici  ,  ma  della  robu.  del 
fratello ;  e  cosi  non  senza  nota  di  rapina  .         ■ 

357.  "O;  (UeV  yvq  etc.  Qui  enim  libens  dat  ,et*i  multum  dederit  ,  gaudet  donan- 
do .  Buona  conferma  e  questa  della  spiegazione  data  a  quel  efai;  dyai*;  spie- 
gandosi  ora  perche.  sia  buono  il  donativo;  perche  rallegra  chi'l  fa;  siccome 
la  rapina  e  cattiva ,  perche  rattrista  chi  la  commette  .  E  quanto  al  donativo, 
e  tin  bellissimo  documento  quel  largire  di  cuore  ,  «Vo  xctffi'ots  ,  £%  ^vx^S  i  Per 
cui  il  donatore  sen7a  cercare  altro  premio  ,  si  appaga  del  premio  della  buona 
sua  coscienza ,  secondo  quel  detto  di  Seneca  (e)  :  Sit  fructus   beneficii  primus 

(a)  II,  Offic.  Vol.  X.p.  175.  (b)  Pag.  4*5.  ed.  Columnae  (c)  Epigr.lib.V. 
43.  ubi  v.  Raderum  p.  401.       (J)  De  offic.  I.  p.  36'.     (e)  De  Beneficiis  11.  c.  3  3. 

32 


202 
ille  conscientiae .  Colle  parole  poi  lif-vimi  3»  x.«rd  $u(xov  ,  s' ingegna  ,  come 
Proclo  riflette  ,  che  i  benefizj  non  si  divulghino.  Questo  pure  e  secondo  la 
dottrina  di  Seneca  (a)  :  Beneficia ,  quae  non  producunt ,  neque  honestiorem  fa- 
Giunt'{  accipientem)  sed  succurrunt  infirmitati,  egestati  ,  ignominiae ,  tacite  dan- 
da  sunt ,  tit  nota  sint  solis  ,  quibus  prosunt . 

Notisi  che  vi  ha  differenza  benche  piccola  fra  x°^?il  >  e  Ts'pirsTo/ ,  e  il  primo 
debb'  essere  minor  del  secondo  .  11  primo  par  che  corrisponda  ad  avere  allegrez- 
za  ,  il  secondo  ad  aver  gaudio;  due  affetti  distinti  ,  come  riflette  un  autor 
sacro  di  grandissima  autorita  in  fatto  di  lingua  ,  citato  percio  dalla  Crus- 
ca  (b) . 

3?p.  "O5  &i  x.2v  etc.  Qui  autem  libens  rapuerit ,  impudentia  fretus,  quamvis  sit 
exiguum  ,  tamen  cruciat  suum  animum  .  QlXov  x.Hg  portavano  tutte  1'  edizioni 
avanti  Robinson,  il  quale  mutd  in  tpi'Xov  vrog  coll' autorita  di  tutt' i  MSS.  e 
di  Suida ,  al  quale  aggiungo  io  Stobeo  nel  Serm.  27.  Quanto  alia  sentenza  ,  io 
non  so  come  gli  antichi  e  i  moderni  interpreti  riferiscono  quel  <p/\ov  x*f ,  o 
y™?  al  cuor  di  colui  ch'  e  stato  pregiudicato ;  mentre  in  vigor  di  quel  tpi'Kov , 
ch'  e  lo  stesso  che  fJiov  (c  ,  e  in  vigor  del  contesto ,  dee  riferirsi  al  cuore 
dello  stesso  rapitore .  Egli  e}  che  togliendo  altrui  e  tormentato  da' rimorsi 
della  coscienza  ,  giusta  quel  detto  di  Pacato  :  Habet  nescio  quos  internos  mens 
scelerata  carnifices ,  aut  ipsa  sibi  carnifex  conscientia  est  (d) . 

36l.  Ei'  yo'f  x.sv  a/uix-fov  etc.  Si  enim  parvum  parvo  adjieceris  ,  et  frequenter  hoc 
fcceris  ,  mox  magnum  et  hoc  evaserit.  Eccocio  che  da  pena  al  rapitore;  il 
riflettere  ,  che  sebbene  ha  rubato  poco  per  volta ,  facendo  cio  spesso  ,  e  di- 
venuto  un  ladro  considerable .  Ove  notisi,  che  la  dottrina  di  Esiodo  ripor- 
tata  da  Stobeo  (Serm.  2p.)  e  da  Plutarco  (p.p.)  su  i  furti  minuti  e  giustissi- 
ma.  Essi  sono  assai  dannosi  alia  Societa,  perche  al  fine  del  giuoco  recano  pre- 
giudizio  grande  a  chi  gli  sofFre  . 

56*2.  Di  mal  umore  era  Clerc  ,  quando  in  proposito  di  questi  versi  scrisse , 
che  vel  a  vetula  cogitari ,  nee  frigidius  exprimi  potuerunt.  Troppo  altramente 
ne  sent!  Plutarco,  il  quale  nel  trattato  de  liberis  educandis,  esortando  a  col- 
tivar  la  memoria  de'  fanciulli  assiduamente ,  soggiunge  :  To  yd?  'Hrtofetov  x«- 
Xwf  aq-nrax.  :  Ei  yd?  etc.  E  veramente  questa  e  una  verita  universale  applica- 
bile  a  mille  temi ,  cioe  a  tutti  quegli  ,  ove  si  tratti  di  far  conto  di  cose  pic- 
cole,  perche  la  lor  somma  reca  grandi  utili,  o  grandi  svantaggi .  Per  cio  e 
che  Proclo  1' illustra  coll'  autorita  di  Aristotele  :  Kecte  ait  Aristoteles  pessi- 
mum  esse  quod  dicunt :  non  hie  vertitur  cardo  rei  (id  est  non  est  res  magni 
momenti)  .  Si  enim  singula  contemnantur  ut  parva  ,  male  quidem  rem  gcremus  . . . 
nam  ilia  quaecumque  per  singula  jactura  magnum  ejficiet  contemnentibus  de- 
trimentum . 

(a)  lb.  cap.  p.  (Z>)  Segneri  JA.zy.  Giugno  (0)  Heinsius  ad  II.  Idyl.  Theo- 
criti  v.  157.  Warton  ibidem .  Benedictus  ad  I.  Od.  Olymp.  Pindari.  Anna 
Fabri  et  Th.  Graevius  in  Callim.  ad  Hymnuin  II.  v.  zS.  et  III.  226.  et  alii 
complures.        (d)  Orationes  veterum  pag.  S\6. 


203 

3tf3."Oj  J"  eV'  iivn  ptqei  etc.  Quivero  partis  adjicit ,  is  vitabit  airam  famem  . 
Nota  ,  che  a' tempi  di  Proclo  era  altro  1' ordine  di  questi  versi;  essi  erano 
collocati  ,  ove  ora  stanno  i  versi  370.  71.  e  72.  11  luogo  piu  opportuno  pare 
che  sia  questo ;  quando  parlato  di  fresco  degli  uffizj  verso  ogni  gcnere  di 
persone ,  e  de'  contratti ,  che  si  fan  con.  gli  amici ;  prima  di  passare  agli  uffizj 
di  padre  di  famiglia ,  si  parli  qui  de' contratti  che  fannosi  col  fratello  ,  e 
coll'  amico  .  Ma  ancorche  ci  sia  qui  un  piccol  disordine  di  collocazione  ,  Esio- 
do  era  uomo  era ,  attempato ,  era  in  una  stagione ,  in  cui  nascevan  le  lette- 
re  ,  per  cosi   dire;  1' aver  fatto  quel  che  ha  fatto   e  un   prodigio  . 

Ivi .  Comincia  la  terza  classe  de'  precetti  ;  i  domestici  ,  o  vogliam  dire  gli  eco- 
nomici ,  primo  de'  quali  e  accrescer  le  rendite  .  11  fine  della  facolta  familia- 
re  ;  dice  Aristotele,  e  la  ricchezza •  E  Cicerone  nel  I.  deOffciis:  Res  familia- 
ris  primum  parata  sit  nullo  ncque  turpi  quaestu ,  neque  odwso  . . .  deinde  augea- 
tur  ratione  ,  diligentiu  ,  parsimo'da  . 

365.  Oixs/  fizXizfov  ujou,  Domi  melius  est  esse.  Altro  precetto  di  buon  padre 
di  famiglia,  aver  cura  dell'  acquistato.  Ovidio  si  esprime  cosi  : 

Non  minus  est  laudis  ,  quam  -quaerere  ,  parta  tueri  (a)  . 
Quiridi  prescrivono ,  che  in  casa  vi  siano  stanze  opportune  a  custodir  tutto . 
Senofonte  :  Sicca  tecta  frumentum   (  exposcunt  )  ,  humida  vinum  ,  illustrata  quid- 
quid  operis  ,   et  supellectilis  petit   lucem  'Jb) . 

368.  'A?x°!livs  ^6'  'klS'*  etc.  Quum  1  elinitur  dolium  ,  et  fere  est  epottim  ,  satU' 
rare,  medio  parce.  Proclo,  Tzetze  ,  Eustazio  al  XXIV.  della  Iliade  rendono 
di  questo  detto  di  Esiodo  una  probabile  ragione;  ed  e,  che  il  primo  vino  si 
beva  nella  festa  detla  Tlid-otyia  ,  quando  non  era  lecito  escludere  dal  berlo 
nemmeno  i  servi  ;  il  fondo  e  men  buono ,  perche  vicino  alle  fecce ;  il  me- 
dio e  1' ottimo .  Plutarco  poi  (c) ,  e  Maerobio  (d)  ne  rendono  una  diver- 
sa  ragione  ;  ed  e  ,  che  il  sommo  del  doglio,  confinando  piu  con  1' aria  ni- 
micissima  del  vino,  dee  averlo  men  buono,  e  cosi  degno  di  finir  presto  j  il 
fondo  del  doglio  per  le  fecce  alle  quali  e  vicino  ,  dee  esser  men  buono  e  de- 
gno di  finir  presto;  in  mezzo  sta  il  miglior  vino. 

Ivi .  Due  modi  v' erano  di  conservare  il  vino  presso  gli  antichi ;  1' uno  en- 
tro  i  dogli ,  e  questo  era  il  metodo  antichissimo  ,  e  de' tempi  eroici  :  'Ev  Je' 
vi$oi  oivoio  vaXouS  vSwwitiio  ,  ibi  vero  dolia  vini  vetei  is  jucundi  (e) .  L'  altro  era 
colare  il  vino  ,  e  trasportarlo  da' dogli  in  vasi  minori  chiamati  setiae ,  diotae , 
amphorae ,  riporli  nelle  apoteche ,  e  lasciarli  quivi  invecchiare  per  qualche 
anno;  il  qual  costume  comincio  tardi  in  Roma:  Apothtcas  fuisse,  et  diffundi 
solita  vina  anno   DCXXXIII.  Vrbis  ,  apparet  indubitato  opimiani  vini  argumen- 

to  if). 

36'p.  tJwvx'  <*"  ivi  TrvS-jjiivi  (paSu.  Einsio  seguito  da  Grevio  cangio  tT«v»  gravis  in 
itiXii ,  com'  cgK    spiega  ,  sera,  senz' altra    ragione,  che  un  testo  ne'  cataletti 

(a)  Artis  Amat.  II.  vers.  i3.  (b)  Oeconom.  pag.  844.  (c)  Sympos.  VII. 
quaest.  3.  (d)  Saturnal.  1.  VII.  cap.  12.  (e)  Odys.II.  v.  340.  (/)  Plin.  H, 
N.  lib.  XIV.  cap.  14. 


204 

di  Virgilio ,  in  cui  trova  sera  parsimonia  .  Benche  Einsio  tanto  si  fidi  della. 
sua  lezione  ,  io  non  la  stimo  la  migliore:  primo  ,  perche  tutti  gli  Scoliasti  si 
vede  che  F  hanno  postergata  ;  secondo ,  perche  la  lezione  scartata  dall'  Ein- 
sio e  piena  di  sentimento ,  e  di  vigore  .  Moscopulo  fttv*  chiosa  ^aXeir*/  ,  per- 
niciosa  ,  e  Tzetze  di  cio  da  per  ragionc  ,  perche  n  t^u'%  ivoy\a  ^  Atnr«  ,  faex 
turhat  !  et  dolore  ajficit  .  Per  risparmiare  adunque  si  fatte  molestie  a  se  , 
e  a' domestici,  quando  il  doglio  e  al  fondo  ,  si  finisca  prestissimo,  e  non  si 
aspelti  che  lungamente  durando  pregiudichi  alia  salute. 

370.  Mtc-bos  J'  aWg/'  <pi\u  etc.  Merces  autem  homini  amico  constitnta  suffi- 
cient esto .  1  versi  tyo.  71.  72.  mancano  in  molti  de' nostri  codici,  e  sono  nel 
comento  pretermessi  da  Tzetze  .  11  primo  di  essi  fu  ascritto  a  Pitteo  zio  ma- 
terno  di  Teseo  da  Plutarco ,  e  da  Aristotele  (a) .  E  forse  riconobbero  que'  ver- 
si come  di  Esiodo  contro  il  parere  di  alcuni  critici,  credendogli  inseriti  , 
come  nel  Vida  sono  alcuni  versi  di  Orazio  e  di  Virgilio  innestati  . 

371.  Kai  te  xcto-iyirirai  etc.  Edam  cum  fratre  ludens-  testem  adhibeto .  Proclo 
estende  questo  pvecetto  ancor  agli  amici;  giacche  vero  e  quel  detto  di  Dio- 
ne  Crisostomo  (b)  ,  che  puo  dirsi  dell'  uomo  come  della  Fortuna  ,  che  non  si 
sa  se  deggia  peiseverare  nell'  amicizia  fino  al  di  seguente  . 

Ivi .  ysXdra; ,  per  giuoco  f  giustissimo  precetto  per  tutte  le  azioni  odiose  ; 
onde  passato  e   in   proverbio  quel  ridendo  dicere  verum   quis    vetet  ? 

372..  11/5-6;;  <T  u?at:  etc.  Credulitas  pariter  et  diffidentia  perdunt  homines.  Fe- 
dro  addotto  qui  da  Gujeto  :  Periculosum  est  credere,  et  non  credere(c).  Aga- 
mennone  ,.  Alessandro  ,  Giulio  Cesare  per  grandezza  d' animo  erederon  troppo 
a' lor  traditori,  e  n'  ebbon  morte  :  Caligola  ,  C.imodo  ,  Caracalla  diflidanda 
di  tutti,  vennero  in  odio  a  tutti,  e  n' ebbon  morte.  Nun  vi  e  regola  piu  sa- 
via  ,  e  piu  generale  di  quella  ,  che  da  lsucrate  a  Demonico  ,  che  conviene 
diffidar  de'cattivi  ,  fidarsi  de'buoni,  to??  nrovn^oig  dnri^Sv , tb*;  y^w;oiq  trt^ivnv{d).. 

373.  MrtJg1  you*  etc.  Nee  vero  mulier  etc.  Non  male  questi  due  versi,  addotti 
anche  da  Stobeo  al  Sermone  83-  a' tempi  di  Proclo  eran  eongiunti  con  que- 
gli  ,  ne' quali  si  raccomanda  di  tenere  il  vitto  custodito  in  casa;  perciocche 
a  questo  precetto  siegue  naturalmente  quell'  altro  di  custodirlo  per6  da'la- 
dri ,  quali  sono  le  donne  di  mal  affare .  E  per  meretrice  ,  o  cunoiliatrice  di 
amori  ,  intendon  qui  i  grammatici  quel  yv,"i ,  che  ha  due  epiteti  .  L' uno  e 
irvyozi'koc,  ,  che  Suida  alia  medesima  voce,  e  Polluce  nel  libro  11.  capo  4.  e 
gl'  Interpreti  spiegano  nates  exornans .  Allude  ,  come  Tzetze  inteipveta  ,  ad 
una  zona ,  che  per  di  dietro  stringeva  le  stole  muliebri ,  o  come  il  Clerc 
yimagina  ,  a  un  nodo  che  per  di  dietro  le  fermasse.  Io  che  ho  veduti  infinite 
volte  ne'  bassi  rilievi  e  nelle  statue  gli  ornamenti  delle  donne  greche ,  non 
ho  mai  notato  ,  ch' io  mi  ricordi ,  tale  ornamento .  Tzetze  lo  ha  veduto  sol 
nelle  Peoni  ,  fatte  schiave  da  Basilio  il  grande.  lnclino  dunque  a  un'  altra 
gentenza  ,  che  suggeriscono  Suida,  il  grand'  Etimologico,Esichio  ,e  gl' Inter- 

(a)  Operum  T.l.  p.2.       (6)  Orat.LXXlV.       (c)  Lib.  III.  fab.  10.     (d)  Orat. 
I.  pag.  12. 


205 
preti  di  Esiodo  ,  che  la  voce  wyovroXo;  dedueono  o  da  wyun  cubitus  ,  o  da 
iruyvTiov  ,  ch' e  secondo  Eustazio  riferito  da  Emilio  Porto,  lo  spazio  che  corre 
dal  cubito  al  dito  mignolo  .  Questo  ornavan  le  donne  con  irag/.S^csx/ov/a/g  ,  ar~ 
millis  ,  e  con  JatxTuX/e/;  annulis  i  onde  sia  ornata  nelle  braccia  ,  e  nelle  mani . 
la  quale  spiegazione  ancora  ammetteTzetze  nel  comento,  e  nelle  Chiliadi(a), 

374.  AipiiXsc  xwt/XX»3-«j  ts>iv  fitpwo-a  xaXniv ,  Blancle  garriens ,  tuum  inquire/is 
horretim;  xair/XXao-a  c  1' altro.  epiteto .  Kwr/Xae  e  rondine  in  Anacrebnte >  e  in 
Simonide  ,  come  osservan  gli  Scoliasti .  E  in  Teocrito  un  ignoto  sgridand* 
Prassinoe ,  e  la  compagna  della  loro  femminile  loquaeita,  dice 

Flew' tret  cr$'  00  Sij^omoi  dva-vvict  •/.anriWoioou.  , 
Desinite  ,  o  miser ae  ,  inutiliter  garrientes  (b) . 
Ivi.  naXinv  spiegano  alcuni  tugurium ,  altri  non  so  con  qual  fondamento 
sinum  ,  qualche  lessico  horreum  ,  a  cui  conformandosi  il  Salvini,  e  noi  stessi 
spieghiamo  granajo .  Moscopulo  chiosa  quel  #i<p'2<rot  x.a\t»v  }  troXuirqaynovieu, 
<riv  oixiav ,  che  spiega  1' aft'accendarsi  in  una  casa;  Esichio  ^rara  ,  ch'e  quel 
cercare  ,  o  frugare  per  casa . 

37 5.  "Oj  <?i  yuuouLf.1  irsiro;9-t ,  ti'itoiS-'  Sye  QnXiirrttrt ,  Qui  namqtie  mulieri  credit , 
credit  idem  furibus .  Lo  Scoliaste  di  Euripide  (c)  legge  yuuou^i .  Plutarco  que- 
sto verso  da  Esiodo  scancellw,  riconosciuto  da  tutti,anche  dal  Sig.  Brunck, 
per  legittimo  ,  e  conformissimo  alia  sua  dottrina  ,  da  cui  altre  volte  abbiani 
difeso  il  sesso  donnesco.  E  qui  lo  fa  con  ragione ,  posto  che  favelli  di  donne 
di  mal  affare  ,  nelle  quali  non  dee  supporsi  disinteresse . 

Ivi.  <p»\>iTy<rt .  Vocabolo ,  di  cui  si  e  dubitato  molto  ,  se  dovesse  piut- 
tosto  scriversi  ^/X»V»a-/'.  Moscopulo  interpretando  aVaTEwa-zv ,  par  che  leggesse 
fnXn'rria-t ,  come  legge  anche  Tzetze  :  ma  alcuni  Scoliasti  di  Esiodo  ,testimonio 
Eustazio  (d) ,  sonostati  per  la  sola  seconda  voce.  La  prima  ,  che  noiadottiamo, 
ha  per  se  il  Codice  di  Stobeo  presso  Brunck  ,  e  tutt'i  MSS.  veduti  da  Robinson  , 
c  la  maggior  parte  de' molti  che  noi  produciamo  j  Ma  per  salvarne  1'  etimolo- 
gia  ,  i  gramatici  chi  all'  eufemismo  son  ricorsi ,  chi  all'  amare  ( <piXuv  )  1'altrui  , 
chi  all'  ant ifrasi ,  perche  il  ladro  e  piuttosto  odiatore ;  chi  lo  deriva  da  i/<ps- 
XeTjrj  per  aferesi  dell'  v ,  e  dell'  t,  e  per  1'  ettasi  della  n,  nel  che  riconoscono 
una  figura  simile  al  signiricato  ,  vedendo  tolte  ,  o  sia  rubate  alcune  lettere  ; 
e chi  ad  altre  (mi  sialecito  dirlo)  stiracchierie .  In  <j>wA»'thj  e  chiara  la  etimo- 
logia  da  ipxXe'w  fallo  ,  decipio  ;  Esichio  1'  ammette  chiosando  (QvXnmna  1  per  Xmj-oIj; 
pw'Xn^,  deceptor  e  presso  Suida  .  Adunque  che  osta  perche  questo  vocabolo 
non  debba  aver  la  greca  cittadinanza  ?  Ecco  .  Non  dicesi  cpnXiu ,  »o-a> ;  ma,  <pn- 
Xou  wVw ,  da  cui  non  pmAw'toj  dovria  discendere  ,  ma  <p*Xui»<; .  Ometto  che  <pnXsu> 
e  riconosciuto  dal  Costantini;  ma  perche  si  fonda  in  autorita  dubbia ,  non  e 
meglio  dire ,  che  questo  verbo  ha  avuta  terminazione  in  eu  ,  e  in  aw;  ha  avu- 
ta  doppia  terminazione,  com'e  avvenuto  di  molti  altri  e  greci  e  latini;  che 
ricorrere  a  tante  baje  grammaticali  ? 

(a)  Chiliad.  CCC.  XVIII.         (b)  Idyl.  XV.  vers.  87.        (c)  Med.  vers. 416. 
(d)  Iliad.  11.  vers.  i$4. 

33 


20(5 

3?6.  Mxvoya/>iz  $i  ircii';  etc.  Unicus  vero  filius  servabit  paternam  domum  .  Sen- 
za  far  menzione  de'  pareri  diversi  ,  che  ci  sono  staki  riguardo  all'  ordine >  e 
alia  coerenza  di  questi  versi  (cio  che  inutilmente  ci  occuperebbe  lungo  tem- 
po) espongo  il  mio  sentimento  ,  e  non  ne  dispevo  1'  approvazione .  Lascio  in 
primo  luogo  al  posto  loro  i  versi  ,  ne  muto  1'  interpunzione  ;  e  al  testo  fo 
luce  con  un  verso  di  Virgilio  ,  che  disse  : 

Sola  domum  ,  et  tantas  servabat  filia  sedes  (a)  . 

J77.  Ma  come  un  sol  riglio  conservera  la  casa  ?  Han  finora  risposto  pascen- 
do .  Or  com' entra  qui  tutt' a  un  tratto  la  pecuaria  ?  E  dato  che  v' entri  , 
che  bisogno  ci  e  di  applicarvi  un  figlio  ,  che  dee  conservare  ed  accrescere  il 
patrimonio>  e  dalla  cui  assistenza  si  promette  il  Poeta  1' ampliamento  della 
famiglia ,  quando  a  tale  uopo  di  pascere  il  gregge  basta  uno  schiavo?  Non 
dunque  col  pascere,  ma  col  sussistere  conservera  ,  e  crescera  1'  avere  paterno . 
Conseguentemente  non  ispieghero  co' passati  Interpret!  <pe?/5it*w ,  pat>cendo  } 
come  sol  pcrmettendo  tale  interpretazione  feci  altra  volta  ;  ma  mutriendo ,  e 
educando .  Mi  fa  scorta  Tzetze  ,  il  quale  a  quella  parola  fa  questo  comento  ; 
dvri  iS  TfitpsS-cu  ,  a  cui  va  d'  accordo  Esichio  :  (pip/Serca  ,   T%4<pi<mi . 

378.  Eccoci  al  verso,  che  come  indegno  di  Esiodo  fu  scancellato  da  Pro- 
clo  ,  da  Plutarco,  da  Aristarco ;  da' quali  ebbe  nota  d' inintelligibile  ,  e  di 
supernuo.  Ma  queste  note  non  son  bastate  ne  anche  al  Sig.  Brunck  per  omet- 
terlo  .  Con  quelle  parole  yv?ouig  &l  9-dvon;  non  comanda  al  fratello  di  morir 
vecchio  ;  glie  l'augura,e  lo  conforta  a  procurarlo  .  Con  quell'  altre  poi  srepa* 
ToicJ"  tyx.ctiuXa'rrwv ,  alium  filium  relinquens  ,  gli  raccomanda  in  primo  luogo  di 
assicurar  la  successione ,  che  non  avendo  che  un  figlio  e  molto  incerta:in 
secondo  luogo  lo  preserva  dal  vedere  fratelli  in  discordia,  com'erano  stati 
essi  due.  Due_fratelli  1' uno  grande  1' altro  piccolo  non  contristano  mai  il 
padre  con  la  discordia  . 

37p.  P«a  <S~e  *tv  etc.  Facile  vero  et  pluribus  Juppiter  praebebit  ingentes  opes. 
Va  incontro  alia  difficolta  dello  scarso  patrimonio,  che  non  permette  piu  di 
un  figlio;  dicendo  che  Giove  puo  arrichirne  piu  d'uno. 

380.  H'keiuv  fMiv  ir\%ovu>v  fMiXim  ,  jue/<f<wv  <T  tTi$iix.n  ,  Major  plurium  cura ,  major 
autem  accessio .  E'  ambiguo  nel  testo,  se  si  tratti  de'  figli ,  i  quali  piu  che 
sono,  piu  dan  pensiero  ,  ma  piu  facilmente  possono  arricchire;  o  degli  averi  , 
i  quali  piu  sono  e  piu  dan  pensiero ,  ma  piu  facilmente  si  accrescono .  Io  contro 
il  parere  di  qualche  Scoliaste  sono  per  la  seconda  sentenza  .  E  la  ragione  che 
mi  persuade  e,  che  pi^im ,  ed  tir&>ix.n  si  riferiscono  agli  stessi  ,  che  non  po- 
tendo  essere  i  figli ,  son  dunque  gli  averi  .  'Evi$n'*.n  non  e  altro  ,  che  giunta 
a  cio  che  v'eras  accessio  ,  appositw,  o  come  traduce  Kustero  ad  Aristofane 
nelle  Vespe  v.  i382.  e  mantissa.  Questa  e  piu  facile  a  chi  e  gia  ricco .  Plu- 
tarco (b)  raeconta  di  Lampide ,  che  domandato  come  avesse  fatto  ad  acqui- 
star  tanta  roba  :  il  poco ,  rispose  ,  ho  acquistato  con  difficolta;  il  molto  con 
facilita  per  la  maggior  copia  de'  mezzi ,  e  de'  ministri . 

(a)  Aeneid.  VII.  rers.  Sz.      (b)  Tom.  II.  pag.  787. 


20? 
3 g i .  Ttoi  S'  m  wX»'to  $u[xo<;  liXtftuxi  iv  Qqtetv  ii<rtv .  II  Grevio  in  vigor  di  un  solo 
MS.  (che  basta  a  ohi  ha  smania  di  correggere )  muto  ja-iv  in  cria-i,  la  qual 
lezione  Robinson  dichiara  contraria  a  tutt'  i  Codicij  che  vide  ;  ed  io,  per- 
che  contraria  a  quasi  tutti  i  miei  MSS.  non  so  approvarla .  E  mi  pare  alte- 
rata  la  spiegazione,  che  il  Grevio  aggiugne  tua  si  opes  mens  appetit  in  ani- 
mo  tuo ,  benche  Plauto  e  Catullo  abbiano  mens  animi ,  il  che  non  importa  mol- 
So  al  caso  nostro  .  Piu  natural  parlare  ,  e  phi  fedele  tradurre  sara  :  tibi  vero 
si  animus  appetit  opes  in  suis  cogitationibns ;  ch'  e  la  spiegazione  che  da  Mo- 
SCOpulo  :  trou    Si   ri   -\v%ii  ft   iirtSuuH   nrXowrn   £v  tsj   saving  X»y«r(J.u>  . 

382.  TrW  t %$itv •  i?yav  Si  t'  gV  l-pyu  e'pja'jfac&<«  ,  Sic  facito  ,  operamque  operae 
subinde  addito  .  Dante  in  simil  concetto  : 

Perch'  egli  accunvulando  duol  con  duolo  (a)  . 
Cominciano  i  precetti  di  agricoltura  ,  necessar  j  anche  a'  padroni ,  benche 
occupati  .  Era  occupatissimo  dalle  civili ,  e  letter arie  facc&nde  il  celebre  Pre' 
sidente  di  Montesquieu  ;  ma  non  perdeva  per  questo  di  mira  la  direzione  della 
sua  Terra  di  Brede  (b) .  Era  anch'  esso  occupatissimo  il  Padre  di  Temistio ;  e 
nondimeno  1' agricoltura  era  il  suo  divertimento  c)  . 

383.  YlXnTdScav  etc.  In  qualche  Codice  ,  in  Melantone  ,  Crispino  ,  Enischio  , 
Wirterton,  Einsio,  e  qui  segnato  il  libro  11.  e  nella  edizione  di  Aldo  vi  e 
lettera  majuscola ,  per  accennare  ,  che  qui  comincia  un  libro  nuovo  .  Noi  in 
vista  de'eodici,  e  delle  edizioni  migliori  ,  che  omettono  ogni  distinzione ,  e 
in  vista  di  Servio  ,  che  nel  proemio  della  Georgica  diVirgilio  chiama  le  Ope- 
re  di  Esiodo  librum  ,  e  non  hbros  ,  lo  consideriamo  come  un  solo  .  Picciola  va*- 
riazione  e  quella  che  si  legge  in  Massimo  Tivio  irzftTsWopu/ciav . 

Venendo  al  testo  ,  il  Petavio  nel  Tomo  III.  Parte  II.  capo  p.  congettura  , 
che  a' tempi  di  Esiodo  sorgesse  la  lucida  delle  Plejadi  circa  agli  n.  di  Mag- 
gio;  1' ultima  a'  i5.  nel  qual  tempo  cominciavano  in  Grecia  la  messe  :  perche 
seguendo  gli  antichi  Greci  1' anno  lunare  ,  era  fallace  1' indicazione  per  via 
di  mesi  :  di  che  e  da  vedere  Galeno  presso  Petavio  medesimo  al  Tomo  III. 
Parte  II.  pag.  94.  Quindi  in  cosa  di  tanta  importanza  si  ricorse  ad  un  punto 
fisso ,  cioe  al  nascere  e  al  tramontar  delle  Plejadi .  Delle  quali  anche  Filo- 
ne  (d)  scrisse  cosi  ■'  Suopivmv  ydq  duXani;  dvatiuvovmi  ispi<;  cTofov  etc.  nam  quum 
occidunt  ,  sulcos  secant  ad  sementem  ;  quum  autem  nasci  proximae  sunt  ,messem 
annuntiant ;  et  ortae  agricolas  gestientes  ad  comportationem  rerum  necessaria- 
rum  excitant.  Arato  dice  che  son  sette  stelle  ,  delle  quali  sei  sole  si  Veggo- 
no .  Igino  ne  rccita  i  uomi .  I  Latini  le  chiaman  Virgiliae  .  Queste  cose  ,  e 
molte  altre  spettanti  all' agricoltura  trovera  il  lcttore  presso  il  P.  Lodovico 
della  Cerda  ,  e  il  Sig.  Heyne  nel  Comento  della  Georgica  di  Virgilio ;  i  quali 
libri ,  siccome  han  preoccupato  il  meglio  che  io  potessi  dir  sopra  Esiodo  in 
questa  materia,  cosi  mi  potranno  ajutare  alia  brevita-  Nel  passo  presente 
▼ed.  il  1.  della  Georg.  al  verso  221.  che  appunto  dice  : 

(a)  Cantica  I.  canto  28.  (b)  Lastri  Corso  di  agricolt.  til-  p.  %6.  (c)  The- 
mist.  Orat.  II.  pag.  So.       (d)  De  opificio  miindi. 


208 

Ante  tibi  Eoae  Atlantides  abscondantur . 

385.  A"  JV  rot  wxb;  etc.  Jllae  quidem  novtes  et  dies  quadraginta  latent,  rur- 
sum  vero  vertente  anno  apparent  etc.  II  tramontar  dellePlejadi  cosmico  ,  che 
indica  il  tempo  dell' arare  sara  da  noi  considerato  a' versi  6\S.  Ora  del  loro 
tramontare  esorger  eliaco  ;  il  qual  consiste  nell'essere  involte  nella  luce  del 
Sole,  e sparire  ,  e  nello  svilupparsi  da  essa  ,  e  cosi  tornare  a  vedersi  :  delle 
quali  cose  la  prima  avveniva  a' tempi  di  Esiodo  il  di  3  I.  di  Marzo  ,  la  seconda 
il  di  il.  di  Maggio  :  cosi  il  loro  oscuramento  era  di  quaranta  giorni  ne  piu  ne 
meno .  E  in  questo  tempo  cadeva  il  fine  dell' anno  vecchio  ,  e  il  principio 
del  nuovo.  Ma  di  quale  anno?  Esso  potria  riferirsi  ad  un  anno  naturale  ,  e 
civile  .  Infatti  Giuseppe  Scaligero  misura  dal  sorgere  delle  Vergilie  1'  anno 
civile  d'  Esiodo.  Ma  Petavio  gli  e  contro;  e  vuole  che  da  questo  punto  co- 
minci  1' anno  rustico ,  non  il  civile;  e  par  che  abbia  ragione . 

387.  IBs  -sjpwra  ^stpas-s-o^jVo/o  <r<cf»'f8,  primum  ut  acultur  ferrum .  L' Alamanni 
imitatore  ,  e  spesso  traduttore  degli  antichi  (a) . 

Mentre  aguzzava  ancor  la  falce  e  i  ferri  . 

388,  Ouiii;  tut  iriSiwv  nrtXiTut  vofxoi; ,  Haec  utique  arvorum  est  lex  iis  qui  mare  pro* 
pe  habitant ,  iis  qui  valles  jlexuosas  colunt  .  Quanto  sia  ristretto  ne'  suoi  pre- 
cetti  Esiodo  ,  puo  mostrarlo  questo  luogo  ,  ove  non  fa  menzione  che  di  due 
generi  di  terreni .  Ma  ve  n'  ha  degli  altri,  de'  quali  si  potea  discorrere  ;  tali 
sono  i  poggi  ,  e  i  monti  ;  de'  quali  Varrone  :  infimis  alia  cultura  aptior ,  quam 
summis  ;  quod  haec  calidiora  ,  quam  summa  (b)  .  E  de'luoghi  temperati  ancora 
potea  tenersi  discorso  a  parte  ,  siccome  fa  Palladio ,  che  appunto  della  messe 
cosi  favella  nel  Luglio:  nunc  locis  temperatis  messis  expletur  (c) .  E  cosi  dicasi 
de'luoghi  umidi ,  e  degli  arenosi  ,  che  voglion  diversa  coltura.  Ma  per  non 
errare  ,  senza  osservar  piu  che  tanto  il  genere  del  terreno  ,  e  il  tempo  del- 
1'  anno  ,  basta  attenersi  alia  legge  di  Columella  :  aequaliter  flaventibus  jam 
satis  antequam  ex  toto  grana  indurescant ,  cum  rubicundum  colorem  traxerunt  , 
messis  facienda  est(d).  Al  qual  proposito  niuno  mi  vietera  di  dire  }  che  si  Co- 
lumella prcfato  ,  e  si  Varrone ,  e  Catone>  e  Palladio,  e  Vegezio  ho  potuto 
avergli  emendati  su  la  edizione  Lipsiense  di  Gesnero;  una  delle  fatiche  del 
P.  Gio.  Batista  Lagomarsini  ,  donatami  dal  Signor  Ab.  Gio.  Batista  Lavagna 
dottissimo  suo  nipote .  11  P.  Lagomarsini  confronto  il  libro  con  1'  edizioni  del 
Beroaldo  ,  del  Poliziano ,  e  di  Jenson  ,  e  con  varj  MSS.  della  Laurenziana  ,  e 
di  S.  Reparata;  ed  e  incredibile  quel  diligentissimo  Scrittore  quante  altera- 
zioni  vi  trovasse  .  \ 

3pi.  TXouaa-tv ,  e  due  versi  sopra  scrivo  vcuzmx?  ,  riducendo  le  lezioni  del 
Grevio  vauu<rtv>  e  vouiiatoo-t  a  quel  ch' erano  prima  di  lui.  Egli  le  muto  su  la 
fede  di  due  MSS.  ed  io  le  richiamo  su  la  fede  di  quasi  So.  e  di  tutte  1'  edi- 
zioni migliori,  che  invece  del  dialetto  dorico  hanno  il  comune. 

Ivi .  yvuviv  (ttth^siV)  yu(xvov  Si  (soam7v ,   Tutuvd)i  J'  dfxdttv,  Nudus  serito ,  nudus- 

(a)  Coltivaz.  II.  158.  (b)  1.  6.  de  R.  R.  (c)  Lib.  VIII.  c.  i-  (d)  De  R.  R. 
1.11.  O.  2j. 


2  09 
que  qrato ,  nudus  quoque  metito .  Vivgilio  su  le  medesime  tracce ,  Nudus  ara , 
sere  nudus  (a) ;  ove  Servio  :  id  est  adeo  sereno  coelo.,ut  vestimentis  non  egeas .  .  . 
nam  non  dicit  nudum  esse  debere  quasi  aliter  non  oporteat ,  aut  possit .  Ma  a, 
parola  osservo  il  precetto  di  Esiodo  il  Dittator  Serrano,  o  Quinzio  Cincin- 
nato ,  ad  quern  missi  legati  nudum  eum  arantem  trans  Tybtrim  offenderunt , 
come  dice  Aurelio  Vittore(6).  E  che  cio  non  ammetta  limitazione  (tolto  che 
di  una  fascia  per  la  modestia)  ne  fa  testimonianza  Plinio  (c). :  Cincinnato 
viator  attulit  dictaturam  ,  et  quidem  tit  traditur  nudo . . .  Qui  viator  :  vela  cor- 
pus, inqtut ,  ut  proferam  Senatus  ,  popuhque  romani  mandata  .  Ne  egli  fu  solo. 
Sappiam  da  Plutarco  (d) ,  che  i  Romani  antichi  d' inverno  lavoravano  con 
sola  una  endromride,  e  di  estate  ignudi. 

3p2.  «  x  &&■*  ttatJt'  i&ckriS-cc  *E  ya  x.opi'%ed-cu  etc.  si  matura  omnia  voles  Ope- 
ra fen  e  etc.  Catone  :  Opera  omnia  mature  conficias  fuce .  N-am  res  rustica  sic 
est  ;  si  unam  rem  sero  feccris ,  omnia  opera  sero  jacits(e) . 

3p<5'.  'ilj  Jfjtj  vuv  sV  it*  n\$i<; ,  Sicut  et  nunc  ad  me  veniiti.  Uno  de'  luoghi  piu 
chiari  e  questo,  con  cui  provare >  che  quando  Esiodo  scrisse  il  puema  ,  eran 
quietate  le  controversie  col  fratello;  altritnenti  questa  non  sarebbe  ito  a 
cercare  il  vitto  in  casa  di  Esiodo . 

3P7-  i?7a%zv  ,  viiirie  Yli'^crn  ,  labora  ,  stolide  Persa  ,  Opera  quae  Dii  hominibus 
(per  sign*)  demonstraiunt  .  Non  so  come  i  latini  inlerpreti  han  tradotto 
quel,  tf/srefcjupfewre ,  per  labores  destinarunt ,  o  imposuerunt .  Non  adduce  altra 
ragione  il  Grevio  s  se  non  una  glossa,  che  porta  •spos-eiwijayro  ,  e  1' Etimologi- 
co ,  che  nxucufa-/  spiega  anche  x.aT&7-x.iuct%eiv .  Gli  Sooliasti  greci  unanimemen- 
te  spiegano  come  noi  abbiamo  esposto  .  Proclo  non  solo  adotta  la  interpreta- 
zione  ;  ma  loda  Esiodo  ,  quasi  bene  abbia  detto  ,  che  gli  Dei  per  mezzo  delle 
stelle  ,  e  degli  elementi  prenunziano  le  fatiche  da  farsi ,  per  non  avere  indi- 
genza  co'  hgliuoli  e  con  la  moglie  :  permodoche  chi  soifre  penuria  non  possa. 
rammaricarsi  che  di  se  stesso . 

3pp.   Mk  nrorz  a-v'v  nrouJiva-t  yiwoux.!   ts  etc.  .Ne  quando  cum   liberis  et  uxore  ani- 

mo    doltns   quae i  as  vLtum   per    vicinos,  hi   vero   neghgant .  Tirteo  ha  di  qua 

preso  la  bella   pittura  del   vinto  ;  con  cui  incoraggiva  i  soldati   a  vincere  ,  o 

a  morire  ,  per  non  riduvsi  a  mendicare  colla  moglie  ,  co'  hgli  ,  e  co'  genitori  : 

T»^  <?    auiS   'ZDpoXiirivra.  nroXiv  yg]  Triovat;  uyqov$ 

Y\iidXZuitv  >  iruvmsv   ig-'  dvingottcnv 
TI\a%6[*ci/ov  avv  ^.nr^i   <p/A;r  x&j  nrar^i  yiqovri  y 
YiouTt   <n  tvv  fjnnfoT;  ,   xo{/f<J7>t  r  dXo^w  (A  . 
At  siquis  urbe  sua  ,  pinguibusque  arvis  rtlictis  mendicare  cogitur  ,  hoc  omnium 
est  miscrrimum  ,  vagantem  cum   cava   matre  et  sene  parente  ,  cum  parvis  filiis , 
et  adolesccntula  uxure  . 

404.    <btza£ia$ou.   mitwn  <n  Xunv,   Cogitare  debitorumque  solutionem.   Non  so  se 

(a)  Georg.l.2pp.  (b  Dc  Viris  illustribus.  (c)  H.  N.  lib.XVUI.  c.3.  (d)  Plu- 
tarch, in  vita  Catonis  majoiis  torn.  1.  pag.  iiy.  (e)  Dc  R.  R.  cap.  S.  (/)  Tyr- 
taeus  in  fragm.  ap.  Lcctium  pag.  732. 

34 


■2lO 
a'  tempi  d'  Esiodo ,  e  se  in.  Ascra  fosse  la  consuetudine  ,  che  dagli  scritti  di 
Nicolao  riferisce  Stubeo  (a)  :  Hsiutwv  tvioi  etc.  Ex  Boeotis  nonnulh  eos  qui  debitum 
non  solvunt  in  forum  deductos ,  et  sedere  jussos  cophino  superinjecto  cooperi- 
uut  :  qui  autem  hoc  passu*  fuerit  ignominiosus  est .  tiujusmodi  ignominia  etiam 
Eunpidis  patrem  Boeotum  genere  notatum  futant, 

4o5.  Oi'kov  uiv  -sjptJr/g-a  etc.  Domum  in  primis  ,  jeminam  ,  bovem  aratorem  ,  fe- 
minarn  }  inquain  y  non  uxoiem.  Tre  cose  in  prima  comincia  a  consigliare  al  fra- 
tello  di  provvedere  ;  la  casa  ,  una  donna  che'la  guardi,  i  bovi  aratori .  E 
quanto  alia  donna  ,  si  controverte  se  debba  intende/si  la  moglie  ,  o  debba  ri- 
ferirsi  quel  ywjouf.a  a  quel  x-tuthv  ,»  yapim"  ■>  che  vien  dopo  ;  siccome  fanno  tutti 
gli  Scoliasti  ,  lo  Scaligero  ,  il  Gujeto ,  il  Grevio  ;  dal"complesso  de'  quali  non 
mi  fo  lecito  di  dissentire  per  aderire  all'  Einsio  e  alio  Zanolini ,  che  spiega- 
no  uxoiem.  E'  vero  che  Aristotele  1' intese  anch' esso  per  moglie  (b) ;  ma  gli 
falli  la  memoiia  ,  facendo  punto  fermo  dopo  questo  primo  verso  ,  ed  esclu- 
dendo  il  seoondo ,  ov'  e  la  dichiarazione  della  parola  ywjcu-iu  ;  come  conget- 
tura  lo  Scaligero  .  Ripugna  al  Hlosofo  ,  oltre  gli  autori  soprallegati  ,  il  re- 
sto  del  poema  ,  in  cui  prescrive  a  Perse  di  aspettare  al  trcntesim'  anno  ad 
ammogliarsi  ,  ove  la  donna,  di  cui  qui  trattasi  ,  dee  provvedcrla  subilo  insie- 
me  con  la  casa,  che  .dovra  guardare ,  e  co' buoi  ,  o  le  vacche  ,  seoondo  il 
Gujeto  ,  che  dovra  seguire  alia  pastura . 

407.  XfJfjttaTK  d"  «i<  oixw  trcivr  a f pa/a  nrotHo-aeScu,  Instrumenta  vero  doini  omnia 
apta  para.  Quel  Cresino  ,  che  fu  accusato  di  avere  per  incantesimo  tratte  le 
biade  da' poderi  d'altrui  nel  suo,  perche  il  suo  podere  ,  tuttoche  picciolo  , 
fruttava  piu  degli  altri  :  instrumentum  rusticum  omne  in  forum  attulit ,  et  ad- 
duxit  famdiam  validam  ,  atque ,  ut  ait  Piso ,  bene  curatam  ac  vcstitam  ,  ferra- 
rnenta  egregie  facta  , graves  Ugones  ,  vomeres  ponderosos  ,  boves  saturos.  Postea 
dixit:  Veneficia  mea ,  Quiritrs  ,  haec  sunt  (c)  :  tanto  importa  quel  piecetto  , 
che  sieno  acconci  gl'istrumenti  rusticani.  Le  altre  cose  al  trove  leraccomanda. 

4!  I.  xaXin'v  horreum  .  11  grand' Etimologico  (dj  spiega  questa  voce  per  casa 
di  legno  ;  accorda  pero  che  possa  abusivamente  prendersi  per  casuccia  di 
piefcra  *  e  cita  questo  verso  di  Esiodo  . 

4l3.  Am  £'  afx/SoAieyyig  cev»p  arridi  va>,ouii ,  Semper  autem  dilator  operum  vir 
cum  damnis  luetattir .  Questa  cosa ,  come  interessantissima  il  mestier  dell' 
agricoltura  ,  ha  accennata  Esiodo  di  sopra  ;  e  torna  ora  a  raccomandarla  , 
come  fa  replicatamente  Columella  :  Praelabentis  vero  temporis  fuga  quam 
sit  irreparabilis  qui*  dubitat?...  Res  e^t  agresti  insidiosissima  cunctanti:  quod 
ipsum  expressius  vetustissimus  auctor  Hesiodus  hoc  versa,  significuvit  A/a  etc.  (e). 

417.  3-«£ao;  aV"'f  j  cosi  chiama  il  Sole  da  o-eiftdeiv ,  che  signihca  Xapireiv  corn- 
scare ,  fervere  .  Proclo  . 

418.  x.nfiT(i<piuv  dv$fa>iruv>  hominum  fato  nutritorum ,  Corrisponde  alia  frase 
ebraicayzZiws  fati ,  Jilius  mortis  . 

(or)  Serm.  XLII.  pag.  2p3.  (b)  Oecon.  1.  cap.  2.  (c)  PUn.  k  XVIII.  cap.  6. 
(d)  V.x*\id.        (e)  Lib.  XI.  cap.  1. 


«2  I  I 
^ao.  ~Huo<:  dSwrnidm .  II  Gujeto  corresse  *»««$  tunc  ,  e  consente   gran   parte 
de'  MSS.  Ma  1'  antica  lezione   e   assistita   anch'  essa    da   molti   codici ;    dalla 
glossa  del  codice  di  Loesnero ,  che    cumenta  ore ;    dalla    interpretazione    de- 
gli  Sooliasti'j  e  dal  senso  istesso  ,  che  il  n/-io;  riserba  al  verso  seguente . 

422.  Tttfxog  dq  v  "koTB^-av  etc.  Tunc  sane  ligna  secure  ttmpestivum  esse  opus  me- 
mento .  Esiodo  circa  la  ulotomia  si  spaccia  con  due  avvertenze ,  che  si  fac- 
cia  d'aulunno,  e  quando  i'albero  si  sfronda3  e  cessa  di  metter  germogli  :  e 
aceortamente  ,  perche  V  albero  essendo  meno  abbondante  di  urn  ore  ,  e  meno 
soggetto  ad  inverminire  .  Molte  altre  avvertenze  ,  e  con  distinziune  da  pian- 
ta  a  pianta ,  trovera  il  lettore  in  Catone  (a)  .  e  specialmente  quella  della  luna 
scema  ;  il  qual  precetto  e  confermato  da  tutti  gli  antichi  ,  e  specialmente  da 
Plinio  ,  il  quale  aggiugnc  ,che  infinitum  reftrt  lunaris  ratio  ,  nee  nisi  avicesima 
in  tricesimam  caedi  vvlunt  (b) ;  raccomanda  che  tagliato  I'albero  tino  al  midollo  , 
silasci  stare  finche  ne  scoli  l'umore.  Si  ridono  i  moderni  di  ogni  lunare  avver- 
tenza  j  e  brevemente  consigliano  ,  che  il  taglio  si  pub  fare  in  tutt"  i  tempi, 
ma  meglio  e  ntlV  inverno ,  dopo  colte  le  ghiande .  Cosi  il  dotto  Sig.  Dott.  Otta- 
viano   Targioni   Tozzetti  (c) . 

423.  "Oluov  (xi<j  rqtnriSk'j  -rduvetv  ,  Mortarium  tripe-dale  auidem  seca  ,  pistillum 
vero  tricubitale  ,  cxemque  septempedalem  .  Vedesi,  ch'  Esiodo  per  queste  mi- 
nute descrizioni  di  misure,e  per  quelle,  che  troveremo  poco  appresso  ,  fu  de« 
riso  da  alcuni.  Plutarco  ,  come  attesta  Proclo  ,  nc  prese  la  difesa  ;  e  lo  scuso 
dalla  micrologla  coll'  esempio  di  Platone ,  che  descrivendo  i  vasi  delle  case , 
avea  anco  pailaio  delle  misure  loro  ,  e  con  l'esempio  di  altri  antichi,  i  quali 
trattando  degl'  inventori  delle  cose  utili ,  e  giovevoli  alia  vita  umana,avuti 
gli  avevano  ,  non  ostantc  la  picciolez/a  delle  cose,  in  sommo  onore .  Al  qual 
proposito  riferisce  che  i  Pitei  avendo  trovato  il  doglio  Ui9ov ,  da  esso  furon 
denominati  •    Aggiugni    Stolone  denominato  da' sermenti  ,  che  primo  recise . 

lvi .  Circa  il  mortaio  ,  e  il  pestello  ,  e  noto  che  gli  antichi  se  ne  serviva- 
ne  per  pestare  il  grano  ,  o  il  farro  ,  e  quei  che  in  Roma  faceano  tal  mestie- 
re  nominavan  pistores  id)  :  percio  fra  gl'  istrumenti  della  vigna  si  computa  il 
mbrtajo  da  frumento(e)  .  Ma  era  in  Roma  a' tempi  di  Plinio  di  pietra  ;  e  quel 
di  legno  riserbavasi  alia  zea  ,  ne  lapidis  duritia  corner  at  (f) . 

425  E<'  Si  -/.in  ox-fxTrofti*'  etc.  Si  vero  octopedalem  et  malleum  inde  secueris . 
Tzetze  e  molto  inquietato  contro  il  carro  di  Esiodo  ,  che  chiama  disadatto. 
Lasciamolo  nel  suo  mal  umore. 

426.  T^io-wi'd-u^iov  <?'  a-\iv  Tu/Jtvav  J'sxa^a/fw  d(xd%y .  11  Brazzuoli  traduce: 
Trispannale  la  volta  della  ruota 
Pel  cocchio  taglierai  diecispannale  . 
Ma  nel  testo  e  diversita .  La  misura  della  carretta  ,  che  il  Brazzuoli  traduce 
cocchio  ,  e  il  doro,  0  sia  il  palmo  minore,  detto  anche  Ta.\ou.$n  ,  e  iraXd.^t ,  che 

{a)  De  R.  R.  c.  Ji.  {b)  Lib.  XVI.  c.  3j>.  (c)  Lezioni  di  Agricoltura  t.  VI. 
p.  112.  (J)Plin;  Hist.  Nat.  lib.XVlIl.cn.  (e)  CatoDe  R.  R.  c.  14.  (/)Lib. 
XV11I.  c.  II. 


212 

acconciamente  il  Salvini  traduce  palmo  .  La  misura  poi  delta  ruota  e  lo  spi- 
tamo,  che  Plinio  traduce  dodrante  >  il  Salvini  spanna  ,  adattamente  ,  per- 
ciocche  questa  e  la  misura  che  corre  nel  palmo  aperto  dal  dito  mignolo  al 
grosso;  quanto  Polluce  \a)  e  Proclo  ne  pone  nello  spitamo .  Or  e  una  gran 
diiFerenza  fra  il  doro,  o  palmo  ,  che  non  ha  piu  di  quattro  dita  ,  e  lo  spitamo 
che  ne  ha  dodici  :  onde  in  queste  due  misure  dovea  il  Brazzu  li  mutar  frase . 

Ivi.  Quistiunarsi  potrebbe,  se  questo  carro  con  ruote  sia  il  carro  ,che  ser- 
ve a' trasporti  v.gr.  delle  biade  ;  o  il  carro  che  forma  parte  dell' aratro:  per- 
ciocche  fu  in  uso  presso  gli  antichi ,  specialmente  Galli ,  un  aratro  con  ruo- 
te,   poeticamente  chiamato  carro;  il  qual  Virgilio   descrive   in   quel  verso: 

Stivaque  quae  currus  a  tergo  torqueat  imos(b) . 
Dico  currus,  escludendo  cull' Heyne  il  cm sus  ,  che  un  erudito  Britanno  so- 
stituiva .  Non  pare  che  possa  dubitarsi  della  soluzione  .  Chi  ha  veduti  gli 
aratri  con  ruote,  che  sono  ancor  oggi  in  moda,  specialmente  in  Lumbardia  , 
conosce  subito  ,  che  in  niuna  maniera  si  adatta  la  loro  costruzione  alia  de- 
scriziune  del  carro  di  Esiodo  ,  il  quale  dee  aver  dieci  palmetti  di  lunghezza, 
e  ruote  ben  alte  .  Anzi  non  credo  che  a'  tempi  d'  Esiodo  fosser  note  le  ruote 
agli  aratri  .  1  Leontini  certamente  non  le  conobbero  ;  altrimenti  in  memo- 
ria  di  Cerere  ,  che  loro  insegno  1' aratura  ,come  nelle  medaglie  hanno  effigia. 
te  tre  mode  di  aratro,  non  avrebbono  omessa  questa  quarta  :  e  in  uno  de' piu 
antichi  monumenti  dell'  aratro  che  ci  rimangano  ,  ch'  e  nel  Museo  Etrusco  (c) , 
non  si  veggon  ruote  :  ne  di  esse  fan  menzione  o  Catone  ,  o  Varrone ,  o  altro 
degli  antichi  ,  da  Virgilio  in  fuori ,  almeno  ch'  io  mi  ricordi . 

427.  lloXX  inri  v.a.uirv\ot  x.a'Xa.  •  (pcgetv  $t  jv'lui  or'  av  su f«;  ,  Malta  praeterea  curva 
ligna  ;  ferto  autem  bu>im  ,quum  inveneris  etc.  Si  consiglia  primieramente  a  cer- 
care  una  bura  di  leccioj  yvnv .    Virgilio  dice,  che  a' suoi   tempi  .si  curvava  a 
forza  ,  e   per  qualche  tempo    si  lasciava  cosi  curva  crescere   ed  ingiossarsi, 
finche  fosse  a  tiro  di  mettersi  in  opera  per  V  aratro  :   e  faceasi  d'  olmo  : 
Continuo  in  sylvii  magna  vi  flexa  domatur 
In  bifim ,  et  curvi  furmam  accipit  ulmus  aratri  (d) . 
Ma  a'  giorni  d' Esi'do  era  una  fortuna ,  che  rade  volte   toccava>  il  trovarne 
una    di  lecc    uspecialmente  in   Beozia  ,    ove  dice    Plutarco  presso  Proclo,  il 
leccio  era  legno  raro :  quindi  se  trovasi  ,  vuol  che  a  casa  si  porti . 

Ivi.  11  Sig.  Heyne  dciinisce  cosi  la  bura  :  tignum  rflud  iocurvatum  ,  cui  et 
temo  junctus  est  {a  parte  anteriori)  et  vomer  ipse  (a  parte  infcriori)  :  a  cui  si 
potrebbe  aggiugnere  et  stiva  (a  paite  posteriori".,  ;  perciocche  1' aratro  e  com- 
posto  specialmente  di  queste  parti,  buri  ,  timone ,  vomere  ,  dentale  ,  e  stiva. 
Esiodo ,  ed  altri  gli  han  denominati  yois  >  'V°.^0S£/f>  Svis ,  t\vua}  exstXn;  ma 
queste  voci  sono  ,  tolto  il  Grevio  ,  tortamente  esposte  da'  lessicografi  ,  e  da- 
gl' interprcti.  Non  mi  distendo  molto  a  spiegarle  ,  siccome  pure  fa  il  Cerda ; 
notando^che  1' intendere  tali  cose  e  mestiere  degli  occhi  ,  piu  che  delle  orec- 

(a)  Lib.  II.  segm.  )  S7.  (b)  Georg.  I.  v.  174.  Heyne  pag.  221.  (c)  Tom.  I. 
tab.  extra  ordinem .        (d)  Georg.  I.  v.  iop. 


-  l6 

chie  •  Rimando  pertanto  il  lettore  alia  edizicjne  del  Clerc  ,  o  delLoesnero, 
ove  in  un  rame  vedra  la  forma  dell'  aratro,  e  in  esso  le  sue  parti,  tolto  il 
dentale  ,  coperto    dalla  estremita  della  bura  ,   e  il   timone  nascoso  fra' buoi . 

43o.  E^t'  civ  W^-.yjou-ni;  Juno;  iv  iX-juxrt  nr  >'t %  a  c,  ,  Si  Palladis  famulus  dentali  in- 
Jigens .  Chiama  servo  di  Pallade  il  fabbro  ,  quando  pare  doversi  chiamare  ser- 
vo di  Vulcano  .  Ma  Platone  ,  ollre  altre  similitudini  che  trova  fra  1'  uno  e 
1' altra  nel  Crizia  ,  osserva  anche  questa  ;  che  amcndue  son  chiari  per  inven- 
ziuni  di  arti  ,  e  per  istudio  di  sapienza  .  E  veramente  Minerva  ha  il  cognome 
di  Ergane  da  questa  sua  propriela  (a)  ,  e  Giuliano  Augusto  (b)  :  'Ofdm,  dice  , 
?"»  i-jiviiB  7»j  'Efj-avwy  'A&nvas  faga,  Videte  a  Minerva  Orifice  quanta  in  nos  de- 
rivata   sint  munera  . 

Ivi.  Traduco  iXvpctn  dentali  .  Un  egregio  Comentator  di  Virgilio  vuole  , 
che  dentale  e  vomere  sia  una  medesima  cosa  ,  persuaso  da  un  luogo  di  Co- 
lumella, ubi  Cehus  censet  exiguis  vomeribus  et  dentalibus  terram  subigere  (c)  ; 
quasi  1' autore  abbia  que' due  termini  usati  per  due  sinonimi .  Ma  veramente 
par  che  non  siano  .  Servio  gli  distingue  :  dentale  est  lignum  in  quod  vomer  in- 
cluditur  {d)  .  Proclo  parlando  dell'  e  \v{xa  ,  che  corrisponde  a  dentale,  dice, 
ia  Si  l\vfxd  ian  to  ifj/i\n6iV  a;  7a  tjIv  uvvjv  x.zts'%ov  %uXov  .  .  .  (  uvviv  v  a-iSriqov  )  .  iSta 
Si  tu>  i\u'uaTfirifi>i<>uo<pou  avuSev  ,  i{*fiifiX)i[Jivov  a;  uini  to  x.oi\cv  Iv  :  est  id  quod 
inseritur  in  lignum,  quod  vomerem  continet . .  .(voraerem  seu  ferrum)  .  Hoc  vero 
dentali  aptatur  desuper ,  insertum  in  ipsum  quod  cavurn  est  .  E  dovendo  il  den- 
tale far  forza  a  premere  il  suolo  ,  ed  affondare  piu  che  si  puo ,  acconciamente 
si  ordina,  che  sia  di  dura  quercia  .  Fa  difHcolta  quell'  in  lignum,  quod  vome- 
rem continet;  ma  questo  legno,  a  parer  mio  ,  non  e  altro,  che  la  estremita 
della  bura,   in  cui  e  contenuto  il  dentale,  che  percio  non  si   vede. 

43'.  rouostTiv  iriXdcrai;  zsporup'iijiTnt  ig-ofioifi,  Clavis  conjungens  temoni  adapta- 
verit.  Ecco  1'  uso  della  bura.  Si  dee  conficcare  sotto  ,  o  sia  dopo  il  timone  , 
e  sopra  il  dentale  .  Esiodo  non  prescrive  misura  al  timone  ,  Virgilio  gli  da 
otto  piedi .  Notisi  che  Tzetze  per  chiudi  intende  o  veri  chiodi  di  ferro,  o 
anche  zeppi  di  legno  . 

432.  Ao/a  H  $-='a-S-ca  aforpa  etc.  Bina  vero  facito  aratra  laborans  domi  ,  non 
compositttm  ,  et  cothpactile  .  L'uno  c  1' altro  aratro  spiega  Eratostene  presso  il 
Grevio  ,  e  meglio  Proclo  nel  suo  comento  ,  ove  dice:  «  piv  iv  etc.  Si  igitur 
unum  lignum  totum  sit  buris  usque  ad  jugtim  ab  dentali ,  vocatur  aratrum  du~ 
tiyuov  non  compositum  .  Quum  veto  buris  minor  est  quam  oporteat  ,  inseritur  ipsi 
aliud  lignum  conjungens  ipsam  ,  et  jugum  ,  et  vocatur  totum  aratrum  compa- 
ctum  ,  lignum  vero  insertum   vocatur  temo. 

434  E"  x  sisfov  y  ci'^oui;  etc.  St  quidem  alterum  fregeris  ,  alteram  bobus  inij- 
cias .  Non  sol  degli  aratri ,  ma  di  tutti  gli  altri  rusticani  istrumenti  ,  eonsi- 
gliasi  averc  il  doppio  del  bisogno  ,  perche  non  si  stia  in  ozio  in  caso  che  un 
si   dirompa:  Exhoi  tandus  est  (villicus)  ad  instrumentoium  ,  fei  ramentorumque 

(a)  Aristid.  orat.  in  Mincrvam.         (b)      In  fragrnento     oratioijis  pag.   53\. 
(c)  Lib    11.  cap.  2.  (d)  In  I.  Georg.  p.  yj. 

