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Full text of "I dialetti ladino-veneti dell'Istria: studio"

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I DIALETTI LADINO-VENETI 
DELL' ISTRIA. 



STUDIO 



DI 



PROFKSSORK NEU,' I. R. UNIVERSITÀ DI GRAZ. 



CON SOVVENZIONE DELL' IMPERIALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI VIENNA. 



STRASBURGO. 

KARL J. TRÙBNER, UBRAJO-EDITORE. 
1900. 



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Riservato ogni diritto di proprietà e di traduzione. 



K. u. k. Uorbuclidmckerel Cari Frommc iu Wten. 



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ALL' ILLUSTRISSIMO SIGNORE 

COMM. MATTEO GIUS. DOTT. CAMPITELLI, 

CAPITANO PROVINCIALE DELL' ISTRIA, ECC. ECC. 

CON GRATO ANIMO 
OFFRE 

L'AUTORE. 



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I DIALETTI LADINO-VENETI DELL'ISTRIA. 



Sommario: — Introduzione. — I— IV. Appunti fonetici, morfologici, sin- 
tattici, lessicali del dialetto di Rovigno. — V — Vili. Appunti fonetici, morfo- 
logici, sintattici, lessicali del dialetto di Pirano. — IX — XII. Appunti fonetici, 
morfologici, sintattici, lessicali del dialetto di Valle. — XIII— XVI. Appunti 
fonetici, morfologici, sintattici, lessicali del dialetto di Dignano. — XVII — XX. 
Appunti fonetici, morfologici, sintattici, lessicali del dialetta di Gallesano. — 
XXI — XXIV. Appunti fonetici, morfologici, sintattici, lessicali del dialetto di 
Fasana. — XXV— XXVIII. Appunti fonetici, morfologici, sintattici, lessicali del 
dialetto di Fola. — XXIX— XXXII. Appunti fonetici, morfologici, sintattici, 
lessicali del dialetto di Sissano. — XXXIII. Saggio di trascrizione di testi vivi. 



Introduzione. 

Nel voi. I deir Archivio glottologico italiano, al cap. 'Istria 
veneta e Quarnero'^), il prof. Ascoli ebbe a darci per il primo 
uno schizzo delle condizioni fonetiche dei dialetti di Pirano, Ro- 
vigno e Dignano, eh' egli avea impreso a studiare colà in una al- 
l' antico dialetto di Veglia. In quei mirabili Saggi Ladini^ al Maestro 
era perfettamente riuscito, ad onta dello scarso materiale, che 
stava allora a sua disposizione, di tracciare i tratti più carat- 
teristici e decisivi di quei parlari, sotto varj aspetti cosi im- 
portanti. Prendendo ora le mosse dalle sue preziose indagini, 
noi ci proponiamo, nelle pagine che seguono, di estendere 
le ricerche anche ad altre parlate della penisola istriana; 
parlate, le quali^ sebbene per ragion d'affinità sieno collegate 
più o meno strettamente con le quattro sopraddette, pur con- 
servano una fisonomia generale tutta lor propria; non mirando 

^) Cfr. Archivio glottologico italiano, diretto da g. i. Ascoli. Volume 
primo (Roma, Torino, Firenze, E. Loescher, 1873), p. 433 sgg. 



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VI Introduzione. 

ad altro se non, coir ajuto dei materiali abbastanza copiosi 
che da parecchi anni siamo venuti mettendo insieme, di recare 
qualche ulteriore, e forse non superflua conferma ai risultati, 
ai quali il venerato Maestro era già addivenuto. Tenteremo, in 
pari tempo, di lumeggiare, se cosi ci è lecito esprimerci, que^ 
belli e geniali scorci eh' egli, «anche per la inevitabile rapidità 
a cui il discorso lo condannava v, non aveva potuto allora che 
sbozzare. Lo studio presente si prefigge adunque di esaminare 
da vicino i dialetti odierni dei seguenti otto luoghi: Pirano, 
Rovigno, Valle, Dignano, Gallesano, Fasana, Pola e Sissano*); 
quattro de' quali situati alla costa e quattro neir interno del- 
l' Istria già di ragion veneta, con una popolazione complessiva 
dì 57 979 abitanti. 

E qui ci si affaccia subito il quesito del posto che occu- 
pano i nostri parlari entro alla famiglia de' dialetti sia 

1) La popolazione di questi 8 luoghi, di cui 4 sono città e 4 borgate, ri- 
sultava, in base all'ultimo censimento ufficiale del 31 dicembre 1890, distribuita 
nel modo che segue: Pirano 7224 abitanti, Rovigno 9662, Valle 1651, Dignano 
5087, Gallesano 1373, Fasana 717, Pola (la guarnigione compresa) 31623, Sis- 
sano 642. V. Vollslàndiges Ortschaften-Verzeichniss der im osterreichischen 
Reichsrathe vertreienen Konigreiche und Lànder nach den Ergebnissen der 
Volkszàhlung vom />7. Decembcr 1S90, hcrausgegebeu von der k. k. statistischen 
Ceniral-Commission in Wien (Wien, A. Holder, 1892), p. 165 sgg. 

A prescinder da Pola, che, per essere porto di guerra e città fortificata, possiede 
una numerosa guarnigione, risultante, per lo più, di gente non indigena, gli altri 
luoghi vantan tutti popolazione di lingua e nazionalità quasi esclusivamente 
italiana. Così, per non recar qui che un esempio, dei 9662 abitanti di Rovigno, 
ben 9506 s' aflfermavano nel '90, e s' afferman tuttora, di nazionalità italiana; dei 
rimanenti, i più si dicevano di nazionalità tedesca (erano in tutto 124, e questi, per 
lo più, impiegati dei pubblici i. r. dicasteri e d* altri stabilimenti ivi esistenti), ed, in 
numero di 22, di lingua serbo-croata (ma questi quasi tutti detenuti nelle i. r. carceri 
criminali). Di lingua slovena e boema non se ne contavano allora che io, i quali, 
al presente, sono ridotti alla metà e meno. Lo stesso si dica di Pirano, Valle, 
Dignano, Fasana e Gallesano; gli abitanti de' quali paesi sono di fondo e linguaggio 
schiettamente italiano. Vogliamo, in fine, notare che, se anche non tutte le classi 
sociali, onde risulta costituita la popolazione de' singoli luoghi, parlano il rispettivo 
dialetto, la maggior parte però l'intende ed, all'uopo, anche se ne serve. 



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Introduzione. VII 

ladini; sia veneti della terra ferma; problema questo non 
scevro di difficoltà, tanto perchè, come già ebbe ad avvertirlo 
l'Ascoli (/. e, p. 435), la stratificazione etnologica della provin- 
cia istriana tutta risulta non poco complicata, quanto anche 
per la ragione che, dalle presenti condizioni dialettali dei 
territorj nostri non è lecito determinar con precisione fino 
a che punto, ed in che misura, il ladino, si centrale che nella 
sua varietà friulana, sia venuto, per servirmi delle parole stesse 
del Maestro, «a toccarsi, e in parte a fondersi, con un linguag- 
gio che si rannoda al veneto di terra ferma»: linguaggio 
che noi chiameremo senz' altro istrioto^ e che, pur in questa 
contrada, ebbe un di suo dominio, e subi poscia (ciò che 
avvenne di tanti altri) propria e naturai evoluzione; sia perchè, 
d'altronde, per deficienza di documenti storici e linguistici, 
non ci è riescito per anco di ben stabilire di qual natura sia 
stata r elaborazione che il latino anche in Istria venne ad 
avere, operando sugli idiomi proprj ed indigeni di tal regione^). 



^) Lasciando così la causa sub judice^ non vogliamo con ciò far mostra 
d' annuire tacitamente all' opinione, emessa e sostenuta in questi ultimi tempi 
da uomini rispettabili per scienza e dottrina, sì di Francia che di Germania, come 
anche d' Italia ; i quali, riaccostando fra di loro termini in ordine storico ben disgiunti 
e punto punto affini (Illiij e Slavi), pretesero dedurne il postulato: 1' elemento slavo 
essere, nella Venezia e neir Istria, anteriore al latino e perfino all' italico, anzi costituire 
quasi il sostrato etnico-linguistico di queste regioni (cfr. peraltro: b. auerbach, Les 
races et les nationalilés en Autriche-Hongne, Paris, F. Alcan, 1898; r. vibchow, 
Zur Craniologie Illyriens [Monatsber. der kònigl. preussischen Akademie derWissen- 
schaften zu Berlin. — Aus dem Jahre 1877 — ] pp.769 — 819, specialmente p.771, dove 
si discorre della storia posteriore degli Illirj in modo del tutto oggettivo, e ben diverso 
da quello che altri potrebbe esserindotto a credere dal titolo dell' opera), non possiamo 
però passar sopra gli scritti del prof. G. Sergi di Roma. Questi, con affettato disdegno 
per la scienza nostra, basandosi esclusivamente sulle osservazioni antropologiche, viene 
da qualche anno pubblicando articoli (e qui ci spiace dover constatare essere 
stata proprio la Vita italiana del chiar. prof. De Gubematis quella che, nel n° del 
I" gennajo del '97, ebbe a farsi banditrice della novella teoria) e libri, per rivendicare 
al dominio slavo sì Tlstria che la Venezia, quanto anche l' Umbria. Padrone, 
padronissimo, il signor Sergi, d* affermare, sempre col solo fondamento dell' antro- 



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vili Introduzione. 

Tuttavia, lasciando per ora da parte tal questione, la quale 
ci dilungherebbe anche dal fine che ci siam proposti, procu- 
reremo, per quanto sta in noi, di mettere soltanto in rilievo 
qui alcuni de' tratti più caratteristici delle nostre parlate; fa- 
cendo particolarmente risaltare quelli, che da un canto 
riuniscono quasi in una sola famiglia tutti questi individui 
così somiglianti fra loro, e dair altro li riavvicinano all' uno 
od all' altro de' gruppi affini. 

E, per toccare dei tratti suppergiù generali, appajon 
quali caratteri principali, e fino ad un certo grado decisivi 
e comuni a quasi tutti i parlari nostri^ quanto a vocalismo, 
anzi tutto l'uniformità con cui da essi si procede nelle risolu- 
zioni del suffisso -A'mo (per cui van confrontati gli App, fon, 
rov. nm. 4); quindi l'espunzione quasi costante dell'-o e dell'-^ 
atoni finali, specie dopo nasale, liquida e dentale, nonché il 
ridursi che fa quest'ultima vocale, ove non cada, preferentemente 
ad -0, rispettivamente -u (v. App. cit. nm. 29 32 42 e ascolt, 
Arch, I 440); finalmente la riduzione, pur quasi generale, ad -/ 
dell'-^ atono nell' antica penultima dell' infinito (cfr. /. e. nm. 2&jy 
come anche la sostituzione, comune un di a tutta la famiglia, 
dell'-/ all'-o atono di i* prs. sng. (v. Ascoli, Arch, I 397 n; 
MEYEH-LùBKE, Rm, GrfH, II §§ 133 — 134 ed App. cit. nm. 40). 



pologia, che gli Slavi occidentali sieno più slavi dtf* Russi stessi, — ciò che fino 
ad un certo punto può parer esatto, massime tenuto conto dello sviluppo lette- 
rario che quelli hanno mostrato in tempi molto vicini a noi ; — ma come può 
egli, concedendo da un lato che alle osservazioni antropologiche mancano i 
mezzi per distinguere i tre rami dell' antichità, sostenere dall' altro, senza tema di 
venir confutato dalla sana logica, per non dir dalla storia e dalla linguistica, la 
sentenza: essere gli elementi (sic) slavi moderni i discendenti dell' antica popolazione 
aria, che aveva occupata la zona propria fuori d'Italia (Boemia, Stiria, 
Carinzia, Carniola, Bosnia, Erzegovina, e quindi anche la Dalmazia e l'Istria)? 
V. G. SERGI, Arii e Italici — Attorno all' Italia preistorica — (Torino, Fr. Bocca, 
1898) pp. 154 164 e passim. Cfr., a proposito di ciò, il sennato articolo dal titolo: 
Italiani e Slavi oltre il confine orientale, in 'Rivista d'Italia*, a. I. fase. 4*^ (i5 
aprile 1898), specie p. 677. 



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Introduzione. IX. 

In quanto al consonantismo, risulterebbe fenomeno 
comune a quasi tutti, si può dire, i dialetti ladino- veneti della 
nostra provincia il dileguarsi che fa il -r dell' infinito ; pel qn&ì 
procedimento, come ebbe già a notare T Ascoli (/. e, p. 436)^ 
van ricordate le prossime analogie del buranello e del friulano ; 
indi la costante pronuncia gfutturale del n all' uscita (v. App. ciU 
nm. 89), nonché il ridursi, in genere, a ii del fw, sia divenuto 
finale, sia nei nessi -mp-y -mb-; il risaldamento cosi frequente 
della spirante labiale v nell' esplosiva b, fenomeno proprio, 
oltre che del friulano, del veneto di terra ferma e di 
molti altri dialetti, si ladini che italiani, e che risale ben, 
addietro in ordine di tempo (cfr. 11. sciiuchardt, Der Vokalis- 
mus des Vnlgàrlateins I 131; e. a. parodi, Del passaggio di 
V ìhB ecc., in 'Romania' XKVII 177 sgg.). Va quindi avvertito 
il dileguo comune a tutti i nostri parlari, eccezion fatta del 
piranese, il queJe, per questa e per altre ragioni ancora, resta 
piuttosto remoto dai suoi confratelli istriani, della dentai© 
nella base -a'to, ecc. (cfr. Ascoli, Arch. I 439 e App. fon, pir..j 
nm. 114 — 115); il frequente sottacersi dell'elemento labiale nel 
nesso qu (fenomeno, che nell' antico rovigno-dignanese doveva 
essere affatto normale); ed in fine l'epentesi cosi frequente 
del r negli avverbj in -mente, che è di antico e ben esteso 
patrimonio veneto (per cui vedi, oltre il nm. 72 degli App, fon. 
rov,, ASCOLI, Arch. I 441 XIV 334). 

Nel campo morfologico, andrebbe ricordato l'assumer 
che fanno tutti i nostri dialetti la forma congiuntiva del pro- 
nome personale (me' mi) alla funzione del nominativo tonico 
(per cui va confrontato il nm. 184 degli App.morfrov. e ascoli, 
Arch. XIV 332); l'estendersi che fanno, quasi sempre pei: 
ragion analogica, le desinenze della i* e 2* prs. pi. dalla 
seconda conjugazione alla prima; nonché la preponderanza 
che assume, in tutti i parlari dell' Istria veneta, sulle altre la 
desinenza participiale -ésio {-isio); fenomeno questo di carattere 
prettamente veneto (v. ascoli, Arclu I 444 459 IV 393). 



1 ve, I dialetti. 



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jL Introduzione. 

Nell'ordine sintattico, parrebbe caratteristica propria 
dei parlari nostri la reiterazione ridondante dei pronomi 
di 2' e 3* prs. (v. App^ sJnt, rov. nm. i85\ specie Tuso 
assai frequente dei pleonastici a (egli) ed /; nonché quello 
della locuzione par(per)amór (anttir), discesa a funzione prepo- 
sizionale, fenomeno avvertito già per altri dialetti dall' Ascoli 
(v. Arch, I 25n 544 b); e da ultimo il singoiar degradamento 
a funzione avverbiale del verbo torna (ttirnà)^ esteso a quasi 
tutti i parlari della regione nostra; degradamento che si può 
esemplare nella formola rov. : mé^ i vinarie a tnrnà per io tornerò 
a venire' (cfr. App. cit. nm. 188). 

Passando poi all'esame de' singoli dialetti, in quanto 
questi si prestino a formare tra di loro gruppo più o meno 
omogeneo, possiamo partitamente notare come regni accordo 
quasi perfetto, nello sviluppo di certi procedimenti, fra il 
Tovigno-fasanese da un lato ed il gruppo dignano-gallesanese 
e pirano-valle-sissanese dall' altro, non senza, però, che tra i 
-dialetti, a cosi chiamarli capi-gruppo, sì continuino a mantener 
ben saldi, per altri fili conduttori, i tratti a tutti comuni ed 
indigeni. D' altronde, bene osservando per entro a ciascun 
gruppo, ci riescirà facilmente di ravvisare un cosi costante 
parallelismo nei congeneri procedimenti, da renderci assai 
a;gevole il successivo e graduale raggruppamento dei singoli 
parlari. 

Pertanto, mentre ci risulteranno caratteri spiccatissimi e 
comuni ai due primi gruppi più sopra accennati, da un canto, 
la riproduzione per u dell' ó (rispettivamente 7]) di ragion 
latina, e per / dell' è (rispettivamente t) di base pur latina, 
vedremo, dall' altro, l' i e 1' u latini rispecchiati, a lor volta, 
per i volumi é' éi, o" ed óu\ risoluzioni, quest'ultime che, se 
da una parte ci richiamano il veglioto, pare ci riconducano dal- 
Taltra alla costa orientale della bassa Italia^). Anelli di unione 

1; V. MEYER-Lt'BKE, Zctlsch, f. f. Ph, X 6oi, Rm, Grm, I 58 75, //. Grin, 
49 21 — 22; ASCOLI, Arch. I 443 n 446 n. 



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Introduzione. X I 

poi fra entrambi i gruppi ci appariranno i dittonghi nò ed 
ié dell' ó ed é seguiti, in origine, da consonante doppia, gruppo 
consonantico e nei proparossitoni; anzi il secondo di questi 
dittonghi, in quanto non si limiti soltanto a rifletter Ve cosi 
accompagnato, ma s' estenda anche all' é dei romanzi -éito ed 
'esso, si mostrerà pur comune ai dialetti di Pirano e di Gallesano, 
e potrà ricollegare, per questo riguardo, i due parlari istriani 
ad altri affini della opposta sponda veneta. 

Volendo ora prendere in disamina particolare i singoli 
dialetti, per rilevare alcune almeno di quelle peculiarità 
che parrebber atte a dare a ciascun d' essi una fisonomia generale 
tutta sua propria, gioverà ricordare qui, quanto a vocalismo, 
la tendenza marcata che presenta il rovignese, a pronunciare 
cioè piuttosto aperte le vocali, specie nei casi ove sieno 
seguite da particolari consonanti; tendenza questa che sembra 
ricongiunger il dialettp nostro coi suoi confratelli della terra 
ferma veneta. Nell'ordine morfologico, va notato il modellar 
che fa assai di frequente il nostro parlare i gerundj dei verbi 
in -'ere sullo stampo di quelli in -are; per il qual procedimen<-o 
esso s'accosta si al gradese che ad antichi dialetti ven. (cfr. 
ASCOLI, Arch. XIV 333); in fine, il foggiar pur costantemente 
la i» e 2* prs. pi. del condizionale sul tipo, proprio eziandio 
del veglioto e chioggioto, *potuissémus', 'amassétis'; che è 
anche dei Ladini della sezione centrale (v. ascolì, Arch. I 442 n). 

Dal dialetto che noi meglio conosciamo rivolgendoci al più 
settentrionale dei suoi consanguinei, quello che, pel vocalismo, 
troveremo qui di specifico sarà la prevalente risoluzione per 
-aro del suffisso -a'rio, d' accordo in ciò col muggese e con altri 
dialetti ladini e veneti (cfr. ascolì, Arch. I 485); la costante 
sostituzione dell'-/ all' -e atono italiano di 3* prs., sostituzione 
che è anche propria del polese; nonché quella, oggi piuttosto 
ristretta a pochi casi, ma che un di doveva essere ben estesa, 
dell'-/ (rispettivamente -è) all' -o atono ne' nomi^ verbi ed 
awerbj. 



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XII latroduzione. 

E, quanto alle consonanti, i fenomeni piranesi che più 
importino, e ci risultino anche quali caratteristiche del tutto 
decisive, sono, oltre al ridursi a m del w, sia finale, sia seguito 
da labiale, — ciò che riavvicina il pir. ai dial, lad. della 
sezione centrale ed occidentale, — le risoluzioni per p e 
ef di 5 (f e i); non senza che, pella prima consonante, tratto 
tratto, specialmente dopo vocale, subentri ali* interdentale 
anche la fricativa gutturale. Cosi s' ha qui, per citar un esempio, 
nnpóldo, ma. diede Hóldi (v. nm. 56 83 degli App, fon, pir,) \ mentre, 
d* altro canto, pei* il e it. (lat. c-\-e, i) s'avranno quali riflessi 
normali z, z e pur d (v. nm. 99 degli App, pir. cit.). Della 
conservazione della dentale nella base -a'to, ecc. s' è già toccato 
più addietro; e non mi resta, nell'ordine morfologico, che 
di rilevare il mantenersi che fa in questo dialetto, si può 
dire constantemente, — laddove pel rovignese non c'era dato 
constatare che casi sporadici, e non sempre ben accertati, 
— il 'S di 2* prs. sng.; ciò che è cospicua caratteristica 
veneziana, ma che appar anche qual diretta continuazione 
dell' egual fenomeno ladino (v. ascoli, Arch. I 461); mentre, 
per l'imperfetto del congiuntivo, allato all'esito normale in 
-dpi -épi 'ipi, ricorre pur la forma rispondente al piucche- 
perfetto dal tipo 'potuissémus', ecc. (parlipié^ pudipié, ecc.). 

Il dialetto di Valle, considerato, a sua volta, ne' suoi tratti 
caratteristici, è l' unico fra gì' istriani che qui si studiano 
(astrazion fatta da singoli casi, che ci presentano sporadi- 
camente il dignanese, il gallesanese ed il polese) il quale ci 
offra esempj del passaggio di a in ^; trapasso che ricorre, oltre 
che neir emil., in dial. ladini della sezione centrale e nei 
pedemontani. Ma, quello che soprattutto colpisce, quanto a 
vocalismo, in questo curioso parlare si è l'assottigliamento, 
r affilamento costante dell' o e dell' e tonici, procedimento che 
giunge sino a far mutar natura alla vocale stessa; cosi, ad 
esempio, s'hanno qui forme quali: kusia, suro sòror; vistu veste, 
iutiro\ esempio, quest'ultimo, del resto, ben diffuso (cfr. dign. 



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Introduzione. XIII 

inféiro, lad. iiitir, e Ascoli, Arch, I i6 96526) *inté[g]ro rigido, 
xiiritto. Allo sviluppo dei quali suoni, specie del primo, non potrà 
forse esser stata aliena la natura deir atona postonica; ciò che 
riesce evidente nelle risoluzioni di -ólns ed -ola (esempj: §taról 
fehraról\ ma: skula, banderùla, ecc.). Questo influsso risulterà 
anche chiaro ed accertato poi nelle formazioni plurali di alcuni 
desinenti in -ón {makargj, tint^j, ecc.), seppur non s' abbia a 
far qui con esempj di / internato o con riduzione di -ni ad -J, 
come vedremo avvenga nel gruppo dignano-gallesanese (v. 
sAhxioììfjArch. XIV 4 48). Parranno poi casi, quantunque sporadici, 
di 'Umlaut* quelli che il vallese ci presenta negli esiti plurali 
di pochi desinenti in -ano da -dneo (vergdtìo, verg'pt), non senza 
che forse qui sia stata aliena l'influenza dell' -/' del suffisso, 
oppur non vi si applichi la legge surricordata, del mutamento 
cioè di a in e, propria di tal dial. 

Mentre il vallese, per alcune particolarità del suo voca- 
lismo, ci può far pensare al ladino della sezione occidentale, per 
certi tratti del consonantismo suo, par ci richiami alla mente i 
dialetti della regione pedemontana, ci trasporti ancar più 
ad occidente. Ricorre, difatti, in questo parlare quel n, cosi 
detto faucale o velare, che è proprio del genovese e del- 
l' alto piemontese (cfr. flechia, Arch. XIV 1 18 e nm. 89 degli App, 
fon. vali,); mentre, del pari, pel fenomeno di et in U {kóilo, 
beskóito, ecc.), siamo di nuovo ricondotti ben lungi dalla re- 
gione veneta; e già s'accentua entr' esso la prostesi di quel j\ 
che domina cosi largamente nel veglioto, e V amplio uso di 
quel 1;, che dovrà formare la caratteristica più spiccata del 
dialetto di Sissano. 

Quanto al campo morfologico, ci occorre qui, nella 
flessione della i* prs. pi. degl'imperfetti, il processo singoiar 
di dissimilazione che cotanto abbonda nel dignanese, e che 
puossi esemplare in: vévundu, colésundh accanto a vévimo, 
colé^imOy ecc. di ragion veneta; ed, in fatto di sintassi, 
s' effettua costantemente V omissione dell' articolo davanti al 



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XIV Introduzione. 

pron. poss.; omissione a cui non sono pur alieni ì dialetti ladini 
della sezione centrale (cfr. non.: E rivadi a so Chiasada; 
i purea a me opinion^). Sembrerà, a prima giunta, strana, 
sebbene non risulti specificamente vallese, la desinenza rinfor- 
zativa 'éntay che s'ha in viténta m§ja\ vUénta déle vite m^je^y 

Casi di vero e proprio TJmlaut' sembra porgerci il vicin 
dialetto di Dignano, nella formazione di plurale dei sostantivi 
desinenti in -dn (kan, k§n\ pan^ppi; krlscdn, kriscpt; però qui 
anche ver£^n, ver£^ni); fenomeno, che par ci richiami, oltre 
il vali., Ta. ven., il fass., feltr. da un lato, il gen., varali., 
valsoan. ed il pedemont. dall'altro (v. Ascoli, Arch. I 414 310; 
MEYER-LùBKE, RfH. Grm. I 257 259 21 I-I 2, nonchè il nm. 2 degli 
App, fon, dign,). 

Per entro al qual dialetto, si potrà anche constatare, qual 
fenomeno costante, T internamento dell'/ nei pi. barbótn, 
paróin, agóin, ecc.; fenomeno che, come nel dignanese, ricorre 
anche nel mugg., bellun., follin. e nel gruppo de' dialetti più 
sopra citati (cfr. ascoli, Arch. I 310 378 n 418 444 XII 264 e 
nm. 13-14 degli App. dign. cit.). 

Qui, del pari, figura, in larga copia, il v prostetico ed 
epentetico; anzi esso par risulti qua e là quasi prodotto della 
consonantizzazione dell' elemento labiale, specie nel nesso qu. 
Ad esempio citerò il verbo dign. sevitd seguitare (di cui può 
vedersi, per altri casi consimili, e. gorra, Dell epentesi di iato 
nelle lingue romanze, in *Studj di filologia romanza' VI 567 sgg.). 
La nasale, che nel vallese vedemmo faucalizzata restando 
suono semplice, nel dignanese, d'accordo in ciò col suo 
vicino, il gallesanese, e sporadicamente anche col sissanese, 
ci appar talvolta raddoppiata cosi, che il primo n suoni faucale 



^) Cfr. Nonesade, in *Rom. Studien' di e. boeumer III p, 13 (I Non.f 
V. 232) e ihid. p. 14 (I Non.j v. 283). 

2y Cfr. II Non. str. 50 (l. e. p. 23) ntighienia, a tacere de' non.: *ngoltient, 
boitoncntOj naturalient', verde verdienta; e rov.: m'iva nuvénta, kdìda kaldénia. 



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Introduzione. XV 

ed il secondo dentale; però, entro determinati limiti^ precisa- 
mente come avviene nel piveronese, cioè solo dopo V a tonico 
(cfr. FLECHiA, Arch. XIV ii8). 

Riguardo al verbo, oltre alla riduzione friulana a -n 
dell'antico -m e la dissimilazione, già avvertita parzialmente 
pel vallese, nelle prime persone plurali deir imperfetto indic.^ 
congiunt. e del condizionale (-vono -vundo), riesce esemplato 
V'ón della i* prs. pi. nel caratteristico zon (cfr. Ascoli, Arch, I 
396 445 ecc.) allato al quale ricorre pure, con i internato, 
zóin (cfr., per fenomeno analogo, dign. sóin *sum ego). 

Passando ora al quinto dei nostri dialetti, già più addietro 
s' è toccato della grande estensione che abbraccia il dittongo 
ié nel gallesanese, non solo coincidendo qui col suo prossimo 
congiunto, il rovignese, ma riaccostandosi, per questo riguardo 
pure, al più remoto suo parente, ed piranese. Parallelamente 
air ié, il gallesanese estende il dittongo nò non tanto ai casi 
comuni al rovigno-dignano-fasanese, di ó cioè in posizione, 
quanto anche a quelli risultanti da formazione di plurale con i 
internato, quasi allargamento dell' -0/ vali., pad. rust., feltr., 
bellun., ecc. (cfr. ascolt, Arch. I 414 418). 

Che se il dialetto di Dignano, pel raddoppiamento con- 
dizionato della nasal faucale, si poteva avvicinare al piveronese, 
quello di Gallesano potrebbesi accostare piuttosto al basso 
piemontese; operandosi in esso questo raddoppiamento assai di 
frequente, senza riguardo alla natura della tonica. Inoltre, 
quello che caratterizza il parlar di Gallesano avvicinandolo, per 
questo riguardo, al dialetto di Sissano, si è V applicar che esso 
fa la nasale spesso epiteticamente, ne' monosillabi e participi 
in cui sia caduta la dentale, oppur la labiale (pen; buii, kajùn 
caduto; pión piove, mon muove, ecc.), d'accordo in ciò col 
friul. e a. ven. (v. muss., Beitr, 70 86; Ascoli, /. c:. I 3i2n). 

Nell'ordine morfologico, avvertiamo qui pure tracce, 
sebbene sporadiche, del -5 di 2* prs. sng.; ma, qual tratto 
più caratteristico, ci apparirà il -un, che ricorre nella i' 



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XVI Introduzione. 

pi. di tutti i tempi, e che, come già ebbe ad osservare 
l'Ascoli (Arch. XIV 334), si riproduce largamente anche in 
favella veneta, antica e moderna, a tacere di altri dialetti 
italiani e ladini (cfr. asi^olt, Arch. I 422 ecc.; muss., Beitr. 20). 
Fella I' e 2* prs. pi. del condizionale, il tipo caratteristico 
s' addimostra esemplato su *cantare-avéssimo^, anziché 'cantare- 
(av)émmo', quasi preludio di quanto, in dialetti contermini, 
s'estenderà a tutte le persone del modo stesso. 

Ed, in fatto di particolarità sintattiche, a prescindere 
dall'omissione, pur comune al dignano-vallese, dell'ausiliare 
ze (est) davanti ad un participio nei tempi composti^, non mi 
risulta di specificamente gallesanese se non la soppressione 
dell'articolo nella funzione preposizionale di genitivo, e lo 
scambio della preposizione semplice colla composta (esempj: 
fio da ri', a banda da lièto) \ fenomeno, che trova pur ri- 
scontro nel ladino della Val di Non^). 

Carattere decisivo del dialetto di Fasana è il ridursi che fa 
costantemente 1' -o atono finale, si primario che secondario, ad 
'Uy per cui il nostro parlare parrebbe riallacciarsi, a primo aspetto, 
a' dialetti dell'Italia meridionale. Ad ^avunu si riducono pur qui 
le desinenze delle prime persone plurali degl'imperfetti e del 
condizionale; per la i* e la 2' prs. pi. del qual ultimo modo, 
oltre al tipo solito in -àvtmu, -dvtwu, ricorre anche l'altro, 
esemplato su ^cantare-avéssimo, -avés(te)-voi', anziché ^cantare 
(av)émmo, -éste'. Nel gerundio poi appar costante 1' assimila- 
zione analogica delle desinenze della prima a quelle delle 
altre conjugazioni. 

La sostituzione dell' -/ all' ^e atono it. o ven. di 3* prs., 
che già s' ebbe ad avvertire nel piranese, s' accentua ancor di più 
nel dialetto di Fola; ove d' altronde 1' -e uscente dei nomi della 
3*^ lat, permane (v. App.fon. poi, nm. 32). Per entro allo stesso 
parlare eziaridio, le forme infinitive, prive di -r, s'alternano 

'■ ^) Cfr. X Nones, str. 192: all' or dal Va (/. cit. p. 57); X Noncs. 

str. 262, V. 3: dre V or da strada (ibid. p. 60). 



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Introdusione. XVII 

Oggi con quelle veneziane, provvedute del -r; e qui appar 
quasi regola la consonatìzzazione dell'elemento labiale nei 
nessi qu e gii, che forse ripeterà la sua origine dall' influenza 
d'elementi stranieri, coi quali il dialetto di Pola, assieme al 
suo vicino, il sissanese, per ragion geografica poteva venir 
più direttamente in contatto, seppur un tal fenomeno non 
sia da considerarsi come prodotto indigeno di questo quasi 
estremo lembo della Xadinia orientale'. 

Costante ed esteso a tutte le persone del condizionale 
è qui il tipo, caratteristico pure del fasanese, che s'esempla 
in 'cantare-avésse', anziché ^cantare-avrébbe'. Preziosa reliquia 
del -5 di desinenza plurale nei sostantivi, ci potrà offrire il 
ni. poi. Zanpànóns acc. a Zanpanós. 

L' -e atono finale dei sostantivi ed aggettivi della terza 
declinazione lat, resta prevalentemente immune nell'ultimo 
dialetto della regione da noi presa a studiare, nel sissanese. 
Nel qual parlare cade di norma, d'accordo col dial. di Valle, 
r /- atono iniziale della preposizione in. In esso diviene inoltre 
regola la prostesi di j dinanzi ad e ed i, mentre risulta 
norma fissa e costante, e carattere decisivo, quella del v 
avanti a vocale, e l' ampio uso dello stesso, sia che si sviluppi 
per ragion d'iato, sia che risulti, del pari che a Pola, anche 
qual prodotto dell' elemento labiale dei nessi qti, gu, fattosi 
consonante. 

Qui, del pari che a Pirano, ma ben più generalizzato, ci si 
presenta il trapasso dicrit. (lat.c+^,/) in z: passaggio che parrà, 
a primo aspetto, ripeter la sua origine da' linguaggi stranieri 
circonvicini. Dai quali potrà forse sembrar tolto anche quell' uso 
del pronome riflessivo se (ad es: kóme se carnè vói?), applicato 
ad altre persone che non sieno le terze, seppur non s' abbia a 
fare con un fenomeno di ben estesa ed antica ragione (cfr. 
SGHUCHARDT, Slufuo-deulsches und Slawo-italienisches p. 107). 

Sarà quindi effetto di livellamento morfologico o si nt at- 
tico quello che s'ha in costruzioni sissanesi quali: saréso (fuso) 



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XVIII Introduzione. 

mal ke mi meiési] se vési le mànne^ skaptilési^ e che sembrano 
arieggiare la dalmata: se ti sari a una ragazza, ti saria bella 
(Lesina) ecc.; costruzioni da cui è pur ben inquinato quel- 
la ibridismo che costituisce V odierno parlare di Pola. Comunque 
sia, il dialetto di Sissano, e per essere più degli altri remoto 
dalla costa veneta, e per trovarsi, quasi sentinella avanzata^ 
più di frequente a contatto coir inimico, non potè, ad onta 
dei molti buoni e saldi caratteri di ladinità e venetismo che 
pur in sé conteneva, opporre a lungo tenace e valida resi- 
stenza all'intrusione d'elementi forestieri, e perciò ci appare 
anche come il più tralignato, specie ove si ponga mente agli 
elementi lessicali. 

Dopo ciò passo, senz' altro, air esame speciale delle mie fonti. 

I primi saggi di alcune delle nostre parlate, che, in fin 
de' conti, ad altro non si riducono se non a traduzioni più 
o men riuscite di testi letterarj, e per questo appunto hanno 
valore ben ristretto, videro la luce, già nel 1846, in quel giorna- 
letto cosi magistralmente redatto dal tanto benemerito dott. 
Pietro Kandler che fu L'Istria di Trieste^). 

A questi altri ne seguirono più tardi, e precisamente 
negli anni 1861 e 1862, risguardanti però solo il dialetto di 
Ro vigno, nella strenna intitolata: U Aurora^), 



^) Intendo riferirmi principalmente a' saggi, pubblicati nelle varie annate 
dell' ottimo giornale triestino, ed in particolare, per la parlata di Ro vigno, a pp. 49 
61 no 127 dell' a. I; e, per quella di Dignano, a pp. 49 81 della stessa annata, ed 
a p. 127 dell* a. II (v. anche Archeografo triestino. Nuova serie, voi. I 1870 passim). 

2) Il titolo completo di questa assai buona pubblicazione rovignese è: 
L' Aurora — Strenna a beneficio dell' asilo infantile di Hovigno (Rovigno, 
A. Coaua, 1861, 1862) a. I e II. — Nel primo di questi voli., sono contenuti 
(da pp. 162 — 178) 67, non già 16 (come, forse per errore di stampa, scrisse il 
FUMAGALLI, uell' Archivio per lo studio delle tradizioni popolari del pitrè, 
voi. VI, p. 166) proverbj, che già il Maestro ebbe a riconoscere come 'una assai 
limpida fonte' pel dialetto nostro (v. Arch. I 447 n). Nel secondo, è pubblicato 
(da pp. 154 — 158) un manipoletto di canti popolari rovignesì, materiale questo certo 
non cosi prezioso, come i surricordati testi in prosa. 



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Introduzione. XJX. 

Terzo in ordine di tempo, ma primo ed insuperabile 
per bontà e sodezza d' indagine, viene il capitolo deir Ascoli, 
di cui s'è discorso in principio di questo cenno. D'allora 
in poi le ricerche intorno alle parlate nostre si succedettero 
con più frequenza. Del linguaggio istriano toccò, sia pure in- 
cidentalmente, quell'altro onorando Maestro che è il prof. 
Mussafia, nel magistrale suo Contributo alla conoscenza de* 
dialetti dell* Italia superiore nel secolo XV^, 

E qui, dopo i lavori di quei Sommi, non è senza qualche 
esitazione eh' io oso ricordare le pubblicazioncelle — frutti più 
che altro della mìa attività di studioso — che venni facendo, 
specialmente intorno al mio dialetto natio, dal '75 in poi 2). 



1) Cfr. Beiirag zur Kunde der norditalienischen Mundarten im XV, Jahr- 
hundcrlc von Adolf mussapia. Wien (Separatabdruck aus dem XXII. Bande der 
Deokschriften der philos.-hìstorischen Classe der k. Akademie der Wissenschaften) 
Gerold, 1873. 

^) a) Versione in dialetto rovignese della novella IX della giornata I del 
Decameron, nel voL di g. papanti intitolato: I Parlari ilaìiani in Cer laido (Livorno, 
Vigo, 1875) p. 617—620. — In questo stesso volume, è data come di Peroi una 
versione, che risulterebbe piuttosto di Dignano, e di Pola un' altra, che è puramente 
rovignese (v. pp. 615, 616); 

bj Canti popolari istriani, raccolti a Rovigno ed annotali da a. ive 
(Torino, Loescher, 1877); 

e) Novelline popolari rovignesi, raccolte ed annotate da a. ive (Vienna, 
Holzhausen, 1877); 

d) Fiabe popolari rovignesi, raccolte ed annotale da a. ivb (Vienna, 
Holzhausen, 1878): 

ej Et PóVizo e' l Padùcio: fiaba rovignese, pubblicata da a ive, nel nO 5, 
a. I del Giambattista Basile (Napoli, 1883, p. 37); 

f) S^^gt di dialetto rovignese, raccolti ed annotati da a. ive (Trieste, 
Lloyd, 1888); 

gj Die Istrianischen Mundarten (Wien, Gerold, 1893). Estr^. dal programma 
deir i. r. ginnasio superiore d' Innsbruck. A pagg. 3—5 dì questo lavoretto 
rimando anche, senz' altro, per le fonti a cui attinsi pure nel presente studio. 
Altre e nuove si citano, nel corso del medesimo, per la solita via d'abbreviazione. 

Sono poi, più che testi originali, traduzioni in dial. rov. di usi del paese i 
bozzetti in vernacolo di Raimondo devescovi intitolati: Vita rovignese (Rovigno. 



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XX. Introduzione. 

Da quest' epoca le ricerche nostre s' estesero anche agli 
altri dialetti del gruppo istro-veneto, che ci parvero degni 
di venir presi in considerazione i). Ed, in séguito ad eccita- 
mento deir Uomo insigne, a cui la scienza delle lingue 
e dei dialetti deve cotanto, e che a me, in particolare, fu 'duca, 
signóre e maestro' veneratissimo, mi venne fatto di mettere 
assieme, in varie e ripetute escursioni che intrapresi nella mia 
provincia, materiale copioso e tale da permettermi, in fine, 
d'istituire uno studio comparativo di tutti e otto i parlari 
di quella regione, che l'Ascoli ben a proposito denominò 
^Istria veneta'. 

I materiali quindi, che mi servirono per questo studio, 
ed alcuni dei quali si pubblicano qui in appendice, furono 
da me raccolti direttamente e personalmente dalla bocca di 
persone dei luoghi stessi; ed anche quel poco, che (per es. 
di Pirano e di Sissano) mi venne fornito di seconda mano, è 
stato da me colla massima cura vagliato e collazionato. 

Per questo riguardo, mi stimo in debito di ringraziare come 
meglio so e posso i sig""*: Domenico Contento, maestro dirigente 
a Pirano, e Nicolò Tromba di Giovanni, da Sissano, per aver 
entrambi messo, nel fornirmi di saggi e ragguagli, un raro zelo 
e un'abilità veramente encomiabile. Al primo di questi mi 



Coana, 1894). Né ha alcuna importanza quelP accozzaglia di voci esotiche, e non 
tutte di stampo rov., che s' intitola: I Lementl de Fimjta incontro Pjiro su mtirùs, 
per PIETRO ANGELINI (Roviguo, Coana, 1890); di cui, strano a dirsi, fu fatta, 
or sono due anni, una seconda edizione. 

1) Voglio alludere a due mie pubblicazioni, risguardanti il dialetto di 
Dignano, dal titolo: 

a) La famiglia Dalla Zonca ecc.; aggiuntivi alcuni saggi dell' odierna 
parlata di Dignano (Milano, Tip. sociale, 1877), pubblicazione, come due delle 
rovignesi, uscite a Vienna e qui addietro citate, fatta per nozze. 

b) D' uno scritto inedito del nobile signor Giovanni Andrea Dalla Zonca, 
pubblic. neir eccellente giornale La Provincia delV Istria^ a. XIV n^ 6 (16 marzo, 
1880); articoletto, che si propone d'illustrare filologicamente la versione in dia- 
letto dignanese, qui in prima stampata, d* un dialogo sull* Economia del tempo. 



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lotrodozione. X.X.I 

sento anche particolarmente tenuto, per la bontà e gentilezza 
eh' egli m' usò, oltre che col rispondere sollecitamente ed esu- 
berantemente a' molteplici quesiti, da me postigli intorno al 
suo dialetto natio, per essersi egli voluto prestare tanto alla 
collazione del materiale piranese, che in questo studio è 
messo a contributo, quanto anche a quella dell' altro, non men 
abbondante, del Lessico comparato dei dialetti istriani, che 
spero di poter rendere quando che sia di pubblica ragione. 
Dopo questi, debbo render vive grazie ad Antonio 
Dobrovich, contadino di Pola, analfabeta; il quale, per il fatto, 
provvidenziale nel caso mio, che egli rimase sin dalla 
gioventù colpito da cruda ed ostinata sordità (oggi s'avvi- 
cina già alla settantina), potè fornirmi la vera parlata 
di Pola, attualmente non conosciuta, si può dire, che da 
pochissimi de' nuovi suoi cittadini. Insieme a lui, vorrei richiamar 
alla memoria de' neo-polesi quegli altri cinque buoni rappre- 
sentanti dell' antico e vero e schietto parlar paesano che furono, 
e in parte sono ancora: donna Giacoma Conto, nata Magno, 
la di lei sorella, donna Eufemìa (Fomia) Bigolo, donna Do- 
menica Poso, nata Fabretto e la cognata di questa, donna 
Maria Diritti ed, in fine, il campanaro Giovanni Uccetta da 
Promontore, ma che ebbe sin da bambino a passar la sua 
vita entro la cinta della antica 'Pietas Julia'. Questi sei, 
gli unici depositar] della vecchia favella polese, gli ultimi 
de' veri Polesani, sieno qui particolarmente ricordati. Mi 
corre pur obbligo di attestare la mia gratitudine a 6 donne, 
a cui ebbi a ricorrere nelle mie indagini, e sono: Mma 
Mitton (detta anche la Maruzéta) di Valle, donna Menica Della 
Bernardina (detta Tardnta), pur di Valle; donna Giacoma 
Stocóvici, nata Fabris (detta Pasavultra), donna Tommasìna 
Giachin e donna Antonia v* Demarin (detta Bogume) di 
Dignano; indi la mia concittadina, sig^* Benvenuta v* Spiteri, 
nata Biondi, ora maestra a Fasana, per l'opera valida, da 
tutte in varie ricorrenze prestatami. Sento il dovere, da 



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XXII Introduzione. 

ultimo, di esprimere la mia più viva obbligazione a due 
de' miei concittadini: Francesco e Pietro Sponza, rampolli 
tutti e due di antichissima e schiettissima famiglia rovignese. 
Ad essi, che m' ajutarono validissimamente nella collazione 
del materiale da me raccolto in patria, tributo qui grazie 
infinite. 

Adempio poi obbligo gratissimo nel rendere i ringrazia- 
menti che per me sì possono maggiori air Imperiale Accademia 
delle scienze di Vienna, la quale, colla liberalità che la 
distingue, volle ajutarmi efficacissimamente nella pubblicazione 
di questo mio lavoro. 

Mi resta ancora d' aggiungere due parole circa la trascri- 
zione dei testi ed il metodo da me tenuto, in questo mio 
studio. Per quella e questo, si sono, su per giù, seguite le 
norme che T Ascoli ebbe già a fissare nel suo Archivio, che 
viene anche, senz' altro, citato con Arch,, precisandone, con 
numeri romani, i volumi singoli*). Vengono mandati innanzi 
glix\ppunti fonetici, morfologici, sintattici e lessicali 
del dialetto di Rovigno, come quello che meglio spicca 
e si conosce di più. Ad essi seguono quelli degli altri parlari; 
però, negli 'Appunti' ecc. di questi ultimi, son descritte di 
preferenza le particolarità che più emergono in tali dialetti, 
serbandosi, pei numeri, V ordine preciso, dato nei primi. 

Le divergenze più spiccate, che danno ai singoli par- 
lari quasi una fisonomia generale lor propria, vengono qui 
soprattutto messe in evidenza; mentre le coincidenze col 
dialetto primamente descritto vi restano semplicemente avver- 
tite, o per via di silenzio o per via della citazione dei rispettivi 
numeri. Né si è, in fine, omessa un' esplorazioncella particolare 
de' due dialetti, che segnano, per cosi dire, i limiti estremi 



1) Unicamente, quanto alla scrizione delle consonanti^ ho creduto bene 
ritenere sempre lo z qual segno grafico per la sibilante sorda composta (isj^ 
ed il-^ per la guttural sonora; solo, quando questa si trovi a stare davanti ad 
e ed ij si trascrive per g- 



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Introduzione. XXIII 

del territorio ladino nell'Istria, cioè del muggese da un 
lato, e del veglioto dall' altro ^); rimandando ad altro tempo la 
trattazione degli altri parlari della penisola istriana. Dalle 
considerazioni che si fanno dall' Ascoli, nel voi. I dell'Archivio, 
al cap. citato in principio di questo cenno, risulta anche 
chiaro il perchè, in questi 'Appunti', per tutto quanto è delle 
vocali in genere, si parta preferentemente dalla base italiana 
o veneziana, anziché dalla latina. Per le consonanti, e' è al- 
l' incontro il diretto ragguaglio col latino. 

A questi spogli tengono dietro alcuni saggi delle parlate, 
prese qui a studiare; nei quali, trattandosi, pella maggior 
parte de' casi, di vene quasi del tutto nuove o peregrine, 
si è creduto bene di dover piuttosto abbondare, anziché scar- 
seggiare. 



1) Ciò valga anche a spiegare, in certa guisa, il titolo posto in fronte a 
questo studio. 



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PARTE PRIMA. 

I. APPUNTI FONETICI DEL DIALETTO DI 
ROVIGNO. 

VOCALI TONICHE. 



1. Intatto: dla,bankàl (cfr. muss., Beitr. 31; landgraf, Arch 
f. L L, u, Gr. IX 429) specie di tappeto, coperta, mar, lana, man, 
fan fame, pai] karlavà (cfr. flechia, Arch, Vili 336; behrbns, 
Recipr. Metath. 46), pia piàze piace; sa ecce-hac qua a 
destra, za già; kanàula kanduria (cfr. friul. ghanéule ghanèhule, 
mìl.kandora ecc.) collare dei buoi, se da*canàpula o *cate- 
nabula (v. nigra, Arch. XIV 368-369); M(v)o, sdbo; kdj cadere; 
trdjo traggo, djo, skdjo *scap'lo scapula (cfr. muss., Beitr. 99); 
hukandja fiammata fatta in fretta, se è da **ba(c)canalia^); 
kavaddna * e api tane a (via), spdno cavicchio lungo, che tiene 
unite le ritorte delle bigoncie, se viene da *spanneo (cfr. 
lat. *spannale, germ. spanne); kdnbara, drbo; trdta *rete 
tratta'; sfalsa, brdso *brac(h)io ecc.; lagd (v. ascoli, Arch. 
I 546 b) lasciare, katd 'cattare' captare (cfr. salvioni^ Arch, 
XII 384; wÒLFFLiN, Arch. f l. L. u. Gr, IV 215), colla quale 
desinenza infinitiv. s'identifica anche quella del part. prf. 

1) Non pare rifletta direttamente il lat. bacchanalia, o meglio are. bacanalia^ se 
jion in quanto ad entrambe le voci sia comune il senso di 'allegria più o meno 
contenuta", ed allora potrà parer foggiato sul tema baccanOy riflesso questo, a 
sua volta, di hac(ch)anal, come vogliono lo storm ed il d'ovidio (cfr. Arch. IV 
387410). Per formazioni congeneri v. salvioni, Si, d, f. r. VII 225; d*ovidio, 
Arch. Xni 401 sgg. Cfr. anche pir. bakandja, dign. burkundja, gali., fas., siss., bar- 
kandja^ dove c'entrò immistione di *barca*, poi. bankandja con intrusione forse 
di 'banca*. Ad Orsera, tal fiammata è detta alégra faméja^ proprio come a Venezia 
bacanela vale allegra compagnia, a Trieste, Como bacandda baldoria, e nel 
Monferrato badatela fiammata allegra. V. g. ferraro, Gioss. monf., 2* ed. p. 17. 

Iva, I dUUUl. ^ 



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2 Dialetto di Rovigno. 

masc. sing.; -dda^ -adi, -ata, -ati: intruda, varidda vetriata 
e lastra di ghiaccio, llvddl ì^^vaid. lieviti; Istd (cfr. ven. istde), 
fra fra(te) ; — vago, fàgOy ?/t^^ tutti e tre di ragion veneta 
e ben diffusi — ; baéddaga {cit^ a. vnt. bazadegó) quasi *ba- 
siaticadono dello sposo, che accompagna il primo bacio, M/a^o 
*balico varico passo (v. parodi, RoMì XXVII 209). 

2. Sarà di provenienza analogica Vi per é secondario 
della flessione verbale che s' ha in ari (cfr. ven. aré^ gr. od. 
àQTi ovQé Pqs guardate! e g. meyer, Byzant, Zeitschr. Ili 
158-159), kanti; dime (cfr. ven. dente) dktemh finte (cfr. ven. 

fente) féitemi; putiva, krapiso ecc. Analogico è pur Vi che 
occorre nel suffisso -ivolo('évolo) per -àbilis: dinivolo, par- 
s(i)anivolo compartecipe, padrone di barca (v. nm. 8). 

3. S' ha té, riflettente un é (da un -di di fase anteriore), nei ben 
estesi: purasié (v. Ascoli, Arch. 1 464 n; muss., Beitr. 91) a bastanza, 
sié (cfr. a. pad. se) *sai sapio, ié ho hai, varie avrò ecc.; vié-to 
(cfr. a. pad. ve-Hi) vai-tu? fié-to fai tu? iébio (cfr. a. ven. ebia)^ 
siépio *saipia (cfr. a. pad. sepia) sappia; ^iéba gabbia, g ani èpa 
*canàipa -àpia (v. Ascoli, Arch, l^^o)\fliédo friédo *fra(c)ido 
(cfr. friul. frdid-dit, dial. d'Arb. frasi) schuchardt, Romanische 
Etymologien I. (Contor. delVAcc, delle scienze di Vienna, ci. 
fil.-st., voi. 138) p. 18-19, liédo *laid (v. kòrt. n. 4635) in- 
sipido. Pur qui Mero *cairo caries. 

4. -a'rio -a'ria^). In pochissimi casi e non ispecificamente rov., 
conservato: ^andro acc. a zaniér, frabdro acc. a frav§r fabriér, 
standro, nuddro acc. a nud§r, masdro, furmajara; però masiéra 
massaja. Del rimanente, esiti varj: I. -^r, -^ra: kald§r, -a, skarav§r 
specie d'insetto di forma particolare, se risale ad un *scara- 
fario(?) o non piuttosto *scaraberio(?) per scarabeo (cfr. 
GRÒBER, Arch. f l. L. u. G, V461), sfuj§r (cfr. mugg. sajdr, dial. 
d'Erto Sol^r) stipite, turc§r *tor calarlo torcoliere, liz§r \eg' 
gìerOy printer a,cc. Si primiér; bandura, spalar a\ siv§ra cibaria 
sALViONi, Post, it. 6, baskgra *bas(ì)caria arnese conico da 
riporre il coltellaccio icfr. parodi. Le, 215-216 e Idia, hasqnir a), 
^andan^ra *lendinaria pettine da lendini, salerà, frtmt§ra sca- 
glione di cava e ni., nav§ra acc. a niviéra turbine di neve; ^§ra 

') Cfr. il notevolissimo lavoro di erik staaff: Le suffixe -arius dans les 
langues romanes (Upsal, 1896), p. 132 sgg., e v. meteb-lùbke, KJB. IV, p. 1 108-110. 



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I. Appunti fonetici : Vocali toniche. 3 

gì are a; vnlant^ra volentieri; Munt§ro ni., che par rispecchi 
un ^montarlo; co' quali manderei insieme danari denari^ ^ri^ 
(cfr. pir. §ri, friul. èri) arri. II. 'iér, -iéra: piér pajo, 
samiér somiere, sansiér *censario per censualis sensale e 
specie di gambero piccolissimo, bakiér beccajo e sorta di 
papavero, kali^iér, siniiiér cenerajo focolare, skuaniér (cfr. pir. 
skuaenér) *squatinario specie di rete da fondo, ustiér 
ostiario usciere della chiesa (v. halvioni, Arch. XII 418); 
lun^iéri *longari fila di viti, parler, pumiér (cfr. dial. lad. 
p§irèr, pomer), samadiér semitario sentiero passaggio; 
Pusuliéri ni. *puteolari; ^uvariéri (cfr. fas. ^tivar^ri, dign. 
juver§ri, vali, en di de roverér), avverb. e sost., 'giorni feriali', 
se è da *dies-operari (cfr. gen. ^urnu d* óveì, frc. jours 
OHvriers); iéra area aja, galiéra *calaria (v. flbchia, Arch. Ili 
305) ^dledi, knriiéra krnziéra, ntulkiéra'^mulcdLria, per mulga- 
rium (v. Du CANOE s. V.) vaso da mungere, lankiéra (deriv. da 
Idnko truppa) branco, /at;/VVa favule, lasiére (cfr. mil. la(n)sera) 
tentacoli, biiasiéra^) sorta di biscia, che suol seguire i buoi. 

5. Riflesso sporadicamente per ir, d! accordo coir a. ven. 
e friul.: kavalìr (cfr. a. ven. cavaliri, boi. cavalir), skuzir, -a 
coc(h)ljario (v. muss., Beitr. 48; oròbek, Arch. f. l. L. ti. Gr. 
I 549; ASCOLI, Arch. XIII 456 XIV 352; schuchardt, Zeitschr.f, r. 
Ph. XXII 398 e nm. 85) acc. al più comune kucdr'^), favìr(o) 
soprnra. (in unione a PijrOy ed allora potrebbe essere richiesto 
dalla rima) fabario. 

6. È di riduzione analogica V é per a che s' ha nei 
gerundj e participj presenti: (a) kant^ndo, (a) munendo y 
lavurptdo; punititi ecc., traskur^nti, lavur^nii. 



7. Intatto, specie se accanto a liquida, labiale, si semplici 
che accompagnate da altre consonanti: réna, véna avena vena, 

1) Negli altri dial. suona suppergiù come nel rov.: buasiéra -èra, 
buvasiéra -éra\ e forse che colla forma istr. si potrà confrontare il com. boazè insetti 
alati, roditori de' frutti, che il monti (Voc.dei dial. della città e dioc. di Comos. v.) 
fa derivare da bò bue, o da boascia meta bovina, nascendovi tali insetti. Cfr. anche 
com. boascièe raccoglitore di sterco vaccino e di spazzature per le strade. 

2) LVgual riflesso di Rovigno hanno Fasana, Dignano e Gallesano. A Valle 
e Sissano, la voce suona skuiéra, a Pirano kucdfo, a Pola skuziér e skugdro. 



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4 Dialetto di Rovigno. 

kadéna, pién^ vanén veleno, tarén, fen fenum fieno; ben, ven 
ecc., fel fiele acc. a fièle stato stazionario del mare tra il flusso 
e riflusso^); ir§mo\ master, kant^r canthèrio cantèo; maz§ra 
maceria, stadera (cfi:. mugg. stadiéra); — batist^rio, prizbit^rio, 
simit§rio son letterarj — ; intrigo (cfr. ven. intrego) intero, kar§ga 
*cadrega Tta^édQu (cfr. mbyer-lùbke, Rm. Grm. I 417; kort. 
n. 1736); lavavo l^vro, pigtira, v^narc, minta (filvd^a), é^nto; 
malamfntro; lingua, pfngo denso pingue, s^npio simplo 
scemo; sktim§nsia\ r§sta restis mazzo di cipolle o d'aglio, 
gr^sta (cfr. friul. grésle, ven. gresta, fior, gnaresta e Marchesini, 
Si, d, /. r, II 5), zan^stra genesta kòrt. n. 365 1 ; b^sparo 
b§spro ̧spro (cfr. mugg. biéspul, sl. ven. besporo, pad. brespo 
brlespo, friul. ^espiti e parodi, i?om. XXVII 222\ kort. n. 
8666); céza ^ézia^) *(ec)clesia (cfr. mugg. ^lézia, friul. glésie, 
a. ven., a. berg. giesia gliesia e muss., Beitr. 16; Ascoli, Arch, 
l 488). 

8. Riflesso, ove si riconduca preferent emente ad ^ ed i 
lat. {é italiano, é od ié veneziani) per /: a-vi habere -etis (v. 
nm. 2), Vidi, pudi, dtivi ecc.; bivi bévere, vidi (cfr. ven. veder)', 
saviso, taziso ecc.; tila, kandila, a vilo (in unione a zé\ sta) *a 
velo' a fior d' acqua; skridil (cfr. friul. scridél sgridai, it. crettare^ 
screpolare)^ che è da ^erettelo screpatello (v. storm, Arch, IV 
392); kavi capello; vandime (f. pi.) vindemia; sira, pre^maviray 
spiro; spijra (cfr. ven. splera) sfera e piccola parte, goccia di 
liquido, 5(;Va caera (v. Ascoli, Arch. IV 119-122 n), Ujl cielo; 
butiga bot(t)eca grober, Arch. f. l, L, u, Gr, I 252 VII 34, sivo 
sego; munida, kuito quieto, azi (cfr. mugg. azéi, ven. aséo) 
aceto, tapio tappeto; albio abete, spi(o) spiedo, /»aW parete; a-spri 
aspreto (v. salvioni. Post, it, 5) asprore, dolore alla milza e 



^) L*egual accezione che ha la voce a Rovigno (dove è un fem. pi.), 
1' ha a Pirano, Fasana e Pola. A Rovigno dicono : Inttil kdlo, dai 7 ài 8, di 6, 
l' dktia ga fièle, 

2) Cfr. anche pir. cédO", vali, jéiia, dign. éiia ^éia jciia^ gali, jéiia éiia, fas. 
céia ^éiia^ poi., siss. ùéia\ pei quali riflessi, oltre ai surricordati, vanno veduti: 
avoltr. gUiie, ampezz. giésia, a. berg., beli, giésia^ non. gléiia, a. lomb., monf. 
gesia, mil, cova, gesa, piem. cesa gesia, gen, gexa, mzz. gléja, boi., xmgn. cisa^ 
valsoan. ighjeziy sard. iglesia; in buona parte de' quali pare non sia stata alieùa 
l'influenza di è{y)ìiXijaùx. V. schcchaedt, Vok. I468; nov., iV^f. XXVII; lorck, 
AUherg. Sprachd. 28 52; Keller 48; kOrt. n. 2775. 



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I. Appunti fonetici: Vocali toniche. 5 

fondo di mare ineguale e roccioso'^); Sanguni ni. sanguineto, 
Spini ni., Karpani ni. carpineto (v. pibbi, SuppL alV Arch, glott. 
disp. V 82); karpìta (cfr. ven. carpeta^ sp. carpeta carpita) sì. di 
veste donnesca, pìjta, se da *plicta(v. grober, i4rc/r. /. /. L. 
u. Gr. IV 444) o *plecta (v. ascoli, Arch, I 304); scito schlicht 
schietto, nìto netto ecc.; si sete, fi(de); di dito, nio *niu neve 2); 
livOy prigo prego, tri tre; pati (cfr. a. ven. /^a/s^ e muss., Beitr. 
Il), angrìi inglese, w/iia offesa; ^ize *djéce (v. ascoli, Arch. 
I 446), zi (cfr. ven. ze) est; /?//, ^i/a ella; stila * stela o 
stella (v. scHucHARDT, Vok, I 339); infirmo^ vìrdo, sìrka cerca; 
ttidisko, frisko ecc.; Tristi Trieste, iska; badisa ecc.; sipa cippo, 
seppia; viro vero e vetro, palpijri palpétra (v. muss., Beitr. 85; 
KORT. n. 5840), piria piètra (v. muss., Beitr, 89) pévera; liiìo 
legno, yV-i^o 3) ; kuria skuriza coreggia; aligro * al e ero kòrt. 
^' 336; Andria-^ ftmana, dibato, tivado, midago, sizula^ se da 
*sic'ula, come afferma il gartner (Zeitschr. /. r. Ph, XVI 
343 n) falce curva da mietere, pìzula pensilis leggera, pigula, 
simula (cfr. CANELLO, i4r^A. IH ^^^)^ pilvare pévere (cfr. muss., 
Beitr. 87), zaniv(a)ro jenipero (cfr. mugg. zenéver^ ftiul. 
zanévre), visku(v)o; pilago pelago (v. kellbr, Lat. Volksetym, 
253; KÒRT. n. 6002). 

9. E di posizione e nei proparossitoni riprodotto per ié: 
piél pelle, pustiél *pestellum (cfr. meyer-lìjbke, Rm, Grm. II 544; 
LANDGRAF, Arch.f. l. L, u. Gr. IX 413)^) serratura con catenaccio di 
legno dentata di porta campestre; stiéla *astella per astula 



*) A Pirano e Fola suona aspréo^ a Fasana a^pré aspri \ altrove non pare 
sia in uso. Il ven. usa aspréo spréo qual aggiunto, dato ad alcuni pesci che 
vivono per lo più fra le pietre, e qual appellativo di fondo di mare, *irto di 
corpi duri, sporgenti in ftiori ed angolosi' (v. ninni. Giunte e correzioni al diz. 
d. dial. venez. p. 12); ed il du canoe ci dà anche un derivato da aspretuftt, 
aspratiles pisces, che spiega con pisces saxosi ... sic nominati ab asperitate 
sqnammarum. vel a locis^ in quibus degunt (V. Gloss, m. et inf. lat. I 426 s. v.). 

2) Pir., Poi., Siss. hanno néve, Fas. nive^ Vali, néjo, Dign. mi (v. ascoli, 
Arch, I 447; GARTNER, Rtr, Grm, § 200). 

3) Acc. a fré^^ito (sost.) freddo piuttosto mite (V àkua uó piérso al fré^^ito), 
detto d' acqua, che non abbia una temperatura troppo bassa. In questo senso 
r usa anche il piranese, quando àìctfrijdo. Cfr., per questa fine distinzione di senso, 
valdugg., mondov. cep cep tepu lo- di fronte a lepi tebi (salvioni, Arch, IX 197 n. 3). 

•*) Cfr. anche mbyer-lCbkk, Litbl, XV (a. 1884) col. 91. H landgraf, in 
Archivio del \vulfflin,1. e. osserva: ,Das Wort pessulus = Riegei wird ausserdem 



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6 Dialetto di Rovigno. 

(v. MU88., B^Ur, no; caix, St. n. 596), ^kudiéla scutella 
(grober, Arch, f. l. L. u, Gr. V 462); faviéla; miérlo, tiérma (cfr. 
frìul. tiérmif3i. frc. tierme) termine di servizio pei famigli; inviér- 
no, a(n)viérta aperta primavera traviérsa (cfìr. mugg. traviérsa, 
ven. traversa) grembiule ;^/^rèa erba, siérvo, riésta; viéco vecchio, 
liéka poltìglia da *le(g)ita, e pare dal celt. (cfr. schuchardt, 
Zeitschr.f. r, Ph. XXIII 196; thurneysen, Keltr. 66); risiéta, siete, 
niésa neptia; majéstro; (dré'o) Viér ni. *vetero ascol,!, Arch. 1 
405 ; Ména (cfr. ven. begna, mugg. bie -a e mbybr-lùbkb, Rm, Grm. 
1 521); miérkure Mercuri dies (v. burda. Rivista pentru filo- 
logia I 2); piétano; Stiéfano (cfr. a. pad. StievanOy ftiul. Stiéfin), 
Siénàka Seneca ed *uomo magro e pallido' (donde la frase // 
ma pari ó^na Siénaka ivanàda), che è proprio pur del ven. e tose, 
(cfr. a. lomb. senega, berg. sèneca ecc. e salvioni, Arch. XIV 214). 
Qui pure la forma pronomin. poss. inié(j)o, -a (cfr. mugg. 
méjà) mio, -a, nonché P istriano- comune murié, -éda fanciullo, 
-a, mozzo di barca ^). 



in den Glossen noch erklart durch*clustellum (IV, 472, 20; V, 510, 21) mit dem 
Zusat2 obicem". Per T affinità che presenta la voce latina col gr. nàaaaXog o 
néaaaXog cfr. kbllee, /. c. p. 99. 

1) L' etimo di questo appellativo^ caratteristico non solo di tutta la peni- 
sola istriana, ma ben anco della Venezia (cfr. ven. more) e di una parte della 
Ladinia (v. Wolkenst. móur, -a), non mi risulta ben accertato. In altro mio scritte, 
rello su' dialetti nostri, pubblicato or son 6 anni a Vienna (Die Islrianischen 
Mundarten, Wien, Gerold, 1893; PP» 12-13 ^)ì aveva arrischiato la congettura, 
potesse il riflesso in questione risalire all' albanese more, mors, particella escla- 
mativa e vocativa per *uomo' e 'ragazzo', quali V usa anche il sic. (cfr. g.- mbyer, 
Etymologisches Worlerhuch der alhanesischen Sprache. Strassburg, Trìibner, 1891, 
p. 286 e SCHIRÒ, Arch, d. tr. pop, del piteè VII 521 n. 3), confortato in ciò anche 
dair accentuazione della voce stessa; ma il prof, gartner (KJB. del Vollmoller 
II I io) m' avverte, che V appellativo istro-veneto sia più probabilmente da ricon- 
nettersi al corrispondente ladino di Wolkenstein (cfr. Die Gredner Mundart, 
Leipzig, 1879, p. 135), senza' che però egli v'abbia proposto etimo soddis- 
facente, e, tutt' al più, mi rimanda al mut, -a, matt, -a (mntótjs, -dijs, mattuns, -duns) 
'ragazzo, -a', di ben estesa ragione (v. AscoLi,Mrr/». VII 443 sgg.). Quell' ingegno 
acuto e perspicace che è Gustavo Meyer, e che grave ed ìncurabil morbo sottrasse 
troppo presto alla scienza ed alla scuola, in una delle sue ultime investigazioni 
etimologiche, a proposito dell' interjez. gr. /?^^, ebbe ad osservare (cfr. Byzanti- 
nische Zeitschrift III p. 1590): „Krumbacher macht mich aufkyprisch rò fiùìQÓv 
'Kind' (Sakellarios KvnQcaxà II 672) aufmerksam und fiigt hinzu, dass er auch 
in Chios ficoQÓ in dieser Bedeutung gehòrt habe. Da fico^é nicht gut Vocativ 
davon sein kann, diirfte man hochstens EinmischuDg dieses Wortes in jenen 



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I. Appunti fonetici: Vocali toniche. 7 

10. Appare sporadicamente a, specialmente dinanzi a 
w, seppur, nelle forme verbali, non si tratti del riapparir 
che fa sotto V accento la vocale atona (v. ascoli, Arch. IV 
126 n; Muss., Beitr. 51 n; salvioni, Fon, mil. 60); e non ho 
d' esempj, pel mio dial., che intènta tenta (cfr. intantà)^ stènta 
*stentat caix, St, n. 60, Idnpo lembo; Idnpado acc. a Wnpio 
*lempido limpido"), il primo per influenza di lampada'. 
E nei casi analogici dei gerundj: (a) vidndo^ sidndo essendo, 
dubidndo dovendo, kurdndo, riddndo. Indi in kunusdn^a cono- 
scenza, arndio recipiente 2), wo/o meglio (forse per livellamento 
fonetico con majùr maggiore), sfrdca freccia, gdrbo aspro, 
che è anche del ven. (cfr. ven. garbo^ friul. gherb garb, rover. 
gerp). Saranno pur effetti d'influenza analogica quelli che 
s* hanno in riddre ridere, pianzdre piangere ecc. (v. nm. 162). 
E non mi resta di peculiare che ior (cfr. sard. soru seru, rum. 
d'Istr. zer^ prtg. soró) *sorum serum, che potrebbe anche 
andare al nm. 14*). 

I. 

11. Riflesso normalmente, ed in proporzioni ben estese, 
per ^'*: ié^ *zir gire, sinté* ecc., a-vajé* *e(g)valire -ito 



Imperativ annehmen. fioDQÓv *Kincl* triflft merkwurdig zusammen mit dem istrianì- 
schen more, murié, Fem. moréda, muriéda 'Knabe, Màdchen', mit dessen Er- 
klàrung sich Ive, Die Istrìanischen Mund. S 1 2 f. abmiiht, wird aber doch wohl agr 
ficDQÓg sein, vgl. Boltz in der '^EXXég III 8 f.' — Va forse, a proposito di questo 
etimo, ricordato anche il lat. morto stolto (deriv. da ficoQÓg)^ col quale, quanto a 
significato ed uso come appellativo, potrebbe esser confrontato il ladino mattf -a, 
e fors* anche il comune epiteto it. di folletto^ pazzerello^ dato a ragazzo vivace. 

1) Appajon ben .singolari i riflessi vali., dign., siss. ildnguido per 'lim- 
pido', seppur non s^ha ad ammettere qui uno scambio di significato, la 
trasparenza dell' acqua essendosi, sia confusa, sia attribuita alla poca coesione, 
quasi 'languore^ della medesima. Il lat. aveva aqua languida per *acqua lentamente 
scorrente'. V., del resto, schuchaedt, Contor. cU. pp. 18-19 21-22. 

^) Qui PUJ'C manderei rov. atrd^o atrdzOt gali, airdzo per «attrezzo*: forme 
che trovano riscontro, fra gli esiti di altri parlari it„ nel piem. atrass^ sard. mer. 
alirazzUf bastiot. aitracci attrezzi, che al Guamerio parve esempio *sui generis' (v. 
Arch, XIII 138 n). Non so se debba qui registrare anche lo si. dell' Istria orientale 
arniz acc. allMstr. arndio, 

3) L'a. si. ha egualmente zurù per *siero' e 'strutto', donde nsl. zóra zur zura^ 
presi pure dal lat. V. miklosich, Etym, Wtb. der si, Sp. p. 413; stbekeLj, 
Pn'nos k poznavanjii ttijih heacd v slovenscini p. 32. 



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g Dialetto di Rovigno. 

eguagliare, livellato, sarvéHa servirla ecc. ; féHa fila, badéH(u) 
badile, kanpanéH(u), néH(u) nido; sé*ma, kalsé^na, Tuné'na; 
vé% maré'n marito ; de* di dice ; zinzé'ga gengiva, kalé^go, salé^io 
selciato; pivé'da pipita pituita kòrt. n. 6187, naré'de naritae 
(cfr. friul. narìdule) vrjQiti^g vriQslxriq iy. keller, /. e» 57) specie di 
mollusco dell'ordine dei gasteropodi, detto cosi per la sua somi- 
glianza colle nari; kusé'] kré*bio (v. fleoìha, Misceli. Caix e Can. 
201) cribro; bulé*stro (cfr. mugg. bulistro, triest. botstró) cenere 
calda commista a brage ^), vèrsta, déHo, buré^co *burric'lo sorta di 
mantello^), ké^co caicchio, pé^co pit- (cfr. schuchardt, Vok. II 
203; Muss., Beitr. 88; kort. n. 61 19); bé^^a aat. *bfzo o bestia 
(cfr. ASCOLI, Arch. Ili 339-340 n; meyer-lùbkb, Zeitschr.f. d. osi. 
Gymn, v. 42, p. 767; kòrt. n. 1145); gregna, se risale a *grinea 
per ^grinde' insetto del grano (cfr. aquil., vast, abruzz grigna 
gregne baco, sia de' legumi che del cacio e del grano); ^é*mia, 
sé^nkue; kamé*za camisia, siné^zia (cfr. mugg. sinìza) cinigia; nuvé^sa 
no vizza, murkadé^si avanzi di olio con morchia; né^nte niente 
(cfr. ASCOLI, Arch. XI417 XII 24; kòrt. n. 5573); p^Vw/a (cfr. ven. 
pirola) pillola, maréHimo ; bréHula s. d. coltellino (cfr. friul. brttuley 
grd. brttula e schuchardt, Zeitschr.f. r. Ph. IV 126, Slawo- 
deiUsches und Slawo-italienisches 78), che parrebbe dallo slavo •'*); 



1) Vali, e Poi. hanno hoUstro, Gali, bulistro, Pir. e Siss. buijstro, Mugg. 
bulistro buistro. Cfr. cavalli, Arch. XII 308, e, per la formazione, il vegl. 
kamistrOy ibid, IX 167. 

2) Colla gutturale intatta, cioè con buré^ko buriko, i dìal. rov. e pir. sogliono 
denominare anche 1' asino (cfr. friul. buricc, mil. boricch, pav. boriche lomb., com. 
piem., mant., parm., regg. borich, piac. bqricc, gen. buricco, nap. borricco, sard. 
log. burrikUf sass. burrikulu, sp. borrico, prtg. burrico, it. bricco) ; colla palatina 
s' accordan tutti i parlari deir Istria veneta nel designare un mantello lungo, di 
panno greggio e senza maniche, che solevano portare i contadini d' inverno (v. per 
tal significato friul. burich panciotto, regg. boricca abito da contadino^ it. horicco 
cappotto di velli di lana, berg. bórichèt tonicella). U etimo dei quali riflessi tutti 
sarà certo *burricus cavallino dai pie rossi, poscia *rozza', deriv. da bùrrus (v. 
DU GANGE s. V. burtcus; DiEz, Et. Wrtb, V 95; gróbkr, Arch. f, L L. u. Gr, 

I 254; MEYEB-LÙBKE, RfH. Gr. I 496; KÒET. U. I426). 

3) Certo che, pensando a' territorj ai quali la voce s' estende (Istria, Friuli, 
Venezia, Trentino, ed in parte anche Ladinia), non si può non convenire col 
Maestro, nelF attribuirle origine veramente slava. Gioverà forse qui ricordare che, 
a lor volta, i frc. breiiCj brettailler si danno da alcuni quali riflessi di un nord, 
bredda coltello corto, spada corta (v. diez, Et. Wtb, IV 238; schnelleb. Die roman. 
Volksmund. in Sudtirol 123); da altri si fanno derivare dall' angls brittian 



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I. Appunti fonetici; Vocali toniche. 9 

sé*mizo\ Spané'dago ni. dal tema ven. *spanire sbocciar dei 
fiorì, che, secondo il Marchesini (5/. d.f. r. II 9)/ sarebbe a sua 
volta derivato da expandere, o piuttosto *expandire(?) 
(cfr. a. frc. espanir, fr. od. épanouir e kòrt. n. 2972). E nei 
casi di iato: dé*o, dré'o (cfr. ven. drió) dietro; falé'a favilla; kaé*a 
*caia *cadita rifiuto, uomo tristo (cfr. ven. caia e flechia, Arch. 
Vni 335); dulé^e mal inglese (cfr. a. ven. dulia, frìul. dulie 
doglia), lunbré\a ombria e 'tenda di barca' ; parfané'a prafané^ay 
Scavuné'a Schiavonia, terra abitata da Slavi ; mé'a miglia ; nté'o 
*mfo io, té*o *tio t\i,pé'e *pie *pié(d)e (cfr. ven. pie e ascoli, 
Arch. I 393), sé'e *sie sié sex; ié'jo zi(l)jo acc. a ^é*l^o (cfr. 
friul. lìli zi, a. ven. gijo^ a. pad. zigio e bianchi, Arch. XIII 
220), viiéH^a acc. a viéé^Ia. 

12. Intatto in pochissimi casi, dove anziché con un i 
primario s' avrà forse a fare con un^' secondario: sia (cfr. mugg. 
sé^i,ven. segia) ciglio, f amia icfr. a. ven.fametaj frinì, faméj e) 
famiglia, maravia (cfr. ven. maraveia); kunsio acc. a kunséH^o 
(v. ASCOLI, Arch. Ili 250), pio cipiglio (v. salvioni, Arch. XII 
420), 5wwfo somiglio; /ma, marina matrigna, Sardina; lagrami 
*lagraminea; spinula (cfr. ven. spénola) spilla, minula (cfr. 
ven. ménolà) sparus maena. 



o. 

13. In analogia al nm. 7, intatto: don, agón * a co ne (v. 
LORGK, Altherg. Sprachd. 217), makarón maccherone e 'chiodo 
di legno del carro', kansón, kustión questione; non nome, 
kunón (cfr. mugg. konón) cognome, kugón (cfr. mugg. kokón) 
cocchiume; sión (cfr. ven. sion) siphone; parsóna persona, 
murèna marrone e sforma di sterco d' animali' (v. diez, EU Wrlb. 
11^ 45), tamizóna cruscone, kapalóna soprnm. ecc. 

14. Per g è riprodotto l'Ó, ti lat. (it. ó, uó, ven. d, io): vgl 
vuole, pgl può; ^9/ figliuolo, stargl stajuolo, kuartargl, -a (cfr. 
ven. quartariól) quarteruolo, -a, skuarargl (cfr. ven. squerarióh 



rompere (cfr. a. prtg. hritar infrangere, ingl. brit hrittle fragile e diez, /. e. 
113 no; kOrt. n. 1351). Del rimanente, molteplici sono le rispondenze che ci offrono 
i nostri parlari: cosi pir., vali., siss., poi. britola, dign. bréitula, fas. brè^tula, 
gali, brituva, quest* ultimo arieggiante più degli altri lo si. britva. 



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10 Dialetto dì Rovigno. 

squerarolo, bauargl bavariól (cfr. triest., ven. bavariól havarót) 
*bavarolo bavaglio^ febrargl fravavQl ecc.; sQla^ skgla\ vargle 
vajuolo; muzargla, bar sargia br acciainola ; foggia da vestire 
il braccio, sigangla carrucola stridula; kasióla cazzuola, deriv. da 
*cazza (v. landgrap, Arch. f, L L. u. Gr. IX 435) ecc.; gmo 
gii (quest'ultimo, però, solo in unione ad (>";/, par)^ bgn, tgn\ sgr 
sóror (v. ASCOLI, Arch. I 445 n), kgr, mgro morior, bgra; fggo, 
ìggo, mgvOy pigvo piove; dgja, vgja, kgzo; imglzo mulgeo, 
sgfiéa *axungia (v. Ascoli, Arch. Ili 443) fgnzo fungo, Ignei 
(cfr. a. ven. longe lonzi nov., Nav, XXVIII) ; Ignda onda, gnsa, 
gn^^a unghia, zgnta (cfr. ven. zonta, friul. jónte zónté) aggiunta 
soprappiù; /7^w/o ponte punto, /^w/o funto; rgnpo; grdio grgo 
grzo (cfr. prov., cat. ordi, frc. orge) hordeum; kgsta, pgsta, 
ngstro ecc.; kgsa coscia; kgza acc. a kduza (v. gartnbr^ Rtr, 
Grm. § 83; KòRT. n. 1752); — damgno, matramgno, tastamgno 
son letterarj — ; ggnbro (cfr. vegl. gómbro, a. it. gómere, ven. 
gomiér) vomere, kuggnbro (cfr. prov. cogombre, prtg. cogombro, 
sp. cohombro, frc. concombre) cetriuolo; krgnika, mgnaga, 
kalgnago; gndaze (cfr. mugg. óndis) undici. 

15. Riflesso per ù preferentemente V o, u lat (ó it. o 
ven.): sul sole, sulu solo, dulùty par amùr 'propter' (v. asooli. 
Ardi. I 25) a cagione, sudùr^ sajadùr *saljatore (cfr. a. 
ven. sajador e muss., Beitr, 96) saliscendi, finr fiore, siùr] ùra, 
mura, piura (cfr. a. ven. plura, a. it. piura e salvioni, Arch, 
XII 421), lùri loro; inùri /m-/if/ *(in)-aliorso (cfr. soprsilv. 
negliu(r) niljùr e ascoli, ^rc:/?. VII 538); nùi^ vùi (cfr. a. ven., 
a. it. ww/, t;/^/); baladur *ballatorio (v. du cange s. v. e 
parodi, Rom. XXVII 205); raiadur rasojo; /arsura fri- 
xoria (v. MUSS., Beitr. 13)^ pastura pastoja; nura *nora nuora; 
(da) zùra sopra; (da) razbùl (di) rivolo (v. parodi, /. e. zzg); 
(v)ùla (cfr. mugg. dola e ascoli, Arch. I 67 446) dove; madida 
midolla; pumo, kùmo kumu (cfr. mugg. kumódo) q uomo do; 
prù prode (v. Forster, Zeitschr. f. r. Ph. XV 524 sgg.); nudo, 
nodo, kuda, -o, coda, ultimo, invùto voto; (z)vudo *vocito vuoto; 
skuva, ùvo, spuzo; rùza (v. ascoli, Arch. I 445 n); bus (cfr. vegl. 
bdud, mugg. bóus^ a. ven., lomb. bose, a. it. boce e parodi, 
/. e. 228), krus; cu *tjor (cfr. ven. cor e gartner, Zeitschr. f. 
r. Ph. XVI 175); tir *oru (cfr. friul., prov. or, sass. oru, a. 
frc. ur) orlo; ùrma ùzma òa^iq (cfr. rum. urmri sp. husma, 



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I. Appuntì fonetici: Vocali toniche. 11 

arpin. ùseme e kòrt. n. 5787), mùrka amurca kbller, /. e. 
59-60; fumo, ùrso; zaubùrdo (cfr. mugg. sbor sbuór) ramarro^); 
sùlsa solco, sùlso *insolso insulsus, dashìlso (cfr. mugg. 
deskólSj a. pad. descolzo e ascoli, Arch. X 8 n) ; tùlpo (cfr. 
ven. tolpó) talpa, fùlpo ( cfr. ven. folpo, vegl. fudlp, friul. folp, 
rmgn. fulp, tarent vurpo e mbyer-litbke, Rm. Grm. I 33); 
kuliro coltro, hiltra coltre, (v)ùltra oltre; zùja gaudia (cfr. 
friul. zójCy a. ven. zojUy gr. od. ^óyia e muss., Beitr. 122; o. meyer, 
Contor. dell* Acc, delle scienze di Vienna (ci. fil.-st.) voi. 132 
— VI. Abh. — 28), gioja e corona di fiori; skùjo (v. D'ovroio, Arch, 
XIII 361 sgg.) scoglio; insililo sogno, ùiìi ogni; kùpa coppa; 
bùsko, agùsto; gavùso lacca pozza, se rimonta ad un *cavutio 
(cfr. com. gavazza, ven. gavina cloaca), sangùso *singlutto 

(V. FLECHIA, Arch, II 377; MBYER-LUBKE, Rni, Grm. I 482; LANDGRAF, 

Arch, f. l, L. u, Gr, IX 433); nùse *novtiae; tùno ^vvvog 
(v. GRòBER, Arch. f. l, L, ti. Gr, VI 135); tùrbado tùrbio, mùrbado 
mùrbio nùrbio^ (v. sohuchardt, Contor. cit. 22-22^), ùrdane-, 
(p§ra) pùmaga (pietra) pomice, stùmago, rùvaro, sùlfaro zolfo, 
fulaga-, tìisago (cfr. ven. ióssego), kudraga cotica cutica (v. 
ASCOLI, Arch. I 533), intrùpaga (cfr. ven. intrópico, mant. in- 
trópagh) idropico; dùdaze\ Ruja ni. ar(r)ogia (cfr. it. roggia e 

MEYBR-LÙBKE, RtH. Grm, I 46). 

16. In analogia al nm. 9, V ó accompagnato da consonante 
e nei proparossitoni, riflesso costantemente per tió : vuoi voglio 
vuoi, puoi posso puoi, daspuói (cfr. ascoli, Arch. Ili 271; gartner, 
Zeitschr,/. r. Ph, X.YI 314 n); in-kufuluói kuguluói (in) coccoloni, 
e cosi tutti i plur. de' nomi desinenti in -gì (v. nm. 14 153); 
mio acc. al proci, no nu; nò *o *au habet; Ninkuluó, Knluóza 
Nicolosa; vuóldo (v. AscohT,Arch,I 157) odo; nóro^ tràzuórOy tuóla 
*taula tabula, parnóla, puóko, cnódo (cfr. ven. codo e pascal, 
St. d, f. r, VII 244-45; KORT. n. 1946), gttódi (cfr. ven. ^o^^^r); 
uójo\fuóiba fuóbia* iòv]di (v. ascolt, Arch.l 535) burrone, zuóbia 
zuóiba (cfr. mugg. zuóiba, a. pad. zuobia) giovedì, duóbia dnóiba 
debeat; Karnóbia Karnóiba ni. "quadruvio; nuòve (cfr. ven. 
gnove); kuluòna, skaluóna Ascalonia (cepa) hehn, KuUnrpflanzen 
161; skuòna (cfr. mugg. skmì, a. ven. cogna, friul. scùgne e 



1) Cfr. Nantes of european reptiles in the ìiving neo-latin languages, by 
H. I H. Prince louis-lucien bonaparte (Philological Society 1882-83). p. 8-10. 



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12 Dialetto di Rovigno. 

Muss., Beitr, 99-101; qartnbr, Rtr. Grm. 163); kuórnOy knórda, 
puórta, inaktiórto (cfr. mugg. nàkuórt) accorto, rakuórdo, duórmo; 
fuor fé (cfr. mugg. /«ór/i?, friul. fuàrjìs) *forfi-ce ^y. gròber, 
Arch, f L L. u. Gr. II 426; ascoli, Arch. XIII 281); struópo 
stroppo, gruóta, mio; gruólia gruória (cfr. a. pad. grnolia); 
istuória, parkaiuório prukatuório purgatorio, marmuória (cfr. 
a. pad. smalmuoria) memoria, murtnório mortorio; puóvaro 
(cfr. mugg. puóver e muss., Beitr. 14; nov., Nuv. XXVIII), puó- 
pnlo puópelo pttópilo, uópara, nórgano, duódula allodola; kruósula 
cruceola muss., Beitr. 48, tuórtura, prtiólaga; tuótano sorta 
di pesce, puódana s. di vaso, che è di dubbia provenienza; 
Muódana Modena. 

17. Ridotto a semplice a il dittongo uó, non senza che 
a questa riduzione abbia contribuito il primo elemento del 
medesimo: vàrno (cfr. friul. vudrn), Vdrno ni. orno (fraxinus), 
seppur non si vuol ammettere col mbter-lùbke {Litbl, su XV, col. 
91), che V gr sia diventato var attraverso ad uor. 

u. 

18, Analogamente al nm. 11, s' ha qui qual normal 
riflesso deirw lat. (prevalentem. ù it. o ven.) ó": ó"n acc. al- 
l'enei, un^ inzó^n *jejùn- (v. ascoli, Arch. 1 446) digiuno, 
pi&*n\ spió^ma, ló"me, ló^na, ló^'s; bó^'s bó^za buco dal germ. 
buk o non piuttosto *biih (v. muss., Beitr. 39; rhedek. Et. 
Beitr, z'j), fó"z fuso; /ó^lui; bó" W Va (cfr. mugg. bu) avuto -a, 
vino", bató*" bató^'da ecc.; palò'' palude e reazione, vartó% 
éuvintó" ecc.; nó*'do, mó"r muro, sigó'^ro'j fó**ga fuga e quantità, 
m&'zOy p&'po (cfr. mugg. pupa) pupo poppante ragazzo, tó^b, 
nt&'n dutuó*'n autunno; ló^'ndi, ló^jo; Pó*^*a Puglia e 'paese fertile' 
pó'^no, kó"zi, ló"dro otre e specie di rete; ló^stro (cfr. mugg. 
lustro f trent lustro, disi. d'Erto lùztre) lucido sereno; spó*'sa 
*puti(d)a (v. scHucHARDT, Coutor. cit. 19), fróHo\ ma'* co 
*muc'lo cumulo; ramó^'rco, só'^rma ciurma, ó^rla; bóHto volto 
maschera; ó^nulo ó**iìalo *unulo, ó^mado; fó^lmano, fófula 
(cfr. sp. bofo e diez, Et. Wtb. Il» 152) forma di pane oblunga; 
póHazo, bó"laga (cfr. ven. bùliga, prov. boulegar muoversi), 
fó"raga (cfr. ven. fùriga e caix, St. n. 329; schuchardt, 
Zeitschr. f r. Pli. XXI 203); atigó"zana (cfr. vegl. ancnsene, 



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I. Appunti foDctici: Dittonghi; Vocali atone. 13 

ven. ancuzine) *incugine incudine (v. muss., Beitr, 17; kobt. 
n. 4205). 

DITTONGHI. 

19 — 20. AU, AI. Conservato il primo, in pochissimi casi 
e non ispecificamente rovignesi: làura (cfr. vald. od. Iduzo, a. 
prov. lausa, Alta-It. Iosa ecc.) *lausa (v. nigra, Arch. XIV 285 
sgg.), kduza acc. a kgza kuósa (v. nm. 14); f aratila (usato in 
unione a ndnka) parola (cfr. friul. perdule, 3l. it, a. sp. paratila, 
cat. d'Alghero pardtira) parabola diez. Et. Wrth. 1^ 306; dtila 
acc. ad dvtila coperta leggiera, se riviene ad*avola habilis 
(cfr. a. cat., a. sp., a. prtg. avol ani cattivo, facile ad aversi 
e DiBz, Et Wrtb, 11^ 213; hentschke, Zeitschr, / r. Ph. Vili 
122; KòRT n. 3839); /a«^a isolo però in locuzioni dottrinali :/aw^a 
al mar ecc.), che è pur comune ad altri parlari istro-veneti. 
Per kandtila collare de' buoi v. nm. i, e qui non mi restano 
che kduli acc. a kdgtili (però sempre in unione a finrl), che 
è anche proprio d' altri dialetti (v. gròber, Arch, f. l, L. ti, Gr, 
1 5 43), Pdulo acc. a Pdvalo Ptiólo (v. nm. 16) ; — rduko, risfduro 
si appalesan voci dottrinali. — Sarà consonantizzato forse il 
secondo elemento in Idvarno (cfr. lomb. kdvesa causa e nm. 
14). Più rari ancora sono i casi del dittongo di, e non 
saprei ricordare che il ven. e ben diffuso trdina, se rimonta 
a *tragimen (cfr. friul. trdine, ven., piem. trdina) ambiatura 
tiritera (v. kòrt. n. 8299), ndina (cfr. friul. ndine nènie) vrivia 
nenia (v. ascoli, Arch. I 535), ed è caso d'attrazione. Per di 
secondario v. nm. 3. Per CE M valgono le riduzioni ad e, per cui 
vedi nmm. 7 8; e qui sieno soltanto citati: Gtidìo, Buritilu- 
mé*o acc. a Btirttilnmi; Sizare^ pridika. 



VOCALI ATONE. 

A. 

21. Assottigliato in e, i, e non hanno nulla di specifico i 
fenomeni che presentano: lementdse, lem^nìo limptto, libgl *al' 
beolo (v. MDSS., Beitr. 25; caix, 5/. n. 146; parodi, Rom. XXVII 
235-36) niadia, linbé'ko (cfr. it. lambicco limbiccó), liziérta (cfr. 



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14 Dialetto di Rovigno. 

mugg. lezérda, friul. lisiérie lusiérte) lucertola, Unbdstro alabastro, 
reión acc. a raion j mlfé'n, -a, mattutino, mattina; inkùi acc. 
ad unkiìi (cfr. mil. inko, dial. d'Erto nrikùi) *hanc+hodie 
(v. sALvioNi, Arch, XII 387; KòRT. n. 3868); incnó (ofr. ven. incó^ 
mil. incóda, regg., boi. incióva) acciuga, inbinsión^ inpuUHia 
(cfr. ven. impoleia^ friul. impòle, boi. impuleinUj mil. impalai 
ampollina, dove ebbe luogo immistione di in; tutina 
antenna, ingò"ria cocomero; spàrizo, sé'niko (cfr. terg. sinlchi, 
ven. sindko^ mil. sindech e ascoli, Arch. IV 364); zmgnika 
acc. ad armgnika ^izmgnika, che rispecchieranno forse un 
*fisarmonica. — Assimilazione ha luogo in duónisi 
affermaz., per ^donna sì\ 

22. Riflesso per u (mutamento al quale non sarà stata 
certo aliena la labiale vicina), e poco per sé dicono: pustti- 
ndca a.cc, a, pasiandca peist\na,cdiy fujé'na *fagina, runiansé'nay 
dove s'ha probabilmente a fare con un (cfr. it. romanztna 
ramanzina), bulé'n pallino, innb(n)ldz bossolo da riporre la 
cote, se riviene a tabulatio o *tabulaceo (cfr. gard. lubld 
e ASCOLI, Arch, 1 58 n); nkó^'lo acc. ad akó^io, btmbdi(u) 
bambagia, lupìs(u) *lapideu laveggio (v. salvioni, Arch,^\l 
410); gunguldsey g ungili ile, se son derivati veramente da 
*anculare, come vuole il caix. Si, n. 206 (cfr. a. aret. 
anculare, it. gongolarsi acc. a dondolarsi e kòkt. n. 549); ma 
ki (cfr. ven. mo che) ma che, kannvilaj diminutivo di canaba 
[y, SALVIONI. Arch, XII 393-94) arnese da riporre le fiasche. E 
sarà caso di livellamento fonetico quello che s*ha in unkùra 
per ankiìra (cfr. unkui e nm. 21.). 

23. Air uscita, costantemente saldo, anzi sottentra ad 
altre vocali, negli avverbj e nelle partic: {a) fgra foris o 
foras, zùra (v. nm. 15), zùla (per influenza del preced.), 
vnllra, iìikgntra, dgnka dunqua (cfr. a. it. dnnqua, a. ven. 
adonca^ a. gen. doncha e meyer-lvbkk, //. Grm, 60); dnka anche, 
ndnka (cfr. ven. gnanca) neanche, inféhìt- inkéhil-a (v. muss., 
Beilr. 67 ; nov., Nav. XXXIIÌ, dove V a potrà essere epitetico; 
vitlant^ra nm. 4. — Assimilazione: ndma *no(n)magis 
(cfr. ven. noma e salvioni, Arch, XII 416-417), aramdi 
*hora(m)magis (cfr. ven. oramai, dial. svizz.-rom., prov. ara, 
livinal. d-an-ara e ascoli, Arch, VII 600; kòrt. n. 3990), davira 
davvero. Indi nei ben diffusi: baldnsa, manasd (cfr. ven* 



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I. Appunti fonetici: Vocali aton*».. 16 

manazUy a. fr. manatse), piata (v. mbybr-lùbke, Rm, Grm, I28Ò), 
katardca TtaraQdxrri cateratta, tandja tenaglia; salvddago salvdzo 
(cfr. a. ven. salvaze, friul. salvddi); kanafé^rula per 'e ar affi- 
nala' dal pers. qarabah (cfr., per la formazione, sp. canaherla 
da canna4- ferula), del 'qual etimo non potrebbe esser in 
fine che forma metatetica. 

24r. Frequentissima T afere si, e s' hanno a ricordar qui casi, 
comuni del resto anche agli altri dial. istriani, quali: mdro, 
maragits *amaricoso (cfr. sard. mer. marigosu) amarognolo, 
maragó"sll *amari+ gusti (?) amarezze, murùsy -za, masd (cfr. 
ven. mazzar); ligro, ligré'a ligrìsa (cfr. mugg., a. pad. liegro, 
legria); takd attaccare, satd accettare, rivd, ranhd (cfr. ven. 
rambar) arraffare, varé'a avaria e 'sorta di maglio', se da *an- 
guaria, come pretende il kòrting (n. 554); varté\ vartim^nto, 
vansd avanzare progredire, vansadó"ra resto; vi (cfr. a. ven. 
ve e nm. 8); viérzi aprire, varzdri quasi *averzari (?) sbadigli; 
bajdj -ÓHj bandtmdy bundansia; luògo alloggio; biliid (cfr. mil. 
belila) abilità, bilim^nlo, pilé'lo; prnjildy gu(v)d icfr. ven. 
giiar) aguzzare, gndd guld ajutcìre, kusldse; sansindy saHséht 
(cfr. mugg. sasin\ s^nsa (cfr. ven. sensa^ mil. sensia^ friul. 
sénse, alatr. ,^esa) Ascensione; vila *aveta (da *avo agos 
gugliata, stó'^sia (cfr. luce, sluzia^; slrùlago (cfr. ven. slrólegOy it. 
strólago); Kadiémia ni., dieso, diesadièso iv. schuciiardt, Zeitschr. 
f, r. Più XV 240; NiGRA, Ardi. XIV 269), siti acciò; Sizdit 
Assisano, Dildide, GttsléHìa ni. *Agustinea, Pnkalé'se Apo- 
calisse; rgndula, se riviene ad (h)arundula icfr. mugg. 
róndula e gròber, Ardi, f, L L. u. Gr, I 243; kòrt. n. 792). 