35 


214 

curam;  ut  duplicia  quam  numerw;  servorum  exigit ,  refecta  ,  et    reposita    custo' 
diat ,   ne  quid  a   vicino  petendum   sit.  Cosi  Columella  (a). 

43  5.  Aa'pfjrj  «T'  w"  irnXi»i  etc.  E  lauro  autem  ,  vel  xdino firmissimi  temones  sunt; 
e  quercu  dentale  ,  to?  i/zce  burim  (comparato) .  'lnB/3oev's  voce  di  controverso 
signiricato ;  e  percio  dal  Pasore  nell'indice  di  Esiodo  reso  temo  y  e  stiva .  Si 
e  notato ,  che  Proclo  quantunque  come  fa  Tzetze  ,  lo  renda  per  timone ,  ag- 
giunge  :  \iyerai  mxp  ivion;  >@4  pcra  tiv  i%,&rkwt  %d\ov  :  il  che  favorisce  chi  tra- 
duce stiva.  Cosi  fanno  quasi  tutti  gl'  interpreti  latini,  e  gl'  italiani  che  ho 
potuto  leggere;  giacche  fra  questi  e  il  Soave  ,  che  commesso  piu  volte  in 
Milano  ,  mai  non  mi  e  giunto.Solo  ho  trovato  che  spiegan  timone  fra  latini 
il  Grevio  ,  fra  gl' italiani  il  P.  Pagnini ,  i  quali ,  quantunque  forse  soli  ,  io  se- 
guito ;  parendomi  improbabilissimo  ch' Esiodo  avendo  usato  I<r?ofioeu$  in  signi- 
iicato  di  timone  a' v.  4?  I.  come  gli  avversarj  concedono  ,  pochissimo  dopo  , 
eiue  a"  ver.  43J.  lo  usi  in  signihcato  di  stiva.  Si  puo  aggiugnere  (ma  per  me- 
ra  erudizione)  che  il  timone  con  due  piccole  ruote  fu  presso  alcune  nazio- 
ni  arnese  ancov  di  soldati  ,  che  il  portavano  a  tergo  raccomanduto  ad 
una  tenuta  >  e  le  due  ruote  sorpassavano  notabilmente  il  capo.  V.  Win- 
ckelmann    Stotia  delle  arti  del  disegno  :  Tom..  III.    tav.  22. 

436*.  Apuif  iXupu.  Pare  al  Brunck  ,  che  a  render  ragione  di  questo  verso  , 
convenga  diilo  acefalo  ,  cioe  cominciante  con  sillaba  breve;  alcuni  de'  quali 
versi  trovansi  ne'  poeti  solo  antichissimi,  come  in  Omero  4-  2,.  giu.sta  Ateneo 
pag.  6"32.  Ma  vi  e  altra  maniera  di  sanarlo  :  puo  Afj/s'j  ridursi  ad  una  lunga 
per  sineiesi  dell'  v  e  dell' 0.  Esiodo  debb' essere  pien  di  licenze,  giacche  anti- 
chissimo  :  le  leggi  di  gramatica  e  prosodia.  sevcia  son  fatte  da'  posteriori 
in  gran  parte. 

Ivi.  &°e  ^'  iwxirveo)  etc.  fioves  vero  duns  novennes  etc.  Fa  qualche  difficolta 
la  eta  richiesta  ne'  buoi  ,  nella  quale  Vari'one  dissente  molto  da  Esiodo  :  Igi- 
tur  de  omnibus  quadni^edibus  prima  est  probatio  ;  qui  idonei  sint  bovcs ,  qui 
arandi  caus^a  emuntur  ,  quos  rudis  ,  neque  minor  is  trimos,  neuue  majoris  qua- 
drimus  parandum  ;  ut  viribus  magnis  sint  ac  pares  ,  ne  in  opere  firmior  imbecil- 
liorcm  confi.Liat ....  turn  ita  subigendum  ,  ut  minutatim  assuefaciant  ,  et  tyonem 
cum  veterano  adjungant :  imitando  enim  faciliu*  domantur  (b)  ■  Ma  la  discordia 
si  concilia  cosi :  Varrone  parla  di  un  fondo  avviato  gia ,  in  cui  sian  bovi 
vecchj  ,  e  per  cui  servigio  si  comprino  giovenchi  giovani ,  i  quali  possano 
imparare  da' piu  attempati.  Esiodo  parla  di  un  fondo  in  cui  non  sono  buoi 
piu  attempati  ,  che  possano  ammaestrare  i  piu  giovani .  Convien  dunque  pren- 
dergli  di   qualche  eta . 

441,  T'0/5  ef'  cr.ua.  etc.  Hns  autem  simul  quadragenwitis  juvenis  sequatur  pa- 
ttern coenatus  quadnfiduin  ,  ccto  frustor.um .  1  pani  conosciuti  dagli  antichi 
eran  di  quattro  specie,  dice  il  Sig.  Targioni  (T.  1.  p.  99.  )  e  quello  che  d.iva- 
si  a' servi  era  il  cOnfusaneo  ,  o  anche  il  lurfuraceo;  e  i  pani  erano  c<inu- 
ncmente  divisi  in  quattro  parti,  come  costa  da  molti  bassirilievi  ,  un  de'  qua- 

(a)  Lib.  I.   cap.   S.        {b)  Lib.    1.  cap.    20. 


2I5 

li  e  in  Roma  in  San  Grisogono  (a) .  None  pero  che  nell'Ercolano  non  se 
ne  sian  trovati  divisi  in  sei  ,  e  in  sette  parti  b) .  Percio  si  spezzava  senza 
coltello  ,  sicche  presso  gli  Ebrei  fractio  panis  e  quanto  mangiare  .  Ateneo 
tali  pani  chiama  /SX&i^A/sj  «fw{,  toj  tx°v'mi  iyvfttis ,  »f  'Vuiu.aj.ot  x-o^^dn^  \iyxtrt  , 
hcibentes  incisuras ,  quos  (panes)  Romani  quadratos  dicunt  (c)  .  Or  un  pane  di 
quattro  quadre  vuol  Esiodo  che  spacci  il  suo  bifolco  in  32.  morsi  (che  tali 
sono  nel  greco  i  fiXu^oi)  sicche  non  ispenda  piu  di  otto  morsi  o  bocconi  in 
ogni  quadra.  La  spiegazione  e  degli  Scoliasti. 

444.  Mhjcjt/  vavmivuv  f*i$'  o,u»'A/xa; ,  Non  amplius  circumspiciens  aequales  • 
Columella  da  consimile  precetto  rispetto  al  viJlico  ,  che  sia  alieno  da'  diver- 
timenti  venerei  :  quibus  si  se  dediderit  ,  non  aliud  quidquam  possit  cogitate , 
quam   Mud  quod  diligit  (d) . 

445-  to  <T  bti  v$ui<TSfo%  d\\o<;  ufteivav  etc.  Hoc  vero  neque  junior  alius  melior  ad 
spargendum  semina  ,  et  iteratam  sationem  evitandam  .  Columella  :  Unum  enim 
ac  solum  dominatur  in  rusticatione;  quidquid  exigit  ratio  culturae  semel  face- 
re  s  quippe  quum  emendatur  vel  imprudentia  vel  negligentia  jam  res  ipsa  dc~ 
cox  it  (e) . 

448.  'Pfd^es-S-ou  J1'  eu-r'  dv  •yepdva  <pcav»v  i'rrax.istrrts  ,  Considera  Vero  quum  vocem 
gruis  audieris .  Picciola  variazione  e  nelle  edizioni  migliori  tpeovnv  ytqdvn  ,  ma 
da  emendarsi  ,  perche  contraria  a  quasi  tutti  i  MSS.  11  resto  e  quasi  un  pro- 
totipo  imitato  da  molti  poeti ,  specialmente  da  Arato  v.  1010.  e  107?.  e  da 
Aristofane  ,  che  cosi  introduce  a  parlar  gli  uccelli  (jf)  :  Tl?com  fxiv  etc.  Pri- 
mum  quidem  anni  tempora  nos  designamus  veris,  hyemis  ,  autumni ,  tit  serant 
quando  grus  clangens  in  Lybiam  migrat.  Ove  e  da  notare  ,  ch'  Esiodo  parlo 
della  partenza  verso  la  Libia  ,  non  della  venuta  delle  gru  ,  la  quale  suol  suc- 
cedere  in  primavera;  ne  allora  da  segno  dell'  aratura  ,  che  precede  la  se- 
mente .  Dico  questo,  emendando  il  Ch.  Salmasio ,  che  in  parlare  delle  tie 
araturc  ha  tolta  per  voce  della  gru  vegnente  la  voce  della  gru  che  parte  , 
citando  Esiodo  (g)  .  Nel  resto  tal  gita  si  eft'ettua  dalla  Tracia  in  Egitto  ,  e 
dall'Egitto  negli  altri  luoghi  ;  dalla  Tracia  io  dico,  ov'e  il  Hume  Strimone  , 
e  il  monte  Rodope,  per  cui  le  gru  or  Traci  sidenominano ,  ora  Strimonie ,  or 
Rodopee  da  Viigilio  (h)  ,  Lucano  (i) ,  Stazio  (k) ,  Nonno(Z),  ed  altri. 

4J2.  e'Xocaj  /So'a;  ,  camuros  boves  pasce .  Prudentemente  qui  raccomanda  il 
far  buon  governo  a'  buoi  :  Nihil  est  quod  magis  expediat  quam  boves  bene  cu- 
rare (  Cato  c.  54.) .  Camuros  Macrobio  (m)  vuol  che  sia  forestiera  voce  ;  Ser- 
vio  ,  e  Filargirio  la  riconoscono  per  latina  in  Virgilio  ,73) ,  che  fra  gli  altri 
indizj  della  ottima  vacca  ,  e  da  scersi  per  far  razza  di  buoi  aratori  mette 
tal  segno:  Camuris  hirtae  sub  cornibus  aures .  11  signiheato  e  questo,  che  sian 

(a)  Winchelmann  ,  Pierres  pag.  72.  (b)  Martorelli  de  theca  calamariap.  38o. 
38i.  Bajardi  Catalogo  pag.  3pi.  (c)  Lib.  111.  pag.  114.  (d)  Lib.  XI.  cap.  1. 
(e)  Lib.  1.  cap.  8-  (/)  In  avibus  ver.-u  710.  (g)  Ad  Solinum  pag.  73.0.  (ft)  X. 
Aeneid.  vcr.  26S.  (£)  Lib.  V.  ver.  711.  (k)  Sylv.  IV.  carm.  5.  (7)  XIV. 
Dionysiac.  332.       (m)  Lib.  IV.  extremo  .       (n)  Georg.  III.  J?. 


2l6 

Gorna   rivolte  in  dentro ,  che  ove    sono  rivolte  in  fuori  si  chiatnan  panda . 

4-56.  sx-aiiv  Si  it  Siqa^  d/xd^ng ,  Centum  esse  ligna  Plaustri ;  cioe  molti ,  come 
comentano  gli  Scoliasti  greci  .  Ma  nel  1760.  comparve  in  Germania  un  libro5 
che  rarissimo  e  in  Italia  ,  ed  ha  per  titolo  :  Veterum  scriptorum  de  re  rustica 
praecepta  in  dialogos  collectu  ab  Hadriano  Ktmbter  s  in  cui  veramente  si  enu- 
merano  le  parti  del  carro ,  e  se  non  si  arriva  al  cento,  si  arriva  a  un  buon 
numero  .  V.  il  dialogo  XIX. 

458.  Ej/V  av  Sri  irquri<f  dt-omg  etc.  Quum  primum  igitur  aratio  mortalibus  appa~ 
merit . . .  aggredere  .  .  .  siccam  et  humid um  arans  etc.  Esclude  il  temporeggiare  , 
dice  Proclo  :  perciocche  e  facile  che  un  dica  :  e  umido  il  terreno,  aspettia- 
mo  che  si  secehi ;  ovvero  :  e  secco ,  aspettiamo  che  inumidisca;  e  intanto 
passi  il  tempo  . 

4<52.  Eia-y.  iroXetv .  Tre  deon  essere  le  arature  ,  secondo  Servio  al  I.  delle 
Georgiche  ,  e  secondo  gli  altri  scrittori  di  agricoltura  :  pochi  son  quegli  che 
le  facciano  arrivar  hno  a  quattro .  Per  cominciare  dalla  prima,  ch' e  1'  ««?< 
iro\etv  di  Esiodo  ,  e  il  proscindei  e  de'latini;  ella  si  fa  veie  novo  >  non  preso 
strettamente  ,  dice  Columella  (a),  corne  farebbe  un  astronomo;  ma  quando 
comincia  1' anno  dopo  la  bruma  a  divenir  tiepido;  dalle  ldi  diGennajoin  su . 

Jvi  .  S-efiog  Si  viuptvti  a  a-'  dnrans-et  ,  aestate  vero  iterata  te  non  alht.  11  se- 
condo aramento  si  fa  di  e»tate ,  e  si  chiama  vta-ig  ,  e  in  latino  iteratio . 
Alia  quale  operazione  Plinio  assegna  il  Maggio  ,  e  il  Giugno  bj  :  Stgetes  ite- 
rare  :  san\tur  vero  diebus  viginti  • 

4<J3.  Nao'c  Si  <rirei?iiv  in  Kstpi^aua-ow  ocfufcw  ,  Novalem  vero  serito  adhuc  Irvem 
terram.  La  terza  aratura  si  fa  quando  si  sta  sul  seminare  .  Tertio  cum  arant 
jacto  semine  boves  dicuntur  lirure,  i.  e.  cum  tabellis  odditis  ad  v<>mei em ,  si- 
mul  et  satum  jiumentum  operiunt  in  porcis  ,  et  sulcant  fossas  ,  quo  aqua  pluvia 
delabatur  (c) .  11  tempo  proprio  per  tale  operazione  e  verso  il  line  di  Otto- 
bre  ,  o  in  Novembre,  o  sul  principio  di  Dicembre,  secondo  Palladio .  Rinno- 
vato  cosi  il  terreno,  si  chiama  ager  terciatu^ ,  o  nog  rft'iroXog. 

454.  Ng/o;  aXg>/af«  etc.  Novalis  imprecationum  txpultrix  ,  libt-rorum  placatfix 
est  •  Le  imprecazioni  si  scagliano  dalla  famiglia  in  tempo  che  il  capo  non  ha 
da  saziarla  i  e  i  lamenti  si  fan  da'  rigli  per  la  fame  che  gli  strazia  :  all'un 
male  e  l'altro  rimedia  il  maggese  ben  coltivato  .  11  grand' Etimologico  cita 
questo  verso  ,  e  invece  di  veiig  legge  veig. 

4<J5.  Ej/^eifra*  Si  An  ^-S-aw'w  etc  Supplied  vero  Jovi  infer o  et  Cereri  castae  .  Che 
nel  cominciamento  di  un' opera  lustica  s' invochi  Cerere  ,  s'intende;  ma  che 
s'  invochi  Giove  terrestre  e  cosa  che  merita  qualche  riflessione  .  Per  questo 
Nume  Proclo  intende  Giove  Pluvio  ,  a  cui  spetti  di  dar  buon  line  alle  se- 
menti  con  mandar  pioggia .  Parmi  che  non  abbia  dato  nel  segno  .  Conviene 
distinguer  due  Giovi  ;  il  Celeste,  che  propriamente  dicesi  Giove,  e  lo  Sti- 
gio,  che  altramente  e  detto  Plutone  .  Questi  e  il  Giove  Ctonio  ,  0  terrestre, 
siccome   interpreta   lo   Scoliaste  di  Aristofane  ,  adducendo  questi  medesimi 

{a)  Lib.  XI.  c.  2.       (b)  Lib.  XVlll.c.  z6.         ip)  VarvoL.   I.  cap.  iy. 


-217 
versi  di  Esiodo^a).  Che  poi  s'invochi  perche  prospen  i  lavori ,  che  fannosi 
intorno  alia  terra ,  n'  espone  Tullio  la  ragione  (£)  in  questa  forma  :  Ten  ena 
autem  vis  omnis  atque  natura  Diti  Patri  dedicata  est :  qui  dives  ,  lit  apud  Grae- 
cos  WKou'tuv  ,  quod  recidant  omnia  in  Terras  ,  atque  oriantur  e  Terris. 

467.  '\?x°!*lvos  ""*  •sp<"T'  «'po'w  etc*  Incipiens  arare .  Consento  col  Grevio  in 
approvare  dfcm  invece  di  d^orqov,  che  non  so  come.aveva  occupato  i  MSS. 
e  l'edizioni  migliori .  Consento  pure  col  Grevio  in  tone  il  punto  dopo  dx.i*vt 
corso  fin  nella  emendatissitna  edizione  del  Loesnero .  Cosi  attaccandosi  il 
sentimento  che  siegue  col  precedente,  si  rende  buon  conto  della  gramma,- 
ticale  costvu  ione,  e  si  da  un  bel  precetto  ,  che  1'  opera  ,  perche  ben 
riesca,  si  dee  offeiire  alia  Divinita .  Antonino  Augusto  :  s-re  yd%  dv^-quiri- 
V'j»  re  aveo  ms  iTi  id  -Saa  a-tuct*a<po^dg  ivt&pd^nc,  ,  neque  enim  rem  ullam  hu- 
manam  felicit ei  j.erfeceris ,  nisi  earn  ad  Deos  referas  (c) .  Quindi  Nicandro  (J) 
cominciando  a  piantar  le  rose  vuol  che  s'  inyochi  Temide  Olenia  ;  e  i  contr*- 
dini  latini  seminando  rape  e  altri  erbaggi  ,  dice  Columella,  precantur  ut  sibi 
et  vicinis  nascantu  ,  seivantque  adhuc  antiqu  num.  coiibUetudincm{e)\  con  le 
euali  parole  si  cimpiovala  vecchiezza   di  tal  rito . 

4<58-  ofirixse  @o£\i  e'W  vutdv  ihvcu,  stimuum  in  bourn  dorsum  immittas.  GujetO 
si  accorse  che  qui  era  una  tmesi  in  lu  .go  di  npiimou  vuiiBv,  ma  non  si  accorse 
dell' errore  >  scoiso  anche  nella  edizione  del  G<evio,  e  nolle  seguenti  ,  sti- 
mu  um  bourn  terga  attigens  :  the  finalmente  il  Zanolini ,  non  atteso  dagli  Ol- 
tramontani,  emendo  stnnulo  bourn  terga  attigei is  .  Ma  nemmen  cosi  e  ben  resO 
quell' sp/xjiou  ,  che  Moscopulo  chiosa  ixTeivys  extmdas  ,  Proclo  ix-mivav  exten* 
dens,  Tzetze  <*i(v\$<,  mtas,  veibi  che  si  congiungono  col  quarto  caso ,  on- 
de  noilo  rendiamo  stimulum  in  bourn  dorsum  immittas .  Brunck  vorrebbe  l^vtixi 
contro  l'autorita  de' MSS.  Non  giudiero  di  compiacerlo. 

469.  'EvJfuon  iXxsfnov  (ut?d,6u ,  Temonem  trahentium  loris .  Mt^xfioi  ,  dice 
Tzetze,  sono  que' correggiali  che  uniscono  il  timone  al  giogo  :  e  si  dice 
trar  e  il  tin  one,  prendendo  una  parte  per  tutto  1' aratro .  Questi  lori  sono 
il  furnimento  de'gioghi;  ond' e  che  Catone  nella  Villa  fra  gli  altri  attrezzi 
vuole  juga  turn  loris  ( cioe  loris )  ornata  t ria  (_/")••  Virgilio  pure  gli  nomina, 
Sub  juga  parentes  cogit  lorata  juvencos  (g)  . 

lvi .  0  <fe  Tt/r^-ij  onri&t-j , ptier  autem  pone  servus  ,ligonem  tenens,  negothtm  avi- 
bm  facessat ,  simen  alscondens  .  Questa  e  anche  quella  operazione  ,  che  si  dice 
itccare  i  come  osserva  il  Popma  nel  suo  Dizionario  rustico .  In  questo  senso 
par  che  Columella  dicesse  :  Sementi  facta  moccare  oportet  quod  sparseris  h)  > 
cioe  la  semente  .  E  cio  va  provveduto ,  perche  non  la  becchino  impiobae 
alites  vomer  em  comitantes  ,  corvique  aratoiis  vestigia  ipsa  rodentes ,  come  dice 
Plinio  (/') . 

(a)  In  Pluto  v.  727.       (b)  De  Natura  Deorum  Lib.   II.  (c)  Lib.  III.  c.   18. 

(d)  Ap.    Athenaeum   pag.   683.       (e)  Columella   Lib.   XI.  cap.  3.     (f)  De   Re 

Rustica  cap.  10.     (g)  Moiet.  pag.  223.  edit.  Christ.  Heyne  .  (h)  Lib.  XL  cap.  2. 
(i)  Lib.   XV11.   cap.   5. 

3* 


2l8 

471.  zu$Hixoevv»  yd?  dgi'^»,  rectus  enim  ordo  optimus .  Sentenza  che  hanno 
amitata  varj  scrittorij  fra' quali  Senofonte  :  eY'  J"  tsfsv  Sms ,  <5  yuvcti ,  w  eo^»» 
(rrav  ou '  <n  %t\ov  «V£?&)Ve<;  wj  ,  A  <ra'£/5(a),  nihil  est,  o  mulier ,  neque  utile  neque 
pulchrum  ita  hominibus ,  uti  ordo.  E  Columella  quasi  con  le  stesse  parole  ci- 
tando  e  Senofonte  e  Cicerone  :  quis  enim  dubitet  nihil  essp  pulchrius  in  omni 
ratione  vitne  dispositions  atque  ordine  (b)  ?  E'  degno  che  si  leggan  le  prove  di 
quest' asserzione  fondate  ne' teatri ,  negli  eserciti ,  ne'navigli,  e  che  appli- 
ca  1'  autore  con  molta  grazia  all'  agricoltura  . 

474.  E/'  Tf'Xof  etc.  Si  finem  postea  Juppiter  bonum  praebuerit .  Questo  e  il 
Giove  olimpio ,  a  cui  spetta  secondare  le  imprese  di  ogni  generej  perche 
abbian  buon  esito .  Verso  troppo  severamente  scancellato  da  Ruhnkenio  a 
giudizio  dello  stesso  Brunck  . 

47 J.  'Ex.  <F  dyyiwv  etc.  E  vasis  autem  ejicies  araneas.  Solita  espressione  di 
que'  recipienti,  che  sono  vuoti  ,  qual  era  la  borsa  di  Catullo  quando  scrive- 
va :  nam  tui  Catulh  Plenus  saccultis  est  aranearum(c)  > 

476.  /Siomio  ifi'uusvov ,  presa  la  metafora  dalla  ripienezza  dello  stomaco  ,  co« 
me  Moscopulo  si  esprime,  da  iguyA  ructus ;  e  prendesi  qui  dalla  molta  so- 
prabbondanza  del  vitto .  IlGrevio  cita  un  MS.  Vossiano,  ov'  e  fiiim  aigivijisvo> 
che  spieghisi  fruentem  non  eructantem ,  aiEnche  si  eviti  una  metafora  dura  , 
e  sgraziata.  E  per  compiacerlo  noi ,  e  non  fargli  stomaco,  torremo  da  Vir- 
gilio  il  verbo  eruoto  ,  ch'  egli  ha  inserito  nella  Eneide  fino  a  tre  volte;  quan- 
tunque  poeta  di  stil  piu  nobile  ch'  Esiodo .  Nel  resto  tal  voce  e  ammessa 
dagli  Scoliasti,  e  sente  di  quell' antica  naturalezza  di   parlare. 

477.  iroXiov  ia.% .  La  primavera  dicesi  bianca  ,  o  perche  splendida  ,  o  perche 
abbondi  di  bianchi  fiori . 

47p.  E/  it  v.iv  n'eXioio  rqoicni;  etc.  Si  vero  brtima  araveris  terram  almam ,  se» 
dens  metes  etc.  Cio  che  Omero  espresse  in  due  parole,  auwrej  oXiyg-og  (d),  Esio- 
do ampliiica  in  questi  versi ,  con  dire,  che  sedera  il  fratello  mietendoj  che 
poco  stringera;  che  polveroso  leghera  in  covoni  cio  che  incontra  (ch*  e  la 
.spiegazione  del  Brazzuoli);  che  riportera  a  casa  entro  la  sporta  il  frumento; 
che  sara  poco  lieto ;  che  pochi  lo  sguarderanno  .  Era  bene  ad  un  poco  rifles- 
sivo  sminuzzar  la  materia,  e  mettere  in  vista  tutti  questi  particolari ,  per 
determinarlo  alia  fatica  ,  e  seminare  per  tempo.  Vetus  est  agricolarum  prover- 
Lium  ,  maturam  sationemsaepe  decipere  solere  ;  seram  nunquam  quin  mala  sit  (e)  . 

482.  vai/foi  Si  o-i  S-itn'fovixi ,  pauci  te  suspicient .  Tanto  qui  ,  quanto  nel  ver- 
so 478.  e  espresso  il  concetto  della  voce  ragguardevole  3  ch' e  quel  merito  di 
tirare  a  se  gli  occhi  degli  spettatori ,  come  a  cosa  nuova  ,  ed  insolita .  L'  a- 
dulatore  di  Teofrasto  e  introdotto  da  quel  sommo  conoscitore  della  natura 
a  dir  cosi  :  iv$t>(j.y  <Jj  dta^Xiitamv  «j  c£  0/  avS^wrroi ;  Video*  ,  ut  homines  in  te 
convertunt  oculos(f)? 


(a)  In    Oeconomico    pag.    S4*.       (&)  Lib.  XII.  cap.    2.       (c)  Carm>  XIII.  S. 
[<£)  Iliad.  XIX.  vers.  22?.       (e)  Columella  XI.  2.       (/)  Charact.  cap.  2. 


2I9       o    / 

483.  "AX Ao re  tT'  dWotos  etc.  ^?«cs  autem  alia  Jovis  mens  Aegiochi ,  sect  morta- 
libus  hominibus  comprehrndere  earn  difficile  esc .  Plinio  confessa  questa  diffi- 
colta  ,  provenientc  specialmente  dalla  variazione  delle  stagioni  :  Accidit  , 
confessa  rerum  obscuritas ,  nunc  praecurrente  nee  paucis  diebus  tempestatum 
significatu,  quod  tifoxsi^cia-iv  Graecivocant,  nunc  postveniente  >  quod  gV/^g/'/uao-zvee 
plerumque  alias  citius ,  alias  tardius  coelieffectu  ad  terrain  deciduo  (a)  .  In  modo 
simile  discorre  Columella  nel  bel  principio  dell' opera.  Quanto  e  a  Giove 
Egioco ,  o  coperto  nella  spalla  sinistra  di  egide  or  vera  ,  or  imitata  in  oro  da 
Vuloano ,  son  da  leggere  le  Osservazioni  del  dottissimo  Sig.  Abate  Ennio  Vi- 
sconti  sopra  un  Cammeo  rappresentante  Giove  Egioco,  che  fu  del  nobil  Vene- 
to  ifuliani,  che  lo  avea  acquistato  in  Grecia. 

485.  E/  &i  xsi/  S-vf'  «fo'o-ji;  etc  Si  autem  sero  araveris ,  hoc  tibi  remedium  file- 
rit:  quando  cuculus  canit  etc.  11  cuculo  suol  cantare  nel  principio  della  pri- 
ma vera ;  questo  e  che  diletta  gli  uomini  per  tutto  il  mondo ,  perche  annun- 
zia  loro ,  che  passato  e  l'inverno:  dura  a  star  con  noi  fino  al  nascer  della 
canicola;  poi  e  rarissimo  a  vedersi  (Z>)  .  E'  uccello  ,  che  dal  proprio  canto 
«bbe  il  nomej  che  presso  gli  antichi  fu  per  ischerno  detto  a' vendemmiatori  : 
Vindemiator  et  invictus  ,  cui  saepe  viator 
Crssisset ,  magna  compellans  voce  cucullum  (c)  . 

486*.  Verso  addotto  dallo  Scoliaste  di  Aristofane  negliUccelli  al  v.  Jo5.ove 
si  vantan  gli  uccelli  che  il  cuculo  e  il  Re  de'  Fenicj  ,  che  prescrive  loro  il 
tempo  della  messe  cantando  xo'xxy;  certamente  coctii ,  non  cocci,  come  han 
tradotto  i  partigiani  dell' antica  pronunzia  del  greco;  ed  e  inserito  anche 
nella  bellissima  edizione  di  Kustero.*, 

489.  /3odj  oirXnv etc.  Verso  addotto  dallo  Scoliaste  di  Aristofane  negli  Acarnen- 
«i  al  v.  740.  e  riferito  ancora  dallo  Scoliaste  di  Teocrito  all' Idillio  IV.  v.  34. 
Ad  esso  alluseSuida  ,  quando  detto  }  che  propriamente  iirXtl  conveniva  alle  un- 
ghie  de'  cavalli  ,  nondimeno  ,  soggiugne  ,  Esiodo  lo  disse  de'  buoi  .  E'  dunque 
da  desiderate  per  un  tardo  aratore  ,  che  cada  pioggia ,  cio  che  anche  inse- 
gna  Columella  (d)  •  ubi  venit  imbev  multorum  dierum  sementis   uno  die   surgit .. 

4^3.  n«'f  J'  t$t  xa\x-ttoi>  S-axov  rg\  gV  dXia.  Xg'x&o  ,  Praeteri  autem  officinam  ae- 
rariam  et  calidam  tabernam  tempore  hiberno  etc.  Scrivo  g'tf'  dXia. ,  non  inraXix  ,  che 
per  errore  si  trova  in  uno  o  due  codici  ,  e  in  niuna  delle  piu  accreditate  edi- 
zioni .  Gujeto  lo  voile  per  intemperante  voglia  di  novita  ,  e  pretese ,  che  ve- 
nisse  da  iiraXv^;  e  questo  da  dXig  cahdus .  Meglio  altri  grammatici  deducono 
dxia  dal  dorico  aXtoq  per  nXios ;  ed  allora  ha  lunga  la  prima  ,  e  il  verso  e 
o  spondaico  per  sineresi  di  £  ed  a;  o  piuttosto  dattilico. 

Ivi  •   Lo  Scoliaste  Biseto   fa  un   ottimo  comento  (e)  :    As'o-^aj  efg  irdXou  tXtyov 

fnpOO-IXS    Tivdi   IBTTHi;  j   iv   0/f    01    %oX»l>    a/Of'JSf     i  x.a$i"£ovJ9  .  "O/WMfOJ 

(a)  Lib.  XV11I.  25.  (b)  Aelian.  De  Natura  Animalium  Lib.  III.  cap.  3o. 
(c)  Hor.  Lib.  1.  Sat.  7.  ove  Acrone  spiega  1' uso  di  chiamar  cuculj  i  vendem- 
miatori, e  le  ingiurie  ,  ch'essi  replicavano  a  kale  insulto.  (d)  Libro  II, 
cap.  8.      (e)  In  Nubes  Aristoph.  vers.  1482. 


220 

OuP  e'S-a'Xe/s  tu&uv  ^«Xx»Tev  g'j  fipov  s'AS-Ji* 
•     'Hg'  its  g'j  Xg'jc&y ; 
Ag'&aj  oZi'ct  vocabant  pubhcos  quosdam  locos ,  in  quibus  otium  exercentes  sede- 
bant .  Homerus : 

Hon  vis  dormire  in  officinam  aerariam  profectus s 
Sive  m  lescham  ? 
Opportunamente  Omero  congiugne  anch'  egli ,  come  fa  Esiodo  ,  le  lesche ,  e 
le  oflicine  de'  ferrai  ;  alle  quali  si  vogliono  aggiugnere  quelle  de'  barbieri , 
testimone  Aristofane  (a) ,  che  avendo  delta  non  so  qual  bubbola  raccontata 
gV/  niTt  KVfeioicri  in  tonstrinis ,  da  motivo  al  suo  Scoliaste  di  schiarirlo  con 
questa  nota  <?t*,8ctk\et  etc.  Exagitat  Athenienses,  ut  qui  dies  consumebant  in  ton- 
strinis ignaviter .  E  veramente  gli  Ateniesi  eran  di  lor  natura  cicalieri ,  fino 
ad  avere  in  citta ,  dice  Proclo  ,  trecento  sessanta  lesche  .  Vero  e  che  in  esse 
si  teneano  ancora ,  dice  lo  stesso  Proclo,  discorsi  utili  ;  e  in  qualche  tempo 
i  Filosofi  stessi  vi  ei  ragunarono  a  disputare  ,  come  abbiam  da  Jerocle . 

4^J.  iv$ot  k  aoxvoi;  dv>fg  fJ-iyct  oixov  oipiWet ,  tunc  sane  impiger  vir  valJe  domum 
juvat.  Plinio  computa  fra  gli  oracoli  dell'  agricollura  :  malum  patrem  fa' 
nulias,  quisquis  interdiu  facerety  quod  noctu  posset  ibj  .  Lo  stesso  Plinio  (c),  e 
Columella  {d)  individuano  alcuni  lavmi,  che  possono  e  deon  falsi  di  m>tte  , 
il  che  vuole  intendersi  specialmente  del  verno,  che  le  ha  lunghissime.  Tali 
gono  il  preparar  pali  per  le  vigne  ,  il  fare  alveari  ,  il  tesseie  sporte  ,  e  ca- 
nestri ,  l'incider  faci  ,  l' aguzzare  i  ferri  ,  1' adattarvi  i  manichi ,  il  raccon- 
ciare  i  dogli  :  nam  ine>  tis  est  agricolae  expectare  diet  brevitatem ,  per  con- 
chiudere  con  Columella  al  citato  luogu . 

4P7«  \sirrri  <$i  <irax_u>  vid'a.  xeifi  vitiate,  mucilenta  vero  crassum  pedern  manu 
pvemas .  Dicon  gl'  Interpret!.,  esser  effetto  consueto  della  fame,  stenuarc 
tutto  il  resto  del  corpo  ,  ed  enfiare  i  piedi .  Aggiugne  Pioclo  ,  che  in  Efeso 
fu  legge  di  non  potere  i  padri  esporre  i  tigliuoli  se  non  avean  per  sovcrchio 
di  fame  enhate  le  piante .  Noto  di  passaggio  contro  Brunck  ,  che  1'  ottativo 
iriiX°'s  Pu"  stare,  quanlunque  dipenda  dalla  stessa  particella  /u>» ,  da  cui  di- 
pende  il  soggiuntivo  xaiw^ua? 4ji  .  Agli  Scoliasti  ncn  venne  in  capo  di  emen- 
darlo  ,  siccome  non  venne  in  capo  agli  Scoliasti  di  Omero  di  emendare  il 
verso  itfo.  del  1.  della  lliade ,  ove  da  una  stessa  particella  diptndono  due 
modi  diversi, 

4P$.  no>Xa  «T  a'gpjo;  civ  iff  etc.  Multa  autcm  ignavus  vir  vanam  ob  spem  expe- 
Ctans ,  egens  victus  mala  vertat  in  animo .  Grozio  nelle  scntenze  scelte  da 
Stobeo,  traduce  :  perpetito  mala  multa  suo  sub  corde  volutat .  L' ozio  non  solo 
e  detestato  ,  come  origine  di  molta  malizia  nelle  sacre  carte  ,  ma  presso  i 
profani  sciittori  ancora:  fra' quali  Columella  si  csprime  cosi  (e)  illud  va- 
rum ist  M.  Catonis  oraculum ,  Nihd  agendo  homines  male  ageie  ducunt .  Che 
ge   all'  ozio  si   aggiugne  la  poverta ,  gran  virtu  e  richiesta  a  non   prevari- 

(a)  In   Pluto  3  3;.       (£)    Lib  XV111.  cap.   6.      (c)  XV111.   l6.       (d)  XI.  z. 
(e)  Lib.  XL  cap.  i. 


22  1 
care.   Tlevia,  JafdrxH   J' aviqu  t>T  ^«a    v-urAv  (a)  ,  pauper -t as    docet   hominem    ob 
necessitatem    malum  :   ch'  e    quel    che    conferma  1'  Ecclesiastico  :   propter    ino~ 
piam    multi   deliqnerunt  (6)  . 

5oo.  'EXir/j  J1'  ex  dyct^ti  etc.  «?pes  autem  non  bona  indigentem  virum  fovet  su- 
dentem  in  taberna  ,  cui  victus  non  sufficiens  sit.  Fu  detto  di  Sjcrate  riferito 
da  Stobeo  :  ai  trovnqai  iXirtits  us-irif  oi  x.axoi  Sdtryoi  iiri  to  ajuajw^seia  ayur-iv  tSpes 
malae  sicut  mali  viae  ductores  ad  extrema  dttuunt  (e) . 

5o3-  iroiuS-i  x.a'Xidf,  extruite  casas .  Oppoi'tuno  precetto  a'  sevvi  da  favsi  in 
tempo  di  estate  .  La  loro  abitazione  dovea  essere  vicino  alle  pecore  ,o  a' buoi, 
ch'essi  custodivano  (r/) ;  ed  era  buon  consiglio  il  prepararsela  di  state,  per 
aveila  pronta  nel  verno. 

S04.  lAiivrx.  Si  Xnvou(ova  etc.  Mensem  vero  lenaeonem  vitate .  Plutarco  presso 
Proclo  nega  che  presso  i  Beoti  vi  fosse  il  mese  Leneone  a  suo  tempo ;  ma  dice) 
che  a' tempi  d' Esiodo  fosse  il  primo  mese  dell' anno  corrispondente  al  nostro 
Gennajo  ,  e  al  Gamelione  degli  Attici  ,  e  al  Bucazio  ,  che  in  progresso  di 
tempo  sostituirono  i  Beoti  o  i  Tebani  che  vogliam  dire .  Altri  poi  col  Febbrajo 
pid  ragionevolmente  lo  paragonano  ,  o  sia  coll' Antesterione  degli  Attici,  e 
conl'  Ermeo  che  adottarono  i  Beoti  ,  o  i  Tebani .  E  la  ragion  e  perche  questo 
mese  sembra  che  cominciasse  nove  giorni  prima  delle  Calende  di  Febbrajo, 
cioe  a' 24.  di  Gennajo.  Or  un  mese  che  conta  soli  otto  giorni  di  Gennajo,  e 
ventidue  di  Febbrajo  ,  posto  che  non  vi  sia  intercalare  ,  non  e  dovere  di 
farlo  corrispondere  piuttosto  al  primo  che  al  secondo.  Ho  dette  piu  cose, 
che  han  bisogno  di  prove  ,  specialmente  in  vista  dell'  avversario  che  ho 
nella  persona  di  Moscopulo ,  dell'autor  delle  Chiose  ,  del  grand' Etimologi- 
co  ,  per  tacerc  di  varj  ,  e  diversi  moderni  .  Essi  pretendono  ,  che  risponda  il 
Leneone  al  Gennaio;  e  v'  e  fra  loro  chi  asserisce ,  che  a'  tempi  di  Esiodo  fos- 
se solamente  questo  il  nome  di  un  mese  dell' anno  in  Beozia;  cioe  del  Gen- 
najo. Ma  in  processo  di  tempo  non  fu  solo  in  Beozia,  fuinAtene,  ove  simil- 
mente  fu  mutato  ,  testimonio  Tzetze ;  fu  presso  i  Magneti,  i  quali  lo  segnano 
in  un  loro  decreto  ne'  marmi  di  Oxford  (e) ;  fu  presso  gli  Efesj  ,  che  in  quel 
mese  fccero  lo  psefisma  in  grazia  de'Giudei  ,  riferito  da  Giuseppe  Ebreo  (f)  ; 
fu  in  Jonia  ,  e  a  tempo  pcrfin  di  Proclo  non  d'altra  maniera  chiamavan  que- 
sto mese  ;  e  fu  quasi  in  tutta  1' Asia  ,  come  si  legge  nel  celebre  Ci>dice  Lau- 
renziano  ,  ove  sono  i  nomi  de'  mesi  secondo  lo  stile  di  piu  nazioni ,  Cudice 
illustrato  la  prima  volta  dal  P.  Audiich  ,  dotto  Scolopio(«).  Or  in  questo  Codi- 
ce  i  mesi  dell'Asia  son  segnati  con  quest' ordine  :  Posidaon  IX.  Kal.  Januarias 
Lenaeus  (  corrige  Lenaeon  )  IX.  Kal.  Februarias .  E'  dunque  il  Leneone  un 
mese,  che  ha  del  Febbrajo  la  maggior  parte;  e  per  conseguenza  che  debbe 
aver  la  denominazione  da  questo  mese  ,  come  veramente  da  questo  mese 
gliela  danno  Seldeno  ,  e   gl'  illustratori  de' marmi  Arundelliani  ,  e   come  in 

(a)  Stob.  cap  $6.  (b)  Cap.  XXVII.  1.  (c)  Stob.cap.  de  spe  extremo .  (d)  Co- 
lum.lib.  I.e.  6.  (e)  V.  Piidcaux.  Marm.  Oxon.  p.  35.  (f)  Antiquit.  1.  XIV. 
c    10.       (g)  Instit.  Antiquai  iue  pag.  33. 

37 


222 
dubbio  glie  la  da  Proclo;  il  quale  lo  paragona  o  al  Gamelione ,  o  all'Ermeo; 
cioe  al  primo  ,  o  piuttosto  al  secondo  mese  dell' anno  .  Tocca  anco  questa  que- 
stione   il   P.  Corsini  antiquario  di    primo  rango  (a). 

507.  "O;  it  Aid  ©fw'xw;  iirTTor^oipu  etc.  qui  (boreas)  per  Thraciam  equorum  al- 
tnccm  .  Che  la  Tracia  sia  ferace  in  cavalli  generosi  ,  e  valenti ,  si  puo  rac- 
corre  anco  da  Virgilio  (Z>)  ,  che  ne'giuochi  equestri  di  Sicilia  fa  cavalcare  il 
solo  Priamo  in  cavallo  trace: 

quern    Thracius    albls. 

Portat    equus    bicolor    maculis  ■ 

Ma  sopra  quanto  possa  dirsene  a  tai  destrieri  onorevole  e  1'  oracol  d'  Apol- 
line  presso  lo  Scoliaste  di  Teocrito  all'  Idillio  XV.  il  qual  disse  :  Todns  (*tv 
ttccths  to  irt\aa-)t*6v  vAf>o;  afjteivev ,  "Imirot  Q^'ixtoa  ,  Ten >ae  totius  pelasgicum  Argos 
est   optimum  ,  equar.   Thraciae  etc. 

Ivi .  Notisi,  che  di  qui  oltre  comincia  la  gran  descrizione  del  verno  ,  che 
fa  Esiodo  ,  a  cui  non  so  se  altra  uguale  ne  porga  l'antichita.  11  Toaldo,  la 
cui  memoria  io  venero  come  di  buon  letterato  e  mio  amico  ,  cosi  ne  scrisse 
nella  Meteorologia  apphcaia  all'  agricoltura ,  dissertazione  premiata  nell' Ac- 
cademia  di  Montpellier  1' anno  1775-  Che  a  fare  abbia  il  verno  colla  fame  e 
col  freddo  di  chi  e.mal  parato  ognun  vede.  Dunque  Omerico  si  chiami  Esiodo 
per  quel  suo  grande  inverno  di  versi  70.  ec.  (c)  . 

508.  uif*vx.t  it  -)oua.  >($  u\n  ,  et  eonstringitur  terra  et  sylva  .  Me'juyxe  puo  esser 
perfetto  da  pu%dw  ;  e  allora  vuol  dir  risonare,  e  pui  esser  perfetto  da  uv'u  , 
e  allora  vuol  dire  costiparsi  dal  freddo  :  ho  seguita  la  seconda  interpretatio- 
ns ,  perche  il  senlimento  sia  piu  vario  ,  parlandosi  pochi  versi  appresso  del 
suono  ,  o  muggito  ,  che  Borea  eccita  per  le  selve  . 

5t2-Con  picciola  varieta  rileggesi  questo  sentivncnto  pochi  versi  appresso. 
Vedi  al  v.  320.  la  difesa  che  si  puo  fare. 

5i 3.  d\Xd  vu  ^  tuv  .  Avverto  dopo  Moscopulo  ,  e  alcune  note  inedite,  che 
<mv  in  questo  luogo  sta  invece  di  txtusv  ,  onde  propriamente  il  sentimento  sia, 
sed  et   harum  (cutem)    frigidus  cum   sit  ,  perflat   r'illosas  licet  pelles  habentium  . 

S\6.  Train  A'  st<  ,  ovium  vero  greges  non  item.  Proclo  contro  questa  proposi- 
zione  cita  Aristotele  j^he  aiferma ,  non  sol  le  capre,  malepecore  ancora  cu- 
rare il  freddo  . 

519.  Verso  citato  da  Plutarco  nel  trattato  de  animi  tranquillitate  pag.  46 5- 
in  prupoiito  de'ginecei,  ove  freddo  non  penetra  ;  ma  si  atfanni  e  mali  di  spi- 
rito  .  Volentieri  cito  Plutarco,  che  in  moltissimi  luoghi  degli  opuscoli  ci  ri- 
stora  della  perdila  de'  suoi  Comentarj  in  Esiodo,  opera  bellissima . 

522-  Eoib  Xee^aetutw  etc.  Buneque  lota  tenerum  corpus  et  pingui  oleo  uncta 
cubat.  Eccettua  dal  sentire  i  rigori-del  verno  le  verginelle  ,  che  lavate  ,  e 
unte  vanno  a  letto .  Simonide  della  donna  molle  e   inhngarda  : 


(a)  Fasti  Attici ,  torn.  II.pag.4u.       (&)  Aeneid.  V.  ver.  565.       (c)  Pag.  127. 


223 

houiui    ii   Trains  w,Ms'?Hf  airo   fuircuv 

A/;,  aXXoTE  rp/'f,   ycy   uv  fo/f   dXettpBTat  . 

Lavat  diebus  singulis  ab  sor dibits 

Bis  terve  corpus  ,  et  ungttentis  ungitur  (a)  . 
524.  or  avo^eos  ov  nr'oia.  re'v^si ,  quando  exossis  (polypus)  sttum  pedem  rodit . 
Che  dvo<;to<;  sia  fra'  Lacedemoni  il  nome  proprio  del  polipo  lo  afferman  Proclo  , 
eMoscopulo.  Che  pui  egli  di  verno  si  mangi  alcuno  degli  otto  piedi  che  ha, 
e  cosa  da  Eliano  raccontata  (b) ,  da  Plutarco  (c) ,  e  dal  grand' Etimologico  . 
Ma  e  negata  come  favola  da  Aristotele  (d) ,  il  qual  dice  ,  che  alcuni  di  essi 
han  veramente  corrosi  i  piedi  da' congri  ,  altro  genere  di  pesci  ,  ma  non  da 
loro  stessi.   II  medesimo  ripetono  e  Plinio  [e) ,  ed  Ateneo  (f)  . 

515.  ' Ev  r  dirii '?(?  Sixi/i ,  Frigida  in  domo .  La  caverna  del  polipo,  0  polpo  ,  si 
dice  fredda  pel  luogo  ;  nel  resto  e  coperta  di  gusci  di  conchiglie  ,  e  di  altri 
frutti  marini  ;  indizio  a  cui  riconoscono  i  pescatori  dov'egli  abiti  .  Percioc- 
che  stolido  nel  vimanente ,  nella  conservazione  di  so  e  sagace  ;  e  porta  a  casa 
e  conserva  quanto  gli  puo  servire  per  vitto  ;  e  mangiata  la  conchiglia  ,  e  il 
pesce  predato  ,  ne  getta  via  il  guscio  o  la  spina  (g)  • 

516.  Ou  yu%  ol  iiiXtaq  etc.  Hon  enim  Mi  sol  ostendit  pabulum  .  I  polipi  escono 
dal  lor  nascondiglio  ,  e  vanno  a  mangiar  erbe,  e  salgono  perhno  negli  alberi 
a  cibarsi  di  frutti  in  tempo  di  state;  ove  trovati  son  presi  dagli  agricoltori , 
e  recati  a'  loro  padroni ,  come  dice  Eliano  (h) ;  se  gia  merita  fede  in  tal  rac- 
conto  ,  chi  non  la  merita  in  molti  altri.  Di  questi  frutti  parla  forse  Esiodo , 
che  il  Sole    non  gli  scuopre    d'inverno. 

527.  'AAV  iiri  x-ucwiui1  d-j&ywv  etc.  Sed  super  nigrorum  hominum  popitlumque  , 
et  urbem  vertitur ;  tardius  autem  Graecis  lucet .  Per  popoli  neri  intende  gli 
Etiopi ,  e  gli  altri  popoli  meridionali ;  per  Panelleni  intende  i  Greci ,  spe- 
cialmente  settentrionali.  Questi  a  differenza  de' veri  Elleni  (  cioe  i  popoli 
della  Ftiotidej  cosi  detti  da  Ellene  figlio  di  Deucalione  e  lor  Re  )  avean  no- 
me di  Panelleni  a' tempi  di  Omero,  e  di  Esiodo.  Ma  dopo  non  si  fece  tal  dif- 
ferenza ,  ed  Elleni  furon  chiamati  tutti  i  Greci. 

533-  TBTt  i'i  T?firo<?i  /Sforw  la-oi  ,  tunc  tripodi  viro  similes,  paragona  le  here  ,  che 
fuggono  dalla  neve  a  un  vecchio  ,  che  porti  bastone  ;  questo  e  esser  tripode  . 
E'  tioppo  noto  per  doversi  ripetere  1' indovinello  della  Stinge>  qual  fosse 
quell'  animale  ,  che  in  sul  mattino  cammina  con  quattro  piedi  ,  nel  meriggio 
con   due  j  a  sera  con  tre  ;  ch' e  l'unmo. 

535-  Kat  isis  etc.  Et  tunc  etc.  Ordinaa  Perse  di  qual  maniera  vada  intessuta 
la  vcste  ,  quasi  egli  o  abbia  a  farla  per  se  stesso  ,  o  debba  assistere  alia  sua 
formazione .  Cio  e  tutto  secondo  il  divisamento  dell' Hume,  che  nel  T.  I. 
de'  suoi  Suggi  Politici    tradotti    dal   Dandolo  ,  alia  pag.  145.  cosl  si  esprime  : 

(a)  In  fragm.  H'-n.  Stephani.  (b)  Lib.  XI V.  de  animalibus  cap.  2.6.  (c)  De 
s«deitia  animalium  p.  $65.  (d)  Histor.  animalium  lib.  VIII .  c.  2.  (e)  Plin. 
H.N.lib.lX  cap.2p.  (/)  Lib.  VII.  pag.  3 16.  (g)  Aiistotcles  H.  A.  lib.  IX. 
c.37.       (h)  Lib.  IX.  cap.  45. 


224 

Ne'primit  e  piii  incohi  secoli . . .  gli  uomitu  eran  comenti  chile  produzioni  del 
loro  terreno  ,  o  di  quelle  rozze  preparazioiai  ,  ch'  essi  pntevan  farvi  da  per  lo- 
ro  .  . .  la  lana  dtl  gregge  veniva  filata  nella  rcspettiva  fumigUa  ,  e  lavorata  da 
un  tessitor  vici'iO  ,  il  quale  riceveva  in  pagamento  o  biada  ,  o  lana  ec. 

Slj.  ~X\ouvdv  -n  (j.u'Kav.nv ,  Laenam  mollt-m  etc.  Veste  propria  anche  de'  Roma- 
ni  ;  chiamata  da  essi  laena  ,  da  cui  e  il  cognome  de'  Lenati  ;  siccome  il  chi- 
tone  da'  Latini  e  chiamato  tunica .  Moscopulo  in  due  parole  spiega  1'  uso  di 
queste  due  vesti  :  x^<**ya  ™  eX7i»S  >m  tzxu™<!°v  '  xnuv  ii  ivSoii^ca.  La  prima,  detta 
anche  x*«/""'s  ,  dunque  era  veste  al  di  fuori ,  e  piii  densa  ;  la  seconda  era 
veste  al  di  dentro . 

Ivi.  ksm  fe^UcvTu  x'r"v,x  y  et  tajarem  tunic am  .  Veste,  come  si  e  detto  ,  che 
si  portava  al  di  dentro .  Non  usando  di  aver  camicia  ,  la  portavan  sopra  la 
carne;  siccome  faceva  Ulisse;  di  .cui  egli  non  per  anco  scopertosi >  dice  a 
Penelope  •'  Tov  Si  ^/t&T/  ivimrcx,  nti^i  %>?i  <rt?a\ct7i&  :  tunicam  veto  ob>ervavi  cir- 
ca cutein,  stupendam  (a).  Quella  che  consiglia  al  fratello,  Esiodo  chiama 
tunica  talare  per  difcsa  del  verno ;  perche  v' era  la  tunica  corta  per  altri 
tempi  e   mestieii  • 

538.  ~Zr»y.ovi  S'  iv  nruJ^Cf)  iroWvv  x.qox.a.  fXH^o'a-xS-aa  ,  Stamine  vero  in  paui  o  rnul- 
tam  tramam  intexe  .  11  grande  Etimologico  e  Suida  lb)  ravvisano  un  poetico 
metaplasmo  in  quel  xpoxa  invece  di  xjoxwi',  come  in  Omero  iwxa  per  iaxiiv. 
Trama  e  stame  sono  ancor  nominati  in  un  verso  della  Batracomiomachia  ,  in 
cui  Pallade  rammentando  il  suo  peplo  roso  da' topi ,  dice  che  avealo  tessuto 
'Ex  f'o'Ja'ywf  XeTTj#5  ,  jgjj  $it[xova  XtntTOJ  ivtira  . 
Ex  trama  aubtili :  et  stamen  nibtile  nevi  (c) 

S^o.  MnS  ofSou  (  Tf/^ej)  q>?'o-<7u?iv  y  Neque  erecti  (piii)  horreant .  Pei'sio  de- 
scrivendo  gli  effetti  di  un  timor  grande  >  tocca  questo  del  rizzarsi  i  peli  so- 
pra la  carne  :  Alges  quum  extussit  membris  timor  albus  aristas  (d)  .  Ho  tradot- 
to  :  ergans'  indosho  come  secca  resta ,  aggiugnendo  di  mio  una  similitudine  ;  ma 
mi  e  paiuto  ch' ella  sia  adattatissima  a  spiegare  quel  (pqieeuatv . 

541.  'A^pi  Si  nra<7<jl  iriStXa  etc.  Circum  vero  pedes  calceos  bovis  vi  occisi 
Apios  ligato  ,  pedulibus  intus  condensans .  Eustazio  nel  II.  Tomo  pag.  370.  cosi 
spiega  questo  passo  .  Anche  Telemaco  levatosi  :  ironri  S'  uirou  Xnratfoi ntv  iSn- 
own  xciXd  TTgSiXa  f  pedibusque  &ub  unctis  ligavit  pulchra  caJceamenta .  Vuolsi 
che  il  bue ,  che  ha  da  somministrare  la  pelle  per  le  scarpe  non  sia  morto 
di  malattia  ,  ma  sia  ucciso  con  forza  ;  affinche  la  malattia  non  abbia  con  in- 
debolire  la  macchina ,  indebolito  anche  il  cu<jo  del  bue.  1  peduli  co'quali 
per  cntro  le  scarpe  ,  esse  van  condensate,  il  Salvini  ,  e  il  P.  Pagnini  tradu- 
cuno  Jiltro,  che  a  me  pare  cosa  propriissima  ,  e  la  ritengo. 

Ivi.  11  Clerc  ripete  qui  i  suoi  soliti  sarcasmi  contro  Esiodo,  deridendolo  , 
che  dia  piecetti,  quali  ogni  vecchieiella  saria  capace  di  dare.  Anzi  gli  da 
sensulissimi  :  che  se  in  qualche  luogo  ve  ne  framischia  de'  comunali ,  cio  fa 
per  trattar  la  materia  con  piu   pieuezza  .  Omero  ha  il  medesimo  gusto;  e  le 

(«)  Odyss.XIX.  v.  232.       (£)V.*f9*».      (o)  Vers.  182.       (d,  Satyra  111.  v.  llJ". 


225 
circostanze  presso  1'uno   e   1' altro   Poeta   minutamente   descritte  ,   han  loro 
conciliato  il  nome  di  dipintori. 

542.  11  Brunck  vorrebbe  irvxd?<ras ,  perche  la  seconda  di  wxaVa;  e  breve. 
In  Omero  si;  ma  in  Esiodo  conviene  che  sia  comune  ,  postoche  l'autor  del 
grand' Etimologico  ,  e  il  Chiosator  di  Esiodo  1'  abbiano  in  questo  luogo  per 
Junga . 

543.  HfuTsyoviov  tf  s'fitpav  etc.  Primage nitorum  vero  hoedorum  .  .  .  pelles  consuito 
nervo  bovis  •  Si  ha  in  pregio  la  primogenitura  in  tutti  gli  animali ;  e  presso 
Omero  ,  Merione  fa  voto  ad  Apollo  di  una  ecatombe  di  cento  agnelli  primo- 
geniti  d^vdiv  Tjuwjo'nuv.  Perche  di  primogeniti  ?  Perche  sian  piu  forti ,  dice 
Tzutze  ,  come  nati  di  genitori  piu  giovani . 

544.  Invcce  di  &>(«&>,  tutte  1' edizioni  citate  al  num.  12.  e  tutt'i  codici  han- 
no  Wry  ,  che  suona  lo  stesso  ,  e  non  so  per  qual  capriccio  e  stato  rimosso  da 
Grevio  .  Egli  dice  che  Moscopulo  cosi  lesse  ;  ma  quel  grammatico  espose  vuia 
per  uffa  come  altre  voci  del  contesto  per  altre  equivalenti  .  Dice  pure,  che 
trattandosi  di  vestir  pelli  ,  mal  si  direbbe  ,  che  si  adattano  vurw  al  tergo  ; 
ma  a(jtca  agli  cmeri  ;  riflessione  che  non  ha  fatla  il  gran  grammatico  Proclo  , 
menando  buono  ad  Esiodo  il  suo  vara  ;  riflessione  che  non  ha  fatta  Apollonio 
Rodio  quando  ha  detto  ,  che  le  tre  Dee  eran  cinte  di  caprine  pelli,  afxift  re 
vutu  jQtj  *%"'*(>  circa  tergu  et  lumbos  (a).  Quanto  Grevio  e  minor  di  se  emen- 
dando  Esiodo ! 

545.  *£<p3(AH<p<  £*  Cirtp&ev  Tl7\ov  zxiiv  aVxn-rai/,  IV  ttatu  fj.v  y-ecnxfiuy  }  supra  caput 
vero  Pileumhabeto  elaboration  ne  (tares  humefacias  .  Fu  costume  de' Greci  an- 
tiohi ,  e  de' Romani  andar  ordinariamente  col  capo  scoperto , fuorche  ne' viag- 
gi ,  per  cui  Ulisse  ,  come  gran  viaggiatore  ,  fu  rappresentato  la  prima  volta 
col  berretto  ,  o  da  Apollodoro  ,  come  vuole  Eustazio  (b) ,  o  da  Nicomaco  figlio 
c  discepolo  di  Aristodemo  ,  come  vuol  Plinio  (c) .  Ma  v'eran  de' casi  ne'  quali 
si  faceva  uso   di  berretto,  qual  era  1' eccessivo  freddo  di  Ascra. 

J47.  "Yu^i  >«p  r'  »oig  iriXtiui  /So^e'ao  ttso- 0^755  ,  frigida  auiem  aurora  est ,  Boxca 
cadente .  Alcuni  si  sono  maravigliati,  che  ove  Omero  nomina  i  quattro  venti 
conosciuti  per  principali  dagli  antichi  ,  cio  sono  Euro,  Noto ,  Zemro  ,  e  Bo- 
rea  (d)  ,  Esiodo  in  due  Juoghi  della  Teogonia  non  nomini  se  non  Noto  ,  Zem- 
ro ,  e  Borea  (e)  .  11  Clerc  non  ad  ignoranza  di  Esiodo  ascrive  questo  disordi- 
ne  ,  ma  a  tiasuuraggine  :  il  che  non  puo  ammettersi,  giacche  non  e  in  un 
sol  luogo,  che  cosi  faccia  ,  ma  in  due.  Adunque  dicasi  chiaramente,  che 
ignoro  il  quarto  vcnto  ,  e  questa  prova  si  aggiunga  alle  altre,  che  dichiara- 
no  Esiodo  anteriore  ad  Omero  .  O  dicasi  ,  che  siccome  distinse  i  venti  uti'li 
dagl'inutili  ,  e  dannosi  ,  e  quegli  fece  figli  dell'  Aurora  e  di  Astreo  ,  e  questi 
disse  nati  di  Tifeo  ;  cosi  pote  riputare  il  ve,nto  Euro  fra'  secondi  in  Ascra  ; 
alia  cui  posizione  era  forse  inimico  . 


(a)   Arg.    IV.   I34P-     {b)  Ad  Iliad.  K.     (t)  Lib.  XXXV.  cap.   10.     (d)  Odys. 
E.  v.  2pS.       (e)  Theog.  vers.  3?p.   et   870. 

O0 


lz6 

548.  'HJ>»j  <T  iirl  ycuxn  etc.  Matutinus  vera  super  terram  e  coelo  stellifero  aer 
foecundus  extenditur  beatorum  ( cioe  divitum)  super  opera.  'A>f'p  in  questo  luo- 
go  e  nebbia  ;  e  chi  come  il  Ruhnkenio  non  vuol  crederlo  ,  e  percio  nega  che 
il  verso  sia  d'  Esiodo,  spieghi  il  v.  255.  ove  i  Genj  si  dicono  'Hs'fa  i-<ruuivoi . 
Dante  espresse  lo  stesso  concetto ;  ma  da  poeta  filosofo  (a)  : 
Ben  sai  come  nell'  aer  si  raccoglie 

Quell'  umido  vapor  che  in  terra  riede 
Toeto  che  sale  dove  '1  freddo  il  coglie . 

5qp<  Ottimamente  fece  Robinson  a  richiamar  1'  antica  lezione  nrv^oipo^o^  ri- 
ttt-rui  ,  e  a  sbandir  la  sostituita  nru^o^of  ivriturou  ,  che  non  ha  per  se  un  codi- 
ce  ,  che  la  difenda  . 

55o.  "b$  Ti  d^vT-d[Aivo^  iroirtfjuv  dirl  sdevao  j<o>v  ,  Qui  haustus  e  fluminibui  pe- 
renmbus  etc.  Ha  moltissima  affinita  questo  luogo  con  quel  di  Omero  nel- 
la  Ulissea  :  M>$4)  <T  fa  nro^ftS  4^'^,''  *»/«  nu&t  t^co  ,  Aura  enim  ex  flnvio  fri- 
gida  spirat  matuiino  tempore  (sfil .  Ragione  per  cui  Plinio  scrisse  :  Homerus 
(e  poteva  aggiugnere  et  Hesiodus)  ommno  e  flumine  semper  antelucanas  auras 
insilnbres  verissime  tradidit  {c)  .  I  venti  cjie  spiran  da'fiumi  propriamente  son 
detti  ivu$£j.ot ,  secondo  Achille  Tazio  nella  isagoge  di  Arato  ,  gvc  cita  Aiistc- 
tele   e  Callimaco. 

554.  ToV  <p9df*zvoi;  etc-  Hunc  antevertens  opere  perfecto  dnmum  redi  .  Ecco  un 
altro  argomento ,  con  cui  piovare  ,  che  Perse  stava  in  citta  ,  e  non  in  cam* 
pagna  :  la  premura  che  mostra  Esiodo  perche  presto  in  casa  ritirisi  ,  per  non 
immollar  se  ,  e  le  vestimenta .  Saria  inutile  tal  precetto,  se  non  si  Irattasse 
dv altro  ;  se  non  di  far  pochi  passi  per  entrare   dal  campo  in  casa  . 

558.  XaXsirej  -5yo,5«73/j ,  gravis  non  gregibus  ,  come  hanno  spiegnto,  dando 
motivo  a  Robinson  di  dire  ,  che  agli  autori  di  prima  sfera  e  lecito  talora  di 
contraddirsi  .  E  si  contraddirebbe  Esiodo*  se  avendo  detto  ,  che  il  freddo 
non  passa  per  la  lana  delle  pecorelle ,  ora  lo  faues.se  penetrare  ne' greggi , 
per  cui  s'  intendono  specialmente  le  pecore  .  Ma  -apo/Saix  sigaifica  general- 
menle  mtqam-oia  quadrupcdes ,  come  notano  lo  Scoliasle  di  Omero  (  11.  XIV. 
v.  124-)  allegando  questo  luogo  di  Esiodo  ,  ed  Eustaziu  addotto  con  altri  dal 
Costantini. 

$5a.  TH/Jiog  S-M/Jiiri/  jS»<r/V  etc.  Tunc  medium  bokus,  homini  vero  amplius  adsit 
Alimoniae  •  longae  enim  noctes  succurrunt  Mis.  11  precetto  e  giusto  ,  e  da' La- 
tini  osservato  .  Catone  d) :  Famihae  uibaria  qui  opus  fucient  pet  hytmem  ,tritici 
modios  IV.  per  acstatem  modios  IV.  S.  etc.  E  Columella  (e)  tjantearii  meuse... 
foeni  pondo  XXX.  ....  me  rise  Febiuario  pier  unique  ealem  cibaria  sujjioiunt . 
Martia  et  Aprili  debet  ad  foeni  pondus  udjici ,  quia  terra  proscinditar  :  sat 
autem  erit  pondo  quadra^ena  singulis  dari. 

56i.  Tuutu  tpuXao-Topcios  etc.  Questi  tre  versi  furonoscanccllati  da  Plutar- 
00 .  Pruclo  ne   da  la  spicgazione,  quale    noi  la  diamo ;  e  aggiunge  ,  che  scan- 

(a)  Purgat.  V.  verso  lop.  (Z>)  Odys»\  V.  vers.  460.  (cj  Lib.  XVIII. 
H.  N.  cap.  6.       (d)  Cap.   S7.       (e)  Lib.   VI.  cap.  3. 


227 
eellati  ancora  tai  versij  sarebbono  ben  legate  le  eose  che  sieguono.  Ragione 
debole  per  torli  di  mezzo;  ne  so  come  il  Sig.  Brunck  gli  ometta  ,  ne  come  il 
Grevio  ne  restasse  capacitato  iino  a  scrivere  :  rectius  sane  abessent .  A  me 
pare  3  che  alquanto  resti  tronco  il  precetto  ,  se  non  si  dice  ,  come  si  abbia  a 
regolare  il  vitto  nel  rimanente  dell'  anno;  e  quando  deggia  iinire  qiiella  par- 
simonia .  I  citati  scrittori  di  agricoltura  ,  e  gli  altri  ,  che  potrebbon  citarsi, 
assegnan  tal  tempo  :  perchc  Esiodo  non  dovea  farlo  in  qualche  modo  ? 

561.  \vi<&ou  wv-Ttxc,  >n  rg]  »unize,  Aeqnato  noctesque  et  dies;  non  gia  dies,  et 
rtoctes .  E'  osservazione  del  Grozio  (a),  che  Talete  il  piu  antico  de' Filosofi 
insegno ,  che  le  tenebre  piu.  antiche  erano  della  luce;  opinione  conformis- 
sima  alia  Scrittura:  che  lo  stesso  mostrano  di  aver  creduto  i  seguaci  di  Or- 
feo  ed  Esiodo:  e  che  i  popoli  piu  tenaci  delFantichita  numeravano  item- 
pi  incominciando  dalle  notti  e  non  da'  giorni. 

56"4-  Ha  t'  av  d"  {%nx.ovat  etc.  Qnum  autem  sexaginta  post  solstitium  hibernum 
exegerit  Juppiter  dies  etc.  11  solstizio  brumale  ,  o  sia  la  bruma  a'  tempi  di  E- 
siodo  ,  secondo  il  Petavio ,  cadeva  a'  3o.  di  Dicembre  :  a  tempo  d'  Ipparco  egli 
1'  assegno  a'  i  5-  di  Dicembre  (6) ,  i  Caldei  a'  24.  del  medesimo  mese  (c) ,  Plinio 
intorno  a' 25.  (d) . 

566.  'Apxrapo;  <&po'knruv  liqov  p  -,ov  'SLksovoTo  etc.  Arcturus  relinquens  sacrum 
fluctum  Oceani  Primum  totus  apparent  exoritur  vesper  tinas .  Arturo  ,  o  sia  Ar- 
torilace ,  o  sia  Boote  ha  ora  il  suo  nascimento  vespertino  a'  5.  di  Marzo  (e), 
cinque  giorni  dopo  i]  piano  d' Esiodo  5  che  non  si  dubita,  che  segnasse  il  ve- 
to tempo,  essendo  stato,  anche  per  confessione  del  Petavio,  critico  esatto 
e  peritissimo  in  Astronomia  secondo  i  suui  tempi.  Dice  che  questo  astro 
60.  giorni  dopo  il  solsti/io  iemale  comincia  ad  apparir  tutto  la  sera  :  con- 
viene  peio  ricordaisi  ,  ch' Esiodo  parla  della  nascita  apparente  ,  che  sempre 
e  anteriore  alia  nascita  vera  ve*pertina  dell'  astro ;  di  quanto  non  puo  deter- 
minarsi  ,  ma  n  anteriore  di  alquanti  giorni. 

Ivi .  'UfCv  foot  ,  sacrum  fluctum  .  Sacro  si  chiama  il  flutto  dell'  Oceano  sic- 
come  egli  b  Nume  ,  e  partecipe  della  Doita  del  Cielo  e  della  Terra,  de' quali 
e  finto  primogenito  nella  Teogonia  (f ) .  Presso  Valerio  Flacco  e  con  onori 
divini  salutato  e  pregato  : 

Ipse  ter  aequoreo  libans  carchesia  Patri 
Sic  ait  Aesonides :   o  qui   spumantia    nuttt 
Kegna  qnaiis,  terrasque  solo  complecteris  onirics  (g)  . 
568.  Tivft  tar   ofS'foyCn  Ylav^iovi^  oj?tb  ys'XuS'cov,  Post    httnc   mane    htctens   Pan- 
dioni*  vmit  hirundo    Verso  considerato  dallo  Scoliaste  di  Licofrone   alv.  442. 
Sofocle  nella  ti-agedia  che    intitolo  il  Tereo ,   come  dice  Tzetze ,   disse   che 
Tereo  di  Tracia  prendesse  in  moglie  Progne  riglia  di  Pandione  Re  di  Atene : 
dopo  alcun  tempo  torno  in  Atene  a  prendere  Filomela ,  e  condurla  alia  so- 
fa) De  Verit.  Relig.Ch  list.       (£)  Columella  XI.       (c)Colum.ib.       (d)    Lib. 
XV11I    pag    i3o.       (e)  Petav.  1.  II.  variar.  Dissert,  cap.  8.         (/)  Vers.  i3J. 
(2  )  I'  Argon,  pag.  20. 


228 
rella  ,  ch'  era  in  Tracia ;  ma  giunto  in  Aulide  di  Beozia  la  violo  ,  e  le  fcronco 
la  lingua,  perche  nulla  a  Progne  rivelas&e  .  Ella  venuta  in  Tracia,  per  via 
di  un  tessuto ,  in  cui  scrisse  1' accadutole  ,  di  tutto  ragguaglid  Progne  ;  la 
quale  insieme  con  la  sorella  ,  ucciso  Iti ,  che  Progne  avea  partorito,  aTereo  , 
glielo  porsero  a  mangiare  ,  ed  egli  nol  sapendo  ne  fece  pasto .  Risaputo  poi 
il  fatto  ,  mentre  vuol  vendicarlo  ,  e  mette  mano  alia  spada ,  le  donne,  per 
pieta  degli  Dei,  furono  mutate  in  uccelli  ,  Filomela  in  rondine,  Progne  in 
usignuolo  (  sebbene  molti  mitologi  raceontino  queste  mutazioni  viceversa  ) 
e  Tereo  in  npupa,  che  le  perseguiti  .  Ho  raccontato  il  fatto  secondo  Sofocle  e 
Tzetze  ,  e  Achille  Tazio  ,  che  nel  V.  Libro  degli  amori  di  Clitufonte  spiega 
copiosamente  una  pittura  di  questa  favola  ;  e  ]a  spiega  in  guisa  da  potere 
istruire  non  meno  il  iilologo  che  il  pittore  (a) . 

Ivi .  ogSgoyon.  Imitazione  di  questo  passo  comparisce  in  Anacreonte  laddo- 
ve  rimprovera  la  rondine  che   svegli  Batillo  viro^6^iai<xt  <pu>vou<;  (b) . 

S6p.  'E$  <p«aj  a'.-5-fwVo/j,  ia^oi;  viov  i^-xuivoio  ,  in  lucem  (  Venit)  hominibus  ,  vere 
nuper  coepto  .  Notabile  e  la  formola  di  cui  si  vale  il  Poeta  per  esprimere  1'  ar- 
venimento  delle  rondini  .  Vengono ,  die'  egli ,  in  luce  agli  uomini  ,  senza  im- 
pegnarsi  a  decidere  ,  se  passino  a' climi  piu  caldi ,  secondo  1'  opinione  di  Ari- 
stotele  e  degli  antichi  ;  o  se  passato  1'inverno  sott'acqua,  o  nelle  buche 
della  terra  ,  si  lascin  rivedcre  a  primavera ,  come  sentono  celebri  naturalisti 
moderni.  Su  la  qual  questione  e  da  leggere  cio  che  scrisse  il  Dottor  Saverio 
Manetti  nella  sua  Ornitologia ,  difendendo  la  prima  delle  due  sentenze ,  fon- 
dato  su  le  osservazioni  di  alcuni  viaggiatori  filosoh ,  e  su  la  struttura  inter- 
na ed  esterna  di  questo  uccello .  E'  anche  da  avvertire  ,  che  il  loro  ftpparire 
non  e  segno  infallibile  della  primavera  cominciata  di  poco ;  attestando  Pli- 
nio  ,  che  in  quell' anno  stesso  ,  in  cui  scriveva  ,  advenas  (  hirimdines)  ante  diem 
VI.  Kal.  Februarias  spem  veris  attulhse ;  mox  saevissima  hyeme  conflictatas  \c)  % 

570.  Tnv  (pS-a/xevas  oivctg  irsa/.Tu^tvi^iiv  ■  tog  ydq  d/ueivov ,  Hanc  praevertens  vites 
incidito :  sic  enim  melius.  Altrr  non  assegnan  tempo.  Catone  prescrive  solo 
la  sollecitudine  nel  potare(<i)  :  Vineas  ,  arbor esque  mature  face  incipias  putare  . 
Ma  il  Calendario  rustico  della  Biblioteca  Farnesiana  nel  mese  di  Marzo  es- 
pressamente  segna  vineae  . .  .  pntantur .  Ove  Fulvio  Orsini  ,  che  lo  comenLu, 
adduce  un  passo  di  Columella,  che  ne  determina  sempre  piu  il  tempo:  A 
Kalendis  Mnrtii  eximia  est  vitium  putatio  usque  in  X.  Kalendarum  Aprilium  , 
si  tami'tt  se  gemmae  nondum  movtant  1  e) ;  e  uno  di  Palladio ,  che  dice:  Mar- 
tio  mense  Incis  f •  igidis  putatio  vinearum  cilebratur .  In  quel  locis  frigidis  si 
vede  cio  che  manehi  ad  Esiodo;  la  distinzione  de' luoghi  ottimamente  av- 
vertita  da'  moderni ;  fra'  quali  e  il  Soderini(f),  e  il  Davanzati  nella  Col- 
tivazione  toscana  a  pag.  2.5.  Sebbene  chi  vuol  vedere  quanto  il  nostro  Se- 
colo   sia    raffinato   in   genere  di    coltivazione ,    legga    il   Sig.   Cav.  Re  (g) ,  il 

(a)  In  Chiliad,  pag.  38i.  torn.  IV.  Poet.  Graec.  (£)  Ode  XII.  pag.  26". 
(p)  Lib.  XV11I.  cap.  2.S..  (d)  Cap.  32.  (n)  Lib.  XI.  pag.  7S1.  (/)  Coltivaz. 
delle  viii  pag.  37.     (g)  Elem.  di  Agricolt.  Vol  Ill.png.  So.  e  segg.  della  3.  ediz. 


229 
quale  nota  pure  la  differenza  fra  terreno  e  terreno  ,  ma  fra  vite  e  vite  , 
fra  stagione  e  stagione  ,  fra  anno  di  eta  ed  anno .  Tali  osservazioni  ha 
egli  fatte  per  se  stesso  ,  e  le  ha  in  oltre  cavate  da'migliori  libri  di  agri- 
coltura,  come  dal  Bertholon,  dal  Mitterpacher ,  dal  Gallo ,  e  specialmen- 
te  dal  Sig.  Verri  ,  nel  Saggio  di  agricoltura  pratica  ,  che  giudica  un  de' mi- 
gliori  libri  editi  in  fatto  di  coltivazione ,  sennonche  pargli  troppo  nimico 
della  teorica  . 

Jvi .  Consideriamo  quelle  parole  sic  cnitn  iupVus  .  Si  pote  dubitare  un  tempo 
se  lc  viti  si  dovesser  potare,  o  lasciarle  crescere  a  lor  voglia .  Dopo  il  fatto 
di  quel  giumento  ,  il  quale  avendo  mangiati  i  sarmenti  di  una  vite  ,  ella  avea 
pi-'dutto  maggior  frutto,  e  se  n'era  cavato  miglior  vino,  i  Gveci  comincia- 
rono'a  potar  le  viti,  e  a  non  lasciar  disperdere  1' umore  in  tralci  sterili  : 
e  quel  giumento  fu  rappresentato  in  sasso  ,  come  racconta  Pausania  (a) , 
quantunque    par    che  dubiti    della   verita  del   suo   racconto  . 

571.  AXX'  sir JT  av  etc.  Sed  quum  domipoi  ta  (Cochlea  )  e  terra  plantas  astenderit 
Plfjidfs  fugiens .  La  chiocciola  (pejso/Ko?  ,  che  teme  le  Plejadi  ,  e  percio  sale  ,  e 
vola  negli  alberi ,  secondo  Dionisio  Trace  riferito  da  Proclo,  e  seguito  da 
Gio.  Tzetze  ,  e  un  animaluzzo  simile  ad  ape  ,  che  appiattato  d'inverno  ,  esce  di 
state  ,  traendo  seco  un  picciolo  guscio  al  di  dietro  ,  che  lo  costituisce  nel 
genere  delle  chiocciole  .  Dicesi  essere  in  Arcadia;  e  vuole  intendersi  spe- 
cialmente  in  Arcadia  :  perche  Esiodo  scrive  in  Beozia,  e  suppone  che  vi  si 
vegga  .  Poeticamente  parlando  fugge  le  Plejadi  >  e  vuol  dire  ,  che  fugge  il 
caldo  della  state,  la  quale  comincia  dalla  comparsa  di  tutte  le  Plejadi  a 
scntimento  ancora  di  Ovidio  (&)  : 

Plejades  adspicies  omnes  ■,  totumque  sororum 
■  AgniPii  ubi  ante  idus   nox  erit  una  super. 
Turn  mi  hi  non  dubiis  auctoribus  incipit  aestas  , 
Et  tepidi  finem   tempura  veris  habent . 

£72.  Ts'iE  <?»'  etc.  tunc  non  amplius  fodiendae  sunt  vites  .  Passa  per  giudizio 
del  Gujeto  ,  ma  poco  felicementej  a  suggerire  un' altra  operazione  di  agri- 
coltura; ch' e  zappar  le  viti  dopo  che  sono  potate  ;  aggiungo  ,  o  vangate  . 
Catone  :  Vincam  putatam  circumfodito  (c)  .  Plinio  citandolo  :  Vineam  statuito, 
alliguto  ,  crtbro  fodito{d)  .  Varrone  :  inter  vergiliarum  exortum  et  sohtitium 
haec  fieri  debent:  vineas  novellas  fodere ,  aut  arare  (e) .  E  Columella  spiegan- 
dolo  :  quum  delude  germinavtrint  ,  fossor  instquitur ,  ac  bidentibus  eas  partes 
subigit  quas  lubirtius  non  potuit  pertingere  .  Mox  . .  .  insequitur  pampinatar  {f)  .■ 
Fra'  muderni  ecco  ciij  che  ne  scrive  il  ch.  Sig.  Dottore  Ottaviano  Targioni, 
distinguendo  ,  com' e  suo  costume,  terreno  da  terreno:  .si  zappano  le  viti  di 
poggiu ,  e  si  vangano  quelle  di  piano  dopo  che  son  potate...  Vien  lodato,  ed  e 
utile  di  zappar  di  nuovo  le  viti  ntlV  uutunno  ,  e  da  altri  anche  dopo  la  fiori- 
tura ,  vale  a  diie  tre  volte  V  anno,  e   anche  piu  se  fosse  possibile ,  cioe  a  dire 

(a)  Pag.  157.  (b)  Fast.  V.  v.  S99.  (c)  De  R.  R.  cap.  33-  (d)  H.  N.  lib. 
XVII.  cap.  22.       (ej  De  R.  R.  lib.  1.  cap.  3i.       (/)  Lib.  V.  cap.  5. 

39 


o30 
cgni  mese ,  secondo  il  sentimento  del  S  g.  Lastri.  E'  conformissimo  a  Columel- 
la, il  qual  dice  :  pZnis  fodiendi  vineam  nullus  est :  nam  quanta  saepius  foderis , 
tanto   uberiorem  fructum   reperies  (a).    Sul  qual  punto  veggast  anche  cio  che 
scrive  il  teste  citato   Sig.    Cav.    Re  (b) . 

Ivi.  Chiara  prova  dell'  essere  stata  poco  innanzi  1' agricoltura  a' tempi  di 
Esiodo  e  ,  che  ne  qui  ne  altrove  fa  menzione  di  cio  che  i  Latini  dicono 
pampinatio  .  E'  una  operazione  che  si  fa  in  Maggio ,  e  consiste  nel  tor  via  i 
germogli  inutili  prodotti  dalle  radici  della  vite  (stolones)  acciocche  non  con- 
sumin  l'umore  dovuto  agli  utili .  Presso  i  Romani  fu  cosi  in  credito,  che 
Varrone  (c)  eb1oe  a  dime:  vites  pampinari ,  sed  a  sciente ;  nam  id  quam  putare 
majus . 

573.  'AXV  cpTra;  7t  xa$a?<ripev<xx  ,  j@tj  d^wa;  £yet%siv  ,  sed  falcesque  acuito  ,  et 
servo-,  txcitato  .  Ripiglia  il  precetto  dato  a' v.  383.  ove  espressamente  si  dice 
che  al  comparir  delle  Plejadi  ,  si  appresti  la  mietitura .  Columella  vuole ,  che 
il  villico  preceda  ,  ed  esorti :  Hoc  igitur  custodire  opoitet  villicum  ;' ne  statim 
a  prima  luce  familia  curictanter  et  languide  procedat  etc.  Qui  le  parti  del  vil- 
lico si  commettono  a  Perse  stesso  :  tanto  e  vero  ,  che  il  libro  tende  a  fare 
un  buono  agricoltore,  anzi  capo  di  agricoltura. 

574.  Qivyav  Si  a-*.tt\&$  ■Sw'xac  ?ge}  iir  »u  xoTtbv  ,  Fugita-vero  umbrosas  sedes ,  et 
matutinum  somnum  tempore  messis .  Combina  questo  precetto  con  cio  che  gra- 
ziosamente  al  suo  solito  dice  il  citato  Columella  :  nam  ut  in  itinere  conficiew 
do  sacpe  dimidio  maturius  pervenit  is  qui  naviter  ,  ct  sine  ullis  concessationi- 
bus  commeabit  ,  quam  is  qiu  quum  una  sit  profcctus  umbras  arborum,  fonticulo- 
rumque  amienitatc-m  ,  vel  aurae  1  efrigei  ationem  captavit ;  sic  in  agresti  negotio 
dici  isix  potest  quid  navus  operai  ius  ignavo  et  cessatore  praestet  (d)  . 

578.  'Hw?  ja'p  t'  iqyoio  T^'nLu  dirouit^mi  ouvow  ,  Aurora  etenim  operis  tertiam 
sortitur  partem.  Cio  intendondo  1' agricoltore  di  Euiipide  nella  Elettra  ,  esce 
al  lavoro  sul  far  del  giorno  ,  e  dice  :  iyti  £'  ap  vu-^a  Bsj  a?  etf«p«f  «V/SaX«V 
<riret><o  yu'ut;  etc.  il  qua]  sentimento  rec6  in  volgar  lingua  il  Carmeli  cosi: 

lo  poi 

In  sul  fare  del  giorno  i  buoi  guidando 

Nella  campagna,  la  soloata  terra 

Seminero  :  perche  nessun  che    pigro 

Giacciaj  avendo  per  bocca  i  Numi  ,  senza 

Fatica  il  vitto  ne  potra  raccorre  (e) . 

582.  TH,«of  &i  <rxo\upos  r   «f^« ,  Quando  vero  scolymus  floret .  Ha  qui   ragione 

Salmasio    di   reclamare    contro  gli  erbarj  ,  che   quasi  tutti  o-xo'Xt/^ov  han  tra- 

dotto    carduum ,  non  eccettuando  lo  slesso  Teudoro  Gaza  ,  che  ci  ha  latiniz- 

zato  Teofrasto.  Kivd?x  e  il  cardo ,  e  a-xoXvpo*;  e  una  delle  moltc  specie  di  esso  : 

(a)  Lib.  de  arboribus  cap.  \z.  (b)  Pag.  Si.  (c)  Lib.  1.  cap.  3i.  Columel- 
la: magis  pampinatio  quam  puiatio  vitibus  consulit .  E  Plinio  ci  da  notizia, 
che  pampinatio  inventa  prima  Stoloni  nomen  dedit;  tanto  plauso  riscosse  uni- 
versalnaentg.       (d)  Ibidem.       (e;  divjieli  torn.  XX.  pag.  40". 


23 1 

Scolym/ts  carduorum  generis  ,  dice  Plinio  (a)  ,  ab  iis  distat ,  quod  radix  ejus  vc- 
scendo  est  decocta.  E  ancora  meglio  al  nostro  proposito  disse:  Scolymus  flo- 
ret sero  ,  et  dm  (b) .  Ora  con  quel  seio  viene  a  confermare  cio  ch'Esiodo  avea 
detto  ,  che  contemporaneamente  le  cicale  fanno  armonia  ,  e  lo  scolimo  met- 
te  fiori;  il  che  avviene  di  state  avanzata  . 

583.  r$rj  ri^i'ia  ti'tt/2;  etc.  et  canora  cicada  arbori  insidens  dulcem  fundit  can- 
turn  frequenter  sub  alis .  Le  ali  sono  alle  cicale  in  luogo  di  voce  .  Perciocche  , 
dice  Eliano  (c) ,  non  fanno  uso  le  cicale  come  1' uomo  della  lingua,  ma  xaTw 
w'"  iljpv  hti  \a\i<;ani  circa  ilia  loquacissimae  sunt  \  ch'  c  quel  che  disse  Pli- 
nio (d)  pectus  ipsum  fistulosum  :  hoc  canunt  achctvtae :  e  achaetae  son  le  cica- 
le j  che  cantano  ,  maschi  ;  poiche  le  femmine  si  stan  sempre  senza  cantare  . 
585.  Ma^Xoistnti  Si  ■yiwdix.i;  ,  d<pau?iiuTi>i  Si  it  avJfe;  }  Salacissimae  vero  mulie- 
res  ,  et  viri  imbecillissimi  sunt  ,  quoniam  caput,  et  genua  sol  sijcat  .  Proclo  ci 
ha  conservato  un  frammento  di  Alceo  ,  che  contiene  un'  apertissima  imita- 
zione  di  questo  ,  e  de'  superiori  versi  di  Esiodo  .  L'  Einsio,  e  il  Grevio  si  sono 
ingegnati  di  supplirlo:  il  che  sarebbe  meglio  loro  venuto  fat  to  ,  se  avesser 
notato  ,  che  Ateneo  (e)  ne  cita  alcuni  vcrsi ,  e  sono  i  seguenti  : 

Ttyys  m-vs'i/fxovcts  oivu  • 

Ts   ?-ap    aj-foi"  iriftTiWeiai  •    a  S'  ooqa    yjxki'wdi  . 

Tldvnt  Si    St-^n    wrro   na^uaw;  , 

Humecta  pulmon.es  vino  : 

Sydus  exoritur :  grave    tempus  est. 

Acstu   sitiunt  omnia . 
Dopo  le  quali  parole  par  da  collocare  il  resto  che  malconcio  si  ha  in  Proclo  , 
che  noi  diamo  secondo  la  correzionc  dell' Einsio . 

'A^«  S'  ix.  trtTuXruv  dSia  av  titti^ 

'A^a   ra\  o-x.o\u,uo;  •   vvv    Si  uia^coTarou 

r<//joux.ls  •     AeirW   St    -ni    dvS^ig. 

Canit  vero   ex  foliis   suave  cicada  , 

Et  scolymus  floret.    Nunc  vei o  foedissimae  sunt 

Mulieres:  viri   autem   imbecilles . 
588.  d>\d  tot"  tlSti  etc.  Sed  tunc  jam  sit  in  antra  umbra  .  Ilir^oun  c-x.iv  e  1'  om- 
bra  ,  che  fa  1'  antro  ;  come  avverte  il  Grevio. 

58p.  ksh  fiiBXno;  oivo$ .  11  Clerc  cita  una  lunga  nota  dell' Olstenio  ,  a  cui  si 
conforma  in  tutto ,  per  provare  che  qui  va  scritto  fii(s\t/os  non  @J@'Kivo$ ;  e 
intanto  si  nella  greca  ,  che  nella  latina  lingua  ,  il  suo  stampatore  ,  e  gli  air 
tri  ancora  in  gran  parte,  fan  legger  Byblinos  .  Non  si  nega  ,  che  in  Egitto  vi 
fcia  stata  una  Citta  chiamata  ^v',6A.o{,  come  attesta  lo  Scoliaste  di  Eschilo  (  f)  , 
e  l'autor  dell'  Etimulogico  grande  ,  che  la  fa  celebre  in  vino.  Un'  altra  Cit- 
ta del  medesimo  nome  e  in  Celesiria  al  Libano  ,  di  cui  vuole  Dalecampio  , 
che  parli  Ateneo  in  quel  verso:  tov  S'  dirl  Qoivix.*;   /?«?  tbv  /Su'fiXivov  cuvtu  ,  Lau- 

(a'  H.  N.  lib.  XXI.  cap.  \6.  (b)  H.  N.  loco  cit.  (c)  De  animal.  1.  1.  c.  20. 
(d)  H.  N-  1.  XL  cap.  z6.       (e)  Lib.  X.  p.^30.       (/)  Prometh.jv.  810. 


0  <2  0 

do  vinum  byblinum  a  sacra  Phoenicia  (a) .  Ma  il  Biblo  ,  di  CUi  Esiodo  parla ,  e 
in  Tracia;  e  l'uva  onde  si  fa  il  vino  Biblino  era  in  Grecia  ,  in  Italia,  in 
Sicilia  •  E'  da  vedersi  Ateneo  [b)  ,  presso  il  quale  si  ha,  che  1' Argivo  Polli 
Re  un  tempo  di  Siracusa  v' inti'odusse  una  specie  di  vino  dolce  ,  le  cui  viti 
ebbe  d' Italia  ,  e  questo  in  origiue  era  vin  Biblino.  11  Barnes  comentando  Eu- 
ripide(c)  ha  meglio  di  tutti  messo  in  chiaro  la  provenienza  di  tal  vino  ,  ch' e 
in  Biblo  luogo  di  Tracia,  o  fiume  ,  o  monte  ,  o  citta ,  o  altro  che  sia ,  giac- 
che  in  questo  gli  autori  non  son  concordi.  Ne  son  concordi  in  iscriverlo 
per  v,  o  per  /;  giacche  Ateneo,  che  cita  Epicarmo  ,  Jilino  ,  Armenida  ,  Ippia 
di  Reggio  ,  sempre  lo  scrive  per  /  ,  e  lo  stesso  fanno  Euripide,  Moscopulo  , 
Esichio  ;  al  contrario  Proclo  ,  e  Tzetze  lo  scrivon  per  v  erroneamentejingannati 
forse  da  qualche  codice  mal  trascritto  .  Anche  Teocrito  fa  il  medesimo  (d)  ; 
ma  egli  parla  forse  del  vin  navigato  di  Feniciaj  o  di  Egitto ;  benehe  cio  in 
uno  scrittor  di  Sicilia  e  duro  a  credersi.  Era  vino  stimatissimo  ,  perche  leg- 
giero,  e  secondo  Filino  ,  facile  a  dileguare  i  fumi  del  la  crapula ;  ragione 
per  cui  Esiodo  ne  consiglia  1' uso  di  state;  ove  il  vin  calorcso  non  fa  che 
aggiugnere  fuoco  a  fuoco . 

Jpo.  Majfa  t'  duoXyouti  etc.  Et  libum  lacteum .  Non  so  aderire  al  Grevio  ,  che 
per  maza  intende  la  polenta  ,  fondato  in  Esichiu ,  che  dice  :  Md£a ,  dXtpira  Tre- 
tpi/^iva  uJari ,  y^j  iXaxv ;  at  farina  mixta  aqua  et  oleo  ,  quasi  la  focaccia  non 
sia  farina  mista  con  olio  ed  acqua .  Ateneo  (e)  citando  questo  lu^gn  di  Esio- 
do ,  e  discorrendo  di  altri  geneii  di  maze  descritte  da  Trifune  ,  lo  fa  dopo 
aver  parlato  lungamente  di  pani ,  quasi  di  ci-sa  ,  che  co'  pani  abbia  afKnita  ; 
e  dice  espressamente  ch' era  fatta  a  modo  di  mammella,  e  che  avea  luogo 
ne'sacrificj  ;  cose  ,  che  fan  vedere  in  essa  non  polenta,  ma  pane.  Gli  Sco- 
liasti  tutti,  e  anche  i  Glossatori  ,  e  1'  Etimologico  si  servono  della  stessa  vo- 
ce cifrej  panis  nel  commentarlo ;  e  chi  lo  dice  aftog  yd\ax.ri  i^vuufxi'vog ,  panis 
lacte  fermentatus  ,  chi  dfB?  fxtiu  yd\ax.-n><;  e'vre-3  fuuuivog  ,  o  ydXaxri  nrt<pv$U£.  og3 
panis  lacti  mixtus  ,  lacte  perfusus .  Or  chi  in  questo  parlare  troverebbe  po- 
lenta ,  se  non  chi  ce  la  mettesse  di  suo  ? 

5j>i.  Verso  citato  dallo  Scoliaste  di  Teocrito  (1.  6)  senza  cangiamenti. 

5p2.  TlftvTsyovcov  t,'  e'f/ipajv,  et  primojremtorum  hoednrum .  Qual  merito  abbiano 
sopra  gli  altri  i  primogeniti  capretti  ,  1' abbiam  detto  di  sopra,  comentando 
il  verso  5^3.  Ma  notisi  1'  artifizio  del  Poeta  ,  che  in  ogni  cosa  presenta  non 
pure  il  buono  ,  ma  l'ottimo  ;  e  non  si  cura  di  mutare  vocabolo  ,  purche  l'ot- 
timo  si  presenti  :  capretti  primogeniti ,  latte  di  capra  spoppata  ,  carne  di 
vitella  che  non  ha  mai  partorito,  e  che  mangi  frondi  ,  pane  che  sia  il  chifel 
di  que'  tempi,  vin  di  Biblo.  L' istesso  e  delle  vesti  ,  1' istesso  e  dell' aratro  , 
1'istesso  del  mangiare  all'  ombra  ,  in  faccia  al  zeffiro  ,  appo  una  corrente 
di  acqua   pura . 

Jvi.  inri  J' ouSottx  iriviixzv  otvov ,  praeterea  nigrum,  bibito  vinum.  Non  e  questo 

(a)  Lib. I.  p.2p.  (b)  Lib.  p.3l.  (c)  In  lone  torn.  11.  pag.  262.  (d)  ldylL 
14.  et  v.  Scholiast,  t.  I.  p.  187.       (?)  Alhen.  1.  111.  p.  11 5- 


233 

un  nuovo  vino  da  bersi;  ma  di  qui  pu6  congetturavsi,  che  il  vin  di  Biblo 
fosse  nero.  Ne  avean  gli  antichi  anche  del  bianco,  dice  Ateneo(a);  ma  il 
nero  per  osservazione  di  Mnesiteo  Ateniese  ,  avea  piu  di  tutti  del  nutriti- 
vo;  specialmente  se  fciri  al  dolce  ,  qual  cvediamo  essere  il  vin  di  Biblo. 
Plinio  (b)  assegna  a'  vini  questi  colori  :  colores  vini  quatuor:  albus  ,  fulvus  t 
sanguineus,  niger ;  ma  vuole  intendersi  di  un  rubicondo  piu  carico  ;  poiche 
assolutamente  nero  non  esiste .  Eustazio  (c)  ,  e  Omero  stesso  non  lo  distin- 
gue ,  chiamando  il  vin  maroneo  ,  di  cui  abbiamo  a  pavlar  nella  nota  seguen- 
te  or  [xi'Xa.v  nigrum  ,  ora   iqvSqov  rubrum  . 

596.TtifoJcciBs  irqoyinv  ,  tres  partes  aquae  infunde  ,  quartam  veto  partem  vini 
admisce .  T$>;'j  ucfaro;  leggono  quasi  tutt' i  codici ,  e  le  edizioni  citate  da  noi 
al  verso  12.  ne  giova  con  molte  parole  confutare  le  novita  del  Clerc  ,  che 
voile  rp/j  «F  {/faros ,  e  fu  ciecamente  seguitato  .  Basta  osservare  col  Winter- 
ton,  che  Tf/'s  in  vigor  della  terminazione  e  comune .  Piuttosto  noteremo  ,  che 
Esiodo  insegna  a  temperare  il  vino  discretamente  ,  laddove  Anacreonte 
all'Ode  56-  dice  rd.  fxiv  Si*  tyxil  "TfcTaTo;  f-m  ttivte  £'  otvou  Kc/a'-S's; ,  decern  infunde 
aquae  ,  quinqtie  vero  vini  cyathos  . 

Ivi  .Tf/j  etc.  11  metodo  poi  degli  antichi  nel  fare  il  vino  contribuiva  a  ren- 
derlo  piu.  gagliardo  ,  che  ora  non-  riesce  .  II  vin  di  Biblo,  benche  de'piumi- 
ti ,  avea  bisogno  di  tre  quarti  d'acqua  per  esser  bevuto  senza  danno .  11  vin 
maroneo,  di  cui  fa  lungo  elogio  Omero  (d)  ,  ed  Euripide  (e),  avea  bisogno 
di  20.  misure  d'acqua  per  ogni  simile  misura  di  vino.  Lo  stesso  vin  maro- 
neo mille  anni  dopo  Omero,  a' tempi  di  Plinio,  quando  dovea  aversi  impara- 
to  a  renderlo  piu.  bevibile  ,  ritenea  molto  di  quell'  antica  sua  forza  ;  e  non 
potea  bersi ,  se  ad  ogni  sestario  di  vino  non  se  ne  mescevano  otto  di  acqua  , 
come  osservo  Muziano  tie  volte  Console,  essendo  Preside  in  que' paesi  (_/") . 
Pu6  anche  raccorsi  la  generosita  de' vini  antichi  dall' usanza  de' Komani  , 
fra' quali  gl' ingenui  fino  al  3o.  anno  non  ne  beevano  ;  dagli  Statuti  de' Lo- 
crensi ,  fra' quali  per  legge  di  Zaleuco  era  punito  di  morte  chi  ne  faceva  uso 
senza  licenza  del  medico  ,  e  fuor  del  caso  di  salute  danneggiata  (g) ;  e  da 
molti  altri  argomenti. 

Spy.  Auu>?i  d"'  z'TroTfv'vsiv  etc.  Famulis  autem  impera  Cereris  sacrum  munus  tri- 
turare,  quando  primum  apparuerit  Orion.  Teofrasto  nel  libro  de'venti,  dice 
che  Orione  nasce  tv  a?zv  ws  c/Vwpaj  ,  initio  autumni  :  il  Petavio  avverte ,  che 

(a)  Lib.  I.  pag.  19.  (Z>)  Lib.  XIV.  cap.  9.  (c)  In  A.  Iliad,  vers.  46*2. 
{d)  Odys.  IX.  io6\  etc.  (e)  In  Cyclop,  vers.  141.  (/)  Plin  H.  N.  Lib. 
XIV.  cap.  4.  Ne' libri  editi  non  si  legge  sextarios  singulos  octoganis  aquae  mi- 
sctri  ,  ma  octonis  :  la  qual  correzione  par  equa  ;  parendo  troppo  da  venti  , 
ch' era  a'tempi  d'UJisse,  passare  a  ottanta  a'tempi  di  Plinio,  quando  dovea 
succedere  il  contrario;  e  Plinio  non  avr%bbe  lasiiato  di  osseivar  qucsta 
gran  meraviglia.  Ma  .1' Arduino  ci  attesta,  che  ortogenis  e  in  tutt'i  Co- 
dici; e  che  sostiluive  octotus  fu  audacia  d'  interpolatori ;  a  noi  pare -auda- 
cia  il  difendere  1'  antica  lezione  .       (g)  Athen.  1.  X.  pag.  429. 

40 


deesi  intendere  dell' estate  ,  che  gia.  declina,  passato  il  solstizio  di  qualche 
giomo  .  Quest' apparenza  si  computa  dalla  nascita  eliaca,  o  mattutina,  che 
voglia  dirsi  j  della  stella  lucida  del  pie  d' Orione  ;  cio  che  avviene  in  Lu- 
glio ;  e  nellatercolo  Petaviano  precisamente  ai  dodici  .  Ne  dee  dimenticarsi 
cio  che  di  questi  nascimenti  altra  volta  abbiam  notato ,  che  secondo  tempi 
e  luoghi  si  cambiarono  :  quae  res,  dice  il  Petavio(a),  morosam  ,  ac  propemo- 
dum  inextricabilevi  istarum    return   investigationem  facit . 

599.  Xw'pw  iv  zvcti'i ,  ^  ivTqoxdXtfi  iv  dXari ,  Loco  in  ventis  exposito  ,  et  bene 
planata  in  area.  Sit  autem  area  loco  sublimi ,  et  undequaque  perflabili,  dice 
Palladio  (b) ,  rispetto  al  primo  precetto ,  che  1'  aja  sia  esposta  a'  venti .  Ri- 
spetto  al  secondo  precetto  ,  che  1'  aja  sia  bene  spianata  ,  e  necessario ,  come 
dice  Virgilio  (c)  ,  di  osservarlo  : 

Ne  subeant  herbae  ,  neu  pulvere  victa  fatiscat ; 
Turn  variae  illudunt  pestes .  Saepe  exiguus  mus  , 
Aut  oculis  capti  fodcre  cubilia  talpae  j 
Inventusque  cavis  bufo  ,  aut  quae  plurima  terrae 
Monstra  ferunt  ,  populatque  ingentem  farris  acervum 
Curcuio ,  atque  inopi  metuens  formica  senectae . 
Quindi  si  prescrive  da'  maestri  dell'  arte 3 che  l'aja  sia  scavata  nel  sasso  vivo 
del  monte ,  e  sia  munita  di  pavimento  di  pietra  ,  vel  sub  ipso  triturae  tempore 
sit  unvulis  pecorum  et  aquae  admixtione  solidata{d).  Lodasi  anco  lo  sminuzza- 
re  la  terra,  e  bene  aspei-gerla  di   morchia  d' olio  ,  ch'  e  nimicissima  dell' er- 
be  ,   delle  talpe,  delle  formiche  ,    de' topi  ;    quindi   appianarla  con  cilindro  , 
secondo  il  consiglio  di  Catone  (e) . 

600.  MsTpw  d"  it  x.o[Ai'<Ta3-ou  iv  ayyetriv ,  Mensura  vero  (usus)  diligenter  recondito 
in  vdsis.  Tzetze  interpreta  quell'  a yyenv  per  xifiur/oi; ,  che  vuol  dir  casse  di 
legno  ,  in  cui  i  medimni  misurati  si  ripongono  (  f) .  Valevansi  specialmente 
de'  dogli  di  legno  ,  o  sia  delle  cupe  a  custodire  il  grano  per  mare ,  e  su'  ba- 
stimenti(o).  Vero  e,  che  a  conservarlo  conviene  sollevarlo  spesso  con  la  pa- 
la,  e  tramutarlo  da  un  piano  superiore  ad  uno  inferiore  ,  specialmente  quan- 
do  il  grano  e  nuovo ,  come  insegna  il  Sig.  Targioni  (h)  ■  lo  in  questo  luogo 
spiegherei  quell'  ayyuriv  per  dogli  fittili.  Catone  fra  mobili  della  villa  ne  vuo- 
le  iino  a  20.  Dolia  frumentaria  XX.   {1) . 

601.  0>7r'  aotKov  iroieiS-ou ,  %£  arewov  iftSov  etc.  Servum  domo  carentem  condu- 
cere,  et  sine  liberis  ancillam  quaerere  jubeo .  Cioe  servo  senza  moglie  ne  fi- 
gli ,  come  interpreta  Proclo ,  e  serva  che  non  abbia  figliuolo .  E1  cio  secondo 
le  condizioni  di  Perse  ,  ristrette  ,  e  limitate  ;  nel  resto  :  danda  opera  ut 
(praefecti )   liabeant   pecidium  ,    et  conj uactas   conservas  ,    ex    quibus    habeant 

filios  :  eo  enim  fiunt  firmiores  ,  ct  conjunctiorcs  fundo  ,  e  precetto  di  Varrone  (k) . 
Vi  si  aggiunge  la  condizione   de'  tempi  ;  perciocche  i  Prefetti  ,  o  Fattori  ,  0 


(a)  Diss.variar.lib.il.  cap.  8.  (b)  L.  T.  tit.  3tf.  (c)  Georg.  I.  180.  (d)  Pall, 
lib.  1.  p. 887.  (e)  R.  R.  cap.  i2p.  (/)  In  commentario.  (g)  Alfen.  Dig. 
ip.  tit.  2.  leg.  32-      (7i)  Tom.  V.  p.  18.       (i)  Cap.  11.       (it)  Lib.  I.  cap.  17. 


235 

Villici  eun  ufKzio  imeno  noto  a' piu  antichi,  quando  i  padroni  attcndevano  per 
loro  medesimi  a'  proprj  interessi(a) :  e  Perse  dovea  essere  un  di  questi  padro- 
ni ,  che  facesse  anco  da  agente  . 

Ivi .  tqi$ov  etc.  Per  ci6  che  spetta  alia  donna  ,  Senofonte  (b)  ben  altre  qua- 
lita  richiede  dalla  donna  di  casa  :  <riv  Si  inniow  tirana-aptS-a  eV/o-xe^a'/ucfo/  fins 
Hfxtv  i&oxu  avou  iyx^ang-din  ^  ?*?? o's  ,  rg\  ofva ,  jgq  own  ,  Jgtj  avJgaiv  e-UMOueias , 
promam  vera  conduximus  postquam  consideraverimus  quae  nobis  videretur  esse 
temperantissima  ,  et  ventris  ,  et  vini  ,  et  somni ,  et  societatis  virorum  ;  al  che 
aggiugne  1'  aver  buona  memovia  ,  e  buona  disposizione  a  sentire  i  beni  e  i 
mali  del  padrone  .  Ove  notisi  quel  •mpt'ow  iiroinTautGa,  corrispondente  al  nroiHr^ou 
spiJ-ov  di  Esiodo;  e  si  aggiunga  questo  esempio  ai  molti  raccolti  dal  Grevio 
per  provare  che  nrotuv  pu6  anche  significar  quaerere  ,  e  compararc  . 

6*04.  Kai  xi/Va  x.a?xctf6Jov<7u  xouiiv  etc.  Et  canem  asperis  dentibus  nutrito,  nee 
parcas  cibo ,  ne  quando  tibi  interdiu  dormiens  (fur)  facultates  auferat .  Con- 
sente  Varrone  :  Canes  potius  cum  dignitate  et  acres  paueos  habendum,  quam 
muhos  :  quos  consuefacias  potius  r.octu  vigilare ,  et  interdiu  clausos  dormire  (c) ; 
e  altrove  :  ddtgenter  tit  habeant  cibaria  providendum  ;<i) .  Bellissimo  poi  e  il 
composto  vui^onoitoi;  j  e  inimitabile  in  altra  lingua  per  significare  il  ladro  , 
che  dorme  di  giomo  per  vubare  di  notte . 

606.  Xo'pwv  <£'  c'a-Kofxta-ou  etc.  Foenum  autem  importato ,  et  paleas,  ut  tibi  sit 
pro  bobus  et  mulis  annuum  pabulum  .  Parla  del  ragunar  ne'  fenili  il  neno  e 
la  paglia  per  provvista  del  bestiame  ,  quando  non  pasce  .  Vuole  che  cio  si 
faccia  prima  di  dar  vacanza  a' servi  ed  a' buoi  ;  cioe  prima  del  tempo  autun- 
nale  ,  e  come  dice  Varrone  :  quinto  intervallo  inter  caniculam  ,  et  aequinc 
ctium  autumnale  oportet  stramenta  desecari,  et  acervos  consirui  (e)  .  V.  il  Sig. 
Ab.  Lastri  ( f)  presso  il  quale  si  hanno  ancora  utili  cautele  per  riporre  i  pre- 
detti  strami  ben  soleggiati ,  e  inariditi ,  e  sparsi  di  crusca ,  e  tritello ;  £- 
nezze  che  non  posson  cercarsi  in  Esiodo. 

Ivi  .  Piu  avvertenze  perche  il  lieno  sia  riposto  senza  pericolo  che  nuoca 
al  bestiame  j  o  che  possa  concepir  fuoco,  trovansi  presso  il  Sig.  Re  nel 
Vol.  II.  p.  204. 

608.  A«(wa;  dva-$v%oa  ptXa  yisvottu ,  >&j  0oe  Xvc-at,  Servorum  refocilla  cara  ge- 
nua, et  boves  solve.  Abbiamo  piu  esempj  fra' latini  di  simile  discretezza 
verso  i  buoi ,  e  molto  piu  verso  gli  uomini .  Per  rinfrancarli  nelle  forze  , 
dopo  aver  lavorato ,  si  facean  feste ,  nelle  quali  giusta  Orazio  vacat  otioso 
Cum  bove  pagus  (g)  ,  e  Tibullo  : 

Solvite  vincla  jugis;  nunc  ad  praesepia   debent 
Plena  coronato  stare  boves  capite  (h)  . 
Delle  feste  a  Cercre  ved.  Virgilio  nel  1.  delle  Georg.  v.  340;  di  quelle  a  Gio- 


(a)  Columella  XII.  cap.  I.  (£)  Memor.  Socratis  lib.  V.  p.  84?.  (c)  Lib.  I. 
cap.  21.  (d)  Id.  lib.  II.  cap.  p.  (e)  Lib.  I.e.  33-  (  f)  Corso  di  Agric.  torn.  IV. 
pag.  29.  V.  anche  il  Sig.  Targioni  torn.  V.  p.  1 82.  e  segg.  (g)  Horat.  lib.  111.  ode 
18.       {h)  Eleg.  i.librill. 


236 

ve  Dapale  disse  Catone  :  eo  die  ferlae  buhus ,  et  bubulcis(a).  Ne*  Compifeali, 
e  Saturnali  lo  stesso  vuol  che  si  aggiunga  un  congio  di  vino  al  giorno  alia 
famiglia,  e  de' buoi  da  in  generale  questo  precetto:  Nihil  est  quod  magis  ex* 
pediat ,  quam  boves  bene  curare  (b) .  Ma  a'  tempi  di  Esiodo  doveano  esser  rade 
le  feste  rustiche  ,  delle  quali  niuna  menziune  e  in  tutto  il  poema  :  piutto- 
sto ,  dice  Proclo,  si  usava  co' buoi  una  certa  discretezza  ,  non  prestandosi 
a'  fabbricatori  delle  case  per  portar  pietre  ,  e  avendo  loro  ogni  altro  riguar- 
do;  e  verso  degli  uomini  raccomandasi  il  rinfrancarne  le  forze  dopo  le  gravi 
fatiche  della  state;  come  vedesi  nel  presente  verso  citato  dallo  Scoliaste  di 
Aristofane ;  il  quale  vi  fa  una  nota  opportuna  al  caso  nostro  :  d^yxTiv  ol  yta>%- 
yol  7»7s  <m  ciftifrii  (c) ,  otiantur  rustici  tunc  per  messrm. 

6op.  Ei/'t'  uv  P'£l%iuv  yaj  Sa£yof  £5  fxiaov  Ixs-ji  ,  Postquam  vero  Orion  et  Snius 
in  medium  venerit  Coelum,  At  cturum  vero  inspexerit  roseis  digitis  Aurora  .  Sag- 
giamente  ,  dice  Proclo,  Esiodo  congiugne  a  mezzo  il  Cielo  e  il  Can  Sirio  ,  e 
Orione  ,  essendo  costellazioni  vicinissime  tra  loro;  nel  qual  tempo  accade  il 
nascimento  eliaco  ,  o  mattutino  di  Arturo  ,  ch'  e  cio  che  il  poeta  esprime  per 
quel  suo  detto:  quando  V  aurora  riguarderii  Arturo-  11  giorno  in  cui  questo 
succede  e  ora  a'  21.  di  Settembre  ;  ma  non  dee  mai  dimenticarsi  quanto  no- 
tammo  a' versi  385-  e  $$7. 

6"u.  La  vera  maturita  della  vendemmia  non  da  astri  dipende;  ma  da  os- 
servazione  locale  ,  per  cui  in  alcuni  paesi  e  un  magistrato  ,  che  ne  determi- 
na  il  tempo  ;  usanza  lodevolissima .  E  il  vero  tempo  e  quando  cominciano 
acadere  le  foglie  ,  quando  il  picciuolo  veste  un  colore  di  legno  ,  appassisce, 
ed  incurvasi  sotto  iJ  peso  del  grappolo  ,  e  i  granelli  cadono  ad  ogni  piccola 
scossa .  Altre  avvertenze  di  grandissima  utilita  in  questo  genere  trovera  il 
lettore  nel  Vol.  111.  del  Sig.  Re  pag.  65.  ec. 

6*12.  Ati§a«  cf'  tiiXiai  etc.  Exponito  vero  (uvas)  soli  decern  dies  et  decern  r.octes , 
quinque  autem  in  umbra  repone  ,  sexto  in  vasa  conde .  Deride  Tzetze  queste 
leggi ,  e  le  chiama  simili  a  quelle,  che  detto  Platone  per  la  sua  rcpubblica . 
Proclo  al  coritrario  le  considera  come  co  e  vere  ,  e  usate  a' tempi  di  Esiodo. 
E  certamente  chi  sa  la  cura  che  si  usa  anche  oggidi  in  iscegliere  e  piepa- 
rare  le  uve  a  fare  il  vero  Montepulciano  ,  non  discredera  che  tanta  se  ne 
impiegasse  in  antico  a  formare  un  buon  vino.  Ne  questo  e  1' unico  esempio 
che  ne  abbiamo  .  Fra  gli  antichi  e  da  veder  Columella  nel  modo  di  fare  il 
vin  passo  (d)  :  Uvam  praecoquam  bene  muturam  legere:  acina  arida  aut  vitiosa 
rejicere . . .  in  sole  pandere  uvas,et  noctibus  tegere  ne  iirorentur :  quum  deinde 
exaruerint ,  acina  deuerpere  et  in  dolium,  aut  in  seriam  conjicere  :  eodem  mu- 
stum  quam  optimum,  sic  ut  grana  submersa  sint ,  adjicere:  ubi  combiberint  u- 
vae  seque  impleverint ,  sexto  die  in  Jiscellam  conferre  ,  et  prelo  premere\  pas- 
sumque  tollere.  Trapasso  sotto  silenzio  moltc  consimili  autorita  degli  anti- 
chi, e  molte   de'  modemi  ,  fra'  quali  il  Sig.  Targioni  (ejnel  modo  di  fare   il 

(a)   Cap.i32.       (b)  Cap.  $4.       (c)   In  Iron.  v.   1170.       (d)  Lib.  XII.  cap.  lp. 
(e)  Lez.  di  Agricolt.  torn.  VI.  pag.  174.  torn.  111.  pag.  21 1- 


237 

vin  sanfco,  l'aleatico,  il  piccolit ,  ove  anche  loda  l'uso  di  riporlo  in  vasi  di 
terra  cotta  ,  come  anch' oggi  si  costuma  nella  Spagna.  Bene  anche  ne  scri- 
vun!)  il  Sig.  Lastri ,  e  il  Sig.  Re ,  che  col  predetto  Sig.  Targioni  formano  un 
triumvirato  di  scriltori  d'  agricoltura,  da  potercis'  invidiave  da  molti  esteri,. 

614.  aviuq  iiriiv  i'n  IlXwi'acfgj  0','Ta<^sj  fe  ,  ia  te  3-ivoi;  '£lfiuvo$  Av  vuviv  ,  Sed  post- 
quam  i'lejadesque ,  Hjadesque  ,  et  vehemens  Orion  occiderint .  Ripiglia  il  con- 
sigliu  dato  a'  versi  384.  di  arare  al  tramontar  delle  Plejadi.  Questo  tramon- 
tare  e  uiattutino  ,  ma  non  eliaco  ;  e  cosmico  ,  e  a' tempi  d' Esiodojnterveni- 
va ,  dice  il  Petavio,  circa  a'prinoipj  di  Novembre  .  Lo  stesso  vuole  intender- 
si  delle  ladi  ,  e  di  Orione,  astri  che  tramuntano  poco  prima,  o  poco  dopo  le 
Plejadi;  di  che  leggasi  il  Petavio  nella  Parte  II.  del  Tomo  111.  Dissert.  II. 
cap  ■  8.  speeialmente  e  $. 

617.  vXeiu  6i  xad  ^■S-oy&j  d^pcvo;  an,  annus  veto  operum  quae  fiunt  in  terra 
fincmhabuerit ,  traduce  il  Costantini  v.af/usi-oj;  ovvero  annus  completes  fuor it . 
IlAaw';  per  anrtw>  e  vocabulo  usato  da  Licofrone  ,  ammesso  da  Esichio  ,  deri- 
Tato  a  paver  di  Teone  (a)  appunto  dalle  Plejadi  ,  quasi  regolatrici  dell'  anno 
rustico.  Ma  quell'  afpsvos  non  puo  spiegarsi  per  completes,  quantunque  un 
comento  di  Proclo  favorisca  tale  interpretazione  ;  dee  intcndersi  per  a^piSioz  y 
come  in  altro  comento  segnan  lo  stesso  Proclo,  e  Moscopulo  ;  e  vuol  dire 
aptif. ,  accommodates  *«?«  X&0V°S  circa  terram,  cioe  circa  opera  ter re  stria  ,  circa 
opeta  nistica.  E'  opportunissima  clausula  di  cio  che  ha  detto  Esiodo  dal  v.  383. 
ove  ha  incominciato  ,  e  senza  interrompere  ha  iino  ad  ora  proseguilo  a  trat- 
tare  di  agricoltura;  divisandone  i  lavori  dell' autunno ,  del  verno ,  della 
primavera,  della  state,  hnche  di  nuovo  torna  all' autunno. 

6i  8.  E/'  &i  ?e  vauTtXitt;  etc.  Quod  si  te  navigationis  periculosae  dcsiderium 
ceperit  ,  ijuando  utique  Plejadcs  vehementem  Orionem  fugientes  etc,  Le  Plejadi 
nell' occaso  mattutino  precedono  Orione  ,  e  percio  poeticamente  e  detto  che 
lo  fuggono .  'A/f«  han  tultiinostri  codici ,  eccetto  un  solo  ,  che  ha  cu?>J .  Cor- 
regger  la   lezione   di  tanti  codici  come  fa  1' Aldo  ,  mi  par   troppa  animosita. 

622.  K<«  tote  etc.  Et  tunc  ne  amplius  naves  haOe  in  mgro  panto;  terrum  uutem 
exe>cere  memento  ita  tit  te  jubeo,  Questo  consiglio  ,  ritenuto  stabilmente  , 
loda  M.  Tullio  al  I.  de  Officiis  cap.  42.  Mercutura . . ..  si  satiata  queitu  ,  vel 
contrnta  potius  ,  ut  saepe  ex  alto  in  portum ,  ex  ipso  portu  se  in  agros  possessio- 
nesque  contulerit ,  videtur  jure  optimo  posse  laudari . 

627.  "OtX«  J'  iird?[*ivct  etc.  Armamenta  vera  di*posita  omnia  domi  tube  repo- 
ne .  lntende  gli  ordigni,  onde  si  anna  la  nave  prima  di  metterla  in  corso- 
1'  albero  ,  i  re  mi  „  le  mulle  funi  ,  il  timone  ,  lc   vele . 

628-  Eux.io-fxios  etc.  Recte  conirahens  navis  alas  pontigradae  .  Le  vele  accon- 
ciamcnte  son  chiamate  ale,  giacche  alia  nave  fair  1'  uffizio  ,  che  le  ale,  dice 
Proclo,  agli  uccelli  .  Quindi  il  mare  e  da  Virgilio  (b)  chiamato  vclivolum ; 
e  volare  linteo  e  detto  da  Catullo  il  navigare  (c)  ,  ed  Eschilo   piu   per  noi  a 

(a)  In  comment,  ad  Aratum       (b)  I.  Aeneid.  v.  224.       (c)  Carm.  IV.  pag.  ij>, 

4* 


•238 

proposito  AtvoTTTsf  ivfe  vaoTi'Xuv  ozriuwrn  ,  invenit  navitarum  currus  lineas  alas 
habentes  (a)  . 

629.  UitidXiov  <r  sv s?yz;  etc.  Et  temonem  fabre  factum  super  fumam  suspendito . 
Per  secoarlo  dalla  umidita  ed  indurirlo.  In  simil  guisa  faceano  agli  aratri 
pel  fine  istesso .  Fulgenzio  nel  pritno  della  Mitologia  :  Largo  fumo  lurida  pa- 
riclibus  pendebant  aratra  (b)  . 

65o.  Ak'ot;  <f'  u^ouov  pi'.uveiv  ttXo'o.',  as-ojcev  iXSri  etc.  Ipse  autem  tempestivam  ex- 
pec  tato  navigationem  3  duni  veniat ;  et  tunc  navem  celerem  in  mare  deducito  etc. 
La  navigazione  in  tempo  d'  inverno  pochissimo  era  in  uso  presso  gli.  antichi 
Greci;  ma  soliti  erano  di  aspettare  le  feste  di  Dionisio,  che  facevansi  in 
primavera .  Uno  de'  discursi  sciocchi  ,  che  fa  il  garrulo  presso  Teofrasto  e 
<n}v  $-d\x<r<?ow  ix  Aisi/j/swW  irXui'fxov  iivcu  ,  mare  post  Dionysia  esse  navigabile  (c)\ 
Ove  Casaubono  pretende ,  ch'  essendo  detto  semplicemente  Dionysia  si  abbia 
ad  intendere  delle  feste  grandi ,  che  a  Dionisio  o  Bacco  si  faceano  nella 
citta  (di  Atene)  in  primavera;  non  delle  picciole  ,  che  nelle  campagne  si 
facean  d'  Autunno .  Altri  piu  probabilmente  vuole  ,  che  quell'  e'x  Aiowe/cov 
s'intenda  dell' une  e  dell' altre  feste;  passate  le  quali  fosse  tempestiva  la 
navigazione.  Aristotele  (d)  assegna  a  lei  altra  festa  e'x  iuv  TlowaQnvouuv  0  ttAsj  ; 
festa  che  cadeva  in  Giugno.  Samuel  Petit  nel  libro  de  LegLbns  Atticis  lo  spie- 
ga  della  sicura  navigazione.  Nel  resto  la  navigazione  in  Atene  par  che  si 
aprisse  alquanto  prima  della  gran  festa  di  Bacco  ;  giacche  in  essa  ,  pratica- 
bile  gia  il  mare  ,  si  portavano  in  Atene  i  tributi  dalle  isole  e  dagli  altri 
luoghi  (e)  ;  ed  e  notabile  ,  che  gli  Ateniesi  ,  favorendo  il  commercio  ,  avean 
fatto  legge ,  che  ne'  mesi  della  navigazione  fosse  vietato  il  litigare  ;  la  qual 
legge  dichiara  il  Petit. 

633.  "Cla-wi?  tpis  is  W!»{  ^  <70f  etc.  Qnemadmodum  3  meusque  pater  et  tuns  , 
itolidissime  Persa  ,  navigabat  navibus .  Togliamo  alcune  notizie  dagli  Scolia- 
sti  greci  .  11  padre  di  Esiodo  fu  chiamato  Dio ,  come  dicemmo  al  v.  2pp.  owe- 
ro  Foronide  ;  la  prima  tradizione  par  che  sia  di  Eforo  ,  a  cui  conformansi 
Tzetze  e  Moscopulo  ;  la  seconda  e  di  Ellanico  citato  da  ProcloT  La  madre 
di  Esiodo  fu  Picimede  ,  dice  Tzetze;  gli  antenati ,  dicon  quasi  tutti ,  Orfeo 
e  Calliope  . 

(J34.  iS<8  jcs^Hfie'i'o;  i S-XS  ,  victus  indigus  boni  .  yk-)a$-ou.  >&j  £ix.a!ov  chiosa  Mo- 
scopulo ,  victus  boni  et  honesti .  E  Proclo  soggiugne  ,  ch'essendo  il  padre  di 
Esiodo  indebitato  ,  per  sottrarsi  alle  molestie  de'  creditori  ,  intraprese  il 
viaggio  da  Cuma  ad  Ascra  .  Eforo  poi ,  Cumano  anch' esso  ,  nega  questa  po- 
verta  ,  e  questi  debiti  ;  e  dice  ,  che  il  padre  d'  Esiodo  lascio  la  patria  per 
omicidio  .  Io  non  credo  quest'  omicidio ;  perche  se  indi  fosse  venuta  la  po- 
verta,  confiscati  i  beni  pel  delitto  ,  come  dice  il  Poeta ,  che  vien  da  Giove  ? 


(a)  Prometh.  v.4?8-  (£)Pag.p.  (c)  Theophr.  Charact.  c.  3.  et  Casaub.  p.  I2p. 
(J)  Lib.  I.  deGenerat.  Animal,  c.  18.  (e)  Palmerius  ex  Schol.  Aristoph.  Ex«r- 
citationum  pag.  618. 


239 

Pavla  dunque  piu  verisimilmente  di  una  poverta  ,  in  cui  il  padre   era  nato  , 
e  cresciuto . 