25. Non mi restano, per casi d' ettlissi, che ligdnbo, se 
veramente riflette un *liga + gamba, o non è piuttosto 
legame con b epentetico, /r^;/ acc. sl farai fain'dìe; gréHtila 
garettola, che parrebbe dal corn. gar coscia (v. diez, EL 
Wrlb, I^ 201 202; kòrt. n. 3600). — Prostesi di a: avikario 
vicario, abluóko abruóko, alièsto (cfr. fas. al^sto, ven. alesto), 
^ar tèsto resto, rimanenza, arakurddse, arón rum. — Epentesi 
in kdvaray e fors' anche in sdvara zecca; Bitaliénte ni., ada- 
v§nto, skarabó^io (v. diez, Et. Wrtb. I^ 373). 



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16 Dialetto di Rovigno. 



26. Intatto di frequente^ nei prefissi de, rei dep^nziy 
depentùr (cfr. ven. depenzer, depentor),dendnti (cfr. a. ven.denanii), 
defeté^vo in effetto, delgngo acc. a duigfigo (cfr. soprasass. da 
liìngay borm., vaiteli, de longh e ascoli, Arch. I. 203 n) subito^ 
immediatamente, derekdo acc. a darekào (cfr. ven., rover. derecào, 
lad. derecdu, berg., a. vald. J^ r^^ró, prov. de recap, frc. ^^ 
rechef e ascoli, Arch. I 404; renibr, Gel, 170; salvioni, Giorn, 
stor, XV 268); dereviétane di rimando. 

27. Comunissimo il passagio in a, d' accordo con altri 
parlari istro-veneti ed ital., in genere: aràrio erario, azdto, 
ahriéo, asiéso eccesso, atiérno\ tajàtro, malón, zbalìti (cfr. 
ven. sbeleta); dasìno, tanp^sta, zanùco, sakrito (cfr. a. ven. 
sacreta), savtUa, sapó'llkro, spiandùr (cfr. a. pad. spiandore); 
stranndd sternutare; mativa (cfr. piac. mattiva), kardiva; 
esempio, quest' ultimo, che ci conduce al ben diffuso passag- 
gio di -er in -ar: zarmdn, mar^nda, sar^ia^ sarné^ 1 cfr. mil. Mrni) 
cernire, sarp^nto, varnikdl * v e rnic ale catino grande inverniciato 
(cfr.mil. vernegal e flechia, Arch.Ylll 402), markànto^ kard§ns(i)a, 
kars^nto (cfr. mil. karsent), tarsdna, hartuviéla bratuviéla (cfr. 
miiRg- hartuélli, pad. bartavélo, piac. bar tavèlla) bertevello 
bertovello, derivato, a sua volta da vertebra*) (v. kòrt. 
n. 1138; PARODI, Rom-, XXVII 221); parki, parsóHo, ktmsarvdse^ 
antipdjo (cfr. dign. antipdjo^ poi. grantipdjo) equipaggio. — 
Casi d'assimilazione fonetica s'hanno in pakd, pragd, 
trama, stantd, intantd (cfr. mil. tantar, sic. tantari e nm. 10)^ 
insard serrare chiudere; sagdla, taramuóto, che è di ben 
estesa regione^); banadita, maladìta (v. meybr-lùbkb^ i?w. Grm, 



1) S'avrà qui a fare con un a. *bertebelluin acc. a *vertebellum per 
vertibulum, con iscambio di suffisso. L'ultima delle quali forme, che già il 
GEORGES (Lat.-deutsch. Handwrtb. s. v.) ci avea data, traendola da Lattanzioi 
viene ora bellamente riconfermata anche dalle Glosse latine, dove essa ricorre 
al plur. nelle foggie di vertibula (V, 527, 19) e vertibola (IV, 190, 21); 
sempre poi spiegata con *cardines'. Cfr. landgraf, Arch. f. l. L, u. Gr. IX 440, 
ed anche ibid. I 250 VI 141. 

2) Oltre che in tutta la nostra regione, s' ha a nel mugg., friul., ven., mil., 
lomb., boi., alatr. 



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I. Appunti fonetici: Vocali atone. 17 

I 275^), paskadùr; saiamdna, samanà, skavasd; dazmasadàse 
sveglÌ2irsi, dasfantdda svanita, daspardda; paskané'sa, che po- 
trebbe essere da *bescanitia sorta di copertura di lana 
greggia, pel capo (v. App. less.); bavardvi, ecc.; kdmara 
kdnb(a)ra (v. landgraf, Ardi. f. l. L, n. Gr. IX 437); lé'baro, 
tinaroy ktiólara cholera xoXéga^ invano, bé'para, dlzara (cfr. 
ven. dlzere)^); sitara (cfr. a. ven. citara), lìiara *littera, 
kaddvaro, panpdvaro panpdverio. 

28. Passa in i, specie se Ve trovasi in iato^ o per 
livellamento fonetico, oppur per effetto della consonante 
vicina: bidto (v. gorra, St. d. f. r, VI 535 sgg.), inkrid, kriató^ra 
(cfr. alatr. CYjatuva^ cai. criata^ sp., prtg. criar), kridnsa, lión, 
liunfdntOy ridi leale; mijur meliore, pijur, galiitto (cfr. ven, 
pad. galiótOj ftiul. galiót)^ antidn antindn *in-tegamen rriyavov 
(v. d' OVIDIO, Arch. XIII 439) ; iz§npio, inbridgo (v. ascoli, Arch, 
III 442), majstd; miid me di e tate, iniztidé\ misiérsi messer 
si; ^iluié^a, (sanf) Ilé*a; Jélina, dove non appar ben chiaro se 
si tratti di j prostetico oppur del dittongo ié. — Assimila- 
zione: viritd, rili^ón, binidisión, piniténs(i)a, prizintéHi (cfr. 
ven., friul. presentin) stradiere; bilité'simo (v. muss., Beitr. 33; 
MONACI, KJB. I 135); inpinté'se, sipilé[so acc. a supilé*^o; mistigd, 
inpridikd, piriguld, piriziéla cote; arzinté^na, midizé'na; Mini- 
£é*nay ecc.; Griguório Grigur acc. a Gargnório (cfr. mugg. 
òar^óriOy friul. Grivór, a. ven. Grigor, -ol, a. berg. Grigoro, 
a. pis. Ghirigoro e ascoli» Arch. I 525 III 280; mbyer-lùbke, 
Rm, Grm, I 280). 

Ridotto pur ad -i V e delP antica penultima, negP infiniti 
sincopati de' verbi (cfr. ascoli, Arch, I 503 X 463, ecc.): 
kridi, bdti, drdi^ kglzi, stronzi, rgnpi, pigvi piovere, pidziy ecc. 

29, Finale, in quanto non cada, si riduce costantemente 
ad (u) ; V. nm. 150: Idto, frdto, rdmOy sdngo, mgnto, d^nto, sin- 
diénto, kustró^mo, piso ; póHazo, ldrizo,f animano, l§varo ; kdrno, drto, 



^) Cfr. a. it. mcUadetto, friul. ntaladétt, soprasilv. maladir^ ecc.: forme 
che hanno, a lor volta, provocato il nostro banadito, -a, 

2) Oscillante nei riflessi e nel genere. Così acc. al fem. dliara-eray s' ha 
dign. àlierC'O, poi. aliar \ per cui va confrontato ven., pad., ver. driare, 
friul. drzavy rover. drzcVy gen. èrie, piem. érs'o, che saran tutti da argere (v. 
VETEB-LÙBKE, Rm, Grm. II 19; kOkt. n. 724; sal vigni, Fast, it 4). 

Ire, I dialetti. 2 



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18 Dialetto di Ro vigno. 

parto, kùrto, mtiórto, nuoto, bùto, turo, nio, cd(v)o, bùlpo, tùso; 
grdndo, gr§vo, dùlso, kudlu, kdlku; vir^ino, inpusé*balo, ecc.; 
arguto r§nto (v. Ascoli, Arch, I 492 31211), stupro (cfr. vegL 
sidmpro, ven. sempro), ins^nbro (cfr. a. ven. ensembré) 
insemel (v. tobler, Arch. X 253; -hvbb., Beitr, 71); in-a-m^nto 
a mente, varam^ntro, malam^ntro, bunam^ntro, sulam^ntro, 
finalmgntro, difisilm^ntro, aligram^nto^ libramento, dritam^nto, 
ecc.; e nelle forme verbali: spando, spando, piérdo, kùro, 
duórmo, m§to mette, bìvo\ fuóso, diso, Jiné'so; kantardvo, 
ecc. — Qui pure, quantunque assai meno frequente, il muta- 
mento in u, non senza che v'abbia influito la consonante 
vicina, seppur non si tratti, nella maggior parte de' casi, 
di un o secondario: surviél (pi. survdj surviéle) cervello e 
^dosso della mano', dulfé'n (cfr. mugg., friul. dulfìn, ven. dolfin), 
rtwiérso (cfr. mugg. ruviérsoy friul. roviérs ruviérs), pustiél nm. 
9, zuzó^'-n nm. 18, in zunucón ginocchioni; duvi, dumandd; 
élundróna (cfr. ven. slandrona, it. landra slandra), e pare 
deriv. dal ndd. slendern kort. n. 7552. 

30. Comunissima Taf ere si, e sono esempj di ragione 
ben diffusa: kulmné'a, dttkd, dukasión, sel^nsa, sikusión 
esecuzione, skana^gnsia (cfr. ven., rmgn. scandassenza) escan- 
descenza, spuzisióiì; tarnità, ridila, rizé'a\ minante, maruóide 
maruiéle\ zamindse, stravalkdse^ se è da *extravacuare, 
come pensò già il flechia {Arch. Ili 149 sgg.; v. però ora 
PARODI, Rom, XXVII 201); stando nm. io, vajé', -da nm. 11; 
arsé^sio esercizio; ràdago, -ón (v. muss., Beitr. 92), ziérsito (cfr. 
cai. siercitu), limuzana, se è da eleemosyna o non piuttosto 
*almosina, péHima (cfr. friul. pitime) eplthema (v. canello, 
Arch. Ili 392); Dudrdo, Ruódi Erode, MéH^a Mé'la; skuné^da 
*excondita sfatta, consumata (v. Marchesini, St. d. f, r. II 9). 

31. Rara Tettlissi: só^ro (cfr. ven. suro, e salvioni, 
Arch. XIV 216); supriur, litra, dalé'bro, sul/rato, zafrdn; 
ló^gro acc. ad ó^gro lucherino; nris (cfr. mugg. oréis, friuL 
orési, ven. orése) orefice, fuórfe nm. ló, ggnbro, kuggnbro 
nm. 14; kuscón (cfr. friul., ven. custión e nm. 13); — ló^ndi, 
mdrdi sono veneziani — , come è pur di ragion veneta 
rumaté'zmo (cfr. ven. romatismo). 

32. Frequentissima F apocope, specie dopo liquida e 
dentale, colla costante pronuncia gutturale del -n all'uscita 



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I. Appunti fonetici: Vocali atone. 19 

(v. ASCOLI, Arch, I 438): pan, kan, san, dunfàiì; fan, liddn 
letame, ligdn, non (cfr. friul. noni non e nm. 13); paróh, parzón, 
sapóh zappa; kal calìe, snsdl, se è da *soci(d)ale famiglio, ^^^''7 ; 
banpùr, sliir; krus nm. 15, ló^s nm. 18, paté nm. 8; dé's, pai 
nm. I. 

I. 

33. Intatta o ripristinata la vocale primitiva: ligd, che 
è esempio ben diffuso e per sé poco concludente, figd (cfr. 
MEYER-LÙBKE, //. Grm, 91; KÒRT. n. 3223^ pur di estesa ragione; 
hivó^'y hivaré'n, vigd vegliare, viló"do, viduvdnsa, pilvaréhì 
peverino, simuléHii (cfr. ven. semolin) cruschello; insiiid, 
infirmila '^ sikdse, linsgl; sisindìl acc. a sasandil cicindela 
(v. Muss., Beitr, 124; caix, 5"/. n. 275; Marchesini, /. e. 8; kòrt. 
n. 1872). 

34. Mutato in e, specie nei proparossitoni, sebbene si 
oscilli, nel nostro dial., tra e ed a: defer^ns(i)a, desipd dissi- 
pare; defiéto acc. a dafiétOy dafatàs, deriégi; defé'sile, desfd acc. 
a dasfd\ deznhediéns(i)a, desktwrdid; prtwed^ns(i)a, ecc.; dnema 
acc. ad dnania (cfr. a. ven. aneme),lugdnega acc. a lugdnaga, 
dum^nega acc. a dum^naga, Idgrema acc. a Idgrama, tiìrdazo, 
'dezo, grdvada, -eda, rdnsado, -edo (v. schuchardt, Conior. ciL 

p. 22-23 ^ ^^* 121). 

35. Frequentissimo il passaggio in a, né ciò pare strano, 
data la tendenza propria del rov.: hazdse bisaccia, baskgio 
biscotto, tamiìr timore, sanpaté'a; niazand macinare; daskùri, 
daddl (cfr. dial. a sett. d. Lag. Magg. dadd-n) ditale; vadiél, 
maniéstra (cfr. a. pad., rover. manestra), master, san^uso 
nm. 15; tarlé's *trilicio, trabóHo (cfr. a, ven., mil. tràbuto 
e ASCOLI, Arcìu III 253); anamdl', kdlago sonaglio, se é metat. 
di ^cagalo (che sta in relazione con *cloca *cocula 
coc(h)lea), ed allora andrebbe altrove; kdrago carico, ciraga 
chierica^ Maga sorta di rete con manico, pìértaga, piérsaga, 
palidaga parte posteriore del carro forcuta, se da *palética(?); 
puràzana btirdiana burdzo (cfr. mugg. btirdzena, piveron. 
bar aio) b or(r) a g(g) in e; mardntaga (cfr. ven. mardntega, 
friul. mardntule) befana; zivade (cfr. a. ven. zeveda) intestino 
retto; mdnaga (v. sal vigni, Arcìu IX 207), g^ndana; spaiamo, 
bdlago nm. i ; ia-ld gite là. 



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20 Dialetto di Rovigno. 

36. Di rado mutato in u: dnstiérna zustiérna cisterna, 
suvìta (cfr. ven. zìieta, friul. guité) civetta, stivia (cfr. friul. 
stiéje fondo della macina) cavicchio del timone^ sukuória 
cicoria, ptihón nm. 41; sé'mule getti di cavoli, rimesticci, 
se da *cymula (cfr. it. cintolo)', sinsiimila farfalla, specie se 
volante, e pare voce onomatopeica (cfr. lat. delle Glosse 
*zinzala e landgraf. Ardi, f, l, L, u. Gr. IX 425; kòrt. 
n, 8943). A questi s'aggiungano gVi della flessione ver- 
bale che s' hanno in vultti, ktiriti, vedartti\ midigàsti, ingandsti, 
intarddsti, vederdsti, per cui vanno ricordate le forme d'a. 
ven. crediti, vediti (cfr. meyer-lubke, //. Grm, 22^), 

37. Poco frequente Taferesi, e non han nulla di speci- 
ficamente rov.: lumina, luminasión, namurdse, nurdnto (cfr. 
mil. iìorantisid), strusión, tire' si a itterizia; liso *iliceo, talidn; 
lustréKsimo, sùlso insulso nm. 15; Ndnsio (cfr. friuL Gndzio, 
sic. Nazi), Ntis^nto Innocente, ecc. 

38. Rara parimenti Tettlissi: diznd (cfr. ven., a. 
lomb. disnar, a. gen. disnd e sal vigni, Arch, XII 401), raskd 
raschiare; grinta s. d'erba, grinta ceffo, collera, dall' aat 
grimmida (v. ascoli, Arch. II 448 n VII 578); andraviéni 
andirivieni, mankulé'n aratro, se è da *manicolino o non 
piuttosto *vangolino (cfr. friul. vangnlin temperatoja del 
molino) ; manzìvtda tavoletta, quasi a due mani, dove s' avvolge 
la lenza, se da *maneggevole(?) sé'zma fissazione; angusa 
angustia, affanno, in^ó"stra nm. 61; reka-matiérna requiem 
eternam; Éstra, Kapudé'stra] dktda, rdknla se risale a 
""rékuila réliqua avanzo, piccola parte di q. e, oppur non 
pare voce onomatopeica*); likuré^sia liquiritia yXvxv^Qtt,a\ 
sa *thia zia, adoperato qual prenome. — Inserito forse inor- 
ganicamente in UHrio litro. 

o. 

39. Iniziale, o per influenza della consonante vicina, od 
in séguito a livellamento fonetico, mutato in u\ udid, ulé*a, 



1) Cfr. però friul. rdcule, ven. rdcola raganella e 'filastrocca' (schuchardt, 
SlawO'deutsch, und Slawo-italien. p. 78). In Istria, avrebbe un significato differente 
alquanto da quello che la voce ha nella Venezia. 



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I. Appunti fonetici: Vocali atone. 21 

tistaré^a (cfr. mugg. ttstarta), (r)nimaréHi (cfr. mugg. tismarin), 
urasión, utdnta, ecc.; ttwdja, -gì, prtivd, itigà, dazbudà *(dis)- 
vuotare (cfr. grad. desbodd, friul. disvueda e parodi, Rom. 
XXVII 2^S)y tartmzd *tarondi-(c)are*rotondicare (cfr. friul. 
staronzà) tagliar attorno attorno; ktmd, ruiìón, nundse nomi- 
narsi, kunusdnsa, mulim§nto mtmum§nto, mtmestdsio, se è da 
*molestati(c)o (cfr, mugg. molestds, friul, molestdzz) cassa 
delle macine; fuguliér, 'ptirtundria, ktigtlja acc. a kaguja 
*coculea chiocciola (v. sohuchardt, Zeiischr. f. r. Ph. XXII 
398); kuktidd\ kukuld, htilii^é^ni ni. brosektn (v. diez, Et, 
Wrtb. I' 77) borzacchini, dazvultùr arcolajo, dragunsdi dra- 
goncelli (s. di erbe mangerecce); bulunìsy hutundda, ktmv^nto, 
tunhuldse, ialumiéra giallognola, turlón (v. schuchardt, Zeitschr, 
f. r. Ph. XXII 262) enfiagione della pelle; mticdca (cfr. 
sp. muchacho e baist, Zeitschr. f. r. Ph, VI 118), ^a(v)ttlé% 
avukdto; dumité^nw^ Muntizdi ni. *monticelli, Ttimdzti\ 
mdmulo, -a ragazzo, -a (cfr. friul. mdfnule, mugg. mamula, it. 
mammola, gr. od. ^a^ovXò, -C^gj mastico senza denti, e joppi, 
Arch. IV 337), se è assimil. di famulo, -a(?), o non voce 
infantile (v. g. meyer, Contar, cit, p. 48) ; knómtida, ggndtila gondola, 
brgnbulaj se è da *pruniola con immistione di 'brombeere' 
(cfr. friul. brónbule e gartner, Rtr. Grm, 29), zgurgula (cfr. 
forse sp. gargola) sorta di giuoco; frdgula, pigula, cdhila, 
mìskula, grìpula gromma, bùsala, siésula (cfr. ven., tarent. 
sàssola, friul. siéssule) gotazza, skdttUa^ mdrmuri (cfr. friul. 
mdrmtd)y tgnpnre (f. pi.), zbré'ndtdi (cfr. ven. sbr indoli) brandelli, 
nirtiile *mirtulo; Ànzula, Gdkumo òdkamo, Ndpuli; e nelle 
forme gerundive: veddndula, butdndula, tratdnduse, ecc. — 
Finale, e nei composti, passa pure assai di frequente in u: 
bùsUy musiti, IdkUf tanta, ktcantii, Inc/n, lustisu\ §hUti, mi non; 
gtivdrda nm. 6 1 ; arkunbié arkunbé ; Kanpulgngo ni., Ldku brizéHt 
ni., Ldkti nùvo ni., Làkti sirco ni., Ldku dardn ni.; e nella 
proclisi: duna-m^dre (cfr. lad. dunna e meyer-lùbke, Rm, Grm, 
I 507), buna-sira, bun-dé^, vtd-dé*, ptd-dd può darsi. 

40, Raro il passagio in /, attraverso ad e: liruójo leruójo 
orologio, dehtrdta, prisisión acc. a pursisión (cfr. mugg. 
prusisión), kumiddse-^ inióHt; (in) prafgndi, fgndi, San Prùti ni., 
muscidi inzaccherato^ bagnato, se è da mùcido o non piuttosto 
*musteo+mustido (cfr. friul. móscid e schuchardt, Contor. 



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22 Dialetto di Rovigno. 

cit, p. 46). Qui pure V i delle prime persone plurali degfl' im- 
perfetti: ^iriémi acc. a ^iriéndi, stiémi acc. a stiéndi, ziéndi; 
fusiénsi, dove s* avrà forse a fare con un / pronom., come s' ha 
un tal / probabilmente in vuoi, pttói (cfr. friuL pòdi e nm. 163). 

41. Non infrequente Taferesi: masé^diOj masadiàl (cfr. 
mil. mezidi) omicidio, micidiale, rica, ricévi, punón nm. 36; 
tumé'a notomia, skà^ro (cfr. mugg. skur, vegl. sciar, a, ven. 
scuro j ecc.) oscuro, imposta; buóro (cfr. friul., ven. boro, mil. 
bor), se riviene ad obolo (v. salvioni, Fon. mil. 133 279); kùro 
occorre, dur odore. 

42. Finale, dileguato in analogia al nm. 32: san, luntdn, 
mauy Dinàn, Pirdn; arén s. di frutice; gn uomo; mó"r, ur 
orlo nm. 1 5 ; pai, kó^'U néH nm. 1 1 ; naz, bó"s, rafó"^, murtìs, 
inglurins glorioso, raspùs, ecc. Ed hanno appena bisogno di 
venir qui ricordati i ven. Tuòni, Zuòrzi, 

u. 

43. Costantemente intatto: nrtc'ga, nnbré'zi *ombreggi 
(cfr. ven. ombrizar) viticci, urinai, kuné^o kunéH (v. Ascoli, 
Arch. XIII 433 n), luvéHi lupino, ruvindso; RuvéHìo *rubinio 
o *ruvinio(?) (cfr. friul. rudine, it. rovina); raguntd 
rugumare (v. mbybr-lùbke, Rm. Grm, I 306), ^uvd; mujér, 
puldstro, fulé'si f uligine sorta di àfidi delle biade, sttinbiél, 
che rispecchierà forse uno *stumello per stimulo (cfr. friul. 
stòmbli e meyer-lùbke, Rnt, Grm, I 53; muss., Beitr, 58 n; 
SALVIONI, ArcJt, XII 435); pusdl puteale fondo del pozzo 
(v. KòRT. n. 6489); skudiéla, zbuzind (v. muss., Beitr. 98; parodi, 
Roin. XXVII 229); parturé\ marturiélo, foggiato sul germ. 
martu- (v. kòrt. n. 5145); mustdco, tuniéra tonnara; bukula 
buccula, mdkula, mé'ngula (cfr. friul. mingulé) mica, rùdula 
rotula ruota, rgndula nm* 24, dzula ansula (v. muss., Beitr. 
31; KÒRT. n. ^()i); fréHula (cfr. mugg.frìtula e muss., Beitr. 60), 
spddula, vtdu(v)a, fiabula, kuguma, kgnkula (v. flechia, Arch. 
II 335) sorta di conchiglia bivalve, spiékula; siékulo, grgstulo 
crustulo; skrò^puli, bruskdnduli (cfr. mugg., friul. bruskdndul) 
ruscus aculeatus. 

44. Di rado mutato in a, attraverso ad e: bajùlko (cfr. pad. 
biolco) bifolco, anbulé^go ombelico, bulé'zi (cfr. ven. ambulize) 



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I Appunti fonetici: Dittonghi; Consonanti continue. 23 

operculo, turbo rugosus; tagtir *tegurium tugurium (v. 
LANDGRAP, Avch, f, L L. u, Gt. IX 436), ptamóu (cfr. mugg. 
palmÓHy pir. palmóm) polmone; tambaràj se risale a 'tamburo', 
battere sulle barche per la pesca; ngnbalo (cfr. firiul. ómbul, 
piac. nombal) lombo, ^ùlfare sùlf(a)ro nm. 15. 

45. Sporadicamente cangiato in e, i: Unguento acc. ad 
unguento (v. salvioni, Arch, XII 408), muliménto nm. 39, ni 
altri] remùr acc. a rumiir, kustrisión acc. a kustrusión, kunfizión 
acc. a kunfuzión; puópelo pnópilo acc. a pttópulo nm. 16, 
teré'bulo acc. a taré'bulo. 

E parrà epitetico in badéHu, kanpané'lu, néHn, ed in 
molti altri sost. ed agg. desinenti in -e% -/V/, ecc. (v.nm. 11 150). 



DITTONGHI. 

46. AU. Sottaciuto il primo elemento del dittongo ìnuiurità, 
utó^h dtitó^n autunno nm. 18; timaré'a *aumaria ave Maria; 
pusà, repusd riposare. — 47. Consonantizzato il secondo 
elemento: vtddó^ (v. meyer-lùbke, //. Grm. 75) udito, pahnpito 
*p aumento pavimento (cfr. it. palmento e kòrt. n. 5965). 
— 48. Tolto il dittongo collo sviluppo di un t;: avuld nm. 
19; Pavulóna (cfr. Favaio del nm. 19); ed appajon voci 
letterarie: lauddse vantarsi, laudéHt millantatore, laudata (per 
lo più, usato in unione a Gizu Kré^sto), klaiizó''r(i)a; gattdiùzi 
(detto dei misteri)-, — agnrid risalirà ad un lat. *agurare 
(cfr. lat. agur e salvioni, Arch. XII 390, Post it, 4). — 49. 
EU. Tace V e in (sanf) Ufiémia (cfr. piac. Vfémia), ukaristé% 
rumaté'zmo nm. 31. — 60. Dileguato totalmente in Piemia, 
Pimijta, 

CONSONANTI CONTINUE. 

J- 

51. Iniziale, o resosi tale, dà, in genere, le risolu- 
zioni it. o ven. I. i(g): ^anaré'za ^ané'za quasi *genn ereggia 
fa da gennajo, ^urd acc. a zurd^ ^akita, ^usté'sia, ^tidé'sio; 
^ó'^dase; Gtwbe, Gizó^ Gizu, òuvakéHi; óiruólamo, Gdkamo- 
kumo, ecc.; II. prevalentemente z^ d'accordo col ven. e lad.: 



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24 Dialetto di Rovigno. 

zggo ziógo (cfr. ven. zogo-lo^ friuL zóuv) jugo, zó^no, zaniér nm. 4, 
zuóbia nm. 16^ zuzó^n nm. 18, zttnd (cfr. friul. zunà, ven. ztinar e 
Muss., Beitr. 121-22); ;éac/ *jàcere; ztwano, zantv(a)ro nm. 8. 
i/y«/a *jujuba; Ztidne i^an^ Zó^sto acc. a, gó^^to. Ed anche^, 
d'accordo col ven., Inztépo; Jó^re Giorgio, però anche òó^rCy 
che è dello si., e dinota 'uomo sciocco'. 

5JJ. Mediano, appar intatto in pochissimi casi, in armonia 
coi dialetti affini: majùr, mijuré*n maggiorenne, pijùr (cfr. 
friuL pejór), bujól (cfr. triest. bujól, friuL, dial. d'Arb. bujón, 
it. bugliolo), seppure non s' ha a fare qui con un derivato dal 
cimr. bon (gael. bun) e con immistione di bullio (v. caix, St.n. 
235; sALViONi, Dial, d'Arb. 52; qvabnerio, Arch. XIV 396; kòrt. 
n. 1277). Singolare ^iéto da *jecto, dove è forse probabile 
che, a conservare la pronunzia gutturale non sia stato alieno 
r influsso del ven. tragheto (cfr. grad. ghèta getta, piem. traghet 
e GARTNER, Zeitschv. f. r. Ph. XVI 321 n; ascoli, Arch. XIV 332). 

J complicato. 53. LJ(LLJ): djo allio, frdja (v. ascoli, 
Arch, I 458), ndja *natalia (cfr. ftiul. nde ndje e salvioni, 
Post, it, 15) nascita, zé'jo nm. 11, mó^jo; tajér (cfr. friuL 
tajéir), sajadùr nm. 15. S'ha pur j da — L + I ( — LL + I) di 
pi., e da - LI +1 di pi.: survdj , fiuój -^ però kut, kaui capelli. 
Per le risoluzioni àìfamia, kunsìo, stimioj ecc. v. nm. 12. Del 
rimanente, i riflessi ven.: téH^o, urnéH^a, sutéH^a, butéHga, 
Sisé'lga acc. a Sisé'ìa e cicéHa s. d'uva; kunsilgéHi acc. a 
kunsilg^r consigliere. — 54. RJ. v. nm. 4 5 1 5. Il riflesso ladino- 
veneto in aviérzi, kuviérziy ecc. Isolati: majdn sciocco e 
ni., da Mariano (v. ascoli, Arch, I 510), majgl magliuolo, da 
*mariolo(?), mariuólo camiciotto da lavoro de' contadini 
(v. RUDow, Zeitschr, f, r. Ph, XVIII 104). Qui pure burid 
brontolare, tuonare, burión tuono, se piuttosto non s'ha 
a fare con un derivato da *boria borea (con cui forse può 
confrontarsi it. buriana tempesta di vento, nebbia, pad. borana 
nebbione, sard. log. boriana vento impetuoso^). — 55. VJ. Per 



1) Cfr. DiEz, Et. Wrib, 113 14^ s. •brina'; caix, SU n. 237. Il qual ultimo 
mette a confronto anche il rum. abur 'vapore', e boarà, bora, burà *vapore, 
brina' (o burà de ploaie *una leggiera pioggia'); cat. boira 'nebbia*, friul. buérCy 
sard. abbuerà e borea, nap. boria: tutti da *vaporea? Forse che alla 
formazione del nostro riflesso non sarà stato alieno 1' elemento onomatop., che già 
offriva il tema bor, tanto diffuso nei parlari, specie dell' Italia superiore (cfr. com., 



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I. Appunti fonetici : Consonanti continue. 25 

zuóbia acc. a zuóiba, fuóhia acc. a fuóiba, Karuóbia acc. a 
Karuóiba v. nm. i6; per ^/^'^a v. nm. 3, libglv. nm. 21. Sta da 
sé laviól s. di pila, seppure non s'ha a far qui con un *labello 
o non forse con ^alveolo e con concrescimento dell'art, (cfr, 
ven., pad. lavelOy friul., rmgn. lavéll e salvioni, Dial. d' Arb. 
28); sàvia salvia. Rinsaldato in b: da£ló^bio dizló'^bio diluvio^ diz- 
lubidse diluviare (cfr. ven. deslubiar)\ in p'.fidpo * flavi (d)o coi 
derivsiti JiapitOy Jtapón,Jìapulé% infiapé'se, forse non senza in- 
fluenza del germ. ^schlapp' (v. ascoli, Arch. I 514 n). Dileguato 
il V in pujdna, se riviene a *pluviana sorta di falco, che esce 
quasi colla pioggia (cfr. piem. piovana n, di uccello, ecc. e 
NiGRA, Arch, III 26 n). Qui pure il ben diffuso liz^r (cfr. mugg. 
lizéiYy friul. lizéYy a. pad. lezier e nm. 4). — 56. SJ. I riflessi 
veneti: bàio, sargia, céza acc. a ^ézia nm. 7 67, kamé'za^ kamizulé'n 
giubbettino; trafttiézo tra,mezzo^ parèlio agguagliamento, pareg- 
gio, gré*zo grigio, kó"zo *cusio*cosio (v. ascoli, Arch, I 141 n; 
LANDGRAF, Arch, f, l, L, u, Gr, IX 420); zbrazà sbraciare, ràza 
*rasia, ruzàda-, fazgl, parzón -prigione; -però anche Gre' zia ni., 
Biàzio npr.; buziàro btiziér buziàrdo (cfr. ven. bosiaro e 
KòRT. n. 109 1). Isolato sur acc. a ^iùr (v. nm. 15) signore. — 
57. NJ. Lo nz, esempio, del resto, d'antica e ben estesa 
ragione (cfr. ascoli, Arch. I 510), in spiénza milza del bue. 



bresc, berg. horeld, berg. borici hirld, mil. borici giò, a. it. barullare [*bis 
+ rullare, bis4- rotulare] rotolare, a. vie. burlare muggire, ven. borondolar 
arrotolare, piem. bore borea, it. bure bore sorta di ballo antico sollevato, simile alla 
corrente, prov. broundi-tù broundido, beam. bronii. H lorck (Altberg, Sprach- 
denkm. 201), ammette, sia pure *als bescheidene Vermuthung', che il 
capostipite di tutta la gran famiglia sia da ricercarsi in un mat. bor „oberer 
Raum, hoch aufgerichtct, hervorragend" ; qui, adunque, „rundlicli erhaben*'. 
n KLUGE, ricordato di\\ i-orck stesso, a proposito di 'empor* osserva a p. 89 del 
suo Et. Wrtb. (5* ed.) : „ Verwandt mit ahd. burian, mhd. biirn *erheben' und zu 
empòren." — Probabilmente dalla semplice fantasia del nostro popolo è stato 
paragonato il rumore del tuono a quello che produce una palla (ne' dial. 
dell' Alta Italia boréla buréla burélCy engad. boria) arrotolantesi. Una bella 
perifrasi metaforica, infantile, se si vuole, usa il rov., quando, per *tuonare', dice 
anche: i dniuli zQga li buriéle. Noto infine, che il com., mil. hanno i»«^a per 
dinotare il *sordo e profondo rumore, il brontolar quasi dei temporali' (cfr. pir. 
brontola^ poi. bronboldr, fas. bronbuld, lad. brumbldr), il ven. ha ruzar, 
1' aret. baturlare rubbolare, per esprimere sia il rumoreggiare del mare, che il 
rugghiare de' tuoni. V. schuchardt, Zeitschr. f. r. Ph, XV 121; guarnerio, Arch. 

XIV 390-91. 



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26 Dialetto di Rovigno. 

Del rimanente, riflesso comunemente per iì: ndnka nm. 23, 
argano ordigno, attrezzo da poco, vargdno aratro i), kalkdno, 
kapetdno; karuóna (y. ascoli^ ArcJu'KI 419-421); Barzaluóna npr.; 
tiéno, skré^no, vé'na, Una nm. 12; tnsióHia testuggine; e non han 
nulla di particolare: nuóko, nó''ka (cfr. ven. gnuca) *nùca, nuòve 
nm. 16; bariìé^nfo zbariìé'nfo (cfr. triest, ven. bargnifo bergnifo, 
trent. bergnif, ecc.) uomo scaltro, da riconnettersi forse con il lad. 
lìffia bocca (cfr. grig. Vef labbro, valses. barléjìn, it sberlèffe 
e ASCOLI; Ardi. I 259; salvioni, Dial. d^ Arb. 27 55); iìdkara 
(cfr. ven. gndcara, friul. gndcare) nakera kòrt. n. 5532 ; ndfìara 
(cfr. ven. gndgnara^ friul. gndgnare) febbriciattola, ndiìay voce 
fanciullesca per 'zia', da *ami(d)a (cfr. Ascoli^ Arch, I 511), 
che appartiene veramente al nm. seg.; rund, se è da *grun- 
niare per grunnire (cfr. lad. grognar, ven. rngnar, it. 
grngnare e ascoli, Arcìu I 526). — 68. M^MNJ. Si riducon a «: 
iiìanuldj se risulta da ^miagolare mugolare, piagnucolare; e 
qui fors' anco ntiórita -p'mgnone (v. caix, St, n. 647 e App. less.). 
Del resto: ddno, stdfio, skdno, vaddno, ecc.; uni, inió^n nm. 
40; insuiìo acc. a sùiìo nm. 15, suòno *sum+eo. Isolati: 



1) Oltre elle a Rovigno, Pirano, Veglia, ricorre il riflesso, nel significato 
di *aratro', a Valle (vergano)^ Dignano (vergénj, Fasana, Pola fvergdfioj, Galle- 
sano (vergai). Cfr., per V esito dei nostri dialetti, capod. argdgnOj ven., pad. argàgno 
sorta d' istnimento, friul., rover., trent., berg., com., mil. argdgn ordigno, in 
genere, bresc. argdgn impiccio, giud. argdny arnese da poco, Val di Sol ar- 
gdny sferravecchie, Cles, Revò argdny a. trent. argdign ordigno, com. argdgn 
mobile di poco valore, com. argagnd stiracchiare, cai. argagnu vaso di creta, 
cosent. urgagnu utensile, sa.Td, argadare gramolare, maciullare; riflettenti quasi tutti 
un *orgàneu (da organum), non senza immistione di arganum i&Qyavov). 
Per l'evoluzione fonetica dei quali riflessi, oltre il vegl. orgdin (con / attratto) 
ed il friul. (v)udrzine, il qual ultimo, del resto, del pari che il mugg. versóur^ 
potrebbe rispecchiare un derivato da vertere,versorium (per cui cfr. ven. versar e 
Muss., Beitr, 120), va pur confrontato prtg. orgào acc. ad argào sifone, frc. organeau 
acc. ad arganeau ; ciò che, del resto, ebbe già a notare il Maestro {Zeitschr. f. r. Ph. 
XV 91 n); il quale osserva a proposito: „Dem alten h^yàrr^g, lat. ergàta^ neugr. 
SQyaTTjgf aQyàtrjg^ neap. argdta, „Winde", „SpiU" glich sich Ò^yavovy lat. 
organum^ das schon friih dieselbe Bedeutung angenommen haben muss, auch 
lautlich an." Veggasi anche: diez, Et, Wrtb. I^ 30; schneller, Rm. Volksm. 
p. 108; GROBER, Arch, f. l. Z. n. Gr. I 242; kurt. n. 721, Nachtrg. n. 721. Fu 
probabilmente alla stessa fonte che gli Slavi del Litorale attinsero, pel loro 
vrganj vrgànj\ nonché pel dim. vrgnjìc (Cfr. strekelj, Arch. /, slav. PhiL del- 
l' jagió, voi. 14, p. 552). 



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I. Appunti fonetici: Consonanti continue. 27 

vandìme, vandamà acc. a mandamày basc^ma bestemmia. — 
59. CJ,TJ. I riflessi corrispondenti ai ven: vindse, fdsa acc a 
fdsia, ^d^o, btitd^o *bottaccio botticello; manasd nm. 23, 
sHsd attizzare, ecc.; mar sdii malsdii coltello da tagliar 
marze, caransdna (cfr. abruzz. chiarènzé) chiarella; piésa, niésa 
nm. 9; drise, ré^so, karisa; gavuso nm. 15; kunsd, ecc.; però 
anche: paldsio; stdnsia casa di campagna, btmddnsia, kuns^nsia, 
pas^nsiu'^ e, d'accordo pur col ven., sarvé^zio^ ingur débita 
ingordigia, nité^zia (cfr. friul. netisie, ven. netisia), spurké*zia 
sporchizia. Egualmente: brnzd, brnzadó'^ra; buldzi gorghi, 
bollicine d'aria, prodotte specie da chi sta per annegare; 
razón nm. 21, ecc. Isolati: cu nm. 15 180; Mnncarlgngo ni., se 
riflette un *monticel+lungo; infulticd(se) acc. ad inviilticd 
*involtitiare per *involuculare ravvolgersi. — 60. S^ha 
anche e da TJ del nesso STJ: biésca acc. a bt òstia, kriscdn, 
bascim§nto acc. di bastimento] bascamd *bes ti emare (v. parodi, 
Misceli, nuzz, Rossi-Teiss p. 340-341), hisciind] uósca ostisi, ^cgra 
acc. a stióra storea, e qui pure: scnpón (cfr. mugg. sklupón) 
garofano aprentesi, scnpd *stljopare scoppiare puscima; 
Bascdn. — 61. DJ. Il riflesso ven. in ca^o *djàcon (v. muss., Beitr, 
121; LORCK, /. e, 211-212), znrndda, zn (cfr. ven. zo) giù; vìrza\ 
pnzdse *podjare(cfr. friul, pojd e ascoli, Arch. I 511); tarnnzd 
nm. 39, tramazd tarmaid, tarm^ùza *tri(tres)-modia (cfr. 
friul. tremóze^ ven. tremoza) tramoggia; Có"za Claudia. Forse 
entra qui pure sc^nza scheggiuola, che riviene a schidia 
6xidiov (v. MUSS., Beitr. 55 n; salvioni, Zeitschr, f. r, Ph. XXII 
476). Qui, del pari; la risoluzione per j: kdj, rekdj *recàdjere 
da cadere (v. nm. i); lirò^jo *crudjo cruccio; per zùja v. 
nm. 15, per nnhtj v. nm. 21 22. — Del rimanente, ^, ^: ^ìze 
nm. IO, éijta dieta; patito dialetto, gamdntu, ^adiéma sorta 
di acconciatura del capo; in^armd ingarmantd (cfr. ven. 
ingiarm^ar^ bresc. engermd fatare, cors. ingarmatu fatato, in^er- 
m>attira incanto, it. ingiarmare), se risalgono tutti ad 
*incarminare (v. caix, St n. 364; guarnerio, Arch, XIV 397; 
KORT. n. 1668); ié^n^o dindio; remié^o, kumiég'a; ^twdrda Dio 
guardi, ^uvariéri nm. 4; uó^o odio, histtió^a acc. a kustuódio; 
ng^nsa acc. ad udiénsa; stó^'^a acc. a stó^dia studia, affrettati. 
J parass. e metat. in in^ó^stra nm. 38 (v. ascoli, Arch. I 513), 
§dnge àmita (cfr. vald. od. dando). — 63. PJ, BJ, FJ. Intatto il 



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28 Dialetto di Rovigno. 

nesso: ró^pia specie di rapa, che pare dall' aat. ruoppa, o 
è forse da *rup'la nm. 69, rupión, rupióto, epit. di chi è mal 
formato; apio, siépia nm. 3; sapiénto, sdpio *sapi(d)o; ràbia, 
ró^bio *rubio robbio, maró^bio sorta di pianta (marrubium 
vulgare), e mare agitato quasi da ^mare-i-rubio rubido; 
dùobia nm. 16, iébio nm. 3. Forse qui anche: ////p/a *follare 
+ colpo (cfr. pir. pulpià friul. folpea, berg., folepà, rover. 
folipar) calpestare, bitilàj derivato da bé^o^ ed allora riflette- 
rebbe un *bico, afer. di bombycum (cfr. sili. beja. bejul), e 
s'usa pel 'saltellare de' buoi, molestati dall'assillo'; rtifiàii, 
rafiuól ravioli; ratafià sorta di bibita, che è del frc. 

Non avrei, per esempj di prostesi di j, che jìrta 
*er(c)ta erecta erta, stipite. In jésiro, jéstazi, jétare etere, 
s'avrà a fare piuttosto con elemento dittongale. 



L. 

63. Ben saldo, in genere, in qualunque posizione si 
trovi a stare: ladro, paluóso^ anbttlé'go nm. 44, ecc.; e poco 
per sé dicon le dissimilazioni che s' hanno in kartiél, skarpiél, 
sfra^^lu fragellu (v. schuchardt, Vok. I 138) grande quantità 
di cose; barkón balcone, inkrindse ìncììnaxshpurciniéla,ridlleale 
nm. 28, karamdl; riéprika, pró'^btko, rapró^bika\ sptirid spara, 
se è da spoliare levare le foglie, gl'insetti alle piante; 
spr^ndito, uóbrigo acc. a uóbligo, ó^rtimo acc. a óHtatno, Egual- 
mente nel nesso fi (v. nm. 69): frànto^ frakd * fiaccare (v. 
Muss., Beitr, 59); afréHo (usato, però, solo in unione a. tribtddio) 
afflitto; Angriz; sfràca nm. io, sfracón dilapidatore, sfrgnda 
funda, seppur non s'ha a far qui con un r epentetico (v. 
SAL VIGNI, Misceli, ciL p. 412); Barzabó", Marmò Melchiore. 

64. Saranno effetti di dissimilazione quelli che presen- 
tano: gruólia acc. a glnória nm. 16, liruójo nm. 40, liri^ón, 
ninsiól acc. a linsgl nm. 33, ramandiél (cfr, friul. rimandéll 
rimondéll) grimaldello, pgnso (cfr. a. pad. ponsò e ascoli, Arch. 
I 398 n; MUSS., Beitr. 90); ^ansaméHì ^anstimé^n jàsemìn gel- 
somino, munestdsio nm. 39; ngnbalo, sansariéle (cfr. mil. san- 
sarà) e App. less.); nundtiko acc. a lunatico, Appajon isolati 
e quasi continuatori di L + voc: dinté^ne lentine (cfr. prtg. 



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I. Appunti fonetici: Consonanti continue. 29 

dintel limitello), da^é^ri delirj; ^§ndana, ^andan§ra, ^andanus 
(cfr. ven. géndena^ friul. glendón, rover. géndemY) lendine. 

66. Dileguo a formola iniziale: tigddaga acc. a lu^ddaga 
uva lugliatica. Mediano, o resosi finale: bó"zara *bulgaro 
(v. Muss., Beitr. ^g);^dvo acc. a ^avttléhì, garùfo acc. a garufalo-^ 
Kristùfo acc. a Kristtwfalo, che è esempio di / secondario; 
e forse anche nei nomi locali: Varava *val-frapa(?), dove 
potrà essere assimilato, Variéla *val+rela, Varatdrdi Bara- 
tdrdi *val-fritardo2), Varttzd *val+rosiata(?). 

66. Concresciuto / dell' articolo: Idso asse, Idnta antae 
(V. MEYER-LùBKE, Zettschr. f. d. óst. Gymn, voi. 42, p. 766), libgl 
nm. 21, Uhuliélu madietta; lintrnólitro, lingtióstro, Unguento 
nm. 45, ló^dro nm. 18; lagrami nm. 12; Ignda onda nm. 14, 
lunbré'a nm. 11, lunhriéla ombrello, hmbrdse ombrarsi. Inserito 
inorganicamente in astóHto astuto, sfilsa fessura nm. 85; 
pilvare nm. 8. Ed il procedimento inverso in tané'e 
(cfr. lucch. tante, boi. tanì) letame, ttimé'a (v. nm. 41, 
e ASCOLI, Arch. I 530), ttzmaréh't nm. 39; dpi acc. a Idpisi 
lapis. 

67, CL, TL. I riflessi ven., e non han nulla di specifico: 
camdy ctióka *clauca*clàvica pozza d' olio (cfr. parodi, Misceli, 
cit, p. 346); spiéco, padùco, ecc.; Mtic^le ni.; però anche skldmo 
acc. a skrdmo grido, rumore; Mdpa (cfr. friul. cldpe^ prov. aclap, 
a. frc. clapier e kòrt. n. 4543); — Klem^nte acc. a Kr amante Kre- 
m§nte (nm. 13), klanzó^(i)a (nm. 48) son letterarj —; sica *sit'la 
secchia. Singolare cakùs incagns in^akns, che deve risalire a 
metat. di *coag'loso (cfr. sard. sett. log.^a^a gagare e d' Ovidio, 
Arch. XIII 443). Ma pur y (v. nm. 52) : tandja, mdjay sardja, se da 
*s era e 'la roveto, chiusa di rovi; col quale manderei grdja, 
che pare, a primo aspetto, rivenga a agrafia, deriv. dacratis 
(cfr. dial. d'Arb. grda), seppur non è dello sl.^ e dinota 



^) È esemplare assai diffuso; cfr. giud. glandàny, ferr., mir. géndna, mod. 
^idndely rmgn. géndan, regg. gidndla^ boi. jdnden-dna, jéndna e muss., Beitr. 63 ; 
ASCOLI, Arch, I 515 n IV 398-99; meyer-lùbke, Rm, Grm. I 147; kOrt. 
n. 4751). 

2) Cfr. un ni. della Valle del Serchio Valitarda, in Supplem. period, 
all' Arch. Gioii,, disp. V, p. 135, dove annota il Pieri: „tardu per tardivo, che 
tarda a maturare o a fiorire." 



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30 Dialetto di Rovigno. 

* cinta di siepi spinose', cespuglio, macchia, in genere ^) ; ^ww^''o 
nm. 43. Non offrono nulla di peculiare le ettlissi istriano-comuni 
che s' hanno in raskd, se da *rasic'lare o dalla base krak- 
scracchiare, spurgarsi (cfr.ven.,lomb. raspar, nap. rascare), skiirlà 
*crot'lare *corrotulare (v. ascoli, Arcìu I 59 n); co' quali 
manderei insieme igurlóna-uóta (cfr. ven. sgorlon scosso, com. 
sgórla civettuzza, ecc.) 'donna crollante', fraschetta. — 68. GL. 
In analogia al nm. preced., g(g)' gànda, g^ra nm. 4, ^gmo; 
zgunfdj incutè'; sanguso nm. 15, (puórko) sangdro (cfr. pad. rust. 
cengiaro e salvioni, Arch, XIV 207) cinghiale; gn^a, s^n^a 
cinghia, viga nm. 33. Singolare stressa per * strigala striglia. -— 69, 
PL^BL^FL. I riflessi ven. od ital., ed hanno appena bisogno 
divenir qui ricordati: j[?/a nm. i, piuvé'na specie d'aratro, che 
parrebbe ben antico (cfr. meybr-lùbkb; i?w. Grm. I ^ò)]spiandùr, 
spiumdso; piddana (cfr. ftiul. plddine, lad. plddany, ven. 
piddena, triest. piddina), che il gartner {Rtr, Grm. p. 32) 
vorrebbe ripeter dallo si., ma che potrà esser pur prodotto 
indigeno e rivenire al lat patina, donde *platina, per im- 
mistione dì piatto (cfr. g. meybr, Contor, cit. voi. 130, p. 86-87; 
KORT. n. 6210); stupie stoppie, s§npio nm. 7; ^npi empiere; 
gà^hia (cfr. friul. ciihie, montai, gtibbia, ecc.) *cop'la pariglia 
KÒRT. n. 2168; bidva, se è da ablata o non piuttosto dal germ. 
bladiy. gorra, St. d.f. r. VI 567; heyer-lùbee, Rm. Grm, I 470; 
THURN., Keltr, 46; KÒRT. n. 35); kré'bio nm. 11, só'^biay snbid, 
subiuóto, sujìd acc. a stipid (v. uuss., Beitr. 113); fidbitla acc. 
a fiaba, fió'^ba fó'^bia, che saranno da *fubla *fibla fibula 
(cfr. ven. infiiibar e Marchesini, St, d. f, r. II 3-4). Isolati: 
skdjo nm. i, skùjo nm. 15. E non mi restano, pel dileguo, 
che ibrtifd, zbrttfadùr, se rivengono a proflare (v. caix, 
S/. n. 51), ed il ben diffuso faniéla d'etimo ancor non 
bene accertato (cfr. thurn., Keltr. 59; kòrt. n. 3258) flanella. 



1) Lo scHucHARDT, nel suo bellissimo lavoro cit. {Slawo-deutsch. tind Slawo- 
ital.) p. 73, dà la voce come di provenienza slava; e tale pare essa veramente sia. 
Cfr. si. grdja cinta, materiale da cinta. 



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I. Appunti fonetici: Consonanti continue. 31 



R. 



70. Caduto air uscita degV infiniti, ed è fenomeno co- 
mune a quasi tutta V Istria veneta: kantd^) acc. al poet. kantàre, 
pudi, sinté' acc. al poet. sinté're; mgri, duórmi; livdse, tiiiéHoy 
ecc. Avrà poi la sua ragione il dileguo che s'ha in sgr (pi. 
stirùre)y drho (pi. drburi); v. nm. 14 152; né è ben accertato in 
uimaré'n acc. a ruzmaré'n (v. nm. 39 66); e nulla per sé dice 
prnópio puórpio, che é comune pure ad altri dial.; per Kristùfo 
V. nm. 65. Scempiato sempre il doppio -rr-, ciò che avviene 
di tutte le cons. doppie. 

71. Le solite dissimilazioni ed assimilazioni a^n /: kaldal^r, 
saldaliéri reti da sardelle, albéHrio, alhiirito, saltùr sartore; 
saladó"ra serratura, siitela, se é da 'girella' pastina dolce; 
aliarla, avulio, che é di ben estesa ragione (cfr. parodi, Rom. 
Le. 211); malsdn, se rispecchia un *marzano coltello da 
marze (cfr. cat. d' Algh. ntalg mars e nm. 59), bulzi£é'ni nm. 39; 
dalaturno di ritorno. Per dlzara v. nm. 27 n, per kdlcere nm» 
151; trilla (cfr. beli, érola) ellera, prùlaga Icfr. ven. prólega), 
hdlago nm. i; h) in n\ ansipriéso acc. ad arsipriéso (cfr. boi. 
ariziprèss, pist. ancipresso, dial. gali, al-ciprés), ansipriéto acc. 
ad arsipriéto (v. ascoli, Ardi, I 398 n v, e forse qui pure arsi- 
kré'sto acc. ad ansikré'sto *arcicristo' per anticristo. 

72. Inserito inorganicamente in arhandtmd, arbandón acc. 
ad abandund, abandón, armdnto acc. ad amdnto, arguto. In 
arlivo^ arlavd^ s'avrà forse a fare con r metatetico (cfr. 
rov. ralivd rilivd, ralivo rilivo e kòrt. n. 427); mar- 
fntiória nm. 16, prafané'a, traztióro, che risale forse ad 
un'antica base *tresitrans)auro (v. muss., Beitr, 116; 
MEYBR-LùBKB, RfH. Grfu. I 485; KORT. n. 8167). E sou pur di 
estesa ragione: sfundrdse, sfgndro (cfr. friul. sfondrdd, ecc.). 



1) Nel voi. I, p. 436, dell' Archivio glottologico it.j avea notato 1' Ascoli, 
come, 'nei dialetti di Pirano e di Rovigno, le forme troncate oggi si mescolassero 
colle veneziane provedute del -r\ Ora, il Maestro ci permetterà di osservar qui che, 
se anche fino ad un certo punto, e per entro a determinati limiti, quest' oscil- 
lazione succede nel piranese, essa non è punto conosciuta dal nostro dialetto. 
A proposito del fenomeno nel primo dei due parlari, il sigr. Contento mi scrive : 
„circa il -r degl' infiniti pel momento non Le posso dire che questo: in casi 
speciali (credo che si possano anche determinare), quello si conserva; ma ciò è 
V eccezione ; non si conserva, però, nei verbi della terza, nei quali viene sempre soppresso.*' 



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32 Dialetto di Rovigno. 

ins§nhro, insanbrà assembrare, mescolare. Al nm. 7 ed al nm. 
29 rimando per i casi di r epentetico negli awerbj; e 
qui non mi restano che: knstró^mo, parpagd pappagallo; sfràn- 
saga dal germ. Zwanziger (cfr. ven., mil. svdnzega); s. di 
moneta; ^a/^w^^*kal(endae)+(dec)embre *i 12 giorni prece- 
denti la vigilia di Natale'. 

73, Comunissima la metatesi, e son di ragione ben estesa: 
fràvo^ frahikà (cfr. giud. frabikdr, cai. fravecare), frdhika (cfr. 
giud., ven. frdhika, campob. frdveka, andai, frdbika) ; friéva, 
frebdro frav§r nm. /^]fruda fodera, infrndd, prigo (cfr. a. pad. 
prego) pigro, intrigo nm. 7; krunpd comperare, intrapatd, 
intriépato (cfr. ven. intrépito) interprete, increpito, indramuU\ 
strantidd\ strukuld, -ón (v. ascoli, Arch. XIII 461 n); tru- 
manid, trum^nto, patrikd (cfr. a. pad. patriga) praticare; 
pntriégi proteggere; stripa stirpe, strttpdsa sorta di piccone, 
sirnpd, -oh (v. muss., Beitr. 112); próHiko póHrido putrido 
sorta di febbre, il primo con iscambio di suffisso; grgngo (cfr. 
ven., friul. gróngo) conger muraena yóyyQog, Per kar^ga v. nm. 
7 ; e poco per sé dicono i casi di mutamento d' ordine 
inverso che s' hanno in ^arwwr cremore, kard§ns(i)a, kars^nto] 
parfgndo, parldto\ parzón nm. 56; /arsura nm. 15, farddj\ 
gardiéla, garniél, barinola, (pùnto) ingarnd; Garguório nm. 28; 
iarlé's nm. 35, karpd acc. a krapd, inbnrné^ imbrunire; Karvdsia 
acc. a Kravdsia Kruvdsia Krtidsia Cro(v)azia; v. anche nm. 61. 
Sarà sottaciuto il R del nesso RS, od assimilato, in triéso 
acc. a traviar sa (cfr. ven. traversa, dign. travasa); muzikd, 
seppur riviene a morsicare (cfr. pir. mupind, ven. mugnegar) 
masticacchiare, e che avrà relazione con muso*). 

V. 

74. Va anzi tutto notato il rinsaldarsi frequente del V 
si iniziale che mediano in b, fenomeno questo, comune a 
molti altri dial. dell' Italia settentrionale, e che, in parte, ri- 
viene già al lat. volgare (cfr. schuchardt, Vok. I. 131; parodi, 
Rom. XXVII p. 177 sgg.): bdnpa vampa, bùlpo, bulpé'na 

1) A prima giunta si potrebbe pensare al rm. ìhqzzìcco, nap. mùzzeco, 
campob. mùcceco boccone, gombit. moccege^ cors. bast. mucci^le muso, deriv. 
da *mucceu. Cfr. d* Ovidio, Grndr. I 520 n; guabnebio, Arch. XIV 399. 



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I. Appunti fonetici: Consonanti continue. ♦>o 

(cfr. sALvioNi, Giorn. sioi\ XXIV 268; kòut. n. 8831), (da)zbanpc' 
svaporato (v. parodi, /. r. 206; meverlì'bke, Zeitschr.f, d. 0, Gymn, 
voi. 42, p. 777); zbànpalo svago; bus bui (v. parodi, /. e, 228-29 
e nm. 15), bapùr nm. 32, bisé'ga, -iggl (cfr. a. it. besciga e 

MEYEU-LÙBKE, //. Gvin. 97-98; PARODI, /. C, 222), blSpU *bespa, 

bise'n vescia muss., Beitr. 120, b^spro nm. 7, biérto, che deve 
esser un derivato da 'vertere' (cfr. vali, bérto, -ón, fas. b'^rtUy 
siss., poi. \_el viii va in\ b^rsa, friul. sviersà incerconire, pir. 
imberlàpe torcersi, detto del legname^ incerconito, voltato, 
bàglio nm. 18, basila vagellare, esempio ben diffuso (v. parodi, 
/. e, 197-98); bé'para nm. 27, barbastìl *vespertello per 
vespertilio (v. muss., Beitr. 32; oartner, Grndr, I 470 n; 
G. j. FORSYTH MAJOK, Zeìtsclir. f, Y, Ph. XVII i48-i6ob; salvioni, 
Post, it. 24; parodi, /. e, 222); libQl nm. 21 55, zbuld, (da) 
razbùl nm. 15, dazbtidd (v. nm. 39 e cat. d'Algh. das- 
buird); ndlba (cfr. rum. nalbd e nm. 91); Miinkdlbo ni.; 
buólzara (cfr. ven. balzerà) Walzer. Qui pure il caratteristico 
brtiskdnditl, -/, se risale al celt. *vrusc- o non riviene 
direttamente al lat. ruscu (cfr. schuchardt, Zeitscìir, f. r. Ph, 
IV 148), e che è proprio di quasi tutta TAlta Italia; per 
basl'^ra v. nm. 4; barbnnkdro 'verbum caro', baro varo. 

76. Riflesso per g, d' accordo con altri parlari dell' Italia 
settentrionale: gumitd (v. meyer-lubke, //. Grm, 97), galnópo acc. 
a galupOy se riviene a *viluppo o non meglio faluppa, s. di 
pruno (cfr. storm^, Rom, V 187; hornino, Zeitschr, f, r, Ph. XXI 
192-94; KÒRT. n. 4429), ggnbro nm. 14; zinzé'ga (cfr. nm. 11 
e lucch. cingiga); intardigd acc. a tardé'vo; pagó^ra paura^ dove 
il^ avrà altra ragione; rìgttla, se risale a *revula per *ervula, 
da ervum ervo kòrt. n. 2849. 

76. Singolare il passaggio, per eifetto d' assimilazione, in 
m che s' ha in Maldabgra ni. per Valdabgra, marafó^za acc. a 
barafó^za, manktilé'n *vangolino nm. 38, mandamd vendem- 
miare; minò" {cir. cai. minditta,ca.mpoh. meni) venuto, maldrdpa 
acc. a valdrdpa (cfr. reat. mandràppa) ; e forse qui pure malan- 
sdna sorta di coperta rozza, che risalirà a Valencia (v. schu- 
chardt, Litbl. a. XIV n. 5, col. 177; g. meyer, Contor. cit. voi. 130 — 
V. Abth. — 47 ; e per tutti salvioni, Zeitschr. f. r. P/f.XXII 467-68). 

77. Dileguato o vocalizzato in ndo (cfr. vali, ndii) 
nave, cdo acc. a cavo chiave, nio nm. 8 29, niio^ però 

Ir e , I dialetti. 3 



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84 Dialetto di Rovigno. 

anche nùvo. Si avrà il procedimento aferetico in ó"/o acc. a 
vó^to (cfr. mil. óliu, sic. arri a) vuoi tu?, e nella voce escla- 
mativo-responsiva gti vuoi?, ara acc. a vara, ari acc. a fari 
nm. 2; coi quali manderei: ò^ra acc. a vorrai (cfr. gr. od. 
j3a()« aspetta!, ven. i/ara e g. meyer, Contar, cit v. 132 — 
VI. Abh. — 16), tigd acc. a f/^^a vogare. 

78. Riapparso il v secondario del nesso QV: a-vajé', -da; 
V. nm. 1 1 30 102. 

79. Prostetico: viióldo nm. 16, vanto nm. 17; (a) vùltra, 
vtUdnia, vargdno nm. 57 n, vula acc. ad tìla nm. 15; vùliga 
acc. ad ulaga nm. 35. Epentetico in ibntvà, esempio 
ben diffuso, e che sarà dal mat. briiejen (cfr. ven. trovar 
e Muss., Beitr. 23; gorra, St d, f, r, VI 567; kort. n. 
1352) scottare, /rwm acc. a /n^a, se è da *frui+frustare (?) 
(v. MUSS., Beitr. 60; lorck 172; gorra, /. e); Idvarno (cfr. mil. 
Idvor e nm. 17); Favaio nm. 19-20, Luvé'gi; tuóvo, siióvo 
acc. a tiiójo, suój'o, duve acc. a dui (cfr. ven. ^oi;a) due; 
tré'dnvo acc. a tré^dtio, knntéhiuvo acc. a kimté'mtOj ^inuvé'n; 
graviidna nuvolo leggero, probabilmente detto cosi, perchè 
viene da Grado. 

80. Appare qual i/ il W straniero in vasta (cfr. ven. 
vastar, friul. vnasta), vadiìid, -ano, vare' (cfr. friul. vuart, ven. 
varir), vàrdia *warda kòrt. n. 8865; vdrdolo, se sta per *guar- 
d(i)olo (?) guardione; però anche: garante', gardnto, garansé^a; 
inguarné\ gti^arnisión da, *wsirn] Sin, giidjo *wai diez, Et. Wrtb. 
1^ 22'] \ igtidita acc. a ignita wahta (cfr. ven. sgnaita, crem. 
guaita^ mil. sgnaita)^ zguasd (cfr. ven. sguazar, mil. sgnazd, 
it. guazzare); zgu^ntnla ventaglio, Zgué'saro Svizzero 



81. Di regola ìnta,tto: Jif a, -ón, piagnucolare, piagnucolone , 
furfizita^ -nla forfecchia, rdfa aat. *rapfa (cfr. frc. rajle) 
sudiciume, /ó^^ (cfr. ven. fu/a) battisoffiola; sùlfaro nm. 15 
44, skrnófiile acc. a sktmhriéle s ero fui a e. Ma anche la media: 
skriiva ; sijvolo (cfr. ven. ciévolo, mil. zévol) cèfalo, mugil cephalus. 

82. Dileguato in tiris nm. 31, sión tromba marina nm. 13. 



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I. Appunti fonetici: Consonanti continue. 35 



s. 

83. Divenuto sonoro, se iniziale o seguito da vocale o 
da altra sonora: zor nm. io, znra nm. 15 2^, zgaladéhì scalino, 
zvìclto, zanbùrdo nm. 15, iuta, ziitard sotterrare; rùza\ liim'h 
zana nm. 30. Egualmente, se finale o divenuto tale: naz, paìz, 
spili, fnmùz, ecc.; v. nm. 8 32 42. 

84. Riapparso il -5 di 2' prs. sng. (v. ascoli, Arch, I 461 
sgg.), sebbene in casi sporadici ed oggi dileguantisi : piiódisto, 
sièsta (cfr. ven. sies-tn), vó'^sto acc. a vóHo'^ v. nm. 163. 

85. Non infrequente la prostesi, in esempj per lo più comuni 
ad altri parlari ladino-veneti (cfr. salvioni, KJB. I 128): 
skarttióso cartoccio e 'damerino', skuzir, -a nm. 5, sfilsa fes- 
sura, sfilsddà s. di coperta (cfr. guarnerio, Arch. XIV 394), 
sfalsa nm. i ; scaso chiasso, sf^jo, sktmbdti, skunfgndi, skiiazt; 
zbdlso balzo e legame di covoni, zbriifd nm. 69, zmird\ zlavdso 
*lapathio {Xàna^ov) \ zbtizhid nm. 43; ziuqIzo nm. 14, zbijgo 
sbieco, zggnfo, zgtinfd nm. 68, zbidvo acc. a bidvo smorto, 
pallido ;carón ((?9oi/)arummaculatum; zbiild^ ibiirta, zganbidy ecc. 

86. Ridotti a 5 i nessi SCE, SCI, d' accordo col ven,: faso, 
kòsa, nasi; vé'sarc; ed avrà la sua ragione la palatina che 
appare in scafo schiappe *slapfe, scisd schizzare, inasc^r 
*masc'lario (?) i^cynthiamicrocosmus) quasi 'maschio'; muscidi 
mischiato, inzaccherato nm. 40. E poco per sé dicono i casi 
àe\s(z) primitivo riapparso, quali sono: nzma (òa^ìj) odore, nzmd 
odorare, fiutare (v. nm. 15) acc. ad ùrma; ma è ben notevole 
lo scambio di 5 con r che ricorre in bi zi érto acc. a bazicsio bisesto, 
dasté^ro disteso, sùbito, e fors' anche in karma (karmiiz), se riviene 
a chasma {xd6(ia) crepaccio di rupe, burrone; e, pel dileguo, 
non avrei altro esempio che Tumd acc. a Tiimdù Tmndzo. 



N. 



87. Sono effetti d' assimilazione quelli che s' hanno in 
vanén nm. 7, nunanta, proprj pure d' altri dial. lad.-ven. Qui 
del pari nu, nttó per gPit. 'non, no\ nonché il diffuso kii con; 
tiérma nm. 9, e fors' anche karlaud acc. akarjiavdl nm. i. Ned 



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36 Dialetto di Rovigno. 

è specifico istriano óù per (}mOy in unione il primo ad ó";>, 
di cui V. nm. 14. 

88. Mutato in /, sia per dissimilazione, sia per altra ra- 
fjfione, insita nella natura della parola stessa: paltàii (cfr. mil. 
paltd) pantano, mtiltón montone (v. gròber, Arch. f, l. L. 11, Gr, 
TV 127, mtil imbuto (cfr. a. ven. mulimeitto, muss., Beitr. 81 
e nm. 39), kiilumé'a, esempio, del pari che gli altri, ben 
diffuso (v, nm. 30); Jiltiiiimé'a,. dove ebbe luogo anche la 
metatesi; lumina, che è pur di ben estesa ragione (v. kort, 
n. 5636; sALViONi, Post it. 15), bajiilita; ló^'inaro (cfr. friul. 
lumai", beli un. hìmero e salvioni, Misceli, cìL p. 414), l^alónago 
nm. 14; e forse qui pure róndnla, per cui v. nm. 24. 

89. Air uscita, assume costantemente pronuncia gutturale, 
e pajon superflui gli esempj (cfr. ascoli, Ardi. I 438), solo 
qui si ricordi pióii^). Sarà poi assimilativo ed epitetico il -//, 
che appare in só^n, pi&ii, anderàii\ Tumdii n. 86, {Làkn) dardi) 
ni.; rahé'it rabbioso, {san) VéHi ni. (s.) Vi(to), marc'ii marito nm. 
II. È prostetico nel diffuso ninjicrno, néhtfari, Epentetico in 
inbridgo 'ebriaco', arkunbic nm. 39, anguné'a (esemplare assai 
esteso); sansé'ùj parangóiì, ningó^'n; inpnókrito (v. nm. 21), 
zgre'nfie (v. flechia, Arch, Vili 358); tansd tacciare (cfr. salvioni, 
Zeiischr, f, r. Ph, XXII 477), savùrna saburra (v. grober. 
Ardi, f, /. L. it. Gì , V. 454); a(n)viérta nm. 9; mé'ngnla (cfr. 
friul. mingiile, mil., ven. minga)^ fré'ngtile, intrupaga nm. 15, 
tiinb(n)lds nm. 22 ; Inziépo nm. 5 1, Inpuólita, Mandalpia, Ninkuluó : 
sin^ind 'voce da incitare il majale'^). 

90. Dileguato, in pochissimi casi e non ben sicuri: arsc'zo 
narciso; ó^'maro, dinla muss., Beitr, 31 e nm. 43; kuófa, se 
riviene a cop(h)ino {^(pivog) coffa, o non è dall'arabo (cfr. 
G. MEYER, Contor, cit. voi. 132 — VI. Abh. — 41); ló^dria (cfr. 
ven. lodra, piac. ///(ir/a) lutra *lutria (v. muss., Beitr. 74-75); 
per siùr v. nm. 15 32. 



^) Cosi detto il *maja squinado'. 

2) Non riverrà certo allo si. sjtt qui, n. slov. siga (cfr. a. slov. sé da, sé 
nu age! e miklosich, /. e. p. 297 s. v.), sebbene T allevamento dei majali sia 
industria preferentemente slava. Forse e' entrò elemento onomatop. (cfr. tose. 
irucci (truzzi) là, engad. tschucc). 



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I. Appunti fonetici: Consonanti esplosive. 87 

M. 

91. Iniziale, in pochissimi casi alterato, e risultano effetti 
di dissimilazione quelli che presentano: ndlba nm. 74; Jinr- 
badOy -edo nm. 121, nirtuliér *mirtillario; nìrttile [V. nm. 39). 
seppur non son casi d' assimil. Avrà poi la sua ragione fonetica 
il mutamento che ci porgono : bariamé'n marzemino, bìUnndda 
per 'mattinata', seppur qui non si riflette un derivato da 'botta'. 

92. Dinanzi ad altra labiale, od air uscita, passa in ;/, n\ 
inbune', inpisd inpijd (cfr. ven. tmpizzar, a. ven. impiar, lomb. 
pijd, cors, picàd, ecc. e muss., Beifr. 66; guarneriO; .4rc/^XIV40o 
accendere, Idnpo, ligdnbo nm. 25, ganbdia; marupnldn, fan 
nm. I, liddìì (cfr. a. it. letane), ligdfi, non, hinón nm. '13; 
miigró^^n (cfr. vali., siss. magrun, dign. miigróun) magrume. 
mucidume, odor di stantio, ttirbió^n 'torbidume', pingó"ii 
quasi "^pingnme densità, spessezza (detto dell'olio), pi- 
sktdóHi odor di pesce, frittdó''n quasi *frittellnme olio 
di frittura, fttskó''n fuliggine, negrume, skaró"ù, che, a primo 
aspetto, richiamerebbe V ingranditivo soprsilv. scanni 'trutta 
grossa' (cfr. ascolt, Arch. VII 410), ma che nel dial. rov. vale 
'tutta sorta di crostacei minuti', ed è, come tale, collettivo; 
stunbiél (v. nm. 43). 

93. Quali esempj di assimilazione, hanno appena bisogno 
di venir qui ricordati: duna-mdre nm. 39, dtuhiisiy dnónino 
donna si, no, ntó"n nm. 18, st'ino sonno, ecc. 

94. Pochi casi di dissimilazione di M'R. comuni, del 
resto, anche ad altri parlari: ggnbro, kuggnbro nm. 14, e 
fors' anche, quantunque sia di r secondario, ins^'ubro (v. nm. 
2Q 72). 

95. Sebbene sporadici, appajon pur casi analoghi, nella 
i** prs. pi. degl'imprf.: stiéndi, giriéndi, ziciidi', v. nm. 40 1Ó5. 



CONSONANTI ESPLOSIVE. 

c. 

96. C din. ad a, o, u/ Generalmente intatto; ma non è 
pur infrequente il degradamento in g: gardtcl, -a, gardandh 



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1 



38 Dialetto di Rovigno. 

ganbiàj ganzdnto (cfr. friul. ganzdnt, ven. ganzante) cangiante. 
garznóto cdiràdXore (v. muss., Beitr. 63), ingarmd nm, 61; gaviénja, 
grgsta, gre'sp(i)e, gregna, gréppia krippe; Grìpule ni. Più 
frequente a formola mediana, ed occorre appena ricordare 
qui: vagdnsa, fugdsa, saggndo^ che è esempi, ben antico; pan- 
tagdna *panticana (v. ascoli, Arcìu X 92), bagulé'na; dé'go, 
fego, spé'ga] f(jgOy Iggo, ktigo; kuguró"so *s. di pettinatura 
alta, dalla forma di chiocciola^ kngùja, sanbó"go; salvddago 
nm. 23, mìstago domestico, kazddago, pire' gaio acc. a piré'hilo, 
p^gura nm. 7, bègnli\ Spané^dago ni. nm. 11. Isolato tapdna 
capanna, casa rustica i^cfr. frc. mer. tapi, tàpió), 

97. CR. Resiste per lo più al degradamento : krid (cfr. 
mugg. kridr èriddr) riprendere, sakrito, sakr amento, sakristé'a. 
sakrdto, ecc. Del pari: skabiél, skdja, (cfr. braune, Zeitschr, f, 
r, Ph, XXII 203), skanddjo; però anche: zgnrlón, -a nm. 67. 
dazgramid; zgró^bnli zgrnóbnli acc. a skrnóbuli, s. di minestra, 
che è dallo si. skrobu farina d' amido (cfr. srb. skrob). Resiste 
pur al mutamento negli esiti -dtieo, -dculoy ecc.: sanpdtiko, 
fandtiko, nnndtiko lunatico; paraléHiko, bazé'liko (cfr. mugg. 
bazilikj -éligó) paOihxóv; initikd, itikéhì letighino. Per mirdkulo, 
mdkitla, V. nm. 43. — 98. CT. CS. Le condizioni venete, e 
qui non mi restano che: katardea, di cui v. nm. 23, knd'éo 
gndeo, se risale a *coàcti(c)o (v. salvioni, Arch. XII 424-425); 
jétiko *(h)ectico {èxttxóg). Isolato knncaréh'i majale sudicio 
(cfr. a. lomb. cunchiao conciato, sporco, piem. cuncé prov. 
connchd, a. fr. conchier sporcare, e App, less.); ma anche 
-dtieo ridotto ad -djo : furmdjo formaggio, knrdjo, bardjo (cfr. 
ven. barai)^ se rispecchia un *baratico(?) sparus Aldrovandi; 
branddjo^ se è deriv. da brente (cfr. ginevr. brande) s. di 
botticello, usato dai marinaj'(v. kòrt. n. 1335). 

99, C din. ad e, i. Riflesso normalmente per 5, se iniziale, 
d'accordo col ven. ed altri dial. it: sisindìl nm. 33, s^na, 
s§nto cento, sé'bOj sìrka nm. 8; stdi, sigdla cicala, siérto, 
sinkudnta; siénara, solfare, Sit^innva, ecc. Isolato znstiérna 
cisterna nm. 35. Protonico e mediano, riprodotto general- 
mente per z : vizcH'i (cfr. ven. visin), vizindnti, fnzéhia, furndza : 
Inz^nti, ditz^nto, che potrebbero rispecchiare anche g; liziérta^ 
azt nm. 8; pidzi, sùrzo, gize nm. 8, naré'ze\ sé'mizo; siziérbnla 
^cicerbita; sé'zma, se da *censima, come vuole il parodi (v. 



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I. Appunti fonetici: Consonanti esplosive. o9 

Misceli, ciL p. 339 sgg.)- Qui pure, in analogia al preced., 
5: sans§r sincero; risiéfa, amé'si; ptil^éhi, kalsé'na, asid^nio; 
risivi; livatré'se, htpatré'sa s. di manicaretto, per festeggiare 
r uccisione d' un majale (di solito ai 1 7 di gennajo), e *colpo 
dato sulla coppa'; P«r//5^/ ni. ; kapó'^so *cap(p)uccio cavolo; 
./usile, pré'nsipe^ Nns^nto nm. 37. Eguali riflessi ha il e, 
divenuto finale: bus acc. a btté nm. 74, krus acc. a krtiz nm. 
15; ^ó^^s nm. 32, d&'s dice, pids acc. a piai, tarlé's nm. 35. 

100. Per le risoluzione di SCE, SCI, v. nm. 86, e qui non 
mi restano che scito di ben estesa ragione, che è dal germ. 
schlicht nm. 8, scida, che sembra rivenire direttamente allo 
si. skléda ^scutella' (cfr. miklosich, Et, Wrtb, p. 301) 1), come pare 
pur di provenienza slava ské'ba (cfr. cz. skyva, si. skiba), e che 
avrà il suo etimo nelFaat. scìba (mat. scheibe) scheggia 
alquanto grande; scpiza (cfr. ven. scénza, ver. s^énza, friul 
scléze, giud. zgloiza e nm. 61); ma è ben originario istr. 
santìla acc. a scantila *scintilla e 'piccolissima parte 
di q. e' 

QV. 

101. Iniziale, costantemente intatto, e parrebbero superflui 
gli esempj: kttdlu nm. 29, kiiariéla, kuito, ecc.; sknarktiacnó 
(cfr. ven. sqtiaqtiaciò) sorta d'intingolo, dpve pare non sia 
stato alieno V elemento onomatop. Isolato zgtié'nsia (cfr. ven. 
sqinnsia, it. squinciare andar storti) girellona, fraschetta; 
ktié'o, che è il lat. quia, occasione, pretesto. 

102. Sottaciuto r elemento labiale: kdlko {neutro), kalkuósa, 
kalkndó^'n, kgnda (cfr. friul., ven. cónda, trent, rover. cóndam) 
quondam, skdma squama 2) ; Karnoiba ni. nm. 16, Kiréh'i Querino, 



1) Cfr. anche g%l8iov scheggia, e nm. 61. 

2) Parrebbe quasi un allòtropo di *squama' il rovigno-sissanese kdma per 
'pula', seppur non s'abbia a far qui col lat. canta letto, paglia, giaciglio, strato, 
che ricorre già in Isidoro {in cantis id est in stratis, Orig. 12, 22, 29; 20, 11, 
2^\ e quindi la pula risponderebbe all'etimo lat., in quanto sia il letto quasi 
in cui s' adagia il grano, e che riverrebbe esso pure al gr. ;i;aftat = humi, com' ebbe 
già a notare il diez, a proposito dello sp. e prtg. canta (cfr. Et. Wrtb. II 
112-113; KURT. n. 1525). 



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40 Dialetto di Rovigno. 

skasd (cfr. friul. scassa, ven. scassar) ^ skaso scuotimento, 
scasso, skusiid dar scossi, sknnkàsOj'd; dkula acc. ad dktiila, 
sakiijd *sciaqualjare risciacquare, skaransé'a squinanzia, likii- 
ré'sia nm. 38, reka-matiérna. La metatesi, comune ad altri dial.: 
riktié'la (cfr. a. pad. requilia, a. friul. ariquile e kòrt. n. Ò803) 
reliquia. Per la soppressione del primo elemento in avajé, -da, 
V. nm. 1 1 30 78. 



103. G din. ad a, o, u. Le condizioni ital. o ven.: gdìo, 
galé'a (cfr. ven. galla) centùpede, se rispecchia un ycckérj. 
o non è piuttosto allòtropo di 'galera' (v. nm. 4), gavìa 
*gavello dall' aat. gabal-a (v. Ascoli, Arch. VII 547; lorck 
210), galidOy se da yavXidavdiSO di legno da attingere (cfr. com. 
galéda, dihrvLZz. gaiétte)^ fa^iér ^^idigdirìo', ranpagón rampicone, 
arpagone, duga doga {ào%rì)'^) kort. n. 2654; frdgnla (v. 
sALvioNi, Misceli, cit, p. 403). 

104. GR. Conservato: nigro' e da g secondario: zvegrd 
(cfr. ven. svegrar, friul. svegra e salvioni, Arch, XIV 216) disso- 
dare. Per runa v. nm. 57, per raruandiél v. nm. 64; e qui non 
mi restano che rdpo^ esempio ben diffuso, dall' aat kraphó 
grappolo, néro liéro allegria. Per r metatetico, quale ricorre 
in prigo, intrigo, ecc. v. nm. 73. — 105. GN. Riprodotto costante- 
mente per //, e non hanno nulla di specifico: nurdnto 
ignorante, inanfnórna mela messa a disseccare nel forno, 
kiind, siilo j pónilo, kuiìón (v. nm. 13 gz); frannóktdo (cfr. friul. 
frignócnle, ven. frignócola) buffetto; v. anche nm. 57 58. — 
106. GV. Generalmente intatto: Unguento nm. 45^, léngna 
nm. 7, linguiélay sangtiita, sangiiind, anguéla (cfr. ven. anguela. 



1) L' etimo della voce rov. dugdn^ usata nella frase : capa 7 dugdh e 
skanpd vé'Uy detto di uno che se la batta ali* improvviso, non mi riesce ben chiaro. 
Parrebbe, a primo aspetto, derivato da dogay quasi volesse esprimere V 'assieme 
delle doghe', dogame (cfr, it. ossame^ ecc.), oppure riflettente il turco du%an (si. 
dnchanu, srb. duhan) tabacco, quasi 'pigliare il suo tabacco ed andarsene' 
L' a. ven., a. lomb. hanno degan per 'decano*, capo di villa, ed il bregagl. dagan 
per 'usciere di tribunale' (cfr. muss., Beitr. 59; novati, Nav. 104; salvioni, Arcìi. 
XII 398 XIV 208), che, però, nella combinazione rov., non saprei come possan 
entrarci. 



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I. Appunti fonetici: Consonanti es^plosive. 41 

friul. angiidcle, boi. angttella), nome di pesce lungo e sottile, 
aterina IV. mbyer-lCbre, 7?m. Grw. I303; gorrA; SLd.f. r. VI 591). 
— 107. Sottaciuto r elemento labiale: smigo, esempio ben diffuso 
(v. nm. 29), p^ngo (cfr. vali, pengdci morchia e nm. 7); per 
cingimi acc. a Sanguini v. nm. 8. — 108. Dileguato intera- 
mente, oltre che in sansó^ga (cfr. ven. sansttga, -ola) sanguisuga, 
nel caratteristico Limo ni., usato anche in unione a 'canal', 
se rispecchia un *légume o non piuttosto *liquimine, 
come afferma recentemente salvioni {Zeitschr. f, r. P//. XXII 

473-74) '). 

108. G din. ad e, i. Permane in un numero assai ristretto 
di esempi : gMturi, ingenarà, j^enenìz, gira, gintèH acc. a 
iintéH\ ^iluié'a acc. a zihizé'a *zelosia; ri^éHta, {n)rigtnàl\ 
virgeno nm. 29. 

109. Preferentemente però riflesso per i: z^mi (cfr. ven. 
zemer)j zgnto nm. 7, zan^stra, zarmàn^ zemiél(ii), ZiimcHì] zénaro, 
ró"zano, kalé'zane, piirdzana horràggìne nm, 135; tnzìno, inf^nzi, 
invólzi, dastró"zi, ecc.; Ignzl (che è anche del ven.) nm. 14; 
barznlé'n hriztiléHi 'bargellino', diavoletto (cfr. kòht. n. 1056}; 
tiéza, pur ben esteso (v. schuchardt, Zeitschr, f, r. Ph, IV 
126); frizuléhì *fringillino, armé^zo ormeggio ed armeggio: 
alzava nm. 27 n\ Anziila acc. ad dngelo, ang^liko\ vàlzer a y se 
riviene ad un tema deriv. da 'volgere' (cfr. ven. valzer), collare 
di pelle dei cani. Singolare snlisión per 'soggezione'. 

110. IJ antico e diffuso dileguo in kiiria acc. a sknriza 
nm. 8, saita, lirnójo nm 40; Rùja n\., rujdl nm. 15, (saù) Paldjo 
ni. (s.) Pelagio. 

Ili, Prostesi di g: g^ri ieri, giérba, garbile ^erbette', s. 
d' erbe mangerecce, garbó"n erbame, gii, -a, elio, -a. 



T 



113. Qualche raro esempio di T iniziale in d: dóHo^ dove 
più che d' altro si tratta di dissimilazione (v. Ascoli, Arch, I 
445 526); drisa (cfr. nm. 59 e friul. drézze, ven. drezza) *trichea, 



1) Lo si. ha lem- per 'frana', locus paludosus, e lom per 'cespuglio, cava' 
(cfr. MiKLOsicH, Et. Wrtb. p. 164 s. v j. 



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42 



Dialetto di Rovigno. 



indrisd intrecciato, dove si tratterà del nesso TR ; e non mi restan 
che zdruja troia, ed il ven.-istr. dasitidd spegnere (v. Ascoli, 
Arch. I 36 n); ma è prostetico in dtttó''n acc. sl dutnóHi nm. 18. 

113. Parrebbe mutato in s: sapald tagliuzzare ed inta- 
gliare, se è dal tema tap, o non v'entrò immistione d'altra 
voce (v. anche nigra, Arch. XIV 378;. È metatetico in iarunzd 
(v. nm. 39). 

114. Mediano, intatto: kitmita, knriio (cfr. ven. coreto 
pezzuola) sorta di giustacuore, véHa; pinata^ salata \ móHo, 
salóHe, invùto voto; (san) PrtUi ni. (s.) Proto; léHigo; kattiójo 
(cfr. cai. kattioio) da *catoja e atei a, che già le Glosse cr 
spiegano con tugtirium (hospitiolum); appo landgrap, Arch. f. 
L L. u. Gì. IX 436; inlnl intus-i-illo. 

115. Più di frequente digrada in sonora, d'accordo con 
molti altri parlari italiani: fdda, garddda quasi ^gradata 
scalinata, spiaggia di città, lagdda (v. ascoli, Arch. I 446) 
e cosi tutti i parte, fem.; daddl nm. 35, kadandso; ve' da 

pivé'da nm. 11, inkarpé^da indurita; mida meta; gó"da, vinó^'da 
ecc., Bivinó^da, navndo acc. a n^vo\ mó^duva muta. 

116. Dileguo in fra fratello, prd (pi. pràdi), Jìd, figa. 
ecc., istà (pi. istddi)\ pari, àzi, aspri, ecc. (v. nm. 8); Litri 
Loreto. Egualmente nelle desinenze verbali delle 2® prs. pi 
di tutti i tempi, nonché dell'imperativo (cfr. nm. 2 8 163), 
Per frdja v. nm. 53, per maréHì nm. 89; e qui non mi restano 
che skavé^a (cfr. pir. skavéda, dign. skavión) 'scapita quasi 
scapitata (detto di farina andata amale); per ndja v. nm. 53 
liéka nm. 3 ; himidda, kumio (cfr. ven. comio gomió) acc. a kumado 
'fnedo (v. muss., Beitr. 45; kòrt. n. 2297); sdho^ che è pur del ven 

117. Di TR mediano o secondario ridotto a -dr- son 
esempj al nm. 112; e non mi resta citare che ló^dro nm, 
66. Isolati: Mitntrdvo ni., forse per metatesi di r e consonantizza 
zione di ti, quasi da *Mont-auro, intrtibadd acc. ad inttirbadà 
inttirbidd inUirbid intorbidare. 

118.tr ridotto a semplice r: Viér (in unione a dré'o) ni. 
nm. 9, viro *vitro, varidda nm. i, palpijri, pirla nm. 8; p^ra 
pietra, Pijro Pietro; lari (cfr. friul. lari, a. pad. laro) ladri; 
ma lari lare (f. pl.)^ se è da lares(?) casa; dnara *anatra (v. 
ASCOLI, Arch. VII 444 n). Egualmente: sktidra acc. a sknddra 
(cfr. friul. sctidre, ven. squarà), se veramente rimonta a 



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I. Appunti fonetici: Consonanti esplosive. 4^^ 

*exq uadra, e sarebbe caso di -dr-', — mare madre, pare padre, 
sono di ben estesa ragione (v. guarnerio, Ardi, IX 346); — per 
maraptilàn v. nm. 92, per kar^ga^ -ón nm. 7 e muss., Beitr, 
17 42; pillar, se riviene a *pullitro o non *polédro (v. meyer- 
LùBKE, Riìi. Grm. I 490). Qui vada (tiéra) grìga (terra) creta (cfr. 
friburg. grlya creta e gorra, S/. d, f. r. VII 518). Singolare in 
fine il dileguo che s'ha in palar (cfr. cat. paìadar, prtg. 
paladar padar) *palatare palato kòrt. n. 5828. 

D. 

119. Raro, anzi sporadico, il passaggio in /: néH nido, 
dasprnvalé'se sprovvedersi, tór/o tordo; Zc'lo Egidio. Più raro 
ancora quello in k: póHriko próHigo, che riverrà a *putrido 
con iscambio di suffisso (cfr. piERr, Snpplem. period. ali* Ardi, 
gioii, V, p. 133 e nm. 73). 

120, Par degradato nell' affine s\ spó'^sa *puti(d)a meglio 
che *put(i)dia putida (v. meyer-lubke, Zeitschr. f, r, Ph, Vili 
216; GBÒBER, Ardi,/, l. L, ti, Gr, IV 453; schuchardt, /. e. e nm. 
18); musi *mùci(d)o (cfr. nap. muceto appo schuchardt, Contar, 
cit. p. 40) muco. 

121, Doppio esito, colla dentale conservata o no, pre- 
sentano: gràvada, -eda gràvia, Idnpado lé'npio, nurbado, -edo 
nurbio morbido, rdnsado rdnsio rancido, tivado, -edo tivìo 
tepido, tùrbado, -edo iùrbio torbido, rùvado, -edo grùvìo"^ rubi d\i, 
ró"spado rò"spito ró"spio *ruspido, tnrdaio tnréio (turzión, 
tnrzinlón) ^t or qui du (cfr. schuchardt, /. e). Isolato Wspio ré'spio 
stantio, che non saprei ancor bene se risalga alla base gr. UóTtos 
macilento, pallido, e che s'usa pel pesce frollo, che mandi 
cattivo odore (ad es.: al pìso sa da Wspio) (cfr. appo fieri, 
Arch,lL11 132,11 lucch. rigno^ pur usato in senso metaforico per 
'lezzo'); drsio (cfr. friul. arsìd, triest. arsido, ven. arsio) arso, 
disseccato. 

122. Singolare il rinsaldamento o la dissimilazione in / 
che ricorre in dcito, kdndito acc. a kdndido, /reagito acc. a 

frégido nm. 8n, ló^cito, spr^ndito, sdpHo acc. a sdpio sdviOj 
rò^spito nm. 121, insé^pito, stoppilo (v. schuchardt, Contor. 
cit, 37). Sarà forse effetto morfologico il / che s'ha in skgnto 
*s condito nascosto, come è in spanto. Assimilato in gdngtda\ 
ma risulterà prodotto d' etimo popol. il t che ricorre in 



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44 Dialetto di Rovigno. 

intrupaga^)y fatto quasi sostantivo (di cui v. nm. 15), e forse in 
gré'iita (di cui v. Ascoli, Arch. VII 578; guarnerio; ibid, XIV 
396). Cangia di posto con /: Dulivé'ko Lodovico. 

123. Poco per sé dicono casi di dileguo quali sono: y7^) 
acc. a fide nm. 8, spi acc. a spio spiedo, seppur qui non 
s'ha a fare con un t primitivo (cfr. a. it. spito) del germ. 
spit- KÒRT. n. 7688; bari (cfr. pir., triest. barédOj mugg. baréi) 
sodaglia^); brù kòrt. n. 1361, kumu quomó(do) kòrt. n. 
6589; kdj, rekàj (cfr. nm. i 61, terg. chidje e asooli, Ardi, 
I 528 n); per vùla v. nm. 15. 

124. Sarà analogico il de della partic. parkide; e, per 
assimilazione, riflette certo un / lat. {d it. o ven.) dizdnóto 
decem+et+octo. È prostetico in ddspo aat. haspa aspo. 



P 



125. Di lieve momento, e comune anche ad altri dial., 
il passaggio nella sonora che ci offrono: bé'zl pisum (jiiaov) 
SAL VIGNI, Post. it. 17, biiiéra (cfr. triest., ven., pad. bisera) 
pisellajo, brgnsay se riviene a *prunia o *prunicea (v. 
ASCOLI, Zeitschr. f. vergi. Sprachf. XVII 269; storm, Rom, V 173U 
ibuótaga sorta di mellone cattivo, se è da *apótheca (cfr. 
ven. sbotegosOy sbótego e muss., Beitr. 36 n; salvioni. Misceli, dt. 
p. 408-409); per ibrufd v. nm. 69, fiìlpo nm. 15, fardnla 
nm. 19-20. 



i) Forse in questo rinsaldamento s' ha a riscontrare la tendenza a dar 
esiti letterarj ai nostri proparossitoni, non senza che. come già s' è avvertito per 
/reagito acc. a fré^gido (v. nm. 8 n), e' entri una sfumatura di significato (cfr. 
berg. lamhec). Così il rov. ró"spiio risulterebbe quasi 'stato scabroso', ló"ciio 
equivarrebbe a lustro (ad es. : ddge al ló"cito di inttóbtli)^ kdndito sarebbe lo stesso 
candore, dcito V acido (terra, scientifico), spr^fidUo lo splendore stesso, sdpito la 
sapienza vera e propria; mentre stoppilo presumerebbe dinotare V ignoranza per- 
sonificata, insé^pUo poi sarebbe la sciocchezza medesima. 

2) L'usa nell'affermazione: sè^ la fi affé (cfr. engad. schilafc). 

3) Sebbene l'esito induca a credere, che la voce istro-ven. sia da collegarsi 
con bar (ó) cespuglio, non azzardo altra affermazione se non, che essa ci appare 
d' origine ben antica, dacché figura in un documento del 18 maggio 1444. S. M.: 
"Si concede al priore di s"^. Domenico ed alla badessa di s'\ Biasio di Capodistria 
di poter vendere certa bareda et territorio vcgro et incuUoy 



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I. Appunti fonetici: Consonanti esplosive. 45 

126. Mediano, raramente conservato, ed avranno la lor 
ragione: sJtépa, proprio di quasi tutta T Alta Italia, che è 
dal germ. schiappe kort. n. 7244, e forse qui pure ilapd 
pappare, zldparo (cfr. friul. slapa slofà, -ón, ven. slapar, -on), 
che pare riflettan tutti il tema basso ted. slap kort. n. 
7551; ró"pia sorta di rapa, dove forse non sarà stato 
estraneo il tema che s' ha nell'aat. ruoppa (v. kluge. £/. 
WrtbJ' 306 e nm. 62) acc. a Ró^^pa ni., che deve pur risalir 
a rupe, deróyo; tàparo (cfr. ven., pad. tdparo) ceppaja e 
'sciocco', dove, del pari, si potrà scorgere influenza del 
germ. tappe (donde tàppisch goffo, sciocco); grapd acc. 
a gripid uguagliar la terra colla grappa, se è dell' aat. kraphó 
o rapón kort. n. 4573. 

127. Più comune il passaggio in v: dva, rdva, savnr 
(cfr. ven. savor\ savóiì, luvéHì lupino nm. 43, sh'iva nm. 15, 
stc'va stipa, kavi nm. 53, navùdo nm. 115; pìlvare nm. 66, 
kdvara nm. 25; per ti vado, -edo v. nm. 121. 

128. Dileguato in kdo acc. a kdvo nm. i. 

129. Non ha nulla di specifico il degradamento in v del 
P nel nesso PR: kavrìlo, kavriól (acc. a kdvara), levrìto 
acc. a l^prio; ma è ben singolare il mutamento che s' ha 
in parknéHito prakné'nto per ^propinquo'. 

130. Dileguato in ztìra (v. nm. 15), stirdno acc. a, stwrdiio, 
sitprdno, suranici vitello sopra V anno, pelle novella d' animali 
giovini. Sembrano poi voci letterarie: aprc'ìe acc. ad avré'L 
uópra, uprd. 



B. 

131. Iniziale, costantemente intatto, ed occorre appena 
ricordare V esempi, istriano-comune hdro gambo, cespuglio, 
che pare rifletta una base celtica (cfr. scijuchardt, Zeitschr, 
/. r, Ph, IV 126; KORT. n. 106 1), biro, che, pur indicando ciocca 
di capelli, od anche un solo capello, ne sembrerebbe allòtropo 
(^cfr. a. ir. barr capello, gael. barr cima, com. barn/, parm.. mir., 
mant., ferr. ber(r) ciuffo) ; basidio facchino, pur comune a buona 
parte dei dialetti italiani, nonché al greco odierno (cfr. gr. od 
^actd^og e muss., Beitr. 32; flechia, Ardi. Vili 331; kort. n. 