636.  Kv'alui  hioXiJ't  ■ofoXtnrwv  ,  Cufnam  Aeolidem  relinquens .  Tzetze  cihacon- 
servato  il  nomc  di  questa  Cuma  o  Cyme  ,  con  cui  chiamavasi  ne'  suoi  bassi 
tempi;  ed  era  Fricotide. 

6iy.  Ouk  apevos  ipiuyai  etc.  Non  reditus  fugiens ,  neque  opulentiam  etc.  Se  si 
avessero  a  tone  ,  dice  il  Clerc  ,  tutt'  i  versi  che  sono  indegni  di  un  poeta 
di  tanta  fama  ,  quanta  Esiodo  ne  ha  raccolta  ;  questo  verso  c  il  seguente  , 
essendo  freddissimi ,  andrebbon  lineati ,  e  veramente  lineati  gli  ha  il  Signer- 
Em^  k ;  a  torto  se  io  non  m' inganno .  La  fama  e'relativa  al  tempo,  in  cui 
vive  un  autore ;  e  ch'  Esiodo  ,  comunque  scrivesse  ,  sia  giunto  nello  scrivere 
tant' oltre  ,  e  cosa  simile  a  prodigio  ,  e  da  conciliargli  gran  fama.  Che  poi 
non  sia  esente  da  alcune  imperfezioni  ,  e  vano  a  pretenderlo  .  Lo  stesso  Otne- 
ro  non  ne  fu  esente;  ed  e  criticato  Aristarco  per  la  sua  troppa  severita  in 
ftmendarlo .  11  Critico  e  anche  istorico  ;  e  dee  trasmettere  ogni  verso  a'po- 
Steri  quale  lo  ha  ricevuto . 

638.  'AXXa  y.axriv  irwiku ,sed  fugiebat  malqm  pauperiem  •  Molte  cose  dice  Teo- 
gnide  della  fuga  dalla  poverta  ,  come  dal  sommo  de'  mali,.  dal  verso  172.  e  fra  V 

gli  altri  ha  questo  sentimento  : 

Xf»  ydq  "o^w;  ivi    yitv  -re  ,  ^j   evjecc  vwTtt^  S-aXaVo-nj 

&i%i£tcu  ^aX£7rw;  ,  Kufve  ,  \vvtv  vevi'vi . 
Oportet  enim  simul  super  terram  ,  et  lata  dorsa   maris 
Quaerere  gravis,  Cyme,  liberationem  paupertatis  . 
II  che  e  quello  >  che  con  piu  spirito  disse  Orazio  al  principio  delle  sue  Epistole  : 
Irnpiger  extremos  currit  mercator  ad  Indos 
Per  mare  pauperiem  fugiens ,  per  sax  a  ,  per  ignes  ■ 

61$.  NaWaia  ct"  ayx  'EX/xwVoj  o'i%u?v  ivi  xwuri,  Habitavit  vera  prope  Helico~ 
nem  misero  in  vico.  E  pur  questo  borgo  ha  egli  chiamata  citta  (voX/j)  a'  v. 
269.  del  presente  poema.  Lo  stesso  nome  le  da  Stefano  alia  pag.  12 J.  Proclo 
la  dice  m-oXi-^viov  parvam  itrbem  ;  c  benche  da  Moscopulo  si  raccolga  che  non 
avesse  muiaglie,  cio  non  osta  perche  almeno  non  possa  dirsi  citta  picciola  : 
giacche  Tucidide  ha  espressamente  detto.  trdXa  a.<nix'S°S ,  urbs  sine  moenibus . 
Ora  dunque  lo  chiama  borgo  per  disprezzo ;  siccome  pare  aver  nolato  Vellejo 
Patercolo  ,  che  di  Esiodo  scrive  :  patriamque  et  parentes  testatus  est  ;  sed  pa- 
triam  ,    quia  multacus  ab   ea  erat ,   contumeliosissime  (a) . 

640.  "Ac-xfM  x6^/"a  xax-y ,  &s?n  uyyctkin ,  ov£i  ttot  i&Xy  ,  Ascra  ,  hyeme  ma- 
la ,  aestate  molesta,  nunquam  bona.  Notisi  dyyaXiy  e  un  dattilo  per  la  gi- 
nercsi  di  £  cd  1  ,  seguendo  vocale  .  Ecco  i  versi  contumeliosissimi  di  Pater- 
colo ;  a'  quali  pero  in  gran  parte  si  accordano  e  Plutarco  che  Ascra  dice 
inabuabde ,  ed  Eudosso  che  la  chiama  senza  sole  ,  e  Proclo  ,  che  ne  descrive  la 
posizione .  Stavasi  su  la  via  per  cui  andavano  a  visitare  il  bosco  e  il  tempio 
sacro   alle    Muse  ,    alle    falde   dell'  Elicona  :  onde    non    potea  essere    esente 

(a)  Lib.  I.  extremo . 


240 

da  venti  impetuosi,  e  da  nevi  l'inverno,  e  da  una  penosa  e  lunga  trar.quil- 
lita  d'aria  la  state.  Era  nondimeno  ,  se  vuol  credcrsi  all' autor  dell' epitaflio 
di  Esiodo  ,  troXv Xnia^  (a) ,  Qiob  fertile  di  ft  umento ,  e  se  nan  mentc  Zenodoto 
tro\u^dipv><og  ,  fet  tile  in  via  e  in  vino  (b) ,  e  in  tutto  fe.conda ,  se  ben  la  descrisse 
Sidonio  Apollinare  ,  ove  disse  :  Non  heic  Hesio.dea  pinguis  Ascrae  spectes  car- 
mina  (c) . 

643.  N»i'  iXtyttv  (uveiv ,  psydXri  d'  ivi  tpoqtla  &e£-cu,  Navem  parvam  laudato  , 
magtiae  vero  onera  imponito ,  Di  qua  par  che  Virgilio  derivasse  que' versi  , 
come  noto  Turnebo  ne.'  Cummentarj:  Laudato  ingentiarwa  ,  Ex'guum  colito(d). 

<$4<$,  E#t'  $■»  sV  ipirqftut  Tgifyps  <xtTi<p<>oyct  $ufxov ,  Ubi  autem  ad  met  uaturam 
veneris  imprudentcm  animum ,  ftigere  veto  et  dtbita  vulueris  etc.  Pi  Tfs^aj, 
che  il   Gujeto  vorrebbe  qui  intrudere  ,  vedi  le  varianti . 

648.  A«5&>  d>'  7a/,  non  dt ,  come  contro  la  fede  della  piu  parte  de'  Codici 
legge  lo  Stefano  ;  il  che  ha  dato  ansa  a  formare  un  canone  ,  che  <?£  ,  ii  fyi , 
y-i ,  piv ,  >«'?>  T*?3  n£i,  <rvv »  e  simili.  si  faccian  Junghe  ,  seguendo  qualunque 
consonante  .  Principio  falso  ,  dice  Winterton  :  le  pai  ticelle  finite  in  e  non  si 
allungano  se  non  in  oesura  ,  e  seguendo  liquida ;  le  altre  terminate  in  li- 
quida  ,  o  in  ; ,  in  ccsura  e  fuori , 

6"4p.  Oini  tt  vctuTiXins  etc.  Etsi  neqtie  navigandi  peritus  nequc-  navium.  Noil 
mi  appaga  il  Gujeto,  quando  de' due  veisi  che  sieguono  pronunzia  :  hi  duo 
versus,  teste  Proclo ,  insititii  videntur  Plutai  vho  qutm  vide.  Placet  judicium 
Plutarchi .  Ma  il  giudizio  di  Plutarco  e  molto  piu  rigido  a  detta  di  Proclo: 
Txunu  trcivTa  etc.  Omnia  haec  circa  Chalcidtm  Amph:da'iianris ,  et  agotiem  ,  et 
tripodem  insititia  dicit  Plutarchus  ,  nullum  habentia  utihtatem  ■  Par  poco  ra- 
gionevole  la  difficolta ,  che  si  fa  ad  Esiodo  ;  che  niun  utile,  abbia  questa 
sua  narrazione  .  E'  qualche  utile  il  sapere  un  tratto  deila  vita  d' un  valen- 
tuomo  che  gli  fa  onore .  Ma  poi  non  abbia  utile :  percio  non  la  scrisse  Esio- 
do  ?  E  che.  utile  hanno  le  tante  e  tante  volte  ripelute  lo.di  di  M,  Tullio ,  che 
egli  fa  a  se  ,  d'aver  salvata  la  repubblica  ,  e  di  esserne  in  benemerenza 
stato  ricondotto  dall'  csilio  sopra  i  suoi  omeri  ?  Eppuie  chi  nego  mai  ,  che 
M.  Tullio  le  scrivesse  ?  Di  tutto  il  passo  dunquc  ,  che  anche  il  Brunck  rise- 
co  tutto  ,  non  par  da  scartare  se  non  il  verso  "Tuvm  vix»?ctvr  Vv  XxXniJi  eitov 
"Ofxttfov ,  che  in  alcuni  esemplari  leggevasi  a' tempi  di  Proclo;  e  che  Puusa- 
nia  (e)  non  noto  nel  tripode  di  Esiodo ,  che  pur  vide, 

6"5o.  Ou  yd?  nrutrore  vn'i  y  eirjirXuv  s-Jfitx  itovtov  ,  Neque  eni>n  unquam  navi 
trammisi  latum  viare ,  Filostrato  ( f )  nella  vita  di  Eliano  racconta  ,  che  que- 
sto  Sofistaj  contuttoche  scriva  con  eleganza  veramente  attica ,  era  Aolito  di 
dire  ,  wf  diro$%Snp.\r?.ivou.  ir-n  lis  y»S  virtq  W"!  'IraXwv  ^w'fo*  ,  yn#i  i'J&rivcu.  vauv, 
put&i  yvuvou  S-dXarrow  ,  numquam  se  ulla  parte  terrarum  peregrinatum  ultra  ha- 
lorum  fines ,  neque  navem  conscendisse ,  neque  expertum  esse  mate. 

<55i.  Et  ft:i  85  Evfioia*  i\  AvXt'fos,  Nisi  in  Euboeam  ex  Aulide .  Breve  tragitto 

(a)  Paus.lib.lX.p.tfoo.  (b)  Ap.  Strabonem  Lib.  IX.  pag.  41  3  (c)  Pag.  304. 
(d)  Georg.  IL  412.       (e)  Lib.  IX.  pag.  588.       (/)  In  vitis  Sophist,  lib.  II.  p.  62$. 


241 

passar  d'  Aulide  ,  citta  picciola  di  Beozia  ,  in  Eubea  .  Pausania  descrittore 
esatto  di  tutta  Grecia  :  'Ev  Si^ifi  ii  Ei/p/Vs  mv  Eu/Soicw  . .  diro  n<;  Boicotuiv  £itkq- 
yovTm; . . .  i$tv  Au'Xi't; ,  ad  Euripi  dexteram  dividentis  Euboeam  a  Boeotiorum  fini- 
bus  .  •  .  est  Aulis  (a)  . 

Ivi.  ji  vot  'Ax.a*<j/'  etc.  ubi  olim  Graeci ,  expectantes  tcnpestatem  ,  magnum 
collegerunt  exeicitum  .  Notissimo  e  il  racconto  ,  che  lungamenfce  aspettasse 
1' esercito  greco  in  Aulide  il  vento  propizio  per  passare  in  Troja ,  e  l'otte- 
nesse  ,  sacrificando  a  Diana  l'innocente  Ifigenia.  Dice  XaaV  ayet?xv ;  perche 
Agamennone  dopo  risoluta  la  guerra  di  Ti'oja  nel  tempio  di  Giove  ,  poi  det- 
to  Omagirio  ,  ove  convennero  tutt'  i  principi  della  Grecia  ,  comandu  che  il 
populo,  o  sia  i  soldati,  si  raunassero  in  Aulide. 

65^..  'Ev-S-a'cT  iyeav  etc.  Illuc  ego  ad  certamina  strentu  Amphidamantis ,  Chalci- 
demque  trajeci.  Questo  Anfidamante  fu  Re  di  Eubea  ,  e  cumbattendo  in  mare 
contvo  gli  Eretriensi ,  mori.  Piu.  altri  Anfidamanti  conto  1' antiohita  ,  come 
il  figli.j  d'  Aleo  Re  d'  Arcadia  ,  rammentato  da  Pausania  (b)  j  e  il  padre  del 
medesimu  Aleo  ,  chiamato  Anfidamante  il  vecchio  dallo  Scoliaste  di  Apollo- 
nio  Rodio  (c)  ,  uno  Scrittore  dimitolugia,  che  nomina  Antonino  Liberale (d) , 
ed  altiij  che  saria  perduta  opera  andar  divisando  . 

655.  to  <?£  TfoireipfaJ'/u&'va  iro~>\a.  'A^X'  i^iaaM  nrou^l?  /uej-aXj/rapfj  }  indicta  (per 
praecones)  vuro  multa  Praemia  conatitucrunt  juvenes  magnanimi  .  1  figli  di  An- 
fidamante ,  come  dicono  gl'  Interpreti  greci ,  posero  multi  premj  ,  dopo  aver- 
gli  fatti  promettere  per  mezzo  de' baridituri .  Quindi  comcntano  -spoj-xsxs- 
fuyuiva .  E  nel  preconio  se  ne  facea  menzione  ;  come  in  quello  ,  che  con- 
vocando  gli  Dei  presso  Giuliano  usa  Mercurio  : 

'O  TSui'  xctWig-uiv 
"AS-Xcov  nap/as  , 
Incipit  quidem  certamen  pulcherrimorum  praemiorum  judex  (e).  Ove  noto  di 
passaggio  ,  che  questi  preamboli  spesso  facevansi  in  versi ,  ma  dozzinali  , 
come  raccogliesi  dal  Giove  Tragedo  di  Luciano;  ove  Mercurio  avendo  co- 
minciato  a  fare  il  suo  invito  in  prosa  ,  e  da  Giove  ripreso  perche  nol  faccia 
in  versi;  ed  egli  sdegnando  que'  de'  Rapsodij  perche  mal  fatti ,  e  nun  essen- 
do  poeta,  impasta  alcuni  versi  di  Omero. 

6Sy.  T-qiTroJ'  utwcviu  ,  tripodem  auntum-  Non  e  da  ricorrere  per  aver  notizia 
di  questo  tripode  a  quelle  medaglie  ,  che  ci  rappvesentan  tripudi  gieci  o 
romani  sostenuti  da  elevati  piedi  ;  e  che  servon  d'  altari  ,  dando  luogo  a  farvi 
de' sacrifizj  .  Gli  antichi  ,  dice  Ateneo  ( /) ,  ebbon  due  sorte  di  tripudi,  che 
dissero  anche  lebeti .  Alcuni  eran  destinati  a  temperare  il  vino  cull'  a^qua  , 
e  questi  chiamarono  aVt/f»s ,  cioe  che  non  aveano  .sentito  fnoco  .  Altri  erano 
destinati  a  scaldar  acqua  per  lavare  il  corpo  ,  c  specialmente  i  piedi,  e 
questi  chiamaron  XoeTfo^iej,  ovvero  ifxiru&fictmt; ,  c  tenevangli  al  fuoco  con- 

(a)  Paus.  lib.  IX.  p.  S70.  (6)Pag.4<5o.  (c)  In  I.  Argon,  ver.  161.  (J)  Me- 
tamorph.  cap.  3p.       (e)  In  Caesaribuspag.  3l8.       (/)  Lib.  II.  pag.  37. 

42 


tinuamente  .  Parecchi  de'  tripodi  erano  auriti  ,  altri  no  ,  cioe  alcuni  avean 
anse,  alcuni  no  .  Aurito  fu  quello  ,  che  descrive  Omero  (a) ,  messo  in  premio 
da  Achille  ,  che  tencva  ventidue  misure  di  liquid!  ,  che  tocco  a  Diomede; 
siccome  aurito  e  questo  ,  ch'  ebbe  in  premio  Esiodo . 

658.  Tov  uiv  iyd  M«Vcn;  etc.  Quern  ego  quid  em  Musis  Heliconiadibus  dicavi .  E  si 
vedeva  a' tempi  di  Pausania ,  come  dicemmo  .  Anche  quello  di  Diomede  fu 
dedicato  ad  Apollo  Delfico ,  aggiuntavi  una  iscrizione ,  che  riferisce  Eusta- 
zio  [b)  ,  sebben  sospetta.  Richiamiamo  1' antica  lezione  di  quasi  tutt'i  MSS. 
M6v<rcur ,  cangiato  in  Marw;,  che  anco  e  scorso  nella  nostra  edizione  . 

<JSp.  "Evdci  ui  etc.  nbi  me  primum  dulcis  compotem  fecerunt  cantus .  11  Clerc 
a  questo  verso  fa  la  m>ta  seguente  :  Contrarium  hoc  est  Us  quae  habuimus  in 
Theogonia  v.  3o.  et  sequentibus :  ma  non  a  me  solo  ,  ma  anco  a'  greci  Scoliasti 
par  conformissimo  a  cio  che  dice  nella  Teogonia  dal  verso  22.  fino  al  32. 
ove  racconta  d' essere  stato  dalle  Muse  fatto  poeta  nel  monte  Elicona ;  monte 
in  cui  fu  consagrato  il  tripode , 

do"?.  'H/t/ara  vivnuoviee  etc.  dies  quinquaginta  post  solstitium  ,  ad  finem 
progressa  aestate  laboriosi  temporis  Tempestiva  est  mortalibus  navigatio .  Al 
Clerc  e  paruto  Esiodo  ignaro  affatto  dell' arte  di  navigare  ,  quando  coercet 
omnetn  navigationem  intra  quinquaginta  dies  ,  quorum  initium  sumatur  a  solstitio 
aestivb ,  quum  praesertim  solstitium  aestivum  inciderit  in  III.  Julii  .  Quindi  stimo  j 
fuor  della  opinione  degli  Scoliasti  ,  che  mancasse  prima  qualche  verso  ,  in 
cui  si  lodasse  la  navigazione  cinquanta  giorni  avanti  il  solstizio  estivo  ; 
giacche  anche  questo  e  tempo  opportuno  a  navigare.  Si  a  questi  tempi,  si 
in  questi  paesi ,  si  con  maggiore  pericolo  .  L' arte  di  navigare  era  ancora 
fanciulla  a'  tempi  di  Esiodo  ;  e  il  legno  poco  si  scostava  di  terra.  Cio  special- 
mente  in  Grecia  ed  in  Ascra ;  ove  anche  potean  esser  venti  impetuosi  al  co- 
minciar  della  state,  miti  al  finire .  Ed  Esiodo,  che  in  ogni  precetto  sceglie 
1'  ottimo  ,come  avvertimmo ,  anche  in  questo  punto  avra  scelto  il  tempo  piu. 
opportuno  a'  tragitti  ;  in  cui  senza  una  straordinaria  disgrazia  fosse  sicuris- 
simo  il  navigare  . 

Ivi.  fzsTBt  rpoiraj  »i\loto .  Sistole  dorica  in  quel  rfoiraj  accusativo  plurale 
della  seconda  declinazione  de'  semplici  :  nella  prima  ancora  si  trova ,  ma  piu 
di  rado ,  come  in  Teocrito  v/^ueg  w'/raj  •  J  yd?  . 

66$.  ' Slqdioi;  viXeiKi  $-v»v>?<;  nrXio* .  Ho  tradotto  :  Ricorre  V  ora  a  naviganti  a- 
mica;  usando  il  vocabolo  ora  per  tempo,  siccome  fece  il  Petrarca  ,  quando 
disse  :  Cose  che  a  ricoi  darle  e  breve  I'  ora(c).  Ed  anche  fra  le  Ore  ,  che  sono 
le  allegorie  de' tempi,  Igino  computa  Euporia  (d)  ,  ch' e  1' Ora  che  presicde 
alia  felice  navigazione  . 

66y.  Ei  fxn  Sri  tupi<p^u>v  etc.  Nisi  dedita  opera  Neptunus  terrae  quassator ,  ant 
Juppiter  immortalium  Rex  velit  perdeie  ■  Nomina  queste  due  Deita  come  re- 
golatrici  del  mare ;  Nettuno  perche  Re  di  esso  ;  Giove  perche  dispotico  dcll'a- 

(a)  Iliad.  XXIII.  vers.  26"4-       (b)  Pag.  1431.     (c)  Trionfo  di  amore  cap.  II. 

(d)  FabulaCLXXXIII. 


243 

ria ,  e  de'venti,  che  mandandogli   sfavorevoli ,   pu6  sommergere  i  legni ,  c 
gli  uomini  . 

6yh  TtniufHv  f  r6rri  idx"?1*-  etc.  Propera  autcm  quam  celerrime  iterum  domum 
redire .  Non  prescrive  tempo  determinate) ,  sicche  alquanto  prima  o  alquanto 
dopo  i  cinquanta  giorni  deggia  tovnave  a  casa  :  dice  di  tornare  il  piu  presto 
che  sia  possibile .  Alquanto  piu  si  facean  lecito  di  trattenersi  in  mare  i  Fe- 
nicj  a  tempo  di  Luciano  ,  de'  quali  egli  dice  :  aVas-ow  ydg  Wto*  dxmv  etc.  omne 
enim  isti  litus  ,  et  oram  omnem  ,  ut  ita  dicam  ,  singulis  annis  pevscrutati ,  sero 
per  autumnum  domum  suam  revertuntur  (a) ;  ove  nondimeno  si  vede  ,  che  al 
cader  dell' autunno  anco  i  Fenicj ,  spertissimi  in  navigare ,  si  riducevano  a 
casa  loro  . 

674.  MjfcTe  fjtivitv  oiviv  <u  vtov  ,  Neque  expectato  et  vinum  novum  etc.  Nsom'a  , 
nova  vina,  era  una  festa  in  Atene,  in  cui  beveasi  il  vin  nuovo:  era  dedicata 
a  Bacco  ;  e  celebravasi  in  essa  la  invenzione  di  questo  liquore  ,  per  cui  Lon- 
go  (h)  iv  ioqrn  Aiovd<7ou  ,  >@uj  oivx  ycvzTtt .  Di  tal  festa  vedi  il  Jonstonio  (c) . 

67 5.  Kcci  £«,««/  iviovra ,  votoio  -re  £iijd$  a'MTsig ,  Et  hyemem  accedentem  }  notique 
molestos  flatus  .  Plinio  (d)  :  Post  eos  (Aquilones  )  rursus  Austri...  Vergiliarum 
occasus  hyemem  iuchoat ,  quod  tempus  in  III.  Idus  Novembres  incidere  consue~ 
vit  ;  ma  prima  a'  tempi  di  Esiodo  . 

678.  *AXXo;  <T  ii'afivot;  etc.  Sed  alia  vet  11a  est  navigatio  hominibus  ■  Plinio  nel 
capo  stesso  :  Ver  ergo  aperit  navigantibus  maria ;  cujus  in  principio  Favonj 
hibernum  molliunt  caelum  Ma  non  e  del  principio  della  primavera  ,  che  il 
nostro  Poeta  discorfe  ;  e  della  primavera  inoltrata  ,  quando  il  fico  comincia 
a  mettere  le  sue  foglie  ;  il  che  avviene  diAprileje  allora  permette  di  porsi 
in  mare  ;  sebben  quasi  furtivamente  pel  pericolo  che  si  correva  a'  que'  tem- 
pi di  far  naufragio  . 

684.  d\\d  vu  yg\  Twetc  Sed  tamen  et  haec  homines  faciunt  stultitia  mentis.  In 
vece  di  iw  il  Brunck  voile  7ai/,cioe  trXoov .  Perche  ?  Percho  cosi  trovava  scrit- 
to  nel  solo  suo  codice  .  Del  tragitto  d'  inverno  furono  i  primi  sperimentatori 
i  corsali ,  seoondo  Plinio;  poi  gli  avari  :  Piratae  primum  coegere  mortis  peri- 
culo  in  mortem  mere ,  et  hiberna  experiri  maria ;  nunc  idem  hoc  avaritia  co- 
git  (e) . 

686.  Xfwaw  ydp  ■lux''  etc.  Opes  enim  sunt  anima  miseris  mortalibus .  In  si- 
mil  senso  disse  Filostrato  :  "A-ttokti  tTe  jfw'o/f  nv  4yX"'  •rexe*  ,  cunctis  vero  viven- 
tibus  anima  sunt  filii(f)}  e  piu.  propriamente  Timocle  parlando  anch' egli  di 
averi :  4y/t"'  fi?o<mi*ii>  atf/id  r  gf/v  dpyvpos ,  anima  et  sanguis  mortalibus  est  argen- 
tumyg)  .Noi  abbiam  tradotto  danaro,  che  fin  da' tempi  eroici  era  in  uso  nella 
Grecia  ,  quantunque  non  segnato  ,  come  vogliono  i  piu:  ma  consistente  in 
oro,  argento  ,  bronzo  pesati .  V.  Feizio  Antiq.  Homer.  Lib.  II.  cap.  10. 


(a)  In  Taxavitom. Il.pag.  Jn.  (b)  Pastoral,  lib.  II.  p.  3o.  (c)  Gronov.  The- 
saur.  antiq.  Giaecar.  t.  VI.  (d)  H.N.  lib.  II.  cap.  47.  (ej  Ibidem.  (/)  In 
Apoll.  Thian.  1,  II.       ( g)  Apud  Natalem  Comitem  lib.  II.  Mythol.  cap.  2..  p.  40. 


244 

<5p4.  Me'rj>a  puXaTtrt^-ax  •  xoupos  J'  ivi  tra.au>  ao/,g-»g  ,  Modum  serva  :  tempu3  veto 
£«  omnibus  optimum .  Si  e  dubitato  fra  gl'  Interpret!  ,  se  questo  sia  un  sol  pre- 
cetto  ,  o  debba  dividersi  in  due.  L' Einsio  e  il  Gujeto  1' intesero  quasi  dices- 
ae  ,u£Tfa  Jia<f»:  il  Grevio  dietro  gliScoliasti  lo  divide  in  due,  serva  modum  ;  ser' 
va  tempus,  quod  est  optimum  in  rebus  omnibus.  Noi  seguiamo  la  sentenza  del 
Grevio,  perche  ci  pare  che  tutto' il  presente  capitolo  riguardi  il  modo  ■  nel 
senso  che  spiegheremo ;  e  il  capitolo  seguente  risguardi  il  tempo,  cioe  le 
giornate  prospere  ,  ad  ogni  affare  :  cosi  scuopresi  sempre  meglio  1'  ordine  di 
tutto  il  poemetto.    Per  ora  dichiariamo  due  sensi  dclla  voce  f*i??ov . 

Adunque  in  primo  luogo  [j-irqav  e  quella  misura  ,  che  gli  antichi  raccoman- 
davano  in  tutte  non  solo  le  azioni ,  ma  ne'  desideij  altVesi ,  e  nelle  speranze  ; 
e  finsero  la  Dea  Nemesi  ,  che  mostrando  il  cubito  ,  misura  comune ,  tacita- 
mente  minacciasse  di  non  eccederla  in  cosa  niuna  ,  dando  nel  soverchio. 

Un  altro  senso  ha  la  voce  pirqov ,  come  insinuano  due  de' Comentatori  gre- 
ci  ,  spiegando  a-uupiTqia.  ;  che  signihca  ivi  dicevdezza  ,  c<~>nveiitvolezza  .  Di 
cio  il  Gievio  al  v.  506".  ove  Esiodo  notnina  unqia.  epjoc,  adduce  varie  testi- 
monianze  ,  come  di  Platone ,  che  ha  uirqiox;  xiyitv  ,  di  Tucidide  ,  che  ha  litrfimf 
sinreiv .  In  questo  senso  la  voce  (terfov  conviene  a  tutt' i  pveoetti ,  che  si  dan- 
no  in  questo  capitolo ;  in  cui  ripassando  il  Pueta  molti  degV  insegnamenti  dati 
ne'  precedenti  capitoli  ,  senza  esprimer  sufficientemente  il  m<.do  di  esegu'n  gli , 
e  dandone  anche  de.'  nuovijdi  tutti  insegna  come  convenevolmente,  e  dicevol- 
mente  mettergli  in  pratica.  V.  gr.  avea  nel  capo  quarto  parlato  di  far  saciiiiuj; 
ora  ne  mostra  il  modo,  che  si  ofteriscano  con  nettezza;  e  cosi  insegna  i  mo- 
di di  trattare  gli  ospiti,  i  parenti,  gli  amici  ,  i  convitati  :  i  piu  de' pre- 
cetti  riguardano  questo  capitolo  quarto  ;  ma  tuttavia  al  quinto  appartiene 
il  non  lasciar  le  case  imperfette;  al  sesto  il  non  cicalar  troppo,  e  cosi  di  altri. 
Vano  sarebbe  ricercar  ordine  in  questi  ammaestramenti ,  che  come  dicemmo, 
sono  dettati  all'uso  orientale  espresso  ne' libri  di  Salomone . 

Ivi.  KoMpdf  S'  ivi  vaartv  detT°s •  Con  questo  verso  prelude,  come  dicemmo, 
al  capitolo  delle  Giornate  ;  ma  generalmente  ancora  si  puo  intender  di  quel- 
la opportunity,  che  in  ogni  cosa  e  da  aspettarsi  ,  e  da  seguirsi .  E'questo  un 
bellissimo  insegnamento,  inculcato  ancora  nelle  sacre  carte:  Fili  conserva 
tempus  (a),  ove  il  P.  Calmet  fa  questo  comento :  Stride,  ut  omnia  suo  tempore 
facias  :  suum  enim  est  loquendi  tempus  ,  suumque  tacendi ;  aedificandi  tempus 
et  destruendi  .  Gravissimum  hoc  est  sapientiae  officium  .  Interdiun  enim  quae 
optima  natura  sunt,  pessima  fiunt  quod  suo  tempore  gesta  non  fueiint.  Abbia- 
mo  su  di  cio  un  altro  proverbio  preso  da  Esiodo,  di  uno  de' sette  Sav  j ,  che 
l'erma  Clementino  ,  ed  Ausonio  ascrivono  a  Pittaco  T  i?vu<rx.t  *.ou%ov  [b\  Nel  resto 
cio  che  dice  Esiodo  arji^ov,  Terenzio  1' espresse  per  primum  rerum  omnium , 
laddove    disse  :  In  tempore  ad  earn  veni  ,  quod  rerum  omnium  est  primum  (c)  . 

6$5.  'flfoieo;  Si  yvxioux-n ,  In  flore  vero  aetatis  uxorem  tuam  in  do  mum  dacito.  II 
Grevio  a  quel  mature, con  cui  traducevano  V'Slfoosg,  sostitui  in  aetatis  florc; 


(a)  Eccli.  IV.  23.       (6)  Loco  cit.  v.  212.       (c)  Hcaut.  A.  II.  sc.  3.  pag.  218. 


245 

ma  perciocche  lo  fece  fuori  diluogo  ,  cioe  a'  versi  po3.  della  Teogonia,  percio 
non  fu  atteso  non  dico  da  Gujeto  e  da  Clerc ,  ma  ne  anche  da  Robinson  ,  e 
da  Loesnero  .  Nel  resto  w?a  val  pulchritudo ,  e  wpouoj  pulcher ,  o  come  Esiehio 
chiosa  zv'fxoftpos,  E  siccome  ,  riflette  il  Grevio  ,  la  eta  della  bellezza  degli 
uomini  e  la  gioventu,  cosl  <6?cuo;  si  prende  per  giovane  da  Esiodo .  Al  qual 
proposito  riporta  lo  Scoliaste  di  Teocrito  ,  che  cosi  lo  espone  (a)  ;  e  citan- 
do  Esiodo  nel  luogo  presente  ,  <o%ouos }  interpreta  dxpu%Gjv,iri  aetatis  flore  con- 
stitutes . 

6p6.  Mif  75  TPj.wA.ivmv  inuv  etc.  Neque  triginta  annis  vulde  multum  inferior  ,  neque 
super  ans  multum.  Questi  versi  son  riferiti  da  Stobeo  (b)  senza  la  mutazione  di 
TQ/Ltixov-Tav  in  TSf.ny.ojvx ,  che  Tzetze  vorrebbe  introdurre  non  solo  in  questo , 
ma  in  tutt' i  numerali  iiniti  in  «,  come  ircv-nKovac ;  la  quale  ortografia  e  ap- 
provata  anche  da  Gujeto  amantissimo  sopra  ogni  credere  di  novita ;  la  qual 
lode  io  gli  rinunzio  . 

Ivi .  Quanto  alia  eta  ,  ch'  Esiodo  prescrive  ad  ammogliarsi  ,  Platone  nel  V. 
della  Repubblica  ,  e  nel  VI.  Libro  delle  Leggi  a^giugne  cinque  anni  di  dila- 
zione  :  uxorem  quisque  a  trigesimo  usque  ad  quintum  et  trigesimum  ducat . 
Solune  avea  stabilito  alle  nozze  il  quinto  settenario  della  vita  ,  che  incomin- 
cia  ai  28.  anni  (c).  Agli  Spartani  era  concesso  da  Licurgo  di  prender  moglie 
nel  piu  bel  fiore  della  eta,  iv  dxua2$  iwv  a-wp.d'mv  ,  dum  vigerent  corpora  (d) ,  ne 
poneasi  differenza  di  anni  fra  uomo  ,   e  donna. 

(Jp8.  H  H  ywii  timf  h/Suv,  Ttinnnw  Si  yauoi7s,  Mulier  vero  quatuordecim  an- 
nos  pubescat ,  quintodecimo  vero  nubat .  Lascio  nfiav ,  senza  mutarlo  in  vfiaoi , 
quantunque  i  piu  de'  codici  cosi  consiglino ;  perche  gli  Scoliasti  tutti  leggo- 
no  w',flw>t .  11  passo  e  controverso  .  I  piu  dietro  Moscopulo  ci  sottintendono  Six-a. , 
presa  tal  numerazione  da'  mesi  lunari .  E  nelle  chiose  assai  belle  pubblicate 
da  Loesnero  ,  tanto  sopra  tew?'  e  scritto  inri  £s'x.ct ,  quanto  sopra  tts'^tttw  e  scrit- 
to  Six.a  .  Proclo  accenna  tale  spiegazione  ;  ma  accenna  pure  quella  di  Tzetze  , 
difesa  da  Robinson  ,  che  la  donzella  si  avanzi  nella  puberta  ,  fino  a'  14.  e 
aspetti  poi  cinque  anni  ,  e  maritisi  al  ip.  Ma  se  questo  e  ,  pcrisce  il  fine,  che 
ha  Esiodo,  prescrivendo  alle  nozze  un  tempo,  che  la  donzella  possa  essere 
educata  virtuosa  dal  marito  :  perciocche  a'  ip.  anni  si  c  presa  comunemente 
la  piega  verso  la  virtu,  o  il  vizio  ;  cio  che  non  avviene  ne'  i5. 

Ivi.  Credo,  che  1' equivoco  stia  nella  parola  » 0a» ,  che  Tzetze  vuole  in- 
tendcre  strettamente  per  pubesco  ,  e  va  intesa  per  pubesco  in  senso  piu  lar- 
go ,  cioe  per  cresco .  Cosi  la  prende  1' Interprete  di  Omero  chiosando  ».3a'ai<rx 
di  una  vite ,  dx.fid^ua'a  (e) .  Or  siccume  una  vite  comincia  a  crescere  dopo  pian- 
tata ,  cosi  la  verginella  dopo  nata  cresce  fino  a'  14.  anni,  dopo  i  quali  nel 
quindicesimo  si  mariti.  E  circa  a  questo  tempo  celebravano  le  nozze  i  piu 
degli  antiohi.  Senof\>nte  che  propone  Isomaco  per  esemplare  di  economia  ,  gli 
fa  dire,  che   la  moglie   era  stata  sposata  prima  di  compiere  il  quintodecimo 

(a)  Idyll.  I.  versu  lop.  (6)  Cap.  dp.  (c)  Censor.  (d)  Xenophon  de  Repub. 
Lacedaem.       (e)  Odyss.  V.  vers.  Jo. 

43 


246 

anno,  ii»  vwco  irtvitx.«i£iK<x  yeyovu7ct  (a) .  Epitteto  riflette,  che  le  donne  eran 
chiamate  x-uqtax  Slgnore  da'  lor  mariti  ei/'Wj  «V«  -reu-capeo-xtw'tfexa  siai/  ,  subit© 
dopo  i  14.  anni  (6)  .  Platone  prescrivendo  alle  fanciulle  il  termine  dclle  noz- 
ze  :  ydfxa  Si  ofov  uvou  xo?>t  fxiv  cItto  ixHodSiKcx  £<mv  «j  etKon  j  dai  16.  anni  ,  fino  a'2.0.  (c). 
<Jpp.  Ilapd'Ei'/iorv  «Tj  yapeiv  etc.  Virginem  vero  ducito ,  wr  mores  castos  doceas . 
Fa  onore  ad  Esiodo  il  precetto  di  menar  moglie  di  iS.  anni  ,  e  vergine  ,  per  po- 
terla  istruire  nel  buon  costume  :  giacche  da  una  madre  di  famiglia  morigc- 
rata  dipende  in  gran  parte  il  morale  di  tutta  la  casa.  Aristotele  nel  1.  degli 
Economici  cap.  4.  adducendo  questo  verso  di  Esiodo ,  lo  loda  in  quanto  con- 
ducente  a  formar  la  donna  di  carattere  simile  all'  uomo ,  cio  che  molto  gio- 
va  alia  concordia  -  Nel  resto  ,  come  ben  riflette  Plutarco  ,  piu  utile  e  all'a- 
more  scambievole,  che  l'uomo  e  la  donna  siano  in  una  eta  non  molto  diver? 
sa,  e  gia  maturi;  siccome  prescrisse  a' suoi  Spartani  Licurgo,il  qual  vieto  an* 
che  le  doti  (d)  e  continua  :  Romani  vero  natas  XII.  annis  et  minus  jungunt  nuptiis : 
ita  potissimum  corpus  et  mores  illibatos  et  puros  in  manns  viri  censentes  perven- 
turos  .  Sunt  autem  superiora  (la  legge  di  Licurgo  di  cui  prima  avea  detto), 
ut  patet ,  ad  liberorum  procreationem  magis  naturae  consentanea  ;  have  ad 
vitam  conjugalem  aptandis  nwribus  (e) .  Un'  altra  ragione  si  puo  derivarc 
dall'  Eolo  di  Euripide  pel  metodo  de' Romani  ,  e  di  Esiodo  ;  ed  e  che  la  donna 
invecchia  prima  dell'  uomo  ;  onde  collocata  presto  si  trova  in  certa  eta  quasi 
coetanea  dell'  uomo  ,  ancorche  egli  sia  piu  attempato  ;  il  che  giova  alia  scam- 
bievole dilezione ,  massime  ne' piu.  inoltrati  anni.  Ecco  le-  parole  del  Poeta- 
secondo  la  traduzione  dell' esatto  P.  Car meli  (_/'): 

Con  giovane  garzon  male  s'  accoppia 

Giovane  donna  ;  perocche  ne'  maschj 

Piu  a  lungo  si  mantien  forte  la  lena , 

E  il  fiore  femminil  presto  svanisce . 
700-  TvvSi  f*a\i$-x  yet ««»  etc.  Earn  vero  potissimum  ducito ,  si  qua  te  prope  habitat ; 
omnia  diligenter  circum  contemplatus,  ne  vicinis  ludibria  ducas .  II  consiglio  e 
buono  in  quanto  tende  a  congiugner  piu  strettamente  le  famiglie  con  due  rela- 
zioni  ,  1' una  di  parentela  ,  1'  altra  di  vicinita .  Ma  il  seguente  e  migliore  ;  e 
Moscopulo  chiosa  quell'  tSuv^  che  ilatini  Interpreti  rendono  contemplatus ,  per 
ua$uv ,  che  significa  dopo  essetti  infarmato  j  cio  che  noi  abbiamo  espresso  con 
prendine  favella  .  Ev  poi  necessario  al  buonnome  de'iigli  ilbuonnome  della  ma- 
dre; i  quali  nascendo  di  madre  di  dubbia  fama,  per  tutta  la  vita  sonoinfami  (g). 
702.  (V  [Aiv  ydf  n  etc.  Neque  enim  muliere  quidquam  vir  soititur  melius  bona  : 
rursus  vero  mala  non  gravius  aliud .  Simonide  apertamente  imitando  Esiodo , 
come  avverti  Clemente  Alcssandrino  (li) : 


(a)  In  Oeconomico  pag.  816.       {b)  Enchir  pag.  $7.       (c)  Plato  lib.  VI.  de  le- 
gibus  pag.  556.        (d)  Justin.   Histor.  lib.   111.  pag.  6p.        (e)   Tom.  I.  pag.   77. 
(/")  Tom.  XX.  pag.  8.       (g)  Plutarch.de  liberis  educandis  .       (h)  Strom.  VI. 
pag-  744- 


242 

'EtSXv;   a/.iHvov  f  iSi  qi'yiov  xaxtis  • 
Muliere  bona   nihil  melius  sortitur  vir ;  nihil   horridius  mala.  Fra  le  sentenze 
de' Comici  raccolte  da  Enrico  Stefano  (a) 

ruiiri  yclf  oixa  irnuat  r*j  <rwm% t<*  , 

Mulier  enim   salus  et  exitium  est  aedibus. 

704.  As/irvoXo'^«; .  Fra  le  devivazioni  di  questa  voce  niuna  mi  piace  piu  di 
questa  :  dm-i  to  Xoy^av  rs  Silirvov ,  ab  insidiando  coenis ,  a  captando  coenas  ,  coe- 
nipeta .  Lo  Scoliaste  pubblicato  da  Loesnero  la  risolve  in  due  ;  tj7;  iuw^vti^ , 
j@t^  Xo^wa-xj  Tav  iavn!;  av£?a ,  commessatricis  et  insidiantis  suo  viro;  ma  queste 
insidie  van  pur  riferite  a  sodisfare  la  propria  golosita  ,  per  cui  essa  o  di 
soppiatto  si  prepari  in  casa  miglior  vitto  di  quel  che  voglia  il  marito  ;  o  con 
iscuse  e  bindolerie  sel  procuri  fuori  di  casa:  cosi  colei,  che  presso  Ariste- 
neto(£)  trovata  dal  vecchio  marito  a  un  convito  ,  con  femminile  astuzia  il 
delude.  E'bellissima  la  novella,  ma  troppo  lunga  all'intento  presente.  Ca- 
tone  (c)  raccomanda  che  la  moglie  del  villico  :  ad  coenam  ne  quo  eat,  neve 
ambidatrix  siet . 

Ivi.  w-r' avJfa  etc.  quae  virum  licet  robtistum  tor  ret  sine  face .   Tibullo  (d)  con 
espressione  del  tutto  contraria  a  questa,  sebben  da  questa  derivata  : 
Uror  io  :  remove  saeva  puella    faces  . 

705.  K^t  &>>«u  y>ifxc  Suhcv,  et  praematurae  senectae  tradit.  Ottimamente  ha 
notato  Robinson  ,  che  cruda  senecta  ,  come  han  tradotto,  presso  i  Latini  ha 
forza  di  robusta  vecchiezza ,  qual  e  quella  di  Caronte  nel  VI,  dell'Eneide  ;  a 
cui  aggiunse  Virgilio  viridisque .  Sostituiamo  pertanto  praematurae  a  cru- 
dae  .  ufxu  ?»?ou  fwntv  e  in  tutte  1'  edizioni  piu  corrette,  in  tutt' i  codici 
veduti  dal  Robinson  ,  e  dal  Loesnero  ,  e  in  tutt'  i  nostri  .  Nondimeno  vulgata 
lectio,  dice  francamente  ilGrevio,  nan  potest  ferri:  a  cui  io  non  oppongo  se 
non  il  detto  di  Omero  riportato  dal  Costantini  (c) ,  sV&ixev  ofu'vyai  ,tradidit  do- 
loribus .  Ben  gli  accordo  ,  che  cfwxcv  forse  e  di  mano  recente  ,  e  da  mutarsi  , 
poiche  Proclo  e  Tzetze  chiosano  ri&ela-a  ,  e  Stobeo  ancora  lesse  9-tixev;  e  la 
medesima   lezione  segue  Plutarco  (f)  . 

706.  Et?  ef'  owiv  a'&a*dmv  etc.  Bene  vero  reverentiam  erga  Deos  immortales  ob~ 
servato  .  Detto  il  modo  delle  nozze ,  che  si  fa  una  volta  sola  in  vita  comunemen- 
te  >  va  discorrendo  per  altre  opere  giornaliere  ;  e  comincia  dal  timor  degli 
Dei  presenti.  Cosi  Proclo  intende  questo  precetto  ;  le  cui  parole  son  degnis- 
sime  di  esser  tradotte ,  e  lette  ,  e,  toltone  l'errore  della  pluralita  degli  Dei, 
meditate  ancora  :  Plato  ait  :  Qui  in  Deum  praesentem  intnetun-^  curat  se  ab  0- 
mni  peeulantia  et  impietate  continere  :  etenim  et  qui  viros  bonos  veretur  ab 
ejusmodi  operibus  abstinet  Us  praesentibus .  Quid  vero  ego  Deos  loquor  ,  quid 
viros  bonos?  Atqui  vel  imagines  bonorum  quidam  verentur,  et  mali  aliquid  coram 
ipsis  facere  non  audenl ;  quemadmodum  amatrix  ilia  quae  coram  Xenocratis  sa- 

(a)  Pag.  204.  (!>)  Epistolarum  lib.  1.  pag.  24.  (c)  Cap.  14?.  (d)  Lib.  II. 
pag.  77?.       (e)  V.  Ai'Juui.        (/)  De  cupiditate  divitiar.  pag.  $26\ 


248 

picntis  imagine  minime  amasium  quidquam  indecori  facere  passa  est  .  Earn  re~ 
verentiam  erga  Deos  multo  magis  exhibere  opus  est  . 

707.  Mn^i  Kcto-tyviiru  etc.  Neque  fratri  aequalem  fieceris  amicum  .  Dopo  gli  Dei 
considera  le  due  principali  relazioni  della  vita,  la  consanguineita  ,  e  1'  ami- 
cizia ;  e  di  amendue  stabilisce  il  modo ;  cioe  ,  che  1'  amicizia  debba  ceder  la 
mano ,  almeno  comunemente  ,  alia  parentela  piu  stretta-,  perche  questa  e 
vincolo  di  natura  ,  che  dee  preferirsi  a  quello  di  volonta  ;  e  perche  il  vin- 
colo  dell' amicizia  pu6  disciorsi  ,  ove  quello  della  parentela  ,  e  molto  piu  della 
fratellanza  ,  e  indissolubile  .•  Plutarco  (a)  stabilisce  i  confini  ,  entro  i  quali 
dee  restringersi  1'  amicizia  rispetto  alia  fratellanza :  cioe  ,  che  sempre  la 
relazione  della  fratellanza  deggia  precedere  nell'  ottar  le  magistrature  ,  nello 
invitare  a'  conviti  ,  nella  conoscenza  de'  principi  ,  e  in  tutte  quelle  cose  ,  che 
a  parer  comune  recan  gloria  ,  dignita  ,  splendore  .  Nell'  amore  parimente  ,  e 
nella  benevolenza  comunemente  va  preferito  il  fratello  all'  amico ;  percioc- 
che  le  piu  delle  amicizie  ,  dice  Plutarco  stesso  (b) ,  son  ombre ,  imitazioni ,  so- 
miglianze  di  quella  prima  che  la  natura  ingenera  a' figli  verso  i  padri ,  a'fra- 
telli  verso  i  fratelli .  Ma  pur  qualche  volta  e  il  contrario  ;  e  allora  giovera 
piu  un  amico  senza  parentela,  che  un  parente  strettissimo  senz'  amicizia  ,  co- 
me dice  Dion  Crisostomo  (c)  ;  e  avra  luogo  la  sentenza ,  che  da'  Comici  scel- 
se  ,  e  noto  Arrigo  Stefano  (J)  :  No>/?'  aVsXipas-  to?  «x»tSvv°c>s  <p',\s$  ,  Fratres  judica 
veros  amicos.  Ma  deon  esser  amici  verii  percio  anco  nella  versione  ho  ag- 
giunto   sincero  . 

708.  E/'  H  xe  Trowo-iif  etc.  Si  vero  feceris,  ne  ipsum  prior  malo  officios.  Tro- 
vato  1'  amico  vero  ,  e  uguagliatolo  nell'  amore  al  fratello  ,  il  primo  precetto 
e  non  gli  fare  oifesa ;  il  che  non  e  lecito  fare  nemmeno  a  scherzo  :  amicum 
laedere  ne  joco  quidem  licet  (e) ,  anzi  non  ha  a  parer  possibile  offenderlo  : 
racr»TO  H  d^iav  x.o/Vet  nv  <pi\icur  etc.  Tanti  vero  aestimat  amicitiam  ,  tit  neminem 
judicet  unquam  ab  amico  esse  violatum :  sed  hoc  unum  de  Us  esse ,  quae  vocan- 
tur  impossibdia  :  cosi  Dione  Crisostomo  (f)  . 

7op.  MHcTe  ■\iv£2<?S-cu  y\cd?i7>]s  X"S^V}  neque  mentiaris  solatii  caussa .  II  secondo 
precetto  nell' amicizia  e  non  mentirc  all' amico.  Proclo:  Monuit  quoque  Plato 
eum  qui  volens  mentiatur ,  merito  esse  infidum  ;  qui  vero  sit  infidus  eum  ab  amici- 
tia  esse  alienum .  E  Cicerone  nel  libro  dell' amicizia  a  cap.  18.  Firm  amentum 
autem  stabilitatis  constantiaeque  est  ejus  ,  quam  in  amicitia  quaerimus  ,  fides  : 
nihil  enim  est  stabile  quod  infidum  est  E  tanto  e  necessaria  la  fede  fra  gli 
amici  ,  che  il  mentire  all'  amico  non  si  puo  ,  a  parere  di  Esiodo  ,  nemmeno 
in  giuoco ;  e  questo  acciocche  1' amico  non  sospetti,  che  vi  sia  cosa  ,  che 
daH'altro  amico  gli  si  voglia  tener  celata .  II  Salvini  j-Xm'ccjjs  x*Civ  traduce 
per  grazia  di  lingua  j  ne  noi  ci  allontaniamo  guari  da  questo  valentuomo 
volgarizzando  per  sollazzo. 

Ivi.    a  Si  km  aqx.V  )  *H  ri  ^"s   «'»'«*■•'  etc.   Si  vero  coeperit  aut  verbum  aliquod 

(a)  Plut.  de  amore  fraterno  pag.  4pi.         (b)  lb.  pag.  47p.         (c)  Orat.  Ill 
(d)  Pag.  2$$.       (e)  P.SyvusSent.34.       (/)  Orat.  111. 


H9 

dicere  ingratum,  aut  facer? ,  bis  tantum  punire  memineris .  Qui  il  Poeta  ,  che 
prescindendo  dalla  superstizione  di  que' tempi,  era  stato  buon  maestro  di  mo- 
rale ,  da  un  pessimo  consiglio  ,  approvando  la  pri vata  vendetta ,  non  solo  a  pro- 
porzione  della  colpa  ,  che  fu  errore  di  altri  moralisti  antichi,maraddoppian- 
done  la  pena.  Tanto  e  vero  ,,  Che  ragion  dietro  i  sensi  ha  corte  1'  ali  ,,  e 
che  i  Savj  non  illuminati  dalla  santa  religione  han  sempre  uvtato  in  qualche 
#coglio ;  il  che  non  pure  in  Esiodo  si  osserva ,  ma  anco  in  Epitteto  e  in  An- 
tonino  .  La  vera  vendetta  in  casi  simili  e  slontanarsi  a  poco  a  poco  dal  falso 
amico;  e  dico  a  poco  a  poco,  perche  farlo  ad  un  tratto  puo  nuocere,  ov'egli 
sia  consapevole  de'  nostri  segreti ,  o  almeno  per  non  dare  occasione  di  cian- 
cej  e  di  romori  a'malevoli. 

711.  H&i  mo  adbis  etc.  si  vero  rursus  redeat  in  gratiam ,  satisfactionem  autem 
Velit  dare  ,  recipe .  Cicerone  :  nihil  magno ,  et  praeclaro  viro  dignius  placabi- 
litate  et  dementia  (a) .  E  Seneca:  reconciliatio  tua  et  facilis  sit  et  certa{b). 

7l3.  JsAoj  rot  clviio  etc.  pauper  quidem  vir  amicum  alias  alium  facit:  tuum 
vero  ne  quid  animum  coarguat  vultus .  Dopo  che  il  Gujeto  aveva  osservato  , 
che  questo  precetto  e  staccato,  e  non  ha  che  far  con  cio  che  precede,  non 
■o  perche  si  sia  rispettato  1'  error  del  traduttore  ( ma  si  e  fatto  troppe  altre 
volte)  che  tbi  ha  volto  namque  s  quando  e  particella  asseverativa ,  o  esple- 
tiva .  11  senso  a  mio  parere  e  questo  .  Dopo  aver  dato  Esiodo  precetti  di  a- 
micizia  stabile  ,  e  quando  non  sia ,  della  maniera  con  cui  debba  riconciliar- 
ji  ,  passa  a  discorrere  dell' amicizia  sincera.  A  questa  si  oppone  talora  la 
poverta .  11  povero  ha  bisogno  or  di  questo  or  di  quello  ,  che  son  talvolta 
fra  lor  nimici  ;  e  discorrendo  con  essi  ,  anche  contro  coscienza  ,  da  ragione 
ad  uno  ,  che  intemamente  crede  aver  torto.  Tal  vizio  vuole  allontanar  dai 
fratello  Esiodo.  2a  (invece  di  <7a  all'  uso  di  Omero )  viov ,  il  tuo  animo  non 
aia  mai  smentito  dal  volto  ,  c  dall'  apparenza .  Taci  piuttosto  ;  ma  non  fare 
1' amico,  non  lo  essendo  ;  o  non  dar  ragione  a  chi  ti  pare  aver  torto.  Una 
bella  orazione  scrissc  Lisia  contro  questo  genere  di  amici  ,  alia  cui  familia- 
rita  pubblicamente  e  solennemente  rinunzio  (c) . 

71S.  MxJe'  ito\v%mov ,  [And'  a^etvov  xctXsiS-ou,  Neque  vero  multorum  hospes  ,  neque 
nullius  hospes  dicaris .  Dici  ed  esse  e  una  medesima  cosa .  Nell'  Ecclesiasti- 
co  (d)  pri  xXm^mj  4'*"?°?  >  ne  appelleris  stisurro  ;  cioe  ne  sis  ;  modo  anche  fami- 
liare  a' Latini.  V.  Calpurnio  all' Egloga  III.  pag.  475.  1  Greci  interpreti  ,  e  il 
Gujeto  hanno  interpretato  ^vo;  per  amico  in  questo  luogo  ;  il  Clerc  meglio 
per  ospite  nel  senso  ovvio  ;  aggiugnendo  ,  che  inospitale  non  si  dovea  essere  , 
perche  viaggiando  era  troppo  incomodo  a  chi  non  avea  ospiti  viver  sempre 
a  sue  spese  ;  e  ospite  di  molti  non  si  poteva  essere ,  senza  disastrarsi  ,  es- 
gendo  di  limitate  sostanze.  Vie  un  luogo  di  Aristotele  (e) ,  ove  il  Filosofo  di- 
stingue, e  c'  insegna  a  distinguere  la  ospitalita  dall' amicizia  ,  spiegando 
Esiodo   ste.;so  nel  luogo ,  che  abbiam  prcso  qui  in  considerazione . 

(a)  De  Offic.  I.  2 J.  (b)  Epist.  106*.  (c)  Pag.  109.  (d)  Cap.  V.  1 6. 
(e)  De   moribus  Lib.  IX.  cap.  10. 

44 


250 

y\6.  M«JV  kukuv  ziuqw,  neque  malorum  socius  (esto).  La  sentenza  e  bellissi- 
ma  ,  specialmente  per  la  eta  giovanile.  A  questo  riduce  Plutarco  il  simbolo 
di  Pitagora  /"»'  ytutS-ou  (JuXdviseov  ,  ne  gustes  melanurum ,  cioe  commercium  cum 
improbis  ne  habeto  (a)  . 

lvi .  jwmJ"  i<r&'kwv  y«xea-7»pa  :  neque  bonorum  conviciator  .  Comincia  un  altr'or- 
dine  di  cose  :  del  modo  da  tenersi  con  la  lingua;  e  prima  raccomandasi  il 
non  dir  male  de' buoni .  E  la  ragione  par  quella  addotta  da  un  Comico  pres- 
so  lo  Stefano  (b) :  'Av?/f  Jg  2S"S'°S  aST'1*  *  i"'3"^  iron  ,  nunquam  odit  vir  bonus  bo- 
num.  Questo  era  il  peccato  del  brutto  Tersite  ,  aver  sempre  che  rimprove- 
xare  a'  migliori  dell'  esercito  ,  ad  Agamennone  ,  ad  Achille  ,  ad  Ulisse  .  E  que- 
sti  con  universale  applauso  de'  Greci  lo  bastono  ,  e  lo  fece  piagnere  (c) ;  sic- 
come  Achille  con  applauso  universale  dell'  esercito  gli  trasse  con  uno  schiaf- 
fo  i  denti ,  e  il  sangue ,  e  la  vita(ci) .  Zoppo  ,  gobbo  ,  deforme  ,  e  per  natura 
nimico  di  tutt' i  buoni. 

717.  Mjfdg  m-or  dXofxhlw  etc.  Neque  unquam  miseram  pauperiem  animum  come 
dentem  homini  sustineas  exprobrare ,  Divorum  donum  immortalium ;  ove  il  let- 
tore  rammentisi ,  che  Jufov,  o  $6<th;  e  voce  media;  e  significa  largizione  buo- 
na  e  cattiva  .  Teognide ,  che  spesso  dilata  cio  ch'  Esiodo  disse  piu  brevemen- 
te  ,  ha  dilatato  anche  questo  sentimento  (e)  . 

71.9.  rA&j'o-s-wf  to/  S-ttvau?  o's  etc.  Linguae  certe  thesaurus  inter  homines  optimus  par- 
cae;plurima  vero gratia  ,si  modum  servet.  Gellio  faunachiosaopportunaa  questa 
!  sentenza,  quando  alludendo  ad  essa  scrive  cosi  {f)  :  Hesiodus  poetarum  pru- 
dentissimus  linguam  non  vulgandam  ,  sed  recondendam  esse  dicit  peri'ide  ac 
thesaurum  .  V  e  ne' Proverbj  (g)  una  lode  della  lingua  del  giusto  ,  in  cui 
parrebbe  che  avesse  riguardato  Esiodo,  se  il  sistema  del  Bogano  dovesse  am- 
mettersi  :  doyv t>o;  irzirooufxivoi;  yXuo-va.  cf/xou's  ,  argentum  electum  lingua  justi. 

721.  E/  Si  iLCfuov  avrig  etc.  Quod  si  malum  dixeris  ,  for  sit an  et  ipse  majus  au- 
dies. Proclo  cita  un  verso  di  Alceo  di  simile  sentimento  :  a*'  <kiroi%  iu  flg'Xa?, 
d%i<7*t%  id  x.'  &  $-i\et$ ,  Si  dixeris  quae  velis  ,  quae  nolis  et  audies ;  e  Tzetze  ne 
cita  uno  di  Omero,  che  leggermente  sbagliato  si  emenda  cosi.  'Oiriro76v  *' mttho-- 
•9-a   gVof  ,  mi  ov  x'  gVaxaVauj  {h) ,  Quale  dixeris  verbam  ,  tale  et  audies  . 

722.  Mnfi  iro\u%elvis  etc.  neque  in  convivio  ,  quod  multi  amid  instruunt  , 
sis  morosus  .  Nel  testo  della  mia  edizione  il  punto  e  dopo  hoivS  .  Mi  piace 
per6  1' ortografia,  che  difende  l'Einsio,  e  che  fa  punto  dopo  avou  .  E'  tenu- 
ta  da  Ateneo  (i) ,  e  da'  Gieci  Scoliasti .  E'  insinuata  ancora  da  Favorino  , 
mentre  spiega  questo  testo  di  Esiodo  ,  e  dice  che  Jv3-nrz\u<pz\os  e  sinonimo 
di  Jw-j-jcoXo;,  difficile  a  venire  benche  pregato  (k)  •  In  occasione  di  essere  pre- 
gato,  o  invitatu ,  e  anche  consiglio  di  Lucilio ,  1' esser  pieghevole  ;  tit  mu- 
nifici   ( che  presso   gli   antichi   signirico  compiacenti  )  comesque  amicis  nostris 

(a)  De  liberis  educand.  pag.  12.  (b)  Pag.  ipo.  (c)  Horn.  Iliad.  II.  266. 
(d)  Q.  Calaber.  I.  p.  <S8.  (e)  Versu  iSS.  (f)  Lib.  I.  p.  110.  (g)  X.  20. 
(h)  Iliad.  XX.  ver.  2J0.       ,{i)  Lib.  VIII.  pag.   36^.        (k)    Apud  Phavorinura 

[V.  #u?irzuQs\os . 


25r 

videamur  viri  (a) .  Il  pranzo  di  cui  qui  si  parla  non  credo  essere  alcuno  dei 
conviti  ,  che  per  certe  feste  eran  celebrati  da'Greci;  come  #*irva  tpvXinxd , 
i  conviti  delle  tribu ,  o  &n[j.0Ti*.a.  de'  borghi  ,  o  tpfxr?tx.u  delle  curie,  pe' quali 
ciascuno  portava  la  sua  simbola  (b) ;  ove  il  malcreato  chiedeva  di  potere  in- 
trodurre  anche  i  figli  senza  pagar  per  essi(c).  Esiodo  par  che  parli-  di  que- 
gli  ,  che  diceansi  i^avoi,  nominati  da  Omero  (d)  ,  ed  erano  conviti  frugali , 
e  a  comuni  spese  aij  fxas-Tos  n  xofttretcv ,  come  dice  lo  Scoliaste  di  Omero  ,  ed 
emenda  il  Barnes. 

723-  'Ex  Koivs  irXtiV"  ^s  /Ce2/5  ,  £&irdvtt  r  oXiytg- n  .  Ex  communi  (  quum  comedi- 
tur  )  plurima  gratia  est  ,  ec  iumptus  minimus  .  Quella  sociabilita  lega  non 
poco  1'  animo  de'  circostanti  ,  e  fra  la  ilarita  de'  commensali  si  concilian  be- 
nevolenze,  come  nota  Plutarco ,  si  stringono  amicizie  (e) .  Quanto  alia  spesa, 
ch' era  a' que' tempi  tenuissima  in  Ascra ,  convien  dire  che  fosse  considera- 
ble in  Palestina,  e  che  ivi  si  facessero  con  piu  lusso  ,  giacche  Salomone 
ne'Proverbj  (f)  vieta  questi  conviti  a  scotto  appunto  pel  dispendio  che  re- 
cano  :  Noli  esse  in  conviviis  potatorum  ,  nee  in  commessationibus  eorum  qui  car- 
ries ad  vesuendum  conferunt:  quia  vacantes  potibus ,  et  dantes  symbola  consu- 
mentur . 

724.  M«tJe  itot  i%  w'Ss  etc.  Neque  unquam  mane  Jovi  libato  nigrum  vinum  ma- 
nibris  illotis ,  neque  aliis  immortalibus  .  Come  a'  versi  3  38.  aVea  consigliate  le 
mattutine  libazioni;  cosi  ora  ne  spiega  il  modo  ,  dicendo  che  si  facciano  con 
le  mani  pure  ,  e  lavate .  V.  il  Brissonio  nella  formola  manus  purae  (g) .  Quin- 
di  Nestore  (h)  nel  far  libazione  pel  ritorno  d'  Achille  ,  chiede  acqua  ,  e  i  ban- 
ditori  la  portano .  Per  certi  sacrificj  piu  solenni  lavavasi  tutto  il  corpo . 
Tornando  alia  lavanda  delle  mani,  Tzetze  ci  avverte,  che  fu  un  simbolo  di 
Pitagora,  «f«  xa-J-^faTf  S-v'siv  xe?Tl  '•  cioe  (*■*  d\\a  piv  @>s\&uv ,  afka  £i  dqclv  ;  la  qual 
notizia  pu6  aggiugnersi  al  Valeriani ,  e  al  Giraldi ,  che  dottamente  ci  espo- 
sero  quella  mistica  filosofia  . 

726".  aVoiTTj/ss-/  &i  r*  d?d;  ,  respuunt  vero  etiam  pieces.  Fa  al  proposito  il  co- 
mento  di  Proclo  ,  il  quale  spiegando  la  parola  d?od  dice  ,  che  sono  enrcc^ai  nu.1% 
Sus-iou;  ,  »  tuIi;  s-rrovJous  in a<5 '6 \ucv cu  ,  preces  quae  sacrificiis  et  libationibus  adci" 
nuntur  .  Ma  qui  ove  si  tratta  di  libazioni  private,  private  ancora  ,  e  recita- 
te  in  piana  voce  ,  e  senza  canto  deon  esser  le  preci  che  le  accompagnavano  . 

727.  M«<T  dvr'  neXioto  rtr^aufiivo^  oy-^sf  opix&v ,  Neque  contra  solem  versus 
erectus  mejito .  Sieguono  alcuni  precetti  sul  modo,  la  decenza  ,  e  il  tempo 
dell' orinare  ;  il  qual  luogo  male  inteso  da  Salmasio  ,  quasi  Esiodo  voglia  » 
che  solamente  di  nutte  si  orini  ,  ne  fu  dal  Petavio  agramente  ripreso  ( i ) . 
Clerc  approva  il  parer  del  Petavio  ,  e  noi  1*  abbiam  seguito  nella  traduzione. 
Laerzio  fra' simboli  di  Pitagora  quasi  colle  parole  di  Esiodo:  tq»i'j  iiXisv  isr^afi- 

(a)  Reliquiae  ex  Satyr. lib.  XXVI.  p.  1 5i.  (b)  V.  Potterum  in  Archaeol.  grae- 
ca  1.1.  cap.  p.  (c)  Theophr.  charact.  XI.  (d)  Odyss.  I.  pag.  '.  5.  (e)  InPrtoem. 
lib.  IV.  Sytnpos.  pag.  660.  (/)  Cap.  XXIII.  ver.  20.  (g)  De  formulis  pag.  4. 
(h)  Iliad.  IX- 171.       (*')  In  miscellis  exercitation.  cap.  I. 


252 
fiivov  fxn  iuix^'a) .  Ove  il  Giraldi :  Discipulos   monet  Philosophus   ut  omnibu? 
in  rebus  }  omnique  loco  pudorem   verecundiamque  servent . 

728.  Aw  rap  ivnv  xi  Su*  etc.  Sed  etiam  postquam  occidit  memor  ejus  rei  usque 
ad  solem  orientem ,  cioe  o  che  il  sole  sia  occulto  ,  o  che  ricomparisca  >  si  dee 
usar  riserbo  nell'  orinare  . 

72p.  M>fV  £v  ofa  t  (Atir  tx.ii{  ofS  ■zspo^d.Hw  spxVjfj  ,  finf  drroyu/jivuS-ag  ,  Neque  in 
via  neque  extra  viam  inter  eundum  mejas,  neque  denudatus  .  In  via  vieta  que- 
st'atto  per  riverenza  alia  Dea  Enodia  ,  dice  Moscopulo  ,  e  Proclo;  fuor  di 
via  semplicemente  per  decenza.  Ove  noto  ,  che  questa  Enodia  e  uno  de'  molti 
nomi ,  che  chiese  e  impetro  Diana  da  Giovej  detta  percio  iroXvuvupin ,  di  che 
v.  lo  Spanemio(6) .-  In  vigor  di  tal  nome ,  a  Diana  Enodia  si  dedicavano  i 
trofei  eretti  nelle  pubbliche  vie  (c) ,  e  il  suo  simolacro  ,  o  le  tre  sue  teste 
iti  ponevano  ne'  trebbj ,  ov'  era  specialmente  onorata  ,  pei-che  guardasse  le  tre 
vie  :  uno  de'  quali  simolacri  di  tre  teste  e  in  questa  Imperial  Galleiia .  Hqofidinv 
qui  e  camminando  mvvpevos ,  signiiicato  ben  raro ,  come  nota  Polluee . 

?3o.  paxafav  tb/  vux-res  Icttriv ,  Deorum  quippe  nodes  sunt.  Reca  Proclo  una  ra- 
gione  diquesto  detto  >  ch'e  approvata  dal  consenso  degli  altr'idolatri ;  sicche 
io  non  so  per  qual  cagione  il  Grevio  dica  ,  che  non  est  nauci .  Ecco  la  ragione 
di  Proclo  :  quia  tunc  maxime  fiunt  apparitiones  rieorum  ,  propter  quietem  a  vul- 
go.  Quintiliano  (d)  addotto  dal  Grevio  medesimo  in  ischiarimento  di  questo 
luogo  :  omnis  religio  templorumj  omnis  religio  lucorumy  quum  tacuere  mortalia , 
«t  profani  procul ,  errare  sedibus  tons ,  solitndine  frui ,  et  de  suis  dicitur  exire 
simulacris .  Si  puo  aggiugnere  ohe  presso  Aristofane  (e)  Esculapio  visita  di 
notte  i  malati  ,  e  prescrive  loro  i  rimedj  opportuni ;  e  che  Stazio  addotto  dal 
Grevio  stesso  di  tutt'  i  Numi  brevemente  asserisce  jche  si  dile'ttano  delle  ter- 
rene cose  in  tempo  di  notte : 

sub  nocte  silenti 
Quum  Superis  terrena  placent ,  tua  turba  relicto 
Labetur  Coelo  (f) . 
73 1.  'EJfqueVo;  <*"  oyi  -fraoj  avwp  etc.  Sedens  veto  divinus  vir  et  prudens ,  aut  ad 
parietem  accedens  bene  septae  caulae .  II  titolo  dLdivino  dato  da  Omero  a  Eu- 
melo  porcajo,  si  da    ora  da  Esiodo   a  chi   fa   le  sue  necessita  sedendo ,  o  al 
muro  .  Convien  cercare  in  qualche  Scoliaste  come  temperarlo ;  e  Moscopulo 
ne  somministra  alcun    altro  vocabolo  equivalente  ,  come    0  $ea  ivvoico   txwv> 
qui  habet  Dei  cogitationem ,  0  I vS-so? ,  qui  Dei  spiritu  afflatus  est ,  chi  in  somma  e 
di  buon  costume.  'Eifo|Uovo?  vuol  dir  *a£»>evo?  secondo  le  glosse  sedens,  quale 
era  presso  gli  Egizj  il  costume  degli  uomini  a' tempi  di  Erodoto(g);  e  forse 
di  la  era  venuto,  e  conservatosi  da' piu  morigerati  in  Grecia..  L' altro  mo- 
do  di  orinar  con  decenza  e  ,  per  osservazione  ancora  di  Plinio  ,  ritirarsi  al 
muro  di  chiuso  cortile  (h)  :  Hesiodus  juxta  obstantia  {lotium)  reddi  suadet  ne 

(a)  Pag.218.  (b)  Callim.Hymn.  3.  p.  I2p.  (c)  Anthol.  graeca  lib.  I.  cap.  V. 
epigr.  24.  (d)  Decl.  X.  (e)  In  Pluto  vers.  708.  (/)  Sylv.  1.  I.  pag.  IJH 
{g)  Lib.  II.  pag.  <J4.         (h)  Lib.  XXVI II.  6. 


253 

Beam  aliqtiem  nudatio  ojfendat  .  Ed  «'«'.»'  traduciamo  cordis;  il  che  e  secon- 
do  la  spiegazione  del  Grevio  ,  a  cui  pero  non  accordiamo,  che  sub  dio  essent 
si  fatte  fabbriche,  almen  sempre  .  Anzi  spesso  si  coprivano  per  difendere  il 
bestiame  dagli  eccessivi  caldi  ,  non  meno  che  dagli  eccessivi  freddi  :  percio 
Varrone  cohors  exterior  crebro  operta  stramentis  ,  et  palea  (a). 

7?4.  'Ernji  iixirtXaiov  etc.  Focum  juxta  revelato,  sed  caveto  .  Era  il  focolajo  pres- 
so  gli  antichi  una  cosa  sacra  ,  cioe  un  altare  di  sacrificj ,  e  di  libazioni  do- 
mestiche ;  e  percio  degno  d'  ogni  riguardo  .  Bella  e  la  riflessione ,  che  difen- 
dendo  Esiodo  fa  Plutarco,  al  riferire  di  Proclo  ,  su  questo  precetto  ,  che  par 
minuto  troppo  ,  ed  esile  :  siccome  non  e  gran  lode  ,  parlando  ,  astenersi  da' so- 
lecismi  ,  ma  e  gran  vitupero  1'  incorrervi  ;  cosi  il  non  fare  alcune  cose  non 
e  molto  commendabile  ,  ma  il  farle  e  assai  biasimevole  ;  onde  avvertirle,  co- 
me fa  Esiodo  ,  non  e  altro  che  bene . 

73  5".  M»-f'  «iro  fu<7<p>iy.oio  m<pa  etc.  Neque  a  feralibus  epulis  reversus  etc.  <nx<po<; 
e  voce  che  ugualmente  significa  sepolcro ,  e  cena  ferale .  In  questo  luogo  dee 
prendersi  nel  secondo  significato  ,  perche  il  Poeta  l'oppone  al  convito  degli 
Dei;  come  bene  il  Grevio  riflette  :  ma  non  dee  escludersi  ,  com'  egli  fa,  il 
primo  senso ;  perciocche  era  anche  mal  augurato  1'  attendere  ad  alcune  cose 
quando  uno  avea  v.  gv.  portati  doni  a  un  sepolcro  ,  anco  senz' avervi  cenato  : 
anche  quest'  atto  rendea  1'  uomo  funesto  ;  e   avea  bisogno   di   purgazione  . 

737.  Mw^s  vor  devacov  ironxuav  etc.  Neque  unquam  perennium  fluviorum  limpi- 
dam  aquarn  tramitopedibus  ,  prtusquamo>  averis  adspiciens  pulcra  flumina  .  No- 
tabile  e  cio  che  osserva  Proclo  su  le  acque  perenni:  at  nraXaioi  etc.  omnem  quidem 
aquarum  speciem  ,  utpote  ad  nutriendaa  augendasque  rerum  naturas  accommo- 
datam  veteres  sacram  putabaru :  maxime  vero  perennes  fluvios  divinos  crede- 
bant  ,  indeficientem  Deorum  substantiam  commode  imitantes  .  La  orazione  do- 
vea  farsi  al  Fiume  medesimo  ,  ed  e  verisimile ,  che  vi  si  nominassero  anco 
le  Ninfe  fluviatili  ,  come  fa  Virgilio  (b)  .  La  formola ,  che  potrebbe  aggiu- 
gnersi  al  Brissonio ,  e  accipe  ,  o  accipite  secondoche  al  solo  Fiume  ,  o  al  Eiume 
e  a  Lie  Ninfe  si  fa  la  preghiera  .  II  Cerda  lo  comprova(c),  paragonando  con 
Virgilio  e  Sofocle  ,  e  Livio ,  e  Stazio  ,  e  Nonno  ,  e  Properzio  ;  e  ancora  ,  sog- 
"•iugne  ,  vi  si  espiimeva  cio  che  le  circostanze  di  quel  passaggio  potevano 
consigliare . 

73p.  X«fa;  vi-^d/Jtcvo^  etc.  Manus  lotus  amoena  aqua  limpida.  Virgilio  osser- 
vantissimo  dipintore  di  tutti  i  sacri  riti  dell'  antichita ,  non  fece  ,  che  il  suo 
Enea  trasgredisse  questo  ;  anzi  nel  luogo  accennato  cosi  V  esprcsse  : 

Surgit ,  et  aetherei  spectans   orientia  solis 

Lumina  ,  rite  cavis  undam  de  flumine  palmis 

Suitulit  ,  ac  tales  effudit  ad  atthera  voces  . 

Nymphae ,  Laureates  Nymphae  ,  genus  umnibus  unde  est, 

Tuque,  o   Tybri ,  tuo  genitor  cum   numine  sancto 

Accipite  Aeneam ,  et  tandem  arcete  periclis . 

(a)  P..  R.  lib.  I.  pag.  \66.       (b)  Aeneid.  VIII.  71,       (c)  Tom.  III.  p.  l5<?.  l5o. 

45 


254 

742.  MxtT  diro  <irtvTB%oto  etc.  Neque  vero  a- manu  ,  Deorum  in  celebri  convivio, 
siccum  a  viridl  reseca  nigro  ferro  .  Inarrivabile  e  la  gentilezza  della  greca 
lingua .  Chiama  la  mano  il  cinque  rami  dalle  cinque  dita  ,  che  quasi  rami 
sorgon  da  essa  :  chiama  secco  quella  porzione  di  unghia  ,  che  col  ferro  si  se* 
para  dall'  unghia  viva,  ed  annessa  al  dito  ,  che  nomina  il  verde:  metafora 
propriissima .  L'  epiteto  di  ou$uv  si  da  alle  cesoje  ,  o  ad  altro  attrezzo  di  fer- 
ro ,  o  perche  luccicante  ,  o  perche  attivo  a  par  del  fuoco  in  vigor  della  tem- 
pra  ,  da  cuSco  candeo  ,  uro .  Cercare  allegorie  ,  come  fanno  i  Greci  Interpreti  , 
in  cose  si  piane  ,  come  si  faria  ne' simboli  di  Pitagora  ,  e  una  vanita.  Ne 
altro  ,  credo,  intese  Pitagora  stesso  quando  vieto  di  tagliarsi  l'ugne  a'  sa- 
crificj  :  tra^d  Sutiow  (j.>i  ovuxi£x  [a j ,  se  non  rammentare  a' suoi  ,  che  simili  pre- 
parazioni  convenivano  al  di  precedente }  ch' e  il  sensoj  che  trova  anche  Plu- 
tarco  nel  verso  di  Esiodo(£). 

74.4.  MxtJ'g  ivot  oivo^olw  etc.  Neque  unquam  vas,  ex  quo  vinum  fun d itur ,  pone 
super  craterem  bibentium  :  perniciosum  enim  in  eo  fatum  est  sltum  .  Ho  mutato 
1'  tirceum  de'  passati  Interpreti  in  vas  ,  persuaso  ,  che  gli  antichi  non  si  vales- 
sero  di  orci  per  cavare  il  vino  da' dolii ,  o  da'  crateri,  e  metterlo  su  le  tazze; 
ne  che  gli  orci  si  mettessero  mai  sopra  i  crateri  ,  se  non  per  una  bizzarria  . 
Oivoxir\  e  cosa  molto  diversa  dall'  orcio  ;  e  un  bicchiei-e  ,  o  tazza ,  che  ha 
lungo  manico ,  il  qual  preso  in  mano  3  e  affondato  nel  dolio  o  nel  cratere  , 
se  n'estrae  il  vino.  Proclo  male  inteso  dagl' Interpreti ,  meglio  che  altri  ha 
schiarito  questo  punto  :  0  y.£v  yd.%  n^an^  ■zdp&xenz:  x.otvo<;  £v  tcu<;  f  anri^ou^  •  ex  tfg  <n$ 
Btvox<>n$  dquipwoi  ivivev  oi  aiw^eiwSvng  ,  crater  communis  statuebatu?  in  niensis; 
ex  oenochoe  vero  haurientes  bibebant  convivae .  11  cratere  dunque  era  un  gran 
vaso  a  campana  ;  molti  de' quali  conservatisi  ne' sepolcri  ,  son  venuti  fino 
a' di  nostri  ;  e  dal  cratere  collocato  nella  tavola  si  estraeva  il  vino,  e  si 
ponea  ne' bicchieri .  Ovidio  :  Terra  rubens  crater,  pocula  fagus  erant  (c)  .  Ma 
siccome  ciascuno  avea  il  suo  bicchiere ,  e  saria  troppo  sconvenevole  cosa  , 
che  si  tuffasse  nel  cratere  ogni  volta  che  si  avea  a  bere  ;  cosi  v'  era  un  bic- 
chier  comune  ,  onde  si  empivan  gli  altri,  come  vidi  in  un' urna  etrusca  ;  c 
questo  chiamavasi  oenochoe.  Ho  detto  che  questo  era  un  bicchiere,  perche 
sotto  questo  nome  ce  lo  esprime  Proclo  medesimo:  oCvox.olw  xt/a$-ov  \iy*<?i  ,  oe- 
nochoen  cyathum  nominant .  Ho  detto  che  avea  lungo  manico,  perche  in  altra 
maniera  non  si  poteva  estrarre  il  vino  quando  era  ridotto  al  mezzo  ,  o  al 
fine  del  cratere  .  Era  dunque  1'  enocoe  simile  a'  sirnpuli  sacri  ,  de'  quali  gran 
numero  e  rimaso  ne'  musei ,  sennonche  notabilmente  piu  grande  . 

74J.  oXori  ydq  etc.  perniciosum  enim  in  eo  fatum  situm  est.  Lo  spirito  del 
precetto  ,  che  gli  Scoliasti  si  sono  ingegnati  di  spiegare  allegoricamente  , 
non  e  che  una  superstizione  anile  ;  delle  quali  anc'  oggi  in  tanta  luce  di 
lettere  e  pieno  il  mondo;  ne  han  luogo  solamente  nel  volgo  ,  ma  nel  ceto 
nobile  ancora.  Tal'e  il  non  assidersi  ad  una   tavola,  in  cui  sian  tredici  le 

(a)  Inter  Symbola  num.  27.  in  Hierocle .  (3)  De  Iside  pag.  352.  (c)  Fa- 
ster. V.  ver.  522. 


255 

posatc  Quantc  piii  superstizioni,  e  quanto  piu  credute  erano  a' tempi  di  E- 
siodo  ?  Delle  quali  vergognandosi  i  Greci  posteriori  han  procurato  d'  incro- 
staile  ,  riducendole  ad  allegorie  . 

74<J.  Mxsfg'  fapov  ir'aiwv  etc.  Neque  domum    faciens  imperfectam   relinquito ,  ne 
forte  insidens  super  earn  crocitet  garrula  comix .  11  Salvini  inerendo  al  greco 
«yeir/§Sf ok  ,  che  viene  da  i;e'»  rado  ,  polio,  traduce  : 
Quando  casa  tu  fai  non  lasciar  buche  , 
Che  assiso   non  vi  gracchi  il  cornacchione  . 
Tutto  ci6  per  mera  superstizione:  giacche  Plinio  (a)  :  ipsa  ales  est  inauspica- 
tae  garrulitatis;  a  auibusdam  tamen  laudata  ;  cioe  lodata  nelle  nozze 3  per  le 
quali  era  la  voce  della  cornacchia  di  felice  augurio;  come  dopo  varj  antichi 
osserva  il  Cerda  (b) . 

748.  Mn^'  dtro  xur?0lr^uv  etc.  Neque  ab  ollis  nondum  dedicatis  capier.s  (cibum) 
comedito ,  neque  lav  a  t  or  :  quia  et  hisce  noxa  inest .  Si  fa  questione  in  primo 
luogo  della  voce  xv^rqinrovt; ,  che  vale  olla  co'  piedi  ;  della  qual  forma  al- 
cuna  ve  n' e  in  qualche  Museo ;  e  in  tal  senso  1' interpreta  qui  Atcneo  citato 
a.'  v.  65j.  e  Moscopulo  xur?°'7r<> '?''"'  dvri  to  %ufcov  . 

Si  controverte  in  secondo  luogo  il  significato  della  voce  dveirtf  ?  iamv ,  voce 
composta  dall'  a  privativo  ,  da  &W  ,  e  da  $iX,<>>  sacrifico  ,  e  percio  un  di  quei 
f  nvvS-nzi  composti  di  tre  voci,  che  son  rarissimi  presso  Omero,  come  nota 
il  suo  Scoliaste  ,  ed  il  Barnes  nella  lliade  XXIV.  £40.  e  XXII.  528.  II  senso 
ovvio ,  che  noi  seguiamo  e,  che  siccome  gli  antichi  usavano  di  non  mangia- 
re  se  non  da'  vasi  consacrati  con  la  libazione  ;  onde  la  gran  patina  di  Vi- 
tellio  chiamata  per  ischerzo  clypeus  Minervae  ,  fu  dedicata  prima  di  metterla 
in  opra  (c)  ;  cosi  si  parli  di  una  libazione,  con  cui  sia  dedicato  il  caldano  , 
o  1' olla  di  cui  si  parla  .  Ma  Plutarco  ,  secondo  che  scrive  Proclo  ,  da  una  se- 
conda  sposizione,  e  1' intende  de' quotidiani  desinari,  e  delle  quotidiane  la- 
vande,  e  vuol  che  questo  sia  il  senso  di  Esiodo  :  non  prender  cibo  ,  o  Per- 
se j  prima  che  abbj  libato  agli  Dei  qualche  parte  del  contenuto  nel  cutro- 
pode.  Mi  sia  lecito  di  rifiutare  questa  spiegazione  ,  perche  porta  seco  una 
servitu  intollerabile  . 

Si  controverte  in  terzo  luogo  il  senso  di  quella  voce  dveXovm,  che  Samuel 
Bochart  (c/)  seguitato  dal  comune  degl' Interpreti  spiega  rapiens,  e  vuol  che 
sia  detto  di  coloro  ,  che  senz'  aspettare  che  le  carni  del  sacrifizio  sian  finite 
di  cuocere  ,  le  strappano  dalle  olle,  e  ne  mangiano  ;  della  quale  ingordigia 
e  accusato  Vitellio  Augusto  (e) .  Ma  non  vi  e  bisogno  di  ricorrere  a  questa 
rapina;  mentre  d.'tXovm  ci  e  spiegato  per  \xfiovm  nelle  glosse  di  Loesnero  ,  e 
in  Omero  di'SXia.  rf'  ?o-'  uviXovre;  (f)  ,  non  puo  spiegarsi  ne  non  praemia  aequalia 
capientes  ;  onde  siouramente  ho  mutato  il  rapiens  in  capiens  .  Senza  che  du- 
rissimo  mi  pare  ove  1'  autore  dice  olle  non  santificate  intender  olle  ,  il  cui  sa- 
crificio  non  e  compiuto  . 

(a)  Lib.X.c.  12.  (b)  Tom.  I.  p.  i<?o.  (c)  Svet.  in  Vitellio  p.  530.  (d)  Hieroz. 
Part.  I.  lib.  II.  cap.  5o.       (e)  Svet.  ibid.       (/)  Iliad.  4.  ?36. 


2&6 

ySo.  M»J'  eirt  a'x.r»Ttii(Ti  xct$-i'^etv  etc.  Neque  super  immobilibus  locnto  (non  enim 
bonum  est)  pacrum  ehuodece'nnem  ,  quia  virum  inertem  facit  ,  neque  dnodecim 
me  isium:  aequale  et  hoc  est.  E'  questo  un  precetto  ,  ohe  tutto  riguavda  la  sa- 
lute de'  fanciulli  .  E  per  tale  1' ha  inteso  Plutarco  nel  Conv.  p.  i  58-  \xT%f*-o<; 
yd?  'HfioSof  etc.  Medians  enim  Hesiodus ,  neque  indiligenter ,  neque  imperite  de 
victu  ,  et  urn  vim  ,  deque  vi>  tute  aquae,  et  balnei  di  sputa  ns  ,  et  tempore  nndie- 
bi\s  congres^us  ,  et  sessions  puerorum .  E  Proclu  :  Plutarchus  ait  sinere  non  opar- 
tere  ,  ut  i ecens  natl  sine  mntu  sint ,  et  in  immobilibus  colloctntur  ;  fiunt  enim  im- 
becilliores :  sed  movendi  maxime  sunt  ;  e  siegue  a  dire  ,  che  vi  sono  alcuni 
letticciuuli  ,  o  curie  agitabili ,  delle  quali  si  puo  servire  .  Ma  ancora  questo 
de'  fanciulli  di  dodici  anni  ?  Per  questi  basti  il  precetto  generale  di  non 
collocaili  sopra  immobile  seggio  ,  in  guisa  che  non  possan  far  moto  ,  come 
farebbe  chi  messigli  ad  un'  arte  sedentaria  ,  pretendesse  di  tenervegli  im- 
nvibili  tutto  il  giorno.  DLr  co'  varj  Interpreti  ,  che  qui  si  vieta  il  metter 
bambini  a  seder  su  la  terra  ,  perche  non  vengan  men  fovti  ,  e  un  opporsi  alia 
contraria  esperienza  de' villanelli  .  Dir  che  qui  si  vieta  di  fargli  seder  su' se- 
polcri  >  su' termini  ,  su  gli  altari  ,  e  fin  su  le  leggi  ,  perche  cose  immobili  , 
e  un  mettere  a  tortura  1' ingegno  per  provare  il  falso  .  Perche  laceomanda- 
re   questo  riserbo  non  agli  uomini,  ma  a'  fanoiuUi  di  un.  anno  o  di    dodici? 

753  MnJi  yajuoux-eiw  Xour^u  etc.  Neque  muliebri  in  balneo  corpus  abluito  vir : 
aravis  enim  suo  tempore  erit  et  hujus  rei  poena .  Questo  ancora  e  precetto 
medico  ,  avvertito  dal  Mercuriale  nell'  Arte  Gimnastica  (a),  da  cui  dopo  aver 
citato  Esiodo  conchiude  :  ubi  et  feminaium  lavationes  etiam  antiquities  apud 
Graecos  distinctas  fuisse ,  et  viris  eas  ingredi  ob  salubritatem  vetitum  apparet  ; 
cio  che  Plutarco  ancora  avea  avvertito,  ma  piu  oscuramente .  Proclo  mol- 
to  apertamente  :  Ex  corporibus  mulierum  quacdam  effluvia  manant ,  quibus  ra- 
pid viros  foedum  est.  L' Einsio  crede  tal  precetto  fatto  pe'  bambini ;  e  vor- 
ria  trasportar  questi  versi  al  passo  di  sopra,  ove.  si  fa  menzione  della  eta. 
di  dodici  anni,  e  innestarli  quivi :  non  riflettendo  che  il  Poeta  dice  dvi- 
f«,  non  TcaJcc,  Anche  Clemente  V  Alessandrino  (&)  l'intese  generalmente  di 
qualsivoglia  eta;  la  ove  riferito  il  lui>go  di  Esiodo  ,  si  duole  che  a' suoi  tem- 
pi fossero  x.otvd  dviquetv  }$  yujvout,!  tbc  (ixXajzict .  Veggansi  i  suoi  comentatori , 
e  le  autorita  che  adducono  per  provare ,  che  anco  in  Roma  era  questo  disor- 
dine  ,  riparato  ,  ma  temporaneamente  ,  da  Adriano,  Antonino  ,  e  Seveio  ; 
poiche  fu  rinnovato  sotto  1' infame  Eliogabalo  ;  di  cui  Lampridio  nclla  storia 
Augusta  :  in  balneis  semper  cum   mulieribus  fait  (c)  . 

jSS.  f*n<F  it?o?Tiv  etc  neque  in  sacrificia  accensa  incidens  reprehende  area- 
n a  :  Deus  quippe  et  haec  indigne  fert  .  Inclino  a  credere  cio  che  1'  Einsio  sup- 
pose nel  numero  precedentc  ;  cioe  che  i  Grammatici  nimium  misere  trunca- 
rnnt  ,  rnutilarunt  ,  auxerunt  ,  transposuerunt  olim  tanquam  vtdtures  quid  am, 
Homerum  et  Hesiodum  .  Non  vi  e   passo    in  Esiodo  piu  fuor  di  luogo  che  quc- 

(a)  Capite  10.  {b)  Paedag.  111.  pag.  27$.  (c)  Hist.  Aug.  pag.  870.  Xiphili- 
nus  inter  Historicos  graecos  Romanae  Historiae .   Tom.  111.  pag.  447. 


257 

sto  Nulla  combina  con  cio  ch' e  detto  ;  nulla  con  cio  che  vien  dopo  ;  e  vi 
era  luogo  opporbunissimo  a  questo  insegnamento  dopo  i  versi  749.  Che  che 
gia  della  disposizione ,  il  significato  e  ambiguoj  come  notano  gli  Sooliasti  ; 
potendosi  prendere  difuXa  invece  di  ciJ>i\u<;  occulte  ,  e  nel  propiio  senso  oc- 
culta. Occulte  vuol  dire  in  cuor  tuo .  Occulta  possono  essere  i  mistevj  stessi  , 
di  cui  non  si  possa  a  chi  vede  render  ragione;  e  nondimeno  chi  gli  vede 
dee  n<>n  riprendergli  ,  ma  venerargli  .  Questo  piu  verisimilmente  c  il  senso 
del  preoetto  ,  il  quul  tende  a  salvare  tutt'  i  riti  del  gentilesimo  ,  e  a  rispet- 
targli  ,  comunque  stiani.  E  certamente  ve  ne  dovean  essere  de' superstizio- 
sissimi,  e  degni  di  risa  ,  come  raccogliesi  da'  profani  stessi.  Uno  di  essi 
sorpreso  per  accidente3  come  appunto  porta  la  voce  xuft'trag ,  cosi  parla  a  co- 
loro ,  che  lo  avevan  sorpreso:  Pro'endo  igitur  ad  genua  vestra  supinas  ma- 
nus  ;  petoque ,  et  oro  ,  ne  noctur/iai  religiones  jociim  risumque  faciatis  ,  neque 
traducere  vehtis   tot  annorwn  secreta  ,  quae  vix  ulli  homines  noverunt  (a)  . 

756.  flga'j  ri  invece  di  %zi%  vu  t<  e  in  quasi  tutt' i  Codici  ,  e  1' edizioni 
notate  al  verso  12. 

757  M»efa  iroT  iv  tnpoy_o^  etc.  Nee  unquam  in  alveo  fluviorum  mare  irifluen- 
tium  ,  neque  super  fontes  mejito:  quin  valde  evitato .  Neque  vent  rem  exonera  J 
id  emm  nihilo  est  melius  sicfacere:  Proclo  e  Moscopulo  dicono ,  che  Plutarco 
togliea  questi  versi  da  Esiodo  come  indegni  del  magistero  delle  Muse;  ma 
essi  scusan  1'  autore  ,  dicendo  che  probabilmente  ebbe  in  mira  i  piu  volgari  , 
che   non  si  guardano   da    tai    cose.  Nel  resto  Plutarco  (b)  dice,  che  Crisippo 

avea  SCrittO  xccXoUt;  fx-v  uir<X\oqzvetv  tbv    YiriaSoj   «;  troiufjibg  i(Ctf   xpyW;  afeiv  ,recte    ve- 

tare  Hesiadum  in  fluvios  ,  et  fontes  mingere ,  autorita  che  prova  ,  che  infino 
da'  tempi  di  Crisippo  questi  versi  eran  tenuti  indubitatamente  per  suoi:  cio 
che  forsc  ha  indocto  il  Sig.  Brunck  a  risparmiargli .  Potrebb'  essere  ,  che  il 
Poeta  avesse  tal  riserva  verso  i  fiumi  attinta  da'Persiani,  ch'erano  a' suoi 
dl  la  pia  colta  forse  nazione  del  mundo  ;  di  cui  dice  Erodoto  ,  che  non  solo 
non  orinavan  ne'  fiumi  ,  ma  ne  anco  vi  sputavano;  e  che  veneravangli  sopra 
tutte  le  cose  c)  •  Tralascio  la  spiegazione  pitagovica  di  Tzetze  ;  giacche  men 
pitagorica  non  puo  essere  :  lo  stesso  fa  troppe  altre  volte. 

760  &£'  tfJetv-  tS'eivn'v  Si  finowv  utraXtijto  <p>iulw,  Sic  facitoi  gravem  vero  mor- 
tal ium  evitato  fa  mam  ■  GV  Interpreti  greci  considerano  quell'  <ud"  t?Jet  come 
un  epilfgo  di  tutto  il  detto  fin  qui  su  la  dicevolezza  dclle  azioni;  quasi  di- 
cesse  :  in  somma  in  ogni  ufizio  verso  i  dome.stici  ,  e  gli  amici  ,  e  gli  ospiti  , 
e  gli  Dei  proccdi  colle  misure  predette;  e  guardati  che  non  si  parli  sini- 
•  tramente  di  te  .  Anche  il  Savio  raccomanda  :  Cur  am  habe  de  bono  nomine: 
hoc  enim  mugis  permanebit  tibi  qnam   multae  divitiae  pretiosae  et  magnae(d)  . 

761.  Q»'un  >a'p  te  xttmJ  nriXitax  etc.  Fama  enim  mala  est ,  quae  celeriter  quidem 
txcitatur  facillime  ,  molesta  vera  poitatu,  difficilibque  depositu.  Virgilio  nel  IV. 
dell'  Eneide  {e)  dilato  a  maraviglia  questo  sentimento;  e  fece  una  descrizio- 

(a)  Pctr.  Arbit.  Salyr.  pag.  5o.  (b)  De  Stoicorum  repugnantiis  pug.  104S. 
(c)  Pag.  37.       (dj  Eceles.XLI.  iS .      (e)  Versa  174. 

46 


258 

ne  della  Fama- ,  che  si  riguarda  come  una  delle  piu  belle  di  quel  poema  ,  tutfca 
poetica,  tutta  degna  di  lui  .  Ne  prendero  qualche  parte  che  illusfcra  il  poeta 
nostro  •• 

Fama  ,  malum  quo  non  alirtd  velocius  unquam  . . . 

Tarn  ficti  pravique   tenax  ,  quam  riuntia  veri . 
V.  ancora  Ovidio  nel  XII.    delle   Metamovfosi ,  e    Stazio   nel  III.  della  Te- 
baide  ,  e  Nunno  nel  principio  del  libro  XV11I. 

7(53.  *»«»  <*"  »  rii  irafxirca/  dnriWviai  etc.  Fama  vero  nulla  unquam  protsus 
pent,  quam  multi  quidem  populi  divulgant .  I  molti  popoli  che  divulgano  una 
fama  dieder  motivo  a  Virgilio  di  quelle  gaje  finzioni : 

Monstrum  horrendum  ,  ingens  ;  cui  quot  sunt  corpore  plumae  , 

Tot  vigiles  ocuh  subter  {mirabile  visu) 

Tot  linguae,  totidem  ora   sonant  ,  tot  subrigit  aures . 
I  citati  versi  di  Esiodo    passarono  in  proverbio  presso  gli  antichi ,  ed  erano 
in  bocca  di  ognuno  ,  dice  Aristide  (a) .  Essi  porsero  un  luogo  oratorio  a  due 
gran  dicitori  di  Grecia  (b)  Demostene  ed  Eschine  :  essi  formarono  ad  Aristo- 
tele  una  prova  dell'autorita  chc  risiede  nel  consenso  delle  genti  (c)  . 

764.  bios  vtJ'  Ti?  i<rTt  *&>,  uv'th  ,  Quippe  Dea  quaedam  est  et  ipsa  .  Questo  par  det« 
to  per  provare  la  perennita  della  Fama,  ch' essendo  Dea  e  immortale.  Prova 
ancora  ,  secondo  Moscopulo  ,  ch'  ella  ha  multomm  hominum  consens<<m  ,  et 
assecutionem  veritatis  .  Di  fatti  per  credere  alia  Fama,  di  questo  argomento 
si  valse  Libanio  (c/)  :  'Evig-^ov  p.iv  etc  Fidem  habebam  ipsis  nuntiis  qui  Ari- 
staenetum  optimum  orator  em  esse  ferebant:  quum  autem  ipse  veniens  piaesew 
tern  se  sisteret  et  splenderet ,  fumam  vere  Deam  esse  deprehendi .  Sinesio  (e) 
prende  a  scherno  questa  veracita  della  Fama  accordatagli  da  Esiodo  per  es« 
ser  Dea  ,  e  potea  pure  prendere  a  scherno  Marziale  ,   ove  dice : 

Credo  tibi  :   verum   dicer  e  ,  Fama  ,  soles  [f) . 
Ivi.  Questa  Deita  Esiodo  nella  Teugonia  non  la  conobbe  ;  nelle  Opere  e  Gior- 
nate  la  da  per  Dea,  ma  non  ne  tesse  la  genealugia.  Al  che  han  supplito  al- 
tri .  Libanio  la  fa  iiglia  di  Giove  (o)  ;  Virgilio  piu  giudiziosamente : 

lllam  Terra  parens  ira  irritata  Deorum 

Extrcmam^ut  perhibtnt ,    Coeo  ,  Enceladoque  sororem 

Progenuit  (h) . 
Fu  dunque  dalla  Terra  partorita  in  odio  degli  Dei,  sorella  de'  Giganti  ,  e  co- 
me tale  ,  aggiugne  Valerio  Flacco  ,  Giove  non  la  vuole  in  cielo,  ma  la  lascia 
nel  mondo  a  confusion  de'  viventi  : 

ilia  fremens   habitat  sub  nubibus  imis  , 

Non  Erebi ,  non  Diva   Poli ,  terrasque  fatigat 

Qua  datur  (  i )  . 
J6S.  vH««w  J"  s'x  Jidbcv  etc.  Dies  vero  ex  Jove  observans ,  bene  secundum  de~ 

(a)  Plutonica  II.  p.  24P-  (b}  De  falsa  legatione  pug.  33o.  (c)  De  moribus 
VII.  c.  4.  id)  Epist.  1002.  (e)  Epist.  44.  pug.  ic  1.  if)  Lib.  Vll.  pag.  32?. 
(g)  Epist.  ,972.       fh)  Aen.  IV.  178.       (f)  Lib.  II.  vers.  up. 


259 

corwn praecipe  serwis.il  libro  de'  Giorni  e  distinto  in  alcuni  Codici  ,e  in  alcu> 
ne  edizioni ,  dul  libro  delle  Opcre .  Cio  e  dovuto  a' moderni  Greci  ;  giaoche  i 
piu  antichi  non  fecero  tal  distinzione ,  e  citando  quosto  lavoro  di  Esiodo  , 
dicono  tv  i^yoii;,  ovvero  t'v  c*p>o/{  >&}  fiui^cti^^  ecco  per  qual  ragione  1' Einsio  e 
il  Grevio  tolgono  tal  divisione  ,  siccome  fa  pure  il  Fabricio  (a)  .  Nei  resto 
niuna  parte  di  questo  lavoro  e  men  utile  che  quella  delle  Giornate .  Sono 
in  essa  raccolte  le  osservazioni  non  si  sa  se  provenute  da' Caldei  (a  quibus 
dies,  tanquamut  Chaldeis  petebatur  (b)  ) ,  o  se  da  altra  nazione ,  dalla  Fenicia 
v.  gr.  o  dalla  Egizia  ,  o  fatte  in  Grecia  stessa  su  la  felicita  ,  e  infelicita  di 
alcuni  giorni  del  mese  rispetto  a  certe  opere  specialmente  di  agricoltura  , 
per  cui  Esiodo  vuole,  che  i  servi  le  imparino.  Ad  altre  cose  ancora  serviva 
la  osservazione  de' giorni ,  come  si  raccoglie  ,  fra  gli  altri  ,  da  Petronio  ,  il 
qual  nel  Triclinio  di  Trimalcione  dice  ,  che  v'  era  una  dipintura  co'  sette 
pianeti,  e  la  lunajef  qui  dies  boni  ,  quique  incommodi  essent  ,  distingttente 
bulla   notabantur  ■  c)  . 

Ivi  .  Anche  i  Pagani  piii  accorti  han  derise  queste  follie  ,  come  Plutarco 
nel  Cmamillo  ,  Sesto  Empirico  nell' opera  contro  i  Matematici  .  Dico  follie  le 
cose  di  astronomia  giu'diziavia  ;  non  le  fisiche  ,  nelle  quali  qualche  parte 
puo  aver  la  luna,  che  agisce  ne'  corpi  sublunari  ,  secondo  Aristotele  (t/)  e  i 
filosofi  antichi,  per  via  del  maggior  caloie  o  del  maggior  freddo ,  che  fa 
a  luna  crescente  o  a  luna  scema  ;  dal  qual  principio  partendosi  Gio.  Pro- 
tospatario  ha  fatto  sopra  le  Giornate  di  Esiodo  il  commento  che  ci  rimane . 
Virgilio  pure  sulle  tracce  di  Democrito  (e)  osservo  i  di  della  luna  ,  ma  come 
nota  Servio,  assai  piii  brevemente  di  Esiodo  (/)  .  L' Alamanni  ancora  della 
luna  discorse ,  ma  poeticamente  iinse  ,  ch'  ella 

.  .  .  quante  ha  nel  Ciel  erranti  o  fisse 
Studj   di  visitar  ,  e  cio  che  in  esse 
Trova  di  bene  o  mal ,  lo  versi  in  noi  (g) . 
Gli    effetti  della  luna  si   ripetono    dalla  pressione    specialmente ;    ma    non  e 
questo  luugo  da  favellarne  . 

766.  Tfinxxocc  (ikoos  dpiglw  etc.  Tricesimam  mensis  optimam  ad  opera  inspi- 
cienda ,  demensumque  dividendum  .  L'  Economo  di  Senofonte  visita  i  lavori 
de' servi  piu  spesso,  che  una  volta  il  mese:  inrztfoiv  $£  i\$aj  si\  dy%ov  etc. 
quum  autem  rus  venio,  sive  qui  mihi  senility  sive  novales  insti  uunt  ,  sive  semi- 
nant ,  seu  fructus  important ,  inspeotis  omnibus  quo  pacto  fiant  singula,  corri' 
gendo  concinnius  facio  etc.{h)  11  compito  ( demensum)  e  quella  misura  di 
vitto,  che  si  dava  a'  servi  :  i  Greci  par  che  lo  pugassero  al  fin  d'  ogni  mese  , 
i  Romani  al  principio.   Plauto  (/)  : 

Voi  meministis  quot  calendis  petere  demensum  cibum  ; 

(a)  Bibl.  Graec  lib.  II.  cap.  8.  (b)  Cicero  pro  Murena.  (V  Satyricon. 
pag.  p3.  (d)  De  generatione  animalium  lib.  11.  c.  4,  (. )  Plin.  lib.  XVIII. 
cap-  32.  (f)  Geoig.  I.  vers.  276.  ubi  ad  verbum  recital  hos  tres  versus 
(g)  Coltivaz.  lib.  VI.  v.  36-     (h)  In  Oecon.  p.  85o.     {1}  In  Sticho  Act.  I.  sc.  2. 


2  do 
il  che    era  quattro   moggia  di   grano ,  secondo  Donato  (a)  ,  a   cui  Seneca  un 
allro  moggio  aggiugne  ,  e  cinque  denari  :  Servus  est ;  quinque  modios  aciipit , 
et  quinque  denarios  (b)  . 

768.  Et/V  dv  dXuSstlfju  Aao/  x-ftvovres  uyavtv ,  N'jmpe  cum  popttli  veram  triacada) 
judwantes  agunt .  Questo  senso  han  dato  saggiamente  gli  Scoliasti  al  verso 
di  Esiodo;  ed  e  il  senso,  come  pare,  che  gli  diede  anco  Plutarco  ,  e  Lutta 
1' antichita  La  cosa  e  manifesta.  I  Greci  avean  bisi'gno  di  tenere  in  un 
certo  equilibrio  1'  anno  sulare  di  36S.  giorni  ,  e  un  quarto  ,  coll'  anno  lunare 
ch'  e  di  giorni  554.  in  circa;  altrimenti  il  Giugno  saria  coll'  andar  del  tempo 
caduto  nel  iitto  verno,  e  il  Gennajo  di  estate  ,  come  Gemino  racconta  essere 
avvenuto  agli  Egizj  per  aver  trascurato  il  quarto  di  un  giomo,  che  annual- 
mente  avanza  dai  365.  di  .  Altronde  l'Astronomia  vagiva  ancora  ,  ne  vi  era  noti- 
zia  piena  ne  de'  giorni  che  costituiscono  1'  anno  sulare  ,  ne  di  que'  che  comp<  n- 
gono  1' anno  lunare:  onde  con  osservazioni  fatte  cosi  alia  meglio  ,  e  in  di- 
grosso  s' intevcalavano  dove  piii  e  dove  men  giorni,  dove  un  intero  mese  lu- 
nare ,  e  dove  una  parte  di  esso ;  in  alcun  luogo  ad  ogni  biennio,  in  altro  ad 
ogni  triennio  ;  e  nundimeno  continuamente  trovavano  nuovi  errori ,  e  ricor- 
revano  a  nuove  intei  oalazioni:  permodoche  il  granPetavio  ebbe  a  dire  :  Plu- 
tarchtu  pru  (enter  admonet  in  istarum  return  indaiiandis  u^iginibus  nimium  sub' 
tiles  et  exuetos  esse  non  opo>  tere  (a)  .  Or  ecco  cio  che  dice  Esiodo;  essere  ac- 
concio  il  3o.  di  ogni  mese  a  rivedere  i  lavori  ,  purche  i  popoli  nun  si  rego- 
lino  in  detcrminarlo  da  popolari  pregiudizj ,  ma  dalla  verita  delle  fasi  lu- 
nari ;  il  che  in  tanta  oscurita  era  difficilissimo . 

Ivi  ■  Xecoi  x.?ivov7s$  ayuiTiv,  populi  jndic  antes  agunt.  Lo  Scaligero  ,  e  il  Clerc 
a  questo  parere  fan  guerra  ,  e  voglion  piuttosto  che  si  paili  dell'  ora  ,  in  cui 
si  da  ragioiie  dal  popolo  nel  foro  ,  o  sia'  del  pieno  giomo  .  C.intro  tale  spie- 
gazione  ho  piu  ragioni  .  La  prima  e  che  se  dyziv  e  vci  b>>  di  giudizio  ,  molto 
piii  e  di  festa ,  dicendosi  continuamente  aytu  eopra?  ,  d-)nv  h.i\jaia.  ,e  cosi  iyuv 
Tr/.nx.dtfct  :  secondo  ,  non  sono  i  popoli  che  giudicano  ,  almeno  ordinariamen- 
te  ,  ma  i  giudici,  o  i  regi  da  loro  eletti  :  terzo  ,  se  il  trentc&imo  di  ogni 
mese  era  cosi  occupato  in  rivedere  i  lavori  ,  e  in  pugaie  il  compito,  non  so 
chi  potesse  eohvenire  al  Foro  d' Ascra ;  non  i  padn  di  famiglia  ,  non  i  servi , 
non  i  contadini  :  ed  io  inclino  a  credere  ,  che  in  paese  si  piccolo  fosse  piut- 
tosto  vacanza  dal  Foro,  che  azione   di  liti  . 

76"p.  Ai'oe  >a'j>  »(Xi?ou  etc.  Hienim  dies  sunt  Jove  a  prudente.  II  Gujeto  vuo- 
le  ,  che  di  qui  cominci  il  trattato  delle  Giornate  ,  e  che  i  quattro  versi  pre- 
cedenti  sieno  spurj.  Son  pero  in  tutt'i  Codici ;  e  niuno  prima,  ne  dopo  Gu- 
jeto ha  dubitato  ,  che  sian  genuini ;  neminen  Plutarco,  hemmeno  Biunck, 
i  due  piu  seyeri  giudici  del  Poeta .  Angelo  Poliziano  a  ragione  confutato 
dall' Einsio  ,  e  di  paieie,  che  solo  a' tie  giorni  prossimi  debba  riferirsi  l'ap- 
partenere  a  Giove  .  Gli  antichi  tutto  ripetevano  da  Giove  ,  cd  alcune  volte 
lo  nominano  ,   dice  1'  Einsio  ,  e*   'rno^TK  ,  di    soprappiii,   per    usanza  ;  siccomc 

(a]   In  Phorm.  Terentii  act.  I.  sc.   8.       (b)  Epistola  8l.       (c)  T.  1.  pag.  uJ. 


2(5l 

fa  qui  Esiodo ,  che  poco  sopra  lo  avea  nominato  ,  ma  come  autore  de'  giorni 
in  generale  ,  onde  da'  Romani  fu  detto  Diespiter,  da'  Salj  ne' lor  versi  Luce- 
tins  ,  da'  Cretesi  n  ri^i^a  (a)  .  Ed  ora  torna  a  nominarlo  come  aufcor  de'  gior- 
ni significanti . 

770.  Tifioiav  £v?i,  TETpa;  it,  >$  ifs&ofxn  ,  itqav  tifiettg ,  Primum,  novilunium  ,  quar- 
tinque ,  et  septimus  >sacer  dies.  Convien  premettere,  per  contezza  delle  cose 
che  deon  succedere ,  la  maniera  onde  i  Greci  divideano  i  lor  mesi ,  e  di- 
atingueano  i  lor  giorni .  Ogni  mese  era  diviso  in  tie  parti  ,  mese  incomin- 
ciante  ,  mese  medio,  mese  terminante .  Dieci  giorni  avea  il  mese  incomincian- 
te  ,  che  si  contava  dalla  nuova  luna  ,  chiamata  iw  ;  cosi  il  due  #evri?a  i?ci- 
tiivs  ,  il  tre  Tf/w  ig-etfjiivu  }  e  in  pari  modo  fino  al  dieci.  Dopo  dicevasi  lepum , 
e  i&jii^a  ,  e  %im  /ues-svie^ ,  ovvero  gVx  tut*? ,  ovvero  itri  Jix-a  fino  al  ventesi- 
mo,  che  dicevasi  ««'; ,  o  axo;- h  ■  e  seguivano  medesimamente  dicendo  ^>i»'w 
inri  axd^i ,  o  «jj«'n  tpSivovnx; ,  e  cosi  degli  altri  giorni  fino  al  trentesimo  ;  o 
»e  v'  era  ampliazione  ,  fino  al  trentunesimo  j  di  che  ,  come  dicemmo  ,  non 
si  puo  dar  regola  generale  .  Un'  altra  maniera  tien  anche  Esiodo  ,  av- 
vertita  dopo  Proclo  da  Moscopulo;  ch' e  di  chiamare  il  mese  i\dfxivov  fino 
a'  di  20.  e  dipoi  dire  ■zdpa><m  qS-i'vovib;  f  S&<riqn  (pS/vovas  etc  Ecco  come  si  conta- 
vano  i  giorni  del  mese  a' tempi  di  Esiodo.  Solone  ,  o  secondo  altri  Talete, 
vi  fece  qualche  cangiamento.  Nomind  ivlui ,  ^  view  ,  che  han  tradotto  lun am 
veterem  et  novam  i  e  mostro  di  aver  capito  Omero,  dove  volendo  indicate  il 
giorno  del  Novilunio  disse  [b) : 

Ts  fJttv  <p$-tvovi3<;  uiivof  y  to  J1'  itrrauivoto 
Hoc  quidem  desinente  mense ,  alio  vero  ineunte . 
Voile  di  piii  ,  che  i  giorni  che  seguiano  il  ventesimo  si  numerassero  con  or- 
dine  retrogrado  fino  al  trentesimo;  cioe  il  21.  ivvditi  cpS-ivovnc.  ,  nanus  menus 
abeuntis  ,  il  22-  iydouvt  <p$ivovmc ,  octavus  mensis  abeuntis  ,  e  cosi  nel  resto  . 
Tanto  dice  Plutarco  c)  ;  e  Polluce  ,  insegnando  a  contare  i  giorni,  siegue 
e  insegna  il  metudo  moderno(d). 

Ivi.  UfuTav  evti  etc.  Verso  presso  Clemente  Alessandrino  pag.  71 3.  con  la 
▼ariante  t&j  ififouov  .  lntrodotto  da  Solone  il  nuuvo  mudo  ,  si  chiamo  Nxulwia 
il  giorno  che  succedeva  al  trentesimo,  chiamato  da  lui  fvti  rg\  via..  Questo 
giorno  era  sacro  per  antichissima  istituzione  presso  tutt'  i  popoli  :  quindi 
la  favola  presso  Eliano  (e)  ,  e  Proclo,  che  la  formica  in  quel  di  non  fatichi; 
quindi  1'  usanza  presso  i  Greci  di  non  lavorare  in  tal  di,  anzi  di  premetter- 
gli  il  digiuno,  e  la  lavanda;  inoltre  con  limosine  si  sollevavano  i  pove- 
ri  ,  s' intimavano  sacrificj  sulenni  ,  si  accorreva  a' tempj  a  pregare  per  la 
patria  e  per  se  (f) .  Tanto  raccoglie  il  Meursio  da  varj  Classici  ,  fra'  quali 
campeggia  Omero  .  Cercasi  a  qual  Nume.  fosse  sacra  quella  solennita  .  A'  tem- 
pi eroici  pare  che  fosse  sacra  ad  Apollo  ,  nel  cui  bosco  finisce  la  pompa  ap- 

(a)  Macrob.  Saturn.  1.  cap.  1 5.  (b)  Odys.  XIX.  v.  307.  (c)  Tom.  I.  p.  p2. 
(d)  Lib.  I.  p.  41.  (e)  Aelian.  de  animalium  naturalib.I.  c  22.  (f)  Meurs. 
Graec.  feriatae  lib.  V. 

47 


262 

prestata  in  Itaca  presso  Omero  (a) .  Posteriormente  pare  che  fosse  sacra  agli 
Dei  in  genere  (b)  ,  e  che  fosse  una  di  quelle  feste  ,  che  chiamavansi  fe>iae 
publicae  ;  ma  in  modo  particolare  par  che  fosse  dedicata  ad  Ecate  ,  cioe  alia 
Luna;  giacche  la  cena ,  che  imbandivasi  a' poveii  in  Alene ,  chiamavasi 
Senrvoo    Exa77f  j  (c)  . 

Ivi .  !e?ov  ti;j.*q  ,  non  vuol  dir  qui  sacro  giorno  ,  ma  fausto  ,  come  ben  nota 
il  Clerc ,  paragonando  questo  verso  al  v.8i£-  del  presente  p^emetto.  Prosperi 
son  questi  giorni  secondo  i  numeri  pitagorici  ,  e  platonici  ,  de'  quali  fecero 
conto  anche  i  PP.  della  Chiesa;  perche  parte  di  quella  hlosofia  ,  che  profes- 
savano  essi  ,  e  i  luro  avversarj  altresi  .  Conosciutane  la  vanita ,  bastera 
dame  a' lettori  un  breve  saggio.  L'unita  ch' e  contenuta  in  quell'  £-Ai ,  e  la 
celebre  monade ;  di  cui  basti  dire  cio  che  ne  dice  Macrobio  (d)  :  Haec  monas 
initiam  finisque  omnium,  neque  ipsa  principii  aut  finis  sciens  ,  ad  summum  re- 
fertur  Deum  .  Quanto  al  numero  quaternario ,  Esiodo  lo  fa  sacro  in  tutt' e  trc 
le  decadi ;  cio  che  prova  non  essere  stata  Pitagora  il  primo  ,  che  lo  mettesso 
ih  onore.E  tanto  fu  in  onore  presso  i  Pitagorici,  che  il  massimo  lor  giura- 
mento  era  pel  quaternario  :  n  $i  xaAs/ue'vw  Ts-rpaxTj/'j  /uiyt^oc  H'v  o?xo;  ,  dice  Plutar- 
co  (e)  ,  a  cui  consente  Macrobio  nel  luogo  citato.  La  sua  prerogativa  cunsistc 
in  questo  .  Pitagora  stabiliva  la  decade  per  numero  perfetto  ,  e  similmente  il 
quaternario  ,  perche  in  esso  la  decade  si  contiene  ,  giacche  computandosi  i  nu- 
meri ,  che  lo  precedono  ,  ed  aggiugnendusi  esso,  viene  a  formarsi  il  dieci  cosi  1 
La  prerogativa  poi  principale  del  sette  e  questa  ;  che  sia  quasi  senza  madre,  2 
percioeche  da  niun  numero  e  generato  come  gli  altri  ,  facendo  due  e  due  3 
quattro,  trc  e  tre  sei ;  ma  non  procedendosi  al  sette  se  non  per  via  di  rotto  4 
o  di  mezzo  .  E'  anche  vergine  ,  perche  dentro  la  diecina  niuno  ne  genera  (  f ).  To 
Per  altre  innumerabili  prerogative  S.  Agostino  (g)  il  chiama  perfetto  ,  Filo- 
ne(/i)  protesta>  che  non  puo  lodarsi  a  bastanza  ,  Varrone  (i)  presso  Gellio 
trova  il  settenario  nel  Cielo  ,  nella  Terra  ,  nelle  opere  di  natura  ,  e  di  ar- 
te ,  ed  in  tante  di  esse,  che  il  leggerlo  fa  maraviglia.  E  pur  tante  non  ne 
addita  quante  Fabio  Paolini  ne'  sette  libri  sul  Settenario  ,  editi  in  Venezia 
nel  i58p.  che  bastici  aver  nominati . 

771.  Tm  yd?  ''AtroWavx  etc.  Hoc  enim  ApoUinem  ense  aureo  arm  at  um  genuit 
Latona .  Nacque  Apollo  nel  di  7.  del  mese  Bisio  ,  primo  mese  dell' anno  Del- 
ficoj  o  del  Targelione  Ateniese  [k)  ,  nel  qua!  giorno  i  cittadini  di  Atene  ono- 
ravanlo  ,  dice  Proclo  ,  lawum  gestantes  ,  coronantea  canistrum  3  et  Deum  hymno 
celtbrantes .  Ne  solo  a' di  7.  del  Targelione  ,  ma  d'  ogni  mese  ,  nel  qual  senso 
e  chiamato  da  Eschilo  (Z,  ifcfotxayims ,  septimi  diei  (cujusque  novi  mensis  ) 
praefectus i    non  gik  di  ogni  settimana  ,    come   per  zelo  del  Sabato  interpre- 

(a)  Odyss.  XX.  278.  (£>j  Plutar.  in  quaest.  Rom.  torn.  II.  p.  270.  (c)  Schol. 
Aristophanis  in  Plutum  pag.  3o.  (d)  De  somnio  Scipionis  lib.  1.  p.  3p.  (e)  De 
Iside  et  Osiride  torn.  II.  p.  38i.  (  f)  Hierocles  in  Aurea  Carmina  Carm.  47. 
(g)  Quaest.  in  Exodum.  (h)  De  Opif.  Mundi  pag.  28.  (i)  Lib.  111.  cap.  10. 
(h)  Laert.  in  vita  Platonis  pag.  70.       (/)  Septem  ad  Theb.  v.  73.0. 


2  63 

tano  Clem.  Alessandrino ,  cd  Euscbio  Cesariense  (a) .  V  e  un'altra  ragione  , 
onde  il  sette  sia  dedicato  ad  Apollo  ,  1'  esser  numero  armonioo  ,  essendo  sette 
le  vici  che  compongono  1'  armonia  ,  onde  Virgilio  citato  altrove  parlando 
di  Oifeo.Z)): 

Obloquhur  numeris  septem  discrimina  vncum  . 

Ivi.  ^vs-dofct  dulla  spada  d'  oro  e  epiteto  Omericano  e  di  Virgilio,  che  il 
rese  armatum  auro  (c) ;  sebbene  anco  1'  arco  e  la  faretra  ,  a  detta  di  Callimaco  , 
ha  d'oro  ;  anzi  d'  oro  hail  vestito  ,  e  la  fibula  ,  e  la  lira,  e  i  calzari  (d) ,  di- 
cono  ,  perche  figurato  nel  sole.  Intanto  notisi,  che  a  tempo  di  Omero  ,  Apollo 
era  rappresentato  con  spada  ;  ne'  secoli  posteriori  amaron  gli  artefici  di  armar- 
lo  d'arou  e  di  saette,  inerendo  credo  ad  Omero  nel  principio  dell' lliade  . 

772.  'Oj-^sjt/  t' ,  iycim  ie  etc.  Octavatjue  at  nana,  ambae  dies  mentis  egregie 
crescenti*  ad  curandum  opera  mortalium  .  II  numero  ottavo  ,  non  meno  che  il 
settimo  e  crcduto  pieno  da  M.  Tullio  (e)  :  Nam  quum  aetas  tua  septenos  octies 
solis  anfractus,  reditusque  converter  it  ;  duoque  hi  numeri,  quorum  liter  que  ple- 
nus  ,  alter  altera  de  causa  habetur  ,  circuitu  naturali  summam  tibi  fatalem  con- 
fecerint  i  in  te  unum  ,  atque  in  tiium  nomen  sese  tota  convertit  civitas  .  La  pre- 
rogativa  del  numero  otto  e  1'  essere  primo  cubo  ;  come  lo  denominano  Cle- 
mente  ,  Plutarco  ,  Eulogio ,  Capella  citati  da  Meursio  al  capo  10.  Per  com- 
prendere  il  mistero  di  questo  cubo  ,  basta  far  conto  che  il  quattro  non  sia 
che  una  superficie  chiusa  entro  quattro  punti  ;  a  cui  aggiugnendone  sopra 
altri  quattro,  venga  a  fare  otto;  ed  ecco  formato  il  cubo,  o  sia  il  corpo  so- 
lido  misurabile  per  tutte  e  tie  le  proporzioni  ,  in  lungo  cioe  ,  in  largo,  in 
profondo  .  La  perfezione  anco  di  questo  numero  comprovarono  colle  otto  sfere  . 

Ivi.  11  nono  era  in  uguale  o  maggiore  onore  che  l'otto.  E  Platone  morto 
per  l'appunto  in  eta  di  Ji.  anno  ,  ch'  e  formato  da  nove  vie  nove  ,  fu  percio 
riputato  da' Magi,  che  a  caso  si  trovavano  in  Atene  ,  qualcosa  piu  che  uo- 
mo  ,  e  onorato  con  immolazione  afoggia  di  Nume  ,  o  di  Eroe  almeno  (/).  La 
perfezione  di  questo  numero,  dice  Eulcgio  ,  sta  in  questo;  ch' e  il  primo 
quadrato  ,  perche  risulta  dal  tre  moltiplicato  per  tie  ;  ed  e  il  primo  quadra- 
to  ,  che  risulti  da  numero  impari ,  piii  degno  del  pari,  secondo  i  Pitagorici, 
che  lo  chiamarono  a'suwas^come  dice  un  alti'o  comentatore  .  Giovanni  Pro- 
tospatario  aggiugne  ,  che  questo  numero  era  in  onore  presso  gli  antichi  in 
vigore  delle  nove  Muse.  Virgilio  diversamente  da  Esiodo  ,  ma  non  men  su- 
perstiziosamente : 

nona  fugae  melior  ,   contraria  furtis  (g)  . 

774.  Ev£tx.uT>t  T3  ,  $uu&it.a.T4  n  etc.  Undecimwi  veto  et  duodecimos  ,  ambo  qui- 
dem  boni  ,  hie  quidem  tondendis  ovibus  ,  die  vero  laeris  segttibus  metendis;  duo- 
decinnts  tamen  undecimo  multo  melior.  Per  mictere  ,  Varrone  approva  tutto 
il  contrario  :  quaedam  jacienda  in  agtis  potius  crcscente  luna  ,  quam  senescen- 

(n)  Strom.  V.  pag.  713.  et  Praep.  Evang.  X11I.  7.  {b)  Aen.  VI.  vers.  646. 
(c)  Aen.  III.  v.  517.  (</j  Hymn,  in  Apoll.  v.  32.  (e)  De  Somn.  Scip.  pag.  5. 
(f)  Seneca  epist.  5$.       (g)  Virg.  1.  Georg.  v.  280". 