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46 Dialetto di Rovigno. 

1076; G. MEYEK, Contor. cit. voi. 132 — VI. Abh. — ^6-17), 
bóHo (cfr. ven. hiilo, friul. btildde^ rover. httllo) vagheggino, 
ed è forse dal germ. buhle(?); zbardja sbirraglia; bó''nho voce 
onomat. per dinotare il bere, che ricorda il bua, citato da 
Nonnio Marcello (cfr. it. bombo, sard. log. bumbo, ecc. e caix, 
St. n. 209), bó^ve voce del -pari infantile per 'male', e che fu 
messa già in relazione col verbo fiodcj (cfr. tose, sard. log., 
cors. buUy sass. bubùa, ecc. e guarnerio, Arch, XIV 390; baist, 
Zeitschr,/. r. Più VII 116). 

132. Mediano, di raro conservato: iribtilà affaticarsi, va- 
bimba (in unione a Dé'o) rimeritare, ^anbó^go nm. 96; sdbo 
nm. 116, dibato nm. 8, taré'bnlo nm. 45; Cubdn ni., che sarà 
derivato da có'^'bo uomo grasso e 'talpa' (per cui va veduto 
forse il germ. zobel, russ. sobolb^ rum. soból, quest'ultimo, 
come in Istria, nel significato di *talpa'). 

133. Degrada normalmente in v: taviéla tabella, tavo- 
letta di mattone (cfr. friul. tavole, ven, favela), tavdna (cfr. ftiul. 
tavdn) tabano, laviól nm. 55; per frdvo, fricva, frav^r, 
ecc. V. nm. 73; pel suffisso -ivolo da -dbile v. nm. 2. Isolato 
bruto d' etimo non ben accertato, per cespo, quantità e ^trecce 
di pannocchie di grano turco, legate insieme'. 

134. Sottaciuto in bajulko, che è esempleire di ben 
diffusa ragione (cfr. kòrt. n. 1380), tnóla nm. 16, e nel prenm. 
voc. bdra acc. a bdrba (cfr. pir., dign., poi. bdra e tappolet, 
Die rom. Verwandtschaftsnamen p. 105; g. paris, Rom. XXIII 
336), del pari che in lé'ra libbra; só^'rOj per cui v. nm. 31. 

136. Rinsaldato in p\ parléh'i 'bleu di Berlino', per 
confusione con 'perlino', o per riproduzione di profferenza 
straniera; (f) PréHa ni. (s.*) Brigida; per pttrdzana v. nm. 109, 
per Idnpo nm. io. 

136. Inserito (e parrebbe procedimento ben antico) in 
kdnbara kdnbra, kanbariér, -a, kanbardta (cfr. a. lat. camberata 
e LANDGRAF, Avch. f. L L, V. Gr. IX 437); per ins^nbro, insanbrd 
V. nm. 72. 



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1. Appunti fonetici: Accidenti generali. 47 



ACCIDENTI GENERALI. 



Accento. 137. Arretrato: dtiónisi donna si, duónino 
donna no nm. 93, misiérsi messer si, misiérno messer no 
nm. 28; san Fili san Felice, che è desinenza nominat; lé\sia 
lisciva. Pare ritratto sul tema, ne' nessi sintattici, dietro air im- 
perativo di certi verbi, seguiti da alcuni altri, per lo più di 
I conjug.: véme a Uva; va a lé'ga va e lega; véme a gó^da 
vieni ed ajutami; vdtttlu lidia va e trovatelo, ecc., dove si 
tratterrà di coordinazione con T a (a e) geminativo di due concetti, 
in origine già indipendenti (v. Ascoli, Arch, XIV 453 sgg.); indi 
in ùìzti^ e neir esclam. ^f, gi Gesù, Gesù!; per zbuótaga 
V. nm. 125. Qui forse anche: hilé^a (cfr. friul. culie), knsté'a 
(cfr. friul. cnstie, ven. cnstìa) costei, Wa (cfr. friul. lie^ a. ven. 
He) lei, essa. 

138. Protratto: mio, Dio ^ù (in unione a vdrda) nm. 
61, dtilé'e (cfr. friul. dulìe e nm. 11); kuguja "^ co culi a per 
*co(cula)+(con)chylio, e fors' anche kaptìl picciuolo e ^sorta 
d' alga sottile, sporgente dal mare' (sargassum linifolium), se 
riviene a e apulo o non piuttosto *capùclo per * capitalo 
(cfr. soprsilv. capiìlj, grdn. kapula forma del cappello e ascoli, 
Arch. VII 515; KÒRT. n. 1615); figliòla zguóla barra del timone 
(v. QRÒBERjArch.f, l.L, //. Gr. V 235-36); sigaro, che è esempio 
ben diffuso (cfr. fieri, Arch. XII 124); per kumu v. nm. 123, 
per mangré's v. App. less, s. v.; mtizé'na salvadanajo. 

139. Dissimilazione. V. nm. 6471 8891 112 119 122; e 
qui s'aggiungano: rusingl, ré'spio nm. 121, pinó''ra s. di forfora; 
livaré'so riverisco; cdknla, cé'kara (dietro la pronunzia a. sp. 
prtg. od a. messic. jicara chicara) chicchera. 

140. Assimilazione. V. nm. 21 23 27 28 35 39 43 65 76 
^7 91 93 122; indi: cuòra (cfr. it. ciolla) cornacchia e ^donna 
sciocca' (v. LORCK, /. e. 174-76), gruória; duódula lodola, 
g angui a gianduia (cfr. s al vigni, Misceli cit. p. 414 n). 

141. Prostesi. V. nm. 25; istiso. Per casi di consonante 
V. nm. 62 79 85 III; cui s'aggiungano: zviérlo guercio, 
zburtd urtare. D'ordine sintattico sarà Vi, inserito dopo il 
pron. di i* sng. e di 3* pi. (mé^ i vago, ecc.), seppure qui non 
s* ha a fare con un avanzo di pronome, come è elem. pron. 
Va egli (neutr.). 



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•io • Dialetto di Rovigno. 

142. Epentesi. Di vocale: nm. 25 38; cui aggiungi: 
furigd. Di consonante: nm. 7 48 66 72 89 136; e qui pure kara- 
kdnto karrakatu (bryozoa ecc.), spiana "^'planula pialla. 

143. Aferesi. V. nm. 24 30 37 41 46 50 65 79 90 102; indi: 
arca marcia, arsé'sio esercizio. Qui s'aggiungano: hisiddrio 
abbecedario, nìga annega, knistd acquistare; mé'na cammina; 
na mdre donna madre; uórpo corpo, knórzi accorgersi; sptiótako 
dispotico; Izabiéta npr.. e forse anche: skéh'i meschino, stó"lto 
astuto, ranhdjo arrembaggio, tanpirie intemperie, rigore, miéìa 
lamella, coltelletto; Miérike Americhe. 

144. Ettlissi. V. nm. 25 37 38 55 56 67 82 102 107 no 
118 123 128 130 134; e v'aggiungi: sa zia; naspiérsaga noce- 
pesca. 

145. Apocope di e o di 0, dopo liquida, ecc.: nm. 
32 42. Di consonante o sillaba intera: nm. 70 86 87 
116 117; e vi si aggiungano: tiérma nm. 9, ttild tavolato, 
pid piano, fallo (nel giuoco)^ tagnr nm. 44, kttófa nm. 9O; Uva 
lievitato. 

146. S u o ni e o n cr es ciuti. V.nm. 2 1 66 ; e ninfiérno, nc'nfari. 

147. Abbandono di la- /-, perchè creduto articolo. 
V. nm. 66. 

148. Metatesi. V. nm. 73; ìndi: Jìlninmé'a nm. 39 (cfr. 
sALvioNi, DiaL d^Arb, 53; ascoli, ^rr^. I 65)^ karlinito kralinìto, 
arlìvo, arlevd nm. 72; e qui pure: vi^ilató^^ra (cfr. mil. vigila- 
ttiré) villeggiatura, riluójo, Targnda ni.; per tartmzd v. nm. 
39; inazdi gemelli, fnaza^én (cfr. ven. mazaghen) magazzino. 

ftili^iér focolare, taliéfrako telegrafo (cfr. cai. talefracti, abruzz. 
talefr§k§), /^rjo rugghio, wr^a ruggire; invé'dua *intibea indi- 
via, r^^^^ma rumigare nm. 43, rikné'la nm. 102; kanafé'rttìa 
caraffina, canna mobile, cosa leggera nm. 23; inda ellera (cfr. 
bellun. érola) ; kdlago nm. 35, karaggl; Ditlivé'ko, Durlé'go Oldarico. 

149. Attrazione. V. nm. 3 4 66 19-20 55; e qui pure 
bdila balia. , 



li. APPUNTI MORFOLOGICI. 

150, Metaplasmi. Normale il passaggio dei femminili 
di terza in prima: dva^ friéva, v^sta, siérpa serpe, sederino, 



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II. Appunti morfologici. 49 

vé'daj dilata, sfalsa, radé'ga, panié'za, fiirttàza; siénara, an- 
gó^'zaua, (pira) pihuaga, ziivana; kur^Jita, daspuséitta im- 
potente, debole, par^nta, ecc. Questo passaggio poi è di 
regola per alcuni nomi usati soltanto al pi.: sudùre, rìde 
reti, Jìéle (v. nm. 7), fuórfe\ pilvare pepe, kdlcere^ ùrdane 
(cfr. a. it. la ordine), fiùre fiori del vino, sìzule tempo della 
messe, vaiidime; /gre campagna. — Femminili che passano 
dalla terza alla seconda: cavo, ti io, buio, turo, /uso, ni(niio, 
z^nto, I^nto lente, karno, kùrto corte, mttórto, nuòto, ecc. 'v. 
nm. 29). — Maschili che passano dalla terza alla seconda: 
ramo, salddmo, katramo, viérmo, trdvo, d^nto, lato, frato, Jtó"mo, 
knstr(?'mo, piso; pó"lazo, sé*mizo; Jinélu, kanpané'ln; stitéHn, ecc. 
Singolare sardino sorta di rete da pescar sardelle, che s' u^^ava 
oltre un secolo fa a Rovigno *): ^^arbdmo garbuldmo tutta 
sorta d'erbe mangerecce, che saranno co\\ettW\\ ifipusé'balo, 
pars(i)anwolo, fràgilo, 

151. Genere mutato; maschili in femminili: finr fior 
della farina (cfr. a. lomb. fior, piac. fior polvere bianca 
che ricopre le bucce di alcuni frutti e salvioni, Arch» XII 
404 XIV 2o8j; l(?'mc'j fé'ga, che è quasi comune a tutti i 
dial. deir Istria ven. (cfr. vegl. fdika), sùlsa solco, pur ben 
esteso in Istria, tiérma, liéma lamento, (avana tafano, kalur, 
amtìr; femminili in maschili: pasto, che è anche del ven. e tose, 
paliéo pelliccia in cui s'involgono i bambini, burdzo borrago 
officinalis, che, assieme al primo, risulta anche desinenza di 
nominativo ; lagrami nm. 1 2 ; lealé'zane, ró''zane\ rido pezzo di rete. 
Qui pure V agg. kùdo knddlbo ultimo. — Appajono usati soltanto 
al pi. e son fem.: garbile rumex acetosa, uve uova dei pesci 
e degr insetti; lénpure, kàlc ere, varale vajuolo, ab^nsie, parlin^nsie 
(V, App. less.), buné'sle iv. tbid.); pilvare, sul/are (V. nm. prec). 
E sono masch.: saldaliéri nm. 71, sknaniéri nm. 4, filiéti 
'^filetto (v. PIERI, SuppL all'Arch. V p. 88; kÒrt. n. 3251), 



M Cfr. DUHAMKL Du MONCb'AiT, Tratte general des Pesches . . ., Paris. 
Seconde partie (1772), p. 465'': „A Rovigno en Istrie, presqu'isle dans l'Etal 
de Venise, la péche la plus considérable qu'on y fasse, est celle des Sardines. 
Pour prendre ce poisson. on fait une grande enceiflte avec des manets qu' on, 
nomme Sardino ; on y attire les Sardines avec des crabes qu' on pile et qu'on 
jette au milieu de 1' enceinte'\ . . . Devo questa notizia alla gentilezza del prof. 
Schuchardt. 

Ire, I dioletti. 1 



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50 Dialetto di Rovigno. 

palpìjri nm. 8, franté'si frantumi ( v. App, less,\ murkadc^si 
olio con morchia (v. ibid.), 

162. Casi. Parrebbero residui di desinenza nominativale 
e di casi obliqui: sgr, pi. suriìre^)^ (cfr. a. ven. sore, accus. 
sorore, sl, lomb. seror sevo e mkyeh lùbkk, //. Grm» 202); fra, 
pi. fraddi, barba, pi. barbdni zìi paterni e materni, n^vo, pi. 
naviìdi. Tipo di nom.-accus.: viérmo; e forse qui pure 
andrebbero: drbo, pi. arbitri, marmo, pi. mdrmnri e mdrmtire 
sorta di pallottoline di marmo, e, sebbene isol. ed in dizione 
poetica, Qmiiie acc. ad gmo. Per tipi di caso obliquo non 
avrei che mujér\ eJ avanzi di declin. sembrerebbero i nomi 
locali: (san) Fili (s.) Felice, (saii) Prnti (s.) Proto, (saii) Paldj 
acc. a Paldjo, {san) Vins^uli; cfr. BiANcnr, Arch. IX 380^). 

153. Numeri. Ritorna al pi. la forma specifica del sng.: 
Qmi, viérmi. Del resto: amé^go, amé'^i, -si nm. 99, anté'ki acc. ad 
anté'£i. Per il tipo sng. fé'o, fiól, cfr. salvigni, Arch, XIV 
228 n. (Il sng. Jiól è usato soltanto nella locuzione enfatica: 
fiól d^ un kan, ecc., sebbene, come avviene nel ven., non abbia 
sempre il significato d'oltraggio). Del rimanente, il pi. dei 
desinenti in -illu risulta per lo più in -/: hiì, kavi; quello 
dei nomi in -ellu in -dj: buda], ecc.; il pi. di quelli in -ólu 
in 'tiój: hiartaruQJ, ecc.; v. nm. 53. 

154. Comparazione: ^wo/o e /?/Vio, adoperati anche per 
me li or epejor; però ricorrono pur le forme di comparativo 
mijur, pijùr, e persino pió"n mdjo, pió"n piézo, ed anche il 
superlativo bilité'simo (v. monaci, KJB. I 135). Incrociamento 
di 'major' e 'melior' s' ha in mijuré'n acc. a ma^uré'n 
maggiorenne. 

155. Numeri ed aggettivi numerali: óSi ó"na; dui, tri, 
ktidtro, sé'nkue, sé'e, siéte^ (vjnóto, nuòve, gìie, Qndaze, dùdaze, 
tridaie, kuatuórdaie, kuéHidaze, sidaze, dizi siete, dizduóto, diz- 
lìuóve, vé'nti, vé'nti ó"n, ecc.; trenta, kuardnta, sinkudnta, sasdnta, 
satdnta^ (v)utdnta, nundnta, sptto, sptto e véhtti, ecc.; duz^ito. 



1) Il Maestro veramente ci dà {Arch. I 445 n) anche un ma sorùra (sDg.^^ 
che io non ho potuto constatare, nelle mie ricerche. 

2) Non mando fra questi avanzi di casi obliqui la forma lat. né'nfari (per 
lo più in unione a ié^ od a.ptwrtc)t che è del tutto letteraria; e neanche 1' avverbio 
amuraddi per *araor di Dio'. (Cfr. ven., rover. amorcdéi, berg , mil., com., piem., 
parm,, piac. ecc. amoredéi amorevolmente, gratuitamente). 



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II. Appunti morfologici. 51 

trdz^nfo, ecc.; mé'le (mé'le utu s^nto e ttunànta nuòve) \ dui méHe, 
milànta\ un milión;pré'mOy printer nm. 4,sagQndo, tiérso,kuàrlo, 
hiéhito (kuindizéHta), siésto, siétamo, (v)tttdvo, nuóno, diésimo, 
-a; un santaniér, un micr, dui miéra(e)^ ecc. 

156. Articolo. Le forme deir articolo determinato sono: 
al el 7 Ili V\ la V\ pi. /, //; per l'articolo combinato colla 
preposizione: del, déla\ dèi di(i), déle, déli\ ài, dle\ dai, ddle\ 
ktd, kùla\ par al In, par la; fra Iti H, fra la, ecc. Costante 
poi la combinazione deir articolo con intus (cfr. salvioni, -4rc7/. 
XIV 247): intid, intùia; intùi, iniùle, in le; knn dóHi, kun dó"na, 

157. Pronomi personali. Forme nominative, adoperate 
specie nella flessione verbale: sng. me', ié\ ecc.; del rima- 
nente, nell'enfasi: mé^o, téh; pi. ni'ii, nùi(ni-) altri, vni,vùi dltri; 
terza persona: /ó", gii (sogg.), lu (ogg.); ^ila la; lùri giti; Iti/re 
gilè. Forme atone: o [suòno? sono io?), to: {sònto? sei tu?), che 
ci richiaman V antica Venezia e 1' odierno gradese (cfr. ascoli, 
Arclu XIV 332); del resto: me, te, se acc. a ma^ ta, sa, per 
ambo i casi e numeri. Riflessivo: se sa; pi. ^nde 'nda inde, 
ve va, se sa; dat. sng. e pi.: gè ga di ragione, il primo, ben 
diff*asa (cfr. salvioni, 5/. <i. / r. VII 195-196; Marchesini, ibid. II 
15-16); accus. sng. e pi.: lu, la; li, le. Per Va pronominale^ pur 
assai esteso, v. salvigni, ^rc/j. XIV 251 n.; St.cit. p. 194, nonché 
gli App. sin tati, 

158. Possessivi. Forme accentate : sng. masc. : miéo miéjo, 
inóvo tuòjo, suòvo suòjo; pi. m^iéi, tuoi tuòvi, suoi suòvi; fem.: 
"tniéa, tuòva, suòva; pi. miée, tuòve, suòve; per ambo i generi: 
ngstro, -a, vgstro, -a; ngstri, -e, ecc. Proclitici: me ma, tu, su, 
per ambo i generi e numeri. 

159. Dimostrativi: kuisto, -a; kuisti, -e; kuil, -a; kui, 
kuile. Forme atone: stu, sta; sti, ste; listtso lustiso, madìmo 
acc. a madìzimo (cfr. ven. medemo). 

160. Altre voci pronominali (aggettivi interrogativi, 
relativi, ecc.) : ^/,, che s'usa sempre anche peir obliquo indiretto, 
più di raro ke: Sempre obliquo diretto ka\ tal(u); tdi, idle; 
kuàl(u), -a; kudi, kudle; kualkó"n kalkudòHi; kudlko kdlko, usato 
anche qual sost. neutr., per ^qualche cosa' (v. n. 102); kudnti, 
tanti, altratdnti, kudnti mdi, parici, purasié i.v. nm. 3), tdnti 
mài moltissimi; puòko, -i; iniò'% ningò''n, nankò^'ii, siertidò''niy 
i mi sié kudnti non so quanti. 



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52 Dialetto di Rovigno. 



VERBO. 



161. Quanto ai tre tipi della conjugazione, s'avrebbero: 
per la I: katd, pansa^ favalu\ per la II: spandi, kridi^ duórmi, 
ingri; pella III: villi, pndi, viné'\ Jìné\ pinié'se, ecc. 

162. Non infrequente il passaggio dei verbi lat. in -ere 
alla classe in -ere: rc'di. vidi, tdzi, pidztj movi, raspóndi, ecc., 
del pari che il trapasso dei verbi in -ere alla classe in -tre: 
fami, villi, pari, sustiné'\ ecc. Per qualche passaggio di verbi 
in -ère alla, classe in -are, v. nm. io; e per il ridursi ad -/ 
deir ^ atono, nell'antica penultima dell'infinito, v. nm. 28. 

163. Desinenze personali. L' -/ per 1' -a atono di i^ 
prs. sng. ricorre solo sporadicamente (v. meyer-lubke, //. Grm, 
219): vuoi, ptiói\ del rimanente, sempre -o. Del -5 di seconda 
risultan avanzi, in parte tralignati, al nm. 84. Per V -o che 
sostituisce V -e atono di 3''^ sng., v. nm. 29. Quanto alla i^ ed 
alla 2» prs. pl.^ s'introducono 1' -émo e 1' -i(de) pur nella I con- 
jugazione (cfr. nm. 2). 

Indicativo. 164. Tema del presente. Frequente, 
specie nella I conjugazione, l' accrescimento nelle quattro 
persone critiche, che si determina nel tipo -i-o i* prs. sng., 
-i-i 2^ prs. sng., -f-a3*prs. sng. e pi.; per cui va veduto ascoli, 
Arch.l 440 n II 151 n VII 605 a Vili 112-113IX 162: ma so- 
prattutto MussAFiA, Ziir Pràsensbild, ini Roman, (Wien, 1883), 
p. 58-70^) e 8CHUCHARDT, LitbL a. 1884 (n. 2, col. 63); però 
una differenza vi si manifesta tra il congiuntivo, che ha -i-o 
per la 3'^ sng. e pi., e l' indicativo, che serba -i-a per le due 
anzidette persone. 

Indicativo. Congiuntivo. 

me' i baruf-i-o (ka)mé' i bar uf -i-o 

te' ti barnf-i-i (ka) te' ti barnf-i-i 

/ó" al baruf-i-a (ka) /ó" al baruf-i-o 

uni i bariifémo (ka) nùi i barufémo 

vili i bar ufi (de) (ka) vili i barufi(de) 

lari i barnf-i-a. (ka) lari i baruf-i-o. 



1) Una lunga serie di verbi rov., colle persone critiche aumentate, fu da noi 
fornita, anni or sono, al Maestro. 



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II. Appunti morfologici: Verbo. 53 

165. Imperfetto. Già al nm. 2 s'è accennato air assi- 
milazione fonetica di tutte e tre le conjugazioni, per cui 
queste, in causa del propagarsi dell' -iva della IV it., si 
ridupono tutte all'unico tipo -iva, ecc. Nella i* e 2* pi., 
poi, le desinenze addivengono ad -tèmo, -ijde (cfr. a. frc. 
juriemeSy juries). Appare, però, anche qui, nella i^ e 2* 
pi., r / pronominale che vedemmo figurar, sebbene isolato, 
nella i* del presente: / ^iricmi, i iiétìdi, i fìvi, i siivi, ecc.; 
V. nm. 40. 

Congiuntivo. 166. Presente. NuU'^ltro è da osservare 
se non che non differisce per nulla dall'indicativo, all' infuori 
della 3* prs. sng. e pi., desinente in -o. Il congiuntivo latino di 
piuccheperf. subisce l' assimilazione che già s' è notata pel- 
l'imperf. indie: maiìiso, kantiso, ecc. Per la i* e 2* pi., vale 
quanto s'è detto al nm. 163 dell'indicativo. Doppio riflesso 
presenta diébio acc. a diébia dttóbia. 

167, Condizionale. Nelle tre persone del sng., prevalgon 
le desinenze ven., proprie di tal modo: -avo, -avi, -ava; nella 
I* e 2« pi., però, riappajon le desinenze dell' imperf. sogg. 
(piuccheperf. lat.) : -isiémo, -isij(de), e solo nella 3* ricompare 
la desinenza caratteristica -avo. 

168, Infinito. Oggi normale il dileguo dell'ultima sillaba 
^v. nm. 70), e solo nella dizione poetica ricorron le desinenze 
toscane: -are, -ère. Cosi s'ha -a da -ère, -ire^ per iscambio 
di conjug., in rida, pianzd, tnsd (v. nm. 162). Per l'accento 
apparentemente ritratto, v. nm. 137. 

169, Gerundio. Di verbi di II conjug., foggiati sul- 
l'analogia della I, sarebbero esempj: (a)vidndo, sidndo (cfr. 
lucch. stando), ptididttdo^ dnhidndo, hirdndo, sapidndo, dizdndo, 
ridando, veddndttlo; piantando, karddndo, ecc.; v. nm. io 39 168. 
Ed il caso contrario: kant§ndo, m aliando, lavttr^ndo, lustrando. 
ka^§ndOy ecc.; v. nm. 6. 

170, Participio. Oltre ài participj in -a, -dda; -ó", 
'ó"da; -é\ -é'da; -io, -s(o), va notata tutta una serie di 
participj forti in -isto (cfr. Ascoli, Arch. I 459 IV 393-398): 
marisio, hirtsto, sptirzìsto, ttikisto, piazisto, tazisto, savisto, 
pudisio (acc. a pttsió"), kardisfo, gttdìsto, dtirmìsto, ardisto, 
skunfiindistOj sadisto ceduto, vttlisto (acc. a vttsió''), nldisio 
(acc. ad nido") udito, diivisfo, ecc.; nonché singoli participj in 



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54 Dialetto di Rovigno. 

-US (-Òso): raspa s, naskus, hirispns. Per skóuio, spanto y 
V. nm. 122 e salviont, ìS^ d. f. r. VII 214. 

171, Participio presente in funzione aggettivale: 
studiéntOf laviir§nto, traskur^nto, pufiz^nto (cfr. nm. 6); intrdnto, 
spariììpito, buli^^nto moventesi. 

Elenco di verbi notevoli: 172. /V5/ *essere esse (v. ascoli, 
Arch. I 442): .90//, son, zi, sifiémo siémo, sini(de) si(de), zi; 
giro, giri, gira, giriémi giriéndi, gtrij(de), £ira\ sarte, sarte, 
sartia, saremo, sari(de)^ sartw; sardvl, sardvi, sardvo, fusiémi 
ftisiénsi, fusi] (de), sardvo ; sé'o, sé', se'o, sinémo siémo, sint(de) 
side, sé^o\ filóso, -i, -o, fiisiémi fiisiénsi, fiisij(de), filóso \ prtc: 
stdj -àda\ stàdi y -e, 

173, avi vi habere: ié, ié, nò, avémo verno, vi(de), tió\ (a)vivo, 
'i, -a, (a)viémi (a)viéndi, 'ij(de), -iva; (a)varié, varie, vantò, 
(a)varémo, vari(de), vartió\ varavi, -/, -o, (a)visiémi visiénsi, 
-ij(de)y varavo; iébio, -j, -io, (a)vémo, (a)vi(de), iébio; (a)viso, 
'i, -0, (a)visiémi visiénsi, (a)visij(de), (a)vìso\ prtc: W", -da: 
bó''di, -e, 

174. duvi debere: divo, -i, -o, dtivémo, dttvi(de), divo; 
dtivivo, "i, -a, dìivìémi dtwiéndi, dtivij(de), dtiviva ; dtivarié, -ié, 
-tió, dtivarémo, -i(de),'tió\ duvardvi, -i, -0, dtivisiémi dtivisiénsi, 
-sij(de),duvardvo\ diébio dttóbio , -j , -io -ia,duvémo, -i(de), diébio 
dtióbia; duviso, -i, -o, duvisiémi dtivisiénsi^ -y(de), duviso. 

176. Villi *volere velie: vuoi, vuoi, vgl, vtilémo, vuli(de), 
vgl; viilivo, -ivi, -iva, vuliémi vuliéndi, -ij(de), -iva; vularié, -ié, 
-tióy vularémOy -i(de), -no; vularàvi, -i, -0, vtilisiémi villi- 
siénsi, vtilistj(de), vulardvo ; vuójo, vtiój, vtiójo, vulémo^ -i(de ), 
vtiójo; vuliso, -i, -0, vulisiémi vulisiénsì, vtilisij(de), vtiliso. 

176. pudi *potere posse: puoi, puoi, pgl pul{+dd), 
ptidémo, pudi(de), pgl; pudivo, -ivi, -iva, pudiémi pudiéndi, 
-ij(de), -iva; pudarié, -ié, -no, pudarémo, -i(de), -tió; pudardvi, 
-avi, -avo, ptidisiémi pudìsiénsi, ptidisij(de), pudardvo; pnóso^ 
-i, -o,pudémo,-i{de), puóso; pudiso, -i, -o, pudisiémi pudisiénsi, 
-isij(de), pudiso. 

177. savi * sapere: sié, sié, sa, savémo, savi(de), sa; 
savivo, -i, -a, saviémi saviéndi, -ij(de), -iva; savarié, -ié, -uó, 
savarémo, -i(de), -uó; savardvi, -i, -o, savisiémi savisiénsi, 
-isij(de), savaràvo; siépio, -j, -io, savémo, savij(de), siépio; 
saviso, -i, -o, savisiémi ^avi^iénsi, savisij(de), saviso. 



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JI. Appunti morfologici: Veibo. 50 

178. f/Y/t/' venire: viéno^-i, ven, vinémo^ -i(^^)^ ven\vinìvo, 
-ivi, -iva, vìùiéml viùiéndi, 'tj(cfe), viùiva; viiìaric, -/V, -iió, vina- 
remo, -i(de)y vinariió\ vinaràvi] -i, -o, vinisiémivinisiénsi,-isìj(de), 
viùardvo', viéfio, -/, -o, viiìémo, -ifde)^ viéno\ viiìiso^ -i, -o, vini- 
siénii vinisiénsiy vinisij(de)^ vintso, 

179. zé^ *zir ire: vago, va^^'i, va, zémo, zi(de), va\ 
zivOj -/, -a, ziémi ziéndi, -ij(de), ziva\ zarié, -té, -nò, zarémo, 
zari(de)^ zaruó; zardvi, -/, -o, zisiémi zisiénsi, zistj(de), zaravo: 
vago, vagì, vago, zémo, zi(de), vago-, ziso, -i, -o, zisiémi zisiénsi, 
zisij(de)y ziso, 

180. ai *tjor tollere: cùgo,cù^i, cu, culémo, -i(de)y cù\ 
e ni ivo, -ij -a, culiémi cnliéndi, culij(de), cnliva\ ctilarié, -ié, -uó, 
culavémOy -i(de), ctdaruó\ ctdardvi, -i, -o, ctdisiémi ctdisiénsi, 
-isij(de), cnlardvo\ ctigo, cti,^i, -o, culémo, '-i(de), cùgo\ cidiso, 
-/, -o, ctdisiémi cidisiénsi, adisij(de), ctdiso. 

181. da dare: daga, da^i, da, dèmo, di(de), dà; divo, -i, 
-iva, diémi diéndi, dij(de), diva; darié, -ié, -tté, daremo, dari(de), 
dartió; dardvi, -i, -o, disiémi disiénsi, -ij(de), dardvo; ddgo, 
dd^^i, ddgo, dèmo, -dì(de), ddgo] diso, -i, -o, disiémi disiénsi, 
-ij(de), diso, 

182. /a facere, sta stare, conjugano in tutto come il 
precedente. 

183. Avverbj, modi avverb. e partic. Per vtdani^ra 
V. nm. 4, per altri desinenti in a v. nm. 23. Notevole mti ki 
magis quid ma che, di cui v. nm. 22, mai mdide no; per 
iìitiri V. nm. 15. Sembrerà specific. istr. sa qua, a destra acc. a 
sii a sinistra, nelle voci esortative pei buoi, cavalli, e nella 
funzione enfatica; a lai accanto (cfr. ven. a lai, a. ven. a lo 
ladi al fianco e salvioni, Giorn. st XV 269, Nuov, Post, it. 14), 
andnti danànti\ darakào i v. nm. 26 e morosi, Arck, XI sóó"), da 
dré'o, Vida nm. 15, dasptiói nm. 16, dtdgngo nm. 26, da 
Jìté'vo in realtà; a dasté'ro (cfr. vali, distiro) disteso, tosto 
nm. 86, ins^nhro nm. 26, in-ktigtdtiói in-hifidt^ói 'accoccoloni', Ignei 
nm. 14, da largo lontano, da gramdl *gran male' a stento, 
appena, inpiér invir invece; par amtir ^propter (v. ascoli, 
Arch. I 25 n. X 254; biadene, St, d. f, r, VII 118), a pgsta 
giacché, bgn bgn si si; in ó^'rtema da ultimo, listiso egualmente; 
knn da miéno a meno. 



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56 Dialetto di Rovigno. 



III. APPUNTI SINTATTICI. 

184u Normali i pronomi pleonastici al 7, /a, //: Tuòni al 
fa 7 butiér Tonio fa il bottajo; sta mnriéda la zi zé'da al 
bàio questa ragazza è andata al ballo; ki master al fa lo"?, ti 
vidi kiìmo ka 7 .f infittré'so stu àrbo?y alnra ste snrùrc li git 
viilìsto ben. Egualmente il pleonastico / dinanzi alla i*' prs. 
sng. ed alle tre del plurale: me' i dizaràvi da nnó\ i viéno a 
kdza mé'o ; nui i siiìémo stàdi a f^ra noi siamo stati in cam- 
pagna; / side katé^vi ve, viti altri, mnriédi siete ben cattivi 
voi altri, ragazzi; / zuvani i zi camddi inpinté'di i giovani 
si dissero pentiti; i gn V u purtdda vé^a la rnóba, i ladri, 
(Per Tuso di questi pleonastici in altri dial., v. specialmente 
feCHucHARDT, Zeitsckr. f r Ph. IV 151; fieri, Arch. XIII 326 
343 \ Comunissimo poi il pleonastico a dinanzi ai verbi di 3*" 
prs. sng. e pi. : una vuoila a gira, ecc. ; a ven Jqra una viéca 
e la ga de*: kumti i savi vui ka prie sto a pigvo?^ a zi vinó^ 
i gmi da fgra. Costante l'uso di a col gerundio: a zfndo, 
a kamin^ndo, a man^ndo, a f andò, ecc.; cfr. nm. 6. 

186. Normale pur V uso del pronome ridondante di 2'' e 
3* prs. sng.: te' ti fà^i\ i f ié culto té'o, i f ié purtd ve' a té'o, 
parki té^ ti son al mdjo de kdza\ /ó" al zi zé' só^n\ ^ila la Vn 
fato m^ti intima batiWna, ecc. Parrebbe duplicato il pronome 
relativo: a, puóvara me'', ki ki ié fato unhn! E sarà ridon- 
dante in locuzioni quali: su m^dre de lo'*] kutsto zi snóvo 
de lo''; al gira suóvo de lùri\ e fors' anche in su fra de sta 
muriéda\ stu su fra defila] stu su fra de Brizé'n; su sgr de 
glia, parsiti ka su fé'a de su àmia sa sptizo kun lo'', ecc. 

186. Risulta omesso V articolo davanti al pronome 
possessivo; ma v'appare come caso isolato: al va là da 
su murùza. E sembra duplicato il predicato: / va dóHi in 
céza, i va\ i fiva inpiatà a vidali, i fivay lo"' al lu sté'ma 
muórto par muórto, 

187. Risultan casi di prolessi: gita gu kuntd 7 kdzo, 
ktimo ka'l gira sta; par kudnto i^npo Barzabó"" ti V ié miso là, 
ka 7 tragatio la z^ntoP, stupro la tiésta biérìa ka vago a turno. 
Sarà forse invertito l'ordine del complemento predicativo: 
sta fimana, ka s^nto kuisto, la sa m^to gran a piurd ; / ;/// ^ic 



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IV. Appunti lessicali. 57 

nànka ki dé've, da gran rnóba biéla ki té piérso; da gran i^nto 
pmvara k* a zi in stn paii, i nn sa ki fa; dafó"nta ma nuóna 
diitva^). E sarà un dativo etico quello che appare in esempj 
quali: sa sin drbo, ka fi son iuta, al la f injìnré'so, me' i fa 
zbrigo la kàrfa; sftì Piré'n al vido, ka sfn drbo ga s* infiiré'so, 

188. Sebbene sporadicamente, ricorre pure il verbo 
Hurnd'y in compagnia d' altro verbo, degradato a funzione 
avverbiale: / iarémo a fuma acc. ad / tttrnarénto a zé'\ Piré'n 
In cdma a fuma. 

189. Regolarmente costruite le proposizioni dipendenti, 
coir imperf. cong. e condiz.: sa me' i viso da zé' la, i fa dizardvi; 
s* i fiisiénsi r^ki, ka ben ki sfariénsi. 

190. Frequente T uso del tipo 'si fa' per 'facciamo'; però 
esteso anche alla 2* prs. sng. e pi.: té\ a ga sa dé^ tu digli; 
nùi, a 5' u capa só^'ii e a sa zi zé'di vé*a noi ci slam levati 
su e ce ne slam iti; vni, a sa fa féhifa da nn sinfé' voi 
fingete di non sentire. 

IV. APPUNTI LESSICALI. 

ab^nsie, usato per lo più in unione a partin^nsie per 

averi e sostanze'. È un latinismo, deriv. da habentia ecc.; 

cfr. poi. parfin^nsia. pad. abenzia e pertinenzia, ven. abenze e 

pertinenze. Il du t amie /. e, IV p. 149) ha habenfia per *divitiae, 

opes'. 

abisé'nsio abis^nsio bisé'nsio assenzio. È voce ben diffusa; 
cfr. vali., siss. abisinzio bisìnzio, poi. abisfnsio, fas. abis^usin, 
dign. abisinzio lisptzioy pir. labipinzio, gali, lanbisizio, vegl. 
ascidnfs, mugg. asinsy friul. assinz, sinz, ven. abesenziOy pad., 
ver. absinfiOj berg. abisinzio, a. berg. asenz, mil. absenzi, pav., 
parm., ferr. assenzi, it. assenzio, sic. assinzin, a. nap. ansintio, 
basso-eng. nsénts, da absinthio acc. ad absentio {dtl^tv^iov), 
proprio già del basso-lat.; v. d' Ovidio, Grndr. I 506 n; lorck, 

134; KÒRT. n. 49; SALVIONI, PoSt. it, 3, NtlOV, Post* tf. 2\ KELLKl?, 

Lai, Volksefym, 62; wòlfflin, Arch. f l. L. n. Gh\ V 513. 



^) Queste formazioni di superlativo son comuni, del resto, anche ad altri 
<lial. dell' Istrìa e della Ladinia centrale. Cfr. nones. : la pii gran bella chiarózza ; 
V era ben gram bruti tèmpi qci! 



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58 Dialetto di Rovigno. 

akadi kddi accadere, occorrere: ini ka da de' non occorre 
dire. È comune, oltre che air Istria veneta, alla Venezia 
antica ed a buona parte dell'Italia; cfr. a. ven. cazir, ven. 
che cade che importa?, rover. cade (no cade dir), com. cade^ 
mil. chad, a. lomb. cage, piem. acade, engad. acader, mont. 
cadé(re), it. accadere, abruzz. accade* convenire, ecc., che saran 
tutti da*accadere s al vigni, Arch. XII 440. 

agtirà agtirià ingurid augurare; v. nm.48, e aggiungi pir. 
agurdy poi. aguridr -^cfr. schuchardt, Vok. II 3 1 3- 1 4 ; muss , Beitr, 24. 

baké'n. Dovunque ricorre, in Istria, questo diminutivo 
(cfr. dign., fas., bakéin baké'n, vali., gali., poi., siss. bakin) serve 
a dinotare giovine toro ed 'uomo grasso e tondo'. Per il 
primo di questi sensi, ci si affaccia, qual seducente ipotesi, il 
derivativo di Vacca', che nelle Glosse si trova scritto pur 
con la media (cosi Bucula: vacca acc. a Vucula vacca dimi- 
nutive, cita il LANDGRAF, lìéìVArch. del wolpplin IX 364); ma è 
presunzione che duriamo fatica a metter innanzi, sebbene 
ci confortino, in questa ipotesi, i varj riflessi de' dial. it. che 
ci dà il PARODI {Rom, XXVII 197), e crediamo piuttosto 
s' abbia a fare, nel caso nostro, con un dim. di 'Bacco'. 
Lo si. dell' Istria orientale ha pure bak per ^taurus', che forse 
rispecchierà un altro tema ; cfr. anche lad. bak becco. 

baldné'na beffa^ sotterfugio (cfr. pir. bai duìna, dign., fas. 
balduéina). L' egual senso ha la voce nei dialetti del- 
l' Alta Italia; cfr. rover., trent. baìduina, berg. baldiii, mil. 
baldnvinna sotterfugio, coperchiella, baìdni furfante; sp. 
baìdào beffa, baldonar ingiuriare, frc. bandet asino; a. it. 
baldovino, sic. bardninn asino, d' etimo non ancor ben accer- 
tato. Secondo il korting (n. 1008), sarebbe da un tema germ. 
bald ardito (donde baldo, baldoria, ecc.); secondo il diez (Et. 
Wrtb, 11-^ 217), da baud lieto; cfr. anche nigra, Arch, XIV 270. 

bdro nm. 131. In quanto dinoti Sgambo, stelo', è ben 
esteso; cfr. mugg. bar (d. dei funghi) gambo, pir., triest. bdro, 
friul., boi. bdro bar cespo, e, per la derivazione dal celt, v. 
SCHUCHARDT, Zeìtsckr, f, r, Ph. IV 126; meyeu-lùijkk, Rm. Gnu. 

I 44- 

bask§ra\ v. nm. 474 e, sempre nel significato di 'astuccio 
di legno di forma conica da riporre il coltellaccio', fas., 
siss. bask^rap gali, bdkara, poi. bdkera. Sarà da *b as(i) caria 



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IV. Appunti lessical . 59 

per '"vasicaria; v. parodi, Rom. XXVII 216, ed il làd. 
hasqiiìra nome generico per gli ^utensili adoperati sui prati 
alpini'. 

biiìgl (deriv. da béhia) stergato; cfr. dign., gali., fas. teina, 
béhia, bina tratto di terreno tra un gran solco e V altro. A 
Sissano, dinota la ^^striscia di terra rovesciata dair aratro'. 

bruto; cfr. nm. 133 e vali, brófo, dign., idiS. brutti, poi. brótolo, 
mugg. brótut pennecchio, friul. brótule manipolo di lino, ecc. 
da filare. 

buldrdza. Ricorre come epiteto di donna ^tozza e 
grassoccia', oltre che neir Istria, in altri dial. dell' Italia e dei 
Grigioni; cfr. berg. boldràs ventre delle bestie grosse, boldrassu 
trippone, piac, ferr., parm. bodriga ventre, piem. bedrassa 
pancia, bedrassù panciuto, friul. bultricc ventricolo, monf. 
biidrach bandrach pigro, pancione, lucch. botracchio uomo 
grosso e corto, cai. vutrachitt pigro; gen. bòdisùn babbione, 
cors. budi^one uomo panciuto; riflessi, specie questi ultimi, 
quasi tutti che sembran rispecchiare un ^axQàxLOv, mentre 
gli altri pare rivengano, sia alla base bot-, che è in bot-ulo, 
sia airaat. bald(e)rich diez. Et. Wrtb. 11^ 105; muss., Beitr. 
35 n; i>iEVii,Arch, XII 128; guarnerio, ibid.'KIV 390; kòrt n. 1009. 

buné^sie dolciumi. In tale senso V usano anche il dign., 
fas.; il pir. ha belidie; cfr. berg., bresc, lomb., mil., pav. 
benis, che il salvioni {Dial, d'Arb. 52) mette in relazione 
colle consuetudini e cerimonie nuziali. Nei riflessi istriani, 
s' avrà forse a vedere immistione sia di 'buono', sia (nel pir.) 
di 'bello'. 

kalisÓHj -a, sopranm. dì famiglia rov., ed epiteto di persona 
'lunga e grossa'; cfr. vali., fas., poi., siss. kalisón, pir., dign. 
kanacóùy mugg. kanicón, ven., friul., mil., com., piem., regg., 
piac, ferr., mant, rmgn. calissón, calissóna, boi. calissón, sillan. 
kalisgn persona d'alta statura, it colascione e fieri, Arch. XIII 
344; RExiER, Gel, 168. 

katadó"ra prezzo che riceve chi ha trovato q. e; cfr. 
anche pir., vali., gali., poi. katadùra, fas. katadó^^ra^ a. ven. 
kataduray mil. cattadór coglitore e muss., Beitr, 43. 

katafdlko. Cosi suona la voce in quasi tutti i dial. istriani; 
solo il siss. ha kadafdlko per ^catafalco'. E di ben estesa ragione, 
e foggiata dietro 1' analogia di 'catacomba'. 



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60 Dialetto di Rovigno. 

katramtmdca, -o fattucchieria, stregamento; voce assai 
diffusa; cfr. pir., poi. kairamondca, friul. catramonàce, ven. 
catramonaciay bresc, berg., pav., com. catramonacia catra- 
moìacia cairimonacia, regg. catramonazza, boi. catramanacia 
raggiro, trama. Se dal greco xata^óvaxog xarcc(iovog *del tutto 
solo', non mi saprei decidere. Non par verosimile, per il 
conservarsi che fa costantemente, ne' dial. it, il nesso -^r-, 
sebbene il Boerio, nel suo diz. (s. v.), annoti: ** parola greca, 
che vale malia". Che e' entri immistione di ^catrame'? A Ro- 
vigno s' accentuan meglio il significato e V origine della voce 
nello scongiuro: ftu me Jd(dé') katramtmdca, parki grigo me' 
nu son, 

katuóco, sopranm. di famiglia rov ; cfr. sass. kattocca 
bugia e ouarmerio, Arch. XIV 392. 

ciruléhì^ -a, epit. di persona ^sciatta nel vestire e dai 
capelli arruffati', bighellone; cfr. pir. cirulìmj vali., gali., siss., 
poi. cirulìn, fas. ciruléhì girellone, ven. ciroìin strambo, berg. 
ciorlt civettino, banderuola, com. ciarla cinciòrla minchione, 
boi. ciurlón bighellone, monf. ciurun-na donna dai capelli 
arruffati. Il caix (St, n. 270) fa risalire tutti questi riflessi 
air angls. céorl (ingl. chttrl zotico) uomo rustico ; ma, nel caso 
nostro, s' avrà piuttosto a fare con un traslato, il nome del- 
l' uccello sciocco per eccellenza (it. chitì, ven. chiù mil., mant., 
parm., gen. citi, cio^ ecc.) essendo passato a dinotare l'uomo 
scemo di mente; v. lokck, 176-177; kòrt. n. 1795 6581. 

có"bOy -a, nm. 132. Dappertutto dove ricorre, in Istria, 
vale 'uomo grasso e talpa'. 

kuncaré'n nm. 98, nome con cui viene anche appellato 
il majale, e par derivato da *concacare'; cfr. a. lomb. 
cunchiao sporco e sàlvioni, Arch. XIV 207. 

hióra, 'O sorta di cornacchia e qualificativo di ^uomo e 
donna sciocchi'; cfr. pir., poi. cóla^ gali, cuòra, friuL core 
cornacchia bigia (corvus monedula), e più sopra cirnUHi, per 
r applicazione della voce in senso metaforico. 

kuóiago trappola, carcere; cfr. pir., poi. kótego^ fas. 
kgtegu, gali, kuótego, friul., ven., pad., ver., vie. kótego trappola; 
bresc. cótega, rover. cótrega prigione. Saranno probabilmente 
riflessi d'un tema germ. kot (cfr. ndd. kote capanna, angls. 
coi, cote, ingl. cot casa, capanna, si. kótec gabbia, cella). 



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IV. Appunti lessicali. 61 

kiUisà (-io) guadagnare al giuoco barando; lapidare; 
kntisóìia baratrice. Egual accezione ha la voce a Dignano, 
Gallesano e Fasana; Valle usa hitìso per ^sasso'. Forse qui 
va pur messo a confronto il nap. coitiare barare, giuntare 
e 'uccidere a man salva', sic. cuticchia Sassuolo, abruzz. cuiijd' 
anfanare. In quanto dinoti 'guadagnar al giuoco', potrà 
rivenire all'etimo latino ""'cotizare aleam ludere, foggiato 
dietro il gr. xorrlisiv, che già ci danno le Glosse (v. land- 
GRAv, Ardi. /. /. L. u, Gr. IX 363). A Dignano, hUisdda vale 
anche ^nidiata'. 

dastrdl parte dell' aratro, che rivolta la terra, braccio 
destro; l' egual riflesso ricorre negli altri dialetti istro- 
veneti. Da dextrale. 

dptto dente e parte dell' aratro, manopola di sinistra; 
cfr. vali., dign., fas., gali. d(^nto(n), poi. dénte^ pir. dènte brac- 
cio sinistro dell'aratro. 

druzidna dar zi dna amante, druda, donna sciatta. Risale a 
*dradjana;cfr. it, lucch. drusiana, pis., pist. trusiana e bianchi, 
Arch, X 388; PIERI, ibid XII 134. 

^ntitna federa; ben dift^uso, oltre che nell'Istria, nella 
Venezia, Lombardia e Romagna, e riviene ad intima; cfr. 
vali, jéntima, pir., poi. éntima, dign., fas. jéntima, siss., gali. 
jintiìna, ven. ant. e od. éntima, friul. léntime l'intime, rover.- 
bresc. ìntima, berg. intènta, rmgn. éndma émda e muss., Beitr, 53. 

jiluó dispiacere, rabbuffo. Il friul., ven., pad., trent, tessin. 
hanno filò per Veglia'; il dial. d'Arbedo firògna, Valm. filéria, 
per il ted. Spinnstnbe, Già il Salvioni osservò, a proposito 
dell' esito arbedano, '41 suffisso -ógna indicar forse che la 
voce in origine non era adoperata senza un certo condimento 
di biasimo" (v. DiaL d'Arò, 54, ed anche prtg. enfiar infilare 
ed ^atterrire', friul. fildde rabbuffo, riprensione). 

fluóce (in unione a/a, dè^ bugie; donde il sost. {m,)flnóca 
sballone, ed il verb. yZw^a infiacchirsi, snervarsi; cfr. siss., poi. 
JÌQca, fas. flQca, gali, fluóca, pir. JÌQce, flgpo^ friul. floss, ven., 
pad. fiosso, rover., bresc, boi. fios bavella floscia, berg. fios 
vano, mil., piem., ecc. fioss floscio, snervato, it. fioscio, 
abruzz. fióce gheriglio, cat. fioche cors. lokku floscio. Saranno 
tutti dall' a ire. fioche (floccus) gkober, Arch. f. l. L. u. Gr. 

II 425 III 508-509; GUARNERIO^ Arck. XIV 398. 



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()2 Dialetto di Rovigno. 

franté'si tritume squamoso, che rimane dalla farina del 
grano turco macinato. Risulta derivato da 'frangere'; cfr. 
vali. siss. /raw//5/, gali. /r//;^//.9/; poh frantumi, ven. sfranhtmiy 
friul. franttmiy \t. frantume, lomb. franciàmm; e, per la forma- 
zione col suff. -iciu, cfr. rov. murkadé'si, bnié'soy inpatadé'so, 
ecc. e MKYEu-LÙHKE, i?m. Grm. II 460-461; salvionl St, d. f r, 
VII 223, Post, it, IO. 

fratéHi parte del mulino a mano, ed è dim. di *frate'. 

frató^so liscia; nel qual senso l'usano tutti i dial. dell' Istria 
veneta, nonché quelli del Friuli e della Venezia. Risulterà, 
a sua volta, dimin. di 'frate', con quella desinenza (^-ó"5o}, 
propria anche del mugg. (cfr. mugg. hekus)\ cfr. vali., gali. 
fraiuso, poi. fr-atón, 

fùfado floscio, molliccio. Pare voce onomatopeica; cfr. 
dign. fóufio, vali, fófido, fsiS.fó'^Jidu; ven. fojio, friul., mil. fojf] 
berg. fofa^ com.fófa cosa molle, pav./q/ì/, piem. yq/b, sp., prtg. 
fofo e DiEz, Et. Wrtb, 11^ 132. 

fuUrdja, si\imex\ta,t fulirajón; serve a dinotare una coperta 
di lana, che si pone sul pane, per farlo lievitare, oppur 
sugli animali, tanto sopra che sotto il basto. In senso burlesco, 
s'usa per 'donna leggiera' ; cfr. a. ven. foraja furaja, a. berg. 
fodraya 'sufl^ultura'. Sono derivati tutti dal germ. fodr muss., 
Beitr, 58; LORCK, no. 

fuól, fuóla mantice. DafoUis; cfr. vali., poi., siss./o/, -a, 
dign., gal], fuóly -a, fas. /^/a, vegl.//^/, triest, ven./ò/o, rover., 
berg. /o/, dial. d'Ert, grdn., lad. /(>/, frinì, fòle foli, beli., mil. 
fola mantice, vaiteli, fól sacco di pelle, sàrd. fodde e muss., 
Beitr, 58; sALvioNi, Post, it, io. 

fuóta fallo, errore, piccolezza. È comune a tutta l'Istria, 
al Friuli, alla Ladinia ed a buona parte dell'Italia settentr.; 
cfr. sALvioNi, Dial, d^Arb, 54; kòrt. n. 3545. 

furigà frugare rimescolando; furigdda frugata; ///r/^'ów 
frullo, frugolino; proprj di tutta l'Istria, e sono di ben estesa 
ragione. Riverranno probabimente a * fori e are con immi- 
stione di fur, che s'è confuso con furca; cfr. vaW.foligd, dign. 
fiiligd, pir. fulincd\ ven. furegar, friul. furigà, pad. fur egare, 
boi. frugar^ it. frugare, cova, forugd fura (Pose.) rovistare per 
la casa in cerca di cibo, fur tramestatore ; it. frugolare, rover, 
fur egatta frugolino, faccendiere, piem. frojé, rmgn.frughé, gen. 



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J 



IV. Appunti lessicali. G3 

fruga, regg. frughér; friul., piac. frngnd, piem. f rogne, lomb. 

frugond, sass. fnmtggd; ire, ftireter, frc. mer. fura, fonruna, 
sp. huronear, ecc. ed il geniale articolo del Maestro, intitolato: 
Keltorom. frog-, frogn-, Zeitschr, f. r, Ph, XXI 199 sgg.; 

GUAKNERIO, Avch. XIV 395. 

gajdndra testuggine di mare e attrezzo di legno o di 
ferro, usato dai cavatori; specialmente nel secondo significato, 
conosciuto da tutti i nostri diaL; cfr. friul. gajdndre, ven. 
gajandra,\t. galana e muss., Beitr. 60; ascoli, Ardi. X 9n. Per 
r etimo, V. oltre il gr. iskévr]^ %élvÒQo^ anche gulaia (testudo, 
quam vulgo golaiam dicunt) loewe, Prodromus coiporis 
glossar orum latinorum (Lipsiae, 1876) p. 417. 

ganbil^ sopranm. d' uomo. Conformemente s' ha a Valle ed a 
Sissano ganbél, a Dignano, Fasana ganbil; cfr. a. ven. gambello 
ganbelo, ven. gambelo pelo di cammello, piem. gamel cammello, 
pìs. gam elio e muss., Beitr.òz; now^Nav, 105; fieri, ^^^^. XII 156. 

gane'ko freddo acuto; cfr. gali., poi. ^aniko, fas. giné'ku, 
pìr,, ca,pod, geniko, friul. ;r^//f^o, ber g. genìgo zenìgc ,hr esc, janico, 
pa,d, gianico, vova. ggiannetta ggiannina (Belli, Son. : Inverno 
del 1833 V. 5), abruzz. giannicche t. fam. per ^neve'. Saranno 
tutti deriv. da Gianni, abbrev. di Giovanni (v. il npr. Gian- 
nicco presso V Aretino (Marescalco) e horning, Zeitschr, f. r, Ph. 
XX 340 XXII 481). 

gdngula, sopmm., che riflette il lat. gianduia; cfr.it. gan- 
gola, irìvi], gldnze da ganglìon {ydyyhov) o gianduia e meyei.- 
LùBKE, //. Grm, 162; KÒRT. n. 3592; SALMOìfì, Misceli, nnzz. cit. p. 414. 

garbdmo ^arbuldmo tutta sorta d' erbe mangerecce. È 
un collett. daherba herbula; cfr. gali, gerbuldme, siss. jerbu- 
lame, fas. gerbdme, vali, jerbdmì, pir., ven. erbdme, frìul.jarbùni. 

gemóii duro, fitto. Parrebbe aumentativo di gémo 
glomus; e forse con questo è da mandare insieme jémo 
indurito (detto del pane che s'indurisce prima ai lievitare); 
cfr. dign. £emón pane duro, poi., siss. ^émojémo pane indurito, 
per essere mal lievitato. 

^z7/V panciotto, ed è adoperato anche nella frase: // virzefa 
^ilié le verze vanno in giulebbe, seppure non s' abbia qui a 
fare con etimo pop.; cfr. ven. gialepo, it. giulebbe. 

ggngo (altrove in Istria ggngo, -lo, poi. gongolo) anello 
inferiore di corda od altro, che serve a tener unito il giogo 



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64 Dialetto di Rovigno. 

al timone dell' aratro. A Dignano s' usa anche per appendere 
il grano turco ai travicelli. 

grana (7aJ granello, usato solo in poesia: v. flechia, Arch, 
vili 357. 

gratón gretón grossa stanga tra^iversale, nelle scale del 
carro; cfr. dign., gali., siss, gretón, friul. gratón, it. grétola. 
Sarà da crates diez, Et. Wrtb, II*^ 37. 

gr andana bure, lungo circa metri tre e fatto, per lo più, 

di legno duro. Egualmente a Valle, Dignano, Gallesano, Pola^ 

Sissano; ed è certo dallo si. gremla trave, gr^deJj bure 

cfr. anche germ. Grendel)y sebbene il germ., a sua volta, 

potrebbe reclamar per sé la priorità dell' etimo. 

griébanOy -/, voce d'importazione straniera, che vale 
*sassi, balzi'; cfr. pir., gali., poi., siss. grébeni, triest, ven.^rd'towi, 
friul. grébanoj berg. grébeni grébegn dirupi, beli, grébane^ 
bresc. grében luogo pieno dirupi. Sono tutti dallo si. greben 
cresta di montagna, come già ebbe a dimostrare il Maestro 
(cfr. SlawO'deutsch, und Slawo-itaL 78; ed anche miklosich. Et, 
Wrtb, pp. 76-77). Per T affinità fonetica, potrebbe forse 
confrontarsi lad., com. grip, it. greppo, cìmr. greppe, aat. 
klep kleb scoglio e diez, Et, Wrtb. II"^ 37; kòrt. n. 4545. 

gripula greppola, gromma. Suppergiù come il rov. riflet- 
tono gli altri dialetti, ed è voce di ben estesa ragione; 
cfr. ven. gripola, friul. gripule, giud. grdpula, bresc, berg. 
grépola grìpla, mil. grippola, parm. grepa, mant. grepp. A 
Fasana gripula vale anche 'forfora', quasi 'gromma del capo'. 

gruvlo scabro, ruvido. Per V etimo di questa voce, co- 
mune a tutta r Istria (v. pir,, siss. ^r//i;/o gróvio, vali., dign., fas., 
gali, grnvio rùviu, poi. gràvido gnìvio ruvido; vali, gravo, dign. 
gróuvo lappa)^ che è ruvido, cfr. schitchardt, Contor, cit. 
p. 22-23; sALviONi, Arch, XII 431 XIV 214; e per la forma 
grùnio, BiADENE, 5/. d. f, r, VII 126. 

gicórOj agg. che, aggiunto a vino, dinota 'di color rossiccio'. 

inbiìro soluzione di materia colorante, ritenuta salata, 
donde la frase: sala kiinio l' inbtìro; cfr. friul. imbór. 

inkitfo merenda data ai lavoranti, ad opera compita; cfr, 
vali, linkófo, dign., fas., gali., poi. linkófo^ -hìfu^ friul. licóv 
licóf, pir. inkófo a. it. ingoio boccone, offa. Forse dal germ» 
Einkauf (?) 



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IV. Appunti lessicali. 65 

iitfucikd, hìfiiti'cd Spiegazzare, lavoracchiare; avv. infuci- 
kóh spiegazzato; cfr. poi. fucikà(r); pir., fiitiza, dign., poi. 
fnticd, gaXì.fniikd, siss. ^nfotizd; vali., fas. (ijnfuakón; dign., ven. 
fufigiid, irinX. ftitignàftijìgnà, e v. più addietro alla voce furigd, 

infiijìdé'se diventar floscio; v. pir. infofipe, -ido, ed anche 
s. fnfado, 

iiifìilefd prurire, attizzare. 

inpiatd piatd pietà; nel primo de' quali riflessi V in potrà 
parer prostetico, sebbene s 'abbiano casi consimili, in cui una 
cosa o stato positivo viene espresso mediante il suo contrario (cfr. 
rov. i farié V mpuse'balo farò il possibile; indindse per ^degnarsi'). 

msanakd ingarbugliare, confondere; ed è foggiato sul 
tema Seneca (v. nm. 9), divenuto in Istria fem.; cfr. trent. 
inseneghìr intristire, a lomb. senechia e i^AhviomjArch. XIV 214. 

insimtiró^' incimato; che par derivato da 'cima', quasi 
''^' ine imor ilio. 

insuriménto tedio, noja. rincrescimento; insnriùs, -za, 
increscioso, molesto. Sembrerebbe, a primo aspetto, da*in-ex- 
aurare non senza immistione del nord, sur (od. ted. sauer); 
cfr. poi. insuriVy siss. ^ usuri; ven. insuriménto; giud. [ijnsitrér-si 
arrabbiarsi, a. ven. ensorir insurir annoiare, spiacere, berg. 
insori insuri raccapricciare; friul. insnrìd insolente, tedioso, 
e GARTNEK, Die jnd. Mnndart 15 54; salvioni, Gior, stor, XV 2Ò9. 

intrinkd impuntito; cfr. ven. trincar tendere, it, sp. trinca 
fasciatura di corde, pir., ven. trincada tirata, stretta; e 
saranno tutti deriv. da *trinica kOrt. n. 8369. 

latizé'n turchino; in egual senso usano^ oltre il dign., 
gali., poi., siss., il friul. latisin, ven. latesin, 

lé'sina corda ordinaria, liscia. È proprio di tutti i dial. 
istriani, e deriva dal germ. lisja, donde *lìsi mite, dolce 
(v. anche gr. haoóg, lat. *liseus); cfr. soprsilv. /mc//^H liscio, 
lisndr, léisna, it. liscia, liscino, sard. mer. Usimi, e ascoli, Arch, 
VII 533; GUARNERio, iMd, XIV 397; KURT. n. 4849. 

lé'spio ré'spio nm. 1 2 1 . S' usa in unione a ^savi\ specialmente 
per indicare l'odore di carni frolle; e, come Rovigno, hanno 
Dign. léispio, Fas. lé'spiu^ Siss. lispio^ Pir., Gali., Poi. rispio \ 
il Friuli ha lispi lisp, Venezia lispio, Bergamo rispio. Par- 
rebbe dal gr. XiaTtog. A Lucca ricorre rigno per 'cattivo odore, 
lezzo'. Forse non vi sarà stato alieno il germ. lispeln(?). 

I V e, I diolettl. 5 



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66 Dialetto di Rovigno. 

liéma (f.) lamento nm. 151; cfr. vali, lènta, dign. ll^niOy 
gali. liémOy pir. l^mo piagnone, ven. ìemo lagno; né vi par 
estraneo V elemento onomatopeico. 

makadé'so mukadé'so freddo umido; parrebbe derivato da 
*maccato-i-icio, quasi ^freddo ammaccante'; cfr. pir., poi. 
makaizo, mokadìzo, siss. mikadizo^ gali, mankadiso, dign. 
imakadéiso^ ven. macaizzo (tempo) incostante, nuvoloso, (deva) 
fnacaizza (faccia) scolorita. 

inacàr schiena del coltello, e 'piccolo buco nelle maglie 
da reti'. Egualmente a Valle, Dignano, per ^dosso di mannaja'. 

madrdso sorta di serpe (tropinodotus natrix), dove si 
sarà disposato mater al deriv. da natrix; cfr. pir. madràpo. poi., 
siss. ntadrdso, gali. madrdskOy friul. madrdcc, it. marasso vipera. 

fnaiikulé'n aratro nm. 38 76; cfr. siss. maugoUii aratro, friul. 
vangultn temperatoja del mulino; deriva da vangu, di cui 
risulta dimin. 

mangré's, È V ^encrystim angustifolia^ (che s' adopera per 
far fuoco attorno al corpo delle barche), con prostesi di m; 
cfr. fas. mangré'zii, dign., poi. sangrigo, 

mardsa finocchio. Egualmente suona negli altri dial. 
istriani; ed è da *marathro {yidQad^Qov) finocchio; cfr. rum. 
màrar e kòrt. n. 5104. 

w^Ì5a troppo: voce ben diffusa, oltre che nell'Istria, nel 
Friuli e nella Venezia; cfr. muss., Beiti\ 78. 

masargl piccolo turbine, ed 'essere soprannaturale'. Il dign., 
poi. hanno masargl per 'piccola farfalla', il ven. masariol per un 
'essere soprannaturale', quasi 'genio benefico', 1' a. ven. mazarnol, 
il -pir, mazariólj il "peid, mazzarolo per 'incubo'; v. uusa,, Beilr. 78. 

miéla piccolo coltello da taglio. È da lamella; cfr. a. 
ven. mela, mil. mella spada, e muss., Beifr. 79. 

mtirkadé'si (m. pl.y avanzi d' olio densi, sovrastanti alla 
morchia; cfr. dign. murkadéisi, fas. mnrkadé'si, gali, poi. mor- 
kadiso, siss. morkadizOj pir. morkad^li. 

mtiskiéa moscajo, quantità di mosche; cfr. gali, muskiérajpvr. 
mosk^ra, fas. muskfra, boi. mnsehèida, e sal vigni, ^rr/^ XIV 216. 

ndce (m.), usato per 'uomo sciocco, sporco'. Oltre che in 
Istria, ricorre collo stesso significato nel Tirolo (nalzi); e 
parrebbe dal ted. Natzi per *Ignatz' Ignazio (cfr. anche si. 
nàc naca pazzo, e i'leteksxik; Slovensko-Kemski Slovar I 626 s. v.). 



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IV. Appunti lessicali. 67 

ndma soltanto ; v. nm. 23 e salvioni, Arch. XII 416 XIV 2 1 1. 

nicd burlarsi, ridere sgangeratamente ; nicdda risata 
sconcia, sghignazzata; cfr. vali., dign., gali, nicd stuzzicare. 
Riverrà probabilmente al ted. necken (cfr. mat. nacheit fur- 
beria, insidia). 

niiórna piagnone, borbottone, uomo lento e stucchevole; 
cfr. gali, nuónìa, cors. niurfioney lomb. lorgna^ lucch. lornia, 
sillan. lorn^ piagnucolone, e lorck, 182; pierf, Arch, XII 130 
XIII 345; GUARNERio, iMd, XIV 400; cAix, 5/. n. 647. 

nuvé'sa sposa novella; cfr. pir. ntiviza, vali., poi., siss. 
novizaj gali., fas. mwé^sa; ven., rover. novizza, friul. ntwìzze 
ecc., it. novizza novizia. Da '^novitia kòrt. n. 5652. 

padnóma pedata, orma; derivato da pede, e sta per 
Spedata', non senza racchiudere significato peggiorativo; cfr. 
forse gr. Ttridruia salto. 

paliéjo pelliccia, in cui s^ involgono i bambini. Da 
pellis o meglio pellicula, kòrt. n. 6007. 

paltdn fanghiglia molle nm. 88,; cfr. fas., gali., siss., poi. 
paltdn, pir. pantdm; lucch. paltenna fango sul quale si sfonda 
camminando; ven. paltan, mil. paliày friul. pantdUj ìt. pantano, 
ecc.; tutti da Spantano fieri, Arch. XII 131; kòrt. n. 5862. 

paluóso paloscio; deriv. palis(jlj-uój\ Dallo si. (v.) paldsch; 
cfr. pir. palgpo, poi., siss. palóso; ven. palosso, friul., rover. 
palós(s), it. palascio sorta di sciabola; s\.r\xss. pald^^s^erh, patos, 
mag. pattos, rum. patoS; ture, pata-^ a. fr. patachee kòrt. n. 5826. 

partam^nto colloquio; cfr. salyioni, Arch. XII 419. 

past^ane'sa pezzuola di lana o di bigello (lunga m. 3 ed 
alta cm. 80), per lo più, di color verde, con la quale, per lo 
addietro, le donne del popolo, specie le terziarie, solevano 
coprirsi il capo neir uscir di casa, rispettivamente stando 
in chiesa; era nel mezzo tutta increspata. A Valle e Sissano 
è detta, del p a,rì, peskaniza piskiniza; e, nelle liste de' corredi 
nuziali del sec. XVII, ricorre coir aggiunta 'alla morlacca'. 
Altrove in Istria (Dign., Gali., Poi.) s'ha reganiza per 'coperta 
di lana greggia', adoperata, per lo più, dagli Slavi. 1/ etimo 
non mi riesce ben chiaro; ma forse, per T esito (-iza)^ che 
presentano i riflessi nostri, sarà da pensare piuttosto al 
Quarnero che non air ludri. 

pitago nm. 8. Viene sempre usato per 'alto mare'. Da pela gu. 



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68 Dialetto di Rovigno. 

pisto ingredienti d'aglio, lardo, erbe ecc., tagliuzzati 
e pestati insieme; cfr. pir., vali. péstOy dign., fa§. pista, a. 
lomb. pesto e salvioni, Arch. XII 420. 

pitiér vaso, da tener sia acqua che fiori, comune a tutti 
i dial. ladino-veneti dell'Istria; cfr. friul. pitér, pad. pitaro, a. 
vie, rover., trent. pit(t)ar, it. pitale ecc. vaso di terra cotta, da 
contener acqua od altro liquido. Il du canoe ha pittarittm *vas 
quoddam, idem quod Pitharla'; a proposito della qual ultima 
voce, chiosa: ^TcCd^og, TCi^àQioVy dolitim, doliolttm\ Lo schneller 
(Die roman. Volksm. 165) ci volle vedere un [vasj la-pidariunij 
e persino un germ. Zwitter (pi- = ivi-, lat. hi-, bis, -tar = 
iragen). Nessuno degli etimi, proposti dal dottissimo Tirolese, 
risponde alle esigenze della fonetica; e gioverà, fino a che 
non ci si presenti qualche base più confacente, attenersi 
ancora a quello del lessicografo francese. 

póHriko póHrido póHrigo putrido, febbricciatola lenta e 
continua nm. 116; cfr. dign., gali., fas. póutrido póHridn, poi., 
siss. putredo; vali, prùtika (févera); ven. pùtrido. 

pilla foglia d'ulivo; cfr. vali., siss., poi. póla, fas. pgla, 
dign. pilla, piiléiska pianta del garofano, ed, in genere, 
^fruttice di vegetazione rigogliosa'; ven., a. vie, pad., ver., ecc. 
pota pollone, it. pollone. Saranno forse derivati da *pulla 
ASCOLI, Arch. VII 518. 

pusté^so posticcio. Da *p ostici o; cfr. pir pustipo^ vall.^ siss. 
postizo, dign. ptistéisOy fas. pusté'sti, frìuì. pìistizz, ven. postizzo ecc. 

rascdso, rasté'a movimento che fa 1' acqua del mare alla 
spiaggia, quando le onde, con forza agitandosi fra i sassi, 
neir infrangersi ed indietreggiare spumeggiano; risacca. I 
riflessi rispecchieranno un tema quale *rasc'lare *rast'- 
lare; il movimento dell' acqua arretrantesi venendo paragonato 
forse a quello d'un rastrello rasckiante (?); cfr. fas. ristidsu, 
pir., poi., siss. r astia, r asti a rasai. 

rato salita, e rispettivamente discesa, erta, rapida. Deriva 
da rapido, in quanto valga appunto ^erto'; cfr. rata in varj 
dial. dell'Alta Italia, colla stessa significazione dell' istr., 
e PIERI, Supplem. cit. V 133; kòrt. n. 6654; niora, Arch. XV 121. 

rndiél mucchio di covoni accatastati. 

sabtigd, -io, affaticare più dell' ordinario, affannarsi, pro- 
curar di muovere q. e. Il fas. ha sabigd frugare, il pir. 



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IV. Appunti lessicali. 69 

pabegd, il friul. zambujd procacciarsi^ buscare, il lucch. 
sciambujare agitare, sconvolgere lo stomaco; se sono, specie 
gli ultimi riflessi, da bujo, quasi *eximburriare, come 
vuole il PIERI (v. Arch. XII 132). 

sanbutd, -io, cicalare; sanbntdda cicalata (cfr. rov. al 
ma sanbutìa só''n, ki nu kapé'so né^nte). L4t. ha ciambo- 
lare e ciambottare, il pir. zambotd, -óm, per ^cianciare a 
lungo, ma senza sugo'; il primo de' quali parrà deriv. da 
*clamulare. 

san^dro (in unione a puórko) nm. 68; cfr. pir. pengdro, a. 
lomb. cengiar (porco) e salvioni, Arch. XIV 207. 

sansariéle coagulazione, rappigliamento della minestra, 
specie d' uova ; zé' ins,,., coagularsi ; cfr. gali. sansariélCy poi., siss. 
sansarélCy pir., ven., pad. zanzaréle minestra d' uova, brodetto. 

skré'mia discernimento, accortezza, bandolo ; cfr. pir., ven. 
scrìmia e muss., Beitr. 102. 

sizara loUio; cfr. vali, sézera, gr. alaagov e muss., Beitr, 124. 

sìzttle tempo della mietitura nm. 8 150; cfr. ^vr,pédole, gali. 
sézulCy siss. sézolCj fas. sizttle;ven.(el tempo de la)sésola. Da sécilis 
o sécùla(?) GARTNER, Zeitscliv, f, r. Ph, XVI 343 n; kòrt. n. 7451. 

stifrié carpicelo, rifrusto ; e sarà il frc. sottfflet^ che riviene 
a *suffletu; cfr. pir., dign. sufr'^, ven. stiflé rovescio, rabbuffo, 
e KÒRT. n. 7927. 

só^'sto sospiro, lamento; cfr. friul. sust, ven. snsto, sp., 
prtg. stistOy sard. temp. assustu; poi. pir, pustd. Da sub sto dikz. 
Et. Wrtb, I^ 390. 

trtiózo sentiero campestre; cfr. gali, truózo, pir., poi., siss. 
trgzo; ven., pad., rover., trent. trózo, friul. trój, com. troci, piem. 
troj, ecc. Saranno, come già avverti il Maestro, dal celt. (air.) 
traig, cimr. troed piede, o meglio da trivio (v. thurn., iir«f//r. 
114; scHuoiTARDT, Zcitschr, f, r. Ph. IV 125; salvioni, L' elem, 
volg. negli Statuti lat. di Brissago, ecc. 39). 

trnvo intnìvo occasione, eccitamento, appiglio: deverb. 
da 'trovare'; cfr. poi. tróvo^ ven., pad. trovo appuntamento. 

tttco avanzo di pennecchio di lana indurita, capelli, 
ecc.; cfr. fas. tiìa^, poi., siss. tóco^ gali, ttióco, dign. Htto. 

turcón brandello. Parrebbe da *torquidone o *tor- 
tione(?); cfr. pir. turtizóm, poi., siss. torcóii attortiglia- 
mento. 



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70 Dialetto di Rovigno. 

turlo tordo e tuorlo nm. 119. Da *tòriilu enfiagione 
della pelle; cfr. poi. tórlo, fas. tnrlón; piem. tórlo, e kòrt. n. 
8265 ; scHuciiARDT, Zeitschr. f, r, Ph, XXII 262. 

nr orlo, lembo. Da *oru; cfr. pir., vall.^ gali., fas., poi. or, 
dign. ur; friul. or, ven. oro, abruzz. óre, e muss., Beitr. 84; kòrt. 
^- 57^35 sALviONi, Post. it. 16. 

uriól, -^^ó/, punteruolo delle viti; egual riflesso danno gli 
altri dial. istriani. Riverrà sicuramente ad *aureolo. Un 
altro insetto delle ciliegie è detto a Rovigno ti^ris, da auri- 
fice; cfr. bellinz. orieu lucciola, piem. oriòl rigogolo, a. frc. 
oriol e KÒRT. n. 916; salvioni, Post. it. 5, Ntiov, Post. it. 3. 

vartàco orticello incolto ed abbandonato ; cfr. dign. vàrio, 
variai, e ascoli, Arch. I 443. 

varzdro sbadiglio; cfr. vali., gali., siss., poi. verzdda {de 
bóka), dign. verzdda {de gnla), fas. veréón, quasi 'apertura di 
bocca'. 

viskuld muoversi, dimenarsi; viskulo vivo, vispo; cfr. vali., 
dign., gali, visknldse, pir., poi. viskold(r)se (per influenza di Vivo'): 
mil. viscor, pir., ven. viscolo, a. lomb. reuiscolar ravvivarsi, 
viscoro vispo, fresco, e salvioni, Arch.^ll 426 XIV 213; nigra, 
ibid. XV iiin; biadene, St.d.f. r. VII 1 3 1 ; schuchardt, Zeitschr. 
f. r. Ph. XVI 120. 

zdra giara, orcio da tener acqua. DalF arab. g'arrah 
kòrt. n. 3612. 

zariér s. di rete semplice, da pigliar ^zeri'. 

ziro specie di pesce di mare (atherina hepsetus); cfr. 
it. zero. 

zivad eìntestino retto degli animali ; inzivldé' smorto, smunto ; 
cfr. vali., fas. zivede, a. ven. zeveda. 

ztióttilo sorta di polipo piccolissimo (sepiola Rondeletii), 
ed anche ''zàcchera'; cfr. pir. zótuli, ven. zótolo, triest. zótolo 
seppiola, sic. zóddari zàcchera; e, per forme analoghe, dial. 
d' Arb. zòtula trottola, bellinz. zòtura salvioni, /. e. 47 n. 

zvegrd acc. a dazvadurnd dissodare. Il primo sarà da 
*vegro ve ter e (v. salvioni, Arch. XIV 216; nigra, ibid. XV 
127; MARCHESINI, Si. d. f. r. II lo); pel secondo riflesso, cfr. 
dign., gali, dezverdnnà, vali., poi. dezverdond: tutti metat., 
deriv. da *veturno Vedorno'. 



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PARTE SECONDA. 

GLI ALTRI DIALETTI LADINO- 

VENETI DELU ISTRIA, COiMPARATI COL 

ROVIGNESE. 



a) DIALETTO DI PIRÀNO. 

V. APPUxNfTI FONETICI. 

VOCALI TONICHE. 

1 — 2. A. Fermo, in generale, alla base veneta^ nei riflessi di 
i** e 2' prs. pi. della I conjugazione: kanfémo, pariamo, fé fate, ecc.; 
oscillante, però, in quelli dell' imperfetto: pagava, mahàva acc. a 
kaiévi\féimi, stéimi, déimi acca staimi, dàimi; forme queste che rispec- 
chiano le desinenze istro-ven. 'é(rJimo, 'à(v)imo, 

4. Conservato preferentemente T a del suffisso -arto, in analo- 
i^ia col muggese e con altri dialetti ladini: avaro *a(q) vario solco 
d'acqua (cfr. mugg. a^^dr, friul. agdr), koddro * colar io arnese da 
riporre la cote (cfr. mugg. kuddr, friul. coddr^ lad. koddr e Ascoli, Arch. 
I 381 485, ecc.); gaddro sudicio (cfr. rov. ^iédaro pidocchio, gerg. 
valsoan. gìtédo mendico), mordro *morario fondo rettangolare delle 
saline, in cui V acqua evaporando diventa salamoja, ^Of7/^r«'ro, quasi * so- 
mara rio asinajo, por laro bastone da portare sulla spalla, verdro 
"vetrario spiaggia ventilata, strato schistoso; poldro acc. r po/ér pojér 
pajér (cfr. rov. sftijér e fieri, -4/t//. XV 196 n) soglia, paldrio solario 
luogo dove e' era, in antico, deposito di sale e ^spiazzo davanti le 
case di campagna e le saline'; reverpdrio avversario, diavolo; jdra acc. 
a Lcra ni. area, kardra carraia, kavigdra sorta di stegolo, usato nelle saline, 
kroddra acc. a krod^ra crociera. Qui pure i riflessi istro-ladino-veneti : 
mulinér, mauz^r, agon('r *rete da agoni'; iorwa^/Vr giornaliere ; kaìdiéra, 
s'aiiziéra ripostiglio. 

5. Esempio isolato, e non esclusivamente piranese, del passaggio 
in o: dóiida (in unione a bidónda pidónda) *an(la amita (cfr. vali., dign,, 
gali., siss. dQnda, pilónda, soprsilv. ouda^ vald. od. dando e ASCOLI. 
Arch. I 230 n; morosi, ibid. XI 349). — E poco per sé dicono: 
kasléiìa, -0, che è esempio ben diffuso (cfr. meyer-lùbke, //. Grm, 35; 
ASCOLI, Arch. I 276; piKRi, ibid. XIII 312; Muss., Beilr. 42, ecc.); 
furfi forfare. 



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72 a) Dialetto di Pirano. 

7. E. Fedele ai riflessi veneti, e sembrerebbero superflui gli 
esempj: podér. podé, iadévi, ecc.; krédi^ ecc.; parer stoppino, mipélo 
*messeto portatore (cfr. ven, misseto mezzano, e nm. 83 nV, albédo, 
NodéJo ni. 'noceto, Zerédo ni., Rovédi ni; géde dieci; cévedo 
*tjepido (cfr. agord. centr. cévedj cador. cévedo e ascoij. Ardi. I 
402; N'iGUA, ibid. XV 108); ziéra cera, paìpiéri (cfr. ven. palpiera); 
ìiévere^ piégora\ liégeme liégomo *légameij) lega, cemento; piédene 
pedano. 

9. Riflesso per ii * ed è caratteristica propria, oltre che del pira- 
nese, in parte, anche del gallesanese) Ve degl'imperfetti coag.: 
fupiémo fuissemus, fipié fecissetis fareste (cfr. vegl. facassàité), 
podipiémo (cfr. rov. pttdisiémiy chiogg. podessémo) potremmo, volipiè 
voluissetis vorreste (cfr. Ascoli, Arch. I 442 n); indi; ImviéJ 
'capitello (cfr. dign , fas. kaved{'l^ ven. caviélo^ friul. cavidiél, engad. 
chavadel e uvas., Bei'fr. 43) capezzolo; kultédt, ktiliéta collecta, pièga, 
se da secat o caecat mitiga, attutisce, tiépa *tensa cumulo stipato 
di fieno o d* erba (air. rover. ih, sp. fiesó)^ skuinziépi moine, fiépo 
flesso, ripiegatura di colle, e ni , piépa *petia appezzamento di terreno, 
banchina. 

10. Risulterà effetto di riduzione morfologica T / per é che 
s' ha nei gerundj: korindo correndo, dulindo, ecc.; qui pure: bifida^ 
(la) parindola sorta di giuoco; accordandosi il pir., per questo 
riguardo, col vallese. Esempi, comune col vaU., gali., siss., poi. è mita, 
se da meta o mita quota di grano o d* olio, da darsi per aver 
diritto a macinare (cfr. friul. méte métide medietà, prezzo medio, 
tose, metadella e kòrt. n. 5273). 

11 — 12. I. Ricorrono i riflessi ladino-veneti, e risultano non 
necessarj gli esempj; solo vadan ricordati qui: valido *e(q)valito (^v. 
App. fon. rov. nm. 1 1 ), pivina, deriv. dsiploum (cfr. lad. plof, rover., trent. 
piof, lomb., ecc. piò e meyeu-lÙbke, Rm. Grm. I 46); faliska * fal- 
lisca per *favillisca favilla (cfr. mugg., friul. fallisce, sp., prtg. 
falisca^ faisca e muss., Beitr. 54 n; meybr-llibke, /. e. I 456; kòrt. 
n. 3120); lida, che pare dal celt. *lig(i)ta canale d'acqua, bassa 
e fangosa^ specie nelle saline (v. App. fon. rov. nm. 9). 

13 — 14. O. Preponderante la rispondenza d* accordo coir altro 
gruppo, nel riflesso di -olo: mazariól incubo, ptiéiól, sturiól acc. a 
stttról *s torco Io, faUgl *fasiólo; pióla solca, variala, frutarióla 
fruttivendola; ma anche: meàaróla *mediarola o *mezarola verga 
trasversale nelle saline, recipiente, misura di liquidi (cfr. ven mezarola) : 
Kadaróle ni,, se da *casearola. E resta saldo quasi sempre alla 
base ladino-friul. : fòiba, zóiba acc. a zóba zióba; stóibe * sto pula 
stupula (poterium spinosum); e nel caratteristico fóipo polypo. Non 
hanno nulla di specifico: bgna acc. a skóna, che è pur comune ad 
altri dialetti itaHani; b(jro ramarro (cfr. mugg. sbor, friul. sbórf). 

16. Caratteristico piranese è ónde unde per ubi (cfr. a. ven. 
onde e biadene, St. d,f. r, VII 128); e non mi resta che ini ogni, per 
analogia dell' o arizotonica (cfr. pir, ini pémpre; rov. ini ó^'it ognuno). 



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V. Appunti fonetici: Vocali atone. 73 

19 — 20. AU, AI. Rare tracce, e non ben sicure, dei due dittonghi, 
in màuko, che è pur del lad. e ven. tcfr. rover., trent. induco squisito 
friul. tndnc di poco conto) sciocco, kàulo cavolo, rdiiko; zndula 
miagola; ed i soliti esempj letterarj: ìdtidaj -e, duge, Paulo \ ndu 
*navo nasone (che ricorda il vali, udfi seggetta); però qui anche 
pólsa pausa (v. nm. 47); zguditay proprio pure d'altri dial. (cfr. 
ven., lomb. sgudita^ crem. gudiia e diez, Et. Wrtb, P 231) guardia, 
zdina aat. zainà cesto rotondo di vimini icfr. it zaino e diez, /. e. 
IP 81); gdino, se dal germ. ganjo- (cfr. anche lat. med. ganea 
meretrice, ven. gdina donna finta, accorta, it. [livorn.] gdima furbo) 



VOCALI ATONE. 

21 — 23. A. I soliti assottigliamenti ye, /), equi si citino: redóni, 
(a)remengóm] perzienévolo icfr. rov., fas. pars(i)anivolo, basso-engad. 
parsnawel) che ha la parte nella pesca, specie colla Vete tratta'; 
lindrónay -ila androne, lid^rda lud^rda acc. a nad^rda, bulini. Entrò 
immistione della preposizione //;, che finì per soppiantare la vocale a, 
nel verbo inerii ( cfr. ven. averzer) rizzare, incominciare. Del rimanente, 
qui pure: ór^eno, órfeno, óbego ónibrego *ùmbraco, quasi da 
* umbra -\- opaco icfr. lucch. òmbaco e flechia, Arch. II 4, ecc.; CAix, 
St. n, 428; KÒRT. n. 5745); piniko (già comune al rover., tcrg.), spdrido, 
Idmpida Idmpeda (cfr. ven. lampeda) lampada. — Isolato ornddo 
arnese, recipiente, forse per immistione di *orna'. 

24, Comunissima V aferesi, ed hanno appena bisogno di venir 
qui ricordati: kùme acume, lume (de róka) allume (di rocca), mèda 
acc. ad dmeda dmia (v. nm. ^);gotd aggottare, redd arredare ed *accon- 
ciare le reti'; varéa avaria, ine (^pl. t.) * a gin a (cfr. a. sp. agina ahina, 
a. it. agina gina, a. prtg. aginha e gròber, Arch, f. l, L. u. Gr. I 
236-237; KÒRT. n. 314J nerbo, forze. Ne mi risulterebbero di speci- 
ficamente piranesi che: papim, z^rva acerba; dobd addobbare, vezà 
avvezzare; lóra^ pdi, tórno attorno, rénte, d^po; ndlego analogo. 

26, E. Conservato costantemente Ve dei prefissi re, de, e non 
presentano nulla di specifico: remend, repetóm percossa, realdipe 
*re -audire (cfr. ven. realdirse redimersi) ricredersi, reburida, se da 
*re-aborida (cfr. forse lat. aboriri e App, less.) levata improvvisa, 
e ^continuazione di buona piega di vento', rev^rso rovescio, redónzi 
*re-j ungere o refundere (cfr. friul. reónzt)\ dedudd vuotare, despird, 
se è da *despigrare levar il filo dalla cruna, dezvirigd fallire la 
fioritura, imbozzacchire, dezmaregd, che sarà da *de - ex - matricare, 
sperdere. Qui pure il veneto mipetaria soldo del hnipéto* (cfr. nm. 7 
83 e ven. messetaria); tepddo compresso. 

27, Appajon eziandio esempj del passaggio in a, oltre che nei 
casi istriano-comuni, in aladéta maledetta, tarzdna acc. a terz-, 
gansamini] podarépivu, bevard(v)i berrei. Singolari: zornidm cugino. 



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74 a) Dialetto di Pirano 

zumé(l)j (dr. mugg. ztiméf) gemelli; e forse qui \mr^ pu sin ina testugt^inc; 
e per effetto d'assimilazione fon.: Hùs-tu? sei tu?, ludàme letame^ 
Itidamdy lukóm leccone, ghiotto. 

28. Il solito passaggio in / dell' e, specie in iato : minzonày 
pnnslér, riprikà, miskina^ mindiki; tipér (cfr. ven. tessaro), nigùm {y, 
Muss., Beilr, 82); piertd^la; inipiér si, mipiér nò messer sì, no; ed 
in fine ingikd (cfr. rov. in^akd, lucch. aggiaccare e forse ascolt, Ardi, 
XIV 338) gettar dentro, imberciare; pikùnia stento, pikunid sten- 
tacchiare. Qui pure la riduzione ad -i dell' antica penultima atona, 
nell'infinito sincopato dei verbi; riduzione ben estesa anche fuori 
dell' Istria. 

29. Sostituito costantemente 1' -/ all' -e ital di 3* prs., ed è 
fenomeno che il piranese ha comune anche col poi. e triest. (cfr. Ascoli, 
Arch. I 439^: krédi, penti, dormii patipi, pidnzi, repólvi ^ zmólziy 
inpiélgij ecc.; coi quali manderei insieme: nómi nome^ pépi pesce (coli.) 
acc. a pépe *un pesce'. Ma sarà epitetico in pie sì, nòe no. 

32. Costante il dileguo all' uscita, con effetto, però non sempre 
costante, della labializzazione del -n finale (v. nm. 89): kam, pam^ 
bontj veni, hem^ ceni, paróm^ palmónt, se da *palmone (^deriv. da 
palma) sorta di arnese da saline; donidm. Del rimanente, i dilegui 
comuni agli altri dialetti: Hot sole, hai, vai, hankdl, ospeddl, fenil, 
ììutil^ aprii, mar, bapói'^ onór, ecc.; però anche: kdle (cfr. it. calle) 
calletta, króde, paéde, bade (cfr. ven. vose) voce. Dileguo di sillaba 
intera: véne venerdì, m^rko mercoledì; Ira *trà(h)ere. 

33. I. Intatto, o rispristinato l' antico /, o per ragioni particolari : 
inurigdpe *in- nutricare propagarsi, accumularsi, itigritoldpe aggro- 
vigliarsi, inicdpe rannicchiarsi; libadór^ deriv. da *leviare (t. di saline^ 
fosso, che riceve l'acqua di scarico, e ^canale diversivo'; lirdiia spazio 
intermedio, pari a 2 solchi (lire)^ interfilare di viti; lipdva, che par- 
rebbe straniero, gattamorta; (i)liagó luogo esposto al sole (cfr. ven. 
liagó diagó, che il Boerio deriva da heliacon (fihaxóv) stanza 
soleggiata, sopra il cavalcavia); indifipile, 

34. Non infrequente il passaggio in e, d' accordo col ven , it.: 
regójo, se è da rigoglio, orgoglio, pestrim molino a mano,- anemdly 
deddl\ popedd (cfr. rov. susaddl sbadiglio) sbadigliare, mepedd (cfr. 
ven., lomb., ecc. messedar) *miscitare; dezmanegd *dis-manicare^ 
piédega, piedegd (cfr. montai, pie dica, \t. piedicare) pedinare, calpestare; 
vedovanza, provedénza, destórna, E nei proparossitoni: fémena, pémena^ 
cérega, kródega, kómedo acc. a kómio cubito, iórbedo acc. a tórbio, 
bdlego (cfr. mugg. bdlik>i carniere. Qui pure rdntegOy che sta per 
^rantolo' con iscambio di suffisso (cfr. pad. rdntego)\ ddemo azzimo. 

36. Per il passaggio in n non saprei ricordare altri esempj 
all' infuori degli istriano-comuni: buligo umbilico, zun^stra ginestra; 
per pustuina v. nm. 27; punión. 

38. Comune col ven. zirnd *desinare (cfr. ven., ze- zirnàr, 
e SALViONi, Zeitschr, /. Ph. XXII 479); e poco per sé dicon i casi 
di dileguo che s' hanno in parizo (cfr. ven. parizo) pareggio, spazio 



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Y. Appunti fonetici: Vocali atone. 75 

piano^ armizo ormeggio ed ^armeggio' (cfr. gr. ÒQiiù^Biv)\ staniipo 
stantìo; e non mi resta, in fine, che zvdrgo valico (cfr. it. varco). 

39. O. Non iscarseggiano gli esempj del passagio in «, per 
effetto d* assimilazione o di labial vicina, e solo si ricordino qui: kucdro 
acc. a skiijér, sturól nm. 13-14, sknnido, deriv\ da *scunire per 
*excondere (v. Marchesini, St. d. f. r. II 9; SALVioxr, Arch, XII 
430*, paslurim garetto, furfi nm. 5; zmérguli tronconi, frantumi; ed il 
ben diffuso arkumb(\ Preferentemente, però, conservato: ozmarim, 
taronzd, paiernostrd pregare e 'bestemmiare'; korndl corniolo, skofóm 

cfr. mugg. sku' siofóins) calzerotto; zbrómhola, cdkola (cfr. salvioni, 
Misceli, cit, 414), pépola (cfr. ven. sassola), ecc. — Doppio esito ci 
presenta dolé duli, 

40. Sostituzione d' -e, -i ad -0 atono s' ha in kóltne colmo e comi- 
gnolo, Udnte santo, reme remo, Kdrse Carso; piédene (v. nm. 7 e cfr. 
it. mòdano módine); e per -/ piranese che sostitutisca V ^o: fóndi 
fondo, cupi (^cfr. rov. cus) gufo, m^ti piccolo hìriWOj pan lupi pantano; 
pépi posso, fdpi'^ impeti in petto, in faccia.^ E saranno effetti di 
livellazion fonetica gli -i che s' hanno nella i* e 2* prs. pi. degl' imper- 
fetti e del condizionale, e che sono, in parte, anche comuni al rov., 
seppur non s' abbia a fare qui con una reliquia pronominale: jérimi 
acc. a Jérimo, véimi acc. a réinmo, vépimi acc, a vépimo, féimi fazéimi 
acc. a fdimo fdvimOj ddimi acc. a ddvimo, ddpimiy darépimi^ staimi^ 
sldpimi, voléivi acc. a voléivu, patipimi, pentipivi^ vinipimi, vinipivi, 
ecc.; V. nm. 166. 

41. Qualche raro caso d' aferesi e non ispecificamente pira- 
nese: mizidio omicidio, re- ricini orecchino, recala (cfr. rov. ricicla) 
orecchietta, e *parte del grappolo d' uva' ( cfr. rover. recól), ed il già 
ricordato punión\ v. nm. 36. 

42. Non infrequente il dileguo dell' -o finale, specie dopo nasali, 
come avviene generalmente in tutti i dial. istr. : bom^ mani, Pirdm^ 
veléni; kavdl, zakdl uomo zotico, ktil\ or orlo; però anche: caro, duro, 
gàio, zgólOy fólo, nido, nddo, bùdo, fndo, 

43. U. Conservato in pochi esemplari, e non esclusivamente pira- 
nesi; e sieno qui ricordati: imbruni^ fulipo fuligo, bruskim (cfr. 
rover. bruskim) spazzola, kunigo *cuniglo ASCOLI, Arch. XIII 43311; 
spunzóni pilucchio. pidocchio pollino; inuldpe annuvolarsi; però anche: 
kort^l, kroddto crociato, specie di veste, gotóm ghiottone. Divenuto fre- 
quentemente neiproparossitoni: ddola, pégola, kógoma, pómega, ecc. — 
Tracce apparenti dell' u pronominale, nelle forme verbali dell' interrog. 
col pron. enclit.: ds-tu? hai tu?, Hùs-lu? sei tu?, vus-tu?, krédis-tu?, 
andards'tu ?, metarépis-tu ?, podarépis-tu ?, ecc. E s' avrà forse a fare 
con un n secondario, continuatore del v di 2* prs. pi, in (ónde) 
jeriéu? (dove) eravate voi?, kópa féu?, ke kredéu? che credete voi?, ecc. 

45. Rad i casi del passaggio in /: tigór (cfr. triest. tigór) tugurio, 
che però potrebbe riflettere anche un *tegurium (cfr. App, fon. rov. 
nm. 44), timor tumore, riniór acc. a rumor', teribolo acc. a turibolo^ 
che è pur proprio d' altri parlari. 



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76 a) Dialetto di Pirano. 

Più rari ancora quelli del passaggio in a, ed appajon isolati: 
zamhójo subbuglio; pakolà, papontd puntellare. 

46, AU. Rarissimi gli avanzi, e non ben accertati, del dittongo, sia 
primario che secondario: kaust^l *capostello (mugil cephalus\ katirìa 
da carabu (v. App, ìess) piccolo granchio di spiaggia; — gaud^re, 
klaudùra, laudato (in un. a òédu Kristo\ autorità acc. ad utoritd^ 
son di provenienza letteraria. — 47, La solita riduzione ad ol: polsd 
(cfr. friul. polsa) pausare, olsd (cfr. friul. olsa) *a usare Ascoli, 
Ardi. I 157 500. Ma anche: realdipe (v. Ascoli, Arch. I 415; nov., 
Nav. XXIX e nm. 26). Qui pure i comuni-istriani: agtird, 'àdo, agósto^ 
roba, skoltà; oréde. 

CONSONANTI CONTINUE. 

61. J. Appare non d* infrequente qual continuatore dell' antico j 
e del nesso GL>\ jtidvUo^ jtisto^ jutd(pe)\ judipe\ Jcjpo Giobbe e sinonimo 
d' *uomo paziente'; j(}mo glomus^ jdpo * gì a ciò, injapddo; jdra acc. a 
gara nm. 4; jópo *gluttio goccia; injuti acc. ad inguti\ panjópo. 
Qui pure il caratteristico comune-istriano ^ito getto, e sarà forse 
per influenza di 'traghetto'. 

63. LJ. Le solite risoluzioni venete: kofiséjo àcc. a konséo^ 
poniéja acc. a punita piìmia, faniéja acc. a faméa, niaravéja, zéja acc. 
a zéa; niéjo acc. a mèo *milio, iéo *tilio filamenta, forza (v. fieri, Arch. 
XV 202), ;:'é^o cipiglio ; però anche: (de)repio ripiglio, mia milia, //o; 
frdja\ bójo, despqjo^ ecc.; zilio^ butilia^ vizilia, skumpilio, Zipilia^ Milia. 

— Doppio esito presentano: pali pdjy kordli koràjj zarv^li zarrfj\ 
kap^li kap^j, kortfli kortèj\ ma qui pure av^'zer aprire, ecc. 

56. SJ, DJ. Le risoluzioni per d, proprie, del resto, anche 
d'altri dial. ladino-verì. (cfr. ascolt, Arch. I 418): bddo^ pinida cinigia 
(cfr. mugg. siniza, friul. cinise), cèda, perèda, Mdo\ griddda, gridióla 
graticolato; Biddio^ farudio fariseo; mèdoy rddo radjo, ecc.; ma anche: 
prupipióm pripipiómj konfepióm, remipióm^repurepióm, che son letterarj. 

— Di rado la fricativa sorda, ed appajon quasi isolati: /<af^ó/ nm. 13-14, 
priHóm *pre(hen)sione; come pur son poco numerosi i casi di dj 
conservato o riflesso per z: mudiól (cfr. friul. mujtìl) mozzo della 
ruota (v. GRÒBER, Arch. f. l. L. u, Gr. IV 119; kòrt. n. 5360); ma 
puziól pogginolo nm. 13-14, puzdpc^ òrzo, vèrza; dudd acc. a zbodd 
(cfr. rov. zbudd) vuotare, — Isolato meri^dna acc. a merijdna. 

57. NJ. I soliti riflessi, ed hanno appena bisogno di venir qui 
ricordati: fildna * filane a lunga fila di pali e viti, lirdna {cir. mugg. 
lirdna e nm. 33), barkdno barcaccia, argdùo attrezzo di barca; karófia, 
ed il già ricordato skQiia; ma sarà effetto analogico il ridursi a n di n, 
di cui s' hanno esempj anche negH altri dialetti, sì istro-ven. che 
italiani: ;// né (per analogia di ifiitmi), iii(n)gum- nipitm, ùegd negare, 
nini, itèno stolto; nónolo caro, alticcio (riflessi, che, a primo 
aspetto, ci richiamano lo sp., it. nino, ninno), se da *ninna culla; 
nespola-^ mupiùd morsicare a stento, zifid cennare (^cfr. muss., Beitr, 



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V. Appunti fonetici: Consonanti continue. 77 

12^)\ franókola ^cfr. ven. frlgnócola); rinzindy se da *re-unciniare 
sgualcire. Poco poi dicon gli esiti che s* hanno in runa rugnare, znaold, 
gaiaron^l gazzeronello, e nel comune-istriano ndiia, voce fanciullesca 
per *zia'; gabanfla gabbanella. 

59. TJ, CJ, ecc. Varj gli esiti, ma preferentemente p: brdpo, 
goidpo gotazza, fogdpa focaccia, kdpa\ n^pa nepiia, karépa\ despr4pio\ 
fópo puteo, nópe'y bùripa borraccia; e qui pure: postdnsia, bon^ 
ddttsia, lipénsiay knttsénsia, forse perchè preceduti da consonante. Più 
di rado z\ rezdjo *retiaculo (v. Ascoli^ Ardi. IX 102 sgg.^, rezénte 

cfr. it. razzente e pieui, Arch. XV 187 ni frizzante (v. nm. 99); sian- 
ziéra nm. 4. ninziól, sarvizio^ jusiizia; mdrzOy Marzdna ni., ecc.; ed 
anche avranno la loro ragione: spiirkisia^ nelisia\ ingordizia\ brttzd cfr. 
ven. brusar)'^ bolddi bollicine d'aria^ polla d'acqua; Fidine ni. icfr. 
ven. Fusine)^ e forse (jui pure féza feccia. D'accordo, in fine, con 
altri dial. istriani: piisca s. (ì\ Xenz'A^ puscémay ktiscóin, bésca; ma anche: 
angùstia, stióra stuoja, — Isolati: pastendja pastinaca (v. Ascoli, 
Arch. IX 177-178 ni: Pidjo ni, per cévedo. v. nm. 7. 

62, PJ, BJ, FJ. Le solite rispondenze: pi'pia sappia, vi'bio abbia, 
kéba cavea; del resto: própio, riìbio, ftùba^ indivia, ecc. 

63. L. Le dissimilazioni ben note, e non sono necessarj esempj; 
tutt* al più qui: buricin^Ia, fraj^lo, prap^bo propébo (in unione a vini 
a) placebo i venir a) discrezione; zgiìra acc. a rigóla sbarra del 
timone; coi quali parrebbero stare in contraddizione: /^/^to/J, pldkeno, 
piagnucolare, piagnistèo, ma entrambi avranno la loro ragione; v. 
nm. 69. Né mi restan di caratteristici che: nad^'rda acc. a lud('rda 
lacerta nm. 21-23, ^"^^ti^i'l^ callicella tcfr. bellun caneséla\ Isolati: 
kolegdpe, -ddo^ coricarsi, -ato, dimitapióm limitazione. 

66. Concresciuto / dell'articolo: lindr óna nm, 21, /^raV/o erario, 
ìintrónito introito, L{^ra nm. 4, Idnta acc. ad dnta antae; ed il 
procedimento inverso in dpi lapis, che è esempi, istriano-comune. 

67. CL. klime acc. a krime clima, kliba acc. a kibla seggetta, 
che parrebbe rispecchiar il germ. Kiibel, o forse più direttamente 
lo si. ktbla (v. App. less.X 

69. PL, BL, FL. Le risoluzioni istriano-venete, ed appajon 
appena degni di nota: piade (cfr. ven. piasé) placet sì; gémpi 
acc. a ginipi impini implere, stnbie stoppie, ftépa (v. App. less,), 
gùbia acc. a kùbia coppia. 

70. R. Dileguato il -r dell' infinito, sebbene, come già ebbe a 
notare il Maestro {Arch, I 436^ oggi regni oscillazione fra le 
forme tronche e quelle provvedute del -r: parld, podé, krédi, régi-^ 
pinti^ ecc. accanto a portdr, voler, vinir, c'/«/r tenere; coesistendo talvolta 
le due forme per entro ad uno stesso verbo. Così i miei spogli 
mi danno: aver ver ve, pavér pavéj doler dote duli. Apparirebbe poi 
preferentemente conservato, nelle forme riflessive della II conjug. : 
vedènte, dolérse, ecc. Manderei qui pure : béspo vespro, sebbene proprio pur 
d' altri dial. ( cfr. a. lomb. uespo, pad. rust. brespo e parodi, Rom. XXVII 
222), mérko nm. 32, v^ne ibid. P3 poco per se dice Gório Gregorio. 



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7 O d) Dialetto di Pirano. 

71. Dissimilato: ìivercnza icfr. lomb. leveri\'i), altric(jko icfr. 
dign. alirocQko ) ar*dì schauki kòr r. n, 713; alter ia ( cfr. berg. 
alteria^^ zelóstro cero su lunga asta e 'tinto di rosso' (cfr. vali, zelóslro): 
zil('la acc. a zidi'la iy. nm. 63), anziprépo^ anzipr^ie; zerbeJàjo acc. 
2iZ r^^rJ/0 *cerberario sorta di rete; Luziér npr. ^Ruzzier^ Ruggiero!?). 

72. Epentetico: arlqko (cfr. dign. arl()ko, vali., gali, arlióko 
allocco, seppure qui non ebbe luogo dissimilazione; krokdl cocalo, 
zgalémbro sghembo. Prostetico : rinzinà nm. 57, renzim (cfr. dign. 
linzéin, gen. lensin^ rmgn. linzen \ ranfio, nella sella da legna 

73. Metatetico, oltre che negli esempj ben noti, in grongchìa 
gorgata. Singolare sembra il passaggio in r che s* ha in Bavière 
ni., se veramente riviene a 'barriere^ ^ o non è da Bava ri a; che 
potrebbe essere d' etimo popolare. 

74. V. Rinsaldato: imberlàpe^ deriv. da *in vertere piegarsi, 
torcersi del legname, alb<^l ( cfr. vali , siss. alból, pad. rust. aìból. 
cngad, arhuól e muss., Berfr. 25); llbadór nm. 33; balzerà (già proprio 
del ven.) Walzer. Dileguato in dudd acc. a zbodd ' nm. 50.- 

75. Mutato in /: lipera, che è esemplare esteso (cfr. rust. mil.. 
reat. lipera, parm, lipra, dial. dei 7 Com. lipar.^ e parodi, /. e. 
225}, zenzila gengiva. 

77. Isolati: gaóm (cfr. rov. gavóiì, ven. gaon) gavone, ingaoitdpe^ 
detto della vela, quando il vento V avvoltola. 

81. F. Saldo, specie se iniziale, ed il pir. ha gli esempj comuni 
con gli altri parlari; né mi si presentano altri casi che infolpdpe tcfr. 
vali., siss. infolpdse) ingolfarsi; liulpid (cfr. rov. fulpid) pestar col 
piede, calpestare; ìiólfere zolfo. 

83. S. Passa in p, specie se davanti a vocale e riflettente i 
nessi SCE e SCI lat. ; ed è fenomeno specifico piranese [y. ascigli, 
Ardi, I 438-39 e nm. 59): patitela scintilla, péra^ pardo, pepdnta, 
poterà, pustrd distrarre, rópo^ P^>P^\ kópa, lipiaj krépi^ f^pOy ndpi, 
koitópi^ piripi'y vipere] deztnepeddpe; mipetà, deriv. da m esse tu s 
sensale (iisottrig), però con lieve differenza di significato, in quanto 
s'usi per il ^portare intorno vino od olio'M. Appare, però, anche 
la guttural sord;4 ed, ove vi preceda vocale, anche T interdentale sonora. 
Cosi i miei spogli almeno mi danno : Hai sale, Hol sole, Hdldo saldo, 
Ugldo soldo (ma anche un póldo), ìiópa pane inzuppato, Hdnte (de Dio) 
santo idi Dio); Uónza axungia, liónda polenta; Halddmey Udbo, sabato. 
Hiknro] peHóko icfr. ven. pesocoì pesante, faligl icfr. nm. 13-14), mulini 
tettina, quasi ^musello' del bottaccio, muUaróla museruola; kuJnnay 
muHiiia (cfr. ven. mosina\ oJi^l i cfr. ven. oselo) uccello ; dHeno. E per 



1) Il ven. ha messelo o missétOy Ta. ven. messela^ il mugg. meséia per 
'mezzano, sensale', il friul. mtsséie, il bresc, berg. mesét, trent. messela^ sempre 
nel significato di 'mez/.ano, sensale' (cfr. mu8S,, Beitr. 79). II Boerio lo deriva da 
^fdÌT^yff. Per lui vale mezzano, ora sensale de' contratti; egli ci dà anche mcsse- 
taria antichissimo dazio, imposto alle merci ed ai contratti de' Veneziani; che, 
secondo Io stesso autore, sarebbe derivato da messeti o inisséti. Però il verbo, 
nel dizionario almeno del Boerio (i* ediz ), manca del tutto. 



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V. Appunti fonetici: Consonanti continue. 79 

la sonora: kdda^ moróda, spóda^ kadi^l, (an)giid^l *a cu e ella (belone 
vulgaris); ddoìa ansula. E parrebbero appartener qui pure: bidésto. 
tederà pali o stanghe lunghe, poste attraverso ad altre incrociantisi, 
su cui si stendon le reti ad asciugare; pédola (cfr. rov. pizttla) pensilis. 
Degradato a zi zguélto svelto, zguapdda. 

84. Riapparso T antico -5 della flessione, di cui qualche traccia 
sporadica s' avverte in altri dialetti istriani, per lo più, nelle forme 
d' interrog., in unione al pronome enclitico: piés-tu?^ vus-tti?^ dis-tu?j 
didévis-tti?^ pentipis'tn?^ faràs-tti?^ farépis-tii? , ecc. (v. nm. 43 163^, 

85. Qualche raro caso e non ispecificam. pir. di prostesi: sknjér 
cucchiajo [\. nm. 39), skravdpo scroscio di pioggia, skiiinzia (cfr. tarent. 
sqtiincio obliquo», strèpa treccia e ^tralcio'; ma pur col degradamento 
a z: zgu^rzo guercio, zgambidpe'^ zvdrgo\ zmojd *im moli are (cfr. 
rov. zmóje ranno\ zgranfthd, zbolzond (cfr. rov. zbuzind^ ecc.ì, fischiare, 
zgiidnzay quasi Sguancia', branchia de' pesci; znautd miagolare, zgdjo 
vago, gajo, zbisa acc. a zgènza scheggia; zbidigd (cfr. ven. bisegar) 
frugacchiare. 

87. N. Saranno effetti della vocale vicina gH scadimenti, già altrove 
ricordati (v. nm. 57). Saldo però alla base ven., nella combinazione 
con m: ddno danno, kunìpénsa, ecc. 

88. Qui pure le solite dissimilazioni: lumerd numerare, lumero^ 
che è esempio ben esteso, ftltidiimia^ desfiluduniiddo sformato in faccia. 
E sarà epentetico il n che s' ha in intrónito, se sta per 'introito'. 

89. Costante la pronunzia labiale del -n all' uscita, specie se 
preceduto o seguito da labiale; nel caso vi segua altra cons., o voc, 
assume pronunzia gutturale: domdm^ gram (es.: pam ^-bom^ pam-{- 
mtifedo acc. a pan+dzemo), boni, bokóni les.: boni ■\- mori óm acc. a 
bon + kavdl)y beni, uni (es. : uni -^- pòvero, ma nn + kojóm^, kum, ecc.; 
dai quaH casi sembrerebbe che una legge quasi costante regoli le 
due pronuncie ^). Conservato il n del nesso ND in ónde nm. 1 5 ; 
ed appajon singolari: kalizinie caligine, ftiìime fuliggine, sordidezza. 

91. M. Le consuete dissimilazione, proprie pure d'altri dialetti; 
e di peculiare non mi resta che dónda acc. a bidónda, di cui v. nm. 5 ; 
Jiégeme, se risponde veramente a Mégame.' nm. 7 (cfr. anche schuchardt, 
Zeitschr, f. r. P//. XXIII 196). Sarà prostetico in Narguzdm ni. acc. ad 
Albuzdni. 

94. Parrà strano, a primo aspetto, il passaggio del m in v che 
s' ha in vélnia per ^melma'; ma è proprio pure del ven. (cfr. salvioni, 
Misceli, cit. p. 413^ E forse qui vada anche vdlpa poltiglia. 



') In generale, risulta più spiccata la tendenza alla labializzazione che 
non air altro processo; per quanto ad un orecchio esperto sempre non possano 
riuscir ben chiare e distìnte le varie sfumature di suoni, che la consonante assume 
in bocca ad individui di classi diverse. Cito qui in nota un proverbio, doppiamente 
caratteristico, che mi venne fatto di raccoglier dalla bocca d' un vecchio 
piranese. Mi ripeteva dun<^ue il buon uomo, quasi celiando suU' argomento : 
Vini hoiiy piór, cent ben pti più de nm. 



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>^0 a) Dialetto di Pirano. 



CONSONANTI ESPLOSIVE. 

96. C. Degrada pur in g, come avviene in altri clial, specie 
davanti ad a ed o, sebbene qui non così di frequente. Conservato: 
k{'ba, kav^nta; kan^pa icfr. ven. canepa)'^ kebàtolo] krósta, skalim'y 
perikolo ; ma anche : ganzante cangiante : bórgola sinuosità (v. App, less. ) ; 
kó^ia chiocciola; krócfega, óbego ómbrago nm. 21-23, màgolddo). 
badélego, póriego, testddego 'testatico' imposta ; ed il ben esteso antigo. 

99. CE, CI. Qui pure, in analogia al nm. 83, varj i riflessi^ e 
propriamente z : ziél^ zerkà, zcnga. zima^ ziiadhn agiato contadino, zigd 
cfr. ven. zigar) gridare, zigóto (cfr. mil. sìgótl^ trent. zigót) getto, 
stoppino, zurld ciurlare; zimbalo zimbano cembalo, zimborle (cfr. vali. 
zirbole) sorta di prugne; inzéndi incendere (cfr. friul, incindi) allap- 
pare; dezidepej marzlpe, nozénte innocente, guzi chiocciare; krózola, E 
per la sonora: fradido *fracido icfr. it. fr acido, a, ven. frasio e 
Muss., Beitr, 59; salvioni, A «oz^ P05/. /'/. 12) logoro; adéza acedi a(?; 
acidità di stomaco, peddnie * acldame savore, piilid:im\ pdde^ tdde^ 
kódi; forndda^ vernide, fadéle; Jdri'de, ecc.; però: pórzo; pimide^ st^rzi^ 
zdzi *jàcere. E per le riduzioni di vSCE, ecc., non avrei che zgènza 
icfr. scénza degli altri dial, istr., scénza dei ven.ì. 

101. QV. Sottaciuto X n\ kalkùm^ kalkidùm^ kalkórì, kalkópa^ 
kónda quondam^ likór^ skila squilla, s. di gambero ; ^(7^o/<i succutere 
scuotere, pakard^ se è da * soqquadrare o non sta per ^zaconare 
(dal germ. zacken) battere. Sottaciuto il Q in avaro (v. nm, i\ e nei 
già ricordati: valido^ valizd. 

108 — 109. Per i riflessi di GÈ, Gì, va veduto anche il nm. 
51 ; e qui non mi restano che: iena caprùggine, se è da *gina p^r yvvr^ 
(cfr. gen. zinna, parm., piac. mant., ferr. zeejna^ rmgn. zena^ pad., trent. 
zigna^ ecc. e nigra, Arch. XV 105-106); zérma (cfr. vali, zérmd) germe, 
mignola, zuméj nm. 27; in^rzi nm, 21-23, dest^rzepe svegliarsi; inténzi 
allappare, kuliézi^ Lonzdm ni.; drz.ne (cfr. ven. drzené)^ ed i più o men 
genuini: armizo^ tramizo^ palizo icfr. ven. salizo) selciato, nonché il ven. 
parizo pareggio e Vipiano'; v. nm. 38; come anche T altro esempio,, 
pur di ragion ven., che è piézo pieggio. Rara la conservazione della 
palatale, ed appajon casi isolati: fingi, règi acc. a r^V, pmtgénii. 

114—1 16. ^T"^. Conservato costantemente, se anche in forma normal- 
mente degradata, ne' participj e sostantivi delle basi: -A'TO, -E'TO, 
-l'TQ, -U'TO, ed è caratteristica propria del piranese (cfr, ascoli, Arch. 
I 439): andddo^ ftgddo^ prddo, entrddo\ maftddo, indurido^ niarido} 
cinudo, koftopudOy ecc.; v. nm. 7. Qui pure: dmeda, di cui v. nm. 24 137; 
gódolo ciottolo ; mazédola, sughero o tavola della lenza, miiùda quantità. 
Isolati, e forse non senza ragione: vóto acc. ad invoddpe^ mita nm. 
io; Loreto, kritd quiritare; ajùto, pdto (cfr. ven. paio) pianerottolo, 
jyati (cfr. vali, padi) patire, digerire (v. muss., Beitr, 85 ; ASCOLI, Arch. 
VII 544\ pateìóm brachetta; rati *raustjan, aat. ròslan (cfr. prov. 
ranstir) rosolarsi; trdmito tramite; zbitd *ex-bitare (da bitere) spicciar 
fuori (cfr. capod. zbitdr, monf. sbitée). 



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V. Appunti fonetici: Accidenti generali. 81 

116« Raro il dileguo, ed hanno appena fisonomia indigena: 
pecida (cfr. ven. pedda\ aspréOj alhéo acc. ad albédo nm. 7 1 1 4- 1 1 5 ; 
né mi riescon ben accertati: skuaen^rl. skuaéna^ che par rispecchi 
squatina (angelus) pesce della specie delle razze (cfr. ven. squaéna 
spaéna)\ e T altro, ad esso molto affine, skndro^ se rimonta a ^squatro 
per squato, sebbene vi si presenti più ovvia la base s qua re*). 

118, Sottaciuto il /: véro, ver aro nm. 4; vério rigido, crudo, 
veriól, quasi da * vi trio lo, detto così il maggiolino (forse dal colore) 
acc. a vitriól vetriolo, iniirigdpe\ dndio andito. 

119« D. Saldo costantemente, in qualunque posizione si trovi, 
e ciò per ragioni ben note : nido^ bròdo, féde^ mdde *ma (gis)-de (o) 
i cfr. a. lomb. sta^made^ tose, made sì, no, salvioni, Arch. XII 433 XIV 
210; PARODI, ibid, XV 67, e App, less,). 

121. I soliti doppj esiti, sebbene non così frequenti come altrove: 
cévedo, grdveda grdvia, ni vedo rnvio, nórbedo, Idmpedo limpio Idmplo, 
r dnzedo rdnzio, Isoìsito /ór^o/oforse da* turbi culo (^?) acc. a tèrbio tùrbio 
torbido (cfr. rov. intorba acc. ad inturbid)] e non mi restano che: rtispedo 
rùspio, tórzio^torziómtorziolóm truzióm'fpustuina^ói cuiv. nm. 36; intra- 
pega (cfr. rov. intrtìpaga, bellun. intrópigo). E qui pure druga per Mruda'. 

131, B, Ricorre anche qui il baro per 'cespo di pianta e 
ciocca' degli altri dial., ed il voc. bara per *zio' e ^titolo di rispetto'; 
ma anche barabóze per diavolo' (cfr. il Barabdxe di Pietro da Bascapè, 
PAKODi, Misceli, cit, p. 343). 

134. Sottaciuto in m«/, inuldpe da nubilo (cfr. ven. niola, vali., 
friul. niulj nuly dign. ««/, /ww/^V» meyer-lùbke, i?m. Grm.l 77; e nm. 43). 

135 — 136. Qui forse bombina (cfr. it. gómbina) sorta di rete, 
che però potrebbe rispecchiare anche un *ligamina (cfr. kòrt. 
n. 4797). 

ACCIDENTI GENERALI. 
Accento. 137. Arretrato: lié^eme liégomo nm. 'j , mdde nm. 119; 
bùripa borraccia, seppur non è dallo si. bùrica\ aki'tni, se da *ad- 
unire socchiudere; pégora peggiora, pùniia somiglia; piarsi, piamo, 
signor si, no; skdvedo sciapito, stantìo, gdvero (t. di saline) asse. 

138. Protratto: mèda acc. ad dmeda (v. muss., Beitr, 26; ASCOLI, 
Arch. I 230 358 511 544; SALVIONI, Post. it. 4, e nm. 24); Fumia 
acc. a Femia Eufemia. Egualmente: Dio (védi)^ mio (Dio)] komódo 
quómodo; e fors' anche: gaddro, pitstuina nm. 27, fradido nm. 99, 
kaiìrla nm. 46, bombina nm. 135-136. 

139. Dissimilazione. V. nm. 63 71 88 91 94. 

140. Assimilazione.V. nm. i o 40 ; ed aggiungi : mormoro^ pdnzene. 

141. Prostesi. V. nm. 33 85; ed aggiungi: i^d/o volo, zgttapd; 
a^iro gli re. 

142. Epentesi: sparaviér aat. *sparvvari, rondolóm rotoloni, 
zlambrd slabbrare; v. nm. 72. — Epitesi. V. nm. 29 ed aggiungi ^oV so. 

1) Un antico glossario, latino- francese (appo il du canoe), ci descrive 
lo squarus come: „un poisson qui a la pel aspre de quoy V cn polit le bois*\ 

I Y e, I dialetti. 6 



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82 a) Dialetto di Pirano. 

143, A fere si. V. nm. 24 41; cui s'aggiungano: skódo * ascoso, 
na donna; §truziófn distruzione; ^ndàvimo\ Digàrda Ildegarda, Dréa, 
Zvdldo Osvaldo^ Zàlda Ldla Osvalda, Gório Gregorio, Koléto Nicoletto. 

144, Ettlissi. V. nm. 38 134; qui pure il comune-istr. naspér- 
§egOf ed il ben diffuso kdntro. 

145, Apocope. V. nm. 32 42 70; cui s'aggiungano: us-tu? 
vuoi tu?, é'U? avete voi?, k' ùs-tu dépo? che vuoi adesso?, bico bécero, 
mórno morbido (cfr. vegl. moicidrno umido). 

146, Suoni concresciuti. V. nm. 66, e lipidim (v. App, less.), 

148. Metatesi. V. nm. 73; e qui pure: mazij acc. a zumij\ 
zama^ém (cfr. ven, magazén) magazzino. 

149. Attrazione. V. nm. 19-20. 

VI. APPUNTI MORFOLOGICI. 

160. Metaplasmi. Non infrequente il passaggio dei femminili 
di terza in prima: rida, radida^ pernida, dota, dóza, kóltra coltre, 
bóta^ grama gramen erba tenera; despopénta, grdnda, zóvena. Qualche 
raro caso di passaggio di mascolini dalla terza alla seconda ; e poco per 
sé dicono: trévo acc. a trave, nàvo, 

161. Genere mutato; maschili in femminili: fior, late, lume, 
zérma germe, mignolo dell' olivo, latria coperto pel carro ; tornerà 
tomajo ] diadema-, (lejjiley Iòta lutum fango, kibla seggetta (v. App. less.)-^ 
armena] femminili in maschili: réde rete, gotdzo gottazza, kaddpo (v. App, 
less.)'^ pdpio, postidio adiacenza (v. App. less,). 

164. Comparazione: m4jo m^o, pézo per 'migliore, peggiore'. 

166. Numerali: ttm un, do, tre, kudtro, pinkue, pie, péte, QtOy 
nòve, ^éde diede, undide, dódide, trédide, kuatórdide, kuindide, pédide, 
didipéte, dizdgto, diznóve, vinti, trénta, kuardnta, zinkudnta, pepdnta, 
petdnta, otdnta, non anta, pento; mite, do niile\ um milióm, ecc. 

166. Articolo: el *l, la T; i, le; del, déla; al, dla\ dal, ddla; di, 
ale-, dai, ddle; intuì intél, intéla; intui intéi, intéle, in le; inde *nde\ 
kuntiìm, intum, 

157. Pronomi personali. Forme nominative: mi, demi, a mi, 
mi; ti, de ti, a ti, ti; nu, de nu, a nu, nu; vu, de vu, a vu, vu; da 
mi\ kon ti; Ut, de lu, a lu, lu. Pronome neutr. di 3* prs.: a, al. 
Del resto: èia, de èia, a èia; lóri, lóre; de lóri, a lóri^ da lóri, ecc. 
Forme atone: me, te, pi pe; 'nde; ve; ^e a lui, gli, a lei; lu, la; ^e; 
li, le. Manca il pronom. rifless. pe, ed invece s' usa, ne' casi obliqui, 
lu, de lu, a lu, kon lu, ecc. 

168. Possessivi accentati: mio, -a; tóvo, -a; póvo, -a; mii, 
mie; tóvi, -e; póvi, -e; nòstro, -a; vòstro, -a; nòstri, -e. Proclitici: 
me, to, pò, per ambo i generi e numeri. 

169. Dimostrativi: kuésto, -a; kuésti, -t; sto, ^a; sti, -e; kulu, 
kulio; kulia, kustia; kostòro; kostóre, 

160. Altre voci pronominali: ki, ke\ kudl, -a; kdlko, kalkòpa; 
kalkum, aigum niptim, alguni, kalkiduni, paréci^ purapé, pòki. 



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VI. Appunti morfologici: Verbo. 83 



VERBO. 

161, Qui pure i tre tipi della conjugazione soliti, che rispondono 
per: parla] podéy krédi; penH, piniipe, ecc. 

162, Molti verbi della li passati alla III, e non pochi alla IV: 
védiy tèmi, kddi, ludi e ludi, 

163, Desinenze personali. Appare, sebbene sporadimente, 
V 'i per r -o atono di i* prs. sng., di cui v. nm. 40; per V -e di 3*, 
V. nm. 29. Più frequente che nel rov. il -5 di seconda, anzi vi risulta 
fenomeno costante (v. nm. 84); per T -w della 2* pL, v. nm. 43. Del 
resto, anche qui la desinenza della 3* pi. eguale alla 3* del sng. 

Indicativo. 164« Tema del presente. Del pari che nel rov., 
V aumento nelle quattro persone critiche della I conjug., e che si 
determina nel pir. per -^-o, -é-i^ -é-a: buli^éo muovo, (a) kali^éa fa 
nebbia, kaloméa cala, krioléa crivella, hrontoléa^ (a)fulminéa fulmina, 
imbale^éa affagotta, indormenzéa addormenta, (aJpUnuléa s' annuvola, 
indente^éa addenta, madenéa macina, mulinéa, neve^éa nevica, pianzistéa 
piagnucola, piovidinéa pioviggina, piede^éa pedina, rade^éa litiga, 
ronkizéa ronfa, skursizéa va scorazzando e frugando, popedéa sbadiglia, 
tempestéa grandina, ecc. 

166. Imperfetto. Pelle livellazioni fonetiche, che s' hanno nella 
I* e 2* prs. pi, V. nm. 40. 

Congiuntivo. 166, È perfettamente eguale all'indie., nel pre- 
sente; ma solo l'imperfetto presenta doppj esiti: parldpi acc. a 
parlipié, parldpimo -/ acc. a parlipiémo -/, parldpi -ivu acc. a parlipié. 

167. Condizionale. Qui pure doppie forme: kantardi -aria, 
pi. kantarépimOj -épivu acc. a kantipié. Il fut. ha le solite desin. ven. 

168. Infinito. Sebbene nella I conjug. prevalgano le forme 
prive del -r ha pur luogo T oscillazione già avvertita al nm. 70. 

169. Gerundio. Casi di riduzione morfologica: dulindo^ korindOy 
éinindo, avvertiti già al nm. io. 

170. Participio. Oltre ai participj deboli in -ddo, -édo, -ido, 
'udOj è qui notevole una buona serie di participj ven. in -é§lo (cfr. 
Àpp. morf. rov, nm. 170): avésto acc. ad avudo bùdOy bevé§to acc. 
a bevudo biùdo^ korésto acc. a kórsOy kondudésto, perdésto acc a pèrso, 
dirigésto, re^è§to^ lezèsto acc. a lèto, pianzèsto acc. a pianto^ stordè§to 
acc* a storio, zedè§tOj konzedèsto acc. a zèpo, konzèpo. Altre formazioni 
di participj forti : pdpo passus (Kristo pdpojj pidpo piaciuto, proprio pur 
del ven., che sarà forma accorciata, come par tale az^to accettato. 

E non mi restano di specifìc. pir. che: z^rto cernito (cfr. inz^rni)^ 
inirto, deznérto (cfr. montai, sdirlo svelto) drizzato, rifarlo riferito; 
retinto ritenuto. 

Elenco di verbi notevoli. 172. €pijèpi * esser e esse: pom (póio? 
sono io?), pom (Htistu?), de (dèlo?), perno, pè (pèu?), de (dèli, -le?)] 
jèro è^ro, -/ (jèristu?)^ -a (jèrelo?), jeriémo gerièmo jérimi -(?, jeriè 
jèri jerièu, jèra ^èra (jéreli, -e?)] parò, -a, -a, parèmo, -^, -a; 

6» 



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84 a) Dialetto di Pirano. 

pardi -ia (parépishiy parépelo?)^ paripiémo parépimi -o, paripié 
parépivu, parépi, parai ^ia^ ecc.; pio^ pii, pia^ perno ^ pé^ pia\ ftipié^ 
fùpi (fùpisiu?)^ ecc., fiipiémo fupimi -o, jfupié fùpivo, fùpi, 

173, aver vèr f<?habere: d gó, gd^ d gd (ójo, dsiUj dlu?)^ (a) verno 
émOy ave ve véu, d gd (gdli dli?); vévo, vévi, véva (vévelo?)^ véimi -o 
vévimo -/, vévi véivUf véva (véveli?J; varò, -dy -a, 'émoy -é^ -a; vardi, 
gavardve -ia^ ^q.q..j vipiémo vépimi varépimo, vipiéu vipié vépivu 
varépivOy vipié (vépili?); ébio -ia db io, ébi dbi, ébia dbia^ verno y vé^ 
ébia dbia; vipié vépi, ecc., vipiémo vépimi^ vipié vépivu^ vépili. 

175. volé *volere: vqjo, vqI, v(jly volémo, voléy vqI; voi évo y -/, -a, 
voléimi volévimi -o^ voléivi voléivu, voleva; volare y -dy 'dy ecc.; volar di 
volardve -ta, ecc., come il preced.; vgjOy vqjy vqjay volémo, -éy vója; 
volipié volépi^ ecc., volipiémo volépimo, volipié volépivo(u)^volipié volépi, 

176. podé *potere: pópi^ papi, poi (pólo?)^ podémo^ -é, pol\ 
podévo, -/, -a, podéimi podévimo^ podéviy podéivu, ^éva\ podaró, -ó, 
-a, 'émo, -éy -a; podardi -ia podardve, -i, -^, podarépimi -o, podaré' 
pivo podarépi, 'dve', popò, -iy -a, podénto, -é^ papa', podipié podépi, 
podipiémo podépimi, podipié podépivuy ecc. 

177. pavér, pavé * sape re, conjuga quasi in tutto come ^avér. 

178. vini venire: iy'wo, v^ùi^ v^m, vittimo, vini, v^m; vinivo, 
-/, -a, viitivimOy vihivi, viniva; venaró, -ò, -a, -émo, -^, -a-, venardi 
'la, vehardve, -ia, venarépimo^ -épivo, venaria-, véno, -i, -a, vininio, 
-/, v^Ha', viùipié vinipi, ecc.^ vinipiémo vinipimi vinipimo, viùipivu 
viùipié, ecc. 

179. andd ambulare: vdgo, vddi, va, andémo, andé, va-, andavo, 
-i, -a, andd(v)imo(i), anddivu anddvij anddva\ andare, -d, -a, ecc.; 
andar di y andar dve, -ia, andarépimo, -épivo, 'di -ia', vdgo, vd^ifdi), 
va, ecc.; andipiéy anddpi, ecc. 

181. dd dare; ddgo, ddi dd^i, dd, dèmo, -é, -a; ddvo, -i, -ava, 
déimi ddimi ddvimo, ddivtt ddvivtt, dava', darò, -di, -d, -émo, -é, -a; 
dardi, dardve, -ia, ecc., come ^andd\ darépimi, darépi dipiéy daria\ 
ddgo, -i, ddga, dèmo, de, ddga; dipié ddpi, ecc., dipiémo ddpimiy dipié 
ddpivuy ecc. 

182. fd face re: fdzo, fdzi (fdstu?), fd, fémo, fé (fèu?), fa 
(fdli?)] fazèvo fdvOy fazèvi févi (fdvi), fazéva (fdva), fazéimi -o, 
fdimi (o), fèimi (o) fdvimo, fazèvi fazèivu fèivu, fazéva', farò, ecc.; 
fardi fardve faria, ecc., farèpimo, farépivu, fardi faria] fdzo, -/, 
-a, fémo ^ fé, fdza-, fìpié fazèpi fdpi, ecc., ftpiémo fazèpimo fdpimo, ecc. 

183. Avverbj, modi avverb.^ partic: mdpa, pdldo continua- 
mente; lontdmy vipint, iakd, r^nte, iitòri in nessun luogo, in kalkóri 
in qualche luogo ; de Mro, stdno quest' anno, papdndo, dopodimdm, 
géri, anktw, V altro zòrno de ld\ mdpima, noma (ke)y zaromdi, intra 
ke oltre che; a pekudro accanto; dra, mal knm péna a mala pena, 
a stento; per amor ^propter'. 



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VII— vili. Appunti sintattici; Appunti lessicali. 85 

VII. APPUNTI SINTATTICI. 

184, Non risulta ben accertato V uso del pleonastico el 7^ la 
dopo il nome al sn^., e tutt' al più ricorre il pron. pleonast. / dopo 

. i sost. e pron. al pi. ecc.: sti tre fard? j i de andddi\ do i ga skampàdo, 
ecc. Anche qui, sebbene non così frequente come altrove, il pron. 
neutr. a: a noi a pài kume kuél tnànio non ha assai acume quel 
ragazzo; a la me a ufC dnda de farudia mi ha un andare di farisea; a la 
ve palla pii, a la fa Kdndia de vu ella salta su, e fa scempio di voi. 

185, Normale V uso del pronome ridondante di 2* e 3* prs. 
sng.: // // de sldda] It't el Va visto"^ èia la de anddda fora in kam- 
pàna^ a kuliézi V ulia ella è andata fuori in campagna, a coglier T oliva; 
a mi ti me la kgnti?^ el marno V a volésto dnka lu vini ku(m) nti\ pe 
pò fard^l noi fa prèsto a kavàpe^ kttèl barakóm el màfia la ròba de 
pò mujèr e dnka kuéla póva de lù, 

186. Omesso l'articolo, specie dinanzi ai nomi pdre^ mare: pe 
pare me vqI dà la li^itima^ mi veitarài a zorndda kum pdre\ priHóm 
de kdda^ galèra de bdrka^ fórka de rovina de gmo, E sarà ellittica 
la locuzione: el te priva de fio j pe ti ^e bandóni ti priva della legittima 
di figlio, se tu ci abbandoni. 

187. Duplicato il verbo nella locuzione enfatica: vèu fìnido^ vèti? 
E saranno casi di dativo etico: pe ti ^e bandóni^ no sta a mena 

ini p4mpre la màmola là de pò nòni: i te la vizia] ke me viènstu ku 
sti preàmbuli kuà?, lù el pe la a bevttda, el m^rlo; kuèl ^ópo de 
rgba ke to pare f a lapàdOy ti ti te la mafiarà intuii ante per 
kuliaf 

Vili. APPUNTI LESSICALI. 

arsii cassettone; da *arcile; v. du cange s. v. e lucch. arcile 
cassone, con coperchio arcuato, da tenervi la farina dolce. 

adèza languore, pirosi; adedina posca; v, nm. 99, 

bàlego borsa, fagotto; riviene a bulga (cfr. mugg. bàlik, e kòrt. 
n. 1407). Qui anche il prtc. imbalegàdo infagottato. 

baóna traccia, lasciata dal remeggio a poppa; e sarà probabil- 
mente da *baba bava, kòrt. n. 964. 

bara interrare; se ha forse relazione con T it. barrare] il deriv. 
barina vale 'terra argillosa', barinadór ^costruttore d'argini'; cfr. forse 
it. barro specie di terra odorosa, per far i buccheri, sp. barro, 

baróngolo] zbarónzolo pendaglio della camicia; il primo, appli- 
cato ad uomo, vale ^sformato, tozzo, goffo' (pan im baróngolo pane 
sformato); cfr. ven. barónzolo pendaglio. A Dign., Fas., lo dicono fasulitu 
del pr^to\ o ^biku del piuvàh\ 

bidègolo lisciapiante, bisegolo; cfr. vali. vizigolOy friul. bisègul, 
ven. biségolo f it. biségolo bisèvolo. 

bombina sorta di rete nm. 135-136; cfr. anche fas. èo«è/Ma, capod. 
gunbinUj "inola^ poi. gonbina. 



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86 a) Dialetto di Pirano. 

hórgola sinuosità di colle; ed è da *bifurcula; cfr. trent, 
bórkolay posch. horca^ arbed, biùrga ecc., Ascoli, Arch, I 545 a ; 
SALViONi, Dial. i Arh, 16, KJB. IV I 168; kòrt. n. 11 72. 

hronzigo nevischio. Sarà, assieme a tanti altri suoi compagni, 
derivato probabilmente da bris- + bruma; cfr. fas. br^ngu, poi. 
bringo\ rov. brin^séra] vegl, bressdina\ friul, bróse br usate brina; 
trev. brumésta^ '^g^t dial. d'Ert. brùqìèa, mil. brusècc^ montai, broccia, 
pist. bioscia 'neve gelata', bruscello brucello ^acqua e neve gelata', 
ven., valsoan. brosa^ pad., ver., vie. brosema, ecc. e nigra, Arch. XIV 
275-76; Muss., Beilr, 38; kòrt. n. 1348 1365. 

kaddpo minestra densa, senza brodo. Egualmente a Fasana; 
e parrebbe riconnettersi a *coda', quasi 'quello che resta indietro'; 
od è deriv. da catasta(?); cfr. rmgn. caddssa, agord. caddstra, e 
SALViONi, Nuov, Post. it. 6, 

kad^l lordo, sudicio. 

kalio (t. di saline) apertura, incavata nell' argine del canale, e 
chiusa con un ^port4l*. Se è da *calare\ì). 

kard^ay -óm, raganella; cfr. friul. scardzzi^le\ gr. od. ^ay&va^ trent. 
rdcola^ racoldr, ven. rdcola] poi. grisola^ dign., fas. gréilu, ecc. 
e SCHUCHARDT, SlawO'deutsch, und Slarvo^ital. 78; lorck, 213. 

katgro bugigattolo, rispostiglio sudicio. Rìsale coi suoi con- 
fratelli, rov., cai., arbed. katuójUy catója, a *catoja cateja, che 
le Glosse già ci spiegano con 'hospitiutn modicum^\ cfr, App, fon, rov, 
nm. 114. 

kaurla piccolo granchio; da carabu; cfr. sard. cdvuru, tarent. 
cauroj gr. Tcàgafiog, ecc. e nigra, Arch, XIV 277. 

kavedim area delle saline; cfr. a. ven. cavedin, muss., Beitr, 43. 

kibla seggetta, cantero; ed è dallo si. kibla (cfr. ted. Kiibel). 
Il rov. ha egualmente ké^bula per 'seggetta' e 'prigione*. 

klima klinte krime clima; v. nm. 67. 

klùka, voce ben diffusa a Trieste ed in Istria, ed adoperata 
per indicare 'maniglia di porta'; rispecchia, del pari, lo si. kljùka\ 
cfr. SCHUCHARDT Slawo-deutsch, und Slawo'ital, 75. 

kqcero la più piccola delle misure, e spezzettino di terra, sita in 
collina'. 

koddlbola piccolo crostaceo, che vive nella melma. 

kórbolo (t. di saline) l' ultimo dei quadrati, detti ^mordri*. 

koturno hut' coturno^ sorta di uose, portate dai contadini e dai 
muratori; se è da coturnu(?). 

désko desco, tavola; da discu; cfr. poi. désko, vegl, jdska^ 
friul, desc, e kòrt. n. 2605. 

drdga sinuosità di terreno, incavatura stretta di valle; dallo 
si. drdga canale emissario, valle stretta, burrone; e, come tale, è 
voce diffusa in tutta l'Istria. Derivati sarebbero: dign. dragdl, 'dj\ 
grosso ramo ripiegato, d' ulivo o d' alberi, in genere, e forse fas. 
drdga leva di ferro. 

fdlke falche. Egualmente a Fasana; ed è il lat. *falca. 



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Vm. Appunti lessicali. 87 

Jaliska favilla nm. 11-12; rispecchierà un *fallisca per 
*f a V illisca; cfr. sìss. faliska^ (riul, faltscej prtg. faisca ecc., e meyer- 
LÙBKE, Rm, Grm. I 456; kòrt. n. 3120. 

fàsto^ nefasto (usati, per lo più, in unione a zórno) fasto, nefasto. 
Egualmente a Fasana. Da f&stus, nefastus. 

ftépa seme di carrube ; ^^/?ów grosso seme. Se da *flàvi(d)a(?); 
cfr. triest. fiépa seme di zucche, e fors' anche can. flapa 'orecchia 
larga e piatta*; kiora, Arch, XIV 365, e App. fon. rov, nm. 55. 

gdtolo melma, putridume; cfr. friul. gdtul scolatojo. 

gódolo ciottolo; da *cotulo; cfr. rov. kó^gulo^ dign. kóugulo^ 
fas. kó^gulu (riflessi questi forse di *coccula); sard. códulUy mil. 
cceuden, dial. d'Arb. códan, lucch. cótano, it. scotano'^ bol.^ parm., 
crem. códol, prov., cat. códol códouly ecc.; oaix, 5/. n. 296; Muss., 
B^/'/r. 48n; meyer-lùbke, Rm. Grm. I 139; kòrt. n. 2228; salvioni, 
Post. it. 7, Nuov, Post. it. 8, Dial. d^ Arbedo 53. 

gota aggottare; v. nm. 24; gotdzo gottazza. Da guttu. 

grama erba verde e tenera; e parrebbe dal lat. gramen; cfr. 
sard. ramen gramigna. 

gùrlo\ sorta d* osso, quasi, palèo, con buco, che serve a giuo- 
care; da currulu; cfr. friul. gùrli, com. gurla palèo, pav., a. lomb. 
curie e muss., Beitr. 46; salvioni, Arch, XII 398 XIV 208. 

guzdro sorta di rete. Il triest. e T istr. hanno gtìzo per 'piccola barca 
a remi'; cfr. anche a. lomb., a. gen.^ws^a guscio, ed il ven.-istr. kqca tanto 
per Vete', quanto anche per 'barca, con cui si pesca*. Non crederei 
che, neir esito piranese, e' entri immistione dello si. gusdr corsaro. 

imbeld calettare; cfr. fas, inbeld. 

imberldpe piegarsi, torcersi (detto specialmente del legname), 
imberlare; cfr. vali, iberldsi poi. inberldse curvarsi, dign., fas., invan^ 
gdse. E sarà il riflesso pirano-pol. deriv. da vertere; v. parodi, 
/. e. 221. 

inizd accendere, attizzare; cfr. poi. inizdr, a. ven. inizar, e 
MUSS., Beitr. 69. 

ladini facile; da latino. Ed è in quest'accezione che il riflesso 
s' estende dalle Alpi Giulie alle Retiche ed all' Italia centrale ; cfr. 
SALVIONI, Arch. XII 386 410 XIV 205, Post. it. 12, Nuov. Post. it. 14; 
RBNiER, St. d. f. r. VII 74. 

lipdva gattamorta, santerellina. Lo si. ha lipov^ aggett. per 
dinotare un derivato da 4egno di tiglio'; ed adopera pur la frase: 
statiy dr^ati se kakor lipov bog prendere una posizione impacciata, 
rigida, stare stecchito. 

lipidim efelide; da impetigine; cfr. rov., fas. pidé% Icent. 
pedin, ecc. e salvioni, Nuov. Post, it, 13. 

Iòta zolla di fango. Pare risalga a lutum (cfr. sic. luta, abruzz. 
laute, engad. /«/, it. luto loto) con genere mutato; v. nm. 151, e kòrt. 
n. 495 1 ; HORNiNG, Zeitschr.f r. Ph.XXll 486 ; salvioni, Nuov. Post. it. 1 6. 

lukóm ghiottone, avaro; cfr. ven. licon, friul. lice, a. lomb., 
a. gen. lecharia leccornia, it. leccone, ecc. kòrt. n. 4748. 



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88 a) Dialetto di Pirano. 

mdde (parfic. affermativa) tanto nm. 119: màcie de (ke) nò niente 
affatto, proprio no!. Da *ma(gis)-de(o), e ricorre, oltre che nel 
chiogg., in altri dial. it.; cfr. fas., poi. mdde sì, ecc. 

magóm grosso bubbone, stomaco; dall' aat. mago (ted. od. 
Magen); cfr, rover. magóm gozzo, gravezza di stomaco, it. magone^ 
lad. magÙHj ecc. e kòrt. n. 4985. 

mdzo mazzo di rami di ^rusctts aculeatus\ che i pescatori 
gettano in mare, qual segnale di reti; se da mausio o fia^a; cfr. 
fas., poi. mdzOj rover. mas'^ it. màzzera, sic, cors. màzzara ammasso di 
pietre legate per tenere al fondo del mare le reti, e salvioni, Post. 

it. 13, 'NuOV. Post, it, 16; DE GREGORIO, 5"/. glott. II 8. 

m^ni piccolo sassetto, che si rizza nel giuoco, quasi *birillo*; cfr. 
fas. m^ni. Sarà da minuere; cfr. it. menno, bresc. méngol, ecc. 

mórno piolle, livido, morbido; v. nm. 145. 

nàde «a^o nulla. Pare rispecchi un nota o nata; cfr. sp. nada e 
MEYER-LÙBKE, ZeitscJir. f, r. Ph. XVII 613; SALViONf, Arch. XII 417 
XIV 211. 

n^^a morte, cattiva; da ne qua; cfr. tmp. neccu magro, a. lomb. 
necho cattivo, ecc., sal vigni, Arch. XII 416; guarnerio, /^/if. XIV 399; 
PARODI, ibid. XV 69. 

pacattkà (t. di saline) 'portare su d' una specie di madia 
(jpacànka) il sale'. 

pamr^la pacùgo pgco fanghiglia ; cfr. fas. pacar^la, poi. pacar^la, 
póco\ friul. pacaréle^ ven. pacava ^ it. pacchiarina fango, arbed. pucia 
melma. 

pàlmola palma del remo; rispecchia il lat. pai mula, 

parangàl (t. mar.) sorta di lenza; cfr. fas., poi, par angàl, capod., 
ven. parangàlOj e forse kòrt. n. 5882. 

péa corazza del granchio; il rov., dign., fas. hanno kàska, il poi. 
tàska^ il ven. ha péa per *formola di giuoco', ed ^osso della seppia'. 

petója miseria, imbroglio; negli altri dial. s' ha p4tola\ cfr. ven. 
peto taccagneria, it. pitocco^ deriv. da mcoiòg, 

pikunia uomo lento; pikunià stentacchiare; e sembra da pecunia 
con significato antitetico; cfr. poi. pikuùàr, pikttiìo uomo tardo. 

postidio adjacenza; parrebbe da posti de a. 

rajà rugghiare; dove forse ebbe luogo incrociamento fra *ragulare 
e *rugulare; cfr. dign., gali, rajà, poi. rajàr, ruzàr, e kòrt. n. 7018. 

razénte rezénte piccante; cfr. it. razzente frizzante, ecc. Da 
recente, salvioni, Nuov. Post, it, 22, 

rehurida levata improvvisa, e 'direzione continuata di vento' nm. 26. 
Egualmente a Fasana e Pola; e pare dal lat. *re-aboriri(?); v. 
anche schnbllep, Die rom, Volksm, 1 1 9 ; salvioni, KJB. IV I 182, e 
friul. buride corso impetuoso e violento. 

rezàjo s. di rete; da re ti a cu lo; cfr. rov. razàco, poi. rezàco, 
fas. rizàcu, tarent. rusacchio, e Ascoli, Arch. IX 102 sgg. 

slanegà allargarsi, staccarsi, distendersi; cfr. poi. zlanegàr, dign , 
"fas. zlanegàse, ven. slanegàrse. 



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IX. Appunti fonetici: Vocali toniche. 89 

travàke (t. di. saline) tre stanghe, unite ad angolo acuto, dalle 
quali pende il ^zórno\ quasi ^trabacche'; cfr. gr. od. tgafidcxcc^ it. 
trabacca, e salvioni, ^rrA. XII 437 XIV 137. 

zerhelàjo zerberdjo sorta di rete da tendere presso la spiaggia; 
cfr. rov. selberdj, fas. sarberdj\ it. cerberào. 

ziegà (v. nm. 9) attutire, spuntare, cessare {la lama ziegdda no 
idja ; sta néve ziéga, e no fd 7 tèmpo fdi frijdo questa neve cessa, 
e non fa il tempo assai freddo). Parrebbe da e a ecare; cfr. salvioni, 
Kuov, Post, it, 4-5. 

b) DIALETTO DI YÀLLE. 

IX. APPUNTI FONETICI. 

VOCALI TONICHE. 

1. A. Analogico T é che s' ha nelle 2* prs. del pres. indie, imper, 
e negl' imperfetti, e si rendon superflui gli esempj (cfr., per Y egual 
procedimento in altri dial. it., fieri, -4rc/i. XII 109). Qui pure l'oscil- 
lazione, avvertita nel piranese, e che riappare anche nella maggior 
parte de' dialetti nostri: faveldvi, ^etdvi gettava, stdvivtt ecc. acca 
mesedéviy graspeléva levava i grani da' grappoli d' uva ; manési, piirté' 
(v)nndà (cfr. ven. por/at'/wo) portavamo, ecc. Coi quali manderei insieme: 
gréva (mi) grava, di ragion estesa; koz^vola (d. di terra) facile a 
cuocersi, dove si riferisce alla terra la proprietà del legume. 

4. Duplice il trattamento del suffisso -drio, d' accordo col pir. e 
gruppo affine: I. mucdr *mec'lario piccolo mucchio di covoni, zendt'O, 
spaldri (cfr. ven. spalavi), zigdri sorta d' insetti, che formano bozzolo 
nelle viti; IL ster sextario stajo, rovér roveto, frutéri alberi da 
frutta, in genere; p^ra paria ^mandola grossa e doppia, che si 
getta contro i mucchj delle altre*, nel giuoco; fiè^ra, kaldéra acc. a 
kard^ra (dial. del borgo), skuz^ra; luminerà luminaria; peserà pesci- 
vendola; (Kórto) Bekéra ni.; però anche: spaliéra (cfr. it. spalliera) 
acc. a spalir(i)y tokandiér, kaniviér^ ecc. 

6—6. Mutato in ^, ed è fenomeno specificamente vallese, nelle 
forme verbali: dé^i (cfr. ven.-istr. ddgo), fé^i, sté^i, vé^i^ che, a primo 
aspetto, ci porterebbero alla Romagna (cfr. rmgn. vèg, dèg, stèg, 
dietro analogia dì fèg, e muss., Rom. Mtind. 69; GArDENZi, / 5«om/, le 
forme ^ ecc. p. 87), seppur non sia lecito pensare, in pari tempo, 
air influenza sia del g vicino, sia forse meglio a quella dell' atona sulla 
tonica; e qui pure ^éda {de ftl) *vicata, esempio ben diffuso fra parlari 
ladini (cfr. gaU., fas., siss., gdda gugliata, soprsilv. gada, basso- 
eng. giada volta, e ascoli, Arch, I 108 VII 530). Tracce, sebbene 
sporadiche, del passaggio in -^, per effetto dell' -i atono finale (comune 
pur al dign.) : ver^pt, k^n cani (per analogia co' plurali dign. k0tj ecc.). 

7. E. Ben saldo Ve, e di pronunzia assai chiusa, nei riflessi 
veneto-piranesi, né v'occorrerebbero esempj; solo sien qui ricordati: 
spéra sfera e 'piccola parte di q. e.*; poléro, péria pévera; révola 



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90 b) Dialetto di VaUc. 

sorta d' erba rampicante, i^sa mucchio ricolmo di covoni a tetto 
piano, colle spighe rivolte all' intemo ; p^i, pédi^ ed il ben diffuso 
alégro\ léno legno. — Solo postiéma acc. a poscéma ci richiama il 
pir., istr., ven. po^Héma. 

10. In analogia cogli altri dial. istr., qui pure qualche caso 
isolato di mutamento in a^ riproducendosi sotto V accento la vocale 
atona: ^ntànta, (no) tdntami, ^nsàra (per influenza di ''nsarà^ e per ragion 
ovvia). Né per sé dice molto 1' i dei gerundj, che vedemmo già nel 
piranese; e vadan qui soltanto citati: ofindi offendi, zindo andando, 
bifida^ che é voce straniera (cfr. ted. Binde, e salvioni, Arch. XII 
391) e comune ad altri dialetti; ma appajon caratteristici: Binbo npr. 
Bembo, visto veste. Notevole ''nitro rigido, ben diritto, in piedi, che 
rispecchia *intégro (cfr. lad. entir aniir e ascolt, Arch. I 16 96, ecc.; 
KÒRT. n. 4364). Caratteristico non pare jéiza chiesa (riflesso che ricorre 
anche nel dignanese); e qui pure (si) home per ^sì affé', l'etimo del 
quale non mi riesce ben chiaro, seppur non s' abbia a fare con un 
*bóno mio, quasi *sto io garante' (cfr. rov. bon sì). 

11. I. In analogia col pir., siss., gali, riman saldo alla base latino- 
veneta, né farebbero di bisogno esempj; sien citati qui soltanto: 
maréno *amarigno amariccio, madréna matrigna, maladéno (cfr. pir., 
ven. nialedegno) eufemismo per 'maledetto', negrén, se é da *negrino 
specie di arboscello; spéndola; feléti *filicta (cfr. lad. feletga^ sp. 
helecho, e gròber, Arch, /. /. L. ti. Gr. II 286; kòrt. n. 3243). Non 
mi riesce ben chiaro se 'nsina sinza senza, rispecchi il sine, o 
non sia piuttosto *(in) sin^a; ma virigo vetro rifletterà ben un vitrico 
(cfr. rum. vitrig, -a)\ — n^jo neve, m(jo mio, avranno la loro ragione; 
come r avrà majéstro acc. a mistro (cfr. it. ntasiro, e forse aat. 
maistar). — 12. Caratteristico par vàja vade e vide va; per il qual 
riflesso, V. ASCOLI, Arch. I I75n. 

13. O. Riflesso costantemente per «, nelle basi lat.: -o/a, -ora, 
ecc., allo sviluppo della qual vocale non sarà stata forse aliena 
r atona finale (cfr. ascolt, Arch. I 426, ecc.): sùla suola, skùla, 
kanditila *candióla candeletta (cfr. ven. feriola, e salvioni, KJB. IV 
I 172), kornula^ ktiartariila quarteruola, brasùla hrsiccìo dell'aratro e 
^sottogola del bue', bandertìla, sin^imtla (cfr. piem. firingla, mil. sigohola) 
carrucola stridula, pasturtila\ vartile *variolo; bùrUy fura foras; suro 
sòror; muri muojo; e, d'accordo con questi: fuja foglia (cfr. cat. 
fulla e GARTNER, Rtr, Grm. § 200\ dtija, vùja, ufo (cfr. pad. rust. 
ulio) olio, zmùja\ mùna (cfr. gr. od. fioi)va, bret. monna, sp., prtg. 
mona, it. monna) scimmia ; a cui s' aggiungano : kiisia, pusia posta, 
nùstro, -a, ktisa coxa; gùmer (cfr. gali, guómoro, vegl. gómbro)', 
niiìniga, che é di ben estesa ragione (cfr. a. pad., a. ven. munego, -a), 

14. Del rimanente, saldo, ed appena si possono qui ricordare: 
Salvador salvatore, ^cimitero', si-ón, collett. per *tutta sorta d'uccelli' 
(cfr. gen. sidiin), che sarà da *si(l)agone *si(r)a(g)une muss., B«7r. 
i23n; pi'ón granchio (v. p. 36 n); ózma (acc. a stirmd)\ óni 
(un), razabórgo (forse etim. popol.) ramarro (v. p. 11 n); tólpo. 



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IX. Appunti fonetici: Vocali atone. 91 

deskólzo (cfr. ASCOLI, Arch, I 487 X 8 n); góma stilla; ^nbóta di 
botto, sùbito; tórbo tórbolo (cfr. mugg. tórbola\ nórbio morbido; vódio 
òdio ógo *vócito (cfr. a. ven. voido^ e flbchia, Arch. IV 370); — 
kóito, be§kóUo (cfr. dial. di Piazza. Armerina kóito^ e mbtbr-lùbke, Rm. Grm. 
I 389, //, Grm, 128); col quale vada considerato róida rota 
(cfr. dign. rQftdà), — Qui, del pari, spi(o)gà§e non darsi pace, sfogarsi, 
se sta per *esplodere+explicare, che corrisponderebbe forse al 
lat. med. *expluere *effundere* (v. duo. s. v.). Singolare par il passaggio 
in ^ di ó secondario che s' ha in: eh uno, seh sum (cfr. a. ven. sen). 

18. U. Continuato lo schietto u it. o ven. {u lat.); e sieno qui 
ricordati quali esempj specific. vallesi: pugo bottone, boccio (cfr. tose, 
a. it. pugo^ puca pollone), che parrebbe dal celt., ' ed il metatetico 
rubésto robusto, cattivo, proprio pure del toscano (v. d* Ovidio, Grndr, 
I 529); però, anche roto ructus. — Ma bróto^'m quanto dinoti 'treccia' 
o ^mazzo di pannocchie di grano turco', non mi risulta ben chiaro. 

19 — 20. AU, AI. Tolto il dittongo, col procedimento noto, in 
laverà^ Idvuda acc. al letter. laude (le)\ avola, che è da au secondario; 
kandvolej esempio ben diffuso; Pdvulo^ kdvuza acc. a kàttza, rdvuko 
acc. al più comune ragóz^ ecc. 

VOCALI ATONE. 

21 — 23. A. Riapparso Y antico a in dòma non magis (cfr. rover. 
dòma, e gartnbr, Zeitschr. f. r. Ph, XVI 334 n), ^nsina nm. 1 1 ; 
e nel caratteristico sdba ^2^ (cfr. rum. sambàtu, lad. sonda). Pegli 
assottigliamenti, proprj degli altri dialetti affini, ed estesi anche ad 
altri parlari it., non occorrono esempj, e tutt* al più sieno qui citati: 
izérta^ izertiùi lucertola, -ini; armeno, órdini, or^inini, órfeno, sin^eno^ 
sin^inij slómigo, Idnpida, gizmónika voce armonica; sekristdn, karetilùzo 
caratelletto, trimùja tremùja tramoggia, serezin 'sorgo saraceno', 
pertiéh appartiene; intikitd, dove entrò probabilmente immistione 
d*m; come ciò avvenne in inbasiatórey inulàse acc. ad anuldse. 
Del rimanente, 0: bonbaz, che è esempio ben diffuso, romdze, se da 
*ramacea, puladóra acc. a poladóra coltello da pali, pustendca 
pastinaca (cfr. dign., gali, pustiindca), ostór (cfr. a. fr. ostor^ prov., cat. 
asior austor) *astore qròber, Arch.f. l. L, u, G. 1 234; kòrt. n. 866; 
stromend *stra-menare -f- exterminare(cfr. rov. stramand e salvioni, 
Arch, XII 435 XIV 215) percuotere. Un -0 per -a finale s* ha pure 
in n^tà *nepta neptia nm. \2']\jéro erat 

24. Comunissima T aferesi, e pajon superflui gli esempj, essendo 
questi comuni suppergiù a quasi tutti i nostri dial.; sieno soltanto 
qui ricordati: ^éda (v. nm. 5-6), neve(r)sdri anniversarj, pasiatóre, 
proprj pure del dign. e gali., lumo de rgko allume di rocca; réndise 
arrendersi; sigùrati\ guscùla *a(u)gustióla, (vai) Gustina ni. 

26. E. Ben saldo Ve, specie nei prefissi re, de\ e risultan 
eccezioni, del resto, apparenti: risaluto acc. a resoluto, risólvise acc. 
a resólvise, rispéto acc. a respetd, liddn acc. a leddn. 



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92 b) Dialetto di VaUc. 

28. Cangiato pur di rado in i, e forse non indipendentemente 
dal nesso di consonanti attigue, o per efifeto di assimilazione; brintin 
brentino, hrilindéle bertovelle, ìnitd, prisùto prosciutto, priaké perchè; 
né mi risultan di specificaipente vallesi che iz^npio (cfr. però rov., fas. 
iz0tpio), Ilie ni.; piada acc. a peddso pedata, calcio, lirijón (cfr. 
rov. lirigón), viritd^ ^ntinzión, minzond^ ^npintise^ spili grise racca- 
pricciarsi; kuritiizo (cfr. mlat. *corettus, gr. od. xovQBkv) ^coret- 
tuccio', piccolo giustacuore; anilina sorta di stoffa, che sarà da 
* agnellina, pisttina testuggine; Grigór (cfr. siss., a. ven. Grigór, 
friul. Grivór\ rintatizmo^ niétise, strénzise^ kalkidùn. 

29, Sostituito, per lo più, dall' é T -e all' uscita, negli esempj istriano - 
comuni: Idiù^ frdtUj prétù^ pésti pesce, bótti ^ lénlu, zéntu, sdngilj 
lumtìj cduj ndiì seggetta, bólpu volpe; grdndft^ vérdtì^ dólzA, péngtl 
denso, grétm^ lévS, kalku^ ecc.; sénprtì^ insénbré^ spesalmént^, fina- 
méntà\ dormii^ kóruj mura muore. Qualche altro esempio di passaggio 
in fi, e non esclusivamente vallese, né senza che v* abbia influito la 
consonante vicina: ar mulina *armellina armeniacum (pomum), stimenà^ 
iuznndy zuzùn^ che è caso ben esteso; ropesd (cfr. ven. repezzar) 
rammendare, rov^rso acc. a ruv^so rovescio, strano; pronustikd acc. 
a prenostikd blaterare, proprio pure del piranese. 

32. Appajon quali casi d'apocope: zimiz cimice, Idriz^ kólez 
(cfr. dign., gali. Mlizó) sorta di alberello, kdmiz^ péver acc. a pévere, 
pólver, róver^ §6lfer^ gt'tmer vomere, véner^ térmen, mérkol\ legdn 
acc. a legamo ; masilidn micidiale, kardl cima de' covoni, se da 
*quadrale. 

33. I. Fenomeno specificamente vallese è Vi dell'inde lat., che 
pare perduri nelle forme pronominali congiuntive: ^inde gliene, dé^inde 
dagliene, dédinde dategliene, déminde datemene, bévinde bévine, blinde 
tòglietene, dizé^inde ditegliene; indi: katdtili trovarteli^ iornà^ilo. 
Conservato l'antico /: friserà^ friserei, maitina (cfr. a. it. maiiina), 
dove r / sarà piuttosto ripercosso ; e non mi resta che prgslimo (cfr. 
dign., gali., siss., fas. prQsHmo\ se è da proximo *bosco nei pressi 
della città' (cfr. forse anche si. prostina 4uogo brullo nel bosco'). 

34. Il passaggio in altre vocale non infrequente, specie nei 
proparossitoni; ed é fenomeno appena osservabile quello che s' ha in 
beldfiza, beskóito^ beskoitéli acc. a biskutéle^ besdka pagliajo, mereréja^ 
deddly alternai^ maregdla (cfr. mugg., pir. madre^dla, dign., gali. 
maregdla) matricalis (herba) camomilla. Più di spesso mutato in 
e^ ed é fenom. pur esteso: vdlego^ médego, limedo (cfr. arbed. limai) 
limite, strada, tratto di campagna. 

36. Qualche raro caso del mutamento in w, dove s' avrà piuttosto 
a fare con iscambìo di posto delle vocali: ustrizión istruzión, Zumiii 
Cimino. Appare poi caratteristica di tal dial. (ciò che è pur proprio 
del dignanese), l' u per / secondario che s' ha nelle i* prs. pi. degli 
imperf. indie, e cong. (per effetto forse della labial vicina) :jérundà 'érimo', 
véfvjundà 'avévimo', sté(v)und.u\ kantd(v)und^\ dovésundu dovessimo. 
In oùordntà per inordntà^ s' avrà a fare con assimilazione fonetica. 



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IX. Appunti fonetici: Consonanti continue, 93 

37. Comune col sissanese Y aferesi dell' /- nell* in preposizionale, 
ed appare fenomeno costante: ^nbeverd, ^ngrumd^ ^nbridgo acc. ad aw- 
hridga lollio, ecc. Sarà poi epentetico in sórigo sorgo. 

39. O. Non estraneo al passaggio in «, sebbene non con quella 
frequenza con cui ciò avviene in altri dialetti : iarunzd tagliuzzare, btmdse 
(-èia) tramontare (cfr. friul. a honàd all' ovest), sitriso rincresce (cfr. 
berg. insiiri raccapricciare, e gli App. less. rov, s. v.); kungregdse ab- 
boccarsi; zkuzéra acc. a skiitulir *scutellario (v. Ascoli, Arch. XIV 
352 n; d' OVIDIO, Note etim. 31) sorta di cucchiajo grande di legno; 
purzinunkule pan porcini, dragunséj\ duntaitina, fuluztimia acc. a 
domaiiina, ftloznmia\ pasturùla {y, App. less,); zmergttld frantumare, 
grungdl sorta di vestito di panno greggio, piturina pettorina; ed in 
fine il caratteristico nistule (m unione a i/, std) acc. a viscole farsetto, 
che parrebbe di provenienza straniera*). 

40. Attenuata la vocal labiale in e ed /: Krevdzia^ krevdio, 
kumini-ón, riiión (cfr. ven. rognon) arnione, rimatizmOy kilùbrio 
colubro, lerójo (cfr. vie. lerogo), prenostikd pronosticare (v. nm. 29'); 
véskevo^ mdrmerOj -^ (f.); mormerdsi sorta d' erbe mangerecce, prefóndo\ 
de pref l'indi'^ Jdkemo (cfr. pad. rust. Giachemo), — Isolato a^óro occorre. 

41. Pel dileguo ricorderò qui: masilio omicidio, skiir-.^ ed, a 
formola interna^ noské non so che (cfr. ascolt, Arch. I 48 n; nigra^ 
ibid, XIV 379\ 

43. U. Conser\'ato \*u primitivo, e sien qui ricordati: kunil, 
sulisión soggezione, piuntón, ruvindl orinale, puliste se da *pullicei 
pidocchi dei polli, stiinbi-ój sorta di lappa comune, itntulùh untume; 
mugaril quasi *mulgarile capezzolo (specie delle bestie); barlunbdse^ 
se da bagliume o 'barlume (cfr. diez. Et, Wrtb. P 220; rheden, 
Et. Beitr. 12; salvioxi, Arch. XII 391); mdskulo mas culo (cfr. 
CANELLO, Arch, III 353 e pir. mdskulo, ven. mdscolo^ gr. od. ^cc6xovko) 
mortaretto; però rotd eructare (v. nm. 18). 

45. Di rado passa in /, attraverso ad e: timor tumore, remór 
rumore, linsin, -mi, uncino, imdga, che rispecchia 1' / primitivo ; teribolo, 
che è proprio pur di Pirano, e par letterario; in fine fermentón 
frumentone. 

CONSONANTI CONTINUE. 

63. 'LJ. Si oscilla tra /^, /, / ed/: gilgo^ skunpil^o, Milga, bezgdko 
bislacco; tilo\ knnsilOy vizila^ buttici, Sisila Cecilia; ma anche: sutila 
acc. a sutiléia\ p^o cipiglio, /aw^'o, séja ciglia, merevéja, soméjo\ sfojér 



^) Cfr. a. berg., bresc. nestola nisiola, com. nàstola, V. Tromp. néstola, berg. 
nistolù dondolone, pav. nastol^ vallon. nàie nastro, rum. naslnr nodo, che il 
KURT. (n. 5546) fa derivare da nastulus (dira, di nassa)^ ma che più a ragione 
sembrano derivati dalVaat. nestiio nestilai mat. nestel fiocco dei nastri, 
cintura, neri, nestel cinghia, dónde it. nastro, Cfr. diez, Et. WV/&. II^ 49; i-orck, 
171 178; KLUGE, Et, Wrtb.^ s. V. 



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94 b) Dialetto di VaUe. 

soglia, mija milia, kavejdda capigliatura; tnadàja, zmtìj *mollio, mujd 
*m ciliare 'allentare, lanciare* (cfr. it. ammollare j ven. wo/a, wo/a, 
gr. od. d(iokci(D e G. meyer, Contor. cit, voi. 132 — VI. Abh. — 9).^) 

66 — 61. SJ, DJ, ecc. Risolti per lo più per i, d' accordo con altri 
dial. istriani e dell' Italia settentrionale: jéiza, dove ebbe anche luogo 
l'attrazione (v. nm. io); zeréza^ ziniza, tamii, griza, BidzOy baio, ecc. 
E qui non mi restan che: trimùja (cfr. sic. trimoja, prov. tremueia 
frc. trémié) nm. 21-23, dezjudd vuotare; mujól\ rdjo acc. a rd^o^ pujdse 
poggiarsi. 

62. Prostetico (cfr. ive, Arch. IX 159 173-4; qorba, Si, d. f. 
r, VI 535): jérba (cfr. vegl. jdrba, friul. jérbe jdrbe), jetd^ jéska, 
jitikin letighino, jénpi (cfr. pir. gémpi) ; jéntima (cfr. dign., fas. jénlima), 
iùltimo\ jél elio, j'ó (v. nm. 175'). Inserito in séguito ad iato: tójo, sójo, 

63 — 64. L. Le dissimilazioni consuete, e qui s' aggiungano, se 
anche non di specificamente vallesi: sptird (cfr. a. gen. spuriar, dial. 
d' Arb. sberda) cogliere gì' insetti, purgare, spelare, kard^ra^ sarvd 
salvare, voré volere; princinéla. Egualmente, per esempj di passaggio 
di / in «: nondtico lunatico, nonéta lunetta, sorta di coltello ricurvo, 
quasi a mezz^ luna. Scambio, sebbene isolato, con v: vintine lentine; e 
con r: relójo acc. a lerójo, seppur non s' ha a fare qui con aferesi di 
o (v. nm. 4 1 ) ; sofrakd (-èia) *subflaccare calcare ; piruli che è pur 
d' altri dial., istr. e ven. 

66, Dileguato, oltre che negli esempj comuni agli altri dialetti, 
in dku lago; agami (cfr. ven. Idgame) lasciami, mukaról vaso da riporre 
la cote, mugaril nm. 43 ; e non mi resta che kukùce (zugd a), se da 
* cocculiicea (cfr. vegl. cacucie) chiocciole, cavalcioni. 

66. Agglutinato: Idgo ago, Idso asse del pane o da lavare; 
laséta^ lerdrio erario, litóliiro litrólitro f lostór SiStor e '^ Idrsena *arsina(?) 
sorta d'erba; lansd (-èia) ansare; lanidi ognidì (cfr. forse vegl. 
gnigneldi agnel di dio); teiera (cfr. arbed. lèlura) éllera hedera. 

67 — 68. GL, ecc. Esempio isolato della conservazione della 
gutturale, ma non ispecificamente vallese: ^a^ina (cfr. dig^. caseina) 
*clag(o)lina *coaglina latte rappreso (cfr. pir. kondjo, poi. kalijèr^ 
valsoan. calija^ e d' Ovidio, Arch, XIII 443; dibz, Et. Wrtb. P 336; 
GRÒBER, Arch. f, L. u, Gr. I 548); striga acc. a strica strega, stria 
*strig'la (cfr. ted. Striegel) striglia; sijóso singhiozzo, ecc. 

69. PL, ecc. Sempre saldo agli esiti istriano-ital., e qui sia ricordato 
soltanto zavejdci subii e es (v. CAix, St, n. 582; fieri, Arch. XII 133) 
uose. E non mi resta che scofdy se da *extufare+ sclofare 
(cfr. rover. stofegdr) scoppiare, soffocare. 

70 — 71. R. Esempj speciali di dissimilazioni: alteleria (cfr. 
a. ven. altelaria^ gr. od. àQr8XkaQÌa\ Idnda, landalin * randa (cfr. 
it., cat., prov. a randa rando al fine) margine, marginale; samelèr 

1) Par, a primo aspetto, notevole che la forma risolta abhia assunto, nel 
dignano-vallese, un significato, che le è rimasto anche in it. (cfr. it. ammollare, 
mollare allentar la fune). Forse allo sviluppo di quest' ultimo senso, non sarà stata 
aliena V accezione di 'rilassato, lento', che aveva ■ già il lat. mollis. 



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IX. Appunti fonetici: Consonanti continue. 95 

asinajo, ieló^tro^ che è pur del pir. ed arbed.; mérkol (cfr. sp. fHÌercoles)\ 
plùbiko, replùbika^ tgrtola tortora. 

73. Frequente la metatesi, ed agli esempj tipici s* aggiungano : 
pretólio petrolio, §krahiónko acc. a skarbiónko *carbunc'lo sorta di 
serpe, nero e grosso, prisiih pis trino; Grabiél^ kró króvo, -/, (cfr. 
sard. krovH^ mil. krof^ ed egual esito, suppergiù, in tutta T Italia 
occidentale, nonché in Sicilia); sirikold (-éio), §trikolóh torculare 
spremere, strepè^ -édiy che risalirà propriamente a *stroppeto 
cespugli, ingombranti il terreno (cfr. ven. stropér^ bresc. stropéi ve- 
triciajo), zgragatdse acc. a zgargaiàse gargarizzarsi; ed il caratteristico 
priaké (pur comune al gali.) perchè; invré inver; permejàva prem- 
premeva, p:rdidl prediale; e non ha nulla di particolare prisùto\ 
V. nm. 28. — Assimilato in §kùsa^ che starà per *sgusso (cfr. ven. 
sgusso, mil. sguss) = sguscio (cfr. pav. guss, a. lomb., a. gen. glissa) 
con influsso di 'scorza' kórt. n. 2924. 

74. V. Isoliti casi del passaggio in b\ britindéle bandelle nm. 28; 
bérto^ bertóh (cfr. rov. biérto^ siss. ii^n b4r§à) inccrconito, zberldsi 
(cfr, pir. imberldpe) piegarsi (d. del legname); Batikdno ni. 

76. Risultano appena degni di nota: gQl (di) bisogna, ci vuol 
(dire), (cfr. piac. g'ól)^ dove forse s* avrà a fare con un g di antica 
ragione (cfr. parodi, Rom. XXVII 238); reigólo rivolo, zinziga, liz^ra 
acc. a vizerà (cfr. mugg. vizdl) visiera, maschera. 

77. Dileguo di V, sia primario che secondario, con labializzazione 
della vocale seguente : ndu^ kduj Mu^ e nei caratteristici : óto voto, otdsi 
votarsi, ólta volta; né acc. a viiìé venite; Pòrta Nò Porta nuova, 
ni.; manórCy manoréia fa manovra. 

79. Inserito come prostetico, ed è fenomeno^ che il vali, ha 
comune col sissanese e con altri dial. istr. ed it.: vulia^ róvo uovo, 
vurldy vuldi, vóltra oltre, véla dove, vergdiìo aratro, vun\ vùniko, ecc. 

Quanto a f di iato, andrebbero qui ricordati: puviòa '), ruvindl 
nm. 43; Luridi] génovo acc. a ginu(v)in (cfr. dign. jénuvo) genuino. Di 
passaggio in w, oltre a maldrdpa gualdrappa, mi ofifron casi le 
forme verbali dell'imperfetto: mané(m)undà^ bevéfmjundà, ecc. ^. 

81. F. Inserito inorganicamente in sfojér soglia; e non mi resta 
di particolare che skuéra sfera d' orologio. 

86. S. Risoluzioni solite, e non ispecifìc. vallesi: scora (cfr. ven. 
sHora) stuoja, skarniza scodella di legno (v. nm. lOO); scotterà^ se 
daquaestionaria (cfr. rov. scuniéra, pir., siss. scgne brighe) esagerona, 
millantatrice, accattabrighe; §copd^ scopata sorta di fiore (cfr. rov. 



1) Cfr. rov. pujé^na, ven., ver. puina^ friul. puine^ dial. d' Erto puina, a. 
bcrg. (V. Ser. sup.). com. puina poi fM,\aì. Teli, poina^ hreic, poina^ mant. poina 
povinatì&d, puiuna pitina, regg. puéftat rvagn. puveua; d' etimo non ben accertato; 
forse da *p opina, come opina il lobck {Altberg. Sprachd,, 205); v. anche kigra, 
Arch. XIV 288-289. 

2) Un vecchio Vallese mi diceva: kudndo ke jérundu zóvetti, fHanéffnJundtì, 
bevéCmJundilf kanté(m)und& *nsihat nisnh travdjo^ kul kdà 'ndél sdM e kùla kdza 
'nkdà. 



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90 b) Dialetto di VaUe. 

scttpón^, garofano aprentesi. Nel suffisso -òso tende piuttosto a I: 
marigós, ftimós, konpiató^, U antico s (z) tornato in iscena in ózma 
odore acc. a sitrmd (v. nm. 1 4), dove è anche prostetico, urmizd correr 
dietro Torma; ed è dileguato in paiimd (-éio) da spasmùs {6ncc6^óg) 
ansare*), (cfr. pir. padanézo, sp. pasmar, prtg. pasmo, it. pasimaré), 

87 — 88. N. Il n primitivo conservato in venén, anulàse (cfr. friul. 
nuldssl, dign. inuldse, ecc.) annuvolarsi. Dissimilato in bajoléta\ e non 
mi resta che arkùzeno, dove entrò forse immistione di 'arco'. 

89. Appare caratteristica speciale del vallese il ridursi che fa 
a faucale il -«- mediano postonico, se seguito da vocale: fenomeno, 
per cui il nostro dialetto par si ricolleghi col gruppo boi. ed emil., 
da un lato, col monferrino ed alto pedemontano dalT altro (cfr. flechia, 
Ardi. XIV 118): zidne, paróùi, e così costantemente: sdó^, ^óiia, /a^a, 
kliùi bacchette del cdxvo^ ftoriiiiy kuztni, Ima] kdma; kamina, Katina^ 
maitinay ecc., però: maitindda^ antunoy sundde^ ecc. 

90. Prostetico: nenpóriOy nantikitd acc. ad intikitdy ^nbridgo. In- 
serito inorganicamente: angurd (cfr. App, less, rov. s. v.), ^/a«^ó« sasso 
appuntito, piankondda colpo dato col 'piankón\ se rimontano en- 
trambi al bass. ted. plak, o non rispecchian piuttosto una base lat. 
pi anca (donde piem. pianca pietra, prov. planca^ frc. planche, ted. 
Planke\ gròber, Arch, f. l. L. u, Gr. IV 442; nigra, Arch. XIV 285; 
KÒRT. n. 6197); sin^inùla (cfr. rov. sigangla e nm. 13); e non mi 
restano che: kandaléto cataletto (cfr. muss., Beitr. 40), tdnse (mortudrie) 
tasse (mortuarie). 

91—92. M. Singolare par la prostesi in morbd orbare, ma sta 
forse per Hnorbare' (cfr. pir. intorbd^ rov. inurbd). 

95. Non infrequenti i casi di dissimilazione, specie nelle prime 
prs. pi., dove tal procedimento viene costantemente osservato : vé{v)undiìt 
stéfvjundiì stàvimo, (v)ord(v)undUj vorésundàj ecc.; v. nm. 36. 



CONSONAISITI ESPLOSIVE. 

96. C. Esempj del degradamento in gì grine crine (cfr. CANELr.o, 
Arch. Ili 402), gréspe *crispae kòrt. n. 2270, garddsa, derivato 
da cardus (cfr. it. scardassare), gudme, se è deriv. da *caudinae 
cavalletto posteriore, sporgente dalla metà del carro; Fonte^éra ni., 
che rispecchierà un *fondicaria (dalT arab./ow^o^, per cui, cfr. ven. 
fonteghéra) fondachiera. Singolare il passaggio in / che s' ha in mariùfo 
sciocco, stupido, forse per immistione di ^tartufo' (cfr. friul. martùff), 

98. CT, CS. Specifici: kóito, beskàito^ ecc., v. nm. 14 34; per 
vódio ecc._, V. nm. 14. 

99. CE, CI. In analogia col pir, s* ha zi zénga, zésto cesto, ziél, 
zibdse, zelegóH (cfr. ven. célega) passera, azdl^ Idzl lacci (cfr. rov. 
lasiére^ mil. la(n)séra\ skanzél (cfr. pir. skanz^l) cancello, cassettone; 
inziiid (cfr. a. ven. cignar, crem. zignar, ferr., boi. zgnar^ ecc. muss., 



1) Ko'l refidday ^e diié'n: el paziméia. Così mi spiegava la forma un Vallese. 



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IX. Appunti fonetici: Consonanti esplosive. 97 

Beitr, 124); ziniza cinisia cenere, zinizétola\ peddzo ^pedaceo 
calcio. Però anche: zigdla^ -ó«, zigdrOy zustérna\ sei cece, sezeréla^ 
narize nari acc. a naride\ zizérhola cicerbita, kapùzi; IdriZy puliZf zimiz^ 
kólez\ V. nm. 32; ma anche: diìi^ piaS, ia¥ tace, ecc.; v. nm. 86. 

100. Singolare skarniza skarmza, che parrebbe addivenire a 
*excarnic'la scrìatella (cfr. ferr., pann. scarnicc^ rmgn. scarnecc^ e 
FL.EGHIA, Arch, III 126) scodella di legno, seppur non s'abbia a far 
qui con un etimo popolare. 

101. Q V. Ridotto sporadicamente a g'. liguóri liquori. 

103. G A ecc. si'^i'ld, voce con cui si incita il majale (cfr. rov. 
siH'^i-nd, dign. su^i-zd^ su^i^ld, siss. si-gua^nd), 

104. GR. Notiamo ^ngruviMse (-èia) aggrovigliarsi; per intiro 
V. nm. 7. 

106. GN. Ridotto a«: Uno acc. a l^no (cfr. dign. linOy gali. Uno, 
friul. len, vegl. Idne, soprsilv. Unn^ e Ascoli, Arch. VII 440), préno 
*praegno (cfr. prov. prenh-s^ it. pregno, e kort. n. 6328), puno 
acc. a puno, kÒrt. n. 6444 ; e qui forse manarin (detto del cece) mange- 
reccio (?); anilina acc. ad amltnci stoffa, di pelle d'agnello; v, nm. 28. 

110. L'antico e ben noto procedimento in tnajéstro nm. 11, 
pajéz, sajéta-^ kuUj sorta di erbe mangerecce. 

111. Sarà prostetico il g, o sviluppatosi per influenza della 
labial vicina, in gizmónika germónika nm. 21-23, granpedóh (cfr. rov., 
ven. ranpegóh) rampicone, arpione; e non mi resta, pel passaggio 
singolare in /, che sulisión soggezione; v. nm. 43. — Ma mi riesce un 
po' oscuro pinfdy in quanto significhi 'piagnucolare', e sarà forse 
dissimil. di *fifare con n epent., o voce onomatopeica (cfr. ven. fifar, 
rov. ed istr.-com. fifd). 

116. T. Qui solo: verzdde (de bóka) sbadigli, ed il caratteristico 
^éda gugliata, nm. 5-6, róida ma. 14; famida, quasi * fami da affa- 
mata; padi *patire digerire; pistùna testuggine d'acqua. 

117 — 118. TR. Ridotto ad r nei casi tipici; a cui s'aggiun- 
gano : jp^r/a, virigo nm. 11, ^nveri-dda invetriata, lastra di ghiaccio; però 
anche: vidriól\ dnera acc. ad drana, dove ebbe luogo la metatesi 
(caso comune anche ad altri dial. dell' Italia). Par assimilato il / in 
kusa, se sta per *costa', róse, se da *rùsta*rosta (cfr. a. gen. 
Tosto, it. rosta, e germ. Geriist) cerchi da tener su le bigoncie. 

119. D. In generale, saldo a condizioni pari a quelle degli 
altri dialetti, e pajon superflui gli esempj; solo si ricordino, e per 
ragioni ovvie: rapdda rugosa; frfdo fracido; kómodo acc. a kómo, 
krudo, detto anche d'*uomo rozzo'; rdnzedo, tévedo, grdveda acc. a 
grdvia. — In tórgolo tòrtolo tórbo torbido, deve esserci stato 
scambio di suffisso, in drésa (cfr. rov. drisa) treccia, dissimilazione; 
pei acc, a peddda Spedata', colpo dato col piede. Singolare zldnguido 
per 'Hmpido', bianchiccio; rùspio ruspido, gruvido gruvio, nórbido 
nórbio', tórzio, 

121 — 122. Pel passaggio in / non avrei che spel spiedo; e sarà 
palatalizzato il 4 ip è^n^éla donzella, 

!▼•, I dUltttl. 7 



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98 b) Dialetto di VaUe. 

124, Prostetico : disiàj dinvérno, (^njdakórzise (cfr. friul. indacuàrzisij 
rov. inakuórzase)j indaspà. E, pel raro esempio di passaggio in g^ non 
ho che pinugola acc. a pinudola forfora, dove, come già fu notato 
per tórbolo (v. nm. 1 19), deve aver avuto luogo scambio di suffisso. 
Sarà poi epentetico, per causa dissimilatrìce, in spinduluza nm. 11. 
V. anche, per altri casi analoghi, nm. 79 90 165. 

125. P. Mutato in f, e non hanno nulla di specifico: frónholo 
(cfr. rov. brQnbuló)y se è da *pruniolo pampanata, e nei comuni-istr. : 
zgrinfe\ barakàro paracarro. 

127 — ISO. I soliti degradamenti, e meritan appena di venir ricordati : 
tdvaro, vulin lupino, fava lupina, nm, 148. Dileguo in sordno soprano, 
sovrano, foranei, e nel comune-istr, zóra sopra. Singolare n^tà 
*nepta (cfr. dign. néioY), 

131 — 132. B. Qui sdba nm. 21-23. ^ ^^^^ P^** ^^ poco impor- 
tante Cubani ni., che pare rifletta il tema germ. *zobel (cfr. App, 
fon, rov. nm. 132). 

13é. Dileguato in nul, anuldsey di ben estesa ragione (cfr. mbybr- 
liÙBKB, Rm. Grm, I 77; ascoli, Arch. I 529, e nm. 21-23); ?^^^ sóvero, 
che è, del pari, diffuso, e nel comune-istriano bara barba. Ned è sin- 
golare r accezione della voce rinbonbd^ nella formola: Dio velo rinbónbi 
Dio ve lo rimeriti, propria pure del rov. 

136. BR. Conservato in braserà bracciata, e sorta di barca, 
ìébray detto d' albero, carico di frutta {ze kdrego kómo la lébra). 



ACCIDENTI GENERALI. 

Accento. 137. Esempj di accento arretrato comuni a tutta la 
regione; e qui s'aggiungano: nóske, tuo ke\ drpiz arpese. — 138. Pro- 
tratto: ditlie^ pavór papavero; Fiimia acc. a Fémia\ pìziga (cfr. flechia, 
Arch. Vili 376); komedéiale-^ e fors' anche fia(v)ùle, seppur non riviene 
a *flàutulo o meglio a *flau(t)iólo (cfr. a. ven. fiabuolo, it. Jiótola, 
e Muss., Beitr. f^^)\ famida nm. 115; soméni acc. a somenéi, zia (m 
unione a nome proprio) zia (cfr. gr. od. <Sia)\ zigdri accartocciamenti 
delle foglie di viti; v. nm. 99. 

139. Dissimilazione. V. nm. 63-64 70-71 87-88 95 ili; qui 
pure: 5flr/'J5^ salvarsi, nascondersi; samelér acc. s. samerér ^somariere'. 

140. Assimilazione. V. nm. 28 39 73 105; e v'aggiungi: 
uzél (dnzol) mandàlin, filiséra filossera; pindilo, 

141. Prostesi. V. nm. 62 79 90 91-92 in 124; akusio così. 

142. Epentesi. Oltre a sparuvér sparviere, v. nm. 19-20 79 
81 86; e aggiungi: sofrakd^ brinlindéle, spinduluza, pinfà nm. in; 
kàpusoli capsule, linguai, — Epitetico in viténta, litie liti, kilùbrio. 



1) Cfr. a. it. nieta^ sard. nepta netta, sp. niéta, niélo, prtg. néta, néto, 
e cAix, Giorn, d, /. r, II 68; gbOber, Arch. f, l. L. u. Gr. IV 131 VI 395, 
Misceli, d. f. e l. 46; kObt. n. 5595 



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X. Appunti morfologici. 99 

143, Aferesi. V. nm. 24 37 41; inoltre: 'ntrióri interiora, 
lùstria industria, mitd imitare; bund§e tramontare; óUa^ oUd voltare, óto 
voto, ^nganatnénto inganno ; guzà^ guzénto, minénto^ vezd avvezzare, usare ; 
iérnU'^ oravi vorrei; péta aspetta; édi vedi, órpo corpo; né venite, 
pasiatór ambasciatore. 

144. Ettlissi. V. nm. 65 117- 118 134; indi: ^luzmta, iravargd 
travalicare; noské nm. 41; despard separare. 

146. Apocope. V. nm. 32 70-71; mdndà mandorlo. 

146. Suoni concresciuti. V. nm. 66 75; e hirindl (v. nm. 148). 

147. Abbandono di /, perchè creduto articolo. V. nm. 21-23 
65; qui pure: izéria lucertola, imdga. 

148. Metatesi. V. nm. 73 11 7- 118; e son comuni pure ad 
altri parlari: frdbo fabbro, kairiga (acc. a karéga)\ mazéj gemelli; 
ruvindl orinale, vulih lupino, rimi^dna meridiana, révola ervo; Ordj 
ni., Marubdldo Romualdo. 

149. Attrazione. V. nm. io 33. 



X. APPUNTI MORFOLOGICI. 

150. Metaplasmi. Qui pur normale il passaggio dei femmi- 
nili di terza in prima, e non han nulla di specifico: radiga, verniza, 
réda^ dva^ §oméntaj litia lite; sfdlza\ févera, zóvena, ecc. Del pari, 
pel passaggio dalla terza alla seconda: M^ chiave, néjà, bota, nóiu, 
kdrnà, léntà\ fórtà^ ecc. 

161. Genere mutato; maschili in femminili: sdba, sólza solco; 
jdzo (caso ben esteso), kalór, di dies, figa, lùnw, parentd\ femminili 
in maschili: ndà seggetta, kaligo (cfr. rov. kalé^gó), frànto^ kalddi 
(cfr. rov. kalddi) maglie di calze, calate; ruzeno, krézimo cresima. Fem. 
pi. t.: suménte sementa, bdte coreggiato, ^tempo della messe' (cfr. rov. 
sizule\ kólze (ulie) raccolta (d* oliva), póde potatura, lé^e legatura delle 
viti, e 'tempo della legatura' ; travdze tempo da travasare ; sudóre, róse 
ritorte, sufréne (cfr. friul. sofrdgn poplite, e App. less.) ; (le) zdbine esame. 

162. Casi. Singole tracce di desinenza nominativale e di 
casi obi.: suro, pi. suróre, n^tà, pi. netdne, frd, pi. fradéj, pei, 
pi. pèdi, bu, pi. bótn bòi, de, pi. dédi', man, pi. mane. — E sarà 
effetto dell' influenza del pi. sul sng. la desinenza alterata che s' ha, 
forse per T 'Umlaut', in ver^^n acc. a vergdno aratro (cfr. kan acc. a 
k^n, e V. App, fon. dign. nm. 2 e 153 a). 

154. Comparazione: méjo e pézo per *melior' e *pejor'; ma 
anche: mijór, pezór. 

166. Numerali: un en, vun '«; una\ dói, tré, kudtro, zinkue, sie, 
séte, óto, nòve, diéze, óndize, dódize, trédize, kuatórdize, kuindize, sédize, 
diziséte, dizdóto, diznóve, vinti, trénta, kuardnta, zinkudnta, sesdnta, 
setdHta, otdnta, nondnta, zénto^ duzénto-, mite, dói mite, ecc.; primo, 
segóndo^ tèrza, ecc. 

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100 b) Dialetto di Valle. 

156. Articolo: d la l\ la f\ /, le\ del, déla, al, ala] dal, ddla^ 
dèi, déle\ di, die] dai, ddle; qui del pari: *nlcl, ^nléla; 'nléi, \ttéle\ 
*nlén (kuéla zita). 

167. Pronomi personali. Forme nominative per *ego, tu'; mi, 
ti, mio, tio. Del resto: de mi, a mi] de ti, a ti; nói altri, de nói altri, 
ecc.; lui tu, jél] de lui, de jet; jéla] de j eia] lóri, jéle. Form^ atone: 
me mi i] te ti] se si; ^inde, J"/ gli, a lei, lu lo lo; //, le. L'impersonale 
è et, di rado a (neutro). 

168. Possessivi accentati: me, tó, so] mei, tói, sói] però 
anche: m4jo, m4ja] tójo, tója] sójo, sója; (et) nùstro, vùstro, (el) so. 
Proclitici: mi me, lo, so, 

169. Dimostrativi: kuésto, -a} kuésti, -e] kuél, -a; kuéli, 'C] lo 
stelli, ecc. 

160. Altre voci pronominali: ki, ke, kósa (entrambi sost.); 
kudl, tal, kualkidun, -i, kudlkiì (neutr.); nóske (aggett.) no^ké (neutr.) 
non so che zertùni, póki, parici, nisùn, -/. 



VERBO. 

161 - 162. Del pari che negli altri dialetti, i soliti tre tipi della 
conjugazione ; e qui pure non infrequente il passaggio di verbi da una 
conjugazione all' altra. Sporadici : dorma dormire, prema permejd pre- 
mere, che pare antecipi il vegl. (cfr. vegl. premdre iye, Arch, IX 179^ 

163. Desinenze personali. Costante l' -/ per T -o atono di i* 
prs. sng. Nessuna traccia del -5 di seconda; ma normale V -u di 3* 
per r -e atono. Per la introduzione di -émo, -é(de) della II nella I 
conjugazione, v. nm. i. 

Indicativo. 164. Quanto al tema del presente, occorre qui 
egualmente T accrescimento nelle quattro persone critiche, che si de- 
termina nei tipi -éi, -éi-a, in buon numero di verbi: paskoléi, 
^nzogoléi, susudéid sìnguhcL, masi i^éia,rugu méta, cakoléia,fuliséia, retratéia, 
biansi^éia, skroboléia bagna, kukodéia, barlonbéia abbaglia, romaséia 
strepita, ecc.; v. ivE, Arch. IX 162. 