264 

te;  quaedam  contra,  quae  met  as,  ut  frumenta  et  caeduam  sylvam  (a)  .  Plinio 
al  cuntrario  phi  confurmc  ad  Esiodo  asserisce  ,  che  i  grani  mietuti  a  Luna 
crescente  ,  qual'  e  nell'  undecimo  e  duodecimo  di  della  Luna  ,  nell'  aja  ricre- 
scono  :   Crescente  enim  luna  fmmenta  grandescunt  (b) . 

Ivi  .  Quanto  alle  lane  ,  Varrone  e  di  parer  conforme  ad  Esiodo  :  Ego  ista  etiam  , 
inqitit  Agratius-i  non%  solum  in  ovibus  tondendis  ,  sed  in  meo  copillo  a  patre 
acceptum  servo-)  ne  decrescente  luna  tondens  calvus  fiam  (c)  .  Notisi  il  verbo 
"B-axs/i/ ,  che  propriamente  signiiica  vellere  ;  ma  qui  e  x-sifsu  tondtre,  secondo  gli 
Scoliasti  di  Esiodo  ,  secondo  quel  di  Teocrito  (  v.  98. ),  secondo  Esichio  .  Da'quali 
raccoglie  Clerc  ,  dopo  Bochart  (d)  ,  che  1' uso  di  carpir  le  lane  alle  pecore  , 
benche  fosse  a  Roma  una  volta ,  mai  non  fosse  in  Grecia  ;  e  che  quivi  sem- 
pre  le  tondessero  col  ferro . 

777.  Tw  ydf  tbi  v£  etc.  Hoc  enim  net  fila  in  aere  suspensus  araneus  .  ds^s-iirc- 
•whs  aja^fwj.  11  dotto  Catullo  emulo  questo  verso:  Ne  tenuem  ttxens  suhlimis 
aranea  telam  (?) .  Suidaeil  grand' Etimologico  notano  ,  che  il  nome  di  d%d%vr<; 
quando  ev  di  genere  maschile  e  1' insetto  ,  quando  di  femminile  e  la  tela,  che 
tesse .  Contraddice  a  quest'  asserzione  Eliano  col  fatto ,  scrivendo  :  t»v  Si 
d?d%vluu  v  (f/vs'ii;  a-op>ii/  «j  i \uqyiatr  iS-nnttiqync-i  ,  araneam  vero  natura  sapientem 
ad  textrinum  opus  instituit  (f)  •  II  che  e  piu  secondo  Aristotele  ,  che  il  la- 
voro  e  Ja  caccia,  e  cosi  il  piu.  ascrive  alia  femmina;  e  al  maschio  il  solo 
godere  insieme  colla  femmina  della  preda  :  efyd^ereei  Si  ^  -5-xpsW  *  S»\eta.  ,  # 
S'   dfflw   o-VMUiroXduH  (g)  . 

778.  'Haauf  ix.  ttXhs  j  Die  adulto .  E'  ambiguo  ,  onde  1' abbiamo  reso  anche 
ambiguamente .  11  Gujeto  seguendo  i  greci  chiosatori,  spiega  quel  irXg/a# 
giorno  estivo  ;  giacche  le  giornate  d'  inverno  sono  dimidiate  .  Lo  Scaligero  al 
contrario  ed  il  Clerc  spiegano  en  plein  jour  ,  verso  1'  ora  del  mezzo  giorno. 
Se  ho  a  dire  il  parer  mio ,  la  prima  interpretazione  mi  sodisfa  piu  che  la  se- 
conda  ,  perche  le  mosche  e  gli  altr'insetti  onde  i  ragni  vanno  a  caccia  son 
frequenti  nella  state  ;  e  cosi  facili  a  guastar  le  lor  tele  ,  e  ad  impegnargli  spesso 
a  rinnovarle .  Dico  spesso  ,  perche  non  e  vero  ,  che  sol  d'  estate  lavorino,  e 
come  Proclo  si  esprime  ,  a  Luglio  e  in  Agosto ,  quando  le  giornate  son  lunghe 
assai  ;  molto  meno  e  vero,  che  aspettino  1' undici  e  il  dcdici  della  Luna,  c 
l'ore  piu  calde.  Basta  disfar  le  lor  tele  per  vedergli  subito  in  opra  a  rimet- 
terle  in  ordine  :  e'a'»  Si  t/j  XufJttjvuroa  ii  d^a^vi'a  ,  irdXtv  a^liat  <n$  ulpiig  ,  quod  SI 
quis  laedat  opus  aranei ,  it  enim.  texturam   inchoat ,  dice  Aristotele. 

Ivi.  ots  r  iSqjls  (rafiv  dfxurou  ,  quando  et  prudens  (formica)  acervum  colligit . 
Ecco  un'altra  ragionc  ,  che  impugna  la  sentenza  di  Scaligero  e  del  Clerc. 
Le  fatiche  delle  formiche  si  fan  d' estate,  e  non  sono  legate  ad  ore  calde, 
dicendo  Plinio  (h)  ,  che  operantur  et  noctu  plena  luna,  cio  che  scrivon  anco 
Aristotele  ,  ed  Eliano  citati  dall'Arduino.  E'  degno  di  osservazione  il  nome  , 

(a)  De  R.  R.  1.  37.  (b)  Lib.  XVIII  Jo.  (c)  Ibid.  (of)  Hieroz.  P.  I.  lib. 
II.  c.  4^.  (e)  Cavm.  LXV1I  v. 4*.  (/)  Lib.  I.  pag.  28.  (g)  Histor.  Animal. 
IX.  p.  718.       (h)  L.  XI.  cap.  Jo. 


2(55 

onde  in  Esiodo  e  chiamata  la  formica  quasi  per  eccellenza  '<?&$,  e  vuol  dire, 
come  interpretanoProclo  e  Tzetze  ,  e>Tr«?oj 5  cioe  prudens ,  ch'c  quel che  disse 
Virgilio  inopi  metuens  formica  senectae  . 

779.  T»  <P  ifov  g-Tta-oaiB  ywii  etc.  Et  hoc  die  telam  ordiatur  mulier ,  et  inchoet 
opus.  i$lv  s-iirxiTB  propriamente  vuol  dice  jugum  erigat .  Esichio  /r»'?>  ib  o?S-ov 
%u\o;  wf  vsw'f  y&j  ib  iltpavTix.oi' ,  est  rectum  lignum  navis ,  et  textoiium .  Allude 
all'  antico  modo  di  tessere  .  Collocavano  due  legni  per  ritto ,  a'  quali  racco- 
mandavano  lo  stame  perpendicolarmente  ,  che  appunto  diceasi  ^»fx<av  dird  vi 
S-wctw,  come  in  latino  stamen  a  stando:  dipoi  ritte   con  una   verghetta  termi- 

nata  in  una  punta  vi  andavano  intrecoiando  orizontalmente  la  trama  sub- 
temen;  cominciando  dall'  ima  parte  ,  e  salendo  sempre  verso  la  cima ,  e  cam- 
minando  sempre.  Quindi  Artemidoro:  Tela  recta  mutum  et  peregrinationem 
{in  sumnis)  significat ,  textricem  entm  deambulare  oportet(a) .  Vedesi  tal  fog- 
gia  di  telaio  nel  Codice  di  Virgilio  del  secolo  VII.  che  fu  al  Vaticano  ,  ed  e 
ripoitata  da  Monsignor  Ciampini  fra  gli  antichi  monumenti  (Z>)  ,  e  dal  P.  Lu- 
pi  nell'  epitamo  di  Severa(c;. 

780.  Mufaj  cf  l^a.^xida  T^/.a-x.ouJ'ix.ccrluj  dXiaa-^cu  etc.  Mensis  veto  inchoati  decimo 
tertio  caveto  seme ntem  facer e  invipias :  plantis  educandis  autem  optimus  est-  11 
mese  incominciante  nun  passa  il  dieci  nel  computo  pi  11  recente ;  a'  tempi  di 
Esiodo  arrivava  al  venti  ;  ma  vi  era  ancora  l'altvo  computo  di  /"es-Bvraj  ,  come 
sopra  dichiarammo  .  11  rp/s-xsaei'sjiaW  I^afxiva  (  e  lo  stesso  potria  dirsi  di  simili 
numerazioni )  e  frase  esiodea.  La  giornata,  dicon  gli  Scoliasti  ,  e  Plutarco, 
8  soggetta  al   soverchio  umore  ,   opinione  ,   che  segui  anco  Y  Alamanni  (c£)  : 

Quel  che  siegue  costor,  contrario  al  seme 
E    secondo  al  piantar  :   che  '1  troppo  umore 
Come   in  quello  e  nemico  ,   in  questo   e  caro . 

781.  ev^fi-^cto-dtiu  (non  ix.T?i^ao-Sou  (come  contro  la  fede  di  quasi  tutt'  i  co» 
dici  vuol  Gujeto  )  c  dubbio  se  voglia  dire  innestare ,  o  allevar  le  piante  ;  on- 
de il  Salvini  usa  1' una  e  l'altra  voce.  Secondo  Moscopulo  e  allevarle  .  eig 
to  ev9-fe-{K?$ou  ,  vytsv ,  die' egli  ,  'Kiqftd'h^ajt. »  r&\  fl^d^lai  dva.Si,'OJL  Veiita-ou  dqiavn , 
i.  e.  ad  circumfovendas ,  et  ad  efficiendum  ut  germen  emittant  optimus. 

782.  *E»w  d"  »  nio-an  etc.  Sextus  vero  medius  valde  incommodus  est  plantis  . 
Guasto  e  il  luogo  di  Polluce ,  per  error  di  stampa  ,  ove  cita  questo  verso  (e), 
e  dovea  col  Sebeto  rassettarsi  cosi :  'Hs-zWoj  fiiv  t*.rlw  /uia-lw  <pn<rl y  rtu  g-KTHv  ?&j 
ttxctrlw  \iyuv ;  piuttosto  che  condannarne  1' Autore  ,  come  fa  Clerc . 

783.  'Av<?foyovo$  r  dyaSj  etc.  Viriparus  bonus:  puellae  vero  non  ntilis  esf, 
netjue  tfignendae  primum  ,  neque  nuptui  collocandae  .  S'  ingegna  Proclo  di  dare 
la  ragion  fisica  ,  onde  il  16.  giorno  alia  generazione  delTuomo  sia  prospero  , 
della  donna  infeJire.  A  lui  rimettiamo  il  lettore  vago  di  udir  cose  nuove , 
ma  non  vere . 

785.  OJii   (uiv  »  -spur*  tKTu  etc.  Nee  primus  quidem  sextus  puellae  gignendao 

(a^  Lib.  III.  p.  200.  (b)  Tom.  I.  p.  104.  (c)  Pag.  28.  (d)  Coltiv.  VI.  S3. 
(e)  Lib.  1.  cap.  7.  segm.  63. 

48 


266 

aptus  est .  II  primo  sesto  ,  dice  il  sopra  nominato  Proclo  ,  6  sacro  a  Diana 
che  venne  a  luce  il    di  innanzi  ad  Apollo ,  nato    nel    sefcfcimo  della  luna  •    e 
presto  alia  madve  ,  per  partorirlo  ,  gli  uiizj    di  ostetrice  in  Delo  .  Tanto   as- 
scriscono  Libanio  (a)  ,   e  Servio  (b)  ;  il  quale    da   per    ragione   dell'  allegoria 
che  la  notte  a  cui    presiede  la  Luna  ,  e  anteriore  al  giorno  ,  a   cui    presiede 
il  Sole  .  Che  che  sia  di  cid  ,  alia  favola  si  oppongono  Aristone  ,   e    Callimaco 
e  come  pare  ,  Omero  stesso,  ed  altri  ;  dicendo  chi  che  solo  Apolline  nacque  in 
Delo;  Diana  in  Ortigia  (c)  ;  chi  che  amendue  nacquero   in  Ortigia  ,    chi    che 
l'uno  e  1' altra  in  Creta  .  E' poi  curiosa  la  ragione 3    che  adduce  Proclo  dell' es- 
sere  il  sacro    giorno  di  Diana    felice  per    chi  nasce  uomo  ,    infausto  per  chi 
nasce  donna.  Perche,  dic'egli,  Diana  e  vergine  ,   e  non  voile  mai  generare. 
Ma  perche  non  favoriie  i  parti  delle  fanciulle  ,  e  favorire  que'  de' fanciulli 
che  dovriano  per  la  stessa   ragione  andar  male?   Tutti  quasi  i  MSS.  e   1'  edi- 
zioni  xoy'pii   is  ywi&ou  ,  il  che  perche  sia  mutato  in  xoofyn  non  saprei  dirlo . 

786.  dW  tfi'tpxs  Tu/jvetv  etc.  sed  hoedts  castrandis  ,  et  gregibus  avium ,  et 
stabulo  cirvumsepiendo  pastor ali  benignus  dies  est.  Plinio  al  contrario :  Verres, 
juvencos  ,  a<ietes ,  hoedos  deer  esc  ente  luna  castrato  (J)  ;  e  Columella  (e)  in  locis 
frigidis  ab  idtbus  Martii  usque  in  idus  Majas  omnia  recte  pecora  castranttir . 

788.  'Es-S-Ah'  cf'  dvdqoyivoc,  etc.  Bonus  vero  viriparus  ;  amatque  convicia  loqui  , 
mendaciaque  ,  et  blandos  sermones,  et  occulta  ajl.lojuia  .  Si  dice  questo  giorno 
sacro  a  Venere  ;  e  il  costume,  che  se  ne  deriva  ,  par  proprio  di  quella  Dea  . 
Pitagora  volea,  che  il  sesto  giorno  alcuna  cosa  a  Venere  si  sacriiicasse : 
'AppodVrjf  $i  77  $u<rid%etv  ix-rl'(f)  •  Altre  molte  autorita  aduno  il  Meursio  (o). 
Intanto  noti  il  lettore  ,  come  fin  da'  tempi  di  Esiodo  appaian  vestigj  della 
fscienza  vana  degli  Oroscopi  >  cresciuta  tanto  a' di  di  Manilio ;  di  cui  son  quei 
versi  per  chi   nasce  sotto  il  segno  del  Tauro  (h)  : 

Plt'iadas  duoit ,   quibus  aspirantibrn  almam 
In  lucem  eduntur  Bacchi ,   Venerisque  sequaces  , 
Perqtie  dapes  mensamque  super  petulantia  corda  , 
Et  sale  mordaci  dulces  quaei  entia   risus  .  .  . 
Semper  amare  parum   est ;  cupient  et  amare  videri  • 
J90.  Mxi/df  <f  iySoury  etc.  Octavo  vero  mensis  caprum>  et  bovc.m  valJe  mugien- 
tern,  castrato  ;  mulos  autem  duodecimo  laboriosos  -  L'  otto  della  Luna  nuova  c 
sacro    a  Nettuno  ;  a    cui    s' immolavano    arieti    e    tori:    Taurum    Neptuno  (i) . 
Vuolsi  che  gli  dedicassero  tali  animali  per  essere  di  lor  natura  impetuosis- 
simi  j  com' eg  li  e  ,  e  L>  mostra  specialmente  ne' tremuoti   ascritti  a  lui. 

792..  EixdJi  J'  iv  fXiyotXn  etc.  Victsimo  vero  in  magna,  pic  no  die  3  prudentem 
virum  generato  .  A' versi  778.  si  diehiaro  quella  formola  ^inus  i'»  irXtiu  per  am- 
bigua ,  potendo  significare  e  le  lunghe  e  piene  giornate  di  state  ;  e  V  ora  del 

(a)  Orat.  XXXlI.  torn.  II.  pag.  662.     (b)   Aencid.  111.  v.  74.  pag.  z?S.       (c)  V. 
Spanhemium  Hymn,  in  Delum  p.  477.  et  478.         {d)  XV1I1.   32.       (e)  Lib.  XL 
:  cap.  2.  pag.  753.       (  f )  Jambl.  in  vita  Pythagorae  Lib.  I.  cap.  28.       (.g)  Gr.  fe- 
rial, cap.  8.       (h)  Lib.  V.  pag.  i2p.       (£)  \Tirg.  HI.  Aen.  vers.  up. 


mezzo  di  in  circa .  A  quel  passo  richiamiamo  il  lettore .  11  ventesimo  chia- 
masi  qui  oran  niorno  ,  perche  ha  annessa  la  sorte  principale  fra  le  sorti  de- 
gli  altri  giorni ,  cioe  di  poter  generave  maschio  dotto  ,  saggio ,  d' indole  ele- 
vata  .  Cosi  gl'intcrpreti  .  Ma  essi  nos  frustrantur  ,  dice  l'Einsio,  il  qual  vuo- 
le,  che  si  possan  contare  dieci  ventesimi  ,  cioe  20.  21.  22.  e  cosi  fino  a  2p.  e 
che  questo  sia  L'  ultimo  ,  e  il  gran  ventesimo  .  Si  fonda  in  quel  verso  di  Ari- 
stofane  :  o?uv  dyouj-av  i»v  <rs\>ii>(w  etKoi£u<;(a.) ,  che  a  giudizio  dello  Scoliaste  fa 
contro  lui.  E  senza  cio,  se  il  gran  ventesimo  e  il  29.  perche  in  plurale  Ari- 
stofane  disse  etx.dSa$  ? 

7p3.  [jtdXa  yd%  75  voov  7mrux.y.TUivog  irriv ,  Valde  enim  ammo  strictus;  1.  e.  sa- 
piens est  .  11  Salvini  tradusse  assai.  fedelmente  :  ch'  egli  e  di  mente  assai  ser-- 
rata,  e  stretta;  ed  e  frase  molto  opportuna  a  spiegare  la  felicita  di  quelle 
menti ,  che  molte  idee,  e  cognizioni  disparate  uniscono  strettamente  insie- 
me ,  e  con  giusta  combinazione  le  compongono  ,  e  ne  deducono  conseguenze 
opportune.  I  Greci  amano  assai  questo  parlare,  pvSia  nrunvd  ,consilia  cordata  , 
ruxvd  xfafiH,  prudens  cor  ,  01  iruxvoret'oi  ,  sapientiores  .  I  Latini  poco  lo  frequen- 
tano  :  nondimeno  Manilio  aspiro  anch'  egli  alia  venusta  di  questo  ellenismo 
laddove  disse  (b)  :  stiictas  pondere  mentes  Prudentes  habuere  vvi. 

7P4.  'Ec9-A»  J'  ivi^oyivoz  JgxflfTK.  etc.  Bonus  autem  viriparus  decimus.  Delia  per- 
fezione  del  nuraero  X.  abbiam.  pLLilato  poco  sopra..  Alle  notizie  ivi  addotte 
aggiugniamo  ora  un  passo  di  Capella  al  libro  VII.  decas  vcro  ultra  omnes 
habenda  quae  omnes  numeros  diversae  vii  tutis  et  perfectionis  intra  se  hubet  ; 
e  un  altro  di  S.  Cirillo  in  Osea  al  capo  terzo  :  a-uiifloXov  Si  TsXeioiTfiiis  0  Si** 
tg-iv  d&Spi$ ,  nrowdXeto;  tav  :  symbolum  ve.ro  perfectionis  numerus  est  decimus,  quum 
pirrfectissimus  sit  .  Questa  dottrina  e  anche  di  S.  Agostino  ,  e  di  quanti  altri 
han  prestato  orecchio  a  queste  cose .  Che  se  Esiodo  comtnenda  sopra  tutti  il 
ventesimo  ,  e  da  credere  che  cio  faccia  perche  contiene  il  decimo  due  volte. 

J$5.  ry  Si  n  (uiiXx  etc.  hoc  Vero  et  oves  ,  et  pedes  flectentes  camuros  boves  ,  et  ca- 
nem  asperis  dentibus ,  mulosque  laboriosos  cicurato ,  manum  imponens  .11  palpaie 
i  vitelli  ,  e  a  proporzione  gli  altri  animali  ,  per  cicurarli  ,  e  raccomandato 
da  chiunque  ha  scritto  del  governo  di  essi .  Palladio  (c) :  boves  quum  teneri 
fuerint  frequcnti  manus  attrectatione  mansuescant .  Columella  [d)  aggiunge  il 
venir  loro  davanti  ,  e  lo  spargerli  di  vino,  e  l'usare  una  voce  blanda  :  turn 
demum  ad  alligatos  boves  neque  a  posteriore  parte  ,  rn  que  a  latere  ,  sed  adver- 
su<s  pi acid e ,  et  cum  quadam  vocis  adulatione  venito  .  .  .  mos  etiam  convenit 
tota  tergora  et  tractare  et  respergere  mcro ,  ut  familiar  tores  bubulco  fiant . 

7p8-  T=r-acf  dXevctS-ou  <p$ivoinis  3',  !<;afjtiva  te  etc.  Quarto  die  vites  firdentis  et  in- 
choa  ntis  [menus)  doloribus  canficere  auimum  .Proclo  ci  da  notizia,che  Plutarco 
quattro  versi  (  dovea  dir  due)  ha  stimati  men  degni  di  Esiodo.  Ecco  come 
cio  nun  ostante  nell' atto  di  accusarli  gli  difende  ;  quod  riduulum  sit  prae- 
cipese  ,  non  oportere  dolorcs  iis.diebus  in  s<*  commovere  ,  quasi  vero  per  alios 
quosdam  dies  id  facere  oporteret .    Sed    non   hoc  praecipit :  verum   sacris  hisce 

{a)  Nubcs  v.{i7.       (£)  Lib.  I.  p.  27.       (c)  IV.   12.       (d)  Lib.  VI.  cap.  2. 


2(58 

diebus  maxime  amovendas  actiones  quae  taedio  ac  dolori  sint ,  quas  si  alias 
ut  necessarias  subire  necesse  est,  in  his  non  oportere  ;  sentimento,  che  trascri- 
ve  Moscopulo . 

799.  fjtdXu  Tat  TeisXerpivov  »ftafy  valde  enim  hie  perfectus  est.  Moscopulo  chio- 
sa ,  ifn\e?fjisv)t  tips^x  ,  »?*»  isfd .  11  qual  senso  seguendo  il  Clerc  ,  dice  che 
tutt' i  giorni  piu  solenni  si  passavano  piu  lietamente ;  per  modo  che  non 
entrasse  malinconia  a  intorbidarli .  Tuttavia  il  Salvini  spiega  il  luogo  per 
giorno  peifetto  a  divorare  il  core  col  dolore .  Gli  altri  due  Scoliasti  favori- 
scono  la  sua  versione ;  Proclo  liXnax  «';  -n>  fixd-^ou ,  per  feed  dies  ad  laedendum  ; 
e  Tzetze  :  dironXeo-fA'xrix.ou  etc.  fatales  enim  dies  sunt  hi  ;  et  quomodo  oris  tunc 
affectus ,  ita  diu  permanebis .  Quantunque  la  interpietazione  del  Clerc  piu  ci 
soddisfaccia  ;  abbiam  tuttavia  nella  versione  conservato  1'  equivoco . 

800.  'Ei>  Si  tiTuqTn  (xn-uoz  etc.  quarto  autem  mensis  uxor  em  domum  ducito .  Ma- 
crobio  nel  I.  de'Saturnali  insegna  i  giorni  fausti  a  celebrare  le  nozze:  ncc 
hoc  praetermiserim  quod  nuptiis  copulandis  Kalendas  ,  Nonas ,  Idus  religiosas  , 
id  est  devitandas  c ensue runt  (a) ,  e  siegue  dichiarandone  il  perche.  Ovidio 
nel  VI.  de'  Fasti  (b)   loda  il  14.  di  Giugno  come  acconcissimo  : 

Tunc   mihi   post   sacras  monstratur  Junius  idus 
Utilis   et  nuptis  ,  utilis  esse  vi'is  . 
Ma  Esiodo  loda  il  quarto  giorno  del  mese  ,  dicono,  perche  sacro  a' due  feli« 
cissimi  sposi,  Mercurio  e  Venere . 

801.  Oiuvus  x-^ivag  etc.  observatis  avibus  ,  quae  ad  hanc  rem  sunt  optimae .  Pro- 
clo :  quod  vetus  sit  avium  divinatio ,  his  etiam  probatur  ;  et  quod  eaedem  aves  ad 
alia  quidem  sint  dexterae,  ad  aha  laevae>  plane  declai  avic ,  ajens  :  quae  ad  hanc 
rem  sunt  optimae .  11  che  specialmente  si  avvera  nella  cornacchia,  che  infausta 
per  altre  cose  3  per  nozze  era  fausta  .  Cio  si  credeva }  perche  la  cornacchia  e  sim- 
bolo  di  concordia  maritale ,  come  osserva  dopo  Angelo  Poliziano  (c)  ,  il  P-  la  Cer- 
da  (cZj .  La  stessa  superstizione  di  osservar  gli  uccelli  ne' matrimonj  fu  in  antico 
presso  i  Romani,  come  si  ha  da  Tullio  (e)  ,e  piu  chiaramente  da  Valerio  Massi- 
mo (  f):  quo  ex  more  nuptiis  etiam  nunc  auspices  interponuntur .  Qui  quamvis  auspi- 
cia  petere  desierint,  ipso  tamen  nomine  veteris  consuetudinis  vestigia  usurpant . 

802.  Tie (jtnrvecs  S'  s^aXs'aS-ou .  Quintos  vero  evituto .  Tzetze  limita  questa  super- 
stizione alle  nozze:  gli  altri  la  estendono  al  cominciamento  d' ogni  opera. 
Virgilio  (g)  senza  limitazione  veruna  :  quint  am  fuge;  ove  Servio  :  quint  a  Luna 
nullius  operis  initium  sumas  :  dicirur  enim  hie  numerus  Minervae  esse  constcra- 
tus  ,  quam  sterilem  esse  constats  unde  etiam  omnia  stenlia  quinta  Luna  nata 
esse  dicuntur ,  ut  Orcus ,  Furiae ,  Gigantes ;  come  meglio  spiega  Virgilio  da 
citarsi  nella  nota  seguente. 

803.  'Ev  ire'jUTTTM  ja?  etc.  In  quinto  enim  Furias  ajunt  obambulare  Orcum  vin- 
dicates .  Virgilio  (7i)  rende  la  ragione  soprindicata,  per  cut  questo  di  sia  in- 

(a)  Pag.  325.  (b)  Vers.  223.  (c)  Miscell.  cap.  67.  [d)  In  Eclogam  IX. 
vers.  1 5.  (e)  lib.  II.  de  Divinat.  (/)  Lib.  II.  pag.  24.  (g)  Georg.  I.  277. 
(h)  Loc.  cit. 


2<5p 
fausto  :  pallidas  Orctis ,  Eumenidesque  satae:  turn  partu  Terra  nefandn   Coeum- 
que  Japetumque  creut  <tc.  L'Alamanni  si  attenne  anzi  ad  Esiodo  (a)  : 

Fugga  il  quinto  ciascun  con    quegl' insieme  , 

Ch'  hanno  il  nume    da  lui  :   che  in  cutali  ore 

L'  empie  Furie  infernali  intorno   vanno 

Tutta  empiendo   d'  orror  la  Terra  e   1' onde . 
1  Pitagorici  ,  dice   Proclo  ,   tenevanu  il  numero  cinque  sacro  alia  Giustizia  , 
di  cui  e  proprio  punire  i  malfattori.  E  i  giuiamenti  falsi   fatti  a' cinque    del 
uiese  ,  eianu   puniti  di  morte   ne' medesimi  di ;  come  arterma  Gio.  Tzetze  trop- 
po  credulo  in   qucsto  articolo  . 

804.  wi''E2/j  te'*s  nrn[x  tirio^naig ,  quern  Eris  in  perniuiem  pcperit  perjurorum  . 
Quest' Oreo  fu  finto  da  Esiodo  a'  versi  2.3  1  -  della  Teogonia  qua!  preside  dei 
giuiamenti.  Per  distinguerlo  da  Oreo  Plutone  ,  il  Clerc  vuol  che  si  scriva 
con  aspii azione  ,    come  per  testimonio  di  Servio  al  citato  luugo  ,  faceva  Probo  . 

805.  Mg's-o-M  d'  zfidouarn  etc.  Medio  vero  septimo  Cerei is  sac  am  mnnus  diligen- 
ter  inspiciens  bene  aequata  in  area  ventilate) .  Plinio  (b)  :  Ventilari  quoque  et 
Condi  frumenta-}  ac  legttniina  citra  extremam  Lunam  jubent.  Dell'  aja  dXta>l  non 
a'Xo;?  com'  e  in  Clerc,  bene    appianata  ,  v.  al  verso  Jpp. 

807.  uXot6[jov  re  la^iiv  "S-a^ay-nVa  <SS?a,  arborumque  sector  incidito  cubicularia 
liana  .  Columella  (c)  ,  e  Palladio  (d)  vogliono  ,  che  si  aspetti  pel  taglio  delle 
le<*na  la  luna  scema  .  E  Varrone  nota ,  che  quanto  piu  e  scema  la  luna,  tanto 
ineglio  riescono  alcune  operazioni  ,  fra  le  quali  e  l'ulotomia:  Et  si  qua  sene- 
icente  (  Luna  )  fieri  conven:ret ,  melius  quanto  minus  habei  et  ignis  id  asti  um  (e)  ; 
ragione  per  cui  1' Alamanni  al  precetto  d' Esiodo,  che  a' 17.  del  mese  vuol 
(*he  s'incida  il  legname  .  aggiunse   quest' altra  opinione  1  f)  : 

Pu'sse  in   questo   atterrar  ne  i  boschi  alpestri 
L' alto  robusto   pin,  1' abete  ,  e   ']  faggio 
Nel  verno    a    fabbiicar  palazzi  ,  e  navi  ; 
Benche  fuise  indugiar  quando  e  piu  scema 
L' alma  sua  luce  in  Ciel ,  non  spiace  a   molti. 

808.  N»'(3  is  ty'ka  iro\ku  etc.  Navaliaque  ligna  multa  ,  et  quae  navibus  con- 
grua  sunt.  Altii  vog'iiono,  che  i  legni  ,  che  deono  lottar  coll'  acqua  si  at- 
terrino  nel  giorno  del  novilunio;  nel  qual  pioposito  e  da  sentir  Plinio  (g  ) : 
Infinitum  nfert  et  lunarcs  latio;  nee  nisi  a  vigesima  in  trigttimam  caedi  vo- 
Iwit  .  lnt<r  nmnes  vero  couv<  nit  utdissime  incoitu  Lunae  sterni,  qucm  diem 
alii  interlunium  ,  alii  silentis  Lunae  appellant .  Sic  certe  Tib<  rius  Caesar  ,  ooncre- 
mato  potite   naumachiarin  ,  lai ices  ad   restituendum  caedi   in  Rhetia  praejinivit 

Hop.  TiTfC.Ji  6''  a^xi7^ou  etc.  Quai  to  veto  incipito  naves  cumpmgere  tenues . 
Tenues  tradusse  il  Clerc  ,  aliuiiendu  alia  sotligliezza  delle  pareti  delle  navi  : 
poteva  traduisi  anche   levis  ;  giacche  Moscopulo  e  Proclo   comentan  xoj/ipas . 

(a)  Coltivazionc.  Lib.  VI.  v.  67.  (£)  Lib.  XVIU.  e.  11.  (c  Lib,  XI.  c.  2. 
(d)  Lib.  11.  titolo  22.  (e;  Lib.  J.  cap.  I7.  (_f)  L.  pied.  ver.  74.  (g )  Lib. 
XVI.  cap.  3p. 

49 


810.  E/V«f  cT  »  pi<?an  eV/cTg/sXa  Wrac  «.««?»  Nanus  autcxn  medius  pomeridiarius 
melior  dies.  Catone  (a)  .•  Matenem  omnem  quum  ejfadies  Luna  decreacente  exi- 
mito  post  meridiem.  Proclo  :  neipie  mtegros  wodo  dies  iputarunt  nonnulli  fa- 
tum  habere  bonum  ,  ad  auaedam  opera  ordienda  ;  sed  et  partes  diei  ;  nella  qual 
divjsione  niuno  cerchi  press*)  gli  antichissimi  le  ore,  che  lovo  furono  ignote  . 
N«n  parlo  degli  Egizj :  in  Omero,  e  in  Esiod"  nun  ve  n' c  segno;  e  i  Latini 
compilatori  delle  dodici  tavole  nun    le  conobbero  . 

8 1 1 •  n?«T/;w  d"  Hvui  etc  Piimus  vero  nonw>  prorsus  innocuus  hominibus  .  Bo- 
nus siuuidem  est  ad  plantandum  ,  et  generandum,  tamviro  quam  mulieri .  Virgi- 
lio,  come  dicemmo  ,  al.  nono  del  mese  annette  il  destino  d' esser  buono  a  fug- 
gire  ,  contrario  a'fuiti  :  al  pianta-r  viti  ,  al  domare  i  buoi  ,  al  tessere  prefe- 
risce  il  diciassette . 

814.  Ylxvqoi  cT'  ctJT  Ivan  ,  rn/.a-iivdi'a  ulu>o$  dqi^hu  etc.  Pauci  vero  rursus  sciunt 
tertium  nonum  mensis  optimum  rehnendis  dolus,  et  ad  jtiguni  collo  imponen.' 
dum  bobus  et  mutis;  et  ec/uis  oeleribus  .  Vi  e  stato  disparer  fra  gl'  lnterpreti 
au  la  voce  T:iTtrsa&a ,  che  signiiica  tre  volte  nove .  Presa  ncll' ovvio  senso  vuol 
dir  27.  e  questo  signiricato  le  die  Gujeto  Presa  in  senso  piii  recondito  signi- 
fica  la  terza  volta  che  il  nove  si  dice  in  un  mese;  cioe  a'  nove  >  a'  dicianno- 
ve ,  a'ventinove;  e  questo  c  il  vero  significato  che  qui  le  danno  i  greci 
Scoliasti ,  e  il  latino  Clerc- 

8 1  5  -"A?%a£-od  is  irt'ds,  relinendo  dolio  .  Circa  il  doglio  ,  a'versi  8i5.  consiglia 
a  saggiarne  il  vino  ai  2p-  del  mese  ;  ma  a  manometterlo  ,  a'versi  8ip.  consi- 
glia  il  14.  del  mese  ,  che  seguita  ,  o  di  altro  mese.  Proclo  mi  fa  luce  a  que- 
sta  interpretazione  ,  ove  cosi  si  spiega  :  xgXj'ug/  tiv  iri^ov  dvoiynv  .^  w  otvts 
nrtt^af  AotfxfidvHv  ,  jubet  ape)  ire  dolium  ,   et   vim  capere  experimentum  . 

817.  N>Ta  iro\ux.Anifa  etc.  Navem  multa  transtra  habentem  eclerrm  deducito  in 
nigrum  pontum .  oivoirci  nrovtav  e  la  frase  di  Esiodo  ,  il  qua]  voile  dire,  che  il 
mare  avea  colore  di  vino.  Gujeto  tradusse  purpurenm  ,  Clerc  nigrum.  C  me 
poter  conciliate  l'una  con  F  altra  spiegazione  v  a'versi  5p~  V.  ancora  il 
dotto  Francesco  Redi  nelle  Annotazioni  al  Ditirambo  pag.  1 81  •  il  quale  par 
che  lo  prenda  per  un  rosso,  che  tira  al  nero. 

818.  Travqoi  Si  r  dXfiS-e'rt  Kix.AHs-xuTi  ,  Sed  pauci  verum  die  tint  .  1  Greci  Scolia- 
sti credono ,  che  cio  sia  detto  in  proposito  degli  Ateniesi  ,  i  quali  non  chia- 
mavano  quel  giorno  col  vero  suo    nome  . 

8ip.  TiT(>d$i  J'  oiys  vrifrov  etc.  Quarto  vero  aperi  dolium  .  Piae  omnibus  Nacer 
dies  est  medius .  Fral'818.  e  V  8  ip.  versi  ,  F  edizionc  del  Trincavello  interpo- 
ne3  dice  il  diligentissimo  Loesnero  ,  un  verso  di  questo  tenore  : 

T»jUO{  dSfKotan  irtAtmt   T{xv$-*ira,    o-idnq<». 

Tunc  immunis  carie  (  cor.  a ^oxtbtotw    est  recisa  fcrro  ; 
ch' e  rifevito  da   noi  e  spiegalo  a' v.  420.    Mi   fa  meraviglia  ,  che  la  edipionfc 
del  Trincavello    regolata   sul    prezioso   Codicc    di    Demetrio    Triclinio  ,    per 
quanto  mi  assicura  il  Sig.  Abate  Morelli  eclebratissimo  Bibliotecario  di  San 

{a)   Cap.  Ii. 


27 1 

Marco,  abbia  in  luogo  cosi  impropvio  ,  ed  alieno  quel  verso.  Ma  da  cio  me- 
desimo  il  Lettore  potra  comprendere  quanto  quest' opera  abbia  bisogno  di 
esser  rettiiicata  su  bu^ni  MSS.  Pruclo  riporta  questo  medesimo  verso  in  luo- 
go pia  pioprio  ,  cioe  tra  il  v.  808.  e  il  v.  809.  ove  si  fa  raenzione  di  taglio 
di  legnaine  .  N  <ndimeno  lo  credo  anche  ivi  fuor  di  lu<>go  per  quel  iriXovrcu  con 
cui  termina  il  v.  808.  e  mi  par  difficile  ch' Esiodo  abbia  voluto  metterlo  si 
appresso   al  irtXemi  del  verso  insitizio . 

Ivi .  II  precetto  e  di  aptir  la  botte  il  decimoquarto  del  mese  .  In  Atene 
era  una  festa  di  Bacco  detta  HtSoiytu  (a)  ,  che  celebravasi  agli  undici  del 
mese  Antesterione ,  in  cui  le  primizie  gustavano  del  nuuvo  vino  padroni, 
amici  ,  servi  in  abbundanza  ;  e  i  Latini  avean  per  costume  di  fame  prima 
una  libazione  ,  pregando ,che  loro  non  nuoeesse  ,  magiovasse  anzi  alia  salute. 

820.  nrav^oi  «?'  ajre  utr  eixaJa  etc.  pauci  vero  post  vicesvnum  mentis  optimum  , 
aurora  existente  ,  poineridianus  vero  est  detcrior  .  Ms^erw  •  irxvqoi  S~  ctu  re  wgr'  six.aJ'ce 
rtkus;  d^i^luj  e  in  buona  parte  de' nostri  codici ,  e  in  quasi  tutt' i  libti  MSS. 
cd  editi  confrontati  da  Loesnero ,  che  non  son  pocbi  ,  e  quel  ch' e  piu.  in 
Proclo  e  in  Moscopulo .  Non  veggo  perche  abbia  a  ritenersi  il  pzaann  ,  e  le 
altre  correzioni  del  Grevio  ,  che  appena  han  l' appoggio  di  uno  o  due  dei 
nostri  codici.  Ma  e  piu  elegante  scriver  cosi.  Sia  .  Cerchiam  noi  di  emen- 
dare  il  menu  elegante  ,  o  di  rapprcsentare  il  vero  testo  di  Esiodo  per  quanto 
si  puo  ?  Non  mi  diparto  intanto  dalla  opinione  del  Guieto  ,  il  quale  vuole  che 
fxir  tindfa  sia  il  24.  del  mese  .  Tzetze  e  Giovanni  Protospatario  lo  prendono  pel 
21.  dicendo  il  secondo,  che  gli  Ateniesi  appunto  cosi  chiamavano  il  21.  pf* 
ux-afa  .  Ma  questa  pare  un' appellazione  nata  dopo  i  tempi  d'Esiodo  ,  e  nella 
eta  di  Solone  .  A'  tempi  di  Esiodo  si  procedeva  piii  semplicemente  ;  e  uno  , 
due,  tie  ,  quattro  dopo  il  venti  erano  2t.  22-  23.  24.  e  cosi  nel  resto. 

822.  A?rfe  uiv  riui^ax  e€c-  Et  hi  qiiidem  dies  sunt  huminibus  magna  commodo . 
Abbiam  da  ultimo  riservato  1'  esame  su  1'  influsso  lunare  ,  aociocehe  detto 
tutto  ,  potcssimo  sceverarne  il  vero  dal  falso  ,  il  probabile  dall' inverisimile  . 
Che  la  luna  iniluisca  su  le  opere  meramente  morali  ,  quale  il  menare  a  casa 
!a  donna  ,  e  solenne  supeistizione  .  Che  possa  influire  in  alcune  opere  iisi- 
che  ,  qual  e  il  tagliar  de'  legnami  ,  e  il  riporre  il  vino  ,  e  qucstione  ;  ma  non 
tale  ,  che  possano  adattaisi  gl'  istessi  giorni  a  ogni  clima;  ma  forse  regolan- 
dosi  ogni  clima  con  particolari  ,  e  per  lungo  tempo  comprovate  osservazioni . 
Qu<;llo  ch' e  certo  si  e  ,  che  la  luna  agisce  sulla  nostra  atmosfera  come  sul 
mare;  pioducendovi  un  continu  .  movimento  di  flusso  e  riflusso  ,  a  cui  son 
legate  le  meteore  ,  che  tanto  influiscono  nella  economia  vegetabile  ed  ani- 
male  .  Prova  dell'azione  della  luna  nella  nostra  atmosfera  e  il  barometro, 
che  si  alza  quando  la  luna  e  nel  suo  apogeo  ,  e  si  abbassa  quundo  e  la  luna 
nel  perigeo  (b)  .  Escludoila  dunque  afiatto  da  qualunque  influenza  su  le  cose 
sublunari  e  stato  un  pregiudizio  di  que' dotti,  a' quali  e  bastato  il  veder  che 


(a)   Plutarch.  Sympos.  111.  quaest.  7. 
torn.  11.  p.  87. 


(b/   Cours  complet    d'  agriculture. 


il  popolo  troppo  si  era  abbandonato  a  queste  osservazioni  per  condannarle 
Lutte  .  Tutte  condannar  non  si  possono;  ma  secondo  i  cliini,  come  io  dice- 
va  ,  adottarle  ,  non  contentandosi  di  osservazioni  di  pochi  anni,  ma  attenen- 
dosi  alia   storia  d\  molti   e  molti  . 

82.3.  A/  $'  dXXai  (j.iTufts'irot  etc.  Ceteri  autem  (dies)  cassi  sunt,  nihil  fati  ha- 
bentes  ,  nihil  ferentes  ;  sed  aim*  alium  laudat ;  pauci  vero  riorum.  Abbiam  se- 
guita  nella  versione  la  bella  nota  di  Guieto  nel  primo  verso.  Pochi,  con- 
chiude  Esiodo  ,  sanno  il  vero  ;  anzi  ,  conchiude  Plutarco  ,  nelle  cose  morali, 
niuno ;  in  un  giorno  medesimo  i  Romanic  furon  vinti  sotto  Cepione  da'Cim- 
.  bri,  e  sotto  Lucullo  vinser  Tigrane  e  gli  Armenj  (a)  .  Le  Calende  le  None  , 
le  1  di  erano  presso  loro  in  osservazione  ,  guardandosi  da' giorni  che  imme- 
diatamente  lor  succedevano;  e  pure  in  tai  giorni  avvenner  loro  cose  van- 
taggiusissime .  Gli  Ateniesi>  nota  ^ruclo  ,  ebbono  un  calendariu  di  giorni 
fausti  ed  infausti  proprio  loro,  e  diverso  da  tutti  gli  altii:  non  prova  que- 
sta  incoerenza  medesima ,  oltre  mille  altri  fondamenti,  che  il  tenor  dei 
giorni  e  noto    non  a  pochi,  come   dice  il  Poeta  ,   ma  a   niunu? 

825.  "AWore  u»r^Lin  triXtt  tifts?*  ,  aWojs  i-Mivq  ,  Inter dum  noverca  est  dies,in- 
terdum  mater.  Gellio  (b)  cita  questo  verso,  e  vi  fa  questa  chiosa  :  eo  ve<su 
signiflcatitr  ,  non  omni  die  bene  esse  posse,  sed  istu  bene  ,  ataue  alio  male  :  ch'e 
cio  che  disse  !'  Alamanni  (c)  : 

Che  matrigna  talor  ,  tal  volta  madre 
Vien  la  luce  del   di  nell'  opre  umane  . 
Con   simil  metafora  parla  Claudiano  (d)  della  Terra,  quando  comincio  a  ne- 
gare  il  vitto  spontaneo  a'mortali: 

Sed  jam  quae  genitrix  mortalibus  ante  fuisset 
In  dirae  subito  mores  transire  novercae . 

827.  dvouriog  dS-owuisis-iv ,  Inculpatus  Diis .  L' essere  innoccnte  presso  gli  Dei 
va  connesso  con  ci6  che  siegue ,  in  quanto  il  giusto  ,  dice  il  Poeta,  serva 
gli  augurj  ,  che  ci  manifestano  il  voler  degli  Dei  ,  e  schiva  il  soverchio  , 
ch'e  contrario  al  modo  ,  alia  misura  delle  umane  azioni ,  prescritta  dagli 
Dei  ,  e  raccomandata  tanto  da  Esiodo:  Tlavruv  uir$ov  d&^ov  vnrtf/3a<rt'»  J  akt- 
eii")  ,  Omnium  optimus  est  modus;  tiansgreaio  vero  vitanda ,   dice  Focilide  . 

(a)  In  Camillo  (Z>)  Lib.  XVII.  cap.  12.  (c)  Loc.  cit.  r.py.  (d)  Deraptu 
Proserp.  111.  pag.  27. 


273. 
Codices    quibus  ad  emendandum    Hesiodum   usi 

sumus  in  locis  magis  dubiis,  et  controversis . 


lA-mbrosiani  sex.  Contulit  Clar.  D.  Aloysius  Buchettus  anno  1774.  non 
observato  plutei  et  libri  numero,  cui  quique  codices  responderent .  Is  Medio- 
lano  Venetias  traductus,  et  R.  librorum  Censor  dictus  ,  repetere  memoriam 
facti  non  potuit  .  Opere  functus  est  diligenter  ;  immortalemque  eidem  ha- 
beo  eruditi  laboris  giatiam  ;  quern  si  alicubi  imperfectum  reliquit  ,  facile  ex- 
cusabitur  a  lectore,  qui  sciat  distracto  eum  animo  ,  atque  occupatissimo  per 
id  tempus  fuisse . 

Britannicus  I.  2.  3.  exhihiti  sunt  a  Robinsonio  in  Hesiodi  laudatissima 
editione  :  eos  autem  Bodlejanos  nominat  num.699.  et23l.et  60  ;  quos  nos 
primum  ,  et  secundum,  et  tertium  Cod.  Britannicum  nominamus.  Quartu: 
Britannicus  codex  est,  quern  a  R.  Societate  Londinensi  profectum  ipse  Ro- 
binsonius  versavit  .  Quintus  codex  ,  quem  Coislianum  idem  auctor  appel- 
lat ,  non  nisi  ex  loco  ,  unde  prodiit  ,  codex  Britannicus  nuncupatuf  ;  cete- 
rum  ejus  notitiam  in  primo  Gallico  requiras  .  Sextus  et  Septimus  Britanni- 
cus quam  habeant  patriam  iguoro;  nisi  quod  ad  Jo.  Georgium  Giaevium 
ec\s  misit  ex  Anglia  Isaacus  Vossius  chartaceos  ,  et  recentes ;  quorum  pri- 
mus glossas  interlineares  continebat  ,  secundus  non  item  .  Multa  in  eorura 
commendationem  ,  primi  praesertim  ,  v-ir  doctissimus  scribit :  ego  vero  tarn 
saepe  dissentientem  a.  Scholiastis  ,  a  celeberrimis  editionibus  ,  a  codicibus 
reliquis  ,  quos  videre  Graevius  non  poterat,  non  magni  pendo;  immo  si  quid 
in  observationibus  hesiodeis  auctor  peccat ,  in  hoc  codice  inculcando  ,  de- 
fendendo  ,  sequendo  ,  ni  fallor ,  plerumque  peccat.  De  quo  licuit  ei  dicere 
Phaedrianum  illud  :  Carbonem,  ut  ajunt ,  pro  thesauro  invenimus . 

Florentini  sunt  ,  quos  extra  Bibliothecam  Laurentianam  Florentiae  repe- 
ri ,  alterum  apud  PP.  Benedictinos  optimis  animadversionibus  ornatum  ,  et 
figuris  aratri  veteris  insignem  ;  alterum  apud  NN.  Richardios  ,  quem  eru- 
ditissimi  Ab.  del  Signore  beneficio  tractare  licuit.  Chartaceus  uterque ,  sed 
optimae  notae  . 

Gallicus  primus  Procli  is  est ,  quem  Marquardi  Gudii  manu  postea  exa- 
ratum  Graevius  legit ,  et  a  Vossiano  II.  distinxit  pag.  46.  et  22.  Itaque  miror 
CI.  Montfauconium  eundem  esse  cum  Vossiano  affirmare  .  Gallicus  secun- 
dus ,  ut  nuper  dixi ,  Coislianus  a  Robinsonio  appellatur .  Fuit  autem  in 
bibliotheca  Cancellarii  Seguerii ,  et  variantes  ejus  lectiones  cum  editione 
Clerici  collatas  misit  ad  Robinsonium  P.  Montfauconius  .  Gallicus  tertius  is 
est  j  quo  CI.  Brunckius  R.  Inscriptionum  Academiae  Socius  usus  est ,  eumque 
petitum  a  R.  Bibliotheca,  et  ni  fallor  optimum,  Regium  vocat . 

Germanicos  voco  a  Vindobonensi  bibliotheca  diversos  ,  quos  bene  de 
Hesiodo  merentissimms  Chr.  Frid.  Loesnerus  consuluit  in  Poetae  editione. 
Horum  primum  nomino  Lipsiensis  bibliothecae  Senatoriae  proprium ;  secun- 
dum vero  bibliothecae  Paullinae  Lipsiensis,  quem  Academicum  simpliciter 
auctor  appellat  •,  uterque  chartaceus  est  ,  uterque  ad  initia  circiter  quinti- 
decimi  saeculi  referendus  .  Tertius  est  bibliothecae  Augustanae  ,  ab  eodem 
Loesnero  citatus  ,  et  ab  Heingero  ,  et  Reisero  ante  descriptus  in  catalogo 
Manuscriptorum   ejus  bibliothecae  . 

Mediceos  novem  contuli  an.  in3.  et  diligentius  C.  V.  Gaspar  Bencinius 
bibliothecae  Laurentianae  Pro-Bibliothecarius  an.  1806.  eos  item  descripsit 
luculenter.  Primus  e  pluteo  est  XXXI.  codex  5.  saeculi  XIV.  chartaceus, 
quod  intelligo  ,  si  quid  in  contrarium  non  moneo  ,  cum  commentariis  ad 
marginem  ,    et  glossis  interlinearibus  .    II.  eodem  ex  pluteo  est  codex  23. 

5° 


2*24 

saeculi  XV.  ceterum  supenoii  persimilis  .  III.  codex  ejusdem  plutei  est 
n.  24.  saeculi  XVI.  cum  glossis.  IV.  codex  2?.  plutei  ejusdem  ,  saeculi  XIII. 
cum  glossis  ab  alia  manu  aaeculi  XVI.  pluribus  paginis  suppletus  .  V.  co- 
dex plutei  ejusdem  29.  membranaceUs  cum  glossis  .  Pertinet  ad  saec.  XII. 
fortasse  ad  XI.  Celeri  licet  manu  conscriptus,  pretiosus  est,  lectiones  ,  no- 
tasque  continet  valde  observabiles  .  VI.  codex  est  e  pluteo  XXXII.  uti  se- 
quentes  ,  num.2,  positus  ,  e  saeculo  XIV.  cum  scholiis  ,  ct  glossis.  VII.  si- 
milis,  sed  sign.  num.  16.  et  ad  sacc.  XIII.  pertinens;  optimae  notae  .  VIII.  36. 
saec.  XV.  cum  glossis  non  perpetuis  .  IX.  codex  41.  membranaceus  saec.  XVI. 

Vaticanos  quatuordecim  contulit  mihi  amicissimus  Cajet.  Mavinius  ejus- 
dem bibliothecae  custos  primus,  et  Tabulario  S.  Sedis  Praefectus,  Sanctis- 
simi  D.N.  Pii  VII.  Cubiculaiius  ;  quos  etiam  descripsit ,  et  perhumaniter 
mecum  communicavit  :  sunt  autem  chaitacei  omnes.  I.  num.  53.  saec.  XIV. 
II.  num.  44.  saec.  XIII.  cum  commentario  Tzetzis  .  III.  num.  49.  saec.  ejus- 
dem cum  commentario  Procli:  deest  aliquid  .  IV.  V.  num.  5o.  et  num.  5l. 
saeculi  ejusdem  cum  scholiis.  VI.  num.  Sj-  saec.  XIII.  multum  deest. 
VII.   num.  121.  saec.  XIII.  cum   scholiis.  VIII.   num.  92.  saec.  XV. 

Codices  qui  sequuntur  nuniero  quinque  ad  Fulvium  Ursinum  V.  C.  perti- 
nuerunt.-  IX.  codex  l3 1 1 .  cum  scholiis  est  saec.  XV.  X.  codex  cum 
scholiis  imperfectus  est ,  et  revocatur  ad  saec.  XIII.  uti  etiam  XI.  qui  nota- 
tur  nuniero  Io63.  XII.  vero  qui  notatur  numero  1384.  et  XIII.  qui  nota- 
tur  numero  1421.  pertinent  ad__saeculum  XV.  et  scholia  habent.  XlV.  de- 
nique  cum  scholiis  Reginae  Christinae  olim  fuit,  et  ad  saec.  XIV.  referri 
debet . 

Vindobonenses.  habui  VII.  quorum  notitia  est  in  libro  Danielis  Nessel , 
cui  titulus  :  Com  meat  aria  Lambeciana  Viennae ,  et  Norimbergae  1790.  qui 
omnes  chaitacei,  eodemque  ordine  a  Nesselio  citantur  v.  Hesiodus .  Con- 
tulit autem  ,  sive  conferri  curavit  amicissimus  mihi  Josephus  Eckellius  eo 
tempore  Musei  Imp.  et  Reg.  Praeses  .  I.  Codex  est  inter  Medicos  16.  im- 
perfectus  ,  et  saeculi  XV.  II.  198.  et  reliqui  inter  Philosophicos  ,  omnei 
saeculi  XV.  omnes  imperfecti  praeter  sequentem  .  III.  qui  signatur  num.  200. 
et  integer  est.  IV.  qui  habet  num.  242.  V.  habet  num.  256.  VI.  num.  289. 
VII.  n.  292. 

Tantam  codicum  messem  ,  quantam  vix  ulli  aut  Graeco  ,  aut  Latino  re- 
cognoscendo,  atque  emendando  paratam  esse  autumo,  mihi  praesto  esse 
duxi -,  ut  videas  ,  lector  humanissime,  quantopere  inemendatum  Hesiodum 
haberemus ,  et  quot  passim  locis  emendandum  .  Neque  enim  fieri  potuit  , 
ut  integer  uno  in  Codice  ,  quern  Graevius  tanti  fecerat  ,  traditus  nobis  esset ; 
in  reliquis' autem  e  tot  locis  Orbis  Terrae  congestis  nonnisi  corruptus  le- 
geretur ;  conjecturae  autem  quibus  ad  eum  emendandum  Usi  erant  Hein- 
sius  ,  Gujetus ,  Graevius  ipse,  Clericus,  Robinsonius,  Brunckius  ,  tanti  fa- 
ciendae  non  esse  videntur ,  saltern  communiter,  quanti  tot  codicum,  addo 
etiam  tot  editionum,  et  ut  longius  provehatur  oratio  ,  tot  antiquoium  in 
Hesiodo  citando  vel  explicando  consensus  .  At  grammatici  erant  primae  notae 
qui  emendarant  .  Nimirum  grammatici  posterioris  multo  temporis,  qui 
licentias  ,  qui  metrum  ,  qui  leges  ,  quas  Hesiodus  Ascrae  sequebatur  ,  igno- 
rabant  .  Quae  quidem  aut  in  MSS.  et  in  veteribu-;  requirendae ,  aut  de  tarn 
veteri  pceta  emendando  desperandum  est  .  Quare  habe  tibi  hoc  qualecum- 
que  opus  ,  in  quo  si  complura  ,  humanissime  lector,  requires  ,  quae  tenuitati6 
nostrae  modum  excedebant ,  illiid  tamen  spero  percipies  commodum,  quod 
antiquissimum  Poetarum  graccorum  mendis  expurgatum  compluribus,  qua* 
correctionum  nomine  viri  summi  sed  codicum  indigentes  adspeiscrant,  ex- 
purgatum, inquam  ,  atque  emaculatum  habebis  .  Vale. 


Vulgatae  lectiones . 
2.  Asw-re  <f>t  twinrBts 

Ambros.  I.  2  3.6. 
Med.  I.  2.3.  4.  7.  8.  9. 
Vat.  3  4  6.  9. 10.  1 1. 12. 14. 
Vind.  I.  4.  5. 
Schol.  omnes,  Dio  Chr. 

S.   f«a  fitv  , .  . 
Omnes  codd. 

5.    ?Va  ciV 
Ambr.  I.  2.  3.  4.  6 
Med.  5. 
Vat.  1.  2.  13. 
Vind. 
Flor.  1.  2. 


Lectiones  aliae . 


zxs 


dv 

Ambr.  4. 
Med  5.  (5. 
Vat.  2.  7.  i3. 
Vind.  3. 


lo.   rTefyji 
Ambr.  6. 
Med.  1.2.3. 
Vat.  4.  6. 
Vind. 

Scholiastae  omnes  . 
Editiones  omnes . 
Flor.  I.  innotis  ru  Tii^trvt . 


Aid.  Steph.  Com.  Heins. 
Eust.  in  t  Horn. 


8  Viirirs 

5. 

5. 

2.  5.  S. 

2. 


f  e'a  dg 

Ambr.  5. 

Med.  reliqui.  Flor.  I.  2. 

Vat.3.4.5.6.  7.9. 10.  11. 12. 14. 

Vind.  I.  2.  3.  4.  5. 

f.  Omnes  Codd.  Robin,  fereo- 

mnes  Loesner.  Aid.  Jun.  1.2. 
Trine.  Steph.  Com.  Heins. 
Aristid.  p.  363. 

ne'pcrw  sine  jota  subscripto 

Ambr.  1.  2.  3.  4.  5. 

Med.  4  5.  6.  7.  8.  9. 

Vat.  1. 3. 5.7.8.9.10.11.12.13. 14. 

Vind.  1.2.3.4.5. 

Flor.  2. 


12.  iiraxvyia-tii 
Ambr.  4.  5.  6. 
Med.  6.  7. 
Vat.  12. 


Vind. 


ip.    Fflf/'jlf   fy 

Gujetus  ex    debili    c 
ctura . 


onje- 


22.     CtfBflUeVOU 

Ambr.  2.  3.  6. 

Florent. 

Med.  1.  2.3.8. 

Vat.  i.3  4.  5.  11.  i3.  14. 

Vind.  1.  2.  4. 

Tzetz.  Moschopul. 


25.    xtfapto's   xfpctUM 
Omnes  Interpretes  ,  et  li- 


inruAvtvcmt 
Ambr. 

Med   2.  3.  4.  8.9. 
Vat.  3.  4.  6.  1 1.      ivcuvn'ette  14. 
CUm  *  supra  w.      gVoo'gWws  1- 
10.  cum  w  supra  i. 
Vind.  1.3. 
Procl. 

ra/«j  t'  iv 

Codices  omnes.  Editi  libri  an- 
te Gujetum  omnes.. 

dgofitveu 

1.4  5. 

I.  2  uqiutvett  cum  *»  supra  0 

4-  5   7-9- 

8.  12. 

3. 

Gall.  3. 

Stob.  Serm.  29. 

Kt^af-iH  xt^afXi'Jf 

Aristoteles,  qui  V.  de  Rep.  cap. 


aqufjtwai 


'2.6.  1.  9.  IO. 

5. 


n6 


Vulgatae  lectiones  . 


Lectiones  aliae . 


bri  editi  et  MSS.  item  Plato     io.  citat  Hesiodi  non  verba,  sed 
et  antiqui  quinque  .  V.  no-     sensum  . 
tas  . 


io.  "ilfW 
Atnbr.  2.  4.  5, 
Flor.  1 .  2. 
Med.  6.  7. 


"&<>■»  cum  adspiratione 
1.2.6. 


I.  2.  3.  4. 8.  9.  in  5.  erat  spiritus 
lenis  . 

Vat.  1.2.4.6.7.8.9.10.12.13.     5.  11.  14. 
Vind.  3.  4.  1.5. 

Schol.  omnes  .  Edit,  fere  o- 
mnes.Suidas.  Int.  Sopho- 
clis  ,  et  Glossator  Hesiodi . 


33.  oipAXo/f 
Codd.  fere  omnes  .  Schol. 
omnes.  Edit,  omnes . 

Ambr.  I.  4.  5.  6. 
Med.  1.2.3.4.6.7.8.9. 
Vat.  2.3.  4.  8.9..  io.  11.  12. 

13    14. 
Vind.  1.2.  5. 
Int. omnes.  Edit,  reliquae. 


37.  *AXXa   rt  nroXkd.  'AXXa'  itc  troWa 

Lectio  intentata  usque  ad     Guj.  solus  jubet ,  lege  a'XXa  t* 
Gujetum  .  cui  editorum  nemo  obediit . 


o'<pe'Xe/{         o0£XX«/{ 
Codices  rarissimi 

2.3. 

5. 

1.5.7. 
3.4- 

i&a.a'eafxi&a. 
vel 
i&ixa-afxlS-a. 

Aid.  Junctae 
I.  2.  Trine. 

3p.  eT/xaViroii 
Ambros. 
Brit. 
Flor. 

Med.  1.3.6.7. 
Vat.  4.  5.  8.  II. 
Vind. 


8.0. 


Sin.d<rcu 

1.2.3.4.5.6. 

1.2. 

2. 

2.  4.  5. 

1.2.3.6.7.9. 10.  12.  i3. 14. 

I.  2.3.  4.5. 

Germ. Cod.Senat. Acad.  August. 

Mosohop.Glossator  Hesiod.  Edi- 

tiones   fere   omnes  ante  Cleri- 

cum  . 


V 


43.  ifyoio'cn*  iqyavvoua 

Ambr.  I.  4.  5.  6.  2.  3. 

Med.  1.4.5.6.  2.  3.7-3.9. 
Vat.  6.8.  9.  10.  11.  12.  l3.       3.4-5.14- 

Vind.  I.  2.  3.  4.  5. 

48.  dyx.v\a/x>lms  dyiuiXipnTK; 

Ambr.  2.  3.  4.  I.  5.  6. 

Med.  4.  5.  6.  7.  1.2.  3.  8.  9. 


Vulgatae  lectiones 

Vat.  6.  p.  12. 
Vind.  4. 


Lectiones  aliae 

I.  3.  4.  7.  10.  11.  i3.  14. 
I.  2.  3.  5. Glossator  Hesiod. 
Moschopulus  docet  nrotx.i'Xi- 
(xnri;  j^oXo^uxT/f,  et  reliqua 
verba  ejusdem  naturae  per 
/?  scribenda  . 


nx 


$5.  ftTrtfoiriuo-ag 
Ambr.  6. 

Med.  I.  2.  3.  4.  5.  6.  7. 
Vat.  8.  9.  10.  11.  14. 
Vind.  3.  4.  5. 
Glossator  Hes. 


8.9. 

i.  2.  3.  4.  5.  6.  7.  12. 

1.  2. 

Coisl. 


1.4.  J.     uvefovei/T»(  2. 
13. 


63.  ira? 6ivix.Hi; 
Ambr.  4.  5. 
Med.  4.  5.  6.  2- 
Vat.  2.  6.  2-  8.  p.  10.  12. 
Vind. 
Procl.  Glossator  Hesiodi. 

V.  Notas. 


irafSeviX-oug 

1.2.3.6. 
1.2.  3.  8.  p. 
1.  3.  4.  11.  i3.  14. 
1.2.3.4.  5. 

Omnes  prope  editiones  an- 
te Clericum  . 


pi.   *ATTp    TE    XOOtcSv 

Ambr.  1.  2. 

Brit,  plerique 

Flor.  I. 

Med.  1.2.  3.  5.8.  p. 

Germ.  I.  2. 

Vat.  1.3.4.2.9.10.11. l3.I4. 

Vind.  1.3.5. 

Editiones  aliquae  . 


*Ate§>  xaxwy 
3.4.5,6. 


4.  6.  2. 

3. 

2.  5.  6.  12. 

2.  4-_ 

Editiones  aliquae 


P2.   "yifa^  Xttfas 

Solus  Cod.  12.  Vat.  Magis  Keliqui  Itali ,  Brit.  Germa- 

probat  Robins,  et  editores  nici  fere  .  Gloss.  Hesiodi  . 

prope  omnes  .  Orig.  Proclus  ,  Tzetzes. 


p3.  A/4a  7"? 
Ambr.  I.  2.  3.  5.  6. 
Med.  1.2.  3.  6.  8.  p. 

Vat.  1.  2.  3.  4.  p.  10.  11.  12. 

i3.  14. 
Vind.  1.  2.  3.  4.  5. 


Deest 
In  4. 
In  4.  in  5. 2-  deest :  in  6.  ad- 

ditur  in  margine  . 
In  5.  et  2-  deest:  in  6.  addi- 

tur  in  margine  . 
Omittitur  a  Schol.  ab  Orig. 

a  Plutarcho  . 


Ambr.  5. 
Med.  4.  5. 
Vat.  p.  10. 
Vind.  5. 

Editiones  omnes: 
perperam  . 


e/stive 

1.2.3.4.6. 

1.2.3.6.  2.8.  p. 

1.3.  4.  5.  2-  11.  12.  i3.  14. 

I.  2.  3.  4. 

Praeterea  Flor.  I.  2.  Brit.  I.  2.  3.  Gall.  3. 

Germ.  I.  2.  Plutar.  Stob. 


278 

Vulgatae  lectiones  Lectiones  aliae 

pp.  Kiyiox°v 
Ambr.  I.  5.  6.  Deest  in  2.  3.  et4- 

Med.  exeat  in  omnibus  codicibus  Mediceis  . 
Vat.   I.  2.  3.  4.  2-  8.  9.  10.  1 1.  12.  13.  14.     Deest  in  5. 
Vind.  1.  2.  3-  4  5.  in  Plutarchi  citatione  deest . 

102.  e?>'  "'."ep?  ipHfJiif'      vel      s'ip>/'(Uspo/ 

O nines  fere  codd.  et         Brit.  2.  Med.  4.  Giaev. 

Edit.  Kreboius  Stob.  Plutarchus . 

102.   W  inri  aW  eW 

Ambr.  I.  3.  5.  6.  2.  4. 

Med.  3.  2  4  5.  6.  1-  S.  9.  I.  »  e  manu  secunda 

Vat.  2.  3.  9.  10.  I   3.  4  2-  II.  12.  l3.  14.       in  5.  «  supra  «e. 

Vind.  I.2.3.45. 

Flor.  2.  Brit.  2. 

IOj.    TTS  WW 

Ambr.  1.  2.  3  6.  4.  5. 

Med.  1.  2.  3.  8.  0.  4.  5.  6. 

Vat.  1.3  4.  5.  14.         2.  7.  9.  10.  12. 
Vind.  1.  2.  3.  4.  5-    ' 

utraque  particula  abundat   ap.  Hesiodum  . 

107.  EJ  jgt}  etc. 

Extat  in  omnibus  Codd.  praeterquam  in  uno  ,  in  quo  est 
deletus  ,  et  in  ejus  locum  haec  nota  addita  •%'  fortasse  ex 
Procli  sententia  ,  qui  hunc  videtur  non  agnovisse  . 


Il3.     «7Sf     TTOVCllV 

CiTEf 

yi              OCTgf     TB 

Ambr.  2.  3.  4.  5. 

I.  6. 

Med.  3.  4.  5. 

6. 

1.2.2.8.9. 

Vat.  2.  5.  7.8.9.  10.  11. 12. 

•   1.3.4.  i3.  14. 

Vind.  3.4. 

1.2.5. 

Tzetzes  . 

Diod.Sic.  p.  335 

ntf.  'A<pveioi  etc.  Deest  in  omnibus  Codd.  et  editionibus  ante 
Graevium,  qui  hunc  versiculum  a  Diodoro  Siculo  citatum 
heic  inseruit .  V.  Notas  . 

120.   i  qya  viuovro  iqy  ivijAovn 

A-    br.    I.  2. 

Med.  2.  3.  S.  9.  1.4.5.6.2. 

Vat.  3.  4.  II.  i3.  14.  I.  2.  5.  2-  8.9.  10.  12. 

Vind.  I.  2.  3.4.  5.  Flor.  2. 
Tzetz.  Gloss.  Hesiodi  . 

122.  Plato  V.  de  Rep.  ita  legit:  To/  fjtiv  fetluovei;  iS-Xoi  inctx^o- 
vtoi  reXiS-ovTiv  ' Ayvol  a'Xi^i'x.ax.oi .  Citat  et  in  Ciatylo  eodt-m 
modo.  Thoodoretus  Sermone  de  Martyribus  .  Item  Ari- 
Stides  in  Platonica  II.  p.  184.  sed  pro  -mi  legit  0! ,  ct  pro 
TiXi^UTiv  xotXiovrui  ,  et  pro  iirix&ovioi  ,  vnrox^ovioi  ;  item  ayvoi 
primo  loco,   secundo  loco  so^W.  Eodem  modo  Phocius 


Vulgatae  lectiones .  Lectiones  aline  ^ 


Lectiones  aliae. 

p.  121.  et  Plutarch,  p.  417.  et  de  Orac.  defectu  pag.  a3i 
Ayvcc  ,  wxW'j  »A«x«f  etc.  Lactantius  Lib.  II.  Insti- 
tute. 15.  nihil  mutat.  Macrobius  I.  in  Somn.  Scip.  c.  o 
si   dtatio    marginalis   piisca    est ,  nihil  mutat .  V.  Notas 

t.   •  arraXXuv  arrnXuv 

isritan.  q    .  /->  <-,  „ 

a      l     -    .    ,.    ,  2  <*.  4- Germ.  2.     Germ.  3. 

M»,4    t   ,<V     o  2.  Flor.  1.2.  Ambr.  I. 

Med.  I.  4.  5.  6. 7.  8.  o  3  q 

Vat  2 .5.1.8.9.10.  12.14.  i'.3.4."ii.  13. 

Vind.  0.4.  1.2.5 

Amb.  i.3.Wet6.i„marg.  3  4%  d"  a*?a^"' 

Med.  1.23.8.9.  °  44657  5 

Vat  I.  3  4  11.  13.  14.  24.5.ZZ8.p.io.i2. 

Vind.  1.  2.  3.  4.  5,  ^ 

Gloss.  Hes.  Flor.  1.  »s  cum  «<  sup.  ».  MS.  6.  Brit 

141.    ivizMviii  v<*oX*iv,ot  ' 

Ambr.  4.  6.  12  3 

Med.  4- 6.  7.  I.' 2.' 3.' 5.  8.  p 

v"'/-12"  1.2.3.4.5.6.8.9.  10. 11. 13.  14. 

1.2.3.4.5.  4 

Moschop  Procl.  Libri  editi  ante 
Clericum  .  MSS.  Brit.  4.  5.  Germ. 
2.  3.  Flor.  1.  V.  Notas. 


Tzetz. 


Ambr.  1.  2.  3.  4.  5.6. 

Med.  I.  5.  6.  9.  23478 

Vat.  1.5.8.  10.  is.  2.3:4.Y9.'li.l3.  14. 

Moschop.  Tzetz.  Brit.  4.  Gall.  3.  Germ.  3.  Fl.  2. 

148.  "Am-Xac-ot  *A*tfi«W/ 

Ambr.  4.5.  r.  2.3  6. 

Med.  4.  5.  6.7.  1.2.3   8   o 

Vat    I   2.8.9.12.  3.4-5.7.  10.  ir.13.i4. 

Vind.  6.  1.2.3.4  5. 

Mosc.  Procl.  Codex  Gall.  3 .  Brit 
2.  5.  Germ.   2.3.  Flor.  1.  2. 

1*3. ■  *f«f»  est  in  Guieti  editione;  sed  MSS.  omnes 
Medicei  et  Floientim  ,  et  ediriones  ante  et  post 
eum,etSchol.habent  ^vstf  praeter  aliquos  codi- 
ces MSS.  atque  editos  ,  qui  habent  xft/8?oV. 

Ml"  Deest  hic  versus  in  primo  Mediceo  ;  ceteri  habent. 

I<?7.    oVaWaj  ■inrdrrac 

Ambr  2  A  %  a  a  ~,  J  ~  •  vv»         > 

Med.  2.  3.  4.  6.  7.  8.9.  1.5. 


28o 

VulgQtae  lectiones . 

Vat.  3.4.  5.  9.  II.' 
Vind.  1.5. 


Ttfp.   T>TX»    air' 

Est  in  Vatic.  12  et  in  Brit. 
6.  Proclus  extra  locum  eum 
recitat ,  et  exclusum  dicit 
a  criticis  cum  sequente  .  V. 
Not. 

173.    Tf<;   67E0; 

Ambr.  4.  5. 

Med.  4.  5.  6.  7. 

Vat.  2.  5.  6.  7.  8.  9.  10.  12. 

Vind. 

Palat.  FI.  2. 


Lectiones  aliae . 

2.  6.  2-  8.  10.  12.  14.         onrdo-cu  .  J. 

2.3.4.6. 

Aid.  Junt.  1.2.  Trine.  Cod.  Brit.  2. 

Germ.  3.  Flor.  2. 

Abest  ab  omnibus  fere  codicibus, 
et  ab  omnibus  libris  editis  ante 
Graevium  ;  post  Graevium  agnosci- 
tur  fere  ab  omnibus  . 


Tf><5  to  ei*s 
2.  3.  6.  et  in  1.  Itoj  cum  e«?  sup.  «?. 
1.2.  3.8.9. 
I.  3.  4.  II.  l3.  14. 
1.2.  3.  4.  5   6. 

Gloss.  Scholiastae  .  Brit.  I.  2.  5.  7. 
Fl.  I.  Germ.  2.  3.  editiones  omnes 
citatae  v.  5. 


187.   ov&i  ovre 

Ambr.  2.4.  Vatic.  I.  Stob.     Reliqui  omnes  codices  fere. 
Omnes  fere  editiones  .  Tz.  0  5?  o-uvSurpo;  irkiova(zi 


1.2.3.4.5.6. 

1.4.5.6.8. 

2.  5.  6.  i-  9-  10.  i3. 

1.2.3.6.7. 

Flor.  I.  2.  Germ.  3. 

<pb\ov 

1.2.3.  4.  5.6. 
1.2.  3  4.  5.  6.  7.9. 
1.2.  3.4.5.  6.  8.9.  10.  11.  12.  i3. 14- 
1.  2.  3.4.  5.6.  jj% 
Cod.  i.Brit.  Steph.  Heins.     Glossae.  <pu\ov.  yivos .  Ita  Mosc.  Tz. 

Aid.  Trine.   Com.  Junct.  1.2.  Cod. 
Gall.  3.  Brit.  1.4.^  Cod.  Germ.  2.  3. 
Flor.  2.  Soph,  ad  Oed.  Col.  V.  1670. 


ip8. 

"kiV 

xolcriv 

Ambr. 

Medic 

.  2. 

3.7 

•9- 

Vat.  3 

4. 

II. 

12. 

14. 

Vind. 

5. 

ipp. 

<pv 

X' 

Ambr. 

Med. 

Vat. 

Vind. 

I  PP.      I1BV 

Ambr.  I.  2.6 
Med.  I.2.3.  8.9. 
Vat.  1.  3.  4.  11.  1 3. 
Vind.  2.3.  5.  6.  7 


3.4-5- 

4.5.6.7. 

2.5.  6.  7.  8.  9.  10.  12.  14. 

1. 


Mosc.  Gall.  3.  Brit.  1.4.  5.  Junct.  I.  2.  Cod.  Brit.  1.  7-  Gall.  3. 
Flor.2.Ger.2.3.  Aid.  Trine,  citatur  a  Brunckio  Soph.  Schol.  sed 
Com.  per  errorem  . 


205.     \i\uXUf 

Cod.  2.  Vind.  et  14.  Vatica- 
nus  ■  Item  Heins.  Proclus 


Xs'Xwxa; 
Codices  nostri  reliqui.  Item    Brit. 
1.2.3.4.5.6.  et  Gall.  2.3.  item  Tzet. 
et  Schol.  Eurip.  in  Hippol.  146. 


Vulgatae  lectiones 
210-  "Aipgaiv  etc. 

N/x>t{  etc.  versus  su- 
specti  . 

221.   o-xoX/odf  tTgV/xauf 


28l 


Lectiones  aliae 

2IO.  Extant   in  Stob.,  sed  x-t  6i\oi . 
Extant  in  omnibus  codicibus;  et  in 
.plerisque,  quo  dedimus  ordine  . 


Aequa  prope  codicum  auctoritas  hine  atque  hinc. 


222.    WiX/y   is    rg] 

nroXiv  >@j 

AniDi.  I.  3. 

2.  4.  5  6. 

Med.  1.  2.3.  6.  8.9. 

4-5.  7- 

Vat.  I.  3.  4.  n. 

5,  6.7.  8.9. 

10.  12.  13.24. 

Vind.  1.2.3.  5.6.  7. 

4- 

224.    tfysXd&wri 

i% 

l\da-tt(ri 

. . .  Xasa-i 

.  .  ,    utrtv 

Ambi.  4  5.  6. 

2.3.4.5. 

Brit.  1.2.3 

Med.  4.  0.  0.  7. 

I.  2.  3.  8.9. 

Moschop. 

Vat.  7.  8.  10.              1. 

3 

4.  5.  9.  11.  i3. 14 

6 a-wa-i  cum  8  SUp.». 

Vind.  4.                      3 

6 

I.  2. 5.7. 

Brit.  6.  7.  Flor.  2. 

Gloss.  Germ.  2.  3. 
editiones  vers.  5. 

23o.   i$u£ix.ajt.tTi 

iSuttiKtlo-t 

l9u^lX.BI<Tl 

Aim  1.  I.  2.  3.  4.  6. 

5. 

Med.  I    2.  3.  9. 

4.5.8. 

6.7. 

Vat.  3.  4.  11. 

6.  14. 

5.  7.8.  9.  10. 12.  i3. 

Vind.  1.2.3.5.6.2- 

4. 

Flor.  2. 

Piocl.  Tzetz. 

Brit.  1.6. 

" 

233.  "Axf>r  *Axf» 

Ambr.  1.  2.  3.4.5.6. 

Medic.  1.  5.  0.  1.  8.  2.  3.4.9. 

Vat.  I.3.5.6.2.8.9.10.11.12.13.14.       4. 
Vind.  1.  2.  3.  4.  5.  0.  7.  '   Brit.  6. 

Plato  II.  de  Rep.  Schol.  Nicandri  ad 

v-447- 


237.   N«V ero vmi 

Hn'a-oi/rou 

tita-trovrou 

Ambr.  1    2.  3.  6. 

4- 

Med.  1.  2.3.  6.8.9. 

4 

5. 

7- 

Vat.  1.  3.  4.  11.  i3.  1 

4- 

5. 

6. 

2-  12. 

Vind.  1.  2.  3.  5.0.  2. 

Proclus.      Alii  item 

Mosc.  Tzetz. 

Nu'o-a-ovrau  ;  sed  rarissimi . 

240.    Cfirilvfx 

tvav 

?s7 

Ambr.  5. 

1 

2. 

3 

4.6. 

Medic.  4.  5.  6.  7. 

1 

2 

8 

9- 

Vat.  2.  5.  6.  2.  9-  10 

12. 

1 

3 

4- 

11.  i3. 14. 

Vind.  4. 

1. 

y_ 

3. 

5.6.2- 

Brit.  0.    Flor.  2.   Aesthines  in  Glos.  Cod.  Brit.  1.2.  3.  4.  5.  7. 

Cte.siph.  sed  deinde  dXit^aivK .  Germ.  2.  3.  Flor.  I.  Edit,  omnes 

Tzetz.  Eust.  in  I.  II.  Schol. Pin-  qUas  retulimus  v.  5.   sed  praeva- 

dari  ad  Pyth.  3.  Li  ban.  dec.  43.  let  tot  antiquorum  auctoritas  . 
Sen.  Horn.  1.  42. 

52 


282 

Vulgatae  lectiones  Lectiones  alias 

246.    oye   tsTx°S  liyi  rel  %o; 

Lectio  Codd.  editionumque  o-     Lectio  furtasse  inaudita  ante 
mnium  revocata  aRobinsone  .     Gujetum ,  Clericum  ,  Graevium. 

iSo.  'Addfotroi   \euT<r>s<riv  'Abdvcnft  <pfd£ov<mi 

Ambr.  (Xe'c/3-80-/,  vel ...  iv)  1.2.6.  3.  4.  5. 

Med.  1.  3.  3.  8.  9.  4.  5.  6.  7. 

Vat.  1.3.  4-  II.  2.  5.  6.  7.  9.  10.  12.  i3.  14. 

Vind.  1.  2.  3.  5.  6.  7.     *  4. 

Cod.  Germ.  2.  3.  sed  . .  .  .<nt<ri  ,  Cod.  Brit.  I .  Flor.  I.  fuit  etiam 

vel  ....  <rsnv .  in  2.  Flor.  sed_delrtum  est  ,  et 

\iuvo-x<riv  restitutum  . 

O.nnes  fere  codices;  etiam  ex-  Cod.  Ambr.  2.  5.  Vind.  7.  Vat.  2. 
teri.  RestituitGraeviusexPro-  Brit. 3.  Editionesante  Graevium  . 
cli,  et  grarnmaticor.  consensu.     Stob.  xedV»' . 

2tfl.   /Saa-i\»eov  (iaciXtuv 

Ambr.  I.  2.  3.  4.  5.6. 

Med.  1.2.3.5.  6.8.9.  4-  1- 

Vat.  1.  3.  4.  5.  7.  9.  1 1.  12.  l3.  14.        2.  6.  8. 
Vind.  1 .  2.  3.  4.  5.  6.  7.  Cod.  Flov.  I . 

Tzetzes  ait  coalescere  *«  ct  «v  in 
unam  syll.  longam  . 

2<J3.  |Wf'-£s;  J7xa; 

Ambr.  I.  2.  3.  5.  6.  4. 

Med.  1.2.3.6.7.8.  9.        4.  5. 
Vat.  1.3.4.  5.  9.  11.  2.  6.  7.  8.  10.  12  i3.  14. 

Vind.  I.  2.  3.  5.  6.  7.  4. 

Brit.  3. 

7.65.   Of  cji/tJ  O/  y  dura  Of   r   dura 

Ambr.  I.  2.  5.  6.  3.  4. 

Med.  1.2.  3.  8.9.  4.5.6.7. 

Vat.  i.3.  4.  6. 11.  5.  7.3.  9. 10. 12.  i3. 14- 

Vind.  1   2. 5. 6.  4.  3.7. 

Sch.  omnss.  Plut.T.II.  p.  564.     Brit.  6.  Flor.  I.  2. 

le°it  of  <F  a  aXw  xax-d  Teu%<n  t'ai  xa- 
x.oy   fiirctTi  Tev'xii' 

278.    eV'  dvTai%  iv  duiBij 

Ambr.  1.  2.  3.  4.  5.  6. 

Med.  1.2  3.  8.9,  4.  5.  6  7. 

Vat.  1.4   11.  l3.  5.6.7.8.9.  10.  12.  14. 

Vind   1.2.3.5.6.7.     4.  Flor.  1.2. 

Moichop.  Aelianus  Hist.  Anim.  VI.  5oi.  At  Sext.Em- 

pir.  pag.  295.  (*iTy  duroiv .  Item  Clem.  Alex. 
Strom.  I.  Item  Plut.  de  solertia  animalium  . 

2po.  eflr'  dviiv  If  ct'uriv 

Ambr.  1.2.  3.6.  5. 


Vulgatae  lectiones. 

Med.  I.  2.  3.8.  9. 
Vac.  1.2  0.4  8.9  10.  11. 12.  1 3. 
Vind.  1.  2.  3.  4.  5.6.  7. 
Moschop.  Proclus. 


Lectiones  aliae. 

4-5.6.2. 
5.  6.7. 14. 

Plato . 


283 


1p\.    ix-nax  IX.HTM 

Vaticanus  7.  Reliqui  codices  ,  et  editiones  omnes, 

Scaliger  ,  Meursius ,  He-  et  veteres  qui  Hesiodum  citant  . 

insius  studio  novitatis  .  Gujetus  subintelligit  w's  .  V.  Notas. 


2p3.    0;   dviig 
Medic.  6. 

Heinsius,et  Graevius  stu- 
dio novitatis  . 


05    aura) 

Reliqui  Codd.  et  editiones  prope  0- 
mnes  .  Item  veteres  qui  Hesiodum 
citant  prope  omnes  ,  saltern  in  mar- 
gine  .  V.  Notas. 


294.  Est  in  codicibus  ,  ideo  conservandus .  Scholiastae  etiam  ex- 
plicant  :  veteres  citant, ut  Aiistot. Ethic.  1.2.  Stob.Serm.3.  At  Ari- 
stides  Plat.  2.  praeterit,  et  CI.  Alex.  Paedag.  III.  et  Eust.  in  I.  Iliad. 


2ptf.   /utiV   dviis 
Ambr.  I.  (05  $i  i&j ) 
Med.  5.  6. 
Vatic. 
Vind. 
Aristotel.  Clem.  Alex. 


i.  2.  3  4.  5.  6. 

1.  2.3.4.  I-  8.  9. 

Omnes  . 

Omnes  .  Praeterea  Moschop.  Codd. 

Flor.  omnes.  Germ.  2.  3.  Brit.  2.  3. 

4.  5.  Editiones  numeri  5.  Stob.  bis  . 

Aristid.  torn.  III.  pag.  44. 


3oO.   Qt\in  &s    iii$i<pa*es  pi^in  <?i    cr'  iO'ft<pat>os 

Ambros.  2.  Moschop.  Reliqui  codd.  italici  ; 

Medic.  6.  item  Brit.  2.  3.  et  Germ.  2.  Aid. 

Phurnut.  de  N.  D.  t.  28.  iuv\o-  Trine.  Steph.  in  marg. 
nauoi;  . 


3IO.  a£j>>«{ 
Ambr.  2.  3.  5. 
Medic. 

Vat.  2.  5.  7.  8.  9. 
Vind.  7. 


aepyov- 
I.  4.  6. 

1.2  3  4  6.  7.  8.  9.  in  5.  deest. 

1.3  4  I ! .  12.  14.  in6.aspy»c  cum  evsup.  *t. 
1.2.3   4.5.6. 


Ceterum  suspectus  est  versus,  quern  codex  Med.  5.  omnium  an- 
tiquissimus,  et  Stob.  c.  29  et  binae  editiones  omittunt  . 

3 1 8-  AfVwf  »  r  avJfctg  ptc.  Plutarchus  habuit  suspectum  hunc 
versum  ;  sed  eum  Stobaeus  c.  29.  et  codd.  agnoscunt .  In  5.  Me- 
diceo   additur    in   margine. 


3ip.    eivo\/3t'nv o\@ov 

Ambr.  3.  4  5.  6.  3.  6. 

Med.  6.  7.  6.  7. 

Vat.   1.  2.  6.  7.  8.  9.  10.  12. 
Vind  4.  2.  4. 

Codices  Britan.  6.  7, 


dvo\j3i'*i  .  . oX0u 

12.  1.  2.  4.  5. 

I.2.3.4.5.8.9.     similiter 
3  4.  5.  I  (.  14.      similiter 
1.2  3.5.6.7.       1.3.5.6.7. 
Prod.  Glos.  et  Moschop.  sub- 


284 

Vulgatae  lectiones  .  Lcctiones  aliae . 

Tzetz.  Stobaeuscap.  29.  audiunt  ira^axiimi .  Cod.  Brit. 

2.  3.4.  5.  Germ.  2.  3.  Floren.  1. 
Editiones  cit.  ad  vers.  5. 

32.5.  'Pact   t(  (iiv  (xaufSo-i  d(xav%iari 

Ambr.    1.4.6.6.  3.  at  2.  (Jtav^olvi 

Med.  'P«a  -re  ,  vel  f&et&i  (xiv  (xav?9<n.  \.  2. 

3.4.5.6.7.8.9. 
Vat.    Pita  ii  (xiv  ,  vel  .  .  .  J£  (J-tv  [xavqio-i  .1.2. 

3.  4.  5.  8.  9.  10.  11. 12.  i3.  14.  6.1. 

Vind.  'Pita  ii  uev  /uau^io-i  y  vel  ..-ft  fxiv  (xav- 

fS<ri.V.  2.  3.  4.  5.  6.  7. 
Cod.  Brit.  4.    irav<>oio-i  ,   at  7.  dfJ.'xvqifi. 

3  3  3.    d-ycuemt 
Omnes  codices  praeter  quatuor,     8.9.  Vat.  dyiimi ,  10.  dydtiui 
qui  diversas  cxhibent  lectiones.     4.  Vind.   dyai(i<7ni  cumesup.  ax. 

338.   fTroi'J'jt ;      vel  ctrov^y  oitovSvkti  trvovSriGtv 

Amtu.  4.  1.2.3  5.6. 

Med.  2.  1.2.3.4.5.6.8.9. 

Vat.  7.  12.  2.3  4.  5.6.8.9.  10. 11. 13.14.       I. 

Vind.  1.2.3.4.5.6.2. 

Cod.  Brit.  1 . 4.  5.  6.  Germ.  1 .2. 3. Aldus  . 
Junct.  1.2.  Trine.  Steph.  Com.  Tzetz. 

3  38.   Svtsreri  $ui9xri  $uiirt 

Ambr.  1.2.  3.  4.  5.  6. 

Med.  1.2.3.  7.  8.9.  4.  6.  5. 

Vat.  3.  4  9.  12.  14.  2.  3.  4.  5.  6.  %.  8.  10.  1 1.  l3. 

Vind;  1.2.3.4.5.6.7. 
Glos.    Brit.   7..  Editio   Steph.   et     Fl.  I.  Brit.  I.  4. 
aliae  praestantes. 

344.  rot  ii 

Ambr.  2  4.  5.  6.  1.  3. 

Med.  1.  2.3.4.7.  8.9.  5.  6. 

Vat.  2  3.4.6.7 .8.9.10.1  1. 12. l3.I4.  I.  5. 

Vind.  2.  4.  5.  7.  I   3.6. 
6.  Ambr.  habet  iy*-u>  (*.iov ,  item  Fl. 
2.  et  Steph.  verbo  i^'p. 

3  52.  ?<7-'  *<r* ,       vel,       <W 

Ambr.  I.  3.  4.  5.  6. 

Med.  1.  2.  7.  8.  9.  «■   4.5.  6.  3. 

Vat.  1.  3.  4.  8.  11.  12.  i3.  14.  2.  5.  9.  10.  6.  7. 

Vind.  1.2.  3.  5.  6.  7.  4. /o-.a  arwo-iy  ArtemidorusRigaltii 

Oneirocritica  cap.  61  ,  et  Scob. 

serm.  10. 

353.  354.  355.  Hos  versus  ut  illiberales  delebat  Plutarchus;  sint: 
idcirco  delendi?  Imo  explicant  omnes  scholiastae,  habent  omnes 
codices,  citat  Suidas. 


Vulgatae  lectiones  Lectiones    alia* 


»«$ 


3  57.   Kad  (xiya  ioly  x.nv  pi'ya.  /«'„ 

.Ambr.  3.  1.2.4.5.6.  1.2.3.4.5. 

Med.  5.  7.  1.2.3.4.6.8.9.  omnes 

Vat.  2.  2-8.  10.     ciimes,  exc.  2.  8.  et  10.  sed  I.  hi  "v piya  .». et 

10.  cyi  fjii ya  .... 
Vind.  omnes  omnes 

Cod.  Brit.  1-  Cod.  Brit.  1.2.3.5.  Gall.  3.  Germ.  2- 3.  Flor.  1.  2. 

eait.  omnes  quae  cuantur  v.  5.8tob.  8erm.  10. 
Seiiohastae . 
3<So.  <pi^ov  x«p  in  nullo  cod.  habetur  :  *i\  in  uno  :  in  reliq.  wY  ,  et  tpi^or 
nro? ;   ^uain  leotionem  tuetur  Suiaas  T.  I.  pag.  9O6.    et  8tob.  Serm.    10. 
semel  <Y ,  et  rot  ,  et  raw  in  codd.  et  excusis. 

Ambr.  4.0.  4.6.  1.3.  I.2.4. 

Med.  2.  3.  4.  6.  7.  3.  9-       4.5.6.7.    _  1.5.  1.2.3.8.9. 

Vat.  2.0.7.9.10.12-13.  1.3.  4. 5. 8.  11.  14. 

Vind.  4.  2-  1-  2-  3.  5.6. 

Brit.  6.  7.  Britann.  1.  2.  3.  4.  German.  3. 

Flor.  I.  2.  Editiones  prope  omnes 
relatae  au.  v.  5.  Procl.  et  Moschop. 
qui  inteipretantur  xa'Ki'rr^  • 

370.  Mfo-S-o's  ....  Deest 

Amor.  I.  2.  3.  5.  6.  in  4.  in  5.  additur   recentius. 

Med.  1.2.3.8.9.  4.5.  6.  7. 

Vat.  I.  3.  4  8.  11.  i3.  14.  2.  5.6.7.  10.  12.  in  9.  addit.  recenter  . 

Vind.  I.  2.  3.  5.  0.  2-  4-  in  ^rit.  6.  cum  duobus  seqq. 

371.  Kai  is Deest 

Ambr.  I.  2.  3.  5.  6.  4.  in  5.  additus  recentius  . 

Med.  I.  2.  3.  8.9.  4.5.0.7. 

Vat.  1.  4.  8.  11.  13.  14.  3.  5.  6.  7.  10. 12.  in 9. additus  recen. 

Vind.  1.  2.3.  5.0.  7.  4. 

372.  n<Vaf Deest 

Ambr   1.2.3.5.6.  4.  in  5.  additus  recentius. 

Med.  I.  2.  3.  8.  9.  4.5.6.7. 

Vat.  1.  3.  4.  8.  1 1.  13.  14.  2.  5.  6.  7.  Jo.  12.  in  9.  additus  recent, 

Vind.  1.2.3.  5.  6.  7.  4. 

37?.    <p<X>»T>ia/y    vel .  . .  .  <ri  ^WKiiTnTi 

An.br.  I.  4.  5.  6. 

Med.  8.  I.  2.3.  5.6.  7.  9.  sed  cum  <r/o 

Vat.  1.3.  4.  8.  6  7.9.10.11. 12.14.  2.5.13. 

Vind.  5.  2  3.  4.6.7. 

Glos.  Hesiodi  ,  Gall.  3.  Cod.Brit.  I.  2.  3.4.5.  Flor.a.  Tzetz. 

}j6.   <rto%oi  tin  cum  gl.  vtrdf^ri 

Ambr.  I.  2.  6.  4.  r.  m  3.  conect.  in  c&i'J'o/ 

Med.  1.2   3.  8.  9.  5.  6.  in  4.  et  7.  mutatum  in  <ruX»i 

Vat.  3  4.  8.  9.  11.  i3: 14.  ■  2.  5.6.  7.  10.  12. 

Vind. 2  3  5.6.7.  4. 

Interpreter  Brit.  I. 

53 


286 

Vulgatae  lectiones  Lectiones  alias 

3  8 1  .  pqifi  vviri,  Vel  eyTiv  pftriv   yitiv 

Ambr.  5.  12.3  |  6.  s'ed  in  2.  jTo-/  . 

Med.  i.a.  3.4  5.6.  7.  8.  9.  ' 

Vat.    10.  3.9.  1.3.4.5.6.7.8.11.13.13.14. 

Vind.  4.         3.3.5.6.2. 

Cod   Brit   7-       Cod.  Flor.  I.       Cod.  Bntan.  1.3-3   4.  5.   item  Cod. 

Germ.   1.3.   Cornel.  f*rts  sed   edi- 
tiones  reliquae  citatae  v.  5.  j»V<  , 

382.  'f i'av  •  e?yov  $i  r  sV  i?yro  'ip$nv'  x^  Zqyov  iv'  t^yta 

Ambr.  I.  3    5.  6.  3.  4. 

Med.  J.  3.  3.  9.  5.6.  7.  sed  8.  i?$uv  iqyw <?i  r  sV 

iqyoi  ,    • 

Vat.  I.  3.  4  9.  1 1.  1 3.  14.  3.  5.  6.  7.  8.  10.  sed  13.  tir'igy* 

Vind.  2.3.  5.  6.  7.  4. 

Brit.  I.  3.  3  4.  5.  Flor.  3. 
Distinctio   inter  prinvum   et    secundum  librum  saltern    ma- 
joii  littera  ,    vel   maiori   spatio  indicata  in  Hi'siodi  editionibus 
usque  ad  Graevium  mansit ,  melioribus  codicibus  invitis  . 

385.    drXayiviuv  drXtxycvdav 

Ambr.  1    3.6.  5.  arXayytvdcov  ,  at  3.  et  4.  drrXrtyoviv 

Med.  3.  3  4.  6.  7.  I.  5.  9.  sed  8.  drXxyiwduv 

Vat.  I  .  3    4.  5-  I  I.   l3.  14.  3.  6.  7.  8.  9.  at  IO.    aTXajma'aii' 

Vind.  3.  3.  5.  6.  4.7. 

Interpr.  tres  .    Athen.  par;.    490.     Cod.  Germ.  1.  dr\aya/duv  cum  *  sup.  «'. 

Schol.   Homed  Iliad.  XVIII.   v. 

4S6.  Dio  Chrys.  Ora-t.  II. 

384.    df/mif JuTo-ouivdav  dfAttieJo  .  ..   £u?o[xtvauv 

Ambr.  omnes  1.2-3.5.6.  4. 

Med.  omnes  12  3.8.  4.5.6.7.9. 

Vat.  omnes  2.3.4  6  7.8.9.10.  5.  13. 

II. l3.I4. 
Vind.  3.3.4.5.67.      3.3.5.6.7.  4. 

Dio  Or.  II.  Athen.  p.  490.  Int.  Horn. 
II.  £.486.  Eust.Il.T.  4S7.    Brunck. 

3Sp.   vculmucr'  vouemua-'                                     vel  ...  vti        vel  ..  .  *nv 

Ambr.  5.  1.2  3.4-  6. 

Med.  4.  I.2.3.6.7.9.                        8.                  5. 

Vat.  2.9.  3.4.5.6.  7.8.  II.  12.  14.        10.  1 3". 

Vind..  2.3.5.7.                                   4-                Flor.I.Gall.3. 
Brit.  6.  7.  unde  Grae-     Glos.  Hes.  Cod.  Brit.  I.  2.  3.  4.  5.  Cod.  Germ.  2.  3. 

vii  ememiatio.  Editiones  omnes  relatae  ad  v.  5.  et  Brunck. 

3p  1.  vxi'uviy  \e\...<riv         vouuti  vel .  . . .  VIV 

Ambr.  5.       2.  3.  4  6.  I. 

Med.  4.        1.  5.6.  3.3.  7.  8.  9. 

Vat.  3.  1.5.6.7.8.  12.  3411.  l3.  14. 

Vind.  4.  5.  3.  3.  7. 

Glos. Hes  Cod. Germ.  Cod.  But.  I.  2.  3.  4.  5.  Ger- 

3.  Gall.  3.  Edit.  Aldi ,  m.  3.  Flor.  1.3.  Ed.  Trine, 

etjunct  1.2.  Steph.  Com.  Heins. 


ift? 

Vulgatae  lectiones .  Lectiones  aliae. 

3p2.    dudtiv  dfjiicri-cu. 

Ambr.  4.  6.  1.2.  3.  5. 

Med.  4.  5.  6.  7.  1.2.3.8.9. 

Var.  2.  6.  9.  10.  12.  l.  3.  4.  5.  8.  1 1.  l3.  14. 

Vind.  4.  5.  2.  3.  7. 

Brit.  6.   Gall.  I.  Codex  Britan.  I.  2.  3.  4.  5.    Germ.  2.  3. 

Flor.  2.  Edit,  citataead  v.  5.     Mosch.  Procl. 


3p5.    irTW3-|7»»S 

a'wsTit; 

TTwVwf 

«yt/0-J); 

Ambr. 

2    3. 

1.4.  6.  sed  5.  ayu'vips 

Med.  I.  2.  3.  6.7.  9. 

2.3.4.  8.9. 

4.5.8. 

I.5.6.7. 

Vat.  omnes :  exc.  1 . 5. 

1.3.4.  11.  i3. 14. 

1.5. 

2.5.6.  7.  8.9. 10. 12. 

Vind. 

3.2. 

2.  4.  5. 

Mosch.  Tzetz.  Glos. 

Glos. 

Mosch. 

408.  a<T»T;  d^viiitti  dtiBi;  dfvliittt 

Ambr.  I.  2.  3.  5.  6.  '  2.3.  4.  1.4,5.6. 

Med.  1.2.3.4.5.6.7.9.  1.2.3.6.8.9.  8.  4.5.7. 

Vat.  2.3.4.  5.6  9. 10. 12.  14.  1.2.3.4.  5.  11.  l3.  7-H.i3.     6.7.8.9.10.12.14- 

Vind.  2  3.5.7-  2.  3.  7. 

Mosc.  Procl.  Glos.  Mosc. 

4op.     ,«/XJ/'5-))  fJ.lVV$it 

Ambr.  1.3.  5.  6.  2.  4. 

Med.  1.2.3.  4.  8.9.  5.6.7. 

Vat.  1.  2.  3.  4.  5.  10.  i3.         6.  7.  8.  9.  11.  12.  14. 
Vind.  2.5.  7-  3. 

Tzetz.  Glos.  in  Hesiod.         Moneo  in  sequenti  Pollucem  legere  lv»9i 

p.  44.  Scholiastem  Aristoph.  s'wiijw  pag.  243. 

412.  'Ou<S'  dva,3a\\ofxivos  .  Deest  in  Cod.  4.  Britan.  item'in 
Est  in  omnibus    fere    Codd.    et  in     2.  Flor. 

omnibus  editionibus,  et  quod  mi- 
reris  in  Brunckiana  . 

413.  "Amta-i  pleraeque  editiones  veteres  habent,  et  Columella  locum 
hunc  citans  1.  XI.  c.  I.  et  Eustathius  in  II.  II.  pag.  480.  sed  «tj«-i  omnes 
.prope  codices  . 

420.  'Huo;  Quum  T»(uo;  Turn 

Ambr.  I.  2.  3.4.  5.  6. 

Med.  1.  2.  3.  9.  4.  5.6.  7.  8. 

Vat.  1.  3.  4.  11.  i3.  14.  2.  5.  6.  7.  8.9.  10.  12. 

Vind.  2.  3.  5.  7. 

Periodus    continuat    ut  ostcndunt   Scholiastae  ,   exponentes  an :  hinc 

majori  codicum  numero  minorem   praetulerim  . 

422.  T»fuo{  etc.   Hie  versus  deest  in    cod.  Germ.  1.   sive   Senatorio  ; 
agnoscitur  a  reliquis  ,  itemque  a  Servio  in  I.  Georg.  v.  175.  et  Interpr. 

42J.    diro  ><m  dwl  *e.  dnri  xtv 

Ambr.  I.  2.  3.  5.  4.6. 


5. 

2. 

5. 

7- 

6.  p.  io. 

yofxpn<rtv 
I. 

i83 

Vulgatae  lectiones  .  Lectiones  alia*. 

Med.  1.2.  3.  8.  9.  4.6. 

Vat.  I.  3.  4.  5.  8.  II.  14.     7.  12.  13. 
Vind.  2.  3.  7. 

43  1 .   yifAQOKTiv  yo>J.(p»itri 

Amfar.  6.  2   3.  4. 

Med.  1.  2.3.7.9.  4.  5.  6.8. 

Glos.  Germ.  3. 

4J1.  m-^oTaoti^iiai  O.nnes  codices  :  irgoToc?»'<remi  10.  Vatic  et  perpauci  . 

43 (J.   Trf/v*  efg    >-£/ifi/  trqivH  yvttv 

Ambr.  3.  4.  0.  1.  2.  ;it  5.  7"'»f 

Med.  4.  0.  6.  7.  1.  2.  3.  8.  9. 

Vat.  2.  6.  6.  7.  9.  10.  1.  3.  4.  8.  1 1.  12.  i3.  14. 

Vind.  2.  3.  7.  sed  5.  irs'"»  is  j-j/hj 

Suid.  Etymol.  magnum  ,  S'chol.  Aiistoph.  v.  179.  Moschop.  Tzetz.  citant 
nrqtvx  ii  :  g'x  irf/t»  nrqivivoi ,  quod  habet  v.  329.  Suid.  v.  irqlvivoi  ,  Sch.  A- 
ristophanis  loc'.  cit.  et  ita  emendacum  inveni  in  codice  Riccardiano  , 
.in  quo  ante  legebatur  nrqivcov  ,  sicut  vgiyvtov  in  Loesnero  :  utraque  le- 
ctio in  paucis  codicibus . 

43p.    rcoy  iqlo-avTK;  rwyt  iqiacwK,  vel...  vr' 

Aiiibi.  2.  3.  5.  6.      1.2.3.4.      1.4.      5.6. 
Med.omnes  1.2.  7.9.  3.5.6.8.  4. 

Vat.  3.4.  11.  I.  5.6.  7.9. 10. 12. 14.      2.      ..vt»8. 

Vind.  '  2.  3.  4.  5.  7. 

Tres  Scholiastae  Hesiodi  .  Glossae  in  Hesiodum  ,  Britan.  3.  Flor. 

1.2.  Germ.  3.  Suid.  in  ?uyopaxetv  • 

442.  Deest  hie  versus   in   codice  Senatorio  ;  est  in  reliquis  . 

448.  (puvitv  yifdvs  reperi  in  Proclo  ,  et  in  tribus  MSS.  et  in  omnibus, 
nescio  quo  pacto  ,  editionibus  .  Restituo  veterem  inversum  ordinem 
vCrborum  quern  habent  omncs  prope  codices  ,  et  Tzetzes  ,  et  Bisetus 
ad  Aves   Aristoph.  v.  710.  ytqdva  <puv>iv  ,  atque  etiam  Brunckius  ex  MS. 

457.   piXi-r-nv  ixipiv  fxiXimv  <$il  txl,v  fitXirxv  tXH 

Ambr.  2.3.  4.  5.  6.  I. 

Med.  4  b.  6.  7.  I.  2.  3.  8.  9. 

Vat  2.  5.  6.  7.  9.  10.  12.  3.  4.  8.  II.  13.14.  I. 

Vind.  4.  5.  7.  2.  3. 

Tzetz.  Brit.  2.  Germ.  3.  Glossator  . 

4?p.  JV  tct'  ,  OmneJ  codd.  praeter  tres  ,  ubi  d«  tot  r  quibusadde  duoi 
Bntannicos  Robinsonis  . 

4<J2.  s«p<.  Pollux  lib.  I.  cap.  12.  segm.  223.  et  Brunckius,  sed  ««f  liar 
bent  excusi  et  Codices   et  Scholiastae  . 

4<$5>.    fJSTafiur  (jiea-dSai 

Aiubr.  3.  5.  6.  1.2  sed  4.  non  bene  intelligitur  . 

Medic.  4.  O.7.  1.2.3.8.9. 


Vulgatae  lectiones 

Vat.  2.  5.6.9.  II.  12.  14 

Vind.4  5. 1- 
Brit.  6.  2.  Tzetz. 


Lectiones  aliae 


28(? 


471.  STre'e/Urtiw 
Ambr.  I.  2.  3.  4.  6. 
Med.  6. 
Vat.  7.  p. 

Vind. 


472.   xctxoS-nfxotruvn 
Ambr.  3.  4.  5. 
Med.  2.  3.4.  5.  2.8.  p. 
Vat.  3.4.  5. 2 -8.  p.  10.  1 1. 1 2.  1 3. 14 
Vind.  2.  5.  2- 
Procl.  Tzetz. 


1.3.  4.8.  10. 
2.3. 

Brit.  I.  2.  3.  4.  5.  Germ.  2.  3.  Aid.  Trine.  Steph. 
Com.Heins.  Proclus  ,  Mosch.  Glossator  ;  juxta 
c^uos  :  bobus  trahentibus  loro  . 
xax.xfvir'wv  o-irif/ua  xa-retx  p&  in&jv 

2.  5.  I.  3.4. 5.  6. 

1.2.  3.  4-  5.  1-  8.  p.  sed  6.  a-nrtf/uara  xfoTrmv 
t.2.  3.  4.  5.  6.  S.  10.  11.  12.  i3.  I4.in2-etiam 

et  p.  xawxp  .... 

a     2. 3. 4!  5. 2- 

Britan.   I.  2.  3.  4.  5.  German.  2.3.  Trine. 
Junct.  2.  Moschop.  Procl. 
xxx.oS-i/fxo<ru'v)i 

I.  2.  6. 

1.6. 

1.  2.  6. 

3.4. 


477.    'Et/o^sW  'EyO^£0)V  'Euk)%lUV 

Ambr.  I    3.  2.  4.  5.  6. 

Med.  I.  2.3.  4.  5.  8.  p.  2-       6.  cor.  A'o^5-6«i' 

Vat.  3.  4.  5.  8.  11.  1 3.  14-  1.2,6.7.10.12.  p. 

Vind.  2.  3.  7.  4-  5. 

Mosch.  Procl.  Eustath.  Cod.  Brit.  I.  Aid. Junct.  1. 2. Steph.  Com.  Tzetz. 

475.  Cur  rpoTral?  plerique  editorum  scripserint  quum  tj>o  griff  MS'S.  o- 
mnes  quos  consului ,  'exhibeant  ,  divinare  non  possum;  nisi  forte  He- 
siodum  nolint  iomca  dialecto  usum  ,  quam  in  primis  adamasse  etiam 
testatur  Hermogenes  . 


485.   a?o<rei<; 
Ambr.  4. 
Med.  4.  2- 
Vat.  2.  p.  12. 
Vind.  245. 
MS.  6.  Brit,  quo  solo  au- 
ctore   Graevius     hanc  le- 
ctionem  amplexus   est. 

490.  i&oQafi'Zei 
Ambr.  I.  2. 
Med. 
Vat.  5. 
Vind.  2. 
Cod.  Brit.  7. 


ap  oa-xf 

1.2.  3.5.6. 

1.2.3.5.6.  8.  p. 

I.  3.  4.  5.  6.  7.  8.  10.  n.  i3. 14. 

3  6.7. 

MS.  Brit.  1.  2.  3.  4.   et  ita  emendatum  est  in 

Flor.  2.   Item  Germ.   2.  3.  Gall.  3.  Editiones 

omnes  relatae  ad  v.  5.  Brunckius  . 

....   p/<fo/  .  .  .  p/Jfj, 

3.  4.  5.  6. 

4-5.6.2.  1.2.  3.  8.  p. 

2.  6. 2.  p- 10.  11.  12.  13.14.     1.3.4.8. 
4-5.2.  3.6. 

Flor.  2.  Heins.  Gujetus  , 
Graevius  ,  Brunckius  . 


4P3 .   iiraXia  inr    d\ta 

Ambr.  1.  Vatic.  I.  Canterus  Reliqui   codd.  quorum   habere    potui  notitiam 

ex  cod.   Gujetus  ob  ratiun-  et  editiones,  et  Aristid.inPlaton.il.  Scholia- 

culam  .  stae  Hes.  Eust.  citatus  a  Stephano  ,  Winterton  . 

54 


Vulgatae  lectiones  Lectiones    aliae 

4P4.  et^yov  &?yov  te?y«v 

Ambr.  I.  2.  3.  5.  4.  5.       4 

Med.  1.  2.3.  4.  8.  p.  5.  olim  uv     iqyuvj.     6.  dim  «ik 

Vat.  1.2.3.  4.  8.  9.  10.  1  [.  14.  5.6.7.  12. 

Vind.  2.  3.  5.  6.  7.  4.  olim  »v,   quae  lectio   videtur  Procli  fuisse  . 
Glossat. 

4p5.    ftrxcivti                                o<piWit                                 ierx^vri  o<ps'XX>t 

Amb.2.  4.5.  I.2.3.4.5.  1.3. 

Med. 4.  5. 6. 7.                    1.4.5.6.7.9.  1.23.8.9.  2.3.8. 

Vat.  I  2.  5.6.  7.9.  10.12.    2.  5.6.  7.9.  10.  12.  3.4.8. 11. 13.14.  1. 3.4.8. 11. 13.14. 

Vind.  4.  2.3  5.6.7.  simil'ter. 

Tzetz.  Brit.  1.2.3.4-  Germ.  I.  2.3.F1.  2. 
Mosch. 

4P7.   "7r/s'<fo/j  vit%ris 

Ambr.  2.  4.  I.  3. 

Med.  4.  5.  6.  7.  1.2.3.8.  p] 

Vat.  2.  5.  7.  9.  10.  12.  I  3.4.6.  S.  11    13.14. 

Vind.  4.  2.3.5.6.7. 

Moschop.  Procl.  Glos.  Cod.  Brit.  5.  Germ.  3.  Fl.  2.  Gall.  3. 

5o6.  &v?n\tyiz<;  codd.  fere   omnes  .  JWaXj^eoj .  Brit.  4. 

5iO-  fivTvys  iriXva.  fi>i<r<Tn?i  vel  fitimvi  fufvi 

Ambr.  2.  3.  4. 

Med.  I    2.3.4.6.7.8.9.  similiter.  B.^rittiet  5.  iriXna 

Vat.  2.3.  4.  9.  ip. 11. 12.14.     I-2  3.4.5.6.7.13.     5.8.i3.       7.  at  I.et  6. /3wV»f 
Vind.  2.3  4.  5.6.  7.  2.  3.4.5.6.  7. 

Mosc. 

5  10.  irx'Xv@OT<k%ri  mo\v(&a<Tti qy 

Ambr.  2.  34.  I. 

Med.  1  2.3.4.6.  7.8.9.  5. 

Vat.  I.  3.  4.  6.  7.  10.  11.  12.  1 3.  14.  5.8.9.   sed.  2.  T8X;/3au/?ji 

Vind.  2.  3.  4.  5.  6.  7. 

5i 3 -   Ante  vers.  5l2.  ponunt  Aid.  et  Ju.nct.  I.  2. 

5z5.  oixu  }&j  iv  riSiit,  Ita  omnes  codices  praeter  5.  Medic,  et  5.  Vatic, 
ct  3.  Vindob.  qui   habent  oix-u  ^  $$s<ri, 

53o.   Auyqiv  Sqva.      Atiyfai;  Jq'ta 

Ambr.  2.  I.  3.  4. 

Medic,  omnes  .  omnes 

Vat. 3. 4.5. 6. 7. 8.  II.  12. 13..14.  2.  9. 10.    1.2.3  4.5.6.7.8.9.1 1. I2.l3. 14. 

Vind.  2.3.4.5.6.7. 

Moschop.  qui  vcrtit  ^.aXEir&c,  Glos. Urit. 2.3.5.  Germ.  2.3. 

Tzetz.  Gall.  3.  Steph.  Juncta  I. 

537.    •xXouvow  [i{v  xXcu'av  tb 

Ambr.  1.3.  2.  at  4.  x*-°"vt**  r' 

Med    1.2.3.8.9.  4.5.6.7. 

Vat. 3.  4.  8.  11.  i3.  14.  2  5.  6.  7.  9.  10.  12.  at  I.  xXoaVor  xee 

Vind.  2.  3.  6.  7.  4.5. 

Aid.  et  reliqui  citati  ad  v.  5. 


Vul pratae  lectiones 


Lectionea  aliae , 


29I 


S43.  ivore  MSS.  omnes  praeter  2.  Ambr.  et  4.  Medic,  qui  habent  eirirew  J 
sed  5.  Med.  s'ttot'  ov  ut  Trine.  Retinendum  erewre  quurn  extrema  produ- 
catur  vi  caesurae  ,  et  vi  mutae  cum  liquida  subsequentis  . 

544  a/Jtu  sub-tituerunt  nimium  creduli  Graevii  editores  voci  vuru  quae 
erat  in  omnibus  codieibus  ,   et  editionibus  .    V.  animadversiones  . 

S-jp.  ir^pipsfo;  ivTiiwmi.  Sic  erat  in  Ambrosiano  3.  sed  correctum  est, 
et  autatu.n  in  nrv^oipi^o^  timiui .  Clericus  et  invitis  codd.  et  editionibus 
ante  eum  ,  et  Proclo  ,  et  Mosghopulo  ,  et  Auctore  Glossarum  ,  qui  tru^o^c, 
probant ,    edidit   T^pofoj . 


$$0    ouivaoiiuv  cdiv  icvmv                                        ditvvaoviwv 

AmlM.  3.  4-  1.  2. 

Med.  2  3.6  78.9.  Med.  4.  5.  sed  I.  edtvotivniv 

Vat.  3.  4-  8.  I  t .  I<3.  14-  !•    dieiv   diviuv 

Vind.  4.  sed  2.3.  5. 6.  7.  diiv  dovnov 

diiv  vuovtuv  Vat.  2.  5.  6.  7  9.  io.  12.  Glos.  Aid.  Trine.  Junct.  1.2. 

5Sp.   fix?  iTri    <f  a.vie/.  fixTt'v  iirt  <?'  dviqt           vel    fitscriv  sir'  dvig/.  dV 


A.nbr.  4. 
Medic. 
Vatic. 
Vindob. 


I    2.3. 

1.2.3.8.9. 

1.  3.  4.  8.  11.  i3.  14. 
2.3.6.2. 


4  5.6.7. 

2.  5.  6.  7.9.  10.  12. 

4-5. 

Flor.  2. 

/Ssa/Veditiones  f.  omnes  .  Brit.  I.  4. Germ.  I.  2.  3.  Fl. 

I.  Gall.  3. 


568  .  ofS-payo* 
Ambr.  2.  3. 
Med.  i.  2.6.  7.  8.9. 


I.4 

3.4.  5. 


Vat.  2. 3  4  6.7.  11.  13.  14.       1.  5.  8.  9.  10.  12. 


Vind.  2.3.  5.6.  7. 
Flor.  I.  Procl.  Mosch. 


570.  irie/.Tttpve'/Jcv 
Ambr.  2.  3.  4- 
Medic,  omnes 
Vat.  I.  3  4.  5.  7-8.  10.  12. 
Vind.  2.3.  4.  6.  2, 
Tzetz. 


4- 


Auctor  glos.  Cod.  Germ.  2.  3.  Junct.  I.  2. 
Etymolog.  Magn.  in  o?$-oyo>i  ,  Tzetz. 


I. 


vel  rrree/.T\i[zpivcv 


57?.    xa'fipii 
Ambr.  2.  4. 

Vat.  6.  sed  10.  xa?p«  cum  «  sup.  «     et  Germ.  2.  3.  et  Gall.  3. 
Vind.  5. 


2.  6.9.  11.  i3.  14. 

5. 

Germ.  3.  Brit.  6.  Moschop. 

xdftpet 
Reliqui  codices  nostri  :  item  Brit.  2. 3. 4. 


S77.     0?6?tt  0j>>« 

Ambr.    I.  2.  4.  3. 

Med.  1.2  3  4  6.7  9.  5.8. 

Vat.  1.2.3.4.5.6.  7.  8. 9.  10. 11.  12.  14.  i3. 
Vind,  2.  3.  4.  5.  6.  7. Ties  S'choliastae. 


292 

Vulgatae  lectiones  Lectiones  aliae 

Ambr.  2.  1.3.  at  4.  y-xttcxioemi 

Med.  5.6.  1.  2.  3  8.  9-  at  4.  x«w;csw     et  y    £VtveW 

Vat.  2.  5.  7.9.  10.  12.     1.3.  4.  6.8.  11.  i3.  14. 

Vind.  5.  2.3.4.6.7. 

Glos.  Cod.  Germ.  2.  3.  Moschop. 
584.   x.afjtotno'feog  x.cto/JictiuJ'tss 

Ambr.  1    2.  3.  4. 

Med.  2.3.  4.  5.  7.8.9.  1.6. 

Vat,  2.  3.4-5.8.  9.  10.  12.         6.  7.  11.  i3.  14.  sed  1.  xa(cWJ«fs 
Vind.  2.  3.  5.  6.  7.  Brit.  6.  2- 

58tf.   &i  re   avSqi^  $i    tbi  avJfis 

Ambr.  1.2.  3.  sed  4.  St  r  <ZvJ?i; 

Med.  I.  2  3.  8.  9.  4.  5.  2-  in  6.  deest  ■* 

Vat.  1.  3.  4.  2-  11.  1 3.  14.  2.6.9. 10. 12.  sed  5.JV  «W?ef ,  et  8.^'  r'^cTpsc 

Vind.2.  3.  4.6.  2.  5. 

Arist.  Probl.  Sect.  4,  Junct.  1 .  2.  $i  <?  «Vf£f  .  Flor.  1.  et  2. 

?8p.  fiv'@\ivo<;  fii/3\tvos 

Ambr.  2.  3.  1.4. 

Med.  4.  6.  2-  1.2.  3.  5.  8.9. 

Vat.  1 .  6.  1 1.  14.  2.3.4.5  2.8.  9.  10.  12.  l3. 

Vind.  4.  2-  2.  3.  5.  6. 

Procl.  Tzetz.  Int.Theocr.  Glos.  Cod.  Brit.  2.  3.  Gall.  3.  Flor.  I.  et  fuit  in 

2.  Germ,  et  3.  Aid.  Trine.  Junct.  1.2.  Mosch. 

5p4>    dx.eai'o$  iux-qareos 

Ambr   24.  1,  axpas'u?  .  3.  nxpee'o; 

Med.  1  2   3.  5.  2-  8.  9.  4.  6.  gt/xpaeoj 

Vat.  1.3.  4.  6.  8.  9.  5.  2-  io-H-12.  13.  14.  dxpa/of,  sed  2.  ...  **ef 

Vind.  2.  6.  4.  2    aS5?  sed  3.  5.  .  .  .  -re'a? 

Moschop.  Procl.  Glos.  Cod.  Brit.  1.3  4.  5.  Germ.  I.2.3.F1. 1.  et2. 

Aid.  Junct.  1.  2.  Com. 

£94.   •aptxrwirov  tepoaoiira 

Ambr.  I.  4.  2.   3- 

Med.  1.4.  5.  6.  2.  S.  2.  3.  9. 

Vat.  1.  2.  6.  2.  8.9.  3.  4.   II.  14. 

Vind.  4.  5.  2-  2.  3.  6. 

Tzetz.  Glos.  Brit,  l .  4.  5.  Germ.  3.  Fl.  2.  Mosch.  Procl. 

/ 

5P51.  Kp^'vwf  ■*■'  uevats          Kpiim          t'  utvvdu 

Ambr.  I.2.3.4. 

Med.  1.2.3.4.5.6.2.9.  I.2.3.4.9.        &•          5.6.  8.  sed  7. t' oicva's 

Vat.  2.  3.  4.  6.  7.8.10.  4.6.12.             1.5.     2.  5.  7.8.  9.*io.  11.  13.  14.  sed 

11.12.  14.  3.  eucvdx 

Vind.  2.  5.6.  7.  3.  oua>dn  sed  4.  *'  «iW8 

Germ.  2. 3.  Junct.  2.  Fl.  2.  «*«»«*. 

5p5.  Tp/f  J"  J^a-m; .  <T  abest  ab  omnibus  Codd.  et  ab  omnibus  editioni- 
bus  ante  Graevium  . 

6oz.  OUta  aoitov  nullus  codex,  quod  sciam,  nulla  editio  habct  ante 
Graevium  . 


Vulgatae  lectiones . 


Lectiones  aliae . 
rari  0>jt'   aoix.ov 


293 


Qifm   t'   uoix-ov 
Ambr.  I.  2.  3.  4. 

Med.  2  3.4.  5.  7.  8.9.  1.  6. 

Vat.  1.  3.  3.  4.  o.  7.9.  10.  5.  8.  11.  12.  l3.  14. 

Vind.  5.  0.  2.  3.  7.  sed  4.  0>»?a   f  aoixov 

Cod.  B1.1t.  1.2.4.5.  Germ.  1.2.     Glos.  Cod.  Brit.  3.  Germ.  3.  Flor.  1.  2. 

Editiones  omnes  cit.  ad  v.  5.  Procl. 

Am  Dr.  2.  4.  I.  3. 

Med.  4.  5.  6.  7.  1.  2.  3.  S.  9. 

Vat.1.2.  5.  7.9.  10.12.  14.  3  4.  8.  11.  i3. 

Vina.  6.  2.  3  4   5.  J. 

Flor.  2.  Bru.  2.  5.  Germ.  1 .  2. Trine.  Ald.Mosch.  Procl. 

618.  cu?y  non  reperi  nisi  in  Vindobonen.  2.  neque  Glossator  habet,  neque 
Mo5.  Floisnt.  habtmt  tamen  editioneo  aliquae  .  Oertissima  lectio  est  <*'?«  • 

633.  Ea.iem  prcpe  ratio  est  in  fnyavnvis  quod  non  agnoscunt  Vaticani 
quatuordecim  ,  sed  tantuin  Afnbrosianus  2.  Medicei  5.  o.  et  Vindobonen- 
ses    quatuor  ;   itaque  scnbo   peya.  niirie . 


•S-fc'pa   r'    dqy  , 


5-a'g^  d"  a  fj- .  , 


12.  sed  5.  Hqr\  f  dg 


640.    -9-f'f «   ap)a\e'tt 
Ambi.  I.  2  3.  4. 

Med.  1.  2.  3.  0.  7.  8.  9.  4.  sed  -9-g'e* 

Vat.  1.  3.  4.  7.  6.  ii;  i3.  14.  2.  9.  10. 

Vind.  2  3.  4.  6.  7.  Item  Strabo  Vind.  5. 
pag.  409.  et  Schol.  Nicandri  ad 
v.  1 1 .  I  her.  et  Eustath.  T.  II. 
pag.  £43.  sed  •?•£>?. 

(J4<5.  T.s4«f .  Miror  Guieto  T?s'4aj  placuisse  ,  quod  -vix  reperi  in  Codice 
Vmaobonensi  4.  t?i^vz  autem  habent  bcholiastae  ,  et  codices;  et  ex 
suo   eoa.  probat  Bruncfcius. 