166. Imperfetto. Per le forme analogiche di questo tempo, va 
veduto il nm. i ; e regna oscillazione nella i* pi., come già fu no- 
tato al nm. 95 ; onde le forme dissimilate in -(vjundu acc. a quelle, molto 
più rare, in -dvimo; e risultan affette dal pronome quelle di 2* prs. 
pi.: portd(vi)vfi, puzé(vu)vu, vinésuvfi, ecc. 

Congiuntivo. 166. Il presente, in generale, eccetto la 3* 
prs. sng., eguale all' indicativo. Pur T imperfetto s' accorda^ quanto agli 
esiti, con questo. 

167. Condizionale. Perfetta corrispondenza col tipo rov., nella 
I* e 2* prs. pi,; solo qui, nelle dette persone, s' ha doppia forma: 
stard(v)undà, stardfvujtnl acc. ai più rari colarésimo, -ésivu. 

168. Infinito. Normale il dileguo dell'ultima sillaba, e nessuna 
traccia del -r, 



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X. Appunti morfologici: Verbo. 101 

169. Gerundio. Non infrequente, per alcuni verbi della II, le 
desinenze della I, e, per tutti quelli della III, la vocale intatta: 
stando, kurdndà\ zindà^ Jìnind^, konparindu^ ecc.; v. nm. io. 

170. Le forme participiali suppergiù come negli altri dial., 
sebbene qui ricorra, di frequente, accanto alla forte, la forma debole: 
vorésto acc. a vusik, iazésto acc. a tazù^ irajésto acc. a irajù travazd 
tratto, dovésto^ savésto acc. a savu, Molèsto, acc. a còllo; tini acc. a tinu. 

Elenco di verbi notevoli. 172. èst *essere esse: sen^ seiiy zé, 
sinémo 3émo, siné(de) sé(de), zé\ jéri, -i, -o, jértindti, jért((v)tì jérivtl, 
jéro; saréj -é, -d, saremo, saré(dej, sarò; sarà(vji, -i, -«?, sard(vjundii 
sarésund^j sard(vu)vu sarésivu, sardvà\ sio, sii, sto, sinémo, siné(de)y sio; 
f òsi, f òsi, -à,fòsundu,fósuvù,fòsu\\ni j-é stdy ti (ti)j'é std,el /-ó std^ ecc. 

173. ave h ab ere: j-é, j-é, j-ò, verno, vé(de), j'-ò; vévi^ -i, -a, 
vé(v)undu (vévimo), vé(v)à véivi vé(vn)và, véva ; vare, -è, -ò, -émo, -éfdej, 
varò; vardvi, -/, 'à,vard(v)tmdu varésund^, vard(vu)vu varésivfi,vard(v)u; 
ébi vébi, -i, -o, verno, vé(de), vébo; vési, -/, -/?, (vésimo) vésundtì, vésivtì 
vésttvu, vésti. 

174. dovè debere: devi, -i, -é, dovémo, ''è(de), deva; dovevi, -i, 
-a, dové(v)tmdft, dovévu, doveva ; dovaré, -é, -ò, -émo, -é(de), -ò ; dovardvi, 
-/\ -tì,dovard(v)undu, dovard(vit)vfi, dovardvà; débi dòbi, -i, -(i)a, dovémo, 
-é, débi dòb(i)a; dovési, -i, -/?, dovésundu, dovésuvà, dovésà. 

175. volé voré ^volere velie: vói, vói, vgl, vorémo, -é(de), vqI; 
voréifi, -/, -a, (vorévimo) voréfvjtmd^, voréfvujvu, voréva; volare, -é, -ò, 
-émo,-é(de),'ò; vordvi, -/, -o,vord(v)undé vorésundfi,vord(vu)vti vorésiivfi, 
vordvtì; vòja(i), -/, vòjo, vorémo, voréde, vòjo; vorési, -i, -U, (vorésimo) 
vorésundu, vorésuvé, vorési vordvà. 

176. podé *potere: pò/, pòi, pgJ, podémo, podé(de), pgl; podévi, 
-ij-a, podé(v)undà (podévimo), podévivà podé('vu)vtì, podéva; podaré, -é, -ò, 
'émo, 'é(de), -ò; podardvi, -i, -/?, podard(v)ttndtì podarésundtì, poda^ 
rd(vu)vM podarésivu, podardvà; pósi, -i, -o, podémo, -é(de), -òso; 
podési, -/, '^, podésundà (podésimo), podésttvà, podésà, 

177. savé ^sapere: sé, sé, sd, savémo, savé(de), sd; savévi, -/, 
-a, savé(v)undu (savévimo), savéfviijvtì savévivà, savéva; savaré, -é, -ò, 
-émo, -é(de), -ò; savardvi, -i, -ti, savard(vjundà savarésundu, savarésuv^, 
savardvtì; sépi, -/, -o, savémo, -é(de), sépo; savési, -/, -à, savéstindtì, 
savésivà, savésà. 

178. vini venire: veni, -/, veh, viiiémo, viné(de), ven; vinévi, -/, 
-a, viné(v)ttndu, vinévft, vinéva; viiiaré, -é, -ò, -émo, '•é(de), -ò\ vihardvi, 
-i, -dviì, vinardfvjtmdìt vinarésitrtdtì, vinard(vtt)vit vifiarésttviì, viftardvu; 
veni, -i, -o, viiiémo, -é(de), véiìo; vifiési, -/, -//, viUésundu (-esimo), 
vinésivu, vinésé. 

179. zi *zir ire: vé^i, -i, va, zémo, zé(de), vd; zévi, -i, -a, zé- 
(v)undu (zévimo), zé(vu)vtì zévi, zéva; zaré, -é, -ò, -émo, -é(de), -ò; zardvi, 
-i, -ti, zard(v)undé zarésundiì, zarésivu, zardvu; vé^i, -i, -o, zémo, zé(de), 
végo; zési, -i, -U, zésnndù, (zésimo), zésivtl, zésà. 

180. co *tjor tollere: cò^^i, -i, co, colémo, -é(de), co; colevi, -i, 
-a, (:olé(v)tmdi%, ^olé(vti)vtì, doleva; colare, -é, -ò, colarémo, -é(de), -ò; 



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102 b) Dialetto di Valle. 

^olardvij -i, -j3, colarà(v)undu (colarésimo) ^olarésundu, colard(vu)v& 
^olarésivàj ^larà(v)à\ có^i, -/, -o, colémo, ■'é(de), cógo; colisi^ -i, -é, 
^olésundà (lolé^imo)^ ^olé^uvà, ^olésà, 

18L fa facere: féèi^ -i, /a, fémo, fH^h f^\ f^h 'h '^7 fi" 
(v)undu,fé(vujvàj féva ; faré^ -é, -d, -émo^ 'é(de), -ó ; /aravi, -/, -1?, fard- 
(v)undu (faré^imo) faré^undà, fard(vu)tf& farésuvà, fard(v)^\fé^i, -/, -o, 
fémOj fé(de), fégo\ fési, -i, -à, fésundu, fésuv^, fé§à. 

183. Egualmente conjugano: sta stare, da dare. 

183. Avverbj modi avverb. e partic. Oltre ai già ricordati 
al nm. 21-23: a réntà, a takd a vicino; ^wra pure, dòma; kalkolàndo 
a un di presso; a bastanza, mésa molto, pora§é assai; ^nhóta di botto, 
despQi dopo ; a largo, lónzi lung^, nióri in nessun luogo ; de Mro di rado, 
sénprà; '« pei invece; tnd§itna\ ma magis soltanto (ma da jerséra); 
si bomé! sì affé mia!, bruza mi! bruciato(a) me!, b^Ha a un di presso; 
fura fuori, in campagna, eccetto, all' infuori. 



XI. APPUNTI SINTATTICI. 

184. Normale qui pure 1* uso dei pronomi pleonastici el 7, la, 
le: el ze sta a me kdia jéri, sto si-ór; kuél ióvino l j-ó lapà .7 kavdl; 
so mdre la se j-ó stufa, e la ^i die; la J"/ dizéva §ta moréda; le 
fémene le ze dute kuri-óze ; le ze rov^r^e dùte ^n Bórgo ; le ze ^ndresdde 
un po' adésà ke le sta '« Kastél. Frequente, del pari, quello del pleona- 
stico iy dinanzi alla 3* prs. plur: sta ^nv^rta i travajarémo a fura e 
dnka §to dinv4rno\ i ze kdvi de kuarterój i Sbavóni: al pan i è^ diz 
^kluka\ ala farina ^muka\ e di óvi *jdj jd, jóì ! Non appare così 
frequente l* uso dell' impersonale a, ed appena si posson citar come 
casi isolati \ a no ^e véza da zi a skrivi da nói altri non e' è uso 
d'andar a scriver da noi altri; a ^nde ze póko sui ulti ujo, sto dno; 
a ze kalkerdnti, ke lavora duti sùla kalkéra. Isolato : el, ke 7 sio dùti 
i pajézi deferenti? 

186. Normali i pronomi ridondanti di i*, 2* e 3* prs. sing., 
nonché frequenti ^i, ^e, ^nde: ankói mi tóka a mi] a mi le me sa 
bòne le vérze a me piaccion le verze; se ti ti fé^i sto lavór, ti te masi 
de sigùro; jéla la ^i j-ó dito\ a lui ^i féva pietà; ma per despéto, 
de parotite ankói no me ^nde ven ^ntél kdà; kudlku di me ^nde pdsa 
de tute le sórte ^ntél kdà de paroléte. 

186. Risulta omesso l' articolo dinanzi ai possessivi, sebbene 
qua e là si oscilli nell'uso: ke tij-é da vardd a me skarséla?, menami 
'w to kazón ; vési en pò de so lingua mio !, ke bela prédika ke j-ó 
fato 7 maj èstro sta maitina per nùstra dnema; ^apé vùstro fasolétà. 
Parrebbe omesso pur l' articolo in manta no se fa per una piòva 
sóla. E sarà generico: virila ^e vgl (gql) di; el pah, Hdnka se^l sta 
sula bdnka, no lo mafia kah. Frequente pure 1' omissione di zi (aus.) 
nei tempi composti: vola la zida to mdre?^ e to stiro zida a 
Viéna dnka jéla? Duplicato nella locuzione enfatica il predicato: 



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XII. Appunti lessicali. 103 

vaia a vedi se bòlo '/ pindtu^ ^^àja!j le palasi re, fin ala 'nv^rla no le 
farò vòvij no le farò \ verno kinih de Barbar iga, per la févera, verno \ 
a Ldktì grégu verno i legòri, i lò^i e le sardje, verno, 

187. Casi di prolessi: gQl zi a mazd i uri-òj e i stunbi'òj, 
ke ven^nléle kanpdne, vanii ke skumén^io 7 pdnpà a spunld\ vare la 
gripola, ke i ve ruba, zia Ménega, i morédi; e slo more ^e si^éva 
de drintù, ko 7 Jéro, E sarà pur antecipato V oggetto, per ragion 
d'enfasi: e ké a fd ti seh vinu?, la ze 'w zorndda to mare, ké afa?, 
e i kdri dòi se finirò, ma i kdri tré no\ ke se me méti, ve dnka stufare. 
Dativo etico: ^npréstami 7 to mazinin, ke 7 mi lo fa trista 7 kafé 
7 me', mi oravi, prima ke la me se inpo la zust^rna ankòi, travazdmelo 
7 me vih\ ti podévi dnka ti mét itila a skaldd la polènta ve! 

188. Appar normale T uso del verbo 'tornd\ ridotto a funzione 
d' avverbio : ggl zi a torna bisogna tornar ad andare ; i vé^i a torna ; 
ti véiii, Micél, a torna?, i viiiaré a torna. 

189. Costruzione nelle proposizioni dipendenti: dnka se no jéro 
konténto 7 pare, 7 voréva spozd§e subito, 

XII. APPUNTI LESSICALI. 

dku', dim. lakùsu nm. 65; ma coi nomi locali sempre Idk^. 

aspérie(a) asperges, aspersorio; cfr. poi., pir. (le) spér^e, 

bacisa batica sorta di frumento; cfr. siss. baóisa grano, mil. Bacicca 
Battista. 

bdnka tavola. Tal significato ha pure a Dignano, Gallesano, 
Fasana, Pola, Sissano ; e, fra le città d' Italia, a Reggio d' Emilia 
e a Taranto. Dal germ. bank kórt. n. 103 7; brugkneb, Charakter. d, 
gemi, El, im It, 20. 

bazòto bazzotto, fra sodo e tenero. E esemplare ben diffuso 
in Istria ed in Italia, in genere; cfr. salvioni, Arch. XII 392. 

besdka saccone di paglia; bizdse bisaccia. Da *bi(s)sacca, 
rispettivam. bisaccia. Il primo esito, il quale, oltre che del vali., è 
poprio pur del dignano-gallesanese e muggese, ricorre in molti dial. 
deir Italia settentrionale e nel sardo; cfr. dibz, Et. Wrtb. P 70; meybr- 
LùBKE, Rm, Grm. II 70; kort. n. 1192. 

beskoitél bisk' dim. di beskòito, nm. 98. Da *bis+coctum; cfr. 

MBTER-L^BKE, Rm. Grm. II 574; KORT. U. II 95. 

biansigd (-éi) imbiancare. È formato da bianco blank; cfr. pir. 
bianzigd, bianzi^éo, mugg. blantijdr, rov. bidnse vé*zo bianco viso. 

brdsko s. di granata, fatta, per lo più, di ^ruscus aculeatus'', 
cfr. friul. brascdj prunaja. Forse appartiene alla stessa famiglia il trent. 
brasca graspato, per cui v. sohnellbr. Die rom. Volksmund. 122. 

briga contesa, molestia. Cfr., per l'etimo, kÒrt. n. 1344; biadbme, 
St. d. f r. VII 120. 

bundse (-èia) tramontare; da sol bona a sole tramontato, quasi 
'abbonacciato, abbonato'; cfr. fas. a sol bund, friul. a soréli bondd 
ad occidente. 



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104 b) DnAetto di YiOle. 

butd (-se) buttare, germogliare; butà in ter a seminare. È comune 
a tutta l'Italia. Per T etimo, v. diez, Et, Wrth, P 78; kòrt. n. 1296; 
SCHUCHARDT, Zeitschr. f. r. Ph. XV 97; braunb, ibid. XIX 351-54; 
SALViONi, Arch. XII 392 XIV 206; parodi, ibid. XV 52. 

kdgole ^cacole' cacherelli. A Rovigno anche: fa kàgule mdgule, 
a Valle, Pola: /à(r) kdgole mdgole per *vivere a stecchetto'; cfr. ven. 
far le cdgole magre stare a stecchetto; friul. Mgule, rover. kégole, e 
ASCOLI, Arch. 1 525. 

kajin cagnesco ; odor de kajin odor di cane ; cfr. pir. kaira, friul. 
cain guajo del cane. 

kamizulin sorta di corpetto, o panciotto, senza maniche, e, come 
tale, proprio di tutta l'Istria ven. Deriv. da *camisiolino\ cfr. 
pir. katnidulimj friul. camisulin, ven., mant. camis(iJolin, rover. catnisolim, 
ferr. camisuUn^ boi. camisulein, bresc. camizoli^ cerign. camesulgine^ e 
KORT. n. 1539. 

kdniero cantero, pitale. Egualmente negli altri dial,; cfr. pir., dign. 
kdnlro, fas. kdnlru, siss., poi. kdnloro, ven. cdntaro, gr. od. TtdvtccQa, 
Q. MEYBR, Contoresi cit. voL 132 — VI. Abh. — 31. 

kdnua canova, dispensa. Da canaba kort. n. 1554; salvioni, 
Arch. XII 393-94; Muss., Beitr. 42; gobtz, Thesaurus glossarum 
emendatarum I 172. 

kar§eddna sorta di biscia acquajuola. Da carchadana(?); cfr. 
rov. karsaddna, pir. skarseddna, e goetz, Thesaur, 1 153. 

kavajón, -óni, bica di uva. Sarà derivato da caput; cfr. dign., 
poi. kavajÓHj fas. kavijón, ven. cavagion^ ferr., mant., boi., rmgn. cavajon 
bica di covoni, ecc. 

kavejdda capigliatura, nm. 53. Il rovigno-dignanese ha kavidda, 
il poi. kavejdda, il pir. kavaldda, il mugg. éa^ueldda^ il friul. ^avedde^ 
sempre per 'capigliatura'. 

cirindéla calandrella; cfr. forse it. cirindello brincello. 

ciske piccole galle del rovere. Altrove, in Istria, ganbdle, gdle. 

kongregdse kun-, prtc. kongregdda kun-y abboccarsi, -ata. 

kuztn, -ini, zanzara; cfr. dign. kuzéin, -i, frc. cotisin, e ASCOLI, 
Arch. IX 103 n; kÒrt. n. 2317. 

debolitd deboléza debolezza; cfr. rov. dibilitd. Da ^debilitate. 

desfraskd sfogliar il grano turco; cfr. dign., fas. desfujd^ poi, 
despandr, e forse a. \omh. frasche selve, boschi; friul. frdsle^ it. frasca. 

dezahindse esaminarsi, far confessione di q. e. In questo senso, 
usa pure il dignanese zabindse, il fas. zamindse. 

tì?ra^//«5^' dragoncelli', sorta d' erbe mangerecce; cfr. rov. dragun§dj\ 
dign., gali., fas., siss. dragunséj, pir. gradonz^li. È il 'cynara dracunculus\ 

durmi-óli specie d' insetti delle viti. 

feveriza feverùza febbrerella; cfr. pir. frevuza, friul. fìeruzzéte. 

frónbo, -oto pampanata, nm. 125; cfr. dign., fas. br^nbOy poi. 
brónbolo, pir. brómbo, ven., pad., ver. brómbo, -ola, abruzz. vrónne. 

fttlacd (-éi) pigiare (il vino); cfr. pir. fulinld, dign. fuld, gali., 
fas. fold, poi. foldr, mugg. fuldr, it. follare. 



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Xn. Appunti lessicali. 105 

fulisà spezzare, calcare; cfr. pir. frufà^ -old^ frupolóna, friul. 
folazza, fruzzd, 

garnéj minestra di legumi, orzo, fagiuoli in genere; cfr. fas., poi. 
garn4j s. di conchiglia. 

gripi§a sorta di carrettina, È ben esteso, e da greppia (cfr. 
ven., lomb. cripta gripia\ germ. krippea, con desinenza alla slava; cfr. 
SOHUCHABDT, Slawo-deutsches ecc. 73; salvioni, Arch. XII 407 XIV 

209; KÒRT. n. 4583; BKUCKNER, /. C 22. 

(i)nkukuvise accoccolarsi; cfr. pir. inkukuHpe,. dign. inkufttlàse^ 
fas. kuvulàsej e salvioni, Rom, XXVIII 98. 

invré inverso. E sarà metat. di Hnver' ; cfr. rov. invir, dign. invru 
pir., lomb., gen., it. inver, ecc. e salvioni, Arch. XII 409, 

jdlova sterile. Dallo si. jàlov sterile; cfr. dign. jàlova^ poi. 
gdlova^ fas. jàloga. 

lama lago piccolo; ben diffuso in Istria e fuori. Per retimo, v. 
KÒRT. n. 4641. 

landa (a) randa. S' usa, come a Rov., Dign., Fas., in un giuoco : 
fasolétà (de la) landa. Dal got. * randa kort. n. 6646. 

laverà piastrella liscia da giuocare; cfr. rov., dign., fas. làura , 
pir., gali., siss. laverà, e nigra, Arch. XIV 284-286. 

limedo sentiero e 'tratto di terreno campestre'; da limite; 
cfr. gali., fas. léimidu, dial. d' Arbed. limai, valcanobb. lU ^nda, prtg. 
linde, -a, sponda di campo, e salvioni, Nuov. Post. il. 15; kòrt. 
n. 4819. 

liso liscio, ciottolo di mare; User a spiaggia con ^lisi^\ cfr. dign. 
léisi, poi. lisóli, friul. liss, e App. less. rov, s. 'lé^sina\ 

makarón, (^qI) 'ónl (-Ój)i chiodo, che unisce la parte anteriore 
alla posteriore del carro; gnocco di pasta. 

mànola manella, lucignolo; da manna; cfr. dign., fas. mdnula, 
friul. manul mdnule. 

néna balia. Pare da *amita; cfr. pir. néna, vegl. niéna nidna 
madre, ven. nena, friul. néne balia, e tappolet, Die rom. Verwandt- 
schaftsnam. 98. 

nul nuvolo; anuldse annuvolarsi, nm. 134; da nubilo; cfr. pir. 
nul, inuldpe, friul. nul, nuldssi, dign. nuldse^ ecc. muss., Beitr, 82; kÒrt. 

°- 5^59; SALVIONI, Post. it. 15. 

pa^óka sporca, sudicia; cfr. dign., fas. pacQka, pir. pacugo, friul. 
pacug, ven. paèugo poltiglia. 

pasturula chiodo, che tiene unito il giogo al manico dell' aratro. 
Sarà dim. di 'pastura' pastoja, quasi ^piccola pastoja'; cfr. vov. pasturula, 
dign. pastura, pir. pa§turim, 

paterna paternostrd favellare, in senso quasi arcaico {mi no sé 
dòma ke paternd valéz!)'^ cfr, dign., fas., poi. paternd blaterare. 

pioróto piagnucoloso, piagnolente. E deriv. da 'piord^ piangere, 
lamentare, ed è voce ben diffusa; cfr. rov. piuréta, dign. piurita^ 
piuradùz, fas. pioróto, siss. piuretér, e salvioni, Arch. XII 421. 

pistùna testuggine acquatica, nm. 28. 



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106 b) Dialetto di VaUe. 

pizinin^ -ina, Piccolino, a-; Pizinini ni. E voce di ben estesa 
ragione; cfr. rov. piciné*n, dign. pekinéin, pir., poi. pizinin^ e salvioni, 
Arch. XII 421. 

ra^iso raucedine, aspredine. L' esito rifletterà un sostantivo, 
derivato da rauco; cfr. rov. ra^io, fas. ra^éiu, dign. ra^éiso, gali., 
poi. ra^tso. 

raskàda de piòva piccolo scosso di pioggia, quasi una *rasicata 
'spurgata' di pioggia. Egualmente a Pirano, Dignano, Fasana e Pola. 

razabórgo ramarro; cfr. rov. zanburdo, fas. lizaburdu, gali. 
sanburiolo, dign. bazagùrdo, siss. rizabórtoìo, poi. izabórtolo\ pir. bòro, 
^^ZZ' §bor sbuòr, friul. sborf sbors, e App, fon, rov, nm, 15. 

rebatidura callosità, contusione ai piedi, ribattitura; cfr. pir., 
ven. rebatiura, friul. ribatidùre, 

rekagd tornar a nascere. È detto di somiglianza grande, spaccata: 
ndnka rekagdda. Egualmente a Dignano. 

reposid lodarsi, poggiar in alto {no sia per reposid non sia 
(faccio) per vantarmi); cfr. dign. repusid vantarsi. 

ròse cerchi, ritorte di giunchi, o d' altro, che tengon unite le bigoncie, 
nm. 1 1 7 - 1 1 8 ; cfr. pir. ròzi, siss., poi. rqsi, rov., dign., fas., gali. 
ruòsi. Par assim. di *rùsta (cfr. a. gen. rostOj it. rosta, e forse 
germ. ròst) kÒrt. n. 6988. 

rover^r rozzo. Sarà deriv. da *rovere'; (di) da rovere (giorno) 
di lavoro, della settimana, quasi ^ordinario, rozzo'; cfr. poi. rovèrèr 
rozzo, e App, fon. rov, nm. 4. 

rovkrso strano, originale, difettoso, mancante; cfr. pir. r everso, 
fas., poi. rov^rso, dign. ruv^so, friul. ruviérs, it. r over so, 

rucise sbarre del carro, nm. 59. Che sia dallo si. rocica sbarra (?V, 
cfr. friul. ruHce urtice catena delle sbarre. 

sa(l)vadòr cimitero, quasi 'salvatore', 

sansar Qj insetti delle viti, detti anche furb{\ cfr. dign. sansar èini, 
gali., fas. sanseré^ni, 

sarséna sorta di uccello assai piccolo. Da querquedula o *quer- 
qué(d)ina, con iscambio di suffisso; cfr. pir. kurkùzola\ ven. sarsegna, 
prov. serceJa, frc. cercelle sarcelle, e kÒrt. n, 6568; d' Ovidio, Arch. 
XIII 370; SALVIONI, Post, it, 18. 

skavdso skavasón rovescio di pioggia ; cfr. dign. skavdso^ friul. skra- 
vdzz, ven. scravazzo, pir. sklavdpo skravdpo, poi. sklavàso, e schuchardt 
(Slawo-deutsches ecc. 73 77), che a ragione rivendica l'etimo a terri- 
torio italico, e lo ricollega con 'crepare^. Cfr. fors' anche vali, skrabà 
rumoreggiare, skrabaménto rumore, e salvioni, Nuov. Post, it, 20 n. 

sMtul^r cucchiajone di legno da attinger il latte, usato special- 
mente dai pastori a Dignano, nm. 39. Riverrà a *scutellario; cfr. 
ASCOLI, Arch. XIV 352 n; d' Ovidio, Note etim, 41. 

Sirio cero pasquale. È assai diffuso nell'Istria e fuori; cfr. 
SALVIONI, Arch. XII 395 XIV 207. 

solar acc. a .50 /^V soffitto. Da solario kort. n. 7583; salvioni, 
Arch. XII 432; PIERI, ibid, XV 196 n. 



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XTT. Appunti lessicali. 107 

spàdula legno, che tiene unite le due braccia dell' aratro. Da 
spatula KORT. n. 7653. 

sparnisd spargere, sparnazzare. E usato, in questo senso, anche 
a Rovigno, Pirano {sparpand\ Dignano, Fasana e Pola; cfr. kort. 
n. 7762. 

spasmi specie di chiodo, fatto a scalpello; cfr. siss., poi. pas^l, 
dign., gali., fas. pa§iél cavicchio; friul. passél acciarino della ruota, 
arbed. passèl martello da cerchiare botti. 

stèrpa cassetta. E sarà da herpe* con / epentetico; cfr. poi. 
stèrpa graticcio, pir. pèrpa, friul, ven. sérpe^ serpin, it. serpe sederino 
di vettura. 

sufrène (f. pi.) poplite. È da *suffra(g)ine; cfr. friul. sofrént 
sofràgn, dign., fas. sufrène, e salvioni, Nuov. Post. it. 27. 

sursèl survèlj -a, dosso della mano e del piede, bacchetta del carro. 
Sarà, specie per l'ultimo senso, da *surcello per sur cu lo; cfr. dign. 
sursflj rov. survièl (del pè^e, dèla man), mil, SorSell, rum. surcel, arbed. 
sciurscèl ramicello, e kòrt. n. 7962. 

talpón sorta di alberello; cfr. friul., ven. talpón toppo, dign., 
poi. talpón, fas. tulpón s. di abete. 

tartikoU testicoli. Egualmente a Dignano. Il friul, com. hanno 
tarli per 'vuotare T intestino'. 

ter òso rialzo di terra; cfr. rov., dign. taruóso grosso pezzo di q. e. 

tèsa ricolmo di covoni, disposti a mucchio piano e colle spighe 
rivolte verso il centro; cfr. dign., fas. tdsa, pir. tiépa. 

tetd poppare. Esemplare ben difftiso in Istria e altrove; cfr. 
SALVIONI, Arch. XII 436. 

vezd usare; a se véza si è usi. Da *ad+vitiare; cfr. fas., poi 
se rèsa, ecc. it. avvezzare, sp., prtg. vezar avezar, e kòrt. n. 8778. 

vizerà lizèra maschera, visiera; cfr. dign., fas. vizerà. 

zbdlzo legame di covoni; cfr. dign., fas. zbdlso, pir. zbdlzo 
manipolo, it. balzalo cercine, friul. balz balziti covone, manipolo di 
fusti, ven. balzi sorta di cinture dei marinaj. Sarà da balteo kòrt. 
n. 1024. 

zèrno molino a mano; zèrne (f. pi) macine; zèrni macinare, e trasl 
'far air amore*. Nel primo significato, è comune a quasi tutti i nostri 
dialetti; cfr. gali, fas. zièrne, dign. zirne, poi zèrne macine da molino. 
Il rov. poet. ha stèrno per *grano\ Parrebbe deverb. da cernere 
scegliere, per 'macinare' ; cfr. friul cerni stacciare, soprsilv. tscherner 
'cernere', e fors' anche si zrng grano. 

zes, sei manarih sorta di cece mangiabile (veccia un po' più grossa 
della lente) nm. 105. Da cicer; cfr. dign., gali sii manarqla, fas., 
poi sei manarqla, 

ièti sorta di %llio'; se da jactus; cfr. dign. iito, gr. (Slxo(^, e 
forse KÒRT. n. 4448. 

igonberamènto evacuazione rapida; cfr. it. sgomberamento, ecc. e 
MUSS., Beitr, 105. 



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108 e) Dialetto di Dignmo. 

c) DIALETTO DI DIONANO. 

XIII. APPUNTI FONETICI. 

VOCALI TONICHE. 

1. A. D' accordo col rov. s' effettua qui il turbamento in /, nella 
2* prs. pi. del presente, imperat., nonché negli imperf. indie, e cong.; 
non senza che s* avverta, quanto a questi ultimi, V oscillazione, già 
notata nel vallese e, fino ad un certo punto, anche nel dialetto di Pirano: 
mujd^e (un lino) mollargli, scagliargli (un legnoj; vari guardate; 
spelavi, levavi, me strandvi m'era strano; iugàvundo, manósi'^ ditman- 
ddso, ecc.; ma anche: kunkajéva concordava, slisévundo (cfr. ven. 
stizzévimo) attizzavamo; capivi, suniso, ecc. 

2. Caratteristica propria del nostro dial. è T intaccamento della 
vocale tonica, in séguito all' 'Umlaut', nel plurale dei desinenti in 
-ano (per cui va veduto: ascoli, Arch. I 310 414; mbyer-lùbke, 
Rm. Grm.l 211 257 259): pan, p4n, kan, k^n, krisBdn, krisc^n, muzerdn^ 
muzerkn museruola dei buoi, ma§ili-dn -^n *(o)inicidiano omicida; ma 
anche per influenza del pi sul sng.: ver^in^ ver^^ni, argagno, aratro. 

6. Del pari che nel pir., vali, gali., fas. dgnda, bedqndaj ecc. 
Sarà poi vera reliquia dignanese il zon acc. a zóin (con i internato^ 
per ^andiamo' (cfr. Ascoli, Arch. I 445). 

7—8. E. In armonia col dial. di Rovigno, procede in generale, 
il dign. nel trattamento di questa vocale, e son quasi superflui gli 
esempj; tuttavia noteremo : 5^«a, ler^n, /^w, v^n^ b^n, ecc.; però: prima- 
v4ra\ sp§ri (cfr. gali., fas., siss., sp4ri)] ma anche, d'accordo col rov., 
pavir, palpiri\ pr^^i precor; Andrej a\ tivedo tivodo tepido, pigura 
(cfr. vegl. pira, friul. pióre\ mirko *m e reo re. Qui pure n^to *nepta, 
(che ricorre anche nel vali, gali e siss.); ptle patene pettine; ^si j*-ési 
essere, acc. a §0y che, come già ebbe a notar 1' Ascoli {Arch. l 442 n), 
deve rivenire a *sidere sedere (cfr. friul. sèdi, prtg., sp. ser). — 
Qui, del pari che altrove in Istria, il caratteristico gali ejecto. 

9. L' e in posizione riprodotto preferentemente con ^, e sien 
solo ricordati: b^l, t^ra, £fnlo, ifnpo, ins^nbro\ sèria certa, Iravfrsa'^ 
p^rdij rtsla\ v^co, Iflo] p^rsego; ma anche jirla erta, stipite; jérba 
erba, seppur non s' ha far qui con j prostetico. 

11. I. In analogia col rov., riflesso costantemente per éi, né 
vi sarebbero necessarj esempj; sieno ciò non ostante citati qui: féil, 
asidéin acetino, kal§éina, séima\ viUéi, maréi] slréida strida, bando; 
véivOj antéigo, kuséi\ suréis *sorice sorcio; béipara acc. a véipara) 
séibo\ pintéise\ déilo, séinktte, séimia, sarvéizio'^ péiruli; véja (ma va 
vi)\ séja zia, Maréja, déjo, dréjo dietro; bekaréja acc. a bekari, 
faU'igitla\ marevija acc. a marevi, zéjo giglio; su niéja\ léimido. 



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XIII. Appunti fonetici: Vocali atone. 109 

12. Resta intatto: ^ia sina ciglio, lisi lisciva, lunhri ombria, 
pnli§iy bekari, vidi oliva, lagremi\ spinala^ ecc.; niéjo ed, analoga- 
mente, Ujo tuo (però: kuisto zi me); avran poi le lor ragioni speciali: 
mastro acc. a majéstro^ pdf péije, pi. pèdi (cfr. ascoli, Arch. I 443 n). 

13 — 14, O. Costante la risoluzione per d, specie se seguito da 
nasali (d' accordo anche in ciò col rov.), e pajon superflui gli esempj; 
solo ricorderò mgà muove, col quale manderei pigu piove. — Notevole 
il fenomeno dell' attrazione fonetica, nella formazione dei plurali dei 
sostantivi in -ów, già avvertito dal Maestro (cfr. Arch. I 444^ e che 
ci richiama formazioni analoghe in altri dialetti ladino-veneti e liguri. 
E mi risultan di specifici: barbóin acc. a barbQj\ bukóin acc. a buk$j\ 
timóin acc. a timQj\ barkóih acc. a barkQj, makeróin acc. a makerQj^ 
juióiùj ecc. ed il noto caratteristico si~ón sióin collettivo per 'tutta 
sorta d' uccelli*. 

15. Qui, del pari, riflesso fondamentale w, nei casi consimili 
del rovigno-fasanese, e non son necessarj esempj. Però si citino: mesur 
s. di scodella, rùza riùza, vùdio vuoto; zmulzi\ e per ragion ovvia; 
q(u), Qvi (ma du vuvi), krgfu), krQvi'^ cQ tórre, gni omnis; rgda rgnda 
t^cfr. ven. rioda e gartner, Rtr. Grm. § 200); ngnse nozze, con n 
epentetico. Isolati: fuiba, iùiba. 

16. In analogia col nm. 9, s* ha pui pure q, e sembrerebbe super- 
fluo citar esempj: vgi^ pgi posso, despgi (cfr. rov. daspuói); geo, gjo, 
igrOj t(r)ez^ro^ pargla\ p<^vero\ Q acc. a j-Q habet, KulQ Niccolò. 

17. In vàrio orto, s* avrà forse un attenuamento del dittongo 
uà (^ quale ricorre, ad es,, nel friul. udrdi orzo\ colla labializzazione del 
primo elemento del dittongo stesso (cfr. gali., siss. vdrio^ fas. ar/o; 
rov. variaci orti mal tenuti); né mi resta che il comune-istriano vdrno 
orno; col quale manderei vdse semi delle cucurbite, poponi, noccioli ecc., 
se sta per 'ossi' (cfr. vegl. udsse^ friul. uéss ossa\ o non è da vacuu 
(cfr. rom. vaco^ -go acino, e salviont, Nuov, Post, ii, 2g\ 

18. U. Qui pure le risoluzioni analoghe del rovigno-fasanese, il 
volume dw, e sien solo ricordati: spióuma^ fóuma, lóumo\ óun^ znzóun\ 
bóu, bóuda, avuto, -a, vinóu^ vinóuda, spónda'^ nótuio, krótida\ jóudeme 
ajutami; /dw.s, móur, pisudóur^ quasi * pezzo dtiroiì) terra argillosa, 
ecc., dóuio tutto. 

VOCALI ATONE. 

21. A. I soliti casi istriano-comuni d' assottigliamento in ^, /, f/, 
già altrove avvertiti, e risultan superflui gli esempj. Solo sien ri- 
cordati: linbdstro acc. a lanbdstro alabastro; spdrizo^ Idnpida. 

22—23. Mutato in «, e parrebbe non senza ragione: ariimdi 
ora mai, piisiuudca, sirumend; kupiio, se risale veramente a * capetto 
acconciatura del capo, rtimdse, pnladùra coltello da pali, rumend 
malmenare, nipesd rappezzare; che potrebbero anche essere casi di 
e atono; ma son ben certi: nsiùr (cfr. vali, ostar) astore, bttr^la barella 
del somaro. 



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110 e) Dialetto di Dignano. 

SJ4. Frequente V aferesi, e, tra i casi istriano-comuni, giova 
ricordare : never§drio (caso comune pur al vali., gali., siss.), goda gugliata, 
bri vada '^ lùra allora, (ajd^soj sài assai, turno, rtnto\ gusHla, ecc. 

25, Risulta specificamente dignanese V apocope che si ha, oltre 
che negli esempj già ricordati ai nmm. ii 12 {vi, lunbri, ecc.), in 
faniazif §kan§i *s e ansi a, dal germ. skankjan kòrt. n. 7514. 

27. E. Casi specifici di mutamento in a: metarisa donna che mette 
il pane in forno, mandarisa parte dell' aratro (v. App. less.\ sar, in 
unione a pare, *ser padre'; zgravand scavare. Ma nei proparossitoni 
ha la tendenza ad oscurarsi in o: soméni (v. nm. 138); piivoro, 
HnorOj pivoro, léiboro, kaddvoro, zénoro, v^noro. Isolato dsp(o)ro aspro, 
e ^sorta di granata larga, di ginestra o pungitopo, da pulir T aja'. 

28. Passato in /, per ragioni note: litrd acc. a literd corri- 
sponder per lettera, distind^ pistigd 'pesticare' calpestare, proprj pure 
d' altri dial. ; spiligrimtnto, intribuléi intormentito ; pitoruso ; inizili 
gemelli; misiursé^ nò messer sì, no (cfr. rov. misiér^i, misiérno), 

29. Costante pure Y -o per T -^ atono all' uscita (per cui va 
confrontato Ascoli, Arch. I 307 424 440, e App. fon. rov, nm. 29): 
katrdmo catrame, lóumo, kustróumo\ pdro, mdro madre; prfto rappreso 
del majale (cfr. vali, prétà, mugg.préve)\ kdrno, pdrto, kurto, rn^nto, bùio, 

jdndo ghianda; ^/t;oro, v^noro, léimido limite, strada campestre; zùvono, 
brivOy livo, gr^vo, p4ngo, virgeno ; (ajvtso, faléiso, diso ; r^nto, altrimenti, 
aligrantfnto, libramento liberamintro, s^nprOy malamentro, veram4ntro, 
infinaméntro. Specifico dignanese h nu *niu neve; e qui s'aggiungano 
per altri casi di e in «: sumed^r sentiero, ruv^so rovescio, che potrebbe 
essere di o atono ; ed, oltre al caratteristico néistute, le forme verbali : 
manardfvju, kantard(v)u, bevard(v)u, ecc. 

31. Per casi d' ettlissi, e non ispecificamente dignanesi, non 
avrei che: litrd acc. a literd (v. nm. 28), supriùr acc. a superitìr'^ 
libramento (esempi, ben diffuso) acc. a liberaméntro. 

32. Comunissima l' apocope, ed appena hanno bisogno di 
venir qui ricordati: legdn, -^n, non nome, negróh ^negrone', sorta di 
cespuglio; deddl, vgl, pgl può (forse per analogia col precedente); mgr 
muore, taz tace; pajiz, vuz, ecc. Inserito inorganicamente: peneóultimo 
penultimo; kdvera, zdvera zecca. 

33 — 84. I. Vige pur qui la tendenza al passaggio in e (o), specie 
ne* proparossitoni, e solo si ricordino: deskunk^rdia, deféizile\ sekdse, 
fresùra ; salvddego, grdveda, krudega ; tivodo, turbodo turbo ; però anche : 
zbdligo, spdzimo,midigo, surigo sorgo; vérzedo voXtsXo, detto d'olio guasto 
(cfr. rov. biérto, e sohuohardt, Contor, cit. 56); turdezo acc. a tùrzedo 
turzio *torquido. 

36. Passato in «, non senza ragioni speciali, e vadano qui: 
lunbuldr abbaino, barlunbd(se) abbagliare, sbalordirsi, suld *s ubi lare 
sibilare (cfr. lad. schular, kòrt. 7442; BfBYER-LÙBKE, Rm. Grm. 
I 61) zuffolare, ed, in senso burlesco, 'appioppare'; suni siete. 

37. Sarebbero casi d' aferesi: beverd, visi, strusión, bundse acc. 
jid inbundse tramontare, gruma acc. ad ingrumd raccogliere. 



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XIII. Appuntì fonetici: Consonanti continue. Ili 

38. Non ho, per casi d' ettlissi, che: ingrintùi^ kuarizma (cfr. 
vegl. korizma, siss. kuarézma)'^ Sente ni., se è da *semita. Inserito 
inorganicamente: a V inpruvéizia airimprovviso ; léitia lite, salméistr(i)o 
salnitro. 

39. O. D' accordo con altri dial. s' effettua il passaggio in u per 
ragioni ben note, ne v'occorrerebbero esempj; bastino: deskurunà 
levar le siepi dalle macie, inturbà intorbidare, kufoldse tnkufdse] 
nunsite nozzette; deskunél, skuztra, (s)knnpéilgi^ rtindinfla rondinella, 
zangola; sipula *cippola, da cippus (kòrt. n. iqoo) sorta di chiodo, 
trattile altalena, zbrQubula prugnola e 'tuorlo d*uovo'; pigtira nm. 7-8; 
mdrmure (f. pl.ì pallottole da giuoco; KristQfulo, Per il passaggio 
d' o atono in a, non avrei che karnal^r (cfr. friul. ctiargndl) corniolo 
acc. a kurnalér\ e, per quello d'o in /: pdrlko, ini (kQsa)^ iniftdntoj 
ogni (tanto). 

40. Rarissimi gli esempj di dissimilazione, ma è comune la 
sostituzione dell'-/ all'-o di prima persona: pQi^ vQi, bdti, v^ni, niqvi^ 
divi, turni, vd^i, pidzi, zdzi jaceo, ecc. 

41. Non infrequente V aferesi: maséilo, masili-dh nm. 2, skóur, ed il 
ben diffuso b^ro. 

42. Costante quasi l'apocope, ed occorron esempj quali: cdr 
(cfr. gali. cdr\ ruv^r\ dóur, móur, tir orlo; man, Dindn\ gal, nei ni (acc. 
a néido)', naz, bóus, fóus] fén (cfr. rov. fémo) facciamo, duvén, 
dobbiamo, ed il caratteristico zoh (v. nm. 6 179). Per óà, krgu, ecc. 
V. nm. 15. 

43. U. Conservato o ripristinato (com' è consentaneo alle con- 
dizioni fonetiche del nostro dialetto) V «, e non occorrono esempj. Per 
/««èw/ar V. nm. 36; kunéjo, injutiduri 'inghiottitori' colatoj, stranguj-Qj 
sorta di lappa, puliska pollone, che deve rivenire a *pulla (con 
quella desinenza, ben caratteristica, che ricorre in faléiska favilla); 
mtikarQly-a\ inuldse, w///ac/^*50 wwi^m/- torbido, annuvolato, bunbuléigo um- 
bilico. Offuscato ino, dietro analogia dell' ^ atono, col quale coincide: 
sulforo, rùvoro (acca ruvér); Ignbo *lumbu(lus); pgpolo acc. a pgpelo. 

44. Mutato in /: biùlko (cfr. pad. beolco, piac. bius), Unguento, 
timùr tumore. Inserito inorganicamente in sparuv^r (v. nm. 79-80). 

45. Ettlissi ha luogo in tréibolo turibolo. 

46 — 48. AU, AE. I soliti e tipici casi in cui il dittongo si conserva, 
ed inutile citarli. Ridotto ad a V ae in agudl eguale, seppur non s' ha 
a fare con un antico *aguale (cfr. kòrt. n. 270). Sottaciuto il primo 
elemento di au: utùno autumno, uturitd. 

49. EU. Soppresso Ve in (sant^) Uff mia acc. a Ffntia. 

60. Il solito dileguo nel ni. Sdnta Fuméja Sant' Eufemia; v. 
nm. 138. 

. CONSONANTI CONTINUE. 

51. J. Resta intatto, e sien qui ricordati: jóusto, jiistéisia, fórno; 
jurd acc. a gurd, jendro, jinéja acc. a genéja (cfr, sic. jinia) ysvsd] 



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112 e) Dialetto di DigDano. 

judd§e\ però anche: gita jiia dieta; ma pur va d'accordo sia con 
l'uno, sia con l'altro de* dialetti istriani; e son superflui gli esempj. 
— Isolato kur^ga coreggia acc. a kurizo, — 53. LJ. Qui, del pari, 
r oscillazione avvertita già altrove, (s)kunpéilgii hutil^ón acc. a buHlón, 
ulgddiga acc. a vuriddiga lugliatica (uva), iéilo acc. a zéjo\ hutéila^ 
uméilaC-l^a) umilia^ col qual ultimo va anche suHlia\ kunséjo] vizéja\ 
suméja, féjo, méja milia; v. nm. ii; famia\ marevija^ rnijur; igdja 
i^cfr. ven. scagia\ buj boUio, móuj\ ft'^j, fazQJ. E poco per se dice 
ibiìdko (cfr. rov., fas. hizgdkó) bislacco. — 64« RJ. Isolato arjénto acc. 
ad arzinto (cfr. a. it. arientó). — 66. SJ, DJ. Risolti, per lo più, per z 
o per j\ e non han nulla di specifìc. dign.: jéiza jéza ciza, gréiz 
grigio; ankóuzero\ Bidzo^ verz^la (cfr. ven. verzeld) calappio. Isolati: 
kagiva cadeva, ka^óu acc. a kajóu ; e per i casi dove risulti j qual 
risoluzione dialettale: trein<^ja, pujQl acc. a puzQl pogginolo; rdjo 
raggio; dezbujd vuotare. — K non mi restan di specifici c^ie: vudio 
vuoto, kustgàio^ sfadión, -óin^ se è da *stadione'). Risulterebbe pur 
-J per dj\ oltre che nel tipico istriano kdj\ rekdj\ nel non meno 
caratteristico suvdj, se è da *su vadja{ì)^\ che par formi un bel 
parallelo col vali, vdja già ricordato. — 57. NJ. D' accordo cogli altri 
parlari w, e appajon del tutto non richiesti gli esempj ; tutt' . al più citerò : 
siaón ferro da fermar il legno, che mena attorno la mola del molino a 
mano, inbrunóu, -ó^da, imbronciato, -a; 5/rawa;^««do*extraneabamus, e 
r istriano-comune kanQl (cfr. rov. spano) cavicchio di legno; nu nm. 
29; nur sèi signor sì. — 69. TJ, CJ. Le consuete rispondenze istriano- 
venete, e solo qui: pasión, -óin (cfr. friul. passéll), chiodo, cavicchio 
lungo, all'estremila del basto da legna; pasénsia, kuiiusdnsia\ Piléi§ia 
ni.; angusia^ angusid, angoscia, -ato; però qui pure: stajón stagione, 
rajundy injutéi (v. nm. 51), pujo puteo, rujdlj ecc.-^ e inoltre: fugala, 
butdsOj menasidj stisón^ skarusd, frugare, attizzare, séja zìa; Kd Mar§dn 
ni. Del resto, anche: bfsca, Qsca, kriscdn, bescemd acc. a besHcmd. — 
62. PJ, BJ, VJ. Sia ricordato skavión farina andata a male. 

Prostesi di j non infrequente, sebbene non sia dato sempre 
stabilire se si tratti del dittongo, oppur d* j prostetico : j//, -a, elio, 
-a, jérba (cfr. vegl. jdrba\ jirta erta, stipite, jéri acc. a g^ri heri, jéra 
allone; y///co hectico, jetikéin letighino; jdlova, in quanto dinoti 'sterile', 
è dello si. 

63. L. Le dissimilazioni ben note e diffuse in n, r, e solo 
sieno ricordati: farkunito, vuri volere, spuria spoliare, nettare boschi, 
alberi; ridi leale, che è esempio ben esteso. 



^) Cfr. friul. siadéi, it. staggio^ che pur rivengon a stadio (v. Ascoli, 
Arch. 1 52-53 n). Sì a Dign., Rov., Vali., Gali., Fas., Poi., Siss., che nel Friuli, 
la voce serve a dinotare le quattro sbarre sporgenti sopra le ruote del carro, 
che servono a tenere sia le scale, sia altro che ne faccia le veci, infìsse come sono 
nelle barle. 

2) Voce d' eccitamento, con cui le fomaje vanno ad avvertir le donne del 
popolo di tener in pronto il pane, per portarlo a cuocere: vdf^ej dd(déi); suvdj 
va a dar(dir): *sù vada'! 



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XIII. Appunti fonetici: Consonanti contìnue. 113 

65, Dileguo nei noti esempj: ul^ddiga uriddiga nm. 53, uvo 
lupo, dko lago, oso laccio, óupo sorta di acero, quasi da *lu òp'lu(?) 
karéja cai reggia, muktra, mukarQl\ Vargnko ni., puvoro polvere. 

66. Concresciuto: Ignda, landróna^ lerdrio^ lisid, Idsta asta, 
linséini uncini del basto, lagremé\ L««òr/sprnm.; lilera ellera, lóumoro. 
Metatetico: valdnda lavandula. 

67 — 68, CL, TL, GL. Intatto solo in gldudo, termine scherzoso, 
che ricorre per *fuoco'. — Del rimanente, qui pure i riflessi istriano- 
ven., ed appena giova ricordare: caV, jdndo, -#r, jdso, jasira, jusd^ 
sanjùso, injuiéi^ injutidurl, jutón\ vijd^ stréja strigila, tréja tQlykrjj 
però anche: gQmo, ingasdda, Qnga, e sino s^nza cinghia. — Conser- 
vato il g: ^éira glire, caseina presame di latte; ed il e: kléin^ 
inclinazione cattiva, clivo. — 69. PL, BL, FL. Appar voce caratteri- 
stica plóus plóuze ^pilucco peluzzo di agnello, con cui si guarnisce 
il 'filerò* (cfr. frc peluche, cat. pelussa, sp. pelttza pelusa, e kòrt. n. 
6142); e poco per se dice la risoluzione che s' ha in pléiko (cfr. it. 
plico, piego). Del resto : pittradùr piagnone, spiumdta spiumata, zgripid, 
se da gripan strisciare, dimenarsi (cfr. frc. grimper, e kòrt. n. 3775Ì; 
fiavQle ftev- sorta di flauto dei pastori. E, per le altre risoluzioni, 
non avrei che zgóubia * copila scalpello scannellato; cui s'aggiunga: 
scofd soffiare, già proprio del vaflese. Pel dileguo della labiale : suld 
sibilare (v. nm. 36V, inuldse annuvolarsi. Del passaggio di FL in 
fr non ho altro esempio che sfrgnda, caso, del resto, ben diff^uso. 

72. R. Sarà inserito inorganicamente in urlar ralla, se è (Ja, 
•alare', o non piuttosto metat. di *rallar(?), armdnto, arlQko, barkandja, 
acc. a burkondja, ktistróttmo, kunv^nlro; ma appar fenomeno costante 
l'epentesi di r nelle desinenze avverbiali in -mento', per cui v. nm. 29. 

73. Metatesi nei ben diffusi : pristéin, krQ(u), -qvì (cfr. mil. krof, 
sard. krovUj e nm. 42 \ kruvdlo, zgragatdse (cfr. it. gargarizzare^ lad. 
gargatar, e kòrt. n. 3609); intribuléi intormentito; Izrakqna acc. a 
karkQfia astuccio di legno, che deve pur rivenire, con desinenza 
mutata, all'antico carchesium (xaQxrì^LOv) kòrt. n. 1655^). 

Dissimilato, o rimesso nella primitiva posizione: fresura acc. a 
fersuruy presóuio, prefundd\ ingardisd ingraticciato (cfr. friul. grdde, 
gradizz\ inkarnd (melo) granato, dezgarnd, ecc. — RS si fa 5: 
travasi legni attraversanti il basto, travasa traversa, grembiule, travesd 
attraversare coli' aratro i campi, travesdn, -0i, cordella che serve a 
tener le maniche legate al giustacuore. Qui pure la riduzione friulano- 
ven.: tr^sa *tra(v)essa (cfr. Ascoli, Ardi. I 516), skóusa (cfr. vali. 
skusa, friul. scuss buccia) scorza, guscio, se è da *sgusso, con 
influenza di *scortea. — Caduto in huii^éini, e nel caratteristico 
mirko nm. 7; col quale manderei insieme sQro soror (pi. sorùre). 

74. V. Singolare vangdse (-ia) piegarsi, mescolarsi, da vanga 
o valgu ricurvo (cfr. it. vanga, e kòrt. n. 8560). 

1) Per r accezione, che la voce venne ad assumere nel nostro dial., di *tavola 
su cui si attacca il coltellaccio', può confrontarsi, oltre 1* it. carcassa^ lo sp. carcaj 
fodera in cui, nelle occasioni solenni, si porta attorno il crocefisso. 

Ire, Idialattk 8 



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114 e) Dialetto di Dignano. 

75* Di mutamenti in g, oltre a quelli comuni cogli altrì parlari, 
qui ricorderò kUrtéigo corte, cortivo. 

77. Vocalizzato, se riuscito finale: Q(n)^ ^qW^ krQ(u)y pÌQ(u) piove, 
niQ(u) muove (cfr. vald. od. plóu, móu, morosi, Arch. XI 346); per 
nù neve, v. nm. 29 57. 

79 — 80. Per casi di prostesi non saprei citare che: ver^^h 
vuli uliva, vàri arri, vara arare, vuldéi] vdse semi de' poponi (v. nm. 
17); Vdrto, Vàrtdj ni., nm. 17; vùltra oltre. Quanto a v di iato, 
ed epentetico, qui si ricordino: puvéina, Luvéigi; Pdvulo, Kruvdsia, 
kriwdto\ jémtvo jenuvéin genuino, naturale, séiduvo, siduvetd assiduità; 
spam vèr sparviere, e sorta d' insetto. 

81, F (PH). S'ha qui la media, nel caso tipico ravani sorta 
d'uva, tarda a maturare, se riviene a *raphanetum kòrt. n. 6653 

82. Caduto o sostituito da altra consonante: uriz, ùri-Qj 
Parrà strano sku^ra 'sfera d' orologio', ma è proprio pure del vallese 
urideze orefice. 

88. S. Sporadicamente in i, e son casi, la maggior parte, comuni 
anche ad altri dialetti istriani: zahind§e esaminarsi, iuta, zor serum 
zgalidéln, zganbidse, zguiUOj zguasdda (cfr. ven. sguazzada). Per sQka 
in quanto esprima 'sottana', v. muss., Beitr. 107; kòrt. n. 7937" Nachtr, 

86. Risultan casi di prostesi: zgóubia (v. nm. 69), sfdlda falda. 
sfise rughe, spuntindda colpo di punta, puntata. Isolato zéiiia scannel- 
latura (cfr. mil. zinna, pir. zéna, fas. zé^iìa, poi. sina, ecc.), caprùggine. 

86. Pei riflessi di STJ, non ho che scitdse gettar giù le dita 
fino a che s'uniscano, nel giuoco, guscQl, -a *augustiolo, mascér 
sorta d'uva, ed ^albero infruttifero'; bacéisa s. di grano (cfr. vali. 
hacisa). V. anche nm. 59. 

87. N. Mutato in r: ankótizero. Il nesso NT quasi sempre 
intatto: intél acc. ad indél, antidn, ecc. Di specificam. dign. non avrei 
che nuvisdjo acc. a lisdjo, quasi *novitiati(c)o vestito che ha ad- 
dosso la sposa il dì delle nozze; v. App, less. 

89 — 90. Costante la pronunzia gutturale all' uscita, d' accordo 
cogli altri dialetti, e son superflui gli esempj; però qui, come nel 
vicino dial. di Gali esano, ha luogo, sebbene non cosi di frequente, 
la faucalizzazione della nasale dopo l' a tonico : Idnna lana^ §ijdiine 
zie; V. nm. 152. 

L' epentesi ben diffusa: angunéja, NinkulQ, piankón, -undda 
colpo dato con pietra, kandelfto cataletto, savurn(i)a, pinkuUina sorta 
d' uva, quasi *piccolina', lunbdstro, ngnse, nunsite nozze, -ette ; 
Mandal^na, angurd augurare; arkunb^l^ bartundeìa. 

91 — 92. M. matróun male dell' amaro, rimescolamento di stomaco. 

93 — 94. È poi fenomeno costante il ridursi a -« del -w-, nelle 
prime persone plurali :/<?« facciamo, varén, kantaréh (cfr. boi. cantéin, 
rmgn. fén), zugarén, purtariseh. 

95. Qui, egualmente che nel vallese, le dissimilazioni nelle prime 
persone plurali degli imperfetti e del condiz. : kus^ondvundo, pudivundo, 
sktmdivundo, duvardvundp, vurisundo\ però anche vivindo acc. a vivono. 



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XIII. Appunti fonetici: Consonanti esplosive. 116 



CONSONANTI ESPLOSIVE. 

96 — 97, C. Non infrequente il degradamento nella media, in 
esempj ben noti: gavdsa recipiente, dove si pone l'acqua per umettar 
la mola, gavuso ( cfr. rov., fas. gavùsOj vali., siss. gavó§o) pozza, garden^ 
verdegd verdeggiare, pistigd *pesticare; mdgula, frtgundda segno 
fatto col ^fregón (^fuliggine), forse deriv. da fri e are kòrt. n. 3450. 

99 — 100. CE, CI. Suppergiù le risoluzioni che s' hanno nel rov.; 
però qui, d' accordo in parte col vali., pir. : zéibo, z^rto; ziél, z^rbo 
acerbo, zitd^ zivilizdse] kdlza, Qnza\ jdzo, injazd\ za qua, ecc. Né 
vi mancano le rispondenze per §\ savùla, siz cicer, sipa cippo; 
sizfrbula *cicerbula per cicerbita, fuléisi^ ed il già ricordato surs^l 
(v. App. less. vali, s. v.); e, del resto, z: vizéin, vizindnH^ kuzéina, 
liztrta, naréize\ kóulizOj se dallo si. k olisce sorta d' alberello da ardere 
e ^far pali'; séimizo^ Muntiz^l^ inturzid *intorquidare, che va al nm. 
seg. Finale, del pari, esiti varj: /ó«5, krus, pas, pids\ tas, déis\ durés 
duracino; però anche: vuz, IdriZf spdriz. Del rimanente : 5aM5^S eh anz e, 
cantila, santild scintilla, -are. 

101 — 102, QV. Assai di raro sottaciuto il v, ed appajon quasi 
isolati: kardl (proprio pure del vallese) per*mucchio di covoni', kartabóh 
quartabono, kdndo, kdrto acc. a ktidrto^ kdnii quanti, kdtro acc. a 
kudtro, kgnda (esempi, ben diffuso) ; sakerd ("io), se da ^soqquadrare' (cfr. 
pir. pekudro soqquadro) battere, derubare, o non ricorda, per V ultimo 
senso, il lomb. scakar depredare (v. salvioni, Arch. XII 429); rékuja 
acc. a reguja specie di medicina, opiato. Isolato: seviid seguitare. 

105, GN. Notevole qui pure la risoluzione per w, d* accordo col 
vali, e gali., ma non m' occorrono troppi esempj : lino, putto {v, vali. 
lètto, pùno), e forse l'aggett. manaróla (detto del cece), se risponde 
veramente a gn-^ aniléin acc. ad aiiiléin agnellino, sorta di stoffa di 
pelle d' agnello. 

108. GÈ, Gì. V. nm. 51 ; skurizo nm. 51, verz^la nm. 56; friztiléin 
fringuello. 

HO, Ridotto ad j, a formola interna : sajita (cfr. vali., gali., siss. 
sajéta), kuléjo collegio, rujdj acc. ad urdj, dove ebbe luogo la 
metatesi; Ruja ni.; v. nm. 56. Però anche san Peld^o acc. a Paldjo 
d. d' uomo rigido. 

111. Prostetico : g^ri acc. a j4^i, gérimo, -ndo acc. a jérinio, 
-ndOj gerbite acc. a jerbite\ v. nm. 62. Conservato il suono gutturale 
in ètl^ro parte del vestito (cfr. forse germ. goller, e App. less.). 

112. T. Di rado, se iniziale, degrada a ^, e solo per ragion 
dissimilatrice : dóuto, drise, che è esempio di TR, e ben diffuso. 

116. Mediano, degrada costantemente a d: peddda (cfr. vali. 
peddda)\ móuduva muta, cambiamento di lavoro alla fornace, muda* 
dóuray rebatadótira ribattitura. Dileguo : ftd, prd, frd (pi. fraddj farddj) 
ecc.y kumio acc. a kumedo. Isolato: mQto moto mosso. 

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116 e) Dialetto di Dignano. 

116, Per la risoluzione delle basi: -dtis, 'étis, -itis delle seconde 
prs. pi., V. nm. i. 

117 — 118. TR. Poco per se dicono: trdtnle per 'altalena', trt'sc 
legni trasversali del carro, ed il caratteristico trist^ria^ foggiato forse 
su 'cattiveria', katramundca , proprio pure d' altri dial. Risolto per r, 
oltre che nel ben antico ed esteso viér^ Lakunsél de vlér ni., in 
viro, veridda (proprj pur del rov.), veriól vitriolo; Idri (cfr. friul. 
larl^ pad. rust. laro\ pdro, mdro (v. nm. 150). 

119 — 121. D. Oscilla ne' postonici, in particolari condizioni: 
tivedo tivio tepido, tùrbodo lurbo, Idnpido Idnpio Idngtndo^ tùrzedo 
ttlrziOj Hirzión trttzión turziolón\ grdveda grdvia, nùrbido nurbio\ però 
solo rdnzido] gru v io ruvido, gróuvo lappa; róuspedo ruspio\ sapido 
*sàpio sciocco, insipido. 

122. Qui stóupiio, in quanto sia originale, e non formazione 
analogica, fréijito acc. a fréi^ido frido^ con leggera sfumatura di 
significato. 

123. Dileguato: nei ni (cfr. rov. né^l, ven. nio, vegl. ndid) acc. al 
poet. néido] ma son notevoli: s^i, per cui v. nm. 7-8, p'^di acc. a pdj 
pedes, e (in)péije (cfr. ven. pie^ e nm. 12). 

124. Inserito per ragion di iato: urideze acc. ad uris (cfr. trevis. 
orédese e nm. ^2), dizdQto. 

125 — 130. P. Qui pdpo, se sta per 'pampo' gancio della catena; 
dezróupOy se sta per 'dirupo', piuvéina, che è pur esempio ben 
diffuso; paleddnna postierla, da chiudersi col 'pust§l\t>tì resto: kavurndl 
vite che sta in capo al filare, kavedfl capezzolo, lóuvo istrumento dei 
bottaj, lavizo laveggio. Risulterà ben caratteristico: npo (v. nm. 7-8 
152, e App. fon, vali. nm. 127). Isolato prezura, che preannunzia il 
gali, desprezura (cfr. rum. despre^ e MErER-LUBKE, Zeitschr. f. r, Ph. 
XXII 492 sgg.) sopra. 

131 — 136. BR. Conservato, e non hanno nulla di specifico: bras^ra^ 
s. di barca, ed epiteto di 'donna grassa', ifbra acc. a léira. Dileguato, 
oltre che nel prenome bara barba, di ben estesa ragione, in sóuro 
sùghero; nul, inuldse^ pr^to rappreso di majale (cfr. mugg. préve^ e 
App, less)\ stila, suldda, -iti, sibilare. Inserito inorganicamente: lunbuldr 
[y. App, less,\ barliinbdse\ kanbel^lo, ins^nbro\ v. nm. 183 ecc. 



ACCIDENTI GENERALI. 

Accento. 138. Protratto in esempj di ragion comune: duléje 
doghe, mio, Diti (vdrdi), suréis, che potrebbe anche rivenire a *s orice 
(cfr, friul. suris, prov. sorilz, ecc. e kòrt. n. 7624); pavón papavero; 
pisléiga, che è caso comune a tutta l'Istria ven.; e fors' anche: (Santa) 
Ftiméja ni. S. Eufemia; ruv^r ròvere. 

139. Dissimilazione. V. nm. 40 44 63 73 75 87 95 112 122; 
inoltre: altri^Qko, arlQko allocco, ftlizuméja. 

140, Assimilazione. V. nm. 21-22 28 39 73 105. 



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XIV. Appuntì morfologici. 117 

141. Prostesi. V. nm. 51 62 79-80 85 in; indi: azgufUo, 
ar^sto resto, laniie agnellotti; inprimi premere, ninfirno^ ranpónsi 
raponzoli. 

142. Epentesi. V. nm. 29 72 89 124; ed aggiungi: kal^nbre, 
under dùj dove il n risulta forse assimilativo; landuvfr Landwehr; 
nunsite, rgnda ruota, mtindalitd modalità. 

143. A f eresi. V. nm. 24 37 41 49 50 65; e qui pure: sind 
insegnare, p^ta aspetta; Qrpo\ sur pdre^ na mare donna madre; nur 
sèi signor si; arséizo narciso, kunpéilgi nm. 53; mdnko almanco; méina 
cammina; nunsid denunciare, visi invece, sHvusión costituzione; mnerd 
numerare; (fista) huléida (festa) abolita. 

144. Ettlissi. V. nm. 31 38 45 65 119-121 122 123 
131-136; inoltre: maganti manganello; puvoro polvere. 

146. Apocope. V. nm. 7^2 ^2 \ e v'aggiungi: p^te pettine, 
mirko (cfr. pir. mérko)\ san Pru san Proto, Tumd. 

146. Suoni concresciuti. V. nm. 66. 

147. Abbandono di /, perchè creduto articolo. V. nm. 53 65. 

148. Metatesi. V. nm. 72 73 no; e qui anche: géirido rigido, 
valdnda lavandula; cùto avanzo di lana indurita; dezverdund (v. App, 
Jess. rov. s. v.). 

149. Attrazione. V. nm. 6 13-14. 

XIV. APPUNTI MORFOLOGICI. 

160. Metaplasmi. I soliti passaggi dei femminili di terza in 
seconda: pdrto, kùrio, drio, s^rio\ despus^tio, prez^nto. Singolare 
mdro madre (foggiato dietro pdro padre) ; yawtì?o, cdvo^ htUo, zénio^ Unto\ 
e di terza in prima: véida vite, fr^va, parnéiza^ kdla acc. a kal calle. 

161. Genere mutato. Maschili in femminili: oltre i ben diffusi 
féiga, sulsa, ftùr, jdsOy lóumo, ecc.; vdsa nm. 17, ^éira nm. 67-68; parentd 
parentado ; sQka sorta di gonnella (v. muss., Beitr, 107). E il caso contrario, 
di femminili in maschili: pùvoro polvere, kurizo coreggia, burdn borrana. 

162. Casi. Singoli avanzi di desinenza nominativale e di casi 
obliqui parrebbero : sQro^ sur lire, frd, fraddj farddj, gmo, gmeni, n§to, 
netdnne^ séja^ sijdnne (cfr. abruzz. zi\ zije, zijdne, cai. zi\ ziu, zidnu, e 
MEYER-LÙBKE, Rnt. GrfH. II 25); di, didi, ni nei, néidi, barba, barb^n, 
e forse: qui pure krgfuj, krqvi, q(u), qvì vùvi, 

163. Numeri. Sarà effetto dell'influenza ch'esercita 1' atona sulla 
tonica l' -dj delle desinenze pi, de' nomi in -1/ (-èlio) : b^l, bdj, kapfl, 
'dj, ecc., con cui manderei insieme: pèije, pdj (v. Ascoli, ^rc/j. I 443 n); 
e per casi in cui s'ha da -Ql -uój: starQl, -uój, ecc. 

163a. Costante la formazione coli' ^Umlaut' dei desinenti in -dn 
(~dno), per cui va veduto il nm. 2 ; e coli' attrazione di quelli in 
-ów ('óne), di cui v. nm. 13-14. Per tipi di fem, pL, non avrei che: 
bdte, kglze tempo della raccolta ; //Vt^Ó^^ zampogna, laniie s. di pasta; 
móule s. di salsiccia (v. App. less,\ i^óle, brasar Qle, sudùre, . sufr^ne; 
nistule. 



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118 e) Dialètto di Dignmno. 

155« Numerali. Suppergiù come a Rovigno, né v' occorron 
esempj. 

156. Articolo. Ad un di presso le forme del rov.; solo qual 
forma pel pi. del fem. appare costantemente le, ed, accanto ad intuì, 
-a, ricorrono: indélj -a; indéi, -déle*^ indun, indùna (inde stu)\ kun dun, 
sun dun, ecc., per analogia con intus. 

167, Pronomi personali. Le forme nominative sono identiche 
alle rov.; del resto, qui egualmente: mei, méjo\ tèi, téjo. Per la 3' 
prs., acc. a lóu, gii, ^ila, ricorrono: ///, jila {w, nnr. 62); turi, -e, 
jiliy jile. Così corrispondono al tipo rov. le forme atone: me, te, se', 
^e; li, le\ ^nde. Egualmente: a, al egli, usato qual pron. neutro. 

158. Possessivi accentati. Le forme quasi identiche del rov.: 
méjo, tQjo, sQjo\ solo qui anche le forme congiuntive per la assolute: 
kuisto zi mé\ kuil zi to', kuil altro zi so', del rimanente, i proclitici: me, to, su, 

159. Dimostrativi. In tutto eguali ai rov.; soltanto noterò: 
kuilóu kulóu, kustóu'^ kuiléjo, kuiléja\ kuistéjo, -éja] medimo acc. a 
mediiimo, 

160. Altre voci pronominali: hi, he (anche neutr.), kudl, tal, 
kalkóun, kudlko kdlko (neutr.), kualkedóuit', ninsóun, nankeóun-, sertidóuni, 
purisé, un capo. 



VERBO. 

161. I soliti tipi della conjugazione, proprj del rov,, che qui si 
ripetono. 

162. Pur qui i consueti passaggi da una conjugazione all' altra, 
come avviene nel dial. di Rovigno; solo più frequente il passaggio 
dei verbi dalle altre conjugazioni alla prima: rida, distingala; 
injutà, runpd] e viceversa: runpéi rompere. 

163. Desinenze personali. Normale T -/ per T -o atonò di i* 
prs. sng., ne per il -5 di 2* mi risultan tracce di sorta; ma per 
V "émo analogico, s ha in tutti i tempi la riduzione ad -én ; v. nm. 93-94. 

Indicativo. 164. Tema del presente. Assai frequente qui 
pure r inserimento dell' i, nelle quattro persone critiche: frigund, -i-i, 
lordar di nero, fu^izd, -i-i, attizzar il fuoco, tunizd, -i-a, §kun^urd, 
-i^a, tunbuldse, -i-a. 

165. Imperfetto. Per l'incostanza dell'assimilazione fonetica, 
V. nm. I ; pei casi di dissimilazione ed assimilazione, che hanno luogo 
nella la prs. pi., va veduto il nm. 95. Nella 2* pi. s' avverte il con- 
crescimento del pronome, od almeno si scorgono tracce del medesimo: 
zugdvivo, duvivuvo, fivuvo, ecc. 

Congiuntivo. 166. Presente. Salvo la 3' prs. sng., in tutto 
eguale all' indicativo. Per T imperfetto, non pare avvenga 1' assimilazione 
morfologica, nella i* e 2* pi., avvertita nel rov. 

167. Condizionale, Conservate le desinenze venete, -avi, -ava, 
ecc. in tutte le prs.^ sì del sng. che del pi. 



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XIV. Appunti morfologici: Verbo. 119 

168. Infinito. Normale qui, del pari, il dileguo dell* ultima sillaba. 

169. Gerundio. Le forme proprie di questo modo, in genere, 
conservate tali, e solo noterò ifasdndo facendo, kant^ndo acc. a kantàndo. 

170. Participio. Una serie ben estesa di desinenti in 'isto\ e 
qui pure, per alcuni, doppio esito: skumeitsio, àrso ardisto, vusóu 
vurtsto, respus respundtslo, pusóu pudistOj inpunzisto inpQnto punto; 
ma mQto mosso (v. nm. 115). 

171. Il participio presente in funzione aggettivale 
non infrequente: lavur^nto. 

Elenco di verbi notevoli. 112. ésijési, s^i esse, *sidere:5Ó/« (cfr. 

nm. 149), sóifiy zi, sinén sunén, siiti suiti, zi; jéri, -/, 'a,jéreno jértmdo, 
jérevo jéruvOy jéra; sarf^ -#, -^, sarén, -/', -$; sardvi, -/, -o, 'undOy 

'two sardvi, -o; séj, -/, séjo, sinén suitén, -/, séjo; Jìjsi, -/, -o, f^sindo 
jQ^undo, fQsivo -qsuvo, fQso, 

173. avi vi h ab ere: y-#, j-f, j-Q, ven, vi, j-Q; vivi, -/, -a, 
vivando 'undo vivono, vivovu vivo, viva\ vari, -|, -^, varén, vari, varQ\ 
varavi^ -/, -o, vardvundo 'vono, vardvavo, -vo; viso, -/, -o, ecc. 

174. skuni convenire: skQni, -/, -o, skuHén, -/, skQHa] skunivi, 
-/, -a, skuHiveno skuHivundo, 'ivuvo^ ecc.; §kuiiarf, -|, 'Q, skunarén, -/, 
-9; skunardvi, -/, -o, skunardvundo, "dvuvo, 'dvo\ ^kuniso, -/, -o, ecc. 

176. vuri *volere. Identico al rov., meno i casi, già avvertiti, 
di desinenze personali discrepanti: vQi^ vQly vurén, vuri^ vqI; vurdvi 
acc. a vuriviy vurdvundo, ecc.; ma vularfy ecc., vulardvi^ ecc.; vurisi, 
vurisundo, vulardvundo, 

176. pudi *potere. Suppergiù come nel rov.: pgi, pQl^ ecc.; 
pudivi, -/, -a, ecc. pudivundo; pudardvi, pudardvono pudardvundo, 
pudisuno, pudisundo, ecc. 

177. savi * sapere. Eguale ad un di presso al rov., meno le 
forme congiunt. pres. : sdpi^'i, ^ia^ e l'indie: 5^, -^, -d, savén, -i, -a, ecc. 

178. vifiéi venire; quasi identico al rov. 

179. zéi *z\v ire. Conforme al tipo rov., eccetto la i* prs. pi. 
del pres., che suona zon e zóin (v. nm. 6 42), e la i* e 2* pi. del- 
l' imprf. e condiz. : zivono zivundo, zivuvo zivo ; zardvundo zarisundo, 
zardvuvo acc. a zarisuvo, zisono zisundo, zisuvo, ecc. 

180. ^Q *tjor tollere: ^Qè^, -i, Bq, culén, ^uli, cQ; eulivi, -/, -a, 
culivundo, cuUvo, euliva] iular^, -e, -9, ^ularén, -/, -9; èulardvi, -/, -o, 
^ulardvono Vulardvundo, VulardvuvOy ^dvo] cQ^i, -/, ^Qga^ culén^ -/, ecc.; 
Vulisi^ -/, -o, culisundo, culisuvo, -iso, 

181 — 182. fd, ddy sldy seguon suppergiù il modello rov.; solo 
nella i* sng. pres.: fd^i, dd^i, std^i^ ecc. 

183. Avverbj, modi avverb. e partic. La solita desinenza 
a, già avvertita in altri dial. ne' casi tipici ; ai quali esempj s'aggiun- 
gano: póura pure, magdra (cfr. renier. Gel. 172); mdsima, inde(a) 
V inpruvéista (-zia)', ndma soltanto; marep^na a mala pena; propiam^nto, 
similm^ntro] lustiso l'eguale; ar^nto nm. 29; kgntra contro, verso, invìi 
verso; inpdj invece; ins^nbro assieme; jòms// giusto, appunto; mdnko 
almanco; a per alla pari, vicino; sèi da ben sì davvero; in hi/la 



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120 e) Dialetto di Digoano. 

subito, de bQto quasi; ala bfla préima da bel principio; par amur 
^propter', kun de tnfno (in unione a pgl fa) a meno ; par b^n a vantaggio, 
mdsa troppo; inséina senza; a son a suono, a forza. 



XV. APPUNTI SINTATTICI. 

184. Quasi normale V uso dei pronomi pleonastici : al '/ la, 
le; al strasiér al zi §td in réis^o da muréi; la bttasfra la li viva 
injutddi dóuli i mfrli; Tóurli Bóurli 7 j^Q culto un kurt^l e^l le j^Q 
skurtegàde ste kdvare\ le parale di vici nu b^na bandundle. Egual- 
mente l' uso del pleonastico / dinanzi alla i * prs. sng. ed a quelle 
del pi, : i sóin iéi a kdza méjo ; i [ve le vi capdde le b§ke ve le siete 
pigliate le busse ; sii vizindnti i j^Q pansd par cQ^e 7 samér^ e i j-Q 
pansd par falò muréi. Così quello del pronome neutrale ai a me 
salta el spiligrimtnto a kuntdlo mi vengono i brividi a raccontarlo; a 
j'Q kapità i Maréij\ e col gerundio: a z^ndo a jéiza óuna me séja la 
zi kajóuda. Sembrerebbero fuse in una le due forme del pron. (a + ^Of 
seppur non s'ha a fare con un semplice al: s' al ^e fQso al tal; s al 
stiso saldo kuil. 

186. Frequenti qui pure i pronomi ridondanti di i*, 2* e 3* prs. 
sng.: e mèi, al fa stu paro, mèi i me vd^i a serkd la pruved^nsa'^ 
se tèi ti vinivi a kdza prèima di salvaf^ri^ ti vedivi ki ti capavi una 
b^la S0ta ; al varavo kdro lóu k^ i me masi. E risulterebbe duplicato 
il pronome: ki ki me kuntdvi vui altri!, ki ki vurivo fd! Sarà poi 
ridondante od epesegetico il pronome: i rèiva a kdza sQja de lóu. 
Pare ridondante la determinazione avverbiale: a se j-Q senbrd un dltro 
ins^nbro. 

186. Casi d'omissione dell'articolo davanti al possessivo: parki 
ti nu ''nd' j^t culto nùi in lo kdza? Coi quali manderei insieme: e turi 
i j'Q gatd 7 krusiféiso in mizo de kdza, E per la ripetizione del pre- 
dicato : i lu mèlo sul pgsto lóu, i Iti m^to ; invise de fame pasd 7 mal^ 
tante lindde el m* u dd, invise, 

187. Saranno casi di prolessi: su frd zi vinóu, e 7 lu j- q katd 
Id a file, ki asaséini lu j-^ fato, E per l' uso di ^gran\ in senso 
di 'tanto': // var^ fdto una grati bfla kamèiza; sta sinizjita de gran 
btla ke la jéra, dóuti la varddva. Invertito l' ordine del predicato o 
complemento predicativo: al uvo j-q rebaltd kuila kazita^ ke jéra de 
pdja fdta\ a skQla ke 7 va, sti mur^di i ^e sitava '^ sóun ka'l rèiva \ 
defóunta me mdro. Tracce di dativo etico : i s^ Q capd sti nuvèisi sta 
kulgnba, i se la j-Q karesdda, 

188. Frequente V uso di Uurna in funzione avverbiale : al 
kaméina a turnd ; al va in sirka de la pruved^nsa a turnd ; al m' Q 
purtd vi a turnd; dijnka la jéra dóuto spiirka deventdda a turnd. 

189. Costruzione nelle proposizioni dipendenti: 5/ me ne disi un 
pQkOj mèi^nde manardvi; vfBa ^trèiga, ke ti te visi d^ indurmensdj ke'l 
rQsto te se viso da bruzd, e ke ti nu ^nde visi da mand. 



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XVI. Appuntì lessicali. 121 

190. Qui pure Tuso del verbo ^si fa' per 'facciamo': jéri a se 
zi zéidi da stu sapadur\ a se fa par zéi. 



XVI. APPUNTI LESSICALI. 

adrdn alberello dalle bacche nerognole, detto dai botanici 
*phillyrea latifolia'. La supposizione che rivenga ad *adrano per 
* atrano^non mi sembra gran fatto ammissibile, sebbene, insieme con 
Dignano, presentino 1* egual riflesso Gallesano, Fasana, Sissano e 
Pola. Dignano, inoltre, e Rovigno usano per lo stesso alb. aréiif Valle 
negrén\ il prtg. aderno (bastardo). Lo si. ha adrdS per ^quercus ilex'. 

andl legno trasversale del carro, che posa suU' asse movibile, 
e su cui si conficcano le sbarre delle scale. Parrebbe quasi da anello. 

arkita archetta, pila da contener liquidi e da brillar l'orzo. 
Deriva da arca kòrt. n. 703. Egualmente a Gallesano, Fasana e Pola. 

buldón segmento di cerchio, rigonfio di stoppa od altro, che le 
donne istriane solevano portar sotto a' fianchi, sopra il busto; parte 
circolare della ruota. Sarà derivato dal tema bold-, metat di bodl-, 
da botulo; v. muss., Beitr, 34-35; kòrt. n. 1271. 

hurdn nmrdn borrana. Deriva da borrana (buglossa). 

^a^éina (nm. 67-68) quaglio, presame. Da *coag(u)lina; cfr. vali. 
cabina, fas. ciké^na, gali, éi^innay sard. sett. gagd^ ecc. e kòrt. n. 1965. 

kanQl istrumento di ferro dei bottaj; e sarà deriv. da cane. 

kastanQla cuscinetto del mulino a cavallo; cfr. fas. kastanuola, 
friuL castagnòle. 

kavasQla gav" cassetta del mulino a mano. E comune a tutta l'Istria ven. 

Mka chiocciola. A Gallesano è detta cnóka, a Valle, Sissano, èóka, a 
Pirano, kó^ia\ a Rovigno, Fasana kuguja. Da coc(h)lea Ascoli, Arch. 
XIII 483; SCHUCHARDT, Rom. Etym. II 12-53. 

kupito acconciatura del capo, ton aghi e spille d' argento, e 
sorta di guarnizione del medesimo. Egualmente s' usa a Gallesano. 

kurtéina casetta di campagna, tugurio. Deriva da *curtina; 
cfr. pir., poi. kurtina, fas. kurtéina, lad. curtgin orto, grdn. kurtina 
cimitero, com. cort cascina d' un pascolo, e salvioni, V elem, volg, 
ecc. 21-22; KÒRT. n. 1998 2214. 

kutur pezzo di legno, in forma di tibia, su cui i bottaj battono 
per calcare i cerchi; cfr. fas. hutùr. Lo si. ha ko tur per 'raggio, disco 
rotondo'. 

destrandse strandse meravigliarsi, vergognarsi. Saran da * ex t ra- 
ne are; cfr. pir. strandpey gali., iais, strandse ^ rov., vali., poi. fa da strano^ 
e- KÒRT. n. 3054. 

dQrmia alloppio; cfr. rov., fas. induórmia, pir., poi., siss, indórmia^ 
ven. dormia indormia. 

dragai^ 'dj\ ramo grande d' albero. Egualmente a Gallesano, 
Fasana. Parrebbe riconnettersi allo si. draga valle^ sinuosità; v. App. 
less. pir. s. V. 



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122 e) Dialetto di Dignano. 

faro orzo brillato. Come tale, è comune a tutti i dial, istro-ven. 
Per *far' qual voce di remota antichità, v. maobrstbdt, Bilder aus 
der ròm, iMndwirthschaft V 284 sgg. 

f^ri, coli, per *le parti ferrate dell' aratro'. Egualmente a Galles., 
Fas.; Pir., dove dinota gli ^attrezzi rurali'. 

Jiduìa piatila puppatola; cfr. fas., poi., ven. pidvola. 

fregund§e infreg- (nm. 96-97) lordarsi di fuliggine (fregón)\ 
frigundda colpo od imbrattamento di nero. Pajon derivati da fri care; 
cfr. gali, fregundsey 'dda^ fas. infregundse, vali, ^nfregond^ \exi. fregonOj 
berg. fregù\ poi. infreskondr^e, rov. infuskundse. 

fu^i^d ^tusigd ('io) attizzare il fuoco. 

gdla galla, ghianda. 

galida sorta di mastella. E voce ben diftiisa in Istria e fuori; 
cfr. vali., gali., siss. galéda^ fas. galida, rov. galido piccolo vaso di legno 
con manico; fas., poi. galidfl'^ com. galéda bigonciolo di legno con 
manico fermo e ricurvo, abruzz. gaiétte secchia di legno da attinger 
acqua. Parrebber tutti da yavUSa vaso da latte, se non rivengon 
piuttosto a calathu k6rt. n. 1490. Lo slavo d'Istria ha egualmente 
golida per *vaso da mungere, bigoncio'. 

garden cardone, cima di cardo. Da *cardone; cfr. vali., poL 
zgardón^ fas. igradón, 

^flero s. di giacchetta da donna, greve, con l' orlo guarnito 
di pelliccia, fatta di lana di agnello (plóus). Riverrà forse al mat. gol le r 
KLUGE, Et. Wrtb.^ s. V.; cfr. rov. ^iélaro, friuL ghélar corpetto. 

góle gule (f. pi.) legni verticali del mulino, che corrono paral- 
lelamente, e sono in cima fermati da un terzo. Da gula; cfr. fas. 
gula, friul. góle foro del coperchio della macina del mulino. 

gQti bolle d' acqua, ecc. Da guttu. 

gramitd stanchezza, povertà. Sarà da *gramo; cfr, (sls, gramitd^ 
rov. gramo, "dso povero, infelice, gramisa povertà, kòrt. n. 3735. 

grandQfia erba grande, simile al grano turco (sorgum halepense). 

grdnpa manata, e s. d' istrumento. È comune a tutti i nostri 
diaL; cfr. friul. grdmpe manata, ven. gr ampia, P^tg. grampa istrumento 
ricurvo; e sarà dal germ. kramph diez, Et. Wrtb. P 221. 

inpijd pijd accendere; cfr. vali., fas. (ijnpijd, rov., gali., siss., 
poi. inpisdt MUSE., Beitr. 66. 

inprèmi (-ia) premere; cfr. fas., poi inprémi; (me) premia. 

inpruméti, inprumisióh impromettere, impromessione ; cfr. ven. 
improméter, a. lomb. imprometer impremeter, e salvioni, Arch. XII 407. 

intrubd inturbd intorbidare; cfr. pir. intorba inturbid intorgold, 
fas. inturbidé, ecc. Da *inturbidare. 

lanite sorta di minestra di pasta, usata specie nelle feste nuziali. 
Sarà da *anelletto (dim. di anellus)\ cfr. lomb. agnolin, parm. anolén, 
it. agnellotto, e kòrt. n. 553; fieri, Arch. XV 136. 

latind parlar molto e scorrevole. Da latino; cfr. pir., fas. 
latina parlar scorrevole, e 'bestemmiare'; ladin(m) facile; a. lomb., 
a. gen. alainar profferire distintamente, ecc. e App. less pir. s. v. 



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XVI. Appunti lessicali. 123 

linséini (nm. 66) specie di basto di leg^i da caricarvi su. Il gali, 
ha egualmente linsiòni^ il fas. linsé^nij in questo senso. Sarà da 
*uncino; cfr. anche pir. renzim^ gen. lensin^ rmgn. linzen ranfìone. 

literà corrisponder per lettera. 

lunbuldr luminale, abbaino. L* etimo è luminare; cfr, gali. 
luminar j pir., rov., fas., poi. luminal, mugg. mandi, e kòrt. n. 4921. 

maganfl manganello, freno di legno del carro. È dim. di man- 
gano; cfr. pir., fas., poi. manganai, friul. manganali, e kòrt. n. 5052. 

manarQla maner- sorta di legume; cfr. vali, (zes) manarin, gali. 
manarQlf poi,, siss, manargl, -a, fas, manarQla'^ se ha relazione con 
'mangiare'; o non è forse un deriv. da minore(?). 

mandarisa (nm. 27): a) manico della ralla, rastiatojo acuminato, che 
serve anche da stimolo ; b) parte dell' aratro ; e) donna, mandata attorno 
per le case dalle fomaje, ad ordinare d' approntar il pane pel forno. 
Rifletterà un deriv. da 'mandare', quasi ^mandatrissa; cfr. fas. 
mandrisa ralla; e, per 1' esito, ven. menaressa agguindolatrice. 

mantindda mancia, serenata, quasi ^mattinata' ; o è deriv. da 'manto'(?). 

melari^a (nm. 27) donna che mette a cuocere il pane nel forno. 
Quasi da *mittitrissamettitrice; cfr. Ascoli, i4rcA. X256; meteb-lùbke, 
Rm, Grm, II 414; salvioni, Si. d, f. r. VII 218. 

móule sanguinacci, e propriamente 'budella di majale, ripiene di 
sangue,, pinoli, uva passa, ecc.; cfr. pir. mule budella, mugg. muU\ 
rov. móHise, poi. mulise sanguinacci; gr. od. ftovAa, alb. muis, bulg. 
Mypa; a. fr. mule, fr, od, mullete; rum. amura ventricolo; si. mulica 
sanguinaccio. D' etimo oscuro. 

mukarQl mukarQla arnese da riporre la cote; cfr. vali,, poi. 
mokargl. 

mugaréin capezzolo; cfr. muss., Beitr, 43. 

mujQl mortajo, pila da brillar l'orzo. Da modiolo muss., 
Beilr. 79; ASCOLI, Arch. l 181; kòrt. n. 5359. 

muzerdn (^^n) museruola. Da morsu; cfr. gali., fas. muzerdn, 
vali, muzerdne, poi, muzarin-, friul. musarul musarin, 

nadéi^a perno delle due ruote del mulino, nottolino. Da ana- 
ticula; cfr. fas. nadé*^a, parm. nadi^a, trent navica, sic. nalicchia, 
ecc. sL del goriz, nàdez chiodara, goetz, Thes, ecc. I 66; salvioni, 
KJB. IV I 168. 

nuladéiso nuvuU tempo annuvolato; quasi da *nuvolaticio\ 
cfr. fas. nuvulad^su, e meyer-lùbke, Rm. Grm, II 461. 

nuvisdjo (nm. 87) tutto il vestito che ha addosso la sposa il dì 
delle nozze, e che varia secondo la stagione in cui queste si cele- 
brano. Deriva da *novitiati(c)o. 

padéi digerire. Da patire; cfr. pir., vali., siss., poi, padi(r), 
MUSS., Beitr, 85; flbchia, Arch, VIII 375. 

pasión (nm. 59) chiodo o cavicchio, posto all' estremità della 
sala, per impedire che escano le ruote; acciarino; se da pessulu, 
con acc. e suff. mutati (?); cfr. fas. pasil^ poi., siss. pasél, friul. passili 
acciarino della ruota. 



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124 e) Dialetto di DignaDo. 

pedegd ('ti) seguire le tracce di qualcheduno. Sarà da pedica; 
cfr. pir. piedegdj fas., com. pedegd, poi. petegdr, nap. appedecare, sic. 
appidicarù 

peguréiso pig* pecoreccio (agg, dato al cane). Da *pecoricio'^ 
cfr. vali., poi. pegorésOy fas. peguré^su, 

piééina rupe, burrone, spelonca; cfr. gali, picinna, È dallo si. 
p et in a rupe, caverna. 

pQla cornacchia; cfr. fas. pùolay poi., it. pola; pir. pója. 

pr^s presame di latte; che riverrà forse a pre(h)enso. 

préto rappreso di majale, per far il cacio; cfr. anche, oltre il vali., 
poi. prète (o), fas. prìtu^ T^^gg* préve salsiccione. Da presbyter o 
petra(?). 

pri^téin mulino a cavallo. Egualmente a Galles., Fas. Da pis trino; 
cfr. pir. peslrifHy lomb. presHn forno, e CAix, St, n. 452; kòrt. n. 6180. 

puliska (nm. 43) fruttice di vegetazione rapida e rigogliosa; detto 
specie del garofano. Sarà derivato da *pulla; cfr. gali, puliska, fas. 
pulésku rigoglioso. 

pumer de pgrko (salvddigo), È da pomario; cfr. soprsilv. ptinters 
salvadis, e Ascoli, Arch. VII 544. 

réis, réizi s. di zecche; cfr. gali. rézi. Da ricino (?). 

reviiitd rovistare. Da revisitare kòrt. n. 690 r. 

ruka perno di mezzo del molino a cavallo, in cui si conficca 
la pertica; cfr. gali., fas. rùka, e kòrt. n. 6962. 

rudfle ridoli; cfr. poi., siss. rugéle, fas. rud^le, gali, urgiéle. 

rujdl canale di sfogo per l'acqua. È deriv. da ar(r)ogio; cfr. 
vali., poi. ro^dly fas. rujdl', trent. ró^a, pir. rója, it roggia; s. frat. ruoz 
sgorgo d'acqua, e meybr-lùbke, Rm. Grm. I 45-46; kòrt. n. 766; 
BiADBNE, St, d. /. r. VII 129. 

rumdna guarnizione all' orlo inferiore della gonnella. Egualmente 
a Pir., Vali, Galles., Fas., Poi., Siss. 

salvaféri campana del coprifuoco; cfr. gali, salvaftéri. 

sfise crespe, rughe, fessure. Da * fissa. 

siéso scannello del carro, in cui si conficcano le 4 stanghe, 
per tener le scale; cfr. vali., poi., siss. 5^50, fas., gali, siésu, rov. 
^iéso^ friuL siéss. 

sinón martello da picchiettare le macine del mulino. 

59Ìfea (nm. 83 151) sorta di gonna; cfr. gali, sttóka, ^ìv. pukina, e 
Muss., Beitr. 107. 

stil fronte. Da stilo(?). 

strangujQj sorta di lappa; cfr. gali, stunbi-uój, vali., poi., siss. 
stonhi'ój, pir. stumhéj. 

strikd strikold calcare, premere; cfr. rov., fas. strikd, poi. 
strukdr, strukoldr; pir. strikold, ven. stricolar, 

studidse stujdse stu^dse affrettarsi. Egualmente a Ro vigno, Pirano, 
Gallesano, Fasana e Pola. Da ^studiare sal vigni, Post. it. 21. 

supita sorta di garofano ; cfr. vali, scopata^ fas. stupita, gali, supiéta. 

surión specie di tumore, che viene alle dita. 



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XVir. Appunti fonetici: Vocali toniche. 125 

lavoro campeggio. Egualmente a Galles., Poi., Siss. ; • cfr. ven. 
làparo ceppaja, 

tQrta ritorta di vimini o di ferro, da sostener le bigoncie. 

traméizo parete ^tramezza'; cfr. pir. tramidoy vali., poi. ecc. 
tramiio^ ven. tramezo. Il gr. od. ha tQa(iBÌdva. 

trave§àn (-^n) sbarra trasversale, da chiudere porte o finestre; 
s. di cordelle. Da tra(ns)versa; cfr. fas. traversàn, pir. trav^rsa^ it. 
traversa^ gr. od. tQapÌQ6a, 

travasi legni del molino, che attraversano la ^rocca', e posano 
su due piedi. 

tremQja trim- tram- tramoggia, nm. 56. È da trimodia misura, 
vaso da contener tre moggia; cfr. poi. trimójay pir. iramóza, rov. /ar- 
tramuia, siss. tremò/a^ vali., gali, tremuja, fas. tramója\ friul. tremóze^ 
ven. iramoza, it. tramoggia^ sic. trimoja\ prov. tremueia, frc. trémie^ 
gr. od. TQifiodla» 

trèmulo ornamento del capo. Deriv, da tremulo; cfr, gali, 
poi., siss. Ir^ntulOj fas. tr^mulu, it trèmolo^ gr. od. tQé(iovla. 

tulpo sciocco. È derivato da talpa; cfr. rov., fas. iulpu 
sciocco, poi. tólpOj friul. tolp tronco, scimunito, pir. talpófn\ ven. tolpo^ 
tolpon palo, o troncone di rovere. 

umdse rumdse sarmenti; cfr. rov. ramóse^ vali, poi romdze, gali, 
fas., siss. rumdse, Pajon da ramo, quasi *ramacce*. 

urisko sorta di legno piuttosto duro. Da duro(?); cfr. vali ori§kà 
legno duro; dign. dur Mmo V urisko \ qmo risko nomo duro, testardo, 
e forse si oréScek piccolo noce, pistacchio selvatico. 

zenzaléina seni' zendale del capo : fascetta, che le donne solevan 
portare sul capo, ed in cui conficcavano gli spilli; deriv. da *sin- 
dale; cfr. friul. zendaline, e kort. n. 7480. 

zgQrbo, skarnQso torsolo di grano turco; cfr. friul. sgóibe, com. 
sgorbia baccello, dial d'Arbedo schérpi\ vali., poi skarnóso^ berg. 
scaóSj ecc. Pare che i primi rivengano a scorpio kOrt. n. 7290; salvioni, 
Dial. d'Arbed. 54. 

zgrabd, zgrabam^nlo, strepitare, strepito. 

i^rfp/a dimenarsi, agitarsi (d. di rettili); cfr. pir. gripdy vali, fas., 
poi zgripidfrj, friul. sgripijd aggrapparsi 

zgurbdse incurvarsi, e rovinare che fanno i muri a secco delle 
campagne; se da *curbare; cfr. rov., gali, fas. zgurbdse, poi zgor- 
bdrsey pir. z^ombd, 

zugo legno da follar V uva, e *gfiogo'. Da jugo; cfr. pir. ziógo, -olo 

d) DIALETTO DI GÀLLESINO. 

XVII. APPUNTI FONETICI. 

VOCALI TONICHE. 
1, A. Sempre costante la risoluzione per é analogico, sì nelle 
prime e seconde prs, pi della i* conjugazione, come anche in 



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126 d) Dialetto di Galleiano. 

tutte quelle degl'imperfetti: kanUmOj baie] kaminévi, butévi\ lavé^imo, 
favelési, ecc. 

4. Preferentemente (ed ha le sue ragioni), il dittongo té, nel 
suffisso "driOj d' accordo col rovignese ; né v' occorrono esempj. Isolato 
Litmindje ni., se è da luminaria. 

7 — 9. t. Fedele, per lo più, ai riflessi istriano-ven. ; e pajon 
superflui gli esempj; ma qui eziandio: primavera, siéra\ m^digo, m^rkore] 
pasél't trenti, I4zi\ st^nta^ intrigo \ pr^sto^ zé, ecc.; però anche albi 
abete. Del resto: kurdiéla, tiéra, jéska^ iraviésa; viéco, niéio, ecc. 
Caratteristico il dittongo che appare in: fasuliéto, lièta tetta, kamiziéla, 
ver téle verete, anellini; siniziéta^ furfiziéla\ Paskuiéla] sezariéla^ pulisiéla, 
ecc. e che, oltre a richiamarci il pir. kttliéla ecc., ci riconduce ad 
altri dial. della terra ferma veneta (v. Ascoli, Arch. I 491-92). 

11 — 12. I. D' accordo col piranese e gruppo affine, saldo alla 
base istro-veneta, e non son necessarj esempj ; tutt' al più sieno ricordati, 
per ragion fonetica: ntarevéja, madréna, lagremé gramigna; skum4nsia\ 
fiérma, inftérmo ; frédo, gréspe ; maj èstro ; peroro, zanévoro, védova ; vésko, 
sajéla, pégula, méskula, spénuJa. Qui pure i diffusi Idnpido limpido, 
tanto lembo. 

13. O. La risoluzione pur ti è (in armonia cogli altri dial. di 
Rovigno, Dignano, Fasana) la normale, e solo citerò: mùvete muoviti, 
e per casi di ^: f^o, ^ni, Qr orlo; nQse\ verdine, tgsigOy vQdio 
vuoto (d' accordo col vali.), ed il singolare rgnda rota, con n epente- 
tico, quale ci appare anche nel dign. 

14. Notevole V effetto dell' i finale atono sulla tonica, nella fles- 
sione di plurale dei sostantivi od aggettivi in -ó«; la nasale cioè si 
raddoppia in guisa che il primo n suoni faucale, il secondo dentale 
(cfr, PLECHiA, Arch. XIV r 1 8, e nm. 88), oppur V i attratto promuove 
lo sviluppo del dittongo uó. Esempj: tnarangónni, limónni, liónnt, 
ttmónni] makarónni acc. a makartiój (cfr. vali, makargj), bukónni acc. 
a bukuójy stónni acc. a. siuój. 

16. Il dittongo ricorre come nel dial. di Rovigno, senza che 
se ne possa ben determinar la ragione, all' infuori forse di quella 
dell'antica posizione: ito habet, vtióro, jttómo glomus, uópio\ ttóka, 
ttiór toro; kuólo, vtiólta, sttiória'^ guómoro] kruóvo corvo, ruósi; 
fnórfeze, tuórttila, krtwsula, tuódtila, stuómogo, ìuólisa (cfr. rov. Ittlisa), 
se da olla; kanttóniko, ecc.; e qui i tipici: zgiba acc. a ziQba, /giba, 
karQÌba\ rgza. 

17. Scempiato il dittongo in a, per influenza della labial vicina, 
nel comune vdrno omo, vdrto orto; e pur in ìàvorno acc. a iQr lauro. 

18. U. Intatto sempre, e non son necessarj gli esempj; solo 
sieno ricordati: bun avuto, vinùn; siitso insulso; trabuka *trabucat 
(cfr. pir. trabuka^ it. trabocca, frc. trébucher) \ péso pujo puteo; nùvulo, 
laktizero incudine. 

19 — 20. AU, AI. Tolto il dittongo suppositizio in laverà, àmia. 



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XVII. Appunti fonetici: Vocali atone. 127 



VOCALI ATONE. 

21. A. Gli assottigliamenti consueti in e^ /, sebbene in propor- 
zioni non così estese: beldnza^ lezdne^ linbdstrOy tremùja tramoggia; 
^ermuónika litnuónika; armena, stuómigo acc. a stuóntogOj nm. i6; 
spdrizo, Idnpida ; e V assai diffuso §imko. 

32. Passato in u^ in pochissimi casi tipici^ ed anche in questi 
più per effetto della labiale vicina: ptislundcl, f ninna, riimansinna\ 
arnmdi^ btmhdz\ kdnuva, slrumend, e nel ben esteso mtt ké. Offuscato 
in o: gdmoro gambarus (xd(i(iaQOS), k6rt. n. 1541 3586. 

23. Ripristinato T antico a, specie negli esiti finali delle preposizioni 
ed avverbj, ne occorron esempj ; tutt' al più ricorderò: insinna (cfr. vali. 
Uisim) stnz'ei, finna, vtilinHéra\ desprezura (cfr. rum, despre, e nm. 125). 

24. Comunissima V afcresi, ed hanno appena duopo di venir 
ricordati^ sebbene non ispecifìcam. galles.: ré avere, siù acciò, sdì 
assai, pasiatór, neve(r)sdrio anniversario; lóra, gttscitóla\ Gustinna, 
Deldide, ecc. 

26. Qui pure vada kdntro (cfr. it. cdntaro), 

26 — 28. E. Non troppo frequente il passaggio in /, nei casi 
di iato, e solo v' occorron gli esempj tipici: lirijón, pistigd, minsund 
menzionare, spiUgri\ nisuit, Griguório, intrimulise intormentirsi, intri- 
mulón a rompicollo; limuózena. 

29. Passa in o, in quanto non cada, se divenuto finale, nei 
sostantivi aggettivi, verbi ed avverbj, e non dicon per se molto: 
lévorOj rùvorOj kaddvoro, pólvoro, v^noro, zuvono. Tendenza all' «, 
d' accordo col vali. : grdndu, dùlsu, fuórtu, l^vu, gr^vu, pé^gà, 
kudlku, kudlu, vérginu\ ar^nlà (cfr. ven. arentc\ ins^nbr&, ^^npru, 
spesialm^ntu, libram^ntu, veram^ntu, dritam^ttu, aUrim^ntil'^ maitardu, 
kantisu^ ecc. 

32. Comune l' apocope, e gli esempj coincidon tutti con quelli 
del dial. dign.; superfluo quindi ricordarli; qui solo: salddn saldame, 
pengdn spessezza; mor muore. U effetto, prodotto sulla nasale resasi 
finale, è indentico a quello già notato pel dialetto di Dignano; e, per 
ulteriori dilegui di sillaba intera, citerò sur sóvero. Parrà strano dezptt- 
zisión esposizione, con prostesi di d (v. pir. dizpozipióm, e nm. 123). 

33 — 34. I. In alcuni proparossitoni offuscato in o: tévodo, vumodo 
acc. a vumedo, turbodo acc, a turbo, kumodo acc. a kumedo, limodo 
acc. a limedo, 

36. Qui, del pari che nel vali, e dign., s' effettua il passaggio in 
« dell' i secondario, nelle prime persone plurali degl' imperfetti indie, 
cong. e del condizionale; passaggio che s'esempla in kaniévunu, mane- 
vunu, vévunUyjérunu^), duvésunu, dizerdvunu, ecc. 



1) Esempio: kudndo ke Jérunu zùvoni, kantévun^, manévunfi^ hevévunky 
sinna nisùn travdjo. 



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128 d) Dialetto di Gallesano. 

37, Dileguo di i(in)^ in sillaba iniziale^ assai raro; e son esempj 
istriano -comuni: namuràsey brldgo, bundse tramontare, dtl^iria industria; 
e qui pure il caso solito d' / ripercosso maitinna, maitindda. 

39. O. Non infrequente il mutamento in u, per effetto di labial 
vicina, o di assimilazione; e gli esempj son comuni agli altri parlari: 
ptirsinùnktila pttrsundkula, draguséjj sufrtne\ solo brituva {cir. si. britva)\ 
ónbula (d* t'ivo) tuorlo d* uovo; v. nm.44; ggngula (cfr. rov.gunguWe, ìt, gon- 
golarsi) aìtaìcnai, venduta rotula (cfr. friul. rdw^w/ rotola, pir. rondolófn)\ 
ed il caratteristico e tipico nistule. Qui pure T u dei gerundj, che il 
gali, ha comune col rov. e siss. : butdndula, tratdndttse^ ved^ndula, 
sav^ndula, ecc. Frequente anche, d* accordo con altri dial., V u per 
Vo atono finale, nei sostantivi, verbi e pronomi congiuntivi: dku, 
busUj tusUj ktiistUj tdntUy kudntu\ fému^ duvémà\ éku\ Lakunsiél\ 
arkunbiél^ che è esempi, assai diffuso. 

41. I soliti casi d' aferesi, e non hanno nulla di specifico : musilo j 
punión, riciùj leruójo acc. a reluójo, 

42. E per l'apocope si ripeton i casi avuti nel dignanese: sktir 
oscuro, imposta, cdr^ mur^ dur, fuól(la) folle, mantice. 

43. U. La conservazione o ripristinazione dell' u primitivo co- 
stante: lunbria^ sudizión (cfr. pir. pudizióm^ rov., fas, sugisión) sogge- 
zione^ piumón polmone, kunio, bunddnsa, buskd frugare, bnstinna\ kurista 
corsa, makiéra^ pulisi^ puliniér^ puliska fruttice rigoglioso, ecc. 

44. L* offuscamento in o, già avvertito per 1' e atono (v. nm. 29), 
qui pur ripetuto: Qnbo lumbu, onbtiligo umbilico; rùvoro\ sul/oro, 
kuógoma, 

46. Raro il passaggio in e od /, ed appena posson venir qui 
ricordati: timur^ bunónni (cfr. siss. benóni, rover. bugnóm) navone 
selvatico; linsinni uncini; puópelo, lertbolo, 

46 — 49. AU. Caduto (o consonantizzato) V uno o V altro dei 
due elementi del dittongo, od anche V intero dittongo, pur negli 
esempj tipici: tildi audire (acc. a vuóldi), tirize^ reptizd, skultd^ guscuól. 



CONSONANTI CONTINUE. 

51. J. Si presenta qual continuatore dell' antico j, d' accordo col 
dignano-vallese. Più di rado riflesso per g^ ed appajon quasi isolati: 
gtiram^nlOj ingtisHzia, L'altra risoluzione non infrequente: zpito^ ^Qgo^ 
zuztin, ztinOj zQÌba. zermdh'^ zaniéVj Zujdn. Isolato: denQco acc. a zenQco 
ginocchio. 

53. LJ. In casi sporadici, e non ben accertati, i riflessi italiano- 
veneti, negli esempj tipici. Del rimanente, j: méjo miglio, zéa zéja ciglia, 
marevéja^ sutnéjo] imiijd^ reldjOj barkandja^ kavejdda. Eguali riflessi i 

') Prov.: ruvoro nu j-ó fato nidi nardnsi. 



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XVII. Appunti fonetici: Consonanti continue. 129 

plurali óit nomi: kurdj) vergdj aratri-^ kapéj\ vedéj\ ecc.; Vrigul(i)dn n\„ 
Gajdnni ni,, Tartdja spmm. e ni. 

54. RJ. Conserviate, nel nome locale Bttridn acc. a Burdn;dc\ resto, 
qui pure il comune-istriano viérzi^ kuviérzi. 

56. SJ, DJ. Le risoluzioni, pur conosciute, in i, j, g, d' accordo 
col gruppo affine. Però non infrequente il caso deHa conservazione 
del nesso: didvo, didnbarne^ dezviidid^ itódio^ stadiónni\ diéze\ e qui 
vada karìdia^ se da *cal reggia*. 

57. NJ, I soliti riflessi per w^ e son superflui gli esempj; solo 
sieno ricordati: inbronùda imbronciata, a«^//« stoffa di pelle d' agnello, 
pinatiéra\ sùno, insundse\ destrdno^ strandse\ Karindn acc. a Kuarndn 
ni. *corniano, Sandn ni. 

59. TJ, CJ. Qui, del pari che altrove, le risoluzioni istro- 
venete, già ricordate a proposito del dialetto dignanese: kumispisa, 
ecc.; però anche: rajón^ stajón\ paldso, jdso^ menasd\ sanjùso^ puso\ 
indurmensdda^ nuvisa\ sarvizo. E pure: ónza, beldnza. 

62. PJ, BJ, VJ, ecc. Le rispondenze comuni agli altri dialetti, 
e qui ricorderò soltanto: z^iba ziQba^ fòiba acc. s. ftQba (v. nm. i6), 
fiùba\ biuld\ jébi abbia. Prostesi di j: jérba^ ./^^^^ jél elio; jéliko^ 
jétipi, 

6S — 64. L. Le dissimilazioni conosciute dagli altri dialetti. 
Inoltre: sarvd, vuré, grQlia\ e per l che cambia di posto: reluójo 
orologio, valdnda lavandula. Qui pure: ramandiél^ PQ^so, maninkonia, 
munestdsio\ nundlikOj santoninna santolina. 

65. I soliti casi di dileguo: mukiéra^ nmkarQly sdvia\ bùzara'^ 
garùfo^ esempio comune anche al rov. 

66. Agglutinato, perchè falsamente ritenuto articolo, negli esempj 
istriano-comuni: lanbisizio, linbdslro (v. nm. 21); Linbdstio ni.; 
la(n)kùzero nm. 18. 

67 — 68. CL, TL, GL, Le risoluzioni istriano-comuni, e si può 
far a meno d' esempj. Solo per GL ricorderò, ove non cadan già 
sotto il nm. 59: jéiza, jtitón^ injasdda^ juómo^ jdndo, grdj'a] kitnéjo. 
Del resto: Qttga, spiga acc. a s^nza cinghia, stréga acc. a stréja 
slrisa striglia, ed il caratteristico e noto ciginna, 

69. PL, BL, FL. Suppergiù i riflessi italiani o ven., e sembran super- 
flui gli esempj. Qui anche il plus (guarnizione del ^iéloró), per cui 
v. App. fon. dign. nm. 69. Del rimanente: biascemd acc. a bescemd^ 
sttld zuffolare. 

70. R. Il dileguo del -r dell'infinito, già avvertito pegli altri 
parlari, e non occorron esempj. 

71. I soliti casi di dissimilazione. Singolare miiloriélo acc. a 
mitroliéto muricciuolo, ingarisdse raggrinzarsi (cfr. dign. ingarisdda 
rugosa), sameliér asinajo. 

72. Inserito inorganicamente, e non hanno nulla di specifico : 
germdnie^ sfondrdda, ins^nbru^ krtióvo^ kruvato^ esempj ben diffusi. 
Del rimanente, anche: perfgndo, persùlo, kurziéra acc. a krtiiiéra^ in- 
gardisdj farsóra^ fardéj, 

Ive, I dialetti. C) 



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130 d) Dialetto di Gallesano. 

73. Assimilato : iraviésa, travesd attraversar il campo coli' aratro, 
triése traverse, legni delle scale del carro, 

74.. V. Comunissimo il passaggio istriano-comune in è, negli 
esempj già ricordati. 

76. I soliti mutamenti in g^ già avvertiti pel dignanese e rovigno- 
piranese. Appaile il -«, e parrebbe continuatore della labiale, in pióh 
piove, mon acc. a móvh muove, seppure non s' ha a fare, ne' casi 
nostri, con un n epitetico od assimilativo (v. nm. 89). 

79. Prostetico, ed è fenomeno piuttosto frequente nel nostro 
dialetto: vQmo, vuóco, vuójo^ viióro, vQvo uovo, vùva\ vdrto orto (nm. 17), 
vdrno\ vQltra, vQla dove, vergài \ verdine, dizv^rdine. 

80. Quanto a f di iato, sarebbero da ricordar i casi già citati 
al nm. 17; e non mi resta d'aggiunger che titóvo, suóvo. 

83. S. Qui, del pari che in altri dial. affini, il degradamento in 
z: zabindse, zanbtigo; zanhùrtolo lizabtiriolo acc. a sanbtìrtolo ramarro. 

85. E prostetico in skudzi^ skuztra^ zganbid\ zvdligo, (s)kruóvo 
(v. nm. 16). 

88. Non infrequente il raddoppiamento del «, il primo con pro- 
nunzia faucale, il secondo dentale (probabilmente per effetto dell' atona 
fmaìt) : ldnna,farmna,kammna, kuzmna\ Kaiarlùna^ kadéma (v. nm. 14). 

89. Singolare il n che appare, oltre che dopo il dileguo av- 
venuto della labiale (v. nm. 75^ dopo quello della dentale^): peh pede 
(cfr. friul. in pin^ berg. in pegn, terg. im pegn\ a. ven. pad. paren^ 
e MUSS., Beitr, 70 86); buh avuto, kajùn caduto, vintine v, nm, 18, Il 
fenomeno opposto in dragiiséj dragoncelli. 

Epentesi, d' accordo cogli altri parlari : linbdstro^ r(}nda ruota ; 
nQnse\ mentéva metteva; kandaliéto^ Lakunsiél^ arkunbiél (v. nm. 39), 
ecc. Dilegua nella flessione: kriscdj\ makaruój\ bukuój\ sittój (v. nm. 14), 

93, Ad -w- si riduce il -m- delle prime persone plurali di tutti 
i tempi, e son caratteristici: sén^, vévunt\ kantarénu^ vurésunà^ ecc. 
(cfr. grad. véno, sténo). 



CONSONANTI ESPLOSIVE. 

99, CE, CI. Rara la conservazione; e non ha nulla di specifico 
burico 2) acc. a buriko. Qui pure il passaggio in i, 5, specie ne' pro- 
parossitoni: simiio^ ptilizo, kùlizo\ e, resosi finale, nei nomi e verbi: 
paz^ taz tace, vQz^ kruz\ ItiSj dis. 

101. QV. Immune la gutturale, ma intaccato 1' elemento labiale, 
negli esempj di ragione più o men comune: karQl^ kartabón^ kgnda; 



^) Osserva il Maestro (Arch. I 31211): „ questa vocal 'nasale' si avrebbe in 
varj esempj anche per Va in accento cui non sussegue alcuna nasale etimologica: 
^magnava; ciamut chiamato; «a andare." Ora, pel caso nostro, la nasale si ha, 
Fpecìe in esempj in cui se ne sia ita una labiale od una dentale. 

2) Mantello greggio, che mi venne definito: el kapuóto desprezùra de 
inviérno, ke pnórta i verni viéci. 



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XVII. Appunti fonetici: Accidenti generali. 131 

àkula^ ràkula^ ecc.; sakerd^ sakujàda^ likurizia; però anche di frequente 
conservato: siégtntOj presiégiiiiOj kuHsekuptsa. 

106—107. GV. Qui del pari che altrove la riduzione a semplice 
g: sàngUy p0tgu acc. a lingua, satiguéta^ sanguìniéla\ e pur la risolu- 
zione per n del nesso on: lètto acc. a ìéne^ pùno. 

108 — 109. GÈ Gì. V. nm. 51; ed avranno la lor ragione: 
?VÉh i^^fÓ^é^ acc. a finzi fingere; giluiia gelozia, genariza fa da 
gennajo; e non mi resta che verziéla, comune al dign. e siss. (cfr. 
ven, verzéla^j calappio. 

115. T. Del rimanente, digrada a d, ma è anche tenace la con- 
servazione della media nei proparossitoni: kùmodOy limodo, galéda^ 
iesadnr tessitore, 

116. Dopo V accento si dilegua, e non son necessarj esempj 
(v. nm. i): iapé, aspre, alhéo albi 

117. Incerte le risoluzioni di TR: virio, viridda, viriól\ palpar i, 
piria\ lari, acc. a Vitridh Vidriàit ni. Del resto: iniresd, intrimiili 
intormentito. Qui pure: pare, mare, kariéga acc. a karègu (cfr. ven. 
cariégà) sedia. 

119 — 132, D. Ben saldo, qualunque sieno le condizioni: d(HÌi, 
padi patire, liédo, friédo; grdveda acc. a grafia, kómodo, tévodo tévido, 
turbodo tùrbo\ lànpido. Dileguo solo in grtìvio, rtìspio, nQrbio acc. a 
nùrbedo, rdnzo acc. a rdnzedo. 

123. Resosi finale, si dilegua, del pari che altrove: fé fede, brtl 
acc. a brQdo] ri ride; ktimu acc. a kiiómtL Parrebbe singolare la 
sostituzione di -n a d resosi finale, per cui va veduto più addietro il 
nm. 89, e quella di /, che risulta in nil nido. Rinforzato in / nei 
diffusi: trùpiko irupedo, intrupizia idropisia, e fors' anche in intrimiili 
intormentito, intrimulóii\ v. nm. 26-28 117. 

125. P. Di leggier momento le degradazioni (del resto, comuni 
anche ad altri dial.\ che s' hanno in bizi, brónsa, bruzdse, zbriifd, ecc. 

126. PR. Conservato nel caratteristico desprezttra (v. meyer-lùbke, 
Zeitschr. f. r. Ph. XXII 495, e App. fon. dign. nm. 125-130). P che 
alterna con /: zgrinfie, zgrafà^ zgrafam^ito (cfr. vali, skrabd, dign. 
zgrabd, ecc.X 

131. B. fràbo, frebdro acc. a fr^va f^vera^ lavizo laveggio. 
Cangiato in g\ inugiildse^ nùgulo (cfr. it. nugolo), 

134. Taciuto in bara acc. a bdrba^ sur siivero, lira acc. a lébra. 

135, Il solito risaldamento in p, in pnrdzina, Idnpo lembo (comuni 
puri ad altri dialetti).^ 



ACCIDENTI GENERALI. 

Accento. 138. Per esempj d'accento protratto, non avrei che 
kumédale kumodéate (cfr. vali, komédati komedéiati)^ lavùda lauda; 
inoltre i comuni-istriani: Dio (vdrda)^ kumù (caso ben diffuso); sia sa 
(Maria), ecc. 

9* 



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132 d) Dialetto di Gallesano. 

139. Dissimilazione. V. nm. 63-64. 

140. Assimilazione. V. nm. 26-28 39 73 106-107. 

141. Prostesi. V. nm. 62 79 85; indi: vóflaj ti végi dove vai? 

142. Epentesi. V. nm. 72 89; inoltre: kaveriéio^ penevùlitmo] 
spartii'ir^ desvunur\ pdskuva. Epitetico. V. nm. 75 89; ed anche: 
knsio, nuòve no. 

143. Af eresi. V. nm. 24 37 41; indi: ci(njgule {cfr. rov. clcé^' 
gnìe^ dign., fas. cV/w^w/t') solletico; diéso^ waw// innanzi, ^ów/ra incontro ; 
nuda venuta; iziérto deserto; mestigd^ durmisd addormentare. 

144. Ettlissi. V. nm. 25 65 117 119-122 134; inoltre: J^5/7ara 
disseparare; véduo acc. a véduva, 

145. Apocope. V. nm. 32 42 70 116 123; ed anche: (la) ri 
(ella) ride; garufo, indri indietro. 

146. Suoni concresciuti. V. nm. 66; ed aggiungi lazé aceto. 

147. Abbandono di /, perchè creduto articolo. V. nm. 66. 

148. Metatesi. V. nm. 63-64; e qui pure: pre amor per amor, 
^prcpter', />r/a^^ perchè, «r^^/^ ridoli (v, App. less,)\ muloriéto * mura- 
le Ho muretto; v. nm. 70 71. 

149. Attrazione. V. nm. 14 37; e qui pure: mailing -inna. 



XVIII. APPUNTI MORFOLOGICI. 

150. Metaplasmi. Del tutto normale il passaggio dei femminili 
di terza in prima: parniza^ vida-^ jéndena, zóvena; però qui anche: 
nuòto, parto, bQlpo, nio\ pòlvoro, ecc. 

151. Genere mutalo. Pel mutamento di genere da maschile 
in femminile, non m' occorron che i casi tipici: /«wo, figa, ecc. 

152. Casi. Risulterebbero avanzi di desinenza nominativale: sgro, 
surQle sorQre (però anche sng. suriéla), fra, fradéj, niéto, netànne, sia, 
stanne', man, manne-, suòka (però anche sng. suòkena), suókene sorta di 
vestito ; e avrà V apparenza almeno di mozione pén, p^di, 

153. Numeri. Pei tipi di (collett.) fem. plur. a doppio senso: 
hdte, kuliéte tempo della raccolta dell'uliva; favole zampogne da 
pastori; e per casi di masch. plur.: kó^'-ki s. d* erba parassita, yf(?r/ 
parti ferrate dell' aratro. Il plurale dei desinenti gali, in -ó« suona 
'ònni ed -wó/; v. nm. 14; quello de' desinenti in -aw, e d'alcuni in 
'iél, risulta in -ó/: kriscdj, kapdj', v. nm. 53. 

154. Comparazione: m^jo e piézo anche per ^migliore' e 
'peggiore'. E qui pure piùh mfjo, pimi piézo, 

155. Numerali: uh, dot, tré, kudtro, sinkue, sie, siete, vuòto, 
nuòve, géze diéze, vgndeze, dódeze, trédeze, huatuórdeze, kuindeze, sédeze, 
dizisiéte, dizduòto, diznuòve, vinti, trenta, kuardnta, sinkudnta, sesdnta, 
setdnta^ vutdnta, nnndnta, s^nto; méHe, dui mé'le-, uh mi-ér, dui misera 

156. Articolo: al (et) V\ la V; i le-, del, déla; al, ala-, dal, 
data; dèi, déle-, di, ale-, dai, ddle; intuì, inttìla; intéi, intéle, ecc. 



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XVIII. Appunti morfologici: Verbo. 133 

157. Pronomi personali. Le forme nominat. sono: mio, Ho 
acc. a mi, ti\ de mi\ a nii\ kon mt\ ecc.; /w/, jélo] jila jéla; de 
lu, de jéla; nói dltri\ vói altri \ lùri, Iure, jéle. Forme atone; me, 
te^ se'y per il riflessivo s' usa anche, come nel pir., sólo\ ^e\ ^nde\ 
accus. sng. e pi.: /", /w, la\ i, liy le. Qui pure l'impersonale al. 

158. Possessivi accentati: méjo, luójo, stiójo] ma anche: 
me, lo, so; miei, tuoi, suoi; nuóstro, vuóstro, siiójo. Proclitici: me, to, so, 

159. Dimostrativi: kuisto, -a; kuisti, -e; kttil, -/; lustisu; kiiiló^^; 
kuistó^, kustia; kuisturi. 

160. Altre voci pronominali: ki, ke, ko quod (?); tal, kuàl, 
kudlku (neutr.), kualkudun; nisun nigun; purisié {un purisié capo); né^nte. 



VERBO. 

161 — 162. I tipi soliti della conjugazione, proprj degli altri dial; 
e non infrequente il passaggio di verbi da una conjugazione all'altra. 

163. Desinenze personali. Normale V -i per 1' -o atono di i* 
prs.; pur qui tracce, sebbene sporadiche, del -5 di 2% e qui del pari 
V -u per V ^e atono di 3* prs. sng. U •'émo della i* pi. ridotto normal- 
mente ad 'énu', kanténu, /eventi, savarénù, pudésunu, vuràvunà, ecc. 
La 2^ pi esce costantemente in -é. 

Indicativo. 164, Tema del presente. Assai frequente nella 
I conjugazione il solito aumento nelle quattro persone critiche, deter- 
minantesi nel tipo -^-/, -é-i, -é-a, ecc.: krioléi, sivilizéi, tamizéa, 
traversia, pizi^éa, ingrami éi gramoli. 

165. Imperfetto. L'assimilazione fonetica già ricordata al nm. i. 
Nella I* pi., in analogia col presente: f eventi, stévuntì, savévunfi, 
dovévuntì, kantévuntl, barufévuml, ecc. 

Congiuntivo. 166. Presente. La 3* prs. del presente esce 
normalmente in a. Pel congiunt lat. di piuccheperf. valgon le regole 
dell' imperf. indie, nella i* e 2* prs. pi.: duvésuntl^ pudéstmà, pudésuvu, 

167. Condizionale. Nella 3* prs. del sng. qui pure le de- 
sinenze ven.; ma per la i^ e 2* pi. riappajono le desinenze del- 
l' imperf. congiuntivo, innestate al tema del modo stesso : kantardvi, 
-/, 'fi, kantarésiml, -ésivà, -dvu acc. a vederd(v)tmfi, 'd(v)uvà, 
vardvunu ecc. 

168. Infinito. Normale il dileguo dell' ultima sillaba, come avviene 
negli altri dial. e la riduzione ad / dell' e atono della penultima (v. nm. 70) : 
respgndi, respiéti, def^ndi, dep^nzi, ecc. 

169. Gerundio. Sempre saldo alla desinenza normale -éndo, per 
tutte le conjugazioni. Singolare igttleràndo volando, foggiato forse 
sul tema del fut. (zguleruó), 

170. Participio. La nota serie dei participj veneti in -/5/0: 
gudisto, hirtsto, viirislo, pudisto, savisto, dizislo; respuósto accanto a 
rcsptts. 



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134 d) Dialetto di Gallesano. 

171. Participio presente in funzione aggettivale: dis- 
pus^nto nel significato che ha a Rovigno di 'debole, impotente'. 

Elenco di verbi notevoli. 172. jési * essere: s^ni s^n^ S0ti s^n, 
zé^ sinéntì sentì, siné, zé\ jéri, -/, -a (ti), jérenu jérunfi, Jérevtì, jéra; 
sarte, 'té, -i/ó, sarémì, saré, -«ó; sardvi, -/', -//, sardininu sarésinu, 
sardvnvà sarésivtì, sardvtì; sii, sii, sia, sinénu, siiié, sia] fuósi, -/, -/?, 
ftiósemìj fuósivu, fitóstì. Pass. def. : j-4 std. 

173. (a)vé h ab ere: y-^, j-^, J-q uó, vénti, ve, j-g uó; véri, -i, 
-a, vévttntl, vévttvtì véviu, véra; varie, -ié, -i/ó, varéttù, -éy -uó; 
vardvi, -/*, -w; vardvuntì, vardvtivtt vardviiì, vardviì; jébi, -i, Jébia, 
véna, ve, jébia', rési, -/', -/?, vésunfi, vésttvtl, vésti-, varési, -/, -</, 'ésinu, 
-ésivtì, 'à. 

174. duvé debere: devi, -/, -/?, dtivéntì, -^, déviì; dttvévi, -/, -a, 
duvévuntìj dttvéviì, dttvéva; duvarié, -ié, 'UÓ, dtivarénft, -é, -«ó; duva- 
rdvi, -/, -li, ditvarésinttj dttvar estiva, diivardvnniì, ecc.; débifi dttóbiu, 
-/, -a, dttvénil, ditvéy débiti dttóbia; dttvési, -/, -/?, duvésttnù, dttvésttvft, 
d ti vésti, 

175. volé * voler e: viióiy vuoi, vql, vtiréttfty viiré, vqI; vtirévi, 
-/, -a, vtirévunftj vtirévtivft, vtiréva; vtirarié, -ié, 'tió, vtirariénfi, -é, 
-«ó; viirdvi, -/, -/1, viiraviiniì vurésunfi, vuraviiviì vtiréstivit, vtirdvtl; 
vttójtì, 'iy 'Jay vurémi, 'é, iniója; viirési, -/, -/?, vuréstinft, vtirésuvti, 
vttréstì. 

176. podé *potere: puósi, -/, pQl, ptidénfiy ptidé^ pgl; ptidévi, 
'i, 'ay pttdévintl, pudéviviìy ptidéva', piidarié^ -/V, -«ó, pttdarémìy 'é, -«ó; 
pudardviy -/, -/?, pudarésunfi, 'éstivuy pitdardvu; puósi, 'i, ^ay pudénUy 'éy 
ptiósa; ptidésiy -/, -w; ptidéstinu, pudéstivu, pudésu, 

177. savé * sapere: sié, sié, sa, savénn, savé, sa', savévi, -/, -a, 
savévtinu, savévivu savéviu, savéva\ savarié, -iéy 'tió, savaréttUy 'éy -//ó; 
savardviy 'iy -ti, savardvtinu savarésinu, savardvivu savarésivu, savardvti; 
sdpi, 'i, 'ia, savénu, -é, sdpia; savési, 'iy -/?, savésttnu, savéstivu, savésu', 
savardvo, ecc. 

178. viné venire: v^tìi, -i, v^it, vinéntt, -é, v^n; vinévi, 'évi, 'èva, 
viiiévtinu, 'évtivu, vinéva', vinarie, 'ié, 'UÓ, vinarénu, 'é, -wd; vinardvi, 
-/, 'U, viftardvtinu viftarésitnUy viitardvuvh vinaréstivu, vinardvu', vifti, 
'i, v^ita, viiìénu, viité, v^fta', vittési, -/, -«, viiiésinu, 'ivu, viiìésu. 

179. ;:/ ire: vd^^i végiy -/, va, zen fi, zé, va; zévi, -i, -a, zévtinu, 
zévu, zéva; zarié, 'ié, -uà, zaréitu, -é, 'UÓ', zardvi, 'iy -w, zardvunu 
zarésinUy zardvtivu zarésivii, zardvu; vd^^i vé^i, -/, vdga, zénu, zé, vaga; 
zési, 'i, 'U, zésiindu, zésuvu zésevu, zésu. 

180. cQ *tior tollere: cQ^i, -i, cg, cui énfi, cuìé, cQ; cu levi, -/, 
-a, culévunfi, culévivfi, culéva; cularié, 'ié, -uó, cularénu, cularé, cularuó; 
ctilardviy -i, -u, cuìardvunu, culardvuifi, culardvu; cQgi, -i, cQga, 
cui énfi, -é, CQga; culési, -/, -«, cuìésunu, culésuvfi, cuìésfi, 

181. dd dare: ddgi dé^i, -/, dd, dénfi, de, dd; devi, -/, -a, 
dévtinn, dévivu, deva; darié, -ié, -uó, daréttfi, dare, damò; dardvi, -/, 
'fi, dardvuitu darésuntì, dardvuvfi darésivfi, dardvfi; dd^^i dé^^i, -/, daga, 
dénu, de, daga; desi, -i, -ti, désunfi, désuvfi, désu. 



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XIX. Appunti sintattici. 135 

182. fa fare, sta stare, conjugano in tutto come il precedente. 

183. Avverbj, modi avverb. e partic. Per le forme di avverbj 
in a, va veduto il nm. 23; e qui s'aggiungano: tanta tanto, piiva pure, 
ins^nbru, malaméntrUj siilampttu^ libram^ntu^ veram^ntu; despuói\ de^ 
sprezùra nm. 126; d^nka, vola acc. a vo (nm. 79) dove; priaké perchè, 
pre per; za qua; sài assai, mànko almanco, insinza senza, ndnti\ 
mài sì. 



XIX. APPUNTI SINTATTICI. 

184. Non infrequente T uso dei pronomi pleonastici : a/, la, le, 
li: al pumo al ^e j-g da un biél dràpo] una de kuiste la jéra 
siniziéta\ al cQ sun al linguàio del pajéze lui?, le zide jéla e la siérva. 
Più raro, anzi quasi sporadico, 1* uso pleon. del pronome di i* e 2* prs.: 
i S0i nàta a Galizàn mio; ti Vj'§ buia zu tio el pupo? Del pari il 
pleonastico i: i V uó tiràda par le suóke i asasinni] mi i ^e m^ndi 
i kùmedi. Frequente pure l'uso dell* impersonale a: una vuoila a 

jéra uh zùvono. 

185. Normale T uso del pronome duplicato di 2* e 3* prs.: 
dai! dieso a tio te tuka sta vuoila \ a jéla al ^e stéva b^n; ^e j-g dovésto 
pagàie ditto el dàno. Duplicato pur il verbo nella locuzione enfatica: 
murié, mùvete, kamina, ke tu pare te manda inttth iQgo, te manda! 
Costante T uso del da, per il di nel genit d'origine: jéra uh fio da 
ri', e la fia da ri kuh do jandàrmi', via da lièto] do jandàrmi banda 
per banda da lièto. Pare pur omesso T articolo davanti al pronome 
dimostr. pi.: e la vàka ^e fa stise par nòie. 

Qui, del pari che a Valle, frequente T omissione dell' ausiliare 
'i^' davanti ad un partic, nei tempi composti: e la zida a viérzi; e la 
zida ànka jéla al bàio, 

186. Saran casi di prolessi : al ^e j-g dito se '/ làga so fio kuh 
so fia, ke^l se spQza; e despiiói me paréa de jési ankura kuàlku insù- 
hàda\ i pudé zi §ùla kal, fQje, rumàse, ànka léne vérde gruma. 

187. Comune l'uso del verbo Hurnd in funzione avverbiale: 
e despuói la se Ut j-g fato dà al bàio sul peh turnà; al ze zi despuói 
mezudi turnà; al kustuódio j-g skrito turnà il custode ha tornato a 
scrivere; e la vàka ^e la eQ per fàla suh turnà, 

188 — 189. Per la costruzione nelle proposizioni dipendenti, va 
notato r uso dell' imperfetto indicativo invece del congiuntivo ital., 
sebbene ciò non accada in via normale: e se no vévi purisié da fa, 
ànka mio faràvi ko ti fà^i tio ; 5^ mi vévi i lo bési, vuràvi konprà 
purisié rQba\ se vévinu da falò (el pah), lo fénu sùbito, 

190. Altre particolarità sintattiche: e la se j-g visti kùi più béj 
dràpi ke la véva, e la zida al bàio ; ste tré bise^ despuói ké '/ ^e j-g 
fato lonbria, ^e ze konpàrso tré zùvane; b§ha a fame (farmi) justizia 
sólo (da solo^; prima de fa '/ pah, b^ha lavàme le manne. 



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136 d) Dialetto di Gallesano. 



XX. APPUNTI LESSICALI. 

adiéso adesso, ora. Pei varj etimi proposti (*ad-ipsum,*ad- e(n)-(i)p- 
sum, ecc.), v. diez, Et. Wrlb.l^ 165; d' Ovidio, Grndr. I 50611; meyer- 
LUBKE, KJB. II 90, Zeitschr. f. r, Ph, XXIII 472; sciiuchardt, ibid. 

XV 240; KENIER, St, d. j, r, VII 74; NIGRA, AtCÌt. XIV 269; 

KÒRT. n. 161 4433. 

albéo albi nm. 7-9; da ab(i)éte; cfr. pir. albédo, dign. albido albi 
elbi, rov. albio, fas. albiu, ven. albéo, e MUSS., Beilr. 25; meyer-lùbke, 
Zeitschr. f. d, ó. Gymn, v. 42, p. 765; kòrt. n. 31; salvionf, Post. it. 
3; Nuov. Post, it, 2. 

angiisa angustia, digusto; assai diffuso in Italia, Da angustia; cfr. 
SALViONi, Arch. XII 387 XIV 205; Keller, Zur Reimpr. d. B. 41; 
LORCK, 8 181 ; KÒRT. n, 565. 

biékoj biéki sorta di pasta a pezzi piccoli; cfr. rov. biéko, mugg. 
blek, friul. blecc^ ven. beca striscia di cordone. Sarà da becc-, bicc- 
THURN., Keltr. 73; KÒRT. n. 1098. 

brd^e calzoni; brd^e del vergai parti posteriori dell'aratro. Dal 
celt. braca thurn., Keltr. 47; kort. n. 1306. 

kàna, kaniéta mestolo da stirar la pasta. Da canna; cfr. friul. 
canélej ven. caneta, -o. 

kanaliéti sorta di paste, ad uso minestra. Da *ca(n)nella; cfr. 
ven. caneloni. 

hariéga nm. 117; cfr. muss., Beitr. 42; kòrt. n. 1736. 

karpiéta coperta greggia, da coprire il pane per farlo lievitare, 
e sorta di gonna. Altrove, in Istria, dinota *gonna'. Da carpita, che 
il DU CANOE spiega con Vox italica, panni villosi vel crassioris genus, 
et vestis ex eo panno'; cfr. ven. carpeta gonna, piac. carpia panno, 
it., a. gen., sic. carpita coperta villosa, sp. carpeta carpita^ a. frc. 
carpite^ ecc. de Gregorio, Stud. glott, 63-64. 

kavéco kavico sorta di tinozza; e sarà deriv. da cavo; cfr. 
dign. kavico, friul. cavar piccola tinozza, soprsilv, caviérg, engad. 
cavuergia, e Ascoli, Arch. VII 519. 

kól/ro coltro. Da cultro; cfr. rov., dign. kùltro^ fas. Mltrtt, pir. 
vali., poi. kóllrOy siss , hóltro] friul. cd//r/, bresc, berg., ecc. coltro, lomb, 
col ter, e kòrt. n. 2323. 

kÓ^ki sorta d'erba parassita, della famiglia delle ranunculacee; 
se rimonta a cu co kòrt. n. 2310; renier. Gel. 169. 

kridd grida riprendere, gridare. Da *quiritare; cfr. pir. krità, 
rov., dign., fas. kridà, vali., poi. krià, mugg. kridàr kridr, friul. cridà, 
ven., giud. kridàr, ecc., bresc. cridd, a. lomb., a. gen. criar, it. gridare, 
e kòrt. n. 6582; SKIFERT, 21; MUSS., Mon. 107. 

kriépa greppo, costa. Ricorre pur nel rov., dign., fas., pir., siss , 
poi. (kr('pe)^ ed è esempio ben diffuso in Italia; cfr. gartner, Zeitschr. 
/. r. Ph. XVI 327. 



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XX. Appunti lessicali. 137 

ktìka noce; comune a tutti i dial. dell' Istria ven., e diffuso 
nell' Italia settentrionale e mediana. D' etimo non ancor ben accertato ; 
forse da coc(^h)lea kòrt. n, 1972; schuchardt, Rom, Etym. II 21. 

kttriéto sorta di giustacuore, di solito rosso; e sarà derivato da 
*co retto; cfr. rov., diga, fas. kiirito^ pir., vali., siss., poi. koréto veste; 
ven. coreto panciotto e spezzetto di carne'; e v. App, fon, vali, nm. 28. 

knrligo cortivo; deriv. da corte; cfr. dign. kiirtéigOj vali. kortigo\ 
pir., poi. korlivo, friul. kurtil^ -/r, rover. kortif mant. cortiv^ nap. 
corliglio, cai. cttrtijjtt^ e muss, Beitr, 47. 

kusttiódio custode, custodia; cfr, dign. kustQgo kuslQdìo, fas. 
kuslQdiu, vali. kustógà\ it. ctislodio, nap. cosloddio, sard. custódiu^ P'*tg. 
cttslodiOj e KORT. n. 2368. 

derekdvo di nuovo. Da *de-re-caput; cfr. rov. darekdo de-^ 
dign. darekdvOy vali, derekdu, fas. derekdtt, siss., poi. derekdvo. S* estende 
a tutta r Alta Italia, e guizza anche in Francia; v. morosi, Arch, XI 295; 
NiGRA, ibid, XIV 364; SALViONi, Giorti, stor, XV 268; seifert, 18; 

RENIER, Gel, 170. 

J^5^r/w/«/5^ discemere; diskriminiélo discernimento. Pajon derivati 
da *discrimen(?); cfr. dign, deskriminéise, e forse rov. skré^mia, ven. 
scrini ia acume. 

ya///ó/7a falloppa. Da faluppa; cfr. rov. f alti ópa, diga, {as.falgpa, 
pir., vali, siss., poi. falópa, friul. falópe^ ecc. e, per la genesi de' varj 
riflessi, italiani e stranieri, hornino, Zeitschr, f, r, Ph. XXI 192-198. 

farsariól fersarQl piccola padella; dim. di frixorium; cfr. fas. 
rov. farsanjly vali, friserai] poi. frisorin, mugg. frisurin, e muss., 
Beilr. 60. 

fero {dèi sttrzi) trappola; féri^ collett, per *le parti ferrate, di cui 
è composto r aratro'; v, App, less. dign, s. v. 

fó^^ma. In quanto sia deverb. di 'fumare' e dinoti ^pipa', è ben 
esteso non solo in Istria, ma anche fuori; cfr. friul. fumé., berg. 
fómay mil. fiima^ ecc. 

friie frittelle. Sarà deriv, da frictus; cfr. rov., fas. fréHitla^ 
pir., siss., poi. fr itola., friul. f rituie., e muss , Beitr. 60. 

furfiziéta forfecchia. Da *forficula^ con iscambio di suffisso; 
cfr. Tow, futftzitttla, diga, fas. furfezita^ pir. furfidéta, poi., vali, siss. 
forfizéta ; berg. forf esina., a, ven, forfede., lece, furfecicchia., ven. forfeta., 
ecc. e MUSS., Beitr. 59. 

furnddega fornddega tassa da pagarsi per la cottura del pane; 
da *fornatica. È comune a tutti i dial. dell'Istria vea, e foggiato 
dietro kazddego, bazddego, konpanddego, ecc. 

gabdh gabbano, comune ad un grandissimo numero di dialetti, 
sì italiani che stranieri. D' etimo non ancor ben accertato ; forse si 
ricollega a cabanna, kòrt. n. 1448. 

galija centupede; proprio del Friuli e della Venezia; cfr. rov. 
galèna, friul galie, pir., poi, ecc., ven. gatta, sic. galia, ecc. Forse 
r animale dalle innumerevoli gambe potè dalla fantasia del popolo esser 
paragonato ad una 'galea' \ \\ miss., Beitr. 61; flechi.a, Arch, VIII 356. 



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138 d) Dialetto di Gallesano. 

gamiéla gamella. E ben diffuso in Istria e. fuori; cfr., per retimo, 
KURT. n. 1531. 

garzunsiélo garzoncello, dim. di 'garzone', kòrt. n. 1657. 

gavéja segmento circolare della ruota; che sarà da "^gavello] 
cfr. poi. gavéa, fas. kavéa ordigno da barca, ascoli, Arch. VII 547 ; 

LORCK, 210; KÒRT. n. 3546. 

grumàs(o)^ -i (caratteristico del paese, che ne vanta parecchi) ^) 
grosso mucchio di pietre, ecc. Da grùm(m)u; cfr. poi. gromàso, fas. 
grumàstiy e kòrt. n. 3785. Dal lat. od istr, avrà preso pur lo si. 
d' Istria il suo gromàca mucchio di pietre. 

guantatuórte cavicchio di legno, ricurvo in cima, che serve a 
tener unita T estremità della *torta' al 'giogo'. 

guómoro vomero, gomero. Da vomere; cfr. sciiuchardt, Kuhns 
Zeitschr, XXII 174; muss., Beitr, 66; CAix, St. n. 356; flechia, Arch, 

II 347- 

inbrtinuda imbronciata. Pare dal germ. brun bruno; cfr. fas. 

inbronó^cia, poi. inbritnida^ siss. ^nòrunula, friul. imbrugnocd, 

indri acc. ad indrio indietro. Da in- de- retro; cfr. pir. indrio, 

bresc. endré^ giud, (i)ndré^ berg., pav., piac., mant., ferr , ecc. indré^ boi. , 

rmgn. indri^ a. it. indreto^ a. mil. indreo, ecc. seifert, 38; kòrt. n. 4219. 

j éndena Xendìnc, Da * lendine muss., Beitr, 63; meyer-lùbkb, i^w. 

Grm. l 147; KÒRT. n. 4751. 

Idnpido, -a, chiaro, limpido; e (sost. fem.) 'rama larga, con sii 
frondi e foglie'. A Pola, Idnpeda era anche 'una specie di tripode, su cui 
si accendevano delle rame secche, per illuminar il mare, nella pesca. 

mai sì; da magis; cfr. pir. màde (de nó)^ poi. mdde si, nò, rov , 
dign. mài no. 

palédega metà forcuta, che forma la parte posteriore del carro; 
se ha relazione con ^pala''^ cfr. rov., dign. palidaga^ fas., siss., poi. 
paìédega^ friul. palédie. 

pànpo ultimo uncino della catena del focolare. Se è da papa, 
o megUo pàmpino; cfr. dign., poi. pdpo^ fas. pàpo^ e forse salvioni, 
Di al, d'Arbed. 33. 

pirón forchetta. Parrebbe dal greco TtsiQOvviOV (deriv. da 
TCSLQog^ TCSiQLOv), ma che il nigra, specie pei derivati piem., can., ecc., 
vorrebbe piuttosto riconnettere al lat. *pirula; v. Arch, XIV 294-95, e 
cfr. anche meybr-lùbkE; Zeitschr. f. r. Ph, XXIII 474; CAix, St, n. 454. 

piruli ciondoli, sorta d'orecchini. Saranno da *pirula; cfr. fas. 
pé^rttlij pir. piruli^ a. ven. perolli ciondoli, friul. piruì ciondolino, e 
anche Ascoli, Arch, XIV 352; muss., Beiir. 87. 

piruzinni pendenti, fatti in forma di pera, che le donne soglion 
portar legati insieme intorno al collo ; cfr. pir. pirudini^ dign. pirttzéinij 
friul. perusins. 



') Un distico di e. pop. gali, suona : 
Zc ntcj'o Galczdn kói so gru masi, 
Ke no PóIa e Dindn kói so palasi. 



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XXI. Appunti fonetici: Vocali toniche. 139 

pupa bambina. Da pupa; cfr. pir. pupa^ vali., poi. pupo bambino, 
rover., lad. popa ragazza, salvi ONi, Nuov, Post, it. 21; kòrt. n. 6477. 

rumania sorta di uva, tarda a maturare, e che rimane sulle viti 
a vendemmia compiuta; cfr. dign. ravani uva tarda. 

skuasejddo salizàdo selciato. Il primo forse rispecchierà un tema 
deriv. da * equaliare od *equaleggiarej con immistione di *passeg- 
giare'(?); cfr. gali, vazijd^ vazé*ja uguagliare. 

siérbo acerbo. Tanto a Gallesano, quanto anche a Dignano, 
Pirano e Valle, V aggettivo serve ad indicare il pane ^acerbo, per 
esser troppo fermentato'. 

spasiégo carretto, dove mettonsi a camminare i bambini. 

suóka sttókena sorta di gonna, nm. 152. Ricorre a Dignano, Valle, 
Sissano e Pola; a Pirano pùkina vale 'gonna e camiciuola unite, senza 
maniche'; cfr. wuss., Beitr. 107, e App. less. digit, s. v. 

/^'^a tegame, tegghia. Da tègula; cfr. rov., fas., dign. tica^ pir., vali., 
siss., poi. técay mugg. (pi.) /t'c/, friul. tece^ ven. teca^ ecc. kort. n. 8078. 

t^dio tigo per lo più, usato in unione a da: dar retta, abba- 
dare ; nel qual senso T usa pure il pir. (iéoj, vali, e dign. ; e sarà 
sost. di un verbo *ad-titulare; cfr, lad. fadldr, e ASCOLI, Arch, 

VII 583-585 602. 

ir lése legni trasversali del graticcio, traverse; cfr, friul. irésse, 
\'en. ir essa, 

irisi^ria cattiveria; e sarà deriv. da tristis; cfr. dign. irisi^ria, 
e, per la formazione, friul. irisiérie. 

tristo grosso, ruvido; detto di farina od, in genere, di cosa trita; 
poi usato per *mesto\ Egualmente a Valle e Sissano; a Pirano, 
iristolddo vale 'inquieto, tristo'. 

n dove; da ubi. Altrove in Istria ula, ruta, vota, ecc. 

updnki sorta di calzari, adoperati dagli Slavi; dallo si. opanlcà. 

urgtle ridoli, nm. 148. 

zbrgnbuia Qttbuia tuorlo d' uovo. Egualmente a Dignano. 

zgrinfte artigli. Sarà dal germ. grifan; cfr. pir. zgrinfe, piem. 
grinfe^ e salvioni, Arch, XII 407; kort. n. 3768. 



e) DIALETTO DI FASANA. 

XXI. APPUNTI EONETICI. 

VOCALI TONICHE. 

1-3. A. Oscillante nei riflessi delle seconde prs. pi. del pres., 
imper., nonché negl' imperfetti, sì indicativi che congiuntivi: cantavi^ 
fdva\ siévi\ partivo^ gaviva, lirepiso] ma anche: aspeté^ vindé^ varé\ 
stéme statemi; lasémeìo. 

4. Varie qui pure le riproduzioni del suffisso 'drio, ó* accordo 
cogli altri dial.: getidru^ febrdrn] ma anche qui: ptilin^rj saldeì^ri^ 



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140 e) Dialetto di Fasana. 

skuintri\ Sahara \ fruntiér a ^ kavaliér acca kavalir, nonché il ben diffuso 
skuzira. 

7—9. E. Molteplici i riflessi, né v* appajono ben chiare le ra- 
gioni: I. e, neir infìn., nella 2* pi. pres. e nel cong. ed impf. dei verbi 
della seconda conjug. : ptidé, vulé] savési; primavera, ?piri; jért\ tré, 
zé\ II. /: pudiva^ tila^ a vilu a velo, a fior d'acqua; prign\ palpivi^ 
piria\ èijra cera; aziu, tapidit] dibtilu^ rigula^ slzula*^ 4/^^^? nivev 
pigura\ sinara, visku, pivare\ tipidu. Ed eziandio, per e di ant. posiz. : 
Jesi, adiém\ st^la, bi1a\ jérba, mésirtt^ manéstra^ §kumélt\ ìétu\ respiétu\ 
tiéste^ siete', inf^rnu; però anche: (ajv^rzi, averta, p§zu^ mH^tj lédu; céza\ 
m^rkure, patine \ s§kulu^ seguita, dfsima', Stufanti, 

11. I. In armonia col rovignese, riflesso per ^», e sembrerebbero 
superflui gli esempj; sieno solo ricordati: apréH, fasé'na, sé^ma\ vin^\ 
variasi \ né'dUj fnaré\ vé^da, fé^g;i, anté^ku, sSbu\ vé'sta, bure' cu ^ pé*cu\ 
vé*nti', né*nte] w^*, sé^; v^para\ dé^u^ mé^u^vé'ja^ Maré^ja^ purkaré^ja\ vul^j\ 
dre'ju, Nizé^ju Eliseo; s^jw, kunsé^Ju. 

12. Qui pure: sie ciglia, sumio, tina, madrina-, sptnul a, lé^midw, 
e d' altronde: yìjw/a, meravìa', mé^ja', ìagremé. 

13 — 14. O. Sta isolato deskdlsu (v. Ascoli, Ardi, I 487 n X 
8 n). Pe' riflessi di -è/o, -^, ecc., s' ha qua e là ùo : Mola, kuartertioJa, 
Pilota', fuora, ptwsta, ecc. 

16. Non d* infrequente riflesso per Q od wó, ove risulti sia dal 
dittongo, sì primario che secondario, sia di posizione antica (d* accordo, 
in parte, col rovignese e col dignanese): uó acc. ad j-Q, ptióku, ruóba', 
Qka, cgdw, puóvaru, puópulu, tuódula, tuórtura, uópera-, pQij vQi', 
vtjita, dgpo', katk^sa^ prQpio; fQrsi^ mgstru^ g^Qta', skQùa', murigriu-, 
pruóstimu bosco di alberetti a basso fusto; tuóta, truóto; fgt follis; 
kQrvUj QsUy Qtu', fìrfe', sqtdij gstw, slialgna^ kodQnw, verggni', grgtia', 
grill', pur- prugatgrio, mizeriligrdia', puórtugu^ uóbtigu, ìcruósute', suóru. 
Isolati appajono: ftiiba, zuiba acc. a ziQba, 

17. I soliti esempj dello scempiamelo del dittongo e della ridu- 
zione ad a: vdrnu orno e ni , e l' istriano-comune lavarmi, 

18. U. Normale il riflesso ó'*, d* accordo con Rovigno; e pajon 
superflui gli esempj; solo si citino: >wd"r«, èro"//.', dó^^tw, avó^ èó", 
minó'Ula^ spó^^du^ pisudó"ru s. d* argilla; pó^^pu, mó^^zu; nó^^vulu. Con- 
serv^ato in apparenza T ù primitivo, seppur non s* abbia a far piuttosto 
con casi d' assimilazione fonetica (ed è fenomeno specificamente 
fasanese) : sangtisu, ktiltru, zenuhi, tùrbiu^ rumiga, ziivunu^ kiigtima^ kttmiu. 

19 — 20, AU, AI. Non mi risulta ben chiaro il dittongo in 
kanà(v)ute', ma è bene scempiato in àvuta^ kàviili', Pàvulu acc. a Pdulu. 



VOCALI ATONE. 

21 — 22. A. D'accordo col rov., ricorrono i soliti assottigliamenti 
in e^ /, né son necessarj gli esempj; come non sono richiesti quelli 
pel mutamento in //. 



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XXI Appunti fonetici: Vocali alone. 141 

25. Per casi d^ettlissi non avrei che drlti (cfr. rov. àrlo aralo) 
guardalo ! 

28, E. I soliti esempj del pavssaggio in /, e qui tutt' al più: 
Iléija ni, Nizé'ju nm. ii, Gregórhr^ Élena\ miské*n, tdilé'n\ ma pur: 
mezndé'j zem^l\ reditd. Un -/ per ^e atono nella 3* prs. del pres: 
skum^il, (el) dizif pirdl^ ecc. 

29. Resta preferentemente saldo dinanj^i a labiale, e negli 
esiti dei sostantivi, aggettivi e verbi: semend acc. a sitmend suména\ 
fió^nte, rdmCj sdngne^ pgnte^ d^nte^ studiente^ kavalgdnte\ kdrne^ fréve^ 
kiìrte^ z4nte\ frdte^ pr^te^ pi^e\ ma anche: pó^lizu, sé'mizu^ kó^IizUj 
zùvunu; alegrampite^ libr amante \ alirim^nti\ inftnam^ite^ veramente \ 
malant0ite\ e nelle terze prs. sng. dei verbi: duórme dorme, kure^ 
móre^ ló^ze, fuóse^ sitse, kantard(v)e^ ecc. 

32. Comune l' apocope alle condizioni identiche, nelle quali 
s' effettua presso gli altri dialetti, né v' occorron esempj ; però non 
infrequenti anche gli esiti veneti: kruze, pdzCy pajize\ dé'ze, tdze\ 
stiJfere, piìlvere. 

33. I. Conservato, anche là dove negli altri dialetti e' è tendenza 
al mutamento: hildnza acc. a baldnza, animai, bizdse, biskgtu^ difètti^ 
diskùri\ prnóstimu nm. 16; cirga^ che parrebbe letterario; parsigli \ 
d^bitit, 

34-. Mutato qui pure in ex defé^zile\ meravia^ medùl\ deskurund 
toglier le siepi (ktiróne), dezmanegd^ dezubediénza\ dr^ena^ vulega, 
diiminega, lugdnega, Idgrema, palédega\ ma anche: Idrlzu, ó'Hnldii, 
k umidii, lé^midu limite, ecc. inlrùpidu; ze-ld (véj'a) ite là (via). 

36. Qui pure Vu per Vi ven., che ricorre nelle prime prs. 
pi. indie, cong. e condiz., d'accordo col vali., dign., gali.: vivitnii, 
avisitmij sttvtinUj zisunu\ vulardvtinu, diivésunu, ecc. 

37. Il dileguo, specie in sillaba iniziale, non così frequente come 
altrove, ed appajon quasi isolati: himind^ talidn^ dó^^stria industria, 
cirga (v. nm. 33); sia, sin. L'intera sillaba dileguata in sulsu 
insulso. 

39. O. Non infrequente il passaggio in «, per cause ben note: 
vulé'jaj rajiind, pasiiiré^n, banbuld favellare; mnjóJ, mnnestdzio (de le 
zémejj bulisiruy ecc. Appare poi costantemente V u per V -o atono 
all' uscita, ed è fenomeno specific. fasanese (v. nm. 1 1): né'dii, fó"zu, 
vùvit\ ziìvtinu, lónbulti\ Tumdzu\ iré^siu\ e ne'gerundj: vedéndulti, savén- 
dttliiy butdndulu, nonché nelle prime prs. pi. de' verbi: fémti^ duvému, 
stému. 

42, Il dileguo, nei casi di ragion istriano-veneta, non così fre- 
quente: cdru^ dó'^ru^ mó^ru\ rùveru; rezgùlw^ però: fiiol^ kóHy pai] 
krisiidn, Dindù, Siindn. Galezdu] man, fién, venéh velén, 

44. Raro il passaggio in a, ed ha appena bisogno di venir 
^ricordato anbiilégu(zu) bellico e ^crostaceo dì mare' (detto anche 
granir). 

49 — 50. EU. Perduto 1' uno o V altro dei due elementi costitu- 
enti il dittongo: Fimia, rumaié^zmo. 



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142 e) Dialetto di Fasana. 



CONSONANTI CONTINUE. 



51. J. Le risoluzioni proprie degli altri dialetti, specie del ro- 
vignese, e non occorrerebbero esempj; solo ricorderò: J/ió"w, 2udne^ 
jiujdn\ iàzi jàcere; ma anche: jtistàse^ Jàkumn^ Jnvakéh\ JirQlumu^ 
Jezó*\ Jovanc^h'^ jója^ jénere, jerdndu girando; jetté[/a, Jereinéi/'a, ecc. 

53. LJ, Qui famia^ meravia^ stimiti acc. a siitnéju^ sia cilio; v. 
nm. II 12. Del rimanente: màjtt, .skàja, fràjUj kavijdda\ ujddiga] btìjti^ 
zmttjtiy ecc. Ma gli esiti del plur. in j: sarvéj, kitriéj\ kastéj\ animdj, 
kttrdj\ ktiij quelli; ftQj^ faiiQj^ Utizo/, ittvajQj\ pttj (cfr. rov. kaptìj) 
s. d' aliga. 

55 — 56. SJ, DJ. I riflessi proprj degli altri dial., e parrebber su- 
perflui gli esempj: céza, grezza selciato, seréza^ prezóù] dezkó^zi\ Qrztt, 
virza\ però anche: rdjti^ P^l/^', Iretnttja, jiióniu^ brajttld livellar 
la terra col 'hrdjtiltt'' (s. di erpice). Ne mancan esempj della conser- 
vazione del nesso: diéze^ didvtt^ (jditi^ stadióh stanghe del carro. Rari 
quelli della risoluzion per g: gita dieta, giga (cfr, ags, die) diga, 
proprio pure del ven. 

59. TJ, CJ. I soliti riflessi istriano-veneti, e, d'accordo col rov., 
qui pure: Stdtisia ni., kardptsia acc. a kard('nsa\ inoltre: kufttts^itsa^ 
prezi'nsa^ dcitibidi^tsa, difer^nsa\ linsióì^ kttnsd acconciare, mittsttnd, 
kavasdL att/ittsia, ecc. 

60. Conservato preferentemente il nesso STJ: kuistión^ bislia, 
kristidti, Qstia acc. ad Qsca, Del rimanente, qui pure esiti quali: rajón, 
rajutidj ecc.; v. nm. 51. 

62. Prostesi di j: jera^ j^^h J^^ ^^^^*' j^^^^j j^^i^ seppur qui non 
s' abbia a fare con un vero dittongo. 

66. L. Esempj d'agglutinamento della consonante: Ignda, la- 
grenié nm. 12, libol^ léra, Idm^ ló^^dru\ Idimrnti, linsé^n uncino, lan^ 
bdslrOj ìdnta, 

69. PL, BL, FL, ecc. Suppergiù i riflessi istriano-veneti, ed hanno 
appena bisogno di venir qui ricordati: pid (cfr. ven. pidsé) sì, piria 
piriQtn s. d' imbuto, pivéHta ; kó^bia, zgó^bia coltello ricurvo a doppio 
manico; ed il contestato sktìjti. Isolato óndia unghia. 

73. R. I soliti casi di metatesi, e le consuete assimilazioni, in 
ir^sa acc. a travarsd. 

75. V. Qui pure i mutamenti in g^ comuni agli altri dial., e non 
son necessarj esempj. 

79. Prostesi di v abbastanza frequente: vùra^ vdrno, vergdftOy 
rtiléifa, vultra^ vdri, 

87. N. Sarà analogico il n che s' ha in pió^% só^ny anderdn\ 
stlnziij stins(?*rti, 

91. M. Le ccjnsuete dissimilazioni in nurbitt^ ntirbiniizu^ ndlba, ndiìa, 

95. A -ntt si riduce pure il -mo delle prime prs. pi. degli imprf.: 
vivunti^ fivtmUj vttlisttnti^ viirdviinti^ ecc. (v. nm. 36\ seppur qui, come 
nel gali., non s' abbia a fare forse col pron. 'mo/' concresciuto. 



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XXI. Appunti fonetici: Consonanti esplosive; Accidenti generali. 143 



CONSONANTI ESPLOSIVE. 

99, CE, CI. Le risoluzioni rovigno-venete, e non sono necessarj 
esempj ; come occorrono anche le rispondenze per i, d' accordo col 
gruppo affine: dtìze, surzir^ pldzi, zàii. Isolati: cità\ pré'ncipe, che 
j)ajon letterarj. 

108. G. Prostetico solo in gi^rl^ d' accordo col rov. (v. nm. 62). 

116. T, Il ben diffuso dileguo, nei sostantivi e partic. in -A'TO, 
-l'TO, -U'TO: prà, ftd, ttirnd\ dén dito; paré^ bare, aspré(u)\ LiirétUj 
ecc. Isolato : snj^l soggetto. • 

117 — 118. Le riduzioni di ben estesa ragione che s' hanno in 
frdjaj viru vetro, palpln\ pirla, pdre, mdre, skudra, sektidro, ecc. 

119. D. Doppio esito nei soliti: ktìmedn kiìmiu, iipidn, tiviu, 
tùrbedu turbiti, Idnpidu Idnpiu, ró^spidu róHpiu ruvido; liirdeztt 
fiìrziti, ttirzittlóh'^ grdvida grdvia, nùrbidit ntirbiu, grùviti *rubido, 
rdnsidu rdnsiw, skaviùzti, detto del pane, nelf abburattar il quale 
s' è fatta andare trop[)a crusca. Finale, o resosi tale, dileguato in 
(si la) fé acc. a fcde\ spia spiedo, kdj, kajó^*, che è esempio diffuso, 
come lo è ankó"' oggi. 

120. Degradato nel ben esteso ankóHine, spó^^sa\ ed in g: giga 
diga (V. nm. 55-56, e salvioni, Zeitschr, f. r, Ph. XXII 480 n). 

122. Rinsaldato in /, ed avrà le sue ragioni inséfpitu sciocco; 
però solo: dcidit, rùvidu acc. a ró\^pidu, spìéndidii, intrùpidu idropico. 

128. P. Dileguato in surdno acc. a siivrdnu, zùra supra. 

131. B. Le condizioni veneto-istriane, e parrebbero superflui gli 
esempj: bdrba (prenom. dei pescatori, artisti) acc. a bdra (d. dei 
contadini); bdru^ biru, biile'zn acc. ad anbulé^zu, bóHu, butdsu. 



ACCIDENTI GENERALI 

Accento. 137. I casi noti di accento arretrato, d'accordo, 
in genere, col dialetto di Rovigno. Qui anche: kulé[ja, pé*e\ pdpa 
papà; rigonu rigtinn orlatura della rete (v. App, less,). 

138. Protratto verso la fine, nell* esempio ben diffuso : kiimé- 
dete kumediate\ indi in seméno^ sagdla^^vergQla regolo del timone (cfr. 
rov. riguóla)\ ditìé'je doglie, dolori; Govdrda acc. a Dio ne giidrda! 

139. Dissimilazione. V. nm. 39 75 91 95; e qui aggiungi: 
meldide s, di rete (cfr. tarent. menaida degagna). 

140. Assimilazione. V. nm. 28 39; e per giga v. nm. 120. 

141. Prostesi. V. nm. 62 66 79. 

142. Epentesi. V. nm. 17 19 87; indi: sdvara^ skarabo^tii, 
deibaratd, intiirligd intrigare; manziéra macia, infregiind infrttskund 
imbrattare, fiirigd. 



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144 e) Dialetto di Fasana. 

143. Aferesi. V. nm. 37; inoltre: àrea, àritt nm. 25; vanti, 
durmlnsd; ménti almeno, Lizab^ia. 

144-. Ettlissi. V. nm. 25 49-50 116 117 118 119 128. 

145. Apocope, V, nm. 32 42: ed aggiungi visku vescovo. 

146. Suoni concresciuti. V. nm. 66; indi: lolorQgu lolorQJw^ 
lizabùrdn ramarro. ìastnrtr sorta di arnese da pigliar asture, /#r<2, iQrsu, 

147. Abbandono'di /, j)erchè creduto articolo: àpis, 

148. Metatesi. V. nm. 73; e qui anche: vigilaió^ra, Tergnda ni. 

149. Attrazione. V. nm. 16. 



XXII. APPUNTI MORFOLOGICI. 

150. Meta plasmi. Non par troppo frequente il passaggio dei 
femminili di terza in prima: véhlaj grdnda\ mentre non v'occorre 
affatto il passaggio dei femminili dalla terza alla seconda. 

151. Genere mutato; a) maschili in femminili: scafa schiaffo, 
si'iìsa solco; ló"me] skaì4la\ parentà\ b) femminili in maschili: paló"du; 
palpivi, pdsiu (comuni pure agli altri dial.); krézintu cresima. 

152. Casi. Parrebbero esempj di desinenza nominativale quelli 
che s' hanno in siióru, suriéle, frd^ fradèj^ nevùdo, n^sa, 

153. Numeri. Appajono usati soltanto quaU femminili plur.: 
ride, té^re sorta di rete, quasi 'tirate*; tramegdde s. di rete, pasarl^le 
s. di rete, pQste *poste', s. di rete da pigliar sardelle, kanulire s. di 
rete, gunbé'ne gómbina, s. di rete; file stato di acqua di mare stazio- 
nario; jérbe coli, per *verze'; kdlsere carcere. Il plurale dei desinenti 
in -^/ è 'éj: kap^l, kapéj\ ecc. 

154. Comparazione. S' adoperan qui, come altrove, meju 
e p^ztc; ma ricorron anche: pimi méju e piun pézu] Mentire come ni, 
ed il diffuso beleté'sinm. 

155. Numerali: d'*« «w, do, tré, kudtrtt, sé*nkue, sé'e, s^le, Qltt^ 
nQve, diéze, ó"ndize, diidiz-^, tridize, ktialQrdize, kue'ndize, sidize, dizistte^ 
dizdQta, diznQve, vé'nli, trenta, kuardnla, sinkudnta, sesdnta, setanla, 
ti tanta, ntindnta, s^ntw, (uh) me' le, do méHe-, (dojmiér-a-, uh milióh, ecc. 

156. Articolo: Le forme consuete: el V la, /'; /, le li] del^ 
déla\ al, dla\ dal, ddla\ dèi, déle\ di, die) dai, date', intél intuì \ 
intéi, inttti', intéla, in néla-, intéle, in néle', inttth, 

157. Pronomi personali. Forme nominative: mé^ mi, té^\ de 
me', de té'\ a me', a té', ecc.; però anche qui, come a Rovigno, /, 
che ci richiama le forme atone: me, te, se\ kuh sé^ da sé, ecc.; 
indi: nùi altri, vtti altri. Iteri; jil, gii, j ila '^ turi, gilè jile] me, ve, 5^; 
gè, ^i (mé^ nn s^ dé^ge né^nte); tu, lo, la\ li, le. Impersonale a, 

158. Possessivi accentati: mé^ju, tó^^fvjti, só^'^(v)u\ nQstru, 
vQstru, de litri. Proclitici: me, tu, su per ambo i generi e numeri. 

159. Dimostrativi: kuistu, -a; kiiisti, -e; kuil, -a; ktiifjjy kuile. 
Forme atone: sta, -a; sii, ste. 



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XXII. Appunti morfologici: Verbo. 145 

160. Altre voci pronominali: ki (interr.), ke (^interr, neut.), 
kQsa\ kiidl, tal'^ kudìkii^ kualkudó'^Uj -a, nisó^}\ unió'^n^ altri ^ tànti^ -^, 
kttdniij pttris^. Isolato indùna (fiQtu) in quella stessa (notte) (cfr. lat. 
una eademque nocte). 



VERBO. 

161, I soliti tipi della conjugazione, che si riflettono per: -a, 
'é '-/', -<?'": kantd'^ savé, kridi\ firé'. Qui, del pari, i passaggi istriano- 
comuni da una conjugazione all' altra, sebbene non così frequenti 
come negli altri dialetti. 

162, Non mi risultano casi di passaggio alla I di verbi delle 
altre conjugazioni. 

163, Desinenze personali. Normale 1' -ii per T-o atono di i* 
prs. sng.; nessuna traccia del -5 di 2*. Le desinenze del pi. sono qui 
pure: '(i)ému, -éde (é)^ per il procedimento analogico già noto. 

Indicativo. 164. Tema del presente. Assai frequente nella 
I conjugazione V aumento nelle quattro persone critiche, come avviene 
negli altri dial.: kanpaniziu^ inkantizimiti^ sipiilm raccolgo fruscelli; 
(a) iiinizia^ piitvizinia^ nevi^ia, petenia^ brunbitlia tuona, ecc. 

165. Imperfetto. Per le forme analogiche di questo tempo, v. 
nm. 1-3; nella 1* prs. plur., va notata la desinenza -ww, avanzo forse 
del pronome plur.: andivenu^ pudivenu, vidivemij vtdivemtj pudisunu^ 
ecc. Egualmente nella 2*: pitdivnvu, vinivuvu^ vuHsuvtt, savisuvu^ ecc. 

Congiuntivo. 166, Il presente, ove si eccettuino la i* e la 3* 
prs., che presentano talvolta forme particolari, eguale in tutto all' indi- 
cativo: pQrtu, sé'jUj ddgti^ fn(i)étu. Per le forme plurali dell'imperfetto, 
V. nm. 165. 

167. Condizionale. Di regola, le forme in ^dvu, -/, -a acc. 
alle ven.-it. in -é'ja^ -/, -a: pudaré'ja^ ecc.; solo s'insinuano qua e là, 
nella i* e 2* pi., come nel vallese, le forme del condizionale italiano: 
pitdarisenu, -isevii. 

168. Infinito. Normale il dileguo dell' ultima sillaba, sebbene 
oggidì appajano anche, però quali casi sporadici, le forme provvedute 
del -r. 

169. Gerundio. Costante la desinenza -éndti, che si sostituisce 
anche alle altre: (a) manénduy penséndu^ kanféndu, sturneléndu^ ka- 
minéndu, speréndu^ ka^éndu. 

170. Participio. Su per giù, le forme degli altri dial, e qui 
pure non pochi participj in -tstit: kuristii^ vulistu^ savistit^ pudistu^ 
tiikistit^ lezistit letto; indi: spaniti, inQtu^ -a mosso, -a; forma questa 
che ricorre pur a Dignano. 

171. Participio presente in funzione aggettivale non 
infrequente: lavttréntu(e), (-ànti), studiéntu(e), gaudéntu. 

Elenco di verbi notevoli. 172. ^si jési * essere: 50w, 50w, zé, 
sinémti sémtt, siné sé, zé\ jérit, -/, -a, jérinu, jén'vu, jéra\ saré, -|, -^, 

Ire, I dialetti, 10 



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146 e) Dialetto di Fasana. 

sar(i)émUj saré^ sarQ\ sardvi^ -/, -«, saràvinUj sardvnvu^ -dvw^ sé'ju 
(^aj, sé^lf ^é^j^^ sinémUj sifìéj sé^ja\ fùsu^ -/, -«, fusiémii, fùsevu, fusti. 

173, ave h ab ere: /-# acc. al mod. gó^ y-|, j-'Q né gd\ vémit, vé^ 
j'Òj S^'i l'ivii, -/', -a, vivtiHu, vivuvit, riva] vari'^ -^, -o, var(i)émti^ -<?, 

varQ'y vardvi, -/, -//, vardvunti, vardviivti^ vararti; gdbi\ gdbij gdbia 
acc. a jébi^ -/, -ia^ vcmu^ vcj jébia\ risti, -/, -//, risiimi^ risiine visti. 

174, ditvé debere: divti^ -/, -//, dtivvmu, dtivé, dirti \ dnriri, -/, 
-t/, diivivtinu, diiviviivii, diiviva\ durare^ -(', -^, durar (i)émti^ 'é, -o; 
durardrij -/, -//, durardrunu^ durardruru, dtirardru\ d^biu^ -/, d^bia^ 
durému, -^, di'bia\ durisu^ -/*, »■//, duvisunu, durisuru, durisii. 

175, t'«/t? * voler e: rQi^vQi^ vtjlj vulémUj 'é^ vQl\ vulivu^ -/, -a, r////- 
/'//w//, vtilivuvUj vitlira] ruìar^'^ -^, -()y ru/arfijému^ vularé, vularQ\ vula- 
rdvi, -/, -//, vtilardvunUj vulardvuvu^ viilardvu] vòju^ -/', r^y^, vulému, 
'é, vQja\ vulisu, -/, -w, vulisunu, vulistivu^ viilisu, 

176, ;7wr/t? *potere: pQi^ PP-'^i, pQi, pudému, pudé, pQl\ pudivi^ 
'h "^? pudivuntij 'ivu(vu)j pudiva\ pudar^, -f, -^, pudar(i)émUy pudaré 
(dejj ptidarQ] pudardvi, -/', -//, pudardvunti pudarisunu, pudardtmvu^ 
pudiirdvti] p^su, -/, pòsa, pudému^ pudvj pQsa] pudisu, -/, -/r, 
pudisunu^ pudisuvHj pudisu. 

177, 5a/'^ *sapere: s^, s^, sdj sarému, sarà, sd\ savivi^ -/, -a, 
sarirunUy sariru(ru), sarira\ sarar ^j -^, -Q^ sararfijému, savaré(de), sa- 
varQ\ sarardriy -/, -//, sarardriinUj sarardruru^ sarardvu\ sdpiu^ -/, 
'sfijépia, savémUj savé, s(i)épia\ savisu^ -/, -«y savisunu, savisuvu^ 
savisu, 

178, f/«^ venire: r^iiu^ -/, /^'^ vifiému^ viné{de)j v^n\ vinivu, -/, 
-a, vihivtinu^ viùivu(vu), vihiva\ vi tiare, -é, -Q, vinar(i)ému, 'é(de)^ vinarQ] 
viùardvij -/, -z/, vitiardvunu, vindravtivu^ vifiardvu] vénu^ -/', vina{tij, 
vitìému^ 'éj V0ìu\ vinisUj -/, -«, rinisumt, ritìisuvu, vitìisu. 

179, Ì£? *zir gire: vdgu^ vd^i, va, zémii andému, zé(de)^ va] zivn 
andivUj -i, -a, zivtinii attdirunu, ziru(vu)j zira] zari, zari^ zarQ, zar(i)ému, 
zaréfdej, zarQ] zardri, -z, -//, zardriiuti zisumi, zardvitvu zisiivu, zardvu] 
rdgUj -/, vaga, zému^ zé, vdga] zisu, -/*, -w, zisutiu, zistivu, zisu. 

180, cQ *tjor tollere: cQgu^ -i, cQ, culému, etile, cQ] ctilivu, -/, 
•a, ctilirttnUy culivurtt, adira] ctiìari\ -^, -Q, cular(i)ému, 'é(dej, hiJarQ] 
l'tilardri, -i, -//, culardruitti, -druru, culardru] l'ògu, -/, c^ga, cuJémn, -é, 
cQga] culisu, -i, -//, culisuitUj cuiisuru, cuJisu. 

181, da dare: ddgu^ -/^ dd^ dérnu, dé(de), dd] divu^ -/, -a, 
divunu, dirufrtijj dira] dari, -#, -Q, dar(i)ému, dare, darQ] dardvi, -/, 
'Uj dardvunu, -dvuru, dardru] ddgu, -/, ddga, dému, de, daga] disu, 
-/, -/fj disumi, 'isuvu, disu, 

183. fa fare, sid stare, pres.: fdgu, sidgu, ecc. in tutto come 
il precedente; impf. i* pi. stiévunu acc, a stivunu. 

183. Avverbj, modi avverb. e partic.; v. nm. 29. E qui 
s'aggiungano: bQn bQìt sì, sì, s0tpru, ankùra, par vé^ja acciocché; 
dia vé^ja alla volta, a un di presso, a la circa (ku /ó" gaviva kusé^ a la 
jeld de trideze ani (forse per analogia di 'jéra vinó^^ a la jetd\ ecc.) ; Dé'u 
bQuuI, Dé'u ne gudrdi. 



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XXIII — XXIV. Appunti sintattici; Appunti lessicali. 147 



XXIII. APPUNTI SINTATTICI. 

184, Quasi normale l'uso dei pronomi pleonastici el al, ìa^ ìe\ 

sin siij fii/tfj ^^ j^^^ì kiisé^ makdku] la rigéUia^ la zc amldcla là de 
su maré^\ ste mur^de le Iti ynaltraiiva. Raro assai il pronome di i* e 
2^ prs.: mé^ i nti soh bQna: i soh rfca. Frecjuente il pleonastico / dopo 
il pronome pleonastico, e dinanzi alla i* e 3^ prs. plur. : zému a 
fuor a a sapd i vitlé^j] i mi sé stddl iidnka a misa mtiridi?, ni dltri i 
savému sé^ parld\ i pai Uva una vQlta dó'^ti i Fazanizì^ i parliva 
knsé\ in anté^kn; lùri^ i se ga sparie^. Del pari, il pleonastico a davanti 
alla 3* prs. sng., sebbene non risulti d' uso normale : una vQlta 
a jéra\ ma anche: in kuila muntdna, j^ycL\ de la a pQko^ ga pasd de là. 
186. Normale il pronome ridontante di 2* e 3* prs. sng.: se té^ 
ti son boti da purtdge\ té'- ti te ga firé^?^ jile li ze bile', /ó" el j^e 
ga pela na scdfa\ el bramiva ló'\ stu Urldndu, Per la ripetizione del 
verbo predicat.: // vidi Wi soii v^ca, kH mi soit bQna de vadindme el 
paiìj ki nu son bQna de vadindme el pan\ i ga durmé^ la par i bùski^ la ki 
se kativa^ i ga durme^\ ma kQsa! i sohstó^''fa de pridikd mé^juj ison stòffa, 

186. Omesso T articolo nella funzione di gen.: al paldso de re; 
sta fé'ja de re\ la fé^ja de re acc. n parola del re, ke '/ sé^ja inpikd'^ 
[)erò: parQla de rigé^na\ kantón de l^tu] e'zula de Serenili^ el re de 
KabaJidl, Appare pur omessa la preposizione articolata: fame una 
kurdila, melamela siila barila, skréHu Mic^l^ u fatti ddnii la malate^' 
ja pré'ma, e pQi la lanp^sta ze vihó^da: tré parte V nò purtdda 

ve'ja V ó^va, 

187. Qui pure qualche caso di prolessi: e i ^e kónta al fàiii 
kùme ke^l ze std\ esempio col quale manderei insieme l'altro: ara 
du V(jlte e tré, e dnka sapdle bizgna le véhle, in kunvirza. 

188. Ricorre, del pari che altrove, normalmente usato il verbo 
Hurna o ^de turna in senso avverbiale: el ze andd turnd] el ze amia 
turnd vé^ja par el mQudu; la go p^rsa ttirnd la pina; go fati de turna. 

189. Nella *consecutio temporum', appar isolato il condiz.: se'l 
sardvo un sittr, ki sa kQsa keH fardvo; se ti sardvi intéi me pani, ti 
far avi hi stisu téK Ma anche: hi ga prega ke 7 fdsa m^ti ala niQrte 
sin su fé\ju Urldndu, parki el ^e ga tajd la barba; e sta su mdre 
vanti ke 7 vaga vé^ja la ^e ga da. 

190. Qui pure l'uso del tipo ^si fa' per Sfacciamo' e ^fate': vùi 
a se fd vé'Ja de la strada, ku i pdsa i kdri. 



XXIV. APPUNTI LESSICALI. 

dra guarda! Egualmente suona la voce negli altri dialetti istriani. 
Cfr. ven. vara, e g. meyer {Byzantin. Zeitschr, III 158-59, Contoresi delV 
/. Accademia delle scienze di Vienna, ci. fil.-st., v. 132 — VI. Abh. — i6\ 

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148 e) Dialetto di Fasana. 

arte (fem. pi.) complesso degli attrezzi da pesca. Pari accezione 
ha la voce nella rimanente Istria, nella Spagna, nel Portogallo, ecc. 

baràkula piccola razza. E la ^dasybatis clavatà''^ cfr. ven. hardcola. 

bragdna degagna (s. di rete); cfr. pir., rov., poi. bragdiia, triest., 
ven. bragagna^ degagna sorta di rete e 'barca, destinata alla pesca in 
marc'; se son veramente da •retanea; cfr. anche mil. regana specie 
di rete da pesca, it. degagna e, per quest' ultimo riflesso, gorra, St, 
d.f. r. VI 571. 

brdgula lenza di spago con un amo solo; cfr. rov. brdgulo^ pir., 
poi. brdgola, capod., triest. brdgolo, -a, vèn. brdgole funicelle, sia di crine, 
che di spago o di 'sforzelo', alle cui estremità vengono attaccati gli ami. 

buvtihi lumaca; cfr. pir., poi. bòvolo, triest., ven., pad., ecc. bòvolo, 
ver. bogon lumaca; ed è dim. di ^bove'. A Rovigno ''btivuló' dinota 
una forma di pane. 

buzidru bugiardo. Da •bausiario di ben diffusa ragione; cfr. 
rov. bttzidrdo buzidro buziér, pir. budldro, dign. btizidrOy vali., poi., gali. 
btizidrdo, mugg. bauzdr, friul. bausdr, a. ven. bousaro bosaro, triest., it. 
bugiardo, ven., pad., ver. bitsiaro busiero ecc., e muss., Beitr. 36; meyer. 
lObke, //. Grm. § 493; salvioni^ St. d. f. r, VII 2'i2\ kòrt. n. 1091. 

kahul^re (fem. plur.) sorta di rete; derivato da kan (s. di pesce); 
cfr. poi. kanolére, triest. kanéra, pir. rèdi de kam. 

karantdn la sessantesima parte d'un fiorino austriaco; rispecchierà 
probabilmente un •carantano, deriv. da Carinzia. Come nome di moneta 
(soldo tedesco), è diffuso, oltre che nelF Istria, nel Friuli, nella Venezia, 
nella Lombardia, ecc.; cfr. friul. carantdn carintiano, e ^nome di 
moneta di rame', ven., mil. carantdn moneta, com., ecc. carantdno, 

kuladùr ceneracciolo. Deriv. da •colatorio; cfr. poi. koladór, 
pir., mugg. koladóra, koledóttr, giud. kuladór, friul. coladór coledór, ven., 
ver., rover. colaór, mant., parm., piac. coladór, ferr., boi., rmgn. culadur, 
abnizz. culatóre, sic. culaturi, it. colatojo ecc., e lorck, 200 207. 

f4le stato del mare, quasi stazionario, dopo il flusso e riflusso; 
e pare metaf. di ^ftele\ Egualmente s' adopera a Rovigno, Pirano e Pola. 

fiaté^n (dim. di ftd fiato) pochino; cfr. rov., dign. fiate' ii, ftatéin, 
ecc., ven. fiatin, 

fó"ga (in) (usato anche come avv.) (in) fretta. Da fuga; cfr. rov. 
fó'^ga, ven. fuga\ egualmente nel senso di 'fretta'. 

grdnpa sorta di attrezzo, formato di spranghe di ferro piegate 
ad angolo retto, di cui T inferiore è munita di 3 lunghi denti, la 
superiore di due, da pescar granchj; grampa; cfr. rov. grdnpa, triest. 
grdmpa, ven. grampia, tarent. vrancuzza. 

grezza quel tratto di selciato, che è davanti alla porta d* ingresso 
della casa o chiesa. Come tale, riverrà al germ. grts (mlat griseus)\ 
cfr. BRUCKNBR, Charakt. d. germ. El. ecc. 7; kÒrt. n. 3776, Il pir., 
rov., dign. usano, in questo senso, Grezza ni. 

gré'pn sorta di rete da pesca, fatta a sacco ed usata, per lo più, 
dai Chioggioti; se è dal gr. yQinog, lat. gryphtts; cfr. rov. gré'po, 
ven., triest., capod., pir., it. grip(p)o grifo 



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XXIV. Appunti lessicali. 149 

grùpa del kolti^ deve dire la 'coppa', e risalire a groppo; dal 
germ. krupp-; cfr. friul. grópp dal cuéll, e canello, Arch, III 327; 
KÒRT. n. 4587. 

inbragà imbracare; da *imbracare. Qui, cornea Rovigno, Pirano, 
Trieste, Venezia ecc., è termine marin., e vale ^cinger di corde q. e'. 

inkantizimd incantare; deriv. da incantesimo*. 

lastur^r sorta di attrezzo peschereccio, da pigliar ^astiire* (pinna 
squamosa); cfr. rov., poi. ìastur^r. 

lé^ma parte della rete, dove s' attaccano le maglie ; egualmente 
a Rovigno, Pirano, Pola, Lussino (lima). Deriv. da lima. 

ló^nte (f.) lume, luce; mtistrime la ló^me fatemi chiaro. 

manzigula sorta di tavoletta (o sovero), intagliata a' due lati, 
intorno alla quale s'avvolge la lenza; cfr. rov. manzivula^ pir. mazédolaj 
capod. marzédola. 

meldide s. di rete grandissima, menaida; cfr, capod., pir. ntaldide, 
triest,, ven., tarent ecc., rov. mandide(a). 

musulir attrezzo peschereccio, con rete a sacco, che s'usa per 
pigliare i mitili (mó^'sulij, molluschi, denominati ^arcaeNoaé' da Linneo. Sarà 
da *mitulario; cfr. rov, mnsuliér rete da mitili. Come a Fasana, ricorre 
anche a Trieste musoléra, a Rovigno e Pirano mustil^rej per ^barche 
destinate alla pesca di mitili'. Adoperasi per tirar su questo attrezzo, fatto a 
foggia di un gran cucchiajo, un piccolo argano, detto ^argan^l del tHUSul^r\ 

nana, appellativo, preposto ai nomi di donna. Da amita; cfr. rov. 
amia nana, pir. mèda nana, friul. dgne natte, ampezz. nydnya, ecc. e 
Muss., Beitr, 26; lorck, 8; tappolbt, 93-94; k6rt. n. 522; salvioni, 
Post. it. 4, Dial, d'Arb, 52. 

naia (per lo più in unione a d^ un kan, o de kdni)\ e sarà forma 
particip. per ^nascita'. Ricorre però anche il riflesso ndja (maladita 
ndja)\ cfr. salvioni, Zeilschr. f. r. Ph, XXIII 522. 

pajQla forfora delle persone adulte, acc. a gripula forfora 
de' bambini. Sarà il primo derivato, del pari che il rov.-pir. pajgla, da 
*palea; cfr. friul. pajóle forfora; pel secondo, che ricorre altrove in 
Istria e fuori, nel senso di *gromma', v. App. less. rov. s. v. 

parangdl sorta di lenza da pescare pesci (ad es. ribóni, grqn^i, 
baràkule, nigli^', cfr, friul. parangdl, luss. palangdr, ven. parangdlo 
sorta di pesca a lenza, attaccata ad una zucca vuota, che galleggia 
sull'acqua; forse dal nome della barca 'paranza'(?). 

pasarile s. di reti da Sposta'; cfr. grsió. pasar eia, trì^st. paselér a, 
pir. papeli're, rov. pasaliére, poi. pasar^le, 

pedisa calcio, dato col piede; da *pedicea; cfr. rov. padtsa, 
vali, peddda, pir., ven., ecc. pedda, 

piantdda campo piantato a viti. 

pisiój pisttój sorta di ceci rossi; deriv. da pisum; jcfr. rov. pisgl, 
poi. pisiól, pir. pizióli. 

pQsle specie di rete, da pigliar: bQbe, sardéle, só'^ri. Da *posla{ì). 

pulsind (-io) rumoreggiare, correre così da fischiare. Per V etimo, 
cfr. pir., rov. zbuzind, dign. bulzinà, a. ven. sbusenare^ e muss., Beitr. 98. 



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150 e) Dialetto di Fasana. 

pusca s. (li lenza. Egualmente a Rov. e Pir. A Trieste, Lussino 
brankaréìa. 

rankóh runkón roncone. Deriv. da runcare; cfr. it. roncone^ 
friul. roncoli, rov. runkón, poi. rankóh falce ricurva con manico lungo, 
che serve a tagliar spini, roveti, ecc. 

rantila ragnatela. Egualmente a Rovigno; e sarà forse da *taran- 
tella per "tarantula. 

ri'fulu raffica, folata, vento impetuoso ed improvviso; se è dal 
germ. raffòn, donde it. arraffare, lad. rafar, a. fr. ràffer, o non riviene 
direttamente al lat, reflare (^?ì; cfr. rov., pir., poi. réfolo, ven. réfolo, 
'àiia, friul. 7'éfnl, sic. rùfuìn, frc. rafaìe, sp. rafaga, prtg. refega^ e CAix, 
St. n. 473; KÒRT. n, 6618; DE GREQOKio, Stud, Gloff. 97. 

rigunu orlatura della rete, nm. 137; cfr. rov. rigano, luss. rtgono, 
poi., pir. rijl'eno. 

skaiìi'la scagno piuttosto lungo e largo, panchetta. Dimin. di 
scamnum. 

skuletà raccogliere; ed è frequent. di colligere, donde collecta; 
cfr. rov. skuìata, e salvioni, Nuov. Post, it. 7. 

scQna favola, e ^donna millantatrice' ; cfr. pir. scóue millanterie, 
ven. scóna panzana, rov. scuóna donna superba. 

seràcu s. di rete; cfr. ven. seì'àg( tjia, capod, seràjo. Da *serrac'lo, 

siét sorta di rete da pigliar certi pesci piccoli, detti in dial. zèri. 

siparióla attrezzo da pesca, da pigliar ^seppie'; cfr. rov., triest. 
separata, pir. pepar ót a. 

sipitld ('io) andar raccogliendo bruscoli (sipule)\ deriv. da * cip pula, 

sparnacdy -adi, agg., detto de* caj)elli arruffati; v. App. tess. 
vati, s, 'sparnisd\ 

spuótego dispotico, padrone assoluto; da *dispotico] cfr. rov., 
dign., spttótiko, pir., vali., poi. spótiko. 

strupdsa sorta di piccone; se ha relazione con ^sterpare*; cfr. 
rov. strupdsa, pir. skarpdpa. 

stnrneld (-io) andar gironzando; deriv. da *sturnello (al va 
sturneìéndo in sirka déla htiora)\ cfr. it. stornellare, 

sumend seminare; cfr. pir. pemend pom-, 

téh'e specie di rete; deverb. da ^tirare'; cfr. rov. /^*V^, poi., pir. 
tire, e forse cat. tirs. 

tQììa lenza; cfr. rov. tuona, pir., poi. tóita, ven., tarent. togna lenza. 

tramegdde s. di rete^ composta di due ali e di parecchi cerchi; 
da pescare pesce minuto. Sarà deriv. da *tri- o *tra-maculata; cfr. 
pir., poi. tremegdde, rov. tramagdde\ trev., ven. tramagio, tarent. tra- 
magghia, it. tramaglio, frc. intretnaillades, ecc. e kort. n. 8366. 

trdte reti ^tratte'; cfr. rov., pir.^ fas., j)ol., ven. trdta, it tratta. 

tr^to specie di rete; cfr. forse, rov., friul. tratór, ven. traturo. 

nrbizé'n miope, orbisolo; da orbus; cfr. rov. urhiz^ii talpa, pir. 
orbidim, arbed. orhisóó, friul. narbisin, ven. orbisigolo miope, ecc. e 

KÒRT. n. 5761; LORCK, I79. 

iirdini attrezzi della pesca, ordigni; cfr. pir,, poi ordéiii. 



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XXV. Appunti fonetici: Vocali toniche. 151 

vergQla nm. 138; cfr. rov. riguóJa, gr. Qi^ylrj. 

vùlega vttliga sorta di rete. 11 riflesso è di ben estesa ragione; cfr. 
rov. vulaga iiliga^ pir. vódega ódega, triest., capod., poi. vólega, ven. vóJega, 
ovéga vitéga^ dalm. vóiga^ sard. óbìga, ecc.; e quasi dappertutto dinota 
^una piccola rete a sacco o borsa, attaccata ad un cerchio, che mette 
capo ad un bastone'; ven. volegón vangajola. Deriv. da *bullicay 
postverb. di *bullicare schuchardt, Roph. Etym, II 172-74. 

zbanpé^do svaporato; cfr. rov. zbanpé\ 'é^da, pir. zbampido^ poi. 
zbanbio, ven. sbampir^ berg. sbampij e parodi, Rom. XXVII 206. 

zbrituld (-/o); zbrittddda scacazzare, -ata; sarà voce onomato- 
peica; cfr. anche pir. zbrind, fas. fa zbri^ zbri. 

zermdn zttrmdn cugino germano. Da germano; cfr. rov. zarmdn^ 
pir. zormdm^ poi., siss. zermdn^ ecc. 



f) DIALETTO DI POLI. 

XXV. APPUNTI FONETICI. 

VOCALI TONICHE. 

1—3. A. IJ oscillazione, già avvertita in altri dialetti ladino- 
ven. dell' Istria, nelle varie persone dei tempi e modi critici, ha luogo 
anche nel nostro parlare. Così s'ha qui: camé^ speté, gvardé^ ajtt'^ 
iéme'^ capavo^ maiìdvino acc. a maiìévino^ kantdvi acc. a kantévi^ komtn" 
ziéva'^ baldsivo, ecc. 

4. La solita varietà nelle risoluzioni del suff. -drio: avenetdrio 
inventario, aversdrio avversario, uzurdrio acc, ad orsordrio usurajo; 
skti^dro acc. a skuziér, gendrOj febrdro\ jdra, vdri\ verzèri (cfr. rov. 
f cariar/) sbadigli, sktUnéri^zornadéri^fornéra^buaséra, kurzére; kavaJiéri, 
spallerà . 

6. Analogico V é che s' ha nel comune-istriano grévo^ me gréva 
mi è grave (foggiato dietro Hév6')\ ma appar singolare trévOj se riflette 
veramente trabe, antenna delle navi (cfr. frc. tref prov. tréu^ sp. ircv 
sorta di vela quadra, a. frc. tref trave), e può essere un riflesso, risultante 
forse dair ^Umlaut'. 