047.   pt}y,ou    Si Xiuov  «7Ffirw      fitsXtcu   £i aitfirza   \i[Xov 

£a  "■  2.      3.      4. 

Med.2.3.8.9.  4-5.  5.6.7.  at4 W  2.  3.   6.    7.    8.9, 

Vat.  I.3.4.8.  II.  I3.I4-       2.9.IO.       2.  5.V9.IO- 1 2.         1.3.4  5.7.8.1 1. 12  13.14. 
Vind.  2.  3.  4.5.  5.6.7. at 4./SaAP  Je    2.  3.  o.  7.  Cod.  Gail.3. 

Brit.  1.  2.5.  Genu.  3. 
<J5l.  ej  Eugota*  ^  'Ac/X/Js;  «VEt/,3  . . . .  «V  'As/A  .  . . 

Amor.   1.  2.3.  I.2.3.4.  4- 

Med.  1.2  3.4.5.8  9.      1.2.3   4.5.6.8.9.      0.7  7. 

Vat. 3. 4.0.  11. 13.14.     1.2.  3.4  5.  8.  9. 10.     1  2.5.9. 10.12.  at7.  7- 12, 

11.  1 3.  14.  eV  'Eufi 

2.3.0.0.7.  4.5.6.7.  ties    Interp.    4. 


Vind.  2. 


<JJ8.   Miaya 
Amur. 
Med.  4.  7. 
Vat.  2.  9.  10. 
Vind.  5.  Mjja-jif 


1.2.  3.      4.  non  intelligitur 

I    2  3.  5.6.8.9. 

I    3   4.5.8.1  L.  i3.  14. 

2.3.4.  6.  7. 

Brit.  I.  2.  Germ.  3. 


55 


394 

Vulgatae  lectiones  Leotiones  aliae 

660.   vnuv  yt  iriiretfit/Acii  vewv  ....        vevei^vucu 

Arabr.  4.  sed  deest  yt  4.  1 .  2.  at  3.  Tniriynuaj. . 

Med. I.  2.3.  4.5.6.  7.  8.  9.  Onirics  Codices  . 

sed  in  1 .2. 4.6. 8. 9.  deest  yi 

Vat.  I.  2.  3.4.  5.  7.8.  9.  *ou    1.2. 11. 12.  l3 .14.  3.  4.  5.  7.  8.  10.  at  9.  / 

II    12.  l3.  14.  sed  in  4-5.  viv^nfxat  cum  «  sup  » 

et  14.  deest  ye 

Vind.  2.3.4.6.7. at  3.  et  %.  sinews         2.4.6.  vivifnftii  3.  7. 

<5<5z.  Mso-ou  .  Hie  versus  extat  in  omnibus  codd.   sed  in   5.  Med.  fere 
est  erasus. 

573.  Hie  versus   est  in  omnibus  codd. 

677.  i$etx.cv  in  editionibus  Clerici  ,  et  Graevii  male  erat  pro  f%e», 

688.   i?<r'  dyoq&u)  &>$   <r    ctyoq&ioo  w$  ayo^Aeo 

Arabr.  1  2.  3.  4. 

Med.  1.2.3  4.6.  8.9.  5.  7. 

Vat.  3  4.  II.  i3.  14.  1.2.56  7.  S  9.  12.  13. 

Vind.  2.  3.  7.  4  5.  6. 

/  Cod. Brie.  1.5. Germ. 2  3  Cod.  Brit.  7.  Flor.  2. 

Aid.  Junct.  I.  2.  Steph.  Trine.  Mosc. 
dpi.  nrrifzaiTi  placuit  Graevio  ,  et    Clerico   ob    novitatem  :    ceterum  non 
reperi    nisi  in  5.  cod.  Vindobonensi  ,    et   in    Richaidiano.  nrn'^xri  habent 
reliqui   codices,  nisi   quod   in   Britan.  5.  et  Germ.  2.  et  Mediceo  3.  legi- 
tur  iriiixxiK  . 

Ambr.  3.  1    2.4. 

Med.  I  2.3.4.8.9.     5.  5.6.7.  1.23.46.8.9. 

Vat.  8.  11.  i3.  14.       6.9.  6.7. 9.10. 12.     1.3.4.5.7.8.IC.11.12.13.14. 

Vind.  6.  4.5.  2.3.4.5.7.        2.3.6.7. 

Brit.  6.  Procl.  Mosc.Procl.  Aid.  junct.  I.         Cod.  Brit.  I    2.3.5. 

Tzetz.  2.  Trine.  Steph.    Cod.  Germ.  3. 
Com.  Heins. 
6$6-   t y.iiv.ovTu>v  btscoV  T.y.vx.ovrx   iiiiav 

Ambr.   I.  2  3.  4. 

Med.  1.2.3  4.5.7.8.9.  6.  sed  t jtwovT' .  . . . 

Vat.  i.  3  4  6.  8.  9/11.  i3.  14.  2.  5.  7-  10.  12. 

V  Vind.  2  3.  4.  5.  6.  7.  et  Codex  Richard,  et  Brit.  7. 

Procl.  Moschop.  Plutar.  p.  753.  Junct.  I.  2.  Steph.  in  rmaig.  Tzetzes. 

<5p8.  tijSom  v/Saoi 

Ambr.  1 .  2   3  .  4. 

Med.  7.  1.2   3  4.5.6.8.9. 

Vat.  3.5.6.  8.  9.  11.  i3.  14.  •     1.2  4- 7- 10  12. 

Vind.  4.  6.  2.3.5.7. 
Procl.  Mosc.  Pollux  pag.  27.  Stob.     Cod.  Germ.  3.  Junct.  I.  2. 

cap.  6^.  Plut.  pag.  573.  Etymol.  Magn. 

JO$ .    "}v?ou   Svxcv  yrifoti  fuxcv 

Procl.  Tzetzes,  Stob.  Plut.       Mosch.  omnes  codd.  et  editiones  ante 
pag.  527.  Graevium  ;  etiam  cod.  Brunckii . 


Vulgatae  lectiones 

7IO.   liTo;   r     etiraiv 
Ambros.  3. 
Med. 
Vat.  2.  9. 
Vind.  5. 

712.  'Hynr' 
Ambr.  I.  2.0.4. 
Med.  I    2.  3.4  8.9. 
Vat.  1.3  4.  1  I.  14. 
Vind.  2  3.  6.  7. 
Mosch   Prod. 


Lectiones  alike 

tiros   httuv 
I.2.4.  "> 

omnes 

1.3.  4.  6.6.7.8.  II.  12.  i3.  14. 

2.3.4.6.7 

'H>«t' 

5.6. 

2.5.6.7.8.9.  12.  i3. 

45. 

Cod.  Brit.  I.  3.  Junct.  I.  2.  Trine.  Tzetz. 


*9$ 


Amb.  I.  2 


veixsmea 
3.  at  4-   "«x»we« 
Med.  I.  2.  3.  8.  9.  Spd  4.  vxxes-afa        5.  6.  7. 
Vat.  1.2.3  4  8.  9.  1 1.  i3.  14.  6.  7.  12.  sed.  5.  vix»no» 

Vind.  2  3.  5.  6.  in  4.  et  7.  mxwwf* 

Mosohop. 

721.  x-ccko'v  &iroi<;.  Cur  hanc  lectionem  sequuti  fuerint ,  divinare  nescio  : 
earn  enim  ine  eulatam.  vix  reperi  in  5.  Vindoboncnsi,  et  in  2.  et  9. 
Vaticano  :  reliqui  habent  htjtj  vel  aim?  vel  httw;  . 


728.    dvioVTsg 

A    ibr.  4. 

M  d.6.  7. 

Vat.  27.  9.  10.  12.  14. 

Vind.  2.  4.  5. 

Prod. 

73o.    diroyuuvubas 
Ambr.  I   2  3. 
Med.  1.2  3  4.  5.  7-8   9- 
Vat.  I.  2.3.  4.  8.  II.  i3.  14. 
Vind.  3.  6. 
Mosch. 


a  vtov<m 
1.2 .3 
1.2.  3.4.  5.8.9. 

I,  3.4.8.  11.  i3.~ 

3.6.7. 

Gallic.  2.  Germ.  2.  Aid.  Moschop. 

oiwoyv(Jivti>9,jis 

6. 

5.  7.  9.  10.  12. 

2.4.5.7. 
Tzetz. 


73o.  tcta-a-iv  nullo  in  cod.  reperi  ,  sed   iao-tv ,  vel  rarissime  £ cto-i . 

duvvdcav 


in    7-   dicvduy 
12.    sed  7-  etiivvuv 


737.    dtvdwv  divvo'otv 

Ambr.  3  I.  2. 

Med.  1 .  2.  3  4.  6.  8.  9.       5. 

Vat.  1.3.5.  i3  14.  2.4.8.9.10.11. 

Vind.  2.  3.  4.  5.  6.  7.  Junct.  1.  2. 

742    c*'  <Ja<™'  est  in  4.  Vindobonen.   in  reliquis  &  fowri ;  item  in 
Plutarcho  Tom.  II.  pag.  352. 

j$6.  $ii;  w  t  nullo  in  codice  reperi  :  sed  5-so;  -at  saepe  ;  raro  ^£cj  vu  rot 

781.    a"7rgf '<«to;  ap^aT&ou  a-nrifycttct   odo-ao-^cu 

Ambr.   1.2   3   4. 

Med.  1    2.3.  4-5  1-  8-9-  6. 

Vat.  I.4.5.7 .10.  II.  12.  l3.  14.     2.6  9.  sed  in  2-  et  6.  $do-o-ot3-ou  . 

in  8   o-irif/:ix7B$  £>io-vao-Scu  . 
Vind.  3.  5.  6.  7.  4.  sed  £a'o-<rcio-$oa  . 

Mosch. 


296 

Vulgatae  lectiones  Lectiones    aliaii 

781.  cvS^i-^a^^-ou  ix.fi-±cto-$-oa 

Ambr.  I.  2.  3.  4. 
Med.  omnes 

Vat.  I.  4.  5.  6.  11.  12.  i3.  2.  2. 

Vind.  3.  4.  6.  6.  7.  Mosch. 

785.   x»?;t<7/  7we'cr5-oa  xsp>i    re   ywso-9-ou 

Ambr.  4.  I.  2.  3.  sed  pro  ^g  habent  H  . 

Med.  1.  2.  3.4  5.  7.8.9.  spd  6.  x«p  »tc-/  re  ^cc. ., 

Vat.  4.  6.  p.sed  12.  a*?**?/ Js'  yw ...     I.  5.  "7.8.  IO.  1 1.  l3.I4.  sed2.xs'?>f  ywivbau. 
Vindob.  3.5.6.2- 

Brit.  1.3.  4.  Germ.  2.  3  Fl.  1.2. 

Aid.  et  ceterae  editiones  cit.  ad  v.  5. 

7^3.  Ftivtxo-S-cu  prope  in  omnibus  codicibus.  yivar^ou  in  Vat.  6.  ytivs<r$ou 
in    Vat.  2.  et  in  Vind.  4. 

7P4.  xxfya-i  ....  in  Vindobon.  xa'f jt  &i  re  read's  .  Correctio    visa    Gujet. 

tantum4- et  in  Britannic.  6. quod  se'd  exeat  in  omnibus  fere  codd.   Me- 

Graevius  alteri  lecuoni  audacter  diceis ,  et    in   Vaticano  p.    reliqui  ha- 

praeposuit .  bent  »«f  n  Si  <ref«<;  . 

801.  sV  gf,u«T/  est  in  2.  et  6.  Vaticano  ,  et  in  5.  Vindobonensi;  reliqui 
codd.  liabent  eV1  trypan  . 

804.   nvvi/uzvct's                                                         rivuptvag  ysivofxcvov 

Ambr.  1.2.                                                        3.  4. 

Med. 6.                                                            1.23.4.9.  5.  at  2-7'^V.  •• 

Vat.  2.  p.  IO.  11.  12.  l3.  14.                        in  1. 4. 5. 8 v'ptvov  6.  at  l.^ivi^.  •  • 

Vind.  3. 4.  5.6.  7.  at  5.  correct,  vmvutvov  Brit.  6. 
Moschop. 

8l2.    <punuifzcv  (pursuav 

Ambr.  4.  I.  2.  3. 

Med.  5.6.  7.  1.2.3.  4.  p. 

Vat.  2.  4.5.  6.  7.  p.  IO.  12.  I.  8.  II.  13.  14. 

Vind.  3.  4.  2-  "  6. 

Britan.  6.  Brit.  3   5.Germ.2.3.Flor.  i.Ald.Junct.  I.  2.  Ste- 

ph.   in  marg. 

820.  Mio-evn '  rravfot  Si  fxir  eiy.dSa .  Ita  invenit  Graevius  in  suo  Britan- 
nico  6.  addidit  quod  placet  ,  et  Hesiodo  quern  minium  fidens  eidem 
Codici  corruptissimum  dederat ,  exrremam  manum  imposuit .  Ex  nostris 
habet  2.  et  p.  Vatic,  qui  consentiant  •,  reliqui  dissentiunt :  disscntit  et 
Brunckius . 

820.   Me'<3-<rW   iravfot    S'  aure        vel   fifffn-  rraufoi  J"  dure  uti  Gall.  3. 
Ambr.  I.4.  2.3.  /us'o-crn-  rrau^oi    Sirs  fxtr    dun 

Med.  I.  2.  3.  4.  6.  7.  p.  5.    /"eVn  •   nrau^ot   Si  re   uir'  eixdSa  .  . . 

Vat   1.5.6.  2-  IO.  I  1 .12   1 3   14.        4.  8.   /"£«■«  •  rrau^oi  S'  dure  . . . 
Vind.  3.  4.  6.  7.    sed    in    uno 

[tiecrnv  ,  in  alio  S'  a'aw 

Tot  lectionibus  anteposui  usVj-h  •  vau^oi  S'  ai/rs,  quae  praeter  supra 
incUcatos  codices  pro  se  habet  Britann.  1.  3.  4.  5.  German.  I.  2.  3.  et  edi- 
tiones  Junctae  1.2.  S'teph.  Com.  Heinsii  . 


Q91 
Index  Scriptorum ,  praesertim  veterum,  qui  in  Opere 

nominantur. 

xJLehilles  Tatius.  De  Clitoph.  et  Leucippes  amorib.G.L.  ap.Commelin. in  8.1606. 

Aeliaous  .  De  varia  Uistoria  G.  L.  ex  edit.  Gronovii.  T.  li.  in  4.  Laga.  Bat.  I73l. 

Iaem  ae   Instona  aniinalium  G.  L.  in  10.  apud  Tornesium  an.  loll. 

Aesciiyh  Tragoeaiae  G.  L.  cum  suo  Schohaste  ,  et  notis  Stanleii .  Londini  1664. 

AesLhinis  Orationes  cum  Demosthene  G.L.  in  fol.  Francofurti  1O04. 

Aescnuns  Socratici  aiaiogi  G.  L.  cum  adnot.  Jo.  Clerici .  Amstelod.  171 1. 

Anacreon  gracce  cum  notis  Hoist,  in  8.  Lipsiael^d2. 

Anton.  Liuciaiis  ,  et  Antonini  Imp.  de  vita  sua  G.  L.  in  8.  Basileae  1 568. 

Apoiimans  Sidonii   Opera ,  in  8.  Paris.  i5p8. 

Apoiloaori  Bibiiotneca  cum  Heyne.  G.L.  in  8.   Gottingae   l8o5. 

Apolionu  rlliotiii  Aigonautica  cuin  sctioi.  ec  nocis  G.  L.  in  8.  Oxonii  1779- 

Apulejus.  Opera  vana  ,  in  8.  Florentiae  apud  Junctas  l5l2. 

Aristophanis  Comoeuiae  G.L.  accurante  Kustero,  in  fol.  Amstelod.   1 7 10. 

Anstiaes  .  Orationes  G.  L.  Cantero   interprete  .  T.  HI.  in  8.   an.    1 604. 

Aristoteles  G.L.  ex  interpr.  ^asauboni.   1.  II.  in  fol.  Aureliae  Allobrogum  l6l5. 

Arnobius  et  Tertuiiianus  cum   ue  la  Bar,  in   fol.   l58o. 

Artemidorus  de  Somniorurn  inturpretationibus,  in  S.  Lug.iuni  1546. 

Athenaei  Dipnosoph.  G.  L.  cum  Lasaubono  .  T.  Ii.  in  fol.Luitio  Commelin.  1608. 

Ausonius  cuin  ios.  Scaligen  notis,  in  12.  Lugduni  1645. 

Bionis  et  Moschi  luyilia  G.L.  et  Gallice,  in  8.  Venetiis  1746. 

Bonarruoti .  O-servazioui  sopra  alcuni  mcdaglioni ,  in  4.  Koma  1698. 
Lo  stesso  .  Frarnmenti  di  vetri  antichi  in  4.  Firenze  \~i  16. 

Brissonii  ue  formulis  juris,  in  4.  Francofurti  1692. 

Q.  Calabii  praetermissa  ab  Homeio  accurante  Paw.  G.  L.  in  8.  Lugduni  17«H- 

Callimacnus  cum  notis  variorum  ,   et  cum  explicationibus  Spanhemii  G.  L. 
Tomi  II.  in  8.  Ultrajecti   1 697. 

Calmec .  Com.nentarius  in  5.  Scupturam  .  T.  X.  in  fol.  Venet.   1792- 

Catullus  cum  Conwnentar.  Jo.  Antonii  Vulpii  ,  in  4.  Patavii  I'fil- 

Censorinus  de  die  natali,  cum  Manutii  notis,  in  8.  Venetiis  l5Sl. 

Ciceronis  opera  omnia,  cum  nocis  variorum,  accurante  Verburgio.  Tomi  XI. 
in  8.  Venetiis   l?3l. 

Clavis  Hoirerica  cum  proverbiis  Apostolii .  Londini   1727- 

Clementis   Alexandrini  opera  cum  Pottero  G.  L.  Tom.  II.  in  fol.  Venetiis  1755. 

Comitis  Natali-  Mythologia,  in  4.  Venetiis  1 568. 

Cornelii  Nepocis  vitae  cam  notis  omnium  Interpretum  ,  in  8.  Patavii  1700. 

Correctissimus  Clauuianus  ,  in  8.  Venetiis   1642. 

Corsini  Eduardi  Fasti  Attici  .  Tom.  IV.  in  4.  Florentiae   1744- 

S.  Cyrillus  Alexandrinus ,  et  Julianus  Aug.  in  folio   G.L.  Lipsiae   1696. 

Demostiienis  et  Aescninis  Orationes  cum  (Jlpiani  commentano  G.  L.  in  folio, 
Fiancofdici    1O04. 

Dio  Chrysostomus ,  in  fol.  Lutetiae   1604. 

Diodorus  Sicuiu-   G.L.   in   fol.   Hanoviae    1604. 

Dionysii  Halicarnassaei    Opera  omnia  G.L.   Francofurti    1 586. 

Eckel  Dotuna  Nummorum  veterum  Tom.  VIII.  in  8.   Vinaobonae  179I. 

Ennii  fragmenta  cum  explicationibus  Columnae,  in  4.  Neap.  1690. 

Epictett    v.anuale    G.L.  in  12.  Lucae    1769. 

Eui.apins  .    Vicae  Philosophorum ,  G.L.  in   8.   Antuerpiae    1 568. 

Euripniis  Tragoediae  cum  veteri  Scholiasce ,  et  notis  Barncsii  G.L.  in  4.  To- 
mi III.   Lip-iae  1778. 


298 

Lo  stesso  con  la  spiegazione  -del  P.  Carmeli .  T.  VII.  in  8.  dal  1743.  al  i?55. 
Eusebii  Pamphili    Demonstratio  et  Praeparatio  Evangelica  .    Basileae  .  .  .  . 
Eustathii  in  Homerum  Commentar.  G.  L.  T.  Ill,  in  fol.  Florentiae  l73o. 
Fabretti  Inscriptione.s  antiquae  ,  in  fol.  Romae    1702. 

Fabricius  Jo.  Albertus  .  Bibliotheca  graeca  Tom.  XIV.  in  4.  Hamburgi  1718. 
Festus   cum   notis  Scaligeri ,  in  8.  i585. 

Gellii  Noctes  Atticae  cum  notis  Gronovii  et  Corradi .  T.  II.  in  8.  Lipsiae  1762. 
Heliodori  AethiopiGa  G.  L.  apud  Commelinium  i5^6. 
Heraclides  Ponticus  G.  L.   Ad  calcem  Heliodori  . 
Herodiani  Historiae  G.  L.  cum  Boeclero  Tomi  II.  in   8. 
Heiodoti   Historia  G.  L.  in   fol.  Excudebat  Henr.  Stephanus  \§lo. 
Hesiodi  Opera  G.  L.  cum  Scholiastis  et  notis  Heinsii  in  4.  Raphelengii  l6o3. 
Eadem   cum  animadversionibus  Jo.  Georgii  Graevii  in  8. 
Eadem  ex  recensione  primum  Robinsonii,  deinde  Loesneri  in  8.  Lipsiae  1778. 
Eadem   ex  recensione  Brunckii    in  12.  Argentorati  . 
Hesychii  Lexicon  cum  notis  variorum  ,  praesertim  Alberti.  Tom.  II.  in  folio 

Lugduni  Batav.  1746. 
Hieroelis  Commentar.  G.  L.  in  aurea  Pythagorae  Carmina  ,  in  12  Lcndini  l65l. 
Historiae  Augustae  Scriptores  cum  Comm.  Casauboni  et  Salmasii.  Tom.  II.  in  8. 

Lugd.  Bat.  1672. 
Homerus  G.  L.  cum  Scholiaste  et  notis   Barnes.  T.  II.  in  4.  Cantabrigiae  161  r. 
Horatii  Flacci  Carmina  cum  notis  Desprezii.  T.  II.  in  4.  Ba«sani  1774. 
Hyginus  Fulgentius  et  alii  Mythologi,  cum  commentario  Munckerii.  Tomi  II. 

in  8.  Amstelod.  1681. 
Jamblicus  de  Mystertis  ,  Proolus  de  Anima  et  Daemone,  Porphyrius  de  Divi- 

nis  et  Daemonibus,   in  12.  1607. 
Isocratis  Orationes  et  Epistolae  G.  L.  cum  versione  Wolphii,  in  8.  1604. 
Juliani   Augusti   et    S.  Cyrilli   Alexandrini  in    eum  opera  G.  L.  in  folio,  Li- 
psiae 1696. 
Justini  Historiae  cum  lucubrationibus  variorum  ,  in  8.  Argentorati  1621. 
Juvenalis  et  Persii  Satyrae  cum  commentariis  veteris  Scholiastae,  et  variorum, 

in  8.  Amstelod.  16S4. 
Lactantii  Opera  in   folio,  cum  notis  Isaci .  Caesenae  1646. 
Laertius  cum  Menagii  et  variorum  notis  G.  L.  in  fol,  Londini  1664. 
Libanii  Opera  G.  L.  Tom.  II.  in  fol.  Lutetiae  1627. 
Lipsii  Justi  Opera.  Tom.  IV.  in  fol.  Antuerpiae    1687. 
Livius   cum  notis  Dujaci  et  Clerici  .  Tom.  VI.  in  4.  Venetiis  17  14. 
Longi   Pastoralia  G.  L.  cum  notis  Moll  in  4.  Franekerae  1660. 
Lucianus  G.  L.  cum  variis  commentatoribus  .  Tomi  IV.  in  4.  Amstelod.  1243- 

Ejus  Index  ,  Trajecti  ad  Rhen.  1747. 
Lucilii   Satyrarum  reliquiae  Douza  illustratore  ,  in  8.  Patavii  1 708. 
Lycophron  cum  suo  Scholiaste  in  fol.  1697. 
Lysiae  Orationes  G.  L.  in  8.   Moguntiae  l6b'3. 
Macrobius  in  12.  Lugduni   i585. 

Manilii  Astronomicon  cum  notis  .  Ex  recensione  Bentleii  in  8.  Argentorati  1 16%.    ' 
Martialis  ad  usum  Delphini  illustratus  a  Collesio  .  T.  II.  in  4.  Venetiis  1 739. 

Idem  cum  Radero  ,  in  fol.  Moguntiae  1627. 
Maximi  Tyrii  Dis^ertationes  G.  L.  cum  Heinsio,  in  8.  Lugduni  Batavorum  ltf04. 
Melae  de  Situ  Oibis  cum  Olivario.  Inter  Antiquitatum  Scriptores  ,  in  12.  1552. 
Minutii  Felicis  Octavius  cum  notis  variorum  etc.  in  8.  Lugduni  Batav.  1709. 
Mythologi  antiqui .  V.  Hyginus. 
Nemesianus  et  Calpurnius  .  Inter  rei  venaticae  scriptores  cum  notis,  in  4.  Lugd. 

Batav.  1727. 
Nicandri  Scholiastes. 


2P9 

Nonius  Marcellus  cum  Gothofredi  notis,  in  8.  Paris.  1 586. 

Orationes  panegyricae  veterum  Oratorum  ,  in  8.  Venet.  I  ^ip. 

Ovidii  Opera  omnia  cum  notis  variorum  ,  ex  recensione  Burmanni.  Tom.  IV. 
in  4.  Amstelod.  I  724. 

Palmerii  Exercitationes  in  optimos  fere-auctores  graecos,  in  4.  Lugd.Bat.  1668. 

Pausaniae  Destriptio  Graeciae  G.  L.  in  fol.  Hanoviae  l6i3. 

Persius  cum  Casaubono  ,  in  8.  Paris.  l6i5. 

Petavius.  De  doctrina  Temporum  .  Tom.  III.  in  fol.  Veronae  ab  an.  1734.  ad  3<5. 

Petronii  Arbitri  Satyricum  cum  notis  variorum  ,  in  8.  Amstelod.  1669. 

Phaedri  Fabulae  cum  notis  ad  usum  Semin.  Patav.  in  12.  Patavii  1233. 

Philonis  Opera  in  8.  Basileae  1554- 

Philostratus  G.  L.  cum  notis  Oliverii ,  in  fol.  Lipsiae  1709. 

Photius  G.  L.  cum  comment.  Scotti  ,  in  fol.  Coloniae  161 1. 

Pindari  Carmina  G.  L.  cum  antiquo  Scholiaste ,  et  notis  Heyne.  Tom.  V.  in  8. 
Gottingae   1^98. 

Platonis  Opera.  LugJuni,  infol.  l57o.  Aliae  praeterea  editiones  v.  gr.  de  Legibus 
Amstelod;  Tom.  II.  G.  L.  in  8. 

Plauti  Comoediae  cum  notis  multorum,  ex  recensione  Gronovii  Tom.  II.  in 
8.  Amstelod.   1684. 

Plinii  Epistolae,  in  12.  Lugduni  t6p3. 

Plinii  Historia  naturalis  cum  Harduino  .  Tom. III.  in  fol.  Paris.  1712. 

Plutarchi  Opera  G.  L.  Tom.  II.  in  fol.  Lutetiae  Paris.  If  24.    ' 

Poetae  Graeci  G.  L.  Tom.  IV.  in  fol.  Aureliae  Allobrogum  1606. 

Pollucis   Onoma-'ticum  G.  L.  T.  II.  in  4.  cum  notis  variorum  .  Amstelod.  I^io. 

Pr  p:-rtius  cum  notis  ,    ex  recensione  Vulpii.  T.  II.  in  4.  Patavii  1255. 

Pythagorae    Aurea   Carmina  .  V.  Hieroclem. 

Quintilianus   cum   notis  Parei,  in  8.  Genevae  1641. 

Romanae  Historiae  Scriptores  Graeci  minores  G.  L.  in  fol.  Francofurti  1690. 

Sallustius  et  veterum  historicorum  fragmenta  ,  in  12.  Venetiis  1666. 

Sdiptores  Rei  Rusticae,  Cato  ,  Varro  ,  Columella  ,  Palladius  etc.  cum  Gesnero  . 
Tom  II.  in  4.  Lipsiae  1733. 

Senecae  Stoicorum  Principis  Opera  omnia  cum  variorum  notis,  in  fol.  Basi- 
leae  1 5-3. 

Spnecae  Tragoediae  cum  del  Rio,  in  4.  sine  loco  et  anno  . 

Servii  Comm.  in   Virgilium,  in  4.  Genevae  l636. 

Sextus  Empiricus  G.  L.  ex  recensione   Fabricii ,  in  fol.  Lipsiae  1718. 

Sidonius  Apollinaris,  in  8.  Parisiis   1598. 

Sinesii  cum  Nicephori  scholiis  et  Petavii  notis  G.  L.  in  fol.  Lutetiae  Paris.  1 64©. 

Solinus  cum    exercitatione  Salmasii    Tom. II.  infol.  Paris.  1629. 

Sophoclis  Tragoediae  cum  Scholiaste  et  notis  Capperonnier  ,  et  Vauvilliers  . 
Tom.  II.  in  4.  Paris.  1781. 

Statius  cumPlacido,  Lactantio  ,  et  aliis,  in  8.  Lugd.  Batav.  167 1. 

Stephanus  de  Urbibus  cum  Pinedo  G.  L.  infol.  Amstelod.  1678. 

Stephani  Henrici  Comicorum  Graec.  sententiae  ,  in  16.  Excud.Henr.  Steph.  lS6f. 

Stobaei  Sententiae  G.  L.  in  fol.  Aureliae  Allobrog.    1609. 

Suetonius  Bi'belonii   ad  usum  Delphini  in  4.  Venetiis   1787. 

Suidas  Studio  Aemilii  Porti  latinitate  et  scholiis  donatus  .  G.  L.  in  fol.  Colo- 
niae Allobr.  1619. 

Symmachi  Epistolae,  in  8.  Francofurti  1616. 

Syrus  Publiu*  cum  notis  docti  viri ,   in  8.  Patav.  174°- 

Tacitus  cum    notis  Justi  Lipsii  et  Josiae  Mercerii  ,  in  8.  Paris.  1606. 

Tatiani   Oratio  ad  Graecos  G.  L.  cum  notis  Cave  praesertim  ,  in  8.  Oxonii  1 700, 

Terentius   cum    Minellio,    in  8.  Neapoli  1766. 

Themistii  Orationes  G.  L.  in  8.  Parisiis  l6i3. 


goo 
Theocritus   ejusque  Scholiastes  graece  ,  cum  notis  Warthon .  Tom.  II.  in  4. 

.  Oxonii  1770. 
Theophrasti  characteres  G.  L.  cum  commentario  Casauboni,  in  8  Lugduni  l5oo. 
Taucydides  .  De  bello  Peloponnesiaco,  in  foi.  Excud.  Henricus  Stephanus  1588. 
Tibullus  cum  notis  Vulpii  in  4.  Patavii  1749. 

Idem  cum  comrnentariis  Heyne,  in  8.  Lipsiae  1798. 
Valerius  Flaceus  Latine  et  Italice  cum  nous.  Opera  P.  Butii .  Mediol.  1736. 
Valerius  Maximus  per  Aldum  seniorem  1034. 

Vellejus  Paterculus,  inter  Epitom.  Histonae  kom.  T.  I.  in  8.  Florentiae  1723. 
Virgilii  Opera  cum  notis  Ludovioi  della  Cerda  .  Tom.  III.  in  fol.  Lugd.  IO19. 

Idem   cum  notis  Christiani  Heyne  .  Tom.  IV.  in  4.  Lipsiae  178b. 
Winkelmann  Gio.   Storia  delle  arti  del  disegno  presso  gli  antichi  con  note  del 
Sig.  Aw.  Fea.  Tom.  III.  in  4.  Roma  1773.  e  74. 

Description  des  pierres   gravees  ,  in  4.  a  Florence   1 760. 
Xenophon  cum  Leunclavio  ,  G.  L.  Tom.  II.  in  fol.  Francof.  l5p6. 
Xiphilinus  G.  L.  in  fol.  Inter  Romanae  historiae  Scriptores  minores Francof.  l5o». 
Zosimi  Historia  nova  cum  notis  variorum  G.  L.  in  8.  Cizae  IO79. 


Indice   delle    cose   piu 
st'  Opera . 

XA-gricoItore,  dee  essersollecito  p.23o. 
Agticoltura  poco  avanzaca  a'  tempi  di 

Esiodo  23o.  Precetti  che  di   essa  si 

danno  207.  e  segg.  Gli  suumenti,  che 

la  riguardano  debbon  esser  bene  ac- 

conci  200.  Si  consiglia  averne  il  dop- 

pio  del  bisogno  2)4. 
Aja  ,  debb'  essere    esposta  a'  venti  ,  e 

bene  spianata  234. 
Alberi,  quando  debban  tagliarsi  211. 
Amico  ,  dee  amarsi  201.  248.  Non  gli  si 

dee  mentire  .  Ivi .  Falsi  amici  249. 
Anassagora    fa    gli   uomini  coevi  agli 

Dei  167. 
Anfidamante  Re  d'  Eubea  241.  Piu  An- 

fidamanti  conosce  1'  Antichitk.  Ivi . 
Animali ,  come  si  mansuefacciano  267. 
Apollo  ,  quando  nato  262.  266.  A'  tempi 

d'  Omero  ,  e  d'  Esiodo  rappresentato 

con  spada  263. 
Arare  .  Quante  volte  ,  e  in  quali  tempi 

debba   aiarsi   21 6.   237.   Chi  ara  nel 

solstizio  d'  inverno  scarsamente  rac- 

coglie2l8.    Si    ari  nudi  209.  II  tardo 

aratore  dee  desiderar  pioggia  219. 
Aratro  con  ruote  ignoto  a'  tempi  d'  E- 

siodo  212.  Sue  parti.  Ivi  e  segg.  Deg- 

giono  aversene  due  .  Ivi . 
'Apew   spiegata  per  potenza  194. 
Argenro  .  Eta  d'argento  e  suoi  caratte- 

ri    171. 
Aii^tarco  ,  solito  mutare  negli  Antichi 

cio  che  gli  parea  men  bello  193. 
Arturo  .  S'uo  nascimento  vespertino222- 
Ascra  .  Se  potesse  dirsi  citta  239.  D'in- 

felice    situazione  ,   ma   pcro  fertile. 

Ivi  e  240. 
Asfodelo.  Pare,  ch' Esiodo  simboleggi 

in   esso  e  nella   malva    il  vitto  fru- 

gale  i58. 
Astrea  conversava  colla  gente  del  se- 

col  d'  oro  169. 
Astronomia  ,    vagiva  a'  tempi   d'  Esio- 
do 260. 

JJagno  .  Non  dee  1'  uomo  lavarsi  nel 

bagno   delle  donne   256. 
Bambini ,  perche  si  credessero  nati  da- 


301 


notabili    contenute   in   que- 


gli   alberi   123. 
Beati .  Isole  de' beati  quali  sianoi25. 

176. 
Bovi .  Si  consiglia  averne  due  di  9.  an- 

ni  214.  Si  dee  far  loro  buon  gover- 

110  2l3. 
Buoni .  Non  deesi  dir  mal  de'buoni25o. 


c, 


lalzari  .  Non  voglion  farsi  della  pelle 

di  bue  morto  per  malattia  224. 
Cane  dee  tenersi  per  difendersi  da'  la- 

dri  235. 
Canizie  ,  incomincia  dalle  tempie  178. 
Capo  ,  portavasi    scoperto  fuoiche  nei 

viaggi  225. 
Carro  rustico  .  Suo  uso ,  e  sue  dimen- 

sioni  211.  212.    Sono   moltissime   le 

sue  parti  2 16. 
Casa  ,  dee  farsi   di   state  ,  e   vicina  ai 

greggi  221.  Non  dee  lasciarsi  imper- 

fetta  255. 
X«i?siv  difFeriace  da  is?nrta$cu  202. 
Chiocciola  229. 
Cibo.  Antichissimamente  il  piu  debole 

serviva  di  cibo  al  piu  forte  188. 
Cicala  23 1. 
Ciclopi  ,   giustissimi  secondo  Omero. 

182. 
Consiglio  malvagio  dannoso  al  consul- 
tore  186.Se  ne  adducono  esempj.  Ivi. 
Convito  .    Dee    accettarsene     1'  invito 

25o.   Per  certe  feste  si   celebravano 

conviti  da'  Greci  25 1.  Conviti  a  scot- 

to  vietati  da  Salomone  pel  gran   di- 

spendio  .  Ivi . 
Cornacchia  ,  simbolo  di  concoidia  ma- 

ritale  268. 
KoS-oc/fog  .  Sua  etimologia  192. 
Credulita  ,   e  diffidenza    hanno   ugual- 

mente  pregiudicato  204. 
Cresino  accusato  di  aver  per  incante- 

simo  tratte  le  biade  dai  poderi  altrui 

nel  suo  ,  con  bel  modo  si  difende  in 

giudizio  210. 
Cristo,  desiderato  da  ogniNazione  176. 

in- 

Cuculo,   canta  nel  principio  della  pri- 
mavera  219. 

57 


302 

Cuma  ne'  bassi  tempi  chiamavasi  Fri- 
cotide  23p. 


n 


"anaro  ,  fin  da' tempi  eroici  usato  in 
Grecia  243. 

Debitori  .  Trattamento  che  lor  faceva- 
si  in  Ascra  2IO. 

Decenza,  che  dee  conservarsi  nelle  fun- 
zioni  del   covpo25l. 

Aenri>o\6xit$ .  Etimologia  di  questa  vo- 
ce 247. 

Diana  ,   quando  venisse  a  luce  266. 

Diluvio  ,  al  fine  della  terza  eta  123. 

Divinita .  Gli  antichi  ebber  di  essa  idea 
imperfetta  187.  Doveri  dell'  uomo 
verso  di  lei  196.  e  segg.  Si  venerava 
nel  levarsi  dal  letto  e  nel  coricarvisi 
198.  A  lei  deesi  offerir  1'  opera  ,  per- 
che  ben  riesca  212-  Timore  della  Di- 
vinita presente  fa  astener  dal  ma- 
le 247. 

Doglio  ,  quando  debba  manomettersi 
270.  271. 

Doni  ,  come,  e  cui  debban  farsi20i. 

Donna  .Essa  e  il  male,  che  mando  Giove 
•al  mondo  in  pena  del  fuoco  rapito  da 
Prometeo  160.  Se  ne  descrive  il  ca- 
rattere  162.  l63.  Consiglia  Esiodo  il 
fratello  a  procacciarsi  una  donna  per 
la  cura  della  casa  e  del  bestiame  2 10. 


R 


iconomia  .  Precetti ,  che  la  riguarda- 
no  2o3. 

Einsio  crede  che  le  Opere  e  Giornate 
d' Esiodo  appavtengano  alia  facolta 
economica  ;  riconosce  in  Pandora  la 
Fortuna  ;  e  pensa  ch'  Esiodo  scrives- 
se  una  piena  e  copiosa  georgica  oggi 
smarrita.  Si  dissente  da  lui  41.  e  segg. 

Enodia  ,  nome  di  Diana  252. 

Epimeteo ,  stimato  sciocco  164.  Rice- 
ve  Pandora  e  ne  ha  male  .  Ivi  . 

Eroi  .  Secolo  degli  Eroi  1^3. 

Esiodo,  figlio  di  Dio  192.  e  secondo  al- 
tii  di  Foronide  238.  Originario  di  Cu- 
ma I.  Dissenso  di  Eforo  e  diProclo 
snlla  causa ,  per  cui  il  padre  d'  Esiodo 
si  trasportasse  da  Cuma  in  Ascra  238. 
Se  fosse  parente  d'  Omero  1 . 2.  Se  an- 
teriore  a  lui  2.  r seop\  Gli  antichi  nel 
menzionargli  rammentano  Esiodo  per 
primo  4.  Gli  dan  1'  anteriorita  i  Mar- 


mi  Arundelliani  4.  5.  Se  nascesse  in 
Ascra  ,  o  in  Cuma  7.  Finse  che  il  suo 
sapere  venisse  dalle  Muse  8.  e  segg  . 
Ha  lite  con  Perse  suo  fratello  ,  e  la 
perde  per  la  corruttela  do'  giudici  IO. 
36.  Compone  il  libro  delle  Opere  per 
dar  consigli  al  fratello  .  Ivi .  Non 
seppe  suonar  la  cetra,  percio  escluso 
da'Giuochi  Pizj .  Ivi .  Cantava  tenen- 
do  in  mano  un  ramo  d'  alloro  .  Ivi .  Se 
gareggiasse  con  Omero  ,  e  oveil.e 
segg.  Chi  di  loro  prevalesse  12.  l3. 
240.  Esiodo  consulta  1'  oracolo  di  Del- 
foi4-  Accusato  di  aver  violata  Cte- 
mene  .  Ivi .  Percio  ucciso  l  5.  I  suoi 
uccisori  periscono  miseramente  .  Ivi. 
Esiodo  pianto  dai  Locresi  ,  e  sepolto 
nel  territorio  di  Naupatto  16.  Le  ossa 
di  lui  si  trasportano  in  Orcomeno  per 
comando  dell'  oracolo  di  Delfo  17.  O- 
nori  prestati  alia  memoria  di  Esiodo 
18.  19.  Se  gli  sia  dovuto  il  nome  di 
poeta  19.  e  segg.  Suoi  versi  alterati  21. 
Catalogo  delle  sue  opere,  Comentatori 
antichi  di  esse  ,  ed  edizioni  piu  rino- 
mate  22.  e  segg.  Mania  di  emendare 
Esiodo  33.  34.  Corretto  in  questa  edi- 
zione  ne'  passi  piu  dubbj  ,  ed  emen- 
data  la  versione  latina  34.  Qualita  ot- 
time  d' Esiodo -,  cattive  di  Perse  35. 
36.  Divisione  delle  Opere  e  Giornate 
e  stile  di  esse  32 .  38.  Stmtenze  d'  Esi- 
odo rispondenti  ai  libri  santi  3".  184. 
Le  Opere  e  le  Giornate  avean  parte 
nell'  educazione  de'  fanciulli  Atenie- 
si  e  Romani  38  Esiodo  fu  in  esse  e- 
sempio  a  Virgilio  nella  Georgica  Sp. 
Esame  d'  amendue  39.  40.  D'  altri  e 
non  d'Esiodo  e  il  proemio  delle  Ope- 
re 1 53.  Non  era  in  lite  con  Perse, 
quando  lescrisse  187.209.  Difeso  187. 
199.  201.  2®2.  224.  239:  Riprensordi- 
screto  del  fratello  [89.  Versi  di  Ome- 
ro inseriti  in  Esiodo  ,  o  viceversa  193. 
Peritissimo  in  astronomia  pe'  suoi 
tempi  227.  Non  navigo  che  dall'Au- 
lide   nell'  Eubea  240. 

'Eo-S-Xo'f,  in  significato  di  ricco  e  po- 
tente  181. 

"Ei^fo?  lo  stesso   che  a\\og  166. 

Euripide  ,  difeso   lS5. 


F, 


ama  .  Sua  descrizione  257-  258. 
Fame  .  Suoi   effetti  220. 


Fanciulli  .  Precetto   di  Esiodo  ,  che  si 

permetta  loro  il  moto  256. 
Favola  .  Esiodo   e  il    piu   anrico  autor 

profano  ,  che   abbia   fate'  uso    di  es- 

sa  180. 
Fenici ,  espertissimi  nel  navigarc    243. 
Ferro  .  Secolo  di  ferro  e  il  quinto  ram- 

mentato   da  Esiodo  176.  Sue  qualith 

177.  e  segg.  Ciascun  degli  antichi  ri- 

porta  ad   es-:o  la  sua  eta .  Ivi  . 
Feste  rustiche  235.  236. 
Figli .  Somiglianza  dei  figli  col  padre  cre- 

duto   indizio  d' onesta.  materna    l83. 

Come  un  sol    figlio   conservi  la  casa 

206.  Nou  assicura  perd  la  successio- 

ne .  Ivi . 
Fieno  dee  ragunarsi  ne'feniliper  prov- 

vista  del  bestiame  quando  non  puo 

pascere  235. 
Fiumi .    Religioni   degli    antichi   verso 

di  essi  253.  257- 
Focolare  ,  sacro  presso  gli  antichi  253. 
Formica,  lavora   d' estate  264. 
Foro  ,  ridotto  d' oziosi    I  hi- 
Fortezza ,  raccomandata    da  Esiodo  a 

Perse   191. 
Fortuna  .  V.  Einsio.  Mediocrita  di  for- 

tuna  migliore  dell' avarizia  158. 
Frumento  ,  pestavasi  ne'  mortaj  21 1 .  Si 

custodiva  in  cupe  234- 
Fuco  ,  qual   insetto  sia  304. 
Furie  ,    quando  generate  269. 
Furto  .  II  vapitore   e  tormentato  dalla 

coscienza   202.  Quello    ancora ,   che 

rubando   poco  alia  volta  si  accorge, 

facendo  cio  spesso  ,  d'  esser  divenuto 

ladro  considerabile.  Ivi . 


G-. 


"ara .  Sono  due;  una  buona  ,  l'al- 
tra  cattiva  i55.  1 56. 

Genj .  Lo  stesso  che  Angeli  e  Demo- 
nj  [70.  Buoni  e  cattivi .  Ivi .  Ciascu- 
na  Deita  maggiore  avea  molti  Genj 
come  servi   e  ministri    185. 

Gineceo .  Ne'  Ginccei  non  penetra  fred- 
do  222. 

Giorni .  II  libro  de' giorni  distinto  dal 
resto  in  alcuni  codici,  ed  editi  :  deesi 
a'  moderni  Greci  259-  Osservazioni 
de' giorni  da  chi  provenute  .  Ivi.  In 
uso  presso  gli  antichi .  Ivi .  II  trente- 
simo  ottimo  per  visitare  i  lavori .  Ivi. 
Primo  giorno   del   mese   sacro  pres- 


so  tutti  i  popoli  per  antichissima  isti- 
tuzione  261.  Varie  operazioni  pre- 
scritte  in  varj  giorni ;  e  su  ci6  dissen- 
so  degli  antichi  263.  e  segg.  Fausti  ed 
infausti  nel  calendario  degli  Atenie- 
si  272. 

Giove  ,  presiede  ai  giudizj  154.  Nasco- 
se  agli  uomini  il  vitto  1 58.  Seder  vi- 
cino  a  lui  e  onore  che  a  pochi  si  con- 
cede dei  principali  Dei  186.  Giove 
Stigio  perche  invocato  nel  comincia- 
mento  delle  opere  rustiche  217-  Gio- 
ve Omagirio  241.  Dispotico  dell'aria 
e  de'  venti  243.  Tutto  ripeteasi  da 
lui  260. 

Giusti  .  Premj  di  essi,  e  castighi  dei 
malvagj  1:82. 

Giustizia  .  La  Divina  giustizia  non  si 
conosce  che  nel  fine  18 1.  Descrizio- 
ne  fattane  da  Crisippo  1 85.  Siede  vi- 
cino  a  Giove  186. 

Greci  .  Aspettano  in  Aulide  il*  vento 
propizio  per  andar  contro  Trbja ,  e 
1*  ottengono  col  sacrifizio  d'  Ifige- 
nia  241. 

Grecia  ,  dall'  Asia  ,  non  dagli  Etruschi 
ebbe  la  cultura  .  8.  Attinse  cogni- 
zioni  dagli  Ebrei  3y. 

Gru  ,  annunziano  i  tempi  delle  fac- 
cende  rustiche  2l5. 


-Lngiustizia,  si  commette  colle  mani  e 
colla  lingua  195.  Esempj  d'  ingiusti- 
zie  piu  solite  commettersi.  Ivi . 

Invcrno  .  Bella  descrizione  di  esso  in 
Esiodo  222. 

Invidia  129- 


JLiampide.  Sua  saggia  risposta  206. 
Lastri  ,   Sig.  Proposto   Marco  ,    lodato 

235.  237. 
Legna  ,  quando  debbano  tagliarsi  269. 
Leneone  .  Se  questo  mese  presso  iBeoti 

corrispondesse  al  Gennajo  ,  ovvero  al 

Febbrajo  221.  222. 
Lesche  ,  che  fossero  220. 
Letti  con  gradini  presso  gli  antichi  196. 
Libazioni ,  deon  farsi   con  mani  pure  e 

lavate25l.  Accompagnate  da  preci  . 

Ivi . 
Licii.  Loro  legge  intorno  ai  falsi   te- 

stimonj  188. 


3°4 

Lingua  parca  e  un  tesoro  25o. 
Lucro  ingiusto  uguale  a  danno  200. 
Luna,non  influisce  nelle  opere  rnora- 
li  22 1 .  Nelle  fisiche  e  questione.  Ivi. 


M, 


-acrobii  d'Etiopia  celebri  per  la  giu- 
stizia  182. 

Malizia  imparasi  facilmente  189. 

Malva  .  V.  Asfodelo  . 

Malvagj  non   deon  praticarsi  25o. 

Matdmonio.  Dee  1' uomo  menar  mo- 
glie  quand'  e  nel  fior  dell'  eta  245. 
La  donna  dee  maritarsl  di  l5.  anni . 
Ivi ,  e  246.  Dee  scegliersi  ne.l  vicina- 
to  .  Ivi .  L'  uomo  e  la  donna  non  deb- 
bon  essere  in  eta  molto  divevsa.  Ivi. 
Moglie  buona  e  gran  bene  247. 

M«|fa  e  pane   2o2. 

M£Xa .  Doppio  significato  di  questa  vo- 
ce ,  ed  equivoco  nato  da  essa  nella 
.   spedizionc  d' Ercole  168. 

Mendicita  .  Mezzi  per  iscansarla  209. 

Mesi.  Come  gli  dividessero  i  Greci  261. 

MeVpuK  .  Si  dichiarano  due  sensi  di  que- 
sta  voce  244. 

Mietitura  .  Si  faccia  al  'comparir  delle 
Plejadi  2-3o. 

Miriade  ,  simbolo  di  gran  numero  184. 

Misura  .  Deesi  restituire  con  la  misu- 
ra  medesima,  e  anche  piu  colma  di 
quella  con  cui  e  stato  a  noi  misu- 
rato  200. 

Mortajo  e  pestello  .  Loro  dimensioni 
ed  uso  211. 

Muse  ,  nacquero  in  Pieria  ,  ma  soggior- 
nano  piu  volentieri  in  Elicona  1 53. 


N 


avigazione  237-  D'  inverno  pochis- 

simo  in  uso   presso  gli  antichi    238. 

Tempo  che  se  le  assegna  .  Ivi  e  243. 

Ancor   fanciulla   a  tempi  d'  Esiodo 

242.   Prima  i  Corsali  ,  poi    gli  avari 

navigaron  d'  inverno  243. 
Nemesi  ,    la    stessa  che    la    Giustizia 

179.    180.   Rappresentata   mostrando 

il  cubito  244. 
Necf/a ,  Festa  in  Atene  243. 
No'^»s  .  Dal  non  trovarsi  questa   parola 

in  Omero  non  pud  arguirsi  ch'  ei  sia 

anteriore  ad  Esiodo  188. 
Notte,  opportuna  per  alcuni  lavori  ru- 

stici22o.  E"  degli  Dei  perchc  seguo- 


no   allora  le  loro  apparizioni  252. 
Numeri .    Superstiziose   opinioni  degli 
Antichi  su  di  essi  262.  263.  267. 


ccare  217. 

Occhio.  Qual  simbolo  fosse  presso  gli 
Egizj  187. 

Oceano  ,  Nume  ,  e  partecipe  della  Dei- 
ta  del  Cielo  e  della  Terra  227. 

O/vo^o'm,  era  un  bicchier  comurae  ,  che 
tuffavasi  nel  cratere  per  empir  gli 
altri  254. 

Olle  con  piedi  255. 

O.nero  .  V.  Esiodo   e  N0/U25  . 

Oreo,  Dio  dei  giuramenti  iSl.  269. 
Quando  generat  >.  Ivi. 

Ordine  .  Nulla  e  piu  bello  del  buon  or- 
dine  218. 

Ore  ,  ignote  negli  antichissimi  tem- 
pi 270. 

Orientali  .  Uso  loro  di  ammaestrare  i 
fancitilli  con  sensati  e  dilettevoli 
componimenti  da  recarsi  a  memoria. 
Simile  a  loro  Esiodo  in  questa  Ope- 
retta, ed  altri  Greci  dopo  di  lui36.  37- 

Orione  .  Suo  nascimento  233. 

'0?|U>» ,  voce  di  significato  controver- 
so   193. 

Oro  .  Beni  del  secol  d' oro  167.  e  segg. 

Ospite  .  Fra  1'  ospite  e  il  supplicante  e 
somiglianza  195.  196.  Non  si  dee  es- 
sere  ne  ospiti  di  molti  ,  ne  inospita- 
li .  249. 

Ottativo  ,  invece  dell'  indicativo  196. 

Ozio ,  origine  di  molta  malizia  220. 
Ozio-d  odiati  dalla  Divinita ,  e  dagli 
uomini  192. 


andora.  Sua  descrizionc  e  doni  fat- 
tile  dagli  Dei  1 60.  e  segg.  V.  Einsio. 

Pani .  Di  qual  figura  ,  e  di  quante  specie 
fossero  presso   gli  antichi  214.  2l5. 

Parentela  .  A  lei  dee  ceder  1'  amicizia 
248.  Talora  e  il  contrario.  Ivi . 

Pavticelle  .  Falso  canone  formato  dai 
Grammatici  per  alcune  di  esse  240. 

Perse  ,  scrittore  di  versi  35.  Scioperato 
1 56.  Esiodo  cerca  distorlo  dal  litiga- 
re  l57-  Stava  in  citta,  non  in  campa- 
gna  226.  V.  Esiodo  . 

fynXiims  .Spiegazione  di  questa  voce  205. 

Pitagora  .  Sua  superstiziosadottrina  su  i 
numeri  262. 


Tliboiyict ,  festa  di  Bacco  in  Atene  271. 

Plejadi  207.  208.  23Z- 

Plutarco  ,  coiresse  V  Opere  e  i  Giorni 

d'  Esiodo  •,    e  noi   gli   abbiam   quasi 

com'  ei  gli  ridusse  33. 
Polipo  .  Piu  cose  intorno  ad  esso  223. 
Poverta,  maestra  del  male  221.  Sommo 

dei  mali  239- 
Pieconj ,  fatti  in  versi  dozzinali  241. 
Primogenitura  avuta  in  pregio  in  tutti 

gli  animali  225.  232. 
IIpo/SaTO ,  significa  generalmente  -nr^a- 

vo$a  226. 
Piometeo.    Sua   favola    dedotta   dalla 

Scrittura  1 5p. 
Punizione  .  Molti  talora  puniti  pel  de- 

litto  d'  un  solo  1 83.  184.  Popolo  puni- 

to  pe' peccati   del   Re  186.  Costante 

csperienzadi  tutta  l'antichita  profa- 

na  ,  che  niun  delitto  resti  impunito  , 

almen  ne'posteri  189. 
Iluyo^iXoi .  Significato  ed  etimologia  di 

questa  voce  204.  2o5. 


uadta  .  Che  sia  21 5. 


Q 

XVagni .  Loro  caccia ,  e  tempo  dei  lor 

lavori  264, 
Rame  .  Secolo  di  rame  172.  1 23.  Uso 

del  rame  nelle  armi ,   e  negli  stru- 

meriti  tutti  prima  del  ferro  123. 
Re  .  Termine  equivoco  in  Grecia  1 52. 
Re  ,  Sig.  Cav.  Filippo ,  lodato  229. 
Ricchezze  .  Piu  sono  piu  dan  pensiero; 

ma  piu  facilmente  si  accrescono  206. 

Sono  1'  anima  de'  mortali  243. 
Riti  del  Gentilesimo  strani  e  supersti- 

2iosi  252- 
Rondine  .  Opinioni  degli  antichi  e  dei 

moderni  su  questo  volatile  228. 


Oapienti  antichi  non  illuminati  dalla 
S.Religione  hanno  urtato  in  qualche 
scoglio  249. 

Saturno  ,  dimora  negli  Elisi  125. 

Scolimo,   quando  fiorisca  23l . 

Scrittura  Santa.  Da  lei  debbono  toglier- 
si  le  interpretazioni  delle  favole,  che 
riguardano  i  primi  secoli  del  mondo 
53.  e  segg.  I  secoli  d'oro,  d'argento  , 
e  di  rame  hanno  il  fondo  nella  Santa 


3°5 

Scrittura  162.  e  segg. 
Semidei ,  che  siano  124- 
Servi  .  Esiodo  vuol  che  Perse  abbia  il 

servo  senza  moglie  ,  e  la  serva  sen- 

za  figli  234.  Misura  di  vitto  ,  che  lo- 
\  ro  si  dava  259  a^°- 
Socrate  ,  difcso  190. 
Solstizio   brumale   quando    cadesse    ai 
\tempi  d' Esiodo  222- 
SpWanzav^imane  nel  doglio  di  Pandora 

l65>Gattiva   speranza   che   produca 

221. 
Stelle ,  prenunziano  le  fatiche  dell'A- 

gricoltura  209. 
Stoici ,  forse  preser  da   Esiodo  il    loro 

rectum  e  tortum  1 54.  Pieni  di  cavil- 

li   191. 
Superstizione  255. 


A  d(po;  vale  sepolcro  e  cena  ferale 
253. 

Targioni ,  Sig.  Dott.  Ottaviano  ,  loda- 
to 232- 

Tebe  .  Sua  fondazione  ,  sue  porte  ,  c 
guerra  dei  sette  Prodi  124. 

Te'Xof  ,  voce  di  scuola  ,  che  significa  il 
fine  della  beatitudine,  a  cui  deono 
condurre  tutte  le  opere  191. 

Tempo  244. 

Tenebre  piu  antiche  della  luce  222- 

Tereo  .  Sua  favola  222-  228. 

Ternario  ,  invece  del  superlativo  184. 

Terra,  maledetta  da  Dio  inperpetuo  16. 

Terreni.  Di  due  soli  generi  di  essi  fa 
menzione  Esiodo  208. 

Tessitura .  Come  tessessero  gli  anti- 
chi 265. 

©«os.  Spiegazione  di  questa  voce  252. 

©vsiv  ,  in  senso  di  libare  198. 

Tracia,  ferace  in  cavalli  222. 

Tripodi  .  Di  due  sorte  n'  ebber  gli  an- 
tichi 241  Alcuni  avean  anse  ,  altri 
no  242. 


asi .  Non  mangiavano  gli  antichi 
se  non  in  vasi  prima   consacrati   255. 

Vele,  ale  della  nave  232- 

Vendemmia  .  Tempo  per  eseguirla  236. 

Venere  ,  perche  si  dicesse  auiea  161. 
Volea  Pitagora,  che  le  si  sacrificasse 
alcuna  cosa  nel  sesto  giorno  del  me- 
se  266. 

5« 


306 

Venti .  Esiodo  non  nomina  Euro  225. 
I  venti  ,  che  spiran  dai  fiumi ,  sono 
freddi  ed  umidi  226. 

Vergogna  insieme  con  Nemesi  abban- 
dona  la  terra  1 80.  Vergogna  e  il  non 
operare  1 93.  Eifetti  della  nocevole 
vergogna  194. 

Veste  .  Come  Perse  dovesse  intesser  la 
sua  223.224. 

Vicini  .  Debbon  chiamarsi  ai  conviti, 
perche  piu  pronti  si  prestino  all'  uo- 
po  199.  Buon  vicino  e  gran  vantag- 
gio ;  com'  e  svantaggioil  cattivo  200. 

Villico  .  Ufizio  men  noto  agli  antichi 
235. 

Vino  .  Modo  di  conservarlo  presso  gli 
antichi  2o3.  Biblino  23l.  232.  Varj 
colori  di  esso233.  In  che  proporzio- 
ne  si  mescolasse  coll'  acqua  .  Ivi .  Gli 
antichi  il  rendevan  gagliardo  coll'  ar- 
te. Ivi.  Diligenze  che  prestavano  alle 
uve  per  fare  il  buon  vino  .  236. 

Virgilio  imito  Esiodo  nellaGeorgica  39. 

Virtu.  Difficolta  di  essa  189.  190. 


Viti .    Quando  si  debban  potare   228. 
Quando  zappare  229. 


u 


ccelli .  Uso  presso  i  Romani  di  os- 
servargli  ne'  matrimonj  268. 

Ugne  .  Vietavasi  tagliarsele  ai  sacri- 
fizj  254. 

Ulisse  rappresentato  col  berretto  per- 
che viaggiatore  225. 

Uomo  .  Consenso  degli  antichi  in  dar- 
gli  origine  Divina  167.  Le  anime  dei 
primi  uomini  si  convertirono  in  De- 
moni  o  Genj  .  1 70.  Anche  quelle  de- 
gli uomini  del  secol  d' argento  172. 
Doveri  scambievoli  degli  uomini 
198.  e  segg.  Uomo  tripode  e  uomo 
col  bastone  223. 

Usignuolo  ,  usitato  simbolo  dei  Poeti 
180. 


z 


aleuco  .    Sua   legge  intorno    al 
vino  233. 


ber 


CORREZIONI,     E     AGGIUNTE. 


Pag.  ip.  lin.  25.  Epicuro  25.  1.  7.  Guieto  67.  1.  n.De'Dii  70.  1. 24.  ge- 
nus articulate  71.  1.  14.  viveano  71.  lin.  21.  Cui  Giove  in  guardi* 
de'mortali  io5.  1.  20.  farati  i3p.  1.  2(5.  Non  attender  a  prole; 
141.  1. 11.  Tazza  non  poire  ivi  1.  17.  Torre  a  mangiar  1 55. 1.  i5.  doppio  <r  . 
idl.  1.23.Corbaccio  \6j.  1.  4.  Pitagora  177.  1.  30.  Maupertuis 
ip8.  1.  35.  trasgredito  (  agg. )  mangiando  con  un  nimico  208. 1.  32.  Girolamo 
Lagomarsini  22p.  I.  ).  nota  non  pure  ;  siccome  altra  volta  suppliscasi  ne . 
245.I.  3p.  si  mariti  ( agg. )  Pud  anche  la  puberta  cominciare  al  12.  anno  ,  e 
compiersial  \6.  25p.  1.  17.  Cammillo  2.61. 1.  3o.  primo  quadrato  (  agg. ) 
degl'impari         Ivi  1.32.  un  altro  scrittore  . 

Si  trovera  qui  qualche  rarissimo  vocabolo  non  ammesso  dalla  Crusca .  Esso  pero 
e  sempre  ammesso  in  Toscana,  e  in  Italia  dall' uso  ,  arbitro  delle  lingue  ; 
ed  e  autorizzato  dauno  di  quegli  Scrittori,  che  a  supplemento  degli  antichi 
da  tutta  Italia  scelse  la  Crusca  nel  1786.  ;  di  che  v.  il  Sig.  d'Alberti  nel 
suo  Dizionario  universale  pag.  XL1V. 


A  di  25.  Ottobre   1808. 

Noi  sottoscritti  Censori  Deputati  Accademici 
della  Crusca  avendo  esaminata  1' opera  del  Sig.  Abate 
Luigi  Lanzi  intitolata  i  Lavori,  e  le  Giornate  d'  Esiodo 
versione  in  terza  rima  dal  Greco  ,  arricchita  di 
note  ,    non    abbiamo    in    essa    riscontrato    errori    di 


lingua . 


Francesco  Fontani . 
Giuseppe  M.  Pagnini  Carmel. 


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Neutralizing  agent:  Magnesium  Oxide 
Treatment  Date:  July  2006 


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Cranberry  Township  I 
(724)779-2111 


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