7—9. E. Conser\'ato costantemente, e si rendon quasi superflui 
gli esempj; solo ricoderò, perchè richiaman casi congeneri in altri 
parlari istro- veneti : spiéra sfera e ^piccola p. di q. e' (v. Ascoli, Arch. 
Ili 363 n), stadiéra^ manziéra macerie macia; palpiére] piegare] intiero \ 
mistiér\ batist^rio^ simit^rio. Avranno la lor ragione: bastiéma^ postiéma^ 
ed anche: zenévero, règola, primavera, Wé'^^j pasar^le] e qui, come a 
Valle, sinza senza, e l' istriano-comune méstro maestro. 

11—12. I. S' accorda del tutto col gruppo pirano-valle-sissa- 
nese, né v' occorrono esempj. Regna pure perfetta armonia nella ripro- 
duzione di -///a, 'inea: séa, séje, faméa, maravéa, soniéo\ léna, madréna, 
(la) greména'y coi quali manderei: spénola, ménola. Qui pure: kuréa\ 
portarésa donna che porta il pane (cfr. dign. ntaiidarisa, metarisa), e 



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152 f) Dialetto di Fola. 

l' istriano-comune Jdnpldo limpido acc. a lànguido zìdnguido^ d. di vino 
chiaretto; zmirtule\ bia bisogna. 

13—14. O. Costantemente intatto, e poco per se dicon i muta- 
menti che s* hanno in ««, fw, ankùo (che è di ben estesa ragione); tini 
acc. a óiii ogni, iizma acc. ad ózma\ mùnega (cfr. ven. mttnega\ kogttmeri. 
Qui pure: zióba^ fòiba, variala, kuartarióla, brasióla\ steriól, faziól, pisiól, 
bazigól; ziógo; vólega, kórteze. 

19—20. AU. Tolto il dittongo col noto procedimento: Idvora, 
kandvole, che sarebbero esempj di ^w secondario; kdvuìi acc, a kdguli 
cavoli; Pdvolo, 



VOCALI ATONE. 

21—23. A. Gli assottigliamenti soliti, nei casi tipici: stiriól 
steriól\ niortilitdj lezdtte, vicina *coagMina; armena, sin^eno, órgeno, 
órfenOj Stéfeno, stómego, tinpeni\ sdbita (cfr, mugg. sdbida, friul. 
sdbidé)j lànpeda, spdrezo, strólego, taléfrako telegrafo, tóteni (cfr. ven. 
tòtano). I mutamenti consueti in o, «, ed avranno la lor ragione: kdniia 
acc. a kdnova, fnina, Itipéz laveggio, mu za *magis jam. 

24. Comunissima qui pure T aferesi, e non hanno nulla di 
specifico: rangdda arringa, rabbuffo, vèr, buda; déso, lòra, siò] 
navesdrio a.nnivtrsano, guddr jutàr ajutare, è^s/a/ór ambasciatore ; lùmero 
de rgka allume di rocca. 

26. Prostetico : akativo, aguarir, asentàr (cfr. ven. sentar) sedere, 
asintir, 

26— 28, E. Riflesso preferentemente per i\ rikuverdrfme), riku- 
peràr, rikordàrse, rifudd, ripara; risòlvese\ rivèrso, dimdn, skarizà 
carreggiare, dondolarsi. Casi di mutamento in a, ed ispecificamente 
polesi: ^alsantin, anti- arkipdjo, arar io, parndto mucchio di covoni 
e spiche terminante in punta. Del rimanente, iy e: zbiléto, pinsiéri, 
pirizéla, pistigdr (proprio pure d' altri dial.), intinsiòn, istd, izénpio, 
monisidsio, bisiga, sintir; gavévino, ecc. Qui del pari la sostituzione 
d* -i air -e atono di 3* prs., che già s' ebbe ad avvertire nel piranese : 
skrivi, lèzi, dizi, piòvi, palisi, sèlgi, rònpi, dormi, kòri, krèsi, ecc. 

29. Rara la sostituzione d* -o air -e dei sostantivi ed aggettivi; e 
poco per sé dicon gli -o che s* hanno in nevòdo (cfr. ven. nevodo) 
nipote; Idrezo, pùlezo, simezo, kòlezo, indolo indole, limedo limite, tratto 
di terreno; gràndo, vèr do, levo lieve, grèvo, fòrto, sénpro\ Odovdrdo. 
E qui pure: zarvèl (cfr. mugg. saruèl\ dolfin, agvdl, sumedèr sentiero. 

32. Non infrequente V apocope, e non giova ripeter qui i casi 
altrove ricordati; però anche: tresdme travi trasversali, baskerdme 
*tutta sorta di pesce minuto, che sta suir altro, nella bigoncia' ; ledàme, 
nóme, konóme, óze, kròze, luze, pdze, pajéze] tèrmine, sòlfere. 

33. I. Rispristinato T i primiti\ o negli esempj tipici, e giova 
appena ricordare: inberld (cfr. pir. imberldpe) piegarsi, torcersi; sosi(d)à 
sbadigliare; ziziàl^ bizdse bisaccie, sistèma', simole cimoli, ivàlego salto. 



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XXV. Appunti fonetici: Consonanti continue. 153 

34r. Mutato in e: prestin, provedénza^ vedél, fersóra, herhdnte^ 
mazend\ defizile^ deskóri, deskorondr levar le ^corone', siepi, ecc.; 
doménega acc. a diménega, féinena\ reterisia itterizia. 

36—37. Mutato in «: stunbél\ e non mi resta che trópiko acc, 
ad inirópikOj avenetdrio inventario; e per l' aferesi : /^r/dr inferiore. 

40. O. Raramente passa in e, e v' appajon isolati : prenostikà, 
prefóndo. 

41. L' aferesi nei casi ben noti, ed è superfluo citarli ; tutt' al 
più qui kupasión occupazione. 

42. L' apocope pure non estranea, sebbene solo dopo /, n 
soltanto, ed anche in questi casi, non costantemente: pal^ steriól, ecc. 
(v. nm. 13-14); adràn, man, san, krisHàn, luntdh, Sisàn, Lizinàh ni.; 
velén, lerén, ftén, Un, kanin, ecc. ; però anche : nido, gaio, kùlo, fitzo, 
morózo, inkino, òro orlo. Inserito inorganicamente: pégoro acc. a 
pènero pigro, e fors' anche in kdnkoro (cfr. it. canchero). — Epitetico: 
akusio, sto, 

44 45. U. Singolare boralo staccio finissimo, e Sfascia rossa 
appiè delle gonnelle*, che forse rimonterà a *buro; regdno uragano. 
Raramente passato in altre vocali, quali a, e, i: timor tumore, moli- 
mento', anbttligoìo, teribolo. 

46. AU. Consonantizzato l'elemento labiale, ne' soliti: i'o/J/,^o/5aV, 
palménto, l^olto Va in uturitd; Vu in agurd, avittuno. 

48. Sparito r intero dittongo: (Pòrta) rata ni. (Porta) aurata; 
skoltdr. 

49—50. EU. Sottaciuto l' uno o V altro dei due elementi costi- 
tutivi: ukaristia, resmatizimo acc. a rettmatizmo', Femia Fomia. 



CONSONANTI CONTINUE. 

51. J. Iniziale, o divenuto tale, oppur risultante di combinazioni 
già note, intatto, né v* occorrerebbero esempj ; sieno tuttavia citati : 
jurd acc, a gtird, jendro acc. a gendro nm. 4; jardin, jénte\ jòvene, 
JdkumOy Jezù acc. a ùézu. Però anche: ^itgdr e ziogdr, de- digùn e dizùn, 

53. LJ. Singolare snméiia acc, a soméa *similiat somiglia. 

56. SJ, DJ. Le risoluzioni istriano-comuni, ed hanno appena 
bisogno di venir qui ricordati: zizidl (v. nm. 33), zbrazd, faziól, 
armizo, bnzidrdo', Bidzo, ecc. Isolato medaluna. Però anche: górno 
acc. a jórno, rdgo acc. a rdjo, trimòja, remédio acc. a remegar; 
rugete bacchette delle scale; mojòl, pujdr, zòja gioja, krttjo (in unione 
a fd) cruciare; kdj, òj oggi. 

57—58. NJ, MJ, MNJ. Si citino: ddno, kaveddna', vendéme, 
bastiéma, postiéma nm. 7-9; ma anche: kapitdno, grandòna, òni (v. nm. 
13-14), skrimia, karndl, kanolére, kaitin acc, a kania pesce cane. 

59. CI, TJ. Poco per sé dicono: gavòso, reganisa s. di coperta 
del capo o del pane ( cfr. rov. paskané'sa^y fdsa acc. a fasta, deigrdsia, 



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154 f) Dialetto di Fola. 

pas0tsia^ kuns^nsia^ Persiana terzana, servizio, abis^nsio. Doppio esito: 
ragón acc. a rajón^ stagón acc. a stajón\ vildjo, 

60, STJ. Conservato, per lo più, d'accordo con altri parlari: 
béstia, kristiàn cristiano ed *uomo', in genere; Bastidii, stióra acc. a 
scora storca. 

62. PJ, BJ, VJ. Qui s' abbiano : kanépa ; sépula, gdbi abbia, kéba ; 
alból (che è ben diffuso), dizliibiàr diziupidr mangiar ingordamente. — 
Prostesi di j, sebbene non risulti ben chiaro se si tratti di dittongo, 
oppur di vera prostesi: jémo (cfr. rov. jémo) acc. a gémo, pane non 
ben lievitato, jéro era (acc. ad éser), 

63. L. Le solite dissimilazioni, del resto, di ben estesa ragione, 
in r: franala, reprikdr, afriio, afrizióùj grólia (dove ebbe anche 
luogo la metatesi), kraìinéto acc. a karlinéto'^ prubiko, reprùbika. Qui 
pure: tumia, dintine lentine; géndena jéndena, gendenéra. 

66. Dileguo a formola sì iniziale che interna: ul^ddega^ dkti 
(acc, a ldkti)\ btìzera, buzerd, mukéraj -ól, piijdna. 

66. Per la concrezione dell'articolo, sarebbero esempj: lónbra, 
lonbréla, Indro, (la) greméfiaj Idvarno acc. a ramo orno, lónda, lingóstro, 
Unguènto-, lólisa olla, lintrólitro, lantikitd, Iorio, tóso. Ed il procedi- 
mento inverso: ozmarin, dpis (acc. a Idpis)', (li) tanie, anbiko, 

67 — 78. CL, TL, GL. Appena degni di nota: rajd acc. a ruzd, 
stria *strig'la striglia. 

70. R. Oscillante r esito degr infiniti : ardi, vedi, mòri', movi, bali, 
krési, véndi, ónzi, ecc.: ma anche, veder, morir, sintir, savér, spórzer, 
réger, ndser, éser', kovérzerlo, ecc. 

72. Epentetico: sfóndro, malaméntre, solaméntre. 

74. V. Mutato al solito in b: dezboddr, ndlba (esempio ben 
diffuso), ed il già citato alból, albuléto madietta. 

76.- Qui, del pari che a Rovigno, il passaggio in m, che s' ha 
in mizibilo, marafuza; ed il dileguo, che presenta già il ven., in óze 
voce. 

78. Riapparso il v del nesso gv (qv): agvdl, zvalizà eguagliare 
(v. anche nm. loi io6). 

79. Prostetico: vóvo, vóto otto, vdrno orno, Valtura ni.; (a) 
VÓI tra, vargàno, vàri arri, vortiga, vuliva, gcc. Epentetico: Idvarno, 
zbrovdr', piivina, fldvuto, lavttda; Dovdrdo, Favolo, Luvigi, Krovdsia. 
E qui anche: rógole (cfr. mil. rogora) roveti, iinziga, zgoldr volare. 

80. Per gli esiti di w germanico: vasta, valdràpa, vari, ecc.; 
ma anche: aguario, guasta (ntistiéri^, guardia', guardolo', zgudita, 
zguarnir, zguasd, aguarantir. 

85. S' avrà s (z) prostetico : zlavdso scroscio di pioggia, skoréza 
coreggia; zmdkula, skugdro (v. nm. 4); zvalizdr, zmólzer, dezmisidrse, 
zmojdr; (z)góngolo, zvdlego (v. nm. 33"); zmirtule mirto, zbrónbole. — 
Reliquia preziosa del -5 di pi., nei sost., parrebbe Zanpanóns ni. 
acc. a Zanpanós. 

87. N. Conservato costantemente, serbando pronuncia gutturale 
air uscita, né son necessarj esempj ; solo appar offuscato in no non. 



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XXV. Appunti fonetici: Consonanti esplosive. 155 

88 — 90. Singolare veretendrio per Veterinario'. Inserito inorgani- 
camente, o per effetto analogico, manziéra (v. nm. 7-9); angonia^ 
parangóù] suùj piùn'^ ifitrópiko\ itibriàgo^ insóno. Dileguato: dzula, 
kovénto. 

91 — 95. M. Le alterazioni consuete, proprie pure degli altri 
dial., e qui solo si ricordino, maiidvino^ jérino^ pociévjno, gavévino] 
però: nóme^ kofìóme^ ìeddme\ v, nm. 32. 



CONSONANTI ESPLOSIVE. 

96 — 98. C. Le scadimento solito; e qui anche: kazdtiko^ testdiiko^ 
sìnpàJikOj londiiko, fandtiko^ paralikiio paralitico, rttstiko^ intrópiko^ 
é/ìko, mirdkuJo, zmdkula. 

99. CE, CI. I riflessi proprj degli altri dial., e pajon superflui 
gli esempj: zd qua, ziél^ zédi\ zénera^ zizérbtila\ rizévi\ kaìsina^ sistèma, 
risiit, visindnte\ tdzi. E non avrei di caratteristici, per i nessi SCE, SCI, 
che stiéto acc. a scéto, stiénza acc. a scéma schegginola, siiéra schiera, 
stianid acc. a scantd schiantare, d' etimo non bene accertato (cfr. 
pir. stiantdj e muss., Beitr, no; kòrt. n. 864 2907), e T istriano -comune 
sciha (quasi ^iba^ scheggia, che è dallo si. sìha verga^). 

101. QV. Assurta la labiale ad elemento consonantico, per cui 
va veduto il nm. 78; ed appar fenomeno caratteristico del polese: 
kviéto queto, kvdl, -a, kvaìkidttn acc. a kalkudùn, kvalkósa acc. a 
kalkósa\ dkrila, likvito liquido, kvmdize, kvésto acc. a kuésto, skvartd\ 
kvarézma. Isolati: skuinéri (v, nm. 4), kusiión. Sottaciuto T//: kónda 
quondam, skdso, sktinkdso scroscio di pioggia, skdma, che è ben diffuso, 
come è rdkula. 

104—105. GR, GN. Solo Uno ha nel plurale Uni e léiie. Conservato : 
grumdso, (la)greména, ingrumd^ agrapdr romper il terreno colla ^grdpa\ 
sorta d* erpice. 

106. GV. U analogo procedimento notato per QV, quasi colla 
stessa frequenza che nel caso precedente: lingva, linp'énto, zlangvitd 
acc. a zlanguitd] ma pur: sdugue, sangitéta. 

108. GÈ, Gì. Le condizioni istriano-venete, in quanto il g non 
rispecchi j\ per cui v. nm. 51 59; gentil, genitóri, ingenerd; però anche: 
jdlo, jenia\jénero acc. a zénero\ Jemin acc. a ùemin ni.; légi acc. a léze7\ 

109. Del resto: zeméj, zenéstra, zenedéj s. di rete, sónza\ destrtizi\ 
Anzo1o\ zemdr gemere, gavéta javéta s. di spago. 

116. T. Comune il dileguo: déo, azéo, albéo, tapéo\ pavé parete; 
mari\ kanté, kredé. Isolato: tópa zolla [cir, rov. suópa)\ e qui anche: 
spddula, radigdr, che son di ragione veneta; andddo, podudo, ecc. 

117. TR. vérOj veri'dda, vedriól, palpiére\ dnera, skudra\ mdre, 
pare; pulér, karéga. 



1) Cfr. NEMANic, Cakavisch-kroaiische Sludicn {Contoresi deìV i. Accademia 
delle scienze di Vienna^ ci. fil.-stor., voi. 105, p. 522). 



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156 f) Dialetto di Fola. 

119 — 121. D. Le risoluzioni comuni agli altri parìari, negli 
esempj soliti: rànzedo, rùspedo ruvido (detto anche di mare, agitato 
per burrasca); (èrba) grùva sorta d* erba ruvida, lappa, gnive rughe; 
gràveda gràvia, tórbedo tórbio, tórzio, torziolóh\ tepido tévido tévio, 
nórbedo nórbio mórbidOj lànpedo, 

122 — 124. Rinforzato in /: dcito^ spréndiio, stupito, intrópiko, 
tropizia\ pisita pisside, likvito, grinta stizza; e, per l' inserzione in- 
organica, tènder tenere. 

125. P. brajolàr uguagliar la terra col ^brajolo\ sorta d' erpice 
a punte. Isolato rapàda (v. schuchaudt, Contor. cit. p. 25, e App. 
Jess. s. V.) rugosa. 

130. Dileguato in sóra sopra, sordno soprano, soranél (v. 
App. fon. roi\ nm. 130) pelle di vitello d'un anno. 

131. B. Gli esiti proprj degli altri dial.: barba (epiteto, dato costante- 
mente ai vecchi, oltre che allo zio), acc. al voc. bara (d. dei contadini), 
baro cespuglio, béro ciocca di capelli; bina tratto (doppio) di terreno 
fra 2 solchi; bordza, bòro, albéo\ tabéìa acc. a tavéla mezzana; Cubani 
ni., intorbidr acc. ad introbdr intorbidare. Qui anche pordzene. 

136. Inserito per ragion fonetica: inbarlonbido acc. a barìonbd. 
Dileguato nei soHti: lira libbra, suro subero, che è esempi, ben diffuso. 



ACCIDENTI GENERALI. 

Accento. 137. Arretrato m papa (comune anche al fas.), fwa^aro«, 
mdnganel, e nel ben diffuso lisia, 

138. Protratto verso la fine: skonpiìta disputa, pistiga\ zia, 
Fomia npr.; lavùda, 

139. Dissimilazione. V.nm. 63 76 88-90; indi :^45r^ fregagioni; 
tòrtala tortora. 

140. Assimilazione. V. nm. 26-28 34 87; tresdme, trése, 
zbanbio svaporato. 

141. Prostesi. V. nm, 25 62 79 85; ed anche: dista lista \ 
reterisia itterizia, akativisimo\ aguarnirlo, agrapdr livellar la terra colla 
'grappa', aguarantir garantire, asintir sentire. 

142. Epentesi. V. nm. 19-20 72 79 136; indi: teréma trema; 
sdvera (cfr. rov. sdvara) zecca; avenetdrio inventario; rezmatizmo, 
inturligd attortigliare, davo dado. — Ep itesi: akusio, sio sì, 

143. Aferesi. V. nm. 24 36-37 41 44-45 48 49-50 60 65; 
e qui ancora: basiatór, feriór inferiore, sikusióh esecuzione; raspo 
grappo senza uva; gromdr raccogliere, zensidle essenziale, véta gugliata. 

144. Ettlissi. V. nm. 46 88-90 loi 116 130. 

145. Apocope. V. nm. 32 42; ed aggiungi véspo vespajo. 

146. Suoni concresciuti. V. nm. 66; e qui ìasturér attrezzo 
da pescar 'asture'. 

147. Abbandono di 1, perchè creduto articolo. V. nm. 65 66; 
e forse qui tipo, se è da lupo. 



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XXVI. Appunti morfologici. 157 

148, Metatesi. V. nm. 88-90; ed aggiungi: króvo^ arketista 
catechista, rikatévole acc. a karitévole caritatevole, ioróndo, -a, dltrocóko 
carcioffo, hralinéto\ paralikito paralitico; Doloviko. 

149. Attrazione. V. nm. 14. 



XXVI. APPUNTI MORFOLOGICI. 

150. Metaplasmi. Non così frequente, come altrove in Istria, 
il passaggio de' femminili di di terza in prima, anzi qui costantemente : 
réde, bólpe, ióse, frébe, Mve^ nave, néve, bóle, Unte, zénte, kdrne, arte, 
parte \ ankùzene varkùzene; ma anche: varniza, forndza, vida, radiga 
^za\ pisita pisside; passaggio alla seconda: indolo nm. 29; però: 
pare, mare. 

151. Genere mutato. Maschili in femminili; oltre ai comuni- 
istriani: lume, kanépa, non Jio di specificamete polesi che: basta basto, 
sdbida sabato, trésa sbarra traversale. Ed il caso contrario: trévo 
antenna della nave; v. nm. 6; skorézo (cfr. dign. skurizo), 

152. Casi. Né qui mi fu dato rinvenir tracce, per quanto tra- 
lignate, di desinenza nominai, flessiva. Così sMia indistintamente: /ar- 

fradélo, fradéj, sttréla^ -èie, nevódo, nésa\ nevódi, nese, zia, zie; e forse 
qui pure: déo, dédi déj, omo, orni ómeni. 

153. Numeri. Appajon come usati solo al plurale e son 
masch: agonéri, sktiinéri, zenedéj sp. di rete, nm. 109, saldeléri; e per 
casi di fem. : palpiére, pasar^le, f^le stato di mare stazionario ; v. App, 
fon. fas, s. V. 

154. Comparazione: méjo t pézo adoperati anche per melior 
e pejor; però pur qui mejór e pejór, ed 2inchc pimi méjo e piùn pézOy 
nonché il superi, beletisimo. 

155. Numerali: un uno, una; do, tré, kvdtro, zinkve, sie, séte, 
óto, nòve, diéze, iìndeze, dódeze, trédeze, kvatórdeze, kvindeze, sédeze, 
diziséte, dizdóto, diznóve, vénti, trénta, kvarànta, zinkvdnta, sesdnta, 
setdnta, otdnta, nónanta, sento; utile. 

156. Articolo: el 7 l\ la V; i, le; del, déla; al, ala; dal, data; 
déi,déle;di,dle; dai, date; intél, intéla; intéi, intéle acc. ad in nel, in néla. 

157. Pronomi personali. Forme nominative: mi, ti; nói, nói 
altri; vói altri; In lui; jéla; kith In; a In; lóri; èie jéle. Forme 
atone: me, te, se; ^ude, ve, se; ^e. Ih, la; li, le; ktin se, kun jéle. Il 
pronome neutro è qui pure a. 

158. Possessivi accentati: mio, tuo, suo; mia, tua, stia; mii, 
itti, stti; mie, tue, sue. Proclitici: me, to, so per ambo i generi e numeri. 

159. Dimostrativi: kvésto, -a; kvésti, -e; kvél, -a; kvéj, ki^éle. 
Forme atone: stit, sta; sti, ste. 

160. Altre voci pronominale: ki, ke (anche sost.), tal, kvdl; 
kvdlke, kvalkidùn, kvalkekósa kalkósa; un altro, altri; tanti, -e, 
kvdnti, -e; unitmo, nistin(o), -a, unikvdl, duti; nénte, tròpo, sai, paréci. 



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158 f) Dialetto di Fola. 



VERBO. 

161, I soliti tipi della conjugazione : capa, kamlndr; savér^ 
bévi\ palisi^ sintij zgitarnir. 

162, Non infrequente il passaggio dei verbi in -ère alla classe 
in ^-ere', zdzi jàcere, tàzi^ veder. Qui pure qualche traccia del pas- 
saggio alla prima di verbi delle altre conjugazioni : zemdr^ pianzdr. 

163, Desinenze personali. Frequente l'-^per l'-^ atono di 3* 
prs.: el méti egli mette; no se dizi non si dice; ma normalmente per 
la I* anche -o: póso^ tójo, téfio, volevo. Punte tracce del -s di seconda; 
qui pure T -émo e T -e, introdotti nella I conjugazione. 

Indicativo. 164. Tema del presente. Assai frequente 
r accrescimento nelle quattro persone critiche, come negli altri dial. : 
afanéo, stramenéi^ himinéa^ kukndéaj tonizéa^ Janpizéa, ecc. 

165. Imperfetto. Per l'assimilazione fonetica, che ha qui luogo, 
va veduto il nm. 1-3; la i* prs. pi. ha le desinenza -wo, come in 
altri parlari; egualmente s' ha per la 2* pi. -vi, -vo. 

166. Congiuntivo. In tutto eguale all'indicativo, meno nella 
3* sng., che ha qualche volta -o. Per l'imperfetto, le desinenze solite 
sono: 'ésimOy ^ésivo. 

167. Condizionale. Le desinenze in -/t/, proprie d'altri dial. 
it. ; però qui pure, specie pel plurale, s* assumono quelle dell' imperfetto 
congiuntivo, del tipo Hasciar-avesse', anziché 4asciar-avrebbe'. 

168. Infinito. Le forme provvedute del -r s'avvicendano a 
quelle senza il -r: porla, lavord acc. a camdr, baldr, reposdr, 
basliemdr^ sekdrse, ecc. Egualmente: savé, podé, krédi, véndi acc. a 
vèr avere, veder, ferir, ingolir venir, scarirse (v. nm. 70). 

169. Gerundio. Non pare abbia luogo l'assimilazione analogica 
delle desinenze della I a quelle delle altre conjugazioni: (a) 
mandndo, kanldndo, (a) pensando. 

170. Participio. Qui, del pari che altrove, una serie di parti- 
cipj in -éslo\ koréslo, voléslo acc. a vostt, dovéslo acc. a dovù. 

171. Participio presente in funzione aggettivale: kaval- 
kdnle, lavnrénle, sludiénte. 

Elenco di verbi notevoli. 172. ési éser *essere: son, son, zé^ sémo, 
sé, zé; jéro, 'i, -a, jérino, jérivo, jéra; sarò, -a, -a, saremo, -e, sarà) 
saria^ -a, -a, sarésimo, -ésivo, saria) sia, sia, sia, sémo, sé, sia) fusi, 
fi^^j fusi, fùsino, fusivo, fusi. 

173. (ajvér habere: góy gd, gd, ga verno, -e, gd) gavévo iévo, -i, 
-a, gavévino, gavévivo, gavéva) gavaró, -a, -d, -émo, -é, -a) gavaria 
varia, -ia, -ia, -émo, -t?, -ia) gdbi, gdbi, gdbia, gavémo, -é, gdbia) 
gavési, -rési, -i, gavésino, -vésivo, -rési. 

174 — 176. Gli altri verbi: dover, voler, podé(r), conjugan supper- 
giù come i corrispondenti degli altri dialetti. 

177. savér *sapere: so, sd, sd, savémo, savé, sd) savévo, -/, -a, 
savévino, savévivo, savéva) savaró, -d, -d, -émo, -é, savard) savaria. 



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XXVJI. Appunti sintattici. 159 

'ia, -ta, savarésino, -ésivo, savaria] sdpio, -/, -/tìr, savémo, -^', sépia; 
savésiy -/, -/, savésinoy ^ésivo, savési. 

178. venir venire. Eccetto la i* e 2* prs. pi; degl* imperfetti 
'-/;/o, '-no, e del fut., che ha nel sng. -ó, del resto, la conjugazione non 
offre nulla di particolare. Egualmente: cor, far, dar, star, 

179, zi(r) non conosciuto; in quella vece s* usa andar: vado, -/, 
va, andémo, andé, va. Del rimanente, suppergiù come nel ven.: andaró, 
-ii, 'à, -émo, -e, -a; andaria, andaria, -a; andar ésino, andar ésivo, anda- 
ria; vada, -a, -a, andémo^ andé, vada; anddsi, -/, -/, anddsino, 
andàsivo, ecc. 

183. Avverbj, modi avverb. e partic. V. nm. 21-23; e qui 
s' aggiungano : drénto, indrio man di séguito ; dnka, ndnka, ntdnko ; 
nankóra, ankói; póko, sdi; mu zd ma già; in pel a fior. 



XXVII. APPUNTI SINTATTICI. 

184. Qui, del pari che altrove in Istria, non infrequente V uso 
dei pleonastici: el, la, le: uri króvo stdva in zima d'un drboro, e*l 
gavéva uh tóko de kdrne, ke '/ lo leniva beh strénlo; la vólpe, la lo 
ga visto; la vólpe, la se lo ga capd; le le gre se del móndo póko le 
dura: le dtira de naddl a san Stéfano\ le madrine sénpre le zé 
rùste^e kói fiój. 

Non risulta ben accertato se si tratti del pronome impersonale 
neutro a, oppur della preposizione omonima, in casi quali : nisuh a konósi 
el so dolor, dltro ke kvél ke lo pròva; kvél léto ke se fd, a se lo godi; 
per uh akativo a pirisi sdì bòni; l^ drboro ke no ga radize a se séka; 
béha a risdrse, ki no pgl a destirdrse. Frequente pure il pronome 
pleonastico / dinanzi alla 3* prs. pi.: / bési i zé toróndi: i kóri de 
na mah a V dltra; i lóvi i std beh in bósko e la nòte i se provédi; 
però anche: / kolónbi e i fiój spórka le kdze; i kópi se da da béver 
uno ko r dltro. 

185. Non così frequente T uso del pronome duplicato di 2* e 3* 
prs., ed appajono quasi esempj sporadici: 5^^ // // sera 'nvitd a nóze, 
no ti te téhi a pdgo; però anche: te farò la zgudita, ko ti kdpiti; 
sémo andddi dal pdriko de Peròi, per vedi se se pgl descór kvél 
mal, ke lui gavéva. 

186. Ripetuto il verbo nella locuzione enfatica : kvdndo ke jéro 
jóvine, gavévo pòki pinsiéri, gavévo; e la me ddva me mdre, la me 
ddva; dùto fóje de grah ze vinti, e duto fóje de grdh; mi no ve di^i 
nénte kóze brute, no ve di^i. 

187. Prolessi: péna ze andd via lèi, trie go kronpd, ke i Scavòni 
ga portd. Antecipato il participio: mdgdri la fusi mòrtd stddd! 
Singolare inversione: kvdl pitlh fritto zé méjo per mandr. 

188. Non trovo che rare tracce della costruzione invertita del 
verbo 'torndr^: viherò de torndr acc. a se tóma vihir vedi. 



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160 f) Dialetto di Fola. 

189, I£sem[)j della costruzione nelle proposizioni dipendenti: 
se fusi el véco Jélmi, sarési méjo; se vésivo respéto, me lagarésivo 
kvéta, in pdze. Del rimanente: se ti vqI veder ^ a bètta he ti vddi in 
sima de V arbordda. Omesso il 5^: perké, ven el padrón^ ke te ga 
Utvità ale nóze, ke 7 te diga: levate siìnzo, vién kvà de mi! 



XXVIII. APPUNTI LESSICALI. 

anelin sorta di stoffa, guernita di pelle d* agnello, che solevasi 
portare a Valle, Dignano, Gallesano, Sissano e Pola; ed è derivato 
da agnello; cfr. vali, anilina^ siss., gali, anilin, dign. aniléin, -a 

armizo tutti gli attrezzi necessarj per ormeggiare la barca, ed 
'ormeggio' stesso. Riverrà ad arma; cfr. pir., rov. armizo^ -dr, triest., 
ven. armizo ormeggio, corda, ed 'assieme di attrezzi, necessarj ad ormeg- 
giarsi', gen. ormezzo, urmezzd. Il sissanese ha: armizd le karóze per 
'allestire le carrozze', attaccare. 

hordto staccio finissimo, e 'fascia rossa, che s' attacca appiè delle 
gonne', nm. 44-45. Per ambidue i sensi, va forse confrontato *burato, 
da *bura, *bureus; cfr. it. buratto, prov. barutel, bure!, a. fr. bitretel, 
e KÒRT. n. 1422. 

bòvoli riccioli di capelli, fatti a foggia di lumaca, e cadenti sulle 
orecchie. Da bove (v. App. less. fas, s. v.). 

brajoldr livellare il terreno col ^brdjolo^ (sorta d* erpice), nm. 125. 

kanér canneto; e sarà da * cannarlo; cfr. pir. kanédo, kandro. 

karól (acc. a kéro) tarlo. Da caries; cfr. vali., siss. kéro, karój\ 
rov. kiéro^ pir. karól, e lorck, 200; schneller, Die rom, Volksm. 130. 

krokoldr rokoldr gorgogliare, crogiolare; se è da *crocalare 
per *crotalare {TiQÓtaXov)., cfr. pir. krokold, ven. crocoldr, gen. crocea, 
ferr. cruccldr crogiolare, it. crocchiare crocolare ecc.; seppur non 
c'entri in tutti un elemento onomatop. (v. cankllo, Arch. Ili 405, e 
KÒRT. n. 2282). 

krttjo kruzo (in unione a fa) tormentare, cruciare. Sarà da 
*crudio (deriv. da crudus), come già ebbe ad avvertire il diez; cfr. 
pir. kruzio, a., lomb. croio debole, corrotto, a. gen. croyo debole, 
immaturo, it. crojo, e salvioni, Arch. XII 397. 

deskóntio congedo, disdetta. Da *dis-commeatus; cfr. pir. 
skómio, e KÒRT. n. 2042. 

desferensidr despardr differenziare, separare, nella zuffa. 

dezgoltór arcolajo. Da *des-voltorio; cfr. rov. dazvultùr, 
dign., fas. dezvultùr, vali., gali., siss. dezvoltór, pir. dezvoltóra, mugg. 
desvultóra, ven. desvoltór, friul. davualtedór. 

dezgrandr levar i grani; e sarà da *dis-granare; cfr. rov. 
dazgarttd, rifl. degli altri dial. dezgrand, ven. desgrandr, friul. disgrana, 
mil., com. desgrandj piem. desgrané ecc., it. sgranare. 

favole (fem. pi.) sorta di cornamusa, che usano i pastori slavi (detto 
npche perciò el fldvufo dèi Scavóni)- Risalirà a *flavi(t)iólu; cfr., oltre 



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XXVIII. Appunti lessicali. 161 

al vali., dign., fas., gali., siss. fta- ftevQlCj a. vtn, /tabitolOy major e, fabìol, 
prov. jìauijoly ecc. muss.^ Beiir. 54; kòrt. n. 3320. 

grisidi zgrisitli (de frédo) brividi ; cfr. pir. griziili, ven. grizzoli^ 
frlul. sgrisul. Pare voce onomatopeica; cfr. niora, Ardi. XV 1 17-18. 

grizo sorta di panno greggio, adoperato dai contadini; ed è dal 
germ. gris kòrt. n. 3776; bkucknek, /. e. 7, ed App. less,fas. s. ^gré^za. 

gttrgdh sottana, che portano, oltre le polesane, anche le donne del 
popolo di Vali., Dign., Gali., Siss. e Fas. Era, per lo più, di color nero. 

inturligd attortigliare, nm. 142. 

Idnpeda s. di tripode, su cui anticamente si bruciavan legnette 
secche^ per rischiarar il mare, nella pesca (v. App, less. gali. s. v.). 

ledono lodano sorta di albero (celtis australis); cfr. forse sp. 
lodono (arhol), 

masióla maglio dei tagliapietra, mazzapicchio. Da *m ateo la; cfr. 
pir. mazióla^ friul. mazzitéle mafùl^ ven. mazziola, bresc. mascela, berg. 
massài, com. mazoètila, parm. ntazzoèttla, piac. mazzola, crem., boi. 
rmgn. mazzola, it., i2iv tnU mazzola, mazzuola, prov. massola,K6iii.n. 5 160. 

midil mucchio di paglia, pagliajo. Sarà da meta; cfr. friul., ven., 
berg. medil; blen. miidil, salvioni, Post, it. 14, Nuoi\ Post. it. 17. 

morata maschera; detta così dal color nero che, per lo più, ha; 
da *moro kòrt. n. 5427. 

orbére grosse occhiaje, o visiere, che si mettono agli occhi de' 
cavalli, per farli girare il mulino; derivato da orbo; cfr. vali, orbére, 
dign., gali, orbére; arbed. orberà cecità. 

pakéa calma solenne di mare, bonaccia. Riverrà a pace; cfr. 
pir., ven, pakéa calma, friul. pacltée tardità, lentezza. 

paranpdn sorta d' erba mangereccia; se riflette V it. sparapane. 

parndto mucchio di spiche, terminante in punta; forse deriva 
da pernai?). 

pividula pipita. Da pituita; cfr. rov. pivé'^da, vali, pivida, gali., 
dign. pividula, pivéidula, pir. pivédola, lad., friul. pivide, sard. pibida, 
rover. paigola, ecc. kòrt. n. 6187. 

pnlinér stia, poUajo; e sarà da *pullinario; cfr. rov. puniér, 
altrove in Istria polìn^r, friul. ptilindr, ven. ponér. 

pulisél, 'éj, poliziotto; cfr. rov., gali, pulisiél, dign., fas. pulisci. 

puvina ricotta. Così suppergiù in tutta V Istria ; cfr., per T etimo, 
NiORA, Arch. XIV 288-89. 

rangdda rabbuffo; cfr. istr. rangdda, ecc. e kòrt. n. 6931. 

rapa ruga; rapdda rugosa; se da rubida; cfr. T aat. hruf, 
SCHUCIIARDT, Rom. Etym. I 25; diez, Et. Wrtb. F 360; cfr. anche vali. 
rapdda, fas. grapd gropd rugoso. 

rénga aringa, e metaforic. *spada de' soldati*, specie di quelli di 
marina; dal germ. haring (clupea harenga); cfr. istr., dalm. rénga, 
friul. rénghe, ven., pad., rover., ecc. tenga, kòrt. n. 3882; braunk, 
Zeitschr. f. r. Ph. X 271 sgg. 

samerér asinajo; derivato da *somarario; cfr. pir. pomerdro, 
a. frc. sommelier, e kòrt. n. 7085. 

Ire, I dUIetti. H 



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162 p) Dialetto di Sissano. 

sóikà gettar contro, appiopparla; cfr. pir. scokà^ dign. scila, friul. 
sklzzUj ven., rover. schizzar j e forse it. schizzare, sic. s/lzzlarl kÒht. n. 723 i . 

skonptttàse disputare, bisticciarsi; / se skonpùla fra kavalkànli 
e §lrt^e. Ci sarà stata probabilmente confusione di ^disputare' con 
^scomputare*. 

skunkdso rovina, acc. a zlavdso rovescio di pioggia; cfr. it. scon- 
quasso. Per r altro esito, con cui s* accorda anche il rov. (zlavdso), s'avrà 
forse relazione con lavare'; cfr. pir. skJavdzo, friui. scravdzz, ven. 
scravazza, schuctiaudt, Slaivo-detilsches ecc. 77; salvioni, Zellschr. f. r. 
Ph. XXII 469 n., e App, les. vali. s. v. 

skupéla scappellotto; sarà deriv. da 'capo' o 'cappelÌo'(?) ; cfr. pir. 
skopéla, rov., gali, shtpléla, friul. scópule, ven. scàpola. 

sentlndr rumoreggiar che fa il mare, agitato dal vento. 

sfilza (de ftén) mucchio (di fieno), quasi 'stergato'; se risale a 
* fili ti a; cfr. it. ftlza^ e kòrt. n. 3247. 

sptìso sorta d' albero, la cui corteccia fregata dà cattivo odore ; 
cfr. pir. spùzo\ il deriv. spuséra è collett. Uà puti(d)o. 

slrónbo s. di conchiglia. Da strombu (ptQoiifióq). 

sudlslón stirlslón soggezione; e son derivati da subjectione. 

Itirisl accartocciamenti delie foglie di viti. Altrove, in Istria. 
liirtzlj l urlisi. 

tipo s. d'acero (acer campestre). Sarà forse da ^opHw, cfr. 
dign. óupo, friul. óvul vóul, ven. oplo^ it. ecc. oppio, kÒut. n. 5755. 

vdge sorta di pallottoline di marmo, con cui giuocano i ragazzi 
di primavera. Egualmente nell'altra Istria ven; e pare da vacua. 

v^rsa b^rsa, detto del vino, quando inccrconisce {el vin va In 
v^rsa). Sarà sost., derivato da vertere; cfr. rov. blérlo, vali, bérlo, 
berlón^ pir. v^rso (vlm)\ dign. zv^rsldo rancio; gali. b§rlo, fas. b^rlw, 
friul. svlersdd (lu vln si è svlersdd), e schuchardt, Rom. Elym, I. 56. 

zdja benna, cestone di grossi sarmenti, che serve per portar 
letame. Analogamente hanno: rov. zdja, friul. zdje. 

zgravand sconvolgere, metter sossopra, frugare (v. App. less. dign, 
s. ^zgraba e gali, zgrabd, zgrabam^nlo, ecc.). 



g) DIALETTO DI SISSANO. 
XXIX. APPUNTI P^ON ETICI. 

VOCALI TONICHE. 

1—3. A. Ben costante Ve analogico nelle seconde prs. pi, del 
presente della I conjugazione, come anche negl'imperfetti: camémo\ 
vardé, slcme, plkuUve\ kajévl, 'nkarlgéva'^ zbrunzlnésl fischiassi, ecc. 

4. Duplice il trattamento di -drlo, d' accordo col ven. ed altri 
dial. istro-ven,: I. -dro, negli esempj tipici: zendro acc. 2ijendro, febrdro, 
nuddro^ masdro, spaldrl\ jdra\ II. -er, -ter, -a: skarpér, sujér, mandulér, 



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XXIX. Appunti fonetici: Vocali afone. 163 

lon^ér^ kavaìér\ Krozcra^ biivazéra, spitiméra cucchiajo da spiuinare; 
sktizéra, (Val) Kavcrcr ni., Kanpanér ni.. Palerà ni., Merlerà ni., ecc.; e 
pur: liziér^ kaldiér kalgér\ baskiéra. 

6. Qui, del pari che altrove, Ve analogico dei gerundj: munendo^ 
bevendo^ sunéndo^ kanténdo^ pranzéndOj ecc. 

7 — 9. E. I riflessi ven. con profferenze affini al pirano-vallese, e 
pajon quasi superflui gli esempj: véla^ (sia a) vélo, skridél\ vitré^ 
krédi, séra; primavera \ ziéra; parer \ réda rete, kiiélo^ azé^ Ire; pajéze^ 
diéze; lélera^ pégora^ ktiarézmaySépola^ lévedo, médigo; krésijél elio; jérla, 
jéska; gud^l a.cc. RJudfo; ziél caelum ; z^l volta del iornoy fel;j èri; miscér 
mestiere; maziéra^kanliér acc. a kanl^r cantèo, ecc.; jérba; jétidenay jési; 
nélo *neptia; /Jj^'/r/u', Sli'fano; pen^ p^di, m^jo meglio (acc. a méjo mio). 

10. Qui pure i casi soliti del mutamento in ^, per ragioni ben 
note; e poco per sé dicono: sarà chiudi, arnàzo, ^nldnla^ lànpo lembo, 
ed il veneto-istr. garbo. Ne molto per sé conta 1' / |)er e che ricorre 
ne' gerundj: seni nido j konparindo acc. a senléndo, konparéttdo. 

11 — 12, I. Intatto, d'accordo col gruppo affine, e parrebber 
superflui gli esempj; si ricorderanno soltanto: Utjulij ^nkin inkinla 
infino; bitjislro biilislro^ servizo, btirìko; ni, nidi; ciroli, brilola; 
lìmedoy linpido (acc. a Idnpido); mijo miglio; niio^ drio; pefania, 
kunomia; Scavtinia; sia ciglia, kariscia^ t'tilia, kaiìia (cfr. poi. kania, 
vegl. kagndis); sumioj faligola; ma qui pure: faméja, maravéja; léna, 
madréna, lagremé gramigna; spénola. 

13 — 15. O. Saldo sempre ai riflessi veneto-istriani, e non sareb- 
ber richiesti esempj; citerò soltanto: mejór, vóra hora, fiora, nióri 
in nessun luogo; pióri; lóniza (cfr. rov. lulisà) sorta di olla; sóro 
soror; póko, rqba, códo, vgka, godi, ripgza, lòia; ^-o *au habet; vóldi 
odi; Nikoló; qui pure; zóiba zi óba, fòiba ^ karòiba; ed in fine: «//, vu; 
fùray lina acc. a fora, lòra. Isolato suòlza solco. 

19 — 20. AU, AI. Tolto il dittongo coli' inserzione del tipico v; e 
non son esempj esclusivamente sissanesi: Idvtira, Idvtida; kdvttli, dvitla, 
kanàvole; risldvttro, rdvtiko, màviiko, kd(v)uza; Partila. 



VOCALI ATONE. 

21 — 23. A. L' antico a riapparso, oltre che in garòfo, pakéa, in 
(a) VÓI Ira, inkònlra. sina sinza, ^nkinla, ndnia, ecc. I soliti assot- 
tigliamenti, e non han nulla di specifico: Iremòja, sereziii, lizérlola; 
aromdi oramai, slromend, romanzina, sorménlo, lunbuldzo; bui in; ndnera 
anatra; drgetta, òrfeno, slòmigo^ spdrizo, Idnpido. 

24. Non infrequente l' aferesi, nei casi pur comuni agli altri 
dialetti ladino-veneti dell'Istria: skolld, vanzd; siò, It'ira, d^so, sai, Iònio; 
naversdrio anniversario; Guslih; Pokdlise lunga leggenda. 

28. E. I soliti cangiamenti in e ed / per ragioni ovvie, od effetto 
di iato: bejdlo, ^nkrejd, krejalùra, mejòr, rejdl; krijdnza; ma levonfdnlo; 
misiér siy niisiér nò; bililisimo. 

11* 



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164 g) Dialetto di Sissaoo. 

29, Sostituito da -o T -e finale, nei casi già ricordati altrove, e 
qui non saprei citare che nto acc. a néve. Per altro, anche: fréve^ 
pdrej mdrej spezialmente. Pel passaggio in u, non avrei che armulih. 

33 — 34. I. L'antico / ripristinato ne* casi istriano-comuni: du- 
méniga, lugdniga^ vóliga^ intrópika^ Irópiko, kródiga. Del rimanente, 
e: vejd vegliare^ bevu, velùdo, derézi\ dezpidzi; médego^ palédega\ 
pedegd. 

37. Comune col vallese V aferesi dell* /- nella preposizione 
in, ed è fenomeno costante nel sissanese: '«/o//, ^ndovind^ ^n/tort, 
^namordsej ^ntorbidd^ ^nvorbd orbare, ^ngramid gramolare, ^nsend^ 
^nbrunzi imbrunire, oscurarsi (del dì), ^ngrumd racimolare, ^nbramizd^ 
^npirdf ^narpizdj ^nvitd'^ ''nkóntra^ ecc. 

38. I soliti casi d* ettlissi, e non ho di specificamente sissanese 
che Lizndn ni. 

39. O. Pel passaggio in a non avrei che mdrmaro acc. a 
niarmordsi (cfr. vali., dign., fas. ntarmerdsi) s. d*erbe; e, per quello di 
o in ^, ne se ké non so che (v. nigra, Arch. XIV 379). 

42» Dileguo deir -o atono finale, ne* casi già noti, e son superflui 
gli esempj; indi viz viso; però qui anche: muroj duro, vórlo, 
inkino. 

45. U. Quali esempj del passaggio d' u in / non ho che Umor, 
munim^nto\ teribolo. 

46 — 47. AU, Tolto il dittongo, del pari che sotto 1' accento, collo 
sviluppo del v, vtttùno acc. ad avutttno, lavuddto, avtttttritd\ voréftze\ 
rudi, vugurd. 

48. Del resto, qui pure: Gtistih, guscùl, -a. 



CONSONANTI CONTINUE. 

53. LJ. Riflesso generalmente per /: kmisiìo, izilo, tilo, ecc. 
Del rimanente, j: ni(/o meglio, mijo miglio {\'. nm. 7-9 11-12); 
faméja, meravéja, suméja\ fio, sia', sardja, kandja, ^^fójo] kavejdda 
kaveldda', dezmùj; iajér. 

56. DJ riprodotto per di: diéze, dialéto, studia, kustódia, mizeri- 
kórdia-, vódio, dezvodid, siadión; didnbarne acc. a gdnbarne favolo; 
dièta acc. a gita\ però anche j: rdjo, zója, brajuld, rekaj; ^nkój. Ma 
pur d'accordo col pir. e fas.: madargia, medaluna', sédola. 

57. NJ. I riflessi istriano- comuni, ed occorre appena ricordar 
qui: lazdna, vina, tétta, madréha, bètta, skalótìa; ^nbruntl imbronciato 
(detto del bue), ^nbrtmold, sinót't sorta di martello; ndnka, zbarnifo, 
kariievdl acc. a kar nevai. 

59. TJ, CJ. Isolati: stadióh stagione, n§to acc. a n4za\ bazióni 
bacchette delle scale del carro. Qui pure: bésca, kriscdn, kuiscón, 
òsca-, po§céma; mascéri sorta di vite maschio; BasMn; ^ó tórre; ed i 
caratteristici: nós^o nostro, vòsco vostro. 



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XXIX. Appuntì fonetici: Consonanti continue. 165 

62. PJ, BJ, VJ. I riflessi proprj degli altri pariari, ed hanno 
appena bisogno di venir qui ricordati: sàvio; lùpio (cfr. el mal del lupio) 
acc. a lóvo lupo; zéptda acc. a zépa^ piovina. 

Comunissima la prostesi dello j; j-é^ jàbi\ jél, -a, jetà\ jérimo, 
Jesi; jéska, j erbe te,, jérla; jétiko^ Jélina, jénpi, jeUbi^ jeslrasión; j intima. 
Inserito in: /«ó/o, sójo^ bejàto, ^nkrejà, krejatttra (v. nm. 28), idéja, 

63—64, L. Le solite dissimilazioni, e non c'è bisogno di dar 
esempj; tutt'al più, si citino: buricin^Ia^voré volere, spuria spogliare dagli 
insetti, raccogliere, pulire i rami (cfr. cai. spulicare); rizértola, remandél. 

66, Agglutinato: tasta, ludro, lista, lanzd ansare, landróna, Ura, 
l eràrio; teiera; lagremé nm. 11 -12; Igniza nm. 13-15; libgl^ Ignbo 
iQubolo, tanta (che son casi suppergiù comuni anche agli altri diaU). Il 
caso opposto presentano: vozmarin; rujàdiga, votomia, dove ebbe luogo 
anche prostesi di v. 

67—68. CL, TL, GL. Qui anche: jàra, jàzo, jira, józa, -o, 
injozi^ Utjotidóri (de àkvaj, jàndo, ecc.; v. nm. 53; stringa striga 
striglia, stria strega, ca^nna. 

69. PL, BL, FL. I riflessi italiano-veneti, e non occorron esempj ; 
solo ricorderò: Uiplikà far pieghi, inpietà ingraticciare, jt7/^7^r graticcio, che 
è dello slavo (v. App. less). Del resto, piurazér piagnone, zgripià scavare. 

70. R. Il ben noto dileguo del -r resosi finale, nell* infinito de* 
verbi, e pare fenomeno costante nel nostro dial. Dissimilato in sortile 
sorores, Jeltrude Gertrude. 

72. Inserito inorganicamente in barkanàja, dove entrò forse 
immistione di *barca', ins^tbro, insenbrà, malam^ntro, veram^ntro. Me- 
tatesi: gard^la acc. a gradala, f arsura, perfóndo. 

78. Dileguato il v pronominale in jério *erivo(?) — Inserito 
pure per ragion d'iato in làvtira, Pàvulo, làvuda, kàvuza, ecc.; v. nm. 19. 

79. V preposto costantemente aUe voci comincianti per vocale, 
e risulta caratteristica sissanese: vóco, vocàda, vóro, vtdia, vójo, vómo, 
vóto otto, vóra, vórlo orlo, vórma, vórso, vóvo uovo, vónda, voràda, 
vodór, vónga, voréze; vópera, verdine, vóliga, vttjàdiga; dezvórdine; vaso, 
vósto, vurinàl, valttìra, voféndi, vofri, vospedàl, vostaria, vorazión, voz- 
marin; Vosero ni.; vuzànza colazione, vugnrà; vùmido, vùltimo. Isolati: 
rògo rovo, tardigóz, zinziga. 

83. S, SS. Il degramento consueto in z\ zor siero, zabinàse, 
zóra, iòta, zgvélto; lizabòrtolo. E sarà prostetico in zmirà, zmujà; 
^èó^f^y zbrunzinà; zvàligo, ecc. 

86. La riduzione a semplice s de' nessi SCE, SCI, comune 
agli altri dial., s'effettua qui pure, e non occorron esempj. Per ST, 
SC+J, V. nm. 59, ed aggiungi: scora, scòne questioni, scopa, scokà, 
mascéri; v. nm. 59. Finale ridotto a z: famòz, marigòz, konpiatóz, 
viziòz. 

87—90. N. Epentetico: ^ngurà, ttngunia, Utbriàgo; ninferi; piankòn 
pietra grossa, gangàla gàlka gala del rovero, fatta a forma di pipa; 
sunsiìro; pen, sufi, piùn. E pur anche qui, come a Gallesano, manne. — 
N che scambia di posto con v: vistitlc acc. a nistitle {y, App. less. s. v.) 



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166 g) Dialetto di Sissano. 



CONSONANTI ESPLOSIVE. 

96—98, C. Comune cogli altri parlari il degradamento nella 
media, ed hanno appena bisogno di venir ricordati: gr('pa testa della 
pecora, se sta per 'crepa', griìna cruna, gonion cordone; vagantia 
vacante, stenle (d. di donna e di bestia); v. App. less. s. v.; formigola^ 
pesiigà, bagola'^ baligola cacherello di pecora. 

99. C av. E, I. I riflessi proprj del pir. [y. App. fon. pir, nm. 99). 

101. QV. Le risoluzioni proprie degli altri parlari nel tipico 
kónda\ però qui, d'accordo col polese: kvàlko, kvalkedun^ kvalkósa, 
akvari}la sorta di serpe acquatica; ma anche: relikia\ zakerd, skasà^ 
skdso\ kdma pula del grano; ma appar carattere decisivo di questo 
dialetto il ridursi preferentemente a r- di qtt- lat., e son superflui gli 
esempj. 

105 — 109, GV. La riduzione a semplice g in sango, péngo, 
pengdci\ però anche: léngva^ ungvénlo^ Utsangvindse\ di cui vedi nm. 
preced. Qui pure Uno acc. a léne, pioto acc. a putto. 

110, G. La riduzione ad j ne' casi tipici: sajéla^ majéstro, kitléj s. 
d* erbe mangerecce, ecc. 

115. T. Del resto, digradato a d nei soliti esempj, e (jui sien ri- 
cordati; réda rete; limedo^ kómedo acc. a kótnio, valido acc. a vai ivo. 

119 — 121. D. Ben saldo, qualunque sia la posizione sua; né 
son necessarj esempj; tutt' al più: tcvcdo^ kómodo, linpedo lénpido\ e, 
per casi dove ebbe luogo anche il dileguo: tórbedo acc. a tórbio, 
gràveda acc. a grdvia^ rtivedo acc. a grùvio rih'o, nórbio^ ruspio^ 
tórzio. 

122. Rinsaldato in /: splèndilo^ dello, li'icllo, trópiko idropico. 

123. Sostituito da -il in peti, biiii avuto; seppur non s'abbia a 
fare con n epitetico od assimilativo (v. nm. 87-90). 

134. B. Dileguato nei tipici: nitl acc. a niivolàse, bara acc. a 
barba j lavici a, sttro, lira. 



ACCIDENTI GENERALI. 

Accento. 137 — 138» I soliti casi di accento arretrato e pro- 
tratto; e qui: Pokdlise^ Dió(vdrda)\ ktilia, kotnó acc. a kómo^ lindis'^ 
V. App. less. 

139. Dissimilazione. V. nm. 63-64 66; e qui pure: fitr- 
mittdnlo; kad('tia (cfr. rov. kadiéla, e v. App. less.) mignolo dell'olivo. 

140. Assimilazione. V. nm. 28. 

141. Prostesi. V. nm, 62 66 79 83; indi: Vorséra Orsera; 
tidnera (cfr. nm. 21-23, ^ v^"- ànera), n inferi inferno, nm. 87-90. 

142. Epentesi. V. nm. 19 46-47 87-90; e qui anche: slronbiój\ 
sttnsttrOj pettevtìltitno\ dspero acc. ad aspro specie di granata (cfr. dign. 
aspro, cai. sprttlici). grand('la gratella; lonbu(o)ldzo (^cfr. rov. lunblds) 



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XXX. Appunti morfologici. 167 

tsivoìaito ; févera, sparaviér, — Epitesi: peh piede, ankùvo oggi; kio chi, 
parkio perchè; jiidéL 

143. Aferesi. V. nm. 24 37 48; inoltre: scóne questioni, veriàme 
de góla (cfr. rov. variàri) sbadigli. 

144. Et tlissi. V. nm. 38 78; e anche: tnrizi (cfr. sic. taruni) 
•'tortizzi', pusizióh processione; Savéstro Silvestro. 

145. Apocope. V. nm. 42 70. 

146. Suoni concresciuti. V. nm. 66. 

147. Abbandono di /, perchè creduto articolo. V. nm. 66. 

148. Metatesi. V. nm. 72; e qui fihzomta. 

149. Attrazione. V. nm. 62. 



XXX. APPUNTI MORFOLOGICI. 

150. Metaplasmi. Normale quasi il passaggio de' femminili di 
terza in prima: ràda rete, rida vite; févera acc. 2. fréve^ radiga\ (piéra) 
pómcga\ varniza'j però anche non infrequente il passaggio de' femminili 
di terza in seconda: nio acc, a néve drlo, parlo, z^nlo; pólvero; lumo 
acc. a lume^ kórlo, kàrno^ ndvOj nòto, tóso, bólpo, ecc.; v. nm. 29. 

151. Genere mutato. Maschili in femminili: sttólza solco, lumo 
nm. 1^0; figa y .%'rpa serpe; ed il contrario: plus peluzzo d'agnello; 
lagremé\ skud^l chicchera grande. 

152. Casi. Parrebbero residui, per quanto tralignati, di desi- 
nenza nominativale flessiva: .sóro, soróle sortile nm. 70, frd^ fradéj^ 
Itelo néza^ neldùne^ zia, zi dune. E forse qui pure pen, Pi'di^ déj d^di, iti, 
nidi] mail, manne. 

153. Numeri. Usati solo al plurale, e son maschili : ^aZ/'tV/, bazióni 
bacchette traversali (sottili) del carro, garnéj sorta di legumi; e, per 
casi di plur. iitmm.: fiavóle, varóle\ fórftze, jerbéte sorta d'erbe man- 
gerecce; sterpe graticci per il letame (v. App. less.). D'ambo i generi: 
(lej sudóre acc. a (ij sudóri. 

154. Comparazione: m^o adoperato accanto a mejór, p4zo 
acc. a pezór. Qui anche: piint méjo, piuit p4^o\ ed il superlat. 
bililisimo. 

155. Numerali: vun, vuna\ do dai dure', Ire, kvdlro, zinkve, sie, 
séte, vólo, nòve néve, diéze géze, vùndize, dódize, trédize, kvalórdize^ 
kvindize, sédize, diziséle, dizdólo, dizhóve, vinli, Irénla, kvardnla, 
zinkvdnla^ sesdnla, setdnta, votdnla, nondnla, sènio, mile; dot mile; 
mildnla, ecc. 

156. Articolo: al el 7; la V\ i, le; del, del a] al, ala; dal, ddla\ 
dèi, déle; di, ale; dai, ddle\ Uitél, Utldl, Uiléla, Uitdla; ^nléi, ^ntéle, ^nldle\ 
ed 'nldii, ^nldna in uno, in una. 

157. Pronomi personali. Forme nominative: mi, mio; ti, Ho; 
nói, nói j altri; vói, vói jdllri; lu, lui; kon lui; al (ogg.ì, a; jél, jéla; 
lóri, jéle. Forme atone: me, te, se, cjuest' ultimo, usato qua e là, in modo 
da far ricordare lo slav. {kóme se carne vói?); cfr, anche nizz. e 



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168 g) Dialetto di Sissano. 

SCHUCHARDT, Slawo-detitsches, ecc. 107; ^nde^ ve, se (se rekordé 
ankóra kvdJko kdnto?):, ^e, hi, la\ li, le. Pronome neutro a, sebbene 
non troppo usuale. 

158. Possessivi accentati: w/o, tnéjo; lóro, tójo\ sóvo^ sójo; 
mtr, Idi lóri', sói sàvi; mie; t()ve\ sóve sóje; nòsco '^ vòsco '^ sójo. Procli- 
tici: me ma^ lo, so per ambo i generi e numeri. 

159. Dimostrativi: kvéslo, -a; kvésli\ -e; kvél^ -a; kvéi^ kvéle. 
Forme atone: 5/0, sla^ sii, sle. 

160. Altre voci pronominali: kvdl^ fai, kvàlko, kvalkoduh\ 
kvalkósa; nesùn, nesùnaj nankth'i\ hi, kio (in unione a per); he (anche 
sost. neutr.); tanto, kvànto, piiras^ («i^^-^; altri \ ji sléso stéso \ póki, tanti', 
ne se ké non so (|uanti; v. nm. 39. 



VERBO. 

161. I tipi biella conjugazicme, comuni suppergiù agli altri dial., 
esemplati, per la I in kantà, per la II in savé, vedi, per la III in senti, 
fini, ecc. 

162. Non infrequente il passaj^gio dei verbi in -ere alla classe in 
'-ere: vedi, lazi. Così pure quello de' verbi in '-ere, -ère alla classe in 
'ire: meli mettere, kredi credere (cfr. berg. credi), skondi; ardi ardere; 
bevi bere, kresi crescere; dopendi dipendere; deskori discorrere. 

163. Desinenze personali. Normale 1'-/ per 1' -o atono di l* 
prs. sng. Punte tracce del -5 di 2^ prs.; V -o per 1' -e di 3* v' appar nor- 
male: méto, krédo, ecc. Qui del pari V -émo e V -é introdotti nella 
prima conjugazione. 

Indicativo. 164. Tema del presente. Assai frequente, nella 
I conjugazione, r aumento nelle quattro persone critiche, già avvertito: 
brakizéa braccheggia, brunbiiléa gorgoglia, lanzéa ansa, masti^éi, (se) 
nuvoléa, pipuléa fa stentatamente, o di mala voglia, qualche cosa; 
(a) skisoléa, tonizéa, vormizéa, niesedéa, ibrunzinéa, navi^éa, ecc. 

165. Imperfetto. Per l'assimilazione fonetica, ridotti a due i tre 
tipi delle desinenze del tempo: -èva, -iva; la 2* prs. pi. pur mantiene, 
sebbene tralignata alquanto, la traccia del pron.: kantévio, manévio, 
vedevi o, févio, dizévio, volérlo, sentivio. 

Congiuntivo. 166. Presente. In tutto eguale all'indie, fuorché 
^nella 3^ prs. Peli' imperfetto s' hanno le desinenze comuni: -esimo per 
la I* 'ésio per la 2* pi. 

167. Condizionale. Le tre persone del sng. hanno le desinenze 
-avi, -a; la i^ e 2* pi. assumono, accanto a queste, le corrispondenti 
deir imperfetto in -àsimo, -dsio(u). 

168. Infinito. Appar normale il dileguo dell'ultima sillaba. 

169. Gerundio. Costante il tipo in -éndo, generalizzato 
anche pei verbi della I; per quelli della III, s'ha -indo; finindo, 
sentindo, konparindo, /jaZ/wr/o ; singolare savéndo, sebbene antiquato, per 
'essendo*. 



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XXX. Appunti morfologici: Verbo. 169 

170, Participio. Qui pure una serie di participj in -ésio: volésto 
acc. a volù^ savésio acc. a savù^ podésto acc. a podu, kredésio acc. a 
kreduj metésto acc. a méso\ e, per analogia con questi, //«/s/o acc. s. fini. 

171. Participio presente in funzione aggettivale: stU' 
diéniOj lavur0tio^ skur^nio, punz^nto. Singolare: fatiki affaticato, fami 
affamato (cfr. vali, famida, bresc. rabi rabbioso). 

Elenco di verbi notevoli. 172, Jesi *essere: son^ son^ zéj sènio 
sinémo, sé, zé; jéri, -/, -a, jérimo jérino^ jériOj jéra; saré^ -^, -ó, 
saremo, -é, -ó; saràvi, -ij -o, saràvimo, sardvio, sardvo; sii, sii, sia, 
sémo siiiémo, sé, sia ; sardvi, -/', -o, saràvimo sarésimo, sardvio sarésio, 
sardvo saréso. 

173. ré h ab ere : j-é, j-éJ-Q, vémOy véj'ó ; vivi, -/', -a, vévimo, vévio, 
véra; rare, 'é, -ó, varémo, -è, raro; rardvi, -/, -o, rarésimo, varésio^ 
rardvo'f jdbi ahi, -i, jdbia, rèmo, rè, jabia; rèsi, -i, -o, rèsimo, rèsio, rèso. 

174. dovè debere: dèri, ^i, -o, dovèmo, -è, ^dèro; dovevi, ^i, -a, 
dorèrimo, -èvio, dovevo; dorare, -è, -d, dorarèmo, -è, -d; dorardri, 
-i, -o, dovardvimo dovarèsimo, dovaràrio dovarèsio, dovardro; dèbo, -i, 
dèba deva, dovèmo, dovè, dèba; dovèsi^ -/, -o, dovèsimo, dovèsio, dovèso. 

175. volè rorè *voIere: rói, rói, rgJ, rolèmo, roìè, rgl; volevi, 

r r r r r 

-i, -a, volèvuno, roìèvio, volerà; rolarè, -è, -ó, volarèmo, -è, -ó; 
rolardri, -i, -o, rolarésimOy rolarèsio, rolardro; rójo, -/, vója, rolèmo, 

rolè^ vója; rolési, -i, -o, volèsimo, -èsio, "èso. 

176. podè *potere: pósi, -/, pgl, podèmo, podè, poi; podéri, -/, 
-a, podèrimo, podèvio, podèva; podaró, -è, -ó, podarèmo, podarè, po- 
daró; podardri^ -/, -o, podarèsimo, podarèsi(r)o, podardvo; pósi, -i, -a, 
podèmo^ podè, pòsa; podèsi, -/, -o, podèsimo, podèsio podèsivo, podèso. 

177. savè *sapere: 5^, sé, sa, saremo, saré, sa; sarèvi, -i, -a, 
sarèvimo, savévio, savéva; savarè, -èj -ó, savarèmo, savarè, savaró; 
savardvi^ -ari, -o, savarèsimo, savarésivo, savardvo', sdpi, sdpi, sdpia, 
savèmOy savè, sdpia; savèsi, -i, -o, savèsimo, savésio, savéso. 

178. reni venire: réni, -/', reh^ riitémo, riné, ren-, riniri, -/, 
-a, riitirimo, riiiivio, riitiva; vittarè, -è, -ó, vinarèmo, -è, riùaró; riita- 
rdvi, 'i, 'O, rinarèsimo, -èsio, vinardvo; veni, -i, -èfia, viiièmo, -è, 
reità; riiìisi, -i, -o, riiiisimo, rihisio, riiìiso. 

179. zi *zir: rd^i, -i, ra, zèmo, zé, ra; zèri, -i, zèva, zévimo, iévio, 
zéva; zar è, -è, -ó, zarèmo, zarè^ zaró; zardvi, -i, -o, zarésimo, zarési(v)o, 
zar aro; rd^i, -i -rdga, zèmo, zé, rdga; zési, -/, -o, zèsimo, zési(v)o, zèso. 

180. co *tjor: có^i, -/, co, colémo, colè, co; colevi, -/, -a, colè- 
rimo, 'èvio, coleva; colare, -è, -d, colarèmo, -è^ colaró; colardvi, -i, 
-o, colar esimo, colar èsio, colardro; có^i, -i, cóga, colémo, colè, cóga; 
colési, -/, -0, colèsimo, colési(r)o, colèso, 

181 — 182. da dare, std stare, conjugano in tutto come il 
precedente ; fa fare : fd^i, -i, fa, fémo, fé, fa ; fèvi, ~i, -a, févimo, 
févio, féva; fare, -è, -ó, faremo; fare, farò; far avi, ^i, -o, far esimo, 
farèsi(r)o, f aravo; fdgi, -/, -fdga, fémo, fé, fdga; fèsi, -/, -o, f esimo, 
fèsi(v)o, fé so. 



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170 g) Dialetto di Siisaoo. 

183. Avverbj modi avverb. e partic. Qui i soliti avverbj 
e le solite particelle, desinenti in a, di cui v. nm. 21-23; ^ v* s'ag- 
giungano: (de) sòr a, sóla^ fora, màsima\ a r^/o a fior d'acqua; e, per 
la serie degli avverbj in nt^nlfrejo: in amento, solam('nto, libraménto^ 
ver amento '^ malaméntrOj s('npro^ ins^nòro, par amor ^propter', kva- 
Innkve vòlta. 



XXXI, APPUNTI SINTATTICI. 

184:, Non così frequente, come altrove in Istria, V uso dei pro- 
nomi pleonastici al el 7; la, le: sto nadàl a(l)lo j-q tajà via Ci figa)', 
e la véca la se j-ò rabid, e la j^g fato, ecc.; ma anche: le kdze nòstre 
ze beh fornide\ sto lóvo jéra fami. Né v' appar pur normale l'uso 
dell'impersonale neutro a, e ricorre solo sporadicamente: una vòlta a 
jéra, ecc.; ma più di frequente: sto jopankér jéra un vòmo, ecc. 
Più comune risulterebbe il pleonastico i davanti alla 3* prs. pi.: lòri 
i ze andddi; sii ladri i se parlerà; sii sèrvi i jéra de kor tènero', no 
i j'Q vusù fa kvésto; ma anche lòri ^e dis. Per l' uso del riflessivo se 
dopo altre persone che non sieno la 3*, v. nm. 157. 

185. Sporadico pur V uso del pronome duplicato di 2^ e 3" 
prs.: kòsa ti vói ke fémo de ti, ke no zé nànka kòsa vedile?, Itti al 
tenterà', jéla la ^e dis', jéla la se ze mésa; ma anche lui j-q zugà\ 
jéla dis. Ripetuto il pronome ed il verbo nella locuzione enfatica: so 
mare de jéla', ze bon maiid al lardo kon kródi^e ^ntdl faro, ze boti 
malìa. La part. a qualche volta tralasciata davanti Tinfin.: fina ke lui 
veh kdza', lòri i ze rivddi kdza; jéle zide kàza. 

186 — 187. Omesso qui pure V articolo davanti al pronome 
possessivo: el paròrì ^e dis a so fémena', '« nòsca kdza nói vémo de 
duto; ankùo mi son sta a Pota per me afdri; ma anche: el nòsco 
kórpo j'ò purasé parte; i so kitcari. Egualmente il 'zV davanti ad un 
participio: jéla zida via; el fio del re zi dia kdsia. 

188. Normale la degradazione di Horna ad avverbio: dòpo 
diind i son zi torna; el sento torna. 

189. Singolare la costruzione nelle proposizioni dipendenti: 
saréso (fttso) mal ke mi metési; me paréso de bruto ke mi finisi; se 
vési le manne, skapulési; i ladri ^e dis al jopankér: te désimo i koséti^ 
se ti fusi boit de portali; se no la réso le manne, dizési ke zé ma mojér. 



XXXII. APPUNTI LESSICALI. 

antigiddde; da antiquitate; cfr. vali., dign. 'ntikiddde, intikiddde, 
poi. ankitiddde, gali. antikiddde\ a. berg. antigidad, mil. antighitàa, gen. 
antighitée, parm., mant., mir., piac., boi. antighitd, sard. antighiddde, 
mod. antighité, regg., rmgn. antighitée, engad. antiquited; it. antichità, 
nap. antechetd, ecc. e flechia, Arch. VIII 323. 



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XXXII. Appunti lessicaU. 171 

arkunb^lo; cfr. pir., vali., gali, arkttnb^, dign., poi. arkunb^l, fas. 
arkttnb^j rov. arkunbié, -b^, e muss., Beiir. 28; salvioni, PosL il. 4. 

armolih\ da arme 11 in a; cfr. pir. armelim, vali, ar mulina^ dign. 
armnléin armiléin, gali, armulhì, fas. armilé'na, poi. armelina, rov. armi- 
lé'n^ -a, niugg. armelin, triest., ven., pad., trev., ver. armelin^ a. vie. 
armellinOj rover., trent. armelim\ gen. armognin^ monf. armunin\ piem. 
armenàuj mondov. armujdn\ mant. armili a , ver. armil, it. armili ina^ 
e SALVIONI^ Po5/. /7. 4; KÒRT. n. 734. 

baligola cacherello, nm. 96-98; e sarà derivato da ^bdla\ 

bazàdiga] deriva da *basiatico; cfr. row bazddaga, vali. bazddigOj 
dign. bazddego contraddote. 

òai/,g"ó/ basilico (ocymum basilicum) ; da*basilicólo; cfr. vali., poi. 
bazigól, dign., gali. bazigQl, fas. bazigól\ pir. bazélego, ro\'. bazéHiko^ 
^^^Z- bazilikj triest. bazilico; mod. bazaléch; pad., ver., a. vie. basilico-^ 
rover., trent., piem., crem., piac, mant., ferr., basalicó, ven., trev. 
basegó, a. berg. basergó^ gen. baxaicó^ cai. vasalicó, teram. vasanecóle^ 
abruzz. rasanecóle, ecc. {^aóihxóv) e lorck, 208. 

bru(n)buld ('éa) gorgogliare, nm. 164; cfr. pir., poi. brombold 
('éojj dign., fas. brunbtdd ('éo) brontolare, tuonare, far bollicine. Sarà 
voce onomatopeica, deriv. da un tema brom o burba (lorck, 201). 
A Pola si dice anche: zbronboldr^ far le brónbole (cfr. pir. / brómboli) 
di quelle bollicine d' aria, che vengono alla superficie dell' acqua, quando 
uno sta per annegare (v. schuciiardt, Rom, Etym. II 145 sgg.). 

kad^la kad^na mignolo, fior dell'olivo. E da Catella (dim. acc. a 
catulus) germoglio; cfr. rov., gali, fas. kadiéla, vali., poi. kadéla 
fior d' olivo; soprsilv. cailg calj germoglio, dial. A' Arh. gdj to\so\Oj sanvitt. 
cdj\ mesolc. cajd germogliare, berg. gdja spicchio, mil. sgails { — sgajiisc) 
torsolo, baccello, mil., com. gajiim, sgajiim, berg. gaòm gajòm mallo, 
bresc. gaér pula, gajól pagliuolo rimasto sull'aja; berg. scaós pannocchia 
spogliata; it. gagliuolo\ frc. caieu germogHo della cipolla, ecc. e Ascoli, 
Arch. I 271 VII 518; SALVioxr, Bial. d' Arb. 54; kòrt. n. 1734; 
SCHUCHARDT, Zeilschr. f, r. Ph, XXIII 192 sgg. 

kandeléto cataletto. Egualmente negli altri dialetti kalalélo] da 
*cataletto , seppur non sia un dim., deriv. da *càtalus per càlathus(?); 
cfr. MUSS., Beilr. 40; salvioni^ Dial. d'Arb. 17 n; meyer-l(jbke, Rm. 
Grm. II 583. 

kania pesce cane (squalus plumbeus). Sarà deriv. da * cane a (cfr. 
poi. kania^ kanéa kanéga^ gali., fas. kania^ ven. cagnéa^ niugg. canisa^ 
vegl. cagndis). 

kavalélo tratto di terra fra una serie di viti e V altra. Egual- 
mente s'usa a Fasana. 

cimar (pr^to) rappreso del bue, o majale, che si mette nel latte 
per far burro od altro. Parrebbe risalire a *cima'; cfr. però anche lo si. 
cima germe, cimanje germogliare, di cui il primo è a sua volta derivato. 

kólizo arboscello, i semi del quale assomigliano al riso, e di cui si fanno 
anche pali 5 cfr. dign. kóulizo, gali., fas. kùlizo^ kóHizOj vali., poi. kólizo. Lo 
si. ha kólje pali, kolìc per 'piccolo palo' (v. App fon, dign. nm. 99-100). 



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172 g) Dialetto di Sissano. 

érize, lézo elice. Da *ilice, *iliceo; cfr. poi. élize^ léso, pir. 
élse, friul. éliSj ven. élese^ sard. elighe, it. elee, e d' Ovidio, Grndr, I 507 ; 
Kòur. n. 4072; SALViONi, Nnov. Post. it. 13. 

fléma calma, ed 'ultimo avanzo di acquavite, che emana dal di- 
stillatore, fornito di poco alcool, di color pallido e bianchiccio'; deriv. 
da phlegma. In egual senso, T usa il pir. dign., gali., fas., poi. e dalm.; 
cfr. friul. fléme, ven. flema acqua cheta^ persona tarda ne' movimenti, 
pazienza, it. flemma, 

gàda gugliata di refe; che è da vicata; cfr. dign., gali., fas. 
gàda, vali, ^éda, soprsilv. gada, e ascoli, Arch. VII 530. 

jnd^l Jud^vo judéo, p\. jud^j, giudeo', da *judaeus; cfr. vali. gud('l, 
pir., poi., judéo gudéo, rov., fas. gudio, dign., gall.^W^o; soprsilv. ^/>^n/ 
giditt, ven. giudèo, berg. giódé ziidé, piem. giudé, a. gen. zué, friul. 
iu^ió, boi., it. giudeo, ecc. e ascoli, Arch.Wl 530 X I49;kòrt. n, 4476. 

léndis, lindis guardanidio ; rispecchia, specie il secondo, un *indice\ 
cfr. fas. e'ndize', lad. lindes, ilnes, indis^ lomb,, pav%, parm., regg., mod. 
éndes, mant., ferr. endas, monf. ende, tende, rom., boi. ends^ it. indice, nap. 
énnece ; prtg. endes, endèz; abruzz. lécene, e schneller, Die Rom. Volksm. 65 ; 
CAix, St. n. 311 ; KORT. n. 4222; salvioni, Post. it. 1 1 ; Nuov. Post. it. 13. 

lóniza pentola di terra cotta; se risale veramente ad olla, col- 
V esito, che pare arieggi lo si. -ica. Il ro vigno- fasanese ha egualmente 
tu lisa, il dign. iQlisa, il gali, luólisa; però lo slov. ha litnez 'Klapper- 
topf (rhinanthus sp.); cfr. kort. n. 5736. 

maJQl magliolo, e ^mozzo della ruota'. Da *modiolo; cfr. 
rov., dign., fas. muJQl, pir., poi. ntajól, friul. mujùl, ecc. ascoli, Arch. 
I 5 1 1 ; e V. DU e. s. v. 

madargla sorta di botticella, usata dai marinaj. Da *mezarola 
(per medi aro la), che il du c. ci dà qual hnetreta, mensura liquidorum'; 
cfr. rov., fas., mazargla, pir. medaróla, poi. mezaróla, ven. mezariola, 
cai. menzàlora, sic. minzalora. 

ndnara ndnera anitra. Da * anatra con prostesi di «; cfr. ascoli, 
Arch. VII 444 n; lorck^ 8; kòrt. n. 540. 

nistule acc. a vistule (per lo più, in unione a zi, sta, Jesi) 
farsetto. Il riflesso nostro, che rispecchia un tema *nastulo o meglio un 
aat. nestilo nestila (mat. nestel fiocco di nastri, cintura, t. od. nestel 
nastro, neerl. nestel cinghia), è diffuso in Istria e fuori; cfr. rov. né'stule, 
vali, gal!., poi. nistule', vali, viscole-, dign., fas. nélstule, né'stule farsetto ; 
a. berg. nestola, berg. nistola, com. ndstola, vali. Tromp. néstola nastro^ 
legame, pad. nàstol nastri di zucche; berg. nistolu dondolone; bresc. 
nestola nastro, e ^sorta di tela', vallon. nàie, rum. nastur nodo, e lorck, 
171 178; KLUGE, Et. Wrtb.^ 270 s. v.; App, fon. vali. nm. 39 n. 

pietà piega di camicia o vestito, legatura di un tralcio di vite 
all'altro'; e sarà da plecta, come vide già il Maestro {Arch, I 340); 
cfr. anche rov., dign. pjita, pir., vali., gali., fas., poi. pietà, ven. pietà, 
friul. pléte, ecc. kòrt. n. 6215. 

pipuld (-éo) fare di mala voglia q. e, stentacchiare; e pare 
voce onomatop., seppur non rifletta un pipila re per 'pigolare'; cfr. 



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XXXEI. Appunti lessicali. 173 

pir. pipinà^ fas. piptilà^ poi. pepoldr^ friul pijiilà pigolare, tirare appena 
il fiato in parlando, triest., ven., vie, ver., rover., mant, ecc. piolar far 
una cosa lemme lemme, mod., piiiUr piolér, pad. piolare, it. pigolare^ 
piare nicchiare (v. anche ted. piepen^ pimpeln)^ e kort. n. 6li8 6160. 

pléter graticcio de' muri e dei carri; donde il verbo ^npletd 
cingere di graticci; (le) ^npletdde cinte di legno attorno al carro; e 
saran tutti probabilmente dallo si. pletir graticcio (cfr. oplétati cinger 
di graticci). È però vero, che anche questi riflessi stranieri si 
posson far risalire al lat. plectere (cfr miklosicit, El. Wrth. s. 
v. plet)^ donde eziandio deriv^a lo sp. pleila graticcio di giunchi (v. 
KÒRT. n. 6215Ì; ma rimarrà pur ovvia la supposizione, che la fonte 
diretta sia stato il vicino popolo slavo, come quello dal quale princi- 
palmente si esercitò, e s' esercita ancor oggi, T arte del carrettiere. 

ragand unire, ripiegare sii vesti, abiti e simili. Riviene a *re- 
caniare (-l-gannire), come ebbe già a provarlo il Maestro {Zeiischr, 
f. r. Ph. XXI 202); cfr. rov., dign., fas. ragajd stì, pir., poi. regajdr 
rimboccare, friul. ragagna sussurare, mormorare, sp. reganar^ prov. 
reganhar^ reganar^ a. fr. recaner^ od. fr. rechigner^ ecc. 

skaruzd gettar le bave; cfr. dign., fas., pir., gali, skaruzd^ poi. 
skarnzdr\ friul. sgiarttja^ pad., vie. sgarngiare ecc. stuzzicare, frugacchiare. 
Da *ex-carugiare suuuchardt, Zeitschr. f. r. Ph. XXIII 192 sgg. 

soìferico forfora; cfr. friul, schélfe. Che e* entri immistione di 
sulphur(?). 

spiuméra cucchiara da levare la spiuma, detta anche spmmavQla, 
spiumdda. 

sterpe (fem. pi.) graticcio per il letame. Riviene forse a stirpe; 
cfr. poi. stèrpa^ friul. sterp^ lad. stèrpa^ e kort. n. 7781. 

susindri sorta di granchietti di grotta (carcinus maenas) ; a Rovigno, 
ed altrove in Istria, detti ^mdzene\ a Fasana ecc., Venezia, ^moléke\ 
Lo si. ha susina collettiv. per ^carne salata, cosa secca\ 

vagantia sterile (d. di donna o di animale, che non abbia figliato). 
Deriva da * vacati va per vacua; cfr. dign., gali, vagante] a^ sard. bagantiu 
vacuo, donna ba^antia donna che non ha figliato, bagantinn libero, non 
seminato, sass. vaggann scapolo, lece, akantia nubile, e morosi, Arch, 
IV 128; guarnerio, ibid. XIV 407; schuchardt, Zeitschr. /. r. Ph, 
XIII 532. 

zlanguitd languore; cfr. pir., rov. zlanguidisa, zlangué\ fas., poi. 
zlangvitd^ ecc. salviont, St. d. f. r. VII 228. 

zója gioja, corona, ghirlanda, giojello. Da *gaudia e non, come 
altri pretese, da joca; cfr. rov. zùja^ pir., poi. zója^ ven. zóga^ friul. 
io/V, sic. jójaj sanfr. jdja, gr. od. t^àyia, ecc. e muss. Beitr. 122; 
G. MEYER, Netigriech, St. VI 28; de Gregorio, S'» Glott, 108-109; nigra, 
Arch. XV 1 12- II 3. 



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PARTE TERZA. 

XXXIII. SAGGIO DI TRASCRIZIONE DI TESTI VIVI. 

A. ROVIGNESI. 
NOVELLINA. 

Isttiória de Karónte^, 

Una vuoila a <Jira mare' e mujér^ e l giva può vari; e da gran 
yuch'ari lei gira, m mnjér zi zé'da a kamindndo al móndo, A kami- 
nàndo Ica la va, la skóntra uh HÌùr, Sta siur ga dunidnda lila Ica 
la va, e giln ga de' ha la va a Icatd la mòrto; ha la zi daspardda, 
ha la. va a kamindndo al móndo, E stu mtr ga de': ^ySinti, sa vut 
i ma fi kdrta de kuil 7c' i vari, e k' i nu vi in lidia, mé^ i va ddgo 
kudnti hiési k'i vulij' E gila ga dé^ : ,,Ben, siùr!^^^ — Iai pansiva Ica la 
viva da dòHo in kdza, e Ica nu ga mankiva né^nfe, — la g\i fdto la 
kdrta; e lò'^ al g^ u dd tdnti e tdnti hiési. La va. a kdza da su maré^, e la 
ga kónta dò"to: ka stic siùr g'u dd tdnti e tdnti hiési, e Ica gila la g u fdto 
kdrta die kuil ka la nu uò in Icdza, E su maré^ ga de': y,Ti soft stdda 
mdta da fdge kdrta de kuil ka ti nu té in kdza? TI nu sié Ica priésto 
ti farié un fantulé'n? 1 sié ben ka ti ié da dòHo in kdza, ma a ta 
mdnlca dnlca Zo"; kuisto iikuil ka ta mdnlcaP' Stafimana, Ica sento 
kuisio, la sa mHo gran a piurd, e la de': ,,A, puòvara me', lei lei 
ié fdtoP^ In ledo a kudlku miz a zi vino'* al tiérmeno, Ica Vuò 
jmrturé'; a ga zi nato uh fé'o, Stu fé'o i V ti mùo a slcóla; dò'^te 
li vuólte ka'l ga ziva a Icdza stu fé'o, su pdre al tiriva uh gran 
so" sto; e Icusé' al fiva imi vuòlta Ica stu murié ga éiva a kdza, 
Duópo da kiiisto, a ga zi mito dltri dui fiuòj; e 7 pdre V u misi 
listiso a skóla, Ku ziva a kdza sii dui farddj, al nu suspiriva al pdre; 
ma^ ku ga ziva a kdza stu Piré'h, — al viva non Piré'h stu 
murié, al pré'mo, — al suspiriva sénpro. Uh de', stu Piré'h 
al ga kónta al majéstro, ka, ku V va a kdza, su pdre al té'ra uri 
graii suspé'ro, e lo' nu sa parki(de), Stu majéstro ga de' a stu 
P ir ehi: ,,Dumdndage a tu pare, parici le al té'ra stu suspé'ro, 
kudndo ka té' ti vdgi a kdza?^^ Stu Piré'h al va a Icdza, al va, 



Narrala da Maria Puschia, d' anni 21. 



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Testi: Novellina. 175 

e, 7 (ja dnmdnfla a m para, e 7 ga de : y^Miser pare, dizime parici 
le i tiri stu só'sto, dóHe li vuoile lei viéiìo a Icdza mé'of' E stu su 
pare al ga de': ,,Kdro fe'o, ti nu vuol Ic^ i suspé'ro, a Imnsidard lei 
ti son vindo'^ intilli man del gdvoP' Stu su fé*o ga de': ,,E par 
Icuisto i suspirif Nu sti zi dré'o, Ica me i vardarié da Icavdme da 
Icuile man,^^ Al va a slcóla la dal maj èstro, e H ga Icónta, Ica su pdre 
mspé'ra, parici lo' al zi vindó"' intùia scavilo^'- del §doo. Al majéstro 
ga de' : ,, Senti, Piré'n, capa stu l&bro, capa s()"n e va a Icamindndo 
fé'ii lei ti ré' vi al fió^^mo Gurddno, Ku ti son Id, Mma Karónte, 
e lo"' al vinaruó, e ti vadarié di(i) drhuri injiuré'di e di(i) drhuri 
siici; e ti ta matarié ziita un drho siko, e ti lizarié stu lé'hro; si ti 
vidi Ica sin drho, Ica ti soii zitta., al ta sinfiur&so, de Ica ti son 
daliherd da Icuile zgre'nfie, e sa nuó, al dé^, mé^ nu sié lei fdtej^ 
Stu Pire' il cu siti lé'hro, e 'l sa meto a Icamind; al Icamé^na, al 
Icamé'na, e 7 ré'va intun un daziérto. In stu, daziérto, a gira, una 
Icazita, e drento a gira una viéca, Stu murié va par zé^ drénto, e 
sta viéca ga dumdnda: „Ula ti vdgi, fé'o, da ste hdndeP^ Stu 
PiréHi ga raspando: „I vdgo a, vidi s^ i puoi Icavdme ddla scavitó^^ 
del (javoT Sta viéca ga de': „A, fé'o, leud lei ti son vifw'^! ^' a ven 
ma fé'o Pulilcdno a ledza. Io'* sigó"ro al fa mdiia, parici hiéha le'i 
ga ddgo tini de' ó"n mdnzo, le al mano." Gó"sto lc7t la diziva Icuisto, 
stu Pulilcdno ven drénto. Sta viéca capa stu Piré'n e la su lu 
melo zùta li leuótule, par slcondalo. Stu Pulilcdno al de': 

„Gé'ii, gè' il, a ma sa dur da leriscanéhì! 
Gdn, gdii, a ma sa dur da leriscdn!" 

Sta viéca ga dé\' ,yFé''o, me' nu ié né^nte; me' me ié ningó"n 
in ledza," In Icuila mité'na, sta viéca, invir da ddge da mafia ó"n 
mdnzo, (a ga na dd ó"n e un leudrto, Stu Pulilcdno ga dé\- „Ka 
,fdsio le' i son sta mité'na! I stdgo pruópio heii!" La viéca ga de': 
,,§enti, Pulilcdno; me' t'ié da dd maùd ó"n nidìizo e un leudrto, e té' 
a ga voi lei ti ma fdgi un sarvé'zio, Ica zitta da me' i ié un murié 
sleónto," Stu Pulilcdno ga de' tura: „Dime, lei lu vido!" Gila la gu 
lu muóstra, e stu Pulilcdno al ga de': „A, Ica hiéla murénda le' i 
farié sta mité'na T Sta viéca ga de': „Nuó, fé'o; Idga le' al sa vdgo 
pré'ma a leavd da Icuile man del gdvo, Ica fuórsi al ta purtaruó 
niive da Icuile hdnde," Stu Pulilcdno al ga de': „i$énti, Piré'n, 
hen; me' i ta Vigo la vé'ta, ma té', a pósta lei ti vdgi Id, fdme un 
sarvé'zio: dumdndage a Karónte par Iettanti dni le' al m' uó hgd 



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176 A. Rovignesi. 

kud?'' Sin Plré'n <ja de': ,,Sé% st', ine' l ga dumandané.*' E sta 
Pullkdno al ga de*: „Ma, fit prié^to: ven a mpiame dé^, ka me' i 
ta spalarle m na muntdna infén ka té' ti iurniy Stu Piré^n al 
va: al kamé'na, al kamé*na; al ré'va intana §itd. In sta sitd a 
gira siete dni ka nu ga piuviva; e W" al va da luògo la da un 
marangdii, Stu marangóii al ga dumdnda: „tìla i zivo da ste hdndef" 
Stu Piré*n al ga de': ,,I vdgo a vidi s' i puoi rakupardme da kuile 
mari del gduo." Stu maragdn ga de': „Za k' iii,fime un sarvé'zio: 
dumandifje a Karónte par kudnti dni k' in sta sitd aVnda ten 
V (Hcnaf Stu Pire' ri al ga de': „I ga dumandarié, bonT E'I sa 
rnt^to a tnrnd in video: al kamé'na, al Icam&na, e 'l ré'va la da stu 
Jid*^mo Gurddno; al vido 6"n viééo ktila hatilé'na, e'I lu Mma: 
^jBariahó^, véme a Uva, e véme a hutd da hi" Stu Dariahó^ ga 
raspando; al ga de': ,,Ula ti vuoi zé% ka da d&'ti kui ka ii vinó^di 
kudj ningó"ri i nu Vie purtd indré'of E stu Piré^n ga de': ,,E 
me i tu marie!'* Stu Barzahó^ al ga de': „Ben; a pósta ki ti vdgi 
da Id, dumdnda gè a Karónte par kudnti dni k' al m' uó miso kiidf 
^Stu Piré'n al ga de': „Sé\ sé', i ga dumandariéP' E lo** al lu 
hóHa da là dal fió^mo. Stu Pirètri al révaintiìnunprd, e'I vido 
di(i) drhuri: a'nda gira da siki e a'nda gira da kui k' injiuriva 
(injiurddi); al sa méto zuta un drho siko e'I cdina: „A, Karónte, 
KarónteT E Karónte zi zé' ; al ga de' lo": „Ki ti vuó' da me', 
ka icnktli o dumdn ti son miéof* Stu Pire' ri ga de': „E kumu ti 
vuoi k' i sé'o tuóvoT' Stu gdvo da Karónte al ga raspóndo: „Sa 
stu drho, ka ti son zìita, al ta s' injiuré'so, me' i ta zlyrigo la karta, 
ki g 'ié fdto a tu mdre,' sa nuó, té' ti son miéo" Stu Piréhì lura 
eie fora 'l lé'bro, ka ga viva dd 'l majéstro, eH sa méto a lézalo, e 'l 
vido Ica- sta drho ga s' injturé'so, e ka stu Karónte skdnpa; e stu 
Piré'n lu èdma a turnd: „A^ Karónte, a, Karónte; ddme la tu 
kdrta, ki ti ié té'o, e édpa la miéa, e zbHgala, ka V drho ma ,f in- 
fiuvè'soy Stu Karónte al va e'I ga de': „Cdpa!", e stu Pire' il al 
l'ilo èapdda, e'I l' uó zbragdda in dui Stu Pire' n ga de' (a) turnd 
a Karónte: „Senti, Karónte; par kudnto tenpo ti Idgi kuil 
Pulikdno Id, k' al tragatio la zénto, k' a zi tdnti mdi dni k' al zi zitta 
la tu scavitó^f Stu Karónte ga dé\' „^(nti; a zi pusé'halo ka stu 
drho s' infiuré'so?" Stu Piré'n ga de': „8é' k' a zi pmé'balo Ica stu 
drho s' infiuré'so, sé' k' al sa poi infiuréT E Karónte ga de': 
„Kusé' k'' a ii pusé'halo ka stu drho s' infiuré'so, kusé' Pulikdno sa 
poi salva ddli ma mari!' Stu Pire' ri lura al ga de': „Ben, ben; a 



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lesti: Novellina. 177 

basta Tcuséhr E Karónte va t?e*a. i§tu Piré^n lu cdnia a turnd: 
^,Kar6nte, al ga dé\ par kudnto ténpo ti §* ié tinó'^ V dkua in kuila 
dtd, k* a nu ga piovo, k'i £i pìniópio dóHi nigri da sif* $tu Karónte 
ga d&: „Vdnti k* a ga piovo in kuila sitd, a ga voi k' i fdgo una 
fuóhia, e k* i hóHo drénto al ri kùla rigé*na, su fé'o kun su mujér, 
al kdpo da kuntrdda kun su fé^Oy e, ku litri sé*e i saruó drénto in 
sta fuóhia, in kuila vuólta a ga piuvaruó," H^tu Piretri ga déJ: 
„Ti ma sigurii ka la éi Icusé'o?*' i^tu Karónte ga raspando: „Ku i 
ta dé*go mé% ti puoi sta sigaro ka la éi kusé% kumo k' i ta dé*go.'* 
I^tu Piré*n ga de* alura a stu Karónte: ,/^énti, Karónte, par 
kudnto ténpo Barzabó% ti Pie miso hi, k' al tragatio la iénto da 
kud e da la?" Karónte ga raspóndo: „Dé*§e a Baréabó^, k' al 
pré'mo ka ven da kud, ló^ al vago vé'a, e kuil k' a ven da là, Ica 'l 
lu lago in lógo suóvo" E PiréJii ga de': „Ben; a basta kuséJo!" 
f^tu Piré*n daspuói va la da Baréabó^, e'I lu cdma: ,,Barzabó^^, 
véme a Uva!*' E stu Baréabó^ ga de*: ,,Dé'7ne préhna s' i ma puoi 
salva?** $tu Piré*n ga de*: ,,Véme a cu, ka puoi i ta dizariéP' 
^^tu Barzabó**, al éi éé* a livdlo; al Vu culto ^ al V uó purtd da la, 
Ku'l V uó daibarkd, al ga de*: ,,Ti sié ki ka m* u dé*to Karónte? 
Al ma u dé*to, k* al pré*mo ka ta ven, té* ti vd§i vé*a, e ka lo** ti lu 
Id^i la" E Barzabó** ga de*: ,,Fiól d* un kart, s i sarivo, i ta latjivo 
té*o!" Alura stu Piré*n éi é& vé*a: al éi éé* twmd la da stu marangón, 
l$tu marangón al ga dumdnda, s* al g* u dumandd a Karónte kudndo 
k' a ga piuvaró la, E stu Piré*n ga de' da sé*; al ga raspando: ,,I 
savi ki ka m* u dé*to Karónte? Al m'u dé'to, k' i fi una fuóbia, 
e ku i V avi fata, k* i mandi a èamd al H kùla riijé^na, su fé*o kun 
su mujér, al kdpo da kuntrdda kun su fé' a, e k' i ga dizide k* i la 
vago a vidi; ku i éi la, òapili e butili drénto, e alura a va piuvaruó!" 
Ku stu marangón sento kuisto, al va a dé^^e a dóHi i siuri da kuila 
sita; e'I ga kónta dóHo, kumo ka ga viva kuntd stu Piré*n, Du" 
lóngo i siuH uó fato fa una fuóbia, e, ku la éi stdda fata, i uó 
manda a camd stu ri ku sta rigé*na, stu m fé*o kun su mujér, al 
kdpo da kuntrdda kun su fé' a, e i g' u dé*to k* i la vago a vidi, sta 
fuóbia; e ku i éi stadi dó"ti sé' e la, i V uó capddi e i V uó butddi 
drénto, e alura a g* u piuvisto siete de* e siete nuóte, Alura stu 
Piré*n, ku Vu ve' sto k* a ga piòvo, al éi éé* vé*a: al kamé*na, al 
kaméhfia par éé* hi de stu Pulikdno; e stu Pulikdno al lu spativa 
siila muntdna, Ku *l vido stu Piré*n da largo, al lu cdma: „Piré*n, 
al ga de*, a éi pusé*balo k* i ma salvo?" E stu Piré*n ga raspando: 

I V e , I dialetti. 12 



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178 B. PiraoesL 

„Aspléta; ven pré*ma kuh me', Ki ta dlzarié s' a zi pvsé'bahj" 
i$tu Pnlikdno il i& insénbro kun stu Plré*n iuta un drho siko 
e*l ga de* du Pirètri: „i^(ntate kud; sta a vidi sa stu drho siko^ 
k' a ti soii iuta, al ta s* injiuré'so; sa ti vidi ka stn drho siko al ta 
s* infiuré'so, dé^ ka ti son salvai /§tu Pulikdno al rido ka stu 
drho al ga s' infiuré'so, e*l ga de : ,,i$é' k'ison salvd! ti vidi kùmo 
K al s' infiuré^so stu drho?'' E stu Piré'n ga d&: „Adiéso kl ti son 
salvd, i vdgo vé'a,*^ Alura stu Piré^h il ié^ a kdia del su majéstm, 
e*l g' u kuntd d&'to kuil K al viva fdto, e k* al viva pasd. Al majéstro 
daspuól, al va a kdia da su pare, e*l ga dumdnda s* a il vino"- 
Piré*n, ^tu su pdre ga dé% f al lu stemma mvórfo par muórto, ka 
ndnka al nu gu lu mansunio. §tu majéstro alura al ga dé\' ,,l visijde 
kdro da vidalof* j$tu su pdre al ga de*: „Tdnto al ii a kdia vostra!' 
j,A va j^cir?'* al ga de* al majéstro. Al pdre ga de*: „Purtinialo a 
kdia miéa, V almdnko i lu vido!" i^tu majéstro al va a kdia, al 
édma Pire* il, e'I lu puórta a kdia de su pdre. i§tu su pdre, ka 
sa lu vido in kdia san e sdivo, al lu èdpa, al lu bdia, al lu strukulia; 
al ga dunuinda, s* al ii dalibard da kuUe man del §dvo. E stu 
Pire* il ga de* da sé*: al ga kónta dó"to kuil ka P uó fdto, al In 
siguria, k* al ii dalibard da kuile mari. Alura do" ti i uó fato festa: 
i uó std in pai, in kaHtd, mare* e mujé* e stu su fe*o Plré*n. — 
E la il furné*da. 



B. PIRANESI. 
FIABE; DIALOGO^. 

1. I tre fardéll. 

Uva vòlta jéra tre fardéli: do (h-hl e vii dltro noi vedeva. E 
sii tre fardéll, i ie andddi a kazld, I véva tre scopi: do roti e vii 
pénza fero, I a capddo tre liéveri: do i ga skampddo, e uii i no V a 
popudo éapd. I tóma indilo: i vedi um portóm, e i hdti kuntuii 
Jtl de pdja. Knélke no jéra gè rispóndi: ,,Ki va Idf Lóri i gè di: 
„Pémo tre fardéli: do órhl e vii ke no vedi; verno tre sòópl: do roti 
e uii pénza fero; J)émo andddi a kazld, e verno capddo tre liéveri: 
do i ga skampddo, e uii no lo verno podéHo capa,'' Kvél ke no jéra 
§e rispóndi: „Ml gó tre pliidte: do ròte e una pénza el fóndi. Dónka, 

1 Comunicatomi, del pari die le fiabe, dal sigr. Domenico Contento. 



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Testi: Fiabe. 179 

el di, tajarémo, manarémo e hevarémo insième.'* Tdja, maria, bévi: 
pémpre pdnza dóda, 

E mi, he jéro Id, 
no i me n* a voUsto da 
ndnka um bokóm; 
e kun un skopazóm 
i m* a mépo a pentd. 

2. La Konzazénera. 

A géra una maréfia, ke la véva una fidstra e do fie, A kuesfe 
dùto el bem, dùte le karupindole; a eia mùhi, muJióni, Lóre i vestiti 
ogdjy eia i ébHnzoK Lóre iiii pémpi'e al bagolo, eia pdldo in kdSa, 
iniédda dì-io el fogoldro. Per knésto, i gè véva mépo nómi la Kon^ 
zazénera, $ta pòvera mdmola, la maréna la la fazéva ini pémpre 
strupid; mai ke la §e vépi dado un gózo de pólso. Ve de pavé, ke 
a sta veèa §e géra kapitdda in kdda una kaverùzola, E ini maiina, 
la la toi'ììientdva, la maréna, la Konzazénera: ,,Pù! destéréete, ke 
fa di; vdgefd V éiba!" Un éórno, fra i dltm, la maréna, §e di: „Vd§e 
fa V èrba e fila sto limT La pòvera mdmola la va; la torna kul 
zbdlzo in stala, e la pe desfira per téra zìgdndo: „Grdma mi, kóme 
ójo de fa? Mi no pò fila!** A l* improvido, la kavemzola la pe méti 
parla, e la §e di: ,,Kordjo, fia, ke te jutaró mi!** La Konzazénera 
p* istrimipi; pò* la di: „E kóme pùstu, ke ti pori una bésca?** L* altra 
§e di: ti no sta zavarid kóme: 

,,Kula bdva lo filaró, 

e kùi kórni lo indasparó.'* 

E, intùn vedi no vedi, la §e lo a filddo. La mdmola kóri pnì 
a kdda, data légra: „Mdre, mare, la di, l* òrba la o fata, e kud de 
el fi!** „Hùstn ndnka sfdda brava? gè fa la maréna; tddi, ke domdn 
te lo rezonzarò !** E la §e Va reéònto intél domdm, Desperdda, la 
kóri, dréta dréta, déla Icavemzola, e la gè di: „Kavertczola mia, dépo pi 
ke pon ruvindda de fato im firn!'* „Ké te kdj?** §e di la kavenìzola. 
„Vdrda ke tantin, kuéla mère kdna, la me a dado de fila!" „Per 
kuésto no te sta pèrdi; va a fa H òrba, e mi te jutaró: 

„Kùla bdva lo filaró, 

e kùi kórni lo indasparó,** 



12* 



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l80 B. Piranesi. 

E dnka sta volta la ^e lo a jilddo. Ma la viaréna, a vedi 
tanto jil, lape a inmspitido; e, de baia kun pò fie, la §e a fdto la 
zgudita, Ku la maréna pe a podudo inkórzi déla kaveruzola, la pe 
a mépOj ditta inarbordda, a zìgd: „^ta kdvera te la mazarór La 
povera Guzazénera pianzéca sóta gózo via; ma lev kaveruzola la 
(je di pian: „Ké kddi de fifdì Ke i me mdzi pur! Basta ke ti ehi 
óco de 'ndd a lava le mule^ e ke ti có§i um pómo de oro, ke drénto 
ti katard; kuésto te jutard!' E kupi la a fdto: la a lavddo le mule 
e skónto el pómo, — Ve de pavé, ke in kuéi zórni géra rivado el 
fio del re, e k' el véva ordenddo tre fèste de bàio. La maréna e le 
skuinzie de pò fie le pe a incincerinddo, e le de anddde al baio, 
Alóra la Guzazénera la kóH la del pómo, e la di: 

y,Pómo, bel pómo, 
zbdpa la rama, 
e vésti la ddmn!" 

E te gè kdpita um bel vestito de hol, Kun kuésto la va al 
baio dnka èia. Kum péna la riva in pala, de dùto um momó de 
maravéa, El fio del re e dùti i zióri i voi bald kun èia: la géra 
pròprio el spiandór déla pala, Ku la fèsta de intuì fini, la ^e éhriiia 
via; lev kodolèa ei kdda, lei va lei del pómo, e la di: 

,,Pómo, bel pómo, 
vésti la rdma, 
despója la dama!'' 

E la tóma in varnadin, dùta zbHnzoldda, Po maréna e pò 
poi'éle, péna torndde, le gè di: „Guzazénera, pe ti fupié stdda al 
bdlo dnka ti, ke bela rigina ke ti vipié msto!" Eia gè rispóndi: 
„E pe fvpié stdda mi kuèla!" E Idre: ,,Va la, padolóda, pròprio 
ti vévistu de èpi?" La péra drioj lóre le tóma de rekdo al bdlo, 
E la Guzazénera, Usta, la va la del pómo, e la di: 

„Pómo, bel pómo, 
zbdpa la rdma, 
e vésti la ddma!" 

E pàbito, ékote um vestito più bel de prima. La va al bdlo, 
e dati i rèsta, et vedi tdnta beléza, e ditti la fd bald. Prima ke pia 
furnido el bdlo, la pe kalóma riev zita zita^ e, rivada a kdda, Id 
del pómo, la di: 



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Testi: Fiabe. 181 

^, Fórno, bel pómo^ 
despója la dama, 
e vésti la rama!'* 

E la pe kdta pùbito de Guzazénera, E pò maréna e pò 
poréle le la trova a pekudro el fogolér, e le §e di: ,Jni pémpre 
inièdda kud ti 8td§i? Anka sta nòte, ke ti vipié visto ke bela rigina ! 
La pareva una stéla!" „F(hm anka ke géro mi kuéla!" „Mo id, ti! 
Stante el kadél ke ti pam!'' La terza note de la medéma hólfa, Lóre 
le va pi ime, e èia la va la del pómo: 

,,Pómo, bel pomo^ 

zbdpa la rdma, 

vésti la ddma: 

fdla più bela ke ti poi!'* 

E la Guzazénera, dite ste paróle, la pe vedi um vestito bel, 
ke mdi, ke mdi, E via al bdlo anka èia. E ditti dHo de èia, a 
varddla, a fdla baia. La voleva, dnka sta vòlta, ibrind via, ma 
el fio del re e i dltri i §e ddva drio; e eia, de la fiiria, la a pèrso 
una skatpéta. El fio del re éó pù prónto la skarpèta; el iórno dHo 
V andava zigdndo: „Ki a pèrso kuèsta skarpèta? Kuèlapard la me 
spóda!" Una déle fie jèra al balkón, e la di: ,,Pom mi; vini, ke 
me la miduro /" Ma, ni a V una iti a V dltra, la skarpèta no la gè 
'nddva bem, El fio del re §e di lóra a ste ióvene: „Vèu altre 
poréle?" ,,Mdde ke nò!" le §e respóndi. La Guzazénera penti diito; 
la kóri Id del pómo, e la gè di: 

,,Pómo, bel pómo, 
ibdpa la rdma, 
e vésti la ddma!" 

E pùbito la de vestida kóme na rigina. „Mdre! mdre!" le ziga 
pò poréle: vini vedi la Guzazénera, ke la par una rigina!'' E le 
krepdva de imdra. Eia la ven fora e la di: „La skarpèta V o pèrsa 
mi!" El fio del re §e pròva la skarpèta; la §e va bem, Lu, lòra, el 
pe la pòrta via a kdda pòva, la Guzazénera, e'I pe la spòda, — 

Kadendzi déla Pónta, 
kadendzi de Marzdna, 
kadendzi de Peskaria; 
konté vù la vòstra, 
ke kontddo la mia. 



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182 B. Pìranesi. 

3. Dialogo fra madre e figlio^ 

M. Ih'éaa? 

D. Piade? 

M, de ben óra! Uiistu kiuif Onde vénistu? Onde jéìnstu fini* 
adépof 

D. In kalkóri parò stddo, Ké ve kdj? 

M, Anenie hdnte, ke regójo! A ti me fdzi kaskd le ine, K' dstu 
ankùoì Ké V intravernm ? 

D, V órko kuh pò mare. 

M, Krédistu, pe ti a la znidra Mila to nuimola, k* ébio de 
padiki mi? E po% ké kddi de kruzidpe tanto? 

D. Ve um bel di, véu; ma pe fupié intuì me pani . . . 

M. Mi?! una kópa pala te digo: mi e to pare ku geriémo dèi 
to ani, no kunipéimi ni tanti skuinziépi, ni tante ka/rupindole ni 
tanti badupi, maféimi V amor kum più pdde; pe anuiimi de bon km*; 
e perno zaroìndi vinùdi véciy pénza vépe mai dito um 'mal te véna!\ 
pe vipiémo skuminziddo kóme vu altri, dóve parépimo? 

D, Ke introniti dèli kuésti? Dóve intendéu para? 

M. Veno a di, ke pe tanto me da tanto, ke' za dépo ve uzé 
kupi, pardi mèo ke ti §e jipié el baio de V impiantóm. KrédiMu, ke 
no ti'nde katard una mèo? E po' 

D. Mèo o pézo, la me entra in gènio; la de bòna kóìue el bom 
pam; e pe vù , 

M, Dedina! Stante el spiandór! Bòna ti di§i? Kuéla lipdva? 
A la me d un *dnda de farudia ke konsóla! 

D. Kdra mi, intra ke ó V dnema vérda kùla mardntega de 
pò mare, no vini dnka va a fame kontamlnd! 

M, Ara, prèsto, prèsto, ndnka parla no podaró! Ma za, kupi 
la tóka! Fé, fé, pòvere mare: strvpié, spademé per i vòstri fòli; 
kdpita una skuinzia, e la ve li inzìngenéa; la ve li pòstra; e pe la 
ve pe iniéa in kdda, la pa mal kum péna inizd el fógo; ma la voi 
épi dona e madòna; e Dio vdrda a ditene mèda, a dd§e un òrdene. 
A la ve pdlta pùy kóme um badilisko, e no la fd ke davèrzepe e 
lementdpe: y^Miskina mi, grama mi, dóve ke pom vinùda a petd! 
Mai um moménto de pólso gò in sta léba de mdti; pémpre intuii 

1 La parlata, in cui questo dialogo è steso, è proprìamente quella de sub- 
urbio, differente alquanto dal dialetto della città. Con D, è indicato il figlio 
(Dréa Andrea), con M, la madre. 



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Testi: Dialogo. — Fiabe. 183 

ronza!'' Ve lanéu? Pé una grima^ una kdna; incuti e vardé de 
pupisti per anwQ^ de j)dde, A la fa Kàndia de vii; ma mi, in sti 
kudtro zórnij he 6 de vivi 

D. Ke rebuHda! Véu finido, véu? 

M, Mddej mdde, he no vójo maiidnie el figddo ! 

D, Mdre, pinti: mi no vófo inerii una èdhokv. Va no la v)olé 
in hdda ili viva, ni depénta. Beni! aadarémo fora. Dio de per 
duti; e pe pdre me voi dd la ligitinia, home a me poréla, bem huni 
hem; pe no 

M. Varépistu hoi' de handond el véco? de rovind la famta 
de fdto ini fini? Eko el io hem! Ého he . , , .; e po' no gó de di, he 
hulia te a postrddof 

D. E datela! Ma no intende, no, he eia de desperdda, he no 
la colè in hdda; e he la me zmdra de anhùo de per huésto? Ma, 
vare, mare; pe volé, podé homedd dùto, Lapé^e huél haddl hud 
de pura huni huél j^ostidio, Kupi parémo rénte de vu dltri; e intùm 
bizdiio pe podarénio dd una man; e mi venardi a zoìmdda hum j^dre, 

M. E, ètra, èira, la te voi via de hdda! 

D, Benedéta féniena, no volé realdive, no? 

M. Pi, pi, ti voi fd muri to jjdre, ti voi! Ma, vdrda h' el te 
jji'ii'a de fio, pe ti ^e bandóni! 

jD. Zd, V intimato de me hunddo, Badéli lori; coUli lóri in 
hdda, e he Dio ì'e ddga el beni he inerite, Pi-ivéme p)ur de dùto . . ., 
ó do bòni brdpl, e, pénza ste hudtro piépe, trovavo de vadiiidme 
el 2 (ini. 



C. VALLESL 
FIABE; SINGOLE FRASI. 

L El more, he no j-ó pagùra déla p>agura^, 

' Na volta jéro 'na mare, e sta mare la véva tré fiój; e la 
véva fdtii jjan, e la j'ó mandd 7 fio pian vééo a fd'l fasétu, per 
rudi 7 pan *n fórno. El ze zi; e 7 ze rivd mia Idnia (o Idhu 2)ico); 
e 7 j'O visto 'na zùha de mórtii, he baléva; e 7 ze shanjjd a hdza 
de so mure a digi he 7 no va ptiùn lui a fd'l faséiii. Pòi la mdre 
j'ó manda 7 mezdn a fd 7 fasétii; e lu stésii, 7 j-ó shanjjd, homo 

* Questa fiaba e la seguente furono a me narrate, anni or sono, da Maria 
Milton, nata Pruti, d' a. i6. 



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184 C. VaUesi. 

kuél altro. Poi la j-ó manda 7 piun piéo; e*l ée nvd la déla zuka 
de mórtu, he balèra, e 7 ^e j-ó da *n pei, e'I la j-ó imakdda 'ntéla 
Idma, e'I §e j-ó dito: ,,Ma, he he ié sta pagura? he lui no j-ó 
pagùra; he lùi*l va 'n zérha déla pagùra!'* El se j-ó èapd, e'iie 
zi 'n zérha déla pagùra. Kusi a hamindndoy 7 j-ó shontrd 'n kale§ér, 
e*l g o domandd vola he 7 va; e lui g' o dito he 7 ra 'n zérka del 
lavóì% ke*l véva hon lui dùte le so robe. E sto pièo g o dito: ,jTi 
ti sen grdndù, e ditti dói saremo forti, e no varémo pagùra déla 
pagùra,'' E husi h' i haminéra, £e vinù nótù, I ie rivddi su d' un 
móntù, e jùsto jéro *na jeiéétay e i éidi dréntù a dormd. Kuél moi*é 
pico se j'ó méso de ióra del bdnho e 7 hale§ér de iòta. Kudndo he 
ie std niéza nòtti, se j-ó leva sun 'n mórtù, he jéro soterd; e, péna 
he'l ie vinù fura, 7 se j-ó havd la hamiza, sto mórtù; e'I j-ó mohi 
dóij tré shili; 7 zi ii atóì^no déla jéiia. E sto moi*é §i féva pehd 
de lagd la hamiza la, H se la j-ó cólta lui; 6 7 hale^ér de iota 7 
jéro inén de ^ff^^gùra. Ddla maitina i ie levddi, e i j-ó std 'nté na 
zita, e i adi 'nté na lohdnda, e i §i j-ó dito dia paróna, se la voi 
honperd sta hamiza. E jéla la j-ó varddda ben, la hamiia, e la j-ó 
visto, he zé kuéla de so mari, he jéro mórtii, he la gi véva méso; e 
la g dito, he i spéta, he la végo a fa monéda, he la no 'nde j-ó 
sòldi. E 'nvéze la iida la dèi janddmii a èamdli, per foli ferma. 
E despói i ie vinùdi 2 resto i janddnni; e i iidi i janddivui 'ntéla 
lohdnda, la Ice jéro huél 7noi*é, E sti janddrmi ndnha no §i badéva 
per la hamiza; no voréva krédigi, ke kuél moì*é ie std tdnto horajós 
da có^i la kamiza al mórtù, E huél more g dito, K i véiio dnha 
lóri ,sta nótù 'nté huéla jéiia, h' i vedarémo ki ke j ó piùn pagùra, 
o vói, nùi dltri,'' Dónka, i iidi; e sti janddi^ii stéva 'ntiri 'ntél 
hantón déla jéiia; e lo stéso kuél more, kòmo kuél altra nótù, 7 stéva 
de ióra al bdnho, e' l halegér de iòta, Ko ie std méia nótù, 7 mòi^tù 
se lèva 'n i)éi, e i janddrmi ie hajùdi *ntéra de pagùra, E kuél 
more ie voltd 'ndHo, e 7 g' o dito: „Vedé ki he j-ó piùn piagar a, 
mi, vói?'' E ddla maitina, lo stém, i iidi 'nté huéla, zitd e huéla 
fémena §e j-ó jjagd la kamiia. 

2. 'L re, ke se vistù de zingino, 

Na vòlta jéro dódiie asasini, e i jéro 'ntélbósko: i konvivéva 
'ntél bòsho, e nimn no podéva fermali, per mendli die kdléere; dùti 
hnéi he 2^ct§éca de Id, i gè robdva, dùti. Pòi, 'na di, 7 re 7 se j-ó 



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Testi: Fiabe; Singole frasi. 185 

pensa sólo da zi ala fièra; H ie travisti da póverOy ku *na soma de 
vin de ktiélj>iun bon ke 7 véva; e poi 'l se j^ó insti de pòvero sto re, 
7 se j'ó èólto 'n samér kula sórìwb del vin; e ku'l &e sta là, el 
faveUva priak* i lo vóldo. Poi, ko i lo j-ó voldi, prèsto i asasini 
&e vinùdi fura dèla tana, là ke stèva i IddH drèrdii. Poi i g o 
dito: ,jVóla ti vé§i tif E lui 7 g' o dito kusi, ke'l va ala fièra; 
ke 'l ée porsero, per capdse da vivi, e'nvèze 'l jèro 'l re, E poi i 
g' o dito i asasini: ,^0, éolèmolo 7 vin e dnka liti kun nói!'' Pòi i 
g' dito: „Lo maserèmo! E uno g* o dito ke nò: „Tinèinolo, ke 7 'nde 
voUaró 7 rósto, e nói staremo duti a tóla a mandr E lóri vèva 
da niaiid porasé kdrnù. A §e ie kapitd 7 vin 'n favor. Despói, 
kusi ke 7 volterà 7 rósto, — 7 jèro pòvero, visti kómo 'n zin§ino, — 
a ^e vinèva de kantd: „Tirulè, tiruli, la no 'ndard sènprù 
kusiT' E alòra i g o dito i asasini ke 7 tazo; e lui §e dizèva: 
„§i'òn, mi ve sónoT' Alòra, kusi k' i manèva e i beveva^ gè ie 
vinu sono grdndtt de tré di, priakè 7 gavèva 7 re mèso 7 òpio 
dréntii, ^)er fennàli. Pòi, kudndo k' i j^ò dormi duti, 7 zi zi al so 
pajèz. E 7 re j-ó ordend ale dòi guardie da ii a còli, E i iidi: i 
li j'ó mési 'n prizóii 'ntéii lògo sóli, Alòra i se j-ó dito: „Mòstro 
d' en vèco, ma ti 'nde laj-éfdtar' E pòi 7 re ^e j^ó visti kómo ke 7 
se vista da re, kómo ke gi 2^^'i"tièn; 'l se li j-ó fdti vini dandnti 
de lui; e lòra a kuèi ke §i deva la mòrtu a lui, 7 gi la j-ó dada 
a lóri; e kuèl ke gi j-ó dona la vita, 7 gi j-ó dona la vita a lui, 
Gql di, ke 7 re j-ó fato 'na bravura: 'l j-ó risèd la vita; 'l j-ó 
bu kordjo da zi koii tanti mareskdlki, — E la &e finida, 

3. Singole frasi^. 

Zia Pdskua Rastelóna^, (vi)nè *n za dnka vói, a kontdgi 7 
galétu a sto si-òr, vói ke siiìè la piùn vèca del pajèz! 

Nói dltri verno sto favela drètù, a Vdle; i faveléia stórto, 'ntèi 
altri pajèzi: i ie r over si. 

Nói dltre ale fèmene §i dizèmo 'zia\' èdre kuèle ke dis 'ndiia\ 
'nfrd i Va le zi, 

1 Furon da me» insieme a molte altre, colte, si può dire, a volo, durante 
un soggiorno di parecchie settimane, fatto, anni or sono, a Valle, ospite deir esimia 
famiglia Bembo ; alla quale rendo qui vive grazie, anche perle agevolezze usatemi 
nel non facile compito mio. 

3 Un^ ottima vecchia ottuagenaria, V unica che indossi ancora V antica 
foggia di vestire del popolo vallese. 



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186 e. Vanesi. 

Unório, va a ió§i 7 pirón, la shuééì^a, — 7 'skutul/r^ di$ i 
Bor§éri^y nói altri del jjajéz §i dizénw ala skuzéra gronda *l 
'sku£erótù\ — ke éé §ul fogolér, e la skarmm. 

Ke uva ti j^ da méti de idra, kuéla dei sjxdirìj o kuéla ke 
se tdja kon Ode le fiijej i ^kavajóni^f 

'L kanpanil de Dindn voréva sjpoidsi kóla jéiza de Vale, ke 
£e gun^éla; e 7 kanpanil £e duto repem; 7 vuréva kukdndila la 
héla jéi£ay lui, kóla pina stórta! Furbi i Dinanééi! 

I ie fati rovérsi i Dinanéii: ala kadéùa i §i diS 7 '^pdpo\ 
al Uto V Hnfémó^, al sdko la 'maia', ala kovérta la ^spiHtdda\ 

Mankit le no va pèrse le paróle, le sta skónte, ke se skrivù! 

'Na man de pan no §i'nde dà *n viténta méja, Anka *n 
viténta déle vite nustre, diiémo a Vale. . . 

Per ve 7 vin bon e anka l'uva sana, béha zi a solferà péna 
ke ié i pdnpi pici akusio; pò dój^o gol zi a masd i furbi\ ke 
zé *nióta téra, e poi a skrabd per katdli. Kusio 2)ikoline béstie; de 
nótù le maria kuéle béstie, e del di le dóìinii: le ie béstie negre, pice 
e furbe kusio, ke fura se no se va a spiird i jùrbi, no se vendemmia; 
skóna zi de nòtti a spùrdli kol ferdl; e pòi gol zi torna a solferà; 
e poi gol zi a mazà i uri-ój e i stunbi-ój, ke veri 'ntéle kanpàne; 
vanti ke skuménsio 7 pdnpù a s^juntà, 

Anka 'nte ste ter e, lui, gràmù, 7 ze vtmif 'L ze kavalgànte, 
de kuél ke va kùle stride, ke duto V induvina? 

Anka a Rovino, 'vide zé forale stride? 

Menami 'n to kaéón; àgami, ke végl a còmi 'n pò de pésù, 
ke ie véner *nkói. 

La ié 'n ioimàda to mare, ké a fa? A vendemà? Zé porasé 
uva fura? 

A fléma, a fléma, 'nde tóka dà duto via; adésu ie da paga 
sólfer, adésu jéiia, tidésu le fuje, adésii hi sléora; no 'nde rèsta 
nénte 'n kdza, per nói a poii.à. 

Mi (zìa Ménika) sen nàta a ste stagóne, ko dùti buUgéia, k* i 
va fura, 'n kanpàiìa. 

Ke tèste fine, ke j-ó da ésl, de skHvi *n bota kuél ke se 
favelèia! 

More, vola ti j-é 7 kàvii? No stromenéla i Jl-ój akusio; tino 
sté§i saldo, more? 



1 Abtanti d' un rione del paese (Borgo). 



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Testi: Slogete frisi, r- Biografia. 187 

Sp^ta, ke vé§i a kavd 7 fdrù; prima éó§i 'l mujól per fa 'l 
fdrUy despói 7 léno del fdrù, per bdtilo. 

Prima héììa métilo 'n mql 7 fdìm; poi héna mojdlo; se lo 
mùja, e, kdndo ké'l £e ben batù, 7 se skdsa^ e po' i 7 se métit a boli; 
beila ke 7 bójo tré, kudtro óre; se 'l ze de tera kozévola, §i se da *n 
bolo de meno, e se 'l ée de téra duróta, gì se da 'n bolo de piun; 
'ntiro 7 ée ài*^o puro, 'nsina mojd skùsa. 



D. DIGNANESI. 
BIOGRAFIA. 1 

Mèi sóinbdra KulÓ Demaréin, détto ^Bogumé^; méij-^utdnta 
tri dm, e sóin nato sul Pian déle Grinte, a Dindn, takd Galizdn 
e de Fazdna: tri méje de Fazdna, e de Galiidn dui skdrse. Ku i 
jéri mur^ péiòo, i zivi a fora, takd i r averi, e i sunivi dnka le 
fiavóle. I éugdvi kui kunjjdni ale l§kéibe, al Méistro, I pianta-^ 
vundo i sdsi in pdj, e kula Mura i li zbuèdvundo. Despqi i zugdvundo 
al Kapelito. I skurldvundo i s^ldi intél kapel, e % li butdvundo 
kuséi a èamdndo, pi^éima k* i kdjo: „0 Mdrko, o Madénaf §' i 
viiiiva kuil ke èanidvundo, i jéra nostri. I zugdvundo dnka ale 
Bur^le, in Pr^stimo, Le bur^le mèi le favi de liso, de kóulizo, 
e poi i le tinivundo, par éugd insénbro; e i le skundivundo intéi 
strupidi in busko, — par al pióun, jéra areni in bttsko; — la jéra 
dnka pum^ri de ptm^ko, . — i li èamdvundo kurnaleri. — / zivundo 
dnka le fèste a gruma la gdla; e, grumdda ke la vivundo, zivundo 
a véndala e p^i a zugd ale J^kéibe, e kudlko volta kusèondvundo. 
Mèi de boto mai sóiii kusòund kun ninsóun; dóuti j-q sta de mur^di 
a ruba óuva, — dnka i pr^ti, — e dnka mèi sóin sta; dóuti j-q 
parto iniula vai di(i) lari. Despqi, ku' i jéri invano, zivi a katd 
la ìuumza e a kantd§e iuta i barkóin, e ku gira al mii de mdjo,. 

* Queste notizie mi vennero fomite da Nicolò Demarin del fu Domenico, 
detto *Bogumé\ d' a. 83, ancora il settembre del 1889, una domenica dopo 
pranzo, in cui il buon vecchio m'aveva invitato a casa sua; ed eran convenuti a 
confabular con lui: Domenico Demarin del fu Antonio, suo stretto congiunto, 
pur ottuagenario ; Pietro Biasiol del fu Francesco, di pari età, e Giovanni Bertoldi, 
allora sulla cinquantina e, del pari che gli altri, dìgnanese esso pure; egli che, in- 
frammettendosi, tratto tratto, con domande ed osservazioni argute e spiritose, riusci 
a far sciogliere e scorrere ancor di più lo scilinguagnolo ai tre vecchietti. Di tutti 
questi serberò mai sempre gratissima memoria. 



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188 D. Dignanesi. 

§e metivi dnka al mdjoy kùmo he ^ira óuio a Dindn. Una voUa, 
i gj'i fdto la ruka dia muìniéa, «, parKi ke la nu me j-^ vitsóu 
dd iiédioy i sóin iéi a kantd§e hutundde iuta i barkóiiij là ke la 
stiva; i ije kantdvi: 

„ia me mwnt&a, ke nu me v^l pióun, 
e méiy ki nu la voi, farén pagddiJ' — 

,,Amure, amùre, nu la grandi sémo, 
ke sémo de Dindii, se kimusémoT' — 

Despgi i fdvi el buvei% e i Uri a durméi a V iéra in Viidii 
(nur sèi!), kui mdnéi. La mitéina, i varddvi ku se Uva la J$tila 
bup'a, par dd§e da mafia; e, ku la se levdva, mèi i mujdvi i 
mdnéi. De noto, ku' i durmivundo, i varddvundo la Gajóla e i Tri 
basi din; nedivundo la Kal de Ruma e i pudivundo distingdrla 
véja déle stile (siqóuroì), e dnka sénpro lajéra da bqto kumu *l sul 
èdra. Al Kdro j-o kudtro ronde; e ^joì a zi al ùvo e al manzo, 
e a £i Piero e Pqlo, ke lu kdsa. I j-o takd'l uvo, parki al uro 
j'^ skand al mdn£o, e despoi i j-o takd al ùvo in lógo suójo, Kuil 
péiéo éi al ùvo, e kuil grdndo éi al mdnzo, — Piero lu ména, e Polo 
lu kdsa, — al Kdro va indréjo kóul, e mdi al se bunia, e sénpro 
a la vi de tramuntdna, — Al veóito jéi^a restd indréjo, par óun 
afdr, ke nu kùro dèi; e su mujèr, intdnto, Uva andnti, e al §e diéiva 
asumujèr: „$p^tenie!' E gila nu j-o vusóu spetdlo\ e lóu §e j-o 
mujd 7 bastón; e par kuisto i se èàma i Tri bastóin. — 

Fèinta ke jèìntndo éuvani, metivundo in sekusión ste rgbe, par 
iinèile a mento; despoi k* i sunén deventddi v^ci nu §e badèn pióun. 
Kudndo ke jéra fi*ido, inpejèvundo al fógo e iivundo a skalddsè, — 
Una vgUa a jèra skóur; mèi i zivi al mar, e kun dóuta la faé^la 
i sóin kajóu intùn un pùjo, e i sóin mujd dnka 'l kdvo; e par 
mgdme, i sóin zèi in Barbar èiga, in Pónta B^tika; e Id i 
katdvundo dèle murede e deskurèvundo, e la dnka zugdvundo, E i 
évgdvundo a Travdza barèile. Mèi i {je levdvi le kqtule e le 
pundve; i òulivando una pundva iù dal l^to e i kuveriivundo oun. 
Olino §e ddva uri puno sul kóul, e 7 §e dumanddva: „Kunpdre, ki 
f 2 ddf „§* al §e fqso al talf al §e respundiva, /J" al induviniva 
kuil ke g' u dd, al duviva ièi iuta lóu; se no, al gè ddva a turnd 
V ar^sto, dnka par m^za ùra, sénpro diéèndo: „Kunpdre, ki t 'g ddf 
e respundéndo: „§' al §e fqso al talf\ „Cdpa sóun par al tal!'', al 
(Je repetiva a turnd al pùno,fèin ke l' induvindva V altro, I iugdvundo 



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Testi: Biografia. 189 

dnka ala Brónsa. I èuìivundo una hrónsa, e i pikwundo sta 
brama iuta un trévo, e i la 'npirdvundo kund' un ago; e despqi i 
la èuìivundo in m^zo, e i la sujidvundo; ki pudiva pióun, mdnko su 
ddno, I iugdvundo dnka a Pasar^la diavuldnta, Ouno, ke jéra 
el kdpo, dumanddva la paróla, e'I diziva: y,Pasar^la diavuldnta, 
'ndùve siete stata f U altro, ke viva non Pinata, §e duviva dèi: 
„Èùta Pinata;'' e s al nu respundiva sóubito, kùla freserà al §e dava 
una fregundda. Ke ridasdde ke se dava alùra! I zugdvundo dnka 
a Pianta 7 co do, Óuno, ke viva un èqdo e un mdjo in man, 
duviva fa tri vòlte al pe sùko, a kantdndo: „I vd§i a pianta 'l 
égdo! I vd§i a jjiantd 'Z coda'' !, féin k' al rivdva al móur; e uni 
salto, s al zbalgdva, prónto al kdpo, kùla fresùra, a dd§e una fregu- 
ndda sula gandsa, I ztigdvundo dnka al Pgrko, I jérundo in triy 
kudtro; unióun viva un hastón, o hukón de suko in mail, kund' una 
grepa, o masqka, in séinia. Ouno stava sénpro Id del hóui, e, kuséi 
ki gè lu parava arénto, e lóu, 'tonfete^, una j)^J^<^y' e ku'l gu lu 
hutiva in hóué, al §e diziva: „Ad^so, farà téjo, ke mèi fd§i al 
vardianT' I zugdvundo dnka ale Trdte, e spisialménto kùle mur^de 
éùvane. — 

Un dèi, ku' i iivi a f<yra, a kólzi fqnzf, frdgule, spdnzi, i j-^ 
véisto una buas^ra, ma méinga péièa; mei V j-^ véista, sta buas^ra, 
ke la m' 2 pasd dui zbdligi dandnti: la viva una béina e ni^za de 
lungisa: de una béina la rivdva dia mitd de kuiV altra de Id. Ku' 
la me j-g véisto, la nu zi ndnka mota; e la £i zéida pidn pian 
in séima a un drbo de w^^ko, A jéra al nei de m^li su stu drbo; 
e id la li viva manddi sii inerii, sta buasfra; e mèi èqgi un linOy 
e §e dd§i kuséi sul kgrpo, e §e fdgi vinèi farà i merli; i jéri mèi 
e un s^rto Nane J$kdkero, e un s^rto Kulg Grénta, — e la 
buasfra la li viva injutddi dóuti i m^rli, — Tdnte vqlte i vedivi 
in kanpdna al baéagùrdo e'I skarbiónko, — a ii pakd masd 'l 
skarbiónko, parki al mdna la karsaddna e dnka la béipara. — 
/$ti a sintèi ki k' a ma zi intravinóu kund' una bèipa/ra: A jéra 
tm dèi, k' i zivi a fd line; a jéra un dno, ¥ i nu la vedivundo, e 
la béipara stiva su d' un' arkita. Ku' la m' ò véisto, la vuliva skanpdy 
e mèi èq un lino pèièo, e frantala, e dd§e una suldda sul kdvo, 
Jila la égripidva, la igripfidva kul kdvo e kùla kùda: la me jéra 
skanpdda, mxi mèi la vivi fermdda; e la se j-q revultd, e la m' q 
mursegd: i j-^ kunisto kùri de un amo, ke saviva va/rèi a Galizdn, 
!§tu omo m' q dèito, k' i èofji s^te anse de butèiro, e ki lu lavi sete 



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190 D. Dìgnanesi. 

v^lte in àkuaj — la béipara ii jdsa pio un he la jdao, — > ke la 
me viva jasd la man, e k' al velén, ke ii dr^nto, dfvo sgi'ti. Mei 
J'i /«<^ kméjoj e i sóin dnka imréL — De V istdy a se *nde vido 
piirisé béipare: li kaméina knl kdvo dito; — sete i 'nde j-ekupd e 
dui skanpdde, indéV ivjynivéista, — La béipara éi al uva del hnsèdn, — 
Kui ke lavuHva mie l^dnse a P^la, ndma ke i le éapdva, i le 
mandva; ma a jéra kudlko Krudto, — Kóntra la héipa/ra H bona 
dnka la 2^('^*(^ ^^ '^('^'^ Gaudénsio, — Kualkudóun mafia dnka 7 
skarbiónko, — A jéra Galdnte, ke nuindva *l skarbiónko, ma 7 
jéra mata (kumu k' a ii mdti dnka kui ke li mdna). /§avi ki V a g* n 
tukd al pdro de bdra Fransisko? Al Uva a lumind de sipe, ^ l* 2 
skuntrd 7 skarbiónko mia Kdl(a) del ma sa, k* al jéra disfird mia 
kal. Al fa par pasd vultra^ e lóu saldo; e lóu ég la Idsta, K i Uva 
a lumind sipe e dd/jela sul kdvo^ e lóu saldo ankura. Al jéra stóufo 
de s6ukd, e 7 riva la puladura (savi? kuil kurtel Idrgo, V i pgrta 
dréjo el kónl, i sapaduri) kulafusena e dnka la sjydda^ e'I g* 2 t^j^ l 
kqlo al skarbiónko, — Al strasiér al ii std in réisèo de muréi déla 
pagóura, — Kudndo ke me pdro ii spìartéi véja ds me séjo, in kui 
ténpi, a jéra dóuto altro, Alura se manàva e se biviva: mévintdnto, 
in vénaroy a me vansdva la kdrno, — A nu savéndo. de vénaro, se 
pòi mand kdrno^ ma, a savt^ndo^ véita méja! — Despgi k' i vivundo 
fuméi de iugd, kudlko volta, mèi me distirdvi a idii, in ni^io dia 
kdia^ e i vivi una fimana bdnda par bdnda e dnka i le baiavi^ — i 
var^ bóu trénta ani alura^ juvintóude méja! — 

Mèi i rivi kuardnta dni e la me muruia vintiii^ve; e i vuli- 
vundo spuidse, 1 me sóin preientd al pdrikoy e 7 pdriko me déis: 
7,Kósa siete venuto a farf E mèi §' j-^ déito, V i vurén spuidse, 
E lóu me déis: „B aiwte de mantinirla vòstra mólgef E mèi: 
„Pul dd, k' i nu sar^ bon de mantinéila la me mglgef — Despqi i 
iivundo a kólii le mdndule e a èapid la §éira: i la éapivundo 
la gèira e i la manivundo, parki la kdrno ii bòna, e despqi iivundo 
indéle fuibe, ke ii al resjìèlro déla tfra, e a 'nde ii in uni pajèie 
par al vènto, — „La bòra nu gè fa mal dia vòstra kaia, a, bdra 
Kulo? E sèi, ke la bdto le lastre e i viri di(i) barkòiìV'K „Mèi nu 
s^kumii, 'ntrd 'l p^ii di(i)t róvi e la bòra, kumu 7 vento nu la góta 
iù la vòstra kdiaT' — „La bòra, ku la sufia, la 'nturiio i dragdj, — 
Un dèi, jèrundo in Viianel, e i vidévundo una kutisdda; pul dd 

1 Qui s' intromette nel discorso Giovanni Bertoldi, che fa al vecchio 
*Bogumé* le sue domande ed argute osservazioni. 



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Testi: Biografia. 191 

he mrq 'ftd sélnkne pìdizéini, e mei délgl a me paro: j,$ar ^xire, 
a nato kudlko de£gi*dsmy sigóvro, il nato kudlko maséllo! Al féjo 
j-g ktfpd al paro; mèi kridi k' al féjo In j-g masaT* ,jNu sta a kHdl, 
k' al féjo V ^bo masd^ w^', al me déls; nu M a kridi k' al féjo j-i^ 
kunfesd. Al il iél a iabendse in 'udélslo a Ruvélno, (Ki viva da 
savi ke V j-q da iél a Rnvélno? J^djn Idéjo, e nlnsóun, se n^ lóu!) — 
Al j'O masd de maséllo al kvstqdio e dnka 7 vargdn!*' „Misiérsl 
k* al V 2 masdr — Le hdbe òakulia, k' al g* g àùlto 7 s^po al var§dn, 
e kuii kuil al V q kupd. Le fimene strasénto 7 diskurso: ^parì^le 
ii drìa\ ma le ktmtóurha al móndo. E pgl, ven dnka la preióii; 
ven (s)kunpéll(jl, twbam/ntly hatlméntl, de dóuto, aJ" i kunti una 
rgba a una fimana, la la sjxirnélsa par dóuto. Dio vdrda. Il foso 
in kunvarsaslón, kumu nul dltrl! LI il spamélsa budse, sparnélsa 
pióumeT — 

,yMa, la bih-a la ve bdto ve zd^? Kit il serd i skówi, nùl 
dltrl nu la slntén ndnka.'* — ,yBaratén kdia, bara KulÓT* Al- 
mdnko, s i vi pignre, le ve se sóttga, e i presóvtl dnka; despql ki 
mni sul Pian, kuil vòstro bon amélgo K i savi, al ve fd la fèsta. 
Ma! al j-Ó 'npard de su mlslér: al zi pastùr; al j-q 7 su Capito 
de pigure; se §e ne Uva indél su èdpo, — don, ke mdnda Idéjo, — 
al se le Univa!' — „Mél nu pél del nélnte, parki néinte i j-c 
véisto^ parki in kuila nqto a jéra de kui bandéldi; kui fdva le 
rqbe! — „S dnka dispai, bdra Kulq, ini tdnto i §e purtiva véja 
kudlko anemdH' — La viiéja de Naddl, i j-q kupd 7 pastùr e 
dnka 7 parón. Al del de $an ^llvistro, a jéra dnka un mur^, 
e kuil al il skanjìd iuta 7 l^to, e 7 il restd véivo. Ala mitélna 
V 2 kuntd dóuto, stu mur^, — ,yAnka a mèi a m' u tukd vn bel 
kdio; sti a slntél: I jérundo mia kuriera, e a il vinóu un kri^èdii, 
eli su miso a kuscund; al ii std dnka firél despél al ivalélzo (te 
v^n amento?). — A'nde strandvundo de iél a fórra: stlsévundo al 
kart, óuno kvn V dltro, e 7 pastùr al 'nde j-q slntél; al m' q éapd 
par man: ..Kuló, Kulq, aVnde camdva, ven zd!'' — „Ki ti j-ef, 
§e ddgl la man: Ki ti j'eV\ gè dél§l, ,,/ Iddrl m' q 6ùlto dóvte le 
pigure: i m' q dd trideie frélde sul grtipo del kqlo, i nudi kud, i 
nudi Idy e, kusél bel guvernd, i m' q lagd ku4!'* Al me diziva k' i 
vd^l a Mar dna, al buskito, Id ke jéra 7 Vartdl de Berndrdo. 
$e mèi iivlj i délgl k' al me varavo ivallzd dnka mèi, parki al 



^ Interroga qui pure il Bertoldi. 



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192 D. Dignanesi. 

jéra un ladro de kui mjjrafélni, éciblnddi vélntl vòlte a liuvéino, 
ankul de óufiy anktli de un altro, Flnahnéntro l Valizi V^ mherdj 
de tante Jirélde k' i g f] da, — / Favar^j jéra una famija de 
dain^nl: l dumnva indél Rónko félnta despqi Naddl. Ouno al 
viva un kavico, k' al dumnva drénto, Dónka, stl Favargj, i vivundo 
la stdnsia a ^an Fransiako^ — i 'nd' f] mafia un afdr de diideze 
anemdj, Lùri 'nde li skurte^iva dnka iuta i sarez^riy parki ni altri 
(Je ddvundo de sèna, e desjj^i iivundo a l^to. Desjjoi, a 'nde jéra 
ruba tri p^ra de f^ri, e i viva msjìeto dèi Karn^li; i j-o revizitd 
dóutiy dnka Brd§e Nigre, ma i nu li j-^ katddi ìidnka la; e i 
zi iéidi de meéermdn (al j-q tfsta me éermdn!), ke durmiva in kazita^ 
e i lu cantava: ^^Piéro^ ren fóraT' El veh fora e 7 ye déis óuno: 
jyFéjoj Piero j ki zi kun téjo in kaiita? Ti j-^ un altro fra? 
Carnaio fóraV — y,Piéro, veh f/raT' „Al vcnfóra, al ven, e 7 §e 
déis sf altro: ,yTéi, dame i ffrij se no, la ii jinéida j)ar téjo!'' — 
^Kuista maz^ra, la nu j-^ mngo (zi viro?), e kuséi i vuli ke mèi 
ve dd§i i f^ri?'' Kgsa i vuli vidi, kunpdre? I lu j-q stimmend, a 
f^rsa de spuntindde, e i §e déis: „Nu sta a piurd, ke la zi finéida: 
i lu j'O mena su d' una grdnda maz^ra, a treso le ma^re, kùmo ke 
fóso sta una pigura krepdda, féinta !$dnta Luséja, e la, — 
a me salta el spiligrim^nto a kuntdlo, — a j-o kapitd i Maréij, 
ke viva le pigure, e tosalo kuséjo su V ur déla fùiba, e skdnpa 
vL — §tu me zermdn al j^g resta la, pióun mòrto ke véivo. Kuila 
kal, k' al viva fato préima, al V u fata dnka dopo. — Ki omo 
varavo fato la kal tuìmd? — E ptóur, lóu V ^ fata: al ii tumd in 
kazita;al zi butd zu; — vuli k' al sdngo nu se spaventio? — A zi re- 
kapitd tumd kuil altro: „Piéro, ven fm^a, nu te c^ pagóura; senti, 
Piero, kuil K a zi sta, zi sta* kuil ¥ a ii déito, ii déito. Le tu 
kurtéine sar^ varddde e respetdde, e tèi durmire intél tu l^to, kuito; 
ma silénsio! E tu fra, vùla zilof „Méi nu s^f Al sar^ petd intél 
^r^oF' „E dnka a tu fi-d déige, V al nu ga kónto ale fimeneT* — 
Kui(i) ii stadi i préimi ómeni, ki j-^ sintéi k' i fa i baróin, i 
sanséinL — / jq 'nganbard dnka kui(i) ke q ivaliid siùr Bar- 
nardéin, e k' i Jiva de gali e de ken. IH iéidi in kdia, ku' lóu 
durmiva, e i j-q préima skuld V qro, par savi la k* al tiniva i be- 
si, e i j'O gaia 7 krusiféiso in rn^io de kdia; e despqi i g' u ruba 
i sqldi, k' i bunddva kùmo V dkua: féinta indéle strdse i 'nd! q katd, 
kui(i) ke Uva a kunprdle, indi(i) móurì, par dóuto, /§e la me mujér 
nu viva judéisio, i pudivi jési al préimo sóudito, ka ii in Dinari, — 



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Testi: Biografia. 193 

A jéra un vènto, Jcuila ngto ki Vu rvbddi, k' al pasdtia vùUra le 
medùle; — i li j-q spartéidi in kazita de Pi- 61, — La me fimena 
pudiva vinde una kónka de kui(i) b^si, de kui(i) napulióin, se la 
vulivdy ma gila g vusóu al m unùr, ke ii la mdjo kgsa de stu 
móndo, — Ki j-q una puni-ón, ki un' altra. I b^si fa p^rdi V dnema, 
e . . . , dnka 'l beióno kudlko volta, Piero (nu ii viro f orsi?)!' — „$e 
faveliso uri dUro, bizunerdvo tdzi e kunpatéllo, ma lóu, nu &l viro, 
bara Kulq?^, k' al vido i mqrti de nqtoT* — „>$igóuro ve, K i li 
vidi: i me sóin dnka kimfesd e kumenegd, e 7 pr^to m* ò resqlto; 
el m* q déito: „La préima bélpara, ki ti katar^, bina bacalar* — 
,,Méi^ nun 'nd' j-^ véisto mqrti, ma mei i j-^ sintéi, ke m* q éamd 
defóunta me muro. La zi vinóuda, e la me èdma: „Duménegor' 
E mei me j-g fdto al sino déla sdnta krus, e i §' j-e déito dui de- 
profóundi, e la ii iéida véja; e despqi i sóin iéi a katd pì*é Ini^po- 
puvarito, e i § j*^ déito, k' al gè déigo una misa par jila, e k* al 
m' instilo kudlko invàdo da déilo sénpro." — 

„Anka a méjo al me ii vinóu a katd óuno, A jéi^a de $an 
Micel, kuéindeie dèi déspqi k' al jéra mqrto de gatd iùra (inter- 
rare); alme ii kapitd aV inpruvéiiia, e *l me déi§: „Duménego^ 
vuri vulif* I me kativi in Liiindn, a vidi k' ifivajérba: mei sintivi 
dria, e mèi kdsame intima kaiita e méteme a idii, Dóuto intunùn 
muménto, i senti una vui, — kuila jéra la vui de Piero Mdtika, — 
ke me déis: „J$ti qto sterqj de vuli, i li vuHf — Anka Tunéin 
Ganbita, al ii ankura véivo, k' al poi dei lóu sa nu ii viro, — 
Dónka i me kativi un dltro dèi a Kana(l)grqto sul kunféin de 
Galiidn, e vivi intinsión de par dio a kdza el sami^r imso, die Brustu- 
Idde; ma lóu nu vuHva mai móvase. E, kmpo de béiguli, sta bela 
ndina sénpro durdva; ma, par la vui de Piero Mdtika, mèi jóuri, 
par al samer no, s al me dumanddva, me gè respundivi; ma V q 
taiisto, — Anka in insùfio, m' q èamd me mdro, e mèi i j-^ kamind 
dóute li lire de noto, ma radi i nu l' j-^ pudista vidi. Al insùfio 
nu ii da kridxige mèinga, parki al sdngo al se tunbulia. In kuila 
nqto ki j-^ fdto stu insùfio, in kuila nqto madima, a ii vinóu una 
gran tanpesta: masddi parnéiie, kudje, maiurèini, galindse. La se 
jéra injasdda la tanjJ^sta, kumù al jèlo, kumù la jdso, injasdda 
la jéra, D' inverno, ku ven la nù, veri dnka i muntandm, i pitirùsi, 

1 Interroga qui pure Giovanni Bertoldi. 

2 Domenico Demarin, detto, del pari, ^Bogumé% è quello che narra ora di 
questa immaginata apparizione di morti. 

lye, 1 dialetti. 13 



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194 ^* Gallesanesi. 

i ienever^ri, i stuimdj, i tùrdi, Nùi li Uvundo a Sapd, Me paro e 
méjo vivundo èapd un kavrióloy e lu fdvundo kùri par V jérba. Al 
jéra èapd par al pdj e par al kglo; i km peguréisij ke stiva sul 
purt^', bpìa ki nu lu viva véisto, k'al j-g pasd éu par li piantddej 
un méjo a Idrgo déla kdéa. Mèi lu j-^ èapd; i me lu j-^ purtd 
indéla me kurtéina sta b^sèa strdna. — 

Ànka ku jéra fluido grdndo, i purtdvundo al buréièo kul 
kruidto, e dnka mèi purtdvi al gi^èizo imèina ki lu j-^ pudisto purtd, 
A ven, sèi, al spiliginménto dia vèlta, parki al grèiio al róusa la 
kdrno; al ii fdto de Id'hna, ke le fintene féila e ke li gè dd téinta 
kun fi'dsko, gdla e veriól, o kun tdvaro opoùr kun lino ruso séina 
tdvaro. — / Dinaniii pqrta, ki al kap^l dia buvfra, e ki al kap^l 
pèièo, al 'ni de m(rli\ ke pqìixi i sapadùri da strapd§o. Mèi nu 
purtardvi un kap^l j76ido ndnka s' i me ddso un fiurèin; mèi nu 
móudi né kap^l e né ndnka kuntrdda: i sóin ndto sul Pidn, e kud 
i v^i dnka mòri, I sóin std, sèi, kudlko vgUa indéla Kuntrdda del 
depqiito, Id ki gmeni, kida bùsula déla bàia sanpdtika, i kdta 
V grò. La bdla sanpdtika la va atùmo, ke la nu se ndnka vido, 
e despgi la se fii*ma Id K a ii V grò e V arjènto: dnka § a ii 
pisudóur (sorta d' argilla), li al ii dóur, ke nu se poi ndnka 
runpdh kùla sdpa. I sóin dnka std indèi Kaidj de Redulfo; ma 
mèi nu j-e pusióu katdlo al d&pgiito, ndnka kul majéstro. 

Ad^so, ke nùi i veri furnèi de kuntd§e dóuto kuil k* i savèn 
a stu siùr, fèn§e un avéiva: 

„A salóute, kriséén! 

A salóute, bdra Kulg! 

A salóute, bdra Duménego! 

A salóute, bdra Piero! 

A salóute, bdra Zudne! 

A salóute dóuti, e a revidase un altro dnoT 



E. GALLESANESI. 
NOYELLINE. 

1, Le tré bise^. 

Una vuólta a jéra un iùvono, ke iéva par lène. Al j-ó visto 
tré bise, e al j-ó tajd. dai lèni, e'I §e j-ó fdto lonbria, e'I le j-ó 

1 Raccontata, del pari che la seguente, da Maria Deghenghi, d' a. 15. 



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Testi: Novelline. 195 

rékuperdde ste lise. i$te tré lise, despuói ke*l §e j-ó fato lonhria, 
pe ée konpdrso tré iuvone; le §e jó dito: jyPuósto ke ti 'nde j-é 
rékuperdde déla mu(h*tu, te farénù vn regdloj* Una §e j-ó dd una 
iovdja, ke, de kudndo ke'l £éva a métela in tiéra, duto kuil ke*l 
dizéva, §e vinéva ióra, KuiV dUra §e j-ó dd unjiséito, ke, de kudndo 
ke'l lu metéva in hóka, duto tremerà, del ffran fisèo ke 'Z deva, 
LI dltra §e j-ó dd una huórsa de Mési, ke, piun ke 7 deivudiaruó, de 
piùn piénna la §e vinaruó. Lui £e éi a kamindndo el móndo, stu 
&iivono. Despuói, kuil ke véva 7 fiséito ie ii'n prOón. E'na vuólta, 
7 kustuódio ie akuórto ke 7 j-ó 7 fiséito; al j-ó skrito via dal ri; 
el f( u dito, ke ié uno in prezón, ke 7 j-ó un fiséito, ke, de kudndo 
ke 7 fùca, duto trema, E jélo g u skrito indrio, k' i §e diga ke 7 
gu lu daga kuil fiséito, E jélo §e j-ó respuósto ke si; k' i lu léga 
una vuólta a faveld kun jélo» E'I kustuódio g u dito kè si, E despuói, 
jéra ii kuil déla tuvdja in preión; e jéra un altro kun lui 
in kunpania, e 7 g' uó dito kuisto: „Kudndo ke'l kustuódio te 
puóHa la gamiéla, tire§ela intuì mù&o!' E kuisto g' u respuósto: 
„Puó{, ki i manarié?'' E jélo g' u dito: ,jL j-é da pensd mi!*' 
E lu j-ó fdto kufi, E duópo, 7 j-ó tird fora la tuvdja, e i ée misi 
a mxxnd! E duto kuil k' i vuréva i j-ó mand, E despuói, el kustuódio 
j-ó skrito turnd véja dal ré indino, « 7 g' u dito ke 7 j-ó la tuvdja, 
e ke'l mxlna de dùtó, E despuói, jélo g* u skrito turnd ke*l §e la ddga 
la tuvdja, E jélo g' u dito ke si; hdsta ke 7 Idgo ke 7 sa spuio 
kùla fia del ri subito, E jélo g u dito ke si, ke'l vaga; hdsta ke 
séja dói janddnni a bdnda da lièto, e dùte le lume inpijdde. E lu 
ie a, e 7 g' u dito: „Ke séja distuddde kuile lume, e kui janddrmi 
via da lièto!'' E despuói al ie spuzd kùla fia da ri, — E la ie 
finida, 

2, Al fio da ri, visti da strasiér. 

Una vuólta a jéra un fio da ri e dnka una fia, e i vuréva 
spuidse. Un di, sto fio al j-ó 'nvitd a diznd so konpdre, e al gè 
j-ó dito se'l Idga so fio kuil so fia, K i se spgia. E lu §e j-ó dito 
ke nuó, Alùra al fio da H §e j-ó dumandd Mési a su pdre\ al g' u 
dito ke'l va in vidio. Al ie teisti da strasiér, e al ie H in video, 
Kud/ndo ke jéra meiudi, al ie ii intuna kdia a véndi d§i, iiiidj, 
fuórfeie, spénule, agarqj, spi§ite, kurdiéla e fil, E la siérva de 
una siùra gè dis ala su paróna: „ZénxL a fd kunbdti kuil pé'kulo 
gariunsiélo !" E li ie iide, e li j-ó fdto géie suóldi de spOa, E lu 

18* 



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196 F. Fasanesi. 

ì^éva un btél vuóro in de; e*l §e j'ó dito a vùna de nte iuvoney 
ki ke §e Idga dà un hàéo mi de del pen^ ke'l §e duóna un aniél 
d' u&i^o de iveiéjdo jiurinni, E jéle mai le imréva, Despuói la siùra 
la se hi j'ó fato da al bàio mi pen tumd. Al segando di, al ée ii 
duópo meiudi tuimd a véndi ruóba, al fio da ri, e al §e j-ó dito, 
ke ki ke ffe Idga dd un bdzo sul denoco, al ^e duóna un vuóro de 
kuatrosénio furinni. E la fia da ri nu vuréva. Despuói, la se la 
j'ó fóto dd 7 bd£o sul denteo tumd, E al tiér§o di, al ée &i tumd, 
e 7 g' u ditOj se la sira li §e j^ci'f'i^^ una sénna, ke'l §e duóna un 
vuóro de sinkuesénto fiurinni, E jéla^ la fia da H, nu vuréva; 
e la siérva §e diiéva ke si, ke la gu lu daga. E despuói, la fia da 
ri la §e j-ó parièd la sira la sénna, Despuói, k* i j-ó sena, al §e 
j'ó dito ke adiéso i bevaruó un p>uó de ruéuólo, E 'nvise de ddge 
da bivi ruzuólo, al {)e j-ó da al uópio. Li ié 'ndurmenzdde mia 
bdnka: la siéì^^a ii restdda mia bdnka, e la paróna la éida *n lièto, 
E lu al §e j'ó èdito la kamiéa, e'I ie éi tumd a kdéa. Despuói, 
un di, su pdre déla fia lu j-ó 'nvitd a di&nd, stu fio da ri; e lui 
al §e j'ó mustrd la kamiza; e'I §s fd: „§iùr sdntulo, sen sta 'n 
video: i j-é visto una kudja, i {j j-é òolto la piél, e'I §e dis: „Al 
voi K i §e la muósiin? Kuista éé la kamiza de so fiaF /$o sdntulo 
§e dis: „Vóla la zéf* El §ela j-ó èolta fuóra de man, e 7 §e la j-ó 
termindda intuì mù£o, — E la ée fnida. 



F. FASANEST. 
NiRKiZIONE; LEGGENDA; CAUTO. 

1. Urldndu, el j)aladé*nu\ 

Una volta a jéra un mare' e una mqlge, e a §e éi ndtu 
un fé'ju; e a stu fé'ju i gè ga mim nóme Urldndu, e de kuiióme 
i gè gaviva misu Urldndu, el 2><^lcidé^nu, — E stu su pdre jéra 
un pré'nsipe asdi réku. — E dQpu, kùi dni, stu Urldndu el viniva 
asdi fqrtu: ku' ló^ gaviva kusé*^ dia jetd de tridiée, kuatordiée dni, 
el òapiva un dlbui^ e'I lu dispiantiva. E stu Urldndu el gè dé's 
un ggrnu a su pare: ,,M& voi andd a serve' J' E alùra el ée andd 

1 Narratami da Domenico De Gobbi d' a. 15, figlio di pescatori, e dato 
egli pure al mestiere della pesca; giovine d'ingegno de* più pronti e svegliati 
eh' io abbia mai incontrato, fra persone della sua classe. 



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Testi: Narrazione. 197 

vé'ja de kdza: el kamé^na, el kamé^na., e'I ré'va intùna cita. Intra 
ke 'l zé in néla cita, el ga pa^d prgjnu davanti al pald§u de re; e la 
fé^ja de re jéra jó'^§tu §ul balkón, E §ta fé^ja, a vidi §tu b^l §ùvine, 
la gè ga vuli^ttt ben, — la jéra fé'ja d' inparatùr, — e la lu ga 
èamd §6^bitu ^ó'*nzu, e la gè vuliva ben kumu §u fé'ju, e la lu ga 
tinó'^ in kurte kun gila. — Ku §tu Urldndu jéra vino'* kusé' ala jetd 
de dizdgtu dni^ el bramiva lo'* d' andd a bdte^e kùi gueriéri; el §e 
déze a $ta fé^ja de re: ,jLa Id^i k*i vdgu dnka ?we* a bdtemeJcùi 
gu&inérif E §ta §ùvine nu lu vuliim la§d; ma, dqpu tdntu, la lu 
ga la§d. El ze andd §tu Urldndu; el ga munta a kavdlu, e la 
fé^jade re gè gadd una §pdda grdnda, Durinddna, E §tit Urldndu, 
lura, el £e andd a bdte§e kun dltri gueriéri,- 1 jéra §ti altri guet^iéri: 
Linièri, Fiurenté^h, Fiurenté*nu; e i §e bativa dóHi tré insième; 
e i andiva jJd^" ci mónda a kunbdti i Tó^rki, E, a kaminéndu ke 
V andiva, §tu Urldndu, uni kùlpu el li butiva dóHi tré in tera, ki 
jéra dóni tré vi^té'di de bróniu, E ku^é'i andiva girdndu el móndu, 
dóHi tré insième, A girdndu ke V andiva, §tu Urldndu, el ga vé'§tu 
una §ùvine, e* Ila vuliva ce par ^pù£a; ma §ta gùvine nu lu vuliva 
co $tu gueHéru, Atùra, déla de§pera§ión, §tu Urldndu, ke §ta gùvine 
nu lu vuliva òo, el ze andd intunun palóMu; el $e ganiva ka§d 
intàl ^abión zùta fé'nf dia gùla. De Id a pgku, ga pa^d de la 
kuila gavine, ke nu lu vuliva cg jjar §puiu, e, ku§é' ke la ga pa§dy 
kul kavdl, jéla nu lu ga vé'^tu §tu Urldndu, E §tu Urldndu ga 
èapd 7 kavdl e'I lu ga fermd jjar la gdnba; e §ta guvine la ga 
§kanpd véja, e la ga la§d Id el kavdl, E ^tu Urldndu kud, el ga 
cajjd el kavdl, e 7 lu ga ma§d, Dojnt, el ze andd intùna éitd: el 
ze andd turnd Id ke jéra §u p^dre e §u mdma; el ze andd §ó^nzu 
a kurte; ma 16^ nu kuiìu^iva né §u p^dre, né §u mdma, Lùra, la lu 
ga èamd §ó**nza, §ta §u mdma, e §tu kud nu vuliva andd §ó"nzu: 
el gaviva pagó^^a, ke'l re lu md^a. E jéra Id el re Barbóne, ke 
durmiva^ el lo'* el lu ga vé^^tu ke'l durmiva, §tu re Barbóne, e 
§tu Urldndu, el gè ga capd la bdrba de re Barbóne e, kùla §pdda, 
el §e la ga tajdda, . E §tu re Barbóne el §e ga deimi§id — el 
gaviva §énpru V ó"zu, ku'l §e dezmi§idva, <^e tukd§e la bdrba, — 
el §e la ga tukdda, e'I nu §e la ga vé'^ta; e §tu re Barbóne ^e 
ga a§di rabid, E lùra, ^tu re Barbóne, §e ga inakgrtu ke Urldndu 
gè ga tajd la bdrba; el ze onda de §u jjdre de Urldndu, e'I lu 
ga p^regd, kel fdga meti dia mgrte §tu §ii féju- Urldndu, parki 
el gè ga tajd la bdrba, E dgpu, el §e ?*^a indurmin^d, §tu Urldndu^ 



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198 F. Fasancsi. 

e lùra i ie andddi la i gueriériy e i lu ga deéarrnd: i lu gd dezpujd^ 
i lu ga èapdy i lu ga Ugd, e i lu ga mend Id de su pare, E Im-a 
i va Id stl guet'iéri, miénu Urldndu, Id de su pdre, e i §e kónta 
el fdtUy kumu ke'l £e ^td. E ^tu ^u pare §e dé*£e: ,, Fargia del re^ 
he 7 ^é'ja inpikdr' E, infdtiy i lu ga mend par inpikdlo. — A pd^a su 
marna par de la, e la vidu §u fé'ju Urldndu, ke jéi*a ku^é* ligdy 
e la ^e dé*£e: ,,Induve i lu mene, sta gueriéruf E i gueriéri §e 
dé*£e: y^Pargla del re, ke*l sé^a inpikdr' E jéla §e dé'ze: jyPargla 
de n'gé'na, ke 7 ^é'ja fei^md Idi" E sta rigé^na va Id de su mare', e 
la priga ^u maré^, ke'l §e perdóni la vé'ta a su fé'ju Urldndu, 
Alura ti dffie el re: „/ vederémo; ^6 7 re Barbóne §e perdona, 
^e perdónu dnka mé^y — E i ie andddi del re Barbóne, e stu re 
Barbóne §e ga déHu ke'l §e perdona. E la rigé'na la £e anddda 
Id de ^u mar&, e la §e d&ze: „El re Barbóne §e perdonai El re 
dé'ée: „Anka me* §e perdónu; ma, ke'l nu stoga mdi pió^n intél me 
$tdtu; ke 7 vaga vé^ja so bitu induna ngtu, ke 7 vdga vé^ja del stdtuj\ 
E sta §u mare, vdnti ke 7 vdga v&ja, la §e ga dd una ki*iìze, e la 
ije dé'ze: „Cdpa §ta kruie, ke ninsó"n inkanti£imu te inkantezimerdJ* 
Alùra stu Urldndu cg la krii&e, e'I va vé'ja. El ée andd v&ja: el 
kamé'na, elkamé^a, e'I va Id de V inp^ru Tó^rku; el vedia Id k' i 
se bdtu, ki jéra in guiéra, e'I ga ^kuminsid a bdti dnka fo'". Dgpu 
el kunbatiméntu, el vidu ke ki ke jéra Id, jéra i su do kanpdni: 
Risièri e Fiurenté*nu, ki jéra Id intéle man di Tó^rki; e 
Urldndu alùra li ga liberddi. I jéra inserddi intunùn kast^l §ti 
do, e stu kud gè ga petd una ^paddda al kastel e 7 lu ga §pakd in 
do tqki, kumu ke'l ga §pakd dnka el skùjo in mar fuora de 
Ruvéhio; e lùra i gueriéri i £e vino di fuor a, i §u kunpdni, e d^pu 
i ze andddi vé^ja; e i kamé^na, i kamé'na, i kamé'na, i skóntra un 
frate, E stu frate gaviva vé^n de butu, par dd§e da bivi, E stu 
Urldndu §e dé'ée: „Pddre, el me daga, k' i bivu un póku de véHif 
DóHi tré i ga hivó^, e i ie restddi kumu inkantizimddi: i ga durmé* 
la par i bùski, Id k' i §e kativa, i ga durmé\ E, ku i §e ga dm^minsa^ 
stu frate li ga dispujddi dò" ti tré: el gè ga cglto i visteti e dnka 
la spdda, el gè ga èglto, e'I ga ^kanpd vé*ja, stu frate, el ga skanpd, 
I se ga dizmi§id: i se ga timvd dóHi tré nò" di; e lùra i se ga 
inakqrtu ke 7 frdte §e ga purtd vé'ja la rgba, e dóHu. Alùra §ti 
kud, §ó^bitu i §e ga kuri§tu de dré'ju; e jéra una gùvene a kavdl 
asiéme a stu frdte. La gùvene ga kunusù Urldndu, e la gè ga 
dé'tu al frdte: „Nu fd tdntu kùri el kavdl, k' i nu pósu §td in §é*ma; 



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Testi: Narrazione; Leggenda. 199 

se n^, me* vdgu iój* E dqpu, ku ée sta siti Urldndu visé'n de jila, 
sta gùvene £e ga hutd i6 i visté'ti kun dóHa la §pdda. Alùra stu 
Urldndu ga musa el frate, e*l §e ga éoltu la gùvene, e'I ze zi 
vé^ja de la. El gavia c^lto la sjjdda del re Baldnte, del re di(i) 
Frdnkiy del Gùvine re. E d^puj Urldndu £e m^rtu; e la su 
§pdda, Durlinddnaj la éé a Ruma; e uni dno, el g^i*nu dei san 
Urldndu y in Jcudtro de luri i la pqrta in pur^isión. 

2, La pavera e la ré*ka^. 

Una l'alta jéra do furile: ó^na ré^ka e ó^na p^vara; e §ta 
póvara gaviva tdntiji-^j, e kuila ré*ka ndnke ó"n, /$ta povara anddva 
a dumanddge la karitd a §ta ré%a, e ^ta ré'ka nu vuliva dd§e né^nte, 
!$ta povara anddva a tamizd§e la faré^na, e kuila pùlvet^e déla 
faréhia, ke §e re^tdva sui vistéHi, V anddva a skasd^ela, per fd§e pan 
a su Ji-gj. Un gf^mu, sta povara la jéra di§perdda; ^ti Ji-qj §e 
pianéiva, ke nu la gaviva kqsa dd§e de mand, Kamindndu per la 
strdda, la ga truvd do hu(v)dse de mdniu; la le ga c^lte, e la le ga 
mise a kuzlnd iuta la sinara. E jéra tdrdi de sira, — n^ve ure 
jéra, — e la ^e §énte hdti la pqrta; la va a vidi, e la §e dé*ze: 
,,Ki zéf Jéra el l§inur e §an Pijro; e i §e dé*£e: „Ver£inde, 
bona dona, la p^rta, ke £e bróHu tenpu, ke himnòulia!** E §ta dona 
la vaio vérii§e la pgrta; e luH i vién só^niu, e i §e dé^'ie: „Déne 
de mand, bona dona, k* i gavému /dmeT' E sta dgna la §e dé*ie: 
„6iiu! fradéj méH, nu gó k^sa ddve; nu gó né*nte, ndnke per 
le méje kì*eató"re!" E'I l^inùr misidva, misidva, iuta la §inara 
kun i un bastón, e'I §e dé*£e: „Kq^a gavé kud iùtaf E sta dqna 
§e déze: „àiiu, fradéj méH, me vergonu a dé'veT' E^l l§inùr §e 
dé'ie: „Nu la §tdga vergund§e; la té'rì fuora kuil ke la gd de iuta 
la ^inara," E la §e dé*ie: „Qó do bti(v)dse de mdniu iuta!'' — 
Infdti, la ga tird fuora do pdni bidnki; e la gè dé^ie: „Mané, 
fardéj méH, dnke vùi altri, id ke'l J$inùr lu ga manddT' El 
!$inur gè dé*ie: „No, nq, nu vulémo nuvdltri; la §e ddga die §ùe 
kreatùre,'* El /§inur §e dé'ie: „La vdga in §uféHa; la èqga un 
pan e un par^óHu, e la lu pgHi abd^u, ke manarémuT E la §e 
dé'ie: „Qiiu, fradéj méH, k' i nu gó né^nteT El /$inùr §e dé^ie: 
„La vdga, ku' la mdndu mé% ke la katardT' 'Nfdti, ^ta dqna, la 

1 Narrata da Maria De Gobbi d* a. 19, non inferiore al fratello, nella 
svegliatezza di mente e nella prontezza di spirito. 



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200 G. Polesi. 

vUj e la hdta el pan e 7 par^óHu, e la lu pòrta ahft{^iL El i§inùr 
e ^an Pijru mdiia; e'I §e dé'ze, el t^inùr: ,,La vdga.in kanté*na 
e la travazi un huhdl de vé%j e la lu porti ^ó^nzu!*' /^ita dona la 
va, la travdza un hukdl de vé'fiy e la lu porta {^d^fizu, El ^inùr e 
saii Pijru e i fi-oj i hive, e'I i$inùr §e dé'ze a §ta dona: ,,Me 
kunusé mé*f' E la §e dé'ze jila: ,jMé' no, ki nu lu kuHù^u!" El 
$e ga v^rtu el ku^tdtu, e'I §e ga déHu: „Eku, mé^ son el l$inur!' 
/$ta dona la £e ka^kdda in fa^te'diu; e'I l^inur la gafdta riturnd; 
el la ga fdta turnd ^6"n, e'I §e dé'ze: „iS'e vién vostra §urela, nu 
^ti§e da néhite; e ^e vién un povaru, ke'l ve dumdnda un tóku 
de jian, digelo, — E la ée fumé' da, 

3. Canto. 

Fazdna b^la, §dpiate aguantdre: 
Ti gd un h^l Portu, ke ré'va le ndvi; 
Ti gd un h^l Mqlu, ke rék'a lu, pé^e; 
Ti gd le Puntamele de landre; 
E ($an Damidn ti lo gd in fd§a al mare. 
Ti gd le Bekaré'je del h^l masdre; 
Ti gd le Gi§e del b^l pa§egdre, 
Pasdndu §un per kuéla l^trdda pidna, 
La Madunina in fd^a ala Funtdna; 
Pasdndu §un ^^er kuéla l§tr a dizela, 
La Madunina in fd§a dia Kruzera, 
j$an Lizé*ju, ke zé suii un b^l Pidnu; 
/$an Piligré*n ke zé trùjm luntdnu, 
j$an Ninkulo, ke §tdva §ule Pqrte; 
E i§an óuvdni ^epelé'^u i mqrti. 



G. POLESI. 

NARRAZIONI; SINGOLE FRASI 1. 

Mi me èdmi dona Jdkoma Mdno, e §on ndta Intel ano 1825, 
a Poi a, antika kóme la Réna, — Póla jéra di mii ténpi §di pikola: 
jéraunvildjo^ kóme Galizdn; kominzldva Iddi Grégi e termindva a 



1 Queste furon da me sentite dalla viva voce di donna Giacoma Conto, 
nata Magno, d* a. 62, in casa Rizzi, molti anni or sono. 



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Testi: Narrazioni; Singole frasi. 201 

Porta Rata; ma, dopo K i ga fato el póHo de gvéra kun duti i 
forti atomo, la ie sai grdnda venùda, — De mo^'éda, 'nddvo ^énpre 
in kdza de Rizi, e go kono^ùdo t vééi e i ióveni; gavévo dnka de 
kó^a pacarmela. Me zia Cara, la ie sepólta in ceza; ku^io me ga 
dito el 2Jdriko. La Cara Mano ga la§d data la fakoltd ala ééia; 
de riha he podévo é§i, §on deventdda ])óvm^a, e go dovùdo dir piuii 
volte: j^^inór, le §o gro$olie(?) le fa malT Mu £d! Zé do ^eternane 
indHo mail ke me kdjjtta deégrd^ie sénpre piiiii grande, e dcro 
sénpre andar ve^tida de km^óto, Ko jérino moréde, nói vedéìnno 
ke veniva le bdrke, ke navegdva; ke vefliva V Ungaréée a Fola, 
e mi gavévo, ^i, j^^^ld in véèo poleidn, ma me son de boto deimente- 
gdda. Kusio sentico §énpre a Po la talidn, e kusio dnka mi parlo. 
Barba Nane Unzeta lui, si, el ze de kvéj véci antiki: lui el ze 
bon par de§ik(h*l in poleidii; ma, Refusi vivo el véòo Jélmi, paresi 
méjo, Adé^o no $e p>drla §kudzi piun de ni^ùni el poleidii ju§to; 
ie 'nba§tardd el §aléto, — Tuti voi a Pela deventd riki par forza, e 
§di pì^é§to, — Kvdndo ke jéro pièa, mia mare me ga 'n§efid a dir le 
ragióne: la me diiéva: 

„Pdter nó§ter igaladiii, 
Ke se lèva de boii matiii!' 

Mio pare, uii gómo, kusio arando in kanpdiia, ga trova dùto 
§ikini, ga trova: el vedi, el èdma, e'I siga: „i§ikini! !$iMni! Gvardé 
kó^a ke go trova T El gvdrda, el §iga a toì*nd; dato fóje de graii 
ie vinù, e dato fóje de graii. Pul dd§e, ke me veni ankóra dnka 
a mi! Mu dónka! Ma, jéra una stregarla kvéla, e mi no krédi 
ale stregarle e ndnka di kavalkdnti, l§xda kruiéra ié uii veco, 
ke ne fazéva §te kó^e, ma nói ridévino, Mu idì 'l^érva de paréte, 
kavdla del diavolo* kóme diii el proverbio, ke no fdla. Go pietà 
una riddda prò pio de gu^to, a vedi kvéla piéa, kóme ke 7 la 
stregava; ze bintto vedi. Magari la fu§l mòrta stdda! Kusi jéra 
una vòlta; adéso dùto el móndo ie mi§id, De§pói Po la ie deventdda 
el refugo p>ekatóru, ditti, ki voi fd préjto bézi, viéii kvd; e V dkva 
de fontana ie §di dól§a, ke ki ke la bévi no va via piùii, Ko i 
va via, i tóma a vmi vedila la bela Pèrsia, i jovinóti déla 
rénga, parké ié ])ora§é jóvine, ke ga V abito infornido. Mia mdre 
me diiéva §énpyi*e : „Kvdndo ke se di§kóri kói sióri, béHa far ^kólto 
a kvél ke §e diii: no §e diii 'idii ; i anemdj idii, ma i kri§tidni 
nò" — ^0 ve difji nénte kò§e hmte mi, no ve di§i, !$e venivo re^péto. 



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202 G. Polesi. 

me lagaré^ivo kvéta, in j)dée, he me tóka andar drìo i ani, — 
Kvdndo ke jéro jótnne, gavévo dré^e kóme el mdnego dela idra, 
gavévo, e la me dava me mdre, la ine dava, e kvdndo ke §évo 
pagura, la me dizéva: ^Te voi ke te véna konjmndr V orbo Rótaf 
Jéro negra kóme el karbóiij e mi maéendvo dnka in kd£a, A Po la 
jéra una volta ^di pristini, — El pti^tin gd la pértega, la tremóza 
(tremója), là ke $e hùta el gran, ke 7 va un po' dia vòlta ^óto; 
la zéma (macina), ke gd un perno ^ù e V dltro io; el mole^td^io 
(moni§td^io)y kvél Id ke kd^ka la farina atomo, la kava^óla, kvéla 
de 8Óto per ^karagdrlo, — 

Ld ke ^tdva i mii vééi adé$o §e ié in kdza la Kuiza; dovaria 
ddge el di^kómio al dltro Jitovdl; mdi no ^e cdpa né bori, né roba; 
me devo tdéi, e vivi méjo ke pó§o. 



Nói^ jérino zinkve in kdéa: tùli a volé§to andd via per un 
lungo vidjo; de zinkve §on re^tdda §óla, Ko' moro mi, £e tremend 
dnka la nostra faméja. Mia $oréla la gavéva una fia; la gè ze 
morta, e ku§io §on re§tdda mi de kdza Mario, T unlka viva a 
Pela, No ^e mdnka birbdnti, no, a Póla; a 'nde ze vinùdo de dute 
le parte del móndo. I Poleidni de§koréva, §i, §di; ma adé§o i forétti 
de§kóri de più. 

Le dezgrd§ie no ven mdi $óle; §e ne kdpita ^énp'e indrio 
mail §di, ke no ze mdi fini in §to benedéto de móndo. Le maravéje 
del móndo, i dizi, le dura §di póko: le dura de Naddl a l§an 
§téfeno. Ko jérino zóvene, maiendveno in kdza, mi e mie $oréle. 
Duti i Poleidni el pri§tin, §i, i gavéva; no i andava al mtdin; ^ 
fazéva dnka el pan in kdza; e §e §e metéva de §óra una regani^a, 
Uniduno gavéva una regani^a in kdza. 



I dizi^ ke, in antiko, Póla i la titolava la bela Pér§iay 
e ke, per le péste, le gvére, le malatie e le dezgrd^ie, la ze §tdda 
de§trìtta; no ze re^td nénte de jéla, nóme ke una 'póla,' e par 
kvé§to i la ga èamdda ku^io. Una vòlta, parldvenó diferénte; adé§o 

1 Queste frasi le raccolsi dalla sorella della surricordata, donna Eufemia 
(Fomfa) Bigolo, nata Magno, d' a. 77. 

2 Tal narrazione mi fece donna Domenica Poso, nata Fabretto, d' a. 83, 
assieme alla cognata, Maria Diritti, nata Poso, d* a. 78. 



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Testi: Narrazioni; Singole frasi. 203 

§€mo dehnentegade de dùto. I dizi dnka, ke jéra un gran principe, 
ke jéra ^di kativo, a Pala, Jéra la pur^i^ión de Venerdì l§dnto 
ah, ceza de i$an J§téfeno; e i dUi, ke ^to principe el ie andd in 
pur^iswn; lui ga voré^to andd, e i Poleidni lo ga nia^d kun duta 
la so faméja; e ée re^td uh §ol putél, e sto putél i frdti de l$an 
Fran§é^ko Va relevd; e dòpo k' i lo ga relevd, i §e ga da el 
hó§ko de l^idna, dóve i senienéva el tabdko par la 90 reditd. E 
arénte, a vie rekórdo, ke jéra el frabikd déla cééa, dóve le §inóre 
le anddva a mé^a, e me rekórdo dnke, ke i §e kantéva §te kan$ióne: 

,,Kudndo ke le va a mésa, 
le va kói gudnti dia mah; 
per no fdr§e ddno 
le própie ^ùe mah, 
Kudndo ke le va a mé§a, 
le va intùna gdla, 
ke §e par anddr in ^dla, 
de anddr a haldr!' 

A me par, ke déso §ia piuh pézo de una vòlta. Una vòlta, §e 
viveva in famil^a kuh ^pikula^ióh; el vih ^e gavéva kuh diéie, 
dódize ^òldi; géra gi*dnda entrdda, I semenéva òrzi, Regala, mané^tra, 
fdva, faiiój, pi^iól bidnko, manar(i)óla, dènti de véca, ke §e mahdva; 
^e viveva beh déla pi'ópia fakoltd. In antiko, ke me rekórdo, Fòla 
jéra uh vildjo; la nòstra faméja viveva dèi pristini, e se capeva 
beh da vivi, Kvdlke vòlta ke pa^dvo, me fermavo, j7ar i^édi el 
pristih, Ko jéra de legd le vide, §e no gavévino zornadéri, jérino 
sdì inkviéti, El pé^e jéra ^di a bomarkd: i*nde ddva par nénte el 
ba^kerdme, — ke ze duta ròba in^enbrdda: karamaléti, baraju^i, 
sepoline : duta ròba piéa, — Mi no go podùdo parlar par naturdl, 
e, kóme ke §oh uédda de moì^éda, ku^io pdrlo. 



Una vòlta mi, óuvdni Unzéta\ gavévo uh sumér; lu òamdvo 
Turih, La ^éra, fazévo, vdnti de anddr nònzolo, el fakih déla 
^pe^iaria Vd§(^)ermah; — e ^to §umér lu la^dvo anddr ^òlo; gè 
dizévo: „Va, Turih, intéla to ^tdla', e lu gavéva tdnto judizio, 

1 Fu appunto questo campanaro (Uccetta), nato il 1810 a Promontore, ma 
che dalla giovinezza in poi ebbe a dimorare a Pola, quello che mi forni, oltre 
a buon numero di proverbj, i sagginoli di dialetto polese che qui seguono. 



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204 H. Sissanesì. 

V andava 9ÓI0 fén^a hiéóno de menarlo, — Mio jìàre, mézo Poliidn^ 
me dava ^énpre boni kon§iì(ji; el me dizéva: yjVdra, Guvdnij obi 
§énpre kridnza; ^e pai* konbinasión ti ti $ard 'nvitd a nóze, rekórdefe 
de anddr intél feriór póstOy de ^pdrte ; perké, ven el padrón ke te 
ga'nvitd die nóze, ke el te diga: ^Levate ^ùnéo e ven kvd de mi!" 

I moì*édi a Fola parla kun^io, kvdndo ke i ^e òdma un ko 

V dlti'o: ,yZo§émo le vd^eT Vdrda, ke te la pélo mi, ^ta volta, la 
partida, mèrlo! Finta ke ^e ^tufémo, io§émo kundo, e poi andémo a 
tiogdr al Mistro, al Zurlo , al Pdndolo, a Króka, al Zóko, 
al DdvOj a Briiza, di l§óni, al i^aséto, e a tdnti dUH iió§i, — 



H. sissanesì. 
RACCONTO; LEGGENDA. 

I. Narrazione di fatto, accaduto a Sissano^ 

'Nzirka 7 mile vóto sento e diéze, *ntdl nostro pajéi, abitéva 
véna faméja de po§idénti Karnéj, i$ti Kariiéj §e fitéva i pd§koli 
di Micelinni^ de zó; e, par pagd§e 7 pdskolo, i §e tiiéva dd vun 
an^l par le féjte de Pd^kva. Kvdndo ke jera venuda la vizija de 
Pd^kva, o ^dbo sdnto, i Micelinni §e pòrta l' anél al parón de 
§ta faméja de Karnéj, ke jéra alóra mistro Bidio Vurtanóvi, 
mwradór. j$to mi§tro Bidio, la vizija de Pd^kva, sdbo ^dnto, 
va 'n zérka de kvalkedun, ke §kané§o V aiìél; e 'nfdti el j-ó katd 'n 
zérto Naddl Tófo. J$to Naddl, kvdndo ke*l j-ó iventrd V anél e 
ke'l £e kapitd Id del figa, a(l) lo j-ó tajd via, e*l ^e lo j-ó mé^o 'n 
$en, e la koradéla a(l) la j-ó pikdda iota 'n trdva ^u duri èódo, 
Mistro Bidio ven Id; vdrda iòta 7 trdvo, e 7 vedo ke pika ^òla 
la koradéla^ e ke no jéra 'l figa. Lòra 7 §e di§ a Naddl: „Fi'òzo, 
andòve ié el fégato deV anelo?" E 90 fiòzo Naddl gè re^pòndo: 
„i$dntolo, mi no ^é, no lo j-é vi§to, Anka vói ^é zd? Kvél ke j-é 
katd, j'é pika $ul éódo." Lóra mi^ti^o Bidio di§: „Mó§tro d* un 
konpdre, ti me Va fata!" Dopo dùto al §td zito, e la matina de 
Pd§kva, kvdndo ke i veniva fora de ééza, i se §kóntra; sto véèo 
Micelinna §e di§ a §0 konpdre, mistro Bidio: „Bun §órno, 

1 Avuta, anni sono, da Antonio Tromba d' a. 85, come di caso toccato ad 
un membro della famiglia sua. 

• 2 Soprannome dei Tromba. 



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Testi: Racconto; X^eggenda. 205 

kunjydrey^ E mi^tro Bidzo gè re§póndo: „Bon §<^nOy hon §ómo; 
me la gavé fata bela, konpdrer E'I vé^o gè d{§: ^Kósa ie nàto, 
kunpdref E mi^tro Bidio dis: „4 ddmie V anelo sènza fégato T 
El vééo Miéelinna se méto a ridiy ^e méta, e ridendo el §e di^: 
„0 didvoloy ke mi ve j-ó dd V afiél $ina jigd! Kunpati, parké mi 
no jéri 'ntdla §o pdnza; ma voi di, ke n* altra vòlta ve dare V anél 
kol jigdy — 

Vuh altro ^i^anés^ che pentiva kve^to, gè di^: ,,Mistro BidiOy 
dùti ze furbi, ma 'n sto inkóntro ^e vedo ke i Karnéj ée piun ke 
furbi, 

2. La mucdòa salvddiga §ina mdnne^, 

Vuna vòlta a jéra vuna vééa, e §ta véèa véva vuna fia, Vun 
iórnOy la vé6a j-ó fdto veni i ^o dò kùòaH kòle karòze, ke i le 
ména dia fièra. Kvdndo ke le ^e j-o deébarkd déla karòza, i éòveni, 
ke jéra de kvéla zitd, i dizéva : „Béla ie la mare, ma la fija 
mejòraT E la véèa §e renkré^eva, ke i di$ ke la fia ze mejòra; 
e de novo la j-ò fdto ke i mónti in karòza, e la j-ò fdto ke i vdga 
kdza. Péna ke i ie rivddi kdéa, la j-ò vu§u ke i ^értn ména la 
fija 'n bò^ko, e ke i gè kdva 7 kor, e ke i gè lo jìdrta kdéa §ul 
piato, e ke i §e pòrta ^dngo 'ntdla bòza, e ke i §e tdja le manne 
Id dèi pòn§i, e dòpo ke i la ld§a *ntdl bò§ko deièrto. Ma §ti §érvi i 
jéi^a de kor tènero, no i j-ò vu§u fa kvè§to; i vardéva de ^pikuldy 
de lasdla viva, e i §e dizéva 'nfi*d de lòri: „Mdzala ti!'* Kvél 
dltro §e re^pondéva: ,,Mi no la mdzi; mdzala ti!'' E §ta éòvina 
j-ò 'ntèzo ke 'i parla tùto kvè§to, e la gè di§: „Kdri §érvi, kò^a. 
parie?" E lòri §e dis: „Kdra ^iorèta, 'Z vòrdine zé de §o marna, 
ke ve mazèmo e ke §e portémo 'l vò§6o kor le vò§ce mdnne e'I 
vò§òo §dngo'' Lòra ^ta éòvina §e j-ò dito: „Par kvé§to, no okòro 
ke me mazé; al kor de vuna kdvera ie kòmo 7 kor nò^co; el §dngo 
de leverò ie ji§tè§o kòmo 'l nò^èo; ma, j)er le manne, tajèmele pwr!'* 
LòiH i j-ò la§d 'n bò§ko la zòvina e i ie iidi kdza, e §e j-ò porta 
dùto dia véèa; e jéla jéra konténta. La iòvina, ke jéra re§tdda 'n 
bò^ko, la viveva kòi fruti §alvddigi, ke kajèva io dèi drbori. De la 
pòki iòrni, al fio del re H dia kdzia, kòla §o kldpa, 'n kvél bò§ko, 
e'I j'ò vi§to §ta iòvina par ter a, e gè pareva ke §ii vùnafantdima 
$ta ròba §alvddiga, e 7 j-ò mè§o al §còpo al vaco, e 7 tira 7 pa§èto; 



* Raccontatami da Nicolò Tromba d' a. 33, nipote del vecchio Antonio. 



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206 H. Sissanesi. 

al ^òópo §e fola. Al tira t(yi*nd par iwltra do volte, e dùte le tré 
volte el ^èójyo §e fola. Al j-ó pen^d: y^Kó^a £é ^ta roba?* Al j-ó 
èamd la kldpa, e i ée iidi vedi, e i j-ó katd vùna ióvina §ina 
ììidnne. Lóra 'l fio del re la jdfdta méti *n karóza, e*l $e la j-ó 
fata mend a kaki, Kvdndo ke i ie rivddi kdia, al la j-ófdta méti 
'ntdna kdneva e 7 ^e j-ó da verdine a vùna ^j^iùnhola (donna di 
cucina), ke la tèndo. Dopo pdko ténpo, la ie torndda héla kómo 
prima, e 7 fio del re ^e j-ó *namoi'd fora de jéla, E fto fio del re 
§e j-ó dito a fo pdre ke'l ^e voi 9po£d. Al re §e di^: „Kon kif* 
Lui §e re§póndo: „Kon kvéla ke j-é katd *n hó^koT' El re §e j-ó 
dito: „No, fio, no ^td éó kvéla, parké dùti kvdnti te kritikaró, ke 
ti j'é èólto *na ^alvddigaT El fio §e j-ó respó^to: „0 ke me ^pózi 
kon kvéfta ^na manne, ke j-é katd *n bó^ko, o kon ni^ùna!' Lóra 
7 pdre §e j-ó da permé^o ke 7 ^e ^póia; e lui la j-ó §pozdda, e 
la ie re^tdda 'nzinta. Dopo 2)óko ténpo, lui §e tokéva ii 'n gvéra; 
'n §to ténpo ke 7 jéra *n gvéra, la mojér §e j-ó parimi, dò ji'ój: 
vun mdféo e vuna f emina. Al md^òo ie nato kol §ol fui péto, e la 
f emina kóla luna fui péto* §o mare de jéla, ke se véva maiid duto, 
la jéra Hda ferva *n kórto, Id del re, e la fiftiva fta fo fia^ 
ma no la f aveva ke zé fo fia, parké la kredéva ke la fia mazdda, 
E fta fo mare, ke la fei^iva, §e j-ó fkrito al fio del re, ke fo mojér 
j'ó partoì*i *n kan e *na kdna. Al fio del re §e jó refpófto a fo 
pdre: „Ke fia kómo ke ié, fina ke lui ven a kdza, 7 la téiii," 
t$o pdre gè j-ó refpófto ke lui no la ten; ke'l la mandaró via^ Al 
fio §e j'ó refpófto tornd, ke'l la mdnda pur, ma ke'l §e daga 
fóldi, ke la pòsa vivi,'' Lóra i §e j-ó méfo le krejature 'ntdn per 
de bizdfe 'n fpdla, e jéla iida via. La ie rivdda Id de vun Idko, 
e la véva sé; la se ie mésa bévi, e la hrejatéra, ke §e jéra 'ntdla 
biidsa de dmo, §e ie kajuda *n Idko. Lóra jéla la se j-ó méso piord, 
e pdlpa kói brdsi 'ntdV dkva, e la diiéva: „§e vési le mdnne, skapulési 
sta krejatùra, e la mesedéva 'ntdl Idko; e, meséda, m£séda, la j-ó tira 
fora la krejatùra, e la la j-ó poiidda fora; e la se vdrda i brdsi e 
la véva le mdnne kómo prima, Dùta konténta, la iéva via, e par kal 
la skóntra 'na véca, e la gè dis: „Pdr ki ifd kvél fabrikdto grdndof 
t$ta véèa gè dis: „Zeld, pò i ve kontaróT — §ta vééa^jéra la Madóna, 
j§ta f emina la kamina, la kamina, e la ven Id de sto fabrikdto, e 
la §e domdnda a kvéi ke lavoréva: „Par ki fé sto fabrikdto f E 
lóri ^e respóndo: „Par ki, ke no lo j-ó,'' Jéla dif: „Mi, no lo j-é!" 
E lóH §e dis tornd: „Par jéla dónka 7 sarò!" Dòpo i lo j-ó stabili, 



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Testi: Leggenda. 207 

e i §e lo j-<^ konsend; e jéla la Hda sta drénto: hézi la véva, e la 
j'ó méso sufi vostaria e kafetaria, Termendda la gvéra^ posa de la 
7 fio del re e 7 vedo ke ié kafetaria; el va sun^ kói so soMddi, e 7 
verdina tanti kafédi. Al fio de sta dona ééva sénpro 'ntm^no del fio 
del re, ke jéra so pare, $ta f emina §e porta a tùti al kafé, e 'n 
vultima la gè lo póHa a so. maH, ke jéra 7 fio del re, e la §e j'ó 
méso drénto 'ntdl Icafé 7 diamdnte de §pozalizio. Al fio del re bévo 
7 kafé, e'I vedo 'n fóndo 7 diamdnte de ^poéalizio; el lo vdrda e 7 
vedo Ice £é kvél sójo de sposalizio, Lóra 7 §e di^ a sta f emina: 
y,§e no la véso le marine^ diiési ke ié ma mojér!'* Lóra jéla di^: 
„Ju^to par apùnto, ^on to mojér" ; e la §e j-ó kontd kómo §e ie 
torndde le mdnne, e kómo ke kvé§ti zé i ^o dófi'ój, ke i ze kritikddi 
par kdni, Lóra lui la j-ó hrasidda kói ^o f-ój, e i iidi kd£a. Kvdndo 
ke i ie rivddi, al j-ó armizd le karóze e 7 ii 6óla kóla mùéika; e i 
j'ó fdto nóze toìmd. Kvdndo ke jéla j-ó vi§to la véèa de §o mare, 
la dis: „Kvésta za ie kóljja, ke mi i me j-ó fdto H via déla kdza 
de to pdre, parké la te véva ^hnto ke m4 j-é paHoH dò kdni!' Lóra 
lui la j'ó fdta méti *ntdna boto, la véca, de pégola, e'I §e ga da 
vórdine ki la fdga ardi 'n mézo de pidza, E husi i ga fdto. 



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